Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Missione in Turchia - (4-6 dicembre 2008)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 33
Data: 02/12/2008
Descrittori:
POLITICA ESTERA   TURCHIA
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Documentazione e ricerche

Missione in Turchia

(4-6 dicembre 2008)

 

 

 

 

 

n. 33

 

 

2 dicembre 2008

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

SIWEB

 

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File:es0106.doc


INDICE

Programma della missione

Programma della missione (Ankara, 4-6 dicembre 2008)3

Schede di lettura

Gli sviluppi della situazione politica interna in Turchia  7

Il divieto di indossare il velo e la richiesta di scioglimento del Partito AKP   7

Il caso Ergenekon  8

La questione curda  10

Le relazioni internazionali della Turchia  12

Un nuovo ruolo geopolitico?  12

Iraq  14

Iran  15

Siria  16

Ankara di fronte alla crisi in Medio Oriente  16

La proiezione nel Caucaso  17

Repubblica di Turchia (a cura del Servizio Rapporti Internazionali)19

Cenni storici19

Dati geo-politici21

Il quadro politico  22

Il quadro istituzionale  24

I rapporti parlamentari con la Turchia (a cura del Servizio Rapporti internazionali)28

XVI legislatura  28

XV legislatura  35

L’Unione europea e la Turchia (a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)39

I negoziati di adesione  39

La relazione sui progressi compiuti39

Il processo di avvicinamento della Turchia all’Unione europea  41

Attività parlamentare

XV legislatura - Camera dei deputati – III Commissione Affari esteri – Risoluzione n. 7-00068

Seduta del 30 novembre 2006  51

Seduta del 20 dicembre 2006  57

XVI legislatura - Camera dei deputati - Assemblea - Interpellanza urgente 2/00214

Seduta del 27 novembre 2008  65

XVI legislatura - Camera dei deputati - Interrogazione a risposta scritta presentata dall’on. Pierluigi Castagnetti70

Seduta del seduta del 18 luglio 2008  70

PUBBLICISTICA

D. Schmid, La Turquie et l’Union pour la Méditerranée: un partenariat calculé, in: Politique étrangère, 1/2008  75

Dr. I. O. Lesser, After Georgia: Turkey’s Looming Foreign Policy Dilemmas, in: The German Marshall Fund of the United States – Analisys, 26 agosto 2008  75

A. Zaman, Turkey and the United States under Barack Obama: Yes They Can, in: The German Marshall Fund of the United States – Analisys, 13 novembre 2008  75

S. Ozel, Committed to Ch’ange, or Changing Commitments?, in: The German Marshall Fund of the United States – Analisys, 17 novembre 2008  75

Zona di sicurezza, tratto dal sito www.osservatoriobalcani.org, 14 ottobre 2008  75

Colpita ma non affondata, tratto dal sito www.osservatoriobalcani.org, 21 ottobre 2008  75

Turkish military on the difensive, tratto dal sito www.isn.ethz.ch/isn, 24 ottobre 2008  75

Turkey’s military-political contest, tratto dal sito www.isn.ethz.ch/isn, 4 novembre 2008  75

M. Jay, European business would benefit from a Turkey inside the EU, tratto dal sito www.europeanvoice.com, 6 novembre 2008  75

S. Perna, Turchia: il nuovo ruolo regionale potrebbe attrarre nuovamente UE e USA, tratto dal sito www.equilibri.net, 6 novembre 2008  75

Turchia, la pagella dell’UE, tratto dal sito www.osservatoriobalcani.org, 11 novembre 2008  75

E. Sinclair-Webb, Giving Turkey the Silent Treatment, tratto dal sito www.europeanvoice.com, 12 novembre 2008  76

Turkey and Iraqi Kurds: Conflict or Cooperation?, in: Middle East Report n. 81, 13 novembre 2008  76

G. Bruno, Turkey at an Energy Crossroads, in: Council on Foreign Relations, 20 novembre 2008  76

C. Frappi, La Turchia e la Piattaforma per la Stabilità e Cooperazione nel Caucaso, in: ISPI Policy Brief, novembre 2008  76

Turkey- Country Report, in: The Economist Intelligence Unit, dicembre 2008  76

Aiuto alla Chiesa che soffre (ACS), Turchia, in: Libertà religiosa nel mondo, Rapporto 2008  76

DOCUMENTAZIONE

Scheda-Paese (a cura del Ministero degli Affari esteri)79

Murat Mercan, Presidente della Commissione parlamentare per gli Affari esteri319

Zeki Karabayir, Presidente del gruppo di amicizia parlamentare Italo - turco  321

Cemil Çiçek, Ministro di Stato e Vice Presidente del Consiglio  322

Lütfi Elvan, Vice Presidente Commissione parlamentare Armonizzazione Ue  323

Zafer Üskül, Presidente Commissione parlamentare per i Diritti umani324

Deniz Baykal, Presidente del Partito repubblicano del popolo (CHP)325

Parlamento europeo Risoluzione del 21 maggio 2008 sulla Relazione 2007 relativa ai progressi compiuti dalla Turchia (2007/2269(INI))327

 


Programma della missione

 


Ambasciata d’Italia

Ankara

 

 

Programma della missione
(Ankara, 4-6 dicembre 2008)

 

 

Giovedì 4 dicembre

 

Ore 17.00       Arrivo all’aeroporto di Ankara e trasferimento al Palazzo Presidenziale.

Ore 18.15       Incontro con il Presidente della Repubblica Abdullah Gul.

 

Ore 18.50       Trasferimento all’Ufficio del Primo Ministro.

 

Ore 19.00       Incontro con il Primo Ministro Recep Tayyip Erdoğan.

 

Al termine trasferimento all’Hotel Sheraton.

 

Ore 20.30       Cena presso la Residenza dell’Ambasciatore d’Italia.

 

Al termine rientro in albergo.

 

 

Venerdì 5 dicembre

 

Ore 09.25       Partenza dall’albergo per il Mausoleo di Ataturk.

 

Ore 09.45       Cerimonia della deposizione della corona e visita al Mausoleo di Ataturk.

 

Ore 10.30       Incontro con il Presidente del Parlamento Koksal Toptan.

 

Ore 11.30       Incontro con la Commissione Affari Esteri del Parlamento (Pres. Murat Mercan).

 

Ore 13.00       Pranzo offerto dal Presidente del Gruppo Parlamentare di Amicizia italo-turco Zeki Karabayir.

 

Ore 14.30       Incontro con il Vice Primo Ministro Cemil Çiçek.

 

Ore 15.15       Incontro con la Commissione Affari Europei del Parlamento (V. Pres. Lutfi Elvan).

 

Ore 16.00       Incontro con la Commissione per i Diritti Umani del Parlamento (Pres. Mehmet Zafer Uskul).

 

Ore 16.45       Visita al Museo delle Civiltà Anatoliche.

 

Ore 18.00       Incontro con il Capo dell’Opposizione Deniz Baykal (sede centrale CHP).

 

Ore 20.00       Cena offerta dal Presidente della Commissione Affari Esteri del Parlamento Murat Mercan (Ristorante Trilye).

 

Al termine rientro in albergo.

 

 

Sabato 6 dicembre

 

Ore 11.00       Partenza per Roma via Istanbul (il Presidente Dini e Signora partono alle ore 07.30).

 


Schede di lettura

 


Gli sviluppi della situazione politica interna in Turchia

 

Il divieto di indossare il velo e la richiesta di scioglimento del Partito AKP

Il dibattito sulle questioni interne in Turchia si è focalizzato nell’ultimo anno su due questioni, in parte collegate: l’abrogazione del divieto di indossare il velo e la richiesta di scioglimento del partito al governo AKP.

Nel mese di febbraio 2008, il Governo ha introdotto delle modifiche costituzionali aventi lo scopo di eliminare le disposizioni che vietavano alle donne di indossare il velo (turban) nelle università, mantenendo però il divieto verso copricapi della tradizione islamica giudicati più estremi, cioè quelli che nascondono integralmente il volto. Il diritto delle donne di indossare il velo ha occupato molta parte della politica turca, in quanto riconducibile alle questioni che fanno capo ai due principali filoni politico-religiosi del Paese: quello secolarista da un lato e quello islamista dall’altro.

La riforma è stata varata con il voto favorevole del partito di governo AKP, di radici islamiche, e con quello del Partito nazionalista MHP che, insieme, detengono 410 seggi su 550. La motivazione addotta dai due gruppi favorevoli è stata che non solo la riforma non viola il principio di laicità dello Stato ma che, al contrario, lo rafforza, consentendo la libertà di abbigliamento e di espressione, in linea con le riforme liberali richieste dall'Unione europea.

Al momento del dibattito in Parlamento, un sondaggio effettuato nel Paese ha mostrato che il 65% circa dei turchi erano favorevoli alla riforma e che il 66% delle donne turche usa il copricapo islamico. Contrari i laici turchi, la maggioranza del mondo accademico e la magistratura del paese, in particolare i giudici della Cassazione e del Consiglio di stato. I militari, tradizionali guardiani della laicità, non hanno espresso espliciti orientamenti.

Il Partito repubblicano del popolo, CHP, d’orientamento laico e socialdemocratico, ha portato la questione dinanzi alla Corte costituzionale ravvisando nell’abrogazione del divieto ad indossare il velo uno dei tanti tentativi che l’AKP stava portando avanti per islamizzare il Paese. La suprema corte, tuttavia, il 5 giugno ha pronunciato un giudizio di incostituzionalità riguardo l'abrogazione del divieto di indossare il velo islamico nelle università, ripristinando di fatto la situazione precedente alle modifiche apportate dal Parlamento alla Costituzione.

 

In parallelo si è svolta la vicenda riguardante la richiesta di chiudere il Partito AKP (Giustizia e sviluppo): il 14 marzo il Procuratore generale della Corte di cassazione, Abdurrahman Yalcinkaya, ritenendo l’AKP responsabile di attività che violavano il principio della laicità dello Stato, ha presentato un ricorso alla Corte costituzionale contenente 17 capi di accusa, fra i quali quello del ripristino del velo. Tra le altre imputazioni, il progetto di vietare le bevande alcoliche nei locali pubblici; l'istituzione di parchi e piscine separati per le donne attuata in alcuni municipi; le proposte di proibire la pubblicità dei costumi da bagno femminili; il trasporto gratuito consentito unicamente alle studentesse delle scuole religiose imam-hatip.

Nell’istanza del Procuratore generale della Corte di cassazione veniva chiesta anche la sospensione da qualsiasi attività politica, per cinque anni, di 71 dirigenti dell’AKP, compresi il Primo ministro Erdogan e il Presidente Gul. L’inclusione di quest’ultimo nella lista dei soggetti potenzialmente colpevoli di attività antilaiche è stata oggetto di numerose critiche e polemiche interne, dato che quella del Presidente è una carica politicamente neutra e l’unico reato contemplato è quello di alto tradimento.

Le Istituzioni europee hanno espresso preoccupazione riguardo l’ipotesi di chiusura dell’AKP. Sia la Commissione europea che la presidenza di turno per L'Unione europea hanno chiesto alla Turchia di rispettare il principio della separazione dei poteri e invitato la magistratura a non interferire nel processo politico democratico.

La chiusura di partiti politici non è una prassi nuova in Turchia. A partire dal 1970, 24 partiti sono stati messi fuori legge, inclusi i predecessori dell’AKP: il Partito del Welfare e il Partito delle Virtù sono stati chiusi, rispettivamente nel 1998 e nel 2001, per aver minacciato l’ordine secolare.

La Corte costituzionale, nella sentenza del 30 luglio, ha deciso di imporre una sanzione economica all’AKP (riducendo i fondi pubblici ad esso destinati), ma di non chiuderlo, né di rimuovere dirigenti, consentendo così al partito di continuare a governare, nel rispetto della scelta effettuata democraticamente dagli elettori turchi nel 2007. Nella motivazione della sentenza, pubblicata il 24 ottobre scorso, il Primo ministro Tayyip Erdogan, insieme ad altre figure rilevanti del suo partito (tra cui il ministro dell'Istruzione Huseyin Celik) viene riconosciuto colpevole di avere posto in essere attività antilaiche. Tuttavia, la Corte ha deciso di respingere l’istanza di scioglimento della formazione al governo, riconoscendo ad Erdogan ed all’AKP un’importante funzione nel processo di avvicinamento della Turchia all’Unione europea e nel miglioramento degli standards di tutela dei diritti umani.

Il caso Ergenekon

Il tentativo del Governo di far passare riforme di segno filo-islamico ha causato la protesta da parte di organizzazioni di matrice laica quali l’Associazione  per la difesa del pensiero di Ataturk (ADD) ed il Partito del lavoro.  Nel frattempo un’organizzazione clandestina ultranazionalista,  Ergenekon,  è stata oggetto di una prima grande retata (gennaio 2008) e di altre successive, in seguito alle quali sono finite in carcere 46 persone. Nel corso delle perquisizioni la polizia ha trovato una lista di persone nel mirino dell´organizzazione fra cui esponenti politici curdi, un giornalista dell’area islamica e il premio Nobel Orhan Pamuk.

L’accusa di tentativo di colpo di stato è stata formalizzata il 14 luglio dalla Procura generale di Istanbul a carico di 86 persone ritenute legate al gruppo eversivo. Tra di esse compaiono ex militari, accademici, giornalisti, avvocati, uomini d'affari, personaggi dello spettacolo, attivisti di organizzazioni non governative e anche mafiosi locali. Il processo è cominciato il 20 ottobre nella prigione di Silivri, vicino ad Istanbul e sta continuando con la lettura delle migliaia di pagine che costituiscono il capo di accusa.

Come proposto da alcuni analisti, l’ingente mole dei capi d’accusa ed i milioni di documenti ad essi collegati mostrano che il network Ergenekon (che prende il nome da una località siberiana da cui sarebbe partito un nucleo di combattenti alla volta dell’Anatolia) ha legami con molti gruppi all’interno degli apparati pubblici e delle Forze armate, fino a configurarsi come una sorta di “Stato profondo”. Inoltre, parrebbero accertati i collegamenti con il PKK (il Partito curdo dei lavoratori), con Hezbollah, con il Partito Rivoluzionario popolare di liberazione (DHKP/C), con il Fronte islamico dei combattenti del Grande Oriente (IBDA-C) e con molte altre organizzazioni illegali.

A questo proposito, secondo Abdulmelik Firat, l’ex segretario del Partito curdo per i diritti e la libertà (HAK-PAR), attualmente non rappresentato in Parlamento, il PKK è stato creato e tuttora viene sostenuto dallo “Stato Profondo”, un’intreccio tra apparati di sicurezza, ambienti nazionalisti e organizzazioni criminali, dedito alla destabilizzazione professionale, di cui Ergenekon costituisce una manifestazione concreta. In un’intervista del 28 ottobre, Firat ha dichiarato che il PKK non cesserà con le azioni violente finché lo Stato Profondo rimarrà in piedi, aggiungendo che il fondatore del PKK, Abdullah Ocalan, ha lavorato per il MIT, il potente servizio segreto turco e che il PKK negli ultimi anni avrebbe anche combattuto con il Jitem, una specie di servizio segreto parallelo a quello ufficiale, che in linea teorica dovrebbe essere il maggiore oppositore dell'organizzazione separatista turca.

Un’ipotesi inquietante che potrà essere smentita o provata solo nel corso dello svolgimento del processo a Ergenekon, ritenuto da molti osservatori internazionali un momento decisivo per valutare non solo lo stato di salute del sistema giudiziario turco, ma anche la tenuta democratica di tutte le sue istituzioni. La rete di Energekon si è infiltrata nella burocrazia di stato, nei media e nelle ONG. Dal 2003 ha perseguito la strategia di creare caos nel Paese per preparare il terreno ad un’eventuale presa del potere da parte dei militari[1] ed ha appoggiato tutte le possibili iniziative che avessero lo scopo di mantenere la Turchia sotto il controllo della vecchia élite kemalista (che ora ha assunto il nome di movimento neo-nazionalista) e di perpetuare il sistema di “tutela militare”.

In quest’ottica vengono rimessi in discussione alcuni episodi nei quali, come accaduto da ultimo ad Aktutun all’inizio di ottobre[2], gli errori commessi dai militari nei confronti – in questo caso – del PKK, vengono ora valutati come qualcosa che va al di là della semplice negligenza. Secondo questa visione, chiunque (PKK o Ergenekon) sia responsabile del tentativo di persuadere la popolazione turca che il Paese vive sotto costante minaccia, il fine ultimo è quello di accrescere l’influenza delle forze armatesulla politica e sul governo.

La questione curda

Il conflitto tra Turchia e PKK non sembra in via di soluzione e, al contrario, sembra avere durata infinita. Gli scontri tra le Forze armate turche e i ribelli turchi - che chiedono il riconoscimento dei propri diritti civili - continuano a produrre vittime da entrambe le parti. La Turchia, così come l'Unione europea e gli Usa, considera il PKK un'organizzazione terroristica ritenuta responsabile della morte di almeno 40.000 persone, per la maggior parte curdi, dall'inizio della rivolta per la costituzione di uno Stato indipendente curdo nel Sud-Est della Turchia nel 1984.

Nel dicembre dello scorso anno le forze armate turche hanno lanciato una vasta operazione militare terrestre contro i campi di montagna del PKK in forza del mandato del Parlamento turco che autorizzava interventi nel territorio nord-iracheno, se e quando necessari, al fine di distruggere tali rifugi.

A distanza di un anno il Parlamento turco ha rinnovato l’identica autorizzazione alle forze militari, approvando una mozione a larga maggioranza, con i soli voti contrari del Partito nazionalista curdo DTP (Kurdish Democratic Society Party).

A febbraio, con l'appoggio dell'intelligence Usa, l'esercito ha sferrato un pesante attacco uccidendo 240 ribelli curdi e perdendo 27 militari. L’operazione terrestre è durata più di una settimana, destando enormi preoccupazioni soprattutto in Iraq circa la possibile destabilizzazione di un’area (il Nord del Paese) relativamente tranquilla. Gli attacchi militari si sono susseguiti anche nelle settimane successive, fino a giungere ai raid aerei del 30 aprile e 1 maggio, nel corso dei quali sono stati distrutti 43 obiettivi e uccisi 150 terroristi, secondo quanto dichiarato in un comunicato ufficiale turco.

A fronte dell’intervento militare, tuttavia, non sembra corrispondere un reale miglioramento della situazione. Il 28 luglio, a poche ore dalla sentenza della Corte Costituzionale sulla messa fuori legge dell’AKP, Istanbul è stata colpita da un duplice attentato che ha provocato 18 morti e oltre 100 feriti. Anche se gli attentati in questo caso non sono stati rivendicati dal PKK, la dura risposta di Ankara si è tradotta in una serie di bombardamenti delle basi dei ribelli separatisti curdi del PKK nel nord dell'Iraq, nel corso dei quali sono rimasti uccisi un numero imprecisato di militanti.

Nell’analizzare l’avvenimento, un giornalista del quotidiano turco Sabah, esperto di terrorismo, ha affermato che gli attentati sono opera di chi ha interesse ad esasperare il conflitto tra la Turchia e i curdi e che, pertanto, gli organizzatori potrebbero essere sia militanti del PKK che del gruppo Ergenekon oppure, molto verosimilmente, membri del PKK manipolati da Ergenekon o da altri gruppi.

Dopo la tregua di un mese in occasione del Ramadan, il PKK è tornato all’attacco il 3 ottobre, con un’azione di inaudita violenza contro una caserma nei pressi di Aktutun (v. supra) dove sono morti 15 militari, altri 20 sono stati feriti e due soldati di leva sono stati rapiti dai guerriglieri. Nell'attacco, sferrato dai curdi con l’utilizzo di armi pesanti, i ribelli hanno perso 28 uomini.

Il conflitto provoca naturalmente problemi con il KRG (Kurdistan Regional Government), sospettato di tollerare e perfino di offrire ospitalità e rifugio ai curdi turchi, anche se va detto che la Turchia ha sempre rifiutato di negoziare con i governi locali.

La proposta di Devlet Bahceli, leader del partito nazionalista di opposizione MHP di creare una zona cuscinetto alla frontiera tra Turchia e Iraq, inizialmente rifiutata da  Massoud Barzani,  leader del KRG, sembra ora trovare il favore di quest’ultimo a patto, però che la Turchia accetti di avviare negoziati diretti con l’Amministrazione regionale curda. E’ opinione dei dirigenti del Kurdistan, infatti, che la Turchia possa risolvere la questione curda soltanto trattando con il KRG, che detiene il medesimo e forte interesse a che la situazione di instabilità venga risolta.

 


Le relazioni internazionali della Turchia

La posizione politica della Turchia nello scenario mediorientale ha subito alcune evoluzioni significative rispetto al lungo periodo - coincidente con la Guerra fredda - che aveva visto Ankara quale gendarme dell'Occidente nell'area, in primis con una funzione di contenimento dell'espansionismo sovietico. Va rilevato che tale atteggiamento geostrategico corrispondeva all'assetto interno del Paese, il quale, memore della lezione di Ataturk, aveva privilegiato con nettezza i propri caratteri nazionali e laici rispetto ai legami - che pure la comune fede islamica evocava - con tutti i paesi circostanti, le cui posizioni politiche non si accordavano con la netta scelta di campo filoccidentale della Turchia (la quale per di più, in quanto ex potenza ottomana dominante, non riteneva a ragione di poter esercitare un particolare ascendente su quei popoli). La forza della Turchia, quindi, era stata riposta per decenni in una sorta di concentrazione su se stessa, nella quale peraltro il paese - non a caso dotato di un poderoso esercito – pareva ritenere di non essere condannato a restare in eterno.

A partire dalla dissoluzione dell'Unione sovietica, seppure con estrema accortezza e moderazione, la Turchia intraprendeva la strada di un progressivo rafforzamento dei propri legami linguistici, culturali e religiosi nei confronti di alcune delle repubbliche ex sovietiche situate nella fascia meridionale, utilizzando soprattutto lo strumento della penetrazione economica. Nel frattempo Ankara confermava il proprio cruciale ruolo di potenza stabilizzatrice dell’area quando nel 1996 stipulava un trattato di alleanza con Israele, che comprendeva un’ampia serie ampia di programmi di collaborazione anche in campo militare e tecnologico - poi puntualmente attuati -, in ciò distinguendosi nettamente dai correligionari arabi, tutti più o meno ostili allo Stato ebraico.

Un nuovo ruolo geopolitico?

Com'è noto, nel 2002 si verificava una svolta politica interna, con la netta affermazione di un partito confessionale islamico (AKP), ma moderato, che esprimeva una forte leadership nella persona di Tayyp Erdogan: la portata della vittoria dell’AKP non ha bisogno di particolari commenti se raffrontata alla linea politica di orientamento rigorosamente laico alla quale il paese si era attenuto in precedenza, in continuità con l’ideologia tracciata dal padre della Turchia contemporanea, Kemal Ataturk. Quasi subito dopo, tuttavia, l'invasione angloamericana dell'Iraq portava con sé uno scossone alla tradizionale alleanza filoccidentale turca, che, combinandosi con la rilevante novità della politica interna, dava inizio a un periodo di ristrutturazione della strategia turca regionale, esplicitamente teorizzato da Ahmet Davutoglu, il più ascoltato consigliere di Erdogan nelle questioni di politica internazionale.

Naturalmente non si può parlare a tutt'oggi di alcun rovesciamento del sistema delle alleanze della Turchia, ma di una lenta gravitazione verso una posizione più consapevole del ruolo essenziale che anche solo la posizione geografica conferisce al paese in un'ampia area, che va dalla fascia meridionale dell'ex Unione sovietica attraverso l'Iran, l’Iraq e il Medio Oriente, fino allo sbocco nel Mediterraneo, e che costituisce sicuramente uno dei punti cruciali del mondo nel prossimo futuro, per ragioni tanto politico-militari, quanto energetiche ed economiche. E’ tra l'altro singolare notare che l'emergere della nuova strategia turca avviene proprio con riferimento a quella vasta regione che già nel 2004 gli Stati Uniti avevano identificato come Grande Medio Oriente, ma le caratteristiche del cui assetto i turchi sembrano vedere in modo assai diverso dai progetti di Bush.

Quali sono state le motivazioni prioritarie che hanno dato luogo al ripensamento geopolitico turco? Probabilmente l'assunzione delle responsabilità di governo da parte di élites filo islamiche ha comportato di per sé l'inizio di tale processo. Occorre parimenti considerare la rilevanza del primo significativo momento di attrito tra la Turchia ed l’alleato statunitense, verificatosi proprio nell'imminenza dell'invasione dell'Iraq, che per Ankara portava (ed ancora porta) con sé il rischio inaccettabile della frantumazione di quel paese, e dell’emergere di un polo attrattivo curdo per l'intera regione, suscettibile di mettere a repentaglio soprattutto l'integrità territoriale della Turchia (nella cui parte sudorientale vivono non meno di 15 milioni di curdi). Sta di fatto che la fluidità della posizione di politica internazionale della Turchia comincia ad essere piuttosto chiara alla generalità degli osservatori, parecchi dei quali richiamano l'attenzione anche su un altro fattore determinante, ossia la mancanza di certezze di uno sbocco positivo nel lungo processo di avvicinamento della Turchia all'Unione europea, che, al contrario, dopo lo stop imposto da Bruxelles su alcuni capitoli del negoziato alla fine del 2006, non sembra aprire prospettive positive, anche per il progressivo emergere di posizioni, tra alcuni Stati membri dell'Unione, nettamente contrarie a un'organica integrazione della Turchia nell'Unione stessa.

Alla luce di quanto in precedenza esposto, dovrebbe essere relativamente più agevole comprendere i principali profili delle relazioni internazionali turche al momento presente.

Iraq

Nei rapporti con l’Iraq emerso dalla fine del regime di Saddam Hussein, la posizione della Turchia continua ad essere ispirata alla necessità di difenderne assolutamente l'integrità territoriale - e su questa base vanno letti in buona parte i rinnovati rapporti turchi con Iran e Siria, paesi anch'essi interessati a prevenire la possibile formazione di un nucleo attrattivo curdo nella regione. Coerentemente, la Turchia si è impegnata in alcune iniziative non eclatanti, ma concrete, per favorire la stabilizzazione interna del nuovo Iraq e il miglioramento dei suoi rapporti regionali. Tuttavia, il nodo centrale è rimasto la preoccupazione per la progressiva autonomizzazione della parte settentrionale dell'Iraq, dominata dai curdi di Massud Barzani, che nella difficile situazione della sicurezza che il paese ha attraversato in questi ultimi anni hanno consolidato un proprio livello di governo locale praticamente semindipendente da Baghdad.

Un fattore di enorme criticità per la Turchia è rappresentato dal fatto che mentre l'Iran e la Siria hanno indotto le locali fazioni curde a sgomberare le zone franche che occupavano nei rispettivi territori, il nord dell’Iraq è divenuto a partire dal 2004 - anno della ripresa delle ostilità del partito curdo dei lavoratori (PKK) contro l'esercito e le istituzioni turche - base di lancio per continue azioni terroristiche in territorio turco, che hanno provocato soprattutto nell'esercito centinaia di vittime, e destato comprensibili reazioni della popolazione. Il problema si è progressivamente aggravato fino a quando lo stesso Erdogan, pure personalmente a lungo contrario a un intervento militare nel nord dell’Iraq, otteneva che il Parlamento di Ankara autorizzasse (ottobre 2007) le forze armate ad azioni in territorio nord-iracheno[3] contro i centri della guerriglia del PKK. Tali azioni si sono poi concretizzate dapprima con attacchi aerei (dicembre 2007) e poi, alla fine di febbraio 2008, con azioni combinate di forze aeree e terrestri, che hanno assestato durissimi colpi alle infrastrutture create dal PKK in territorio iracheno, conducendo altresì all'uccisione di oltre 200 appartenenti al PKK. In occasione di queste azioni militari turche, nonostante il sostegno tecnologico prestato, gli Stati Uniti hanno manifestato forti preoccupazioni, esortando la Turchia a concludere al più presto le attività belliche.

Non va dimenticato lo specifico problema del rapporto tra le autorità turche e quelle curde del nord dell’Iraq, le quali dispongono tra l'altro di una propria forza armata, quella dei peshmerga, di non trascurabile entità ed efficienza, ma che non hanno mai considerato il PKK alla stregua di un'organizzazione terroristica, lamentando invece la mancanza di adeguati mezzi per fronteggiarne le attività in territorio iracheno. D'altronde da parte turca una trattativa troppo diretta con Barzani porterebbe con sé il rischio di un involontario riconoscimento proprio di ciò che la Turchia intende in prospettiva scongiurare. Un'ulteriore fattore che complica la situazione è la sotterranea divisione degli stessi curdi iracheni, i quali, non va dimenticato, occupano anche la carica suprema a Baghdad: è infatti curdo il capo dello Stato iracheno, Jalal Talabani. Talabani appartiene tuttavia a una fazione curda che spesso si è trovata in un rapporto assai conflittuale con quella guidata da Barzani: nel 1996 quest'ultima invocò e ottenne addirittura l'intervento dell'esercito di Saddam Hussein nell'importante città curda di Arbil, proprio al culmine di un grave contrasto con l’ala guidata da Talabani. Non per caso il presidente iracheno si è recato in Turchia poco dopo il ritiro delle truppe di Ankara, e se non poteva fare a meno di criticare la violazione della sovranità territoriale di Baghdad, non ha mancato di esortare governo regionale curdo iracheno ad aumentare le proprie pressioni sul PKK per una cessazione delle attività terroristiche antiturche.

Interesse primario di Talabani è stato inoltre quello di rinsaldare i rapporti economici con la Turchia, assolutamente necessari per le esportazioni energetiche dell'Iraq, soprattutto in vista di un’auspicabile piena ripresa dei livelli produttivi. Tra l'altro, il nord dell'Iraq sotto controllo curdo è una regione con forte produzione petrolifera, anch'essa in qualche modo necessitata ad una collaborazione economica con la Turchia per le stesse ragioni. In questa chiave vanno forse letti i contatti tra le autorità turche e quelle curdo-irachene, conseguenti ad alcune misure di maggior controllo della frontiera turco-irachena che le autorità del nord dell’Iraq avrebbero recentemente adottato. Rimane comunque sullo sfondo, nei rapporti tra Turchia e curdi iracheni, anche la questione della città di Kirkuk, importantissimo sito petrolifero, la cui rivendicazione da parte dei curdi iracheni, in caso di successo, ne accrescerebbe di molto le potenzialità economiche e quindi - si teme ad Ankara – politico-militari.

Come già rilevato, la comune opposizione all’emergere nel Medio Oriente di una identità nazionale curda ha guidato anche il miglioramento dei rapporti della Turchia con Iran e Siria.

Iran

Nelle relazioni con Teheran appare predominante un comune interesse economico, che vede l'Iran come importante fornitore di gas e petrolio capace di diminuire la dipendenza turca dalla Russia: non a caso, negli ultimi cinque anni, l'interscambio commerciale tra i due paesi è più che triplicato, e ciò  nonostante l'opposizione degli Stati Uniti e il regime sanzionatorio che ha colpito l'Iran per la questione dello sviluppo di tecnologie nucleari. Senza dimenticare la potenziale fragilità turca nella relazione economica con l'Iran, proprio per l'elevata dipendenza dalle importazioni di energia, va altresì notato che il rafforzamento dei rapporti economici con Teheran rientra comunque nel più generale disegno turco di porsi come nodo centrale del passaggio di risorse energetiche verso l'Europa. Naturalmente la Turchia, al pari dei paesi alleati, non può vedere di buon occhio lo sviluppo del programma nucleare iraniano, che potrebbe frustrare le rinnovate ambizioni geopolitiche di Ankara; tuttavia da parte turca l'opzione di un intervento militare contro l'Iran è sempre stata scartata con nettezza, preferendo senz'altro l'approccio diplomatico in una dimensione multilaterale.

Siria

Sul versante dei rapporti con la Siria, a partire dalla fine degli anni Novanta, e in modo più rapido dopo l'avvento al potere di Bashar Assad, si è assistito al superamento di alcune questioni riguardanti rivendicazioni territoriali siriane e analoghe rimostranze di Damasco sulla gestione delle acque dell'Eufrate. Conseguentemente vi è stato un rilevante incremento dei rapporti economici, che non ha risentito neppure del forte isolamento internazionale della Siria in concomitanza dell'omicidio di Rafik Hariri e del conseguente ritiro dal Libano. Il miglioramento dei rapporti bilaterali ha reso possibile il ruolo di mediazione che tanto Israele quanto la Siria hanno riconosciuto ad Ankara per una ripresa dei negoziati sul Golan, interrotti nel 2000, e che dovrebbero rappresentare un rilancio dell'impostazione “pace contro territori”, cui sarebbe favorevole anche il presidente palestinese Abu Mazen.

Anche i rinnovati rapporti con Iran e Siria hanno costituito un elemento di discordanza delle posizioni turche con quelle americane, giacché la Turchia sembra essersi convinta di non avere nulla da guadagnare da uno scontro frontale con i due paesi.

Ankara di fronte alla crisi in Medio Oriente

Le ambizioni turche per un accresciuto ruolo regionale fanno del paese uno dei fattori della stabilità nel Medio Oriente: basti pensare all'impegno turco nella rinnovata missione UNIFIL in Libano, che ha posto fine al conflitto del 2006 con Israele. Assai più incidenti appaiono tuttavia le possibilità di Ankara in rapporto al conflitto arabo-israeliano: tradizionale e stabile alleato di Israele, la Turchia vanta ottime relazioni con tutte le parti in conflitto, perfino con Hamas - e proprio su questo punto sono emersi dissapori con Israele. D'altra parte è particolarmente originale l'approccio turco alle questioni riguardanti Israele e i Territori palestinesi, poiché esso è fondato principalmente sulla dimensione economica, nella quale, a partire dal 2005, il forum di Ankara – una collaborazione tra istanze del settore privato turco, israeliano e palestinese - ha individuato una serie di iniziative i cui risultati più importanti sono stati la decisione della riapertura di una zona industriale nella striscia di Gaza e della costruzione di una nuova zona industriale in Cisgiordania. Tutto ciò detto, anche la Turchia non ha potuto raggiungere risultati particolarmente rilevanti in un contesto del conflitto israelo-palestinese che appare tuttora privo di prospettive positive.

La proiezione nel Caucaso

Il capitolo della presenza turca nella regione caucasica ha visto un rilevante cambiamento di scenario in occasione del conflitto russo-georgiano dell'agosto 2008: la netta prevalenza di Mosca, alla quale ha fatto da pendant l'improvvisazione dell'iniziativa georgiana volta a riaffermare la propria autorità sulla regione separatista dell’Ossezia meridionale, ha mostrato i limiti dell'approccio fino ad allora seguito dalla Turchia, la quale, sulla scia dell'assertiva politica statunitense verso la zona del Caspio, aveva anch'essa fatto conto sulla Georgia come testa di ponte affidabile. Simbolo di questo approccio è stata la costruzione dell'oleodotto Baku-Tbilisi-Ceyan, che a partire dal 2005 consente l'afflusso di rilevanti risorse petrolifere dal Caspio al Mediterraneo, senza passare per il territorio della Federazione russa. Il terminal di Baku ha comportato l'inclusione dell’Azerbaigian nello schema turco-americano, e la corrispettiva esclusione dell'Armenia - per di più divisa dalla Turchia dalla grave questione del massacro degli armeni del 1915. Il crollo georgiano ha rimescolato completamente le carte, mostrando tanto all’Azerbaigian quanto alla Turchia la fragilità della costruzione geoeconomica fin lì realizzata, e la necessità di fare i conti con una vigorosa ripresa russa nel Caucaso. Si ricorda in proposito che anche nel pieno dello svolgimento della crisi dell'agosto 2008 la Turchia si è guardata dall'isolare la Russia, ricevendone un chiaro riconoscimento: risulta tuttavia difficile pensare nel breve termine allo stabilirsi di rapporti assolutamente cordiali tra due avversari storici quali sono stati Turchia e Russia per decenni. Nell'immediato, lo sviluppo più logico - anche se assolutamente clamoroso - era costituito da un ripensamento dei rapporti con l'Armenia, da sempre alleata della Russia e divisa nettamente dalla Turchia tanto dalla citata questione del 1915, quanto da rivendicazioni armene su territori della Turchia orientale. Non a caso da più di dieci anni la frontiera turco-armena è chiusa, in totale assenza di rapporti diplomatici tra i due paesi. All'inizio di settembre, in occasione di una partita di calcio tra le rispettive nazionali, il presidente Abdullah Gul si recava a Yerevan, inaugurando al più alto livello un nuovo corso di relazioni, sul quale tuttavia è bene al momento mantenere una certa prudenza.


 

Repubblica di Turchia
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)

 

Map of Turkey

 

Cenni storici

 

La Turchia moderna è nata con la dissoluzione dell’Impero ottomano, alla fine della Prima Guerra mondiale. Il Trattato di Sèvres (1920) prevedeva uno Stato di dimensioni ridotte, con l’attribuzione alla Grecia di una vasta regione attorno a Smirne, la nascita di un’Armenia indipendente e di una regione curda con ampia autonomia. La rivolta nazionalista di Mustafa Kemal Ataturk, un accordo di pace separato con l’URSS e le vittorie militari contro i greci costrinsero gli Alleati a rinegoziare gli accordi di pace: il Trattato di Losanna (1923) riconobbe il Paese nelle sue attuali frontiere, ed un accordo separato con la Grecia dispose il trasferimento incrociato delle rispettive popolazioni installate come minoranze (eccetto i Greci di Istanbul ed i Turchi della Tracia, per cui si previdero statuti specifici). Nell’ottobre del 1923 fu proclamata la nuova Repubblica di Turchia con Ataturk come Presidente. Oltre ad abolire il Califfato, egli avviò un’energica opera di modernizzazione all’insegna di secolarismo, nazionalismo e riferimento all’Europa (da cui trasse ad esempio i codici di legge e i caratteri dell’alfabeto).  Morto Ataturk nel 1938, la Turchia si mantenne neutrale nel secondo conflitto mondiale salvo intervenire negli ultimi mesi a fianco degli Alleati; nel 1952 aderì alla NATO, divenendone il principale bastione sul fronte Sud. Le prime elezioni aperte ad altri partiti ebbero luogo nel 1950 e furono vinte dal Partito Democratico. Gli anni della Guerra Fredda furono caratterizzati da instabilità interna e da ripetuti interventi dei militari nella vita politica del Paese.  Nel luglio 1974 un putsch a Nicosia pilotato da Atene provocò un intervento militare turco a Cipro, che in due fasi occupò un terzo dell’isola. Estremismi politici e tensioni con i Curdi furono causa di forte instabilità interna alla fine degli anni Settanta, finché nel 1980 un nuovo colpo di Stato militare portò al potere il Generale Evren, che impose la legge marziale e mise al bando il partito di ispirazione islamica.   Il potere tornò ai civili nel 1987. Il Governo di Turgut Ozal promosse un forte sviluppo economico, ma permasero fattori destabilizzanti, fra cui soprattutto la guerriglia degli indipendentisti curdi.  La Turchia partecipò alla I Guerra del Golfo tra gli alleati degli USA (1990-1991), subendone tuttavia pesanti conseguenze economiche per l’interruzione dei traffici con l’Iraq e l’afflusso di rifugiati dal Paese vicino. Nel 1995 iniziarono vaste azioni militari contro la guerriglia curda del PKK di Ocalan.  Nel 1996, dopo la caduta del Governo di Tansu Ciller – la prima donna alla guida del Paese - il partito filo-islamico del Benessere di Erbakan riuscì a formare un Governo di coalizione, fortemente osteggiato dalle gerarchie militari, cui mise fine una decisione della Corte Costituzionale che dichiarò il partito illegale per contrarietà ai principi dell’ordinamento turco.  A partire dal 1999 il Governo di Bulent Ecevit – leader storico, nel 1974 promotore dell’intervento militare a Cipro - avviò una politica di riforme ma crescenti divisioni in seno alla sua coalizione, la gravissima crisi finanziaria del 2001 ed una generale volontà di rinnovamento ne determinarono la sconfitta elettorale. Alle elezioni politiche anticipate del 3 novembre 2002 il Partito “neo-islamico” della Giustizia e dello Sviluppo di Tayyip Erdogan conseguiva infatti il 34,4% dei suffragi. L’unica altra formazione ad aver superato l’elevata soglia di sbarramento del 10% era stato il Partito Repubblicano/CHP (erede della tradizione kemalista – 178 seggi), guidato da Baykal. Il meccanismo elettorale aveva reso possibile l’attribuzione al partito di Erdogan dei due terzi dei seggi parlamentari (368 su 550), successivamente calati al di sotto di tale quota per alcune defezioni. Già interdetto da cariche pubbliche per cinque anni, a seguito di una condanna nel 1998 per “istigazione all’odio religioso” (in un discorso pubblico aveva citato una poesia che si prestava a dubbie interpretazioni), solo a seguito della revoca del provvedimento Erdogan poteva essere eletto deputato nel marzo 2003, condizione necessaria per ricevere l’incarico di formare il nuovo Governo, sostituendo il compagno di partito Gul (divenuto Vice Primo Ministro e Ministro degli Esteri). La prospettiva di adesione all’Unione Europea ha costituito l’obiettivo prioritario della decisa politica riformatrice perseguita dalle Autorità turche negli ultimi anni, a seguito della candidatura accolta nel 1999. Il Governo ha peraltro sempre sottolineato di ritenere le riforme comunque necessarie allo sviluppo del Paese, a prescindere quindi dalle richieste europee.

In tale contesto l’avvio dei negoziati di adesione all’UE nel novembre 2005 segnava il più rilevante successo della leadership di Erdogan.

 

Dati geo-politici

 

DATI GENERALI 2008

Superficie

780.580 kmq (più di due volte e mezzo l’Italia)

Capitale

ANKARA (1.900.000 abitanti)

Abitanti

71.158.000

Tasso di crescita della popolazione

1,04%[4]

Aspettativa di vita

73 anni

Lingue

Turco (ufficiale) curdo, arabo, armeno, greco

Composizione etnica

Turchi (80%),Curdi (20%)

Religioni praticate

Musulmana (99,8%)

Fonte: The CIA Worldfactbook 2008

 


CARICHE DELLO STATO

Presidente della Repubblica

Abdullah GUL (AKP, Partito della Giustizia e dello Sviluppo)  dal 28 agosto 2007

Presidente della Grande Assemblea Nazionale (Parlamento)

Köksal TOPTAN (AKP, Partito della Giustizia e dello Sviluppo)  dal 9 agosto 2007

Primo Ministro

Recep Tayyp ERDOGAN (AKP, Partito della Giustizia e dello Sviluppo)  dal 2003 e riconfermato il 5 settembre 2007

Ministro degli Esteri e Capo negoziatore con l’Unione europea

Ali BABACAN (AKP, Partito della Giustizia e dello Sviluppo) dal 5 settembre 2007

 

 

SCADENZE ELETTORALI

Presidenziali

2014

Politiche

2012

 

 

Il quadro politico

 

Governo in carica

 

Il Governo guidato dal Premier Erdogan, è un monocolore AKP (Partito della Giustizia e dello Sviluppo), è stato formato il29 agosto 2007,all’indomani delle elezioni politiche anticipate che hanno visto la vittoria dell’AKP con il 46,6% dei voti (+ 12% rispetto alle precedenti del 2002). Dopo aver ottenuto l’approvazione del neo eletto Presidente della Repubblica il nuovo esecutivo ha ottenuto il 5 settembre 2007 la fiducia del Parlamento con 377 voti a favore.

Il neo Premier nel discorso programmatico, ha riaffermato la volontà di proseguire con le riforme politiche, rilanciare il programma di privatizzazioni, continuare il consolidamento economico secondo le intese con il FMI.

Tra i 24 ministri che compongono l’esecutivo vi è una sola donna.

Il risultato ampiamente favorevole – oltre 69% – del referendum sul primo pacchetto di riforme costituzionali, svoltosi il 21 ottobre 2008, ha rappresentato un importante momento di verifica per Erdogan (vedi infra).

 

Composizione della Grande Assemblea Nazionale (elezioni del 22 luglio 2007):

 

PARTITO

SEGGI

Giustizia e Sviluppo (AKP)

Islamico moderato, conservatore

341

Partito repubblicano del popolo (CHP)

Rappresenta il centro sinistra; secondo alcuni analisti manca nel Partito una strategia politica di lungo periodo, pertanto l’azione del CHP rimane confinata ai continui ricorsi alla Corte Costituzionale contro l’AKP

e Partito Democratico della Sinistra (DSP[5]) opposizione

formazione di centro sinistra, ha dovuto allearsi al CHP per superare la soglia di sbarramento

112

Partito di Azione Nazionalista (MHP) opposizione

secondo il MHP, nazionalista di destra, non è da temere l'integralismo religioso ma il vero pericolo è il separatismo curdo; sull’adesione all'Unione Europea la posizione è critica, anche se non totalmente negativa

 

71

Indipendenti (di cui 22  legati al partito filo curdo DTP)

Il DTP raccoglie l’eredità politica dei vecchi Partiti che rappresentavano il nazionalismo curdo: è il risultato della fusione  del Partito del Popolo Democratico (DEHAP) e del Movimento per una Società Democratica (DTH) fondato da Leyla Zana

26

Totale

550

Le donne elette sono 50 (9,09%).

Le elezioni sono state anticipate di 4 mesi rispetto alla scadenza naturale, per superare una delicata  crisi politica alimentata dalla mancata elezione dell’allora Ministro degli esteri Gul (candidato AKP, partito filo-islamico) alla Presidenza della  Repubblica. A maggio 2007 la candidatura di Gul è stata bocciata per ben due volte a causa della mancanza del numero legale in Parlamento. L’elezione di Gul, uomo dell’AKP e la cui consorte indossa il velo islamico anche nelle funzioni pubbliche, era infatti sgradita sia ai partiti laici, in primis il CHP (Partito repubblicano del popolo), sia all’establishment militare turco, da sempre custode della laicità dello Stato incarnata dalla Presidenza della Repubblica. Entrambi i partiti, AKP e CHP, hanno poi deciso di andare ad elezioni anticipate.

La profonda crisi politico-istituzionale ha fatto riemergere contrapposizioni – sopite negli anni della comune “tensione europea” – tra le diverse anime del Paese, quella islamico-moderata al Governo con Erdogan e quella laico-kemalista, sostenuta dalle Forze Armate ma anche da vaste componenti della società civile che hanno manifestato in tutto il Paese a sostegno dello Stato laico.

Il risultato delle elezioni del 22 luglio 2007 ha poi dato ragione al Premier uscente Recep Tayyip Erdogan. Il 28 agosto 2008 il nuovo Parlamento ha eletto Gul, al terzo scrutinio nel quale era sufficiente la maggioranza assoluta, alla Presidenza della Repubblica.

Il quadro istituzionale

Sistema politico

La Turchia è una Repubblica parlamentare. L’attuale Costituzione è entrata in vigore nel 1982. La Turchia è il solo stato del mondo islamico a dichiararsi laico nella propria Costituzione. E’ uno Stato fortemente centralizzato.

La Costituzione può essere revisionata con due distinte procedure: maggioranza dei due terzi dei parlamentari e successivo referendum se il Presidente della Repubblica lo richiede, oppure maggioranza dei tre quinti e referendum obbligatorio. Le riforme al sistema elettorale non richiedono emendamenti alla Costituzione e possono essere approvate dal Parlamento con maggioranza semplice.

Si segnala che nell’ottobre 2007 sono state approvate importanti modifiche costituzionali.

Infatti il 21 ottobre 2007 ha avuto luogo il referendum costituzionale mediante il quale il popolo turco è stato chiamato a rigettare o approvare le modifiche costituzionali varate dal Parlamento turco nel maggio 2007. I “si” hanno ottenuto il 69%.

Queste le riforme approvate:

·         Elezione diretta del Capo dello Stato;

·         Riduzione del mandato del Capo dello Stato a cinque anni (rinnovabili);

·         Diminuzione del mandato parlamentare da cinque a quattro anni;

·         Abbassamento del quorum necessario per la validità delle sessioni in Parlamento (da 367 a 184 deputati).

Nella fattispecie, questo primo pacchetto di riforme costituzionali, fortemente volute dal Premier Erdogan, erano state approvate dal Parlamento uscente nel maggio 2007 in appena 10 giorni. Tale mossa era stata contesta da molti giuristi e l’allora Presidente della Repubblica, Sezer, aveva posto il veto e successivamente rinviato i testi alla Corte Costituzionale. Nel luglio 2007, con un solo voto di scarto, la Corte Costituzionale ha respinto i ricorsi presentati da Sezer e dall'opposizione e sottoposto la riforma elettorale a referendum.

 

Presidente della Repubblica

Si segnala che l’attuale Presidente della Repubblica è stato eletto secondo le vecchie norme costituzionali e rimarrà quindi in carica 7 anni; il nuovo sistema elettorale entrerà in vigore a partire dalle prossime elezioni presidenziali, ovvero nel 2014. In base alla normativa, il Presidente della Repubblica, è eletto dal Parlamento per un mandato di 7 anni non rinnovabile: è necessaria la maggioranza dei 2/3 dei componenti il Parlamento per le prime due votazioni; nel caso di mancata elezioni si ricorre ad una terza votazione per la quale è richiesta la maggioranza assoluta, ed in caso di quarta votazione vanno al ballottaggio i 2 canditati che hanno ottenuto il maggior numero dei voti nella terza tornata ed è eletto chi ottiene la maggioranza assoluta. Nel caso in cui non si ottenga tale maggioranza il Parlamento viene sciolto.

Il Presidente svolge essenzialmente un ruolo di garanzia anchese ha, tra gli altri, un potere di veto sulle leggi, e nomina giudici e altri ufficiali (i membri della Corte Costituzionale, ¼ dei componenti del Consiglio di Stato, il Procuratore Generale della Alta Corte di Appello, i componenti del Tribunale Supremo Militare, i componenti della Suprema Corte Amministrativa Militare, i componenti del Consiglio Superiore della Magistratura). L’incarico ha un alto valore morale in quanto Mustafa Kemal Ataturk è stato il primo Presidente della Repubblica ed ha secolarizzato il paese secondo il modello occidentale. La sua figura è considerata al di sopra delle parti, pertanto, prima di assumere la carica, il candidato neo eletto, se iscritto ad un partito, deve dare le dimissioni. Presiede, inoltre, il Consiglio Nazionale di Sicurezza ed è il Capo delle Forze Armate.

Secondo, invece, le riforme costituzionali del 2007, in vigore a partire dal 2014, sarà  eletto direttamente dal popolo per un mandato di cinque anni, rinnovabile una sola volta.

 

Parlamento

La Grande Assemblea Nazionale di Turchia (Turkiye Buruk Millet Meclisi) è monocamerale ed composta da 550 membri in carica, fino alle prossime elezioni del 2012, per 5 anni. A partire dal 2012 verranno applicate le modifiche costituzionali adottate e il mandato si ridurrà a 4 anni. Inoltre, in base alle riforme costituzionali, il quorum necessario per la validità delle sedute in Parlamento è passato da 367 (2/3) a 184 deputati (1/3 dei componenti) e le decisioni sono prese a maggioranza dei presenti.

Si vota con sistema proporzionale con voto di lista. E’ previsto uno sbarramento al 10%, che non si applica tuttavia per i candidati indipendenti. Elettorato attivo 18 anni, passivo 25 anni.

Si segnala che il Parlamento può anche decidere di andare a nuove elezioni prima della scadenza naturale del mandato.

 

 

 

 

Governo

 

Il Primo Ministro viene nominato dal Presidente della Repubblica ed è solitamente il leader del partito di maggioranza relativa. Deve fare parte della Grande Assemblea Nazionale.

Il Governo deve godere della fiducia della Grande Assemblea Nazionale. Su proposta del Primo Ministro, il Presidente della Repubblica può revocare un Ministro.

Secondo l’art. 144 della Costituzione, prima che siano avviate le procedure elettorali per il rinnovo del Parlamento, i Ministri della Giustizia, degli Interni e delle Comunicazioni devono presentare le dimissioni e al loro posto il Primo Ministro nomina dei tecnici: questo al fine di evitare ingerenze dei partiti nel periodo pre-elettorale.

 

Magistratura e Corte costituzionale

Il sistema giudiziario è indipendente. Le leggi sono sottoposte al controllo della Corte Costituzionale, i cui 11 membri sono nominati dal Presidente della Repubblica, eccetto quelle relative all’ultimo periodo di dittatura militare (1980-1983). Il mandato non è a termine; si prevede però che si concluda con il raggiungimento dei 65 anni di età, in caso di condanna che infici il ruolo di giudice, e con decisione della maggioranza assoluta dei giudici costituzionali per accertati motivi di salute. La Corte Costituzionale ha inoltre il potere di giudicare sulle accuse mosse contro il Presidente della Repubblica, il Governo ed i massimi vertici dello Stato, e di pronunciarsi sulla richiesta di scioglimento di un partito politico, avanzata dalla magistratura. Può inoltre effettuare controlli sulla gestione finanziaria dei partiti politici ed annullare le decisione prese dalla Grande Assemblea Nazionale in materia di immunità parlamentare.

 

             

La pena di morte è stata abolita completamente nel 2004 grazie a un complesso di emendamenti costituzionali e legislativi. Il 3 agosto 2002, il Parlamento turco aveva già approvato un pacchetto di riforme che includevano l’abolizione della pena di morte in tempo di pace. Le nuove leggi sono state ratificate dal Presidente e sono entrate in vigore il 9 agosto 2002. In questo modo la Turchia era divenuta abolizionista per reati ordinari mantenendo la pena di morte solo per i “reati commessi in tempo di guerra o di imminente minaccia di guerra”. La legge del 2002 aveva sostituito la pena capitale per atti terroristici con l’ergastolo. Nel febbraio 2006, ha ratificato il 13° Protocollo alla Convenzione europea sui diritti umani che abolisce la pena di morte per tutti i reati. Il 2 marzo 2006, la Turchia ha ratificato il Secondo Protocollo Opzionale al Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici (per l'abolizione della pena di morte). Il 18 dicembre 2007 la Turchia ha co-sponsorizzato e votato in favore della risoluzione per una moratoria delle esecuzioni capitali all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite.

 

Forze Armate

Nella vita politica turca sono tuttora influenti le Forze Armate, tradizionali custodi del carattere laico della Repubblica. In virtù di ciò l’establishment militare turco si è fermamente opposto alla elezione alla Presidenza della Repubblica di Gül, ribadendo la richiesta di un Capo dello Stato “laico, fedele ai principi della Costituzione e della Repubblica” e arrivando a emettere un duro avvertimento all’AKP con un loro comunicato in Internet. Esse esercitano la loro influenza soprattutto attraverso il Consiglio Nazionale di Sicurezza[6], organo consultivo del Governo ma dal peso determinante. In precedenza costituito per metà di civili e per metà di militari, ha visto nel 2003 accrescere la sua componente civile nel quadro delle riforme richieste per procedere all’avvio dei negoziati con l’UE.

Nell’ambito della NATO, quello turco è il secondo esercito per grandezza, dopo quello degli Stati Uniti. La carica di Capo delle Forze Armate è considerata la quarta in ordine di importanza.

  


 I rapporti parlamentari con la Turchia
(a cura del Servizio Rapporti internazionali)

 

Presidente della Grande Assemblea nazionale:

on. KÖKSAL TOPTAN (dall’agosto 2007)

 

Rappresentanze diplomatiche

Ambasciatore della Turchia in Italia: Ugur ZIYAL

Ambasciatore d’Italia ad Ankara: Carlo MARSILI

 

XVI legislatura

Si segnala che il 30 maggio 2008 il Presidente della Camera, onorevole Gianfranco Fini, ha ricevuto da parte del suo omologo turco, Köksal Toptan, una lettera di congratulazioni nella quale quest’ultimo auspicava l’ulteriore rafforzamento dei contatti tra i due Parlamenti.

Successivamente, il 15 luglio 2008, il Presidente Toptan ha nuovamente scritto al Presidente Fini, invitandolo in Turchia, insieme alla delegazione parlamentare, il 30 e il 31 ottobre 2008.

 

Incontri bilaterali

Il 31 ottobre 2008 il Presidente della Camera Fini ha compiuto una visita ufficiale in Turchia nel corso della quale ha incontrato il Presidente della Repubblica, Abdullah Gül, il Presidente della Grande Assemblea nazionale, Köksal Toptan, ed il Primo Ministro, Recep Tayyip Erdoğan. La visita del Presidente Fini ha avuto luogo in concomitanza con il IV Seminario parlamentare italo-turco, svoltosi in attuazione del Protocollo di collaborazione bilaterale tra la Camera dei deputati e la Grande Assemblea nazionale turca, stipulato nel gennaio 2005.

Il Presidente Fini ha altresì svolto un intervento nel corso della cerimonia di chiusura del progetto di gemellaggio amministrativo, promosso e finanziato dalla Commissione europea, volto a potenziare le strutture e le procedure della Grande Assemblea nazionale turca in vista dell'adeguamento al sistema dei principi e delle norme comunitarie (sul seminario si veda anche infra “cooperazione amministrativa”).

Nel corso del colloquio con il Presidente del Parlamento Toptan, il Presidente Fini ha sottolineato l’opportunità di promuovere un dialogo rafforzato su temi quale la crescita economica (con particolare riguardo al capitolo energetico) e crisi finanziaria (promuovendo un incontro anche tra le rispettive Commissioni di merito); dialogo culturale e interreligioso (mettendo in evidenza il ruolo di Paese ponte di entrambi) e il rapporto tra Turchia e l’Unione europea. Il Presidente Toptan da parte sua dopo aver messo in evidenza gli ottimi rapporti bilaterali che si riflettono anche nel valore dell’interscambio commerciale (che nel 2007 è stato pari a 17 miliardi di euro),  ha evidenziato l’impatto della crisi nel suo Paese (definito minimo) e le misure messe a punto dal governo. Si segnala, inoltre, che i due Presidenti hanno incontrato insieme i delegati turchi e italiani riuniti ad Ankara in occasione del IV seminario parlamentare italo-turco: i rapporti con l’Unione europea e il ruolo dei Parlamenti nel processo di adesione, il ruolo della Turchia nelle principali organizzazioni internazionali e la questione energetica sono stati  temi al centro dei colloqui.

Nel corso dell’incontro con il Presidente della Repubblica Gül, sono stati sottolineati, da entrambi gli interlocutori, gli eccellenti rapporti bilaterali (così come confermato dagli incontri istituzionali di alto livello sia già realizzati che futuri, tra cui la prevista visita, nel 2009, del Presidente Napolitano in Turchia), l’ottima collaborazione  economica e quella culturale (con la recente istituzione della Università italo-turca). Durante il colloquio ci si è inoltre soffermati sullo stato dei rapporti con l’Unione europea (da parte turca si sollecita un’azione più rapida e più equilibrata dell’UE su cui non pesino i pregiudizi) e sul ruolo della Turchia nello scacchiere medio-orientale e nel Caucaso ai fini della pace e della stabilità di queste regioni. Per quanto concerne la questione cipriota il Presidente Gul ha espresso la massima disponibilità di Ankara ad una soluzione nell’ambito dei parametri delle Nazioni Unite (Gul ha quindi sottolineato che le forze armate turche già in passato era disponibili ad un ritiro dall’isola). Gul ha infine ricordato la recente visita a Yerevan e la proposta avanzata, in passato, da parte turca di istituire una commissione mista di storici per esaminare nel dettaglio la questione del genocidio armeno che  non venne accolta da Yerevan.

Con il Primo Ministro Erdoğan è stata ricordata, tra l’altro, la cooperazione nel settore della difesa (l’aggiudicazione ad Agusta del programma ATAK II, che riguarda la fornitura di 51 elicotteri d’attacco), e la cooperazione energetica (accordo relativo al trasporto di gas naturale tra Turchia, Azerbajian, Grecia e Italia). Il Premier ha quindi richiamato l’attenzione sul ruolo del PKK negli attentati terroristici nel suo paese e condannato le dichiarazioni di sostegno, fatte da parlamentari di paesi amici, a tale gruppo “terrorista”. Il Presidente Fini dopo aver rilevato l’attenzione con cui l’Italia guarda alla Turchia e il sostegno dato dal Governo e dal Parlamento italiani nel processo di adesione all’UE, ha ribadito la necessità di una visione equilibrata e non condizionata dei fatti storici e delle vicende più drammatiche della storia recente della Turchia.

Il 29 settembre 2008 il Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini, ha incontrato l'Ambasciatore della Repubblica di Turchia, Sitki Ugur Ziyal, per discutere gli aspetti inerenti alla visita ufficiale che il Presidente Fini effettuerà in Turchia il 31 ottobre 2008, contemporaneamente allo svolgimento del Seminario parlamentare italo-turco, che si terrà in Turchia dal 30 ottobre al 2 novembre 2008, in attuazione del Protocollo di collaborazione siglato nel 2005 tra la Camera dei deputati e la Grande Assemblea nazionale turca. Nel corso dell'incontro ci si è altresì soffermati sulle prospettive di sviluppo delle relazioni parlamentari e culturali tra i due Paesi.

 

Incontri delle Commissioni

Il 4 giugno 2008, il Presidente della Commissione Esteri della Camera, on. Stefano Stefani, ha ricevuto la visita dell’Ambasciatore di Turchia, Ugur Ziyal.

Al centro dei colloqui, il buon andamento dei rapporti bilaterali e la possibilità di un loro ulteriore miglioramento a livello parlamentare, attraverso maggiori contatti tra le Commissioni Affari esteri.

 

Protocollo di cooperazione

Il 26 gennaio 2005, l’allora Presidente della Camera dei Deputati, Pier Ferdinando Casini, ed il Presidente della Grande Assemblea Nazionale di Turchia dell’epoca, Bulent Arinc, hanno sottoscritto un Protocollo di collaborazione bilaterale.

Ai sensi di tale Protocollo, entrambi i Presidenti hanno provveduto a designare i rispettivi Alti Rappresentanti. Compito degli Alti Rappresentanti è di coordinare le varie attività di cooperazione e di dialogo che si collocano nel quadro dell’attuazione del Protocollo. In attuazione del paragrafo 1) relativo allo “scambio di esperienze”, gli Alti Rappresentanti hanno concordato di avviare lo svolgimento di Seminari parlamentari bilaterali articolati tematicamente, con la partecipazione di delegazioni parlamentari all’uopo selezionate, da tenersi in alternanza nei due paesi.

Nella XVI Legislatura, è stato nominato Alto Rappresentante per la parte italiana, l’on. Valentina Aprea, Presidente della Commissione Cultura, che già ricopriva tale incarico nella XV legislatura. Per la parte turca, nel gennaio 2008 è stata designata quale Responsabile la deputata Nursuna MEMECAN.

Si segnala che sono sempre state scelte due donne parlamentari (per l’Italia, l’on. Monica Baldi nella XIV legislatura e l’on. Valentina Aprea per la XV;  per la Turchia l’on. Zeynep Uslu).

Sono stati altresì chiamati a far parte della delegazione della Camera incaricata di seguire i seminari e le iniziative di cooperazione parlamentare previste dal Protocollo, i deputati: Salvatore CICU (PdL), Alessandro MARAN (PD), Aurelio MISITI (IdV)e Raffaele VOLPI (LNP)[7].

La delegazione turca è composta, oltre che dall’on. MEMECAN, dagli onn. Bihlun TAMAYLIGIL, Zeki KARABAYIR, Vahit ERDEM, Osman ÇAKIR.

Dalla firma del protocollo di collaborazione, si sono tenuti quattro Seminari, due nella XIV, uno nella XV Legislatura e uno nella XVI Legislatura. L’ultimo seminario si è svolto in Turchia dal 30 ottobre al 1 novembre 2008. La riunione è stata dedicata ai seguenti temi:

-           Valutazione delle precedenti riunioni del Seminario e nuove proposte”;

-           “La cooperazione interuniversitaria”;

-           Il rafforzamento della cooperazione Mediterranea”;

-           “La cooperazione nell’ambito delle PMI”;

-           “Sviluppo di una strategia di comunicazione sull’adesione della Turchia all’UE”.

 

Cooperazione multilaterale

Il Parlamento turco partecipa alla cooperazione nell’ambito del Partenariato euromediterrano. E’ importante sottolineare che il Primo Ministro turco ha sottoscritto la dichiarazione finale del Vertice di Parigi sull’Unione per il Mediterraneo il 13 luglio 2008.

La Turchia, inoltre, invia proprie delegazioni alle Assemblee parlamentari della NATO, dell’OSCE, del Consiglio d’Europa, nonché dell’UEO (in qualità di membro associato).

Si segnala, in proposito, che il 7 ottobre 2008 il Presidente della delegazione italiana presso l'Assemblea parlamentare dell'OSCE, on. Riccardo Migliori (PdL), ha incontrato l'Ambasciatore della Turchia in Italia, Ugur Ziyal.


Cooperazione amministrativa

Dal 23 al 25 luglio 2008, la Camera ha ospitato una delegazione di funzionari della Grande Assemblea Nazionale Turca, in attuazione del programma Twinning per la Turchia, finanziato dalla Commissione europea, di cui la Camera dei deputati è titolare unitamente all’Assemblea nazionale ungherese.

Infatti, la Camera dei deputati italiana – unitamente all’Assemblea Nazionale ungherese – si è aggiudicata, nel 2007, il progetto comunitario TWINNING (gemellaggio)in favore della Grande Assemblea nazionale. Si trattava di un programma di circa 12 mesi di affiancamento, corsi, seminari e visite rivolto a parlamentari e funzionari della Grande Assemblea Nazionale turca (GNAT). Lo scopo del progetto TWINNING per la Turchia è stato quello di rafforzare la struttura della GNAT responsabile per i rapporti con l’UE e di prestare ausilio agli sforzi del legislatore turco per addivenire a un ordinamento compatibile con i principi comunitari. Il progetto di gemellaggio ha preso avvio nel mese di novembre 2007 e si è concluso il 31 ottobre 2008 con una cerimonia di chiusura presso il Parlamento turco nel corso della quale è intervenuto il Presidente della Camera dei Deputati Gianfranco Fini.

Si segnala che una delegazione composta da funzionari e 4 deputati turchi componenti del Comitato di Conciliazione sul Regolamento è in visita alla Camera dal 3 al 5 dicembre 2008 al fine di acquisire elementi sulla Giunta del regolamento, sulla organizzazione delle sedute di Aula e sul lavoro delle Commissioni di merito.  

Attività parlamentare

Disegni di legge di ratifica

Al momento non è all’esame del Parlamento alcun disegno di legge di ratifica di trattati internazionali riguardante la Turchia.

Sindacato ispettivo

Per quanto riguarda gli atti di sindacato ispettivo si segnalano:

-           l’interrogazione a risposta scritta 4-00741 presentata dall’on. Pierluigi Castagnetti il 18 luglio 2008 cui il Governo ha risposto il 7 novembre 2008 e l’interrogazione a risposta in Commissione 5-00281, presentata dall’on. Riccardo Migliori il 30 luglio 2008, concernenti il mancato riconoscimento della personalità giuridica delle comunità cristiane in Turchia e le conseguenti restrizioni al diritto di proprietà (la proprietà dei beni di cui la Chiesa godeva all'avvento della Repubblica continua ad essere contestata di diritto e di fatto), a cui si aggiungono ingerenze nella gestione delle fondazioni oltre all'impossibilità di formare il clero; ad essa il governo ha risposto il 5 novembre 2008;

-           l’interpellanza urgente 2-00151, presentata dall’on. Di Virgilio il 1° ottobre 2008, sulle iniziative in relazione a ripetuti episodi di violenza e persecuzione nei confronti dei cristiani nel mondo. Alla interpellanza ha risposto il governo il 23 ottobre 2008. Nel resoconto  stenografico con riferimento alla Turchia si legge che: “Di un generalizzato odio anticristiano non vi sono segnali in Turchia, Paese che intrattiene relazioni diplomatiche con la Santa Sede; ha ospitato visite papali ed aspira ad un ruolo di primo piano nel dialogo interculturale. Sarebbe, però, riduttivo considerare le violenze come gesti di squilibrati. Sono verosimili collegamenti con settori della società turca che, seppur marginali, alimentano un'ostilità verso l'Occidente. Il tema della libertà religiosa ha un rilievo particolare in Turchia, Paese a stragrande maggioranza islamica, ma fondato sul laicismo. Lo statuto delle minoranze religiose è tradizionalmente disciplinato in maniera molto rigorosa, ma in un'ottica restrittiva, ispirata alla tolleranza più che alla tutela delle minoranze stesse. L'avvio dei negoziati di adesione con l'Unione europea ha evidenziato le carenze di tale approccio. Il Governo turco ha quindi promosso a febbraio l'adozione di una legge sulle fondazioni, nonostante la dura opposizione dei conservatori. L'obiettivo è disciplinare le attività delle fondazioni, tra cui quelle religiose, riconoscendo loro personalità giuridica e diritto di proprietà immobiliare. «Un passo in avanti», ha commentato il commissario per l'allargamento, Olli Rehn. Nel considerare positivamente il percorso intrapreso dalle autorità turche, rimaniamo impegnati, anche nel contesto europeo, a monitorare con attenzione la situazione, con l'obiettivo ultimo di un pieno riconoscimento e l'inclusione delle minoranze religiose nella vita politica e sociale del Paese”;

-           l’interpellanza urgente n. 2-00214, presentata dall’on. Giovanni Fava il 7 novembre 2008, sugli orientamenti del Governo in merito all'adesione della Turchia all'Unione europea cui il Governo ha risposto il 27 novembre 2008 (vedi la sez. “Attività parlamentare”).

 


XV legislatura

Incontri del Presidente

Il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha incontrato l’8 novembre 2007, il Primo Ministro della Turchia,  Recep Tayyip Erdogan. Nel corso della sua visita in Italia (7-8 novembre), Erdogan era accompagnato dal Ministro della Difesa, Vecdi Gonul, dal Ministro dell’Industria e del Commercio, Zafer Caglayan, edall’on. Egemen Bagis, Vice Presidente del Partito AKP.

Il Presidente Bertinotti ha auspicato l’integrazione della Turchia nella comunità europea e, al tempo stesso, una soluzione politica al problema del terrorismo. Il Presidente Bertinotti ha richiamato, quindi, una risoluzione della Commissione Affari esteri in cui – relativamente alla Turchia – si fa appello al rifiuto del terrorismo, alla salvaguardia dell’unità territoriale del Paese ed al riconoscimento dei diritti della minoranza curda. Sul tema dei curdi, Erdogan ha invece ribadito la posizione turca, che nega ai turchi la condizione di minoranza. Il Primo Ministro ha inoltre ricordato l’impegno italiano a sostegno dell’ingresso del suo paese nell’Unione europea.

Il Presidente della Camera, on. Fausto Bertinotti, ha incontrato il 9 gennaio 2007, il Presidente della Turchia,  Ahmet Necdet Sezer.

Il Presidente Bertinotti ha ricordato il ruolo che Turchia ed Italia hanno nella stabilizzazione dell’area mediterranea ed ha ribadito il fermo appoggio del nostro Paese all’ingresso della Turchia nell’Ue. Il Presidente Sezer ha affermato che gli ostacoli frapposti alla Turchia sono essenzialmente frutto di pregiudizi ed ha quindi ribadito che la Turchia è invece uno Stato moderno, basato sulla supremazia della democrazia e del diritto. Sezer ha però evidenziato la necessità di superare le ostilità greco-cipriote ed ha poi sottolineato come la questione dei curdi sia percepita in maniera differente in ambito nazionale, dal momento che non sono neppure considerati una minoranza.

Il Presidente della Camera, on. Fausto Bertinotti, ha incontrato il 27 settembre 2006, l’ambasciatore della Turchia in Italia, Ugur Ziyal.

Durante l’incontro è stato ricordato il tradizionale rapporto di amicizia intercorrente tra l’Italia e la Turchia insieme all’intenzione di promuovere e valorizzare con forte intensità la cooperazione a livello parlamentare, in primo luogo attraverso lo svolgimento periodico dei Seminari italo-turchi previsti dal Protocollo bilaterale vigente tra le due assemblee legislative.

Da parte del Presidente Bertinotti è stato altresì ricordato il sostegno da sempre manifestato dall’Italia per l’ingresso della Turchia nell’Unione europea e l’urgenza di risolvere quanto prima la questione turco-cipriota, sempre all’attenzione dell’Unione europea. L’Ambasciatore Ziyal ha sottolineato il forte impegno della Turchia a risolvere le questioni tuttora aperte nella direzione dell’adesione all’UE, partendo dalla questione turco-cipriota, in ordine alla quale occorre tuttavia un atteggiamento di reciprocità. Ha quindi richiamato il contenuto della risoluzione approvata il 27 settembre 2006 dal Parlamento europeo sull’adesione della Turchia e ricordato come le elezioni previste nell’autunno 2007 in Turchia potranno portare a cambiamenti di rilievo.

Il Vice Presidente della Camera, on. Giulio Tremonti, ha incontrato il 27 settembre 2006 il Ministro dell’economia nonché Capo negoziatore per l’adesione all’Unione europea per la Turchia, Ali Babacan.

Nel corso dell’incontro sono state richiamate dal Capo negoziatore le numerose riforme avviate dalla Turchia; Babacan ha quindi sottolineato la necessità che il processo di adesione non subisca battute d’arresto ma che prosegua con determinazione. Da parte del Vice Presidente Tremonti è stato evidenziato il ruolo di primo piano che può svolgere, in tale contesto, la cooperazione parlamentare.

 

Commissioni parlamentari

Il Presidente della Commissione Esteri, Umberto Ranieri, ha incontrato a Roma, il 26 ottobre 2007, l’Ambasciatore d’Italia in Turchia, Carlo Marsili.

L’Ambasciatore Marsili ha affermato che l’opinione pubblica turca è contraria ad un invasione duratura dell’Iraq. Ha dato altresì conto del referendum sulla Costituzione svoltosi il 21 settembre 2007 che ha introdotto alcune modifiche, tra le quali l’elezione diretta del Presidente della Repubblica. L’Ambasciatore ha infine ricordato come la Turchia sia sensibile alla questione del riconoscimento del genocidio degli armeni, sul quale anche alla Camera è stata presentata un’interpellanza[8] volta ad ottenerne il riconoscimento

Il Presidente della Commissione Affari esteri, Umberto Ranieri, ha incontrato a Roma, il 12 settembre 2007, l’Ambasciatore della Turchia in Italia, Ugur Ziyal.

Nel corso del colloquio, l’Ambasciatore, che ha invitato la Commissione Esteri a compiere una visita in Turchia, ha fatto riferimento alle modifiche costituzionali approvate dal Parlamento che saranno oggetto di referendum popolare. Ha quindi ricordato che la questione curda è al centro dell’agenda politica; in proposito ha rilevato cheAnkara è riuscita a stabilire un dialogo con il governo del Kurdistan iracheno e si aspetta che Barzani sappia mettere un freno agli atti terroristici. Interrogato sulla possibilità di concedere l’autonomia ai territori turchi a maggioranza curda, l’Ambasciatore ha risposto che questo non è previsto dalla Costituzione turca. L’Ambasciatore ha quindi dimostrato il proprio scetticismo sul proseguimento dei negoziati tra Ue e Turchia, dal momento che Bruxelles sta dimostrando ambiguità e non la forza per agire con incisività.

 

Il Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato, il 10 settembre 2007, il Presidente della Commissione Affari esteri della Grande Assemblea Nazionale Turca, on. Murat Mercan, accompagnato dall’on. Cavusoglu.

Il Presidente Mercan ha sottolineato – a pochi giorni dalla costituzione del nuovo Parlamento a seguito delle elezioni svoltesi in Turchia nell’estate del 2007 – la forte volontà della Turchia di entrare nell’UE, anche se dopo le dichiarazioni francesi e di altri Paesi l’opinione pubblica è divenuta più scettica. Ha evidenziato quindi l’importanza di valorizzare le già intense relazioni tra Italia e Turchia, anche tenendo conto dell’elevata presenza di investimenti turchi in Italia. Si è soffermato infine sulla questione cipriota, che tuttora rimane il maggiore ostacolo all’adesione della Turchia all’Unione europea.

Il Presidente del Presidente della Commissione di Armonizzazione dell’Ue presso la Grande Assemblea Nazionale Turca, Yasar Yakis, ha effettuato una visita alla Camera dal 6 all’8 maggio 2007. Ha incontrato l’on. Valentina Aprea, Segretario di Presidenza, e le Commissioni Affari Esteri e delle Politiche dell’Unione europea riunite congiuntamente.

Il Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, il Presidente della XIV Commissione Politiche dell’Unione europea, on. Franca Bimbi, ed il Presidente della II Commissione Giustizia, on. Pino Pisicchio, hanno incontrato, rispettivamente, il 23 giugno, il 5 luglio ed il 19 settembre 2006, l’ambasciatore della Turchia in Italia, Ugur Ziyal.

Nel corso degli incontri è stata unanimemente evidenziata l’opportunità di continuare il dialogo parlamentare a livello bilaterale tra i due Parlamenti, di favorire iniziative culturali e di incontri tra le Commissioni parlamentari. Sono stati quindi richiamati i temi di maggiore rilievo connessi ai negoziati di adesione della Turchia all’Unione europea – ivi inclusa la questione cipriota - e gli aspetti prioritari che attengono ai rapporti tra i due Paesi, con particolare riguardo alle tematiche dei trasporti e della promozione imprenditoriale.

Il Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato il 6 novembre 2006 l’Ambasciatore italiano in Turchia, Carlo Marsili.

 

 

 

Monitoraggio elettorale

Una delegazione parlamentare italiana, composta per la Camera dei deputati dai deputati Marcenaro e Siniscalchi, ha partecipato al monitoraggio effettuato dal Consiglio d’Europa delle elezioni politiche svoltesi in Turchia il 22 luglio 2007.

 

Cooperazione multilaterale

Conferenza sul  ruolo dei parlamenti nella promozione di politiche per lo sviluppo della società dell’informazione (Roma, 3-4 marzo 2007)

L’on. Zeynep Armagan Uslu ha partecipato ai lavori della Conferenza su Il ruolo dei parlamenti nella promozione di politiche per lo sviluppo della società dell’informazione, ospitata dalla Camera dei deputati, il 3 e il 4 marzo 2007, ed organizzata congiuntamente all’Unione Interparlamentare e all’UNDESA, in quanto inserita nel quadro dell’iniziativa Gobal Centre for ICT in Parliaments.

A margine della Conferenza, il 2 marzo 2007, l’on. Uslu ha incontrato dell’on. Valentina Aprea, Segretario di Presidenza e coordinatrice per l’attuazione del Protocollo di cooperazione bilaterale.

 

Unione interparlamentare

Nella XV legislatura la presidenza della sezione di amicizia Italia-Turchia è stata affidata al Sen. Gavino ANGIUS (Ulivo).


L’Unione europea e la Turchia
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)

I negoziati di adesione

La Turchia – che ha ottenuto lo status di paese candidato dal Consiglio europeo di Helsinki del dicembre 1999 – ha avviato i negoziati di adesione con l’Unione europea il 3 ottobre 2005. A partire da quella data, si sono tenute cinque conferenze di adesione.

Allo stato:

·       è stato sostanzialmentechiuso il negoziato sul capitolo scienza e ricerca;

·       sono aperti sette capitoli negoziali: impresa e politica industriale (marzo 2007); controllo finanziario; statistica (giugno 2007); reti transeuropee; salute e protezione dei consumatori (dicembre 2007); diritto delle imprese; proprietà intellettuale (giugno 2008).

 

Come preannunciato dal Commissario europeo per l’allargamento Olli Rehn, a margine della riunione ministeriale UE-Turchia del 15 settembre scorso, entro la fine dell’anno dovrebbero essere pronti per l’apertura due nuovi capitoli negoziali (libera circolazione dei capitali, società dell'informazione), ai quali potrebbe aggiungersene un terzo (energia).

Si ricorda inoltre che – in conseguenza della mancata applicazione del protocollo di Ankara nei confronti della Repubblica di Cipro da parte della Turchia - sono tuttora sospesi otto capitoli negoziali (vedi paragrafo 3.3).

La relazione sui progressi compiuti

Il 5 novembre 2008, nell’ambito dell’annuale pacchetto allargamento, la Commissione ha presentato la relazione periodica sui progressi compiuti dalla Turchia[9], in cui chiede al paese di rilanciare il processo riformatore.

Per quanto riguarda i profili di politica estera, nella relazione viene sottolineato il ruolo costruttivo svolto dal paese nella stabilizzazione della regione, con particolare riguardo al miglioramento delle relazioni con l’Armenia, alla proposta turca di promuovere, a seguito della crisi in Georgia, la creazione di “una piattaforma di stabilità per il Caucaso”, il tentativo di svolgere una funzione di mediatore tra Israele e Siria e di dialogare con l’Iran sulla questione nucleare.

Più problematico e complesso è il giudizio per quanto concerne il fronte interno.

La relazione ricorda che il nuovo governo turco si è insediato dopo le elezioni del 2007 con un forte mandato riformatore e con l’impegno a proseguire la strada del processo di avvicinamento all’UE.

Benché alcuni progressi si siano effettivamente registrati, tra i quali la riforma dell'articolo 301 del codice penale - che ha aumentato le garanzie per la libertà di espressione – e il rafforzamento dei diritti delle comunità religiose non musulmane, la Commissione rileva che è necessario un maggiore impegno riformatore per quanto riguarda in particolare il potenziamento della democrazia (con particolare riguardo alla disciplina dei partiti politici e alle riforme  costituzionali) e la tutela dei diritti umani (libertà di espressione e diritti delle donne) nonché la modernizzazione del paese per avvicinarlo di più all’UE.

Sul fronte economico, la Turchia ha continuato a registrare risultati relativamente positivi e a preservare la stabilità macroeconomica, malgrado la crescita meno sostenuta del PIL. Secondo quanto rilevato dalla Commissione, la crisi finanziaria internazionale non ha avuto gravi ripercussioni sul settore bancario. Il notevole fabbisogno di finanziamenti esterni accentua tuttavia – a parere della Commissione - la vulnerabilità alle crisi esterne. Il paese, che può oramai considerarsi un'economia di mercato funzionante secondo i criteri economici di Copenaghen, dovrebbe essere in grado di far fronte nel medio termine alla pressione della concorrenza all'interno dell'Unione, sempre che continui ad attuare un programma globale di riforme volto a risolvere le carenze strutturali. È inoltre cresciuta l'interdipendenza economica tra la Turchia e l'UE.

Secondo la Commissione, la Turchia ha ulteriormente migliorato la sua capacità di adeguarsi all’acquis comunitario e di corrispondere agli obblighi derivanti dalla partecipazione all’Unione europea. Progressi sono segnalati in diverse aree, in particolare nei capitoli reti transeuropee, energia, scienza e ricerca.

La relazione richiama poi il consistente sforzo finanziario sostenuto dall’UE nell’ambito dei programmi di assistenza di preadesione nazionali e regionali (IPA), pari a 538 milioni di euro per il 2008, in larga parte destinati al sostegno delle riforme dell’amministrazione e del sistema giudiziario, della lotta contro la corruzione e il crimine, della protezione delle minoranze e dei diritti umani. Con la Banca europea per gli investimenti e la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo è stato inoltre avviato un progetto relativo alle infrastrutture a sostegno del processo riformatore in Turchia.

La relazione della Commissione è all’esame della Commissione affari esteri del Parlamento europeo; è stata presentata una proposta di risoluzione da parte dal relatore, l’olandese Ria Oomen-Ruijten (del gruppo PPE)[10]. Nella relazione si afferma tra l’altro:

a) quanto al processo di democratizzazione, l’opportunità di riprendere il processo per l’aggiornamento della Costituzione ponendo particolare attenzione alla protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali; si sottolinea poi la necessità del massimo coinvolgimento della società civile e delle minoranze etniche e religiose oltre che dei partiti al processo costituente;

la necessità di modificare la legislazione sui partiti politici;

la mancata adozione di un sistema di controllo civile e parlamentare sull'esercito e sulla politica di difesa;

la mancata elaborazione da parte del governo turco di una strategia contro la corruzione;

b) quanto ai diritti umani, l’insufficiente garanzia della libertà di espressione della stampa;

la qualità del lavoro svolto dalla Commissione di inchiesta sui diritti umani del Parlamento turco (Grande assemblea nazionale turca), in particolare per quanto riguarda i casi di tortura nelle prigioni;

la necessità che il governo garantisca l’attuazione della legge a favore delle comunità non musulmane;

la preoccupante persistenza dell'ostilità e delle violenze nei confronti delle minoranze;

c) quanto al rafforzamento dei rapporti con l’Unione europea, il contributo alla sicurezza degli approvvigionamenti energetici dell’Europa che può derivare dall’ambizione della Turchia di diventare uno snodo fondamentale per le reti energetiche tra Asia ed Europa.

Il processo di avvicinamento della Turchia all’Unione europea

L’avvio dei negoziati

Sulla base della relazione periodica e della raccomandazione presentate dalla Commissione il 6 ottobre 2004, il Consiglio europeo del 16 e 17 dicembre 2004 ha deciso che la Turchia soddisfa sufficientemente i criteri politici di Copenaghen, fissando per il 3 ottobre 2005 la data di avvio dei negoziati di adesione, a condizione che entrassero in vigore alcuni specifici atti legislativi (legge sulle associazioni; nuovo codice penale; giurisdizione d’appello; codice di procedura penale; istituzione della polizia giudiziaria; esecuzione delle pene)[11].

Determinante per la decisione favorevole del Consiglio europeo di dicembre 2004 è stata la disponibilità manifestata dal Governo turco a firmare, prima dell’avvio dei negoziati, il protocollo che estende ai dieci nuovi Stati membri, compresa la Repubblica di Cipro, l’Accordo di associazione stipulato nel 1963 con la Comunità europea (cosiddetto Accordo di Ankara). La firma del protocollo è avvenuta il 29 luglio 2005. In occasione della firma, la Turchia ha allegato al protocollo una dichiarazione in cui riafferma di non riconoscere la Repubblica di Cipro. Il 21 settembre 2005, in una contro dichiarazione, l’Unione europea ha precisato fra l’altro che la dichiarazione della Turchia è unilaterale, non fa parte integrante del protocollo e non ha effetti giuridici sugli obblighi che derivano al paese dall’applicazione dell’accordo.

Il 3 ottobre 2005 il Consiglio ha approvato il quadro negoziale con la Turchia, consentendo l’apertura formale dei negoziati per l’adesione del paese all’Unione europea, nella data stabilita dal Consiglio europeo del dicembre 2004.

Alla decisione del Consiglio si è arrivati dopo una lunga e delicata trattativa. Il principale ostacolo è stato rappresentato dalla richiesta austriaca di prevedere, quale sbocco alternativo dei negoziati con la Turchia, l’ipotesi di un partenariato privilegiato che questa non era disposta ad accettare. L’approvazione del quadro negoziale è stata resa possibile dalla rinuncia dell’Austria a tale ipotesi, a fronte di un rafforzamento nel testo dell’importanza della capacità di assorbimento dell’UE quale criterio di valutazione per le future adesioni.

Anche in considerazione delle diffuse preoccupazioni manifestate in alcuni Stati membri rispetto all’adesione della Turchia all’Unione europea nonché dell’esperienza acquisita nel corso dei precedenti allargamenti, il quadro negoziale approvato per la Turchia è per alcuni aspetti più stringente rispetto al passato.

In particolare si segnala che:

-           la capacità dell’UE di assorbirela Turchia godrà di importante considerazione, nell’interesse di entrambe le parti, e la Commissione valuterà tale capacità nel corso dei negoziati;

-           diversamente dal passato, su proposta della Commissione, il Consiglio stabilirà criteri di verifica (benchmark) per la chiusura e, ove necessario, anche per l’apertura di ciascun capitolo;

-           in caso di violazione grave e persistente dei principi fondanti dell’Unione, il Consiglio, su raccomandazione della Commissione, potrà decidere a maggioranza qualificata la sospensione dei negoziati;

-           i progressi della Turchia nel corso dei negoziati saranno misurati anche alla luce dei seguenti requisiti: impegno inequivocabile ad intrattenere buone relazioni con i vicini e a risolvere le dispute di confine; collaborazione alla ricerca di una soluzione al problema di Cipro; normalizzazione dei rapporti bilaterali tra Turchia e Stati membri, inclusa la Repubblica di Cipro; rispetto degli obblighi derivanti dall’attuazione dell’Accordo di Ankara e del relativo protocollo, con particolare riguardo alle previsioni relative all’unione doganale;

-           si potranno prendere in considerazione lunghi periodi di transizione, deroghe, disposizioni specifiche o clausole di salvaguardia permanenti, in particolare per settori quali la libera circolazione delle persone, le politiche strutturali o l’agricoltura;

-           dal momento che l’adesione della Turchia comporterà conseguenze finanziarie sostanziali, i negoziati potranno essere conclusi solo dopo la definizione del quadro finanziario per il periodo che decorre dal 2014.

La questione cipriota

In più occasioni le istituzioni dell’Unione europea hanno invitato la Turchia a collaborare per la soluzione della questione cipriota, ritenendo che la mancanza di progressi in tal senso costituisse un serio ostacolo all’adesione della Turchia all’UE.

A seguito del referendum sul piano di unificazione dell’isola proposto dal Segretario Generale delle Nazioni Unite, tenutosi a Cipro il 24 aprile 2004, il Consiglio Affari generali del 26 aprile 2004 ha accolto con favore il contributo fornito dalla Turchia e ha sottolineato che il voto espresso dalla comunità turca di Cipro manifesta un chiaro desiderio di adesione all’Unione europea.

In considerazione del risultato del referendum il 29 aprile 2004 l’Unione europea ha adottato il regolamento n. 866/2004, inteso a gestire il movimento di beni e persone attraverso la cosiddetta linea verde che separa le aree controllate dal governo cipriota dal resto dell’isola.

A tale proposito si segnala che il 16 giugno 2008 il Consiglio ha approvato una proposta di modifica del suddetto regolamento[12] volta a potenziare l'interazione economica e commerciale sull'isola attraverso: l’abolizione dei dazi su tutti i prodotti agricoli provenienti dalle zone sulle quali il governo della Repubblica di Cipro non esercita un controllo effettivo; l’aumento sostanziale, da 135 euro a 260 euro, del valore totale delle merci contenute nel bagaglio personale di coloro che attraversano la linea; la regolamentazione in modo trasparente dell'introduzione temporanea (fino a sei mesi) delle merci provenienti dalle zone sulle quali il governo della Repubblica di Cipro non esercita un controllo effettivo nelle zone sulle quali il governo della Repubblica di Cipro esercita un controllo effettivo.

In aggiunta al regolamento sulla “linea verde” l’Unione europea ha intrapreso altre iniziative con l’obiettivo di porre fine all’isolamento della parte settentrionale dell’isola e di facilitare la riunificazione di Cipro, promuovendone lo sviluppo economico e sociale. Tra di esse si ricorda il regolamento CE 389/2006, adottato il 27 febbraio 2006, che istituisce uno strumento di sostegno finanziario per promuovere lo sviluppo economico della comunità turco-cipriota. Il regolamento prevede lo stanziamento totale di 259 milioni di euro che, come risulta dalla relazione presentata dalla Commissione il 15 settembre 2008[13], si è concentrata su cinque obiettivi prioritari: sviluppo e risanamento delle infrastrutture (circa 129,25 milioni di euro); promozione dello sviluppo socioeconomico (circa 70,2 milioni di euro); promuovere la riconciliazione, le misure di rafforzamento della fiducia e il sostegno alla società civile (circa 13 milioni di euro); familiarizzazione della comunità turco-cipriota con l’Unione europea (circa 9,5 milioni di euro); preparare la comunità turco-cipriota a introdurre e attuare l’acquis comunitario (circa 13,46 milioni di euro).

Non è stata invece ancora approvata la proposta di regolamento del Consiglio presentata dalla Commissione il 7 luglio 2004[14] per agevolare gli scambi tra la parte settentrionale dell’isola e l’UE, prevedendo l’applicazione di un regime preferenziale ad una serie di beni, prodotti o trasformati a Cipro, ammessi sul territorio doganale dell’UE. La proposta della Commissione non ha finora incontrato il favore del governo cipriota che riteneva che tali misure comportassero di fatto un riconoscimento politico della comunità turca da parte dell’UE.

A seguito delle elezioni del febbraio 2008 e della formazione del nuovo governo della Repubblica di Cipro, si sono manifestate aperture tra le due comunità che le istituzioni europee hanno salutato con favore[15] e che hanno consentito il 3 settembre 2008 l’avvio di negoziati sulla riunificazione dell'isola, sotto gli auspici delle Nazioni Unite.

A tale proposito si segnala che il 22 ottobre 2008 il Presidente greco-cipriota, Dimitris Christofias ed il leader turco-cipriota Mehmet Ali Talat si sono nuovamente incontrati; si tratta del quarto incontro dall’avvio di negoziati diretti. Nel corso dell'incontro I due leader hanno discusso della delicata questione della divisione dei poteri tra le due comunità etniche nell'ambito di un governo di una Cipro riunificata.

La parziale sospensione dei negoziati

Dopo l’apertura formale dei negoziati e l’avvio del processo di screening della legislazione turca, è stato possibile avviare la fase dei negoziati tecnici. Il 12 giugno 2006, nel corso della prima conferenza di adesione tra UE e Turchia, è stato provvisoriamente chiuso il negoziato sul capitolo scienza e ricerca.

Uno degli aspetti più seri riscontrati dalla Commissione nel corso dei negoziati ed evidenziati nella relazione del novembre 2006[16] è rappresentato dalla mancata applicazione del protocollo di Ankara. Si richiede infatti che la Turchia applichi il protocollo integralmente e in maniera non discriminatoria e che siano eliminati tutti gli ostacoli alla libera circolazione delle merci, comprese le restrizioni sui mezzi di trasporto nei confronti di Cipro. In più occasioni le istituzioni dell’Unione europea hanno ribadito che tale applicazione integrale è considerata determinante per il buon proseguimento dei negoziati. Su tale base, dopo il fallimento delle iniziative diplomatiche avviate dalla Presidenza finlandese per trovare una soluzione, il 29 novembre 2006 la Commissione ha raccomandato alla conferenza intergovernativa con la Turchia[17] di non aprire i negoziati sui capitoli riguardanti settori politici interessati dalle restrizioni applicate dalla Turchia nei confronti della Repubblica di Cipro fintanto che la Commissione non avrà confermato che la Turchia ha rispettato i propri impegni[18]. La Commissione ha raccomandato inoltre di non chiudere provvisoriamente alcun nuovo capitolo.

Sulla base della proposta avanzata dalla Commissione, il Consiglio affari generali nella riunione dell’11 dicembre 2006 ha raggiunto un accordo per rallentare il processo di adesione della Turchia. I 25 ministri degli Esteri hanno concordato di congelare parzialmente le trattative per l'adesione di Ankara, sospendendo otto dei 35 capitoli in cui è diviso il negoziato. Gli altri capitoli andranno avanti ma non si chiuderanno fino a quando Ankara non avrà soddisfatto i requisiti che riguardano Cipro. Il Consiglio valuterà costantemente la situazione sulla base delle relazioni predisposte annualmente dalla Commissione, con particolare riguardo agli anni 2007, 2008 e 2009.

Nelle conclusioni adottate, il Consiglio enfatizza il fatto che il processo di screening continuerà e che i capitoli per i quali il processo sia stato completato verranno aperti sulla base di quanto stabilito nel quadro negoziale approvato il 3 ottobre 2005, in occasione dell’apertura formale dei negoziati di adesione. I ministri hanno inoltre concordato di affidare ad una dichiarazione della Presidenza il riferimento alla necessità di risolvere in sede Onu il contenzioso che divide Cipro. Nella stessa occasione il Consiglio ha inoltre trovato un accordo politico di massima sui passi da intraprendere per porre fine all'isolamento economico dell'area nord di Cipro (vedi supra), ma questa intesa avrebbe dovuto essere confermata a gennaio 2007[19].

Si segnala che il Consiglio europeo di dicembre 2006 ha approvato integralmente le conclusioni del Consiglio dell'11 dicembre 2006 sulla Turchia.

Come anticipato dal Consiglio, i negoziati tra Unione europea e Turchia proseguono sugli altri capitoli negoziali (al momento – come anticipato - ne risultano aperti sette).

 

Il partenariato per l’adesione

Il 6 novembre 2007, la Commissione ha presentato una proposta di modifica del partenariato di adesione per la Turchia, adottato l’8 marzo 2001 dal Consiglio e aggiornato da ultimo il 23 gennaio 2006[20]. Tale proposta, che è stata approvata dal Consiglio il 18 febbraio 2008, aggiorna le priorità e gli obiettivi richiesti sulla base del livello di preparazione raggiunto dalla Turchia.

Il partenariato per l’adesione, già sperimentato nel precedente allargamento, è lo strumento con cui l’UE guida le riforme dei paesi candidati, indicando azioni concrete considerate prioritarie nel breve (uno, due anni) e nel medio (tre, quattro anni) termine, nell’ambito di specifici settori che per la Turchia sono: democrazia e Stato di diritto; diritti umani e protezione delle minoranze; questioni regionali e obblighi internazionali; capacità di assumere gli obblighi derivanti dalla partecipazione all’UE. Sulla base delle indicazioni contenute nel partenariato, l’Unione europea richiede al paese interessato di predisporre un piano nazionale, contenente una tabella dei tempi e l’indicazione delle misure specifiche da adottarsi per rispondere alle priorità. Il partenariato per l’adesione, che costituisce la base per la programmazione dell’assistenza finanziaria dell’UE, è costantemente aggiornato per adeguarsi alle esigenze dei singoli paesi e al loro livello di preparazione.

Per quanto riguarda l’assistenza finanziaria resa disponibile per la realizzazione delle priorità indicate dal partenariato, si segnala che l’Unione europea ha previsto in favore della Turchia, nell’ambito dello strumento IPA, un finanziamento a livello nazionale pari a 3.037,9 milioni di euro per il periodo 2007-2011[21].

 


Attività parlamentare



ALLEGATO 1

Risoluzione n. 7-00068 Mantovani: situazione interna in Turchia.

TESTO RIFORMULATO DAL DEPUTATO MANTOVANI NELLA SEDUTA DEL 30 NOVEMBRE 2006

La III Commissione,

premesso che:

recentemente il Presidente iracheno Jalal Talabani ha auspicato un cessate il fuoco unilaterale da parte della guerriglia kurda facente capo al Kongra Gel (ex PKK) ed una soluzione politica dell'annoso conflitto che insanguina il sud est della Turchia;

a tale dichiarazione ha fatto seguito la dichiarazione del cessate il fuoco unilaterale da parte del Kongra Gel;

in seguito a tale novità il Presidente della Assemblea Parlamentare del Consiglio d'Europa signor Renè Van Der Linden, il Presidente del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa, il Segretario Generale del Consiglio d'Europa signor Terry Davis, e in più riprese l'ultima delle quali in occasione dell'audizione presso la III commissione Affari Esteri e Comunitari della Camera dei Deputati l'Alto Rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune signor Javier Solana, hanno tutti salutato molto positivamente la dichiarazione di cessate il fuoco unilaterale ed auspicato che sia il primo passo di un processo che possa portare ad una soluzione politica del conflitto nel sud est della Turchia;

lo stesso Presidente della Turchia signor Erdogan, nel ribadire le posizioni del governo turco ha detto «Non aumentiamo la tensione. Se lasciano le armi, non faremo operazioni immotivate». Riferendosi alle affermazioni del Kongra Gel che nel dichiarare il cessate il fuoco unilaterale auspicava le forze di sicurezza turche non ne avrebbero approfittato lanciando operazioni testé all'annientamento militare della guerriglia;

negli ultimi mesi diverse organizzazioni estremiste hanno prodotto attentati terroristici tesi a colpire turisti stranieri;

sebbene il Kongra Gel abbia condannato inequivocabilmente questi attentati è evidente che se dal cessate il fuoco non scaturisse un processo politico di soluzione pacifica del conflitto il rischio di una radicalizzazione di parti incontrollate del movimento kurdo di liberazione aumenterebbe notevolmente, fino a minacciare anche la sicurezza di diversi paesi europei dove risiedono centinaia di migliaia di kurdi e milioni di turchi;

la Turchia, in presenza dell'eventualità dell'indipendenza del Kurdistan iracheno, potrebbe avere interesse a risolvere politicamente la questione difendendo l'integrità territoriale dello Stato sia perché il PKK prima e il Kongra Gel poi hanno più volte chiarito che la prospettiva per la quale si battono contempla il riconoscimento dell'esistenza della minoranza kurda, della sua cultura e lingua e dell'autonomia amministrativa sul modello delle minoranze linguistiche nello stato italiano o dei baschi e catalani nello stato spagnolo, senza mettere in discussione gli attuali confini della Turchia;

impegna il Governo:

ad adoperarsi affinché la sospensione della trattativa, proposta dalla Commissione  europea, non precluda la ripresa immeditata del negoziato e che la questione delle relazioni turco-cipriote sia affrontata nel corso della ripresa del negoziato, senza costituire motivo per una sua ulteriore interruzione;

ad attivarsi per ottenere che nell'agenda negoziale per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea sia presente il riconoscimento dell'esistenza della minoranza kurda in Turchia e la garanzia conseguente dei diritti culturali ed amministrativi secondo gli standard europei;

a favorire in ogni modo, sia nelle sedi bilaterali sia in quelle multilaterali europee, la soluzione politica del conflitto nel sud est della Turchia.

(7-00068)

«Mantovani, Mattarella, D'Elia, Leoluca Orlando, De Zulueta, Forlani, Briguglio, Mancini, Venier, Cioffi, Giancarlo Giorgetti».


 

 

 


III COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari esteri e comunitari)
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RISOLUZIONI

Giovedì 30 novembre 2006. - Presidenza del presidente Umberto RANIERI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Famiano Crucianelli.

La seduta comincia alle 14.10.

7-00068 Mantovani: Situazione interna in Turchia.

(Discussione e rinvio).

Ramon MANTOVANI (RC-SE), nell'illustrare la risoluzione in titolo, sottolinea che essa è stata sottoscritta da tutti i gruppi parlamentari, con l'eccezione di Forza Italia e della Lega Nord Padania, e persegue l'obiettivo di individuare una concreta possibilità di soluzione al conflitto, ormai quasi ventennale, in corso nel sud-est della Turchia. Ricordando che tale situazione costituisce motivo di preoccupazione per lo stesso Alto Rappresentante dell'Unione europea per la politica estera e di sicurezza comune, Javier Solana, ritiene di dovere svolgere alcune osservazioni che potrebbero influire sulla posizione del Governo sulla risoluzione presentata.

Ribadisce che la Turchia non ha ancora proceduto al riconoscimento delle minoranze nazionali presenti sul suo territorio, in particolare di quella curda che è ancora oggetto di una strategia repressiva da parte di Ankara e che non ha ottenuto alcuna forma di valorizzazione culturale, linguistica o concessione di carattere amministrativo. Tale situazione è confermata in modo inconfutabile dalla scarcerazione dopo ben quindici anni della deputata Leyla Zana, colpevole di avere svolto un intervento in lingua curda presso la sede del Parlamento turco. Ritiene che il mancato inserimento della tutela delle minoranze nazionali tra i criteri di Copenhagen abbia consentito alle autorità turche di aggirare la questione, salvo determinare adesso un problema di evidente gravità.

Per quanto riguarda il problema del «conflitto armato», menzionato nel dispositivo della risoluzione, i recenti interventi dell'aviazione turca su aree del territorio iracheno popolate da curdi ne confermano l'attualità.

Pur ritenendo che sia necessario affrontare le questioni poste, sottolinea che la risoluzione in nessun modo intende impegnare il governo italiano ad assumere iniziative che possano compromettere lo  stato dei rapporti tra l'Italia e la Turchia o possano avere ulteriori effetti controproducenti. Al riguardo ricorda che, come anche riferito da Javier Solana in occasione della recente audizione svolta presso la Commissione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla politica estera dell'Unione europea, alcuni Paesi dell'Unione europea sono pervenuti ad un accordo per il «cessate il fuoco» con interlocutori che ufficialmente rientravano nel novero delle organizzazioni terroristiche e che pertanto un'analoga soluzione potrebbe essere trovata anche in Turchia.

Nel sottolineare che la risoluzione è volta alla promozione del processo di pacificazione interna in Turchia, esprime l'augurio che il rappresentante del Governo possa coglierne la portata e considerare proposte di riformulazione che vadano in tale direzione, senza stravolgimenti del senso generale di tale documento.

Il sottosegretario Famiano CRUCIANELLI osserva che la discussione della risoluzione in titolo avviene in un momento particolarmente delicato, in relazione sia alla visita del Pontefice in Turchia sia alla decisione della Commissione europea di «congelare» taluni capitoli del negoziato per l'ingresso della Turchia nell'Unione europea, in ragione della mancata evoluzione dei rapporti tra la Turchia e Cipro. Al riguardo precisa che tale decisione investe soltanto alcuni aspetti, mentre sono da considerare decisivi i prossimi appuntamenti, primo fra tutti il Consiglio europeo di dicembre.

Sottolinea che attualmente è alto il rischio che la difficile fase del negoziato tra l'Unione europea e la Turchia pervenga ad una rottura e che per l'Italia tale prospettiva sarebbe da considerare come un'autentica disgrazia politica. L'ingresso della Turchia in Europa costituisce una straordinaria opportunità, per quanto lunga e faticosa sia la strada per potervi pervenire: la Turchia è un Paese speciale, essenziale punto di incontro tra culture che stanno vivendo una fase difficile dei propri rapporti a livello globale.

Sottolinea poi la necessità che il prosieguo del dibattito si svolga nella consapevolezza della particolare fase in corso, considerato che tutte le forze politiche italiane, compresa quella a cui appartiene il deputato Mantovani, condividono una posizione di favore all'ingresso della Turchia. Attualmente ritiene che l'elemento di immediata criticità sia rappresentato dal nodo con Cipro, ma anche che sullo sfondo vi sia la questione della piena affermazione in Turchia dei principi dello stato di diritto e del pluralismo democratico.

Per quanto concerne la risoluzione in discussione, pur comprendendo lo spirito positivo che ha animato il proponente, esprime talune perplessità di ordine sostanziale e formale sul riferimento, contenuto in premessa, al Kurdistan turco, così come sul riferimento ad una presa di posizione dell'amministrazione statunitense, che non appare suffragata da riferimenti documentali. In particolare, ritiene opportuna la riformulazione del dispositivo della risoluzione con riferimento al richiamo al riconoscimento della minoranza «nazionale» curda e alla soluzione del conflitto «armato» nel sudest della Turchia.

Considerato che l'obiettivo della risoluzione comprende l'interessamento dell'Unione europea, occorre che la Commissione proceda ad un dibattito approfondito anche alla luce del fatto che gli atti comunitari sulla Turchia non includono la questione delle «minoranze nazionali». Tale circostanza si spiega con il fatto che tale tema presenta aspetti problematici in Paesi che sono già membri dell'Unione europea e non appare agevole pretendere dalla Turchia quanto l'Unione europea non pretende da se stessa. È del parere che i curdi meritino il pieno riconoscimento dei propri diritti senza necessariamente procedere ad una loro rigorosa riconduzione nell'ambito di una «minoranza nazionale». Su tale questione, esprime la piena disponibilità del Governo ad ogni chiarimento che possa comportare l'adozione di un testo condiviso.

Per quanto riguarda il riferimento al conflitto armato, è noto che la Turchia inquadra gli scontri che hanno luogo nella  regione sudorientale del suo territorio come atti di terrorismo e che pertanto è opportuno che la risoluzione dia piuttosto enfasi alla necessità che l'Unione europea assuma iniziative per garantire la pace e la stabilità in tale area.

Ramon MANTOVANI (RC-SE), nel ricordare che l'Italia non ha mai contestato l'utilizzo dell'espressione «Kurdistan iracheno» in relazione ai crimini commessi in quella parte dell'Iraq durante il regime di Saddam Hussein, sostituisce ogni riferimento contenuto nella risoluzione al «Kurdistan turco» con quello al «sudest della Turchia». Ritiene condivisibile ogni richiesta volta ad attenuare il richiamo ad una possibile radicalizzazione del movimento curdo di liberazione, per quanto tale rischio sia concreto in Paesi, come la Germania, in cui vivono rilevanti comunità curde. Espunge poi il riferimento ad una presa di posizione dell'amministrazione degli Stati Uniti sull'indipendenza del «Kurdistan iracheno». Ritiene altresì opportuno sostituire il riferimento alle «minoranze nazionali curde» con quello alle «minoranze curde», al fine di evitare ogni coinvolgimento di categorie giuridiche del diritto internazionale e limitare la questione ad aspetti di tipo politico. Sostituisce infine il richiamo al «conflitto armato» con l'espressione «conflitto». Propone infine l'inserimento di un ulteriore capoverso al dispositivo della risoluzione sulla questione turco-cipriota.

Sergio D'ELIA (RosanelPugno) sottolinea di essere un «fiero» fautore dell'ingresso della Turchia nell'Unione europea e di considerare «miope» ogni visione di segno contrario, considerato il ruolo giocato nella Turchia nell'area mediorientale ed il rischio di una deriva del fondamentalismo islamico. Ritiene che se i confini dell'Europa dovessero coincidere con quelli della Turchia sarebbe possibile innescare un meccanismo virtuoso a favore della diffusione dei valori democratici europei. Osserva che è in crescita un pregiudizio antiturco da parte di coloro che enfatizzano le radici giudaico-cristiane dell'Europa ed applicano rigorosi parametri «scandinavi» al grado di tutela dei diritti umani da parte della Turchia: evidenzia infatti come la Turchia abbia compiuto notevoli progressi negli ultimi dieci anni e, pur riconoscendo la necessità che in tale Paese siano realizzate ulteriori riforme, ritiene che il termine del 2014 per la conclusione dei negoziati di adesione consenta ampi margini di lavoro. Nel ritenere peraltro fondate le preoccupazioni avanzate dal rappresentante del Governo, auspica che possa essere individuata una soluzione di compromesso tra le diverse istanze in discussione.

Alessandro FORLANI (UDC) si definisce anch'egli un fautore dell'ingresso della Turchia nell'Unione europea - anche se non «fiero» come il deputato d'Elia - in quanto condivide le ragioni di opportunità che sostengono tale processo, ormai avviato, non anche, come conseguenza, alcun tipo di ricatto. È dunque, a suo avviso, opportuno che l'Unione europea ponga proprie condizioni per non porre in discussione il proprio patrimonio culturale in materia di tutela dei diritti umani. Rileva l'impossibilità di negare i nodi critici che la Turchia pone all'Europa, primo fra tutti la repressione del dissenso e il ruolo dei militari nella vita civile e politica. Occorre inoltre dare soluzione al conflitto in corso nel sudest del Paese assicurando sostegno e riconoscimento ai diritti dei curdi. Per quanto concerne la risoluzione, ritiene che essa rispecchia la situazione attuale e riflette posizioni già assunte dal Parlamento italiano. In ordine agli aspetti sollevati dal Governo, che impongono particolare prudenza, auspica una discussione ampia che consenta di pervenire a una posizione di convergenza che possa includere anche i gruppi di Forza Italia e della Lega Nord Padania.

Luciano PETTINARI (Ulivo) esprime il proprio consenso al testo della risoluzione presentata e la necessità che si tenga conto degli argomenti illustrati dal sottosegretario Crucianelli. Ritiene che una riformulazione della risoluzione che proceda nella  direzione indicata dal rappresentante del Governo saprebbe dare carattere prioritario alla presa di posizione da parte del Parlamento. Osserva che le riflessioni del sottosegretario Crucianelli riguardano aspetti di opportunità e le proposte di riformulazione avanzate dal deputato Mantovani modificano il tipo di approccio della risoluzione, al di là di ogni questione terminologica. Nell'auspicare che tali proposte possano essere accolte dal Governo, sottopone al Governo la opportunità di richiamare lo stato attuale dei rapporti tra la Turchia e Cipro alla luce del ruolo centrale che tale questione svolge per l'Unione europea.

Tana DE ZULUETA (Verdi) spera nell'ingresso della Turchia nell'Unione europea ed in una piena affermazione della democrazia in Turchia promossa dal processo di avvicinamento all'Europa. Ritiene che sarebbe un segnale infelice se la risoluzione in discussione dovesse essere interpretata come una ricerca di ulteriori elementi di frizione tra la Turchia e i Paesi dell'Unione europea. Nel dirsi convinta della fondatezza dei contenuti della risoluzione, osserva che la richiesta di riconoscimento delle minoranze nazionali curde potrebbe essere considerata una sorta di provocazione da parte della Turchia, che ha già intrapreso dei passi in tale direzione, mentre in realtà è utile e non provocatoria. Ricorda che nell'ambito del Consiglio d'Europa sussistono strumenti relativi al rispetto e alla tutela delle diversità culturali, come dimostra una recente risoluzione approvata dall'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa. Per quanto concerne la decisione della Commissione europea di congelare una parte del negoziato con la Turchia a causa del nodo cipriota, ritiene che il Governo dovrà prendere una posizione in proposito considerato che gli abitanti di Cipro Nord, che manifestarono pieno appoggio al piano Annan, di fatto non possono ricorrere ad alcun tipo di tutela al di fuori di quella garantita da Ankara. Occorre quindi non perdere l'occasione per inserire tali cittadini nell'ambito della comunità internazionale e che in nessun modo si debba diffondere la sensazione che si sia cercato un pretesto per congelare il negoziato.

Pietro MARCENARO (Ulivo), nel ritenere rilevante che la risoluzione contenga riferimenti anche ai fatti più recenti, osserva che sussistono rischi elevati in relazione sia all'ingresso della Turchia nell'Unione europea sia alla chiusura definitiva del negoziato. Considerato che la questione curda, a suo avviso, non deve rappresentare un elemento di ostacolo aggiuntivo, sottolinea che la risoluzione dovrebbe porre l'accento sul pieno sostegno che l'Italia assicura alla prosecuzione del negoziato sulla base del rispetto da parte di Ankara dei parametri e criteri fissati dall'Unione europea in materia di tutela dei diritti umani.

Alì KHALIL detto Alì Rashid (RC-SE) considera eccessive le preoccupazioni espresse dal Governo: la questione curda costituisce uno dei problemi emergenti più drammatici per l'area mediorientale, considerato che i curdi sono circa trentadue milioni. Nel ricordare come il problema dei curdi sia nato in relazione alla storia delle concessioni date alla Gran Bretagna per lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi nell'area di Kirkuk, sottolinea come il popolo curdo abbia ricevuto i primi strumenti per il riconoscimento dei propri diritti dopo la caduta del regime di Saddam Hussein. A suo avviso, in politica estera il centrosinistra dovrebbe impegnarsi per la piena attuazione dei principi dello stato di diritto in tutti gli Stati anche in funzione del raggiungimento dell'obiettivo della stabilità. Ritiene infine che la risoluzione in titolo può rappresentare un fattore di stimolo anche per il governo turco.

Guglielmo PICCHI (FI) sottolinea che il suo gruppo non ha sottoscritto la risoluzione in titolo in quanto non ha ritenuto tale atto utile né ai fini della prosecuzione del negoziato tra l'Unione europea e la Turchia né per la causa del popolo curdo. Rileva altresì che proprio in questa fase si registra un'apertura da parte del governo turco che  ha concesso tempi maggiori di alcune ore per la trasmissioni di programmi radiofonici e televisivi in lingua curda.

Dopo che Ramon MANTOVANI (RC-SE) ha osservato che tali tempi si riducono a pochi minuti concentrati nelle primissime ore del mattino, Guglielmo PICCHI (FI) rileva che si tratta di un processo lungo e che la risoluzione in titolo potrebbe determinare una reazione negativa da parte di Ankara nei confronti dei curdi. Per quanto concerne il testo della risoluzione, ritiene che esso non dovrebbe contenere alcun riferimento all'amministrazione statunitense come pure alle possibili ripercussioni nei Paesi europei: al riguardo i timori segnalati nella risoluzioni sono eccessivi considerato che il numero di curdi presenti nell'Unione europea è comunque esiguo. Nel concordare con le perplessità manifestate dal sottosegretario Crucianelli, auspica che la Commissione proceda ad una pausa di riflessione sul testo della risoluzione, che al momento presenta aspetti di inopportunità.

Claudio AZZOLINI (FI) si associa alle osservazione del deputato Picchi in ordine agli aspetti di opportunità correlati alla particolare delicatezza del momento politico. Nel sottolineare la propria partecipazione alla stesura degli strumenti elaborati dal Consiglio d'Europa sulla materia, nei termini ricordati dal deputato De Zulueta, rileva che il criterio del buon senso deve essere di guida per il raggiungimento della pace in Medio Oriente e per il mantenimento di buoni rapporti con i Paesi di quell'area, come la Turchia. Tale buon senso deve caratterizzare anche la stesura definitiva della risoluzione in discussione.

Umberto RANIERI, presidente, nel considerare importante che la Commissione possa pervenire ad una deliberazione sulla risoluzione in titolo, osserva che la materia da essa trattata è sicuramente particolarmente delicata. Occorre comunque rispettare la sovranità turca, senza evocare la categoria della «suscettibilità» delle autorità turche. Occorre pertanto aiutare la Turchia ad affrontare la questione curda, cogliendo l'occasione storica rappresentata dal negoziato per l'adesione all'Unione europea. Quindi la strada da percorrere è trattare la questione secondo criteri europei.

Occorre pertanto che si realizzi l'esigenza di fondo che la Turchia garantisca piena tutela e rispetto dei diritti civili, politici e culturali dei curdi.

Con queste premesse ritiene possibile pervenire ad una risoluzione condivisa.

Ramon MANTOVANI (RC-SE) fa presente che la sua proposta di riformulazione tiene conto delle osservazioni formulate da coloro che sono intervenuti al dibattito, incluso il rappresentante del Governo, con l'unica eccezione del deputato Picchi. Nel rappresentare di avere ricevuto da più di un mese sollecitazioni da parte di rappresentanti diplomatici ed imprenditori turchi finalizzate alla eliminazione di talune firme o ad impedire l'esame della risoluzione da parte della Commissione, ritiene necessario che si pervenga ad una deliberazione in tempi brevi.

Umberto RANIERI, presidente, sottolinea che in alcun modo la Commissione può subire condizionamenti dall'esterno. Considerato che dal momento della presentazione della risoluzione nessuna firma è stata ritirata, precisa che il rinvio della discussione ad altra seduta deve intendersi finalizzato solo ad approfondimenti per la migliore riformulazione del testo. Ricorda anche che alle 15.30 sono previste immediate votazioni in Assemblea.

Il sottosegretario Famiano CRUCIANELLI rileva che gli elementi emersi nel corso del dibattito sono condivisibili nella sostanza e non si pongono in contrasto con il merito del testo della risoluzione. In merito alla volontà del deputato Mantovani di procedere senza rinvii ad una deliberazione, ribadisce che la portata della risoluzione attiene all'inserimento di un problema aggiuntivo rispetto a quanto affrontato a livello europeo: in una fase di  stallo del negoziato tale elemento potrebbe essere considerato come una spinta ulteriore verso il definitivo deterioramento della situazione. Nel sottolineare come bene ha fatto il deputato Mantovani a porre la questione, sottolinea che nel testo da approvare occorre comunque dare risalto al fatto che tutte le forze politiche italiane sono favorevoli alla prosecuzione del negoziato tra l'Unione europea e la Turchia, a differenza di quanto accade in altri Paesi europei, dove alcune forze politiche remano contro.

Umberto RANIERI, presidente, essendo imminente l'inizio delle votazioni presso l'Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.25.


 

 


III COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari esteri e comunitari)
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RISOLUZIONI

Mercoledì 20 dicembre 2006. - Presidenza del presidente Umberto RANIERI. - Interviene il sottosegretario di Stato per gli Affari esteri, Famiano Crucianelli.

La seduta comincia alle 9.30.

7-00068 Mantovani: situazione interna in Turchia.

(Seguito della discussione e approvazione di un nuovo testo).

La Commissione prosegue la discussione della risoluzione in titolo, rinviata nella seduta del 30 novembre 2006.

Umberto RANIERI, presidente, avverte che la Commissione prosegue la discussione della risoluzione, come riformulata dal deputato Mantovani nella seduta del 30 novembre scorso (vedi allegato 1).

Il sottosegretario Famiano CRUCIANELLI osserva che la risoluzione s'inserisce in un contesto in continua evoluzione  in relazione ai recenti incontri che rappresentanti del Governo italiano hanno avuto ad Ankara e agli esiti del Consiglio europeo degli scorsi 14 e 15 dicembre. Presenta quindi una proposta riformulazione, di cui dà lettura, esprimendo l'auspicio che i contenuti di tale testo possano incontrare il consenso dei presentatori della risoluzione (vedi allegato 2). Nell'illustrare tale proposta, sottolinea che il Governo ha ritenuto opportuno intervenire anche sui contenuti della premessa, al fine di armonizzarla con gli impegni recati dalla parte dispositiva e potere utilizzare la risoluzione in modo più proficuo anche in eventuali sedi europee ed internazionali.

Ramon MANTOVANI (RC-SE) dichiara di concordare sulla proposta di riformulazione della risoluzione, illustrata dal rappresentante del Governo, esprimendo tuttavia talune perplessità sulla soppressione del riferimento, contenuto nella premessa della risoluzione, a dichiarazioni del Presidente Erdogan apparse sugli organi di informazione. Per quanto concerne la parte dispositiva, ricorda di aver già provveduto a riformularla nella precedente seduta per accogliere le istanze rappresentate dal Governo sulla questione del negoziato tra la Turchia e l'Unione europea. Ciò premesso, esprime dissenso sulla sostituzione del concetto di «minoranza» con quello di «comunità», che attiene alla presenza della minoranza al di fuori del territorio nazionale d'origine, come nel caso della comunità curda residente in Germania: occorre comprendere, a suo avviso, che i milioni di curdi che vivono in Turchia non sono riconosciuti come tali ma come turchi di origine curda. Di conseguenza, ritiene di non poter transigere sui diritti di milioni di persone al solo fine di non turbare un delicato equilibrio e di dovere chiedere con fermezza il riconoscimento per i curdi di Turchia degli stessi diritti che sono riconosciuti alle minoranze dalla maggior parte dei Paesi dell'Unione europea. Non concorda, inoltre, che nella parte dispositiva del testo della risoluzione, proposto del Governo, non compaia un riferimento al conflitto esistente nel sud-est della Turchia, considerato l'accenno mantenuto nella premessa al «cessate il fuoco» e considerate le unanimi prese di posizione espresse da diversi rappresentanti istituzionali, tra cui lo stesso Javier Solana, sulla sussistenza di un conflitto in quella regione. Ritiene, quindi, che il Governo italiano debba promuovere una soluzione politica di quel conflitto ultraventennale, di cui danno conto, oltre a Solana, autorevoli esponenti della comunità internazionale, come il Segretario Generale del Consiglio d'Europa o il Presidente dell'Iraq. Concordando sulla opportunità di non qualificare tale conflitto come «armato», ritiene grave che il Governo italiano non si senta di prendere una posizione univoca e mostri tanta attenzione nei confronti di quanto viene detto in altre sedi, anche internazionali. Sottolineando come la presentazione della risoluzione abbia determinato numerose pressioni da parte turca per il ritiro dell'atto o di singole firme, conferma il proprio assenso sulla proposta di riformulazione, illustrata dal sottosegretario Crucianelli per quanto riguarda la premessa; insiste, invece, per il mantenimento della parte dispositiva come da lui riformulata nel corso dell'ultima seduta, eliminando il riferimento al carattere nazionale della minoranza curda e al carattere armato del conflitto in atto nel sud-est della Turchia.

Pietro MARCENARO (Ulivo), alla luce di quanto osservato dal rappresentante del Governo e dal deputato Mantovani, che mostra di farsi carico delle cautele del Governo, ritiene che vi siano le condizioni per pervenire ad una soluzione condivisa. In particolare, propone una riformulazione della parte dispositiva della risoluzione, secondo la proposta di riformulazione formulata dal Governo, nel senso di mantenere il concetto di «minoranza» in luogo di «comunità», considerato che in questo modo non si introduce il concetto di minoranza in senso assoluto ma solo in connessione ad un complesso di posizioni giuridiche che devono essere riconosciute. Ritiene, altresì, opportuno aggiungere all'ultimo  capoverso della parte dispositiva le parole «e del conflitto esistente».

Dario RIVOLTA (FI) osserva che la risoluzione presentata dal deputato Mantovani risente di un postulato di base, secondo cui le istanze del popolo curdo coinciderebbero con quelle del Kongra Gel, mentre è notorio che la maggior parte dei curdi condannano le azioni di guerriglia compiute da tale movimento e rischiano per questo ritorsioni. Il buon senso e la conoscenza della situazione in Turchia consentono di affermare che in Turchia non è riconosciuta l'esistenza di una minoranza curda e che oggi il processo di riconoscimento dei diritti dei curdi avviato dalla Turchia è ancora insufficiente, in quanto limitato alla possibilità di trasmettere per poche ore al giorno programmi in lingua curda. A suo avviso, la proposta del Governo consente di sciogliere tale nodo, mentre la risoluzione dovrebbe realizzare l'obiettivo di segnalare alle autorità turche l'urgenza di trovate una soluzione conforme agli standard europei di tutela dei diritti. Dal punto di vista politico non concorda con il riferimento al Kurdistan iracheno, contenuto nella premessa, considerato che esso non rappresenta un progetto ma una realtà e comporta il rischio di allarmare le autorità turche sulla questione della nascita di uno Stato curdo, mentre è noto che i curdi iracheni non perseguono tale obiettivo ma si limitano a chiedere un'autonomia nell'ambito dello Stato iracheno. Propone, pertanto, la soppressione di tale riferimento al fine di segnalare alla Turchia la possibilità di risolvere la questione salvando la propria integrità territoriale.

Sergio D'ELIA (RosanelPugno), richiamando le riflessioni svolte nella precedente seduta, sottolinea che l'Italia ha interesse affinché il processo di avvicinamento della Turchia all'Unione europea possa procedere con celerità o addirittura essere abbreviato; sarebbe, inoltre, autolesionista da parte dell'Unione europea indurre un Paese a scelte pericolose per sé o per l'Europa. A suo avviso, estendere i confini dell'Unione europea al punto da farli coincidere con quelli della Turchia può innescare un processo virtuoso di diffusione del sistema europeo di garanzie per i diritti e le libertà delle minoranze ai curdi. Occorre in generale favorire e non frapporre ostacoli al cammino della Turchia nella direzione dell'Unione europea. Ritiene che la parte dispositiva della risoluzione, come riformulata dal sottosegretario Crucianelli,rappresenti un buon compromesso tra il testo originario e le posizioni del Governo. Per quanto riguarda il riferimento ad una «soluzione politica» della questione curda, ritiene che il Governo della Turchia potrebbe opporre alcune riserve in quanto tale espressione presuppone l'esistenza di una questione nazionale curda. Per quanto riguarda l'utilizzo dei concetti «comunità» o «minoranza», considera opportuno fare ricorso agli standard europei che concernono il riferimento ai diritti individuali piuttosto che a quelli collettivi. Ritenendo che la proposta del Governo abbia colto questa differenziazione, osserva che il termine «minoranza» dovrebbe comportare il riferimento a tutte le minoranze presenti sul territorio della Turchia, compresa quella armena.

Ramon MANTOVANI (RC-SE) obietta che la Turchia ha riconosciuto gli armeni come minoranza e non i curdi, e che quindi la questione posta da ultimo dal deputato D'Elia non è pertinente.

Iacopo VENIER (Com.It) sottolinea che la risoluzione affronta la questione curda e non l'aspirazione del popolo curdo ad un proprio Stato. In relazione a quanto osservato dal deputato Rivolta, ritiene che egli avrebbe dovuto valorizzare il testo originario della risoluzione che enfatizzava come i rappresentanti della minoranza curda abbiano individuato un percorso per chiedere il riconoscimento dei propri diritti in Turchia senza porre in discussione i confini territoriali dello Stato turco. A suo avviso, questo processo politico dovrebbe essere accompagnato da un'adeguata pressione sulle autorità turche, finalizzata  a portare i curdi a considerare se stessi come cittadini della Turchia. Concordando con quanto rilevato dal deputato Mantovani circa la sussistenza di un conflitto vero e proprio nel sud-est della Turchia, sottolinea che, se si intende perseguire l'obiettivo della stabilizzazione di quell'area geografica, si deve riconoscere l'esistenza di un problema curdo, malgrado i progressi fatti dalla Turchia sulla spinta di pressioni legate al processo di avvicinamento all'Unione europea. Ritiene condivisibile il primo capoverso della parte dispositiva della risoluzione, come riformulata dal Governo, che si pone tuttavia in contraddizione con l'ultimo capoverso della premessa: pur comprendendo la necessità di prospettare un'apertura ad Ankara ritiene necessario che il negoziato di adesione all'Unione europea resti subordinato al riconoscimento dei diritti della minoranza curda e alla soluzione di altre questioni secondo le norme del diritto internazionale. Considera condivisibili le proposte del deputato Marcenaro e ritiene che non vi dovrebbe essere ambiguità sul concetto di minoranza se permane il riferimento, contenuto nella premessa, allo statuto delle minoranze linguistiche nello Stato italiano. Infine, condivide la valutazione del deputato Rivolta in ordine al riferimento al Kurdistan iracheno.

Alessandro FORLANI (UDC), dando conto delle ragioni che sono alla base del ritiro della sua firma dalla risoluzione presentata dal deputato Mantovani, connesse alla necessità di offrire disponibilità ad un processo di ampia revisione del testo e solidarietà al gruppo di Forza Italia, osserva che la proposta di riformulazione del Governo rappresenta un tentativo di stentato equilibrismo diplomatico, mirante a non scontentare nessuna parte coinvolta. A suo avviso, sarebbe stato opportuno svolgere il confronto su tale delicata questione in una fase meno complessa del lavoro parlamentare e con minor fretta. Per quanto riguarda i contenuti della risoluzione, considera inopportuno il riferimento al Kurdistan iracheno, che rappresenta un nervo scoperto per la politica di Ankara. In generale, ritiene condivisibile il testo della risoluzione e sottolinea che la questione di fondo, da tenere in considerazione e che preoccupa l'Europa, è la questione del rispetto di una diversità e di una minoranza da parte del Governo turco, piuttosto che il riconoscimento di diritti culturali ed amministrativi. In conclusione, preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla risoluzione, nella riformulazione proposta dal rappresentante del Governo.

Luciano PETTINARI (Ulivo), concordando su quanto richiamato dal deputato Forlani in ordine alla opportunità di potere disporre di più ampi tempi di discussione, considera necessario conoscere l'orientamento del Governo sulle proposte di riformulazione segnalate dal deputato Marcenaro.

Sergio MATTARELLA (Ulivo) sottolinea che, considerata l'unanimità tra le forze politiche sul favore all'ingresso della Turchia nell'Unione europea, nessuno è alla ricerca di argomenti volti a ritardare tale ingresso e che il confronto avviene in un clima di sostanziale amicizia con la Turchia. L'Italia è però anche interessata a che i Paesi che entrano nell'Unione europea siano portatori di un sistema di garanzie in cui i diritti individuali siano sullo stesso piano con i diritti collettivi. Non ritiene fondata la critica mossa dal deputato Rivolta e fondata su una pretesa equiparazione tra istanze del popolo curdo e della guerriglia facente capo al Kongra Gel, come peraltro si evince dalla premessa della risoluzione. Non considera fuori luogo il riferimento al Kurdistan iracheno, considerato che la questione curda supera i confini degli Stati ed è parte di una complessa situazione geopolitica di quell'area geografica. Occorre pertanto scongiurare ogni rischio di escalation ed adottare un approccio meditato e lungimirante. Considera condivisibile la premessa della risoluzione, nella proposta del Governo. Per quanto concerne la parte dispositiva, concorda sulle perplessità  espresse dal deputato Mantovani circa l'impiego del termine «comunità» ma non ritiene opportuno ricorrere al termine di popolazione, adottato dall'Unione europea, che richiama un concetto più compiuto e indipendente. Peraltro, non comprende le ragioni alla base della resistenza ad utilizzare il concetto di «minoranza» atteso che esso è riferito ad una situazione di fatto, difficilmente contestabile nel caso della minoranza curda. Considera condivisibili le proposte di riformulazione avanzate dal deputato Marcenaro che non impediscono di guardare alla presenza di due problemi oggettivi: la sussistenza di una questione curda e il dato di numerosi atti violenti, che possono ragionevolmente essere inseriti in una nozione di conflitto.

Umberto RANIERI, presidente, ritiene che, qualora possibile, sia opportuno inserire all'inizio della premessa il riferimento alla dichiarazione resa nell'agosto 2005 dal Presidente Erdogan sulla questione curda e accolta nella più recente risoluzione del Parlamento europeo su tale argomento. Ritiene che tale inserimento, pur non costituendo un aspetto dirimente, consentirebbe di rafforzare il documento che si rivolge in primo luogo alle autorità turche. Ritiene, altresì, opportuno operare un riferimento al rifiuto esplicito nei confronti del terrorismo, eventualmente alla fine dell'ultimo capoverso della parte dispositiva della risoluzione.

Raffaello DE BRASI (Ulivo), in relazione a quanto proposto dal presidente Ranieri, fa presente che la premessa reca un riferimento ad atti terroristici e che pertanto l'inserimento proposto potrebbe essere riferito a tale parte della risoluzione.

Ramon MANTOVANI (RC-SE), in relazione alle riflessioni emerse e alle critiche sollevate nel corso del dibattito, tiene a ricordare che la risoluzione, che è stata sottoposta a numerosi confronti sia con la maggioranza che con l'opposizione anche in sede informale, prende le mosse dalla dichiarazione del Presidente iracheno a favore di un «cessate il fuoco» e di una soluzione politica al conflitto nel sud-est della Turchia. Sottolinea di non avere mai equiparato la questione curda alla guerriglia curda e ricorda che ogni anno circa cento mila curdi si danno appuntamento in Germania per una manifestazione di protesta nei confronti del Governo di Ankara. La risoluzione mira, dunque, a far sì che l'Italia favorisca tale soluzione politica alla luce dei fatti notori relativi alle sofferenze del popolo curdo, come i recenti bombardamenti dell'aviazione turca su villaggi situati in prossimità del confine e in cui si è fatto ricorso alle bombe al fosforo. Per quanto riguarda il riferimento al Kurdistan iracheno, precisa che esso è strettamente correlato alla proposta americana di divisione del territorio iracheno in tre parti e alla conseguente accesa discussione che è sorta in Turchia. Alla luce di queste considerazioni, condivide la proposta del Governo, purché sia nota l'intenzione di partenza e l'obiettivo da perseguire. Condivide altresì le proposte di riformulazione del deputato Marcenaro. Per quanto concerne le riflessioni del deputato D'Elia, osserva che, malgrado il mancato inserimento della questione delle minoranze tra i criteri di Copenaghen, tra i diritti individuali riconosciuti dai principali Paesi europei figura quello di potersi riconoscere all'interno di una minoranza. In Turchia la questione curda non è risolta, considerato che la lingua curda è ancora considerata un dialetto di montagna e considerato, a solo titolo di esempio, che la deputata Leyla Zana ha dovuto scontare ben dodici anni di reclusione per avere utilizzato la propria lingua in un discorso al Parlamento turco. Sottolinea che il Governo turco è fermamente intenzionato ad evitare che il concetto di minoranza possa in qualche modo essere riferito ai curdi, a differenza di quanto è capitato con gli armeni per ragioni, forse, relative al nodo del genocidio. A suo avviso il Parlamento italiano dovrebbe essere in grado di esprimere una posizione che dia un contributo all'ingresso di tale questione nel dibattito sulla Turchia.

In conclusione, ritiene che, qualora il Governo dovesse accogliere le proposte di riformulazione del deputato Marcenaro, vi sono le condizioni per pervenire ad una approvazione della risoluzione ampiamente condivisa.

Dario RIVOLTA (FI) ricorda che in Turchia vi sono diverse posizioni in ambito istituzionale in ordine all'ingresso nell'Unione europea e la stessa questione curda costituisce oggetto di contenzioso tra le diverse forze. I soggetti che non guardano all'Europa sono pronti ad usare ogni pretesto per portare il Paese in una direzione contraria agli standard europei e alla linea adottata da Erdogan. Occorre pertanto porre in essere ogni iniziativa che possa rafforzare quella parte di Turchia interessata all'avvicinamento all'Europa. A suo avviso, pur condividendo l'impiego del termine «minoranza» in luogo di «comunità», sottolinea che tale elemento potrebbe essere strumentalizzato come pretesto da un'altra parte di quel Paese. Inoltre, ritiene che la definizione di curdi dovrebbe coincidere con quella di cittadini turchi di origine o etnia curda, analogamente ai cosiddetti italiani in Argentina, che sono a tutti gli effetti cittadini argentini.

Iacopo VENIER (Com.It) richiama il caso degli italiani in Croazia come questione analoga a quella dei curdi in Turchia per quanto concerne l'atteggiamento del governo.

Dario RIVOLTA (FI) osserva altresì che non si deve dimenticare che il Kongra Gel, ex PKK, in alcun modo ha beneficiato i curdi e che i minimi progressi che sono stati compiuti nella direzione di un riconoscimento dei diritti dei curdi sono dovuti al processo di avvicinamento all'Europa. Ribadisce infine la contrarietà al riferimento al Kurdistan iracheno e il proprio assenso sulla proposta di riformulazione del deputato Marcenaro.

Franco Addolorato Giacinto NARDUCCI (Ulivo), richiamando le grandi manifestazioni di curdi che si sono svolte in Svizzera, ritiene che la risoluzione debba conseguire un risultato e dare sostanza ai diritti di cittadinanza per i curdi in Turchia. Ritiene anche che non sia opportuno citare il Kurdistan iracheno e che sia fuori discussione che la Turchia ha compiuto passi significativi soltanto in relazione al processo di avvicinamento all'Europa. Concordando con il deputato D'Elia, ritiene che l'ingresso della Turchia nell'Unione europea consentirà di estendere gli standard europei di tutela delle minoranze anche a quel Paese. Preannuncia infine il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di nuovo riformulazione avanzata dal rappresentante del Governo e sulle proposte di riformulazione del deputato Marcenaro.

Raffaello DE BRASI (Ulivo) esprime consenso sulla proposta di riformulazione del deputato Marcenaro e su quella del presidente Ranieri. Al riguardo, sottolinea la mancanza di una condanna del terrorismo nelle premesse e la necessità di evitare ogni ambiguità. Ritiene altresì necessario operare un riferimento diretto alla leadership turca, che deve figurare, insieme a quella irachena, al Kongra Gel e all'Unione europea, tra gli interlocutori della risoluzione.

Patrizia PAOLETTI TANGHERONI (FI) preannuncia il voto favorevole sulla risoluzione in titolo come riformulata dal rappresentante del Governo e dal deputato Marcenaro. Per quanto concerne la proposta di riformulazione del presidente Ranieri, che dichiara di condividere, ne auspica l'inserimento nella parte dispositiva. Ritiene necessario infine procedere alla soppressione di ogni riferimento al Kurdistan iracheno.

Iacopo VENIER (Com.It), intervenendo per una precisazione, sottolinea che il riferimento al Kurdistan iracheno era mirato a rafforzare l'idea che il riconoscimento dei diritti dei curdi in Turchia in nessun modo mette in discussione i confini e l'integrità territoriale turca. A suo avviso,  l'idea della cittadinanza non può essere in contrasto con il riconoscimento dei diritti delle diverse nazionalità ed è in tal senso che va inteso il richiamo, fatto in precedenza, alla situazione degli italiani in Croazia. A suo avviso, la proposta di riformulazione del Governo privata di questo riferimento assume aspetti più ambigui sul punto.

Umberto RANIERI, presidente, ricordando la sua proposta di riformulazione riguardante il riferimento alle dichiarazioni rese dal Presidente Erdogan, sottolinea che non è funzionale al raggiungimento dell'obiettivo dell'avvicinamento della Turchia all'Unione europea fondare l'iniziativa della risoluzione sulle dichiarazioni del Presidente iracheno, in quanto, a suo avviso, ne potrebbe derivare un clima di sospetto e di tendenza alla chiusura da parte di Ankara.

Ramon MANTOVANI (RC-SE), alla luce dei contenuti generici della dichiarazione del Presidente Erdogan, cui fa riferimento la proposta di riformulazione del presidente Ranieri, ritiene di non potere concordare su tale proposta in quanto riguardante il solo miglioramento delle condizioni economiche e di vita dei curdi, malgrado si tratti di un obiettivo condivisibile.

Umberto RANIERI, presidente, rilevando che tutti auspicano il miglioramento della condizione dei curdi in Turchia, anche alla luce dell'inserimento del concetto di minoranza nel testo della risoluzione, ritiene non banale l'inserimento della dichiarazione del Presidente Erdogan così come non è rituale il richiamo alla condanna del terrorismo, che è il problema maggiore del nostro tempo.

Ramon MANTOVANI (RC-SE) accoglie le proposte di riformulazione del presidente Ranieri, rilevando che gli atti terroristici cui fa riferimento la risoluzione non hanno nulla in comune con il terrorismo di matrice islamico-fondamentalista.

Sergio MATTARELLA (Ulivo) ritiene che la proposta di riformulazione del presidente Ranieri, relativa alle dichiarazioni del Presidente Erdogan, dovrebbe comportare la sostituzione della parola «riconosce» con la parola «afferma».

Umberto RANIERI, presidente, concorda con il deputato Mattarella.

Il sottosegretario Famiano CRUCIANELLI, richiamando la Commissione ad un'attenta valutazione della portata del documento, ritiene che non sia possibile in questa fase procedere ad un testo diverso, come invece auspicato dal deputato Forlani. A suo giudizio, se l'obiettivo è promuovere l'ingresso della Turchia nell'Unione europea, occorre predisporre un messaggio forte, trattandosi di una questione importante che il Governo italiano ha sollevato in tutte le sedi europee, malgrado il clima di freddezza e cautela che circonda la questione delle minoranze nell'Unione europea. Sottolinea che costituisce merito del Governo italiano, assieme a quello spagnolo, l'aver posto con fermezza la questione dei diritti delle minoranze; tuttavia la risoluzione deve essere formulata in modo da potere essere utilmente spesa nel dialogo con la Turchia e nel confronto con l'Unione europea. Occorre in particolare che la risoluzione sia espressione di un ampio consenso nell'ambito della Commissione. Ritenendo che ciò sia possibile, concorda con la proposta di riformulazione del presidente Ranieri anche per ragioni di rispetto nei confronti delle autorità turche. Ritiene altresì opportuno procedere alla eliminazione delle parole «in presenza di un progetto federalista dell'Iraq». Per quanto concerne l'alternativa tra i concetti di «comunità» e di «minoranza», osserva che, se il modello di riferimento è lo statuto delle minoranze linguistiche in Italia, non vi possono essere dubbi sulla portata della parte dispositiva. Concorda inoltre con la proposta di riformulazione del presidente Ranieri, circa l'inserimento del riferimento al terrorismo, e con le proposte del deputato Marcenaro. Ritiene che la distinzione segnalata  dal deputato D'Elia sia inequivoca e che il tema del conflitto è ricompreso nell'ambito della questione curda.

Ramon MANTOVANI (RC-SE) ritiene opportuno che il riferimento alla condanna al terrorismo debba essere inserito fra le premesse della risoluzione.

Sergio MATTARELLA (Ulivo) concorda con quanto testé osservato dal deputato Mantovani, atteso che la condanna al terrorismo deve rappresentare un presupposto di carattere generale.

Ramon MANTOVANI (RC-SE) ribadisce il proprio consenso su tutte le proposte di riformulazione finora formulate ed auspica un voto condiviso, qualora il Governo esprima consenso sul testo della risoluzione risultante da tali proposte.

Patrizia PAOLETTI TANGHERONI (FI) esprime preoccupazione in ordine alla indisponibilità ad inserire il riferimento al terrorismo nella parte dispositiva della risoluzione.

Sergio MATTARELLA (Ulivo), rispondendo al deputato Paoletti Tangheroni, osserva che non vi possono essere ambiguità e che l'inserimento di tale questione nella parte dispositiva varrebbe ad avvalorare l'eventualità che la soluzione politica sulla questione curda possa essere individuata in un quadro in cui il terrorismo è presente come uno degli elementi. A suo avviso, il rifiuto del terrorismo deve rappresentare una questione preliminare, da porre in premessa.

Umberto RANIERI, presidente, ritiene che il riferimento al terrorismo potrebbe essere inserito nell'ultimo capoverso della premessa.

I deputati Patrizia PAOLETTI TANGHERONI (FI), Pietro MARCENARO (Ulivo), Ramon MANTOVANI (RC-SE) concordano con il presidente Ranieri.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva, quindi, all'unanimità la risoluzione 7-00068 come riformulata, che assume il numero 8-00026 (vedi allegato 3).


 

 

 


RESOCONTO

STENOGRAFICO

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Seduta di giovedì, 27 novembre 2008

(omissis)


Svolgimento di interpellanze urgenti.

(Orientamenti del Governo in merito all'adesione della Turchia all'Unione europea - n. 2-00214)

PRESIDENTE. L'onorevole D'Amico ha facoltà di illustrare l'interpellanza Fava n. 2-00214, concernente orientamenti del Governo in merito all'adesione della Turchia all'Unione europea (Vedi l'allegato A - Interpellanze urgenti), che ha testé sottoscritto.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, onorevole sottosegretario, questa interpellanza a firma dei deputati della Lega Nord riguarda il processo di adesione della Turchia all'Unione europea.

Il fondamento giuridico del processo di allargamento va ricercato nell'articolo 49 del Trattato sull'Unione europea, dove viene stabilito che ogni Stato europeo che rispetti i principi fondamentali può domandare di diventare membro dell'Unione. L'avvio dei negoziati di adesione della Turchia è stato stabilito con il Consiglio europeo del 3 ottobre 2005 ma per la prima volta, rispetto ai negoziati con altri Paesi, lo stesso Consiglio lo ha definito un processo aperto, il cui esito non può considerarsi scontato.

In altri termini, il negoziato non porterà necessariamente all'adesione ma, eventualmente, anche a forme alternative di partenariato, potrà essere sospeso in qualsiasi momento e non avrà orizzonti definiti di durata. I principi che la Turchia dovrà rispettare per chiedere l'adesione all'Unione europea sono stati stabiliti nel Consiglio europeo del 1993.

Sono i cosiddetti criteri di Copenhagen necessari per l'adesione che consistono: di criteri politici, e quindi stabilità delle istituzioni democratiche, Stato di diritto, tutela dei diritti umani, rispetto e protezione delle minoranze; di criteri economici, e quindi l'esistenza di un'efficiente economia di mercato e di una capacità di competere in seno al mercato europeo in linea con i criteri esposti nel Trattato di Maastricht; infine di criteri legislativi, e quindi la capacità di assumersi gli impegni connessi con la membership, implementare la legislazione comunitaria che si concretizza nel negoziare i cosiddetti capitoli e, per ciascuno di essi, essere in grado di recepire una quota sufficiente di diritto comunitario (direttive e regolamenti) e di assicurare la sua effettiva applicazione attraverso strutture amministrative e giudiziarie appropriate.

Questa lista di criteri deve essere rispettata da uno Stato per poter richiedere l'adesione all'Unione europea. Vediamo, dunque, cosa la Turchia al momento rispetta e cosa non rispetta.

In base alle informazioni che abbiamo, basate sul rapporto della Commissione sui progressi della Turchia verso i criteri di Copenhagen del 2008, ci troviamo di fronte ad una situazione che non è sicuramente adeguata. Per quanto riguarda i criteri politici, nel rapporto della Commissione, si afferma che la Turchia ha bisogno di un consistente programma di riforme politiche, costituzionali e del sistema giudiziario. Per quanto riguarda i criteri economici, si richiedono riforme per eliminare i punti di debolezza strutturale. Per quanto riguarda i criteri legislativi, si apre un altro rapporto. I criteri legislativi sono stabiliti in 35 capitoli, ognuno dei quali, deve essere aperto, e trattato tra l'Unione europea e il Paese che richiede l'adesione, che deve rispettare tutte le richieste per ogni singolo capitolo; a quel punto il capitolo viene accettato. In questo momento, nessuno dei 35 capitoli soddisfa le richieste; ne abbiamo solo 5 aperti. Quindi, su 35 capitoli solamente 5 sono in discussione. La Turchia sta cercando di muoversi per raggiungere lo standard europeo, ma sono ancora da affrontare 22 capitoli, e addirittura 8 sono ancora congelati,Pag. 90non è neanche possibile aprirli e cominciare a trattarli perché la Turchia prima deve portare avanti degli atti e dei comportamenti che possano permettere di aprire questi capitoli (tanto per citarne uno: il problema del riconoscimento di Cipro, Paese membro dell'Unione europea, che la Turchia si rifiuta ancora di riconoscere).

Signor sottosegretario, in base alle informazioni che abbiamo, riteniamo che il processo per poter richiedere ufficialmente l'adesione della Turchia all'Unione europea sia ancora molto lungo. Abbiamo notato che vi sono state delle affermazioni da parte del Governo che vanno in senso diverso, e per questo, con questa interpellanza, chiediamo di sapere se il Governo è a conoscenza di fatti nuovi che possano aver portato in avanti il processo.

PRESIDENTE. Il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Carlo Giovanardi, ha facoltà di rispondere.

CARLO GIOVANARDI, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, come il Presidente del Consiglio ha avuto modo di ribadire proprio il 12 novembre scorso, nel corso del vertice italo-turco di Smirne, il Governo italiano sostiene le prospettive europee della Turchia. Siamo infatti convinti che l'integrazione della Turchia in Europa aumenterà il peso economico del Vecchio Continente e rafforzerà la capacità di proiezione dell'Unione europea in un'area che è per noi di vitale interesse come quella del Mediterraneo e del Medio Oriente. Siamo convinti che, in quanto grande Paese musulmano, democratico e saldamente ancorato all'Unione europea, la Turchia potrà senz'altro svolgere un ruolo significativo come modello e ponte nei confronti del mondo musulmano.

Questa non è una posizione inedita, dato che il sostegno italiano alle aspirazioni di Ankara è stato formalmente ribadito in molteplici occasioni anche nel corso delle precedenti legislature. Un'ampia illustrazione della posizione italiana nella materia è stata, ad esempio, effettuata dall'allora Ministro degli affari esteri, onorevole Gianfranco Fini, in una informativa resa alla Camera il 3 dicembre 2004, alla vigilia del Consiglio europeo di Bruxelles del successivo 17 dicembre, che avrebbe deciso l'avvio dei negoziati di adesione della Turchia all'Unione europea. Nell'occasione l'onorevole Fini ribadì che:«la prospettiva europea per la Turchia e' un'opzione alla quale il Governo italiano tiene in modo particolare. Per essa ci siamo impegnati con costanza negli ultimi mesi e intendiamo continuare a farlo con convinzione». Tale linea politica è stata costantemente seguita da tutti i Governi che si sono da allora succeduti. Penso di poter rinviare, a tal proposito, alle successive relazioni annuali del Governo al Parlamento sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, che hanno sistematicamente confermato il sostegno dell'Italia alle aspirazioni europee di Ankara.

Lo stesso concetto è stato ribadito dal Ministro Frattini lo scorso 2 luglio, in occasione delle comunicazioni sulle linee programmatiche del suo Dicastero di fronte alla Commissione Affari esteri ed emigrazione del Senato ed alla Commissione Affari esteri e comunitari della Camera, riunite in sessione congiunta. Le dichiarazioni rese dal Ministro Frattini lo scorso 5 novembre, in occasione del Foro di dialogo italo-turco, cui hanno partecipato anche i Ministri della difesa, delle infrastrutture, dell'interno e dello sviluppo economico, si collocano quindi nell'alveo di una politica consolidata del Governo a sostegno del partner turco, politica che proprio in questi giorni, come si accennava prima, ha trovato conferma al più alto livello politico nel Vertice italo-turco.

Come il Presidente del Consiglio ha avuto modo di affermare pubblicamente, subito dopo il Vertice di Smirne, il Governo si adopererà per convincere i Paesi dell'Unione che frenano sulla possibilità che Ankara faccia parte della UE, dell'importanza strategica di questo Paese. Ciò non vuol dire che il Governo abbia emesso un «assegno in bianco» a favore della Turchia. Infatti, nel corso del Vertice Italia-Turchia,Pag. 91così come in occasione del precedente Foro di dialogo italo-turco, abbiamo anche ribadito la necessità che Ankara rilanci con forza il processo di riforme interne verso l'adeguamento dell'acquis comunitario.

Il processo di riforme avviato in Turchia a partire dal 2002 ha prodotto in questi anni innegabili e rilevanti risultati riconosciuti da tutti gli Stati membri e dalla Commissione europea nei suoi rapporti annuali, l'ultimo dei quali è stato depositato il 5 novembre. Grazie all'approvazione di successivi pacchetti di riforme, che includono anche importanti emendamenti costituzionali, la Turchia si presenta oggi come un Paese profondamente diverso rispetto a pochi anni fa, avendo cominciato ad affrontare anche questioni di particolare sensibilità: basti pensare all'abolizione della pena di morte, ai progressi sul fronte della libertà di stampa e della libertà di associazione, al riconoscimento del prevalere del diritto internazionale su quello interno, all'abolizione delle corti di sicurezza dello Stato, alla legge sulle fondazioni.

Questi progressi vanno però consolidati ed estesi. Le riforme non hanno ancora inciso in maniera soddisfacente in alcuni settori chiave. Basti pensare al tema importantissimo della libertà religiosa, al pieno rispetto della libertà di espressione o alle misure di sviluppo socio-economico per la regione del sudest a prevalente etnia curda. Le stesse autorità turche sono consapevoli di quanto precede, e non a caso il Governo di Ankara ha annunciato il varo del terzo programma nazionale per l'adozione dell'acquis comunitario (da discutere prossimamente con l'opposizione e le organizzazioni non governative), dopo quelli del 2002 e del 2004, anche con l'obiettivo di confermare il suo impegno per le riforme interne e per la prospettiva europea.

Nelle previsioni governative tale programma di armonizzazione legislativa dell'acquis comunitario dovrebbe realizzarsi entro il 2013 e prevede l'adozione di ben duecento misure legislative. Il Governo italiano esprime il suo più vivo incoraggiamento nei confronti di questi ulteriori sforzi riformistici, che saranno fondamentali per mantenere un momentum soddisfacente nel processo di avvicinamento della Turchia all'Unione europea, nella consapevolezza, d'altra parte condivisa dalle autorità di Ankara, che la piena adesione della Turchia all'Unione non è per domani, ma anche nella convinzione che è questo lo scenario da perseguire, con pazienza, determinazione e buona volontà.

PRESIDENTE. L'onorevole D'Amico ha facoltà di replicare.

CLAUDIO D'AMICO. Signor Presidente, signor sottosegretario, la Lega Nord è un movimento politico, un grande movimento politico che fa parte di questa maggioranza e ne fa parte a pieno titolo. È un movimento politico che ha dimostrato, anche nella legislatura dal 2001 al 2006, di essere fedele, quando partecipa, e di essere molto affidabile. La Lega Nord però non è il PdL, è un movimento politico autonomo che ha le sue idee, i suoi valori, che cerca di portare avanti. Si è presentato davanti agli elettori portando queste idee ed ha ricevuto più di tre milioni di voti. Su questo tema probabilmente le nostre idee non sono del tutto coincidenti con quelle di un'altra parte della maggioranza, ma questo è naturale, altrimenti saremmo lo stesso partito, lo stesso movimento politico. Se avessimo le stesse idee, se avessimo gli stessi valori identici, saremmo la stessa cosa.

Non lo siamo, ma questo è il bello della democrazia: anche chi non la pensa esattamente in modo uguale si può mettere insieme, può trovare un percorso comune con degli obiettivi comuni, come il federalismo, e cercare di portarli a compimento. Su questo tema - l'abbiamo già detto in passato e l'ho ribadito prima - probabilmente abbiamo alcune differenze.

Quindi, l'interpellanza urgente in esame intendeva, a seguito delle ultime dichiarazioni, ribadire anche un po' questa nostra caratteristica. Infatti, un conto è dichiarare che si è a favore del completo ingresso - siamo già d'accordo sul completoPag. 92ingresso della Turchia nell'Unione europea - un altro conto è dichiarare che siamo favorevoli ad aiutarli a predisporre tutti quegli atti e ad arrivare ad un percorso che li possa portare a rispettare i criteri di Copenhagen ed eventualmente chiedere l'ingresso nell'Unione europea. Infatti, come abbiamo visto e come ha stabilito il Consiglio europeo del 2005, non è detto che con la Turchia vi debba essere l'adesione completa: si possono trovare anche altre forme di partenariato.

Quindi, dal nostro punto di vista, in questa fase sarebbe auspicabile, se si vuole e se si pensa che la Turchia possa in futuro fare questa richiesta, aiutarla a portare avanti le riforme, ma in modo molto fermo. Infatti, riteniamo molto diseducativo dire a qualcuno che ancora non rispetta i criteri e che dovrà fare un lungo percorso per rispettarli: «Stai tranquillo che sarei accettato, stai tranquillo che farai parte dell'Unione europea». Infatti ciò - mi scusi signor sottosegretario - è molto diseducativo. Noi dobbiamo spronarli, se li vogliamo, a fare le riforme, non dire loro: «State tranquilli che tanto vi accettiamo». È questo punto di base che in questa fase dovrebbe essere rimarcato. Quindi, se vi è tale volontà cerchiamo di portarla avanti, ma basandoci sui fatti, altrimenti vi è il rischio che si aprano sterili polemiche: «Sì alla Turchia, no alla Turchia, forse alla Turchia».

Allora, evitiamo queste cose e cerchiamo di lavorare sui fatti, basiamoci sui fatti. I dati concreti sono che vi sono criteri da soddisfare e dunque parliamo di quello. Quando i criteri saranno soddisfatti si potrà aprire il discorso «sì» o «no», perché solo in quel momento la Turchia presenterà formalmente la richiesta di adesione: abbiamo soddisfatto tutti i criteri, ci accettate sì o no?«. A quel punto si apre e potremmo aprire anche tra noi nella maggioranza, ma anche con i colleghi dell'opposizione, perché questa sarà una cosa che coinvolgerà tutto il Paese, un dibattito per dare una risposta. Tale dibattito dovrà anche occuparsi di come dare una risposta: se dare una risposta con mandato parlamentare o se dare una risposta addirittura coinvolgendo, come noi in passato abbiamo chiesto, il popolo, mediante una consultazione popolare che possa fare esprimere tutti cittadini rispetto ad un ulteriore allargamento, che secondo noi potrebbe anche portare problemi. Abbiamo visto l'ultimo allargamento dell'Unione europea alla Romania ed alla Bulgaria, che probabilmente è stato un po' affrettato, e quindi diciamo di fare attenzione su questi temi. Ma non vogliamo neanche costituire un «caso» all'interno di un Governo che sta lavorando bene e che sta rispondendo alle esigenze dei cittadini.

Questa settimana abbiamo approvato il disegno di legge sulla sicurezza: un altro passo importante per rispondere alle tante richieste che in campagna elettorale ci sono arrivate dai cittadini. Una maggioranza che sta andando così bene non si perda in polemiche che, forse, non è neanche il momento di trattare. Il nostro auspicio è quello di basarci sui fatti e, quindi, sui criteri che devono essere rispettati dalla Turchia. C'è una apertura ad aiutarli nel caso in cui abbiano bisogno di suggerimenti su come arrivare a soddisfare alcuni di tali criteri, però il nostro auspicio è che in futuro ci si fermi più sui dati concreti e sulla realtà, che è ancora molto, molto lontana dalla possibilità di un'adesione della Turchia all'Unione europea. La ringrazio comunque per la sua esposizione, signor sottosegretario, e porgo i saluti a tutto il Governo.

PRESIDENTE. È così esaurito lo svolgimento delle interpellanze urgenti all'ordine del giorno.


 

 

 

 



 

Atto Camera

 

Interrogazione a risposta scritta 4-00741

presentata da

PIERLUIGI CASTAGNETTI

venerdì 18 luglio 2008 nella seduta n.038

 

CASTAGNETTI. -

Al Presidente del Consiglio dei ministri, al Ministro degli affari esteri.

- Per sapere - premesso che:

 

alcuni religiosi da tempo impegnati in territorio turco, fra cui frati Cappuccini della Custodia di Turchia, oggetto in passato di aggressioni, informano che la legge sulle fondazioni varata dal Governo Erdogan e intesa a disciplinare alcune delle questioni aperte in materia di statuto giuridico delle minoranze sarebbe altresì indirizzata alle minoranze formate da cittadini turchi più che a quelle formate da cittadini stranieri;

la Chiesa cattolica inoltre, simbolo di fede e testimonianza cristiana nelle terre mediorientali, i cui membri sono in maggioranza stranieri, non è tutelata e non ha diritto ad avere restituzione di beni incamerati dallo Stato. Non le è riconosciuta personalità giuridica e questo comporta, ad esempio, l'impossibilità di possedere titoli di proprietà e, conseguentemente, di riparare immobili riconosciuti solo de facto ma non «di diritto» -:

quali iniziative il Governo abbia già assunto o intenda assumere nei rapporti bilaterali e in campo comunitario e internazionale perché in Turchia vengano rispettati i fondamentali diritti delle comunità cristiane.(4-00741)

***

 

 

 

 

 

 

Risposta. - In merito a quanto rappresentato dall'interrogante nell'atto parlamentare in esame, si forniscono i seguenti elementi di risposta.

 

1. Il tema del rispetto della libertà religiosa è centrale nel negoziato avviato dalla Turchia per l'adesione all'Unione europea e viene costantemente monitorato dalla Commissione Europea; esso costituisce egualmente un tema di grande rilievo sul piano bilaterale.

Occorre riconoscere come in questi ultimi anni si siano registrati importanti e positivi sviluppi su tale aspetto, indotti dalle posizioni dell'Unione europea ma anche da un approccio più aperto assunto sul tema dalla leadership del Primo Ministro Erdogan. In particolare, va ricordata la recente entrata in vigore della legge sulle Fondazioni (n. 5737 del 20 febbraio 2008) da tempo al centro del dibattito politico interno e sostenuta con determinazione dal Governo nonostante le forti resistenze dei settori più nazionalisti.

Tale normativa si pone l'obiettivo di disciplinare la gestione, l'attività e il regime di controllo a cui vanno sottoposte le fondazioni, tra cui quelle a finalità religiosa. Essa riforma profondamente un settore in precedenza regolato in maniera carente, in un'ottica di «tolleranza» più che di «tutela» delle minoranze religiose, tanto che la situazione era stata definita gravemente deficitaria e stigmatizzata ancora nel rapporto della Commissione Europea del novembre 2007. Gli elementi innovativi della legge sono stati invece sottolineati positivamente dal Commissario per l'allargamento, Olli Rehn, che ne ha parlato come di un «passo in avanti», per quanto occorra ora verificarne l'attuazione sul piano concreto.

2. In sintesi, alle fondazioni viene attribuita personalità giuridica (articolo 4 della legge) e la possibilità di acquisire e gestire proprietà immobiliari. L'autorità demandata in prima istanza ad esercitare la supervisione sulle attività delle fondazioni è la Direzione generale per le fondazioni, posta alle dipendenze dirette dell'ufficio del Primo Ministro. Il principale organo gestionale della Direzione generale è il consiglio, formato da quindici membri. Un terzo di essi è nominato dal Primo Ministro, i restanti due terzi sono eletti direttamente dalle fondazioni.

È prevista la possibilità per i cittadini stranieri di costituire nuove Fondazioni, su base di reciprocità (articolo 5).

3. Un rilevante aspetto tuttora non chiarito dalla legge riguarda il destino delle proprietà immobiliari requisite alle fondazioni non musulmane pre-esistenti (così dette «fondazioni di comunità»), vale a dire quelle individuate dal trattato di Losanna del 1923 (armena, ortodossa, ebraica). A quanto riportato dalle Autorità turche, questi aspetti saranno oggetto del regolamento applicativo in corso di elaborazione. Considerato il rilievo della questione, sia la Commissione Europea che gli Stati membri, tramite le rispettive rappresentanze diplomatiche, seguono quindi con attenzione il percorso del regolamento applicativo della legge 5737.

4. Non rientra invece nell'ambito della legge sulle fondazioni la questione della personalità giuridica in Turchia della Chiesa cattolica in quanto tale; va ricordato che la Santa Sede intrattiene regolari relazioni diplomatiche con la Turchia e la nunziatura ad Ankara è pertanto competente a verificare le possibili ripercussioni della nuova normativa sulla complessa questione delle proprietà immobiliari nel paese.

5. Nell'esprimere quindi apprezzamento per la politica di riforme avviata da parte del Governo turco anche nel settore della libertà religiosa, continueremo a monitorare con attenzione l'evolversi della situazione, in particolare quanto alle modalità di attuazione della legge sulle fondazioni su piano concreto, ritenendo essenziale l'obiettivo di pieno riconoscimento e inclusione delle minoranze religiose nella vita politica e sociale del paese.

È incoraggiante in tale contesto che, una volta superata la crisi politica legata al procedimento giudiziario avviato lo scorso marzo contro il partito di maggioranza AKP (Partito di giustizia e sviluppo), il Governo abbia rilanciato il proprio impegno riformista annunciando il varo del «terzo programma nazionale per l'adozione dell'acquis comunitario» che include numerose misure a carattere legislativo ed amministrativo sia in campo politico che economico.

Il Sottosegretario di Stato per gli affari esteri: Alfredo Mantica.


 


 


SIWEB

Profili biografici
(a cura del Ministero degli Affari esteri)

Murat Mercan,
Presidente della Commissione parlamentare per gli Affari esteri

 

Nato il 14 Gennaio 1959 a Ağrı

Laurea in Ingegneria Industriale, Universita’ Boğaziçi, Istanbul.

Dottorato in Scienze Decisionali e Informatiche, Universita’ della Florida, Gainesville, Florida, USA.

Professore presso la Facolta’ di Management, Universita' Bilkent, Ankara (1992-2004).

Docente presso la Cleveland State University, USA (1989-1992).

Assistente di Scienze Decisionali e Informatiche, Universita’ della Florida, Gainesville, Florida, USA (1985-1989).

Ricercatore presso la Facolta' di Ingegneria Industriale, Universita’ Anadolu, Eskişehir (1981-1985).

Assistente presso la Facolta' di Ingegneria Industriale, Universita’ del Bosforo, Istanbul (1981)

Membro fondatore del partito AKP

Deputato di Eskişehir (22° e 23° Legislatura).

Presidente della Delegazione Turca presso l'Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa e Vice Presidente della medesima Assemblea (2002 – 2007).

Presidente della Commissione Parlamentare per gli Affari Esteri

Lingua parlata: inglese

Coniugato, 3 figli


 

Zeki Karabayir,
Presidente del gruppo di amicizia parlamentare Italo - turco

 

Nato il 1 Gennaio 1952 a Kars

Laureato presso la Facolta’ d’Ingegneria Chimica, Accademia Statale d’Architettura ed Ingegneria di Ankara

Ingegnere chimico

Ingegnere presso la Direzione Generale della banca Sümerbank

Esperto presso la Banca Statale per l’Industria e gli Investimenti

Ispettore Capo presso il Ministero del Lavoro e della Sicurezza Sociale

Membro del Comitato Fondatore del partito AKP

Membro Assemblea Parlamentare dell’Organizzazione della Cooperazione Economica del Mar Nero - BSEC (20° Legislatura)

Membro Assemblea Parlamentare BSEC e Gruppo Turco Assemblea Parlamentare presso l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico - OCSE (22° Legislatura)

Membro Gruppo Turco Unione Interparlamentare (23° Legislatura)

Presidente del Gruppo di Amicizia Parlamentare Italo - Turco

Lingua parlata: inglese

Coniugato, 4 figli

 

 


 

Cemil Çiçek,
Ministro di Stato e Vice Presidente del Consiglio

 

 

Nato a Yozgat nel 1946

Laureato presso la Facolta’ di Legge – Universita’ di Istanbul

Avvocato

Ex Sindaco di Yozgat

Membro fondatore del partito ANAP

Ex Ministro di Stato

Ex Ministro della Giustizia

Lingue parlate: inglese e francese

Coniugato, 3 figli


 

Lütfi Elvan,
Vice Presidente Commissione parlamentare Armonizzazione Ue

 

Nato il 11 Marzo 1962 a Karaman

Laureato presso la Facolta’ Mineraria, Universita’ Tecnica di Istanbul

Master in Ricerche ed Operazioni Minerarie presso la Leeds University, USA.

Master in Economia presso la Delaware University, USA.

Ingegnere presso la banca Etibank

Esperto presso l’Ente Statale di Pianificazione

Capo dipartimento Regioni con Priorita’ allo Sviluppo presso l’Ente Statale per la Pianificazione

Vice Sottosegretario dell’Ente Statale per la Pianificazione

Vice Presidente Gruppo Sviluppo Rurale presso l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE).

Presidente Centro UE per l’Educazione e la Gioventu’

Membro della Commissione per il Monitoraggio ed Orientamento dei Negoziati con l’UE

Membro Comitato Parlamentare Congiunto Turchia - UE

Lingua parlata: inglese

Coniugato, 2 figli

 


 

Zafer Üskül,
Presidente Commissione parlamentare per i Diritti umani

 

 

Nato il 30 Agosto 1944 a Mersin

Laurea in Scienze Politiche, Universita’ di Ankara.

Lettore universitario;

Dottorato in Scienze Politiche, Universita' di Grenoble.

Professore nel 1979.

Vice Rettore dell'Universita' di Mersin.

Lettore di diritto costituzionale presso l’Universita’ di Mersin.

Vice Presidente del Consiglio per i Diritti Umani.

Membro fondatore e dirigente di numerose ONG.

Presidente Commissione Parlamentare per i Diritti Umani (23° Legislatura).

Lingua parlata: francese.

Coniugato, 2 figli.

 


 

 

Deniz Baykal,
Presidente del Partito repubblicano del popolo (CHP)

 

Nato il 20 Luglio 1949 ad Antalya

Lettore universitario, avvocato

Laureato presso la Facolta’ di Legge, Universita’ di Ankara

Dottorato presso la Facolta’ di Scienze Politiche, Universita’ di Ankara

Post dottorato presso la Colombia e la Berkeley University (USA)

Deputato di Antalya, 15°, 16°, 18°, 19°, 20° e 22° Legislatura

Membro Assemblea Parlamentare presso il Consiglio d’Europa

Ex Ministro delle Finanze (37° Governo)

Ex Ministro dell’Energia e delle Risorse Naturali (42° Governo)

Ex Ministro degli Affari Esteri e Vice Presidente del Consiglio (52° Governo)

Vice Presidente dell’Internazionale Socialista

Presidente del CHP 

Lingua parlata: inglese

Coniugato, 2 figli


Parlamento europeo
Risoluzione del 21 maggio 2008 sulla Relazione 2007
relativa ai progressi compiuti dalla Turchia (2007/2269(INI))

 

Il Parlamento europeo,

–    vista la relazione 2007 sui progressi compiuti dalla Turchia, elaborata dalla Commissione (SEC(2007)1436),

–    viste le sue precedenti risoluzioni del 27 settembre 2006 sui progressi compiuti dalla Turchia in vista dell'adesione[22] e del 24 ottobre 2007 sulle relazioni UE-Turchia[23],

–    viste le risoluzioni del 6 luglio 2005[24] e del 13 febbraio 2007[25] sul ruolo delle donne in Turchia nella vita sociale, economica e politica,

–    visto il quadro negoziale per la Turchia del 3 ottobre 2005,

–    viste la decisione 2008/157/CE del Consiglio, del 18 febbraio 2008, relativa ai principi, alle priorità e alle condizioni contenuti nel partenariato per l'adesione con la Repubblica di Turchia[26] ("partenariato per l'adesione"), nonché le precedenti decisioni del Consiglio, del 2001, 2003 e 2006, sul partenariato per l'adesione,

–    visto l'articolo 45 del suo regolamento,

–    visti la relazione della commissione per gli affari esteri e il parere della commissione per i diritti della donna e l'uguaglianza di genere (A6-0168/2008),

A.   considerando che i negoziati di adesione con la Turchia sono stati avviati il 3 ottobre 2005, dopo l'approvazione del quadro negoziale da parte del Consiglio, e che l'apertura di tali negoziati costituisce il punto di partenza di un processo di lunga durata e senza limiti di tempo,

B.   considerando che la Turchia si è impegnata a intraprendere riforme, ad intrattenere relazioni di buon vicinato e ad allinearsi progressivamente con le posizioni dell'Unione europea, e che tali sforzi andrebbero considerati come un'opportunità di ulteriore modernizzazione per la Turchia stessa,

C.  considerando che la piena osservanza di tutti i criteri di Copenaghen, al pari della capacità di integrazione all'Unione, rimangono la base per l'adesione all'Unione europea, conformemente alle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2006, e che l'Unione deve rimanere una comunità fondata su valori condivisi,

D.  considerando che, nella relazione 2007 sui progressi compiuti, la Commissione ha concluso che in Turchia nel 2007 si sono registrati progressi limitati nel campo delle riforme politiche,

E.   considerando che in Turchia, nel 2007, la democrazia si è consolidata, è stato eletto un nuovo parlamento rappresentativo delle diverse forze politiche del paese ed è stato formato un governo con un mandato forte,

F.   considerando che la Turchia non ha ancora applicato le disposizioni contenute nell'accordo di associazione CE-Turchia e nel protocollo aggiuntivo,

G.  considerando l'apertura di cinque nuovi capitoli negoziali nel 2007,

Riforme per l'instaurazione di una società democratica e prospera

1.   si compiace dell'impegno assunto dal Primo ministro Erdogan affinché il 2008 sia l'anno delle riforme ed esorta il governo turco a mantenere le sue promesse, approfittando dell'ampia maggioranza di cui gode in parlamento, per proseguire con fermezza lungo la strada delle riforme, essenziali per trasformare la Turchia in una democrazia moderna e prospera, basata su uno Stato laico e una società pluralista;

2.   sottolinea che tale modernizzazione rientra innanzitutto nell'interesse della Turchia stessa e riconosce l'importanza strategica per l'Unione europea di una Turchia stabile, democratica e prospera; ribadisce che l'osservanza, da parte della Turchia, degli impegni assunti con il partenariato per l'adesione è d'importanza cruciale per il paese e per le sue relazioni future con l'Unione europea;

3.   ribadisce la convinzione che soltanto una società guidata dal rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali, fondata sui principi di democrazia e dello Stato di diritto e con un'economia di mercato attenta alle problematiche sociali, può evolvere in una società pacifica, stabile e prospera;

4.   sottolinea l'importanza che la Turchia lotti contro tutte le forme di discriminazione conformemente all'articolo 13 del trattato CE che invoca l'uguaglianza per tutti indipendentemente dal sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale;

5.   prende atto della recente revisione del partenariato per l'adesione ed è consapevole che questa revisione, la terza dal 2001, rappresenta una proroga per molti degli obiettivi prioritari non ancora raggiunti in molti ambiti; esorta il governo turco a trasformare le priorità indicate nel partenariato in piani di riforma secondo i tempi stabiliti, tenendo presente che ulteriori ritardi influiranno negativamente sul progresso dei negoziati;

6.   si compiace del fatto che nel 2007 la democrazia abbia prevalso sui tentativi di ingerenza dell'esercito nel processo politico; invita il governo turco a compiere ulteriori sforzi sistematici per assicurare che la leadership politica, democraticamente eletta, si assuma la piena responsabilità per l'elaborazione di politiche in materia di affari interni, esteri e di sicurezza, comprese le politiche nei confronti di Cipro, e che le forze armate rispettino tale responsabilità riconoscendo pienamente e senza ambiguità il controllo civile; sottolinea in particolare la necessità di instaurare un pieno controllo parlamentare sull'esercito, sulla politica di difesa e sulle relative spese;

7.   è preoccupato per le conseguenze della dissoluzione dell'AKP; chiede alla Corte istituzionale turca di rispettare i principi dello Stato di diritto, le norme europee e gli orientamenti sul divieto e la dissoluzione di partiti politici e misure analoghe, adottati dalla Commissione di Venezia del Consiglio d'Europa il 10 e 11 dicembre 1999; invita il Parlamento turco ad adeguare la Costituzione a tali norme per quanto concerne il divieto dei partiti politici;

8.   invita il governo turco a rispettare, nel contesto delle riforme, il pluralismo e la diversità in una Turchia laica e democratica ed esorta il governo e tutti i partiti politici ad agire in modo costruttivo, alla ricerca del consenso per importanti misure di modernizzazione del paese;

9.   ritiene che la modifica dell'articolo 301 del codice penale, adottata dal parlamento turco il 30 aprile 2008, costituisca un primo passo verso una riforma radicale di questo e di altri articoli del codice penale, e attende ulteriori iniziative al riguardo; sottolinea che occorre compiere progressi per quanto riguarda la libertà di espressione; sia sul piano teorico che sul piano pratico; deplora il fatto che il numero di persone sottoposte a procedimento penale, a norma di disposizioni giuridiche che consentono la restrizione arbitraria dell'espressione di opinioni non violente, sia ulteriormente aumentato nel 2007[27]; è dell'avviso che l'abrogazione dell'articolo 301 e di altre disposizioni giuridiche che costituiscono una restrizione arbitraria della libertà di espressione garantita del diritto internazionale sarebbe la migliore soluzione per assicurare che la Turchia tuteli pienamente la libertà di espressione e di stampa, conformemente alle disposizioni della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU);

10.plaude alla recente adozione, da parte del parlamento turco, della legge sulle fondazioni; accoglie con favore l'intenzione della Commissione di esaminare il nuovo testo e sottolinea che il parlamento dovrebbe verificare che la legge affronti tutte le problematiche riguardanti le comunità religiose non musulmane, concernenti il diritto di possedere e acquistare proprietà, ivi incluse le proprietà confiscate vendute a terzi; invita le autorità turche ad assicurare che la legge venga applicata, conformemente alla CEDU e alla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo;

11.invita il governo turco, sulla scorta dell'iniziativa positiva intrapresa con l'adozione della legge sulle fondazioni, a rispettare i propri impegni in tema di libertà di religione, definendo, in linea con la CEDU e la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, un quadro legislativo che consenta a tutte le comunità religiose di agire senza costrizioni indebite, in particolare per quanto riguarda il loro status giuridico, la formazione del clero, l'elezione della gerarchia ecclesiastica, l'istruzione religiosa e la costruzione di luoghi di culto; chiede la tutela del patrimonio religioso e culturale; reitera l'invito a riaprire immediatamente il seminario greco-ortodosso di Halki e ad utilizzare in pubblico il titolo ecclesiastico di Patriarca ecumenico; condivide la preoccupazione espressa dal Consiglio il 24 luglio 2007 in merito alla recente decisione adottata dalla Corte di cassazione turca sul Patriarcato ecumenico e si attende che detta decisione non continui ad impedire al Patriarcato e ad altre comunità religiose non musulmane l'esercizio dei diritti garantiti dalla CEDU;

12.esorta il governo turco ad avviare, in via prioritaria, un'iniziativa politica che favorisca una soluzione duratura della questione curda, basata su miglioramenti concreti delle opportunità della vita sociale, economica e culturale, disponibili per i cittadini di origine curda, ivi inclusa la possibilità reale di imparare il curdo nelle scuole pubbliche e private e di utilizzarlo nelle trasmissioni radiotelevisive, nella vita di tutti i giorni e per l'accesso ai servizi pubblici; reputa che un eventuale divieto nei confronti del Partito della società democratica (DTP) sarebbe controproducente ai fini di una soluzione politica;

13.invita il DTP, i suoi deputati al parlamento e i suoi sindaci a prendere chiaramente le distanze dal partito dei laburisti del Kurdistan (PKK) e ad agire in modo costruttivo per cercare una soluzione alla questione curda, nel quadro di uno Stato turco democratico; invita altresì tutti gli altri partiti politici turchi ad agire in modo costruttivo al fine di raggiungere il medesimo obiettivo;

14.deplora i numerosi processi intentati nei confronti di sindaci eletti e di altri politici che avevano usato la lingua curda o avevano espresso la propria opinione sulla questione curda, come le azioni che hanno recentemente condotto alla condanna di Leyla Zana e di 53 sindaci del DTP;

15.rinnova gli inviti precedenti rivolti al governo turco a presentare un piano quadro globale inteso a favorire lo sviluppo socioeconomico e culturale della Turchia sudorientale, dove oltre la metà della popolazione vive sotto la soglia di povertà; ritiene che detto piano quadro dovrebbe affrontare i problemi sociali, ecologici, culturali e geopolitici suscitati dal progetto dell'Anatolia sudorientale; chiede alla Commissione di collegare la componente regionale dell'assistenza concessa a titolo dello strumento di assistenza preadesione (IPA)[28] con una rapida elaborazione di tale strategia;

16. esorta il governo turco a presentare una strategia generale nazionale, nella prospettiva di risolvere la questione degli sfollati, strategia che porrebbe rimedio alle carenze giuridiche e pratiche attuali e fornirebbe l'aiuto finanziario e quant'altro necessario per risolvere adeguatamente il problema dei rientri e dell'indennizzo delle persone interessate;

17.prende atto del processo in corso per la redazione di una nuova costituzione laica; ritiene che esso rappresenti un'opportunità chiave per porre la tutela dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali al centro della costituzione; ribadisce la necessità di creare un sistema di verifiche e di equilibrio, a garanzia della democrazia, dello stato di diritto, della coesione sociale e della separazione fra religione e Stato; sottolinea altresì che la nuova costituzione deve garantire la parità fra i generi, evitare l'uso di criteri vaghi, come quello della "moralità generale", astenersi dal considerare le donne in primo luogo come membri della famiglia o della comunità e riaffermare i diritti umani delle donne, compresi i diritti sessuali e riproduttivi, come loro diritti individuali;

18.evidenzia la necessità che la società civile partecipi ampiamente a tale processo costituzionale, onde giungere a un consenso sul futuro costituzionale della Turchia che riunisca i partiti politici, le minoranze etniche e religiose e le parti sociali; constata che una parte della popolazione è delusa e preoccupata chela sospensione del divieto di portare il fazzoletto nelle università turche non sia parte di un insieme più ampio di riforme, basato su una larga consultazione della società civile; rammenta la propria raccomandazione precedente concernente la soglia elettorale, formulata nella succitata risoluzione del 27 settembre 2006;

19.prende atto dei progressi compiuti relativamente all'efficienza del sistema giudiziario; accoglie con favore l'intenzione del governo turco di attuare una strategia di riforme volte a rafforzare l'indipendenza e l'imparzialità della magistratura e ad aumentare la fiducia dell'opinione pubblica nei suoi confronti; nota che tale strategia non può essere realizzata senza un ambizioso programma di riqualificazione professionale per i componenti dell'apparato giudiziario; ritiene che questa strategia debba, in via prioritaria, assicurare che l'interpretazione della legislazione sui diritti dell'uomo e le libertà fondamentali sia conforme alle disposizioni della CEDU; constata che, senza un ambizioso programma di riciclaggio del personale giudiziario, tale strategia non sarà coronata dal successo; è preoccupato a seguito dell'atteggiamento negativo di taluni elementi del corpo giudiziario nei confronti degli accordi internazionali nel campo dei diritti e delle libertà fondamentali e delle sentenze pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo contro la Turchia per violazioni della CEDU;

20.esorta la Corte costituzionale turca ad avanzare verso l'adozione della decisione definitiva in merito alla legge sul difensore civico, al fine di consentire al governo di istituire, senza ulteriori indugi, l'ufficio del difensore civico; raccomanda alla Turchia di cooperare in materia con il Mediatore europeo e i mediatori nazionali degli Stati membri dell'Unione europea;

21.è preoccupato a seguito dell'ostilità, manifestata con forza in taluni settori della società, nei confronti delle minoranze e degli atti di violenza motivati da considerazioni politiche e religiose; chiede al governo turco di intervenire nei confronti degli organismi e degli ambienti che fomentano le ostilità, di proteggere quanti sono oggetto di minaccia e temono per la propria vita e di incrementare i propri sforzi per creare un ambiente che contribuisca al pieno rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali;

22.invita vivamente le autorità turche a condurre indagini in merito agli omicidi di Hrant Dink e di tre cristiani a Malatya, nonché su altri atti di violenza legati a motivi politici, razziali o religiosi; deplora la lentezza dei relativi processi, i sospetti di parzialità e l'impressione di impunità che se ne deriva, e chiede alle autorità di far piena luce sulle accuse di negligenza da parte delle autorità competenti e assicurando i responsabili alla giustizia;

23.esorta le autorità turche a condurre con risolutezza indagini relative all'organizzazione criminale denominata Ergenekon, nello stretto rispetto del principio di legalità, per identificarne le reti di collegamento con le strutture statali e arrestare i soggetti coinvolti;

24.prende atto della valutazione della Commissione in merito alla continua diminuzione dei casi di tortura e maltrattamento e all'effetto positivo delle iniziative di salvaguardia legislativa; invita nondimeno la Commissione a verificare se la legge antiterrorismo e la legge sui poteri di polizia non minaccino tali risultati positivi; invita il governo turco a rafforzare la lotta contro le torture compiute all'interno e al di fuori dei centri di detenzione e contro l'impunità dei pubblici ufficiali, nonché a ratificare e applicare il Protocollo opzionale alla Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, contribuendo in tal modo a prevenire sistematicamente la tortura e ad assicurare il monitoraggio indipendente dei centri di detenzione;

25.prende atto delle osservazioni del Primo ministro Erdogan sull'assimilazione, espresse in occasione della sua recente visita in Germania; ritiene che il governo turco debba intraprendere iniziative affinché tutti i cittadini sviluppino la propria identità culturale in seno a uno Stato turco democratico; ricorda, a tal proposito, gli impegni stabiliti nel quadro negoziale in merito al rispetto e alla protezione delle minoranze, al reale accesso all'apprendimento di lingue diverse dal turco, nonché al loro impiego nelle trasmissioni radiotelevisive e nei servizi pubblici;

26.plaude ai progressi compiuti nella protezione delle donne contro la violenza ed elogia il lavoro svolto dalle istituzioni pubbliche e dalle organizzazioni della società civile in questo ambito; invita le autorità turche a proseguire gli sforzi per l'eliminazione della violenza domestica, dei cosiddetti "delitti d'onore" e dei matrimoni forzati, in particolare attraverso la piena applicazione di legislazioni specifiche e con continue campagne di informazione, offrendo più rifugi alle vittime, migliorando la formazione degli organismi preposti all'applicazione della legge e monitorando attentamente le iniziative intraprese; constata con preoccupazione che l'accesso a dati affidabili sulla frequenza delle violenze contro le donne permane un problema e chiede con insistenza al governo di porre rimedio a tale situazione;

27.riconosce che un numero considerevole di donne occupa posizioni di rilievo in ambito economico, politico e accademico e ribadisce che la parità di trattamento, l'accesso all'istruzione e l'acquisizione di potere nel campo politico, economico e sociale, da parte delle donne sono fondamentali per la crescita e la prosperità economica futura della Turchia; tuttavia, rileva con preoccupazione che il tasso di occupazione totale delle donne in Turchia è pari soltanto al 23,8%[29] e che la partecipazione delle donne alla vita politica è rimasta pressoché immutata; esorta pertanto il governo turco a intraprendere ulteriori azioni concrete per innalzare la presenza delle donne nella forza lavoro, in particolare nelle aree rurali, a rafforzare la loro inclusione nei sistemi di sicurezza sociale e sanitaria e a mettere a punto strumenti o misure provvisori per aumentare la partecipazione attiva delle donne alla vita politica;

28.dà atto al governo turco per il sostegno dimostrato alla riuscita di progetti di cooperazione tra partner comunitari e turchi, quali ad esempio il progetto di gemellaggio in vista dell'istituzione di un organo indipendente per la parità tra i sessi, e della formazione di 750 funzionari nel campo del mainstreaming di genere; si attende che il suddetto organo sia istituito senza indugio;

29.osserva che le competenze della commissione per le pari opportunità del parlamento turco della quale si propone la creazione non sono chiare; incoraggia il parlamento turco a creare una commissione specializzata dotata di poteri legislativi quale strumento fondamentale per migliorare i diritti della donna e per l'integrazione della dimensione di genere in Turchia;

30.rispetta e sostiene il lavoro svolto dalle organizzazioni femminili in Turchia, che rafforzano il ruolo delle donne nella società, contribuiscono a proteggerle contro la violenza e intensificano la loro partecipazione alle attività imprenditoriali, fornendo al contempo un esempio positivo di responsabilizzazione delle donne e contribuendo alla parità tra uomini e donne;

31.elogia la Turchia per i progressi compiuti in campo economico; ribadisce la convinzione che soltanto una società socialmente coesa, supportata da una classe media forte, può raggiungere la prosperità; deplora, perciò, il limitato impatto della forte crescita economica sul mercato del lavoro, ancora debole; sottolinea la necessità di affrontare il problema dell'economia sommersa e di garantire la sostenibilità del sistema di sicurezza sociale; ritiene che un ruolo più importante per le piccole e medie imprese potrebbe contribuire ad accelerare la crescita economica;

32.ricorda il contributo che un dialogo sociale efficace può offrire all'instaurazione di relazioni necessarie per il funzionamento di un'economia di mercato attenta ai bisogni sociali; deplora i progressi limitati compiuti nel rafforzamento dei meccanismi di dialogo sociale; esorta il governo turco ad applicare pienamente le convenzioni dell'Organizzazione internazionale del lavoro e sottolinea la necessità di eliminare le attuali restrizioni alla libertà di associazione, al diritto di sciopero e al diritto di negoziazione collettiva;

33.esprime la propria preoccupazione per l'eccessivo uso della forza, da parte della polizia turca, nei confronti dei dimostranti che hanno partecipato alla manifestazione del 1° maggio 2008 a Istanbul; ribadisce che la libertà di associazione e l'attività pacifica dei sindacati sono diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo;

34.sottolinea l'importanza dell'accesso all'istruzione come fattore fondamentale per una società socialmente coesa; elogia il governo turco e la società civile per la campagna di sensibilizzazione volta a innalzare il numero di iscrizioni scolastiche tra le bambine; ricorda tuttavia la necessità di vigilare affinché tutti i neonati siano iscritti all'anagrafe e di migliorare il controllo e l'applicazione dell'obbligo scolastico, in modo da ridurre ulteriormente il numero di bambini che non frequentano la scuola; elogia il governo turco per i risultati positivi ottenuti nella riduzione del lavoro minorile e lo incoraggia a proseguire in questa direzione;

35.esprime preoccupazione per il livello di corruzione; esorta le autorità turche a elaborare una strategia globale volta a combattere efficacemente la corruzione;

36.è preoccupato per le notevoli discrepanze in termini di sviluppo tra le diverse regioni della Turchia e tra le aree rurali e urbane; invita il governo turco a elaborare una strategia globale per far fronte a tali disparità e invita la Commissione a fornire informazioni al Parlamento, entro la fine del 2008, in merito al contributo dell'Unione europea all'elaborazione di tale strategia nell'ambito dell'IPA per il 2007 e 2008;

37.invita il governo turco ad applicare norme europee nei casi di progetti con conseguenze importanti, come quelli della costruzione delle dighe nella valle del Munzur, della diga di Allianoi, della costruzione della diga di Ilisu e dell'estrazione dell'oro a Bergama e in altre regioni, progetti che minacciano il patrimonio storico e siti naturali unici e di grande valore; invita il governo turco a prendere come riferimento la normativa comunitaria nel quadro dell'elaborazione di progetti di sviluppo regionale;

38.condanna fermamente le violenze perpetrate dal PKK e da altri gruppi terroristi in territorio turco; condanna l'attacco di Diyarbakir, nel gennaio 2008, in cui sei persone sono state uccise e altre 60 sono state ferite, e formula le proprie sentite condoglianze alle famiglie delle vittime di questo crimine; esprime alla Turchia la propria solidarietà nella sua lotta contro il terrorismo e reitera l'appello al PKK, affinché dichiari e rispetti una tregua immediata e incondizionata;

39.ribadisce gli appelli al governo turco ad astenersi dall'effettuare operazioni militari sproporzionate che víolino la sovranità territoriale dell'Iraq ed esorta la Turchia a rispettare l'integrità territoriale dell'Iraq, i diritti umani e lo Stato di diritto, e a fare in modo che non vi siano vittime fra i civili; esorta il governo dell'Iraq e il governo regionale curdo dell'Iraq a non consentire che il territorio iracheno venga utilizzato quale base per azioni terroristiche contro la Turchia; si compiace dei contatti tra i governi della Turchia e dell'Iraq e invita a intraprendere azioni che rafforzino la cooperazione con il governo regionale curdo dell'Iraq, in modo da consentire un'efficace prevenzione degli attacchi terroristici sotto la responsabilità dell'Iraq;

Questioni regionali e relazioni esterne

40.rammenta l'impegno assunto dalla Turchia di intrattenere buone relazioni di vicinato e evidenzia che il paese deve pertanto astenersi da qualsiasi minaccia nei confronti dei paesi vicini e risolvere tutte le contese in sospeso in modo pacifico, conformemente alla carta delle Nazioni Unite, ad altre convenzioni internazionali attinenti e agli accordi ed obblighi bilaterali; invita in particolare le autorità turche a rafforzare, in uno spirito di buone relazioni di vicinato, il dialogo con la Grecia (per quanto riguarda, ad esempio, la delimitazione della piattaforma continentale del Mar Egeo) e con la Bulgaria (per quanto riguarda, ad esempio, i diritti di proprietà dei rifugiati bulgari di Tracia), onde regolare tutte le questioni bilaterali in sospeso;

41.sottolinea la necessità di arrivare a una soluzione globale della questione di Cipro; si compiace dell'accordo raggiunto il 21 marzo 2008 dai leader delle due comunità cipriote ed esorta entrambe le parti a sfruttare l'attuale apertura per trovare, nel quadro dell'ONU, una soluzione globale basata sui principi su cui è fondata l'Unione europea; ricorda a tal riguardo le sue precedenti risoluzioni in cui afferma che il ritiro delle forze turche agevolerebbe la negoziazione di un accordo;

42.si compiace dell'istituzione di uno strumento di sostegno finanziario destinato a promuovere lo sviluppo economico della comunità turco-cipriota; invita nuovamente la Commissione a riferire specificatamente in merito all'applicazione e all'efficacia di tale strumento;

43.esprime soddisfazione per il miglioramento delle relazioni tra Grecia e Turchia conseguito nel corso dell'ultimo decennio e per il proseguimento del clima politico positivo, come evidenziato durante la recente visita ufficiale del Primo ministro della Repubblica ellenica Kostas Karamanlis in Turchia, visita che alimenta le speranze di un ulteriore miglioramento delle relazioni bilaterali tra Grecia e Turchia, in particolare per quanto concerne una soluzione pacifica di tutte le questioni indicate nelle precedenti risoluzioni del Parlamento, conformemente al diritto internazionale e agli impegni assunti con il quadro negoziale;

44.invita il governo turco  a riaprire le frontiere con l'Armenia, ripristinando piene relazioni economiche e politiche con tale paese; ribadisce il proprio appello ai governi turco e armeno affinché avviino un processo di riconciliazione concernente il presente e il passato, che consenta una discussione franca e aperta sugli eventi passati, e invita la Commissione ad agevolare tale processo di riconciliazione;

45.rileva l'importanza del ruolo della Turchia quale partner dell'Unione europea, per il conseguimento degli obiettivi della politica estera dell'Unione europea nella regione del Mar Nero, in quella centroasiatica e in Medio Oriente; invita la Commissione e il Consiglio a utilizzare al meglio i potenziali vantaggi offerti da relazioni più strette con la Turchia in dette regioni;

46.invita la Turchia a firmare lo statuto di Roma del Tribunale penale internazionale, dato che quest'ultimo è uno strumento essenziale a livello multilaterale;

47.plaude alla partecipazione della Turchia alle missioni e alle operazioni della politica europea di sicurezza e di difesa in Bosnia-Herzegovina e nella Repubblica democratica del Congo, nonché al suo contributo alle operazioni condotte sotto l'egida delle Nazioni Unite in Kosovo, nel Darfur e in Afghanistan;

48.Deplora, d'altronde, le obiezioni della Turchia all'applicazione della cooperazione strategica fra l'Unione europea e la NATO, sulla base dell'accordo di Berlino Plus e oltre ad esso; è preoccupato per le conseguenze negative di tali obiezioni per la protezione del personale dell'Unione europea impiegato sul posto, in particolare nel quadro della missione di polizia dell'Unione europea in Afghanistan e della missione dell'Unione europea sullo Stato di diritto in Kosovo (EULEX), e chiede alla Turchia di ritirare tali obiezioni quanto prima;

Relazioni UE-Turchia

 

49.esorta il governo turco ad applicare integralmente e senza indugio le disposizioni contenute nell'accordo di associazione CE-Turchia e nel suo protocollo aggiuntivo; ricorda che l'inadempimento da parte della Turchia degli impegni assunti continuerà ad influenzare negativamente il processo negoziale;

50.prende atto delle ambizioni della Turchia di diventare un polo energetico euroasiatico e riconosce il ruolo che il paese potrà svolgere nel garantire la sicurezza energetica dell'Europa; plaude ai progressi compiuti dalla Turchia nel settore dell'energia; ricorda la summenzionata risoluzione del 24 ottobre 2007 a favore dell'apertura di negoziati su questo capitolo; incoraggia la Turchia ad aderire, in qualità di membro a pieno titolo, alla Comunità europea dell'energia, rafforzando così ulteriormente la cooperazione tra l'Unione europea e la Turchia in tale settore, cosa che potrà portare benefici a tutte le parti interessate; invita la Turchia a dare il proprio sostegno al progetto del gasdotto Nabucco, uno dei progetti europei prioritari;

51.invita la Commissione e il governo turco ad avviare negoziati per un accordo UE-Turchia in materia di agevolazioni per i visti;

52.ricorda che una delle principali rotte di immigrazione verso l'Europa dal Medio Oriente e dall'Asia meridionale attraversa il territorio turco; rileva gli scarsi progressi compiuti nell'ambito della gestione dei flussi migratori; invita la Commissione e la Turchia ad intensificare i negoziati per un accordo in materia di riammissione, nel rispetto dei diritti umani fondamentali, al fine di concludere tale accordo senza indugi; esorta il governo turco ad applicare in modo adeguato gli attuali accordi bilaterali in materia di riammissione nonché i protocolli con gli Stati membri dell'Unione europea;

53. si compiace dei progressi compiuti dal governo turco nei campi dell'istruzione, della formazione, dei giovani e della cultura al fine di allinearsi con l'acquis comunitario; ribadisce l'importanza di una stretta collaborazione tra l'Unione europea e la Turchia in questi settori, fondamentali per la modernizzazione a lungo termine della società turca;

54.si compiace che Istanbul sia stata designata Capitale europea della cultura 2010, in quanto ciò rappresenta un'opportunità per rafforzare il dialogo interculturale e la cooperazione fra l'Unione europea e la Turchia;

55.ribadisce il proprio sostegno al dialogo UE-Turchia sulla società civile e chiede alla Commissione di riferire in merito alle attività condotte in tale ambito e all'assistenza offerta alla società civile turca, nel quadro dell'IPA; invita il governo turco a coinvolgere maggiormente la società civile nel processo di riforma;

56.si compiace del fatto che l'IPA preveda un sostegno ad azioni intese a promuovere un dibattito pubblico meglio informato sull'allargamento dell'Unione europea; invita il governo turco, nonché gli attori non governativi turchi e dell'Unione europea, a fare pieno ricorso a questi mezzi per incrementare il sostegno al processo di riforma e per sviluppare ulteriormente le relazioni fra l'Unione europea e la Turchia;

57.si rammarica del fatto che la Commissione non abbia elaborato un seguito allo studio d'impatto presentato nel 2004 e chiede che esso venga presentato senza indugi al Parlamento;

58.invita il governo turco a creare tutte le strutture necessarie per attuare concretamente l'assistenza IPA e a rafforzare la capacità di assorbimento della Turchia; invita la Commissione a riferire, entro la fine del 2008, in merito all'assistenza fornita nell'ambito dell'IPA, dal 2007;

59.sottolinea l'importanza di programmi di cooperazione transfrontaliera a livello sia bilaterale che trilaterale (Turchia-Grecia-Bulgaria), compreso il programma ENPI (Strumento europeo di vicinato e partenariato)/CBC (cooperazione transfrontaliera) Mar Nero, dato che si tratta di uno strumento adeguato per sostenere contatti sociali, culturali ed economici più intensi fra partner locali e regioni frontaliere;

60.incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione al Consiglio e alla Commissione, al Segretario generale del Consiglio d'Europa, al presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo, ai governi e ai parlamenti degli Stati membri nonché al governo e al parlamento della Repubblica di Turchia.

 



[1]    E’ provato il collegamento tra Ergenekon e alcuni generali in pensione complici di due tentativi di golpe militari nel 2004, tesi a rovesciare il governo a causa della politica del partito AKP nei confronti della questione cipriota.

[2]    Il 3 ottobre un gruppo di ribelli curdi ha sferrato un sanguinoso attacco contro una caserma dell'esercito nella località di Aktutun, a quattro chilometri dal confine con l'Iraq. Negli scontri hanno perso la vita 15 militari e 28 indipendentisti curdi. L'esercito turco ha perso 366 soldati solo nei maggiori attacchi, 38 in tutto, effettuati dal PKK a partire dal 1991.

[3]    A testimonianza del perdurare del problema rappresentato dalle basi del PKK in territorio iracheno, si ricorda che l'8 ottobre 2008 il Parlamento turco ha rinnovato l'autorizzazione alle forze armate per azioni militari oltre confine.

[4]    Il 26% della popolazione ha meno di 14 anni, il 67,3% ha un’età compresa tra 14 e 65 anni e il restante 6,7% ha più di 64 anni.

[5]    Il DSP (13 deputati) ha poi rotto l’alleanza con il CHP.

[6]    E’ presieduto dal Presidente della Repubblica e ne fanno parte il Primo Ministro, il Capo di Stato Maggiore, i Ministri della Difesa, degli Interni e degli Esteri, ed i comandanti delle forze aeree, navali e terrestri.

[7]     Nella XV legislatura la delegazione era formata dai deputati Marco Airaghi (AN), Marco Beltrandi (Rosa nel Pugno), Salvatore Cicu (FI), Elettra Deiana (Rif. Com.), Francesco Monaco (Ulivo), Michele Pisacane (Popolari-Udeur), Alba Sasso (Ulivo), Michele Giuseppe Vietti (UDC).

 

[8]    Si trattava dell’interpellanza n. 2-00481 presentata dall’on. Marco BOATO il 23/04/2007 il cui iter non si è concluso. Era stata altresì presentata il 17/10/2006 da parte dell’on. Fabio Rampelli una interrogazione a risposta scritta n. 4-01290 cui il governo aveva risposto il 29 gennaio 2007.

 

[9]   SEC(2008) 2699.

[10]    Il termine per la presentazione degli emendamenti al testo del relatore è fissato al 16 dicembre 2008.

[11]   Tale condizione è stata soddisfatta dalla Turchia il 1° giugno 2005.

[12]   Regolamento (CE) n. 587/2008 del Consiglio

[13]    Seconda relazione annuale 2007 sull'attuazione dell'assistenza comunitaria ai sensi del regolamento (CE) n. 389/2006 del Consiglio, del 27 febbraio 2006, che istituisce uno strumento di sostegno finanziario per promuovere lo sviluppo economico della comunità turco-cipriota (COM (2008) 551)

[14]   COM(2004)466.

[15]    Il 21 marzo 2008 si è svolto il primo incontro ufficiale tra il nuovo Presidente della Repubblica di Cipro e il leader della comunità turco-cipriota. Come seguito di tale incontro, il 3 aprile 2008 è stato riaperto, dopo 44 anni, il varco di Ledra street a Nicosia.

[16]   SEC (2006) 1390.

[17]   La conferenza intergovernativa si è tenuta l’11 dicembre 2006, a margine del Consiglio affari generali e relazioni esterne.

[18]    Si tratta dei capitoli seguenti: capitolo 1 - Libera circolazione delle merci; capitolo 3 - Diritto di stabilimento e libertà di prestare servizi; capitolo 9 - Servizi finanziari; capitolo 11 - Agricoltura e sviluppo rurale; capitolo 13 – Pesca; capitolo 14 - Politica dei trasporti; capitolo 29 - Unione doganale; capitolo 30 - Relazioni esterne.

[19]    Nelle sue conclusioni del 22 gennaio 2007, il Consiglio ha dichiarato che i lavori per l'adozione della proposta della Commissione devono riprendere senza indugio.

[20]    Decisione del Consiglio 2006/35/CE.

[21]    Tale somma (che sarà così suddivisa: 497.2 milioni di euro per il 2007; 538.7 per il 2008; 566.4 per il 2009; 653.7 per il 2010 e 781.9 per il 2011) fa della Turchia uno dei principali destinatari dell’assistenza esterna dell’UE nel mondo. Per il periodo dal 2004 al 2006 la Turchia aveva beneficiato di un finanziamento totale di 1.050 milioni di euro.

[22]   GU C 306 E del 15.12.2006, pag. 284.

[23]   Testi approvati, P6_TA(2007)0472.

[24]   GU C 157 E del 6.7.2006, pag. 385.

[25]   GU C 287 E del 29.11.2007, pag. 174.

[26]   GU L 51 del 26.2.2008, pag. 4.

[27]   Comunicazione della Commissione dal titolo "Strategia di allargamento e sfide principali per il periodo 2007-2008" (COM(2007)0663), pag. 62.

[28]   Regolamento (CE) n. 1085/2006 del Consiglio, del 17 luglio 2006, che istituisce uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (GU L 210 del 31.7.2006, pag. 82).

[29]   Dati statistici allegati alla summenzionata relazione 2007 della Commissione sui progressi compiuti dalla Turchia.