Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Siria
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 4    Progressivo: 1
Data: 28/03/2011
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

Casella di testo: SCHEDA PAESE
politico-parlamentare

n. 4/1 –  28  marzo 2011

Siria                                         

 


Le proteste che stanno interessando Nord-Africa e Medio Oriente iniziano a coinvolgere anche la Siria, come testimoniato da ultimo le proteste anti-regime nella città di Daraa, 120 km a Sud di Damasco, represse dalle forze dell’ordine, e l’annuncio del presidente Assad dell’avvio di un processo di riforme. Di seguito si forniscono elementi di informazione sull’assetto politico-istituzionale siriano e sugli ultimi eventi.

 


Il quadro istituzionale

In base all’art. 1 della Costituzione del 1973, la Repubblica Araba di Siria è uno “Stato democratico, popolare, socialista e sovrano”.

La Costituzione riconosce, all’art. 8, un ruolo di partito guida nella società e nello Stato al partito arabo socialista Ba’ath (Rinascita), che, in particolare, guida il fronte progressista nazionale, composto anche da altri piccoli partiti “satellite”.

Il partito Ba’ath, di orientamento socialista panarabista, ha conquistato il potere in Siria nel 1963, due anni dopo il fallimento dell’unione tra Siria ed Egitto nella Repubblica Araba Unita. E’ ideologicamente affine (anche se politicamente e strategicamente rivale) al partito Ba’ath iracheno, al potere in quel paese fino alla caduta di Saddam Hussein nel 2003.

Capo dello Stato è il Presidente della Repubblica, eletto, con un mandato di sette anni, sulla base di un meccanismo che prevede la designazione di un candidato da parte del Parlamento, su proposta del partito Ba’ath, e la sua conferma da parte dei cittadini con referendum, nel quale il candidato deve ottenere la maggioranza assoluta dei voti validi (in caso contrario il Parlamento indica un altro candidato).

Il Parlamento monocamerale (Assemblea del popolo), composto da 250 membri, è eletto per quattro anni, con un sistema elettorale maggioritario plurinominale, basato su 15 circoscrizioni corrispondenti ai distretti amministrativi del paese. Ciascuna lista deve includere almeno due terzi dei candidati appartenenti al fronte progressista nazionale, che ha garantiti almeno 131 seggi.

Per “Freedom House” la Siria è uno “Stato non libero” e non possiede lo status di “democrazia elettorale” mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit la definisce “regime autoritario”.

I partiti del Fronte progressista nazionale rappresentano gli unici partiti legali in Siria, mentre, come si è visto, al di fuori dei partiti del Fronte sono consentite solo candidature indipendenti.

Molte fonti evidenziano peraltro come l’esercizio concreto delle libertà fondamentali civili e politiche, pure riconosciute dalla Costituzione, e nonostante le aperture che hanno caratterizzato l’inizio della presidenza di Bashar al Assad (cfr. infra), risulti pregiudicato in vari modi: il codice penale, la legge di emergenza (in vigore dal 1963) e la legge sulle pubblicazioni del 2001 impediscono la pubblicazione di materiali che danneggino l’unità nazionale, infanghino l’immagine dello Stato e minaccino gli “obiettivi della rivoluzione”; l’accesso a Internet è consentito solo attraverso server statali che impediscono l’accesso a molti siti; le dimostrazioni pubbliche sono illegali senza autorizzazione ufficiale e la costituzione delle associazioni risulta subordinata alla registrazione governativa. Infine, se la magistratura ordinaria appare dimostrare, secondo diverse fonti, margini significativi di indipendenza, i casi politicamente rilevanti sono affrontati dalla Corte suprema per la sicurezza dello Stato, tribunale speciale istituito dalla legge di emergenza che nega il diritto di appello, limita il diritto alla difesa e tratta molti casi in udienze non pubbliche.

 

La situazione politica interna

Presidente della Repubblica Araba di Siria è, dal luglio 2000, Bashar Al Assad (n. 1965), succeduto al padre, Hafez Al Assad (1930-2000); presidente ininterrottamente dal 1971 al 2000.

Hafez Al Assad, generale dell’aviazione, già ministro della difesa dal 1966, conquistò il potere con un colpo di Stato nel 1971 (la famiglia Assad appartiene alla minoranza islamica degli Alawiti, di orientamento sciita, che fornisce la maggior parte dei quadri dirigenti del Ba’ath siriano). La sua presidenza fu caratterizzata dalla partecipazione alla guerra del Kippur contro Israele nel 1973 (che tuttavia fallì nel tentativo di riconquista delle alture del Golan occupate da Israele nel 1967), dall’intervento nella guerra civile libanese nel 1976, dalla repressione dei fondamentalisti sunniti della Fratellanza musulmana, massacrati nella città di Hamah nel 1982, dall’adesione alla coalizione internazionale anti-irachena nel corso della prima guerra del Golfo nel 1990-’91.

Bashar Al Assad è stato confermato presidente per il suo secondo mandato dal referendum tenuto il 27 maggio 2007, nel quale la sua candidatura è stata approvata con il 97,6 per cento dei voti.

Le ultime elezioni per l’Assemblea del popolo, svoltesi il 22 e il 23 aprile 2007 hanno visto il Fronte nazionale progressista guidato dal partito Ba’ath conquistare 172 dei 250 seggi.

In politica interna, l’avvento alla presidenza di Bashar al Assad, nel 2000, era apparso coincidere con l’avvio di un processo di cauta liberalizzazione politica ed economica, caratterizzato dal rilascio di prigionieri politici, dal rientro di dissidenti in esilio e dall’avvio di una discussione pubblica sul futuro del paese. Fin dal 2001 il processo è apparso però indebolirsi, con l’arresto di esponenti riformisti e l’inasprimento di interventi repressivi e di censura.

In politica estera, la Siria occupa un ruolo strategico in Medio Oriente: tradizionalmente alleata dell’Iran, la Siria ha, a partire dagli accordi di Taif del 1990 che posero fine alla guerra civile, esercitato una sorta di “protettorato” in Libano. Se successivamente all’omicidio dell’ex-primo ministro libanese Hariri, avvenuto nel 2005 in circostanze tali da lasciar presumere un coinvolgimento di esponenti del movimento filoiraniano e filosiriano libanese di Hezbollah (ed anche, specialmente in una prima fase, di esponenti dei servizi segreti siriani), le proteste popolari libanesi indussero la Siria a decidere il ritiro delle truppe presenti in Libano, lo Stato mediorientale continua comunque ad esercitare una notevole influenza nelle vicende libanesi. Più in generale, nello scacchiere mediorientale si sono registrati ripetuti tentativi diplomatici volti a spingere ad un diverso atteggiamento la Siria, e, in particolare, a incrinare l’alleanza tra Siria e Iran e a promuovere un negoziato tra Siria e Israele. In particolare, in tale tentativo si è adoperata, negli scorsi anni, la Turchia. Anche gli USA appaiono alternare, nei confronti della Siria, atteggiamenti di chiusura e di apertura. Da ultimo, merita però rilevare che il presidente Obama ha nominato, il 29 dicembre 2010, per la prima volta dal 2005, un ambasciatore in Siria, Robert Ford.

Con riferimento invece agli indicatori economici e sociali, assunti come possibile parametro di interpretazione per le attuali proteste in Nordafrica e Medio Oriente, si segnala che la Siria ha presentato nel 2009 un PIL pro-capite di 2669 dollari USA; il tasso di incremento demografico nel periodo 2000-2005 è stato di circa il 2,5 per cento e quello di urbanizzazione, nello stesso periodo di circa il 3,2 per cento. La percentuale di popolazione compresa tra i 15 e i 24 anni è del 21 per cento e quella tra i 15 e i 29 anni è del 31 per cento; il tasso di scolarizzazione secondaria è del 68 per cento e quello di disoccupazione giovanile è del 16,5 per cento (10,8 maschile, 42,7 femminile). Secondo OpenNet Initiative, il tasso di diffusione di Internet in Siria nel 2008 era del 16,8 per cento (l’accesso alla Rete era stato consentito nel paese solo dal 2000, nell’ambito delle riforme “modernizzatrici” di Bashar Al Assad).

 

In questo contesto, la Siria è stata gradualmente coinvolta dall’ondata di proteste che sta coinvolgendo Nord Africa e Medio Oriente a partire dalla seconda metà di febbraio. Una prima valutazione dei fatti indica nelle proteste una combinazione tra le richieste di maggiori libertà civili e politiche avanzate dagli storici dissidenti del regime, la cui influenza è però limitata, e circoscritta alle aree urbane (sulle forze di opposizione al regime cfr. infra box 1), e l’insoddisfazione di alcuni clan tribali, assai influenti nelle aree rurali, insoddisfazione legata a fattori politici locali (quali il mancato sostegno alla crisi agricola nella regione di Hawran, il “granaio” della Siria e presunti episodi di corruzione che coinvolgerebbero esponenti del regime, come l’installazione, nella città di Daraa nella stessa regione, di una serie di ripetitori per la telefonia cellulare della compagnia di proprietà del cugino del presidente Assad in prossimità delle abitazioni e di cisterne per l’acqua potabile). Questi fattori si inseriscono in un quadro, quello siriano, già di per sé complesso, come testimonia l’egemonia esercitata, sia pure attraverso l’ideologia laica e panarabista del Ba’ath, dalla setta sciita degli Alawiti, cui appartiene la famiglia Assad in un paese a maggioranza sunnita (sul più complessivo assetto etnico e religioso siriano cfr. infra box 2).

Di seguito è riportata una sintetica cronologia degli ultimi eventi:

febbraio: Aisha Abizaid, del clan degli Abizaid, radicato nella città di Daraa 150 km a sud di Damasco, è arrestata con l’accusa di aver espresso un’opinione politica su Internet.

6 marzo:  si ha notizia dell’arresto di circa 20 adolescenti nella città di Daraa, tutti appartenenti al clan degli Abizaid, colpevoli di aver cantato a scuola slogan contro il regime.

15 marzo: si svolgono manifestazioni di protesta contro il regime promosse dal gruppo Facebook “Intifada siriana 15 marzo”; le manifestazioni vedono una scarsa partecipazione a Damasco, dove si svolge un sit-in davanti al Ministero dell’interno con circa 150 partecipanti, mentre vedono una partecipazione massiccia a Daraa e a Dayr az Zor, capoluogo della regione orientale ai confini con l’Iraq.

18 marzo: repressione da parte delle forze di sicurezza  delle manifestazioni di Daraa.

20 marzo: viene annunciato il rilascio dei bambini arrestati a Daraa, senza che tuttavia se ne abbiano conferme. Annunciato anche il dimissionamento del governatore di Daraa.

23 marzo: le manifestazioni di Daraa sono represse dalle forze dell’ordine; fonti ospedaliere riportano la presenza di 37 morti, mentre per gli organizzatori delle manifestazioni il bilancio sarebbe più grave, con circa 100 morti. Segnalato anche l’arresto di Marzen Darwish, dissidente, presidente del Centro per i Media e per la libertà di espressione siriano.

24 marzo: il consigliere del presidente Assad Bhutayana Shaaban annuncia l’avvio di un processo di riforme, attraverso la convocazione di un Alto comitato di studio incaricato di predisporre l’abrogazione dello stato di emergenza, in vigore, come già si è accennato, ininterrottamente dal 1963 e di elaborare una legge sui partiti, per superare il monopolio del partito Ba’ath. E’ inoltre annunciato l’aumento del 30 per cento degli stipendi dei pubblici dipendenti e l’introduzione di misure anti-corruzione.

25-26 marzo: nuove manifestazioni si verificano a Daraa ed anche in altre città quali Latakia, città di origine della famiglia Assad. Secondo Amnesty International nel complesso delle proteste potrebbero essere rimaste uccise almeno 55 persone. E’ annunciato il rilascio di prigionieri politici detenuti nelle carceri siriane.

27 marzo: il consigliere del presidente Shabaan annuncia che la decisione della revoca dello stato di emergenza è stata presa, mentre è atteso nel corso della settimana l’annuncio da parte del presidente Assad della costituzione di un nuovo governo.    


 

Indicatori internazionali sul paese[1]:

Libertà politiche e civili: “Stato non libero” (Freedom House); “regime autoritario” (Economist)

Indice della libertà di stampa: 173 su 178

Libertà religiosa: limitazioni alla libertà religiosa (ACS); riconoscimento formale ma restrizioni nella pratica (USA)

Corruzione percepita: 127  su 178

Variazione PIL 2009: + 4 per cento (stima)

Cessate il fuoco in conflitto armato internazionale

 

 

 

Principali forze di opposizione in Siria

 

Le forze di opposizione al regime di Assad sono riconducibili a tre aree:

-          quella islamista, rappresentata principalmente dalla fratellanza musulmana siriana (che subì nel 1982 la dura repressione da parte delle forze di sicurezza siriane nella città di Hama, che provocò circa 20.000 vittime); si registra anche la presenza di un movimento islamico per il cambiamento, accusato di un attentato compiuto a Damasco nel 1996;

-          quella laica; tra queste si segnala il raggruppamento democratico nazionale, attivo dal 1980, come cartello di diversi movimenti di opposizione secolare al regime; si registra anche la presenza di un partito di azione comunista marxista leninista;

-          quella riconducibile alla minoranza curda presente nel paese, rappresentata dal partito democratico curdo di Siria.

Tali forze hanno peraltro tentato, nello scorso decennio, di sviluppare forme di aggregazione, sottoscrivendo, nel 2005, la Dichiarazione di Damasco per il cambiamento democratico nazionale e costituendo, nel 2006, il Fronte nazionale di salvezza nonché promuovendo nello stesso anno, la dichiarazione di Beirut-Damasco per il riconoscimento della sovranità libanese. L’aggregazione delle forze di opposizione è tuttavia stata messa in discussione nel 2009 dall’abbandono del Fronte di salvezza nazionale da parte della fratellanza musulmana siriana, come segno di apprezzamento per la posizione del governo di Assad a sostegno di Hamas.

 

 

 

L’assetto etnico e religioso siriano[2]

 

Dal punto di vista etnico, la popolazione siriana (stimata nel luglio 2010 in 22.517.000 persone) è per il 90,3 per cento araba e per il rimanente 9,7 composta da Curdi, Armeni e altri gruppi etnici.

Dal punto di vista religioso, i musulmani sunniti rappresentano circa il 74 per cento della popolazione, altri gruppi musulmani quali gli sciiti, gli alawiti e i drusi rappresentano il 16 per cento; diverse confessioni cristiane il 10 per cento (i greco-ortodossi risultano 700.000 persone; i greco-cattolici 350.000 persone, gli armeni-gregoriani 250.000 persone), mentre è indicata anche la presenza di piccole comunità ebraiche.

Gli alawiti, cui appartiene la famiglia Assad (che però ha governato la Siria con l’ideologia laica panarabista del Baath), rappresentano una ramificazione dell’Islam sciita, dal quale si separarono intorno al IX secolo. La dottrina alawita si caratterizza per una lettura esoterica del Corano ed ha assunto con il tempo un’aura di segretezza, che vieta anche la pubblicazione dei testi sacri. Considerati a lungo apostati dell’Islam (solo nel 1974, successivamente all’ascesa al potere di Hafez Al Assad, un Imam sciita riconobbe agli alawiti lo status di “veri musulmani”), la minoranza emerse come élite dirigente della Siria ai tempi del mandato francese, tra le due guerre mondiali. Gli alawiti risultano divisi in cinque sotto-sette, a loro volta organizzate in clan tribali.

Significativa nella storia siriana (anche se, a differenza degli Alawiti, non ha mai occupato posizioni consistenti di potere) è anche la presenza della minoranza drusa. Anche in questo caso si tratta di un gruppo religioso dalle origini incerte, risalenti all’XI secolo, che si pone fuori sia dall’Islam che dal Cristianesimo, pur considerandosi “corpo annesso” alla Umma (comunità) dei fedeli musulmani. La dottrina drusa, anch’essa di carattere esoterico, accoglie elementi dell’islamismo, del giudaismo, dell’induismo e del cristianesimo, sostenendo la fede in un principio divino, che può svelarsi anche in forma umana, nonché la metempsicosi, vale a dire la trasmigrazione delle anime dopo la morte. Oggetto di numerose persecuzioni nel corso della sua storia, conta oggi circa 700.000 componenti (dal 1043 solo chi è figlio di drusi può essere considerato druso), concentrati soprattutto in Siria e in Libano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fonti: The Statesman’s Yearbook 2011, www.ipu.org, www.freedomhouse.org, www.hrw.org, www.icg.org, International Institute for Strategic Studies – Strategic Survey 2010

 

 

 

 

 

 

 

 



[1]    Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); il tasso di crescita del PIL come riportato dall’Economist Intelligence Unit; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulteriori informazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).

[2]    Fonti: A. Pitasso, Siria sviluppi di situazione, Senato della Repubblica – Servizio studi, Servizio rapporti internazionali, contributi di istituti di ricerca specializzati (a cura del Ce.S.I.), settembre 2007; CIA World Factbook