Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: COREA DEL NORD - Incontro del Presidente della Commissione Affari esteri, on. Stefano Stefani, con il Vice Ministro degli esteri della Corea del Nord, Kung Sok Ung - Roma, 2 dicembre 2008
Serie: Schede Paese    Numero: 98
Data: 01/12/2008
Descrittori:
COREA DEL NORD   POLITICA ESTERA

 

COREA DEL NORD

 

 

DOSSIER SCHEDE - PAESE

 

 

 

 

 

 

XVI legislatura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n.98

 

1° DICEMBRE 2008

 

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

 

Servizio Rapporti internazionali


 

REPUBBLICA POPOLARE DEMOCRATICA DI COREA

 

 


 

 

DATI GEO-POLITICI

 

DATI GENERALI 2008[1]

Superficie

 

120.540 KMQ (più di un terzo del territorio italiano)

Capitale

PYONGYANG (4.000.000 di abitanti)

Abitanti

23.479.089

Tasso di crescita della popolazione

0,73

Mortalità infantile

21,86 su mille nati.

Aspettativa di vita

72 anni

Composizione etnica

etnia coreana praticamente omogenea; ristrette minoranze di cinesi e giapponesi.

Religioni praticate

buddismo e confucianesimo

Lingue ufficiali

coreano

Tasso alfabetizzazione

99%

 

CARICHE DELLO STATO

 

Capo dello Stato

KIM Jong-il  Presidente della Commissione di Difesa Nazionale (dal settembre 1998) e Segretario Generale del Partito dei Lavoratori coreani. Detiene il potere effettivo. Chiamato dal popolo “il Caro leader” (KIM Jong-il è figlio di KIM Il Sung, quest’ultimo deceduto nel 1994, fondatore nel 1948 della Repubblica Democratica Popolare di Corea, è designato dalla Costituzione “Presidente Eterno” e definito ufficialmente il “grande leader”)

KIM Jong-nam  Presidente del Presidium della Suprema Assemblea del Popolo svolge formalmente il compito di Capo di Stato

Primo Ministro

KIM Yong-il

 

Presidente della Suprema Assemblea del Popolo

CHOE Tae Bok

 

Presidente del Presidium della Suprema Assemblea del Popolo

KIM Jong Nam

Ministro degli Esteri

PAK Hui-Chun

 

 

KIM Jong-il, KIM Jong Nam e KIM Yong-il compongono una sorta di Esecutivo tripartito. Il potere effettivo è però nelle mani del “Caro Leader”, a cui si aggiunge il ruolo sempre condizionante dell’apparato militare.

 

 

 

SCADENZE ELETTORALI

 

Assemblea del Popolo

5 agosto 2008

 

 

Le elezioni per l’Assemblea del Popolo si sarebbero dovute tenere il 5 agosto 2008; tutti i candidati devono appartenere al Fronte Democratico per la Riunificazione della Madrepatria. Non vi sono informazioni circa la tenuta o meno della consultazione elettorale; anche se hanno avuto luogo l’agenzia di stampa ufficiale del Paese,  the North Korean State press agencyKCNA, non ne ha dato notizia.


 


 

QUADRO POLITICO

 

 

Governo in carica

Anche se la Costituzione ammette l’esistenza di partiti politici (formalmente ve ne sono tre, il Partito dei Lavoratori, il Partito Socialdemocratico e il Partito Chongu) le elezioni nulla hanno di democratico e la Corea del Nord è di fatto uno Stato a partito unico, basato sulla supremazia legale del Partito dei Lavoratori, del quale il leader Kim Jong-il è il Segretario Generale.

Recenti speculazioni sul deteriorarsi della salute del Leader hanno reso più intenso il dibattito sulle prospettive di tenuta del regime e, quindi, sul futuro della DPRK. Al momento non si scorgono segnali di instabilità. Kim Jong-il appare ancora saldo al potere e nessun successore sembra essere stato ancora identificato, neppure in seno alla stessa “dinastia”. I militari rimangono classe dominante e privilegiata.

 

 

QUADRO ISTITUZIONALE

 

 

Sistema politico

La Repubblica Popolare Democratica di Corea (DPRK) è una Repubblica socialista edificata sull’ideologia della Juche (“autarchia”)[2]. Dopo la scomparsa di KIM Il Sung (8 luglio 1994) il potere – non la Presidenza, che rimane “eternamente” assegnata al padre defunto – è  stato trasferito al figlio KIM Jong il, che ufficialmente ricopre le cariche di Comandante Supremo dell’Esercito del Popolo (sin dal 1991), di Presidente della Commissione per la Difesa Nazionale (1997) e di Segretario Generale del Partito dei Lavoratori Coreani (1998).

La funzione legislativa è demandata alla Suprema Assemblea del Popolo (687 parlamentari eletti a suffragio universale ogni 5 anni), che de facto avalla provvedimenti già decisi dal Vertice del potere. Quando l’Assemblea non è riunita, spetta al suo Praesidium (composto da 15 parlamentari scelti dalla Assemblea stessa) esercitare le funzioni legislative nonché il potere di nomina e revoca dei Ministri e di alti funzionari dello Stato.

Dal 1988 Presidente del Praesidium è KIM Jong Nam. Secondo la Costituzione, quest’ultimo ricopre formalmente il più elevato incarico della DPRK, assimilabile a quello di Capo dello Stato. Alla sua carica sono demandate anche funzioni internazionali, come ricevere le visite di Stato nella DPRK di statisti stranieri e le credenziali degli Ambasciatori e firmare dei trattati internazionali.

Il potere esecutivo è invece esercitato dal Premier, ora KIM Yong-il, nominato nell’aprile 2007 durante la quinta sessione della 11a Suprema Assemblea del Popolo. Il Governo è nominato dall’Assemblea Nazionale del Popolo, ad eccezione del Ministro delle Forze Armate del Popolo.

 

 

QUADRO ECONOMICO

 

 

La Corea del Nord, una delle economie più pianificate ed isolate al mondo, si trova ad affrontare problemi economici cronici.

L’apparato industriale è completamente obsoleto a causa di anni di mancati investimenti e carenza di parti di ricambio, con il conseguente declino della produzione industriale. Inoltre, a causa delle alluvioni della fine del 2006, il Paese si trova, per il 13° anno di fila, a dover affrontare la mancanza di generi alimentari. Questo è dovuto anche alla scarsa presenza di terre arabili, alla cronica mancanza di trattori e di carburante ed agli esiti negativi che ha avuto la collettivizzazione delle aziende agricole. Interventi massicci lanciati a livello internazionale hanno permesso al Paese di superare la fase più critica della fame (1995), ma la popolazione continua a soffrire a causa della malnutrizione e delle pessime condizioni di vita.

Il Paese si trova, di fatto, in una situazione di crisi economica “strutturale” che ha spesso assunto caratteri di emergenza umanitaria (alimentare e sanitaria). Il regime ha reagito da un lato con una serie di limitate riforme che, modificando in parte l’ideologia della Juche, hanno introdotto larvate forme di economia di mercato. Dall’altro si è però fatto leva sulla “emergenza internazionale” per dare priorità alle spese militari (la nuova dottrina politica denominata Songun “Esercito prima di tutto”; secondo stime USA, la Corea del Nord conta il quarto esercito al mondo, 1,21 milioni di uomini armati, ovvero il 20% degli uomini in età compresa tra 17 e 54 anni) sottraendo ulteriori risorse all’impoverito sistema economico ed aggravando le già misere condizioni per la popolazione. In questi anni si sono rivelate essenziali le varie forme di aiuto (alimentare, energetico) provenienti essenzialmente dalla Cina e dalla Corea del Sud. Il raffreddamento delle relazioni intercoreane nel corso di quest’anno ha fino ad ora bloccato le forniture di fertilizzanti. Anche le iniziative  di cooperazione economica intercoreana (ad esempio nella Zona  speciale di Gaesong) iniziano a subire adesso un sensibile rallentamento.

 

PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI[3]

 

PIL (a parità di potere di acquisto) 2007

40 miliardi dollari USA

Crescita PIL (2006)

-1,1%

PIL pro capite (2007) a parità di potere di acquisto

1.900 dollari (Italia: 30.200)

Composizione per settore (2002)

agricoltura 23,3%;  industria 43,1%;  servizi 33,6%

Debito estero (2001)

12,5 miliardi dollari USA

Spesa annuale per la difesa[4]

il 25% del PIL circa. Il paese è al quarto posto al mondo per numero di militari (circa 1,21 milioni di persone; il 20% degli uomini tra i 17 e i 54 anni fa parte dell’esercito).

 

Si segnala che secondo dati 2006 i maggiori partner economici sono: 1) Cina, 2) Corea del Sud, 3) Tailandia, 4) Russia, 5) Giappone.

 

 

ATTUALITA’ DI POLITICA INTERNA ED ESTERA

(in collaborazione con il MAE)

 

 

Lo stato di salute del “Caro leader”

 

Il 27 novembre 2008 secondo un quotidiano giapponese che cita una fonte diplomatica cinese, il leader della Corea del Nord, Kim Jong-il, sarebbe stato colpito da un secondo ictus verso la fine del mese di ottobre 2008, ed ha versato  in condizioni talmente critiche da necessitare un intervento chirurgico d'urgenza.

Vengono inoltre confermate  le voci circolate negli scorsi mesi secondo cui Kim, dopo essere stato colpito da un ictus in agosto, sarebbe rimasto paralizzato al braccio sinistro e avrebbe avuto problemi con l'uso della parola. Kim, tuttavia, si sarebbe ripreso anche dal presunto secondo ictus, conservando la capacità di prendere decisioni e dirigere il Paese, e sarebbe adesso in convalescenza ma con '”una salute in continuo deterioramento”, secondo quanto riportato dalla fonte giornalistica. 

 

 

La Corea del Nord esce dalla lista nera dei paesi sponsor del terrorismo

 

L’11 ottobre 2008 gli Stati Uniti hanno ufficialmente rimosso la Corea del Nord dalla 'lista nera' dei paesi sponsor del terrorismo dopo che il regime di Pyongyang ha accettato tutte le richieste avanzate dalla amministrazione Bush per la verifica delle sue attività nucleari. Da parte sua la Corea del Nord ha annunciato la ripresa dello smantellamento del suo programma nucleare. A dare via libera alla mossa degli Stati Uniti, è stato il raggiungimento di un'ampia intesa con la Corea del Nord che consentirà agli ispettori internazionali dell’AIEA un pieno accesso a tutte le installazioni nucleari dichiarate dalla Corea del Nord e anche a quelle, dopo aver ottenuto il consenso, che non hanno ancora questo status. Inoltre, e' stata raggiunta una intesa per quanto riguarda le misure scientifiche da usare nelle verifiche, incluso il prelevamento di campioni[5]. L'accordo finale è stato raggiunto dal negoziatore Usa Chris Hill con i nord coreani ma la sua validità e' estesa agli altri quattro paesi del sestetto - cioè Corea del Sud, Cina, Giappone e Russia - che potranno così partecipare alle ispezioni.  La Corea del Nord aveva già accettato a suo tempo, nell'ambito dei 'Colloqui a Sei', un accordo di smantellamento delle sue installazioni nucleari ma l'intesa si era poi arenata nella fase di chiarimento dei dettagli delle verifiche (vedi paragrafo relativo).

La cancellazione della Corea del Nord dalla 'blacklist' e' stata salutata con favore dalla Corea del Sud, secondo cui questa decisione rappresenta "un'opportunità' per arrivare a una normalizzazione dei colloqui a sei e per l'abbandono finale da parte della Corea del Nord dei suoi programmi nucleari". Il Giappone, ha di fatto subito la decisione americana; pesa infatti sui rapporti con la Corea del Nord  il caso non risolto dei numerosi cittadini giapponesi rapiti da agenti nordcoreani negli anni settanta che, secondo il Giappone, rappresenta un  atto terroristico. In merito, Bush ha rassicurato il Premier Taro Aso sul sostegno degli Usa nella vicenda.

 

Il recente raffreddamento nelle relazioni intercoreane

 

Il 1° dicembre 2008 la Corea del Nord ha deciso di rilasciare solo 880 permessi di accesso (la metà di quelli richiesti) al complesso industriale intercoreano della città di Gaesong attuando le misure restrittive annunciate nei giorni precedenti. Pyongyang ha già disposto il blocco del collegamento stradale col Sud attraverso la zona smilitarizzata e la sospensione dei collegamenti ferroviari a partire proprio dal 1° dicembre 2008, ed ha espresso il 24 novembre 2008 la volontà di procedere ''all'espulsione selettiva di personale e veicoli legati al sito di Gaesong'', sempre come rappresaglia verso ”la politica ostile” della Corea del Sud.  La Kcna, l'agenzia ufficiale del regime, ha sottolineato che il destino dei ''rapporti intercoreani dipende soltanto dall'atteggiamento delle autorità del Sud''. Si ricorda che le relazioni tra le due Coree si sono drammaticamente raffreddate dopo l'elezione di Lee Myung Bak alla presidenza della Corea del Sud, che ha subito sposato una linea più dura verso il Nord.

 

Colloqui Giappone Corea del Nord

 

Il 31 ottobre 2008 il Giappone ha rinnovato l'invito alla Corea del Nord affinché rispetti l'intesa raggiunta tra i due Paesi, facendo partire nuove indagini per fare luce sulla questione dei rapimenti, che riguarda una ventina di cittadini nipponici rapiti dagli agenti nordcoreani in piena Guerra fredda. ''Vogliamo che la Corea del Nord avvii nuove e approfondite indagini al più presto'', ha dichiarato il Ministro degli esteri Nakasone, precisando inoltre che la politica di 'azione per azione' nei confronti del regime comunista rimane invariata, in riferimento al possibile ammorbidimento delle sanzioni da parte di Tokyo solo dopo azioni concrete della Corea del Nord sulla questione rapimenti. Peraltro, il 30 ottobre 2008  il Premier Taro Aso aveva ventilato l'ipotesi di imporre nuove sanzioni contro Pyongyang, in caso quest'ultima non mantenesse la promessa di avviare la nuova serie di indagini pattuita nel vertice di agosto.

L'intesa raggiunta ad agosto 2008 - al momento senza alcun seguito concreto - prevedeva il completamento delle nuove indagini nordcoreane sui rapimenti entro l'autunno, consentendo al Giappone l'accesso a documenti, interviste e altre fonti per verificarne i risultati. In cambio, Tokyo si era impegnata a far riprendere alcuni voli charter e a sospendere le restrizioni - soprattutto economiche - ora imposte alla libera circolazione di persone e beni tra i due Paesi.

Numerose controversie oppongono da tempo i due Paesi. Pyongyang chiede risarcimenti a Tokyo per le sofferenze patite dai coreani sotto la dominazione dei giapponesi che hanno occupato l'insieme della penisola coreana dal 1910 al 1945 e hanno riconosciuto soltanto la Corea del Sud. Il Giappone attende da parte sua risposte dal regime comunista sul dossier dei giapponesi sequestrati dal regime nordcoreano negli anni Settanta e Ottanta per formare spie alla lingua e alla cultura giapponesi. Nel 2002, la Corea del Nord ha riconosciuto di aver sequestrato tredici giapponesi e ne ha rilasciati cinque. Il regime comunista sostiene che gli altri otto siano morti durante la loro prigionia e ritiene dunque il contenzioso risolto. Ma il Giappone resta convinto che molti connazionali siano ancora detenuti in Corea del Nord.

 

La situazione dei diritti umani

Secondo il rapporto 2008 di Amnesty international, in Corea del Nord sono proseguite le sistematiche violazioni dei diritti umani, compresa pena di morte, tortura e riscorso arbitrario alla carcerazione per motivi politici. Qualsiasi tipo di dissenso, dal lasciare il paese senza permesso a riunioni o associazioni non autorizzate, è stato oggetto di punizioni severe, così come i media nazionali e internazionali sono stati posti sotto rigido controllo. L'accesso al paese da parte di osservatori sui diritti umani ha continuato a essere negato.

Le violazioni ai diritti umani in DPRK sono pesanti e molteplici e continuano ad essere oggetto di “preoccupazione” da parte della Comunità internazionale (Risoluzioni in ambito ONU, III Commissione e Consiglio Diritti Umani). In tale contesto l’Unione Europea ha sempre mantenuto una posizione di primo piano, sponsorizzando anche le più recenti Risoluzioni onusiane. Ciò è oggetto di vivo risentimento da parte delle Autorità nord coreane che hanno per questo interrotto il “dialogo critico” che l’Unione Europea aveva avviato con la DPRK. Nel marzo 2008, anche la Corea del Sud ha – per la prima volta – votato la Risoluzione adottata dal Consiglio dei Diritti Umani. Pyongyang continua a negare l’accesso al Relatore Speciale ONU sulla situazione dei diritti umani nella DPRK, Prof. Muntarbhorn.

Ampia e diversificata la serie delle violazioni. Torture ed esecuzioni sommarie di oppositori politici (si ritiene vi siano 150-200.000 nord-coreani detenuti in campi di prigionia ubicati in remote aree del Paese). Sparizioni di cittadini nord-coreani che avevano avuto semplici contatti con stranieri, oltre alla ben nota questione dei casi (accertati) di 485 cittadini del Sud e di 13 giapponesi rapiti dalle loro case tra il 1977 e il 1983. Sistematica la violazione delle libertà di espressione, associazione, stampa, movimento e religione, la DPRK non rispetta le principali Convenzioni dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Non è previsto il diritto di sciopero. A queste violazioni si aggiungono le condizioni estremamente degradate in cui versa gran parte della popolazione nord coreana, in particolare per quanto attiene all’alimentazione e all’assistenza sanitaria. Un recente studio WFP-UNICEF (marzo 2006) sostiene che il 7% dei bambini soffre di malnutrizione grave, il 37% di malnutrizione cronica, il 23,4% è sottopeso e una madre su tre è malnutrita e anemica.

Nel paese è in vigore la pena di morte.

 

La risoluzione ONU sui diritti umani in Corea del Nord

 

Il 21 novembre 2008 la terza Commissione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha votato la risoluzione (A/C.3/63/L.26) sulla violazione dei diritti umani in Corea del Nord con 95 voti a favore, 24 contro e 62 astenuti.

A favore:  Afghanistan, Albania, Andorra, Argentina, Australia, Austria, Bahamas, Bahrain, Bangladesh, Belgium, Belize, Bhutan, Bosnia and Herzegovina, Botswana, Bulgaria, Burundi, Canada, Chile, Comoros, Costa Rica, Croatia, Cyprus, Czech Republic, Denmark, El Salvador, Eritrea, Estonia, Fiji, Finland, France, Georgia, Germany, Ghana, Greece, Honduras, Hungary, Iceland, Iraq, Ireland, Israel, Italy, Japan, Kazakhstan, Kiribati, Latvia, Lebanon, Liberia, Liechtenstein, Lithuania, Luxembourg, Madagascar, Malawi, Maldives, Malta, Marshall Islands, Mexico, Micronesia (Federated States of), Monaco, Montenegro, Morocco, Nauru, Netherlands, New Zealand, Norway, Palau, Panama, Papua New Guinea, Paraguay, Peru, Poland, Portugal, Republic of Korea, Republic of Moldova, Romania, Saint Lucia, Samoa, San Marino, Saudi Arabia, Slovakia, Slovenia, Spain, Sweden, Switzerland, The former Yugoslav Republic of Macedonia, Timor-Leste, Togo, Tonga, Turkey, Tuvalu, Ukraine, United Kingdom, United Republic of Tanzania, United States, Uruguay, Vanuatu.

Contro:  Algeria, Belarus, China, Cuba, Democratic People’s Republic of Korea, Egypt, Guinea, Indonesia, Iran, Lao People’s Democratic Republic, Libya, Malaysia, Myanmar, Namibia, Nicaragua, Oman, Russian Federation, Somalia, Sudan, Syria, Uzbekistan, Venezuela, Viet Nam, Zimbabwe.

"Questo testo è il prodotto di un complotto politico per cambiare forzatamente il sistema e l'ideologia della Corea del Nord", ha detto il vice responsabile della missione di Pyongyang all'Onu, Pak Dok Hun.

 

 

POLITICA ESTERA

a cura del MAE[6]

 

 

La difesa dal pericolo esterno rappresentato essenzialmente dagli USA è stata la base della politica estera della DPRK.

L’altro polo è costituito dalla Cina, il maggior alleato, sempre più incombente sul piano economico (si moltiplicano le presenze imprenditoriali cinesi nella DPRK) e allo stesso tempo costante stimolo per una costruttiva partecipazione al negoziato esapartito. La Russia costituisce un altro interlocutore di riferimento.

Il Giappone rimane il nemico storico. Se gli USA mostrano voglia di normalizzazione, il Giappone segue recalcitrante il progredire dei colloqui. L’atteggiamento negoziale nipponico continua infatti ad essere pesantemente condizionato dalla problematica dei cittadini giapponesi rapiti nei decenni scorsi e mai restituiti dai nord coreani.

Il rapporto con la Corea del Sud esula “strictu sensu” dalla politica estera, pur essendone sostanzialmente parte per le connessioni con il divenire del Negoziato a Sei.

 

 

 

 

SIX PARTY TALKS

 

Si tratta di un esercizio avviato, a iniziativa cinese, nel 2003, che coinvolge  le due Coree, Cina, USA, Giappone e Russia e mira a  dare soluzione al problema posto dai programmi nucleari nord-coreani. Dal 2003 esso ha  assicurato (pur con le sue ricorrenti fasi di stallo o di crisi) un involucro al cui interno si e’ delineato un dialogo a geometria variabile che ha in particolare consentito la ripresa del confronto tra la DPRK e gli USA. Laddove si pervenisse a dare soluzione alla questione nucleare nord coreana, il negoziato a Sei potrebbe divenire il punto di partenza per la definizione di un Trattato di pace che ponga fine alla Guerra di Corea e per la messa a punto di una nuova architettura di sicurezza del NE asiatico.

Il Negoziato ha avuto fasi alterne: crisi, momenti di stallo, inaspettate accelerazioni. Nel settembre del 2005 un primo risultato (la cosiddetta Dichiarazione Congiunta), poi la crisi innescata dalla questione dei fondi nord coreani bloccati per richiesta USA in una Banca di Macao e poi dalle iniziative nucleari e missilistiche nord coreane. Superata questa duplice crisi (grazie alla ripresa di contatto tra USA e DPRK, auspice la Cina) si giunge alle Intese del 13 febbraio 2007 (definite Prima Fase di attuazione della Dichiarazione del 2005) che prevedevano: a) l’impegno della DPRK a cessare le attività del reattore di Yongbyon (principale fonte di plutonio utilizzato negli esperimenti nucleari) entro 60 giorni in cambio di forniture di petrolio, aiuti alimentari e garanzie di sicurezza; b) ispezioni degli esperti AIEA per verificare l’effettività del disarmo; c) la creazione di cinque gruppi di lavoro tematici, che hanno poi iniziato a riunirsi (denuclearizzazione della penisola coreana; normalizzazione dei rapporti DPRK-USA; normalizzazione dei rapporti DPRK-Giappone; cooperazione nel campo dell’energia e dell’economia; meccanismo di pace e sicurezza nel Nordest asiatico); d) la possibilità di un “permanent peace regime” per la Penisola coreana da discutere in un apposito foro separato. 

La Sesta Sessione dei Colloqui a 6 (svoltasi in due tempi tra luglio e settembre del 2007) ha portato alla messa a punto del documento del 3 ottobre 2007 (definito Seconda Fase di attuazione della Dichiarazione del 2005): la DPRK confermava l’impegno a disattivare entro il 31 dicembre 2007 l’impianto di Yongbyon, sotto monitoraggio americano, e a fornire, entro la medesima data, un elenco completo di tutti i propri programmi nucleari, fornendo anche l’impegno a non procedere a trasferimenti di tale tecnologie a Paesi Terzi (leggasi Siria). Gli USA assumevano da parte loro l’impegno a procedere alla cancellazione della DPRK dalla lista degli Stati sponsors del terrorismo e a levare le sanzioni derivanti alla DPRK dal Trade with the Enemy Act, primi passi verso un futuro stabilimento delle relazioni diplomatiche. Si confermava altresi’ l’impegno dei 5 Paesi a fornire alla DPRK 1.000.000 di tonnellate di olio pesante.

Dal 10 a l3 luglio 2008 i Capi Delegazione si sono ritrovati a Pechino dopo uno stallo di nove mesi. Premesse di questa Settima Sessione sono state la presentazione in giugno da parte della Corea del Nord di una Dichiarazione concernente i propri programmi nucleari e la decisione da parte statunitense di avviare il processo di cancellazione della DPRK dalla lista degli stati sponsors del terrorismo. Gli esiti di questa Sessione sono stati: l’accordo per la messa a punto di un sistema di monitoraggio (da realizzare entro 45 giorni (entro cioè l’11 agosto data che coincideva con quella delle possibili decisioni del Congresso USA sulla eliminazione della DPRK dalle note liste) per “assicurare la denuclearizzazione della penisola coreana”; l’accordo per la creazione di un meccanismo di monitoraggio per “assicurare che tutte le parti adempiano agli impegni assunti nel quadro esapartito”; l’accordo per un calendario per “l’assistenza economica e nel settore dell’energia in parallelo alla disattivazione dell’impianto di Yongbyon” (da attuare entro fine ottobre 2008); l’intesa a proseguire la disamina dei “Principi Guida per la Pace e la Sicurezza nel NE Asiatico”; l’impegno per una riunione dei Sei a livello ministeriale a Pechino “al momento appropriato”.

Si è però poi avuta una nuova crisi. La DPRK ha respinto le richieste americane in tema di monitoraggio, lamentando altresì i ritardi USA nella cancellazione dalle note liste. Pyongyang ha quindi invertito la rotta e avviato la ripresa delle attività del reattore di Yongbyon. Solo una nuova missione del Capo Negoziatore USA e, probabilmente ulteriori pressioni cinesi, hanno consentito, all’inizio dell’ottobre 2008,  il superamento di questa ennesima “impasse”. La DPRK ha ottenuto la cancellazione dalla lista degli Stati sponsors del terrorismo, accettando in cambio di riprendere le procedure di disattivazione dell’impianto e accettando un adeguato meccanismo di monitoraggio. A conferma di un miglioramento del clima dei negoziati arriva la notizia della convocazione per l’8 dicembre 2008 a Pechino di una nuova tornata del dialogo esapartito. Nell’agenda dell’incontro sarà plausibilmente centrale il tema dell’implementazione degli obiettivi non ancora finalizzati della seconda fase del processo negoziale definito nel 2007: disattivazione dell’impianto di Yongbyon da parte della Corea del Nord e le forniture di energia da parte degli altri Stati parte del dialogo esapartito (USA, Cina, Russia, Corea del Sud e Giappone). Rimangono, in particolare, irrisolte al momento la questione delle verifiche (la Corea del Nord si oppone ad esami delle campionature di materiale nucleare al di fuori del proprio territorio) e quella della quota giapponese delle forniture di energia (200.000 tonnellate di olio greggio che Tokyo non intende dare fino a che non si sblocchi la tematica dei giapponesi a suo tempo rapiti dai nordcoreani). Pare che in occasione della sessione su questo ultimo tema le Parti potrebbero valutare anche un’eventuale ricorso a Paesi Terzi (sarebbe emerso un interesse a coinvolgere l’Unione Europea, l’Australia e la Nuova Zelanda) che supplirebbero alla quota giapponese.

 

(*)  Le sette  sessioni negoziali del Six Party Talks

I tornata ( 27-29 agosto 2003); II tornata (25-28 febbraio 2004);  III tornata (23-25 giugno 2004);

IV tornata, fase 1 (26 luglio–7 agosto 2005); IV tornata, fase 2 (13-19 settembre 2005);

V tornata, fase 1  (9-11 novembre 2006); V tornata, fase 2 (18-22 dicembre 2006);

VI tornata, fase 1 (19-22 marzo 2007); VI tornata, fase 2 (18-20 luglio e 27-30 settembre 2007); VII tornata (10-13 luglio 2008);

 

 

LE RELAZIONI INTERCOREANE

 

Il Vertice tenutosi a Pyongyang dal 2 al 4 ottobre 2007 tra il Leader nord coreano KIM Jong-il e l’allora Presidente della Repubblica di Corea ROH Moo-hyun, ha segnato il punto di arrivo della politica di dialogo e cooperazione che i Governi progressisti sud coreani hanno attuato a partire dal 1997, la cosiddetta “sunshine policy”, in parallelo al negoziato a Sei.

La “sunshine policy” si proponeva di favorire una apertura della società nord coreana attraverso forme di collaborazione economica (come il progetto dell’area industriale di Gaesong) e di contatto tra le persone (come il progetto turistico di un’area montagnosa del Nord resa accessibile per la prima volta a gruppi di visitatori sud coreani). A questo si e’ aggiunto un costante flusso di aiuti alimentari, vista la cronica situazione deficitaria della sicurezza alimentare nord coreana.

Questa politica non e’ stata immune da critiche. Gli Stati Uniti, prima di adottare una strategia maggiormente improntata alla ricerca di un accordo con la Corea del Nord, hanno lamentato la sua scarsa sinergia con le posizioni intese a dare al regime di Pyongyang moniti severi. Analoghe le critiche giapponesi. In Corea la “sunshine policy” e’ stata sempre attaccata dalle forze politiche di centro destra che sottolineavano quanto poco si stesse ottenendo sia in termini di garanzia di sicurezza per il Paese (la DPRK non ha per molti anni dato concreta dimostrazione di rinunciare ai programmi nucleari giungendo anzi addirittura ad un vero e proprio test nucleare nell’ottobre del 2006),  sia nella situazione dei diritti umani e della democrazia in Corea del Nord.

La vittoria del centro destra alle elezioni presidenziali del dicembre del 2007 e alle legislative dell’aprile 2008 ha quindi avuto come conseguenza non inattesa una inversione di rotta. LEE Myung-bak ha sostituito alla “sunshine policy” una strategia di “dialogo condizionale”. Premessa  della prosecuzione delle iniziative di collaborazione economica  sarà una effettiva e verificabile rinuncia della Corea del Nord al nucleare militare e un suo reale progresso nel rispetto dei diritti umani. Ove tali premesse si realizzino la Corea del Sud contribuirà allo sviluppo della economia del Nord, fino a portarla ad un livello di reddito pro capite di 3000 dollari, pari a quello che aveva la Corea del Sud all’inizio degli Anni 80 (LEE lo definisce il Progetto 3000).

La Corea del Nord ha per ora opposto totale diniego ad un siffatto dialogo con il nuovo Governo sud coreano. Sul piano politico i toni si sono così da ambo le parti induriti (la Corea del Sud ha per la prima volta anche sponsorizzato la Risoluzione sui Diritti Umani in Corea del Nord che sarà votata alla AG dell’ONU). Anche le previste forniture di fertilizzanti agricoli sono state congelate. Le tensioni si sono accentuate a seguito dell’incidente che, lo scorso luglio,  ha visto una cittadina sud coreana morire per gli spari di un militare nordcoreano, incidente reso ancor più grave dal rifiuto nord coreano ad ogni investigazione congiunta con le Autorità del Sud. Da ultimo la DPRK ha annunciato più rigidi controlli ai varchi di frontiera intercoreani, ciò che pone a rischio anche il progetto di cooperazione economica tra le due Coree sito a Gaesong.        

 

 

IL  COMPLESSO INDUSTRIALE DI GAESONG

 

Quadro generale

 

Nel quadro della collaborazione intercoreana avviata con la cosiddetta “sunshine policy” dei governi progressisti della Corea del Sud (1997-2007), la realizzazione del progetto industriale di Gaesong riveste speciale rilievo. Finanziato dalla Hyundai, si tratta di un insediamento in territorio nord coreano (a ridosso della Zona Smilitarizzata del 38mo parallelo) nel quale il capitale e il know how della Corea del Sud cooperano con la forza lavoro nord coreana.

Il progetto “Gaesong” e’ stato avviato nel giugno del 2003. Dopo una prima fase pilota che ha visto 15 imprese cominciare a produrre nel dicembre del 2004, altre 25 imprese nel settembre 2005 e altre 182 nel giugno 2007 sono state assegnatarie di ulteriori insediamenti. Nel marzo 2008 una impresa tedesca (consociata di una coreana) ha iniziato la costruzione di un proprio stabilimento nella zona.

Nel maggio del 2007 il Parlamento sud coreano ha approvato la legislazione che assicura al progetto un regime speciale (il Gaesong Industrial Zone Support Act adottato nel novembre 2002). In base a tale legislazione le imprese e i lavoratori sud coreani operanti a Gaesong godono delle medesime tutele previste in Corea del Sud. Da parte sua la Corea del Nord garantisce pari diritti ai cittadini sud coreani e agli stranieri.

 Alla fine del primo semestre 2008 le imprese operative ammontano a 70. Il totale della produzione (da gennaio 2005 a luglio 2008) ha raggiunto i 410 milioni di dollari, dei quali 79 milioni sono stati esportati. I lavoratori nord coreani impiegati sono 28.769, i sud coreani 1.081. Il salario mensile di un nord coreano e’ di 73 dollari (incluso un 15% di ssicurazioni sociali). Sul piano delle infrastrutture il complesso industriale fornisce acqua (60.000 tonn/giorno), gestisce acque reflue (15.000 tonn/giorno), rifiuti (61.000 m3 in sito, 12 tonnellate/giorno inceneritore). La Corea del Sud fornisce elettricita’ (100 MW) e telecomunicazioni (700 linee).

Il progetto di Gaesong ha dal dicembre 2007 anche una componente turistica (simile al progetto del Monte Keumgang, sempre gestito dalla Hyundai). Da quelle data, ogni giorno circa 370 persone visitano la citta’ nord coreana che per vari secoli e’ stata capitale della penisola sotto la Dinastia Koryo.

 

Sviluppi recenti

 

Nonostante gli evidenti risultati economici, il futuro del complesso industriale dipende ancora molto dagli umori della politica, specie di quella nord coreana, e dall’andamento delle relazioni inter-coreane, vistosamente peggiorate in questi ultimi mesi. Più di recente, i militari nord coreani hanno invece minacciato di limitare (non di chiudere) i movimenti da e per Gaesong a partire dal 1 dicembre 2008. La ragione apparente dietro questa minaccia sarebbe quella di spingere il Governo sud coreano ad arrestare l’invio oltre frontiera di manifesti propagandistici (per mezzo di palloncini aerostatici) da parte di organizzazioni attiviste sud coreane. In realtà non e’ chiaro quale sia la strategia di Pyongyang dietro questa mossa. Certo e’ che – e questo Pyongyang lo sa – una chiusura delle attività del complesso industriale inferirebbe un duro colpo ad un’economia nord coreana già in ginocchio.

A seguito dell’annuncio nord coreano, allarmati, i rappresentanti delle piccole e medie imprese che operano nel complesso industriale hanno incontrato il Ministro dell’Unificazione sud coreano Kim Ha-joong per lanciare un appello affinché Seoul si impegni a cercare un dialogo per la normalizzare delle relazioni con il Nord. Di fronte al rapido deterioramento dei rapporti inter-coreani, Seoul ha fatto sapere di essere pronta a discutere con Pyongyang su come far riprendere i progetti di collaborazione. Nel frattempo a Seoul si stanno cercando anche le basi legali che permettano alle Autorità di intervenire per fermare  l’invio dei manifesti propagandistici al Nord.

Al di là delle tensioni contingenti, Gaesong rimane una importante esperienza di liberalizzazione nascente – dopo il fallimento dei primi tentativi di riforme economiche  che il regime nordcoreano aveva timidamente  portato avanti tra il 1996 ed il 2004. il progetto non manca di valenza economica (ciò è testimoniato anche dal finanziamento da parte del gruppo Hyundai) ed è di sicuro destinato a svolgere ruolo primario in una futura area di sviluppo economica ed industriale di una penisola coreana “normalizzata”. Ma esso possiede anche una forte valenza politica, sia sul piano delle relazioni intercoreane sia per quel che attiene all’evoluzione democratica del regime di Pyongyang.

 

 

La questione della clausola Gaesong negli Accordi di libero scambio

 

La Corea del Sud, nei numerosi negoziati intrapresi per aree di libero scambio (anche con la UE), chiede regolarmente la concessione di un trattamento preferenziale alle merci prodotte a Gaesong (clausola sulle zone produttive fuori territorio). Tale richiesta nasceva dalla forte volontà dei precedenti Governi progressisti di Seoul di favorire il successo del complesso con l’apertura di mercati esteri per le sue merci, ma soprattutto con la volontà di contribuire in questo modo al processo di distensione, cooperazione e dialogo intercoreano. Posizioni critiche sono state espresse in ambito internazionale, invece, sulla base del mancato rispetto dei diritti umani in Corea del Nord (per quanto riguarda il complesso di Gaesong non vengono applicate le convenzioni ILO) e del fatto che questo complesso rappresenta una fonte di preziosa valuta estera per il governo di Pyongyang. Anche all’Unione europea è stata presentata dai negoziatori coreani una richiesta di inserire una clausola “Gaesong” nel futuro accordo di libero scambio UE-Corea. L’attuale Governo conservatore del Presidente LEE non sembra però farne una condizione sine qua non : la soluzione trovata nell’ambito dell’Accordo di libero scambio firmato con gli Stati Uniti prevede che la questione della clausola Gaesong venga trattata in un secondo momento da un comitato di esperti.

 


 

RAPPORTI CON L’UNIONE EUROPEA

 

Politicamente l’Unione Europea ha nei riguardi della penisola coreana una posizione defilata (all’inizio del  marzo 2007 la Troika a si è recata a Pyongyang).Mantiene nei confronti della DPRK le posizioni concordate in ambito internazionale (sanzioni del CdS) e ferme posizioni in  materia di diritti umani (Risoluzione in ambito Consiglio Diritti Umani e Terza Commissione). Negli ultimi anni la UE ha assicurato alla DPRK un sostegno in materia umanitaria (tramite ECHO) e prosegue ora con dei progetti post-emergenza (tramite AIDCO). Vari Paesi Membri intrattengono relazioni diplomatiche e alcuni hanno una Ambasciata in loco (oltre agli ex Paesi dell’Est, anche UK, Germania, Svezia). Solo la Francia e l’Estonia non hanno rapporti diplomatici. La UE non è parte dei Colloqui a 6, né chiede di esservi associata. Negli anni 90 la UE ha partecipato al consorzio internazionale del KEDO (Organizzazione per lo Sviluppo dell’Energia nella Penisola Coreana) assieme a Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. L’iniziativa era finalizzata alla realizzazione di due reattori nucleari ad acqua leggera ad uso civile in Corea del Nord, per sostenere finanziariamente (oltre 118 milioni di euro di contributi) e politicamente gli sforzi della Comunità internazionale per evitare i rischi di proliferazione portati dal programma nucleare nord-coreano. Il programma è stato poi sospeso a partire dal novembre 2003, in relazione alla nota questione nucleare e successivamente definitivamente chiuso (maggio 2006). Una risoluzione adottata “ad referendum” dal Consiglio Esecutivo del KEDO il 10 maggio 2007 ha deciso la chiusura del Segretariato , facendo tuttavia salva la personalità giuridica dell’Organizzazione (si potrebbe così  assicurare la necessaria continuità nel caso in cui il processo di denuclearizzazione dovesse essere concretamente avviato dalla DPRK e si decidesse di stipulare un nuovo similare accordo in materia di nucleare civile).

 

 



[1] Fonte: CIA Worldfactbook 2008

[2] Kim Il-Sung avviò l'idea di “Juche” il 28 dicembre 1955 nel discorso Sull'eliminazione del dogmatismo e del formalismo e della instaurazione di Juche nel lavoro ideologico. L'idea Juche è un amalgama di neo-confucianesimo e di stalinismo; essa si basa sulla necessità di agire in maniera indipendente senza dover dipendere da altri, ed esalta lo spirito di autosufficienza. Negli anni, l'idea ha preso sempre più forma, divenendo, allo stato attuale, una vera e propria ideologia. Juche ha ufficialmente rimpiazzato tanto le religioni tradizionali quanto l'ideologia marxista, portando ad un culto della personalità e ad un autoritarismo che non hanno pari in nessuna parte del mondo. Oggetto di questo culto sono stati prima il "presidente eterno" Kim Il-Sung e poi suo figlio, il "caro leader" Kim Jong-Il. Kim Il-Sung e suo figlio Kim Jong-Il sono visti entrambi come guide assolute ed infallibili.

 

 

[3] Fonte: The CIAWorldFactBook 2008.

[4] Fonte: dipartimento di Stato USA.

[5]Quello del prelievo dei campioni atomici rimane però un capitolo aperto. Fonti stampa (che citano l'agenzia del regime comunista, la Kcna) del 24 novembre 2008 riferiscono del rifiuto da parte della Corea del Nord al prelievo dei campioni nucleari, in quanto ''l'ipotesi di elaborare nell'ambito dei colloqui a Sei un piano di prelevamento sarebbe una totale negazione dell'intesa di fine ottobre''. Secondo la Corea del Nord tale accordo non farebbe riferimento alla raccolta dei campioni presso i propri impianti atomici. Sul sito del Dipartimento di Stato USA

[6] Aggiornamento a luglio 2008.