Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari comunitari
Altri Autori: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Legge comunitaria 2012- A.C. 4925 - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 4925/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 624
Data: 04/04/2012
Descrittori:
DIRITTO DELL' UNIONE EUROPEA     
Organi della Camera: XIV - Politiche dell'Unione europea
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Legge comunitaria 2012

A.C. 4925

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 624

 

 

 

4 aprile 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari comunitari

( 066760-4510/ 066760-9409 – * st_affari_comunitari@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

§       L’introduzione e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative ai documenti all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ID0023.doc

 


INDICE

Introduzione

Il disegno di legge Comunitaria 2012:Sintesi del contenuto                       3

Schede di lettura sugli articoli

§      Art. 1 (Delega al Governo per l'attuazione di direttive europee)                     7

§      Art. 2 (Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa)                  13

§      Art. 3 (Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni europee)      21

§      Art. 4 (Oneri relativi a prestazioni e a controlli)                                             23

§      Art. 5 (Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive europee)25

§      Art. 6 (Criterio direttivo di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/51/UE per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale)       29

§      Art. 7 (Modifica all'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, recante attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Procedura d'infrazione 2009/4583)          33

Schede sulle direttive contenute negli allegati

Allegato A

§      2011/85/CE (Requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri)                41

Allegato B

§      2011/24/CE (Applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera)    55

§      2011/51/CE (Modifica della direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale)                               67

§      2011/70/Euratom (Istituzione di un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi)                                   75

§      2011/77/UE (Modifica della direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi)                                                               79

§      2011/83/UE (Diritti dei consumatori)                                                             81

§      2011/89/UE (Vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario)                                                                                                     85

Direttive da attuare in via amministrativa

§      Direttive da attuare in via amministrativa non ancora recepite                     89

§      2010/79/UE (Adeguamento dell’allegato III della direttiva 2004/42/CE relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili)                                                          93

§      2011/37/UE (Modifica dell’allegato II della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso)95

§      2011/63/UE (Qualità della benzina e del combustibile diesel)                      97

Schede di approfondimento

La legge comunitaria annuale e la c.d. fase discendente                        101

La procedura parlamentare di esame della legge comunitaria               103

La riforma della legge n. 11 del 2005                                                           105

Tabelle riepilogative (aggiornamento al 26 marzo 2012)

Tabella 1 DIRETTIVE SCADUTE O CON SCADENZA ENTRO IL 31/1272012 NON RECEPITE E NON INSERITE NEI DDL COMUNITARIA 2011 E 2012                              109

Tabella 2 DIRETTIVE RICOMPRESE NEL DDL COMUNITARIA 2011     117

Dipartimento politiche comunitarie Banca Dati Eurinfra Elenco procedure di infrazione  aggiornato al 2 aprile 2012  123

 


Introduzione

 


Il disegno di legge Comunitaria 2012:Sintesi del contenuto

Il disegno di legge comunitaria 2012 (C. 4925), presentato il 1° febbraio 2012 in prima lettura alla Camera, reca norme volte ad assicurare l’osservanza degli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione europea nonché a recepire ed attuare nell’ordinamento nazionale la normativa adottata a livello comunitario.

Il provvedimento, che è esaminato congiuntamente alla Relazione consuntiva sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea riferita all’anno 2011, consta di 7 articoli, nonché degli allegati A e B, che elencano le direttive da recepire mediante decreti legislativi (recanti rispettivamente 1 e 6 direttive).

Il disegno di legge interviene in diversi settori, sia con delega al Governo per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale mediante l’adozione di decreti legislativi, sia attraverso modifica diretta alla legislazione vigente per assicurarne la conformità all’ordinamento comunitario.

Esso è corredato della relazione illustrativa, dell’analisi tecnico-normativa e di una sintetica analisi dell’impatto della regolamentazione.

 

In particolare, il provvedimento:

-       all’articolo 1 reca una delega al Governo per l’attuazione delle direttive comunitarie riportate negli allegati A e B e stabilisce i termini e le modalità di emanazione dei decreti legislativi attuativi;

-       all’articolo 2 detta i princìpi ed i criteri direttivi di carattere generale per l’esercizio delle deleghe ai fini dell’attuazione delle direttive comunitarie; si tratta di princìpi e criteri in gran parte già contenuti, come rileva anche la relazione illustrativa, nelle precedenti leggi comunitarie;

-       all’articolo 3 prevede, analogamente a quanto disposto dalle ultime leggi comunitarie, l’introduzione di un trattamento sanzionatorio per le violazioni di obblighi discendenti da direttive attuate, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, in via regolamentare o amministrativa (ossia per via non legislativa) e per le violazioni di regolamenti comunitari già pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria;

-       all’articolo 4 detta disposizioni circa gli oneri derivanti dalle prestazioni e dai controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria;

-       all’articolo 5 conferisce una delega al Governo – da esercitare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati in attuazione delle deleghe contenute nel provvedimento – per l’adozione di testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dal disegno di legge in esame per il recepimento di direttive comunitarie, con lo scopo di coordinare tali disposizioni con quelle vigenti nelle stesse materie;

-       all’articolo 6 viene stabilito uno specifico principio direttivo per il recepimento della direttiva 2011/51/UE in materia di protezione internazionale;

-       all’articolo 7 novella il decreto legislativo n. 109//92 allo scopo di evitare incertezze da parte degli operatori sull’obbligo di indicare in etichetta la presenza di allergeni alimentari, obbligo che viene confermato esclusivamente se tali ingredienti non figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito. In tal modo si intende sanare la procedura di infrazione n. 2009/4583.

Si rileva preliminarmente che tale procedura risulta essere stata archiviata dalla Commissione europea il 28 settembre 2011.

 

Nell’allegato A (recepimento senza parere parlamentare, salvo in presenza di sanzioni penali) è compresa la sola direttiva 2011/85/UE, la quale definisce i requisiti per i quadri di bilancio nazionali, fissando le regole minime perché sia garantita l'osservanza da parte degli Stati membri dell'obbligo, derivante dal Trattato, di evitare disavanzi pubblici eccessivi.

 

Nell’allegato B (recepimento con parere parlamentare) sono comprese:

-       la direttiva 2011/24/CE, la quale disciplina i diritti dei pazienti riguardo all’assistenza sanitaria transfrontaliera e il rimborso delle spese sostenute, al fine di garantire la libertà di scelta del paziente sul prestatore di assistenza sanitaria in Europa, sia per l’assistenza di base che per le cure ospedaliere;

-       la direttiva 2011/51/UE, la quale, modificando la direttiva 2003/109/CE, estende il diritto all’ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di protezione internazionale;

-       la direttiva 2011/70/Euratom, la quale stabilisce un quadro comunitario al fine di garantire una gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi;

Si rileva preliminarmente che la direttiva risulta presente anche nell’allegato B al disegno di legge comunitaria 2011 attualmente all’esame del Senato (A.S. 3129)

-       la direttiva 2011/77/UE, la quale estende da 50 a 70 anni la durata della protezione delle composizioni musicali con testo, a partire dalla morte dell’ultima persona sopravvissuta fra l’autore del testo ovvero il compositore. Conseguentemente è estesa a 70 anni la tutela dei diritti connessi all’esecuzione del fonogramma, vale a dire i diritti degli artisti, interpreti ed esecutori dello stessa, a partire dalla data della prima pubblicazione o, se anteriore, da quella della prima comunicazione al pubblico;

-       la direttiva 2011/83/UE, la quale è volta a stabilire norme standard per gli aspetti comuni dei contratti a distanza e dei contratti negoziati fuori dai locali commerciali, distanziandosi dall’approccio di armonizzazione minima di cui alle precedenti direttive e consentendo, al contempo, agli Stati membri di mantenere o adottare norme nazionali relative a taluni aspetti;

-       la direttiva 2011/89/UE la quale modifica alcune direttive comunitarie relativamente alla vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario.


 

 

Schede di lettura sugli articoli

 


Art. 1

 

(Delega al Governo per l'attuazione di direttive europee)

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di due mesi antecedenti a quello di recepimento indicato in ciascuna delle direttive elencate negli allegati A e B annessi alla presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive medesime. Per le direttive elencate negli allegati A e B il cui termine così determinato sia già scaduto ovvero scada nei tre mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi di attuazione entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Per le direttive elencate negli allegati A e B che non prevedono un termine di recepimento, il Governo è delegato ad adottare i decreti legislativi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono adottati, nel rispetto dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per gli affari europei e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell'economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all'oggetto della direttiva.

3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate nell'allegato B, nonché quelli relativi all'attuazione delle direttive elencate nell'allegato A che prevedono il ricorso a sanzioni penali, sono trasmessi, dopo l'acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare di cui al presente comma ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9 scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini di delega previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di tre mesi.

4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportino conseguenze finanziarie sono corredati della relazione tecnica di cui all'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all'esigenza di garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni.

5. Entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può adottare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi emanati ai sensi del citato comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma 6.

6. I decreti legislativi, relativi alle direttive elencate negli allegati A e B, adottati, ai sensi dell'articolo 117, quinto comma, della Costituzione, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, si applicano alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

7. I decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 3 della presente legge, se attengono a materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, sono emanati alle condizioni e secondo le procedure di cui all'articolo 11, comma 8, della legge 4 febbraio 2005, n. 11.

8. Il Ministro per gli affari europei, nel caso in cui una o più deleghe di cui al comma 1 non risultino esercitate alla scadenza del termine previsto, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti a giustificazione del ritardo dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia. Il Ministro per gli affari europei ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano nelle materie di loro competenza, secondo modalità di individuazione delle stesse, da definire con accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

9. Il Governo, ove non intenda conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive elencate negli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi venti giorni dalla data di ritrasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza di nuovo parere.


 

 

L’articolo 1 conferisce una delega al Governo per l’attuazione delle direttive comunitarie riportate in allegato alla legge comunitaria e stabilisce i termini e le modalità di emanazione dei decreti legislativi attuativi.

 

 

L’attuazione delle direttive comunitarie mediante delega legislativa, già contemplata dall’art. 3 della L. 86/1989[1] è ora espressamente prevista, in via generale, dalla L. 11/2005[2] il cui art. 9, nel fissare i contenuti della legge comunitaria annuale, prevede che l’adeguamento dell’ordinamento nazionale a quello comunitario venga assicurato, oltre che con disposizioni modificative o abrogative di norme statali vigenti e con autorizzazione al Governo ad intervenire in via regolamentare, anche mediante conferimento al Governo di delega legislativa.

 

Il termine generale per l’esercizio della delega non è determinato mediante indicazione di una data fissa o di un periodo uniforme per tutte le direttive, ma viene fatto coincidere entro il termine dei due mesi antecedenti a quello di recepimento di ciascuna delle direttive medesime, che viene riportato negli allegati A e B (mentre la legge comunitaria per il 2006, in linea con le precedenti leggi comunitarie, fissava un termine generale pari a dodici mesi dall’entrata in vigore della legge: cfr. art. 1, co. 1, della legge n. 13/2007).

Accanto al termine generale “flessibile”, dianzi illustrato, il comma 1 dispone anche, specificamente, in ordine:

§      alle direttive comprese negli allegati il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei tre mesi successivi all’entrata in vigore della legge comunitaria: in questo caso il termine della delega è di tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge;

§      alle direttive comprese negli allegati che non prevedono un termine di recepimento: in questo caso il termine della delega è di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge comunitaria.

 

 

La distinzione tra i due allegati risiede nel fatto che (comma 3) il procedimento per l’attuazione delle direttive incluse nell’allegato B prevede l’espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari; decorsi 40 giorni dalla data di trasmissione, i decreti possono comunque essere emanati anche in assenza del parere. Tale procedura – che riproduce quella già prevista nelle ultime leggi comunitarie – è estesa anche ai decreti di attuazione delle direttive di cui all’allegato A, qualora in essi sia previsto il ricorso a sanzioni penali.

È inoltre previsto che, qualora il termine fissato per l’espressione del parere parlamentare venga a spirare nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o successivamente, il termine per la delega sia prorogato di tre mesi. Si intende in tal modo permettere al Governo di usufruire in ogni caso di un adeguato periodo di tempo per l’eventuale recepimento nei decreti legislativi delle indicazioni emerse in sede parlamentare.

Tale ultima previsione normativa si applica anche ai decreti legislativi integrativi o correttivi previsti dal successivo comma 5, nonché alle ipotesi di eventuale “doppio parere” previste dai commi 4 e 9, di cui si dirà tra breve.

Il comma 3 prevede altresì che il parere parlamentare debba essere richiesto dopo aver già acquisito tutti gli altri pareri previsti dalla legge, in linea con la prassi affermatasi nelle scorse legislature, soprattutto a partire dal 1998, a seguito dei reiterati interventi dei Presidenti delle Camere nei confronti del Governo, volti ad ottenere che il testo trasmesso per il parere parlamentare avesse completato la fase procedimentale interna all’esecutivo.

Il comma 2 richiama la procedura prevista dall’art. 14 della L. 400/1988[3] per l’adozione dei decreti legislativi, i quali sono emanati dal Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del ministro per le politiche europee e del ministro con competenza istituzionale prevalente per materia, di concerto con i ministri degli affari esteri, della giustizia, dell’economia e delle finanze e con gli altri ministri interessati in relazione all’oggetto della direttiva.

Il comma 4 reca una disposizione (già contenuta nelle leggi comunitarie a partire dal 2004), che prevede modalità procedurali specifiche per il recepimento delle direttive che comportino conseguenze finanziarie. I relativi schemi di decreto legislativo:

§      dovranno essere corredati della relazione tecnica prevista dalla L. 196/2009[4] (art. 17, co. 3);

§      saranno oggetto del parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari (cioè le Commissioni bilancio di Camera e Senato).

Il comma prevede, altresì, che il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate al fine di garantire il rispetto dell’art. 81, quarto comma, Cost.[5], deve sottoporre i testi (corredati delle necessarie informazioni integrative) a un nuovo parere delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che si esprimono entro 20 giorni. Viene così introdotto il cosiddetto “doppio parere”, limitatamente ai provvedimenti di recepimento delle direttive sopra indicate. Una misura analoga è prevista, come si vedrà, per gli schemi di decreto che prevedono sanzioni penali (comma 8).

Il comma 5 autorizza il Governo ad adottare con la medesima procedura di cui ai commi 2, 3 e 4, entro 24 mesi dall’entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi, disposizioni integrative e correttive dei decreti medesimi, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dal testo in commento.

Il comma 6 prevede che per i decreti legislativi emanati dal Governo al fine di dare attuazione alle direttive comunitarie comprese negli allegati, in materie di competenza legislativa regionale, valgano le condizioni e le procedure di cui all’art. 11, co. 8, della L. 11/2005. Tale ultima norma prevede – in attuazione del quinto comma dell’art. 117 della Costituzione – un intervento suppletivo anticipato e cedevole da parte dello Stato, in caso di inadempienza delle Regioni nell’attuazione delle direttive nelle materie di loro competenza.

 

In base all’articolo 11, comma 8, della legge 11/2005, spetta allo Stato, secondo modalità da stabilirsi con legge, un potere sostitutivo delle regioni e province autonome per i casi di loro inadempienza agli obblighi di attuazione degli atti normativi dell’Unione europea. La norma prevede un’articolata garanzia per le Regioni e Province autonome, in forza della quale gli atti statali attuativi di direttive comunitarie, che intervengono su materie rimesse alla competenza legislativa – concorrente o residuale generale – delle regioni o delle province autonome:

§       entrano in vigore solo alla data di scadenza del termine stabilito per l’attuazione della normativa comunitaria, per le regioni e le province autonome che non abbiano ancora adottato la propria normativa di attuazione;

§       perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore della normativa regionale (o provinciale) di attuazione delle direttive comunitarie, adottata da ciascuna regione e provincia autonoma e devono recare l’esplicita indicazione della natura sostitutiva e cedevole del potere esercitato e delle disposizioni in essi contenute;

§       sono sottoposti al preventivo esame della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Il comma 7 prevede l’applicazione delle medesime disposizioni di cui all’articolo 11, comma 8, della legge n. 11 del 2005, in materia di potere sostitutivo statale nei casi di inadempienza delle regioni o delle province autonome, per i decreti legislativi di cui all’articolo 3 del disegno di legge, vale a dire, come si vedrà meglio infra, per quei decreti legislativi chiamati a definire le sanzioni penali o amministrative per violazioni di obblighi contenuti in direttive dell’Unione europea attuate in via regolamentare o amministrativa o in regolamenti dell’Unione europea.

 

Il comma 8 prevede l’obbligo per il Ministro per le politiche europee di trasmettere:

§      una relazione a ciascuna delle Camere qualora una o più deleghe conferite dal comma 1 non risultino esercitate entro il termine previsto (termine che in base al testo in esame coincide – generalmente – con quello per il recepimento della singola direttiva);

 

Al riguardo si osserva, con riferimento all’analoga disposizione contenuta nelle precedenti leggi comunitarie (si veda ad esempio l’art. 1, co. 7 della legge n. 96/2010; l’art. 1, co. 7, della legge n. 88/2009), che non risultano trasmesse al Parlamento relazioni specificamente dedicate a tale aspetto.

 

§      un’informativa periodica (con cadenza semestrale) sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e province autonome nelle materie di loro competenza, secondo “modalità di individuazione” delle stesse da definire con accordo in sede di Conferenza Stato-Regioni (una previsione di questo tenore è stata inserita, per la prima volta, nella legge comunitaria 2007).

 

Si ricorda che il quadro delle competenze regionali è definito a livello costituzionale. Per quanto in particolare concerne l’attuazione della normativa comunitaria, l’art. 117 Cost. stabilisce che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di loro competenza, provvedono all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali e degli atti dell’Unione europea, nel rispetto delle norme di procedura stabilite dalla legge dello Stato, che disciplina le modalità di esercizio del potere sostitutivo in caso di inadempienza.

 

Il comma 9 concerne i pareri parlamentari aventi ad oggetto le disposizioni penali introdotte negli schemi di decreti legislativi e prevede che, qualora il Governo non intenda conformarsi ai pareri, debba ritrasmettere alle Camere gli schemi con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni. Le Commissioni competenti esprimono il parere definitivo entro 20 giorni, decorsi i quali i decreti sono comunque emanati.

 


Art. 2

 

(Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa)

 

 


1. Fatti salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo II, e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all'articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali:

a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all'attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative, secondo il principio della massima semplificazione dei procedimenti e delle modalità di organizzazione e di esercizio delle funzioni e dei servizi;

b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatti salvi i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa ovvero le materie oggetto di delegificazione;

c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell'ammenda fino a 150.000 euro e dell'arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledono o espongono a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell'ammenda alternativa all'arresto per le infrazioni che espongono a pericolo o danneggiano l'interesse protetto; la pena dell'arresto congiunta a quella dell'ammenda per le infrazioni che recano un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell'arresto e dell'ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro è prevista per le infrazioni che ledono o espongono a pericolo interessi diversi da quelli indicati nei periodi precedenti. Nell'ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate nella presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell'interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l'infrazione può recare al colpevole ovvero alla persona o all'ente nel cui interesse egli agisce. Ove necessario per assicurare l'osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste inoltre sanzioni amministrative accessorie consistenti nella sospensione fino a sei mesi e, nei casi più gravi, nella privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale. Al medesimo fine è prevista la confisca obbligatoria delle cose che servirono o furono destinate a commettere l'illecito amministrativo o il reato previsti dai medesimi decreti legislativi, nel rispetto dei limiti stabiliti dall'articolo 240, terzo e quarto comma, del codice penale e dall'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni. Entro i limiti di pena indicati nella presente lettera sono previste anche sanzioni accessorie identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi. Nelle materie di cui all'articolo 117, quarto comma, della Costituzione, le sanzioni amministrative sono determinate dalle regioni;

d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l'attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive, nei soli limiti occorrenti per l'adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall'attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del Fondo di rotazione di cui all'articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183;

e) all'attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata;

f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive europee comunque intervenute fino al momento dell'esercizio della delega;

g) quando si verificano sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque sono coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l'efficacia e l'economicità nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili;

h) quando non sono d'ostacolo i diversi termini di recepimento, sono attuate con un unico decreto legislativo le direttive che riguardano le stesse materie o che comunque comportano modifiche degli stessi atti normativi.


 

 

L’articolo 2 detta i princìpi ed i criteri direttivi di carattere generale per l’esercizio delle deleghe ai fini dell’attuazione delle direttive comunitarie; si tratta di princìpi e criteri in gran parte già contenuti, come rileva la relazione illustrativa, nelle precedenti leggi comunitarie.

 

La disposizione, prima di elencare i princìpi generali, richiama come ulteriori princìpi e criteri direttivi per l’esercizio delle deleghe, quelli contenuti nelle singole direttive comunitarie da attuare;

Venendo ai criteri generali di delega, quello di cui alla lettera a) prevede che le amministrazioni interessate provvedano all’attuazione dei decreti legislativi avvalendosi delle loro strutture ordinarie, seguendo il principio della massima semplificazione procedimentale ed organizzativa: si ripropone così un principio introdotto nel disegno di legge comunitaria 2008 in coerenza – rileva la relazione illustrativa al disegno di legge – con gli obiettivi di riduzione degli oneri amministrativi posti anche dalla Commissione europea.

La lettera b) dispone l’introduzione delle modifiche necessarie per un migliore coordinamento con le discipline vigenti nei singoli settori interessati dall’attuazione delle direttive comunitarie. Analogamente alle ultime leggi comunitarie, la norma in esame fa salve “le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa”.

 

Al riguardo, con riferimento specifico alla “semplificazione amministrativa” ed al fine di una valutazione dell’impatto del principio di delega, si richiamano le disposizioni da ultimo introdotte dal decreto-legge “semplificazioni” (d.l. 5/2012), che incidono su un ampio spettro di settori normativi e recano misure finalisticamente orientate:

a favorire la semplificazione in favore dei cittadini e per le imprese,  ad esempio mediante l’introduzione di disposizioni finalizzate a ridurre gli adempimenti necessari all’attività delle imprese (intervenendo sia sulle materie delle autorizzazioni, dei controlli e delle procedure pubbliche di appalto, sia sulle materie del lavoro e dell’ambiente), ovvero finalizzate a snellire procedimenti amministrativi, a migliorare l’efficienza della Pubblica Amministrazione, ad incentivare la digitalizzazione di documenti da conservare o produrre;

a fornire sostegno ed impulso allo sviluppo del sistema economico, attraverso disposizioni che incidono sulla materia dell’innovazione tecnologica, dell’università, dell’istruzione, delle strutture energetiche e del turismo.

Il provvedimento ha carattere essenzialmente ordinamentale e demanda la sua attuazione a numerosi adempimenti (regolamenti di attuazione e di delegificazione, decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, decreti interministeriali, decreti ministeriali; altre disposizioni prevedono la stipula di convenzioni, l’adozione di linee guida e di provvedimenti del direttore dell’Agenzia delle Dogane); alcune disposizioni introducono misure di carattere sperimentale, per esempio in materia di semplificazione amministrativa.

In questo contesto, si richiama anche la disposizione dell’articolo 3, che prevede, tra le altre cose, che le amministrazioni statali dispongano entro il 31 gennaio di ciascun anno una relazione a consuntivo dell’anno precedente, relativa agli oneri amministrativi a carico di cittadini ed imprese, ivi compresi quelli introdotti con atti di recepimento di direttive comunitarie che determinano livelli di regolazione superiore a quelli minimi richiesti dalle direttive medesime.

 

Norme specifiche per l’introduzione nei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie di sanzioni penali e amministrative, per il caso di violazioni delle disposizioni contenute nei decreti legislativi stessi, sono previste nella lettera c). La scelta che il Governo è autorizzato ad operare, in sede di attuazione della delega, tra la configurazione delle violazioni come reati o come illeciti amministrativi, è ancorata ai seguenti princìpi e criteri direttivi:

§      introduzione di nuove fattispecie al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti;

§      introduzione di nuove fattispecie di reati contravvenzionali, sanzionate – in via alternativa o congiunta – con la pena pecuniaria dell’ammenda fino a 150.000 euro e dell’arresto sino a 3 anni, nei casi in cui siano lesi o esposti a pericolo “interessi costituzionalmente protetti”. Quest’ultima formula è stata per la prima volta introdotta nella legge comunitaria per il 2002 (L. 14/2003). Le leggi comunitarie precedenti facevano, invece, riferimento ad “interessi generali dell’ordinamento interno, compreso l’ecosistema”. In particolare, le pene citate dovranno essere previste come alternative per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l’interesse protetto; viceversa, si applicherà la pena congiunta dell’ammenda e dell’arresto per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità[6];

§      irrogabilità, nelle ipotesi testé dette, delle sanzioni alternative di cui agli artt. 53 ss. del D.lgs. 274/2000[7], applicandosi la relativa competenza del giudice di pace; tali sanzioni sono quelle consistenti nell’obbligo di permanenza domiciliare (il sabato e la domenica), nel divieto di accesso a determinati luoghi e nello svolgimento di lavori di pubblica utilità (solo su richiesta del contravventore);

§      introduzione di nuove fattispecie di illeciti amministrativi puniti con la sanzione pecuniaria di importo non inferiore a 150 euro e non superiore a 150.000 euro, per le violazioni che ledano o espongano a pericolo beni giuridici diversi da quelli sopra indicati;

§      nell’ambito del minimo e del massimo previsti, determinazione della pena edittale in ragione delle diverse potenzialità lesive dell’interesse protetto che le infrazioni presentano in astratto, delle specifiche qualità personali del colpevole – con particolare riferimento a quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza – e del vantaggio patrimoniale che l’infrazione può recare al colpevole (o all’ente o alla persona nel cui interesse agisce);

§      possibilità, ove necessario per assicurare l’osservanza dei decreti legislativi, di sanzioni amministrative accessorie quali la sospensione fino a sei mesi ovvero la privazione definitiva di facoltà e diritti derivanti da provvedimenti dell’amministrazione, nonché sanzioni penali accessorie nei limiti stabiliti dal codice penale;

 

Le pene accessorie, che conseguono di diritto alla condanna come effetti penali di essa (art. 20 c.p.), comportano una limitazione di capacità, attività e funzioni oppure rendono maggiormente afflittiva la pena principale.

L’elenco tassativo di tali pene è contenuto nell’art. 19 del codice, fermo restando che la riserva di legge non esclude ulteriori sanzioni di tale natura dettate da leggi speciali (come il ritiro o sospensione della patente di guida, ex Codice della strada).

L’art.19 c.p. distingue dette pene in riferimento ai delitti e alle contravvenzioni. Sono pene accessorie per i delitti.

             l'interdizione dai pubblici uffici;

             l'interdizione da una professione o da un'arte;

             l'interdizione legale;

             l'interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese;

             l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione;

             l'estinzione del rapporto di impiego o di lavoro;

             la decadenza o la sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori.

Le pene accessorie per le contravvenzioni sono:

             la sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte [c.p. 35];

             la sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese.

Pena accessoria comune ai delitti e alle contravvenzioni è la pubblicazione della sentenza penale di condanna.

 

 

§      possibilità, ove necessario per assicurare l’osservanza dei decreti legislativi, della confisca obbligatoria delle cose utilizzate per commettere l’illecito amministrativo o il reato previsto dai decreti legislativi, fermi restando i limiti del terzo e del quarto comma dell’articolo 240 del codice penale e dall’articolo 20 della legge n. 689 del 1981 (recante modifiche al codice penale); entrambe le disposizioni richiamate fanno riferimento al divieto di procedere alla confisca se le cose interessate appartengono a persona estranea al reato (articolo 240 del codice penale) ovvero alla violazione amministrativa (art. 20 della legge 689/1981)

 

§      entro i limiti di pena sopra indicati, previsione di sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate da leggi vigenti per violazioni omogenee e di pari offensività (la previsione dei limiti rende pertanto astrattamente possibile la differenziazione punitiva fra fattispecie omogenee e di pari offensività);

§      riserva di determinazione regionale delle sanzioni amministrative, nelle materie di cui all’articolo 117, quarto comma, della Costituzione, ossia nelle materie rimesse alla potestà legislativa “residuale” delle regioni (si tratta di un principio innovativo rispetto a quanto previsto dalla legge comunitaria 2007, e già introdotto nel disegno di legge comunitaria 2008).

 

Al riguardo si ricorda che la Corte costituzionale, con la sent. 53/1997, confermata dalla successiva sent. 456/1998, ha avuto modo di pronunciarsi criticamente sulla scarsa precisione dei princìpi e criteri direttivi relativi alle sanzioni penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi delegati. La Corte ha infatti affermato, in relazione alla disposizione dell’art. 2, lett. d), della L. 146/1994 – legge comunitaria per il 1993 – analoga a quella contenuta nella lett. c) in esame, che la disposizione, che stabilisce i criteri e princìpi direttivi della delega conferita al Governo, in ordine alle sanzioni per le infrazioni alle norme delegate “non appare certo perspicua. […] La Corte esprime dunque l’auspicio che il Legislatore, ove conferisca deleghe ampie di questo tipo, adotti, per quanto riguarda il ricorso alla sanzione penale, al cui proposito è opportuno il massimo di chiarezza e certezza, criteri configurati in modo più preciso”.

 

Il principio di delega di cui alla lettera d) fa riferimento alla copertura finanziaria delle norme delegate. Al riguardo, si stabilisce che le spese derivanti dall’attuazione delle direttive, ove non contemplate dalle leggi vigenti e non riguardanti l’attività ordinaria delle amministrazioni interessate, possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l’adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse.

Per la relativa copertura (anche con riferimento alle eventuali minori entrate derivanti dall’attuazione) si farà ricorso alle disponibilità sussistenti sul fondo di rotazione di cui all’art. 5 della L. 183/1987 (vedi infra), ove non sia possibile farvi fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni. Analoghe disposizioni sono contenute nelle più recenti leggi comunitarie.

 

La citata L. 183/1987[8] istituisce, tra gli organi del coordinamento delle politiche comunitarie, il Fondo di rotazione. Ai sensi dell’art. 5 della legge, confluiscono nel fondo le somme erogate dalle istituzioni comunitarie, le somme individuate annualmente in sede di legge finanziaria (ora legge di stabilità) e altre somme determinate con la legge di bilancio (nonché altre somme specifiche). Le risorse presenti sul fondo vengono erogate, su richiesta e secondo limiti di quote determinate dal CIPE, alle amministrazioni pubbliche e ad altri operatori pubblici e privati per l’attuazione dei programmi di politica comunitaria.

Il Fondo fornisce un quadro complessivo degli interventi cofinanziati dall’UE: ad esso infatti affluiscono disponibilità provenienti sia dal bilancio comunitario sia dal bilancio nazionale. Il Fondo è dotato di amministrazione autonoma e di gestione fuori bilancio e si avvale di due conti correnti infruttiferi presso la Tesoreria centrale dello Stato:

-      c/c 23211, che registra i movimenti di entrata e uscita che fanno capo ai versamenti comunitari, denominato “Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti UE”;

-      c/c 23209, che registra le analoghe operazioni a carico dei finanziamenti nazionali, denominato “Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie: finanziamenti nazionali”.

Il Fondo di rotazione presenta annualmente il proprio rendiconto alla Corte dei Conti.

Al Fondo di rotazione, nel corso del 2010, sono confluite somme per circa 10.625,4 milioni di euro, di cui 3.546,8 milioni di euro provenienti dal bilancio comunitario e 7.078,6 milioni dal bilancio nazionale.

A fronte di queste risorse, integrate dalle giacenze risultanti all’inizio dell’esercizio, il Fondo ha effettuato nel 2010 trasferimenti per finanziare interventi relativi alle finalità individuate in sede comunitaria per 3.548,7 milioni di euro dal c/c 23211, e per 3.917,5 milioni di euro dal c/c 23209.

 

Criteri legati all’armonizzazione delle deleghe legislative sono contenuti nelle lettere e) ed f). In particolare, si dispone che l’attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate avvenga per mezzo di modifiche apportate ai testi legislativi di attuazione di tali direttive (ove ciò non determini ampliamento della materia regolata), e che nella stesura dei decreti legislativi di attuazione si tenga conto delle eventuali modifiche delle direttive intervenute fino al momento del concreto esercizio della delega.

Criteri connessi all’univocità dei processi decisionali, quando i decreti legislativi investano trasversalmente diverse competenze ed amministrazioni, sono contenuti nella lettera g), che si pone inoltre l’obiettivo di garantire, attraverso specifiche forme di coordinamento, anche la trasparenza nell’azione amministrativa e la chiarezza nell’attribuzione di responsabilità. Sono espressamente richiamati il rispetto delle competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, nonché l’osservanza dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione.

 

Si ricorda che i primi tre princìpi qui menzionati (sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza), già posti dalla L. 59/1997[9] a fondamento della ripartizione delle funzioni e dei compiti amministrativi tra i vari livelli di governo, hanno assunto rilievo costituzionale in virtù della L. Cost. 3/2001, di riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione. Quest’ultima, nel novellare l’art. 118 Cost., ha infatti posto i princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza alla base della ripartizione delle funzioni amministrative tra Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato. Il principio di leale collaborazione, pur non espressamente menzionato dall’art. 118 Cost., è tuttavia riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale quale principio essenziale informatore dei rapporti tra Stato ed autonomie territoriali (v. per tutte la sent. C. Cost. 303/2003).

 

La lettera h) fissa il principio secondo cui deve darsi attuazione con un unico decreto legislativo alle direttive che:

§      riguardino le stesse materie;

§      pur riguardando materie diverse, comportino modifiche degli stessi atti normativi.

Tale principio di “attuazione unitaria” è destinato a operare qualora non siano “di ostacolo” i diversi termini di recepimento delle direttive.


Art. 3

 

(Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni europee)

 

 


1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme dell'Unione europea nell'ordinamento nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di obblighi contenuti in direttive europee attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi vigenti dell'Unione europea, o in regolamenti dell'Unione europea pubblicati alla data di entrata in vigore della presente legge, per le quali non sono già previste sanzioni penali o amministrative.

2. La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell'articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per gli affari europei e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informano ai princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera c).

3. Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l'espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 9 dell'articolo 1.

 


 

 

L’articolo 3 prevede, analogamente a quanto disposto dalle ultime leggi comunitarie, l’introduzione di un trattamento sanzionatorio per le violazioni di obblighi discendenti da direttive attuate, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, in via regolamentare o amministrativa (ossia per via non legislativa) e per le violazioni di regolamenti comunitari già pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria.

 

 

La necessità della disposizione risiede nel fatto che, sia nel caso dell’attuazione di direttive in via regolamentare o amministrativa, sia nel caso di regolamenti comunitari (che, come è noto, non necessitano di leggi di recepimento, essendo direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale), è necessaria una fonte normativa di rango primario atta ad introdurre norme sanzionatorie di natura penale nell’ordinamento nazionale.

La finalità dell’articolo è, pertanto, quella di consentire al Governo di introdurre sanzioni volte a punire le trasgressioni commesse in violazione dei precetti contenuti nelle disposizioni normative comunitarie, garantendo il rispetto degli atti regolamentari o amministrativi con cui tali disposizioni comunitarie vengono trasposte nell’ordinamento interno.

A tal fine, il comma 1 contiene una delega al Governo per l’adozione, entro due anni dalla data di entrata in vigore della legge e fatte salve le norme penali vigenti, di disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per la violazione di obblighi contenuti in direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa ai sensi delle leggi comunitarie vigenti (non solo, pertanto, ai sensi della legge comunitaria in commento) nonché di regolamenti comunitari pubblicati alla data di entrata in vigore della legge comunitaria e per i quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative.

Il comma 2 stabilisce che i decreti legislativi siano adottati, ai sensi dell'art. 14 della L. 400/1988, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i ministri competenti per materia.

La tipologia e la scelta delle sanzioni deve essere effettuata secondo i princìpi e i criteri direttivi di cui all’articolo 2, comma 1, lettera c) (vedi supra).

Il comma 3 prevede l’acquisizione del parere delle competenti Commissioni parlamentari sugli schemi di decreto legislativo. I pareri sono espressi con le modalità previste dai commi 3 e 9 dell’articolo 1 (vedi supra).

 

 


Art. 4

 

(Oneri relativi a prestazioni e a controlli)

 

 


1. In relazione agli oneri per prestazioni e per controlli si applicano le disposizioni di cui all'articolo 9, commi 2 e 2-bis, della legge 4 febbraio 2005, n. 11


 

 

L’articolo 4 detta disposizioni circa gli oneri derivanti dalle prestazioni e dai controlli che gli uffici pubblici sono chiamati a sostenere in applicazione della normativa comunitaria.

 

 

A tal fine viene richiamato il disposto dell’articolo 9, commi 2 e 2-bis, della Legge 11 del 2005, che:

•    pone a carico dei soggetti interessati i predetti oneri, secondo tariffe determinate sulla base del costo effettivo del servizio, purché ciò non risulti in contrasto con la disciplina comunitaria (articolo 9, comma 2);

•    dispone che le entrate derivanti dalle tariffe siano attribuite, nei limiti previsti dalla legislazione vigente, alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione alle unità previsionali di base del bilancio statale ai sensi del regolamento di cui al DPR 10 novembre 1999, n. 469 (articolo 9, comma 2-bis).


Art. 5

 

(Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive europee)

 

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, con le modalità e secondo i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dalla presente legge per il recepimento di direttive europee, al fine di coordinare le medesime con le altre norme legislative vigenti nelle stesse materie. Qualora i testi unici o i codici di settore riguardino i princìpi fondamentali delle materie di cui all'articolo 117, terzo comma, della Costituzione o di altre materie di interesse delle regioni, i relativi schemi di decreto legislativo sono sottoposti al parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali.

2. I testi unici e i codici di settore di cui al comma 1 riguardano materie o settori omogenei. Le disposizioni contenute nei testi unici o nei codici di settore non possono essere abrogate, derogate, sospese o comunque modificate, se non in modo esplicito mediante l'indicazione puntuale delle disposizioni da abrogare, derogare, sospendere o modificare.


 

 

L’articolo 5 conferisce, al comma 1, una delega al Governo – da esercitare entro 24 mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi emanati in attuazione delle deleghe contenute nel provvedimento – per l’adozione di testi unici o codici di settore delle disposizioni dettate in attuazione delle deleghe conferite dal disegno di legge in esame per il recepimento di direttive comunitarie, con lo scopo di coordinare tali disposizioni con quelle vigenti nelle stesse materie.

 

 

I decreti legislativi di riordino di cui al comma 1 sono adottati secondo le modalità e in conformità ai princìpi e criteri direttivi posti dall’art. 20 della L. 59/1997[10] e successive modificazioni, richiamato dal comma in commento.

 

Si ricorda che l’art. 20 richiamato reca una pluralità di princìpi e criteri direttivi volti a conformare l’opera del legislatore delegato alla razionalizzazione normativa, in aggiunta ai princìpi e criteri previsti dalle singole leggi annuali di semplificazione.

 

Il comma 1 precisa che l’esercizio della delega volta al riordino normativo non deve comportare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La previsione di riordino mediante codici di settore – oltre che tramite testi unici – è stata inserita per la prima volta nella legge comunitaria 2007. Tale scelta, innovativa rispetto ai contenuti delle precedenti leggi comunitarie, appare volta a prefigurare un “assestamento normativo”, dando luogo nelle singole materie ad un complesso di norme stabili e armonizzate, in virtù della maggiore portata innovativa del codice di settore rispetto a quella del testo unico.

 

Si può ricordare che, nell’evoluzione delle politiche di semplificazione, in materia di testi unici era intervenuta la disciplina generale di cui all’art. 7 della L. 50/1999[11], che prevedeva il riordino della normativa attraverso lo strumento dei testi unici cosiddetti “misti”, ossia recanti sia disposizioni di rango legislativo, che regolamentari.

È in seguito intervenuta la legge di semplificazione per il 2001 (legge n. 229/2003)[12], che ha innovato profondamente le metodologie di razionalizzazione normativa, modificando il contenuto della legge annuale di semplificazione (così come disciplinato dall’art. 20 della L. 59/1997), privilegiando il ricorso alla delegazione legislativa ed alla delegificazione e sancendo l’abbandono dei testi unici misti, con l’abrogazione del citato art. 7 della L. 50/1999, che li aveva introdotti.

La differenza fra testo unico e codice – fermo restando che entrambe le tipologie sono volte alla “riorganizzazione” (termine che ricomprende sia il “riordino” che il “riassetto”) delle fonti di regolazione e a una drastica riduzione del loro numero, in modo da permettere ai cittadini di avere un quadro ben preciso e unitario delle regole che disciplinano un settore della vita sociale – è stata individuata nel fatto che il secondo strumento di semplificazione autorizza il legislatore delegato non soltanto ad apportare modifiche di “coordinamento formale” alla disciplina di rango legislativo, ma anche consistenti innovazioni del merito della disciplina codificata. In altri termini, il codice, rispetto al testo unico, è connotato da una maggiore capacità innovativa dell’ordinamento (si veda, in tal senso, il parere reso dall’Adunanza generale del Consiglio di Stato in data 24 ottobre 2004, sullo schema di Codice dei diritti di proprietà industriale).

 

Il secondo periodo del comma 1 dispone che gli schemi di decreto legislativo siano sottoposti al parere della Conferenza Stato-regioni e al parere della Commissione parlamentare per le questioni regionali qualora la relativa disciplina riguardi la determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di competenza concorrente tra Stato e regioni (ai sensi del terzo comma dell’articolo 117 della Costituzione) o, più generalmente, “altre materie di interesse delle regioni”.

Si osserva che l’art. 20 della L. 59/1997, al quale il comma in esame come si è detto fa rinvio, al comma 5 prevede l’acquisizione del parere della Conferenza unificata Stato-regioni-città e autonomie locali su tutti gli schemi dei decreti legislativi adottati ai sensi dell’art. 20 medesimo.

Il comma 2 stabilisce che i testi unici e i codici di settore debbano riguardare materie o settori omogenei. Inoltre, esso precisa che le disposizioni contenute nei predetti provvedimenti di riordino possono essere oggetto di interventi di abrogazione, deroga, sospensione o modificazione solo in via esplicita e con indicazione puntuale della disposizione su cui si interviene. Si tratta di una disposizione che ha ovviamente una valenza solo monitoria nei confronti del legislatore, non potendo una norma di legge vincolare giuridicamente una norma successiva di grado gerarchico equivalente.

 

Il comma ripropone una norma analoga a quelle recate da diverse tra le precedenti leggi comunitarie, a partire dal 1994[13], in tema di riordino normativo nei settori interessati da direttive comunitarie. L’emanazione del testo unico in materia di intermediazione finanziaria costituisce – a tutt’oggi – l’unico esempio di riordino normativo effettuato sulla base delle prescrizioni della legge comunitaria annuale (D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, adottato ai sensi degli artt. 8 e 21 della legge comunitaria per il 1994[14]).


Art. 6

 

(Criterio direttivo di delega al Governo per il recepimento della direttiva 2011/51/UE per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale)

 

 

 


1. Nella predisposizione dei decreti legislativi per l'attuazione della direttiva 2011/51/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 maggio 2011, il Governo è tenuto a seguire, oltre ai princìpi e criteri direttivi di cui agli articoli 1 e 2 della presente legge, anche il seguente criterio direttivo specifico: introdurre disposizioni che prevedano la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo, ottenuto a titolo di protezione internazionale, anche nel caso in cui la medesima sia revocata, o sia cessata ovvero il suo rinnovo sia rifiutato.

 


 

 

L’articolo 6 stabilisce uno specifico principio direttivo per il recepimento della direttiva 2011/51/UE in materia di protezione internazionale.

 

Con il termine “protezione internazionale” si fa riferimento ai soggetti rientranti nella fattispecie oggetto della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, vale a dire i cittadini dei Paesi terzi e gli apolidi in possesso della qualifica di rifugiato o che comunque, per diverse ragioni, necessitano di protezione internazionale in uno degli Stati membri dell’Unione. Sulla materia la successiva direttiva 2011/95/CE (che ha abrogato, a decorrere dal 21 dicembre 2013, la direttiva 2004/83/CE) ha definito la “protezione internazionale” lo status di rifugiato o lo status di “protezione sussidiaria”.

 

 

Si ricorda che la direttiva 2011/51/UE, modificando la direttiva 2003/109/CE, estende il diritto all’ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di protezione internazionale.

Inoltre, tra le novelle apportate, l’articolo 4 della direttiva 2003/109 viene modificato stabilendo che gli Stati membri non conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo a titolo di protezione internazionale in caso di revoca o di cessazione di tale forma di protezione o di rifiuto del suo rinnovo.

Di seguito, l’articolo 9 della direttiva 2003/109 viene modificato con la previsione in virtù della quale gli Stati membri possono revocare lo status di soggiornante di lungo periodo nel caso in cui la protezione internazionale sia revocata o sia cessata o nel caso in cui il suo rinnovo sia rifiutato, se lo status di soggiornante di lungo periodo era stato ottenuto a titolo di protezione internazionale.

Per una disamina più approfondita delle innovazioni recate dalla direttiva 2011/51 vedi infra la scheda redatta sui contenuti della stessa.

 

Nel dettaglio si prescrive che, nel dare attuazione alla suddetta direttiva, il Governo, in aggiunta ai princìpi e criteri direttivi di cui agli artt. 1 e 2 della presente legge, è tenuto a introdurre specifiche disposizioni che prevedano la revoca dello status di soggiornante di lungo periodo, ottenuto a titolo di protezione internazionale, anche qualora la stessa forma di protezione sia revocata o cessata ovvero il suo rinnovo sia rifiutato.

Si ricorda che termine di recepimento della direttiva è fissato al 20 maggio 2013.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea

Il testo della direttiva 2011/51/UE, volta a modificare la direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne il campo di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale, è stato approvato l’11 aprile 2011 dal Consiglio giustizia e affari interni a maggioranza qualificata, con il voto contrario della  Repubblica ceca e di Malta.

In una dichiarazione allegata al testo approvato, Malta ha espresso rammarico per il fatto che la direttiva potrebbe aggravare la pressione cui l’isola è sottoposta, a causa del numero di beneficiari di protezione internazionale ivi presenti, unito alla limitata capacità di assorbimento del paese e che, in generale, la direttiva può avere la conseguenza di esacerbare la pressione cui sono esposti gli Stati membri che ospitano un numero sproporzionato di beneficiari di protezione internazionale, in particolare a causa della collocazione geografica o della situazione demografica. In questo quadro, la dichiarazione:

·       chiede agli Stati membri di agevolare lo spostamento dei beneficiari di protezione internazionale da Malta quando abbiano acquisito lo status di soggiornanti di lungo periodo nel paese, allo scopo di attenuare gli effetti negativi che deriverebbero altrimenti dall'attuazione della direttiva in oggetto;

·       ribadisce l'invito ad una maggiore solidarietà attraverso la ricollocazione all'interno dell'UE di beneficiari di protezione internazionale;

·       rammenta che la politica di immigrazione e asilo dell'Unione europea deve essere governata dal principio di solidarietà e di equa ripartizione della responsabilità a norma dell'articolo 80 del trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE) e dichiara che la direttiva non comprende misure volte ad attuare tale principio, sebbene rappresenti il primo strumento adottato nell'istituzione del sistema europeo comune di asilo (CEAS);

In proposito sarebbe opportuno acquisire la valutazione del Governo in ordine all’impatto, in termini di dotazioni strumentali e di eventuali oneri finanziari, derivante dal recepimento della direttiva in questione nell’ordinamento nazionale.

Si ricorda che, nell’ambito delle iniziative per rafforzare la cooperazione pratica in materia di asilo, la Commissione europea sta attualmente valutando la possibilità di istituire un meccanismo permanente UE di ricollocazione interna, che, su base volontaria, permetta di ridistribuire in termini di maggiore equità tra i diversi Stati membri i beneficiari di protezione internazionale presenti in Stati membri particolarmente esposti al fenomeno, al fine ultimo di garantire standard di accoglienza costantemente adeguati in tutto il territorio dell’Unione europea. Una proposta relativa all’istituzione di tale meccanismo dovrebbe essere presentata dalla Commissione europea nel corso del 2012[15].

Per quanto riguarda il Sistema comune europeo di asilo, basato su una procedura comune di asilo e uno status uniforme per coloro che hanno ottenuto l'asilo o la protezione sussidiaria, secondo quanto previsto dalprogramma di Stoccolma per lo spazio di libertà sicurezza e  giustizia 2010-2014  esso dovrebbe essere realizzato entro il 2012 attraverso la modifica degli  strumenti legislativi attualmente vigenti.  A tal fine, in seguito all’adozione della direttiva 2011/51/UE, risultano tuttora all’esame delle istituzioni UE, le seguenti proposte legislative:

-      proposta di regolamento che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo (COM(2008)820) (rifusione del regolamento CE n. 343/2003, cd. regolamento Dublino II);

-      proposta modificata di direttiva relativa a procedure per la concessione e la revoca dello status conferito dalla protezione internazionale (COM(2011)319) (rifusione della direttiva 2005/85/CE);

-      proposta modificata di direttiva che recante norme per l’accoglienza dei richiedenti asilo (COM(2011)320) ( rifusione della direttiva 2003/9/CE);

-      proposta modificata di regolamento che istituisce l'"EURODAC" per il confronto delle impronte digitali per l’efficace applicazione del regolamento (CE) n. [.../...] (Dublino II) (COM(2010)555).


Articolo 7
(Modifica all'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, recante attuazione della direttiva 89/395/CEE e della direttiva 89/396/CEE concernenti l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. Procedura d'infrazione 2009/4583)

 


1. Dopo il comma 2-bis dell'articolo 7 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

«2-ter. L'indicazione degli ingredienti non è richiesta quando, con riferimento agli allergeni alimentari elencati nell'allegato 2, sezione III, la denominazione di vendita indica l'ingrediente interessato».

 


 

 

L’articolo 7 novella il decreto legislativo n. 109//92 allo scopo di evitare incertezze da parte degli operatori sull’obbligo di indicare in etichetta la presenza di allergeni alimentari, obbligo che viene confermato esclusivamente se tali ingredienti non figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito.

 

 

L’articolo in commento modifica il decreto legislativo n. 109/1992, che reca la disciplina nazionale in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, di attuazione delle direttive comunitarie 89/395/CEE[16], abrogata e sostituita dalla direttiva 2000/13/CE[17], e 89/396/CEE[18].

In merito va richiamato in particolare l’art. 6, co.10 della direttiva 2000/13/CE che dispone che gli ingredienti utilizzati nella produzione di un prodotto alimentare e presenti nel prodotto finito anche se in altra forma, elencati nell'allegato III bis o derivati da un ingrediente elencato nell'allegato III bis devono essere riportati sull'etichetta indicando chiaramente il nome dell'ingrediente in questione e che tale indicazione non è necessaria nel caso in cui la denominazione di vendita del prodotto indichi chiaramente l'ingrediente interessato.

Il decreto n. 109/92 dispone con l’articolo 3 che i prodotti alimentari preconfezionati destinati al consumatore debbano riportare, fra le altre indicazioni, l’elenco degli ingredienti di cui all’articolo 5.

Il comma 2-bis di tale articolo 5 richiede che gli ingredienti elencati nell'Allegato 2, sezione III (che elenca gli allergeni alimentari suddivisi in 14 categorie, ricalcando l’allegato III bis della direttiva 2000/13), o derivati da un ingrediente elencato in tale sezione, presenti anche se in forma modificata, siano indicati nell'elenco degli ingredienti soltanto se non figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito.

L’articolo 7 dello stesso decreto 109 specifica i casi in cui si sia  esentati dall’obbligo di indicare gli ingredienti, aggiungendo tuttavia, con il comma 2-bische non prevede eccezioni, che le esenzioni non si applicano agli allergeni indicati all'allegato 2, sezione III.

Il comma 3-bis introdotto dalle disposizioni in commento – aggiunge invece che l’indicazione dell’allergene non è richiesta quando la “denominazione di vendita indica l'ingrediente interessato”, rendendo in tal modo coerenti le disposizioni recate dall’articolo 7 con quelle di cui all’articolo 5 dello stesso decreto n. 109.

La modifica è pertanto diretta ad evitare incertezze da parte degli operatori sull’obbligo di indicare in etichetta la presenza di allergeni alimentari, obbligo che viene confermato esclusivamente se tali ingredienti non figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea

Procedura di contenzioso

 

La procedura di infrazione n. 2009/4583 che l’articolo in esame, secondo quanto indicato nella rubrica e nella relazione illustrativa, è inteso a risolvere è stata archiviata dalla Commissione europea il 28 settembre 2011.

 

Con la procedura – che era stata aperta con una lettera di messa in mora il 20 novembre 2009 - la Commissione europea contestava all’Italia la non corretta attuazione della direttiva 2000/13/CE, come modificata alla direttiva 2003/89/CE.

In particolare, la Commissione aveva contestato l’insufficiente chiarezza delle disposizioni di recepimento della direttiva nell’ordinamento italiano, di cui al D.Lgs. 109 del 27 gennaio 1992, con specifico riferimento alle previsioni di cui agli articoli 5, comma 2-bis e 7, comma 2-bis relative all'indicazione degli ingredienti allergenici in etichetta.

Ad avviso della Commissione, le due disposizioni si sarebbero potute interpretare, in contrasto con l’articolo 6, paragrafo 10 della direttiva, nel senso che l’obbligo di menzionare le sostanze allergeniche in etichetta sarebbe stato assoluto, anche quando il nome coincida con la denominazione di vendita, in relazione ai prodotti esentabili dalla menzione degli ingredienti in etichetta (burro, formaggi, ecc.).

 

Ai fini di chiarire l’interpretazione delle disposizioni nazionali contestate dalla Commissione europea in senso conforme alla direttiva, è stata adottata la Circolare 22 luglio 2010, n. 5107 del MISE, pubblicata sulla GU n. 175 del 29 luglio 2010.

La circolare ha, in particolare, precisato che l'art. 7, paragrafo 2-bis, del decreto legislativo n. 109/1992 deve essere interpretato secondo la regola generale fissata dall'art. 5, paragrafo 2-bis del medesimo decreto legislativo in base al quale gli allergeni utilizzati nella fabbricazione di un prodotto finito e presenti anche se in forma modificata, devono essere indicati nell'elenco degli ingredienti solo se non figurano nella denominazione di vendita del prodotto finito.

 

Tenuto conto dell’intervenuta archiviazione della procedura di infrazione n. 2012/4583, presumibilmente alla luce della richiamata circolare 22 luglio 2010, n. 5107, la disposizione di cui all’art. 7 in esame sembra intesa, per ragioni di certezza del diritto, a codificare nel nuovo comma 2-ter dell’art. 7 del decreto legislativo n. 109/1992 la regola già enunciata in via interpretativa dalla richiamate circolare.

Potrebbe risultare in ogni caso utile acquisire dal Governo maggiori informazioni sulla necessità dell’intervento legislativo con riferimento all’adeguamento dell’ordinamento interno alla direttiva 2000/13/CE.

 

 


Schede sulle direttive contenute negli allegati

 


Allegato A

 


Direttiva 2011/85/UE
(Requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri)

 

 

La direttiva 2011/85/UE del Consiglio dell’8 novembre 2011[19], relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri, si inserisce in un pacchetto di sei provvedimenti legislativi comunitari (cd. Six pack)[20], volti all’istituzionalizzazione, a livello europeo, di un nuovo sistema di governance economica, il cui fulcro essenziale consiste nell’istituzione di un meccanismo di coordinamento ex ante delle politiche economiche comunitarie, nonché nella creazione di meccanismi rafforzati di controllo e di sorveglianza sugli squilibri macroeconomici e finanziari degli Stati membri, anche attraverso la fissazione di regole per l’adozione dei quadri di bilancio nazionali.

Il termine di recepimento è fissato al 31 dicembre 2013 (articolo 15). Tuttavia, i Capi di Stato e di governo della zona euro, nella riunione del 21 luglio 2011, hanno dichiarato l'impegno a recepire la direttiva entro la fine del 2012.

 

Talune disposizioni del Six pack sono state peraltro riprese anche nel nuovo "patto di bilancio" istituito con trattato intergovernativo, Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’unione economica e monetaria (cd. Fiscal compact), il cui testo è stato approvato dal Consiglio europeo straordinario del 30 gennaio, ed è stato firmato il 1 marzo 2012[21].

La direttiva in esame definisce i requisiti per i quadri di bilancio nazionali, fissando le regole minime perché sia garantita l'osservanza da parte degli Stati membri dell'obbligo, derivante dal Trattato, di evitare disavanzi pubblici eccessivi (articolo 1).

 

Si segnala, peraltro, come la direttiva in commento risulti, in parte, già trasposta, almeno nei suoi principi essenziali, nella nuova disciplina di contabilità nazionale, di cui alla legge n. 196/2009, in virtù delle modifiche ad essa apportate dalla legge n. 39 del 7 aprile 2011, recante “Modifiche alla legge 31 dicembre 2009, n. 196, conseguenti alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri”.

Per quanto concerne in particolare l’articolo 6 della direttiva, in tema di controllo da parte di organismi indipendenti sulle regole numeriche di bilancio, si ricorda che esso è in corso di recepimento nel disegno di legge costituzionale volto all’introduzione del pareggio di bilancio nella Costituzione ed in via di definitiva approvazione da parte del Parlamento (A.S. 3047-B), il quale prevede l’istituzione di una apposita autorità indipendente presso le Camere.

 

Nella descrizione della direttiva che segue, si darà conto dei contenuti di essa già recepiti nell’ordinamento contabile interno e di quelli già in corso di recepimento.

 

Quadri nazionali di bilancio

Nell’articolo 2, la direttiva definisce quale "quadro di bilancio" l’insieme delle disposizioni, procedure, regole e istituzioni inerenti alla conduzione delle politiche di bilancio dell'amministrazione pubblica. Si tratta in particolare di:

a)  sistemi di contabilità di bilancio e segnalazione statistica;

b)  regole e procedure per la preparazione delle previsioni per la programmazione di bilancio;

c)  regole di bilancio numeriche specifiche per paese espresse sotto forma di un indicatore sintetico dei risultati di bilancio, come il disavanzo pubblico, il fabbisogno, il debito o uno dei relativi componenti principali;

d)  procedure comprendenti le regole procedurali che sono alla base di tutte le fasi del processo di bilancio;

e)  i quadri di bilancio a medio termine, intesi come una serie specifica di procedure di bilancio nazionali che estendono l'orizzonte per la formazione della politica di bilancio oltre il calendario del bilancio annuale, compresa la fissazione delle priorità politiche e degli obiettivi di bilancio a medio termine;

f)   dispositivi di monitoraggio e analisi indipendente intesi a rafforzare la trasparenza degli elementi del processo di bilancio;

g)  meccanismi e regole che disciplinano le relazioni in materia di bilancio tra le autorità dei sottosettori dell'amministrazione pubblica.

 

Contabilità e statistiche

L'articolo 3 della direttiva impone agli Stati membri di dotarsi di sistemi di contabilità pubblica che coprono in modo completo e uniforme tutti i sottosettori dell'amministrazione pubblica e contengono le informazioni necessarie per generare dati fondati sul principio di competenza al fine di predisporre i dati basati sul SEC 95.

A tal proposito si ricorda che, con l’esplicita finalità di consentire il concorso di tutte le amministrazioni pubbliche al governo della finanza pubblica e di creare un maggior raccordo tra tali sistemi e il Sistema europeo dei conti nazionali e regionali (SEC95), la legge di contabilità e finanza pubblica n. 196/2009 reca, al Titolo I, i principi di coordinamento e di armonizzazione dei sistemi contabili. In particolare, la legge di contabilità ha previsto una specifica delega al Governo per l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche diverse dagli enti territoriali, la quale è stata esercitata il decreto legislativo 31 maggio 2011, n. 91[22]. Per quanto concerne le regioni, gli enti locali e gli enti del Servizio sanitario nazionale, una apposita delega per l’armonizzazione contabile è stata prevista dall'articolo 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42, ed è stata attuata con il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118[23].

 

Gli Stati membri devono altresì assicurare che i dati di bilancio di tutti i sottosettori siano disponibili al pubblico tempestivamente e regolarmente come stabilito nel regolamento (CE) n. 2223/96 (SEC 95) e di pubblicare, in particolare:

a)      i dati sulla contabilità di cassa (o dati equivalenti della contabilità pubblica) con le seguenti frequenze:

-    mensile per i sottosettori amministrazione centrale, enti di previdenza e assistenza sociale, prima della fine del mese seguente;

-    trimestrale per il sottosettore amministrazioni locali, prima della fine del trimestre seguente;

b)      una tabella di riconciliazione dettagliata in cui figurano la metodologia di transizione tra i dati sulla contabilità di cassa e i dati basati sul SEC 95.

 

Per ciò che concerne le informazioni relative ai flussi di cassa, si ricorda che la legge di contabilità nazionale, nell’ambito delle misure volte ad implementare la verifica e il monitoraggio dei conti pubblici e a specificare alcune funzioni in materia del Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato presso il Ministero dell’economia e finanze, prevede la predisposizione da parte della medesimo Dipartimento di una relazione mensile sul conto consolidato di cassa riferito all’amministrazione centrale - la quale contiene indicazioni settoriali sugli enti degli altri comparti delle amministrazioni pubbliche tenendo conto anche delle informazioni desunte dal Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (SIOPE) - una relazione sul conto consolidato di cassa riferito alle amministrazioni pubbliche, che il Ministro dell’economia deve presentare alle Camere nel primo, secondo e terzo trimestre dell’anno, le quali evidenziano rispetto al trimestre cui si riferiscono, l'eventuale aggiornamento delle stime tendenziali secondo l'articolazione per sottosettori della pubblica amministrazione, nonché sulla consistenza del debito pubblico (articolo 14, commi 3 e 4)[24];

Inoltre, dal lato delle entrate, Il Dipartimento delle finanze presso il Ministero dell’economia è incaricato del monitoraggio e degli effetti finanziari delle principali misure adottate in materia tributaria. A tal fine, i risultati periodici di tale monitoraggio - relativo a tutte le imposte, tasse e tributi, anche di competenza di regioni ed enti locali - costituiscono un apposito allegato delle relazioni di cui sopra (comma 5).

Infine, le amministrazioni pubbliche, con esclusione degli enti di previdenza, sono tenute a trasmettere quotidianamente alla banca dati SIOPE, tramite i propri tesorieri o cassieri, i dati concernenti tutti gli incassi e i pagamenti effettuati, codificati con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale. Gli enti di previdenza trasmettono mensilmente i medesimi dati al Dipartimento della Ragioneria, secondo la codifica SIOPE(commi 6 e 7)[25]

 

Previsioni

L'articolo 4 della direttiva impone agli Stati membri di assicurare che la programmazione di bilancio si basi sullo scenario macrofinanziario più probabile o su uno scenario più prudente nonché su previsioni macroeconomiche e di bilancio realistiche che utilizzino le informazioni più aggiornate, confrontate, in particolare, con le previsioni più aggiornate della Commissione e, se del caso, con quelle di altri organismi indipendenti.

Le differenze significative tra lo scenario macrofinanziario scelto e le previsioni della Commissione devono essere descritte ed argomentate, in particolare se il livello o l'aumento delle variabili nelle ipotesi esterne si discostano in modo significativo dai valori indicati nelle previsioni della Commissione. La direttiva stabilisce che la Commissione renda pubbliche le metodologie, le ipotesi e i parametri pertinenti che supportano le sue previsioni macroeconomiche e di bilancio e, onde sostenere gli Stati membri nella preparazione delle loro previsioni di bilancio, fornisce previsioni per le spese dell'UE basate sul livello di spesa programmato nell'ambito del quadro finanziario pluriennale.

 

Il medesimo articolo 4 impone agli Stati membri di:

§      specificare l'istituzione incaricata di elaborare le previsioni macroeconomiche e di bilancio e rendere pubbliche le previsioni ufficiali preparate per la programmazione di bilancio, comprese le metodologie, le ipotesi ed i parametri pertinenti alla base di tali previsioni;

§      sottoporre le previsioni per la programmazione di bilancio a una valutazione periodica, imparziale e completa basata su criteri obiettivi, compresa la valutazione ex post. I risultati di tale valutazione sono pubblicati e di essi si terrà opportunamente conto per le future previsioni macroeconomiche e di bilancio.

 

Con riferimento all’elaborazione delle previsioni macroeconomiche e di bilancio, ed in particolare alle metodologie alla base di tali previsioni, l’articolo 10, comma 4, della legge di contabilità prevede che nel documento di programmazione economica finanziaria (Documento di Economia e Finanza – DEF) sia inserita una apposita Nota Metodologica, allegata alla seconda sezione del DEF, in cui devono essere esposti analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni relative al quadro macroeconomico, per l’elaborazione dei quadri previstivi del conto delle amministrazione, per il saldo strutturale di bilancio e per l’evoluzione dello stock di debito pubblico.

Come risulta dalla Nota, allegata al DEF 2011, presentato nell’aprile 2011, essa risponde all’esigenza di rendere chiaro al Parlamento quali siano i criteri e le assunzioni utilizzati per la formulazione delle previsioni contenute nel DEF, mirando a recepire nella normativa nazionale le nuove regole sul “Semestre europeo”.

In particolare, nella sezione relativa all’elaborazione del quadro macroeconomico nazionale, la Nota sottolinea come il documento di programmazione sia allineato alle recenti innovazioni introdotte a seguito delle disposizioni integrative del Codice di condotta per la definizione dei programmi di stabilità, in base alle quali i paesi membri sono tenuti ad adottare le ipotesi tecniche definite dalla Commissione europea per le variabili esogene, ipotesi che vengono comunicate dalla Commissione ai Paesi europei con congruo anticipo.

 

Regole di bilancio numeriche

L'articolo 5 della direttiva impone agli Stati membri di dotarsi di regole di bilancio numeriche specifiche che promuovano effettivamente l'osservanza, nell’ambito di una prospettiva pluriennale per l'amministrazione pubblica nel suo insieme, dei rispettivi obblighi derivanti dal trattato nel settore della politica di bilancio.

Tali regole promuovono in particolare:

a)  il rispetto dei valori di riferimento relativi al disavanzo e al debito fissati conformemente al trattato;

b)  l'adozione di un orizzonte di programmazione di bilancio pluriennale, che comprende il rispetto degli obiettivi di bilancio a medio termine.

 

In base all'articolo 6, le regole di bilancio numeriche specifiche per Paese specificano i seguenti elementi:

a)   la definizione degli obiettivi e l'ambito di applicazione delle regole;

b)   il controllo effettivo e tempestivo dell'osservanza delle regole, basato su un'analisi affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti o dotati di autonomia funzionale rispetto alle autorità di bilancio dello Stato;

c)   le conseguenze in caso di mancata osservanza.

Il medesimo articolo precisa che se le regole di bilancio numeriche contengono clausole di salvaguardia, queste ultime prevedono un numero limitato di circostanze specifiche coerente con gli obblighi derivanti dal trattato nel settore della politica di bilancio e procedure rigorose in cui è consentito non rispettare temporaneamente la regola.

 

In merito al controllo che deve essere compiuto da parte di organismi indipendenti o dotati di autonomia funzionale rispetto alle autorità di bilancio dello Stato, si ricorda che nel disegno di legge costituzionale volto alla introduzione del principio del pareggio di bilancio nella Costituzione (A.S. 3047-B), attualmente all’esame del Senato in seconda deliberazione, si prevede, all’articolo 5, comma 1, lettera f),la creazione presso le Camere di un apposito organismo indipendente con compiti esclusivamente di natura tecnica, di analisi, verifica e valutazioni in materia di finanza pubblica.

 

Quadri di bilancio a medio termine

L'articolo 9 prevede che gli Stati membri adottino un orizzonte di programmazione di bilancio di almeno tre anni, per assicurare che la programmazione di bilancio nazionale segua una prospettiva di programmazione finanziaria pluriennale.

I quadri di bilancio a medio termine stabiliscono procedure per fissare:

a)  obiettivi di bilancio pluriennali, globali e trasparenti in termini di disavanzo e debito pubblico nonché qualsiasi altro indicatore di bilancio sintetico quale la spesa, assicurando che essi siano conformi alle regole di bilancio numeriche in vigore ai sensi della direttiva in esame;

b)  proiezioni di ogni voce di spesa e di entrata importante dell'amministrazione pubblica, con maggiori precisazioni relativamente al livello dell'amministrazione centrale e della previdenza e assistenza sociale, per l'esercizio in corso ed oltre, basate sull'ipotesi di politiche invariate;

c)  una descrizione delle politiche previste a medio termine che hanno un'incidenza sulle finanze pubbliche suddivise per voce di entrata e di spesa importante, con l'indicazione di come viene realizzato l'aggiustamento verso gli obiettivi di bilancio a medio termine rispetto alle proiezioni basate sull'ipotesi di politiche invariate;

d)  una valutazione dell'impatto che le politiche di cui sopra potrebbero avere sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche.

 

Con riferimento alla programmazione pluriennale, si osserva che uno dei punti cardine della riforma di contabilità, attuata dalla legge n. 196/2009, consiste nella triennalizzazione dell’orizzonte temporale della manovra di finanza pubblica (articolo 10) e della conseguente triennalizzazione della legge di bilancio (articolo 22 della legge di contabilità, in cui è espressamente indicato che il bilancio pluriennale di previsione, elaborato in coerenza con gli obiettivi indicati nel DEF, copra un periodo di tre anni).

 

In base all'articolo 10 la legislazione di bilancio annuale deve essere conforme alle disposizioni derivanti dal quadro di bilancio a medio termine e basarsi sulle proiezioni delle entrate e delle spese e sulle priorità derivanti dal quadro di bilancio a medio termine. Qualsiasi scostamento da tali disposizioni deve essere debitamente chiarito.

L'articolo 11 precisa che il governo neoeletto di uno Stato membro può aggiornare il proprio quadro di bilancio a medio termine per riflettere le sue nuove priorità programmatiche, purché evidenzi le differenze con il precedente quadro di bilancio a medio termine.

 

In relazione a tale aspetto, si ricorda che la legge di contabilità n. 196/2009 reca all’articolo 10-bis - che disciplina i contenuti e gli allegati della Nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza che il Governo è tenuto a presentare alle Camere entro il 20 settembre di ogni anno - una norma che consente al Governo di aggiornare gli obiettivi programmatici di finanza pubblica, per le medesime finalità di aggiornamento previste per la presentazione della Nota di aggiornamento, ovvero per il verificarsi di eventi eccezionali, ovvero in caso di scostamenti rilevanti degli andamenti di finanza pubblica tali da rendere necessari interventi correttivi (comma 6).

In tal caso, la norma prevede la trasmissione da parte del Governo di una relazione al Parlamento, recante le ragioni dell'aggiornamento ovvero degli scostamenti, nonché l’indicazione degli interventi correttivi che si intendano adottare.

Di tale norma si è avvalso, di recente, il Governo Monti, subentrato al governo Berlusconi in data 16 novembre 2011, il quale ha presentato al Parlamento una Relazione concernente gli effetti di correzione degli obiettivi della manovra finanziaria per il triennio 2012-2014 (Doc. LVII, n. 4-ter), in cui viene fornito un aggiornamento del quadro macroeconomico per gli anni 2011-2014 e del conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche a legislazione vigente, rispetto al DEF 2011 e alla Nota di aggiornamento, a fronte dell’adozione della manovra finanziaria di aggiustamento dei conti pubblici per gli anni 2012-2014, di cui al decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge n.214/2011.

 

Trasparenza delle finanze pubbliche e portata globale dei quadri di bilancio

Gli articoli da 12 e 14 della direttiva prevedono che l'applicazione delle regole sopra richiamate avvenga in modo coerente per tutti i sottosettori dell'amministrazione pubblica e  a tale scopo  richiedono:

§      l'uniformità delle norme e procedure contabili nonché l'integrità dei sistemi di raccolta ed elaborazione dati sottostanti (articolo 12).

§      meccanismi appropriati di coordinamento tra tutti i sottosettori dell'amministrazione in sede di programmazione di bilancio, di regole di bilancio numeriche, di preparazione delle previsioni di bilancio e di istituzione di una programmazione triennale (articolo 13, comma 1);

§      la chiara definizione delle competenze di bilancio delle autorità pubbliche nei diversi sottosettori dell'amministrazione pubblica (articolo 13, comma 2);

§      l'individuazione e la presentazione, nel quadro dei processi di bilancio annuali, di tutte le gestioni (relative a organismi e fondi) dell'amministrazione pubblica fuori bilancio, e l'indicazione della loro incidenza combinata sui saldi e sul debito pubblico, da evidenziarsi anche nei piani di bilancio a medio termine (articolo 14, comma 1);

§      la pubblicazione di informazioni dettagliate circa l'impatto sulle entrate del minor gettito dovuto alle detrazioni fiscali (articolo 14, comma 2);

§      la pubblicazione - per tutti i settori dell'amministrazione pubblica - delle informazioni relative all’entità delle passività potenziali, comprese le garanzie pubbliche, i crediti deteriorati e le passività derivanti dalla gestione delle imprese pubbliche, che possono avere effetti consistenti sui bilanci pubblici (articolo 14, comma 3);

§      la pubblicazione di informazioni sulle partecipazioni dell'amministrazione pubblica al capitale di imprese private e pubbliche per importi economicamente significativi (articolo 14, comma 3).

 

Per quanto concerne l'uniformità delle norme e procedure contabili per tutti i sottosettori dell'amministrazione pubblica, si ricorda che uno degli obiettivi fondamentali della riforma della contabilità nazionale, attuata con la legge n. 196/2009, è il governo unitario della finanza pubblica, che ha, come premessa necessaria, la confrontabilità dei dati di bilancio delle differenti amministrazioni. A tal fine, come già sopra ricordato, la legge di contabilità ha previsto una delega al Governo per l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle amministrazioni pubbliche non territoriali, che, unitamente alla analoga delega per l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio degli enti territoriali, recata dalla legge n. 42/2009, sul federalismo fiscale, sono volte a consentire l’adozione di regole contabili uniformi e la raccordabilità dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio di tutti gli enti pubblici, territoriali e non, con quelli adottati in ambito europeo ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi. Si segnala che sia la delega contenuta nella legge di contabilità sia quella contenuta nella legge n. 42/2009, hanno ricevuto attuazione rispettivamente con il decreto legislativo n. 91 del 31 maggio 2011 e con il decreto legislativo n. 118 del 23 giugno 2011

Con riferimento alla presentazione, nel quadro dei processi di bilancio annuali, di tutte le gestioni dell'amministrazione pubblica fuori bilancio, si ricorda che la legge di contabilità nazionale reca, all’articolo 40, una delega al Governo, da attuare entro il 1° gennaio 2013, ai fini del completamento della riforma del bilancio dello Stato in senso funzionale, secondo i caratteri di certezza, di trasparenza e di flessibilità, che prevede, tra i principi e criteri di delega, la progressiva eliminazione delle gestioni contabili operanti a valere su contabilità speciali o conti correnti di tesoreria, i cui fondi siano stati comunque costituiti mediante il versamento di somme originariamente iscritte in stanziamenti di spesa del bilancio dello Stato (ad eccezione della gestione relativa alla Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché delle gestioni fuori bilancio istituite ai sensi della legge 25 novembre 1971, n. 1041, ovvero autorizzate per legge). Con riferimento alle gestioni fuori bilancio che resteranno attive, si prevede in ogni caso l’obbligo di rendicontazione annuale delle risorse acquisite e delle spese effettuate secondo schemi classificatori armonizzati con quelli del bilancio dello Stato. Tali schemi devono presentarsi altresì aggregabili a quelli del bilancio con un livello di dettaglio sufficientemente elevato.

 

Per ciò che riguarda informazioni dettagliate circa l'impatto sulle entrate del minor gettito dovuto alle detrazioni fiscali, si ricorda quanto già accennato relativamente al Dipartimento delle finanze presso il Ministero dell’economia, i cui compiti di monitoraggio degli effetti finanziari delle misure adottate in materia tributaria su traducono in un apposito allegato alle relazioni sull’andamento dei conti di cassa previste dalla legge di contabilità (articolo 14, comma 5).

Si ricorda inoltre, che la medesima la legge di contabilità prevede che la Nota integrativa dello stato di previsione dell’entrata del bilancio dello Stato indichi gli effetti connessi alle disposizioni normative vigenti, con separata indicazione di quelle introdotte nell'esercizio, recanti esenzioni o riduzioni del prelievo obbligatorio, con specificazione della natura delle agevolazioni, dei soggetti e delle categorie dei beneficiari e degli obiettivi perseguiti (articolo 21, comma 11, lettera a)).

 

Per quel che concerne, infine, le informazioni sulle partecipazioni dell'amministrazione pubblica al capitale di imprese private e pubbliche, si ricorda che – relativamente alle partecipazioni statali - la Parte seconda del Rendiconto generale dello Stato, relativa al Conto generale del patrimonio, contiene una apposita Appendice contenente “schede informative sulla gestione di società azionarie partecipate da amministrazioni statali”.

Mentre, per ciò che riguarda le società a partecipazione di altri enti pubblici, compresi quelli territoriali, si ricorda che una norma di carattere generale è stata recentemente introdotta dall’articolo 8 del D.L. n. 98/2011[26], il quale prevede che – entro il 6 ottobre 2011 - tutti gli enti e gli organismi pubblici provvedano ad inserire sul proprio sito istituzionale curandone altresì il periodico aggiornamento, l'elenco delle società di cui detengono, direttamente o indirettamente, quote di partecipazione anche minoritaria indicandone l'entità e sono altresì tenuti ad indicare se, nell'ultimo triennio dalla pubblicazione, le singole società hanno raggiunto il pareggio di bilancio[27].

Infine, si ricorda che sia il D.L.gs. n. 91/2011 (articolo 18), di attuazione della delega sull’armonizzazione dei bilanci contenuta nella legge di contabilità, sia il D.Lgs. n. 118/2011 (articolo 11), di attuazione della delega per l’armonizzazione contabile dei bilanci delle regioni e degli enti locali, prevedono la predisposizione da parte delle amministrazioni pubbliche di un bilancio consolidato delle amministrazioni pubbliche con le proprie aziende, società partecipate ed altri organismi controllati.

 

 

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea

La materia disciplinata dalla direttiva in oggetto costituisce oggetto di ulteriore intervento legislativo dell’UE prospettato dalla proposta di regolamento recante disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei progetti di bilancio e per assicurare la correzione dei disavanzi eccessivi degli Stati membri nell’eurozona (COM(2011)821).

In base agli articoli 3 e 4 della proposta, gli Stati dell’eurozona dovrebbero:

•      pubblicare annualmente i propri programmi di bilancio a medio-termine, basati su previsioni macroeconomiche fornite da un organismo indipendente;

•      presentare entro il 15 ottobre di ogni anno il progetto di bilancio per l’anno successivo, contenente le seguenti informazioni:

       gli obiettivi di debito pubblico in percentuale del PIL;

       le proiezioni, a politiche invariate, per le uscite e le entrate, in percentuale del PIL, del bilancio pubblico;

       gli obiettivi in materia di spese e di entrate, in percentuale del Pil, del bilancio pubblico;

       una descrizione dettagliata delle misure da assumere nella legge di bilancio per l’anno successivo al fine di eliminare l’eventuale discrepanza tra gli obiettivi di cui alla lettera c) e le proiezioni di cui alla lettera b);

       le ipotesi principali, basate su previsioni macroeconomiche indipendenti, relative agli sviluppi e alle variabili economiche che possono incidere sul conseguimento degli obiettivi di bilancio.

Lo Stato soggetto a procedura per disavanzo eccessivo dovrebbe fornire ulteriori indicazioni sul modo in cui intende adempiere alle raccomandazioni ad esso rivolte dal Consiglio per correggere la situazione di disavanzo.

•      approvare la legge di bilancio annuale non più tardi del 31 dicembre di ogni anno;

•      istituire un ente di controllo del bilancio indipendente per il monitoraggio degli andamenti di bilancio.

In base agli artt. 5 e 6 della proposta, la Commissione, qualora ritenesse il progetto di bilancio di uno Stato membro non conforme agli obblighi imposti dal Patto di stabilità e crescita, potrebbe chiedere, entro due settimane dalla ricezione del progetto in questione, la presentazione di un progetto di bilancio rivisto.

Al termine dell’esame del progetto di bilancio, al più tardi entro il 30 novembre di ogni anno, la Commissione adotterebbe, se necessario, un parere sul progetto stesso, da sottoporre alla valutazione dell’Eurogruppo.

 

La proposta segue la procedura legislativa ordinaria (già procedura di codecisione). Il Consiglio ECOFIN, nella riunione del 21 febbraio 2012, ha approvato un orientamento generale sulla proposta. L’esame da parte del Parlamento europeo è atteso per la sessione del 12 giugno 2012.

E’ opportuno segnalare che il nuovo trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell’unione economica e monetaria (c.d. fiscal compact), all’art. 3 impegna le Parti contraenti ad applicare e ad introdurre, entro un anno dall’entrata in vigore del trattato, con norme vincolanti e a carattere permanente, preferibilmente di tipo costituzionale, o di altro tipo purché  ne garantiscano l’osservanza nella procedura di bilancio nazionale, il principio che il bilancio dello Stato sia in pareggio o in attivo.

 


Allegato B

 


Direttiva 2011/24/UE
(Applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza
sanitaria transfrontaliera)

 

 

La Direttiva 2011/24/UE disciplina i diritti dei pazienti riguardo all’assistenza sanitaria transfrontaliera e il rimborso delle spese sostenute, al fine di garantire la libertà di scelta del paziente sul prestatore di assistenza sanitaria in Europa, sia per l’assistenza di base che per le cure ospedaliere. Il termine per il recepimento è il 25 ottobre 2013.

 

 

Oggetto e Obiettivo (Capo I, artt. 1 e 2)

 

Le norme in esame sono volte a garantire il diritto alla salute del paziente, rispetto alle cure sanitarie prestate in Paesi membri dell’Unione Europea diversi da quello di residenza del paziente, attraverso l'accesso ad un'assistenza sanitaria transfrontaliera sicura e di qualità[28], con esclusione dei seguenti servizi:

a)    assistenza alle persone non autosufficienti (servizi di long term care);

b)    assegnazione e accesso ai trapianti d'organo;

c)    programmi pubblici di vaccinazione contro le malattie contagiose.

 

L’applicazione della disciplina contenuta nella direttiva in esame non deve recare pregiudizio ad altre disposizioni dell'Unione (in particolare relative ai medicinali, ai dispositivi medici, alle sperimentazioni cliniche, ai tessuti e alle cellule.

Le cure d’emergenza, mentre si è in viaggio o si soggiorna all’estero, sono disciplinate dalla normativa vigente, che già prevede la prestazione di assistenza sanitaria attraverso la tessera sanitaria di Assicurazione malattia (TEAM)[29], sulla base di accordo tra i sistemi sanitari nazionali dei 27 paesi dell’Unione.

Principali definizioni (Capo I, art. 3)

 

In tale ambito rilevano:

-              l’assistenza sanitaria prestata, cheriguarda i servizi di professionisti sanitari concernenti lo stato di salute dei pazienti, compresa la prescrizione, la somministrazione e la fornitura di medicinali e dispositivi medici;

-              la persona assicurata, per cui si intendono i cittadini di uno Stato membro, gli apolidi e i rifugiati residenti in uno Stato membro che sono o sono stati soggetti alla legislazione di uno o più Stati membri, nonché ai loro familiari e superstiti[30], inclusi i cittadini di paesi terzi legalmente residenti[31];

-              lo Stato membro di affiliazione, quale Stato membro competente a concedere alla persona assicurata un'autorizzazione preventiva a ricevere cure adeguate al di fuori dello Stato membro di residenza;

-              lo Stato membro di cura, qualeStato membro nel cui territorio viene effettivamente prestata al paziente l'assistenza sanitaria;

-              il professionista sanitario, che èil medico, l'infermiere responsabile dell'assistenza generale, l'odontoiatra, l'ostetrica o il farmacista[32] o altro professionista del settore dell'assistenza sanitaria, o una persona considerata professionista sanitario conformemente alla legislazione dello Stato membro di cura.

 

 

Punti di contatto nazionali (Capo II, art. 6)

 

Ogni Stato membro ha l’obbligo di istituire Punti di contatto nazionali, al fine di informare i pazienti dei loro diritti in materia di assistenza sanitaria transfrontaliera e sui prestatori di assistenza sanitaria dello Stato membro di cura. In particolare, i punti di contatto nazionali dello Stato membro di cura forniscono le informazioni relative ai prestatori di assistenza sanitaria, ivi comprese, su richiesta, le informazioni sul diritto di un prestatore specifico di prestare servizi o su ogni restrizione al suo esercizio, nonché le informazioni sui diritti dei pazienti, sulle procedure di denuncia e sui meccanismi di tutela, conformemente alla legislazione di detto Stato membro, come pure sulle possibilità giuridiche ed amministrative disponibili per risolvere le controversie, anche in caso di danni derivanti dall'assistenza sanitaria transfrontaliera.

 

Obblighi e Continuità delle cure(Capo II, artt. 4 e 5)

 

Lo Stato membro di cura ha l’obbligo di prestare l’assistenza sanitaria transfrontaliera conformemente:

a)        alla propria legislazione in vigore;

b)        ai propri standard e orientamenti di qualità e sicurezza;

c)        alla normativa dell'Unione in materia di standard di sicurezza.

Nell’ambito delle informazioni sulle prestazioni erogate, qualità e sicurezza dei trattamenti, prestatori sanitari, costi e modalità di fatturazione, che, su richiesta, sono fornite al Punto di contatto nazionale, lo Stato membro di cura, al fine di garantire la continuità della cura devono fornire ai pazienti che hanno ricevuto un trattamento, una cartella clinica, scritta o elettronica.

Le cure devono essere prestate senza alcuna discriminazione tra pazienti, con la possibilità di limitare l’accesso all’assistenza sanitaria solo nel caso di motivo imperante di interesse generale.

Lo Stato membro di affiliazione ha l’obbligo di rimborso dei costi dell'assistenza sanitaria transfrontaliera e di garantire le informazioni sui diritti del paziente a ricevere le cure presso altro Stato membro.

Al fine di garantire la continuità delle cure, lo Stato membro di affiliazione ha l’obbligo di fornire il proseguo delle cure per un paziente assistito transfrontaliero, come se tale assistenza sanitaria fosse stata prestata sul suo territorio.

 

 

Rimborsi e Autorizzazioni (Capo III, artt. 7,8 e 9)

 

Lo Stato membro di affiliazione rimborsa o paga direttamente le prestazioni di assistenza transfrontaliera, se comprese tra le prestazioni assicurate dalla propria legislazione, fino al corrispondente costo della prestazione erogata nello Stato membro di affiliazione, e senza superare l’ammontare effettivo dell'assistenza sanitaria ricevuta, con facoltà di rimborsare l’intero costo della prestazione ricevuta.

Gli Stati membri possono, inoltre:

-       offrire ai pazienti un notifica preventiva dei costi, con l'indicazione dell'importo che sarà corrisposto sulla base di una stima;

-       applicare meccanismi di compensazione finanziaria tra le istituzioni competenti.

Quando uno Stato membro di affiliazione non applica i due suddetti meccanismi, deve garantire che i pazienti ricevano il rimborso senza indebito ritardo.

Lo Stato membro di affiliazione può limitare l'applicazione delle norme sul rimborso dell'assistenza sanitaria transfrontaliera per motivi imperativi di interesse generale.

 

L’assistenza sanitaria è autorizzata preventivamente solo nei seguenti casi:

-    il ricovero del paziente per almeno una notte;

-    l’utilizzo di un'infrastruttura sanitaria o di apparecchiature mediche altamente specializzate e costose;

-    in casi gravi e specifici correlati alla qualità o alla sicurezza dell'assistenza prestata all’estero.

Gli Stati membri comunicano alla Commissione una lista di prestazioni che prevedono un’autorizzazione preventiva, la quale autorizzazione può essere rifiutata per motivi di sicurezza del paziente.

Il rifiuto all’autorizzazione preventiva non può essere opposto da uno Stato membro, se la prestazione non viene resa sul suo territorio entro un termine giustificabile dal punto di vista clinico.

Lo Stato membro di affiliazione mette a disposizione del pubblico le informazioni sull'assistenza sanitaria soggetta ad autorizzazione preventiva ai fini della presente direttiva nonché tutte le informazioni pertinenti sul sistema di autorizzazione preventiva.

 

Le richieste di assistenza sanitaria transfrontaliera devono essere trattate in un tempo definito, pubblicato anticipatamente, tenendo conto:

a) dello stato di salute specifico;

b) dell'urgenza del caso e delle singole circostanze.

 

Le comunicazioni al paziente riguardantile decisioni assunte dalla Stato membro di affiliazione sulla richiesta di autorizzazione preventiva e di rimborso devono essere motivate epossono essere impugnate, con ricorso giurisdizionale del paziente.

 

 

Mutua assistenza e cooperazione (Capo IV, art. 10)

 

Gli Stati membri assicurano mutua assistenza e cooperazione in merito a standard e orientamenti di qualità e sicurezza e lo scambio di informazioni, soprattutto tra i loro punti di contatto nazionali, nonché in merito alle disposizioni sulla vigilanza e la mutua assistenza per chiarire il contenuto delle fatture. In particolare, gli Stati membri, in particolare i paesi confinanti, sono incoraggiati a concludere accordi tra loro.

 

 

 

Prescrizioni farmacologiche (Capo IV, art. 11)

 

Il riconoscimento della prescrizione di un medicinale e la dispensazione inuno Stato membro, se prescritto in un altro Stato membro, sono consentite conformemente alla legislazione nazionale in vigore, e se il farmaco è autorizzato nel proprio territorio, tranne i casi riguardanti la tutela della salute umana e in merito a dubbi sulla singola prescrizione.

E’ garantito il mutuo riconoscimento tra Stati del diritto di rifiuto etico del farmacista nella dispensazione di un medicinale prescritto in un altro Stato membro.

 

Al fine di garantire la continuità delle cure, loStato membro di affiliazione adotta tutte le misure per il riconoscimento della prescrizione e per la dispensazione del farmaco. In particolare, la Commissione adotta un atto sul mutuo riconoscimento tra Stati delle prescrizioni farmacologiche, non oltre il 25 dicembre 2012, mentre, per l’identificazione dei medicinali o dei dispositivi medici e la loro sostituibilità, l’atto sarà adottato non oltre il 25 ottobre 2012.

La Commissione dovrà adottare inoltre una lista di farmaci e di dispositivi medici esclusi dal riconoscimento della prescrizione.

 

 

Reti di riferimento europee (Capo IV, artt. 12. 13, 14 e 15)

 

E’ incentivato lo sviluppo di reti di riferimento europee tra prestatori di assistenza sanitaria e centri di eccellenza negli Stati membri, su base volontaria, in particolare, nel settore delle malattie rare, secondo criteri e condizioni stabilite dalla Commissione.

La cooperazione europea per la diagnosi e la cura della malattie rare deve basarsi sui dati Orphanet[33] e sulle reti di riferimento europee, anche al fine di agevolare il trasferimento dei pazienti con malattie rare in altri Stati membri, per diagnosi e cure che non sono disponibili nello Stato membro di affiliazione.

L'assistenza sanitaria online deve essere sviluppata tra i Paesi membri, volontariamente, per rafforzare la continuità delle cure e garantire l'accesso ad un'assistenza sanitaria sicura e di elevata qualità per i pazienti. In particolare la rete adotta linee guida al fine elaborare una base di dati da inserire nelle carte cliniche, nonché per l’identificazione elettronica del paziente e degli operatori sanitari.

La cooperazione nella valutazione delle tecnologie sanitarie prevede l’istituzione di una rete di enti e autorità, notificati alla Commissione, fondata sui principi di buona governance (trasparenza, obiettività, indipendenza delle perizie).

Deleghe e Relazioni (Capo V, artt. 16,17,18, 19 e 20)

 

Per cinque anni, a decorrere dal 24 aprile 2011, la Commissione adotta atti delegati, assistita da un Comitato composto dai rappresentanti degli Stati membri e presieduto da un membro della Commissione, e fornisce una relazione, prima della scadenza dei cinque anni.

La delega può essere revocata dal Parlamento europeo o dal Consiglio in qualsiasi momento e nei confronti degli atti delegati è possibile l’opposizione del Parlamento europeo o del Consiglio.

La delega è automaticamente prorogata per periodi di identica durata, tranne in caso di revoca da parte del Parlamento europeo o del Consiglio.

Entro il 25 ottobre 2015, e successivamente ogni tre anni, la Commissione redige una relazione sul funzionamento della direttiva e la presenta al Parlamento europeo e al Consiglio.

 

 

Nel marzo 2009, la XII Commissione, esaminata la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (COM(2008)414 def.)[34]; valutata l'opportunità di recepire le condizioni e alcune delle osservazioni contenute nel parere approvato dalla XIV Commissione, ha ritenuto opportuno soffermare l'attenzione su alcuni profili problematici della proposta di direttiva. In particolare la Commissione XII ha invitato il Governo a:

§      valutare l'impatto economico e finanziario che la proposta di direttiva produrrebbe sui sistemi sanitari nazionali e regionali, sulla loro programmazione e sulle modalità di accesso alle prestazioni;

§      valutare l'esigenza di un potenziamento della disciplina comune europea sul tema degli standard minimi di garanzia delle cure erogate, al fine di omogeneizzare sistemi sanitari tra loro molto diversi in termini di affidabilità delle prestazioni, rendendo cogente il rispetto di tale disciplina comune attraverso l'introduzione di specifiche sanzioni;

§      ponderare il problema dei meccanismi di rimborso delle prestazioni tra i diversi Stati membri, al fine di evitare che la libera circolazione dei pazienti determini un ampio contenzioso tra i diversi paesi sull'entità dei rimborsi e la tempestività dei relativi pagamenti;

Tale aspetto sembra essere risolto dalla direttiva emanata poiché viene introdotta la previsione che il diritto al rimborso delle spese sanitarie deve seguire la legislazione dello Stato membro di affiliazione del cittadino-paziente che intende recarsi all’estero. Il fatto che l’obbligo di rimborso dell’assistenza sanitaria transfrontaliera si limiti all’assistenza sanitaria figurante tra le prestazioni cui il paziente ha diritto nel proprio Stato membro di affiliazione non impedisce però agli Stati membri di rimborsare il costo dell’assistenza sanitaria transfrontaliera al di là di tali limiti. Gli Stati membri infatti possono rimborsare spese supplementari, come le spese di alloggio e di viaggio o le spese supplementari sostenute dalle persone con disabilità, anche se tali spese non sono rimborsate in caso di assistenza sanitaria prestata sul loro territorio

§      istituire un organismo di garanzia a livello comunitario atto a monitorare l'andamento delle cure transfrontaliere e a regolare in chiave arbitrale controversie relative ai ricorsi;

§      introdurre, anche per le cure non ospedaliere, una clausola di garanzia analoga a quella prevista dall'articolo 8, comma 3, lettera b), atta a consentire a uno Stato membro la limitazione della mobilità in entrata qualora la domanda di assistenza rivolta nei confronti dei propri fornitori rischi di compromettere il rispetto degli obiettivi programmatici nazionali in tema di razionalizzazione del settore ospedaliero e rispetto dei tempi medi di attesa;

Rispetto alla proposta di direttiva, la direttiva sembra introdurre, per quanto riguarda l’autorizzazione preventiva per fruire delle cure sanitarie all’estero, una clausola di garanzia. Infatti, il combinato disposto degli artt. 7 e 8 richiama la necessità dell’autorizzazione preventiva (ovvero il suo diniego), da stabilirsi da parte di ciascun Stato membro, non solo per le cure ospedaliere (principio che come ribadito in precedenza era già presente nella versione approvata nel mese di aprile 2009), ma altresì:

a) a fronte di motivi imperativi di interesse generale, quali i requisiti di programmazione finalizzati a garantire l’accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure di elevata qualità nello stato membro interessato o al desiderio di controllare i costi ed evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane;

b) in base ad una valutazione clinica;

c) alla presunta esposizione del cittadino-paziente a situazioni di pericolo per la propria salute;

d) in base alla possibilità che il sistema sanitario di affiliazione riesca a dare risposta alle istanze di cure sanitarie dei cittadini di quel Paese membro entro un ragionevole periodo di tempo.

§      il riconoscimento delle prescrizioni rilasciate in un altro Stato membro per l'utilizzazione di medicinali sul proprio territorio, di cui all'articolo 14 della proposta di direttiva, non incida negativamente sulle misure nazionali e regionali relative all'uso e alla rimborsabilità dei farmaci;

§      valutare, al fine di evitare che il flusso di pazienti in uscita determinato dall'attuazione della direttiva comprometta l'equilibrio finanziario del sistema sanitario nazionale e regionale o la programmazione del servizio ospedaliero, l'ipotesi, prospettata negli emendamenti del Parlamento europeo, di offrire ai pazienti un sistema volontario di autorizzazione preventiva, grazie al quale, a fronte di tale autorizzazione, il paziente riceva un buono con l'indicazione dell'importo massimo rimborsabile;

Tale condizione sembra soddisfatta dal modificato comma 5 dell’articolo 9 della direttiva:

5. La presente direttiva non pregiudica il diritto degli Stati membri di offrire ai pazienti un sistema volontario di notifica preventiva grazie al quale, a fronte di tale notifica, il paziente riceve una conferma scritta con l’indicazione dell’importo che sarà corrisposto sulla base di una stima. Tale stima tiene conto del caso clinico del paziente, specificando le procedure mediche di probabile applicazione.

§      il termine di recepimento della direttiva sia sufficiente a consentire agli Stati membri e alle regioni di adeguarsi ai significativi oneri di organizzazione e regolamentazione che deriverebbero dall'attuazione della direttiva stessa, con particolare riferimento alle procedure e ai modelli organizzativi e informativi previsti dagli articoli 6, 8, 9, 10 e 11 della proposta di direttiva;

Il termine di recepimento originariamente previsto era di un anno, successivamente nel testo della direttiva è stato portato a due anni.

§      valutare il riparto di competenza che, nell'ordinamento giuridico italiano, ai sensi dell'articolo 117, comma 3, della Costituzione, attribuisce anche alle Regioni determinate potestà in materia di tutela della salute;

§      prevedere strumenti d'informazione idonei rivolti tanto ai medici quanto ai pazienti sulla disciplina delle cure sanitarie transfrontaliere;

§      prevedere misure volte a garantire l'effettiva circolazione dei professionisti della sanità.

 

 

 

L’assistenza sanitaria transfrontaliera: la normativa vigente

 

In applicazione dei regolamenti comunitari n. 1408/71(CE)[35] e n. 574/72 (CE)[36], e successive modificazioni, e di quanto disposto dalle singole convenzioni (derivanti dagli accordi bilaterali conclusi, di volta in volta, con Stati extra UE[37]), gli assistiti che si spostano in Europa e negli Stati in convenzione, per motivi vari (turismo, studio, lavoro, pensionati che trasferiscono la residenza), per poter godere dell’assistenza sanitaria a carico dello Servizio sanitario nazionale, devono presentare alle istituzioni competenti degli Stati esteri alcuni formulari che attestano il diritto alle prestazioni sanitarie[38].

In seguito alla presentazione della documentazione citata vengono quindi erogate le prestazioni sanitarie e, successivamente, gli Organismi di collegamento degli Stati UE[39] inviano le relative fatture al Ministero della salute, - quale organismo di collegamento nel nostro Paese -, chiedendone il rimborso.

Il Ministero, a sua volta, per conto delle Regioni e delle ASL di rispettiva appartenenza, chiede agli Stati esteri il rimborso dei crediti relativi all’assistenza fornita a cittadini stranieri in Italia.

Debiti e crediti vengono imputati alle ASL competenti e, in sede di assegnazione della quota di Fondo sanitario nazionale alle regioni, si tiene conto della compensazione debiti-crediti.


In linea generale, al fine di poter usufruire dell’assistenza sanitaria, è necessario che l’assistito presenti, alla struttura sanitaria o all’istituzione competente, un formulario che attesti il suo diritto a godere delle prestazioni sanitarie.

Tale attestato viene rilasciato dall’istituzione del luogo ove l’assistito è assicurato, in Italia dalla ASL di residenza.

L’attestato permette al suo titolare di ricevere le prestazioni sanitarie in forma diretta alle stesse condizioni dei cittadini dello Stato ospitante, e nulla è dovuto se non l’eventuale partecipazione alle spese. Inoltre, a seconda dell’attestato e quindi della situazione protetta, o a secondo di quanto previsto dalla singola convenzione, si ha una copertura sanitaria completa o limitata a determinate prestazioni.

A titolo di esempio:

  un’assistenza sanitaria completa viene assicurata dal modello E106 (o dal modello equivalente previsto da una convenzione) al lavoratore distaccato (ed ai familiari che risiedono con lui), dal modello E121 (o dal modello equivalente previsto da una convenzione) ai pensionati che trasferiscono la residenza in un altro Paese e ai propri familiari (residenti nello stesso paese o in uno diverso);

  un’assistenza per cure programmate viene assicurata dal modello E112 (o dal modello equivalente previsto da una convenzione) per i cittadini che si recano, appositamente per cure sanitarie, in un altro Stato membro.

Un diritto di accesso diretto alle cure sanitarie che si rendono necessarie “nel territorio di un altro Stato membro, tenuto conto della natura delle prestazioni e della durata prevista della dimora” viene assicurato dalla Tessera Europea di Assicurazione Malattia, o dal suo certificato sostitutivo provvisorio, in caso di temporaneo soggiorno per motivi di turismo o per brevi missioni.

 

Un’assistenza limitata alle sole cure urgenti viene assicurata, nei Paesi extra UE, dal modello previsto dalle singole convenzioni in caso di temporaneo soggiorno per motivi diversi dal lavoro.

 

Dal 1° gennaio 2006 ricevere cure sanitarie mentre ci si trova in un Paese europeo diverso dal proprio, per motivi di lavoro, studio o vacanza, è diventato più semplice, grazie all’entrata in vigore della tessera europee di assicurazione malattia (TEAM).

Nata, nelle sue linee principali, nel contesto del Consiglio europeo di Barcellona, la TEAM ha la funzione di garantire a tutte le persone che si trovano a soggiornare temporaneamente in un altro Stato le cure sanitarie medicalmente necessarie alle stesse condizioni che valgono per i cittadini dello Stato stesso. Ha sostituito i moduli precedentemente in vigore (E111, per soggiorni di breve durata, e in particolare turistici, E128, per il distacco dei dipendenti in un altro Paese e per il soggiorno per studi, E110, per il trasporto stradale internazionale ed E119, per la ricerca di un posto di lavoro) ampliando inoltre l’assistenza garantita, che comprende non più solo le cure urgenti ma in generale le cure necessarie, in assenza delle quali sarebbe necessario interrompere il proprio soggiorno.

La presentazione della TEAM garantisce ai pazienti di ricevere le cure necessarie, alle stesse condizioni dei residenti, ovvero gratuitamente oppure a pagamento, nel qual caso il rimborso potrà avvenire immediatamente oppure al rientro a casa. Se è previsto il pagamento di un ticket, questo resta a carico del paziente, mentre il rimborso della prestazione avviene in base alle tariffe dello Stato in cui si riceve l’assistenza medica.

La TEAM non serve per richiedere cure mediche in uno Stato diverso dal proprio, per le quali resta necessario utilizzare modulo E112. Per quel che riguarda le malattie croniche, può essere utilizzata, se il trattamento non richiede assistenza o l'utilizzo di attrezzare specialistiche, mentre qualora ciò sia necessario, ad esempio nel caso di persone che devono sottoporsi a dialisi, è necessario programmarsi anticipatamente attraverso la richiesta preventiva di autorizzazione a tali trattamenti, che deve essere compilata dal malato o dal suo medico e inviata alla struttura estera alla quale si richiede l’assistenza per il periodo di permanenza temporanea.

La TEAM è in vigore non solo negli Stati membri dell’UE, ma anche in Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera.

 


Direttiva 2011/51/UE
(Modifica della direttiva 2003/109/CE del Consiglio per estenderne l'ambito di applicazione ai beneficiari di protezione internazionale)

 

 

La direttiva 2011/51/UE è volta a estendere il diritto all’ottenimento del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, ai titolari di protezione internazionale, attraverso la modifica della direttiva 2003/109/CE. Il provvedimento sancisce, così, l’opportunità che i beneficiari di protezione internazionale possano ottenere lo status di soggiornante di lungo periodo nello Stato membro che ha concesso loro la protezione internazionale alle stesse condizioni applicabili agli altri cittadini di Paesi terzi.

L’articolo 2 prescrive agli Stati membri di conformarsi alla presente direttiva entro il 20 maggio 2013.

 

Si ricorda preliminarmente che con il termine “protezione internazionale” si fa riferimento ai soggetti rientranti nella fattispecie oggetto della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, vale a dire i cittadini dei Paesi terzi e gli apolidi in possesso della qualifica di rifugiato o che comunque, per diverse ragioni, necessitano di protezione internazionale in uno degli Stati membri dell’Unione. Sulla materia la successiva direttiva 2011/95/CE (che ha abrogato, a decorrere dal 21 dicembre 2013, la direttiva 2004/83/CE) ha definito la “protezione internazionale” lo status di rifugiato o lo status di “protezione sussidiaria”.

 

 

Il tema dell’immigrazione è da tempo una questione centrale per l’Unione europea soprattutto a partire dal 1999, quando il Consiglio europeo di Tampere ha stabilito che l’Unione elaborasse una politica comune in materia di asilo e immigrazione. Da allora le azioni comunitarie si sono indirizzate su quattro direttrici:

§       partenariato con i Paesi d’origine dei flussi migratori;

§       regime europeo comune in materia di asilo;

§       gestione efficace dei flussi migratori;

§       equo trattamento dei cittadini dei Paesi terzi.

E proprio nell’ambito dell’attuazione di quest’ultimo punto ha avuto origine la direttiva 2003/109/CE, proposta dalla Commissione il 13 marzo 2001. Tra gli altri provvedimenti comunitari in vigore nel settore dell’immigrazione si ricordano quelli in materia di:

§       -riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento;

§       definizione di favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali;

§       protezione temporanea in caso di afflusso massiccio di sfollati;

§       accoglienza dei richiedenti asilo;

§       parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica.

Il Consiglio europeo di Salonicco (19-20 giugno 2003) ha proseguito nel processo di elaborazione di una politica comune in materia adottando alcune importanti decisioni, tra le quali:

§       l’istituzione di una agenzia per la cooperazione nella gestione e controllo comune delle frontiere esterne, anche marittime, dell’Unione;

§       l’adozione di un sistema di visti comuni;

§       l’armonizzazione dei passaporti europei che dovrebbero trasformarsi in futuro in passaporti elettronici contenenti i dati biometrici del portatore;

§       l’istituzione di una politica comune in materia di asilo e di rimpatrio dei clandestini;

§       il rafforzamento del partenariato con i Paesi terzi;

§       il finanziamento di 140 milioni di euro nel periodo 2004-2006 da destinare alla gestione delle frontiere esterne, allo sviluppo del sistema dei visti e al programma di azione sul rimpatrio.

 

Come detto, la direttiva 2011/51/UE modifica la direttiva 2003/109/CE, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo, estendendone l'applicazione ai beneficiari di protezione internazionale.

 

La direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, (cd. direttiva qualifiche) stabilisce le condizioni che i cittadini dei Paesi terzi e gli apolidi devono soddisfare affinché sia attribuita loro la qualifica di rifugiato o di persona che, per diverse ragioni, necessita di protezione internazionale definendo il contenuto della protezione da accordare a tali persone. La direttiva si applica ad ogni domanda presentata alla frontiera così come sul territorio di un paese dell’UE che resta tuttavia libero di adottare o di mantenere in vigore disposizioni più favorevoli.

In Italia la suddetta direttiva è stata attuata con il D.Lgs. 19 novembre 2007, n. 251 (Attuazione della direttiva 2004/83/CE recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica del rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta). In base a tale normativa qualsiasi cittadino di un Paese terzo o apolide che si trovi fuori dal suo paese di origine e che non voglia o non possa farvi ritorno perché teme di essere perseguitato, può, dunque, chiedere lo status di rifugiato. I richiedenti che non soddisfano le condizioni necessarie perché venga riconosciuto loro tale condizione possono chiedere una protezione sussidiaria; la protezione "dello Stato" può essere assicurata anche da partiti o organizzazioni, ivi comprese le organizzazioni internazionali, che controllano una regione o una superficie importante del territorio dello Stato.

Sotto il profilo procedurale, dopo aver accertato la fondatezza dei timori del richiedente di essere perseguitato o di subire altri danni gravi e ingiustificati, i Paesi dell’UE possono verificare se tale timore sia chiaramente circoscritto ad una zona definita del territorio del paese d'origine e se il richiedente possa eventualmente essere trasferito in un'altra parte del Paese dove non avrebbe ragione di nutrire tali timori. Rientrano nel termine "persecuzione" determinati atti, che per loro natura o frequenza, rappresentano una violazione grave dei diritti umani fondamentali, e sono perpetrati per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale.

Si prevede, inoltre, che i rifugiati potranno in alcuni casi perdere il loro status (ad esempio in caso di acquisizione di nuova cittadinanza, di rimpatrio volontario nel Paese d'origine o se le condizioni nel Paese di origine sono venute meno o mutate in una misura tale che la protezione non è più necessaria). In ogni caso, spetta al Paese dell’UE provare che il rifugiato non soddisfa più le condizioni necessarie per beneficiare della protezione internazionale.

Lo status di rifugiato e quello definito dalla protezione sussidiaria potranno, comunque, essere negati agli individui ritenuti colpevoli di:

·       un crimine di guerra, contro l'umanità o contro la pace;

·       un reato grave di diritto comune;

·       atti contrari ai principi delle Nazioni Unite (ONU).

Tuttavia, i Paesi dell’UE dovranno valutare i casi su base individuale e garantire al richiedente la possibilità di impugnare una decisione che lo escluda dalla protezione internazionale.

È, altresì, consentito ai Paesi dell’UE di riconoscere lo status di protezione sussidiaria ai richiedenti di protezione internazionale che si trovano al di fuori del loro paese di origine e non possono farvi ritorno a causa del rischio effettivo di subire un grave danno (ad esempio: la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante; la condanna a morte o all'esecuzione; la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale). La protezione sussidiaria potrà cessare se le condizioni nel Paese di origine cessano di esistere o evolvono in misura tale che la protezione non sia più necessaria.

Si segnala, in conclusione, la recente approvazione della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011 recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta, che oltre a ribadire i principi che ispiravano la direttiva 2004/83/CE, intende realizzare un maggiore ravvicinamento delle norme relative al riconoscimento e agli elementi essenziali della protezione internazionale anche in considerazione della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte di Giustizia dell'Unione europea.

 

Le modifiche recate dal provvedimento in esame sono, per l'appunto, dovute al fatto che la direttiva 2003/109 escludeva espressamente dal suo ambito di applicazione i cittadini stranieri richiedenti o titolari dello status di protezione sussidiaria o status di rifugiato.

 

Si ricorda che l’Unione europea assegna uno status europeo ai cittadini di Paesi terzi residenti legalmente e ininterrottamente per un periodo di cinque anni sul territorio di un Paese dell’UE. La direttiva 2003/109/CE disciplina lo status dei cittadini provenenti da Paesi terzi che soggiornano da lungo periodo nell’Unione europea, stabilendo alcune norme relative alle condizioni e alle procedure per il riconoscimento giuridico di tale status, e ai diritti ad esso connessi. Le condizioni per l’ottenimento del riconoscimento dello status sono:

-        5 anni di soggiorno legale ed ininterrotto;

-        disponibilità di un reddito sufficiente e di una assicurazione contro le malattie;

-        comportamento tale da non costituire una minaccia per l’ordine pubblico e la sicurezza interna.

Le procedure per l’esame della domanda volta a conseguire lo status di soggiornante di lungo periodo devono essere improntate all’efficacia, alla trasparenza e all’equità. Esse si concludono con il rilascio di un documento (permesso di soggiorno) attestante lo status. Allo status di residente di lungo periodo sono collegati una serie di diritti (cfr. art. 9, comma 11 del T.U. immigrazione) quali:

-        la parità di trattamento con i cittadini dello Stato membro in un ampia gamma di settori economici e sociali, tra cui l’assistenza sociale, almeno per quanto riguarda le prestazioni essenziali;

-        l’accesso al sistema educativo;

-        una tutela rafforzata contro l’espulsione che preveda l’accesso effettivo agli organi giurisdizionali;

-        il diritto di soggiorno in altri Stati membri;

-        il diritto all’unità familiare.

In Italia la direttiva 2003/109/CE, di cui all’Allegato B della L. 18 aprile 2005, n. 62 (Legge comunitaria 2004), è stata attuata dal D.Lgs. 8 gennaio 2007, n. 3 (Attuazione della direttiva 2003/109/CE relativa allo status di cittadini di Paesi terzi soggiornanti di lungo periodo), che ha modificato il suddetto art. 9 del D.Lgs. n. 286/1998 (T.U. immigrazione) concernente le norme per il rilascio della carta di soggiorno[40].

L’art. 9 del Testo unico in materia di immigrazione[41] prevede come requisiti per il rilascio del permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo:

§       il possesso da almeno cinque anni di un permesso di soggiorno in corso di validità;

§       un reddito minimo non inferiore all’assegno sociale annuo.

Il permesso di soggiorno può essere richiesto dallo straniero, oltre che per sé, per i familiari dei quali lo straniero può chiedere il ricongiungimento in base ai più elevati requisiti di reddito fissati, ai fini del ricongiungimento, dal comma 3, lett. b), dell’art. 29 del T.U. nonché in presenza del requisito della disponibilità di un alloggio.

Il permesso di soggiorno che, non diversamente dalla carta di soggiorno, è a tempo indeterminato, è rilasciato entro 90 giorni dalla data della richiesta.

L’art. 9 individua, poi, le ipotesi in cui il permesso di soggiorno non può essere richiesto (permanenza del personale diplomatico, titolarità di permessi soggiorno per motivi di carattere temporaneo, soggiorno per motivi di carattere umanitario, soggiorno dei rifugiati e dei richiedenti asilo, soggiorno per motivi di studio o di formazione professionale). Viene, inoltre, escluso il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo agli stranieri pericolosi per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. La disposizione precisa (e delimita) anche le ipotesi in cui è possibile disporre l’espulsione dello straniero titolare di permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo, per motivi in ogni caso attinenti alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza.

Tali previsioni, introdotte per adeguarsi alla normativa comunitaria, innovano fortemente la disciplina oggi vigente, introducendo un elemento di valutazione discrezionale, finora assente, dato che sia nel caso di espulsione che di diniego del rilascio, gli organi competenti sono tenuti a prendere in considerazione ulteriori elementi descritti ex lege.

Si prescrive, infine, che lo straniero espulso da altro Stato membro e titolare di permesso di soggiorno CE per i soggiornanti di lungo periodo può essere riammesso sul territorio nazionale, se non costituisce un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato.

L’art. 9-bis del T.U., introdotto dall’art. 1, co. 1, lett. b), del D.Lgs. 3/2007, elenca poi i casi e le modalità con cui uno straniero in possesso di permesso di soggiorno di lungo periodo rilasciato da un altro Stato membro può essere ammesso a soggiornare in Italia.

È utile ricordare che le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione extracomunitaria in Italia, fissate dalla L. 40/1998[42] (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel citato Testo unico sull’immigrazione, che costituisce attualmente il punto di riferimento normativo nel settore. Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione: il diritto dell’immigrazionein senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole; e il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre: la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione); la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione). La disciplina giuridica dell’immigrazione è stata oggetto di modifiche di rilievo ad opera della L. 189/2002[43] (cosiddetta legge “Bossi – Fini”); quest’ultima, mantenendo sostanzialmente inalterato nel complesso la struttura generale del testo unico, ne ha modificato la parte relativa alla gestione dell’immigrazione, incidendo in minor misura su quella riguardante i diritti degli immigrati.

In relazione alle disposizioni rese per l'applicazione del decreto legislativo 3/2007 si segnala, altresì, la Circolare 16 febbraio 2007, n. 400/A2007/463/P10.2.2 del Ministero dell’interno con la quale si è precisato che i beneficiari della norma in esame sono cittadini stranieri che hanno acquisito la condizione di soggiornanti di lungo periodo in tutti i paesi membri, ivi compresi, quindi, gli Stati che hanno aderito all'Unione Europea il 1° maggio 2004 e il 1° gennaio 2007.

Di recente si ricorda, inoltre, che la L. 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica) all’art 1, comma 22, lett. i), ha previsto che Il rilascio del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo è subordinato al superamento, da parte del richiedente, di un test di conoscenza della lingua italiana, le cui modalità di svolgimento sono determinate con decreto interministeriale.

Giova, altresì, richiamare l’intervento, in materia, della Corte Costituzionale che, con la sentenza 29 luglio 2008, n. 306, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 80, comma 19, della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (Legge finanziaria 2001), e dell’art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 286/1998  nella parte in cui escludevano che l’indennità di accompagnamento, di cui all’art. 1 della legge 11 febbraio 1980, n. 18, potesse essere attribuita agli stranieri extracomunitari soltanto perché essi non in possesso dei requisiti di reddito già stabiliti per la carta di soggiorno ed ora previsti, per effetto del D.Lgs. n. 3/2007, in ordine al permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo[44].

L’articolo 1 della direttiva modifica, in prima battuta, l’art. 2 della direttiva 2003/109/CE in modo da includere, fra i beneficiari dello status di lungo soggiornante, i titolari di protezione internazionale, rifugiato e protetto sussidiario.

La modifica interviene anche sull'art. 3, sostituendo i paragrafi c) e d) in maniera che rimangono esclusi solo i richiedenti protezione internazionale e le persone autorizzate a rimanere sul territorio di uno Stato Membro sulla base di una protezione diversa dalla protezione internazionale (o che hanno richiesto tale autorizzazione).

L'art. 4 viene, poi, modificato stabilendo che gli Stati membri non conferiscono lo status di soggiornante di lungo periodo a titolo di protezione internazionale in caso di revoca o di cessazione della protezione internazionale o di rifiuto del suo rinnovo in conformità di quanto stabilito dalla direttiva 2004/83/CE.

Lo stesso viene novellato nel senso che il permesso per lungo soggiornanti può essere concesso dopo un periodo di regolare presenza nello Stato membro che, per quanto riguarda i titolari di protezione internazionale, si computa calcolando almeno la metà del periodo compreso tra la data di presentazione della domanda di protezione internazionale e la data di rilascio del permesso di soggiorno.

Modificando l’art. 8, la direttiva specifica che lo Stato membro che rilascia un permesso di soggiorno UE per lungo soggiornanti a un cittadino di un Paese terzo a cui ha concesso la protezione internazionale, deve inserire sul permesso il riferimento dello Stato membro che ha concesso la protezione mediante apposita annotazione.

Il permesso di soggiorno per lungo soggiornanti, che ha sostituito la carta di soggiorno consente, fra l’altro, di stabilirsi in altri stati UE prevedendo garanzie per i beneficiari di protezione internazionale che, dopo aver ottenuto lo status di soggiornante di lungo periodo, si spostano in altri Paesi. Tali garanzie concernono in particolare, i diritti e benefici, che non possono essere inferiori a quanto previsto nella cd direttiva qualifiche, e la protezione in caso di espulsione.

 


Direttiva 2011/70/Euratom
(
Istituzione di un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi)

 

 

La direttiva stabilisce un quadro comunitario al fine di garantire una gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Gli Stati membri devono pertanto adottare adeguati provvedimenti in ambito nazionale volti a garantire un elevato livello di sicurezza, al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti. E’ altresì prevista la trasmissione delle informazioni necessarie e la partecipazione della popolazione interessata, con particolare attenzione alle questioni concernenti le informazioni proprietarie e di sicurezza.

Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 23 agosto 2013 (art. 15).

Si fa notare che la direttiva in esame è già inserita nell'Allegato B del ddl comunitaria 2011 (A.S. 3129[45]).

 

 

La direttiva 2011/70/EURATOM del Consiglio, nell'istituire un quadro normativo comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi, prevede l'adozione di adeguati provvedimenti in ambito nazionale volti a garantire un elevato livello di sicurezza nella gestione di tali materiali, al fine di proteggere i lavoratori e la popolazione dai pericoli derivanti dalle radiazioni ionizzanti e di evitare ogni onere indebito a carico delle future generazioni.

L’ambito di applicazione della direttiva riguarda tutte le fasi della gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, dalla generazione allo smaltimento (art. 3).

Ciascuno Stato membro ha la responsabilità ultima riguardo alla gestione dei materiali generati nel proprio territorio (art. 4, par. 1); qualora essi siano spediti in uno Stato membro o in un paese terzo per il trattamento o il ritrattamento, la responsabilità ultima di un loro smaltimento sicuro e responsabile ricade sullo Stato membro o sul paese terzo da cui il materiale radioattivo è stato spedito (art. 4, par. 4).

La direttiva dispone altresì che nell'adozione di politiche nazionali in materia, siano rispettati il principio della generazione minimale dei rifiuti radioattivi [46], per attività e volume, ed il principio di smaltimento entro i confini nazionali dello Stato membro che li abbia generati, salvo che, all’epoca della spedizione, tra lo Stato membro interessato e un altro Stato membro o un paese terzo non sia stato sottoscritto un diverso accordo (art. 4, parr. 3 e 4).

La direttiva stabilisce inoltre che gli Stati membri istituiscano e mantengano un quadro legislativo, regolamentare ed organizzativo nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi, che attribuisca responsabilità e preveda il coordinamento tra gli organismi statali competenti (art. 5, par. 1).

Ciascuno Stato membro deve inoltre istituire e mantenere un’autorità di regolamentazione competente in materia, garantendo altresì che essa sia funzionalmente separata da ogni altro organismo od organizzazione coinvolti nella promozione o nell’utilizzazione dell’energia nucleare o di materiale radioattivo - compresa la produzione di energia elettrica e le applicazioni dei radioisotopi - o nella gestione di combustibile esaurito e rifiuti radioattivi (art. 6).

Gli Stati membri devono altresì provvedere a che la responsabilità primaria per la sicurezza degli impianti e/o delle attività di gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi resti in capo ai titolari delle licenze, senza possibilità di delega ad altri soggetti (art. 7, par. 1).

La direttiva prevede altresì obblighi informativi. Gli Stati membri devono infatti provvedere a che le necessarie informazioni sulla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi siano rese disponibili ai lavoratori ed alla popolazione, ed a che l’autorità di regolamentazione informi il pubblico nei settori di propria competenza (art. 10). Gli Stati membri sono altresì tenuti ad informare la Commissione sui rispettivi programmi nazionali per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi e su ogni successiva modifica significativa che li riguardi. Entro sei mesi dalla data di notifica, la Commissione può richiedere chiarimenti e/o esprimere il suo parere sulla conformità del contenuto del programma nazionale alla normativa comunitaria (art. 13).

 

 

Relativamente alla normativa nazionale sulla gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, si ricorda che la materia è regolata dalla legge n. 1860/1962, concernente l’impiego pacifico dell’energia nucleare (modificata e integrata dal DPR n. 1704/1965, dalla legge n. 1008/1969 e dal DPR n. 519/1975) e, in particolare, dal D.Lgs. n. 230/1995 s.m.i. con cui sono state recepite nell’ordinamento nazionale numerose direttive Euratom, tra cui la direttive 92/3/Euratom (relativa alla sorveglianza ed al controllo delle spedizioni di residui radioattivi tra Stati membri e di quelle verso la Comunità e fuori da essa). In seguito alla sostituzione della direttiva 92/3/Euratom operata dalla direttiva 2006/117/Euratom è stato emanato il D.Lgs. 20 febbraio 2009, n. 23 (Attuazione della direttiva 2006/117/Euratom, relativa alla sorveglianza e al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito) che ha apportato una serie di novelle al D.Lgs. 230/1995 principalmente finalizzate a consentire un ulteriore controllo e sorveglianza delle spedizioni transfrontaliere di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito.

Relativamente alla gestione dei rifiuti radioattivi si ricordano altresì le procedure previste dal D.Lgs. 31/2010 relativamente al Deposito nazionale destinato allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, e all'immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari.

 


Direttiva 2011/77/UE
(Modifica della direttiva 2006/116/CE concernente la durata di protezione del diritto d'autore e di alcuni diritti connessi)

 

 

La direttiva 2011/77/UE modifica la precedente direttiva 2006/116/CE, estendendo da 50 a 70 anni la durata della protezione del diritto d’autore con specifico riferimento al campo musicale e di alcuni diritti ad esso connessi, nel presupposto - come si evince dal quarto e dal quinto considerando - dell’importanza, riconosciuta a livello sociale, del contributo creativo degli artisti, interpreti o esecutori, i quali iniziano in genere la loro carriera in giovane età, correndo quindi il rischio di una insufficiente tutela temporale dei loro diritti e di dover fronteggiare un calo di reddito negli ultimi anni di vita.

Gli Stati membri dovranno recepire le nuove disposizioni nel diritto nazionale entro il 1° novembre 2013.

 

La direttiva, oltre a prevedere esplicitamente che la durata della protezione di una composizione musicale con testo scade 70 anni dopo la morte dell’ultima persona sopravvissuta fra l’autore del testo ovvero il compositore (purchè entrambi i contributi siano specificamente creati per tale composizione), estende alla medesima durata i termini di scadenza dei diritti connessi alle predette composizioni, vale a dire quelli di artisti, interpreti o esecutori, nonchè dei produttori musicali, calcolati a partire dalla prima pubblicazione lecita dell’esecuzione del fonogramma ovvero di quella comunicata al pubblico.

La direttiva prevede ulteriori disposizioni di protezione dei diritti connessi al diritto di protezione della composizione musicale con testo, tra cui la facoltà, da parte dell’artista, interprete o esecutore di risolvere il contratto con cui egli ha trasferito o ceduto i suoi diritti di fissazione dell’esecuzione ad un produttore di fonogrammi qualora quest’ultimo, decorsi cinquanta anni dalla pubblicazione lecita ovvero dalla comunicazione al pubblico, non metta in vendita un numero sufficiente di copie del medesimo fonogramma ovvero non lo metta a disposizione del pubblico (c.d. clausola “use it or lose it”). Il diritto di risolvere il contratto di trasferimento o cessione dei diritti dell’artista, interprete o esecutore può essere esercitato trascorso 1 anno dalla notifica al produttore di fonogrammi e se quest’ultimo, di fatto, non pone in essere alcuna forma di utilizzazione dell’esecuzione dell’opera musicale. Se un fonogramma contiene la fissazione di esecuzioni di una pluralità di artisti, interpreti o esecutori, essi possono risolvere i loro contratti di trasferimento o cessione conformemente alle proprie disposizioni nazionali.

La direttiva prevede inoltre nuove norme riguardanti il diritto (irrinunciabile) di ottenere una remunerazione annua supplementare dal produttore, qualora il predetto contratto di trasferimento o cessione preveda una remunerazione non ricorrente, da corrispondere all’artista, interprete o esecutore per ogni anno completo immediatamente successivo al cinquantesimo anno dalla pubblicazione lecita del fonogramma o dalla sua comunicazione al pubblico.

 

 


Direttiva 2011/83/UE
(Diritti dei consumatori)

 

 

La nuova direttiva europea n 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio mira al rafforzamento dei diritti dei consumatori unifica le regole comuni per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali e per quelli in materia di contratti a distanza, prima disciplinate separatamente dalle direttive 85/577/CE e 97/7/CE.

Il termine di recepimento della direttiva è stabilito al 13 dicembre 2013.

 

 

In particolare, nella direttiva sono riunite e modificate le regole comuni per i contratti negoziati fuori dei locali commerciali e per quelli in materia di contratti a distanza, prima disciplinate separatamente dalle direttive 85/577/CE e 97/7/CE, abrogate dal 13 giugno 2014. Ulteriori modifiche sono apportate alla direttiva 93/13/CE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori e alla direttiva 1999/44/CE relativa a taluni aspetti della vendita e delle garanzie dei beni di consumo (si tratta, essenzialmente, di obblighi informativi in capo agli Stati Membri nei confronti della Commissione Europea in caso di adozione di misure più severe nella disciplina nazionale a tutela ei consumatori).

La direttiva 2011/83/UE intende, sulla base dell’esperienza concreta degli ultimi anni, rimuovere le incoerenze e colmare le lacune riscontrate nella precedente disciplina sui diritti dei consumatori in relazione a contratti conclusi con i professionisti, rafforzare i diritti dei consumatori tentando di dare nuovo impulso alle vendite a distanza transfrontaliere, incluse quelle via Internet. L’ambito applicativo della direttiva è ampliato esplicitamente ai contratti per fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di pubbliche amministrazioni, ove detti prodotti siano forniti su base contrattuale.

Oltre ad una più ampia e dettagliata elencazione delle definizioni (art. 2) ai fini della direttiva (consumatore, professionista, contratto di vendita, ecc.) nonchè dell’ambito di applicazione e relative esclusioni (art. 3), le novità della direttiva 2011/83/UE riguardano i citati contratti a distanza e negoziati fuori dai locali commerciali (in particolare, si tratta degli acquisti via Internet, per telefono, per corrispondenza, quelli effettuate al di fuori di punti vendita, compresi gli acquisti di beni in occasione di gite organizzate dal venditore).

La direttiva prevede 35 articoli e 2 allegati. Il Capo I (artt. 1-4) riguarda “Oggetto, definizioni e ambito di applicazione”; i Capi II (artt. 5) e III (artt. 6-16) sono relativi, rispettivamente alle informazioni per i consumatori per contratti diversi dai contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali ed alle analoghe informazioni relative ai contratti a distanza o negoziati fuori dai locali commerciali; il Capo IV (artt. 17-22) riguarda “Altri diritti del consumatore”; i Capi V (artt. 23-30) e VI (artt. 31-35) sono, infine, relativi alle “Disposizioni generali” e alle “Disposizioni finali”. Gli allegati concernono schemi tipo di moduli informativi per l’esercizio del diritto di recesso (All. I) nonché una tavola di concordanza delle norme della direttiva 2011/83/UE con quelle delle direttive ora abrogate (All. II).

 

Le principali innovazioni rispetto alla precedente disciplina europea riguardano i seguenti profili:

-       in generale, una più puntuale e dettagliata disciplina degli obblighi informativi nei riguardi del consumatore (artt. 5 e 6);

-       una più incisiva tutela dei consumatori riguardo ai prodotti digitali (art. 5), in relazione, ad esempio, all’interoperabilità con hardware e software e all’applicazione di eventuali sistemi di protezione del prodotto digitale stesso);

-       in particolare, in relazione alla trasparenza del prezzo: l’obbligo di indicare chiaramente il costo totale del prodotto o servizio, incluso qualunque imposta e addebito supplementare (alla mancata preventiva informazione consegue, per il consumatore, la possibilità di non pagare); l’obbligo per i consumatori di confermare espressamente che l’inoltro dell’ordine implica l’obbligo di pagare un determinato prezzo (art. 8, par. 3);

-       l’impossibilità di offrire servizi supplementari mediante caselle preselezionate (che, in diversi casi, attualmente debbono essere deselezionate dal consumatore non interessato) sul modulo d’ordine: un esempio frequente è l’offerta di assicurazione viaggio e noleggio auto in occasione dell’acquisto di biglietti aerei;

-       in relazione al diritto di recesso (art. 9 e ss.) previsto dalla legge solo per gli acquisti a distanza: il suo esercizio è portato dagli attuali 10 giorni (art. 64, Codice del consumo)[47] a 14 giorni; entro tale termine, il consumatore potrà recedere dal contratto di acquisto senza penalità e senza alcun obbligo di motivazione; il termine decorre – nei contratti di vendita - dalla data della consegna della merce e non più dalla conclusione del contratto (come attualmente previsto); il diritto di recesso è ammesso anche in caso di visite effettuate su richiesta (ovvero quando il commerciante ha precedentemente chiamato il consumatore sollecitando una sua visita); non sarà più necessario, quindi, operare una distinzione tra visite su richiesta e visite non richieste e si potrà quindi evitare l’elusione delle norme; l’introduzione di un modello standard per l’esercizio del diritto di recesso (allegato I, parte B);

-       una più dettagliata descrizione degli obblighi di informazione al consumatore. In particolare, dovrà esser chiaro a chi sono addebitate le spese di restituzione delle merci; inoltre, se il consumatore non è stato adeguatamente informato sul diritto di recesso, questo si protrarrà fino ad un anno (art. 10);

-       la fissazione di un periodo massimo di 30 giorni dalla conclusione del contratto per la consegna della merce; al mancato rispetto del termine consegue la possibilità del consumatore di fissare un nuovo termine di consegna; se la consegna non avviene nell’ulteriore termine il consumatore potrà recedere dal contratto, con diritto al rimborso di quanto già pagato (art. 18). Al momento, il nostro Codice del Consumo prevede un identico termine di 30 gg. per la consegna solo con riferimento ai contratti conclusi tra professionisti e consumatori nell’ambito di un sistema di vendita o di prestazione di servizi a distanza organizzato dal professionista, che, per la conclusione dello stesso, si avvale di tecniche di comunicazione a distanza (art. 54);

-       la specifica previsione del cd. passaggio del rischio (art. 20) ovvero che i rischi per perdita o danni ai beni durante il trasporto fino alla consegna al consumatore sono a carico del venditore;

-       l’impossibilità di imporre al consumatore, in relazione all’uso di mezzi di pagamento diversi dal contante, tariffe superiori a quelle sostenute dal professionista per l’uso di tali strumenti (es: commissioni su carte di credito); analogo limite riguarda la tariffa per comunicazioni telefoniche su linee dedicate messe dal professionista a disposizione del consumatore (art. 21);

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea

Il 29 novembre 2011 la Commissione europea ha presentato un pacchetto di proposte volte a garantire soluzioni stragiudiziali delle controversie dei consumatori nell'UE a prescindere dal tipo di prodotto o servizio su cui verte il contenzioso e del luogo del mercato unico europeo in cui l'hanno acquistato.

In particolare:

- la proposta di direttiva sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori (ADR) (COM(2011)793) prevede l’istituzione di enti stragiudiziali di alta qualità, competenti su qualsiasi contenzioso relativo a contratti tra un consumatori e imprese;

- la proposta di regolamento sulla soluzione online dei contenziosi (COM(2011)794) prevede l’istituzione di uno sportello unico per l’invio automatico del reclamo del consumatore all'ente nazionale competente agevolando la soluzione del contenzioso nel giro di trenta giorni.

Le modalità alternative di soluzione del contenzioso prevedono il ricorso ad una terza parte neutrale (un arbitro, un mediatore o un Ombudsman). Il pacchetto dovrebbe essere adottato entro la fine del 2012 e, a loro volta, gli Stati membri avranno 18 mesi per recepire la direttiva ADR; gli enti ADR stragiudiziali dovrebbero essere operativi in tutti i punti dell'Unione nella seconda metà del 2014.

 


 

Direttiva 2011/89/UE
(Vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario)

 

 

La direttiva 2011/89/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 novembre 2011 modifica le direttive 98/78/CE[48], 2002/87/CE[49], 2006/48/CE[50] e 2009/138/CE[51] relativamente alla vigilanza supplementare sulle imprese finanziarie appartenenti a un conglomerato finanziario.

Gli Stati membri devono attuare le disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative contenute nella direttiva 2011/89/UE entro il 10 giugno 2013, salvo specifiche deroghe indicate all’articolo 6, comma 3, per le quali il termine è fissato al 22 luglio 2013.

 

 

I “conglomerati finanziari” sono gruppi di imprese, attivi in maniera significativa nei settori assicurativo e bancario o dei servizi di investimento, che comprendano almeno un'impresa assicurativa e una operante nel settore bancario o dei servizi di investimento, e che abbiano al vertice un'impresa regolamentata oppure svolgano attività principalmente nel settore finanziario.

 

La direttiva 2002/87/CE, relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario, fornisce alle autorità competenti del settore finanziario poteri e strumenti supplementari per la vigilanza di gruppi costituiti da molteplici imprese regolamentate, operanti in diversi settori dei mercati finanziari.

La direttiva 2002/87/CE è stata recepita con il D.Lgs. 30 maggio 2005, n. 142.

 

Come riportato nella premessa alla direttiva in oggetto le Autorità europee hanno ritenuto che i conglomerati finanziari debbano essere assoggettati a una vigilanza supplementare rispetto alla normale attività di vigilanza su base individuale, consolidata o di gruppo, evitando duplicazioni o interferenze con il gruppo, e a prescindere dalla struttura giuridica del gruppo stesso.

Lo scopo principale della direttiva è quello di garantire una portata appropriata alla vigilanza dei conglomerati finanziari, colmando le distanze che si sono venute a creare tra la disciplina della vigilanza supplementare dell’Unione e le direttive di settore relative ai servizi bancari e assicurativi. In particolare, con l’introduzione dell’articolo 2-bis alla direttiva 98/78/CE e dell’articolo 72-bis alla direttiva 2006/48/CE, vengono assoggettate alla disciplina generale anche le società di partecipazione finanziaria mista, in modo da permettere l’applicazione della vigilanza settoriale consolidata/di gruppo, in aggiunta alla vigilanza supplementare, con riferimento a quelle società di partecipazione finanziaria o assicurativa che, in seguito all’espansione delle attività ad un altro settore finanziario, siano diventate società di partecipazione finanziaria miste.

L’articolo 2 della direttiva 2011/89/UE, oltre a novellare numerosi articoli della direttiva 2002/87/CE, assegna diversi compiti alle autorità europee di vigilanza (AEV) per ciascun settore (Autorità bancaria europea - ABE[52], Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni aziendali e professionali - AEAP[53] e Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati - AESFEM[54]), affinché emanino, attraverso il comitato congiunto, orientamenti comuni finalizzati alla convergenza della prassi della vigilanza.

Considerato che i sottogruppi bancari e assicurativi di un conglomerato finanziario devono essere periodicamente sottoposti a prove di stress, si prevede (articolo 9-ter della direttiva 2002/87/CE) che il coordinatore nominato conformemente alla direttiva 2002/87/CE stabilisca l’opportunità, i parametri e le tempistiche della prova di stress di uno specifico conglomerato finanziario nel suo insieme. Inoltre le autorità di vigilanza dovranno sviluppare dei parametri supplementari per le prove di stress a livello dell’Unione, evidenziando i rischi di gruppo specifici che tipicamente si presentano nei conglomerati finanziari, e dovranno poter rendere pubblici i risultati di tali prove, ove consentito dalla legislazione settoriale.

 

 


Direttive da attuare in via amministrativa[55]

 


Direttive da attuare in via amministrativa non ancora recepite

(Indicate nella relazione governativa al disegno di legge comunitaria 2011 AC 4925)

 

NUMERO

DIRETTIVA

P.A. COMPETENTE

SCADENZA

2010/79/UE

Adeguamento al progresso tecnico dell’allegato III della direttiva 2004/42/CE del parlamento europeo e del Consiglio relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili

Ministero Ambiente

10/6/12

2011/10/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il bifentrin come principio attivo nell’allegato 1 della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

31/1/12

2011/11/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere l’Acetato di (Z,E)-tetradeca-9,12-dienile come principio attivo nell’allegato 1 della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

31/1/12

2011/12/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il fenoxicarb come principio attivo nell’allegato I della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

31/1/12

2011/13/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere l’acido nonanoico come principio attivo nell’allegato 1 della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

31/1/12

2011/15/UE

Modifica della direttiva 2002/59/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Infrastrutture e Trasporti

16/3/12

2011/37/UE

Modifica dell’allegato II della direttiva 2000/53/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai veicoli fuori uso (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Ambiente

31/12/11

2011/38/UE

Modifica l’allegato V della direttiva 2004/33/CE per quanto riguarda i valori massimi del pH per i concentrati piastrinici alla fine del periodo massimo di conservazione (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

30/6/11

2011/59/UE

Modifica gli allegati II e III della direttiva 76/68/CEE del Consiglio relativa ai prodotti cosmetici al fine di adeguarli al progresso tecnico (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

3/1/12

2011/63/UE

Modifica della direttiva 98/70/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel al fine di adeguarla al progresso tecnico (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero dello Sviluppo economico

2/6/12

2011/66/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di includere il 4,5-dicloro-2-ottil-2H-isotiazol-3-one come principio attivo nell’allegato I della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

30/6/12

2011/67/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere l’abamectina come principio attivo nell’allegato I della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

30/6/12

2011/69/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere l’imidacloprid come principio attivo nell’allegato I della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

30/6/12

2011/71/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il creosoto come principio attivo nell’allegato I della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

30/4/12

2011/72/UE

Modifica la direttiva 2000/25/CE per quanto riguarda le disposizioni per i trattori immessi sul mercato in regime di flessibilità (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Infrastrutture e Trasporti

24/9/12

2011/75/UE

Modifica della direttiva 96/98/CE del Consiglio sull’equipaggiamento marittimo (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Infrastrutture e Trasporti

5/10/12

2011/78/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il Bacillus thuringiensis subsp. Israelensis Serotype H!$, ceppo AM65-52, come principio attivo nell’allegato I della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

30/9/12

2011/79/UE

Modifica della direttiva 98/8/CE del parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il fioroni come principio attivo nell’allegato I della direttiva (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

30/9/12

2011/84/UE

Modifica della direttiva 76/768/CEE relativa ai prodotti cosmetici, al fine di adeguare al progresso tecnico il suo allegato III (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Salute

30/10/12

2011/87/UE

Modifica la direttiva 2000/25/CE per quanto riguarda l’applicazione a trattori a carreggiata stretta di fasi entro cui fissare i limiti di emissione (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Infrastrutture e Trasporti

9/12/12

2011/88/UE

Modifica la direttiva 97/68/CE per quanto riguarda le disposizioni per i motori immessi sul mercato in regime di flessibilità (Testo rilevante ai fini del SEE)

Ministero Infrastrutture e Trasporti

24/11/12

 

 


Direttiva 2010/79/UE
(Adeguamento dell’allegato III della direttiva 2004/42/CE relativa alla limitazione delle emissioni di composti organici volatili)

 

 

La direttiva 2010/79/UE modifica la direttiva 2004/42/CE sulla limitazione delle emissioni di composti organici volatili (COV) introducendo una nuova versione dell’allegato III relativo ai metodi analitici utilizzati per determinare il contenuto massimo autorizzato di COV. Conseguentemente con un decreto interministeriale dovrà essere adeguato l’allegato III del D.Lgs. 161/2006 sulla limitazione delle emissioni di COV conseguenti all'uso di solventi in talune pitture e vernici.

Il termine di recepimento della direttiva è fissato al 10 giugno 2012.

 

 

In particolare, i metodi analitici, indicati nell'allegato III della direttiva 2004/42/CE, vengono utilizzati per valutare la conformità del contenuto di COV dei prodotti elencati nell'allegato I ai valori limite previsti nell'allegato II e devono essere adeguati al progresso tecnico.

Pertanto, la necessità di sostituire l’allegato III della direttiva 2004/42/CE, disposta con la nuova 2010/79/UE, deriva, come viene indicato nel considerando n. (2) della stessa direttiva, dal riesame nel 2006, da parte dell’Organizzazione internazionale per la standardizzazione, del metodo ISO 11890-2 per il quale è stata disposta una nuova versione che dovrebbe essere quindi integrata nell'allegato III della direttiva 2004/42/CE.

Viene inoltre precisato - considerando n. (3) - che tale nuovo metodo consentirà una riduzione dei costi delle prove per gli Stati membri e gli operatori economici interessati da tale direttiva. Inoltre, la nuova versione del metodo ISO 11890-2 dispone che, qualora i diluenti reattivi non facciano parte della formulazione del prodotto e il contenuto di COV sia pari o superiore al 15% della massa, costituisce un'alternativa accettabile il metodo ISO 11890-1 che risulta essere più semplice e meno costoso.

 

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che la normativa nazionale per la limitazione delle emissioni di COV conseguenti all'uso di solventi in talune pitture e vernici, nonché in prodotti per la carrozzeria, è contenuta nel D.Lgs. n. 161/2006 con cui è stata data attuazione alla direttiva2004/42/CE. L’art. 3, comma 3, del D.lgs. 161 ha disposto, al fine di valutare la conformità del contenuto di COV dei prodotti elencati nell'allegato I ai valori limite previsti nell'allegato II, che si applichino i metodi analitici di cui all'allegato III (con cui si è recepito l’allegato III della direttiva). L’art. 7, comma 3, ha previsto quindi che l’allegato III venga modificato con decreto interministeriale al fine di dare attuazione a successive direttive comunitarie per le parti in cui le stesse modifichino modalità esecutive e caratteristiche di ordine tecnico della direttiva comunitaria 2004/42/CE.

Per quanto riguarda, infine, le più recenti disposizioni adottate in materia si ricorda che l’art. 13, comma 7, del D.L. 216/2011 ha prorogato di un ulteriore anno, cioè al 31 dicembre 2012, il termine (previsto dall’art. 7, comma 2, del D.Lgs. 161) di entrata in vigore del divieto di vendita a Paesi extra UE di pitture, vernici e prodotti per carrozzeria con limiti di composti organici volatili (COV) superiori a quelli previsti nell'allegato II del D.Lgs. 161. Da ultimo il comma 7 dell’art. 40 del D.L. 201/2011, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, ha introdotto alcune disposizioni in materia di semplificazione degli adempimenti amministrativi di registrazione dei COV per la vendita dei prodotti ai consumatori finali.

 


Direttiva 2011/37/UE
(Modifica dell’allegato II della direttiva 2000/53/CE relativa ai veicoli fuori uso)

 

 

La direttiva 2011/37/UE modifica l’allegato II della direttiva 2000/53/CE (direttiva ELV[56]) relativa ai veicoli fuori uso che indica i materiali ed i componenti cui non si applica l’art. 4, par. 2, lett. a) della direttiva 2000/53/CE.

Il termine di recepimento della direttiva è stato fissato al 31 dicembre 2011.

 

 

Si ricorda che l’art. 4, par. 2, lett. a) della direttiva 2000/53/CE vieta l'uso di piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente nei materiali e nei componenti dei veicoli immessi sul mercato dopo il 1° luglio 2003 tranne nei casi di cui all'allegato II della direttiva ed alle condizioni ivi specificate. Inoltre, ai sensi della successiva lett. b), la Commissione deve adeguare periodicamente l'allegato II al progresso tecnico e scientifico. Infine, si fa presente che il citato allegato II è stato più volte oggetto di revisione: la prima revisione è avvenuta con la decisione 2002/525/CE; la seconda con la decisione 2005/673/CE; la terza con la decisione 2008/689/CE; la quarta con la decisione 2010/115/UE; la quinta con la nuova direttiva in esame 2011/37/UE[57].

 

La necessità della modifica dell’allegato II della direttiva 2000/53/CE, disposta con la nuova direttiva 2011/37/UE, è da rinvenirsi, come viene sottolineato nel considerando n. 3), nel fatto che alcuni materiali e componenti contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente dovrebbero continuare a beneficiare di un'esenzione al divieto previsto dall'art. 4, paragrafo 2, lett. a), della direttiva 2000/53/CE, in quanto l'uso di tali sostanze in questi materiali è ancora tecnicamente o scientificamente inevitabile[58].

La necessità di sostituire l’allegato II deriva anche dalla problematica posta dai i pezzi di ricambio destinati ai veicoli immessi sul mercato dopo il 1° luglio 2003 ove, come viene rilevato nell’8°considerando, in alcuni casi è tecnicamente impossibile riparare veicoli con pezzi di ricambio diversi da quelli originali in quanto richiederebbe modifiche delle caratteristiche dimensionali e funzionali di interi impianti del veicolo.

 

Per quanto riguarda la normativa nazionale sui veicoli fuori uso si ricorda, in estrema sintesi, che con il D.Lgs. 209/2003 si è data attuazione (seppur tardiva[59]) alla direttiva 2000/53/CE, introducendo nell’ordinamento nazionale una nuova disciplina in materia di gestione di rifiuti costituiti da veicoli fuori uso, dai loro componenti e materiali e dai pezzi di ricambio. L’art. 9 del D.Lgs. 209 ha introdotto norme volte alla limitazione dell’uso di sostanze pericolose nella costruzione dei veicoli prevedendo il divieto, dal 1° luglio 2003, di produrre o immettere sul mercato materiali e componenti di veicoli contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente e a prevedere che tale divieto non si applichi nei casi ed alle condizioni previsti nell'allegato II (con cui si è recepito l’allegato II della direttiva). L’art. 15, comma 11, ha previsto poi che l’allegato II venga modificato con decreto interministeriale in conformità alle modifiche intervenute in sede comunitaria. Tale allegato II è stato da ultimo sostituito ai sensi dell’art. 1 del decreto 5 maggio 2010 a seguito della decisione europea 2008/689/CE che, come sopra illustrato, ha rappresentato la terza revisione dello stesso.

Da ultimo si ricorda che il D.Lgs. 209 è stato più volte modificato a seguito dell’avvio di una procedura di infrazione per il non corretto recepimento della direttiva 2000/53/CE: con l’art. 1, comma 5, della legge 17 agosto 2005, n. 168, recante la conversione in legge, con modificazioni, del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, al fine di recepire i rilievi formulati dalla Commissione europea nell’ambito della procedura d’infrazione (n. 2003/2204), il Governo è stato delegato ad emanare disposizioni correttive del D.Lgs. 209 che sono state poi adottate con il D.Lgs. 149/2006 e, successivamente, anche con l’art. 7 del D.L. 59/2008, che ha apportato alcune modifiche al D.Lgs. 209 in esecuzione della sentenza della Corte di giustizia del 24 maggio 2007 nella causa C-394/05.

 


 

Direttiva 2011/63/UE
(Qualità della benzina e del combustibile diesel)

 

 

La direttiva 2011/63/UE interviene sulla direttiva 98/70/CE, che stabilisce specifiche ecologiche e metodi di analisi per la benzina e il combustibile diesel immessi in commercio.

Gli Stati membri adottano e pubblicano le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva entro 12 mesi dalla sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, e quindi entro il 2 giugno 2012.

 

I metodi di analisi fanno riferimento a determinate norme istituite dal Comitato europeo di normalizzazione (Cen). Poiché, a seguito del progresso tecnico[60], il Cen ha sostituito tali norme con altre nuove, è opportuno aggiornare i riferimenti a tali norme contenuti negli allegati I e II della direttiva 98/70/CE.

Inoltre, per motivazioni legate agli arrotondamenti decimali delle cifre, risulta necessario modificare anche l'allegato III della direttiva 98/70/CE, che indica il superamento autorizzato della tensione di vapore per la benzina contenente bioetanolo.

Le cifre contenute nell’allegato III sono infatti arrotondate al secondo decimale, mentre la norma En Iso[61] 4259:2006 (che definisce le norme per arrotondare i risultati per quanto riguarda la precisione in relazione ai metodi di prova) prevede un arrotondamento al primo decimale.

L’articolo 1 della direttiva 2011/63/UE, pertanto, provvede a modificare gli allegati I (articolo 1, punto 1)), II (articolo 1, punto 2)) e III (articolo 1, punto 3)) della direttiva 98/70/CE.

Si precisa inoltre che le misure della direttiva sono conformi al parere del Comitato per la qualità dei carburanti, di cui all’articolo 11, paragrafo 1, della direttiva 98/70/CE.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’Unione europea

Procedure di contenzioso

La direttiva 2011/63/UE contiene modifiche della direttiva 98/70/CE relativa alla qualità della benzina e del combustibile diesel al fine di adeguarla al progresso tecnico.

In particolare, la direttiva 2011/63/UE fa riferimento in premessa all’articolo 10, paragrafo 1 della direttiva 98/70/CE. Tale articolo è statorecentemente modificato dalla direttiva 2009/30/CE.

Con una lettera di messa in mora inviata il 16 marzo 2011 (procedura di infrazione 2011/476) la Commissione contesta all’Italia il mancato recepimento della direttiva 2009/30/CE entro il termine previsto del 31 dicembre 2011.

L’Italia ha inteso dare attuazione della direttiva 2009/30/CE mediante il D.Lgs n.55/2011, tuttavia, la procedura risulta ancora formalmente aperta.

 

Al riguardo, potrebbe risultare opportuno acquisire un chiarimento dal Governo circa lo stato dei negoziati in corso con la Commissione per la chiusura definitiva della procedura anche per quanto concerne la verifica della corretta attuazione della normativa europea.

 


 

Schede di approfondimento

 


La legge comunitaria annuale e la c.d. fase discendente

Il raccordo tra l’ordinamento italiano e i processi normativi dell’UE concerne, in linea generale, due aspetti distinti sebbene complementari: per un verso, la partecipazione delle istituzioni nazionali, e in particolare del Parlamento, alla formazione delle politiche e delle decisioni dell’UE (c.d fase ascendente) e, per altro verso, l’attuazione della normativa europea sul piano interno (c.d. fase discendente).

In relazione al primo aspetto, la legge e i regolamenti parlamentari prevedono procedure volte alla definizione della posizione italiana nelle sedi decisionali dell’UE stabilendo, tra l’altro, specifici strumenti per l’informazione delle Camere in merito, anche ai fini dell’espressione di indirizzi al Governo.

Con riguardo al secondo profilo, sono previsti appositi strumenti e procedure volte ad assicurare la piena e tempestiva attuazione degli obblighi discendenti da atti giuridici dell’UE, oltre che da pronunce giurisdizionali. Il principale di questi strumenti è rappresentato dalla legge comunitaria annuale.

La legge comunitaria

La legge comunitaria annuale, introdotta per la prima volta dalla legge 9 marzo 1989, n. 86 (c.d. legge “La Pergola”) assume una funzione cruciale nel processo di adeguamento dell’ordinamento interno al diritto comunitario, soprattutto a seguito dell’approvazione della legge 4 febbraio 2005, n. 11[62], che ha riscritto e rafforzato le procedure relative alla partecipazione dell’Italia al processo di formazione, trasposizione e attuazione della normativa comunitaria.

In base all’articolo 9 della legge n. 11 del 2005, il disegno di legge comunitaria deve essere presentato entro il 31 gennaio di ogni anno. Il contenuto proprio della legge comunitaria  è rappresentato da disposizioni:

§      modificative o abrogative di norme statali vigenti in contrasto con gli obblighi di attuazione degli atti comunitari, ovvero oggetto di procedure di infrazione;

§      volte a dare attuazione al diritto comunitario, anche mediante il conferimento al Governo di delega legislativa;

§      recanti autorizzazione al Governo per l’attuazione in via regolamentare e amministrativa delle direttive;

§      volte a dare esecuzione ai trattati internazionali conclusi nel quadro delle relazioni esterne dell’Unione europea;

§      di individuazione dei princìpi fondamentali nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l’applicazione di atti comunitari nelle materie di competenza concorrente di cui all’art. 117, terzo comma, della Costituzione;

§      recanti delega al Governo, nelle materie di competenza legislativa delle regioni e delle province autonome, per l’adozione di decreti legislativi concernenti sanzioni penali per la violazione delle disposizioni comunitarie recepite dalle regioni e dalle province autonome;

§      emanate nell’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 117, quinto comma, della Costituzione, in conformità ai princìpi e nel rispetto dei limiti di cui all’articolo 16, comma 3.

 

La legge n. 11 del 2005 prevedeva la presentazione, contestualmente al disegno di legge comunitaria, della relazione sulla partecipazione italiana all’Unione europea. A seguito delle modifiche apportate alla legge n. 11 del 2005 con la legge comunitaria 2009 (legge n. 96 del 2010), viene ora prevista la presentazione, entro termini temporali diversi di due relazioni: la prima, da presentarsi entro il 31 dicembre di ciascun anno, di carattere “previsionale” sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea per l’anno successivo; la seconda, entro il 31 gennaio di ciascun anno (e quindi in coincidenza con la presentazione del disegno di legge comunitaria) di carattere “consuntivo” sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea nell’anno precedente.

 

I regolamenti parlamentari  prevedono una procedura ad hoc per l’esame del disegno di legge comunitaria (cfr. box  sotto per la procedura prevista dal regolamento della Camera)

 


La procedura parlamentare di esame della legge comunitaria

L’esame parlamentare del disegno di legge comunitaria è disciplinato dall’articolo 126-ter  del regolamento della Camera. Questo prevede che l’esame avvenga contestualmente a quello della relazione sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell'Unione europea, al fine di compiere una verifica complessiva in ordine all’adempimento degli obblighi comunitari. In particolare, sui due atti si svolge un esame congiunto fino alla conclusione dell'esame preliminare; successivamente, l’esame dei due provvedimenti segue un iter autonomo, avendo l'uno natura legislativa e l'altro finalità di indirizzo e controllo.

A seguito delle modifiche introdotte alla legge n. 11 del 2005 con la legge comunitaria 2009 (legge n. 96/2010, cfr. supra), la Giunta del Regolamento della Camera, con il parere del 14 luglio 2010 ha stabilito che la relazione previsionale sulla partecipazione dell’Italia all’Unione europea venga esaminata congiuntamente al programma di lavoro annuale della Commissione europea e al programma di diciotto mesi della Presidenza del Consiglio dell’Unione e che la relazione consuntiva venga esaminata congiuntamente al disegno di legge comunitaria.

 

Il disegno di legge comunitaria e la relazione annuale sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea (ora relazione consuntiva) sono assegnati:

§      per l'esame generale in sede referente, alla Commissione politiche dell'Unione europea;

§      per l'esame delle parti di rispettiva competenza, alle Commissioni competenti per materia.

Le Commissioni sono tenute a esaminare le parti del disegno di legge di propria competenza entro 15 giorni dall'assegnazione, approvando una relazione e nominando un relatore, che può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell’Unione europea. Nello stesso termine sono trasmesse le eventuali relazioni di minoranza presentate in Commissione. Un proponente per ciascuna relazione di minoranza può partecipare alle sedute della Commissione politiche dell’Unione europea per riferire in merito. Le eventuali relazioni di minoranza non possono contenere in allegato emendamenti, che devono necessariamente essere approvati dalle Commissioni di settore.

Analogamente, sempre entro 15 giorni, le Commissioni competenti per materia esaminano anche le parti di competenza della relazione annuale, approvando un parere.

Decorso il termine indicato, la Commissione politiche dell'Unione europea, entro i successivi 30 giorni, conclude l'esame in sede referente del disegno di legge comunitaria e della relazione annuale, predisponendo per ciascun atto una relazione generale per l'Assemblea, alla quale sono allegate, rispettivamente, le relazioni e i pareri approvati dalle Commissioni.

Le Commissioni competenti per materia, nel corso dell’esame, votano anche gli emendamenti al disegno di legge comunitaria, che allegano alla relazione per la Commissione politiche dell'Unione europea. Gli emendamenti approvati dalle singole Commissioni si ritengono accolti, salvo che la Commissione politiche dell'Unione europea non li respinga per motivi di compatibilità con la normativa comunitaria ovvero per esigenze di coordinamento generale. Di norma gli emendamenti attinenti al merito sono presentati presso le Commissioni di settore; presso la XIV Commissione sono presentati possibilmente solo gli emendamenti inerenti a profili ordinamentali. Qualora presso la XIV Commissione siano presentati direttamente emendamenti attinenti a profili di merito di competenza delle Commissioni di settore, queste devono esprimere il proprio parere.

Criteri particolari riguardano l’ammissibilità degli emendamenti: oltre ai princìpi generali contenuti all'articolo 89 del Regolamento della Camera, sono considerati inammissibili dai Presidenti delle Commissioni di settore e dal Presidente della Commissione politiche dell'Unione europea gli emendamenti e gli articoli aggiuntivi che riguardino materie estranee all'oggetto proprio della legge comunitaria, come definito dalla legislazione vigente. Nel caso in cui sorga questione sulle valutazioni di ammissibilità svolte dal Presidente della Commissione, la decisione è rimessa al Presidente della Camera. Gli emendamenti dichiarati inammissibili in Commissione non possono essere ripresentati in Assemblea.

Terminata la fase in Commissione, il disegno di legge comunitaria e la relazione (ora consuntiva) sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo dell'Unione europea approdano in Assemblea, dove la discussione sulle linee generali del disegno di legge comunitaria si svolge congiuntamente alla discussione sulla citata relazione annuale. Entro il termine di tale discussione possono essere presentate risoluzioni sulla relazione annuale, che si votano dopo la votazione finale sul disegno di legge comunitaria, partendo dalla risoluzione accettata dal Governo.

Si ricorda, infine, che sul disegno di legge comunitaria si esprime anche il Comitato per la legislazione, ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 6-bis, del Regolamento della Camera, dal momento che di norma contiene deleghe legislative.

 


La riforma della legge n. 11 del 2005

Il progetto di legge S. 2646, già approvato in prima lettura dalla Camera (C. 2854 e abb.) innova, sostituendola integralmente, la legge 11 del 2005, adeguandola alle modifiche intervenute nell’assetto dell’Unione europea a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della crescente importanza delle politiche di origine europea.

Si compone di 58 articoli divisi in nove capi che recano, in  particolare, le seguenti novità rispetto al quadro vigente:

• si rafforza il raccordo tra Parlamento e Governo nella formazione della posizione italiana nei processi decisionali dell’UE, prevedendo nuovi o più articolati obblighi di informazione del Governo alle Camere, ribadendo l’obbligo del Governo di assicurare la coerenza delle posizioni assunte in sede europea con gli atti di indirizzo delle Camere e precisando meglio i presupposti per l’attivazione della riserva di esame parlamentare. Infine si conferma la presentazione alle Camere da parte del Governo di due distinte relazioni annuali sulla partecipazione all’UE, una programmatica e l’altra di rendiconto;

• si assicura una più efficace applicazione delle prerogative attribuite alle Camere dal Trattato di Lisbona, tenendo conto di alcune novità introdotte dal medesimo Trattato. In particolare, si richiamano i poteri delle Camere sul rispetto del principio di sussidiarietà, stabilendo che le decisioni per la revisione semplificata dei trattati nonché per il passaggio alla difesa comune siano approvate con legge, mentre per le decisioni del Consiglio europeo o del Consiglio dell'UE la cui entrata in vigore è subordinata dai Trattati alla preventiva approvazione degli Stati membri, è richiesta la previa deliberazione delle Camere; si prevede inoltre l’intervento parlamentare per l’attivazione del cd. meccanismo del freno d’emergenza, stabilendo che il Governo, ove entrambe le Camere adottino un atto di indirizzo in tal senso, debba chiedere in seno al Consiglio la remissione al Consiglio europeo di talune decisioni in materia di libera circolazione dei lavoratori, di cooperazione in materia penale e di politica estera e di difesa comune;

• si rafforzano le prerogative di informazione e controllo parlamentare sulle procedure giurisdizionali e di contenzioso riguardanti l’Italia e si prevede la previa informazione delle Camere sulle proposte di nomina e designazioni da parte del Governo dei componenti di talune Istituzioni dell’UE;

• si aggiornano le disposizioni relative agli organismi deputati al coordinamento della partecipazione dell’Italia al processo normativo europeo, tra i quali il Dipartimento per le politiche europee, il Comitato tecnico per gli affari europei e la segreteria per gli affari europei;

• vengono istituiti in ciascun Ministero i nuclei europei, deputati a coordinare all’interno di ciascuna amministrazione la politica europea, e viene riformata la figura degli esperti nazionali distaccati;

• si rafforza la partecipazione delle regioni, delle province autonome e delle autonomie locali al processo di formazione degli atti dell’UE, dando la possibilità ai Presidenti delle Assemblee legislative delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano di far pervenire ai presidenti delle Camere le osservazioni delle rispettive Assemblee in ordine al rispetto del principio di sussidiarietà e modificando le norme in materia di nomina dei rappresentanti italiani presso il Comitato delle regioni, in conseguenza del Trattato di Lisbona;

• si definisce meglio la partecipazione delle parti sociali e delle categorie produttive alle decisioni relative alla formazione di atti dell’Unione europea;

• si riorganizza il processo di recepimento della normativa europea, prevedendo, in particolare, lo sdoppiamento dell’attuale legge comunitaria, in due distinti provvedimenti: la legge di delegazione europea, il cui contenuto sarà limitato alle disposizioni di delega necessarie per il recepimento delle direttive comunitarie; la legge europea che, più in generale, conterrà disposizioni volte a garantire l'adeguamento dell'ordinamento interno all’ordinamento europeo. Con specifico riguardo alla legge di delegazione, vengono disciplinati alcuni aspetti della procedura per l’esercizio delle deleghe e vengono definiti i princìpi e criteri generali di delega attualmente regolati, di anno in anno, in ciascuna legge comunitaria. Si conferma inoltre la possibilità per il Governo di adottare provvedimenti anche urgenti diversi dalla legge di delegazione europea e dalla legge europea, necessari per far fronte ad obblighi europei qualora il termine per provvedervi sia anteriore alla data di entrata in vigore dei provvedimenti prima richiamati;

• si ridefiniscono le disposizioni in materia di contenzioso, disciplinando i ricorsi alla Corte di Giustizia ed il diritto di rivalsa dello Stato nei confronti delle regioni e degli altri enti pubblici responsabili di violazioni;

• si disciplina per la prima volta in maniera organica la materia degli aiuti di Stato prevedendo, tra l’altro, un divieto di concessione degli aiuti alle imprese che hanno beneficiato di aiuti giudicati illegali e che non sono stati rimborsati, nonché la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo sull’esecuzione della decisione di recupero.


Tabelle riepilogative
(aggiornamento al 26 marzo 2012)

 


 


Tabella 1
DIRETTIVE SCADUTE O CON SCADENZA ENTRO IL 31/12/2012
NON RECEPITE E NON INSERITE NEI DDL COMUNITARIA 20
11 E 2012[63]

DIRETTIVA

TITOLO

TERMINE DI
RECEPIMENTO

DELEGA PER IL RECEPIMENTO

PARERE DELLE COMMISSIONI

98/49/CE

del Consiglio, relativa alla salvaguardia dei diritti a pensione integrativa dei lavoratori subordinati e autonomi che si spostano all’interno della Comunità

25/07/2001

(legge comunitaria 1999 – legge n. 526/1999)

Non previsto

1999/17/CE

della Commissione che adegua al progresso tecnico la direttiva 76/761/CEE relativa ai proiettori dei veicoli a motore con funzione di fari abbaglianti e/o anabbaglianti nonché alle lampade ad incandescenza per tali proiettori

1/10/1999

No

(da attuare in via amministrativa in base alla legge comunitaria 2000- legge 422/2000)

-

1999/18/CE

Della Commissione che adegua al progresso tecnico la direttiva 76/762/CEE del Consiglio relativa ai proiettori fendinebbia anteriori

1/10/1999

No

(da attuare in via amministrativa in base alla legge comunitaria 2000- legge 422/2000)

-

1999/81/CE

del Consiglio che modifica la direttiva 92/79/CEE relativa al riavvicinamento delle sigarette

1/1/1999

No

(da attuare in via amministrativa in base alla legge comunitaria 2000- legge 422/2000)

-

2000/64/CE

del 7 novembre 2000, che modifica le direttive 85/611/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE e 93/22/CEE del Consiglio per quanto riguarda lo scambio d'informazioni con i paesi terzi

17/11/2002
abrogata parzialmente dalla direttiva 2002/83/CE

No

-

2002/83/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all’assicurazione sulla vita

17/11/2002

20/9/2003

19/6/2004

(legge comunitaria 2003 legge 31 ottobre 2003, n. 306)

No

2003/65/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici

16/9/2004

 

No

(da attuare in via amministrativa in base alla legge comunitaria 2004- legge N. 62/2005)

 

-

2003/107/CE

che modifica la direttiva 96/16/CE relativa alle indagini statistiche nel settore del latte e dei prodotti lattiero-caseari

31/3/2004

No

(da attuare in via amministrativa in base alla legge comunitaria 20005- legge 29/2006)

-

2005/1/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di nuova struttura organizzativa per i comitati di settore dei servizi finanziari

13/5/2005

(legge comunitaria 2005 – legge n. 29/2006)

No

2005/38/CE

Della Commissione relativa ai metodi di campionamento e di analisi per il controllo ufficiale del tenore di tossine di Fusarium nei prodotti alimentari

1/7/2006

No

(da attuare in via amministrativa in base alla legge comunitaria 2006- legge 13/2007)

-

2005/75/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2005, che rettifica la direttiva 2004/18/CE relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi

31/01/2006

No

-

2006/29/CE

della Commissione, dell’8 marzo 2006, che modifica la direttiva 2000/12/CE (enti creditizi) del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda l’inclusione di taluni enti nel campo di applicazione di tale direttiva o la loro esclusione da esso

30/06/2006

No

-

2007/30/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio, che modifica la direttiva 89/391/CEE, 83/477/CEE, 91/383/CEE, 92/29/CEE, 94/33/CEE ai fini della semplificazione e della razionalizzazione delle relazioni sull’attuazione pratica

31/12/2007

(legge comunitaria 2008 – legge n. 88 del 2009)

2008/7/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio sulle imposte indirette sulla raccolta dei capitali

31/12/2008

In base alla banca dati dell’Unione europea Eur-Lex, l’Italia ha notificato alla Commissione europea di non ritenere necessarie misure di attuazione

 

 

2009/2/CE

della Commissione, del 15 gennaio 2009, recante trentunesimo adeguamento al progresso tecnico della direttiva 67/548/CEE del Consiglio concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative relative alla classificazione, all'imballaggio e all'etichettatura delle sostanze pericolose

1/6/2009

-

-

2009/20/CE

del Parlamento europeo e del Consiglio del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 aprile 2009 , sull’assicurazione degli armatori per i crediti marittimi

1/01/2012

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

Lo schema di decreto legislativo è stato trasmesso alle Camere

(atto n. 445)

2009/29/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di perfezionare ed estendere il sistema comunitario per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra

31/12/2012

(legge comunitaria 2009 – legge n. 96/2010)

2009/43/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio che semplifica le modalità e le condizioni dei trasferimenti all’interno delle Comunità di prodotti per la difesa.

30/6/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2009/52/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare

31/7/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2009/64/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla soppressione dei disturbi radioelettrici (compatibilità elettromagnetica) provocati dai trattori agricoli o forestali a ruote

01/01/2010

 

 

2009/65/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di organismi di investimento collettivo in valori mobiliari

30/06/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

Lo schema di decreto legislativo è stato trasmesso alle Camere (atto n. 440)

2009/67/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio elativa all’installazione dei dispositivi di illuminazione e di segnalazione luminosa sui veicoli a motore a due o a tre ruote

01/01/2010

 

 

2009/69/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto in relazione all’evasione fiscale connessa all’importazione

01/01/2010

(legge comunitaria 2009 – legge n. 96/2010)

2009/109/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio concernente obblighi informativi in caso di fusioni e scissioni

30/06/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2009/110/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio relativa agli istituti di moneta elettronica

30/04/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

Lo schema di decreto legislativo è stato trasmesso alle Camere (atto n. 441)

2009/119/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce l’obbligo per gli Stati membri di mantenere un livello minimo di scorte di petrolio greggio e/o di prodotti petroliferi

31/12/2012

(legge comunitaria 2009 – legge n. 96/2010)

2009/126/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla fase II del recupero di vapori di benzina durante il rifornimento dei veicoli a motore nelle stazioni di servizio, e disciplina organica dei requisiti di installazione degli impianti di distribuzione di benzina

01/01/2012

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2009/128/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio relativa all'utilizzo sostenibile dei pesticidi

14/12/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2009/136/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di servizi di comunicazione elettronica

25/05/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2009/138/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di assicurazione e riassicurazione

31/10/2012

(legge comunitaria 2009 – legge n. 96/2010)

2009/139/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle iscrizioni regolamentari dei veicoli a motore a due o tre ruote

31/05/2010

 

 

2009/140/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di comunicazione elettronica

25/05/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

 

2009/162/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al sistema d’imposta comune sul valore aggiunto

01/01/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2010/16/UE

Del Parlamento europeo e del Consiglio che modifica la direttiva 2006/48/CE (enti creditizi) per quanto riguarda l’esclusione di un determinato ente dall’ambito di applicazione

30/06/2010

-

-

2010/24/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di sull'assistenza reciproca in materia di recupero dei crediti risultanti da dazi

31/12/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2010/30/UE

Del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l’indicazione del consumo di energia

20/06/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2010/35/UE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di attrezzature a pressione trasportabili

30/06/2011

(legge comunitaria 2011)

2010/36/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di navigazione marittima

31/05/2011

(legge comunitaria 2011 – legge n. 217/2011)

Lo schema di decreto legislativo è stato trasmesso alle Camere (atto n. 447)

2010/78/CE

Del Parlamento europeo e del Consiglio in materia di poteri dell’Autorità bancaria europea

31/1272011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

2010/88/UE

del Consiglio, del 7 dicembre 2010, che modifica la direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, in relazione alla durata dell'obbligo di applicazione di un'aliquota normale minima

31/12/2010

In base alla banca dati dell’Unione europea Eur-Lex, l’Italia ha notificato alla Commissione europea di non ritenere necessarie misure di attuazione

 

 

2011/12/UE

Del Parlamento europeo e del Consiglio al fine di iscrivere il fenoxicarb come principio attivo

31/01/2012

 

 

2011/15/UE

Della Commissione relativa all’istituzione di un sistema comunitario di monitoraggio del traffico navale e d’informazione

14/03/2012

 

 

2011/17/UE

Del Parlamento europeo e del Consiglio sulla metrologia

30/06/2011

(legge comunitaria 2010 – legge n. 217/2011)

Lo schema di decreto legislativo è stato trasmesso alle Camere (atto n. 442)

 

2011/38/UE

Direttiva di esecuzione 2011/38/UE della Commissione, dell'11 aprile 2011, che modifica l'allegato V della direttiva 2004/33/CE per quanto riguarda i valori massimi del pH per i concentrati piastrinici alla fine del periodo massimo di conservazione

30/6/2011

 

 

2011/73/UE

Direttiva di esecuzione della Commissione relativa alle denominazioni del settore tessile

30/07/2012

 

 

2011/74/UE

Direttiva di esecuzione della Commissione in materia di fibre tessili

30/07/2012

 

 

2011/80/UE

Direttiva di esecuzione della Commissione in materia di iscrizione della lambda-cialotrina come principio attivo

30/09/2012

 

 

2011/94/UE

Direttiva di esecuzione recante modifica della direttiva 2006/126/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la patente di guida

30/12/2012

 

 

2012/01/UE

Direttiva di esecuzione della Commissione per quanto riguarda le condizione che devono essere soddisfatte dalla coltura di Oryza sativa

31/05/2012

 

 

2012/04/UE

Direttiva di esecuzione della Commissione concernente un sistema di tracciabilità per gli esplosivi ad uso civile

04/04/2012

 

 

2012/08/UE

Direttiva di esecuzione della Commissione per l’esame di alcune varietà delle specie di piante agricole

24/06/2012

 

 

 


Tabella 2
DIRETTIVE RICOMPRESE NEL DDL COMUNITARIA 2011

DIRETTIVA

TERMINE DI RECEPIMENTO

 

 

ARTICOLATO

 

2011/7/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 febbraio 2011, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali

16 marzo 2013

2010/23/UE del Consiglio, del 16 marzo 2010, e ulteriori misure per contrastare le frodi in materia di imposta sul valore aggiunto

30 giugno 2010
(si applica fino al 30 giugno 2015)

 

ALLEGATO A

(Articolo 1, commi 1 e 3)

 

 

2009/156/CE del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alle condizioni di polizia sanitaria che disciplinano i movimenti di equidi e le importazioni di equidi in provenienza dai paesi terzi

(senza termine di recepimento)

 

 

ALLEGATO B

(Articolo 1, commi 1 e 3)

 

 

Rettifica della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune di imposta sul valore aggiunto, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea n. L 74/3 del 19 marzo 2011;

(senza termine di recepimento)

2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 48, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi;

(senza termine di recepimento)

2009/102/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 settembre 2009, in materia di diritto delle società, relativa alle società a responsabilità limitata con un unico socio

(senza termine di recepimento)

2009/158/CE del Consiglio, del 30 novembre 2009, relativa alle norme di polizia sanitaria per gli scambi intracomunitari e le importazioni in provenienza dai paesi terzi di pollame e uova da cova

(senza termine di recepimento)

2010/18/UE del Consiglio, dell’8 marzo 2010, che attua l’accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale concluso da BUSINESSEUROPE, UEAPME, CEEP e CES e abroga la direttiva 96/34/CE;

8 marzo 2012

2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia

9 luglio 2012

2010/32/UE del Consiglio, del 10 maggio 2010, che attua l’accordo quadro, concluso da HOSPEEM e FSESP, in materia di prevenzione delle ferite da taglio o da punta nel settore ospedaliero e sanitario

11 maggio 2013

2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto

27 febbraio 2012

2010/41/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sull’applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un’attività autonoma e che abroga la direttiva 86/613/CEE del Consiglio

5 agosto 2012

2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, recante modifica della direttiva 2006/112/CE relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto per quanto riguarda le norme in materia di fatturazione

31 dicembre 2012

2010/53/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, relativa alle norme di qualità e sicurezza degli organi umani destinati ai trapianti

27 agosto 2012

2010/63/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2010, sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici;

10 novembre 2012

2010/64/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali

27 ottobre 2013

2010/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 ottobre 2010, relativa alle formalità di dichiarazione delle navi in arrivo o in partenza da porti degli Stati membri e che abroga la direttiva 2002/6/CE

19 maggio 2012

2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento)

7 gennaio 2013

2010/84/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 dicembre 2010, che modifica, per quanto concerne la farmacovigilanza, la direttiva 2001/83/CE recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano

21 luglio 2012

2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE

1º gennaio 2013

2011/36/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2011, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime, e che sostituisce la decisione quadro del Consiglio 2002/629/GAI

6 aprile 2013

2011/62/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, che modifica la direttiva 2001/83/CE, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, al fine di impedire l’ingresso di medicinali falsificati nella catena di fornitura legale

2 gennaio 2013

2011/65/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2011, sulla restrizione dell’uso di determinate sostanze pericolose nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche (rifusione)

2 gennaio 2013

2011/70/Euratom del Consiglio, del 19 luglio 2011, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi

23 agosto 2013

2011/76/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 settembre 2011, che modifica la direttiva 1999/62/CE relativa alla tassazione di autoveicoli pesanti adibiti al trasporto di merci su strada per l’uso di talune infrastrutture

16 ottobre 2013

2011/82/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero di informazioni sulle infrazioni in materia di sicurezza stradale

7 novembre 2013

 


Dipartimento politiche comunitarie
Banca Dati Eurinfra
Elenco procedure di infrazione
aggiornato al 2 aprile 2012



INSERIRE FILE PDF: elenco procedure

 

 

 

 

 



[1]     Legge 9 marzo 1989, n. 86, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo comunitario e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[2]     Legge 4 febbraio 2005, n. 11, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[3]     Legge 23 agosto 1988, n. 400, Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

[4]     Legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge di contabilità e finanza pubblica).

[5]     L’art. 81, co. 4°, Cost. stabilisce che ogni legge che importi nuove o maggiori spese, rispetto alla legge di bilancio, deve indicare i mezzi per farvi fronte.

[6]    Le infrazioni lesive di determinati interessi generali dell’ordinamento interno, in quanto ritenuti meritevoli di tutela penale, erano state escluse dalla depenalizzazione effettuata dalla L. 689/1981 e, da ultimo, dalla ulteriore depenalizzazione prevista dalla L. 205/1999, e dal D.Lgs. 507/1999, emanato in base alla delega ivi prevista.

[7]     D.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della L. 24 novembre 1999, n. 468.

[8]     Legge 16 aprile 1987, n. 183, Coordinamento delle politiche riguardanti l’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee ed adeguamento dell’ordinamento interno agli atti normativi comunitari.

[9]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa.

[10]    Legge 15 marzo 1997, n. 59, Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa (c.d. “Bassanini 1”). L’art. 20, norma base delle leggi di semplificazione, è stato più volte modificato, da ultimo dalla L. 246/2005 (legge di semplificazione 2005).

[11]   Legge 8 marzo 1999, n. 50, Delegificazione e testi unici di norme concernenti procedimenti amministrativi – Legge di semplificazione 1998.

[12]   Legge 29 luglio 2003, n. 229, Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione. Legge di semplificazione 2001.

[13]   Legge 22 febbraio 1994, n. 146, art. 8.

[14]   Legge 6 febbraio 1996, n. 52, art. 8.

[15]   Si veda, in particolare, la Comunicazione sul rafforzamento della solidarietà all’interno dell’UE in materia di asilo COM(2011)835 del 2 dicembre 2011.

 

[16]   Dir. 14-06-1989, n. 89/395/CEE che modifica la direttiva 79/112/CEE relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari destinati al consumatore finale, nonché la relativa pubblicità.

[17]   L’adeguamento delle disposizioni interne alla direttiva n. 13 è stato disposto con il D.lgs. 23 giugno 2003, n. 181, che ha introdotto le necessarie modifiche nella forma di novelle al precedente decreto n. 109.

[18]   Dir. 14 giugno 1989, n. 89/396/CEE relativa alle diciture o marche che consentono di identificare la partita alla quale appartiene una derrata alimentare. Il provvedimento è stato abrogato e sostituito dalla Dir. 13 dicembre 2011, n. 2011/91/UE di mera codificazione.

[19]   Pubblicata in G.U.U.E L306 del 23 novembre 2011.

[20]   Specificamente, si tratta in particolare di 6 atti legislativi che, da un lato, rafforzano il Patto di stabilità e crescita, e dall’altro rafforzano le norme relative ai quadri di bilancio nazionali e alla sorveglianza in materia di squilibri macroeconomici. In particolare, il pacchetto, oltre alla direttiva 2011/85/UE in esame, comprende:

·       Regolamento (UE) n. 1175/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1466/97 del Consiglio per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche;

·       Regolamento (UE) n. 1177/2011 del Consiglio, dell’8 novembre 2011, che modifica il regolamento (CE) n. 1467/97 per l'accelerazione e il chiarimento delle modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi;

·       Regolamento (UE) n. 1173/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sull'effettiva applicazione della sorveglianza di bilancio nell'area dell'euro;

·       Regolamento (UE) n. 1176/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici;

·       Regolamento (UE) n. 1174/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 novembre 2011, sulle misure esecutive per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nella zona euro.

[21]   Il nuovo trattato è stato negoziato al di fuori del quadro istituzionale dell’Unione europea e delle procedure previste per la modifica dei Trattati UE, avendo il Governo britannico escluso sin dall'inizio di potervi aderire. Facendo seguito alla dichiarazione  adottata dai 17 Capi di Stato e di governo dell’eurozona a margine del Consiglio europeo dell’8-9 dicembre 2011, cui hanno aderito anche altri 9 Stati membri (Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania, e Ungheria; Svezia e Repubblica ceca, ovvero tutti ad eccezione del Regno Unito), il testo del fiscal compact è stato elaborato da un gruppo di lavoro composto di rappresentanti dei medesimi Stati membri, della Commissione europea, di un rappresentante del Regno Unito (in qualità di osservatore) e di tre rappresentanti del Parlamento europeo.

Le attività del gruppo di lavoro si sono concluse il 19 gennaio, con la predisposizione di un testo che, dopo ulteriori negoziati e conseguenti modifiche, è stato sottoposto all'esame e all'approvazione del Consiglio europeo nella riunione straordinaria del 30 gennaio. Contestualmente all'approvazione del fiscal compact – non sottoscritto da Regno Unito e Repubblica ceca - il Consiglio europeo ha approvato una dichiarazione  sui temi della crescita e dell'occupazione.

[22]    D.Lgs. n. 91/2011, “Disposizioni recanti attuazione dell'articolo 2 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di adeguamento ed armonizzazione dei sistemi contabili”.

[23]    D.Lgs. n. 118/2011 “Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42”.

[24]   Nella relazione del 30 settembre, riferita al primo semestre, sono altresì esposte informazioni sull’aggiornamento della stima annuale del conto consolidato di cassa della P.A. e sulle relative forme di copertura, nonché sulla consistenza dei residui alla fine dell’esercizio precedente del bilancio dello Stato, sulla loro struttura per esercizio di provenienza e sul ritmo annuale del loro processo di smaltimento, in base alla classificazione economica e funzionale (comma 4).

[25]   Infine, si ricorda l’istituzione presso il Ministero dell'economia e delle finanze della banca dati unitaria delle amministrazioni pubbliche, alimentata da una serie di dati di bilancio che le amministrazioni pubbliche sono tenute ad inserirvi e a cui potranno avere accesso secondo modalità da stabilire con appositi decreti del Ministro dell'economia e delle finanze. Essa reca altresì una apposita sezione nella quale sono contenuti tutti i dati necessari a dare attuazione al federalismo fiscale(articolo 13).

[26]   D.L. n. 98 del 6 luglio 2011 “Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria”, convertito in legge n. 111/2011.

[27]   Tali informazioni si aggiungono a quelle già fornite nel conto del patrimonio degli enti locali, ai sensi di quanto previsto dal D.P.R. n. 194/1996 (Regolamento di approvazione dei modelli – di cui all’articolo 160 del D.L.g.s. n. 267/2000 - relativi all'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali). In particolare, nel conto del patrimonio, la voce “partecipazioni” è articolata nelle seguenti voci: imprese controllate, imprese collegate, altre imprese.

 

[28]   In relazione con il quadro normativo sui sistemi di sicurezza sociale stabilito dal regolamento (CE) n. 883/2004, sulle prestazioni di sicurezza sociale assicurate ai lavoratori emigranti e ai loro familiari.

[29]   Il retro della Tessera Sanitaria costituisce la Tessera Europea di Assicurazione Malattia (TEAM). Con le Decisioni n. 189, 190 e 191 del 18 giugno 2003, l’Unione Europea ha disposto l’introduzione progressiva, a partire dal 1° giugno 2004, della Tessera Europea di Assicurazione Malattia (TEAM), secondo un modello unico rappresentato sul retro della nuova Tessera Sanitaria; esiste anche una versione "fronte", adottata da molti Paesi dell'Unione Europea. Consente a tutti i cittadini dell’Unione, che si trovino temporaneamente in un altro Stato Membro (qualunque sia la ragione della permanenza), l’accesso diretto ai servizi sanitari del Paese ospite, alle stesse condizioni dei residenti. Ogni cittadino dell’Unione (lavoratore subordinato o autonomo, turista, studente, pensionato, ecc.) per ottenere assistenza medica potrà rivolgersi direttamente ai servizi sanitari del Paese che lo ospita esibendo semplicemente la Tessera Sanitaria.

[30]   Ai sensi dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 883/2004.

[31]   Secondo il regolamento (CE) n. 859/2003, o il regolamento (UE) n. 1231/2010 (che all’art. 2 ha abrogato il reg. 859/2003) si applica il sistema di sicurezza sociale del reg. 883/2004 anche ai cittadini dei paesi terzi che risiedono legalmente nel territorio degli Stati membri, concedendo loro una serie di diritti uniformi che corrisponde il più possibile a quelli di cui godono i cittadini dell'Unione.

[32]   Ai sensi della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.

[33]   E il portale dell’Unione europea sulle malattie rare e farmaci orfani www.orpha.net.

[34]   Doc. XVIII, n. 8, XII Commissione (Affari Sociali) Documento finale, a norma dell'articolo 127 del regolamento, su: Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (COM(2008)414 def.), approvato il 10 marzo 2009.

[35]   Regolamento del Consiglio relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità.

Il citato regolamento è stato abrogato dall’articolo 90 del regolamento (CE) n. 883/2004. Tuttavia l’efficacia di quest’ultimo è subordinata all’entrata in vigore di uno specifico regolamento di applicazione che a tutt’oggi non risulta ancora emanato.

[36]   Regolamento del Consiglio che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento (CEE) n. 1408/71 relativo all'applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati e ai loro familiari che si spostano all'interno della Comunità.

[37]   Si tratta, in particolare, dei seguenti Paesi: Argentina, Australia, Brasile, Capoverde, Città del Vaticano e Santa Sede, Croazia EX Jugoslavia, Principato di Monaco, San Marino Tunisia.

[38]   Su questi aspetti cfr. www.ministerosalute.it/Assistenzasanitaria.

[39]   L’Organismo di Collegamento è la struttura che svolge funzioni di raccordo con gli altri Stati e all’interno del proprio Stato, tra tutte le istituzioni competenti, in materia di sicurezza sociale. Il Ministero della Salute in Italia rappresenta l’Organismo di Collegamento per le relazioni amministrative e finanziarie con gli altri Paesi in materia di assistenza sanitaria all'estero.

[40]   Il 28 giugno 2006 la Commissione europea ha inviato all’Italia un parere motivato (procedura n. 2006/0280) per mancata attuazione nell’ordinamento interno della direttiva 2003/109/CE, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini dei Paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo. Il termine indicato dalla direttiva per il recepimento era il 23 gennaio 2006.

[41]    D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[42]    Legge 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[43]    Legge 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.

[44]   La Corte ha ritenuto manifestamente irragionevole subordinare l’attribuzione di una prestazione assistenziale, quale l’indennità di accompagnamento, al possesso di un titolo di legittimazione alla permanenza del soggiorno in Italia che richiede per il suo rilascio, tra l’altro, la titolarità di un reddito e, pertanto, in contrasto con l’art. 10, primo comma, della Costituzione, dal momento che tra le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute rientrano quelle che, nel garantire i diritti fondamentali della persona indipendentemente dall’appartenenza a determinate entità politiche, vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato. Al legislatore italiano, ha proseguito la Suprema Corte, è certamente consentito dettare norme, non palesemente irragionevoli e non contrastanti con obblighi internazionali, che regolino l’ingresso e la permanenza di extracomunitari in Italia (cfr. sentenza n. 148 del 2008) così come  subordinare, non irragionevolmente, l’erogazione di determinate prestazioni  alla circostanza che il titolo di legittimazione dello straniero al soggiorno nel territorio dello Stato ne dimostri il carattere non episodico e di non breve durata; una volta, però, che il diritto a soggiornare alle condizioni predette non sia in discussione, non si possono discriminare gli stranieri, stabilendo, nei loro confronti, particolari limitazioni per il godimento dei diritti fondamentali della persona, riconosciuti invece ai cittadini (sulla medesima giurisprudenza si veda anche Corte Cost., sentenza 14 gennaio 2009, n. 11).

 

[45]   www.senato.it/leg/16/BGT/Schede/Ddliter/37909.htm.

[46]   La direttiva prevede che la generazione dei rifiuti radioattivi sia “tenuta al minimo ragionevolmente praticabile”.

[47]   La normativa europea (Dir. 97/7/CE) prevede soli 7 gg. per il recesso.

[48]   Direttiva 98/78/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla vigilanza supplementare sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di riassicurazione appartenenti a un gruppo assicurativo o riassicurativo.

[49]   Direttiva 2002/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla vigilanza supplementare sugli enti creditizi, sulle imprese di assicurazione e sulle imprese di investimento appartenenti ad un conglomerato finanziario e che modifica le direttive 73/239/CEE, 79/267/CEE, 92/49/CEE, 92/96/CEE, 93/6/CEE e 93/22/CEE del Consiglio e le direttive 98/78/CE e 2000/12/CE del Parlamento europeo e del Consiglio.

[50]   Direttiva 2006/48/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio.

[51]   Direttiva 2009/138/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio in materia di accesso ed esercizio delle attività di assicurazione e di riassicurazione (solvibilità II).

[52]    Istituita dal regolamento (UE) n. 1093/2010.

[53]   Istituita dal regolamento (UE) n. 1094/2010.

[54]   Istituita dal regolamento (UE) n. 1095/2010.

[55]   Come indicate dalla relazione illustrativa. Si dà conto unicamente delle direttive di maggiore rilevanza.

[56]   End of Life Vehicles.

[57]   Tra gli studi più recenti a livello europeo sui veicoli fuori uso si ricorda ’“End of life vehicles: Legal aspects, national practices and recommendations for future successful approach”, del 2010 consultabile al seguente indirizzo internet http://ec.europa.eu/environment/waste/pdf/study/elv.pdf.

[58]   Nel 4° e 5° considerando della direttiva viene, inoltre, rilevato come l’uso di piombo in materiali termoelettrici utilizzati nell'industria automobilistica in applicazioni che riducono le emissioni di CO2 mediante il recupero del calore dei gas di scarico sia tuttora tecnicamente e scientificamente inevitabile, come è inevitabile anche l’uso di altri materiali e componenti contenenti piombo, mercurio, cadmio o cromo esavalente che dovrebbero continuare a beneficiare di un'esenzione al divieto senza una data di scadenza.

[59]   La direttiva 2000/53/CE avrebbe dovuto essere attuata entro il 21 aprile 2002, circostanza che ha determinato l’avvio di una procedura di infrazione comunitaria (n. 2002/0168) nei confronti dell’Italia.

[60]   L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 98/70/CE, come modificato dalla direttiva 2009/30/CE, stabilisce che qualora sia necessario l’adeguamento al progresso tecnico degli allegati I, II o III, le modifiche, intese a modificare elementi non essenziali della direttiva, possono essere adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all’articolo 11, paragrafo 4.

[61]   Organizzazione internazionale per la standardizzazione.

[62]   Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari.

[63]   Sono escluse le direttive che, come quelle di codificazione e rifusione, non prevedono termini espressi di recepimento, nonché le direttive che si limitano a modificare termini di precedenti direttive, ovvero ad abrogare le stesse.