Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Riunione delle Commissioni competenti per le pari opportunità dei Parlamenti nazionali sul tema "Pari retribuzione per pari lavoro"
Serie: Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari    Numero: 95
Data: 29/02/2012
Descrittori:
PARITA' TRA SESSI   TRATTAMENTO ECONOMICO
TUTELA DEI LAVORATORI     
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

riunioni interparlamentari

 

 

 

Riunione delle Commissioni competenti

per le pari opportunità dei Parlamenti nazionali

 sul tema “Pari retribuzione per pari lavoro”

Bruxelles, 8 marzo 2012

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 95

 

29 febbraio 2012


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 *cdrue@camera.it).

Il capitolo “La normativa nazionale” è stato curato dal Servizio Studi, Dipartimento Lavoro pubblico e privato

(' 066760.4884)

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INDICE

 

 

Schede di lettura   1

La parità di retribuzione nell’Unione europea   3

·          La parità di retribuzione nella legislazione UE e le prospettive future  3

·          Raccomandazioni del Parlamento europeo per la parità di retribuzione  6

·          Il divario tra uomini e donne nel campo delle pensioni11

·          Le pari opportunità nella Strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione  13

·          L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE)14

·          Il sostegno finanziario  UE nel settore delle pari opportunità  15

La  normativa nazionale 17

Dati Eurostat   23

Link ai documenti25

 

• Direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 riguardante l’attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro

• Comunicazione “Strategia per la parità tra donne e uomini 2010-2015” (COM(2011)491)

• Comunicazione ”Combattere il divario retributivo tra donne e uomini” (COM(2007)424)

• Libro bianco “Un’agenda dedicata a pensioni adeguate, sicure e sostenibili” (COM(2012)55)

• Comunicazione “Un’agenda per nuove competenze e per l’occupazione: un contributivo europeo alla piena occupazione” (COM(2010)682)

• Comunicazione “ Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale” (COM(2010)758)

•  Comunicato Eurostat  “Gender pay gap statistics”

.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schede di lettura


 

 


La parità di retribuzione nell’Unione europea

La parità di retribuzione nella legislazione UE e le prospettive future

Il principio della parità di retribuzione è sancito nei Trattati fin dal 1957. Il contenuto dell’originario articolo 119 del Trattato istitutivo della comunità economica europea è stato riproposto e ampliato nell’articolo 141 del Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE) ed è infine confluito nell’attuale articolo 157 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

L’articolo 157 del TFUE stabilisce che ciascuno Stato membro assicuri l’applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

Al paragrafo 2, specifica che per “retribuzione” bisogna intendere il salario o trattamento normale di base o minimo e tutti gli altri vantaggi pagati direttamente o indirettamente, in contanti o in natura, dal datore di lavoro  al lavoratore in ragione dell’impiego di quest’ultimo.

In base al paragrafo 3 la parità di retribuzione, senza discriminazione fondata sul sesso, implica:

a)             che la retribuzione corrisposta per uno stesso lavoro pagato a cottimo sia fissata in base a una stessa unità di misura;

b)             che la retribuzione per un lavoro pagato a tempo sia uguale per uno stesso posto di lavoro.

Il Parlamento europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, previa consultazione del Comitato economico e sociale, adottano misure che assicurino l’applicazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, ivi compreso il principio della parità di retribuzioni per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore (paragrafo 4).

Infine al paragrafo 5, si stabilisce che, allo scopo di assicurare l’effettiva e completa parità tra uomini e donne nella vita lavorativa, il principio della parità di trattamento non osta a che uno Stato membro mantenga o adotti misure che prevedano vantaggi specifici diretti a facilitare l’esercizio di attività professionali da parte del sesso sottorappresentato ovvero ad evitare o comunque compensare svantaggi nelle carriere professionali.

In questo quadro nel febbraio 1975, la Comunità europea ha adottato la direttiva   75/117/CEE del Consiglio, per il ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri relative all'applicazione del principio della parità delle retribuzioni tra i lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile. Tale direttiva è stata abrogata in seguito all’entrata in vigore della direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 luglio 2006 riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di lavoro, che ne ha assorbito il contenuto.

Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea del 26 luglio 2006 (L.204/23), la Direttiva reca disposizioni intese ad attuare il principio della parità di trattamento per quanto riguarda:

a)        l'accesso al lavoro, alla promozione e alla formazione professionale;

b)        le condizioni di lavoro, compresa la retribuzione;

c)        i regimi professionali di sicurezza sociale.

La direttiva definisce poi concetti quali: discriminazione diretta, discriminazione indiretta, molestie, molestie sessuali, retribuzione, regimi professionali di sicurezza sociale. Tra le Disposizioni orizzontali, figurano i "Mezzi di tutela e applicazione" (tutela giudiziale e non, risarcimento o riparazione, onere della prova), nonché un capitolo riservato alla "Promozione della parità di trattamento", da realizzarsi attraverso gli organismi di parità, il dialogo sociale ed il dialogo con le ONG.

L’articolo 4 della direttiva 2006/54/CE, stabilisce che per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale, occorre eliminare la discriminazione diretta e indiretta basata sul sesso e concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni. In particolare, l’articolo in questione specifica che qualora si utilizzi un sistema di classificazione professionale per determinare le retribuzioni, questo deve basarsi su principi comuni per i lavoratori di sesso maschile e per quelli di sesso femminile ed essere elaborato in modo da eliminare le discriminazioni fondate sul sesso.

Nonostante il quadro normativo così delineato, nella comunicazione sulla nuova  strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell’Unione europea (COM(2010)491), la Commissione europea rileva che  il divario retributivo fra i sessi (differenza media tra la retribuzione oraria lorda delle donne e degli uomini nell'insieme dell'economia) nell’UE resta del 17,8% nell'UE: 30,9% in Estonia, 26,2% nella Repubblica ceca, 25,5% in Austria e 23,2% in Germania, mentre è del 4,9% in Italia, 8,5% in Slovenia e 9% in Belgio e Romania[1] (si vedano anche infra i dati Eurostat  e il Comunicato Eurostat “Gender pay gap statistics”).

Nello spirito dei trattati dell'UE, la Commissione europea ritiene necessario un rinnovato impegno per modificare questa situazione.

Si ricorda che la  nuova  strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell’Unione europea (COM(2010)491) è stata presentata dalla Commissione europea il 21 settembre 2010. Essa prevede azioni basate su cinque priorità: pari indipendenza economica; pari retribuzione per lo stesso lavoro e lavoro di pari valore; parità nel processo decisionale; dignità, integrità e fine della violenza nei confronti delle donne; parità tra donne e uomini nelle azioni esterne.

La Strategia 2010-2015 subentra alla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 (COM(2006)92) presentata dalla Commissione europea il 1° marzo 2006 e tiene conto della dichiarazione politica (cd.“ Carta per le donne”), (COM(2010)78), adottata dalla Commissione europea il 5 marzo 2010, in occasione della celebrazione dei  15 anni dalla piattaforma d'azione di Pechino.

Tenendo presenti le osservazioni già svolte nella sua comunicazione del 18 luglio 2007 “Combattere il divario di retribuzione tra donne e uomini“ (COM(2007)424), nel documento sulla nuova Strategia, la Commissione sottolinea che le  cause alla radice del divario retributivo tra i sessi si estendono ben oltre la questione della parità retributiva per lo stesso lavoro.

In particolare, esiste un divario tra il livello d'istruzione delle donne e la loro carriera professionale, che richiede una particolare attenzione alla fase di transizione dall'istruzione al mercato del lavoro. Le cause del divario retributivo derivano anche dalla segregazione del mercato del lavoro, dato che le donne e gli uomini tendono ancora a lavorare in settori/impieghi diversi. Da un lato, le donne e gli uomini sono spesso sovrarappresentati in certi settori e i lavori "femminili" (principalmente nell'assistenza sanitaria, nell'istruzione e nell'amministrazione pubblica) in generale vengono valutati meno delle professioni tipicamente maschili. Dall'altro lato, all'interno dello stesso settore o della stessa impresa i lavori svolti dalle donne tendono ad avere un valore minore e sono pagati meno.

La Commissione europea osserva, infine, che il divario retributivo riflette altre disparità del mercato del lavoro di cui sono vittime soprattutto le donne, in particolare la parte sproporzionata di responsabilità familiari da sostenere e le difficoltà di conciliare il lavoro con la vita privata. Molte donne lavorano a metà tempo o con contratti atipici: anche se ciò consente loro di rimanere sul mercato del lavoro mentre gestiscono le responsabilità familiari, può avere ripercussioni negative sulla loro retribuzione, carriera professionale, prospettive di promozione e pensione.

In questo quadro, per il periodo 2010-2015, la Commissione europea intende:

·         esplorare con le parti sociali europee, rispettando l'autonomia del dialogo sociale, le possibilità di migliorare la trasparenza delle retribuzioni e l'impatto sulla parità retributiva di accordi come il lavoro a metà tempo e i contratti a termine;

·         sostenere le iniziative per la parità retributiva sul posto di lavoro come marchi, attestati e premi, nonché lo sviluppo di strumenti con cui i datori di lavoro possono correggere i divari retributivi ingiustificati tra donne e uomini;

·         istituire una giornata europea della parità retributiva che si terrà ogni anno per sensibilizzare sul fatto che le donne debbono lavorare molto più a lungo degli uomini per la stessa retribuzione (la Giornata è stata celebrata per la prima volta il 5 marzo 2011);

·         incoraggiare le donne a scegliere professioni non tradizionali, per esempio in settori "verdi" e innovativi.

Il Consiglio ha adottato due testi di conclusioni: nel primo “Sostegno dell’attuazione della strategia della Commissione europea per la parità tra donne e uomini “2010-2015” si compiace per l’adozione della strategia e sottolinea il legame con la Strategia Europa 2020; nel secondo “lotta al divario di retribuzione tra donne e uomini si invitano gli Stati membri ad adottare o perseguire un’ampia serie di misure volte ad affrontare l’insieme delle cause del divario di retribuzione tra i generi e monitorare regolarmente i progressi utilizzando gli indicatori principali, tenendo conto della metodologia dell’indagine sulla struttura delle retribuzioni (SES – Sistema europeo delle statistiche) , considerando gli indicatori complementari.

Raccomandazioni del Parlamento europeo per la parità di retribuzione

Presso la Commissione per i diritti della donna e la parità di genere del Parlamento europeo è stato avviato l’esame di una proposta di risoluzione, recante raccomandazioni alla Commissione concernenti l'applicazione del principio della parità di retribuzione tra lavoratori di sesso maschile e quelli di sesso femminile per uno stesso lavoro o per un lavoro di pari valore.

In particolare,  nella proposta di risoluzione si chiede alla Commissione di rivedere la direttiva 2006/54/CE al più tardi entro il 15 febbraio 2013, e di proporre emendamenti a tale direttiva sulla base dell'articolo 157 del TFUE, secondo le seguenti raccomandazioni: 

Raccomandazione 1: definizioni

La direttiva 2006/54/CE reca una definizione di parità retributiva che riprende le disposizioni della direttiva 75/117/CEE. Al fine di disporre di categorie più precise di cui avvalersi per affrontare il problema del divario di retribuzione tra donne e uomini, è importante definire più esattamente i diversi concetti, ovvero:

- il divario di retribuzione tra donne e uomini, tenendo conto che la definizione non dovrà limitarsi ai differenziali retributivi orari lordi, ma deve contenere una distinzione tra il divario di retribuzione tra donne e uomini non corretto e quello "netto";

- la discriminazione retributiva diretta e indiretta;

- la retribuzione, la cui definizione deve coprire la retribuzione netta e i diritti pecuniari connessi a un'attività lavorativa, nonché le prestazioni in natura.

Raccomandazione 2: analisi della situazione e trasparenza dei risultati

2.1. La mancanza di informazioni e di sensibilizzazione tra i datori di lavoro e i lavoratori in merito all'esistenza o all'eventualità di divari di retribuzione in seno all'impresa, nonché la loro ignoranza pregiudicano l'applicazione del principio sancito dal trattato e dalla legislazione in vigore.

2.2. Riconoscendo la mancanza di dati statistici precisi, comparabili e coerenti, anche in materia di divario di retribuzione tra donne e uomini per i lavori a tempo parziale, e l'esistenza di livelli retributivi inferiori per le donne, in particolare nelle professioni tradizionalmente in prevalenza femminili, gli Stati membri devono tenere pienamente conto del divario di retribuzione tra i generi nelle loro politiche sociali e affrontarlo come un problema grave.

2.3. È pertanto fondamentale che nelle imprese (ad esempio in quelle con almeno 100 dipendenti, di cui il 10% donne) siano resi obbligatori controlli regolari in materia di retribuzione e informazioni accessibili sui relativi risultati. Lo stesso obbligo deve applicarsi anche all'informazione relativa alle indennità addizionali alla retribuzione. Queste informazioni devono essere accessibili ai dipendenti, ai sindacati e alle autorità pertinenti (ad es. ispettorati del lavoro, organismi per la parità).

2.4. I datori di lavoro devono fornire ai lavoratori e ai loro rappresentanti tali risultati sotto forma di statistiche sui salari disaggregate in base al genere. Questi dati devono essere compilati a livello settoriale e nazionale in ciascuno Stato membro.

2.5. È necessario fare obbligo ai datori di lavoro di adottare una politica di trasparenza in relazione alla composizione e alle strutture salariali, tra cui straordinari, bonus e altri vantaggi che fanno parte della retribuzione.

Raccomandazione 3: valutazione del lavoro e classificazione delle professioni

3.1. Il concetto di valore del lavoro deve fondarsi sulle qualifiche, sulle competenze o sulle responsabilità, valorizzando la qualità del lavoro al fine di garantire la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini, e non deve essere caratterizzato da un approccio stereotipato sfavorevole alle donne, ponendo per esempio l'accento sulla forza fisica anziché sulle competenze o sulle responsabilità interpersonali. Per tale motivo, le donne devono beneficiare di informazioni, assistenza e/o formazione in sede di negoziati salariali o per quanto riguarda la classificazione professionale e le griglie salariali. I comparti economici e le aziende devono essere invitati a valutare i loro sistemi di classificazione delle professioni, alla luce dell'obbligo di integrare la dimensione di genere, e ad apportarvi le necessarie correzioni.

3.2. L'iniziativa della Commissione deve indurre gli Stati membri a introdurre classificazioni delle professioni conformi al principio della parità tra donne e uomini, permettendo sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi. Resta importante rispettare le leggi e le tradizioni nazionali per quanto concerne i meccanismi di concertazione sociale. Detti elementi di valutazione e di classificazione del lavoro devono inoltre essere trasparenti e accessibili a tutte le parti interessate, agli ispettorati del lavoro e agli organismi per la parità.

3.3. Gli Stati membri devono procedere a un'analisi approfondita incentrata sulle professioni svolte in prevalenza da donne.

3.4. Una valutazione professionale non discriminatoria deve basarsi su sistemi di classificazione, inquadramento del personale e organizzazione del lavoro, sull'esperienza professionale e la produttività, valutate soprattutto in termini qualitativi, da cui ricavare dati e griglie di valutazione per determinare le retribuzioni, tenendo debitamente conto del concetto di trasparenza e comparabilità.

Raccomandazione 4: organismi per la parità e il ricorso legale

Gli organismi per la promozione e il controllo della parità devono svolgere un ruolo più importante ai fini della riduzione del divario di retribuzione tra donne e uomini. Tali organismi, adeguatamente finanziati, devono avere la facoltà di monitorare, elaborare relazioni e, ove possibile, attuare con maggiore efficacia e autonomia la legislazione in materia di parità di genere. Una revisione dell'articolo 20 della direttiva 2006/54/CE è necessaria al fine di rafforzare il loro mandato mediante l'inclusione dei seguenti elementi:

-     sostegno e consulenza alle vittime di discriminazioni retributive;

-     svolgimento di inchieste indipendenti in materia di discriminazione;

-     pubblicazione di relazioni indipendenti e formulazione di raccomandazioni su tutte le questioni connesse alla discriminazione retributiva.

-     conferimento della competenza giuridica di avviare le proprie indagini;

-     conferimento della competenza giuridica di imporre sanzioni in caso di violazione del principio di parità di retribuzione e/o di adire un tribunale nei casi di discriminazioni retributive;

-     offerta di una formazione speciale destinata alle parti sociali, oltre che ad avvocati, magistrati e difensori civici, basata su un insieme di strumenti analitici e azioni mirate, utile sia al momento della contrattazione che al momento della verifica dell'attuazione delle normative e delle politiche pertinenti al divario retributivo, insieme all'offerta di corsi di formazione e di materiale formativo sulla valutazione professionale non discriminatoria per i datori di lavoro.

Raccomandazione 5: dialogo sociale

Sono necessari ulteriori controlli in merito ai contratti collettivi, ai livelli di retribuzione applicabili e ai sistemi di classificazione professionale, soprattutto per quanto riguarda il trattamento dei lavoratori a tempo parziale e di quelli con contratti di lavoro atipici o gli straordinari/bonus compresi i pagamenti in natura. Le predette misure non devono riguardare solo le condizioni di lavoro primarie bensì anche le condizioni secondarie e i regimi occupazionali di sicurezza sociale (regimi di congedo e pensionistici, veicoli di servizio, custodia dei bambini, orari di lavoro flessibili, bonus ecc.). Gli Stati membri, nel rispetto delle leggi, dei contratti collettivi o delle prassi nazionali, devono invitare le parti sociali a introdurre classificazioni professionali non discriminatorie, permettendo sia ai datori di lavoro che ai lavoratori di individuare eventuali discriminazioni in materia di retribuzione basate su una definizione distorta dei livelli retributivi.

È necessario rafforzare la responsabilità dei sindacati, mentre anche l'amministrazione potrebbe svolgere un ruolo importante non solo per quanto riguarda la parità di retribuzione, ma anche in termini di creazione di un clima che favorisca un'equa distribuzione delle responsabilità di cura e la progressione delle carriere sia per i lavoratori di sesso maschile che per quelli di sesso femminile.

Le parti sociali devono essere dotate di maggiori poteri, in modo da poter prendere in considerazione i problemi della parità di retribuzione, non solo all'interno dei rispettivi settori, ma anche per orientarsi verso un equilibrio intersettoriale.

Raccomandazione 6: prevenzione della discriminazione

Deve essere fatto specifico riferimento all'articolo 26[2] della direttiva 2006/54/CE, relativo alla prevenzione della discriminazione, onde garantire che gli Stati membri, con il coinvolgimento delle parti sociali e gli organismi per la parità, adottino:

- azioni specifiche in materia di formazione e classificazione delle figure professionali, rivolte al sistema scolastico e della formazione professionale, finalizzate a evitare e rimuovere le discriminazioni nella formazione, nella classificazione e nella valutazione economica delle competenze;

- azioni specifiche per conciliare l'attività professionale e la vita familiare e personale, relative ai servizi di infanzia e di cura e alla flessibilità dell'organizzazione e dell'orario di lavoro, nonché dispositivi relativi ai congedi di maternità, paternità, parentali e familiari;

- misure concrete e positive (a norma dell'articolo 157, paragrafo 4, del trattato sul funzionamento dell'Unione europea), per superare il divario di retribuzione e la segregazione di genere, da mettere in atto ad opera delle parti sociali e degli organismi per la parità ai diversi livelli contrattuali e di settore, quali: la promozione di accordi salariali per combattere le discriminazioni retributive, indagini sistematiche sulla parità di trattamento salariale, fissazione di obiettivi qualitativi e quantitativi e di parametri di riferimento, sostegno nello scambio delle migliori pratiche;

- l'inserimento nei contratti pubblici di una clausola relativa al rispetto della parità di genere e di retribuzione.

Raccomandazione 7: integrazione della dimensione di genere

L'integrazione della dimensione di genere deve essere rafforzata inserendo nell'articolo 29[3] della direttiva 2006/54/CE delle indicazioni precise per gli Stati membri riguardo al principio della parità di trattamento in materia di retribuzione e per il superamento dei differenziali retributivi tra uomini e donne. La Commissione deve attrezzarsi per fornire assistenza agli Stati membri e alle parti interessate in merito ad azioni concrete per superare il divario di retribuzione tra donne e uomini attraverso:

- l’elaborazione di modelli di relazione finalizzati alla valutazione dei divari di retribuzione tra donne e uomini;

- la creazione di una banca dati sulle modifiche dei sistemi di classificazione e di inquadramento dei lavoratori;

- la raccolta e diffusione dei risultati delle sperimentazioni sulla riforma dell'organizzazione del lavoro;

- la diffusione di informazioni e linee guida circa strumenti pratici, in particolare destinati alle PMI (ad esempio lo strumento informatico LOGIB-D), che consentono di superare il divario retributivo anche nel quadro dei contratti collettivi nazionali o di settore.

Raccomandazione 8: sanzioni

8.1. La normativa in questo campo è, per diverse ragioni, evidentemente meno efficace e, considerando che il problema nel complesso non si può risolvere con l'aiuto delle sole leggi, la Commissione e gli Stati membri devono rafforzare la normativa in vigore dotandola di tipi appropriati di sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.

8.2. È importante che gli Stati membri prendano i provvedimenti necessari per assicurare che la violazione del principio di parità retributiva per lavoro di pari valore comporti sanzioni adeguate, in conformità delle disposizioni legislative vigenti.

8.3. Si ricorda che, in base alla direttiva 2006/54/CE, gli Stati membri sono già tenuti a prevedere un indennizzo o una riparazione (articolo 18)[4], nonché sanzioni (articolo 25)[5].

Tuttavia, queste disposizioni non sono sufficienti a evitare la violazione del principio di parità retributiva. Per questo motivo si propone di realizzare uno studio sulla fattibilità, l'efficacia e l’impatto di eventuali sanzioni quali:

- sanzioni, che devono includere anche il pagamento di un indennizzo alla vittima;

- sanzioni amministrative pecuniarie (per esempio in caso di mancata notifica o comunicazione obbligatoria o indisponibilità di analisi e valutazioni di statistiche salariali disaggregate per genere (in base alla raccomandazione 2)) richieste dagli ispettorati del lavoro o dai competenti organismi per la parità;

- l'esclusione dal beneficio di prestazioni e sovvenzioni pubbliche (anche da finanziamenti dell'UE gestiti dagli Stati membri) e dalle procedure di appalti pubblici, come già previsto dalla direttiva 2004/17/CE1 e dalla direttiva 2004/18/CE2 riguardanti le procedure di appalto.

Raccomandazione 9: razionalizzazione della normativa e della politica dell'unione europea

9.1. Un settore di azione urgente riguarda il fatto che il lavoro a tempo parziale è apparentemente legato a una penalizzazione retributiva. Tale situazione esige una valutazione e un'eventuale revisione della direttiva 97/81/CE del Consiglio, del 15 dicembre 1997, relativa all'accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall'UNICE, dal CEEP e dalla CES –Allegato: Accordo quadro sul lavoro a tempo parziale3, il quale prevede un trattamento uguale tra lavoratori a tempo pieno e a tempo parziale nonché misure più mirate ed efficaci nei contratti collettivi di lavoro.

9.2. Un obiettivo concreto per ridurre il divario di retribuzione deve essere introdotto quanto prima negli orientamenti per l’occupazione, segnatamente per quanto riguarda l'accesso alla formazione professionale e il riconoscimento delle qualifiche e delle competenze delle donne.

Il divario tra uomini e donne nel campo delle pensioni

Nel libro bianco “Un’agenda dedicata a pensioni adeguate, sicure e sostenibili” presentato il 16 febbraio 2012 (COM(2012)55), la Commissione europea affronta il problema di come colmare il divario tra uomini e donne nel campo delle pensioni.

La Commissione sottolinea che  è assolutamente necessario equiparare l’età pensionabile per uomini e donne, perché ciò contribuisce in modo decisivo al miglioramento della partecipazione al mercato del lavoro dei lavoratori anziani, nonché al miglioramento del reddito delle donne. Tuttavia, la Commissione osserva che la  parificazione dell’età pensionabile tra uomini e donne deve essere valutata nel più ampio contesto delle disparità tra i sessi che, riguardo alle pensioni, sono dovute a differenze tra uomini e donne in termini di occupazione, di retribuzione, di contributi, nonché di interruzione della carriera o del lavoro a tempo parziale per poter accudire terzi. La persistenza di disuguaglianze tra i sessi sul mercato del lavoro fa sì che i diritti pensionistici della donne siano scarsi. Per affrontare l’adeguatezza e la sostenibilità delle pensioni occorre quindi un mix di politiche sulle pensioni e sull’occupazione che affronti il problema delle differenze di reddito tra i sessi nel campo delle pensioni.

La Commissione, pertanto, ritiene necessarie soluzioni più efficaci, lontane dalla presunzione che esistano ruoli specifici per i due sessi e suggerisce, a titolo di esempio, l’introduzione  di una sorta di “crediti” d’assistenza, rilasciati sia a uomini sia a donne, che salvaguardino la sostenibilità dei regimi pensionistici e facilitino il ritorno al lavoro.

Infine, si sottolinea che affrontare le disuguaglianze tra i sessi, per esempio conciliando vita privata e professionale, può avere anche vantaggi indiretti a lungo termine per i regimi pensionistici perché semplifica la fondazione delle famiglie, facendo aumentare i tassi di natalità e riducendo  il declino a lungo termine della popolazione in età lavorativa.

Si segnala che nella risoluzione del 13 settembre 2011 sulla situazione delle donne che si avvicinano all'età pensionabile, il Parlamento europeo, osserva che le donne hanno maggiori probabilità di avere una carriera più lenta, più breve e/o soggetta a interruzioni, e che la loro retribuzione è mediamente inferiore a quella degli uomini, il che si riflette in un maggiore divario retributivo di genere e crea una differenza, parimenti basata sul sesso, per quanto concerne i contributi pensionistici personali versati, aumentando di conseguenza il rischio di povertà per le donne in età avanzata. In tale quadro il Parlamento europeo sollecita la Commissione e gli Stati membri ad adottare senza indugio misure efficaci volte a dare attuazione al principio della parità della retribuzione a parità di lavoro (ad esempio mediante un sistema obbligatorio di valutazione del lavoro e un piano d'azione in materia di uguaglianza sul luogo di lavoro), al fine di annullare il divario retributivo di genere e quindi eventualmente di contribuire a colmare il divario tra le pensioni, in vista della riduzione e, in ultima istanza, dell'eliminazione del più elevato rischio di povertà cui sono esposte le donne, in particolare quelle meno giovani.

 

Le pari opportunità nella Strategia Europa 2020 per la crescita e l’occupazione

Il tema delle pari opportunità è affrontato anche nell’ambitodellaStrategia Europa 2020 -   definita dal Consiglio europeo nelle riunioni di marzo e giugno 2010 -  nella quale vengono delineati gli obiettivi e gli strumenti dell’Unione europea e degli Stati membri in materia di crescita e occupazione per il decennio 2011-2020. Tra i suoi obiettivi, la Strategia Europa 2020 prevede di:

·      portare al 75% il tasso di occupazione per la popolazione di età compresa tra 20 e 64 anni, anche mediante una maggiore partecipazione dei giovani, dei lavoratori più anziani e di quelli poco qualificati e una migliore integrazione dei migranti nella popolazione attiva;  

·      promuovere l'inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà, mirando a liberare almeno 20 milioni di persone dal rischio di povertà e di esclusione.

Al fine di precisare il percorso per l’attuazione dei singoli obiettivi, la Commissione ha proposto “iniziative faro” nelle quali sono indicate specifiche misure da realizzare sia a livello UE sia a livello dei Paesi membri.

In particolare, la Commissione europea ha avviato, il 23 novembre 2010, l’iniziativa faro "Un'agenda per nuove competenze e per l'occupazione: un contributo europeo alla piena occupazione" (COM(2010)682),  che delinea gli interventi chiave volti a: riformare i mercati del lavoro, migliorare le competenze, rendendole consone alla domanda del mercato; migliorare le condizioni lavorative e la qualità del lavoro; creare nuovi posti di lavoro, anche attraverso la promozione dell'imprenditorialità e del lavoro autonomo.

Tra le misure individuate, la Commissione prevede, in particolare, di esaminare l'efficacia della legislazione UE un materia di informazione e consultazione dei lavoratori, nonché le direttive sul lavoro part-time e i contratti a tempo determinato e la loro incidenza sulla partecipazione delle donne al lavoro e alla parità di retribuzione, in collaborazione con le parti sociali e nel rispetto dell'autonomia del dialogo sociale. Contestualmente, a livello nazionale, gli Stati membri dovranno promuovere nuove forme di equilibrio tra lavoro e vita privata, parallelamente a politiche di invecchiamento attivo, così come la parità di genere.

Sempre nell’ambito della Strategia 2020, l’Unione europea ha varato l’iniziativa faro «Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale: un quadro europeo per la coesione sociale e territoriale" (COM(2010)758), presentata dalla Commissione europea il 16 dicembre 2010.

L’iniziativa prevede l’impegno delle istituzioni UE a promuovere l'innovazione sociale per le categorie più vulnerabili, valutare l'adeguatezza e la sostenibilità dei regimi pensionistici e di protezione sociale e riflettere su come migliorare l'accesso ai sistemi sanitari.  A livello nazionale, gli Stati membri saranno tenuti a:

·      promuovere la responsabilità collettiva e individuale nella lotta alla povertà e all'esclusione sociale;

·      definire e attuare misure incentrate sulla situazione specifica delle categorie particolarmente a rischio (famiglie monoparentali, donne anziane, minoranze, Rom, disabili e senzatetto);

·      utilizzare pienamente i propri regimi previdenziali e pensionistici per garantire un sufficiente sostegno al reddito e un accesso adeguato all'assistenza sanitaria.

 

L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere (EIGE)

L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere è stato creato il 20 dicembre 2006 (Regolamento (CE) n. 1922/2006). Dotato di personalità giuridica, l’Istituto è formato da un consiglio di amministrazione, un direttore e dal suo personale, nonché da un forum di esperti. La sede dell’Istituto è a Vilnius (Lituania). Virginija Langbakk ha assunto l’incarico  di direttore nell’aprile 2009.

I principali obiettivi dell’Istituto sono:

·      la promozione e il rafforzamento dell’uguaglianza fra donne e uomini;

·      l’integrazione delle questioni di uguaglianza fra donne e uomini in tutte le politiche comunitarie e nelle relative politiche nazionali;

·      la lotta contro la discriminazione fondata sul sesso;

·      la sensibilizzazione dei cittadini europei.

Secondo il regolamento che istituisce l’EIGE, questo contributo si tradurrà essenzialmente in un’assistenza tecnica apportata alle istituzioni dell’Unione europea, in particolare alla Commissione, nonché alle autorità degli Stati membri.

Le principali attività dell’Istituto per l’uguaglianza di genere saranno:

-      la raccolta, la registrazione, l’analisi e la diffusione di informazioni relative all’uguaglianza tra uomini e donne a livello dell’UE. In base a criteri rigidi, l’Istituto elaborerà metodi volti ad aumentare l’obiettività, la comparabilità e l’affidabilità dei dati a livello europeo. Sulla base dei dati obiettivi, affidabili e comparabili che avrà riunito, elaborerà strumenti metodologici destinati ad integrare meglio la parità fra uomini e donne in tutte le politiche dell’UE.

-     l’organizzazione di attività volte a promuovere gli scambi di esperienze e lo sviluppo del dialogo a livello europeo con tutte le parti interessate, in particolare le istituzioni della Comunità e degli Stati membri, le parti sociali, le organizzazioni non governative, i centri di ricerca. Più specificatamente, l’Istituto:  creerà e coordinerà una rete europea sull’uguaglianza tra uomini e donne;  organizzerà riunioni ad hoc di esperti;  incoraggerà lo scambio di informazioni tra ricercatori e favorirà l’integrazione della prospettiva di genere nella loro ricerca;  svilupperà un dialogo e una cooperazione con organizzazioni non governative, enti operanti nel settore delle pari opportunità, università, esperti, centri di ricerca e parti sociali.

-     la collaborazione all’organizzazione di conferenze, campagne e riunioni a livello europeo al fine di sensibilizzare i cittadini dell’Unione europea riguardo alla parità tra gli uomini e le donne.

Il sostegno finanziario  UE nel settore delle pari opportunità

Per quanto riguarda in generale le iniziative UE a favore della parità di genere, esse possono attualmente avvalersi del sostegno finanziario dei seguenti programmi:

Il programma PROGRESS si prefigge di fornire un aiuto finanziario all’attuazione degli obiettivi dell’Unione europea nel settore dell’occupazione e degli affari sociali.

Il programma, con dotazione finanziaria complessiva pari a 657.590.000 euro per il periodo 2007-2013, si articola in cinque sezioni distinte corrispondenti ai cinque grandi settori di attività, secondo la seguente ripartizione: 

Il restante 2% della dotazione è destinato alla copertura delle spese di gestione del programma.

Per quanto riguarda la parità tra donne e uomini, il programma PROGRESSpromuove l’integrazione della dimensione di genere in tutte le politiche dell’Ue:

-     migliorando la comprensione della situazione relativa alle questioni di genere e all’integrazione della dimensione di genere, in particolare mediante analisi e studi e l’elaborazione di statistiche e indicatori, nonché valutando l’impatto della legislazione, delle politiche e delle prassi in vigore;

-     sostenendo l’applicazione della legislazione comunitaria in tema di parità fra uomini e donne mediante un monitoraggio efficace, l’organizzazione di seminari destinati a coloro che sono attivi nel settore e lo sviluppo di reti fra organismi specializzati nelle questioni relative alla parità;

-     sensibilizzando, diffondendo informazioni e promuovendo il dibattito sulle principali sfide e questioni politiche relative alla parità fra uomini e donne e all’integrazione di genere, anche tra le parti sociali, le ONG e gli altri soggetti interessati;

-     sviluppando la capacità delle principali reti di livello europeo di sostenere e sviluppare ulteriormente gli obiettivi politici dell’Ue e le strategie in materia di parità fra uomini e donne.

 

-          Programma DAPHNE III : Combattere la violenza contro i bambini, gli adolescenti e le donne (2007-2013)

Il programma Daphne III mira a prevenire e a combattere qualsiasi forma di violenza, in particolare di natura fisica, sessuale o psicologica, contro i bambini, i giovani e le donne. È altresì inteso a proteggere le vittime e i gruppi a rischio al fine di raggiungere un livello elevato di tutela della salute mentale, benessere e coesione sociale nell’Unione europea. Si tratta della terza fase del programma Daphne e copre il periodo 2007-2013, per il quale è stato stanziato un bilancio di 116,85 milioni di euro.

La Commissione presenterà entro il 31 dicembre 2014 una relazione di valutazione ex post sull’attuazione e sui risultati del programma. Entro il 31 maggio 2012 presenterà anche una comunicazione sulla continuazione del programma in questione.

 

Relativamente alle nuove prospettive finanziarie per il periodo 2014-2020,  si segnala che gli obiettivi del  programma  Daphne III e delle sezioni "diversità e lotta contro la discriminazione" e "parità fra uomini e donne" del programma PROGRESS saranno integrate nel programma Diritti e cittadinanza per il periodo 2014-2020. La proposta di regolamento relativa al programma Diritti e cittadinanza per il periodo 2014-2020 (COM(2011)758), presentata dalla Commissione europea il 15 novembre 2011, prevede  una dotazione complessiva pari a 439.000.000  euro.

 

 


La  normativa nazionale

Questionario del Parlamento europeo in occasione della riunione

 “Pari retribuzione per pari lavoro”- 8 marzo 2012

 

(a cura del Servizio Studi della Camera dei Deputati)

 

 

 

 

Domanda 1 

 

 

-           Il vostro Parlamento negli ultimi anni ha affrontato la questione della differenza retributiva di genere nelle sue decisioni e/o risoluzioni?

-           Ci sono motivi specifici per l’attuale divario retributivo di genere nel vostro paese individuate in queste decisioni e/o risoluzioni o nel più ampio dibattito politico?

 

La necessità di misure che contrastino la differenza retributiva di genere è presente nel testo unificato n. 8-00070 delle risoluzioni n. 7-00274 (on. Codurelli), n. 7-00285 (on. Pelino) e n. 7-00306 (on. Paladini), approvato nella XVI legislatura l’8 giugno 2010 dalla XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati. Il testo impegna, tra l’altro, il Governo a intraprendere azioni per dare ulteriore seguito al Piano di azione “Italia 2020”, adottato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali e dal Ministro per le pari opportunità.

 

 

Domanda 2

 

 

Politica legislativa:

-           Quali cambiamenti ha imposto la Direttiva 2006/54 sulla legislazione sulla parità retributiva nel vostro paese?

-           La legislazione sulla parità retributive nel vostro paese contiene una delle seguenti disposizioni?

- Definizioni (remunerazione, differenza retributive di genere, discriminazione salariale diretta o indiretta, differenza pensionistica);

- Trasparenza della remunerazione; statistiche salariali disaggregate di genere;

- valutazione del lavoro e classificazione;

- ruolo degli organismi di parità;

 

 

- dialogo sociale; inclusione della parità retributive negli accordi collettivi;

- Sanzioni applicabili in caso di violazione delle regole sulla parità retributiva

 

La direttiva 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio 2006, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego è stata recepita con il D.Lgs. 25 gennaio 2010, n. 5.

Nel provvedimento citato l'articolo 1 modifica ed integra in più parti il codice delle pari opportunità tra uomo e donna, di cui al D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198[6], ed in particolare:

§         la disciplina del Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici, istituito presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali (artt. 8-10), nonché la composizione ed i compiti dell'organo;

§         la figura delle consigliere e dei consiglieri di parità (artt. 12-17);

§         la discriminazione subita in ragione dello stato di gravidanza, di maternità o di paternità, nonché in conseguenza del rifiuto di atti di molestie o di molestie sessuali (art. 25);

§         il divieto di ogni forma di discriminazione nell'accesso al lavoro, alla formazione e alla promozione professionali e nelle condizioni di lavoro, di discriminazione retributiva e nella prestazione lavorativa e nella progressione di carriera(artt. 27-30);

§         l’introduzione del divieto di discriminazione (diretta o indiretta) nelle forme pensionistiche complementari collettive (art. 30-bis);

§         la tutela giurisdizionale e il regime sanzionatorio (novelle agli artt. 36-38 e nuovo art. 41-bis);

§         le azioni positive (ivi definite) finalizzate ora anche a "valorizzare" il contenuto professionale delle mansioni a più forte presenza femminile (art. 42);

§         la previsione nei contratti collettivi di lavoro di misure specifiche - ivi compresi codici di condotta, linee guida e buone prassi - per la prevenzione delle forme di discriminazione in oggetto (e, in particolare, delle molestie e delle molestie sessuali) (art. 50-bis).

 

Le pari opportunità nel lavoro

Il legislatore ha provveduto, nel corso degli anni, a creare una serie di strumenti per garantire le pari opportunità sul luogo di lavoro, contrastare le discriminazioni e promuovere l’occupazione femminile.

§         Legge 9 dicembre 1977, n. 903, sulla “Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro”: divieto di qualsiasi discriminazione fondata sul sesso nell’accesso al lavoro;

§         Legge 10 aprile 1991, n. 125, “Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel lavoro” (ora abrogata e confluita nel Codice delle pari opportunità 198/2006), che ha disciplinato le “azioni positive”, ovvero quelle misure che, prevedendo situazioni di favore per le donne, realizzano lo scopo di rimuovere le disuguaglianze che si frappongono al raggiungimento di una condizione di parità in ambito lavorativo.

§         Il D.lgs. 196/2000 dove si sono poi rafforzate le funzioni e i poteri dei Consiglieri di parità nazionali, regionali e provinciali[7], organi istituiti per la promozione e il controllo dell’attuazione dei principi di uguaglianza di opportunità e non discriminazione nel mondo del lavoro.

§         Il divieto di discriminazione fondata sul sesso per quanto concerne l’accesso al lavoro, con specifico riferimento allo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza, è stato ulteriormente ribadito nell’articolo 3 del D.Lgs. 151 del 2001, che interviene a tutela e sostegno della maternità e della paternità[8].

 

 

Il D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna[9] ha provveduto ad un riassetto delle disposizioni vigenti in materia di pari opportunità.

Il provvedimento è suddiviso in quattro Libri, aventi rispettivamente ad oggetto le disposizioni per la promozione delle pari opportunità tra uomo e donna:

§         in generale (Libro I, artt. 1-23);

§         nei rapporti etico-sociali (Libro II, artt. 24 e 25);

§         nei rapporti economici (Libro III, artt. 26-57);

§         nei rapporti civili e politici (Libro IV, artt. 58-59).

 

Per quanto concerne, più specificamente, le pari opportunità in materia di lavoro, il Titolo I (articoli 25-51) del Libro III si divide in cinque Capi concernenti le nozioni di discriminazione, i divieti di discriminazione, la tutela giudiziaria, la promozione delle pari opportunità nel lavoro e la tutela e sostegno della maternità e paternità. Si segnalano le seguenti disposizioni in tema di:

§         divieto di discriminazione retributiva (articolo 28), per cui è vietata qualsiasi discriminazione, diretta e indiretta, concernente un qualunque aspetto o condizione delle retribuzioni, per quanto riguarda uno stesso lavoro o un lavoro al quale è attribuito un valore uguale. La norma prevede, inoltre, che i sistemi di classificazione professionale ai fini della determinazione delle retribuzioni debbono adottare criteri comuni per uomini e donne ed essere elaborati in modo da eliminare le discriminazioni;

§         divieto di discriminazione nell’accesso alle prestazioni previdenziali (articolo 30), secondo cui le lavoratrici in possesso dei requisiti per aver diritto alla pensione di vecchiaia hanno diritto di proseguire il rapporto di lavoro fino agli stessi limiti di età previsti per gli uomini da disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali; in tal senso, il divieto concerne anche le forme pensionistiche complementari collettive (articolo 30-bis), nel quale è vitata qualsiasi discriminazione diretta o indiretta

§         La Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna[10], fornisce consulenza e supporto tecnico-scientifico nell'elaborazione e nell'attuazione delle politiche di genere, sui provvedimenti di competenza dello Stato: propone il programma annuale di lavoro; controlla gli sviluppi delle politiche delle pari opportunità; segnala le iniziative necessarie per la realizzazione dell'effettiva parità nella pubblica amministrazione; redige il rapporto annuale per il Ministro sullo stato di attuazione delle politiche di pari opportunità; effettua audizioni, pubblicazioni e ricerche;

§         Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici (articolo 10). Tra le competenze del comitato si segnalano, tra le altre, quella di formulare proposte sulle questioni generali relative all'attuazione degli obiettivi della parità e delle pari opportunità, la promozione di campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di un programma-obiettivo di azioni positive con il relativo finanziamento, l’elaborazione codici di comportamento in tema di parità, il controllo dell’applicazione della legislazione vigente, l’impegno a favorire il dialogo tra le parti sociali, la soluzione alle controversie collettive e la rappresentanza di donne negli organismi pubblici nazionali e locali competenti in materia di lavoro;

§         in tema di sanzioni, l’inosservanza delle norme in materia di discriminazione sopra descritte è punita con l'ammenda da 250 euro a 1.500 euro (articolo 41). Nei casi in cui siano responsabili soggetti titolari di benefici ai sensi delle vigenti leggi dello Stato, ovvero che abbiano stipulato contratti di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, di servizi o forniture, l’inosservanza delle norme può determinare la revoca del beneficio e l’esclusione del responsabile per un periodo di tempo fino a due anni da qualsiasi ulteriore concessione di agevolazioni finanziarie o creditizie ovvero da qualsiasi appalto;

§         le aziende, pubbliche e private, aventi più di cento dipendenti redigono almeno ogni due anni un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile, con riferimento, tra l'altro, alla retribuzione effettivamente corrisposta, che viene poi trasmesso alle rappresentanze sindacali aziendali e organismi regionali e nazionali di parità, nonché al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Dipartimento delle pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri (articolo 46).

 

Le pari opportunità in materia di sicurezza sociale.

La normativa vigente prevede particolari agevolazioni previdenziali per le lavoratrici madri, anche per coloro che rientrano nel sistema contributivo di calcolo della pensione, a prescindere dall’assenza o meno dal lavoro al verificarsi dell’evento maternità.

In particolare la lavoratrice madre può alternativamente (articolo 1, comma 40, lettera c), legge n. 335 del 1995):

§         optare per un anticipo di età, rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia, di quattro mesi per ogni figlio fino ad un massimo di dodici mesi (quindi dopo il terzo figlio non è previsto alcun beneficio);

§         ottenere una pensione più alta con la maggiorazione del coefficiente moltiplicativo corrispondente all’età di accesso alla pensione di un anno, in caso di uno o due figli, o di due anni, in caso di tre o più figli. Nel primo caso l’aumento oscilla intorno al 3,5%.

 

Inoltre sono riconosciuti accrediti figurativi per i trattamenti pensionistici in relazione alle assenze dal lavoro per periodi di educazione e assistenza dei figli fino al sesto anno di età (in ragione di 170 giorni per ciascun figlio) e per assistenza a figli dal sesto anno d’età, al coniuge o ai genitori purché conviventi, nell’ambito della legge quadro per i portatori di handicap (legge n. 104 del 1992), per la durata di 25 giorni complessivi l’anno, nel limite massimo globale di 24 mesi.

 

Domanda 3

Politica non-legislativa:

-           Che tipo di specifiche iniziative riguardanti il tema della differenza salariale di genere sono state recentemente organizzate nel vostro paese (campagne di informazione, iniziative come giornate per l’uguaglianza salariale, promozione di buone pratiche ecc.)?

-           Che tipo di effetti positivi sono derivati da queste attività riguardo la situazione della differenza salariale di genere nel vostro paese?

 

L'osservazione del mercato del lavoro mette in evidenza che, nonostante la legislazione sia adeguata, il differenziale retributivo di genere è ancora ampio, e la risorsa rappresentata dal lavoro femminile è sottoutilizzata. Nell'àmbito dell'attuale dibattito politico e sindacale sulla riforma del mercato del lavoro, viene in genere riconosciuto come una delle esigenze più rilevanti il miglioramento delle condizioni del lavoro femminile nonché (al fine di conciliare il tempo di lavoro e i tempi di vita) dei servizi di supporto alla famiglia.

Il CNEL (Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), in una recente ricerca (ottobre 2011), ha rilevato come in Italia il divario retributivo tra uomo e donna costituisca ancora un problema rilevante: secondo i risultati di tale indagine, a parità di qualifica e impiego, la differenza di retribuzione tra uomini e donne in Italia si attesta tra il 10% e il 18% ed è dovuta interamente a fenomeni di discriminazione.

Anche sulla base di queste ricerche, si sono svolti il 2 febbraio 2012, presso il CNEL stesso, i cosiddetti "Stati generali sul lavoro delle donne in Italia", un'iniziativa rivolta ad evidenziare i fattori di criticità della condizione lavorativa femminile in Italia e le relative iniziative da intraprendere, anche con riferimento al divario retributivo[11].

 

Sul tema si segnala il programma “ITALIA 2020, Programma di azioni per l’inclusione delle donne nel mercato del lavoro”, adottato dal Governo Berlusconi nel dicembre 2009 volto a predisporre un piano strategico di azione per la conciliazione e le pari opportunità nell’accesso al lavoro, dove il principale obiettivo è quello di creare le condizioni migliori per una maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

 

Dati Eurostat

Il divario retributivo di genere (Gender pay gap in unadjusted form)

%

 

2002

2006

2007

2008

2009

2010

EU (27 countries)

:

17.7

17.6

17.4

16.9(p)

16.4(p)

EU (25 countries)

:

18.1

17.8

:

:

:

EU (15 countries)

:

18.7

18.3

:

:

:

Euro area (17 countries)

:

:

:

17.1

16.7(p)

16.8(p)

Euro area (16 countries)

:

17.3

17.6

:

:

:

Belgium

:

9.5

9.1

9.0

8.8

8.8(p)

Bulgaria

18.9

12.4

12.4

13.6

15.3

15.7

Czech Republic

22.1

23.4

23.6

26.2

25.9

25.5

Denmark

:

17.6

17.7

17.1

16.8

16.0

Germany

:

22.7

23.0

23.2

23.2

23.1

Estonia

:

29.8

30.9

27.6

:

:

Ireland

15.1

17.2

17.1

12.6

12.6

12.6(p)

Greece

25.5

20.7

21.5

22(i)

:

:

Spain

20.2

17.9

17.1

16.1

16.7

16.7(p)

France

:

15.4

16.9

17.1

15.5

16(p)

Italy

:

4.4

5.1

4.9

5.5

5.5(p)

Cyprus

22.5

21.8

23.1

21.6

21.0

21(p)

Latvia

:

15.1

15.4

13.4

14.9

17.6

Lithuania

13.2

17.1

20.0

21.6

15.3

14.6

Luxembourg

:

10.7

12.5

12.4

12.5

12.0

Hungary

19.1

14.4

16.3

17.5

17.1

17.6

Malta

:

5.2

7.6

8.6

6.9

6.1

Netherlands

18.7

23.6

23.6

19.6

19.2

18.5

Austria

:

25.5

25.5

25.5

25.4

25.5(p)

Poland

7.5

7.5

7.5

9.8

9.8

1.9

Portugal

:

8.4

8.3

9.2

10.0

12.8

Romania

16.0

7.8

12.7

9.0

8.1

12.5

Slovenia

6.1

8.0

8.3

8.5

3.2

4.4

Slovakia

27.7

25.8

23.6

20.9

21.9

20.7

Finland

:

21.3

20.0

20.0

20.1

19.4

Sweden

:

16.5

17.9

17.1

16.0

15.8

United Kingdom

27.3

24.3

21.1

21.4

20.6

19.5

Iceland

:

:

:

:

:

:

Liechtenstein

:

:

:

:

:

:

Norway

:

16.0

15.7

17.2

16.7

16.1

Switzerland

:

18.6

18.7

:

:

:

Montenegro

:

:

:

:

:

:

Croatia

:

:

:

:

:

:

Former Yugoslav Republic of Macedonia

:

:

:

:

:

:

Source of Data: Eurostat

Last update: 17.02.2012

Short Description:The unadjusted Gender Pay Gap (GPG) represents the difference between average gross hourly earnings of male paid employees and of female paid employees as a percentage of average gross hourly earnings of male paid employees. The population consists of all paid employees in enterprises with 10 employees or more in NACE Rev. 2 aggregate B to S (excluding O) - before reference year 2008: NACE Rev. 1.1 aggregate C to O (excluding L). The GPG indicator is calculated within the framework of the data collected according to the methodology of the Structure of Earnings Survey (EC Regulation: 530/1999). It replaces data which was based on non-harmonised sources. For further information please consult the detailed explanatory texts (metadata).

 

 


Link ai documenti

 

 

·      Direttiva 2006/54/CE

·      COM (2010) 491;

·      COM (2007) 424;

·      COM (2012) 55;

·      COM (2010) 682;

·      COM 2010) 758;

·      Comunicato Eurostat Gender pay gap statistics”.

 



[1]   Dati del 2008, ad eccezione dell'Estonia (2007).

[2] Art. 26, Osservanza Gli Stati membri prendono tutte le misure necessarie per assicurare che:

a) tutte le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative contrarie al principio della parità di trattamento siano abrogate;

b) le disposizioni contrarie al principio della parità di trattamento contenute nei contratti individuali o collettivi, nei regolamenti interni delle aziende o nelle regole che disciplinano il lavoro autonomo e le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro o in qualsiasi altro accordo siano o possano essere dichiarate nulle e prive di effetto oppure siano modificate;

c) i regimi professionali di sicurezza sociale contenenti siffatte disposizioni non possano essere oggetto di misure amministrative di approvazione o di estensione.

[3] Articolo 29 Integrazione della dimensione di genere “Gli Stati membri tengono conto dell'obiettivo della parità tra gli uomini e le donne nel formulare ed attuare leggi, regolamenti,

atti amministrativi, politiche e attività nei settori di cui alla presente direttiva”.

[4] Articolo 18 Risarcimento o riparazione “Gli Stati membri introducono nei rispettivi ordinamenti giuridici nazionali le misure necessarie per garantire, per il danno subito da una persona lesa a causa di una discriminazione fondata sul sesso, un indennizzo o una riparazione reali ed effettivi, da essi stessi stabiliti in modo tale da essere dissuasivi e  proporzionati al danno subito. Tale indennizzo o riparazione non può avere un massimale stabilito a priori, fatti salvi i casi in cui il datore di lavoro può dimostrare che l'unico danno subito dall'aspirante a seguito di una discriminazione ai sensi della presente direttiva è costituito dal rifiuto di prendere in considerazione la sua domanda.”

[5] Articolo 25 Sanzioni “Gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni da irrogare in caso di violazione delle disposizioni nazionali di attuazione della presente direttiva e prendono tutti i provvedimenti necessari per la loro applicazione. Le sanzioni, che possono prevedere un risarcimento dei danni, devono essere effettive, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione entro il 5 ottobre 2005 e provvedono poi a notificare immediatamente le eventuali modificazioni successive”.

[6] D.Lgs. 11 aprile 2006, n. 198, “Codice delle pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 6 della L. 28 novembre 2005, n. 246.

[7]   Istituiti tra gli anni ‘80 e i primi anni ’90, sono stati ridisciplinati dal D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 196, Disciplina dell’attività delle consigliere e dei consiglieri di parità e disposizioni in materia di azioni positive, a norma dell’articolo 47 della L. 17 maggio 1999, n. 144. Anche la legge 196 è confluita nel Codice delle pari opportunità.

[8]   Il D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53, successivamente modificato e integrato dal D.Lgs. 23 aprile 2003, n. 115.

[9] In attuazione dell’articolo 6 della L. 28 novembre 2005 (legge di semplificazione e riassetto normativo per l'anno 2005)

[10] Articolo 3 del D.P.R. 14 maggio 2007 n. 115, recante “Regolamento per il riordino della Commissione per le pari opportunità tra uomo e donna, a norma dell'articolo 29 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 agosto 2006, n. 248.

[11] Tra le altre iniziative di rilievo sul tema, si può citare la Carta per le pari opportunità e l’uguaglianza sul lavoro, varata in Italia il 5 ottobre 2009, sottoscritta, su base volontaria, da imprese di tutte le dimensioni, per la diffusione di una cultura aziendale e di politiche delle risorse umane inclusive, libere da discriminazioni e pregiudizi, capaci di valorizzare i talenti in tutta la loro diversità.