Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Qatar
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 20
Data: 14/06/2011
Descrittori:
QATAR     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

n. 20 –  14 giugno 2011

Qatar                               


 


Il quadro istituzionale

Dal punto di vista della forma di governo, il Qatar è una monarchia costituzionale. Capo dello Stato è l’Emiro, che nomina il consiglio dei ministri, il quale detiene il potere esecutivo. La prima costituzione del Qatar, approvata con referendum popolare nel 2003 ed entrata in vigore nel 2004, ha istituito un Consiglio consultivo (Majlis Al Shura) composto da 30 deputati eletti a suffragio universale maschile e femminile (anche se su una popolazione di 1.409.000 residenti solo 200.000 persone sono in possesso della cittadinanza e quindi del diritto di voto) e da 15 nominati dall’Emiro, per un totale di 45 rappresentanti con un mandato di cinque anni. Le prime elezioni per l’assemblea consultiva, previste nel 2009, non si sono svolte, mentre il Consiglio consultivo (Majlis Al-Shura) attualmente in carica è composto da 35 membri tutti nominati dall’Emiro. In ogni caso, non è prevista l’attribuzione al Consiglio di pieni poteri legislativi: in base alla Costituzione il Consiglio ha il potere di approvare (ma non di elaborare) il bilancio dello Stato; di vigilare sull’attività dei ministri, anche attraverso interpellanze e la possibilità di voti di sfiducia individuali, e di modificare i disegni di legge proposti dal governo, che però divengono legge solo con il voto dei due terzi dei componenti e la sanzione dell’Emiro. L’Emiro può poi sciogliere il Consiglio. Fin dal 1999 esiste inoltre un consiglio municipale centrale, composto da 29 membri, eletti per quattro anni a suffragio universale maschile e femminile con sistema maggioritario uninominale a turno unico e con compiti di consulenza del ministero degli affari locali e dell’agricoltura.

Per Freedom House il Qatar è uno “Stato non libero”, privo dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit lo definisce “regime autoritario”. Lo Stato ha comunque avviato un processo di transizione politica che ha visto prima l’introduzione del consiglio municipale centrale, nel 1999 (nelle ultime elezioni nel 2007 l’affluenza ha raggiunto la cifra considerevole del 51 per cento) e poi l’approvazione della Costituzione con referendum popolare. Anche se non si sono ancora svolte le elezioni per il consiglio consultivo, il Qatar è stato il primo paese, tra i componenti del Consiglio di cooperazione del golfo (Arabia Saudita, Kuwait, Bahrain, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Oman) a concedere il suffragio universale maschile e femminile. Dal punto di vista del concreto esercizio delle libertà politiche e civili, fonti indipendenti evidenziano comunque consistenti limitazioni: in particolare, la Costituzione non permette la creazione di partiti politici. La libertà di riunione e quella di associazione sono invece riconosciute dalla Costituzione, anche se appaiono soggette a restrizioni nella pratica: in particolare il governo restringerebbe la possibilità di manifestazioni pubbliche, che risultano rare nella pratica, mentre le associazioni necessitano di un’autorizzazione governativa e risulterebbero soggette a significativi controlli. Tuttavia, dopo aver ospitato la Conferenza regionale sulla democrazia e le riforme nel 2007, il Ministero degli esteri del Qatar, con il contributo di 10 milioni di dollari USA dell’Emiro, ha istituito una Fondazione araba per la democrazia per monitorare le riforme politiche della regione e il Comitato nazionale per i diritti umani, per quanto non indipendente (è composto da rappresentanti delle amministrazioni ministeriali, insieme ad esponenti della società civile) ha svolto alcune indagini su abusi dei diritti umani.

Fonti indipendenti individuano un’analoga ambivalenza per quel che concerne la libertà di stampa e i mezzi di comunicazione di massa. Nel 1996 l’Emiro ha consentito la creazione di Al-Jazeera, oggi il più popolare canale satellitare in lingua araba e noto per la sua indipendenza dai diversi governi della regione. Tuttavia Al-Jazeera, non si occupa della politica del Qatar. Inoltre, nel 2008, sotto il patrocinio della moglie dell’Emiro, è stato costituito il Doha Center per la libertà dei media per tutelare i giornalisti perseguitati nel mondo. Tuttavia il direttore del Centro Robert Menard è stato costretto alle dimissioni nel giugno 2009 a seguito delle polemiche provocate dal suo invito al direttore del periodico danese che nel 2005 pubblicò le vignette ritenute offensive nei confronti della religione islamica. Nei mesi successivi il consiglio consultivo ha approvato una legge sui media che prevedeva fino a un anno di prigione per offese al governo o minacce alla sicurezza nazionale, alla religione e alla Costituzione del Qatar. La legge non è stata sanzionata dall’Emiro e una nuova legge è in corso di elaborazione. Stampa e mezzi di comunicazione del Qatar risultano invece sotto il controllo di famiglie vicine a quella dell’Emiro e appaiono esercitare un alto grado di autocensura. Secondo OpenNet Initiative, il Qatar è tra i paesi della regione con la maggiore penetrazione di Internet (34 per cento della popolazione); il “filtraggio” dei siti internet risulterebbe “selettivo” sui temi politici e “pervasivo” sui temi sociali.

 

La situazione politica e sociale

Emiro del Qatar è Hamad bin Khalifa Al Thani (n. 1952), che ha assunto il potere nel 1995, dopo avere deposto suo padre, inaugurando il processo di riforme politiche in corso.

Il Qatar è stato fin qui solo marginalmente interessato, sul piano interno, dall’ondata di proteste verificatesi nell’area nordafricana e mediorientale. Di seguito si fornisce una sintetica cronologia degli ultimi eventi:

1° marzo: sessantasei personalità  dell’opposizione, tra cui dignitari tribali e membri dissidenti della stessa famiglia regnante, dichiarano di non voler più riconoscere l’autorità dell’attuale emiro Al Thani, accusato di essere eccessivamente filoisraeliano.

14 marzo: in attuazione di una decisione del Consiglio di cooperazione del Golfo, sono inviate truppe del Qatar in Bahrain su richiesta della famiglia reale locale.

21 marzo: il Qatar, primo paese arabo, partecipa all’operazione “Alba dell’Odissea”, attraverso l’invio di quattro aerei da caccia.

28 marzo: Il Qatar ha smentito le informazioni circolate sulla stampa secondo le quali aveva sequestrato due navi iraniane cariche di armi.

7 aprile: il primo ministro Hamad bin Jassim al-Thani, ha annunciato che le nazioni del Consiglio di cooperazione del golfo invieranno una proposta a Saleh e all'opposizione yemenita per trovare una soluzione al conflitto.

9 aprile: Il governo del Qatar ha smentito con fermezza le accuse rivoltegli ieri dal presidente yemenita Ali Abdullah Saleh, secondo il quale Doha tenta di interferire nelle questioni interne del paese, scosso da settimane di proteste.

14 aprile: prima riunione in Qatar del Gruppo di contatto sulla Libia, che ha deciso di creare un fondo per aiutare il Consiglio nazionale di transizione dei ribelli dell'est e ribadito che Gheddafi deve andarsene.

10 maggio: incontro tra l'emiro del Qatar e il leader radicale sciita iracheno Moqtada Sadr, al termine del quale l’emiro manifesta l’intenzione di svolgere una mediazione nella crisi bahreinita e di esser pronto a incontrare personalmente i leader regionali coinvolti.

27 maggio: il Qatar decide di chiudere temporaneamente l'ambasciata a Sana'a, la capitale dello Yemen, dopo il rifiuto del presidente Ali Abdullah Saleh di firmare il piano proposto dai Paesi del Golfo per una transizione pacifica dei poteri.


 

 

 


Indicatori internazionali sul paese:[1]

Libertà politiche e civili: “Stato non libero”; diritti politici:6 libertà civili:5  (Freedom House); “regime autoritario”, 137 su 167 (Economist)

Indice della libertà di stampa: 94  su 178

Libertà di Internet 2009: “filtraggio” selettivo per le questioni legate a tematiche politiche e di sicurezza, pervasivo per quelle sociali e per gli strumenti di internet (OpenNet Initiative)

Libertà religiosa: limitazione alla libertà religiosa (ACS); Islam religione di stato, discriminazioni di carattere religioso (USA)

Libertà economica: 27 su 179 (Heritage Fpundation)

Corruzione percepita: 19  su 178

Variazione PIL 2009: 8,6 per cento

 

 

 

 

 


Servizio Studi – Analisi dei temi di politica estera nell’ambito dell’Osservatorio di Politica internazionale

( 06 6760-4939 – *st_affari_esteri@camera.it

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file: es0935paese.doc

 



[1]Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà economica come riportata dalla fondazione Heritage la condizione della libertà di Internet come riportata da OpenNet Initiative; il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in “Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011” (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).