Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Focus - La crisi politica in Libia e negli altri paesi del Nord Africa e del Medio Oriente - Aggiornamento al 6 settembre 2011 - Documenti ufficiali, interpretazioni ed analisi
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 208    Progressivo: 12
Data: 06/09/2011
Descrittori:
LIBIA   MEDIO ORIENTE
NORD AFRICA   RELAZIONI INTERNAZIONALI
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Focus
La crisi politica in Libia e negli altri paesi del Nord Africa
e del Medio Oriente

 

Aggiornamento al 6 settembre 2011
Documenti ufficiali, interpretazioni ed analisi

 

 

 

 

 

 

n. 208/12

 

 

 

6 settembre 2011

 


Servizio responsabile:

Dipartimento Affari esteri

( 066760-4172 – * st_affari_esteri@camera.it

 

 

 

 

 

 

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File: es0709o.doc


INDICE

Nota introduttiva

Documenti ufficiali

§         Ministero degli Affari esteri ’Italia-Libia: incontro Berlusconi-Jibril – Comitato di accordo tra i due governi- Frattini alla guida della delegazione italiana’, dal sito http://www.esteri.it/MAE/IT, 25 agosto 2011  11

§         NATO ‘We will complete our mission, NATO Secretary General says’, dal sito http://www.nato.int, 1 settembre 2011  11

§         Presidence de la République ‘Conference in support of the new Libya’, Elisée Palace – Chariman’s Conclusions’, 1 settembre 2011  11

§         NATO OTAN ‘Nato and Libya, Operational Media Update for 4 september’11

Documenti delle organizzazioni internazionali

§         Human Rights Watch ‘Libya: Gaddafi Forces Suspected Of Executing Detainees’, dal sito http://www.hrw.org/print/news , 28 agosto 2011  15

§         Human Rights Watch ‘Libya: Evidence Suggests Khamis Brigade Killed 45 Detainees’, dal sito http://www.hrw.org/print/news , 29 agosto 2011  15

§         Amnesty International ‘Libya: Fears for Detainees Held by Anti-ùGaddafi Forces’, dal sito http://www.amnesty.org/en/news, 30 agosto 2011  15

§         Human Rights Watch ‘Libya Contact Group: Put Rights at Top of Agenda’, dal sito http://www.hrw.org/print/news , 31 agosto 2011  15

Pubblicistica

§         D. D. Kirkpatrick e C.J. Chivers ‘Tribal Rifts Threaten to Undermine Libya Uprising’, in: The New York Times – Africa, 13 agosto 2011’103

§         C. Gazzini ‘Libia: la fine della guerra non è dietro l’angolo’, in: Limes- rivista italiana di geopolitica, 24 agosto 2011  103

§         Council on Foreign Relations ‘Interview – Libya’s ‘Precarious’ Transition Ahead’, 25 agosto 2011  103

§         S. Silvestri ‘Post-Gheddati. In Libia è il momento dell’Ue’, dal sito http://www.affarinternazionali.it, 26 agosto 2011  103

§         V. Camporini ‘Scenari per il dopo Gheddafi’, dal sito http://www.affarinternazionali.it, 26 agosto 2011  103

§         G. Calchi Novati ‘Il crollo del regime libico: un incentive o un deterrente?, in: ISPI Commentary, Istituto per gli Studi di politica internazionale, 29 agosto 2011  103

§         A. Varvelli ‘Per l’Italia in Libia la rincorsa si fa lunga, in: ISPI Commentary, Istituto per gli Studi di politica internazionale, 29 agosto 2011  103

§         K. Mewran ‘La Libia, l’Islam, l’Occidente, in: ISPI Commentary, Istituto per gli Studi di politica internazionale, 29 agosto 2011  103

§         R. Gowan ‘Does Libya really need UE peacekeepers?’, in: European Council on Foreigh relations, 31 agosto 2011  103

§         Chatham House ‘Libya: Policy Options for Transition’, Middle East and North Africa Programme: Libya Working Group Report, agosto 2011  103

§         D. Serwer ‘Post-Quaddafi Instability in Libya’, in: Council on Foreign Relations – Center for Preventive Action, agosto 2011  103

§         United States Institute of Peace – Peacebrief ‘Extending Libya’s Transitional Period: Capitalizing on the Constitutional Moment’, 1 settembre 2011  103

§         Center for Strategic and International Studies (CSIS) ‘Leading from the Front: Europe and the New Libya’, 1 settmbre 2011  103

§         O. Ashour ‘Ex.-Jihadists in the New Libya’, in: The Brooking Institution, 5 settembre 2011  103

 


SIWEB

Nota introduttiva

 


Nel mese di luglio del 2011 il conflitto in Libia è sembrato, ancor più che nel mese precedente, in una situazione di sostanziale stallo, mentre emergeva una inattesa capacità delle truppe fedeli a Gheddafi di tenere le proprie posizioni nonostante il proseguire martellante di bombardamenti della NATO sulla capitale - e in particolare sempre più vicino al Quartier Generale di Gheddafi - e su altre postazioni lealiste in varie zone del paese. Dal punto di vista politico, nonostante il riconoscimento ufficiale del Consiglio nazionale di transizione come legittima autorità del paese da parte degli Stati Uniti (15 luglio) e del Regno Unito (27 luglio), l'uccisione a Bengasi del capo di stato maggiore degli insorti Abdel Fattah Younes, già ministro degli interni di Gheddafi, ha provocato nel seno stesso del CNT gravi frizioni. Intanto, l'escalation dei bombardamenti della NATO è giunta il 30 luglio a colpire la sede della tv di Stato libica - che peraltro è riuscita a proseguire le proprie trasmissioni - provocando le proteste delle autorità di Tripoli, che hanno qualificato l'azione della NATO alla stregua di un atto terroristico. Dopo qualche giorno, il 9 agosto, il governo libico ha reiterato le accuse all'Alleanza atlantica per un raid nei pressi della città di Zlitan, a ovest di Misurata, che avrebbe provocato la morte di 85 civili.

In tale difficile contesto, tuttavia, a partire dall'11 agosto, quando i ribelli hanno annunciato la parziale riconquista della città strategica di Brega, nella Libia orientale, la situazione militare ha conosciuto una vera e propria svolta, con il rapido affievolirsi della resistenza lealista e l'accelerazione dell'attacco degli insorti alla capitale. Il 13 agosto, infatti, le forze dei ribelli discese dai Monti Nafusa iniziavano un'offensiva verso le aree costiere sottostanti, conquistando il controllo parziale delle due importanti città di Zawiyah e Garyan, entrambe strategiche in quanto poste sulle due residue vie di comunicazione essenziali per i rifornimenti alla capitale: dopo aspri combattimenti, anche grazie al supporto aereo della NATO concretizzatosi in un martellamento durato due giorni, il 16 agosto i ribelli potevano dirsi padroni di entrambe le città, e inoltre anche di Sorman e Sabratha. In tal modo gli insorti potevano azzerare le ultime fonti di rifornimento di cibo e carburanti per Tripoli, che veniva a trovarsi di fatto circondata e in una sorta di stato d'assedio. Il 19 agosto, dopo tre giorni di furiosi combattimenti e nonostante le truppe lealiste tentassero di contrastare l'avanzata degli insorti con il lancio di razzi e l'uso di mortai, si completava la conquista assai importante della raffineria petrolifera di Zawiyah, mentre insorti fuoriusciti da Misurata, nonostante gravi perdite, completavano la presa di Zlitan.

Mentre l'avanzata degli insorti era ormai in vista di Tripoli, il 20 agosto ribelli basati nella capitale e sostenuti dalla NATO lanciavano una sollevazione generale dal nome in codice di “Sirena dell'alba”, con l'uso di armi per lo più fatte affluire a Tripoli per mezzo di rimorchiatori, mentre proseguivano i bombardamenti di aerei della NATO su obiettivi governativi sparsi nella capitale. L'avanzata degli insorti al di fuori della città proseguiva rapidamente, incontrando solo sporadica resistenza: avveniva così la conquista della base della Brigata Khamis, sita a 22 km a ovest della capitale, dopo solo una breve battaglia, e venivano pertanto in possesso degli insorti ingenti quantitativi di armi e munizioni, mentre centinaia di prigionieri ivi detenuti venivano liberati. Proseguendo nell'avanzata, i ribelli prendevano il controllo del sobborgo di Janzour, ad appena 10 km ad ovest di Tripoli, mentre imbarcazioni provenienti da Misurata sbarcavano truppe ribelli sulla costa prospiciente la capitale. All'interno di Tripoli, le forze che avevano lanciato l'insurrezione si impegnavano in furiosi combattimenti per il controllo dei tetti e delle terrazze degli edifici, da usare come punti di osservazione e soprattutto per il fuoco dei cecchini. Proprio da cecchini filogovernativi venivano duramente colpiti i partecipanti ad alcune ampie dimostrazioni contro Gheddafi nei dintorni della capitale.

Il 22 agosto, ormai, gran parte di Tripoli era nelle mani degli insorti, che affluivano in gran numero anche dall'esterno, incontrando solo una leggera resistenza. A livello simbolico, assai importante è stata la presa della Piazza Verde, tradizionale luogo di confluenza dei sostenitori del rais, ribattezzata Piazza dei Martiri in onore delle vittime di Gheddafi: quest'ultimo, tuttavia, riusciva a dileguarsi mentre si intensificava l'assedio alla sua cittadella fortificata, ancora una volta con l'appoggio di pesanti bombardamenti della NATO. Il compound di Gheddafi veniva definitivamente conquistato nella serata del 23 agosto, in capo a due giorni di assedio: Gheddafi, attraverso una radio locale, tornava a far sentire la propria voce, parlando di una ritirata meramente tattica dal bunker di Bab-al-Ziziya.

La fine del potere di Gheddafi ha provocato la dispersione del suo numeroso clan familiare: il 29 agosto il governo algerino ha riconosciuto ufficialmente che nelle prime ore della giornata la moglie di Gheddafi, la figlia Aisha (alla fine di una gravidanza) e i figli Mohamad e Hannibal, accompagnati dalle loro famiglie, avevano passato la frontiera con l'Algeria: nel comunicato un funzionario del Ministero degli esteri algerino precisava che nessuna di queste persone figurava nelle richieste di arresto emesse dalla Corte penale internazionale per accuse di crimini di guerra. Inoltre, le autorità algerine specificavano che l'ospitalità era stata concessa su base umanitaria, e che il capo del Consiglio nazionale libico di transizione ne era stato prontamente informato, non avanzando peraltro alcuna richiesta ufficiale di loro rimpatrio. Sono state piuttosto ampiamente diffuse sui media internazionali le immagini delle numerose dimore a disposizione della famiglia del rais, mostrandone impietosamente lo sfarzo e il lusso. Mancando ogni notizia certa sulla localizzazione di Gheddafi e di altri importanti membri del suo clan familiare, veniva posta,  da un gruppo di uomini affari libici d'intesa con il CNT, una taglia di 1,6 milioni di dollari per la cattura del rais, vivo o morto. Emergevano peraltro divisioni tra gli stessi figli di Gheddafi, poiché mentre l'ex calciatore Saadi, noto anche in Italia, sosteneva di essere stato autorizzato dal padre a negoziare il trasferimento di potere a beneficio del Consiglio nazionale di transizione, l'altro figlio, l'erede designato Saif-al-Islam, dichiarava che la resistenza sarebbe proseguita a ogni costo e fino alla vittoria.

La caduta di Tripoli ha lasciato sotto il controllo dei lealisti, per quanto riguarda i maggiori centri urbani, solo Tarhuna, a sud di Tripoli, e Sirte, città natale di Gheddafi, oltre a Sabha, sita nel deserto meridionale e ricca di installazioni militari. Anche le località minori di Bani Walid, a sud di Tarhuna, e Hun, tra Sirte e Sabha, risultavano ancora in mano ai lealisti. Ben presto, però, si sono accesi combattimenti nei pressi di Tarhuna, che il 29 agosto risultava con sicurezza nelle mani dei ribelli, i quali iniziavano poi a convergere su Bani Walid sia da Tripoli che da Misurata. Per quanto riguarda la costa nordoccidentale della Libia, importante per i collegamenti con laTunisia, ciascuna delle parti ne controllava una porzione, fino a che, con la conquista il 26 agosto della città di frontiera di Ras Ajdir, la Tunisia riapriva la frontiera con la Libia. La presa, altresì, di Ajaylat, assicurava il libero passaggio tra la frontiera tunisina e Tripoli - ormai a corto di viveri, acqua, carburanti e medicinali - nonostante sporadiche interferenze di residui piccoli gruppi filogovernativi. Per quanto riguarda Sirte, forze ribelli provenienti sia da est che da ovest hanno trovato in un primo tempo una forte resistenza da parte di truppe lealiste attestate nelle cittadine circostanti, ma il 27 agosto anche l'ultima di queste, Bin Jawad, era ormai nelle mani degli insorti, i quali peraltro annunciavano – procrastinando l’ultimatum  di tre giorni precedentemente imposto - il 1º settembre di non voler dare corso ad un attacco diretto contro Sirte, preferendo procedere al taglio dei rifornimenti e attendere una inevitabile resa della città, con il numero minore possibile di vittime. Per quanto concerne le piazzeforti meridionali di Hun e Sabha, il CNT rinviava l'attacco contro di esse a dopo la presa di Sirte.

Frattanto le diplomazie occidentali si erano messe sin dal 20 agosto al lavoro attorno ad un progetto di risoluzione delle Nazioni Unite che mettesse a disposizione delle autorità libiche parte dei beni immobili e finanziari congelati al regime di Gheddafi: nonostante la persistente resistenza di Cina e Russia, il 25 agosto il Comitato sanzioni dell'ONU ha deciso di scongelare 500 milioni di dollari, facendo seguito a una richiesta diretta degli Stati Uniti. Il Sudafrica, peraltro, condizionava il proprio indispensabile assenso alla destinazione esclusivamente umanitaria delle somme, bloccando invece lo scongelamento di un miliardo di dollari a beneficio del CNT. Anche da parte britannica si procedeva alla consegna di una prima tranche di fondi scongelati, soprattutto allo scopo di retribuire i dipendenti del governo libico, alcuni dei quali non avevano ricevuto lo stipendio per più di tre mesi.

Per quanto riguarda il rilievo internazionale del CNT libico va rilevato che il 1º settembre, dopo che il 21 agosto la Tunisia aveva riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione, anche la Russia e l'Algeria hanno compiuto analogo passo, aggiungendosi ad un novero di una sessantina di paesi, nel quale peraltro gli Stati arabi hanno mostrato una prudenza maggiore di quelli occidentali verso la nuova situazione libica.

Nel complesso, pertanto, la Conferenza di Parigi degli amici della Libia (1° settembre) è stata in tale contesto un successo, potendo scontare proprio nell’imminenza il riconoscimento del CNT da parte della Russia, ma anche le espressioni di apertura verso il CNT pronunciate dal vice ministro cinese Zhau Jun, presente a Parigi. Particolare rilievo, oltre alla Francia e alla Gran Bretagna, è stato conferito nella Conferenza a un gruppo di paesi formato da Stati Uniti, Italia, Canada, Emirati Arabi Uniti, Giordania e Qatar. Alla Conferenza sono inoltre intervenuti il Segretario generale dell'ONU e quello della Lega Araba al-Arabi. Il risultato principale della Conferenza, sul piano pratico, è stata la decisione di scongelare risorse pari a 15 miliardi di dollari a favore del nuovo corso politico della Libia. Al tempo stesso, si è convenuto sulla necessità di proseguire l'azione militare della NATO fino alla completa scomparsa in Libia di ogni minaccia da parte di Gheddafi o dei suoi uomini - al proposito il Presidente del Consiglio Berlusconi ha assicurato che l'Italia continuerà a consentire l'uso delle basi sul suo territorio per le operazioni della NATO. Il presidente francese, Sarkozy ha esaltato con particolare calore il ruolo dei paesi arabi schierati con la coalizione internazionale in Libia e ha preconizzato l'apertura di una nuova fase del diritto internazionale, nella quale, previa autorizzazione delle Nazioni Unite, la forza militare servirà a soccorrere i popoli resi martiri dai propri governanti. Il Segretario di Stato USA Hillary Clinton non ha mancato di chiedere alle autorità libiche un impegno esplicito contro l'estremismo e per la protezione dei numerosi quantitativi di armi presenti in Libia, come anche di segnalare la propensione statunitense a che  l'attentatore libico di Lockerbie, Megrahi, torni presto in stato di detenzione. Nella Conferenza non sono peraltro mancati importanti accenni al futuro del paese, alla necessità di una riconciliazione tra le diverse anime di esso e alla necessità del perdono rispetto ai crimini del passato più o meno recente. Sullo sfondo della Conferenza è rimasta la questione della mobilitazione internazionale per la partecipazione allo sfruttamento delle ingentissime risorse petrolifere e di gas della Libia: secondo quanto riportato dal quotidiano transalpino Liberation, vi sarebbe già un impegno del CNT con la Francia per accordare a questo paese oltre un terzo dei diritti petroliferi nello scenario della nuova Libia: le parti interessate hanno recisamente smentito, mentre l'Italia ha sostenuto per bocca del ministro degli esteri Frattini, intervenuto all’appuntamento annuale di Cernobbio, che il nostro paese manterrà la primazia nei rapporti petroliferi con la Libia, anche grazie alle capacità dell'ENI, che già in ottobre dovrebbe essere in grado di far ripartire la produzione di sua pertinenza. Frattini ha altresì nella stessa sede preannunciato come l'Italia si sia già attivata presso le Nazioni Unite per uno scongelamento, entro due settimane, di risorse per 2,5 miliardi di dollari di beni libici bloccati da assegnare al CNT. E’ semmai la Cina a nutrire preoccupazioni giustificate per il proprio ruolo economico nel nuovo contesto libico: Pechino non ha ancora riconosciuto il CNT, al quale anzi ha rivolto pressanti richieste di protezione reale degli interessi cinesi, rigettate dal CNT stesso con l'accusa ai cinesi di porsi di traverso nel processo di sblocco dei beni libici congelati. Le notizie, poi, su forniture di armi effettuate ancora di recente da imprese cinesi a Gheddafi non possono certo migliorare i rapporti reciproci.

Il 2 settembre il rappresentante del CNT in Gran Bretagna al-Gamaty ha delineato il percorso politico che dovrebbe vedere, dopo otto mesi di prosecuzione del governo del CNT, l'elezione di un'assemblea costituente, che nel giro di un anno dovrebbe redigere una carta costituzionale e rendere possibile l'elezione di un parlamento. Inoltre al-Gamaty ha preannunciato che per i primi quattro anni almeno non saranno candidati alle elezioni gli attuali membri del CNT. Accanto ad altri numerosi segnali di normalizzazione della situazione libica è giunto l'invito del CNT ai combattenti di altre province a lasciare la capitale, avendo essi contribuito al raggiungimento dell'obiettivo che appare ormai completo. L'invito è stato altresì rivolto allo scopo di sfoltire la presenza di gruppi armati nella capitale, fonte potenziale di anarchia e di pericoli. Nelle vie di Tripoli sono ricomparsi sia agenti di polizia che esponenti della brigata addestrata nei mesi precedenti a Bengasi da esperti internazionali proprio per i compiti di polizia e di mantenimento dell'ordine pubblico a Tripoli. Nella capitale libica è arrivato anche un emissario speciale del Segretario generale dell'ONU per contribuire al ristabilimento della sicurezza, proprio mentre il CNT creava una commissione per riunire tutti i ribelli presenti in città e incaricati in questa fase di transizione di affiancare la polizia regolare.

Anche l'Ambasciata italiana il 2 settembre ha riaperto i propri battenti, pur recando ancora in parte le ferite inferte dai saccheggiatori nella scorsa primavera.

Per quanto concerne l'azione strettamente militare, il 4 settembre sono stati interrotti i negoziati per una resa pacifica della roccaforte di Bani Walid, città fondamentale per la grande tribù Warfalla, della cui totale fedeltà a Gheddafi peraltro diversi osservatori dubitano. Sembra in effetti che nella città di Bani Walid siano rimasti solo pochissimi combattenti, mentre il grosso delle truppe lealiste si sarebbe spostato nella città meridionali di Sabha, o addirittura si troverebbe già nel cuore del Niger, paese nel quale un grande convoglio di ufficiali e soldati libici con veicoli militari sarebbe effettivamente entrato nella notte tra il 5 e il 6 settembre - il che ha rafforzato le voci di una presenza nel convoglio dello stesso rais libico.

All'interno del CNT sono emersi possibili segnali di divisione quando uno dei capi militari più integralisti, al-Salabi, ha chiesto le dimissioni dell’esecutivo guidato da Jibril, con la motivazione che i suoi appartenenti sono tutti esponenti del vecchio regime: ., dei quali ha messo in luce il distacco già da tempo consumato rispetto a Gheddafi e i rischi che per questo hanno a suo tempo corso.

Va da ultimo segnalato un fatto suscettibile nei prossimi mesi di peggiorare notevolmente i rapporti della nuova Libia con alcuni paesi occidentali: infatti, dopo la caduta del quartier generale di Gheddafi, sono stati ritrovati numerosi documenti dei servizi segreti del rais, dai quali emergerebbe un elevato livello di collaborazione, negli ultimi anni, del regime di Gheddafi con la CIA e l’intelligence britannica, nel quadro della quale sarebbero stati anche trasferiti in Libia presunti terroristi affinché fossero ivi interrogati, nel quadro delle attività di rendition poste in atto dagli americani dopo l'11 settembre 2001. In particolare l'intelligence britannica si è trovata progressivamente in imbarazzo per l'emergere non solo di stretti rapporti con la dittatura libica, ma anche del fatto che, a quanto pare, i servizi segreti britannici erano a conoscenza dei metodi repressivi e di tortura posti in atto in Libia. Inoltre, i servizi segreti britannici non avrebbero avuto scrupoli nel fornire ai libici molte informazioni sul loro connazionali in esilio in Gran Bretagna, nonostante fossero a conoscenza che molti dissidenti di quel paese erano stati uccisi all'estero. Nel 2009 i britannici avrebbero addirittura inviato esperti delle forze speciali con compiti di addestramento della brigata Khamis, che nel conflitto libico attuale si sarebbe resa responsabile di numerose atrocità. I rapporti equivoci dell'intelligence britannica con i libici sarebbero anche alla base della liberazione dell'attentatore di Lockerbie Megrahi, che il governo scozzese rilasciò due anni fa, ufficialmente per motivi umanitari.

Il montare delle polemiche sulla questione dei rapporti con la Libia ha indotto il premier britannico Cameron, il 5 settembre, a disporre un'inchiesta indipendente per rimuovere qualsiasi macchia sulla reputazione del paese: ciò anche a seguito di un ulteriore escalation della questione dei rapporti con la Libia a partire da quando il comandante delle forze ribelli a Tripoli Belhaj, in precedenza leader del Gruppo islamico di combattimento libico, ha richiesto scuse ufficiali da parte di Stati Uniti e Regno Unito per il suo arresto nel 2004, cui fece seguito il trasferimento nelle prigioni di Gheddafi, dove avrebbe subito per anni torture. Belhaj sostiene di essere stato arrestato proprio quando faceva richiesta di asilo politico presso la rappresentanza diplomatica britannica in Malaysia. La gravità delle affermazioni di Belhaj risiede nel fatto che esse proverebbero non solo la conoscenza dei programmi di rendition della CIA da parte dei britannici, ma la loro attiva partecipazione ad essi.