Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Partecipazione alla 63° sessione dell'Assemblea Generale dell'ONU (New York, 22-27 settembre 2008)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 16
Data: 19/09/2008
Descrittori:
ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE ( ONU )   ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI
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    Camera dei deputati

          Servizio Studi

 

 

                                

                              Senato della Repubblica

                                             Servizio Studi

 


Documentazione e ricerche

 

 

 

 

Partecipazione alla 63° sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU

(New York, 22-27 settembre 2008)

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 16

 

19 settembre 2008

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Camera dei deputati

Servizio Studi - Dipartimento Affari esteri

 

SIWEB

 

Senato della Repubblica

Servizio Studi – Ufficio per la politica estera e di difesa

SIWEB

 

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File:es0054.doc


INDICE

Programma  4

Schede di lettura

Ruolo e struttura delle Nazioni Unite  11

Il processo di riforma delle Nazioni Unite. Sviluppi recenti15

La 63ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (a cura del MAE)21

L’associazione funzionari italiani (UFIOI)25

Local Governments Contributions to the Achievement of the MDG’s  29

UNDP (United Nations Development Programme)37

Gli esperimenti nucleari della Corea del Nord  43

L’alto Rappresentante per il disarmo  49

Il disarmo  51

Il Dipartimento degli Affari Economici e Sociali (DESA)57

La cooperazione parlamentare in ambito ONU (a cura del Servizio Rapporti Internazionali  della Camera dei deputati)59

Relazioni tra l’Unione Interparlamentare e le Nazioni Unite (a cura del Servizio Rapporti Internazionali  della Camera dei deputati)65

Biografie

Documentazione

Senato della Repubblica – 3^ Commissione Affari esteri – Indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma delle Nazioni Unite, 18 ottobre 2006  5

Camera dei Deputati – Proposta di legge A.C. Pianetta n. 928 – Definizione della funzione pubblica internazionale e disposizione in favore dei funzionari italiani dipendenti da organizzazioni internazionali e dall’Unione europea, presentata il 9 maggio 2008  5

L’impegno dell’UFIOI per il riconoscimento giuridico dei funzionari italiani presso la organizzazioni internazionali5

Country Report North Korea August 2008  5

Country Report Syria September 2008  5

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

63ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite

 

 

 

 

 

Visita della Delegazione degli

Osservatori Parlamentari

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

New York, 22-27 Settembre 2008


                                                                                                     

 

Visita della delegazione di osservatori parlamentari alla 63esima Assemblea Generale dell’O.N.U.

New York, 22 –27 settembre 2008

 

Programma

 

 

LUNEDI’ 22 SETTEMBRE

 

15,30                                Arrivo del Pres. Dini e del Dott.

                                          Gianniti con volo AZ 642 (Newark).

17,35                                 Arrivo dell’On. Maran, e del Dott. Di Napoli

                                          con volo AZ610  (JFK).

                                           

                                           Trasferimento all’Hotel Millennium.

                                         

                                               

MARTEDI’ 23 SETTEMBRE

 

 

8,15                                         Incontro in Rappresentanza con l’On. Ministro degli Affari Esteri, Franco Frattini.

 

9,00 – 13,00                            Apertura del dibattito generale della 62esima UNGA.

                                                Interventi del Segretario Generale Ban Ki-moon, nonche’ dei Rappresentanti di: Brasile, USA, Francia (HS) (EU), Filippine (HS), Gabon (HS), Bahrein (HS), Nicaragua (HS), Liberia (HS), Turchia (HS), Argentina (HS), Madagascar (HS), Serbia (HS), Repubblica di Tanzania (HS) (AU), Antigua and Barbuda (HG) (G77).*

 

12,45                                       Colazione offerta dal Min. Plen. Azzarello (temi Consiglio di Sicurezza). Partecipano anche i Primi Cons. Quaroni, Riccardo, e il Dott. Fedele. Ristorante Grifone 244 East 46ma strada.

.

15,00 – 18,30                          Prosecuzione dibattito generale della 63esima UNGA: Interventi dei Rappresentanti di:   Finlandia (HS), Bosnia-Eerzegovina (HS), Ruanda (HS), Lituania (HS), Iran (HS), Libano (HS), Kenya (HS), Panama (HS), Uganda (HS), Guyana (HS), Georgia (HS), Bolivia (HS), Namibia (HS), Svizzera (HS), Benin (HS), Somalia (HS), Costa d’Avorio (HS), El Salvador (HS).

 

16.00                                       Incontro con l’USG responsabile per il Management, Angela Kane. Stanza S-2700A. Contatto: Susini 9173675289.

 

17.00                                       Incontro con l’Associate Administrator e USG di UNDP, Ad Melkert, 1 UN Plaza, 21° piano, stanza 2118. Contatto: Astrid 212 906 5789.

 

18.00                                       Incontro con USG responsabile per gli affari Politici, Lynn B. Pascoe. Stanza S-3770A. Contatto: Joan

                                                212.963.5055

 

20,30                                       Serata offerta ai parlamentari italiani (ed ai funzionari Senato e Camera) dal Vice Rappresentante Permanente, Amb. Mantovani.

 

 

 

MERCOLEDI’ 24 SETTEMBRE

 

                                               

Ore 9,00-9,45                         Incontro in Rappresentanza con i Rappresentanti dell’Associazione dei Funzionari italiani (UFIOI). Partecipa il Cons. Pugliese.

 

10,00-13,00                             Prosecuzione dibattito generale della 63esima UNGA.                                                Sono previsti gli interventi dei Rappresentanti di:   Sri Lanka (HS), Ucraina (HS), Paraguay (HS), Ghana (HS), Portogallo (HS), Cile (HS), Mongolia (HS), Slovenia (HS), Rep. Dominicana (HS), Senegal (HS), Messico (HS), Angola (HS), Afghanistan (HS), Sud Africa (HS), Burkina Faso *HS), Cina (HG), Cuba (VP) (NAM).

 

13,15-14,40                             Side-event organizzato dal Governo Italiano e dal Comune di Milano su “Local Governments Contributions to the Achievment of the MDG’s”. Sala 8.

 

 

15,00 – 19,30                          Prosecuzione dibattito generale della 63sima UNGA. Interventi dei Rappresentanti di:  Nigeria (HS), Honduras (HS), Mozambico (HS), Estonia (HS), Venezuela (HS), Malawi (HS), Cipro (HS), Colombia (HS), Lettonia (HS), Nauru (HS), Suriname (HS), Gambia (HS), Guatemala (HS), Polonia (HS), Centrafica (HS), Capo Verde (HS), Albania (HS), Costa Rica (HS).

                                               

20,30                                       Serata offerta ai parlamentari italiani (ed ai funzionari di Senato e Camera) dal Primo Cons. Pugliese (Rist. Asiate).

 

GIOVEDI’ 25 SETTEMBRE

 

 

8.45-10.00                              Sessione plenaria di apertura della Riunione ad Alto                       Livello sui “Millennium Development Goals”.

10.00                                       Incontro con Vice Ministro Affari esteri della Corea del Nord, Pak Gil Yon (contatto: Mun – 6469196194)

 

10,30                                       Incontro con USG for Humanitarian Affairs and Emergency Relief Coordinator John HOLMES

                                                Stanza S-3627A - Contatto Maryann, Tel. 212.963.2738

 

11,30                                       Incontro con l’Alto Rappresentante per il Disarmo (livello USG), Sergio Duarte. Stanza S-3170-A. Contatto Bianca, tel. 212 9631575 fax 4066

 

10,00 – 13,00                          Prosecuzione dibattito generale della 63sima UNGA. Previsti gli interventi dei Rappresentanti di:  Tajikistan (HS), Macedonia (HS), Seychelles (HS), Zambia (HS), Isole Marshall (HS), Palau (HS), Comore (HS), Guinea Equatoriale (HA), Kiribati (HS), Sao Tome e Principe (HS), Sierra Leone (HS), Rep. Dem. Congo (HS).

 

                                               

13.00                                       Colazione offerta dal Primo Consigliere Cuculi (temi del disarmo). Rist. Convivio

 

15,00 – 19,30                          Prosecuzione dibattito generale della 63sima UNGA. Previsti gli interventi dei Rappresentanti di:   Togo (HS), Micronesia (HS), Guinea-Bissau (HS), Swaziland (HS), Timor Est (HS), Zimbabwe (HS), Camerun (HS), Spagna (HG), Giappone (HG), Rep. Corea (HG), Tailandia (HG), Australia (HG), Norvegia (HG), Andorra (HG), San Marino (HG), Pakistan (HG), Canada (HG), S. Kitts e Nevis (HG), Paesi Bassi (HG), Saint Vincent e Grenadine (HG).

 

20.30 da conf                         Pranzo in onore della delegazione parlamentare offerta in Residenza dal Rappresentante Permanente, Amb. Terzi

 

 

VENERDI’ 26 SETTEMBRE

 

 

 

10,00 – 13,00                          Prosecuzione dibattito generale della 63esima UNGA.

                                                Previsti gli interventi dei Rappresentanti di:  Montenegro (HS), Haiti (HS), Vanuatu (HS), Burundi (HS), Kirgistan (HS), Ecuador (HS), Bangladesh (HG) (LDC), Italia (HG), Nepal (HG), Regno Unito (HG), Mauritius (HG), Giamaica (HG), Kuwait (HG), Bhutan (HG), Bulgaria (HG), Qatar (CP), Palestina (HL), Austria (FM).

                                               

10.45 circa                              Intervento in Assemblea Generale del Presidente Berlusconi.

 

12.00                                       Incontro con USG del DESA, Sha Zukang. Contatto Long

                                                2129635958

                                               

13.15-14.30                             Briefing per parlamentari organizzato dall’Ufficio dell’Unione Interparlamentare di New York. Sala ECOSOC

 

15,00 – 21,00                          Prosecuzione dibattito generale della 63esima UNGA.

                                                Previsti gli interventi dei Rappresentanti di:  Armenia (HS), Samoa (HG), Bahamas (HG), Isole Solomone (HG), Malta (HG), India (HG), Croazia (HG), Iraq (HG), Tuvalu (HG), Lesotho (HG), Barbados (HG), Islanda (HG), Papua Nuova Guinea (HG), Fiji (HG), Dominica (HG), Tonga (HG), Saint Lucia (HG), Guinea (HG), Grenada (HG), Brunei (CP), Lussemburgo (DPM).

                                               

17.35                                       Partenza della delegazione del Senato con volo AZ 645 (NewArk).

 

21.10                                       Partenza della Delegazione della Camera con volo AZ 611

 

 

 

* (HS) – Head of State; (HG) – Head of Government; (FM) Foreign Minister;

   (DPM) – Deputy Prime Minister; (VP) – Vice President; (HL) – Highest Level;

   (FS) – Foreign Secretary.

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

 

Composizione della delegazione degli osservatori parlamentari

 

Senato della repubblica

 

-        Senatore Lamberto Dini  (PdL)

Presidente 3a Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione).

 

- Consigliere parlamentare Luigi Gianniti

Funzionario - Segretario della 3a Commissione permanente (Affari esteri, emigrazione)

 

Camera dei deputati

 

- On. Alessandro Maran (PD)

Membro della III Commissione Affari Esteri e Comunitari

 

- Dott. Mario Di Napoli

Funzionario - Segretario della III Commissione Affari Esteri e Comunitari

 

 

 

 

 

 

RECAPITI TELEFONICI ED INDIRIZZI UTILI

 

 

Il funzionario di riferimento nella Rappresentanza e` il Primo Cons. Giovanni Pugliese

(cell. 1 646 4213217).

 

I funzionari stampa della Rappresentanza sono il Primo Cons. Giuseppe Manzo

(cell. 1 347 387 3989) e la Dr.ssa Irene Castagnoli (cell. 1 917 3784529)

 

Dr. Mario Di Napoli cell. +39-3357207694

 

Dr. Luigi Gianniti cell. +39-3480447956

 

 

* * * * *

 

La differenza di orario tra Roma e New York e’ di 6 ore.

(Ore 09.00 di New York = ore 15.00 di Roma).

 

Per telefonare con un cellulare italiano

 

Per ricevere telefonate dall’Italia:

deve essere composto il prefisso per gli Stati Uniti (001) seguito dal prefisso di Manhattan (212, oppure 917 oppure 646) e dal resto del numero.

 

* * * * *

 

 

Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite

2, UnitedNationsPlaza, 24° piano

Tel. 1-212-486.91.91

Fax  1-212-486.10.36

E-mail: italy@un.int

 

Ambasciatore Giulio Terzi

Rappresentante Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite

Residenza: 16 East 76th Street

Tel.  1-212-988.15.27  -  1-212-988.15.41

Fax  1-212-988.15.48

 

Ambasciatore  Aldo Mantovani

Vice Rappresentante Permanente d’Italia

presso le Nazioni Unite

Residenza: 970 Park Avenue, App. 3 N

Tel. 1-212-472.97.15 – Cell. 1- 917 - 3496954

 

 

 

*****

Consolato Generale d’Italia

690 Park Avenue

Tel. 1-212-439.86.00

Fax: 1-212-249.49.45

 

Console Generale - Min. Plen. Francesco Talo’

Tel. 1-212-439.86.05

 

Medici di fiducia

Dott. Domenico Mignone

172 East 71st  Street

Tel. 1-212-72.48.22       (studio)

Tel. 1-914- 681.17.74    (studio)

Tel. 1-914-793.85.29     (casa)

 

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Schede di lettura

 


 

Ruolo e struttura delle Nazioni Unite

L'Organizzazione delle Nazioni Unite è il più vasto organismo internazionale esistente, contando oggi l'adesione di 192 membri, ossia la quasi totalità degli Stati del pianeta.

L'adesione all'ONU comporta, da parte degli Stati, l'assunzione dell'impegno giuridico a cooperare nell'applicazione dei principi e nella realizzazione degli obiettivi enunciati nella Carta dell'ONU, ossia ad operare per eliminare la guerra, garantire i diritti dell'uomo, il rispetto della giustizia e del diritto internazionale, il progresso sociale e le relazioni amichevoli tra Stati.

La Carta delle Nazioni Unite (o Statuto) fu redatta verso la fine della II Guerra mondiale, al termine di un processo negoziale avviato nel 1941, dai rappresentanti di 50 nazioni riuniti a San Francisco nel giugno del 1945. L'adesione alla Carta è aperta a tutti i paesi del mondo che ne accettino gli impegni. L'ammissione viene decisa dall'Assemblea generale su proposta del Consiglio di sicurezza.

I principali organi delle Nazioni Unite, istituiti dalla Carta, sono:

v   L'Assemblea generale: è la principale sede di decisione e l'organo più rappresentativo delle Nazioni Unite, essendo composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri, che dispongono di un voto ciascuno. Le decisioni su questioni come la pace e la sicurezza, l'ammissione di nuovi membri o le decisioni di bilancio, sono prese a maggioranza dei due terzi, le altre a maggioranza semplice. Tra queste ultime vi sono le Risoluzioni, che hanno valore di raccomandazione etico-politica nei confronti degli Stati membri.

La sessione annuale ordinaria dell’Assemblea inizia il martedì della terza settimana di settembre e prosegue di regola fino alla terza settimana di dicembre. All’inizio di ogni sessione vengono eletti un Presidente, 21 Vicepresidenti e i Presidenti delle sei Commissioni principali. L’elezione del Presidente segue una rigida rotazione su base geografica che vede alternarsi un rappresentante delle cinque aree nelle quali si suddividono i membri dell’Organizzazione (Africa, Asia, Europa orientale, America latina, Europa occidentale e altri). Le sedute straordinarie dell’Assemblea possono essere convocate dal Segretario Generale su proposta del Consiglio di sicurezza, della maggioranza degli Stati membri o anche di un solo Stato, purché riceva l’appoggio della maggioranza degli altri Paesi. A causa del gran numero di temi in agenda, l’Assemblea assegna la maggior parte delle questioni da discutere in sessione ordinaria alle sei Commissioni principali, che sono, nell’ordine:

1)               Disarmo e sicurezza internazionale

2)               Questioni economiche e finanziarie

3)               Questioni sociali, umanitarie e culturali

4)               Politica speciale e decolonizzazione

5)               Questioni amministrative e di bilancio

6)               Questioni giuridiche

Esistono poi un Comitato generale composto dal Presidente, dai 21 Vicepresidenti dell’Assemblea e dai Presidenti delle sei Commissioni e un Comitato per la verifica dei poteri, composto di nove membri designati dall’Assemblea, con il compito di riferire sulle credenziali dei rappresentanti.

 L’Assemblea elegge i 10 membri non permanenti del Consiglio di sicurezza e i 54 componenti del Consiglio economico e sociale. Inoltre, insieme al Consiglio di sicurezza, elegge i giudici della Corte internazionale di giustizia e, sempre su raccomandazione del Consiglio, nomina il Segretario Generale.

Si ricorda, infine, che nel novembre 1950 l’Assemblea Generale ha adottato la risoluzione “Uniting for peace” in base alla quale essa può intervenire attivamente nel caso di grave minaccia alla pace o del verificarsi di un atto di aggressione, allo scopo di superare il blocco determinato in seno al Consiglio di sicurezza dal veto posto da uno dei membri permanenti. In questo caso l’Assemblea ha il potere di considerare la questione immediatamente e di fare raccomandazioni agli Stati membri per l’adozione di misure collettive, compreso l’uso della forza armata se ciò fosse necessario a mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza internazionali.

v   Il Consiglio di sicurezza ha il ruolo, affidatogli dallo Statuto, di mantenere la pace e la sicurezza internazionali. E' composto di 15 membri, di cui 5 permanenti (Cina, Federazione russa, Francia, Regno Unito, Stati Uniti) e 10 eletti dall'Assemblea generale per periodi biennali. Ciascun membro del Consiglio dispone di un voto; le decisioni su questioni di fondo sono assunte con una maggioranza di 9 voti, tra i quali devono figurare tutti i membri permanenti (diritto di veto). Il Consiglio di sicurezza ha il potere di adottare risoluzioni, di avviare indagini e di assumere decisioni vincolanti per gli Stati membri. Le principali funzioni del Consiglio di sicurezza sono disciplinate dai capitoli VI (Soluzione pacifica delle controversie) e VII (Azione rispetto alle minacce alla pace, alla violazione della pace ed agli atti di aggressione) della Carta delle Nazioni Unite. Ai sensi del capitolo VII il Consiglio di sicurezza può irrogare sanzioni o decidere l'impiego della forza, e tali decisioni sono vincolanti per gli Stati membri.

v   Il Segretariato generale è costituito da personale amministrativo dell'ONU (staff members), con a capo il Segretario generale nominato dall'Assemblea generale, su proposta del Consiglio di sicurezza. Il Segretario generale partecipa a tutte le riunioni dei principali organi delle Nazioni Unite e può sottoporre al Consiglio di sicurezza qualsiasi questione che, a suo avviso, rischi di minacciare la pace e la sicurezza. I funzionari delle Nazioni Unite non rappresentano gli Stati di appartenenza e devono agire in piena indipendenza nell'interesse dell'organizzazione.

v   Il Consiglio economico e sociale, ai sensi della Carta, è il principale organo di coordinamento delle attività economiche e sociali dell'ONU e dei suoi organismi ed istituzioni specializzate. E' composto dai rappresentanti di 54 Stati membri, eletti per periodi triennali, di cui un terzo è sostituito annualmente. Ciascun membro dispone di un voto e le decisioni sono prese a maggioranza semplice. Fanno capo all'ECOSOC importanti organi quali la Commissione dei diritti dell'uomo, la Sottocommissione contro la discriminazione e per la tutela delle minoranze, la Commissione sulla condizione della donna, e programmi quali il Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo. Oltre 1.500 organizzazioni non governative hanno status consultivo presso l'ECOSOC, svolgendo azione di denuncia, pressione e proposta.

v   Al Consiglio di amministrazione fiduciaria, disciplinato nei capitoli XII e XIII dello Statuto e composto dai cinque Stati membri permanenti del Consiglio di sicurezza, è affidato il compito di controllare l’amministrazione dei territori (ex colonie) in gestione fiduciaria. L’ultimo di questi undici territori, Palau (un gruppo di isole della Micronesia) ha ottenuto l’indipendenza nel novembre 1994 e il mese successivo è divenuto membro delle Nazioni Unite. Da allora il Consiglio ha formalmente sospeso la sua attività.

v   La Corte internazionale di giustizia è il principale organo giudiziario dell'ONU. Il suo statuto fa parte integrante della Carta delle Nazioni Unite, cosicché tutti gli Stati membri dell'Organizzazione sono automaticamente parte dello statuto della Corte. Alla Corte possono adire tutti gli Stati membri e, a determinate condizioni, anche i non membri. Oltre ad emettere sentenze su controversie giuridiche (e non politiche) tra Stati, la Corte esercita anche funzioni consultive per il Consiglio di sicurezza e l'Assemblea generale, su richiesta di questi.


 

Il processo di riforma delle Nazioni Unite. Sviluppi recenti

Negli ultimi anni le Nazioni Unite, considerate come sistema che comprende programmi, agenzie specializzate e fondi, hanno avviato un processo di riforma, finalizzato a rafforzare l'efficacia dell'organizzazione e renderla più vicina alle sfide del presente ed alle richieste dei suoi membri.

Tale processo di riforma è stato intrapreso a più livelli ed in diverse sedi. Tra di esse il World Summit, che si è svolto nel settembre 2005 a margine della 60° sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, nel cui documento finale (Outcome Document) viene dichiarato l’obiettivo di rafforzare l’autorità e l’efficienza dell’Onu, ossia di riformare l’Organizzazione affinché possa effettivamente affrontare le sfide attuali (capitolo quinto).

 

Per quanto riguarda i due principali organi delle Nazioni Unite, l’Assemblea generale ed il Consiglio di sicurezza, tuttavia, l’Outcome Document si limita a fornire alcune indicazioni di carattere generale. Dell’Assemblea generale si afferma la posizione centrale quale principale organo deliberativo, politico e rappresentativo dell’Organizzazione. Si esprime consenso con le misure adottate, volte a rafforzare il ruolo e l’autorità del Presidente dell’Assemblea e si auspica un’intensificazione delle relazioni dell’Assemblea con gli altri organi delle Nazioni Unite al fine di garantire un coordinamento sulle questioni che richiedono un intervento concertato (par. 149-151).

Al Consiglio di sicurezza si riconosce la primaria responsabilità nel mantenimento della pace e della sicurezza, e si sostiene l’opportunità di una riforma complessiva che lo renda maggiormente rappresentativo, più efficiente e più trasparente. Si raccomanda inoltre l’adozione di metodi di lavoro che consentano di coinvolgere gli Stati non membri del Consiglio (par. 152-154).

Va segnalato al proposito che nell’ultima seduta della 61ma Sessione dell’Assemblea Generale dell’ONU, tenutasi il 17 settembre 2007, è sembrata prevalere nettamente la tesi enunciata giusto un anno prima e ribadita poi nel corso della 62ma Sessione dall’allora Presidente del Consiglio Prodi e dall’ex Capo dello Stato pakistano Musharraf, secondo la quale non si doveva procedere in tempi brevi ad un allargamento del Consiglio di Sicurezza, quanto piuttosto ad un rilancio del negoziato, senza precondizioni, per un accordo generale sulla materia. In realtà i lavori della 62ma Sessione hanno registrato forti divisioni tra diverse idee per la riforma del CdS: schematizzando, si può dire che all’approccio del Gruppo dei Paesi partecipanti – con un ruolo rilevante dell’Italia – all’iniziativa Uniting for Consensus si contrappone un punto di vista più marcatamente “nazionale” , che si collega al cosiddetto G4 – Germania, India, Giappone e Brasile.

Lo scopo del G4, il cui tentativo si arenò tuttavia a metà del 2005 grazie all’appoggio cinese alle tesi di Uniting for Consensus, era quello di ottenere l'istituzione di quattro nuovi seggi non permanenti e sei nuovi seggi permanenti privi del diritto di veto, in modo da riflettere l’evoluzione dei rapporti di forza internazionali anzitutto mediante l’inclusione nel CdS dei quattro Paesi promotori.

Le proposte di Uniting for Consensus mirano invece ad un aumento di dieci nuovi seggi non permanenti, da gestire con larga autonomia e flessibilità da parte dei cinque gruppi regionali. Oltre a porre l’accento sulla dimensione “regionale”, la posizione di cui l’Italia è capofila rifiuta la prospettiva della creazione di nuovi membri permanenti – che accrescerebbe il carattere gerarchico ed “esclusivo” del CdS senza peraltro migliorarne l’efficienza. Inoltre, da parte italiana si è sempre sostenuta la necessità di un ruolo più attivo ed incisivo dell'Unione europea in Consiglio di sicurezza, nella prospettiva - non immediata ma alla quale tendere progressivamente - dell'istituzione di un seggio unico per l'Europa. Infine, caratteristica dell’approccio italiano largamente condiviso è l’affermazione dell’assoluta necessità che qualsiasi decisione sulla riforma del Consiglio di sicurezza debba essere adottata con il più vasto consenso possibile.

Non sono mancate naturalmente negli anni altre proposte, ma non si è registrato su nessuna di esse un accordo sufficiente.

All’inizio di gennaio 2008 il Presidente francese Sarkozy ha rilanciato nella sostanza la proposta del G4, in vista del raddoppio del numero dei membri permanenti del CdS, del quale dovrebbe tuttavia entrare a far parte anche un Paese africano.

Alla metà di marzo la Germania e Cipro hanno formulato ufficialmente, consegnandola al Presidente dell’Assemblea Generale Srgjan Karim, un’ulteriore proposta, assai flessibile e con numerose opzioni alternative, ma mirante a un allargamento del Cds da 15 a 22 membri – con i nuovi 7 membri non necessariamente permanenti, ma comunque eletti a livello regionale (2 in Africa, 2 in Asia, uno in America latina e Caraibi, uno in Europa occidentale e uno in Europa orientale). Appoggiata dal Regno Unito e dai Paesi Bassi, la nuova proposta ha registrato la ferma opposizione di Uniting for Consensus.

Il 2 settembre 2008, comunque, è ripresa in seno all’Assemblea Generale la discussione sulla riforma del Cds, e il 15 settembre è stato approvato senza votazione un Documento che rimanda a negoziati intergovernativi da svolgere a partire dai primi mesi del 2009, individuando anche – ma senza pregiudizio delle future trattative – alcuni nodi centrali, tra i quali quello caro all’Italia della possibilità della previsione di seggi regionali in seno al CdS, nonché quello della portata del diritto di veto e del numero dei membri.

Per il Consiglio economico e sociale si auspica un maggior ruolo in qualità di principale organo per il coordinamento, la valutazione delle politiche e la formulazione di raccomandazioni sui temi dello sviluppo economico e sociale. In particolare, si chiede che il Consiglio promuova un dialogo globale sulle tematiche di competenza, tenga un forum biennale sulla cooperazione allo sviluppo, divenga un luogo di verifica puntuale del conseguimento degli obiettivi di sviluppo, sostenga ed integri gli sforzi internazionali volti ad affrontare le emergenze, incluse quelle umanitarie, svolga un maggior ruolo nel coordinare fondi, programmi ed agenzie (par. 155-156).

Per dare priorità alla tutela dei diritti umani è stata decisa l’istituzione di un Consiglio per i diritti umani con il compito di promuovere la protezione dei diritti umani a livello internazionale e di curare il coordinamento con gli altri organi delle Nazioni Unite.

Dopo mesi di intensi negoziati, il 15 marzo 2006 l’Assemblea Generale dell’ONU ha votato a larghissima maggioranza (170 a favore; 3 astenuti: Venezuela, Iran e Bielorussia; 4 contrari: USA, Israele, Isole Marshall e Palau) una risoluzione che ha istituito il nuovo Consiglio per i diritti umani, in sostituzione della vecchia, e molto criticata, Commissione di Ginevra.

Rispetto alla vecchia Commissione, il nuovo Consiglio ha lo status di organismo sussidiario dell’Assemblea Generale, si riunirà con maggiore frequenza e nella composizione si terrà conto della rappresentanza geografica.

Il Consiglio è composto di 47 membri, eletti, con voto segreto, dalla maggioranza assoluta dei membri dell’Assemblea Generale (96 voti). La partecipazione è aperta a tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite. La distribuzione  dei seggi rispetta la rappresentanza geografica (13 ai Paesi africani; 13 ai Paesi asiatici; 6 dai Paesi dell’Europa orientale; 8 all’America Latina e Caraibi; 7 all’Europa occidentale e altri Stati).

L’Assemblea generale, con la maggioranza dei due terzi presenti e votanti, potrà sospendere il diritto di appartenenza ad un membro del Consiglio che commetta rilevanti e sistematiche violazioni dei diritti umani.

L’Outcome document sostiene la riforma interna già avviata dal Segretario generale per ottenere un Segretariato efficiente, efficace e responsabile (par. 161 e segg.). La riforma mira in particolare a rafforzare la responsabilità e il controllo, migliorare la qualità e la trasparenza della gestione e rafforzare l’eticità della condotta dei  funzionari.

Quanto alla riforma dell’amministrazione delle Nazioni Unite, l’Outcome Document riconosce la debolezza amministrativa dell’Organizzazione e la necessità di accrescere l’indipendenza delle strutture di controllo. Il Documento riconosce inoltre la necessità di introdurre nuovi criteri e modalità per la gestione delle risorse umane e finanziarie dell’Organizzazione ed invita il Segretario generale a sottoporre all’Assemblea generale un piano di riforme nel primo trimestre del 2006.

Al proposito, il 7 marzo 2006 il Segretario generale dell’ONU ha presentato il documento Investing in the United Nations: For a Stronger Organization Worldwide, sulla riforma dell’organizzazione che contiene 23 proposte sulla gestione del Segretariato. Sul testo, successivamente emendato, il 7 luglio 2006 l’Assemblea generale ha fatto conoscere la propria opinione  (proposta di risoluzione A/C.5/60/L.67).

Nel mese di giugno 2066 l’Assemblea generale ha esaminato una serie di proposte di ampia portata riguardanti il controllo e la responsabilità, le tecnologie dell’informazione della comunicazione, la concessione di limitati margini di manovra nel bilancio, le pratiche di gestione finanziaria, l’accesso pubblico ai documenti dell’ONU e le forniture.

Gli Stati membri hanno poi adottato le decisioni che consentiranno la realizzazione, nel corso dei prossimi quattro anni, delle misure richieste dal World Summit del 2005, tra le quali:

§         un aumento del limite di spesa fino a 20 milioni di $ per gli esercizi 2006-2007 e 2008-2009 del fondo discrezionale di cui il Segretario generale è titolare;

§         l’operatività dell’Ufficio per l’Etica che ha il compito di assistere il Segretario generale nella verifica del rispetto dei più alti standard di integrità richiesti allo staff dalla Carta delle Nazioni Unite, attraverso la promozione della deontologia, della trasparenza e della affidabilità;

§         la creazione di un Ufficio di Direttore generale dell’Informatica, con il compito di sovrintendere all’integrazione dei sistemi informatici e telematici;

§         la realizzazione di un sistema di gestione integrata di nuova generazione che sostituisca i vecchi sistemi;

§          l’adozione di norme contabili internazionali del settore pubblico;

§         un aumento del Fondo di cassa a 150 milioni di $;

§         lo stanziamento di circa 700mila $ per migliorare il sistema degli approvvigionamenti.

 

Oltre alla creazione del nuovo Consiglio per i diritti umani, il World Summit del 2005 ha deciso l’istituzione di altro organismo: la Commissione per il peacebuilding (terzo capitolo dell’Outcome Document, dedicato ai temi ai temi della pace e della sicurezza collettiva).

Il documento sottolinea l’importanza del peacebuilding per i Paesi che emergono da situazioni di conflitto e necessitano di complessi interventi di ricostruzione di carattere istituzionale ed economico, e propone quindi l’istituzione di un’apposita Commissione avente la natura di organo intergovernativo consultivo. La Commissione ha il compito di riunire tutti gli attori rilevanti per la mobilitazione delle risorse e per la definizione di strategie complessive per il peacebuilding e il ripristino delle condizioni di normalità dopo un conflitto, con particolare attenzione alla ricostruzione, al rafforzamento delle istituzioni ed all’elaborazione di strategie per uno sviluppo sostenibile.

La Commissione, che si è riunita per la prima volta il 23 giugno 2006, si convoca in varie configurazioni ed è costituita da un Comitato organizzativo e da Comitati che rappresentano specifici paesi. Dei 31 membri che formano il Comitato organizzativo, 7 provengono dal Consiglio di Sicurezza; 7 dall’ECOSOC, 5 dai primi dieci contributori al bilancio ONU; 5 dai dieci paesi che maggiormente contribuiscono alle missioni ONU dal punto di vista militare. Vi sono, infine, 7 membri addizionali la cui provenienza dovrà servire a bilanciare gli eventuali squilibri geografici.

Sempre in tema di peacebuilding, a seguito della presentazione del rapporto del Segretario generale “Arrangements for establishing the Peacebuilding Fund” l’Assemblea generale ha adottato l’8 settembre 2006, senza procedere al voto, il Documento A/60/L.63 sull’istituzione del Fondo per il Peacebuilding. Obiettivo del Fondo sarà l’immediata erogazione di risorse da destinarsi al sostegno degli interventi cruciali nei processi di peacebuilding. La gestione del Fondo sarà affidata all’UNDP (United Nations Development Programme) ma – sempre in base al Rapporto del Segretario generale – anche l’Assemblea Generale e la Commissione per il Peacebuilding avranno un ruolo nell’organizzazione dell’ amministrazione.


La 63ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite
(a cura del MAE)

La 63ma sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite si apre in una fase in cui il rilancio del multilateralismo e del ruolo delle Nazioni Unite, intercorso negli ultimi anni, sta mostrando un quadro di luci ed ombre. L’Organizzazione societaria è chiamata a dimostrare la propria capacità di fronteggiare efficacemente le sfide del nostro tempo nel campo della pace, dello sviluppo, della tutela e promozione dei diritti umani. Tuttavia si sono registrate in quest’ultimo anno alcune difficoltà. La missione ibrida ONU-Unione Africana per il Darfur, che doveva fornire un esempio di collaborazione operativa fra l’ONU ed un’importante organizzazione regionale, continua ad incontrare seri problemi al suo dispiegamento; il Consiglio di Sicurezza è stato incapace di deliberare sulla questione del Kossovo e sulla crisi georgiana per via del veto russo; anche sul Medio Oriente, con l’eccezione del Libano, il CdS continua a non svolgere un ruolo di punta; gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio sono ancora in gran parte disattesi, ed un’intesa globale sul post-Kyoto appare lungi dal venire.

 

Si registrano, d’altra parte, alcuni segnali positivi: le tematiche dei diritti umani fanno sempre più parte del raggio d’azione del CdS, che si è occupato quest’anno di alcuni casi di violazione di principi democratici, soprattutto in Africa (Zimbabwe, Kenya e Mauritania), ma anche in Myanmar. Temi “trasversali” quali i cambiamenti climatici, la prevenzione dei conflitti, la lotta al fenomeno dei bambini soldato, la protezione dei civili nei conflitti armati hanno assunto una crescente importanza nell’agenda dei principali organi ONU, in particolare del CdS. L’Assemblea Generale ha recentemente trovato un’intesa sull’aggiornamento della Strategia globale contro il terrorismo (anche se permangono divisioni sulla definizione stessa del fenomeno); la collaborazione tra organizzazioni regionali e l’ONU continua ad intensificarsi, in particolare per quanto riguarda il ruolo dell’Unione Europea, che ha dispiegato una nuova missione PESD sotto mandato ONU (quella in Ciad/Repubblica centrafricana), nonché nel rapporto fra Nazioni Unite ed Unione Africana. Peraltro, le relazioni ONU-NATO, che pure si sviluppano sotto il piano operativo, faticano a trovare un inquadramento a livello politico.

 

La sessione che si apre sarà cruciale per verificare se questi segnali positivi potranno consolidarsi o se invece gli elementi di crisi sopra segnalati sono destinati ad intensificarsi. Sullo sfondo si pone la transizione negli Stati Uniti e la crescente assertività russa.

 

Oltre al dibattito generale in apertura della 63ma sessione dell’Assemblea Generale, è quest’anno prevista una serie di importanti incontri ad alto livello a margine, consacrati ai temi dello sviluppo. Fra questi si segnala in particolare la riunione sull’Africa il 22 settembre, mirata a richiamare l’attenzione internazionale sulle necessità di sviluppo, pace, sicurezza e diritti umani nel continente, sulla base, fra l’altro, dei risultati raggiunti in ambito NEPAD (New Partnership for Africa’s Development).

 

L’altro evento ad alto livello, previsto per il 25 settembre, sarà dedicato agli Obiettivi di sviluppo per il millennio (Millenium Development Goals, MDGs): originato su impulso del Primo Ministro britannico Gordon Brown, si tratterà di un’occasione rilevante (vi parteciperanno oltre 85 Capi di Stato e di Governo) per ribadire l’impegno collettivo a raggiungere gli Obiettivi entro il termine previsto del 2015. Fra i settori che richiedono maggiori sforzi, il Segretario Generale ha indicato aiuto pubblico allo sviluppo, debito estero, commercio internazionale, accesso ai farmaci essenziali e tecnologia. E’ previsto anche un pranzo di lavoro.

 

In questo quadro si colloca l’iniziativa italiana di un apposito side-event sul contributo degli enti locali al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del millennio, che si svolgerà il 24 settembre e costituirà un’occasione per presentare le previste attività di Expo Milano 2015 a favore dello sviluppo, in particolare per quanto riguarda il tema centrale dell’alimentazione e le problematiche ambientali.

 

In ambito diritti dell’uomo, sarà seguita con attenzione la questione della pena di morte e segnatamente i seguiti della Risoluzione adottata dall’Assemblea Generale lo scorso anno sulla moratoria, che ha visto l’Italia svolgere, insieme all’Unione Europea, un ruolo assolutamente di punta.

 

Tra i principali temi al centro dell’attenzione durante la 63ma UNGA figurerà anche la riforma delle Nazioni Unite, sia sotto il profilo dell’adeguamento degli organi societari (riforma CdS e rivitalizzazione AG), sia per quanto riguarda la riforma del management e la ristrutturazione del Segretariato, con il rafforzamento delle funzioni di diplomazia preventiva e mediazione. Una partecipazione continuativa merita anche l’esercizio cosiddetto della “System Wide Coherence” che mira ad assicurare maggiore coerenza ed efficienza dei molteplici Fondi, Agenzie e Programmi dell’ONU presenti nei vari Paesi; si tratta di una riforma importante nella misura in cui permetterà di realizzare economie di scala ed assicurerà un migliore uso delle risorse finanziarie che i Paesi membri mettono a disposizione dell’intero sistema ONU.

 

Per quanto riguarda la riforma del Consiglio di Sicurezza, continueremo a vegliare insieme ai nostri principali alleati del movimento Uniting for Consensus (UfC) affinché – in questa fase delicata del dibattito – i principi ed i valori su cui si basa la nostra visione di riforma del Consiglio di Sicurezza vengano adeguatamente tutelati, nel rispetto del metodo consensuale che è a noi particolarmente caro. Proprio per rinnovare la coesione del gruppo e stabilire una piattaforma d’azione per i prossimi mesi, l’Italia ha convocato una riunione del Core Group UfC a livello di Ministri degli Esteri per il 26 settembre.

 

Il nostro mandato in Consiglio di Sicurezza giungerà a termine a fine anno. La presenza italiana in CdS continuerà ad essere caratterizzata in questi ultimi mesi da un attivo coinvolgimento sulle principali questioni, a cominciare dalle situazioni di crisi che toccano più da vicino le aree di nostro interesse (Balcani, Medio Oriente, Afghanistan e Caucaso). Il 23 settembre è prevista una riunione del Consiglio di Sicurezza organizzata dal Burkina Faso, che questo mese detiene la presidenza, sul tema “Mediazione e soluzione dei conflitti”, di grande attualità in una fase in cui il sistema di governance mondiale risente delle differenze fra i principali Paesi ed attori.

 

* * *

 

La nostra presenza in Consiglio di Sicurezza per il biennio 2007-2008 ci sta consentendo di rafforzare il nostro contributo ai tentativi di soluzione delle principali situazioni di crisi internazionali. Nella nostra veste di Paese “coordinatore” delle questioni Afghanistan in Consiglio, abbiamo predisposto le risoluzioni per il rinnovo del mandato di UNAMA e di ISAF, cercando in entrambi i casi di porre un’enfasi sempre maggiore sulla cooperazione regionale e sull’importanza di un’integrazione crescente  tra gli aspetti politico-civili e quelli di sicurezza dell’intervento internazionale in favore della stabilizzazione e ricostruzione di quel Paese.  In ottobre l’Italia guiderà una missione del CdS in Afghanistan. Per quanto riguarda il Libano, siamo stati co-autori della risoluzione che ha rinnovato il mandato di UNIFIL, ed abbiamo dato un contributo di un milione di dollari al Tribunale Speciale per l’omicidio Hariri. Abbiamo inoltre sostenuto una maggiore attenzione del CdS in relazione alla situazione in Myanmar e Zimbabwe, la cui incisività peraltro è risultata limitata dall’opposizione russa e cinese a che tali questioni formassero oggetto di misure concrete. Per quanto riguarda l’Africa, abbiamo sostenuto la decisione di autorizzare una forza ibrida per il Darfur e seguiamo con preoccupazione la mancanza di progressi e la lentezza del suo dispiegamento. L’accordo di Gibuti fra le parti somale costituisce un’occasione per riportare la stabilità in Somalia che invitiamo le Nazioni Unite a cogliere, decidendo il rapido invio di un’operazione di pace. Manteniamo altresì la Presidenza dei Comitati Sanzioni Sudan e Corea del Nord.

 

Tra le linee prioritarie del nostro biennio in Consiglio di Sicurezza figura il rafforzamento dei meccanismi di coordinamento tra i Paesi europei che ne fanno parte, coerentemente con l’obiettivo di elevare il profilo politico dell’Unione Europea alle Nazioni Unite. 

 

 


L’associazione funzionari italiani (UFIOI)

L’UFIOI, fondata nel 1990, è l’unione dei funzionari italiani operanti nelle sedi centrali o periferiche delle organizzazioni internazionali (OOII), prevalentemente organizzazioni delle Nazioni Unite, con sede a New York.  L’unione coordina le proprie attività con altre associazioni rappresentative dei funzionari italiani, tra cui l’AIFI[1] di Ginevra.

 

L’obiettivo dell’UFIOI è il riconoscimento giuridico della figura del funzionario internazionale da parte dell’ordinamento italiano.

 

Secondo le associazioni dei funzionari italiani all’estero il mancato riconoscimento giuridico della figura del funzionario internazionale – in primo luogo - produce sui funzionari del settore pubblico (e sui professionisti del settore privato) un effetto disincentivante rispetto alla partecipazione a concorsi presso le Organizzazioni internazionali in quanto il servizio prestato in tali sedi non verrebbe riconosciuto al rientro in Italia; inoltre tale situazione non facilita il ritorno di funzionari delle Organizzazioni internazionali presso amministrazioni pubbliche (o imprese private) italiane.

 

Al fine di ottenere il riconoscimento giuridico della figura del funzionario internazionale l’UFIOI sostiene, tra l’altro:

-        la stipula di un accordo tra INPS e Fondo Pensione delle Nazioni Unite per armonizzare il trattamento pensionistico a beneficio dei cittadini italiani che hanno maturato anni di esperienza lavorativa presso Organizzazioni internazionali;

-        l’armonizzazione del trattamento fiscale delle pensioni percepite dai funzionari delle OOII (interne ed esterne al perimetro ONU) ed l’esenzione parziale o totale delle imposte.

 

A tale proposito l’UFIOI rammenta che gli emolumenti percepiti dai funzionari ONU durante il servizio attivo non sono soggetti a prelievo fiscale da parte dello Stato italiano, ma i funzionari italiani sono soggetti al c.d. staff assessment, una forma di tassazione i cui proventi concorrono a ridurre i contributi obbligatori italiani alle OOII.

 

Si ricorda che nell’ordinamento italiano, ai sensi dell’articolo 28 del Dlgs. 30 marzo 2001, n. 165[2], come modificato dall’articolo 3, comma 5 della legge 15 luglio 2002 n. 145, in materia di accesso alla qualifica di dirigente, si prevede che “i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea” possono accedere, attraverso procedura concorsuale, alla qualifica di dirigente delle pubbliche amministrazioni.

 

Con riferimento alle iniziative parlamentari riguardanti i funzionari italiani operanti all’estero, si rammenta che il 13 dicembre 2004, nel corso della XIV legislatura, l’onorevole Calzolaio aveva presentato un progetto di legge (A.C. 5425[3]) volto a introdurre norme che riconoscessero in maniera più adeguata sul piano lavoristico e previdenziale lo status dei funzionari internazionali italiani, cioè dei cittadini italiani che svolgono o hanno svolto un incarico di lavoro dipendente presso un’organizzazione internazionale della quale l’Italia è membro[4].

Nel corso dell’esame in sede referente presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati si giunse (19 gennaio 2006) all’adozione di un testo base che incorporava alcune delle disposizioni del disegno di legge presentato al Senato il 3 febbraio 2005 dal senatore Enrico Pianetta (A.S. 3286[5]). Su tale testo base espressero parere favorevole la Commissione esteri, la Commissione cultura e la Commissione politiche dell’Unione Europea.

 

In particolare la Commissione esteri, per i profili di propria competenza, aveva valutato positivamente il fatto che il testo in esame integrasse una normativa che sul piano lavoristico e previdenziale non appariva idonea a tutelare adeguatamente i funzionari internazionali italiani. Sotto un profilo più generale, la Commissione aveva rilevato che il testo si prefiggeva, in una prospettiva di lungo termine, di incentivare e promuovere la quota di presenza di funzionari italiani presso le organizzazioni internazionali, giudicata allora troppo esigua[6]

 

La Commissione bilancio, invece, avendo rilevato profili problematici di carattere finanziario non aveva espresso il parere e la documentazione depositata dal Governo presso la Commissione bilancio esplicitava che il provvedimento non poteva avere seguito in quanto comportante oneri privi di copertura[7].

L’iter del provvedimento non aveva ulteriori sviluppi.

 

Come ricordato, nel corso della XIV legislatura un disegno di legge recante norme specificamente destinate ai funzionari italiani all’estero era stato presentato anche al Senato (A.S. 3286). L’iter parlamentare del provvedimento, assegnato alla 1° Commissione (Affari Costituzionali) del Senato il 16 marzo 2005, non ha avuto inizio.

Un provvedimento sostanzialmente identico venne riproposto, ancora al Senato, nel corso della XV legislatura (A.S. 892 a firma Pianetta); assegnato alle Commissioni 1°(Affari Costituzionali) e 3° (Affari esteri), non venne incardinato.

 

Il provvedimento è stato da ultimo presentato alla Camera dei deputati (A.C. 928, Pianetta) e assegnato (16 settembre 2008) alla Commissione lavoro, che non ne ha ancora avviato l’esame.

La proposta di legge ora all’esame replica i disegni di legge A.S. 3286 e A.S. 892, reca disposizioni volte al riconoscimento del ruolo svolto dai funzionari italiani (articolo 1); istituisce l’Albo dei funzionari di cittadinanza italiana presso il Ministero degli affari esteri (articolo 2); disciplina i programmi di formazione finalizzati all’accesso alla carriera di funzionario internazionale (articolo 3). L’articolo 4 prevede il riconoscimento della qualifica di funzionario internazionale quale titolo valutabile nei concorsi pubblici nonché il riconoscimento di una percentuale di riserva a favore dei funzionari iscritti all’Albo; ai sensi dell’articolo 5 viene introdotta l’aspettativa per i dipendenti pubblici che siano coniugi di funzionari che prestano servizio all’estero. Gli ultimi due articoli disciplinano le prestazioni a titolo pensionistico e assicurativo: in particolare, l’articolo 6 dispone l’esenzione da imposte delle prestazioni a titolo pensionistico erogate dalle organizzazioni internazionali a favore dei funzionari internazionali; l’articolo 7 è diretto a prevedere per i funzionari internazionali già iscritti all’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, e alle forme di essa sostitutive ed esclusive, l’autorizzazione alla prosecuzione volontaria del versamento dei contributi nel fondo pensionistico di appartenenza per i periodi di servizio all’estero, privi di copertura assicurativa in Italia.


Local Governments Contributions to the Achievement of the MDG’s

Expo Milano 2015 e sviluppo sostenibile

La città di Milano ospiterà nel 2015 l’Expo Universale, le cui attività ruoteranno intorno al tema scelto per la manifestazione: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”.

Il settore dell’alimentazione avrà quindi una collocazione centrale nell’Expo 2015, alla luce dei nuovi scenari che, particolarmente a seguito della crisi in atto, sottopongono con urgenza alla comunità internazionale il tema del diritto ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il pianeta. L’emergenza alimentare mondiale colpisce in modo particolare 100 milioni di persone, per la maggior parte abitanti dei paesi in via di sviluppo, che rischiano di morire di fame a causa dell’aumento vertiginoso dei prezzi dei beni di prima necessità. Inoltre, dati resi disponibili dalla FAO il 18 settembre, informano che  l'aumento dei prezzi dei generi alimentari ha fatto precipitare altri 75 milioni di persone al di sotto della soglia della fame, portando nel 2007 il numero delle persone sottonutrite a 923 milioni. Tali dati offrono un elemento concreto di per valutare l’effetto diretto dei rincari dei generi alimentari sulla marcia di avvicinamento verso il raggiungimento dell' Obiettivo di Sviluppo del Millennio (v. infra) di dimezzare il numero delle persone che soffrono la fame entro il 2015. Tale marcia – che pure sembrava essersi innestata – è risultata invece nell’ultimo anno bruscamente invertita.

Strettamente correlato è il tema dello sviluppo sostenibile: numerose iniziative dell’Expo renderanno evidente la necessità di preservare la bio-diversità e di rispettare l’ambiente in quanto eco-sistema dell’agricoltura, per tutelare la qualità e la sicurezza del cibo. I Gruppi di lavoro individueranno nuovi strumenti, a partire dalle biotecnologie, per garantire la disponibilità di cibo sano e di acqua potabile e per l’irrigazione e indicheranno possibili nuove fonti alimentari nelle aree del mondo a rischio di desertificazione. Il cibo, l’energia e l’ambiente sono problemi che – data la loro stretta connessione – vanno affrontati in maniera coordinata, partendo dal sostegno all’agricoltura che deve essere però sostenuto da scelte tecnologiche innovative ed ecocompatibili (vedi, in proposito, le recenti dichiarazioni del sindaco di Milano e commissario dell’Expo, Letizia Moratti).

In coerenza con quanto stabilito nei numerosi incontri internazionali e nelle riunioni di esperti, culminati nella Conferenza della FAO sulla sicurezza alimentare mondiale[8], e raccogliendo gli appelli per un impegno straordinario che coinvolga anche le istanze locali, l’Expo 2015 ha già avviato una serie di iniziative volte a realizzare progetti a sostegno dell’agricoltura e di tutta la filiera alimentare.

Sono state avviate collaborazioni con i maggiori organismi internazionali coinvolti nella soluzione della crisi (PAM, IFAD, Banche regionali di investimento, ecc.) e, soprattutto, nel mese di luglio è stato siglato un accordo con la Banca Mondiale per promuovere azioni congiunte di cooperazione con altre città, per affrontare le criticità derivanti dai cambiamenti climatici, nel quadro delle attività previste per l’Esposizione Universale del 2015.  Sono stati stabiliti accordi anche con alcune decine di Paesi al fine di promuovere la diffusione del microcredito, di formare gli operatori locali nel settore agro-alimentare e di combattere il fenomeno della desertificazione.

L’Expo 2015 ha quindi l’obiettivo di contribuire alla soluzione di uno dei più urgenti problemi dello sviluppo sostenibile, anche rilanciando il metodo e gli strumenti della “cooperazione decentrata”. Questa sfida, infatti, può essere affrontata non solo dalle tradizionali istituzioni multilaterali, ma anche da altri soggetti, enti territoriali e privati. Inoltre, al fine di coinvolgere maggiormente nel processo di sviluppo i Paesi destinatari degli aiuti, l’Expo 2015 prevede espressamente nel suo programma progetti di cosviluppo, tra i quali il cofinanziamento delle rimesse degli immigrati, per incentivare la confluenza di tali somme in progetti a favore dei paesi di provenienza dei migranti.

Gli Obiettivi del Millennio

L’Expo 2015 rivendica quindi un ruolo di protagonista nel rilancio dell’iniziativa per la realizzazione degli Obiettivi del Millennio definiti nel 2000, universalmente accettati, il cui traguardo è stato stabilito proprio nel 2015.

Si ricorda che gli otto Obiettivi del Millennio, articolati in oltre 20 target e in più di 60 indicatori, sono così definiti:

1. Eliminare la povertà estrema e la fame

2. Istruzione primaria per tutti

3. Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia delle donne

4. Ridurre la mortalità infantile

5. Migliorare la salute materna

6. Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie

7. Assicurare un ambiente sostenibile

8. Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo.

Il 4 settembre è stato lanciato il Primo MDGs Gap Task Force Report, predisposto dalla Task Force istituita dal Segretario Generale dell’ONU nel 2007 per monitorare gli impegni assunti internazionalmente su temi quali aiuti, commercio e debito e seguire i progressi fatti sull’accesso a medicinali di prima necessità e tecnologia. Il Rapporto (il cui titolo è: Delivering on the Global Partnership for Achieving the Millennium Development Goals) è quindi centrato essenzialmente sul processo di avanzamento dell’Obiettivo n. 8 (“Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo”) ritenuto più difficile da monitorare rispetto agli altri sette Obiettivi e perciò stesso bisognoso di studi ancora più approfonditi.

L’MDGs Gap Task Force Report registra un pesante ritardo nel mantenimento degli impegni riguardanti il commercio e lo sviluppo e sottolinea che i Paesi donatori dovrebbero aumentare i propri contributi allo sviluppo di circa 18 milioni di dollari l’anno tra il 2008 e il 2010 per raggiungere l’ammontare delle cifre concordate (di 50 miliardi all'anno fissato dal G8 del 2005 a Gleneagles, in Scozia).

Proprio in occasione del lancio dell’MDGs Gap Task Force Report, il Segretario dell’ONU, Ban Ki-moon ha ricordato che i paesi ricchi (nel loro insieme, ma con alcune rilevanti eccezioni) non si sono impegnati a sufficienza affinché gli Obiettivi del Millennio siano realizzati entro la scadenza del 2015: gli aiuti dei paesi donatori sarebbero, secondo il Rapporto, diminuiti del 4,7% nel 2006 e dell'8,4% nel 2007

 

L’11 settembre è stato poi reso pubblico il Rapporto sugli Obiettivi del Millennio 2008, (Millennium Development Goals Report 2008) alla sua quarta edizione, pubblicato a cura delle Nazioni Unite, che riassume i risultati conseguiti grazie all’impegno nelle attività di sviluppo di circa 190 Paesi. Il Rapporto, come i precedenti, si basa su dati raccolti ed elaborati da Agenzie specializzate e da un Gruppo di esperti, sotto la direzione del Dipartimento degli Affari economici e sociali del Segretariato delle Nazioni Unite.

Importanti i progressi realizzati, secondo il Rapporto 2008, che tuttavia rinnova la denuncia del rischio, molto concreto, di non raggiungere compiutamente gli Otto Obiettivi entro il termine stabilito del 2015: a questo fine vengono evidenziati i settori lacunosi e misurato il percorso residuale, che sarà reso ancora più accidentato dalla criticità della situazione economica mondiale. Gli sforzi per ridurre la povertà risentono infatti del rallentamento della crescita, della crisi alimentare e del riscaldamento del pianeta sempre più evidente, tutti fattori il cui impatto sarà maggiormente avvertito dalle popolazioni povere.

Alla Conferenza per il lancio del Rapporto, il segretario generale Ban ki-moon ha sottolineato con favore che i Paesi in via di sviluppo hanno potuto destinare maggiori risorse all’istruzione e alla sanità grazie alla riduzione del debito che è stata loro accordata e ai nuovi finanziamenti provenienti da fondazioni private. Inoltre, stanno aumentando le iscrizioni alla scuola elementare e si registrano miglioramenti anche nel campo della parità di genere.

Più in dettaglio, in merito all’attuazione dei singoli obiettivi:

1.      Eliminare la povertà estrema e la fame:

il mondo ha fatto grandi progressi nella riduzione della povertà, anche se le conquiste sono erose dall’aumento dei prezzi del cibo e del petrolio, e dal rallentamento della crescita economica mondiale. Dati recentemente forniti dalla Banca Mondiale mostrano che il numero delle persone povere nei PVS - più alto di quanto si pensasse – è stimato intorno ad 1,4 miliardi. Tuttavia, tra il 1990 e il 2005 il numero delle persone povere è diminuito (da 1,8 a 1,4 miliardi) e il tasso di povertà globale sarà probabilmente dimezzato entro il 2015.

Questi grandi numeri, tuttavia, mascherano enormi disparità tra le regioni: mentre la situazione è molto migliorata in Cina, in altre parti del mondo il tasso di povertà è solo di poco diminuito. Nell’Africa sub-sahariana e nei Paesi del CIS, il numero dei poveri è addirittura aumentato tra il 1990 e il 2005. Il Rapporto afferma inoltre che la crisi alimentare (ri)sospingerà un gran numero di persone nell’area della povertà estrema, soprattutto nelle regioni sub-sahariane e nell’Asia meridionale, luoghi dove già vive il maggior numero delle persone estremamente povere.

 

2. Istruzione primaria per tutti:

come già accennato, il Rapporto 2008 afferma che in quasi tutte le regioni del mondo l'iscrizione nelle scuole primarie nel 2006 ha toccato il picco del 90 per cento e in alcuni paesi questa percentuale sfiora addirittura il 100 per cento. Il numero dei bambini tra i cinque e i dieci anni non iscritti alla scuola elementare è diminuito da 103 milioni nel 1999 a 73 milioni nel 2006, nonostante l'aumento del numero dei bambini in questa fascia di età. La situazione resta però drammatica nella regione sub sahariana, dove il tasso di iscrizione dei bambini alla scuola elementare ha solo da poco raggiunto il 71 per cento e circa 38 milioni di bambini non vanno a scuola. La percentuale sale addirittura al 90 per cento nel sud est asiatico. Secondo il Rapporto 2008 la povertà resta la causa principale della non-scolarizzazione.

Quanto poi ai bambini rifugiati, in base ai dati raccolti su 114 campi profughi in 27 paesi diversi, in solo 6 campi su 10 i bambini andavano tutti a scuola; gli stessi dati mostrano che almeno un bambino rifugiato su cinque non entra nel ciclo d'istruzione ufficiale.

 

3. Promuovere la parità fra i sessi e l'autonomia delle donne:

all’interno della scuola primaria, la percentuale di accesso all’istruzione delle bambine si sta lentamente avvicinando a quella dei maschi coetanei: 95 bambine ogni 100 bambini in 6 regioni su 10. Riguardo la scuola secondaria, in tre aree (Asia orientale e sudorientale e America latina) il tasso di iscrizione delle ragazze è superiore a quello dei ragazzi, i quali, dopo l’istruzione primaria, vengono avviati al lavoro.

Anche la situazione lavorativa per le donne sta migliorando: le donne occupano oggi complessivamente circa il 40 per cento dei posti di lavoro (escluso il settore agricolo)  raffrontato al 35 per cento del 1990, anche se i due terzi circa di tali posti è di estrema precarietà.

 

4. Ridurre la mortalità infantile:

nonostante gli sforzi profusi, il dato relativo alle morti di bambini al di sotto dei cinque anni rimane molto alto. Anche in questo caso il record negativo è detenuto dall’Africa sub-sahariana dove nel 2006 si registrava ancora la morte di 157 bambini con meno di cinque anni ogni 1.000 nati vivi: il Rapporto precisa che nel 1990 le morti erano 184, ma che in 27 Paesi dell’area - tra il 1990 e il 2006 - non si sono sostanzialmente verificati progressi. Le cause principali della mortalità infantile sono da attribuire a polmonite, diarrea, malaria e morbillo, tutte malattie facilmente prevenibili con il semplice accesso a servizi igienici e sanitari adeguati. La diffusione della vaccinazione contro il morbillo (il cui tasso nel mondo in via di sviluppo è prossimo all’80 per cento) ha ridotto di due terzi le morti causate da tale malattia tra il 2000 e il 2006.

 

5. Migliorare la salute materna:

la mortalità materna è ancora molto alta e più di mezzo milione di madri nei paesi in via di sviluppo muoiono ogni anno durante il parto o a causa di complicanze durante la gravidanza. Il fenomeno è molto rilevante nell’Africa sub-sahariana (900 madri morte ogni 100.000 nati vivi nel 2005) e nell’Asia meridionale (490 madri morte ogni 100.000 nati vivi). A livello globale la mortalità materna è diminuita di meno dell’1 per cento ogni anno tra il 1990 e il 2005, molto al di sotto dell’obiettivo della riduzione del 5,5 per cento necessario per realizzare la riduzione dei tre quarti entro il 2015 stabilito da uno dei target dell’Obiettivo 5.

La presenza di un dottore, di un’infermiera o di un’ostetrica è cruciale nella riduzione della morte durante il parto. Nel 2006, circa il 61 per cento delle nascite nel mondo in via di sviluppo erano assistite da personale medico o paramedico (erano meno della metà nel 1990) ma i parti assistiti rimangono ancora troppo pochi nell’Asia meridionale e nell’Africa subsahariana (rispettivamente il 40 e il 47 per cento nel 2006).

Uno dei target dell’Obiettivo 5 prevede inoltre – entro il 2015 – l’accesso universale ai servizi sanitari riguardanti la riproduzione che potrebbero, tra l’altro, svolgere un’azione di educazione e di contenimento riguardo le gravidanze in età troppo precoce: la gravidanza in età adolescenziale non solo aumenta il rischio di mortalità sia materna che infantile, ma può anche compromettere il benessere della madre e dei figli che sopravvivono a causa dell’inesperienza e della più ridotta possibilità di usufruire di opportunità socio-economiche.

 

6. Combattere HIV/AIDS, malaria e altre malattie:

l’AIDS continua a mietere un alto numero di vittime soprattutto nell’Africa subsahariana, nonostante dal 2005 si stia assistendo ad una lieve flessione delle morti tra individui tra i 15 e i 49 anni di età.

Il Rapporto dell’ONU afferma che ogni giorno circa 7.500 vengono infettati dal virus HIV e 5.500 muoiono, principalmente a causa di scarsa prevenzione e mancanza di cure. Alcuni progressi sono stati registrati, grazie soprattutto ai programmi di prevenzione, ma ancora insufficienti a far ritenere che entro il 2015 sia possibile ottenere un’inversione di tendenza nella diffusione della malattia. Il numero dei nuovi infettati è solo di poco diminuito negli ultimi anni (3 milioni nel 2001 contro i 2,7 nel 2006) ma le morti sono comunque in calo, grazie ad una maggiore diffusione dei trattamenti antiretrovirali (2,2 milioni nel 2005 contro i 2 milioni nel 2007) che consentono alle persone infettate di sopravvivere più a lungo: si stima che nel 2007 le persone infettate dal virus HIV fossero 33 milioni, mentre erano 29,5 nel 2001; la maggior parte di esse vive nell’Africa subsahariana. Il Rapporto evidenzia inoltre che, in ogni regione, le donne rappresentano più della metà della popolazione con l’AIDS, e tale percentuale pare destinata ad aumentare.

Inoltre, viene sottolineata la necessità di accelerare e incrementare gli aiuti rivolti ai bambini orfani di genitori morti di AIDS. Le informazioni circa le famiglie (con orfani) colpite da AIDS non sono disponibili per tutti i paesi interessati; tuttavia i dati a disposizione mostrano che le famiglie che ricevono supporto esterno variano dall’1 per cento in Sierra Leone al 41 per cento nello Swaziland.

 

7. Assicurare un ambiente sostenibile:

la maggior parte dei Paesi ha adottato i principi che fanno capo ad uno sviluppo sostenibile ed ha sottoscritto accordi internazionali per proteggere l’ambiente. Ciononostante in tutto il mondo la terra si sta degradando, le foreste vengono tagliate, si fa abuso della pesca e si stanno estinguendo specie animali e vegetali. Le emissioni di biossido di carbonio sta fortemente influenzando i cambiamenti climatici.

Il Rapporto dell’ONU evidenzia che le emissioni di biossido di carbonio sono aumentate in tutto il mondo e in particolar modo nell’Asia orientale, dove sono passate da 2,9 miliardi di tonnellate nel 1990 a 6,1 nel 2005. Globalmente le emissioni sono aumentate – nello stesso periodo – del 30 per cento, con un incremento annuale dal 2000 al 2005 maggiore rispetto a quello del precedente decennio.

Per rompere il legame tra l’uso di energia e l’emissione di gas ad effetto serra servono tecnologie molto più efficienti per la fornitura e l’uso dell’energia e  per la transizione verso fonti di energia più pulite e rinnovabili. Sono pertanto necessari grandi investimenti in progetti che dovranno far fronte alla richiesta sempre maggiore di energia proveniente da tutto il mondo.

Notizie confortanti riguardano invece il consumo di gas che assottiglia lo strato di ozono (ODSs) e di clorofluorocarburi (CFCs) che, soprattutto nelle regioni sviluppate, ha avuto una diminuzione marcata già a partire dai primi anni Novanta.

Uno dei target fondamentali di questo Obiettivo è quello che prevede il dimezzamento, entro il 2015, del numero di persone che non hanno accesso all’acqua potabile e a servizi igienici adeguati: il Rapporto evidenzia come più di un miliardo e mezzo di persone abbiano ottenuto l’accesso all’acqua potabile a partire dal 1990 ma che, a causa dell’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche, circa tre miliardi di persone vivono ora in regioni in cui l’acqua scarseggia. Questo significa che circa la metà della popolazione mondiale vive con quantità di acqua insufficiente ai bisogni: circa 2,8 miliardi di persone (cioè più del 40 per cento della popolazione mondiale) vivono in bacini fluviali che fronteggiano una qualche forma di penuria d’acqua; più di 1,2 miliardi di queste vivono in condizioni di reale mancanza d’acqua, condizione che si produce quando viene sottratto più del 75 per cento del volume d’acqua di un fiume.

Quanto ai servizi igienici, nelle regioni in via di sviluppo una persona su 4 non ne ha a disposizione, mentre un ulteriore 15 per cento di popolazione mondiale usa impianti che non assicurano sufficiente igiene.

 

8. Allargare il partenariato mondiale per lo sviluppo:

gli aiuti allo sviluppo, secondo il rapporto ONU sono diminuiti per il secondo anno consecutivo e questo dato mette a rischio gli impegni assunti.

L’assistenza ufficiale allo sviluppo (ODA) ha continuato a scendere dal 2005, quando era pari a 107.1 miliardi di $. Nel 2006 gli aiuti sono stati pari a 104,4 miliardi di $ e nel 2007 103,7. Al netto dall’aumento dei prezzi e della fluttuazione dei tassi di cambio, i contributi a titolo di aiuto sono diminuiti del 2,4 per cento in un solo anno (dal 2006 al 2007). Tuttavia, se si escludono i doni a titolo di remissione del debito (che fecero impennare il dato del 2005), la cifra complessiva degli aiuti risulta invece aumentata del 2,4 per cento.

Considerando che gli aiuti in favore della riduzione del debito non risaliranno ai livelli degli anni 2005 e 2006, l’aiuto bilaterale e i contributi agli istituti multilaterali di sviluppo dovrebbero aumentare rapidamente nel corso dei tre prossimi anni, secondo il Rapporto ONU, se i Paesi ricchi vogliono mantenere fede ai propri impegni: come ricordato più sopra, al G8 di Gleneagle i Paesi donatori avevano promesso di aumentare il flusso totale degli aiuti ODA di 50 miliardi di dollari l’anno, obiettivo che però non è ancora stato realizzato.

 


UNDP (United Nations Development Programme)

L’UNDP, che ha sedi in 166 paesi è il Programma delle Nazioni Unite specificamente dedicato ai temi dello sviluppo sociale e umano, tra i quali la diffusione della ‘governance’ democratica, la eradicazione della povertà, la prevenzione delle crisi, la migliore gestione delle risorse e il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni anche dal punto di vista abitativo e sanitario, lo sviluppo delle opportunità per le donne.

La sua natura di ente preposto ai temi globali dello sviluppo ne fanno il principale partner all’interno del sistema delle Nazioni Unite nel perseguimento degli Obiettivi del Millennio  (MDG – Millennium development goals).  L’UNDP infatti lavora per garantire la coerenza e l’efficacia dei programmi messi in atto a livello nazionale per il perseguimento di questi obiettivi, ed assicurare strumenti tecnici e politici volti a favorire le iniziative dei singoli paesi.

 

Nel 2007 l’Assemblea Generale ha adottato la risoluzione 62/208 con la quale approvava un documento di controllo e di valutazione dell’intera politica delle Nazioni unite in materia di sviluppo (Triennial comprehensive policy review for the operational activities for development of the UN System – TCPR). In questo quadro l’UNDP ha una rilevante importanza esercitata non solo a livello degli organi centrali di coordinamento, ma anche tramite i rappresentanti locali che risiedono nei paesi interessati e svolgono un ruolo importante di coordinamento delle attività operative e un efficiente coordinamento delle attività promosse dalle Nazioni unite a livello locale.

L’UNDP assicura altresì che le attività delle Nazioni unite siano integrate con gli obiettivi di sviluppo nazionali.

 

Nell’ambito degli sforzi crescenti verso una migliore coerenza ed efficienza delle attività intraprese a livello nazionale e verso una maggiore integrazione tra le varie iniziative delle Nazioni unite, l’UNDP viene spesso chiamato a svolgere un ruolo di amministratore dei fondi messi a disposizione da più  paesi donatori (multi donor trust funds). Questi fondi sono strumenti finanziari attraverso i quali i paesi donatori raccolgono risorse per sostenere le iniziative dei singoli paesi e per facilitare il coordinamento del lavoro delle agenzie delle Nazioni unite.  Dal 2004 ad oggi l’importo di tali fondi è cresciuto fino a raggiungere i 3 miliardi di dollari. Tra questi il maggiore è l’ “Iraq Trust Fund”, che ammonta a un miliardo di dollari.

 

La prospettiva del raggiungimento degli obiettivi del Millennio, rappresenta attualmente il quadro di riferimento di tutte le attività degli organi delle Nazioni unite preposti allo sviluppo. Tuttavia il rallentamento della crescita economica mondiale e l’aumento dei prezzi delle materie prime alimentari e del petrolio mettono in pericolo i risultati già conseguiti verso la riduzione della povertà.

Dati diffusi recentemente dalla Banca mondiale e riportati in un comunicato stampa dell’UNDP confermano che nel periodo dal 1990 al 2005 il numero dei poveri nei paesi in via di sviluppo è diminuito di quattrocento milioni di persone (da 1,8 miliardi a 1,4 miliardi). Tale dato non è però così incoraggiante, perché le stime si attendevano cifre ancora inferiori. Inoltre sussistono ampie disparità di crescita tra le regioni del mondo. L’estrema povertà risulta molto ridotta in alcune aree dell’Estremo Oriente quali la Cina, mentre negli stati della regione sub sahariana e in alcune regioni della Comunità degli stati indipendenti (CSI) il numero di persone che vivono sotto la soglia della povertà è addirittura aumentato.

In questo quadro si prevede che i crescenti prezzi delle materie prime alimentari spingeranno molte più persone sul limite della povertà proprio nelle regioni che sono già colpite da questo flagello.

Il clima favorevole alla crescita che si era registrato all’inizio degli anni 2000 è ora svanito e il rallentamento dell’economia in tutto il mondo minaccia di ridurre ancora di più i redditi dei più poveri. La crisi alimentare diffonderà la fame tra le popolazioni meno favorite, che saranno colpite ancora più duramente dai cambiamenti climatici. Queste nuove sfide richiedono interventi immediati che non devono però distrarre gli sforzi della Comunità internazionale dagli obiettivi di più lungo periodo, con i quali sono strettamente connessi, perché esiste un nesso tra diffusione della povertà, cambiamenti climatici, e aumento dei prezzi dei prodotti essenziali.  Uno sforzo globale, sostenuto dalla consapevolezza del problema viene richiesto a tutti i governi al massimo livello.  Il tema della crisi alimentare e agricola e il problema della riduzione della povertà sono al primo posto nell’agenda della nuova sessione di lavori dell’Assemblea generale.

Infatti, nonostante alcuni dati incoraggianti relativi soprattutto alla scolarizzazione, alla diffusione di determinate tecnologie e a migliorate condizioni igieniche, molti degli obiettivi sono a rischio senza uno sforzo rinnovato e coerente da parte di tutti i paesi. Tuttora diverse centinaia di migliaia di donne muoiono di parto nei paesi sottosviluppati; il 25% dei bambini, in questi paesi, sono denutriti e vanno incontro a malattie della crescita; metà della popolazione dei PVS vive in condizioni igieniche e sanitarie insufficienti, e più di un terzo di loro abita in ‘slums’,  due terzi della popolazione femminile attiva lavora senza tutela e spesso senza stipendio.

In questo quadro il ruolo dell’UNDP è favorire le condizioni per avviare all’interno di ciascun paese uno sviluppo sostenibile. Infatti le strategie nazionali e locali non possono funzionare in assenza di un ambiente favorevole, un’organizzazione efficiente e adeguate risorse umane. A tal fine è anche essenziale un clima politico democratico, in cui le istituzioni funzionino in modo trasparente e tutte le componenti sociali siano adeguatamente rappresentate.

L’UNDP sostiene con risorse economiche consistenti i processi di democratizzazione delle istituzioni e rappresenta uno dei maggiori partner di cooperazione tecnica a livello globale.  Circa il 40% delle sue risorse (1,5 miliardi di dollari) sono spesi per questo scopo. Inoltre l’UNDP gestisce un Fondo ad hoc  costituito da una serie di paesi donatori: il Democratic governance thematic trust fund che nel 2007 ha sostenuto 130 progetti finalizzati a favorire la partecipazione politica, a promuovere pratiche democratiche presso i governi.

 

Un’altra importante area di intervento dell’UNDP è la prevenzione delle crisi e il sostegno alla ripresa dopo le crisi, siano esse rappresentate da conflitti o da disastri naturali. Nel 2001 è stato creato il Bureau for Crisis Prevention and Recovery (BCPR), un organo operativo con uffici in oltre 100 paesi che coordina tra loro le attività delle varie agenzie umanitarie in momenti di crisi e provvede sia alle esigenze immediate sia alla gestione dei lunghi periodi di ripresa che seguono le emergenze. Il Bureau fornisce informazioni e servizi in tempi rapidi per le esigenze dei paesi in stato di necessità, con i quali instaura rapporti di partnership. L’obiettivo dell’intervento resta comunque il sostegno ai bisogni individuali delle popolazioni alle quali vengono forniti beni e servizi di immediata necessità nei momenti più difficili.

Il Bureau fornisce consulenza tecnica e risorse finanziarie, sostiene le fasce meno protette della popolazione, favorisce l’intervento di associazioni o soggetti disposti a cooperare e coordina le loro attività, si prefigge di sviluppare nelle società che vivono situazioni critiche, la capacità di prendere le decisioni politiche necessarie per risolvere o prevenire le criticità,  funziona da centro di iniziativa e di decisione politica per le agenzie e i governi partner, svolge infine la funzione di sensibilizzare la collettività internazionale nei casi di crisi.

 

Un ulteriore importante settore di intervento dell’UNDP è quello ambientale.

In tutto il mondo i poveri sono i più colpiti dal degrado ambientale e dalla impossibilità di disporre di energia pulita e a costo sostenibile. I cambiamenti climatici, la perdita della biodiversità e l’impoverimento delle risorse naturali sono problemi globali. Uno dei compiti dell’UNDP è rafforzare la capacità di ogni nazione di gestire i problemi ambientali in modo sostenibile assicurando allo stesso tempo una protezione adeguata per le fasce di popolazione più deboli.  Ad esempio il problema dei cambiamenti climatici è oggetto del più recente rapporto dell’UNDP sullo sviluppo umano (Human development report). L’UNDP lavora per coordinare tra loro le azioni di adattamento degli stati ai cambiamenti climatici e le loro risposte di assorbimento e minimizzazione degli effetti negativi di tali cambiamenti, sviluppando la capacità nazionale di opporre strategie di sviluppo alle mutate condizioni climatiche. L’UNDP sostiene il Clean development mechanism che fornisce strumenti finanziari derivati da investimenti sia pubblici che privati dei paesi ‘ricchi’ per sviluppare nuove fonti energetiche nei PVS.  I governi o le maggiori imprese dei paesi industrializzati finanziano tramite questo strumento progetti di riduzione delle emissioni e  ricerche volte a favorire l’efficienza energetica. Un altro strumento finanziario di cui UNDP è partner e promotore è il MDG Carbon Facility. Questo strumento è stato sviluppato in collaborazione con la società assicurativa e bancaria Fortis, e mira a investire le vaste risorse del mercato del carbone in progetti a lungo termine di sviluppo sostenibile nei paesi meno avanzati. Il ruolo dell’UNDP è quello di aiutare i governi dei paesi interessati a formulare progetti di riduzione delle emissioni che corrispondano agli standard fissati nel Protocollo di Kyoto e – contemporaneamente - assicurino la crescita dello sviluppo umano.  Il partner privato Fortis trae beneficio dall’acquisto e successiva cessione dei crediti derivanti dalla riduzione delle emissioni, e quindi  mette a disposizione dei governi  nuove risorse per finanziare investimenti a lungo termine.

Insieme all’UNEP (United Nations environment programme) e alla Banca mondiale, l’UNDP contribuisce al programma Global Environment Facilities (GEF) che fornisce ai paesi in via di sviluppo le risorse finanziarie per adottare programmi di tutela dell’ambiente relativi ad ogni aspetto: biodiversità, cambiamenti climatici, tutela delle acque, degrado del territorio, strato di ozono, ecc. Si ricorda, infine, che a febbraio del 2008 i progetti finanziati dal GEF tramite l’UNDP ammontavano a 7,5 miliardi di dollari, per un totale di 560 progetti sul territorio.

 

Si ricorda, infine, che nel corso della XV Legislatura, la Commissione Affari esteri del Senato ha svolto un’indagine conoscitiva sulle prospettive di riforma delle Nazioni Unite. Nella seduta del 18 ottobre 2006 è intervenuto l’Amministratore dell’UNDP, dott. Kemal Dervis. Nel corso della sua audizione il dott. Dervis ha parlato del ruolo degli organismi delle Nazioni Unite - e in particolare dell’UNDP - nella gestione delle politiche per lo sviluppo. Un ruolo rilevante, grazie soprattutto alle loro caratteristiche di multilateralità, di universalità e alla legittimazione di cui godono presso i governi e le popolazioni. Ha sottolineato la necessità di un miglior coordinamento fra agenzie e altri organismi competenti in materia, allo scopo di renderne l’azione più efficace e incisiva. Ha evidenziato inoltre le interazioni tra sfera politica e sfera economica dell'azione delle Nazioni Unite e la complementarietà fra gli interventi di peace-keeping e di peace-building. In relazione a ciò ha illustrato l’importanza degli interventi dell’UNDP nelle aree di conflitto e di crisi politica per la gestione delle delicate situazioni delle popolazioni rifugiate, spesso causa di grave instabilità (Palestina, Darfur, tra gli esempi citati).

Il dott. Dervis, descrivendo gli organismi preposti allo sviluppo nell’ambito del sistema delle Nazioni Unite e illustrando i rapporti tra di essi, ha evidenziato come il sistema sia diventato complesso e frammentario e necessiti di maggiore coordinamento. Questo ruolo dovrebbe essere svolto dall’UNDP, che è l’organismo più grande in questo settore e già svolge un ruolo di coordinamento. L’ampiezza e la varietà delle sfide che il mondo fronteggia per perseguire lo sviluppo di tutti i Paesi impongono un enorme lavoro alla Comunità internazionale e - nell’opinione del suo Amministratore -  l’UNDP, che non rappresenta un unico Paese o un gruppo di grandi Stati ma è un’entità neutra, è l’organismo col quale gli Stati sono più disposti a collaborare su problemi di natura in parte politica ed in parte economica, in quanto non lo percepiscono come portatore di interessi parziali. Proprio per garantire la sua imparzialità e la distanza da qualunque tipo di connotazione politica, l’UNDP non è un organo del Segretariato generale, non risponde al Consiglio di Sicurezza, ma fa capo al Consiglio economico e sociale (ECOSOC), l’organo delle Nazioni unite istituito dall’articolo 61 della Carta e preposto a tutte le questioni economiche, sociali, culturali, sanitarie e alle tematiche connesse. In tal modo può portare avanti programmi di sviluppo con qualsiasi paese senza partecipare necessariamente ai processi politici. Naturalmente il distacco dai temi politici non è sempre possibile, pertanto la struttura operativa dell’UNDP prevede anche uffici di raccordo con le autorità politiche. L’auspicio è che – anche per effetto del lavoro svolto ad altri livelli dagli organi ‘politici’ delle Nazioni unite quali il Consiglio di sicurezza – la Comunità internazionale raggiunga un buon grado di coesione, attribuisca alle organizzazioni internazionali maggiore legittimazione e collabori con l’UNDP in modo più efficace e attivo.

 


Gli esperimenti nucleari della Corea del Nord

La questione della proliferazione nucleare nella Corea del Nord ha visto il proprio inizio nell’ottobre 2002, quando gli USA resero noto che la Corea del Nord aveva ammesso di essere impegnata nella realizzazione di un programma di produzione di uranio arricchito.   

Nel dicembre 2002 il Governo nordcoreano decise lo smantellamento dei sistemi di sorveglianza installati dall’AIEA (Agenzia delle Nazioni Unite per l’energia atomica) nella centrale nucleare civile di Yongbyong e la successiva espulsione degli ispettori dell’Agenzia dal territorio nordcoreano.

Il 6 gennaio 2003 l’AIEA chiese al governo nordcoreano l’immediata cessazione dei programmi nucleari militari: in risposta, il 10 gennaio la Corea del Nord annunciò il ritiro dal Trattato di non proliferazione nucleare (cui aveva aderito nel 1985).

L’allarme destato nella Comunità internazionale dalle mosse nordcoreane provocò una forte iniziativa diplomatica, a seguito della quale nel mese di aprile del 2003 ebbero inizio i negoziati fra Corea del Nord, Cina e USA sulla proliferazione nucleare nordcoreana, che vennero in seguito allargati alla partecipazione di Giappone, Russia e Corea del Sud (i cosiddetti Six Parties talks).

Tali trattative non produssero però risultati positivi e, nel febbraio 2005, il governo nordcoreano annunciava il proprio ritiro dai negoziati “per un tempo indefinito”.

Nel luglio del 2005, comunque, si ebbe la ripresa dei negoziati a sei, che portarono, il 19 settembre, alla firma di una Dichiarazione comune, nella quale il governo della Corea del Nord si impegnava “ad abbandonare tutte le armi nucleari” e “tutti i programmi nucleari in corso”, nonché ad accettare nuovamente il Trattato di non proliferazione nucleare - con il conseguente consenso alle ispezioni dell’AIEA -, a fronte della dichiarazione degli Stati Uniti di non avere proprie  armi atomiche nella penisola coreana e dell’impegno a non attaccare il paese asiatico “né con armi convenzionali né con armi nucleari”. 

Nel giugno 2006 diverse fonti internazionali - soprattutto giapponesi e statunitensi – evidenziarono il concreto pericolo di esperimenti missilistici da parte del governo della Corea del Nord, segnalando la possibilità del lancio di un missile a lunga gittata, in grado di raggiungere l’Alaska, e quindi il territorio americano. Infatti il 5 luglio, dopo il diffondersi di notizie circa l’avvenuta effettuazione di un esperimento missilistico da parte nordcoreana, il Dipartimento di Stato USA confermava il lancio missili a corto raggio, tipo Scud, caduti nell’Oceano, e quello di un missile a lungo raggio, che sarebbe però fallito.    

Le reazioni internazionali agli esperimenti missilistici della Corea del Nord furono di condanna pressoché unanime: particolarmente dure le dichiarazioni del Presidente americano Bush, che parlò di una provocazione e di una sfida alla Comunità internazionale - e del Ministro degli esteri  giapponese.  Va del resto ricordato che già nel 1998 il territorio giapponese era stato sorvolato da un missile a lunga gittata lanciato dalla Corea del Nord, e poi precipitato nell’Oceano Pacifico, a qualche centinaio di chilometri dalle coste nipponiche.

Il governo giapponese annunciò l’immediata presentazione di un ricorso al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, mentre seria preoccupazione veniva espressa dal Ministro degli esteri russo. Il governo italiano, per bocca dell’allora ministro degli esteri D’Alema, espresse sconcerto e preoccupazione. Solo la Cina assunse una posizione prudente, esprimendo rammarico per quanto avvenuto e auspicando che l’azione della Comunità internazionale potesse condurre a sviluppi costruttivi.

Il 15 luglio il Consiglio di sicurezza, dopo alcune tergiversazioni – dettate soprattutto dall’atteggiamento estremamente cauto di Pechino – trovava infine un accordo, adottando all’unanimità una risoluzione (n. 1695/2006)  che condannava gli esperimenti nucleari della Corea del Nord ed esigeva la sospensione di tutti i test missilistici, chiedendo nel contempo alla Comunità internazionale di bloccare l’importazione ed esportazione di tecnologia dal potenziale uso missilistico o nucleare. Veniva inoltre fortemente raccomandato al governo nordcoreano di riprendere con urgenza i negoziati sulla non proliferazione delle armi nucleari. La risoluzione era il frutto di un compromesso tra le posizioni più intransigenti di Stati Uniti e Giappone, e quella di Russia e Cina, inizialmente orientati ad evitare la risoluzione, limitandosi ad una generica dichiarazione di condanna. Difatti, la risoluzione non fa riferimento al capitolo VII della carta dell’ONU – che prevede la possibilità di sanzionare le nazioni inadempienti con misure economiche o, nei casi più gravi, anche con l’uso della forza  -  ma si colloca nell’ambito delle “speciali responsabilità” del Consiglio per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. 

La reazione nordcoreana è stata dura, e in settembre veniva annunciata per il futuro l’intenzione di non partecipare più ai negoziati a sei sulla non proliferazione nucleare. All'inizio di ottobre, poi, il Ministro degli esteri nordcoreano dichiarava che il suo Paese avrebbe condotto nel futuro un test nucleare in condizioni di assoluta sicurezza, accompagnando la dichiarazione con una serie di precisazioni volte a rassicurare soprattutto gli Stati vicini, a cominciare dall'impegno nordcoreano ad astenersi da un primo attacco con armi nucleari. In ogni modo, il test nucleare fece seguito a breve giro, quando il 9 ottobre la Corea del Nord effettuava un esperimento di esplosione nucleare sotterranea, che peraltro, secondo la maggior parte degli osservatori, era di limitata potenza. Il Ministro degli esteri nordcoreano, due giorni dopo, giustificava il test nucleare con la minaccia statunitense, nonché con le sanzioni e le pressioni nei confronti del suo Paese, aggiungendo che esso era stato costretto a provare in modo inconfutabile il possesso di armi nucleari volte a proteggere la propria sovranità. Il Ministro non escludeva la possibilità che la Corea del Nord conducesse ulteriori test nucleari in presenza di una crescita dell'atteggiamento ostile degli Stati Uniti. D'altra parte, il Ministro aggiungeva che la Corea del Nord si considerava tuttora impegnata all'attuazione dell'accordo congiunto del settembre 2005, e più in generale a perseguire l'obiettivo della denuclearizzazione della penisola coreana.

La reazione della Comunità internazionale, pur dopo qualche ulteriore titubanza, conduceva il 14 ottobre 2006 all'adozione, da parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, della risoluzione 1718, nella quale la Corea del Nord veniva esportata a sospendere i test nucleari e qualsiasi programma di proliferazione nucleare, tornando piuttosto ai negoziati a sei. Senza troppo calcare la mano, sempre in considerazione di notevoli divisioni anche all'interno dei cinque Stati partecipanti con la Corea del Nord ai negoziati a sei, la risoluzione imponeva comunque sanzioni addizionali sul commercio nei confronti di Pyongyang, con un allargamento delle fattispecie di transazioni proibite rispetto a quelle già previste nella precedente risoluzione 1695.

Dopo che in dicembre una breve ripresa del negoziato a sei non aveva prodotto alcun risultato di rilievo - in parte anche per il disappunto nordcoreano in merito a fondi rivendicati da Pyongyang ma congelati dagli Stati Uniti in una banca di Macao, in quanto ritenuti frutto di attività illecite -, la conclusione del quinto round dei negoziati a sei registrava, alla metà di febbraio 2007, un accordo su piano d’azione per la progressiva e graduale attuazione dell'accordo congiunto del settembre 2005. In particolare, la Corea del Nord si impegnava a porre fine all'attività della centrale nucleare civile di Yongbyon in un termine di 60 giorni, in cambio di una prima fornitura di 50.000 tonnellate di oli combustibili pesanti. In base al piano d'azione, venivano anche incardinati cinque gruppi di lavoro per la formulazione di specifiche proposte in merito alla cooperazione economica energetica, alla denuclearizzazione, all'attuazione di un meccanismo per la pace e la sicurezza nell’Asia nord orientale, alle relazioni della Corea del Nord con gli Stati Uniti e alle relazioni della medesima con il Giappone. Il piano d'azione stabiliva anche che la Corea del Nord avrebbe fornito una completa dichiarazione in merito ai propri programmi nucleari e avrebbe proceduto a disattivare permanentemente ogni installazione nucleare, in cambio di una fornitura aggiuntiva di 950.000 tonnellate di oli combustibili pesanti, ovvero di beni equivalenti. Gli Stati Uniti, dal canto loro, si impegnavano a sostenere il fabbisogno energetico nordcoreano, a iniziare il processo per la cancellazione della Corea del Nord dall'elenco degli Stati che appoggiano il terrorismo, nonché a porre fine all'applicazione nei confronti della Corea del Nord della legge che impedisce qualunque forma di commercio statunitense con paesi ostili, al momento applicata soltanto  a Cuba e, appunto, alla Corea del Nord.

Facendo seguito all'accordo della metà di febbraio, il direttore generale della AIEA, Mohammed El Baradei, effettuava un mese dopo una visita nella Corea del Nord, nel corso della quale venivano discussi i compiti di monitoraggio e verifica dell'Agenzia per l'attuazione dell'accordo. Pochi giorni dopo iniziava a Pechino il sesto round dei negoziati a sei, che però registravano molte difficoltà per la persistente rivendicazione coreana dello sblocco dei fondi congelati a Macao. Alla fine, tuttavia, un accordo diretto tra USA e Corea del Nord permetteva dopo la metà di giugno 2007 il trasferimento dei fondi – che Pyongyang si impegnava a utilizzare per il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione - nella Corea del Nord, il cui governo comunicava l'inizio delle procedure per la chiusura dell'impianto nucleare di Yongbyon (e a tale proposito, già il giorno successivo, una delegazione dellì’AIEA giungeva nella capitale nordcoreana per discutere le procedure di verifica relative alla chiusura dell'impianto nucleare civile).

Alla metà di luglio l’AIEA confermava la chiusura dell'impianto nucleare di Yongbyon, e due mesi dopo una squadra di esperti cinesi, russi e americani si recava nella Corea del Nord per un esame dei passi da compiere per la disattivazione dell'impianto. Tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre 2007 riprendeva il negoziato a sei, che sostanzialmente confermava gli impegni dell'accordo di febbraio in merito alla seconda fase, convenendo sulla data del 31 dicembre 2007 come termine ultimo per la Corea del Nord per fornire una esaustiva dichiarazione in merito a tutti  i programmi nucleari, con particolare approfondimento della questione relativa all'uranio. Veniva anche ribadito l'impegno di Pyongyang a non trasferire materiali e tecnologie nucleari all'estero.

 

 

 

Gli sviluppi più recenti

 

Il 6 settembre 2007 si verifica un fatto che nei mesi successivi ha esercitato una funzione di freno nei progressi dell'applicazione delle intese del 2007: un attacco aereo israeliano distrugge un'installazione siriana nel Nord del Paese. Inizialmente lo scopo e la portata dell'azione militare di Tel Aviv rimangono indeterminati e piuttosto misteriosi, ma nei giorni successivi cominciano a circolare voci anonime - ma attribuibili a funzionari statunitensi – secondo le quali l'attacco avrebbe avuto per obiettivo un impianto nucleare in costruzione con l'assistenza nordcoreana, e l'impianto medesimo, già quasi completato, sarebbe stato pressoché identico a quello di Yongbyon. Il progressivo emergere della questione ha rimesso in discussione almeno in parte i progressi negoziali in direzione dello smantellamento delle attività nucleari nordcoreane, uno dei cui punti fermi, si ricorda, consisteva nell'impegno nordcoreano a non esportare tecnologie e materiali nucleari. Il 24 aprile 2008 i vertici dell'intelligence americani e israeliani, in un'audizione a porte chiuse presso le Commissioni competenti del Congresso USA, hanno recato una serie di prove, tra le quali un video, del coinvolgimento nordcoreano nella costruzione dell’impianto siriano distrutto nel settembre 2007 dagli israeliani. Mentre la Siria persisteva nell'atteggiamento di negare il carattere nucleare delle installazioni distrutte - reazione adottata già all'indomani del raid israeliano, ma in modi assai contraddittori e poco convincenti -, secondo la Casa Bianca l'installazione siriana era una pericolosa manifestazione delle potenzialità negative delle attività nucleari nordcoreane, e Damasco avrebbe dovuto chiarire in dettaglio la situazione.

La portata e  le conseguenze del raid israeliano del settembre 2007 si sono inseriti in un contesto che nella prima metà del 2008 ha registrato un impasse nell'attuazione degli accordi dell'anno precedente, soprattutto in merito alle modalità con cui la Corea del Nord avrebbe dovuto rendere pubbliche le proprie attività di proliferazione nucleare. Ciò ha di fatto reso impossibile il rispetto della scadenza della fine del 2007, che era stata fissata come termine ultimo per la presentazione delle dichiarazioni nordcoreane e per lo smantellamento dei reattori e delle armi atomiche. Il pendant - ma anche la concausa - di tale situazione è stata la mancata consegna della quota di carburanti prevista alla Corea del Nord, e d'altra parte riesce difficile immaginare come gli Stati Uniti possano procedere alla cancellazione della Corea del Nord dall'elenco di Stati che appoggiano il terrorismo prima di un chiarimento decisivo in merito alla collaborazione nordcoreana con la Siria.

La questione del processo di denuclearizzazione nordcoreano è sembrata porsi nuovamente su binari positivi quando alla fine di giugno 2008 è stata consegnata alle autorità cinesi la prevista dichiarazione sui programmi nucleari di Pyongyang: vi è stata inoltre la demolizione della torre di raffreddamento dell'impianto nucleare di Yongbyon, un gesto che, pur di valore perlopiù simbolico, è sembrato tuttavia segnare una volontà positiva di proseguire sulla falsariga degli accordi del 2007. Gli Stati Uniti hanno reagito annunciando prontamente la fine di alcune restrizioni commerciali alla Corea del Nord e l'inizio del conto alla rovescia per la rimozione di Pyongyang dall'elenco degli Stati sponsor del terrorismo. Nella realtà, però, si è trattato solo di un primo passo sulla via di un totale adempimento degli impegni nordcoreani del 2007. Infatti, anche prescindendo dalla questione - tuttavia decisiva per il Giappone - della collaborazione nordcoreana in merito al sequestro (ammesso nel 2002) che negli anni Settanta e Ottanta i servizi segreti di Pyongyang avevano operato ai danni di alcuni cittadini nipponici, per utilizzarli nell'addestramento di spie; un punto decisivo riguarda le modalità di verifica delle dichiarazioni rilasciate dai nordcoreani, che dovrà avvenire mediante ispezioni estremamente complesse all'impianto di Yongbyon, anche con un ruolo decisivo dell’AIEA. Era facilmente prevedibile che nelle verifiche si sarebbe andati ben oltre i 45 giorni dopo i quali i nordcoreani si aspettavano invece di essere cancellati dalla Black List degli sponsor del terrorismo internazionale. In effetti, poi, pur presentato con ritardo, il rapporto nordcoreano presenta ampie lacune, ad esempio nel non indicare il numero di ordigni nucleari prodotti con il plutonio ottenuto dall’impianto Yongbyon. Ma ciò che più lascia dubbi sulla positiva evoluzione della situazione sono i sospetti subito manifestati dagli statunitensi sulla mancanza nel rapporto di qualunque accenno ad attività nucleari connesse invece ad uranio arricchito (sulle quali peraltro sussistono disaccordi in seno agli stessi analisti americani). Va poi tenuto presente il contesto politico interno degli USA e delle due Coree: i nordcoreani sono consapevoli che l'imminente cambio della presidenza USA potrebbe condurre a un nuovo approccio sull'intera questione, quasi sicuramente non favorevole a Pyongyang, nei cui confronti invece il mandato declinante di Bush ha in qualche modo costretto a manifestare aperture anche senza entusiasmo, pur di ottenere un risultato diplomatico di rilievo. Nella Corea del sud, non va dimenticato, nel dicembre 2007 le elezioni hanno portato alla presidenza il candidato conservatore Lee, che nel corso della campagna elettorale aveva rimesso in discussione l'approccio morbido dei suoi predecessori nei rapporti con la Corea del Nord. Ma la stessa politica interna nordcoreana, in cui si susseguono le voci su una presunta malattia del leader supremo Kim Jong-il, presenta fattori di difficile decifrazione.

In questo problematico quadro si è inserita la retromarcia nordcoreana della fine di agosto 2008, quando, accusando gli USA di violazione degli accordi sottoscritti, in quanto non avrebbero proceduto alla cancellazione della Corea del Nord dall'elenco dei paesi sospettati di sostenere il terrorismo internazionale, Pyongyang ha annunciato il congelamento dei piani di abbandono dei propri programmi nucleari, con effetto dal 14 agosto. Una possibile lettura dell'ennesima svolta nordcoreana è che potrebbe essersi trattato di una reazione a una maggiore pressione delle potenze regionali per un meccanismo di efficace verifica della reale volontà di accantonamento dei programmi nucleari. Anche da parte americana, la cancellazione della Corea del Nord dalla Black List, già possibile a partire dall'11 agosto, è stata ulteriormente subordinata a precisazioni sulle procedure di verifica, per le quali Washington aveva ad esempio prospettato la possibilità di ispezioni a sorpresa dei siti interessati.

 


L’alto Rappresentante per il disarmo

L’UNODA (United Nations Office for Disarmament Affairs) è l’ufficio ONU per il disarmo che si rapporta direttamente al Segretario Generale. Dalla sua istituzione, avvenuta nel 1982 su raccomandazione della seconda sessione speciale sul disarmo dell’Assemblea Generale (SSOD II), e fino al 1992 l’organismo delle Nazioni Unite dedicato ai temi del disarmo era configurato come un Dipartimento; nei successivi cinque anni (fino al 1997) esso è stato un Centro sottoposto al Dipartimento degli Affari politici.

 

L’UNODA promuove gli obiettivi del disarmo e della non proliferazione nucleare nonché il disarmo con riguardo alle altre armi di distruzione di massa e a quelle chimiche e biologiche. Anche il disarmo in riferimento alle armi convenzionali, in particolare mine e piccole armi, strumenti offensivi d’elezione nei conflitti contemporanei, è oggetto della sua attività.

 L’UNODA fornisce supporto sostanziale e organizzativo nell’area di propria competenza ai lavori della prima commissione dell’Assemblea Generale, la DISAC (Disarmament and International Security Committee), della Commissione Onu per il disarmo UNDC[9] (United Nations Disarmament Commission) e della Conferenza sul disarmo, CD[10].

L’UNODA, infine, favorisce misure concrete di sostegno al disarmo dopo i conflitti, sostenendo il disarmo e la smobilitazione dei combattenti e supportandone il reintegro nella società civile.

 

Per lo svolgimento di tali attività la struttura dell’Unoda è organizzata in 5 articolazioni. In particolare il Segretariato (CD Secretariat and Conference Support Branch), che ha sede a Ginevra, supporta le attività della Conferenza sul Disarmo e dei suoi organi sussidiari predisponendo documenti di analisi ed effettuando ricerche e assiste il Segretario Generale della Conferenza nello svolgimento delle sue funzioni.

Il Segretariato mantiene i collegamenti con le missioni permanenti presenti a Ginevra, con le organizzazioni del sistema delle Nazioni Unite e con le organizzazioni non governative di area europea e, se richiesto, fornisce supporto alle conferenze e ai meetings sui temi del disarmo multilaterale che si svolgono in Europa.

Infine,  il Segretariato sovrintende allo sviluppo del Programme of Fellowships on Disarmament[11].

 

Il 2 luglio 2007 il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki-moon ha nominato il diplomatico brasiliano Sergio de Queiroz Duarte Alto Rappresentante per il disarmo, a livello di sotto segretario generale.

 


Il disarmo

Il ruolo delle Nazioni Unite nel campo del disarmo è previsto dallo stesso Statuto dell'Organizzazione che - nell'ambito dei principi generali in esso contenuti - conferisce all'Assemblea Generale la competenza in materia di mantenimento della pace e della sicurezza internazionale, inclusi il disarmo e la disciplina degli armamenti. In tali settori infatti l'Assemblea Generale può fare raccomandazioni sia agli Stati membri sia al Consiglio di Sicurezza. Il principio della promozione e del mantenimento della pace e sicurezza internazionale è inoltre stabilito nell'articolo 26 dello Statuto che attribuisce al Consiglio di Sicurezza la competenza a formulare piani per un sistema di regolamento degli armamenti.

 

All’interno dell’Assemblea Generale i temi del disarmo sono affrontati dalla prima Commissione ‘Disarmo e sicurezza internazionale [First committee – Disarmament and international security] che si riunisce durante le sessioni annuali dell’Assemblea generale. Esiste poi un organo sussidiario dell’AG, la Commissione per il disarmo [Disarmament commission] istituita con la risoluzione n. 502 del 1952, che ha subito nel tempo successive modificazioni nella composizione. La Commissione si riunisce una volta l’anno nei periodi intermedi tra le sessioni dell’AG. Mentre la Prima commissione tratta tutti i temi connessi con il disarmo e la sicurezza, la Commissione per il Disarmo tratta questioni particolari in cicli triennali.

 

Nell’ambito del Segretariato generale opera il  Dipartimento per il Disarmo (DDA-Department of Disarmament Affairs) originariamente istituito nel 1982, a seguito delle conclusioni della seconda sessione speciale dell’AG sul disarmo (SSOD II) e successivamente incorporato nel dipartimento degli Affari politici. Attualmente si configura come Ufficio per gli affari del disarmo (UNODA – United Nations Office for desarmament affairs).

L’UNODA sostiene gli obiettivi del disarmo e della non proliferazione delle armi nucleari, e il rispetto delle norme internazionali relative al controllo delle altre armi di distruzione di massa, chimiche e biologiche. Sostiene anche gli sforzi volti alla riduzione delle armi convenzionali, in particolare delle mine terrestri e delle armi di piccolo calibro e leggere, che sono le preferite nei conflitti contemporanei e sono anche oggetto di traffici illeciti.

L’UNODA fornisce un supporto organizzativo e sostanziale per sostenere l’attività normativa degli altri organi delle Nazioni Unite. Incoraggia l’adozione di misure preventive e l’attività diplomatica volta a creare trasparenza, dialogo e reciproca fiducia nel settore del disarmo, particolarmente negli ambiti regionali. Gestisce il registro delle armi convenzionali e fornisce informazioni sull’attività dell’intera organizzazione delle Nazioni unite in materia.  L’attività dell’UNODA riguarda anche le  misure pratiche di smilitarizzazione applicabili al termine dei conflitti, quali il disarmo e la smobilitazione dei combattenti e il loro reintegro nella società civile.

 

Nel 1978, durante la prima sessione speciale dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite dedicata al disarmo (SSOD I), fu deciso, tra l'altro, che gli organismi di disarmo aventi natura deliberativa avrebbero avuto una composizione universale, mentre quelli a natura negoziale avrebbero avuto una composizione più ristretta, allo scopo di agevolarne il lavoro.  Fu allora creato un Comitato del disarmo, con sede a Ginevra, che sarebbe diventato l'unico organismo negoziale multilaterale per le questioni di disarmo. Nel 1984 il Comitato ha assunto la denominazione di ‘Conferenza sul disarmo’ .

 

La Conferenza del Disarmo ha un rapporto specifico con le Nazioni Unite. Adotta il proprio regolamento di procedura, è completamente autonoma nello stabilire il proprio ordine del giorno che decide all'inizio di ciascuna sessione annuale, prendendo in considerazione le raccomandazioni dell'Assemblea Generale, alla quale riferisce ogni anno sull'andamento dei propri lavori. Sebbene la Conferenza Disarmo non sia legalmente vincolata dalle raccomandazioni dell'Assemblea Generale, essa ha sempre iscritto nel proprio ordine del giorno le tematiche sulle quali l'Assemblea Generale ha attirato la sua attenzione.

Al momento della sua costituzione nel 1979, il Comitato del Disarmo a Ginevra decise di occuparsi della cessazione della corsa agli armamenti e del Disarmo nei seguenti settori: - armi nucleari in tutti gli aspetti; - armi chimiche; - altre armi di distruzione di massa; - armi convenzionali; - riduzione dei bilanci militari; - riduzione delle forze armate; - disarmo e sviluppo; - disarmo e sicurezza internazionale; - misure collaterali; misure per l'accrescimento della fiducia; metodi di verifica; - programma globale di disarmo. Ispirandosi a questo cosiddetto "decalogo", la Conferenza, all'inizio di ciascun anno, decide l'ordine del giorno e fissa il proprio programma dei lavori.

 

Come la struttura dei rapporti tra gli organi chiamati ad occuparsene a vari livelli anche i temi relativi al disarmo sono complessi.

Giova ricordare come gli armamenti vengoano solitamente distinti in armi convenzionali ed armi di distruzione di massa. Le prime, generalmente ritenute legittime, vengono definite “convenzionali” in base a due osservazioni: possiedono una capacità distruttiva relativamente contenuta ed hanno effetti discriminanti per cui consentono una maggiore tutela della popolazione civile. Le seconde, invece, comprendenti armi nucleari, biologiche, chimiche sono accomunate dalla caratteristica di possedere un potenziale distruttivo enorme e, soprattutto, indiscriminato.

 

 Tra i temi del dibattito sul disarmo uno dei più rilevanti è quello concernente le armi di distruzione di massa. Relativamente a tali armi (nucleari, chimiche e biologiche, oltre ai missili) in ambito ONU sono stati sviluppati strumenti multilaterali di cui si dà conto di seguito.

 

 Il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (Treaty on the Non-Proliferation of Nuclear Weapons (NPT)che rappresenta il solo strumento convenzionale a livello multilaterale vincolante nei confronti degli Stati che possiedono armi nucleari. Aperto alla firma il 1° luglio 1968, il Trattato è entrato in vigore il 5 marzo 1970; oggi ne sono Parti 190 Stati, rappresentando così uno degli strumenti giuridici internazionali a più vasta partecipazione: soltanto pochi paesi non ne sono oggi parte (India, Pakistan, Israele e Corea del Nord).

L’art. VIII del Trattato prevede la convocazione ogni 5 anni di una conferenza di riesame che accerti l’attuazione del Trattato. L’ultima, del 2005, si era conclusa senza un documento finale consensuale date le divergenze sulle priorità tra gli Stati partecipanti.

L’UE, in vista della Conferenza, aveva adottato una Posizione comune che conserva tuttora la sua validità ed è tesa a favorire l’universalizzazione del Trattato richiamdosi ai principi della Strategia europea contro la proliferazione delle armi di distruzione di massa adottata dal Consiglio europeo nel dicembre 2003.

La prossima conferenza di riesame si terrà a NewYork, nella sede delle Nazioni Unite, nella primavera 2010, ma i lavori del Comitato preparatorio riprenderanno già nel maggio 2009.

 

Il Trattato sulla messa al bando totale degli esperimenti nucleari (Comprehensive Nuclear-Test-Ban Treaty (CTBT) in ambito civile e militare è stato adottato dall’Assemblea generale il 10 settembre 1996, ma non è entrato in vigore perché non è stato raggiunto il numero di 140 ratifiche.  Si ricorda, tuttavia, che diverse potenze atomiche – con l’eccezione di Cina, Corea del Nord e Francia (che ha ratificato il Ctbt) – sono comunque vincolate dalle disposizioni del Trattato di bando parziale (Partial Test-Ban Treaty, Ptbt) che limita al sottosuolo l’ambiente in cui condurre gli esperimenti. Le potenze atomiche che hanno firmato il Ctbt, compresi gli Stati Uniti, Israele e la Cina che pure non l’hanno ratificato, mantengono una moratoria volontaria sui test. India e Pakistan, che non hanno firmato il Ctbt, dichiarano di non avere in programma nuovi test dopo quelli del 1998. La Corea del Nord non ha espresso alcun indirizzo riguardo a futuri esperimenti.

 

La Convenzione sulle armi chimiche (CWC) adottata dopo dieci anni di negoziati dalla Conferenza sul disarmo a Ginevra il 3 settembre 1992 è entrata in vigore il 29 aprile 1997. Rappresenta il primo accordo negoziato in ambito multilaterale che mira all’eliminazione di un’intera categoria di armi di distruzione di massa sotto il controllo internazionale. A partire dall’entrata in vigore della Convenzione, hanno dichiarato di essere in possesso di armi chimiche solo sei Paesi (Russia, Stati Uniti, India, Corea del Sud, Albania e Libia). Tutti gli Stati hanno incontrato difficoltà a rispettare i termini previsti per la distruzione delle armi in questione di 10 anni dall’entrata in vigore e tutti gli Stati possessori hanno richiesto una proroga. L’Italia, all’entrata in vigore della CWC nel 1997 ha dichiarato di possedere un certo numero di vecchie armi chimiche risalenti alla Prima guerra mondiale avviate alla distruzione nell’impianto militare di Civitavecchia. Ritrovamenti più recenti di quantità importanti hanno reso necessaria la richiesta dell’Italia di una proroga, poi concessa, fino ad aprile 2012.

La Convenzione sulla proibizione dello studio, della fabbricazione e dello stoccaggio di armi batteriologiche, biologiche e di sostanze tossiche (Convenzione sulle armi biologiche – BWC).  La Convenzione  ha sostituito il Protocollo di Ginevra del 1925 sulle armi chimiche. Anche in questo caso la proibizione della fabbricazione e dell’uso di un’intera categoria di armi viene posta sotto il controllo internazionale. Aperta alla firma il 10 aprile 1972, la BWC è entrata in vigore il 26 marzo 1975. La mancanza di strumenti di controllo formali ha tuttavia limitato l’efficacia della Convenzione; l’Italia ne sostiene il rafforzamento e l’universalizzazione, sostenendo in particolare la ricerca di efficaci meccanismi di verifica.

Una delle preoccupazioni della Comunità internazionale è l’aumento degli Stati che possiedono missili balistici o di altro tipo, comunque tecnicamente sofisticati ed in grandi quantità. Questa minaccia viene fronteggiata con diverse misure a livello unilaterale o multilaterale. Non esistono comunque norme o strumenti universalmente accettati per controllare lo sviluppo, la sperimentazione e la produzione di tali armi, nonché il loro mercato o le condizioni del loro utilizzo.

Il 28 aprile 2004 il  Consiglio di Sicurezza ha approvato la Risoluzione n. 1540Non-proliferation of weapons of mass destruction”, che, esprimendo preoccupazione per la minaccia posta dagli attori non statuali e dai gruppi terroristici, riafferma l’importanza dell’azione relativa alla prevenzione della proliferazione delle armi di distruzione di massa. Al fine di rendere effettiva l’applicazione della risoluzione, il CdS aveva previsto la formazione di un Comitato ad hoc a cui gli Stati erano invitati a presentare rapporti nazionali relativi alle azioni intraprese per l’attuazione della risoluzione.

Nel 2006, tuttavia, è stato constatato che non tutti gli Stati avevano assolto ai loro obblighi di invio dei rapporti. Per tale motivo, con la Risoluzione 1673 del 27 aprile 2006, il Consiglio di Sicurezza ha prorogato il mandato del Comitato 1540 sino al 2008.

 

Anche in materia di “divieto della produzione di materiale fissile per armi nucleari e altri ordigni esplosivi” l’Assemblea generale ha approvato per consenso una Risoluzione nel 1993. Ne è seguito nel 1994 un mandato negoziale da parte della Conferenza disarmo per accertare la possibilità di giungere al negoziato di un Trattato FMCT (Fissile Material Cut-off Treaty). Tale proposta gode del sostegno della Delegazione italiana alla Conferenza Disarmo.

 

In materia di armi convenzionali, una delle maggiori  preoccupazioni della Comunità internazionale è rivolta alle armi piccole e leggere (Small arms and light weapons – SALW) che per la loro facilità di uso e per la disinvoltura con cui vengono commerciate anche illegalmente rappresentano una seria minaccia. Fin dalla 50a sessione dell’Assemblea generale tale problema è stato posto nell’agenda degli organi che si occupano di disarmo, al fine di porre sotto controllo internazionale anche questi strumenti che più frequentemente sono utilizzati per perpetrare le violazioni del diritto internazionale. Il controllo delle armi piccole e leggere è un problema che riguarda i termini di definizione dei conflitti locali e regionali, le condizioni di ristabilimento della pace, lo smantellamento degli arsenali e la smilitarizzazione di intere zone. Esso richiede lo sforzo di cooperazione e di armonizzazione delle iniziative e delle normative da parte degli Stati coinvolti, e una maggiore capacità di controllo da parte degli organi internazionali. A tal fine è stato creato in ambito ONU un Gruppo apposito (The group of interested States in practical disarmament measures).

 

Sul tema del controllo degli armamenti e disarmo convenzionale vanno menzionati due processi: quello di Ginevra, in seno alla Conferenza Disarmo, che ha portato nel all’adozione nel 1980 della Convenzione su “certe armi convenzionali considerate pericolose” (CCW), aperta alla firma nel 1981 ed entrata in vigore nel 1983, in cui la tendenza prevalente sul problema delle bombe a grappolo era ad orientare i lavori verso l’adozione di best practises; e quello di Oslo che ha portato nel maggio 2008 alla adozione da parte delle delegazioni di 111 Paesi che ne sono Parti di un Trattato multilaterale sulla messa al bando di munizioni a grappolo, che l’Italia si è impegnata a firmare entro la fine del 2008 e a sottoporre in breve termine a ratifica.

 

Si ricorda altresì la Convenzione di Ottawa sulla messa la bando delle mine anti-persona (Anti-personnel mines convention, APL) aperta alla firma nel dicembre 1997  ratificata dall’Italia nel 1999, attualmente in vigore per 156 Stati tra cui 149 hanno effettuato la distruzione delle scorte.

 

Si menziona infine la proposta britannica di un Trattato internazionale che disciplini il commercio di armamenti convenzionali, che, avanzata nel 2005 da Jack Straw allora Segretario del Foreign Office, ha raccolto la totalità dei consensi dei Paesi dell’UE e di numerosi Paesi di altre aree geografiche, portando all’adozione da parte dell’Assemblea Generale dell’ONU, nel dicembre 2007, della Risoluzione 61/89, su cui si sono pronunciati: a favore 153 Stati, contro gli Stati Uniti e 24 Paesi si sono astenuti.


Il Dipartimento degli Affari Economici e Sociali (DESA)

 

Il DESA è il Dipartimento del Segretariato delle Nazioni Unite che ha il compito di promuovere e sostenere la cooperazione internazionale, assistendo i governi nelle politiche e nelle decisioni riguardanti il tema dello sviluppo a livello globale; ha un ruolo di collegamento tra gli orientamenti fissati a livello internazionale su temi sociali, economici e dell’ambiente e le politiche adottate nei medesimi campi a livello nazionale.

Il DESA ha competenze in tre grandi aree, tra loro strettamente interconnesse:

·          compila, produce e analizza una vasta gamma di dati, di elementi e di informazioni su questioni economiche, sociali e ambientali di cui gli Stati membri dell’ONU si servono per esaminare i problemi comuni e valutare le possibili opzioni;

·          facilita i negoziati tra gli Stati membri all’interno dei numerosi organi intergovernativi al fine di adottare decisioni collettive per affrontare problemi globali già esistenti oppure previsti;

·          fornisce consigli ai governi interessati sul modo di trasformare le decisioni politiche, durante conferenze o vertici delle Nazioni Unite, in programmi attuabili a livello nazionale;  offre assistenza per il rafforzamento delle capacità nazionali attraverso programmi di assistenza tecnica e il monitoraggio dello stato di avanzamento degli obiettivi di sviluppo concordati internazionalmente, tra i quali gli Obiettivi del Millennio.

 

IL Dipartimento è strutturato in 11 tra Divisioni ed Uffici. Tra di essi si ricordano:

l’Ufficio del Sottosegretario generale: il signor Sha Zukang è stato nominato Sottosegretario generale per gli Affari economici e sociali il 1° luglio 2007. In quanto tale egli è anche il capo del Dipartimento ed è responsabile per il follow-up delle più importanti Conferenze e dei vertici delle Nazioni Unite.

 

L’Ufficio del Consigliere speciale sulle questioni di genere e l’avanzamento delle donne (OSAGI) e la Divisione per l’Avanzamento delle Donne.

Il compito principale dell’Ufficio del Consigliere speciale (la signora  Rachel Mayanja è stata nominata Consigliere speciale il 12 agosto 2004 dal Segretario generale dell’ONU) è quello di promuovere e rafforzare l’effettiva realizzazione della Dichiarazione del Millennio, della Dichiarazione di Pechino e della Piattaforma della IV Conferenza sulle donne (FWCW) che si è svolta a Pechino nel 1995, nonché del Documento finale della sessione speciale dell’Assemblea generale (Pechino +5 del 2000).

La Divisione per l’avanzamento delle donne (DAW) affonda le proprie radici nella visione egualitaria della Carta delle Nazioni Unite e persegue il miglioramento dello status delle donne nel mondo, nonché il raggiungimento dell’uguaglianza con gli uomini, considerati – paritariamente - attori, partners e beneficiari di uno sviluppo sostenibile, dei diritti umani, della pace e della sicurezza.

Congiuntamente con altre entità del sistema dell’ONU, con i governi, e con la società civile, il DAW lavora per l’avanzamento globale dell’agenda dei diritti delle donne, per l’uguaglianza di genere, per una maggiore autonomia delle donne e per assicurare la presenza delle loro istanze nell’arena politica internazionale.

 

 

Tra le numerose pubblicazioni curate dal Dipartimento per gli Affari economici e sociali, si ricorda il Millennium Development Goals Report (vedi supra).

 

Il DESA ha un ufficio in Italia che promuove e coordina numerose iniziative di cooperazione all’interno del quadro stabilito dal mandato dello stesso Dipartimento. L’ufficio italiano funge da collegamento con istituzioni italiane ed europee, con la società civile e con il mondo degli affari.

 


La cooperazione parlamentare in ambito ONU
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali
della Camera dei deputati)

La delegazione parlamentare italiana alle sessioni dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite

L'Assemblea generale delle Nazioni Unite è la principale sede di decisione e l'organo più rappresentativo, composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri, che dispongono di un voto ciascuno. La sessione annuale ordinaria dell’Assemblea inizia il terzo martedì di settembre e prosegue di regola fino alla terza settimana di dicembre e vi partecipano, invitate, in qualità di osservatori, delegazioni parlamentari degli Stati membri.

Nel corso della XIV e della XV legislatura, una delegazione parlamentare di componenti della Commissione Affari esteri si è recata a New York per ciascuna delle sessioni annuali, in concomitanza con la settimana ministeriale:

-          56 ma sessione, dal 9 al 16 novembre 2001

-          57 ma sessione, dal 10 al 16 settembre 2002

-          58 ma sessione, dal 23 al 26 settembre 2003

-          59 ma sessione, dal 20 al 24 settembre 2004

-          60 ma sessione, dal 14 al 20 settembre 2005

-          61 ma sessione, dal 18 al 22 settembre 2006

-          62 ma sessione, dal 24 al 28 settembre 2007, cui hanno partecipato, per la Camera dei deputati, gli onorevoli Sergio D’Elia (Rosa nel Pugno), Alessandro Forlani (UDC) e Pietro Marcenaro (PD-U).

 

La partecipazione parlamentare alle principali Conferenze ONU

L'agenda delle Nazioni Unite non si esaurisce con l'attività istituzionale dei suoi organi e con le attività poste in essere dalle Agenzie e dagli altri organismi che vi fanno capo, ma, sotto l’egida dell'ONU, vengono organizzati Summit, Conferenze e altre iniziative volte a migliorare le legislazioni mondiali, tramite l'adozione di Convenzioni, e a sensibilizzare l'opinione pubblica sulle questioni più delicate che l'ONU ha in agenda.

Il Parlamento italiano ha attribuito particolare rilevanza alle tematiche a carattere ambientale cui fanno riferimento diverse conferenze relative alla applicazione delle Convenzioni Quadro delle Nazioni Unite. Nel corso della XIV e della XV legislatura delegazioni della Camera dei Deputati hanno regolarmente partecipato alle Sessioni annuali della Conferenza delle Parti (COP) relativa alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti climatici (UNFCCC), che ha il compito di promuovere e controllare periodicamente l'applicazione della relativa Convenzione:

 

 

-          VI COP  Bonn, 18-21 luglio 2001

-          VII COP, Marrakech, 7-9 novembre 2001

-          VIII COP, Nuova Delhi, 30 ottobre-1° novembre 2002

-          IX COP, Milano, 10 -12 dicembre 2003

-          X COP, Buenos Aires, 13-18 dicembre 2004

-          XI COP, Montreal, 7-9 dicembre 2005

-          XII COP, Nairobi, 14 – 17 novembre 2006

-          XIII COP, Bali, 11-14 dicembre 2007, cui ha partecipato per la Camera dei deputati l’on. Grazia Francescato (Verdi).

 

Tradizionalmente la Camera dei deputati partecipa alle riunioni della Commissione delle Nazioni Unite sullo status delle donne (CSW) ed all’evento parlamentare che viene organizzato dalla Divisione delle Nazioni Unite per l’avanzamento delle donne e dall’Unione interparlamentare nel corso della riunione della Commissione. Il tema della 51ma Sessione della CSW, tenutasi a New York dal 29 febbraio al 9 marzo 2007, è stato “L’eliminazione di tutte le forme di violenza e discriminazione nei confronti delle bambine”. Il Presidente Bertinotti aveva investito della questione il Presidente del Comitato pari opportunità, Titti De Simone, ma per concomitanti impegni parlamentari non è stato possibile designare alcun parlamentare.

L’evento parlamentare, che si è svolto il 1° marzo, è stato dedicato al ruolo dei Parlamenti nella lotta alla discriminazione e alla violenza nei confronti delle bambine. Ai lavori ha partecipato l’on. Angela Napoli (AN).

La 52ma sessione della Commissione sullo status delle donne si è svolta a New York dal 25 febbraio al 7 marzo 2008. L’evento parlamentare, organizzato dall’Unione interparlamentare e dalle Nazioni Unite, si è tenuto il 27 febbraio e ha avuto come tema “Il ruolo dei Parlamenti nel finanziamento a favore della parità di genere”. Pur avendo il Presidente della Camera dato indicazione che vi partecipasse una componente del Comitato Pari opportunità nessun parlamentare ha potuto prendere parte all’evento. 

 

In tema di tutela delle donne e dell’infanzia, si ritiene utile ricordare che la Camera dei deputati ha ospitato, il 17 e 18 aprile 2004, la 1a Conferenza mondiale delle donne parlamentari per la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza cui hanno partecipato oltre 200 donne parlamentari provenienti da ogni parte del mondo.

Una seconda Conferenza si è tenuta a Sofia (Bulgaria) dal 19 al 20 giugno 2006. Ai lavori hanno partecipato l’on. Luana Zanella (Verdi) e la sen. Maria Burani Procaccini (FI).

 

 

Incontri bilaterali in ambito ONU

La cooperazione parlamentare in ambito ONU si è avvalsa in ripetute occasioni degli incontri tra gli Organi della Camera e i massimi rappresentanti dell’Organizzazione.

Il 2 luglio 2008 il Presidente dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite, Srgjan Kerim, in visita ufficiale in Italia, ha incontrato il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, e il giorno successivo, 3 luglio 2008, ha tenuto un'audizione informale dinanzi alle Commissioni riunite Affari Esteri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Il 22 ottobre 2007, Asha-Rose Migiro, Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite ha effettuato una visita ufficiale in Italia ed ha incontrato alla Camera, il Presidente Fausto Bertinotti, nonché il Presidente della Commissione Affari esteri, Umberto Ranieri, e il Presidente dell’Unione interparlamentare, Pier Ferdinando Casini. Nel corso dei colloqui, il Vice Segretario generale ha ringraziato l’Italia per il suo contributo nel campo delle operazioni di peacekeeping e dei diritti umani. Ha quindi ribadito  che il multilateralismo è la strada per risolvere  le grandi sfide di fronte all’ONU, ossia la lotta alla povertà, alle disuguaglianze, alla discriminazione. Ha inoltre assicurato il sostegno delle Nazioni Unite per l’abolizione della pena di morte. La signora Migiro ha quindi ringraziato l’Italia per il suo impegno finanziario nelle Nazioni Unite ricordando anche il contributo del nostro paese alla formazione di personale specializzato di alto livello. A proposito della ristrutturazione del Segretariato, e in particolare del Dipartimento per gli Affari politici, ha chiesto il sostegno dell’Italia per l’Unità di mediazione e per il potenziamento della diplomazia di prevenzione che prevede nelle possibili aree di crisi la creazione di uffici in loco.

Il 18 aprile 2007 il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, ha effettuato una visita ufficiale in Italia. In tale occasione ha incontrato il Presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, nonché le Commissioni Affari esteri della Camera e del Senato riunite. Nel corso degli incontri ci si è soffermati sulla necessità di rafforzare le Nazioni Unite e di realizzare tale risultato mediante il consenso. Il Segretario Generale dell’ONU si è dichiarato favorevole alla proposta italiana per una moratoria della pena di morte ed ha anche osservato come vada crescendo nella comunità mondiale la tendenza a procedere all’abolizione delle pene capitali.

Il 27 febbraio 2007 il Presidente della 61ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, Haya Al Khalifa, ha effettuato una visita ufficiale in Italia. In tale occasione, ha incontrato il Presidente della Camera dei deputati, Fausto Bertinotti, nonché  l’Ufficio di Presidenza della Commissione Affari esteri della Camera, integrato dai rappresentanti dei Gruppi. Quindi, la Presidente Al Khalifa ha incontrato il Presidente dell’Unione interparlamentare, Pier Ferdinando Casini. Nella stessa occasione il Presidente Al Khalifa ha partecipato, presso la Fondazione della Camera dei deputati, ad una conferenza sul tema “Verso una cultura dell’eguaglianza di genere nel XXI secolo”.

L’11 ottobre 2006 gli Uffici di Presidenza, integrati dai rappresentanti dei Gruppi, delle Commissioni Affari costituzionali (I) e Affari esteri (III) della Camera dei deputati, hanno incontrato Doudou Diène, Relatore speciale delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di razzismo, di discriminazione razziale, di xenofobia e relative intolleranze.

Lo scorso 12 luglio 2006 il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, ha incontrato il Presidente della Camera, Fausto Bertinotti, il Presidente dell’Unione interparlamentare Pier Ferdinando Casini e le Commissioni Esteri della Camera e del Senato.

Sempre il 12 luglio 2006 il Presidente della Commissione Affari esteri, Umberto Ranieri, ha incontrato Tom Koenings, Capo della Missione di assistenza delle Nazioni Unite in Afghanistan.

 

* * *

Si segnala che nella XV legislatura la Commissione Affari esteri della Camera dei deputati, nell’ambito dell’indagine conoscitiva sulle Istituzioni ed i processi di governo della globalizzazione, ha svolto le seguenti audizioni di personalità del sistema delle Nazioni Unite: il 17 ottobre 2006, Kemal Dervis, Amministratore del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), ed Evelyn Herfkens, Coordinatore esecutivo della Campagna delle Nazioni Unite per gli obiettivi del Millennio; il 19 ottobre 2006, Arba Diallo, Direttore esecutivo della Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla desertificazione (UNCCD). Si segnala, per completezza di informazione, che nell’ambito della medesima indagine conoscitiva sono stati altresì auditi: il 24 ottobre 2006, Pascal Lamy, Direttore esecutivo dell'Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC); il 7 novembre 2006, James Morris, Direttore esecutivo del World Food Programme (WFP); il 7 dicembre 2006, Lennart Båge, Presidente dell'International Fund for Agricoltural Development (IFAD); il 22 febbraio 2007, Michel Angel Gurria, Segretario Generale dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE); il 5 luglio 2007, Antonio Maria Costa, Direttore esecutivo dell'United Nations Office on Drugs and Crime Control and Prevention (UNODCCP); il 17 luglio 2007, António Manuel de Oliveira Guterres, Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati.

Sempre nella XV legislatura una delegazione dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite (UNHCHR), guidata da Orest Nowosad, Coordinatore del Dipartimento Istituzioni Nazionali, ha incontrato il 4 dicembre 2006 gli onn. Violante, de Zulueta e Marcenaro in occasione del Seminario sull'Istituzione di un Organismo nazionale indipendente di promozione e tutela dei diritti umani svoltosi alla Camera dei deputati, Sala del Refettorio, il 5 dicembre 2006.

 


Relazioni tra l’Unione Interparlamentare
e le Nazioni Unite
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali
della Camera dei deputati)

A partire dagli anni novanta l’Unione interparlamentare ha dedicato crescenti sforzi per migliorare i propri rapporti con le Nazioni Unite convinta della necessità di realizzare un filo diretto tra l’ONU e i Parlamenti nazionali che la UIP rappresenta. Le Nazioni Unite hanno, a loro volta, riconosciuto l’importante contributo dei Parlamenti nazionali sia nel promuovere iniziative che nel tradurre gli impegni globali in specifiche normative e politiche nazionali.

Le relazioni tra le due Organizzazioni sono state formalizzate nel luglio 1996 con un Accordo di cooperazione e successivamente l’ONU ha riconosciuto alla UIP lo status di osservatore (ris. A 57/32 del 19 novembre 2002). Con una successiva risoluzione (A 57/47 del 21 novembre 2002) l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha autorizzato la circolazione dei documenti ufficiali della UIP in occasione delle sessioni dell'Assemblea Generale. Ciò ha consentito all’Unione interparlamentare di farsi conoscere in quel consesso grazie alla diffusione delle risoluzioni adottate nelle Assemblee UIP e nelle riunioni specializzate e di contribuire in maniera più incisiva ai lavori delle Nazioni Unite.

Nel 2002 la UIP, nell’ambito di una più stretta collaborazione con l’ONU, ha aperto a New York un proprio Ufficio: l’Ufficio dell’Osservatore permanente (OPO), il cui Direttore è l’Ambasciatore rumeno, Signora Anda Filip. Il mandato dell’Ufficio riguarda tre aspetti: rappresentanza, informazione e comunicazione, sostegno a progetti. In particolare, l’Ufficio rappresenta la UIP nelle riunioni degli organi ONU di cui segue i dibattiti e le iniziative; sostiene la posizione dell’Unione interparlamentare nell’Assemblea generale e nei suoi organi sussidiari; coordina le giornate parlamentari e gli altri eventi UIP che si svolgano al Quartier generale dell’ONU; assicura la circolazione di informazioni sull’Unione e sulle sue principali attività; facilita lo scambio di informazioni identificando possibili nuovi campi di collaborazione, sviluppa le relazioni con il Congresso degli Stati Uniti a Washington.

Da parte sua il Consiglio[12] dell’Unione interparlamentare, nel definire i rapporti tra le due Organizzazioni, ha cercato di disciplinare le modalità di partecipazione della UIP ai dibattiti dell’ONU stabilendo, come principio di base, che solo un membro del parlamento può esprimere le posizioni dell’UIP, una volta ricevuto mandato dall’Organizzazione a tale proposito. Richiamandosi ad esperienze passate, il Consiglio ha inoltre suggerito che il Rappresentante UIP in seno all’ONU possa essere di volta in volta il Presidente del Consiglio, un suo Vice od altro membro del Comitato Esecutivo, oppure anche il Presidente di Parlamento del Paese che ospiti la Conferenza.

Il Consiglio interparlamentare è tornato nuovamente sul tema dei rapporti ONU/UIP in occasione dell’esame del Rapporto del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, sullo status dell’attività dell’UIP[13]. Nel documento, il Segretario Generale sottolineava come la partecipazione dell’Unione interparlamentare ai meeting delle Nazioni Unite avesse un duplice, benefico effetto: di intervenire nella fase di decisione in ambito ONU e di favorire l’accoglimento delle decisioni ONU presso le Assemblee parlamentari. Tuttavia, le differenti dimensioni delle due Organizzazioni imponevano, inevitabilmente, delle scelte, dal momento che l’Unione interparlamentare, con la sua organizzazione ed il suo budget, non può occuparsi di tutte le questioni all’ordine del giorno delle Nazioni Unite. Annan suggeriva, quindi, che l’Unione interparlamentare si concentrasse, in via prioritaria, su alcune tematiche specifiche: democrazia, pace e sicurezza, sviluppo sostenibile, commercio e finanza.

Dal canto suo, l’Unione interparlamentare ha deciso di potenziare la cooperazione con le agenzie ONU deputate alla protezione dell’infanzia e alla diffusione dell’AIDS, ovvero con l’UNICEF e l’UNAIDS come peraltro dimostrato dalla sempre più attiva partecipazione alle Conferenze internazionali degli ultimi anni.

A testimonianza della volontà di realizzare una più stretta concertazione tra la UIP e l’ONU, il Consiglio direttivo[14] ha stabilito che l’agenda di lavoro delle tre Commissioni permanenti dell’Unione interparlamentare sia definita sulla falsariga delle priorità individuate a livello di Nazioni Unite, consentendo così un’azione integrata tra le due Organizzazioni. Il Segretariato dell’UIP è quindi chiamato a raccordarsi con il Segretariato delle Nazioni Unite per identificare le priorità delle Nazioni Unite che possano rappresentare la base di lavoro delle Commissioni permanenti dell’Unione interparlamentare.

Di relazioni ONU/UIP si è occupato il cd. Rapporto Cardoso[15] (United Nations High Level Panel on relations between the United Nations and civil society). Il documento è stato esaminato sia nell’ambito dell’Unione interparlamentare che nell’ambito della II Conferenza mondiale dei Presidenti dei Parlamenti ed ha suscitato perplessità e preoccupazione. Nelle conclusioni, il Gruppo di esperti che ha elaborato il documento proponeva di istituire dei comitati parlamentari che dovevano agire sotto la direzione di organizzazioni inter-governative, quali appunto le Nazioni Unite. Tale proposta non rispettava, secondo l’Unione interparlamentare, i più elementari principi di separazione ed indipendenza dei poteri, come pure i principi di trasparenza e legittimità democratica. Criticata è stata inoltre la proposta di istituire dei meccanismi parlamentari all’interno delle Nazioni Unite pressoché identici a quelli già esistenti all’interno dell’UIP.

Tuttavia, prendendo spunto dalle raccomandazioni del Panel Cardoso sul coinvolgimento dei parlamentari nell’attività delle Nazioni Unite, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato una Risoluzione sulla Cooperazione tra le Nazioni Unite e l’Unione interparlamentare (ris. A59/19 dell’8 novembre 2004) in cui si incoraggiano le due Organizzazioni a continuare a cooperare, soprattutto nei settori della pace e della sicurezza, dello sviluppo economico e sociale, dei diritti umani, della parità dei sessi, in considerazione dei significativi benefici che derivano dalla reciproca collaborazione.

Come suggerito dalla risoluzione del 2004, il tema della cooperazione UIP/ONU è stato inserito nell’ordine del giorno della 61ma Sessione dell’Assemblea generale che, lo scorso 20 ottobre 2006, ha approvato la risoluzione A/RES/61/6  sulla cooperazione tra le Nazioni Unite e l’Unione interparlamentare. Il tema centrale della risoluzione è costituito dal riconoscimento che la giornata parlamentare UIP/ONU è un evento congiunto delle due Organizzazioni, formalmente inserito nell’ordine del giorno dell’Assemblea. La decisione conferisce un ulteriore riconoscimento allo status dalla UIP e permette anche di risolvere alcune difficoltà relative all’accesso alle riunioni di tutte le delegazioni. La risoluzione chiede inoltre che siano presi accordi formali per la consultazione e la cooperazione tra le due Organizzazioni. Si auspica anche una più stretta collaborazione tra le due Organizzazioni in seno ai nuovi organi delle Nazioni Unite: il Consiglio dei diritti umani, la Commissione per la costruzione della pace e il Fondo delle Nazioni Unite per la Democrazia, organi tutti creati sulla base del principio che pace e sviluppo sostenibile non possono essere conseguiti senza l’apporto delle istituzioni rappresentative. In tal senso il Consiglio dell’UIP ha adottato una decisione in occasione della 115ma Assemblea[16].

 

La più recente novità nell’ambito delle relazioni UIP-ONU è rappresentata dalla creazione della Commissione sugli Affari delle Nazioni Unite  (IPU Committee on UN Affairs), una Commissione plenaria di cui fanno parte due parlamentari per delegazione uno in rappresentanza della maggioranza e d uno dell’opposizione. La Commissione, è stata costituita su base sperimentale ed è in attesa di una decisione finale del Consiglio. In linea di principio si riunirà una volta l’anno, in occasione delle sessioni plenarie. Dovrà adottare un proprio regolamento alla stregua di quello delle altre Commissioni dell’Assemblea. Nel suo interno è stato identificato un Comitato ristretto di parlamentari esperti in tema di Nazioni Unite che eserciterà un ruolo di sindacato e controllo sulle attività delle Nazioni Unite. La Commissione si occuperà in particolare di finanziamento allo sviluppo, diritti dell’uomo e funzionamento del nuovo Consiglio dei diritti dell’uomo, fonti di finanziamento delle Nazioni Unite e utilizzo dei fondi, organizzazione delle operazioni di consolidamento della pace. La Commissione  si è riunita per la prima volta a Ginevra nel corso della 117ma Assemblea (8-10 ottobre 2007). In tale occasione l’on. Versnick (Belgio) ha presentato un documento strategico sulla natura delle relazioni tra le Nazioni Unite e i Parlamenti nazionali, approvata dalla Commissione e, in seguito, dall’Assemblea.

La cooperazione tra la UIP e l’ONU include una giornata parlamentare che si svolge ogni anno alle Nazioni Unite nel corso della Sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Nella XIV Legislatura tali riunioni, cui la Camera ha sempre partecipato con una propria rappresentanza, hanno avuto luogo il 4 dicembre 2001, il 19 novembre 2002, il 27 ottobre 2003, 19-20 ottobre 2004, il 31 ottobre e 1° novembre 2005. La prima giornata parlamentare UIP/ONU della XV Legislatura si è svolta il  13 e 14 novembre 2006e vi hanno partecipato il Presidente dell’Unione interparlamentare, on. Pier Ferdinando Casini, e il Presidente del Gruppo italiano, on. Antonio Martino (Forza Italia). Il tema dell’incontro è stato ” La prevenzione dei conflitti e la costruzione della pace: rafforzare il ruolo chiave delle Nazioni Unite”. Il dibattito ha preso spunto dai documenti elaborati dai competenti dipartimenti delle Nazioni Unite sui seguenti temi: Principali conclusioni del rapporto 2006 del Segretario generale sulla prevenzione dei conflitti; La Commissione per la costruzione della pace; Lotta alla corruzione e implementazione delle Convenzioni ONU in merito; I preparativi per la creazione di un Fondo per la costruzione della pace. Un altro tema oggetto di dibattito sono stati i seguiti della Conferenza mondiale dei Presidenti dei Parlamenti del 2005, con particolare riguardo alle modalità di rafforzamento dei Parlamenti nella loro interazione con le Nazioni Unite.

L’ultima giornata parlamentare si è svolta il 20 e 21 novembre 2007. Si deve sottolineare che dal 2007 la giornata parlamentare viene organizzata congiuntamente dall’ONU e della UIP, in attuazione del nuovo corso di relazioni tra le due Organizzazioni, sancito dalla Risoluzione A/RES/61/6, e si struttura come audizione parlamentare. La riunione ha avuto come tema: “Il ruolo dei Parlamenti nel rafforzare lo stato di diritto nelle relazioni internazionali”. La discussione si è focalizzata su: le priorità, sfide ed obiettivi della nuova amministrazione delle Nazioni Unite; l’attuazione degli impegni internazionali nel campo del disarmo e della non proliferazione; i seguiti della Strategia globale delle Nazioni Unite per il contrasto al terrorismo e le sfide poste dalla formulazione di una Convenzione internazionale sul Terrorismo; un bilancio dell’attività dei tribunali internazionali e la creazione di capacità nazionali per un sistema di giustizia penale internazionale efficace. Ai lavori hanno partecipato gli onn. Gino CAPOTOSTI (Popolari-UDEUR), Osvaldo NAPOLI (FI), Antonio RAZZI (Italia dei valori) e il sen. Mauro LIBÈ (UDC).

La prossima audizione parlamentare  si svolgerà dal 20 al 21 novembre 2008 e verterà sul tema: “Assicurare un effettivo mantenimento della pace e prevenire i conflitti in conformità con  gli obiettivi ONU”.


Biografie

 


Miguel d’Escoto Brockmann

 

A cura del MAE

 

Padre Miguel d’Escoto Brockmann è stato eletto Presidente della 63ma Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 4 Giugno 2008.

 

Nato a Los Angeles, California, nel 1933, ha trascorso la sua infanzia in Nicaragua ed è tornato negli Stati Uniti nel 1953 per entrare nel Seminario Cattolico di Maryknoll (NewYork). Ordinato  Sacerdote nel 1961, si è laureato in Giornalismo alla Columbia University nel 1962.

 

Nel 1963 ha fondato in Cile il National Institute of Research and Population Action (INAP) volto a migliorare le condizioni di vita nelle periferie di Santiago ed altre città attraverso azioni in difesa dei diritti dei lavoratori. Nel 1972 ha istituito la Nicaragua Foundation for Integral Community Development, oggi fra le ONG più attive in Nicaragua, per il sostegno delle vittime del terremoto che nel 1972 distrusse Managua.

 

Padre d’Escoto è stato fra i fondatori del “Gruppo dei dodici” che ha sostenuto il Fronte di Liberazione Nazionale Sandinista (FSLN) nella lotta contro la dittatura di Somoza in Nicaragua. Nel 1979, dopo la caduta del dittatore, è stato nominato Ministro degli Esteri, carica ricoperta sino al 1991. In quegli anni si è occupato, in particolare, dei conflitti in America Centrale e nel 1984 ha promosso, presso la Corte Internazionale di Giustizia, il noto ricorso contro gli Stati Uniti per il loro sostegno militare e paramilitare contro il Governo del Nicaragua.

 

Vincitore di numerosi premi per il suo impegno per la pace, Padre d’Escoto ha ispirato la sua vita politica ai principi della non-violenza attiva, solidarietà e giustizia sociale. Per la sua elezione a Presidente della 63ma Assemblea Generale dell’ONU ha ricevuto il sostegno unanime di tutti i Paesi dell’America Latina.

 


Ban Ki Moon

Segretario Generale delle Nazioni UNite

 

Official portrait of Secretary-General Ban Ki-moon. Click photo to enlarge.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ban Ki Moon è l’ottavo Segretario Generale delle Nazioni Unite: eletto il 14 dicembre 2006, ha assunto l’incarico il 1° gennaio 2007.

È nato il 13 giugno 1944 nella Repubblica di Corea. Si è laureato in Relazioni internazionali presso la National University di Seoul nel 1970. Nel 1985 ha conseguito un Master in Scienze politiche presso l’Università di Harvard.

Al momento della sua elezione a Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon era Ministro degli Affari esteri del suo paese, incarico che ricopriva dal gennaio 2004.

Diplomatico di carriera dal 1970, ha occupato diverse posizioni tra cui quella di Consigliere del Presidente della Repubblica per la politica estera e per la sicurezza nazionale, Vice Ministro per la pianificazione politica e Direttore generale per gli affari americani.

Ban Ki Moon ha avuto intense relazioni con le Nazioni Unite a partire dal 1975 quando lavorava nella Divisione Nazioni Unite del Ministero per gli Affari esteri. È stato Primo Segretario nella Missione Permanente della Repubblica di Corea presso le Nazioni Unite a New York, Direttore della Divisione per le Nazioni Unite nel Ministero degli Affari esteri a Seoul, e Ambasciatore in Austria, dove  è stato Rappresentante Permanente presso le Organizzazioni internazionali a Vienna. Mentre ricopriva quest’ultimo incarico ha presieduto, nel 1999, la Commissione preparatoria dell’Organizzazione del Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari (CTBT).

Nel 2001 – 2002, quando la Corea ha assunto la presidenza della  56ma Assemblea generale delle Nazioni Unite, Ban Ki Moon ha ricoperto l’incarico di Capo di Gabinetto del Presidente dell’Assemblea, Han Seung-Soo.

Ban Ki Moon è stato molto attivo anche nel campo delle relazioni inter-coreane. Nel 1992, in qualità di Consigliere Speciale del Ministro per gli Affari esteri, è stato Vice Presidente della Commissione congiunta per il Controllo nucleare Nord – Sud e si è adoperato per l’adozione della dichiarazione congiunta sulla denuclearizzazione della penisola coreana. Nel settembre 2005, in qualità di Ministro degli Affari esteri, ha svolto un ruolo di rilievo nella conclusione dell’accordo per la promozione della pace e della stabilità nella penisola coreana con l’adozione della Dichiarazione congiunta sulla questione nucleare nord coreana.

Ban Ki Moon parla coreano, inglese e francese.

Il 18 aprile 2007, Ban Ki Moon ha effettuato una visita ufficiale in Italia dove ha incontrato il Presidente della Camera Fausto Bertinotti nonché le Commissioni Affari esteri di Camera e Senato riunite.

 


 

Note biografiche di Walid Mualem,

Ministro degli Esteri della Siria

 

 

 

 

 

 

 

       Ricopre tale carica dall’11 febbraio 2006, dopo che un rimpasto di governo ha portato il suo predecessore. Farouk al-Sharaa a ricoprire la carica di Vice Presidente.

       Muallem è un diplomatico di carriera che ha ricoperto vari incarichi, fra cui quello di Ambasciatore siriano a Washington. Al momento della nomina a Ministro degli Esteri, era il vice di Farouk al-Sharaa.

       Si ricorda il recente impegno di Muallem e della Siria per favorire una possibile intesa con Israele. Il quinto round di incontri, con la mediazione della Turchia, sarebbe dovuto iniziare il 18 settembre, ma la parte israeliana ha chiesto un rinvio.

       Recentemente, a fronte della richiesta avanzata da Gerusalemme alla Siria di rompere i rapporti con l’Iran, il capo della diplomazia siriana ha affermato che tale strada non è percorribile.

        

 


Angela kane,

Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite

per il Management

 

 

 

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       Di nazionalità tedesca, stata nominate a tale carica dal Segretario Generale, Ban Ki-moon nel maggio 2008.

       Nel corso della sua carriera alle Nazioni Unite, prestato numerosi incarichi. Prima del maggio 2008, è stata Assistente del Segretario Generale per gli Affari Politici, con particolare riguardo alla prevenzione ed alla soluzione dei conflitti. In tale ambito, si è occupata della questione palestinese ed svolto missioni in Iraq, Medio Oriente ed in Iraq.

       Ha inoltre prestato servizio come Assistente del Segretario Generale nell’organizzazione di Conferenze internazionali, ponendo particolare attenzione allo sviluppo di nuove tecnologie ed alla gestione integrata a livello globale delle risorse e delle iniziative.

       Dal 1999 al 2003 è stata Direttore del Dipartimento Affari Politici delle Nazioni Unite.

       Dal 1995 al 1999 ha prestato servizio presso il Dipartimento d’Informazione Pubblica. In tale ambito, si prodigata in particolare per la diffusione dei documenti ONU on-line per la loro traduzione in tutte le lingue ufficiali.

       La sua esperienza presso le Nazioni Unite include anche il servizio prestato in qualità di dirigente per gli affari politici presso la segreteria di Boutros-Gali e come assistente del Rappresentante Personale del Segretario Generale per il processo di pace in America Centrale. Ha fatto inoltre parte di diverse missioni, inclusa quella in Etiopia ed Eritrea (UNMEE), in Jakarta, Indonesia e Thailandia.

       Prima di entrare a far parte delle Nazioni Unite ha lavorato presso la Banca Mondiale a Washington e nel settore privato in Europa.

       Si è laureata e specializzata presso il Bryn Mawr College e la Johns Hopkins School.


Ad Melkert,

Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite

e Amministratore associato dell’UNDP (United Nations Development Programme)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        Di nazionalità olandese, è stato nominato a tale carica dal Segretario Generale, Ban Ki-moon il 1° marzo 2006.

        Precedentemente, Melkert ha fatto parte del Board of Directors della World Bank per più di tre anni in rappresentanza di Armenia, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro, Georgia, Israele, Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia, Moldova, Paesi Bassi, Romania ed Ucraina. Il Board of Directors della Banca Mondiale, i cui lavori sono diretti dal Presidente della Banca stessa, ne controlla la gestione finanziaria con particolare riguardo all’erogazione dei prestiti e delle garanzie necessarie per ottenerli.

       Melkert è entrato a far parte della Banca Mondiale dopo aver svolto una lunga e brillante carriera all’interno del Partito Laburista Olandese. E’ stato membro del Parlamento e Ministro per gli Affari Sociali e l’Occupazione. Come Parlamentare ha fatto parte della Commissione Affari Esteri e Cooperazione allo Sviluppo e nel 1998 è divenuto Capo Gruppo parlamentare. In qualità di Ministro, ha invece guidato la delegazione olandese alla Conferenza Internazionale ONU sulle donne di Pechino (1995) ed ha partecipato ai meetings annuali dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL).

       Nel 2001 è diventato leader del partito succedendo a Wim Kok.

       Melkert vanta una grande esperienza in politica internazionale e in materia di cooperazione allo sviluppo. E’ stato particolarmente attivo nel Movimento europeo giovanile ed ha favorito la costituzione nei Paesi Bassi della NGO Novib[17].

       Melkert si è laureato in Scienze Politica presso l’Università di Amsterdam. E’ sposato con la pittrice cilena Monica Leon Borquez ed ha due figlie.

Parla l’inglese, il francese, il tedesco e lo spagnolo.

 

 

 


 

 

Lynn B. Pascoe

Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite

per gli Affari politici

 

 

 

B. Lynn Pascoe aboard USNS Mercy, February 2005

 

 

        

       Di nazionalità americana, è stato nominato a tale carica il 1° marzo 2007 dal Segretario Generale ONU, Ban Ki-moon.

       Prima di entrare a far parte delle Nazioni Unite, Pascoe è stato Ambasciatore USA in Indonesia dal 2004 al 2007.

       Precedentemente, il 4 settembre 2001, è stato nominato Vice Assistente del Segretario di Stato per le questioni Europee ed Euro-Asiatiche dopo aver prestato servizio come negoziatore speciale USA per il conflitto in Nagorno-Karabah ed i conflitti regionali nell’area. Pascoe è stato co-presidente USA del Gruppo di Minsk presso l’OSCE.

       Dal 1993 al 1996 è stato Direttore dell’Istituto Americano di Taiwan. Nel corso della sua carriera diplomatica ha inoltre ricoperto l’incarichi presso le Ambasciate USA di Pechino, Mosca, Hong Kong, Taipei.

       Nato nel 1943 nello Stato del Missouri, ha ottenuto una laurea in materie artistiche presso l’Università del Kansas e successivamente si è specializzato nella stessa materia presso la Columbia University.

       Parla il cinese.

       E’ coniugato ed ha due figlie.


Pak Gil-Yon,

Vice Ministro Affari esteri e Rappresentante permanente della Corea del nord presso le Nazioni Unite

 

Pak Kil-Yon, embajador norcoreano.

 

 

 

       Occupa  la carica di Rappresentante Permanente dal 2001 e di Ambasciatore dal 2002. Dal luglio 2008 ricopre la carica di Vice Ministro  degli Affari esteri della Corea del Nord.

       E’ considerato fermamente allineato sulle posizioni del leader nordcoreano, Kim Jong-il e si oppone, in particolare, all’attribuzione di un seggio permanente al Giappone.

       Si è laureato presso l’Università di Pyongyang in politica internazionale. Nel 1969 ha intrapreso la carriera diplomatica. Ha prestato servizio nelle Ambasciate in Myanmar (Birmania) e Singapor, quindi è diventato direttore dell’American Bureau presso il Ministero degli Affari Esteri nordcoreano. Nel 1985 è stato nominato Capo Rappresentante della missione nordcoreana presso le Nazioni Unite. Successivamente, ha ricoperto la carica di Ambasciatore in diversi Paesi, fra i quali la Colombia e la Cambogia.

       E’ stato delegato nell’VIII, nella IX e nella XI sessione dell’Assemblea Suprema del Popolo.

       Il 13 maggio 2005, si è incontrato con Joseph De Trani, inviato speciale USA, per discutere il ritorno della Corea del Nord al tavolo dei “six-party-talks” dedicato alla questione nucleare nordcoreana. Questo incontro ha fatto seguito a sei mesi di “gelo” tra le due parti.

      


Sir John Holmes,

Vice Segretario Generale delle Nazioni Unite

per gli Affari umanitari e Coordinatore dei Programmi di assistenza ed emergenza

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

John  Holmes, Under-Secretary-General for Humanitarian Affairs and Emergency Relief Coordinator      

 

 

       Di nazionalità britannica, la sua designazione a rivestire  a tale carica è stata annunciata dal Segretario Generale, Ban Ki-moon, nel gennaio 2007. Precedentemente, Holmes era stato Ambasciatore del Regno Unito a Parigi dal 2001 e a Lisbona dal 1999 al 2001.

       Diplomatico di carriera, è entrato a far parte del Foreign and Commonwealth Office nel 1973 ed ha ricoperto molti ruoli. Dal 1976 al 1978 ha prestato servizio presso l’Ambasciata di Mosca. Dal suo ritorno a Londra nel 1978, si è occupato del Libano e del processo di pace in Medio Oriente, nonché del nord Africa. Nel 1984 è divenuto Primo Segretario presso l’Ambasciata di Parigi e si è occupato di materie comunitarie.

       Tornato a Londra nel 1987, è diventato Assistente Capo presso il Dipartimento per l’Unione Sovietica; quindi ha trascorso due anni in trasferta al servizio della compagnia inglese Thomas De La Rue, specializzata nella stampa di banconote. Nel 1991 si è recato in India in qualità di Consigliere politico, economico e commerciale presso la British High Commission di New Delhi. In tale ambito, ha controllato la realizzazione dei programmi di aiuto inglesi.

       Di nuovo a Londra nel 1995, è stato per un breve periodo Capo del Dipartimento Unione europea, quindi è stato nominato Segretario Privato e consigliere diplomatico del Primo Ministro, John Major. Ha continuato in tale posizione dal 1997 al 1999 con Tony Blair, del quale è diventato Segretario Privato Principale. Nel corso della presidenza G8 del Regno Unito nel 1998, ha assunto il ruolo di G8 sherpa inglese. E’ stato nominato sir nel 1999, soprattutto per il ruolo svolto nella mediazione del conflitto in Irlanda del Nord.

       Nato nel 1951 a Preston, ha compiuto gli studi presso la Preston Grammar School ed il Balliol College di Oxford. Sposato dal 1976, ha tre figlie.

        

 


Amb. Sergio de Querioz Duarte

Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per il Disarmo

 

 

 

L’Amb. Sergio de Quieroz Duarte è stato nominato Alto Rappresentante delle Nazioni Unite per il disarmo il 2 luglio 2007.

Duarte è nato a Rio de Janeiro. Nel 1958 ha conseguito la Laurea in Giurisprudenza all’Università federale Fluminense.

Nel corso della sua lunga carriera diplomatica Duarte ha ricoperto incarichi nelle Ambasciate del Brasile a Roma (1961 – 1963), a Buenos Aires (1963 – 1966) e Washington (1970 – 1974).  Dal 1966 al 1968 è stato alla Missione Permanente del Brasile presso le Nazioni Unite. In seguito, dal 1979 al 1986, è stato Vice Rappresentante presso l’Ufficio del Rappresentante speciale del Brasile per il disarmo a Ginevra.

È stato Ambasciatore del Brasile in Nicaragua (1986 – 1991), in Canada (1993 – 1996), in Cina (1996 – 1999) e in Austria (1999 – 2002). Nel corso di quest’ultimo mandato ha svolto anche le funzioni di Ambasciatore in Slovenia, Slovacchia e in Croazia nonché di Rappresentante del Brasile presso le Organizzazioni internazionali con sede a Vienna (1999 – 2002) e di Governatore del Brasile presso il Consiglio dei Governatori dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (AIEA).

Al Ministero degli Affari esteri brasiliano ha ricoperto l’incarico di Capo del Personale (1975 – 1979), Segretario generale per il controllo sul bilancio ed Ispettore generale (1991), Segretario generale esecutivo (1991 – 1992), Vice Segretario generale per gli Affari esteri (1992 – 1993) e ha seguito le tematiche del disarmo e della non proliferazione (2003 – 2004).

Nel 1988 Duarte è stato eletto Presidente della Conferenza delle Parti per il riesame del Trattato per la proibizione di armi nucleari e altre armi di distruzione di massa sul fondo del mare, degli oceani nonché nel sottosuolo. Per un anno, dal 1999 al 2000, è stato a capo del Consiglio dei Governatori dell’AIEA. Nel 2005 è stato eletto Presidente della VII Conferenza di Riesame delle Parti del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari (TNP) a New York.

 

Il 6 novembre 2007, l’Amb. Duarte ha svolto un’audizione informale dinanzi alla Commissione Affari esteri della Camera dei deputati. Duarte era in Italia per partecipare ad una Conferenza internazionale organizzata dalla Farnesina sul tema “Managing Non-Proliferation and Disarmament in the XXI Century: the Key Role of the CTBT”.

 


 

Sha Zukang

Capo del Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari economici e sociali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

        

Sha  Zukang, Under-Secretary-General for Economic and Social Affairs 

 

 

 

 

       Cinese, occupa tale carica dal 1° luglio 2007. Precedentemente è stato Ambasciatore della  presso la sede ONU di Ginevra.

       Nei suoi 37 anni di carriera diplomatica, si è occupato di vari settori, dalla sicurezza all’economia, dai diritti civili all’assistenza umanitaria. In particolare ha ricoperto incarichi presso l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, ha presieduto il Comitato per lo Sviluppo ed il Lavoro delle Nazioni Unite. Ha partecipato, coordinato e presieduto numerose conferenze internazionali in materia di commercio, proprietà intellettuale, affari sociali e telecomunicazioni.

       Dal 1997 al 2001 è stato Direttore Generale del Dipartimento per il controllo delle armi presso il Ministero degli Affari Esteri cinese.  Dal 1995 al 1997 ha ricoperto la carica di Ambasciatore per il disarmo e Vice Rappresentante Permanente presso la sede di Ginevra delle Nazioni Unite. In tale funzione, ha facilitato i controlli ONU sugli armamenti cinese, ha incoraggiato la nascita di NGO cinesi e agevolato l’apertura di uffici in Cina da parte delle maggiori organizzazioni internazionali. Ha inoltre partecipato, in qualità di negoziatore, alla stipula o alla revisione dei più importanti trattati in materia di armamenti.   

       E’ nato nel 1947 e si è laureato presso l’Università di Nanchino. E’ sposato ed ha un figlio. Parla l’inglese ed il francese.

 


Documentazione

 


 

 

 

 

 

 

 

 


 



[1] Associazione Italiana Funzionari internazionali.

[2] Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[3]    Norme relative alla tutela e al trattamento dei funzionari internazionali.

[4]    In particolare, l’articolo 1 definiva, per le finalità del provvedimento, la figura del funzionario internazionale. L’articolo 2, comma 1, prevedeva che il servizio prestato dai dipendenti delle pubbliche amministrazioni in qualità di funzionari internazionali avesse validità ai fini della progressione in carriera e del trattamento di quiescenza. L’articolo 2, comma 2, disponeva che le amministrazioni pubbliche predisponessero appositi programmi di formazione volti a favorire l’accesso dei propri dipendenti presso organizzazioni internazionali. L’articolo 3 prevedeva la possibilità di riscattare ai fini pensionistici il servizio svolto in qualità di funzionari italiani da parte dei cittadini che successivamente siano stati assunti a tempo indeterminato presso una pubblica amministrazione italiana. Infine l’articolo 4 recava la norma di copertura finanziaria.

[5]     Definizione della funzione pubblica internazionale e tutela dei funzionari italiani dipendenti da organizzazioni internazionali e dalla Unione europea.

[6]    Seduta della III Commissione del 6 febbraio 2006.

[7]    Si veda la seduta della Commissione bilancio del 8 febbraio 2006.

[8]    la “Conferenza ad alto livello sulla sicurezza alimentare mondiale: le sfide poste dai cambiamenti climatici e dalle bioenergie” si è svolta a Roma dal 3 al 5 giugno 2008 (vedi Indagine conoscitiva sugli esiti della Conferenza sulla sicurezza alimentare mondiale - Roma, 3-5 giugno 2008), Dossier del Servizio Studi della Camera dei deputati, 14 luglio 2008).

[9]    La Commissione sul disarmo, istituita nel 1952 con un mandato generale sulle questioni relative al disarmo. Nel 1978 la prima Sessione Speciale sul Disarmo (SSOD I) dell’Assemblea Generale Onu ha trasformato l’organismo in un organo sussidiario dell’Assemblea generale composto da rappresentanti di tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite. L’UNDC, che formula raccomandazioni e linee guida sulle problematiche connesse al disarmo e che ogni anno presenta un proprio rapporto all’Assemblea Generale, dal 1989 limita la propria agenda ad alcuni temi di volta in volta precisamente individuati, al fine di poterli sottoporre ad un esame approfondito.

[10]   La Conferenza sul disarmo venne istituita nel 1979, dopo la prima Sessione speciale sul disarmo (SSOD I) dell’Assemblea Generale Onu (1978) come unico forum di negoziazione unilaterale sul disarmo della comunità internazionale. La carica di Segretario della Conferenza, nonché di rappresentante personale del Segretario Generale dell’Onu, viene conferita al direttore generale dell’UNOG. 

[11]   Lanciato nel corso della prima Sessione speciale sul disarmo (SSOD I) dell’Assemblea Generale Onu (1978) il Programma di cooperazione sul disarmo è destinato alla specializzazione di operatori nazionali, con particolare riguardo a quelli provenienti dai Paesi in via di sviluppo, al fine di favorire una loro partecipazione più qualificata ai forum internazionali di negoziazione e deliberazione sul disarmo.

[12]    107ma Conferenza Interparlamentare (Marrakesh, 17-23 marzo 2002)

[13]   109ma Assemblea(Ginevra, 1° - 3 ottobre 2003),

[14]   111ma Assemblea (Ginevra, 28 settembre – 1° ottobre 2004).

[15]    Il Rapporto Cardoso è stato esaminato dalla 59ma Assemblea generale delle Nazioni il 4 e 5 ottobre 2004. Per maggiori informazioni si veda la scheda di merito.

[16]   Nairobi, 7 – 12 maggio 2006.

[17]   Versione olandese della NGO internazionale “Oxfam International” . La sede principale della NGO è ad Oxford. Oxfam è una federazione di 13 organizzazioni che operano in più di 100 Paesi al mondo per combattere la fame e le disuguaglianze sociali.