Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Titolo: | Incontro con una delegazione delle Commissioni Affari esteri e Difesa della Camera dei rappresentanti della Repubblica di Indonesia | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 225 | ||||
Data: | 18/04/2011 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Incontro con una delegazione delle Commissioni
Affari esteri e Difesa
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n. 225 |
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18 settembre 2011 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri ( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it
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Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Servizio Studi – Dipartimento Difesa ( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_difesa@camera.it Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive ( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it Servizio Rapporti Internazionali ( 066760-3948 – * cdrin1@camera.it
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I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. |
File: es0763.doc |
INDICE
Contesto della visita (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Composizione della delegazione (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Scheda sintetica politico-istituzionale (a cura del Servizio Studi)
Interventi agevolativi per il settore (a cura del Servizio Studi - Dipartimento Attività produttive)
Il quadro dell’industria italiana (a cura del Servizio Studi - Dipartimento Attività produttive)
Scheda paese (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Rapporti bilaterali (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Relazioni parlamentari con l’Indonesia (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
§ Biografie (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Una delegazione della Commissione Difesa della Camera dei Rappresentanti indonesiana, guidata dall’onorevole Tubagus Hasanuddin, ha chiesto di poter incontrare le Commissioni Affari Esteri, Difesa ed Attività produttive della Camera dei Deputati al fine di ricevere una informativa sulla politica italiana in merito alla sviluppo dell’industria nel settore della difesa. Si segnala che della delegazione fa parte anche l’onorevole Edhie Baskoro Yudhoyono, figlio del Presidente della RepubblicaSusilo Bambang Yudhoyono.
È opportuno segnalare inoltre che la I Commissione Difesa della Camera dei Rappresentanti indonesiana è competente in materia di difesa e forze armate, affari esteri, comunicazione e informazione, di intelligence e servizi segreti.
L’Indonesia – con una popolazione di circa 243 milioni di abitanti – è il quarto Paese al mondo, il primo per numero di fedeli musulmani e la terza democrazia mondiale, una democrazia giovane che, dopo le elezioni politico-presidenziali del 2004 svoltesi per la prima volta a suffragio universale, appare sempre più solida.
Con le ultime elezioni del luglio 2009, 176 milioni di elettori hanno confermato con il 60% dei voti, e senza bisogno di andare al ballottaggio, il Presidente uscente Susilo Bambang Yudhoyono, insediatosi il 20 ottobre 2009. Innovando con la tradizione politica indonesiana, Yudhoyono ha compiuto alcune scelte coraggiose, che gli hanno guadagnato consensi e credibilità internazionale:
1. ha portato a termine i negoziati di pace con il movimento separatista della provincia di Aceh, mettendo fine ad una sanguinosa guerra costata oltre 15000 morti;
2. ha adottato importanti misure economiche (anche impopolari quali l’aumento dei costi del carburante nel 2005 e nel maggio 2008, fermi a prezzi politici da numerosi anni, ed il varo di provvedimenti compensativi di lotta alla povertà);
3. ha riavvicinato il Paese agli USA e all’Occidente, dando al Non-Allineamento una connotazione marcatamente meno critica rispetto ai suoi predecessori.
Numerose restano ancora le incognite che pesano sul processo di democratizzazione e di sviluppo economico di questo vasto e complesso Paese, soprattutto sotto il profilo dei delicati equilibri interetnici ed interreligiosi, delle spinte autonomiste di alcune componenti e della crescita del fenomeno dell’estremismo islamico.
Sul piano internazionale, oggi l’Indonesia aspira a recuperare il ruolo di potenza regionale e lo testimonia il grande dinamismo in politica estera di questi ultimi tempi: rivendicazione di un posto in Consiglio di Sicurezza ed attivismo nell’ambito dell’ASEAN (dove a sede a Jakarta il Segretariato), dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, del Movimento non-allineato, dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) e del G20.
L’Indonesia cerca inoltre di porsi come attore globale su tematiche di rilievo come la lotta al terrorismo, il cambiamento climatico (a Bali e’ stata ospitata nel dicembre 2007 la 13ma Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) ed il dialogo interreligioso.
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L’Indonesia rappresenta un interlocutore privilegiato per l’Italia nell’area del Sud-Est asiatico.
I rapporti bilaterali sono eccellenti, ma soffrono della lontananza geografica. L’ultima visita italiana fu compiuta nel dicembre 2005 dall’allora Sottosegretario, On. Boniver. Oggi l’Indonesia ci chiede una visita di alto livello, del Ministro degli Esteri, del Presidente del Consiglio o del Presidente della Repubblica, a testimonianza dell’importanza che attribuiamo ad un effettivo rilancio delle relazioni bilaterali.
L’interesse crescente della Comunità internazionale per la stabilità nell’area del Sud-est asiatico ha determinato un’attenzione sempre maggiore, anche da parte italiana, verso l’Indonesia, partner di importanza fondamentale nella lotta al terrorismo e nella promozione del dialogo interreligioso. La serietà con cui il Governo indonesiano ha risposto alla sfida terroristica di Bali è la migliore garanzia per l’eventuale avvio di ulteriori forme di collaborazione italo-indonesiana in tema di “sicurezza allargata”. L’Indonesia ha appoggiato la candidatura di Milano ad ospitare l’Expo 2015, una scelta politicamente difficile per Jakarta, che ha deciso di non sostenere la candidatura islamica della città di Smirne.
Le prospettive del nostro rapporto economico-commerciale con l’Indonesia stanno nuovamente crescendo in parallelo con una maggiore attenzione verso il Paese. L’Italia propende dunque a coniugare un interesse al rafforzamento del dialogo politico e alla stabilità dell’area con uno specifico interesse economico fondato su una presenza meno discontinua, basata soprattutto su grandi gruppi come ENI, Perfetti Van Melle, Prysmian (ex-Pirelli), Assicurazioni Generali e ENEL.
L’interscambio con l’Italia ha recuperato livelli pre-crisi, dopo la flessione del 2009 imputabile al rallentamento del commercio internazionale.
In particolare, le esportazioni italiane hanno segnato un aumento del +25,58%, passando da 347,91 milioni di dollari nel primo semestre 2009 a 436,1 milioni nel primo semestre 2010.
Le importazioni italiane hanno fatto registrare un ancor più pronunciato aumento del +45,71%, passando da 1.075,87 milioni di dollari nel primo semestre 2009 a 1.060,74 milioni nel primo semestre 2010.
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L’Italia si adoperò nel fornire aiuti in occasione dello tsunami che colpì, tra gli altri paesi dell’area, anche l’Indonesia il 26 dicembre 2004. L’ammontare totale del finanziamento stanziato dalla Cooperazione italiana per l’emergenza tsunami ammonta a 14,7 milioni di euro, cui si aggiungono le risorse liberate dalla conversione del debito
Si ricorda che il terribile maremoto del 26 dicembre 2004 ha colpito la parte settentrionale dell’isola di Sumatra (provincia di Aceh) ed ha provocato oltre 150.000 vittime, danni materiali ingentissimi e la distruzione pressoché totale della rete di infrastrutture e di trasporti via terra.
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Si segnala che non figura alcun accordo in materia di difesa. Vi è tuttavia un Memorandum d’Intesa tra il Ministero della Difesa della Repubblica Italiana ed il Dipartimento della Difesa e della Sicurezza della Repubblica di Indonesia (intesa tecnica) sulla cooperazione nei settori degli impianti, della logistica e dell’industria per la difesa, firmato a Jakarta il 18 febbraio 1997, che risulta finora ratificato solo da parte italiana.
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La comunità italiana stabilmente residente (regolarmente iscritta in Anagrafe Consolare) conta oltre 1000 unità, con il maggior numero di residenti a Jakarta, seguita poi da Bali. Vi è un forte flusso di turisti del nostro Paese (circa 40.000 all’anno) soprattutto verso l’isola di Bali. L’emigrazione verso l’Italia è nel complesso poco rilevante, anche per la mancanza di legami tradizionali con il nostro Paese rispetto a quanto accade con altri partner europei quali Olanda e Germania. Si segnala un aumento costante dei visti turistici e d’affari verso l’Italia, oltre del 30% nell’ultimo anno.
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Per quanto riguarda la crisi libica, il 28 marzo 2011 il ministro degli esteri, Marty Natalegawa, nel corso di una audizione dinanzi alla Commissione Difesa della Camera dei Rappresentanti, ha dichiarato che l’Indonesia rigetta l’uso della violenza in Libia sia da parte di Gheddafi, delle forze ribelli che da parte delle truppe multinazionali, e chiede un cessate il fuoco e l'apertura di dialogo politico in Libia.
Ha inoltre enfatizzato la necessità di una tregua, la creazione di un corridoio umanitario e l’apertura di un dialogo politico. Marty ha informato la commissione che: “l’Indonesia si sta muovendo per via diplomatica, sia a livello bilaterale che multilaterale per fermare le violenze. Il Presidente della Repubblica ha inviato una lettera al Segretario Generale dell’ONU per ribadire la posizione del paese”
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In relazione al sisma che ha colpito il Giappone, il 21 marzo 2011 il ministro degli Esteri indonesiano, Marty Natalegawa, ha affermato che l'ASEAN - il gruppo composto dai dieci Paesi del sudest asiatico - deve unirsi e aiutare il Giappone, ed ha annunciato l'intenzione di organizzare una risposta regionale al disastro. L'Indonesia detiene la presidenza dell'ASEAN, una delle regioni che beneficia maggiormente da investimenti e aiuti giapponesi. ''Questo è il momento per l'Indonesia di incoraggiare e raccogliere l'assistenza per il Giappone da tutti i paesi membri'', ha detto Marty, citato dall’agenzia 'Antara'. Il ministro non ha chiarito come intende procedere, ma un comunicato del Segretario del gruppo, Surin Pitsuwan, notava qualche giorno fa che i paesi avevano iniziato operazioni umanitarie, seppur in misura modesta.
Composizione della delegazione
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
COMPOSIZIONE DELEGAZIONE
1. Tubagus Hasanuddin, Capo delegazione, Partito Democratico Indonesiano della Lotta (PDI-P), partito dell’ex Presidente Megawati (opposizione)
2. Yahya Sacawiria, Partito Democratico (PD) partito guidato dal Presidente Yudhoyono
3. Roy Suryo Notodiprojo, Partito Democratico (PD)
4. Edhie Baskoro Yudhoyono, Partito Democratico (PD) (figlio del Presidente della Repubblica)
5. Jeffrey Geovanie partito del GOLKAR (movimento politico dell’ex-Presidente Soeharto)
6. Muhammad Ruslan del GOLKAR
7. Neil Iskandar Daulay del GOLKAR
8. Theodorus J. Koekerits (PDI-P) (opposizione)
9. Dr. Sumaryoto (PDI-P) (opposizione)
10. M. Syahfan Badri Sampurno Partito prosperoso della giustizia (PKS, di matrice islamica)
11. Muhammad Nadjjib Partito nazionale del mandato (PAN partito di matrice islamica)
12. Achmad DG Sere Partito Unito dello Sviluppo (PPP, di matrice islamica)
13. Rachel Maryam Sayidina Partito del grande Movimento Indonesiano (Gerindra) (opposizione)
Suprihartini, Segretario della Commissione Difesa
Suparno, Segretario della Commissione Difesa
Priyo Iswanto, Vice Capo Missione Ambasciata di Indonesia
Krishna K U Hannan, Ministro consigliere d’Ambasciata
Sri Sapta Warhani, interprete
Chairy Y Iskandat, Ufficio politico Ambasciata di Indonesia
Scheda sintetica politico-istituzionale
(a cura del Servizio Studi)
n. 24 – 18 aprile 2011
Indonesia
Il quadro istituzionale
La Repubblica di Indonesia,
resasi indipendente dall’Olanda nel 1945, è, dal 2002, una repubblica
presidenziale. Il Presidente della Repubblica è anche capo del governo ed è
eletto per cinque anni con un sistema elettorale a doppio turno (risulta eletto
al primo turno il candidato che ottiene la maggioranza assoluta dei voti; le
prime elezioni presidenziali dirette si sono svolte nel 2004). Non sono
previsti limiti alla rieleggibilità. Possono presentare candidati per la
presidenza della Repubblica i partiti
che abbiano ottenuto il 25 per cento dei voti nelle ultime elezioni o detengano
il 20 per cento dei seggi complessivi in Parlamento. Il Parlamento è,
dal 2004, bicamerale. La Camera dei rappresentanti (Dewan Perwakilan Rakyat), è composta, dalle ultime elezioni del 2009,
da 560 membri (in precedenza 550) eletti per cinque anni con sistema
proporzionale, con soglia di sbarramento al 2,5 percento, e voto di preferenza
in liste aperte (le liste devono essere composte da almeno il 30 per cento di
candidati donne). IlConsiglio dei
Rappresentanti Regionali (Dewan Perwakilan
Daerah), responsabile per
la promozione e il monitoraggio delle leggi relative all’autonomia regionale, è
composto da 132 membri, eletti nelle circoscrizioni plurinominali
corrispondenti alle differenti provincie (ciascuna provincia elegge al massimo
4 membri), per cinque anni attraverso un voto singolo non trasferibile (ciascun
elettore può scegliere un solo candidato, risultano eletti i candidati con più
voti). A partire dall’anno 2001, è iniziato in Indonesia un processo di
decentramento amministrativo per assicurare la fornitura dei principali servizi
statali: attualmente sono presenti 30 provincie, 2 regioni speciali e lo
speciale distretto della capitale Jakarta.
Per Freedom House, l’Indonesia è uno “Stato libero”, in possesso dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit la definisce “democrazia difettosa” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul Paese”). Per quel che concerne l’esercizio concreto delle libertà politiche e civili, le libertà di associazione, di riunione e di manifestazione del pensiero appaiono, secondo fonti indipendenti, tutelate nella pratica, con restrizioni nelle aree teatro di conflitti etnici o religiosi. Anche la libertà di stampa risulta effettiva e l’Indonesia vanta una stampa indipendente e vivace; tuttavia l’esercizio di tale libertà appare limitato da alcune restrizioni legali: in particolare, la disciplina severa delle licenze per l’apertura di stazioni radio-televisive costringe alcuni operatori del settore ad operare illegalmente. Risulterebbe poi accertato il ricorso a pratiche di autocensura da parte dei giornalisti per evitare rischi di azione legale (l’articolo 311 del codice penale del 2007 punisce la diffamazione a mezzo stampa con la reclusione per quattro anni; tuttavia, con alcune recenti sentenze, appare affermarsi in sede giurisdizionale un indirizzo maggiormente garantista nei confronti dei giornalisti). Nel 2008 la legge sulle informazioni e le transazioni elettroniche ha esteso ai contenuti diffusi on line e via Internet la disciplina restrittiva in materia di diffamazione, criminalizzando la distribuzione e la diffusione d’informazioni o documentazione contrari alle norme morali dell’Indonesia. La Repubblica indonesiana riconosce ufficialmente sei religioni: l’Islam (cui appartiene la maggioranza della popolazione), il Protestantesimo, il Cattolicesimo, l’Induismo, il Buddhismo e il Confucianesimo. L’Ateismo è proibito dalla legge, così come sono previsti provvedimenti contro la blasfemia e risulta difficile per gli appartenenti alle altre religioni ottenere i documenti di identità. Negli ultimi anni, il Governo ha fallito nel prendere misure efficaci per porre rimedio ai continui atti d’intolleranza religiosa. In seguito alla messa al bando, nel 2008, della setta islamica Ahmadiyya (con 400000 seguaci) sono accaduti numerosi episodi di violenza; costanti sono anche gli scontri tra le fazioni cristiane e musulmane.
Infine, secondo osservatori indipendenti, la corruzione continua a essere problema endemico e diffuso in Indonesia. Nel settembre 2010, inoltre, il Parlamento ha approvato un provvedimento legislativo che potrebbe indebolire l’autorità della Commissione speciale per l’eradicazione della corruzione e la connessa attività giudiziaria. L’approvazione ha fatto seguito allo scoppio di uno scandalo dai contorni non chiariti che ha coinvolto i vertici della Commissione, ma che, secondo i critici, sarebbe stato il risultato di una manovra volta a screditarne l’operato.
La situazione politica e sociale
L’attuale Presidente della Repubblica è Susilo Bambang Yudhoyono (n. 1949), rieletto per il suo secondo mandato nel luglio 2009.
Yudhoyono è leader del Partito Democratico, da lui fondato nel 2009, a seguito di una scissione dal partito democratico indonesiano-battaglia (PDI-P) di Megawati Sukarnoputri. nelle ultime elezioni legislative del 2009 il partito democratico ha ottenuto 148 seggi. Il secondo partito per importanza in Indonesia è il partito Golkar (già partito egemone durante la dittatura di Suharto), con 106 seggi; 94 sono i rappresentanti del PDI-P (Partai Demokrasi Indonesia Perjuangan), terza forza politica del Paese. Tutti questi partiti risultano di orientano non confessionale, mentre il partito della giustizia e della prosperità, di orientamento islamico, ha ottenuto 57 seggi. Insieme al partito democratico di Yudhoyono compone la coalizione di governo anche il partito Golkar.
Con l’elezione nel 2004 di Yudhoyono, succeduto alla presidente Megawati Sukarnoputri (figlia del leader dell’indipendenza indonesiana, Sukarno), si è compiuta la prima alternanza pacifica al governo della storia indonesiana, a suggello del processo di transizione alla democrazia apertosi nel 1998 quando le proteste di piazza, associate anche alle conseguenze della crisi finanziaria asiatica del 1997, costrinsero alle dimissioni il generale Suharto, al potere, insieme al suo partito Golkar, dal 1968. Nell’ambito di questa transizione, che ha visto alla carica di presidente dapprima (1998-1999) il vicepresidente di Suharto, Bacharrudin Habibie, quindi Abdurrahman Wahid, di orientamento islamico (1999-2001) e poi, a seguito delle dimissioni di Wahid a causa di accuse di corruzione, la già ricordata Sukarnoputri (2001-2004), l’Indonesia ha anche concesso, a seguito del referendum del 1999 e delle pressioni della comunità internazionale che inviò nel medesimo anno una missione militare, l’indipendenza di Timor Est, ex-colonia portoghese invasa dall’Indonesia nel 1975.
Le tensioni separatiste ed interreligiose (in particolare tra cristiani e musulmani) rappresentano tuttora uno dei temi fondamentali nell’agenda politica indonesiana, mentre prosegue l’attuazione dell’accordo di pace raggiunto nell’agosto del 2005 con il movimento separatista della regione di Aceh. Nel 2002 l’Indonesia ha poi subito un significativo attacco terroristico da parte di un gruppo locale legato ad Al Qa’ida, nella città turistica di Bali, che provocò circa 200 morti. Al centro dell’attenzione continua ad essere anche lo scandalo politico legato la salvataggio operato dallo Stato nel 2009 di una banca relativamente piccola, la Bank Century. Se i difensori del salvataggio, sottolineano come esso abbia evitato danni maggiori al sistema bancario indonesiano, nell’ambito della crisi finanziaria internazionale, i critici hanno rilevato come il costo dell’operazione sia risultato ben superiore al previsto e ventilato la possibilità di alcuni arricchimenti illeciti nell’ambito dell’operazione. In particolare, il partito Golkar, membro della coalizione di governo, ha messo sotto accusa il ministro delle finanze Sri Mulyani, che si è dimesso nel maggio 2010 per assumere la carica di direttore esecutivo della Banca Mondiale.
Con riferimento ad una serie di dati socio-economici assumibili come possibile parametro interpretativo del contesto indonesiano si segnala che l’Indonesia ha una popolazione complessiva di 232 milioni di persone; il tasso di crescita del PIL nel 2010 è stato del 6,1 per cento, mentre il PIL pro-capite è di 4.300 dollari. Il tasso di disoccupazione, nel medesimo anno, è del 7,1 per cento, mentre il 44 per cento della popolazione vive in agglomerati urbani; il tasso di scolarizzazione primaria è del 90,4 per cento (maschile: 94 per cento; femminile: 86,8 per cento). Infine, il 13,3 per cento della popolazione complessiva vive sotto la soglia di povertà.
Per ulteriori elementi sulla realtà politico-istituzionale indonesiana si rinvia alla scheda paese predisposta dal Servizio Rapporti Internazionali.
Indicatori internazionali sul paese[1]:
Libertà politiche e civili: Stato “libero” (Freedom House); democrazia difettosa (Economist)
Indice della libertà di stampa: 100 su 178
Libertà religiosa: limitazioni alla libertà religiosa (ACS); limitazioni e provvedimenti governativi, episodi di intolleranza religiosa (USA)
Corruzione percepita: 110 su 178
Variazione PIL 2010: + 6,1 per cento
Accordo di pace in conflitto armato interno (Aceh); significativi episodi di terrorismo
Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, Unione interparlamentare, Freedom House, Human Rights Watch, Economist Intelligence Unit, International Institute for Strategic Studies, Strategic Survey 2010.
L’industria della difesa è caratteristicamente un settore operante nella fascia alta della tecnologia e contraddistinto da un’elevata spinta all’innovazione. I grandi programmi dell'industria della difesa - sia civile che militare - per la loro natura interdisciplinare (aerodinamica, meccanica fine, elettronica, materiali avanzati, ecc.) richiedono la capacità di dominare molteplici problematiche dando vita a studi e ricerche su diverse linee tutte fra loro coordinate nel tempo e convergenti sul risultato finale di progettare e sviluppare un sistema complesso.
La componente di ricerca applicata e sviluppo industriale è quindi vitale per il settore della difesa; essa inoltre assume grande rilevanza a livello di macroeconomia in quanto la ricerca aeronautica ha un valore trainante per l’innovazione in molteplici comparti industriali che vengono a beneficiare di una capacità di avviare grandi iniziative innovative.
I progetti di ricerca e sviluppo per la realizzazione di programmi della difesa sono tipicamente di grandi dimensioni e presentano lunghi tempi di recupero.
Ad esempio, uno studio della First Boston sulla struttura dell’industria aeronautica che tuttora è pienamente valido (“The jetliner business” del 1984) evidenzia che - date le curve tipiche dei flussi di cassa di un grande programma aeronautico - il punto di equilibrio può essere raggiunto solo in periodi superiori ai dodici anni e, tutto ciò sempre che il prodotto (aereo o motore) non subisca sostanziali modifiche in corso d'opera (ciò appesantirebbe la curva degli esborsi) e che il rateo di vendita evidenziasse buoni risultati commerciali (ad esempio vendita - per un aereo da 150 a 200 posti - di almeno 700 aerei nell'arco di 10 anni).
Quanto sopra evidenziato - le grandi dimensioni degli investimenti in ricerca e sviluppo e i lunghi tempi per il raggiungimento del break-even - comportano l’esigenza per l’industria di beneficiare di interventi sussidiari dello Stato. I principali Paesi europei - convinti che il possesso di una industria aeronautica nazionale è un elemento di valenza strategica sia sotto il profilo della sicurezza nazionale sia come fattore trainante per il sistema industriale - dagli anni ’60 - ’70 hanno avviato politiche di supporto finanziario delle proprie industrie aeronautiche[2].
Il provvedimento fondamentale per la realizzazione della politica di promozione e sviluppo dell'industria della difesa, con particolare attenzione a quella aeronautica in Italia è rappresentato dalla legge n. 808/1985[3], nato proprio per soddisfare l’esigenza di dotarsi in materia di un quadro normativo comparabile a quello esistente negli altri Paesi.
Tale strumento normativo è finalizzato alla realizzazione di una politica industriale di sviluppo e promozione della competitività del settore aeronautico, ritenuto strategico sia per le ricadute tecnologiche e manageriali che esso genera a beneficio anche di altri settori industriali sia per il sostanzioso contributo all'autonomia tecnologica del Paese.
Per il raggiungimento di tali finalità la legge n. 808/1985 autorizza la concessione alle imprese nazionali partecipanti a programmi industriali aeronautici in collaborazione internazionale di finanziamenti per lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo. La medesima legge prevedeva originariamente anche interventi per il sostegno di attività di produzione di prodotti aeronautici, che peraltro sono venuti a cessare da molti anni, nonché agevolazioni sui finanziamenti concessi ai clienti finali dei prodotti aeronautici che tuttavia non sono mai stati attivati.
Negli oltre venti anni di attuazione della legge, in conseguenza dell’evoluzione dell’ordinamento giuridico, il quadro degli interventi e delle procedure ha registrato significative variazioni. I numerosi rifinanziamenti avvenuti con successivi provvedimenti legislativi si sono concentrati sulla promozione della ricerca e sviluppo.
I finanziamenti per i progetti di ricerca e sviluppo sono concessi fino alla concorrenza dei relativi costi che le imprese dovranno sostenere e sono rimborsabili, senza corresponsione di interessi, mediante quote sul ricavato della vendita dei prodotti oggetto del programma determinate in relazione ai previsti risultati commerciali ed economici.
Sono state modificate anche le modalità di stanziamento dei fondi, passando dagli stanziamenti diretti originariamente previsti all’istituzione dei c.d. "limiti di impegno"[4] (inizialmente - nell’ambito dei primi rifinanziamenti - di durata decennale, e successivamente -in una seconda fase di rifinanziamenti - di durata quindicennale).
Nel 2008 si è chiusa la procedura di indagine comunitaria relativa all’applicazione della legge n.808/1985, in quanto la decisione della Commissione europea dell’11 marzo ha rappresentato la sostanziale conferma del riconoscimento della compatibilità del sistema della legge con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato alla ricerca. In tal modo è venuto meno l’ostacolo che aveva impedito la realizzazione di nuovi interventi negli anni precedenti.
Dal 1988, inizio della sua effettiva attuazione, fino al luglio del 2008, la legge n. 808 ha consentito l’erogazione di finanziamenti per 2,9 miliardi di euro, di cui, 1,3 miliardi destinati ai progetti di ricerca di sviluppo aziendali riguardanti la sicurezza nazionale.
In particolare, grazie a tale legge sono stati attuati importanti partenariati fra l’Italia e altri Paesi europei, soprattutto Francia e Regno Unito, per realizzare prodotti tecnologici del bimotore ATR e il programma EH-101, nato dalla necessità delle Forze armate italiane e inglesi di disporre di un elicottero medio-pesante.
Il fenomeno del finanziamento pubblico dell’industria della difesa si consolidò ulteriormente in Italia agli inizi degli anni novanta quando la crisi della finanza pubblica, da un lato, si riflesse negativamente sui volumi pluriennali delle commesse militari a piu’ elevato contenuto tecnologico, dall’altro, determinò maggiori difficoltà per le aziende e per tutto il sistema produttivo di accedere al credito ordinario a causa dell’impennata del debito pubblico che assorbiva ingenti risorse dal sistema creditizio.
Per superare queste difficoltà, contemperando le esigenze di politica industriale con quelle di sicurezza nazionale, la legge n. 421 del 1996 attribuì all’allora Ministero dell’industria, oggi Ministero dello sviluppo economico, la possibilità di finanziare programmi hi-tech di interesse delle Forze armate nel quadro delle esigenze prioritarie individuate dal Ministro della difesa. In seguito, con le leggi n. 388 del 2000 e 266 del 2005, venne estesa l’area di possibile applicazione degli strumenti della citat legge n. 421, razionalizzando l’impiego delle risorse pubbliche in tutto il settore.
Il Ministero dello sviluppo economico, su impulso e di concerto con la Difesa, ha così impiegato i fondi disponibili, pari a circa 4,7 miliardi di euro in tredici anni, per attuare programmi di grande importanza per Forze armate e di rilievo strategico per lo sviluppo e l’innovazione delle industrie, in particolare dell’aerospazio e della difesa. Si pensi, ad esempio, al sistema elettronico di navigazione e di combattimento della portaerei Conte di Cavour, alla promozione dell’area dell’avionica militare e dell’industria nazionale nel settore delle comunicazioni, soprattutto nella difficile fase di passaggio dall’analogico al digitale, alla realizzazione del programma FREMM, all’acquisizione di nuovi veicoli blindati per l’esercito e al grande programma, assolutamente innovativo denominato Forza NEC (Network Enabled Capabilitiies), ai programmi spaziali nell’area dell’osservazione della terra dal cielo, quali, nell’area delle telecomunicazioni, i programmi COSMO-Sky-Med e il SICRAL B che concorre a dare all’Arma dei carabinieri collegamenti protetti e cifrati.
Nell’ambito dei programmi finanziati congiuntamente dai due citati dicasteri, va inoltre ricordato il Programma Eurofighter, che è stato sostenuto dal Ministero dello sviluppo economico grazie alle risorse di cui all’articolo 4, comma 3, della legge 7 agosto 1997, n. 266, e a quelle rese disponibili da successivi interventi legislativi[5].
Tra i più recenti interventi in materia si segnala infine l’articolo 1, comma 57, della legge di stabilità per il 2011, a sostegno della ricerca aerospaziale ed elettronica, e i decreti del Ministro dello sviluppo economico n. 173 e 174 del 2010 (quest’ultimo, specificamente relativo ai progetti di ricerca e sviluppo nell'area della sicurezza nazionale).
Come si è detto, l’industria italiana del settore aeronautico ed elettronico ad essa strumentale, nonché della fascia hgh-tech per la sicurezza nazionale, ha trovato il sussidio e l’indirizzo flessibile dell’attore pubblico che, specie negli oltre vent’anni dall’inizio degli anni ’80 del secolo scorso, ha privilegiato le esigenze di sviluppo tecnologico del settore, coniugandole con attente politiche di internazionalizzazione.
Questa politica ha fatto emergere un settore nazionale riconosciuto sui mercati esteri come partner di primo piano, con aree di capacità manifatturiere e tecnologiche di rilievo.
La politica di internazionalizzazione delle aziende italiane si è mossa su due linee: quella della creazione di aziende complete all’interno dei mercati esteri e quella di acquisizione di siti produttivi all’estero.
Gli investimenti effettuati in selezionate aree e nicchie tecnologiche, nel quadro delle linee guida di politica industriale del Ministero dello Sviluppo economico, che hanno caratterizzato la specializzazione delle imprese italiane, sono risultati efficaci per l’acquisizione di know.how proprietario e per i risultati ottenuti all’estero.
La struttura dell’offerta è articolata:
§ in un polo di eccellenza nazionale (la Finmeccanica), che rappresenta circa i 2/3 del comparto nazionale,
§ in alcune grandi aziende specializzate (quali Avio, IVECO Defence Vehicles e Fincantieri) che insieme coprono il 20%,
§ in alcune aziende di dimensioni più limitate (quali ad esempio Piaggio Aero Industries e Microtecnica),
§ in oltre un centinaio di piccole e medie imprese (PMI), che rappresentano circa il 10% del comparto nazionale con quasi 6000 addetti diretti.
Le PMI italiane del settore aeronautico, estremamente dinamiche e ricche di capacità personali, rappresentano un tessuto connettivo di operatori in tecnologie di nicchia. Il fattore di debolezza, che penalizza la continuità dell’impegno nella ricerca e sviluppo, risiede nell’origine familiare di tali aziende e di conseguenza dalla loro insufficiente capitalizzazione. Circa il posizionamento delle PMI, si ricorda che prevalgono tradizionalmente le attività tipiche dell’indotto, quali la subcontraenza nelle lavorazioni aerostrutturali e negli equipaggiamenti verso i prime contractors nazionali che svolgono il ruolo di capofila di grandi programmi velivolistici proprietari, sia nelle collaborazioni europee e transatlantiche.
A livello merceologico, un’analisi per sistemi indica che aeronautica ed elicotteristica nell’ambito del comparto coprono una quota del 55%, mentre motoristica, industrie navale, terrestre e spaziale coprono pariteticamente il 45% del totale. Significativa risulta la componente della difesa elettronica e sistemi difesa, trasversale ai settori, stimabile ad oltre il 25% del totale.
Sull’insieme delle attività non de-localizzate, ma realizzate da personale italiano in infrastrutture sul territorio dell’Italia, circa i 2/3 concernono produzioni militari. Le esportazioni rappresentano il 60% del fatturato totale. Le attività di ricerca e sviluppo hanno un’intensità elevata, corrispondente al 12% del fatturato, in linea con la media europea, a conferma dell’importanza del fattore innovazione del comparto.
In ambito europeo, l’Italia è il 4° attore per importanza, dopo il Regno Unito (che è secondo nel mondo dopo gli USA), la Francia e la Germania, mentre tra i grandi gruppi industriali Finmeccanica si trova in terza posizione.
Oggi il comparto offre un portafoglio di sistemi avanzati e integrati e di servizi innovativi, la cui articolazione consente una gestione flessibile dei rapporti con altri partners, sia quelli tradizionali europei e americani, sia con nuovi partners in Russia e nei Paesi del Golfo[6].
Per ulteriori elementi sulla struttura dell’industria della difesa italiana si rinvia alla nota dell’Osservatorio di politica internazionale L’industria della difesa in Italia riprodotta al termine del paragrafo relativo al controllo parlamentare sugli armamenti
L’attività del Parlamento in merito all'acquisizione dei sistemi d’arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, si svolge essenzialmente attraverso l’esame dei relativi programmi che il Governo presenta alle Camere ai fini dell’espressione del prescritto parere da parte delle Commissioni difesa della Camera e del Senato. Tale procedura è definita dagli articoli legge 4 ottobre 1988, n. 436 (cosiddetta legge Giacchè, ora confluita negli articoli 536 e ss. del codice dell’ordinamento militare di cui al decreto legislativo n. 66 del 2010). In particolare, la legge ha stabilito che i programmi riguardanti il rinnovamento e l'ammodernamento dei sistemi d'arma, delle opere, dei mezzi e dei beni destinati direttamente alla difesa nazionale debbano essere approvati secondo una duplice modalità ossia con legge se richiedono finanziamenti di natura straordinaria oppure con decreto del Ministro della difesa qualora risultino finanziati attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio. E' in quest'ultimo caso (salvo si tratti del mantenimento delle dotazioni o il ripianamento delle scorte) che è previsto il preventivo parere parlamentare non vincolante delle Commissioni difesa di Camera e Senato sui relativi decreti di approvazione.
La Commissione difesa, il 13 ottobre 2010, ha approvato il documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sui meccanismi previsti dalla citata "legge Giacchè", deliberata il 15 ottobre 2008, per analizzarne il funzionamento anche alla luce del mutato scenario internazionale e degli impegni assunti dal nostro Paese in sede internazionale e comunitaria. Il documento evidenzia che nel breve e nel medio periodo la difesa dovrà provvedere al procurement militare attraverso risorse più limitate a causa della crisi economica; in tal senso risulta evidente l'esigenza di una razionalizzazione della spesa. In questa ottica il documento indica la necessità di cogliere le opportunità offerte dalle iniziative dell'Unione europea in materia quali la direttiva 2009/43/CE in materia di trasferimenti intracomunitari di prodotti per la difesa e la direttiva 2009/81/CE sugli appalti della difesa, nonché l'attività di regolazione del settore svolta dall'Agenzia europea per la difesa. Anche a livello nazionale il documento sollecita una maggiore razionalizzazione della spesa che agevoli anche un controllo parlamentare più efficace. Al riguardo vengono proposti un documento del Governo pluriennale aggiornato annualmente che fornisca al Parlamento un quadro complessivo delle iniziative del settore; un controllo parlamentare sui programmi d'arma che non sia solo preventivo bensì provveda anche al monitoraggio della realizzazione dei programmi; la costituzione, all'interno della Commissione Difesa, di un Comitato permanente per il controllo parlamentare sui programmi d'arma; un'armonizzazione dei criteri contabili di registrazione delle spese per armamenti in coerenza con i criteri di contabilità europea e un maggiore coordinamento al riguardo tra Ministero della difesa e Ministero dell'economia.
Con riferimento all’industria della difesa, altro aspetto importante è quello del controllo sull’esportazione di armi. Al riguardo, la normativa principale è quella contenuta nella legge 9 luglio 1990, n. 185, recante nuove norme sul controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento, come modificata dalla legge n. 148 del 17 giugno 2003, che ha ratificato l'Accordo quadro di Farnborough del 27 luglio 2000, tra Francia, Germania, Italia, Spagna, Svezia e Regno Unito, relativo alla ristrutturazione e alle attività dell'industria europea per la difesa.
In particolare, la legge n. 185 del 1990 si compone di sette Capi, suddividisi in 31 articoli.
Il Capo I reca disposizioni generali.
L’articolo 1 (Controllo dello Stato) stabilisce che l’esportazione, l'importazione e il transito di materiale di armamento nonché la cessione delle relative licenze di produzione devono essere conformi alla politica estera e di difesa dell'Italia. Esse sono soggetto ad autorizzazioni e controlli dello Stato.
Il comma 3 dell’articolo 1 prevede che il Governo predisponga misure idonee ad assecondare la graduale differenziazione produttiva e la conversione a fini civili delle industrie nel settore della difesa.
Le operazioni di esportazione e transito sono consentite solo se effettuate con governi esteri o con imprese autorizzate dal governo del paese destinatario e sono vietati quando siano in contrasto con la Costituzione, con gli impegni internazionali dell'Italia e con i fondamentali interessi della sicurezza dello Stato, della lotta contro il terrorismo e del mantenimento di buone relazioni con altri Paesi, nonché quando manchino adeguate garanzie sulla definitiva destinazione dei materiali.
Il comma 6, modificato dalla legge 148/2003, individua le caratteristiche dei Paesi verso i quali sono vietati l'esportazione ed il transito di materiali di armamento
Il comma 7 vieta la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione ed il transito di armi biologiche, chimiche e nucleari, nonché la ricerca preordinata alla loro produzione o la cessione della relativa tecnologia.
Il comma 8, vietando le importazioni definitive o temporanee di materiale di armamento, elenca le eccezioni, tra le quali: a) le importazioni effettuate direttamente dall'Amministrazione dello Stato o per conto di questa per la realizzazione dei programmi di armamento ed equipaggiamento delle forze armate e di polizia, che possono essere consentite direttamente dalle dogane; b) le importazioni effettuate previa autorizzazione di cui al successivo 13.
Il comma 9 esclude dalla disciplina della legge: a) le esportazioni temporanee effettuate direttamente o per conto dell'Amministrazione dello Stato per la realizzazione di propri programmi di armamento ed equipaggiamento delle forze armate e di polizia; b) le esportazioni o concessioni dirette da Stato a Stato, a fini di assistenza militare, in base ad accordi internazionali; c) il transito di materiali di armamento e di equipaggiamento per i bisogni di forze dei Paesi alleati, secondo la definizione della Convenzione sullo statuto delle Forze della NATO, purché non siano invocate a qualsiasi titolo deroghe agli articoli VI, XI, XII, XIII e XIV della Convenzione tra gli Stati partecipanti al Trattato Nord Atlantico.
Il comma 10 vieta le esportazioni temporanee di cui al comma 9, lettera a), verso i Paesi di cui al precedente comma 6.
Il comma 11 esclude dalla disciplina della legge una serie di prodotti, tra i quali: le armi sportive e da caccia e relative munizioni; gli artifizi luminosi e fumogeni; le riproduzioni di armi antiche.
L’articolo 2 reca le definizione dei materiali di armamento. Viene innanzitutto considerato materiale di armamento quello che, per requisiti o caratteristiche, tecnico-costruttive e di progettazione, sia tale da considerarsi costruito per un prevalente uso militare o di corpi armati o di polizia.
E’ previsto che l’elenco dei materiali di armamento, classificati secondo le categorie indicate dallo stesso articolo, venga approvato con decreto ministeriale. Tale elenco può essere aggiornato, sempre con D.M., in base all’evoluzione della produzione industriale, a quella tecnologica, nonché agli accordi internazionali cui l'Italia aderisce. Sono altresì considerati materiali di armamento: a) ai soli fini dell'esportazione, le parti di ricambio e quei componenti specifici dei materiali sopraindicati; b) limitatamente alle operazioni di esportazione e transito, i disegni, gli schemi ed ogni tipo ulteriore di documentazione e d'informazione necessari alla fabbricazione, utilizzo e manutenzione dei suddetti materiali.
L’articolo 3 istituisce, presso il Ministero della difesa, il Registro nazionale delle imprese, consorzi di imprese operanti nel settore della progettazione, produzione, importazione, esportazione, manutenzione e lavorazioni comunque connesse di materiale di armamento. Lo stesso articolo stabilisce i requisiti per l’iscrizione
L’articolo 4 rinvia al un decreto del Ministro della difesa la definizione delle modalità di iscrizione al registro nazionale delle imprese di cui al precedente articolo.
L’articolo 5 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri presenti al Parlamento, entro il 31 marzo di ogni anno, una relazione sulle operazioni autorizzate e svolte entro il 31 dicembre dell'anno precedente, anche con riguardo alle operazioni svolte nel quadro di programmi intergovernativi o a seguito di concessione di licenza globale di progetto o in relazione ad esse .
Ad essa sono allegate le relazioni trasmesse al Presidente del Consiglio dai Ministri degli affari esteri, dell'interno, della difesa, dell’Economia e delle finanze, delle attività produttive, per quanto di rispettiva competenza nella materia.
La relazione deve contenere
indicazioni analitiche - per tipi, quantità e valori monetari - degli oggetti concernenti le operazioni contrattualmente definite indicandone gli stati di avanzamento annuali sulle esportazioni, importazioni e transiti di materiali di armamento e sulle esportazioni di servizi oggetto dei controlli e delle autorizzazioni previste dalla legge.
la lista dei Paesi indicati nelle autorizzazioni definitive, l'elenco delle revoche delle autorizzazioni stesse per violazione della clausola di destinazione finale e dei divieti di cui agli articoli 1 e 15 nonché l'elenco delle iscrizioni, sospensioni o cancellazioni nel registro nazionale di cui all'articolo 3.
l'elenco dei programmi sottoposti a licenza globale di progetto con l'indicazione dei Paesi e delle imprese italiane partecipanti, nonché le autorizzazioni concesse dai Paesi partner relative a programmi a partecipazione italiana e sottoposti al regime della licenza globale di progetto.
La legge n. 148/2003 ha introdotto il comma 3-bis, che prevede che i titolari di licenza globale di progetto forniscano annualmente al Ministero degli affari esteri una relazione analitica sulle attività espletate sulla base della licenza ottenuta, corredata dai dati su tutte le operazioni effettuate e che tale documentazione sia parte integrante della relazione di cui al comma 1.
Il Capo II reca disposizioni sugli organismi di coordinamento e controllo che sono :
il Comitato interministeriale per gli scambi di materiali di armamento per la difesa (CISD), (articolo 6) istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, e successivamente soppresso dall'articolo 1 della legge n. 537 del 1993.
il Comitato consultivo per l'esportazione, l'importazione ed il transito di materiali di armamento (articolo 7) istituito, presso il Ministero degli esteri, con il compito di esprimere pareri al Ministro degli affari esteri ai fini del rilascio dell'autorizzazione di cui al successivo articolo 13.
l’Ufficio di coordinamento della produzione di materiali di armamento (articolo 8) costituito presso la Presidenza del Consiglio, con il compito di fornire pareri al CISD.
Il Capo III, reca norme sull’autorizzazione alle trattative
L’articolo 9 disciplina le trattative contrattuali.
L'inizio di trattative contrattuali per l'esportazione, l'importazione e il transito di materiale d'armamento deve essere comunicato dai soggetti iscritti al registro di cui all'articolo 3 al Ministro degli esteri ed al Ministro della difesa (comma1). Il Ministro degli affari esteri, d'intesa con il Ministro della difesa può, entro 60 giorni, vietare (comma 2) la prosecuzione della trattativa oppure limitarla o sottoporla a condizioni (comma 3).
Il comma 4 dell’articolo 9, modificato dalla legge 148/2003, prevede che, nel caso di trattative riguardanti Paesi NATO e UE ovvero delle operazioni contemplate da apposite intese intergovernative, la comunicazione deve essere invece trasmessa al Ministero della difesa che, entro 30 giorni, può disporre condizioni o limitazioni.
Il comma 5 del medesimo articolo, invece, sottopone al solo nulla osta del Ministro della difesa le importazioni ed esportazioni di: a) ricambi, componenti e servizi per la manutenzione e riparazione di materiali già oggetto di contratti autorizzati, ma nei quali tali specifiche previsioni non erano contenute o siano scadute; b) materiali già regolarmente esportati e che debbano essere reimportati o riesportati temporaneamente, anche in altri Paesi, per riparazioni o manutenzione; c) materiali importati, ed eventualmente anche esportati, e che debbano essere restituiti ai costruttori per difetti, inidoneità e simili; d) attrezzature da inviare in temporanea esportazione o importazione per installazione, messa a punto, prove e collaudo di materiali già autorizzati alla importazione od esportazione, ma senza che gli atti relativi avessero contenuto tali specifiche previsioni; e) materiali di armamento a fini di esibizioni, mostre e dimostrazioni tecniche; dei relativi manuali e descrizioni tecniche e di ogni altro ausilio predisposto per la presentazione dei materiali stessi, nonché di campionature per la partecipazione a gare, appalti e prove di valutazione.
Il comma 7-bis, introdotto dalla legge 148/2003, esclude infine dalla disciplina del presente articolo le operazioni svolte nel quadro di programmi congiunti intergovernativi di cui al successivo articolo 13, comma 1.
L’articolo 10 prevede che la durata dell’autorizzazione di cui al precedente articolo abbia durata di tre anni e non conferisca all'impresa il diritto di ottenere le successive autorizzazioni di cui all'articolo 13.
Il Capo IV contiene disposizioni sull’autorizzazione all'importazione, esportazione e transito.
L’articolo 11 prevede che per l'esportazione, l'importazione, le cessioni di licenza e il transito di materiali di armamento, debba essere presentata domanda di autorizzazione al Ministero degli affari esteri che informa il Ministero del commercio con l'estero. Lo stesso articolo definisce le caratteristiche e i contenuti della domanda. Da tale procedura sono escluse le operazioni di cui all'articolo 9, commi 4 e 5, mentre.
Lo stesso articolo 11, come modificato dalla legge 148/2003, stabilisce che copia dell’autorizzazione a trattare di cui all’art. 9 deve essere allegata alla domanda di licenza globale di progetto (prevista dal successivo articolo 13), precisando che tale disposizione non si applica ai programmi congiunti intergovernativi cui fa riferimento il comma 7-bis dell’articolo 9.
L’articolo 12 affida al Ministero degli affari esteri l'istruttoria per il rilascio dell'autorizzazione di cui al successivo articolo 13.
L’articolo 13 attribuisce al Ministro degli esteri, sentito il Comitato di cui all'articolo 7, di concerto con il Ministro delle finanze, il compito di concedere l’autorizzazione all’esportazione e all’importazione, definitive o temporanee, ed all transito dei materiali di armamento, nonché alla cessione all'estero delle licenze industriali di produzione dello stesso materiale e alla riesportazione da parte dei Paesi importatori. L'eventuale rifiuto dell'autorizzazione deve essere motivato.
La legge 148 del 2003, novellando l’articolo 13 della legge 185 del 1990, ha istituito la licenza globale di progetto, una nuova forma di autorizzazione per le imprese che operino esportazioni, importazioni o transiti di materiali di armamento che partecipino a programmi congiunti intergovernativi o industriali di ricerca, sviluppo o produzione, con imprese di Paesi membri dell’Unione europea o della Nato con i quali l’Italia abbia sottoscritto accordi che garantiscano, in tali materie, il controllo delle operazioni secondo i principi ispiratori della legge.
L'autorizzazione di cui al comma 1 è rilasciata dal Ministro degli esteri, senza il previo parere del Comitato di cui all'articolo 7, per le operazioni previste dall'articolo 9, comma 4 e per quelle che hanno avuto il nulla osta alle trattative contrattuali sulla base dell'articolo 9, comma 5.
L'autorizzazione non può essere rilasciata in caso di domande incomplete ovvero mancanti della documentazione prevista.
L’articolo 14 (modificato dalla legge 148/2003) prevede che le operazioni debbano concludersi entro il termine previsto dall’autorizzazione e possono essere prorogate per periodi non superiori a 24 mesi, fatta eccezione per i casi previsti dall'articolo 9, commi 4 e 5, ovvero in caso di licenza globale di progetto.
L'autorizzazione (prorogabile in relazione all’andamento delle consegne) è rilasciata per un periodo di validità non inferiore a quello previsto per l'esecuzione del contratto e comunque per periodo di almeno 18 mesi. La licenza globale di progetto è invece rilasciata per un periodo massimo di tre anni, anche questo prorogabile.
L’articolo 15 detta le modalità e le procedure per la sospensione o la revoca delle autorizzazioni.
L’articolo 16 stabilisce che le disposizioni della legge non si applicano ai casi di attraversamento nel territorio dello Stato dei materiali di armamento oggetto di transazioni commerciali all'estero da parte di non residenti, e che tali operazioni sono soggette alle disposizioni di pubblica sicurezza.
Il Capo V reca disposizioni sugli obblighi delle imprese
L’articolo 17 rinvia ad un decreto ministeriale la definizione della misura e delle modalità di versamento del contributo per l'iscrizione nel registro nazionale.
L’articolo 18 definisce le modalità di consegna, da parte delle imprese esportatrici, delle liste dei materiali di armamento oggetto di esportazione presso la commissione di cui al precedente articolo 4.
L’articolo 19 reca disposizioni sulle comunicazioni relative a vettori e spedizionieri incaricati del trasporto dei materiali, fatta eccezione per le esportazioni effettuate per conto dell'Amministrazione dello Stato.
Qualora la spedizione e la consegna del materiale siano a carico dell'esportatore, egli ha l’obbligo di acquisire da vettori e spedizionieri, e conservare, ogni utile indicazione sulle modalità di trasporto e sull'itinerario relativo. Per le operazioni che prevedono la consegna «franco fabbrica» o «franco punto di partenza», gli esportatori sono obbligati a comunicare contestualmente alle Amministrazioni degli affari esteri, della difesa, dell'interno e delle finanze, la data e le modalità della consegna fornendo ogni utile indicazione sullo spedizioniere o vettore incaricato dell'operazione.
L’articolo 20 definisce le procedure che l'impresa esportatrice di materiali di armamento è tenuta a seguire per la trasmissione dei documenti relativi alle operazioni autorizzate, fatta eccezione per le operazioni effettuate per conto dello Stato o per quelle autorizzate con licenza globale di progetto.
Il comma 4-bis, introdotto dalla legge 148/2003, prevede che, in caso di spedizione in utilizzo di licenza globale di progetto, l'impresa sia tenuta a conservare per cinque anni la documentazione relativa ai materiali forniti, utile ad attestare l'arrivo a destinazione dei materiali stessi. Tale documentazione dovrà essere eventualmente esibita su richiesta del Ministero degli affari esteri.
L’articolo 21 prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri, sentito il Ministro della difesa, su richiesta dell'impresa interessata, possa autorizzare seminari, soggiorni di studio e visite di cittadini italiani e stranieri in Italia che abbiano ad oggetto materie attinenti a prodotti coperti da classifica di segretezza.
L’articolo 22 contiene il divieto, per un periodo di tre anni successivo alla cessazione del rapporto, a conferire cariche in imprese operanti nel settore degli armamenti, a dipendenti pubblici civili e militari, che, nei due anni precedenti alla cessazione del rapporto sono stati preposti a qualsiasi titolo all'esercizio di funzioni amministrative connesse all'applicazione della presente legge,
Il Capo VI contiene le disposizioni in materia di sanzioni.
L’articolo 23 individua le sanzioni per i casi di falsità nella documentazione prodotta per rilascio dell'autorizzazione o per l'ottenimento della iscrizione nel registro nazionale.
L’articolo 24 contempla le sanzioni riferite all’inosservanza delle prescrizioni amministrative.
L’articolo 25 stabilisce le misure sanzionatorie per chi effettua esportazione, importazione o transito di materiali di armamento senza autorizzazione.
L’articolo 26 prevede l’obbligo di comunicazione da parte dell'autorità giudiziaria al Ministro degli affari esteri e al Ministro della difesa ai fini dell'adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza
L’articolo 27 contiene norme sull'attività bancaria. Il comma 1 stabilisce che tutte le transazioni bancarie in materia di esportazione, importazione e transito di materiali di armamento, come definiti dall'articolo 2, devono essere notificati al Ministero del tesoro.
Il comma 2 precisa che il Ministro del tesoro, entro 30 giorni dalla notifica, deve autorizzare, in base a quanto stabilito dalla presente legge, lo svolgimento delle operazioni bancarie.
Il comma 3 stabilisce che la relazione al Parlamento, di cui all'articolo 5, deve contenere un capitolo sull'attività degli istituti di credito operanti nel territorio italiano nella materia indicata nel precedente comma 1.
Il Capo VII contiene le disposizioni finali e transitorie.
L’articolo 28 reca le disposizioni transitorie.
L’articolo 29 reca l’autorizzazione all’emanazione di un regolamento di esecuzione. Sulla base di tale articolo è stato adottato, con il D.P.C.M. n. 94 del 1991, il regolamento di esecuzione della legge 9 luglio 1990, n. 185 , recante nuove norme per il controllo dell'esportazione, importazione e transito dei materiali di armamento. Successivamente, con il D.P.C.M. n. 448 del 25 settembre 1999, è stato adottato un nuovo regolamento di esecuzione della legge 185/1990, che ha abrogato il precedente.
L’articolo 30 detta norme sul distacco di personale, mentre l’articolo 31 indica le singole disposizioni in materia che restano vigenti dopo l’entrata in vigore della legge e contiene la clausola di abrogazione di tutte le disposizioni incompatibili.
L’industria della difesa italiana
di Valerio Briani, dell’IAI (Istituto Affari Internazionali)
n. 3 - Dicembre 2009
§ ABSTRACT – L’industria della difesa italiana rappresenta uno dei comparti industriali più importanti del paese, collocandosi al settimo posto nel mondo tra i produttori di sistemi d’arma complessi (al quarto posto in Europa) e tra i primi esportatori (tre miliardi di euro nel 2008). Le principali aziende sono: Finmeccanica, che, con oltre 13 miliardi di fatturato annuo dei quali oltre 7 per materiali di difesa, è all’8° posto tra i grandi gruppi mondiali), Avio, Fincantieri e Iveco. I principali programmi internazionali a partecipazione italiana sono: il caccia multiruolo di ultima generazione F 35 - JSF, il caccia multiruolo con spiccate capacità di superiorità aerea Eurofighter Typhoon e la Fregata Europea Multi Missione FREMM. § L’Italia si è progressivamente integrata nel mercato europeo della difesa con la partecipazione all’OCCAR, con l’adesione alla Lettera di intenti (LOI) allo scopo di favorire l’omogeneizzazione ed il coordinamento delle regole di mercato del settore e con l’adesione all’Accordo Quadro che favorisce la riorganizzazione dell’industria della difesa europea e la nascita di aziende transnazionali. In ambito europeo sono infine entrate in vigore nel 2009 due importanti direttive sugli acquisti pubblici di prodotti per la difesa e sui trasferimenti intra-comunitari di prodotti militari. |
L’industria della difesa italiana rappresenta uno dei comparti industriali più importanti per il sistema paese in termini di vendite, occupazione, ricadute tecnologiche, ma anche per quanto riguarda la sua rilevanza strategica.
L’Italia è al settimo posto nel mondo tra i produttori di sistemi d’arma complessinel periodo 2004-2008[7] (al quinto se si escludono Usa e Russia). Il comparto italiano è al quarto posto in Europa. La principale industria italiana, Finmeccanica, è all’8° posto tra i grandi gruppi mondiali dell’aerospazio e difesa. In termini di occupazione, il settore dell’aerospazio e difesa conta circa 64 mila addetti in Italia più circa 22 mila all’estero[8].
18,1 18,5 28,4 39,1
Fonte: Giovanni Gasparini, Lucia Marta, Valerio Briani, Economia ed industria della difesa, IAI, marzo 2009, http://www.iai.it/pdf/Economia_difesa/Tabelle-grafici-IT-2009.pdf.
La struttura del comparto industriale
L’industria della difesa italiana può essere rappresentata come una piramide al cui vertice si trovano grandi players come Finmeccanica, Avio, Fincantieri e Iveco (attivi anche in altri settori) che agiscono come prime contractors nei segmenti più elevati del mercato (in termini di volume d’affari e di contenuti tecnologici espressi) fornendo sistemi d’arma complessi e integrazione di sistemi. In seconda fascia agiscono società di dimensioni più limitate, anche controllate dal gruppo Finmeccanica, specializzate spesso su singoli apparati o sottosistemi. Infine, una terza fascia di aziende è costituita da circa un centinaio di piccole e medie imprese[9] che normalmente producono componenti e/o servizi per le industrie maggiori.
Nota: il fatturato di Finmeccanica è consolidato e comprende le controllate
Fonte: G. Gasparini, L. Marta, V. Briani, Economia ed industria della difesa
Il gruppo Finmeccanica, con oltre 13 miliardi di fatturato annuo dei quali oltre 7 per materiali di difesa , è di gran lunga il maggiore gruppo italiano del settore. Attraverso le società controllate, il gruppo è attivo nei settori dell’aeronautica (Alenia Aeronautica, Alenia Aermacchi, Aeronavali), dell’elicotteristica (AgustaWestland), nel settore spaziale attraverso le joint ventures con la francese Thales (Thales Alenia Space e Telespazio). Per quanto riguarda specificatamente il settore difesa, il gruppo Finmeccanica è fortemente presente nel mercato dei sistemi di difesa (WASS, Oto Melara e la joint venture MBDA) e nell’elettronica per la difesa (Selex Sistemi Integrati, Selex Galileo, Selex Communications, Elsag Datamat). Il gruppo è però anche presente in settori civili come quello dell’energia (Ansaldo Energia) e dei trasporti ferroviari (ANSALDO STS e AnsaldoBreda).
Fonte: G. Gasparini, L. Marta, V. Briani, Economia ed industria della difesa
Fincantieri è uno dei maggiori gruppi al mondo nella progettazione e costruzione di navi mercantili, passeggeri e militari. L’azienda, primo partner della Marina Militare italiana, è in grado di costruire unità di superficie, portaerei, fregate, pattugliatori, navi ausiliarie e sommergibili. Nel 2007 il gruppo ha fatturato oltre 2,6 miliardi, con circa 500 milioni derivanti dal settore militare. A fine 2008, la società si è inserita anche nell’importante ma difficile mercato americano con l’acquisizione del gruppo Manitowoc Marine Group.
Il gruppo Avio, nato nel 1908, è leader nel settore aerospaziale mondiale con spiccate capacità nella propulsione aerospaziale. Nel 2007 ha fatturato circa 1,5 miliardi di euro, con 413 milioni derivanti dal settore militare. In qualità di sistemista e motorista, Avio partecipa a diversi importanti progetti di sviluppo internazionali quali il trasporto tattico/strategico A400M, il caccia multiruolo F-35 JSF ed il caccia europeo Eurofighter/Thypoon.
Iveco Defence Vehicles è una società del gruppo Iveco dedicata alla progettazione e produzione di veicoli multiruolo, autocarri tattici e logistici e veicoli blindati ruotati. L’azienda ha fatturato 400 milioni di euro nel 2007. La sua competitività è testimoniata dal forte volume di vendite all’estero (circa il 70% del fatturato globale).
La partecipazione italiana a progetti di sviluppo internazionali
Forse il principale programma di sviluppo internazionale a partecipazione italiana è quello relativo all’ F 35 Joint Strike Fighter, caccia multiruolo di ultima generazione progettato dall’americana Lockheed Martin per rinnovare le flotte delle forze armate statunitensi. Al programma partecipano, oltre all’Italia, altri 7 paesi partner, con un potenziale di 730 ordini solo dall’Europa[10]. Alenia Aeronautica (gruppo Finmeccanica) ha partecipato fin dalle fasi iniziali dello sviluppo ed agisce attualmente come subcontractor per importanti componenti (tra cui le ali). Il programma è suscettibile di importanti ricadute in termini di trasferimenti di tecnologia ed anche occupazionali (lo stabilimento di Cameri si occuperà infatti della manutenzione di tutti gli F-35 dei paesi europei).
Finmeccanica, sempre tramite Alenia Aeronautica, è coinvolta anche nella produzione dell’ Eurofighter Typhoon, un caccia multiruolo con spiccate capacità di superiorità aerea, risultato della cooperazione tra Italia, Germania, Spagna e Regno Unito. Alenia Aeronautica svolge circa il 21% del carico di lavoro di produzione[11]. Un totale di 707 unità verranno prodotte entro il 2012, per entrare in servizio nelle forze armate dei paesi coinvolti nel consorzio ma anche in Austria e Arabia Saudita[12]. Insieme, Eurofighter e F-35 (macchine dal ruolo sostanzialmente complementare) costituiranno gran parte della linea di volo dell’aviazione italiana.
Da menzionare anche l’impegno dell’Italia nel programma europeo FREMM (Fregata Europea Multi Missione). Si tratta del più importante programma militare in ambito navale mai costituito tra partner europei, ed è gestito dall’OCCAR (l’Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti, vedi pag. 5). Attraverso la Orizzonte Sistemi Navali, Fincantieri e Finmeccanica collaborano con la società francese DCNS nella produzione di una moderna unità navale multiruolo con notevole potenziale commerciale. Il programma prevede la costruzione di 27 unità, 10 delle quali per la Marina italiana per una spesa complessiva vicina ai 4,5 miliardi di euro[13].
Bilancia commerciale nel campo degli armamenti
Come ricordato nell’introduzione, l’Italia è al settimo posto tra i produttori di sistemi d’arma complessi tra il 2004 ed il 2008. I due principali esportatori sono prevedibilmente Usa e Russia, che rappresentano rispettivamente il 31 ed il 25% delle esportazioni complessive di armamenti tra il 2004 ed il 2008. Seguono poi i principali produttori europei: Germania (10%), Francia (8%), Gran Bretagna e Paesi bassi (poco più del 4%), ed Italia (circa il 4%)[14].
Come si evince dal grafico sottostante, il volume delle esportazioni italiane di materiali per la difesa e la sicurezza è comunque cresciuto costantemente a partire dal 2000, fino a raggiungere e superare i 3 miliardi di euro nel 2008 (in autorizzazioni: un notevole 28,58% in più rispetto al 2007[15]). L’industria italiana sta quindi consolidando ed incrementando la propria presenza sul mercato globale nonostante la crisi economica (va ricordato che il settore della difesa, per la sua particolare rilevanza strategica e per i suoi lunghi cicli produttivi, è in generale uno dei settori industriali meno colpiti dalla crisi).
Esportazioni italiane di armamenti 1999-2008 (in milioni di euro)
Fonte: Elaborazione dell’autore su dati da Rapporto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento - diversi anni. Dati al netto dei Programmi intergovernativi.
Come ricordato, il 2008 ha registrato un valore di circa 3 miliardi di autorizzazioni per l’esportazione. Tra gli esportatori spicca Agusta (gruppo Finmeccanica, elicotteristica) con circa il 50% del volume totale delle esportazioni, seguita da Alenia Aeronautica (con il 9,16%), Oto Melara (6,09%), Fincantieri (5,37%). Circa il 15,8 % delle autorizzazioni concesse nel 2008 è rappresentato da ordini in misura inferiore ai 10 milioni di euro, buona parte dei quali sono presumibilmente componenti e parti di ricambio.
Per quanto riguarda i paesi destinatari, la Turchia è al primo posto con acquisizioni per poco più di un miliardo di euro (principalmente per elicotteri Agusta): seguono Regno Unito con 254 milioni, India (172 milioni), Francia (130), Usa e Australia (126 e 125 milioni rispettivamente). Nel complesso, i paesi Nato/Ue hanno assorbito circa il 70% delle esportazioni, confermandosi come la principale area geografica di interesse per l’industria italiana.
Per quanto riguarda le importazioni, nel 2008 sono state rilasciate 617 autorizzazioni per un valore complessivo di 454,25 milioni: circa un sesto rispetto all’export. Anche in questo caso l’area di riferimento è quella Nato/Ue.
Un contesto in evoluzione
L’industria italiana opera in un contesto, quello continentale, che è in lenta ma continua evoluzione.
I prodotti della difesa sono stati a lungo esclusi dalla regolamentazione europea. A causa della rilevanza strategica del settore, i membri Ue hanno fatto uso dell’art. 296 del Trattato Ue[16], per chiudere l’accesso al proprio mercato della difesa a concorrenti europei. In questo modo ogni paese europeo ha potuto “coltivare” il proprio settore difesa al riparo dalla concorrenza, affidando alle industrie nazionali l’approvvigionamento dei materiali militari delle proprie forze armate.
Negli ultimi anni gli stati europei hanno però dimostrato una crescente volontà politica di aprire i mercati della difesa alla concorrenza. Questa nuova tendenza è dovuta alla crescente consapevolezza che un mercato concorrenziale a livello europeo garantisce prodotti più sofisticati ad un prezzo inferiore. A partire dalla fine degli anni ’90, in un contesto di crescenti costi di produzione e bilanci militari stagnanti, è iniziato quindi un processo di trasformazione che continua a tendere verso la costituzione di un mercato unico europeo della difesa.
Nel 1998, Francia, Germania, Italia e Regno Unito hanno costituito l’Organizzazione congiunta per la cooperazione in materia di armamenti (Organisation Conjointe per la Cooperation en matiere d’armement, OCCAR), attraverso la quale vengono gestiti congiuntamente programmi di sviluppo di sistemi d’arma complessi. Gli stessi paesi, più Spagna e Svezia, hanno firmato una Lettera di intenti (Letter of Intent, LOI) allo scopo di favorire l’omogeneizzazione ed il coordinamento delle regole di mercato del settore.
Tra il 2000 ed il 2003 i paesi LOI hanno poi stabilito un Accordo Quadro che favorisce la riorganizzazione dell’industria della difesa europea e la nascita di aziende transnazionali. Negli stessi anni (1999-2004) si sono avviati processi di concentrazione che hanno prodotto grandi gruppi industriali in grado di competere a livello mondiale (Bae Systems, Thales, EADS, Finmeccanica).
A partire dal 2003 anche le istituzioni comunitarie hanno cominciato a spingere per l’integrazione del mercato europeo. Al 2004 risale l’istituzione dell’Agenzia europea della difesa (EDA), che ha l’obbiettivo di sviluppare una politica comune nel campo degli armamenti attraverso l’integrazione delle attività di ricerca e sviluppo, la promozione di programmi congiunti e l’armonizzazione dei requisiti militari. Nel 2005 è stato poi presentato dalla Commissione un importante piano di iniziative volte a favorire la costituzione di un mercato comune europeo della difesa. Alla fine del 2007 la Commissione ha proposto agli stati membri e al Parlamento Europeo due Direttive fortemente innovative, successivamente approvate: la direttiva n. 2009/81/CE del 13 luglio 2009 sugli acquisti pubblici di prodotti per la difesa e la sicurezza, entrata in vigore nell’agosto 2009, e la direttiva 2009/43/CE del 6 maggio 2009 sui trasferimenti intra-comunitari di prodotti militari, entrata in vigore nel giugno 2009.
Va segnalato che la creazione di un mercato della difesa europeo potrebbe favorire un più equilibrato interscambio commerciale, in ambito difesa, con gli Stati Uniti. Gli Usa hanno attualmente una regolamentazione molto severa sulle esportazioni ed importazioni di materiali e beni di difesa. L’entrata in vigore di regole europee sulla sicurezza degli approvvigionamenti e delle informazioni, nonché sulle esportazioni a paesi terzi, potrebbe contribuire a spingere le istituzioni americane a rapportarsi ai paesi europei collettivamente e non solo su base bilaterale. L’atteggiamento americano è dovuto anche a considerazioni di tipo protezionistico (particolarmente forti in questo momento). Va da sé, quindi, che un mercato europeo della difesa non sarà sufficiente per garantire più intensi scambi transatlantici. Sarebbe però un’arma da utilizzare in sede negoziale per un futuro accordo con gli Usa.
Le sfide per l’Italia nel nuovo mercato
Il processo di liberalizzazione del mercato europeo costituisce, per l’Italia, una grande opportunità ed allo stesso tempo una sfida. È chiaro che un mercato liberalizzato offre grandi opportunità a livello commerciale, sia per le grandi aziende come Finmeccanica la cui dimensione richiede un corrispondente mercato integrato continentale, sia per le piccole e medie imprese la cui crescita è stata finora limitata dai confini nazionali.
Per quanto riguarda le grandi imprese, le opportunità riguardano non solo il maggiore accesso ai mercati stranieri ma anche la possibilità di razionalizzare le strutture produttive. Ad esempio, attualmente i controlli che vengono applicati per il trasferimento di prodotti da uno stabilimento ad un altro (impianti della stessa azienda in diversi paesi europei) sono simili ai controlli applicati per la vendita a paesi terzi. L’entrata in vigore della direttiva per i trasferimenti intra-comunitari consentirà di ridurre considerevolmente le autorizzazioni necessarie, diminuendo quindi il carico di lavoro dedicato all’espletazione delle questioni burocratiche e favorendo anche la costituzione di centri di eccellenza, che potranno più facilmente interagire con i diversi stabilimenti in tutta Europa.
Simile discorso è valido anche per le PMI, le cui ridotte dimensioni mal si conciliano con i costi ed i tempi derivanti da eccessive procedure burocratiche da espletare per il trasferimento di beni in ambito europeo. L’ampliamento del parco dei possibili clienti consentirà alle imprese più competitive, finora limitate dalle ridotte dimensioni del mercato nazionale, di svilupparsi ulteriormente .
Allo stesso tempo, è evidente che le aziende non in grado di reggere la concorrenza rischieranno di scomparire. Un determinato “tasso di mortalità” per le aziende in un libero mercato è fisiologico, ma lo stato italiano dovrebbe fare uno sforzo per limitare questo tasso alle aziende effettivamente non competitive. Sarebbe necessario, ad esempio, aumentare la velocità con cui le amministrazioni pubbliche pagano le PMI: i pagamenti sono oggi effettuati con costanti, notevoli ritardi. Di per sé già riprovevole, in regime di concorrenza questo ritardo continuo nei pagamenti sarebbe ancora più penalizzante e potenzialmente mortale.
Le istituzioni dovranno inoltre adeguare tempestivamente il quadro normativo nazionale ai cambiamenti intervenuti al livello europeo, in modo da non incorrere in penalizzazioni e contenziosi con le istituzioni europee. Per quanto riguarda i trasferimenti intra-europei, si dovrà realizzare un cambiamento radicale nell’impostazione del nostro sistema di controllo delle esportazioni (oggi basato su verifiche ex ante, mentre nel futuro sarà necessario un sistema basato sulla verifica delle capacità di controllo delle aziende e verifiche ex post, con regolari ispezioni).
Per quanto riguarda gli acquisti, la Direttiva sugli appalti pubblici porrà le amministrazioni italiane interessate nella posizione di decidere quando prodotti e materiali dovranno essere acquisiti in libera concorrenza e quando invece si dovrà fare ricorso alle deroghe previste dall’art. 296 del Trattato (che permette procedure non competitive negli appalti pubblici in materia di difesa). La procedura decisionale dovrebbe garantire sia la correttezza delle decisioni (abusi nell’utilizzo dell’art. 296 produrrebbero contenziosi con la Commissione ed indebolirebbero la posizione italiana) che una adeguata tutela delle aree di eccellenza dell’industria italiana.
A tal fine, sarebbe opportuno individuare le capacità industriali e tecnologiche strategiche per il paese consentendo così una linea coerente e stabile per la difesa dei suddetti interessi. La difesa delle aree di eccellenza dell’industria italiana (ad esempio tecnologie legate all’ elettronica per la difesa, all’elicotteristica o all’aeronautica, ma anche tecnologie spaziali) dovrebbe essere prioritaria. Al momento, i ministeri interessati sono impegnati nella definizione di linee guida per l’utilizzo dell’art.296. Questo processo dovrebbe essere il più rapido possibile.
In generale, l’Italia dovrà inoltre essere in grado di garantire, sulla base dei principi di concorrenza che si vanno imponendo, un’adeguata tutela delle capacità nazionali, in modo da poter organizzare in modo coerente una legittima difesa degli interessi industriali nazionali pur nel quadro di una progressiva europeizzazione del mercato della difesa e della sicurezza.
Coordinamento redazionale a cura di:
Camera dei deputati
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DIPARTIMENTO AFFARI ESTERI
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REPUBBLICA DI INDONESIA
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CENNI STORICI
L’attuale territorio della Repubblica d’Indonesia – articolato su 17.500 isole che si estendono lungo la linea equatoriale - corrisponde grosso modo agli ex-possedimenti coloniali olandesi nel sud-est asiatico. Nel 1799, dopo il fallimento della Compagnia delle Indie Orientali Olandesi, i territori indonesiani caddero sotto l’amministrazione diretta del Governo olandese. In seguito all’occupazione delle Indie Orientali Olandesi da parte del Giappone nel 1942, emersero le figure di Soekarno e Mohammad Hatta, che proclamarono l’indipendenza all’indomani della sconfitta giapponese, il 17 agosto 1945. Tuttavia, fu solo nel 1949 che l’Aja concesse ufficialmente l’indipendenza all’Indonesia, dopo quattro anni di guerra. La regione della Nuova Guinea venne incorporata nel 1969 col nome di Papua o Irian Jaya. Nel 1975 l’Indonesia invase gli ex possedimenti portoghesi di Timor Est, dando vita ad una annosa controversia con le Nazioni Unite, conclusasi soltanto nel 1999 a seguito del sanguinoso referendum che ha sancito l’indipendenza del nuovo Stato.
I primi 15 anni di storia della Repubblica d’Indonesia, sotto la guida di Soekarno, furono caratterizzati da una forte instabilità politica ed economica, che finì col favorire un tentativo di colpo di Stato militare nel 1965. Il Gen. Soeharto, succedutogli, instaurò un regime dittatoriale durato oltre 32 anni contrassegnato da corruzione e nepotismo. Allo stesso tempo, con l’avvento del “Nuovo Ordine”, egli condusse il Paese verso una significativa crescita economica “controllata” ed un miglioramento delle condizioni di vita della classe media urbana. La sua uscita di scena nel 1998, a seguito degli effetti della crisi finanziaria che colpì le economie del Sudest asiatico e delle manifestazioni di piazza che chiedevano le sue dimissioni, ha aperto al Paese una nuova fase di crescita democratica e sociale (Soeharto è deceduto il 27 gennaio 2008). Al Generale sono succeduti, in un periodo di grande incertezza e difficoltà per il Paese, il suo stesso vice, Habibie, e poi il Presidente eletto Wahid. Nel luglio del 2001 Wahid fu sottoposto a procedura di “impeachment” ed il potere fu assegnato alla Vice Presidente, Signora Megawati, figlia di Soekarno, che ha guidato il Paese fino all’ottobre 2004, allorché le prime elezioni presidenziali a scrutinio universale diretto hanno visto l’affermazione di Susilo Bambang Yudhoyono, attuale Capo dello Stato (rieletto alle elezioni politiche del luglio 2009).
Il terribile maremoto che il 26 dicembre 2004 ha colpito la parte settentrionale dell’isola di Sumatra (provincia di Aceh) ha provocato oltre 150.000 vittime, danni materiali ingentissimi e la distruzione pressoché totale della rete di infrastrutture e di trasporti via terra. Tuttavia, la tragedia ha permesso un avvicinamento fra i ribelli di Aceh (G.A.M.), che rivendicavano l’indipendenza della loro regione, e le autorità di Jakarta. La mediazione finlandese ha condotto agli accordi di Helsinki (agosto 2005) in base ai quali il GAM - in cambio della progressiva riconsegna delle armi - ha ottenuto un accentuato regime di autonomia regionale e la graduale liberazione dei prigionieri politici.
DATI GENERALI (stime2011)[17] |
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Superficie |
1.919.440 Kmq |
Capitale |
Jakarta (abitanti:13,2 milioni) |
Abitanti |
245.613.043 |
Tasso crescita popol. |
1,06% |
Speranza di vita |
71 |
Mortalità infantile |
27,95 per 1000 |
Composizione etnica |
Il 94% della popolazione appartiene al ceppo etnico malese. Il restante 6% è composto da Melanesiani (Irian Jaya e Timor) e Cinesi, stanziati nelle aree urbane e la cui presenza nell’economia del Paese è significativa. |
Tasso alfabetizzazione |
90,04% |
Lingue |
La lingua nazionale è il Bahasa Indonesia (di ceppo Malese e, come il malese, con scrittura europea). L’Inglese è diffuso negli ambienti economico-politici ed accademici. |
Religioni praticate |
Musulmana 85%, circa il 10% cristiana (7 milioni di cattolici e 14 milioni di protestanti) ed il resto include Hindu (nell’isola di Bali), Buddhisti, Confuciani ed Animisti. |
Pena di morte: mantenitore
Indice di corruzione secondo il rapporto 2010 di Transparency international: 110° posto su 178 (l’Italia è al 67°)
L’Indonesia – con una popolazione di circa 243 milioni di abitanti – è il quarto Paese al mondo, il primo per numero di fedeli musulmani e la terza democrazia mondiale, una democrazia giovane che, dopo le elezioni politico-presidenziali del 2004 svoltesi per la prima volta a suffragio universale, appare sempre più solida.
Cariche dello Stato
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Presidente della Repubblica e Capo del Governo
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Susilo Bambang YUDHOYONO (Partito Democratico), dal 20 ottobre 2004; rieletto per un secondo mandato il 20 ottobre 2009 Yudhoyono è stato eletto per la prima volta con elezioni a suffragio universale diretto nell’ottobre 2004. Prima del 2004 il Capo dello Stato e di Governo veniva eletto dall’Assemblea Consultiva del Popolo (MPR). |
Vice Presidente |
Boediono (Indipendente)Boediono è stato Governatore della Banca centrale |
Presidente della Camera dei Rappresentanti del Popolo (Dewan Perwakilan Rakyat)) |
Marzuki Alie (Partito Democratico) |
Presidente della Camera dei Rappresentanti delle Regioni (Dewan Perwakilan Daerah), |
Irman Gusman (Indipendente) |
Scadenze elettorali |
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Elezioni Legislative
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2014 (ultime aprile 2009) |
Presidenza della Repubblica |
2014 (ultime luglio 2009)
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QUADRO POLITICO
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Governo in carica
Il voto del 2009 ha confermato il Presidente uscente Susilo Bambang Yudhoyono con il 60% dei voti. Il 22 ottobre 2009 il Presidente Yudhoyono ha presentato il suo nuovo governo “Indonesia Unita”. Il governo è una coalizione formata oltre che dal Partito Democratico di cui è leader, dal Golkar, dal Partito del Risveglio Nazionale (PKB), dal Partito del Mandato Nazionale (PAN), dal Partito Unito per lo Sviluppo (PPP) e dal Partito della Giustizia (PKS).
Composizione del Parlamento
In seguito alle elezioni legislative dell’aprile 2009 la Camera dei Rappresentanti del Popolo[18] (Dewan Perwakilan Rakyat) è così composta:
PARTITI
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SEGGI 2009 |
SEGGI 2004 |
Partito Democratico del Presidente Yudhoyono |
148 |
56 |
Golkar (ex partito di maggioranza ai tempi della dittatura di Suharto), nazionalista |
106 |
127 |
Partito Democratico Indonesiano della Lotta (PDI-P), della ex Presidente Megawati, di matrice nazionalista |
94 |
109 |
Partito Prosperità e Giustizia PKS di matrice islamica |
57 |
45 |
Partito del Mandato Nazionale (PAN), di matrice islamica |
46 |
53 |
Partito Unito per lo Sviluppo (PPP), islamico moderato |
38 |
58 |
Partito Nazionale del Risveglio (PKB) dell’ex Presidente Wahid, di matrice islamica, |
28 |
52 |
Partito del Movimento per una Grande Indonesia (Gerindra) , si rifà all’ideologia della Pancasila (vedi infra) |
26 |
-- |
Partito della Coscienza popolare (Hanura) dell’ex Generale Wiranto, si ispira all’ideologia della Pancasila |
17 |
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Altri |
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TOTALE |
560 |
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Le donne sono 102, ovvero il 18,04%.
QUADRO ISTITUZIONALE
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Sistema politico
L’Indonesia è una Repubblica presidenziale.
La Costituzione del 1945 si fonda su 5 principi fondamentali (monoteismo, umanitarismo, unità nazionale, democrazia rappresentativa e giustizia sociale) che definiscono l’ideologia nazionale, cosiddetta Pancasila.
Le riforme costituzionali del 2002
Nell’agosto 2002 l’Assemblea Consultiva del Popolo ha approvato alcune importanti modifiche del dettato costituzionale. In particolare, è stata introdotta l’elezione diretta, a doppio turno, del Presidente della Repubblica (che è anche capo dell’esecutivo) e del suo Vice, che erano eletti dall’Assemblea Consultiva stessa. Il nuovo sistema è stato applicato a partire dalle elezioni presidenziali del 2004. L’Assemblea ha altresì deciso di abolire la quota di seggi parlamentari riservati alle Forze Armate e alla Polizia, e di istituire una seconda Camera in rappresentanza delle Regioni che dovrebbe servire a rafforzare il decentramento amministrativo e contenere le spinte secessioniste.
Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica è anche Capo del Governo. Il Presidente è eletto, insieme al Vice Presidente, dal corpo elettorale. Il Presidente della Repubblica rimane in carica cinque anni e può essere rieletto una sola volta. In qualità di Capo del Governo, nomina (previo accordo con la Camera dei Rappresentanti) e revoca i Ministri oltre ad avere un potere di veto sulle leggi votate dalla Camera dei Rappresentanti del Popolo. Ha il comando supremo delle forze armate; previo accordo della Camera dei Rappresentanti dichiara la guerra; stipula i trattati di pace e tutti i trattati internazionali; concede la grazia.
Il Parlamento
La Camera dei Rappresentanti del Popolo (Dewan Perwakilan Rakyat) è composta da 560 membri[19] (eletti con sistema proporzionale e liste di partito; con un emendamento approvato nel 2008 è stata introdotta una soglia di sbarramento del 2,5%) che restano in carica 5 anni. Sono previste quattro sessioni annuali per un periodo che copre i tre mesi. Spetta alla Camera dei Rappresentanti il potere di legiferare, di determinare il bilancio e di verificare l’applicazione delle leggi da parte del governo.
L’iniziativa legislativa spetta ai membri della Camera dei Rappresentanti del Popolo (almeno 10), nonché al Governo. Il procedimento legislativo prevede una prima lettura in Commissione, senza votazioni, e una seconda lettura in aula per l’approvazione. La legge, una volta approvata è promulgata dal Presidente della Repubblica.
La Camera dei Rappresentanti delle Regioni (Dewan Perwakilan Daerah), che è un organo consultivo, è stata introdotta con le modifiche costituzionali del 2002 ed è rappresentativa degli interessi regionali; ad essa è attribuito un potere di iniziativa legislativa nelle materie a rilevanza regionale. Si compone di 128 membri (4 deputati per ciascuna delle 32 province indonesiane) eletti dai cittadini per un mandato di 5 anni; non è prevista affiliazione partitica.
Le due Camere si riuniscono congiuntamente una volta l’anno per dibattere i maggiori temi del Paese nonché per sanzionare l’investitura presidenziale e del nuovo esecutivo. In tale formato, esse costituiscono il terzo organo legislativo del Paese: l’Assemblea Consultiva del Popolo (Majelis Permusyawaratan Rakyat - MPR). All'Assemblea Consultiva del Popolo, considerata la più alta istituzione del Paese, appartiene inoltre il potere di emendare la Costituzione. Le modifiche costituzionali devono essere votate almeno dai due terzi dei deputati presenti e alle sedute devono partecipare i due terzi degli aventi diritto.
Organizzazione amministrativa dello Stato
La Costituzione prevede, altresì, un'organizzazione regionale dello Stato; infatti, il territorio nazionale è suddiviso in province a loro volta organizzate in unità amministrative regionali, ciascuna con un proprio governo locale e una propria assemblea legislativa elettiva.
Sistema giudiziario
E’ articolato su tre livelli: Il Tribunale Distrettuale, la Corte d’Appello e la Corte Suprema, con giurisdizione sia civile che penale. E’ stata istituita una Corte Costituzionale. Esistono altresì un Tribunale Speciale (Amministrativo, Religioso e Commerciale) e un Tribunale militare. Di rilievo la recente riforma che ha posto sotto il diretto controllo della Corte Suprema tutte le questioni attinenti alla organizzazione delle corti ed alla gestione dei magistrati, sottraendole al controllo dell’esecutivo. Essa ha inoltre stabilito il progressivo controllo della stessa Corte sul Tribunale Speciale e su quello Militare.
Gruppi politici di pressione
A parte alcune lobbies economiche (soprattutto di etnia cinese) trasversalmente legate al vecchio regime e in parte al nuovo Governo, i gruppi di pressione più rilevanti sono i tuttora potenti vertici delle Forze Armate (TNI) ed i movimenti islamici, in particolare le due grandi organizzazioni moderate: Nahdlatul Ulama e Muhammadiyah, (in precedenza guidate rispettivamente dall’ex Presidente Wahid e da Amien Rais).
ATTUALITA’ DI POLITICA INTERNA |
Con le ultime elezioni del luglio 2009, 176 milioni di elettori hanno confermato con il 60% dei voti, e senza bisogno di andare al ballottaggio, il Presidente uscente Susilo Bambang Yudhoyono, insediatosi il 20 ottobre 2009. Innovando con la tradizione politica indonesiana, Yudhoyono ha compiuto alcune scelte coraggiose, che gli hanno guadagnato consensi e credibilità internazionale:
4. ha portato a termine i negoziati di pace con il movimento separatista della provincia di Aceh, mettendo fine ad una sanguinosa guerra costata oltre 15000 morti;
5. ha adottato importanti misure economiche (anche impopolari quali l’aumento dei costi del carburante nel 2005 e nel maggio 2008, fermi a prezzi politici da numerosi anni, ed il varo di provvedimenti compensativi di lotta alla povertà);
6. ha riavvicinato il Paese agli USA e all’Occidente, dando al Non-Allineamento una connotazione marcatamente meno critica rispetto ai suoi predecessori.
Numerose restano ancora le incognite che pesano sul processo di democratizzazione e di sviluppo economico di questo vasto e complesso Paese, soprattutto sotto il profilo dei delicati equilibri interetnici ed interreligiosi, delle spinte autonomiste di alcune componenti e della crescita del fenomeno dell’estremismo islamico.
Ma elemento focale e problema fondamentale per la politica di Yudhoyono è costituito dalla tematica religiosa. La crescita dell’estremismo islamico – da cui l’Indonesia non e’ esente - costituisce una minaccia ai principi di secolarizzazione, pluralismo e uguaglianza sanciti dalla dottrina della “Pancasila”, il fondamento filosofico dello Stato indonesiano. Una spinta alla radicalizzazione metterebbe a repentaglio gli sforzi di modernizzazione sinora compiuti, scoraggiando gli investimenti e bloccando il processo democratico.
Peraltro, a seguito della legge sull’autonomia regionale del 2001, regioni e province hanno introdotto forme di sharia che hanno portato in numerose città a scontri interreligiosi. Tali decisioni, comunque, sono state dichiarate incostituzionali dalla Corte Suprema indonesiana, in quanto contrarie ai principi dell’ideologia nazionale. Attualmente l’unica provincia autorizzata ad applicare la legge islamica è la provincia di Aceh, in quanto gode di un’autonomia legislativa in virtù dello statuto speciale conferitole dagli accordi di Helsinki.
Anche all’interno delle stesse istituzioni politiche i radicali hanno guadagnato peso attraverso il Partito della Prosperità e Giustizia (PKS) che controlla 57 seggi in Parlamento (su 560) e fa parte della coalizione governativa del Presidente Yudhoyono. La devozione islamica ha gradualmente guadagnato segmenti della società indonesiana non insensibili alla propaganda dei gruppi radicali. La presenza di tendenze estremiste (ad esempio il gruppo FPI, costituito nel 1998 e da sempre in bilico tra il fanatismo religioso e il crimine organizzato) minaccia la cultura tollerante indonesiana e l’immagine del Paese, tradizionalmente considerato un esempio di Islam moderato.
In relazione a tale tema, forti critiche e tensioni hanno fatto seguito all’approvazione da parte del Presidente Yudhoyono di un decreto ministeriale in cui si vieta ogni attività della setta islamica degli ahmadi sotto pena di imprigionamento (maggio 2008) e all’adozione della legge anti-pornografia (“Porn Bill’) del novembre 2008.
Sicurezza nazionale – terrorismo
Il principale gruppo terroristico presente nel Paese - in particolare a Giava centrale - è la Jemaah Islamiyah, considerato il braccio di Al Qaeda nel Sud Est asiatico. Diverse problematiche rendono il Paese particolarmente vulnerabile e bisognoso di assistenza da parte della comunità internazionale per combattere il fenomeno terroristico: vastità geografica e quindi presenza di molteplici potenziali obiettivi sensibili; relativa scarsezza di risorse del governo centrale per far fronte a tale fenomeno; collocazione geo-politica e contiguità con bacini a rischio quali il Sud della Thailandia, Malaysia e Sud delle Filippine.
Il Governo indonesiano, tuttavia, ha dimostrato una certa efficacia nel combattere il fenomeno come dimostrato dai molti arresti, in particolare di esponenti del gruppo Jemaah Islamiyah, effettuati da una unità speciale anti-terrorismo della polizia indonesiana denominata “densus 88” che, nel quadro di un accordo antiterrorismo concluso fra Jakarta e Washington, riceve finanziamenti ed attrezzature dagli Stati Uniti.
In alcune località della zona centrale dell'isola Sulawesi tali programmi sono gestiti direttamente dalla polizia al fine di esercitare un controllo diretto sul reinserimento degli ex-detenuti nella società. Le autorità indonesiane hanno inoltre sempre più utilizzato, nella lotta al terrorismo, il concetto di "deradicalizzazione". Un importante aspetto di tale approccio consiste nella rieducazione di prigionieri detenuti i quali divengono oggetto di campagne di informazione volte a dimostrare che la loro concezione dell'islam, legata alla violenza, è fondamentalmente erronea. Tale opera di riabilitazione è altresì portata avanti nelle carceri da leader religiosi islamici.
Un valido strumento per portare avanti progetti di formazione nella lotta al terrorismo nel Paese è il Centro indonesiano antiterrorismo - JCLEC (Jakarta Centre for Law Enforcement Cooperation con sede a Semarang). Gran parte dei progetti a livello bilaterale con l'Indonesia sono infatti canalizzati tramite tale centro.
Sul profilo della lotta al terrorismo, sono stati giustiziati – dopo anni di attesa - il 9 novembre 2008, i tre terroristi responsabili dell’attentato di Bali del 2002. Il 26 Agosto 2009 è stato catturato, dopo gli attentati del 17 Luglio 2009 nei due alberghi Marriot e Ritz Carlton del business district di Jakarta, Mohamed Jibril, legato ad Al Qaeda e finanziato da denaro saudita, considerato il principale reclutatore di aspiranti kamikaze. E’ stato altresi’ ucciso in un raid delle forze di polizia a Java Centrale il terrorista Noordin Mohammad Top, ritenuto l’organizzatore di diversi attentati nel Paese.
Con una popolazione di oltre 240 milioni di persone, smantellare le rete terroristica indonesiana è sicuramente una impresa complessa: un elemento determinante sembra essere il controllo delle cosiddette “Pesantren”, le scuole private islamiche dove vengono formati e reclutati i nuovi terroristi (la scuola più nota è sicuramente la Al-Mukmin di Solo - città situata a Java Centrale, il cuore dell’Islam radicale indonesiano – fondata da Abu Bakar Bashir, leader spirituale della Jihaad Islamica). In questo contesto, sembra decisiva una più proficua cooperazione fra la polizia nazionale, le forze militari (TNI) e i servizi di intelligence (BIN – Badan Intelijen Negara).
E’ stata infine recentemente costituita l’Agenzia Nazionale Anti-terrorismo (BNPT), con un ampio raggio di azione per la prevenzione e lo sradicamento del terrorismo.
Processo di riconciliazione nella regione di Aceh
La firma nell’agosto 2005 di un Memorandum of Understanding tra il governo indonesiano ed il movimento indipendentista di Aceh (GAM) ha aperto la strada alla soluzione definitiva del conflitto separatista, protrattosi per oltre trenta anni su un territorio ricco di gas e risorse naturali, che aveva causato oltre 14.000 vittime e diffusa desolazione. L’intesa, favorita anche dalla necessità di far sì che il notevole flusso di aiuti internazionali destinati alla regione di Aceh dopo il maremoto del dicembre 2004 potesse giungere effettivamente a destinazione, prevedeva la rinuncia da parte del GAM all’indipendenza in favore di formule di ampia autonomia regionale e la consegna agli osservatori stranieri delle armi di cui disponeva, in cambio dell’impegno del governo di ritirare circa 24.000 soldati dispiegati sul territorio. Entrambe queste operazioni si sono concluse entro il 31 dicembre 2005. Inoltre il governo indonesiano in virtù degli accordi si impegnava a liberare gli ex prigionieri politici del GAM ed istituire delle “commissioni di verità e riconciliazione” oltre che a versare una somma di denaro a circa 3000 ex combattenti del GAM (alcune centinaia di dollari) a titolo di assistenza economica per il reinserimento nella società civile.
Con la dissoluzione dell’ala militare del GAM, si è aperta una nuova fase delle attività di monitoraggio UE: quella relativa al processo politico-legislativo che ha faticosamente portato all’adozione, da parte del Parlamento indonesiano, della legge sull’autonomia di Aceh e ha condotto allo svolgimento delle elezioni, svoltesi l’11 dicembre 2006. Il risultato delle elezioni ha segnato la sconfitta dei candidati governativi sostenuti dalle maggiori forze politiche, mentre è risultato vincente l’indipendente Irwandi Yusuf (leader del GAM) imprigionato nel 2003 dopo il fallimento dei colloqui di pace.
L’abbandono del metodo della guerriglia ha premiato il GAM il quale, nei pochi giorni di campagna elettorale, è riuscito a conquistare quello che non era riuscito in trenta anni di guerriglia. Gli esiti delle elezioni hanno provocato una profonda impressione nella dirigenza di Jakarta e nei politici nazionalisti, considerati più avversi ai processi di pace. Coloro che avevano favorito i colloqui di pace hanno dimostrato una reazione più equilibrata e, per ammissione dello stesso Ministro della Difesa, la scelta degli Acehnesi è dimostrazione della loro insoddisfazione nei confronti di Jakarta.
Papua, con il 22% della superficie terrestre totale dell’Indonesia, rappresenta la sua regione più estesa, con una popolazione di 2,35 milioni di abitanti dei quali il 72,5% vive nelle aree rurali. I problemi di Papua e West Papua sono molto complessi. Malgrado sia una delle province più ricche, essa è la meno sviluppata e la sua popolazione è la più povera dell’Indonesia. Le critiche contro il Governo centrale restano forti ed i sentimenti secessionisti sono diffusi, sebbene non si siano mai organizzati in una vera e propria resistenza armata (il Papuan Indipendence Movement – Organisasi Papua Merdeka, OPM - non ha mai rappresentato una seria minaccia). È presente un forte e generalizzato giudizio critico sull’attuazione non soddisfacente e non coerente della Legge sull’Autonomia Speciale, che potrebbe certamente essere la migliore strategia ai fini di una soluzione pacifica per Papua.
La Legge sull’Autonomia Speciale, varata nel 2001, ha dotato la provincia di un’ampia autonomia introducendo anche un meccanismo per la tutela dei diritti umani (attraverso la costituzione di Corti Speciali) e istituendo l’Assemblea della Popolazione Papuana (MRP) come corpo rappresentativo dei leader indigeni. La decisione di dividere Papua e di creare la nuova provincia di West Papua sembra aver contribuito ad aumentare anziché risolvere i problemi relativi all’attuazione del regime di autonomia. Uno dei principali fattori alla base della difficile attuazione dell’autonomia speciale è costituito dalla mancanza di competenze e capacità nelle istituzioni locali, unite all’assenza di trasparenza e ad un alto livello di corruzione.
Una potenziale causa di conflitti potrebbe derivare dal costante e crescente afflusso di emigranti da altre province che potrebbe alimentare i timori legati all’impatto dell’incremento demografico e alla trasformazione della popolazione papuana in una minoranza nel suo stesso territorio. La percentuale di emigranti raggiunge il 45% della popolazione totale delle due province, concentrata maggiormente nelle città e nelle aree costiere ed oggi appare spontanea ed economicamente motivata. A causa del livello di qualificazione professionale più alto, gli emigranti tendono a dominare il mercato e le altre attività economiche. Molti di loro inoltre sono musulmani, mentre la maggioranza della popolazione indigena è di fede cristiana. Fattori economici e religiosi potrebbero quindi innescare tensioni e conflitti tra le comunità ed alcuni scontri hanno già avuto luogo tra gli emigrati musulmani e i locali.
Le condizioni di sviluppo di Papua sono molto arretrate. Le dimensioni della regione e la sua geografia ne rendono difficile l’accesso, le infrastrutture statali sono molto limitate e i trasporti difficoltosi (9 ore di volo non diretto da Jakarta). Il risultato è uno sviluppo altamente disomogeneo, con enormi differenze fra le aree urbane e quelle rurali e fra una ristretta elite e il resto della popolazione.
In termini di assistenza internazionale, l’Unione Europea, attraverso le sue istituzioni e gli Stati Membri, è il donatore più generoso. La Commissione Europea sta finanziando progetti nel settore sanitario e supportando iniziative di ONG locali attive nel campo della democratizzazione e del rispetto dei diritti umani. Molti osservatori concordano sui progressi seppure timidi registrati con riferimento alla situazione dei diritti umani dopo la caduta di Suharto nel 1998, ma il quadro resta fragile.
FOCUS DI POLITICA INTERNA ED ESTERA
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L’accordo con l’Arabia Saudita nel settore difesa
Il 12 aprile 2011 l’ Indonesia e l’Arabia Saudita nel corso della visita in Arabia Saudita del vice ministro della Difesa dell'Indonesia, Sjafrie Sjamsoeddin, hanno raggiunto un'intesa nel settore della difesa. Secondo quanto reso noto dal governo di Jakarta, il primo passo dell'intesa prevede la formazione di una commissione bilaterale. I due paesi a maggioranza islamica hanno intenzione di cooperare nel campo dell'addestramento militare e nello sviluppo reciproco delle proprie industrie belliche nazionali. Il ministro della Difesa indonesiano, Purnomo Yusgiantoro, insediatosi nel 2009, ha indicato lo sviluppo dell'industria bellica come una priorità per Giakarta. Accordi di collaborazione sono stati già firmati dall'Indonesia con diversi paesi, incluso la Cina, mentre trattative sono in corso con la Turchia e la Corea del Sud. Al momento i maggiori fornitori di armi convenzionali all'Indonesia sono gli Usa, la Cina e la Russia.
La questione dei marinai indonesiani rapiti dai pirati somali
L’11 aprile 2011 fonti stampa evidenziano che alcuni pirati somali hanno raddoppiato la loro richiesta di riscatto per 20 marinai indonesiani catturati a metà marzo. La richiesta iniziale di 2,6 milioni di dollari è adesso salita a 3,5 milioni. La ragione dell'aumento, secondo quanto riporta 'VivaNews', è stata la mancanza di riposta da parte di Jakarta alla prima richiesta. Rintracciato dal 'The Jakarta Post', Michael Tene, portavoce del ministero degli Esteri, ha detto al che ''il silenzio del governo non significa che non stiamo facendo niente'', ribattendo alle critiche mosse dall'opinione pubblica. Nel frattempo, l'esercito indonesiano si è detto pronto a inviare una squadra speciale per liberare gli ostaggi. A 'Tempo Interactive', l'ammiraglio Iskandar Sitompul, portavoce delle marina militare, ha detto che le forze armate sono pronte, ma che ''non c'è stata una richiesta ufficiale da parte del governo''. Tale opzione è caldeggiata da T.B. Hasanuddin, parlamentare e membro della commissione per la Difesa, che ha auspicato una missione militare segreta. I marinai sono parte dell'equipaggio della Sinar Kudus che stava viaggiando da Sulawesi, Indonesia, a Rotterdam, Olanda, quando è stata abbordata nei pressi delle isole Socotra, nella penisola arabica.
Il problema del terrorismo
Secondo quanto affermato da un dirigente dell'Agenzia indonesiana contro il terrorismo (BNPT), le organizzazioni terroristiche reclutando i loro uomini tra gli studenti universitari: Il dirigente, Anwar Sanasi, citato dal quotidiano “Republika” del 7 aprile 2011, ha affermato che ''e' opinione diffusa che i terroristi reclutino soprattutto nelle scuole islamiche, ma non e così''. ''Le nostre ricerche indicano che studenti e accademici sono i primi a essere presi di mira e che i tentativi di reclutamento si concentrano nelle università', ha aggiunto. Sanusi ha poi ammesso che in Indonesia il problema del terrorismo non può essere contrastato solo dalla polizia e ha chiesto il contributo della popolazione: ''Il pubblico deve partecipare alla lotta al terrorismo ed e' esattamente per questo motivo che diffondiamo queste informazioni''.
L’accordo con Pechino sulla lotta al terrorismo
Il 6 aprile 2011 il sito di Metro TV, stazione televisiva indonesiana ha affermato che Jakarta e Pechino sono in procinto di firmare un accordo di collaborazione nella lotta al terrorismo. "E' un tema sul quale discutiamo da tempo. Le forse speciali dei due paesi sono d'accordo nel condurre formazione congiunta nel prossimo futuro - ha detto il maggiore generale Lodewijk F. Paulus, comandate dei Kopassus, le forze speciali indonesiane. Una nostra delegazione sarà in Cina questo mese per discutere gli ultimi dettagli". Paulus ha aggiunto che "la cooperazione sarà centrata su operazioni antiterrorismo, perché oggi questa e' la principale minaccia alla nostra sicurezza". Lo scorso luglio anche gli Usa hanno annunciato che riprenderanno la collaborazione con Kopassus interrotta dopo che le forze speciali si sono macchiate di violazioni dei diritti umani a Timor Est nel 1999, quando l'ex provincia indonesiana ha votato per l'indipendenza. Le forze speciali australiane sono invece da anni impegnate in addestramenti congiunti con Kopassus.
L’accordo con le Filippine sulla lotta al terrorismo
L’8 marzo 2011 Indonesia e Filippine, i due paesi del sudest asiatico considerati il secondo fronte nella lotta globale al terrorismo, hanno firmato un accordo di cooperazione contro il crimine transnazionale, e in particolare contro il terrorismo. L'accordo è stato firmato a Jakarta in occasione della visita ufficiale di tre giorni del presidente filippino Benigno Aquino, che ha incontrato il suo omologo indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono. Secondo le informazioni rilasciate in una conferenza stampa congiunta dai due leader, l'accordo è mirato a migliorare il processo di raccolta e condivisione delle informazioni di intelligence dei due paesi e il pattugliamento del confine marittimo. Il tratto di mare che dall'arcipelago di Sulu, al sud dell'isola di Mindanao nelle Filippine, arriva fino all'isola indonesiana del Sulawesi e al Borneo, ed è considerato un passaggio sicuro per i terroristi viste le enormi difficoltà dei due paesi di pattugliarla. Elementi di spicco del gruppo terroristico della Jemaah Islamiyah hanno spesso fatto la spola tra i due Paesi usando questo canale, ritenuto dalla think-tank americana RAND ''un territorio non-governato''.
Il presunto arresto di Umar Patek
Secondo fonti stampa, il 30 marzo 2011, dopo 9 anni, sarebbe stato arrestato in Pakistan Umar Patek, accusato di aver avuto un ruolo di primo piano negli attentati nelle discoteche di Bali del 2002 in cui persero la vita 202 persone. Dopo la strage del 2002, tra i morti vi furono anche 88 turisti australiani, il governo indonesiano ha stretto il cerchio intorno alla Jemaah Islamiah, considerata responsabile dell'attentato e di altri sanguinosi episodi, arrestando o uccidendo nel corso di conflitti a fuoco molti dei suoi membri. In una nota il ministero degli esteri indonesiano, tuttavia, ha affermato che non è in grado di confermare tale notizia.
L’attentato di Jakarta
Il 15 marzo 2011 un agente della polizia indonesiana e' rimasto ferito a Giacarta per l'esplosione di un ordigno. Secondo i media locali, il pacco bomba era indirizzato a Ulil Abshar Abdalla, fondatore del Liberal Islamic Network ed esponente del partito Democratico al governo, che e' rimasto illeso.
Il processo contro Bashir
Con un verdetto reso noto il 10 marzo 2011, un tribunale di Giakarta ha respinto le motivazioni della difesa che chiedeva l'archiviazione, per motivi tecnici, del caso relativo al leader islamico Abu Bakar Bashir, accusato di aver finanziato la cellula terroristica al-Qaeda-Aceh. Bashir sarà quindi processato per terrorismo e rischia la pena di morte. Il processo riprenderà e oltre 130 testimoni sono attesi a deporre per l'accusa. In aula, Bashir non è apparso demoralizzato e alla folla di sostenitori riunita fuori dal tribunale ha detto che ''bisogna trasformare questo paese in uno Stato islamico e se ce lo impediscono, lotteremo fino alla morte'', riporta il 'The Jakarta Post'. Al-Qaeda Aceh è un'organizzazione ombrello di diversi gruppi jihadisti che aveva costruito un campo di addestramento nella provincia di Aceh. Scoperta nel febbraio 2010, e da allora decimata dalle autorità, la cellula rappresenta l'ultima metamorfosi del mondo jihadista indonesiano. Il gruppo stava pianificando l'omicidio del presidente Susilo Bambang Yudhoyono e nuovi attentati terroristici contro cittadini stranieri sullo stile di quello avvenuto a Mumbai, in India, nel novembre 2008. Bashir, ritenuto anche il leader spirituale del gruppo terroristico della Jamaah Islamiyah, è stato processato due volte in passato per terrorismo. In entrambi i casi non è stato condannato. La procura si dice in questa occasione sicura di avere contro di lui prove a sufficienza e ha presentato un dossier di 250 pagine.
L’intervento in Libia, la posizione dell’Indonesia
Il 28 marzo 2011 il ministro degli esteri, Marty Natalegawa, nel corso di una audizione dinanzi alla Commissione Difesa della Camera dei Rappresentanti, ha dichiarato che l’Indonesia rigetta l’uso della violenza in Libia sia da parte di Gheddafi, delle forze ribelli che da parte delle truppe multinazionali, e chiede un cessate il fuoco e l'apertura di dialogo politico in Libia. “La nostra posizione, ha dichiarato Marty, è stata chiara fin dall’inizio: siamo contro l’uso della violenza che causa sofferenza e perdite di vite umane tra i civili”. Ha inoltre enfatizzato la necessità di una tregua, la creazione di un corridoio umanitario e l’apertura di un dialogo politico. Marty ha informato la commissione che: “l’Indonesia si sta muovendo per via diplomatica, sia a livello bilaterale che multilaterale per fermare le violenze. Il Presidente della Repubblica ha inviato una lettera al Segretario Generale dell’ONU per ribadire la posizione del paese”. Per quanto riguarda l’evacuazione di cittadini indonesiani dalla Libia, il ministro ha confermato che si è conclusa (sono stati rimpatriati 820 cittadini indonesiani). La presa di posizione di Marty segue una protesta di circa diecimila persone che nel corso del fine settimana ha chiesto la fine dei bombardamenti. La protesta, organizzata dal partito islamico del Partai Keadilan Sejahtera (PKS), chiedeva anche la destituzione di Gheddafi. A conclusione dell’audizione la Commissione ha ribadito il sostegno dell’Indonesia alla risoluzione 1973 dell’ONU in maniera completa, totale e coerente per proteggere i civili.
In Indonesia, molte sono le voci che contestano l’intervento in Libia. Il 30 marzo 2011 il segretario generale della 'International Conference of Islamic Scholars (Icis)', Hasyim Muzadi ha dichiarato che: “quello che sta succedendo in Libia è un complotto neocolonialista inteso a dividere il paese e porre la parte orientale, ricca di petrolio, sotto il controllo dei paesi occidentali”. Muzadi è anche l'ex leader della Nahdlatul Ulama, la più grande organizzazione musulmana dell'Indonesia e persona influente nei circoli politici-religiosi di Jakarta. ''In Sudan e' stata appena fatta una divisione tra il sud e il nord, una divisone fatta perché il sud ha il petrolio'', ha detto Muzadi, citato in diversi siti filo-islamici. Muzadi ha aggiunto che ''se la Libia sarà de facto sotto il controllo dei paesi occidentali dopo il conflitto, per la gente non cambierà molto, e soffriranno lo stesso''. Il leader islamico ha poi invitato i politici ''a imparare la lezione dell'Iraq dove il Paese, dopo essere stato liberato, e' teatro di una guerra civile''. La soluzione in Libia per Muzadi e' un cessate il fuoco immediato a cui deve seguire la scelta di Gheddafi di prendere in considerazione la volontà della popolazione''.
Il sostegno al Giappone
Il 21 marzo 2011 il ministro degli Esteri indonesiano, Marty Natalegawa, ha affermato che l'ASEAN - il gruppo composto dai dieci Paesi del sudest asiatico - deve unirsi e aiutare il Giappone, ed ha annunciato l'intenzione di organizzare una risposta regionale al disastro. L'Indonesia detiene la presidenza dell'ASEAN, una delle regioni che beneficia maggiormente da investimenti e aiuti giapponesi. ''Questo è il momento per l'Indonesia di incoraggiare e raccogliere l'assistenza per il Giappone da tutti i paesi membri'', ha detto Marty, citato dall’agenzia 'Antara'. Il ministro non ha chiarito come intende procedere, ma un comunicato del Segretario del gruppo, Surin Pitsuwan, notava qualche giorno fa che i paesi avevano iniziato operazioni umanitarie, seppur in misura modesta. La Cambogia e il Laos, per esempio, hanno donato 100mila dollari; l'Indonesia ha inviato 64 membri della squadra della protezione civile e le Filippine e la Thailandia hanno offerto squadre di emergenza. Il Giappone è il terzo partner commerciale per l'Asean, dopo la Cina e la Ue. Il commercio bilaterale l'anno scorso ha raggiunto i 160 miliardi di dollari, mentre gli investimenti giapponesi nei dieci paesi hanno raggiunto i 5,3 miliardi nel 2009, secondo dati dell'Asean. Tokyo è anche il primo paese riguardo all'aiuto per lo sviluppo della regione.
L’attacco di febbraio 2011 alle chiese cristiane
L’8 febbraio 2011 un gruppo di estremisti musulmani ha dato fuoco a due chiese e saccheggiato una terza in scontri con la polizia in Indonesia. Il gruppo chiedeva la pena di morte per un cristiano accusato di blasfemia contro l'Islam. Il tribunale della città di Temanggung, a Giava Centrale, ha condannato Antonius Bawegan a cinque anni di carcere, il massimo della pena consentita, per aver distribuito volantini considerati insultanti nei confronti dell'Islam. Ma gli estremisti musulmani hanno ritenuto che la pena fosse troppo clemente. La folla, circa 1.500 manifestanti, e' quindi scesa in strada chiedendone la condanna a morte. Qualche giorno prima, a Giava ovest, era avvenuto il linciaggio di tre esponenti della setta islamica Ahmadiyah da parte di una folla di musulmani. Il brutale attacco ha lasciato anche tre feriti gravi e due dispersi. La polizia, accusata dalle organizzazioni per i diritti umani di non essere intervenuta, ha arrestato due uomini. Secondo padre Ignatius Ismartono, vice direttore della Masyarakat Dialog Antar Agama (Madia), l'organizzazione per il dialogo interreligioso della chiesa cattolica in Indonesia, "non si tratterebbe di un attacco di natura religiosa, ma un gesto in cui la fede è stata usata per mobilitare le masse". Secondo Padre Ismartono spesso quelli che sembrano attacchi religiosi sono in realtà motivati da interessi di persone "potenti". "Il problema in Indonesia è che la religione è un mezzo molto facile per mobilitare le masse da parte di individui potenti che agiscono per propri interressi", sostiene. "Sui fatti di martedì non credo che si sia trattato di una reazione totalmente spontanea - osserva - la folla sapeva benissimo cosa fare e la serie di attacchi è stata troppo veloce e precisa per essere istintiva". Padre Ismartono preferisce non sbilanciarsi ulteriormente, ma membri della sua organizzazione hanno di recente fatto notare come la disputa su una scuola cristiana a Jakarta accusata di proselitismo, era in realtà legata agli interessi di un ricco uomo d'affari musulmano che nella stessa zona aveva una scuola privata e non gradiva la concorrenza.
Padre Benny Susetyo, invece, Segretario esecutivo della Commissione per il Dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale dell'Indonesia osserva che alla radice delle violenze ''vi e' il malumore, la disarmonia, il disagio, la violenza verbale propagata dai predicatori cristiani fondamentalisti'': ''Si tratta di predicatori cristiani protestanti, spesso improvvisati, di denominazione evangelista e pentecostale, che non hanno rispetto per le altre religioni. La loro predicazione e il loro linguaggio sono tipici delle sette: 'l'islam e' il male'', 'convertitevi o andrete all'inferno'. Tutto questo genera, fra la popolazione, rabbia e odio, che poi esplodono nella violenza anticristiana''. ''D'altro canto - nota padre Susetyo - vi sono gruppi estremisti islamici, di ideologia wahabita, che costituiscono l'altra faccia del problema. Sono entrambi piccoli gruppi, ma quando i fanatismi si scontrano, tutta la società e tutti i credenti ne fanno le spese''.
POLITICA ESTERA
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Dopo il tentativo di Soekarno di imporsi al mondo quale uno dei principali leader rivoluzionari dei Paesi in Via di Sviluppo (Conferenza di Bandung 1955) e il “Nuovo ordine” di Soeharto, più pragmatico e di basso profilo, oggi l’Indonesia aspira a recuperare il ruolo di potenza regionale e lo testimonia il grande dinamismo in politica estera di questi ultimi tempi: rivendicazione di un posto in Consiglio di Sicurezza ed attivismo nell’ambito dell’ASEAN (dove a sede a Jakarta il Segretariato), dell’Organizzazione della Conferenza Islamica, del Movimento non-allineato, dell’APEC (Asia-Pacific Economic Cooperation) e del G20.
L’Indonesia ha dimostrato di voler “giocare su più tavoli” senza esplicitamente privilegiare alleanze o intese particolari al fine di riaffermare il suo ruolo di potenza regionale e far pesare i vantaggi che la sua dimensione territoriale e la sua collocazione geostrategica rivestono per le grandi potenze nell’area del Pacifico.
Jakarta persegue la sua politica di sostegno al processo di cooperazione ed integrazione regionale e di rafforzamento dei rapporti con i Paesi dell’Asia e del Pacifico, non solo l’ASEAN (dove ha la presidenza per il 2011), ma anche il Giappone, la Cina e l’Australia, con la quale non sono mancate in passato incomprensioni legate soprattutto alla questione papuana.
L’Indonesia cerca inoltre di porsi come attore globale su tematiche di rilievo come la lotta al terrorismo, il cambiamento climatico (a Bali e’ stata ospitata nel dicembre 2007 la 13ma Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) ed il dialogo interreligioso.
In tema di dialogo interreligioso, allo scopo di sostenere la sua immagine di Paese tollerante e multiculturale, il Ministero degli Esteri indonesiano ha organizzato un Seminario sul multi-faith, il Bali Democracy Forum (dicembre 2008, 2009 e 2010), rivolto principalmente ai membri dell’ASEAN, sulla base del concetto di democrazia ispirato alla teoria dell’allora Ministro degli Esteri Wirayuda dei cosiddetti “cerchi concentrici della democrazia (nazionale, regionale, internazionale)”.
Rapporti con i principali paesi partner
Due partner di assoluto rilievo per l’Indonesia sono la Cina e il Giappone, entrambi attratti dalle potenzialità indonesiane legate alla disponibilità di materie prime, al vasto mercato interno e alle prospettive di delocalizzazione produttiva.
I rapporti con Tokyo sono stati al centro dell’attualità indonesiana con la visita dell’allora Primo Ministro Shinzo Abe (agosto 2007). Obiettivo principale della visita del premier giapponese è stato la firma dell’Accordo economico bilaterale (EPA) – i cui negoziati erano iniziati nel 2005 – destinato a favorire un sensibile incremento della cooperazione in campo economico-commerciale. L’EPA mira infatti ad aumentare gli investimenti giapponesi nell’Arcipelago indonesiano, grazie alla semplificazione delle procedure amministrative e prevede la riduzione dei dazi doganali sulle importazioni giapponesi. In cambio, il Giappone eliminerà il 90% delle 9.275 imposte tariffarie, anche per i prodotti tessili ed agricoli.
L’Accordo prevede anche l’assistenza tecnica giapponese nella formazione professionale e nel raggiungimento degli standard e requisiti qualitativi richiesti dal mercato giapponese. Durante la visita imprese giapponesi ed indonesiane hanno siglato accordi energetici bilaterali; l’Indonesia rappresenta infatti il maggior fornitore di gas del Giappone (22% della domanda complessiva). Tokyo si conferma maggior partner commerciale per l’Indonesia, primo mercato di esportazione, nonché principale investitore e donatore di ODA (Official Development Assistance).
Il Principe del Giappone Fumihito Akishino ha compiuto una visita in Indonesia (18-20 gennaio 2008) in occasione della commemorazione dei 50 anni della nascita delle relazioni diplomatiche tra i due Stati. La visita del Principe Akishino, successiva alla proficua missione di quest’estate dell’ex-Primo Ministro Abe, e’ ulteriore dimostrazione del tentativo di rilancio di visibilità regionale, e di impostare un progressivo contenimento – o almeno parziale riequilibrio – dell’ingombrante visibilità cinese. Per l’Indonesia invece, l’interesse giapponese rappresenta un’opportunità per ottenere ulteriore sostegno tecnologico in grado di aiutare l’Arcipelago a far fronte ai disastri naturali e a migliorare le infrastrutture per riguadagnare posizioni nel mercato nipponico perse negli ultimi anni a causa dei concorrenti asiatici (Thailandia, Vietnam e soprattutto Cina).
Tokyo e Jakarta hanno siglato un accordo per la vendita di 25 milioni di tonnellate di LNG (natural Liquified Gas) fino al 2020.
In occasione del meeting ASEAN+3 (aprile 2009), Indonesia e Giappone hanno stretto un accordo riguardante l’erogazione di un bond del valore totale di 1.5 miliardi di dollari (samurai bond) il cui fine è quello di stimolare l’economia interna indonesiana proteggendola dalla crisi economica mondiale.
A margine del “Bali Democracy Forum” (10-11 dicembre 2009), si è svolto il terzo incontro tra i Capi di Governo Yudhoyono e Hayotama (dopo il G20 di Pittsburgh a settembre 2009 e il Summit ASEAN in Thailandia ad ottobre 2009). Il Giappone ha concesso un prestito di 425 milioni di dollari per la realizzazione di progetti di cooperazione ambientale sul cambiamento climatico e di 22,2 milioni per la costruzione di infrastrutture nelle regioni dell’Est dell’Indonesia e nell’isola di Sumatra.
A dimostrazione dell’importanza che riveste Jakarta, principale democrazia asiatica, come importante controparte nei forum regionali, Tokyo intende includere l’Indonesia, nella nuova Comunità Est asiatica, EAC esempio di rafforzamento dell’integrazione regionale dei Paesi del Sud-Est asiatico sotto l’ombrello giapponese.
In seguito alla visita del Ministro della Difesa cinese in Indonesia nel gennaio 2008 è stato annunciato dai due governi di condurre esercitazioni militari congiunte e di collaborare nella costruzione di navi e veicoli di guerra. La notizia ha fatto seguito alla firma di un accordo di cooperazione militare firmato a Pechino nel novembre 2007. Le basi dell'accordo erano state poste nell'aprile del 2005 quando, durante una visita del presidente cinese, Hu Jintao, a Jakarta, i due paesi avevano firmato un primo accordo strategico.
Il 1° gennaio 2010 e’ entrato in vigore l’accordo di Free Trade Agreement tra Indonesia e Cina firmato nel 2004 che elimina le barriere tariffarie su numerosi prodotti importati dalla Cina, tra cui tessile e vestiario. Tuttavia i forti timori delle imprese locali per l'agguerrita concorrenza cinese hanno portato le lobby imprenditoriali a richiedere al Governo un congelamento del FTA, al fine di permettere maggior protezione delle industrie locali, le quali non riuscirebbero a sopravvivere di fronte all'invasione dei prodotti cinesi (di bassissimo costo) sul mercato indonesiano.Una decina di settori, inclusi tessile, agroalimentare, petrolchimica, macchinari agricoli, elettronica, vestiario, ingegneria ed acciaieria, sono a rischio. Il Ministero del Commercio, sotto pressione anche del Ministero dell'Industria, aveva già adottato nel 2008 regolamenti protezionistici (diretti in primis contro la Cina) volti a limitare l'arrivo delle importazioni di alcuni tipi di prodotti (abbigliamento, agroalimentare, scarpe, giocattoli ecc.), legalizzando la loro entrata unicamente in soli cinque porti in tutto l'Arcipelago (nelle città di Jakarta, Medan, Semarang, Makassar e Surabaya) e provocando conseguentemente una congestione dei containers alle dogane.
La Cina intende naturalmente spingere l'Indonesia a rispettare gli impegni internazionali, considerando altresì il fatto che numerosi settori di prodotti inclusi nel FTA sono già stati liberalizzati nel corso degli ultimi anni (come i prodotti agricoli di frutta e verdura). Inoltre, l'FTA avrebbe notevoli vantaggi anche per le fabbriche indonesiane le quali potrebbero acquistare macchinari cinesi ad un terzo del prezzo di quelli europei (Italia e Germania i principali fornitori) e giapponesi. Infine, esso favorirebbe un maggior flusso di capitali cinesi verso l'Indonesia, accrescendo le prospettive di investimento in settori chiave quali le infrastrutture e la sanità (punti cardine del "Programma di Sviluppo Nazionale" ideato dal Presidente Yudhoyono).
La Cina rappresenta il terzo partner commerciale dell'Indonesia: il commercio bilaterale e' cresciuto del 30 % (da un valore di 18.23 a 26.88 miliardi di dollari) nel 2008, con la presenza di 700 imprese cinesi.
Le polemiche suscitate dalla prevista entrata in vigore dell’FTA bilaterale tra Cina ed Indonesia si vanno ad aggiungere alla forte opposizione delle industrie locali indonesiane per l’applicazione dell’Accordo regionale tra ASEAN e Cina entrato in vigore il 1 gennaio 2010. Le lobby imprenditoriali hanno chiesto al Governo di rinegoziare le clausole del Free Trade Agreement tra ASEAN e Cina al fine di permettere maggiore protezione alle industrie locali.
Malgrado le note divergenze storiche, l’attentato di Bali del 2002 ha segnato l’avvio di una proficua collaborazione con l’Australia centrata principalmente sulla lotta al terrorismo. L’Accordo per lo scambio di informazioni sul riciclaggio e finanziamento del terrorismo (recentemente rinnovato per altri 3 anni) e l’“Indonesian Centre for Law Enforcement Cooperation” (JCLEC, basato a Semarang) - centro antiterrorismo regionale e di rilievo crescente creato su impulso australiano, con cui l’Italia collabora con corsi di formazione – costituiscono i due principali strumenti di cooperazione nella lotta al terrorismo. Le altalenanti relazioni con l’Australia, dovute alla simpatia dell’opinione pubblica australiana per le spinte secessionistiche di Papua (l’Australia garantisce asilo politico ai separatisti), hanno tratto beneficio dalla firma nel novembre 2006 di un Patto bilaterale di Sicurezza (Framework for Security Co-operation), che sancisce il divieto per Canberra di agire a danno dell’integrità territoriale indonesiana e di esprimersi in caso di azioni di Jakarta a tutela di tale integrità. Il trattato è stato ratificato il 28 novembre del 2007. L’accordo, ancorché in forma implicita, riconosce di fatto la sovranità dell’Indonesia sulla metà occidentale dell’isola di Papua ed impegna l’Australia a fare in modo che quella parte dell’isola non venga utilizzata dalle forze separatiste per lanciare attacchi contro il Governo di Jakarta. L’accordo fissa inoltre procedimenti comuni per combattere il terrorismo, per promuovere la sicurezza marittima e per arginare la proliferazione delle armi di distruzione di massa.
A fine gennaio 2008, e’ entrato altresì in vigore il cosiddetto “trattato di Lombok” (firmato nel 2006), accordo quadro sulla sicurezza che mira ad avviare cooperazioni bilaterali nelle aree della difesa, del rafforzamento della legge, della sicurezza marina, della lotta al terrorismo, ecc., e che impegna l’Australia a non sostenere i movimenti indipendentisti in Indonesia (Papua).
Da ultimo, si e’ svolta a novembre 2010, la prima visita di Stato del Premier australiano Julia Gillard in Indonesia. La missione a Jakarta rappresenta la conclusione del suo tour asiatico, iniziato con la partecipazione al meeting ASEAN ad Hanoi (28-29 ottobre) e seguito dalla missione a Kuala Lumpur. I colloqui con il Presidente Yudhoyono (il quale si era recato a Canberra nel marzo 2010) hanno in qualche modo rinnovato l’intesa che c’era con l’ex Primo Ministro Rudd e sono stati principalmente focalizzati nel rafforzamento della cooperazione bilaterale in vari settori, quali sicurezza (lotta al terrorismo), commercio, immigrazione clandestina, relazioni culturali, e protezione dell’ambiente. Nell’ottica australiana, infatti, la collaborazione con Jakarta costituisce un pilastro fondamentale per la strategia politica multilaterale in Asia, in particolar modo di fronte all’emergere della potenza cinese e indiana.
Sul piano commerciale, l'Australia è all’ottavo posto nella classifica dei maggiori paesi esportatori e al settimo per le importazioni. Il commercio bilaterale ha raggiunto quasi 6,5 miliardi di dollari nel 2007, con un bilancio in attivo per l’Indonesia. L’Australia rappresenta inoltre uno dei principali donatori finanziari dell’Indonesia, nei settori quali sanità, educazione e sviluppo alle regioni più povere (Papua, Timor Ovest ecc.).
I due Paesi hanno altresì stabilito nuovi accordi ambientali (“Forest Carbon Partnership”) per uno scambio di tecnologie, volti a ridurre le emissioni di carbone in Indonesia, causate dalla deforestazione e dal degrado ambientale.
I rapporti con Timor Leste, dopo la crisi del 1999 e l’indipendenza conseguita nel 2002, si stanno avviando verso la normalizzazione. il Premier di Timor Leste Gusmao ha svolto una visita ufficiale a Jakarta (maggio 2008) per portare le scuse del Presidente Ramos Horta, il quale aveva accusato l’Indonesia di complicità nell'attentato subito nel febbraio 2008. Il viaggio del Premier timorense aveva come scopo principale il consolidamento dei delicati rapporti tra i due vicini. Gusmao ha portato un messaggio di pace, dichiarandosi pronto a perdonare le atrocità commesse dagli indonesiani durante l’occupazione, per ripartire su nuove basi. Nel corso della visita sono altresì stati firmati nuovi accordi bilaterali: il MOU sulla cooperazione tecnica e commerciale tra il Ministro per il Commercio Pangestu e il suo omologo timorense Gil da Costa Alves, il MOU sulla collaborazione tra le piccole e medie imprese ed un Accordo bilaterale sul controllo e la lotta al narcotraffico.
E’ stato altresì pubblicato il rapporto finale della Commission For Trust and Friendship (CTF). Come noto, la Commissione bilaterale aveva come scopo di fare luce sulle violenze subite dalla popolazione timorense, che causarono la morte di decine di migliaia di civili a seguito della dichiarazione d’indipendenza di Timor Leste. La CTF ha tuttavia ricevuto numerose critiche da parte delle organizzazioni internazionali, per la sua lentezza e mancanza di effettiva volontà nel giudicare i militari indonesiani colpevoli delle violenze del 1999. Tuttavia, sia le Autorità indonesiane che timorensi hanno rifiutato l’ingerenza internazionale, volendo risolvere bilateralmente i loro contenziosi.
Sotto la Presidenza di Yudhoyono l’atteggiamento più moderato in politica estera da parte di Jakarta ha favorito un riavvicinamento con gli i Uniti.
A seguito dell’embargo sulla vendita di armi all’Indonesia, stabilito nel 1999 a causa della repressione indonesiana a Timor Leste – successiva l’indipendenza del Paese - Washington ha formalmente riaperto le relazioni nel 2005 in campo militare con una visita dell’allora Sottosegretario alla Difesa a Jakarta. I contatti sono, da allora, proseguiti costantemente, anche con l’incontro nel 2007 tra il Presidente Yudhoyono ed il Presidente Bush, nel corso del quale si e’ ribadita la volontà di rafforzare la cooperazione militare. Da ultimo, nel corso di una breve missione a Jakarta (terza tappa di viaggio che ha incluso anche Turchia ed India), il Ministro americano della Difesa Robert Gates ha garantito l’assistenza degli Stati Uniti nel processo di riforma delle Forze Armate dell’Indonesia, assicurando nuove forniture militari per le forze aeree e terrestri (l’Indonesia intenderebbe acquistare sei F-16 jet fighters) e supporto alla formazione dei militari indonesiani.
L’Indonesia rappresenta, non da oggi, per la Casa Bianca, un partner chiave in una regione dominata da fattori “critici” e svariate esigenze geostrategiche. Il Paese gode di un’evidente importanza, in quanto si trova al centro di importanti rotte marittime, tra cui gli stretti di Sonda e Malacca. Jakarta ha altresì dimostrato la sua affidabilità grazie all’efficiente lotta al terrorismo condotta negli ultimi anni dal Governo indonesiano al fine di sradicare i possibili contatti dei fondamentalisti con Al-Quaeda.
L’Indonesia ha apertamente salutato con entusiasmo la vittoria del Presidente Barack Obama, vissuto a Jakarta negli anni 70, alle elezioni presidenziali statunitensi.La visita in Indonesia del nuovo Segretario di Stato Hillary Clinton (18-19 febbraio 2009), come seconda tappa del primo tour asiatico ha confermato l’importanza geo-strategica dell’Arcipelago per gli Stati Uniti.
Jakarta è da tempo considerata un ponte ideale tra il mondo cristiano-occidentale e quello islamico-orientale e la nuova Amministrazione americana ha già dato segno di vedere di buon occhio un maggiore coinvolgimento dell'Indonesia in Medio Oriente. Ma un ulteriore avvicinamento tra Jakarta e Washington potrebbe inoltre servire a bilanciare l'ascesa del soft-power cinese nell'est asiatico. Al di fuori delle sfere politiche, tra la popolazione la visita della Clinton è stata anche considerata vista come un segno “dell'affetto” del presidente Obama per l'Indonesia, paese in cui ha trascorso qualche anno della sua infanzia.
Il 9 novembre, vi e’ stata la tanto attesa visita del Presidente Obama a Jakarta, ben 2 volte rinviata per motivi di politica interna statunitense. Yudhoyono e Obama hanno siglato l’omnicomprensivo Accordo di “Comprehensive Partnership Indonesia-USA” – come ulteriore sanzione a rapporti da decenni consolidati - che offre una collaborazione nei vari settori: politico, sicurezza, economico, ambiente ecc.
L’Indonesia intende avvalersi del suo peso in ambito G20 per dare il proprio contributo affinché la controversia internazionale relativa ai programmi di utilizzo dell’energia nucleare da parte della Corea del Nord e dell’Iran possa essere risolta, nonché svolgere un’azione di mediazione propulsiva nella soluzione del conflitto arabo-israeliano. Su quest’ultima questione, l’Indonesia - Paese musulmano più grande del mondo e principale membro dell’Organizzazione della Conferenza Islamica - gode di fatto della possibilità di assumere la funzione del cosiddetto “onesto sensale” quale mediatore tra le laceranti tensioni interne tra Hamas e Fatah.
Dopo varie iniziative non particolarmente riuscite (si ricordano la Conferenza sull’Olocausto organizzata a giugno scorso a Bali e la Conferenza internazionale islamica di Bogor sull’Iraq dell’aprile 2007), l’Indonesia sembra ora poter realmente aspirare ad un maggior ruolo sullo scacchiere mediorientale, in quanto viene percepita dal mondo palestinese quale uno Stato musulmano moderato, collegato ai principali attori del processo di pace: Hamas, Fatah e Stati Uniti (visita del presidente palestinese Abu Mazen a Jakarta ad ottobre 2007 e a giugno 2010).
Nonostante l’Indonesia non riconosca ufficialmente lo Stato d’Israele, tra i 2 Paesi ci sono stati contatti diretti, l’ultimo dei quali in seguito all’invio di un contingente indonesiano di peacekeeping in Libano nel 2006. In linea con il dettato costituzionale – che impegna il Paese a promuovere la pace globale – il Presidente Yudhoyono ha ripetutamente chiesto all’ONU una risoluzione che istituisca una forza multinazionale di peacekeeping, offrendo la disponibilità dell’Indonesia ad inviare proprie truppe – che possono vantare di aver partecipato a 21 missioni in zone di conflitto nel corso degli anni. Il governo insiste ora nel chiedere la sospensione del blocco di Gaza al fine di aprire un corridoio umanitario, e il ritiro totale delle truppe israeliane dalla striscia.
Per quanto riguarda la questione birmana, l’Indonesia sembra adottare una nuova strategia diplomatica sulla delicata questione. Fermo restando l’atteggiamento congiunto dei partner ASEAN di condanna nei confronti del capo della Giunta, il Generale Than Shwe, il Presidente Yudhoyono ha avviato un nuovo approccio, in quanto ritiene le sole sanzioni internazionali controproducenti ai fini della riconciliazione nazionale e dell’auspicata transizione alla democrazia. Convinto del fallimento delle minacce occidentali e “dell’approccio costruttivo” adottato dall’ASEAN, il Presidente Yudhoyono ha dunque scelto una terza via, cercando di assumere un ruolo di mediazione in Myanmar. Permane quindi il mantenimento di un atteggiamento prudente sostanzialmente improntato al principio di non interferenza negli affari interni di un altro Paese. Anche nel periodo del seggio in Consiglio di Sicurezza, Jakarta ha evitato di assumere atteggiamenti che possano eccessivamente forzare la transizione democratica del Myanmar, evocando l’argomento di un possibile risveglio di tensione tra le minoranze etniche all’interno del Paese. Il Governo indonesiano, tradizionalmente in ottimi rapporti con la giunta (visita in Indonesia del Primo Ministro Birmano, il Generale Thein Sein, 16-17 marzo 2009) rimane infatti sostanzialmente scettico sulla capacita’ del movimento d’opposizione di San Suu Kyi di prendere le redini del Paese. Nel corso dei colloqui a Jakarta sulla situazione in Myanmar con l’Inviato Speciale UE per il Myammar (marzo 2009), On. Piero Fassino, l’allora Ministro degli Esteri Wirajuda ha ribadito l’impegno di queste Autorita’ a collaborare per favorire il superamento dell’impasse birmana: bilanciare iniziative di dialogo critico con entrambi i soggetti del processo politico birmano con supporto alla difficile situazione, anche economico-sociale, del Myanmar.
L’Indonesia si è fatta promotrice a New York della creazione di un Focus Group per il Myanmar cui partecipano anche India e Cina.
RELAZIONI CON LE PRINCIPALI ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
L’Indonesia è uno dei membri più influenti ed attivi dell’ASEAN (sede del Segretariato) e gioca un ruolo crescente sulla scena regionale asiatica.
La tanto attesa Carta ASEAN e’ finalmente entrata in vigore, il 15 dicembre 2008, a seguito del XIV Meeting dei Ministri degli Esteri dei Paesi ASEAN tenutosi a Jakarta, conferendo al blocco regionale, nato nel 1967, una nuova dimensione per rafforzare l’integrazione e la democrazia tra i dieci Stati membri. L’Indonesia e’ subentrata al Vietnam come Presidenza dell’ASEAN per il 2011
L’Indonesia è, inoltre, particolarmente attiva nella promozione delle prerogative dell’AFTA (ASEAN Free Trade Agreement), entrato in vigore il 1° gennaio 2002, che prevede la liberalizzazione fra i paesi ASEAN di 12 settori prioritari entro il 2015 e un rafforzato impegno nella riduzione delle barriere non tariffarie a livello intra - regionale.
Nel più ampio contesto internazionale Jakarta cerca di porsi come attore globale su tematiche di cruciale rilievo ed attualità come la lotta al terrorismo, il dialogo interreligioso e i cambiamenti climatici. Questo nascente profilo riflette lo status indonesiano di più grande paese musulmano del mondo ed il suo potenziale di mediazione fra i Paesi Occidentali ed Islamici.
In tema di riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’Indonesia - in linea con la posizione comune dei NAM, di cui è uno dei Paesi leader - è favorevole all’istituzione di nuovi seggi sia permanenti che non permanenti, in particolare per i PVS, o di soli seggi non permanenti ove un accordo per l’aumento dei permanenti non risultasse possibile (c.d. fall back position dei NAM). L’Indonesia, la cui candidatura è stata appoggiata dall’Italia, è stata eletta membro non permanente del CdS dell’ONU per il biennio 2007/2008. Jakarta ha in cambio assicurato il suo sostegno all’elezione dell’Italia. Il Paese ha partecipato alla colazione ministeriale organizzata il 5 febbraio 2008 a Roma.
In ambito Nazioni Unite va ricordato come Jakarta si sia schierata contro la moratoria della pena di morte proposta dall’Italia. Il voto contrario è stato espresso sia in sede di Terza Commissione nella votazione del 15 novembre 2007 sia in sede di Assemblea Generale il 18 dicembre 2007
Dal 3 al 14 dicembre 2007 l’Indonesia ha ospitato a Nusa Dua, Bali, la tredicesima Conferenza delle Parti della Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (UNFCCC). All’incontro hanno preso parte una trentina di Paesi (tra cui anche l’Italia, rappresentata dall’On. Pecoraro Scanio, Ministro per l’Ambiente) oltre ai rappresentanti di importanti istituzioni internazionali (su tutte WTO e UNCTAD) e di alcune ONG. Jakarta è anche membro attivo dell’outreach G8 in materia di cambiamento climatico nell’ambito del Major Economies Meeting (MEM), il foro lanciato su iniziativa dell’Amministrazione americana in occasione del Vertice G8 di Heiligendamm del 2007, con il proposito di contribuire al progresso del negoziato globale sul cambiamento climatico. Al MEM partecipano oltre ai G8, Indonesia, Australia, Brasile, Cina, Corea del Sud, India, Messico e Sudafrica. Il contributo dell’Indonesia al MEM è stato finora caratterizzato da un approccio costruttivo e aperto all’assunzione di nuove responsabilità connesse allo status di grande economia emergente. In ambito ambientale, l’Indonesia ha altresì ospitato a Manado (Sulawesi) la Conferenza internazionale sugli ambienti marini (11-16 maggio 2009). Di nuovo nell’isola di Bali è stata organizzata la Conferenza dell’UNEP (11th session of the Governing Council/Global Ministerial Environment Forum of the United Nations Environment Programme, con la partecipazione dei Ministri dell’Ambiente (febbraio 2010).
L’Indonesia partecipa ai vertici nel G-20 ricoprendo un ruolo importante tra i Paesi emergenti, in quanto esempio di transizione di successo da un sistema autoritario ad uno democratico. Con un’economia in piena crescita ed un sempre maggior peso sulla scena politica internazionale, l’Indonesia ha svolto un ruolo attivo e propositivo al G20 canadese (sulla falsariga del Vertice G20 economico di Pittsburgh del settembre 2009). L’agenda indonesiana mira in primo luogo alla riforma della Governance economica mondiale, e quindi delle principali istituzioni finanziare internazionali (Banca Mondiale e Fondo Monetario internazionale) in modo da garantire maggior accesso al credito ai Paesi in via di Sviluppo, soprattutto in congiuntura di crisi economica. A tale scopo, l’Indonesia intende proporre la creazione di un “Global Financial Safety Mechanism”, coinvolgendo – oltre al FMI- anche le Banche regionali di sviluppo per dare una maggior capacità di risposta alle crisi “sistemiche” di origine budgetaria.
Sul piano della politica economica interna, forte ruolo viene dato al consolidamento fiscale e alle riforme strutturali di aggiustamento macro-economico per uscire dalla recessione. Per l’Indonesia occorre proseguire le misure di stimolo fiscale per rilanciare la crescita tramite la domanda, in quanto il focalizzarsi unicamente sul risanamento del deficit fiscale, tramite tagli alla spesa pubblica (caso della Germania), e sui debiti “sovrani” non appare sufficiente e rischia di portare alla deflazione.
Nel garantire la necessità di un consolidamento fiscale, Jakarta concorda nell’adottare nuove regole sui mercati finanziari, in particolare con l’iniziativa già proposta dai Paesi Sviluppati di introdurre una tassa bancaria per ridurre il rischio di speculazione da parte delle istituzioni finanziarie e la volatilità dei mercati. In linea generale, occorre rafforzare il settore bancario (anche sul versante lotta alla corruzione), in termini di ricapitalizzazione e trasparenza dei bilanci, applicando altresì gli standards di controllo internazionali.
Il “Climate Change” e’ altresì uno dei punti salienti dell’agenda indonesiana. Come noto al vertice di Copenhagen (dicembre 2009), il Presidente Yudhoyono ha confermato la volontà di ridurre le emissioni di carbone del 26% entro il 2020 (o del 41% se ottiene aiuti internazionali). Nel frattempo, Yudhoyono ha promesso di proseguire nella riduzione dei sussidi ai combustibili fossili.
L’Indonesia è inoltre partner del processo di “enhanced engagement” che l’OCSE ha avviato nel 2007 con alcune tra le principali economie emergenti (oltre all’Indonesia partecipano Brasile, Cina, India e Sudafrica) nella prospettiva di una loro successiva piena integrazione nell’organismo multilaterale.
RELAZIONI CON L’UNIONE EUROPEA
Rapporti bilaterali
L’avvio della cooperazione fra la Commissione Europea e l’Indonesia risale agli anni settanta. Tale cooperazione fu formalizzata nel 1980 con il EC – ASEAN Agreement e riavviata nel 2000. L’Unione Europea ha deciso di intensificare il suo dialogo politico in occasione del Consiglio Affari Generali dell’ottobre 2004, durante il quale l’Indonesia è stata riconosciuta come uno dei partner più importanti per l’UE. A intervalli regolari si sono svolti incontri a livello ministeriale, il più recente dei quali nel 2006.
Nel 2002 la Commissione e il Governo indonesiano hanno raggiunto un accordo su una strategia comune per il periodo 2002-2006 che ha preso forma attraverso il Country Strategy Paper (CSP). Il nuovo CSP (2007-2013) definisce le aree nelle quali si potrà attuare una cooperazione nel quinquennio successivo con commercio e governance tra le maggiori aree di intervento. L’Unione Europea ha supportato programmi di aiuto e di riabilitazione per l’emergenza post-tsunami. Sono stati in particolare stanziati contributi europei al Multi Donor Fund (MDF) per Aceh e Nias.
Il 23 novembre 2007 il Presidente della Commissione Europea Barroso si è recato in visita ufficiale a Jakarta, al termine del vertice ASEAN tenutosi a Singapore. Il Presidente Barroso ha incontrato il Presidente Yudhoyono, con il quale ha avuto uno scambio di vedute sulle principali questioni bilaterali, regionali e globali. La missione del Presidente Barroso ha costituito un importante segnale volto a rafforzare il dialogo e la cooperazione fra UE e Indonesia. Per l’UE, infatti, l’Indonesia rappresenta non solo una potenza regionale, ma anche e soprattutto un modello di coesistenza pacifica fra democrazia, Islam e modernità. Per questo motivo, la partnership con questo Paese è particolarmente rilevante per la crescita dell’azione politico-diplomatica dell’UE nel Sudest asiatico. Nell’occasione, i Presidenti hanno dichiarato l’impegno reciproco ad intensificare le relazioni bilaterali, anche attraverso l’applicazione del MOU concernente il Programma Multiennale 2007-2010.
Riguardo ai contenziosi bilaterali ed alla questione del Bando Europeo sulle linee aeree indonesiane che era in vigore da luglio 2007,l’Indonesia ha svolto passi per conformarsi agli standards di sicurezza aerea: applicazione della Road Map to Safety, Security and Services (3S+1C); firma della dichiarazione sul rafforzamento della sicurezza aerea tra l’ICAO e le Autorità indonesiane; revisione tecnica condotta dal FAA Specialist Team dell’Aviazione civile indonesiana (DGCA); prossima adozione di misure per migliorare i servizi delle linee aeree. La rimozione, di 6 compagnie indonesiane "Garuda" (Compagnia di bandiera), "Fast Air", "Premi Air" e "Mandala", “Batavia” e “Air Asia Indonesia” del Bando, effettuata nel corso del 2009-2010 dall’UE è stata pertanto accolta con soddisfazione dal Governo indonesiano. Ciò consentirà di rilanciare le relazioni tra UE ed Indonesia avendo Jakarta sempre ritenuto che le restrizioni UE sui propri vettori aerei fossero determinate da motivazioni politiche.
Relazioni commerciali
Nel contesto dei rapporti bilaterali tra Indonesia ed UE, si segnala che l’accordo quadro di partenariato e cooperazione (Partnership and Cooperation Agreement-CPA), posticipato a seguito della decisione del luglio 2007 della Commissione Europea di inserire tutte le linee aeree indonesiane nella black list, è stato sottoscritto a novembre 2009.
Si tratta del primo Partnership Agreement siglato con un Paese dell’ASEAN, a testimonianza dell’importanza geostrategica, politica ed economica che riveste l’Indonesia per gli Stati europei. Il PCA prevede quattro aeree di cooperazione di comune interesse, definite come prioritarie: commercio ed investimenti; ambiente e cambiamento climatico; educazione; diritti umani e democrazia. Il primo tema (Titolo IV) viene considerato di primaria importanza visto il dinamismo delle relazioni commerciali tra UE ed Indonesia, con un interscambio che ha raggiunto i 135 miliardi di Euro nel 2008 e una crescita media del 7% annua nel periodo 1995-2008. L’UE è uno dei primi mercati di esportazione indonesiani e si contano in Indonesia circa 700 aziende europee. L'Accordo prevede altresì la creazione di un fondo denominato “EU Economic Cooperation Facility” allo scopo di facilitare le relazioni commerciali e di ridurre le numerose misure protezionistiche indonesiane (barriere non tariffarie) che penalizzano le esportazioni dei Paesi UE, tra cui anche l'Italia.
QUADRO ECONOMICO
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PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI (2010)
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PIL |
540,3 miliardi dollari USA (2009) |
PIL pro capite, a parità di potere di acquisto |
2.499,5 dollari USA (2009) |
Crescita PIL (%) |
5,9% |
Composizione per settore |
agricoltura 15,3%; industria 47,6%; servizi 37,1% |
Comparto agricolo |
riso, tapioca, gomma, cacao, caffè, olio di cocco, copra; pollame, bovini, suini |
Comparto industriale |
petrolio e gas naturale; tessile, abbigliamento e calzaturiero; mineraria, cemento, fertilizzanti chimici, gomma, turismo |
Tasso povertà |
13,33% |
Inflazione (%) |
5,05% |
Tasso di disoccupazione |
7,41% |
Debito pubblico |
27,4% PIL (2009) |
Debito estero |
150 miliardi di dollari USA (2009) |
Fonti: Ministero Affari esteri; The Cia Worldfactbook 2011 |
I dati sui fondamentali macroeconomici del primo semestre 2010 confermano l’ottimo stato dell’economia indonesiana e il recupero della crescita a livelli pre-crisi, con una crescita del PIL al +5,9% a giugno 2010. Si conferma dunque la resilienza e la solidità della prima economia del Sud-Est asiatico alla crisi mondiale che, a partire dal 2004, ha registrato tassi di crescita stabilmente superiori al 5%, tra i più alti dell’area asiatica (nel 2009 seconda solo a Cina e India).
In termini assoluti, il PIL indonesiano ha raggiunto nel 2009 il valore di 540,3 miliardi di dollari rispetto ai 511,2 miliardi del 2008 (sulla base dei dati in rupia indonesiana, senza subire dunque l’effetto del tasso di cambio sul dollaro, l’incremento è stato del +13,4%). E’ altresì migliorato il reddito pro-capite, passato da 2.189,3 dollari nel 2008 a 2.499,5 nel 2009 (+14,2%).
Il buon andamento si basa in parte sull’aumento (incidentale) della spesa pubblica connesso alle elezioni legislative e presidenziali del 2009, stimato in 2,5 miliardi di dollari, ma soprattutto sullo stimolo fiscale di 6,5 miliardi di dollari messo a punto dal Governo fin dal 2008: incentivi all’investimento, accesso agevolato al credito e investimenti in infrastrutture.
Il tasso di inflazione, dopo il picco dell’11,06% del 2008 – effetto del taglio dei sussidi al carburante a maggio 2008 (seguito alla spirale dei prezzi internazionali dell’energia) e del rincaro di alcuni beni di largo consumo, come soia e olio di palma – è sceso nel 2009 per effetto della crisi al minimo storico di 2,78%, subendo una successiva accelerazione al 5,05% (un livello considerato “fisiologico”) in Indonesia a giugno 2010, in linea con la ripresa della crescita economica.
Se si confronta l’origine della crescita con il peso specifico dei singoli settori sul PIL, emerge che i settori più dinamici del primo semestre 2010 – trasporti e telecomunicazioni, commercio, alberghiero e ristorazione, costruzioni – rappresentano in realtà meno di un terzo del PIL (30,1%).
Al contrario, i settori primario e secondario – che pesano per oltre la meta del PIL (52,2%) non superano tassi di crescita del 3-4%, ritenuti dal Governo indonesiano e dalle IFI insufficienti a garantire adeguata sussistenza e sviluppo a larga fetta della popolazione indonesiana (di cui almeno la metà, secondo i dati della Banca Mondiale, vive con meno di 2 USD al giorno).
In particolare, il settore primario – agricoltura, pesca, allevamento e foreste, sostentamento di una grossa fetta della popolazione – risente di una produttività di molto inferiore a quella dei vicini Paesi del Sud-Est asiatico. Inoltre, i frequenti disastri naturali che colpiscono l’Indonesia (inondazioni, eruzioni vulcaniche, terremoti) compromettono spesso criticamente la resa dei raccolti e la pesca.
Nel quadro del summenzionato positivo contesto macroeconomico, continua a diminuire anche il tasso di disoccupazione, sceso in maniera continuativa dal 2008 e attualmente attestato al 7,41% (calcolato sulla base di circa 116 milioni di forza lavoro).
Resta peraltro attuale nell’agenda governativa l’obiettivo di ricondurre il tasso di povertà nel “range” dell’8-10% entro il 2014, rispetto all’attuale 13,33% (calcolato sulla base di circa 230 milioni di abitanti).
La flessione congiunturale di meno di due punti percentuali registrata a fine 2009 rispetto ai due anni precedenti (PIL +6,3% nel 2007 e +6,1% nel 2008) riflette realisticamente il peso qui avuto dalla crisi internazionale ma, al contempo, dimostra la relativa migliore capacità di assorbire shock esogeni di portata mondiale rispetto alla maggior parte degli altri Paesi asiatici. Del resto le dimensioni del Paese permettono all’Indonesia, grazie al consumo privato interno di 240 milioni di abitanti, di poter dipendere in maniera minore dagli andamenti internazionali, rispetto al caso di altri Paesi dell’area, a vocazione soprattutto commerciale.
I temuti licenziamenti di massa, stimati in almeno 1,5 milioni di lavoratori, sono stati in realtà limitati a 60.000. Non va però sottovalutato che ben il 68,59% della forza lavoro è impiegato nel settore informale. Quest’ultimo, senza naturalmente garantire cuscinetti e/o ammortizzatori sociali, è riuscito tuttavia ad assorbire almeno in parte le fuoriuscite dal settore formale.
Anche il sistema finanziario indonesiano – crollato nella precedente crisi del 1997-98 – si presenta attualmente solido, con sufficiente capitalizzazione e contenimento del portafoglio crediti non performing. Anzi, Governo e Banca Centrale sono uniti nell’opera di moral suasion affinché credito sufficiente sia garantito ai vari settori industriali (con ripetute riduzioni del tasso di interesse della Banca Centrale e linee di credito a favore delle PMI). Il basso rischio inflazionistico nel 2009-2010 ha permesso di poter mantenere una politica monetaria espansiva senza preoccupazioni di riscaldamento dei settori reali dell’economia indonesiana e senza dover ritoccare al rialzo il tasso di interesse di riferimento, stabile al 6,50% sin dall’agosto 2009.
Il deficit e il debito di bilancio appaiono largamente sotto controllo e il costante accumulo di riserve in valuta estera, pari a 76,3 miliardi di dollari a giugno 2010 (in costante aumento nell’ultimo quinquennio), rappresenta un ulteriore cuscinetto a garanzia della solidità del Paese.
Nel budget 2011 preparato dal Ministro delle Finanze e approvato il 26 ottobre 2010 dal Parlamento, le assunzioni macroeconomiche appaiono all’insegna del realismo anche per l’anno venturo: PIL +6,4, inflazione 5,3% e deficit su PIL all’1,8%.
Proprio la solidità macroeconomica e la resilienza alla crisi internazionale hanno permesso l’upgrade del Paese in sede OCSE il 1° aprile 2010, con il passaggio dell’Indonesia dalla 5^ categoria di rischio alla più favorevole 4^ (su una scala da 0 a 7). Il miglioramento va letto in maniera ancora più incoraggiante rispetto al contestuale downgrade di altri Paesi oggetto di revisione da parte del medesimo Gruppo Esperti Rischio Paese OCSE.
Si ricorda inoltre che l’Indonesia, grazie al trend economico positivo degli ultimi anni e all’accumulo di sufficienti riserve monetarie, è riuscita a restituire anticipatamente le quote dovute al FMI per i pregressi interventi post-crisi della fine degli anni Novanta.
Nel primo semestre 2010 gli investimenti diretti esteri (IDE) realizzati sono stati pari a $7,6 miliardi di dollari, con 1.573 progetti. In particolare, i settori trasporti e comunicazioni (71 progetti. $2,5 miliardi) e minerario (138 progetti, $1,4 miliardi) guidano la classifica, mentre i 3 Paesi più attivi sono stati Singapore (29,5%), Hong Kong (10,2%) e Stati Uniti (9,7%).
In prospettiva, rimane prioritario per il Governo indonesiano riuscire a mantenere la stabilità macroeconomica, al fine di allontanare lo spettro di una crisi bancaria sistemica, come avvenne nel biennio 1997/98.
Al fine di rafforzare il ruolo di supervisione della Banca Centrale (e rinnovarne l’immagine dopo precedenti scandali di alto livello), dopo la breve nomina nel 2009 a Governatore del precedente Ministro dell’Economia, Boediono – uno dei fautori del risanamento macroeconomico indonesiano, successivamente candidatosi ed eletto alla Vice-Presidenza del Paese – il 1° settembre 2010 ha prestato giuramento come nuovo Governatore Darmin Nasution (già Senior Deputy Governor e Acting Governor). Si tratta di un economista di indubbia caratura, già fautore della riforma dell’Agenzia delle Entrate sotto mandato dell’allora Ministro delle Finanze Sri Mulyani.
Le dimissioni del Ministro delle Finanze Sri Mulyani a maggio 2010 (passata alla Banca Mondiale nella veste di Managing Director), a seguito delle misure, non hanno sostanzialmente compromesso le riforme economiche del Paese. Pur perdendo un’autorevolissima figura istituzionale, scontratasi con le lobby politico-affaristiche per l’azione di riforma e lotta alla corruzione nei settori delle entrate, delle dogane nonché più in generale nell’intero assetto finanziario, il Presidente Yudhoyono ha saputo nominare al suo posto un’altra figura tecnica di prestigio, Agus Martowardojo, economista proveniente dal settore bancario.
La rielezione democratica del Presidente Yudhoyono a luglio 2009 ha rassicurato gli osservatori economici internazionali che, sostanzialmente, concordano nel giudicare coraggiose e giuste le decisioni in campo economico intraprese dal suo Governo in questi anni.
Un’ulteriore conferma della solidità Paese viene dalle positive valutazioni internazionali.
A fine giugno 2010 il Fondo Monetario Internazionale ha confermato il buono stato di salute dell’economia indonesiana, prevedendo una crescita del PIL nuovamente al 6% nel 2010, continuando in tal modo il trend di stabile crescita iniziato nei primi anni Duemila (e che ha subito in sostanza solo un limitato contraccolpo nel 2009, con il PIL sceso al 4,5% rispetto al 6,1% del 2008). Dalle prospettive senz’altro positive del FMI emergono quali nodi da gradualmente risolvere l’adeguamento delle infrastrutture alla capacità di sviluppo del Paese e la riduzione dei sussidi pubblici, da finanziare con l’ampliamento della ancora limitata base fiscale (le tasse sul reddito rappresentano infatti solo il 15% del PIL).
In linea con la visione della IFI, le valutazioni delle agenzie di rating nel 2010: Fitch ha innalzato il rischio di insolvenza Paese nel lungo termine da BB a BB+, sulla base del costante accumulo di riserve internazionali e al declinare del rapporto debito pubblico su PIL; Moody’s ha rivisto nuovamente al rialzo l’outlook sovrano, passando da Ba3 a Ba2; Standard & Poor’s ha egualmente innalzato il rating da BB- a BB.
Le costanti valutazioni positive delle agenzie di credito nell’ultimo triennio hanno consentito di abbassare gradualmente il costo del ricorso al credito sui mercati internazionali e lasciano presupporre che l’Indonesia possa raggiungere il livello “investment grade” nel 2011.
La banca di investimento Morgan Stanley ha tracciato un parallelo tra Indonesia e India sulla base del simile e robusto andamento della domanda interna, prospettando l’inclusione a pieno diritto di questo Paese tra le economie BRIC (Brasile, Russia, India, Cina) non appena l’Indonesia acquisirà un rating sovrano “investment”, presumibimente nel 2011.
L’agenzia Credit Market Analysis (CMA) di Londra ha tolto l’Indonesia dalla classifica dei dieci emittenti di obbligazioni sovrane più rischiosi.
La rivista “The Economist” ha pubblicato a settembre 2009 un inserto speciale sull’Indonesia titolato emblematicamente “A golden chance”, denotando la transizione in soli 10 anni da Paese sull’orlo della catastrofe a democrazia politicamente stabile e solida, con una crescita economica seconda solo a Cina e India.
Nonostante il buon andamento economico anche nella difficile congiuntura internazionale del 2009, l’Indonesia conserva alcuni squilibri (elevati tassi di disoccupazione e di povertà) e debolezze che ne offuscano l’immagine internazionale, essenzialmente il diffuso fenomeno della corruzione, il peso della burocrazia e la mancanza di adeguate infrastrutture.
Nel rapporto “Doing Business 2010” della Banca Mondiale, l’Indonesia infatti si classifica al 122^ posto su 181 Paesi, dietro alla maggioranza degli altri membri ASEAN: Malaysia e Thailandia sono rispettivamente 23^ e 12^, il Vietnam 93^, mentre Singapore mantiene la guida la classifica. E’ comunque segnale incoraggiante la scalata di 7 posizioni rispetto al 129^ posto del precedente rapporto, mentre al contrario Malaysia e Vietnam perdono alcune posizioni.
Il Governo indonesiano è impegnato in una necessaria operazione di alleggerimento degli oneri del debito, che da parte europea (tedesca, francese, britannica e italiana) si è tradotta in concrete e diversificate iniziative di debt-swap. Infatti, in seguito allo tsunami del 26 dicembre 2004, il Club di Parigi ha deciso di discutere le possibili modalità di un alleggerimento del debito, allo scopo di consentire ai Paesi più danneggiati, e quindi soprattutto all’Indonesia, di destinare il massimo delle risorse finanziarie interne all’assistenza e alla ricostruzione.
L’Italia ha contribuito attivamente alla formulazione della proposta dei Paesi G7 per una moratoria dei pagamenti attesi dai Paesi colpiti, e si è adoperata in seno al Club di Parigi per l’adozione di questa proposta, accolta nel maggio 2005. L’impegno italiano si è tradotto nella firma dell’“Accordo bilaterale di conversione del debito” (9 marzo 2005) che prevedeva la conversione di 5.752.584 milioni di Euro e di 24.200.546 milioni di dollari in progetti di ricostruzione delle aree colpite dallo tsunami di Aceh e Nias del 26 dicembre 2004. La sua esecuzione si è protratta fino al 2010, quando i fondi summenzionati sono stati totalmente spesi dalle competenti Autorità indonesiane e, conseguentemente, il Ministero delle Finanze italiano ha provveduto a cancellare le relative quote di debito.
Già nel febbraio del 2010 il Ministero delle Finanze italiano ha previsto l’allocazione di ulteriori 30 milioni di Euro per un secondo Accordo di Conversione del Debito. Questa volta gli obiettivi sono la protezione delle foreste e la lotta alla povertà. E’ attualmente in fase di elaborazione il testo dell’accordo da parte della Cooperazione allo Sviluppo italiana.
Tabella riassuntiva dell’evoluzione delle riserve internazionali, 2004–giugno 2010
|
2007 |
2008 |
2009 |
Primo semestre 2010 |
Debito estero su PIL (%) |
32,2 |
30,1 |
28,7 |
N.d. |
Riserve internazionali (miliardi di USD) |
56,9 |
51,6 |
66,1 |
76,3 |
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano, Bank Indonesia
PRINCIPALI INDICATORI MACROECONOMICI
Tabella riassuntiva delle principali variabili macroeconomiche 2005–primo semestre 2010
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
Primo sem. 2010 |
PIL (%) |
5,7 |
5,5 |
6,3 |
6,1 |
4,5 |
5,9 |
Inflazione (%) |
17,11 |
6,6 |
6,59 |
11,06 |
2,78 |
5,05 |
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
Bilancia commerciale globale dell’Indonesia (inclusi petrolio e gas naturale)
Valori in miliardi di dollari
|
2008
|
2009
|
Gennaio-giugno 2009 |
Gennaio-giugno 2010
|
Var % 1 semestre 2010/2009
|
Esportazioni |
137,0 |
116,5 |
50,1 |
72,5 |
44,71 |
Importazioni |
129,2 |
96,8 |
41,4 |
62,9 |
51,93 |
Interscambio |
266,2 |
213,3 |
91,5 |
135,4 |
47,98 |
Saldo commerciale |
7,8 |
19,7 |
8,7 |
9,6 |
10,35 |
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
Bilancia commerciale dell’Indonesia (esclusi petrolio e gas naturale)
Valori in miliardi di dollari
|
2008
|
2009
|
Gennaio-giugno 2009
|
Gennaio-giugno 2010
|
Var % 1 semestre 2010/2009 |
Esportazioni |
107,9 |
97,5 |
42,9 |
59,4 |
38,46 |
Importazioni |
98,7 |
77,8 |
34,0 |
49,8 |
46,47 |
Interscambio |
206,6 |
175,3 |
76,9 |
109,2 |
42,00 |
Saldo commerciale |
9,2 |
19,7 |
8,9 |
9,6 |
7,87 |
Fonte:BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
Statistiche sul lavoro, 2008–2010
|
Febbraio 2008 |
Agosto 2008 |
Febbraio 2009 |
Agosto 2009 |
Febbraio 2010 |
Forza lavoro (milioni) |
111,47 |
111,95 |
113,74 |
113,83 |
115,99 |
Tasso di disoccupazione (%) |
8,46 |
8,39 |
8,14 |
7,87 |
7,41 |
Tasso di povertà (%) |
15,42 |
14,15 |
13,33 |
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
PRINCIPALI PAESI FORNITORI (ESCLUSI PETROLIO E GAS NATURALE)
Valori in miliardi di dollari
|
Paesi |
2008 |
2009 |
Gen.-giugno 2009 |
Gen.-giugno 2010 |
Var.% 1 sem. 2010 |
Quota di mercato % 1 sem. 2010 |
1 |
Cina |
14,95 |
13,49 |
5,90 |
9,04 |
53,22 |
18,15 |
2 |
Giappone |
14,87 |
9,81 |
4,33 |
7,63 |
76,21 |
15,32 |
3 |
Singapore |
11,10 |
9,24 |
3,84 |
4,86 |
26,04 |
9,76 |
4 |
Stati Uniti |
7,74 |
7,04 |
3,18 |
4,21 |
32,39 |
8,45 |
5 |
Thailandia |
6,27 |
4,57 |
1,91 |
3,66 |
91,62 |
7,35 |
6 |
Corea del Sud |
4,80 |
3,81 |
1,70 |
2,60 |
52,94 |
5,22 |
7 |
Malaysia |
3,98 |
3,18 |
1,34 |
2,18 |
62,69 |
4,38 |
8 |
Australia |
4,0 |
3,37 |
1,53 |
1,85 |
20,92 |
3,71 |
9 |
Germania |
3,06 |
2,36 |
1,09 |
1,35 |
23,85 |
2,71 |
10 |
India |
2,51 |
2,08 |
0,92 |
1,24 |
34,78 |
2,49 |
12 |
Gran Bret. |
1,06 |
0,84 |
0,39 |
0,49 |
25,64 |
0,98 |
15 |
Francia |
1,67 |
1,62 |
0,70 |
0,46 |
-34,29 |
0,92 |
16 |
Italia |
1,00 |
0,73 |
0,35 |
0,44 |
25,71 |
0,88 |
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
PRINCIPALI
PAESI ACQUIRENTI
(ESCLUSI PETROLIO E GAS NATURALE)
Valori in miliardi di dollari
|
Paesi |
2008 |
2009 |
gennaio-giugno 2009 |
gennaio-giugno 2010 |
Var.% 1 sem. 2010 |
Quota di mercato % 1 sem. 2010
|
1 |
Giappone |
13,79 |
11,98 |
4,99 |
7,64 |
53,11 |
12,86 |
2 |
Stati Uniti |
12,53 |
10,47 |
4,84 |
6,25 |
29,13 |
10,52 |
3 |
Cina |
7,79 |
8,92 |
3,77 |
6,05 |
60,48 |
10,19 |
4 |
Singapore |
10,10 |
7,95 |
3,95 |
4,63 |
17,22 |
7,79 |
5 |
India |
7,06 |
7,3 |
3,39 |
4,22 |
24,48 |
7,10 |
6 |
Malaysia |
5,98 |
5,64 |
2,26 |
3,52 |
55,75 |
5,93 |
7 |
Corea Sud |
4,66 |
5,17 |
1,91 |
3,34 |
74,87 |
5,62 |
8 |
Thailandia |
3,21 |
2,60 |
1,03 |
1,95 |
89,32 |
3,28 |
9 |
Taiwan |
2,90 |
2,88 |
1,21 |
1,56 |
28,93 |
2,63 |
10 |
Germania |
2,46 |
2,33 |
0,99 |
1,39 |
40,40 |
2,34 |
11 |
Olanda |
3,88 |
2,90 |
1,30 |
1,33 |
2,31 |
2,24 |
14 |
Italia |
1,90 |
1,65 |
0,73 |
1,06 |
45,21 |
1,78 |
15 |
Spagna |
1,67 |
1,83 |
0,73 |
0,96 |
31,51 |
1,62 |
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
Principali obiettivi ed interessi
I rapporti bilaterali sono eccellenti, ma soffrono della lontananza geografica. L’ultima visita italiana fu compiuta nel dicembre 2005 dall’allora Sottosegretario, On. Boniver. Oggi l’Indonesia ci chiede una visita di alto livello, del Ministro degli Esteri, del Presidente del Consiglio o del Presidente della Repubblica, a testimonianza dell’importanza che attribuiamo ad un effettivo rilancio delle relazioni bilaterali.
L’interesse crescente della Comunità internazionale per la stabilità nell’area del Sud-est asiatico ha determinato un’attenzione sempre maggiore, anche da parte italiana, verso l’Indonesia, partner di importanza fondamentale nella lotta al terrorismo e nella promozione del dialogo interreligioso. La serietà con cui il Governo indonesiano ha risposto alla sfida terroristica di Bali è la migliore garanzia per l’eventuale avvio di ulteriori forme di collaborazione italo-indonesiana in tema di “sicurezza allargata”. L’Indonesia ha appoggiato la candidatura di Milano ad ospitare l’Expo 2015, una scelta politicamente difficile per Jakarta, che ha deciso di non sostenere la candidatura islamica della città di Smirne.
Relazioni politiche
L’Indonesia rappresenta un interlocutore privilegiato per l’Italia nell’area del Sud-Est asiatico, anche in ragione del suo ruolo centrale nell’area. I nostri due Paesi intrattengono tradizionalmente ottime relazioni, pur soffrendo della lontananza geografica. L’ultima visita italiana fu compiuta nel dicembre 2005 dall’allora Sottosegretario, On. Boniver. Oggi, però, stiamo vivendo una nuova fase di rilancio del dialogo politico grazie alla partecipazione, il 4 marzo 2009 (su invito del Ministro Frattini), del Ministro degli Esteri Wirajuda alla Conferenza “Unità nella Diversità. Il modello indonesiano per una società del convivere” svoltasi a Roma presso la Sala Conferenze Internazionali del Ministero degli Esteri e del suo incontro a latere con il suo omologo italiano.
L’incontro del 4 marzo fra il Ministro Frattini ed il Ministro Wirajuda ha segnato la ripresa del dialogo bilaterale con l’Indonesia. Al crescente profilo internazionale assunto da Jakarta non è corrisposto infatti in questi ultimi anni da parte nostra un adeguato livello di attenzione e di contatti. Tale colloquio ha voluto essere utile al fine di riprendere il dialogo con un Paese emergente, importante attore globale e regionale, economia emergente del G20, modello di transizione democratica ed economico-sociale ed autorevole voce del mondo islamico moderato (non a caso Jakarta e’ stata una delle tappe del viaggio in Asia di Hillary Clinton che ha elogiato l’Indonesia per la sua performance democratica, definendola un partner per “reach out to the muslim world”), il cui peso va ben al di là dei nostri interessi bilaterali. A testimonianza dell’interesse italiano a riavviare un dialogo politico di alto livello vi è stata la firma, nel corso dell’incontro fra i due Ministri degli Esteri, di un Memorandum di Intesa di cooperazione politica istituzionalizza ed innalza qualitativamente il livello del dialogo italo-indonesiano.
La Conferenza del 4 marzo, inoltre, ha avuto come obiettivo quello di avviare un dialogo con l’islam dell’Asia Orientale attraverso il modello islamico liberale indonesiano, alternativo all’islam arabo, cui l’Italia può fornire un’autorevole sponda internazionale, e delineare un percorso di cooperazione sui temi dell’islam, del dialogo e della coabitazione, con il coinvolgimento delle rispettive società civili.
L’Indonesia è inoltre un partner di estrema rilevanza anche sotto il profilo della lotta al terrorismo, ambito nel quale abbiamo avviato proficue forme di collaborazione tra le nostre forze di polizia e il centro multilaterale per l’antiterrorismo di Semarang, invitando i funzionari a seguire corsi di formazione in Italia.
Relazioni economiche, finanziarie e commerciali
Le prospettive del nostro rapporto economico-commerciale con l’Indonesia stanno nuovamente crescendo in parallelo con una maggiore attenzione verso il Paese. L’Italia propende dunque a coniugare un interesse al rafforzamento del dialogo politico e alla stabilità dell’area con uno specifico interesse economico fondatosu una presenza meno discontinua, basata soprattutto su grandi gruppi come ENI, Perfetti Van Melle, Prysmian (ex-Pirelli), Assicurazioni Generali e ENEL.
L’interscambio con l’Italia ha recuperato livelli pre-crisi, dopo la flessione del 2009 imputabile al rallentamento del commercio internazionale.
In particolare, le esportazioni italiane hanno segnato un aumento del +25,58%, passando da 347,91 milioni di dollari nel primo semestre 2009 a 436,1 milioni nel primo semestre 2010.
Le importazioni italiane hanno fatto registrare un ancor più pronunciato aumento del +45,71%, passando da 1.075,87 milioni di dollari nel primo semestre 2009 a 1.060,74 milioni nel primo semestre 2010.
Esportazioni italiane verso l’Indonesia
Nel primo semestre 2010 le esportazioni italiane verso l’Indonesia sono aumentate del +25,58% rispetto al semestre precedente.
Nella graduatoria dei Paesi fornitori, l’Italia si posiziona al 16^ posto, con una quota di mercato dello 0,88% sul totale delle importazioni indonesiane.
Il settore che rappresenta in assoluto la prima voce di export è quello delle “Macchine elettriche per uso industriale” che ha fatto registrare un andamento positivo del +103,42%, seguita dal settore carta a cartone (+175,47%).
Altri settori trainanti sono: macchinari non elettrici e apparati meccanici, prodotti chimici, tubi e profilati in ferro e acciaio.
I dati del 2010 testimoniano il miglioramento della performance economica del nostro Paese rispetto all’anno precedente, quando la flessione delle nostre esportazioni, soprattutto nella meccanica strumentale, era sostanzialmente da imputarsi al rallentamento e al posticipo dei programmi di investimento dell’industria manifatturiera indonesiana, soprattutto in settori come arredamento, calzature, imballaggio e tessile.
Importazioni italiane dall’Indonesia
Nel primo semestre 2010 il valore delle merci indonesiane importate dall’Italia è aumentato del +45,21%, facendo registrare un volume di 1.060,74 milioni di dollari.
Nella graduatoria dei Paesi importatori, l’Italia si colloca al 14^ posto, con una quota dell’1,78%.
Le voci più consistenti degli acquisti italiani riguardano le materie prime e i beni intermedi: oli vegetali, carbon fossile, prodotti chimici, calzature, tessuti e filati.
Nel primo semestre 2010 la voce “oli vegetali” ha rappresentato in assoluto la prima voce delle esportazioni indonesiane verso l’Italia, con un volume pari a $227,6 milioni, soppiantando il carbone come leader della classifica. In tale categoria, la voce principale è costituita dall’olio di palma, prodotto molto richiesto dall’industria italiana, in quanto utilizzato diffusamente in ambito alimentare e, negli ultimi anni, anche per la produzione di biodiesel.
Investimenti diretti italiani
Il Gruppo ENI dopo aver terminato nel 1984 le attività di esplorazione di oltre 640.000 Kmq offshore, è tornato ad occuparsi di esplorazione e produzione di idrocarburi nell’arcipelago indonesiano nel 2001, a seguito dell’acquisizione della società Lasmo Plc, acquisendone i blocchi esplorativi nell’area del Kalimantan e Nord Sumatra.
Attualmente ENI possiede diritti minerari in 12 PSC (Production Sharing Contract, contratti di ripartizione della produzione), 10 a mare e 2 sulla terraferma, in associazione con diverse compagnie petrolifere. Nel dettaglio, opera in 6 PSC in veste di operatore principale, mentre nei rimanenti sei come partner strategico. Le attività sono sostanzialmente concentrate nel Kalimantan orientale, dove sono ubicati 10 PSC, con 1 ulteriore blocco a Nord Sumatra e 1 a Timor ovest (quest'ultimo sia onshore che offshore). Uno di questi, Sanga Sanga nel Kalimantan orientale unico blocco totalmente onshore e già nella fase di sviluppo, con una produzione giornaliera di circa 81.000 barili di petrolio equivalenti. La gestione di questo titolo minerario avviene attraverso la affiliata VICO, di cui Eni detiene il 50%, mentre la rimanente quota e' detenuta da British Petroleum. Eni occupa attualmente l'ottavo posto nella classifica degli operatori stranieri in Indonesia (guidata da statunitensi e francesi). In termini di risorse umane, gli espatriati di di Eni Indonesia sono 35, di cui circa la metà italiani.
L'ultimo successo di ENI, ampiamente pubblicizzato da stampa locale e internazionale, e' appunto l'acquisizione - tramite il consorzio VICO di una quota del 37,8% nella licenza Sanga Sanga Coal-Bed Methane (CBM) per la produzione di gas da giacimenti di carbone nella parte a terra del Kalimantan orientale (bacino del Kutei). Si tratta di una delle prime tre licenze messe all'asta dal Ministero dell'Energia indonesiano nel corso del 2009 per lo sfruttamento dei giacimenti di carbone a fini dell'estrazione di metano (CBM).
Rileva anche l’importante attività nel settore dell’ingegneria e delle costruzioni nel settore petrolifero in Indonesia della controllata SAIPEM. SAIPEM ha effettuato un importante investimento a Batam, isole Riau, lì predisponendo una base logistica per la manutenzione dei suoi mezzi operativi (flotta di mezzi navali speciali per il lavoro sulle piattaforme petrolifere).
Rilevanti sono gli interessi del Gruppo Finmeccanica. Alcune società del Gruppo seguono da vicino l’evolversi si importanti progetti indonesiani, soprattutto nel campo del controllo e gestione del traffico aereo (Selex Sistemi Integrati), nei requisiti elicotteristici (Agusta Westland), nei requisiti aeronautici (Alenia Aeronautica e Aermacchi).
Nel corso del biennio 2009-2010 si segnalano l’inizio dell’operatività di Assicurazioni Generali e l’apertura di un Ufficio di Rappresentanza di ENEL.
Altre aziende italiane presenti sul territorio indonesiano sono: Prysmian Cables (ex-Pirelli cavi), nei settori oil & gas e telecomunicazioni; Perfetti Van Melle Indonesia, settore dolciario; Nuovo Pignone (gruppo General Electric), settore impiantistico ed energetico; il gruppo Sacmi, ceramica; il gruppo Mastrotto, lavorazione pelli; ed infine l’Ocrim per impianti di produzione di farina.
In vista del rinnovo del Programma Esecutivo di Collaborazione Scientifica-Tecnologica tra Italia-Indonesia per gli anni 2009-2011 si attendono indicazioni dal Ministero degli Esteri sui finanziamenti che verranno allocati.
Nel settore delle energie rinnovabili, si segnala l’iniziativa della società italiana “Ponte di Archimede” che opera in joint venture con il partner indonesiano Walinusa per lo sviluppo di una turbina alimentata dalle correnti marine. Lo sviluppo e la disseminazione di questa tecnologia italiana – volta a rendere autosufficienti i piccoli villaggi costieri – è co-finanziato dall’UNIDO e in cooperazione con il Ministero della Ricerca e Tecnologia indonesiano.
Cooperazione allo sviluppo
Negli anni ‘90 la Cooperazione italiana è stata presente in Indonesia con un intervento complessivo, tra doni e crediti di aiuto, di circa 90 milioni di euro.
Successivamente al rallentamento determinato dalle restrizioni del nostro bilancio, gli interventi di cooperazione sono ripresi nel 1997, in concomitanza con la crisi economico-finanziaria che ha colpito in quegli anni la regione del sud est asiatico.
In generale, le iniziative della Cooperazione italiana in Indonesia nel periodo successivo al 1997 si sono concentrate su interventi di emergenza nelle aree colpite da calamità naturali (Sumatra) o da conflitti sociali (Molucche e Timor Ovest) e su progetti mirati al sostegno delle PMI operanti in settori economici chiave per la ripresa economica e lo sviluppo del Paese.
Principali iniziative promosse negli ultimi sette anni
Il 28 maggio 2002 il Comitato Direzionale ha approvato il progetto di “Assistenza delle PMI del Settore Calzaturiero attraverso la creazione di un Centro tecnico Servizi”, finanziato con un credito d’aiuto dell’ammontare di 5,5 milioni di Euro. Nel dicembre 2005 sono state approvate le procedure di gara per la fornitura di beni e servizi necessari al funzionamento del Centro. Il programma non è mai stato avviato per via della continua fuoriuscita di fango nell’area di Sidoarjo. Secondo gli esperti, l’incresciosa circostanza è dovuta alle non accorte esplorazioni di nuovi giacimenti di oil & gas compiute dalla società indonesiana Lapinto Brantas.
Il 25 ottobre 2005 il Comitato Direzionale ha inoltre approvato un contributo volontario all’UNICEF del valore di € 1.372.903 per il programma regionale “East Asia Project against abuse, exploitation and trafficking of children” (Indonesia, Filippine, Vietnam) di cui circa 360.000 euro erano stati destinati all’Indonesia.
Per l’anno accademico 2009-2010 sono state offerte n. 102 mensilità per corsi brevi di lingua italiana e per borse di studio di diversa tipologia della durata di 3, 6, 9 o 12 mesi, per un importo di 700 euro. Inoltre è stata elargita una borsa per un lettore d’italiano di ruolo presso la Universitas Indonesia e sono stati previsti 3 contributi a cattedra assegnati alle seguenti università indonesiane: Trisakti (con sede a Jakarta), Istituto tecnologico di Bandung, Gadjah Mada (Yogyakarta).
Il 4 dicembre 2003 è stato firmato un Accordo bilaterale, applicativo dell’Intesa Multilaterale del Club di Parigi del 12.04.2002, per la ristrutturazione del debito estero indonesiano riscadenzato nel 2001. L’accordo si riferisce agli importi dovuti nel periodo 1.4.2002 – 31.12.2003 e riguarda un ammontare complessivo di 5.752.584 milioni di Euro e di 24.200.546 milioni di dollari. L’Accordo bilaterale per la conversione dell’intero ammontare del debito ristrutturato (con il menzionato Accordo del dicembre 2003) è stato firmato a Jakarta nel 2005, in occasione della visita in Indonesia del SS di Stato On. Boniver nell’ambito del vertice UE- ASEAN. D’intesa con l’Italia, le risorse rese disponibili dall’Accordo sono state utilizzate dal Governo indonesiano per la realizzazione di iniziative di ricostruzione ad Aceh e Nias (Sumatra), colpite dallo tsunami del 26 dicembre 2004. L’Accordo è entrato in vigore nell’ottobre 2005 e si è concluso positivamente nel corso del 2010 con la completa allocazione e spesa da parte delle Autorità indonesiane dei fondi summenzionati. A seguito delle positive missioni di monitoraggio degli esperti DGCS, le rate del debito sono state cancellate in tre successive tranche da parte del Ministero delle Finanze italiano.
L’Italia ha confermato la volontà di avviare un secondo Accordo Debt Wsap per un valore di 30 milioni di euro.
· Iniziative post- tsunami
L’ammontare totale del finanziamento stanziato dalla Cooperazione italiana per l’emergenza tsunami ammonta a 14,7 milioni di euro, cui si aggiungono le risorse liberate dalla conversione del debito. Sul canale bilaterale tali fondi sono stati sostanzialmente destinati a sostenere l’area di Banda Aceh con servizi di emergenza ed assistenza sanitaria, fornitura di alloggi agli sfollati e avvio di programmi di sostegno ai minori ed alle loro famiglie. Sul canale multilaterale, 3 milioni di euro sono stati assegnati alla FAO per finanziare iniziative di emergenza per la riabilitazione delle attività artigianali di pesca e acquicoltura e 500.000 Euro allo IOM, per la riabilitazione di strutture sanitarie nell’area di Banda Aceh. Stesso importo è stato assegnato all’OMS per la realizzazione di un’iniziativa finalizzata al recupero psicologico di gruppi particolarmente vulnerabili della popolazione e per lo svolgimento di una valutazione sulla risposta all’emergenza dei servizi sanitari.
In tale quadro la presenza della cooperazione italiana nell’area era stata assicurata grazie all’apertura di due uffici, a Jakarta e a Banda Aceh, con il compito di dare avvio ai singoli progetti e svolgere attività di coordinamento anche coinvolgendo organizzazioni non governative e enti locali italiani.
Al fine di dare continuità agli interventi italiani, nell’aprile 2007 è stato inoltre finanziato un programmabilaterale di ricostruzione e consolidamento del valore di circa 1 milione di euro. L’iniziativa è destinata sia al consolidamento di alcuni interventi post tsunami realizzati nella provincia di Aceh, sia al sostegno integrato alle attività di ripristino dei servizi abitativi colpiti dal terremoto del 2006 nel distretto di Klaten. Obiettivi specifici del programma sono stati 1) il consolidamento degli interventi realizzati nei settori della pesca, dell’agricoltura e dei servizi sociosanitari (ad Aceh); 2) il sostegno alle attività di ricostruzione dei settori colpiti dal terremoto del maggio 2006 (a Giava centrale); 3) la formazione del personale sanitario che opera nell’erogazione dei servizi di base; 4) la fornitura di attrezzature, assistenza tecnica, sostegno istituzionale. Qui di seguito, segnaliamo, per ciascuno di questi ambiti, le attività realizzate.
In seguito al terremoto che ha colpito Yogyakarta e Giava Centrale il 27 maggio 2006, era stato organizzato un volo umanitario con a bordo generi di prima necessità. Sul volo erano presenti esperti della DGCS per fare una prima valutazione dei danni. In risposta all’appello della FICROSS la DGCS ha concesso un contributo di 500.000 euro per la fornitura di generi di prima necessità. È stato inoltre concesso all’OCHA un contributo volontario pari a 200.000 euro finalizzato al coordinamento dell’azione umanitaria.
Nel settore sanitario la Cooperazione Italiana ha organizzato nel distretto di Bireuen le seguenti attività: Corso “Gestione integrata malattie infantili”, ovvero un corso di formazione per 80 infermiere (con un costo di 13.898 euro); Corso “Tecniche ostretiche per il parto non a rischio”, 80 infermiere (costo del corso 17.157 euro); Corso “Lotta alla tubercolosi: diagnosi e terapia”,110 infermiere (costo del corso 9.778); Nel distretto di Klaten è stato realizzato il corso di formazione in “Tecniche di Pronto soccorso” per 100 infermiere, ed un costo pari a 14.158 euro.
Nel settore agricolo sono stati acquistati e distribuiti circa 750 capi caprini per l’allevamento e 9 capi bovini di razza selezionata. Il bestiame è stato distribuito nel sub-distretto di Peusangan. Sono inoltre stati finanziati dei corsi di formazione circa l’allevamento del bestiame.
Nel settore della pesca è stato finanziato un corso di formazione per i quadri del Dipartimento Pesca sulle “Tecniche di cattura e conservazione del pescato”, nonché consegnati ai pescatori locali 400 cassoni coibentati per la conservazione.
Nel settore degli alloggi sono state ultimate sinora 45 case, 1 centro sanitario, 1 biblioteca comunale, 1 centro comunitario, e materiali per la ricostruzione di alcune case lesionate dal terremoto.
Terremoto a Padang
A seguito del sisma che ha colpito l’area di Padang (Sumatra centro-ovest) il 30 settembre 2009, causando la morte di 1.100 persone e migliaia di feriti e sfollati, la Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo ha inviato aiuti d’emergenza del valore di 975.000 euro, in particolare tende, coperte, generatori elettrici, potabilizzatori, biscotti energetici, set da cucina ecc.
Questioni migratorie
La comunità italiana stabilmente residente (regolarmente iscritta in Anagrafe Consolare) conta oltre 1000 unità, con il maggior numero di residenti a Jakarta, seguita poi da Bali. Vi è un forte flusso di turisti del nostro Paese (circa 40.000 all’anno) soprattutto verso l’isola di Bali. L’emigrazione verso l’Italia è nel complesso poco rilevante, anche per la mancanza di legami tradizionali con il nostro Paese rispetto a quanto accade con altri partner europei quali Olanda e Germania. Si segnala un aumento costante dei visti turistici e d’affari verso l’Italia, oltre del 30% nell’ultimo anno.
Bilancia commerciale bilaterale, valori in milioni USD
|
2008 |
2009 |
Gen.-giugno 2009 |
Gen.-giugno 2010 |
Var.% 1 sem. 2010 |
Export Italia |
1.000,0 |
726,1 |
347,91 |
436,91 |
25,58 |
Import Italia |
1.900,7 |
1.651,1 |
727,96 |
1.060,74 |
45,71 |
TOTALE |
2.900,7 |
2.377,2 |
1.075,87 |
1.497,65 |
39,20 |
Saldo bilancia |
-900,7 |
-925,0 |
-380,05 |
-623,83 |
64,14 |
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
Esportazioni italiane verso l’Indonesia, valori in milioni USD
|
Prodotto |
2008 |
2009 |
Gen.-giugno 2009 |
Gen.-giugno 2010 |
Var.% 1 sem. 2010 |
1 |
Macchine elettriche per uso industriale e parti |
175,1 |
101,0 |
49,7 |
101,1 |
103,42 |
2 |
Carta e cartone |
45,5 |
49,5 |
15,9 |
43,8 |
175,47 |
3 |
Macchinari non elettrici e apparati meccanici |
71,5 |
69,4 |
42,4 |
40,4 |
-4,72 |
4 |
Prodotti chimici |
60,9 |
49,4 |
25,9 |
31,8 |
22,78 |
5 |
Tubi e profilati in ferro, acciaio |
55,4 |
37,5 |
21,7 |
21,8 |
0,46 |
6 |
Medicinali e altri prod. farmac. |
25,0 |
23,2 |
12,6 |
15,8 |
25,40 |
7 |
Pelli conciate e semiconciate |
28,3 |
23,6 |
14,61 |
14,5 |
-0,75 |
8 |
Prodotti in plastica e gomma |
23,5 |
24,7 |
9,3 |
13,3 |
43,01 |
9 |
Apparati prod. e distrib. energia elett. |
42,9 |
28,2 |
13,4 |
12,6 |
-5,97 |
10 |
Apparati per telecom. e parti |
57,1 |
38,8 |
16,5 |
11,8 |
-28,48 |
11 |
Rubinetteria e valvole |
19,8 |
43,6 |
22,7 |
11,1 |
-51,10 |
12 |
Autoveicoli, parti e accessori |
43,7 |
12,6 |
5,8 |
10,6 |
82,76 |
13 |
Refrigerazione e ventilaz. ind. |
36,1 |
24,9 |
10,6 |
10,3 |
-2,83 |
14 |
Prodotti industria tessile |
12,1 |
9,5 |
5,3 |
8,8 |
66,04 |
15 |
Macchinari ed attrezz. edilizia |
62,3 |
21,0 |
11,7 |
8,2 |
-29,91 |
16 |
Pompe compressori e parti |
38,6 |
8,1 |
3 |
7,4 |
146,67 |
17 |
Cosmetici e profumi |
10,4 |
9,5 |
3,9 |
6,9 |
76,92 |
18 |
Prodotti alimentari e bevande non alcoliche |
7,1 |
9,9 |
4,8 |
5,5 |
14,58 |
19 |
Materiale per ind. costruzioni |
11,9 |
8,0 |
3,4 |
4,9 |
44,12 |
20 |
Abbigliamento ed accessori |
11,4 |
11,7 |
7,4 |
4,8 |
-35,14 |
21 |
Strumenti di misura e controllo |
7,1 |
9,4 |
3 |
2,8 |
-6,67 |
|
Altri |
149,4 |
112,6 |
44,5 |
49,0 |
10,11 |
|
Totale |
1.000,0 |
726,1 |
348,1 |
437,2 |
-25,60 |
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
Importazioni italiane dall’ Indonesia, valori in milioni di USD
|
Prodotto |
2008 |
2009 |
Gen.-giugno 2009 |
Gen.-giugno 2010 |
Var.% 1 sem. 2010 |
1 |
Oli vegetali |
411,6 |
438,3 |
161,3 |
227,6 |
41,10 |
2 |
Carbon fossile |
477,9 |
360,0 |
139,4 |
219,4 |
57,39 |
3 |
Prodotti chimici |
55,8 |
62,0 |
32,7 |
121,2 |
270,64 |
4 |
Calzature |
139,5 |
133,8 |
67,4 |
75,9 |
12,61 |
5 |
Tessuti e filati |
127,9 |
89,4 |
60 |
72,2 |
20,33 |
6 |
Abbigliamento ed accessori |
108,4 |
98,2 |
54,4 |
53,1 |
-2,39 |
7 |
Prodotti alimentari |
99,2 |
86,4 |
38,7 |
39,0 |
0,78 |
8 |
Gomma naturale |
54,4 |
28,9 |
8,4 |
35,8 |
326,19 |
9 |
Mobili e parti |
55,7 |
41,1 |
28,6 |
29,3 |
2,45 |
10 |
Pasta di cellulosa |
53,6 |
21,4 |
9,0 |
15,1 |
67,78 |
11 |
Attrezzature per telecomunicazioni |
11,5 |
20,0 |
9,9 |
14,7 |
48,48 |
12 |
Prodotti in legno semilavorati |
51,3 |
31,0 |
16,9 |
14,4 |
-14,79 |
13 |
Attrezzature riproduzione suono |
8,4 |
36,5 |
16,6 |
13,8 |
-16,87 |
14 |
Carta e cartone |
29,5 |
44,2 |
28,0 |
13,5 |
-51,79 |
15 |
Pneumatici e altri prodotti in gomma |
16,9 |
15,1 |
6,5 |
7,5 |
15,38 |
16 |
Gioielleria, oro, oreficeria |
2,5 |
11,5 |
4,7 |
6,4 |
36,17 |
17 |
Autoveicoli |
12,9 |
7,8 |
5,0 |
4,6 |
-8,0 |
18 |
Giocattoli e articoli sportivi |
7,0 |
4,7 |
1,8 |
3,2 |
77,78 |
19 |
Macchinari elettrici |
8,8 |
5,2 |
2,4 |
3,1 |
29,17 |
20 |
Motori a combustione interna e parti |
12,4 |
16,9 |
8,2 |
1,6 |
-80,49 |
|
Altri |
155,3 |
93,7 |
28,1 |
88,6 |
215,30 |
|
TOTALE |
1.900,7 |
1.651,1 |
728,0 |
1060,0 |
45,60 |
|
Fonte: BPS, Istituto di Statistica Indonesiano
ELENCO DEGLI ACCORDI BILATERALI ATTUALMENTE IN VIGORE
TRA ITALIA ED INDONESIA
Fonte: Banca dati ITRA
Titolo : ACCORDO COMMERCIALE |
Data Firma Accordo : 24/03/1952 |
|
Titolo : SCAMBIO DI NOTE PER LA COOPERAZIONE ECONOMICA E TECNICA |
Data Firma Accordo : 29/08/1959 |
|
Titolo : SCAMBIO DI NOTE RELATIVO ALL'UFFICIO DI INFORMAZIONI COMMERCIALI INDONESIANO A MILANO |
Data Firma Accordo : 19/04/1963 |
|
Titolo : ACCORDO PER IL CONSOLIDAMENTO DEI DEBITI (CLUB DI PARIGI DEL 23-24 APRILE 197O) |
Data Firma Accordo : 13/10/1980 |
|
Titolo : ACCORDO DI CREDITO |
Data Firma Accordo : 12/02/1983 |
|
Titolo : SCAMBIO DI LETTERE PER LA COSTRUZIONE DI UN IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI SOSTANZE MEDICINALI DI BASE |
Data Firma Accordo : 14/07/1983 |
|
Titolo : ACCORDO INTERGOVERNATIVO PER UN CREDITO DI AIUTO DI 20 MILIONI DI DOLLARI USA. |
Data Firma Accordo : 30/03/1984 |
|
Titolo : MEMORANDUM DI INTESA RELATIVO AL "PROGETTO IDRICO DI LOMBOK", CON ANNESSI |
Data Firma Accordo : 09/05/1984 |
|
Titolo : MEMORANDUM DI INTESA PER LA COOPERAZIONE TECNICA NELLA REALIZZAZIONE DI UN IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI FARMACI ESSENZIALI A BEKASI (I FASE). |
Data Firma Accordo : 15/07/1985 |
|
Titolo : ACCORDO DI CREDITO RELATIVO AL CENTRO DI RICERCHE PUSPITEK (SERPONG-GIAVA OCCIDENTALE). |
Data Firma Accordo : 26/05/1986 |
|
Titolo : ACCORDO DI CREDITO RELATIVO ALL'OSPEDALE REGIONALE IN MANADO (NORD SULAWESI). |
Data Firma Accordo : 26/05/1986 |
|
Titolo : MEMORANDUM DI INTESA PER IL PROGETTO "WOOD WASTE ENERGY DEVELOPMENT" - (I FASE). |
Data Firma Accordo : 02/07/1986 |
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Titolo : ACCORDO DI CREDITO INTERGOVERNATIVO RELATIVO ALLA MODERNIZZAZIONE DELLA RETE SEGNALETICA FERROVIARIA. |
Data Firma Accordo : 24/10/1986 |
|
Titolo : MEMORANDUM DI INTESA RELATIVO AL PROGETTO "FISHERY DEVELOPMENT THROUGH FISHERY COOPERATIVE". |
Data Firma Accordo : 04/08/1987 |
|
Titolo : PROTOCOLLO DI INTESA SULLA COOPERAZIONE. |
Data Firma Accordo : 03/02/1988 |
|
Titolo : MEMORANDUM DI INTESA RELATIVO AL PROGETTO IDRICO "LOMBOK II", CON ALLEGATO ANNESSO TECNICO. |
Data Firma Accordo : 04/01/1988 |
|
Titolo : ACCORDO DI CREDITO RELATIVO AL "GUNUNG SALAK GEOTHERMAL POWER PROJECT". |
Data Firma Accordo : 01/02/1988 |
|
Titolo : MEMORANDUM DI INTESA PER LO STUDIO DI FATTIBILITA' PER LO SVILUPPO DELLE RISORSE DELLE ACQUE DEL FIUME ANAI IN SUMATRA OCCIDENTALE, CON N. 3 ANNESSI |
Data Firma Accordo : 04/12/1984 |
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Titolo : MEMORANDUM DI INTESA CONCERNENTE IL PROGETTO "WOOD WASTE ENERGY DEVELOPMENT" ATA 312 (II FASE). |
Data Firma Accordo : 25/08/1989 |
|
Titolo : ACCORDO PER EVITARE LE DOPPIE IMPOSIZIONI IN MATERIA DI IMPOSTE SUL REDDITO E PER PREVENIRE LE EVASIONI FISCALI, CON PROTOCOLLO. |
Data Firma Accordo : 18/02/1990 |
|
Titolo : ACCORDO SULLA PROMOZIONE E PROTEZIONE DEGLI INVESTIMENTI. |
Data Firma Accordo : 25/04/1991 |
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Titolo : MEMORANDUM DI INTESA RELATIVO A UN PROGRAMMA PER MIGLIORARE L'EFFICENZA E L'AFFIDABILITA' DELL'IMPIANTO DI ENERGIA TERMALE DLN MEDIANTE L'AMMODERNAMENTO DEL LABORATORIO CENTRALE PNL. |
Data Firma Accordo : 04/10/1991 |
Titolo : ACCORDO PER LA CONCESSIONE DI UN CREDITO DI AIUTO PER IL "PROGETTO RELATIVO AL CENTRO DI VALUTAZIONE E DI APPLICAZIONE DI BIOTECNOLOGIE INDUSTRIALI E AGRICOLE IN INDONESIA". |
Data Firma Accordo : 10/12/1991 |
|
Titolo : ACCORDO DI CREDITO PER IL PROGETTO "ADDUZIONE DI ACQUA A BENJARMASIN". |
Data Firma Accordo : 28/04/1992 |
|
Titolo : ACCORDO DI CREDITO PER IL FINANZIAMENTO DEL PROGETTO "IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI FARMACI ESSENZIALI IN BEKASI - (II FASE)". |
Data Firma Accordo : 28/02/1992 |
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Titolo : ACCORDO DI CREDITO RELATIVO AL "PROGETTO PER LA COSTRUZIONE DELLA CENTRALE ELETTRICA DI GUNUNG SALAK". |
Data Firma Accordo : 07/09/1992 |
|
Titolo : ACCORDO PER LA COOPERAZIONE CULTURALE. |
Data Firma Accordo : 20/10/1997 |
|
Titolo : ACCORDO PER LA COOPERAZIONE SCIENTIFICA E TECNICA. |
Data Firma Accordo : 20/10/1997 |
|
Titolo : MEMORANDUM DI INTESA SULLA COOPERAZIONE TRA PICCOLE E MEDIE IMPRESE. |
Data Firma Accordo : 08/10/1998 |
|
Titolo : ACCORDO SUL CONSOLIDAMENTO DEL DEBITO, CON ALLEGATI. |
Data Firma Accordo : 11/02/2000 |
|
Titolo : ACCORDO SUL CONSOLIDAMENTO DEL DEBITO INDONESIANO (CLUB DI PARIGI DEL 13.04.2000), CON ALLEGATE TABELLE SACE. |
Data Firma Accordo : 10/01/2001 |
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Titolo : MEMORANDUM DI INTESA CONCERNENTE LA CONCESSIONE DI UN PRESTITO PER IL "SUPPORTO AL PROGETTO PER IL CENTRO SERVIZI PER IL SETTORE CALZATURIERO INDONESIANO (IFSC)". |
Data Firma Accordo : 30/01/2003 |
|
Titolo : ACCORDO DI CONSOLIDAMENTO DEL DEBITO, CON ALLEGATI (CLUB DI PARIGI DEL 12.04.2002). |
Data Firma Accordo : 04/12/2003 |
|
Titolo : ACCORDO DI CONVERSIONE DEL DEBITO, CON ANNESSI. |
Data Firma Accordo : 09/03/2005 |
PROSPETTO ACCORDI BILATERALI CON LA REPUBBLICA DI INDONESIA
NON ANCORA IN VIGORE
PAESE |
ACCORDI DA FIRMARE |
ACCORDI FIRMATI MA NON RATIFICATI |
ACCORDI FIRMATI E RATIFICATI ED IN FASE DI IMPLEMENTAZIONE |
INDONESIA |
Memorandum d’Intesa per la realizzazione Centro Servizi calzaturiero.
|
Memorandum d’Intesa tra il governo della Repubblica italiana ed il governo della Repubblica indonesiana concernente l’apertura dell’ufficio “Indonesian Trade Promotion Center” (ITPC) (firmato il 10.03.2008). |
|
Memorandum d’Intesa di cooperazione nel settore del turismo. |
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|
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Lettera di intenti in materia di cooperazione ambientale. |
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|
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Accordo per l'esenzione dei visti d'ingresso per titolari di passaporto diplomatico e di servizio. |
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Si segnala che, in tali tabelle non figura alcun accordo in materia di difesa. Vi è tuttavia un Memorandum d’Intesa tra il Ministero della Difesa della Repubblica Italiana ed il Dipartimento della Difesa e della Sicurezza della Repubblica di Indonesia (intesa tecnica) sulla cooperazione nei settori degli impianti, della logistica e dell’industria per la difesa, firmato a Jakarta il 18 febbraio 1997, che risulta finora ratificato solo da parte italiana.
Rappresentanze diplomatiche
Ambasciatore d’Italia a Jakarta: S. E. Roberto PALMIERI
Ambasciatore d’ Indonesia a Roma: S.E. MOHAMAD OEMAR, (dal 10 marzo 2009)
XVI Legislatura
INCONTRI DELLE COMMISSIONI |
Il 28 ottobre 2010 una delegazione della Commissione V telecomunicazioni, lavori pubblici, edilizia pubblica e sviluppo delle regioni arretrate della Camera dei Rappresentanti del Popolo indonesiana ha incontrato il Presidente della Commissione Ambiente, Territorio e Lavori Pubblici della Camera, On. Alessandro Alessandri, al fine di avere una informativa inerente alla normative vigente in materia di edilizia popolare in Italia, in considerazione del fatto che il Parlamento indonesiano sta predisponendo una proposta di legge in tal senso. Della delegazione, composta da 16 parlamentari, facevano parte l’On. Yasti Soepredjo Mokoagow, Presidente della Commissione stessa e l’On. Muhidin M. Said, Vicepresidente.
Dopo aver ringraziato per la solidarietà espressa a seguito dei morti provocati dallo tsunami del 25 ottobre 2010 e ricordato l’aiuto italiano dopo quello del 2004, il Vicepresidente Muhidin Said ha chiesto informazioni sui programmi di edilizia pubblica che il governo italiano ha varato per i cittadini meno abbienti. Il Presidente Alessandri, dopo aver ricordato che l’80% degli italiani ha case di proprietà e che circa 1 o 2 milioni di famiglie sono in attesa di una casa, ha evidenziato che il governo sta lavorando su un nuovo programma di edilizia popolare che prevede il recupero da parte dello Stato degli appartamenti dei privati invenduti per metterli a disposizione delle famiglie meno abbienti; tale nuova normativa dovrebbe prevedere inoltre una tassazione più bassa per chi affitta (prevedendo tra l’altro dei minimi di affitto e una compartecipazione dello Stato), una serie di incentivi per le ristrutturazioni e le costruzioni di qualità e a risparmio energetico. Il Presidente Alessandri ha da ultimo rimarcato il ruolo delle regioni e degli enti locali nei piani di edilizia popolare.
Il 21 ottobre 2008 una delegazione della Commissione ad hoc del Parlamento indonesiano, composta da 15 membri della Commissione e guidata dal suo Presidente, Maruahal Silalahi, ha incontrato la Commissione Agricoltura al fine di avere uno scambio di idee riguardo all’attuazione della Convenzione ONU sul diritto del Mare del 10 dicembre 1982, con particolare riguardo alle conservazione ed alla gestione degli stock ittici transnazionali e degli stock ittici altamente migratori. Scopo della Commissione era infatti la predisposizione di un progetto di legge che regolasse l’attuazione delle disposizioni contenute nella predetta Convenzione.
Il 12 giugno 2008 il Presidente della Commissione affari esteri, on. Stefano Stefani, ha ricevuto l'inviato speciale del Presidente della Camera dei Rappresentanti dell'Indonesia, Melchias Markus Mekeng. L’incontro era finalizzato a sollecitare l’appoggio dell’Italia alla candidatura del Presidente della Camera dei Rappresentanti indonesiana, Agung Laksono, alla presidenza della IPU (Unione interparlamentare). L’elezione del nuovo Presidente della IPU, che sarebbe succeduto al Presidente Pierferdinando Casini, si sarebbe tenuta in occasione della 119° riunione plenaria dell’Unione interparlamentare.
Si ricorda, altresì, che era pervenuta alla Camera nel febbraio 2008 una lettera dello stesso Laksono indirizzata all’allora Presidente Bertinotti nella quale presentava la propria candidatura alla IPU.
Tuttavia, in occasione della 119° riunione plenaria dell’Unione interparlamentare, che si è svolta a Ginevra dal 13 al 15 ottobre 2008, è stato eletto Presidente della IPU Theo-Ben Gurirab, Speaker dell’Assemblea Nazionale della Namibia.
COOPERAZIONE MULTILATERALE |
Il Dialogo Eurasiatico
Sul piano multilaterale, i contatti tra le due Assemblee parlamentari hanno una sede privilegiata nell’ambito delle riunioni dell’ASEP e dell’ASEF: in tali fora, infatti, i deputati italiani hanno modo oltre che di avere uno scambio di opinioni sui temi inerenti le due macro aree regionali, di interloquire direttamente con i deputati asiatici.
L’Indonesia, infatti, assieme ad altri 15 Paesi asiatici partecipa al dialogo euro-asiatico dell’ASEM (Asia Europe Meeting)[21] e, quindi, agli incontri dell’Asia-Europe Parliamentary Partnership (ASEP) e a quelli dell’Asia-Europe Foundation (ASEF) che definiscono la parte parlamentare della cooperazione.
ASEP (Asia-Europe Parliamentary Partnership)
L’ASEP rappresenta il versante parlamentare dell’ASEM[22]. In occasione della quarta riunione che siè tenuta a Helsinki (Finlandia) nel maggio 2006, è stato approvato il regolamento dell’ASEP.
Le riunioni hanno cadenza biennale. Il Parlamento del Belgio ha ospitato la sesta riunione, ASEP VI, che si è svolta a Bruxelles dal 26 al 28 settembre 2010. La Camera dei deputati è stata rappresentata dagli onorevoli Lino Duilio (PD) e Alberto Torazzi (Lega Nord Padania). L’incontro si è articolato in due sessioni tematiche: 1) strutture efficaci economico-finanziarie di governance mondiale; 2) sviluppo sostenibile. Al termine della riunione è stata approvata una dichiarazione finale, che è stata sottoposta al Vertice ASEM, tenutosi a Bruxelles dal 4 al 5 ottobre 2010.
Alla riunione era presente anche una delegazione del Parlamento indonesiano.
Le precedenti riunioni ASEP si sono tenute:
la quinta (ASEP V) a Pechino dal 18 al 20 giugno 2008 (la Camera non ha partecipato)
la quarta (ASEP IV) a Helsinki (Finlandia) dal 4 al 6 maggio 2006;
la terza (ASEP III) ad Hue City, in Vietnam, dal 25 al 27 marzo 2004;
la seconda (ASEP II) a Manila, nelle Filippine, dal 26 al 28 agosto 2002;
la prima (ASEP I) a Strasburgo, presso il Parlamento europeo, nel 1996. In questo caso si trattava di un incontro propedeutico e nell’incontro, peraltro, erano stati coinvolti solo i Parlamenti dei 10 Paesi asiatici e il Parlamento europeo.
Il Laos si è candidato ad ospitare la prossima riunione che si svolgerà nel 2012.
ASEF[23]
L’Asia-Europe Foundation (ASEF), è una fondazione in ambito ASEM istituita nel 1997 con lo scopo di favorire l’interscambio culturale e intellettuale fra Europa ed Asia e di promuovere una maggiore comprensione tra i popoli dei due continenti. La Fondazione, con sede a Singapore, gestisce una serie di attività articolate in specifici programmi.
In particolare, l’iniziativa dei giovani parlamentari eurasiatici, Asia Europe Young Parlamentarians Meeting (AEYPM), qualifica, assieme al Seminario dei Giovani Leaders dell’Asia e dell’Europa (AEYLS), la sezione politica di tali attività.
L’ultimo incontro, il sesto, dei giovani parlamentari eurasiatici (AEYPM6), si è svolto a L’Aja dal 28 febbraio al 3 marzo 2007. La Camera è stata rappresentata dall’On. Sandro Gozi (Ulivo). Il precedente incontro dei Young Parliamentarians Meeting dell’ASEF, il quinto, si è svolto a Guilin (Cina) dal 23 al 26 ottobre 2003.Nell’ottobre 2002 la riunione dei giovani parlamentari è stata invece ospitata dalla Camera dei deputati a Venezia.In precedenza i giovani parlamentari eurasiatici si sono incontrati, nel novembre 1998, a Cebu nelle Filippine, nell’aprile 2000 a Cascais in Portogallo e, nel novembre 2001 a Bali in Indonesia.
Unione interparlamentare (UIP) |
In ambito UIP opera la Sezione di amicizia Italia-Asia sud-orientale, Oceania, Pacifico, Antartide, (di cui fa parte anche l’Indonesia), la cui presidenza è stata affidata all’on. Roberto Antonione (PdL); ne fanno altresì parte gli onorevoli Sesa Amici (PD), Osvaldo Napoli (PdL) e Antonio Razzi (IR) e i senatori Barbara Contini (FLI) e Gianpiero D’Alia (UDC-SVP-Aut).
ATTIVITÀ PARLAMENTARE |
DISEGNI DI LEGGE DI RATIFICA
AC 4192 Ratifica ed esecuzione dell'Accordo quadro di partenariato globale e cooperazione tra la Comunità europea e i suoi Stati membri, da una parte, e la Repubblica di Indonesia dall'altra, con Atto finale, fatto a Giacarta il 9 novembre 2009. Presentato alla Camera in data 16 marzo 2011, da assegnare.
Leggen. 82/10 del 13 maggio 2010, GU n. 132 del 9 giugno 2010. Ratifica ed esecuzione del Memorandum d'Intesa tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica indonesiana concernente l'apertura dell'Ufficio "Indonesian Trade Promotion Center" (ITPC), fatto a Jakarta il 10 marzo 2008.
ATTI DI INDIRIZZO E CONTROLLO
Si segnalano, in particolare, tra le mozioni:
la mozione 1-00362 presentata dal sen. Francesco Rutelli il 12 gennaio 2011 sui fenomeni di intolleranza religiosa e sulla persecuzioni dei cristiani in alcuni paesi tra cui l’Indonesia. La mozione è stata discussa il 12 gennaio 2011 in abbinamento alle mozioni 1/00359, 1/00360, 1/00361, 1/00363; le mozioni sono state tutte ritirate ed è stato approvato l’ODG G1 con il quale si impegna il Governo, tra l’altro, a far valere con ogni forma di legittima pressione diplomatica ed economica il diritto alla libertà religiosa, a promuovere in Italia, nelle scuole e in ogni ambito culturale, la sensibilità alle tematiche della libertà religiosa e della "cristianofobia"; a richiedere in ambito internazionale di concerto con i partner dell'Unione europea la rimozione delle limitazioni dei diritti umani, ed in particolare della libertà religiosa, in quei Paesi dove vige la Sharia, rafforzando il dialogo già esistente tra Unione europea e Stati islamici; ad istituire un "Osservatorio sulla condizione dei cristiani nel mondo" per monitorare e valutare l'applicazione degli impegni sopra esposti.
la mozione 1-00426 presentata dall’On. Maria Antonietta Farina Coscioni il 4 agosto 2010, concernente la pratica delle mutilazioni genitali femminili (MGF), pratica che secondo l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) riguarda anche l’Indonesia, e impegna il Governo a promuovere e sostenere a livello nazionale e internazionale tutte le iniziative atte a far sì che la 65o Assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione per la messa al bando a livello globale delle mutilazioni genitali femminili. Iter in corso.
Sullo stesso tema si cita la mozione con procedimento abbreviato presentata dalla sen. Emma Bonino il 29 giugno 2010 che è stata approvata il 16 settembre 2010 impegna in Governo a promuovere e sostenere a livello nazionale e internazionale tutte le iniziative atte a far sì che la 65ª Assemblea generale delle Nazioni Unite adotti una risoluzione per la messa al bando a livello globale delle MGF.
La Mozione 1-00215 presentata dal sen. Francesco Pardi il 9 dicembre 2009, nella quale si fa riferimento al Rapporto 2008 sulla libertà religiosa nel mondo redatto dall'associazione "Aiuto alla Chiesa che soffre"; in esso l'Indonesia viene valutato un Paese debole contro le intense azioni contro la libertà religiosa, ed in cui i gruppi terroristi, particolarmente attivi nell'ultimo anno, impediscono di fatto ogni tipo di esplicazione del diritto di libertà religiosa, peraltro previsto in costituzione; la mozione impegna il Governo a mettere in atto ogni utile iniziativa diplomatica al fine di contrastare con efficacia i soprusi perpetrati, in ogni angolo del mondo, a danno di uomini e donne di ogni razza o etnia, a causa della professione del loro credo religioso; a proseguire, presso gli organismi internazionali e sovranazionali cui l'Italia appartiene, efficaci azioni diplomatiche volte all'aiuto degli individui e delle comunità che subiscono violenze legate a motivazioni di ordine confessionale, contribuendo al progressivo sradicamento degli ostacoli alla pacifica convivenza tra i popoli. Il Governo ha accolto con modifiche la mozione il 9 dicembre 2009.
Interpellanze
L’interpellanza urgente n. 2-00151 a firma dell’on. Domenico Di Virgilio il 01/10/2008 sulla persecuzione dei cristiani in alcuni paesi tra cui l’Indonesia nella quale si chiede al Governo di ribadire con forza, nelle sedi opportune, anche comunitarie, la posizione dell'Italia in assoluta difesa dei diritti della libertà religiosa. Ad essa il governo ha risposto il 23 ottobre 2008.
Nella risposta si evidenzia che l'Italia conduce un'azione convinta in favore della promozione e protezione dei diritti umani nel mondo e garantisce un contributo fattivo al contrasto dell'intolleranza religiosa, in ambito ONU e nel quadro di strumenti pattizi, quali il Comitato dei diritti dell'uomo (organo indipendente che vigila sul rispetto del Patto internazionale sui diritti civili e politici, il cui articolo 18 sancisce, appunto, il diritto alla libertà di religione). Alla 63° sessione dell'Assemblea generale ONU, l'Italia e i partner comunitari presenteranno la tradizionale risoluzione sull'eliminazione di tutte le forme di intolleranza religiosa, una delle iniziative prioritarie per 1'Unione Europea. La risoluzione raccomanda, tra l’altro, agli Stati di varare una legislazione con efficaci garanzie per la libertà di pensiero e credo religioso. Analoga risoluzione, è stata approvata per consenso alla 62a Assemblea generale. L'Italia contribuisce inoltre alle iniziative multilaterali per il dialogo interculturale e interreligioso, quali la Alliance of Civilizations, iniziativa in ambito ONU, promossa da Spagna e Turchia, con un focus sulle relazioni Occidente-Islam. Il nostro Paese fornisce un contributo attivo a questo foro, anche quale membro del Group of Friends, che raccoglie gli Stati vicini all'Alleanza. Con riferimento all'Indonesia, è stato sottolineato che il paese sta tentando di accreditarsi sempre più come esempio di tolleranza e convivenza tra componenti religiose (il cattolicesimo è tra le sei confessioni riconosciute). Le disposizioni garantiste della Costituzione sono in genere effettivamente applicate. I cattolici sono 8 milioni (il 3% della popolazione) e non si segnalano casi di discriminazione.
Interrogazioni
L’interrogazione a risposta scritta 4-04364 presentata dal sen. Giulio Camber il 18 gennaio 2011, sulla detenzione in Indonesia del cittadino italiano Schipizza il 9 luglio 2010 in merito al quale si chiedono informazioni al governo. Il governo ha risposto il 16 febbraio 2011.
L’interrogazione a risposta 4-00772 a firma dell’on. Ermete REALACCI del 23/07/2008 sui traffici illegali di legname nei quali è coinvolta anche l’Indonesia. Ad essa il governo ha riposto il 7 novembre 2008.
L’interrogazione a risposta scritta 4-02269 presentata dal sen. Francesco Ferrante il 17 novembre 2009 nella quale si fa riferimento al fermo da parte della polizia indonesiana di Chiara Campione, la responsabile della campagna "Foreste" di Greenpeace Italia, mentre si recava al "Campo di resistenza forestale" nella penisola di Kampar, dove era in corso un'azione di protesta contro la deforestazione; si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo ritenga opportuno inviare immediatamente un rappresentante della nostra ambasciata per intervenire direttamente affinché Chiara Campione e Raimondo Bultrini, insieme agli altri attivisti, vengano subito rilasciati e possano continuare a manifestare per difendere uno degli ultimi polmoni del pianeta.
Ad essa il governo ha risposto il 13 gennaio 2010 evidenziando in particolare che l'Ambasciata d'Italia a Jakarta, fin dalle ore immediatamente successive al fermo, si è messa in contatto con i due connazionali per sincerarsi delle loro condizioni. Dopo aver direttamente ricevuto informazioni dal giornalista italiano, l'Ambasciatore d'Italia a Jakarta ha investito la Direttrice Europa-Nord America del Ministero degli esteri indonesiano della questione, rilevando la mancanza di notizie certe e chiedendo alle autorità locali il pieno rispetto della legge e dei diritti umani. A seguito delle pressioni esercitate, i due italiani sono stati rilasciati ma hanno dovuto lasciare l'Indonesia. Nella giornata del 18 novembre, dopo la decisione della loro espulsione dal Paese, la Farnesina ha espresso all'Ambasciata indonesiana a Roma il proprio stupore per quanto accaduto, chiedendo chiarimenti circa la dinamica della vicenda e sottolineando la mancanza di elementi di accusa per i nostri connazionali. Il Ministero degli esteri ha in quel caso anche rimarcato la sensibilità italiana riguardo le tematiche ambientali, ed in particolare sulla deforestazione, come testimonia anche l'impegno della Presidenza italiana del G8, sottolineando come questa vicenda sia avvenuta in concomitanza con il vertice FAO dedicato all'emergenza alimentare, a cui ha partecipato anche il Vice Presidente dell'Indonesia, un momento in cui i Paesi dovrebbero dimostrare il proprio impegno nella salvaguardia delle risorse ambientali, obiettivo a cui l'attività dei nostri due connazionali in Indonesia era dedicata. Successivamente, le autorità indonesiane hanno fatto presente che le accuse mosse ai due connazionali riguardavano principalmente la non corrispondenza fra gli scopi del loro viaggio in Indonesia e la tipologia di visti richiesti per farvi ingresso (il giornalista Bultrini, ad esempio, era entrato nel Paese per mezzo di un visto business).
L’interrogazione a risposta in Commissione 5-01716 presentata dall’On. Paolo Corsini il 29 luglio 2009, nella quale si fa riferimento alla sottrazione di F. Cavallin, un bimbo di sette anni, di madre indonesiana e padre italiano, che è stato illegalmente sottratto dal padre, Francesco Cavallin, e condotto in Indonesia; ricordando che l'Indonesia non ha sottoscritto la Convenzione dell'Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale dei minori, si chiede se il governo abbia già provveduto ad individuare le linee di azione più idonee per una soluzione politico-diplomatica del caso e quali urgenti iniziative intenda in ogni caso adottare per facilitare, nel preminente interesse del minore e in accordo con le autorità indonesiane, il rimpatrio in tempi brevi del minore illegalmente sottratto. Il governo ha risposto il 1° ottobre 2009.
Si segnala altresì l’Ordine del Giorno 9/3082/1, accolto dal governo, presentato dall’On. Stefano Stefani il 9 marzo 2010, che con riferimento alla ratifica del Memorandum d'intesa tra Italia e Indonesia concernente l'apertura dell'Ufficio «Indonesian Trade Promotion Center» (ITPC) a Milano, fatto a Jakarta il 10 marzo 2008, impegna il Governo a garantire al più presto agli operatori italiani analoga assistenza commerciale in Indonesia, atta a corrispondere all'auspicato incremento dell'interscambio, apprestando ogni idonea misura organizzativa.
XV LEGISLATURA
INCONTRI BILATERALI
Il 5 ottobre 2006 le deputate dell'Ufficio di Presidenza della Camera hanno incontrato la vincitrice del premio "Alexander Langer" 2006, l’indonesiana Ibu Robin Lim, alla presenza del Presidente della Camera Bertinotti.
INCONTRI DELLE COMMISSIONI
Il 29 maggio 2007 il Presidente della Commissione Affari esteri della Camera, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto una delegazione del Ministero degli Affari esteri dell'Indonesia. Nel corso dell’incontro si è convenuto sull’opportunità di rafforzare i rapporti bilaterali in sede UIP.
COOPERAZIONE MULTILATERALE
Il Dialogo Parlamentare Eurasiatico (vedi sopra)
Nella XV legislatura siè tenuta nel maggio 2006 ad Helsinki (Finlandia), la quarta riunione ASEP nel corso della qualeè stato approvato il regolamento dell’organo.
In riferimento all’ASEF, si ricorda che l’ultimo incontro, il sesto, dei giovani parlamentari eurasiatici (AEYPM6), si è svolto a L’Aja dal 28 febbraio al 3 marzo 2007. La Camera è stata rappresentata dall’On. Sandro Gozi (Ulivo).
Conferenza delle Parti
L’on. Grazia Francescato (Verdi) ha partecipato, in rappresentanza della Camera, alla 13ma Sessione della Conferenza delle Parti relativa alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si è svolta a Bali dall’11 al 14 dicembre 2007.
UNIONE INTERPARLAMENTARE (UIP)
Il Gruppo di amicizia Italia-Asia sud-orientale, Oceania, Pacifico, Antartide, (Brunei, Cambogia, Figi, Filippine, Indonesia, Isole Salomone, Kiribati, Laos, Malaysia, Myanmar, Nauru, Palau, Papua-Nuova Guinea, Samoa occidentali, Singapore, Stati Federati della Micronesia, Thailandia, Timor Orientale, Vietnam) era presieduto dall’on.le Osvaldo Napoli (FI) e ne facevano parte gli onn. Emerenzio Barbieri (UDC), Angelo Bonelli (Verdi), Antonio Razzi (IdV) e i sen. Franco Mugnai (AN) e Donato Piglionica (PD-U).
Dal 29 aprile al 4 maggio 2007 l’Indonesia ha ospitato nell’Isola di Bali la 116ma Assemblea dell'Unione Interparlamentare.
Tubagus HASANUDDIN
Vice Presidente della Commissione Difesa
Appartiene al Partito Democratico Indonesiano della Lotta (PDI-P), partito all’opposizione.
Nato nel 1952, è sposato e di fede islamica. E’ laureato
Militare di carriera, ha fatto parte nel 1995 dello staff di sicurezza del Vice Presidente della Repubblica e nel 1998 del Presidente. Nel 2001 è divenuto Segretario militare del Presidente. Dal 2005 al 2008 ha ricoperto il grado di alto ufficiale di Fanteria.
Nel 2009 è stato eletto alla Camera dei Rappresentanti.
[1] Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); il tasso di crescita del PIL come riportato dall’Economist Intelligence Unit; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).
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[2] Paragrafo tratto dalla relazione della Corte dei Conti concernente "Interventi agevolativi per il settore aeronautico" (13 maggio 2009).
[3] Interventi per lo sviluppo e l’accrescimento di competitività delle industrie operanti nel settore aeronautico.
[4] Il ricorso al “limite di impegno” è stata una necessità quando l'aggravarsi della crisi del debito pubblico ha reso economicamente insostenibile lo stanziamento diretto dell'intera somma su una sola annualità. Peraltro l'adozione dell’utilizzo del “limite di impegno” ha creato una grave discrasia fra momento della concessione del beneficio (e conseguentemente dell’assunzione dell’impegno) e della successiva erogazione Comunque questo meccanismo di finanziamento frazionato, che l'Amministrazione ha dovuto utilizzare per interventi da effettuarsi in un settore che richiede intensi volumi di investimento, ha permesso di sviluppare costose innovazioni di prodotto e di processo, e di mantenere i livelli di occupazione e il consolidamento del posizionamento competitivo dell’industria aeronautica italiana in ambito internazionale, consentendo quindi la realizzazione degli obiettivi fondamentali della legge n.808. Per poter conseguire tali obiettivi è stato necessario prevedere che i rimborsi abbiano inizio solo nell’anno solare successivo all'ultima erogazione.
[5] Su questi aspetti cfr. anche Commissione difesa, Indagine conoscitiva sull’attuazione della legge Giacché a venti anni dalla sua approvazione, documento conclusivo
[6] Dati tratti dalla Relazione sullo stato dell'industria aeronautica per l'anno 2008, Doc XIII, n. 2-quinquies.
[7] Stockholm International Peace Research Institute, SIPRI Yearbook 2009.
[8] Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza (AIAD), Relazione Annuale 2009
[9] AIAD, Repertorio aziende associate 2009.
[10] Michele Nones, Giovanni Gasparini, Alessandro Marrone, Il programma F 35 Joint Strike Fighter e l’Europa, Quaderni IAI n. 31, ottobre 2008, pg 5.
[11] Vedi sito del Consorzio, http://www.eurofighter.com/or_eg.asp.
[12] Ibid
[13] Vedi OCCAR, http://www.occar-ea.org/view.php?nid=105.
[14] SIPRI Yearbook 2009, pg. 330.
[15] Rapporto del Presidente del Consiglio dei Ministri sui lineamenti di politica del Governo in materia di esportazione, importazione e transito dei materiali d’armamento 2008
[16] L’art. 296 consente agli stati membri di derogare dalle regolamentazioni comunitarie qualora ritengano siano in gioco interessi di sicurezza nazionali e con riferimento alla produzione e commercio di sistemi d’arma e materiale bellico.
[17] Fonti: the CIA World Factbook .
[18] Fonte: Sito web Camera dei Rappresentanti indonesiana.
[19] La riforma del 2002 ha abolito i 38 seggi assegnati alle Forze armate e alla Polizia.
[20] A cura del Ministero Affari esteri.
[21] Il processo intergovernativo ASEM (Asia Europe Meeting), è stato avviato nel 1996 tra i 15 Paesi membri dell'Unione europea e 10 Paesi dell'area asiatica (Brunei, Cina, Corea del Sud, Filippine, Giappone, Indonesia, Malesia, Singapore, Thailandia e Vietnam). In occasione del Vertice di Hanoi dell’ottobre 2004 sono entrati a far parte dell’organismo di cooperazione eurasiatico altri 13 paesi:Cambogia, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Laos, Lettonia, Lituania, Malta, Myanmar/Birmania, Polonia, Slovacchia, Slovenia e Ungheria. Al vertice ASEM di Helsinki del 2006 era stato deciso di allargare la cooperazione a: Bulgaria, Romania, India, Pakistan, Mongolia e al Segretariato ASEAN (Association of South East Asian Nations). Tale allargamento è stato formalizzato in occasione del vertice ASEM di Pechino del 24 e 25 ottobre 2008 a cui tali paesi hanno partecipato per la prima volta.
[22] Si segnala, tuttavia, che il Parlamento del Myanmar/Birmania non fa parte dell’ASEP per la ferma opposizione dei rappresentanti dei Parlamenti UE manifestata in occasione della riunione di Helsinki del maggio 2006.
[23] L'ASEF, assieme ad altre iniziative di tipo economico e politico, è parte integrante del processo intergovernativo ASEM.