Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera
Titolo: ELABORAZIONE ED ATTUAZIONE DEL DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA IN FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO E SPAGNA
Serie: Materiali di legislazione comparata    Numero: 18
Data: 30/04/2010
Descrittori:
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA   STATI ESTERI
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 
LEGISLAZIONE STRANIERA

 

Materiali di legislazione comparata

 

 

 

ELABORAZIONE ED ATTUAZIONE

DEL DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA

IN FRANCIA, GERMANIA, REGNO UNITO E SPAGNA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

N. 18 – Aprile 2010


 

 

Servizio responsabile:

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File:MLC16018


 

 

Indice

 

Schede di sintesi. 1

 

Francia.. 3

LA FASE ASCENDENTE.. 3

1. Il ruolo del Governo. 3

1.1Il Segretariato Generale degli Affari europei (SGAE). 3

1.2Il Segretario di Stato per gli affari europei9

1.3 La fase dei negoziati presso il Consiglio dell’Unione europea. 10

2. Il ruolo del Parlamento. 12

2.1 La procedura dell’art. 88-4 della Costituzione. 16

2.2 La Commissione Affari europei dell’Assemblea nazionale. 17

2.3 La Commissione Affari europei del Senato. 22

LA FASE DISCENDENTE.. 25

3. L’attuazione delle direttive europee e delle decisioni-quadro. 25

3.1 Il controllo sull’attuazione. 27

 

Germania.. 33

LA FASE ASCENDENTE.. 38

1. Il ruolo del Parlamento federale. 38

1.1 Il Bundestag. 38

1.1.a La Commissione permanente per gli Affari dell’Unione europea. 40

1.2 Il Bundesrat. 43

1.2.a La Commissione del Bundesrat per gli Affari dell'Unione europea  44


2. Il ruolo dei Länder. 45

2.1 L’Osservatore regionale presso l’Unione europea. 48

2.2 I rappresentanti permanenti dei Länder a Bruxelles. 49

3. Il ruolo del Governo. 50

LA FASE DISCENDENTE.. 51

4. L’attuazione del diritto comunitario nel diritto interno. 51

 

Regno unito.. 55

LA FASE ASCENDENTE.. 56

1. Il ruolo del Governo. 56

1.1 Le iniziative di Better Regulation. 59

2. Il ruolo del Parlamento. 62

2.1 La Camera dei Comuni62

2.2 La Camera dei Lord. 72

LA FASE DISCENDENTE.. 73

1. Il recepimento del diritto comunitario nell'ordinamento inglese. 73

2. Conseguenze della devolution. 74

 

Spagna.. 77

1. Il ruolo delle Comunità Autonome nella fase ascendente e discendente. 77

1.1 La Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee (CARCE)  78

1.2 Il Consigliere per gli affari autonomici85

1.3 La partecipazione al Comitato delle regioni dell’Unione europea. 86

1.4 La partecipazione nei procedimenti davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea  86

1.5 La partecipazione alle formazioni del Consiglio dell’Unione europea  87

1.6 Gli Statuti delle Comunità Autonome e le relazioni con leistituzionidell’Unione europea  88

2. Il ruolo del Parlamento nella fase ascendente e discendente. 90

2.1 La legge 8/1994 istitutiva della Commissione bicamerale per l’Unione europea  90

2.2 La risoluzione parlamentare del 21 settembre 1995. 94

3. Il ruolo del Governo nella fase ascendente e discendente. 98

3.1 La rappresentanza permanente presso l’Unione. 98

3.2 I Ministeri e l’attuazione delle direttive comunitarie. 99

3.3 La Commissione interministeriale per gli Affari dell’Unione europea  104

 

 


 

 

AVVERTENZA

 

 

Il presente dossier aggiorna il dossier n. 75 della serie Materiali di legislazione comparata “Elaborazione ed attuazione del diritto comunitario nei principali paesi europei” del novembre 2002.

La struttura delle schede di sintesi è rimasta sostanzialmente immutata, ma, essendo ormai trascorsi quasi otto anni dal precedente lavoro, diverse e spesso rilevanti sono state le modifiche introdotte nei singoli ordinamenti, in particolar modo in seguito alle novità apportate dal Trattato di Lisbona del 2007 ed in vigore dal 1° dicembre 2009.

 

 

 


Schede di sintesi

 

 

 

 


francia

LA FASE ASCENDENTE

1. Il ruolo del Governo

La partecipazione della Francia al processo decisionale europeo è ancora fortemente segnata dalla preminenza delle prerogative governative. È il Governo con le sue strutture amministrative a gestire quasi completamente la politica francese, tanto nella formazione degli atti comunitari, ora europei[1], quanto nella relativa attuazione nell’ordinamento interno.

Due sono i principi che regolano la formulazione delle politiche europee per la Francia: da un lato, ogni ministero è competente nelle materie che rientrano nell’ambito delle proprie attribuzioni; dall’altro, un forte coordinamento centralizzato è assicurato da una struttura posta sotto l’autorità del Primo Ministro, il Segretariato Generale degli Affari europei (SGAE).

 

1.1              Il Segretariato Generale degli Affari europei (SGAE)

Il Segretariato Generale degli Affari europei (SGAE) garantisce l’unità della posizione francese in seno all’Unione europea[2].

Il SGAE ha sostituito dal 18 ottobre 2005 (Decreto n. 2005-1283)[3]il Segretariato generale del Comitato Interministeriale per le questioni di cooperazione economica (SGCI), istituito nel 1948 con il compito di elaborare la posizione francese nei negoziati riguardanti la partecipazione della Francia al Piano Marshall[4]. Anche il Comitato interministeriale è stato sostituito nel 2005 daun nuovo comitato interministeriale, denominato Comitato interministeriale per l’Europa, incaricato di esaminare le questioni relative alla partecipazione della Francia alle Comunità europee e all’Unione europea. Il Comitato, presieduto dal Primo Ministro o in sua assenza dal Ministro degli Affari esteri, è composto dallo stesso Ministro degli Affari esteri, dal Ministro dell’Economia e Finanze e dai singoli ministri di volta in volta competenti per le questioni iscritte all’ordine del giorno. La segreteria del Comitato viene assicurata dal Segretariato generale degli Affari europei.

Il nuovo SGAE, sotto la diretta autorità del Primo Ministro, ha il compito principale di avvicinare le posizioni delle amministrazioni francesi sui dossier europei e le attività dell’OCSE in corso e, in caso di divergenze, mettere in atto gli arbitrati tecnici necessari. Il SGAE ha competenza su tutti i settori definiti dal Trattato sull’UE, ad eccezione della politica estera e di sicurezza comune (PESC) che rimane nella competenza del solo Ministero degli Affari esteri, a meno che questa politica non si avvalga di strumenti comunitari in senso stretto.

Il SGAE è il referente per tutte le questioni relative ai rapporti tra il Governo francese e le istituzioni UE. In ragione del continuo contatto con i temi europei il SGAE costituisce un vero e proprio centro di consulenza in grado di stimolare o animare una riflessione approfondita sui temi relativi al futuro dell’UE. La complessità di taluni soggetti, la capacità di analisi delle poste in gioco nei negoziati, così come la conoscenza degli interessi degli altri partners europei, fanno del SGAE il consigliere privilegiato del governo in questo settore.

Il SGAE è competente anche sulle questioni rientranti nel quadro dell’Organizzazione di cooperazione e di sviluppo economico (OCSE) e, da qualche anno, del “Codex alimentarius”; si occupa inoltre di tutte le questioni rientranti nell’ambito di altre istituzioni o organizzazioni internazionali, quando rilevino della competenza comunitaria e siano oggetto di un coordinamento comunitario (OMC, CNUCED, etc.).

In base alla Circolare del Primo Ministro del 21 marzo 1994 (riguardante le relazioni tra le amministrazioni francesi e le istituzioni comunitarie)[5], al decreto istitutivo del 18 ottobre 2005 e alla circolare del Primo Ministro del 22 novembre 2005[6], le funzioni esercitate dal SGAE sono le seguenti:

·     coordinamento tra i ministeri. Al fine di garantire la coerenza e l’unità della posizione francese, il SGAE ha come primo compito quello di coordinare a livello interministeriale le posizioni che la Francia esprime nelle diverse sedi comunitarie, sia nei gruppi di lavoro del Consiglio che nel Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER) e nel Consiglio dei Ministri[7]. Il SGAE ha il compito di dirimere gli eventuali conflitti tra ministeri e di evitare che uno dei ministeri assuma una posizione dominante. Per quanto concerne la soluzione dei conflitti interministeriali, il Segretariato ricerca il consenso attraverso la consultazione dei ministri interessati. Nel caso di disaccordo persistente tra due o più membri del Governo su questioni politicamente sensibili, il SGAE avvia una procedura di arbitrato e ha la facoltà di richiedere l’intervento diretto del Primo Ministro, che è l’organo che trasmette le istruzioni del Governo al Rappresentante Permanente francese a Bruxelles;

·     diffusione dell’informazione. Il SGAE ha il compito di ricevere e distribuire tutte le informazioni da e per la Rappresentanza permanente francese a Bruxelles. Il SGAE ha un ruolo centrale d’informazione per i ministeri e le assemblee parlamentari: da un lato, accentra e diffonde le informazioni che provengono dalle istanze comunitarie presso le amministrazioni interessate; dall’altro, è incaricato, a nome del Governo, di informare le assemblee parlamentari, secondo la procedura prevista dall’art. 88-4 della Costituzione, delle proposte di atto comunitario o dell’Unione europea aventi natura legislativa – o di ogni altro documento proveniente da un’istituzione europea che il governo intenda sottoporre a tale procedura – ai fini di un esame preventivo del Parlamento francese prima dell’adozione da parte delle istituzioni dell’UE.

·     Il SGAE vigila sulla coerenza tra il calendario dei lavori parlamentari e il calendario di adozione dei testi europei. In via più generale il SGAE assicura il rispetto della legge relativa all’informazione[8] delle Commissioni per gli Affari europei delle due Assemblee parlamentari.

·     Il SGAE assicura il seguito dei dossier esaminati dal Parlamento europeo in collegamento con i funzionari incaricati nei singoli ministeri, la Rappresentanza permanente presso l’UE e lo staff del Segretario di Stato incaricato degli Affari europei.

·     Il SGAE garantisce il coordinamento dei contatti con i membri francesi del Parlamento europeo, per i quali mette a disposizione note informative sui principali dossier iscritti all’ordine del giorno delle commissioni specializzate o delle sessioni plenarie. Tale informazione scritta è completata dall’organizzazione di riunioni con i rappresentanti dei gruppi parlamentari al fine di favorire gli scambi di informazioni sui dossier tecnici;

·     predisposizione di studi di valutazione in materia comunitaria. I ministeri competenti intervengono come esperti nelle questioni comunitarie che li riguardano; tuttavia, la molteplicità dei parametri da considerare su determinati soggetti, la conoscenza degli obiettivi francesi e quelli degli altri partners europei, danno al SGAE una visione più globale e sintetica dei problemi;

·     controllo sul recepimento della normativa comunitaria nel diritto interno. Il SGAE vigila affinché l’attuazione del diritto comunitario avvenga nei termini previsti al fine di evitare ogni forma di contenzioso con le diverse istanze europee[9];

·     seguito della presenza francese nelle istituzioni europee. Il SGAE coordina il dispositivo interministeriale di seguito della presenza francese nelle istituzioni europee[10]. A questo fine, il Segretariato generale assicura in particolare la pubblicità dei posti vacanti e il seguito dell’assegnazione degli esperti nazionali distaccati, la diffusione dell’informazione relativa agli altri agenti assunti a contratto dalle comunità e quella relativa ai concorsi nelle amministrazioni delle istituzioni UE.

 

Organizzazione del SGAE

L’organizzazione interna del SGAE è attualmente articolata in 19 settori operativi che coprono l’insieme dei campi di attività dell’Unione europea (giuridico, finanziario, industria, poste e telecomunicazioni, relazioni con i parlamenti; ricerca, cultura, droga; politiche regionali e trasporti; concorrenza, ambiente, agricoltura, alimentazione e pesca; cooperazione allo sviluppo, DOM-TOM, relazioni esterne alla Comunità; OCDE; Spazio giudiziario europeo, sicurezza dello Spazio europeo, etc.); a questi si aggiunge un settore orizzontale amministrativo incaricato di coordinare gli aspetti logistici o tecnici (coordinamento generale e amministrazione del servizio, documentazione e archivio, informazione, informatica).

L’organico del SGAE è composto da 200 funzionari con esperienze professionali diversificate. I capi dei settori operativi provengono per la maggior parte dalle amministrazioni dello Stato. Sono assistiti da Adjoints provenienti dal Ministero dell’Economia e delle Finanze ma anche dai Ministeri settoriali (Affari esteri, agricoltura, difesa, educazione nazionale, interni, giustizia, sanità, etc.). I funzionari provengono in gran parte dall’ENA e vengono reclutati tra i diversi ministeri in modo che siano rappresentati, soprattutto nei posti di maggiore responsabilità, tutti i principali settori dell’amministrazione.

Il SGAE organizza presso la sua sede le riunioni interministeriali di preparazione delle posizioni francesi che saranno sostenute in seno alle istituzioni dell’UE[11].

 

Le procedure di comunicazione con le istituzioni dell’Unione europea

L’esigenza di coerenza nelle posizioni francesi impone che siano rispettate in modo rigido le procedure di concertazione interministeriale e di comunicazione con le istituzioni dell’Unione europea definite dalla circolare del 1994.

Ogni istruzione indirizzata alla Rappresentanza permanente presso l’Unione europea deve essere trasmessa dal SGAE.

Il SGAE deve assicurarsi che ogni progetto di messaggio che proviene da un’amministrazione sia stato oggetto di accordo interministeriale prima della sua trasmissione o, in caso contrario, deve sottoporre la questione al Primo Ministro. Il SGAE ha, inoltre, il compito di controllare la diffusione presso le amministrazioni interessate di tutte le richieste di informazione che provengono dalle istituzioni dell’Unione.

Devono essere preparati in concertazione con il SGAE:

·     gli incontri tra i membri del Governo e i membri della Commissione o la presidenza del Consiglio;

·     i contatti tra i rappresentanti dell’amministrazione e i servizi della Commissione;

·     gli incontri bilaterali tra le amministrazioni francesi e i partners degli altri Stati su temi europei;

·     le missioni di informazione presso il Parlamento europeo e il Comitato delle regioni;

·     le riunioni informali dei ministri.

Per quanto riguarda la politica estera e alla sicurezza comune (PESC), la competenza spetta in via esclusiva al Ministro degli affari esteri; il SGAE assicura il coordinamento interministeriale solo sugli aspetti comunitari.

 

1.2             Il Segretario di Stato per gli affari europei

Nel corso degli anni la competenza in materia di politiche comunitarie è stata esercitata da un Ministro delegato o da un Segretario di Stato. Nell’attuale governo in carica è il Ministro degli Affari esteri ed europei ad essere responsabile della politica europea della Francia e ad esprimere la posizione francese relativa ai grandi dossier europei, in particolare sulla politica estera e di sicurezza comune (PESC).

Il Segretario di Stato incaricato degli affari europei si occupa, su delega del Ministro, di tutte le questioni relative alla costruzione europea, comprese le questioni istituzionali (decreto n. 2009-821 del 3 luglio 2009[12]).

In particolare il Segretario di Stato:

·     segue le questioni relative all’Unione europea, al Consiglio d’Europa e le relazioni con l’EEA e con l’Europa centro-orientale;

·     assicura, in collaborazione con il Segretariato Generale degli Affari europei (SGAE) il coordinamento dei contatti con gli eletti del Parlamento europeo e del Comitato delle regioni (circolare del Primo Ministro del 21 marzo 1994); partecipa all’attuazione dell’art. 88-4 della Costituzione;

·     è associato, per quanto di sua competenza, nelle decisioni relative alla definizione della politica estera e di sicurezza comune (PESC);

·     svolge tutti i compiti di volta in volta a lui assegnati dal Ministro degli Affari esteri ed europei;

·     firma, su delega e a nome del Ministro, tutti gli atti, le sentenze e le decisioni, nel limite delle sue attribuzioni.

Il Ministero degli affari esteri ha in Francia un ruolo meno accentuato che negli altri paesi membri dell’Unione europea. Esso ha la possibilità di influenzare il coordinamento delle politiche dell’UE attraverso i membri della Rappresentanza permanente che ha continui contatti con i più alti livelli politici (ministri, Primo Ministro, Presidente della Repubblica) e assiste, tramite il Segretario di Stato degli Affari Europei, a tutte le riunioni interministeriali organizzate dal SGAE.

 

1.3 La fase dei negoziati presso il Consiglio dell’Unione europea

Il Governo impone il massimo rispetto delle procedure che assicurano la rappresentanza della Francia presso le istituzioni UE, in particolare per quanto riguarda la composizione e il funzionamento delle delegazioni.

La Francia deve essere rappresentata in Consiglio da un membro del Governo[13]. In caso di forza maggiore e in assenza del Ministro competente, la posizione francese viene espressa in Consiglio dal Rappresentante permanente o dal suo vice, sulla base di istruzioni interministeriali.

La delegazione francese si limita per ciascun Consiglio ai soli membri la cui presenza è strettamente indispensabile al buon andamento dei negoziati[14].

Quando il Consiglio si riunisce in forma ristretta, per la Francia partecipano soltanto il Ministro, accompagnato dal Rappresentante permanente, e dai membri della delegazione da lui designati[15].

A partire dal 1999 è stata prevista una procedura di “riserva d’esame parlamentare”[16] da opporre in sede UE per differire la discussione di un testo da parte del Consiglio e consentire all’Assemblea interessata di pronunciarsi sulla proposta di risoluzione di cui sia sta investita. Il Governo francese può, a seconda dei casi, opporsi all’iscrizione d’urgenza della proposta all'ordine del giorno del Consiglio dell’Unione oppure richiedere il rinvio dell’adozione di un atto ad un ordine del giorno successivo del Consiglio, fino a quando la procedura dell’art. 88-4 della Costituzione non sia terminata. In pratica il Governo ha utilizzato più volte questa “riserva” nel corso delle riunioni del Consiglio e dei suoi gruppi di lavoro.

Pur non avendo un contenuto vincolante, le risoluzioni parlamentari approvate secondo la procedura dell’art. 88-4 della Costituzione sono oggetto di un esame interministeriale nell’ambito della definizione della posizione governativa francese nei negoziati in sede UE ed il loro testo viene inserito nei dossier dei Ministri che partecipano alle sessioni del Consiglio dell’Unione europea. Anche se nella pratica il Governo preferisce dare più peso a quelle risoluzioni che appoggiano la posizione che comunque intendeva sostenere in Consiglio, il meccanismo di esame parlamentare messo a punto con l’art. 88-4 Cost. costituisce un vero e proprio “strumento diplomatico”.

 

2. Il ruolo del Parlamento

A seguito della riforma costituzionale del 2008[17] ciascuna Assemblea ha costituito una Commissione per gli Affari europei che ha sostituito le precedenti Delegazioni parlamentari ad hoccreate nel 1979[18] con il compito di “seguire i lavori delle istituzioni delle Comunità europee”[19].

Lo sviluppo delle Comunità europee, alle quali sono stati progressivamente attribuiti poteri decisionali su un numero crescente di materie rientranti nell’ambito della competenza della legge, la creazione dell’Unione europea, le successive tappe d’integrazione europea, ma anche il rafforzamento del ruolo dei parlamenti nazionali nel processo di costruzione europea hanno portato all’introduzione nella Costituzione di procedure che permettessero di compensare il progressivo “depauperamento” del Parlamento dalle sue attribuzioni legislative con una più efficace associazione ai processi decisionali europei.

Nel 1992 l’art. 88-4 della Costituzione, introdotto nell’ambito delle procedure di ratifica del Trattato di Maastricht e modificato, da ultimo, con la riforma costituzionale del 2008 in previsione dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, ha consentito alle due Assemblee di votare risoluzioni di indirizzo sulle proposte di atti comunitari; successivamente, dopo il Trattato di Amsterdam, tali risoluzioni hanno riguardato anche i progetti di atti dell’Unione europea che comportassero disposizioni di natura legislativa e, dal 2008, ogni altro progetto di atto proveniente dalle istituzioni UE trasmesso dal Governo e con più efficaci strumenti di controllo.

Le proposte, secondo l’attuale procedura, devono essere sottoposte dal Governo alle Assemblee “subito dopo la loro trasmissione al Consiglio dell’Unione europea”.

La riforma costituzionale del 2008 ha modificato, tra gli altri, l’art. 48, comma 4[20], introducendo la regola della “settimana del controllo”, in base alla quale ciascuna Assemblea riserverà una settimana di sedute su quattro alle attività di controllo dell’azione del Governo e alla valutazione delle politiche pubbliche. La nuova disposizione permette di assicurare più facilmente un “seguito” alle prese di posizione parlamentari sulle questioni europee e potrà favorire la discussione e l’adozione di risoluzioni europee in seduta pubblica.

Il Trattato di Lisbona prevede un importante rafforzamento delle prerogative dei Parlamenti nazionali (art. 12)[21]. Per la prima volta i Parlamenti nazionali parteciperanno “direttamente” al processo decisionale europeo. Il Trattato prevede che tutti i documenti della Commissione europea e tutte le proposte di atti legislativi europei siano trasmesse direttamente dalle istituzioni titolari dell’iniziativa legislativa ai Parlamenti, senza il tramite dei rispettivi governi[22].

I Protocolli “sul ruolo dei Parlamenti nazionali” e “sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità”, allegati al Trattato di Lisbona[23], prevedono il coinvolgimento dei Parlamenti nazionali degli Stati membri, attraverso la disciplina di due procedure che i parlamenti nazionali possono attivare nel caso ritengano che un atto legislativo dell’Unione europea leda il principio di sussidiarietà[24].

La prima procedura, attivabile nel corso dell’iter di formazione dell’atto normativo, è uno strumento di controllo politico; la seconda procedura è uno strumento di controllo di tipo giurisdizionale che può essere rivolto contro gli atti europei già in vigore.

In Francia la revisione costituzionale del 2008 ha introdotto nuove disposizioni per consentire alle due Assemblee di esercitare le nuove prerogative attribuite ai Parlamenti nazionali dal Trattato di Lisbona.

L’art. 88-5 della Costituzione, comma 2, prevede la presentazione ed approvazione di mozioni, adottate in termini identici dalle due Assemblee parlamentari, che autorizzano il Presidente della Repubblica a non sottoporre a referendum le nuove adesioni all’UE.

L’art. 88-6 della Costituzione stabilisce le modalità secondo le quali ciascuna Assemblea potrà esercitare il controllo del rispetto del principio di sussidiarietà, secondo le due menzionate procedure previste dai Protocolli.

Per quanto riguarda la prima procedura, l’art. 88-6, comma 1, stabilisce che le Assemblee potranno, secondo le modalità fissate dal proprio regolamento, adottare, anche fuori sessione, un parere motivato sulla conformità di un progetto di atto legislativo europeo al principio di sussidiarietà. Il parere dovrà essere indirizzato dal Presidente dell’Assemblea interessata ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea; dovrà essere informato del parere anche il Governo[25].

Per quanto riguarda la seconda procedura attivabile dai parlamenti nazionali, l’art. 88-6, comma 2, stabilisce che ciascuna Assemblea può presentare ricorso davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea contro un atto legislativo europeo per violazione del principio di sussidiarietà. Il ricorso sarà trasmesso alla Corte dal Governo. Al fine della presentazione del ricorso ciascuna Assemblea potrà adottare, anche fuori sessione, risoluzioni secondo le modalità fissate dai regolamenti parlamentari. La disposizione costituzionale prevede la presentazione “di diritto” del ricorso se richiesta da sessanta deputati o da sessanta senatori[26].

L’art. 88-7 stabilisce, infine, le modalità attraverso le quali il Parlamento francese, con una mozione adottata in termini identici dalle due Assemblee parlamentari, può esercitare il diritto di opposizione alla procedura di “revisione semplificata”, ammessa nei casi previsti dai Trattati attraverso l’applicazione di “clausole passerella”.

 

2.1 La procedura dell’art. 88-4 della Costituzione

Nel rispetto dell’organizzazione dei poteri pubblici fissata dall’ordinanza n. 58-1100 del 17 novembre 1958, il Parlamento può conoscere ed esaminare i progetti e le proposte di atto legislativo europeo, riguardanti l’ambito di competenza della legge, come strettamente definito dall’art. 34 della Costituzione. Il Parlamento è in ogni caso investito di tutte le proposte di atto europeo suscettibili di restringere il suo potere decisionale, a causa della loro applicazione diretta nell’ordinamento nazionale o per gli obblighi derivanti dalla loro attuazione.

L’adozione dell’art. 88-4 della Costituzione ha introdotto nel 1992 un meccanismo d’informazione al Parlamento sulle questioni comunitarie, perfezionato con le successive modifiche, che impone attualmente al Governo l’obbligo di sottoporre all’esame delle due Camere, oltre alle proposte di atto normativo comunitario (ora europeo), anche tutti gli altri atti dell’Unione europea aventi natura legislativa, fin dal momento della loro trasmissione al Consiglio dell’Unione europea.

La disposizione costituzionale prevede inoltre, nella versione approvata nel 2008, che il Governo trasmetta alle Camere anche le altre proposte di atto europeo e, in genere, tutti i documenti provenienti da un’istituzione dell’Unione europea. L’art. 88-4 lascia al regolamento di ciascuna assemblea la disciplina delle modalità di esame di tali atti, proposte e documenti, prevedendo l’approvazione di risoluzioni di indirizzo, votate, se necessario, fuori dalle sessioni dei lavori parlamentari.

L’esame parlamentare delle proposte di atto europeo è estremamente rapido (il Governo si è impegnato[27] a lasciare alle due assemblee un mese di tempo dalla trasmissione degli atti e a fare ogni sforzo per differire la decisione in sede UE in vista dell’adozione di un’eventuale risoluzione), perché collegato con la necessità per il parlamento di intervenire tempestivamente nel processo decisionale comunitario.

Le risoluzioni adottate dalle due assemblee sulla base dell’art. 88-4 della Costituzione non sono vincolanti giuridicamente per il Governo francese, né mettono in gioco la sua responsabilità (Decisione del Consiglio costituzionale del 17 dicembre 1992 [28]) nella conduzione dei negoziati in seno al Consiglio dell’Unione europea.

Posto il semplice valore politico delle risoluzioni, il loro impatto dipende dai rapporti tra il Governo e il Parlamento. Tuttavia la procedura ex art. 88-4 costringe il Governo a prendere pubblicamente rigidi impegni davanti ai parlamentari, rafforzando la portata politica delle risoluzioni e inserendo la loro considerazione da parte del Governo nel quadro della logica “maggioritaria” che unisce le Assemblee e il Governo.

 

2.2 La Commissione Affari europei dell’Assemblea nazionale

La Commissione per gli Affari europei ha sostituito dal 2008 la precedente Delegazione dell’Assemblea nazionale per l’Unione europea, creata nel 1979. La Commissione è composta da 48 deputati, designati in modo da assicurare una rappresentanza proporzionale dei gruppi politici ed una rappresentanza equilibrata delle commissioni permanenti, ed esercita il duplice compito di informazione e di controllo dell’attività europea al servizio della rappresentanza nazionale. Designata all’inizio della legislatura, la Commissione rimane in carica per tutta la sua durata. Il suo Ufficio di Presidenza si compone di un Presidente, quattro Vicepresidenti e quattro segretari.

I compiti della Commissione e le procedure relative all’esame degli affari europei sono disciplinate dagli artt. da 151-1 a 151-12 del Regolamento dell’Assemblea nazionale[29]. Oltre all’esame dei testi europei sottoposti dal Governo in applicazione dell’art. 88-4 della Costituzione, la Commissione esercita una funzione di informazione e controllo dell’Assemblea nazionale sugli affari europei attraverso audizioni regolari (membri del Governo, responsabili europei, personalità con specifiche competenze nelle materie europee) ma anche attraverso i Rapports d’information.

La Commissione procede sistematicamente all’istruzione di tutte le proposte di atto legislativo europeo e di tutti gli atti dell’Unione europea sottoposti dal Governo all’esame dell’Assemblea (art. 151-2, comma 2) sui quali può trasmettere alle commissioni permanenti, di propria iniziativa o su loro richiesta, le relative analisi con eventuali conclusioni. La Commissione può depositare un Rapport d’information esprimendosi sull’eventualità di una proposta di risoluzione.

La Commissione può procedere anche all’elaborazione di un Rapport d’information su qualsiasi documento emanante dalle istituzioni dell’Unione europea (ad esempio, Comunicazioni della Commissione europea, Libri bianchi o Libri verdi), ritenuto di particolare importanza, esprimendosi sull’eventualità di una proposta di risoluzione (art. 151-2, comma 3).

Ogni proposta viene esaminata nell’ambito di Rapports che esaminano le relative motivazioni, l’oggetto, la portata, la fondatezza rispetto al principio di sussidiarietà, le reazioni provocate dalla proposta e lo stato di avanzamento della procedura comunitaria. Ai fini di questo esame la Commissione o i suoi relatori prendono i necessari contatti con le commissioni o con i relatori competenti del Parlamento europeo. Nel caso intenda approfondire l’esame di una proposta comunitaria, la Commissione può invitare alla riunione in cui si discute la proposta anche i membri francesi della commissione competente per il merito del Parlamento europeo, i quali partecipano, con voto consultivo, ai suoi lavori.

La procedura di esame parlamentare delle proposte di atto europeo è caratterizzata da una particolare flessibilità e avanza per “filtri” successivi. Il seguito dell’esame dipende dall’importanza attribuita dai parlamentari al testo del progetto o della proposta di atto e può o meno concludersi con l’adozione di una risoluzione. Dopo l’esame preliminare della Commissione Affari europei, le commissioni di merito esaminano solo le eventuali proposte di risoluzione presentate dalla Commissione stessa o da deputati, a titolo individuale[30]. A sua volta la commissione di merito può adottare o meno la proposta di risoluzione.

Le proposte di risoluzione depositate sulla base dell’art. 88-4 della Costituzione (ex art. 151-2, commi 2 o 3 del Regolamento) sono presentate, esaminate e discusse, secondo la procedura applicabile in prima lettura alle proposte legislative (ad eccezione delle disposizioni che applicano a queste ultime gli artt. 34, 40, 41 e 42, comma 3, della Costituzione).

Anche le altre proposte di risoluzione riguardanti temi europei, diverse da quelle depositate sulla base dei documenti trasmessi ex art. 88-4 della Costituzione, sono inviate alla Commissione Affari europei che svolge una funzione di “filtro” con un esame preliminare.

Su richiesta del Governo, del presidente di una commissione permanente o del presidente di un gruppo lo richiedono, la Commissione deve depositare la sua relazione sull’eventuale proposta di risoluzione entro il mese successivo alla richiesta (art. 151-5). La relazione può optare sia per il rigetto che per l’adozione della proposta di risoluzione. Il testo adottato dalla Commissione Affari europei o, in mancanza, la proposta di risoluzione iniziale viene inviata alla commissione permanente competente.

La commissione di merito dopo l’esame della proposta, al quale partecipa anche il relatore della Commissione Affari europei, si pronuncia sulla base del testo adottato dalla Commissione Affari europei o, in mancanza, sul testo della proposta di risoluzione originaria.

Se la Commissione di merito non deposita una sua relazione entro un mese dal deposito della proposta di risoluzione, presentata sulla base degli artt. 151, commi 2 o 3, o 151-5, il testo adottato dalla Commissione “filtro” viene dato come approvato dalla Commissione di merito (151-6).

Nei quindici giorni successivi alla disponibilità per via elettronica del testo adottato o considerato tale dalla Commissione di merito, la Conferenza dei Presidenti, su richiesta del Governo, del presidente di un gruppo o di una commissione permanente o della Commissione Affari europei, può proporre di iscrivere la proposta di risoluzione all’ordine del giorno dell’Assemblea (art. 151-7):

·     in mancanza di richiesta formale o se la Conferenza dei Presidenti non iscrive la proposta all’ordine del giorno nei quindici giorni sopraindicati, il testo adottato o dato per adottato dalla Commissione di merito, è considerato definitivo, esprime la posizione dell’Assemblea e ne viene data pubblicazione sul Journal Officiel;

·     una volta iscritta all’ordine del giorno, la proposta viene discussa in seduta pubblica, con la possibilità di presentare emendamenti secondo la procedura applicabile in prima lettura alle proposte legislative, e successivamente sottoposta a votazione.

Le informazioni del Governo sul seguito dato alle risoluzioni adottate dall’Assemblea vengono trasmesse alle commissioni competenti e alla Commissione Affari europei.

Per quanto riguarda le modalità di adozione dei “pareri motivati” sulla sussidiarietà previsti dall’art. 88-6, comma 1, della Costituzione, l’Assemblea nazionale (artt. 151-9 e 151-10 del Regolamento) ha allineato la procedura di adozione a quella applicabile alle risoluzioni ex art. 88-4. Con la differenza che, conformemente al Trattato di Lisbona, la durata totale della procedura è racchiusa nel termine di otto settimane[31]: al fine di accelerare l’esame, la durata del periodo al termine del quale si ritiene approvata dalla commissione competente nel merito la proposta di parere della Commissione Affari europei è ridotto a quindici giorni; e la stessa Commissione Affari europei deve adottare la sua proposta di parere entro quindici giorni se il Governo o il Presidente di un gruppo o di una commissione ne fanno richiesta. L’allineamento alla procedura ex art. 88-4 impone di tener conto, nella durata complessiva di otto settimane, anche del termine di quindici giorni previsto per l’adozione eventuale in seduta pubblica.

Per quanto riguarda la presentazione di un ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione europea contro un atto europeo per violazione del principio di sussidiarietà, previsto dall’art. 88-6, comma 2,il Regolamento prevede la trasmissione da parte del Presidente dell’Assemblea al Governo affinché adisca la Corte di giustizia se il ricorso sia formulato da almeno sessanta deputati (art. 151-11 del Regolamento).

Il Regolamento detta infine le modalità di applicazione dell’art. 88-7 della Costituzione sull’adozione delle mozioni parlamentari di opposizione ad una modifica delle regole di adozione di atti europei attraverso l’applicazione di “clausole passerella” (art. 151-12 del Regolamento).

 

2.3 La Commissione Affari europei del Senato

Anche la Commissione Affari europei[32] del Senato succede, in applicazione della Legge costituzionale del 23 luglio 2008, alla precedente Delegazione dell’Assemblea nazionale per l’Unione europea, creata nel 1979, e ne riprende le attribuzioni.

La Commissione, composta da 36 senatori, ha un ruolo d’informazione e controllo sulle attività europee[33]. Essa viene nominata dopo ogni rinnovo parziale del Senato per assicurare una rappresentanza proporzionale dei gruppi politici ed una rappresentanza equilibrata delle commissioni permanenti.

I compiti della Commissione e le procedure relative all’esame degli affari europei sono disciplinate dagli articoli da 73 bis a 73 septies del Regolamento del Senato[34].

La Commissione svolge i suoi compiti principalmente attraverso tre strumenti: le risoluzioni di indirizzo “europee”, i dibattiti in seduta pubblica e il dialogo con i ministri.

La Commissione assicura la pubblicazione e diffusione dei testi delle proposte di atto europeo o degli altri documenti europei trasmessi dal Governo. I testi vengono diffusi per via elettronica.

La Commissione organizza sedute pubbliche sui temi europei[35]. Inoltre organizza una seduta pubblica prima di ogni riunione del Consiglio europeo, dopo la quale il Ministro o il Segretario di Stato per gli Affari europei dà conto dei risultati[36].

Anche la Commissione del Senato prevede incontri periodici con i membri francesi del Parlamento europeo e audizioni dei membri del Governo, dei commissari europei e delle altre personalità con competenze specifiche nelle materie europee.

Per quanto riguarda l’applicazione dell’art. 88-4 della Costituzione, la Commissione istruisce i testi europei trasmessi dal Governo rientranti nella competenza legislativa e su ogni altro documento proveniente da un’istituzione dell’UE.

La Commissione Affari europei del Senato applica una “procedura semplificata” nell’istruzione degli atti europei all’esame e concentra la sua attenzione solo sulle proposte che presentano un reale interesse[37].

Le nuove disposizioni del Regolamento del Senato[38] assegnano alla Commissione Affari europei un ruolo più importante nella procedura di adozione delle risoluzioni europee.

La nuova procedura fa differenza tra i progetti o proposte di atto europeo sottoposte dal Governo e gli altri documenti:

·      per i progetti o proposte di atto sottoposti all’esame dal Governo: la commissione competente nel merito può richiedere, entro quindici giorni dalla trasmissione, di esaminare direttamente il testo e deve successivamente depositare o meno una proposta di risoluzione entro un mese, con la possibilità di pronunciarsi su eventuali emendamenti esterni nei successivi quindici giorni. Eventuali proposte presentate da singoli senatori saranno esaminate dalla stessa commissione di merito. Per tutti gli altri progetti trasmessi dal Governo di cui la commissione di merito non sia stata investita, è la Commissione Affari europei a svolgere l’esame preventivo, entro il termine di un mese dalla trasmissione della proposta europea, a decidere se depositare o meno una proposta di risoluzione e ad esaminare le proposte di risoluzione presentate da uno o più senatori.

·     per gli altri documenti è sempre la Commissione Affari europei a svolgere l’esame preliminare che si può concludere con il deposito di una proposta di risoluzione.

Le nuove disposizioni del regolamento hanno anche introdotto “l’adozione tacita”: le proposte di risoluzione depositate dalla Commissione Affari europei dopo l’esame preliminare sono sottoposte, come in precedenza, alla Commissione di merito, ma se quest’ultima non si pronuncia entro un mese, la proposta della Commissione Affari europei si considera adottata (art. 73 quinquies, comma 4).

Infine è stato ridotto il termine perché una proposta di risoluzione adottata da una Commissione permanente divenga risoluzione del Senato (dieci giorni complessivi: è stato ridotto da dieci a tre giorni il termine per richiedere l’esame in seduta pubblica e da quindici a sette il successivo termine perché la Conferenza dei Presidenti si pronunci sulla richiesta, decorsi i quali la risoluzione diventa definitiva).

Il Regolamento precisa inoltre le modalità di applicazione dell’art. 88-5 della Costituzione sulla presentazione ed approvazione di mozioni che autorizzano il Presidente della Repubblica a sottoporre al Congresso e non al referendum le nuove adesioni all’UE (art. 73 septies).

Non risulta che il Senato abbia, fino ad oggi, approvato disposizioni specifiche sulle modalità procedurali di applicazione degli artt. 88-6 e 88-7 della Costituzione.

Una specifica procedura d’informazione sui temi europei è stata prevista fina dal 1990: le interrogazioni a risposta orale sulle questioni comunitarie (ora europee). La procedura (artt. 73 sexies e 82[39] del Regolamento) prevede che il presentatore abbia a disposizione venti minuti per l’illustrazione, mentre possono intervenire un componente della Commissione Affari europei, un componente della commissione permanente competente con interventi di quindici minuti, mentre non sono previsti limiti di tempo per il rappresentante del Governo.

 

LA FASE DISCENDENTE

3. L’attuazione delle direttive europee e delle decisioni-quadro

L’adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello europeo riflette l’organizzazione del sistema normativo francese.

La peculiarità di tale sistema è data dalla distinzione tra “dominio della legge” e “dominio del regolamento”. La Costituzione del 1958 pone, infatti, limiti precisi all’esercizio della potestà normativa con legge formale ed opera una netta ripartizione nell’esercizio della funzione normativa. L’art. 34 definisce le materie nelle quali il Parlamento può esercitare la propria competenza legislativa[40], mentre l’art. 37 pone per tutte le altre materie una “riserva di regolamento”[41].

Le direttive europee e le decisioni-quadro[42] possono essere recepite attraverso leggi formali, ordinanze o testi regolamentari.

Nella maggior parte dei casi è il Governo, lo stesso organo che ha partecipato alla fase dei negoziati in sede comunitaria, a provvedere al recepimento delle direttive (decreti, arrêtés).

Le assemblee legislative svolgono complessivamente un ruolo limitato, anche se in parte rafforzato negli anni più recenti e con le ultime modifiche costituzionali. Secondo la Costituzione francese è il Governo ad avere un preminente ruolo nell’esercizio del diritto d’iniziativa legislativa e nella fissazione dell’Ordine del giorno delle assemblee. Ciò comporta una scarsa responsabilità delle assemblee parlamentari di fronte ai ritardi in quanto, di fatto, la quasi totalità degli atti di recepimento delle direttive comunitarie e delle decisioni-quadro avviene su iniziativa del Governo. Non solo, spesso il recepimento attraverso legge formale è avvenuto attraverso una delega al Governo. Anche per le direttive concernenti materie coperte da “riserva di legge” il Parlamento può delegare il proprio potere legislativo al Governo che è autorizzato con una legge d’habilitation[43] ad adottare le misure d’attuazione attraverso ordonnances.

 

3.1 Il controllo sull’attuazione

Fino al 1986 non esisteva un dispositivo centralizzato per seguire l’attuazione delle direttive comunitarie ed ogni ministero era responsabile, secondo le sue competenze, del recepimento.

Un primo sforzo di riformare le procedure amministrative ha portato nel 1986 [44] a definire una prima procedura “centralizzata”.[45] Tuttavia anche questa prima riforma non è stata sufficiente a risolvere il cronico ritardo della Francia nella trasposizione delle direttive.

Dopo uno studio del Consiglio di Stato sulle cause “strutturali” del ritardo nel recepimento del diritto comunitario[46], il Primo Ministro ha emanato nel 1990 [47] una nuova circolare relativa alla procedura da seguire, modificata nel 1998[48] e sostituita completamente dalla Circolare del Primo Ministro del 27 settembre 2004[49].

Con l’attuazione delle nuove strutture e procedure stabilite dalla circolare del 2004 e dal Decreto del 17 ottobre 2005 relativo al Comitato interministeriale sull’Europa (CIE) e al Segretariato generale degli Affari europei (SGAE) la situazione della Francia nel recepimento delle direttive è migliorata negli ultimi anni[50].

La riforma delle procedure amministrative ha puntato ad affrontare le difficoltà legate al recepimento delle direttive comunitarie e delle decisioni-quadro fin dalla fase della negoziazione dei testi europei, per poter programmare preventivamente tutti gli atti necessari al recepimento nell’ordinamento nazionale.

È stato compiuto inoltre uno sforzo per associare in modo più efficiente il Parlamento e le parti sociali all’elaborazione delle norme comunitarie, al fine di facilitarne il successivo recepimento[51].

Ciascun ministero ha la responsabilità della preparazione dell’attuazione delle norme europee, nelle materie di relativa competenza; la circolare del 2004 ha previsto la figura del correspondant de la transposition presso ciascun ministero con il compito di fornire al ministro la visione d’insieme dei lavori relativi al recepimento delle direttive comunitarie.

Al di là delle posizioni francesi durante i negoziati, è lo SGAE ad assicurare il “seguito” del recepimento nel diritto interno delle direttive e delle decisioni-quadro, secondo la circolare del 2004. Il “seguito” a livello complessivo è assicurato dal settore operativo giuridico, mentre gli altri settori operativi sono responsabili dell’organizzazione del lavoro interministeriale per gli atti europei di loro competenza.

Lo SGAE esercita il compito di coordinamento tra i ministeri:

·        in fase di preparazione del negoziato: una volta designato il ministero capofila incaricato dell’attuazione nel diritto interno, su richiesta dello SGAE, ogni ministero deve fornire al SGAE e al Parlamento, entro tre settimane dalla presentazione di ciascuna proposta di direttiva o di decisione-quadro, una scheda semplificata di impatto della norma in preparazione, individuando i testi normativi che dovranno essere redatti o modificati in seguito all’adozione dell’atto europeo. Alla scheda semplificata segue uno studio d’impatto giuridico più completo;

·        dopo l’adozione della direttiva o della decisione-quadro: entro tre mesi dalla trasmissione dell’atto adottato, ogni ministero capofila, o comunque coinvolto nel recepimento, deve notificare al SGAE scadenzari precisi relativi all’elaborazione dei testi di diritto interno e l’avant-projet di tali testi; alla scadenza di tale termine il SGAE riunisce i ministeri interessati e il Segretariato generale del Governo (SGG) per decidere lo scadenzario definitivo e le modalità di attuazione. Una volta raggiunto l’accordo tra i ministeri, i progetti dei testi normativi sono trasmessi al SGG; in caso di difficoltà persistenti o di disaccordo tra i ministeri, il SGAE può richiedere la convocazione di una riunione interministeriale davanti al Primo Ministro;

·        nell’ambito delle procedure pre-contenziose (messa in mora, parere motivato): le risposte delle autorità francesi alla Commissione europea vengono preparate a livello interministeriale sotto l’egida del SGAE. I settori operativi interessati, in collegamento con il settore giuridico, coordinano la preparazione di tali risposte;

·        nella fase del contenzioso davanti alle giurisdizioni comunitarie: lo SGAE coordina il trattamento interministeriale delle cause in istanza, sia che riguardino la Francia direttamente (come i ricorsi per mancato recepimento contro la Francia o i ricorsi presentati dalla Francia e le questioni pregiudiziali sollevate dalle giurisidizioni nazionali) o indirettamente (come le questioni pregiudiziali di altri Stati membri o i ricorsi presentati da altri Stati membri o dalle istituzioni). È in funzione delle decisioni adottate in sede interministeriale che la Direzione Affari giuridici del Ministero Affari esteri ed Europei redige la memoria che verrà depositata a nome del Governo francese davanti alle giurisdizioni comunitarie o sostiene la causa a nome del governo nelle fasi orali del procedimento giurisdizionale.

La sistematica attività di monitoraggio messa a punto con la riforma del 2004 ha previsto inoltre:

·        una rete interministeriale dei correspondants de la transposition, denominato “Gruppo ad alto livello”;

·        comunicazioni regolari in Consiglio dei ministri (dal 2002) da parte del Segretario di Stato per gli Affari europei, relative al Tableau d’affichage della Commissione europea, che ricordano la responsabilità dei vari dipartimenti ministeriali partecipanti alle operazioni di trasposizione;

·        l’inserimento nell’ordine del giorno delle assemblee parlamentari di incontri regolari tra il Governo e il Parlamento relativi al recepimento del diritto comunitario;

·        una riunione semestrale, sotto l’egida del SGAE e del SGG, del “Gruppo ad alto livello”, preparata da periodiche riunioni tecniche interministeriali, per verificare il rispetto del Tableau generale di recepimento delle direttive e delle decisioni-quadro; ogni sei mesi una sintesi del Tableau di recepimento viene trasmessa da ogni ministero al SGG;

·        il “seguito”, da parte del SGAE, della Direzione affari giuridici del Ministero Affari esteri ed europei e dei ministeri capofila, degli atti pre-contenziosi della Commissione europea (messe in mora o pareri motivati) e rafforzata prevenzione dei possibili “contenziosi” attraverso la prassi delle periodiche “riunioni pacchetto” che permettono di procedere regolarmente, con la Commissione, ad un esame delle questioni suscettibili di arrivare alla fase del contenzioso;

·        un richiamo sistematico alle scadenze di recepimento, nella relazione del SGAE, in occasione delle riunioni semestrali di programmazione del lavoro governativo presiedute dal Segretario generale del Governo e dal Gabinetto del Primo Ministro.

 

 

 


germania

 

Nell’ordinamento federale tedesco i compiti relativi alla partecipazione dello Stato all'Unione europea sono ripartiti fra Federazione (Bund) e regioni (Länder).

Nel 1957, la legge di ratifica dei Trattati istitutivi della Comunità stabiliva che il Governo federale riferisse periodicamente alle Camere sugli sviluppi della politica europea in seno al Consiglio della Comunità economica. Tali comunicazioni dovevano intervenire obbligatoriamente prima della fase conclusiva in Consiglio a Bruxelles.

L'estensione della partecipazione del Bundesrat dalla mera fase informativa a quella consultiva risale al 1986 grazie alla Convenzione per l’uniformità degli atti europei (Vertragsgesetz zur einheitlichen Europäischen Akte del 19 dicembre 1986, art. 2).

Nel 1992, in relazione alla firma del Trattato di Maastricht, le competenze del Bundestag e del Bundesrat sono state ulteriormente ampliate attraverso modifiche costituzionali e corrispettive modifiche ai Regolamenti di procedura delle due Camere.

Con la ratifica del Trattato di Lisbona sono stati ulteriormente ampliati e rafforzati i diritti del Bundestag e del Bundesrat negli affari dell’Unione europea. La ratifica del Trattato ha comportato la necessità di adeguare alla nuova realtà le disposizioni costituzionali, al fine di garantire uno sviluppo istituzionale in linea con i principi della nuova Unione[52].

Il Trattato di Lisbona riconosce, per la prima volta, ai Parlamenti nazionali la possibilità di contribuire direttamente al processo decisionale europeo. Per l’esercizio di tali diritti, il Parlamento federale tedesco ha approvato, nell’ottobre del 2008, la Legge di modifica della Legge fondamentale (articoli 23, 45 e 93) (Gesetz zur Änderung des Grundgesetzes – Artikel 23, 45 und 93), che crea all’interno dell’ordinamento statale le condizioni per l’ampliamento e il rafforzamento dei diritti del Bundestag e del Bundesrat negli affari europei. In particolare, all’articolo 23 della Legge fondamentale è stato aggiunto il comma 1a, che introduce il diritto per il Bundestag ed il Bundesrat di sollevare, di fronte all Corte di giustizia europea, il ricorso contro la violazione, con un atto normativo europeo, del principio di sussidiarietà (Subsidiaritätsklage - articolo 8 del Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato al Trattato di Lisbona). Precedentemente, solo il Governo federale aveva la facoltà di presentare tale ricorso. Il nuovo comma 1a introduce, altresì, il dovere da parte del Bundestag di sollevare la Subsidiaritätsklage su istanza di un quarto dei suoi componenti. Infine, il nuovo comma 1a prevede la possibilità di derogare alle disposizioni che regolano il principio di maggioranza - sancito agli articoli 42 e 52 della Legge fondamentale – per l’esercizio dei diritti che sono riconosciuti al Parlamento federale tedesco dalle norme dei Trattati dell’Unione europea. La deroga al principio di maggioranza deve essere stabilita con legge per l’approvazione della quale è obbligatorio l’assenso del Bundesrat, così come è previsto per la legge che disciplina l’allargamento e il rafforzamento dei diritti del Bundestag e del Bundesrat negli affari dell’Unione europea. La legge necessita dell’assenso del Bundesrat, poiché i nuovi diritti di partecipazione devono essere esercitati attraverso una procedura decisionale equilibrata che permetta ad entrambi i rami del Parlamento di intervenire in eguale misura. Il raggio d’azione del comma 1a è limitato alle deliberazioni del Bundestag e del Bundesrat in merito all’esercizio di particolari diritti garantiti dalle norme contenute nei Trattati dell’Unione europea e, nel caso specifico, nel Trattato di Lisbona.

Nel settembre 2009, il Parlamento tedesco ha riformato i fondamenti giuridici della partecipazione parlamentare agli affari dell’Unione europea attraverso le seguenti leggi federali:

·     Legge sull’ampliamento ed il rafforzamento dei diritti del Bundestag e del Bundesrat negli affari dell’Unione europea (Gesetz über die Ausweitung und Stärkung der Rechte des Bundestages und des Bundesrates in Angelegenheiten der Europäischen Union)[53] del 22 settembre 2009;

·     Legge sulla collaborazione tra Governo federale e Bundestag negli affari dell’Unione europea (Gesetz über die Zusammenarbeit von Bundesregierung und Deutschem Bundestag in Angelegenheiten der Europäischen Union)[54] del 12 marzo 1993, modificata con la legge del 22 settembre 2009;

·     Legge sulla cooperazione tra Federazione e Länder nelle questioni dell’Unione europea (Gesetz über die Zusammenarbeit von Bund und Ländern in Angelegenheiten der Europäischen Union)[55] del 12 marzo 1993, da ultimo modificata con legge del 22 settembre 2009, e il relativo Accordo tra Governo federale e Länder sulla collaborazione negli affari dell’Unione europea (Vereinbarung zwischen der Bundesregierung und der Regierung der Länder über die Zusammenarbeit in Angelegenheiten der Europäischen Union)[56] del 12 giugno 2008.

La Legge sull’ampliamento ed il rafforzamento dei diritti del Bundestag e del Bundesrat negli affari dell’Unione europea introduce, all’articolo 1, la Legge sulla responsabilità per l’integrazione (Integrationsverantwortungsgesetz - IntVG), che regola la partecipazione del Parlamento alle procedure introdotte dal Trattato di Lisbona.

La legge stabilisce che, per la procedura di revisione semplificata dei Trattati, ex art 48, comma 6, del Trattato sull’Unione europea (in aree come i mercati, il mercato interno, la politica economica e monetaria, la politica del lavoro), sia necessaria una legge del tipo specificato nell’articolo 23, comma 1, della Legge fondamentale, che abbia cioè l’approvazione del Bundesrat. Nei casi previsti dalla clausola passerella generica (art. 48, comma 7, del Trattato sull’Unione europea - TUE, che consente modifiche nelle procedure legislative e nelle votazioni a maggioranza), il rappresentante tedesco nel Consiglio europeo o nel Consiglio dell’Unione europea può esprimere assenso o astenersi solo in forza di una legge, approvata anche dal Bundesrat, già in vigore. La semplice pronuncia preventiva del Bundestag (e, in determinati casi, del Bundesrat) è sufficiente, invece, nei casi di clausole passerella specifiche (art. 31, comma 3, TUE, art. 312, comma 2, paragrafo 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), per quanto riguarda l’assenso nel Consiglio europeo, art. 153, comma 2, paragrafo 4, art. 192, comma 2, paragrafo 2, art. 333, comma 1 e 2, TFUE). Una legge già in vigore è necessaria anche per la clausola di estensione delle competenze dell’Unione (art. 83, comma, 1 sottoparagrafo 3, del TFUE, in materia di diritto penale), così come nel caso della clausola di flessibilità (art. 352 del TFUE), che consente di estendere le competenze dell’Unione europea per obiettivi specifici. Il Bundestag e, in alcuni casi, il Bundesrat possono attivare, con una propria risoluzione, il “meccanismo del freno di emergenza” (Notbremsemechanismus) quando, nei casi che ricadono negli artt. 48, comma 2 (libera circolazione dei lavoratori), 82, comma 3, e 83, comma 3, del TFUE (cooperazione giudiziaria in materia penale), si ritenga che un progetto di atto legislativo leda importanti aspetti del sistema economico o giuridico nazionale. L’articolo 11 della Legge sulla responsabilità per l’integrazione rimanda ai regolamenti parlamentari per le modalità di attivazione dell’obiezione di sussidiarietà (Subsidiaritätsrüge), che consiste nell’adozione di un parere motivato, ai sensi dell’art. 6 del Protocollo sulla sussidiarietà, allegato al Trattato di Lisbona.

La Legge sulla collaborazione tra Governo federale e Bundestag negli affari dell’Unione europea sviluppa il principio sancito all’articolo 23 della Legge fondamentale, in base al quale il Governo federale è tenuto ad informare il Bundestag e il Bundesrat “in modo circostanziato e senza indugio” sulle questioni attinenti all’Unione europea. Tale obbligo riguarda un ampio novero di “progetti” (Vorhaben) - termine concettualmente ampio che comprende qualunque tipo di provvedimento, iniziativa o attività -, elencati al § 3 della legge in oggetto[57]. La legge conferisce uno status giuridico certo a prassi ormai consolidate, come richiesto dai giudici costituzionali. Inoltre, le nuove disposizioni stabiliscono la modalità con la quale deve avvenire la trasmissione dei documenti e le loro caratteristiche ai fini dell’immissione in banca dati. Per la PESC e la PESD, la legge prevede che il Governo presenti una informativa scritta dopo ciascuna seduta del Consiglio europeo e del Consiglio, informando oralmente su ogni sviluppo rilevante che avvenga sulle tematiche trattate.

Infine, la recente Legge di riforma della Legge sulla cooperazione tra Federazione e Länder nelle questioni dell’Unione europea del 22 settembre 2009 ne ha modificato gli allegati che regolano, in dettaglio, le caratteristiche dei documenti e delle informazioni di supporto che devono essere trasmessi dal Governo al Bundesrat per tutte le materie di interesse dei Länder trattate a livello europeo.

LA FASE ASCENDENTE

1. Il ruolo del Parlamento federale

 

1.1 Il Bundestag

Già dal 1993, con una nota sentenza relativa alla compatibilità di alcune disposizioni del Trattato Maastricht con l'ordinamento costituzionale federale (c.d. "Maastricht Urteil" del 12 ottobre 1993, BverfGE 89, 155), la Corte costituzionale federale (Bundesverfassungsgericht) ha ribadito il ruolo centrale che “i parlamenti nazionali rivestono, in quanto mediatori e portatori della legittimazione democratica dell’Unione e, quindi, depositari di compiti e funzioni di rilevanza sostanziale”.

Il procedimento di partecipazione del Bundestag alla formazione del diritto europeo trova il suo fondamento costituzionale nell’articolo 23 della Legge fondamentale secondo cui “il Bundestag e, attraverso il Bundesrat, i Länder prendono parte alle questioni relative all’Unione europea”. La norma costituzionale garantisce che le due Camere del Parlamento tedesco dispongano di tutte le informazioni necessarie per seguire l’attività normativa europea e predisporre un’istruttoria parallela sui più importanti progetti in discussione. In particolare, il comma 2 dell’articolo 23 obbliga il Governo federale ad informare il Bundestag e il Bundesrat “in modo esauriente e tempestivo” sulle questioni attinenti all’Unione europea. Ancor più precisamente, il comma 3 dello stesso articolo stabilisce che, prima di prendere parte alla elaborazione degli atti normativi comunitari, il Governo federale deve dare al Bundestag la possibilità di prendere posizione e che tale posizione deve essere “presa in considerazione” nelle trattative.

I particolari sono stabiliti nella Legge sulla cooperazione tra il Governo federale e il Bundestag nelle questioni dell’Unione europea che, al § 3, dispone che il Governo è tenuto ad informare il Bundestag, normalmente per iscritto, circa tutti i “progetti” nell’ambito dell’Unione europea che possano rivestire interesse per la Repubblica federale tedesca.

Oltre a trasmettere la documentazione, il Governo federale è tenuto a sintetizzare in una relazione il contenuto e gli obiettivi delle proposte, il procedimento che sarà seguito e i tempi previsti, chiarendo quale sia la posizione governativa negoziale. Il Governo deve, inoltre, riferire al Bundestag quali siano le posizioni del Parlamento europeo, della Commissione europea e degli altri Governi nazionali e deve costantemente informarlo sui vari livelli di mediazione, nonché sulla decisione finale.

Se si tratta di un atto normativo, il Governo ha altresì l’obbligo di valutare preventivamente se e in che misura il provvedimento proposto rispetti i principi di sussidiarietà e di proporzionalità, nonché di informare il Bundestag sulla necessità di attuare la norma comunitaria nell’ordinamento interno e sui relativi tempi di attuazione (§ 4, comma 4). Inoltre, sempre con riferimento ad un atto normativo, il Governo federale ha l’obbligo di considerare, in maniera approfondita, le conseguenze sotto il profilo giuridico, economico, finanziario, sociale ed ecologico per la Repubblica federale tedesca, le possibili alternative, i costi e gli adempimenti amministrativi connessi (§ 7, comma 2).

Il successivo § 9 precisa, infine, che prima di concedere la sua approvazione agli atti normativi dell’Unione europea il Governo federale dà la possibilità al Bundestag di prendere posizione. Il termine concesso deve essere tale da consentire al Bundestag un esame adeguato del progetto. Qualora il Bundestag non sia in grado di esaminare in tempo utile la documentazione prodotta, il Governo non può assumere una posizione ufficiale ed è tenuto a porre in sede comunitaria la riserva di esame parlamentare (Parlamentsvorbehalt), che può ritirare soltanto dopo che il Bundestag abbia espresso il proprio parere (§ 9, comma 4).

 

1.1.a La Commissione permanente per gli Affari dell’Unione europea

In base all’articolo 45 della Legge fondamentale, il Bundestag può delegare tutti i poteri di indirizzo e di controllo sulla politica europea del Governo federale alla Commissione permanente per gli Affari dell'Unione europea (Ausschuß für die Angelegenheiten der Europäischen Union)[58], conformemente all'articolo 23 del Grundgesetz. Inoltre, la recente modifica dell’articolo 45 della Legge fondamentale (ottobre 2008) ha previsto che il Bundestag possa autorizzare la Commissione per gli Affari dell’Unione europea ad esercitare nei confronti del Governo federale non solo i diritti conferiti al Bundestag dall’articolo 23 della Legge fondamentale, ma anche i diritti alla partecipazione diretta al processo decisionale europeo, sulla base del Trattato di Lisbona.

La Commissione per gli Affari dell'Unione europea è stata istituita, per la prima volta, nel dicembre del 1994, nel corso della XIII legislatura. L’organizzazione ed il funzionamento della Commissione sono stati disciplinati attraverso il Regolamento parlamentare nel 1994[59].

Attualmente, la Commissione è composta da 35 membri con pieno diritto di voto e parola, cui si aggiungono 16 membri tedeschi del Parlamento europeo con funzioni consultive, nominati dal Presidente del Bundestag su proposta delle frazioni per i cui partiti siano stati eletti i membri tedeschi del Parlamento europeo (§ 93b, comma 8, del Regolamento del Bundestag).

La Commissione per gli Affari dell'Unione europea costituisce il luogo centrale del processo decisionale della politica europea. La Commissione svolge una generale funzione di coordinamento della fase istruttoria delle decisioni del Bundestag sui documenti e sui provvedimenti relativi ai diversi ambiti d'incidenza delle politiche dell'Unione europea.

Il Governo federale è tenuto per legge ad informare il Bundestag, “esaurientemente e il più rapidamente possibile”, su tutti i “progetti” che, nel quadro dell’Unione europea, possano risultare di interesse per la Germania. Ciò avviene attraverso relazioni orali e scritte sulle riunioni del Consiglio europeo e del Consiglio dell’Unione europea. Tali rapporti costituiscono una componente degli ordini del giorno della Commissione per gli Affari dell'Unione europea. Per ciascun punto all'ordine del giorno, il Governo deve, inoltre, illustrare il contenuto sostanziale ed il significato politico e giuridico, informando, allo stesso tempo, il Bundestag sulla posizione ufficiale governativa.

Oltre ai documenti, il Bundestag deve ricevere anche indicazioni sui tempi previsti per la trattazione, non solo delle direttive in fase di proposta, ma anche dei documenti non legislativi, come i Libri bianchi e verdi, i programmi e i piani d’azione della Commissione europea.

La trasmissione dei documenti dell’Unione europea alla Commissione per gli Affari dell'Unione europea del Bundestag e il relativo procedimento di esame sono disciplinati ai §§ 93 e 93a del Regolamento del Bundestag[60].

In linea generale, il Bundestag deve essere informato e consultato, ma i pareri o gli indirizzi da esso espressi non hanno mai carattere giuridicamente vincolante, a differenza di quanto previsto per l'altra Camera del Parlamento federale, il Bundesrat[61], nelle materie di competenza esclusiva dei Länder.

 

1.2 Il Bundesrat

Ai sensi dell’articolo 23 della Legge fondamentale, la Camera alta, al pari di quella bassa, ha diritto di ricevere “nel più breve tempo possibile” dal Governo federale tutte le informazioni sui “progetti” dell’Unione europea. Tuttavia, il Bundesrat, diversamente dal Bundestag, può esercitare un potere di indirizzo “giuridicamente vincolante” nei confronti del Governo federale.

Nello specifico, l’articolo 23, comma 4, della Legge fondamentale prevede che il Bundesrat debba essere associato alla formazione della volontà della Federazione nella misura in cui il suo concorso sia richiesto sul piano interno per una misura analoga o nel caso in cui i Länder siano competenti sul piano interno. Il comma 5, primo periodo, dell’art. 23 della Legge fondamentale stabilisce che il Governo federale “prende in considerazione” la posizione del Bundesrat qualora, in una sfera di competenze esclusive della Federazione, siano toccati gli interessi del Land oppure qualora la Federazione abbia ad altro titolo il diritto di legiferare. Se, invece, sono coinvolte “in maniera preponderante” le competenze legislative dei Länder, l’organizzazione dei loro uffici o il loro procedimento amministrativo, il parere del Bundesrat deve essere considerato “in modo determinante” nella formazione della volontà del Bund (art. 23, comma 5, secondo periodo). Dunque, la volontà del Bundesrat diventa “determinante” ogni qual volta un “progetto” dell’Unione europea riguardi “in maniera prevalente” gli interessi dei Länder.

I dettagli sono precisati nella Legge sulla cooperazione tra Federazione e Länder del 1993, che prevede una complessa procedura di conciliazione per superare un’eventuale divergenza tra il Governo federale ed il Bundesrat (§ 5, comma 2).

Le norme di dettaglio riguardanti la partecipazione del Bunderat alla formazione del diritto europeo sono contenute nella parte IV del Regolamento del Bundesrat (Das Verfahren in Angelegenheiten der Europäischen Union)[62].

In particolare, il § 45a prevede che il Presidente del Bundesrat, dopo aver esaminato i relativi documenti inviati all'esame della Camera, stabilisca per quali di essi il parere consultivo del Bundesrat sia indispensabile e li assegni, quindi, alle Commissioni competenti.

Le Commissioni interessate hanno il compito, durante tutta la fase negoziale in seno agli organi consultivi dell’Unione europea, di dare un supporto ai rappresentanti dei Länder, esercitando un controllo costante sullo stato delle trattative rispetto alla posizione espressa dal Bundesrat, che esse stesse concorrono a formare nella fase finale.

1.2.a La Commissione del Bundesrat per gli Affari dell'Unione europea

Per consentire al Bundesrat di intervenire più tempestivamente nel procedimento di formazione del diritto europeo, il legislatore costituzionale, attraverso l’articolo 52, comma 3a, della Legge fondamentale, ha previsto la possibilità che la Camera alta istituisca al suo interno una particolare sede ristretta (la c.d. Camera Europea - Europakammer), vale a dire un organo specializzato cui rimettere l’esercizio del suo potere di indirizzo nei confronti del Governo federale.

La Commissione per gli Affari dell’Unione europea (Ausschuss für Fragen der Europäischen Union)[63]del Bundesrat ha una lunga tradizione. Già nel dicembre 1957, la Camera alta istituì una Commissione speciale denominata “Mercato comune e zona di libero scambo“ (Gemeinsamer Markt und Freihandelszone) che nel 1965 divenne la Commissione permanente per gli Affari delle Comunità europee (Ständiger Ausschuss für Fragen der Europäischen Gemeinschaften). La sua attuale denominazione le è stata attribuita a partire dall’entrata in vigore del Trattato dell’Unione europea nel 1993.

La Commissione,all'occorrenza convocata direttamente dal Presidente del Bundesrat, esamina tutti i documenti del Consiglio e della Commissione che siano di interesse per i Länder. È formata da un membro per ogni Land e delibera a maggioranza semplice. Il quorum non corrisponde necessariamente alla maggioranza dei Länder. I voti della Commissione vengono ponderati con gli stessi criteri prescritti dalla Legge fondamentale per le deliberazioni dell’Assemblea (art. 52, comma 3). Ciascun consigliere vota per il proprio Land ed il suo voto vale come la somma di tutti i voti di cui il Land dispone in Assemblea. Le deliberazioni adottate in tale sede possono sostituire, nei casi di urgenza o riserva, quelle dell'intera Assemblea.

 

2. Il ruolo dei Länder

La partecipazione dei Länder alla formazione del diritto europeo si basa sugli articoli 50 e 23 della Legge Fondamentale.

L’articolo 50 stabilisce che “attraverso il Bundesrat, i Länder collaborano alla legislazione e all’amministrazione della Federazione e agli affari dell’Unione europea”.

L'articolo 23 (commi 4, 5 e 6)disciplina la salvaguardia dei poteri e dell'iniziativa dei Länder nel processo decisionale comunitario, che trova la sua attuazione di dettaglio nella Legge sulla cooperazione tra Federazione e Länder nelle questioni dell’Unione europea e nell’Accordo tra Bund e Länder (Bund-Länder-Vereinbarung) del 29 ottobre 1993.

Con la riforma dell’ordinamento federale dello Stato, entrata in vigore il 1° settembre 2006 (che rappresenta la più vasta opera di revisione costituzionale che sia mai stata realizzata nella storia della Repubblica federale tedesca) sono stati ristretti i diritti di partecipazione dei Länder nella fase ascendente di determinazione della volontà federale nelle questioni comunitarie. In tal senso, è stato modificato il comma 6 dell’articolo 23 della Legge fondamentale. La nuova norma limita i diritti di partecipazione dei Länder, nelle questioni europee che interessano le loro competenze esclusive, a tre specifiche materie: istruzione scolastica, cultura e sistema radiotelevisivo.

In base alla novella costituzionale, il Bundesrat non potrà più nominare il rappresentante per l’esercizio dei diritti della Repubblica federale tedesca discendenti dall’appartenenza all’Unione europea in tutti i settori che rientrano nella legislazione esclusiva dei Länder (come avveniva precedentemente), ma solo nelle tre materie sopra citate[64].

Dunque, la partecipazione dei Länder attraverso il Bundesrat è necessaria quando essa sia prevista per l’elaborazione di corrispondenti misure di diritto interno o quando siano toccati gli interessi dei Länder; il grado di partecipazione si articola, secondo i casi, in consultazioni o in procedure di codecisione.

Laddove l'impatto della normativa comunitaria riguardi principalmente competenze legislative esclusive dei Länder, nelle materie dell’istruzione scolastica, della cultura e della radiotelevisione, la tutela stessa dei diritti spettanti alla Repubblica Federale Tedesca quale Stato membro dell'Unione europea è affidata ad un rappresentante dei Länder nominato dal Bundesrat (articolo 23, comma 6, della Legge fondamentale). In simili casi, tuttavia, tale figura agisce con la partecipazione e il consenso del Governo federale e viene, comunque, mantenuta la responsabilità statale generale della Federazione.

Al riguardo, il § 5, comma 1, della Legge sulla cooperazione tra Federazione e Länder nelle questioni dell’Unione europea ribadisce e precisa che, qualora, nell’ambito delle competenze legislative esclusive della Federazione, siano toccati gli interessi dei Länder, il Governo federale deve tenere conto, in misura determinante, della posizione del Bundesrat, ovvero, in caso di posizioni differenti rispetto al progetto, deve essere obbligatoriamente raggiunta un’intesa. A tal fine, devono essere predisposti nuovi incontri tra i rappresentanti del Governo e quelli del Bundesrat; laddove l’intesa non venga ancora raggiunta, la posizione del Bundesrat diviene realmente determinante solo quando questo la confermi con una maggioranza dei due terzi. Il consenso del Governo risulta, comunque, necessario “se le decisioni prese possono portare ad aumenti di spesa o riduzioni di entrata per la Federazione (§ 5, comma 2, della Legge fondamentale)”.

La Legge sulla cooperazione tra Federazione e Länder nelle questioni dell’Unione europea ha disciplinato in dettaglio la gradualità della partecipazione dei rappresentanti regionali.

In relazione a provvedimenti riguardanti materie per cui è prevista la competenza legislativa concorrente, il § 6, comma 1, della legge stabilisce che il Governo federale, se richiesto, è accompagnato nelle trattative presso gli organi consultivi della Commissione e del Consiglio dai rappresentanti dei Länder, nei limiti in cui ciò sia possibile. La conduzione delle trattative spetta, comunque, al Governo federale. I rappresentanti dei Länder possono fornire chiarimenti col consenso di chi conduce le trattative.

Qualora, invece, siano esaminate materie di competenza esclusiva del Länder nelle materie dell’istruzione scolastica, della cultura e della radiotelevisione, la legge prevede, come più alto grado di partecipazione, la codecisione diretta attraverso un rappresentante dei Länder col rango di ministro e nominato dal Bundesrat,al quale è affidata la conduzione delle trattative presso le sedi consultive della Commissione e del Consiglio e nelle sedute del Consiglio dei Ministri. Nelle trattative e nel processo decisionale, tale rappresentante dei Länder è, comunque, obbligato ad agire in accordo con i rappresentanti governativi, seguendo la prassi già consolidata nella formazione del diritto interno (§ 6, comma 2)[65].

La riforma dell’ordinamento federale dello Stato del 2006 ha introdotto, infine, un nuovo meccanismo di responsabilità solidale tra Federazione e Länder per quanto riguarda gli obblighi discendenti dagli atti normativi comunitari in relazione al rispetto della disciplina di bilancio (nuovo comma 5, aggiunto all’articolo 109 della Legge fondamentale)[66].

 

2.1 L’Osservatore regionale presso l’Unione europea

L'Osservatore dei Länder presso l’Unione europea (Beobachter der Länder bei der Europäischen Union - Länderbeobachter)[67] è un'istituzione comune ai sedici Länder. Il suo ruolo, così come definito dall'Accordo fra le Regioni della Federazione del 27 ottobre 1988 (Abkommen der Bundesländer von 24. Oktober 1996)[68], consiste nel sostenere il Bundesrat nella salvaguardia dei diritti ad esso riconosciuti dall'ordinamento federale negli affari dell'Unione europea e nell'informare i Länder riguardo a tutti gli aspetti di loro interesse nell'ambito delle politiche comunitarie.

In particolare, l'Osservatore partecipa a tutte le riunioni del Consiglio UE e redige al riguardo apposite relazioni informative consentendo in tal modo ai Länder di verificare se le risoluzioni del Bundesrat siano debitamente state prese in considerazione e messe in pratica dal Governo federale in sede negoziale. Al riguardo, l'ufficio dell'Osservatore, che materialmente ha sede a Bruxelles, lavora in stretta collaborazione con quelli della Rappresentanza permanente della Repubblica federale tedesca presso l’UE.

 

 

2.2 I rappresentanti permanenti dei Länder a Bruxelles

A partire dalla metà degli anni Ottanta alcune amministrazioni regionali hanno iniziato a dotarsi di proprie rappresentanze permanenti (Länderbüros) a Bruxelles che, nel corso del tempo, hanno acquistato crescente rilevanza operativa sebbene non sia loro ufficialmente riconosciuto lo status di rappresentanze diplomatiche. Tali uffici in particolare, mantengono contatti costanti con i governi regionali, dei quali rappresentano direttamente gli interessi, in aggiunta alla mediazione istituzionalizzata dell’Osservatore regionale o dei rappresentanti ufficiali nominati dal Bundesrat.

Il fondamento giuridico per la loro costituzione è contenuto nel § 8 della Legge sulla cooperazione tra Federazione e Länder e in genere dispongono di rappresentanze più o meno consistenti anche in relazione all’estensione territoriale e all'importanza economica del Land di appartenenza.

Una concreta definizione del ruolo di tali uffici si rileva nel sito internet della Rappresentanza del Land Nordrhein-Westfalen a Bruxelles che si presenta come la lobby della regione in grado di rappresentare gli interessi delle associazioni, delle imprese, dei gruppi di interesse, dei sindacati, dei partiti e delle chiese della regione in Europa. Essa aiuta a stabilire contatti con i membri del Parlamento europeo e con i funzionari della Commissione, fungendo da intermediario per contatti, interventi di aiuto e promozione della Commissione europea. A tal fine gli undici componenti della rappresentanza sono suddivisi per ambiti d’interesse definiti (finanze, formazione, riforma agraria, ecc.).

 

3. Il ruolo del Governo

 

Il Governo federale non dispone di un dicastero specifico per gli affari dell'Unione europea e le relative competenze sono principalmente suddivise fra il Ministero degli Affari Esteri e quello dell'Economia e del Lavoro. La Cancelleria federale svolge compiti di indirizzo e coordinamento generale ed eventualmente assume la decisione finale in caso di divergenze fra le varie istanze federali coinvolte nel processo decisionale comunitario.

Nella fase di elaborazione del diritto comunitario, il Ministero dell'Economia e del Lavoro opera soprattutto come punto di coordinamento fra gli organi comunitari da una parte e l'amministrazione centrale e gli organi costituzionali (Bundestag/Bundesrat) della Repubblica federale dall'altra. Nella c.d. fase discendente, esercita, invece, una funzione generale di vigilanza sul recepimento della normativa comunitaria in materia di mercato interno.

Ogni mese, si riunisce un Comitato interministeriale per gli affari europei composto dai rappresentanti dei Ministeri direttamente coinvolti nei settori d'interesse di volta in volta presi in esame in relazione agli sviluppi delle politiche dell'Unione, con il compito di definire la posizione negoziale della delegazione tedesca a livello comunitario. Nel corso di una riunione settimanale di un apposito organismo internazionale si discute e si determina la linea di condotta della Rappresentanza permanente per i negoziati preliminari in sede COREPER.

Il coordinamento all'interno della pubblica amministrazione centrale non si limita a questi due macrolivelli, ma si articola in ulteriori occasioni di dibattito a livello interministeriale o, all'interno dei ministeri, a livello interdipartimentale.

 

 

LA FASE DISCENDENTE

4. L’attuazione del diritto comunitario nel diritto interno

Analogamente a quanto rilevato con riguardo alla partecipazione all'elaborazione del diritto comunitario, anche in fase di recepimento delle direttive dell'Unione europea gli organi federali e quelli regionali intervengono secondo la ripartizione di competenze prevista dall'ordinamento costituzionale federale.

In particolare, sotto il profilo normativo, le direttive possono essere attuate mediante:

·     legge federale (nel caso in cui sia necessario modificare le norme che già disciplinavano, nell’ordinamento nazionale, la materia oggetto della direttiva da recepire);

·     legge dei Länder (nelle materie di loro competenza esclusiva);

·     regolamento delegato del Governo federale o del ministro competente (il Parlamento autorizza il Governo ad emanare regolamenti per l’attuazione di quelle direttive già disciplinate da norme interne che non necessitano di alcuna modifica);

·     regolamento delegato del Governo regionale in base ad una legge federale di delegazione che necessita dell'assenso del Bundesrat (art. 80 della Legge fondamentale);

·     regolamenti amministrativi del Governo federale e dei Governi regionali.

 

Nella riflessione dottrinale si tende a negare una competenza generale ed esclusiva del Bund per l’attuazione del diritto comunitario dal momento che l’elenco delle materie previsto dagli articoli 73-74 della Legge fondamentale (materie di legislazione esclusiva e concorrente) è troppo articolato e determinato per comprendere anche il diritto dell’Unione europea. A tal fine, peraltro, non si ritiene ammissibile il riferimento all’art. 32, comma 1, della Legge fondamentale (rapporti con l’estero) quale fondamento di una competenza esclusiva federale, in quanto tale norma disciplina unicamente le relazioni esterne dello Stato, mentre l'effettiva attuazione del diritto comunitario nell'ordinamento interno, stante la ripartizione di competenze legislative fra Bund e Länder prevista dalla Legge fondamentale, comporta il coinvolgimento della legislazione regionale in diversi ambiti d'incidenza della normativa comunitaria.

Al riguardo si argomenta, peraltro, che la clausola generale dell’art. 70, comma 1, della Legge fondamentale (competenza dei Länder a legiferare qualora la potestà legislativa non sia attribuita espressamente al Bund) sia da applicarsi anche all’obbligo di attuazione del diritto comunitario per cui, di regola, la competenza ad attuare il diritto comunitario - fatte salve le materie formalmente assegnate alla competenza esclusiva della Federazione - spetterebbe ai Länder che, nell'ambito dei rispettivi ordinamenti, potrebbero anche riconoscere alcune specifiche funzioni agli enti locali.

Nella prassi, tuttavia, un ruolo rilevante è comunque svolto dal Governo federale sia nel provvedere all’elaborazione - laddove necessaria - delle norme legislative federali sia nel promuovere e coordinare l'intervento dei Länder.

In particolare, l’esistenza di un obbligo di attuazione del diritto comunitario vincolante è generalmente riconosciuta, mentre non vi è ancora unanimità su quale debba esserne il fondamento giuridico.

Per una parte della dottrina, infatti, l'eventuale inadempimento dei Länder nell’attuazione del diritto comunitario costituirebbe una lesione del principio venire contra factum proprium, avendo questi dato il loro assenso ai trattati attraverso il Bundesrat; per alcuni autori, l’obbligo di attuazione risulta dagli articoli 23, comma 1, e 24, comma 1, della Legge fondamentale (trasferimento dei diritti di sovranità); altri, infine, riferiscono l'obbligo a carico dei Länder al principio di fedeltà federativa (Bundestreue).

In relazione alle diverse ipotesi, la dottrina ricostruisce i possibili scenari relativi alle conseguenze del controllo sull'attuazione del diritto comunitario, non essendo formalmente previsto nell’ordinamento federale un generale potere sostitutivo diretto del Governo federale in caso di inerzia dei Governi regionali.

In particolare, nell'ipotesi di grave e reiterato inadempimento da parte di un Land di obblighi derivanti dalla Legge fondamentale o da altra legge federale, può essere eccepita la violazione del principio di fedeltà federativa (Bundestreue) davanti alla Corte costituzionale federale o, quale misura estrema, il Governo federale può ricorrere, previo assenso del Bundesrat, alla c.d. "coazione federale" (Bundeszwang), ai sensi dell’articolo 37 del Grundgesetz, adottando le misure necessarie per indurre il Land ad adempiere ai propri doveri: si tratta, tuttavia, di un meccanismo eccezionale formalmente previsto dalla Legge fondamentale, ma di fatto finora mai attivato.

 


Regno unito

Le procedure di partecipazione alla elaborazione degli atti comunitari e la relativa ripartizione delle competenze riguardo alla loro applicazione nell'ordinamento interno sono state oggetto, in ordine di tempo, di una graduale ridefinizione connessa all'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, della progressiva attuazione del programma di riforme istituzionali delineato dal Governo laburista e, da ultimo, delle modifiche conseguenti all’entrata in vigore il 1° dicembre 2009 del Trattato di Lisbona.

In particolare, l'articolato decentramento di competenze in favore della Scozia, del Galles e dell'Irlanda del Nord (avviato, rispettivamente, con lo Scotland Act 1998, il Government of Wales Act 1998 ed il Northern Ireland Act 1998), ha introdotto una serie di innovazioni anche riguardo agli affari dell'Unione europea; mentre, parallelamente, le modifiche regolamentari approvate nel 1998 dalla Camera dei Comuni, in relazione all'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, e ancora nel 2008, a seguito della ratifica del Trattato di Lisbona, si sono inserite nel più ampio quadro del progetto di riforma e "modernizzazione" del Parlamento da cui hanno tratto origine, da un lato, gli interventi di revisione del ruolo e della composizione della Camera dei Lord (a partire dallo House of Lords Act 1999), e, dall’altro, l’istituzione (dal 1997) della Modernisation Committee della Camera dei Comuni.

Tali innovazioni, peraltro, si correlano ed interagiscono con le tradizionali sedi ed articolazioni operative del Governo e del Parlamento inglese in un contesto di rapporti istituzionali, caratterizzato, oltre che da procedure formalizzate, anche e soprattutto da raccordi funzionali di carattere informale.

 

 

LA FASE ASCENDENTE

1. Il ruolo del Governo

Per quanto concerne la c.d. fase ascendente, sul versante del Governo, l'organizzazione del Cabinet - l'organo che, oltre al Primo Ministro, comprende i responsabili dei principali dipartimenti governativi - e delle sue commissioni offre una serie di specifiche sedi di esame interministeriale delle principali questioni di politica generale interna ed estera e di elaborazione collegiale delle correlative decisioni.

Avvalendosi della funzione generale di coordinamento istruttorio e procedurale svolta dall’European and Global Issues Secretariat, le commissioni (Cabinet Committees), in particolare, sono articolate in base ad una generale competenza per materia o per singole questioni e riuniscono i diversi Ministri competenti al riguardo; esse svolgono in taluni casi una funzione istruttoria rispetto al Cabinet, ma il più delle volte operano in qualità di "ente esponenziale" dotato, nel settore specifico, della medesima competenza decisionale del Cabinet.

Per l'esercizio di compiti specifici, possono inoltre essere costituiti nell'ambito delle Commissioni appositi collegi ristretti di Ministri (Ministerial Groups, MISC) al fine di elaborare i principali orientamenti della politica del Governo in particolari ambiti ad elevata valenza tecnica e/o coordinare le connesse attività di promozione e sviluppo.

Con riguardo agli affari dell'Unione europea, la Commissione ministeriale sulla sicurezza nazionale, le relazioni internazionali e la cooperazione allo sviluppo (Ministerial Committee on National Security, International Relations and Development, NSID) [69] esercita una competenza di ordine generale, mentre una sua apposita sottocommissione (Ministerial Sub-Committee on Europe, NSID (EU)), presieduta dal Segretario di Stato per gli Affari Esteri e del Commonwealth, segue in dettaglio tutte le questioni connesse alla partecipazione del Regno Unito all'Unione europea.

Di tale sottocommissione, oltre al presidente, fanno attualmente parte 22 membri, tra cui i responsabili dei principali dipartimenti governativi (Giustizia; Tesoro e Finanze; Affari Interni; Minori, Istruzione e Famiglie; Imprese, Innovazione e Competenze; Enti locali, Lavoro e Previdenza; Difesa; Sviluppo Internazionale; Alimentazione e Politiche Agricole; Energia e Cambiamenti Climatici; Sanità; Cultura, Media e Sport; Trasporti), i tre Segretari di Stato, rispettivamente, per la Scozia, l'Irlanda del Nord ed il Galles ed alcune figure tipiche dell'ordinamento inglese quali l'Attorney General ed il Leader of the House of Commons [70].

Nell'ambito di tale sottocommissione vengono elaborate le principali linee della politica del Governo riguardo agli affari dell'Unione europea, rispetto alle quali il Foreign and Commonwealth Office svolge una funzione di coordinamento generale e di cui i singoli Ministri competenti saranno portatori nell'ambito del Consiglio dei Ministri dell'UE.

Al riguardo, in relazione all'agenda dei lavori di ciascun Consiglio, circa tre settimane prima della sua riunione, i dipartimenti governativi competenti trasmettono al Parlamento una lista dei punti di cui si prevede l'esame (c.d. annotated agenda), corredata da una nota riassuntiva degli ultimi sviluppi della posizione della Gran Bretagna su ciascun punto. Presso la Camera dei Comuni, in particolare, tale nota viene esaminata dalla Commissione di controllo per gli affari europei (European Scrutiny Committee), che valuta l'opportunità di invitare il Ministro competente a riferire, di ascoltare funzionari o di richiedere la presentazione di documenti e relazioni su particolari aspetti. Analogamente, dopo la riunione del Consiglio UE, la Commissione può invitare il Ministro ad esporne gli esiti, nonché le conseguenze per la Gran Bretagna delle decisioni adottate.

Sulle questioni che presentano profili di interesse regionale, le disposizioni delle tre leggi sul decentramento di competenze alla Scozia, al Galles ed all'Irlanda del Nord delineano un quadro particolarmente articolato circa i contenuti del decentramento ed il grado di autonomia rispettivamente assegnato, per ognuna delle materie trasferite, alle Assemblee ed agli Esecutivi regionali. In relazione alle particolari esigenze ed alla tradizionale strutturazione dei rapporti fra Governo di Londra e realtà locali, l'estensione ed il novero delle funzioni assegnate a queste ultime varia per ciascuna Regione, secondo una gamma di intensità diversificata, dalla competenza esclusiva a quella concorrente, dall'obbligo di previa consultazione al necessario concerto fra Ministro competente ed autorità locali.

Aspetti problematici sono stati evidenziati al riguardo soprattutto in relazione alla partecipazione delle Regioni - ed in particolare della Scozia che beneficia di particolare autonomia in materie quali l'agricoltura, l'ambiente o la pesca - alla fase di elaborazione degli atti comunitari: mentre infatti le tre leggi di decentramento pongono espressamente alla legislazione regionale il vincolo del rispetto degli obblighi comunitari e nel contempo ribadiscono la competenza delle tre Regioni in relazione all'attuazione del diritto comunitario nelle materie loro riservate, il raccordo Stato-Regioni nella fase ascendente resta attualmente demandato al previo concerto promosso dal Ministro competente in ragione della generale riserva al Governo centrale circa la conduzione della politica estera. In occasione di alcune specifiche riunioni del Consiglio dei Ministri dell'UE in cui si discutano questioni di rilevante interesse locale, la delegazione britannica comprende anche i responsabili del corrispondente Office regionale del Governo.

Su questo punto si è posta, a livello locale, la questione della compatibilità fra un ruolo prevalente del Governo centrale e la previsione della responsabilità degli Esecutivi locali nei confronti delle rispettive Assemblee su materie in cui la normativa comunitaria incida in maniera rilevante. Tra le soluzioni adottate, innovative rispetto ad una dimensione prevalentemente informale dei rispettivi rapporti, vi è quella della conclusione di appositi accordi (Concordats) fra Esecutivo centrale ed Esecutivi Regionali, sul modello offerto dall'esperienza di altri Paesi europei [71].

1.1 Le iniziative di Better Regulation

Per l’esame delle modalità attuative del diritto comunitario nell’ordinamento considerato è certamente d’interesse l’attività, nel quadro di un più ampio programma di riforma dell’amministrazione pubblica e di semplificazione legislativa, del Better Regulation Executive (BRE), ufficio insediato presso il Department for Business, Innovation and Skills [72].

Secondo i criteri di better regulation introdotti nel Regno Unito da alcuni decenni e più compiutamente applicati dalla fine degli anni ’90, gli atti normativi del Governo sono sottoposti ad un preventivo scrutinio, finalizzato a valutarne l’impatto sotto diversi aspetti: l’impegno di risorse finanziarie, l’opportunità di una concertazione con le parti sociali in fase di elaborazione delle normative; la possibilità di adottare altre misure in luogo di quelle proposte; le procedure utili a perseguire l’effettività delle norme adottate; l’analisi della legislazione vigente, allo scopo di eliminare le norme non più necessarie o di cui sia stata accertata l’inefficienza.

Di questa generale competenza di valutazione delle regulatory policies sono oggetto anche le regolamentazioni di fonte europea, per quanto concerne sia la loro elaborazione che il loro recepimento nel diritto interno. Peraltro, gli effetti nell’ordinamento interno della normazione dell’Unione europea sono stati oggetto, nel 2006, di un’indagine indipendente promossa dal Governo, i cui risultati hanno messo in luce l’esigenza di provvedere all’attuazione del diritto europeo con modalità idonee a limitare le norme di recepimento al contenuto minimo prescritto, senza estenderne la portata attraverso la previsione di oneri ulteriori o di sanzioni non necessarie[73].

In questo quadro, il Better Regulation Executive è designato, in veste ausiliaria dei Dipartimenti governativi e nel quadro della partecipazione di questo all’elaborazione di atti comunitari, a formulare proposte idonee a contenere e razionalizzare la mole crescente della normativa comunitaria derivata, al fine di ridurre gli oneri amministrativi gravanti sulle imprese (il cosiddetto red tape) e ad ottenere, presso le istituzioni comunitarie e nel quadro dei progetti di “buona regolazione” condotti in quella sede[74], una maggiore attenzione alle conseguenze prodotte nei singoli ordinamenti da tale “inflazione legislativa”. Con tali finalità, il BRE partecipa ad iniziative internazionali orientate al contenimento dei costi economici indotti dalle regolamentazioni[75], e, con specifico riferimento all’Unione europea, coordina le iniziative riferite ai programmi europei in tema di qualità della normazione e di semplificazione normativa[76].

I criteri elaborati dal BRE per la valutazione delle normative comunitarie si attengono alle direttive fissate dal Governo nella Transposition Guide per l’attuazione delle direttive europee, predisposta nel 2005 dal Cabinet Office e aggiornata nel 2007 dal Department for Business, Innovation and Regulatory Reform [77]. Redatta in forma di “prontuario”, e corredata anche di una checklist e di schemi grafici per agevolare il riscontro dei requisiti sostanziali e degli snodi procedurali dei provvedimenti normativi considerati, la Guida indica le procedure raccomandate ai soggetti istituzionalmente preposti alla negoziazione od attuazione di normative dell’Unione europea. La valutazione d’impatto è modulata secondo le distinte fasi del ciclo elaborativo ed applicativo degli atti comunitari, di modo che l’attività correlata concerne sia gli atti proposti all’adozione del Consiglio UE (o dal Consiglio e del Parlamento Europeo, nel caso della procedura di co-decisione) oppure esaminati dalla Commissione, sia l’iniziativa legislativa (primaria o secondaria) diretta al recepimento del diritto interno.

Per quanto concerne la fase ascendente, il testo raccomanda ai dipartimenti governativi competenti di adoperarsi affinché le decisioni oggetto di proposta in sede europea siano considerate sotto il profilo dei costi e dei benefici, e affinché sia acquisito, mediante pubbliche consultazioni, il parere sia degli organi di governo locale (devolved legislatures) che degli operatori economici.

In sede di attuazione, il legislatore dovrà inoltre attenersi ai cinque fondamentali principi di tecnica legislativa (good regulation) che, “codificati” nel 1998 ed aggiornati nel 2000, presiedono all’attività normativa: la chiarezza e comprensibilità lessicale del dispositivo (transparency); la sua pertinenza alla materia regolata, senza dar luogo ad “effetti collaterali” (targeting); la sua intrinseca coerenza, in modo che non insorgano difficoltà applicative (consistency); la rispondenza delle decisioni all’obiettivo fissato, evitando la loro adozione ove non necessarie (proportionality), nonché alle attese degli organi (nazionali) di indirizzo politico e a quelle della collettività (accountability)[78]. Per il perseguimento di questi obiettivi qualititativi, la Guida raccomanda ai policy makers britannici non soltanto l’impegno diretto all’accuratezza del drafting degli atti dell’Unione europea, ma anche il ricorso a talune strategie nazionali, evidenziando prassi procedurali e meccanismi politici che sottendono le decisioni assunte in sede europea.

 

2. Il ruolo del Parlamento

2.1 La Camera dei Comuni

Sul versante parlamentare, le disposizioni regolamentari della Camera dei Comuni rilevanti per l’elaborazione degli atti e delle politiche dell'Unione europea sono costituite da due articoli del Regolamento di procedura (Standing Orders nn. 119 e 143). Tali disposizioni regolamentari, già innovate nel 1998 per aggiornare le procedure di controllo sugli affari europei (Scrutiny of European Business) in previsione dell'entrata in vigore del Trattato di Amsterdam [79], sono state modificate, da ultimo, nel 2008 per adeguarle al Trattato di Lisbona [80].

Di regola, entro due giorni dall'arrivo al Foreign and Commonwealth Office, tutti i documenti dell'Unione europea sono depositati presso il Parlamento; al riguardo, la nuova formulazione dello S.O. n. 143 precisa espressamente che l'espressione "documento dell'Unione europea" comprende:

(a) qualunque proposta di atto del Consiglio, ai sensi dei Trattati Comunitari, o del Consiglio in codecisione con il Parlamento europeo;

(b) qualunque documento pubblicato per essere sottoposto al Consiglio Europeo, al Consiglio o alla Banca Centrale Europea;

(c) qualunque proposta per una strategia comune, un’azione comune o una posizione comune, ai sensi del Titolo V del Trattato sull’Unione europea, preparata per essere sottoposta al Consiglio o al Consiglio Europeo;

(d) qualunque proposta per una posizione comune, decisione-quadro, decisione o convenzione, ai sensi del Titolo VI del Trattato sull’Unione europea, preparata per essere sottoposta al Consiglio;

(e) qualunque documento, non rientrante tra quelli precedentemente indicati, pubblicato da un’istituzione dell’Unione per o in vista di essere sottoposto ad un’altra istituzione dell’Unione e che non riguardi esclusivamente l’esame di una proposta legislativa (ad esempio, le relazioni della Corte dei conti);

(f) qualunque altro documento riguardante questioni dell’Unione europea depositato alla Camera da parte di un Ministro della Corona.

Entro dieci giorni dal deposito, il Ministero o Dipartimento governativo competente deve sottoporre al Parlamento un "memorandum esplicativo" (Explanatory Memorandum) sul documento in questione, contraddistinto da una numerazione progressiva e la cui presentazione avvia formalmente il procedimento parlamentare di controllo.

Nel contenuto tipico di tale memorandum rientrano: una descrizione generale dell'argomento con l’indicazione di eventuali precedenti occasioni di esame in sede parlamentare; una nota relativa alla ripartizione delle competenze ministeriali in relazione alla materia oggetto del documento; il fondamento giuridico comunitario del documento (generalmente le norme del Trattato e/o eventuali altri atti normativi); il tipo di procedura decisionale cui il documento è soggetto in sede comunitaria e le correlative modalità di approvazione (maggioranza qualificata o unanimità); l'impatto sul diritto interno del Regno Unito.

Il dicastero competente è inoltre tenuto ad indicare se l’eventuale proposta contenuta nel documento corrisponda ai requisiti della sussidiarietà, quali consultazioni siano già state effettuate o avviate ed infine quale sia l'orientamento del Governo sulle conseguenze politiche del documento.

Il memorandum comprende, inoltre, una serie di specifiche valutazioni relative alle eventuali implicazioni economiche (in taluni casi un’apposita valutazione dei costi di adeguamento - Compliance Cost Assessment - al contenuto dispositivo del documento viene allegata separatamente, al pari di quanto in uso per i progetti di legge di iniziativa del Governo), al possibile impatto socio-economico e/o ambientale ed alle prossime scadenze circa l'iter di esame del documento.

Qualora il testo ufficiale di un documento non sia ancora disponibile ma la previsione circa i tempi del suo esame in sede comunitaria renda comunque necessario informare il Parlamento nazionale, il Governo può ricorrere alla presentazione di un memorandum provvisorio non numerato che anticipa i temi del documento comunitario e su cui di fatto si concentra l'esame parlamentare fino al formale deposito della versione ufficiale del documento. All'occorrenza, inoltre, il Governo può presentare ulteriori memorandum (Supplementary Explanatory Memorandum, SEM) per dare conto di successivi sviluppi intervenuti o integrare le informazioni già fornite al Parlamento.

Tutti i documenti dell'Unione europea sono trasmessi alla Commissione di controllo per gli affari europei (European Scrutiny Committee), una select committee [81] composta da sedici membri nominati su mozione del Governo per la durata della legislatura, cui lo S.O. n. 143 assegna tre funzioni specifiche:

(a) riferire la propria opinione sull’importanza giuridica e politica di ciascuno di tali documenti e, laddove lo ritenga opportuno, sulle ragioni della propria opinione e su qualunque questione di principio, di politica o di diritto che possa essere trattata;

(b) formulare raccomandazioni per l’ulteriore esame di qualunque documento del genere in applicazione dello Standing Order n. 119 (concernente le commissioni permanenti per gli affari europei);

(c) esaminare qualunque questione che emerga su ciascun documento o gruppo di documenti del genere o su materie correlate.

In sintesi, tale commissione compie un preventivo esame dei singoli documenti pervenuti verificando la completezza, la qualità e l'esaustività delle informazioni fornite dal Governo - a cui, se del caso, provvede a richiedere chiarimenti o informazioni supplementari - e valutando il livello di importanza politica e/o giuridica del documento e se il suo contenuto debba essere ulteriormente discusso in una delle tre commissioni permanenti per gli affari europei (European Committees) o in Assemblea. L'importanza politica può essere ricondotta alla rilevanza della materia o dell'argomento specifico, alle conseguenze finanziarie o all'incidenza specifica nell'ambito del Regno Unito; l'esigenza di ulteriori approfondimenti sotto il profilo giuridico può derivare invece da possibili dubbi circa il fondamento giuridico del documento, la effettiva attribuzione o l'esercizio dei correlativi poteri alla Commissione europea, la redazione normativa o l'impatto nell'ambito dell'ordinamento del Regno Unito. Le osservazioni al riguardo formulate dalla Commissione sono riportate in apposite relazioni, periodicamente pubblicate[82], in cui si dà conto sia dei documenti che, fra quelli di volta in volta esaminati, rivestono a giudizio della Commissione particolare importanza sotto il profilo politico o giuridico (o di entrambi), sia dei documenti che viceversa si ritiene non presentino particolari aspetti di importanza politica o giuridica.

Per l'esercizio delle proprie attribuzioni, lo S.O. n. 143 riconosce espressamente alla Commissione: il potere di nominare consulenti specialistici per fornire informazioni che non siano immediatamente disponibili o per chiarire argomenti complessi che rientrino nell’ambito delle competenze della commissione; il potere di convocare persone e richiedere materiali e documenti, di riunirsi nonostante qualunque aggiornamento della Camera, di aggiornarsi da un luogo all’altro e di riferire periodicamente; infine il potere di nominare sottocommissioni e di assegnare loro l'esame di qualunque questione ad essa rinviata.

La Commissione può inoltre richiedere il parere di altre select committees della Camera espressamente indicate dallo S.O. n. 143 (12) [83] entro un termine da essa indicato ed è autorizzata a riunirsi congiuntamente a tali commissioni o a qualunque commissione dei Lord sugli affari dell'Unione europea, o a qualunque sottocommissione di tale commissione, ai fini di deliberare o procedere ad audizioni; tale autorizzazione è estesa anche a qualunque sottocommissione da essa nominata.

A seguito del suo esame preventivo, la Commissione può decidere che un documento venga ulteriormente discusso nella sede di una delle tre Commissioni permanenti per gli affari dell'Unione europea (European Committees) o raccomandare che venga discusso in Assemblea, distintamente - previo assenso del Governo - o nell'ambito di una particolare discussione già prevista, nel qual caso l'indicazione del documento in questione verrà riportata in corsivo di seguito al testo della mozione oggetto della discussione[84].

Se la Commissione decide per l'esame in sede di European Committee, il documento è automaticamente assegnato alla commissione competente. Al riguardo, lo S.O. n. 119 stabilisce la seguente ripartizione di competenze fra le tre commissioni - contraddistinte dalle prime tre lettere dell'alfabeto - di cui prevede la costituzione:

·     Commissione A: ambiente; agricoltura, pesca ed alimentazione; trasporti e Regioni; Commissione Forestale (e competenze analoghe degli Scottish, Welsh e Northern Ireland Office [85]);

·     Commissione B: tesoro (compresa l’amministrazione delle dogane e accise, HM Customs & Excise); previdenza sociale; affari esteri (Foreign and Commonwealth Office); sviluppo internazionale; affari interni (Home Office); Ministero della Giustizia (ad eccezione delle materie ricomprese nella responsabilità dello Scotland e Welsh Office e quindi già assegnate alla commissione “A”); qualunque altra materia non altrimenti assegnata dallo stesso S.O. n. 119;

·     Commissione C: commercio e industria; riforma della regolamentazione (regulatory reform); famiglia, istruzione ed occupazione; università; cultura, comunicazione e sport; sanità.

Ciascuna di tali commissioni è composta da tredici membri nominati dalla Commissione di Selezione (Committee of Selection) [86] in considerazione delle loro qualifiche e della composizione politica della Camera e con riferimento all’esame di uno o più atti o documenti dell’Unione europea assegnati al loro esame[87]; secondo lo stile procedurale proprio delle standing committee, il loro Presidente (Chairman) viene designato dallo Speaker fra gli appartenenti al Chairmen’s Panel, il collegio appositamente costituito all’inizio di ogni sessione da deputati nominati dallo Speaker e di volta in volta chiamati a presiedere le standing committees.

Ogni membro della Camera dei Comuni può partecipare ai lavori delle Commissioni permanenti per gli affari europei e proporre emendamenti, ma in tale sede non ha diritto di voto e non può proporre mozioni, né può essere computato ai fini del numero legale.

I lavori di tali commissioni, che usualmente si riuniscono il martedì o il mercoledì, hanno in genere inizio con una breve dichiarazione del Ministro competente cui segue un'ora - estensibile, a discrezione del presidente, di ulteriori trenta minuti - di interrogazioni specifiche sul documento o documenti in esame, poste dai deputati al Ministro senza necessario preavviso (a differenza delle interrogazioni svolte durante il question time in Assemblea). La commissione passa quindi alla discussione vera e propria sulla base di una apposita mozione presentata dal Governo e, non oltre due ore e mezzo dall'inizio dei lavori (compreso il periodo di tempo dedicato alle interrogazioni), i presidente pone le questioni necessarie a deliberare.

Il presidente riferisce, quindi, all'Assemblea in merito a qualunque risoluzione della commissione ovvero che essa non è pervenuta ad alcuna risoluzione, senza che venga posta alcuna ulteriore questione.

Nel caso in cui la Commissione di controllo per gli affari europei raccomandi che un determinato documento venga discusso dall'Assemblea, questo viene comunque automaticamente assegnato ad una delle tre commissioni permanenti per gli affari europei e spetta al Governo presentare in Assemblea una specifica mozione di revoca dell'assegnazione in commissione (“motion to defer the document from committee”), così rimettendo il documento all'esame dell'Assemblea.

L’ultima parola sul documento spetta quindi, in ogni caso, all’Assemblea, ma è il Governo a decidere quando promuoverne la deliberazione.

In sintesi, tenuto conto delle scadenze imposte in sede comunitaria, dopo l'esame preventivo da parte della European Scrutiny Committee che opera una prima selezione fra i diversi documenti in base al grado di importanza politica e/o giuridica, il procedimento si articola nei seguenti passaggi:

(a) la European Committee esamina il documento;

(b) a conclusione dei lavori, la commissione vota sulla mozione[88] del Governo che propone l'approvazione, l'approvazione con emendamenti o il rigetto del documento;

(c) il Presidente della commissione permanente riferisce all'Assemblea in merito alla deliberazione della commissione;

(d) il Governo promuove la deliberazione finale dell'Assemblea attraverso un’apposita mozione posta immediatamente in votazione. A tale mozione sono ammessi emendamenti, sempre tuttavia soggetti al tradizionale ed inappellabile potere di selezione della Presidenza;

(v) la deliberazione finale dell'Assemblea conclude il procedimento ed in base ad essa il Governo potrà agire in sede comunitaria.

A garanzia del previo esperimento e del completamento delle procedure parlamentari, la già richiamata Scrutiny Reserve Resolution dispone testualmente che "nessun Ministro della Corona debba dare assenso nel Consiglio o nel Consiglio Europeo a qualunque proposta per legislazione della Comunità Europea o per una strategia comune, azione comune o posizione comune ai sensi del Titolo V o per una posizione comune, decisione-quadro, decisione o per una convenzione ai sensi del Titolo VI del Trattato sull’Unione europea: (1) che sia ancora soggetta a controllo (cioè, sulla quale la Commissione di controllo per gli affari europei non abbia completato il proprio esame) o (2) che sia in attesa di esame da parte della Camera (cioè, di cui la Commissione di controllo per gli affari europei abbia raccomandato l’esame in applicazione dello Standing Order n. 119 (Commissioni permanenti per gli affari europei) ma riguardo alla quale la Camera non sia pervenuta ad una risoluzione)".

In particolare, il nuovo testo della Risoluzione specifica che per "assenso" dato in sede europea da un Ministro della Corona debba intendersi:

(i) l'assenso ad un programma, piano o raccomandazione per legislazione della Comunità Europea;

(ii) l’assenso politico;

(iii) nel caso di una proposta su cui il Consiglio agisca in conformità alla procedura di cui all’Articolo 251 del Trattato di Roma (codecisione), l’assenso ad una posizione comune, ad un atto nella forma di una posizione comune che comprenda modifiche proposte dal Parlamento Europeo, e ad un testo unificato;

(iv) nel caso di una proposta su cui il Consiglio agisca in conformità alla procedura di cui all’Articolo 252 del Trattato di Roma (cooperazione), l’assenso ad una posizione comune.

Il Ministro competente può tuttavia dare l'assenso ad una proposta che sia ancora soggetta a controllo, qualora ritenga che sia confidenziale, di ordinaria amministrazione, di scarsa rilevanza o che abbia sostanzialmente il medesimo contenuto di una proposta su cui l’attività di controllo sia stata ultimata; analogamente, l'assenso può essere dato ad una proposta in attesa di esame da parte della Camera se la Commissione di controllo per gli affari europei abbia espressamente indicato che l’assenso non necessita di essere sospeso finché duri l’esame.

Il Ministro competente può anche dare l’assenso ad una proposta che sia ancora soggetta al controllo o in attesa di esame da parte della Camera se decida che per motivi specifici l’assenso debba essere dato; ma in tal caso è tenuto ad esporre tali motivi:

(i) in ogni caso del genere, alla Commissione di controllo per gli affari europei alla prima occasione dopo aver preso la sua decisione; e

(ii) nel caso di una proposta in attesa di esame da parte della Camera, all’Assemblea alla prima occasione dopo aver dato l’assenso.

Al riguardo, la Risoluzione precisa che, in relazione a qualunque proposta che richieda l’approvazione all’unanimità, l’astensione sarà trattata come espressione dell’assenso[89].

 

2.2 La Camera dei Lord

Per quanto concerne la Camera dei Lord, i principi relativi alle procedure di controllo sugli affari dell'Unione europea sono gli stessi già esaminati con riguardo all'altro ramo del Parlamento (deposito dei documenti, presentazione del memorandum esplicativo, procedure informative ed ispettive, eventuale discussione e deliberazione sul documento), ma l'articolazione dei passaggi procedurali presenta alcune difformità rispetto ai Comuni.

La European Union Committee costituita presso i Lord è composta da venti membri ed opera in gran parte attraverso sette sottocommissioni presso le quali possono essere cooptati anche altri membri della Camera in ragione delle loro competenze tecniche. Sotto il profilo procedurale, la Commissione opera secondo il modulo più informale proprio delle select committees elaborando per l'Assemblea specifiche relazioni a seguito di approfondite procedure d'inchiesta.

A differenza della European Scrutiny Committee dei Comuni, che predispone le proprie relazioni in tempi brevi e su di un ampio novero di documenti comunitari (circa 450 l'anno), la European Union Committee dei Lord limita il proprio esame ai soli documenti di maggior rilievo, su cui riferisce con particolare approfondimento degli aspetti tecnico-politici. Fra le due commissioni vi è tuttavia una ampia cooperazione informale, soprattutto per quanto concerne il contemperamento fra esigenze dell'attività di controllo parlamentare ed esigenze manifestate dal Governo relativamente all'iter del documento in sede comunitaria.

Analogamente ai Comuni, anche i Lord hanno approvato il 6 dicembre 1999 una Scrutiny Reserve Resolution (Risoluzione sulla riserva di esame parlamentare dei documenti comunitari), in base alla quale il Governo è tenuto a non assumere, di regola, impegni a livello comunitario se la Camera dei Lord abbia avviato ma non ancora ultimato l'esame dei relativi documenti.

LA FASE DISCENDENTE

1. Il recepimento del diritto comunitario nell'ordinamento inglese

Nell’ordinamento britannico gli atti dell’Unione europea, a norma dello European Community Act 1972 (come successivamente modificato, da ultimo dallo European Union (Amendment) Act 2008 per la ratifica del Trattato di Lisbona), sono recepiti con legislazione primaria (del Parlamento) o delegata (nella forma prevalente degli statutory instruments, emanati dai ministri e dai Dipartimenti del Governo); è pertanto possibile ricorrere all’una o all’altra tecnica normativa di esecuzione, nel presupposto che il Parlamento, in esercizio della sua sovranità, possa in ogni momento attuare con legge gli obblighi derivanti dall’Unione.

Una riserva di legge è tuttavia stabilita dal legislatore del 1972 con riguardo ad alcune materie, per le quali è precluso il ricorso alla legislazione delegata: aumento o imposizione di nuovi tributi, emanazione di norme retroattive, sub-delegazione di poteri, istituzione di reati punibili con pene detentive o con ammende superiori a limiti fissati.

Per quanto concerne il ricorso alla legislazione delegata, l’European Community Act 1972 prevede il conferimento al Governo di deleghe a carattere generale e permanente per l’attuazione del diritto europeo. Ciò ha consentito un’ampia delegificazione della materia comunitaria, resa opportuna dall’esigenza di dare tempestiva attuazione agli obblighi relativi (nonché da quella, secondo l’opinione di alcuni osservatori, di preservare in questo modo il “dogma” della sovranità parlamentare.

Come è regola per gli atti legislativi delegati, anche quelli di recepimento di norme europee sono sottoposti al previo scrutinio di una commissione parlamentare composta da membri delle due Camere (Joint Committee on Statutory Instruments) che, pur non considerandone il merito, valuta se la loro adozione comporti un eccesso di delega (ultra vires) o se esse presentino lacune attribuibili alla loro redazione.

Alla legislazione interna di attuazione (primaria o secondaria) si applicano i già richiamati principi di good regulation.

2. Conseguenze della devolution

Le procedure vigenti nel Regno Unito per l’accoglimento nel diritto interno della legislazione comunitaria, come prima accennato, hanno subito parziali modifiche a seguito delle recenti riforme con cui sono state introdotte forme di decentramento della funzione legislativa. Di queste innovazioni è opportuno riferire brevemente, con l’avvertenza che, stante la peculiarità dell’ordinamento britannico, il semplice dato positivo, assai recente e non ancora affiancato dalle elaborazioni della prassi, non consente ancora di valutare compiutamente l’effettiva incidenza di tali modifiche e l’esatta configurazione dei nuovi assetti istituzionali.

Si è già fatta menzione del processo di devolution, avviato nel 1988 - ad esito di un intenso dibattito politico-istituzionale - con l’approvazione parlamentare delle leggi che hanno conferito uno statuto di autonomia alla Scozia, all’Irlanda del Nord e, in diversa misura, al Galles, trasferendo agli organi di direzione politica istituiti su base regionale funzioni precedentemente esercitate a livello centrale.

Sotto il profilo dell’attuazione del diritto comunitario, la legislazione richiamata conserva al Parlamento e al Governo del Regno Unito la prioritaria competenza in materia di rapporti con le Comunità Europee (nel più generale contesto della conduzione della politica estera), e pone la validità della legislazione adottata dalle Assemblee legislative locali sotto la generale condizione della sua compatibilità con il diritto comunitario. Sono tuttavia previsti ambiti di esercizio della funzione legislativa da parte delle istituzioni locali, abilitate ad emanare autonome discipline o normative di dettaglio nel quadro delle funzioni trasferite e nei limiti delle materie ad essi devolute.

Per quanto concerne la Scozia, lo Scotland Act 1998 include espressamente la materia comunitaria tra quelle riservate allo Stato centrale, ma conferisce al Parlamento e all’Esecutivo Scozzese la competenza attuativa degli obblighi derivanti dal diritto comunitario e concernenti le devolved matters (Schedule 5, Reserved Matters, section 7), prevedendo inoltre la diretta responsabilità del Governo locale per la loro mancata esecuzione. Il Northern Ireland Act 1998 (più volte modificato negli anni successivi) comprende tra le excepted matters (di esclusiva competenza del Governo britannico) le relazioni internazionali e con le istituzioni comunitarie, riservando all’Assemblea locale l’adozione delle discipline idonee ad assicurare l’osservanza e l’applicazione degli obblighi assunti in sede comunitaria (Schedule 2, Excepted matters, section 3).

Del pari, il Government of Wales Act 1998, modificato nel 2006, abilita l’Assemblea del Galles ad esercitare gli stessi poteri di cui è investito un Ministro od un Dipartimento del Governo britannico ai fini dell’attuazione del diritto comunitario, a condizione che l’Assemblea sia stata a ciò previamente designata mediante l’emanazione di un Order in Council (secondo il criterio generale prescritto dallo European Communities Act 1972) e nel rispetto dei limiti indicati in tale atto (tipico dell’ordinamento britannico delle fonti del diritto ed assimilabile alla legislazione delegata). Pertanto, ogni volta che gli obblighi comunitari possono essere attuati, integralmente o in misura parziale, dall’Assemblea Gallese in quanto concernenti materie di sua competenza, il Governo centrale ha facoltà di emanare, dopo aver consultato la stessa Assemblea, un order che abilita quest’ultima ad approvare norme secondarie in merito, previa definizione dell’oggetto dell’emananda disciplina e indicazione dei termini entro cui questa deve essere adottata (section 106). È comunque previsto, coerentemente con le limitate attribuzioni dell’Assemblea (dotata di funzioni consultive e di competenza legislativa secondaria), che il Ministro in carica nel Governo centrale continui a rivestire il proprio ruolo generale (continuing role for transferor) e possa pertanto emanare norme secondarie per adempiere ad obblighi comunitari anche su materie devolute all’Assemblea gallese, “come se il relativo potere non fosse stato trasferito” (section 106).


spagna

 

1. Il ruolo delle Comunità Autonome nella fase ascendente e discendente

Fino al 1997 non esistevano in Spagna disposizioni di legge relative alla partecipazione delle Comunità Autonome[90] nelle fasi sia di formazione che di recepimento del diritto comunitario derivato (regolamenti e direttive).

Nella prima fase successiva all’adesione della Spagna alla CEE (1985-1992) sono state sperimentate tre modalità attraverso le quali realizzare delle forme di collaborazione, dialogo e concertazione tra lo Stato e le Comunità:

·      istituzione di una sede generale e permanente;

·      realizzazione di conferenze settoriali per materie specifiche;

·      realizzazione di incontri bilaterali con le rispettive Comunità.

 

La prima strada, ovviamente la più ambiziosa, fu tentata nel periodo immediatamente successivo all’adesione alla CEE e sfociò in un progetto di “Accordo tra il Governo della Nazione e le Comunità Autonome sulla cooperazione negli affari relativi alle Comunità europee”. Tale progetto fu bocciato dalle stesse Comunità Autonome, sostanzialmente poiché prevedeva una loro partecipazione in condizioni di rigida eguaglianza ed implicava l’obbligo di prese di posizione comuni a tutte le Comunità, le quali erano e restano profondamente diverse tra loro per quanto riguarda gli stessi livelli di autonomia effettiva e le differenti competenze rivendicate.

La seconda soluzione, ovvero le conferenze settoriali specialistiche[91],sedi di dialogo tra l’Amministrazione centrale ed i rappresentanti delle Comunità, è stata utilizzata come canale di informazione su eventuali proposte comunitarie in corso di esame sugli argomenti di competenza delle differenti conferenze, al fine di sondare le posizioni delle diverse Comunità Autonome; tale sistema si è tuttavia rivelato poco efficace in quanto episodico e disorganico.

La terza via, cioè la realizzazione di incontri bilaterali, si è mostrata anch’essa scarsamente perseguibile, sia per la non regolarità della sede, sia per la difficoltà del Governo nell’armonizzare successivamente le differenti posizioni riscontrate[92].

 

 

1.1 La Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee (CARCE)[93]

Il 29 ottobre del 1992 lo Stato e le Comunità Autonome stipulavano un Accordo con il quale veniva formalmente istituita ed ufficializzata la Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee[94].

Tale organismo era già nato di fatto nel 1988, pur senza alcun atto formale, presso il Ministero della Pubblica Amministrazione (Ministerio para las Administraciones Públicas), come sede di dialogo tra Stato e Comuntà Autonome sui problemi derivanti dalla partecipazione della Spagna alla CEE.

I positivi risultati ottenuti nei primi anni di attività da tale organo[95]hanno quindi portato al riconoscimento formale della Conferenza, presieduta dal Ministro della Pubblica Amministrazione[96] e composta da rappresentanti dello Stato (il Segretario di Stato agli Affari Esteri e il Segretario di Stato per l’Unione europea del Ministero degli Esteri, il Segretario di Stato per la Cooperazione Territoriale del Ministero per la Politica Territoriale) e, come di consueto, dai Ministri (Consiglieri) rappresentanti delle diverse Comunità Autonome competenti per la materia comunitaria[97]. Particolare importanza riveste inoltre, come organo burocratico di appoggio alla Conferenza, la Commissione dei Coordinatori per gli Affari Comunitari Europei, alla quale compete la preparazione dei lavori della Conferenza stessa. La Commissione è composta dal Direttore generale della Segreteria di Stato per l’Unione europea e dal Direttore generale della Segreteria di Stato per la Cooperazione Territoriale, in rappresentanza statale, e da un direttore generale (o da un altro funzionario regionale) designato da ciascuno dei Ministri rappresentanti delle Comunità autonome.

All’interno delle funzioni assegnate alla Conferenza vi era anche il compito di elaborare un futuro schema di intervento e partecipazione delle Comunità autonome alla fase di definizione della posizione nazionale durante i procedimenti di adozione di decisioni in sede comunitaria, da realizzarsi attraverso le diverse conferenze settoriali specialistiche.

La Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee quindi, pur presentandosi ancora come sede specialistica, si è costituita sin dall’inizio come istanza di coordinamento generale per tutti gli aspetti di interesse regionale legati alla partecipazione all’Unione europea, recependo quindi parzialmente nella sostanza, se non nella forma, le esigenze per l’istituzione di una sede di tipo “orizzontale” ed a carattere generale e permanente.

Il 30 novembre 1994 la Conferenza adottava il prefigurato “Accordo sulla partecipazione interna delle Comunità autonome negli affari comunitari europei attraverso le conferenze settoriali[98],con disposizioni relative sia alla fase ascendente che a quella discendente del diritto comunitario, precedute da alcuni principi generali. Tra di essi vanno segnalati i criteri posti per stabilire il grado di partecipazione da assegnare ogni volta alle Comunità Autonome nella determinazione della posizione comune da sostenere davanti agli organi comunitari. In particolare, in sede di svolgimento delle diverse conferenze settoriali specialistiche[99], si devono stabilire i rispettivi livelli di competenza in materia tra lo Stato e le Comunità, ovvero:

·     quando le Comunità dichiarano il proprio interesse verso una materia di competenza esclusiva dello Stato, è compito di quest’ultimo informare soltanto le Comunità all’interno della conferenza specifica;

·     in caso di competenza esclusiva delle Comunità Autonome, lo Stato deve invece tener conto in modo determinante, in sede di negoziazione presso il Consiglio dell’Unione, della posizione comune raggiunta dalle Comunità;

·     in caso, infine, di competenze concorrenti o ripartite tra lo Stato e le Comunità, si deve procedere preventivamente ad un accordo tra la posizione comune delle Comunità e la posizione dello Stato.

 

Nelle ultime due circostanze, allorché l’orientamento concordato e sostenuto inizialmente dallo Stato sia soggetto a variazioni improvvise in conseguenza del processo di negoziazione comunitaria in atto, l’Amministrazione centrale, se i tempi lo permettono, deve tempestivamente informarne le Comunità in sede di conferenza settoriale, al fine di facilitare una nuova posizione comune delle Comunità (nel secondo caso) oppure cercare di raggiungere un nuovo accordo con esse (terza ipotesi). Ove i tempi non lo consentano, lo Stato dovrà tuttavia riferire alle Comunità sui motivi che hanno determinato il cambiamento della posizione nazionale innanzi al Consiglio dell’Unione.

Nei casi in cui non fosse stata precedentemente raggiunta una posizione comune da parte delle Comunità Autonome (intesa come consenso interno formalmente espresso), è compito dello Stato prendere comunque conoscenza e tenere conto delle diverse argomentazioni espresse dalle Comunità interessate.

La parte seconda dell’Accordo, intitolata “Partecipazione delle Comunità autonome nella fase di formazione della volontà dello Stato”, detta le disposizioni specifiche relative alla fase ascendente. In particolare è fatto obbligo alle diverse conferenze settoriali di:

·     inoltrare senza ritardi alle Comunità le proposte elaborate dalla Commissione dell’Unione, fissando i termini per la manifestazione delle rispettive posizioni;

·     porre all’ordine del giorno la deliberazione sull’accordo tra Stato e Comunità Autonome da sostenere innanzi all’Unione[100];

·     informare regolarmente le Comunità sull’iter della proposta nel Consiglio dell’Unione e sulle eventuali modifiche della posizione nazionale[101];

·     inoltrare senza ritardo alle Comunità il testo della proposta finale della Commissione e dell’ordine del giorno della seduta del Consiglio in cui si prevede la decisione finale, onde valutare l’opportunità di un’ulteriore ed ultima riunione della conferenza settoriale.

 

La parte terza dell’Accordo riguarda invece la partecipazione delle Comunità nella fase discendente, relativa all’applicazione del diritto comunitario. In particolare viene ribadito il principio fondamentale che regola l’attuazione della normativa comunitaria nel diritto interno, ovvero la distribuzione delle competenze in base alla Costituzione. Tale principio determina quindi l’iniziativa da parte dell’amministrazione statale o delle amministrazioni regionali, ma nell’osservanza del principio della cooperazione per tutti gli aspetti di interesse comune. In tal modo l’amministrazione competente per l’approvazione delle disposizioni, sia relative all’applicazione di un regolamento o di una decisione comunitaria, sia riguardanti l’attuazione di una direttiva, porterà a conoscenza della conferenza settoriale interessata il testo del progetto; nel caso vi siano iniziative concorrenti, un organo specializzato interno alla conferenza predisporrà una proposta di accordo da sottoporre al plenum della conferenza. In caso di semplici attività esecutive o di iniziative di carattere amministrativo, l’amministrazione competente darà regolarmente informazioni, attraverso la conferenza settoriale interessata; anche in tale fattispecie è possibile coordinare eventuali iniziative a livello statale e regionale, sempre mediante proposte di accordo elaborate da organi interni alla conferenza. Per quanto riguarda infine la partecipazione ai programmi comunitari, l’amministrazione statale o le amministrazioni delle Comunità coinvolte informeranno regolarmente gli altri componenti della conferenza settoriale interessata.

Al di là degli accordi raggiunti nelle conferenze settoriali, va ribadito ancora il principio di base della immodificabilità della ripartizione delle materie posta dagli articoli 148 e 149 della Costituzione e dai rispettivi statuti di autonomia delle Comunità Autonome. Soprattutto quest’ultimo aspetto va opportunamente considerato e può determinare iniziative differenti, da parte delle diverse Comunità, in relazione alla medesima materia; è possibile, infatti, che laddove una Comunità abbia assunto una competenza legislativa esclusiva, un’altra Comunità abbia rivendicato una competenza di attuazione legislativa o di semplice esecuzione di leggi dello Stato, sicché deve attendere le iniziative legislative del potere centrale.

In via generale, comunque, una Comunità autonoma può dettare una legge o una disposizione regolamentare di attuazione di una direttiva CEE, se ritiene che ciò rientri nell’ambito delle sue competenze ed anche se è stato raggiunto un accordo diverso in sede di conferenza settoriale, dato che gli accordi vincolano solo le Comunità Autonome favorevoli. A questo punto, se il Governo ritiene che una Comunità Autonoma stia violando la Costituzione, poiché non è competente o poiché non sta recependo correttamente la normativa in questione, può sollevare innanzi al Tribunale Costituzionale, secondo il caso, un conflitto di competenza o un ricorso di incostituzionalità[102].

 

Nel 1997 il Parlamento spagnolo ha approvato la Ley 2/1997, de 13 de marzo, por la que se regula la Conferencia para Asuntos relacionados con las Comunidades Europeas[103], con cui si è finalmente voluto dare un riconoscimento normativo allo status ed alle funzioni della Conferenza.

Da segnalare in particolare (art. 3) l’elencazione dettagliata delle competenze della Conferenza, ovvero:

·     informazione alle Comunità Autonome e discussione comune sullo sviluppo del processo di integrazione europea;

·     articolazione dei meccanismi per rendere effettiva la partecipazione delle Comunità alla formazione ed espressione della volontà dello Stato innanzi alle Comunità Europee;

·     trattamento e risoluzione, in maniera cooperativa, delle questioni generali o istituzionali relative alle Comunità Europee, ovvero:

1.       procedure tecniche volte ad assicurare il ricevimento delle informazioni comunitarie di carattere generale da parte delle Comunità autonome;

2.      tecniche legislative legate sia all’incorporazione delle direttive comunitarie nel diritto interno che all’applicazione, attuazione o esecuzione di regolamenti e decisioni;

3.      formule di partecipazione volte al compimento di obblighi innanzi alle istituzioni comunitarie;

4.      problemi sorti nell’esecuzione del diritto comunitario e richiedenti l’adozione di un’azione coordinata tra Stato e Comunità Autonome;

5.      questioni che richiedono la partecipazione delle Comunità Autonome e che mancano di una conferenza settoriale o di un’altra sede appropriata in cui essere trattate;

·     impulso e monitoraggio del procedimento di partecipazione delle Comunità, attraverso le rispettive conferenze settoriali o altri organismi equivalenti, alle politiche o azioni comunitarie che interessano le competenze regionali;

·     garanzia del compimento e dell’applicazione, all’interno delle conferenze settoriali, dei procedimenti e delle formule di partecipazione menzionati;

·     trattamento di qualunque altra questione relativa alla partecipazione delle Comunità Autonome negli affari relativi alle Comunità Europee, che sia ritenuta opportuna.

 

Va precisato infine che il regolamento interno della Conferenza[104] dispone (art. 10) che gli accordi siano adottati mediante assenso unanime dei membri presenti oppure, in mancanza di questo, mediante il voto favorevole della rappresentanza dello Stato e della maggioranza delle Comunità autonome. Gli accordi hanno però effetto solo per quelle Comunità che abbiano votato a favore e non impegnano le Comunità Autonome contrarie. Queste ultime possono comunque aderire all’accordo anche in un secondo tempo ed esso sortirà effetto a partire da quel momento, salvo diversa decisione.

 

1.2 Il Consigliere per gli affari autonomici

Va inoltre segnalata l’istituzione dell’Ufficio del Consigliere per gli affari autonomici (Consejeria para Asuntos Autonómicos) all’interno della Rappresentanza permanente della Spagna innanzi all’Unione europea, l’organismo che rappresenta lo Stato spagnolo in sede comunitaria e che assicura la presenza nazionale nelle istituzioni europee.

È stata proprio la Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee ad adottare un accordo interno con il quale si proponeva la creazione di tale figura, approvata mediante il Real Decreto 2105/1996, del 20 settembre.

Il Consigliere per gli affari autonomici ha il compito di trasmettere tutte le informazioni di interesse regionale alle Comunità e costituisce il referente privilegiato per i rapporti con gli Uffici delle Comunità Autonome con sede a Bruxelles[105].

L’Ufficio del Consigliere per gli affari autonomici dipende dal Ministero per la Politica Territoriale, il quale ne stabilisce l’organizzazione interna e ne determina i fondi di bilancio in dotazione.

Dal 2004, in seguito ad apposito accordo[106] in sede di Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee, sono incorporati, nell’Ufficio del Consigliere per gli affari autonomici (e nei gruppi di lavoro del Consiglio dell’Unione europea), alcuni Consiglieri delle Comunità autonome designati dalla Conferenza stessa.

 

 

1.3 La partecipazione al Comitato delle regioni dell’Unione europea

Le Comunità Autonome partecipano infine al Comitato delle regioni, istituito con il Trattato di Maastricht quale organo consultivo del Consiglio o della Commissione per i temi di interesse regionale e locale[107].La Spagna partecipa con 21 membri sui 344 componenti del Comitato delle regioni, con la presenza di un rappresentante per ciascuna Comunità, in base ad un accordo formulato nel Senato spagnolo.

 

 

1.4 La partecipazione nei procedimenti davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione europea

È infine utile fare riferimento ad un altro aspetto che concerne la partecipazione delle Comunità Autonome spagnole all’Unione europea, anche se non in relazione diretta con la fase ascendente o discendente del diritto comunitario. Si tratta della partecipazione delle Comunità nei procedimenti innanzi alla Corte di Giustizia delle Comunità Europee, principio che è stato riconosciuto dalla Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee in un apposito accordo, sottoscritto l’11 dicembre 1997 e recepito con risoluzione del 24 marzo 1998 della Sottosegreteria del Ministero della Presidenza spagnolo[108].

L’accordo disciplina, in particolare, le diverse modalità di partecipazione delle Comunità Autonome con riguardo a sei casi:

·     ricorso alla Corte di Giustizia per annullamento di atti comunitari ritenuti viziati di illegalità e di invasione delle competenze o degli interessi propri di una Comunità autonoma;

·     ricorso alla Corte per l’inerzia delle istituzioni comunitarie, ritenuta causa di pregiudizio da parte di una Comunità autonoma;

·     richiesta di parere preventivo alla Corte, in merito alla compatibilità con le disposizioni del Trattato CEE di qualunque accordo in corso di approvazione in sede comunitaria;

·     avvio di un procedimento contro un altro Stato dell’Unione, per mancato compimento di obblighi derivanti dal Trattato CEE;

·     richiesta di informazioni al Governo, in merito alle questioni pregiudiziali sollevate da organi giurisdizionali di altri Stati dell’Unione, con riferimento ad atti o disposizioni emanate da una Comunità Autonoma (o alla loro omissione) oppure a disposizioni dello Stato spagnolo che riguardano le competenze di una Comunità;

·     designazione di propri avvocati, in appoggio all’Avvocato dello Stato, in caso di procedimenti sollevati dalla Commissione delle Comunità Europee innanzi alla Corte di Giustizia, con riferimento ad atti o disposizioni emanate da una Comunità Autonoma (o alla loro omissione).

 

 

1.5 La partecipazione alle formazioni del Consiglio dell’Unione europea

Nel 1994 la Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee ha adottato un accordo[109] relativo alle modalità di partecipazione delle Comunità Autonome ad alcune formazioni del Consiglio dell’Unione europea, vale a dire quelle in materia di: occupazione, politica sociale, salute e consumatori; agricoltura e pesca; ambiente; istruzione, gioventù e cultura. In pratica il sistema di rappresentanza delle Comunità si sviluppa mediante l’incorporazione nella Delegazione spagnola di un membro (Consigliere o componente di Consiglio di un Governo delle Comunità Autonome), in rappresentanza di tutte le Comunità, per gli affari relativi alle sue competenze. Le conferenze settoriali designano un rappresentante delle Comunità autonome, per un determinato periodo. Tale rappresentante è responsabile della concertazione con l’amministrazione generale dello Stato, inoltre egli mette a disposizione delle altre Comunità autonome la documentazione relativa all’argomento trattato, le mantiene informate sulle negoziazioni e concerta una posizione comune con le restanti Comunità. Il rappresentante delle Comunità è membro di pieno diritto della Delegazione spagnola, potendo chiedere di intervenire nella discussione di materie afferenti le competenze autonomiche. Della partecipazione delle Comunità Autonome al Consiglio dell’Unione europea viene redatto un rapporto annuale[110].

 

1.6 Gli Statuti delle Comunità Autonome e le relazioni con leistituzionidell’Unione europea

Negli ultimi anni, in occasione della redazione degli Statuti[111] di alcune Comunità Autonome a partire dal 2006 (cd. “Statuti di nuova generazione”[112]), è stata prevista una dettagliata disciplina dei rapporti tra le Comunità stesse e le istituzioni europee, nel rispetto della legislazione statale. Pur in maniera differente, alcuni Statuti disciplinano talune facoltà delle Comunità Autonome per le materie di loro competenza, riconoscendo loro la possibilità di partecipare alla formazione della posizione spagnola presso l’Unione europea, di partecipare alle delegazioni spagnole presso le istituzioni, di rivolgere alle autorità statali osservazioni e proposte relative ad iniziative e progetti normativi nonché il diritto ad essere informate in materia, infine viene ribadita la competenza relativa all’attuazione e all’esecuzione del diritto comunitario nelle materie di competenza autonomica.

Ad esempio, nello Statuto di autonomia dell’Andalusia, di cui alla Ley Orgánica 2/2007, de 19 de marzo, de reforma del Estatuto de Autonomía para Andalucía[113], il capitolo III del titolo IX (artt. 230-239) è dedicato alle “Relazioni con le istituzioni dell’Unione europea”; analogamente nello Statuto di autonomia della Catalogna, di cui alla Ley Orgánica 6/2006, de 19 de julio, de reforma del Estatuto de Autonomía de Cataluña[114], il capitolo II del titolo V (artt. 184-192) disciplina le “Relazioni della Comunità con l’Unione europea”, mentre nello Statuto di autonomia di Castiglia e León, di cui alla Ley Orgánica 14/2007, de 30 de noviembre, de reforma del Estatuto de Autonomía de Castilla y León[115], il capitolo II del titolo IV (artt. 61-66) contempla le “Relazioni con l’Unione europea e partecipazione alla politica europea dello Stato”.

 

2. Il ruolo del Parlamento nella fase ascendente e discendente[116]

 

2.1 La legge 8/1994 istitutiva della Commissione bicamerale per l’Unione europea

Le novità introdotte dal Trattato di Maastricht sull’Unione europea e l’accresciuto interesse dei Parlamenti nazionali per il processo di elaborazione legislativa della Commissione europea hanno reso necessaria la sostituzione della preesistente Commissione bicamerale per le Comunità Europee (istituita nel 1985) con una Comisión Mixta para la Unión Europea con nuove e diverse competenze, avvenuta mediante l’approvazione della Ley 8/1994, del 19 maggio 1994[117], poi modificata dalla Ley 24/2009, del 22 dicembre 2009, al fine di adattarla al Trattato di Lisbona[118] del 13 dicembre 2007.

Si tratta di una Commissione bicamerale composta da deputati e senatori, il cui numero è fissato dagli Uffici di Presidenza delle due Camere in riunione congiunta, garantendo la presenza di tutti i gruppi parlamentari in modo proporzionale[119]. La Presidenza spetta al Presidente del Congresso dei Deputati o al deputato o senatore da lui delegato permanentemente[120].

La Commissione ha i seguenti compiti (art. 3 della Ley 8/1994):

a)     conoscere i decreti legislativi emanati in applicazione del diritto comunitario derivato[121];

b)     ricevere le proposte di atti legislativi e altri documenti della Commissione europea o delle altre istituzioni europee, per informazione, esame e monitoraggio. A questo proposito il Governo è incaricato di fornire tempestivamente brevi relazioni[122] alle Camere sulle proposte legislative che abbiano ripercussione in Spagna. Se la Commissione lo ritiene opportuno, può chiedere al Governo un ampliamento delle informazioni ricevute;

c)      realizzare dibattiti sulle suddette proposte legislative all’esame della Commissione europea ed eventualmente sollecitare il Presidente di uno dei rami del Parlamento a disporre una discussione generale in Assemblea con la partecipazione del Governo. La Commissione bicamerale può inoltre richiedere informazioni, attraverso l’Ufficio di Presidenza del Congresso dei Deputati, alle altre Commissioni parlamentari ed invitare di nuovo il Governo a riferire, dopo l’approvazione delle proposte in questione;

d)     richiedere informazioni al Governo sull’attività delle istituzioni dell’Unione europea[123];

e)     ricevere notizie dal Governo relative alle linee ispiratrici della sua politica nell’ambito dell’Unione europea, e alle decisioni ed accordi del Consiglio dei Ministri dell’Unione;

f)       elaborare relazioni su questioni riguardanti l’attività dell’Unione;

g)     stabilire rapporti di cooperazione con altri organi dei restanti Parlamenti degli Stati membri dell’Unione e del Parlamento europeo;

h)     svolgere riunioni con i deputati spagnoli al Parlamento Europeo;

i)       mantenere rapporti di reciproca informazione e collaborazione con le Commissioni di altri Parlamenti dell’Unione che abbiano competenze simili e con le corrispondenti Commissioni del Parlamento europeo;

j)       emettere, a nome del Parlamento, un’opinione motivata sulla vulnerazione del principio di sussidiarietà; se necessario, può inviare al Governo una relazione sulla conformità dell’atto legislativo al principio di sussidiarietà, che il Governo dovrà restituire entro due settimane, accompagnato dai documenti ufficiali degli organi dell’Unione europea utilizzati nella preparazione del progetto legislativo che sono a disposizione del Governo;

k)     sollecitare il Governo a presentare il ricorso di annullamento alla Corte di Giustizia per infrazione del principio di sussidiarietà;

l)       partecipare ai procedimenti di revisione semplificata dei Trattati (art. 48.7 del Trattato sull’Unione);

m)  essere informata sulle richieste di adesione all’Unione europea;

n)     partecipare alle attività di Eurojust ed Europol, nei termini previsti dall’art. 12 del Trattato sull’Unione e dall’art. 88 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea[124].

 

Ai sensi dell’art. 4 della legge 8/1994, il Governo è tenuto a comparire dinanzi al Congresso dei Deputati al termine di ciascun Consiglio Europeo, ordinario o straordinario, al fine di informare su quanto deciso in quella sede e avviare un dibattito con i Gruppi parlamentari[125].

Il controllo parlamentare sull’applicazione del principio di sussidiarietà per i progetti di atti legislativi dell’Unione europea è disciplinato in dettaglio dagli artt. 5, 6 e 7 della legge 8/1994 (introdotti nel 2009).

Spetta alla Commissione bicamerale per l’Unione europea la potestà di approvare, in nome delle Cortes Generales, un parere motivato sull’applicazione del principio di sussidiarietà per i progetti di atti legislativi dell’Unione. Il Congresso dei Deputati e il Senato possono comunque avocare a sé il dibattito e la votazione sul parere elaborato dalla Commissione. Nel caso in cui una delle due Camere eserciti tale potere, la Commissione dovrà rimettere il parere ad entrambe. Il parere, comunque approvato, è rimesso, mediante i Presidenti dei due rami del Parlamento, ai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea, entro otto settimane dalla data di trasmissione del progetto di atto legislativo alle Camere (art. 5 della legge 8/1994).

Il Congresso dei deputati e il Senato, allorquando ricevono un’iniziativa legislativa dell’Unione europea, la rimettono per conoscenza ai Parlamenti delle Comunità Autonome, senza giudicare sull’esistenza di competenze autonomiche interessate; i Parlamenti potranno rimettere alle Cortes un parere motivato sull’applicazione del principio di sussidiarietà relativo all’iniziativa, in conformità alla normativa europea applicabile in materia. Il parere motivato sull’applicazione del principio di sussidiarietà, eventualmente approvato dal Parlamento di una Comunità, deve essere ricevuto dal Congresso o dal Senato, per la sua presa in considerazione, entro quattro settimane dalla data di ricevimento dell’iniziativa legislativa da parte delle Cortes Generales. Se la Commissione bicamerale approva un parere motivato sulla vulnerazione del principio di sussidiarietà da parte di un progetto di atto legislativo dell’Unione europea, acclude alla relazione anche i pareri rimessi dai Parlamenti delle Comunità autonome con i necessari riferimenti (articolo 6 della legge).

La partecipazione delle Cortes Generales alla presentazione di un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione europea per infrazione del principio di sussidiarietà, prevista dal Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità annesso al trattato di Lisbona, si conforma alle previsioni dell’art. 7 della legge 8/1994. Entro sei settimane dalla pubblicazione ufficiale di un atto legislativo europeo, la Commissione bicamerale per l’Unione europea può sollecitare il Governo per la presentazione dinanzi alla Corte di Giustizia di un ricorso di annullamento contro tale atto per infrazione del principio di sussidiarietà. Il Governo potrà respingere, in forma motivata, la presentazione del ricorso sollecitato da una delle Camere o dalla Commissione bicamerale. Tale decisione dovrà essere giustificata mediante l’audizione del Governo dinanzi la Commissione bicamerale, se questa la sollecita (art. 7 della legge).

Infine gli artt. 8 e 9 della legge (anch’essi aggiunti nel 2009) disciplinano alcuni procedimenti speciali. L’art. 8.1 prevede che l’eventuale opposizione alle procedure di revisione semplificata previste dall’art. 48.7 del Trattato sull’Unione venga decisa dal Congresso dei Deputati o dal Senato, su proposta della Commissione bicamerale. L’art. 9 prevede che la partecipazione delle Cortes Generales nella valutazione delle attività di Eurojust e la supervisione politica di Europol si realizzi, in via generale, mediante la Commissione bicamerale, con l’eventuale intervento delle Commissioni legislative competenti delle due Camere.

 

 

2.2 La risoluzione parlamentare del 21 settembre 1995

La disposizione aggiuntiva seconda della Ley 8/1994 affidava agli Uffici di Presidenza (Mesas) del Congresso e del Senato il compito di adottare le misure necessarie per la costituzione della nuova commissione. Il 28 novembre 1994, al termine di una riunione congiunta dei suddetti Uffici, veniva approvato un accordo temporaneo per l’avvio della commissione; essendo poi trascorso un periodo di sperimentazione e dopo che erano state esaminate le proposte formulate dai diversi gruppi parlamentari, gli Uffici di Presidenza, nella riunione congiunta del 21 settembre 1995, hanno approvato un’apposita risoluzione[126]. Il testo contiene disposizioni attuative della legge, in riferimento ad alcune delle diverse procedure sopra elencate.

Per quanto riguarda i punti b) e c), dopo che è stata trasmessa alla Commissione bicamerale per l’Unione europea una proposta legislativa della Commissione europea[127], qualunque gruppo parlamentare può sollecitare un dibattito in seno alla commissione stessa oppure richiedere al Governo ulteriori informazioni. Dopo che la commissione (o l’ufficio di presidenza della commissione) ha accordato l’effettuazione di tale dibattito, si adotta il seguente procedimento: 1) un rappresentante del Governo espone il contenuto sostanziale della proposta e le sue ripercussioni nell’ordinamento spagnolo; 2) i gruppi intervengono per dieci minuti, a partire da quelli che hanno sollecitato il dibattito; 3) il rappresentante del Governo risponde alle osservazioni e alle richieste di chiarimento dei gruppi; 4) i gruppi possono replicare per cinque minuti; 5) il rappresentante del Governo risponde alle ulteriori richieste dei gruppi. Terminato il dibattito i gruppi parlamentari hanno due giorni di tempo per presentare delle proposte di risoluzioni, esaminate e votate dalla commissione entro dieci giorni; per ogni proposta sono consentiti un intervento a favore ed uno contro, per dieci minuti ciascuno. Tra le proposte di risoluzione può essere formulata la richiesta di effettuare un dibattito in assemblea (al Congresso o al Senato) oppure l’elaborazione di una relazione da parte della commissione stessa. In quest’ultimo caso si costituirà un comitato ristretto (ponencia) incaricato di predisporre un testo che sarà oggetto di discussione e votazione in commissione. La Commissione bicamerale per l’Unione europea può anche eccezionalmente proporre ai rispettivi uffici di presidenza delle Camere l’effettuazione di un dibattito in assemblea, con discussione della suddetta relazione preparata dalla commissione. Gli uffici di presidenza, in tal caso, decideranno in accordo con la conferenza dei capigruppo.

Per la richiesta di informazioni ad altre commissioni parlamentari, è compito dell’ufficio di presidenza del Congresso stabilire tempi e procedimenti, in modo da consentire un esame adeguato per la Commissione bicamerale.

Dopo che il Consiglio dei Ministri dell’Unione europea ha approvato una proposta legislativa che è stata oggetto di esame da parte del Parlamento, secondo uno dei procedimenti elencati, qualunque gruppo parlamentare può chiedere la comparizione del Governo nella Commissione bicamerale per dare informazioni sull’iter successivo e sugli effetti del testo definitivo. Tale procedimento è articolato nel seguente modo: 1) esposizione orale del rappresentante del Governo; 2) interventi dei rappresentanti dei gruppi (a partire dal gruppo richiedente) per dieci minuti ciascuno, durante i quali si possono fissare posizioni, formulare domande o fare osservazioni; 3) risposta finale del Governo, senza possibilità di votazioni.

Anche in riferimento ai punti d) ed e) (richiesta di informazioni al Governo sull’attività delle istituzioni dell’Unione europea o sulle linee ispiratrici della sua politica nell’ambito dell'Unione europea) è facoltà di qualunque gruppo parlamentare sollecitare un dibattito nella commissione bicamerale; sarà la Commissione stessa o il suo ufficio di presidenza a decidere in merito. Il procedimento da adottare è lo stesso indicato per il punto b).

Per quanto riguarda infine il punto f) (elaborazione di relazioni su questioni riguardanti l’attività dell’Unione) si segue il procedimento già visto per le relazioni sulle proposte legislative all’esame della Commissione europea, ovvero costituzione di un comitato ristretto, con discussione e votazione finale in commissione.

La Commissione bicamerale per l’Unione europea non ha quindi competenze di carattere legislativo strettamente relative alla “fase discendente” del diritto comunitario, dato che non interviene, neanche in sede consultiva, nella procedura parlamentare di approvazione dei progetti di legge di recepimento delle direttive comunitarie, che vengono assegnati all’esame delle Commissioni parlamentari permanenti, competenti per materia.

In base all’art. 56 p) del Regolamento parlamentare del Senato la Commissione può essere tuttavia, a sua volta, chiamata a dare informazioni innanzi alla Commissione Generale per le Comunità Autonome (Comisión General de las Comunidades Autónomas)[128] del Senato stesso, in riferimento a “processi di adattamento normativo o atti degli organi dell’Unione europea, di interesse regionale”.

In riferimento al Senato è opportuno segnalare l’invio “informale” alla Camera Alta, da parte della Segreteria di Stato per l’Unione europea, di un rapporto mensile sullo stato di attuazione delle direttive comunitarie. Tale documento contiene, oltre ad informazioni sulle direttive attuate ogni mese, dati riepilogativi sul totale delle direttive adottate a partire dall’istituzione delle Comunità Europee, sul numero di quelle effettivamente recepite e di quelle che non necessitano di un provvedimento di attuazione. Nell’ambito delle direttive ancora non recepite viene fatta distinzione tra quelle il cui termine per l’attuazione è già scaduto e quelle per le quali tale termine non è ancora stato superato[129].

 

3. Il ruolo del Governo nella fase ascendente e discendente

3.1 La rappresentanza permanente presso l’Unione

A seguito dell’adesione della Spagna alla CEE, nel 1985, fu istituita, con il Real Decreto 260/1986[130], la rappresentanza permanente della Spagna presso la Comunità Europea, con sede a Bruxelles, come organo accreditato a rappresentare lo Stato spagnolo e ad assicurare la presenza nazionale nelle istituzioni di governo della Comunità stessa.

La rappresentanza permanente[131] (representación permanente) ha il carattere di unità organica dipendente, amministrativamente e finanziariamente, dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, attraverso la Segreteria di Stato per l’Unione europea.

La direzione della rappresentanza spetta all’Ambasciatore con funzioni di rappresentante permanente, nominato dal Governo su proposta del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione. L’Ambasciatore ha il compito fondamentale di curare gli interessi spagnoli innanzi all’Unione europea ed è responsabile dell’esecuzione delle istruzioni ricevute dal Governo, attraverso il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione o, su delega di questi, dal Segretario di Stato per l’Unione europea. Tutte le comunicazioni ufficiali della rappresentanza permanente con l’Amministrazione spagnola devono avvenire attraverso l’Ambasciatore ed il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione.

Il Governo, su proposta del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione ed ascoltato il parere della Commissione interministeriale per gli Affari dell’Unione europea, nomina anche un rappresentante permanente aggiunto, che esercita le funzioni richieste dal rappresentante permanente e ne prende il posto in caso di assenza o impossibilità allo svolgimento del proprio compito.

La nomina del personale della rappresentanza permanente, con attribuzioni di tipo diplomatico, avviene per libera designazione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, su proposta dei Ministeri interessati ed ascoltati i pareri della Commissione interministeriale per gli Affari dell’Unione europea e dell’Ambasciatore rappresentante permanente. Anche il personale non diplomatico è nominato dal Ministero degli Affari Esteri, su proposta dei Ministeri interessati. La rappresentanza permanente, nel suo complesso, è articolata in gruppi di lavoro di settore. I delegati esprimono la posizione spagnola a Bruxelles, secondo le istruzioni ricevute dal Governo, ma a volte possono inviare a Madrid delle “autoistruzioni”, cioè delle ipotesi di intervento o di posizione, che, una volta approvate dal Governo, anche con il silenzio assenso, diventano la posizione ufficiale spagnola. In generale, per la loro esperienza, i delegati a Bruxelles assumono spesso iniziative nella formulazione della posizione spagnola e si incaricano di contattare i funzionari competenti dei Ministeri specifici per verificare se esistano istruzioni. Talora, per snellire la procedura, i delegati della rappresentanza permanente inviano informazioni e tengono contatti con i Ministeri di settore spesso anche direttamente, senza la mediazione della Segreteria di Stato per l’Unione europea, che comunque ha copia dell’informazione stessa.

Va infine ricordata l’istituzione dell’Ufficio del Consigliere per gli affari autonomici (Consejeria para Asuntos Autonómicos) all’interno della rappresentanza permanente, avvenuta mediante il Real Decreto 2105/1996, della quale si è brevemente riferito al paragrafo 2.1 “Il Consigliere per gli affari autonomici”.

 

 

3.2 I Ministeri e l’attuazione delle direttive comunitarie

Un ruolo fondamentale nel recepimento delle direttive comunitarie viene svolto nell’ambito del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione (Ministerio de Asuntos Exteriores y de Cooperación (MAEC)[132]. Il Real Decreto 1124/2008[133], con il quale è stata ridisegnata la struttura organica del Ministero stesso, ha istituito, nell’ambito degli organi direttivi, la Segreteria di Stato per l’Unione europea. Da essa dipende la Direzione generale di coordinamento del mercato interno e altre politiche comunitarie, alla quale l’art. 14.1 del Real Decreto 1124/2008 assegna la funzione di “controllo del processo di trasposizione delle direttive nella legislazione spagnola”.

La Direzione è a sua volta suddivisa in quattro sottodirezioni. In particolare è la Sottodirezione Generale per gli Affari Legali Comunitari alla quale spetta “il coordinamento, il seguito e la notifica della trasposizione nel diritto interno delle direttive comunitarie”.

Competenze relative all’attuazione del diritto comunitario derivato, con riferimento alle materie di interesse proprio, sono svolte anche da uffici facenti parte di altri Ministeri. A tale proposito si possono segnalare diversi organismi.

Nell’ambito del Ministero dell’Interno è la Segreteria Generale Tecnica, collocata all’interno della Sottosegreteria dell’Interno, ad occuparsi, in base all’art. 10.2 g) del Real Decreto 1181/2008, del “coordinamento e del seguito della trasposizione delle direttive comunitarie nella legislazione spagnola, che siano di competenza del Ministero dell’Interno”.

Nel Ministero della Giustizia vi è la Segreteria Generale Tecnica, dipendente dalla Sottosegreteria della Giustizia, che si occupa dei “progetti di riforma del diritto nazionale derivanti dalla trasposizione delle direttive comunitarie”, ai sensi dell’art. 10.1 l) del Real Decreto 1125/2008.

Per il Ministero della Sanità e della Politica Sociale è invece la Sottodirezione Generale per la Normativa, interna alla Segreteria Generale Tecnica, che si occupa, in base all’art. 3.1 c) del Real Decreto 1041/2009, della “collaborazione nella trasposizione delle norme del diritto comunitario europeo per la cui incorporazione nell’ordinamento giuridico interno il Ministero della Sanità e della Politica Sociale sia responsabile o competente”. Vi è inoltre la Sottodirezione Generale per la Sanità Ambientale e la Salute Lavorativa, inserita all’interno della Direzione Generale per la Salute Pubblica e la Sanità Estera, a sua volta dipendente dalla Sottosegreteria per la Sanità e il Consumo, che si occupa specificamente di “elaborare i progetti di disposizioni generali per la trasposizione delle direttive comunitarie destinate alla protezione sanitaria di fronte ai rischi ambientali per la salute umana” (art. 6.2 m) del medesimo decreto).

Nel Ministero dell’Ambiente naturale, rurale e marino vi è la Segreteria Generale Tecnica che è incaricata del “controllo dei procedimenti collegati all’applicazione della normativa comunitaria, nonché del monitoraggio della sua trasposizione nel diritto interno”, secondo quanto stabilito dall’art. 13.3 n) del Real Decreto 1130/2008.

Nel Ministero dell’Economia e delle Finanze è la Segreteria Generale Tecnica ad occuparsi, in base all’art. 22.1 g) del Real Decreto 1127/2008, della “trasposizione delle direttive, così come l’esercizio, in coordinamento con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, del resto delle competenze relative all’Unione europea e agli organismi internazionali nelle materie proprie del dipartimento non espressamente assegnate ad altri organi direttivi”.

Nel Ministero del Lavoro e dell’Immigrazione è infine la Sottodirezione Generale per l’Ordinamento Normativo, collocata nella Direzione Generale del Lavoro, a sua volta inserita nella Segreteria Generale per l’Occupazione, ad essere impegnata, secondo quanto disposto dall’art. 14.1 ñ) del Real Decreto 1129/2008, nella “elaborazione, approvazione, trasposizione ed applicazione delle direttive e degli altri strumenti giuridici comunitari o internazionali nelle aree di competenza della Direzione Generale del Lavoro”. La Sottodirezione Generale del Regime Giuridico presso la Direzione Generale per l’Immigrazione, all’interno della Segreteria di Stato per l’Immigrazione e l’Emigrazione, è altresì competente nella “elaborazione, approvazione, trasposizione ed applicazione delle direttive e degli altri strumenti giuridici comunitari o internazionali nelle aree di sua competenza” (art. 6.1 b) del medesimo decreto).

 

Per quanto riguarda la scelta concreta dello strumento normativo di attuazione delle direttive comunitarie, una volta accertata la competenza statale e non delle Comunità Autonome, il Governo ha generalmente a disposizione tre possibilità nella fase discendente:

1) presentare un disegno di legge al Parlamento;

2) approvare un decreto-legge;

3) emanare un regolamento[134].

 

La scelta di una delle prime due opzioni, ovvero la disciplina mediante una norma con rango di legge, si impone quando la materia considerata è oggetto di una riserva di legge (principio della riserva di legge) o è già disciplinata da una legge esistente, alla quale si vogliono apportare delle modifiche (principio della gerarchia delle fonti). La preferenza per il decreto-legge è subordinata all’esistenza dei presupposti costituzionali formali di necessità ed urgenza[135] ed alla non ricorrenza della riserva negativa di carattere materiale espressa sempre dalla Costituzione[136].

La terza possibilità, cioè l’utilizzo della fonte regolamentare, va valutata in relazione a quanto disposto dalla legge 50/1997 sul Governo; in aggiunta al rispetto per i due principi sopra indicati (riserva di legge e gerarchia delle fonti), l’art. 23 della legge 50/1997 introduce infatti una “riserva negativa”, laddove afferma che con lo strumento regolamentare non si possono creare nuove fattispecie di reato penale o di infrazione amministrativa, né stabilire pene o sanzioni, né imporre tributi od altre prestazioni personali o patrimoniali di carattere pubblico[137].

Il processo di coordinamento dell’attività dei diversi organismi di governo è organizzato in tale maniera: tutta l’informazione confluisce dalla Rappresentanza permanente alla Segreteria di Stato per l’Unione europea, la quale invia l’informazione alle Segreterie generali tecniche dei distinti Ministeri, per le rispettive competenze. Da qui l’informazione è distribuita alle Direzioni generali ed agli uffici interessati, all’interno dei singoli Ministeri. I Direttori generali e gli altri funzionari ministeriali presiedono specifici gruppi di lavoro di livello tecnico all’interno della Segreteria di Stato per l’Unione europea. A questi partecipano i rappresentanti, per il settore tecnico corrispondente, di tutti i Ministeri coinvolti in un tema specifico o per gruppi di temi omogenei. I gruppi di lavoro non sono formalmente istituzionalizzati, ma si formano ad hoc o su iniziativa della Segreteria di Stato per l’Unione europea o del Ministero principalmente interessato. Essi servono principalmente a seguire le decisioni dei Gruppi di lavoro del Consiglio dei Ministri a Bruxelles.

La funzione direttiva della Segreteria di Stato per l’Unione europea del Ministero degli Affari Esteri non ha però eliminato l’esigenza di una apposita sede di incontro e di coordinamento interministeriale a posteriori.

 

 

3.3 La Commissione interministeriale per gli Affari dell’Unione europea

L’esistenza, all’interno del Governo, di diversi soggetti competenti in merito all’attuazione del diritto comunitario ha reso indispensabile, sin dall’inizio, la creazione di una sede di incontro e di discussione. Nel 1985 infatti, a seguito dell’adesione della Spagna alle Comunità Europee ed al fine di rafforzare le istanze di coordinamento interministeriale, soprattutto nelle materie di contenuto economico, fu creata, mediante il Real Decreto 1567/1985, la Commissione interministeriale per gli Affari Economici relativi alle Comunità Europee.

Nel 1995, dopo la ratifica del Trattato dell’Unione europea, la denominazione della Commissione è mutata, a seguito dell’emanazione del Real Decreto 2077/1995, in “Commissione interministeriale per gli Affari dell’Unione europea” (Comisión Interministerial para Asuntos de la Unión Europea). Anche le competenze assegnate alla Commissione sono state modificate di conseguenza e sono:

·     coordinamento delle attività dell’amministrazione statale nelle materie relative all’Unione europea;

·     ricevimento di informazioni riguardanti le decisioni adottate dai singoli Ministeri su temi di loro esclusiva competenza, collegati all’Unione europea;

·     esame ed eventuale decisione in merito ad affari comunitari che riguardino più di un Ministero, ma non siano di tale portata da essere sottoposti a decisione da parte della Commissione Delegata del Governo per gli Affari Economici (Comisión Delegada del Gobierno para Asuntos Económicos)[138];

·     trasmissione alla Commissione Delegata del Governo per gli Affari Economici, attraverso il suo presidente, di quegli argomenti di interesse comunitario di particolare rilievo, anche su richiesta di qualunque componente della commissione stessa.

 

Il decreto del 1995 apportava modifiche anche alla composizione della Commissione interministeriale, le quali sono state seguite da ulteriori modifiche introdotte dal Real Decreto 2367/1996. La composizione è quindi la seguente: Presidente della Commissione interministeriale per gli Affari dell’Unione europea è il Segretario di Stato per l’Unione europea del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione[139]; primo Vicepresidente è il Segretario della Commissione Delegata del Governo per gli Affari Economici e secondo Vicepresidente è il Segretario Generale per l’Unione europea del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione; membri effettivi sono praticamente tutti i Sottosegretari degli altri Ministeri.

La Commissione si riunisce di norma ogni tre settimane ed è la sede per lo scambio di opinioni e di informazioni al fine di appianare le divergenze sorte tra i diversi Ministeri, che non siano state risolte nell’ambito dei gruppi di lavoro interministeriali.



[1] Con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009, l’Unione europea sostituisce e succede alla Comunità europea. Il Trattato sull’Unione europea e il Trattato della Comunità europea, divenuto il Trattato sul funzionamento dell’Unione, vengono denominati, in base al Trattato di Lisbona, “i Trattati”. La procedura di codecisione è definita la “procedura legislativa ordinaria” e gli atti adottati secondo tale procedura (regolamenti, direttive, decisioni) sono definiti “atti legislativi europei”.

[2] Il sito web del SGAE è consultabile all’indirizzo: http://www.sgae.gouv.fr/index.html.

[3] Il decreto n. 2005-1283 è consultabile al seguente link: http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=76B94EB90701E5BA043984EDE49AFB3E.tpdjo05v_1?cidTexte=LEGITEXT000006052557&dateTexte=20100421.

[4] Decreto n. 48-1029 del 25 giugno 1948. Nel corso degli anni, con il progressivo evolversi del processo di integrazione europea, l’istituzione dell’Unione europea, l’accresciuta importanza del Parlamento europeo, il ruolo del SGCI - oggi SGAE - si è adattato e rafforzato ed è stato esteso a tutti i settori del Trattato sull’Unione europea, con il compito principale di elaborare le posizioni della Francia sulle questioni comunitarie e dell’Unione europea e di coordinare i collegamenti tra le autorità amministrative e governative francesi e le istituzioni europee.

[5] Il testo, nella versione apparsa sul Journal Officiel, è consultabile in formato RTF all’indirizzo http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=148966681E6572EB6DEB8F2298BF9226.tpdjo05v_1?cidTexte=JORFTEXT000000364799&categorieLien=id.

[6] Circolare del Primo Ministro del 22 novembre 2005 sull’applicazione dell’art. 88-4 della Costituzione, consultabile all’indirizzo http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000634256&fastPos=1&fastReqId=744751734&categorieLien=id&oldAction=rechTexte.

[7] Nella circolare del Primo Ministro del 21 marzo 1994 viene ribadito che: “la posizione che i rappresentanti francesi sono incaricati di esprimere a nome del Governo, è definita dopo la concertazione interministeriale dal SGCI (ndr.: oggi SGAE), posto sotto l’autorità del Primo Ministro”.

[8] Legge n. 90-385 del 10 maggio 1990 relativa al funzionamento delle Assemblee parlamentari. Per il testo in vigore: http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=37BB79420678EE25C271A3CBA002D172.tpdjo05v_3?cidTexte=LEGITEXT000006075818&dateTexte=20100422.

[9] Vedi infra il paragrafo 3.1 su “il controllo dell’attuazione”.

[10] Circolare del Primo Ministro del 29 settembre 2006 relativa alla messa a disposizione di esperti presso le istituzioni europee e agli sscambi di funzionari. Il testo è consultabile all’indirizzo http://www.sgae.gouv.fr/emplois/docfiles/textesofficiels/JOcirculaire.pdf.

[11] Ogni anno circa seicento riunioni si svolgono in video-conferenza nelle due sale di cui il SGAE dispone con possibilità di accogliere fino a trenta partecipanti e di connettersi con tre siti in contemporanea.

[12] Il decreto n. 2009-821 è consultabile al seguente link: http://legifrance.gouv.fr/affichTexte.do;jsessionid=83A9207951309CA93F31F58CB9E00B9B.tpdjo15v_3?cidTexte=JORFTEXT000020815828&dateTexte=&oldAction=rechJO&categorieLien=id.

[13] Il Consiglio dell’Unione europea è formato da un Rappresentante di ciascuno Stato membro a livello ministeriale, abilitato ad impegnare il suo governo (art. 16 del Trattato UE).

[14] In sala di Consiglio ogni delegazione nazionale ha diritto a sei posti; oltre al Ministro e al Rappresentante permanente, possono essere ammessi soltanto: il rappresentante del SGAE, il consigliere della Rappresentanza permanente, incaricato del dossier in discussione, altri due membri della delegazione, designati dal Ministro, capo della delegazione.

[15] È il Segretario generale del SGAE a preparare, prima di ogni riunione del Consiglio, la lista dei membri della delegazione francese. La partecipazione di funzionari ai lavori del Consiglio e dei diversi gruppi e comitati del Consiglio e della Commissione è subordinata alla loro iscrizione presso il SGAE.

[16] La “riserva di esame parlamentare”, ispirata alla “scrutiny reserve” del modello britannico, è stata creata dalla Circolare del Primo Ministro del 13 dicembre 1999 (http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000581468&fastPos=1&fastReqId=824202424&categorieLien=id&oldAction=rechTexte), sostituita dalla Circolare del Primo Ministro del 22 novembre 2005 relativa all’applicazione dell’art. 88-4 della Costituzione (http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000634256&fastPos=1&fastReqId=744751734&categorieLien=id&oldAction=rechTexte).

[17] In particolare la Legge costituzionale n. 2008-103 del 4 febbraio 2008 e, successivamente, la Legge costituzionale n. 2008-724 del 23 luglio 2008 hanno modificato il Titolo XV della Costituzione, dedicato all’Unione europea, in previsione dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (articoli da 88-1 a 88-7, consultabili all’indirizzo http://www.legifrance.gouv.fr/html/constitution/constitution2.htm#titre15).

[18] Legge n. 79-559 del 1979, modificata in seguito dalle leggi 90-385 e 94-476.

[19] Fino al 2008 le assemblee francesi erano le uniche assemblee parlamentari nell’Unione europea (insieme al Parlamento maltese) a non essere dotate di una commissione per gli affari europei. Attualmente sono invece le uniche ad essere obbligate a dotarsene in base ad una disposizione costituzionale.

[20] L’art. 48 fa parte del Titolo V della Costituzione che regola i rapporti tra il Parlamento e il Governo: http://www.legifrance.gouv.fr/html/constitution/constitution2.htm#titre5.

[21] La versione consolidata del Trattato sull’Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea sono consultabili all’indirizzo http://eur-lex.europa.eu/JOHtml.do?uri=OJ:C:2008:115:SOM:IT:HTML.

[22] Protocollo sul Ruolo dei Parlamenti nazionali, allegato al Trattato di Lisbona, artt. 1 e 2.

[23] I testi dei Protocolli sono consultabili agli indirizzi http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:12008E/PRO/01:IT:HTML e http://eur-lex.europa.eu/Notice.do?val=476656:cs&lang=it&list=476656:cs,475823:cs,464812:cs,462413:cs,449886:cs,442052:cs,427935:cs,396561:cs,394510:cs,398901:cs,&pos=1&page=1&nbl=18&pgs=10&hwords=protocollo~principi%20di%20sussidiarietà~&checktexte=checkbox&visu=#texte.

[24]In particolare, i Parlamenti potranno inoltrare a qualunque istituzione europea o gruppo di Stati membri titolari della presentazione di un progetto d'atto comunitario o dell’Unione europea, un parere motivato se risulta che tale progetto danneggi il principio di sussidiarietà. Se una maggioranza di Parlamenti si esprime in tal senso, l'istituzione che ha emanato il testo dovrà ritirarlo o motivarne il suo mantenimento. I Parlamenti possono anche (tramite il loro Governo) adire la Corte di Giustizia dell’Unione europea, se ritengono che un testo adottato non rispetti il principio di sussidiarietà.

 

[25] Il Protocollo fissa in otto settimane dalla trasmissione dell’atto comunitario il termine per la presentazione del parere motivato.

[26] Il termine per la presentazione del ricorso è in questo caso di due mesi dalla pubblicazione dell’atto.

[27] Sulla base della Circolare del Primo Ministro del 19 luglio 1994, cit.

[28] Decisione del Consiglio costituzionale n. 92-314: http://www.conseil-constitutionnel.fr/decision/1992/92-314-dc/decision-n-92-314-dc-du-17-decembre-1992.8806.html.

[29] http://www.assemblee-nationale.fr/europe/reglementAN.asp.

[30] Secondo il Regolamento il diritto di depositare una proposta di risoluzione su una proposta di atto comunitario spetta ad ogni singolo deputato.

[31] Il termine di otto settimane corrisponde al periodo, successivo alla trasmissione di un progetto di atto legislativo europeo ai parlamenti nazionali da parte delle istituzioni preposte, nel quale il Consiglio dell’UE, in applicazione del Protocollo sul ruolo dei parlamenti nazionali (art. 4), deve astenersi dall’iscrivere il progetto all’ordine del giorno.

[32] Per ulteriori informazioni sull’evoluzione delle procedure del Senato sulle questioni europee, si segnala il Rapport d’information n° 24 (2009-2010) di H. HAENEL, L'évolution du rôle européen du Sénat
http://www.senat.fr/rap/r09-024/r09-0241.pdf. Per un approfondimento sulle attività della Commissione Affari europei del Senato si segnala anche la scheda di presentazione della Commissione all’indirizzo http://www.senat.fr/europe/cae-presgen.html.

[33] La Commissione ha il compito di informare il Senato sulle questioni europee. A questo fine ha a disposizione tre strumenti: una pubblicazione specifica, Les Actualités de la Commission des Affaires européennes, disponibile in abbonamento anche al pubblico, i Rapports d’information e la pagina Europe sul sito internet del Senato.

[34] http://www.senat.fr/reglement/reglement_mono.html.

[35] In particolare la Commissione organizza sedute per la discussione delle “interrogazioni orali” su questioni europee (art. 73, sexies del Regolamento), vedi infra.

[36] Tali sedute rientrano tra le misure previste in applicazione della Circolare del Primo Ministro del 19 dicembre 2005 relativa all’associazione del Parlamento, delle collettività territoriali, delle parti sociali e della società civile ai processi decisionali europei (http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000811287&fastPos=1&fastReqId=506992427&categorieLien=id&oldAction=rechTexte).

[37] Indipendentemente dalle riunioni della Commissione (si riunisce in linea di massima il giovedì mattina), il suo Presidente invia, per iscritto, ai suoi membri un’analisi dei testi trasmessi dal Governo ritenuti “minori” (circa l’80 per cento), con l’indicazione dei motivi di tale giudizio. I membri della Commissione hanno otto giorni di tempo per far sapere se non sono d’accordo e richiedere comunque l’esame del testo (è sufficiente l’opposizione di un solo senatore). Altrimenti, decorsi gli otto giorni, il Governo viene informato che il Senato non intende intervenire su quelle proposte.

[38] Gli articoli del Regolamento relativi agli Affari europei sono stati modificati, da ultimo, con la risoluzione del 2 giugno 2009.

 

[39] http://www.senat.fr/reglement/reglement_mono.html#toc203.

[40] L’art. 34, commi 2 e 3, istituisce una “riserva assoluta di legge” per una serie di materie (diritti civici e diritti di libertà, la nazionalità, lo stato e la capacità di emissione della moneta, il regime elettorale delle assemblee parlamentari, la creazione di enti pubblici, le garanzie fondamentali riconosciute ai funzionari civili e militari dello Stato, le nazionalizzazioni e i trasferimenti di proprietà delle imprese dal settore pubblico a quello privato); per altre materie l’intervento del Parlamento si limita a fissare i principi fondamentali (la difesa, l’insegnamento, l’organizzazione delle collettività territoriali, il regime delle proprietà, dei diritti reali e delle obbligazioni civili e commerciali, il diritto del lavoro, sindacale e della sicurezza sociale).

[41] L’80 per cento delle direttive e delle decisioni-quadro riguardano materie per le quali è prevista la “riserva di regolamento”.

[42] Le decisioni-quadro volte al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria in campo penale sono state introdotte dal Trattato di Amsterdam del 1997. Tali atti sono assimilati alle direttive, vincolanti per gli Stati membri quanto al risultato da ottenere, non per gli strumenti da utilizzare a tale scopo. La “comunitarizzazione” di molti settori della cooperazione ha condotto alla loro eliminazione e sostituzione con regolamenti.

[43] Le leggi d’habilitation autorizzano il Governo, per l’esecuzione del suo programma, ad adottare, attraverso ordinanze e per un periodo limitato, misure che rientrano di norma nel “dominio della legge” (art. 38 della Costituzione). Le ordinanze emanate dal Governo perdono efficacia se il progetto di ratifica non è depositato davanti al Parlamento prima della data fissata dalla legge d’habilitation.

[44] Circolare del Primo Ministro del 5 maggio 1986.

[45]La procedura affidava un ruolo di impulso, di controllo e coordinamento interministeriale in materia comunitaria a due strutture poste sotto l’autorità del Primo Ministro, l’allora Segretariato generale del Comitato interministeriale per le questioni di cooperazione economica europea (SGCI) e il Segretariato Generale del Governo (SGG).

[46] Studio allegato e Senat, Rapport d’information sur la transposition des directives communautaires (2001) (http://www.senat.fr/rap/r01-250/r01-2503.html).

[47] Circolare del Primo Ministro del 25 gennaio 1990.

[48] Circolare del Primo Ministro del 9 novembre 1998.

[49] Circolare del Primo Ministro del 27 settembre 2004: http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000256457&dateTexte=.

[50] Per una descrizione dei principali miglioramenti realizzati ed un’analisi delle diverse difficoltà che ancora pesano sull’esercizio dell’obbligo di trasposizione delle direttive comunitarie e delle decisioni–quadro si segnala lo studio del Consiglio di Stato  Pour une meilleure insertion des normes communautaires dans le droit national (2007).

[51] Circolare del Primo Ministro del 22 novembre 2005 relativa all’applicazione dell’art. 88-4 della Costituzione (http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000634256&fastPos=1&fastReqId=744751734&categorieLien=id&oldAction=rechTexte) e Circolare del Primo Ministro del 19 dicembre 2005 relativa all’associazione del Parlamento, delle collettività territoriali, delle parti sociali e della società civile ai processi decisionali europei (http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000000811287&fastPos=1&fastReqId=506992427&categorieLien=id&oldAction=rechTexte).

[52] Il testo completo ed aggiornato della Legge fondamentale tedesca è consultabile al seguente indirizzo internet: http://www.bundestag.de/dokumente/rechtsgrundlagen/grundgesetz/index.html.

 

[53] È possibile consultare il testo completo della legge all’indirizzo internet: http://www.landtag.nrw.de/portal/WWW/dokumentenarchiv/Dokument/XBCBGI0960.pdf

[54] Il testo della legge è consultabile all’indirizzo internet: http://www.gesetze-im-internet.de/bundesrecht/euzbbg/gesamt.pdf.

[55] Il testo aggiornato della legge è reperibile all’indirizzo internet: http://www.gesetze-im-internet.de/bundesrecht/euzblg/gesamt.pdf.

[56] Il testo del Trattato è reperibile all’indirizzo internet: http://www.bundesrat.de/cln_161/nn_9740/SharedDocs/Gesetzestexte/blv,templateId=raw,property=publicationFile.pdf/blv.pdf.

[57] Con l’espressione “progetti” (Vorhaben) la legge intende: proposte ed iniziative per la deliberazione dell’apertura delle trattative relative alla modifica dei principi fondanti dell’Unione europea e alla preparazione per le adesioni all’Unione europea; proposte di atti normativi dell’Unione europea; comunicazioni e prese di posizione della Commissione europea; relazioni e programmi di azione degli organi dell’Unione europea; c.d. libri bianchi e verdi della Commissione europea; programmi politici degli organi dell’UE; raccomandazioni della Commissione europea; accordi istituzionali degli organi dell’UE; progetti di bilancio e finanziari dell’UE, nonché proposte ed iniziative dell’UE, per le quali è necessaria la cooperazione del Bundesrat, ai sensi del Integrationsverantwortungsgesetz del 22 settembre 2009.

[58] Il sito ufficiale della Commissione permanente per gli Affari dell’Unione europea è reperibile all’indirizzo internet: http://www.bundestag.de/bundestag/ausschuesse17/a21/index.jsp.

[59] Il testo completo ed aggiornato del Regolamento del Bundestg (Geschäftsordnung des Deutschen Bundestages) è reperibile all’indirizzo internet: http://www.bundestag.de/dokumente/rechtsgrundlagen/go_btg/index.html.

In base al § 93b, comma 1, del Regolamento del Bundestag, spetta alla Commissione per gli Affari dell’Unione europea la trattazione dei documenti dell’Unione europea (Unionsdokumente), di cui al § 93, comma 1, in conformità al Regolamento e alle decisioni del Bundestag. Su richiesta di una frazione o del cinque per cento dei membri del Bundestag, l’Assemblea può autorizzare la Commissione per gli Affari dell’Unione Europea a tutelare, in base all’articolo 23 della Legge Fondamentale, i diritti del Bundestag nei confronti del Governo in relazione a specifici documenti dell’Unione europea. La Commissione può, inoltre, formulare una presa di posizione su un determinato documento, purché non contrasti con quello della Commissione interessata. È fatto salvo il diritto del Bundestag di decidere autonomamente in qualunque momento su di una questione relativa all’Unione europea (§ 93b, comma 2). La Commissione per gli Affari dell’Unione europea, in caso di autorizzazione in base al comma 2, periodo 1, prima dell’espressione di un parere al Governo sul documento del Parlamento europeo deve richiedere il parere della Commissione interessata. Qualora la Commissione per gli Affari dell’Unione europea intenda discostarsi dal parere di una o più Commissioni interessate, deve essere indetta una seduta comune con le Commissioni consultive. In particolari casi di urgenza, i presidenti delle Commissioni consultive possono consentire la votazione scritta di cui al § 72, periodo secondo (comma 3). Ai sensi del comma 5, dell’articolo 93b, per la convocazione di una seduta della Commissione per gli Affari dell’Unione europea al di fuori del calendario dei giorni di riunione delle Commissioni o al di fuori della sede del Bundestag, il presidente della Commissione ha anche diritto di derogare al § 60 se lo richieda il programma dei lavori dei competenti organi dell’Unione europea e sia concessa l’autorizzazione del Presidente del Bundestag. Sul contenuto e la motivazione dei pareri espressi dalla Commissione per gli Affari dell’Unione europea al Governo su di un documento dell’Unione europea, la Commissione predispone una relazione che viene distribuita come stampato del Bundestag e deve essere posta all’ordine del giorno entro tre settimane di seduta dalla distribuzione. Una discussione ha però luogo solo se richiesta da una Frazione o dal cinque per cento dei membri del Bundestag presenti (comma 6).

La Commissione per gli Affari dell’Unione europea può, nel caso di un documento dell’Unione europea che le sia stato assegnato per il parere, proporre emendamenti alla raccomandazione della Commissione competente per il merito; la proposta di emendamento deve essere presentata al Presidente del Bundestag entro le ore 18 del giorno precedente alla discussione della raccomandazione sul provvedimento dell’Unione europea (comma 7). La Commissione per gli Affari dell’Unione europea deve stabilire i principi per la trattazione dei documenti dell’Unione europea ad essa trasmessi ed in base ad essi formulare la propria raccomandazione al Bundestag o esprimere il proprio parere al Governo (comma 9).

 

[60] In particolare, il § 93 del regolamento del Bundestag, riguardante la trasmissione dei documenti dell’Unione europea alla Commissione per gli Affari dell’Unione europea, stabilisce che i rapporti, le informazioni, le comunicazioni e i documenti relativi all’Unione europea, trasmessi al Bundestag dal Governo federale o dagli organi dell’Unione europea, servono al Bundestag per la tutela dei suoi diritti, ai sensi dell’articolo 23 della Legge fondamentale, e per collaborare agli affari dell’Unione europea.

[61] Il Bundesrat è composto dai rappresentanti degli esecutivi dei Länder, vincolati ai loro Governi. I voti di un Land possono essere espressi soltanto in maniera unitaria e in seno al Bundesrat vige il semplice principio maggioritario. La differenziazione nel numero dei voti dei singoli Länder è stabilita appositamente nell’articolo 51 della Legge fondamentale.

[62] Il testo aggiornato del Regolamento del Bundesrat è reperibile all’indirizzo internet: http://www.bundesrat.de/cln_171/nn_9718/DE/struktur/recht/go/gonode.html?__nnn=true&__nnn=true#doc41780bodyText4.

[63] Il sito ufficiale della Commissione per gli affari dell’Unione europes del Bundesrat è alla pagina internet: http://www.bundesrat.de/cln_171/nn_9028/DE/organe-mitglieder/ausschuesse/eu/eu-node.html?__nnn=true.

[64] Il nuovo comma 6 dell’articolo 23 recita: “Se sono interessate in maniera determinante le competenze legislative esclusive dei Länder nelle materie dell’istruzione scolastica, della cultura e della radiotelevisione, l’esercizio dei diritti spettanti alla Repubblica federale tedesca quale Stato membro dell'Unione europea deve essere trasferito dalla Federazione ad un rappresentante dei Länder nominato dal Bundesrat. L’esercizio dei diritti si realizza con la partecipazione ed il consenso del Governo federale; in ciò deve essere mantenuta la responsabilità statale generale della Federazione”.

 

[65] Al riguardo, tuttavia, si rilevano nella pratica negoziale esperienze diverse. Nel 1983, ad esempio, l’allora cancelliere Kohl affidò la guida della delegazione tedesca responsabile della politica comune culturale, al Presidente della Conferenza dei ministri regionali responsabili per la pubblica istruzione, e da allora è venuta affermandosi la prassi secondo cui anche in tale ambito la Germania sia rappresentata in sede comunitaria da un ministro regionale.

[66] In particolare, le sanzioni per la violazione del Patto di stabilità europeo saranno sopportate, rispettivamente, in misura del 65 per cento dalla Federazione e per il 35 per cento dai Länder.

[67] Il sito ufficiale dell’Osservatore è reperibile all’indirizzo internet: http://www.laenderbeobachter.de/.

[68] Il testo integrale di tale Accordo è disponibile nel sito ufficiale dell'Osservatore regionale al seguente indirizzo: http://www.laenderbeobachter.de/Abkommen.htm.

[69] Commissione presieduta dal Primo Ministro.

[70] Il Leader of the House of Commons è il membro del Governo (nell’ambito del quale rientra fra i Cabinet Ministers) portavoce e responsabile per la gestione dell’attività d'interesse del Governo nella Camera dei Comuni, con particolare riguardo all’attuazione del programma legislativo. Fra le sue principali competenze rientra la direzione ed il coordinamento dell’attività dei rappresentanti del partito di maggioranza nella Camera sia attraverso appositi organi incardinati nella struttura del Governo (Parliamentary Secretaries) sia attraverso gli whip del partito di maggioranza.

[71] Si segnalano, a questo riguardo, il Concordat relativo alla gestione degli affari europei allegato al protocollo d’intesa (Memorandum of Understanding) concluso dal Governo centrale, rispettivamente, con gli Esecutivi scozzese, galles e dell’Irlanda del Nord). Il testo del Memorandum, nella versione aggiornata del marzo 2010, è consultabile all’indirizzo: http://www.scotland.gov.uk/Resource/Doc/918/0097101.pdf

[72] Il BRE trae origine dall’esperienza della Regulatory Impact Unit istituita nel 2009 in seno al Cabinet Office nel quadro del già menzionato programma Modernising Government.

 

[73] Si veda la relazione finale della Davidson Review (pubblicata nel novembre 2006), in cui tale tendenza è esaminata in relazione ad alcuni casi di studio (p. 17 ss.), dove la over-implementation del diritto europeo, individuata in alcuni settori del diritto interno, viene qualificata come “gold plating of European regulation”: http://webarchive.nationalarchives.gov.uk/+/http://www.hm-treasury.gov.uk/d/davidson_review281106.pdf. Un approccio “minimalista” all’intervento normativo specialmente rivolto ai settori economico-produttivi era stato, peraltro, affermato, già nel 2005, in un documento della Better Regulation Task Force (attiva fino al 2006 all’interno del Cabinet Office), significativamente intitolato Less is more: Reducing Burdens, Improving Outcomes (http://archive.cabinetoffice.gov.uk/brc/upload/assets/www.brc.gov.uk/lessismore.pdf).

[74] A titolo esemplificativo, può farsi riferimento all’attività svolta, nell’ambito della Commissione Europea, dallo Impact Assessment Board (IAB, http://ec.europa.eu/governance/impact/iab/iab_en.htm), nonché alle più recenti iniziative della stessa Commissione (che nel 2005 aveva adottato le Linee guida sulla valutazione d’impatto) in tema di better regulation e di semplificazione normativa, aggiornate in conformità alle indicazioni del Programma di Lisbona: http://ec.europa.eu/governance/better_regulation/simplification_en.htm).

[75] Si fa riferimento allo Standard Cost Model (SCM) Network, istituito nel 2003 e di cui fa parte anche l’Italia: http://www.administrative-burdens.com/. Può inoltre essere utile, in tema, la consultazione del documento pubblicato nel 2010 in forma congiunta dai Governi del Regno Unito, dei Paesi Bassi e della Danimarca, in cui si rilancia il tema della semplificazione della legislazione comunitaria e del maggiore coinvolgimento delle imprese e dei cittadini nella sua elaborazione: Smart Regulation: a cleaner, fairer and more competitive EU, il cui testo è consultabile all’indirizzo: http://www.bis.gov.uk/assets/biscore/better-regulation/docs/10-520-smart-regulation-report.pdf.

[76] Al riguardo si segnala il documento pubblicato nel 2008 dal Governo britannico, 25 udeas for simplifyng EU law, consultabile all’indirizzo: http://www.administrative-burdens.com/filesystem/2008/07/25_ideas_for_simplifying_eu_law_517.pdf.

[77] Transposition Guide: how to implement European directives effectively, (settembre 2007): http://www.berr.gov.uk/files/file44371.pdf.

[78] http://archive.cabinetoffice.gov.uk/brc/upload/assets/www.brc.gov.uk/principles.pdf

[79] La modifica del 1998 aveva fatto seguito alla pubblicazione del settimo Rapporto della Commissione per la modernizzazione della Camera dei Comuni. La nomina dei quindici membri della Commissione per la modernizzazione della Camera dei Comuni il 4 giugno 1997 rientrava fra le prime iniziative parlamentari della nuova maggioranza laburista il cui "Manifesto elettorale", presentato in occasione delle elezioni politiche del maggio 1997, aveva incluso fra i punti maggiormente qualificanti la riforma delle procedure della Camera dei Comuni e la riforma della Camera dei Lord. Il testo dei Rapporti finora pubblicati è disponibile nel sito ufficiale Internet della Camera dei Comuni all'indirizzo http://www.publications.parliament.uk/pa/cm/cmmodern.htm .

[80] Il testo degli S.O. 119 e 143, novellato nel 2009 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2009, è consultabile all’indirizzo http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200708/cmstords/add/add170308.pdf.

[81] Nell’ordinamento parlamentare inglese si distinguono tradizionalmente le commissioni secondo due tipologie, caratterizzate da moduli procedurali nettamente differenti: le c.d. standing committees, appositamente costituite per l'esercizio di specifiche funzioni deliberative (fra cui, principalmente, quelle connesse alla "fase in commissione" dell'esame dei progetti di legge), operanti secondo un modulo procedurale formalmente più rigido, improntato al modello del contraddittorio fra maggioranza e opposizione, senza la possibilità di esperire procedure istruttorie di carattere conoscitivo; le c.d select committees, che, in ragione delle procedure nettamente più agili e meno formali (c.d. select committee style), sono utilizzate, secondo i diversi ambiti di competenza, per l'esercizio di attività di carattere conoscitivo, consultivo o di controllo.

[82] Le relazioni sono disponibili full text anche sul sito ufficiale della Camera dei Comuni: http://www.parliament.uk/commons/index.cfm

[83] Si tratta, in particolare, delle singole select committees riferite a dipartimenti del Governo (Select committees related to government departments, S.O. n. 152); della Commissione sulla Pubblica Amministrazione (Select Committee on Public Administration, S.O. n. 146); della Commissione dei Conti Pubblici (Committee of Public Accounts, S.O. n. 148); della Commissione per l’Audit Ambientale (Environmental Audit Committee, S.O. n. 152 A).

[84] Merita segnalare che a seguito delle raccomandazioni formulate nella seconda relazione della Commissione sulla modernizzazione della Camera dei Comuni (Modernisation of the House Select Committee of 200405, Scrutiny of European Business), il Governo aveva prospettato, nel febbraio 2008, alcune innovazioni procedurali concernenti l’esame degli affari europei, tra cui la tempestiva attivazione della European Scrutiny Committee, su impulso dello stesso Governo, nella fase preliminare alla trattazione delle più rilevanti proposte dell’Unione europea e la pubblicità dei suoi lavori. L’Assemblea approvava quindi una modifica dello S.O. n. 143 prevedendo che le sedute della Commissione e delle sue sotto-commissioni fossero pubbliche; con un’ulteriore modifica della medesima disposizione regolamentare, approvata nel 2008 ed entrata in vigore il 1° gennaio 2009, si è tuttavia ripristinato il precedente sistema.

[85] Lo Scottish Office, il Welsh Office ed il Northern Ireland Office sono i tre uffici governativi competenti per la gestione delle politiche e dei programmi del Governo rispettivamente per la Scozia, il Galles e l'Irlanda del Nord.

[86] Questa particolare commissione provvede alla nomina dei membri delle standing committee e delle private bill committees e raccomanda all'Assemblea i diversi membri da nominare nelle select committee (permanenti) riferite ai dipartimenti del Governo e nelle c.d. domestic committee, competenti per specifici aspetti organizzativi, amministrativi e gestionali dell'attività della Camera. Lo S.O. n. 119 prevede, inoltre (nella versione da ultimo modificata), che la Commission of Selection provveda alla nomina di almeno due membri della European Scrutiny Committee e di altrettanti membri della commissione designata tra quelle le cui responsabilità - in applicazione del già richiamato S.O. n. 152 - siano le più attinenti alla particolare materia all’esame.

[87] S.O. n. 119 (3), così modificato nel 2009 ed entrato in vigore il 1° gennaio 2009; in precedenza la disposizione regolamentare prevedeva la nomina dei membri da parte della Commission of Selection per la durata di una sessione parlamentare.

[88] Nel diritto parlamentare inglese il termine motion (mozione) indica in genere una proposta volta a promuovere una deliberazione che, in relazione alla sua formulazione tipica si trasforma, qualora venga approvata, in una resolution (il cui testo è preceduto dall'espressione “Resolved, …”, con cui si definisce un indirizzo o si decide espressamente qualcosa) o in un order (il cui testo è preceduto dall’espressione “Ordered, …”, con cui si ordina qualcosa o si dispone circa un determinato passaggio procedurale).

[89] Il testo della Risoluzione, nella formulazione aggiornata nel 1998, può consultarsi all’indirizzo http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200405/cmselect/cmmodern/465/46507.htm.

[90] La Spagna comprende 17 Comunità autonome: Andalusia, Aragona, Asturie, Baleari, Canarie, Cantabria, Castiglia-La Mancia, Castiglia e León, Catalogna, Comunità Valenciana, Estremadura, Galizia, La Rioja, Madrid, Murcia, Navarra e Paesi Baschi, oltre alle due città autonome di Ceuta e Melilla.

[91] Previste dall’art. 4 della legge 12/1983 sul processo autonomico, per favorire il coordinamento e la collaborazione tra Stato e Comunità in riferimento a materie specifiche, sono formate dal Ministro o dai Ministri interessati e dai Consiglieri delle Comunità Autonome competenti per argomento.

[92] Va comunque segnalata la resistenza di Comunità come la Catalogna ed i Paesi Baschi nei confronti della soluzione multilaterale affermatasi successivamente (“Conferenza per gli affari relativi alle Comunità Europee”). I Paesi Baschi hanno ottenuto la creazione, nel 1995, di una Commissione bilaterale di cooperazione tra lo Stato e l’Amministrazione della Comunità Autonoma dei Paesi Baschi per gli affari relativi alle Comunità Europee. La Catalogna ha ottenuto nel 1998 la creazione di una Commissione bilaterale di cooperazione amministrativa della Comunità autonoma della Catalogna per affari relativi alle Comunità europee.

[93] Dal 15 aprile 2010 la Conferenza ha assunto la denominazione di “Conferencia para Asuntos Relacionados con la Unión Europea” (CARUE): http://www.mpt.es/prensa/notas_de_prensa/notas/2010/04/20100415.html.

[94] La pubblicazione nel Boletín Oficial del Estado del suddetto “Acuerdo de Institucionalización de la Conferencia para Asuntos Relacionados con las Comunidades Europeas” è avvenuta a quasi un anno di distanza (8 ottobre 1993), a seguito della Risoluzione del 4 ottobre 1993 della Sottosegreteria del Ministero della Presidenza spagnolo: http://www.boe.es/boe/dias/1993/10/08/pdfs/A28669-28670.pdf.

[95] Da segnalare, a tale proposito, l’adozione nel novembre del 1990 di due importanti accordi interni in materia, rispettivamente, di accesso regionale ai fondi stanziati dalla CEE e di forme di partecipazione delle Comunità autonome alle diverse fasi del contenzioso davanti alla Commissione CEE ed alla Corte di Giustizia delle Comunità europee.

[96] Dal 2009 è divenuto Ministro per la Politica Territoriale (Ministro de Política Territorial).

[97] La segreteria della Conferenza è tenuta dalla Direzione Generale per la Cooperazione Autonomica del Ministero per la Politica Territoriale (fino al 2009 Direzione generale per la cooperazione regionale del Ministero della Pubblica Amministrazione), la quale si occupa anche del seguito della partecipazione delle Comunità Autonome agli affari comunitari europei.

[98] Pubblicato nel Boletín Oficial del Estado del 22 marzo 1995, a seguito della Risoluzione del 10 marzo 1995 della Segreteria di Stato per le Amministrazioni Territoriali del Ministero della Pubblica Amministrazione: http://www.boe.es/boe/dias/1995/03/22/pdfs/A09037-09039.pdf.

[99] Il testo dell’Accordo è corredato da un allegato con i nomi delle diverse conferenze competenti per ogni argomento. Le conferenze settoriali sono presiedute dal Ministro corrispondente e ad esse partecipano, seguendo lo schema della Conferenza per gli affari relativi alle Comunità europee, i consiglieri regionali competenti per materia.

[100] Si tratta della fase di ricerca di una “posizione comune” da sostenere innanzi all’Unione.

[101] Il Governo centrale, in sede di negoziazione europea, ha quindi margini di manovra e di modifica dell’accordo precedentemente raggiunto, ma ha l’obbligo di informare tempestivamente le Comunità attraverso le conferenze settoriali.

[102] Per quanto riguarda i conflitti di competenza tra le Comunità Autonome spagnole e l’Unione Europea, con riferimento ad atti comunitari emanati e ritenuti viziati da parte di una o più Comunità autonome, si veda il paragrafo 1.4 “La partecipazione nei procedimenti davanti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.

[103] La legge 2/1997 è consultabile al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l2-1997.html.

[104] Previsto dalla legge 2/1997, è stato approvato mediante la risoluzione del 5 agosto 1997 e pubblicato nel Boletín Oficial del Estado dell’8 agosto 1997: http://www.boe.es/boe/dias/1997/08/08/pdfs/A24191-24193.pdf.

[105] Gli Uffici delle Comunità Autonome a Bruxelles svolgono diverse funzioni, dalla ricerca di informazioni fino alla promozione e difesa degli interessi delle diverse Comunità Autonome presso i comitati ed i gruppi di lavoro che operano all’interno del Consiglio dell’Unione Europea e della Commissione Europea. Sono stati inizialmente sollevati dei dubbi di costituzionalità in riferimento all’istituzione di tali uffici, ma il Tribunale Costituzionale spagnolo ne ha sancito la costituzionalità, entro limiti definiti, con la sentenza n. 165 del 1994.

[106] Si tratta dell’Acuerdo sobre la Consejería para Asuntos autonómicos en la representación permanente de España ante la Unión Europea y sobre la participación de las Comunidades Autónomas en los Grupos de trabajo del Consejo de la Unión Europea, del 9 dicembre 2004, disponibile al seguente link: http://www.mpt.es/documentacion/politica_autonomica/Cooperacion_Autonomica/CCAA_Asunt_Europeos/parrafo/00/text_es_files/file8/09_12_2004_REPER.pdf.

[107] Il Comitato si è riunito per la prima volta nel marzo del 1994 ed ha subito sostenuto fermamente il principio della sussidiarietà. Il Trattato sull’Unione Europea prevede che il Parlamento europeo, il Consiglio o la Commissione possano consultare il Comitato delle regioni nei casi previsti dai trattati e in tutti gli altri casi in cui una di tali istituzioni lo ritenga opportuno, in particolare nei casi concernenti la cooperazione transfrontaliera. Il Comitato può inoltre formulare pareri di propria iniziativa.

[108]Acuerdo entre la Administración general del Estado y las Administraciones de las Comunidades Autónomas relativo a la participación de las Comunidades Autónomas en los procedimientos ante el Tribunal de Justicia de las Comunidades Europeas”, pubblicato nel Boletín Oficial del Estado del 2 aprile 1998: http://www.boe.es/boe/dias/1998/04/02/pdfs/A11352-11354.pdf.

[109] Si tratta dell’Acuerdo sobre el sistema de representación autonómica en las formaciones del Consejo de la Unión Europea, del 9 dicembre 2004, disponibile al seguente link: http://www.mpt.es/documentacion/politica_autonomica/Cooperacion_Autonomica/CCAA_Asunt_Europeos/parrafo/00/text_es_files/file7/09_12_1994_Acuerdo_Repr_Auton.pdf. Nel 2006 è stata adottata una “guida di buone pratiche” per l’applicazione del citato accordo (“Guía de buenas prácticas” para la aplicación del acuerdo sobre el sistema de representación autonómica en las formaciones del Consejo de la Unión Europea: http://www.mpt.es/documentacion/politica_autonomica/Cooperacion_Autonomica/CCAA_Asunt_Europeos/parrafo/00/text_es_files/file9/Guia_Buenas_Practicas.pdf. La Guida contiene differenti accordi per regolare e razionalizzare la presenza del rappresentante delle Comunità Autonome nel Consiglio dei Ministri dell’Unione Europea.

[110] L’ultimo rapporto disponibile è quello relativo al 2008, ed è consultabile al seguente link: http://www.mpt.es/documentacion/politica_autonomica/Cooperacion_Autonomica/CCAA_Asunt_Europeos/parrafo/01/text_es_files/file3/INFORME%202008%20PARTICIPACION%20CCAA%20CONSEJO%20UE%20ACUERDO%202004.pdf.

[111] Lo Statuto è la “normativa istituzionale fondamentale di ogni Comunità Autonoma” (art. 147.1 Cost.). Dal punto di vista formale, essi sono leggi organiche dello Stato, che richiedono l’approvazione del Parlamento, con la previsione della maggioranza assoluta del Congresso. Sono leggi organiche rinforzate poiché non possono essere approvate o modificate senza il consenso della Comunità.

[112] Si tratta della riforma operata negli ultimi anni degli Statuti delle seguenti Comunità: Comunità Valenciana (2006), Catalogna (2006), Isole Baleari (2007), Andalusia (2007), Aragona (2007), Castiglia e León (2007). Su tale processo di riforma si veda la seguente pagina a cura del Ministero per la Politica Territoriale: http://www.mpt.es/documentacion/politica_autonomica/Estatutos_Autonomia/Estatutos_reformas.html.

[113] La legge organica 2/2007 è consultabile al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/lo2-2007.html.

[114] La legge organica 6/2006 è consultabile al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/lo6-2006.html.

[115] La legge organica 14/2007 è consultabile al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/lo14-2007.html.

[116] Sull’argomento, si veda anche Laura Frosina, “La partecipazione delle Cortes Generales ai processi di formazione e attuazioneinterna del diritto europeo, Nomos, n. 1-2, 2006, pp. 289-317.

[117] La legge 8/1994 è consultabile nel testo vigente al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/l8-1994.html.

[118] La Spagna ha ratificato il Trattato di Lisbona mediante la Ley Orgánica 1/2008, de 30 de julio, por la que se autoriza la ratificación por España del Tratado de Lisboa, por el que se modifican el Tratado de la Unión Europea y el Tratado Constitutivo de la Comunidad Europea, firmado en la capital portuguesa el 13 de diciembre de 2007 (http://www.boe.es/boe/dias/2008/07/31/pdfs/A32919-32925.pdf). Il Trattato è entrato ufficialmente in vigore il 1° dicembre 2009.

[119] Ai sensi della Resolución de las Mesas del Congreso de los Diputados y el Senado, reunidas en sesión conjunta, de 26 de mayo de 2008, sobre composición de las Comisiones Mixtas Congreso-Senado (http://www.congreso.es/portal/page/portal/Congreso/Congreso/Informacion/Normas/NormDes/comp_com_mixtas), le Commissioni bicamerali si compongono di 43 membri, scelti dai gruppi parlamentari, così divisi: Gruppo Socialista: 12 deputati e 7 senatori; Gruppo Popolare: 10 deputati e 9 senatori; Gruppo Catalano (CiU): 1 deputato o 1 senatore; Gruppo Basco (EAJ-PNV): 1 deputato o 1 senatore; Gruppo Entesa Catalana de Progrés: 1 senatore; Gruppo Esquerra Republicana-Izquierda Unida: 1 deputato; Gruppo misto: 1 deputato o 1 senatore. Nella IX legislatura la Commissione bicamerale per l’Unione Europea si è costituita il 3 giugno 2008; per la composizione ed altre informazioni si veda il seguente link: http://www.senado.es/legis9/comisiones/index_G013001.html. Essa ha poi istituito alcuni Comitati (Ponencias), tra cui uno relativo alle regioni ultraperiferiche dell’Unione europea (ottobre 2009), ed un altro relativo al quadro di bilancio dell’Unione Europea 2013-2020 (marzo 2010).

[120] Nella IX legislatura è stato delegato a tale carica il deputato popolare Miguel Arias Cañete.

[121] L’attuazione delle direttive comunitarie attraverso il procedimento della legge delega e della successiva approvazione di decreti legislativi delegati è avvenuta, in Spagna, solo nel periodo immediatamente successivo all’adesione del paese alla CEE (1985), mediante la ley de bases 47/1985 ed una serie di reales decretos legislativos emanati nel 1986. Da allora lo strumento del decreto legislativo per l’approvazione di atti di contenuto innovativo (textos articulados), con l’esclusione quindi della compilazione di testi unici (textos refundidos), è stato però, in generale, pressoché inutilizzato, costituendo una delle particolarità dell’ordinamento spagnolo.

[122] Tali succinte relazioni contengono generalmente, oltre all’indicazione della base giuridica, degli antecedenti normativi e dei tempi di adozione previsti, una menzione sommaria degli interessi spagnoli coinvolti e della posizione degli altri Paesi dell’Unione.

[123] È consuetudine che il Governo spagnolo trasmetta alle Camere una relazione semestrale, prima della riunione del Consiglio Europeo, relativa agli sviluppi dell’Unione Europea nel periodo di presidenza che termina con la suddetta riunione.

[124] Le previsioni contenute nelle lettere da j) a n) dell’art. 3 sono state inserite dalla Ley 24/2009.

[125] Tale previsione normativa riprende in realtà una prassi sostanzialmente applicata anche prima del 1994. Si veda, da ultimo, l’intervento del Presidente Zapatero al Congresso dei Deputati dopo il Consiglio Europeo del 25-26 marzo 2010: http://www.la-moncloa.es/ActualidadHome/2009-2/210410Congreso.htm.

[126] Si tratta della “Resolución de las Mesas del Congreso de los Diputados y del Senado, de 21 de septiembre de 1995, sobre desarrollo de la ley 8/1994, de 19 de mayo, por la que se regula la Comisión Mixta para la Unión Europea”. Il testo integrale è disponibile nel sito internet del Congresso dei deputati, al seguente indirizzo: http://www.congreso.es/portal/page/portal/Congreso/Congreso/Informacion/Normas/NormDes/ResCyS21091995. Una traduzione in italiano è disponibile al seguente link: https://www.camera.it/cartellecomuni/leg16/documenti/biblioteca/norme%20di%20procedura%20parlamentare/pagine/spagna/02_norme_integrative/30.html.

[127] È la Segreteria di Stato per l’Unione Europea, facente parte del Ministero degli Affari Esteri, a trasmettere le proposte legislative ai Presidenti delle Camere, attraverso la Segreteria di Stato per gli Affari Costituzionali e Parlamentari, che a sua volta è inserita nel Ministero della Presidenza.

[128] Tale Commissione ha invece competenze di carattere legislativo ed interviene nell’iter dei disegni e delle proposte di legge riguardanti l’autonomia regionale (per informazioni si consulti il seguente link: http://www.senado.es/legis9/comisiones/index_S011014.html).

[129] Sul Senato e l’Unione Europea si consulti inoltre l’apposita sezione del sito, El Senado y la Unión Europea, consultabile al seguente link: http://www.senado.es/unioneuropea/eu.html.

[130] Il Real Decreto 260/1986 è consultabile nel testo vigente al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/rd260-1986.html.

[131] Sito della Representación Permanente de España ante la Union Europea: http://www.es-ue.org.

[132] Sito del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione: http://www.maec.es/es/home/Paginas/HomeEs.aspx. Il Ministero ha assunto tale denominazione nel 2004, in precedenza era Ministero degli Affari Esteri (Ministerio de Asuntos Exteriores-MAE).

[133] Il testo vigente del Real Decreto 1124/2008 è disponibile al seguente link: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/rd1124-2008.html.

[134] Non consideriamo l’eventualità di attivare il circuito della legislazione delegata (presentazione di un disegno di legge delega, approvazione della legge delega da parte del Parlamento e successiva approvazione di un decreto legislativo) dato che tale strada, come già riferito, non è quasi mai utilizzata in Spagna.

[135] L’art. 86.1 della Costituzione spagnola del 1978 recita: “In caso di straordinaria e urgente necessità, il Governo potrà dettare disposizioni legislative provvisorie che prenderanno la forma di Decreti-Legge …”.

[136] I decreti-legge, infatti, in base all’art. 86.1 della Costituzione “non potranno modificare l’ordinamento delle istituzioni basilari dello Stato, i diritti, i doveri e libertà dei cittadini regolati nel Titolo primo, il regime delle Comunità Autonome, né il diritto elettorale generale”.

[137] Per quando riguarda la disponibilità di dati statistici relativi all’utilizzo dei diversi strumenti a disposizione per l’attuazione delle direttive comunitarie (leggi statali e regionali, decreti legislativi, decreti-legge, regolamenti), l’unica fonte ufficiale esistente sono i dati riepilogativi elaborati dalla Segreteria di Stato per l’Unione Europea del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, trasmessi informalmente al Parlamento ogni mese. Da essi si può ricavare la conferma dell’ampio ricorso allo strumento regolamentare per l’attuazione delle direttive comunitarie.

[138] La Commissione Delegata del Governo per gli Affari Economici, già esistente nel periodo franchista, è stata riorganizzata nel 1976 e costituisce, come tutte le commissioni delegate, un “organo di governo” al pari del Presidente, il Vicepresidente, i Ministri ed il Consiglio dei Ministri. L’art. 6 della legge 50/1997 sul Governo ha infatti confermato le “Commissioni Delegate del Governo” come organi collegiali istituiti, modificati o soppressi dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Governo. Le Commissioni svolgono le seguenti funzioni: a) esaminare le questioni di tipo generale che abbiano relazione con i diversi Ministeri rappresentati nella Commissione; b) studiare quegli argomenti che, di interesse di più Ministeri, richiedano l’elaborazione di una proposta comune previa all’adozione di una decisione da parte del Consiglio dei Ministri; c) risolvere quegli aspetti che, di interesse di più Ministeri, non meritano tuttavia di essere trattati in sede di Consiglio dei Ministri; d) esercitare tutte le altre funzioni attribuite dall’ordinamento giuridico o delegate dal Consiglio dei Ministri. Le sedute delle Commissioni Delegate del Governo, al pari di quelle del Consiglio dei Ministri, sono segrete. La Commissione Delegata del Governo per gli Affari Economici, diversamente dalla Commissione interministeriale, ha il potere di emanare istruzioni vincolanti per la rappresentanza permanente a Bruxelles. La composizione della Commissione è ora disciplinata dall’art. 3 del Real Decreto 639/2009, de 17 de abril, por el que se establecen las Comisiones Delegadas del Gobierno: http://noticias.juridicas.com/base_datos/Admin/rd639-2009.html#a3.

[139] In base all’art. 11.6 del Real Decreto 1124/2008, che regola la struttura e le attività del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione, la Commissione interministeriale è organizzativamente ascritta alla Segreteria di Stato per l’Unione Europea.