Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Cina
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 22
Data: 12/04/2011
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

n. 22 12 aprile 2011Casella di testo: SCHEDA PAESE
politico-parlamentare

Cina                                 


In occasione dell’esame parlamentare del disegno di legge C.4250 di autorizzazione alla ratifica dell’accordo di coproduzione cinematografica tra Italia e Repubblica popolare cinese si forniscono di seguito elementi di sintesi sulla situazione politico-istituzionale cinese.

 


Il quadro istituzionale

L’attuale Costituzione della Repubblica popolare cinese, adottata nel 1982 (le precedenti costituzioni sono quelle del 1954, del 1975 e del 1978), assegna il ruolo guida della società cinese al Partito comunista che compone, insieme ad altri otto partiti riconosciuti, la Conferenza consultiva politica del popolo cinese. A seguito delle riforme costituzionali del 1988, 1993 e 1999 tale ruolo guida convive con “un’economia socialista di mercato” e con il riconoscimento della proprietà privata. La Costituzione formale descrive come supremo organo legislativo il Congresso generale del popolo, composto da 2.987 membri eletti indirettamente con un mandato di cinque anni dai congressi municipali, provinciali e regionali. Il presidente del Congresso generale del popolo, eletto dal Congresso stesso, esercita le funzioni di Capo dello Stato. Il congresso generale si riunisce per una sola sessione annuale. Quando non è in sessione gli affari correnti sono svolti dal Comitato permanente, eletto in seno al Congresso. Il Comitato esercita poteri di supervisione sul Consiglio di Stato, eletto anch’esso dal Congresso con compiti esecutivi (è, in sostanza il governo cinese, composto dal primo ministro, dai vice primi ministri e dai consiglieri di Stato). La Commissione militare centrale, anch’essa eletta dal Congresso generale, è invece il più alto organo militare dello Stato.

Per Freedom House, la Cina è uno “Stato non libero”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit la definisce “regime autoritario” (cfr. infra “Indicatori internazionali sul paese”). Nella costituzione materiale cinese  infatti il principale centro di potere rimane il partito comunista cinese: tutti i livelli elettorali, tranne quelli relativi ai comitati di villaggio e dei piccoli centri urbani, dove si registra una maggiore concorrenzialità (in presenza però di organi dotati di scarso potere) vedono uno stretto controllo del partito, che designa i candidati e controlla il processo elettorale. Per quel che concerne il concreto esercizio delle libertà politiche e civili, il grande sviluppo vissuto negli ultimi due decenni dalla società cinese e l’apertura all’esterno ha senza dubbio reso più difficile il controllo sociale da parte delle autorità, tuttavia fonti indipendenti confermano la presenza di realtà significative di repressione, alcune delle quali evolutesi alla luce della nuova situazione. La libertà di stampa, nonostante la vivacità delle discussioni private e gli sforzi di singoli giornalisti di affrontare tematiche sensibili, come quelle legate alla corruzione o ai problemi ambientali, appare pregiudicata: in particolare le autorità governative consentono solo ai mezzi di comunicazione di massa di proprietà statale di “coprire” i principali eventi, previa intesa sulle immagini e i resoconti da mandare in onda. Le direttive del partito forniscono inoltre a tutti i giornalisti e operatori dei media linee-guida la cui violazione espone ad azioni legali e all’arresto. La Cina avrebbe anche elaborato tecnologie avanzate e pervasive di controllo dei siti Internet (la Cina ha il più alto numero di utenti Internet a livello globale: nel 2009 360 milioni). Anche la libertà di assemblea e di associazione appare sottoposta a severe restrizioni: in particolare, sono state stabilite misure per impedire ad eventuali manifestanti o sottoscrittori di petizioni antigovernative di raggiungere la capitale Pechino, misure che prevedono anche il ricorso da parte delle autorità locali alla detenzione illegale.  Dal punto di vista della libertà economica, il 2011 Economic Freedom Index della Heritage Foundation definisce la Cina, a dispetto delle riforme poste in essere negli ultimi decenni, “prevalentemente non libera” (135 su 179). Secondo il rapporto, le misure di liberalizzazione economica intraprese a partire dalla fine degli anni Settanta (e culminate nell’ingresso nel WTO nel 2001) appaiono infatti aver contribuito allo sviluppo di un robusto tessuto di medie imprese private e di imprese agricole (la proprietà della terra rimane formalmente dello Stato ma i privati possono scambiare affitti di lungo periodo). Tuttavia le grandi industrie e, soprattutto, il sistema creditizio-finanziario appare sotto il controllo statale (in particolare il credito risulterebbe allocato secondo criteri politici e non di efficienza economica). La tutela legale dei diritti di proprietà, compresa la proprietà intellettuale appare debole, così come permane una limitata libertà di movimenti valutari (la moneta cinese, come è noto, non è convertibile) e, nonostante l’apertura al mercato internazionale, permarrebbero significative restrizioni di tipo protezionista, attraverso il ricorso a barriere non tariffarie. Al tempo stesso il rapporto 2010 dell’organizzazione mondiale per il commercio (WTO), nel mostrare apprezzamento per gli sforzi compiuti dalla Cina nella liberalizzazione della propria economia, rileva che la liberalizzazione nel settore dei servizi (in particolare quelli bancari-finanziari) non risulta completa mentre le barriere non tariffarie e le politiche di sostegno alle “innovazioni tecnologiche interne” costituiscono ostacoli all’apertura commerciale (in particolare nel settore degli appalti pubblici). All’interno del WTO la Cina ha, fino al 2016, lo status di “economia non di mercato” che agevola l’adozione da parte degli altri Stati di misure anti-dumping (la Cina è destinataria del maggior numero di investigazioni anti-dumping in sede WTO).

La situazione politica e sociale

 Attuale presidente della Repubblica popolare cinese, e presidente della Commissione militare centrale, nonché segretario generale del Partito comunista cinese è, dal 2003, HuJintao (n. 1942); primo ministro, dal medesimo anno, è Wen Jaobao (n. 1942).

La Cina risulta in transizione verso una nuova leadership, che vedrà, nel 2012, l’elezione a segretario generale del partito e Presidente della Repubblica di Xi Jinping (n. 1953), recentemente nominato vicepresidente della Repubblica e vicepresidente della Commissione militare centrale.

Divenuta ormai la seconda potenza manifatturiera mondiale, la Cina vede come tema principale dell’agenda politica della sua leadership la ricerca delle modalità per garantire la prosecuzione di una crescita economica sostenibile socialmente e politicamente (e cioè nell’ottica della stabilità dell’attuale sistema politico fondato sul ruolo centrale del partito comunista cinese).  In questa ottica, la quinta sessione plenaria del XVII Comitato centrale del Partito comunista cinese ha approvato le linee-guida del dodicesimo piano quinquennale (2011-2016), ispirate al concetto di “crescita inclusiva” e di “integrazione dello sviluppo economico con il miglioramento della vita della popolazione”. Per il prossimo quinquennio il piano prevede un tasso di crescita annua del PIL medio del 7 per cento (nel 2010 il PIL è cresciuto del 10 per cento). Se nell’undicesimo piano quinquennale l’accento era posto sulla ricerca energetica, sulle infrastrutture e sui trasporti, nel dodicesimo si insiste su “relazioni sindacali armoniose” e su una “crescita più globale, coordinata e sostenibile”.

A questo tema della “crescita armoniosa” possono essere ricondotti molti degli aspetti dell’attualità cinese, a partire dal dibattito sugli equilibri monetari internazionali, che vede molti Stati, a partire dagli USA, accusare la debolezza della moneta cinese. Tale sottovalutazione della moneta appare infatti funzionale ad un modello di sviluppo ancora (nonostante le misure antirecessive e di stimolo al mercato interno assunte nel 2008) prevalentemente export-led, cioè trainato dalle esportazioni, laddove una riallocazione di risorse verso il mercato interno potrebbe far scoppiare tensioni sociali, che, secondo alcuni analisti, appaiono già profilarsi all’orizzonte come dimostrerebbero le incipienti tensioni sociali relative al massiccio fenomeno di urbanizzazione in corso, i rischi di tensioni inflative dovute a pressioni salariali e all’aumento dei prezzi energetici e alimentari, i ripetuti timori per lo scoppio di una bolla immobiliare.

In questo quadro, peraltro, la leadership cinese teme che a queste eventuali tensioni, o comunque nell’ambito di un’ulteriore espansione del ceto medio cinese, si possa associare anche la richiesta di maggiore libertà politica interna. Che questi timori siano effettivamente nutriti è stato dimostrato dall’atteggiamento di netta chiusura rispetto alle richieste di scarcerazione del dissidente Liu Xiaobo, promotore del movimento per i diritti civili Charta ’08, ispirato al cecoslovacco Charta ’77 di Vaclav Havel, in occasione del conferimento allo stesso del premio Nobel per la pace. A questo si aggiungono ora i timori manifestati in occasione delle proteste scoppiate agli inizi del 2011 in Nord Africa. Nel febbraio 2011 la polizia cinese è intervenuta in maniera consistente per impedire lo svolgimento di manifestazioni lanciate via Internet ed ispirate alla “rivoluzione dei gelsomini” tunisina. Da registrare a questo proposito, da ultimo, l’arresto, con l’accusa non meglio definita di “reati economici” dell’architetto Ai Weiwei, autore dello stadio olimpico inaugurato per le Olimpiadi di Pechino del 2008.

 




Indicatori internazionali sul paese[1]:

- Libertà politiche e civili: “Stato non libero” (Freedom House); “regime autoritario” (136 su 178; Economist)

- Indice della libertà di stampa: 171  su 178

- libertà di Internet (2009): “filtraggio pervasivo” su temi politici e di sicurezza; “filtraggio sostanziale su temi sociali”

- Libertà religiosa: gravi limitazioni alla libertà religiosa e violenza da parte di istituzioni (ACS); libertà religiosa riconosciuta dalla Costituzione ma limitata possibilità di registrazione di gruppi religiosi e limitazioni alle attività dei gruppi non registrati (USA)

- Libertà economica: “prevalentemente non libero” (135 su 179)

- Corruzione percepita: 78 su 178

- Variazione PIL 2010: + 10,3  per cento

Proteste non insurrezionali (Xinjiang e Tibet)

 

 

 

 

 

Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, www.freedomhouse.org, Heritage Foundation, OpenNet Initiative, www.affarinternazionali.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


 

 

 


 

 

 

 

Servizio Studi – Analisi dei temi di politica estera nell’ambito dell’Osservatorio di Politica internazionale

( 06 6760-4939 – *st_affari_esteri@camera.it

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File: es0752paese.doc



[1]   Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); il grado di libertà di internet secondo OpenNet Initiative e il grado di libertà economica secondo il rapporto 2011 sulla libertà economica dell’Heritage Foundation; il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).