Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
| |||
---|---|---|---|
Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||
Titolo: | Missione in Serbia (10-11 dicembre 2008) | ||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 36 | ||
Data: | 09/12/2008 | ||
Descrittori: |
| ||
Organi della Camera: | III-Affari esteri e comunitari |
|
|||
Camera dei deputati |
|||
XVI LEGISLATURA |
|||
|
|||
SERVIZIO STUDI |
|||
|
|||
Documentazione e ricerche |
|||
Missione in Serbia (10-11 dicembre 2008)
|
|||
|
|||
|
|||
|
|||
|
|||
n. 36 |
|||
|
|||
|
|||
9 dicembre 2008 |
Dipartimento affari esteri
SIWEB
I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File:es0110.doc
INDICE
Le elezioni politiche anticipate
Il programma del Governo Cvetkovic
La “Dichiarazione sulla riconciliazione politica”
Le ulteriori spinte autonomistiche
Le relazioni internazionali della Serbia
La Serbia di fronte al percorso di integrazione comunitaria
Riflessi della situazione del Kosovo
La presenza internazionale in Kosovo
Repubblica di Serbia (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Principali cariche dello Stato
La crisi in Kosovo: l’evoluzione degli avvenimenti
Relazioni parlamentari tra Italia e Serbia (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)
Rapporti tra l’Unione europea e la Serbia (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
L’Accordo di stabilizzazione ed associazione
La Relazione della Commissione del 5 novembre 2008
La Comunicazione del 5 marzo 2008 sui Paesi dei Balcani occidentali
Dragoljub Micunovic Presidente della Commissione Affari esteri dell’Assemblea nazionale
Laszlo Varga Presidente della Commissione per l’Integrazione europea dell’Assemblea nazionale
Slavica Djukic Dejanovic Presidente dell’Assemblea nazionale
Vuk JeremicMinistro degli Affari esteri della Serbia
Mirko Cvetkovic Primo Ministro del Governo serbo
Bozidar DjelicVice Presidente del Consiglio e Ministro per le Scienze e lo Sviluppo tecnologico
XV legislatura - Commissioni riunite III Camera e 3^ Senato - Seduta del 20 febbraio 2008, Comunicazioni del Governo sui recenti sviluppi della situazione in Kosovo
XVI legislatura – Camera dei deputati - Commissione III - Seduta del 4 giugno 2008, Comunicazioni del Presidente sulla missione a Bruxelles (26-27 maggio 2008) in occasione della Riunione interparlamentare sui Balcani occidentali
XVI legislatura – Camera dei deputati - Commissione IV - Seduta del 12 novembre 2008, Comunicazioni del Presidente sulla missione in Kosovo del 21 e 22 ottobre 2008, presso il contingente militare italiano presente nell'area
A. Konomi, ‘Dalla seconda Albania alla Panalbania’, in: Limes, n. 2/2008
F. Strazzari,‘Il Kosovo sommerso’, in: Limes, n. 2/2008
D. Janjic, ‘Il piano B della Serbia sconfitta’, in: Limes, n. 2/2008
E. C. Del Re, ‘La valle di Presevo: Serbia meridionale o Kosovo orientale?’, in: Limes, n. 2/2008
R. Aitala, ‘Le mafie ringraziano’, in: Limes, n. 2/2008
R. Bastianelli, ‘Il cammino del Kosovo verso l’indipendenza’, in: Affari esteri, n. 158/2008
P. Garde, ‘Kosovo: une étape irréversible’, in: Politique internazionale, n. 120/2008
E.C. Del Re, ‘Mitrovica, uno sguardo dal ponte’, in: Limes, n. 5/2008
S. Bose, ‘Kosovo to Kashmir: Self-determination dilemma’, in: Open Democracy, 22 maggio 2008
R. Jozwiak, ‘Serbia could become EU candidate in 2009, in: Euopean Voice, 3 settembre 2008
M. Conserva ‘Scheda Paese: Serbia’, in: Commercio internazionale, n. 9/2008
R. Jozwiak ‘Serbia ratifies EU deal’, in: European Voice, 9 settembre 2008
International Crisis Group, ‘Kosovo’s fragile transition’, in: Europe Report, n. 196/2008
‘Tiro alla fune’, tratto dal sito internet www.osservatoriobalcani.org, 25 settembre 2008
‘A tutta Fiat, tratto dal sito internet www.osservatoriobalcani.org, 30 settembre 2008
‘Successo diplomatico per la Serbia, tratto dal sito internet www.osservatoriobalcani.org, 9 ottobre 2008
M. F. Harsch, ‘EU split on Kosovo independence, in: ISN, 13 ottobre 2008
P. Bergamaschi, ‘Kosovo: l’ossessione della storia’, tratto dal sito internet www.osservatoriobalcani.org, 3 novembre 2008
Scheda-paesa a cura del Ministero degli Affari esteri
Serbia
Kosovo
Nazioni Unite – Assemblea Generale – Risoluzione dell’8 ottobre 2008 sulla richiesta di un parere della Corte internazionale di Giustizia sull’indipendenza del Kosovo
Il 2008 è stato un anno cruciale per la Serbia, segnato profondamente dalla controversa dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio, immediatamente contestata dal Parlamento serbo che ne ha dichiarato la nullità e l’illegalità (v. il paragrafo dedicato alla questione).
All’inizio dell’anno si sono svolte le elezioni presidenziali. Il primo turno (20 gennaio) che ha visto un’affluenza alle urne piuttosto alta (4.100.000 votanti pari a circa il 61% degli aventi diritto) ha decretato il successivo ballottaggio tra il candidato dei Radicali (SRS), Tomislav Nikolic, (39.4% dei suffragi) e il presidente uscente Boris Tadic (35.4%). Nessuno degli altri sette candidati ha superato gli otto punti percentuali.
Come già accaduto nel 2004, il 3 febbraio Boris Tadic ha vinto il secondo turno battendo il candidato ultranazionalista (50,31% dei voti, contro il 47,97) e si è riconfermato Presidente della Serbia. La rielezione di Tadic, fautore dell’integrazione nell’Unione europea e nella NATO ed interprete dell’apertura e del cambiamento, è stata salutata con grande favore dalle istituzioni europee e dal mondo occidentale nel suo complesso. Fino all’ultimo minuto, tuttavia, Nikolic ha rappresentato un serio pericolo per il suo avversario, puntando le sue carte su una ferma opposizione al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.
L’integrità territoriale fa tuttavia parte anche degli obiettivi del Presidente Tadic che, nel discorso del suo insediamento, ha sottolineato che la Serbia dovrà operare per conservare la sovranità sui territori del Kosovo e di Metohija. L’altro grande tema sul quale il Presidente ha confermato il proprio impegno è quello dell’ingresso nell’Unione europea che, dopo la firma dell’Accordo di Associazione e stabilizzazione (ASA), del 29 aprile e la sua recente ratifica da parte del Parlamento serbo, sembra ora molto più vicino.
Le questioni internazionali influiscono in misura determinante sulla politica interna della Serbia: proprio i rapporti con l’Unione europea e, da ultimo, la firma dell’ASA hanno rappresentato il nodo centrale della contesa che ha condotto alla crisi definitiva del governo di coalizione guidato da Kostunica. Dopo mesi di contrasti in seno alla coalizione di governo, formata dal Partito democratico di Tadic (DS), forza maggioritaria dell'esecutivo, dal movimento tecnocratico-liberista G17 Plus e dal Partito democratico di Serbia (DSS) del premier Vojislav Kostunica, quest’ultimo, l’8 marzo, ha rassegnato le proprie dimissioni dopo meno di un anno di governo.
L’occasione è stata fornita da una risoluzione parlamentare presentata dal Partito radicale (SRS, opposizione ultranazionalista), ma sostenuta anche dal Partito democratico di Serbia del premier Kostunica, che condizionava qualsiasi accordo con l'Unione europea ad un radicale cambiamento di posizione dell’UE sul Kosovo e ad un esplicito riconoscimento della sovranità serba sulla regione. Com’era prevedibile, a sfavore della risoluzione si sono schierati sia il Partito DS di Tadic che i liberisti di G17Plus, determinando così la spaccatura all’interno della maggioranza che ha condotto alle dimissioni del premier.
Domenica 11 maggio si sono dunque svolte le elezioni politiche anticipate, in concomitanza con le già previste elezioni amministrative (locali e provinciali).Poiché la crisi che aveva generato le nuove elezioni derivava dalla diversa visione dei rapporti con l'Unione Europea, queste erano viste, come già le precedenti presidenziali, come un ulteriore referendum sul futuro europeo della Serbia.
Le formazioni che hanno superato la soglia di sbarramento del 5% (che non opera per i partiti che rappresentano le minoranze etniche) e che quindi siedono in Parlamento, sono:
Ø “Per una Serbia europea-Boris Tadic”, blocco liberale filo europeista (composto dal Partito democratico DS di Tadic e dai liberali del gruppo G17), 38,44%, 102 seggi.
Ø Partito Radicale (SRS), ultranazionalista, di Tomislav Nikolic[1], 29,36%, 78 seggi.
Ø Partito Democratico di Serbia (DSS) conservatore, di Vojislav Kostunica e New Serbia (NS), 11,59%, 30 seggi.
Ø Partito Socialista (SPS) di Ivica Dacic, alleato con i Pensionati Uniti di Serbia (Pups) e con il piccolo Partito United Serbia (Js), 7,60%, 20 seggi.
Ø Partito Liberaldemocratico (LDP), ultraliberale, di Cedomir Jovanovic (l’unica formazione apertamente favorevole all’indipendenza del Kosovo), 5,24%, 13 seggi.
Ø 7 seggi sono andati inoltre alle minoranze etniche.
Il voto delle elezioni legislative ha quindi premiato una coalizione filoeuropeista. Dopo circa due mesi di trattative, il nuovo governo – il quinto dalla caduta del regime di Milosevic - ha ricevuto la fiducia il 7 luglio[2]. Si tratta di un’insolita coalizione, guidata da Mirko Cvetkovic (DS) della quale fanno parte la formazione “Per una Serbia europea”, e il Partito socialista (SPS) del defunto presidente jugoslavo Slobodan Milosevic (con i suoi alleati Pups e JS), che nel corso degli anni ’90 si erano duramente contrapposti.
Il nuovo governo si compone di 24 ministeri, un ministro senza portafoglio, un sostituto del premier e tre vice premier. Al Partito democratico (DS) sono toccati 8 ministeri, 6 al G17 plus, 4 al Partito socialista della Serbia (SPS) e uno a testa al Movimento per il rinnovamento serbo (SPO), al Partito democratico del Sangiaccato (SDP) e all’Azione democratica del Sangiaccato (SDA). L’ingresso dei socialisti nel governo è stato fortemente sostenuto dalla comunità internazionale e i 4 ministri dell’SPS ricoprono ruoli chiave: il segretario del partito, Dacic, è a capo del ministero dell’interno oltre ad essere vice primo ministro, mentre altri esponenti del partito guidano i ministeri delle infrastrutture, dell'istruzione e delle risorse energetiche.
Le priorità del programma di Cvetkovic sono il cammino verso il futuro europeo della Serbia, l’inaccettabilità dell’indipendenza del Kosovo, la necessità di rafforzare l’economia e la responsabilità sociale del governo, la lotta contro la corruzione e la criminalità e il rispetto del diritto internazionale.
Ad oltre quattro mesi dal suo insediamento, il governo Cvetković, la cui sopravvivenza era tutto tranne che scontata, ha fatto registrare alcuni successi quali, come accennato, la ratifica dell'Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA), la cattura di Radovan Karadžić e, sul piano economico, la firma dell'accordo con la Fiat[3] e l'accordo energetico con la Russia.
Nel discorso di celebrazione dei primi 100 giorni di governo, il premier Cvetković ha annoverato tra gli obiettivi raggiunti anche il provvedimento che aumenta le pensioni del 10 per cento[4], la costruzione del Corridoio 10 e le attività volte ad attirare gli investimenti stranieri. Anche sulla questione kosovara, il Governo serbo ha segnato un punto, riuscendo ad ottenere l’approvazione – l’8 ottobre scorso - di una risoluzione, in sede di Assemblea Generale dell'ONU, per chiedere un parere legale alla Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja sull'indipendenza proclamata dalla ex provincia serba, rallentandone di fatto il processo di separazione.
Secondo alcuni osservatori economici, i punti deboli dell’attività di governo si individuano nella crescita della spesa pubblica, nel calo di produzione industriale, nell'incompleta industrializzazione, nella debole risposta al crimine e alla corruzione e nella ridefinzione del bilancio. Su quest’ultimo punto, tuttavia, va ricordato che il 13 novembre la Serbia ha raggiunto un accordo con il Fondo monetario internazionale che prevede una riduzione del deficit del bilancio nel 2009 all'1,5 per cento del PIL rispetto al 2,7 per cento previsto per il 2008. Secondo l’accordo, i salari, le pensioni e le sovvenzioni saranno commisurati all'esigenza di assicurare la stabilità macroeconomica.
L’insperato processo di riconciliazione tra Partito democratico ed il Partito socialista serbo, che ha consentito finora di governare il Paese con un accordo di fondo, è sfociato, il 19 ottobre, in una “Dichiarazione sulla riconciliazione politica e sulla responsabilità comune per la realizzazione di una Serbia democratica, libera, unita, sviluppata culturalmente ed economicamente, e con uno Stato di giustizia sociale”. La Dichiarazione è formata da otto capitoli dedicati all'unità nazionale, al sistema politico e alla democrazia, alla sovranità e all'integrità del Paese, all'integrazione europea e ai rapporti internazionali della Serbia, alla sicurezza sociale e allo sviluppo economico. Nel documento viene nuovamente ribadito che “il Kosovo resterà parte della Serbia, e la lotta contro la sua separazione è un compito nazionale primario”.
Naturalmente, né l’operato del governo fin qui, né la riconciliazione tra DS e SPS, sono stati accolti con favore dall’opposizione che ne danno letture negative, bollando il primo come insufficiente e la seconda come mera “operazione di marketing”.
Particolarmente duri il Partito democratico serbo (DSS) e il Partito radicale serbo (SRS) anche se quest’ultimo sta vivendo una grave crisi interna che ha portato il partito, il 12 settembre, alla scissione. Ancora una volta è l’adesione all’Unione europea la causa di una crisi politica, anche se in questo caso si tratta di crisi interna ad un partito. Tomislav Nikolic, allora vice presidente del partito e rappresentante dell’ala più moderata, dopo essersi dimesso da tutte le cariche interne è stato espulso dall’SRS a causa di forti divergenze con il presidente Vojislav Seselj. Seselj guida il partito da Scheveningen, il carcere speciale delle Nazioni Unite nel quale si trova da quando nel 2003 ha deciso di consegnarsi spontaneamente al tribunale dell’Aja che lo aveva accusato di crimini di guerra.
Poco dopo Nikolic ha dato vita al Partito serbo per il progresso (Sns), di cui è presidente, con l’intenzione di creare una formazione d'opposizione, democratica e moderna, aperta alla collaborazione con l’Unione europea ma anche ai rapporti con la Russia.
In una Serbia ancora comprensibilmente scossa dalla vicenda dell'indipendenza del Kosovo, ha creato qualche apprensione anche il progetto autonomistico della regione settentrionale della Vojvodina, una delle più ricche del paese, nella quale i serbi rappresentano due terzi della popolazione, un settimo della quale appartiene alla minoranza ungherese, e vi sono altresì consistenti nuclei slovacchi, croati e rumeni. Il 14 ottobre 2008 è stato adottato a larga maggioranza dall'assemblea della Vojvodina il nuovo statuto regionale, che dovrà successivamente essere approvato dal Parlamento di Belgrado, e in caso di esito positivo potrebbe entrare in vigore già alla fine del 2008. Secondo il nuovo statuto, la città di Novi Sad potrà essere considerata capitale della Vojvodina, il locale consiglio esecutivo si trasformerà in un governo e la regione potrà mantenere un ufficio internazionale a Bruxelles. Il punto più controverso è però probabilmente quello finanziario, poiché dalla Vojvodina è stata avanzata la richiesta di poter gestire il sette per cento dell'intero bilancio statale.
A Belgrado le reazioni sono state nettamente differenziate: mentrela coalizione filoeuropea al governo e il presidente Tadic hanno considerato del tutto legittime le richieste della Vojvodina, che rientrerebbero perfettamente nel quadro costituzionale vigente; l'opposizione invece ha paventato l’inizio di un processo di disgregazione anche nella Vojvodina, soprattutto con riferimento alla circoscrizione di Subotica, nella quale la componente ungherese costituisce la maggioranza della popolazione.
Come in precedenza illustrato, il voto delle elezioni legislative del maggio 2008 ha premiato una coalizione filoeuropeista, così come favorevole all’Europa è il Presidente Boris Tadic, rieletto il 3 febbraio 2008. La conferma di Tadic ed i risultati delle ultime consultazioni politiche sono elementi che rassicurano circa la stabilità dell’area, anche se – secondo quanto riportato dagli analisti internazionali – i rischi di nuove crisi non sono del tutto scomparsi.
Nel complesso la linea pragmatica adottata da Tadic sta raggiungendo alcuni importanti risultati sul piano della collocazione internazionale di Belgrado. Dopo lunghi anni di instabilità il Paese sembra avviarsi concretamente verso un consolidamento delle proprie istituzioni e della propria posizione all'interno del sistema internazionale: il ridimensionamento delle forze politiche più oltranziste rappresenta un rilevante segnale in questa direzione.
Il progresso verso la fine dell'ostracismo internazionale è rallentato dalla permanenza di alcune drammatiche “passività” delle guerre dell'ultimo decennio, come la questione kosovara e dei criminali di guerra. Le diffidenze di alcuni membri dell'Unione, soprattutto da parte dell’Olanda e della Gran Bretagna, costituiscono motivo di grande preoccupazione per governo, che in una situazione simile non sembra in grado di rendersi pienamente autonomo dall’ala protettrice del tradizionale alleato russo.
Un momento cruciale per la proiezione internazionale della Serbia è stato vissuto a partire dall’agosto 2008, in dipendenza della crisi georgiana e dell’appoggio, con successivo riconoscimento, dato dalla Russia alle aspirazioni separatiste dell’Abkhazia e dell’Ossezia del sud. Va segnalato al proposito che Mosca aveva anticipato tale eventualità fin dalla dichiarazione di indipendenza di Pristina, che a suo parere – parere esattamente opposto a quello delle cancellerie occidentali – costituiva un precedente pericoloso per il rispetto del fondamentale principio di diritto internazionale di tutela dell’integrità territoriale degli Stati. Di fronte alla condanna occidentale dell’atteggiamento russo verso la Georgia, il ministro degli esteri Vuk Jeremic (di orientamento europeista) non ha mancato di condannare duramente il doppio standard che secondo la Serbia è stato applicato in Occidente nel giudicare le due situazioni.
Il capitolo dei rapporti con l’Italia, dopo la crisi che ha caratterizzato il momento iniziale dell’indipendenza kosovara ed il riconoscimento fattone da Roma – anche dal nostro Paese fu richiamata in quei giorni l’ambasciatrice serba -, ha visto un progressivo riavvicinamento, già a partire dal mese di luglio, quando il ministro degli Esteri Frattini, salutando con favore la cattura e la consegna di Karadzic, ha sostenuto la necessità, da parte dell’Unione europea, di avviare prontamente l’applicazione dell’accordo interinale commerciale con Belgrado.
Successivamente, alla fine di settembre, la nostra diplomazia ha seguito con attenzione l’importante operazione economico-finanziaria con la quale la FIAT è tornata in Serbia, attraverso l’acquisizione dello storico gruppo automobilistico serbo della Zastava, in una joint venture con il governo serbo, nella quale la FIAT avrà comunque due terzi del pacchetto azionario,con un impegno finanziario iniziale di 500 milioni di euro. Sul lato degli investimenti, l’azienda torinese renderà disponili 620 milioni, mentre ulteriori somme saranno investite nell’ambito dei due ulteriori progetti, concernenti rispettivamente la costruzione di autobus e la compenentistica elettronica, e che si attueranno mediante joint ventures con Iveco, nel primo caso, e con Magneti Marelli, nel secondo (entrambe aziende del Gruppo FIAT). Le previsioni parlano della possibilità di quasi 5.000 posti di lavoro, per una produzione autobobilistica che potrebbe raggiungere le 300.000 unità nel 2010, nei segmenti A (utilitarie) e B.
Per quanto concerne le relazioni con l’Unione europea, comunque, il 29 aprile 2008 vi è stata la firma (dopo che l’Accordo era stato parafato già nell’autunno precedente) dell’Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) con Bruxelles, che avrà un percorso abbastanza lungo per il perfezionamento, richiedendo la ratifica da parte di tutti gli Stati membri dell'Unione europea.
Questo tipo di accordi include tuttavia un accordo provvisorio di applicazione, contenente essenzialmente clausole commerciali. Nel caso specifico, tuttavia, il veto olandese ha impedito l'inizio dell'applicazione dell'accordo interinale commerciale, poiché secondo il governo dei Paesi bassi, nonostante la cattura e la consegna (luglio 2008), alle autorità del Tribunale speciale per i crimini nell'ex Jugoslavia, del capo dei serbo-bosniaci Radovan Karadzic - considerato responsabile di gravissime violazioni dei diritti umani nei tragici anni della guerra che accompagnò la dissoluzione dell'ex Jugoslavia - la Serbia dovrebbe fornire ulteriori prove della propria disponibilità a collaborare, assicurando alla giustizia internazionale anche il generale Ratko Mladic (il “boia di Srebrenica”) e Goran Hadzic, responsabile di centinaia di vittime nella guerra condotta nella provincia croata della Krajina.
La valenza del difficile rapporto della Serbia con l'Unione europea assume particolare importanza anche rispetto alla questione del Kosovo (v. più avanti) poiché, fermo restando che tutto lo spettro politico serbo rifiuta qualunque compromesso al riguardo, e quindi anche una sorta di baratto tra un rapido ingresso nell'Unione e l'accettazione della situazione venutasi a creare nel Kosovo; non c'è dubbio che sono le forze europeiste serbe quelle in maggiore imbarazzo di fronte all'atteggiamento di freno delle autorità di Bruxelles nei confronti del percorso di avvicinamento serbo. Risulta allora evidente come una messa in crisi delle forze politiche maggiormente europeiste, attualmente alla guida del governo di Belgrado, potrebbe ridare fiato al nazionalismo serbo nelle sue varie articolazioni, con preoccupanti riflessi anche per la stabilità della fragile costruzione statuale kosovara.
Come in precedenza illustrato, il voto delle elezioni legislative del maggio 2008 ha premiato una coalizione filoeuropeista, così come favorevole all’Europa è il Presidente Boris Tadic, rieletto il 3 febbraio 2008. La conferma di Tadic e i risultati delle ultime politiche sono elementi che rassicurano circa la stabilità dell’area, anche se – gli analisti internazionali osservano – i rischi di nuove crisi non sono del tutto scomparsi.
Per quanto concerne i rapporti con l’Unione europea, comunque, il 29 aprile 2008 vi è stata la firma (dopo che l’Accordo era stato parafato già nell’autunno precedente) dell’Accordo di stabilizzazione e associazione (ASA) con l’Unione europea, che avrà una procedura abbastanza lunga per il perfezionamento, richiedendo la ratifica di tutti gli Stati membri dell'Unione europea. Questo tipo di accordi include tuttavia un accordo provvisorio di applicazione, contenente essenzialmente clausole commerciali. Nel caso specifico, tuttavia, il veto olandese ha impedito l'inizio dell'applicazione dell'accordo interinale commerciale, poiché secondo il governo dei Paesi bassi, nonostante la cattura e la consegna (luglio 2008), alle autorità del Tribunale speciale per i crimini nell'ex Jugoslavia, del capo dei serbo-bosniaci Radovan Karadzic - considerato responsabile di gravissime violazioni dei diritti umani nei tragici anni della guerra che accompagnò la dissoluzione dell'ex Jugoslavia - la Serbia dovrebbe fornire ulteriori prove della propria disponibilità a collaborare, assicurando alla giustizia internazionale anche il generale Ratko Mladic (il “boia di Srebrenica”) e Goran Hadzic, responsabile di centinaia di vittime nella guerra condotta nella provincia croata della Krajina.
La valenza del difficile rapporto della Serbia con l'Unione europea assume particolare importanza anche rispetto alla questione del Kosovo poiché, fermo restando che tutto lo spettro politico serbo rifiuta qualunque compromesso al riguardo, e quindi anche una sorta di baratto tra un rapido ingresso nell'Unione e l'accettazione della situazione venutasi a creare nel Kosovo; non c'è dubbio che sono le forze europeiste serbe quelle in maggiore imbarazzo di fronte all'atteggiamento di freno delle autorità di Bruxelles nei confronti del percorso di avvicinamento serbo. Risulta allora evidente come una messa in crisi delle forze politiche maggiormente europeiste, attualmente alla guida del governo di Belgrado, potrebbe ridare fiato al nazionalismo serbo nelle sue varie articolazioni, con preoccupanti riflessi anche per la stabilità della fragile costruzione statuale kosovara.
Storicamente, un’importante fattore della posizione internazionale di Belgrado è rappresentato dalle relazioni con la Russia. Importanti legami storici, culturali ed economici uniscono i due popoli e Mosca costituisce ancora oggi il principale partner a livello internazionale di Belgrado, come dimostra il sostegno diplomatico russo alle posizioni serbe sulla questione kosovara. Durante la recente crisi georgiana più volte da parte russa si è fatto riferimento ad un collegamento tra questa e la questione della regione indipendentista serba, suggerendo che il comportamento di Mosca riguardo l'Ossezia fosse in parte conseguenza della sistemazione della crisi del Kosovo. Da parte serba non e' mancato l'appoggio reciproco da parte di esponenti politici all'azione di forza russa in caucaso.
A Mosca guardano con particolare favore le èlites politiche serbe più scettiche nei riguardi del percorso di adesione europea, anche se il sentimento di solidarietà tra le due nazioni coinvolge trasversalmente tutto il mondo politico serbo. In seguito ad alcune visite dei governanti di Belgrado al Cremlino à stato siglato il 25 gennaio scorso un accordo economico riguardante il mercato interno del gas, approvato nelle ultime settimane in via definitiva dal Parlamento con un voto trasversale ai diversi schieramenti: su 238 deputati presenti nella sessione, 212 hanno votato a favore dell'accordo, 22 contro e 4 si sono astenuti.
Secondo questo accordo il gigante russo dell'energia Gazprom aquista il 51% delle azioni della compagnia serba NIS e si impegna nella costruzione di un gasdotto nella regione della Vojvodina, parte del progetto South Stream che porterà il gas russo in Europa. L'accordo prevede il pagamento di 400 milioni di euro da parte della società russa per l'acquisizione della maggioranza del pacchetto azionario della società serba nonché l'investimento di ulteriori 500 milioni per l'espansione della società.
I critici della transazione fanno notare come l'agenzia di rating Deloitte abbia recentemente stimato il valore della compagnia NIS 2,2 miliardi di euro, molto meno di quanto pagato da Gazprom. Nonostante ciò il governo di Belgrado ha confermato gli estremi dell'accordo aggiungendo però che rimangono margini di negoziazione riguardo l'entità dei flussi previsti e il mantenimento degli incentivi fiscali. Le attuali condizioni prevedono un flusso attraverso il South Stream di 10 miliardi di metri cubi di gas, equivalenti soltanto al 50% del fabbisogno serbo, oltre a una serie di incentivi fiscali nei riguardi di NIS, contrari ai princìpi del processo di liberalizzazione del settore energetico che il governo di Belgrado sta cercando di realizzare.
Per quanto concerne i rapporti con la Croazia va evidenziato un duplice profilo: da un lato infatti si assiste a un progressivo consolidamento dei rapporti economici tra i due paesi, dovuto soprattutto al notevole flusso di investimenti croati verso la Serbia, che rappresentano più di un sesto del totale degli investimenti di Zagabria. Risulterebbe che in territorio serbo operino 120 aziende croate, quasi tutte appartenenti ai settori dell'alimentare, dell'edilizia, e del commercio, per un totale di investimenti che raggiunge i 390 milioni di euro. Inoltre, gli scambi commerciali si sono quadruplicati negli ultimi sei anni, con un netto avanzo a favore della Croazia.
D'altro canto, però, i due paesi sono stati divisi da una delicata questione giuridica internazionale, vale a dire l’accusa di genocidio presentata dal governo croato nel 1999 – quando ancora lo guidava Franjo Tudjman – con riferimento alle azioni militari condotte dai serbi nella guerra contro Zagabria. La questione si è nuovamente accesa quando la Corte internazionale di giustizia dell’Aja si è dichiarata competente sulla richiesta croata, provocando una dura reazione serba. Va tuttavia rilevato come anche diversi osservatori di parte croata abbiano ritenuto che sarebbe stato meglio se la Corte avesse lasciato cadere la questione, che fu sollevata nel 1999 soprattutto con fini di politica interna. Sta di fatto che considerando il comune e auspicato destino europeo dei due paesi, nonché le pressioni internazionali, la questione – che non verrà comunque affrontata dalla Corte se non tra diversi anni – si è fortunatamente raffreddata.
Il contesto attuale dei rapporti serbo-croati vede invece alcune divergenze, ma in un clima non confrontabile alle tensioni e ai conflitti degli Anni Novanta. Tra i problemi aperti vi sono la delimitazione precisa della comune frontiera lungo il Danubio, le questioni successorie riguardanti proprietà oggetto di spartizione tra i due Stati, la restituzione del patrimonio culturale croato trafugato in Serbia, la ricerca delle persone scomparse negli anni della guerra.
Nei rapporti con il Montenegro ha assunto rilevanza la questione della cittadinanza, sulla quale è stato raggiunto il 21 novembre 2008 un accordo tra i rispettivi negoziatori in merito al possesso della doppia cittadinanza da parte di molti dei rispettivi cittadini. L’intesa prevede che fino alla data della firma ufficiale dell’accordo, prevista per la fine del 2008, coloro che siano in possesso dei due passaporti potranno mantenerli.
L’intesa è stata raggiunta nonostante la crisi diplomatica seguita al riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo da parte del Montenegro e della Macedonia (9 ottobre 2008), poiché, per esplicita dichiarazione delle autorità serbe, vanno salvaguardati in ogni caso gli interessi dei cittadini serbi, ai quali Belgrado riconosce la cittadinanza anche se residenti all’estero. Più restrittiva è al riguardo la politica montenegrina, preoccupata dei riflessi politico-elettorali che un troppo vasto riconoscimento della doppia cittadinanza potrebbe avere sugli equilibri interni del piccolo Stato.
Com’è noto, la Repubblica serba ed i serbi kosovari non hanno accettato l’indipendenza del Kosovo e non ne hanno riconosciuto la nuova Costituzione. Il premier serbo Vojislav Kostunica chiese la convocazione di una seduta straordinaria dell’Assemblea nazionale serba per annullare l'atto con cui era stata sancita l'entrata in vigore della nuova carta costituzionale in Kosovo, considerata da Belgardo una provincia della Serbia (infatti, anche nel nuovo esecutivo serbo, formatosi a luglio, è stata previsto l’incarico di ministro per il Kosovo). Sempre Kostunica dichiarava di non accettare la missione dell’Unione europea EULEX – programmata per subentrare alla gestione degli aspetti civili nel Kosovo, e che doveva subentrare alla missione ONU UNMIK, definendola “illegale”.
Malgrado le reciproche accuse di illegalità e ancorché in un clima di contrapposizione, la situazione è sembrata evolversi senza rotture violente su entrambi i fronti: si è varata la Costituzione del Kosovo da un lato e, dall’altro, si sono svolte, l’11 maggio scorso - contestualmente alle elezioni legislative in Serbia - elezioni locali nelle enclaves a prevalenza serba, peraltro contro il parere delle autorità kosovare e dell’UNMIK, che hanno visto l’affermazione del Partito ultranazionalista radicale serbo e del DSS dell’ex premier Kostunica, assolutamente contrari ad ogni forma di collaborazione con le autorità del nuovo Stato, e in dissidio anche con la politica del governo di Belgrado, giudicata rinunciataria.
Sul versante internazionale, occorre menzionare l’iniziativa intrapresa da Belgrado presso le Nazioni Unite, intesa a sottoporre alla Corte internazionale di giustizia il nodo della legittimità dell’indipendenza kosovara: tale richiesta, formulata… è stata accolta a larga maggioranza. dall'Assemblea generale dell’ONU, ma che avrà un iter prevedibilmente assai lungo.
Si è nel frattempo consolidata l’ipotesi, cui ha fatto cenno più volte lo stesso presidente serbo Tadic, di pervenire ad una spartizione del Kosovo. Come si è visto, infatti, il controllo delle autorità di Pristina non giunge a coprire l'intero territorio kosovaro, poiché nella zona a nord di Kosovska Mitrovica continua ad esercitarsi l'autorità della locale comunità serba che, dopo le già ricordati elezioni municipali del mese di maggio, in giugno ha costituito un proprio Parlamento, espressione della comunità municipali.
La proposta di spartizione del Kosovo, tuttavia, presenta diversi profili assai problematici per gli stessi serbi kosovari, una parte non trascurabile dei quali vive in enclaves situate a sud di Kosovska Mitrovica, e senza continuità territoriale con la parte settentrionale che si vorrebbe incorporare nella Serbia. Persino il nucleo storico e archeologico del patrimonio religioso serbo nel Kosovo verrebbe sottratto definitivamente al controllo della Serbia in caso di spartizione del territorio. Al di là, poi, dell’opposizione di Pristina, e delle perplessità europee, l'ipotesi di spartizione porterebbe con sé il rischio di rinnovare il rischio delle contrapposizioni etniche, riproducendo nella piccola entità gli esiti disastrosi della “balcanizzazione” dell’intera, tristemente emersa nelle guerre degli Anni Novanta. In tale eventualità, infatti, potrebbero riprendere fiato istanze a sfondo etnico tuttora presenti ad esempio in Bosnia, ove dopo l'indipendenza del Kosovo una parte non secondaria delle forze politiche della Repubblica Srpska ha esplicitamente minacciato di intraprendere un analogo percorso indipendentista, e dove comunque negli ultimi anni - a dispetto degli sforzi e della massiccia presenza della comunità internazionale, o forse in parte proprio alimentandosene – gli elettori hanno costantemente premiato le forze etniche di orientamento fortemente nazionalista. Preoccupazioni per una ripresa dei conflitti etnici sussistono anche con riferimento alla Macedonia, e in misura assai minore al Montenegro. Infine non va dimenticato che nel territorio serbo esiste amncora una forte comunità albanese (valle di Presevo), che indubbiamente richiederebbe l’unione con il Kosovo in caso di accordo spartitorio.
Si può peraltro ipotizzare che, alla fine, la soluzione spartitori acquisti consensi, in quanto potrebbe portare ad un accomodamento di lungo periodo che non sarebbe valutato negativamente in sede internazionale. La stessa Unione europea, infatti, si troverebbe di fronte al riconoscimento del nuovo assetto da parte della Serbia, con indubbi vantaggi in riferimento alla legalità internazionale nella regione, ed il venir meno delle divisioni in seno alla stessa UE – non si dimentichi infatti che Stati come la Spagna, preoccupata per i possibili riflessi interni, non hanno mai riconosciuto il Kosovo. D’altro canto la Russia potrebbe procedere al riconoscimento di Pristina, giacché analogo passo sarebbe stato compiuto a quel punto anche da Belgrado.
La Missione KFOR
KFOR (Kosovo Force) è una missione NATO per il rispetto degli accordi di cessate il fuoco tra Macedonia, Serbia e Albania.
L’operazione, nella fase iniziale, ha comportato un dispiegamento di circa 43.000 militari sia della NATO, che di Paesi non appartenenti all’Alleanza, compresa la Russia.
L'obiettivo della missione è stato inizialmente quello di attuare e, se necessario, far rispettare gli accordi del cessate il fuoco o dell’Interim Agreement, allo scopo di fornire assistenza umanitaria e supporto per il ristabilimento delle istituzioni civili, agevolando il processo di pace e stabilità.
Il compito attuale della missione, che è costituita da circa 15.700 militari, è quello di svolgere un’azione di presenza e deterrenza che mantenga un ambiente sicuro e che impedisca il ricorso alla violenza.
Nello specifico, i militari della KFOR effettuano il controllo dei confini tra il Kosovo e la Serbia; svolgono compiti di ordine pubblico e controllo del territorio; collaborano con l’UNMIK e realizzano attività di assistenza umanitaria.
Le attività di gestione dell'ordine pubblico sono affidate alla missione MSU (che ha supportato anche la missione SFOR in Bosmia), con sede a Pristina, posta alle dirette dipendenze del comandante di KFOR e composta prevalentemente dal personale dell'Arma dei Carabinieri.
Nell’ambito di KFOR si è inoltre svolta la missione NATO COMMZ W (Communication Zone West), che ha avuto inizio il 1° settembre 1999, con il compito di assicurare le vie di comunicazione per i rifornimenti logistici a KFOR e mantenere i necessari contatti con le organizzazioni internazionali presenti. Nell’ambito della riconfigurazione della presenza NATO nei Balcani, dal giugno 2002, la missione è stata rilevata dalla missione NHQ Tirana, con il compito di contribuire al coordinamento tra le Autorità albanesi, la NATO e le Organizzazioni della Comunità Internazionale.
Nell’ambito del processo di ricostituzione delle forze a guida NATO nei Balcani, il 12 novembre 2002, sono state accorpate le brigate multinazionali Nord e Ovest ed è stata costituita la Multinational Brigade South-West (MNB-SW) alla cui guida si sono alternate l’Italia e la Germania.
Alla fine del 2004, in occasione del passaggio di responsabilità delle operazioni militari NATO in Bosnia all’Unione europea, le autorità NATO hanno deciso di raggruppare tutte le operazioni condotte nei Balcani in un unico contesto operativo, dando origine all’operazione Joint Enterprise che comprende le attività di KFOR, MSU, l’interazione NATO-UE, e gli Headquarters della NATO presso Skopje, Tirana e Sarajevo.
L’Italia ha retto il Comando di KFOR dal 1° settembre 2005 al 1° settembre 2006.
Nel maggio 2006, al fine di accrescere la flessibilità di impiego e la capacità di risposta a fronte di crisi improvvise, è stata decisa una ulteriore trasformazione della struttura di KFOR, completata nell’estate 2007, che, senza prevedere riduzioni numeriche dei contingenti, ha visto il passaggio dalla precedente articolazione su quattro Brigate multinazionali aventi ognuna la propria area di competenza, a cinque Task Forces, dotate di particolare flessibilità operativa, più una Forza di Reazione Rapida (Quick Reaction Force).
La MNB-SW è stata riarticolata in due distinte Multinational Task Force: una sotto Comando italiano (MNTF-W) che comprende contingenti di Spagna, Ungheria, Slovenia e Romania e una a guida tedesca (MNTF-S).
Le 5 Task Force sono basate a Mitrovica (Nord), Pristina (Centro), Gnjlane (Est), Prizren (Sud) e Belo Polje - PEC (Ovest).
Dei circa 15.700 militari che appartengono ai contingenti di KFOR, i maggiori contributi sono offerti dalla Germania (2.508 unità), dall’Italia (1.671), dalla Francia (1.953) e dagli USA (1.454).
In particolare, il contingente italiano è rappresentato da 1564 uomini e da 107 donne, svolgendo attività di pattugliamento, check point e protezione di siti dotati di particolare status come il Patriarcato di Pec, il Monastero di Deacani, il Monastero di Goriok, il Monastero di Budisavci e l’Aeroporto di Dakovica.
Sono cinque i militari che hanno perso la vita nel corso della missione KFOR: il caporal maggiore Pasquale Dragano, appartenente al Corpo dei Bersaglieri, morto il 24 giugno 1999 a Djakovica; il caporalmaggiore Samuele Utzeri, che ha perso la vita il 2 aprile 2000 a Pec e, il 2 agosto 2000, il caporal maggiore Luigi Nardone. Il 9 agosto 2001 il Caporal Maggiore Scelto Giuseppe Fioretti ed il Caporal Maggiore Dino Paolo Nigro, del 3° Reggimento Alpini hanno perso la vita cadendo da un elicottero in fase di atterraggio.
La missione KFOR continua a svolgere i propri compiti nell’area kosovara anche dopo la proclamazione dell’indipendenza del Kosovo avvenuta il 17 febbraio 2008.
Il 29 agosto 2008 il generale di corpo d’armata Giuseppe Emilio Gay ha assunto il comando di KFOR, subentrando al francese Xavier de Marnhac, che lo deteneva dal 31 agosto 2007.
Si rammenta che il generale Gay è stato comandante della Multinational Brigade West a Pec, Kosovo, tra 1999 e 2000, vice comandante della KFOR (Pristina 2003 – 2004), vicecomandante dell’Allied Rapid Reaction Corps (2004–2007) – durante tale incarico Gay è stato anche vice comandante di ISAF IX a Kabul (2006) -, comandante delle Land Forces Support HQ (2007) e della Nato Rapid Deployable Corps – ITA (2007-2008).
La Missione UNMIK
La missione UNMIK (United Nations interim administration mission in Kosovo) è stata costituita con la risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999 che ha autorizzato la costituzione di una amministrazione civile provvisoria guidata dalle Nazioni unite per favorire un progressivo recupero di autonomia nella provincia del Kosovo, devastata dalla guerra.
La missione, che lavora a stretto contatto con i leader politici locali e con la popolazione, svolge un ruolo molto ampio, coprendo settori che vanno dalla sanità all’istruzione, dalle banche e finanza alle poste e telecomunicazioni.
In seno alla missione è costituita un'unità di intelligence contro la criminalità (Criminal Intelligence Unit-C.I.U.), a guida inglese, di supporto alla Amministrazione Provvisoria, anche per quanto riguarda i conflitti interetnici. La CIU ha, tra l'altro, il compito di mantenere un collegamento diretto con l’Ufficio italiano Interpol, in modo da snellire le procedure di trasmissione delle informazioni relative ai traffici criminali tra l’Italia e il Kosovo.
L’Italia partecipa alla missione UNMIK dal 30 giugno 1999.
Alla missione, che conta 2.036 appartenenti, partecipano 3 carabinieri, 20 unità della Guardia di finanza e 21 della Polizia di Stato.
Dal 20 giugno 2008 il diplomatico italiano Lamberto Zannier è subentrato al tedesco Joachim Ruecker nell’incarico di Rappresentante Speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon, per il Kosovo e responsabile della missione UNMIK.
Diplomatico di carriera, l’ambasciatore Zannier ha maturato una lunga esperienza in materia di sicurezza internazionale e mantenimento della pace, attraverso incarichi a Roma, all'estero e presso organizzazioni internazionali. Recentemente ha ricoperto le funzioni di coordinatore per le questioni di politica estera, sicurezza comune e difesa dell’Unione Europea presso il Ministero degli Esteri. In precedenza Zannier è stato Direttore del Centro Prevenzione Conflitti dell’OSCE dal 2002 al 2006, in funzione vicaria del Segretario Generale, e Capo del Dipartimento per il disarmo e la cooperazione in materia di sicurezza al Segretariato NATO a Bruxelles dal 1991 al 1997.
La missione EULEX Kosovo
Il 16 febbraio 2008 il Consiglio dell’Unione europea ha deciso il lancio di EULEX KOSOVO (European Union Rule of Law Mission in Kosovo) la missione dell’Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo, istituita con l’Azione comune 2008/124/PESC del Consiglio del 4 febbraio 2008.
EULEX opera nella cornice della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'ONU 1244 del 10 giugno 1999 (la stessa cha ha istituito la missione UNMIK), con la quale si è decisa la presenza in Kosovo di una amministrazione civile internazionale incaricata, in una fase finale, di supervisionare il trasferimento dell’autorità dalle istituzioni kosovare provvisorie a istituzioni create in base a un accordo politico, nonché il mantenimento dell’ordine pubblico con l’istituzione di forze di polizia locali ottenuto dispiegando, nel frattempo, personale internazionale di polizia.
La missione, pertanto, sostiene le istituzioni, le autorità giudiziarie e i servizi di contrasto kosovari nell’evoluzione verso la sostenibilità e la responsabilizzazione del Paese, supportando, in particolare, lo sviluppo e il rafforzamento dei sistemi giudiziario, di polizia e doganale e favorendo, altresì, l’adesione di tali sistemi alle norme riconosciute a livello internazionale.
EULEX è una missione tecnica concepita come uno sforzo congiunto con le autorità kosovare, in linea con il principio della titolarità locale. In particolare, EULEX Police Component, che sarà composta da circa 1.400 agenti, assisterà la polizia kosovara nella costruzione di una polizia multietnica. EULEX Police Component è guidata da Rainer Kuehn.
EULEX Justice Component impegnerà, invece, in regime di piena operatività, circa il 300 persone, il 10% del totale dello staff della missione; di queste, una settantina saranno impegnate nel sistema carcerario ed opereranno in stretta collaborazione con gli omologhi locali. A capo della componente giudiziaria di EULEX è stato posto il magistrato italiano dott. Alberto Perduca.
Infine EULEX Customs Component, che coopera con i programmi doganali dell’Ue, effettua le attività di monitoraggio, tutoraggio e consulenza nel proprio settore di competenza avvalendosi di 27 operatori internazionali e di 19 nazionali che supporteranno il custom service kosovaro in un’azione volta ad agevolare il commercio legittimo e a contrastare quello illegale. E’ guidato da Paul Acda.
La missione EULEX è la più vasta missione civile approntata nell’ambito della politica europea di sicurezza comune (European Security and Defence Policy- ESDP).
Il contingente della missione in regime di piena operatività sarà composto da circa 3.000 persone, di cui 1.900 unità di staff internazionale tra magistrati, funzionari di dogana e poliziotti (di cui circa 200 italiani) e 1.100 unità di staff locale.
La struttura di EULEX è articolata in un quartier generale con sede a Pristina e uffici regionali e locali in tutto il Kosovo.
La provvista finanziaria consiste di 205 milioni di euro per i primi sedici mesi; al budget contribuisce la maggior parte dei paesi dell’Unione europea cui si affiancano Norvegia, Svizzera, Turchia e Stati Uniti.
Il 7 febbraio 2008 l’ex generale francese Yves de Kermabon è stato nominato capo della missione EULEX; il 17 giugno il capo missione si è stabilito a Pristina.
In base alle originarie previsioni, era previsto che EULEX divenisse pienamente operativa dopo un periodo di transizione, indicato in 120 giorni dal via libera da parte del Consiglio dell’Unione europea (16 febbraio 2008), durante il quale la missione Onu UNMIK avrebbe continuato a esercitare la propria autorità esecutiva.
Il dispiegamento della missione ha subìto, tuttavia, un rallentamento legato al complicarsi ulteriore del quadro politico dopo la dichiarazione di indipendenza del Kosovo dalla Serbia (17 febbraio 2008). Il punto del contendere è stato a lungo costituito da un lato dalla preoccupazione di Belgrado che il dispiegamento della missione europea potesse significare la sanzione ufficiale dell’indipendenza del Kosovo. Conseguentemente la Serbia ha sostenuto che qualunque mutamento sul campo dovesse avvenire comunque con il beneplacito dell’ONU (sede nella quale Belgrado vanta un alleato con un peso decisivo, la Russia). Successivamente, profilandosi un dispiegamento iniziale di EULEX con esclusione del territorio kosovaro settentrionale, a maggioranza serba – ove il controllo del sistema giudiziario, doganale e di polizia sarebbe rimasto in mano all’UNMIK -, l’opposizione alla missione europea ha visto Pristina in prima linea.
Tuttavia il 25 novembre il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato all’unanimità un piano in sei punti, già in precedenza formulato dal Segretario generale Ban Ki Moon, che, nell’autorizzare il pieno dispiegamento della missione EULEX, lascia in gran parte la gestione dei territori settentrionali del Kosovo sotto controllo delle locali forze serbe, con la supervisione dell’UNMIK. La missione EULEX, inoltre, dovrà agire in riferimento alla risoluzione 1244 del 1999, con un atteggiamento neutrale rispetto allo status del Kosovo.
Le reazioni kosovare sono state assai dure: oltre che un evidente cedimento ai desiderata della Serbia, il piano in sei punti sarebbe il primo passo di una prossima spartizione del Kosovo, poiché di fatto la missione europea, concepita da Paesi che in grande maggioranza hanno riconosciuto il Kosovo indipendente, non potrà operare sull’intero territorio.
![]() |
Dati generali 2008 |
|
Superficie |
88.361 KM |
Capitale |
Belgrado |
Abitanti |
10,150,265 |
Gruppi etnici |
Serbi 82.9%, ungheresi 3.9%, Rom 1.4%, jugoslavi 1.1%, bosniaci 1.8%, montenegrini 0.9%, altri 8% |
Religioni |
Serba Ortodossa 85%, Cattolica 5.5%, Protestante 1.1%, musulmana 3.2%, altre, 2.6% |
Lingua |
Serbo 88.3% (ufficiale), ungherese 3.8%, bosniaco 1.8%, rom 1.1%, altro 4.1% |
Tasso di alfabetizzazione |
96,4% |
Fonte: The CIA Worldfactbook edizione 2008
Principali cariche dello Stato |
|
Boris TADIC (rieletto alle elezioni del febbraio 2008) (Partito Democratico DS) |
|
Sig.ra Slavica DJUKIC – DEJANOVIC (Partito socialista serbo Sps) dal 25 giugno 2008 |
|
Mirko Cvetkovic (Partito democratico DS) |
|
Ivica DACIC (Partito socialista serbo Sps) |
|
Bozidar DJELIC (Partito democratico DS) |
|
Mladjan DINKIC (G 17 Plus) |
|
Jovan KRKOBABIC (Partito dei pensionati uniti Pups) |
|
Vuk JEREMIC (Partito democratico DS) |
|
Snezana MALOVIC (Partito democratico DS) |
|
Dragan SUTANOVAC (Partito democratico DS) |
Scadenze elettorali
Elezioni politiche |
2012 (le ultime sono state elezioni anticipate: 11 maggio 2008) |
Elezioni presidenziali |
2013 (le ultime si sono svolte nel febbraio del 2008) |
Sistema politico
La Serbia è una Repubblica Parlamentare. Il 5 giugno 2006 è stata proclamata la nascita della Repubblica di Serbia, Stato successore dell’Unione di Serbia e Montenegro. L’8 novembre 2006 è stata promulgata la nuova Costituzione della Repubblica di Serbia, dopo l’esito positivo referendum popolare del 28-29 ottobre. L’Unione, disciolta a seguito della dichiarazione d’indipendenza del Montenegro del 3 giugno 2006, era nata il 4 febbraio 2003, sulle ceneri della Repubblica Federale di Jugoslavia (RFJ), fondata da Slobodan Milosevic nel 1992, dopo il crollo della vecchia federazione di Josip Broz Tito e la secessione di Slovenia, Croazia, Bosnia e Macedonia.
La Serbia ha una provincia autonoma: la Vojvodina: Anche il Kosovo, fino all’indipendenza da Belgrado, aveva lo status di provincia autonoma.
Presidente della Repubblica
Il Presidente della Repubblica è eletto a suffragio universale per 5 anni. Rappresenta l’unità della Nazione. I suoi poteri formali sono limitati. Promulga le leggi; propone al Parlamento il candidato Premier dopo aver consultato i principali partiti. È comandante in capo delle Forze Armate. Ha un potere di veto nei confronti delle leggi del Parlamento che può essere superato con il voto della maggioranza dei componenti.
Parlamento
L'Assemblea nazionale (Narodna Skupština) è composta da 250 membri, che vengono eletti per un mandato di 4 anni. L’elettorato attivo e passivo è di 18 anni. Il Parlamento svolge le consuete funzioni legislative, di indirizzo e controllo sul governo. Spetta al Parlamento inoltre eleggere, tra gli altri, i giudici della Corte Costituzionale, il Presidente della Corte Suprema di Cassazione, il Governatore della Banca centrale.
Il Presidente della Repubblica può sciogliere il Parlamento su proposta del Governo; inoltre essa viene sciolta se non riesce a varare un governo entro 90 giorni dalla sua costituzione.
Il Parlamento può sfiduciare l’intero governo o singoli ministri su presentazione di una mozione sottoscritta da almeno 60 deputati e votata dalla maggioranza dei componenti.
Governo
Il Governo, guidato da un Primo Ministro, deve ottenere la fiducia del Parlamento all’atto della sua costituzione. Il candidato Premier presenta infatti al Parlamento il suo programma di governo e la squadra dei ministri; il Parlamento vota simultaneamente sul programma, sul Primo Ministro e sui Ministri: la fiducia è concessa se si ottiene la maggioranza dei voti dei componenti.
Il Governo in carica
Il 7 luglio 2008, dopo i lunghi negoziati seguiti alle elezioni legislative dell'11 maggio 2008, il nuovo governo filoeuropeo serbo ha ricevuto la fiducia del Parlamento con 127 voti favorevoli su 250.
Le dimissioni anticipate del governo precedente (ancora un governo di coalizione guidato da Kostunica e formato da Partito democratico DS del filoeuropeo Tadic, dai DSS di Kostunica, dal Partito Nuova Serbia e dal G17) sono state causate da una divergenza netta rispetto alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo del 17 febbraio 2008. L’allora Premier Kostunica aveva affermato che il riconoscimento del Kosovo da parte di qualsiasi Stato dell’UE sarebbe stato illegale e chiedeva l’immediata rottura dei rapporti con l’UE. Il PresidenteTadic sosteneva invece che l’indipendenza del Kosovo non dovesse essere collegata all’adesione della Serbia all’UE. Il 4 marzo Kostunica ed il leader nella Nuova Serbia hanno annunciato l’intenzione di presentare una risoluzione in Parlamento che condizionava ogni prosieguo dei negoziati con l’UE con il riconoscimento da parte di quest’ultima della piena integrità territoriale serba. Il Presidente del Parlamento ha tuttavia rinviato la discussione della risoluzione chiedendo di ricevere l’opinione del governo sulla proposta. L’8 marzo Kostunica ha rassegnato le dimissioni dichiarando di non potersi fidare più dei suoi partner di governo.
L'esecutivo guidato da Mirko Cvetkovic è una coalizione formata dalla Lista per la Serbia europea da una parte composta da partiti filoeuropei - quali il Partito Democratico (Partito Democratici Ds) del Presidente Tadic, il movimento tecnocratico-liberista (G17 Plus), la Lega socialdemocratica di Vojvodina (Lsv), il Partito Democratico di Sangiaccato (Sdp) e il Movimento per il rinnovamento serbo (Spo) - e dall'altra dal Partito Socialista serbo (Sps), del defunto presidente jugoslavo Milosevic, dal Partito dei pensionati uniti della Serbia (Pups) e dal Partito Serbia unita (Js). Per raggiungere la maggioranza in Parlamento contribuiscono anche alcuni deputati delle minoranze etniche.
Mirko Cvetkovic ha dichiarato nel suo discorso al Parlamento che: "l'appartenenza all'Ue rappresenta l'interesse primordiale della Serbia e dei suoi cittadini", e che "l'obiettivo del governo è che la Serbia ottenga alla fine dell'anno o all'inizio del prossimo lo statuto di candidato all'adesione all'UE". Cinque i pilastri operativi del nuovo esecutivo, composto di 25 ministeri: un futuro europeo alla Serbia, il rifiuto dell'indipendenza del Kosovo, sempre indicato a Belgrado come provincia autonoma del Kosovo e Metohija, rafforzamento dell'economia, aumento della responsabilità sociale dell'esecutivo e lotta al crimine e alla corruzione.
Sotto il profilo della politica estera, oltre all’UE, la Serbia di Cvetkovic guarda anche ad Oriente. Nell'ottica di un "ulteriore rafforzamento ed espansione delle relazioni politiche ed economiche con la Federazione Russa", Cvetkovic ha infatti annunciato che "la ratifica dell'accordo per la fornitura di gas con Gazprom, sarà la prima iniziativa legislativa del nuovo governo". Inoltre, nonostante l'intento dichiarato di "rafforzare i rapporti con gli Stati Uniti", il Premier ha puntualizzato che il nuovo governo serbo "adotterà tutte le misure legali e diplomatiche per preservare il Kosovo e Metohija come parte integrante della Repubblica di Serbia" e ha aggiunto che "prenderà l'iniziativa di rilanciare le negoziazioni con i rappresentanti dell'etnia albanese in Kosovo al fine di trovare una soluzione mutuamente accettabile".
Dal punto di vista economico, il nuovo capo dell'esecutivo serbo ha fissato obiettivi ambiziosi: mantenere il tasso di crescita del Pil al 7% per i prossimi quattro anni; creare 200mila posti di lavoro entro la fine del mandato riducendo il tasso di disoccupazione dal 18,1% all'11,9%: abbassare il tasso di inflazione dall'attuale 12% al 4% entro il 2012 ed il deficit pubblico dal 13 all'8%; completare l'intero processo di privatizzazione e portare la quota di investimenti stranieri sul Pil dal 22 al 26-28%.
Elezioni presidenziali del febbraio 2008
Il 3 febbraio 2008 si è svolto il secondo turno delle elezioni Presidenziali. Il Presidente in carica Boris Tadic, leader del Partito Democratico DS, è stato riconfermato con il 50,6% dei voti, riportando una significativa affermazione sul candidato radicale Nikolic (47,7%), leader del Partito Radicale Serbo SRS.
La netta affermazione di Tadic, cui è mancato al ballottaggio l’appoggio del Primo Ministro Kostunica, ha mutato gli equilibri della coalizione governativa (DS, DSS, G17+) e ha spianato la strada ad elezioni politiche anticipate per una resa dei conti tra il DS di Tadic e i DSS.
Composizione del Parlamento
L’11 maggio 2008 si sono svolte le elezioni politiche anticipate, dovute alle dimissioni dell’ex Premier Kostunica a marzo. I risultati hanno visto la vittoria del Blocco europeista del Presidente Boris Tadic, che ha avuto il 38,4% dei voti (102 seggi sui 250 del Parlamento). Confermati anche i 78 seggi del Partito radicale di Tomislav Nikolic (Srs, ultranazionalista), con il 29,45% dei voti, e i 30 seggi del Partito democratico di Serbia dell’ex Premier Vojislav Kostunica (Dss, nazional-conservatore), con l'11,61% dei voti. Il Partito socialista di Ivica Dacic ha avuto il 7,58% dei voti e 20 seggi e il Partito liberal-democratico di Cedomir Jovanovic il 5,24% dei voti e 13 seggi.
L'affluenza alle urne è stata del 61,35%. La composizione dell’Assemblea nazionale (monocamerale) è la seguente:
PARTITO |
SEGGI |
Lista Per una Serbia europea-Boris Tadic (Partito Democratico DS, liberali del G17, Rinnovamento Serbo, più due partiti regionali: il Partito democratico del Sangiaccato e la Lega social-democratica di Vojvodina) |
102 |
Partito Socialista serbo – Partito pensionati uniti - Serbia Unita (SPS-PUPS-JS) |
20 |
Partito radicale serbo (SRS) |
78 |
Partito democratico di Serbia (DSS) e New Serbia (NS) |
30 |
Partito liberal-democratico (Ldp) |
13 |
Coalizione ungherese |
4 |
Coalizione albanese della Valle di Presevo |
1 |
altri |
2 |
TOTALE |
250 |
Nel 1999 il Kosovo è stato affidato all’amministrazione transitoria delle Nazioni Unite. La base giuridica per il dispiego della United Nations Interim Administration Mission in Kosovo (UNMIK) era rappresentata dalla Risoluzione n. 1244 del Consiglio di Sicurezza ONU, che lasciava però irrisolta la questione del futuro status del Kosovo.
Nel novembre 2005 hanno preso avvio, a Vienna, i negoziati per arrivare ad una soluzione definitiva. Martti Ahtisaari, ex Presidente finlandese, Inviato Speciale delle Nazioni Unite per il Kosovo (UNOSEK), ha portato avanti numerosi incontri con i gruppi negoziali di Belgrado e Pristina e con i partner internazionali.
Il 26 marzo 2007, dopo oltre un anno di negoziati, il Presidente Ahtisaari ha presentato il proprio Piano al Consiglio di sicurezza (CdS) delle Nazioni Unite.
Il Piano prevede una serie di condizioni per un Kosovo stabile, duraturo e multietnico, proiettato verso le strutture euro-atlantiche ed in grado di contribuire alla stabilità regionale. Nella fattispecie, esso delinea una serie di condizioni di garanzia per le minoranze (tra cui nuove regole di autogoverno), la protezione della eredità religiosa e culturale e la rappresentanza democratica.
Nell’aprile 2007 una fact-finding mission del CdS dell’ONU ha svolto incontri a Bruxelles, Belgrado, Pristina e Vienna.
Il 29 luglio 2007, preso atto del permanere delle diverse posizioni all’interno del CdS sul Kosovo e del conseguente accordo, all’interno dei 6 membri del Gruppo di Contatto (USA; UK, Russia, Francia, Germania, Italia) di portare avanti il processo, l’Alto Rappresentate per la Politica estera dell’Unione Europea, Javier Solana, ha nominato l’Ambasciatore Wolfgang Ischinger, un diplomatico tedesco, rappresentante dell’UE nel team, formato da Unione Europea, Russia e USA, incaricato di facilitare ulteriori negoziati tra Belgrado e Pristina sul futuro del Kosovo.
Il 1° agosto 2007, il Segretario Generale dell’ONU, Ban Ki-Moon, ha espresso il proprio compiacimento per l’iniziativa presa dal Gruppo di Contatto, affermando che: “…la Comunità internazionale deve trovare una soluzione che sia opportuna nei tempi, affronti i principali problemi di tutte le comunità che vivono in Kosovo, e fornisca una quadro chiaro dello status del Kosovo. Lo status quo non è più sostenibile”. Ban Ki-Moon ha annunciato quindi che il Gruppo di Contatto avrebbe presentato il suo rapporto entro il 10 dicembre 2007.
Il rapporto conclusivo della Toika (EU, USA, Russia) sul Kosovo è stato presentato il 4 dicembre 2007; in esso si affermava che .”… le Parti hanno discusso una vasta serie di opzioni, quali la piena indipendenza, un’indipendenza ‘sorvegliata’, la divisione territoriale, l’autonomia, una soluzione confederale .. ma le Parti non sono state in grado di trovare un accordo sullo status finale del Kosovo. Nessuna delle Parti è stata disposta a cedere posizioni sulla fondamentale questione della sovranità del Kosovo”.
Il 17 febbraio 2008 il Kosovo si è dichiarato indipendente[5]. Nella Dichiarazione di indipendenza, l’Assemblea del Kosovo si è impegnata a rispettare gli accordi del Piano Ahtisaari, invitando una presenza internazionale a garantire il rispetto degli accordi, così come previsto dal Piano dell’Inviato Speciale ONU. Inoltre, le condizioni contenute nel citato Piano sono state recepite nella Costituzione della Repubblica del Kosovo, adottata dall’Assemblea il 9 aprile 2008, e in successive leggi di attuazione.
Il 28 febbraio 2008 l’International Steering Group (ISG[6]) ha provveduto a nominare l’International Civilian Representative (ICR), che è assistito in loco dall’International Civilian Office (ICO), con il compito di assicurare l’attuazione, da parte del Governo del Kosovo, delle condizioni previste dal Piano Ahtisaari e di sostenere il processo di integrazione europea del Kosovo.
L’indipendenza del Kosovo e l’Assemblea generale delle Nazioni Unite
L’8 ottobre 2008 l'Assemblea Generale dell'Onu ha approvato una risoluzione, presentata dalla Serbia, nella quale si chiede un parere legale (che non è cogente) sull'indipendenza del Kosovo alla Corte Internazionale di Giustizia (Cig) a L'Aja.
”La Serbia ha deciso di difendere la propria sovranità ed integrità territoriale attraverso la diplomazia e il diritto internazionale” ha detto il Ministro degli esteri serbo, Vuk Jeremic.
Con 77 voti a favore, 6 contrari e ben 74 astensioni l'Assemblea Generale ha approvato un breve testo che chiede alla Corte di rispondere alla seguente domanda: ''La dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte delle istituzioni provvisorie del governo del Kosovo è in accordo col diritto internazionale?''. In tale contesto, l’UE non ha presentato una posizione comune, a causa delle divergenze tra i vari paesi.
L'Ue si è quindi presentata al voto divisa: Cipro, Grecia, Romania, Slovacchia e Spagna, tutti con problemi di minoranze, hanno appoggiato la richiesta serba.
L'Italia come il resto dei paesi dell'Unione, si è astenuta. La più netta opposizione alla richiesta di Belgrado è giunta dall'Albania e dagli Stati Uniti, che hanno votato no assieme ai quattro piccoli Paesi (Isole Marshall, Micronesia, Nauru e Palau) che sistematicamente si allineano con Washington. Secondo gli Stati Uniti, la risoluzione sul parere legale “non è necessaria e non aiuta'', visto che ''l'indipendenza del Kosovo è irreversibilè”, ha spiegato la rappresentante USA.
I giudici della Corte internazionale di giustizia dovrebbero impiegare dai due ai tre anni per esprimersi sullo status dell'ex Provincia serba.
Presidenza del Parlamento |
|
Assemblea Nazionale (Narodna Skupstina) |
Sig.ra Slavica Djukic Dejanovic (Partito Socialista Serbo) |
Rappresentanze diplomatiche |
|
Ambasciatore d’Italia in Serbia |
Alessandro Merola |
Ambasciatore di Serbia in Italia |
Sanda Raskovic Ivic (dall’8 febbraio 2008) |
Il 28 luglio 2008 sono state ripristinate le piene relazioni diplomatiche tra Italia e Serbia, con il rientro a Roma dell'Ambasciatore Raskovic-Ivic. Il 22 febbraio 2008, infatti, a seguito del riconoscimento del Kosovo da parte dell’Italia, Belgrado aveva ritirato l’Ambasciatore a Roma.
In occasione delle elezioni del Presidente Gianfranco Fini alla presidenza della Camera, il Presidente della Repubblica serba Boris Tadic ha inviato il 30 maggio 2008 un lettera di felicitazioni a cui il Presidente della Camera ha risposto.
Si segnala, inoltre, che la Presidente dell’Assemblea nazionale serba, Slavica Djukic Dejanovic è intervenuta, il 25 luglio 2008, ad una Tavola rotonda, coordinata dal Presidente della Camera Fini,su “I Parlamenti nei processi di stabilizzazione ed integrazione europea e mediterranea” alla quale hanno altresì partecipato la Presidente del Parlamento albanese, Jozefina Topalli, il Presidente del Parlamento montenegrino, Ranko Krivokapic e due rappresentanti dell’Assemblea macedone e l’on. Velimir Jukic, in rappresentanza della Camera dei rappresentanti bosniaca.
La tavola rotonda ha rappresentato la conclusione in sede politica dell’ampio progetto “Azione Balcani occidentali”, promosso nel corso di quest’anno dall’IPALMO e finanziato dal Ministero degli Affari esteri, cui l’Amministrazione della Camera ha aderito (v. più avanti). I lavori si sono articolati in un’introduzione del Presidente della Camera e si sono successivamente concentrati sugli aspetti più politici della cooperazione parlamentare e segnatamente sull’integrazione europea e mediterranea, sul rafforzamento delle Istituzioni parlamentari quale componente strutturale ed essenziale dei processi di stabilizzazione e pacificazione, sul nuovo ruolo delle relazioni interparlamentari in un quadro internazionale caratterizzato da crescenti interdipendenze e sulla specialità del rapporto fra Italia e Paesi balcanici.
Incontri delle Commissioni
Il 16 settembre 2008 il Presidente della Commissione Difesa, on. Edmondo Cirielli, ha ricevuto il Segretario di Stato alla Difesa serbo, Dusan Spasojevic. Il colloquio, svoltosi alla presenza dell'Ambasciatore serbo a Roma, Sanda Raskovic-Ivic, si è incentrato in particolare sulle prospettive di rafforzamento delle relazioni italo-serbe nel settore della difesa[7].
Il 10 giugno 2008 il Presidente della Commissione Affari esteri, on. Stefano Stefani, ha ricevuto l’Ambasciatore d’Italia a Belgrado, Alessandro Merola. All’incontro era presente anche l’on. Giancarlo Giorgetti.
Nel corso dell’incontro (svoltosi mentre la Serbia viveva una fase particolarmente delicata della sua politica interna, all’indomani delle elezioni politiche del maggio 2008 e nell’incapacità di formare un governo) l’Ambasciatore Merola ha sottolineato la difficoltà della situazione politica interna serba; ha quindi ricordato la validità della politica del precedente governo Prodi nella regione che mirava a non avere guerre di confine e a superare le esclusioni entrando nel Comitato ristretto. Merola ha poi fatto cenno al problema di uno sbocco al mare della Serbia e ha successivamente ricordato il ruolo della Chiesa ortodossa che ha una grande influenza nel Paese. Si è inoltre fatto riferimento alla situazione economica del Paese, dove, ha sottolineato l’Ambasciatore, vi è un grosso investimento della FIAT pari a 700 milioni di euro, che si inserisce nel processo di privatizzazione in atto nel Paese e che vede coinvolte anche le Assicurazioni Generali e la Telecom. Nel comparto petrolifero vi è invece un accordo con la Russia così come per le linee aeree. A conclusione dell’incontro, l’Ambasciatore ha invitato il Presidente Stefani ad effettuare una missione in Serbia che dovrebbe prevedere, secondo l’Ambasciatore, anche un incontro con i rappresentanti del Partito radicale (che alle ultime elezioni hanno ottenuto il 30% dei voti) ed ha altresì esortato a creare il gruppo di amicizia italo-serbo. Ha infine ricordato che l’Ambasciata a Belgrado, fino alla fine dell’anno, è punto di contatto NATO.
Cooperazione multilaterale
La Serbia invia delegazioni alle Assemblee parlamentari del Consiglio d'Europa, dell'OSCE e dell'InCE. Partecipa inoltre al Consiglio di Cooperazione per l’Europa sud-orientale (che ha recentemente sostituito il precedente “Patto di Stabilità per l'Europa Sudorientale”) ed all’Iniziativa Adriatico-Jonica. Gode inoltre dello status di invitato speciale presso l’Assemblea parlamentare della UEO.
Si segnala che, a latere della riunione dell’Assemblea Parlamentare dell’INCE, che si è svolta a Chisinau dal 17 al 18 novembre 2008 sotto la presidenza moldova, la delegazione italiana, guidata dalla Presidente Laura Ravetto, ha incontrato la delegazione serba composta dal Presidente della delegazione Mr. Ivan Jovanovic (Partito Democratico del Presidente Tadic) e dall’on. Paja Momcilovic (Partito Radicale serbo).
Nel corso dell’incontro, è stato sottolineato da entrambe le parti l’interesse a rafforzare la cooperazione bilaterale; l’on. Jovanovic, dopo aver sottolineato l’importanza che essi annettono all’INCE, ha evidenziato le aspirazioni europeiste del Paese e gli sforzi fatti per adeguarsi agli standards UE; Jovanovic ha quindi sollevato la questione dell’Accordo transitorio sul commercio con la Serbia (intese commerciali che fanno parte dell'Accordo di stabilizzazione ed associazione (ASA) tra i Ventisette e Belgrado) la cui attuazione è stata bloccata dall’Olanda in nome della non piena collaborazione della Serbia con il TPI. La Presidente Ravetto ha, in merito, fatto presente l’impegno dell'Italia a favore dell'attuazione immediata degli accordi con la Serbia (soprattutto quello interinale di libero scambio) e a promuovere un’azione di opportuno sostegno.
Per quanto concerne i rapporti con la NATO, si segnala che la Serbia è membro associato dell’Assemblea parlamentare della NATO e dal 14 dicembre 2006 partecipa al Partenariato per la pace dell’Alleanza atlantica.
Cooperazione amministrativa
La Camera è impegnata in alcune iniziative di assistenza tecnica, avviate già nel corso della XIV legislatura, rivolte, tra gli altri, ai Parlamenti di alcuni Paesi di “giovane democrazia” dell’Europa sud-orientale, accomunate dall’esigenza di dare vita a strutture tecnico-amministrative a supporto delle funzioni parlamentari.
Con il Parlamento della Repubblica serba si è instaurata una cooperazione a livello amministrativo che si è concretizzata in una missione di studio presso la Camera, dal 19 al 21 luglio 2004, del Capo di Gabinetto del Presidente di quella Assemblea e di un funzionario del medesimo ufficio: la missione è stata incentrata sul tema: “Ruolo del Presidente della Camera ed autonomia dell’Istituzione parlamentare”. Tale cooperazione è proseguita, dal 12 al 16 dicembre 2005, con una ulteriore missione di studio rivolto ad un gruppo di funzionari parlamentari serbi, guidati dal Segretario generale dell’Assemblea nazionale.
Il Progetto "Azione Balcani occidentali"
Un recente e significativo programma multilaterale di cooperazione è stato avviato nel gennaio 2008 con il Progetto “Azione Balcani occidentali”, promosso dall’IPALMO, in collaborazione con il Master in Istituzioni parlamentari e storia costituzionale della Facoltà di Scienze politiche dell’Università di Roma “La Sapienza”, finalizzato alla formazione della rappresentanza parlamentare e della dirigenza amministrativa delle Assemblee di Albania, Bosnia-Erzegovina, Macedonia, Montenegro e Serbia.
L’Amministrazione della Camera, che ha aderito a tale progetto, ha quindi inviato alcuni funzionari, avvalendosi di propri contatti diretti con le Amministrazioni parlamentari dei Paesi balcanici, in missione in tali paesi; vi sono stati infatti incontri seminariali in Albania (31 marzo - 4 aprile), Bosnia-Erzegovina (5 - 9 maggio; 12- 16 maggio), Macedonia (19-23 maggio), Montenegro (31 marzo-4 aprile) e Serbia (9-14 giugno).
I seminari di formazione si sono incentrati sull’analisi – sviluppata da docenti universitari e da funzionari della Camera – delle funzioni principali e dei processi decisionali dei Parlamenti, con particolare riferimento all’esperienza italiana.
Il progetto si è concluso nella settimana dal 21 al 25 luglio 2008, con un seminario di formazione riservato ad un gruppo selezionato di deputati e di funzionari parlamentari coinvolti nei singoli seminari e si è articolata in un modulo che si è tenuto presso la Facoltà di Scienze politiche dell’Università “La Sapienza” di Roma ed in un modulo ospitato dalla Camera. Gli incontri alla Camera sono stati focalizzati sul ruolo del Presidente e funzione degli organi di vertice amministrativo a tutela dell’autonomia organizzativa del Parlamento e sul rapporto tra Assemblee parlamentari e potere esecutivo nel processo d’integrazione comunitaria.
A questi incontri hanno partecipato le cinque delegazioni delle Assemblee impegnate nel progetto, composte da deputati e funzionari dei rispettivi Parlamenti, i docenti universitari coinvolti nell’iniziativa, funzionari della Camera e numerosi deputati italiani: l’on. Stefani, Presidente della Commissione Affari esteri, l’on. Pescante, Presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea, l’on. Riccardo Migliori, Presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea dell’OSCE, l’on. Laura Ravetto, Presidente della Delegazione italiana presso l’Assemblea dell’INCE, l’on. Sandro Gozi, l’on. Paolo Guzzanti, l’on. Enrico La Loggia, l’on. Gianluca Pini, l’on. Lapo Pistelli e l’on. Roberto Zaccaria.
Missioni di monitoraggio elettorale
L’on. Andrea Rigoni (PD-U)ha partecipato al monitoraggio elettorale delle elezionipolitiche anticipate dell’11 maggio 2008 in rappresentanza dell’Assemblea parlamentare del CdE.
Attività parlamentare
Non vi sono allo stato attuale disegni di legge di ratifica relativi alla Serbia. In particolare, non è ancora stato presentato alle Camere il ddl relativo alla ratifica dell’Accordo di stabilizzazione ed associazione (ASA) tra l’Unione europea e la Serbia, firmato nell’aprile 2008.
Si segnala che il 4 giugno 2008 presso la Commissione esteri sono stati resi noti i risultati della missione a Bruxelles (26-27 maggio 2008) in occasione della Riunione interparlamentare sui Balcani occidentali a cui hanno partecipato l’on. Fiamma Nirenstein (PdL) e l’on. Mario Barbi (PD). al centro dei lavori della Riunione si è collocato il nodo kosovaro (vedi allegato).
Incontri bilaterali
Il 12 febbraio 2008 il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha incontrato l’Ambasciatore serbo in Italia, Sanda Raskovic-Ivic. Nel corso dell’incontro, che ha preceduto peraltro di pochi giorni la dichiarazione di indipendenza del Kosovo, l’Ambasciatore serbo ha ribadito la netta opposizione della Serbia a qualunque tipo di riconoscimento dell’indipendenza del Kosovo.
Si ricorda che il 9 luglio 2007, il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, è stato invitato a compiere una visita in Serbia dall’allora Presidente del Parlamento della Repubblica di Serbia, Oliver Dulic.
Incontri delle Commissioni
Il 15 aprile 2008 il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato l’Ambasciatore italiano a Belgrado, Alessandro Merola. Nel corso dell’incontro il tema principale ha riguardato il Kosovo e la situazione politica creatasi in Serbia dopo la proclamazione dell’indipendenza kosovara.
Il 20 dicembre 2007 una delegazione della Commissione Affari esteri e Difesa della Camera dei Deputati guidata dai rispettivi Presidenti, onn. Umberto Ranieri e Roberta Pinotti, ha svolto una missione in Kosovo.
Dal 18 al 19 novembre del 2007, una delegazione della Commissione Affari esteri e comunitari, composta dal presidente Umberto Ranieri e dal vicepresidente Giancarlo Giorgetti, si è recata in missione a Belgrado, dove ha incontrato il Presidente dell'Assemblea nazionale, Oliver Dulić, le Commissioni per gli affari esteri e per l'integrazione europea della stessa Assemblea Nazionale, presiedute rispettivamente dai deputati Dragoljub Mićunović e Milošetvic, nonché gli esponenti governativi Aleksandar Simic, della Presidenza del Consiglio, e Ljubomir Kljakić, del Ministero per il Kosovo e la Methokia.
Il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto a Roma, il 16 ottobre 2007, la visita del ministro degli affari esteri della Serbia, Yuk Jeremic.
Questiha sottolineato il ruolo di leadership dell’Italia nel processo di avvicinamento della Serbia alle istituzioni euroatlantiche, evidenziando il rischio che, senza passi concreti in tale direzione, si possa perdere il lavoro sinora svolto.
Il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Umberto Ranieri, ha ricevuto a Roma, il 23 maggio 2007, la visita dell’allora incaricato di affari dell’Ambasciata di Serbia, Milisav Savic.
Il 7 marzo 2007 il Presidente della Commissione Affari Esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato a Roma il Presidente dell’Assemblea del Kosovo, Kole Berisha, accompagnato da una delegazione.
Dal 30 al 31 ottobre 2006 si è svolta una missione a Belgrado e Pristina di una delegazione della Commissione Affari esteri, guidata dal suo Presidente, on. Umberto Ranieri, che aveva ricevuto un invito ufficiale a Belgrado da parte della sua omologa serba, on. Gordana Comic.
Missioni di monitoraggio elettorale
Una delegazione parlamentare italiana, composta dagli onn. Teresio Delfino (UDC), Gianni Farina (Ulivo) e Riccardo Migliori (AN), ha partecipato, il 21 gennaio 2007, al monitoraggio delle elezioni legislative in Serbia.
Cooperazione multilaterale
Per quanto concerne i rapporti con la NATO, si segnala dal 24 al 27 ottobre 2007 si è svolto a Belgrado il 67° Seminario Rose–Roth organizzato dall’Assemblea parlamentare della NATO in collaborazione con il Parlamento serbo, dal titolo “La Serbia e l’Europa: insieme o divise?” Tra i temi trattati, il Kosovo, il Tribunale dell’Aja e la riforma della difesa in Serbia. Ai lavori hanno partecipato gli onn. Giancarlo Giorgetti, Adriano Paroli e il sen. Gustavo Selva.
UIP
Hanno fatto parte, per la XV legislatura, del gruppo UIP di amicizia Italia-Europa sud-orientale (Albania, Bosnia-Erzegovina, Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Serbia e Montenegro), gli on.li D’Ippolito Ida (FI), Presidente, Osvaldo Napoli (FI), Elettra Deiana (Rif. Com.Sin.Europea), Antonio Razzi (Italia dei Valori) ed Emerenzio Barbieri (UDC).
Le relazioni tra l’UE e la Serbia, come per gli altri paesi dei Balcani occidentali[8], si svolgono prevalentemente nel quadro del Processo di stabilizzazione ed associazione (PSA), istituito nel 1999.
Il processo è la cornice entro cui diversi strumenti – accordo di stabilizzazione ed associazione, programma di assistenza finanziaria, preferenze commerciali, supporto tecnico, dialogo politico, cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni – sostengono gli sforzi compiuti da questi paesi nella fase di transizione verso democrazie ed economie di mercato stabili. Nel lungo periodo, la prospettiva è quella della piena integrazione nell’Unione europea, sulla base delle previsioni del Trattato sull’Unione europea e dei criteri di Copenaghen[9].
La pietra angolare del PSA è rappresentata dalla conclusione, con ciascun paese della regione, di un accordo di stabilizzazione ed associazione (ASA), basato sul rispetto dei principi democratici e degli elementi fondanti del mercato unico europeo.
Per ciascun paese, la Commissione è chiamata a valutare l’opportunità di avviare i negoziati per un accordo di stabilizzazione ed associazione sulla base di diversi criteri: il grado di compatibilità con le condizioni poste dal PSA; il funzionamento generale del paese; l’esistenza di una politica commerciale unitaria; i progressi nelle riforme settoriali.
Per quanto riguarda la Serbia, i negoziati - avviati il 10 ottobre 2005 e conclusi il 10 settembre 2007 – sono stati rallentati dalla mancata piena collaborazione del paese con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia. L'accordo, firmato soltanto il 29 aprile 2008 e ratificato dalla Serbia il 9 settembre scorso, è il frutto di un compromesso che ha consentito di superare l’opposizione di Belgio e Paesi bassi alla stipula, e con l'accordo l'UE intendeva lanciare un forte segnale alla Serbia, alla vigilia delle elezioni serbe dell’11 maggio 2008 e dopo le difficoltà determinatesi successivamente, alla dichiarazione di indipendenza del Kosovo. Va infatti ricordato che a seguito del riconoscimento del Kosovo da pare dei maggiori Paesi membri dell'UE, tra cui l'Italia, si verificarono a Belgrado atti di violenza nei confronti di diverse sedi diplomatiche. La Serbia decise inoltre di ritirare temporaneamente i propri ambasciatori, successivamente tornati in sede. Nell’occasione, si è infatti deciso che l’accordo verrà sottoposto ai parlamenti di tutti gli Stati membri per la ratifica e ha ribadito che la piena cooperazione con il Tribunale penale internazionale per la ex Iugoslavia "é un elemento essenziale" dell'ASA. Contestualmente è stato firmato un accordo provvisorio, che di norma consente l’applicazione immediata di alcune disposizioni prima dell’entrata in vigore dell’accordo vero e proprio e che, tuttavia - come si legge nelle conclusioni del Consiglio -, verrà attuato soltanto quando il Consiglio avrà deciso che la Serbia coopera pienamente con il tribunale dell’Aja.
Il Consiglio dell’8 dicembre 2008, pur segnalando i progressi compiuti dal paese in termini di collaborazione con il Tribunale, sottolinea la necessità che tale approccio positivo si traduca in una piena cooperazione. A margine del Consiglio, il ministro degli Affari esteri dei Paesi Bassi avrebbe ribadito alla stampa l’opposizione del proprio paese all’attuazione dell’accordo provvisorio[10].
Lo stato di avanzamento del processo di stabilizzazione ed associazione viene costantemente monitorato dalla Commissione che, attraverso la pubblicazione di una relazione annuale, fornisce indicazioni sui progressi realizzati dai paesi dei Balcani occidentali rispetto alla situazione dell’anno precedente. La relazione rappresenta l’indicatore principale per valutare se ciascun paese sia pronto per intrattenere rapporti più stretti con l’UE.
L’ultima relazione è stata pubblicata il 5 novembre 2008, nell’ambito del pacchetto allargamento, e fa riferimento al periodo 1° ottobre 2007-30 settembre 2008[11].
Per quanto riguarda la Serbia, la relazione rileva che il paese ha compiuto qualche progresso verso la conformità con i criteri politici in linea con il partenariato europeo (vedi infra).
Nel sottolineare i notevoli progressi per quanto riguarda la cooperazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia (ICTY), in particolare con la cattura di Radovan Karadzic e Stojan Zupljanin, la Commissione ribadisce che la piena cooperazione rimane uno degli obblighi internazionali prioritari che deve essere totalmente rispettato.
Per quanto riguarda la situazione politica interna, la relazione rileva che nel corso dell'anno la vita politica serba è stata condizionata in larga misura dalla dichiarazione di indipendenza del Kosovo e che le divisioni tra i partiti politici sulle principali questioni strategiche hanno avuto ripercussioni negative sull'attività del parlamento e del governo, dando luogo a elezioni politiche anticipate. Secondo la Commissione, la stabilità governativa e il consenso sull'integrazione europea sono aumentati dopo le elezioni presidenziali e politiche: il nuovo governo, formato nel luglio 2008, ha infatti iniziato a occuparsi delle principali priorità politiche e ad accelerare il processo di riforma, rafforzando le strutture che si occupano dell’integrazione europea e adottando un Programma nazionale per l’integrazione europea. La relazione rileva che gli organi regolatori hanno funzionato bene e il paese dimostra grandi capacità amministrative. Tuttavia, ulteriori sforzi devono essere compiuti per garantire l’indipendenza, l’affidabilità e l’efficienza del sistema giudiziario e per contrastare la corruzione che permane diffusa.
Com'è noto, dalle elezioni serbe dell'11 maggio 2008 è uscito vincitore il fronte filoeuropeista che fa riferimento al Presidente Tadic. Il nuovo governo si è posto come obiettivo prioritario l'accelerazione del processo di avvicinamento all'Europa.
I segnali più significativi in proposito possono riconoscersi:
a) nel rientro degli ambasciatori nelle capitali dei Paesi membri dell'UE che avevano riconosciuto l'indipendenza del Kosovo;
b)nell'assenso alla riconfigurazione della presenza internazionale in Kosovo approvata dal Consiglio di Sicurezza dell'ONU il 26 novembre scorso;
c)nell'estradizione di Radovan Karadzic al Tribunale Penale dell'Aja avvenuta il 30 luglio 2008.
Quanto ai criteri economici, la Commissione segnala che la Serbia ha fatto progressi in direzione di un’economia di mercato funzionante, benché si rendano necessarie ulteriori riforme per consentire al paese di sostenere la concorrenza del mercato dell’UE. La relazione segnala che l’economia serba continua ad espandersi: i forti tassi di crescita (la Serbia ha infatti registrato un aumento medio del PIL del 5,6% all'anno negli ultimi sette anni) sono tuttavia accompagnati da un aumento degli squilibri esterni, incrementando la vulnerabilità del sistema. A dispetto dell’alta crescita, l'alto tasso di disoccupazione e le pressioni inflazionistiche in aumento costituiscono tuttora problemi molto seri. Si rendono inoltre necessari ulteriori sforzi nel processo di privatizzazione: la Commissione rileva che non si è ancora pienamente sviluppato un settore privato dinamico e competitivo.
Per quanto riguarda il ravvicinamento della legislazione e delle politiche alle norme UE, la Commissione segnala che la Serbia ha le capacità amministrative per progredire verso l’UE e che è ben attrezzata per l’attuazione dell’ASA. La Serbia ha realizzato progressi soddisfacenti in particolare per quanto riguarda la libera circolazione dei beni, dogane, tassazione. Manca ancora un efficace sistema di controllo finanziario; inoltre, riciclaggio di denaro e crimine organizzato continuano a rappresentare seri problemi.
Il solo aiuto fornito dall’UE alla Serbia – quando negli anni novanta insieme al Montenegro essa formava la Repubblica federale di Iugoslavia – dal 1993 al 2000 è stato quello umanitario erogato tramite ECHO, l’ufficio della Commissione europea responsabile per gli aiuti umanitari.
L’aiuto era diretto alle vittime del conflitto nella regione e ai gruppi socialmente vulnerabili; alcuni contributi sono andati anche ai mezzi di comunicazione indipendenti e al settore della società civile. Inoltre, a partire dalla fine del 1999, gasolio da riscaldamento è stato donato dall’UE alle 34 municipalità che all’epoca si opponevano al regime di Milosevic; le stesse hanno beneficiato di un programma di assistenza alle scuole, avviato nell’agosto 2000.
Con la caduta del Presidente Milosevic, l’Unione europea si è attivata rapidamente per facilitare la transizione e per dare un segnale concreto e visibile di sostegno alla popolazione e alle nuove autorità.
In particolare, al Consiglio europeo di Biarritz del 13 e 14 ottobre 2000, cui partecipò il neo eletto Presidente della Repubblica federale di Iugoslavia Kostunica, i Capi di Stato e di Governo dell’UE annunciarono un aiuto pari a 200 milioni di euro per l’inverno successivo, per aiutare il consolidamento della democrazia nel paese: 182 milioni furono forniti attraverso il programma di ricostruzione e 18 in forma di aiuti umanitari.
A partire da quel momento e fino al 2006, l’UE ha sostenuto il processo di riforme in Serbia con un totale di 1,2 miliardi di euro, gestiti prevalentemente tramite l’Agenzia europea per la ricostruzione[12] ed ovviamente, quando la Serbia comprendeva anche i territori di quello che sarebbe poi diventato il Montenegro indipendente, erogati dallo strumento finanziario CARDS[13], istituito nel novembre 2000 a sostegno del Processo di stabilizzazione ed associazione.
Si segnala che nel corso di tale periodo l’assistenza comunitaria, originariamente destinata agli interventi relativi alle infrastrutture ed alle misure di stabilizzazione democratica (ivi compresi gli aiuti ai profughi), ha gradualmente spostato l’accento sul potenziamento istituzionale e sulle iniziative in materia di giustizia e affari interni.
Dal 1° gennaio 2007 l’assistenza finanziaria ai paesi dei Balcani occidentali viene fornita attraverso il nuovo strumento di preadesione, denominato IPA[14], che sostituisce oltre al programma CARDS anche i programmi Phare (institution building e coesione economica e sociale), ISPA (ambiente e trasporti) e SAPARD (sviluppo rurale) nonché lo strumento finanziario per la Turchia. L’IPA è costituito da cinque componenti, di cui soltanto due (assistenza alla transizione ed all’institution building; cooperazione transfrontaliera)[15] sono accessibili per i paesi dei Balcani occidentali.
Come risulta dal quadro finanziario multiannuale predisposto dalla Commissione per gli anni 2007-2009, in tale periodo la Serbia beneficerà dell’IPA per un totale di 572,4 milioni di euro, destinati a:
· promuovere il pieno rispetto dei requisiti politici richiesti nel contesto del processo di stabilizzazione ed associazione per le seguenti aree: istituzioni democratiche, riforma della pubblica amministrazione, decentramento e governo locale, gestione finanziaria, stato di diritto, riforma del sistema giudiziario, lotta alla corruzione, riforma delle forze di polizia, diritti umane e protezione delle minoranze;
· migliorare la situazione socio-economica del paese e della sua popolazione, concentrandosi su occupazione, istruzione, inclusione sociale, ristrutturazione e competitività delle aziende, trasporto interno, sviluppo rurale;
· favorire l’adeguamento della legislazione nazionale agli standard europei, con il recepimento dell’acquis comunitario in tutte le aree. Proseguirà il rafforzamento delle capacità amministrative serbe, anche allo scopo di preparare l’introduzione di un sistema decentralizzato di attuazione dell’assistenza finanziaria dell’UE[16];
· sostenere la cooperazione transfrontaliera con i paesi adiacenti.
Il Kosovo rappresenta un impegno costante per l’Unione europea: il suo futuro, come quello dei Balcani occidentali, è fermamente inserito nella prospettiva europea, per il momento attraverso la partecipazione al Processo di stabilizzazione ed associazione. Come ribadito in più occasioni, secondo l’UE in Kosovo il modo migliore di muoversi verso l’integrazione europea è quello di creare una società democratica e multietnica, nel pieno rispetto dello Stato di diritto, che cooperi in pace con i propri vicini e contribuisca alla stabilità regionale ed europea.
L’Unione europea è stata presente in Kosovo fin da quando, nel giugno 1999, questo è stato posto sotto amministrazione internazionale a seguito della risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite n. 1244.
In questi anni l’UE è stata il principale donatore del Kosovo, con oltre 1.1 miliardi di euro volti a finanziare in un primo tempo la fase dell’emergenza umanitaria e successivamente la ricostruzione, l’economia, le istituzioni e lo sviluppo sociale. Un ulteriore contributo di 199 milioni di euro è stato inoltre fissato per il periodo 2007-2009 con l’obiettivo generale di promuovere le riforme necessarie a fare del Kosovo una società moderna, democratica, multietnica e ben amministrata.
Dopo il fallimento dei negoziati sulla definizione dello status del Kosovo[17], la presenza dell’Unione europea sul luogo è stata rafforzata ed articolata in tre diverse componenti, con un obiettivo condiviso, quello di sostenere le autorità locali a tutti i livelli, ivi inclusa la prospettiva europea:
· un’entità politica, nella persona del Rappresentante speciale dell’UE (RSUE), destinata ad aiutare le autorità kosovare a rispettare i loro obblighi e a promuovere i valori europei. Nello stesso tempo il RSUE assume anche la funzione di rappresentante civile internazionale;
· un’entità operativa, rappresentata dalla missione PESD EULEX istituita il 4 febbraio 2008, con l’azione comune 2008/124/PESC[18];
· un’entità incaricata di guidare le riforme, costituita dalla Delegazione della Commissione europea in Kosovo che fornisce assistenza nelle riforme di lungo periodo, nello sviluppo economico e nell’integrazione regionale ed europea.
Per quanto riguarda l’entità politica, il 4 febbraio 2008 con l’azione comune 2008/123/PESC del 4 febbraio 2008, Pieter Feith è stato nominato Rappresentante speciale dell’UE. Il suo mandato - che scadrà il 28 febbraio 2009 - consiste principalmente nel fornire i suggerimenti e il sostegno dell’UE al processo politico e nel favorire il coordinamento politico generale in Kosovo. Il RSUE giocherà un ruolo di rilievo nella realizzazione degli obiettivi della politica dell’UE verso il Kosovo, tra i quali in particolare l’attuazione di una soluzione che definisca il futuro status, in vista di un Kosovo stabile, vitale, pacifico, democratico e multietnico; fornirà inoltre un contributo alla diffusione e al consolidamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, con particolare riguardo a donne e bambini, in accordo con la politica dell’UE in materia di diritti umani e le relative linee guida.
Quando sarà completamente operativo, l’ufficio del RSUE avrà uno staff internazionale di 75 unità localizzato a Pristina, con una sede secondaria a Mitrovica.
Per quanto riguarda l’entità operativa, il 9 dicembre 2008 è stata dispiegata sul terreno la missione EULEX Kosovo, istituita il 4 febbraio 2008 - con l’azione comune 2008/124/PESC. Il suo obiettivo è quello di sostenere le autorità kosovare nel monitoraggio e nel potenziamento di tutti gli ambiti relativi allo stato di diritto, con particolare attenzione a forze di polizia, sistema giudiziario e sistemi di correzione. Tra i punti chiave della missione si segnala la risposta alle preoccupazioni immediate in materia di protezione delle minoranze, corruzione e lotta al crimine organizzato. La missione è concepita come uno sforzo congiunto con le autorità kosovare, in linea con il principio della titolarità locale, con un occhio alla promozione di un sistema amministrativo e giudiziario autonomo basato su standard europei. La missione avrà inoltre alcuni limitati poteri correttivi nel settore dello stato di diritto, in particolar modo per investigare e perseguire i crimini più gravi.
EULEX Kosovo raggiungerà la piena operatività alla fine dell’inverno, quando sarà composta da uno staff internazionale di 1900 persone, tra giudici, procuratori, funzionari di dogana e poliziotti, e da uno staff locale di 1100 persone, localizzate al quartiere generale di Pristina o all’interno del sistema giudiziario e di polizia del Kosovo. Capo della missione è stato nominato il francese Ives de Kermabon. Il Rappresentante speciale dell’UE fornirà la guida politica locale al capo della missione, che riferirà al Comando delle operazioni civili a Bruxelles. Il Comitato politico e di sicurezza dell’UE eserciterà, sotto la responsabilità del Consiglio, il controllo politico e la direzione strategica della missione.
Il mandato iniziale della missione è di due anni ma si prevede che essa termini quando le autorità del Kosovo abbiano raggiunto un’esperienza sufficiente a garantire che tutti i membri della società beneficino dello stato di diritto. E’ stato stabilito un finanziamento totale di 205 milioni di euro, per un periodo iniziale di 16 mesi.
Per quanto riguarda l’entità incaricata di guidare le riforme, si precisa che la delegazione della Commissione europea in Kosovo avrà i seguenti compiti:
- dispiegare in favore del Kosovo tutti gli strumenti dell’allargamento nel contesto del processo di stabilizzazione ed associazione;
- avviare un dialogo tecnico politico permanente con le autorità del Kosovo per fornire indicazioni politiche e linee guida per le riforme;
- fornire assistenza finanziaria sostanziale, volta a potenziare le istituzioni locali e promuovere sviluppo economico e integrazione regionale. L’UE allocherà in Kosovo più risorse su base pro capite che in qualsiasi altra parte del mondo per i prossimi tre anni;
- favorire la partecipazione del Kosovo alle iniziative a livello regionale ed europeo, tra le quali in particolare l’accordo di libero scambio CEFTA[19], il trattato sull’energia[20], lo spazio aereo comune europeo[21];
- preparare una conferenza dei donatori nei prossimi mesi per aiutare le necessità del Kosovo.
L’ufficio della Commissione, che è aperto a Pristina già dal 2004, disporrà di 80 persone a partire dalla fine del 2008.
Come già anticipato, il Kosovo è inserito nel contesto del Processo di stabilizzazione ed associazione, nonostante che non vi siano relazioni contrattuali tra UE e Kosovo e che la situazione non consenta al momento la negoziazione di un accordo.
Nell’ultima, che risale al 5 novembre scorso, la Commissione rileva che lo sviluppo socioeconomico del Kosovo è cruciale non solo per il benessere della popolazione kosovara, ma anche per la stabilità dell'intera regione. A tale proposito, l'Unione si aspetta che la Serbia si ponga in modo costruttivo nei confronti dello spiegamento di EULEX e incoraggi i serbi del Kosovo a prendere parte allo sviluppo del paese. Verrà intensificato il regolare dialogo tra la Commissione e le autorità kosovare sulle riforme.
Sempre nel contesto del PSA, si segnala che il partenariato europeo per la Serbia contiene anche una parte dedicata al Kosovo in cui sono descritte le priorità da realizzare nel breve termine ed i requisiti a tal fine necessari per ciascun settore. L’UE ha fissato, tra le altre, le seguenti priorità:
· garantire il pieno rispetto dello Stato di diritto e attuare una politica di «tolleranza zero» contro la corruzione, la criminalità organizzata e la criminalità finanziaria;
· assicurare la governance democratica e la prestazione di servizi pubblici a tutta la popolazione del Kosovo, grazie alla creazione di un'amministrazione pubblica professionale, responsabile, accessibile, rappresentativa e trasparente, libera da influenze politiche;
· creare un clima propizio alla riconciliazione, alla tolleranza interetnica e alla sostenibilità multietnica , che favorisca il ritorno di profughi e rifugiati. Garantire il rispetto, la sicurezza, la libera circolazione e la partecipazione di tutte le comunità. Condannare esplicitamente qualsiasi manifestazione di ostilità nei confronti delle comunità minoritarie. Perseguire con risolutezza i crimini interetnici;
· continuare a rafforzare i diritti di proprietà, il relativo quadro normativo e l’accessibilità delle corti, allo scopo di creare un ambiente favorevole agli affari;
· assicurare la più completa collaborazione con il Tribunale penale internazionale per l'ex Iugoslavia;
Sulla base delle indicazioni contenute nelle relazioni periodiche sui singoli paesi e facendo seguito all’invito del Consiglio, il 5 marzo 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Balcani occidentali: rafforzare la prospettiva europea”[22], il cui obiettivo è quello di proporre nuove iniziative e di potenziare quelle esistenti per sostenere lo sviluppo politico ed economico dei paesi della regione. Tra le iniziative proposte si segnalano:
· l’incremento del numero delle borse di studio per gli studenti dei Balcani occidentali che vengono a studiare in Europa. Al momento con il programma Erasmus Mundus - finestra Balcani occidentali[23], avviato a partire dall’anno accademico 2007-2008, tali borse di studio riguardano 100 studenti ogni anno, che saliranno a 500 (fra laureandi, laureati e dottorandi) a partire dall’anno accademico 2008/2009. Sono circa 10 i milioni di euro stanziati annualmente per tale attività. Con la comunicazione del 5 marzo 2008 la Commissione propone di raddoppiare l’allocazione annuale a partire dall’anno accademico 2009-2010;
· maggiore sostegno allo sviluppo della società civile e al dialogo. La Commissione ha deciso di istituire un nuovo fondo nell’ambito dello strumento finanziario IPA che abbraccerà i seguenti settori: diritti umani, uguaglianza di genere, inclusione sociale, salute, ambiente, cultura e protezione dei consumatori. Il fondo finanzierà tre tipi di attività: sostegno alle iniziative locali di capacity building; promozione dei contatti fra gruppi di giornalisti, giovani politici, leader dei sindacati, insegnanti e le istituzioni dell’UE; sostegno ai partenariati e alle reti fra organizzazioni della società civile, sindacati, partner sociali e organizzazioni professionali nei paesi beneficiari e loro controparti nell’UE. Una conferenza della società civile di inaugurazione del nuovo fondo si è tenuta a Bruxelles il 17 e 18 aprile 2008;
· ulteriore apertura di programmi e agenzie europei alla partecipazione dei paesi dei Balcani occidentali, per favorire contatti e cooperazione tra istituzioni scientifiche ed educative. La Commissione continuerà a fornire il suo sostegno in favore di una cooperazione più intensa in materia di scienza e ricerca, istruzione, cultura, giovani, occupazione e temi sociali, protezione dell’ambiente, giustizia. In particolare la Commissione propone di estendere ai paesi dei Balcani occidentali i programmi: Europa per i cittadini, Lifelong learning e Media nel corso del 2008-2009;
· rafforzamento della cooperazione regionale. La Commissione continuerà a sostenere i diversi quadri di cooperazione, tra i quali l’Accordo di libero scambio dell’Europa centrale (CEFTA)[24]; il Trattato sull’energia[25], lo spazio aereo comune[26]. Propone inoltre di avviare negoziati per un trattato sulla comunità dei trasporti;
· azioni transfrontaliere coordinate per fronteggiare eventuali disastri nella regione, come evidenziato dai vasti incendi verificatisi nell’estate del 2007. La Commissione segnala a questo proposito l’iniziativa di riduzione del rischio di disastro - finanziata con 2 milioni di euro annui nell’ambito dello strumento IPA –destinata a sostenere le capacità dei paesi della regione nella attività di raccolta, processamento e condivisione dei dati nonché di predisposizione delle strategie regionali, in stretta collaborazione con altri donatori, tra i quali Banca mondiale e Nazioni unite. Inoltre, la Commissione incoraggerà i paesi a sfruttare le opportunità offerte dallo Strumento finanziario per la protezione civile;
· l’eliminazione dei visti per i cittadini dei Balcani occidentali che viaggiano in Europa[27]. La Commissione sta già inaugurando dialoghi con i paesi della regione in materia di liberalizzazione dei visti, allo scopo di definire tabelle di marcia che fissino le condizioni per l’abolizione delle richieste di visto. In particolare con la Serbia tali dialoghi sono stati avviati nel gennaio scorso. Quattro i temi chiave che saranno presi in considerazione nelle tabelle di marcia: certezza dei documenti, immigrazione illegale, ordine pubblico e sicurezza. Le tabelle di marcia, disegnate dalla Commissione in consultazione con il Consiglio e i paesi della regione, saranno tagliate su misura per consentire a ciascun paese di focalizzare gli sforzi di riforma verso le richieste della Commissione. La velocità del processo verso la liberalizzazione dei visti dipenderà da ciascun paese: Commissione e Consiglio verificheranno costantemente i progressi realizzati; quando le condizioni poste saranno state rispettate, la Commissione presenterà al Consiglio una proposta di modifica del regolamento 539/2001[28];
Si ricorda peraltro che tali iniziative rappresentano l’evoluzione della strategia proposta dalla Commissione con la comunicazione del 27 gennaio 2006[29] e accolta dal Consiglio informale tenutosi a Salisburgo il 10 e 11 marzo 2006, con la partecipazione dei rappresentanti dei paesi candidati e potenziali candidati dei Balcani occidentali. Tale strategia si propone in particolare di promuovere commercio, sviluppo economico, movimento di persone, istruzione e ricerca, cooperazione regionale e dialogo con la società civile nei Balcani occidentali come parte dell’obiettivo europeo di integrazione dei popoli della regione.
La comunicazione della Commissione del 5 marzo 2008 ha costituito la base di discussione della riunione informale del Consiglio affari generali e relazioni esterne dedicata ai Balcani occidentali e tenutasi a Brdo, in Slovenia, il 29 marzo scorso con la partecipazione dei rappresentanti dei paesi della regione. Nella dichiarazione rilasciata dalla Presidenza a conclusione della riunione, si sottolinea la necessità che i progressi realizzati negli anni recenti nel quadro del Processo di stabilizzazione e di associazione siano resi irreversibili e l’opportunità di dare nuovo impulso alla citata Agenda di Salonicco, con il contributo delle proposte avanzate dalla Commissione. Nell’ambito di tali iniziative, la dichiarazione segnala in particolare l’importanza di: rafforzare la cooperazione regionale nei settori dei trasporti, dell’energia e della protezione civile; di promuovere i contatti personali privilegiando le giovani generazioni; di sostenere lo sviluppo socio-economico con appositi fondi e quadri di finanziamento; di migliorare governance e cooperazione nell’area giustizia, libertà e sicurezza.
[1] Tomislav Nikolic è stato espulso dal Partito radicale il 12 settembre ed ha formato un nuovo partito (v. infra)
[2] Il governo ha ricevuto 127 voti favorevoli e 27 contrari. Si sono inoltre astenuti 10 parlamentari, mentre ben 86 (del Partito Radicale e del Partito Liberale Democratico) hanno disertato la seduta.
[3] Il 14 ottobre è stata formalizzata la nascita di Fiat Serbia, grazie all’acquisizione, da parte della Fiat, del 67% del capitale dell’azienda serba Zastava Auto.
[4] L'economista Miroslav Zdravković – che dà un giudizio nel complesso positivo sull’operato del governo – ha dichiarato che, a causa dell'aumento delle pensioni, la Serbia è nei prossimi anni sotto la minaccia di una catastrofe economica. Al proposito, v. infra circa l’Accordo con l’FMI.
[5] Al momento, secondo fonti ufficiali kosovare, più di cinquanta Stati hanno riconosciuto il Kosovo. Il riconoscimento italiano è intervenuto il 21 febbraio 2008.
[6] I membri dell’ISG sono: Austria, Belgio, Bulgaria, Croazia, Repubblica ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lithuania, Luxembourg, Olanda, Norvegia, Polonia, Slovenia, Svizzera, Svezia, Turchia, GB e United States of America.
[7] Si segnala che la visita in Italia del Segretario di Stato Spasojevic è stato il primo impegno internazionale del Ministero della Difesa dopo la crisi kosovara. Questo, anche perché Belgrado guarda all’Italia come ad un alleato strategico e conta molto sulla nostra assistenza nella delicata fase di ripresa della collaborazione con la NATO.
[8] Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Montenegro.
[9] Tale approccio è stato ribadito in più occasioni dal Consiglio europeo, a partire da quello tenutosi a Feira il 19 e 20 giugno 2000 che ha definito i paesi della regione “candidati potenziali all’adesione all’Unione europea”. Da ultimo il Consiglio europeo del dicembre 2006 ha confermato che il futuro dei paesi dei Balcani occidentali è nell’Unione europea.
[10] Agence Europe del 9 dicembre 2008.
[11] SEC (2008) 2698.
[12] L’Agenzia europea per la ricostruzione gestisce per conto della Commissione europea la maggior parte dei programmi di assistenza dell’UE in Serbia (incluso il Kosovo), in Montenegro e nell’ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Istituita nel febbraio 2000 come principale strumento di ricostruzione del Kosovo danneggiato dalla guerra, ha progressivamente esteso le proprie competenze ai paesi citati.
[13] Community Assistance for Reconstruction, Development and Stabilisation.
[14] Regolamento CE 1085/2006 del 17 luglio 2006.
[15] Le altre tre componenti sono: sviluppo regionale; sviluppo delle risorse umane; sviluppo rurale.
[16] La decentralizzazione è il processo in base al quale la gestione dei fondi comunitari viene devoluta dalle Commissione europea alle amministrazioni dei paesi candidati.
[17] Il processo negoziale tra le parti sul futuro status del Kosovo si è concluso il 10 dicembre 2007, senza pervenire ad un accordo. Il processo negoziale è stato facilitato da una troika, costituita da Unione europea, Russia e Stati Uniti. Nella stessa data una relazione finale è stata presentata al Segretario generale delle Nazioni Unite da parte del Gruppo di contatto, composto da Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Stati Uniti e Russia.
[18] EULEX dovrebbe assumere le sue responsabilità dopo un periodo di 120 giorni dal momento dell’avvio; la missione delle Nazioni Unite UNMIK rimane dunque pienamente in vigore fino alla fine del periodo transitorio.
[19] L'Accordo centroeuropeo di libero scambio o CEFTA (dall'acronimo inglese Central European Free Trade Agreement) è stato creato nel 1992 da Cecoslovacchia, Polonia ed Ungheria e successivamente esteso ad altri paesi dell’Europa orientale che sono diventati progressivamente tutti membri dell’UE. Su suggerimento dell'UE, il CEFTA è stato conservato e trasformato: attualmente ne fanno parte Croazia, ex Repubblica iugoslava di Macedonia, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Albania e Moldova.
[20] Il Trattato sull’energia, firmato nell’ottobre 2005, istituisce una comunità energetica tra l’UE e i paesi dell’Europa sud-orientale.
[21] Il 9 giugno 2006 l’Unione europea e i paesi dell’Europa sud orientale hanno raggiunto un accordo relativo a regole e standard comuni sulla sicurezza e sulla completa liberalizzazione del traffico aereo.
[22] COM (2008) 127.
[23] Il programma Erasmus Mundus, istituito con la decisione 2317/2003/CE del 5 dicembre 2003, è finalizzato a migliorare la qualità nell'istruzione superiore e promuovere la comprensione interculturale mediante la cooperazione con i paesi terzi. Le cosiddette "finestre" sono fondi aggiuntivi provenienti dal bilancio UE per le relazioni esterne e immessi nel programma Erasmus Mundus per incoraggiare studenti di determinate nazionalità non europee a studiare in Europa. Tali fondi consentono di finanziare borse di studio per studenti provenienti da regioni specifiche.
[24] Il CEFTA, creato nel 1992 da Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria, è stato successivamente esteso a Slovenia, Romania, Bulgaria, Croazia ed ex Repubblica iugoslava di Macedonia. Dopo l’adesione all’Unione europea della maggior parte dei suoi membri, il 19 dicembre 2006 il CEFTA è stato esteso a Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Albania e Moldavia.
[25] Il Trattato sull’energia, firmato nell’ottobre 2005, istituisce una comunità energetica tra l’UE e i paesi dell’Europa sud-orientale.
[26] Nel dicembre 2005 la Commissione Europea e i paesi dell’Europa sud orientale hanno raggiunto un accordo relativo a regole e standard comuni sulla sicurezza e sulla completa liberalizzazione del traffico aereo.
[27] A tale proposito, si segnala che il 18 settembre 2007 l’UE e tutti i paesi dei Balcani occidentali hanno firmato gli accordi di riammissione e di facilitazione delle procedure per il rilascio di visti di breve durata.
[28] Regolamento 539/2001 che adotta l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri e l’elenco dei paesi terzi i cui cittadini sono esenti da tale obbligo.
[29] “I Balcani occidentali sulla strada verso l’UE: consolidare la stabilità e rafforzare la prosperità” COM (2006) 27.
* In collaborazione con il Ministero degli Affari esteri
* In collaborazione con il Ministero degli Affari esteri
* In collaborazione con il Ministero degli Affari esteri
* In collaborazione con il Ministero degli Affari esteri
* In collaborazione con il Ministero degli Affari esteri
[30] Dal maggio 2007 al novembre 2007 è stato Presidente del Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa.
* In collaborazione con il Ministero degli Affari esteri
* In collaborazione con il Ministero degli Affari esteri