Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Coerenza delle Politiche per lo sviluppo e migrazione - Conferenza parlamentare ad alto livello (12 febbraio 2009)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 45
Data: 09/02/2009
Descrittori:
IMMIGRAZIONE   MERCATO DEL LAVORO
PIANI DI SVILUPPO     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Documentazione e ricerche

Coerenza delle Politiche
per lo sviluppo e migrazione

Conferenza parlamentare ad alto livello

(12 febbraio 2009)

 

 

 

 

 

n. 45

 

 

9 febbraio 2009

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

SIWEB

 

Hanno collaborato alla redazione del dossier il Dipartimento Istituzioni e il Dipartimento Lavoro

 

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File:es0135.doc


INDICE

Schede di lettura

Le migrazioni internazionali3

Dati generali3

La Coerenza delle Politiche per lo Sviluppo (CPS)4

Effetti economici sui paesi da cui si originano le migrazioni6

Il ritorno  7

Le politiche italiane in materia di immigrazione  9

Le dimensioni del fenomeno migratorio  9

Le fonti normative  10

La programmazione dei flussi migratori11

Il contrasto all’immigrazione clandestina  12

L’integrazione degli stranieri regolari14

Interventi recenti e prospettive future  16

Le politiche italiane in materia di mercato del lavoro e immigrazione  22

La politica dell’Unione europea in materia di immigrazione (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)25

Orientamenti generali in materia di immigrazione  25

Immigrazione legale e integrazione  27

Asilo e protezione internazionale  31

Contrasto all’immigrazione clandestina  32

L’impatto economico delle migrazioni34

Cooperazione nella gestione delle frontiere  35

L’attivita’ dell’Unione europea in materia di immigrazione e sviluppo  39

Strumenti finanziari39

Le conferenze UE-Africa sull’immigrazione e lo sviluppo  40

Il Vertice di Lisbona UE-Africa  41

La conferenza euro-mediterranea sull’immigrazione  43

L’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico – OCSE (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)45

La partecipazione della Camera dei Deputati alle attività dell’OCSE   48

Programma della Conferenza

Informazioni organizzative  55

Programma della Conferenza (in lingua francese)62

 

 

Documentazione

 

P. Martin ‘La fuga dei cervelli dei professionisti del settore sanitario: miti e realtà’, OECD – International Migration Outlook: SOPEMI - Prospettive delle migrazioni internazionali: SOPEMI, Edizione 2007  65

OECD – International Migration Outlook: SOPEMI ‘Prospettive delle migrazioni internazionali: SOPEMI’, Edizione 2008  65

OECD (Organisation for economic co-operation and development) ‘Policy Coherence for Development – Lessons Learned’, dicembre 2008  65

International Migration Outlook 2008 – ‘Italy’ (stralcio)65

J. P. Martin, International Migration Outlook 2008 ‘Editorial - Temporary Labour Migration: An Illusory Promise?’65

Rilevazione sulla popolazione straniera nell’ambito delle forze di lavoro (Dati tratti dal sito internet dell’ISTAT aggiornati al III trimestre del 2008)99

 


SIWEB

Schede di lettura

 


Le migrazioni internazionali

Dati generali

Circa il 3 per cento della popolazione mondiale vive oggi al di fuori del Paese di origine e la quota di migranti residenti nei paesi sviluppati è circa dell’8 per cento. Per quanto riguarda l’area dell’OCSE, si tratta per una grande parte di movimenti migratori all’interno degli stessi paesi OCSE, anche se le migrazioni provenienti dai PVS sono in costante aumento. Nel 2006 gli immigrati in Europa erano europei per il 60%, mentre gli asiatici costituivano il 50% degli immigrati nei paesi OCSE non europei.

Gli ultimi dati disponibili[1] mostrano che l’immigrazione legale permanente verso i paesi OCSE è stata di circa 4 milioni di persone nel 2006, con un aumento percentuale del 4% rispetto all’anno precedente ma con un rallentamento rispetto agli anni precedenti. La Cina è la principale fonte di migranti nell’area OCSE (10,7% del totale) mentre all’interno dell’area OCSE è la Polonia il Paese dal quale partono più emigranti verso altri paesi OCSE (5,3%). A seguire, i Paesi che forniscono le maggiori quote di migranti verso i Paesi OCSE sono la Romania (4,6%), il Messico (4,2%) e le Filippine (3,6%). L’immigrazione è aumentata maggiormente, su base proporzionale, in Portogallo, Svezia, Irlanda e Danimarca, Paesi nei quali l’ingresso di cittadini stranieri è salito di più del 20%; forti aumenti di immigranti sono stati registrati anche negli Stati Uniti, in Corea e in Spagna.

I motivi che spingono all’emigrazione risiedono per il 44% in ragioni familiari (ricongiungimenti o matrimoni), seguiti da quelli di lavoro (14%) e da cause umanitarie (12%). La ricerca di asilo sta diventando sempre meno una fonte di ingressi permanenti: nel 2006, con 282.000 casi, si è toccato il livello più basso a partire dal 1987. I paesi dai quali originano i richiedenti asilo erano soprattutto l’Iraq, seguito da Serbia e Montenegro.

Quanto alle migrazioni temporanee, si calcola che nel 2006 siano entrati nei paesi OCSE circa 2,5 milioni di lavoratori, ma la migrazione temporanea aumenta più lentamente di quella permanente. La maggioranza del lavoro temporaneo riguarda occupazioni a bassa specializzazione. Il numero dei permessi temporanei di lavoro rilasciati a lavoratori stranieri da paesi OCSE è cresciuto con regolarità a partire dal 2000, con un tasso di circa il 7 per cento nel 2003, 2004 e 2005.

Nel 2006, le persone nate all’estero assommavano a circa il 12 per cento della popolazione totale dei paesi OCSE, e in più della metà di detti paesi costituiscono almeno un decimo della popolazione. Dal 2000 ad oggi, alcuni paesi hanno visto un enorme aumento della popolazione di immigrati, anche se la base di partenza era piuttosto bassa. Fra di essi l’Irlanda, la Finlandia e l’Austria. Per contro, I paesi dove esisteva già una popolazione di immigrati abbastanza numerosa, come l’Australia, il Canada, il Lussemburgo e la Svizzera, hanno visto una crescita molto più lenta del tasso di immigrazione.

Mediamente circa un quarto degli immigrati ha un grado di istruzione a livello di scuola media superiore, ma questa proporzione varia dall’11% degli stranieri in Austria fino al 38% di quelli immigrati in Canada. Questo divario dipende dal fatto che alcuni paesi, tra cui appunto il Canada, utilizzano metodi selettivi per valutare i migranti.

La Coerenza delle Politiche per lo Sviluppo (CPS)

Per decenni le ricerche e gli studi sulle migrazioni dai paesi poveri verso quelli ricchi hanno preso in considerazione le conseguenze riguardanti i paesi riceventi; la Coerenza delle Politiche per lo sviluppo (CPS) - che persegue il raggiungimento dello sviluppo attraverso la promozione di politiche che agiscano sinergicamente in diversi settori – si interroga anche sugli effetti di lungo periodo sui Paesi di origine delle migrazioni1[2], oltre che sulle riforme che potrebbero massimizzare i benefici e minimizzare i rischi per tutte le parti coinvolte.

Una pubblicazione curata dal Development Centre dell’OCSE [3] rileva che il nuovo sistema di migrazione risponde ad alcune caratteristiche:

·          gli schemi di mobilità reagiscono, ancorché in maniera imperfetta, alle politiche migratorie messe in atto nei Paesi dell’OCSE, e questo fenomeno appare ancora più chiaro se si confrontano le differenti politiche atte ad attirare la manodopera qualificata e i differenti livelli di competenza degli immigrati nei differenti paesi;

·          i migranti internazionali costituiscono nei paesi OCSE una quota di popolazione più alta, mediamente, rispetto a quella dei paesi in via di sviluppo;

·          i migranti poco qualificati contribuiscono maggiormente alla riduzione della povertà nel proprio paese rispetto ai migranti altamente qualificati;

·          i lavoratori poco qualificati che complessivamente migrano nei paesi OCSE provengono in larghissima misura da paesi a medio-basso reddito; solo il 3 per cento di questi proviene dall’Africa sub-sahariana, il 4 per cento dall’Asia meridionale, mentre la gran parte proviene da paesi latinoamericani, esteuropei e centroasiatici;

·          la migrazione di personale altamente qualificato (quello che ha conseguito una licenza di scuola media superiore) colpisce in maniera sproporzionata le economie dei paesi a basso reddito.

 

Recenti approfonditi studi sugli effetti delle migrazioni sui paesi d’origine hanno mostrato, tra l’altro, che i paesi in via di sviluppo che partecipano al sistema mondiale di mobilità tendono ad attraversare diverse tappe, dette “cicli migratori”, la cui individuazione è utile per l’elaborazione delle politiche sull’immigrazione e lo sviluppo. I cicli migratori si articolano in cinque fasi: la partenza, la sistemazione nel paese di immigrazione, il consolidamento della sistemazione, l’inserimento attraverso la creazione di una rete di contatti, il ritorno. Alcune di queste fasi possono essere brevissime, o addirittura saltare, e il ritorno può coincidere con un flusso immigratorio proveniente da altri paesi.

Il citato documento dell’OCSE sulla coerenza delle politiche di sviluppo in relazione alle migrazioni (Policy Coherence for Development: - Migration and Developing Countries – 2007) afferma che sia i Paesi OCSE che quelli al di fuori di tale area dovrebbero elaborare le strategie per lo sviluppo di un dato paese tenendo conto della fase del ciclo che quel paese sta attraversando. Inoltre, i flussi legati alle politiche migratorie, commerciali, di sviluppo e altre ancora, possono rinforzarsi reciprocamente, cosa che costituisce un valido argomento per coordinare le decisioni mettendo in sinergia differenti politiche settoriali.

Sulla base delle conoscenze acquisite riguardo il nesso tra migrazioni e sviluppo, il documento avanza tre gruppi di proposte per l’elaborazione di politiche innovatrici:

1)      i governi dei paesi riceventi dovrebbero formulare le proprie politiche migratorie tenendo in considerazione gli obiettivi di sviluppo e le conseguenze delle migrazioni sui paesi di origine. Il contenuto e l’attuazione delle politiche migratorie e della cooperazione allo sviluppo dovrebbero essere meglio collegate per poter raggiungere lo scopo di entrambe. Politiche più coerenti possono aiutare a trasformare la “fuga di cervelli” nel suo contrario e accrescere i benefici dei paesi di origine con la mobilità dei lavoratori poco specializzati. Per ottenere questi risultati vengono suggerite alcune misure, tra le quali:

a)      sfruttare il potenziale della migrazione circolare attraverso il rilascio di visti multipli e permessi di lavoro. Nel caso di migranti altamente qualificati, tali sistemi possono attenuare gli effetti paralizzanti sui servizi sociali dei paesi d’origine; nel caso di migranti poco qualificati possono favorire il trasferimento di fondi e ridurre l’incidenza della migrazione clandestina;

b)      i paesi OCSE dovrebbero sviluppare delle procedure per regolare il reclutamento di lavoratori altamente qualificati dai loro paesi di origine;

c)       adottare misure per ridurre costi per il trasferimento del denaro.

 

2)      i governanti dei paesi dai quali partono i migranti, nel decidere le politiche economiche dovrebbero integrare l’emigrazione nelle strategie nazionali di sviluppo. I paesi di origine dovrebbero operare affinché le loro politiche macroeconomiche, la gestione delle risorse umane, l’educazione superiore, gli investimenti per le infrastrutture e le iniziative regionali sud-sud facilitino la redistribuzione delle risorse umane in considerazione dell’aumento della mobilità, così come dovrebbero utilizzare le capacità dei migranti ai fini dello sviluppo. Le politiche di sviluppo dovrebbero essere formulate consultando sia i migranti che i migranti di ritorno. I migranti più capaci e specializzati dovrebbero essere invogliati a tornare per essere impiegati proficuamente in attività che contribuiscano allo sviluppo della loro comunità.

 

3)      All’interno dell’area OCSE, un rafforzamento della coerenza delle politiche – all’interno dello stesso paese e tra paesi diversi - permetterà una gestione più efficace del sistema di mobilità emergente. A tal fine sarà necessaria una revisione delle strutture esistenti e la ricerca di meccanismi per promuovere la comunicazione, la negoziazione e il consenso tra organi politici ed elettori.

Effetti economici sui paesi da cui si originano le migrazioni

Il volume dell’OCSE citato - riguardante la CPS e le migrazioni - sottolinea che è impossibile generalizzare circa gli effetti delle emigrazioni sulle economie dei paesi di origine, perché tali effetti variano sensibilmente a seconda della loro posizione all’interno del ciclo migratorio. Si può tuttavia affermare che l’emigrazione può influenzare la crescita e la riduzione della povertà attraverso tre canali:

§         cambiamenti nell’approvvigionamento di manodopera;

§         cambiamenti nella produttività;

§         rimesse dall’estero.

Il beneficio dell’emigrazione, al netto dei costi, è la somma di questi tre effetti, e l’importanza relativa di ciascun canale varia a seconda della fase del ciclo migratorio.

Le rimesse dei migranti sono state calcolate nel 2005 intorno a 232 miliardi di dollari, il 72% dei quali era diretto verso paesi in via di sviluppo. Sebbene i dati siano incompleti e non del tutto affidabili, si può dire che questa somma supera l’insieme dell’aiuto pubblico allo sviluppo dei paesi OCSE (ODA), degli investimenti diretti all’estero e dei flussi di crediti privati. Le rimesse in denaro  hanno incidenza sui bilanci familiari come sulle economie nazionali. I dati finora raccolti autorizzano a pensare che le rimesse possano ridurre la profondità della povertà, sebbene possano anche accrescere le disuguaglianze. Si è visto che il trasferimento di fondi dei lavoratori meno qualificati è più consistente di quello dei lavoratori specializzati, ma altri fattori che influiscono sulla quantità di denaro inviata nel paese di provenienza sono la durata del soggiorno all’estero e il fatto che l’emigrato sia stato seguito o meno dalla sua famiglia nel paese di destinazione.

Le rimesse di denaro sono spesso utilizzate per il consumo e non per investimento. Ciononostante, in molti casi, come quando il denaro è utilizzato per cure mediche o per l’istruzione, esso viene destinato a spese produttive e, per ciò stesso, funziona da moltiplicatore di benessere su tutta la comunità.

Sebbene l’impatto delle rimesse sullo sviluppo sia unanimemente riconosciuto, rimane ancora molto da fare, sia da parte dei paesi riceventi che da parte di quelli di invio, per assicurarsi che il denaro sia effettivamente utilizzato per incrementare lo sviluppo: è il caso, ad esempio, dei trasferimenti informali di denaro (quelli che non avvengono attraverso circuiti bancari ufficiali), che costituiscono ancora la maggior parte delle rimesse, e che sfuggono al controllo dei governi.

Le migrazioni temporanee, specialmente quelle nelle quali è previsto il ritorno nel paese di destinazione per svolgere lavori stagionali contribuiscono in maniera rilevante allo sviluppo. I programmi di migrazione temporanea prevedono infatti un ingresso legale che previene i lavoratori dall’entrare in situazioni vulnerabili che non consentono l’invio di aiuti nel paese di origine.

Notevole impatto, in senso negativo, hanno sui paesi in via di sviluppo le migrazioni di persone altamente qualificate, un fenomeno comunemente conosciuto come “fuga di cervelli”.

 I dati disponibili sulle partenze, le loro conseguenze e le professioni più implicate non si prestano a generalizzazioni. La regione dove il tasso di emigrazione della popolazione molto istruita è più elevata è l’Africa Subsahariana. Questo esodo può comportare costi molto alti per i paesi di origine: perdita di competenze, di idee e di innovazione, perdita di investimenti nel settore dell’istruzione e perdita di entrate fiscali. Effetto più grave ancora: potrebbe verificarsi l’impoverimento dei già miseri servizi scolastici e sanitari.

Al contrario, nel Paese di immigrazione, troppo personale altamente qualificato si può tradurre in cattiva utilizzazione o svalutazione delle competenze professionali dei migranti.

Il ritorno

Il ritorno al paese di origine è molto più diffuso di quanto non si consideri.

Il ritorno può essere volontario, conseguente al pensionamento, alla modifica delle leggi che regolano le migrazioni, o provocato dalla fine di un contratto. Può inoltre essere stato stabilito inizialmente – condizione di ammissione – o, come nel caso di molti immigrati irregolari, essere il risultato di un provvedimento di espulsione.

I ritorni coatti sono difficili da far rispettare. In generale, il reinserimento nel paese di origine dipende dalle intenzioni dell’emigrato di ritorno, dal livello delle sue competenze e dalla struttura istituzionale del paese. Le migrazioni circolari (o temporanee) possono costituire sia un beneficio per i migranti che per i loro paesi di origine, grazie al fatto che tale tipo di migrazioni favoriscono la circolazione delle competenze.

Secondo quanto riportato nel volume curato dallo IOM (International Organization for Migration) dal titolo “Migration and Development: Achieving Policy Coherence”, i Paesi di origine stanno cominciando a realizzare i potenziali benefici della migrazione di ritorno ma, finora, le misure per incoraggiarla sono piuttosto limitate. I fattori chiave che scoraggiano il ritorno sono stati individuati nelle difficoltà a trovare un lavoro e a reinserirsi in un ambiente diverso da quello al quale l’emigrato era abituato, oltre che in ostacoli burocratici e differenze culturali.

 

 

 

 

 


Le politiche italiane in materia di immigrazione

Le dimensioni del fenomeno migratorio

Il numero di stranieri regolari (tra comunitari ed extracomunitari) presenti nel nostro Paese è ormai vicino ai quattro milioni di persone.

Secondo l’Istituto nazionale di statistica sono 3.432.651 gli stranieri residenti presenti nel nostro Paese al 1° gennaio 2008[4]. Rispetto all’anno precedente si registra un incremento di oltre 493.729 unità (+16,8%), il più elevato nel corso della storia dell’immigrazione del nostro Paese[5].

I dati dell’ISTAT si riferiscono agli stranieri iscritti all’anagrafe della popolazione residente e che presentano, quindi, caratteristiche insediative stabili. A questi devono aggiungersi gli stranieri regolarmente presenti ma che non hanno fatto richiesta o che non sono stati ancora registrati all’anagrafe.

Se si tiene conto anche dei soggiornanti non residenti o non ancora registrati, il numero di stranieri regolari arriva a sfiorare i quattro milioni: 3.987.112 al 31 dicembre 2007[6]. Secondo altre stime la soglia dei quattro milioni sarebbe già stata superata[7].

A seconda dei dati considerati l’incidenza dei cittadini stranieri sulla popolazione complessiva oscilla dal 5,8% e il 6,7%[8] che in ogni caso consentono ormai di annoverare l’Italia tra i grandi Paesi europei di immigrazione accanto a Germania, Spagna, Francia e Regno Unito. Tra questi la Spagna, che presenta caratteristiche simili all’Italia (passato recente di Paese di emigrazione, alto incremento del fenomeno migratorio negli ultimi anni) registra nel 2007 una incidenza dell’11,3%[9].

Accanto alla presenza regolare degli stranieri, è diffuso il fenomeno dell’immigrazione irregolare. Ovviamente, non ci sono stime ufficiali sul numero totale dei clandestini. Un recente studio ipotizza una presenza irregolare in Italia di 650 mila persone all’inizio del 2008 sulla base delle oltre 700 mila domande di assunzione presentate nei primi mesi di quell’anno[10].

Per quanto concerne gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane, si è registrato negli ultimi anni il sostanziale azzeramento dei flussi provenienti dall’Albania e dalla Turchia, diretti in Puglia e in Calabria, mentre la Sicilia continua ad essere particolarmente esposta al flusso di immigrazione illegale. Da segnalare che a partire dal 2005 anche la Sardegna è diventata meta di sbarchi.

Dal 1° gennaio al 9 ottobre del 2008, risultano sbarcate 27.417 persone, a fronte dei 17.264 immigrati approdati nel corrispondente periodo del 2007, con un incremento di 10.153 unità, pari a circa il 59%[11].

Una analisi effettuata a partire dal 2000 permette di individuare le modalità di ingresso degli stranieri in posizione irregolare: il 10% è costituito dagli sbarchi via mare e il 15% riguarda gli ingressi effettuati in maniera fraudolenta via terra. Quindi, solamente il 25% è costituito dai clandestini in senso stretto, la grande maggioranza (75%) è costituita dagli overstayer, ossia da persone che attraversano legalmente il confine con un visto valido (prevalentemente di tipo turistico) e poi si trattengono nel nostro Paese[12].

Le fonti normative

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione extracomunitaria in Italia, fissate dalla legge n. 40 del 1998[13] (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero.

In tempi più recenti è intervenuta la L. 189/2002[14](la cosiddetta “legge Bossi-Fini”) che ha modificato il testo unico del 1998, pur non alterandone l’impianto complessivo.

Norme regolamentari, di attuazione del testo unico, sono contenute nel D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, come modificato dal D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, emanato in attuazione della L. 189/2002.

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione: il diritto dell’immigrazionein senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole; e il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre: la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione); la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

 

Il testo unico non interviene in materia di diritto di asilo la cui disciplina, in passato contenuta nel D.L. 416/1989[15] (la cosiddetta “legge Martelli”), ha avuto di recente una regolamentazione dettagliata ad opera di due decreti legislativi, il n. 251/2007 e 25/2008, entrambi di recepimento della normativa comunitaria: il primo della direttiva 2004/83/CE (la cosiddetta direttiva “qualifiche”), il secondo della direttiva 2005/85/CE (cosiddetta direttiva “procedure”).

Anche la condizione giuridica degli stranieri cittadini di stati membri dell’Unione europea è stata di recente ridisciplinata con il decreto legislativo n. 30/2007 sempre di derivazione comunitaria (dir. 2004/38/CE).

La programmazione dei flussi migratori

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale, il decreto annuale sui flussi, il decreto sull’ingresso degli studenti universitari.

Il documento programmatico sulla politica dell’immigrazione viene elaborato dal Governo ogni tre anni ed è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari. Esso contiene un’analisi del fenomeno migratorio e uno studio degli scenari futuri; gli interventi che lo Stato italiano intende attuare in materia di immigrazione; le linee generali per la definizione dei flussi d’ingresso; le misure di carattere economico e sociale per favorire l’integrazione degli stranieri regolari[16].

Il decreto sui flussi è lo strumento attuativo del documento programmatico, con cui il Governo stabilisce ogni anno, sulla base delle indicazioni contenute nel documento e dei dati sull’effettiva richiesta di lavoro da parte delle realtà locali, elaborati da un’anagrafe informatizzata tenuta dal Ministero del lavoro, le quotemassime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro. In esso sono previste quote riservate per i cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi specifici di cooperazione in materia di immigrazione.

 

Per il 2007 il Governo ha stabilito in 170.000 unità la quota di ingressi autorizzati di lavoratori extracomunitari. La quota relativa al 2008 è stata fissata in 150.000 unità, da coprire utilizzando le graduatorie delle domande eccedenti presentate nel 2007[17].

Il contrasto all’immigrazione clandestina

Il secondo principio su cui si fonda la disciplina dell’immigrazione è quello del contrasto all’immigrazione clandestina.

 

Gli stranieri entrati in Italia senza regolare visto di ingresso sono considerati “clandestini”, mentre sono ritenuti “irregolari” gli stranieri che hanno perduto i requisiti per la permanenza sul territorio nazionale. Secondo le norme vigenti, tali immigrati devono essere respinti alla frontiera o espulsi.

 

Gli strumenti che l’ordinamento predispone per il contrasto all’immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall’espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all’espulsione come sanzione sostitutiva della detenzione.

Il principale di essi può tuttavia considerarsi l’espulsione amministrativa. Dopo la legge Bossi-Fini essa si risolve, nella maggior parte dei casi, nell’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto; più raramente si concreta in una intimazione a lasciare entro 15 giorni il territorio dello Stato. Il provvedimento di espulsione è valido per 10 anni e il mancato rispetto di quanto in esso disposto dà luogo a sanzione penale.

Per contrastare le immigrazioni clandestine e i relativi traffici, la legge Bossi-Fini ha infatti inasprito l’apparato delle sanzioni penali previste dal testo unico ed ha generalizzato il ricorso all’espulsione mediante accompagnamento coatto alla frontiera, modificando numerosi aspetti procedurali del ricorso contro il decreto di espulsione e inasprendo le pene per lo straniero espulso che rientri illegalmente nel territorio dello Stato[18].

Particolarmente severe sono le disposizioni volte a reprimere il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, punito con la reclusione fino a cinque anni o, se il reato è compiuto a fini di lucro, fino a quindici anni. Le pene sono poi aumentate in presenza di circostanze aggravanti, quali l’avviamento alla prostituzione[19]. Va inoltre ricordata, in proposito, la ridefinizione dei reati di riduzione in schiavitù e di tratta di persone operata dalla legge n. 228 del 2003[20].

Una menzione spetta anche al permesso di soggiorno a fini investigativi, rilasciato in favore degli stranieri che prestino la loro collaborazione all’autorità giudiziaria o agli organi di polizia in relazione a delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico. Si tratta di un nuovo strumento introdotto dal decreto-legge n. 144 del 2005[21], e che si inserisce nel solco della legislazione premiale in materia di immigrazione inaugurata dal permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, che può essere rilasciato a immigrati clandestini che siano vittime di situazioni di violenza o di grave sfruttamento[22].

Quando l’espulsione non può essere immediata, gli stranieri devono essere trattenuti presso appositi centri di identificazione ed espulsione (CIE) (nuova denominazione dei centri di permanenza temporanea ed assistenza – CPTA) per il tempo strettamente necessario alla loro identificazione ed espulsione.

 

I CIE, ex CPTA,sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (i motivi di possibile trattenimento sono i seguenti: perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero a giudizio di convalida, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo)[23]. In tali strutture lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità (art. 14, co. 2, D.Lgs. 286/1998). Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile, su richiesta del questore e solo in presenza di gravi difficoltà, di altri 30 giorni.

Sono, inoltre, trattenuti nei CIE, coloro che fanno richiesta di asilo dopo essere stati oggetto di un provvedimento di espulsione, ad esclusione dell’espulsione a causa di ingresso clandestino o di trattenimento nel territorio nazionale senza aver fatto richiesta del permesso di soggiorno[24]. In questi due ultimi casi i richiedenti asilo sono ospitati in altre strutture, denominate centri di accoglienza richiedenti asilo (CARA), che hanno sostituito i centri di identificazione introdotti dalle legge 189/2002 (la cosiddetta legge Bossi-Fini). Nei CARA sono trattenuti anche i richiedenti asilo in attesa di identificazione e i respinti alla frontiera.

Va ricordato che, in base alla disciplina posta dall’articolo 20, comma 11, del D.Lgs. 30/2007[25], come modificato nel corso della passata legislatura dal D.Lgs. 32/2008, il trattenimento nei CIE può riguardare anche i cittadini comunitari colpiti da un provvedimento di allontanamento, nelle more della procedura di convalida[26].

Il decreto-legge 151/2008[27] autorizza uno stanziamento pluriennale per l’ammodernamento e l’ampliamento dei CIE e per la costruzione di nuovi. Le nuove strutture, anch’esse nel numero di 10, dovrebbero essere localizzate nelle regioni nelle quali attualmente non esistono CIE. Sono in corso le attività di scelta e di valutazione alle quali partecipano anche le regioni e gli enti locali interessati[28].

Gli interventi a livello internazionale

Uno degli strumenti che hanno reso possibile una efficace azione di contrasto all’immigrazione clandestina è stato la stipulazione, da parte del Governo italiano, di una serie di accordi bilaterali in materia di immigrazione.

Si tratta, innanzitutto, degli accordi di riammissione degli stranieri irregolari, previsti dal testo unico sull’immigrazione, volti ad ottenere la collaborazione delle autorità del Paese straniero nelle operazioni di rimpatrio dei migranti non regolari, espulsi dall’Italia o respinti al momento dell’attraversamento della frontiera.

Con alcuni Paesi, e specificamente con quelli a più alta pressione migratoria, sono stati perfezionati pacchetti di intese di portata più ampia che prevedono non soltanto accordi di riammissione, ma anche intese di cooperazione di polizia, nonché accordi in materia di lavoro. Nei decreti annuali sui flussi di ingresso del lavoratori extracomunitari sono previste quote riservate per gli stranieri provenienti da Paesi che hanno stretto tali accordi globali di cooperazione.

L’integrazione degli stranieri regolari

Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l’integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

Innanzitutto, agli stranieri sono garantiti, alla stregua dei cittadini italiani, i diritti fondamentali di libertà ed eguaglianza fissati dalla prima parte della nostra Costituzione. Tra questi, espressamente destinato agli stranieri, il diritto di asilo (art. 10 Cost.).

Inoltre, una serie di disposizioni contenute in leggi ordinarie provvedono a fissare contenuti e limiti della possibilità degli stranieri di godere dei diritti propri dei cittadini e dall’altro a promuovere l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

In primo luogo, la legge prevede, in presenza di determinate condizioni, la concessione agli stranieri della cittadinanza (per naturalizzazione, per nascita o per matrimonio), quale massimo strumento di integrazione e di possibilità di godimento dei diritti garantiti dall’ordinamento. L’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione presuppone la permanenza regolare e continuativa nel territorio nazionali per dieci anni ed è subordinata alla decisione, in larga parte discrezionale, dell’amministrazione pubblica.

Per quanto riguarda i diritti civili, agli stranieri è garantito il diritto alla difesa in giudizio (art. 17 testo unico).

Inoltre, è prevista una serie di strumenti volti al contrasto della discriminazione razziale: a partire dalla legge 654/1975 di ratifica della Convenzione di New York del 1966 contro il razzismo[29], fino al testo unico che da una definizione puntuale degli atti di discriminazione (art. 43) e disciplina l’azione di sede civile contro tali atti (art. 44).

In questo settore alcuni importanti interventi sono stati realizzati principalmente in attuazione della disciplina comunitaria: due decreti legislativi, 215 e 216 del 2003 contengono disposizioni per garantire la non discriminazione a causa delle proprie origini, il primo in generale, il secondo in materia di lavoro[30].

Sono previste, inoltre, alcune disposizioni relative alla tutela dei diritti sociali.

Specifiche disposizioni del testo unico (artt. 28-33) prendono in esame le forme di garanzia del diritto all’unità familiare e al ricongiungimento familiare, riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti, e di tutela dei minori, il cui prioritario interesse deve sorreggere tutti i provvedimenti amministrativi e giurisdizionali in materia di diritto all’unità familiare.

Per quanto riguarda il diritto alla salute, viene garantita una ampia assistenza sanitaria a tutti gli stranieri, compresi coloro che non sono in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno (artt. 34-36).

Anche il diritto allo studio è garantito dal testo unico (art. 39 e 39-bis).

Le disposizioni del testo unico in materia di servizi abitativi e di assistenza sociale per stranieri (artt. 40-41) prevedono che le regioni, in collaborazione con gli enti locali e con le associazioni di volontariato, predispongano centri di accoglienza destinati ad ospitare stranieri regolarmente soggiornanti e impossibilitati, temporaneamente, a provvedere autonomamente alle proprie esigenze abitative e di sussistenza.

L’art. 41 del testo unico estende a favore degli stranieri in possesso del permesso di soggiorno (di durata non inferiore a un anno)o  del permesso di soggiorno di lungo periodo anche l’accesso ai servizi socioassistenzialiorganizzati sul territorio.

Quanto ai diritti politici, va segnalata la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale fatta a Strasburgo nel 1992 tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa (ratificata dall’Italia con legge 8 marzo 1994, n. 203) con la quale vengono garantiti agli stranieri residenti nei Paesi aderenti una serie di diritti. In particolare il capitolo A della Convenzione prevede il riconoscimento agli stranieri, alle stesse condizioni previste per i cittadini, delle libertà di espressione, di riunione e di associazione, ivi compresa quella di costituire sindacati e affiliarsi ad essi, ferme restando le eventuali limitazioni per ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Con il capitolo B si riconosce il diritto alle collettività locali che hanno nei loro rispettivi territori un numero significativo di residenti stranieri, di creare organi consultivi volti a rappresentare i residenti stranieri a livello, ai quali deve essere data la possibilità di discutere sui problemi di loro interesse per il tramite di rappresentanti eletti o nominati da gruppi associati.

Non si è data, invece, applicazione al capitolo C della Convenzione che impegna le parti a concedere agli stranieri residenti il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni locali che, pertanto, non è attribuibile agli stranieri non comunitari.

Interventi recenti e prospettive future

Le questioni relative all’immigrazione, ed in particolare il contrasto all’immigrazione clandestina e ai reati connessi, sono argomento di dibattito politico fin dall’inizio della legislatura.

 

Nell’illustrare alle Camere il programma del nuovo Governo, il Presidente del Consiglio ha sottolineato “le difficoltà e i rischi dell'immigrazione selvaggia e non regolata” ed ha indicato la necessità di “assorbire e integrare con ordine e saggezza le immigrazioni” interne ed esterne all’Unione europea”[31].

Il“pacchetto sicurezza”

Il 21 maggio 2008, nel primo Consiglio dei Ministri dopo il voto di fiducia, il Governo ha approvato una serie di misure legislative in materia di sicurezza (il cosiddetto “pacchetto sicurezza”) dove ampio spazio è dedicato alle disposizioni volte a contrastare l’immigrazione clandestina e a fare fronte a questioni di ordine e sicurezza pubblica connesse con il fenomeno migratorio.

S tratta, in particolare, di:

§      un decreto-legge recante misure urgenti in materia di sicurezza (D.L. 92/2008);

§      due disegni di legge, attualmente all’esame delle Camere, uno contenente anch’esso disposizioni in materia di sicurezza e l’altro di ratifica al Trattato di Prüm (cooperazione transfrontaliera a fini di contrasto del terrorismo, alla criminalità e alla migrazione illegale);

§      tre schemi di decreto legislativo che intervengono rispettivamente in materia di ricongiungimento familiare, di diritto di asilo e di libera circolazione di cittadini comunitari, i primi due dei quali poi emanati;

§      una dichiarazione di stato di emergenza volta a fare fronte alla situazione di criticità in Campania, in Lombardia e nel Lazio per la presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi stabilmente insediati.

 

Il decreto-legge 92/2008[32] contiene diverse misure in materia di immigrazione alcune delle quali riguardano anche gli stranieri comunitari.

Tra le principali novità si segnalano le seguenti:

§         viene introdotta una nuova circostanza aggravante comune, che comporta l’aumento della pena fino ad un terzo, se il reato è commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale (mod. art. 61 c.p.);

§         i procedimenti relativi ai delitti commessi in violazione delle norme in materia di immigrazione vengono inclusi tra quelli per i quali è assicurata priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza;

§         viene introdotto il reato di cessione di immobile ad uno straniero irregolare, punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la confisca dell’immobile;

§         viene elevata la pena per il datore di lavoro che impiega immigrati clandestini (l’arresto da tre mesi a un anno è aumentato a 6 mesi e 3 anni);

§         viene conferito ai sindaci il compito di segnalare alle competenti autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza la condizione irregolare dello straniero o del cittadino comunitario per l’eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento.

 

Il D.L. 92/2008 anticipa alcune delle disposizioni del pacchetto sicurezza ritenute dal Governo più urgenti. Un altro nutrito gruppo di interventi è contenuto in un disegno di legge del Governo approvato recentemente dal Senato (A.S. 733-A), che dovrà essere esaminato dalla Camera.

Per quanto riguarda l’immigrazione, tra le novità principali si ricorda l’introduzione di una disposizione volta a sanzionale l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Si tratta di una contravvenzione punibile con l’ammenda da 5 mila a 10 mila euro[33]

Riferibili interamente alle questioni dell’immigrazione sono i tre schemi di decreto legislativo facenti parte integrante del pacchetto sicurezza.

 

In estrema sintesi i tre provvedimenti intervengono sulle seguenti questioni:

§         cittadini comunitari: diverse modifiche vengono apportate alla disciplina della condizione giuridica dei cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea, attualmente regolata dal D.Lgs. 30/2007, di attuazione della normativa comunitaria (non approvato in via definitiva);

§         ricongiungimenti familiari: vengono introdotte alcune restrizioni all’esercizio del diritto al ricongiungimento nei confronti del coniuge, dei figli maggiorenni e dei genitori, tra queste la possibilità di ricorrere all’esame del DNA per l’accertamento del rapporto di parentela, in assenza della documentazione relativa o qualora vi siano dubbi sulla sua autenticità (D.Lgs. 160/2008);.

§         rifugiati: il procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato viene modificato in più punti. Tra le modifiche principali l’eliminazione dell’effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale avverso la decisione di rigetto della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e l’introduzione della possibilità da parte del prefetto di stabilire un luogo di residenza ove il richiedente asilo possa circolare (D.Lgs. 159/2008).

Gli schemi dei tre decreti legislativi sono stati presentati dal Governo alle Camere e le Commissioni parlamentari competenti hanno reso i prescritti pareri. Il Consiglio dei ministri nella seduta del 1° agosto 2008, ha recepito in gran parte le proposte e le osservazioni delle Commissioni, ma non ha deliberato in via definitiva sugli schemi decidendo, con una formula definita “irrituale” di inviare i testi per un parere informale alla Commissione europea[34].

Proprio al fine di consentire il confronto con la Commissione europea, è stata disposta una proroga alle autorizzazioni di delega, ormai prossime alla scadenza, di cui i tre schemi costituiscono attuazione[35].

Il 23 settembre 2008 il Consiglio dei Ministri ha approvato due dei tre decreti (asilo e ricongiungimento) che “hanno superato positivamente la verifica di compatibilità con l’ordinamento comunitario”[36]. Riguardo al terzo decreto la Commissione si è espressa in senso contrario in quanto è stata ritenuta eccessiva l'espulsione e sufficiente l'invito ad allontanarsi dal nostro paese[37]. Nel corso dell’audizione svolta il 15 ottobre 2008 dinanzi al Comitato parlamentare Schengen il ministro dell’interno Maroni ha segnalato che, a seguito di rilievi formulati dalla Commissione europea, il Governo ha ritenuto per il momento di accantonare l’adozione del provvedimento di modifica della disciplina relativa alla libertà di circolazione dei cittadini comunitari.

 

Completa il pacchetto la dichiarazione di stato di emergenza volta di fare fronte alla situazione di criticità in Campania, in Lombardia e nel Lazio per la presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi stabilmente insediati in talune aree. Lo stato di emergenza è temporaneo: fino al 31 maggio 2009[38].

Altri interventi in materia di immigrazione

Al pacchetto sicurezza si sono affiancati in questi primi mesi della legislatura altri interventi in materia di immigrazione.

In primo luogo, la dichiarazione dello stato di emergenza sopra citata in Campania, in Lombardia e nel Lazio ha consentito di nominare i prefetti di Napoli, Milano e Roma, commissari delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza. Tra questi il monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi; l’individuazione e sgombero degli insediamenti abusivi; l’identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi attraverso rilievi segnaletici[39].

Nella stessa ottica emergenziale si colloca la proroga dello stato di emergenza deliberata dal Governo il 25 luglio per fronteggiare il massiccio afflusso di cittadini extracomunitari[40].

 

Unitamente agli schemi dei tre decreti legislativi sopra citati, il Governo ha inviato alla Commissione europea anche un rapporto sulle modalità con cui si sono stati condotti i censimenti nei campi nomadi presenti in Lombardia, Lazio e Campania.

Il rapporto è corredato dai rapporti inviati dai prefetti nominati commissari straordinari per l'emergenza rom nelle tre Regioni, dalle linee guida diramate agli stessi prefetti, da una lettera della Croce Rossa e una nota dell'Unicef e dalla lettera con cui il Garante per la protezione dei dati personali approva le linee guida[41].

Recentemente la Commissione ha comunicato i risultati dell’analisi dei documenti inviati giudicando le misure adottate dall'Italia per fare fronte all'emergenza dei campi nomadi illegali non discriminatorie e quindi in linea con il diritto comunitario[42].

 

Misure che riguardano l’immigrazione sono contenute anche nel disegno di legge del Governo in materia di prostituzione che stabilisce una procedura accelerata, da definirsi con un successivo regolamento, per il rimpatrio assistito dei minori stranieri non accompagnati che esercitano la prostituzione ne nostro Paese, al fine di consentire il ricongiungimento del minore con la famiglia di origine (art. 2, comma 2, dell’A.S. 1079 all’esame della I e II Commissione del Senato)[43].

In agosto il Governo ha sottoscritto un trattato di amicizia e cooperazione con la Libia (di cui è in corso di pubblicazione la relativa legge di ratifica approvata di recente dal Parlamento) che prevede anche forme di collaborazione in materia di contrasto all’immigrazione clandestina.

Si ricorda, inoltre, che alcune disposizioni in materia di immigrazione sono contenute in altri provvedimenti di urgenza adottati recentemente dal Governo.

 

Il D.L. 112/2008[44] recante la manovra economica per il 2009, ha inserito gli immigrati a basso reddito tra i soggetti destinatari delle abitazioni del Piano casa, a condizione che siano residenti da almeno 10 anni nel territorio nazionale ovvero da 5 anni nella medesima regione (art. 11) e prevede che l’assegno sociale è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno 10 anni nel territorio nazionale (art. 20, co. 10)

Il decreto-legge 93/2008[45] riduce alcune delle autorizzazioni di spesa tra cui gli stanziamenti per il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati[46].

 

Si segnala, inoltre, la proposta di legge A.C. 1446 di iniziativa parlamentare volta a mutare le competenze del Comitato bicamerale di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen che verrebbe trasformato in un comitato parlamentare in materia di immigrazione. La proposta è stata approvata dalla I Commissione (Affari costituzionali) della Camera.

Sempre di iniziativa parlamentare, la proposta di legge A.C. 1052 per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla condizione delle donne e dei minori nelle comunità rom presenti in Italia e le proposte A.C. 103 e abbinate che modificano la disciplina della cittadinanza (entrambe all’esame della I Commissione).

La Camera ha affrontato la questione dell’immigrazione anche sul versante dell’attività di indirizzo e controllo.

Si segnala a proposito la discussione su di una serie di mozioni sull’accesso alla scuola dell’obbligo degli studenti stranieri[47] che ha portato all’approvazione di un testo che impegna il Governo, tra l’altro, a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione e a istituire “classi ponte”, che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all'ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti.

Le Commissioni riunite I e II hanno esaminato una proposta di direttiva comunitaria che punisce i datori di lavoro che impiegano clandestini valutandola positivamente e impegnando il Governo a sostenere, in sede di Consiglio dell'Unione europea alcune modifiche e integrazioni al testo della proposta[48].

 

È stato infine prorogato fino al 31 dicembre 2009 il regime transitorio per l'accesso al mercato del lavoro dei cittadini rumeni e bulgari, confermando le disposizioni degli anni precedenti che pongono alcune limitazioni in materia di accesso al lavoro subordinato[49].


Le politiche italiane in materia di mercato del lavoro e immigrazione

Per quanto concerne le politiche dell’immigrazione, con specifico riferimento ai profili inerenti il settore del lavoro, si segnalano nel corso delle ultime due legislature i provvedimenti di seguito riportati.

 

Nella XIV legislatura è stata, in primo luogo, approvata la legge 30 luglio 2002, n. 189[50], recante “Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”.

Con tale provvedimento è stato istituito presso ogni Prefettura-ufficio territoriale del Governo lo sportello unico per l'immigrazione, responsabile dell'intero procedimento relativo all'assunzione di lavoratori subordinati stranieri a tempo determinato ed indeterminato.

Presso tale ufficio, il datore di lavoro, italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia, che intenda instaurare in Italia un rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato con uno straniero residente all'estero, presenta tutta la documentazione necessaria per l’instaurazione del rapporto. Lo sportello unico comunica le richieste al centro provinciale per l’impiego competente, che le diffonde agli altri centri per l’impiego anche per via telematica. Tale comunicazione viene effettuata ai fini del reperimento di eventuali richieste di lavoratori nazionali o comunitari che possano pervenire al centro per l’impiego. Ottenuto il nulla osta la documentazione viene girata agli uffici consolari.

La legge prevede, poi, canali di comunicazione tra questure e INPS sulle informazioni anagrafiche relative ai lavoratori extracomunitari. Inoltre, viene istituito presso l’INPS un Archivio anagrafico dei lavoratori extracomunitari, da condividere con altre amministrazioni pubbliche, mentre lo sportello unico fornisce al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, il numero e il tipo di nulla osta rilasciati.

Infine, sono fatti salvi la validità del permesso di soggiorno per il lavoratore extracomunitario che abbia perso il posto di lavoro, anche per dimissioni, e vengono conservati i diritti previdenziali e di sicurezza sociale maturati in caso di rimpatrio. Inoltre, al lavoratore extracomunitario è attribuito il diritto alla frequenza di tutti i corsi di formazione e di riqualificazione programmati nel territorio della Repubblica.

 

Viene prevista poi una attività di istruzione e di formazione professionale nei Paesi di origine dei lavoratori extracomunitari, ai fini del loro inserimento lavorativo mirato nei settori produttivi italiani. Agli stranieri che abbiano seguito tali corsi sono attribuiti titoli di preferenza nei settori di impiego ai fini dell’ottenimento del permesso di soggiorno.

 

La legge 189/2002 prevede che la durata del permesso per lavoro stagionale è fissata in un massimo di nove mesi. Per il suo ottenimento, la richiesta viene presentata presso lo sportello unico che, nel caso in cui il nominativo sia sconosciuto, gira la richiesta al centro per l’impiego per la verifica della disponibilità dei lavoratori italiani o comunitari.

 

Infine, è prevista la dichiarazione per l’emersione del lavoro irregolare, che può presentare il datore di lavoro che abbia alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria, adibito ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l'autosufficienza, ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare. Tale dichiarazione viene presentata alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio, che avvia il procedimento, di concerto con la Questura, per la verifica della sua ammissibilità e ricevibilità.

Con la denuncia di emersione i presentatori non sono punibili per i reati e le violazioni amministrative concernenti i lavoratori extracomunitari compiuti in precedenza.

La possibilità di presentare la dichiarazione viene esclusa per i lavoratori extracomunitari raggiunti da un provvedimento di espulsione per motivi diversi dal mancato rinnovo del permesso di soggiorno, per coloro che risultino segnalati, anche in base ad accordi o convenzioni internazionali in vigore in Italia, ai fini della non ammissione nel territorio dello Stato o per coloro denunciati per uno dei reati indicati negli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale per cui si prevede l’arresto obbligatorio in flagranza.

 

Nella XV legislatura è stata adottato il decreto-legge 15 febbraio 2007, n. 10, recante “Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali”[51], con il quale sono stati regolati casi particolari di ingresso per lavoro di cittadini stranieri.

In tal senso, sono state ridefinite le particolari modalità e i termini per il rilascio delle autorizzazioni al lavoro, dei visti di ingresso e dei permessi di soggiorno per lavoro subordinato, per specifiche categorie di lavoratori stranieri, al di fuori dei casi degli ingressi per lavoro annualmente autorizzati con D.P.C.M. (c.d. “decreto-flussi”).

Pertanto, per i dipendenti regolarmente retribuiti da datori di lavoro, persone fisiche o giuridiche, residenti o aventi sede in uno Stato membro dell’Unione europea, il nulla-osta al lavoro - di cui all’articolo 22 del D.Lgs. 286/1998 – viene sostituito da una comunicazione effettuata dal committente che individua il contratto in base al quale la prestazione di servizi ha luogo, la quale viene presentata allo sportello unico della Prefettura territorialmente competente, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno.

A tale comunicazione, va aggiunta una dichiarazione del datore di lavoro contenente i nominativi dei lavoratori da distaccare, attestante la regolarità della loro situazione in riferimento alle condizioni di residenza e di lavoro nello Stato membro in cui ha la sede il datore di lavoro.


La politica dell’Unione europea in materia di immigrazione
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

Orientamenti generali in materia di immigrazione

Al fine ultimo di realizzare una vera e propria politica comune europea dell’immigrazione le più recenti iniziative delle istituzioni UE in materia di immigrazione sono volte a completare il quadro di armonizzazione delle legislazioni nazionali relativamente a:

·         sostegno all’immigrazione legale;

·         contrasto all’immigrazione clandestina;

·         estensione della cooperazione con i paesi terzi.

Le linee di sviluppo futuro della politica europea in materia di immigrazione nell’ultima fase del programma dell’Aia, adottato dal Consiglio europeo del novembre 2004, sono state indicate dalla Commissione europea nella comunicazione "Una politica d'immigrazione comune per l'Europa: principi, azioni e strumenti" (COM(2008)359)[52], presentata il 17 giugno 2008..

Ulteriori indicazioni sono state fornite dalla Commissione europea nella comunicazione “Rafforzare l’approccio globale in materia di migrazione: aumentare il coordinamento, la coerenza e le sinergie” (COM(2008)611), presentata l’8 ottobre 2008  e sulla quale il Consiglio si è favorevolmente espresso nella riunione del 27 novembre 2008.

Tra le altre cose la Commissione europea propone di :

-   attuare e valutare la prima generazione di partenariati per la mobilità[53] al fine di estendere l’uso di questi meccanismi cruciali per la cooperazione strategica con alcuni paesi terzi, tenendo conto delle priorità della politica estera dell’Unione europea.

-   elaborare strumenti destinati a collegare l’offerta e la domanda di lavoro e incentivare i gemellaggi tra le agenzie di collocamento e le istituzioni strategiche negli Stati membri e nei paesi terzi:

-   aiutare paesi terzi strategici a rafforzare la gestione del’emigrazione;

-   sostenere i paesi terzi nell’adozione e nell’attuazione di strategie nazionali di gestione integrata delle frontiere, conformi alle norme UE;

-   incoraggiare i paesi terzi a ratificare e applicare strumenti internazionali relativi alla lotta contro il traffico di migranti e al tratta di esseri umani.

Tenendo conto della succitata comunicazione della Commissione, il Consiglio affari generali e relazioni esterne dell’8-9 dicembre 2008 ha adottato conclusioni sul tema “Valutazione dell’attuazione dell’approccio globale in materia di migrazioni e sul partenariato con i paesi di origine e di transito”. Il Consiglio ritiene che l’approccio globale debba tenere meglio conto dei seguenti temi: la dimensione esterna della politica europea in materia di asilo; l’effetto del cambiamento climatico sulle migrazioni; le possibili conseguenze della crisi finanziaria internazionale; la questione dei minori non accompagnati, che dovrebbe costituire un elemento specifico di dialogo e di cooperazione con i paesi terzi.

Il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo

Il Consiglio europeo del 15 - 16 ottobre ha adottato il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo, documento contenente principi concordati dai governi degli Stati membri al fine di una azione coordinata in materia, volta alla rapida attuazione di misure sia a livello UE che a livello nazionale. Il Patto si fonda su cinque impegni politici principali:

-   organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, delle esigenze, delle capacità d’accoglienza determinate da ogni Stato membro e favorire l’integrazione;

-   combattere l’immigrazione clandestina, in particolare assicurando il ritorno nel loro paese o in un paese di transito degli stranieri in posizione irregolare;

-   rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere;

-   costruire una Europa dell’asilo, attraverso l’introduzione di una procedura unica in materia di asilo che preveda garanzie comuni, l’adozione di status uniformi per i rifugiati e i beneficiari di protezione sussidiaria e l’intensificazione della cooperazione pratica tra Stati membri;

-   creare un partenariato globale con i paesi di origine e di transito favorendo le sinergie tra migrazione e sviluppo.

L'attuazione del patto sarà oggetto di un dibattito annuale a decorrere dal Consiglio europeo del giugno 2010. Si ricorda che l’elaborazione del documento ha costituito una delle priorità della Presidenza francese.

Immigrazione legale e integrazione

Sulla base di quanto stabilito nel Piano d’azione per l’immigrazione legale, presentato nel dicembre 2005 (COM(2005)669), il 23 ottobre 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di misure comprendente:

·         una proposta di direttiva (COM(2007)637) relativa all’ammissione nell’Unione di migranti per posti di lavoro altamente qualificati.

La proposta di direttiva ha l’obiettivo di:

- instaurare una procedura speciale per l’ingresso e il soggiorno di cittadini  di paesi terzi che richiedano di risiedere nell’Unione europea per occupare posti di lavoro altamente qualificati per un periodo superiore a tre mesi;

- definire le condizioni in cui i cittadini di paesi terzi che si trovino in situazione di soggiorno regolare in uno Stato membro, ai sensi della proposta di direttiva in questione, possano soggiornare con le loro famiglie in altri Stati membri.

Per definire la nozione di “impiego altamente qualificato” la proposta di direttiva si basa su due elementi: l’obbligo di esercitare un’attività economica dipendente (escludendo quindi i lavoratori autonomi) e l’elevata qualificazione professionale richiesta. A questo proposito, al fine di includere nel campo di azione della proposta di direttiva anche quei lavoratori che non abbiano necessariamente bisogno di un diploma di studi superiori per esercitare la loro attività (ad es. nel settore dell’informatica), viene considerata, al posto del diploma, l’esperienza acquisita in almeno tre anni di attività nel settore.

Ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, la proposta di direttiva stabilisce che iI richiedente debba provare di possedere i diplomi o i requisiti di esperienza suddetti e presentare obbligatoriamente un contratto di lavoro (o un’offerta sicura di impiego), in cui sia indicato uno stipendio pari almeno a tre volte il salario minimo fissato a livello nazionale. Il richiedente (ma non i suoi familiari) in possesso dei requisiti previsti riceverà un permesso di soggiorno denominato “carta blu europea”, con la menzione delle condizioni a cui essi sono autorizzati a lavorare. E’ prevista una procedura accelerata (30 giorni) per i cittadini di paesi terzi che già soggiornino regolarmente in uno Stato membro e vogliano modificare il proprio statuto giuridico. Gli articoli 7, 9 e 10 della proposta stabiliscono che essa non crea un “diritto di ammissione”, enunciando i motivi di rifiuto, possibili o obbligatori, del rilascio, ritiro o mancato rinnovo del permesso di soggiorno, quali, in particolare, il non rispetto dei requisiti, l’esistenza di quote e la possibilità per lo Stato membro di procedere a un esame del mercato del lavoro.

Per quanto riguarda le condizioni di residenza per i lavoratori in questione e le loro famiglie, la proposta di direttiva prevede il ricongiungimento familiare immediato .

Allo scopo di garantire la mobilità geografica dei lavoratori altamente qualificati, la proposta di direttiva autorizza il cumulo di periodi di soggiorno in altri Stati membri (fino a tre) ai fini del riconoscimento dello status di residenti di lunga durata. La proposta prevede inoltre che periodi di assenza dall’Unione europea non pregiudichino la maturazione dei requisiti di residente di lungo periodo, così da evitare una eventuale “fuga di cervelli” dai paesi di origine e sostenere la politica UE in materia di migrazione circolare.

La proposta, che segue la procedura di consultazione,è stata esaminata dal Parlamento europeo in plenaria il 20 settembre 2008 ed è in attesa di decisione finale da parte del Consiglio

·       una proposta di direttiva (COM(2007)638), che istituisce una procedura unica per la richiesta di permesso unico di residenza e lavoro e stabilisce un insieme comune di diritti per i lavoratori dei paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro.

La proposta prevede che la direttiva si applichi ai cittadini di paesi terzi che richiedano l’autorizzazione a risiedere e a lavorare nel territorio dell’Unione europea e ai lavoratori provenienti da paesi terzi e soggiornanti regolarmente in uno Stato membro. In base alla proposta di direttiva:

- ogni domanda di autorizzazione a soggiornare e a lavorare sul territorio dello Stato membro è introdotta nel quadro di una procedura di domanda unica;

- la decisione relativa al rilascio, modifica o rinnovo del permesso unico prende la forma di un titolo combinato che autorizza contestualmente a soggiornare e a lavorare nel quadro di un atto amministrativo unico.

La proposta prevede che il permesso unico sia rilasciato, con l’integrazione obbligatoria delle opportune informazioni riguardo al lavoro, nel formato armonizzato già previsto dal Regolamento CE n. 1030/2002[54] per il permesso di soggiorno per cittadini di paesi terzi.

Gli Stati membri possono imporre ai richiedenti il pagamento di diritti per il trattamento delle domande. L'importo dei diritti deve essere proporzionato e può basarsi sul principio del servizio effettivamente prestato

Il Capo III della proposta di direttiva è dedicato al diritto alla parità di trattamento. Esso stabilisce in particolare che i lavoratori provenienti da paesi terzi godano dell’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali almeno per quanto riguarda:

a) condizioni di lavoro, incluse le condizioni in materia di salario, di licenziamento, di salute e sicurezza sul lavoro;

b) libertà di associazione, di affiliazione e di impegno in una organizzazione di lavoratori o datori di lavoro o in qualsiasi organizzazione professionale, compresi i vantaggi che possono da ciò derivare senza pregiudizio delle disposizioni nazionali in materia di ordine pubblico e di sicurezza pubblica;

c) istruzione e formazione professionale;

d) riconoscimento dei diplomi, certificati e altri titoli professionali, conformemente alle procedure nazionali applicabili;

e) i settori della previdenza sociale quali definiti dal regolamento CE 1408/71,  relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori salariati, non salariati e ai membri delle loro famiglie;

f) il pagamento dei diritti di quiescenza in caso di spostamento in un paese terzo;

g) vantaggi fiscali;

h) accesso a beni e servizi offerti al pubblico, comprese le procedure di accesso all’ abitazione e l’assistenza offerta dai servizi per l’impiego.

Gli Stati membri possono limitare l’uguaglianza di trattamento con i lavoratori nazionali:

·         esigendo la prova di una conoscenza appropriata della lingua per consentire l’accesso all’istruzione e alla formazione; l’accesso all’università può essere subordinato a prerequisiti particolari in materia di studio;

·         restringendo i diritti conferiti in materia di istruzione e formazione, per quanto riguarda le borse di studio;

·         restringendo i diritti conferiti dal punto h), per quanto riguarda gli alloggi sociali, ai cittadini di paesi terzi che abbiano soggiornato o  abbiano avuto il diritto di soggiornare nel loro territorio per almeno tre anni;

·         restringendo i diritti conferiti dai punti a), b) e g), ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego;

·         restringendo i diritti conferiti dal punto e) ai lavoratori provenienti da paesi terzi che abbiano effettivamente un impiego, tranne che per quanto riguarda le indennità di disoccupazione.

La proposta, che segue la procedura di consultazione,è stata esaminata dal Parlamento europeo in plenaria il 20 settembre 2008 ed è in attesa di decisione finale da parte del Consiglio

In materia di integrazione si ricorda che il Consiglio giustizia e affari interni del 27 novembre 2008 ha adottato conclusioni sulla base della dichiarazione finale approvata dalla terza Conferenza ministeriale sull’integrazione svoltasi a Vichy il 3 e 4 novembre 2008[55]. Le conclusioni identificano una serie di temi prioritari su cui concentrare le  prossime azioni sia a livello UE che a livello nazionale: la promozione dei valori europei,  l’elaborazione di un percorso di integrazione, l’accesso al  mondo del lavoro, l’integrazione delle donne e l’educazione dei bambini, il dialogo interculturale, la governance  delle politiche di integrazione.

L’8 ottobre 2008 la Commissione europea ha presentato una relazione sulla applicazione della direttiva 2003/86/CE relativa al ricongiungimento familiare (COM(2008)610).

Relativamente alle misure di integrazione previste facoltativamente dalla direttiva, la relazione, tra le altre cose, rileva che tre Stati membri (NL, DE, FR) usano la misura di integrazione come prerequisito per l'ammissione nel territorio. DE esige, eccezion fatta per alcune nazionalità, che il coniuge abbia una conoscenza di base del tedesco prima dell'ingresso, da dimostrarsi presso un consolato. In FR, il rilascio del visto è subordinato alla valutazione della conoscenza del francese e, nei casi in cui tale conoscenza è insufficiente, alla frequenza di corsi di lingua. Una volta che il familiare è stato ammesso a soggiornare in Francia, deve firmare un contratto di "accoglienza e integrazione" che lo obbliga a seguire corsi di educazione civica e, ove del caso, corsi di lingua. NL impone che i familiari superino un primo[56] esame di integrazione riguardante la lingua e la conoscenza della società olandese alla quale si possono sottoporre unicamente nel paese di origine. Sono esenti alcune nazionalità, alcuni gruppi e gli immigranti altamente specializzati. Se un candidato non supera la prova, la decisione non è impugnabile, ma è possibile sottoporvisi nuovamente senza aggravio di spese. Altri Stati membri (AT, CY, EL) richiedono che i familiari partecipino a corsi di integrazione (essenzialmente corsi di lingua) o superino esami di lingua dopo l'ammissione. Per alcuni è indispensabile che il soggiorno sia stabile (LT), altri prevedono la possibilità di revocare i benefici (DE) in caso di mancato rispetto.

La relazione rileva che in tutti gli Stati membri, fuorché IT e PT, i richiedenti devono pagare dei diritti. Non è sempre chiaro se i diritti servano per il visto o la domanda in sé. L'ammontare complessivo varia da un importo simbolico per spese amministrative in BE e ES o un diritto di 35 euro in CZ e EE a 1 368 euro in NL[57]. In media, i diritti variano da 50 a 150 euro.

Asilo e protezione internazionale

In materia si segnala la comunicazione “Piano strategico sull'asilo – Un approccio integrato in materia di protezione nell'Unione europea” (COM(2008)360) presentato dalla Commissione europea il 17 giugno 2008.

Al fini di completare la  realizzazione del sistema comune europeo di asilo entro il 2010, il piano strategico propone di migliorare la definizione, a livello UE, degli standard di protezione, modificando gli strumenti giuridici esistenti. Il piano strategico prevede strumenti per promuovere la solidarietà nei confronti di quegli Stati membri il cui sistema d'asilo sia sottoposto a un onere eccessivo e misure per sostenere i paesi terzi che ospitano un gran numero di rifugiati.

In tale quadro il 3 dicembre 2008la Commissione europea ha presentato un pacchetto di misure comprendente:

·   una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/9/CE sulle norme relative all’accoglienza dei richiedenti asilo;

La proposta prevede, tra le altre cose, l’applicazione del  trattenimento solo in circostanze eccezionali e con opportune garanzie giuridiche, e mai nei confronti di minori a meno che ciò non sia nel loro interesse;meccanismi atti ad individuare tempestivamente i richiedenti asilo con esigenze particolari per offrire loro un trattamento appropriato; agevolazioni per l’accesso  al mercato del lavoro.

·   una proposta di regolamento che modifica il regolamento CE n. 343/2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo;

La proposta, tra le altre cose, facilita il ricongiungimento familiare, in particolare per quanto riguarda il ricongiungimento di un richiedente con parenti con i quali esiste un legame di dipendenza e con beneficiari di protezione sussidiaria.

·   una proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 2725/2000, concernente l’istituzione del sistema “EURODAC” per il confronto delle impronte digitali per l'efficace applicazione della convenzione di Dublino[58].

La proposta definisce norme per garantire l'effettiva e tempestiva trasmissione delle impronte digitali all'unità centrale EURODAC onde individuare correttamente lo Stato membro competente, ai sensi del regolamento Dublino, per l'esame della domanda di asilo, chiarendo inoltre chiarisce le disposizioni che consentono alla Commissione e al garante europeo della protezione dei dati (GEPD) di controllare efficacemente l'accesso delle autorità nazionali ai dati contenuti nell'EURODAC.

Si segnala inoltre che il Consiglio giustizia e affari interni del 27 novembre 2008 ha svolto un dibattito, senza pervenire ad un accordo unanime, sulla proposta di direttiva volta ad estendere lo status di soggiornanti di lungo periodo anche ai beneficiari di protezione internazionale.

Contrasto all’immigrazione clandestina

E’ attualmente all’esame delle istituzioni europee  la proposta di direttiva (COM(2007)249), relativa a sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi residenti illegalmente nel territorio dell’UE.

La proposta di direttiva, nel testo di compromesso risultante da lunghi negoziati tra le istituzioni UE e approvato dal Parlamento europeo il 4 febbraio 2009,vieta l'impiego di cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente al fine di contrastare l’immigrazione illegale. A tal fine essa stabilisce norme minime comuni relative a sanzioni e provvedimenti applicabili negli Stati membri nei confronti dei datori di lavoro (persone fisiche o giuridiche, ma anche privati cittadini quando agiscono in qualità di datori di lavoro) che violano tale divieto. In base alla proposta, gli Stati membri obbligano i datori di lavoro:

-   a chiedere che un cittadino di un paese terzo, prima di assumere l'impiego, possieda e presenti al datore di lavoro il permesso di soggiorno o altra autorizzazione di soggiorno ;

-   a tenere, almeno per la durata dell'impiego, una copia o registrazione del permesso di soggiorno o altra autorizzazione di soggiorno a disposizione delle autorità competenti degli Stati membri, a fini di eventuale ispezione ;

-   a informare, entro un termine fissato da ciascuno Stato membro, le autorità competenti designate dagli Stati membri dell’inizio dell’impiego di un cittadino di un paese terzo.

Gli Stati membri dovranno adottare le misure necessarie affinché i datori di lavoro che violano le disposizioni precitate «siano passibili di sanzioni effettive, proporzionate e dissuasive». Queste potranno includere, sanzioni finanziarie che aumenteranno a seconda del numero di cittadini di paesi terzi impiegati illegalmente e il pagamento dei relativi costi di rimpatrio. Tuttavia, potranno essere previste delle sanzioni ridotte per le persone fisiche che impiegano a fini privati e se non sussistano condizioni lavorative di particolare sfruttamento».

I datori di lavoro, inoltre, saranno tenuti a pagare la retribuzione arretrata ai cittadini di paesi terzi illegalmente impiegati, che si presume corrisponda al salario minimo stabilito dalla legge, da accordi collettivi o dalla prassi del settore interessato. Ma dovranno anche versare un importo pari alle tasse e i contributi previdenziali che avrebbero pagato in caso di assunzione legale, incluse le penalità di mora e le relative sanzioni amministrative. Se del caso, dovranno pagare anche tutti i costi derivanti dal trasferimento delle retribuzioni arretrate verso il paese in cui è stato rimpatriato il lavoratore.

Gli Stati membri, inoltre, dovranno porre in atto gli appropriati meccanismi affinché i cittadini dei paesi terzi impiegati illegalmente possano presentare domanda e dare esecuzione ad una sentenza nei confronti del datore di lavoro per ogni retribuzione arretrata, anche nei casi di rimpatrio volontario o forzato, e possano ricevere tale pagamento. Norme specifiche sono definite per i casi di subappalto, fermo restando che un appaltante «che ha adempiuto ai suoi obblighi con la debita diligenza come previsto dalla legislazione nazionale non è ritenuto responsabile».

Gli Stati membri dovranno anche adottare le misure necessarie affinché un datore di lavoro sia anche soggetto, se del caso, all'esclusione dal beneficio di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici, compresi i fondi UE gestiti dagli Stati membri, e dalla partecipazione ad appalti pubblici, per un periodo fino a cinque anni. Potrà inoltre essere imposto il rimborso di alcune o di tutte le prestazioni, sovvenzioni o aiuti pubblici – inclusi fondi UE gestiti dagli Stati membri – concesse al datore di lavoro fino a 12 mesi prima della constatazione del lavoro illegale. Infine, potrà essere decisa la chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti in cui ha avuto luogo la violazione, o il ritiro temporaneo o permanente della licenza d’esercizio dell'attività economica in questione, «se giustificata dalla gravità della situazione». Gli Stati membri, tuttavia, avranno la facoltà di esonerare da queste sanzioni il datore di lavoro che sia una persona fisica che ha assunto a fini privati.

Per i casi di violazione più gravi la proposta stabilisce anche sanzioni penali. In particolare, si dispone che la violazione del divieto, se intenzionale, costituisca reato in ciascuno dei seguenti casi, come previsto dalla legislazione nazionale:

-   la violazione prosegue, oppure è costantemente reiterata ;

-   la violazione riguarda l'impiego simultaneo di un numero significativo di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare ;

-   la violazione è accompagnata da situazioni di particolare sfruttamento ;

-   la violazione è commessa da un datore di lavoro che, pur non essendo accusato o condannato per un reato definito ai sensi della decisione quadro 2002/629/GAI sulla lotta alla tratta degli esseri umani, ricorre al lavoro o ai servizi di una persona nella consapevolezza che il cittadino del paese terzo soggiornante illegalmente è vittima della tratta di esseri umani;

-   la violazione riguarda l'impiego illegale di un minore.

Gli Stati membri provvedono a che l'istigazione, il favoreggiamento e la complicità nella commissione degli atti intenzionali succitati siano punibili come reati.

Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché le persone giuridiche possano essere considerate responsabili delle violazionisuddette, commessi a loro vantaggio da chiunque, agendo a titolo individuale o in quanto membro di un loro organo, occupi al loro interno una posizione direttiva. Gli Stati membri possono inoltre decidere di rendere pubblico un elenco di datori di lavoro aventi personalità giuridica e ritenuti responsabili dei reati suindicati.

La proposta prevede che Gli Stati membri saranno tenuti a predisporre un meccanismo che consenta ai cittadini di paesi terzi interessati di presentare denunce, sia direttamente che tramite terzi, come sindacati o associazioni. Gli Stati membri dovrebbero inoltre rilasciare permessi di soggiorno per un periodo limitato – a seconda della durata dei procedimenti nazionali – ai cittadini dei paesi terzi vittime di sfruttamento e che cooperino ad azioni penali contro i datori di lavoro. La proposta prevede infine che gli Stati membri effettuino ispezioni efficaci ed adeguate nelle imprese stabilite nei loro territori. Tali ispezioni si baseranno  innanzitutto su una valutazione dei rischi effettuata dalle autorità competenti degli Stati membri.

La proposta, che segue la procedura di codecisione è in attesa di decisione finale da parte del Consiglio. La proposta in questione è stata esaminata dalla Camera dei deputati ai sensi dell’articolo 127 del regolamento. La Commissione Politiche dell’Unione europea ha adottato un parere favorevole con osservazioni il 25 novembre 2008. Le Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia hanno approvato un documento finale nella seduta del 26 novembre 2008.

Si segnala infine la definitiva adozione, il 16 dicembre 2008, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

L’impatto economico delle migrazioni

Il 13 novembre 2007 il Consiglio Ecofin ha svolto un dibattito sui flussi di capitale e lavoro nel mondo economico affrontando in particolare il tema dell’impatto economico delle migrazione nell’UE. Il dibattito ha preso le mosse da un documento di lavoro della Commissione (COM(2007)545) in cui viene rilevata l’importanza della dimensione economica dell’immigrazione, soprattutto in relazione ai suoi effetti sulla crescita della popolazione, sull’impiego e la mobilità del lavoro, produttività e competitività. Il Consiglio riconosce che i caratteri dell’immigrazione differiscono da uno Stato membro all’altro e che le politiche immigratorie nazionali hanno un impatto che supera i confini nazionali, rendendo determinante la cooperazione anche con gli Stati terzi e sottolinea che l’immigrazione sostituisce, ma completa i processi di riforma strutturale negli Stati membri.

Il Consiglio Ecofin del 4 dicembre 2007 ha adottato conclusioni sul tema “Globalizzazione – l’impatto economico della migrazione”, sottolineando il contributo positivo che l’immigrazione e un’integrazione riuscita possono avere sul dinamismo economico degli Stati membri, ha ribadito che i benefici dell’immigrazione non possono esimere gli Stati membri dall’attuazione di riforme strutturali (aumento della flessibilità, incentivi per il lavoro, condizioni di assunzione per far fronte rapidamente a carenze di manodopera). Osservando che l’immigrazione può contribuire, nel medio termine, al sostegno del sistema pensionistico a ripartizione (pay-as-you-go pension), ma che il suo impatto sulla sostenibilità delle finanza pubbliche a lungo termine sarà marginale, il Consiglio richiama la necessità di appropriate riforme dei sistemi pensionistici e di misure atte a rimuovere le barriere che ostacolano una più ampia partecipazione al mercato del lavoro, al fine di assicurare la sostenibilità finanziaria a lungo termine. Il Consiglio ha sottolineato inoltre l’importanza dell’impegno degli Stati membri nel ridurre gli effetti negativi della “fuga di cervelli” dai paesi di origine, attraverso, tra le altre cose, ulteriori azioni per facilitare il trasferimento delle rimesse. Ribadendo infine che le politiche di immigrazione nazionale hanno un notevole impatto anche oltre frontiera, il Consiglio ha sottolineato l’importanza della cooperazione all’interno dell’Unione europea e tra Stati membri e paesi di origine.

Cooperazione nella gestione delle frontiere

Allo scopo di delineare le possibili prospettive di sviluppo della cooperazione nella gestione delle frontiere UE, fino al 2012, la Commissione ha presentato, nel febbraio 2008, le seguenti comunicazioni:

·    Relazione sulla valutazione e sullo sviluppo futuro della Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea – Frontex (COM(2008)67)[59],

Nel ricordare che tra il 2006 e il 2007 sono state respinte alle frontiere più di 53.000 persone, la Commissione sottolinea, tra le altre cose:

-         l’importante ruolo svolto da Frontex ai fini del coordinamento operativo nelle lotta contro l’immigrazione clandestina alla frontiere marittime. La Commissione rileva che le operazioni in questo settore sono le più onerose in termini di costi e di risorse tra tutte le attività operative di Frontex e che la partecipazione degli Stati membri alle operazioni di pattugliamento marittimo rimane tuttavia limitata.

-         il grande contributo fornito, nell’ambito dell’attività di ricerca sulle nuove tecnologie, dal progetto BIOPASS attuato da Frontex relativo all’uso dei dati biometrici negli aeroporti e ai sistemi di registrazione dei viaggiatori

-         la proficua assistenza fornita dall’Agenzia per l’organizzazione di operazioni di rimpatrio congiunto;

-         la creazione, da parte dell’Agenzia, di  un registro centralizzato delle attrezzature tecniche disponibili (CRATE), denominato anche Toolbox, che gli Stati membri, su base volontaria, sono disposti a fornire, per un tempo determinato, ad uno Stato membro che ne faccia richiesta per operazioni di controllo e sorveglianza delle  frontiere. Il registro CRATE contiene attualmente 100 unità navali, 20 aerei e 25 elicotteri e alcune centinaia di attrezzature quali unità mobili radar, veicoli, videocamere termiche e rilevatori mobili.

-         l’entrata in vigore, il 20 agosto 2007, di un meccanismo per la creazione di squadre di intervento rapido (RABIT) costituite da guardie di frontiera appositamente distaccate, hanno il compito di fornire assistenza operativa rapida per un periodo limitato allo Stato membro che ne faccia richiesta e che si trovi a fare fronte a sollecitazioni urgenti ed eccezionali, specie in caso di afflusso massiccio alle frontiere esterne di cittadini di paesi terzi, che tentino di entrare illegalmente nel suo territorio. Frontex dispone ora di un elenco di 500-600 agenti di polizia degli Stati membri che sono qualificati per partecipare a tali missioni.

Sulla base dell’analisi dei risultati conseguiti, la Commissione formula  raccomandazioni a breve termine:

-         andrebbe prioritariamente perseguito l’obiettivo di un rafforzamento della coordinazione tra Frontex e i paesi terzi risultati particolarmente problematici sotto il profilo della provenienza dei flussi migratori

-         sarebbe opportuno istituire reparti specializzati a seconda della particolare area geografica e/o dei tipi di controllo alle frontiere, avvalendosi delle pertinenti disposizioni già previste nel regolamento Frontex;

-         il potenziale del registro centralizzato delle attrezzature tecniche disponibili (CRATE) e gli impegni degli Stati membri dovrebbero essere sfruttati appieno per assicurare la disponibilità delle attrezzature necessarie alle operazioni alle frontiere marittime;

-         si dovrebbero privilegiare analisi dei rischi congiunte con Europol, con le organizzazioni internazionali e con i paesi terzi interessati;

-         dovrebbero essere organizzati corsi di formazione specialistici per le guardie di frontiera, sulle disposizioni pertinenti della normativa europea e internazionale in materia di asilo, sul diritto del mare e sui diritti fondamentali, in modo da contribuire al pieno rispetto di tali norme e ad un approccio coerente delle situazioni che richiedono il coordinamento di operazioni di ricerca e salvataggio;

-         sarebbe opportuno che Frontex acquisisse attrezzature proprie per il controllo e la sorveglianza delle frontiere, da mettere tempestivamente a disposizione delle squadre Rabit.

·       La creazione di un Sistema europeo di controllo delle frontiere (EUROSUR) (COM(2008)68);

La Commissione propone la creazione di un “sistema europeo di controllo delle frontiere” (denominato Eurosur), finalizzato soprattutto a ridurre il numero di immigrati illegali che entrano clandestinamente nell’UE; ridurre il tasso di mortalità degli immigrati illegali, salvando un maggior numero di vite in mare; aumentare la sicurezza interna in tutta l’UE contribuendo a prevenire la criminalità transfrontaliera.

·       Le evoluzioni future della gestione delle frontiere nell’Unione europea (COM(2008)69).

La comunicazione propone misure volte a rafforzare le procedure in materia di controllo dei cittadini dei paesi terzi lungo le frontiere, facilitando nel contempo le procedure di ingresso e di uscita dall’Unione europea per i cittadini UE e per i viaggiatori in buona fede, che potrebbero essere sottoposti a controlli di frontiera semplificati e automatizzati).

Il Consiglio giustizia e affari interni del 5-6 giugno 2008 ha adottato conclusioni in materia di gestione delle frontiere esterne dell’Unione europea, nelle quali ha accolto con favore le comunicazioni della Commissione europea.

Si segnala inoltre che il 18 dicembre 2008 il Parlamento europeo ha adottato una risoluzione di iniziativa nella quale sollecita il rafforzamento dell'Agenzia Frontex, inclusa l'estensione del suo mandato alla lotta contro il traffico degli esseri umani e al sostegno per le operazioni di rimpatrio. Nel suggerire l'istituzione di pattuglie di vigilanza congiunte nelle zone marittime a più alto rischio, il Parlamento europeo invita gli Stati membri ad un maggiore impegno nel garantire all'Agenzia i mezzi necessari per poter operare e sottolinea la necessità di migliorarne la cooperazione con i paesi terzi, specie con Libia e Turchia, e con altre agenzie, come Europol.


L’attivita’ dell’Unione europea in materia di immigrazione e sviluppo

Strumenti finanziari

Il 26 giugno 2007, la Commissione europea ha lanciato il programma di cooperazione con i paesi terzi nel campo dell’immigrazione e dell’asilo, con una dotazione di 380 milioni di euro per il periodo 2007-2013, in sostituzione del precedente programma AENEAS.

Per i primi quattro anni (2007-2010) sono stati stanziati 205 milioni di euro distribuiti come segue:

Rotta migratoria meridionale (Africa settentrionale e subsahariana): 70 milioni di euro;

Rotta migratoria orientale (Europa orientale, Federazione russa e Asia centrale): 50 milioni di euro;

Medio Oriente e paesi del Golfo (paesi partner della Politica europea di vicinato del Mediterraneo orientale, Iran e Iraq): 5 milioni di euro;

Asia meridionale e orientale e area del Pacifico: 16 milioni di euro;

America Latina e Caraibi: 16 milioni di euro.

Tutte le aree geografiche beneficeranno inoltre di cinque iniziative orizzontali riguardanti varie dimensioni del fenomeno migratorio:

• Migrazione e sviluppo: 10 milioni di euro;

• Migrazione a fini lavorativi: 8 milioni di euro;

• Asilo e protezione dei rifugiati: 4 milioni di euro;

• Traffico di migranti e tratta degli esseri umani: 3 milioni di euro;

• Immigrazione clandestina: 3 milioni di euro.

Il programma include anche disposizioni specifiche per reagire a necessità urgenti e situazioni di emergenza legate all’immigrazione che potrebbero verificarsi nei paesi contemplati. Per queste “misure speciali” sono stati stanziati 20 milioni di euro.

Dopo una valutazione che avrà luogo nel 2009, il programma entrerà nella seconda fase (l’ultima) nel periodo 2011-2013, con uno stanziamento supplementare di 175 milioni di euro.

Per quanto riguarda il sostegno finanziario agli Stati membri in materia di immigrazione, si segnala inoltre che nell’ambito delle prospettive finanziarie per il periodo 2007-2013, il programma quadro “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” (COM(2005)123-1) ha inteso rispondere al problema della ripartizione equa delle responsabilità tra gli Stati membri, per quanto riguarda l’onere finanziario conseguente all’introduzione di una gestione integrata delle frontiere esterne e all’attuazione di politiche comuni in materia di asilo e immigrazione. Esso opera in funzione di complementarietà rispetto alle altre iniziative ed organi operanti nel contesto della stessa politica comune, quali l’Agenzia per la gestione delle frontiere esterne (Frontex), il Sistema di informazione visti (VIS) e il Sistema di informazione Schengen (SIS). Il programma quadro si sostanzia nei seguenti strumenti finanziari specifici:

Fondo europeo per le frontiere esterne“, con una dotazione di 1820 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 574/2007/CE del 7 maggio 2007);

Fondo europeo per i rifugiati”, con una dotazione di 628 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 573/2007/CE del 7 maggio 2007);

Fondo europeo per il rimpatrio”, con una dotazione di 676 milioni di euro per il periodo 2008-2013 (decisione 575/2007/CE del 7 maggio 2007);

“Fondo europeo per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi”, con dotazione pari a 825 milioni di euro per il periodo 2007-2013 (decisione 2007/435/CE del 25 giugno 2007).

 

Le conferenze UE-Africa sull’immigrazione e lo sviluppo

Il 10 e 11 luglio 2006 si è svolta a Rabat la conferenza ministeriale congiunta tra Europa ed Africa sullo sviluppo e l’immigrazione che, su iniziativa di Francia, Spagna e Marocco, ha visto la partecipazione di 57 paesi delle due sponde del Mediterraneo. La Conferenza ha approvato un piano di azione in 62 punti, basata su un’azione congiunta Europa-Africa, che sottolinea la necessità di moltiplicare le azioni a favore dello sviluppo dei paesi africani anche attraverso nuovi aiuti finanziari agli immigrati legali in Europa che desiderano investire in progetti imperniati sul loro paese di origine. Un altro argomento riguarda al lotta contro i trafficanti clandestini.

In questo quadro, in occasione del 7° incontro della troika ministeriale UE-Africa di Brazzaville del 10 ottobre 2006, è stata accettata l'offerta della Libia di ospitare una conferenza ministeriale UE-Africa sulla immigrazione e lo sviluppo, che si è tenuta il 22 e 23 novembre 2006 a Tripoli.

Nell’ambito della conferenza, i ministri hanno approvato una dichiarazione congiunta Africa-UE, che riguarda l'intera gamma di questioni connesse alla migrazione, in particolare la immigrazione legale e illegale, il rapporto tra immigrazione e sviluppo, la protezione dei rifugiati.

In occasione della conferenza è stato, inoltre, adottato il piano d’azione di Ouagadougou per combattere la tratta degli esseri umani, in particolare di donne e bambini.

Sulla base dei lavori delle citate conferenze, nel corso della riunione ad alto livello Unione europea/Mali/CEDEAO (Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale) - che si è tenuta l'8 febbraio 2007 a Bamako, nel quadro del dialogo euro-africano sui flussi migratori e lo sviluppo - la Commissione europea, il Mali, la Spagna e la Francia si sono accordati per avviare un progetto pilota per gestire i flussi migratori provenienti dal Mali.

In questo quadro, il 6 ottobre 2008 ha avuto luogo a Bamako l'inaugurazione ufficiale del centro d'informazione e di gestione delle emigrazioni (CIGEM). La CIGEM è sorta della cooperazione tra il governo del Mali e la Commissione europea. Si tratta di un progetto pilota poiché è la prima volta che l'UE sostiene un paese in Africa subsahariana nell'assunzione a carico e la prevenzione dei problemi generati dalle emigrazioni illegali e legali sotto forma di un'iniziativa che tratta i vari aspetti del fenomeno d'emigrazione. Finanziato con il Fondo europeo di sviluppo (FES) per un importo di 10 milioni di euro, il centro intende assistere il Mali per definire una politica migratoria e fornirà inoltre uno sportello d'informazione e di documentazione unica per tutti i migranti. La missione  del CIGEM riguarda soprattutto i seguenti aspetti: l'accoglienza, l'informazione, l'orientamento e l'accompagnamento dei migranti potenziali e dei migranti di ritorno; l'informazione sulle condizioni giuridiche dell'emigrazione e la sensibilizzazione della popolazione ai rischi dell'emigrazione irregolare; la facilitazione della partecipazione dei cittadini residenti all'esterno allo sviluppo del Mali, compresa l'analisi di misure per ridurre i costi dei trasferimenti di fondo verso il Mali ed il miglioramento della conoscenza dei fenomeni migratori.

Il 25 novembre 2008 si è tenuta a Parigi la seconda conferenza euro-africana sulla migrazione e lo sviluppo nel corso della quale è stato adottato un Programma di cooperazione per il periodo 2009-2011  in materia di flussi migratori e di sviluppo fondato su tre aspetti: l'immigrazione legale, la lotta contro l'immigrazione clandestina e le sinergie tra movimenti migratori e sviluppo.

Il programma di cooperazione si è ispirato alle conclusioni di tre riunioni d'esperti che si sono tenute a Rabat nel marzo 2008 (emigrazione legale), a Ouagadougou nel maggio 2008 (lotta contro l'emigrazione irregolare) ed a Dakar nel luglio 2008 (emigrazione e sviluppo). Queste tre riunioni hanno permesso di mettere a punto una serie di misure concrete ed operative la cui attuazione dovrà  essere rapidamente implementata.

Il Vertice di Lisbona UE-Africa

L’8 e 9 dicembre 2007 si è tenuto a Lisbona il secondo vertice UE-Africa[60], che ha portato all’adozione di un Partenariato strategico UE - Africa fondato sul superamento del modello “donatore-beneficiario” e di un Piano d’azione per il periodo 2008-2010, volto a rafforzare la cooperazione nell’ambito di 8 partenariati specifici: pace e sicurezza; governance democratica e diritti umani, commercio e integrazione regionale; obiettivi di sviluppo del millennio, energia, cambiamenti climatici, migrazione, mobilità e occupazione, società, società dell’informazione e spazio.

Per ciascun partenariato specifico sono stati definiti gli obiettivi, i risultati previsti, le attività da intraprendere, i protagonisti e le fonti di finanziamento.

Per quanto riguarda in particolare il settore migrazione, mobilità e occupazione, il piano d’azione individua tre azioni prioritarie:

1) attuazione della dichiarazione della conferenza ministeriale di Tripoli su migrazione e sviluppo (vedi supra).

Le misure adottate mireranno a: integrare le questioni relative alla migrazione alla mobilità e all’occupazione nelle strategia per la riduzione della povertà e nei documenti di strategia UE per i singoli paesi; progredire nell’attuazione della Politica dell’Unione africana in materia di migrazioni; promuovere schemi regionali per la cooperazione tra paesi d’origine, transito e destinazione; facilitare le rimesse, anche al fine di investimenti; combattere la discriminazione sociale, lo sfruttamento e l’immigrazione clandestina l’elaborazione di un seguito alla dichiarazione di Ouagadougou e del Piano d’azione sull’occupazione e la lotta alla povertà in Africa.

2) attuazione del piano d’azione UE-Africa sulla lotta al traffico degli esseri umani, anch’esso adottato all’occasione della conferenza di Tripoli;

La conferenza prevede, tra le altre cose, la firma e la ratifica delle convenzioni internazionali in materia, in particolare la Convenzione sul criminalità organizzata internazionale e i suoi protocolli; il rafforzamento del  quadro normativo in materia e al preparazione di strategie e piani d’azione nazionali e regionali; il potenziamento delle misure preventive nei paesi d’origine, transito e destinazione.

3) attuazione e seguito della dichiarazione e del piano d’azione sull’occupazione e la riduzione della povertà in Africa, adottati dal vertice dell’Unione Africana tenutosi ad Ougadougou l’8 e 9 settembre 2004

In linea con gli obiettivi dell’Agenda “Un lavoro dignitoso per tutti”, adottata nel 2000 dall’ILO, la conferenza prevede: l’integrazione del tema dell’occupazione nelle strategie nazionali di sviluppo;  sostegno alle agenzie per l’impiego e agli altri operatori del marcato del lavoro nonché alle istituzioni africane; creazione di un collegamento diretto tra le attività di sviluppo delle competenze professionali e i bisogni del mercato del lavoro a livello locale e la creazione di opportunità di investimento ; rafforzamento della qualità della formazione locale nel settore terziario, delle università africane e la promozione del training della forza lavoro tecnica e professionale di alto livello, anche attraverso i programmi Nyerere ed Erasmus; la promozione di investimenti nel settore privato e di schemi per la microfinanza.

La conferenza euro-mediterranea sull’immigrazione

Il 19 novembre 2007 si è tenuta ad Albufeira, in Portogallo, la prima conferenza ministeriale euro-mediterranea[61] sul tema dell’immigrazione.

I ministri dei Paesi partecipanti si sono impegnati ad adottare azioni concrete volte alla realizzazione di progetti condivisi in materia di sostegno all’immigrazione legale, promozione dello sviluppo dei paesi d’origine e lotta all’immigrazione clandestina.

In particolare, per quanto riguarda l’immigrazione legale, la conferenza ha stabilito di costituire un gruppo di lavoro sul rapporto tra mercato del lavoro e immigrazione, che vedrà la partecipazione di rappresentanti dei paesi partner euro-mediterranei e di organizzazioni di lavoratori e datori di lavoro. La conferenza ha inoltre previsto di: promuovere corsi di formazioni per lavoratori migranti (compresi corsi di lingua) sia in previsione della loro partenza, che al fine di potenziarne le conoscenze professionali in vista del rientro nel paese di origine; condurre campagne di informazione sulle concrete opportunità di lavoro nei paesi di destinazione; esaminare la possibilità di creare centri di informazione e ricerca di lavoro, nei paesi euro-mediterranei, pur nel rispetto delle competenze nazionali; sostenere programmi ed attività per gli immigrati, al momento del loro arrivo nel paese di destinazione, al fine di informarli dei loro diritti e dell’importanza del rispetto dei valori e della legislazione nazionale.

In considerazione del fatto che la via migliore per contenere i flussi migratori è contribuire allo sviluppo dei paesi di origine, la conferenza si è impegnata ad appoggiare gli investimenti diretti stranieri e a sostenere meccanismi, servizi e prodotti finanziari concreti volti a facilitare il trasferimento delle rimesse dei migranti e a fornire opportunità di microcredito. A tal fine la conferenza ha convenuto di organizzare un seminario che individui i modi per incoraggiare all’uso degli strumenti finanziari e per incrementare la competenza dei migranti nei confronti del sistema bancario. E’ inoltre prevista la creazione di un sito web euro-mediterraneo di informazione sulle procedure di trasferimento fondi e la realizzazione di uno studio sulla possibilità di sostenere gli immigrati legali tramite il cofinanziamento dei loro progetti di investimento nei paesi di origine.

Riguardo alla lotta all’immigrazione clandestina la conferenza ha dichiarato il suo impegno a: promuovere progetti volti ad aumentare gli standard di sicurezza per quanto riguarda i documenti di viaggio e sostenere, nei paesi di transito, corsi di formazione, anche a cura dell’agenzia Frontex; in materia di identificazione di documenti falsi e di rapporto fra lotta all’immigrazione clandestina e rispetto degli strumenti internazionali, in particolare per quanto concerne la ricerca e il salvataggio in mare. La conferenza ha inoltre previsto la realizzazione di workshop sulle questioni del rientro volontario e della riammissione.

 


L’organizzazione per la cooperazione
e lo sviluppo economico – OCSE
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)

L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è stata istituita con la Convenzione di Parigi firmata il 14 dicembre 1960 ed entrata in vigore il 30 settembre1961.

Attualmente aderiscono all’OCSE 30 Paesi industrializzati, che rappresentano i due terzi dell’intera produzione mondiale di beni e servizi ed i tre quinti delle esportazioni complessive.

I Paesi membri sono:

Australia, Austria, Belgio, Canada, Corea, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Grecia, Irlanda, Islanda, Italia, Lussemburgo, Messico, Norvegia, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Repubblica Ceca, Repubblica slovacca, Spagna, Stati Uniti, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria

L’adesione all’OCSE è condizionata all’impegno da parte dello Stato richiedente di avere un’economia di mercato ed una democrazia di tipo pluralistico. Cinque Paesi sono stati invitati a colloquio in vista dell’annessione: Cile, Estonia, Israele, Russia, Slovenia. Vi è inoltre una crescente partecipazione da parte di: Brasile, Cina, India, Indonesia e Sud Africa.

L’organo politico-decisionale dell’Organizzazione è il Consiglio, che può riunirsi in sessioni di Ministri o di Rappresentanti permanenti degli Stati membri. È previsto un Rappresentante anche della Commissione europea. Le riunioni del Consiglio avvengono regolarmente a livello di Rappresentanti permanenti[62] per fornire l’indirizzo sui lavori dell’organizzazione e, una volta l’anno, a livello ministeriale, con la presenza dei rispettivi Ministri economici per discutere delle principali tematiche internazionali in campo economico e individuare le priorità programmatiche per l’anno seguente. Il Consiglio, che funziona con la regola del consenso, può prendere decisioni (che impegnano giuridicamente i Paesi membri) o fare raccomandazioni (espressioni di una volontà politica). Il Consiglio determina il programma di lavoro dei Comitati specializzati che sono circa 150 e sono composti da gruppi di esperti.

Il Segretariato, con sede a Parigi, svolge un’azione di supporto agli Stati membri attraverso le Direzioni generali, che corrispondono alle attività dei principali Comitati. Il Segretario generale è nominato dal Consiglio per un periodo di cinque anni. Assiste il Consiglio, e formula proposte. Dal 1° giugno 2006 ha assunto la carica di Segretario generale dell’OCSE Angel Gurria (Messico).Il bilancio per il 2008 è di 342,9 milioni di Euro. Le lingue ufficiali dell’Organizzazione sono l’inglese e il francese.

I Comitati settoriali svolgono attività di elaborazione studi e proposte, secondo i programmi di lavoro stabiliti dal Consiglio, e sottoposti ai governi dei Paesi membri.

In base all’articolo 1 della Convenzione OCSE l’Organizzazione persegue la sua missione attraverso i seguenti obiettivi: supportare la crescita economica, promuovere l’occupazione, innalzare gli standard della qualità della vita, mantenere la stabilità finanziaria, coadiuvare lo sviluppo economico di altri paesi, contribuire alla crescita del commercio globale.

L’attività dell’OCSE si articola su diversi piani:

·       raccolta di dati;

·       elaborazione di analisi e studi;

·       predisposizione di un foro intergovernativo nel quale i rappresentanti dei Governi dei Paesi membri possano discutere, programmare e sviluppare le politiche economiche e sociali;

·       definizione di principi comuni per un più efficace coordinamento delle politiche nazionali ed internazionali;

·       adozione di strumenti normativi internazionali come decisioni, accordi, raccomandazioni, anche con effetti vincolanti per i Paesi Membri (ad esempio, i Codici per la liberalizzazione dei flussi di capitali e di servizi o gli Accordi per contrastare la corruzione internazionale).

I temi di natura economica occupano un ruolo preminente tra le attività dell’OCSE. In tale contesto, un ruolo rilevante è assunto dal Dipartimento degli Affari Economici e dalla Direzione degli Affari Finanziari, Fiscali e delle Imprese. Di quest’ultima fa parte la Divisione degli Affari Fiscali, che costituisce un’articolazione del Segretariato ed opera di concerto con il Comitato Affari Fiscali, organo composto dai rappresentanti delle Amministrazioni fiscali dei paesi membri. Il Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano vi è istituzionalmente rappresentato dall’Ufficio Relazioni Internazionali del Dipartimento per le Politiche Fiscali. Il Comitato Affari Fiscali, al quale fanno capo diversi gruppi e sottogruppi di lavoro, si occupa dei più rilevanti aspetti della fiscalità internazionale. Tra questi possono sinteticamente essere menzionati:

§         la raccolta e l’elaborazione dei dati relativi alle entrate fiscali e contributive dei Paesi membri;

§         la raccolta e l’elaborazione dei dati relativi agli oneri fiscali e contributivi sul lavoro subordinato nei Paesi OCSE;

§         le imposte sui consumi;

§         lo scambio di informazioni in materia fiscale;

§         il periodico aggiornamento del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi, universalmente utilizzato nella stipula degli accordi bilaterali in materia (anche da numerosi Paesi non membri dell’Organizzazione);

§         la ricerca degli strumenti volti a contrastare la concorrenza fiscale dannosa;

§         lo studio del trattamento fiscale del commercio elettronico e del suo impatto sulle amministrazioni fiscali;

§         la messa a punto di misure idonee a contrastare l’evasione e l’elusione fiscale sia a livello interno che internazionale;

§         la liberalizzazione dell’accesso alle informazioni bancarie a fini fiscali;

§         la definizione di direttive e linee guida in materia di prezzi di trasferimento di beni e servizi tra imprese appartenenti allo stesso gruppo multinazionale situate in Paesi diversi.


La partecipazione della Camera dei Deputati alle attività dell’OCSE

L’OCSE ha relazioni istituzionali durevoli con i parlamentari, principalmente attraverso il Consiglio d’Europa e la NATO.

Ogni autunno, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa discute il lavoro dell’OCSE. La Commissione per gli Affari economici e lo Sviluppo dell’Assemblea parlamentare effettua una visita all’OCSE per un briefing ogni primavera, in vista della preparazione del rapporto annuale.

I Membri della Commissione economia e sicurezza dell'Assemblea parlamentare della NATO effettuano ogni anno a febbraio una visita a Parigi per incontrare il Segretariato OCSE.

 

Dall’ottobre 2003 l’OCSE ha lanciato inoltre un programma di Seminari tematici ad alto livello con lo scopo di far conoscere il suo lavoro ai parlamentari dei Paesi membri e di conoscere inoltre il loro punto di vista sulle analisi politiche effettuate dall’Organizzazione.

La Camera dei Deputati partecipa con assiduità a tali eventi, con proprie delegazioni parlamentari.

 

 

Seminari OCSE

 

 

Nella XVI legislatura si sono tenuti i seguenti Seminari:

 

·         giugno 2008, Seminario su “Cambiamenti climatici, crescita e stabilità”: la Camera non vi ha potuto partecipare, essendo l’invito stato trasmesso non in tempo utile per organizzare la partecipazione all’evento di una delegazione parlamentare;

·         ottobre 2008, Seminario parlamentare ad alto livello sui cambiamenti climatici, cui ha partecipato l’on. Tortoli (Pdl), Vice Presidente della VIII Commissione (Ambiente).

 

 

Per quanto riguarda la partecipazione ai seminaritematiciorganizzati nella XV legislatura, la Camera ha preso parte ai seguenti Seminari:

·         ottobre 2006, Seminario su Crescita e impiego; onn. Luigi Fabbri (FI), della Commissione Bilancio, e Adriano Musi (Ulivo), della Commissione Lavoro;

·         febbraio 2007, seminario sul tema delle Migrazioni internazionali, al quale ha partecipato, in rappresentanza della Camera, la deputata Mercedes Lourdes Frias (Rifondazione Comunista) della Commissione Affari costituzionali. Inoltre, hanno preso parte al seminario i deputati Giancarlo Giorgetti (Lega Nord Padania) e Valdo Spini (Ulivo), rispettivamente Vice Presidente e componente della Commissione Affari Esteri, nonché dall’onorevole Adriano Paroli (FI) della Commissione Ambiente, in qualità di componenti della Commissione economia e sicurezza dell'Assemblea NATO, organo tradizionalmente invitato a partecipare ai Seminari OCSE;

·         nessun deputato ha invece partecipato al seminario del 4 ottobre 2007 sui temi della innovazione, crescita ed equità, perché il Parlamento era impegnato nei lavori parlamentari connessi alla sessione di bilancio

·         nessun deputato ha altresì partecipato al seminario svoltosi il 21 febbraio 2008 sul tema Tendenze e attuali sfide dei mercati finanziari”, trovandosi le Camere in regime di prorogatio.

 

Si ricorda inoltre che nella XIV legislatura, la Camera ha preso parte, da ultimo, ai seguenti seminari OCSE:

·         febbraio 2004, Seminario parlamentare sul tema del Miglioramento della qualità dei sistemi sanitari: on. Giuseppe Palumbo (FI), Presidente della Commissione Affari Sociali;

·         ottobre 2004, Seminario di Alto livello sulla Corporate Governance; avrebbero dovuto partecipare tre parlamentari, rispettivamente appartenenti alle Commissioni Giustizia, Finanze ed Industria, ma per concomitanti impegni di carattere politico-parlamentare, nessuno vi ha preso parte;

·         febbraio 2005, Seminario parlamentare sull’Istruzione: onn. Michele Ranieli (UDC) ed Antonio Rusconi (Margherita) della Commissione Cultura;

·         giugno 2005, Seminario su Crescita nel settore dei servizi, promozione dell’impiego, della produttività e dell’innovazione: onn. Luigi D’Agrò (UDC) e Massimo Tedeschi (DS) della Commissione Attività produttive;

·         ottobre 2005, Seminario OCSE “China: Courrent Economic Policy Challenges”: onn. Piefrancesco Gamba (AN) ed Elena Montecchi (DS) del Gruppo di collaborazione Italia-Cina;

·         febbraio 2006, Seminario su “Implicazioni politiche dell’invecchiamento demografico”, al quale non ha partecipato alcun deputato perché in periodo di prorogatio.

Conferenza dei Presidenti delle Commissioni bilancio

 

La Camera dei Deputati ha inoltre partecipato alle riunioni dei Presidenti delle Commissioni parlamentari competenti in materia di bilancio dei Paesi OCSE, incentrate su talune problematiche di particolare rilevanza connesse al tema generale dell'esercizio dei poteri di controllo delle istituzioni parlamentari sull'Esecutivo in materia di bilancio e di finanza pubblica, nelle diverse forme che tale controllo può assumere.

L’incontro, organizzato dall’OCSE in collaborazione con le istituzioni parlamentari di uno dei paesi membri, costituisce una delle più prestigiose sedi di confronto tra Parlamenti nazionali nella materia delle scelte di politica economica delle istituzioni pubbliche.

 

     Per quel che concerne la partecipazione della Camera dei Deputati, si ricorda che:

 

 

 

 

Dal 2004 la riunione dei Presidenti delle Commissioni bilancio, che avveniva con cadenza annuale, non ha avuto luogo.

Il 26 e 27 febbraio 2009 è prevista a Roma, presso la Camera dei deputati, il Convegno dei funzionari dei Servizi di bilancio dei Parlamenti OCSE.

 

 

Rapporto OCSE sull’Italia

 

Nell’ambito delle sue competenze l’OCSE effettua indagini approfondite all’interno degli Stati membri al fine di verificare il livello di sviluppo raggiunto e il grado di realizzazione delle riforme programmate.

 

Il 12 febbraio 2008 una delegazione di esperti dell’OCSE ha incontrato il Presidente della I Commissione (Affari costituzionali) della Camera dei Deputati, on.le Luciano Violante, e il Presidente del Comitato per la legislazione, on.le Roberto Zaccaria, nell’ambito di un progetto richiesto dal Governo italiano all’OCSE, teso a valutare lo sviluppo delle politiche di riforma della regolazione e di liberalizzazione. Nel corso dell’incontro sono stati discussi temi quali: il drafting legislativo, il ruolo delle regioni nel procedimento legislativo dopo la riforma del Titolo V della Costituzione nonché il funzionamento del Comitato per la legislazione.

 

 


Programma della Conferenza

 


        Organisation for Economic Co-operation and Development        

 

Informazioni organizzative

 

 

 

HIGH LEVEL PARLIAMENTARY CONFERENCE

on

Policy Coherence for Development and Migration

 

Thursday 12 February 2009 (11.00 A.M. - 12.30 P.M. and 14.00 P.M. - 17.30 P.M.)

 

organised jointly by

 

the Committee on Development of the European Parliament,

the Directorate General for Development of the European Commission

and

the Organisation for Economic Cooperation and Development

 

Venue: European Parliament

Rue Wiertz, 43 - 1047 Brussels

Building Paul-Henri Spaak - Room 1A002

 

 

 

 

Registration and Organisational Arrangements

 

 

 

1. Participants

 

National Parliaments:

 

- 4 Members per national Parliament

 

The number of participants is flexible. The aim is to ensure representation of both houses in a bicameral system (in principle 2 + 2) and from across the political spectrum (majority and opposition).

 

As is customary for parliamentary meetings, parliamentary administrators and the permanent representatives of national Parliaments to the European Parliament may accompany the national delegation (one person per two Members).

 


MEPs:

 

All the Committee on Development Members

 

MEPs from other Committees will also be invited (LIBE, EMPL).

 

The Secretariat of the Committee on Development, the EP political group secretariats, representatives from the European Commission, representatives from the OECD and MEPs' assistants will have access to the meeting.

 

ACP parliamentary representatives:

 

All ACP representatives from the ACP-EU Joint Parliamentary Assembly

 

 

2. Registration

 

Please return the completed registration form no later than 30 January 2009. The email address for registration is  leena.luoma@europarl.europa.eu

 

We would be really pleased if the registration forms were sent as soon as possible due to room and interpretation arrangements and at the latest by 30 January 2009, to the suggested e-mail address in the form.

 

 

3. Arrival of members of national Parliaments

 

Registration facilities will be provided on Thursday 12 February starting from 10.00 on the ground floor of the Paul Henry Spaak building, rue Wiertz 60, before the opening of the High Level Parliamentary Conference.

Members of national Parliaments will be given an access badge.

A secure wardrobe will be guaranteed.

A set of documents will be available in the meeting room.

 

Proceedings will break from 12.30 to 14.00. A welcome buffet lunch will be hosted by the European Parliament, the European Commission and the OECD during this break.

 

 

4. Interpretation facilities

 

Active interpretation will be available in 19 languages of the European Union (BG, CS, DA, DE, EL, EN, ES, ET, FR, HU, IT, LT, NL, PL, PT, RO, SK, SL, SV).

 

 

5. Speaking Times

 

The speaking time per intervention will be limited to two minutes. The rotation of speakers will follow the rule of two national Parliament representatives for every one MEP.

 

 


Contact Persons

 

 

Françoise MOREAU

francoise.moreau@ec.europa.eu

European Commission

General Directorate for Development

Policy Coherence for Development

Head of Unit

 

Leena LUOMA

leena.luoma@europarl.europa.eu

Tel:   +32 (2) 28 43638

 

European Parliament

Committee on Development

Secretariat

 

Nikolina VASSILEVA

nikolina.vassileva@europarl.europa.eu

Tel:   +32 (2) 28 38041

 

European Parliament

Committee on Development

Secretariat

 

Ulrich HUESCHEN

ulrich.hueschen@europarl.europa.eu

Tel:   +32 (2) 28 44870

 

European Parliament

Directorate for Relations with National Parliaments

Secretariat

 

Dionyz HOCHEL

dionyz.hochel@europarl.europa.eu

Tel: +32 (2) 28 43133

European Parliament

Directorate for Relations with National Parliaments

Secretariat

 

Raili LAHNALAMPI

raili.lahnalampi@oecd.org

Tel:   +33 1 45 24 90 02

OECD

Policy Coherence for Development

Advisor




[1]    Tratti dall’International Migration Outlook – 2008 Edition

[2]    Tali effetti possono riguardare il reddito e la crescita (attraverso le rimesse ma anche la perdita di lavoratori), gli investimenti e i consumi, la fuga di cervelli e il commercio.

[3]    Policy Coherence for Development: - Migration and Developing Countries – 2007.

[4]     ISTAT, La popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2008, 9 ottobre 2008.

[5]     Tale incremento è in larga parte dovuto al forte aumento di immigrati di cittadinanza rumena: 283.078 unità.

[6]     Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2008, ottobre 2008, pag. 13 e 88 e segg. Nel 2006 la stima dei soggiornanti era di 3.690.052 (Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2007, ottobre 2007, pag. 12).

[7]     L’ultimo rapporto dell’ISMU valuta in 4.328.000 gli stranieri presenti al 1° gennaio 2008, comprendendovi però anche gli irregolari: ISMU, Quattordicesimo rapporto sulle migrazioni 2008, Milano 2008, p. 7 e 33.

[8]     Se si considera solamente il totale della popolazione occupata l’incidenza degli stranieri arriva a poco meno del 10% (Dossier Caritas 2008, p. 7).

[9]     ISTAT, La popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2008, p. 3.

[10]    ISMU, Quattordicesimo rapporto sulle migrazioni 2008, p. 10, 43 e segg.

[11]    Risposta del Sottosegretario di Stato per l’interno Michelino Davico all’interpellanza n. 2-172 (Camera dei deputati, Seduta del 23 ottobre 2008).

[12]    Audizione di Alessandro Pansa, direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del Ministero dell’interno, Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, Gestione comune delle frontiere e contrasto all’immigrazione clandestina in Europa, Atti parlamentari, XIV legislatura, Indagini conoscitive e documentazioni legislative n. 19, 2005, p. 235.

[13]    L. 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[14]    L. 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.

[15]    D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, convertito, con modificazioni, con L. 28 febbraio 1990, n. 39.

[16]    L’ultimo documento triennale è del 2005: D.P.R. 13 maggio 2005, Approvazione del documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, per il triennio 2004-2005

[17]    DPCM 3 dicembre 2008, Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2008.

[18]    La nuova disciplina prevede, tra l’altro, che, al momento della richiesta del permesso di soggiorno o del rinnovo dello stesso, allo straniero siano rilevate le impronte digitali.

[19]    Art. 12 del testo unico in materia di immigrazione.

[20]    L. 11 agosto 2003, n. 228, Misure contro la tratta di persone. Si veda anche il regolamento di attuazione adottato con il D.P.R. 19 settembre 2005, n. 237, Regolamento di attuazione dell’articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, recante misure contro la tratta di persone.

[21]    D.L. 27 luglio 2005, n. 144 (conv. in L. 31 luglio 2005, n. 155), Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, art. 2.

[22]    Art. 18 del testo unico in materia di immigrazione.

[23]    Art. 14, D.Lgs. 286/1998.

[24]    D.Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25, Attuazione della direttiva 2005/85/CE recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato.

[25]    D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

[26]    Attualmente i CIE operativi sono 10, per un totale di 1.160 posti disponibili, dislocati nelle seguenti località: Bari-Palese, area aeroportuale – 196 posti; Bologna, Caserma Chiarini – 95 posti; Caltanissetta, Contrada Pian del Lago – 96 posti; Catanzaro, Lamezia Terme – 72 posti; Gorizia, Gradisca d’Isonzo – 136 posti; Milano, Via Corelli – 84 posti; Modena, Località Sant’Anna – 60 posti; Roma, Ponte Galeria – 300 posti; Torino, Corso Brunelleschi – 90 posti; Trapani, Serraino Vulpitta – 31 posti.

[27]    .L. 2 ottobre 2008, n. 151 (conv. L. 186/2008), Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina.

[28]    Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di EUROPOL, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, Seduta del 15 ottobre 2008, Audizione del Ministro dell’Interno Roberto Maroni in merito alle misure avviate per migliorare l’efficacia della normativa in materia di immigrazione.

[29]    L. 13 ottobre 1975, n. 654, Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.

[30]    D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica e D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216, Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

[31]    Camera dei deputati, seduta del 13 maggio 2008.

[32]    D.L. 23 maggio 2008, n. 92, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (convertito dalla Legge 24 luglio 2008, n. 125).

[33]    La disposizioni originaria, modificata nel corso dell’esame in sede referente al Senato, prevedeva l’introduzione del reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, non previsto attualmente dal nostro ordinamento, punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e comportante l’arresto obbligatorio, il procedimento rito direttissimo e, in caso di condanna, l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato.

[34]    Si veda il comunicato del Ministero dell’interno del 1° agosto 2008 (www.interno.it)..

[35]    La proroga è stata inserita nel disegno di legge di conversione del D.L. 112/2008 (L. 133/2008).

[36]    Comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri, 23 settembre 2008 (www.governo.it).

[37]    Comunicato del Ministero dell’interno, 15 ottobre 2008 (www.interno.it).

[38]    Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 maggio 2008, Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia

[39]    Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 30 maggio 2008, Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunita' nomadi nel territorio della regione Lazio. (Ordinanza n. 3676); Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 30 maggio 2008, Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunita' nomadi nel territorio della regione Lombardia. (Ordinanza n. 3677); Ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri 30 maggio 2008,  Disposizioni urgenti di protezione civile per fronteggiare lo stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunita' nomadi nel territorio della regione Campania. (Ordinanza n. 3678).   

[40]    D.P.C.M. 25 luglio 2008, Proroga dello stato di emergenza per proseguire le attività di contrasto all'eccezionale afflusso di cittadini extracomunitari. Il decreto proroga ed estende a tutto il territorio nazionale lo stato di emergenza disposta con D.P.C.M. 14 febbraio 2008 limitatamente ai territori delle regioni Sicilia, Calabria e Puglia.

[41]    Si veda ancora il comunicato del Ministero dell’interno del 1° agosto 2008 (www.interno.it).

[42]    Comunicato del Ministero dell’interno del 4 settembre 2008 (www.interno.it).

[43]    Di tale disposizione se ne propone l’estensione anche ai minori comunitari nel citato disegno di legge in materia di sicurezza: l’art. 47, inserito nel corso dell’esame in Commissione (em. 18.0.100), introduce la possibilità di rimpatriare i minori non accompagnati che siano cittadini comunitari (attualmente la procedura di rimpatrio assistito è circoscritta ai minori non comunitari) che esercitano la prostituzione, quando sia necessario nell’interesse del minore stesso, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.

[44]    D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (conv. L. 133/2008), Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita', la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria

[45]    D.L. 27 maggio 2008, n. 93 (conv. L. 126/2008), Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie

[46]    In particolare, riduce da 50 a 5,1 milioni lo stanziamento per l’anno 2007 e sopprime quello di 50 milioni per il 2008, disposti dalla legge istitutiva del fondo, legge 296/2006, art. 1, co. 1267 (art. 5, co. 11, DL 93/2008) e sopprime l’integrazione di ulteriori 50 milioni per il 2008 disposta dalla legge 244/2007, art. 2, co. 536 (elenco 1, DL 93/2008).

[47]    Mozioni Cota ed altri n. 1-00033, Capitanio Santolini ed altri n. 1-00049, De Torre ed altri n. 1-00050 e Evangelisti e Donadi n. 1-00051 concernenti iniziative in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo, seduta del 14 ottobre 2008.

[48]    Seduta del 26 novembre 2008, esame della Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE. COM(2007)249 def.

[49]    Si veda Ministero dell’interno, Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Circolare n. 1 del 14 gennaio 2009, Proroga del regime transitorio per l'accesso al mercato del lavoro dei cittadini rumeni e bulgari

[50]   In particolare, per gli aspetti lavoristici, si segnalano gli articoli: 18 (Lavoro subordinato a tempo determinato e indeterminato e lavoro autonomo), 19 (Titoli di prelazione), 20 (Lavoro stagionale), 21 (Ingresso e soggiorno per lavoro autonomo), 33 (Dichiarazione di emersione di lavoro irregolare). Si fa presente che in seguito è stato adottato il D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, “Regolamento recante modifiche ed integrazioni al D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, in materia di immigrazione”.

[51]   Il decreto-legge citato è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, Legge 6 aprile 2007, n. 46.

[52]    Contestualmente, la Commissione europea ha inoltre presentato la comunicazione"Piano strategico sull'asilo – Un approccio integrato in materia di protezione nell'Unione europea".

[53]    Progetti pilota per  partenariati di mobilità sono stati lanciati il 5 giugno 2008 con la Repubblica di Moldavia e con Capo Verde, per ora in fase di progetti pilota, sono stati effettivamente lanciati il 5 giugno 2008 a margine del Consiglio giustizia e affari interni, attraverso la firma di una dichiarazione comune con ciascuno dei due paesi. La dichiarazione contiene in allegato l’elenco delle iniziative concrete proposte dai firmatari. La dichiarazione comune con la repubblica di Moldavia è stata firmata dal commissario europeo alle relazioni esterne, dalla presidenza del Consiglio GAI; dal ministro degli interni della repubblica di moldavia e dai ministri degli interni degli Stati membri interessati (Germaia, Bulgaria, Cipro, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Lituania, Polonia, Portogallo, Romania, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Svezia). La dichiarazione comune con Capo Verde dal commissario europeo allo sviluppo, dalla presidenza del Consiglio GAI, dal Ministro degli interni di Capo verde e dagli Stati membri interessati (Spagna, Francia, Lussemburgo e Portogallo). E’ prevista l’apertura di un centro comune per i visti a Praia. Al partenariato partecipano anche Frontex e la Fondazione europea per la formazione, in qualità di agenzie comunitarie. Il Consiglio affari generali e relazioni esterne del 16 giugno 2008 nelle sue conclusioni sull’approccio globale in materia di migrazione, ha invitato la Commissione, insieme agli Stati membri e alla Presidenza, a condurre colloqui esplorativi con la Georgia e il Senegal al fine di lanciare ulteriori partenariati pilota.

[54].   Il regolamento in questione è stato modificato dal regolamento (CE) n. 308/2008 adottato dal Consiglio il 18 aprile 2008 ( proposta modificata della Commissione (COM2006)110) che definisce gli elementi di sicurezza e gli identificatori biometrici che gli Stati membri devono utilizzare in un modello uniforme di permesso di soggiorno.

[55]   La prima conferenza sull’integrazione, durante la quale i ministri hanno adottato i principi di base comuni,  i è svolta a Groningen nel novembre 2004. Il  lavori sono proseguiti con la conferenza di Potschaw  nel maggio 2007che ha posto l’accento sul dialogo interculturale come strumento per rafforzare l’integrazione. La Prossima conferenza avrà luogo in Spagna nel 2010

[56]    Dopo il loro arrivo in NL i familiari sono soggetti anch'essi ai requisiti di integrazione.

[57]    In NL una domanda di visto per ricongiungimento familiare costa 830 euro e l'esame di integrazione 350 euro. Il rilascio di un permesso di soggiorno per una permanenza temporanea costa 188 euro.

[58]    Convenzione sulla determinazione dello Stato competente per l'esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri delle comunità europee - Convenzione di Dublino, pubblicata in GU C 254 del 19 agosto 1997.

[59]   Istituita con regolamento(CE) n. 2007/2004 del 26 ottobre 2004, l’Agenzia ha sede a Varsavia ed ha il compito di:

coordinare la cooperazione operativa tra gli Stati membri in materia di gestione delle frontiere esterne;

assistere gli Stati membri nella formazione di guardie nazionali di confine, anche elaborando norme comuni in materia di formazione;

preparare analisi dei rischi;

seguire l’evoluzione delle ricerche in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere esterne;

aiutare gli Stati membri che devono affrontare circostanze tali da richiedere un’assistenza tecnica e operativa rafforzata alle frontiere esterne;

fornire agli Stati membri il sostegno necessario per organizzare operazioni di rimpatrio congiunte.

L’Agenzia gode di autonomia di bilancio. Le sue risorse provengono essenzialmente da contributi comunitari.

II bilancio di Frontex è cresciuto costantemente: mentre nel primo anno di attività esso era pari a 6, 2 milioni di euro, è salito a 19,2 milioni di euro per il 2006, 42 milioni di euro per il 2007, 70,4 milioni di euro per il 2008.

[60]   Il primo vertice si è tenuto al Cairo il 3 e 4 aprile 2000. Al Vertice di Lisbona hanno partecipato i 52 Stati membri dell’Unione africana, il Regno del Marocco, la Commissione africana, i 27  stati membri dell’UE, la Commissione europea, il Segretariato generale del Consiglio dell’Unione europea. Notizie stampa hanno informato che il Primo ministro britannico Gordon Brown non ha partecipato all’incontro in segno di disaccordo per la presenza di Robert Mugabe, Presidente dello Zimbabwe. Mugabe ha potuto avvalersi della deroga al divieto di visto previsto nel regime di sanzioni mirate dell’UE contro di lui  per la partecipazione ad incontri internazionali.

[61]   Alla conferenza hanno partecipato i ministri competenti in materia di immigrazione dei paesi del partenariato euro-mediterraneo (27 Stati membri UE + 12) e della Libia, in qualità di osservatore. Il partenariato euro-mediterraneo è stato inaugurato dalla Conferenza di Barcellona del 27 e 28 novembre 1995 che ha riunito i Ministri degli esteri degli Stati membri dell'Unione insieme a quelli di Algeria, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Marocco, Siria, Tunisia, Turchia e dell'Autorità palestinese. Dal 6 novembre 2007 il partenariato comprende anche Albania e Mauritania. Obiettivo generale dell'iniziativa è quello di fare del bacino del Mediterraneo una zona di dialogo, di scambi e di cooperazione che garantisca la pace, la stabilità e la prosperità. Entro il 2010 è prevista la creazione di una zona di libero scambio.

[62]   Il Rappresentante Permanente dell’Italia all’OCSE dal 1° agosto 2008 è l’Ambasciatore Antonio Armellini.