Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||
Titolo: | Riunione interparlamentare sul futuro della politica di coesione alla luce delle nuove proposte legislative - Bruxelles, 6 ottobre 2011 | ||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Riunioni interparlamentari Numero: 85 | ||
Data: | 03/10/2011 | ||
Descrittori: |
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Camera dei deputati
XVI LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
riunioni interparlamentari
Riunione interparlamentare
sul futuro della politica
di coesione alla luce delle nuove proposte legislative
Bruxelles, 6 ottobre 2011
n. 85
3 ottobre 2011
Il dossier è stato
curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145
- * cdrue@camera.it)
Il capitolo “Fondi strutturali europei nel periodo 2007-2013” è stato curato dal Servizio Studi, Dipartimento Affari comunitari (' 066760.9409) e il capitolo “Lo stato di attuazione dei fondi strutturali comunitari al 31 dicembre 2010” è stato curato dal Servizio Studi, Dipartimento Bilancio (' 066760.9932)
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I N D I C E
La riforma della politica di coesione e il Quadro finanziario pluriennale 2014-2020
- Le proposte della Commissione per il QFP 2007-2013
- Principali elementi del nuovo QFP
- La politica di coesione nell’ambito del nuovo QFP
La quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale
- Contributo del Governo italiano alla consultazione sul futuro della politica di coesione
Stato e prospettive del negoziato sul qfp e sulla riforma della politica di coesione
- Posizione del Parlamento europeo
- Attività della Camera dei deputati
Fondi strutturali europei nel periodo 2007-2013
- Obiettivi e risorse finanziarie
- Il processo di programmazione
Lo stato di attuazione dei fondi strutturali comunitari al 31 dicembre 2010
La riforma della
politica di coesione
-La politica di coesione nell’ambito della revisione
del bilancio UE
-La quinta relazione sulla coesione economica,
sociale e territoriale
-Contributo del Governo italiano alla consultazione
sul futuro della politica di coesione
Il finanziamento delle
misure per la crescita nell’attuale e nel prossimo Quadro finanziario
pluriennale
-Stanziamenti per la crescita nel quadro finanziario
vigente
-Quadro finanziario 2007-2013
-Le proposte relative al quadro finanziario
pluriennale dell’UE e al sistema delle risorse proprie per il 2014-2020.
-La riforma del sistema di risorse proprie
-Avvio del negoziato
Posizione del
Parlamento europeo
Attività della Camera
dei deputati
Fondi strutturali
europei nel periodo 2007-2013
-Obiettivi e risorse finanziarie
-Il processo di programmazione
-Il processo di attuazione
-Lo stato di attuazione dei fondi strutturali
comunitari al 31 dicembre 2010
La riforma della politica di coesione costituisce una delle questioni centrali nell’ambito del negoziato sul quadro finanziario pluriennale 2014-2020 dell’Unione europea.
Ciò discende, in primo luogo, dal fatto che la politica coesione assorbe nel quadro finanziario 2007-2013 il 35,7% del totale delle risorse disponibili (347,414 miliardi di euro) e contribuisce, pertanto, in misura significativa ad interventi in settori quali le infrastrutture, l’energia, la ricerca, l’occupazione.
In secondo luogo, in ragione degli stanziamenti in questione, le modifiche all’entità e alla ripartizione degli stanziamenti ad essa destinati incidono pertanto profondamente sui saldi netti complessivi degli Stati membri
In terzo luogo, si pone l’esigenza di dare piena attuazione al Trattato di Lisbona che ha introdotto la coesione territoriale, accanto a quella economica e sociale, tra gli obiettivi e le politiche dell’UE.
Linee organiche di riforma della politica di coesione sono state prospettate dalla Commissione europea anche nella quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale, presentata il 9 novembre 2010.
Il 29 giugno 2011 la Commissione ha presentato un pacchetto di proposte relative al quadro finanziario pluriennale dell’UE e al sistema delle risorse proprie per il 2014-2020 , prospettando significative modifiche all’assetto e alle risorse destinate alla politica di coesione.
Specifiche proposte legislative relative alla disciplina dei fondi strutturali saranno presentate dalla Commissione il 6 ottobre prossimo.
Al fine di rendere più efficace ed organica la discussione, un documento di lavoro redatto dai servizi del Parlamento europeo propone i seguenti spunti: · quali dovrebbero essere gli obiettivi futuri della politica di coesione e perché? · come conseguire il giusto equilibrio tra politiche settoriali e territoriali? · qual’è il valore aggiunto della politica di coesione, sul piano politico e sul piano economico? · quale dovrebbe essere l’architettura della politica di coesione per il prossimo quadro finanziario (2014-2020)? · come può essere assicurata efficacia ed efficienza alla politica di coesione? · quali sfide pone il sistema di governance multilivello tipico della politica di coesione, e come dovrebbe essere attuata la gestione condivisa tra autorità nazionali, regionali ed europee? · quanto è importante la flessibilità nell’esecuzione dei programmi? · quale ruolo dovrebbero giocare le istituzioni UE (Commissione, Parlamento e Consiglio)? · come superare il tradizionale dilemma tra gestione centralizzata e decentrata e trovare un giusto equilibrio tra condizionalità e sussidiarietà? · Quale impatto hanno le differenze esistenti tra i modelli di gestione degli Stati membri? |
La Commissione europea ha presentato il 29 giugno 2011 un pacchetto di proposte relative al quadro finanziario pluriennale dell’UE e al sistema delle risorse proprie per il 2014-2020.
Il quadro finanziario pluriennale (QFP)stabilisce, in relazione alle priorità politiche da esso individuate, le grandi aree di spesa del bilancio dell’Unione europea, indicando per ciascuna di esse il massimale degli stanziamenti nell’intero periodo di riferimento e in ognuno degli anni in esso ricompresi. Il Trattato di Lisbona, in vigore dal 1° dicembre 2009, ha introdotto una espressa disciplina del QFP, stabilendo che esso sia adottatocon un regolamento approvato all'unanimità dal Consiglio previa approvazione del PE (che si pronuncia alla maggioranza dei membri che lo compongono).
Per il periodo 2014-2020 la Commissione europea propone una dotazione massima complessiva di 1.025 miliardi di euro in termini di impegno (pari al 1,05% del RNL complessivo dell’UE) e di 972 miliardi di euro in termini di pagamento (pari al 1% del RNL), con un aumento del 5% (in valore assoluto)rispetto alle prospettive finanziarie 2007-2013. In termini percentuali rispetto al RNL entrambi i dati segnano una diminuzione.
Il quadro finanziario per il 2007-2013 (cfr. Tabella I) prevede – in seguito alle revisioni ed aggiornamenti apportati in risposta alla crisi economica e finanziaria - un massimale medio delle spese dell’UE pari all’1,13% del reddito nazionale lordo (RNL) europeo in termini di impegno (pari a 975.777 milioni di euro) e all' 1,07% in termini di pagamento (pari a 925.780 milioni di euro).
Considerate anche le spese per politiche o progetti dell’UE non finanziate dal bilancio europeo (strumenti di flessibilità, Fondo europeo di sviluppo[1], Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione[2], Fondo di solidarietà[3], progetti ITER[4] e GMES[5]), pari a 58 miliardi di euro, gli stanziamenti complessivi per il finanziamento dell’attività dell’UE nel periodo 2014-2020 sarebbero pari a 1.083 miliardi in termini di pagamento (pari al 1,11% del RNL).
La Commissione, peraltro, prospetta per gran parte dei settori inclusi nel QFP il ricorso a strumenti finanziari innovativi, al fine di offrire una fonte di finanziamento ulteriore e di creare un effetto moltiplicatore per il bilancio dell'UE, attraendo altri finanziamenti pubblici e privati per progetti strategici.
La Commissione propone di articolare il QFP in cinque rubriche, che coincidono in ampia parte con le rubriche del QFP 2007-2013. Sarebbe soppressa la sola rubrica compensazioni.
In particolare, in base alle proposte della Commissione:
· lo stanziamento complessivo proposto per la coesione economica, sociale e territoriale (rubrica 1b) sarebbe pari a 376 miliardi di euro, a fronte dei 348,4 miliardi dell’attuale programmazione. Tenuto tuttavia conto del fatto che 40 miliardi sarebbero riservati al nuovo meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe Facility), le risorse disponibili per gli interventi dei fondi strutturali scendono a 336 miliardi di euro, con una diminuzione significativa degli stanziamenti per le regioni dell’obiettivo convergenza (162,5 miliardi, il 20% in meno rispetto agli stanziamenti attuali) e la contestuale introduzione di una nuova categoria di “regioni in transizione”;
· per quanto riguarda la politica agricola, si registrerebbe una riduzione, rispetto al periodo 2007-2013, degli stanziamenti complessivi della rubrica 2 (che comprende anche interventi per l’ambiente) del 12% delle risorse destinate ai pagamenti diretti o connesse al mercato (da 322 a 281 miliardi di euro) ed un decremento meno accentuato di quelle per lo sviluppo rurale (da 96 a 89,9 miliardi);
· gli interventi riconducibili alla Strategia 2020 ammonterebbero complessivamente a circa 114 miliardi (a fronte degli 89,3 dell’attuale periodo di programmazione) che salirebbero a 154 miliardi ove si consideri anche lo stanziamento per il richiamato Meccanismo per collegare l'Europa (formalmente inserito nell’ambito della politica di coesione). In particolare, registrerebbero un forte incremento, in termini percentuali, delle risorse per le infrastrutture (da 13 a 50 miliardi di euro, + 287% rispetto alla attuali), per la ricerca e l’innovazione (da 55 a 80 miliardi, +46%), per l’istruzione e cultura (da 9 a 15 miliardi, +68%);
· incrementi significativi, in termini percentuali, sono prospettatati anche per la sicurezza e cittadinanza (da 11,5 a 18,5 miliardi di euro, +62%) e le relazioni esterne dell’UE (da 59 a 70 miliardi, +19%);
· le spese amministrative crescerebbero di circa il 12 % (da 55,9 miliardi a 62,6).
TABELLA I
QFP 2007-2013 e proposte per il QFP 2014-2020 a confronto
QFP 2007-2013 |
QFP 2014-2020 |
||||||||
Rubriche |
Totale |
2014 |
2015 |
2016 |
2017 |
2018 |
2019 |
2020 |
2014-2020 |
1. Crescita sostenibile |
437.778 |
64.696
|
66.580 |
68.133 |
69.956 |
71.596 |
73.768 |
76.179 |
490.908 |
1a. Competitività per la crescita e l’occupazione |
89.363 |
14.228 |
15.037 |
15.591 |
16.347 |
16.798 |
17.813 |
19.074 |
114.888 |
1b. Coesione per la crescita e l’occupazione |
348.415 |
50.468 |
51.543 |
52.542 |
53.609 |
54.798 |
55.955 |
57.105 |
376.020 |
2. Conservazione e gestione delle risorse |
413.061 |
57.386 |
56.527 |
55.702 |
54.861 |
53.837 |
52.829 |
51.784 |
382.927 |
330.085 |
42.244 |
41.623 |
41.029 |
40.420 |
39.618 |
38.831 |
38.060 |
281.825 |
|
3. Cittadinanza, libertà, sicurezza e giustizia |
12.216 |
2.532 |
2.571 |
2.609 |
2.648 |
2.687 |
2.726 |
2.763 |
18.535 |
4. UE come partner mondiale |
55.935 |
9.400 |
9.645 |
9.845 |
9.960 |
10.150 |
10.380 |
10.620 |
70.000 |
5. Amministrazione |
55.925 |
8.542 |
8.679 |
8.796 |
8.943 |
9.073 |
9.225 |
9.371 |
62.629 |
6. Compensazioni |
862 |
|
|
|
|
|
|
|
- |
Tot. Stanziamenti di impegno |
975.777 |
142.556 |
144.002 |
145.085 |
146.368 |
147.344 |
148.928 |
150.718 |
1.025.000 |
% RNL |
1,12% |
1,01% |
1,05% |
0,99% |
1,00% |
1,01% |
1,00% |
0,94% |
1,00% |
La Commissione propone di ripartire i 376 miliardi di euro stanziati per la politica di coesione in coerenza con un nuovo assetto dei fondi strutturali già prospettato nella Quinta relazione sulla politica di coesione, presentata il 10 novembre 2010 e che sarà tradotto in specifiche proposte legislative da presentare entro l’autunno 2011.
Obiettivi e fondi |
2014-2020 |
2007-2013 |
Convergenza |
162,6 miliardi |
199.3 miliardi |
Regioni in transizione |
38,9 miliardi |
25.3 miliardi |
Competitività |
53,1 miliardi |
43,6 miliardi |
Cooperazione territoriale |
11,7 miliardi |
8,7 miliardi |
Fondo di coesione |
68,7 miliardi |
69,5 miliardi |
Meccanismo per collegare l'Europa |
40 miliardi |
- |
Totale |
376,02 miliardi |
348,41 miliardi |
Tale nuovo assetto contempla:
· la conservazione degli obiettivi convergenza (riservato alle regioni con un PIL pro capite inferiore al 75% della media UE-27) e competitività (che sarebbe aperto alle regioni con un PIL pro capite superiore al 90% della media dell'UE). Nel prossimo periodo di programmazione rientrerebbero nell’obiettivo convergenza Campania, Calabria, Sicilia e Puglia; rientrerebbero nell’obiettivo competitività le regioni del centro nord non incluse nel nuovo obiettivo regioni in transizione;
· la riduzione di circa il 20% degli stanziamenti destinati alle regioni dell’obiettivo convergenza ed un aumento di quasi il 30% di quelli per le regioni dell’obiettivo competitività;
· l’introduzione di un nuovo obiettivo dei fondi strutturali che includerebbe le cosiddette "regioni in transizione",con un PIL pro capite fra il 75% e il 90% della media UE-27 che sostituirebbe l'attuale sistema di phasing-out e phasing-in dagli obiettivi preesistenti.[6]
La Commissione osserva, più in dettaglio, che nel nuovo obiettivo rientrerebbero:
- le regioni attualmente ammissibili all'obiettivo "convergenza", ma il cui PIL pro capite ha superato nel corso della programmazione 2007-2013 il 75% della media dell' UE-27, che manterrebbero i due terzi della loro dotazione attuale;
- le regioni che, anche se attualmente non ammissibili a titolo dell'obiettivo "convergenza", hanno un PIL pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media dell'UE-27.
L'entità del sostegno dovrebbe variare in funzione del livello del PIL, cosicché le regioni con un PIL prossimo al 90% della media dell'UE potranno beneficiare di un'intensità di aiuto simile a quella delle regioni più sviluppate.
Si segnala che la dotazione per il nuovo obiettivo sarebbe superiore di circa 13,3 miliardi rispetto agli stanziamenti previsti per phasing-out e phasing-in nell’attuale periodo di programmazione. Per l’Italia rientrerebbero in tale categoria di regioni Abruzzo, Molise, Basilicata e Sardegna.
· la concentrazione degli stanziamenti su un numero limitato di priorità. Le regioni dell'obiettivo competitività e quelle in transizione dovrebbero innanzitutto utilizzare tutta la loro dotazione di bilancio, escluso il FSE, per l'efficienza energetica, le energie rinnovabili e la competitività e innovazione delle PMI, mentre le regioni dell'obiettivo convergenza dovrebbero destinare il loro stanziamento a una più ampia serie di priorità;
· la previsione a favore del Fondo sociale europeo (FSE) – che sostiene interventi per il mercato del lavoro, l’istruzione, la formazione, l’inclusione sociale, l’adattabilità dei lavoratori, le imprese e gli imprenditori e la capacità amministrativa - di quote minime per ciascuna categoria di regioni (25% per le regioni dell'obiettivo convergenza, 40% per quelle in transizione, 52% per le regioni dell'obiettivo competitività) in base al presupposto che il Fondo di coesione continui a rappresentare un terzo degli stanziamenti relativi alla politica di coesione negli Stati membri ammissibili e escludendo la cooperazione territoriale).
Al riguardo, si evidenzia l’opportunità di acquisire dal Governo più puntuali elementi di informazione e di valutazione circa le conseguenze finanziarie per l’Italia delle proposte della Commissione, in assenza di precisi criteri di ripartizione degli stanziamenti tra gli Stati membri.
Nel periodo di programmazione 2007-2013 le risorse della politica di coesione assegnate all’Italia ammontano a 28.812 milioni di euro[7], comprensivi dell’indicizzazione pari al 2% annuo. Circa il 75 per cento (circa 21 miliardi di euro nel settennio) di tali risorse sono destinate all’obiettivo Convergenza che, applicando il parametro del PIL pro-capite inferiore al 75% della media comunitaria, include le seguenti regioni: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Nell’ambito dello stesso obiettivo si aggiunge la Regione Basilicata, che beneficia di un regime transitorio di sostegno (c.d. di phasing-out) per favorirne l’uscita dall’obiettivo[8].
All’obiettivo Competitività regionale e occupazione, che include le regioni italiane diverse da quelle dell’obiettivo Convergenza sopra illustrate, è destinato circa il 20 per cento delle risorse assegnate all’Italia. Tra queste è inclusa anche la regione Sardegna che beneficiadi un regime transitorio (c.d. di phasing-in) a sostegno del suo ingresso nell’obiettivo.
Le restanti risorse sono attribuite all’obiettivo Cooperazione territoriale europea nel qualerientrano aree territoriali a livello transfrontaliero, transnazionale e interregionale quali lo spazio alpino, le zone di confine con l’Europa centrosettentrionale e con l’Europa orientale e balcanica, nonchè il bacino del Mediterraneo.
Ripartizione delle risorse per anno e per obiettivo (importi in mln di euro*)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
2012 |
2013 |
Totale |
Convergenza (Calabria Campania, Puglia, Sicilia) |
2.853 |
2.910 |
2.969 |
3.028 |
3.088 |
3.150 |
3.213 |
21.211 |
Phasing-out (Basilicata) |
90 |
81 |
73 |
62 |
53 |
41 |
30 |
430 |
Competitività regionale e occupazione (regioni del Centro-Nord, Abruzzo e Molise) |
720 |
734 |
749 |
764 |
780 |
795 |
811 |
5.353 |
Phasing-in (Sardegna) |
229 |
196 |
160 |
124 |
86 |
88 |
89 |
972 |
Cooperaz. territoriale |
111 |
113 |
117 |
120 |
125 |
128 |
132 |
846 |
Totale |
4.003 |
4.034 |
4.068 |
4.098 |
4.132 |
4.202 |
4.275 |
28.812 |
Per rafforzare la capacità di assorbimento di fondi, la Commissione propone alcune misure specifiche:
· fissare il tasso massimo di stanziamenti destinati ad un singolo Stato membro al 2,5% del rispettivo RNL.
Nel QFP 2007-2013 tale percentuale si colloca tra un massimo dell’1,8% (Ungheria) e un minimo dello 0,2% (Cipro); il dato relativo all’Italia oscilla tra lo 0,5 e lo 0,6%;
· consentire un aumento temporaneo del tasso di cofinanziamento da 5 a 10 punti percentuali quando uno Stato membro beneficia di assistenza finanziaria (in particolare da parte del meccanismo europeo di stabilità, che dovrebbe essere istituito dal 2013 in attuazione dell’articolo 136 del TFUE). Ciò al fine di ridurre la partecipazione richiesta ai bilanci nazionali in un periodo di risanamento, pur mantenendo lo stesso livello complessivo di finanziamenti UE;
· inserire nei contratti di partenariato determinate condizioni relative al miglioramento della capacità amministrativa.
La Commissione prospetta profonde modificazioni alla programmazione e gestione dei fondi mediante:
· l’istituzione di un quadro strategico comune per tutti i fondi strutturali, per tradurre gli obiettivi della strategia Europa 2020 in priorità d'investimento;
· la conclusione di un contratto di partenariato tra la Commissione e ciascuno Stato membro, che recherebbe l'impegno dei contraenti a livello nazionale e regionale ad utilizzare i fondi stanziati per dare attuazione alla strategia Europa 2020, nonché un quadro di riferimento dei risultati con il quale valutare i progressi in relazione agli impegni;
· lo stretto collegamento con i programmi nazionali di riforma e i programmi nazionali di stabilità e convergenza elaborati dagli Stati membri e con le raccomandazioni specifiche per ciascun paese adottate dal Consiglio sulla base dei medesimi programmi;
· la ridefinizione delle regole di condizionalità per l’erogazione dei fondi, che sarebbero articolate in tre tipologie:
a) ex ante, riportate nel contratto di partnership tra la Commissione e Stati membri e regioni;
b) legate al rispetto dei parametri macroeconomici e di finanza pubblica previsti nell’ambito delle proposta legislative relative alla governance economica;[9]
c) ex post, vincolate al raggiungimento di obiettivi predeterminati. Inoltre il 5% degli stanziamenti sarebbe riservato ai programmi che hanno raggiunto gli obiettivi concordati nell’ambito della Strategia Europa 2020.
Secondo notizie di stampa, la Commissione europea sarebbe intenzionata ad inserire nelle sue proposte legislative, la cui presentazione è prevista per il 6 ottobre 2011, la previsione di stringenti condizionalità macroeconomiche: secondo le indiscrezioni, la proposta prevede che se uno Stato membro non riesce a tenere sotto controllo le proprie finanze pubbliche, potrebbe incorrere nella sospensione dei fondi strutturali, nella misura del 50% o, in casi più gravi e previa deliberazione del Consiglio, anche del 100%.
Sempre secondo notizie di stampa, la proposta della Commissione prevederebbe l’introduzione della riserva di premialità, ovvero fondi aggiuntivi da destinare ai Paesi che conseguono gli obiettivi stabiliti a livello UE.
Ulteriori interventi di carattere riconducibili alle finalità della politica di coesione sarebbero finanziati mediante il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e il Fondo di solidarietà dell'Unione europea, strumenti non compresi nel QFP 2014-2020.
Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG), istituito con regolamento (CE) n. 192/2006, sostiene il reinserimento dei lavoratori colpiti da licenziamenti derivanti direttamente da trasformazioni profonde negli scambi commerciali internazionali.
Il Fondo di solidarietà dell'Unione europea, istituito con regolamento (CE) n. 2012/2002, interviene principalmente in caso di grave calamità naturale con serie ripercussioni sulle condizioni di vita, sull'ambiente naturale o sull'economia di una o più regioni di uno Stato membro o di un paese candidato all'adesione.
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QFP 2007-2013 |
QFP 2014-2020 |
Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione |
Massimale annuo di 500 milioni di euro (totale: 3,5 miliardi) |
3 miliardi per tutto il periodo |
Fondo di solidarietà dell'Unione europea |
Massimale annuo di 1 miliardo di euro (totale: 7 miliardi) |
7 miliardi per tutto il periodo |
La scelta di non includere il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) nel QFP è motivata dalla Commissione alla luce della natura flessibile del fondo i cui importi variano da anno in anno.
La Commissione propone inoltre di estendere le finalità del FEG anche all’aiutoai lavoratori del settore agricolo il cui sostentamento potrebbe risentire della globalizzazione.
La Commissione propone, nell’ambito della politica di coesione, uno stanziamento di 40 miliardi di EURO per il periodo 2014-2020 a favore del meccanismo per collegare l'Europa, da integrare con 10 miliardi di euro aggiuntivi riservati a investimenti correlati ai trasporti nell'ambito del Fondo di coesione. Questo importo sarebbe ripartito nella misure di 9,1 miliardi per il settore energetico, 31,6 miliardi per i trasporti (compresi 10 miliardi di EUR del Fondo di coesione) e 9,1 miliardi di EUR per le telecomunicazioni. |
Il meccanismo per collegare l'Europa (Connecting Europe facility) è uno nuovo strumento che finanzierebbe predeterminate infrastrutture prioritarie di interesse per l'intera UE, sia fisiche che telematiche, nei settori del trasporto, dell'energia e delle TIC, che rispettano i criteri di sviluppo sostenibile.
In particolare, il meccanismo finanzierebbe progetti riconducibili a tre priorità orizzontali:
1) il progetto SESAR (Single European Sky ATM Research Programme), il sistema europeo di nuova generazione volto a modernizzare l’infrastruttura di controllo del traffico aereo, tenendo conto delle trasformazioni che hanno interessato il settore in seguito alla creazione del "cielo unico europeo”;
2) i sistemi di gestione del traffico ferroviario (ERTMS), stradale (ITS) e fluviale (RIS);
3) la rete centrale per i porti e gli aeroporti.
La Commissione ha definito un elenco preliminare delle infrastrutture prioritarie.
Nell’elenco figurano 4 progetti di diretto interesse per l’Italia:
● il corridoio Baltico-Adriatico che collegherà Helsinki a Ravenna, nell’ambito del quale dovranno essere realizzati i collegamenti ferroviari Klagenfurt-Pontebbana (Udine), Maribor-Lubiana-Trieste, e Koper-Venezia-Bologna-Ravenna;
● il corridoio Mediterraneo da Algeciras (Spagna) fino alla frontiera ungherese che comprenderà, tra l’altro, i collegamenti ferroviari Lione-Torino (da completare nel 2025), Milano-Brescia, Brescia-Venezia-Trieste (i lavori dovrebbero iniziare prima del 2014) e Trieste-Divača;
● il corridoio Helsinki-La Valletta che comprenderà i collegamenti ferroviari Monaco-Verona attraverso il tunnel di base del Brennero, Verona-Bologna-Roma-Napoli e Napoli-Bari-La Valletta;
● il corridoio Genova-Rotterdam che comprenderà la ferrovia ad alta capacità Genova-Milano-Novara (cosiddetto “terzo valico appenninico”).
Il meccanismo per collegare l'Europea sarà gestito a livello centrale dalla Commissione. Le aliquote di cofinanziamento europeo sarebbero stabilite in funzione dei settori, dell’ubicazione geografica e del tipo di progetti, cercando di contemperare la necessità di massimizzare l’effetto leva con quella di accelerare in maniera significativa la realizzazione dei progetti.
La Commissione intende inoltre collaborare strettamente con la BEI e con altre banche per gli investimenti pubblici al fine di utilizzare strumenti di finanziamento innovativi per accelerare e garantire maggiori investimenti anche del settore privato. In particolare, la Commissione intende promuovere l'uso di projects bonds.
La Quinta relazione sulla coesione (le cui conclusioni sono tuttavia sintetizzate in un’apposita comunicazione (COM(2010)642)) ha prospettato le grandi linee della riforma della politica di coesione.
Tali indirizzi sono stati in buona parte già riportati nella comunicazione che accompagna le proposte legislative sul prossimo quadro finanziario del 29 settembre scorso e dovrebbero essere ulteriormente sviluppate nelle proposte legislative che saranno presentate il 6 ottobre prossimo.
Sulla relazione si è svolta una consultazione pubblica sul futuro della politica di coesione, chiusa il 31 gennaio 2011. Nella stessa data il Governo italiano ha presentato il proprio contributo, riassunto nell’apposito paragrafo del presente dossier.
La consultazione è articolata in 5 sezioni (di cui la prima introduttiva), che pongono una serie di domande relative alle idee chiave della riforma:
· come rendere più efficace la politica di coesione e valorizzarne l'impatto così da potenziare l'apporto di valore aggiunto a livello europeo (Sezione 2);
· come conferire maggiore autorità alla direzione del progetto (Sezione 3);
· come perfezionare e semplificare l'attuazione (Sezione 4);
· come impostare l'architettura di questa politica (Sezione 5).
Per ciascuna sezione vengono riportati, in un apposito riquadro, le posizione degli Stati membri emerse dalla consultazione, che sono state raccolte in uno studio commissionato dal Parlamento europeo allo European policies research center. |
La Commissione ha fornito alcune indicazioni in merito alle condizionalità ex ante poi confermate, nelle linee generali, nella proposte relative al prossimo QFP:
· definizione con ogni Stato membro e/o regione di una specifica condizione vincolante nei settori direttamente legati alla politica di coesione all'inizio del ciclo di programmazione nei documenti di programmazione, nell'ambito di un approccio coordinato con tutte le pertinenti politiche dell'UE. Il loro adempimento potrebbe costituire un prerequisito per l'erogazione dei fondi di coesione all'inizio del periodo di programmazione o nel corso di un riesame in cui la Commissione valuterà i progressi compiuti nel realizzare le riforme concordate;
· la verifica del principio di addizionalità, andrebbe collegata al processo di sorveglianza economica dell'UE, utilizzando indicatori forniti già nei Programmi di stabilità e convergenza che gli Stati membri presentano ogni anno alla Commissione stessa. Anche le aliquote del cofinanziamento andrebbero riviste e se possibile differenziate per meglio rispecchiare il livello di sviluppo, il valore aggiunto dell’Unione, i tipi di intervento ed i beneficiari;
· creazione di una riserva di efficacia ed efficienza a livello europeo: una parte limitata del bilancio di coesione verrebbe messa da parte e destinata nel corso di una revisione intermedia agli Stati membri e alle regioni i cui programmi hanno contribuito in maggior misura — rispetto al loro punto di partenza — al conseguimento di obiettivi e traguardi della strategia UE 2020.
Dall’esame delle risposte alla consultazione emerge che la gran parte degli Stati membri (Beglio, Cipro, Repubblica ceca, Estonia, Grecia, Ungheria, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania,. Polonia, Slovacchia, Svezia) si oppongono all’ipotesi di introdurre rigide condizionalità ex ante, ribadendo che la suddivisione dei fondi dovrebbe essere effettuata secondo il modello vigente (con decisioni assunte a livello nazionale a seguito di un negoziato con la Commissione europea). Si registra altresì un ampio accordo sulla necessità di rivedere le regole che disciplinano i finanzialmenti e ridurre gli oneri amministrativi (posizione sostenuta da Francia, Germania, Cipro, Repubblica ceca, Ungheria, Polonia, Spagna, Regno Unito). Diversi Paesi (Austria, Cipro, Estonia, Lettonia, Polonia) ritengono che la sceltta degli strumenti finanziari deve rimanere di competenza nazionale. Per quanto concerne il principio di addizionalità, il collegamento con il processo di sorveglianza economica dell'UE, ed il relativo utilizzo degli indicatori forniti nei Programmi di stabilità e convergenza, viene esplicitamente sostenuto solo da Portogallo e Slovacchia. Con riferimento al cofinanziamento, alcuni Stati sostengono una differenziazione sulla base del livello di sviluppo (Ungheria, Lettonia, Polonia e Regno Unito), il valore aggiunto europeo, i tipi di intervento ed i beneficiari (Lettonai e Poonia) melntre altri propongono una riduzione generalizzata della quota di cofinanziamento dell’UE per tutti i Paesi (Svezia). Relativamente alla riserva di premialità, diversi Paesi la ritengono non necessaria e, nel caso, la contemplerebbero solo se istituita a livello nazionale (Italia, Bulgaria, Finlandia, Grecia, Germania, Ungheria, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Spagna). |
Tenuto conto che, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona la coesione territoriale è divenuta uno degli obiettivi principali insieme alla coesione economica e sociale, la Commissione intende dare particolare risalto al ruolo delle città, alle aree geografiche funzionali ed a quelle che affrontano specifici problemi geografici o demografici e infine alle strategie macroregionali.
Andrebbe di conseguenza sviluppata un'ambiziosa agenda urbana in cui le risorse finanziarie vengano identificate con maggiore chiarezza per affrontare i problemi urbani e le amministrazioni cittadine svolgano un ruolo più incisivo nell'elaborare le strategie di sviluppo. In questo senso, un'efficace attuazione della strategia UE 2020 richiede un sistema di conduzione che coinvolga gli attori del cambiamento negli Stati membri e che riunisca i livelli amministrativi europeo, nazionale, regionale e locale, ma anche le parti sociali.
Per quanto concerne l’approccio macro-regionale, l’Italia (assieme a Belgio, Lettonia, Repubblica ceca e Ungheria) ritiene che non debbano essere istituiti strumenti o strutture nuovi, oltre a queli esistenti (relaitivi alla cooperazione territoriale). |
Secondo la Commissione, fermo restando il principio per cui le norme di ammissibilità sono stabilite a livello nazionale, andrebbero adottate norme comuni su punti essenziali come le spese generali che coprono diversi fondi UE, in modo da semplificare l'impiego delle risorse da parte dei beneficiari e la gestione dei fondi da parte delle autorità nazionali, riducendo il rischio di errori e simultaneamente fornendo all'occorrenza una differenziazione che rispecchi le specificità della politica di coesione, gli strumenti e i beneficiari.
Per quanto concerne la disciplina finanziaria, Commissione riconosce che la vigente regola del disimpegno automatico, se mira a garantire che i progetti siano realizzati in un lasso di tempo ragionevole, può tuttavia falsare il comportamento degli Stati membri e delle regioni concentrando troppo l'attenzione su un uso veloce anziché efficace delle risorse. Occorre dunque equilibrare attentamente l'esigenza di garantire la qualità degli investimenti e quella di realizzarli in modo agevole e rapido. Una possibilità prospettata dalla Commissione sarebbe applicare la regola N+2, eccettuando cioè il primo anno, a tutti i programmi e sopprimere esenzioni e deroghe.
Per quanto riguarda i sistemi di gestione e di controllo, la Commissione propone la revisione (e semplificazione) della procedura di valutazione ex-ante dei sistemi, tenendo conto dell'esperienza acquisita nel periodo di programmazione 2007-2013: tale obiettivo potrebbe essere conseguito, ad esempio, concentrando la valutazione sul principale organismo di gestione responsabile mediante un processo di accreditamento.
In tema di ammissibilità, i Pesi beneficiari della politica di coesione (tra cui l’Italia) sostengono l’opportunità di garantire i fondi a tutte le regioni dell’UE, ma con una concentrazione delle risorse su quelle meno prospere. Al contrario, il Regno Unito (supportato in parte da Danimarca, Paesi Bassi e Lettonia) propone una progressiva eliminazione dei fondi destinati agli Stati membri più ricchi, in modo da focalizzare gli sforzi su quelli con PIL pro capite più basso. La regola del disimpegno automatico proposta dalla Commissione (N+2 eccentuando il primo anno) trova il sostegno di diversi Stati membri (Austria, Belgio, Germania, Italia, Grecia, Paesi Bassi, Regno Unito), mentre il mantenimento dell’attuale sistema viene sostenuto in particolare da Danimarca e Francia. In tema di sistemi di gestione e controllo, l’esigenza di semplificazione è condivisa dalla gran parte dei Paesi membri (Austria, Belgio, Cipro, Finlandia, Grecia, Italia, Irlanda, Lettonia, Paesi Bassi, Lussmbeurgo, Polonia, Ungheria). |
La Commissione ha anticato la proposta di introdurre una nuova categoria intermedia di regioni in transizione e di concentrare il Fondo sociale europeo (FSE) potrebbe essere rivisto concentrandosi sugli obiettivi della strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020.
Si registra un’ampia convergenza (Austria, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Ungheria, Lettonia, Paesi Bassi, Polonia, Slovacchia, Svezia, regno Unito) sul’opportunità di concentrare i finanziamenti UE sulle priorità della strategia UE 2020 per la crescita e l’occupazione, sia pure applicando un principio di flessibilità che tenga conto delle specificità nazionali. Alcuni Stati membri obiettano che tale concentrazione “tematica” potrebbe inficiare il conseguimento delle priorità territoriali (Belgio, Grecia e Lettonia) ovvero l’approccio integrato (Belgio, Francia, Grecia e Svezia). Diversi Paesi (Italia, Cipro, Estonia, Lettonia, Portogallo e Svezia) sottolineano l’esigenza di evitare una settorializzazione della politica di coesione. Quanto alla introduzione di una nuova categoria intermedia di regioni, la proposta è sostenuta da un folto numero di Paesi membri (Austria, Belgio, Cipro, Francia, Germania, Irlanda, Repubblica ceca, Slovacchia, Spagna e, in parte, da Danimarca e Svezia), mentre viene avversata in maniera esplicita solo da Italia e Paesi Bassi. Alcuni Stati (Italia, Belgio, Grecia e Regno Unito) rigettano l’ipotesi di introdurre condizionalità macroeconomiche, mentre altri (Germania, Austria, Estonia, Finlandia, Lettonia, Portogallo e Slovacchia) ritengono opportuno ancorare la concessione dei fondi al rispetto della disciplina di bilancio. |
Il 31 gennaio 2011 il Governo italiano ha trasmesso alla Commissione europea il proprio contributo alla consultazione avviata dalla Quinta relazione sulla coesione, considerata una “base di partenza molto buona per definire un’efficace riforma della politica di coesione”.
Due aspetti vengono segnalati come particolarmente innovativi e da sostenere fortemente: il rafforzamento dell’orientamento ai risultati, sostenuto dalla definizione ex ante di target e indicatori misurabili; l’introduzione di specifiche condizionalità, che siano completamente distinte dalle eventuali sanzioni macroeconomiche legate al rafforzamento del Patto di stabilità.
Il Governo italiano condivide altresì la concentrazione delle risorse su poche priorità in linea con gli obiettivi della Strategia UE 2020, precisando tuttavia che occorre garantire che i diversi territori possano individuare il policy mix più appropriato alla situazione di contesto, e lasciando, quindi, un certo grado di flessibilità nelle scelte.
L’Italia esprime invece riserve su quattro punti della proposta della Commissione: · l’introduzione di una riserva di premialità a livello europeo, legata al raggiungimento degli obiettivi della strategia UE 2020, poiché si metterebbero a carico della politica di coesione traguardi che vanno oltre le sue possibilità di intervento e il cui raggiungimento invece coinvolge diverse politiche dell’UE e nazionali. Ad avviso del Governo italiano, è molto difficile trovare criteri e indicatori di riferimento che siano validi per tutti e 27 gli Stati membri, assicurando omogeneità e parità di trattamento; · alcune proposte relative al ruolo delle città, all’approccio per aree funzionali, alle aree con specificità geografiche e alle strategie macroregionali. L’Italia ritiene che nella loro attuazione si dovrebbe riservare ampia discrezionalità agli Stati membri e alle regioni e non concorda con proposte di soglie minime di finanziamento per gli interventi che riguardano lo sviluppo locale o urbano; · l’applicazione del principio di proporzionalità nell’attuazione dei controlli, che rischierebbe di provocare un trattamento non equo degli Stati membri. Viceversa, secondo il Governo sarebbe interessante esplorare la possibilità di utilizzare il principio in chiave tematica (ad esempio, per incentivare il finanziamento di progetti/attività di ricerca in campo ambientale, per aumentare il sostegno alle piccole e medie imprese): in questo modo potrebbero essere diminuiti gli oneri amministrativi sia estendendo l’uso di costi standard e somme forfettarie, sia calibrando il tasso tollerabile di errore i funzione della complessità degli interventi; · l’introduzione di una categoria intermedia di regioni (tra le regioni obiettivo “Convergenza” e le regioni obiettivo “Competitività”) nell’architettura della politica di coesione: ad avviso del Governo, vanno mantenute le regole attuali di eleggibilità dei territori e di allocazione delle risorse, che assicurano la concentrazione delle risorse sulle regioni più arretrate. In questo quadro, il sostegno transitorio (phasing in e phasing out) è un meccanismo adeguato a sostenere le regioni che escono dall’obiettivo “Convergenza”, e all’interno delle dotazioni assegnate a ciascuno Stato membro ogni Paese potrà trovare le migliori chiavi di ripartizione delle risorse per assicurare che le regioni possano essere sostenute in modo adeguato. |
Il negoziato sul nuovo quadro finanziario e sul sistema di risorse proprie è stato formalmente avviato il 4 luglio 2011, con la riunione del gruppo “Amici della Presidenza”, incaricato di condurre il lavoro istruttorio per il Comitato dei Rappresentanti permanenti (COREPER), che ha sua volta prepara il negoziato del Consiglio. In seno al Consiglio la competenza è attribuita in via orizzontale al Consiglio Affari generali, ad eccezione della risorse proprie, per il quale sarà competente il Consiglio ECOFIN. Le altre formazioni del Consiglio saranno chiamate ad occuparsi degli aspetti specifici per i rispettivi ambiti di competenza, anche sulla base delle proposte settoriali che la Commissione europea dovrebbe presentare in autunno per tutte le politiche.
Il negoziato all’interno del Consiglio sarà condotto in tre fasi: una fase di chiarificazione e definizione delle posizioni dei singoli Stati membri; una fase di negoziato vero e proprio per ridurre le eventuali differenze di posizione dei singoli Stati membri ed una fase finale volta a preparare la conclusione del negoziato e l’accordo.
La Presidenza polacca di turno dell’UE intende presentare un primo rapporto sui lavori svolti al Consiglio affari generali del 5 dicembre 2011, con l’obiettivo di una prima delimitazioni delle questioni, in vista del negoziato sostanziale che si dovrebbe sviluppare sotto la successiva presidenze di turno dell’UE di Danimarca (I Semestre 2012) per concludersi auspicabilmente entro la Presidenza di Cipro (II semestre 2012).
La tempistica del negoziato viene si può riassumere nella seguente tabella:
II semestre 2011 |
· lavori preparatori · presentazione, da parte della Commissione europea, dei regolamenti di settore |
I semestre 2012 |
· inizio negoziato · esame da parte del Consiglio europeo |
II semestre 2012 |
· prosecuzione negoziato · accordo del Parlamento europeo e del Consiglio europeo sul QFP |
2013 |
· adozione delle nuove basi giuridiche |
Si segnala che il 20 e 21 ottobre si terrà a Bruxelles una Conferenza sul prossimo Quadro finanziario pluriennale organizzata dalla Presidenza polacca, dalla Commissione europea e dal Parlamento europeo, a cui sono invitati anche rappresentanti dei Parlamenti nazionali.
Gran parte degli Stati membri ha già indicato i capisaldi della propria posizione negoziale sia in merito all’impostazione generale e alla struttura del QFP sia in merito all’articolazione delle singole politiche.
Un primo elemento di contrasto tra gli Stati membri e tra le Istituzioni dell’UE sembra costituito dal volume complessivo del prossimo QFP.
La proposta della Commissione di aumentare del 5%, sia pure in valore assoluto, gli stanziamenti complessivi – recependo le indicazioni del Parlamento europeo – non appare condivisa da alcuni Stati membri (in questo senso si sarebbero già espressi, secondo notizie di stampa, Germania, Paesi bassi, Danimarca, Svezia e Regno unito)
Si ricorda che, con una lettera congiunta dei rispettivi primi ministri al Presidente della Commissione europea, Regno Unito, Germania, Francia, Paesi bassi e Finlandia avevano, già nell’ottobre 2010, chiesto di mantenere il bilancio dell’Ue entro il limiti dei massimali previsti per il periodo 2007-2013 o ridurne addirittura le dimensioni in coerenza con sforzi straordinari degli Stati membri per riordinare i conti pubblici.
Secondo notizie di stampa, l’Italia avrebbe deciso, nel mese di settembre, di sostenere la lettera dei sei Stati membri sopra indicati al fine di migliorare il proprio saldo netto negativo.
Il secondo elemento cruciale del negoziato strettamente connesso al primo, è costituito dal tentativo di ciascuno Stato membro di migliorare il rispettivo saldo netto (c.d. giusto ritorno).
In base a stime informali i maggiori contributori netti nel periodo 2007-2013 sarebbero la Germania (con un saldo netto medio negativo di 6,3 miliardi), Francia (5,1 miliardi), e Italia (5 miliardi). Per i saldi netti effettivi dal 2000 al 2009 cfr. la tabella pubblicata in calce alla presente scheda.
Il terzo nodo negoziale attiene alla composizione della spesa, in particolare alla distribuzione degli stanziamenti tra le varie politiche e in seno a ciascuna di essa, e si svilupperà soprattutto dopo la presentazione da parte della Commissione, a partire dall’autunno 2011, delle specifiche proposte legislative relative ai fondi e ai programmi di spesa settoriali.
Un ultimo ambito dovrebbe essere costituito dal nuovo sistema delle risorse proprie, con particolare riferimento alla introduzione di due nuove risorse e alla razionalizzazione delle correzioni a favore di singoli Stati membri (perplessità sono state già manifestate, secondo notizie di stampa, da Paesi bassi e Regno Unito; la Danimarca avrebbe chiesto una correzione del proprio contributo).
Il Governo ha presentato il 2 maggio 2011 un documento che illustra la posizione italiana in vista del negoziato sul prossimo quadro finanziario pluriennale, poi avviato dalle proposte presentate il 29 giugno dalla Commissione europea.
Il documento è stato elaborato da un tavolo di coordinamento istituito presso il Ministero degli Affari esteri per il raccordo con le amministrazioni maggiormente implicate nel negoziato: Presidenza del Consiglio - Dipartimento per le Politiche Comunitarie, Ministero dell‘Economia - Ragioneria Generale, e principali Ministeri di spesa (Politiche agricole e Rapporti con le Regioni -Dipartimento Politiche di Sviluppo. Il tavolo di coordinamento è assistito da un Gruppo di lavoro sui saldi netti con il compito di formulare proiezioni e proposte tecniche per affrontare il problema dei saldi negativi dell’Italia. Nel corso del 2011 altri Ministeri destinatari di significative dotazioni di bilancio dell‘Unione (Ambiente, Interni, Trasporti, Ricerca, ecc.) saranno coinvolti nel tavolo di coordinamento.
Il documento considera quale priorità per l’Italia una significativa riduzione del saldo netto negativo: l’Italia contribuisce infatti per il 14% circa alle spese dell’Unione ma ne riceve solo il 10%, con un saldo negativo annuale pari a circa 5 miliardi di euro.
(in milioni di euro)
Fonte finanziaria |
Anni |
|||
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
|
Risorse Proprie Tradizionali |
1.695,88 |
1.657,86 |
1.510,33 |
1.671,85 |
I.V.A. |
2.920,47 |
4.118,01 |
2.347,72 |
1.694,07 |
R.N.L. |
9.225,82 |
9.489,69 |
11.149,43 |
11.523,22 |
Totale versamenti |
13.842,17 |
15.265,56 |
15.007,48 |
14.889,14 |
FEOGA Garanzia / FEAGA |
4.641,06 |
4.309,54 |
4.682,78 |
4.828,58 |
FESR |
2.981,61 |
2.859,03 |
1.404,64 |
2.027,81 |
FSE |
1.418,74 |
781,77 |
918,19 |
535,20 |
FEOGA-O, FEASR, SFOP, FEP |
1.027,25 |
1.147,54 |
606,80 |
792,66 |
Altri proventi |
58,32 |
146,76 |
169,39 |
165,63 |
Totale accrediti |
10.126,98 |
9.244,64 |
7.781,80 |
8.349,88 |
MOVIMENTI NETTI |
- 3.715,19 |
- 6.020,92 |
- 7.225,6 |
- 6.539,26 |
Fonte: Ragioneria Generale dello Stato
Il documento non si esprime, pertanto, espressamente per il mantenimento o la variazione (in aumento o diminuzione) del volume attuale del bilancio dell’UE: si riconosce che il bilancio europeo deve essere all’altezza delle ambizioni dell’UE, ma tenendo allo stesso tempo conto della contingenza economica e degli stringenti vincoli di bilancio posti agli Stati membri.
Il documento di posizione del Governo riserva particolare attenzione alla politica di coesione,[10] indicando quali priorità negoziali:
· la conferma dell’attuale architettura della politica di coesione, con i tre obiettivi (Convergenza, Competitività Regionale, Cooperazione Territoriale). L’Italia si oppone , pertanto, alla creazione dell’obiettivo “regioni in transizione”;
· il mantenimento, conseguentemente, degli attuali criteri perl’ammissibilità delle regioni all’obiettivo convergenza e per l’allocazione delle risorse agli Stati membri.
Con riferimento alla programmazione e gestione, il Governo sostiene la proposta della Commissione di adottare un Quadro Strategico Comune che assicuri coerenza all’intervento ditutti i fondi a finalità strutturale e del Contratto di sviluppo e investimento. Il Governo sostiene inoltre l’introduzione di strumenti di premialità, ritenendo tuttavia che il livello appropriato per la loro definizione e attuazione sia quello nazionale; si esprime invece in senso contrario all’introduzione di sanzioni a valere sui fondi strutturali quale misura nei confronti dei Paesi che non rispettino il Patto di stabilità.
Il 5 luglio 2011 il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza (506 voti a favore, 48 contrari e 101 astensioni) una risoluzione sul futuro della politica di coesione nella quale:
· chiede un ulteriore rafforzamento del principio di partenariato e della titolarità degli attori coinvolti, così da assicurare, tra l'altro, una pianificazione e un'esecuzione più orientate ai risultati;
· è dell'avviso che il PIL debba continuare a essere il criterio principale ai fini della definizione delle regioni ammissibili al massimo sostegno (con un PIL pro capite inferiore al 75% della media dell'UE) ed eventualmente degli Stati di coesione (con un RNL pro capite inferiore al 90% della media dell'UE); ritiene opportuno attribuire agli organi nazionali competenti un margine per utilizzare indicatori supplementari, da concordare nei contratti di partenariato per lo sviluppo e gli investimenti;
· chiede una limitazione dei periodi di ammissibilità per quelle regioni che non si sono dimostrate in grado di conseguire alcun miglioramento rilevante della loro situazione economica, sociale ed ecologica, anche dopo parecchi periodi di programmazione e nonostante abbiano ottenuto le sovvenzioni massime;
· invita la Commissione a presentare una proposta intesa a garantire la concessione di un'assistenza transitoria modulabile alle regioni con un PIL pro capite tra 75% e 90% della media UE, sotto forma di categoria intermedia, che sostituisca l'attuale sistema di phasing-out e phasing-in;
· rifiuta risolutamente tutte le proposte di nazionalizzazione o settorializzazione della politica di coesione;
· accoglie con favore la proposta della Commissione intesa a rendere la politica di coesione più orientata ai risultati grazie alla fissazione ex ante di obiettivi e indicatori adeguati, chiaramente definiti e misurabili, nonché concordati con le regioni e/o gli Stati membri;
· è dell'avviso che il periodo di programmazione con durata di sette anni nell'ambito della politica di coesione debba essere mantenuto almeno fino alla fine del prossimo periodo di pianificazione (2020);
· chiede la semplificazione del sistema di controllo, la riduzione dei livelli di ispezione nonché un chiarimento delle responsabilità fra Commissione e Stati membri;
Il 27 settembre il Parlamento europeo ha altresì approvato una risoluzione su “l'assorbimento dei fondi strutturali e di coesione: esperienza acquisita in vista della futura politica di coesione dell'UE”, nella quale:
· ribadisce l’esigenza di semplificare e rendere flessibili le norme e le procedure a livello nazionale e dell’UE, al fine di facilitare l’accesso ai finanziamenti dell’UE da parte dei gestori dei progetti e di favorirne la buona gestione da parte dei servizi amministrativi senza creare gravi difficoltà ai beneficiari;
· invita la Commissione a rivedere il livello di cofinanziamento, per riflettere meglio il livello di sviluppo, il valore aggiunto UE, i tipi di azione, i beneficiari, le loro capacità di assorbimento e opportunità di sviluppo; chiede, a tal fine, che sia destinato un bilancio europeo sufficiente alla politica di coesione, in un momento in cui i contributi nazionali e locali sono frenati da politiche nazionali di austerità finanziaria;
· suggerisce che gli Stati membri e le regioni dispongano di sufficiente flessibilità per selezionare un certo numero di loro priorità e definire pacchetti di politiche appropriati;
· invita gli Stati membri, sostenuti dalla Commissione e in coordinamento con le autorità locali e regionali, a vegliare a una migliore gestione delle risorse umane compiendo ulteriori sforzi per attirare e trattenere personale qualificato per la gestione dei fondi dell'UE, promuovendo una formazione di elevata qualità e evitando sostituzioni di personale, salvo se strettamente necessario e al solo scopo di migliorarne l’efficienza e quindi la capacità di assorbimento;
· ritiene che, grazie alla loro maggiore flessibilità, "partenariati pubblico-privato" a livello regionale e locale contribuiranno ad aumentare la capacità di assorbimento e a superare le difficoltà legate al cofinanziamento; raccomanda agli Stati membri di chiarire e semplificare la loro legislazione nazionale al fine di agevolare tali partenariati; sottolinea che è imperativo garantire il controllo democratico dei partenariati pubblico-privato;
Il 6 settembre 2011 la Camera dei deputati, a seguito dell’esame congiunto della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea per il 2011, del Programma di lavoro della Commissione europea per il 2011 e del Programma del trio di Presidenze polacca, danese e cipriota, ha approvato una risoluzione (6-00091) con la quale, con riferimento al quadro finanziario pluriennale 2014-2020 impegna il Governo, tra le altre cose, a:
· adoperarsi, in attesa delle definizioni di puntuali indirizzi da parte delle Camere, affinché, nell'ambito del negoziato avviato con la presentazione da parte della Commissione delle proposte relative al quadro finanziario e alle risorse proprie dell'Unione europea 2014-2020, presentate lo scorso 29 giugno, siano tenuti in adeguata considerazione i seguenti principi:
- miglioramento del saldo netto dell'Italia, riducendo il rilevante divario attualmente esistente tra i finanziamenti versati dal nostro Paese e i fondi da esso ricevuti, anche attraverso l'eliminazione delle correzioni di bilancio riconosciute nell'attuale quadro finanziario ad alcuni Stati membri;
- garanzia di un volume del bilancio che consenta di perseguire efficacemente gli obiettivi fissati a livello europeo, con particolare riferimento a quelli definiti nell'ambito della strategia Europa 2020, nel rispetto delle compatibilità finanziarie imposte dall'attuale situazione di crisi, che impone agli Stati il rispetto di stringenti vincoli di bilancio;
- rafforzamento del coordinamento e della armonizzazione dei bilanci nazionali e del bilancio dell'Unione europea, al fine di assicurare una più corretta valutazione e un migliore utilizzo delle risorse disponibili e di garantire il maggiore coordinamento tra le politiche dell'Unione europea e le misure adottate a livello nazionale e regionale;
- mantenimento di un livello adeguato di risorse per la politica di coesione, concentrandone gli interventi su un numero limitato di obiettivi ad alto valore aggiunto, e migliorando e semplificando le procedure di programmazione, gestione e controllo e assicurando che gli stanziamenti destinati alle regioni italiane nell'ambito della politica di coesione non siano inferiori a quelli previsti nell'attuale quadro finanziario. A tale scopo, appare necessario che il Governo ribadisca la propria ferma contrarietà all'introduzione dell'obiettivo «regioni in transizione» e sostenga il mantenimento delle regole vigenti di eleggibilità dei territori e di allocazione delle risorse, che assicurano la concentrazione delle risorse sulle regioni più arretrate;
- conferma delle riserve espresse dal Governo in ordine all'introduzione di una riserva di premialità a livello europeo che potrebbe mettere a carico della politica di coesione traguardi non sostenibili;
- a valutare con attenzione, in coerenza con le risoluzioni approvate in materia dal Parlamento europeo, le proposte della Commissione volte ad introdurre, quale nuova risorsa propria dell'Unione, una tassa sulle transazioni finanziarie, assicurando che analoghe iniziative siano assunte anche a livello internazionale anche al fine di scongiurare il rischio di determinare lo spostamento delle attività finanziarie verso altre nazioni;
- ad informare tempestivamente le Camere dei principali sviluppi del negoziato e a trasmettere dati e simulazioni adeguate sull'impatto sul saldo netto dell'Italia delle diverse opzioni relative al prossimo quadro finanziario e al sistema di risorse proprie;
· con riguardo alla politica di coesione:
- ad individuare le risorse necessarie per compensare l'esclusione dei cofinanziamenti nazionali, relativi ai programmi dei fondi strutturali europei, dal computo del saldo finanziario in sede di applicazione delle regole del Patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali per il triennio 2011-2013, anche per consentire la realizzazione di spese in favore degli investimenti;
- a sostenere in sede europea la semplificazione delle procedure relative all'utilizzo e alla rendicontazione dei fondi strutturali la cui complessità costituisce un freno al loro tempestivo impiego;
- a sostenere, in considerazione della difficile congiuntura economica, le proposte concernenti l'innalzamento della quota di cofinanziamento europeo previsto per tutti gli obiettivi dei fondi strutturali;
|
La riforma della politica di coesione costituisce
una delle questioni centrali sia nell’ambito del dibattito sulla revisione del
bilancio dell’Unione europea.
Ciò discende anzitutto dal fatto che la politica
coesione assorbe nel quadro finanziario 2007-2013 il 35,7% del totale delle risorse disponibili
(347,414 miliardi di euro), che già contribuiscono,
direttamente o indirettamente, in misura significativa ad interventi per
sostenere lo sviluppo, la competitività e l’occupazione.
A
fronte della volontà già manifestata da molti Stati membri di non accrescere le
dimensioni del bilancio dell’UE, viene posta pertanto con forza, anche in seno
alle Istituzioni europee l’esigenza di concentrare prevalentemente le risorse
della politica di coesione sul perseguimento degli obiettivi della strategia UE
2020[11], delineando così una
“lisbonizzazione” della medesima politica.
In
secondo luogo, essendo in base ai Trattati la politica di coesione volta a
ridurre ed eliminare i ritardi di sviluppo tra regioni e territori dell’UE, la
ripartizione degli stanziamenti ad essa destinati è fonte di forti divergenze
tra gli Stati membri. Per un verso, i Paesi che hanno aderito all’UE dal 2004,
vantando in linea generale un PIL pro capite significativamente inferiore alla
media europea, chiedono di beneficiare in massima parte degli stanziamenti
disponibili; per altro verso, i vecchi Stati membri con regioni in ritardo di
sviluppo (in particolare, Italia, Spagna, Portogallo e Grecia) intendono
continuare a disporre di risorse significative.
In
terzo luogo, si pone l’esigenza di dare piena attuazione al Trattato di Lisbona
che ha introdotto la coesione territoriale, accanto a quella economica e
sociale, tra gli obiettivi e le politiche dell’UE.
Il 29 giugno 2011 la Commissione europea ha
presentato un pacchetto di proposte, legislative e non, concernenti la
revisione del bilancio, sia sul piano della quantificazione ed allocazione
delle risorse sia sul piano degli strumenti di finanziamento. Il pacchetto verrà
completato con la presentazione delle proposte legislative per i singoli
settori (PAC, politica di coesione, etc.), attese per autunno 2001.
Per il periodo 2014-2020 la Commissione europea
propone complessivamente uno stanziamento finanziario di 1.025 miliardi di
euro in termini di impegno (pari al 1,05% del RNL complessivo
dell’UE) e di 972 miliardi di euro in termini di pagamento (pari
al 1% del RNL), con un aumento del 5% rispetto alle prospettive
finanziarie 2007-2013 (in linea con le richieste formulate dal Parlamento
europeo). Considerate anche le spese fuori bilancio (strumenti di flessibilità,
Fondo europeo di sviluppo, progetti ITER e GMES), pari a 58 miliardi di euro
gli stanziamenti complessivi sono di 1.083 miliardi in termini di pagamento
(pari al 1,11% del RNL).
Con particolare riferimento alla politica di
coesione, lo stanziamento complessivo è ridotto del 5% (da 354 a 336
miliardi di euro), con in particolare una riduzione per le regioni in ritardo
di sviluppo (162,5 miliardi, -20% rispetto agli stanziamenti attuali); viene
introdotta una nuova categoria intermedia di “regioni in transizione”,
il cui PIL pro capite è compreso tra il 75% ed il 90% della media EU27 e nuove
tipi di condizionalità per l’erogazione dei fondi: a) ex ante,
riportate nel contratto di partnership tra la Commissione e Stati membri e
regioni; b) legate alla governance economica; c) ex post,
vincolate al raggiungimento di obiettivi predeterminati. Inoltre il 5% degli
stanziamenti saranno riservati ai programmi che hanno raggiunto gli
obiettivi concordati nell’ambito della Strategia Europa 2020.
Secondo notizie di stampa, la Commissione europea
sarebbe intenzionata ad inserire nelle sue proposte legislative, la cui
presentazione è prevista per il 6 ottobre 2011, la previsione di stringenti
condizionalità macroeconomiche: secondo le indiscrezioni, la proposta
prevede che se uno Stato membro non riesce a tenere sotto controllo le
proprie finanze pubbliche, potrebbe incorrere nella sospensione dei
fondi strutturali, nella misura del 50% o, in casi più gravi e previa
deliberazione del Consiglio, anche del 100%.
Sempre secondo notizie di stampa, la proposta della
Commissione prevederebbe l’introduzione della riserva di premialità,
ovvero fondi aggiuntivi da destinare ai Paesi che conseguono gli obiettivi
stabiliti a livello UE.
Nella seguente tabella sono riportati gli
stanziamenti d’impegno, anno per anno e in milioni di euro, proposti dalla
Commissione europea:
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TABELLA III
Politica di coesione:
QFP 2007-2013 e proposte per il QFP 2014-2020 a confronto
(la tabella è tratta da uno studio
commissionato dal Parlamento europeo allo European policies rearch center )
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Linee organiche di riforma della politica di
coesione sono prospettate dalla Commissione europea anche nella quinta relazione
sulla coesione economica, sociale e territoriale, presentata il 9 novembre 2010.
Si tratta di un documento ponderoso, le cui
conclusioni sono tuttavia sintetizzate in un’apposita comunicazione
(COM(2010)642) sulla quale si è svolta una consultazione pubblica sul futuro
della politica di coesione, chiusa il 31 gennaio 2011. Nella stessa
data il Governo italiano ha presentato il proprio contributo, riassunto
nell’apposito paragrafo del preente dossier.
La consultazione è articolata in 5 sezioni (di cui
la prima introduttiva), che pongono una serie di domande relative alle idee
chiave della riforma:
·come rendere più
efficace la politica di coesione e valorizzarne l'impatto così da potenziare
l'apporto di valore aggiunto a livello europeo (Sezione 2);
·come conferire maggiore
autorità alla direzione del progetto (Sezione 3);
·come perfezionare e
semplificare l'attuazione (Sezione 4);
·come impostare
l'architettura di questa politica (Sezione 5).
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La Commissione osserva che, anche nel quadro della
nuova governance economica dell’UE[12], verrà
chiesto agli Stati membri di varare le riforme necessarie per garantire un uso
efficace delle risorse finanziarie nei settori direttamente connessi alla
politica di coesione, come ad esempio protezione ambientale, politiche in
materia di flessicurezza, istruzione o attività di ricerca e innovazione.
Su questa base la Commissione intende concordare
con ogni Stato membro e/o regione una specifica condizione vincolante
nei settori direttamente legati alla politica di coesione all'inizio del ciclo
di programmazione nei documenti di programmazione (ovvero i contratti di partnership
per lo sviluppo e gli investimenti ed i programmi operativi), nell'ambito di un
approccio coordinato con tutte le pertinenti politiche dell'UE. Il loro
adempimento potrà costituire un prerequisito per l'erogazione dei fondi
di coesione all'inizio del periodo di programmazione o nel corso di un riesame
in cui la Commissione valuterà i progressi compiuti nel realizzare le riforme
concordate.
Ad avviso della Commissione, anche la verifica del principio
di addizionalità, andrebbe collegata al processo di sorveglianza
economica dell'UE, utilizzando indicatori forniti già nei Programmi di
stabilità e convergenza che gli Stati membri presentano ogni anno alla
Commissione stessa. Anche le aliquote del cofinanziamento andrebbero riviste
e se possibile differenziate per meglio rispecchiare il livello di sviluppo, il
valore aggiunto dell’Unione, i tipi di intervento ed i beneficiari.
Al fine di rafforzare ulteriormente l'efficacia della
politica di coesione, la Commissione propone di stabilire a livello di
Unione europea una riserva di efficacia ed efficienza: una parte
limitata del bilancio di coesione verrebbe messa da parte e destinata nel corso
di una revisione intermedia agli Stati membri e alle regioni i cui programmi
hanno contribuito in maggior misura — rispetto al loro punto di partenza — al
conseguimento di obiettivi e traguardi della strategia UE 2020.
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Tenuto conto che, con l’entrata in vigore del
Trattato di Lisbona la coesione territoriale è divenuta uno degli obiettivi
principali insieme alla coesione economica e sociale, la Commissione intende
dare particolare risalto al ruolo delle città, alle aree geografiche
funzionali ed a quelle che affrontano specifici problemi geografici o
demografici e infine alle strategie macroregionali.
Andrebbe di conseguenza sviluppata un'ambiziosa agenda
urbana in cui le risorse finanziarie vengano identificate con maggiore
chiarezza per affrontare i problemi urbani e le amministrazioni cittadine
svolgano un ruolo più incisivo nell'elaborare le strategie di sviluppo. In
questo senso, un'efficace attuazione della strategia UE 2020 richiede un
sistema di conduzione che coinvolga gli attori del cambiamento negli Stati
membri e che riunisca i livelli amministrativi europeo, nazionale, regionale
e locale, ma anche le parti sociali.
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Secondo la Commissione, è opportuno mantenere
l'orientamento generale per il periodo 2007-2013, nel cui ambito le norme di
ammissibilità vengono stabilite a livello nazionale. Ciononostante
andrebbero adottate norme comuni su punti essenziali come le spese
generali che coprono diversi fondi UE, in modo da semplificare l'impiego
delle risorse da parte dei beneficiari e la gestione dei fondi da parte delle
autorità nazionali, riducendo il rischio di errori e simultaneamente fornendo
all'occorrenza una differenziazione che rispecchi le specificità della politica
di coesione, gli strumenti e i beneficiari.
Per quanto concerne la disciplina finanziaria,
Commissione riconosce che la vigente regola del disimpegno automatico, se
mira a garantire che i progetti siano realizzati in un lasso di tempo
ragionevole, può tuttavia falsare il comportamento degli Stati membri e delle
regioni concentrando troppo l'attenzione su un uso veloce anziché efficace
delle risorse. Occorre dunque equilibrare attentamente l'esigenza di garantire
la qualità degli investimenti e quella di realizzarli in modo agevole e rapido.
Una possibilità prospettata dalla Commissione sarebbe applicare la regola N+2,
eccettuando cioè il primo anno, a tutti i programmi e sopprimere esenzioni e
deroghe.
Per quanto riguarda i sistemi di gestione e di
controllo, la Commissione propone la revisione (e semplificazione) della
procedura di valutazione ex-ante dei sistemi, tenendo conto
dell'esperienza acquisita nel periodo di programmazione 2007-2013: tale
obiettivo potrebbe essere conseguito, ad esempio, concentrando la valutazione
sul principale organismo di gestione responsabile mediante un processo di
accreditamento.
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La Commissione ritiene che anche nel futuro assetto
della politica di coesione il sostegno alle regioni andrebbe differenziato in
base al loro livello di sviluppo economico (misurato in PIL pro capite),
distinguendo le regioni “meno” sviluppate e quelle “più” sviluppate
(rispettivamente, le cosiddette regioni “obiettivo convergenza” e le regioni
“obiettivo competitività”).
Per attenuare tuttavia l’attuale cesura tra queste
due categorie e garantire un trattamento più giusto per le regioni con livelli
di sviluppo economico simili, ma incluse in base ai parametri statistici in
obiettivi differenti, la Commissione propone di introdurre una nuova
categoria intermedia di regioni, che potrebbe sostituire l'attuale
passaggio da una categoria all'altra (i cosiddetti regimi di phasing out
e phasing in). Nella categoria intermedia rientrerebbero anche regioni
attualmente beneficiarie del programma in funzione dell' obiettivo “convergenza”,
ma il cui PIL risulterebbe maggiore del 75% rispetto alla media comunitaria
secondo le ultime statistiche.
Al tempo stesso, e in linea con la revisione del
bilancio, UE il Fondo sociale europeo (FSE) potrebbe essere rivisto
concentrandosi sugli obiettivi della strategia per la crescita e l’occupazione
UE 2020.
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Il 31 gennaio 2011 il Governo italiano ha
trasmesso alla Commissione europea il proprio contributo alla consultazione
avviata dalla Quinta relazione sulla coesione, considerata una “base di
partenza molto buona per definire un’efficace riforma della politica di
coesione”.
Due aspetti vengono segnalati come particolarmente
innovativi e da sostenere fortemente: il rafforzamento dell’orientamento
ai risultati, sostenuto dalla definizione ex ante di target e
indicatori misurabili; l’introduzione di specifiche condizionalità,
che siano completamente distinte dalle eventuali sanzioni macroeconomiche
legate al rafforzamento del Patto di stabilità.
Il Governo italiano condivide altresì la concentrazione
delle risorse su poche priorità in linea con gli obiettivi della Strategia
UE 2020, precisando tuttavia che occorre garantire che i diversi territori
possano individuare il policy mix più appropriato alla situazione di
contesto, e lasciando, quindi, un certo grado di flessibilità nelle scelte.
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Il quadro finanziario
vigente dell’Unione europea – le cui dimensioni complessive sono pari a circa
l’1% del Reddito nazionale lordo dell’Unione europea - contempla stanziamenti
per finanziarie interventi a sostegno della crescita e dell’occupazione sia in
un’apposita rubrica sia nell’ambito delle rubriche relative ad altri grandi
aree di spesa (in particolare la politica di coesione).
Va peraltro considerato
che l’Unione europea, alla luce del volume modesto del bilancio europeo, ha
promosso in misura crescente lo sviluppo, soprattutto da parte della Banca
europea per gli investimenti (BEI), di strumenti finanziari per sostenere
progetti aventi rilievo per il miglior funzionamento del mercato interno.
Le proposte della
Commissione europea per il nuovo quadro finanziario 2013-2020, a fronte della
ferma opposizione di numerosi Stati membri ad un incremento della dotazione del
bilancio UE, prospettano un ricorso ancor più intenso a strumenti finanziari
innovativi fuori bilancio.
Il quadro finanziario
2007-2013 contempla interventi specifici per la crescita e l’occupazione
nell’ambito della rubrica 1 Crescita sostenibile, che dispone di una
dotazione finanziaria complessiva pari a 437.778 milioni di euro in
stanziamenti di impegno.
In particolare, la
sottorubrica 1a “Competitività per la crescita e l’occupazione” include
interventi riconducibili alle finalità della Strategia 2020 nei settori
della ricerca e sviluppo tecnologico, delle infrastrutture dei
trasporti, dell’energia e delle comunicazioni di interesse comune
europeo, della competitività e innovazione, delle promozione dell’imprenditorialità.
La tabella seguente
illustra la ripartizione in termini percentuali degli stanziamenti previsti per
tale sottorubrica, pari complessivamente a 89.36 milioni di euro in
stanziamenti di impegno per il periodo 2007-2013.
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La sottorubrica 1b, relativa alla politica di
coesione - che dispone di stanziamenti complessivi per la
politica di coesione, pari 348,4 miliardi di euro per il periodo 2007-2013 -
comprende misure riconducibili in buona parte ad interventi per la crescita e
l’occupazione. In particolare, le risorse dei fondi strutturali sono destinati le
infrastrutture di trasporto per il 22%, allo sviluppo del capitale
umano per il 19,8%, alla ricerca, sviluppo tecnologico,
innovazione per il 17,5%, al sostegno alle imprese diverso
dalla ricerca e innovazione per il 5,4%.
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La Commissione europea ha presentato il 29 giugno
2011 un pacchetto di proposte relative al quadro finanziario pluriennale dell’UE
e al sistema delle risorse proprie per il 2014-2020.
La Commissione europea propone una dotazione
massima complessiva, per l’intero periodo di riferimento, pari a 1.025
miliardi di euro in termini di impegno (pari al 1,05% del RNL
complessivo dell’UE) e di 972 miliardi di euro in termini di pagamento
(pari al 1% del RNL), con un aumento del 5% rispetto alle
prospettive finanziarie 2007-2013.
La Commissione osserva,
inoltre, che, considerate anche le spese per politiche o progetti dell’UE non
finanziate dal bilancio europeo (strumenti di flessibilità, Fondo europeo di
sviluppo, Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, Fondo di
solidarietà, progetti ITER e GMES), pari a 58 miliardi di euro,
gli stanziamenti complessivi per il finanziamento dell’attività dell’Unione nel
periodo 2014-2020 sarebbero pari a 1.083 miliardi in termini di
pagamento (pari al 1,11% del RNL).
In base alle proposte della Commissione, la politica
agricola e la politica di coesione rimarrebbero anche nel periodo
2014-2020 le due principali aree di spesa del bilancio europeo ma subirebbero
una sensibile riduzione degli stanziamenti; si registrerebbe invece un forte
aumento delle risorse destinate alle misure riconducibili alla Strategia
2020, che più assumono rilievo per il rafforzamento del mercato interno.
In particolare:
Ølo stanziamento
complessivo proposto per la coesione economica, sociale e territoriale è
pari a 376 miliardi di euro, a fronte dei 348,4 miliardi dell’attuale
programmazione. Tenuto tuttavia conto del fatto che 40 miliardi
sarebbero destinati al Meccanismo per collegare l'Europa (Connecting
Europe Facility), le risorse scendono a 336 miliardi di euro, con
una diminuzione significativa degli stanziamenti per le regioni
dell’obiettivo convergenza (162,5 miliardi, il 20% in meno rispetto agli
stanziamenti attuali) e la contestuale introduzione di una nuova categoria di “regioni
in transizione”, il cui PIL pro capite è compreso tra il 75% ed il 90%
della media EU27. Tale nuovo obiettivo sostituirebbe l'attuale sistema di phasing-out
e phasing-in dagli obiettivi preesistenti. Secondo un documento di
lavoro predisposto dai servizi del PE, tali regioni sarebbero collocate
prevalentemente in Germania, Spagna e Polonia, e rappresenterebbero circa l’11%
della popolazione dell’UE a 15. Nel corso di un’audizione presso le
Commissioni riunite V e XIV della Camera dei deputati, il Ministro Fitto ha
rilevato che questa categoria interesserebbe un totale di 51 regioni, con circa
72 milioni di abitanti, di cui 17 milioni in Francia, 15 in Germania, 14 in
Spagna, 9 nel Regno Unito e meno di 4 milioni in Italia (distribuiti in
Abruzzo, Molise, Sardegna e Basilicata);
Øper
quanto riguarda la politica agricola si registrerebbe una riduzione,
rispetto al periodo 2007-2013, del 12% delle risorse destinate ai pagamenti
diretti o connesse al mercato (da 322 a 281 miliardi di euro) ed un
decremento meno accentuato di quelle per lo sviluppo rurale (da 96 a
89,9 miliardi);
Øgli
interventi riconducibili alla Strategia 2020 ammonterebbero
complessivamente a circa 114 miliardi (a fronte degli 89,3
dell’attuale periodo di programmazione) che salirebbero a 154 miliardi
ove si consideri anche lo stanziamento per il richiamato Meccanismo per
collegare l'Europa (formalmente inserito nell’ambito della politica di
coesione). In particolare, registrerebbero un forte incremento, in
termini percentuali, delle risorse per le infrastrutture (da 13 a 50
miliardi di euro, + 287% rispetto alla attuali), per la ricerca e
l’innovazione (da 55 a 80 miliardi, +46%), per l’istruzione e cultura
(da 9 a 15 miliardi, +68%).
TABELLA I
QFP 2007-2013 e proposte per il QFP 2014-2020 a
confronto (in milioni di euro)
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TABELLA
II
La proposta della Commissione europea sulla riforma
del sistema delle risorse proprie si articola in tre elementi principali:
·la semplificazione
dei contributi degli Stati membri,;
·l’introduzione di nuove
risorse proprie;
·la riforma dei
meccanismi di correzione.
Le risorse proprie sono
i sono i mezzi di finanziamento del bilancio dell’Unione e sono attualmente
disciplinate dalla decisione 2007/436/CE, Euratom, per il periodo 2007-2013. Il
Trattato di Lisbona, riproponendo sostanzialmente la procedura previgente, ne
prevede l’adozione con una decisione del Consiglio che delibera all'unanimità
previa consultazione del Parlamento europeo. La decisione
entra in vigore soltanto previa approvazione degli Stati membri
secondo le rispettive norme costituzionali.
Il TFUE prevede,
peraltro espressamente, all’articolo 311, paragrafo 3, che il Consiglio adesso
possa “istituire nuove categorie di risorse proprie o sopprimere una categoria
esistente” nel quadro di una decisione sulle risorse proprie.
La Commissione propone la soppressione della
risorsa propria basata sull’IVA a partire dal 31 dicembre 2013,
in concomitanza con l’introduzione di nuove risorse proprie.
La soppressione (con cui il Governo italiano
non concorda) viene motivata dalla Commissione rilevando che l’attuale
risorsa IVA è complessa, richiede molto lavoro amministrativo per ottenere una
base armonizzata e offre scarso o nessun valore aggiunto rispetto alla risorsa
propria basata sull’RNL. La sua soppressione comporterebbe, pertanto una
notevole semplificazione dei contributi nazionali e ridurrà l’onere
amministrativo per la Commissione come per gli Stati membri.
La Commissione propone l’introduzione di due nuove
risorse proprie a decorrere al più tardi dal 1° gennaio 2018: una
tassa sulle transazioni finanziarie (ed un nuovo regime IVA europeo,
che dovrebbe sostituire l’attuale risorsa fondata su una porzione dell’IVA
raccolta sui base nazionale.
I contributi diretti basati sull’RNL
a carico dei bilanci degli Stati membri dovrebbe di converso ridursi.
La tabella
seguente illustra il passaggio dai contributi nazionali esistenti alle
nuove risorse proprie. Queste ultime finanzieranno all’incirca il 40% delle
spese dell’UE. Le risorse proprie tradizionali rappresenterebbero quasi il 20%
del totale. La risorsa propria basata sull’RNL rimarrebbe la risorsa più
importante in assoluto, finanziando il 40% circa del bilancio.
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Sulla base di elaborazioni effettuate dalla Ragioneria
Generale dello Stato, l’andamento dei saldi netti dell’Italia
(ovvero la differenza tra quanto conferito al bilancio UE e quanto ricevuto)
sarebbe il seguente:
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Sempre in base allo studio della Ragioneria, i saldi
netti dei principali contributori netti risulterebbero i seguenti:
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Il negoziato sul nuovo quadro finanziario e sul
sistema di risorse proprie è stato formalmente avviato il 4 luglio 2011,
con la riunione del gruppo “Amici della Presidenza”, incaricato di condurre il
lavoro istruttorio per il Comitato dei Rappresentanti permanenti (COREPER), che
ha sua volta prepara il negoziato del Consiglio. In seno al Consiglio la
competenza è attribuita in via orizzontale al Consiglio Affari generali,
ad eccezione della risorse proprie, per il quale sarà competente il Consiglio
ECOFIN. Le altre formazioni del Consiglio saranno chiamate ad occuparsi
degli aspetti specifici per i rispettivi ambiti di competenza, anche sulla base
delle proposte settoriali che la Commissione europea dovrebbe presentare in
autunno per tutte le politiche.
Il negoziato
all’interno del Consiglio sarà condotto in tre fasi: una fase di
chiarificazione e definizione delle posizioni dei singoli Stati membri; una
fase di negoziato vero e proprio per ridurre le eventuali differenze di
posizione dei singoli Stati membri ed una fase finale volta a preparare la conclusione
del negoziato e l’accordo.
La Presidenza polacca di turno dell’UE
intende presentare un primo rapporto sui lavori svolti al Consiglio
affari generali del 5 dicembre 2011, con l’obiettivo di una prima
delimitazioni delle questioni, in vista del negoziato sostanziale che si
dovrebbe sviluppare sotto la successiva presidenze di turno dell’UE di
Danimarca (I Semestre 2012) per concludersi auspicabilmente entro la Presidenza
di Cipro (II semestre 2012).
Si segnala inoltre che il 20 e 21 ottobre si
terrà a Bruxelles una Conferenza sul prossimo Quadro finanziario
pluriennale organizzata dalla Presidenza polacca, dalla Commissione europea e
dal Parlamento europeo, a cui sono invitati anche rappresentanti dei
Parlamenti nazionali.
La tempistica del negoziato viene si può riassumere
nella seguente tabella:
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Il 5 luglio 2011 il Parlamento europeo ha approvato
a larga maggioranza (506 voti a favore, 48 contrari e 101 astensioni) una risoluzione
sul futuro della politica di coesione nella quale:
·chiede un ulteriore
rafforzamento del principio di partenariato e della titolarità degli
attori coinvolti, così da assicurare, tra l'altro, una pianificazione e un'esecuzione
più orientate ai risultati;
·è dell'avviso che il PIL
debba continuare a essere il criterio principale ai fini della
definizione delle regioni ammissibili al massimo sostegno (con un PIL pro
capite inferiore al 75% della media dell'UE) ed eventualmente degli Stati di
coesione (con un RNL pro capite inferiore al 90% della media dell'UE); ritiene
opportuno attribuire agli organi nazionali competenti un margine
per utilizzare indicatori supplementari, da concordare nei contratti di
partenariato per lo sviluppo e gli investimenti;
·chiede una limitazione
dei periodi di ammissibilità per quelle regioni che non si sono dimostrate
in grado di conseguire alcun miglioramento rilevante della loro situazione
economica, sociale ed ecologica, anche dopo parecchi periodi di programmazione
e nonostante abbiano ottenuto le sovvenzioni massime;
·invita la Commissione a
presentare una proposta intesa a garantire la concessione di un'assistenza
transitoria modulabile alle regioni con un PIL pro capite tra 75% e 90%
della media UE, sotto forma di categoria intermedia, che sostituisca
l'attuale sistema di phasing-out e phasing-in;
·rifiuta
risolutamente tutte le proposte di nazionalizzazione o
settorializzazione della politica di coesione;
·accoglie con favore la
proposta della Commissione intesa a rendere la politica di coesione più
orientata ai risultati grazie alla fissazione ex ante di
obiettivi e indicatori adeguati, chiaramente definiti e misurabili, nonché
concordati con le regioni e/o gli Stati membri;
·è dell'avviso che il periodo
di programmazione con durata di sette anni nell'ambito della
politica di coesione debba essere mantenuto almeno fino alla fine del prossimo
periodo di pianificazione (2020);
·chiede la semplificazione
del sistema di controllo, la riduzione dei livelli di ispezione nonché un
chiarimento delle responsabilità fra Commissione e Stati membri;
Il 27 settembre il
Parlamento europeo ha altresì approvato una risoluzione su
“l'assorbimento dei fondi strutturali e di coesione: esperienza acquisita in vista
della futura politica di coesione dell'UE”, nella quale:
· ribadisce l’esigenza di semplificare e
rendere flessibili le norme e le procedure a livello nazionale e dell’UE, al
fine di facilitare l’accesso ai finanziamenti dell’UE da parte dei
gestori dei progetti e di favorirne la buona gestione da parte dei servizi
amministrativi senza creare gravi difficoltà ai beneficiari;
· invita la Commissione a rivedere il
livello di cofinanziamento, per riflettere meglio il livello di sviluppo,
il valore aggiunto UE, i tipi di azione, i beneficiari, le loro capacità di
assorbimento e opportunità di sviluppo; chiede, a tal fine, che sia destinato
un bilancio europeo sufficiente alla politica di coesione, in un momento in cui
i contributi nazionali e locali sono frenati da politiche nazionali di
austerità finanziaria;
· suggerisce che gli Stati membri e le regioni
dispongano di sufficiente flessibilità per selezionare un certo
numero di loro priorità e definire pacchetti di politiche appropriati;
· invita gli Stati membri, sostenuti dalla
Commissione e in coordinamento con le autorità locali e regionali, a vegliare a
una migliore gestione delle risorse umane compiendo ulteriori sforzi per
attirare e trattenere personale qualificato per la gestione dei fondi
dell'UE, promuovendo una formazione di elevata qualità e evitando
sostituzioni di personale, salvo se strettamente necessario e al solo scopo
di migliorarne l’efficienza e quindi la capacità di assorbimento;
· ritiene che, grazie alla loro maggiore
flessibilità, "partenariati pubblico-privato" a livello
regionale e locale contribuiranno ad aumentare la capacità di assorbimento e a
superare le difficoltà legate al cofinanziamento; raccomanda agli Stati
membri di chiarire e semplificare la loro legislazione nazionale al fine di
agevolare tali partenariati; sottolinea che è imperativo garantire il controllo
democratico dei partenariati pubblico-privato;
Il 6 settembre 2011 la Camera dei deputati, a
seguito dell’esame congiunto della Relazione programmatica sulla partecipazione
dell'Italia all'Unione europea per il 2011, del Programma di lavoro della
Commissione europea per il 2011 e del Programma del trio di Presidenze polacca,
danese e cipriota, ha approvato una risoluzione (6-00091) con la quale,
con riferimento al quadro finanziario pluriennale 2014-2020 impegna il Governo,
tra le altre cose, a:
·adoperarsi, in attesa
delle definizioni di puntuali indirizzi da parte delle Camere, affinché,
nell'ambito del negoziato avviato con la presentazione da parte della
Commissione delle proposte relative al quadro finanziario e alle risorse
proprie dell'Unione europea 2014-2020, presentate lo scorso 29 giugno, siano
tenuti in adeguata considerazione i seguenti principi:
-miglioramento del saldo
netto dell'Italia, riducendo il
rilevante divario attualmente esistente tra i finanziamenti versati dal nostro
Paese e i fondi da esso ricevuti, anche attraverso l'eliminazione delle correzioni
di bilancio riconosciute nell'attuale quadro finanziario ad alcuni Stati
membri;
-garanzia
di un volume del bilancio che consenta di perseguire efficacemente gli
obiettivi fissati a livello europeo, con particolare riferimento a quelli
definiti nell'ambito della strategia Europa 2020, nel rispetto delle
compatibilità finanziarie imposte dall'attuale situazione di crisi, che impone
agli Stati il rispetto di stringenti vincoli di bilancio;
-rafforzamento
del coordinamento e della armonizzazione dei bilanci nazionali e del
bilancio dell'Unione europea, al fine di assicurare una più corretta valutazione
e un migliore utilizzo delle risorse disponibili e di garantire il maggiore
coordinamento tra le politiche dell'Unione europea e le misure adottate a
livello nazionale e regionale;
-mantenimento di
un livello adeguato di risorse per la politica di coesione,
concentrandone gli interventi su un numero limitato di obiettivi ad alto valore
aggiunto, e migliorando e semplificando le procedure di programmazione,
gestione e controllo e assicurando che gli stanziamenti destinati alle regioni
italiane nell'ambito della politica di coesione non siano inferiori a quelli
previsti nell'attuale quadro finanziario. A tale scopo, appare necessario che
il Governo ribadisca la propria ferma contrarietà all'introduzione
dell'obiettivo «regioni in transizione» e sostenga il mantenimento delle
regole vigenti di eleggibilità dei territori e di allocazione delle risorse,
che assicurano la concentrazione delle risorse sulle regioni più arretrate;
-conferma
delle riserve espresse dal Governo in ordine all'introduzione di una
riserva di premialità a livello europeo che potrebbe mettere a carico
della politica di coesione traguardi non sostenibili;
-a valutare
con attenzione, in coerenza con le risoluzioni approvate in materia dal Parlamento
europeo, le proposte della Commissione volte ad introdurre, quale nuova risorsa
propria dell'Unione, una tassa sulle transazioni finanziarie, assicurando
che analoghe iniziative siano assunte anche a livello internazionale anche al
fine di scongiurare il rischio di determinare lo spostamento delle attività
finanziarie verso altre nazioni;
-ad informare
tempestivamente le Camere dei principali sviluppi del negoziato e a trasmettere
dati e simulazioni adeguate sull'impatto sul saldo netto dell'Italia delle
diverse opzioni relative al prossimo quadro finanziario e al sistema di risorse
proprie;
·con riguardo alla politica
di coesione:
-ad
individuare le risorse necessarie per compensare l'esclusione dei
cofinanziamenti nazionali, relativi ai programmi dei fondi strutturali
europei, dal computo del saldo finanziario in sede di applicazione delle regole
del Patto di stabilità interno per le regioni e gli enti locali per il
triennio 2011-2013, anche per consentire la realizzazione di spese in favore
degli investimenti;
-a
sostenere in sede europea la semplificazione delle procedure relative
all'utilizzo e alla rendicontazione dei fondi strutturali la cui complessità
costituisce un freno al loro tempestivo impiego;
-a
sostenere, in considerazione della difficile congiuntura economica, le proposte
concernenti l'innalzamento della quota di cofinanziamento europeo
previsto per tutti gli obiettivi dei fondi strutturali;
(a cura del Dipartimento Affari comunitari)
La programmazione comunitaria dei Fondi strutturali per il periodo 2007-2013 ha subito considerevoli modifiche rispetto alla precedente programmazione (2000-2006). Tali cambiamenti sono principalmente da imputarsi all'avviato processo di allargamento, a seguito del quale la composizione socio-economica dell'Unione si è notevolmente modificata relativamente alla riduzione del PIL medio degli stati membri, dell'aumento complessivo della popolazione europea e dell'aumento delle disparità economiche fra le diverse aree dell'Unione.
La nuova programmazione, che intende rafforzare la coesione economica e sociale al fine di promuovere uno sviluppo equilibrato, armonioso e sostenibile della Comunità, nasce e si sviluppa in linea con le priorità individuate nelle Agende di Lisbona del 2000 (crescita, competitività e occupazione) e di Göteborg del 2001 (ambiente), al fine di rendere l'Unione europea più dinamica e competitiva.
La programmazione si basa sui seguenti regolamenti:
§ un regolamento generale che stabilisce le disposizione comuni per le fonti di finanziamento delle azioni strutturali (Regolamento n. 1083/2006);
§ un regolamento specifico per ciascun fondo: Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), Fondo sociale europeo (FSE), Fondo di coesione (Regolamenti n. 1080-1081-1084/2006);
§ un regolamento relativo all'istituzione di uno strumento di assistenza preadesione (IPA) (Regolamento (CE) n. 1085/2006);
§ un regolamento relativo alla creazione di un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (Regolamento (CE) n. 1082/2006).
I nuovi Regolamenti prevedono il finanziamento dei seguenti 3 obiettivi prioritari di sviluppo:
a) l'obiettivo "Convergenza", volto ad accelerare la convergenza degli Stati membri e regioni in ritardo di sviluppo migliorando le condizioni per la crescita e l'occupazione;
b) l'obiettivo "Competitività regionale e occupazione", che punta, al di fuori delle regioni in ritardo di sviluppo, a rafforzare la competitività e le attrattive delle regioni e l'occupazione;
c) l'obiettivo "Cooperazione territoriale europea", che è inteso a rafforzare la cooperazione transfrontaliera e transnazionale.
Il regolamento (CE) 1082/2006, che istituisce un nuovo strumento giuridico denominato Gruppo europeo di cooperazione transfrontaliera (GECT), intende promuovere azioni finanziate al di fuori dei fondi a finalità strutturale e mirate agli obiettivi di coesione territoriale, con particolare riferimento alla cooperazione transfrontaliera, transnazionale e interregionale. All’attuazione del regolamento nell’ordinamento nazionale si è provveduto con gli artt. 45-48 della legge n. 88/2009 (legge comunitaria 2008).
La nuova programmazione si pone come priorità quella di promuovere la conoscenza e l'innovazione, di migliorare la competitività e rendere l'Europa un territorio su cui poter investire, e infine migliorare l'istruzione e la formazione del capitale umano per l'inserimento nel mercato del lavoro.
La nuova strategia, articolata nei tre nuovi obiettivi prioritari (Convergenza, Competitività regionale e occupazione e Cooperazione territoriale), prevede l'adozione da parte del Consiglio, previo parere del Parlamento, di un documento strategico globale per la politica regionale.
Questi "orientamenti strategici della Comunità per la coesione" sono volti ad identificare le priorità comunitarie che vanno sostenute nell'ambito della politica di coesione. Sulla base degli orientamenti strategici, ogni Stato membro deve preparare un quadro di riferimento strategico nazionale (QSN) sulla propria strategia di sviluppo, anche a livello operativo.
Con la definizione dei nuovi obiettivi i Fondi che contribuiscono al loro raggiungimento sono tre: (il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), il fondo sociale europeo (FSE) e il Fondo di Coesione (nel precedente periodo di programmazione 2000-2006 erano cinque: FESR, FSE, FEAOG - Sezione Orientamento e Sezione Garanzia, SFOP e Fondo di Coesione).
il Fondo sociale europeo (FSE), istituito nel 1958, favorisce l’inserimento professionale dei disoccupati e delle categorie sociali meno favorite finanziando in particolare azioni di formazione;
il Fondo europeo di sviluppo regionale (FESR), istituito nel 1975, finanzia la realizzazione di infrastrutture e investimenti produttivi generatori di occupazione a favore in particolare delle imprese;
Il fondo di coesione, istituito dal Trattato di Maastricht ed entrato in funzione nel 1994, è destinato ai paesi con un PIL medio pro capite inferiore al 90 % della media comunitaria. Il Fondo di coesione si propone di concedere finanziamenti a favore di progetti infrastrutturali nei settori dell’ambiente e dei trasporti.
Gli elementi innovativi della programmazione 2007-2013 possono pertanto essere riepilogati in:
§ nuove priorità e quindi nuovi obiettivi della politica di coesione;
§ programmazione unitaria della politica di sviluppo;
§ riduzione del numero di Fondi strutturali con l'esclusione dei Fondi destinati allo sviluppo rurale e alla pesca;
§ specificità dei fondi;
§ decentramento delle responsabilità;
§ proporzionalità dei controlli;
§ nuovo assetto dei sistemi di gestione e controllo e loro rafforzamento.
I nuovi strumenti che finanziano un sostegno allo sviluppo rurale (FEASR) ed al settore della pesca (FEP) sono stati integrati nella politica agricola comune e nella politica comune della pesca. Tale novità rappresenta, quindi, una notevole semplificazione per la programmazione dei Fondi strutturali.
In particolare, per quanto riguarda il finanziamento della politica agricola, sono stati di recente adottati i seguenti provvedimenti:
- Regolamento (CE) n. 1290/2005 del Consiglio, relativo al finanziamento della politica agricola comune, che istituisce il Fondo europeo Agricolo di Garanzia (FEAGA) per il 1° pilastro, ed il Fondo Europeo Agricolo di Sviluppo Rurale (FEASR) per il 2° pilastro: in particolare il FEAGA diviene lo strumento per realizzare la politica di sostegno dei mercati agricoli e dei redditi, denominata 1° pilastro della Politica Agricola Comunitaria (PAC), mentre il FEASR finanzia i programmi di sviluppo rurale, ossia il 2° pilastro della PAC;
- Regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR), che definisce gli obiettivi finanziati dal fondo;
- Regolamento (CE) n. 1198/2006 del Consiglio, relativo al Fondo europeo per la pesca.
Le risorse disponibili, a livello europeo, da impegnare a titolo dei Fondi per il periodo 2007-2013 ammontano a 308.041.000.000 Euro. Di tali risorse una quota significativa è concentrata a favore delle regioni che ricadono nell'obiettivo "Convergenza".
Gli stanziamenti complessivi assegnati a ciascuno Stato membro nell'ambito di ciascun obiettivo dei Fondi non sono trasferibili tra loro, eccetto in alcuni casi nell'ambito dell'obiettivo "Cooperazione territoriale europea", come definito nel regolamento 1083/2006.
Le risorse complessive destinate all'obiettivo "Convergenza" ammontano all'81,54% delle risorse globali (ossia, in totale, a 251.163.134.221 Euro) e sono così ripartite tra le diverse componenti:
· il 70,51% (ossia, in totale, 177.083.601.004 Euro) è destinato al finanziamento di progetti nelle regioni il cui prodotto interno lordo (PIL) pro capite è inferiore al 75% del PIL medio dell'UE a 25[13];
Per l’Italia rientrano nell’obiettivo “Convergenza” Calabria, Campania, Puglia e Sicilia
· il 4,99% (ossia, in totale, 12.521.289.405 Euro) è destinato al sostegno transitorio e specifico delle regioni che sarebbero state ammissibili a titolo dell'obiettivo "Convergenza" se la soglia di ammissibilità fosse rimasta al 75% del PIL medio dell'UE a 15, ma che hanno perso tale ammissibilità poiché il loro livello di PIL pro capite supera il 75% del PIL medio dell'UE a 25 (c.d. “phasing out);
Per l’Italia rientra nel regime transitorio di “phasing out” la Basilicata
· il 23,22% (ossia, in totale, 58.308.243.811 Euro) è destinato al finanziamento degli Stati membri ammissibili al finanziamento del Fondo di coesione il cui reddito nazionale lordo (RNL) pro capite è inferiore al 90% dell'RNL medio dell'UE a 25 e che hanno un programma per conformarsi alle condizioni di convergenza economica;
L’Italia non è destinataria delle risorse del fondo di coesione. Attuali destinatari risultano Bulgaria, Cipro, Estonia, Grecia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Repubblica ceca, Slovenia, Slovacchia e Romania
· l'1,29% (ossia, in totale, 3.250.000.000 Euro) per il sostegno transitorio e specifico degli Stati membri ammissibili al finanziamento del Fondo di coesione nel 2006 e che avrebbero continuato ad essere ammissibili se la soglia di ammissibilità fosse rimasta al 90% dell'RNL medio dell'UE a 15, ma che hanno perso tale ammissibilità poiché il loro livello di RNL pro capite supera il 90% dell'RNL medio dell'UE a 25.
Tale regime transitorio riguarda esclusivamente la Spagna, in passato tra i principali beneficiari delle risorse del fondo di coesione
Le risorse complessive destinate all'obiettivo "Competitività regionale e occupazione" ammontano al 15,95% delle risorse globali (ossia, in totale, a 49.127.784.318 Euro) e sono così ripartite tra le diverse componenti:
· il 78,86% (ossia, in totale, 38.742.477.688 Euro) è destinato al finanziamento di tutte le regioni non ricomprese nell’obiettivo convergenza vale a dire quelle il cui prodotto interno lordo (PIL) pro capite è superiore al 75% del PIL medio dell'UE a 25;
· il 21,14% (ossia, in totale, 10.385.306.630 Euro) è destinato al sostegno transitorio e specifico delle regioni in precedenza rientranti nell’obiettivo 1 (sostanzialmente equivalente nella programmazione 2000-2006 all’obiettivo “convergenza”) il cui livello di PIL pro capite supera il 75% del PIL medio dell'UE a 15 (c.d. “phasing in”).
Per l’Italia rientra nel regime transitorio di “phasing in” la Sardegna
Le risorse complessive destinate all'obiettivo "Cooperazione territoriale europea" ammontano al 2,52% delle risorse globali (ossia, in totale, 7.750.081.461 Euro).
Di queste risorse l'importo di 200 milioni di Euro è assegnato al Programma PEACE per il periodo 2007-2013 attuato come programma di cooperazione transfrontaliera al fine di favorire la stabilità socioeconomica nelle regioni interessate e promuovere la coesione tra comunità. La zona interessata comprende tutta l'Irlanda del Nord e le contee di frontiera dell'Irlanda.
Il resto delle risorse destinate all'obiettivo, sono così ripartite tra le diverse componenti:
· il 73,86% (ossia, in totale, 5.576.358.149 Euro) è destinato al finanziamento della cooperazione transfrontaliera in cui ricadono sia le regioni della Comunità (di livello NUTS 3) situate lungo tutte le frontiere terrestri interne e lungo talune frontiere terrestri esterne e sia le regioni (di livello NUTS 3) situate lungo le frontiere marittime separate da un massimo di 150 chilometri;
· il 20,95% (ossia, in totale, 1.581.720.322 Euro) è destinato al finanziamento della cooperazione transnazionale delle zone ripartite per programma contenute negli elenchi di ammissibilità valido dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013;
· il 5,19% (ossia, in totale, 392.002.991 Euro) è destinato al finanziamento della cooperazione interregionale, delle reti di cooperazione e dello scambio di esperienze sull'intero territorio della Comunità.
Il Regolamento (CE) 1083/2006 prevede che uno Stato membro possa istituire una riserva nazionale di efficacia ed efficienza per l’obiettivo "Convergenza" e/o per l'obiettivo "Competitività regionale e occupazione" pari, per ogni obiettivo, al 3 % della propria dotazione complessiva.
Lo stesso regolamento prevede inoltre che la Commissione possa decidere di istituire una riserva per l'assistenza tecnica, stabilendo che i Fondi, entro un limite dello 0,25% della dotazione annuale rispettiva, possono finanziare azioni di preparazione, sorveglianza, sostegno tecnico e amministrativo, valutazione, audit e controllo, necessarie all'attuazione del presente regolamento.
Il processo di programmazione coinvolge la Commissione europea, le autorità nazionali e regionali e si fonda sulla realizzazione di programmi pluriennali (di iniziativa nazionale o di iniziativa comunitaria), definiti sulla base dell'individuazione delle priorità.
Per rispondere all'esigenza di semplificazione e decentramento, la programmazione e la gestione finanziaria, secondo il nuovo Regolamento (CE) 1083/2006, devono essere realizzate unicamente a livello di programmi operativi e di assi prioritari; vengono soppressi infatti il quadro comunitario di sostegno e il complemento di programmazione previsti dal regolamento (CE) n. 1260/1999 della precedente programmazione 2000-2006.
Il Regolamento (CE) 1083/2006 relativo alle disposizioni generali sulla politica di coesione comunitaria, prevede un approccio strategico per la coesione. Stabilisce infatti a livello comunitario orientamenti strategici concisi per la coesione economica, sociale e territoriale, definendo un contesto indicativo per l'intervento dei Fondi, tenuto conto anche delle altre politiche comunitarie.
La Commissione propone, in cooperazione con gli Stati membri, gli orientamenti strategici comunitari per la coesione. Tali orientamenti, a seguito di eventuali cambiamenti rilevanti delle priorità della Comunità, possono essere oggetto, in cooperazione con gli Stati membri, di una revisione intermedia che però non obbliga gli Stati membri a rivedere i programmi operativi né i rispettivi quadri di riferimento strategici nazionali.
Gli Stati membri, entro cinque mesi dall'adozione degli orientamenti strategici comunitari per la coesione, elaborano e trasmettono alla Commissione un Quadro di riferimento strategico nazionale (QSN) che deve assicurare la coerenza dell'intervento dei Fondi con gli orientamenti strategici comunitari e che identifica il nesso tra le priorità della Comunità, da un lato, e il proprio programma nazionale di riforma, dall'altro. La Commissione prende atto della strategia nazionale e dei temi prioritari prescelti per l'intervento dei Fondi e formula le sue osservazioni entro tre mesi.
Il quadro di riferimento strategico nazionale è preparato dallo Stato membro, e copre il periodo dal 1° gennaio 2007 al 31 dicembre 2013. La sua attuazione è di competenza degli Stati membri al livello territoriale appropriato, secondo l'ordinamento di ciascuno Stato membro.
Nell'ambito del quadro di riferimento strategico nazionale le attività dei Fondi negli Stati membri sono svolte sotto forma di programmi operativi. Ciascun programma operativo si riferisce al periodo compreso tra il 1° gennaio 2007 e il 31 dicembre 2013 e viene redatto dalle singole Amministrazioni Titolari competenti (ad es. Regioni, Ministeri, altri Enti Pubblici). Un programma operativo può riguardare solo uno dei tre obiettivi prioritari.
Le Amministrazioni Titolari competenti presentano alla Commissione una proposta di programma operativo non oltre cinque mesi dall'adozione degli orientamenti strategici comunitari. La Commissione stabilisce se il programma operativo contribuisce alla realizzazione delle priorità del quadro di riferimento strategico nazionale e degli orientamenti strategici comunitari per la coesione. In caso di esito negativo la Commissione può invitare l'Amministrazione a rivedere il programma proposto.
La Commissione adotta ciascun programma operativo nel più breve tempo possibile, e comunque non oltre quattro mesi dalla sua presentazione.
In Italia in base alle tematiche affrontate e ai soggetti istituzionali competenti, i programmi operativi si distinguono in:
nazionali (PON): in settori con particolari esigenze di integrazione a livello nazionale, la cui Autorità di Gestione è una Amministrazione Centrale (attualmente 5 sono a valere su risorse FESR, 3 su risorse FSE)
regionali (POR): multisettoriali, riferiti alle singole regioni gestiti dalle Amministrazioni Regionali. Per ciascuna Regione c’è un POR FESR e un POR FSE (21 FESR, 21 FSE)
interregionali (POIN): su tematiche in cui risulta particolarmente efficace un’azione fortemente coordinata fra Regioni che consenta di cogliere economie di scala e di scopo nell’attuazione degli interventi (Energia, Attrattori culturali naturali e turismo); gestiti dalle Regioni, con la partecipazione di centri di competenza nazionale o Amministrazioni centrali (attualmente 2 a valere su risorse FESR)
Le norme che garantiscono il corretto funzionamento dei sistemi istituiti dalle Amministrazioni per la gestione e il controllo dei contributi concessi per nell'ambito dell'intervento dei Fondi strutturali, sono contenute, per la programmazione 2007-2013, nel Regolamento (CE) n. 1828/2006 della Commissione dell'8 dicembre 2006 che stabilisce modalità di applicazione del regolamento (CE) n. 1083/2006 recante disposizioni generali sui Fondi.
Si osserva che il Regolamento (CE) 1083/2006 ha rafforzato il processo di decentramento delle responsabilità a favore dei partenariati, delle Regioni e delle altre Amministrazioni locali, attribuendo allo Stato membro una forte responsabilità nell'attuazione dei Programmi Operativi, demandando a queste la responsabilità dell'impostazione e organizzazione dei sistemi di gestione e controllo, nonché dell'esecuzione delle attività di controllo in modo inversamente proporzionale alla dimensione dei Programmi e al contributo dei Fondi Strutturali (proporzionalità del controllo).
Per ciascun programma operativo, lo Stato membro individua i seguenti organismi:
· un'autorità di gestione pubblica o privata, nazionale, regionale o locale, incaricata dall'Amministrazione Titolare di gestire il programma operativo;
· un'autorità di certificazione pubblica o un organismo pubblico, nazionale, regionale o locale, incaricato dall'Amministrazione Titolare per certificare le dichiarazioni di spesa e le domande di pagamento prima dell'invio alla Commissione;
· un'autorità di audit, che può essere un'autorità pubblica o un organismo pubblico, nazionale, regionale o locale, indipendente dall'autorità di gestione e dall'autorità di certificazione, incaricata dall'Amministrazione Titolare, per ciascun programma operativo della verifica dell'efficace funzionamento del sistema di gestione e di controllo.
La stessa autorità può essere designata per più di un programma operativo.
E' compito dell'Amministrazione Titolare definire le norme che disciplinano le sue relazioni con le suddette autorità e le relazioni di queste con la Commissione.
(a cura del Dipartimento Bilancio)
Le risorse dei fondi comunitari assegnate all’Italia, alle quali si affiancano quelle di cofinanzimento nazionale, sono state programmate con il Quadro strategico nazionale 2007-2013 (approvato con la delibera CIPE n. 174 del 2006), i cui interventi sono attuati attraverso 66 Programmi Operativi, vale a dire documenti di programmazione che definiscono le priorità strategiche per settori e territori.
Le risorse indicate nel QSN 2007-2013ammontano a circa 124,9 miliardi di euro: si tratta di oltre 28,5 miliardi di fondi strutturali provenienti dalla UE e di circa 31,6 miliardi di risorse di cofinanziamento nazionale (iscritti sul Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie previsto dalla legge n. 183/1987), come evidenziato nella tavola successiva. A tali risorse vanno aggiunti 64,4 miliardi di risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) stanziati dalla legge finanziaria per il 2007, che rappresenta lo strumento principale di attuazione della politica regionale nazionale, il cui utilizzo è stabilito in base agli indirizzi di politica regionale.
(milioni di euro)
Obiettivi |
Contributi UE |
Cofinanziamento nazionale |
Totale |
Convergenza |
21.640,4 |
21.958,9 |
43.599,3 |
Competitività |
6.324,9 |
9.489,5 |
15.814,4 |
Cooperazione territoriale |
546,4 |
159,2 |
705,6 |
TOTALE |
28.511,7 |
31.607,6 |
60.119,3 |
Fonte. RGS – IGRUE.
Nelle successive tavole sono riportati, relativamente alle risorse disponibili (fondi comunitari + cofinanziamento nazionale), sia per fondo strutturale che per obiettivo, i dati sulle risorse impegnate e sui pagamenti effettuati alla data del 31 dicembre 2010.
Le informazioni sono state fornite dall’Ispettorato generale rapporti con l’Unione europea (IGRUE) della Ragioneria generale dello Stato nel corso dell’audizione del 29 marzo 2011 presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale.
(milioni di euro)
FONDI |
Contributo 2007/2013 |
Attuazione finanziaria |
|||
Impegni |
Pagamenti |
(b)/(a) |
(c)/(a) |
||
(a) |
(b) |
(c ) |
|||
FESR |
44.798,3 |
9.677,0 |
4.804,00 |
21,6% |
10,7% |
FSE |
15.321,0 |
4.043,7 |
2.421,25 |
26,4% |
15,8% |
TOTALE |
60.119,3 |
13.720,6 |
7.225,2 |
22,8% |
12,0% |
(milioni di euro)
OBIETTIVI |
FONDI |
Contributo 2007/2013 |
Attuazione finanziaria |
|||
Impegni |
Pagamenti |
(b)/(a) |
(c)/(a) |
|||
(a) |
(b) |
(c ) |
||||
Convergenza |
FESR |
35.916,2 |
6.927,4 |
3.349,3 |
19,3% |
9,3% |
FSE |
7.683,1 |
1.314,1 |
829,92 |
17,1% |
10,8% |
|
Totale |
43.599,3 |
8.241,5 |
4.179,2 |
18,9% |
9,6% |
|
Competitività |
FESR |
8.176,5 |
2.520,2 |
1.394,1 |
30,8% |
17,1% |
FSE |
7.637,9 |
2.729,6 |
1.591,3 |
35,7% |
20,8% |
|
Totale |
15.814,4 |
5.249,7 |
2.985,5 |
33,2% |
18,9% |
|
Cooperazione territoriale |
FESR |
705,6 |
229,4 |
60,5 |
32,5% |
8,6% |
TOTALE |
|
60.119,3 |
13.720,6 |
7.225,2 |
22,8% |
12,0% |
Nelle tabelle seguenti è riportata la ripartizione regionale delle risorse dei Fondi strutturali per il periodo di programmazione 2007-2013 relative al Fondo Europeo di Sviluppo Regionale e al Fondo Sociale Europeo, con i relativi impegni e pagamenti alla data del 31 dicembre 2010.
(milioni di euro)
Programmi FESR |
Contributo |
Impegni |
Pagamenti |
% |
% |
Valle d'Aosta |
48,8 |
18,1 |
13,9 |
37,1% |
28,4% |
Piemonte |
1.076,9 |
583,4 |
230,7 |
54,2% |
21,4% |
Liguria |
530,2 |
126,3 |
54,2 |
23,8% |
10,2% |
Lombardia |
532,0 |
195,2 |
103,9 |
36,7% |
19,5% |
P.A. Bolzano |
74,9 |
26,7 |
12,9 |
35,6% |
17,3% |
P.A. Trento |
64,3 |
38,1 |
15,3 |
59,2% |
23,7% |
Veneto |
452,7 |
163,4 |
91,4 |
36,1% |
20,2% |
Friuli Venezia Giulia |
303,0 |
45,9 |
26,7 |
15,1% |
8,8% |
Emilia Romagna |
346,9 |
90,6 |
43,1 |
26,1% |
12,4% |
Toscana |
1.126,6 |
288,0 |
177,5 |
25,6% |
15,8% |
Marche |
288,8 |
99,9 |
82,3 |
34,6% |
28,5% |
Umbria |
348,1 |
140,2 |
59,2 |
40,3% |
17,0% |
Lazio |
743,5 |
238,6 |
85,9 |
32,1% |
11,6% |
Abruzzo |
345,4 |
93,0 |
54,0 |
26,9% |
15,6% |
Molise |
192,5 |
21,0 |
18,7 |
10,9% |
9,7% |
Campania |
6.864,8 |
647,1 |
451,0 |
9,4% |
6,6% |
Basilicata |
752,2 |
221,4 |
129,6 |
29,4% |
17,2% |
Puglia |
5.238,0 |
1.216,9 |
462,5 |
23,2% |
8,8% |
Calabria |
2.998,2 |
919,9 |
271,2 |
30,7% |
9,0% |
Sicilia |
6.539,6 |
690,1 |
500,8 |
10,6% |
7,7% |
Sardegna |
1.701,7 |
351,8 |
324,5 |
20,7% |
19,1% |
Nazionali/Multiregionali |
13.523,3 |
3.231,9 |
1.534,1 |
23,9% |
11,3% |
Obiettivo Cooperazione |
705,6 |
229,4 |
60,5 |
32,5% |
8,6% |
TOTALE |
44.798,3 |
9.677,0 |
4.804,0 |
21,6% |
10,7% |
(milioni di euro)
Programmi FSE |
Contributo |
Impegni |
Pagamenti |
% |
% |
Valle d'Aosta |
82,3 |
34,2 |
12,4 |
41,6% |
15,1% |
Piemonte |
1.007,8 |
354,3 |
222,6 |
35,2% |
22,1% |
Liguria |
395,1 |
149,9 |
66,5 |
38,0% |
16,8% |
Lombardia |
798,0 |
269,8 |
165,7 |
33,8% |
20,8% |
P.A. Bolzano |
160,2 |
77,5 |
40,1 |
48,4% |
25,0% |
P.A. Trento |
218,6 |
168,1 |
78,7 |
76,9% |
36,0% |
Veneto |
716,7 |
350,8 |
160,6 |
48,9% |
22,4% |
Friuli Venezia Giulia |
319,2 |
138,8 |
92,9 |
43,5% |
29,1% |
Emilia Romagna |
806,5 |
384,1 |
262,6 |
47,6% |
32,6% |
Toscana |
664,7 |
239,5 |
91,7 |
36,0% |
13,8% |
Marche |
281,6 |
81,9 |
50,8 |
29,1% |
18,0% |
Umbria |
230,4 |
77,1 |
50,3 |
33,4% |
21,9% |
Lazio |
736,1 |
136,5 |
88,9 |
18,5% |
12,1% |
Abruzzo |
316,6 |
30,4 |
30,4 |
9,6% |
9,6% |
Molise |
102,9 |
25,1 |
18,1 |
24,4% |
17,6% |
Campania |
1.118,0 |
74,6 |
26,5 |
6,7% |
2,4% |
Basilicata |
322,4 |
93,8 |
58,8 |
29,1% |
18,1% |
Puglia |
1.279,2 |
121,7 |
121,4 |
9,5% |
9,5% |
Calabria |
860,5 |
120,1 |
79,7 |
14,0% |
9,3% |
Sicilia |
2.099,2 |
90,3 |
77,9 |
4,3% |
3,7% |
Sardegna |
729,3 |
175,6 |
149,5 |
24,1% |
20,5% |
Nazionali/Multiregionali |
2.075,8 |
849,4 |
475,1 |
40,9% |
22,9% |
TOTALE |
15.321,0 |
4.043,7 |
2.421,2 |
26,4% |
15,8% |
[1] Il Fondo europeo di sviluppo (FES) rappresenta lo strumento principale degli aiuti comunitari per la cooperazione allo sviluppo con gli Stati ACP, nonché con i paesi e territori d'oltremare (PTOM).
[2] Il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione (FEG) ha la funzione di sostenere coloro che hanno perso il lavoro a seguito di mutamenti strutturali del commercio mondiale.
[3] Il Fondo di solidarietà dell'Unione europea (FSUE) è nato per rispondere alle calamità naturali ed esprimere la solidarietà europea alle regioni colpite.
[4] ITER (in origine International Thermonuclear Experimental Reactor, poi usato nel significato originale latino, “cammino”) è un progetto inteso a realizzare un reattore a fusione nucleare in grado di produrre più energia di quanta ne consumi per l'innesco e il sostentamento della reazione di fusione.
[5] GMES (Global Monitoring for Environment and Security) è un programma di osservazione satellitare della Terra lanciato nel 1998 dalla Commissione e da un pool di agenzie spaziali.
[6] Il dato comprende gli stanziamenti per il regime di phasing-out dall’Obiettivo convergenza e phasing-in nell’obiettivo competitività.
Il phasing-out è un regime transitorio decrescente per le regioni che sarebbero state ammissibili nell’obiettivo Convergenza in quanto aventi un PIL pro capite inferiore al 75% di quello medio dell'UE a 15. Il phasing-in, anch’esso transitorio e decrescente, si applica alle regioni beneficiarie dell’Obiettivo 1 nel periodo 2000-2006, ma che ne sono uscite avendo raggiunto un PIL pro capite superiore al 75% della media dell'UE a 15.
[7] Comunicazione della Commissione europea con nota n. D(2006)1027 del 7 agosto 2006.
[8] Il PIL pro capite di tale regione, infatti, supera il 75% della media comunitaria per l’effetto statistico dell’inclusione nel calcolo dei dati relativi al PIL dei nuovi Stati comunitari dopo l’allargamento del 1° maggio 2004.
[9] Il pacchetto di riforma della governance economica, presentato dalla Commissione europea il 29 settembre 2010 è stato approvato dal Parlamento europeo il 28 settembre 2011 e – in via definitiva – dal Consiglio ECOFIN il 4 ottobre, e comprende i seguenti 6 provvedimenti:
- proposta di modifica del regolamento (CE) n.1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (COM(2010)526);
- proposta di modifica del regolamento (CE) n.1467/97 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (COM(2010)522);
- proposta di regolamento sull'effettiva applicazione della sorveglianza di bilancio nell'area dell'euro (COM(2010)524);
- una proposta di direttiva relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri (COM(2010)523);
- proposta di regolamento sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (COM(2010)527);
- proposta di regolamento sulle misure per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro (COM(2010)525).
[10] Il documento, peraltro, ribadisce in gran parte le indicazioni già contenute nel contributo presentato dal Governo italiano, il 31 gennaio 2011, nell’ambito della consultazione avviata dalla Commissione europea sulla Quinta relazione sulla coesione economica, sociale e territoriale (cfr. dossier RUE, serie Attività dell’Unione europea, n. 141).
[11] La strategia per la crescita e l’occupazione UE 2020, approvata dal Consiglio europeo del 17 e 18 giugno 2010, prevede cinque obiettivi principali da raggiungere entro il 2020:
- portare al 75% il tasso di occupazione per la popolazione di età tra 20 e 64 anni;
- migliorare le condizioni per la ricerca e lo sviluppo, portando al 3% del PIL la spesa per investimenti pubblici e privati in tale settore;
- ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 20% - rispetto ai livelli del 1990 - o del 30%, se sussistono le necessarie condizioni, ovvero nel quadro di un accordo globale e completo per il periodo successivo al 2012;
- migliorare i livelli d'istruzione, riducendo i tassi di dispersione scolastica al di sotto del 10% e aumentando la percentuale delle persone tra i 30 e i 34 anni che hanno completato l'istruzione terziaria almeno al 40%;
- promuovere l'inclusione sociale, in particolare attraverso la riduzione della povertà.
[12] Vedi dossier RUE “La nuova governance economica dell’UE”, del 29 novembre 2010.
[13] I regolamenti che disciplinano la programmazione dei fondi strutturali 2007-2013 risalgono al 2006, e quindi precedentemente all’ingresso nell’Unione di Bulgaria e Romania, avvenuto il 1° gennaio 2007