Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del patrimonio storico-culturale sommerso nell'ambito del MIBAC - A.C. 2302 - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale
Riferimenti:
AC N. 2302/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 261
Data: 09/02/2011
Descrittori:
FONDALI MARINI   ISTITUZIONE DI ENTI
LAGHI STAGNI LAGUNE   MARE
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITA' CULTURALI   TUTELA DEI BENI CULTURALI E AMBIENTALI
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

9 febbraio 2011

 

n. 261

Istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del patrimonio storico-culturale sommerso nell’ambito del MIBAC

A.C. 2302

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

A.C. 2302

Titolo

Istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne e organizzazione del settore del patrimonio storico-culturale sommerso nell'ambito del Ministero per i beni e le attività culturali

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

10

Date:

 

adozione quale testo base

2 febbraio 2011

richiesta di parere

8 febbraio 2011

Commissione competente

VII Commissione (Cultura)

Sede e stato dell’iter

In corso d’esame in Commissione

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

No

 


Contenuto

Il nuovo testo della proposta di legge prevede, sull’esempio di altri paesi europei, nonché della Soprintendenza del mare istituita nel 2004 in Sicilia, l’istituzione della Soprintendenza del mare e delle acque interne nell’ambito del Ministero per i beni e le attività culturali.

In particolare, l’art. 1 dispone che la Soprintendenza è competente per le attività relative alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico-culturale del mare territoriale, dei paesaggi culturali costieri e delle acque interne e per l’attuazione di quanto previsto dal codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004).

Al riguardo si ricorda che con l’art. 2 del d.lgs. n. 63/2008 - che ha modificato l’art. 131 del d.lgs. 42/2004 - la definizione di paesaggio si è fatta più articolata per renderla più convergente non solo con la Convenzione europea del paesaggio, ratificata con L. 14/2006, ma anche con le indicazioni recate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 367/2007, relative, in particolare, alla ripartizione delle competenze tra Stato e regioni rispetto alla tutela del paesaggio. Quest’ultima è volta a riconoscere, salvaguardare e recuperare i valori culturali che il paesaggio esprime, mentre la valorizzazione concorre a promuovere lo sviluppo della cultura. Ai sensi dell’art. 142, tra le aree tutelate per legge, in quanto facenti parte dei beni paesaggistici, sono indicati anche i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna, nonché i parchi e le riserve nazionali o regionali e le zone di interesse archeologico. Con riferimento alla valorizzazione, l’art. 6 del d.lgs.42/2004 specifica che essa si sostanzia nelle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del medesimo, anche da parte delle persone diversamente abili.

Dalla Soprintendenza dipendono due centri tecnici operativi,quello di Venezia e quello di Orbetello, per ciascuno dei quali è individuato l’ambito territoriale di competenza.

Ai sensi dell’art. 9, la struttura amministrativa, le modalità di funzionamento e l’organico della Soprintendenza (si veda anche l’art. 10) sono disciplinati, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Con lo stesso decreto sono trasferite alla Soprintendenza le competenze relative a ricerca, tutela e valorizzazione dei beni storico-culturali sommersi attualmente attribuite alle soprintendenze competenti per materia, negli ambiti individuati dall’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) (v. infra).

Il trasferimento di competenze apparirebbe dunque limitato agli ambiti di cui all’articolo 2, comma 1, lettere a) e b).

 

L’art. 2 individua le competenze specifiche della Soprintendenza, che si affiancano a quelle previste dal codice dei beni culturali e del paesaggio.Esse attengono a:

- organizzazione ed attuazione di ricerche archeologiche subacquee, per individuare, conservare ed eventualmente trasportare a terra o musealizzare in loco beni storico-culturali sommersi (lett. a)[1], nonché di ricerche relative alle attività economiche e di difesa delle zone costiere e dei contesti paesaggistici determinati da tali attività(lett. b); le ricerche subacquee possono anche essere in Paesi terzi, nell’ambito della cooperazione internazionale prevista dai trattati (lett. i).

Viene in rilievo, a tale proposito, la Convenzione dell’UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale subacqueo, approvata il 2.11.2001 e ratificata con L. 23.10.2009, n. 157.

Ai sensi della Convenzione – che è entrata in vigore il 2.1.2009 –, il patrimonio in questione è costituito da tutte le tracce di esistenza umana che abbiano carattere culturale, storico o archeologico, e che siano state parzialmente o totalmente sommerse da almeno cento anni. La definizione di patrimonio culturale subacqueo include, dunque, siti, strutture, edifici, resti umani, navi affondate e il loro carico, oggetti preistorici. La Convenzione fissa alcuni standard comuni per la protezione di tale patrimonio, prevedendo misure di prevenzione contro la possibilità che venga saccheggiato o distrutto, e impegna gli Stati ad adottare, secondo modalità stabilite, azioni congiunte. Il presupposto giuridico per queste azioni è principalmente la competenza su base territoriale, ma nel rispetto della “provenienza” del patrimonio sulla base della nazionalità ed anche dei legami storici con la nazione di origine. In particolare, il regime della cooperazione internazionale nelle operazioni di protezione, con riguardo ai settori dello studio, della ricerca e della conservazione, è dettato dall’art. 19 della Convenzione.

La relazione illustrativa della pdl evidenziava che la Soprintendenza avrà competenza per una profondità almeno analoga a quella stabilità dal codice dei beni culturali e del paesaggio (v. ante).Al riguardo, si ricorda anche che l’art. 94 del medesimo codice prevede che gli oggetti archeologici e storici rinvenuti nei fondali della zona di mare estesa dodici miglia marine a partire dal limite esterno del mare territoriale sono tutelati ai sensi delle «regole relative agli interventi sul patrimonio culturale subacqueo», allegate alla Convenzione UNESCO: l’art. 3 di quest’ultima, a sua volta, stabilisce che quando la zona indicata dall’art. 94 del codice si sovrappone con un’analoga zona di un altro Stato e non è ancora intervenuto un accordo di delimitazione, le competenze esercitate dall’Italia non si estendono oltre la linea mediana di cui all’art. 1, c. 3, della legge n. 61/2006[2]:

- adozione di misure per la fruizione dei beni storico-culturali sommersi nelle acque territoriali (lett. c);

- organizzazione di attività volte a far conoscere il patrimonio storico-culturale sommerso: in particolare, elaborazione di pubblicazioni scientifiche e divulgative e di materiale didattico (lett. d), organizzazione di archivi videofotografici, di disegni e di carte tematici (lett. e), allestimento museale e mostre di reperti e contesti storico-archeologici la cui esistenza è legata alla cultura del mare e di testimonianze della storia economica e culturale delle zone costiere (lett. f), istituzione e gestione di una biblioteca specializzata (lett. h);

- redazione annuale di indicazioni topografiche riservate riguardanti la presenza di beni storico-culturali sommersi, da trasmettere a Forze di polizia e Capitanerie di Porto, ai fini della predisposizione dei servizi di controllo attivo, anche con riferimento agli strumenti di pianificazione paesaggistica e al sistema di vincoli (lett. g)[3] [4];

- indirizzo e coordinamento, in collaborazione con comuni, province, regioni, autorità portuali, capitanerie di porto, responsabili delle aree protette, delle funzioni relative alla pubblica fruizione delle coste, con particolare riferimento alla regolamentazione degli accessi a mare e ad acque, nonché alla gestione di aree protette e parchi marini (lett. l).

La gestione delle aree marine protette, ai sensi dell’art. 2, c. 37, della L. 426/1998, è affidata ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, anche consorziati tra di loro. L’affidamento avviene anch’esso con decreto del Ministro dell'ambiente, sentiti la regione e gli enti locali territorialmente interessati. La maggior parte delle aree marine protette è comunque gestita dai comuni interessati.

- ricerca, tutela e valorizzazione del patrimonio storico-archeologico-monumentale e paesaggistico inerente il mare e le acque interne rinvenuto in scavi a terra anche in aree non sommerse o di scarsa umidità (lett. m);

- realizzazione di progetti di cooperazione transfrontaliera relativi allo studio sulla comune cultura del mare e, in particolare, sulle rotte storiche che hanno determinato scambi economici e confronti culturali fra popoli (lett. o).

 

Ai sensi dell’art. 3, la Soprintendenza assicura, attraverso periodiche conferenze di servizi con i soggetti prima indicati, il coordinamento delle attività di vigilanza sulle aree marine di interesse storico-archeologico, ferma restando l’attività di prevenzione e repressione svolta da parte delle Forze di polizia e degli enti preposti.

 

Ai sensi dell’art. 4, ogni attività di ricerca, scavo, tutela di beni storico-culturali sommersi è effettuata esclusivamente sotto la supervisione di archeologi; inoltre, ai sensi dell’art. 5, le attività di ricerca e recupero sono soggette alla preventiva autorizzazione della Soprintendenza.

Attualmente, ai sensi degli artt. 88 e 89 del Codice, le ricerche archeologiche in qualunque parte del territorio nazionale sono riservate al Ministero, che può darle in concessione a soggetti pubblici o privati fissando una serie di prescrizioni. Eventuali inadempienze, o anche solo la volontà del Ministero di sostituirsi al concessionario, possono determinare la revoca dell’atto. Tali previsioni sono assistite da un apparato sanzionatorio (art. 175).

 

L’art. 6 dispone che per i progetti di ricerca e recupero di beni storico-culturali sommersi che implicano rilevanti problemi di scavo, recupero, conservazione, restauro, la Soprintendenza può avvalersi della collaborazione dei competenti uffici del MIBAC.

 

L’art. 7 intende sistematizzare l’apporto del volontariato alle attività di ricerca, vigilanza e tutela dei beni storico-culturali sommersi e, a tal fine, prevede l’istituzione, presso la Soprintendenza, di un albo dei volontari subacquei, singoli o riuniti in organizzazioni. Costituiscono requisito di iscrizione il possesso del certificato di idoneità psico-fisica, di un brevetto subacqueo e di un curriculum che attesti lo svolgimento di attività di volontariato subacqueo.

Con riferimento al certificato di idoneità psico-fisica, si ricorda che l’art. 37 del D.L. 112/2008 ha previsto la riduzione degli adempimenti meramente formali connessi a pratiche sanitarie obsolete - ferme restando, comunque, le disposizioni vigenti in tema di sicurezza sul lavoro-, da attuarsi con decreto ministeriale, previa intesa in sede di Conferenza Unificata. Il decreto non risulta ancora adottato.

 

L’art. 8 prevede chela Soprintendenza, entro 3 mesi dalla sua istituzione, definisce specifici criteri operativi per garantire la sicurezza delle attività di immersione effettuate dal personale.

 

Dell’art. 9 si è già detto ante.

 

L’art. 10 dispone che all’attuazione della legge si provvede mediante le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza determinare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

Relazioni allegate

La pdl è corredata di relazione illustrativa.

 

Collegamento con lavori legislativi in corso

La XI Commissione sta esaminando il TU delle pdl 344 e abb., “Disciplina delle attività subacquee e iperbariche” che prevede, tra l’altro, nuove modalità per il rilascio dei brevetti subacquei mentre, allo stato, non contiene disposizioni attinenti all’attività subacquea rivolta a ricerca, vigilanza e tutela dei beni storico-culturali sommersi.

 

Necessità dell’intervento con legge

L’art. 17, c. 4-bis, della L. 400/1988 stabilisce che l'organizzazione e la disciplina degli uffici dei Ministeri sono determinate con DPR, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, su proposta del Ministro competente, d'intesa con il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro del tesoro.

L’attuale organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali, quale derivante dal DPR 233/2007,come modificatodal DPR 91/2009, prevede, a livello centrale 1 Segretariato generale e 8 uffici dirigenziali generali centrali e, a livello periferico, per quanto qui interessa, le soprintendenze per i beni archeologici, per i beni architettonici e paesaggistici e per i beni storici, artistici ed etnoantropologici, coordinate da 17 Direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici.

Ai sensi dell’art. 6 del DPR 233/2007,la Direzione generale per le antichità (così denominata dal DPR 91/2009) svolge le funzioni e i compiti, non attribuiti alle Direzioni regionali ed ai soprintendenti di settore ai sensi delle disposizioni in materia, relativi alla tutela di aree e beni di interesse archeologico, anche subacquei. Per l’esercizio dell’attività di valorizzazione l’art. 6 fa riferimento alla Direzione generale per la valorizzazione del patrimonio culturale, istituita dal DPR 91/2009.

 

La proposta di legge in esame interviene dunque in un ambito che la L 400/1988 rimette a regolamenti di organizzazione.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Rileva, anzitutto, la materia ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato, affidata alla legislazione esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. g), Cost). Quanto alle finalità, la disciplina recata dalla pdl può essere ricondotta alla materia della tutela dell’ambiente e dei beni culturali e della valorizzazione dei beni culturali e ambientali. La tutela rientra tra le materie di competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.); occorre, altresì, ricordare che l’art. 116, terzo comma, Cost. prevede la possibilità di attivare, su iniziativa della regione interessata, ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia), mentre la valorizzazione rientra tra le materie di legislazione concorrente (art. 117, terzo comma, Cost.). Ciò significa che in tali materie lo Stato può emanare solo disposizioni legislative di principio, la cui attuazione è affidata alle regioni. Inoltre, l’art. 118, terzo comma, Cost., ha devoluto alla legge statale il compito di disciplinare “forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali” tra Stato e regioni.

Con riferimento al riparto di competenze sopra delineato – per la parte relativa ai beni culturali - con sentenza n. 9/2004 la Corte Costituzionale ha individuato una definizione delle funzioni di tutela e di valorizzazione: la tutela “è diretta principalmente ad impedire che il bene possa degradarsi nella sua struttura fisica e quindi nel suo contenuto culturale”; la valorizzazione “è diretta, soprattutto, alla fruizione del bene culturale, sicché anche il miglioramento dello stato di conservazione attiene a quest’ultima nei luoghi in cui avviene la fruizione ed ai modi di questa”. Successivamente all’adozione del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la Corte, nella sentenza n. 232/2005, ha richiamato, ai fini del riparto di competenze, le disposizioni in esso contenute: tale testo legislativo, secondo la Corte, ribadisce l’esigenza dell’esercizio unitario delle funzioni di tutela dei beni culturali (art. 4, c. 1) e, nel contempo, stabilisce, però, che siano non soltanto lo Stato, ma anche le regioni, le città metropolitane, le province e i comuni ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e la valorizzazione (art. 1, c. 3). Nelle materie in questione, quindi, la Corte ribadisce la coesistenza di competenze normative, confermata, peraltro, dall’art. 118, terzo comma, Cost.

Con riferimento alla tutela dell’ambiente, con la sentenza n. 196/2004 la Corte ha confermato la tesi già radicata in dottrina secondo la quale il paesaggio è “forma del territorio e dell’ambiente”, la cui tutela rappresenta valore costituzionale primario, che la stessa giurisprudenza costituzionale ha esplicitamente definito come “insuscettibilità di subordinazione ad ogni altro valore costituzionalmente tutelato, ivi compresi quelli economici”. In successive sentenze (ad es., nn. 182/2006 e 367/2007), la Corte ha riconosciuto alla legislazione regionale la facoltà di assumere tra i propri scopi anche finalità di tutela ambientale o paesaggistica, purché siano rispettate le regole uniformi fissate dallo Stato. Le più recenti sentenze del 2008 e del 2009 ribadiscono tali limiti regionali. Da ultimo, con la sentenza n. 316/2009 la Corte ha ribadito la competenza esclusiva statale in materia di ZPS (zone di protezione speciale) e ZSC (zone speciali di conservazione).

Limitatamente all’art. 7, rileva anche la materia “tutela della salute”, che rientra nella competenza legislativa concorrente.

 

Attribuzione di poteri normativi

L’art. 9 prevede l’intervento di un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali (v. ante).

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: cost261-AC2302.doc



[1]   L’art. 91 del codice stabilisce che i beni culturali ritrovati sui fondali marini appartengono allo Stato.

[2]   Si tratta della linea ciascun punto della quale è equidistante dai punti più vicini delle linee di base del mare territoriale italiano e di quello dello Stato interessato.

[3]   La procedura per la pianificazione paesaggistica è contenuta negli artt. 143-145 del codice. Il piano deve comprendere, fra l’altro, la ricognizione delle aree di cui al c. 1 dell'art. 142 (v. ante), e la determinazione di prescrizioni d'uso intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione, nonché l’individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela. I piani possono essere elaborati congiuntamente dalle regioni e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

[4]   Si ricorda che il d.lgs. n. 32/2010, in attuazione della direttiva 2007/2/CE, che istituisce un'infrastruttura per l'informazione territoriale nella Comunità europea, è volto alla realizzazione di una infrastruttura nazionale per l’informazione territoriale quale parte di INSPIRE (INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe). A tal fine, il decreto stabilisce norme generali per la condivisione, l'accesso e l'utilizzazione, in maniera integrata con le realtà regionali e locali, dei dati necessari per gli scopi delle politiche ambientali e delle politiche/attività che possono ripercuotersi sull'ambiente.