Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Libano
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 23
Data: 14/06/2011
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

n. 23 –  14 giugno 2011

Libano                                  

 


Il quadro istituzionale

Dal punto di vista della forma di governo, il Libano è una repubblica parlamentare, basata su norme e consuetudini costituzionali miranti a consentire, secondo lo schema della democrazia “consensuale” o “consociativa”, la condivisione del potere tra le diverse comunità religiose del Paese (cristiani, musulmani sunniti, musulmani sciiti). Il Presidente della Repubblica è eletto dall’Assemblea nazionale con un mandato di sei anni, ed è, per convenzione costituzionale, un cristiano. Il potere legislativo è conferito ad un Parlamento monocamerale, l’Assemblea nazionale, composta da 128 deputati eletti, in modo da assicurare rappresentanza paritaria a cristiani e musulmani, per quattro anni con sistema maggioritario in dodici circoscrizioni plurinominali (in ciascuna circoscrizione sono eletti i candidati che ottengono il maggior numero dei voti, tenendo conto però del numero prefissato di deputati cristiani, da un lato, e musulmani, dall’altro, da eleggere in quella circoscrizione). Il presidente dell’Assemblea nazionale è, per convenzione costituzionale, un musulmano sciita. Il Presidente della Repubblica, in consultazione con l’Assemblea nazionale nomina il primo ministro che deve essere, per convenzione costituzionale, un musulmano sannita. 

Per Freedom House, il Libano è uno “Stato parzialmente libero”, non in possesso però dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit lo definisce “regime ibrido” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul Paese”).

Secondo fonti indipendenti, il sistema politico ritagliato sulle appartenenze religiose e le forti influenze straniere hanno fin qui impedito l’effettiva autonomia delle istituzioni libanesi. Per quel che concerne le condizioni di esercizio delle libertà politiche e civili, il Libano ha una lunga tradizione di libertà di stampa, con numerosi quotidiani (anche se in molti casi legati a gruppi politici), sette stazioni televisive statali e decine di stazioni radiotelevisive private. Anche Internet non appare sottoposto a restrizioni o censure. La libertà di associazione e di riunione non appare sottoposta a restrizioni ed anche la libertà religiosa appare rispettata, anche se risulterebbero abbastanza comuni discriminazioni informali sulla base dell’appartenenza religiosa (solo nel 2009 è stato riconosciuto il diritto di non indicare sui documenti d’identità il gruppo religioso di appartenenza).

La situazione politico-sociale

Presidente della Repubblica dal maggio 2008 è Michel Suleiman; primo ministro dal gennaio 2011 è Najib Mikati

Il Libano non è stato fino a questo momento coinvolto dalle proteste in corso in Nord Africa e Medio Oriente, mentre continua a scontare un’instabilità derivante da fattori interni endemici.

Come è noto, a seguito degli accordi di Taif del 1990, che posero fine alla lunga guerra civile scoppiata a metà degli anni Settanta, il Libano si è trovato sotto una sorta di protettorato siriano. Solo successivamente all’omicidio dell’ex-primo ministro libanese Hariri, avvenuto nel 2005 in circostanze tali da lasciar presumere un coinvolgimento di esponenti del movimento filoiraniano e filosiriano libanese di Hezbollah (ed anche, specialmente in una prima fase delle indagini, di esponenti dei servizi segreti siriani), le proteste popolari libanesi indussero la Siria a decidere il ritiro delle truppe presenti in Libano. Tuttavia, la Siria ha continuato comunque ad esercitare una notevole influenza nelle vicende libanesi. Infatti, se nelle elezioni del 2009 la coalizione di partiti antisiriana del “14 marzo” guidata dal figlio di Rafiq Hariri, Saad, ha prevalso su quella filosiriana dell’”8 marzo” (al cui interno milita anche Hezbollah, la cui influenza sulla politica libanese appare crescente), la Siria ha sostenuto, insieme all’Arabia Saudita, la formazione di un governo di unità nazionale guidato dallo stesso Saad Hariri e il “dialogo nazionale” da questo avviato. Il governo Hariri è entrato in crisi agli inizi del gennaio 2011 con le dimissioni dei ministri di Hezbollah per protesta contro le attività del Tribunale internazionale per il Libano istituito dall’ONU (e presieduto dall’italiano Antonio Cassese) per indagare sulla morte di Rafiq Hariri (il tribunale ha depositato il 17 gennaio 2011 le prime incriminazioni che ancora non risultano pubbliche; diverse fonti indicano tuttavia che tra gli incriminati vi sarebbero esponenti di Hezbollah). E’ stato così designato, il 24 gennaio 2011, un nuovo primo ministro, esponente della coalizione di partiti filosiriana, il sunnita Miqati, già primo ministro nel 2005, che è riuscito in un primo momento ad ottenere la maggioranza parlamentare. Il 27 febbraio la coalizione antisiriana del “14 marzo” di Hariri ha tuttavia ritirato il sostegno al primo ministro designato, determinando uno stallo politico in cui, a fianco del primo ministro designato Miqati, continua ad operare per il disbrigo degli affari correnti il governo Hariri. In questo contesto, quattro esponenti del governo Hariri hanno rifiutato la consegna di documenti di informazioni e documenti al Tribunale internazionale per il Libano, in violazione del protocollo di collaborazione. il 13 marzo si è svolta una manifestazione con migliaia di persone a Beirut per richiedere il disarmo di Hezbollah. Si ricorda inoltre che:

20 marzo: almeno seimila manifestanti sono scesi in piazza a Beirut, per la terza volta in meno di un mese, per chiedere l'abolizione del sistema confessionale in vigore in Libano dal 1943.

27 marzo: esplode un ordigno di fronte a una chiesa nella valle della Bekaa; scontri a Beirut tra sunniti anti-siriani e sciiti pro-Damasco.

8 aprile: il premier libanese uscente, Saad Hariri annuncia che il Libano sostiene la sovranità e la stabilità del Bahrain, accusando l’Iran di ingerenza negli affari interni del Bahrein, delle altre monarchie del Golfo ed anche del Libano.

22 aprile: manifestazione nel nord del Libano a sostegno della rivolta in Siria; sia le manifestazioni a sostegno della rivolta, sia quelle contrarie erano state proibite il giorno precedente dal consiglio di sicurezza nazionale

6 maggio: il procuratore del Tribunale internazionale per il Libano integra le incriminazioni depositate in gennaio con nuove prove

15 maggio: in occasione della commemorazione della “Nakba” (catastrofe: termine con il quale i palestinesi ricordano la dichiarazione di indipendenza di Israele), decine di migliaia di palestinesi manifestano al confine tra Israele e Libano

20 maggio: L’Alto commissariato ONU per i rifugiati stima in 4.000 i profughi giunti in Libano dalla Siria dall’inizio delle proteste contro Assad

25 maggio: il leader di Hezbollah Nasrallah dichiara che l’eventuale rovesciamento del regime di Assad in Siria gioverebbe unicamente agli interessi USA

27 maggio: sei componenti del contingente italiano della missione UNIFIL in Libano rimangono feriti in un attentato presso Sidone

12 giugno: il Primo ministro incaricato Mikati annuncia la lista dei trenta ministri (19 sono vicini ad Hezbollah


 

Indicatori internazionali sul paese:[1]

Libertà politiche e civili: “Stato parzialmente libero”, (Freedom House); “regime ibrido” 86 su 178; (Economist)

Libertà di stampa: 78  su 178

Libertà di Internet 2009: assenza di prove di “filtraggio” di siti Internet

Libertà religiosa: assenza di eventi significativi (ACS); situazione di rispetto in concreto (USA)

Libertà economica: 89 su 179 (Heritage Foundation)

Corruzione percepita: 127 su 178

Variazione PIL 2009: + 8,5 per cento

Situazione di cessate il fuoco in conflitto armato internazionale (missione ONU: UNIFIL: Italia 1780)

 

Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, Unione interparlamentare, Freedom House, Human Rights Watch, Arab Reform Bulletin –Carnegie endowment for international peace, Brookings Institution, Economist Intelligence Unit, Agenzie di stampa

 



[1]Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà economica come riportata dalla fondazione Heritage la condizione della libertà di Internet come riportata da OpenNet Initiative; il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in “Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011” (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Analisi dei temi di politica estera nell’ambito dell’Osservatorio di Politica internazionale

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