Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento lavoro
Titolo: Norme in materia di ammortizzatori sociali e rapporti di lavoro flessibili AA.C. 2100, 2157, 2158, 2452, 2890 e 3102 -Schede di lettura e normativa di riferimento
Riferimenti:
AC N. 2100/XVI   AC N. 2157/XVI
AC N. 2158/XVI   AC N. 2452/XVI
AC N. 2890/XVI   AC N. 3102/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 286
Data: 08/02/2010
Descrittori:
CASSA INTEGRAZIONE GUADAGNI   CONTRATTI DI LAVORO A TEMPO DETERMINATO
INDENNITA' DI DISOCCUPAZIONE     
Organi della Camera: XI-Lavoro pubblico e privato

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Norme in materia di ammortizzatori sociali e rapporti di lavoro flessibili

AA.C. 2100, 2157, 2158, 2452, 2890 e 3102

Schede di lettura e normativa di riferimento

 

 

 

 

 

 

n. 286

 

 

 

8 Febbraio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Lavoro

( 066760-4974 / 066760-4884 – * st_lavoro@camera.it

 

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

 

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

 

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File: LA0267.doc

 


INDICE

Le proposte di legge

A.C. 2100 (Damiano ed altri)5

A.C. 2157 (Miglioli ed altri)33

A.C. 2158 (Miglioli ed altri)41

A.C. 2452 (Bellanova ed altri)  A.C. 3102 (Donadi ed  altri)73

A.C. 2890 (Letta ed altri)75

Quadro della normativa vigente

Ammortizzatori Sociali79

La Cassa integrazione guadagni79

La mobilità  82

Le indennità di disoccupazione  85

I contratti di solidarietà  91

Gli ammortizzatori sociali “in deroga”92

Rapporti di lavoro flessibile  96

Le collaborazioni coordinate e continuative  96

Il lavoro a progetto  99

La somministrazione di lavoro  102

L’associazione in partecipazione  106

Il contratto d’opera  107

La certificazione dei rapporti di lavoro  108

La gestione separata I.N.P.S.110

Normativa di riferimento

Costituzione (Art. 117)121

Codice Civile (Artt. 2116, 2222, 2227, 2549-2554)123

Codice di procedura civile (art. 409)125

R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636 Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria, e sostituzione dell'assicurazione per la maternità con l'assicurazione obbligatoria per la nuzialità e la natalità (artt. 6, 7 e 19)127

L. 8 agosto 1972, n. 457 Miglioramenti ai trattamenti previdenziali ed assistenziali nonché disposizioni per la integrazione del salario in favore dei lavoratori agricoli (art. 25)129

D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto (art. 6)130

L. 3 giugno 1975, n. 160 Norme per il miglioramento dei trattamenti pensionistici e per il collegamento alla dinamica salariale (art. 12)132

L. 16 febbraio 1977, n. 37 Ulteriori miglioramenti delle prestazioni previdenziali nel settore agricolo (art. 7)134

D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218 Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno  135

L. 5 agosto 1978, n. 468 Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio (art. 17)136

L. 21 dicembre 1978, n. 845 Legge-quadro in materia di formazione professionale (art. 25)137

D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi (artt. 5 e 116)139

D.L. 21 marzo 1988, n. 86 Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale (art. 7)142

L. 29 dicembre 1990, n. 407 Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993 (art. 8)145

L. 23 luglio 1991, n. 223 Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro (artt. 1, 2, 7, 8, 14, 16, 25)147

D.L. 20 maggio 1993, n. 148 Interventi urgenti a sostegno dell'occupazione (art. 1).159

L. 8 agosto 1995, n. 335 Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare (Art. 2, co 26)162

L. 28 dicembre 1995, n. 549 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica (Art. 1, co 72)163

L. 1 ottobre 1996 n. 510 Disposizioni urgenti in materia di lavori socialmente utili, di interventi a sostegno del reddito e nel settore previdenziale. (Art. 9-bis art. 2 e 2-bis)165

L. 23 dicembre 1996, n. 662 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica.(Art. 1 co. 212)167

L. 24 giugno 1997, n. 196 Norme in materia di promozione dell'occupazione (Art. 18)168

L. 27 dicembre 1997, n. 449 Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica. (Art. 59, co. 16)170

D.M. 25 marzo 1998, n. 142 Regolamento recante norme di attuazione dei princìpi e dei criteri di cui all'articolo 18 della L. 24 giugno 1997, n. 196 , sui tirocini formativi e di orientamento (Artt. 4,5 e 6)171

L. 17 maggio 1999 n. 144 Misure in materia di investimenti, delega al Governo per il riordino degli incentivi all'occupazione e della normativa che disciplina l'INAIL, nonché disposizioni per il riordino degli enti previdenziali. (Art. 58, co. 2 e 3)173

D.Lgs. 21 aprile 2000 n. 181 Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144. (Artt. 1 e 4)174

L. 23 dicembre 2000 n. 388 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2001). (Art. 118)176

D.Lgs. 30 marzo 2001 n. 165 Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche. (Art. 36)181

D.M. 4 aprile 2002 Attuazione dell'art. 80, comma 12, della L. 23 dicembre 2000, n. 388. Tutela relativa alla maternità ed agli assegni al nucleo familiare per gli iscritti alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335.183

L. 27 dicembre 2002, n. 289 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003). (Art. 44, co. 4 e 6 e Art. 90)188

D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276 Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30 (Artt. 12,15,16,17,61,62,63,64,66,67,68,69)196

D.L. 30 settembre 2003, n. 269 Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici. (Art. 43)205

D.L. 14 marzo 2005, n. 35 Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale (Art. 13, co 7 e 12).207

L. 27 dicembre 2006, n. 296 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007) (Art. 1 co. 772,1180 e 788).208

D.M. 12 luglio 2007 Applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, a tutela e sostegno della maternità e paternità nei confronti delle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335.210

L. 24 dicembre 2007, n. 244 Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008).  (Art. 1, co. 29; art. 2, co. 527; art. 3 co. 90, 94, 95,96, 96 e 106, Tabella C)213

D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. (Art. 28)216

D.L. 25 giugno 2008 n. 112 Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria. (Art. 49)218

D.L. 29 novembre 2008 n. 185 Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale. (Art. 19)219

Reg. (CE) 6 agosto 2008, n. 800/2008 REGOLAMENTO DELLA COMMISSIONE che dichiara alcune categorie di aiuti compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria).229

 

 


SIWEB

Le proposte di legge

 


 

Le 6 proposte di legge in esame (AA.CC. 2100, 2157, 2158, 2452, 2890 e 3102), tutte di iniziativa parlamentare, dettano norme in materia di ammortizzatori sociali e prevedono misure in favore dei lavoratori flessibili.

Le proposte di legge C. 2100 (Damiano ed altri) e C. 2890 (Letta ed altri) intervengono sugli ammortizzatori sociali, prevedendo, in particolare, l’estensione di tali strumenti ai lavoratori esclusi dall’applicazione della normativa generale (AC 2100), nonchè l’unificazione di alcuni trattamenti e l’istituzionedi un’indennità unica di disoccupazione (AC 2890).

Le proposte di legge C. 2452 (Bellanova ed altri) e C. 3102 (Donadi ed altri) recano disposizioni transitorie intese a fronteggiare la crisi occupazionale in atto, valevoli fino al 31 dicembre 2010, mediante l’estensionedella durata della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIG).

Le proposte di legge C. 2157 e C.2158 (Miglioli e altri) dettano una serie di norme volte a promuovere le tutele dei lavoratori con rapporti di lavoro flessibile.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.C. 2100
(Damiano ed altri)

 

 

 

 

 

 


 

La proposta di legge 2100 (Damiano e altri) prevede la tutela dei lavoratori attualmente esclusi dal sistema degli ammortizzatori sociali.

 

Secondo quanto evidenziato nella relazione illustrativa, “accedono alle tutele previste dalla presente proposta di legge i lavoratori che fino ad ora ne risultano esclusi: vale a dire i lavoratori a tempo determinato e indeterminato appartenenti ai settori e alle imprese che non risultano destinatari di alcun trattamento di integrazione salariale, ad esclusione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e dei contratti di lavoro a tempo parziale verticale; i dipendenti da imprese del settore artigiano; gli apprendisti; i titolari di partita IVA con un reddito inferiore a 22.000 euro. A questi soggetti vengono estese le tutele sociali al momento riconosciute a tutti gli altri lavoratori, vale a dire la cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, l'indennità di mobilità e l'indennità di disoccupazione. L'entità e la durata minima dei trattamenti non potranno essere inferiori al 50 per cento rispetto ai limiti previsti dalla legislazione vigente”.

 

L’articolo 1 istituisce un apposito fondo per la tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di licenziamento, cui affluiscono tutte le risorse previste dalla normativa vigente in materia, “al fine di realizzare un sistema universalistico a sostegno dei lavoratori impiegati con qualsiasi forma contrattuale e delle imprese di qualsiasi dimensione e categoria, nonché al fine di sostenere l'occupazione e di rispondere alle esigenze di carattere straordinario ed emergenziale derivanti dalla crisi internazionale”.

 

Possono beneficiare delle risorse del richiamato fondo:

§         i lavoratori a tempo determinato e indeterminato appartenenti ai settori e alle imprese che non risultano destinatari di alcun trattamento di integrazione salariale, ad esclusione dei contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e dei contratti di lavoro a tempo parziale verticale;

§         i dipendenti da imprese del settore artigiano o di agenzie di somministrazione di lavoro in missione presso imprese del settore artigiano;

§         gli apprendisti;

§         i soggetti iscritti alla gestione separata INPS, di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 335/1995, non titolari di pensione e non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie, nonché i soggetti con rapporti di collaborazione continuativa e coordinata di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile, con obbligo di versamento all'ENPALS, a condizione che operino in regime di monocommittenza e che abbiano conseguito nell'anno precedente alla richiesta di contributi a carico del fondo un reddito superiore a 5.000 euro e pari o inferiore a 22.000 euro (per un approfondimento della disciplina relativa alla Gestione separata INPS cfr. l’apposita scheda) .

 

L’articolo 2 riconosce l’accesso, per i soggetti indicati in precedenza, ai seguenti strumenti di sostegno del reddito (per una disamina più puntuale del sistema degli ammortizzatori sociali si rinvia alla scheda “Ammortizzatori sociali” del presente dossier):

§         cassa integrazione guadagni ordinaria, di cui alla L. 23 luglio 1991, n. 223;

In proposito, si segnala che la normativa in materia di CIG è contenuta principalmente in ulteriori provvedimenti, i quali disciplinano, ad esempio, i settori interessati dal trattamento di integrazione salariale, i lavoratori beneficiari, le procedure sindacali (cfr. ad es. articolo 1 del D.Lgs.Lgt. 788/1945, articolo 5 del D.Lgs.CPS 869/1947, articolo 3 della L. 240/1984, articolo 5 della L. 164/1975). Si valuti, quindi, sotto il profilo della redazione formale del testo, l’opportunità di indicare anche tali norme ovvero fare riferimento, in generale, alla normativa vigente in materia;

§         cassa integrazione guadagni straordinaria, di cui agli articoli 1 e 2 della L. 223/1991;

§         cassa integrazione guadagni in deroga alla normativa vigente;

§         indennità di mobilità, di cui agli articoli 4 e ss. della L. 223/1991;

§         l’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti ordinari, di cui all’articolo 19, primo comma, del D.L. 14 aprile 1939, n. 636, convertito dalla L. 6 luglio 1939, n. 1272;

§         l’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti, di cui all’articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160.

 

L'entità e la durata minima dei trattamenti in oggetto non possono essere inferiori al 50% dei limiti previsti dalla legislazione vigente in materia.

 

Alle richiamate misure di sostegno al reddito possono inoltre sommarsi gli interventi integrativi a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, compresi quelli previsti dall'articolo 12 del D.Lgs 10 settembre 2003, n. 276.

Ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera h), del D.Lgs. 276/2003 gli enti bilaterali rappresentano gli organismi, costituiti a iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro attraverso: la promozione di una occupazione regolare e di qualità; l'intermediazione nell'incontro tra domanda e offerta di lavoro; la programmazione di attività formative e la determinazione di modalità di attuazione della formazione professionale in azienda; la promozione di buone pratiche contro la discriminazione e per la inclusione dei soggetti più svantaggiati; la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l'integrazione del reddito; la certificazione dei contratti di lavoro e di regolarità o congruità contributiva; lo sviluppo di azioni inerenti la salute e la sicurezza sul lavoro; ogni altra attività o funzione assegnata loro dalla legge o dai contratti collettivi di riferimento.

Essi gestiscono quindi anche i Fondi per la formazione e l'integrazione del reddito, istituiti dall’articolo 12 dello stesso D.Lgs. 276, cioé i fondi cui afferiscono le risorse derivanti dall’erogazione di due specifici contributi, pari al 4% della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato e a tempo indeterminato, da parte dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro per l'esercizio dell’attività di somministrazione.

 

 

Infine, si provvede all’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2009, dei commi da 7 a 12 dell'articolo 13 del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.

Si segnala, al riguardo, che i richiamati commi sono stati già abrogati , a decorrere dal 1° gennaio 2009, dall’articolo 19, comma 5, del D.L. 185/2008.

 

I richiamati commi da 7 a 12 avevano introdotto alcune limitazioni all'indennità ordinaria di disoccupazione (per una disamina completa dell’istituto si rinvia alla scheda  “Ammortizzatori sociali” del presente dossier) relativa ai dipendenti sospesi in conseguenza di situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero dovute alle situazioni temporanee di mercato, ed all’indennità con requisiti relativa ai dipendenti del settore dell’artigianato.

In particolare, il comma 7 confermava per i lavoratori in oggetto, salvo specifiche eccezioni, l'attribuzione dell'indennità con requisiti normali, secondo la disciplina propria di quest'ultima, come modificata dal precedente comma 2, lettera a), dello stesso articolo 13. Veniva, tuttavia, introdotto un limite di spesa, pari a 48 milioni di euro annui, ivi inclusi gli oneri per il riconoscimento della contribuzione figurativa, dell’assegno per il nucleo familiare e quelli conseguenti gli incrementi di cui al richiamato comma 2, lettera a).

Il successivo comma 8 riconosceva l'indennità con requisiti ridotti per i soli dipendenti del settore dell'artigianato, confermando, sotto tale profilo limitativo, l'applicazione sin qui seguita.

Si introduceva, tuttavia:

-      un limite di spesa, pari a 6 milioni di euro annui;

-      la condizione della sussistenza di un intervento integrativo, pari almeno a 20 punti percentuali, a carico degli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva oppure dello svolgimento, a cura degli stessi enti ed in favore dei lavoratori in oggetto, di attività di formazione e qualificazione professionale, di durata non inferiore a 120 ore.

Il comma 9 confermava i casi di esclusione dal beneficio dell'indennità, sia normale sia con requisiti ridotti. In particolare, l’indennità non spettava:

§         ai lavoratori dipendenti da aziende destinatarie di trattamenti di integrazione salariale;

§         nei casi di contratti di lavoro a tempo indeterminato con previsione di sospensioni lavorative programmate e di contratti di lavoro a tempo parziale verticale;

§         nelle ipotesi di perdita e sospensione dello stato di disoccupazione disciplinate dalla normativa in materia di incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Il comma 10 introduceva un limite di durata, pari a 65 giornate annue, per ciascuno dei trattamenti di cui ai precedenti commi 7 e 8. Per l'indennità con requisiti normali, si prevedeva altresì la cessazione nei casi in cui il lavoratore avesse goduto, sempre nel periodo di un anno immediatamente precedente, di 65 giornate di prestazione. Inoltre, si evidenziano alcuni adempimenti amministrativi a carico del datore e dei dipendenti, sempre in riferimento alle ipotesi di sospensione in esame.

Infine, il comma 11 demandava ad un decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, da emanarsi, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro 60 giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge in esame, la definizione dei casi di sospensione in esame nonché delle procedure di comunicazione all'INPS dei lavoratori interessati dai medesimi, anche ai fini del controllo di cui al successivo comma 12.

In base a quest'ultimo, infatti, l'INPS doveva provvedere al monitoraggio (comma 12) dell'attribuzione dei benefici di cui ai precedenti commi 7 e 8, al fine di garantire il rispetto dei limiti di spesa ivi stabiliti, e comunicava gli esiti del controllo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali e al Ministero dell'economia e delle finanze.

 

L'erogazione dei trattamenti di sostegno al reddito è subordinata (articolo 3) alla sottoscrizione, da parte dei lavoratori interessati, di un apposito patto di servizio presso i competenti centri per l'impiego.

Le modalità attuative del patto di servizio sono demandate ad un apposito decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale.

Si segnala che il testo non prevede un termine per l’emanazione del decreto in oggetto.

 

Il rifiuto alla sottoscrizione del patto di servizio da parte del lavoratore interessato comporta la perdita del diritto a qualsiasi erogazione di carattere retributivo e previdenziale a carico del datore di lavoro, fatti salvi i diritti già maturati.

Lo stesso articolo, infine, prevede l’obbligo, per le imprese che intendano accedere ai trattamenti individuati, del versamento di un contributo corrispondente nella misura ridotta del 30% per il primo anno.

 

Ai sensi dell’articolo 4, i fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, di cui all'articolo 118 della L. 388/2000 (legge finanziaria per il 2001), possono destinare interventi, anche in deroga alle disposizioni vigenti, per misure temporanee ed eccezionali volte alla tutela dei lavoratori a rischio di perdita del posto di lavoro, anche con contratti di apprendistato o a progetto, ai sensi del regolamento (CE) n. 800/2008 della Commissione, del 6 agosto 2008.

 

Il Regolamento (CE) 6 agosto 2008, n. 800/2008, della Commissione, che dichiara alcune categorie di aiuti di Stato compatibili con il mercato comune in applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato (regolamento generale di esenzione per categoria), e quindi concedibili senza notifica alla Commissione, è entrato in vigore il 29 agosto 2008 e consolida in un unico testo le norme precedentemente contenute in quattro distinti regolamenti: il Regolamento (CE) n. 68/2001, in materia di aiuti alla formazione; il Regolamento (CE) n. 70/2001, concernente l’applicazione degli aiuti di Stato a finalità regionale per le PMI; il Regolamento (CE) n. 2204/2002, riguardante gli aiuti all'occupazione ed il Regolamento (CE) n. 1628/2006, inerente l'applicazione degli articoli 87 e 88 del Trattato agli aiuti di Stato per investimenti a finalità regionale.

 

In materia di occupazione, si segnalano: gli aiuti a finalità regionali connessi agli investimenti e all’occupazione; gli aiuti agli investimenti e all'occupazione a favore delle PMI; gli aiuti in favore dei lavoratori svantaggiati e disabili.

 

L’articolo 13, facente parte della Sezione 1, dichiara (paragrafo 1) compatibili con il mercato comune i regimi di aiuti regionali agli investimenti e all'occupazione, purché soddisfino le condizioni stabilite dallo stesso articolo. Lo stesso paragrafo, al secondo comma, dichiara compatibili che gli aiuti ad hoc intesi unicamente ad integrare gli aiuti concessi in base a regimi di aiuti regionali agli investimenti e all'occupazione, che non superino il 50% dell'aiuto totale destinato all'investimento purché soddisfino tutte le condizioni di cui allo stesso regolamento.

Si segnala, inoltre, che gli aiuti vengono concessi in regioni ammissibili ad aiuti regionali. L'investimento deve essere mantenuto nella regione beneficiaria per almeno 5 anni, o per 3 anni nel caso di PMI, una volta completato l'intero investimento. Ciò non osta alla sostituzione di impianti o attrezzature divenuti obsoleti a causa del rapido cambiamento tecnologico, a condizione che l'attività economica venga mantenuta nella regione interessata per il periodo minimo previsto (paragrafo 2).

 

La Sezione 2, composta dal solo articolo 15, dichiara compatibili con il mercato comune aiuti agli investimenti e all'occupazione a favore delle PMI[1], a condizione che:

§         l'intensità di aiuto non superi il 20% dei costi ammissibili nel caso delle piccole imprese ed il 10% dei costi ammissibili nel caso delle medie imprese;

§         siano ammissibili i costi per gli investimenti materiali e immateriali, oppure i costi salariali stimati per i posti di lavoro creati direttamente dal progetto di investimento, calcolati su un periodo di 2 anni;

§         l’intensità di aiuto non superi specifiche percentuali in rapporto a determinati territori, qualora gli investimenti riguardino la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli.

 

Infine, la sezione 9 (articoli 40-42) reca disposizioni concernenti gli aiuti in favore dei lavoratori svantaggiati e disabili[2], stante il fatto che alcune categorie di lavoratori disabili o svantaggiati incontrano ancora notevoli difficoltà di accesso al mercato del lavoro (“considerando” n. 64).

In particolare, l’articolo 40 dichiara compatibili con il mercato comune i regimi di aiuti per l'assunzione di lavoratori svantaggiati sotto forma di integrazioni salariali, a condizione che l’intensità di aiuto non supera il 50% dei costi ammissibili; che questi ultimi corrispondano ai costi salariali durante un periodo massimo di 12 mesi successivi all'assunzione (periodo elevato a 24 mesi in caso di lavoratore molto svantaggiato); che nei casi in cui l'assunzione non rappresenti un aumento netto del numero di dipendenti dell'impresa interessata rispetto alla media dei 12 mesi precedenti, tale situazione sia imputabile a cessazioni non derivanti la licenziamenti per riduzione del personale; che al lavoratore svantaggiato sia garantita la continuità dell'impiego per un periodo minimo coerente con la legislazione nazionale o con contratti collettivi in materia di contratti di lavoro (fatto salvo il caso di licenziamento per giusta causa). Nel caso in cui l periodo d'occupazione sia più breve di 12 mesi, o se applicabile, di 24 mesi, l'aiuto sarà ridotto pro-rata di conseguenza.

Il successivo articolo 41 dichiara compatibili gli aiuti all'occupazione di lavoratori disabili concessi sotto forma di integrazioni salariali, a condizione che l'intensità di aiuto non superi il 75% dei costi ammissibili, i quali devono corrispondere ai costi salariali sostenuti nel periodo in cui il lavoratore disabile è stato assunto. Anche in questo caso se l'assunzione non rappresenta un aumento netto del numero di dipendenti dell'impresa interessata rispetto alla media dei 12 mesi precedenti, tale situazione deve essere imputabile a cessazioni non derivanti la licenziamenti per riduzione del personale. Inoltre al lavoratore disabile deve essere garantita la continuità dell'impiego per un periodo minimo coerente con la legislazione nazionale o con contratti collettivi in materia di contratti di lavoro (fatto salvo il caso di licenziamento per giusta causa), qualora il periodo d'occupazione sia più breve di 12 mesi, l'aiuto sarà ridotto pro rata di conseguenza.

L’articolo 42, infine, dichiara compatibili gli aiuti intesi a compensare i sovraccosti connessi all'occupazione di lavoratori disabili, a condizione che l'intensità di aiuto non superi il 100% dei costi ammissibili, cioè quelli diversi da quelli salariali contemplati all'articolo 41, che si aggiungono a quelli che l'impresa avrebbe sostenuto impiegando lavoratori non disabili, durante il periodo in cui il lavoratore interessato è stato assunto.

In particolare, sono ammissibili i costi per l'adeguamento dei locali; i costi relativi al tempo di lavoro impiegato dal personale esclusivamente per assistere il lavoratore disabile; i costi relativi all'adeguamento o all'acquisto di attrezzature, o all'acquisto e alla validazione di software, ad uso dei lavoratori disabili, ivi compresi gli ausili tecnologici adattati o di assistenza, che si aggiungono a quelli che il beneficiario avrebbe sostenuto impiegando lavoratori non disabili; i costi connessi alla costruzione, all'installazione o all'ampliamento dello stabilimento interessato e qualsiasi costo amministrativo e di trasporto direttamente derivante dall'occupazione dei lavoratori disabili, nei casi in cui beneficiario sia un datore di lavoro che offre lavoro protetto.

 

I fondi paritetici interprofessionali, di cui al richiamato articolo 118 della L. 388/2000, sono costituiti, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori “maggiormente rappresentative sul piano nazionale”, per ciascuno dei seguenti settori economici (salva la possibilità che gli stessi accordi prevedano la costituzione di fondi anche per settori diversi): industria; agricoltura; terziario; artigianato[3].

I fondi finanziano, in tutto o in parte, piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali, concordati tra le parti sociali, "nonché eventuali ulteriori iniziative propedeutiche e comunque direttamente connesse a detti piani concordate tra le parti".

I fondi - che, previo accordo tra le parti, si possono articolare su scala regionale o, in ogni caso, territoriale - sono attivati previa autorizzazione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, il quale esercita altresì la vigilanza sulla gestione. L'autorizzazione è subordinata alla verifica della conformità dei criteri di gestione, degli organi, delle strutture di funzionamento e della professionalità dei gestori rispetto alle finalità dei fondi.

Con riferimento ai datori che aderiscono ai medesimi fondi, le entrate derivanti dall'addizionale contributiva dello 0,30%[4] - addizionale destinata, in via generale, al finanziamento del sistema della formazione professionale (cfr. infra) - sono trasferite, da parte dell'INPS, al fondo indicato dal datore, nei seguenti termini e limiti:

§       le entrate corrispondenti alla quota - pari ad un terzo (cioè, a 0,1 punti percentuali) - dell'addizionale che spetterebbe, in via ordinaria[5], al Fondo di rotazione per la formazione professionale e per l'accesso al Fondo sociale europeo[6] sono attribuite in misura integrale al fondo indicato dal datore - in caso, ovviamente, di adesione da parte del medesimo -;

§       le entrate corrispondenti alla restante quota (cioè, ai due terzi) sono anch'esse destinate al fondo prescelto, nel limite, tuttavia, di un importo pari a circa 103,291 milioni di euro[7]. Si ricorda che tale quota spetta, in assenza di adesione - nonché, in ogni caso, per la misura eccedente il suddetto importo - al Fondo di rotazione per l'attuazione delle politiche comunitarie[8] (ai fini del cofinanziamento degli interventi del Fondo sociale europeo).

I Fondi paritetici sono entrati nella fase concretamente operativa, cominciando a svolgere l’attività in favore dei lavoratori e delle imprese, a partire dalla fine dell’anno 2004, dopo la fase di definizione delle regole e della conclusione delle necessarie intese tra i soggetti pubblici coinvolti. Ciò è avvenuto, come già detto, sulla base di una disciplina in parte diversa rispetto a quella introdotta dalla legge finanziaria per il 2001, a causa delle modifiche introdotte dall’articolo 48 della L. 289/2002 (legge finanziaria 2003) e dall’articolo 1, comma 151, della L. 311/2004 (legge finanziaria 2005).

Si evidenzia in particolare che la legge finanziaria per il 2005, anche per eliminare i dubbi interpretativi che erano emersi, ha introdotto modifiche alla disciplina dei Fondi paritetici, con riferimento eminentemente ai profili del finanziamento dei fondi nonché, in generale, alla destinazione del gettito proveniente dalla suddetta addizionale. In particolare si è previsto che le entrate derivanti dall'addizionale contributiva sono trasferite per l’intero ammontare – detratti i soli costi amministrativi - da parte dell'INPS al fondo indicato dal datore di lavoro[9]. Inoltre, è stato prolungato di 12 mesi (da 24 a 36 mesi) il periodo entro il quale i Fondi possono spendere le risorse (192 milioni di euro) messe a disposizione dal Ministero del lavoro per favorire la fase di start up.

Successivamente, l’articolo 1, commi 62-64, della L. 247/2007, di attuazione del protocollo sul Welfare, introducendo dal 1° gennaio 2008, la contribuzione relativa all’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria dovuta dai datori di lavoro agricoli, ha disposto l’obbligo, per i datori di lavoro che aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua, di versamento dell’intero versamento dei contributi in questione, pari al 2,75% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo, all’INPS, che, una volta dedotti i costi amministrativi, provvede ogni due mesi al trasferimento dell’importo relativo allo 0,3% al Fondo paritetico indicato dal datore di lavoro. Anche i datori di lavoro che non aderiscono ai Fondi paritetici interprofessionali per la formazione continua sono obbligati comunque a versare all’INPS l’intero contributo del 2,75%; nel caso in questione, la suddetta quota dello 0,3% per il finanziamento delle iniziative di formazione continua segue la medesima destinazione dell’addizionale contributiva prevista dall’articolo 25, quarto comma, della L. 845/1978 per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria (anche essa pari allo 0,30% delle retribuzioni soggette all'obbligo contributivo).

Infine, l’articolo 19, comma 7-bis, del D.L. 185/2008 ha previsto, in caso di mobilità tra i fondi interprofessionali per la formazione continua, che la quota di adesione a carico del datore di lavoro presso il fondo di provenienza debba essere trasferita al fondo interprofessionale di adesione in misura pari al 70% del totale, al netto dell’ammontare eventualmente già utilizzato dallo stesso datore di lavoro per finanziare propri piani formativi. Il trasferimento è effettivo a condizione che l’importo da trasferire per tutte le posizioni contributive del datore di lavoro interessato sia almeno pari a 3.000 euro.

 

L’articolo 5 dispone la copertura degli oneri quantificati dalla proposta di legge in esame e degli ulteriori eventuali oneri riconducibili agli interventi del Fondo per la tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di licenziamento (v. scheda articolo 1).

 

Il comma 1 prevede, in particolare, che il predetto Fondo venga alimentato dalle seguenti risorse:

a)        289 milioni di euro per l’anno 2009, 304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e 54 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012;

b)        dal contributo previsto all’articolo 3, comma 2, a carico delle imprese che intendano accedere ai trattamenti di cui all’articolo 2, che estende le misure di cassa integrazione ordinaria, straordinaria e in deroga, nonché di indennità di mobilità, ai lavoratori precari di cui all’articolo 1, in caso di sospensione dal lavoro o di licenziamento. Per tali imprese, il predetto comma 2 dispone l’obbligo di contribuzione nella misura ridotta del 30 per cento per il primo anno di versamento;

c)        da eventuali contributi da parte dei fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua di cui all’articolo 118 della legge finanziaria per il 2001 (legge n. 388/2000), e successive modificazioni;

I fondi paritetici interprofessionali, di cui al citato articolo 118 sono costituiti nei settori dell’industria, agricoltura, terziario e artigianato, sulla base di accordi interconfederali stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei lavoratori maggiormente rappresentativi. Essi finanziano, in tutto o in parte, piani formativi aziendali, territoriali, settoriali o individuali, concordati tra le parti sociali (cfr. scheda articolo 4).

d)        da un contributo a carico dello Stato pari a 400 milioni annui per ciascuno degli anni 2009 e 2010.

Si segnala che la norma andrebbe riformulata aggiornando i riferimenti temporali previsti in relazione al conferimento di risorse al Fondo per l’anno 2009.

 

Il comma 2 dispone l’abrogazione dell’articolo 19 del D.L. n. 185 del 2008[10] relativo al potenziamento ed estensione degli strumenti di tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di disoccupazione, nonché disciplina per la concessione degli ammortizzatori in deroga.

 

Si ricorda che l’articolo 19 del citato D.L. n. 185 reca una serie di disposizioni in materia di ammortizzatori sociali, operando sia attraverso la fruizione di ulteriori strumenti a tutela del reddito in caso di disoccupazione o sospensione dal lavoro (commi 1-8), sia mediante l’assegnazione di risorse di sostegno al reddito (commi 9-17).

 

Al riguardo, appare necessario acquisire una relazione tecnico-normativa considerata la complessità degli effetti normativi e finanziari del citato articolo 19, il quale comprende peraltro alcuni commi (da 18 a 18-quater) relativi ad interventi che non rientrano nella disciplina degli ammortizzatori sociali.

 

Il comma 3 autorizza la spesa di 5 milioni di euro, a valere sul Fondo per la tutela del reddito in caso di sospensione dal lavoro o di licenziamento di cui all’articolo 1, finalizzata al potenziamento dell’attività ispettiva sul territorio ed al contrasto di possibili usi distorsivi degli istituti previsti al presente articolo. Tale finalità è perseguita anche attraverso la stipula di apposite convenzioni con gli enti bilaterali previsti dalla contrattazione collettiva, compresi quelli previsti dall’articolo 12 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.

 

Tali enti bilaterali sono organismi costituiti ad iniziativa di una o più associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, quali sedi privilegiate per la regolazione del mercato del lavoro. In particolare, la norma si riferisce agli enti bilaterali organizzati per la gestione mutualistica di fondi per la formazione e l’integrazione del reddito, istituiti dall’articolo 12 del D. Lgs. n. 276/2003, cui afferiscono le risorse derivanti dall’erogazione di due specifici contributi, pari al 4% della retribuzione corrisposta ai lavoratori assunti con contratto a tempo determinato e a tempo indeterminato, da parte dei soggetti autorizzati alla somministrazione di lavoro.

 

Il comma 4 dispone la copertura degli oneri derivanti dall’attuazione della presente proposta di legge, quantificati in 689 milioni di euro per l’anno 2009, 704 milioni di euro per il 2010, 304 milioni di euro per il 2011 e 54 milioni di euro a decorrere dal 2012.

La copertura di tali oneri è così articolata:

-          quanto a 400 milioni di euro annui per ciascuno degli anni 2009 e 2010, mediante riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa determinate dalla tabella C della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008);

-          quanto a 35 milioni di euro per il 2009, a carico delle disponibilità del Fondo per l’occupazione di cui all’articolo 1, comma 7, del D. L. n. 148 del 1993[11]. Per le finalità di copertura degli oneri del provvedimento, il medesimo Fondo è altresì integrato di 254 milioni di euro per il 2009, 304 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 e di 54 milioni di euro a decorrere dal 2012.

Si segnala che il citato Fondo per l’occupazione è confluito nel Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, istituito dall’articolo 18 del D.L. n. 185/2008[12] nello stato di previsione del Ministero del lavoro, che ingloba le risorse comunque destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali concessi in deroga alla normativa vigente e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Il riferimento normativo andrebbe pertanto conseguentemente riferito a tale nuovo Fondo[13].

All’integrazione del Fondo per l’occupazione si provvede mediante:

a)   versamento all’entrata al bilancio dello Stato da parte dell’INPS di una quota pari a 100 milioni di euro per il 2009 e a 150 milioni di euro per ciascuno degli anni 2010 e 2011 delle entrate derivanti dall’aumento contributivo di cui all’articolo 25 della legge 21 dicembre 1978, n. 845, e successive modificazioni.

Si ricorda che il citato articolo 25 prevede che, a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 1979, l’aliquota del contributo integrativo dovuto per l’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria[14], sia aumentata in misura pari allo 0,30 % delle retribuzioni soggette all’obbligo contributivo. I due terzi delle maggiori entrate derivanti da tale aumento sono fatti affluire ad un Fondo di rotazione, istituito presso il Ministero del lavoro, con amministrazione autonoma e gestione fuori bilancio[15], allo scopo di favorire l’accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo dei progetti di formazione, finalizzati a specifiche occasioni di impiego. Il versamento delle somme dovute al Fondo è effettuato dall’INPS con periodicità trimestrale.

Il versamento all’entrata del bilancio dello Stato da parte dell’INPS degli importi derivanti dal predetto aumento contributivo è effettuato con l’esclusione delle somme destinate al finanziamento dei fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua di cui all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (v. scheda articolo 4) e successive modificazioni, a valere in via prioritaria sulle somme residue che non risultino destinate alle finalità previste dall’articolo 1, comma 72, della legge n. 549 del 1995. La norma prevede, inoltre, il conseguente adeguamento, per ciascuno degli anni considerati, delle erogazioni relative agli interventi a valere sulla predetta quota di aumento contributivo.

Le finalità previste dal citato articolo 1, comma 72, della legge n. 549/1995 sono relative al versamento, da parte dell’INPS, di una quota pari ai due terzi delle maggiori entrate derivanti dall’aumento contributivo disposto dall’articolo 25 della legge n. 845/1978 (v. supra), al Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie[16], per essere destinati al cofinanziamento degli interventi del Fondo sociale europeo, secondo scadenze e modalità da stabilire con apposito decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

b)   mediante le economie derivanti dall’attuazione della disposizione dell’articolo 2, comma 4, quantificate in 54 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009, in relazione all’abrogazione, con effetto dal 1° gennaio 2009, dei commi da 7 a 12 dell’articolo 13 del D.L. n. 35 del 2005[17] (v. scheda articolo 4).

Si ricorda che i commi da 7 a 12 dell’articolo 13 del D.L. n. 35– come già osservato nella scheda di lettura dell’articolo 4 – risultano già abrogati a decorrere dal 1° gennaio 2009, dall’articolo 19, comma 5, del D.L. 185/2008; tali disposizioni avevano introdotto alcune limitazioni all'indennità ordinaria di disoccupazione relativa, in particolare, ai dipendenti sospesi per situazioni aziendali dovute ad eventi transitori, ovvero dovute alle situazioni temporanee di mercato, ed all’indennità con requisiti relativa ai dipendenti del settore dell’artigianato.

 

c)   mediante l’utilizzo di quota-parte delle maggiori entrate di cui al citato D.L. 185/2008 recante misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa in funzione anti-crisi, pari a 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011.

In base allegato tecnico riepilogativo degli effetti finanziari recati del citato D.L. 185, le maggiori entrate da esso derivanti erano stimate complessivamente in 3.514 milioni per il 2009, 1.306 milioni per il 2010, e 928 milioni per il 2011.

 

Si segnala che tali maggiori entrate sono state utilizzate ai fini della copertura, per quota parte, degli oneri derivanti dalle disposizioni introdotte dal medesimo decreto-legge n. 185/2008.

Più in generale, si rileva, anche in tal caso, l’opportunità di riformulare le disposizioni di cui al comma 4 in esame aggiornando i riferimenti temporali previsti in relazione alla copertura finanziaria.

La  tabella che segue riepiloga gli effetti onerosi e la corrispondente copertura della proposta di legge in esame:

 

2009

2010

2011

2012

Oneri AC 2100 (A)

689

704

304

54

Copertura (B)

di cui:

435

400

-

-

Riduzione lineare Tab. C LF 2008

400

400

 

 

Fondo sociale per occupazione

35

-

-

-

Oneri restanti da coprire con il Fondo per l’occupazione
(A-B)

254

304

304

54

Integrazione Fondo per l’occupazione (C)

di cui:

254

304

304

54

Aumento contributivo L. 845/1978

100

150

150

 

Economie art. 2 co. 4 (a decorrere dal 2009)

54

54

54

54

Utilizzo maggiori entrate DL 185/2008

100

100

100

-

 

 

Il comma 5 dispone che, qualora, a fronte del protrarsi degli effetti della crisi internazionale, si rendano necessari e indifferibili ulteriori interventi del citato Fondo per la tutela del reddito di cui all’articolo 1, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono individuate, per ciascuna operazione di cui all’articolo 5 in esame, le risorse necessarie per finanziare le operazioni stesse.

 

Le risorse che si rendano necessarie per finanziare gli eventuali ulteriori interventi del citato Fondo per la tutela del reddito, il cui importo non è quantificato dalla norma nemmeno in termini di limiti massimi, dovranno essere individuate, in relazione a ciascuna operazione, mediante:

a)  la riduzione lineare delle dotazioni finanziarie, a legislazione vigente, delle missioni di spesa di ciascun Ministero, con esclusione di alcune categorie di spesa assimilabili in larga parte a spese di carattere obbligatorio o aventi natura obbligatoria, cui si aggiungono altre specifiche spese ritenute “indisponibili.

Tra le spese escluse dalla riduzione delle dotazioni di ciascuna missione sono annoverate quelle connesse a:

§       stipendi, assegni, pensioni e altre spese fisse;

§       spese per interessi;

§       poste correttive e compensative delle entrate, comprese le regolazioni contabili con le regioni;

§       trasferimenti a favore degli enti territoriali aventi natura obbligatoria;

§       le risorse destinate al fondo ordinario delle università; alla ricerca; al finanziamento del 5 per mille dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, nonché, in generale, le spese dipendenti da parametri stabiliti dalla legge o derivanti da accordi internazionali.

b)  la riduzione di singole autorizzazioni legislative di spesa;

c)  il versamento in entrata di disponibilità esistenti sulle contabilità speciali, nonché sui conti di tesoreria intestati ad Amministrazioni pubbliche ed enti pubblici nazionali, con esclusione di quelli intestati alle Amministrazioni territoriali, con corrispondente riduzione delle relative autorizzazioni di spesa e contestuale riassegnazione ad un apposito capitolo dello stato di previsione del Ministero dell'economia;

Si ricorda, in proposito, che l’articolo 17 della nuova legge di contabilità e di finanza pubblica n. 196 del 2009, ha sostanzialmente recepito le modalità di copertura previste dall’articolo 11-ter dell’abrogata legge n. 468 del 1978 e, in particolare, la lett. b), la quale prevede che, nel caso di copertura finanziaria assicurata mediante utilizzo di disponibilità di stanziamenti contenuti in contabilità speciali o in conti di tesoreria, sia indicata esplicitamente l'autorizzazione di spesa che si intende ridurre.

d)  l’emissione di titoli del debito pubblico.

Ai sensi del comma 6, il suddetto decreto del Presidente del Consiglio e i correlati decreti di variazione di bilancio devono essere trasmessi al Parlamento e comunicati alla Corte dei conti.

 

In relazione al complesso delle disposizioni di cui al comma 5, si segnala che analoghe modalità di copertura sono state in passato già utilizzate,  ai sensi dell’articolo 1, comma 7, del D.L. n. 155/08 - convertito, con modificazioni, dalla  legge n. 190 del 2008 - ai fini del reperimento delle risorse necessarie a finanziare misure urgenti per garantire la stabilità del sistema creditizio e la continuità nell'erogazione del credito alle imprese e ai consumatori in situazione di crisi dei mercati finanziari internazionali.

Come già osservato con riferimento a tali disposizioni, le modalità di copertura in oggetto rivestono un carattere innovativo e di specialità, con particolare riferimento al fatto che si demanda ad un DPCM, da trasmettere al Parlamento e alla Corte dei Conti, l’individuazione delle riduzioni – di importo indeterminato - di dotazioni finanziarie stabilite da norme di rango primario non precisamente individuate. A differenza di quanto disposto dall’articolo 1, comma 7-bis del citato decreto “anticrisi”, la norma in esame non prevede peraltro che gli schemi dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri  debbano essere corredati da una relazione tecnica, né che gli stessi siano trasmessi alle Camere ai fini dell’espressione del parere delle Commissioni competenti per i profili di carattere finanziario.

Inoltre, con riferimento alla modalità di copertura attraverso l’emissione di titoli di debito, prevista alla lettera d) del comma 5, si rileva anche in tal caso come essa non rientri tra le modalità di copertura tipizzate dall’articolo 17, comma 1, della nuova legge di contabilità e di finanza pubblica (L. n. 196 del 2009), stante anche il fatto che le emissioni di titoli incidono sull’andamento della spesa per interessi – recando pertanto un impatto anche in termini di indebitamento netto - nonchè, ovviamente, sulle previsioni relative al debito pubblico in rapporto al PIL., parametri, questi, entrambi  rilevante ai fini del rispetto del Patto di stabilità e crescita europeo.[18]

 

Il comma 7 prevede che sia destinata al predetto Fondo per il sostegno del reddito una quota parte della minore spesa per il servizio del debito, vale a dire eventuali economie relative alla spesa per interessi nell’anno 2009 rispetto alle previsioni, nel limite in cui tali risparmi di spesa determinino un miglioramento del saldo netto da finanziare.

In particolare, la norma dispone che la minore spesa di carattere permanente per interessi sul debito pubblico, come risultante nel provvedimento previsto dall’articolo 17, primo comma, della legge n. 468 del 1978 – ossia il disegno di legge di assestamento del bilancio dello Stato – sia iscritta, per una quota non superiore al 30 per cento, al citato fondo.

 

Si segnala la necessità di aggiornare i riferimenti normativi contenuti nella disposizione alla nuova legge di riforma della contabilità (L. n. 196 del 2009), nell’ambito della quale le disposizioni relative all’assestamento ed alle variazioni di bilancio sono contenute nell’articolo 33.

 

Il comma 8 prevede, infine, che, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente proposta di legge, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, siano definite le modalità di attuazione del presente articolo, in coerenza con i princìpi stabiliti dalla normativa vigente in materia.

 

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE

 

La Commissione ha concluso - il 15 gennaio 2010 - una consultazione sul futuro della strategia di Lisbona dopo il 2010, avviata con la presentazione, il 24 novembre 2009, di un documento di lavoro (COM(2009)647).  Il documento prospetta, in particolare, una nuova iniziativa “UE 2020” che prenderebbe il posto dell’attuale Strategia di Lisbona. Sulla base degli esiti della consultazione la Commissione sottoporrà proposte specifiche al Consiglio europeo di marzo 2010.

L’elaborazione della nuova strategia assume un rilievo centrale sia nel programma di 18 mesi del Consiglio UE, presentato dalle Presidenze spagnola, belga e ungherese il 22 dicembre 2009 – che la pone tra le “priorità principali” – sia, in misura ancora più marcata, nel programma semestrale della Presidenza spagnola. L’obiettivo della Presidenza spagnola è di approvare la revisione in occasione del Consiglio europeo del 25-26 marzo 2010; allo scopo di definire un accordo in tempo utile è stata appositamente convocato Consiglio europeo straordinario l’11 febbraio 2010.

La Commissione ritiene che la strategia “UE 2020”, rispetto alla Strategia di Lisbona, debba concentrarsi su ambiti di intervento chiave che offrano migliori risultati in termini di collaborazione tra UE e Stati membri, imperniati su tre priorità di base, tra le quali figura anche il coinvolgimento dei cittadini in una società partecipativa: secondo la Commissione, occorre trovare il modo migliore per garantire, da un lato, la flessibilità del mercato del lavoro, sia in termini di organizzazione del lavoro che di rapporti lavorativi, e, dall’altro, la sicurezza offerta dalla formazione permanente e da una tutela sociale adeguata.

In particolare, la Commissione osserva che alla tradizionale sequenza studi-lavoro-pensione vanno sostituendosi nuovi modelli di vita lavorativa caratterizzati da interruzioni e riprese intermittenti dell’attività e che offrono maggiori opportunità ai lavoratori. La creazione di nuovi posti di lavoro renderà necessarie nuove competenze e la gestione della transizione da un posto all’altro e tra i periodi di formazione e di occupazione. Anche traendo spunto da alcune misure adottate durante la crisi (ad es. formule combinate di lavoro part-time e formazione) la flessicurezza dovrà sviluppare in pieno le sue potenzialità. L’obiettivo della Commissione per il 2020 consiste dunque nel creare posti di lavoro, aumentando il tasso occupazionale della popolazione attiva, e dando vita a lavori migliori e più produttivi, nonché garantendo equità, sicurezza e opportunità reali di accedere al mercato del lavoro, di fondare un'impresa e di gestire le transizioni sul mercato del lavoro grazie a sistemi sociali e assistenziali moderni e finanziariamente sostenibili.

Anche la Presidenza spagnola, nel suo programma semestrale, sottolinea l’obiettivo di puntare all’inclusione sociale, promuovendo le condizioni per l’accesso al mercato del lavoro dei soggetti più vulnerabili, e puntando precipuamente sulla formazione.

 


La proposta di legge C. 2890 (Letta e altri) prevede l’unificazione di alcuni trattamenti e l’istituzione di un’indennità unica di disoccupazione.

 

L’articolo 1 istituisce e disciplina l’indennità unica di disoccupazione (di seguito indennità), “intesa come prestazione di base universale contro il rischio di disoccupazione involontaria”.

Essa sostituisce:

§         l’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti ordinari, di cui all’articolo 19 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, convertito dalla L. 6 luglio 1939, n. 1272;

§         l’indennità di disoccupazione non agricola con requisiti ridotti, di cui all’articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160;

§         l’indennità di disoccupazione agricola, di cui all’articolo 7, comma 1, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160;

§         i trattamenti speciali in agricoltura, di cui all’articolo 25 della L. 8 agosto 1972, n. 457, e all’articolo 7 della L. 16 febbraio 1977, n. 37.

 

Il successivo articolo 2 definisce l’ambito soggettivo di applicazione, precisando che beneficiano dell’indennità i seguenti soggetti assicurati contro il rischio di d disoccupazione involontaria:

§         lavoratori subordinati con contratto a tempo indeterminato;

§         lavoratori subordinati con contratto a tempo determinato, o con un altro contratto che non garantisca stabilità di impiego;

§         collaboratori coordinati e continuativi, di cui all'articolo 61, comma 1, del D.Lgs. 276/2003 (per una disamina più puntuale cfr. l’apposita scheda);

§         associati in partecipazione, di cui agli articoli 2549, 2550, 2551, 2552, 2553 e 2554 del codice civile, tenuti all'iscrizione alla Gestione separata INPS. (Per una disamina più puntuale dell’istituto dell’associazione in partecipazione, si rinvia alla scheda “Ammortizzatori sociali” del presente dossier).

 

E’ previsto l’obbligo di pagamento di un contributo, da parte dei datori di lavoro, ai fini della fruizione dell’istituenda indennità, pari all'1% della retribuzione imponibile per i lavoratori subordinati a tempo indeterminato e al 3% della retribuzione imponibile negli altri casi.

I contributi versati sono raccolti in una nuova apposita gestione delle indennità di disoccupazione, istituita presso l'INPS.

 

Sono obbligati al pagamento del contributo:

§         i datori di lavoro privati, nei casi di lavoratori subordinati con contratto a tempo indeterminato;

§         i datori di lavoro pubblici e privati, nei casi di lavoratori subordinati con contratto a tempo determinato o con altro contratto che non garantisca stabilità di impiego;

§         i committenti, nei casi di collaboratori coordinati e continuativi;

§         gli associanti, nei casi di associati in partecipazione.

Infine, per ciascun lavoratore licenziato si prevede un ulteriore obbligo a carico del datore di lavoro, consistente nel versamento, alla nuova gestione INPS, di un contributo pari a ventisei settimane dell'indennità spettante al lavoratore.

 

L'indennità unica di disoccupazione è pari all'80% della retribuzione imponibile, nei limiti dell'80% della retribuzione media dei lavoratori assicurati presso la nuova gestione INPS (articolo 5). In ogni caso, l’importo dell’indennità viene diminuito, in misura pari al 10%, ogni ventisei settimane di fruizione della medesima indennità.

Secondo la relazione illustrativa, tale meccanismo a scalare ha “l'obiettivo di ridurre il diritto residuo in funzione dell'utilizzo effettivo, stimolando opportunamente il lavoratore coinvolto a una ricerca più attiva di un nuovo posto di lavoro”.

La richiamata retribuzione media è individuata dall’ISTAT, sulla base dei dati forniti dall'INPS, entro il 20 gennaio di ciascun anno, facendo riferimento alle retribuzioni medie annue registrate negli ultimi 12 mesi precedenti il 30 giugno dell'anno precedente.

 

Ai sensi dell’articolo 6, l'indennità unica di disoccupazione decorre, a domanda del lavoratore che ne abbia i requisiti, dal trentunesimo giorno successivo alla data di licenziamento.

La richiamata domanda deve essere presentata prima della data di decorrenza della prestazione. In caso di domanda presentata oltre i richiamati termini, i periodi trascorsi si considerano fruiti.

 

L’articolo 3 stabilisce l’obbligo, da parte dell’INPS, di contabilizzare individualmente le settimane di contribuzione versate, accreditando un montante di settimane di disoccupazione pari a un terzo delle settimane di contribuzione versate. L'ammontare delle settimane di disoccupazione garantite al lavoratore, durante le quali egli percepisce la conseguente indennità, quindi, come anche riportato nella relazione illustrativa, varia a seconda dell’entità dei contributi versati.

In ogni caso, il montante non può superare le settantotto settimane per i lavoratori con meno di 50 anni di età e le centoquattro settimane per i lavoratori con 50 anni di età e oltre.

Ai fini del calcolo del montate, si sommano le settimane di contribuzione relative alle diverse tipologie contrattuali previste ai fini dell’erogazione dell’indennità in esame.

 

Il successivo articolo 4 disciplina i casi di fruizione e decadenza dell’indennità.

In particolare, i lavoratori beneficiari dell’indennità hanno diritto a fruire dell'indennità nei limiti del montante di settimane accreditato ai sensi del precedente articolo 3.

Ai fini del diritto alla prestazione, i lavoratori interessati devono assumere e mantenere lo stato di disoccupazione, che, ai sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181[19], viene definito come “la condizione del soggetto privo di lavoro, che sia immediatamente disponibile allo svolgimento ed alla ricerca di una attività lavorativa secondo modalità definite con i servizi competenti”.

La decadenza del diritto alla fruizione dell’indennità avviene a seguito della perdita dello stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 4 del richiamato D.Lgs. 181/2000.

La richiamata norma individua la perdita dello stato di disoccupazione, oltre ovviamente in riferimento ai casi di sopraggiunta occupazione, in caso di mancata presentazione senza giustificato motivo alla convocazione del servizio competente nell'ambito delle misure disposte dai servizi competenti delle regioni al fine di prevenire la disoccupazione di lunga durata. Si ha perdita dello stato di disoccupazione altresì in caso di rifiuto senza giustificato motivo di una congrua offerta di lavoro a tempo pieno ed indeterminato o determinato o di lavoro temporaneo, con durata del contratto a termine o, rispettivamente, della missione, in entrambi i casi superiore almeno a 8 mesi, ovvero a 4 mesi se si tratta di giovani, nell'ambito dei bacini, distanza dal domicilio e tempi di trasporto con mezzi pubblici, stabiliti dalle Regioni.

Si ricorda che lo stesso articolo 4 ha stabilito la conservazione dello stato di disoccupazione nel caso in cui si sia svolta attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione, attualmente pari a 8.000 euro per i lavoratori dipendenti e 4.800 per i soggetti con altri tipi di reddito (tale soglia di reddito non si applica ai lavoratori impiegati nell’attività di lavori socialmente utili ovvero nelle attività formative previste nell'ambito dei progetti e non percettori di trattamenti previdenziali), nonché la sospensione dello stato di disoccupazione, in caso di accettazione di un'offerta di lavoro a tempo determinato o di lavoro temporaneo di durata inferiore a 8 mesi, ovvero di 4 mesi se si tratta di giovani.

 

E’ infine previsto, al fine del ricollocamento sul mercato del lavoro dei lavoratori che percepiscono l’indennità, che entro 3 mesi dalla data di decorrenza della prestazione, i servizi competenti sottopongano gli stessi lavoratori ad iniziative di formazione o di riqualificazione professionale.

 

L’articolo 7 prevede un’agevolazione contributiva per i datori di lavoro che assumano a tempo pieno e indeterminato lavoratori disoccupati di lunga durata, cioè coloro i quali, ai  sensi dell'articolo 1, comma 2, lettera d), del citato D.Lgs. 181/2000, dopo aver perso un posto di lavoro o cessato un'attività di lavoro autonomo, siano alla ricerca di una nuova occupazione da più di 12 mesi o da più di 6 mesi se giovani. L’agevolazione consiste nell’applicazione di uno sgravio dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti nella misura del 50% per un periodo di 24 mesi.

 

L’articolo 8, infine, sulla base delle disposizioni contenute nella pdl in esame, provvede ad abrogare alcune norme vigenti in materia ai fini del coordinamento legislativo (comma 1).

Dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogati:

 

§         l'articolo 19 del R.D.L. 636/1939, convertito della L. 1272/1939, concernente l’indennità di disoccupazione ordinaria;

§         l'articolo 25 della L. 457/1972, concernente l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti;

§         l'articolo 12, sesto comma, della L. 160/1975, concernente il contributo integrativo per l'assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria;

§         l'articolo 7 della L. 37/1977, concernente il trattamento speciale di disoccupazione agricola;

§         l'articolo 7, comma 1, del D.L. 86/1988, convertito dalla L. 160/1988, concernente l’indennità giornaliera di disoccupazione;

§         gli articoli 7, 8, 16, commi 1, 2 e 3, e 25 della L. 223/1991, concernenti l’indennità di mobilità;

§         l'articolo 19, comma 10, del D.L. 185/2008, convertito dalla L. 2/2009 che sottopone la fruizione dei trattamenti di sostegno reddito alla dichiarazione immediata disponibilità al lavoro o ad un  percorso di riqualificazione professionale.

 

Si segnala, al riguardo, che il precedente articolo 1, nell’elenco – tassativo – dei trattamenti di sostegno al reddito sostituiti dall’indennità unica di disoccupazione, non indica l’indennità di mobilità (di cui l’articolo 8 prevede invece la soppressione).

 

Il comma 2, infine, prevede, come evidenziato nella relazione illustrativa che accompagna il provvedimento, “il riordino delle agevolazioni contributive per il reimpiego dei lavoratori che fruiscono di indennità di disoccupazione o di mobilità”, attraverso la modifica dell'articolo 8, comma 9, della L. 29 dicembre 1990, n. 407[20].

 

L’articolo 8, comma 9, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, stabilisce, a decorrere dal 1° gennaio 1991, nei confronti di specifici datori di lavoro[21], in caso di assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno 24 mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale da un periodo uguale a quello suddetto, nel caso in cui le stesse assunzioni non siano effettuate in sostituzione di lavoratori dipendenti dalle stesse imprese per qualsiasi causa licenziati o sospesi, uno sgravio contributivo consistente nell’applicazione dei contributi previdenziali ed assistenziali in misura del 50% per un periodo di 36 mesi. Tale sgravio è pari al 100%, per lo stesso periodo di riferimento, nelle ipotesi di assunzioni effettuate da imprese operanti nei territori del Mezzogiorno di cui al D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218[22], ovvero da imprese artigiane.

 

Sopprimendo il riferimento ai lavoratori “disoccupati da almeno 24 mesi o sospesi dal lavoro”, si prevede che lo sgravio richiamato operi nei confronti di tutti i lavoratori beneficiari del trattamento di integrazione salariale.

 

Sotto il profilo della redazione formale del testo, si valuti l’opportunità di sopprimere, per esigenze di coordinamento con l’intervento effettuato, anche il periodo “da un periodo uguale a quello suddetto”.

 

Infine, la relazione illustrativa afferma che “per quanto concerne i profili finanziari, le disposizioni contenute nella proposta di legge non richiedono una norma di copertura finanziaria”.

 


Le proposte di legge 2452 (Bellanova ed altri) e 3102 (Donadi ed altri) recano disposizioni transitorie concernenti l'estensione della durata della Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, ai fini del superamento dell'attuale situazione di crisi economica (per una disamina più puntuale dell’istituto si rinvia alla scheda “Ammortizzatori sociali” del presente dossier). Entrambe le proposte di legge constano di un solo articolo, anche se la pdl 2452 appare più articolata. La pdl 2452 non reca alcuna disposizione di copertura finanziaria.

 

In particolare, l’articolo 1, comma 1, della pdl 3102 stabilisce che fino al 31 dicembre 2010, il trattamento ordinario di integrazione salariale possa essere concesso per un periodo non superiore a centoquattro settimane consecutive, ovvero per più periodi non consecutivi la durata complessiva dei quali non può superare centoquattro settimane in un triennio.

Analogamente, l’articolo 1 della pdl 2452 prevede che, fino al 31 dicembre 2010, il trattamento di cassa integrazione ordinaria possa essere corrisposto per un periodo massimo complessivo di ventiquattro mesi.

 

Ai fini del computo dei periodi massimi di godimento del trattamento, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della pdl 3102, una settimana si considera trascorsa quando la riduzione di orario è stata almeno pari al 10% dell'orario settimanale relativo ai lavoratori occupati nell'unità produttiva (in generale, la normativa vigente non richiede un limite minimo di riduzione dell'orario di lavoro per considerare trascorsa una settimana di integrazione salariale). Le riduzioni di ammontare inferiore si cumulano ai fini del computo dei predetti periodi massimi.

 

In base a quanto disposto dal comma in esame, il periodo massimo di godimento di trattamento potrebbe quindi potenzialmente superare le centoquattro settimane, nel caso in cui la riduzione di orario di lavoro sia minore del 10% dell’orario settimanale.

 

L’articolo 1, comma 3, della pdl 3102, dispone altresì che, fino al 31 dicembre 2010, i periodi di integrazione salariale ordinaria concessi ai sensi dei precedenti commi, in deroga all'articolo 6 della L. 164/1975, che stabilisce appunto la durata massima del trattamento, non si computano ai fini dell'applicazione dell'articolo 1, comma 9, della L. 223/1991, inerente la durata massima dei trattamenti ordinari e straordinari.

Il comma 4 dispone la copertura degli oneri della proposta di legge in esame, prevedendo che agli stessi si provveda:

a) per il 2010, a carico del Fondo per l’occupazione, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto-legge 20 maggio 1993, n. 148[23];

Si segnala inoltre che il citato Fondo per l’occupazione è confluito al Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, istituito dall’articolo 18 del D.L. n. 185/2008[24] nello stato di previsione del Ministero del lavoro, che ingloba le risorse comunque destinate al finanziamento degli ammortizzatori sociali concessi in deroga alla normativa vigente e quelle destinate in via ordinaria dal CIPE alla formazione. Il riferimento normativo andrebbe pertanto riferito a tale nuovo Fondo[25].

b) per gli anni 2011, 2012 e 2013, mediante le risorse previste dalla legge di stabilità ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera h), della legge 31 dicembre  2009, n. 196.

Si ricorda che, ai sensi del citato articolo 11, comma 3, lett. h), della legge n. 196/2009 di riforma della contabilità, la legge di stabilità (nuova denominazione della legge finanziaria) indica, in particolare, le regolazioni meramente quantitative, diverse da quelle tipiche indicate alle precedenti lettere del comma, rinviate alla medesima legge di stabilità dalle leggi vigenti.

Si osserva che la norma in esame non quantifica gli oneri derivanti dal presente articolo e che pertanto appare opportuno acquisire una relazione tecnica sugli effetti del provvedimento in esame. L’articolo 17, comma 1 della legge n. 196/2009 prevede, infatti, che ciascuna legge che comporti nuove o maggiori spese indichi espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa previsto, la spesa autorizzata, che si intende come limite massimo di spesa, ovvero le relative previsioni di spesa.

Si rileva, inoltre, che la clausola di copertura riferita al triennio successivo al 2010, di cui alla lettera b) del comma 4,  non rientra tra le modalità di copertura tipizzate dal citato articolo 17, comma 1, della nuova legge di contabilità, ai sensi della quale le leggi che comportino nuovi o maggiori oneri, ovvero minori entrate, possono trovare copertura esclusivamente mediante utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dall’articolo 18 della richiamata legge n. 196/2009, riduzione di precedenti autorizzazioni legislative di spesa ovvero mediante nuove o maggiori entrate; ai sensi del citato articolo 11, comma 3, lett. h), della legge n. 196/2009 di riforma della contabilità, alla legge di stabilità possono essere demandate, con legge, regolazioni “meramente quantitative” di risorse finanziarie, sicchè un mero rinvio alla legge di stabilità, quale quello contenuto nella norma in oggetto, renderebbe eventuale il reperimento di risorse a copertura di spese certe, quali quelle derivanti dall’estensione dei trattamenti di integrazione salariale previsti dalla proposta di legge.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.C. 2157
(Miglioli ed altri)

 

 

 

 

 


La proposta di legge C. 2157 (Miglioli ed altri) reca disposizioni in materia di tutele sociali e di politiche attive per i lavoratori titolari di rapporti di lavoro non subordinato iscritti alla gestione separata INPS.

 

L’articolo 1 prevede una serie di interventi per il sostegno del reddito, la formazione professionale, la previdenza e l’accesso al credito. In particolare si prevede l’istituzione di un nuovo Fondo destinato ad interventi in favore degli iscritti alla gestione separata INPS (commi 1-6, 8, 9 e 12); l’introduzione di una detrazione IRPEF per la previdenza integrativa degli iscritti alla gestione separata (comma 7); nuove politiche attive in materia di formazione e orientamento professionale, certificazione delle competenze e banche dati per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro, in favore degli iscritti della gestione separata (commi 10 e 11).

 

Fondo per interventi a favore degli iscritti alla gestione separata INPS (commi 1-6, 8, 9 e 12)

Il comma 3 prevede l’istituzione di un Fondo volto a promuovere percorsi di qualificazione, riqualificazione e riconoscimento professionale, per favorire la continuità di occasioni di impiego, nonché per misure integrative di carattere previdenziale e sanitario e agevolazioni per l'accesso al credito.

 

Il nuovo Fondo è alimentato dalle seguenti risorse finanziarie:

·       aumento di 0,5 punti percentuali del contributo aggiuntivo previsto all'articolo 59, comma 16, della legge n. 449/1997. L'aumento del contributo, previsto per un triennio, è posto a totale carico dei datori di lavoro e riguarda tutti i lavoratori assunti iscritti alla gestione separata dell'INPS (comma 1). La misura dell’incremento contributivo può essere adeguata con decreto del Ministro del lavoro, previa verifica con le parti sociali, da effettuare decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della legge (comma 5).

L’articolo 59, comma 16, della legge n. 449 del 1997 ha previsto, per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria iscritti alla Gestione separata INPS, l'ulteriore aliquota contributiva pari allo 0,50 per cento per il finanziamento dell'onere derivante dalla estensione agli stessi della tutela relativa alla maternità, agli assegni per il nucleo familiare e alla malattia, anche in caso di non degenza ospedaliera[26].

Per il finanziamento delle prestazioni relative alla tutela della maternità[27], l'articolo 7 del D.M. 12 luglio 2007[28] ha introdotto un ulteriore aumento dell'aliquota contributiva nella misura dello 0,22% a partire dai compensi corrisposti dal 7 novembre 2007.

 

·       le risorse non utilizzate previste dall’articolo 2, comma 527 della legge 244/2007 (comma 8);

L’articolo 2, comma 527, della legge n.224 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) rinvia a un decreto del Ministro del lavoro, di concerto con il Ministro dell’economia[29], la definizione delle modalità di attuazione del comma 526, il quale prevede, a favore dei lavoratori alla gestione separata INPS, non assicurati presso altre forme di previdenza obbligatoria, l’attivazione, in via sperimentale per il 2008, di appositi percorsi di formazione e riqualificazione professionale, nell’ambito dei quali erogare  anche una prestazione economica sotto forma di voucher.

 

·       le risorse non utilizzate previste di cui all’articolo 44, commi 4 e 6, della legge 289/2002 (comma 9).

Si tratta delle risorse conseguenti alle disposizioni che hanno accompagnato l’abolizione del divieto di cumulo tra pensioni di anzianità e redditi da lavoro, di cui all’articolo 44 della legge n.289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003). In particolare al comma 6 viene elevata l'aliquota contributiva e quella di computo ai fini del calcolo della pensione per gli iscritti alla Gestione INPS relativa ai lavoratori c.d. parasubordinati e ad alcune categorie di lavoratori autonomi. L'incremento riguarda solo i soggetti che percepiscano un trattamento pensionistico diretto ed è pari a 2,5 punti percentuali a decorrere dal 1° gennaio 2003 e ad altri 2,5 punti dal 1° gennaio 2004, ripartiti tra committente e lavoratore.

 

Gli interventi del Fondo sono subordinati alla partecipazione del lavoratore alle iniziative di formazione (commi 2 e 9).

Gli interventi da realizzare a valere sulle risorse del Fondo sono autorizzati dal Ministero del lavoro, previa verifica della loro congruità rispetto alle finalità previste, dei criteri di gestione e delle strutture di funzionamento del Fondo, con particolare riferimento alla sostenibilità finanziaria complessiva del sistema. Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali esercita la vigilanza sulla gestione del fondo (comma 4).

In caso di omissione, anche parziale, del versamento dell'incremento contributivo di cui al comma 1, il datore di lavoro è tenuto a corrispondere, oltre al contributo omesso e alle relative sanzioni, una somma, a titolo di sanzione amministrativa, di importo pari a quella del contributo omesso. Gli introiti derivanti dalle sanzioni amministrative sono versati al Fondo (comma 6).

Il Ministro del lavoro presenta annualmente al Parlamento una relazione sullo stato di utilizzazione delle risorse del Fondo, con particolare riferimento alle diverse finalizzazioni, al numero di beneficiari e ai risultati conseguiti (comma 12).

 

Detrazione IRPEF per la previdenza integrativa (comma 7)

Il comma 7 reca disposizioni di natura fiscale e contributiva in favore dei soggetti iscritti alla gestione separata INPS.

In particolare, per i soggetti non iscritti anche ad altre forme previdenziali obbligatorie è introdotta una detrazione fiscale dall’imposta sul reddito delle persone fisiche (primo periodo del comma in esame). La detrazione IRPEF è fissata in misura pari al 7,41% della retribuzione annua lorda ovvero del fatturato annuo per i soggetti che esercitano attività di lavoro autonomo in possesso del numero di partita IVA.

Il beneficio fiscale, tuttavia, spetta solo se il contribuente destina il risparmio d’imposta ottenuto agli interventi previdenziali integrativi realizzati in attuazione del comma 2. La decorrenza del beneficio fiscale è fissata all’anno successivo a quello in corso alla data di costituzione del fondo di cui al comma 3.

Il secondo periodo del comma in esame stabilisce che il comitato amministratore del fondo di cui al comma 3, sentito il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, destina agli interventi previdenziali integrativi una quota della contribuzione di cui al comma 1.

Una specifica disciplina è prevista in favore dei soggetti che realizzano un basso reddito ed in particolare in favore di coloro che “rientrano nei limiti di reddito che danno diritto all’esenzione dall’imposta” e che nell’anno precedente hanno conseguito un reddito imponibile non superiore a 20.000 euro.

In merito al primo dei requisiti richiesti, appare opportuno segnalare che la disciplina fiscale vigente non individua un limite di reddito esente dall’IRPEF. Infatti, l’articolo 11 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR) stabilisce che per i redditi imponibili fino a 15.000 euro si applica l’aliquota IRPEF del 23%.

 

In via interpretativa, la norma sembrerebbe riferita ad una situazione “di fatto”, nella quale, a seguito dell’applicazione delle deduzioni dall’imponibile e delle detrazioni dall’imposta, il contribuente effettivamente non è tenuto alla corresponsione del tributo.

A titolo esemplificativo si riporta il regime di esenzione “di fatto” relativo ad un  contribuente che realizza un reddito complessivo, al netto dell’abitazione principale e relative pertinenze, non superiore a euro 8.000 nel quale concorre un reddito di lavoro dipendente o assimilato per un periodo di 365 giorni. Tale contribuente, infatti, a fronte di un’imposta lorda pari a 1.840 euro (8.000 x 23%) ha diritto ad una detrazione IRPEF del medesimo importo (articolo 13, comma 1, del TUIR).

 

In favore dei soggetti in possesso dei requisiti di reddito sopra indicati è prevista una contribuzione figurativa da destinare agli interventi previdenziali integrativi che è possibile reiterare per non più di tre anni consecutivi.

La predetta contribuzione figurativa è fissata in misura pari a 1.482 euro annui.

La previsione di un diverso beneficio – disposto in favore dei soggetti che, di fatto, risultano esenti dall’IRPEF - sembrerebbe riconducibile alla impossibilità di usufruire della detrazione fiscale disposta dal primo periodo del comma in esame. L’ammontare della contribuzione figurativa, peraltro, corrisponde all’applicazione della misura della detrazione IRPEF (7,41%) ad un valore imponibile di 20.000 euro.

Complessivamente, dunque, il comma in esame introduce due tipologie di benefici:

§         per i soggetti IRPEF “capienti”, viene prevista la possibilità di trasferire una quota delle imposte sui redditi dovuti a finalità previdenziali integrative. In altre parole, a parità di disponibilità nette finanziarie del contribuente, viene ridotto il gettito fiscale in favore del versamento al fondo gestito dell’INPS;

§         per i soggetti IRPEF “incapienti”, ferma restando l’assenza di gettito fiscale e a parità di risorse nette per il contribuente, viene riconosciuto a quest’ultimo un periodo di contribuzione figurativa.

 

Politiche attive per gli iscritti della gestione separata (commi 10 e 11)

I commi 10 e 11 prevedeno l’adozione linee di indirizzo per avviare politiche attive in favore dei soggetti iscritti alla gestione separata INPS, attraverso un decreto del Ministro del lavoro, d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, previo parere delle competenti commissioni parlamentari.

I settori di intervento sono:

§      riconoscimento professionale e certificazione delle competenze acquisite;

§      percorsi di orientamento professionale;

§      offerte formative e di aggiornamento professionale dedicate;

§      costituzione di banche dati relative alle offerte di lavoro provenienti da professionisti e da altri soggetti iscritti alla gestione separata, consultabili dai committenti.

 

L'articolo 2 prevede sgravi contributivi a favore dei datori di lavoro che assumono con contratto a tempo indeterminato lavoratori occupati nella stessa azienda, da almeno tre anni nel corso degli ultimi cinque, con contratti di lavoratori flessibili (contratti di collaborazione coordinata e continuativa, di lavoro a progetto, in somministrazione, di associazione in partecipazione e di prestazione d'opera di cui all'articolo 2222 del codice civile con soggetti privi di autonoma organizzazione).

Condizione per l’accesso ai benefici è l’aver sottoscritto appositi accordi con le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale volti a regolare le modalità di esecuzione della prestazione, le qualifiche e mansioni, i compensi minimi applicabili e le norme di regolazione dei diritti sociali e sindacali.

Lo sgravio contributivo consiste:

§      in una riduzione del 50 per cento dei contributi previdenzialiper un periodo di 36 mesi;

§      nell’esenzione contributiva totale, per un periodo di 36 mesi, nel caso di assunzione nei territori del Mezzogiorno, di lavoratori e lavoratrici sopra i cinquanta anni, per le imprese commerciali con meno di cinquanta addetti, per gli studi professionali e per le imprese artigiane.

 

Le suddette agevolazioni possono essere estese fino a 48 mesi, con decreto del Ministro del lavoro, nei comparti per i quali gli accordi di cui al comma 3 sono stati conclusi in sede di contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano nazionale.

 

L’articolo 3 contiene una misura antielusiva consistente nel riconoscere al lavoratore associato in partecipazione agli utili con apporto di lavoro i trattamenti contributivi, economici e normativi stabiliti dalla legge e dai contratti collettivi per il lavoro subordinato svolto nella posizione corrispondente del medesimo settore di attività.

 

L’articolo 4 modifica dell’articolo 58, comma 3, della legge 144/1999, al fine di prevedere che ilPresidente del comitato amministratore del Fondo della gestione separata INPS venga eletto tra i rappresentanti degli iscritti al Fondo, anche laddove nominati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, entro 2 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

L’articolo 58 della legge n.144 del 1999 prevede che il comitato amministratore del Fondo della gestione separata INPS è composto di tredici membri, di cui due designati dal Ministro del lavoro e della previdenza sociale, cinque designati dalle associazioni datoriali e del lavoro autonomo in rappresentanza dell'industria, della piccola impresa, dell'artigianato, del commercio e dell'agricoltura e sei eletti dagli iscritti al Fondo. I componenti del comitato amministratore durano in carica quattro anni. Attualmente, il presidente del comitato amministratore è eletto tra i componenti eletti dagli iscritti al Fondo.

 

L’articolo 5 prevede procedure di quantificazione statistica della platea degli iscritti alla gestione separata, attraverso un intervento volto a tener conto della diversità delle categorie dei soggetti iscritti e al corretto monitoraggio dell'andamento previdenziale. A tal fine, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della legge, l’INPS procede a identificare e classificare in modo differenziato le seguenti categorie:

§      soggetti iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria;

§      soggetti titolari di pensione previdenziale diretta o di pensione di reversibilità;

§      soggetti titolari di contratto di collaborazione coordinata e continuativa o di lavoro a progetto che non sono iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria;

§      professionisti titolari di partita IVA che non sono iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria;

§      associati in partecipazione che non sono iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria.

 

Inoltre, entro sei mesi dalla data della data di entrata in vigore della legge, l'INPS provvede a garantire l'aggiornamento trimestrale degli estratti conto relativi alla posizione dei soggetti iscritti alla gestione separata, assicurando la loro consultazione sulla rete internet da parte degli iscritti al fine di consentire la verifica dei versamenti effettuati.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.C. 2158
(Miglioli ed altri)

 

 

 

 


La proposta di legge C. 2158 (Miglioli e altri) detta una serie di norme volte a promuovere le tutele a favore dei lavoratori titolari di rapporti di lavoro flessibile (d’ora in poi “lavoratori flessibili”).

 

Gli articoli da 1 a 5 (Capo I) sono volti ad allineare il trattamento dei lavoratori flessibili a quello dei titolari di rapporto di lavoro subordinato per quanto attiene, in particolare, alla forma dei contratti, al carico contributivo e ad una serie di prestazioni sociali.

 

L’articolo 1 definisce i contenuti essenziali dei contratti di lavoro flessibile e prevede che la forma scritta di essi è condizione di validità dei contratti medesimi.

 

Le tipologie di lavoro flessibile oggetto della disposizione sono:

·       i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa;

·       il lavoro a progetto;

·       la prestazione d'opera ai sensi degli articoli 2222 e seguenti del Codice civile;

·       l’associazione in partecipazione con apporto di lavoro;

·       la collaborazione occasionale di lavoro autonomo;

·       la collaborazione in ambito sportivo[30];

·       la cessione di diritto d'autore[31].

 

Per una disamina della normativa vigente in materia di collaborazione coordinata e continuativa, lavoro a progetto, prestazione d’opera, associazione in partecipazione, si rinvia alla scheda “Rapporti di lavoro flessibile” del presente dossier ).

 

 

Elementi essenziali del contratto che devono risultare in forma scritta sono:

·       le generalità delle parti;

·       il contenuto della prestazione richiesta;

·       la durata della prestazione;

·       il compenso, determinato in base alle disposizioni previste dall'articolo 1, comma 772, terzo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296[32], e, comunque, legato a un risultato atteso dalla specifica prestazione del lavoratore indicata nello stesso contratto scritto;

·       la disciplina dei rimborsi spese e i tempi e le modalità di pagamento del compenso, che deve avvenire di norma con periodicità mensile e, in ogni caso, non superiore a un quarto della durata complessiva del rapporto;

·       le misure da adottare in materia di sicurezza sul lavoro.

 

 

Per quanto concerne la comunicazione delle stipula dei contratti, la disposizione rinvia all’articolo 9-bis, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge n.510/1996.

 

 L’articolo 9-bis, commi 2 e 2-bis, del decreto-legge n.510/1996 prevede che la comunicazione delle stipula dei contratti ai Servizi territorialmente competenti deve avvenire entro il giorno antecedente a quello di instaurazione dei rapporti, mediante documentazione avente data certa di trasmissione. In caso di urgenza connessa ad esigenze produttive, la comunicazione può essere effettuata entro cinque giorni dall'instaurazione del rapporto di lavoro, fermo restando l'obbligo di comunicare entro il giorno antecedente, mediante comunicazione avente data certa di trasmissione, la data di inizio della prestazione, le generalità del lavoratore e del datore di lavoro.

 

 

L’articolo 2 detta norme per il riequilibrio contributivo tra gli iscritti alla gestione separata dell’INPS, non iscritti ad altre forme previdenziali, di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n.335 del 1995 (d’ora in poi “gestione separata INPS”), relativa ai lavoratori autonomi e parasubordinati.

 

In particolare, i commi da 1 a 3 provvedono a razionalizzare la ripartizione e la procedura di versamento dei contributi dovuti dai datori di lavoro, pubblici e privati, nei confronti delle categorie di lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS, non iscritti ad altre forme previdenziali obbligatorie.

 

In particolare, il comma 1 stabilisce l’obbligo, per i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli agricoli, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni eroganti ai lavoratori richiamati in precedenza compensi comunque denominati, anche sotto forma di partecipazione agli utili, per prestazioni di lavoro autonomo, ancorché non esercitate abitualmente, ovvero rese a terzi o nell'interesse di terzi, di operare, all'atto del pagamento, una ritenuta pari all'aliquota previdenziale e assistenziale in vigore nell'anno di riferimento dovuta alla predetta gestione separata, con l'obbligo di addebitare al prestatore un terzo della somma dovuta.

Il successivo comma 2 dispone l’ulteriore obbligo, per i richiamati datori di lavoro di versamento dei contributi trattenuti nelle modalità e forme previste per i collaboratori coordinati e continuativi e per i lavoratori a progetto iscritti alla gestione separata.

Il comma 3, infine, apporta alcune modifiche all’articolo 1, comma 212, della L. 662/1996 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1997), al fine di prevedere che, a decorrere dal 1° gennaio 2010, i soggetti interessati siano tenuti ad addebitare ai committenti, in via definitiva, una percentuale nella misura dei due terzi dell'aliquota contributiva previdenziale e assistenziale dovuta per l'anno in corso.

 

Si ricorda che i commi da 212 a 215 dell’articolo 1 della L. 662/1996 sono intervenuti sul contributo previdenziale per le attività di lavoro autonomo e di collaborazione, istituito dall'articolo 2, commi da 26 a 32, della L. 335/1995 diversificando la posizione contributiva dei soggetti interessati nel caso in cui questi siano sprovvisti di tutela previdenziale rispetto a quanti risultino già pensionati ovvero iscritti a forme pensionistiche obbligatorie.

Più specificamente, il primo periodo del comma 212 ha determinato il riparto degli oneri contributivi tra soggetto del contributo e committente, disponendo, a tal fine, che i soggetti interessati che hanno l’obbligo di versare un’aliquota contributiva - pari, dal 1° gennaio 2010, al 26% - abbiano la possibilità di addebitare ai committenti, in via definitiva, a decorrere dal 26 settembre 1996, una percentuale pari al 4% dei compensi lordi. Il secondo periodo del comma 212 determina le scadenze temporali del versamento, prevedendo:

§       entro il 31 maggio di ciascun anno va versato un acconto pari al 40% del contributo dovuto, da commisurarsi ai redditi di lavoro autonomo risultanti dalla dichiarazione relativa all'anno precedente;

§       entro il 30 novembre va versato un ulteriore acconto del 40%, determinato anche esso sui redditi di lavoro autonomo risultanti dalla precedente dichiarazione dei redditi relativa all’anno precedente;

§       entro il 31 maggio di ciascun anno, il saldo del contributo dovuto per il periodo compreso tra il 1° gennaio ed il 31 dicembre dell'anno precedente.

 

I commi 4 e 5 sono volti al riequilibrio contributivo degli iscritti alla gestione separata INPS titolari di partita IVA.

A tal fine si prevede:

·       la progressiva riduzione delle aliquote contributive di un punto percentuale annuo a decorrere dal 2009, fino all’equiparazione, a decorrere dal 2013, alle aliquote contributive previste per i lavoratori artigiani e i commercianti;

·       l’obbligo di versare il contributo aggiuntivo dello 0,5 per cento al fine di fruire delle prestazioni assistenziali relative alla maternità, agli assegni al nucleo familiare, alla malattia e ai congedi parentali.

 

Si fa presente che l’articolo 1, comma 768, della L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007)ha disposto  l’innalzamento delle aliquote contributive pensionistiche per il finanziamento delle gestioni speciali degli artigiani[33] e dei commercianti[34].

In particolare, le aliquote sono stabilite in misura pari al 19,50% a decorrere dal 1° gennaio 2007 e sono elevate al 20% a decorrere dal 1° gennaio 2008.

Sulla base di tali disposizioni, dal 1° gennaio 2008 le aliquote contributive, pertanto, risultano stabilite come segue:

§       gestione artigiani:

- 20,00% del reddito da € 14.240,01 e fino € 42.069,00;

- 21.00% del reddito da € 42.069,01 e fino al massimale di € 70.115,00.

§       gestione commercianti

- 20,09% del reddito da € 14.240,01 e fino a € 42.069,00;

- 21,09% del reddito da € 42.069,01 e fino al massimale di € 70.115,00.

 

L’articolo 3 prevede, a favore degli iscritti alla gestione separata INPS, la sospensione della prestazione lavorativa per esigenze sanitarie o gravidanza.

In tali periodi:

·       il compenso non viene erogato;

·       l’interruzione della prestazione non costituisce in ogni caso inadempimento contrattuale;

·       i rapporti di lavoro non possono essere estinti.

 

Il D.M. 4 aprile 2002 (Tutela relativa alla maternità ed agli assegni al nucleo familiare per gli iscritti alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335), adottato in attuazione dell'art. 80, comma 12, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, ha riconosciuto, a decorrere dal 1° gennaio 1998, alle madri lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e tenute al versamento della contribuzione aggiuntiva dello 0,5 per cento (di cui all'art. 59, comma 16, della legge 27 dicembre 1997, n. 449), il diritto a un'indennità di maternità per i due mesi antecedenti la data del parto ed i tre mesi successivi alla data stessa. L'indennità è corrisposta alle lavoratrici in favore delle quali, nei dodici mesi precedenti i due mesi anteriori alla data del parto, risultino attribuite almeno tre mensilità della predetta contribuzione.

In caso di adozione o affidamento, l'indennità di cui all'art. 1 spetta, sulla base di idonea documentazione, per i tre mesi successivi all'effettivo ingresso nella famiglia della lavoratrice del bambino che, al momento dell'adozione o dell'affidamento, non abbia superato i sei anni di età.

Al padre lavoratore iscritto alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 è corrisposta un'indennità di paternità per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto, o per il periodo residuo che sarebbe spettato alla lavoratrice madre, in caso di morte o grave infermità della madre o di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. In caso di adozione o affidamento l'indennità spetta anche in alternativa alla madre lavoratrice che non ne faccia richiesta.

L'indennità è determinata per ciascuna giornata del periodo indennizzabile in misura pari all'80 per cento di 1/365 del reddito, derivante da attività di collaborazione coordinata e continuativa o libero professionale, utile ai fini contributivi, per i dodici mesi precedenti l'inizio del periodo indennizzabile. L'indennità è corrisposta dalla competente gestione separata, a seguito di apposita domanda, presentata dagli interessati, corredata da idonea certificazione.

A decorrere dal 1° gennaio 1998, agli iscritti alla gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995, e tenuti al versamento della contribuzione aggiuntiva dello 0,5 per cento (di cui all'art. 59, comma 16, della legge n. 449 del 1997), è estesa la disciplina dell'assegno per il nucleo familiare. L'assegno è corrisposto dalla competente gestione separata, in relazione alle modalità di attribuzione della specifica contribuzione, a seguito di domanda presentata dai lavoratori.

 

Il D.M. 12-7-2007 (Applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151, a tutela e sostegno della maternità e paternità nei confronti delle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335) prevede, in particolare, che per i periodi di astensione dal lavoro per i quali è corrisposta l'indennità di maternità, sono accreditati i contributi figurativi ai fini del diritto alla pensione e della determinazione della misura stessa.

 

Merita evidenziare, infine, che l’articolo 66 del d.lgs. n.276 del 2003 prevede attualmente che la gravidanza, la malattia e l'infortunio del collaboratore a progetto non comportano l'estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di malattia e infortunio la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il committente può comunque recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile. In caso di gravidanza, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di centottanta giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.

 

L’articolo 4 estende ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS (con esclusione dei lavoratori autonomi), nel caso in cui titolare dell’obbligazione contributiva sia il committente, i diritti riconosciuti dall’articolo 2116 del codice civile.

 

L’articolo 2116 del Codice civile dispone che le prestazioni previdenziali e assistenziali obbligatorie sono dovute al prestatore di lavoro anche quando l'imprenditore non ha versato regolarmente i contributi dovuti, salvo diverse disposizioni delle leggi speciali.

Nei casi in cui, secondo tali disposizioni, le istituzioni di previdenza e di assistenza, per mancata o irregolare contribuzione, non sono tenute a corrispondere in tutto o in parte le prestazioni dovute, l'imprenditore è responsabile del danno che ne deriva al prestatore di lavoro.

Tale principio, sancito dall’articolo 2116 cod. civ., è uno dei capisaldi della sicurezza sociale, in quanto sancisce che il diritto alle prestazioni sorge indipendentemente dall’adempimento da parte del datore di lavoro degli obblighi di legge e, in particolare, dall’avvenuto versamento dei contributi. Nel caso delle pensioni IVS l’applicazione del cosiddetto principio di automaticità comporta che il requisito della contribuzione si intenda verificato anche quando i contributi non siano stati effettivamente versati, ma risultino dovuti, purché nei limiti della prescrizione. Tali periodi di contribuzione sono, poi, da considerare utili anche per quanto concerne la determinazione della misura delle prestazioni.

Secondo la nota dell’INPS del 21 dicembre 2005 del Coordinamento generale legale (nella quale si è affrontato il problema partendo da un caso attinente all’attribuzione del trattamento economico di maternità), la giurisprudenza prevalente “tende ad escludere ai rapporti di lavoro c.d. subordinato l’applicabilità delle norme sostanziali della disciplina garantistica del lavoro subordinato non espressamente richiamate”. Pertanto viene esclusa “l’applicabilità ai rapporti de quibus dell’art.2116 c.c. sull’automatismo delle prestazioni previdenziali”. Lo stesso Istituto, inoltre, evidenzia come la previsione dell’obbligo di versamento dei contributi in capo al committente, anche per la parte del contributo dovuto dalle collaboratrici, dipenderebbe da ragioni eminentemente pratiche, aventi il fine di agevolare la riscossione. Nel caso del lavoro dipendente il principio dell’automaticità, invece, trarrebbe origine “dallo squilibrio dei rapporti di forza tra datore di lavoro e lavoratore dipendente”, tali vincoli non dovrebbero sussistere nell’ambito del rapporto di parasubordinazione.

 

L’articolo 5 estende a tutti gli iscritti alla gestione separata INPS che hanno versato i relativi contributi il diritto a usufruire delle prestazioni previste per gli iscritti alla medesima gestione separata in materia di maternità, malattia, assegni al nucleo familiare, congedi parentali.

 

Gli articoli 6-13 (Capo II) modificano in più parti il decreto legislativo n.276 del 2003, in materia di lavoro a progetto, al fine di ampliare le tutele per i lavoratori.

 

Per una disamina della normativa vigente in materia di lavoro a progetto, si rinvia alla scheda “Rapporti di lavoro flessibile” del presente dossier).

 

La modifiche sono volte, in particolare, a:

·       definire in termini più puntuali ed ampliare il campo di applicazione del lavoro a progetto (articolo 6), prevedendo in particolare:

-        che le modalità di esecuzione della prestazione non possono essere variate unilateralmente dal datore di lavoro;

-        che il progetto non può coincidere con l'attività principale o accessoria dell'impresa, né può ad essa sovrapporsi, ma può essere soltanto ad essa funzionalmente correlato;

-        l’estensione dell’ambito applicativo della disciplina sul lavoro a progetto a rapporti ed attività attualmente esclusi (attività rese a fini istituzionali in favore di associazioni sportive dilettantistiche ed enti di promozione sportiva; rapporti con la P.A.; attività svolte da componenti di organi di società; attività svolte da prestatori d’opera professionali titolari di partita IVA privi di autonoma organizzazione; lavoratori che percepiscono la pensione di vecchiaia);

-        che l'individuazione delle modalità di espletamento della prestazione e delle regole generali di riferimento su cui basare il rapporto tra committente e prestatore, la determinazione dei riferimenti minimi di compenso orario e giornaliero che costituiscono livelli di equità della prestazione, l'applicazione, ai fini del progetto o della fase di esso che costituisce l'oggetto del contratto, di proroghe, rinnovi o limitazioni, nonché la definizione dei motivi, delle modalità e dei termini per il recesso, sono demandate alla contrattazione collettiva nazionale, di settore, regionale, territoriale e aziendale, tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.

 

·       prevedere che gli elementi essenziali del contratto debbano risultare in forma scritta a pena di nullità (articolo 7);

·       prevedere che il corrispettivo non deve essere esclusivamente legato al tempo della prestazione, ma deve essere riferibile anche al risultato predeterminato nel progetto e, in ogni caso, non essere inferiore ai minimi definiti dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, per analoghe prestazioni di lavoro subordinato (articolo 8);

·       prevedere che nel caso di esclusività del rapporto contrattuale (“monocommittenza”) questa risulti da previsione contrattuale scritta collegata a un equo e reale compenso aggiuntivo (articolo 9);

·       prevedere sgravi contributivi, per un periodo di 36 mesi, a favore dei datori di lavoro che procedono ad assunzioni di lavoratrici madri iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335[35], non titolari di pensione e non iscritte ad altra forma previdenziale obbligatoria, entro i 18 mesi successivi alla nascita del bambino (riduzione del 50% se assumono con una delle forme contrattuali previste per gli iscritti alla suddetta gestione separata e sgravio totale se assumono con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato); inoltre, introduce il divieto di stipulare contratti a progetto da parte delle imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (articolo 10)

·       prevedere che il recesso unilaterale possa avvenire (oltre che nei casi e nei modi previsti dal contratto individuale) anche nei casi e nei modi stabiliti dalla contrattazione collettiva e che trovi in ogni caso applicazione l’articolo 2227 del codice civile (in base al quale il committente può recedere dal contratto ancorché sia iniziata l'esecuzione dell'opera, tenendo indenne il prestatore d'opera delle spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno) (articolo 11);

·       l’abrogazione dell’articolo 68 del decreto legislativo n.276 del 2003, il quale prevede che nella riconduzione a un rapporto di lavoro a progetto i diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere possono essere oggetto di rinunìzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro[36] (articolo 12);

·       prevedere che le prestazioni lavorative non possono essere assoggettate a uno specifico e serrato controllo, né a potere disciplinare, esercitato, anche per interposta persona, dal committente, pena la trasformazione ab initio del rapporto di lavoro in rapporto a tempo indeterminato (articolo 13);

 

Il seguente testo a fronte mette a raffronto il testo vigente degli articoli 61-69 del decreto legislativo n.276 del 2003 e il testo quale risulterebbe dalle modifiche previste dagli articoli 6-13  della proposta di legge in esame.

 

Decreto legislativo n. 276/2003 

A.C. 2158 (Miglioli ed altri)

 

 

(omissis)

(omissis)

TITOLO VII

Tipologie contrattuali a progetto e occasionali.

Capo I - Lavoro a progetto e lavoro occasionale

TITOLO VII

Tipologie contrattuali a progetto e occasionali.

Capo I - Lavoro a progetto e lavoro occasionale

Art. 61

Art. 61

(Definizione e campo di applicazione)

(Definizione e campo di applicazione)

1. Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all'articolo 409, n. 3, del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con la organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l'esecuzione della attività lavorativa.

«1. Ferma restando la disciplina per gli agenti e i rappresentanti di commercio, i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, prevalentemente personale e senza vincolo di subordinazione, di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile devono essere riconducibili a uno o più progetti specifici o fasi di essi determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato predeterminato che li caratterizza e ne delimita l'ambito di svolgimento.

 

1-bis. Le modalità di esecuzione della prestazione relativa alle collaborazioni di cui al comma 1 non possono essere variate unilateralmente dal datore di lavoro.

 

1-ter. I progetti e le fasi di essi di cui al comma 1 non possono coincidere con l'attività principale o accessoria dell'impresa come risultante dall'oggetto sociale né possono ad essa sovrapporsi, ma possono essere soltanto ad essa funzionalmente correlati»

2. Dalla disposizione di cui al comma 1 sono escluse le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro, nel qual caso trovano applicazione le disposizioni contenute nel presente capo.

2. Identico

3. Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, nonché i rapporti e le attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., come individuate e disciplinate dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente capo i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti a collegi e commissioni, nonché coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia.

3. Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo.

4. Le disposizioni contenute nel presente capo non pregiudicano l'applicazione di clausole di contratto individuale o di accordo collettivo più favorevoli per il collaboratore a progetto.

4. Identico

 

«4-bis. Le disposizioni contenute nel presente capo si applicano a tutte le collaborazioni coordinate e continuative di cui all'articolo 409, numero 3), del codice di procedura civile e, ferma restando la specifica disciplina in materia di accesso, anche ai rapporti instaurati con le pubbliche amministrazioni, compatibilmente con le norme relative ai rapporti di pubblico impiego, nonché ai rapporti e alle attività di collaborazione coordinata e continuativa comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal Comitato olimpico nazionale italiano, come individuate e disciplinate dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e successive modificazioni.

 

4-ter. Le disposizioni contenute nel presente capo, ad esclusione di quelle relative all'obbligo di progetto e di quelle ad esse correlate, si applicano anche ai prestatori d'opera professionale titolari di partita IVA, privi di autonoma organizzazione, e agli associati in partecipazione, iscritti alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria.

 

4-quater. L'individuazione delle modalità di espletamento della prestazione e delle regole generali di riferimento su cui basare il rapporto tra committente e prestatore, la determinazione dei riferimenti minimi di compenso orario e giornaliero che costituiscono livelli di equità della prestazione, l'applicazione, ai fini del progetto o della fase di esso che costituisce l'oggetto del contratto, di proroghe, rinnovi o limitazioni nonché la definizione dei motivi, delle modalità e dei termini per il recesso sono demandate alla contrattazione collettiva nazionale, di settore, regionale, territoriale e aziendale tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale come individuate ai fini dell'assegnazione dei rappresentanti in seno al comitato amministratore del Fondo per la gestione separata di cui all'articolo 58, comma 2, della legge 17 maggio 1999, n. 144, e successive modificazioni».

 

 

Art. 62
(Forma)

Art. 62
(Forma)

1. Il contratto di lavoro a progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere, ai fini della prova, i seguenti elementi:

1. Il contratto di lavoro a progetto è stipulato in forma scritta e deve contenere, a pena di nullità, i seguenti elementi:

a) indicazione della durata, determinata o determinabile, della prestazione di lavoro;

a)indicazione della durata determinata della prestazione di lavoro;

b) indicazione del progetto o programma di lavoro, o fasi di esso, individuata nel suo contenuto caratterizzante, che viene dedotto in contratto;

b)indicazione del progetto di lavoro, o della fase di esso, individuato nel suo contenuto caratterizzante, che è allegato quale parte integrante del contratto;

c) il corrispettivo e i criteri per la sua determinazione, nonché i tempi e le modalità di pagamento e la disciplina dei rimborsi spese;

c) Identico

d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente sulla esecuzione, anche temporale, della prestazione lavorativa, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia nella esecuzione dell'obbligazione lavorativa;

d) le forme di coordinamento del lavoratore a progetto al committente, che in ogni caso non possono essere tali da pregiudicarne l'autonomia dell'obbligazione lavorativa;

e) le eventuali misure per la tutela della salute e sicurezza del collaboratore a progetto, fermo restando quanto disposto dall'articolo 66, comma 4.

e) Identico

 

 

Art. 63
(Corrispettivo)

Art. 63
(Corrispettivo)

1. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.

1. Il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito e non deve essere esclusivamente legato al tempo della prestazione, ma deve essere riferibile anche al risultato predeterminato nel progetto. In ogni caso il compenso corrisposto non può essere inferiore ai minimi definiti dalla contrattazione collettiva di cui al comma 4-quater dell'articolo 61 o, in mancanza, ai minimi definiti dalla contrattazione collettiva per analoghe prestazioni di lavoro autonomo o, in mancanza, per analoghe prestazioni di lavoro subordinato.

 

 

Art. 64
(Obbligo di riservatezza)

Art. 64
(Obbligo di riservatezza)

1. Salvo diverso accordo tra le parti il collaboratore a progetto può svolgere la sua attività a favore di più committenti.

1. Salvo diverso accordo tra le parti il collaboratore a progetto può svolgere la sua attività a favore di più committenti. In caso di esclusività del rapporto contrattuale, all'interno del progetto e nell'effettività dell'esecuzione deve essere chiara l'autonomia dell'obbligazione lavorativa e l'esclusività deve risultare da previsione contrattuale scritta collegata a un equo e reale compenso aggiuntivo.

2. Il collaboratore a progetto non deve svolgere attività in concorrenza con i committenti né, in ogni caso, diffondere notizie e apprezzamenti attinenti ai programmi e alla organizzazione di essi, né compiere, in qualsiasi modo, atti in pregiudizio della attività dei committenti medesimi.

2. Identico

(omissis)

 

Art. 66
(Altri diritti del collaboratore a progetto)

Art. 66
(Altri diritti del collaboratore a progetto)

1. La gravidanza, la malattia e l'infortunio del collaboratore a progetto non comportano l'estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo.

1. Identico

2. Salva diversa previsione del contratto individuale, in caso di malattia e infortunio la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il committente può comunque recedere dal contratto se la sospensione si protrae per un periodo superiore a un sesto della durata stabilita nel contratto, quando essa sia determinata, ovvero superiore a trenta giorni per i contratti di durata determinabile.

2. Identico

3. In caso di gravidanza, la durata del rapporto è prorogata per un periodo di centottanta giorni, salva più favorevole disposizione del contratto individuale.

3. Per i datori di lavoro privati, ivi compresi quelli agricoli, e gli enti pubblici economici, che assumono lavoratrici madri iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, non titolari di pensione e non iscritte ad altra forma previdenziale obbligatoria, entro i diciotto mesi successivi alla nascita del bambino, con una delle forme contrattuali previste per gli iscritti alla suddetta gestione, i contributi previdenziali e assistenziali sono ridotti del 50 per cento per un periodo di trentasei mesi. Qualora le medesime lavoratrici siano assunte con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, i contributi previdenziali e assistenziali non sono dovuti per un periodo di trentasei mesi.

4. Oltre alle disposizioni di cui alla legge 11 agosto 1973, n. 533, e successive modificazioni e integrazioni, sul processo del lavoro e di cui all'articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ai rapporti che rientrano nel campo di applicazione del presente capo si applicano le norme sulla sicurezza e igiene del lavoro di cui al decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni, quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente, nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme di cui all'articolo 51, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del D.M. 12 gennaio 2001 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26 marzo 2001.

4. Oltre alle disposizioni di cui alla legge 11 agosto 1973, n. 533, e successive modificazioni e integrazioni, sul processo del lavoro e di cui all'articolo 64 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, e successive modificazioni, ai rapporti che rientrano nel campo di applicazione del presente capo si applicano le norme sulla sicurezza e igiene del lavoro di cui al decreto legislativo n. 626 del 1994 e successive modifiche e integrazioni, quando la prestazione lavorativa si svolga nei luoghi di lavoro del committente, nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, le norme di cui all'articolo 51, comma 1, della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e del D.M. 12 gennaio 2001 del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 71 del 26 marzo 2001.È vietata la stipula di contratti di lavoro a progetto da parte delle imprese che non hanno effettuato la valutazione dei rischi ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

 

 

Art. 67
(Estinzione del contratto e preavviso)

Art. 67
(Estinzione del contratto e preavviso)

1. I contratti di lavoro di cui al presente capo si risolvono al momento della realizzazione del progetto o del programma o della fase di esso che ne costituisce l'oggetto.

1. Identico

2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero secondo le diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale.

2. Le parti possono recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero secondo le diverse causali o modalità stabilite dalle parti stesse nel contratto di lavoro individuale ovvero dalla contrattazione collettiva di cui al comma 4-quater dell'articolo 61. In caso di recesso unilaterale del committente si applicano le disposizioni dell'articolo 2227 del codice civile.

Art. 68
(Rinunzie e transazioni)

Art. 68
(Rinunzie e transazioni)

1. Nella riconduzione a un progetto, programma di lavoro o fase di esso dei contratti di cui all'articolo 61, comma 1, i diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere possono essere oggetto di rinunzie o transazioni tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro di cui al Titolo VIII secondo lo schema dell'articolo 2113 del codice civile.

Soppresso

 

 

Art. 69
(Divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa atipici e conversione del contratto)

Art. 69
(Divieto di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa atipici e conversione del contratto)

1. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso ai sensi dell'articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

1. I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, o fase di esso ai sensi dell'articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

2. Qualora venga accertato dal giudice che il rapporto instaurato ai sensi dell'articolo 61 sia venuto a configurare un rapporto di lavoro subordinato, esso si trasforma in un rapporto di lavoro subordinato corrispondente alla tipologia negoziale di fatto realizzatasi tra le parti.

2. Tutti i rapporti di cui al presente capo devono essere svolti senza che le prestazioni lavorative subiscano assoggettamento a uno specifico e serrato controllo sull'attività svolta, esercitato dal committente, direttamente o per interposta persona. Inoltre deve essere del tutto assente qualsiasi manifestazione di potere disciplinare attuato, anche in forma sanzionatoria, dello stesso committente. Qualora sia riscontrata la sussistenza di una delle caratteristiche di cui al presente comma si applicano le disposizioni del comma 1.

3. Ai fini del giudizio di cui al comma 2, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del progetto, programma di lavoro o fase di esso e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente.

3. In caso di controversie di cui al comma 2, il controllo giudiziale è limitato esclusivamente, in conformità ai princìpi generali dell'ordinamento, all'accertamento della esistenza del progetto, o fase di esso e non può essere esteso fino al punto di sindacare nel merito valutazioni e scelte tecniche, organizzative o produttive che spettano al committente.

 

 

 

Gli articoli 14 e 15 (Capo III) dettano norme in materia di prestazione d’opera.

 

L’articolo 14 introduce una serie di garanzie a tutela dei prestatori d’opera monocommittenti o il cui fatturato deriva comunque per più dell’80% da un solo committente, oppure che abbiano un fatturato complessivo annuo inferiore a 30.000 euro, prevedendo:

·         l’applicazione nei loro confronti delle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 della proposta di legge in esame;

·         l’estensione nei loro confronti delle disposizioni di cui al titolo VII, capo I, del decreto legislativo n.276 del 2003, concernenti il lavoro a progetto e il lavoro occasionale (come modificate dagli articoli 6-13 della proposta di legge in esame);

·         l’applicazione dei benefici fiscali previsti dall’articolo 15 (v.oltre);

 

Inoltre, per i soli prestatori d’opera monocommittenti o il cui fatturato deriva comunque per più dell’80% da un solo committente, è prevista una norma di garanzia retributiva, in base alla quale il corrispettivo non può essere inferiore a quanto previsto da specifici accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni di categoria più rappresentative sul piano nazionale o, in mancanza, dai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dalle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale per analoghe mansioni e attività.

 

Il contratto d’opera è disciplinato dagli articoli 2222 e seguenti del codice civile.

Ai sensi dell’articolo 2222 c.c., si ha contratto d’opera quando una persona si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Il corrispettivo è stabilito dalle parti, in caso non sia convenuto dalle parti e non possa essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo (art. 2225).

Il committente ha l’obbligo, a pena di decadenza, di denunciare le difformità e i vizi occulti al prestatore d'opera (articolo 2226) entro 8 giorni dalla scoperta. L'azione si prescrive entro un anno dalla consegna. In ogni caso, l'accettazione espressa o tacita dell'opera libera il prestatore d'opera dalla responsabilità per difformità o per vizi della medesima, nel caso in cui all'accettazione questi ultimi erano noti al committente o facilmente riconoscibili, a condizione che non siano stati dolosamente occultati.

Ai sensi dell’articolo 2227, il committente può recedere dal contratto, anche ad esecuzione iniziata, tenendo indenne il prestatore d'opera delle spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno.

Infine, il prestatore d'opera ha comunque diritto ad un compenso per il lavoro prestato in relazione all'utilità della parte dell'opera compiuta, nel caso in cui l'esecuzione dell'opera diventi impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti (articolo 2228).

 

L’articolo 15 prevede l’esenzione dall’applicazione dell’imposta regionale sulle attività produttive – IRAP in favore dei lavoratori titolari di partita IVA i cui redditi derivino esclusivamente da opera professionale, iscritti alla gestione previdenziale separata INPS, ove presentino determinati requisiti fissati dalla norma medesima.

Dalla formulazione dell’articolo – si veda infra, in proposito, al comma 3 – si evince che tali requisiti devono essere posseduti cumulativamente.

 

Si ricorda che l'imposta regionale sulle attività produttive – IRAP è stata istituita con il decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 che ne reca altresì la disciplina generale (articoli 1-45). Presupposto dell’imposta è l’esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata volta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. Soggetti passivi dell’imposta sono le società di capitali; le società cooperative; le società di mutua assicurazione; gli enti commerciali pubblici e privati; le società di persone, le persone fisiche, che esercitino attività commerciali ovvero arti o professioni; i produttori agricoli entro un determinato limite di volume di affari. L’imposta è altresì dovuta dalle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001 n. 165, nonché dalle amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato della Repubblica, della Corte costituzionale, della Presidenza della Repubblica e dagli organi legislativi delle regioni a statuto speciale. La base imponibile dell’imposta coincide, per i soggetti che esercitano attività d’impresa, con il valore della produzione netta, derivante dall’attività svolta nel territorio della regione. Per i soggetti che non svolgono attività commerciale o di lavoro autonomo, l’imponibile è determinato sulla base del costo del lavoro del personale dipendente e assimilato.

 

Ai sensi del comma 1 dell’articolo in esame,per beneficiare dell’esenzione i soggetti coinvolti non devono avere un’autonoma organizzazione, devono essere  iscritti alla gestione previdenziale separata, non devono essere titolari di pensione iscritti ad altra forma previdenziale obbligatoria.

 

 

Il comma 2 reca gli ulteriori requisiti negativi richiesti al fine di usufruire dell’esenzione.

Anzitutto, i soggetti interessati (comma 2, lettera a))non devono avere sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori, anche assunti secondo modalità riconducibili a un progetto, un programma di lavoro o una fase di esso, sotto forma di somme corrisposte a vario titolo secondo le prescrizioni dell’articolo 50, comma 1, lettera c) e c)-bis del TUIR.

Si tratta, rispettivamente (lettera c)) di somme corrisposte a titolo di borsa di studio o di assegno, premio o sussidio per fini di studio o di addestramento professionale, ovvero di somme percepite (lettera c)-bis) in relazione agli uffici di amministratore, sindaco o revisore di società, associazioni e altri enti con o senza personalità giuridica; alla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili; alla partecipazione a collegi e commissioni; in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente o nell'oggetto dell'arte o professione esercitate dal contribuente.

 

Ai sensi della successiva lettera b), i soggetti che intendono beneficiare dell’esenzione non devono aver effettuato acquisti di beni strumentali, nel triennio solare precedente, anche mediante contratti di appalto e di locazione, anche finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 40.000 euro,  effettuati sulla base dei criteri di cui all'articolo 6 del DPR n. 633/1972, istitutivo dell’IVA (DPR 26 ottobre 1972, n. 633).

Il citato articolo 6 reca i criteri per individuare il momento dell’effettuazione delle cessioni di beni e della prestazione dei servizi a fini IVA. Salvo le eccezioni previste espressamente dalla norma medesima, generalmente le cessioni di beni si considerano effettuate nel momento della stipulazione se riguardano beni immobili e nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili. Se gli effetti traslativi o costitutivi si producono posteriormente, le cessioni si considerano effettuate nel momento in cui si producono tali effetti e comunque, se riguardano beni mobili, dopo il decorso di un anno dalla consegna o spedizione. Le prestazioni di servizi si considerano effettuate all'atto del pagamento del corrispettivo.

 

Infine, la lettera c) impedisce di usufruire dell’esenzione ai partecipanti a società di persone o associazioni soggette ad IRPEF (articolo 5 del TUIR)  ovvero a società a responsabilità limitata che hanno optato per il regime di trasparenza fiscale (articolo 116 del medesimo TUIR).

 

Infine, il comma 3 precisa che l’esenzione cessa di avere applicazione a decorrere dall'anno successivo a quello in cui viene meno una delle condizioni previste dall’articolo in commento.

 

 

L’articolo 16 (Capo IV) modifica l’articolo 18 della legge n.196 del 1997[37], al fine di introdurre norme a tutela dei lavoratori che svolgono attività nell’ambito di tirocini , stage o  borse di studio.

 

L’articolo 17 è mancante.

 

L’articolo 18 modifica l’articolo 36 del decreto legislativo n.165  del 2001,intervenendo sul personale precario alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni e sulle  relative procedure di stabilizzazione.

In particolare si prevede:

·       che le procedure di stabilizzazione previste dalla legge finanziaria per il 2008 (articolo 3, commi 94, 95, 96, 97 e 106 della legge n.244 del 2007) siano fatte salve;

·       che le amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei vincoli finanziari e di bilancio previsti dalla legislazione vigente, possono continuare ad avvalersi del personale assunto con contratti di lavoro flessibile sino al termine delle procedure triennali di stabilizzazione programmabili entro il 30 giugno 2012. I bandi di concorso per le assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni contengono il riconoscimento, in termini di punteggio, dell'intero servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni con il limite minimo di almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente, in virtù di contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in somministrazione e di prestazione d'opera ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile;

·       che le università e gli enti di ricerca, nel rispetto dei vincoli finanziari e di bilancio previsti dalla legislazione vigente e sentito il parere della Conferenza dei rettori delle università italiane e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, possono programmare l'assunzione di personale nel periodo 2009/2012 e indire bandi di concorso per assunzioni a tempo indeterminato. I bandi contengono il riconoscimento, in termini di punteggio, dell'intero servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni con il limite minimo di almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente, in virtù di contratti a termine, assegni di ricerca, contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in somministrazione e di prestazione d'opera ai sensi dell'articolo 2222 del codice civile;

·       che le università e gli enti di ricerca possono avvalersi di contratti di lavoro flessibile per lo svolgimento di progetti formativi, di ricerca e di innovazione tecnologica i cui oneri non sono posti a carico dei bilanci di funzionamento degli enti o del fondo di finanziamento degli enti o del fondo di finanziamento ordinario delle università. Gli incarichi di docenza a contratto, attribuiti tramite concorso pubblico per titoli, danno luogo a contratti annuali di lavoro dipendente a tempo determinato, con retribuzione almeno pari a quella di professore associato con dieci anni di anzianità;

·       che, al fine di facilitare il raccordo tra mondo del lavoro e università, è istituita la figura del professore di chiara fama. Gli incarichi di professore di chiara fama non danno luogo a retribuzione e possono essere stipulati esclusivamente con personalità di comprovata esperienza e competenza scientifica, professionale o manageriale nei diversi settori disciplinari».

 

 

Il lavoro flessibile nella P.A.

 

Attualmente la disciplina sull’utilizzo di contratti di lavoro flessibile nelle pubbliche amministrazioni è contenuta nell’articolo 36 del decreto legislativo 165/2001, modificato dapprima dall’articolo 49 del D.L. 112/2008 e, da ultimo, dall’articolo 17, comma 26, del decreto-legge 78/2009.

Il nuovo impianto normativo, nel ribadire che le assunzioni presso le pubbliche amministrazioni avvengono esclusivamente con contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato, seguendo le apposite procedure di reclutamento previste dall’articolo 35 del decreto legislativo 165/2001, prevede la possibilità, per le amministrazioni pubbliche, di avvalersi, in caso di esigenze temporanee ed eccezionali, di contratti flessibili di assunzione e di impiego del personale previsti dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. Ai contratti collettivi nazionali si demanda, ferma restando la competenza delle amministrazioni in ordine all’individuazione delle necessità organizzative in coerenza con quanto stabilito dalla legge, la disciplina in materia di contratti di lavoro a tempo determinato, di contratti di formazione e lavoro, di altri rapporti formativi e di somministrazione di lavoro (alla quale comunque non è possibile ricorrere per l’esercizio di funzioni direttive e dirigenziali), in applicazione di quanto previsto dai provvedimenti legislativi riguardanti tali materie, con riferimento alla individuazione dei contingenti di personale utilizzabile. A determinate categorie di lavoratori flessibili nella P.A. viene riconosciuto il diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato.

Quanto alla durata massima del rapporto di lavoro flessibile, si segnala  che il divieto per le pubbliche amministrazioni di ricorrere all’utilizzo del medesimo lavoratore con più tipologie contrattuali per periodi di servizio superiori ai tre anni nell’arco dell’ultimo quinquennio è stato soppresso, da ultimo, dal decreto-legge 78/2009.

La violazione delle disposizioni relative all’utilizzo dei contratti flessibili comporta la responsabilità dei dirigenti. Di tali violazioni si tiene conto anche in sede di valutazione dell’operato del dirigente ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 286/1999. Da ultimo, il decreto-legge 78/2009 ha disposto che il dirigente responsabile di irregolarità nell’utilizzo del lavoro flessibile non può essere corrisposta la retribuzione di risultato.

Al fine di verificare l’andamento complessivo del fenomeno, il decreto-legge 78/2009 ha previsto che con direttiva del Ministro della pubblica amministrazione e l’innovazione vengano definiti i criteri per la redazione di un rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile e sui lavoratori socialmente utili (LSU) utilizzati, che ciascuna amministrazione deve trasmettere annualmente ai nuclei di valutazione interni e al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio, il quale redige un rapporto annuale al Parlamento.

Un ampio ed articolato quadro del fenomeno del lavoro flessibile nella P.A., con l’indicazione delle possibili soluzioni al delicato problema delle stabilizzazioni, è stato tracciato in un recente documento del Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione, oggetto di discussione nell’ambito di una apposita audizione del Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione da parte della XI Commissione della Camera.

 

 

La stabilizzazione dei precari della P.A.

 

Nel corso della XV legislatura, con le leggi finanziarie per il 2007 (legge n.296 del 2006) e il 2008 (legge n.244 del 2007), sono state previste, in deroga al “blocco del turn over”, apposite misure per la stabilizzazione del personale precario presso le pubbliche amministrazioni. Grazie a tali misure, che danno attuazione a quanto preannunciato dal Governo nel DPEF 2007-2011, si è creata la possibilità per una graduale stabilizzazione del cd. “precariato storico”, in modo da “sanare” finalmente la posizione di tali lavoratori e quindi ricondurre a livelli fisiologici per il futuro l’utilizzo delle forme di lavoro flessibile.

Le leggi finanziarie per il 2007 e il 2008 agiscono su due piani per limitare il fenomeno del “precariato”. Da una parte autorizzano, entro certi limiti e sulla base di determinate condizioni, la stabilizzazione del personale tramite la trasformazione dei rapporti di lavoro a tempo determinato e dei CFL in rapporti a tempo indeterminato; dall’altra, al fine di evitare la formazione di nuovo “precariato”, introducono disposizioni più restrittive per quanto riguarda la possibilità di instaurare nuovi rapporti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni.

 

a) Le procedure di stabilizzazione nella legge finanziaria per il 2007

La legge finanziaria per il 2007 (L. 269/2006) ha disposto una serie di misure per la stabilizzazione del personale non di ruolo impiegato nelle pubbliche amministrazioni, il cui perno è rappresentato dall’articolo 1, comma 519, che ha previsto una disciplina relativa alla stabilizzazione del personale a tempo determinato in possesso di determinati requisiti.

In particolare, in base a tale disciplina, per le amministrazioni pubbliche sottoposte al divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato di cui all’articolo 1, comma 95, della legge finanziaria per il 2005 (L. 311/2004)[38], si è previsto che, per il 2007, una quota pari al 20% di quanto stanziato nel Fondo di cui all’articolo 1, comma 96, ultimo periodo, della legge finanziaria per il 2005[39], potesse essere destinata alla stabilizzazione del personale pubblico non dirigenziale che ne facesse apposita istanza e che si trovasse almeno in una delle seguenti situazioni:

§       fosse già in servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi;

§       conseguisse il requisito del servizio a tempo determinato di almeno tre anni (anche non continuativi) sulla base di contratti stipulati anteriormente alla data del 29 settembre 2006;

§       fosse stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2007.

Per beneficiare della stabilizzazione, inoltre, il personale in possesso dei requisiti sopra citati doveva essere stato assunto mediante procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Invece alla eventuale stabilizzazione di personale che, pur presentando gli altri requisiti richiesti, sia stato assunto a tempo determinato con procedure diverse, si provvede previo espletamento di prove selettive[40].

Una disciplina simile a quella ora illustrata è stata prevista relativamente alla stabilizzazione del personale delle regioni e degli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno dal comma 558 della legge finanziaria 2007.

In particolare, si è previsto che, a decorrere dal 1° gennaio 2007, le regioni e gli enti locali sottoposti al patto di stabilità interno, fermo restando l’obbligo del rispetto dei vincoli del patto di stabilità, potessero procedere alla stabilizzazione, nei limiti dei posti vacanti in organico, del personale non dirigenziale a tempo determinato in possesso di requisiti di anzianità di servizio analoghi a quelli previsti dal comma 519; venivano inoltre previste disposizioni relative alle modalità di selezione analoghe a quelle dello stesso comma 519 (vedi supra). Peraltro, l’applicazione delle procedure di stabilizzazione si estendeva anche al personale di cui al comma 1156, lettera f), cioè ai soggetti occupati in attività socialmente utili.

Un’altra previsione (comma 526) ha inoltre consentito alle pubbliche amministrazioni di cui al comma 523 (amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, ivi compresi i Corpi di polizia e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco; agenzie, incluse le agenzie fiscali; enti pubblici non economici; enti indicati all’art. 70, comma 4, del D.Lgs. 165/2001) di procedere, per gli anni 2008 e 2009, alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del personale a tempo determinato in possesso dei requisiti di cui al precedente comma 519 nel limite di un contingente di personale non dirigenziale corrispondente ad una spesa pari al 40% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente. In sostanza tali amministrazioni, ai sensi del combinato disposto dei commi 523 e 526, potevano procedere complessivamente a nuove assunzioni a tempo indeterminato nei limiti di una spesa pari al 60% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente[41].

La legge finanziaria per il 2007, inoltre, ha autorizzato le pubbliche amministrazioni, a decorrere dal 1° gennaio 2007, all’attuazione delle procedure di conversione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato dei contratti di formazione e lavoro (CFL), già prorogati dall’articolo 1, comma 243 della L. 266/2005 o comunque in essere alla data del 30 settembre 2006, nel limite dei posti disponibili nei ruoli organici delle singole amministrazioni. In attesa dell’espletamento delle procedure di conversione dei CFL, i medesimi contratti sono stati prorogati fino al 31 dicembre 2007 (comma 528). Si segnala, in proposito, che l’articolo 3, coma 100, della legge finanziaria per il 2008 ha disposto la proroga al 31 dicembre 2008 dei contratti di formazione e lavoro presso le pubbliche amministrazioni qualora i medesimi contratti non siano stati convertiti in contratti a tempo indeterminato entro il 31 dicembre 2007.

Un’altra misura volta alla stabilizzazione dei lavoratori precari è consistita (commi 417-420) nell’istituzione di un “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, finalizzato alla realizzazione di piani straordinari per l’assunzione a tempo indeterminato di personale già assunto o utilizzato attraverso tipologie contrattuali non a tempo indeterminato. Si è autorizzata, a decorrere dall’anno 2007, la spesa di 5 milioni di euro per il finanziamento del menzionato Fondo per la stabilizzazione, prevedendo altresì che tale Fondo possa essere anche alimentato da una somma pari al risparmio di interessi derivanti dalla riduzione del debito pubblico ottenuto tramite specifiche operazioni[42]. Per evitare il formarsi di ulteriore precariato, si è disposto il divieto, per le amministrazioni destinatarie delle risorse, di ricorrere a nuovi rapporti di lavoro precario nei cinque anni successivi all’attribuzione delle stesse, stabilendo che l’inosservanza di tale divieto comporta responsabilità patrimoniale dell’autore della violazione.

Altre misure contenute nella legge finanziaria per il 2007 erano rivolte alla stabilizzazione del personale in servizio presso specifiche amministrazioni.

In considerazione delle misure che prevedono la stabilizzazione del personale precario, al fine di evitare la formazione di nuovo “precariato", la legge finanziaria 2007 ha, inoltre, ulteriormente ristretto, rispetto alla previgente normativa, la possibilità per le amministrazioni dello Stato, le agenzie gli enti pubblici non territoriali di avvalersi di personale con rapporto di lavoro a tempo determinato o con altri rapporti di lavoro “flessibili”, prevedendo che ciò potesse avvenire nei limiti del 40% della spesa sostenuta per le stesse ragioni nel 2003. Tale limite percentuale è stato ulteriormente ridotto al 35% dalla legge finanziaria 2008.

 

b) Le procedure di stabilizzazione nella legge finanziaria per il 2008

Anche la legge finanziaria 2008 (L. 244/2007) ha recato disposizioni in materia di stabilizzazione del personale non di ruolo utilizzato dalle pubbliche amministrazioni.

In primo luogo, l’articolo 3, comma 90 è intervenuto sulla disciplina relativa alla stabilizzazione dei pubblici dipendenti precari di cui ai commi 526 e 558 della legge finanziaria per il 2007, estendendo la possibilità di stabilizzazione anche al personale a tempo determinato che consegua i requisiti di anzianità di servizio su indicati in virtù di contratti stipulati anteriormente al 28 settembre 2007.

Lo stesso provvedimento, inoltre (articolo 3, comma 94), ha disposto – fatte salve le intese stipulate sulla base dei commi 558 e 560 della legge finanziaria 2007 riguardanti sostanzialmente le stabilizzazioni del personale precario delle regioni e degli enti locali - l’obbligo, per le pubbliche amministrazioni, di predisporre entro il 30 aprile 2008, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni di personale per gli anni 2008, 2009 e 2010, dei piani per la progressiva stabilizzazione delle seguenti tipologie di personale non dirigenziale:

·       personale in servizio con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato stipulato prima del 28 settembre 2007 e in possesso dei requisiti previsti dai commi 519 e 558 della legge finanziaria 2007 (vedi supra);

·       collaboratori coordinati e continuativi, in possesso dei seguenti requisiti: contratto di collaborazione in essere alla data di entrata in vigore della legge finanziaria 2008; attività pregressa almeno triennale, anche non continuativa, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007 presso la stessa amministrazione[43].

Inoltre, si è disposto (articolo 3, comma 95) che, anche in connessione alle procedure di stabilizzazione previste dal comma 94, le amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei vincoli finanziari e di bilancio previsti dalla legislazione vigente, possono continuare ad avvalersi del personale assunto con contratto a tempo determinato sulla base delle procedure selettive previste dai commi 529 e 560 della legge finanziaria 2007 (che prevedevano, per i collaboratori coordinati e continuativi, una riserva del 60% dei posti programmati nell’ambito delle procedure selettive per assunzioni a tempo determinato effettuate dalle pubbliche amministrazioni).

Si è anche previsto (articolo 3, comma 96) che, con l’apposito D.P.C.M. previsto dall’articolo 1, comma 418, della legge finanziaria 2007, da adottare inderogabilmente entro marzo 2008, si provvederà ad individuare i requisiti e le condizioni che permettono l’assimilazione dei lavoratori precari con tipologie contrattuali di lavoro flessibile diverse da quelle prese in considerazione dal precedente comma 94 ai collaboratori coordinati e continuativi di cui alla lettera b) del medesimo comma 94, ai fini dei piani per la stabilizzazione previsti dal medesimo comma.

Allo scopo di consentire l’effettuazione delle stabilizzazioni previste dalle norme su illustrate, viene incrementato di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 il “Fondo per la stabilizzazione dei rapporti di lavoro pubblici”, istituito dal comma 417 della legge finanziaria 2007 (articolo 3, comma 97).

Infine, è stato previsto (articolo 3, comma 106) che, fermo restando quanto stabilito dall’articolo 1, comma 519, della legge finanziaria per il 2007 (v. supra), i bandi di concorso per le assunzioni a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni possono prevedere una riserva di posti non superiore al 20 per cento dei posti messi a concorso per il personale non dirigenziale che abbia maturato almeno tre anni di esperienze di lavoro subordinato a tempo determinato presso pubbliche amministrazioni in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 28 settembre 2007, nonché il riconoscimento, in termini di punteggio, del servizio prestato presso le pubbliche amministrazioni per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007, in virtù di contratti di collaborazione coordinata e continuativa stipulati anteriormente a tale data.

Successivamente, l’articolo 6 del decreto-legge n.207 del. 207 è intervenuto a precisare che le facoltà di cui all'articolo 3, comma 106, della legge 244 del 2007 possono essere applicate alle procedure concorsuali avviate entro il 30 giugno 2009.

 

L’articolo 19 attribuisce una delega al Governo per riformare la disciplina degli istituti a sostegno del reddito (ammortizzatori sociali), nel rispetto dei principi e criteri direttivi già stabiliti dall’articolo 1, comma 29, della legge n.247 del 2007.

 

L’articolo 1, comma 28, della legge n.247 del 2007 aveva delega il Governo ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge (e cioè il 1° gennaio 2009), uno o più decreti legislativi finalizzati a riformare la materia degli ammortizzatori sociali per il riordino degli istituti a sostegno del reddito. L’emanazione dei decreti legislativi deve avvenire sentite le associazioni datoriali e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale, in conformità all’articolo 117 della Costituzione ed agli Statuti delle Regioni a Statuto speciale e delle Province autonome di Trento e Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo altresì l’uniformità della tutela dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere ed alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.

Il successivo comma 29 stabiliva che la delega avrebbe dovuto esercitarsi nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

§       graduale armonizzazione dei trattamenti di disoccupazione e creazione di uno strumento unico indirizzato al sostegno del reddito e al reinserimento lavorativo dei soggetti disoccupati senza distinzione di qualifica (lettera a));

§       modulazione dei trattamenti collegata all’età anagrafica dei lavoratori ed alle condizioni occupazionali più difficili presenti nelle Regioni del Mezzogiorno, con particolare riguardo alla condizione femminile (lettera b));

§       previsione per i soggetti che beneficiano dei trattamenti di disoccupazione della copertura figurativa ai fini previdenziali calcolata sulla base della retribuzione (lettera c));

§       progressiva estensione ed armonizzazione della cassa integrazione ordinaria e straordinaria con la previsione di modalità di regolazione diverse a seconda degli interventi da attuare e di applicazione anche in caso di interventi di prevenzione, protezione e risanamento ambientale che determinino la sospensione dell’attività lavorativa (lettera d));

§       coinvolgimento e partecipazione attiva delle aziende nel processo di ricollocazione dei lavoratori (lettera e));

§       valorizzazione del ruolo degli enti bilaterali, anche al fine dell’individuazione di eventuali prestazioni aggiuntive rispetto a quelle assicurate dal sistema generale, prevedendo la possibilità di erogazione di trattamenti sostitutivi analoghi a quelli di cui alla lettera d), nonché di eventuali coperture supplementari (lettera f));

§       connessione con politiche attive per il lavoro, in particolare favorendo la stabilizzazione dei rapporti di lavoro, l’occupazione, soprattutto femminile e giovanile, nonché l’inserimento lavorativo di soggetti appartenenti alle fasce deboli del mercato del lavoro, con particolare riferimento ai lavoratori in età più matura nonché ai giovani, al fine di potenziare le politiche di invecchiamento attivo (lettera g));

§       potenziamento dei servizi per l’impiego (lettera h)).

 

La delega prevista dall’articolo 1, commi 28 e 29, della legge n.247 del 2007 non è stata esercitata entro il termine stabilito.

 

Si fa presente che una delega legislativa di contenuto analogo è prevista all’articolo 46 dell’AS 1167-B (DDL “collegato” in materia di lavoro), attualmente all’esame del Senato in quarta lettura.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.C. 2452
(Bellanova ed altri)
 A.C. 3102
(Donadi ed  altri)

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A.C. 2890
(Letta ed altri)


Quadro della normativa vigente

 


Ammortizzatori Sociali

Nel nostro ordinamento i trattamenti di sostegno al reddito (cd. ammortizzatori sociali) rappresentano un complesso ed articolato sistema di tutela dello stesso, definito da specifiche norme di legge, dei lavoratori che sono in procinto di perdere o hanno perso il posto di lavoro.

 

I principali strumenti di tale sistema sono il trattamento di integrazione salariale ordinaria (cd. cassa integrazione guadagni ordinaria) ed il trattamento di integrazione salariale straordinaria (cd. cassa integrazione guadagni straordinaria), l’indennità di mobilità, l’indennità di disoccupazione ed i contratti di solidarietà.

 

 

La Cassa integrazione guadagni

 

La funzione della Cassa integrazione guadagni è di integrare la retribuzione dei lavoratori a seguito a sospensioni o riduzioni dell’attività di impresa.

La Cassa integrazione permette la permanenza del rapporto di lavoro in vista della ripresa produttiva.

Sono previsti due tipi di interventi, che differiscono tra di loro in relazione ai motivi per i quali possono essere richiesti:

§         l’intervento ordinario (CIGO) per situazioni sospensive brevi e transitorie;

§         l’intervento straordinario (CIGS) per cause di durata più lunga ed esito incerto.

 

La Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) viene concessa, ai sensi dell'articolo 1 della L. 20 maggio 1975, n. 164, nei casi di sospensione o contrazione dell'attività in conseguenza di: 1) situazioni aziendali dovute ad eventi transitori e non imputabili all'imprenditore o ai dipendenti; 2) situazioni temporanee di mercato.

In base all'articolo 6 della stessa legge, l'integrazione è concessa per un periodo massimo di 3 mesi consecutivi (13 settimane nella prassi amministrativa) che, in casi eccezionali, può essere prorogato trimestralmente fino a un massimo complessivo di 12 mesi.

 

La relativa contribuzione (a carico del datore di lavoro) è pari all'1,90% dell'intera retribuzione imponibile ai fini previdenziali ovvero al 2,20% per le imprese con più di 50 dipendenti.

L'importo del trattamento è eguale all’80% della retribuzione che sarebbe spettata per le ore di lavoro non svolte, fino a determinati limiti massimi stabiliti annualmente. Sull'importo della CIGO si applica l'aliquota contributiva a carico dei lavoratori apprendisti (attualmente pari a 5,84 punti percentuali, interamente relativi al Fondo pensioni lavoratori dipendenti INPS).

 

Gli interventi sono previsti (D.Lgs.Lgt. 788/1945, artt. 1, 3 e 5; D.Lgs. CPS 869/1947, artt. 3 e 5; L. 240/84, art. 3, co. 1) per il settore industriale, indipendentemente dal numero di lavoratori occupati. Rientrano in tale settore anche le lavorazioni accessorie non industriali connesse all’attività dell’azienda. Possono beneficiare della CIGO, inoltre, le cooperative che svolgono attività similari a quelle industriali. Sono comprese, sotto particolari condizioni, anche le cooperative che trasformano, manipolano commercializzano prodotti agricoli e zootecnici propri e dei loro soci. Possono beneficiare della CIG i lavoratori subordinati appartenenti alle categorie degli operai, impiegati e quadri, assunti a tempo indeterminato o a termine, part-time o con contratto di inserimento. Essa spetta inoltre ai soci e ai dipendenti delle cooperative destinatarie della CIG.

Tra i soggetti esclusi dal campo di applicazione della CIGO, rientrano, tra gli altri, le aziende artigiane, le aziende del credito, assicurazioni e servizi tributari, le aziende agricole, gli esercenti autoservizi pubblici di linea, le cooperative di trasporto, facchinaggio ed altre attività ed, in generale, il settore del terziario.

 

L’ammissione al beneficio è preceduta dall’espletamento di alcuni adempimenti procedurali da parte del datore di lavoro.

In primo luogo, il datore di lavoro deve individuare i lavoratori interessati sulla base di un nesso tra causa di sospensione e lavoratore scelto.

In secondo luogo si attiva una specifica procedura sindacale (L. 164/1975, art. 5), differenziata a seconda della causa che ha prodotto la contrazione o la sospensione dell’attività. Nel caso in cui questa non sia differibile, la procedura si sostanzia nella comunicazione alle rappresentanze sindacali dell’azienda o, in mancanza, alle organizzazioni sindacali di categoria dei lavoratori più rappresentative operanti nella provincia, della durata prevedibile della sospensione o contrazione e del numero dei lavoratori interessati. In tutti gli altri casi, il datore di lavoro deve comunicare preventivamente le cause di sospensione o riduzione di orario, l’entità, la durata prevedibile, il numero e i criteri di scelta dei lavoratori.

L’irregolarità o la mancanza della procedura sindacale comportano l’inammissibilità e quindi l’illegittimità della CIGO, con la conseguenza che i lavoratori hanno diritto alla retribuzione intera per i periodi di riduzione o di sospensione già realizzati,. E’ inoltre prevista la possibilità, da parte delle organizzazioni sindacali, di esperire un’azione per condotta antisindacale.

 

La Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria è riservata, in via generale, ai sensi degli articoli 1 e 2 della L. 23 luglio 1991, n. 223, alle imprese industriali che abbiano occupato mediamente più di 15 lavoratori nel semestre precedente la domanda nonché alle imprese commerciali con più di 200 dipendenti (secondo lo stesso criterio di computo); le imprese artigiane, ai fini dell'applicazione dell'istituto in esame, sono equiparate a quelle industriali nel caso in cui un'altra impresa, che eserciti un "influsso gestionale prevalente" (determinato secondo i termini posti dall'articolo 12 della L. 223) si avvalga a sua volta dell'intervento di integrazione straordinaria; anche per le imprese artigiane valgono i requisiti dimensionali stabiliti per le imprese industriali. Possono inoltre beneficiare della CIGS anche le società cooperative di produzione e lavoro.

Si ricorda che gli interventi di integrazione salariale straordinaria sono o sono stati estesi - spesso con provvedimenti a termine - ad altri settori imprenditoriali.

Le fattispecie nelle quali è possibile il ricorso alla CIGS sono le seguenti:

§      ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale (per un periodo massimo pari, in linea ordinaria, a 24 mesi);

§      crisi aziendale (per un periodo massimo, pari, in linea ordinaria, a 12 mesi);

§      casi di fallimento, di liquidazione coatta amministrativa, di amministrazione straordinaria e di omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, qualora la continuazione dell'attività non sia stata disposta o sia cessata (per un periodo massimo, pari, in linea ordinaria, a 12 mesi).

 

L'importo del trattamento è eguale all’80% della retribuzione che sarebbe spettata, fino ad un determinato limite massimo stabilito annualmente.

Hanno diritto alla CIGS (L. 464/1972, L. 164/1975, art. 1) gli operai, impiegati, intermedi e i quadri con un’anzianità di servizio di almeno 90 giorni alla data della richiesta. Tale diritto, inoltre, è riconosciuto ai soci lavoratori di cooperative di produzione e lavoro.

In linea di massima, ai sensi dell’articolo 1, comma 9, della L. 223/1991, i limiti di durata del trattamento di integrazione salariale straordinaria sono pari a 2 anni (se concessa per ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale) o a 1 anno (se riconosciuta per crisi aziendale; in questo caso, un nuovo intervento, per la medesima causale, non può essere disposto prima che sia decorso un periodo pari a due terzi di quello relativo alla precedente concessione). Inoltre i trattamenti relativi alla medesima unità produttiva non possono avere una durata superiore a 36 mesi nell’arco di un quinquennio (il quale decorre dal mese iniziale del primo dei trattamenti in considerazione); nel computo sono inclusi anche i periodi di integrazione salariale ordinaria relativa a situazioni temporanee di mercato.

Il finanziamento degli interventi straordinari è ripartito tra:

§      contributi a carico delle imprese che rientrano nell'ambito di applicazione dell'istituto e a carico dei relativi lavoratori. Tali contributi, previsti dall'articolo 9 della L. 407/1990[44], sono pari rispettivamente allo 0,6% e allo 0,3% della retribuzione;

§      contributi addizionali a carico delle imprese quando si avvalgano dell'intervento straordinario, pari al 4,5% dell'integrazione salariale corrisposta ai propri dipendenti, ridotti al 3% per le imprese fino a 50 dipendenti[45]; il contributo, ai sensi dell'articolo 1, comma 4, della L. 223/1991, è dovuto in misura doppia a partire dal primo giorno del venticinquesimo mese successivo alla data di decorrenza del trattamento;

§      contributi a carico dello Stato.

 

Per quanto attiene agli aspetti procedurali, in primo luogo sussiste il principio di rotazione dei lavoratori (L. 223/1991, art. 1, co. 8), in base alla quale il datore di lavoro ha l’obbligo di alternare tra loro i lavoratori sospesi o ad orario ridotto.

Il datore di lavoro che ricorre alla CIGS direttamente o tramite le organizzazioni datoriali, deve dare tempestiva comunicazione alle rappresentanze aziendali, o, in mancanza di queste, alle organizzazione sindacali di categoria dei lavoratori comparativamente più rappresentative operanti nella provincia.

Entro 3 giorni dalla comunicazione, il datore o i rappresentanti dei lavoratori devono presentare la domanda di esame congiunto della situazione aziendale all’ufficio competente della regione nel cui territorio sono ubicate le unità aziendali interessate, o al Ministero del lavoro se queste ultime sono ubicate in più regioni.

La procedura termina con il decreto di concessione emanato dal ministero del lavoro.

La mobilità

 

La legislazione vigente (L. 223/1991) prevede una apposita procedura ai fini della collocazione in mobilità dei lavoratori. Si ricorda, al riguardo, che hanno diritto all’indennità di mobilità i lavoratori (con eccezione dei dirigenti) con rapporto a tempo indeterminato licenziati da imprese in CIGS che non siano in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi, ovvero licenziati da imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS qualora ricorrano i presupposti del licenziamento collettivo.

Più in dettaglio, ai sensi dell’articolo 4 della citata L. 223/1991, le aziende in CIGS che nel corso o al termine del programma non possano garantire il reimpiego di tutti i lavoratori precedentemente sospesi, prima di effettuare il licenziamento anche di un solo dipendente devono seguire una particolare procedura di riduzione del personale, che si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori licenziati.

Analoga procedura deve essere seguita, come accennato, qualora si verifichi la fattispecie del licenziamento collettivo, cioè, ai sensi dell’articolo 24 della L. 223/1991, nel caso in cui le imprese che occupano più di 15 dipendenti[46], in conseguenza di una riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, intendono effettuare nell’arco temporale di 120 giorni almeno 5 licenziamenti in stabilimenti produttivi dislocati nella stessa provincia. Qualora sia assente il requisito quantitativo o quello temporale, si applica invece la disciplina sui licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo.

In entrambi i casi sopra indicati (riduzione di personale da parte di aziende in CIGS o licenziamento collettivo), ai sensi dell’articolo 4 della L. 223/1991, la procedura di riduzione del personale, preventiva rispetto al licenziamento e alla messa in mobilità, consta di una fase sindacale e di una fase amministrativa, nel corso delle quali il datore di lavoro e le organizzazioni sindacali tentano prima tra loro ed eventualmente presso la Direzione provinciale del lavoro di trovare sbocchi alternativi al licenziamento. Se le parti non dovessero raggiungere alcun accordo, allora la procedura si conclude con la messa in mobilità dei lavoratori.

Più in dettaglio, in primo luogo, è previsto che il datore di lavoro deve versare un contributo d’ingresso[47] e deve comunicare alle RSA la propria intenzione di effettuare una riduzione di personale e di collocare i lavoratori in esubero in mobilità. Dopo aver ricevuto al comunicazione le RSA, entro 7 giorni, possono chiedere un esame congiunto della situazione di esubero con il datore di lavoro, al fine di giungere a soluzioni alternative. Dopo tale fase, il datore di lavoro comunica alla DPL competente l’esito del confronto con i sindacati e i motivi dell’eventuale mancato accordo. La DPL può tentare una mediazione ma, se anche in tale sede non si giunga ad una soluzione condivisa, il datore di lavoro può procedere al licenziamento dei lavoratori in esubero, che usufruiscono del trattamento di mobilità.

Se non vengono osservati tutti i passaggi procedurali sinteticamente descritti, può derivarne l’inefficacia dei licenziamenti, per cui i lavoratori avrebbero diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, da far valere entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione di licenziamento, con qualsiasi atto scritto anche stragiudiziale.

 

Per quanto riguarda il trattamento di mobilità, l’articolo 7 della richiamata L. 223/1991 prevede che i lavoratori collocati in mobilità, in possesso di determinati requisiti, anche di anzianità aziendale[48], abbiano diritto ad una indennità per un periodo massimo di dodici mesi, elevato a ventiquattro per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni.

L'indennità spetta nella seguente misura percentuale del trattamento di CIGS che hanno percepito ovvero che sarebbe loro spettato nel periodo immediatamente precedente la risoluzione del rapporto di lavoro:

§      per i primi dodici mesi: 100%;

§      dal tredicesimo al trentaseiesimo mese: 80%.

Lo stesso articolo dispone che nelle aree del Mezzogiorno, l’indennità di mobilità è corrisposta per un periodo massimo di ventiquattro mesi, elevato a trentasei per i lavoratori che hanno compiuto i quaranta anni e a quarantotto per i lavoratori che hanno compiuto i cinquanta anni. Essa spetta nella seguente misura:

§      per i primi dodici mesi: 100%;

§      dal tredicesimo al quarantottesimo mese: 80%.

 

Tutti i lavoratori collocati in mobilità, anche se non in possesso dei requisiti che danno diritto all’indennità di mobilità, sono iscritti nelle liste di mobilità regionali, in modo da agevolarne la ricollocazione lavorativa.

Si ricorda, al riguardo, che gli incentivi per l’assunzione di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, previsti dalla L. 223/1991, sono i seguenti:

a)      ai sensi dell’articolo 25, comma 9, in caso di conclusione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con un lavoratore in mobilità, è concesso al datore di lavoro il beneficio della riduzione della relativa contribuzione a suo carico, che viene equiparata, per i primi 18 mesi, a quella dovuta per gli apprendisti dipendenti da aziende non artigiane;

b)      ai sensi dell’articolo 8, comma 2, in caso di stipulazione di un rapporto di lavoro a tempo determinato per una durata non superiore a 12 mesi, viene riconosciuto, per l’intero periodo, il medesimo beneficio di cui alla precedente lett. a). Il beneficio è concesso per ulteriori 12 mesi qualora, nel corso del suo svolgimento, tale contratto venga trasformato a tempo indeterminato[49].

 

Le indennità di disoccupazione

 

L'indennità ordinaria di disoccupazione è relativa, in linea di principio, a tutti i dipendenti privati. Essa ha, tuttavia, un ambito di applicazione residuale rispetto al più favorevole trattamento di mobilità.

L'indennità ordinaria di disoccupazione è liquidata in presenza di un'anzianità assicurativa pari ad almeno 2 anni nonché di un anno di contribuzione nel biennio precedente la data di cessazione del rapporto di lavoro (articolo 19, comma 1, del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636). I lavoratori precari e stagionali, fermo restando il requisito assicurativo di 2 anni, maturano il diritto all'indennità anche con lo svolgimento di 78 giornate lavorative nell'anno (articolo 7 del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, e articolo 1 del D.L. 29 marzo 1991, n. 108, convertito dalla L. 1° giugno 1991, n. 169).

L'articolo 34, commi 5 e 6, della L. 23 dicembre 1998, n. 448[50], ha escluso dall'ambito di applicazione dell'istituto i dipendenti il cui rapporto di lavoro sia cessato per dimissioni, successivamente al 31 dicembre 1998 .

L'indennità è corrisposta per un periodo massimo di 180 giorni (articolo 31 della L. 29 aprile 1949, n. 264). Nel caso di licenziamento per giusta causa, tuttavia, il periodo massimo è ridotto di 30 giorni (articolo 76, comma 3, del R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827). La durata della prestazione è stata elevata a 9 mesi per i soggetti di età pari o superiore a 50 anni dall'articolo 78, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388.

La misura dell'indennità ordinaria di disoccupazione, a seguito dell'aumento disposto con l'articolo 78, comma 19, della L. 23 dicembre 2000, n. 388[51], è pari al 40% della retribuzione media soggetta a contribuzione degli ultimi 3 mesi[52].

L'aliquota contributiva relativa all'istituto in esame è pari, in genere, all'1,61% ed è interamente a carico del datore di lavoro.

Il periodo di godimento dell'indennità ordinaria di disoccupazione è riconosciuto utile ai fini previdenziali; tuttavia, riguardo alla pensione di anzianità, esso viene considerato solo per la determinazione della misura e non per il conseguimento del requisito contributivo.

Successivamente, con l’articolo 13, comma 2, lettera a), del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80, è stato previsto, per gli anni 2005 e 2006, un aumento sia della durata che della misura del trattamento delle indennità ordinarie di disoccupazione. Più specificamente, la durata è stata incrementata da 180 giorni a 7 mesi per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 9 a 10 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni. Inoltre è stata ristrutturata la misura percentuale dell'indennità ordinaria di disoccupazione, ai sensi della relativa disciplina pari al 40%, in relazione al tempo di godimento. In particolare, l’indennità è pari al 50% per i primi 6 mesi; al 40% per i successivi tre mesi; al 30% per il periodo ulteriore. Tuttavia, gli aumenti della durata non danno luogo ad un corrispondente ampliamento della contribuzione figurativa, che rimane confermata per il periodo di percezione del trattamento nel limite massimo di 6 mesi per i soggetti con età anagrafica inferiore a 50 anni e di 9 mesi per quelli con età pari o superiore a 50 anni. Inoltre sono esclusi dall'ambito di applicazione degli incrementi di durata e di misura i trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari e speciali) e le indennità ordinarie di disoccupazione liquidate con requisiti ridotti.

Inoltre, l’articolo 1, comma 1167, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha esteso gli incrementi della durata e della misura dell’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti normali disposti dal richiamato articolo 13, comma 2, lettera a) del citato D.L. 35/2005, ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° gennaio 2007. In sostanza, tale disposizione ha introdotto “a regime” gli incrementi in questione, che invece il citato D.L. 35/2005 aveva previsto per un periodo limitato in relazione ai trattamenti di disoccupazione in pagamento dal 1° aprile 2005 al 31 dicembre 2006.

Da ultimo, l’articolo 1, comma 25, della L. 24 dicembre 2007, n. 247[53], è intervenuto in materia, elevando, dal 1° gennaio 2008, sia la durata temporale della stessa, sia la percentuale di commisurazione alla retribuzione. Più specificamente:

-       è stata incrementata da 7 ad 8 mesi la durata dell’indennità per i soggetti di età inferiore a 50 anni e da 10 a 12 mesi per i lavoratori di età pari o superiore a 50 anni;

-       è stata riconosciuta la contribuzione figurativa per l’intero periodo di percezione del trattamento nel limite massimo delle durate legali previste dal comma in esame;

-       è stata incrementata la misura percentuale dell'indennità ordinaria di disoccupazione, rispetto a quanto disposto dal D.L. 35/2005, analizzato in precedenza. In relazione al periodo di godimento, l’indennità è pari:

-       al 60% per i primi 6 mesi (in luogo del 50%);

-       al 50% per i successivi due mesi (in luogo del 40% per i successivi tre mesi);

-       al 40% per il periodo ulteriore (in luogo del 30%).

Tali incrementi non si applicano ai trattamenti di disoccupazione agricoli (ordinari e speciali) e all’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti.

 

L’indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, di cui all’articolo 7, comma 3, del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, convertito dalla L. 20 maggio 1988, n. 160, caratterizzata appunto da un requisito contributivo inferiore a quello normale, costituisce una fattispecie particolare di indennità di disoccupazione rivolta soprattutto ai lavoratori occupati saltuariamente e ai lavoratori stagionali.

Più specificamente, il richiamato articolo 7, comma 3, dispone che hanno diritto all'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti i lavoratori che, in assenza di 52 settimane di contribuzione nell’ultimo biennio, abbiano prestato effettivamente nell'anno precedente almeno 78 giornate di lavoro per le quali siano stati versati o siano dovuti i contributi per la assicurazione obbligatoria (fermo restando il requisito di 2 anni di anzianità assicurativa). I citati lavoratori hanno diritto alla indennità in questione per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno stesso, e comunque non superiore alla differenza tra il numero 312, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate[54]. L'indennità giornaliera non può superare il 30% della retribuzione media giornaliera, nei limiti di un importo massimo mensile lordo di euro 830,77, elevato a 998,50 euro per i lavoratori che possono far valere una retribuzione lorda mensile superiore a 1.826,07 euro.

Ai fini del prescritto requisito delle 78 giornate di lavoro effettivo, la Corte di Cassazione, con sentenza 6 febbraio 1998, n. 1262, ha specificato che sono rilevanti tutte le giornate facenti parte del periodo complessivamente considerato come lavorativo, per le quali sussiste l’obbligo di contribuzione. Devono essere considerate quindi, come evidenziato nella circolare INPS n. 273 del 31 dicembre 1998, anche le giornate di assenza per festività, ferie, riposi ordinarie compensativi, maternità, malattia e situazioni assimilabili, retribuite e coperte da contribuzione obbligatoria.

La richiamata L. 247/2007 è intervenuta anche sull’indennità in oggetto (articolo 1, comma 26), prevedendo una rideterminazione della percentuale di commisurazione alla retribuzione dell’indennità ordinaria con requisiti ridotti (in luogo del 30% in precedenza previsto) pari al 35% per i primi 120 giorni e al 40% per i successivi giorni fino a un massimo di 180 giorni, per i trattamenti di disoccupazione non agricola in pagamento dal 1° gennaio 2008. Per i medesimi trattamenti, il diritto all’indennità spetta per un numero di giornate pari a quelle lavorate nell'anno stesso e comunque non superiore alla differenza tra il numero 360, diminuito delle giornate di trattamento di disoccupazione eventualmente goduto, e quello delle giornate di lavoro prestate.

 

L’indennità di disoccupazione ordinaria si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore agricolo, che è stato tuttavia escluso dai miglioramenti introdotti con la L. 388/2000 (legge finanziaria 2001), incidenti sia sulla durata sia sull’importo dell’indennità ordinaria di disoccupazione.

Più in dettaglio, si consideri che l'articolo 1 del D.P.R. 1049/1970[55], sostituendo il comma 1, lett. a), della L. 264/1949[56], ha esteso l’istituto dell’indennità ordinaria di disoccupazione agli operai agricoli, sempre che risultino iscritti negli elenchi nominativi di rilevamento da almeno un anno oltre che per quello per il quale è richiesta l'indennità ed abbiano conseguito nell'anno precedente ed in quello in corso un accredito complessivo di almeno 102 contributi giornalieri. A tal fine, l'articolo 3 dello stesso D.P.R. 1049/1970 consente il cumulo con i periodi lavorativi prestati in attività non agricole.

Per gli operai agricoli, la durata della corresponsione dell'indennità è pari alla differenza tra il numero di 270 giorni ed il numero delle giornate di effettiva occupazione prestate nell'anno, comprese quelle per attività agricole in proprio o coperte da indennità di malattia, infortunio, maternità, e sino al massimo di 180 giornate previste per la generalità dei lavoratori (articolo 32, comma 1, lettera a), della L. 264/1949, nel testo sostituito dall'articolo 1 del D.P.R. 1049/1970).

La misura dell’indennità per gli operai agricoli è pari al 30% della retribuzione di cui all'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989, cioè la retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro.

Si ricorda, al riguardo, che l’articolo 01 del D.L. 2/2006[57], ai commi 4 e 5, ha provveduto ad unificare il regime di calcolo dei contributi previdenziali e delle prestazioni temporanee per tutte le categorie dei lavoratori agricoli (quindi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per i lavoratori a tempo determinato), facendo venir meno la disciplina di cui all’articolo 4 del D.Lgs. 146/1997[58] (cfr. infra). In particolare, l’articolo 01, commi 4 e 5, del D.L. 2/2006, dispone che, a decorrere dal 1° gennaio 2006, come base per il calcolo dei contributi previdenziali e delle prestazioni temporanee, per tutte le categorie di lavoratori agricoli, sia assunta - come previsto per la generalità dei lavoratori dall'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989, n. 338 - la retribuzione effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro o, se superiore, quella prevista dai contratti collettivi.

Si consideri che invece, prima della disciplina introdotta dal citato articolo 01, era prevista una distinta disciplina, nel settore agricolo, per i lavoratori a tempo indeterminato (OTI) e per i lavoratori a tempo determinato (OTD)[59].

In base a tale precedente disciplina, già era previsto che per i lavoratori a tempo indeterminato (OTI) la retribuzione da assumere ai fini contributivi era quella individuata secondo le modalità ordinarie valide per tutti i lavoratori dipendenti, corrispondente alla retribuzione effettivamente spettante in base ai contratti collettivi od individuali, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989.

Invece per i lavoratori a tempo determinato (OTD) la precedente disciplina prevedeva un sistema di calcolo dei contributi e delle prestazioni temporanee basato su valori imponibili giornalieri convenzionali. Si consideri tuttavia che, già prima dell’uniformazione disposta dall’articolo 01 del D.L. 2/2006, l’articolo 4 del D.Lgs. 146/1997 aveva previsto, nella prospettiva di un graduale superamento di tale sistema, che, a decorrere dal 1° gennaio 1998, il salario medio convenzionale determinato per il 1996 con D.M. 1° luglio 1996 sulla base delle rilevazioni relative al 1995, restasse cristallizzato, ai fini della contribuzione e delle prestazioni temporanee (malattia, maternità, indennità antinfortunistiche), fino a quando il suo importo non fosse superato, per le singole qualifiche, da quello spettante nelle singole province in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative. Da tale momento la retribuzione imponibile ai fini contributivi sarebbe stata determinata secondo le modalità ordinarie per tutti i lavoratori dipendenti, ovvero, come sopra detto, in base alla retribuzione effettiva, come previsto dall'articolo 1, comma 1, del D.L. 338/1989.

Da ultimo, l’articolo 1, commi 55-57, della L. 247/2007, di attuazione del protocollo sul Welfare, hanno riformato la normativa in materia di disoccupazione agricola, al fine di rendere omogenee le discipline relative all’indennità ordinaria di disoccupazione e ai trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli, con riferimento alla misura e alla durata delle provvidenze erogate.

In particolare, si prevede (comma 55) che per gli operai agricoli a tempo determinato e a tempo indeterminato e le figure equiparate, l’importo giornaliero dell’indennità ordinaria di disoccupazione di cui all'articolo 7, comma 1, del D.L. 86/1988 , nonché dei trattamenti speciali di disoccupazione per i lavoratori agricoli di cui all’articolo 25 della L. 457 del 1972  e all’articolo 7 della L. 37 del 1977 , per quanto riguarda i trattamenti che decorrono dal 1° gennaio 2008:

§         sia stabilito nella misura del 40% della retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del D.L. 338 del 1989 , cioè la retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro;

§         sia corrisposto per il numero di giornate di iscrizione negli elenchi nominativi.

Inoltre, è stato disposto (comma 56) che, ai fini della corresponsione dei trattamenti di disoccupazione per i lavoratori agricoli, sono valutati non solamente i periodi di lavoro subordinato svolti nel settore agricolo, ma anche quelli svolti in altri settori produttivi a condizione che l’attività agricola sia prevalente nel corso dell’anno o del biennio al quale si riferisce la domanda.

Infine, è stato stabilito (comma 57) che, al fine del raggiungimento del requisito annuo di 270 contributi giornalieri, valido per il diritto e la misura dei trattamenti pensionistici, dall’importo dei trattamenti di disoccupazione sia trattenuto dall’INPS un contributo di solidarietà pari al 9% del medesimo importo per ogni giornata indennizzata sino ad un “tetto” di 150 giornate.

 

Infine, per gli operai agricoli a tempo determinato è previsto anche l'istituto del trattamento speciale di disoccupazione di cui all’articolo 25 della L. 8 agosto 1972, n. 457 e all’articolo 7 della L. 16 febbraio 1977, n. 37.

In particolare, ai sensi del richiamato articolo 7 della L. 37/1977 è dovuto, a decorrere dal 1° gennaio 1977, ai lavoratori agricoli a tempo determinato che risultino iscritti negli elenchi nominativi per un numero di giornate di lavoro non inferiore a 101 e non superiore a 150 giornate di lavoro[60], un trattamento speciale di disoccupazione, pari al 40% della retribuzione prevista dai contratti collettivi o, se superiore, di quella effettivamente spettante in base al contratto individuale di lavoro[61]. Tale trattamento è erogato in luogo dell'indennità di disoccupazione loro spettante ai sensi del D.P.R. 1049/1970. Il trattamento speciale è corrisposto per il periodo massimo di 90 giorni nell'anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli

L’articolo 25 della citata L. 457/1972 stabilisce invece che ai lavoratori agricoli a tempo determinato, che abbiano effettuato nel corso dell'anno solare almeno 151 giornate di lavoro, è dovuto, in luogo dell'indennità di disoccupazione loro spettante per lo stesso periodo ai sensi del citato D.P.R. 1049/1970, un trattamento speciale pari al 66% della retribuzione[62] richiamata in precedenza. Anche in questo caso il trattamento speciale è corrisposto per un periodo massimo di 90 giorni nell'anno, osservando le norme vigenti in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli.

 

I contratti di solidarietà

 

Per contratti di solidarietà si intendono quelli collettivi aziendali, stipulati tra imprese industriali e le rappresentanze sindacali, che, a norma dell'articolo 1 del D.L. 30 ottobre 1984, n. 726, stabiliscano una riduzione dell'orario di lavoro (cd. contratti di solidarietà difensivi), al fine di evitare, in tutto o in parte, la riduzione o la dichiarazione di esubero del personale. In relazione a tale riduzione d'orario, di cui sia stata accertata la finalizzazione da parte dell'Ufficio regionale del lavoro, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali concede il trattamento d'integrazione salariale il cui ammontare è determinato nella misura del 60% del trattamento retributivo perso a seguito della riduzione d'orario.

I contratti di solidarietà difensivi hanno una durata compresa tra i 12 e i 24 mesi, con possibilità di proroga per ulteriori 24 mesi (36 per le regioni del Mezzogiorno). Essi sono compatibili con la CIGO, e, a determinate condizioni, anche con la CIGS.

Accanto ai contratti di solidarietà difensivi, sussistono anche quelli cd. espansivi (L. 863/1994, articolo 2), che si concretizzano in un accordo tra datore di lavoro e sindacati maggiormente rappresentativi che prevede una riduzione stabile dell’orario di lavoro e della retribuzione dei dipendenti e, contestualmente, l’effettuazione di nuove assunzioni al fine di incrementare l’organico. Le nuove assunzioni devono essere a tempo indeterminato e non devono determinare una riduzione della percentuale di manodopera femminile rispetto a quella maschile, oppure di quest’ultima quando risulti inferiore.

 

Gli ammortizzatori sociali “in deroga”

 

Accanto alla concessione di ammortizzatori sociali sulla base della disciplina generale, nel corso degli anni sono stati effettuati una serie di interventi adottati in deroga alla disciplina stessa, resisi necessari anche a causa della mancata attuazione della riforma della relativa disciplina, che ormai presenta profili di parziale inadeguatezza.

In tali interventi, contenuti per lo più nell’ambito delle leggi finanziarie che si sono succedute, è stata prevista in generale la possibilità di concedere – non oltre il termine dell’esercizio finanziario preso a riferimento dalle singole leggi finanziarie - trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale (anche senza soluzione di continuità), anche in deroga alla normativa vigente, quindi oltre la durata massima prevista o per settori produttivi che in via generale non beneficiano degli ammortizzati sociali, a determinate condizioni, e cioé:

§      subordinazione della concessione alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali, anche con eventuale riferimento a particolari settori produttivi e ad aree territoriali (anche quelle colpite da processi di riorganizzazione derivanti da nuovi assetti del sistema aeroportuale), ovvero volti ad assicurare il reimpiego dei lavoratori interessati nei medesimi programmi;

§      definizione dei programmi con specifici accordi in sede governativa entro date prefissate.

A tal fine le leggi finanziarie hanno stanziato un limite di risorse annualmente disponibili, entro cui i decreti ministeriali concedono i trattamenti “in deroga” sulla base dei requisiti e della procedure individuate.

In conclusione, sembra di potersi affermare che, per effetto della legislazione sopra citata, che per la verità in parte si limita a prorogare misure già precedentemente previste, il quadro regolatorio definito dalla L. 223/1991 per l'accesso ai trattamenti di sostegno al reddito risulta ormai modificato. Infatti, misure che sono nate con la caratteristica della temporaneità e dell’urgenza, a causa delle continue proroghe, hanno finito per stabilizzarsi, determinando una scarsa organicità del quadro normativo di riferimento relativo agli ammortizzatori sociali.

Tenendo conto delle modifiche al quadro economico e sociale e quindi del mercato del lavoro considerato dalla L. 223/1991, anche a causa delle nuove sfide derivanti al “sistema-Paese” da una economia ormai globalizzata, l’attuazione alle apposite deleghe previste dalla L. 247/2007, rispettivamente ai commi 28 e 29 (per gli ammortizzatori sociali) e ai commi 30 e 32 (per gli incentivi all’occupazione) potrebbe finalmente condurre alla revisione organica della normativa relativa agli ammortizzatori sociali e agli incentivi all’occupazione. In particolare, una adeguata disciplina degli ammortizzatori sociali, estesa anche ai lavoratori occupati con contratti flessibili, è necessaria per evitare che la flessibilità del lavoro, pur necessaria sul piano produttivo e occupazionale, tenda a trasformarsi in precarietà per i lavoratori.

 

Per quanto riguarda gli interventi del più recente passato, nel corso della XV Legislatura, con le leggi finanziarie per il 2007 e il 2008, è stata prevista, con specifiche norme, la proroga dell’estensione di misure per il sostegno al reddito in favore di lavoratori di imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della L. 223/1991 e che quindi, in base alla disciplina generale sugli ammortizzatori sociali, non ne beneficerebbero.

Tra questi interventi, si ricorda la concessione, per il biennio 2007-2008, nel limite massimo di 45 milioni di euro annui a carico del Fondo per l’occupazione, del trattamento di CIGS e del trattamento di mobilità ai lavoratori subordinati delle imprese del commercio con più di 50 dipendenti, delle agenzie di viaggio e turismo con più di 50 dipendenti e delle imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti; la proroga, anche per il richiamato biennio, per le imprese non comprese nell'ambito ordinario di applicazione della disciplina dei contratti di solidarietà, del termine entro il quale esse possono stipulare i predetti contratti (in particolare, contratti di solidarietà “difensivi”), beneficiando di determinate agevolazioni.

Inoltre, è stata rifinanziata, per il 2008, la proroga per un periodo fino a 12 mesi (oltre gli ordinari 12 mesi) del trattamento straordinario di integrazione salariale per crisi aziendale, prevista dall’articolo 1, comma 1, del D.L. 249/2004[63], nei seguenti casi: cessazione dell’attività dell’intera azienda, di un settore di attività, di uno o più stabilimenti o parte di essi; sussistenza di programmi volti alla ricollocazione dei lavoratori e che comprendano, ove necessario, la formazione professionale; accertamento - da parte del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - del "concreto avvio", nei primi 12 mesi dell'intervento di integrazione, del piano di gestione delle eccedenze di personale.

A tale finalità sono destinati 30 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione.

 

Nella XVI Legislatura, stante anche la necessità di fronteggiare le ripercussioni della crisi finanziaria ed economica globale, sono stati adottati una serie di interventi urgenti per la tutela del reddito dei lavoratori.

 

L’intervento più rilevante è rappresentato dall’Accordo Stato–Regioni del 12 febbraio 2009, sancito nella riunione della Conferenza Stato-Regioni del 26 febbraio 2009, con il quale sono stati destinati 8 miliardi di euro, nel biennio 2009-2010, per azioni di sostegno al reddito e di politica attiva del lavoro.

L’intervento è connotato da un contributo nazionale, impiegato per il pagamento dei contributi figurativi e per la parte maggioritaria del sostegno al reddito, e da un contributo regionale, a valere sui programmi regionali FSE, impiegato per azioni formative o di politica attiva governata dalla Regione.

In particolare, gli stanziamenti sono stati ripartiti tra un intervento statale, per una somma di 5.350 milioni di euro, e contributi regionali, pari a 2.650 milioni di euro, a valere sui programmi regionali del Fondo Sociale Europeo (FSE)[64].

Alla traduzione normativa dell’Accordo si è provveduto con il D.L. 5/2009, convertito dalla L. 33/2009. In particolare, le misure urgenti a tutela dell’occupazione sono contenute nell’articolo 7-ter, volto a tradurre sul piano normativo l’Accordo tra Governo e regioni del 17 febbraio 2009, che a sua volta ha consentito di assemblare e sbloccare risorse per circa otto miliardi di euro.

 

Oltre al richiamato articolo, ulteriori interventi in materia sono contenuti:

§       nell’articolo 19 del D.L. 185/2008, con il quale, nei casi di sospensione dal lavoro, sono stati potenziati ed estesi una serie di ammortizzatori sociali per il triennio 2009-2011;

§      nell’articolo 2, comma 36, della finanziaria 2009 (L. 203/2008), il quale, oltre a destinare nuove risorse per la CIGS in caso di cessazione di attività, ha aumentato l’integrazione salariale per i lavoratori che riducono l’orario di lavoro a seguito della stipulazione di contratti di solidarietà difensivi, nonché introdotto misure di sostegno per l’attività imprenditoriale posta in essere da lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali. Lo stesso comma ha altresì rinnovato, anche per il 2009, la possibilità di concessione “in deroga” dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale, nel limite complessivo di spesa di 600 milioni di euro a carico del Fondo per l’occupazione, subordinatamente alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali definiti con specifici accordi in sede governativa;

§      nell’articolo 1 del D.L. 78/2009, il quale, oltre a destinare nuove risorse per la CIGS in caso di cessazione di attività, ha aumentato l’integrazione salariale per i lavoratori che riducono l’orario di lavoro a seguito della stipulazione di contratti di solidarietà difensivi, nonché introdotto misure di sostegno per l’attività imprenditoriale posta in essere da lavoratori destinatari di ammortizzatori sociali;

§      nell’articolo 2, commi 126-130, della legge finanziaria 2010 (L. 191/2009). In particolare, i commi 126-127 hanno prorogato al 2010 alcune disposizioni dell’articolo 19 del D.L. 185/2008 che erogavano specifici trattamenti di sostegno al reddito per il 2009(indennità di mobilità CIGS, mobilità, liste di mobilità dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo da aziende che occupano fino a quindici dipendenti per crisi, CIGS per cessazione di attività, contributi a Italia Lavoro S.p.A., l’indennità ai lavoratori addetti alle prestazioni di lavoro temporaneo occupati con contratto di lavoro a tempo indeterminato in determinate imprese e agenzie). I successivi commi 128-130 hanno rinnovato, anche per il 2010, riprendendo di fatto analoghe disposizioni precedenti, la possibilità di concessione “in deroga” dei trattamenti di integrazione salariale straordinaria, di mobilità e di disoccupazione speciale subordinatamente alla realizzazione di programmi finalizzati alla gestione di crisi occupazionali definiti con specifici accordi in sede governativa per periodi non superiori a 12 mesi. La misura dei trattamenti è ridotta del 10% in caso di prima proroga, del 30% in caso di seconda proroga e del 40% in caso di proroghe successive.

 


Rapporti di lavoro flessibile

Le collaborazioni coordinate e continuative

 

Tra le nuove tipologie di contratti flessibili, particolare rilevanza hanno acquisito le collaborazioni coordinate e continuative.

Come è noto, l’attività di collaborazione coordinata e continuativa si riferisce a prestazioni d’opera prevalentemente personali, svolte senza vincolo di subordinazione in un rapporto unitario e continuativo, senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita.

Le collaborazioni coordinate e continuative, infatti, non rientrano nelle tradizionali tipologie del lavoro subordinato e di quello autonomo. Tali rapporti, pur non svolgendosi alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro (secondo la definizione del prestatore di lavoro subordinato di cui all’articolo 2094 c.c.[65]), hanno caratteristiche di continuità e di coordinamento rispetto alla complessiva attività del committente cui i lavoratori prestano la propria collaborazione. Allo stesso tempo, sono accomunati al lavoro autonomo da caratteristiche specifiche, quali la mancanza sia di un legame diretto tra retribuzione e disponibilità temporale del lavoratore, sia della tendenziale esclusività del rapporto.

Precedentemente alla riforma recata dal richiamato D.Lgs. 276/2003, infatti, anche se una prima traccia sulle collaborazioni coordinate e continuative può trovarsi nell’articolo 2 della Legge 14 luglio 1959, n. 741[66], e successivamente, nel nuovo testo dell’articolo 409 del codice di procedura civile, introdotto dall’articolo 1 della Legge 11 agosto 1973, n. 733[67], le collaborazioni coordinate e continuative erano regolamentate solamente in relazione agli aspetti fiscali e previdenziali. Nessuna specifica disciplina era invece prevista sul piano del diritto del lavoro.

Per quanto riguarda la disciplina fiscale, in origine i cosiddetti “rapporti atipici” erano disciplinati fiscalmente dall’attuale articolo 53, comma 2, lettera a), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR)[68], come redditi da lavoro autonomo. L’articolo distingueva espressamente gli uffici di amministratore, sindaco, revisore di società, associazioni o altri enti con o senza personalità giuridica, le collaborazioni a giornali, riviste o enciclopedie e simili e la partecipazione a collegi o commissioni, dagli “altri” rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. Erano da considerare rapporti atipici, quindi, le attività con contenuto intrinsecamente artistico e professionale diverse da quelle che rientrano nella definizione dei redditi di lavoro autonomo secondo il comma 1 dello stesso articolo 53, ovvero diverse dalle attività che derivano dall’esercizio di arti o professioni, dove per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo.

In seguito all’introduzione della legge 21 novembre 2000, n. 342[69], a decorrere dal 1° gennaio 2001 la richiamata lettera a) del comma 2 dell’attuale articolo 53 del TUIR è stata abrogata, ed il testo relativo ai lavoratori che svolgono la propria attività con un rapporto di collaborazione è stato inserito nell’attuale articolo 50, comma 1, lettera c-bis), del TUIR; come conseguenza sono considerati redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, tra gli altri, i redditi percepiti “in relazione ad altri rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione a favore di un determinato soggetto nel quadro di un rapporto unitario e continuativo senza impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita, sempreché gli uffici o le collaborazioni non rientrino nei compiti istituzionali compresi nell'attività di lavoro dipendente di cui all'articolo 49, comma 1, concernente redditi di lavoro dipendente, o nell'oggetto dell'arte o professione di cui all'articolo 53, comma 1, concernente redditi di lavoro autonomo, esercitate dal contribuente”.

Per quanto riguarda la disciplina previdenziale, con la L. 8 agosto 1995, n. 335[70], è stato creato presso l’I.N.P.S. uno schema di previdenza obbligatoria allo scopo di offrire una copertura previdenziale pubblica ai lavoratori “parasubordinati”, così come definiti genericamente dall’I.N.P.S..

In particolare, dal 1° gennaio 1996 l’articolo 2, commi da 26 a 32, della richiamata L. 335 ha introdotto l’obbligo di iscrizione in una apposita Gestione separata gestita dall’INPS[71], finalizzata all'estensione dell'assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, a favore, tra gli altri, dei soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al richiamato comma 1 dell'articolo 53 del TUIR, nonché dei titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, di cui al comma 2, lettera a), del medesimo articolo.

La generalità dei lavoratori interessati dall’obbligo di iscrizione alla Gestione separata risulta però distinta in due principali categorie: da un lato i lavoratori non iscritti ad alcuna altra forma di previdenza obbligatoria, e, dall’altro, i lavoratori già iscritti a un’altra forma di previdenza obbligatoria, o che siano già titolari di una pensione. Le due categorie di lavoratori sono oggi facilmente riconoscibili in funzione delle diverse aliquote con cui è previsto il versamento dei contributi previdenziali alla gestione.

Inizialmente stabilita al 10% dall’articolo 2, comma 29, della L. 335 del 1995, la speciale contribuzione dei soggetti iscritti alla Gestione separata è stata oggetto in seguito di numerosi interventi legislativi ed interpretativi volti, tra l'altro, ad elevare gradualmente l'aliquota contributiva, al fine di contrastare il ricorso a tale tipologia contrattuale come sostitutiva del lavoro dipendente, nonché a salvaguardare, dopo l’adozione del sistema contributivo, con particolare riguardo ai lavoratori non coperti da altre forme di previdenza obbligatoria, una categoria la cui pensione si prospettava particolarmente bassa rispetto a quella media.

In base all’ultimo intervento legislativo, concretizzatosi nell’articolo 1, comma 79, della L. 24 dicembre 2007, n. 247[72], è stato disposto un ulteriore adeguamento delle aliquote contributive pensionistiche relative ai lavoratori iscritti alla gestione separata INPS, incrementandole al 24% per il 2008, al 25% per il 2009 e al 26% a decorrere dal 2010 per gli iscritti che non siano assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie, mentre è stata incrementata al 17%, a decorrere dal 1° gennaio 2008, l’aliquota contributiva pensionistica corrisposta dai rimanenti iscritti (cioè dai soggetti già titolari di pensione o dai soggetti già assicurati presso altre forme pensionistiche obbligatorie).

 

 

Il lavoro a progetto

Il D.Lgs 276/2003 ha introdotto, tra le diverse fattispecie di lavoro flessibile, una specifica disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative, il lavoro a progetto, applicabile al solo settore lavorativo privato, finalizzata a superare gli abusi che hanno condotto all’uso talvolta improprio di tale strumento contrattuale, per eludere la disciplina del rapporto di lavoro subordinato.

Si tratta, secondo anche le intenzioni del “Libro Bianco”[73], di una reazione a prassi affermatesi negli anni precedenti, allorquando il ricorso alla collaborazione coordinata e continuativa spesso ha nascosto rapporti di lavoro subordinato, al fine di eludere i conseguenti costi e le garanzie ad esso connesse.

L’intenzione del legislatore non è stata solamente quella di proteggere il lavoratore, ma anche quella di limitare la distorsione della concorrenza tra imprese che sono determinate dall’utilizzo improprio delle collaborazioni e di garantire un incremento del gettito contributivo per l’I.N.P.S., a seguito dell’emersione del lavoro falsamente atipico.

Con la nuova fattispecie del lavoro a progetto è stato previsto l’obbligo (articolo 61 del D.Lgs. 276/2003) di ricondurre i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa ad uno o più progetti specifici o programmi di lavoro o fasi di esso, determinati dal committente e gestiti autonomamente dal collaboratore in funzione del risultato, nel rispetto del coordinamento con l’organizzazione del committente e indipendentemente dal tempo impiegato per l’esecuzione dell’attività lavorativa.

I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l'individuazione di uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto.

Da tale previsione sono escluse le prestazioni meramente occasionali, cioè i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivo per lo svolgimento della prestazione sia superiore a 5.000 euro (articolo 61, comma 2). Pertanto vengono fissati due criteri alternativi, uno correlato alla durata della prestazione nei confronti dello stesso committente, l’altro correlato all’ammontare del corrispettivo, che servono a distinguere le prestazioni meramente occasionali dalle collaborazioni coordinate e continuative vere e proprie, che vengono disciplinate dalle disposizioni sul lavoro a progetto.

Sono altresì escluse dal campo di applicazione della disciplina del lavoro a progetto anche le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi[74].

Nel caso in cui i richiamati rapporti siano instaurati senza individuare uno specifico progetto, programma di lavoro o fase di esso, vengono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato fin dalla data di costituzione del rapporto(articolo 69, comma 1).

La determinazione del progetto e di tutti gli elementi accessori è lasciata alla contrattazione. Il contratto, infatti, che deve essere redatto in forma scrittaad probationem, deve contenere, tra gli altri, l’indicazione della durata della prestazione lavorativa e del progetto, o programma di lavoro o delle fasi di esso, nonché il corrispettivo e le relative modalità di pagamento e le forme di coordinamento del lavoratore, che in ogni caso non devono essere tali da pregiudicare l’autonomia del collaboratore stesso. Lo stesso contratto, infine, deve prevedere forme di tutela e di sicurezza della salute del collaboratore di progetto (articolo 62).

I contratti si risolvono al momento della realizzazione del progetto o del programma o fase di esso che ne costituisce l’oggetto. E’ comunque prevista la possibilità, per le parti contraenti, di recedere prima della scadenza del termine per giusta causa ovvero in seguito a quanto disposto nel contratto (articolo 67).

Il compenso è proporzionato (articolo 63) alla quantità e qualità del lavoro, e deve tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto.

E’ stata prevista la possibilità, per il collaboratore a progetto, di svolgere l’attività nei riguardi di più committenti, anche se lo stesso non può svolgere attività concorrenziale nei confronti dei committenti stessi né può venire meno all’obbligo di riservatezza (articolo 64).

Lo stesso D.Lgs. 276 ha individuato (articoli 65 e 66) alcuni diritti del collaboratore a progetto.

In particolare (articolo 65), il collaboratore ha il diritto ad essere riconosciuto autore dell’invenzione eventualmente fatta nello svolgimento del rapporto. In ogni caso, i diritti e gli obblighi delle parti sono regolati da leggi speciali, comprese le disposizioni di cui all’articolo 12-bis della L. 633/1941[75].

Il successivo articolo 66 disciplina ulteriori diritti del collaboratore a progetto.

In particolare, si stabilisce che:

·         la gravidanza, malattia ed infortunio non comportano estinzione del rapporto contrattuale, che rimane sospeso, senza erogazione del corrispettivo. In caso di gravidanza, inoltre, la durata del rapporto è prorogata di 180 giorni, salvo previsione contrattuale più favorevole;

·         in caso di infortunio o malattia, salva diversa previsione contrattuale, la sospensione del rapporto non comporta una proroga della durata del contratto, che si estingue alla scadenza. Il contratto si intende comunque risolto se la sospensione si protrae per un periodo superiore ad un sesto della durata stabilita nel contratto, se determinata, ovvero superiore a 30 giorni per i contratti a durata determinabile;

·         infine, ai rapporti che rientrano nel campo di applicazione del capo in esame si applicano specifiche norme, tra le quali si ricordano quelle sul processo del lavoro[76], quelle sulla tutela della maternità per le lavoratrici iscritte alla gestione separata INPS[77], le norme sulla sicurezza e igiene del lavoro, attualmente regolate dal recente D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81[78], nonché le norme di tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e le norme di cui all’articolo 51, comma 1, della L. 488/1999 (finanziaria 2002)[79].

E’ stato previsto, infine, che nella riconduzione a un progetto, programma di lavoro o fase di esso delle collaborazioni coordinate e continuative, i diritti derivanti da un rapporto di lavoro già in essere possono essere oggetto di rinunzie o transazioni (articolo 68, così come modificato dal richiamato D.Lgs. 251/2004) tra le parti in sede di certificazione del rapporto di lavoro anche in deroga alle disposizioni sulle rinunce e transazioni che hanno per oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti o accordi collettivi concernenti le controversie individuali di lavoro, di cui all’articolo 2113 del codice civile.

 

 

La somministrazione di lavoro

Il contratto di somministrazione di lavoro, introdotto dal D.Lgs. 276/2003, può essere concluso da ogni soggetto (utilizzatore) che si rivolga ad altro soggetto (somministratore) a ciò autorizzato dal Ministero del lavoro.

Il contratto di somministrazione in sostanza sostituisce il contratto di fornitura di lavoro interinale (la cui disciplina viene contestualmente abrogata). Pertanto, le agenzie di somministrazione hanno preso il posto delle vecchie agenzie di lavoro temporaneo.

La normativa previgente alla L. 247/2007 prevedeva che il contratto di somministrazione potesse essere concluso a termine o a tempo indeterminato.

 

La somministrazione a tempo indeterminato è uno strumento contrattuale inedito per l'Italia, ma molto diffuso negli Stati Uniti fin dai primi anni ’80. Con tale istituto sostanzialmente si introduceva anche nell’ordinamento italiano il cosiddetto leasing di manodopera (staff leasing), grazie al quale le aziende potevano "affittare" la forza-lavoro anche a tempo indeterminato e non solo a termine. Invece, con il contratto di fornitura di lavoro interinale di cui alla L. 196/1997, l’impresa fornitrice metteva a disposizione dell’impresa utilizzatrice un lavoratore solamente per esigenze lavorative di carattere temporaneo.

 

Soppressa dall’articolo 46 della L. 247/2007, tale fattispecie è stata reintrodotta dall’articolo 2, comma 143, della L. 191/2009 (legge finanziaria per il 2010) attraverso l’abrogazione dell’articolo 1, comma 46, della L. 247/2007, di attuazione del protocollo sul welfare. Lo stesso comma, a fini di coordinamento normativo, ha inoltre espressamente richiamato l’applicabilità delle disposizioni di cui al Titolo III, Capo I (articoli 20-28) del D.Lgs. 276/2003, disciplinanti la fattispecie di somministrazione di lavoro, a tempo determinato e a tempo indeterminato.

Lo stesso comma, inoltre, reca alcune modifiche all’articolo 20, comma 3, del D.Lgs. 276/2003, che disciplina i casi in cui è ammessa la somministrazione a tempo indeterminato (vedi infra).

Più specificamente, si modifica la lettera i) del comma 3, consentendo anche ai contratti collettivi di lavoro aziendali, stipulati da associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative, di individuare ulteriori casi in cui sia ammessa la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato. Lo stesso comma, inoltre, aggiungendo la lettera l) al richiamato comma 3, consente di stipulare il contratto di somministrazione di lavoro a tempo indeterminato in tutti i settori produttivi, pubblici o privati, per l’esecuzione di servizi di cura e assistenza alla persona e di sostegno alla famiglia.

L’articolo 20, comma 3, del D.Lgs. 276/2003, infatti, prevede una tassativa elencazione delle attività per le quali era legittima la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato, in presenza di ragioni di carattere tecnico, organizzativo o produttivo. Si tratta in particolare delle seguenti attività:

-       servizi di consulenza e assistenza nel settore informatico, compresa la progettazione e manutenzione di reti intranet e extranet, siti internet, sistemi informatici, sviluppo di software applicativo, caricamento dati;

-       servizi di pulizia, custodia, portineria;

-       servizi, da e per lo stabilimento, di trasporto di persone e di trasporto e movimentazione di macchinari e merci;

-       gestione di biblioteche, parchi, musei, archivi, magazzini, nonché servizi di economato;

-       attività di consulenza direzionale, assistenza alla certificazione, programmazione delle risorse, sviluppo organizzativo e cambiamento, gestione del personale, ricerca e selezione del personale;

-       attività di marketing, analisi di mercato, organizzazione della funzione commerciale;

-       gestione di call-center, nonché avvio di nuove iniziative imprenditoriali nelle aree Obiettivo 1 di cui al regolamento (CE) n. 1260/1999 del 21 giugno 1999 del Consiglio, recante disposizioni generali sui Fondi strutturali;

-       costruzioni edilizie all'interno degli stabilimenti, per installazioni o smontaggio di impianti e macchinari, per particolari attività produttive, con specifico riferimento all'edilizia e alla cantieristica navale, le quali richiedano più fasi successive di lavorazione, l'impiego di manodopera diversa per specializzazione da quella normalmente impiegata nell'impresa;

-       in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.

 

La somministrazione a tempo indeterminato è inoltre lecita in tutti gli altri casi previsti dai contratti collettivi di lavoro nazionali o territoriali stipulati da associazioni dei datori e prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative.

 

Nel caso della somministrazione a tempo determinato, invece, viene superata la precedente impostazione restrittiva che rendeva possibile la fornitura di lavoro temporaneo solamente nel casi previsti tassativamente dalla legge o dalla contrattazione collettiva. Pertanto la somministrazione di lavoro a tempo determinato è ammessa ogniqualvolta ricorrano ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, anche se riferibili all'ordinaria attività dell'utilizzatore. Si affida alla contrattazione collettiva il compito dell’eventuale individuazione, anche in misura non uniforme, di limiti quantitativi di utilizzazione della somministrazione a tempo determinato.

L’articolo 20, comma 5, inoltre, elenca una serie di fattispecie nelle quali è vietata l’utilizzazione del contratto di somministrazione:

-       nel caso di sostituzione di lavoratori in sciopero;

-       salva diversa previsione dei contratti collettivi, nel caso di unità produttive che nei sei mesi precedenti abbiano effettuato licenziamenti collettivi[80] o presso cui sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione di orario, con diritto al trattamento di integrazione salariale, che interessino lavoratori con analoghe mansioni;

-       nel caso di aziende che non abbiano effettuato la valutazione dei rischi ai sensi degli articoli 28 e ss. del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81[81].

 

In seguito alle modifiche apportate dall’articolo 2, comma 142, della richiamata L. 191/2009, è stato modificato il comma 5 dell’articolo 20, prevedendo che i contratti di somministrazione possano essere stipulati anche nel caso in cui siano stati effettuati licenziamenti collettivi di lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione, anche nei casi in cui:

§      il contratto di somministrazione sia finalizzato alla sostituzione di lavoratori assenti;

§      il contratto di somministrazione venga concluso ai sensi dell’art. 8, comma 2 della L 223/1991, prevedendo, cioè, l’utilizzo di lavoratori in mobilità, assunti dal somministratore con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a 12 mesi;

§      il contratto di somministrazione abbia una durata iniziale non superiore a tre mesi.

Si conferma poi la previsione secondo la quale, salvo diversa disposizione degli accordi sindacali, il divieto opera altresì presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti.

Inoltre, lo stesso comma 142 ha aggiunto il comma 5-bis all’articolo 20, disponendo la non applicazione, qualora il contratto di somministrazione preveda l’utilizzo di lavoratori in mobilità, assunti dal somministratore con contratto di lavoro a termine di durata non superiore a 12 mesi, delle condizioni di ammissibilità e dei limiti previsti per il contratto di somministrazione a tempo indeterminato e a tempo determinato, rispettivamente dai commi 3 e 4 dello stesso articolo 20.

Inoltre, si prevede che ai richiamati contratti di lavoro a termine di durata non superiore a 12 mesi, stipulati dal somministratore con i lavoratori in mobilità, si applichi il beneficio contributivo di cui all’art. 8, comma 2, della L. 223/1991

 

Il successivo articolo 21 dispone che il contratto di somministrazione deve essere concluso in forma scritta (ad substantiam) e deve contenere una serie di elementi (per esempio, numero dei lavoratori interessati e loro mansioni, durata, motivi di interesse aziendale, luogo, orario e trattamento economico, assunzione reciproca degli obblighi contrattuali). La mancanza della forma scritta o la mancata indicazione di alcuni elementi essenziali determina la nullità del contratto di somministrazione, con la conseguenza che i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.

Per quanto concerne in generale il rapporto di lavoro tra somministratore e prestatore, per i contratti di lavoro a tempo indeterminato, l’articolo 22 conferma l’applicazione della disciplina civilistica e delle leggi speciali vigenti, mentre per i contratti di lavoro a tempo determinato si applicano le disposizioni del D.Lgs. 368 del 2001 in materia di lavoro a tempo determinato

Nell’ipotesi di somministrazione a tempo determinato, nel caso in cui il prestatore sia stato assunto dall’agenzia di somministrazione con contratto stipulato a tempo indeterminato, nel medesimo è precisato l’ammontare dell’indennità mensile di disponibilità, corrisposta dal somministratore per i periodi in cui il lavoratore rimane in attesa di assegnazione. La misura di tale indennità è fissata dal contratto collettivo e comunque non può essere inferiore alla misura prevista con decreto ministeriale. Si precisa che l’indennità di disponibilità è esclusa dal computo di ogni istituto di legge o di contratto collettivo (quindi non concorre alla determinazione della tredicesima mensilità o al trattamento di fine rapporto).

All’articolo 23, oltre a prevedersi un obbligo in solido tra somministratore ed utilizzatore per quanto riguarda la corresponsione ai lavoratori dei trattamenti retributivi e dei contributi previdenziali, si prevedono alcune tutele per i lavoratori dal punto di vista economico e retributivo, della sicurezza sul lavoro e dell’esercizio del potere disciplinare riservato al somministratore.

L’articolo 24 dispone che ai lavoratori delle imprese di somministrazione si applicano i diritti sindacali di cui allo Statuto dei lavoratori, alla stregua di tutti i lavoratori subordinati a tempo indeterminato. Il lavoratore può esercitare liberamente, anche presso l’utilizzatore, le libertà sindacali e può partecipare alle assemblee del personale dipendente delle imprese utilizzatrici.

Ai lavoratori che dipendono da uno stesso somministratore ma lavorano presso diversi utilizzatori compete uno specifico diritto di riunione secondo la normativa vigente, con le modalità stabilite dalla contrattazione.

Inoltre l’utilizzatore è tenuto a comunicare alle rappresentanze sindacali aziendali il numero e i motivi dei contratti di somministrazione conclusi, la durata degli stessi, il numero e la qualifica dei lavoratori interessati. In mancanza delle r.s.a. tale comunicazione va indirizzata alle associazioni territoriali di categoria aderenti alle confederazioni dei lavoratori maggiormente rappresentative sul piano sindacale.

L’articolo 25 pone a carico del somministratore il versamento degli oneri contributivi (previdenziali ed assistenziali), nonché quelli relativi all’assicurazione contro gli infortuni. A tal fine il somministratore viene inquadrato nel settore terziario, tranne nel caso in cui i lavoratori prestino la loro opera nel settore agricolo o nel lavoro domestico dove sono applicate le discipline di settore.

Per quanto concerne la responsabilità civile per i danni arrecati a terzi nell’esercizio dell’attività lavorativa, ai sensi dell’articolo 2049 del c.c., l’articolo 26precisa che ne risponde il soggetto utilizzatore, poiché esercita nel concreto il potere direttivo nei confronti del lavoratore.

In caso di somministrazione irregolare di lavoro, ovvero quando non siano state rispettate le condizioni per la stipula del contratto di somministrazione (cfr. articolo 20) o non siano state indicati alcuni elementi che configurano il rapporto di lavoro, l’articolo 27stabilisce che il lavoratore possa adire le vie legali per richiedere l’instaurazione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’utilizzatore con decorrenza fin dall’inizio della somministrazione. Il giudizio dovrà riguardare solo l’accertamento della irregolarità del contratto, senza entrare nel merito delle scelte organizzative o produttive.

Nell’eventualità di somministrazione di lavoro fraudolenta con l’intento di eludere disposizioni legislative o contrattuali inderogabili, l’articolo 28 prevede – oltre alle sanzioni pecuniarie indicate all’articolo 18 del D.Lgs. 276/2003 – l’irrogazione di una sanzione pecuniaria di 20 euro, a carico sia del somministratore sia dell’utilizzatore, per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione.

 

 

L’associazione in partecipazione

L’associazione in partecipazione, di cui all’articolo 2549 c.c., è uno dei possibili strumenti di finanziamento dell’impresa.

Sostanzialmente si tratta di un contratto consensuale a prestazioni corrispettive con cui un soggetto (associante) – necessariamente un imprenditore – riceve da un altro soggetto, finanziatore esterno dell’impresa o dell’affare altrui (associato) un determinato apporto (normalmente, una somma di denaro ma anche il godimento di un bene o una prestazione di un’opera  o di un servizio).  L’imprenditore investirà quanto ricevuto e, alla scadenza del contratto o al compimento dell’affare, lo restituirà con una parte degli utili eventualmente prodotti.

Dal punto di vista dell’associato, il contratto di cui all’art. 2549 appare un contratto aleatorio, essendo non predeterminato il corrispettivo dell’apporto fornito, in quanto dipendente dal buon esito dell’investimento o dell’affare.

Va sottolineato che l’associazione in partecipazione non determina, tuttavia, la formazione di un soggetto nuovo o la costituzione di un patrimonio autonomo, né la comunione dell'affare o dell'impresa, che restano di esclusiva pertinenza dell'imprenditore associante. Non a caso, i terzi acquistano diritti ed assumono obbligazioni solo verso l’associante (art. 2551 c.c.) ed è solo quest’ultimo che fa propri gli utili, salvo, nei rapporti interni, il suo obbligo di liquidarne all'associato una quota e di restituirgli l'apporto. Tuttavia, salvo patto contrario, l’associato partecipa ugualmente agli utili come alle perdite dell’affare, fermo restando che queste ultime non possono superare il valore di quanto conferito (art. 2553 c.c.).

L’art. 2550 subordina la possibilità, per l’imprenditore – esclusi i contratti di società - di stipulare nuovi contratti di associazione in partecipazione al consenso dei precedenti associati ove i nuovi contratti riguardino lo stesso affare o la stessa impresa; ciò, in ragione della possibile diminuzione degli eventuali utili per i primi associati.

Se è vero che la gestione dell’impresa o dell’affare è esclusivamente di pertinenza dell’imprenditore (salvo i possibili accordi per un controllo sulla gestione), l’associato avrà in ogni caso diritto al rendiconto dell’affare compiuto o, a quello annuale, in caso di gestione pluriennale (art. 2552 c.c.).

Ove manchi la previsione del termine di durata del rapporto, il diritto di recesso dall’associazione in partecipazione deve riconoscersi a ciascuno dei contraenti con la conseguenza che l'istituto del recesso unilaterale a norma del secondo comma dell'art. 1373 c.c. è applicabile sia al contratto sopra richiamato che ai rapporti di cointeressenza agli utili senza partecipazione alle perdite (art. 2554 c.c.), che costituisce una figura particolare del contratto di cui all'art. 2549 c.c. (Cass. civile, sez. III, sent. n. 4473 del 15 aprile 1993).

 

 

Il contratto d’opera

Il contratto d’opera è disciplinato dagli articoli 2222 e seguenti del codice civile.

Ai sensi dell’articolo 2222 c.c., si ha contratto d’opera quando una persona si obbliga a compiere, verso un corrispettivo, un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente. Il corrispettivo è stabilito dalle parti, in caso non sia convenuto dalle parti e non possa essere determinato secondo le tariffe professionali o gli usi, è stabilito dal giudice in relazione al risultato ottenuto e al lavoro normalmente necessario per ottenerlo (art. 2225).

Il committente ha l’obbligo, a pena di decadenza, di denunciare le difformità e i vizi occulti al prestatore d'opera (articolo 2226) entro 8 giorni dalla scoperta. L'azione si prescrive entro un anno dalla consegna. In ogni caso, l'accettazione espressa o tacita dell'opera libera il prestatore d'opera dalla responsabilità per difformità o per vizi della medesima, nel caso in cui all'accettazione questi ultimi erano noti al committente o facilmente riconoscibili, a condizione che non siano stati dolosamente occultati.

Ai sensi dell’articolo 2227, il committente può recedere dal contratto, anche ad esecuzione iniziata, tenendo indenne il prestatore d'opera delle spese, del lavoro eseguito e del mancato guadagno.

Infine, il prestatore d'opera ha comunque diritto ad un compenso per il lavoro prestato in relazione all'utilità della parte dell'opera compiuta, nel caso in cui l'esecuzione dell'opera diventi impossibile per causa non imputabile ad alcuna delle parti (articolo 2228).

 

 

La certificazione dei rapporti di lavoro

Il D.Lgs. 276/2003 ha inoltre previsto, in seguito all’introduzione delle tipologie contrattuali flessibili, un’apposita procedura di certificazione volontaria  del contratto stipulato tra le parti, al fine di ridurre il contenzioso in materia di individuazione della tipologia di specifici contratti flessibili. Tale procedura, che sulla base delle modifiche apportate dal successivo D.Lgs. 6 ottobre 2004, n. 251[82], trova applicazione nei confronti di tutti i contratti e si attiva presso specifiche Commissioni di certificazione, sostanzialmente attribuisce piena forza legale al contratto, escludendo la possibilità di ricorso in giudizio se non in caso di incompetenza, eccesso di potere o violazioni di legge che ledono interessi legittimi.

In particolare, possono svolgere la procedura di certificazione (articolo 78) le Commissioni di certificazione istituite presso specifici enti ed organismi, quali, tra gli altri, le Direzioni provinciali del lavoro, le Università, pubbliche e private – queste esclusivamente nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza, a condizione di registrarsi in un apposito albo, istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, anche se solamente in particolari casi[83].

Gli effetti della certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento dell’accoglimento, con sentenza di merito, di uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili, fatti salvi i provvedimenti cautelari. Nei confronti dell’atto di certificazione le parti e i terzi interessati dagli effetti dello stesso possono proporre ricorso, presso il tribunale con funzioni del giudice del lavoro, per vizi del consenso, erronea qualificazione del contratto, oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua attuazione. Tuttavia, chiunque intenda presentare ricorso giurisdizionale contro la certificazione, deve obbligatoriamente rivolgersi alla commissione di certificazione che ha adottato l’atto di certificazione per espletare un tentativo di obbligatorio di conciliazione, ai sensi dell’articolo 410 c.p.c. (articolo 80).

Pertanto, una volta effettuata validamente la procedura di certificazione, gli organi ispettivi sarebbero vincolati dalla stessa, dovendo necessariamente ricorrere al giudice per far accertare la difformità tra il contratto oggetto di certificazione e il concreto atteggiarsi del rapporto. In sostanza, l’organo amministrativo che voglia discostarsi dalla certificazione relativamente alla qualificazione del rapporto di lavoro, non potrà contare esclusivamente sui propri poteri amministrativi, ma dovrà necessariamente investire della questione il giudice al fine di ottenere una sentenza che dimostri che nel caso concreto è configurabile un rapporto di lavoro diverso da quello certificato.

Si ricorda, infine, che è attualmente all’esame del Senato in quarta lettura il Disegno di legge “collegato” alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013 in materia di lavoro (A.S. 1167-B), il cui articolo 31 ridisegna la sezione del codice di procedura civile recante le disposizioni generali in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro (articoli da 409 a 412-quater).

In estrema sintesi, la disposizione trasforma il tentativo di conciliazione, attualmente obbligatorio, in una fase meramente eventuale, introduce una pluralità di mezzi di composizione delle controversie di lavoro alternativi al ricorso al giudice e rafforza le competenze delle commissioni di certificazione dei contratti di lavoro di cui all'articolo 76 del D.Lgs. 276/2003.

 

 


La gestione separata I.N.P.S.

 

L'articolo 2, commi 26-33, della L. 8 agosto 1995, n. 335, di riforma del sistema pensionistico, ha previsto l'estensione dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad alcune categorie di lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da assicurazione previdenziale.

E' stata così istituita presso l'INPS, con decorrenza 1° gennaio 1996, una apposita Gestione separata, cui sono tenute ad iscriversi le categorie di lavoratori appresso indicate, con conseguente obbligo di versamento contributivo. La contribuzione è dovuta anche all'INAIL per effetto dell'entrata in vigore del D.Lgs. 38/2000[84], che all'articolo 5  ha sancito l'obbligo assicurativo presso detto Istituto anche per i lavoratori in questione.

Sono obbligati all'iscrizione alla Gestione separata, sulla base di disposizioni di carattere generale o particolare, le seguenti figure di prestatori[85].

I Professionisti, ossia quei soggetti che percepiscono redditi derivanti, come disposto dall'articolo 53, comma 1, del TUIR[86], dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. Rientrano, pertanto, in tale categoria e sono tenuti al pagamento del contributo previdenziale:

·         i professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;

·         i professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;

·         i professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;

·         i professionisti senza albo e senza cassa (si pensi alle professioni di consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);

 

I Collaboratori coordinati e continuativi, per cui, ai sensi dell’articolo 53, comma 2, del citato TUIR, si considerano facenti parte di tale categoria quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 53, i quali,  pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita.

Ad esempio, fanno parte di tale categoria le seguenti figure:

·         amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;

·         membri di commissione e collegi;

·         soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore;

·         amministratori di condominio.

 

I Venditori porta a porta ossia i soggetti incaricati delle vendite a domicilio, secondo la definizione dell'articolo 36 della L. 426/1971[87]. Ai sensi dell’articolo 44, comma 2, del decreto-legge 269/2003[88], dal 1° gennaio 2004 tali soggetti devono essere iscritti alla Gestione separata, qualora il reddito annuo sia superiore a € 5.000[89].

I Titolari di borse di studio (dal 1° gennaio 1999) per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca, come anche i titolari di borse di studio integrative, erogate in qualità di sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed i percettori di assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero[90].

I Pensionati, i quali, pur in quiescenza e svolgendo le attività sopradescritte, sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività.  Nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica[91].

I Medici in formazione specialistica, iscritti a decorrere dall'anno accademico 2006-2007 e per la durata della formazione.

I Lavoratori dipendenti, privati o pubblici, soggetti alla contribuzione in quanto percepiscano compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.

Le Guide turistiche, inquadrate nella Gestione separata con la sentenza della Corte di Cassazione n. 8117 del 28 marzo 2008.

I Volontari del Servizio civile nazionale, iscritti alla Gestione separata con decorrenza dal 1° gennaio 2006.

Dal 1° gennaio 2004 sono iscritti alla Gestione separata gli esercenti attività di Lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito annuo sia superiore a € 5.000 e solo per la differenza[92].

I Lavoratori a progetto, secondo la figura contrattuale disciplinata all’articolo 61 e ss. del D.Lgs. 276/2003[93] anche riguardo i requisiti per l'iscrizione alla Gestione separata. Tali  lavoratori devono richiedere l'iscrizione alla Gestione contestualmente all'inizio dell'attività lavorativa, mentre il committente deve assicurarsi che il collaboratore abbia provveduto alle comunicazioni all'INPS. All'atto della iscrizione alla Gestione non è richiesta la presentazione di copia del contratto.

Gli Associati in partecipazione i quali (secondo la definizione di associazione in partecipazione di cui agli artt. 2549-2554 cod. civ.) sono tenuti ad iscriversi alla Gestione, in quanto conferiscono prestazioni lavorative i cui compensi sono qualificati come redditi da lavoro autonomo ai sensi dell'art. 53, comma 2, lett. c), del TUIR. Sono invece esclusi dall'obbligo assicurativo i lavoratori associati il cui apporto non è costituito esclusivamente dalla prestazione lavorativa ed i cui compensi sono quindi qualificati come redditi da capitale ai fini fiscali dall'articolo 44 del TUIR.

I Lavoratori occasionali di tipo accessorio[94] per cui le prestazioni realizzate sono remunerate al lavoratore mediante i cosiddetti "buoni lavoro" a lui corrisposti, una volta effettuata la prestazione. Il valore nominale del buono per tali prestazioni è fissato nella misura di 10 euro[95] ed è comprensivo della contribuzione a favore della Gestione separata INPS (convenzionalmente stabilita per questa tipologia lavorativa e nell'ambito di questa sperimentazione nell'aliquota del 13%), di quella in favore dell'INAIL (7%) e di una quota pari al 5% per la gestione del servizio. Pertanto, il valore netto del voucher, cioè il corrispettivo netto della prestazione, in favore del prestatore, è pari a 7,50 euro.

Le attività di lavoro occasionale di tipo accessorio non danno titolo a prestazioni di malattia, di maternità, di disoccupazione né ad assegno per il nucleo familiare.

Gli Spedizionieri doganali già iscritti, dal 1° gennaio 1998, allo specifico Fondo previdenziale ed assistenziale istituito con l'articolo 15 della L. 1612/1960[96] e soppresso dal 1° gennaio 1998 dalla L. 230/1997[97].

 

Tra i soggetti esclusi dal pagamento del contributo alla Gestione separata vi sono:

§         gli assegnatari di borse di studio;

§         i professionisti iscritti a casse di previdenza per i redditi già assoggettati a contributo previdenziale;

§         coloro che producono redditi di lavoro autonomo già coperti da una contribuzione previdenziale obbligatoria (ad esempio, i lavoratori dello spettacolo iscritti all'ENPALS);

§         i percettori di diritti d'autore;

§         coloro che partecipano agli utili spettanti ai promotori ed ai soci fondatori di società per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilità limitata;

§         coloro che percepiscono l'indennità per la cessazione dei rapporti d'agenzia;

§         i segretari comunali per l'attività di levata dei protesti;

§         coloro che svolgono attività di lavoro autonomo esercitata in modo occasionale;

§         i promotori finanziari.

 

Per quanto concerne la contribuzione per gli iscritti alla Gestione che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, l’articolo 45 del decreto-legge 269/2003, ha equiparato l'aliquota contributiva dovuta a partire dal 1° gennaio 2004 a quella in vigore per la gestione pensionistica dei commercianti, prevedendone altresì l'incremento annuo nella misura stabilita dall'articolo 59, comma 15 della legge 449/1997[98], (0,2% per ciascun anno) fino al raggiungimento dell'aliquota di 19 punti percentuali.

L'articolo 1, comma 770 della legge 296/2006[99] (Finanziaria 2007) ha introdotto importanti innovazioni sulle aliquote contributive e di computo dovute dagli iscritti alla Gestione separata. In particolare, si dispone che dal 1° gennaio 2007 l'aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti a tale Gestione, che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche, sono stabilite nella misura del 23 per cento.

A partire dalla stessa data per i rimanenti iscritti alla predetta Gestione, l'aliquota contributiva pensionistica e la relativa aliquota contributiva per il computo delle prestazioni pensionistiche sono stabilite nella misura del 16 per cento. Tra i soggetti iscritti alla Gestione separata a cui si applica l'aliquota contributiva pensionistica al 16 per cento, sono compresi anche i lavoratori pensionati nonché i titolari di ulteriori rapporti assicurativi. Pertanto, viene meno, a decorrere dall'anno 2007, la distinzione delle aliquote tra i soggetti titolari di pensione (diretta o indiretta) o già assicurati in altre forme obbligatorie[100].

Rimane tuttavia dovuta, per i soggetti privi di altra tutela previdenziale obbligatoria, l'ulteriore aliquota contributiva pari allo 0,50 per cento, stabilita dall'articolo 59, comma 16, della legge n. 449/1997, per il finanziamento dell'onere derivante dalla estensione agli stessi della tutela relativa alla maternità, agli assegni per il nucleo familiare e alla malattia, anche in caso di non degenza ospedaliera[101].

Per il finanziamento delle prestazioni relative alla tutela della maternità[102], l'articolo 7 del D.M. 12 luglio 2007[103] ha introdotto un ulteriore aumento dell'aliquota contributiva nella misura dello 0,22% a partire dai compensi corrisposti dal 7 novembre 2007.

Da ultimo, l’articolo 1, comma 79 della legge 247/2007[104] ha fissato l'aliquota contributiva per gli iscritti alla Gestione separata che non risultano assicurati presso altre forme obbligatorie nella misura del 24% per il 2008, del 25% per il 2009 e del 26% a decorrere dal 2010. Per gli iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria l'aliquota è fissata al 17%.

Per gli associati in partecipazione con apporto di solo lavoro, iscritti dal 1° gennaio 2005 alla Gestione, la contribuzione è a carico dell'associante per il 55% e dell'associato per il 45%[105].

Il D.lgs. 42/2006[106] prevede anche agli iscritti alla Gestione separata la totalizzazione dei periodi assicurativi.

La contribuzione versata alla Gestione separata presso l'INPS non è ricongiungibile con alcuna altra contribuzione. La contribuzione in tal modo versata alla Gestione darà diritto al trattamento maturato sulla base delle norme del sistema contributivo.

La legge 296/2006 (articolo 1, commi 1202-1210), ha stabilito che, al fine di garantire il corretto utilizzo delle collaborazioni coordinate e continuative e dei rapporti di lavoro a progetto, nonché di promuoverne la conversione in contratti di lavoro subordinato, i committenti datori di lavoro, entro e non oltre il 30 aprile 2007, possono regolarizzare i periodi pregressi, presentando all'INPS una istanza accompagnata dal versamento di una somma in misura pari alla metà della quota di contribuzione a carico del committente stesso, per il periodo di vigenza del contratto di lavoro parasubordinato che s'intende regolarizzare.

L'accoglimento dell'istanza è subordinato a un accordo sindacale a livello aziendale o territoriale e seguito da un atto di conciliazione individuale con i collaboratori in base agli artt. 410 e 411 cod. proc. civ.

Riguardo ai requisiti di accesso al pensionamento dal 1° gennaio 2008 i lavoratori non iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria conseguono il diritto alla pensione di vecchiaia con i requisiti anagrafici e contributivi previsti per i lavoratori dipendenti (fermi restando gli altri requisiti stabiliti dall'articolo 1, comma 20, della legge n. 335/1995) nei termini seguenti:

a)        60 anni per le donne e 65 anni per gli uomini con 5 anni di contribuzione effettiva;

b)        40 anni di anzianità contributiva indipendentemente dall'età;

c)        al raggiungimento di quota 95 con un'età minima di 59 anni e un'anzianità contributiva minima di 35 anni nel periodo 1° luglio 2009-31 dicembre 2010;

d)        al raggiungimento di quota 96 con un'età anagrafica minima di 60 anni e un'anzianità contributiva minima di 35 anni nel periodo 1° gennaio 2011-31 dicembre 2012;

e)        al raggiungimento di quota 97 con un'età anagrafica minima di 61 anni e un'anzianità contributiva minima di 35 anni a partire dal 1° gennaio 2013.

 

Ai lavoratori iscritti ad altra forma pensionistica obbligatoria, siano essi pensionati o meno, si applica la disciplina in materia di requisiti, nonché di decorrenze, per il diritto della pensione di vecchiaia nel sistema contributivo prevista per i lavoratori iscritti alla Gestione degli esercenti attività commerciali.

Per tali lavoratori (oltre ai requisiti sub a) e b) sopra indicati per i lavoratori non iscritti) il diritto alla pensione di vecchiaia si consegue con i seguenti requisiti anagrafici e contributivi:

a)       al raggiungimento di quota 96 con un'età minima di 60 anni e un'anzianità contributiva minima di 35 anni nel periodo 1° luglio 2009-31 dicembre 2010;

b)       al raggiungimento di quota 97 con un'età anagrafica minima di 61 anni e un'anzianità contributiva minima di 35 anni nel periodo 1° gennaio 2011-31 dicembre 2012;

c)       al raggiungimento di quota 98 con un'età anagrafica minima di 62 anni e un'anzianità contributiva minima di 35 anni a partire dal 1° gennaio 2013.

 

L’assegno ordinario di invalidità spetta all'assicurato la cui capacità di lavoro, in occupazioni confacenti alle sue attitudini, è ridotta in modo permanente a causa di infermità o difetto fisico o mentale a meno di un terzo. L'assicurato deve avere al momento della presentazione della domanda almeno 5 anni di assicurazione e contribuzione, di cui almeno tre nel quinquennio precedente la domanda stessa.

La pensione di inabilità è riconosciuta all'assicurato che, a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trova nell'assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa e che, anche in tal caso, abbia almeno 5 anni di assicurazione e contribuzione, di cui almeno 3 nel quinquennio precedente la presentazione la domanda.

L’assegno mensile per l’assistenza può essere richiesto dai titolari di pensione di inabilità, che non possono deambulare senza l'aiuto permanente di un accompagnatore o che non possono compiere gli atti quotidiani della vita.

In caso di decesso del lavoratore, i familiari possono richiedere la pensione indiretta, che verrà liquidata solo nel caso in cui il lavoratore defunto aveva, alla data della morte, almeno 15 anni di contributi, oppure almeno 5 anni di contributi di cui 3 versati nel quinquennio precedente la data del decesso.

Viene, invece, liquidata la pensione di reversibilità se il defunto era già pensionato per vecchiaia o inabilità, mentre va ricordato che l'assegno ordinario di invalidità non è reversibile.

Qualora non sussistano i requisiti contributivi per la pensione, alle condizioni previste, ai superstiti spetta una indennità "una tantum" di importo pari a quello dell'assegno sociale moltiplicato per il numero degli anni di contributi accreditati a favore dell'assicurato[107].

Gli iscritti alla Gestione separata che non maturano i requisiti contributivi minimi richiesti per il diritto ad una pensione autonoma e sono titolari di un'altra pensione, possono ottenere una pensione supplementare secondo le norme generali, a condizione che abbiano compiuto 57 anni di età[108] .

Anche i contributi versati nella Gestione per i periodi successivi alla decorrenza di altra pensione hanno diritto ad un supplemento di pensione, calcolato secondo le regole generali[109]. Le "finestre di accesso" introdotte dalla legge 247/2007 trovano applicazione anche in caso di liquidazione della pensione di vecchiaia supplementare.


 



[1]    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1:

§          per aiuti agli investimenti e all'occupazione in favore delle PMI (n. 16) si intendono gli aiuti che soddisfano le condizioni di cui all'articolo 15;

§          per aiuti agli investimenti (n. 17) si intendono gli aiuti regionali agli investimenti e all'occupazione ai sensi dell'articolo 13, gli aiuti agli investimenti e all'occupazione a favore delle PMI ai sensi dell'articolo 15 e gli aiuti agli investimenti a favore della tutela dell'ambiente ai sensi degli articoli da 18 a 23.

[2]    Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, del Regolamento:

per lavoratore svantaggiato (n. 18) si intende chiunque rientri in una delle seguenti categorie:

§          chi non ha un impiego regolarmente retribuito da almeno sei mesi;

§          chi non possiede un diploma di scuola media superiore o professionale (ISCED 3);

§          lavoratori che hanno superato i 50 anni di età;

§          adulti che vivono soli con una o più persone a carico;

§          lavoratori occupati in professioni o settori caratterizzati da un tasso di disparità uomo-donna che supera almeno del 25% la disparità media uomo-donna in tutti i settori economici dello Stato membro interessato se il lavoratore interessato appartiene al genere sottorappresentato;

§          membri di una minoranza nazionale all'interno di uno Stato membro che hanno necessità di consolidare le proprie esperienze in termini di conoscenze linguistiche, di formazione professionale o di lavoro, per migliorare le prospettive di accesso ad un'occupazione stabile;

per lavoratore molto svantaggiato (n. 19) si intende il lavoratore senza lavoro da almeno 24 mesi;

per lavoratore disabile (n. 20) si intende chiunque sia:

§          riconosciuto disabile ai sensi dell'ordinamento nazionale o

§          caratterizzato da impedimenti accertati che dipendono da un handicap fisico, mentale o psichico;

per posto di lavoro protetto (numero 21) si intende il posto di lavoro in un'impresa nella quale almeno il 50% dei lavoratori è costituito da lavoratori disabili;

[3]     I fondi relativi ai dirigenti possono essere costituiti mediante accordi stipulati dalle organizzazioni sindacali dei datori e dei dirigenti comparativamente più rappresentative oppure come apposita sezione all'interno dei fondi interprofessionali nazionali.

[4]     L'addizionale è posta con riferimento ai contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione.

[5]     Per la disciplina in materia, cfr. - oltre al citato art. 118 della L. n. 388, e successive modificazioni - l'art. 9, comma 5, del D.L. 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, nella L. 19 luglio 1993, n. 236, e l'art. 1, comma 72, della L. 28 dicembre 1995, n. 549.

[6]     Tale Fondo è istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

[7]     Tale limite è previsto dal combinato disposto dei commi 3 e 10 del suddetto art. 118 della L. n. 388, e successive modificazioni.

[8]     Tale Fondo è istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze.

[9]     E’ stato quindi, soppresso il limite massimo - pari a circa 103,291 milioni di euro - fissato dalla precedente disciplina sulla quota dei due terzi dell'addizionale.

[10]   Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.

[11]   Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 236 del 1993.

[12]   Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.

[13]   Il Fondo risulta iscritto al capitolo 7206 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e presenta uno stanziamento pari a 733,32 milioni nel 2010.

[14]   Ai sensi dell’articolo 12 della legge 3 giugno 1975, n. 160.

[15]   Ai sensi dell’articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041.

[16]   Istituito dall’articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183.

[17]   Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005.

[18]   Si ricorda, peraltro, che tale modalità di copertura finanziaria è stata in passato utilizzata per far fronte ad esigenze di carattere straordinario. Si ricorda, in particolare, che l’articolo 11 della legge n. 488 del 1998 e successive modificazioni (legge finanziaria per il 1999), ai fini del rimborso della tassa sulle concessioni governative per l'iscrizione nel registro delle imprese, conseguente ad una sentenza della Corte di Giustizia europea, aveva autorizzato il Ministro dell’economia ad effettuare emissioni di titoli del debito pubblico per ciascuna delle annualità comprese tra il 1999 ed il 2001; la norma specificava che tali emissioni non avrebbero concorso al raggiungimento del limite dell'importo massimo di emissione di titoli pubblici annualmente stabilito dalla legge di approvazione del bilancio.

[19]   “Disposizioni per agevolare l'incontro fra domanda ed offerta di lavoro, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, lettera a), della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[20]   “Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993”.

[21]   Si tratta:

§          fino alla data di entrata in vigore della legge di riforma dei contratti di formazione e lavoro, dei datori di lavoro operanti nelle aree non ricomprese nei territori del Mezzogiorno di cui al testo unico approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, per i lavoratori assunti con tali contratti a decorrere dal 1° gennaio 1991;

§          delle imprese artigiane nonché delle imprese operanti nelle circoscrizioni che presentano un rapporto tra iscritti alla prima classe delle liste di collocamento e popolazione residente in età da lavoro superiore alla media nazionale;

§          delle imprese del settore commerciale e turistico con meno di 15 dipendenti operanti nelle aree non ricomprese nei territori del Mezzogiorno di cui al richiamato D.P.R. 218/1978.

[22]   “Testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno”.

[23]   Convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.

[24]   Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.

[25]   Il Fondo risulta iscritto al capitolo 7206 dello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e presenta uno stanziamento pari a 733,32 milioni nel 2010.

[26]In tal senso, l'articolo 1, comma 788, della legge n. 296/2006.

[27] Di cui all'articolo 1, comma 791, della legge 296/2006

[28]D.M. 12 luglio 2007, “Applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, a tutela e sostegno della maternità e paternità nei confronti delle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335”.

[29]Tale provvedimento, da emanare entro 3 mesi dall’entrata in vigore della legge 244/2007, non risulta emanato.

[30]    Per quanto concerne la collaborazione in ambito sportivo, si ricorda che l’articolo 61, comma 3, del D.Lgs 276/2003 (c.d. legge Biagi), esclude l’applicazione della disciplina del lavoro a progetto e del lavoro occasionale nei rapporti e nelle attività di collaborazione coordinata e continuativa rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I., come individuate e disciplinate dall’articolo 90, della legge 289/2002. In tal senso, il rapporto deve essere di natura non professionale e la prestazione non deve rientrare nell’oggetto dell’arte o professione del percettore (es. medico sportivo o istruttore liberi professionisti).

[31]    Per quanto concerne la cessione di diritti d’autore, si ricorda che essa trova la sua disciplina in parte nel codice civile ed in parte nella legge “sul diritto d’autore”.

Le norme sul diritto d'autore tutelano colui che abbia realizzato un'opera dell'ingegno a carattere creativo. La sua disciplina si ritrova, anzitutto, nell’articolo 2575 del codice civile, che rimanda il regolamento dell'esercizio e della durata dei diritti d'autore ad una legge speciale – Legge 22 aprile 1941, n. 633, sulla “Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio” -, più volte modificata, anche a causa di interventi di armonizzazione del legislatore comunitario.

Peraltro, non è indifferente che la disciplina codicistica dei diritti sulle opere dell'ingegno sia stata collocata dal legislatore proprio nel libro V del codice civile dedicato al lavoro.

L’articolo 2575 del codice civile e l’articolo 1 della legge 633/1941 precisano che formano oggetto di tutela le opere dell'ingegno che siano riconducibili alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, al teatro, alla cinematografia, all'elettronica. Inoltre sono protette le cosiddette "elaborazioni di carattere creativo", come le traduzioni in un'altra lingua, le trasformazioni da una forma letteraria o artistica in un'altra, gli adattamenti, le riduzioni .Si tratta di un'elencazione esemplificativa e non tassativa, visto che il requisito essenziale di un'opera dell'ingegno ai fini della tutela giuridica è quello del carattere creativo (art. 2576 c.c.). In altre parole è necessario che un'opera presenti un minimo di originalità oggettiva rispetto a preesistenti opere dello stesso genere: in tal senso, anche una rielaborazione di argomenti noti o di opere preesistenti può avere un carattere creativo quando sia personale, originale nell'esposizione.Il diritto d'autore sorge con la creazione dell'opera considerata, come sottolinea l'art. 2576 c.c., quale espressione del lavoro intellettuale. Pertanto, il diritto d'autore è indipendente da qualsiasi formalità amministrativa e si dispiega tanto sulle opere pubblicate che su quelle rimaste inedite. Conseguentemente, il titolare originario dei diritti sull'opera è colui che l'ha creata, ossia l'autore o gli autori dell'opera stessa, i quali tuttavia sono legittimati a trasferire i diritti di utilizzazione economica sull’opera in tutti i modi e forme consentiti dalla legge . Tra i modi di utilizzazione economica di un’opera particolare attenzione merita il contratto di edizione, come un contratto tipico, che trova un’espressa disciplina nella legge, benché con riferimento esclusivo alle opere dell’ingegno rispetto alle quali l’interesse dell’autore alla comunicazione al pubblico dell’opera stessa e al suo sfruttamento economico, sono realizzabili mediante la stampa su supporto cartaceo. Esso è definito dall’art. 118 della legge n. 633 come “il contratto con il quale l’autore concede ad un editore l’esercizio del diritto di pubblicare per la stampa, per conto e spese dell’editore stesso”. In cambio l’editore si obbliga a stampare, a mettere in commercio l’opera e a corrispondere all’autore un compenso per la cessione, di norma costituito da una partecipazione percentuale sui ricavi delle vendite dell’opera, talvolta fissato a forfait. L’oggetto tipico del contratto di edizione consiste nella pubblicazione per le stampe di un’opera. Tuttavia, la volontà delle parti è fondamentale nella determinazione dei diritti cui si estende tale contratto. Infatti, l’articolo 119 della legge n. 633 ammette la possibilità di estendere, mediante patto espresso, l’oggetto dell’edizione a tutti i diritti di utilizzazione dell’opera spettanti all’autore, anche quelli di utilizzazione derivanti da eventuali elaborazioni e trasformazioni di cui l’opera è suscettibile, compresi gli adattamenti alla cinematografia, alla radiodiffusione e alla registrazione su apparechhi meccanici (c.d. “diritti secondari”). Sempre rispetto all’oggetto, il contratto di edizione può riguardare opere create ovvero opere future, per cui gli articoli 120 e seguenti della legge n. 633 pongono norme particolari volte a determinare l’oggetto dei contratti di edizione per opera da creare e con esso le condizioni di liceità di questo particolare tipo di contratto . Così, a pena di nullità, il contratto per opera da creare non potrà avere ad oggetto tutte le opere o categorie di opere che l’autore possa creare senza limiti di tempo. D’altra parte, sono previsti limiti di tempo per i contratti per opera da creare, per cui, al di fuori delle ipotesi di rapporto di lavoro tra autore ed editore, i contratti concernenti l’alienazione dei diritti esclusivi di autore per opera da creare non possono avere una durata superiore ai dieci anni. Per quanto concerne le obbligazioni delle parti, l’editore deve pubblicare e mettere in commercio l’opera e pagare all’autore i compensi pattuiti e nel termine stabilito nel contratto che comunque non può eccedere i due anni. L’autore a sua volta deve consegnare l’opera nelle forme stabilite nel contratto (consegna del corpus mechanicum) e garantire all’editore il pacifico godimento dei diritti ceduti per tutta la durata del contratto, nonché il diritto-dovere di correggere le bozze di stampa. Ai sensi dell’art. 119, comma 2 della legge n. 633, si presume, salvo patto contrario, che i diritti ceduti con il contratto di edizione siano stati trasferiti in esclusiva. Non è tuttavia inusuale che l’autore conceda il diritto di pubblicazione a più editori specie quando ciò é funzionale a una diffusione dell’opera in territori diversi, in versioni linguistiche diverse o in diversi generi di pubblicazione.

[32]    L’articolo 1, comma 772, della legge n.296 del 2006 (Legge finanziaria per il 2007) prevede che “i compensi corrisposti ai lavoratori a progetto devono essere proporzionati alla quantità e qualità del lavoro eseguito e devono tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per prestazioni di analoga professionalità, anche sulla base dei contratti collettivi nazionali di riferimento”.

[33]    La legge 4 luglio 1959, n. 463, ha istituito presso l'INPS, con decorrenza 1° gennaio 1959, una apposita Gestione speciale cui sono tenuti ad iscriversi gli artigiani ed i loro familiari, se coadiuvanti. Tale Gestione, ai sensi della L. 89 del 1988, a decorrere dal 1° gennaio 1989, ha assunto la denominazione di "Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli artigiani". Sono iscritti alla Gestione i titolari e i contitolari di imprese artigiane, nonché i familiari coadiuvanti. Al riguardo, si precisa che sono considerati familiari i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado; mentre l'art. 45 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha stabilito che, in via sperimentale per l'anno 2003, gli imprenditori artigiani iscritti negli albi provinciali, se impossibilitati per causa di forza maggiore all'espletamento dell'attività lavorativa, possono avvalersi, in deroga alla normativa previdenziale vigente, di collaborazioni occasionali di parenti entro il secondo grado aventi anche il titolo di studente, per un periodo complessivo - nel corso dell'anno - non superiore a novanta giorni, con il solo obbligo dell'iscrizione all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. A tale ultimo riguardo è intervenuto il successivo decreto-legge n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003, il quale, al comma 6-ter dell'art. 21, ha disposto che gli artigiani iscritti negli albi provinciali possono avvalersi di collaborazioni occasionali di parenti entro il terzo grado, anche studenti, per periodi anche frazionati ma complessivamente non superiori a 90 giorni nell'anno, con esonero contributivo condizionato all'assenza di compenso economico e al fatto che la prestazione sopperisca alla temporanea impossibilità dell'imprenditore ad espletare la propria attività lavorativa; resta obbligatoria la sola iscrizione all'INAIL. Per effetto dell'art. 13 della legge 5 marzo 2001, n. 57, possono iscriversi alla gestione previdenziale degli artigiani i soci lavoratori di società a responsabilità limitata con pluralità di soci in presenza dei seguenti requisiti: la società deve essere costituita per le finalità e nei limiti dimensionali stabiliti dalla legge n. 443/1985 per la generalità delle imprese artigiane; la maggioranza dei soci (in caso di due soci ne è sufficiente uno) deve svolgere in forma prevalente lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo (la manualità va apprezzata in relazione alla natura dell'attività svolta: in senso materiale e tradizionale, ovvero come partecipazione tecnica e operativa); la maggioranza dei soci lavoratori deve detenere la maggioranza del capitale sociale e negli organi deliberanti della società. Dal 1° luglio 1990 si è passati ad un contributo unico a percentuale, calcolato sul reddito annuo imponibile IRPEF, che dal 1° gennaio 1993 è formato dalla totalità dei redditi d'impresa prodotti nello stesso anno al quale il contributo si riferisce. Per quanto concerne i contributi, fino al 30 giugno 1990 (data di entrata in vigore della L. 233 del 1990, recante la riforma dei trattamenti pensionistici dei lavoratori autonomi), il sistema di contribuzione della gestione commercianti prevedeva un contributo "capitario" annuo, in cifra fissa, dovuto da ogni assicurato; e un contributo "aggiuntivo" in percentuale, dovuto dal solo titolare d’azienda. A decorrere dal 1° luglio 1990 si è passati al versamento di un contributo unico a percentuale, calcolato sul reddito annuo imponibile IRPEF, che dal 1° gennaio 1993 è formato dalla totalità dei redditi d’impresa prodotti nello stesso anno al quale il contributo si riferisce (articolo 3-bis del D.L. 384 del 1992, convertito dalla L. 438 del 1992, recante misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali). Con effetto dal 1° gennaio 1998, ai sensi dell’articolo 59, comma 15, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998), l'aliquota contributiva del 15%, in vigore fino al 31 dicembre 1997, è stata elevata di 0,8 punti percentuali. Il medesimo articolo disponeva poi che l'aliquota contributiva, dal 1° gennaio 1999, fosse elevata ogni anno di 0,2 punti fino a raggiungere l'aliquota “a regime” del 19% nel 2014.

[34]    La L. 22 luglio 1966, n. 613, ha istituito presso l’INPS, con decorrenza 1° gennaio 1965, una apposita Gestione speciale assicurativa cui sono tenuti ad iscriversi gli esercenti attività commerciali. Tale Gestione, a partire dal 1° gennaio 1989, ai sensi della L. 89 del 1988, ha assunto la denominazione di "Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali”. Sono iscritti alla Gestione speciale, previo possesso di determinati requisiti, i titolari di aziende che esercitano attività commerciali e turistiche; i soggetti che lavorano come ausiliari del commercio (agenti e rappresentanti di commercio iscritti nell’apposito albo; agenti aerei, marittimi, raccomandatari; agenti delle librerie di stazione; propagandisti e procacciatori di affari, commissionari di commercio, mediatori iscritti negli appositi elenchi delle Camere di Commercio, titolari degli istituti di informazione); i familiari coadiutori che lavorano prevalentemente ed abitualmente nell’azienda commerciale. Dal 1° gennaio 2004 devono iscriversi alla Gestione i produttori di assicurazione di terzo e quarto gruppo ai sensi dell’articolo 44, comma 2, del D.L. 269 del 2003, convertito dalla legge n. 326/2003. Dal 1° gennaio 1997, i promotori finanziari sono soggetti all’obbligo assicurativo presso la Gestione degli esercenti attività commerciali. Sono, inoltre, tenuti ai versamenti contributivi alla gestione commercianti anche i soggetti che svolgono l'attività di affittacamere, che deve essere svolta con i caratteri della abitualità e della prevalenza previsti dalla legge. Per quanto concerne i contributi, la dinamica ricalca in maniera identica quanto già analizzato in precedenza riguardo alla Gestione INPS degli artigiani, Con effetto dal 1° gennaio 1998, ai sensi dell’articolo 59, comma 15, della L. 449 del 1997 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) l’aliquota contributiva del 15,39%, in vigore fino al 31 dicembre 1997, è stata elevata di 0,8 punti percentuali. Il medesimo articolo disponeva poi che l'aliquota contributiva, dal 1° gennaio 1999, fosse elevata ogni anno di 0,2 punti fino a raggiungere l’aliquota “a regime” del 19% nel 2014.

[35]   Per la disciplina della Gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, si rinvia all’apposita scheda normativa nel presente dossier.

[36]   Il D.Lgs. 276 del 2003 ha introdotto un’apposita procedura di certificazione volontaria  del contratto stipulato tra le parti, al fine di ridurre il contenzioso in materia di individuazione della tipologia di specifici contratti flessibili. Tale procedura, che trova applicazione nei confronti di tutti i contratti e si attiva presso specifiche Commissioni di certificazione, sostanzialmente attribuisce piena forza legale al contratto, escludendo la possibilità di ricorso in giudizio se non in caso di incompetenza, eccesso di potere o violazioni di legge che ledono interessi legittimi. In particolare, possono svolgere la procedura di certificazione (articolo 78) le Commissioni di certificazione istituite presso specifici enti ed organismi, quali, tra gli altri, le Direzioni provinciali del lavoro, le Università, pubbliche e private – queste esclusivamente nell’ambito di rapporti di collaborazione e consulenza, a condizione di registrarsi in un apposito albo, istituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e la Direzione generale della tutela delle condizioni di lavoro del Ministero del lavoro, anche se solamente in particolari casi. Gli effetti della certificazione del contratto di lavoro permangono, anche verso i terzi, fino al momento dell’accoglimento, con sentenza di merito, di uno dei ricorsi giurisdizionali esperibili, fatti salvi i provvedimenti cautelari. Nei confronti dell’atto di certificazione le parti e i terzi interessati dagli effetti dello stesso possono proporre ricorso, presso il tribunale con funzioni del giudice del lavoro, per vizi del consenso, erronea qualificazione del contratto, oppure difformità tra il programma negoziale certificato e la sua attuazione. Tuttavia, chiunque intenda presentare ricorso giurisdizionale contro la certificazione, deve obbligatoriamente rivolgersi alla commissione di certificazione che ha adottato l’atto di certificazione per espletare un tentativo di obbligatorio di conciliazione, ai sensi dell’articolo 410 c.p.c. (articolo 80). Pertanto, una volta effettuata validamente la procedura di certificazione, gli organi ispettivi sarebbero vincolati dalla stessa, dovendo necessariamente ricorrere al giudice per far accertare la difformità tra il contratto oggetto di certificazione e il concreto atteggiarsi del rapporto. In sostanza, l’organo amministrativo che voglia discostarsi dalla certificazione relativamente alla qualificazione del rapporto di lavoro, non potrà contare esclusivamente sui propri poteri amministrativi, ma dovrà necessariamente investire della questione il giudice al fine di ottenere una sentenza che dimostri che nel caso concreto è configurabile un rapporto di lavoro diverso da quello certificato.

[37]    In attuazione dell’articolo 18 della legge n.196 del 1997 sono stati adottati, in particolare, il D.M. 25 marzo 1998, n. 142 e la Dir.Min. 1° agosto 2005, n. 2/2005.

[38]    Si tratta delle seguenti amministrazioni:

-     amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo;

-     agenzie, comprese le agenzie fiscali;

-     enti pubblici non economici;

-     enti di ricerca;

-     enti pubblici di cui all’articolo 70, comma 4, del D.Lgs. 165 del 2001.

[39]    Il comma 96 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2005 ha previsto una deroga di carattere generale al divieto di procedere ad assunzioni per il triennio 2005-2007 (c.d. “blocco del turn over”) di cui al precedente commi 95, disponendo che le amministrazioni per le quali era previsto il “blocco del turn-over” – previo effettivo ricorso alle procedure di mobilità ed al fine di fronteggiare indifferibili esigenze di servizio di particolare rilevanza ed urgenza - nel triennio 2005-2007 potevano assumere personale entro un limite complessivo di spesa annua lorda pari a 120 milioni di euro a regime. A tal fine era stato istituito un apposito Fondo nello stato di previsione della spesa del Ministero dell’economia.

[40]    Si ricorda che, nella giurisprudenza della Corte costituzionale, appare costante l’affermazione secondo cui il concorso pubblico rappresenta la forma generale ed ordinaria di reclutamento di personale nel pubblico impiego, in quanto meccanismo idoneo a garantire il canone dell’efficienza dell’azione amministrativa (tra le tante, sentenze. n. 1 del 1999, nn. 34 e 205 del 2004, n. 190 del 2005, n. 363 del 2006). Va altresì considerato che la giurisprudenza costituzionale afferma anche che il principio del concorso pubblico non è incompatibile – nella logica di agevolare il buon andamento dell’amministrazione – con la previsione per legge di condizioni di accesso intese a consentire il consolidamento di pregresse esperienze lavorative maturate nella stessa amministrazione.

[41]    Si ricorda che il comma 523 della legge finanziaria 2007 ha previsto che le menzionate amministrazioni potevano procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato per gli anni 2008 e 2009 nei limiti di un contingente di personale corrispondente ad una spesa complessiva pari al 20% di quella relativa alle cessazioni avvenute nell’anno precedente.

[42]    La dotazione del Fondo in esame è stata poi incrementata di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 dalla legge finanziaria per il 2008 (vedi infra).

[43]    E’ in ogni caso escluso dalle procedure di stabilizzazione in questione il personale di diretta collaborazione degli organi politici, nonché il personale a contratto con mansioni di insegnamento e di ricerca nelle università e negli enti di ricerca.

[44]    L. 29 dicembre 1990, n. 407, Disposizioni diverse per l'attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993.

[45]    Articolo 8 del D.L. 21 marzo 1988, n. 86, “Norme in materia previdenziale, di occupazione giovanile e di mercato del lavoro, nonché per il potenziamento del sistema informatico del Ministero del lavoro e della previdenza sociale”, convertito, con modificazioni, dalla L. 20 maggio 1988, n. 160.

[46]    Si tratta sostanzialmente delle imprese rientranti nel campo di applicazione della CIGS.

[47]    Il contributo d’ingresso, previsto dall’articolo 4, comma 3, della L. 223 del 1991, è pari ad una mensilità di massimale lordo CIGS per ogni lavoratore che si intende licenziare. Tale versamento costituisce una anticipazione di quanto dovuto complessivamente all’INPS per la procedura di mobilità. Difatti, ai sensi dell’articolo 5 della L. 223/1991, nel corso della procedura il datore di lavoro è tenuto a versare, per ciascun lavoratore licenziato e beneficiario dell’indennità di mobilità, in trenta rate mensili, una somma pari a sei volte il trattamento iniziale netto di mobilità spettante al lavoratore in 30 rate mensili, se il licenziamento è avvenuto dopo la utilizzazione della CIGS. Nel caso di riduzione del personale senza aver utilizzato prima la CIGS, il contributo complessivo è invece pari a nove volte il trattamento iniziale netto di mobilità. Comunque l’importo da pagare da parte del datore di lavoro è ridotto a tre volte il trattamento netto di mobilità nel caso in cui la messa in mobilità avviene previo accordo sindacale.

Si ricorda inoltre che è esonerata dal versamento delle residue rate del contributo d’ingresso dovuta l’azienda che procuri ai lavoratori offerte di lavoro a tempo indeterminato aventi determinate caratteristiche (Circ. INPS n. 171/2001).

[48]    In particolare, ai sensi dell’articolo 16 della L. 223 del 1991, i lavoratori collocati in mobilità hanno diritto alla relativa indennità a condizione che, avendo un rapporto di lavoro a carattere continuativo e comunque non a termine, possano vantare un’anzianità aziendale di almeno 12 mesi, di cui almeno 6 di lavoro effettivamente prestato, ivi compresi i periodi di sospensione del lavoro derivanti da ferie, festività, infortuni, astensione per maternità e congedi parentali

[49]    In entrambi i casi lo sgravio contributivo non riguarda i premi INAIL, che restano quindi dovuti per intero.

[50]   Provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1999.

[51]   Legge finanziaria per il 2002.

[52]   L’istituto in esame si applica anche, con alcune disposizioni particolari, al settore agricolo, che è stato tuttavia escluso dai miglioramenti introdotti con la legge n. 388/2000 incidenti sia sulla durata sia sull’importo dell’indennità ordinaria di disoccupazione.

[53]   “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[54]   Merita ricordare, inoltre, che l’articolo 3, comma 4, del D.L. 29 marzo 1991, n,. 108, convertito dalla L. 1° giugno 1991, n. 169 , ha disposto un’interpretazione autentica del richiamato articolo 7, comma 3. Tale comma ha infatti disposto che il richiamato comma 3 s'interpreta nel senso che il diritto alle prestazioni ivi previste sussiste anche nei confronti di quei lavoratori che, pur in possesso del requisito dell'anno di contribuzione nel biennio, hanno erroneamente avanzato domanda entro i termini e secondo le modalità previsti per l'indennità ordinaria di disoccupazione con requisiti ridotti, anziché entro i termini e secondo le modalità previsti per l'indennità con requisiti normali di cui al R.D.L. 4 ottobre 1935, n. 1827 , convertito dalla L. 6 aprile 1936, n. 1155.

[55] D.P.R. 3 dicembre 1970, n. 1049, “Norme in materia di assicurazione per la disoccupazione involontaria dei lavoratori agricoli”.

[56] L. 29 aprile 1949, n. 264, “Provvedimenti in materia di avviamento al lavoro e di assistenza dei lavoratori involontariamente disoccupati”.

[57]   D.L. 10 gennaio 2006, n. 2, “Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa”, convertito, con modificazioni, dalla L. 11 marzo 2006, n. 81

[58] D.Lgs. 16 aprile 1997, n. 146, “Attuazione della delega conferita dall'articolo 2, comma 24, della L. 8 agosto 1995, n. 335, in materia di previdenza agricola”.

[59]   Al riguardo si consideri che l’articolo 12 del D.Lgs. 11 agosto 1993, n. 375, ha individuato, ai fini previdenziali, due categorie di operai agricoli:

-        i lavoratori a tempo indeterminato (OTI), nella quale sono compresi coloro che abbiano svolto, entro i 12 mesi dall’assunzione, almeno 180 giornate di effettivo lavoro con diritto alla trasformazione del rapporto a tempo indeterminato;

-        i lavoratori a tempo determinato (OTD), assunti per l’esecuzione di lavori di breve durata, stagionali o saltuari, oppure per fasi lavorative o per la sostituzione di operai assenti con diritto alla conservazione del posto.

[60]    Ai sensi della Circolare INPS 10 marzo 1958, n. 458, il requisito deve essere raggiunto con le sole giornate agricole.

[61] Si ricorda che, per i lavoratori a tempo determinato (OTD), la precedente disciplina prevedeva un sistema di calcolo dei contributi e delle prestazioni temporanee basato su valori imponibili giornalieri convenzionali. Tale disciplina, come detto, è stata abolita, a decorrere dal 1° gennaio 2006, dall’articolo 01, commi 4 e 5, del D.L. 2/2006 (cfr. supra).

[62]    Misura così incrementata dall’articolo 6 della L. 37/1977. Originariamente il richiamato articolo 25 prevedeva una misura pari al 60% della retribuzione.

[63]    D.L. 5 ottobre 2004, n. 249, “Interventi urgenti in materia di politiche del lavoro e sociali”, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 dicembre 2004, n. 291.

[64]   L’intesa sullo schema di accordo per l’utilizzo del FSE è stata raggiunta l’8 aprile 2009.

[65]   “E’ prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore”.

[66]   “Norme transitorie per garantire minimi di trattamento economico e normativo ai lavoratori”. La norma, appunto, delegava il Governo ad emanare norme “al fine di assicurare minimi inderogabili di trattamento economico e normativo nei confronti di tutti gli appartenenti ad una medesima categoria”. In relazione a ciò, l’articolo 2 disponeva che tali norme dovessero essere emanate essere emanate per tutte le categorie per le quali risultino stipulati accordi economici e contratti collettivi riguardanti una o più categorie per la disciplina, tra gli altri, “dei rapporti di collaborazione che si concretino in prestazione d'opera continuativa e coordinata”.

[67]   “Disciplina delle controversie individuali di lavoro e delle controversie in materia di previdenza e di assistenza obbligatorie”.

Più specificamente, il n. 3 del richiamato articolo 409 dispone che in materia di controversie individuali di lavoro, si osservano le disposizioni del Capo I in caso di controversie relative ai “rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.

[68]   D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

[69]   “Misure in materia fiscale”.

[70]   “Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”.

[71]   Per quanto attiene alla Gestione separata, si ricorda che l’I.N.P.S. distingue i lavoratori iscritti in tre gruppi. I due principali sono quello denominato dei “Collaboratori”, in cui, tra gli altri, sono inclusi i parasubordinati, e quello denominato dei “Professionisti”, che comprende i lavoratori autonomi che esercitano la professione e hanno una partita IVA. Vi è poi una categoria mista di “Collaboratori-Professionisti”, che rappresenta circa il 2% del totale degli iscritti, in cui si trovano i professionisti con partita IVA che abbiano un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

[72]   “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[73]   Il Libro Bianco sul mercato del lavoro, dell’ottobre del 2001,

[74]   Sono altresì escluse (articolo 61, comma 3) dal campo di applicazione della disciplina del lavoro a progetto anche le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, nonché le co.co.co. comunque rese e utilizzate a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciute dal C.O.N.I. Sono altresì esclusi dal campo di applicazione del presente capo i componenti degli organi di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti a collegi e commissioni, nonché coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia.

[75]    L’articolo 12-bis della citata L. 633, recante disposizioni in materia di protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio, stabilisce che, salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca di dati creati dal lavoratore dipendente nell'esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro.

[76]   L. 533/1973.

[77]   Ai sensi dell’articolo 64 del D.Lgs. 151/2001, Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità.

[78]   “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

[79]   L’articolo richiamato, oltre a disporre un aumento dell’aliquota contributiva, ha stabilito la tutela previdenziale ai casi di degenza ospedaliera per malattia. I criteri per la corresponsione dell'indennità di malattia in caso di degenza ospedaliera sono stati disposti dal D.M. 12 gennaio 2001.

[80]   La norma fa riferimento agli artt. 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, Norme in materia di cassa integrazione, mobilità, trattamenti di disoccupazione, attuazione di direttive della Comunità europea, avviamento al lavoro ed altre disposizioni in materia di mercato del lavoro.

[81]   “Attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”.

[82]   “Disposizioni correttive del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, in materia di occupazione e mercato del lavoro”.

[83]   Cioè esclusivamente nei casi in cui il datore di lavoro abbia le sedi di lavoro in almeno due province anche di regioni diverse, ovvero con unica sede di lavoro associati ad organizzazioni imprenditoriali che abbiano predisposto a livello nazionale schemi di convenzioni certificati dalla commissione di certificazione istituita presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale

[84]D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell'articolo 55, comma 1, della L. 17 maggio 1999, n. 144”.

[85]   Si segnala che la nuova definizione dei redditi da collaborazione coordinata e continuativa contenuta nell’articolo 50, comma 1, lettera c bis), del TUIR, non considerando più tra i caratteri essenziali della collaborazione la natura intrinsecamente artistica o professionale della prestazione, ha stabilito che possono rientrare nell'ambito delle collaborazioni coordinate e continuative anche attività manuali ed operative, in presenza, ovviamente, di tutti gli altri presupposti per il riconoscimento di un'attività di collaborazione.

[86]D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, “Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi”.

[87]L. 11 giugno 1971, n. 426, “Disciplina del commercio”.

[88]D.L. 30 settembre 2003, n. 269, ”Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici”, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1, L. 24 novembre 2003, n. 326.

[89] Circolare INPS 22 gennaio 2004, n. 9.

[90]Secondo il disposto del D.L. 9 maggio 2003 n. 105, “Disposizioni urgenti per le università e gli enti di ricerca nonché in materia di abilitazione all'esercizio di attività professionali”, convertito con modificazioni dalla legge 11 luglio 2003, n. 170. In tal senso, la circolare INPS 21 luglio 2003, n. 133.

[91] In tal senso, l’articolo 4 del D.M. 2 maggio 1996, n. 282, “Regolamento recante la disciplina dell'assetto organizzativo e funzionale della gestione e del rapporto assicurativo di cui all'art. 2, comma 32, della L. 8 agosto 1995, n. 335”.

[92]In tal senso la Circolare INPS 22 gennaio 2004, n. 9.

[93]D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, “Attuazione delle deleghe in materia di occupazione e mercato del lavoro, di cui alla L. 14 febbraio 2003, n. 30.

[94]Articoli 70-73 del D.Lgs. 276/2003.

[95]D.M. 30 settembre 2005, Lavoro accessorio ai sensi dell'articolo 72 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni.

[96]L. 22 dicembre 1960, n. 1612, “Riconoscimento giuridico della professione di spedizioniere doganale ed istituzione degli albi e del fondo previdenziale a favore degli spedizionieri doganali”.

[97]L. 16 luglio 1997, n. 230, “Soppressione del Fondo previdenziale ed assistenziale degli spedizionieri doganali”.

[98]L. 27 dicembre 1997, n. 449, “Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica”.

[99]L. 27 dicembre 2006, n. 296, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).

[100] Come disposto in precedenza dall'articolo 46, comma 6, della L. 27 dicembre 2002, n. 289, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge finanziaria 2003).

[101]In tal senso, l'articolo 1, comma 788, della legge n. 296/2006.

[102] Di cui all'articolo 1, comma 791, della legge 296/2006

[103]D.M. 12 luglio 2007, “Applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 17 e 22 del D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, a tutela e sostegno della maternità e paternità nei confronti delle lavoratrici iscritte alla gestione separata di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335”.

[104]L. 24 dicembre 2007, n. 247, “Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonché ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale”.

[105]in tal senso, l’articolo 43, comma 2, D.L. n. 269/2003, come modificato dall’articolo 1, comma 157, della L. 30 dicembre 2004, n. 311, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” (legge finanziaria 2005)..

[106]D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 42, “Disposizioni in materia di totalizzazione dei periodi assicurativi”.

[107]In tal senso, l'articolo 1, comma 20, della legge n. 335/1995.

[108]Si veda l’articolo 1, comma 2, del D.M. n. 282/1996.

[109] Articolo 1, comma 3 del D.M. n. 282/1996.