Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio delle Nazioni Unite
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 37
Data: 15/12/2008
Descrittori:
ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE ( ONU )   ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
RELAZIONI INTERNAZIONALI     
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Documentazione e ricerche

Gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio
delle Nazioni Unite

 

 

 

 

 

n. 37

 

 

15 dicembre 2008

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento affari esteri

 

 

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File:es0101.doc


INDICE

Scheda di lettura

La realizzazione degli Obiettivi del Millennio delle Nazioni Unite  3

Le conferenze internazionali di Accra e di Doha sugli Obiettivi del Millennio  3

Gli Otto Obiettivi5

Il Rapporto del 2008 sugli Obiettivi del Millennio  6

Il Rapporto del MDGs Gap Task  13

Il Global Monitoring Report 2008  16

La Riunione ad Alto Livello del 25 settembre 2008  19

Dati e Rapporti regionali: l’Africa  21

Cenni sulle altre grandi aree  24

UN Report of the MDG Gap Task Force Fact Sheet, Where are the gaps?, 4 settembre 2008  29

European Report on Development, Millennium Development Goals at Midpoint: Where do we stand and where do we need to go?, settembre 2008  29

W. Easterly, How the millennium development goals are unfair to Africa, in: Brooking Global Economy & Development, novembre 2007  29

ESCAP-ADB-UNDP, A future within reach Regional Partenership for the Millennium Development Goals in Asia and the Pacific, 2008  29

E. Fantini, Lotta alla povertà e diritto all’acqua, in: Aggiornamenti sociali, dicembre 2007  29

J. Darcy, The MDG’s and the humanitarian-development divide, tratto da www.odi.org.uk  29

A. Shepherd, The anti-poverty relay: a progress report, tratto da www.opendemocracy.net29

 

 


Scheda di lettura

 


La realizzazione degli Obiettivi del Millennio
delle Nazioni Unite

 

Il 2008 è stato un anno cruciale per lo sviluppo: perché ha segnato un punto intermedio nel percorso verso il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio (MDGs), la cui realizzazione è stata fissata entro la fine del 2015, e poiché erano in programma una serie di eventi internazionali ad alto livello che hanno posto gli Obiettivi al centro del dibattito. Si tratta della Conferenza di Accra (Terzo forum sull’efficacia degli aiuti, dal 2 al 4 settembre 2008), della Conferenza internazionale di Doha (29 novembre - 2 dicembre 2008) per la valutazione dello stato delle iniziative di finanziamento dello sviluppo, assunte nel quadro della Conferenza di Monterrey del 2002 e, soprattutto, del Meeting ad alto livello dell’ONU (che si è svolto il 25 settembre a New York a margine dell’Assemblea generale dell’ONU – v. infra) organizzato per rilanciare l’azione della comunità internazionale al fine di realizzare gli Obiettivi nei tempi prefissati che, come è noto, si sta rivelando piena di ostacoli.

Le conferenze internazionali di Accra e di Doha sugli Obiettivi del Millennio

La Conferenza di Accra (Ghana) sull’efficacia degli aiuti aveva il compito di fare il punto sulla Dichiarazione di Parigi adottata nel 2005 per migliorare la qualità degli aiuti e si è conclusa con l’adozione di un Programma di azione approvato a larga maggioranza dai partecipanti. Con il Programma di Accra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo si sono accordati per intraprendere un’azione decisa per riformare il sistema degli aiuti: i PVS si sono impegnati ad assumere su se stessi il controllo del proprio futuro, i Paesi donatori a migliorare il coordinamento degli aiuti. Il Programma di Accra è il risultato di una alleanza senza precedenti: tra paesi in via di sviluppo, paesi donatori, economie emergenti, Nazioni unite, istituzioni multilaterali, fondi globali e organizzazioni della società civile. I suoi punti chiave includono:

 

 

La Conferenza di Doha sul finanziamento allo sviluppo si è svolta dal 28 novembre al 2 dicembre 2008 sotto la pesante cappa della crisi finanziaria mondiale. Il Documento finale con cui la Conferenza si è conclusa, ha pertanto scontentato innanzitutto le nazioni più povere, che stanno pagando il prezzo di una crisi della quale non sono responsabili, ma anche  i rappresentanti delle 250 ONG che hanno partecipato ai lavori, che hanno denunciato la scarsità dei nuovi impegni assunti. Anche da parte della Santa Sede è stata espressa delusione per gli esiti del Vertice, affermando che "sembrano emergere posizioni polarizzate: da un lato i Paesi in via di sviluppo che chiedono la riforma, dall'altro i Paesi ricchi che vi si oppongono" (L’Osservatore romano, 3 dicembre 2008).

L’esiguità dei contenuti del lunghissimo Documento finale è probabilmente dovuta ai molti compromessi ai quali i blocchi negoziali hanno dovuto sottostare per giungere ad un accordo alla fine delle lunghe e faticose trattative. Tutti i delegati hanno però mostrato soddisfazione per il consenso circa il mandato conferito al Presidente dell’Assemblea generale e al Segretario generale dell’ONU per l’organizzazione di una Conferenza ad alto livello sulla crisi finanziaria globale e sui suoi impatti sullo sviluppo (par. 79 del Documento finale).

Il Documento finale contiene, fra l’altro, l’impegno ad agire contro l’evasione fiscale e i movimenti illeciti di denaro, anche se non vi sono chiare indicazioni circa le azioni concrete da adottare. La giustizia fiscale è così stata riconosciuta come una priorità per lo sviluppo (par. 16).

Circa il commercio, il Documento esprime la necessità che siano compiuti sforzi per renderlo più equo e maggiormente favorevole allo sviluppo e l’impegno a rispondere ai bisogni dei paesi più poveri (LDCs) che stanno lavorando per migliorare il funzionamento del sistema commerciale (par. 31).

Sugli aiuti, il par. 43 afferma che per raggiungere gli obiettivi già decisi (0,7% del PIL da destinare agli aiuti entro il 2015, con le gradualità stabilite) i donatori dovranno prendere le misure necessarie, in particolare quelli più arretrati sulla tabella di marcia. Sull’efficacia degli aiuti, il par. 46 rimanda alle decisioni della agenda di Accra.

Vengono poi confermate le attuali misure per la cancellazione e la sostenibilità del debito, nonché i meccanismi che regolano i rapporti debitore/creditore.

Il documento finale impegna inoltre i Paesi sottoscrittori a promuovere la parità di genere e l'empowerment economico delle donne come condizione fondamentale per raggiungere uno sviluppo equo ed effettivo.

Il follow-up è stato rinviato alla sessione primaverile dell’ECOSOC (Consiglio economico e sociale dell’ONU).

Gli Otto Obiettivi

Fin dal momento della loro adozione (settembre 2000), gli Obiettivi del Millennio hanno assunto il ruolo fondamentale e universale di riferimento per lo sviluppo e sono divenuti un mezzo per i paesi in via di sviluppo e i donatori per lavorare insieme allo scopo di costruire un futuro condiviso da tutti. Le molte organizzazioni coinvolte nella realizzazione degli Obiettivi - tra le quali la Banca mondiale, il Fondo monetario internazionale e molte agenzie dell’ONU - hanno in questi anni dedicato molti dei loro sforzi alla creazione di progetti e allo svolgimento di attività diretti all’avvicinamento del traguardo.

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite si è riunita dal 2 al 4 aprile 2008 per confrontarsi sulla necessità di accelerare il processo di avanzamento degli Obiettivi: sebbene infatti siano stati fatti significativi passi in avanti nella lotta alla povertà e alla fame, nella riduzione della mortalità infantile e nell’aumento delle iscrizioni scolastiche, nessun Obiettivo sarà raggiunto nell’Africa sub-sahariana se continuerà il trend in atto. All’Assemblea sono stati analizzati i dati forniti dall’ONIU, secondo i quali un terzo della popolazione sub-sahariana soffre di malnutrizione e, se non saranno adottate misure concrete al più presto, una persona su sei a livello mondiale (circa un miliardo) continuerà a vivere  con meno di 1 dollaro al giorno, anche nel 2015. Il Presidente dell’Assemblea generale, Kerim, ha dichiarato che il 2008 dovrà essere l’anno nel quale si manterranno le promesse ed ha proposto che, fino al 2015 l’Assemblea si riunisca, una volta l’anno, per prendere visione e valutare i progressi compiuti e per chiedere conto ai partner dell’attuazione degli impegni assunti.

Gli otto Obiettivi del Millennio sono così definiti:

1. Eliminare la povertà estrema e la fame

2. Istruzione primaria per tutti

3. Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia delle donne

4. Ridurre la mortalità infantile

5. Migliorare la salute materna

6. Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie

7. Assicurare un ambiente sostenibile

8. Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo.

 

Gli Otto Obiettivi sono poi articolati in oltre 20 target e in 60indicatori che sono stati individuati allo scopo di rendere misurabili i progressi in direzione della realizzazione degli MDGs nel periodo dal 2000 al 2015.

Ogni anno il Segretario generale delle Nazioni Unite presenta un rapporto all’Assemblea generale sui progressi effettuati, basandosi sui dati forniti dagli indicatori aggregati a livello globale e regionale.

Gli Obiettivi, i target e gli indicatori, come definiti nel 2002, sono stati usati fino al 2007, quando il quadro di monitoraggio degli MDGs è stato rivisto per includere i quattro nuovi target decisi dal World Summit del 2005 e, conseguentemente, i nuovi indicatori[1].

Il Rapporto del 2008 sugli Obiettivi del Millennio

E’ stato reso pubblico l’11 settembre scorso il Rapporto sugli Obiettivi del Millennio, (Millennium Development Goals Report 2008) pubblicato a cura delle Nazioni Unite, che riassume i risultati conseguiti grazie all’impegno profuso nelle attività di sviluppo in circa 190 Paesi. Il Rapporto, come i precedenti, si basa su dati raccolti ed elaborati da Agenzie specializzate e da un Gruppo di esperti, sotto la direzione del Dipartimento degli Affari economici e sociali del Segretariato delle Nazioni Unite.

Importanti i progressi realizzati, secondo il Rapporto 2008, che tuttavia rinnova la denuncia del rischio, molto concreto, di non raggiungere compiutamente gli Otto Obiettivi entro il termine stabilito del 2015: a questo fine vengono evidenziati i settori lacunosi e misurato il percorso residuale, che sarà reso ancora più accidentato dalla criticità della situazione economica mondiale. Gli sforzi per ridurre la povertà risentono infatti del rallentamento della crescita, della crisi alimentare e del riscaldamento del pianeta sempre più evidente, tutti fattori il cui impatto sarà maggiormente avvertito dalle popolazioni povere.

 

Obiettivo 1: Eliminare la povertà estrema e la fame

Vengono registrati successi nell’attuazione del target  “Dimezzare, tra il 1990 e il 2015, il numero delle persone il cui reddito è inferiore a 1 dollaro al giorno”: nonostante il continuo aumento del costo della vita affligga anche i PVS, vi sono evidenze che la crescita economica nel 2007 abbia portato ad una diminuzione della povertà e l’obiettivo è considerato tuttora raggiungibile

Le persone dei paesi in via di sviluppo che vivono in estrema povertà sono infatti passate da 1,25 miliardi del 1990 a 980 milioni nel 2004 (scendendo dal 33% circa al 19%), grazie soprattutto al netto miglioramento delle condizioni di vita registrato in molta parte dell’Asia e, in particolare, nell’Asia orientale e sud-orientale. Allo stesso tempo, purtroppo, il numero di persone che vive in estrema povertà è addirittura quasi duplicato nelle regioni dell’Asia occidentale tra il 1990 e il 2005. La povertà estrema ha avuto un picco di aumento nei primi anni ’90 nell’Europa sudorientale, la cui economia è in via di transizione, e nei Paesi della Comunità di Stati Indipendenti. I tassi di povertà stanno ora lentamente rinormalizzandosi e stanno di nuovo tornando ai livelli degli anni Ottanta.

Nell’Africa sub-sahariana si è verificato un lieve miglioramento della situazione dal 1990 al 2004 (la quota di persone poverissime è passata dal 48,8% al 41,1%) e molta parte dei progressi si sono verificati a partire dal 2000. Il numero di persone che vive con meno di un dollaro al giorno si sta stabilizzando, nonostante il rapido aumento della popolazione. Il PIL pro capite di sette paesi sub-sahariani è cresciuto di oltre il 3,5% tra il 2000 e il 2005, mentre in altri 23, la crescita è stata del 2% annuo.

Un altro target (1.C.)prevede il dimezzamento, sempre tra il 1990 e il 2015, della popolazione che soffre la fame, con ciò intendendo il numero di coloro che non hanno una quantità giornaliera di cibo sufficiente a soddisfare le proprie necessità. La realizzazione di questo target è tuttora molto incerta e lontana: la fame cronica è in diminuzione nel mondo in via di sviluppo, e il numero di bambini al di sotto dei 5 anni che sono sottopeso è diminuito di un quinto dal 1990 al 2005. Nei Paesi dell’Asia orientale si sono registrati notevoli progressi, tali da far pensare che il target verrà raggiunto. L’Asia meridionale e l’Africa sub-sahariana continuano ad essere le regioni maggiormente afflitte dal problema.

 

Obiettivo 2: Istruzione primaria per tutti

L’Obiettivo n. 2 è volto a garantire l’istruzione primaria a tutti i bambini e le bambine. Il Rapporto mostra come le iscrizioni ai corsi di istruzione primaria siano in netto aumento nei PVS (si è passati dall’80% di iscrizioni di bambini in età scolare nel 1990-1991 all’88% nel 2004-2005), ma evidenzia ancora una volta come l’Africa sub-sahariana, nonostante i significativi progressi, rimanga ancora molto arretrata rispetto agli altri paesi (il 30% dei bambini in età scolare non va a scuola).

Nonostante i progressi, il numero di bambini che non va a scuola è ancora troppo elevato, ed è tanto più alto quanto più ci si spinge nelle aree rurali. Inoltre, le statistiche sono basate sui dati relativi alle iscrizioni che, necessariamente, non possono tenere conto di un fenomeno molto diffuso, quale è quello della non frequentazione sistematica della scuola. Dei 72 milioni di bambini non iscritti a scuola nel 2005 (dato sottostimato per la ragione appena descritta), il 57% è costituito da bambine, fatto che mette in evidenza il permanere di una disparità tra i sessi anche in questo settore.

Il Rapporto evidenzia l’esistenza di un altro fenomeno che andrebbe contrastato: la frequentazione della scuola primaria di una quota elevata di ragazzi in fasce di età non appropriate. In alcune regioni, come l’Africa subsahariana, la maggioranza dei ragazzi aventi l’età per frequentare la scuola secondaria frequentano invece la scuola primaria, con i problemi che questo può creare a loro stessi e alle classi che frequentano.

 

Obiettivo 3: Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia delle donne

L’Obiettivo n. 3 prevede l’eliminazione della disparità di genere nell’istruzione primaria e secondaria, preferibilmente entro il 2005, e in tutti i livelli di educazione non oltre il 2015.

Il Rapporto afferma che il mercato del lavoro si sta aprendo alle donne, ma molto lentamente: le donne impiegate in lavori non agricoli continuano ad aumentare e i maggiori progressi si registrano in alcune delle regioni in cui le donne sono meno presenti nel mondo del lavoro; dal 1990 al 2005 il loro impiego è aumentato del 3% (dal 36 al 39%) in tutto il mondo. Le donne continuano a subire discriminazioni legate al genere: differenze di trattamento economico, grande impiego in settori più informali o di mera sussistenza, con la conseguenza, ad esempio, che esse non hanno accesso ai meccanismi di protezione sociale.

 

Obiettivo 4: Ridurre la mortalità infantile

L’ Obiettivo 4 si concretizza nel target “Ridurre di due terzi la mortalità dei bambini al di sotto dei cinque anni” . Anche in questo caso il Rapporto rileva un miglioramento generale nel tasso di sopravvivenza nei bambini dei paesi in via di sviluppo (nel 1990 si registravano 106 morti ogni 1000 nati vivi, contro gli 83 del 2005) che tuttavia si dimostra di gran lunga insufficiente specialmente nell’area Sub-sahariana e nell’Asia meridionale.

Il morbillo, secondo i dati forniti dal Rapporto, resta una delle cause più importanti di mortalità infantilee ha causato nel 2005 circa 345.000 decessi. Tuttavia, la diffusione della vaccinazione, di cui hanno beneficiato anche il 75% della popolazione infantile dei PVS nel 2005, ha fatto sì che, a livello globale, le morti per morbillo siano diminuite di oltre il 60% tra il 2000 e il 2005. Il risultato costituisce uno dei più riusciti interventi di sanità pubblica, il cui successo si è registrato maggiormente in Africa dove, negli stessi cinque anni, i decessi sono diminuiti di oltre il 75%.

 

Obiettivo 5: Migliorare la salute materna

Migliorare la salute materna significa ridurre di tre quarti la mortalità materna attraverso la creazione di servizi di assistenza alla riproduzione e di pianificazione famigliare. Le regioni di maggiore problematicità sono, ancora una volta, l’Africa sub-sahariana e l’Asia meridionale, dove si verifica ogni anno la maggior parte delle morti (86%) del mezzo milione di decessi per complicanze prevenibili legate alla gravidanza o al parto.

Tali complicanze sarebbero per lo più evitabili attraverso interventi sanitari appropriati prima, durante e dopo la gravidanza, e attraverso l’accessibilità a servizi di emergenza qualificati in caso di necessità durante il parto.

Nonostante i progressi effettuati dai paesi del Nord Africa e dell’Asia sudorientale, la percentuale di parti assistiti da personale qualificato è ancora troppo basso nel complesso delle regioni in via di sviluppo: nel 1990 erano il 43% e nel 2005 il 57%. All’interno di ogni paese, inoltre, la media di parti assistiti crolla enormemente se si prendono in considerazione le sole zone rurali.

 

Obiettivo 6: Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie gravi

L’Obiettivo 6 si propone di fermare l’incidenza dell’AIDS, della malaria e di altre gravi malattie infettive entro il 2015 ed iniziare ad invertirne il tasso.

Il Rapporto informa innanzitutto che la diffusione dell’HIV nei soggetti dai 15 ai 49 anni in tutti i Paesi in via di sviluppo resta costante (ossia si è assestata, anche nell’Africa sub-sahariana dove i livelli sono ancora molto alti) ma che le morti per AIDS continuano a crescere nell’Africa sub-sahariana.

I dati (stimati) alla fine del 2006 dicevano che 39,5 milioni di persone in tutto il mondo erano infettate dal virus dell’HIV (nel 2001 erano 32,9 milioni). In tutto il mondo i nuovi contagiati sono stati 4,3 milioni nel 2006 e il Rapporto afferma che il tasso più veloce di infezione è stato registrato nei Paesi dell’Asia orientale e in quelli del CSI. Nelle aree più colpite, più della metà è costituita da donne.

Sebbene l’accesso alle cure sia maggiormente diffuso, le persone che rimangono escluse sono ancora troppe: nel 2006 solo il 28% di coloro che ne avevano bisogno hanno potuto essere sottoposti a terapia antiretrovirale (dati complessivi per le regioni in via di sviluppo); le regioni meno assistite sono l’Asia meridionale (9 persone su 100), l’Oceania e i Paesi dell’area ex sovietica (10 persone su 100).

Il Rapporto evidenzia ancora che le misure di prevenzione di diffusione del virus HIV non sono abbastanza efficaci (ad es. nel 2005 solo l’11% delle donne in gravidanza HIV-positive hanno ricevuto assistenza per impedire la trasmissione del virus al neonato) e che la cura degli orfani sta diventando un problema sociale enorme, se si considera che – nel 2005 – 15,2 milioni di bambini avevano perso un genitore, quando non entrambi, a causa dell’AIDS e che i dati previsti per il 2010 si aggirano intorno ai 20 milioni.

Sono migliori i dati che riguardano la malaria e la tubercolosi anche se in entrambi i casi sono necessari ulteriori sforzi.

La lotta alla malaria registra significativi successi - soprattutto nell’Africa sub-sahariana che è la zona più colpita - grazie ai fondi investiti che hanno, tra l’altro, permesso di distribuire le reti anti-zanzare che, tuttavia, sono maggiormente utilizzate dagli abitanti delle città rispetto a quelli delle campagne. Si calcola che siano necessari 3 miliardi di dollari - 2 solo per l’Africa – per sconfiggere la malaria: la raccolta di fondi internazionali per il controllo della malaria si è decuplicata negli anni 1995-2005, ma nel 2004 era pari solo a 600 milioni.

Al contrario, la tubercolosi costituisce ancora un’importante causa di morte (1,6 milioni di persone nel 2005, comprese però 195 mila persone sieropositive). L’insorgenza di nuovi casi si è stabilizzata o addirittura comincia a calare in alcune regioni (nel 2005 sono stati riportati 8,8 milioni di nuovi casi). I progressi non sono però abbastanza rapidi da far conseguire i target addizionali fissati da Stop TB Partnership di dimezzare il tasso di diffusione e il numero dei morti per malaria entro il 2015.

 

Obiettivo 7: Assicurare la sostenibilità ambientale

Il primo target (7.A) prevede l’integrazione dei principi dello sviluppo sostenibile nelle politiche e nei programmi dei singoli paesi, nonché l’inversione di tendenza per quanto riguarda il depauperamento delle risorse ambientali. Sotto questo profilo, il Rapporto segnala con preoccupazione la continuazione delle attività di deforestazione (dal 1990 al 2005 il mondo ha perso il 3% delle foreste, - mediamente lo 0,2% l’anno) finalizzate soprattutto al recupero di aree coltivabili. Oltre alla perdita di biodiversità, si calcola che tra il 18 e il 25 % delle emissioni di gas che producono l’effetto serra sono associate alla deforestazione, facendola diventare un fattore chiave nel cambiamento climatico globale.

La deforestazione è parzialmente compensata dalla naturale espansione delle foreste e, soprattutto, dalle attività di riforestazione anche se, tuttora, la perdita di superfici ricoperte da foreste è calcolata, nel periodo 2000-2005 intorno ai 7,3 milioni di ettari l’anno (in confronto agli 8,9 milioni di ettari del periodo 1990-2000), cioè a dire un’area doppia di quella della città di Parigi ogni giorno.

Anche se è cresciuta enormemente la quantità di aree protette (20 milioni di chilometri quadrati nel 2006), solo una piccola parte di esse (2 milioni di chilometri quadrati) è costituita da riserve marine, nonostante sia universalmente riconosciuta la loro importanza nella difesa della fauna marina e delle risorse della pesca.

Le tecnologie che producono energia sostenibile non tengono il passo con le crescenti emissioni di gas che producono l’effetto serra. Le regioni sviluppate e quelle in via di sviluppo producono ora all’incirca lo stesso quantitativo di anidride carbonica (CO2): 12,5 miliardi di tonnellate le prime e 12,4 miliardi le seconde[2], mentre nel 1990 le regioni sviluppate producevano 9,7 miliardi di tonnellate e l’insieme dei PVS solo 6,9.

Il target 7.C,che prevede di dimezzare, sempre entro il 2015, il tasso di popolazione che non ha accesso all’acqua potabile e ad adeguati impianti igienici, sembra essere lontano dal raggiungimento. La metà circa dei cittadini dei paesi in via di sviluppo, infatti, vive ancora in condizioni igieniche deprecabili e senza poter usufruire dei servizi sanitari più basilari; tuttavia, la quota di popolazione delle regioni in via di sviluppo che utilizza l’igiene di base è aumentata dal 35% nel 1990 al 50% nel 2004. Il target per il 2015 è pari al 68%.

Il target 7.D si propone di acquisire, entro il 2020 un miglioramento significativo nelle condizioni di vita degli abitanti delle baraccopoli e dei quartieri più poveri.

Il Rapporto segnala che già oggi all’incirca la metà della popolazione mondiale risiede in centri urbani e che a causa della migrazione verso le città e la rapida crescita della popolazione, si prevede che gli abitanti de centri urbani salirà da 3,2 miliardi a circa 5 entro il 2030.

Nel 2005 un terzo dei residenti nelle città viveva in baracche prive di almeno una delle condizioni basilari che permettono un’abitabilità decente: acqua potabile, servizi igienici, spazio adeguato, stabilità dell’abitazione.

 

Obiettivo 8: Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo

Il primo target prevede l’ulteriore sviluppo di un sistema commerciale e finanziario che sia aperto, basato su regole trasparenti e non discriminatorio.

Nonostante non si sia ancora raggiunto un accordo globale nell’ambito dei negoziati del Doha Round, molti paesi sviluppati (e alcuni di quelli in via di sviluppo in grado di farlo) hanno deciso nel 2005 di eliminare i dazi su una parte delle importazioni dai paesi più poveri. Le barriere doganali sono quindi diminuite, ma rimangono ancora significative su alcuni prodotti e per alcuni LDCs (Paesi meno sviluppati). Il Rapporto informa che nel 2005 il quantitativo di merci che sono entrate nei paesi sviluppati senza tassazioni è lo stesso dell’anno precedente (nel 2004, il 75% delle importazioni di merci provenienti dai PVS e il 79% di quelle provenienti dai Paesi meno sviluppati). Inoltre, lo scadere dell’Accordo sui Tessili e l’abbigliamento (1° gennaio 2005) che conteneva restrizioni al commercio di tali manufatti, ha dato luogo ad una ristrutturazione dei flussi commerciali nel settore.

I due target successivi (8.B e 8.C) prevedono di dare risposta ai particolari bisogni dei paesi meno sviluppati, dei paesi che non hanno sbocco al mare e degli Stati in via di sviluppo costituiti da piccole isole. Il Rapporto afferma che l’aiuto ai paesi LDCs è sostanzialmente fermo ai livelli del 2003. Gli aiuti all’Africa sub-sahariana, se si esclude la riduzione del debito alla Nigeria, è aumentata solo del 2 per cento tra il 2005 e il 2006, nonostante le promesse dei paesi donatori che nel G8 di Gleneagles del 2005 si erano impegnati a raddoppiare gli aiuti.

Nel 2005 il totale degli aiuti è aumentato fino alla cifra record di 106,8 miliardi di dollari grazie alle vaste operazioni di riduzione del debito destinate in particolar modo all’Iraq e alla Nigeria. Nel 2006, invece, gli esborsi per l’aiuto (che sommano le voci riguardanti i contributi alle organizzazioni multilaterali, gli aiuti bilaterali, l’aiuto umanitario e la riduzione del debito) sono scesi a 103,9 miliardi di dollari, per effetto del minor peso sul totale della quota da attribuire alla riduzione o cancellazione del debito. 

Il tema dell’assistenza allo sviluppo è stato più volte affrontato negli ultimi anni in numerose sedi internazionali e l’obiettivo di devolvere lo 0,7% del PIL in favore dell’assistenza allo sviluppo - incluso nell’Agenda 21 adottata nel Vertice di Rio del 1992 - è sempre stato ribadito. Il Documento finale del World Summit del settembre 2005 ha ricordato come numerosi Paesi sviluppati si siano impegnati a raggiungere tale obiettivo entro il 2015[3] con una tappa intermedia che prevede di raggiungere lo 0,5 entro il 2009[4].

Il target 8.D si propone un approccio globale ai problemi del debito dei PVS, attraverso misure a livello nazionale e internazionale al fine di rendere il debito sostenibile nel lungo periodo. Il Rapporto informa che l’indebitamento dei paesi più poveri è sensibilmente diminuito a partire dal 1998, ed è ora in misura del 4% delle entrate in rapporto alle esportazioni.

I Paesi più poveri continuano ad essere assistiti, al fine della riduzione del loro debito estero, da due programmi: l’iniziativa HIPC (Highly Indebted Poor Country) e l’MDRI (Multilateral Debt Relief Iniziative). Liniziativa ’MDRI è stata lanciata nel 2005 dal G8 per ridurre ulteriormente il debito dei Paesi maggiormente indebitati e per fornire risorse supplementari che consentissero loro di raggiungere gli Obiettivi del Millennio. Grazie a questo programma, l’IDA (International Development Association), l’IMF (Fondo Monetario Internazionale) e l’AMF (Fondo Monetario Africano), garantiscono la cancellazione totale del debito ai Paesi che hanno completato il processo previsto dall’Iniziativa HIPC.

Quanto al target che prevede la cooperazione con il settore privato per rendere disponibili le nuove tecnologie, con particolare riguardo all’informazione e alla comunicazione, il Rapporto informa che l’uso di nuove tecnologie si è andato enormemente diffondendo, specialmente nel settore della telefonia mobile. Quanto ad internet, permane un grave divario tra i paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo, a causa della difficoltà di dotarsi, per questi ultimi, della tecnologia digitale. Questa mancanza fa sì che solo il 9 per cento della popolazione dei PVS (e meno dell’1 per cento di quella dei LDCs) abbia accesso ad internet, in confronto al 53% della popolazione dei paesi sviluppati (dati riferiti al 2005).

Il Rapporto del MDGs Gap Task

La pubblicazione del Millennium Development Goals Report 2008 è stata preceduta dal lancio – il 4 settembre - del Primo MDGs Gap Task Force Report, predisposta dalla Task Force istituita dal Segretario Generale dell’ONU nel 2007 per monitorare gli impegni assunti internazionalmente su temi quali aiuti, commercio e debito e seguire i progressi circa l’accessibilità ai medicinali di prima necessità e tecnologia. Il Rapporto (Delivering on the Global Partnership for Achieving the Millennium Development Goals) è quindi centrato essenzialmente sul processo di avanzamento dell’Obiettivo n. 8 (“Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo”) ritenuto più difficile da monitorare rispetto agli altri sette Obiettivi e perciò stesso bisognoso di studi molto approfonditi.

L’MDGs Gap Task Force Report registra un pesante ritardo nel mantenimento degli impegni riguardanti il commercio e lo sviluppo e sottolinea che i Paesi donatori dovrebbero aumentare i propri contributi allo sviluppo di circa 18 milioni di dollari l’anno tra il 2008 e il 2010 per raggiungere l’ammontare delle cifre concordate.

Gli sforzi per incrementare l’assistenza allo sviluppo (Official Development Assistance – ODA) si sono bloccati: nel 2007 gli unici Paesi ad aver erogato una quota pari allo 0,7 del PIL sono stati Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Norvegia e Svezia. La percentuale media di aiuti, sempre correlata al PIL, dei 22 paesi del DAC (Development Assistance Committee) dell’OCSE era di appena lo 0,45 e la situazione appare ancora più grave se si considera che anche gli aiuti  ai paesi più poveri tra i PVS, hanno subìto una forte flessione a partire dal 2006.

Più in dettaglio, i due target che prevedono l’ulteriore sviluppo di un sistema finanziario e commerciale aperto, prevedibile e non discriminatorio e il sostegno alle esportazioni dei paesi meno sviluppati garantendo loro un accesso al mercato senza tariffe, stanno progredendo troppo poco e troppo lentamente.

 Secondo il Rapporto, per facilitare l’accesso al mercato dei Paesi LCDs, la comunità internazionale dovrebbe:

§      raddoppiare gli sforzi per portare a termine il Doha Round e concentrarsi sugli elementi che lo possano caratterizzare come un Round di sviluppo;

§      fare in modo che i futuri partenariati economici, bilaterali e regionali, garantiscano un effettivo accesso al mercato ai PVS (particolarmente per quanto riguarda le loro esportazioni) e costituiscano una pietra miliare per il raggiungimento di accordi multilaterali;

§      dare priorità al commercio e ai suoi legami con lo sviluppo e la riduzione della povertà nelle strategie nazionali di sviluppo;

§      ridurre in maniera sostanziosa le tariffe imposte dai paesi sviluppati sui prodotti agricoli, tessili e sull’abbigliamento provenienti dai PVS;

§      accelerare la riduzione degli aiuti all’agricoltura nei paesi sviluppati;

§      valutare la quantità di aiuti al commercio necessari, sia su base nazionale che regionale, ed assicurarsi che le risorse messe a disposizioni siano sufficienti;

§      moltiplicare gli sforzi per rendere pienamente operativa la Enhanced Integrated Framework – EIF (Quadro Integrato Rafforzato)[5].

 

Il target relativo ai problemi del debito (Agire complessivamente sui problemi del debito dei paesi in via di sviluppo con misure nazionali e internazionali per rendere il debito sostenibile nel lungo periodo) ha fatto registrare grandi progressi: 23 paesi poveri gravemente indebitati (HIPCs) su 41 avevano raggiunto, nel giugno 2008, il traguardo finale nel quadro dell’iniziativa HIPC[6]. Tuttavia, ci sono ancora 10 paesi che non hanno ancora terminato il loro percorso e 8 paesi potenzialmente candidati.

Il Rapporto afferma che il quadro di riferimento per la valutazione della sostenibilità del debito dovrebbe essere rivista in quanto anche bassi livelli di debito possono essere insostenibili se l’assistenza esclude la spesa pubblica per il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. I paesi poveri dovrebbero essere maggiormente sostenuti nel rafforzare la loro capacità di gestione del debito attraverso un’assistenza tecnica continuativa e un più elevato coordinamento.

Tra le azioni specifiche per migliorare la sostenibilità del debito estero dei paesi poveri, il Rapporto incoraggia i creditori che non fanno parte del Club di Parigi[7] ed i privati a concedere ristrutturazioni del debito a condizioni simili a quelle praticate dall’Iniziativa HIPC.

Le attività volte a realizzare il target che ha lo scopo di consentire l’accesso alle medicine essenziali nei paesi in via di sviluppo, in cooperazione con le industrie farmaceutiche, hanno condotto ad una mobilizzazione delle risorse e ad un migliore coordinamento soprattutto per quanto riguarda la cura dell’AIDS, della malaria e della tubercolosi in molti paesi. Ciò premesso, l’accesso alle medicine essenziali è tuttavia ancora troppo scarso nei PVS.

Per accelerare il processo occorrono, secondo il MDG Gap Task Report, azioni specifiche ed efficaci fra le quali:

a livello nazionale

§      eliminare tasse e dazi sui farmaci essenziali;

§      aggiornare le politiche nazionali sui farmaci;

§      aggiornare gli elenchi nazionali dei farmaci essenziali;

§      adottare, nel quadro dei farmaci essenziali, delle politiche volte a favorire l’uso di farmaci generici;

§      cercare il modo di ridurre i margini di guadagno sui farmaci essenziali;

§      garantire la disponibilità di farmaci essenziali nei servizi sanitari pubblici;

§      monitorare con regolarità la disponibilità e i prezzi dei farmaci essenziali;

a livello globale

§      incoraggiare le industrie farmaceutiche a praticare prezzi differenziati in modo che risultino più bassi nei PVS dove non sono disponibili i generici;

§      promuovere la produzione dei generici e rimuovere gli ostacoli al loro utilizzo;

§      aumentare i fondi per la ricerca sui farmaci di cui abbisognano particolarmente i PVS, comprese le malattie meno conosciute.

 

Il target che prevede, in cooperazione con il settore privato, di rendere disponibili i benefici delle nuove tecnologie, specialmente quelli legati al settore dell’informazione e delle comunicazioni, ha fatto registrare un rapido miglioramento nel colmare il divario nell’uso dei telefoni cellulari ma continua a rimanere troppo basso l’accesso a tecnologie in settori chiave quali, ad esempio, Internet su banda larga.

Il Rapporto segnala una difficoltà nel valutare il reale progresso in quest’area, dovuto alla mancanza di target numerici riguardanti il mantenimento degli impegni a livello globale. Mentre si può affermare che c’è stata una espansione notevole nella telefonia mobile e nell’uso dei computer nei PVS, l’accesso al digitale sta approfondendo il gap tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo. E il deficit è dovuto anche alla carenza riguardante  la fornitura di infrastrutture complementari, quali l’esistenza di reti elettriche adeguate.

Le moderne tecnologie sono necessarie anche per sviluppare un’agricoltura più moderna ed efficiente, questione più che mai necessaria in questi tempi di crisi alimentare. Al proposito, il MDGs Gap Task Force Report sottolinea come sia indispensabile creare un approccio più flessibile per accelerare il trasferimento di tecnologie e far fronte a sfide quali l’aumento dei prezzi dei generi alimentari, l’accesso alle medicine, i cambiamenti climatici.

Il Global Monitoring Report 2008

Il Global Monitoring Report  è una pubblicazione curata congiuntamente dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale, che sono solo due dei numerosi organismi e agenzie coinvolti nella realizzazione degli Obiettivi del Millennio. Il Rapporto afferma che la valutazione degli MDG, giunti a metà del loro percorso, è complessa e varia a seconda delle aree prese in considerazione. Riguardo il primo Obiettivo, sebbene la riduzione della povertà estrema dovrebbe essere un traguardo raggiungibile a livello mondiale e nei tempi previsti, grazie al notevole impulso della crescita economica nello scorso decennio, si registra una situazione ancora deficitaria nella lotta  alla fame e alla malnutrizione. Il recente aumento dei prezzi dei generi alimentari ha riproposto il problema in maniera pressante. Ai ritmi attuali, c’è inoltre da pensare – secondo il Rapporto – che gli Obiettivi riguardanti lo sviluppo umano siano difficilmente raggiungibili e le prospettive sono particolarmente gravi per gli Obiettivi che riguardano la riduzione della mortalità infantile e materna.

Il Global Monitoring Report per il 2008 è specialmente focalizzato sull’Obiettivo n. 7 - la sostenibilità ambientale – e sui legami tra questa e lo sviluppo. Assicurare la sostenibilità ambientale è cruciale per il raggiungimento degli MDGs e per una crescita durevole e, in particolare, è fondamentale un’azione urgente per controllare l’emissione di gas serra al fine di ridurre i costi derivanti dai cambiamenti climatici.

Il raggiungimento di quello che già di per sé costituisce un Obiettivo a parte (la sostenibilità ambientale, appunto) favorisce, come mette in luce il Global Monitoring Report, la realizzazione di tutti gli altri. E’ evidente infatti che se vengono distrutte le foreste, inquinate aria acqua e terra, non sarà nemmeno pensabile ridurre la povertà, dato che le risorse naturali costituiscono il fattore più grande di sopravvivenza, contribuendo, almeno in alcune aree rurale, alla formazione del reddito delle famiglie per una quota che supera il 40%.

Un ambiente sostenibile è dunque essenziale per la crescita economica e, di conseguenza, per la riduzione della povertà nonché, come è facile comprendere, per migliorare la salute, ridurre la malnutrizione e promuovere l’istruzione. Sane scelte ambientali possono quindi dare luogo ad effetti positivi che influenzano, in una sorta di circolo virtuoso, gli altri Obiettivi del Millennio, a loro volta strettamente correlati fra di loro. Lo sviluppo economico nei paesi poveri può contribuire alla sostenibilità ambientale attraverso un maggiore accesso a risorse energetiche moderne e più pulite e a tecnologie più efficienti, nonché riducendo attività quali la deforestazione.

Il Rapporto afferma che il peso della ricerca di acqua pulita e di energia, nei PVS, grava prevalentemente sulle donne, sottraendo loro tempo per altre attività più remunerative, e sui bambini piccoli, impedendo loro di andare a scuola. E’ provato che i risultati scolastici sono decisamente inferiori laddove la mancanza di acqua e, come conseguenza, di servizi igienici adeguati, costituisce la principale causa di malnutrizione. I rischi ambientali legati all’igiene sono inoltre la causa principale della mortalità infantile e rappresentano un rischio elevatissimo per la salute materna. E’ provato il legame tra ambiente e malattie infettive: le persone infette dal virus dell’HIV, ad esempio, sono particolarmente a rischio in luoghi sporchi; così come la malaria può essere prevenuta attraverso moderni sistemi di irrigazione che evitano di trasformare i terreni coltivati in ambienti troppo umidi dove le zanzare si moltiplicano con facilità.

I fattori di rischio ambientale sono implicati in più dell’80 per cento di tutte le malattie a livello mondiale. Più precisamente, si stima che il 24 per cento del totale delle malattie è da attribuirsi principalmente a cause ambientali. E’ stato riscontrato che nei Paesi in via di sviluppo il 25 per cento di tutte le morti sono da addebitarsi a fattori di rischio ambientale, contro il 17 per cento dei Paesi sviluppati.

Nei paesi più poveri, le malattie più correlate a fattori ambientali includono la diarrea, le infezioni del tratto inferiore dell’apparato respiratorio e la malaria. Sono queste le malattie di cui si ammalano prevalentemente i bambini da 0 a 14 anni e, insieme, costituiscono il 24 per cento di tutte le cause di morte nei minori di 15 anni. L’importanza di un ambiente sano è ulteriormente comprovata dai dati che rivelano che il 94 per cento circa di tutti i casi di diarrea possono essere attribuiti all’ambiente e che approssimativamente il 24 per cento delle infezioni del tratto respiratorio superiore e il 42 di quello inferiore sono riconducibili a fattori ambientali quali l’inquinamento.

Oggi, i due quinti dei casi di malaria possono essere prevenuti attraverso una gestione ambientale migliore. Ma a causa dei cambiamenti climatici, che innalzano l’incidenza della malaria, è previsto un ampliamento dell’area geografica nella quale colpiscono molte malattie trasmissibili e persino un’espansione del periodo annuale di contagio. Anche un minimo aumento della temperatura globale è in grado di provocare un aumento del rischio di malaria piuttosto elevato.

Gli effetti ambientali sulla salute delle persone hanno anche un riscontro sui loro redditi: il Rapporto afferma che il peso economico delle malattie causate da un ambiente carente sotto il profilo sanitario è stato stimato all’incirca tra l’1,5 e il 4 per cento del PIL annuo. I Paesi maggiormente colpiti sono la Cina, il Pakistan, il Ghana, l’Iran e la Nigeria (seguiti da Egitto, Guatemala, Perù, Colombia, Libano e Tunisia).

Il Global Monitoring Report riporta in uno schema i legami tra azioni ambientali e Obiettivi del Millennio, indicando anche i possibili interventi dei governi:

 

Obiettivo

Azioni ambientali

Interventi possibili

Sradicare la povertà estrema

Migliorare la gestione delle risorse naturali laddove esse costituiscono per una grande parte il reddito famigliare

Migliorare l’assegnazione della proprietà rurale e favorire la creazione del mercato

Istruzione primaria per tutti

Migliorare le condizioni ambientali per ridurre gli effetti della malnutrizione sull’istruzione

Migliorare l’accesso ad acqua potabile e servizi igienici di base

Promuovere l’autonomia delle donne

Ridurre il tempo dedicato alla ricerca di acqua e di materiale combustibile

Migliorare l’accesso ad acqua potabile e servizi igienici di base

Ampliare la fornitura di energia elettrica

Salvare madri e bambini e combattere le malattie

Ridurre i fattori di rischio ambientale che possono colpire le persone, specialmente donne incinte e bambini

Migliorare l’accesso ad acqua potabile e servizi igienici di base

Ampliare la fornitura di energia elettrica e ridurre l’inquinamento dell’aria negli ambienti chiusi

Ottimizzare l’utilizzo dell’acqua nelle aree infestate dalle zanzare

Allargare il partenariato globale

Concordare un piano d’azione globale per contrastare i cambiamenti climatici

Stabilire obiettivi intermedi per la riduzione dell’emissione di gas-serra

Favorire la diffusione di nuove tecnologie

Sostenere lo sviluppo del mercato del carbone[8]

 

La Riunione ad Alto Livello del 25 settembre 2008

Il 25 settembre 2008 si è svolta a New York, a margine della 63a Sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, una Riunione ad Alto livello, articolata in tre Tavole rotonde che si sono occupate, rispettivamente, di fame e povertà, istruzione e salute, sostenibilità ambientale.

Il Ministro degli esteri, Frattini, prendendo parte alla Tavola Rotonda sull’istruzione e la salute, ha dichiarato che non è attuabile alcuno sviluppo economico senza che siano disponibili per tutti servizi sanitari, istruzione e cibo; per questa ragione il governo italiano ritiene questi temi priorità assolute, che inserirà nell’agenda del G8 quando l’Italia avrà, nel 2009, la presidenza. Il ministro ha ricordato l’impegno dell’Italia nel finanziamento di progetti riguardanti la salute nei paesi in via di sviluppo e la creazione del Fondo Globale contro AIDS, tubercolosi e malaria, istituito nel G8 di Genova proprio su impulso del nostro governo.

Il Ministro ha affermato che i risultati fin qui ottenuti sono incoraggianti, anche grazie all’intervento di donatori privati, ma che molto rimane ancora da fare. Fra le prime cose, il Ministro suggerisce una valutazione sull’efficacia delle strategie messe in atto, in ordine alla loro sostenibilità nel lungo periodo: questo significa innanzitutto fare uso di regole più trasparenti per assicurare un flusso di risorse adeguato e il loro corretto utilizzo da parte dei paesi riceventi. La recente Conferenza di Accra sull’efficacia degli aiuti (v. supra) ha proposto una serie di regole in questa direzione, che il Ministro propone di implementare.

In secondo luogo, viene invocata un’azione più equilibrata: se da un lato i fondi per la lotta a specifiche malattie funzionano, Frattini sostiene che questo non deve far perdere di vista il fatto che obiettivo altrettanto importante è quello di rafforzare i sistemi sanitari dei vari paesi.

Il Ministro ha poi sottolineato il ruolo fondamentale dei governi locali, per superare il modello, in via di obsolescenza, “donatore-beneficiario”: sono i leader locali i soggetti più adatti per cercare soluzioni alle questioni riguardanti lo sviluppo e l’esperienza insegna che l’approccio più adatto è quello della cooperazione bilaterale e decentralizzata.

Dopo avere enumerato una serie di casi in cui questo tipo di interventi è andato a buon fine, Frattini ha ricordato l’iniziativa dell’Expo 2015 e l’evento organizzato il giorno precedente in collaborazione con la città di Milano per promuovere il ruolo delle amministrazioni locali nello sviluppo dei PVS, la collaborazione Nord-Sud e tra i settori pubblico e privato.

  In conclusione della Riunione ad Alto Livello, il Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha annunciato che, nel corso della stessa, governi, fondazioni, aziende e organizzazioni non governative si sono impegnati a versare 16 miliardi di dollari. I fondi più cospicui sono stati stanziati per l'istruzione (4,5 miliardi) e per la lotta alla malaria (3 miliardi) e per assicurare la sicurezza alimentare (1,6 miliardi).

Il Primo Ministro britannico, Gordon Brown si è impegnato, con Bill Gates, la Banca Mondiale ed altri partners a versare 1 milardo di dollari destinati a salvare la vita di 10 milioni di madri e di bambini entro il 2015. La Norvegia ha promesso 1 miliardo di dollari destinati a combattere la deforestazione in Amazzonia, di concerto con la FAO e l’UNEP (il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente) al fine di creare incentivi per le comunità locali a preservare le loro foreste. La China si è impegnata a raddoppiare il numero di tecnici esperti in agricoltura da mandare nei PVS e a formare 10 mila medici e infermieri. Questi sono solo alcuni degli impegni annunciati che, insieme a tutti gli altri, hanno portato alla constatazione del Segretario generale Ban Ki-moon secondo la quale la Riunione ad Alto Livello aveva prodotto una nuova “ampia coalizione per il cambiamento”.

 

Dati e Rapporti regionali: l’Africa

Come è stato più volte messo in luce, gli Obiettivi del Millennio si realizzano in misure e in tempi diversi se si prendono in considerazione le diverse aree del mondo; fra queste, l’Africa sub-sahariana è quella che conserva il più ampio gap rispetto ai paesi sviluppati ed è molto improbabile che l’Obiettivo di ridurre della metà il numero di persone che vivono con meno di un dollaro al giorno sia raggiungibile entro il 2015.

Contrariamente a quanto potrebbe far pensare il fatto che un’elevatissima percentuale della popolazione subsahariana – prevalentemente quella di sesso maschile - sia occupata (il 79% degli uomini e il 55% delle donne contro il 64% degli uomini e il 49% delle donne dei paesi sviluppati), questo dato indica semplicemente che tutti gli individui che sono in grado, sono costretti a lavorare per cercare di sopravvivere, di qualunque lavoro si tratti. Più della metà dei lavoratori dell’Africa sub-sahariana, infatti, appartiene alla categoria dei “lavoratori poveri”, cioè di coloro che guadagnano meno di un dollaro al giorno. Sempre sullo stesso argomento, l’Africa sub-sahariana detiene anche il primato mondiale in ordine alle occupazioni instabili e insicure, rappresentando esse oltre i tre quarti del totale dei posti di lavoro.

Quanto alla condizione dell’infanzia, l’estrema povertà fa sì che nell’Africa subsahariana il 28 per cento dei bambini al di sotto dei 5 anni sia sottopeso (dati del 2006), anche se la situazione è decisamente peggiore nell’Asia meridionale, dove questa proporzione supera il 50 per cento. L’Africa subsahariana da sola conta circa la metà dei bambini morti prima dei 5 anni; la vaccinazione contro il morbillo, una delle maggiori cause di morte infantile, ha avuto un netto miglioramento nella diffusione negli ultimi 5 anni, e oggi si calcola che sia somministrata al 72% dei bambini tra i 12 e i 23 mesi.

I dati relativi alla scolarizzazione denunciano un’arretratezza dell’Africa sub-sahariana superiore a quella della media dei paesi in via di sviluppo: il tasso di iscrizione alla scuola primaria ha faticosamente raggiunto il 70% e 38 milioni di bambini non frequentano alcuna classe, situazione che non varia tra aree rurali e aree urbane. La scuola primaria, inoltre, è frequentata dal 34 per cento dei ragazzi in età da scuola secondaria, mentre solo un quarto dei ragazzi in età da scuola secondaria la frequentano.

Anche sotto l’aspetto della salute materna l’Africa subs-ahariana sconta gli effetti della grave povertà: in tale regione il rischio che una donna corre nell’arco della sua vita di morire per le complicanze della gravidanza o del parto è di 1 su 22, mentre nei paesi sviluppati è di 1 su 7.300.

Nonostante qualche dato incoraggiante, l’Africa sub-sahariana continua ad essere la regione più colpita dalla diffusione del virus HIV, dove vive la stragrande maggioranza degli individui infetti (circa il 60% sono donne). A causa della vasta proporzione del fenomeno, circa 5 milioni di persone non hanno potuto ricevere la terapia antiretrovirale.

Riguardo ai temi ambientali, un Rapporto predisposto nel marzo 2008 dalla Commissione per l’Africa del Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) e dal Segretariato generale dell’Unione Africana (Assessing Progress in Africa towards the Millennium Development Goals Report 2008), afferma che dal 1990 al 2005 la superficie coperta da foreste è diminuita nell’Africa subsahariana di circa il 3 per cento a vantaggio delle aree coltivabili. Il Rapporto sottolinea che questo fatto porta con sé due effetti negativi: innanzitutto la produzione agricola su terreni di questo tipo hanno vita breve, poiché il terreno viene velocemente impoverito dei nutrienti che servono per aumentare la produzione in un primo momento; in secondo luogo, c’è una perdita di biodiversità, che è responsabile per il 18-25% dell’effetto serra, uno dei fattori chiave dei cambiamenti climatici.

Lo stesso Rapporto informa che la percentuale di popolazione che si serve di servizi igienici adeguati è aumentata moderatamente dal 1990 (32 per cento) al 2004 (37 per cento), percentuali molto lontane dal target del 66 per cento da raggiungersi entro il 2015. Il progresso è ulteriormente rallentato dalla massiccia migrazione verso i centri urbani con un parallelo aumento di bidonville [9].

Il documento afferma che nel 2006 vi erano 54 paesi nei quali meno della metà della popolazione usava servizi igienici adeguati e tre quarti di questi paesi erano nell’Africa Subsahariana. In 21 Paesi di quest’area, solo il 16 per cento del quintile più povero ha accesso a servizi igienici adeguati, mentre la percentuale sale al 79 per cento nel quintile più ricco. Inoltre, nel 2005, poco più di un terzo della popolazione urbana viveva in bidonville, ma la percentuale nell’Africa Subsahariana superava il 60 per cento.

Infine, una pubblicazione dell’MDG Africa Steering Group (“Achieving the Millennium Development Goals in Africa”) del giugno 2008 segnalava, a proposito della disponibilità di energia – fattore decisivo dello sviluppo – che all’incirca 35 Paesi africani soffrivano di una crisi energetica con conseguenti frequenti interruzioni delle forniture. I 700 milioni di abitanti dell’Africa Subsahariana, esclusa la Repubblica Sudafricana, hanno a disposizione una quantità di energia pari a quella dell’Argentina, un Paese di 40 milioni di abitanti e, come conseguenza, solo un africano su quattro ha accesso all’elettricità, rapporto che scende ad uno su dieci nelle aree rurali.

L’ MDG Africa Steering Group, di cui fanno parte i leader delle Organizzazioni multilaterali dello sviluppo[10], si è formato nel settembre 2007 con lo scopo di identificare le misure concrete per realizzare in Africa gli Obiettivi del Millennio e tutti gli altri obiettivi internazionalmente concordati.

Gli obiettivi fondamentali dell’Africa Steering Group sono:

1.            rafforzare i meccanismi internazionali per l’implementazione in alcune aree cruciali: salute, istruzione, agricoltura e sicurezza alimentare, infrastrutture, sistemi statistici, cambiamenti climatici;

2.            migliorare la prevenzione dell’AIDS;

3.            massimizzare il coordinamento a livello nazionale.

Il Rapporto dell’MDG Africa Steering Group, contiene una serie di raccomandazioni che, se attuate, produrranno risultati tangibili sotto il profilo dello sviluppo, che possono servire per valutare il progresso e garantire l’uso efficace delle risorse, sia interne che internazionali.

Le raccomandazioni propongono azioni concrete nei seguenti settori:

§       Agricoltura: i governi africani devono essere sostenuti nel lancio di una “Rivoluzione Verde” che possa raddoppiare il raccolto per ettaro in un breve periodo di tempo. Devono essere particolarmente aiutati i piccoli agricoltori con misure che possono prevedere, ad esempio, dei sussidi temporanei per l’acquisto di fertilizzanti e sementi. L’assistenza allo sviluppo dell’agricoltura africana dovrebbe aumentare dagli attuali 1-2 miliardi di dollari a circa 8 miliardi entro il 2010. L’assistenza relativa ai programmi nutrizionali necessita altri 4 miliardi di dollari entro il 2010.

§       Istruzione: l’Africa Steering Group invita i partner allo sviluppo a finanziare le strategie di educazione nazionale sostenute dall’Iniziativa dell’istruzione accelerata per tutti (Education for All Fast-Track Initiative[11])

§       Salute. Lo Steering Group sottolinea l’importanza di finanziare i sistemi sanitari nazionali. Per assicurare l’accesso alle strutture mediche agli indigenti, dovrebbero essere eliminati totalmente i costi delle prestazioni a carico di questi ultimi.

§       Infrastrutture: a causa del numero elevato di paesi che non hanno sbocco al mare, l’Africa necessita investimenti molto più cospicui di quelli già in atto, destinati ai trasporti regionali, alle reti di comunicazione e alle reti elettriche.

§       Sistemi statistici nazionali, censimenti e registrazione dello stato civile: lo Steering Group ha posto l’accento sulla necessità di un’azione coordinata in favore dello svolgimento di un censimento generale in tutta l’Africa, di sistemi statistici e di registrazione dello stato civile più adeguati. Il miglioramento dei sistemi di registrazione dello stato civile è considerato di primaria importanza nella protezione dei diritti delle donne e dei bambini.

§       Capacità di affrontare i cambiamenti climatici: le raccomandazioni in questo settore includono un’esplicita richiesta di sforzi per affrontare i cambiamenti climatici affinché i paesi possano essere tutelati contro gli effetti dell’aumento delle temperature, della crescita del livello del mare e del cambiamento del clima in generale. Vengono raccomandate misure per una maggiore differenziazione delle sementi, sistemi di irrigazione più intelligenti, controllo della malaria, e vengono chiesti nuovi investimenti in energie pulite.

 

Cenni sulle altre grandi aree

La pubblicazione del Rapporto 2008 è stata accompagnata, come di consueto, da brevi note di stampa che hanno posto l’accento sui maggiori progressi e sui più gravi ritardi di alcune regioni.

Riguardo l’Asia, viene registrato come in soli 15 anni (dal 1990 al 2005) la percentuale di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà (stabilita ora in 1,25 dollari al giorno) nell’Asia orientale e sudorientale sia scesa dal 56 al 18 per cento e come, di conseguenza, le due Regioni abbiano raggiunto il traguardo di dimezzare il numero dei poveri. In alcune aree dell’Asia meridionale, invece, il processo è più lento: in India, ad esempio, nonostante il tasso di povertà sia passato dal 52 al 41 per cento, il numero delle persone estremamente povere è cresciuto di 20 milioni nello stesso periodo, a causa dell’aumento della popolazione.

La riduzione della povertà è un obiettivo irraggiungibile se viene disgiunto da quello di ottenere un lavoro per tutti: nell’Asia meridionale, l’83 per cento delle donne e il 73 per cento degli uomini impiegati hanno lavori precari, ad esempio perché lavorano per se stessi o all’interno della propria famiglia, e non godono di un salario. La situazione è di poco migliore nelle zone dell’Asia più sviluppate (Asia sudorientale ed orientale).

Nonostante i progressi ottenuti nella riduzione della povertà, permane un alto tasso di malnutrizione dei bambini in molte parti dell’Asia. In particolare, l’Asia meridionale detiene la più alta percentuale di bambini sottopeso rispetto a tutte le altre regioni in via di sviluppo (46% di bambini al di sotto dei cinque anni).

Sono invece buoni i dati riguardanti l’istruzione primaria, dove si registrano notevoli progressi. Il quadro è particolarmente incoraggiante nell’Asia meridionale dove, nel 2006, è stato raggiunto il 90% delle iscrizioni oltre ad essersi notevolmente assottigliato il gap delle iscrizioni in base al genere (95 femmine ogni 100 maschi nel 2006: nel 1991 il rapporto era di 77 a 100).

Rimane sempre misera la situazione riguardante i servizi per l’assistenza alla riproduzione nell’Asia meridionale, dove si registra la peggiore situazione a livello globale. Come conseguenza, il numero di morti per cause derivanti dalla gravidanza o dal parto è ancora molto elevato. Così come rimane inaccettabilmente alta la mortalità infantile nell’Asia meridionale.

Dal punto di vista ambientale, viene reso noto che la crescita economica nell’Asia orientale ha causato un forte aumento di emissioni di anidride carbonica (da 2,9 miliardi di tonnellate nel 1990 a 6,1 miliardi nel 2005) mettendo la regione al primo posto al mondo fra i produttori di CO2. Le emissioni di anidride carbonica, nello stesso periodo, sono raddoppiate nell’Asia meridionale e triplicate nell’Asia sudorientale.

Per quanto attiene all’Asia Occidentale, viene sottolineato come solo piccoli avanzamenti nello sradicare la povertà si siano registrati in quella parte del mondo nel 2005, dove la percentuale di poveri è andata diminuendo in proporzioni modeste tra il 1999 e il 2005. L’obiettivo di un lavoro per tutti è lontano dall’essere raggiunto, e la possibilità è ancora più scarsa per le donne, impiegate solo per il 22 per cento. Inoltre, la proporzione dei lavoratori poveri (coloro i quali pur lavorando vivono al di sotto della soglia di povertà) è stimata in aumento dal 1997 al 2007.

L’aumento dei bambini iscritti alla scuola primaria è aumentato solo in mimima parte (il 28% è ancora escluso dalla scuola) e sono scarsi i progressi anche riguardo la parità di genere e la salute materna. Progressi sono però stati fatti nel campo più generale della salute, nella riduzione della mortalità infantile e nell’accesso all’acqua potabile. Il rapporto MDG 2008 sottolinea anche il grande aumento degli utilizzatori di Internet, il cui numero è salito da 4 a 13 - su 100 -   nell’intervallo di tempo dal 2000 al 2006.

L’America Latina e i Carabi hanno fatto registrare miglioramenti in molti settori ed è probabile il raggiungimento di un buon numero di Obiettivi per il 2015. Ciononostante, ci sono gravi ritardi riguardo il più importante di tutti gli Obiettivi, quello di dimezzare il numero dei poveri.

La percentuale di bambini iscritti alla scuola primaria era del 95% nel 2007, ma viene sottolineato come – poiché i progressi in questa direzione erano già evidenti negli anni Novanta – sia difficoltoso raggiungere al meta della scolarizzazione universale. Non si registrano discriminazioni riguardo al genere e, anzi, la scuola secondaria è frequentata da un numero di ragazze superiore a quello dei coetanei maschi.

Buoni i risultati anche sul fronte della salute, e l’area ha già raggiunto l’obiettivo di dimezzare il numero delle persone che non hanno accesso all’acqua potabile. La mortalità infantile si è ridotta dal 55 per mille nel 1990 al 27 nel 2006, anche grazie al fatto che oggi il 93 per cento dei bambini riceve la vaccinazione contro il morbillo. In aumento anche le madri che ricevono assistenza durante la gravidanza e il parto, circostanza che ha prodotto una diminuzione della mortalità delle donne; la diminuzione, senza dubbio notevole (da 180 donne ogni 1000 parti nel 1990 contro 130 nel 2005) non è però ancora sufficiente, particolarmente nei paesi più poveri del Centro-america, dove sarà necessario un ulteriore sforzo per migliorare i servizi sanitari.

 

 

 

 

 

 




[1]    L’elenco di Obiettivi, target e indicatori, in vigore dal 1° gennaio 2008 figura nella documentazione allegata.

[2]    Dati del 2004.

[3]    Solo 5 paesi hanno finora raggiunto l’obiettivo dello 0,7 del PIL da destinare agli aiuti: Danimarca, Lussemburgo, Olanda, Norvegia e Svezia.

[4]    Solo l’Irlanda, con lo 0,54%, ha raggiunto l’obiettivo.

[5]    La EIF comprende un pacchetto di raccomandazioni approvate il 1° maggio 2007 allo scopo di rafforzare il Quadro integrato (Integrated Framework -IF) predisposto da sei organizzazioni internazionali (WTO, Fondo monetario, International Trade Center, UNCTAD, UNDP e Banca Mondiale) inaugurato nel 1997 per venire incontro alla complessità dei problemi dei Paesi meno avanzati (LDCs) in materia di commercio.

[6]    I paesi che hanno completato il percorso all’interno dell’Iniziativa HIPC possono candidarsi per altre iniziative di riduzione del debito all’interno della Multilateral Debt Relief Initiative (MDRI).

[7]    I paesi membri sono 19, fra cui l’Italia.

[8]    E’ in corso di negoziazione – nel quadro della Convenzione quadro dell’ONU sui cambiamenti climatici (UNFCCC) il nuovo programma Reducing Emissions in Deforestation and Forest Degradation  che fornirà incentivi per evitare la distruzione delle aree forestali.

[9]     I quattro fattori che definiscono la bidonville sono l’assenza di impianti igienici adeguati, la mancanza di acqua, la non solidità della costruzione e il sovraffollamento.

 

[10]   Il Gruppo è presieduto dal Segretario generale delle Nazioni Unite e comprende il Presidente della Banca Africana di Sviluppo, il Presidente del Segretariato dell’Unione Africana, il Presidente della Commissione europea, il Direttore amministrativo del Fondo Monetario Internazionale, il Presidente della Banca Islamica di Sviluppo, il Segretario generale dell’OCSE e il Presidente della Banca Mondiale.

[11]   La Education for All Fast-Track Iniziative è il primo strumento internazionale creato nel 2002 al fine di aiutare i paesi poveri a dotarsi di strumenti per acquisire un’istruzione di base universale e gratuita entro il 2015.