Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Rapporti Internazionali
Titolo: REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA ED IRLANDA DEL NORD - Incontro del Presidente della Camera con l'ambasciatore del Regno Unito, S.E. Edward Chaplin - Roma, 9 maggio 2008
Serie: Schede Paese    Numero: 1
Data: 08/05/2008
Descrittori:
GRAN BRETAGNA   POLITICA ESTERA

 

REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA ED IRLANDA DEL NORD

                                                        

DOSSIER  SCHEDE - PAESE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVI legislatura

 

 

 

 

 

n. 01

 

8 maggio 2008

 

 

 

 

CAMERA DEI DEPUTATI

 

 

Servizio Rapporti internazionali


 

 

REGNO UNITO DI GRAN BRETAGNA ED

IRLANDA DEL NORD

 

 

 

 

 

Dati generali [1]

Abitanti

60.943.912

Tasso di crescita della popolazione

0,276

Aspettativa di vita

78.85

Tasso di alfabetizzazione

99%

Superficie

244.820 Kmq

Capitale

Londra (7.500.000 abitanti)

Religioni praticate

Anglicana, cattolica e presbiteriana (71,6%), musulmana (2,7 %) indu 1%); altre (1,6%)

 

 

 

 

 

CENNI STORICI

 

Il Paese era abitato da popolazioni celtiche quando nel 55-54 a.C. cominciò l'occupazione dei Romani che, giunti ai confini attuali della Scozia, ne fecero la provincia di Britannia fino all’inizio del secolo V. Nei secoli V-VI fu invaso dagli anglosassoni e nel secolo VII cristianizzato. Sottomesso dai danesi nei secoli IX-XI, dopo una breve restaurazione della casa anglosassone del Wessex, fu occupato dai normanni di Guglielmo il Conquistatore che avevano sconfitto Alfred I nella battaglia di Hastings (1066).

Nel 1154 iniziò la dinastia dei Plantageneti con Enrico II (1154-89). La lotta costante per la supremazia tra re, nobiltà e clero che caratterizzò il regno dei Plantageneti indebolì la corona. Con le "Constitutions of Clarendon" infatti Enrico II sancì il suo controllo sul clero  e fu dopo numerosi scontri e riconciliazioni con lui che l'Arcivescovo di Canterbury, Thomas Beckett, venne ucciso nel 1170. Divenuto re (dopo Riccardo Cuor di Leone che trascorse gran parte del regno alla terza Crociata) Giovanni Senzaterra fu scomunicato da Papa Innocenzo III perché non voleva accettare il nuovo Arcivescovo di Canterbury. I Baroni, liberati dal giuramento di fedeltà, ne approfittarono per ridurre i suoi poteri e in cambio del loro sostegno lo costrinsero a firmare la Magna Charta (1215), che, stabilendo il diritto dei Baroni ad essere consultati prima di qualunque azione, costituisce il primo passo verso la monarchia costituzionale. La nobiltà ottenne progressivamente ulteriori restrizioni dell’autorità regia e impose la convocazione a Londra di un grande Parlamento (1265) in cui erano rappresentati anche la nobiltà minore e i borghesi. Nel 1337 la borghesia si separò dai Baroni, dando vita a un parlamento con due camere distinte dei Lords e dei Comuni. Sottomesso il Galles con Edoardo I (1272-1307), la corona inglese cercò con Edoardo III (1327-77) di impadronirsi di quella francese, impegnandosi nella guerra dei cent’anni, che però si concluse con la perdita definitiva dei domini inglesi in Francia.

Alla fine del XV secolo si andò sviluppando il commercio inglese mentre nella prima metà del secolo XVI iniziò l’espansione coloniale.

Enrico VIII (1509-47) restaurò la potenza della monarchia e si separò dalla Chiesa di Roma proclamandosi capo della Chiesa d’Inghilterra.

Elisabetta I (1558-1603) sconfisse l’"Invincible Armada" di Filippo II di Spagna, sancendo l’ascesa dell’Inghilterra a grande potenza.

Giacomo VI Stuart, re di Scozia figlio di Maria Stuart e unico discendente di Enrico VIII, salì al trono con il nome di Giacomo I (1603-25), unendo così le corone di Scozia e d’Inghilterra.

Scoppiata nel 1642 la guerra civile, il partito del Parlamento, guidato da Cromwell, sconfisse il Re Carlo I e lo fece decapitare. Proclamata la repubblica, Cromwell ne divenne il dittatore con il titolo di Lord Protettore (1653). Dopo la sua morte il Parlamento restituì la corona a Carlo II (1660) che nel 1679 dovette concedere l’Habeas Corpus, che garantiva la libertà personale, stabilendo che nessuno poteva essere imprigionato senza processo.

Nel 1689 Guglielmo III d’Orange, che regnava insieme a Maria, figlia di Giacomo II, per volere del Parlamento, accettò la Bill of Rights che dava basi costituzionali all’autorità del Parlamento.

Nel 1717 Inghilterra e Scozia stipularono l’Atto di Unione, che diede vita ufficialmente alla Gran Bretagna.

Nel 1719 salì al trono Giorgio I di Hannover. L'Act of Settlement del 1701 aveva infatti stabilito l'esclusione dal trono di tutti i discendenti cattolici di Giacomo I e il passaggio della corona ai  discendenti protestanti di Giacomo II. Nascono adesso i partiti politici Tory e Whig e la figura del Prime Minister, dato che il re non capiva l'inglese e non si interessava molto delle vicende del Paese, con Robert Walpole (Wigh) che finì col sostituirlo quasi completamente. Fu questo un periodo di tolleranza, prosperità e sviluppo commerciale, ma anche di rivalità e guerre con la Francia nei possedimenti coloniali del Nord America che portarono alla conquista dell'intero Canada e di altre colonie e al controllo dell'India. Nel 1776 13 colonie del Nordamerica proclamarono l’indipendenza.

Nel 1793 il paese entrò nella prima coalizione antifrancese e sconfisse Napoleone  a Trafalgar (1805) e a Waterloo (1815). Mentre continuava l’espansione coloniale, alla fine del secolo XVIII cominciò nel paese la prima “rivoluzione industriale”, seguita da una politica di riforme sociali durante il regno della Regina Vittoria (1837-1901).

Con il Primo Ministro Disraeli (1874) riprese l’espansione coloniale ed iniziò l’era dell’imperialismo inglese.

Nel 1914 la Gran Bretagna partecipò alla I Guerra Mondiale e con la Pace di Versailles (1919) ottenne un’ulteriore estensione del suo impero.

Nel 1921 venne riconosciuto lo Stato Libero d’Irlanda (tranne che le province settentrionali: Ulster).

Nel 1931 lo Statuto di Westminster inaugurò un rapporto paritario tra Gran Bretagna e dominions, con la costituzione del Commonwealth of Nations.

In Europa il paese si trovò a fronteggiare il fascismo e il nazismo, ai quali, dopo un tentativo di conciliazione (patto di Monaco, 1938), dichiarò guerra nel 1939.

Nel dopoguerra il ruolo di potenza mondiale della Gran Bretagna si venne ridimensionando. Con la concessione dell’indipendenza all’India e al Pakistan nel 1947 iniziò il processo di decolonizzazione, anche se con un residuo legame istituzionale mantenuto con alcune ex colonie attraverso il Commonwealth.

Il Paese è membro della NATO dalla sua costituzione; nel 1958  ha aderito all’EFTA da cui è uscita nel 1972 per entrare nella CEE.

Dal 1979 al 1997 il Partito Conservatore è stato alla guida del Paese con un programma neoliberista che ha trovato in Margareth Thatcher il più tenace assertore. In politica estera, rivelatisi vani gli sforzi per una risoluzione diplomatica della questione delle Falkland o Malvine (rivendicate dall’Argentina), la Gran Bretagna è intervenuta militarmente nelle isole (1982).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Principali cariche dello Stato

 

 

Sovrano

 

 

elisabetta ii (dal 6 febbraio 1952)

Speaker della Camera dei Comuni

 

 

Michael J. Martin, laburista, dal 23 ottobre 2000

Speaker della Camera dei Lords e Ministro per gli Affari costituzionali

 

 

Baroness Hélène Valerie Hayman,  laburista, dal 4 luglio 2006

Primo Ministro

 

Gordon Brown (partito laburista, dal 17 giugno 2007)

Segretario di Stato per la Difesa

Des Browne

 

Segretario di Stato per la giustizia

Jack Straw

Cancelliere dello Scacchiere (Responsabile del settore economico)

 

Alister Darling

 

 

Segretario di Stato per gli Esteri ed il Commonwealth

 

 

David Miliband

 

 

 

 

Scadenze elettorali

 

 

Camera dei Comuni

2010

 

                                  


 

 

 

Quadro istituzionale

 

 

 

Sistema politico

Il Regno Unito non possiede una Costituzione scritta e non possiede neppure un meccanismo di revisione costituzionale. È basato su Convenzioni (Conventions), ovvero regole ed usi che traggono la loro origine dalla storia del Paese e, pur non essendo rigide, sono considerate indispensabili per il funzionamento dello Stato.

Il Sovrano è Capo dello Stato e della Chiesa d’Inghilterra ed è al vertice del sistema giudiziario.

 

Parlamento

 

Il Regno Unito ha un sistema parlamentare di tipo bicamerale. Il Parlamento si articola nella Camera dei Comuni (elettiva, della durata di cinque anni), composta da 646 membri, e nella Camera dei Lords composta attualmente da 703 membri[2] (i Lords detengono la loro carica per eredità o designazione). Nel corso del secolo si è imposta la supremazia della Camera elettiva rispetto alla Camera dei Lords.

Le leggi sono approvate da entrambi i rami del Parlamento, ma il sistema bicamerale non risulta perfetto. I disegni di legge esaminati dai Lord e respinti dalla Camera dei Comuni non diventano legge, ma per consuetudine vengono o accantonati o opportunamente modificati.

I disegni di legge riguardanti materie fiscali o l’introduzione di spese, per prassi, sono presentati alla Camera dei Comuni e non sono modificati dai Lord.

Se la Camera dei Lord entro 13 mesi non approva un disegno di legge già approvato dalla Camera bassa, il Sovrano può chiederne un’ulteriore approvazione da parte della Camera dei Comuni e procedere comunque alla promulgazione (Royal Assent) senza sottoporlo ai Lord.

L'attuale composizione della Camera dei Comuni, dopo le elezioni del maggio 2007 è la seguente:

 

Partiti politici

seggi

Laburisti

351

Conservatori

192

Liberaldemocratici

  63

Democratici unionisti

9

Indipendenti

3

Indipendenti conservatori

2

Indipendenti laburisti

1

Respect

1

Democratici Unionisti dell’Ulster

 1

Partito Nazionale Scozzese

 6

Sinn Fein

 5

Plaid Cymru

 3

Socialdemocratici

 3

Partito indipendente del Regno Unito

1

Altri

5

 

L'attuale composizione della Camera dei Lords è la seguente:

 

Partiti politici

seggi

Conservatori

202

Laburisti

217

Liberaldemocratici

78

Indipendenti

196

Vescovi e Arcivescovi

  26

Altri

13

TOTALE

732

 

 

Potere esecutivo

 

Il Sovrano nomina il Primo Ministro e, su proposta di questi, gli altri membri del Governo. È nominato Primo Ministro il capo del partito che vince le elezioni parlamentari. Nel Governo la maggior parte dei dicasteri deve essere affidata a membri della Camera dei Comuni. Il Primo Ministro può chiedere al Sovrano di sciogliere le Camere, se lo ritiene opportuno per le sorti elettorali del suo partito di appartenenza. Il Sovrano non è tenuto giuridicamente ad uniformarsi alla richiesta del Primo Ministro, ma nel passato più recente non si è verificato alcun caso di rifiuto.

Il precedente Governo, guidato da Tony Blair, ha accentuato le autonomie nell’ambito del Regno Unito, procedendo al trasferimento di numerose competenze (devolution) al Galles e alla Scozia.

Il referendum del 18 settembre 1997 (50,3% voti a favore e 49,7% contrari) ha sancito l’istituzione di un Parlamento nel Galles. Tra le materie ad esso devolute figurano la sanità, lo sviluppo economico l’agricoltura, la pesca, l’istruzione e l’ambiente. La competenza del Parlamento di Londra è rimasta sulla politica estera, la difesa, le materie fiscali, la sicurezza sociale e gli indirizzi generali di politica economica. Il Parlamento gallese è guidato dal Primo Segretario, che nomina un Gabinetto composto da altri otto Segretari, ad ognuno dei quali è affidato un settore di intervento.

Con una legge del 1998, anticipata da un referendum tenutosi l’11 settembre 1997 con cui il 74,3% degli scozzesi aveva preventivamente fornito la propria approvazione, il Parlamento del Regno Unito ha trasferito alla Scozia parte dei propri poteri legislativi, esecutivi e fiscali, con la creazione di un Parlamento e di Organi esecutivi (Primo Ministro e Ministri) locali. Le materie riservate al Parlamento scozzese riguardano, tra l’altro, la sanità, l’istruzione, la politica delle abitazioni, lo sviluppo economico locale, i trasporti nonché alcuni aspetti della legislazione penale. Il potere esecutivo è affidato al Primo Ministro scozzese – espressione del partito di maggioranza al Parlamento – e al suo Gabinetto. La competenza del Parlamento di Londra è rimasta sulla politica estera, la difesa, la sicurezza sociale e gli indirizzi generali di politica economica.

 

 

 

                     Attualita’ di politica  interna

                           

 

 

 

Recenti elezioni amministrative

 

Il 1° maggio scorso netta è stata la vittoria dell'opposizione conservatrice alle elezioni amministrative svoltesi in Inghilterra e in Galles, con la disfatta dei laburisti del premier Gordon Brown.  

Per il Capo del governo e' stato il primo test elettorale dal suo insediamento alla carica tenuta per dodici anni da Tony Blair. Il Labour è divenuto il terzo partito, dietro i conservatori del giovane David Camerun e i liberaldemocratici: ai Tory sono andati il 44 per cento dei voti, ai liberaldemocratici il 25 e al Labour il 24. Per i laburisti è stato il peggior risultato in un’elezione amministrativa da trentacinque anni a questa parte.

I risultati ufficiali riferiti a 100 consigli comunali hanno riconosciuto ai conservatori la maggioranza in 45 assemblee, ai laburisti in 14 e ai liberaldemocratici in 6. I laburisti hanno perso 6 consigli e 162 seggi; i conservatori ne hanno conquistati rispettivamente 8 e 147.

         

Il 3 maggio scorso le elezioni per il sindaco di Londra sono state vinte dal candidato conservatore Johnson, che ha sconfitto nettamente il sindaco uscente laburista Livingstone. Tra prime e seconde preferenze Johnson - che ha promesso una lotta piu' energica al crimine e un miglioramento dei trasporti  pubblici - ha preso 1.168.738 voti contro i 1.028.966 di Livingstone, con un'affluenza del 45%.

 

Il 22 maggio prossimo si svolgerà il prossimo grande test elettorale con la 'by-election', l'elezione suppletiva per il 'Crewe and Nantwich', circoscrizione del Cheshire. Il seggio ai Comuni è rimasto vacante dopo la morte di Gwyneth Dunwoody, la deputata rimasta più a lungo in Parlamento, dove sedeva dal 1974 e che aveva un fortissimo radicamento territoriale.

 

Secondo Brown, sono state le preoccupazione dell'elettorato relative all'aumento dei prezzi dei generi alimentari, dei servizi e del combustibile a contribuire al peggior risultato elettorale dei laburisti negli ultimi quarant'anni. Gordon Brown avrebbe un anno di tempo, dopo la disfatta delle amministrative della scorsa settimana, secondo quanto pubblicato dal quotidiano britannico conservatore The Times. Se in un anno le fortune del partito non si saranno risollevate - evitando la certezza della sconfitta nelle prossime politiche del 2010 - la posizione del premier potrebbe diventare insostenibile.

Come prima cosa, il governo ha preannunciato che varerà un pacchetto di misure per alleviare le fasce più colpite dalla crisi economica, tra le quali un sussidio per gli acquirenti delle prime case, la fine della possibilità per i supermercati di fissare i prezzi di vendita e il rinvio dell'aumento del prezzo dei combustibili, previsto per il prossimo ottobre.

 

 

Governo di Gordon Brown

 

Va ricordato che il 24 giugno 2007 Brown era statoeletto capo del Partito Laburista e il 27 giugno 2007 è divenuto Primo Ministro del Regno Unito. 

Il nuovo Premier ha operato un profondo rinnovamento nella compagine ministeriale, non solo in termini di persone ma anche di articolazione delle competenze ministeriali: istituzione di un Ministero della Giustizia, abolizione del Department of Trade and Industry, con ripartizione delle sue competenze tra vari ministeri tra cui un nuovo “Department for Business, Enterprise and Regulatory Reform”, disarticolazione del Department for Education in due Ministeri, uno per scuola e infanzia e l’altro per innovazione ed università. Tra i principali incarichi spicca la nomina di David Miliband a capo del Ministero degli Esteri, quella di Alistair Darling (scozzese come Brown) al Tesoro,  e la conferma di Desmond  Browne (anch’egli scozzese) alla difesa.

Prendendo le distanze dallo “stile presidenziale” di Blair e con largo anticipo sul “Discorso della Corona”, da oltre 150 anni utilizzato per tale scopo,  l’11 luglio 2007 il nuovo Primo Ministro ha presentato ai Comuni, affinché divenga oggetto di pubblico dibattito, il programma legislativo del suo governo, focalizzato su riduzione del costo delle abitazioni, riforma della scuola e rilancio del servizio sanitario nazionale.  Nella sostanza, Brown appare intenzionato a portare avanti l’ambizioso programma di riforme strutturali avviato da Blair (istruzione, sanita', previdenza, pensioni), in linea con i principi del "New Labour", che si sostanziano nel partenariato pubblico-privato e nell'apertura alla concorrenza dei servizi pubblici, utilizzando meccanismi di mercato per realizzare finalità di interesse collettivo. 

Anche sul piano della lotta al terrorismo, l’azione di Brown non sembra discostarsi dalla linea di fermezza del suo predecessore, con iniziative che, pur attente alle tradizioni liberali del Paese, mirano ad un rafforzamento dei poteri di intervento delle forze dell’ordine. Due le misure di maggiore rilievo anticipate da Brown: la creazione di una forza unificata di polizia  di frontiera e la ripresa del dibattito sull’estensione del fermo di polizia.

 

 

 

 

                            Politica  estera

(in collaborazione con il MAE)

 

 

 

Linee direttrici

 

Nel solco della passata grandezza imperiale, il Regno Unito continua a perseguire una politica estera a tutto campo, con l’aspirazione a svolgere un ruolo di grande potenza. A differenza dei suoi predecessori, Blair ha mirato a conciliare l’alleanza strategica (la “special relation”) con gli Stati Uniti con un ruolo più attivo in Europa, sottolineando la funzione di ponte tra le due sponde dell’Atlantico svolta da Londra. I costi di questa scelta sono stati elevati: il Regno Unito ha dispiegato all’estero più truppe di qualunque altro Paese europeo (nel corso dell’amministrazione Blair si sono contati interventi in Sierra Leone, Kosovo, Afghanistan, Iraq) ed il tributo di vittime è stato importante.

La nomina di Miliband al vertice della diplomazia britannica, seguita alla “staffetta” tra Blair e Brown, ha segnato la restituzione al Foreign Office di quella centralità di ruolo nel campo della politica estera, progressivamente divenuta appannaggio di Downing Street durante il Governo Blair. Lo stesso Brown ha annunciato nei primi giorni del suo premierato la volontà di fare della Gran Bretagna un “crocevia globale degli affari mondiali” (political global hub), che superi il tradizionale ruolo di ponte tra Europa e Stati Uniti.

Appare tuttavia chiaro che questo nuovo approccio non potrà esprimersi che all’interno di una coerenza di fondo con le tradizionali posizioni di politica estera di Londra, posizioni maturatesi negli ultimi dieci anni di governo laburista.

 

Da una parte, il rapporto speciale con Washington, cementato da una forte solidarietà strategica e militare,resta pietra angolare della politica britannica: l’11 settembre e gli interventi congiunti in Afghanistan ed Iraq hanno ulteriormente rinsaldato tale legame. Dall’altra, quello di Blair è stato il governo piu’ filo-europeo che il Paese abbia mai avuto: rispetto ai suoi predecessori, egli  ha puntato ad imprimere più dinamismo all’azione europea del Regno Unito, pur nell’ambito di un approccio pragmatico e refrattario ad un’Unione troppo stretta.

Nel dibattito sul processo di costruzione europea, la Gran Bretagna difende la concezione intergovernativa, in particolare attraverso il mantenimento del controllo da parte degli “Stati sovrani” in materia di politica estera e di difesa Convinto sostenitore della esigenza di una  politica di difesa comune, il Governo di Londra ne colloca gli sviluppi in funzione complementare alla NATO e per consentire all’Europa di essere piu’ rilevante nel partenariato con Washington. Di qui l’enfasi sull’adeguamento delle capacità  e l’accelerazione di intese in materia con la Francia e la Germania.

            Di recente, però, il primo ministro britannico Gordon Brown ha invitato i suoi connazionali a "impegnarsi senza riserva" nell'Unione europea al fine di influenzare le riforme economiche del blocco e lottare contro le turbolenze dei mercati finanziari del mondo. Egli ha sostenuto che l’Ue è la "chiave del successo degli affari nel Regno Unito", e che in un periodo di incertezza economica globale la stabilità della relazione del Regno Unito con l'Europa non va messa in discussione. Brown, considerato meno favorevole alla costruzione europea del suo predecessore Tony Blair, ritiene che l'Ue abbia i mezzi "per rispondere alle sfide che interessano maggiormente ai cittadini europei", dopo la firma del Trattato di Lisbona a dicembre. Tra queste sfide, secondo il leader laburista, la crescita e la stabilità economica, la competitività e la creazione di posti di lavoro.   

Va ricordato che Brown, come Cancelliere dello Scacchiere, si è fermamente opposto all’adesione del Regno Unito all’euro, nella profonda convinzione della superiorità del modello economico britannico (caratterizzato da un accentuato liberismo e da un’elevata flessibilità del mercato del lavoro, oltre che dalla piena autonomia della Bank of England  in materia di politica monetaria)  rispetto al modello capitalistico dell’Europa continentale.

Il Ministro degli esteri Miliband vede la necessità di un’”Europa forte”, ma in cui l’unanimità resta alla base dei processi decisionali in materia di politica estera.

L’accento rimane quindi posto su una visione dell’Unione Europea puramente strumentale, quale mezzo per poter affrontare in maniera più efficace che sul piano nazionale le maggiori sfide contemporanee e non  come progetto ideale.

In tale prospettiva, l’interesse del Regno Unito è rivolto all’ “Europa dei risultati”, ovvero alla realizzazione dell’Agenda di Lisbona e di un mercato unico pienamente liberalizzato. Londra rimane comunque determinata a svolgere un ruolo di rilievo nella definizione dei futuri assetti istituzionali  dell’Europa, nella dichiarata intenzione di evitare la creazione di un “superstato” ed il prevalere di un approccio federalista, che configurerebbero perdite di sovranità difficilmente accettabili nel Regno Unito. In sostanza,  nella concezione britannica, i Paesi membri dovrebbero rinunciare alla sovranità solo “dove utile”, preservando invece la propria indipendenza e libertà di azione “dove necessario”.

            In merito alle tematiche dell’allargamento dell’Unione, Londra condivide con l’Italia la medesima valutazione circa l’apertura ed i termini del negoziato di adesione della Turchia; per quanto riguarda la Croazia, auspica che il Governo adempia prima ai propri obblighi nei confronti del Tribunale Internazionale dell’Aja. Il sostegno britannico all’allargamento va comunque letto nel segno dell’interesse nazionale, ossia come strumento di estensione dell’area di influenza economico-commerciale e riequilibrio in senso atlantico del baricentro politico.

 

I rapporti con la Russia, generalmente intensi, hanno conosciuto negli ultimi tempi un brusco raffreddamento, a seguito della indisponibilità di Mosca a collaborare nel caso giudiziario legato all’assassinio del cittadino britannico Alexander Litvinenko. Nel luglio 2007, preso atto dell’impossibilità di ottenere l’estradizione dell’unico imputato nell’uccisione di Litvinenko, il Ministro degli Esteri Miliband ha disposto l’espulsione dal Regno Unito di quattro diplomatici russi. A tale misura, Mosca ha risposto con l’espulsione di altrettanti diplomatici britannici accreditati a Mosca.

 

Il Regno Unito è d’altra parte attivamente impegnato per l’adattamento dell’Alleanza Atlantica, vista come strumento privilegiato di sicurezza collettiva,  alle nuove sfide. In questo senso, il Regno Unito è sempre stato attento ad assicurare che la difesa comune europea si sviluppasse in senso non antagonista alla NATO e servisse a consolidare l’immagine dell’Europa come partner efficace ed affidabile degli Stati Uniti.

 

            Altro elemento caratterizzante della politica estera britannica e’ il mantenimento di legami privilegiati con i 54 Paesi del Commonwealth. A Londra ha sede il Segretariato di questa organizzazione, che si configura ormai come una “comunità di eguali”  e che continua a costituire per il Regno Unito un elemento importante d’influenza in una serie di aree.  Al riguardo, appaiono particolarmente intensi i rapporti con il Canada, con India e Pakistan nello scacchiere asiatico, nei confronti dei quali esercita una incisiva azione diplomatica volta a favorire misure reciproche di de-escalation, con Australia e Nuova Zelanda e, per quanto riguarda l’Africa sub-sahariana, con Nigeria e Sud-Africa. Il coordinamento con tali Paesi  all’interno  del  sistema ONU e di altri fori internazionali come la WTO  è molto stretto, ed il loro appoggio è spesso prezioso per il successo di iniziative britanniche di respiro internazionale, in particolare di quelle mirate ad innescare meccanismi di autosviluppo nei Paesi più poveri.

 

Il Regno Unito persegue tradizionalmente un’aggressiva diplomazia “economica”, temperata solo in parte dall’enfasi sulla tutela dei diritti umani e sulla difesa della democrazia.  In Europa Orientale resta meno presente dell’Italia, anche perché i suoi operatori economici e finanziari appaiono più restii ad assumere rischi. Particolare attenzione viene invece dedicata  alla Cina, ove il Foreign Office ha potenziato la propria rete diplomatica e consolare  e dalla quale si stanno riversando nel  Regno Unito non solo merci ma anche investimenti  diretti.

Nell’intento di  assicurare al Paese un alto profilo a livello internazionale nel campo delle nuove tecnologie  e della ricerca scientifica è stata altresì potenziata la rete degli Addetti scientifici.

Mette conto inoltre segnalare  che la “Corporation of London”, l’Ente che amministra la City, svolge una  propria “diplomazia parallela” per la promozione della  piazza finanziaria  britannica.

 

I Governi laburisti hanno cercato di mettersi in sintonia (se non di “cavalcare”) con le istanze ed iniziative portate avanti dal mondo delle Organizzazioni Non Governative nel campo dell’aiuto allo sviluppo e delle tematiche ambientali. All’Africa, ove peraltro il Regno Unito continuaa scontrarsi con lasciti del passato coloniale gestiti con qualche difficoltà (caso Zimbabwe), la Presidenza britannica del G8 (2005) ha dedicato un’attenzione affatto particolare. In occasione del vertice G8 di Gleneagles (6-8 luglio 2005), il Premier Blair ha istituito una “Commission for Africa”, incaricata di studiare le linee di azione per ridurre il debito per i Paesi più poveri, migliorare per tali Paesi l’accesso ai mercati, favorire le esportazioni dei prodotti africani, aumentare le risorse per lo sviluppo, contrastare le malattie endemiche.

Con altrettanto impegno la Presidenza britannica del G8 ha lavorato, cercando di ottenere l’adesione degli Stati Uniti, alla maturazione di un consenso internazionale  sulle politiche dirette a contrastare il cambiamento  climatico.

 

Passando ad una ricognizione dell’azione e della presenza britannica nei vari scacchieri, oltre a rilevare  la  relativa scarsa attenzione dedicata da Londra all’America Latina, mette conto segnalare quanto segue.

 

Per quanto riguarda i Balcani, da parte britannica si esprime un sentimento di sostanziale accettazione dell’indipendenza per il Kosovo secondo le linee tracciate dal Piano Ahtisaari.  Un’ulteriore frammentazione del quadro balcanico è vista da Londra come difficilmente evitabile e le conseguenze di tale sbocco appaiono meno dirompenti di quanto non risultino dalla prospettiva di un Paese vicino come l’Italia.

In particolare, il 18 febbraio scorso la Gran Bretagna ha riconosciuto l'indipendenza del Kosovo.  Il Regno Unito mantiene una presenza militare rilevante nelle varie operazioni di mantenimento della pace attive nella regione (Bosnia, Kosovo, etc.).

 

Londra continua a  svolgere un ruolo di primo piano in Afghanistan, soprattutto per quanto concerne la lotta al narcotraffico, cui ha dedicato un notevole impegno finanziario, con circa 270 milioni di sterline stanziati per il triennio 2004-2006.

Dopo aver partecipato alla guerra di liberazione  alla fine del 2001, come membro della coalizione nell’operazione “Enduring Freedom”, il Regno Unito è  in prima fila nell’attività di peace-keeping: i britannici  hanno infatti assunto  il comando di due Provincial Reconstruction Teams (PRT) e sono subentrati all’Italia nel comando dell’ISAF a fine aprile 2006. Gli ottimi rapporti con il governo di Karzai si sono tradotti, tra l’altro, nella decisione afghana di affidare al Regno Unito l’organizzazione della “Conferenza Internazionale sull’Afghanistan” (a livello ministeriale), tenutasi a Londra il 31 gennaio-1 febbraio 2006. 

Da parte britannica si è particolarmente apprezzato lo sforzo italiano in termini finanziari e di uomini per l’assunzione diretta del PRT di Herat e del coordinamento degli altri tre Teams del settore occidentale, nonché la forte partecipazione, insieme alla Spagna, nella FSB. Quanto alla ipotizzata integrazione di ISAF e delle Forze della Coalizione,  Londra, così come l’Italia, privilegia quella di un comando NATO regionale.

 

Blair ha cercato di migliorare il dialogo con i Paesi arabi moderati e con il mondo islamico e si e’ impegnato per il rilancio del processo di pace israelo-palestinese, sollecitando un forte impegno degli Stati Uniti.  

Riguardo all’Iraq, Gordon Brown, che non ha mai rinnegato il suo appoggio all’ invasione del 2003, è determinato a portare a termine il progressivo e graduale disimpegno militare  dal sud del Paese, annunciata dallo stesso Blair fin dal febbraio 2007.

 

Il Regno Unito ha normalizzato i rapporti con l’Iran, la Libia e il Sudan, pur mantenendo con tali Paesi un dialogo critico sia sul piano dei diritti umani sia in relazione ai rischi di proliferazione. Il Regno Unito è stato fra i promotori, insieme a Francia e Germania, dell’iniziativa negoziale tesa ad ottenere dall’Iran garanzie oggettive e verificabili sull’uso a fini esclusivamente civili del suo programma nucleare, in cambio di aperture di collaborazione con l’Unione Europea in vari campi.

Con la Libia, il Regno Unito ha intensificato la collaborazione in materia di lotta contro il terrorismo. Il 18 ottobre 2005 è stato infatti firmato, a Tripoli, un Memorandum d’Intesa tra i due Governi, che dovrebbe facilitare l’espulsione di persone sospette di attività associate al terrorismo, permettendo a Londra di dar luogo alle espulsioni senza violare le norme che impediscono di deportare individui sospetti nei Paesi d’origine qualora essi possano essere sottoposti a tortura.

In merito alla crisi libanese, il Regno Unito ha sostenuto, sin dall’adozione della risoluzione ONU 1701 (2006), l’assunzione di un ruolo di primo piano da parte della UE nel processo di ricostruzione del Libano. In tale spirito, Londra si è adoperata per una strategia europea di più ampio respiro a complemento della missione UNIFIL 2.

Particolarmente vivo è l'interesse britannico nel settore della ricostruzione e del coordinamento degli aiuti internazionali. In occasione della Conferenza dei donatori svoltasi a Stoccolma il 31 agosto 2006, Londra ha promesso un contributo di 21,5 milioni di sterline (40,1 milioni di dollari) e ha distaccato presso il Governo libanese un proprio esperto in infrastrutture con il compito immediato di contribuire ad approntare la ricostruzione d'emergenza di alcuni ponti. Altro aspetto ritenuto essenziale e' il coordinamento degli aiuti internazionali, per il quale il Regno Unito ha messo a disposizione di Beirut un proprio consulente.

Per un altro verso, Londra sta collaborando da tempo con le Autorità libanesi per identificare le aree ove è maggiormente necessaria una ristrutturazione delle Forze Armate.

Quanto alla Siria, la diplomazia britannica appare intenta a convincere Damasco a svolgere un ruolo costruttivo e responsabile nella regione.

 

Per quanto riguarda la dotazione militare, il Regno Unito, come è noto, è una potenza nucleare riconosciuta dal Trattato di Non Proliferazione. Anche nel contesto strategico post-bipolare, il governo britannico guarda alle armi nucleari come ad un indispensabile strumento di deterrenza. Appare nondimeno impegnato in un duplice processo di riduzione e ristrutturazione del proprio arsenale.

La decisione di ridurre del 20% il numero di testate nucleari disponibili (da 200 a 160 unità) appare coerente con l’impegno profuso da Londra, a livello multilaterale, in favore del disarmo nucleare e contro la proliferazione.

Quanto alla ristrutturazione, il governo britannico ha deciso nell’autunno 2006 di rinnovare il proprio deterrente nucleare di base sottomarina. I quattro sottomarini dotati di missile balistico di classe Vanguard verranno sostituiti da unità di una nuova classe.

Nel comunicare il riesame del proprio futuro deterrente nucleare attraverso la pubblicazione di un Libro Bianco, Londra ha precisato che tutte le forze nucleari del Regno Unito resteranno assegnate alla NATO, nel rispetto di un impegno formulato nel 1962 dal Primo Ministro MacMillan e successivamente riaffermato dal Primo Ministro Thatcher negli anni ’80. .

 

 Relazioni con le principali Organizzazioni Internazionali

 

Nell’ambito delle Nazioni Unite, il Regno Unito sostiene la formula “due piu’ tre” relativamente alla riforma del Consiglio di Sicurezza, che le appare meglio tutelare rispetto ad altre formule i consolidati privilegi (membro permanente CdS) di cui gode in seno all’Organizzazione. Il Regno Unito è fortemente contrario a qualsiasi prospettiva di seggio europeo, sia aggiuntivo che sostitutivo di quelli attuali. In tale ottica può essere letto il sostegno di Londra alle aspirazioni tedesche.

 

 

 

 

 

QUADRO ECONOMICO

(in collaborazione con il MAE)

 

 

Principali indicatori economici*

 

2007

2008

2009

Crescita PIL (%)

3

1.7

1.6

Inflazione (%)

2.3

2.8

2.2

Saldo bilancio P.A./PIL (%)

-3

-3.2

-2.8

Debito/PIL (%)

43.8

45.6

48.2

Tasso di disoccupazione (%)

5.2

5.4

5.7

PIL (a parità di potere d’acquisto, dato 2007)**

2,147 miliardi di dollari USA

PIL pro capite (a parità di potere d’acquisto, in dollari USA, dato 2007)**

35,300 dollari USA

 

Composizione PIL per settore **

0,9% agricoltura; 23,6% industria; 75,5% servizi

Debito estero **

10,45 miliardi di dollari USA

*    Fonti: Commissione europea. Previsioni economiche. Primavera 2008

**  Fonti: The Cia Worldfactbook 2008

 

 

 

 

Cenni sul sistema economico

 

 

L’industria manifatturiera, messa in crisi negli anni scorsi anche dall’elevato valore della sterlina, rappresenta ormai solo il 16% del PIL, mentre il settore dei servizi, motore dell’economia britannica, è arrivato al 76%.

Le piccole e medie imprese rappresentano il 95% del tessuto industriale. Poco diffuso il sistema dei distretti industriali (3 i maggiori: Birmingham per l’automobile, Cambridge per le biotecnologie e la Scozia per l’elettronica).

Il Regno Unito continua ad essere in testa alle classifiche mondiali come Paese  destinatario di investimenti diretti esteri. Le strutture di supporto per attrarre e stimolare gli investimenti sono in effetti molto attive: la Invest UK a livello nazionale, 12 Agenzie sviluppo regionale (RDA) e 3 agenzie nazionali per Galles, Scozia e Irlanda del Nord (rispettivamente WDA, LIS e IDBNI).

L’economia britannica si caratterizza sempre di più per uno sviluppo duale: da un lato il settore dei servizi e quello della ‘’nuova economia" continuano a registrare una forte espansione, mentre dall’altro i settori tradizionali trovano sempre maggiori difficoltà a competere sui mercati internazionali. Il Governo non desidera peraltro ritornare alle vecchie politiche di intervento e punta soprattutto sulla riqualificazione della manodopera per attenuare le conseguenze sociali del processo di deindustrializzazione in atto.

 

Andamento congiunturale

 

Nel 2006 il PIL del Regno Unito è aumentato del 2,7%, risultato nettamente superiore a quello dell’anno precedente (+1,9%). La ripresa della crescita ha interessato i principali settori produttivi: i servizi finanziari e professionali, la grande distribuzione, l’industria manifatturiera ed il settore delle costruzioni. In aumento anche i consumi delle famiglie - seppure con tasso inferiore alla crescita del PIL (2%) - e gli investimenti privati, che restano peraltro attestati su livelli storicamente bassi in rapporto al PIL (0,5%).

Quanto all’inflazione, essa ha registrato nel 2006 una crescita inattesa, raggiungendo alla fine dell’anno, la soglia del 3%. Tale imprevisto andamento, che la Banca d’Inghilterra ha fronteggiato con ben tre aumenti del tasso di sconto (ora al 5,75%) dall’inizio del 2007, è stato prevalentemente dovuto, secondo gli analisti, al trasferimento sui prezzi dei prodotti del maggiore costo del lavoro ed all’aumento dei prezzi delle importazioni.

Dopo avere raggiunto nel 2005 il livello più basso degli ultimi 30 anni (4,7%), il tasso di disoccupazione è tornato ad aumentare portandosi, nel marzo 2007, al 5,5%. Malgrado ciò, non si registrano aumenti particolarmente significativi del livello medio dei salari, grazie alla significativa crescita della forza lavoro disponibile, indotta principalmente dall’immigrazione e da misure di incentivazione al lavoro (welfare to work) dirette alle donne ed alle persone con più di 50 anni.

Sul versante della spesa pubblica, nel 2006 i consumi si sono mantenuti su livelli elevati registrati nel 2005, anche per via dei programmi connessi alla preparazione delle Olimpiadi di Londra del 2012.

 

Il settore pubblico

La ripresa della crescita nel 2006 ha giovato anche sul versante delle finanze pubbliche. Secondo i dati delle Autorita’ britanniche, nell’esercizio 2005-2006 il deficit e’ ammontato al 2,9% del PIL, tornando al di sotto del limite di Maastricht. Proprio il ripetuto superamento di tale limite, aveva originato, nel gennaio del 2006 l’avvio di una procedura di deficit eccessivo nei riguardi del Regno Unito da parte dell’Unione Europea. Quanto al debito pubblico, le statistiche britanniche lo collocano, per l’esercizio 2005-2006, al 42,1%, ben al di sotto, quindi, del parametro comunitario.

Per quanto riguarda il tasso di cambio, la sterlina si mantiene forte nei confronti dell’euro, grazie anche ai rialzi del tasso di interesse praticati dalla Banca d’Inghilterra, che conservano alla sterlina una “remunerabilità” superiore a quella della valuta unica, nonostante gli aumenti dei tassi introdotti anche dalla BCE.

I ripetuti aumenti del tasso di riferimento sono peraltro visti con preoccupazione dal settore imprenditoriale britannico, timoroso degli effetti negativi che il rafforzamento della sterlina, già ai suoi livelli massimi rispetto al dollaro, potrebbe avere per la competitività delle esportazioni britanniche sui mercati europeo e soprattutto americano.

  

Politica economica: il Budget Report 2007-2008

 

Nel marzo 2007, il Cancelliere dello Scacchiere ha presentato il Budget Report 2007-2008. Tra le misure previste figurano il taglio del 2% dell’aliquota sul reddito applicabile, e l’abbassamento dal 30 al 28% della “corporate tax” per le imprese di grandi dimensioni. Il documento prevede inoltre l’aumento della spesa pubblica per l’istruzione (da 43 a 60 miliardi di sterline fino al 2012), e l’introduzione di una serie di misure ambientaliste (maggiori tasse sui veicoli inquinanti e sgravi dell’IVA sui prodotti eco-compatibili). Il “Budget” è stato accolto senza grandi entusiasmi da analisti e media. La stessa “Confederation of British Industry” non ha potuto dichiararsi pienamente soddisfatta, tenuto conto dell’aumento delle imposte societarie introdotte per le piccole e medie imprese, e della prevista abolizione degli sgravi fiscali sugli impianti, che comporterà, secondo gli analisti, un ulteriore colpo alla già declinante industria manifatturiera britannica.

 

Relazioni economiche e commerciali con i principali Paesi partners

 

La bilancia commerciale britannica (beni visibili) e` caratterizzata da un deficit strutturale. Il Regno Unito e` un importatore netto di prodotti alimentari e materie prime (ad eccezione dei combustibili), oltre che di abbigliamento e scarpe, apparecchiature elettriche, veicoli a motore. Il Regno Unito è invece un esportatore netto di petrolio e suoi derivati, prodotti chimici (in particolare, farmaceutici), tabacco, bevande e apparecchiature meccaniche.

Secondo i dati ufficiali pubblicati dalle Dogane britanniche (HM Customs & Excise - UK Trade), il commercio estero britannico nel 2006, e' ammontato a 542.045 milioni di sterline, con un aumento in valore dell’11,98% rispetto all'anno precedente.


Le importazioni, pari a 300.545 milioni di sterline, sono cresciute in valore del 10,38%, mentre le esportazioni, pari a 241.500 milioni di sterline, sono aumentate del 14,05%. In ragione di tale dinamica, il saldo negativo della bilancia commerciale, pari a 59.045 milioni di sterline, risulta lievemente ridotto rispetto allo scorso anno (-2,46%).


 

La maggior parte dell'interscambio con l'estero del Regno Unito (54,53%) è assorbita dai partners comunitari. Il valore dei flussi commerciali con i Paesi dell’Unione Europea è stato di 309.584 milioni di sterline.con un aumento del 16,15% rispetto al 2005.


Il partner commerciale più importante del Regno Unito, in termini di quota percentuale in valore sull'interscambio globale, resta la Germania (12,27%), seguita dagli Stati Uniti (10,68%), dalla Francia (9,19%), dai Paesi Bassi (6,80%), dalla Cina (5,39%), dall'Irlanda (5,05%), dal Belgio (4,99%), dalla Spagna (4,19%) e dall'Italia (4,02%). Alle spalle dell'Italia si collocano Norvegia (3,11%) e Giappone (2,21%). Continua a guadagnare posizioni la Cina, che ha registrato anche nel 2006 un considerevole aumento dei propri flussi commerciali con il Regno Unito (+13,01%), scavalcando l’Irlanda e posizionandosi al quinto posto.

Come per l'anno precedente, anche nel 2006 i principali Paesi fornitori del Regno Unito sono stati Germania, Stati Uniti, Cina, Francia e Paesi Bassi. In linea con il consistente aumento delle importazioni totali del Regno Unito, tutti i principali paesi fornitori hanno visto aumentare il valore delle merci esportate ad eccezione del Giappone (-8,59%) e di Singapore (-1,62).

Per quanto concerne l'Italia, nel 2006 il valore totale delle nostre esportazioni verso il Regno Unito, pari a 12.388 milioni di sterline, è aumentato del 3,8%, rispetto al 2005. Il nostro Paese resta all'ottavo posto tra i principali fornitori del Regno Unito (quinto tra i Paesi dell'Unione Europea).

Gli Stati Uniti si confermano al primo posto tra i Paesi principali acquirenti di prodotti britannici, seguiti da Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Belgio e Spagna. Anche in questo caso, l’Italia si colloca all’ottavo posto.

 

Interscambio commerciale del Regno Unito - Principali aree geografiche

 

 

Interscambio totale - 2005

Interscambio totale – 2006

% su Interscambio totale 2006

Variazione % Interscambio  2005 - 2006

Saldo Bil. Comm.
2005

Saldo Bil. Comm.
2006

Unione Europea  25

266.547

309.584

57,11

+16,15

-26.646

-10.871

Asia & Oceania

74.748

78.576

14,50

+5,12

-27.795

-31.390

Nord America

62.764

68.463

12,63

+12,97

7.386

4.728

Europa Occidentale
(excl. EU 25)

30.624

33.163

6,12

+6,33

-10.589

-14.556

Medio Oriente e
Nord Africa

19.572

18.383

3,39

+5,04

5.411

2.742

Europa Orientale
(excl. EU 25)

10.417

12.860

2,37

+23,46

-2.889

- 4.099

Africa Sub Sahariana

11.248

11.694

2,16

+2,32

-2.583

-2.356

America (altri Paesi)

7.144

8.254

1,52

+1,48

-2.354

-2.736

Altri Paesi
(low value trade)

985

1.068

0,20

+0,20

-477

-506

Totale

484.049

542.045

 

+11,98

-60.537

-59.045

Fonte: HM Customs & Excise – UK Trade - SITC  – elaborazioni su dati aggiornati al marzo 2007 (Valori espressi in milioni di sterline)

 

 

 

 

Per quanto concerne gli investimenti diretti esteri, il Regno Unito, secondo il più recente rapporto OCSE, si conferma la destinazione principale del flusso di IDE in Europa e nel mondo, avendo registrato nel 2005 un afflusso di capitali stranieri pari a 164.5 miliardi di dollari. Alla base dell'eccezionale performance britannica, vi sono state anche alcune rilevantissime operazioni di fusione ed acquisizione: il gruppo spagnolo Telefonica ha acquisito il controllo dell’operatore britannico O2, il gruppo francese Pernod Ricard ha rilevato il colosso britannico delle bevande alcoliche Allied Domecq, mentre la Dubai Port World ha vinto la gara per il controllo delle infrastrutture portuali della Peninsular & Oriental Steam Navigation Company.

 

I predetti dati dimostrano che la non partecipazione alla moneta unica non ha diminuito l’interesse degli investitori esteri verso il Paese. Tra i fattori di attrazione rientrano evidentemente la stabilità politica, la sostanziale solidità dei fondamentali economici, la flessibilità del mercato del lavoro, un livello relativamente basso di tassazione sulle imprese e la priorità attribuita ai settori della ricerca e della tecnologia.

 

Il Paese che investe maggiormente in Gran Bretagna sono gli Stati Uniti, seguiti dal Giappone. Nel 2005, circa il 30% dei progetti di investimento sono stati di origine americana. Gli investimenti dall’Europa sono comunque in continua crescita.. I principali paesi investitori sono la Germania, la Francia, l’Irlanda e l’Olanda, cui vanno aggiunti i paesi scandinavi. Fuori dall’Europa, i grandi gruppi giapponesi ed australiani si confermano protagonisti nella promozione di IDE nel Regno Unito, mentre cresce il ruolo dell’India e della Cina.

 

 

 

 

 

 

Rapporti bilaterali

(a cura del MAE)

 

 

 

Relazioni politiche

 

L’ex Primo Ministro Blair ha dedicato particolare attenzione all’approfondimento dei rapporti bilaterali con i maggiori paesi europei, e quindi anche con l’Italia. I rapporti politici tra Roma e Londra sono da tempo improntati ad una cordiale e franca amicizia e ad una fattiva collaborazione, ulteriormente rafforzatesi negli ultimi anni anche con importanti intese nel settore dell’industria della difesa (Agusta-Westland, Finmeccanica-BaeSystems). Altrettanto intenso è il dialogo  tra i due Paesi nei vari settori della società civile,  che trova espressione in due fori di incontro con cadenza annuale. Il primo è costituito dal Convegno di Pontignano, l'incontro Italo-britannico presieduto da Giuliano Amato e Chris Patten, organizzato dal British Council e dall’Ambasciata britannica in Italia presso la Certosa di Pontignano, centro conferenze dell'Università di Siena.  Il Convegno riunisce ogni anno, dalla sua fondazione nel 1993, politici, parlamentari, imprenditori, giornalisti e opinion maker italiani e britannici di diversa provenienza e appartenenza politica, comunque di altissimo profilo. Dopo una fase iniziale  aperta ai media, il Convegno si svolge a porte chiuse secondo la regola di  “Chatham House”.   

            Il secondo è costituito dal “Seminario di Venezia”, organizzato dall’Ambasciata d’Italia a Londra, con il sostegno di sponsorizzazioni private (negli ultimi anni è stato rilevante il contributo di Finmeccanica), presso enti ed istituzioni del capoluogo veneto.  Il Seminario, la cui XI edizione  si è tenuta il 27-28 gennaio u.s.,  è  inteso a fornire una occasione particolare di incontro tra  esponenti di spicco  degli organi di informazione britannici  e  personalità italiane di primo piano  nel mondo della politica e dell’economia. 

 

 

Relazioni economico-commerciali

 

      Nel 2005, il valore dell'interscambio tra Italia e Regno Unito e' stato pari a 20.254 milioni di sterline, con una flessione dello 0.75% rispetto al 2004. La nostra dimensione di partner commerciale del Regno Unito subisce pertanto un'attenuazione, che non modifica peraltro la nostra posizione in termini relativi: restiamo infatti l'ottavo partner commerciale.

      Le importazioni britanniche dall'Italia sono ammontate a 11.729 milioni di sterline, in diminuzione del 2,71% rispetto al 2004. La flessione riguarda anche la percentuale delle nostre esportazioni rispetto al totale delle importazioni del Regno Unito, che passa dal 4,77% al 4,36%. I dati relativi all'articolazione merceologica delle importazioni dall'Italia indicano che la flessione ha riguardato proprio i settori di punta del nostro export verso il Regno Unito, ovvero quelli dei macchinari e mezzi di trasporto, dei manufatti vari e dei prodotti manifatturieri di prima lavorazione. Il saldo della bilancia commerciale resta comunque favorevole all’Italia.

 

Interscambio commerciale Regno Unito – Italia nel 2005

 

 

2003

2004

2005

Differenza
2004 / 2005

Variazione %
2004 / 2005

Importazioni

11.720

12.055

11.729

- 326

-2,71

Esportazioni

8.477

8.351

8.525

+ 174

2,08

Interscambio totale

20.197

20.406

20.254

- 152

-0,75

Saldo bilancia commerciale

+ 3.243

-3.704

-3.204

- 500

13,50

Fonte: HM Customs & Excise – SITC – elaborazioni su dati aggiornati al marzo 2006
            Valori espressi in milioni di sterline



[1] Fonte: CIA Worldfactbook 2008.

 

[2]    91 sono i Pari (membri della Camera dei Lords) che hanno conservato questa carica in via ereditaria, 566 sono quelli nominati a vita, 24 sono vescovi ed arcivescovi. Per sedere alla Camera dei Lords bisogna avere almeno 21 anni. I 92 membri ereditari sono i superstiti dei circa 750 loro colleghi che li hanno eletti a conservare il seggio anche dopo la riforma introdotta da Tony Blair, entrata in vigore nel novembre 1999, che ne ha drasticamente ridotto il numero. La riforma, volta ad abolire del tutto i Lord per diritto ereditario, dovrebbe essere completata nel corso della prossima legislatura della Camera dei Comuni.