Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: SINGAPORE - Visita a Singapore del Vice Presidente della Camera, Rocco Buttiglione 3-7 dicembre 2012
Serie: Documentazione per l'attività internazionale    Numero: 504
Data: 28/11/2012
Descrittori:
SINGAPORE     

 

SINGAPORE

 

 

 

DOSSIER SCHEDE - PAESE

 

 

 

 

 

 

XVI legislatura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 504

 

28 novembre 2012

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

Servizio Rapporti internazionali


 


 

REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA[1]

 

 

 

Germania – Bandiera

 

 

 

 

SETTEMBRE 2012


 

DATI GENERALI

Superficie

357,050 kmq

Capitale

Berlino (3.500.000 ab.)

Abitanti

82.329.758

Tasso di crescita della popolazione

-0,053 %

Aspettativa di vita

80 anni

Gruppi etnici

tedeschi 91,5%, turchi 2,4%, altri 6,1%

Confessioni religiose

protestanti 34%, cattolici 34%, musulmani 3,7%

 



CARICHE DELLO STATO

 

Presidente federale

 

Joachim GAUCK, eletto il 18 marzo 2012 con il sostegno di CDU, CSU, FDP, SPD e Verdi

Presidente del Bundestag

Norbert LAMMERT (CDU), eletto il 18 ottobre 2005, rieletto il 27 ottobre 2009

Presidente del Bundesrat

Horst SEEHOFER (CSU), del Land della Baviera, dal 1° novembre 2011al 31 ottobre 2012[2]

Cancelliere federale

Angela MERKEL (CDU), dal 22 novembre 2005, secondo mandato dal 28 ottobre 2009

Ministro dell’Economia e Vice Cancelliere

Philipp RÖSLER (FDP), da maggio 2011

Ministro degli Esteri

Guido WESTERWELLE (FDP), dal 28 ottobre 2009

SCADENZE ELETTORALI

Presidente federale

Giugno 2015

Bundestag

Settembre 2013

Bundesrat

Il rinnovo dei membri dipende di volta in volta dai Governi dei singoli Länder

 

QUADRO ISTITUZIONALE

Sistema politico

La Germania è una Repubblica Federale. I Länder che la compongono sono caratterizzati da un’ampia autonomia e sono dotati di propri organi legislativi ed esecutivi (Parlamenti e Governi Regionali presieduti da Ministri-Presidenti).

Capo dello Stato

Il Capo dello Stato è il Presidente Federale. Viene eletto dall’Assemblea Federale, apposito organo composto dai deputati del Bundestag e da un numero uguale di delegati, scelti dai Parlamenti dei vari Länder. Viene eletto per cinque anni e può essere rieletto una sola volta. Propone al Bundestag l'elezione del Cancelliere Federale e, su proposta di questi, nomina e revoca i Ministri.

Parlamento

Il Parlamento tedesco consta di due Camere: il Bundestag e il Bundesrat.

Il Bundestag è eletto direttamente dal corpo elettorale per 4 anni. Ogni elettore dispone di due schede: con la prima procede alla scelta di uno dei candidati del collegio uninominale, tra i quali risulterà eletto quello che raccoglierà il maggior numero di consensi; con la seconda esprime la propria preferenza per una delle liste presentate dai partiti nel Land corrispondente. I seggi vengono assegnati ai vari partiti in base al risultato complessivo risultante dallo spoglio di tali seconde schede, compresi però i seggi già assegnati in sede di collegio uninominale. Può verificarsi perciò il caso dei cosiddetti “mandati in eccedenza”: può accadere, cioè, che un movimento politico veda eletto, nei collegi uninominali, un numero di suoi candidati superiore a quello spettante in base alla ripartizione percentuale ottenuta scrutinando le seconde schede. In tale ipotesi si determina conseguentemente un incremento dei seggi complessivi dell’Assemblea. Per poter essere ammessi alla ripartizione proporzionale dei seggi in base ai secondi voti, è necessario che un partito superi il 5% dei voti in tutto il territorio nazionale. Tale clausola di sbarramento non viene applicata se una lista ottiene almeno tre seggi nei collegi uninominali.

A partire dalle elezioni del 27 settembre 2009 è stato applicato un nuovo metodo di calcolo per la distribuzione dei seggi nell’ambito delle liste regionali, il metodo Sainte-Laguё/Schepers, che assicura una più equa distribuzione dei seggi in rapporto all’aumento demografico nei Länder, come deciso dal Bundestag il 17 marzo 2008 attraverso l’approvazione di una modifica della Legge Elettorale Federale.

Il Bundesrat è composto da membri dei Governi dei Länder, i quali Governi provvedono alla loro nomina e alla loro revoca. Il rinnovo dei membri dipende, di volta in volta, dai Governi dei singoli Länder. Per le città di Berlino, Brema e Amburgo possono essere membri del Bundesrat i sindaci e i membri del Parlamento locale.

Tutti i progetti di legge vengono esaminati e votati dal Bundestag, che li approva a maggioranza semplice. Le leggi votate dal Bundestag passano al Bundesrat, i cui poteri legislativi variano a seconda della materia: se si tratta di leggi riguardanti i diritti e gli interessi dei Länder in ambito amministrativo, finanziario e fiscale, nonché di leggi che modificano la Costituzione, il voto negativo del Bundesrat opera come veto assoluto, in nessun modo superabile dal Bundestag (cosiddette “leggi di approvazione”). Nel caso invece di leggi cosiddette semplici, il Bundesrat può sollevare obiezioni: in tal caso viene convocato un particolare organo, denominato “Commissione di conciliazione”, composta paritariamente da membri del Bundestag e del Bundesrat. Essa provvede ad elaborare un testo congiunto, che deve nuovamente essere sottoposto al Bundestag. Se non si perviene ad alcun compromesso in sede di Commissione, il Bundestag può superare l'obiezione approvando il disegno di legge a maggioranza assoluta dei propri membri.

Potere esecutivo

Il Governo federale è formato dal Cancelliere e dagli altri Ministri federali. Il Cancelliere è eletto dal Bundestag a maggioranza dei membri. su proposta del Presidente. Il Cancelliere determina l’indirizzo della politica federale e ne è responsabile. Il Bundestag può chiedere al Presidente la revoca del Cancelliere a maggioranza dei suoi membri, ma solo nel caso in cui sia in grado di esprimere il suo successore (c.d. sfiducia costruttiva).

 

QUADRO POLITICO

Il Bundestag della 17ª legislatura, uscito dalle elezioni del 27 settembre 2009, è così composto:

PARTITI

SEGGI

Unione Cristiano Democratica e Unione Cristiano Sociale di Baviera (CDU/CSU)

239

Partito Socialdemocratico (SPD)

146

Partito Liberaldemocratico (FDP)

93

Linke

76

Verdi

68

TOTALE

622[3]

Il 27 ottobre 2009Norbert Lammert (CDU) viene confermato nell’incarico, già ricoperto nella 16ª legislatura, di Presidente del Bundestag.

Il 28 ottobre 2009 il Bundestag conferma Cancelliere Angela Merkel, il primo Cancelliere donna nella storia della Germania: sui 612 voti espressi (10 assenti), 323 sono favorevoli, 285 sono contrari, 4 gli astenuti. Il secondo governo Merkel è sostenuto da una maggioranza di centro-destra formata da CDU/CSU e Partito Liberale (FDP). Le elezioni del 2009 hanno infatti determinato la fine della grande coalizione costituita da CDU/CSU e Partito Socialdemocratico Tedesco (SPD).

L’azione del Governo si basa sul “contratto di coalizione“ intitolato “Crescita, formazione, coesione”, formalizzato il 26 ottobre 2009 e contraddistinto da una forte attenzione sui temi economici. La sfida principale per il Governo infatti è superare la crisi economica e rilanciare la crescita e l’occupazione su basi sostenibili, attraverso un investimento strategico sulla formazione e la ricerca e mantenendo la coesione garantita dal consolidato modello di stato sociale tedesco. Anche le priorità programmatiche delineate dal Cancelliere Merkel nel corso della “dichiarazione di governo”, pronunciata il 10 novembre 2009 al Bundestag, sono in larga misura incentrate su tematiche economiche.

Aldilà dei propositi originari della coalizione, la legislatura è andata progressivamente caratterizzandosi per un punto qualificante nell’azione di Governo, ovvero la stabilizzazione dell’Eurozona.

Il Presidente della Repubblica Federale di Germania è Joachim Gauck, pastore protestante e dissidente anticomunista nella DDR (ex responsabile dell'organismo che indagava sugli archivi della Stasi). Viene eletto il 18 marzo 2012 dall’Assemblea Federale al primo scrutinio, con 991 voti su 1228 validamente espressi, con il sostegno di CDU, CSU, FDP, SPD e Verdi (solo la Linke aveva presentato un candidato alternativo, la “cacciatrice di nazisti” Beate Klarsfeld). Non è membro di alcun partito, né ha mai ricoperto incarichi di governo o in Parlamento. La sua elezione è accompagnata da un vasto consenso popolare e da molte aspettative.

Gauck succede a Christian Wulff (CDU), dimessosi il 17 febbraio 2012 in seguito alla richiesta della Procura di Hannover di revocargli l'immunità per poter indagare su un presunto scambio di favori con un amico imprenditore, che risalirebbe al periodo in cui Wulff era alla guida del Land della Bassa Sassonia[4].

Il 2009 è stato un intensissimo anno elettorale per la Germania (elezioni per il rinnovo del Bundestag, elezione del Presidente Federale, elezioni europee e per il rinnovo di 6 Parlamenti regionali). Ma anche il 2011 e il 2012 sono stati due anni elettorali molto intensi, giacché si sono svolte le elezioni regionali in 10 dei 16 Länder.

In particolare, nel Saarland, alle elezioni del 25 marzo 2012, ha vinto la CDU, con un 35,2%, l'Spd ha ottenuto invece il 30,5%, mentre i Liberali sono crollati all'1,2% (nel 2009 erano al 9,2).Fra i vincitori delle elezioni ci sono ancora una volta i “Pirati”[5]. Le elezioni regionali del 13 maggio 2012 in Nordreno-Westfalia, il Land più popoloso della Germania, hanno sancito la netta vittoria della coalizione uscente SPD-Verdi e la sconfitta della CDU, che ha raggiunto il minimo storico locale, e prosegue il successo dei Pirati. A seguito della sconfitta della CDU in Nordreno-Westfalia, il Cancelliere Merkel ha deciso il 16 maggio 2012 di sollevare il candidato sconfitto Norbert Roettgen dall'incarico di Ministro Federale dell'Ambiente, sostituendolo con Peter Altmaier, uno dei responsabili del gruppo parlamentare della CDU al Bundestag: si tratta del quarto rimpasto della legislatura.

Il 2011 si è caratterizzato come un ulteriore intenso anno elettorale, con votazioni regionali in 7 dei 16 Länder, ovvero Amburgo (20 febbraio), Sassonia-Anhalt (20 marzo), Baden-Württemberg (27 marzo), Renania-Palatinato (27 marzo), Brema (22 maggio), Mecklenburgo-Pomerania anteriore (4 settembre) e Berlino (18 settembre).

La prima tornata, ad Amburgo, è stata vinta nettamente dall’SPD, i risultati delle elezioni in Sassonia-Anhalt hanno posto le condizioni per una conferma del governo di grande coalizione locale tra CDU ed SPD. Il più importante appuntamento elettorale del 2011, in Baden-Württemberg, ha visto la vittoria dell’alleanza di centrosinistra, trainata dalla straordinaria ascesa dei Verdi: per la prima volta in assoluto un esponente del partito ecologista, Winfried Kretschmann, è diventato Ministro Presidente di un Land e la CDU viene estromessa dall’esecutivo di Stoccarda, tradizionale roccaforte dei conservatori. Anche in Renania-Palatinato ha vinto l’alleanza di centrosinistra, mentre nel Land Brema, se appariva scontata la riaffermazione dell’SPD quale primo partito, risulta clamoroso il sorpasso dei Verdi ai danni della CDU: per la prima volta nella storia tedesca il partito ecologista supera i democristiani in una elezione regionale. Nel Land Meclemburgo-Pomerania Anteriore l’affermazione dell’SPD ha permesso la conferma del Ministro Presidente uscente, il socialdemocratico Sellering, sostenuto da una grande coalizione con la CDU. La settima e ultima tornata, nel Land Berlino, ha fatto registrare la conferma dell’SPD quale primo partito della capitale, e quella di Klaus Wowereit, che la guida già dal 2001, nel ruolo di Sindaco/Governatore. Fallite le trattative per una alleanza di tipo “omogeneo” tra SPD e con i Verdi, a causa di incompatibilità programmatiche in soprattutto in materia di infrastrutture, ha preso corpo una grande coalizione con la CDU. Alla sorprendente affermazione del partito dei Pirati (formazione nata quasi come un fenomeno di costume, che ha raccolto consensi tra giovani utilizzatori di Internet, cittadini delusi dalla politica nel suo complesso, ovvero potenziali astenuti, nonchè ex-elettori di altri partiti, per lo più, si stima, di sinistra o liberali), fa da contraltare l’ennesimo crollo dei liberali dell’FDP che escono dal Parlamento locale.

La CDU, dopo i negativi risultati elettorali, ha visto intaccate le sue certezze, consapevole di poter perdere anche laddove sembrava inattaccabile. Tuttavia essa ha mostrato una tanto robusta quanto inaspettata risalita dei consensi e questo è un dato impressionante, apparentemente in controtendenza rispetto a quello che si osserva nelle altre nazione europee colpite dalla crisi, nelle quali i partiti al potere sono stati puniti dagli elettori.

L’FDP è ormai il grande malato della politica tedesca, essendo passato in poco tempo dal trionfo del 2009 alla lotta per la sussistenza rispetto alla soglia di sbarramento. Una delle conseguenze più importanti è il cambio di leadership nel partito: il Ministro degli Esteri Westerwelle ha rinunciato infatti alla Presidenza, carica ricoperta dal 2001, nonché all’incarico di Vice Cancelliere, e il 13 maggio 2011 è stato nominato presidente del partitoPhilipp Rösler[6].

L’SPD – che al congresso annuale riunitosi nel dicembre 2011 a Berlino ha rieletto Sigmar Gabriel alla carica di Presidente - non è riuscita a beneficiare pienamente del calo del centrodestra e ha visto insidiata la propria leadership nel centrosinistra dall’ascesa dei Verdi. Ad oggi sembra che né la CDU né l’SPD abbiano voti sufficienti per formare una maggioranza parlamentare. La scomparsa dell’FDP dallo scenario politico significa tuttavia la necessità, da parte della CDU, di trovare altrove un alleato. I socialdemocratici riuscirebbero a governare solo coalizzandosi con Linke e Verdi, ma la storia politica tedesca ci insegna che da queste parti simili apparentamenti non sono ben accetti, sia per motivi culturali che politici.

I Verdi, attraverso il Governo di uno dei Länder più importanti (Baden-Württemberg) e lo storico sorpasso ai danni della CDU a Brema, hanno tratto nuova linfa e spessore istituzionale per passare dalla dimensione di partito “minore” (coalizzabile solo in qualità di junior partner) a partito “grande”, capace di insidiare i “Volksparteien” tradizionali. La Linke resta ancorata ad un ruolo marginale nei Länder occidentali. Si segnala la sorprendente affermazione del partito dei Pirati, formazione nata quasi come un fenomeno di costume, che raccoglie consensi tra giovani utilizzatori di Internet, cittadini delusi dalla politica nel suo complesso, ovvero potenziali astenuti, nonchè ex-elettori di altri partiti (per lo più, si stima, di sinistra o liberali).

Il 25 luglio u.s. la Corte costituzionale tedesca ha dichiarato incostituzionale la legge elettorale vigente in Germania e ha sancito che, prima delle prossime elezioni, previste per settembre 2013, si debba procedere all’approvazione di una nuova legge elettorale. Spd e Verdi e tremila cittadini avevano impugnato davanti ai giudici di Karlsruhe la legge varata lo scorso anno dai partiti della maggioranza (CDU/CSU e FDP) senza il consenso dell’opposizione, contestando la prassi dei cosiddetti “mandati in eccesso”, assegnati in base all'elezione diretta di un candidato senza tenere conto del sistema proporzionale.

La Germania è entrata ormai nell'ultimo anno della 17ª legislatura, in un panorama politico fluido, nel quale la partita per la definizione dei futuri equilibri di potere si preannuncia aperta. La politica interna tedesca è sempre più segnata dal dibattito sui temi europei, primo fra tutti la crisi dell’euro; sarà questo il tema su cui gli elettori tedeschi voteranno nel settembre 2013.

 

FOCUS DI POLITICA INTERNA ED ESTERA

Economia tedesca

Nel secondo trimestre 2012, l’economia tedesca è cresciuta, sia pure moderatamente. Gli analisti parlano di una crescita stimabile tra lo 0,2 e lo 0,5%. Anche se le prospettive per il futuro restano incerte, l’economia si dimostra solida in un contesto europeo in condizioni non facili. Le ultime stime prevedono una crescita tra lo 0,7 e lo 0,9% per il 2012 e del 1,1/1,6% nel 2013.

In agosto l’inflazione è cresciuta del 2,1% ed alla fine dell’anno il tasso dovrebbe essere dell’1,7%.

Le entrate fiscali sono aumentate ad agosto del 12,8% annuo ed è l’aumento più consistente registrato dal marzo 2011. Nei primi otto mesi del 2012 le entrate del governo federale e dei Laender hanno fatto registrare un aumento complessivo del 5,8% rispetto allo stesso periodo del 2011.

Nessun paese dell’Ue ha inoltre così pochi disoccupati giovani come la Germania. Ci sono attualmente 350mila ragazzi tra i 15 ed i 24 anni senza lavoro (7,9% dei giovani attivi). Con tale risultato la Germania si distanzia nettamente dalla media europea (22,6% secondo Eurostat). Solo Stati come l’Austria (8,8%) e i Paesi Bassi (9,3%) si avvicinano al record tedesco. La situazione più grave si registra in Spagna e Grecia, dove la disoccupazione giovanile è vicina al 53%.

Tuttavia, non sono tutti favorevoli i dati per i lavoratori tedeschi. Un quinto degli occupati (20,6%) in aziende con più di dieci dipendenti lavoro per un salario inferiore ai 10,36 all’ora lordi (i dati risalgono comunque al 2010). Di certo è che il fenomeno dei bassi salari – insieme allo sviluppo di forme di lavoro atipico – ha assunto il carattere di una tendenza.

Nel 2012, la bilancia commerciale della Germania avrà un attivo di 210 miliardi di dollari (171 miliardi di euro), superiore a tutti gli altri Paesi del mondo. La Germania si lascerà alle spalle anche la Cina, che dovrebbe chiudere con un attivo di 203 miliardi di dollari.

Si è invece registrata una flessione per quanto riguarda la produzione industriale in giugno (-0,4%) , ma il dato è molto più positivo di quello fatto registrare da altre economie. Francia -2,6%; Regno Unito -4,6% e Italia -8,2%. L’Europa a 27 ha registrano una media di -2,2%. I dati di luglio segnano un miglioramento dell’1,9% rispetto a giugno e quelli di agosto un altro risultato positivo: +1,3% rispetto a luglio (dati Ue-17: +0,6%; Italia: -0,2%).

Nel discorso pronunciato davanti al Bundestag l’11 settembre, il Ministro delle Finanze, Schaeuble, ha affermato che la “locomotiva tedesca”, anche a causa della crisi dell’euro e dell’alto debito USA, sta rallentando la sua corsa. Schaeuble ha comunque ribadito come la Germania sia diventata molto più resistente agli choc, anche a quelli di carattere imprevisto. Secondo i piani del Governo, dovrebbe essere rispettato già nel 2013 (tre anni prima del previsto) il contenimento del debito inserito nella Costituzione (massimo 0,35% del PIL di nuovo indebitamento strutturale netto) grazie a riduzioni di spesa per 12 miliardi rispetto al 2012.

In settembre la Germania ha collocato sul mercato titoli a un anno per 1,17 miliardi di euro offrendo ancora una volta un rendimento negativo (-0,0184% contro il -0,0246% offerto il mese scorso). Sostenuta la domanda che raggiunto i 6 miliardi di euro, ossia il doppio rispetto all’offerta iniziale del Tesoro tedesco che era di 3 miliardi.

La sentenza della Corte Costituzionale (12 settembre 2012)[7]. Rapporti con la BCE. Operatività dei fondi europei

Il 6 settembre Mario Draghi ha ottenuto dal Consiglio della BCE il via libera allo scudo anti-spread (possibilità di acquisto di titoli di stato dei Paesi che richiedono assistenza finanziaria dell’Europa, ponendo tuttavia delle condizioni rigorose). La risposta dei mercati è stata entusiasta, e, per quanto riguarda l’Italia, si è avuto subito una discesa dello spread sotto i 380 punti. La “svolta” ha riscosso il consenso della Cancelliera Merkel e del Presidente della Commissione Ue, Barroso. 

La Corte Costituzionale tedesca ha dato il via libera il 12 settembre al MES (Meccanismo Europeo di Stabilità) ed il fiscal compact  ponendo tuttavia alcune condizioni[8]:

·        i due rami del Parlamento tedesco devono essere informati sulle decisioni che il MES richiede per il suo funzionamento;

·        l’intervento della Germania per il Fondo MES non può superare la quota di 190 miliardi di euro senza il via libera del Bundestag;

·        possibilità per la Corte di verificare se la BCE abbia superato le proprie competenze nelle operazioni di sostegno alle banche ed ai Paesi in difficoltà.

La decisione è stata accolta con grande soddisfazione dalla Cancelliera Merkel, la quale ha parlato di un grande giorno per la Germania e per l’Europa.

Dopo la decisione della Corte Costituzionale, il Presidente tedesco, Joachim Gauch, ha affermato che la ratifica delle leggi che istituiranno in Germania il MES ed il fiscal compact avverranno senza indugi, anche se non è ancora stata fissata una data (al 24 settembre).

Intanto in Lussemburgo fervono i preparativi per mettere a punto il MES. Il Presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker ha convocato per l’8 ottobre il board del MES, a margine dell’incontro dei Ministri delle Finanze dell’Eurozona. Con l’adesione della Germania è stata infatti superata la soglia necessaria del 90% di capitale necessario per farlo partire. Il MES avrà una dotazione di 500 miliardi, con 700 miliardi di capitale proprio di cui 80 versati. A questi 700 miliardi va aggiunta la possibilità di intervento della BCE che potrà acquistare senza limiti titoli sul mercato secondario una volta che un Paese avrà richiesto l’intervento del MES e firmato un memorandum d’intesa con impegni vincolanti da rispettare. Il MES opererà secondo linee guida precise, ormai quasi ultimate, che ricalcheranno sostanzialmente quelle dell’EFSF (programmi di assistenza finanziaria completa, programmi preventivi, ricapitalizzazione di banche, acquisti sul mercato primario e secondario). L’EFSF resterà operativo sino a luglio 2013, quando non potrà più avviare programmi ma continuerà a gestire quelli già incominciati sino alla loro conclusione, che avverrà con il pagamento dei prestiti concessi ai Paesi in difficoltà.

Per il Presidente delle Casse di risparmio tedesche, Georg Fahrenschon, l’unione bancaria che si sta tentando di realizzare in Europa rappresenta una minaccia per i risparmiatori tedeschi. “Le banche in difficoltà all’estero non possono essere salvate con i soldi che teniamo in garanzia dei depositi dei nostri clienti locali. Vogliamo dire chiaramente che c’è un limite che non può essere superato. L’euro è una moneta forte e risparmi da noi sono al sicuro. Vogliamo che la situazione resti com’è e per questo rigettiamo i piani della Commissione Ue”. 

Il 14 settembre il gruppo parlamentare CDU e CSU al Bundestag si è detto contrario all’eventualità che il Presidente della BCE, Mario Draghi, intervenga nel plenum del parlamento tedesco per spiegare il piano del 6 settembre. Secondo i portavoce dei due gruppi politici, tale eventualità potrebbe dare l’impressione errata che la BCE sia in rapporto di dipendenza nei confronti della politica. La disponibilità ad un confronto era stata data dallo stesso Draghi nel corso di un’intervista rilasciata nello stesso giorno al quotidiano Suddeutsche Zeitung.

In un’intervista rilasciata al quotidiano “La Repubblica” il 21 settembre, il Ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha palesato un deciso ottimismo sul futuro dell’Ue e delle moneta unica. “Stiamo vedendo una luce alla fine del tunnel”, ha affermato il capo della diplomazia tedesca, per il quale settembre può essere il mese della svolta nella crisi del debito in Europa. Sempre per Westerwelle, una crisi dell’euro non esiste, in quanto la divisa gode di buona salute. In Germania, ha ricordato, con il marco l’inflazione era del 5,5%, ora è meno del 2,5%. Non è pertanto una crisi dell’euro, ma una crisi del debito sovrano comune a molte zone del mondo. L’ottimismo deriva dal fatto che in Irlanda e Portogallo si vedono risultati positivi, in Italia il Governo ha varato riforme coraggiose, in Grecia sta aumentando la competitività e in Spagna i bonos sono stati venduti per la prima volta a tassi ragionevoli. Tre giorni prima, partecipando a Berlino ad un convegno sul valore dell’Europa per presentare le proposte[9] contenute nel dossier del “gruppo sul futuro dell’Europa” (di cui fa parte anche l’Italia), Westerwelle ha affermato che questa crisi ci insegna che “serve più Europa, oltre che un’Europa migliore. L’Europa è infatti ben più dello spread, dei fondi salva stati, del fiscal compact, del semestre europeo. L’Europa è il nostro destino comune, una comunanza di valori. In tempi di globalizzazione, ogni tendenza a rinazionalizzare è assurda”. Westerwelle ha inoltre ricordato che l’Europa resta la regione più ricca del mondo e non deve distogliere finanziamenti alle regioni più povere. Precedentemente, lo stesso Westerwelle aveva criticato il coinvolgimento del FMI nella crisi del debito.

Sulla necessità di un potenziamento del MES, si è detto d'accordo il Ministro Schaeuble. Anche perché l'ipotesi allo studio, secondo il Governo, non prevede affatto un aumento del contributo dei singoli Stati, e non intaccherebbe le limitazioni recentemente ribadite dalla Corte Costituzionale tedesca.

   Per potenziare l'Esm - senza intaccare i contributi degli Stati - si ricorrerebbe a quell'effetto leva già messo a punto per il vecchio fondo Efsf: un meccanismo che permette cioè di attrarre capitali privati, sottoposti a una percentuale di rischio limitata. Sarebbe sempre il fondo ad assumere il rischio maggiore di eventuali perdite su emissioni di Stati messi sotto attacco dagli speculatori. L'idea e' insomma quella di dotare il futuro Esm di uno strumento già approvato per il suo predecessore, che però non compare nelle linee guida iniziali e che andrebbe dunque 'aggiunto'. ''Si tratta di mettere a disposizione del Meccanismo di Stabilità lo stesso strumentario a disposizione dell'Efsf. E su questo sono in corso delle consultazioni a Bruxelles'', ha spiegato una portavoce di Schaeuble. Ad opporsi, stavolta, è però la Finlandia, il che potrebbe avere ripercussioni anche nel dibattito domestico tedesco. Il confronto fra i partner, nei prossimi giorni e nelle prossime settimane, non si annuncia comunque semplice nell'eurozona.

L’intervista di Mario Monti a Der Spiegel (5 agosto 2012) e il successivo incontro con Norbert Lammert (29 agosto 2012)

A seguito dell’intervista rilasciata dal Presidente del Consiglio italiano Monti al settimanale Der Spiegel, il mondo politico tedesco ha criticato il Primo Ministro italiano, reo, secondo i tedeschi, di aver messo in discussione l'autonomia dei Parlamenti rispetto all'azione dei Governi. Ma Monti ha respinto le accuse, parlando di “equivoco”, e spiegando di non aver mai voluto mettere in discussione l'autonomia dei Parlamenti europei.  Tuttavia, ha ribadito il Primo Ministro  che all'interno del dialogo tra Governi e Parlamenti, "è necessaria" una buona dose di flessibilità.

Il portavoce del governo tedesco, Georg Streiter, ha affermato che Angela Merkel ha sempre considerato imprescindibile il consenso parlamentare. Il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha definito "fuori da ogni discussione il controllo parlamentare della politica europea". Critiche sono arrivate anche dal portavoce della commissione Ue, Olivier Bailly: "Noi rispettiamo pienamente le competenze dei Parlamenti nazionali''.

Anche il Presidente del Parlamento tedesco, Norbert Lammert ha criticato le considerazioni espresse nell'intervista allo Spiegel dal Premier Monti sulla relativa autonomia che i governi dovrebbero mantenere nei confronti dei parlamenti nazionali nelle trattative europee. Per il Presidente del Bundestag il sostegno parlamentare alla politica europea non solo è richiesto senza eccezioni dalla Costituzione tedesca, ma è anche un presupposto essenziale per ottenere il consenso dei cittadini. Per Lammert  “è comunque più accettabile che le aspettative dei mercati vengano deluse dai nostri ordinamenti giuridici e dalla nostra democrazia, che non il contrario''.

Il Primo Ministro ha avuto modo di approfondire e chiarire tali temi nel corso dell’incontro che ha avuto con  Lammert il 29 agosto 2012 durante la sua visita a Berlino (cfr. infra). Monti ha sottolineato l’importanza di un maggiore scambio ed una reciproca conoscenza tra Governi e parlamenti, proprio per il ruolo decisivo che questi hanno nel configurare il futuro dell’Europa. Lammert ha da parte sua ricordato come l’inevitabile disciplina di bilancio, in tutti gli Stati dell’Eurozona, non sia possibile né con i soli parlamenti, né con i soli governi. 

Il vertice Monti – Merkel (29 agosto 2012)

Preceduto da una tappa a Bruxelles, dove il 28 agosto il Primo Ministro ha avuto un incontro informale con il presidente della Commissione europea, Jose' Manuel Barroso, si è svolto il quinto incontro tra i premier Monti e Merkel. Il cancelliere tedesco ha promosso l'agenda "impressionante" di riforme italiane e lo ha esortato a proseguire sulla strada intrapresa perche' l'Italia puo' superare le difficolta' con le sue forze.

Monti ha evidenziato i "progressi rilevanti" compiuti dal nostro paese "con generoso apporto delle forze politiche e dei cittadini", progressi riconosciuti dai mercati e che si riflettono nei buoni risultati delle aste di titoli pubblici.

Il cancelliere ha assicurato: "Abbiamo completa fiducia che il governo italiano potra' prendere tutte le misure necessarie". E rispondendo a chi le chiedeva se avesse suggerito una richiesta dell'Italia al fondo salva-stati per avere garanzie per il dopo voto, ha precisato che il tema non e' stato affrontato. Tuttavia, secondo quanto riferiscono fonti di governo, Merkel nel confermare la fiducia al governo italiano ha sottolineato che il paese non ha bisogno di ricorrere allo 'scudo' anti-spread perche' puo' farcela da solo e non c'e' alcuna fretta.

Quanto alle difficoltà dell'Europa Merkel non ha negato che l'agenda e' "ambiziosa" ma, ha aggiunto: "Abbiamo i mezzi necessari per stabilizzare l'Eurozona". Anche se ha frenato sulla licenza bancaria all'Esm, il Meccanismo europeo di stabilita' sulla cui legittimita' la Corte costituzionale tedesca si sarebbe pronunciata il 12 settembre: "E' fondamentale" e "possiamo renderlo piu' forte", ma "vorrei citare Draghi, e' anche la mia convinzione che una licenza bancaria dell'Esm non e' compatibile con i Trattati".

Dibattito su una maggiore integrazione europea: il fronte euroscettico

La Francia è contraria a una nuova riforma istituzionale dell'Unione europea nell'immediato, come vorrebbe la Germania, anche se in prospettiva è pronta a più integrazione in cambio di una maggiore solidarietà: questo, in sintesi, il messaggio lanciato dal ministro francese per gli Affari europei, Bernard Cazeneuve, nel corso di un incontro con la stampa diplomatica a Parigi che si è tenuto il 18 settembre. ''Non bisogna proporre grandi manovre istituzionali come soluzione alla crisi, quando quest'ultima richiede una risposta urgente. Auspichiamo che il profondo ri-orientamento dell'Ue possa continuare nel quadro esistente'', ha detto Cazeneuve. La cancelliera tedesca Angela Merkel si sta invece battendo affinché i leader europei decidano già dalla fine dell'anno di far progredire l'unione politica per superare la crisi del debito, una manovra che nel suo spirito passerebbe attraverso una revisione dei trattati. ''Su questo tema non abbiamo la stessa posizione della Germania'', ha sottolineato Cazeneuve, aggiungendo: ''La Francia è pronta a fare il salto verso una maggiore integrazione, ma in cambio di più solidarietà, come la mutualizzazione del debito” Tale ipotesi è invece respinta da Berlino. Inoltre, sempre secondo il ministro, un dibattito su questo genere di argomenti dovrebbe cominciare con le elezioni europee del 2014. Nell'immediato, Cazeneuve considera che gli europei debbano concentrarsi sull'attuazione delle decisioni assunte lo scorso giugno, vale a dire sull'unione bancaria, la tassazione delle transazioni finanziarie, il meccanismo europeo di solidarieta' o il pacchetto di crescita. A Parigi, Cazeneuve si e' anche detto ''fiducioso'' sul raggiungimento di un compromesso tra Berlino e Parigi sull'unione economica e monetaria. ''L'Europa non ha mai avuto bisogno di un processo di integrazione supplementare davanti alla crisi, ma mai questo salto politico e' stato così difficile in un contesto in cui la crisi rende i popoli scettici nei confronti dell'Europa'', ha concluso.

Ad agosto, si sono moltiplicate in Germania le voci di politici favorevoli a referendum popolari sulle politiche europee, da tenersi in un prossimo futuro. I sostenitori del pronunciamento popolare comprendono Rainer Bruderl (capogruppo liberale FDP) e il Presidente della CSU e governatore della Baviera, Horst Seehofer. Sul fronte dell’opposizione socialdemocratica, il Presidente del SPD, Sigmar Gabriel, ha invece proposto un profondo processo di riforma costituzionale per avvicinare Berlino a Bruxelles, al termine del quale dovrebbe tenersi un referendum. La proposta ha trovato il sostegno anche dei Verdi, anch’essi schierati all’opposizione. Sulla possibilità di indire un referendum si è espresso anche il Ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, il quale ha riconosciuto che sulla nuova Europa e sulle ripartizioni di competenze con gli Stati nazionali “un referendum è possibile prima di quanto mi potessi figurare solo qualche mese fa”.

E’ indubbio che l’euroscetticismo stia crescendo, sia in Francia che in Germania: Secondo un recente sondaggio, oggi i francesi voterebbero a netta maggioranza (64%) contro il Trattato di Maastricht. Una netta maggioranza (65%) non vuole comunque rinunciare alla moneta unica per tornare al franco. Per quanto riguarda le conseguenze dell’euro sull’economia, il 61% ritiene che l’euro abbia effetti negativi, il 63% ritiene che abbia effetti negativi sulla disoccupazione e soprattutto sul livello dei prezzi (89%). Il 67% degli interpellati è inoltre convinto che l’Ue “non vada nella giusta direzione” mentre il 76% è convinto che agisca in modo poco efficace per limitare gli effetti della crisi.  

In Germania il 65% degli intervistati ha detto che senza la moneta unica avrebbe una situazione migliore. Cresce anche l’insofferenza nei confronti dell’Ue.

Il fronte euroscettico ha subito una sconfitta nei Paesi Bassi, dove il 12 settembre si è votato per il rinnovo del Parlamento. I due maggiori partiti moderati ed europeisti – liberali e laburisti – hanno ottenuto una netta vittoria, mentre fortemente ridimensionata è stata la destra populista ed euroscettica di Geert Wilders.

 

Secondo un articolo de “La Repubblica” del 24 settembre “L’Ue è diventata un male necessario, ma il partito anti-euro sale al 25%” a firma di Ilvo Diamanti,  fino a dieci anni fa, l'Italia è stato il Paese più europeista d'Europa. Fin dal referendum consultivo del 1989, quando l'88% dei votanti approvarono il mandato costituente al Parlamento europeo. Ma ancora nel 2004, nonostante i malumori suscitati dagli effetti dell'Euro (introdotto nel 2001), gli italiani confermavano il loro sostegno all'Europa in misura molto superiore agli altri Paesi (indagine Fondazione Nord Est, 2004). Un atteggiamento giustificato, in primo luogo, dalla sfiducia nello Stato e nella classe politica nazionale. Gli italiani: preferivano farsi commissariare da Bruxelles - o da Strasburgo - piuttosto che farsi governare da Roma. Oggi non è più così. L'indice di fiducia nella Ue, infatti, in Italia è fra i più bassi d'Europa (Eurobarometro, maggio 2012). Si tratta dell’esito di una discesa costante (sondaggi Demos). Dal 57% nel 2000, vigilia dell'avvio dell'euro, il sentimento europeista ripiega, negli anni seguenti. Nel 2006 è già sceso al 52%. Ma crolla, letteralmente, negli ultimi due anni, in seguito alla crisi finanziaria globale. Fino ad attestarsi al 36% attuale. La scelta di voto influenza questo orientamento più ancora della posizione dei partiti sull'Europa. Il maggior grado di euroscetticismo, infatti, si rileva nella "vecchia" maggioranza di centrodestra. Fra gli elettori della Lega, anzitutto, ma anche fra quelli del Pdl e del Fli. Affiancati, peraltro, dagli elettori dell'IdV. Il livello più elevato, invece, è espresso dagli elettori del Pd (unico partito davvero europeista) e dell'Udc. Mentre l'orientamento della base del M5S non si discosta molto da quello della popolazione. Più che euroscettici, gli italiani oggi appaiono euro-delusi. Avevano nutrito tante - fin troppe - attese. E oggi si ritrovano con risultati molto inferiori alle previsioni più pessimistiche. Così l'Europa ha cessato di presentarsi come la "casa comune" a cui pensavano i padri fondatori. Ma non appare neppure un "mercato comune", associato a un sistema di mutuo soccorso. La prospettiva che, realisticamente, aveva alimentato il consenso dei cittadini. Così l'europeismo degli italiani si è raffreddato. Fino a divenire gelido. Per alcuni attori politici si è, anzi, trasformato in un "campo di battaglia". Sul quale sfidare il governo e gli altri partiti. Per allargare il proprio consenso, in parallelo al dissenso verso la Ue. Il fatto è che il declino del sentimento europeo ed europeista non procede in parallelo con il recupero di credibilità della classe politica. Al contrario. Anzi, visto che la fiducia verso i partiti è scesa intorno al 4% e verso il Parlamento al 10%, quel 36% di italiani che dichiara confidenza verso la Ue appare altissimo. Così si spiega perché, nonostante tutto, la maggioranza degli italiani continui a considerare l'Unione e la moneta europea con favore. O almeno: con minore sfavore rispetto alle altre istituzioni politiche ed economiche - "nazionali". In particolare, circa il 39% degli elettori (intervistati da Demos, settembre 2012) ritiene che l'euro abbia comportato solo complicazioni alla propria vita. Solo il 13%, invece, che l'abbia migliorata. Ma la maggioranza, il 47%, pensa che si tratti, comunque, di un "male necessario". Il "male minore". Lo stesso atteggiamento si osserva di fronte all'Unione europea. Circa un elettore su quattro pensa che uscirne sarebbe "meglio". Una porzione rilevante, ma comunque nettamente minoritaria. Meno della metà di quanti pensano il contrario. Cioè, che le cose andrebbero "peggio" (quasi il 50%). Si delinea così un paradosso apparente. La Ue e l'euro non piacciono. Sono considerati con crescente disincanto. Tuttavia, la maggioranza degli italiani non intende farne a meno. Perfino tra gli elettori della Lega, d'altronde, prevalgono quanti ritengono che uscire dalla Ue sarebbe peggio. Mentre fra gli elettori dell'Idv quelli che temono la defezione dall'Europa sono quasi il doppio rispetto agli altri. Una spiegazione "politica" di questo orientamento emerge osservando come la fiducia nella Ue cresca in parallelo con quella nei confronti del presidente Napolitano e del governo Monti. Ciò è coerente con il programma del premier. Definito in stretto accordo con la Commissione e con la Banca europea. Tuttavia, l'atteggiamento degli elettori verso la Ue e l'euro, al fondo, rammenta quello verso il governo tecnico. Gli italiani, infatti, sostengono - in maggioranza - il governo Monti anche se non ne apprezzano le scelte. Perché lo considerano, comunque, una medicina amara ma necessaria. Per non andare incontro a mali peggiori. Lo stesso avviene per la Ue e l'euro. Realtà sgradite ma accettate, al tempo stesso. Perché farne a meno appare, ai più, un rischio ancor più grande. Monti e la Ue, nella percezione degli italiani, risultano, così, uniti da un comune sentimento. L'euromontismo. Che spinge ad accettare l'euro, l'Europa e, insieme, Monti, anche se non piacciono. Per necessità. Con rassegnazione. Convinti che "con loro" si stia male. Ma "senza" sarebbe molto peggio.

 

La considerazione della Germania in Europa

Un esempio di efficienza, ma anche di un popolo arrogante: ecco come gli italiani vedono oggi i tedeschi, secondo un'inchiesta pubblicata il 22 settembre dalla Sueddeutsche Zeitung, che indaga sui cliché più diffusi sulla Germania di oggi, nell'Europa della crisi. Non sfugge il trattamento riservato alla cancelliera Angela Merkel dai giornali di area di centro-destra, in Italia: secondo la SZ la stilizzazione negativa della Merkel sarebbe una ''vendetta'' per la fine del governo di Silvio Berlusconi. Di tutt'altra considerazione, invece, godono i tedeschi a Londra: dove le politiche attuali di Berlino incontrano ampio sostegno e si ritiene che finalmente, anche se in ritardo, la Germania abbia capito gli errori commessi con l'euro.

   Per l'Italia, il quotidiano bavarese intervista il germanista ed ex Direttore dell'Istituto di Cultura italiano a Berlino, Angelo Bolaffi, secondo il quale la percezione che della Germania si ha oggi nel Belpaese sarebbe ''schizofrenica''. ''Da un lato gli italiani temono un'egemonia dei tedeschi in Europa. E dall'altro si preoccupano che la Germania non sia abbastanza forte da potersi assumere la sua responsabilità nell'eurocrisi''. Alla classe dirigente tedesca manca lo ''charme'' necessario per comunicare meglio gli obiettivi della sua politica, e così in Italia e' ''cresciuta la sensazione sbagliata che tutti i problemi dipendano dalla Germania''.

        

POLITICA ESTERA

La politica estera tedesca ha come ancoraggio fondamentale l’adesione all’Unione Europea e all’Alleanza Atlantica. Il Governo Merkel II si è aperto all’insegna della continuità in politica estera ed europea, anche sui temi sui quali l'ispirazione dei partners di coalizione avrebbe potuto imprimere un segnale più chiaro (allargamento UE; rapporti con la Russia; Afghanistan). Il Ministro degli esteri Westerwelle ha fissato tre priorità: attenzione alle esigenze dei partners europei piccoli o di recente adesione; tutela dei diritti dell’uomo; disarmo.

La Germania è membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dal 1° gennaio 2011.

L’astensione tedesca (insieme a Russia e Cina) sulla Risoluzione n.1973 (marzo 2011) del CdS sull’intervento in Libia, promossa da Francia, USA e Gran Bretagna, ha avviato un momento di profonda riflessione, sia all’interno della società tedesca sia fra partner e alleati, sulla portata e gli obiettivi della politica estera della Germania. Tale riflessione, ancora in corso, ha messo in luce carenze strategiche nella visione di Berlino, che gli analisti politici tedeschi più accreditati imputano al Governo Merkel II, ritenuto troppo incline ad orientarsi secondo scelte tattiche di breve respiro.

1. Politica europea

In materia di allargamento dell’UE, le leggi di attuazione del Trattato di Lisbona, che prevedono il coinvolgimento del Bundestag, comportano un processo decisionale più lento e macchinoso. Nel contempo si sono registrate, grazie alle riflessioni sull'importanza di Ankara per la stabilità europea e sull'interesse europeo a integrare i Balcani occidentali, una serie di aperture da parte dell'Auswärtiges Amt e della Cancelleria federale. Fra l’estate 2011 e il marzo 2012 il Governo è infatti giunto alla determinazione di sostenere l’avvio dei negoziati con il Montenegro (decisione Consiglio Europeo dic. 2011) ed ha appoggiato (Consiglio Europeo mar. 2012) l’accoglimento della candidatura della Serbia, determinando così lo sblocco della precedente situazione di stallo.

La presa di distanza del Ministro degli Esteri nei confronti dell'idea di nuovi direttorii europei, così come la sua attenzione verso i nuovi Paesi membri piccoli e medi, sembrano rispecchiare un intento declaratorio piuttosto che una reale convinzione.

Per il momento l’unico partner europeo di recente adesione a beneficiare di una particolare attenzione da parte di Berlino è la Polonia. La rilevanza del rapporto di “stretta amicizia e cooperazione” con Varsavia tiene conto dei complessi rapporti di vicinato nonché del ruolo della Polonia per le decisioni in ambito europeo. Non a caso Westerwelle ha effettuato la sua prima visita ufficiale da Ministro degli Esteri a Varsavia e ha voluto imprimere un nuovo slancio al “Triangolo di Weimar” (Germania-Francia-Polonia). Basato su frequenti incontri a livello Ministri/Ministri di Stato per l’Europa, periodiche riunioni tra Ministri degli esteri e un annuale vertice dei capi di Stato e di Governo, l’esercizio prevede anche possibili outreach verso altri partner (es. Russia, Ucraina).

Anche il Presidente Gauck ha scelto la Polonia per la sua prima visita all'estero dopo l'elezione del 18 marzo u.s. e si è recato in visita ufficiale a Varsavia dal 26 al 27 marzo 2012.

Molta enfasi continua ad essere posta sull’unicità del rapporto franco-tedesco, come emerge anche nell’ambito della crisi finanziaria europea in atto. In occasione del vertice bilaterale del 2010, Berlino e Parigi hanno lanciato una ’”Agenda 2020”, documento per una visione comune del futuro dei due Paesi per i prossimi dieci anni, nel quale la Francia si impegnava tra l’altro a sostenere l’aspirazione tedesca a un seggio permanente in CdS[10].

La crisi finanziaria della Grecia e la conseguente instabilità dell’Euro hanno concentrato l’attenzione sulle priorità di politica economica e soprattutto sul ruolo esercitato dalla Germania nella famiglia europea per gli obiettivi di stabilità monetaria. Si è registrata una certa insofferenza dell’opinione pubblica, della stampa e di alcune parti politiche verso l’esercizio complessivo di costruzione europea ed il rischio di dover sopperire con risorse tedesche a carenze nella gestione di bilanci nazionali altrui.

Dall’emergere della crisi finanziaria le forze politiche di Governo non hanno brillato per spirito europeista. Nel corso del 2011 ha però preso slancio un dialogo all’interno dei partiti tedeschi sul ruolo fondamentale dell’Europa nella politica della Repubblica federale. Le forze politiche di Governo appaiono peraltro carenti nell’informare più compiutamente l’opinione pubblica tedesca sull’Europa come motore del successo economico tedesco degli ultimi anni, percepito dai più come il frutto di una autodisciplina nazionale nella gestione delle finanze. A questo si aggiunge una tendenza più marcata, nel Governo Merkel II, ad orientare le scelte di Governo sulla base dei sondaggi. Ne consegue un quadro socio-politico che rischia di presentare, nel breve-medio periodo, elementi populistici che potrebbero isolare la Germania dall’evoluzione politica in atto in Europa, sull’onda dell’elezione del socialista Hollande alla Presidenza francese. Il dialogo sull’Europa tra le forze politiche tedesche si è arricchito di recente di elementi di valutazione importanti, anche grazie a una rinnovata fiducia fra i socialdemocratici dopo le elezioni in Francia. Sebbene l’avvento di Hollande abbia evidenziato sostanziali diversità di vedute fra Berlino e Parigi su come affrontare la crisi finanziaria europea, il rapporto franco-tedesco resta centrale. Dopo le elezioni parlamentari francesi (17 giugno 2012), che possono indurre Hollande a enfatizzare il confronto di idee con la Germania, Berlino mira a riallacciare il filo di comunicazione con Parigi, in un quadro mutato rispetto alla Presidenza Sarkozy, ma sempre nella convinzione del necessario raccordo con la Francia nell’elaborazione del progetto europeo.

Di pari passo, sempre su impulso del Ministro Westerwelle, i tedeschi intendono avviare con Paesi europei “like minded” (inclusa l’Italia) una fattuale riflessione su possibili riforme costituzionali europee, onde porre le basi di un consolidamento più visibile dell’unione politica. Un primo incontro fra Ministri degli Esteri si è svolto a Berlino il 20 marzo 2012.

Il “caso Libia” ha infine fatto emergere per Berlino l’esigenza di una più impegnativa riflessione sulla politica europea comune di difesa e di sicurezza, sulla quale le scelte tedesche appaiono sempre più obbligate a convergere nel senso di una condivisione e compartecipazione delle forze armate dei Paesi europei, soprattutto in ragione delle decrescenti risorse destinate alla Difesa dalla Germania, le cui forze armate sono al momento oggetto di una radicale riforma.

2. Rapporti transatlantici

Il Governo Merkel ha puntato sul rilancio dei rapporti con gli Stati Uniti, facilitato dalla maggior sintonia con l’Amministrazione Obama. Nell’ottica tedesca, il rafforzamento dei rapporti con Washington si fonda su due principi base:

•          l’Unione Europea non va intesa come un contrappeso al ruolo internazionale degli Stati Uniti. Al contrario, le relazioni con Washington, per Berlino come per Bruxelles, vanno inserite in un quadro di stretta collaborazione ovvero di partenariato, nell’ambito di un dialogo basato sull’ascolto reciproco;

•          la NATO rappresenta il pilastro fondamentale della “comunità transatlantica”: nell’intendimento del Cancelliere essa dovrebbe costituire il foro primario di discussione politica e di coordinamento militare, ma anche di valutazione congiunta delle nuove minacce globali. L’Alleanza, principale strumento della politica di sicurezza tedesca necessita, per essere più efficace, di un’Unione Europea capace di assumere maggiori responsabilità internazionali.

Pur non essendo venuti meno i citati presupposti, la relazione con Washington ha subito un certo raffreddamento dopo l’astensione tedesca sulla Risoluzione n.1973 sulla Libia e la mancata partecipazione alla correlata missione militare. La visita a Washington del 6-7 giugno 2011 del Cancelliere Merkel ha messo in luce alcune criticità nel rapporto, che negli ultimi mesi si è comunque progressivamente ravvivato, evidenziando una consonanza di vedute sui temi del nucleare iraniano, della Siria, del Medio Oriente e del processo di pace in generale, anche se permangono in Germania alcune più sfumate critiche verso Israele. 

3. Rapporti con la Russia

Il consolidamento delle strette ed eccellenti relazioni costruite con Mosca dal Governo Schröder (che aveva tra l’altro concluso l’accordo per North Stream) è rimasto un importante riferimento sia per il primo che per il secondo Governo Merkel.

La Russia resta prioritaria per la rilevanza economica, per gli approvvigionamenti energetici, per il suo ruolo di attore globale anche con riferimento ad una serie di dossier delicati (nucleare iraniano, contrasto al terrorismo, lotta ai cambiamenti climatici). Westerwelle ha a più riprese riaffermato la validità del concetto di partnership strategica con Mosca, che per Berlino implica un dialogo franco, costruttivo e ove necessario critico su settori in cui vi sono differenze di approccio (libertà di stampa, diritti umani) così come un’intensa collaborazione bilaterale che trova la sua espressione più concreta nel partenariato per la modernizzazione, che abbraccia un ampio ventaglio di settori (salute, demografia, istruzione e formazione, energia, trasporti e logistica, rule of law). Molto sentita dalla Germania la necessità di inserire la Russia nel dialogo sul futuro della sicurezza europea, nel quadro delle linee di pensiero emerse nel nuovo concetto strategico della NATO. Nel frattempo il Cancelliere Merkel ha lanciato, insieme al Presidente russo, un esercizio mirato a costituire un foro permanente fra UE-Russia in tema di sicurezza, con contorni da discutere e delineare nel quadro istituzionale UE.

Le elezioni legislative e presidenziali in Russia non hanno creato finora una occasione di ripensamento della linea tradizionale tenuta dalla Germania nei confronti della Russia. L’elezione di Putin a Presidente nel marzo 2012 non ha suscitato sorprese a Berlino, dove il Governo ha pubblicamente dichiarato di voler continuare a costruire con Mosca una relazione di partenariato strategico lungo le linee già percorse in passato.

4. Medio Oriente

L’attivismo tedesco nella regione mediorientale trova le sue radici nell’unicità del rapporto con Israele, la cui sicurezza è considerata come imprescindibile per la Repubblica federale, anche in una prospettiva di lungo periodo: ciò implica l’inaccettabilità di un Iran dotato dell’arma nucleare e l’insistenza sulla soluzione dei due Stati, uno ebraico e uno palestinese, che convivano pacificamente. Ferme restando tali premesse, Berlino si va gradualmente emancipando dalla linea tradizionale di assenso incondizionato alla politica israeliana. Alla ricerca di una posizione più equilibrata tra israeliani e palestinesi, la Germania spera di poter avviare un cambio di paradigma sotto l'ombrello di una politica mediorientale più assertiva da parte dell'UE.

Le tensioni nel rapporto tra il Cancelliere Merkel e il Premier Netanyahu non mancano di riflettersi sulla politica mediorientale tedesca. La commissione mista tedesco-palestinese, iniziativa a sostegno dell’operato del Premier Fayyad lanciata nel 2010, si riunisce ormai con cadenza semestrale. La visita del Presidente Abbas a Berlino (18-19 gennaio), la telefonata del Cancelliere al Premier Netanyahu (26 gennaio) e la missione di Westerwelle in Medio Oriente (29 gennaio-1° febbraio), s’inseriscono nel quadro di un costante e intenso sforzo di Berlino per favorire il riavvio del negoziato israelo-palestinese anche lungo linee di sollecitazione più critiche nei confronti di Tel Aviv.

Sulla questione della statualità palestinese, la posizione della Germania appare ispirata alla priorità di trovarsi dalla parte "giusta" (esigenza particolarmente sentita dopo essersi ritrovata, nel voto sulla Ris. 973 sulla Libia, nel lato di Cina, Russia, Brasile e contro USA, Regno Unito e Francia) piuttosto che alla ricerca della soluzione migliore per favorire il Processo di Pace. La linea della Merkel è determinata quindi più che da considerazioni relative ai possibili effetti sul terreno, in ogni caso difficilmente prevedibili, da una valutazione sull'opzione (coesione europea o legame transatlantico e con Israele) più premiante a livello di politica interna. Considerazioni tradottesi nel voto negativo tedesco al Consiglio esecutivo Unesco del 5 ottobre 2011 sulla membership palestinese.

L’attivismo tedesco abbraccia la Regione intesa in senso lato (Medio oriente e Nord Africa) in numerose iniziative di accompagnamento del processo democratico, nel settore della cooperazione nonché a favore degli investimenti e dell’intensificazione dei rapporti economico-commerciali.

Il 10 marzo 2012 il ministro degli Esteri tedesco Guido Westerwelle si è recato a San'a, nello Yemen, per una breve visita nel corso della quale ha incontrato il neo-eletto presidente yemenita Abd Rabbo Mansour Hadi. Il ministro tedesco ha salutato "la transizione pacifica" al vertice dello Stato yemenita, sottolineando che solo "questo modello può essere trasposto in altri Paesi" e ha poi sottolineato come la sua visita rappresenti la dimostrazione del "sostegno della Germania a questa evoluzione politica". Il ministro infine ha dichiarato che la Germania è pronta a portare un aiuto finanziario a questo Paese, il più povero della penisola Arabica.

Sul dossier nucleare iraniano, fermo restando l'obiettivo di riattivare il canale di dialogo tra l'Iran e i 5+1, Berlino teme che, nel tentativo di vincolare la dirigenza iraniana a un serio impegno negoziale, vengano fatte concessioni troppo generose all’inizio al solo scopo di evitare l'abbandono delle trattative. Timore influenzato anche dall’esperienza negativa con Israele in materia di insediamenti. La Germania, soddisfatta dell’efficacia della Risoluzione 1929 e dell'incisività dei successivi round sanzionatori di Stati Uniti e UE, che hanno cambiato l'approccio del mondo imprenditoriale nei confronti dell'Iran, si aspetta quindi un significativo calo dell'interscambio con quel Paese.

Si segnala la visita ufficiale compiuta dall’allora Presidente Wulff in Turchia, dal 19 al 23 ottobre 2010. Si tratta della prima compiuta nel paese da un Capo di stato tedesco da un decennio a questa parte, visita che si è svolta nel pieno di un acceso dibattito in Germania sull'integrazione nel paese dei circa 4 milioni di immigrati islamici, la maggior parte dei quali provenienti dalla Turchia. Wulff è intervenuto davanti al Parlamento di Ankara ed ha incontrato il suo omologo turco Abdullah Gul.

5. ONU

Le linee programmatiche del Governo Merkel II confermano la tradizionale posizione tedesca in tema di riforma del CdS: se da un lato la Germania continua ad auspicare, nel lungo termine, un seggio permanente europeo, dall'altro lato si dichiara disponibile fin da subito (e fintantoché non si realizzeranno le condizioni per il seggio europeo) a occupare un nuovo seggio permanente a titolo nazionale. Non si profilano pertanto novità di sostanza nel nuovo scenario di Governo a Berlino, che rimane ancorata al suo disegno in tema di riforma del CdS. L'unico aggiornamento è dato dal richiamo al quadro del Trattato di Lisbona per il percorso di costruzione del seggio permanente europeo.

Dal 2009 (insediamento Governo Merkel II) l’aspirazione tedesca a un seggio permanente “tout court” sembra peraltro aver perduto lo slancio delle origini, al punto che la stessa Merkel, in un recente intervento sulle linee di politica estera, ha definito l’esercizio come “uno dei più frustranti” della sua carriera politica e si è detta aperta a soluzioni compromissorie alternative e “creative”. Il dossier è aperto a successivi sviluppi.

La Germania è dal 1° gennaio 2011 membro non permanente del CdS: fra le sue priorità si segnalano clima e sicurezza, disarmo, infanzia e conflitti armati, riforma del sistema Onu.

6. Afghanistan

L’impegno della Germania in Afghanistan – è terzo contributore in termini di truppe - è vincolato a un mandato parlamentare annuale, rinnovato all’inizio del 2011, che fissa il tetto massimo della presenza militare a 5.000 soldati. Con una decisione del 14 dicembre 2011, approvata dal Bundestag il 26 gennaio 2012, il Governo Federale ha deciso di rinnovare il mandato per la partecipazione delle truppe militari tedesche all’operazione ISAF anche per il 2012. Punto saliente della delibera è la riduzione del contingente massimo di truppe sul terreno da 5.000 a 4.900 (feb 2012) e poi 4.440 unità (fine 2012).

Il concetto strategico del Governo tedesco, presentato dal Cancelliere Merkel al Bundestag alla vigilia della Conferenza internazionale di Londra del 28 gennaio 2010, incentrato sulla "transizione della responsabilità", è imperniato sul potenziamento dei programmi di formazione delle forze di polizia afgane nonché su un importante contributo allo sviluppo e alla ricostruzione civile per un totale di 430 milioni di €; 50 milioni di € supplementari sono poi destinati al trust fund per la reintegrazione.

Il ritiro, d’intesa con il Gen. Petraeus, dei sei Tornado stazionati presso la base di Mazar el Sharif - il cui impegno era comunque, a causa dei caveats inseriti nel mandato, poco adatto alle esigenze operative della missione nonchè deludente sotto il profilo del rapporto costo-efficienza -, è stato positivamente salutato dal Bundestag, offrendo al Governo un credito in termini di immagine sapientemente sfruttato nel quadro della nuova strategia di comunicazione ad ampio raggio, inaugurata a un anno di distanza dall'incidente di Kundus che ha segnato, in termini di immagine, il nadir della presenza tedesca nell'Hindukush.

A seguito del lancio della transizione al Vertice NATO di Lisbona, Berlino auspica un pronto avvio del trasferimento di responsabilità sulla sicurezza alle autorità afgane nell’area del comando regionale Nord a partire da Badakshan, a nord di Kundus.

7. Siria

Il 29 maggio 2012 il Ministro degli Esteri Guido Westerwelle ha annunciato la decisione di espellere l'Ambasciatore siriano a Berlino. Westerwelle ha attribuito la decisione alla responsabilità del regime siriano per gli orribili crimini di El-Houleh, aggiungendo che "sotto Assad la Siria non ha un futuro”. L'espulsione dell'Ambasciatore siriano era stata preceduta, il 7 febbraio 2012, da quella di altri funzionari dell'Ambasciata siriana a Berlino, a causa delle loro attività contro esponenti dell'opposizione siriana in Germania. Secondo Berlino, è a livello multilaterale che occorre cercare nuovi elementi di pressione sul regime di Assad e la Germania è aperta a esplorare la possibilità di una nuova Risoluzione in Consiglio di Sicurezza e a discutere con i partner europei un rafforzamento delle sanzioni Ue.

Il 6 giugno u.s. i ministri degli Esteri dei Paesi occidentali e mediorientali piu' attivi sulla crisi siriana, tra cui Italia e Germania, si sono riuniti a Istanbul, nello stesso giorno in cui dal vertice russo-cinese di Pechino è venuta la proposta di una conferenza internazionale che garantisca l'attuazione del piano di pace di Kofi Annan. Dal vertice di Istanbul - convocato dalla Turchia anche su impulso dell'Italia - è giunto un chiaro appello al coinvolgimento di Mosca. Alla riunione ha partecipato anche il Segretario di Stato Usa Hillary Clinton.

L’8 giugno u.s. il portavoce del governo tedesco Steffen Seibert si e' detto "inorridito" dagli ultimi massacri di civili in Siria - nella cittadina di al-Kabir vicino Hama, dove decine di civili sono stati selvaggiamente uccisi - ed ha esortato la Russia ad abbandonare il suo sostegno al regime e a permettere una dura condanna di Damasco da parte del Consiglio di sicurezza dell'Onu. Anche Angela Merkel, nella conferenza stampa dell’8 giugno seguita all'incontro con il premier neozelandese John Key a Berlino, ha ammesso che la situazione in Siria “e' terribile'': Merkel ha rivolto un appello urgente al Consiglio di sicurezza della Nazioni unite affinche' si impegni per porre fine alle violenze in quel Paese. Ma la cancelliera tedesca e il premier neozelandese si sono detti concordi sul fatto che ''deve essere fatto tutto il possibile per trovare una soluzione politica”.

Il successivo vertice del Gruppo “Amici del popolo siriano” si è svolto il 6 luglio a Parigi. I partecipanti hanno rivolto un appello per l’approvazione in Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite una risoluzione che vincoli il regime di Damasco ad accettare un piano di transizione politica.

La Germania è tra i firmatari della bozza di risoluzione presentata dai paesi occidentali al Consiglio di Sicurezza, che prevedeva un rinnovo della missione degli osservatori Onu in Siria e nuove sanzioni contro il regime di Damasco, nel caso in cui non sarebbero state ritirate le armi pesanti dalle città, risoluzione su cui la Russia e la Cina hanno posto il veto. Il 20 luglio il Consiglio di sicurezza ha approvato all'unanimità una seconda bozza di risoluzione - presentata dal Regno Unito e sostenuta da Francia, Germania e Portogallo - che ha esteso la missione dei 300 osservatori delle Nazioni Unite in Siria per "un ultimo periodo di 30 giorni".

Il 20 luglio u.s. il ministro della Difesa, Thomas de Maiziere, ha escluso un intervento militare della Nato sotto l'egida delle Nazioni unite in Siria e sul sito del Ministero degli esteri tedesco il ministro  Westerwelle ha annunciato che la Germania ha deciso di aumentare il suo contributo per gli aiuti umanitari ai profughi siriani da 8 a 11 milioni di euro per "evitare la catastrofe umanitaria".

7. Cooperazione allo sviluppo

La formazione del governo democristiano-liberale nell’autunno 2009 e l’assegnazione del portafoglio della cooperazione all’ex segretario generale dell’FDP Dirk Niebel hanno permesso di avviare quel programma di convergenza tra politica estera e azione internazionale a favore dello sviluppo evocato dal Partito Liberale in campagna elettorale.

Il Ministro Niebel ha cosi voluto imprimere un segnale di svolta alla politica di cooperazione tedesca, affinché essa si ispiri ai valori fondamentali, ma risulti anche orientata ai concreti interessi strategici ed economici della Germania. Maggiore efficacia degli aiuti, un più forte coinvolgimento del settore privato ma anche maggiore visibilità sono i principi d’azione del nuovo corso della cooperazione allo sviluppo tedesca.

Al fine di migliorare il coordinamento dell’attività di cooperazione internazionale, Niebel ha attuato nel gennaio 2011 una riforma degli enti pubblici per l’esecuzione dei progetti di cooperazione, accorpando le diverse agenzie in un unico organismo facente capo al Ministero per la Cooperazione Economica e allo Sviluppo.

Sono stati inoltre introdotti criteri più restrittivi nell’individuazione dei paesi beneficiari degli aiuti, con l’esclusione delle economie emergenti, in primis Cina ed India.

Nonostante le forti esigenze di contenimento della spesa pubblica, il bilancio della cooperazione allo sviluppo ha beneficiato per il 2011 di un incremento sul 2010 del 2,5%. La dotazione per l’anno finanziario in corso è di 6 miliardi e 219 milioni di €

La Germania, che rappresenta il quarto donatore di aiuti pubblici allo sviluppo a livello mondiale, ha destinato nel 2010 lo 0,38% del proprio PIL alla spesa per la cooperazione (dati OCSE-DAC 2011). L’impegno di raggiungere lo 0,7% del PIL entro il 2015 rimane confermato dall’Accordo di coalizione, anche se cominciano ad affiorare i primi segnali di scetticismo circa la possibilità di assicurare tale risultato.


 

QUADRO ECONOMICO

 

Principali indicatori economici

2010

2011

2012

PIL nominale (mld di euro)

2.497,60

2.570

n.d.

Variazione reale del PIL (%)

+3,6

+3

+0,7

Avanzo/disavanzo di bilancio (%PIL)

-3,3

-1

-1

Debito pubblico (% del PIL)

83,2

81,7

81,2

Inflazione (variazione media annua)

+0,8

+2,3

+1,8

Disoccupazione (% valore medio)

7,7

7,1

6,8

 

1. Il sistema economico

La Germania rappresenta la prima economia dell’UE, producendo il 27% del PIL totale dell’area Euro. Spina dorsale della sua economia continua ad essere l’industria (quasi 22% del PIL dell’economia al netto del comparto edilizio), anche se negli anni il suo peso sulla produzione nazionale è diminuito rispetto ai servizi, la cui quota è pari al 69% ca.

L’economia tedesca si caratterizza anche per il suo alto grado di internazionalizzazione. Nonostante il cambio non sempre favorevole, a partire dall’anno 2000 l’industria tedesca ha aumentato le proprie quote sul commercio internazionale e fino al 2009 la Germania era il primo Paese al mondo per valore delle esportazioni (primato successivamente strappatole dalla Cina). Il valore delle esportazioni di beni e servizi tedeschi nel 2011 corrisponde all’incirca al 50% del PIL del Paese. Le importazioni di beni e servizi hanno rappresentato nello stesso anno il 45% del PIL. Il successo con cui i prodotti tedeschi competono sui mercati mondiali è comprovato, ad esempio, dal fatto che il saldo della bilancia commerciale con l’estero è attivo a favore della Germania ininterrottamente dal 2005. L’elevata propensione all’internazionalizzazione dell’economia tedesca è dovuta anche alla competitività delle aziende e dei prodotti tedeschi, soprattutto nel comparto industriale-manifatturiero. Questo risultato è frutto di ingenti investimenti in innovazione, ricerca scientifica e tecnologica (secondo i dati OCSE pari al 2,82% del PIL, 2/3 dei quali provenienti da aziende private) e della prassi delle parti sociali di legare gli incrementi salariali agli aumenti di produttività dei lavoratori. Ulteriore presupposto della competitività dell’industria tedesca è la buona dotazione infrastrutturale del Paese, che dispone di 34 km di autostrade e 95 km di ferrovie per ogni 1.000 km-quadri di superficie (in Italia tali valori corrispondono rispettivamente a 22 e 55).

2. Andamento congiunturale

Nel 2011 l’economia tedesca è cresciuta del 3% proseguendo la fase di espansione post-crisi (nel 2010 il PIL era cresciuto del 3,7%) trainata in primo luogo dalle esportazioni e in misura minore dalla domanda interna. Secondo il Governo federale la crescita nell’anno in corso dovrebbe complessivamente attestarsi allo 0,7%. Il previsto rallentamento è dovuto alle incertezze legate alla crisi finanziaria nella Eurozona e all’aumento più contenuto delle esportazioni. Secondo le prime stime di Bundesbank e Ministero per l’Economia nell’ultimo trimestre 2011 e nei primi due trimestri 2012 vi potrebbe essere una lieve recessione cui seguirebbe una fase di espansione nei successivi trimestri del 2012. La crescita economica quest’anno sarà trainata esclusivamentedalla domanda interna (+1,1%), mentre l’apporto del saldo con l’estero sarà negativo, poiché le importazioni (+3%) aumenteranno più delle esportazioni (+2%).

L'andamento dei conti pubblici tedeschi nel 2011 è stato migliore di quanto il Governo avesse previsto. Il disavanzo di bilancio delle amministrazioni pubbliche per l’intero anno è stato pari all’1% del PIL: la Germania è dunque scesa sotto la soglia di Maastricht del 3% due anni prima rispetto a quanto concordato in sede europea. Il pareggio di bilancio dovrebbe essere raggiunto prima del 2014. Il debito pubblico è statopari all’83,2% nel 2010 e all’81,7% del PIL nel 2011. Questi sviluppi positivi sono stati causati dall’ottimo andamento della congiuntura, dal conseguente aumento del gettito fiscale e dalle minori spese per le indennità di disoccupazione, ma anche dagli sforzi di consolidamento del Governo, che intende mantenere l'attuale politica di rigore nei conti pubblici al fine di rispettare sia il Patto di stabilità e crescita europeo, sia il "freno all'indebitamento” inserito nella costituzione tedesca nel maggio del 2009 (v. paragr. 3).

Nel corso del 2011 si è assistito a un leggero aumento dei prezzi al consumo causato dal rincaro delle materie prime (soprattutto energetiche) e di molte derrate alimentari: il tasso di aumento medio è stato pari al 2,3%. I segnali di “raffreddamento” della crescita economica sia nazionale che europea, tuttavia, dovrebbero comportare un affievolimento del tasso di inflazione (previsto al +1,8% nel 2012). Il reddito disponibile di famiglie e privati cittadini dovrebbe aumentare del 3% con ricadute positive sui consumi interni.

Il comparto manifatturiero (ca. 22% del PIL) è la principale forza propulsiva dell’economia tedesca. Nel 2011 il livello della produzione industriale si è mantenuto sopra i valori registrati nel 2010 (ad es. +3% nel bimestre nov-dic 2011 rispetto allo stesso periodo del 2010). Nella seconda metà dell’anno tuttavia la produzione industriale ha rallentato la sua crescita (-1,4% nel bimestre nov-dic 2011 rispetto al bimestre precedente). Le prospettive 2012 restano incerte: sebbene le autorità di politica economica non prevedano alcuna sensibile diminuzione dell’attività industriale, la minore domanda di beni tedeschi dall’estero e il debole andamento degli ordinativi industriali preludono a un andamento meno brillante rispetto a quello registrato nel 2010 e nella prima metà del 2011.

Il mercato del lavoro infine dà segnali di ottima salute e rappresenta un fattore stabilizzante della congiuntura economica. La ripresa dopo la crisi del 2008-09 si è tradotta in Germania in un immediato aumento degli occupati e in un graduale riassorbimento della disoccupazione (7,4% a feb 2012), risultato da attribuire anche alle riforme del mercato del lavoro approvate all’epoca del 2° Governo di Gerhard Schröder. Secondo l'Agenzia federale per l'Impiego, il numero dei disoccupati è sceso ad aprile 2012 sotto la soglia dei 3 milioni (a 2,963 milioni): 115.000 unità in meno rispetto ad aprile 2011. Il tasso di disoccupazione è al 7%.

3. Politica economica

A seguito della crisi finanziaria, che nel 2009 ha causato un brusco crollo del PIL, la Germania ha modificato rapidamente le proprie priorità di politica economica. Come per altri Paesi UE e G8, sono divenute prioritarie la ristrutturazione del sistema finanziario internazionale e delle sue istituzioni, il consolidamento dei conti pubblici, l’adozione di riforme strutturali che permettano una crescita duratura e sostenibile. La Germania gioca un ruolo di primo piano nella definizione delle politiche europee finalizzate a stabilizzare l’Euro, a recuperare la fiducia dei mercati e a rafforzare il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri della zona Euro. Essa contribuisce con 22,4 miliardi € al primo pacchetto di crediti per la Grecia ed è il maggiore contribuente sia al meccanismo europeo di stabilità EFSF (con garanzie tedesche fino a 211 miliardi €), sia al futuro Fondo permanente ESM (con un capitale versato di oltre 21 miliardi € e garanzie per oltre 168 miliardi €). La Germania ha sempre mantenuto una posizione propulsiva in questi negoziati: la modifica dell’art. 136 TFUE (finalizzata a introdurre una procedura istituzionalizzata di insolvenza per gli Stati dell’area Euro), la proposta di un “Patto per la Competitività” (contenente un programma ambizioso di riforme da completare entro 12 mesi) e quella per l’Accordo sulla disciplina di bilancio (“Fiscal Compact”) sono state frutto dell’iniziativa del Governo tedesco. Quest’ultimo, inoltre, ispira le proprie posizioni negoziali nell’UE ai seguenti principi: assoluto rigore nella condotta dei conti pubblici, attenzione alle conseguenze per i contribuenti tedeschi dei diversi pacchetti di salvataggio, coinvolgimento del Bundestag nelle decisioni che hanno riflessi sul bilancio pubblico, opposizione a misure che possano compromettere l’indipendenza della BCE e portare a un finanziamento dei debiti pubblici con misure di politica monetaria, rigorosa condizionalità nella concessione di aiuti ai Paesi in difficoltà.

Si riassumono qui di seguito le più importanti misure di politica economica adottate dalla Germania negli ultimi tre anni.

A seguito della crisi finanziaria nell’autunno 2008, la Germania ha adottato varie misure finalizzate a stabilizzare i mercati finanziari (come il fondo speciale SOFFIN per le banche) e un piano a sostegno dell’economia reale, strutturato in due pacchetti di un valore complessivo di 82 miliardi € (sulla base dei calcoli OCSE tale valore rappresenta il 3,1% del PIL tedesco nel 2008). Inoltre è stato istituito un fondo di garanzia di 100 miliardi € per facilitare l’accesso al credito, attraverso la banca pubblica Kfw, anche delle maggiori imprese (fondo non più operativo dall’1 gen 2011).La somma di questi interventi costituisce il più vasto programma di spesa pubblica nell’UE ed è il piano più robusto approvato in Germania dal dopoguerra. Per rassicurare i mercati sulla tenuta dei conti pubblici nonostante le poderose misure di politica fiscale espansiva, nell’estate 2009 è stato inserito nella costituzione il cd. “freno all’indebitamento”, norma che impone al Governo federale un disavanzo di bilancio strutturale pari a massimo lo 0,35% del PIL a partire dal 2016. I Länder dovranno a loro volta avere, dal 2020, un bilancio in pareggio.

A luglio 2009 è stata poi approvata una speciale legge per permettere alle banche di ripulire i loro bilanci dai titoli tossici (comunemente nota quale legge sulle “Bad Bank”) e di erogare maggiori prestiti a consumatori e imprese. Essa è stata finora utilizzata da due banche tedesche. Nel dicembre 2009 è stata approvata la “legge di accelerazione della crescita”, una misura che contiene specifici sgravi fiscali a sostegno della domanda interna per un valore di circa 8,6 miliardi €. Nel novembre 2010, il Parlamento ha approvato un’imposta sulle banche il cui gettito (circa 1 miliardo € all’anno) confluirà in uno speciale Fondo da utilizzare in caso di future crisi finanziarie.

Il documento di programmazione finanziaria pluriennale approvato nell’autunno 2010 prevede tagli alla spesa e nuove specifiche imposte (sul traffico aereo ad es.) per complessivi 82 miliardi fra il 2011 e il 2014 ed è attuato con le leggi di bilancio annuali. L’ultima di queste è stata approvata nel novembre 2011 e contiene il bilancio federale per il 2012: in esso si prevede un aumento della spesa federale di 400 milioni (rispetto al 2011) e un maggiore impegno finanziario per i settori delle infrastrutture e dell’energia. La Germania ha chiuso il consuntivo per il 2011 con un ottimo risultato in termini di riduzione del deficit delle amministrazioni pubbliche (+1%). Il debito pubblico, inoltre, è sceso dall’83,2% del PIL (2010) a circa l’81,7%% del PIL nel 2011 e dovrebbe raggiungere il 71% del PIL nel 2015. Il Governo tedesco non dimentica l’esigenza di favorire una crescita economica duratura e sostenibile favorendo oltre agli investimenti in infrastrutture anche l’istruzione e la ricerca scientifica e tecnologica. In un quadro di tagli a numerosi Ministeri federali, il bilancio del Ministero per l’istruzione e la ricerca è cresciuto del 7,2% nel 2011 sul 2010 e crescerà del 4,2% nel 2012 sul 2011 con una dotazione finanziaria complessiva di 12,9 miliardi. Nel complesso, il Governo si è impegnato ad aumentare la spesa federale complessiva per l’istruzione e la ricerca scientifica e tecnologica di 12 miliardi fra il 2010 e il 2014. Effetti positivi sulla crescita avrà anche la riforma dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, presentata dal Governo in Parlamento lo scorso dicembre e finalizzata a restituire ai contribuenti almeno parte del drenaggio fiscale subito negli ultimi anni. Se approvata, la riforma dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2013 e beneficiare i contribuenti di ca. 6 miliardi l’anno.

È attualmente in discussione la riattivazione delFondo specialeSOFFIN che dovrebbe aiutare gli istituti bancari tedeschi, in caso di difficoltà, ad attuare gli aumenti di capitale richiesti dall’Autorità Bancaria Europea (EBA). Il disegno di legge prevede che il nuovo Fondo possa concedere alle banche garanzie statali fino a 400 e crediti fino a 80 miliardi.

4. Relazioni economiche e commerciali con i principali Paesi partner

Anche nel 2011, la Germania si è confermata un attore di primaria importanza nell’economia globale ed in particolare negli scambi internazionali di merci.

Se consideriamo il solo settore delle merci, nel 2011 la Germania ne ha esportate per un valore di 1.060,2 miliardi € (+11,4% su base annua) e ne ha importate per un valore di 901,96 miliardi € (+13,2% su base annua). Continuando a considerare l'interscambio delle sole merci, nel 2011 esso ha avuto la seguente ripartizione geografica: le esportazioni dirette verso l'UE a 27 hanno rappresentato il 59,2% del totale delle esportazioni tedesche, mentre le importazioni dall'UE a 27 il 56,3% del totale delle importazioni. I soli Paesi dell'area Euro hanno assorbito il 39,7% dell'export tedesco e sono all'origine del 37,7% delle importazioni tedesche (dati sempre riferiti al 2011 nel suo complesso). I Paesi non UE hanno assorbito il 40,8% circa dell'export tedesco e generato il 43,7% del totale dell'import. L'interscambio con l'UE e in particolare con i Paesi dell'area Euro resta dunque di primaria importanza per la Germania, anche se le relazioni commerciali con numerosi mercati emergenti (asiatici in particolare) registrano tassi di crescita più accentuati.

Per l’anno in corso il Governo federale prevede un tasso di aumento (su base annua) dell’export e dell’import rispettivamente del 2% e del 3%.


 



[1]Fonti: Ministero degli Affari esteri, The CIA World Factbook, sito del Bundestag (http://www.bundestag.de), sito della Commissione europea, Economist Intelligence Unit, Ufficio federale di Statistica, fonti di stampa.

 

[2]Tale carica è ricoperta a rotazione, per la durata di un anno, dal Primo Ministro di ognuno dei 16 Länder, sulla base di un ordine decrescente, relativo al numero degli abitanti di ogni Länder.

[3] 24 seggi sono “mandati in eccedenza” (si veda sopra). Non si riporta la composizione del Bundesrat in quanto i suoi membri, espressione diretta dei governi locali, sfuggono ad un'appartenenza partitica tradizionale.

 

[4] Wulff era stato eletto il 30 giugno 2010 con una maggioranza assoluta (625 voti su 1244), ottenuta soltanto alla terza votazione, dopo che il 31 maggio 2010 l'allora Capo dello Stato Horst Koehler aveva rinunciato al proprio incarico nel pieno di una polemica relativa ad alcune sue dichiarazioni sulla missione militare tedesca in Afghanistan, missione legata - nelle parole dell'allora Presidente - alla necessità di proteggere gli interessi commerciali tedeschi all'estero.

[5] Si tratta di una formazione nata quasi come un fenomeno di costume, che ha raccolto consensi tra giovani utilizzatori di Internet, cittadini delusi dalla politica nel suo complesso, ovvero potenziali astenuti, nonchè ex-elettori di altri partiti, per lo più, si stima, di sinistra o liberali.

[6]Nominato ministro della Sanità alla nascita del secondo governo Merkel, per poi passare a dirigere il ministero dell'Economia nel maggio 2011, contemporaneamente viene nominato Vice-cancelliere federale.

[7] Sia il Meccanismo Europeo di Stabilità (MES) che il Fiscal compact sono stati ratificati il 29 giugno dal parlamento tedesco e sarebbero dovuti entrare in vigore il 1° luglio. L’iter è stato bloccato da un ricorso presentato a Karlsruhe (sede della Corte Costituzionale) dal partito dei Linke (sinistra). Al ricorso presentato dalla sinistra si è aggiunto un altro presentato, sempre alla Corte Costituzionale, da un gruppo di “euroscettici” guidati dall’economista e docente universitario, Markus Kleber, e mirante, in sostanza, a far slittare la decisione a dopo il 12 settembre. Il nuovo ricorso riguarda sia il MES che il Fiscal compact. Il Trattato di Stabilità (Fiscal compact) che impone la regola d’oro del pareggio di bilancio, al 13 agosto è stato ratificato da 11 Paesi dell’Ue, di cui sette appartenenti all’area Euro: Portogallo, Slovenia, Danimarca, Lettonia, Romania, Irlanda, Grecia, Spagna, Lituania, Austria e Italia. Per entrare in vigore dovrebbe essere ratificato da almeno 12 Paesi dei 17 dei Paesi appartenenti all’area euro entro il 1° gennaio 2013. Il fiscal compact fissa la cd. “regola d’oro” che limita allo 0,5% il deficit di bilancio.

[8] A bilanciare l’ottimismo con cui in Europa è stata accolta la decisione della Corte, si segnala la posizione del Sen. Paolo Franco (LNP) Vice Presidente della Commissione per il Federalismo Fiscale e questore del Senato: “ La Corte Costituzionale tedesca in realtà  non ha approvato l’art. 10 del trattato istitutivo del MES (Adeguamenti del capitale autorizzato) che indica il Consiglio dei Governatori quale organo incaricato di riesaminare periodicamente (ogni cinque anni) la capacità massima erogabile e l’adeguatezza del capitale autorizzato del MES, dove, all’art. 8, allegato II, viene indicato l’importo di partecipazione finanziaria della Germania, pari appunto a 190 miliardi. In pratica, secondo Franco, la Corte Costituzionale avrebbe emesso una sentenza nella quale riporta in capo al Parlamento tedesco le future scelte relative al MES, senza delegarle al Consiglio dei Governatori, ovvero ai Ministri delle finanze dei Paesi membri.” 

[9] Fra le proposte compare l’istituzione di un Fondo monetario europeo, l’ipotesi di un rafforzamento degli eurodeputati dell’eurozona, di poteri più forti per la Commissione e dell’abbandono del principio dell’unanimità per le ratifiche dei Trattati. Del Gruppo fanno parte Italia, Germania, Austria, Polonia, Belgio, Danimarca, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna. 

[10]Dal gennaio 2003 è stata istituita presso il Ministero degli esteri tedesco la figura del Commissario per la Cooperazione Franco-Tedesca, carica che dal 1° febbraio 2012 è ricoperta dal Vice Ministro degli Esteri con delega agli Affari europei, Michael Georg Link.