Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Riunione interparlamentare "Verso Rio +20" - Bruxelles, 21 marzo 2012
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari    Numero: 99
Data: 19/03/2012
Descrittori:
AMBIENTE   UNIONE EUROPEA

Riunione Interparlamentare

“Verso Rio+20”

BRUXELLES, 21 marzo2012

la dimensione globale dello sviluppo sostenibile

Il ruolo delle Nazioni Unite

La conferenza ONU sullo sviluppo sostenibile[1] (UNCSD) “Rio+20”, che si svolgerà a Rio de Janeiro dal 20 al 22 giugno 2012,  ha come obiettivo il rafforzamento dell’impegno politico globale per lo sviluppo sostenibile a 20 anni esatti dal primo Vertice per la Terra di Rio de Janeiro (UNCED) del 1992.

Dal 1972 l’ONU riunisce periodicamente i Governi mondiali con l’intento di orientarne le scelte programmatiche verso la sostenibilità dello sviluppo. Tale dialogo ha consentito di tracciare percorsi e definire indirizzi comuni[2] nonché di raggiungere risultati significativi tra i quali si segnala:

·       l’istituzione del Programma ONU per l’ambiente (UNEP)

·       l'espansione significativa degli accordi ambientali multilaterali;

·       l'adozione degli Obiettivi di sviluppo del millennio[3];

·       la partecipazione di organizzazioni della società civile e le imprese nei processi decisionali[4];

·       l'impegno per lo sviluppo sostenibile attraverso la responsabilità sociale delle imprese;

·       il coinvolgimento delle istituzioni locali, regionali e nazionali nella governance dello sviluppo sostenibile attraverso l’impegno a definire piani di azione territoriali nel quadro del Programma Agenda 21, cui aderiscono 170 nazioni;

·       la creazione di istituzioni scientifiche internazionali come il Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC) e il panel  internazionale sulle risorse (IRP).

Rio+20

Malgrado gli sviluppi positivi, persistono molti problemi irrisolti: povertà e denutrizione (secondo la Commissione europea circa 1,4 miliardi di persone continuano a vivere in uno stato di povertà estrema, e circa un sesto della popolazione mondiale è scarsamente nutrita); impatto negativo delle attività antropiche sull’ambiente; aumento della domanda di risorse (terra, acqua, foreste, ecosistemi); perdita di biodiversità; deforestazione; cambiamenti climatici; sfruttamento eccessivo e inquinamento delle risorse idriche e dell’ambiente marino (secondo la Commissione entro il 2025 la scarsità d’acqua coinvolgerà un terzo della popolazione mondiale); desertificazione e degrado del suolo (che interesserà una serie di paesi in via di sviluppo la cui economia dipende in gran parte dal settore agricolo).

 

La conferenza sullo sviluppo sostenibile del 2012 ha l’obiettivo di identificare un nuovo paradigma di crescita economica, socialmente equa e ambientalmente sostenibile. In particolare, la conferenza si prefigge di definire obiettivi comuni e tutelare gli equilibri del pianeta, verso un nuovo assetto per lo sviluppo sostenibile globale e per l’umanità.

La Conferenza si concentrerà su due temi principali:

1.       un’economia verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e riduzione della povertà. Nel 2011 l’UNEP ha presentato un rapporto per un’economia verde globale nel quale si definisce l’economia verde come un miglioramento del benessere umano e dell’equità sociale, in grado di garantire al tempo stesso una significativa riduzione dei rischi ambientali e della scarsità ecologica. Il modello di riferimento, pertanto, comporta la necessità di proporre misure economiche, legislative, tecnologiche e di educazione che si pongano l’obiettivo di alleviare minacce globali come il cambiamento climatico, la perdita di biodiversità, la desertificazione, l’esaurimento delle risorse naturali e al tempo stesso promuovere un benessere sociale ed economico. In tale contesto, destano particolare la riduzione del consumo di energia e di risorse naturali, l’abbattimento delle emissioni di gas serra, la riduzione dell’inquinamento, la riduzione ed il tendenziale azzeramento di ogni tipo di rifiuto e la promozione di modelli di produzione e consumo sostenibili, senza per questo produrre conseguenze negative sul benessere economico e sociale. Altro elemento di rilievo, è la considerazione dei costi elevati connessi ai danni ambientali legati all’inazione;

2.       definire un quadro istituzionale per lo sviluppo sostenibile. La necessità di una piena integrazione fra i tre pilastri dello sviluppo sostenibile (ambiente, economia e società) fa emergere la necessità di rivedere e rafforzare le strutture esistenti e di considerare quello istituzionale come il quarto pilastro dello sviluppo sostenibile. Il concetto di governance dello sviluppo sostenibile comprende dunque l’analisi e la revisione sia delle strutture istituzionali che si occupano di ambiente sia di quelle che operano nelle aree economica e sociale. Nell’ambito di tale dibattito, che coinvolge tutti gli organismi del sistema ONU, si colloca anche la questione del rafforzamento della governance internazionale dell’ambiente (IEG) e della trasformazione dell’UNEP in un’agenzia specializzata delle Nazioni Unite  La riforma del pilastro ambientale appare urgente a causa di: frammentarietà del sistema internazionale di tutela dell’ambiente, suddiviso in più di 500 accordi internazionali e regionali; gravità dello stato dell’ambiente; necessità di promuovere investimenti eco compatibili nei prossimi anni.

Il 10 gennaio 2012 il Bureau delle Nazioni Unite per l'organizzazione del Summit Rio+20 ha reso pubblico il testo di prima istanza (Zero draft) del documento politico – disponibile solo in lingua inglese - che dovrà concludere la Conferenza e che sarà oggetto di negoziato. Articolato in 128 punti, il testo è stato elaborato sia sulla base del lavoro preparatorio del 2011 che dagli oltre 600 contributi che sono pervenuti da parte degli Stati e di un grande numero di organizzazioni della società civile e di ONG.

La posizione dell’UE

Sviluppo sostenibile nell’UE

L’azione dell’UE a favore della tutela dell’ambiente e della promozione dello sviluppo sostenibile trovafondamento nei Trattati europei, sia come principi generali da integrare nella definizione e nell’attuazione delle politiche e delle azioni interne (Articolo 3 TUE; Articolo 11 TFUE), sia in riferimento alla dimensione internazionale e al ruolo attivo dell’UE nella promozione dello sviluppo sostenibile nei confronti dei paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l'obiettivo primo di eliminare la povertà (articolo 21 TUE).

Nei decenni passati l’UE ha promosso lo sviluppo sostenibile attraverso una serie di politiche - ad esempio il pacchetto clima-energia che traduce in obiettivi vincolanti per gli Stati membri gli impegni di riduzione assunti nel contesto del negoziato internazionale per il regime post-Kyoto o il regime di scambio di quote di emissioni di CO2 che l’accompagna – e di strumenti legislativi sulla biodiversità, la gestione dei rifiuti, la qualità dell’aria e dell’acqua.

Nella sua comunicazione relativa al riesame 2009 della strategia UE per lo sviluppo sostenibile la Commissione ha rilevatoche per il 2050  l’impatto ambientale della crescita prevista della popolazione mondiale – 9 miliardi di persone - dovrebbe superare del 30% la sostenibilità a lungo termine del pianeta in termini di risorse disponibili. Ad una possibile perdita dell’11% delle aree naturali rispetto al 2000 potrebbe corrispondere una perdita complessiva di servizi ecosistemici, quali la produzione di cibo o acqua, pari al 7% del PIL nel 2050.

Nella sua quarta relazione "L’ambiente in Europa - Stato e prospettive" (SOER 2010), pubblicata il 30 novembre 2010, l'Agenzia europea dell'ambiente (AEA) ha valutato positivamente le azioni intraprese dall’UE di fronte ai cambiamenti ambientali in atto, evidenziando tuttavia una pressione sempre maggiore sugli ecosistemi, sulle economie e sulla coesione sociale in Europa e nel resto del mondo a causa della sempre crescente domanda globale di risorse naturali. La relazione SOER 2010 conferma che un approccio integrato alle politiche ambientali può essere in grado di trasformare l'Europa in un'economia verde ed efficiente sotto il profilo delle risorse, nonché promuovere la prosperità e la coesione sociale.

Per quanto riguarda la situazione dell’Italia la relazione SOER 2010 evidenzia alcuni tratti positivi e alcune deficienze. Quanto al primo profilo viene segnalato il fatto che l’Italia è il secondo paese europeo dopo la Spagna per l’estensione dedicate all’agricoltura biologica (oltre un milione di ettari) e mantiene il numero più elevato di produzioni protette (DOC e IGP) con altre 180 prodotti, più del 21% del totale dell’UE. D’altro canto viene evidenziato l’elevato numero di veicoli in circolazione (oltre 50 milioni di cui 35 milioni di autovetture) e l’intenso utilizzo degli spazi, specie nelle aree urbane, oltreché il forte impatto ele difficoltà relative alla gestione dei rifiuti.

Nel Rapporto 2011 sullo stato di avanzamento della strategia per lo sviluppo sostenibile nell’UE, elaborato ogni due anni da Eurostat, quasi la metà degli 11 indicatori principali registra una variazione moderatamente sfavorevole. In particolare, risultano in tendenza negativa gli indicatori relativi alla produzione e consumo sostenibili, all'occupazione dei lavoratori anziani, al disaccoppiamento tra crescita economica e consumo energetico nei trasporti, mentre lo sfruttamento degli stock ittici risulta eccessivo, e le cifre stanziate per gli aiuti allo sviluppo ancora lontane dagli obiettivi stabiliti. Sviluppi favorevoli si registrano nelle emissioni di gas serra e nel consumo di energia rinnovabile, e nella riduzione del numero delle persone a rischio di povertà o di esclusione sociale.

Tale ultimo indicatore, tiene conto di tre fattori: povertà economica, privazioni materiali e mancanza di accesso al mercato del lavoro. Nel 2009 il 23% della popolazione UE (114 milioni di persone) ri-sultavano a rischio povertà o esclusione sociale (nel 2008 erano 2 milioni in più).

UE e Rio+20

Le basi per la definizione della posizione dell’UE in vista di Rio+20 sono state illustrate dalla Commissione europea in una comunicazione presentata il 20 giugno 2011. Al fine di facilitare il passaggio ad un’economia verde nel contesto dello sviluppo sostenibile e della lotta contro la povertà la Commissione ha proposto di sviluppare l’azione politica lungo tre linee di azione:

·       investire in risorse e nel capitale  naturale (ad esempio, risorse idriche, energie rinnovabili, risorse marine, biodiversità e servizi ecosistemici, agricoltura sostenibile, foreste, rifiuti e riciclaggio);

·       combinare strumenti normativi e di mercato;

·       migliorare la governance e incoraggiare la partecipazione del settore privato.

Il 29 settembre 2011 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione con la quale accoglie favorevolmente le proposte formulate dalla Commissione sostenendo, in particolare, la richiesta di una Roadmap globale per un’Economia Verde che definisca target “responsabili”, comprensivi di obiettivi globali sull'energia rinnovabile e l'efficienza energetica, nonché l’interruzione entro il 2020 di tutte le forme di incentivo che provocano danni all'ambiente.

Il Consiglio europeo del 1-2 marzo 2012 nelle sue conclusioni ha fissato le priorità dell’UE per Rio+20, sottolineando il suo fermo sostegno ad un esito con un elevato livello di ambizione. In particolare, il Consiglio europeo ha rilevato la necessità di una forte partecipazione del settore privato e della società civile alla conferenza, ed ha enunciato alcuni principi fondamentali che guideranno l'UE nei preparativi alla Conferenza:

·       la conferenza dovrebbe far progredire la transizione globale verso un'economia verde, così da promuovere la tutela dell'ambiente, contribuire all'eradicazione della povertà e stimolare una crescita a basse emissioni di CO2 ed efficiente sotto il profilo delle risorse; 

·       dovrebbe operare in direzione di obiettivi chiari e azioni concrete a livello nazionale e internazionale entro calendari concordati;

·       dovrebbe contribuire al rafforzamento del quadro istituzionale globale per lo sviluppo sostenibile, che dovrebbe comprendere la trasformazione dell'UNEP in un'agenzia specializzata;

·       dovrebbe lavorare anche nella prospettiva del periodo successivo al 2015, tenuto anche conto del processo di revisione degli obiettivi di sviluppo del Millennio.

Il Consiglio ambiente del 9 marzo 2012 ha nuovamente ribadito il forte impegno dell'UE e degli Stati membri affinché il negoziato di Rio+20 si concluda con un documento politico ambizioso orientato a concrete e tempestive azioni di follow-up.

Verso un'economia verde

Secondo la Commissione, il quadro fin qui descritto rende necessario ripensare radicalmente il modello convenzionale di progresso economico al fine di garantire crescita, sviluppo e, nel contempo, apportare benessere a un maggior numero di persone, ridurre le disuguaglianze, e preservare il capitale naturale dal quale tutti dipendiamo. L'elemento fondamentale per la crescita di tutte le economie, specialmente per quelle in via di sviluppo, diviene dunque la gestione sostenibile del capitale naturale.

Al fine di favorire tale transizione, la Commissione considera necessario ricercare soluzioni a basso tenore di carbonio ed efficienti sotto il profilo delle risorse, e modelli di produzione e consumo sostenibili, da promuovere attraverso quadri normativi adeguati e forti incentivi per i mercati e l'innovazione.

In tale contesto, oltre alla tutela delle risorse idriche e marine e alla difesa delle foreste e della biodi-versità, tra i temi chiave vanno senz’altro affrontati quelli legati all'accesso all'energia (nei paesi in via di sviluppo oltre 1,4 milardi di persone ne sono prive), all'uso sostenibile dei terreni per l'agricoltura (le pratiche agricole attuali consumano il 70% delle acque dolci mondiali e causano il 13% delle emissioni di gas serra) e alla gestione dei rifiuti.

La Commissione propone di intervenire sia rafforzando le iniziative già esistenti (ad esempio, la FAO), sia costituendo partenariati internazionali nel settore dei prodotti alimentari per rendere più sostenibili il consumo e la produzione di alimenti. Nell'avviso della Commissione Rio+20 può altresì rappresentare l'occasione per avviare un processo che conduca ad un più rigoroso regime internazionale in materia di prodotti chimici e sostanze pericolose.

Secondo la Commissione, sarà altresì necessario individuare strumenti regolamentari e di mercato adeguati, ad esempio, riformare i regimi tributari spostando l'onere fiscale dal lavoro alle attività che incidono sull'ambiente e sull'energia, introdurre sistemi di limitazione e di scambio (“cap and trade”) come il sistema UE-ETS per lo scambio delle quote di emissione, e riconsiderare le sovvenzioni che hanno ripercussioni negative sull'ambiente.

Al fine di mobilitare le ingenti risorse finanziarie (secondo l'UNEP, dell'ordine del 2% del PIL mondiale all'anno fino al 2050) è necessario ripensare i metodi di finanziamento coinvolgendo i settori pubblico e privato (Paesi, organizzazioni internazionali e istituzioni bancarie).

Infine, occorrerà rivedere i misuratori della crescita e del progresso al fine di assegnare il giusto valore al capitale naturale. Tali indicatori, uniti a sistemi di contabilità ambientale, dovrebbero essere utilizzati insieme al PIL.

Secondo la Commissione, rispetto alle strutture economiche esistenti a livello mondiale, sul piano am-bientale la governance internazionale è debole a causa di: frammentazione istituzionale; assenza di obblighi di rendicontazione rispetto all'attuazione delle politiche concordate; assenza di una voce forte nel sistema di governance mondiale; carenza di risorse umane e finanziarie; ruoli e responsabilità delle eco-nomie emergenti non definiti con precisione.

Migliorare la governance

Al fine di potenziare la governance dello sviluppo sostenibile all'interno delle Nazioni Unite la Commissione propone di rafforzare il ruolo del consiglio economico e sociale (ECOSOC) in materia di sviluppo sostenibile , attribuendo pari importanza ai tre pilastri – economico sociale e ambientale. In alternativa, la commissione per lo sviluppo sostenibile potrebbe essere elevata al rango di organismo più permanente con funzioni ampliate. Tenendo conto delle raccomandazioni emerse nel processo Nairobi-Helsinki dell'UNEP volte a rafforzare la governance internazionale dell'ambiente, viene evidenziata la necessità di rafforzare l'UNEP secondo una delle seguenti opzioni: a) migliorando il funzionamento dell'UNEP nell'ambito dell'attuale mandato; b) rafforzando l'UNEP dotandolo di nuove competenze e responsabilità; c) creando un'organizzazione mondiale multilaterale per l'ambiente, ad esempio trasformando l'UNEP in un'agenzia specializzata dell'ONU, che la collochi sullo stesso livello di organismi quali la FAO, l’Organizzazione Mondiale della Sanità e l’Organizzazione Mondiale del Commercio. La Commissione ritiene preferibile tale ultima soluzione, che implicherebbe tuttavia l'adozione di un trattato giuridicamente vincolante.

L’Italia, coerentemente alla posizione espressa dall’Unione Europea già nelle Conclusioni del Consiglio dell’Unione Europea del 2005, sostiene la creazione di una Organizzazione Mondiale sull’Ambiente (UNEO) che permetta di rafforzare il pilastro ambientale dello sviluppo sostenibile e quindi il suo complessivo riequilibrio.

Uso efficiente delle risorse

Lo sviluppo sostenibile è strettamente legato all’uso dei materiali e delle risorse naturali. Nella comunicazione relativa a una tabella di marcia verso un’Europa efficiente nell’impiego delle risorse, presentata il 20 settembre 2011, la Commissione prospetta una strategia intesa ad una più razionale gestione e uso di tutti i materiali e risorse naturali nel corso del loro ciclo di vita, sia nei processi produttivi dei vari settori economici, sia nel comportamento dei consumatori, integrando in tali processi il ruolo della biodiversità, degli ecosistemi e dei relativi servizi, oltre a far sì i costi dei rifiuti si rispecchino nei prezzi.

La Commissione evidenzia che nel corso del XX secolo l’estrazione di risorse materiali nel mondo è cresciuta di 34 volte (di 12 volte l’impiego di combustibili fossili). La Commissione stima che nel 2007 l’economia europea ha utilizzato oltre 8 miliardi di tonnellate di materie prime, equivalenti a un consumo annuo pro capite di 16 tonnellate, 6 delle quali sprecate o conferite in discarica. Secondo il documento, il 60% dei principali ecosistemi del pianeta è già degradato o sfruttato in modo non sostenibile, a fronte di un possibile incremento del 70% della domanda di alimenti, mangimi e fibre da qui al 2050. La Commissione cita infine il World Business Council for Sustainable Development, secondo le cui stime entro il 2050 occorrerà moltiplicare l’efficienza delle risorse da 4 a 10 volte, con miglioramenti importanti da conseguire già entro il 2020. Un recente rapporto dell’ONU indica come entro il 2050, il l'umanità potrebbe arrivare a consumare 140 miliardi di tonnellate all’anno di minerali, fossili e biomassa, pari a circa tre volte l’attuale tasso di consumo.

Il 12 ottobre 2011 l’Agenzia europea per l’ambiente (AEA) ha presentato i risultati di uno studio sull’efficienza delle risorse – elemento che la Commissione europea ha recentemente posto al centro di iniziative di rilevanza strategica per lo sviluppo sostenibile e la crescita – secondo il quale occorrono maggiori sforzi da parte degli Stati membri nell’elaborare piani intesi, oltre che a migliorare l'efficienza tecnica e tecnologica, a orientare i modelli di consumo, pubblici e privati, verso servizi e prodotti più efficienti sul piano delle risorse.

bioeconomia

Il 13 febbraio 2011 la Commissione ha presentato una strategia intesa ad indirizzare l’economia europea verso un più ampio e sostenibile uso delle risorse rinnovabili attraverso un piano d’azione basato su un approccio interdisciplinare, intersettoriale e coerente incentrato su tre priorità:

·       sviluppare tecnologie e processi produttivi nuovi destinati alla bioeconomia investendo nella ricerca, nell’innovazione e nelle competenze;

·       sviluppare mercati e competitività nei diversi settori della bioeconomia;

·       stimolare una maggiore collaborazione tra i responsabili politici e le parti interessate.

La natura trasversale della proposta della Commissione intende affrontare, globalmente, sfide per la società tra loro interconnesse quali sicurezza alimentare, scarsità delle risorse naturali, dipendenza dalle risorse fossili e cambiamenti climatici, garantendo al contempo una crescita economica sostenibile.

Ecoinnovazione

Il 15 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato un nuovo Piano d’azione per l’ecoinnovazione (EcoAP)  che, attraverso la promozione delle tecnologie innovative a minor impatto ambientale e basate su un uso più efficace e responsabile delle risorse naturali, compresa l'energia, intende rafforzare lo sviluppo sostenibile dell’UE. L'EcoAP comprende strumenti per migliorare l’azione politica e mobilitare nuove risorse finanziarie, nonché azioni in grado di valorizzare il ruolo della ricerca e dell'innovazione nel produrre e commercializzare un numero maggiore di tecnologie innovative, che includono anche un migliore coordinamento delle politiche con i partner internazionali. Il piano riconosce altresì il ruolo di primo piano svolto dalla legislazione ambientale nella promozione dell'ecoinnovazione e contempla un riesame di quest'ultima.

Tabella di marcia 2050

L’8 marzo 2011 la Commissione ha presentato una proposta relativa a una tabella di marcia che, entro il 2050, dovrebbe trasformare, in maniera economicamente sostenibile, l'Europa in una società a basse emissioni di carbonio, e conseguire l’obiettivo UE di ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell’80-95% rispetto ai livelli del 1990.

Il 15 marzo il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione di iniziativa con la quale accoglie favorevolmente la proposta relativa a una tabella di marcia per un'economia a basse emissioni di carbonio nel 2050 con la quale la Commissione europea nel marzo 2011 indicava un ambizioso percorso europeo di riduzione di emissioni di gas serra dopo il 2020: ridurre le emissioni del 40% nel 2030, del 60% nel 2040 fino ad arrivare a una riduzione dell'80-95% nel 2050.  Il Parlamento europeo avanza richieste ancora più stringenti di quelle della Commissione, in particolare un obiettivo del 25% al 2020 e obiettivi europei vincolanti al 2030 e oltre, a prescindere dal raggiungimento di un accordo globale sul clima. Nella risoluzione si sostiene, inoltre, la revisione dell'attuale sistema Emission Trading da qui al 2020, attraverso il ritiro di quote di emissione del mercato, oppure un aumento del fattore annuale di riduzione delle emissioni a livelo europeo. Entrambe le misure comporterebbero una modifica delle decisioni stabilite dagli Stati membri relativamente all'impegno europeo per la lotta ai cambiamenti climatici da qui al 2020.

La normativa nazionale

Nell’ambito della politica europea per lo sviluppo sostenibile, è stata approvata la “Strategia d'azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia”, (Deliberazione CIPE 2 agosto 2002, n. 57), un documento che riflette la proposta della Commissione europea sul Sesto Programma d’Azione per l’Ambiente e conferma la volontà di conformarsi al nuovo cammino europeo e internazionale a favore della sostenibilità. Lo sviluppo sostenibile è stato inoltre incardinato nei principi guida della legislazione ambientale come si evince dall’articolo 3-quater del D.lgs. 152/2006 (c.d. Codice ambientale). Nello stesso anno (il 2002) l’Italia ha provveduto a ratificare il Protocollo di Kyoto (con la legge 1° giugno 2002, n. 120) e ad approvare (con la delibera CIPE 19 dicembre 2002, n. 123[5]) il Piano nazionale per la riduzione delle emissioni di gas responsabili dell’effetto serra 2003-2010, per consentire il rispetto dell’obiettivo di riduzione del 6,5% previsto dal citato Protocollo. Per il finanziamento delle misure contemplate dal Piano l’art. 1, commi 1110-1115, della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) ha istituito, presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati), con una dotazione complessiva di 600 milioni di euro. Tale disposizione, rimasta per anni inattuata, è recentemente divenuta operativa in seguito all’emanazione della circolare del 16 febbraio 2012 del Ministero dell'ambiente (GU n. 51 del 1° marzo 2012, S.O.). Ulteriori misure di attuazione del Protocollo sono state previste, nel corso degli ultimi anni, in numerosi provvedimenti normativi, che hanno riguardato principalmente l’incentivazione delle energie rinnovabili e la promozione dell’efficienza e del risparmio energetici (anche in attuazione delle direttive europee in materia). Sul tema delle energie rinnovabili si segnala che l’VIII Commissione sta svolgendo un’indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da tali fonti. Sulle misure di attuazione del Protocollo di Kyoto l’art. 10, comma 9, della 196/2009, come modificato dal comma 2 dell’articolo 2 della legge 39/2011, ha previsto la presentazione, in allegato al DEF (Documento di economia e finanza), di un documento predisposto dal Ministro dell'ambiente sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas-serra assunti dall’Italia, che è stato presentato per la prima volta nel 2011. Si segnala, inoltre, che al fine di contribuire alla riduzione delle emissioni di gas-serra, il D.lgs. 162/2011, in attuazione della direttiva 2009/31/CE, è volto ad istituire un quadro di misure per garantire lo stoccaggio geologico permanente di biossido di carbonio (CO2) in formazioni geologiche profonde.

L’importanza dell’implementazione di politiche per lo sviluppo del settore della green economy al fine di rilanciare politiche di risparmio energetico utili all'economia del Paese ed alla soluzione dei principali problemi dell'ambiente è stata più volte sottolineata, nel corso dell’attuale legislatura, con l’approvazione di atti di indirizzo, spesso condivisi da maggioranza e opposizione. Relativamente al settore della green economy, si ricorda (oltre alle misure già citate in materia di energia) il Piano d’azione nazionale sul Green Public Procurement (PAN GPP), emanato tramite il D.M. 11 aprile 2008, attuativo delle previsioni dell’art. 1, comma 1126, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ed il forte sviluppo dell’agricoltura biologica (il Rapporto Eurispes 2012 ricorda che il fatturato dell’agricoltura biologica è stato stimato per il 2011 in 1,6 miliardi di euro), nonché l’importanza di adeguate politiche di tutela della biodiversità (si segnala in proposito l’intesa raggiunta dalla Conferenza Stato-Regioni il 7 ottobre 2010 sulla Strategia Nazionale per la Biodiversità, quale importante strumento per l’attuazione della Convenzione sulla Diversità Biologica), della riduzione degli inquinamenti (idrico e atmosferico, anche attraverso politiche per la mobilità sostenibile) e delle politiche di gestione dei rifiuti (in proposito il D.Lgs. 205/2010, di recepimento della direttiva 2008/98/CE, ha previsto nuovi e più stringenti obiettivi di raccolta e recupero).

In preparazione della Conferenza di Rio+20 il Ministero dell’ambiente ha già organizzato forum ed incontri interministeriali, coinvolgendo nel processo i rappresentanti delle altre amministrazioni centrali e delle istituzioni accademiche e della ricerca scientifica, durante le quali è stato proposto di elaborare un documento programmatico nazionale, provvisoriamente definito “Agenda dell’Italia per la Green Economy”, al quale potrebbe essere affiancata una raccolta di buone pratiche su questo tema realizzate da soggetti sia pubblici che privati. Si segnala inoltre la recente iniziativa intitolata “Manifesto per un futuro sostenibile per l'Italia” promosso da esponenti di organizzazioni di imprese e da imprenditori della green economy, che è stata presentata il 7 novembre 2011. Un’altra rilevante iniziativa in tema è rappresentata dalla proposta, avanzata dal CNEL, in risposta alle raccomandazioni dell'Onu e dell'Ue e quale contributo alla Conferenza dell'Onu Rio+20, relativa alla creazione di una Consulta Nazionale in cui le parti sociali possano discutere proposte per la transizione verso un'economia verde e un'agenda delle priorità per uno sviluppo equo e sostenibile, in cui le politiche industriali innovative giochino un ruolo di primo piano per rendere più competitivo il sistema produttivo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVI legislatura – Documentazione per le Commissioni – Riunioni interparlamentari, n. 99, 19 marzo 2012

Il bollettino è stato curato dall’Ufficio Rapporti con l’Unione europea (' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

La parte relativa alla normativa nazionale è stata curata dal Servizio Studi, Dip. Ambiente (' 06 6760.9253)

 



[1]     Sebbene oggetto di successive rielaborazioni, la definizione di sviluppo sostenibile più condivisa è quella elaborata in ambito ONU nel 1987 dalla Commissione Mondiale su Sviluppo e Ambiente (WCED, c.d. rapporto Brundtland dal nome del suo presidente, l'allora premier norvegese Gro Harlem Brundtland): "Lo sviluppo che è in grado di soddisfare i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri".

[2]     Tra i documenti rilevanti si segnalano la Dichiarazione di Stoccolma (1972), la Dichiarazione di Rio sull’ambiente e lo sviluppo (1992) e la Dichiarazione di Johannesburg (2002), nonché alcuni importanti documenti programmatici quali l’Agenda 21 di Rio de Janeiro (1992) e Il Piano d’azione di Johannesburg (2002).

[3]     Tali obiettivi, che dovrebbero essere raggiunti nel 2015, sono stati lanciati nel settembre 2000 con l'approvazione della Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite (www.un.org/millenniumgoals). Il 7 luglio scorso l’ONU ha presentato il Rapporto 2011 sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio. Relativamente al 7° obiettivo (assicurare la sostenibilità ambientale), nel rapporto viene evidenziata la criticità delle risorse marine globali e delle foreste (queste ultime, si legge nel rapporto, stanno rapidamente scomparendo in Sud America e Africa) e che, nonostante la crisi economica, le emissioni globali di gas-serra continuano ad aumentare.

[4]     Il summit  del 1992 di Rio de Janeiro ha per la prima volta coinvolto i settori della società civile (c.d. Major Groups) ancora oggi sono parte attiva del processo: business e industria, bambini e giovani, agricoltori, popolazioni indigene, amministrazioni locali, organizzazioni non-governative, comunità scientifica e tecnologica, donne, lavoratori e sindacati. 

[5] Aggiornata con la delibera CIPE 11 dicembre 2007, n. 135.