Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: SIRIA - Incontro del Presidente della Commissione Affari esteri, on. Stefano Stefani, con l'Ambasciatore di Siria, Samir Al Kassir - Roma, 12 giugno 2008
Serie: Schede Paese    Numero: 20
Data: 11/06/2008
Descrittori:
POLITICA ESTERA   SIRIA

 

REPUBBLICA ARABA DI SIRIA

DOSSIER SCHEDE - PAESE

 

XVI legislatura

n. 20

11 giugno 2008

CAMERA DEI DEPUTATI

Servizio Rapporti internazionali

 

 

 


 

repubblica araba di siria

 

 

Flag of Syria

 

 

1. Cenni storici

Dopo la conquista dell’indipendenza, nel 1946, la Siria attraversò un periodo di profonda instabilità politica fino al 1963, quando il partito socialista Baath, promotore dell’unità araba, conquistò il potere. In questo contesto critico si inserisce l’esperimento di costituire un unico Stato con l’Egitto, la Repubblica Araba Unita per un breve periodo, tra il 1958 e il 1961.

Durante la guerra fredda il Paese mantenne una posizione moderatamente filo-sovietica, ricevendo dall’URSS un appoggio politico e militare. Nel contesto dei Paesi arabi, invece, la posizione siriana rimase sempre controversa, talvolta guida del mondo arabo, altre, Paese contestatore verso i più moderati nei confronti di Israele, Paese contro il quale ebbe quattro conflitti (1948-49, 1967 e 1973). Con la guerra del 1967, in particolare, Damasco subì la perdita territoriale più rilevante sotto il profilo politico e strategico, nonché preziosa fonte di rifornimento idrico: le alture del Golan.

Alla fine degli anni ’70 iniziò a crescere una forte e violenta opposizione interna al regime di Hafez al-Assad (repressa duramente) da parte di varie organizzazioni fondamentaliste (in particolare quella dei Fratelli Musulmani) che culminò nell’attentato perpetrato ai danni del Presidente nel 1980. In risposta alle crescenti manifestazioni di intolleranza dell’opinione pubblica, Hafez al-Assad decise di introdurre, nel 1973, un emendamento alla carta costituzionale siriana, con cui fu disposto che il Presidente fosse musulmano e gli alawiti una componente dell’ islam sciita.

Negli anni ’80 i rapporti tra Siria ed Israele si aggravarono ulteriormente: nel 1981 Tel Aviv annetté formalmente il Golan (non ottenendo tuttavia il riconoscimento internazionale dell’annessione) e nel 1982 occupò il Libano fino a Beirut, attaccando le postazioni siriane presenti nella valle della Beka’a dal 1976. A seguito del ritiro e della creazione da parte israeliana, nel 1985, di una “security zone” nell’area meridionale strettamente adiacente al confine, l’esercito siriano tornò a controllare di fatto il Libano con una significativa presenza militare, riuscendo più facilmente a fornire supporto alle milizie sciite filo-iraniane Hezbollah, il cui obiettivo era la liberazione di tutto il Libano meridionale dall’occupazione israeliana.

Con la seconda metà degli anni ’80, il Paese visse un periodo di grande incertezza tanto sotto il profilo della stabilità economico-politica interna, quanto su quello della sua politica estera. Le relazioni con Israele si inasprirono, mentre la Siria divenne sempre più bersaglio delle accuse di favorire il terrorismo da parte dei Paesi occidentali.

Negli anni ’90 si accentuò l’instabilità politica interna, soprattutto a causa delle peggiorate condizioni economiche e del declino delle condizioni di salute del Presidente Hafez al-Assad. Anche nei rapporti con Israele, dopo un breve periodo di continuità nei negoziati tra il 1991 e il 1996, il dialogo tra Damasco e Tel Aviv si interruppe nuovamente.

Con la morte del Presidente siriano, nel 2000, il figlio Bashar al-Assad assunse la guida del Paese, inaugurando un vasto programma di riforme diretto a rinnovare radicalmente le arretrate strutture economiche e a favorire maggiormente l’apertura della Repubblica Araba Siriana agli investitori stranieri ed al commercio mondiale.

 

2. Dati geo-politici

DATI GENERALI[1]

Superficie

185.180 Kmq (più della metà dell’Italia)

Capitale

DAMASCO (2.300.000 abitanti)

Abitanti

19.747.586, inoltre circa 40.000 siriani vivono nelle alture del Golan, occupate da Israele nel 1967, insieme a 20.000 arabi (drusi e alatiti) e 20.000 coloni ebrei.

Tasso di crescita della popolazione

2,1%

Tasso di alfabetizzazione

76,6%

Aspettativa di vita

70,9 anni

Gruppi etnici

arabi 90,3%; curdi, armeni e altri 9,7%

Religioni

Musulmani sunniti (74%), alatiti, drusi ed altri (16%)

Lingue

Arabo

 

 

PRINCIPALI CARICHE POLITICHE

 

Presidente della Repubblica e Capo del Governo

Bashar al-Assad (dal 17 luglio 2000)

Vice Presidente

Farouk al-Shara (dall’11 febbraio 2006)

Presidente dell’Assemblea del Popolo

Mahmoud Abrache

Primo Ministro

Muhammad Naji al-Utri

Vice Primo Ministro con delega all’economia

Abdallah Dardari

Ministro degli Esteri

Walid Mualem

Ministro delle Finanze

Muhammad al Husayn

Ministro della Difesa

Gen. Hassan Ali Turkmani

Ministro degli Interni

Gen. Basam Abd Al-Majid

 


 

SCADENZE ELETTORALI

 

Presidenziali

2014 (ultime elezioni 27 maggio 2007)

 

Politiche

2011 (ultime elezioni si sono tenute il 22 aprile 2007)

 

 

 

3. Quadro politico

 

 

Governo in carica

 

La Siria è una repubblica sottoposta ad un regime militare dal 1963. In quell’anno il partito pan-arabo Baath (rinascita) ha assunto il potere sotto il controllo della minoranza alawita. Il regime Baath si è contraddistinto per il suo autoritarismo ed i suoi accesi sentimenti anti-israeliani. Nel 2005 le forze siriane, su pressione internazionale, sono state costrette a lasciare il Libano dopo l’assassinio dell’ex Primo Ministro, Rafiq Hariri. Malgrado i rapporti ONU attestino il contrario, la Siria ha sempre negato ogni coinvolgimento nell’assassinio del leader libanese.

La scontata rielezione di Bashar Assad a Presidente della Siria (maggio 2007) ha aperto una nuova fase nella politica del Paese: Bashar Assad, infatti, è riuscito, senza strappi, a rimuovere gradualmente le incrostazioni del vecchio regime, fornendo il proprio necessario appoggio alle istanze riformatrici del Paese, riducendo l’influenza della corruzione e dei potentati e promuovendo la modernizzazione economica del Paese con un processo di “desocialistizzazione” simile a quello dei Paesi dell’Europa centrale ed orientale. Alle rilevanti riforme economiche che stanno progressivamente liberalizzando l’economia ed aprendo la Siria al commercio internazionale, non sono seguite paragonabili riforme politiche interne. Ciò anche perché Bashar, che a differenza del padre Hafez non è un “monarca assoluto”, deve ancora oggi tener conto delle forti resistenze dei settori più restii alle riforme, soprattutto in campo politico, per lo più riconducibili ai quadri del Ba’ath[2], definito dalla stessa Costituzione siriana “il Partito Guida dello Stato”.

 

Partiti politici

 

Il Fronte Nazionale Progressista, partito la cui funzione guida è sancita dalla Costituzione, è stato creato nel 1970 dal Presidente Hafez al-Assad per dare l’impressione di un clima di maggiore apertura politica. Il FNP è costituito da una coalizione di partiti, raggruppati intorno al Partito al Ba’ath, che di fatto svolge una funzione egemone e determina le linee guida del Fronte.

Quella che viene comunemente definita “opposizione” siriana è in realtà una articolata composizione di espressioni politiche che hanno come unico comune denominatore l’ostilità all’attuale regime. Ne fanno parte i partiti laici aderenti al Raggruppamento Nazionale Democratico (RND), i movimenti a base etnica (curdi) e le formazioni politiche su base religiosa islamica (come i Fratelli Musulmani).

L’RND (creato nel 1980) raggruppa i principali partiti dell’opposizione laica non riconosciuti dal regime. Ne fanno parte partiti (comunisti, nasseriani, socialisti, ecc.) con scarsissimo seguito e che non hanno di fatto la possibilità di svolgere alcuna attività incisiva nella società e nel sistema politico siriano. Si tratta per lo più di partiti le cui attività sono riconducibili alle iniziative di singoli intellettuali o di pochi attivisti.

I movimenti curdi si limitano a perseguire gli interessi di quella consistente e problematica comunità (circa 1.700.000 persone, pari a circa il 10% della popolazione) e sono divisi tra coloro che propongono un dialogo con le Autorità di Damasco e coloro che si situano su posizioni più radicali e di aperto confronto con il regime.

Due i principali partiti islamici: il Partito della Liberazione (PdL) e quello dei Fratelli Musulmani. Entrambi sono legati agli ambienti sunniti più tradizionali, islamici ed integralisti; non riconoscono il regime degli Assad e ritengono gli Alawiti miscredenti. Il PdL ha i propri vertici all’estero (per lo più in Nord-Europa) e conta alcuni seguaci detenuti in Siria.

I Fratelli Musulmani, dopo aver costituito fino agli anni ‘80 il principale movimento di opposizione armata, anche dopo la durissima repressione e la fuga o l’arresto dei suoi principali esponenti (il leader del Movimento, al-Bayanuni, si trova a Londra), continuano a rappresentare la principale fonte di preoccupazione per le Autorità siriane. Data la sua struttura, capacità organizzativa e seguito di cui gode presso ampi strati della popolazione sunnita, appare al momento l’unica formazione politica in grado di rappresentare una futura potenziale minaccia per il regime alawita. LaFratellanza Musulmana rimane fuorilegge ed è attivamente perseguitata[3].

Vi sono inoltre alcune espressioni politiche, del tutto insignificanti sul piano interno, facenti capo ad alcuni siriani residenti all’estero, come ad esempio il Partito di Riforma Siriano, finanziato e sostenuto dal Governo americano.

I due punti chiave dell’auspicato processo di riforma politica del regime siriano (dopo la chiusura dell’”esperimento” della c.d. “Primavera di Damasco” nel 2001) riguardano la cancellazione dell’articolo 8 della Costituzione, che sancisce il ruolo guida del Partito Ba’ath nel sistema politico nazionale, e l’elaborazione di una più moderna legge elettorale che modifichi l’attuale sistema garantendo una maggiore rappresentatività dei candidati, maggiore trasparenza nelle operazioni di voto e che consenta anche la formazione di nuovi partiti politici.

E’ evidente che nell’attuale situazione di forti pressioni sul Paese, l’obiettivo di perseguire il processo di liberalizzazione politica trova crescenti difficoltà, passa in secondo piano ed incontra maggiori resistenze all’interno del regime.

 

4. Quadro istituzionale

 

Sistema politico

 

Secondo il primo articolo della Costituzione, promulgata nel marzo 1973, la Siria è una Repubblica democratica, popolare e socialista.

 

Il Presidente della Repubblica

 

Il Presidente della Repubblica è il Capo dello Stato. Il candidato indicato dal Baath[4] e di religione obbligatoriamente musulmana, viene nominato dall’Assemblea del Popolo, secondo quanto la Costituzione siriana prevede agli articoli 83-85. Tale nomina viene sottoposta al giudizio del corpo elettorale con un referendum popolare, approvato a maggioranza assoluta[5]. Il mandato ha una durata di sette anni.

Il Presidente è il capo delle Forze Armate nonché titolare del potere esecutivo; nomina e revoca il Primo Ministro e i ministri che compongono il Consiglio dei ministri. Il Governo è responsabile nei confronti del Presidente della Repubblica e dell’Assemblea del Popolo. Il Presidente della Repubblica può convocare il Consiglio dei ministri.

Il Presidente della Repubblica, con decreto motivato, può sciogliere il Parlamento.

 

Potere legislativo

 

Il potere legislativo spetta all'Assemblea del Popolo (Majlis al Chaab), composta da 250 membri, eletti con sistema maggioritario per 4 anni. Le prossime elezioni si terranno nel 2011. La Costituzione stabilisce che almeno la metà dei membri siano operai o contadini, così come definiti dalla legge ordinaria. La composizione è la seguente:

 

·          FRONTE NAZIONALE PROGRESSISTA - FNP (formato da sette partiti: Partito Socialista Arabo Baath, Partito Socialista Arabo, Partito Socialista Unionista, Partito Arabo Siriano Socialista Unionista, Partito Socialista d’Unione, Partito Socialista Democratico Unionista, Partito Comunista): 172 seggi;

·          INDIPENDENTI: 78 seggi.

 

Il FNP dispone 70% dei seggi parlamentari con un incremento di 4 seggi rispetto alla composizione del precedente parlamento. Tra i nuovi deputati vi sono 30 donne, ossia il 12% del totale dei membri del parlamento.

 

Le leggi, approvate dall’Assemblea, sono promulgate dal Presidente della Repubblica. Il Presidente della Repubblica può opporre il veto alla promulgazione; in tal caso la legge, per poter essere obbligatoriamente promulgata, deve essere nuovamente approvata a maggioranza di 2/3 dei membri.

L’Assemblea del Popolo può proporre una mozione di sfiducia, firmata da almeno 1/5 dei componenti, nei confronti del Governo e dei singoli ministri. Se approvata a maggioranza assoluta, i membri dell’Esecutivo colpiti dalla mozione sono costretti a rassegnare le dimissioni.

Le modifiche costituzionali, approvate a maggioranza di 2/3 dall’Assemblea del Popolo, possono essere proposte dall’Assemblea stessa e dal Presidente della Repubblica.

 

5. Attualità politica (in collaborazione con il MAE)

 

Diritti umani

 

La Costituzione siriana da un lato garantisce i principali diritti politici, civili e sociali, ma, dall’altro, attribuisce al Partito Ba’ath funzioni di leadership nella società e nello Stato. L’esercizio di diritti civili e politici è fortemente limitato dalla legge di emergenza, mentre i diritti economici e sociali risultano essere maggiormente tutelati.

La Siria a volte usa il pretesto della lotta al terrorismo per giustificare le violazioni dei diritti umani, specialmente nel confronto con l’opposizione di matrice islamica (ad esempio con i Fratelli Musulmani).

Nonostante la Costituzione preveda un’autorità giudiziaria indipendente, il sistema giudiziario rimane sotto il controllo del potere esecutivo e dei servizi di sicurezza. Un alto grado di corruzione ostacola l’indipendenza del potere giudiziario e l’esecutivo non rispetta l’immunità dei giudici, che possono facilmente essere rimossi dai loro incarichi.

Il Codice penale siriano prevede la pena di morte per impiccagione come massima pena per un certo numero di crimini, inclusi l’omicidio, gravi crimini di violenza sessuale e di droga e la partecipazione al gruppo illegale dei Fratelli Musulmani.

Ci sono prove di numerosi casi nel Paese di torture fisiche e psicologiche, condotte spesso con metodi molto duri, da parte della polizia e dei servizi di sicurezza durante gli interrogatori e le detenzioni preventive.

Gli oppositori al regime, assieme alle loro famiglie, sono in genere sottoposti a intimidazioni, minacce o detenzioni arbitrarie. Si sono registrati casi di persone scomparse negli scorsi anni che si crede siano tuttora rinchiuse in carcere o che siano morte durante la detenzione.

Un caso eclatante riguarda l’arresto, avvenuto il 14 maggio 2006, dell’oppositore ed attivista democratico Michel Kilo da parte delle Autorità di Sicurezza; l’arresto sembra sia dovuto alla promozione da parte di Kilo di un documento, la “Dichiarazione Damasco-Beirut”, firmato da 280 intellettuali democratici siriani e libanesi, in cui si chiede la distensione nel rapporto tra i due Paesi e il riconoscimento dell’indipendenza del Libano. Il 17 maggio 2006 sono poi stati messi in stato di fermo altri tra i firmatari della dichiarazione, tra i quali spicca l’attivista per i diritti umani Anwar al-Bunni.

Il  5 marzo 2007, la Corte Criminale di Damasco ha nuovamente rinviato il processo nei confronti di Michel Kilo. Contestualmente si e' appreso che nei confronti dello stesso (e di un altro attivista, Mahmud Aysa) il Tribunale Militare di Damasco ha rivolto un'ulteriore accusa per avere fatto appello ai detenuti del carcere di Adra (ove i due sono attualmente detenuti) a firmare la Dichiarazione Damasco-Beirut. La nuova accusa (art. 150 del Codice Penale Militare) prevede una detenzione fino ad un massimo di cinque anni per "chi pubblica un articolo di natura politica o pronuncia un discorso dello stesso tipo con l'intenzione di pubblicizzare e diffondere un partito, un gruppo o un'organizzazione politica".

Il 30 gennaio 2008, è stato arrestato anche un altro membro del Consiglio Esecutivo della Dichiarazione di Damasco, Talal Abou Dan. Con tale arresto, sono 12 i membri dell’organismo direttivo detenuti.

 

Il 19 maggio 2006, l’Unione europea ha emesso una Dichiarazione per condannare il peggioramento della situazione dei diritti umani nello Stato siriano e sono allo studio eventuali ulteriori passi presso l’Autorità siriana, che ha peraltro reagito alla Dichiarazione accusando l’UE di indebita ingerenza negli affari interni.

Per quanto riguarda i diritti delle donne, la Rivoluzione Ba’ath ha migliorato nettamente le loro condizioni, permettendo loro di partecipare, in certo grado, alla vita politica, giudiziaria, accademica e pubblica.

Per quanto riguarda fenomeni di discriminazione nel Paese, la minoranza curda (approssimativamente 1,5 milioni) è vittima di una serie di restrizioni dei propri diritti fondamentali. A quest’ultimo riguardo si registra un sia pur limitato segnale positivo in materia di diritti umani, con la liberazione, a seguito di un’amnistia presidenziale, nel dicembre 2004, di 112 prigionieri politici, nonché, da ultimo (marzo 2005), il rilascio di tutti i 313 detenuti minorenni curdi imprigionati in occasione dei disordini di Qamishli del marzo 2004.

La libertà di religione è generalmente rispettata; non esiste una religione ufficiale di stato, ma secondo la Costituzione il Presidente deve essere un musulmano. Le istituzioni religiose e lo Stato sono separati.

 

Principali linee di politica estera

 

Nel corso degli ultimi anni la Siria aveva saputo adattarsi progressivamente, con tempestività e pragmatismo, ai mutamenti intervenuti sulla scena internazionale e, soprattutto a seguito della elezione alla Presidenza di Bashar Al-Assad, aveva fatto registrare un progressivo ma molto cauto avvicinamento ai Paesi occidentali e all’Unione Europea in particolare, con la quale sono state avviate le trattative per la conclusione dell’Accordo di Associazione. Il negoziato e’ stato completato ed il testo e’ stato parafato, ma la situazione venutasi a creare in seguito all’assassinio dell’ex-Primo Ministro libanese Rafiq Hariri ha finora impedito la firma dell’Accordo. In conseguenza dell’isolamento internazionale in cui si è trovata la Siria, la politica estera di Damasco è pressoché totalmente volta ad ottenere sostegno da parte dei Paesi arabi e ad uscire dall’isolamento in cui si è venuta a trovare, cercando nel contempo di rafforzare le relazioni con Russia e Cina.

Si ricorda che l’Amministrazione degli Stati Uniti ha introdotto sanzioni economiche e commerciali nei confronti di Damasco, ai sensi del Syria and Lebanon Accountability Act del dicembre 2003. La decisione del Presidente Bush prevede il divieto di esportazione verso la Siria di prodotti americani che rientrano nella Munitions List (armi, materiali di difesa, munizioni, etc.) o tra i prodotti dual use, come quelli chimici, tecnologia nucleare, laser, etc, nonché il divieto di esportare qualsiasi produzione che non sia alimentare e medicinale. A ciò si aggiunge il congelamento dei conti bancari appartenenti a cittadini siriani che fanno parte del Governo ed il divieto per le istituzioni americane di intrattenere relazioni commerciali con la Commercial Bank of Syria per i rischi di riciclaggio di denaro sporco.

 

Il tradizionale rapporto di stretta collaborazione con il Libano è sancito dal Trattato di Fraternità, Cooperazione e Coordinamento e dal Trattato di Sicurezza del 1991, che hanno permesso a Damasco di schierare nella Valle della Beka’a e intorno ai Campi Profughi palestinesi circa 35.000 soldati ed elementi dei servizi di sicurezza fino all’aprile del 2005[6].

La revisione della Costituzione libanese in favore della proroga del mandato del Presidente, Emile Lahoud, fortemente voluta da Damasco, è stata all’origine della Risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza del 3 settembre 2004, che ha imposto il ritiro di tutte le forze militari e dei servizi di sicurezza siriani dal Libano.

L’uccisione dell’ex Primo Ministro libanese Rafic Hariri, il 14 febbraio 2005, ha fatto emergere in Libano un sentimento di forte ostilità nei confronti della Siria, che e’ sospettata di avere organizzato l’atto terroristico.

L’attentato ad Hariri non ha fatto che aumentare le pressioni della Comunità internazionale e dei Paesi arabi nei confronti di Damasco, perché abbandonasse il suo ruolo dominante in Libano. La Siria, forse anche perché cosciente del pericolo di incorrere in sanzioni delle Nazioni Unite, ha ottemperato alla Risoluzione 1559, effettuando un ritiro delle sue truppe di stanza in Libano (ufficialmente completato il 26 aprile 2005). Con tale ritiro, Damasco ritiene di aver adempiuto alla parte di sua competenza della Risoluzione 1559, mentre l’altro nodo della risoluzione rimasto aperto, ovvero il disarmo di Hezbollah, è considerato una questione interna libanese, in cui la Siria non è tenuta a svolgere alcun ruolo.

Tali sviluppi hanno determinato un forte peggioramento dei rapporti tra Damasco e Beirut.

La discussione in seno al Consiglio di Sicurezza sul Rapporto del Segretario Generale sull’applicazione della risoluzione 1559 si è conclusa il 17 maggio 2006 con l’adozione della UNSCR 1680 che richiede alla Siria di stabilire relazioni diplomatiche con il Libano e di procedere alla demarcazione delle frontiere. Le reazioni della Siria alla nuova Risoluzione sono state negative. Essa viene infatti ritenuta da Damasco una violazione del diritto internazionale e un’ingerenza negli affari interni del Paese. Secondo i siriani la risoluzione non contiene alcun cenno alla disponibilità dimostrata da Damasco a stabilire in futuro relazioni diplomatiche con il Libano, né al comportamento costruttivo tenuto negli ultimi tempi dalla Siria sui diversi versanti (come ad esempio il ritiro delle truppe dal Libano).

 

I rapporti tra Siria e Giordania, in passato non particolarmente calorosi, hanno fatto registrare, dagli ultimi anni di vita di re Hussein e del Presidente Hafez al-Assad, un progressivo riavvicinamento, confermato con la salita al potere dei due giovani successori, sostenitori di un comune progetto di modernizzazione e sviluppo delle rispettive società. L’apparente armonia tra Amman e Damasco è andata tuttavia scemando: divergenze in materia di politica regionale (in particolare sull’Iraq e sul ritiro israeliano da Gaza, su cui la Giordania ha assunto posizioni più filoamericane e meno sospettose rispetto alla Siria); accuse giordane di scarso controllo della frontiera in seguito allo sventato attacco terroristico[7], nonché contrasti emersi in occasione del Vertice di Tunisi sulla società dell’informazione, nel novembre 2005, ed episodi di  ritorsioni reciproche gettano ombre sullo sviluppo positivo delle relazioni tra i due Paesi. I due Paesi hanno di recente raggiunto un accordo sulla delimitazione dei confini, ponendo fine alla disputa derivante dall’occupazione siriana fin dal 1970 di una porzione di territorio giordano nella zona di confine di Al Hurrah, ad est del fiume Yarmuk.

Le relazioni di Damasco non solo con la Giordania, ma anche con Egitto e Arabia Saudita, hanno subito un significativo deterioramento in seguito al conflitto in Libano dell’estate 2006.

 

Vi è una positiva evoluzione dei rapporti diplomatici e politici tra la Siria ed il nuovo Iraq. Si ricordano le missioni del Ministro degli Esteri Mo’allem a Baghdad, il 19 novembre 2006 e nel gennaio 2007, il ristabilimento – dopo oltre vent’anni - di relazioni diplomatiche ufficiali e la recente visita del Presidente Talabani a Damasco, con il raggiungimento di una serie di intese – fra cui quella per una collaborazione per il controllo della frontiera comune – che, e’ vero, dovranno essere ancora formalizzate, ma che sin d’ora sono indicative del mutato clima dei rapporti bilaterali. L’Iraq continua a costituire un interesse prioritario della politica estera di Damasco. Tra i principali obiettivi vi è il mantenimento dell’integrità territoriale, dell’unitarietà politica e della cosiddetta natura araba del Paese, per scongiurare uno scenario di disgregazione delle frontiere che avrebbe ripercussioni sulla stabilità della Siria stessa, specialmente per gli effetti sulla minoranza curda[8]. Inoltre, dal punto di vista siriano è indispensabile evitare che, nel nuovo assetto auspicato dagli USA, l’Iraq possa guadagnare in termini di sviluppo, sicurezza, alleanze internazionali a scapito della Siria.

La visita a Damasco del Primo Ministro iracheno Allawi, il 23 luglio 2004, ha marcato un netto miglioramento nei rapporti tra i due Paesi. La decisione di principio, emersa durante i colloqui, di ristabilire i rapporti diplomatici interrotti dagli anni ottanta, rappresenta senz’altro un segnale forte circa l’orientamento della dirigenza siriana in favore di una “normalizzazione” dei rapporti con il Governo provvisorio iracheno, anche in prospettiva di un allentamento delle tensioni con gli Stati Uniti. Nel corso degli incontri bilaterali sono state inoltre affrontate le questioni inerenti la sicurezza - ed in particolare il tema del controllo dei confini, al fine di impedire infiltrazioni in territorio iracheno di terroristi o di miliziani islamisti attraverso la frontiera siriana[9] –, la ripresa dei rapporti economici bilaterali e la piena disponibilità siriana di giungere ad una soluzione dei contenziosi finanziari. Damasco ha respinto le accuse avanzate dal Premier Allawi e dal Comandante americano delle forze della coalizione in Iraq, Gen. Casey, di ospitare ex alti responsabili del Ba’ath iracheno, che preparano e finanziano dalla Siria atti terroristici in Iraq e dal cui territorio dirigono l’insurrezione irachena.

I numerosi profughi iracheni rifugiatisi in Siria dallo scoppio del conflitto (stimati oggi circa un milione) rappresentano un pesante onere per il Paese e solo la stabilizzazione dell’Iraq offre alla Siria la prospettiva di un loro futuro rientro nel proprio Paese d’origine.

E’ evidente che a tale rinnovata sintonia sul piano politico con l’Iraq, dovranno ora seguire “fatti concreti”, anche con riferimento al noto problema del controllo dei confini terrestri ed all’impedire che gli esponenti iracheni presenti in Siria possano agire a danno del nuovo Governo di Baghdad. In ogni caso, i continui appelli all’unita’ nazionale e territoriale (evidentemente ispirata anche dalle preoccupazioni per la questione curda), le dichiarazioni di aperto appoggio al processo politico in atto in Iraq, il sostegno alle iniziative per la convocazione di una Conferenza nazionale di riconciliazione e la disponibilità a partecipare ad una Conferenza Internazionale per la stabilizzazione del Paese (che veda la partecipazione dei Paesi limitrofi), le intese con le Autorità irachene volte a stabilire un collaborazione per il controllo del confine, rappresentano indicazioni positive sull’approccio che ispira oggi la politica siriana nel confronti dell’Iraq.

Le indiscrezioni sull’organizzazione in Siria di un incontro fra ba’athisti iracheni rappresenterebbe anch’essa una conferma dell’impegno siriano a favorire la riconciliazione nazionale irachena. Ne fornisce una ulteriore conferma anche la visita a meta’ febbraio del Ministro iracheno per la Riconciliazione Nazionale, Akram Hakim, ed i suoi contatti, oltre che con le Autorità siriane, con gli esponenti della diaspora irachena presente oggi in Siria.

 

I rapporti con la Turchia, dopo un lungo periodo di tensioni nelle relazioni bilaterali, dovute in particolare al sostegno fornito da Damasco al PKK ed al suo leader Abdullah Ocalan, oltre che ai tradizionali contenziosi territoriali, hanno registrato una vera inversione di tendenza, sottolineata dalla storica visita ufficiale ad Ankara del Presidente Bashar tra il 5 e l’8 gennaio 2004. Tale visita ha costituito il punto di arrivo di un lungo processo di riavvicinamento, intrapreso dai due Paesi con le Intese di Adana dell’ottobre 1998. Siria e Turchia si sono accordate per la cessazione di ogni appoggio siriano al PKK e per la chiusura delle basi del gruppo guerrigliero curdo, presenti sia in Siria che nella valle della Beka’a, in Libano. In occasione della visita di Assad, concreti segnali di normalizzazione delle relazioni sono stati la firma di ben tre Accordi in campo economico (in materia di doppia imposizione fiscale, promozione degli investimenti e cooperazione nel settore turistico) e l’annuncio della conclusione di altri Protocolli per l’istituzione di alcune zone di libero commercio, per la regolamentazione del commercio transfrontaliero e per l’apertura di un Consolato siriano in Turchia. L’avvicinamento è  stato favorito sia dalla convergenza di interessi sul futuro assetto politico dell’Iraq e sulla sua integrità territoriale, che dalla politica mediorientale di buon vicinato seguita dal Primo Ministro Erdogan.

 

Sembra intensificarsi l’ambiguo rapporto con l’Iran[10], che, insieme a Damasco, è sponsor di Hezbollah[11]. Da un lato, la Siria nutre timori per la crescita dell’ingombrante influenza iraniana sul vicino Iraq e su Hezbollah, dall’altro ha interesse a chiederne la collaborazione per la definizione della nuova situazione irachena e per superare la propria situazione di isolamento.

Negli ultimi anni si e’ andato indubbiamente intensificando il rapporto tra i due Paesi. L’isolamento diplomatico ed internazionale cui e’ sottoposta la Siria, ha finito per favorire un intenso scambio di visite ufficiali e diverse intese, sia sul piano economico che militare (“per fare fronte ai nemici comuni di Israele e Stati Uniti”).

Il rapporto con Teheran rimane comunque per molti versi ambiguo e non manca di suscitare, anche a Damasco, perplessità e timori. Se da un lato la Siria ha interesse a ricercare la collaborazione con l’Iran in particolare su dossier quali la stabilizzazione dell’Iraq, ad ottenerne l’appoggio a fronte della “politica di aggressione israeliana ed americana”, a porre le basi per intese di carattere economico (a fronte dell’ostracismo occidentale), dall’altro l’Iran rappresenta al tempo stesso anche una potenziale minaccia per il futuro del Paese.  Secondo molto osservatori, la ricerca della solidarietà iraniana da parte del regime siriano è effettuata obtorto collo. Per uno Stato a maggioranza sunnita come la Siria, il rafforzamento della componente sciita in Iraq, l’intensa opera di proselitismo attuata da Teheran anche all’interno di questo Paese (da qualche decina di migliaia, la componete sciita conterebbe oggi un milione di persone), rappresentano pericoli reali. Un “matrimonio” dunque pieno di contraddizioni e di stridenti diversità. Solo il calcolo politico o la necessità possono spiegare l’interesse della Siria (Paese laico, “pan-arabo” e “socialista”, che può vantare da sempre la convivenza pacifica inter-etnica ed inter-confessionale, che riconosce il ruolo della donna all’interno della società), a stringere legami con l’Iran, che non può essere considerato una realistica alternativa politica ed economica ai Paesi dell’Occidente.

Si è assistito di recente ad un riavvicinamento di Damasco alla Russia. La speranza di appoggio sulla questione libanese e sull’applicazione della Risoluzione 1559 del 2004, da parte della Russia, come membro del Consiglio di Sicurezza; la disponibilità, espressa da Mosca, ad appoggiare la riapertura dei negoziati di pace fra Israele e Palestina e anche fra Siria e Libano; l’opposizione comune all’intervento militare in Iraq, di cui la Siria fu accanita portavoce in seno al Consiglio di Sicurezza; la possibilità che la Russia torni a giocare un ruolo centrale in Medio Oriente, controbilanciando gli Stati Uniti, sono tutti elementi che hanno spinto Damasco a riallacciare i rapporti con Mosca.

Sul fronte dei negoziati di pace con Israele, i colloqui sono interrotti dal 10 gennaio 2000, e non accennano a riprendere. Israele continua ad occupare le alture del Golan[12], e vi ha creato degli insediamenti, ma il principio che queste dovranno tornare alla Siria alla stipula di un Trattato di pace sembra ormai acquisito dalla stessa Israele. Il maggiore punto di frizione resta quello della sovranità sulle acque del Lago di Tiberiade, bacino indispensabile per l'approvvigionamento idrico di entrambe le parti. Il Presidente Bashar Assad ha ripetutamente richiesto che, in eventuali nuovi negoziati, le legittime aspirazioni siriane sul Lago di Tiberiade siano tenute nella giusta considerazione. Damasco ambisce quindi ad una “pace dei forti” in cui la coesione araba funga da deterrente verso Israele, e che si fondi sulle Risoluzioni 242 (1967) e 338 (1973) delle Nazioni Unite[13]. La Siria continua a ritenere che non si potrà mai pervenire ad una pace vera e duratura nella regione senza Damasco.

 

Il conflitto arabo-israeliano ed il processo di pace rappresentano da sempre un dossier prioritario per la diplomazia siriana, in quanto incidono direttamente sul futuro del Paese, sulla sua integrità territoriale, sul suo ruolo regionale, ma anche, in ultima analisi, sulla credibilità (e legittimità) della sua dirigenza, prevalentemente alawita, nei confronti di una popolazione in schiacciante maggioranza sunnita.

Per la soluzione della crisi mediorientale, Damasco ritiene indispensabile una forte presenza dell’UE, unico soggetto in grado, a suo avviso, di svolgere un ruolo moderatore tra le Parti. Gli USA vengono infatti considerati dai siriani troppo palesemente schierati con Israele, sul quale i siriani esprimono un  giudizio severissimo quanto alla sua reale volontà di pace. Damasco rifiuta infatti l’unilateralismo americano e continua a puntare su una visione conservativa delle relazioni internazionali, con al centro l’ONU, nella strenua difesa da parte degli Stati del rispetto della propria autonomia decisionale, sovranità e identità culturale. Per questo la Siria continua a sostenere con forza il diritto dei palestinesi ad uno Stato indipendente.

Pur consapevole che una qualche collaborazione siriana faciliterebbe notevolmente il processo di stabilizzazione regionale, Washington ritiene Bashar molto debole e giudica “poco seria” l’offerta siriana di riavviare i negoziati con Israele dal punto in cui erano giunti a Shepherdstown nel 2000[14]. Le forze di sicurezza siriane hanno sventato un attentato contro l’ambasciata USA a Damasco il 12 settembre 2006.

Damasco ha svolto nei mesi scorsi una costante e positiva opera “calmieratrice” sulle fazioni palestinesi, ed in particolare su quelle presenti in Siria, prima fra tutte su Hamas e sul suo carismatico leader politico in esilio, Khaled Misha’al.

Gli sforzi messi in atto da parte delle Autorità siriane per facilitare il raggiungimento di un compromesso per la formazione di un Governo di Unita’ Nazionale in Palestina, da ultimo con la mediazione svolta per consentire l’incontro del 21 gennaio 2007 tra il Presidente Abbas e Misha’al, sono riconosciuti da più parti e si riconduce principalmente all’opera di mediazione siriana (Presidente Bashar e Vice Presidente Shara’a) l’instaurazione di quel clima tra Hamas e Fatah che ha permesso successivamente di raggiungere l’accordo della Mecca (19 febbraio scorso).

Relativamente al Piano di pace del Quartetto (Road Map), la Siria non intende frapporre ostacoli alla sua attuazione, né, tanto meno, ad un eventuale accordo che dovesse essere raggiunto tra Israele e ANP. Damasco vorrebbe tuttavia maggiori assicurazioni di non essere esclusa dal Processo di Pace, nella convinzione che esso non riguardi soltanto i Palestinesi, ma anche Siria e Libano.

 

Per quanto riguarda i programmi di armamenti, la Siria aderisce al Trattato di Non Proliferazione Nucleare dal 1969 e ha firmato la successiva Convenzione sulla sicurezza nucleare del 1994. In virtù degli accordi sopra citati, il Paese è oggetto delle ispezioni dell’AIEA, che ha sempre riferito dell’impiego pacifico del nucleare da parte delle Autorità di Damasco. Sono stati tuttavia insinuati dubbi, soprattutto da parte degli Stati Uniti, i quali considerano ancora oggi la Siria un ‘rogue State’, circa le effettive capacità militari di Damasco. Da anni risulta infatti l’esistenza di una centrale nucleare di 27 KW, nei pressi della capitale siriana, ad uso civile, mentre la capacità missilistica siriana risulta essere comunque tale da permettere a Damasco di produrre ed assemblare gli “SS-21” e gli “Scud”, frutto di una lunga collaborazione con Mosca, che, peraltro, con il “nuovo corso” del Presidente Bashar, ha subito un forte ridimensionamento.

 

Riguardo la riforma del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, Damasco auspica una riforma che incrementi sia il numero dei seggi permanenti, che quello dei seggi non permanenti, ma è fortemente contraria al diritto di veto, così come ribadito alla 59^ UNGA. In linea con le posizioni della Lega Araba, uno dei seggi permanenti dovrebbe spettare ad un Paese arabo a rotazione. La Siria non è inoltre soddisfatta delle proposte del Panel di esperti: l’ipotizzata riconfigurazione dei gruppi regionali non risolverebbe i problemi di sottorappresentanza di Asia e Africa ed entrambe le opzioni di riforma del CdS prevedrebbero il mantenimento del diritto di veto per gli attuali membri permanenti.

 

 

 

 

 

 

 

5. Quadro economico

 

 

PRINCIPALI INDICATORI ECONOMICI 2007* 

 

 

PIL  a parità di potere di acquisto

86,59 miliardi di dollari

 

PIL al cambio ufficiale

29,28 miliardi di dollari

Crescita PIL

3,5%

PIL pro capite a parità di potere di acquisto

4.900 dollari (PIL pro capite italiano: 31.000 dollari)

 

Composizione del PIL per settori

Agricoltura (26%), Industria (14%) Servizi (51%)

 

Popolazione al di sotto della soglia di povertà

11,9%

 

Inflazione

2,6%

 

Quota delle spese militari sul PIL

5,9%

 

Debito estero

6,61 miliardi di dollari

 

Rapporto debito pubblico/PIL

37,2% del PIL

 

 

Dopo aver registrato un decennio di elevata crescita negli anni 90, l’economia siriana ha sperimentato un indebolimento e, nel medio termine, desta qualche preoccupazione il previsto declino della produzione petrolifera che attualmente contribuisce per quasi il 20% alla formazione del PIL, e a oltre la metà delle esportazioni e delle entrate statali.

Nel 2007, il Governo siriano ha continuato a procedere sulla strada della liberalizzazione dell’economia: già nel corso 2006, erano state adottate una serie di riforme volte al mercato finanziario, alla promozione degli investimenti ed alla revisione del sistema fiscale. 

In base a quanto reso noto dal Vice Primo Ministro per gli Affari Economici Dardari, per il 2007, i dati mostrano una crescita soddisfacente dell’economia siriana con un aumento degli investimenti, dell’interscambio con una contrazione del deficit commerciale, una crescita della domanda interna per effetto dell’arrivo massiccio nel paese di rifugiati iracheni (circa 1,5 milioni), nonché un rapido sviluppo del settore bancario che si è tradotto in un notevole incremento dei depositi e dei prestiti.

Nel primi mesi del 2008, si è verificato un forte aumento dei prezzi al consumo (anche oltre il 50% per i generi alimentari) determinato soprattutto dalla graduale abolizione dei consistenti sussidi petroliferi. La crescita dei salari del 25% non ha pertanto ammortizzato gli effetti della spinta inflazionistica.

 

 

6. Rapporti bilaterali (a cura del MAE)

 

 

Ambasciatore italiano a Damasco:

S.E. Achille Franco Luigi Amerio

Ambasciatore della Siria a Roma:

S.E. Samir Al Kassir

 

A fronte di un sostanziale congelamento dei rapporti politici, proseguono con reciproca soddisfazione i rapporti bilaterali tra Italia e Siria soprattutto sotto il profilo economico.

Nonostante le difficoltà insite nella struttura economica siriana (economia di Stato, divieto d’importazione di beni di consumo e dazi, politiche governative restrittive, protezione degli investimenti, ecc), l’Italia è da tempo partner privilegiato della Siria negli scambi commerciali, rappresentando il primo fornitore europeo ed il maggior importatore.

In base ai dati dell’ISTAT, nel 2007, le esportazioni italiane in Siria sono state di 942 milioni di Euro e hanno registrato un aumento del 41,9% rispetto al 2006. Le importazioni italiane dalla Siria si sono attestate a 927 milioni di Euro e hanno registrato anch’esse una crescita del 29,3%. Il saldo attivo per l’Italia è stato di 15 milioni di Euro. L’export italiano è tuttora contraddistinto da beni intermedi e strumentali. Le importazioni italiane dalla Siria sono rappresentate prevalentemente da petrolio greggio.

 

Relazioni culturali

Le relazioni bilaterali sono regolate dall’Accordo di Collaborazione Culturale firmato il 2 dicembre 1971 a Damasco e ratificato il 9 maggio 1974, e dall’Accordo di Collaborazione Scientifica e Tecnologica firmato il 23 aprile 1998 a Damasco e ratificato il 26 maggio del 2000.

 

Archeologia

L’attività archeologica riveste un ruolo particolarmente importante nel quadro dei rapporti culturali con la Siria. Le missioni archeologiche italiane svolgono infatti un’attività più che decennale di scavo, restauro e ricerca in siti di notevole prestigio e di interesse scientifico. Nel 2006 sono stati concessi contributi a 9 missioni archeologiche, tra le quali 4 Progetti Pilota, per un totale pari a 173.000 euro.

 

Vi è inoltre presenza di giovani siriani iscritti  nelle università italiane e sono attivi diversi accordi di collaborazione interuniversitaria. Dal 2002 è operativo per la Siria la partecipazione al programma comunitario TEMPUS: in tale ambito si registra la collaborazione con UNIMED (Associazione di Università del Mediterraneo che fa capo all’Università di Roma La Sapienza).

Nel corso di una missione in Siria del febbraio 2003, è stata sottoscritta tra l’allora Ministro dell'Istruzione Superiore siriano Risheh ed il nostro Ministero degli Affari Esteri una Dichiarazione d'Intenti, volta al rafforzamento della collaborazione accademica, prefigurando come elementi particolarmente qualificanti la creazione di un "Istituto Italo-Siriano di Studi Superiori" e la previsione di programmi di formazione di alto livello per studiosi e ricercatori siriani in molteplici campi disciplinari. Da parte siriana viene annessa particolare importanza all’effettiva realizzazione dell’Istituto.

La programmazione dell’Istituto Italiano di Cultura a Damasco si realizza attraverso l’offerta di un’articolata serie di eventi e di attività che valorizzino il patrimonio culturale e linguistico italiano. Le tematiche trattate producono spessoforme d’incontro e confronto con la cultura locale, coinvolgendo gli ambienti culturali e artistici siriani, stimolando la partecipazione della comunità locale e di quella italiana e favorendo forme di collaborazione.

 

Cooperazione allo sviluppo

Il primo protocollo bilaterale risale al 1991, ma è solo a partire dal 1998 che si sono consolidati i rapporti con la Siria in materia di cooperazione allo sviluppo, in riconoscimento del ruolo fondamentale del Paese nello scacchiere mediorientale, nonché per l'interesse dell'Italia a fornire un contributo significativo allo sforzo di modernizzazione in atto.

Il programma di cooperazione attualmente in corso con la Siria è disciplinato dal Memorandum d'Intesa firmato a Damasco il 23 novembre 2000, che prevede una disponibilità di 84,2 milioni di Euro, di cui 58,4 a credito d’aiuto e 25,8 a dono. Con tale impegno finanziario, l'Italia si pone  tra i primi donatori della Siria. Sono in corso i negoziati per il nuovo Protocollo bilaterale che dovrebbe essere firmato nel corso del 2008.

Il principio ispiratore dell'Accordo bilaterale vigente è quello di intervenire nei settori che tradizionalmente occupano una larga parte della popolazione attiva siriana, come l'agricoltura, o che possono divenire, in prospettiva, dei settori trainanti dell'economia locale: valorizzazione del patrimonio culturale e promozione delle piccole e medie imprese.

A tale quadro, si aggiungono gli interventi nel settore della sanità, volti, da un lato, a garantire un più largo accesso ai servizi sanitari di base e, dall'altro, a creare strutture scientifiche di punta, in risposta ad esigenze fondamentalinon solo nazionali, ma anche regionali.

Dati statistici bilaterali

PRINCIPALI ESPORTAZIONI  E IMPORTAZIONI ITALIANE - Gen.-Dic. 2007

(e % su totale)

ESPORTAZIONI

IMPORTAZIONI

1 Prodotti petroliferi raffinati (46,1%)

1. Prodotti petroliferi (petrolio greggio) (69,8%)

2. Macchine ed apparecchi meccanici (20,0%)

2. Prodotti petroliferi raffinati (13,6%)  

3. Prodotti chimici, fibre sintetiche e artificiali (9,6%)

3. Prodotti dell’agricoltura (4,6%)

4. Prodotti della metallurgia (6,3%)

4. Prodotti dell’industria alimentare, bevande (oli e grassi vegetali e animali) (4,5%)

5. Prodotti dell’informatica ed elettrotecnici (6,1%)

5. Calzature, cuoio e prodotti in cuoio (3,4%)

Fonte:elaborazioni ICE su dati  ISTAT

 

INCIDENZA INTERSCAMBIO SUL COMMERCIO ESTERO ITALIANO 2007

Esportazioni verso la Siria sul totale delle esportazioni italiane

0,2%

Importazioni dalla Siria sul totale delle importazioni italiane

0,2%

Fonte: ISTAT

 

QUOTE DI MERCATO 2006

PRINCIPALI FORNITORI

% su import

PRINCIPALI ACQUIRENTI

% su export

1. Cina

6,5%

1. Italia

19,6%

2. Egitto

   5,2  %

2. Francia

  8,8%

3. Corea del Sud

 4,2%

3. Arabia Saudita

   8,7%

4. Italia

   3,4 %

4. Iraq

   6,4%

Fonte:Economist Intelligence Unit (Dati: Ufficio Centrale di Statistica siriano) - giugno 2008

 

SACE  – (milioni di Euro)

Categoria di rischio

7 su 7

 

Impegni in essere (a)

3,1

 

Indennizzi erogati da recuperare (b)

Sinistri in corso (c)

-

0,1

 

Esposizione complessiva (a+b+c)

3,2

n.d. % sul totale SACE

Fonte: SACE – 30 giugno 2007; n.d.: non disponibile

 

FLUSSI INVESTIMENTI DIRETTI (2007)

(migliaia di Euro)

in Siria

in Italia

189

178

Fonte: Ufficio Italiano Cambi (U.I.C.) - Investimenti-disinvestimenti

 

FLUSSI TURISTICI BILATERALI

dall’Italia

verso l’Italia

2006

n.d.

4.012 unità (stima)

 

Fonte: ENIT/Ambasciata d’Italia 2008

 



[1] Fonte: CIA Worldfactbook 2008

[2] Il Partito Ba’ath, fondato nel 1947 e alfiere della dottrina panaraba socialista, è giunto al potere in Siria nel 1963 a seguito di uno degli innumerevoli colpi di stato che, prima dell’avvento di Assad padre, costituivano il normale metodo di avvicendamento di governo in Siria.

[3] Anche se non si sono avuti altri drammatici avvenimenti come quelli di Hama nel 1981/82.

[4] L’articolo 8 della Costituzione specifica che il Baath ricopre il ruolo di partito-guida.

[5] Nel referendum tenutosi il 10 luglio 2000 hanno votato a favore di Bashar il 97,92% dei votanti (l’affluenza è stata pari al 94,59% degli aventi diritto).

[6] Una brigata corazzata, quattro meccanizzate, due reggimenti di artiglieria e diversi battaglioni di fanteria leggera, oltre ad elementi del comando difesa aerea.

[7] Su tale questione, la Siria avrebbe dovuto trasmettere in tempi brevi alla controparte giordana una bozza di accordo di cooperazione in materia di sicurezza, con l’obiettivo di giungere ad un’intesa in occasione della riunione del Comitato ad Alto Livello siro-giordano a Damasco.

[8] Il dialogo curdo-siriano è stato riavviato con la missione di una delegazione del Partito Democratico del Kurdistan a Damasco. Nel corso della visita il capo della delegazione, al-Balzani, ha rassicurato i siriani sul fatto che “il governo del Kurdistan fa parte del governo provvisorio di Allawi (2004-2005), che rappresenta un solo Paese”

[9] In realtà, tutti gli osservatori ritengono che sia praticamente impossibile garantire la assoluta impermeabilità di una frontiera così lunga, anche con il pattugliamento congiunto: una collaborazione siriana ha però un chiaro significato politico, a cui si aggiungono evidenti interessi economici (basta considerare che nel 2002 le esportazioni siriane in Iraq ammontavano a 1 milione di Euro).

[10] Costantemente appoggiato da Damasco durante la guerra contro l’Iraq.

[11] Movimento sciita di resistenza operante nel Libano del sud, ancora oggi utilizzato come arma di ricatto “ad intensità variabile” nei confronti di Israele, per costringere lo Stato ebraico a tornare al tavolo delle trattative alle condizioni chieste dalla Siria

[12] Occupate durante la Guerra dei Sei Giorni nel giugno 1967

[13] Posizione ribadita anche al  vertice della Lega Araba dell’ottobre 2000.

[14] Nel dicembre 2003 il Congresso americano ha adottato il Syria Accountability and Libanese Sovereignty Restoration Act, che  prevede che il Presidente USA possa adottare due o più misure sanzionatorie ai danni della Siria tra quelle suggerite dal provvedimento: il divieto di esportare beni americani diversi da generi alimentari e medicine; il divieto per le società americane di effettuare investimenti o operare in Siria; limitare la libertà di movimento dei diplomatici siriani a Washington, nonché alle Nazioni Unite entro un raggio di 25 miglia da tali città; divieto a qualsiasi aeromobile siriano di decollare, atterrare o sorvolare gli USA; riduzione dei contatti diplomatici americani; impedire transazioni commerciali che coinvolgono un interesse dello Stato siriano e persone o beni sottoposti a giurisdizione americana. L’11 maggio2004 il Presidente Bush ha firmato un apposito “executive order”, per l’adozione delle prime sanzioni contro la Siria, dando un segnale di fermezza, ma con risvolti effettivi piuttosto limitati.

* Cia The World Factbook, 2008.