Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Riforma del Titolo IV della Costituzione A.C. 4275 Lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali (XIII leg.) Comitato sistema delle garanzie: resoconti delle sedute dal 5 marzo al 7 maggio 1997
Riferimenti:
AC N. 4275/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 483    Progressivo: 3
Data: 26/05/2011
Descrittori:
COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA   MAGISTRATURA
ORDINAMENTO GIUDIZIARIO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS N. 2853/XIII   AC N. 3931/XIII

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di

Progetti di legge

Riforma del Titolo IV della Costituzione

A.C. 4275

Lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali (XIII leg.)

Comitato sistema delle garanzie:
resoconti delle sedute dal 5 marzo al 7 maggio 1997

 

 

 

 

 

 

n. 483/3

parte II

 

 

26 maggio 2011


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9148 / 066760-9559 – * st_giustizia@camera.it

AVVERTENZA

 

 

La documentazione raccoglie stralci degli atti parlamentari concernenti i lavori della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali (cd. Commissione D’Alema) istituita nella XIII legislatura con legge costituzionale 24 gennaio 1997, n. 1.

Le parti stralciate riguardano la riforma del titolo IV della parte II della Costituzione rubricato “La Magistratura” ed oggetto, in particolare, dell’attività del Comitato sul sistema delle garanzie, costituito all’interno della Commissione e presieduto dall’on. Boato.

In tale ambito, con parziale esclusione dei lavori del Comitato sul sistema delle garanzie, sono state selezionate,ove possibile, le parti i cui profili di interesse coincidono con quelli del disegno di legge del Governo AC 4275 “Riforma del Titolo IV della Parte II della Costituzione”, all’esame delle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia della Camera.

Nei quattro volumi in cui si articola la documentazione sono contenuti:

§          i resoconti stenografici della sedute della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali;

§          i resoconti sommari del Comitato sul sistema delle garanzie;

§          la discussione, presso l’Assemblea della Camera dei deputati, delle linee generali del progetto di legge costituzionale (AC 3931-A/AS 2583-A).

In particolare,

Ø       Il volume primo contiene i resoconti delle sedute della Commissione bicamerale dall’11 febbraio al 27 maggio 1997;

Ø       Il volume secondo contiene i resoconti del Comitato sistema delle garanzie dal 5 marzo al 7 maggio 1997;

Ø       Il volume terzo contiene i resoconti stenografici delle sedute della Commissione bicamerale dal 3 al 30 giugno 1997, il progetto di legge costituzionale approvato (A.C. 3931 e A.S. 2583) nonché gli emendamenti presentati al Parlamento entro il 30 luglio 1997 (limitatamente a quelli riferiti agli articoli da 119 a 132 del testo approvato);

Ø       Il volume quarto contiene, infine, i resoconti stenografici delle sedute della Commissione bicamerale dal 28 ottobre al 4 novembre 2007 ed il progetto di legge costituzionale come risultante dagli emendamenti approvati (A.C. 3931-A e A.S. 2583-A) nonché la relazione di  minoranza Cossutta; i resoconti stenografici delle sedute dell’Assemblea della Camera dei deputati dal 26 gennaio al 9 giugno 1998 (data di interruzione definitiva dei lavori)

Si ricorda che l’Assemblea della Camera dei deputati, per l’anticipata e definitiva interruzione dei lavori, non ha esaminato l’articolato sul Sistema delle garanzie approvato dalla Commissione parlamentare per le riforme costituzionali, come risultante dagli emendamenti approvati nella sessione autunnale conclusasi il 4 novembre 1997.

I resoconti integrali degli atti parlamentari inerenti i lavori della Commissione D’Alema sono disponibili presso il Servizio Studi della Camera (volumi da I a XVII).

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: GI0558d2.doc

 


INDICE

 

Comitato sistema delle garanzie

§      Seduta del 5 marzo 1997                                                                                3

§      Seduta del 12 marzo 1997                                                                              7

§      Seduta del 13 marzo 1997                                                                            11

§      Seduta del 19 marzo 1997                                                                            17

§      Seduta del 20 marzo 1997                                                                            25

§      Seduta del 21 marzo 1997                                                                            29

§      Seduta del 25 marzo 1997                                                                            37

§      Seduta del 26 marzo 1997                                                                            45

§      Seduta del 3 aprile 1997                                                                                59

§      Seduta dell’8 aprile 1997                                                                               69

§      Seduta del 10 aprile 1997, ore 10.                                                                 77

§      Seduta del 10 aprile 1997, ore 11,30                                                             81

§      Seduta del 15 aprile 1997                                                                              83

§      Seduta del 16 aprile 1997, ore 10.                                                                 89

§      Seduta del 16 aprile, ore 16,45.                                                                     97

§      Seduta notturna del 17 aprile 1997                                                              105

§      Seduta del 22 aprile 1997                                                                            113

§      Seduta antimeridiana del 29 aprile 1997                                                     135

§      Seduta notturna del 29 aprile 1997                                                              183

§      Seduta del 30 aprile 1997                                                                            191

§      Seduta del 6 maggio 1997                                                                           205

§      Seduta del 7 maggio 1997                                                                           217

Allegato n. 2: Proposte conclusive di ipotesi di articolato presentate dal relatore del Comitato sistema della garanzie al termine della fase istruttoria                          234


Comitato sistema delle garanzie

 


COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI Mercoledì 5 ,marzo 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 


La seduta comincia alle 16.40.

 

Giuliano URBANI, Presidente, osserva che l'ambito di lavoro del Comitato dovrà riguardare gli articoli da 99 a 113 e da 134 a 139 della Costituzione; probabilmente, peraltro, tale indicazione non è esaustiva. Infatti alcuni temi - quali quelli che riguardano l'articolo 138 - sono anche di competenza di altri Comitati, mentre possono essere istituite anche garanzie attualmente non previste dalla Costituzione. In ogni caso, la materia di interesse del Comitato è rappresentata dai titoli IV e VI della parte II della Costituzione e dalle disposizioni sugli organi ausiliari. Circa le modalità di lavoro, si prospettano tre ipotesi: ossia individuare fin d'ora un testo base che per completezza sia rappresentativo delle diverse tematiche; scegliere due o più proposte di legge alle quali fare riferimento; oppure - e a suo giudizio è la strada più praticabile - pervenire alla redazione di un testo unificato.

Auspica comunque che si faccia chiarezza sulle questioni essenziali che il Comitato dovrà affrontare ed in tal senso si augura che tutti i commissari offrano nel corso del lavoro soluzioni non rigide.

Propone infine che il Comitato si riunisca almeno tre volte alla settimana, utilizzando a volte anche il lunedì pomeriggio. Ritiene anche opportuno che alcune sedute del Comitato siano dedicate all'audizione di soggetti istituzionali ed al riguardo fa presente che il ministro di grazia e giustizia Flick ha manifestato la sua disponibilità ad intervenire - se il Comitato lo riterrà opportuno - fin da domani.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, sottolinea che le tematiche all'attenzione del Comitato sono complesse e in parte intersecano l'ambito di competenza di altri Comitati; perciò più avanti sarà utile un momento di raccordo per evitare sovrapposizioni inutili.

Condivide senza dubbio l'opportunità di pervenire alla redazione di un testo unificato che prospetti anche opzioni alternative su tematiche specifiche. Rileva inoltre che il testo a cui il Comitato si dovrà in partenza riferire è necessariamente la Costituzione. Circa il campo di intervento, osserva che esso riguarda gli articoli 99 e 100, ossia gli organi ausiliari, considerando che essi saranno oggetto anche della competenza di altri Comitati; il titolo IV, ossia gli articoli da 101 a 113; e il titolo VI, ossia gli articoli da 134 a 139. In particolare, sottolinea che ci si dovrà occupare dell'articolo 138 alla fine dei lavori del Comitato, mentre, per quanto riguarda l'articolo 139, sottopone al Comitato la questione se tale articolo sia da ritenere assolutamente inemendabile, come il relatore personalmente ritiene.

Circa l'individuazione delle questioni, ritiene che esse siano costituite dalla unicità o meno della giurisdizione; dai poteri e dalle funzioni del Consiglio di Stato; dai poteri e dalle funzioni della Corte dei conti; dalla magistratura. Riguardo a quest'ultima, bisognerà considerare il ruolo del pubblico ministero e quello del giudice; l'autonomia, l'indipendenza e la responsabilità dei magistrati; la distinzione delle funzioni e la evenutale separazione delle carriere; l'unicità del Consiglio superiore della magistratura o la pluralità degli organi di autogoverno; i poteri, la composizione e la presidenza dello stesso Consiglio; la titolarità dell'azione disciplinare; i poteri del ministro di grazia e giustizia; l'obbligatorietà dell'azione penale; la questione della parità tra accusa e difesa e il principio di ragionevolezza della durata dei processi.

Altra questione riguarda la Corte costituzionale e, considerando peraltro che la materia è di competenza anche di altri Comitati, bisognerà occuparsi dei poteri, dell'accesso, delle modalità di nomina o di elezione dei componenti e della composizione della stessa Corte. Inoltre, il Comitato dovrà considerare l'opportunità di prevedere uno statuto delle opposizioni e dovrà porre la sua attenzione sulle autorità amministrative indipendenti e sul difensore civico. Infine, ricorda i temi relativi all'articolo 138, che appartiene peraltro soprattutto alla competenza del Comitato Parlamento e fonti normative, e la accennata questione della emendabilità dell'articolo 139.

Dichiara altresì di essere disponibile ad incontrare preliminarmente il ministro di grazia e giustizia.

Quanto, poi, alle modalità di lavoro, è favorevole a che il Comitato compia una rapida ricognizione delle questioni e tenga almeno tre sedute alla settimana.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), giudicando esauriente la elencazione delle questioni testè svolta dal relatore, ritiene prioritario affrontare subito la questione della unicità o meno della giurisdizione, poiché un orientamento chiaro sul tema faciliterebbe il successivo lavoro del Comitato.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale), condividendo l'opinione del senatore Pellegrino, ritiene esauriente la esposizione del relatore.

Circa la possibilità di un incontro con il ministro di grazia e giustizia, giudicherebbe più opportuno rinviarlo, poiché il Comitato deve lavorare prescindendo da qualsiasi condizionamento esterno.

Infine, ritiene realistico limitare le sedute ai giorni centrali della settimana.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) fa presente che la Commissione giustizia del Senato sta attualmente esaminando due disegni di legge del Governo in materia rispettivamente di responsabilità discipinare e incompatibilità dei magistrati e di professionalità e separazione delle carriere dei magistrati medesimi. Il ministro di grazia e giustizia ha manifestato la sua disponibilità a riferire in merito in Commissione giustizia, nell'ambito di una linea intesa ad evitare che la legislazione ordinaria si occupi di temi che sono oggetto di esame da parte della Commissione bicamerale.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), condividendo le proposte formulate dal Presidente e dal relatore, ritiene che non debbano in linea di principio svolgersi audizioni nei Comitati, a meno che le audizioni stesse non riguardino tematiche specifiche. Sembra questo il caso, nella fattispecie, dell'audizione del ministro Flick, la quale peraltro - se così il Comitato ritenesse - potrebbe essere effettuata anche in Commissione plenaria.

Sottolinea poi che gli argomenti da trattare, come individuati dal relatore, possono essere raggruppati in tre distinte tematiche: unicità o pluralità della giurisdizione, magistratura, Corte costituzionale. Si potrebbe pertanto discuterne in successione cronologica, prevedendo almeno tre sedute alla settimana.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene opportuno pervenire - avendo a riferimento la Costituzione - alla redazione di un testo unificato, su cui auspica una ampia convergenza.

Dopo aver manifestato l'opinione che debba tenersi conto dei lavori svolti in materia di garanzie dalla Costituente ad oggi, dichiara di condividere l'esigenza di affrontare prioritariamente la questione della unicità o pluralità della giurisdizione.

Non è favorevole a prevedere un incontro con il ministro di grazia e giustizia, che potrebbe solamente ingenerare equivoci e potrebbe sconfinare in un dibattito generale sui problemi della giustizia. Auspica quindi che lo stesso ministro Flick non insista nell'esame di disegni di legge il cui contenuto può interferire con le materie di competenza della Commissione bicamerale.

Circa le modalità di lavoro del Comitato, ritiene che siano necessarie almeno tre sedute alla settimana, prevedendo altresì, in taluni casi, sedute notturne.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti), condividendo l'elencazione delle questioni svolta dal relatore, ritiene che sia preliminare affrontare il tema della unicità della giurisdizione.

Quanto all'ipotizzato incontro con il ministro Flick, ritiene preferibile svolgerlo, ma non immediatamente, nel quadro di una serie di audizioni.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo CCD) esprime l'auspicio che le sedute dei Comitati non si svolgano contemporaneamente, per non pregiudicare la possibilità dei gruppi minori di prendervi parte.

Inoltre, non ritiene che i lavori debbano necessariamente iniziare dalla questione della unicità o pluralità della giurisdizione.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ritiene che un eventuale incontro con il ministro Flick possa in qualche modo condizionare i lavori del Comitato, a meno che il ministro stesso non si limiti a comunicare che non intende interferire sull'attività della Commissione con l'attività legislativa ordinaria.

Condivide poi l'individuazione delle questioni svolta dal relatore e la distinzione delle stesse in tre settori. A suo giudizio, sarebbe pertanto opportuno iniziare i lavori da uno dei settori indicati.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) giudica opportuno rinviare un'eventuale audizione del ministro Flick ad un momento successivo dei lavori. Tale audizione potrebbe risultare utile al fine di rappresentare al Comitato alcune realtà di fatto, di cui è essenziale essere a conoscenza.

È favorevole ad iniziare l'esame dalla questione della unicità della giurisdizione, poiché ritiene che tutte le altre tematiche siano in qualche modo influenzate da questa. Inoltre, il tema ha un impatto ideologico e politico meno denso. Sottolinea, infine, l'importanza, talora trascurata, dei problemi riguardanti la giustizia civile.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo, relatore, ritiene opportuno differire ad un momento successivo la valutazione dell'opportunità di un'eventuale audizione del ministro Flick.

Alla luce delle osservazioni svolte, sottolinea poi che un'ampia maggioranza è favorevole ad iniziare i lavori dal tema della unicità o pluralità della giurisdizione.

Giuliano URBANI, Presidente, tiene a precisare che il ministro Flick aveva semplicemente dichiarato al Presidente e al relatore la sua disponibilità ad un incontro con il Comitato. Considerate però le valutazioni di molti commissari, si riserva di incontrarlo insieme al relatore, informando il Comitato dell'esito dell'incontro.

Circa il metodo, posto che un'ampia maggioranza dei commissari è favorevole ad iniziare i lavori dal tema dell'unicità della giurisdizione, propone - ed il Comitato consente - che il relatore sia incaricato di predisporre al riguardo due testi che abbiano a fondamento le due diverse soluzioni del problema. Ritiene inoltre che l'esame della questione debba essere portato a compimento in due sedute.

Invita poi i commissari a indicare quanto prima altre questioni oltre quelle individuate dal relatore di cui il Comitato potrebbe interessarsi, come ad esempio quella della giustizia civile, rilevando tuttavia che la elencazione del relatore è già di per sé quanto mai vasta ed esaustiva.

Avverte infine che il Comitato sarà convocato per mercoledì 12 marzo alle ore 9, riservandosi successivamente di predisporre un calendario dei lavori, che terrà conto anche delle decisioni che verranno assunte dall'Ufficio di Presidenza della Commissione nella riunione di domani.

 

La seduta termina alle 18,45.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI Mercoledì 12 marzo 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 9,25.

Giuliano URBANI, Presidente, ricorda che il Comitato ha deciso nella seduta di mercoledì 5 marzo di iniziare i lavori dal tema dell'unicità ovvero della pluralità della giurisdizione.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che si riserva di predisporre uno o due testi che abbiano a fondamento le due diverse soluzioni del problema dell'unicità o pluralità della giurisdizione sulla base degli orientamenti che emergeranno nel corso del dibattito.

La questione all'esame è certamente complessa per ragioni storiche, politiche, istituzionali e sociali.

Dopo aver ricordato brevemente i lavori della Assemblea Costituente sulla questione, a partire dalle posizioni del relatore Calamandrei e in relazione al successivo dibattito, osserva che si arrivò ad una sorta di compromesso che emerge dal combinato disposto degli articoli 102 e 103 della Costituzione. Successivamente, nel corso della IX legislatura, la Commissione Bozzi decise di non affrontare la questione. Nella XI legislatura, invece, il tema della unicità o pluralità della giurisdizione diviene centrale per il Comitato garanzie costituito all'interno della Commissione De Mita-Iotti; ma il contesto politico di allora non consentì di concludere i lavori con la formulazione di un testo normativo. Al contrario, oggi, ritiene che possa essere finalmente affrontata la questione con la serenità necessaria.

Ricordando sinteticamente il dibattito svoltosi presso il Comitato garanzie della Commissione De Mita-Iotti, fa presente che si affermò alla fine un orientamento favorevole all'unicità della giurisdizione, nonostante fosse stata inizialmente prospettata una posizione orientata al principio della pluralità della giurisdizione.

Fa quindi presente che è preliminare procedere al superamento della rigida distinzione tra la categoria dei diritti soggettivi, tutelati dal giudice ordinario, e quella degli interessi legittimi, tutelati dal giudice amministrativo; e ciò, anche alla luce della inesistenza di tale distinzione negli altri ordinamenti e della conseguente configurazione della normativa comunitaria, che non conosce la categoria dell'interesse legittimo.

Sembra in effetti preferibile, piuttosto che riferirsi a questa superata dicotomia, utilizzare - qualora si propenda per la conservazione della pluralità della giurisdizione - il metodo della attribuzione a ciascuna giurisdizione di «blocchi di materie» organicamente considerati.

Occorre inoltre chiedersi - sempre nel quadro di un'eventuale scelta a favore della pluralità delle giurisdizioni - se sia comunque opportuno conservare l'attuale tripartizione fra magistratura ordinaria, amministrativa e contabile ovvero se si voglia attribuire alla magistratura amministrativa o a quella ordinaria anche la competenza sulle controversie in materia contabile. È altresì necessario valutare l'eventualità di un esplicito riferimento costituzionale alla giurisdizione tributaria, nonché se si intenda conservare la giurisdizione militare, dal momento che vi è un orientamento prevalente alla sua abrogazione in tempo di pace.

Si deve affrontare poi la questione relativa all'articolazione degli organi di autogoverno, potendosi prospettare la costituzione di un unico consiglio superiore di tutte le magistrature anche nel caso di pluralità delle giurisdizioni, articolato in diverse sezioni.

Altro rilevantissimo problema è quello della magistratura requirente, della sua separazione - riferita alle funzioni ovvero alle carriere - dalla magistratura giudicante e delle sue garanzie di indipendenza.

Quanto al Consiglio di Stato e alla Corte dei conti, oltre alla questione della soppressione delle loro funzioni giurisdizionali, che deriverebbe ovviamente dalla scelta per l'unicità della giurisdizione, bisogna affrontare comunque quella della separazione netta delle suddette funzioni da quelle di carattere amministrativo, di consulenza o di controllo.

Concludendo, si riserva infine di illustrare in sintesi nella seduta di domani il contenuto delle proposte di legge vertenti sulla materia, operando una comparazione delle stesse.

Giuliano URBANI, Presidente, circa l'organizzazione dei lavori del Comitato, propone un calendario di massima che prevede di tenere sedute, tutte le settimane, nella mattina del martedì dalle 9,30 alle 13 e nei pomeriggi del mercoledì e del giovedì dalle 15,30 alle 19.

Fa inoltre presente che, allo scopo di evitare che le audizioni in materia di giustizia da tenere in Commissione plenaria riguardino un numero troppo elevato di soggetti, potrebbero essere ascoltate dal Comitato le associazioni rappresentative dei magistrati amministrativi, contabili, tributari e militari.

Intervengono, quindi, sulle proposte del Presidente relative all'organizzazione dei lavori i senatori Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD), Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano), Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale), Marcello PERA (gruppo forza Italia), Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) e i deputati Enrico BOSELLI (gruppo misto-socialisti italiani) e Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia).

Giuliano URBANI, Presidente, riassumendo gli orientamenti emersi nel dibattito sull'organizzazione dei lavori, fa presente che sottoporrà all'Ufficio di Presidenza della Commissione l'esigenza di un raccordo tra gli orari delle sedute dei diversi Comitati per evitare, per quanto possibile, sovrapposizioni. Farà altresì presente all'Ufficio di Presidenza l'orientamento del Comitato a non effettuare audizioni alla luce dell'esigenza di dedicare tutto il tempo disponibile al dibattito e all'esame dei testi, considerato che il Comitato dovrà affrontare, accanto ai temi inerenti alla giurisdizione, anche altre rilevanti questioni, quali quelle afferenti la Corte costituzionale, il difensore civico, lo statuto delle opposizioni, le autorità amministrative indipendenti. È stato rilevato inoltre che le audizioni delle associazioni dei magistrati amministrativi, contabili, tributari e militari dovrebbero riguardare un tema - quale quello dell'unicità o pluralità della giurisdizione - su cui il Comitato dovrebbe pronunciarsi nei prossimi giorni. Prospetta quindi l'opportunità che si invitino i soggetti da audire a formulare precise proposte di modifica della Costituzione.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), osserva che il problema della unità della giurisdizione si pone soprattutto per la giustizia amministrativa, meno per quella contabile, mentre per quella militare ritiene che il problema sia ormai superato perché è matura la consapevolezza che occorre sopprimerla.

Osserva, preliminarmente, che il giudice amministrativo nasce con un connotato di non terzietà, ossia non è del tutto imparziale rispetto alle questioni che esamina. Infatti, ritiene fallace l'argomento secondo cui il giudice, che deve giudicare dei rapporti, deve essere sensibile all'interesse pubblico, poichè l'amministrazione è di fatto una prosecuzione dell'attività di governo. Inoltre, l'esperienza ha dimostrato che di fronte all'amministrazione si pongono situazioni soggettive che esigono una tutela di per sé, indipendentemente dall'interesse pubblico che è l'altro polo del bilanciamento. Alla base, esiste una concezione autoritaria dello Stato-amministrazione e una concezione della discrezionalità come potere e ciò si apprezza nel disposto dell'articolo 100 della Costituzione che sembra disegnare il Consiglio di Stato come una sorta di «consulente del principe» che, in quanto tale, è anche l'organo incaricato di fare giustizia. Pertanto, ritiene che l'attuale disciplina costituzionale non assicuri l'imparzialità dell'organo.

Inoltre, si deve considerare che il mantenimento della categoria dell'interesse legittimo determina un enorme contenzioso inutile, alla luce della competenza della Corte di cassazione a giudicare delle questioni riguardanti la giurisdizione.

Riguardo poi alle materie indicate dalla legge che possono essere di competenza del Consiglio di Stato, osserva che dovrebbe essere eliminata la discrezionalità del legislatore ordinario nella loro individuazione.

A suo giudizio, tre possono essere le possibili soluzioni: prevedere una giurisdizione unica, ipotesi che richiede il massimo grado di volontà innovativa; prevedere per la giurisdizione amministrativa un ordine giudiziario separato con garanzie, statuto, terzietà e proprio organo di autogoverno come per la magistratura ordinaria; prevedere ordini separati con identità di statuto, garanzie e terzietà e un unico organo di autogoverno, eventualmente distinto in sezioni.

Le ultime due soluzioni comportano alcuni problemi consequenziali: quello della ripartizione delle competenze - al riguardo, si potrebbero prevedere, nell'ipotesi del superamento della categoria dell'interesse legittimo, prevista comunque nell'articolo 24 della Costituzione, distinti blocchi di materie - e il ruolo della Corte di cassazione, considerato che si potrebbe prevedere la ricorribilità in cassazione per violazione di legge anche delle sentenze del Consiglio di Stato.

Ritiene, personalmente e pur avendo sottoscritto il disegno di legge A.S. 2047 che opta per la terza soluzione, di essere favorevole alla prima soluzione prospettata ossia la unicità della giurisdizione, in quanto la trova la più razionale e perciò la più radicalmente innovativa.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) osserva preliminarmente che il senatore Senese ha giustamente accennato al fatto che l'articolo 24 della Costituzione prevede che «tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi». Si tratta quindi di decidere se il Comitato sia favorevole al superamento della categoria dell'interesse legittimo.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene che tale questione non possa essere di ostacolo ai lavori del Comitato, poiché l'articolo 24 della Costituzione non individua la giurisdizione competente per la tutela degli interessi legittimi.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) non condivide l'ipotesi di prevedere l'unicità della giurisdizione che determinerebbe una magistratura troppo forte. Bisogna ricercare una via di mediazione, prevedendo diversi organi di autogoverno. Inoltre, immaginare una Corte di cassazione come ultima istanza anche nei processi amministrativi comporterebbe necessariamente un eccessivo intasamento di tale organo.

Giuliano URBANI, Presidente, si riserva di presentare insieme al relatore una proposta di calendario che individui i tempi destinati ai singoli argomenti che il Comitato deve affrontare, considerando anche l'opportunità di porre l'attenzione sul difensore civico, sulle autorità amministrative indipendenti e sull'accesso alla Corte Costituzionale. Su tale ultima questione, osserva che qualora fosse ampliato l'accesso, bisognerebbe prevedere di conseguenza adeguate strutture.

Infine, alla luce del dibattito svoltosi, sottolinea i due punti che potrebbero essere assunti come altrettanti «principi generali» per il proseguimento dei lavori: terzietà del giudice a tutti i livelli e in tutti gli ambiti giurisdizionali; necessità di considerare la magistratura, nel suo insieme, come un «potere» comunque bisognoso - come qualsiasi altra forma di «potere costituzionale» - di precise garanzie di limitazione e responsabilità (o dall'esterno o dall'interno, nella classica logica democratica dei «pesi e contrappesi»).

 

La seduta termina alle 12.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI giovedì 13 marzo 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 15,50.

Il Comitato prosegue la discussione sul tema della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione.

Il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo) osserva, in primo luogo, che l'assioma «eliminazione dell'interesse legittimo-giudice unico» rappresenta, in realtà, una prospettazione fuorviante del problema. Infatti, l'anomalia del sistema italiano non consiste nella esistenza della categoria dell'interesse legittimo, che altri ordinamenti stranieri prevedono, anche se in forme diverse, bensì nell'aver fondato sulla distinzione tra diritto e interesse il criterio per la distribuzione delle competenze tra giudice civile e giudice amministrativo.

Ritiene che la eliminazione della categoria dell'interesse legittimo non sia possibile, non potendosi modificare l'articolo 24 della Costituzione; e che non sia rilevante quanto all'assetto ordinamentale delle giurisdizioni, considerato che diversi ordinamenti stranieri, che non garantiscono la tutela dell'interesse legittimo, prevedono il giudice amministrativo. La questione, invece, assume rilevanza se si intende modificare - come si deve - il criterio di riparto della giurisdizione. Allora, è necessario modificare l'articolo 113 della Costituzione, nel senso di prevedere che il riparto di competenze tra giudice civile e giudice amministrativo sia stabilito dalla legge per materie tra loro omogenee e che al giudice amministrativo siano attribuite la cause di cui sia parte una pubblica autorità e quelle comunque riguardanti l'esercizio di funzioni e servizi pubblici.

Osserva, poi, che la Corte dei conti, nell'esercitare il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, ha perso di vista il rapporto tra la legge e l'interesse tutelato; mentre, nei giudizi di responsabilità contabile, manca la percezione della complessità della amministrazione. Per questi motivi, ritiene opportuno sopprimere la funzione giurisdizionale della Corte dei conti.

In conclusione, auspica che il Comitato assuma posizioni chiare e precise sulle materie estremamente delicate che gli competono.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) ringrazia, in primo luogo, il relatore per la introduzione dettagliata svolta e, in particolare, perché ha deciso di non proporre fin dalla prima seduta una proposta di articolato.

Sicuramente il tempo a disposizione è breve, per cui si corre il rischio di offrire soluzioni affrettate ed anche, forse, sovrapposizioni incongrue; comunque, è necessario fare uno sforzo per individuare criteri innovativi non solo per la giustizia amministrativa, ma per tutta la materia all'esame.

Condivide l'esigenza espressa, in particolare dal senatore Senese, di procedere ad un superamento della distinzione tra la categoria dell'interesse legittimo e quella del diritto soggettivo che si basa su una visione autoritaria dello Stato. Bisogna, però, salvaguardare alcune professionalità, prevedendo che su specifiche materie decida un giudice altamente specializzato (si riferisce in particolare alle gare d'appalto di rilievo nazionale, agli atti delle autorità indipendenti e, in generale, alla politica dei prezzi).

È favorevole a quanto dichiarato dal senatore Maceratini circa il timore di una concentrazione dei poteri.

Sulla questione della non terzietà del giudice amministrativo, sarebbe favorevole a prevedere l'accesso al Consiglio di Stato solo per concorso.

Propone poi di modificare l'articolo 100 della Costituzione nel senso di prevedere che il Consiglio di Stato è organo di consulenza in funzione di garanzia del rispetto della legge da parte dello Stato e degli altri pubblici poteri e di tutela della giustizia dell'amministrazione. Ulteriore proposta di modifica concerne l'articolo 103 della Costituzione che, al primo comma, dovrebbe prevedere che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione nelle materie indicate dalla legge.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) considera preliminare comprendere se l'intenzione del Comitato è quella di correggere ovvero di riformare, nel senso di cambiare incisivamente la Costituzione. A suo giudizio, se si rinuncia ad una riforma incisiva, si rischia il fallimento della Commissione bicamerale e dell'intera classe politica. Auspica, pertanto, che tutti i Commissari si assumano la responsabilità e abbiano il coraggio di agire.

Dichiara di essere favorevole alla unicità della giurisdizione che comporta un corpo unico dei giudici, la separazione della magistratura requirente dalla magistratura giudicante e organi separati di autogoverno.

È stato dichiarato che il nostro ordinamento non può prevedere un giudice unico, bensì una funzione giurisdizionale unica distinta per «blocchi di materie». A suo giudizio, ciò comporterebbe una semplice razionalizzazione della situazione esistente e non una riforma, poichè semplicemente si attribuirebbero le competenze non più sulla base della distinzione tra la categoria dell'interesse legittimo e quella del diritto soggettivo, bensì sulla individuazione di «blocchi di materie».

Ritiene che diverse siano le ragioni a favore del giudice unico. In particolare, ragioni di libertà e civiltà giuridica e ragioni di efficienza. Infatti, se si individuano più giurisdizioni, si determinano conflitti e si ritarda il giudizio. Non ritiene poi che il metodo della attribuzione a ciascuna giurisdizione di «blocchi di materie» organicamente considerati sia un criterio di demarcazione sicuro. Si domanda, infatti, a chi dovrebbe competere la tutela del diritto all'ambiente, del diritto alla salute, dei diritti dei consumatori. Inoltre, non condivide la distinzione in termini di coinvolgimento della pubblica amministrazione, considerato che il nostro è un paese statalista e che la pubblica amministrazione è pervasiva. Mantenere, pertanto, una giustizia amministrativa significa rafforzare lo statalismo. Esistono poi ragioni di indipendenza e autonomia dei giudici; infatti, sarebbe difficile poter garantire l'indipendenza del Consiglio di Stato.

Ribadisce, pertanto, che la conservazione della pluralità delle giurisdizioni, attribuendo a ciascuna di esse un «blocco di materie» organico, rischia di razionalizzare l'esistente e non di riformarlo.

Osserva, poi, che sia la previsione del giudice unico sia la previsione di una giurisdizione unica, come prospettata dal senatore Senese, comportano un corpo unico dei giudici con uguali guarentigie. Tale corpo unico costituirà di fatto un potere che dovrà essere necessariamente bilanciato e controllato: in particolare, dai pubblici ministeri che pertanto dovranno essere separati dai giudici.

Altra questione rilevante riguarda l'organo di autogoverno per il quale dovranno essere previsti dei bilanciamenti. Al riguardo, è contrario alla previsione di un unico organo di autogoverno, preferendo organi separati per la magistratura giudicante e per quella requirente.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) ritiene che il disposto dell'articolo 24 della Costituzione non impedisca di procedere nella direzione del giudice unico.

Non è, a suo giudizio, opportuno indugiare sulla questione della professionalità e della specializzazione, poiché una riforma complessiva della giurisdizione saprà garantirle e tutelarle. Considera, poi, la questione della magistratura requirente distinta da quella della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione.

Altro problema rilevante è quello del timore di una concentrazione di potere e della necessaria previsione di meccanismi intesi al bilanciamento dei poteri.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene, in primo luogo, un falso problema domandarsi se la Commissione possa interessarsi del problema della giustizia. A loro volta, le Commissioni giustizia dei due rami del Parlamento devono proseguire l'esame dei disegni di legge del Governo in materia di giustizia, anche se vanno evitate per quanto possibile le sovrapposizioni di interventi. Al riguardo, riterrebbe opportuno ascoltare il ministro per la funzione pubblica, alla luce dell'intendimento del Governo di istituire una quarta sezione consultiva del Consiglio di Stato con competenza sugli atti normativi del Governo. Si tratterebbe di un errore di strategia se ciò avvenisse prima che la Commissione abbia elaborato un testo. Infatti, se si decidesse di sopprimere la funzione giurisdizionale del Consiglio di Stato, non vi sarebbero problemi; ma, altrimenti, si dovrebbe discutere dell'opportunità di un rafforzamento della funzione consultiva del Consiglio di Stato.

Sulla incisività o meno dello sforzo riformatore, osserva che tanto più è incisiva la riforma tanto più lungo sarà il tempo che occorrerà per la sua completa realizzazione. Pertanto, anche se si limitasse a razionalizzare il sistema esistente, la Commissione non avrebbe certo fallito il suo obiettivo.

Il sistema giudiziario deve essere autonomo e indipendente, separato dal potere politico ed efficiente. Ciò posto, il pluralismo delle giurisdizioni è certamente fonte di inefficienza, in quanto determina inevitabilmente sovrapposizioni e ritardi. Al sistema, nel suo complesso, si chiede infatti la produzione di certezza e in tempi rapidi.

Quanto ai controlli, piuttosto che prevedere controlli esterni, è opportuno creare all'interno del sistema condizioni di equilibrio (si riferisce, in particolare, alla parità tra accusa e difesa).

Osserva quindi che un orientamento favorevole alla unità funzionale della giurisdizione - quale quello da lui prospettato - deve comunque prevedere una attribuzione delle competenze per materie. Dopo aver accennato alla esigenza della distinzione delle funzioni tra magistratura giudicante e magistratura requirente, si dichiara favorevole, sulla questione degli organi di autogoverno, alla previsione di un unico Consiglio superiore della magistratura articolato in sezioni, una per i giudici ordinari e una per i giudici amministrativi. Appare infatti un obiettivo troppo ambizioso pervenire all'unificazione totale delle giurisdizioni, per la quale i tempi non sono ancora maturi; pertanto, si dovrà prevedere un giudice unico dell'amministrazione, facendo venire meno la distinzione tra giudici amministrativi e contabili.

Ritiene inoltre assai importante prevedere un riferimento alle autorità amministrative indipendenti, delle quali dovrà essere accentuato il carattere paragiurisdizionale, prevedendo limiti al sindacato giurisdizionale sui loro atti.

Bisogna, infine, adeguare i controlli sugli atti normativi alla mutata situazione delle fonti; al riguardo, sarebbe favorevole ad equiparare gli atti normativi delle autorità indipendenti a quelli del Governo, quanto alla sindacabilità giurisdizionale.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) osserva che l'Assemblea Costituente fece una scelta precisa nel senso della conservazione del sistema prefascista. È opportuno chiedersi, a questo riguardo, quali sarebbero state le conseguenze se la scelta adottata fosse stata diversa e se, conseguentemente, il controllo giurisdizionale avesse potuto esercitarsi, nel cinquantennio trascorso, assicurando ai cittadini certezza del diritto ed efficienza. L'orientamento favorevole alla unicità della giurisdizione che si affermò nel dibattito svoltosi nella Commissione De Mita-Iotti fa pensare che il Parlamento si rese conto della erroneità della scelta di un sistema orientato al principio della pluralità della giurisdizione.

Considerata la complessità della attuale società, il sistema deve essere necessariamente semplificato nel senso della unicità della giurisdizione. Da tale scelta conseguirà necessariamente una netta diminuzione dell'ampiezza dell'intervento legislativo ed un conseguente recupero del principio della certezza del diritto. Ritiene, pertanto, che il Parlamento non deve in alcun modo rinunciare a riforme di questa incisività, sulla base di un'asserita difficoltà attuativa delle stesse.

Riferendosi, poi, a un documento inviato dal Comitato di coordinamento per le magistrature e l'Avvocatura dello Stato, osserva che la proposta ivi contenuta, che contempla l'istituzione di un ufficio del pubblico ministero presso il giudice amministrativo, comporterebbe un ulteriore controllo non trasparente e indiscriminato nella vita dei cittadini.

Si dichiara, infine, favorevole alla previsione di un giudice unico distinto in sezioni specializzate, il cui contrappeso consiste nella netta separazione tra chi esercita l'azione e chi giudica.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) constata che si è manifestato un ampio orientamento favorevole al superamento della commistione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali nella giustizia amministrativa e all'estensione ai magistrati amministrativi delle garanzie dei magistrati ordinari. Precisa quindi che tali esigenze dovrebbero entrambe ricevere espressa garanzia costituzionale, quale che sia la scelta in materia di unicità o di pluralità della giurisdizione. Si dichiara al riguardo favorevole alla unicità della giurisdizione, in vista di esigenze di semplificazione e di razionalizzazione del sistema. Ritiene, in proposito, che l'argomento della specializzazione non sia in alcun modo decisivo, né sia contrastante con l'orientamento da lui manifestato. Allora, si può affermare il principio della unicità demandando al legislatore ordinario la scelta se articolare o meno il giudice unico in più sezioni ovvero se creare nell'ambito della giurisdizione ordinaria organi specializzati. Si dichiara, per parte sua, favorevole alla previsione di un unico giudice articolato in più sezioni.

Non vede invece relazione tra la questione della unicità della giurisdizione e quella della separazione delle carriere della magistratura requirente dalla magistratura giudicante, come dichiarato dal senatore Pera. È al riguardo contrario a prevedere la separazione delle carriere, che determinerebbe un affievolimento delle garanzie di indipendenza del pubblico ministero. Quest'ultimo deve infatti continuare a condividere la comune cultura della giurisdizione, in mancanza della quale rischierebbe di appiattirsi sulla polizia giudiziaria.

Giuliano URBANI, Presidente, ritiene che possa considerarsi conclusa la discussione generale sul tema della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione. Ritiene quindi opportuno che il relatore svolga una replica nella seduta di martedì 18 marzo, operando una sintesi del dibattito svoltosi e predisponendo un testo. Invita, pertanto, i commissari a far pervenire al relatore le proprie proposte di articolato.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, condividendo la proposta del Presidente, sottolinea che nella seduta di martedì 18 marzo più che svolgere una replica, tenterà di sintetizzare il dibattito svoltosi. Si riserva altresì di elaborare una o - più probabilmente - due proposte di articolato.

 

La seduta termina alle 18,45.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI Mercoledì 19 marzo 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 


La seduta comincia alle 15,45.

Il Comitato prosegue la discussione sul tema della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione.

Il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo) rileva con rammarico che su un settimanale sono stati pubblicati articoli sui lavori svolti dal Comitato con annotazioni che potrebbero definirsi folcloristiche.

Giuliano URBANI, Presidente, fa presente che era da attendersi una forte attenzione da parte della stampa data la rilevanza dei temi esaminati dal Comitato.

Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene opportuno iniziare a definire delle proposte normative. Suggerisce però di procedere nei lavori nella consapevolezza che gli argomenti sono strettamente collegati tra di loro, per cui le proposte non possono essere considerate definitive. Il lavoro da lui svolto, quindi, non ha in alcun modo il carattere della definitività, in quanto sarà necessario procedere per approssimazioni successive: quelle che si appresta ad illustrare sono pertanto da considerare mere ipotesi di testo.

Ricorda quindi che l'opportunità di iniziare i lavori del Comitato dall'esame delle problematiche relative alla pluralità ovvero unicità della giurisdizione è stata prospettata dal senatore Pellegrino nel corso della seduta del 5 marzo. Il senatore Pellegrino ha evidenziato che la preliminare soluzione di tali problematiche avrebbe grandemente facilitato quella di altri temi all'esame del Comitato, con particolare riguardo alla struttura del CSM.

Su tale impostazione si sono dichiarati concordi, nella medesima seduta, i deputati Folena e Parenti ed i senatori Marchetti e Senese.

Nella seduta del 12 marzo, dopo che il relatore aveva illustrato i lavori svolti in materia dall'Assemblea Costituente e dalle precedenti Commissioni per le riforme istituzionali, si è espresso in favore della unicità della giurisdizione il senatore Senese (che peraltro ha ipotizzato tre soluzioni possibili, individuandole nella giurisdizione unica - nei confronti della quale ha espresso la sua personale preferenza - in un ordine giudiziario separato per la giurisdizione amministrativa con garanzie, statuto e terzietà analoghi a quelle della magistratura ordinaria e, infine, in ordini separati con identità di statuto e con un unico organo di autogoverno, eventualmente diviso in sezioni) e, in senso contrario, il senatore Maceratini, secondo il quale l'unicità della giurisdizione attribuirebbe un potere eccessivo alla magistratura a scapito degli altri poteri dello Stato. Il senatore Maceratini ha inoltre posto in evidenza che la distinzione tra diritti soggettivi ed interessi legittimi è prevista non solo dall'articolo 113 della Costituzione ma anche dall'articolo 24 della stessa che, facendo parte della prima parte della Costituzione, non può essere modificato con il procedimento previsto dalla legge istitutiva della Commissione bicamerale. Al riguardo il relatore ha avuto già modo di precisare, nella stessa seduta del 12 marzo, che la previsione di cui all'articolo 24 non sembra ostativa per una riforma verso l'unitarietà della giurisdizione delle norme recate dal titolo IV della seconda parte della Costituzione, in quanto l'articolo 24 afferma un principio di carattere generale ma non precisa né individua gli organi giudiziari cui ricorrere per la tutela delle varie posizioni soggettive, ciò che invece fanno le norme sulle quali il Comitato è chiamato ad assumere le proprie determinazioni.

Nella seduta del 13 marzo il deputato Bressa ha ritenuto che l'equivoco di fondo del sistema sia quello di aver posto come criterio discretivo del riparto della giurisdizione quello della distinzione tra diritto soggettivo ed interesse legittimo, che la eliminazione dell'interesse legittimo non sia possibile in quanto previsto dall'articolo 24 della Costituzione e che la ripartizione delle competenze debba essere effettuato in base a materie precisamente individuate. Ha inoltre auspicato la soppressione della funzione giurisdizionale della Corte dei conti. Il senatore Loiero ha ritenuto necessario superare la distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo e salvaguardare la specializzazione in alcune materie che richiedono una particolare specializzazione; si è inoltre espresso in favore di un criterio di individuazione del riparto della competenza sulla base di materie individuate dalla legge.

Il senatore Pera si è dichiarato favorevole alla unicità della giurisdizione, che comporterebbe una vera riforma, indispensabile ormai per ragioni di libertà e civiltà giuridica, nonché per ragioni di efficienza; a suo giudizio, la conservazione di una pluralità di giurisdizioni, anche razionalizzata sulla base di un criterio di riparto per materia, non potrebbe, nella migliore delle ipotesi, che razionalizzare il sistema anziché riformarlo. Il senatore Marchetti ha in particolare sottolineato la necessità di prevedere un corretto bilanciamento di poteri, dopo aver ritenuto che l'articolo 24 non pone particolari problemi per una riforma della giurisdizione in senso unitario.

Il senatore Pellegrino ha ritenuto la pluralità delle giurisdizioni fonte di inefficienza, sovrapposizioni e ritardi e che si dovrebbe procedere verso una unità funzionale della giurisdizione che preveda una ripartizione per materie, in quanto forse i tempi non sono ancora maturi per una unificazione totale della stessa. Il deputato Parenti si è dichiarata favorevole all'unitarietà della giurisdizione in particolare, ad un giudice unico distinto in sezioni specializzate.

Il senatore Russo si è dichiarato favorevole all'unità della giurisdizione, per conseguire la quale si potrebbe demandare al legislatore ordinario la scelta se articolare il giudice unico in più sezioni o se creare organi specializzati nella giurisdizione ordinaria.

Ciò premesso, passa alla illustrazione delle ipotesi di testo da lui elaborate, che prevedono, seguendo le indicazioni che gli sono parse prevalenti nel corso dei lavori del Comitato, due distinte ipotesi di giurisdizione unitaria.

Ha, pertanto, previsto l'abrogazione delle giurisdizioni amministrativa e contabile, attribuendo le relative competenze alla magistratura «ordinaria» (che in tale prospettiva si configura ovviamente come magistratura unica) ed ha conseguentemente elaborato i necessari coordinamenti, sia formali che sostanziali, da apportare al testo della Costituzione.

Fa quindi presente che la nuova formulazione dell'articolo 100 prevista dalla prima ipotesi fa salva la competenza consultiva del Consiglio di Stato. Deve rammentare al riguardo che nel corso della discussione è unanimemente emersa la necessità di separare in ogni caso le funzioni consultive da quelle giurisdizionali ai fini della piena realizzazione del principio della terzietà del giudice.

La formulazione in esame attribuisce alla Corte dei conti una funzione di controllo, da esercitare sulla scorta di valutazioni di carattere sostanziale anziché di mero riscontro contabile. La Corte conti continuerebbe ad essere organo ausiliario delle Camere.

Per entrambi gli organi in questione ha comunque ritenuto necessario mantenere una previsione in virtù della quale è assicurata l'indipendenza degli stessi e dei loro componenti di fronte al Governo.

La formulazione di cui alla seconda ipotesi priva di rilievo costituzionale il Consiglio di Stato e la Corte dei conti, affidando alla legge (ordinaria) il compito di istituire organi di consulenza giuridico-amministrativa del Governo e di controllo dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa. Tale ipotesi, ben più radicale, gli sembra suscettibile di consentire maggiore chiarezza e coerenza interna ad un sistema basato sull'unità della giurisdizione.

In ordine alle problematiche connesse all'articolo 100, deve sottoporre all'attenzione del Comitato due questioni. La prima consiste nel fatto che le competenze di controllo della Corte dei conti dovrebbero essere estese anche agli altri enti territoriali ai quali, sulla scorta di quanto probabilmente verrà deciso dagli altri Comitati, verranno attribuite forme di autonomie maggiori di quelle attuali.

La seconda questione è sempre relativa ad un problema di coordinamento; ai fini della ricostruzione coerente di un sistema di giurisdizione unica, infatti, occorre tener presente che l'articolo 125, secondo comma, della Costituzione prevede l'istituzione in ogni regione di organi di giustizia amministrativa di primo grado (TAR).

Entrambi i problemi evidenziati dovrebbero quindi essere risolti in sede di coordinamento (anche preventivo) degli articolati all'esame dei vari Comitati.

All'articolo 101 ha introdotto il principio per cui i magistrati (e non solo i giudici) sono soggetti soltanto alla legge. Tale principio ha evidenti effetti anche in ordine alle problematiche che il Comitato dovrà affrontare nel prosieguo dei suoi lavori, con particolare riguardo alle guarentigie e allo status del pubblico ministero. Tale disposizione dovrebbe probabilmente essere coordinata con quella dell'articolo 107, quarto comma, in base alla quale il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

Ha inoltre introdotto, coerentemente a quanto previsto in numerose proposte e disegni di legge, il principio secondo il quale la legge assicura la parità nelle parti del processo. Nella formulazione proposta la parità è assicurata a ciascuna parte (non solo ad accusa e difesa) e in ogni tipo di processo (non solo nel processo penale).

L'articolo 102 (prima ipotesi) si apre con l'affermazione del principio dell'unitarietà della giurisdizione (formulazione che comunque gli sembra più precisa di quella indicata nella seconda ipotesi, secondo la quale la giurisdizione è unica).

Conseguentemente dal testo del medesimo articolo 102 viene espunto ogni riferimento ad una magistratura ordinaria in quanto la magistratura è unica.

La formulazione del primo comma dell'articolo 102 che propone nella prima ipotesi prevede la necessità di istituire sezioni specializzate degli organi giudiziari; a tali sezioni sarebbero quindi attribuite anche le controversie relative a questioni di diritto amministrativo. Quella di cui alla seconda ipotesi ripete il testo della Costituzione vigente e, pertanto, la possibilità di istituire sezioni specializzate è solo eventuale; al riguardo deve comunque rammentare che tali sezioni già esistono e che l'istituzione di ulteriori sezioni per l'esame delle controversie amministrative appare comunque indispensabile.

Molte proposte prevedono, poi, che a talune delle predette sezioni specializzate debbano essere attribuite le controversie in cui una delle parti sia la pubblica amministrazione. Su tale questione deve tuttavia osservare che la pubblica amministrazione è parte in causa non solo nelle controversie di diritto amministrativo, ma anche in quelle civili e penali; la previsione di un criterio di determinazione della competenza basato su parametri soggettivi gli sembra quindi in prima approssimazione suscettibile di incardinare presso le istituende sezioni specializzate un numero di cause forse eccessivamente elevato e, comunque, di natura non omogenea.

All'articolo 103 ha previsto la soppressione del primo e del secondo comma, per effetto dei quali venivano esercitate le funzioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e della Corte dei conti; tale soppressione è ovviamente indispensabile in un sistema basato sull'unicità della giurisdizione.

Per quanto riguarda i tribunali militari la formulazione della prima ipotesi si limita ad abolire la relativa giurisdizione in tempo di pace. La seconda ipotesi, anche sulla scorta di quanto previsto dal disegno di legge Cossiga A.S. n. 1934, estende tale giurisdizione anche alle missioni svolte dalle forze armate in conformità ad obblighi internazionali senza che sia stato dichiarato lo stato di guerra.

Per quanto riguarda l'articolo 106, occorre, in primo luogo, precisare che l'affermazione di cui al primo comma (che nella seconda ipotesi viene rafforzata dall'avverbio «esclusivamente») trova nei successivi commi secondo e terzo delle immediate eccezioni. Il mantenimento ovvero la soppressione di tali disposizioni non può essere rimesso che a valutazioni di natura politica.

La nuova formulazione proposta dell'articolo 108 costituisce ugualmente un necessario coordinamento con l'affermato principio della giurisdizione unica. Per quanto riguarda il riferimento al pubblico ministero contenuto nel secondo comma del testo vigente dell'articolo 108 deve segnalare che le garanzie di indipendenza ivi previste in favore di tale organo sono relative al pubblico ministero presso le giurisdizioni speciali, mentre quelle del pubblico ministero in sede penale sono previste all'articolo 107 della Costituzione.

All'articolo 111 ha previsto la soppressione del terzo comma, come conseguenza della soppressione delle funzioni giurisdizionali del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, mentre al secondo comma ha apportato solo delle modifiche formali di coordinamento.

All'articolo 113, al primo comma, è stato espunto il riferimento alla dicotomia diritti-interessi legittimi, sempre in un'ottica di unitarietà della giurisdizione, che ha evidenziato anche l'opportunità di una revisione del terzo comma dell'articolo in esame fecendo riferimento ad organi giudiziari anziché di giurisdizione.

Deve infine far presente che per la realizzazione di un sistema di giurisdizione unica è necessario un intervento legislativo di ampio respiro. Si impone quindi una disposizione transitoria che preveda un termine per la realizzazione di tale intervento (la natura perentoria di tale termine è giustificata da ragioni di opportunità e anche sulla base della giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha sempre negato il carattere perentorio del termine di cui alla VI disposizione transitoria della Costituzione).

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) tiene a ribadire che la questione sicuramente rilevante concernente una ipotizzata concentrazione di poteri in capo ad una giurisdizione unica e la conseguente previsione di meccanismi intesi al bilanciamento dei poteri medesimi va vista in un'ottica complessiva.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), ringraziando in primo luogo il relatore per l'ottimo lavoro svolto, tiene a precisare che l'unità funzionale della giurisdizione è cosa assai diversa dalla unicità della giurisdizione: per realizzare quest'ultima occorrerebbe prevedere una disposizione transitoria con un termine almeno di quindici anni e non di cinque come proposto dal relatore.

Se si propende per l'unicità della giurisdizione, è opportuno prevedere all'articolo 113 della Costituzione che la legge determina «in quali casi» il giudice può annullare gli atti della pubblica amministrazione. Va ricordato in proposito che tale potere non è formalmente previsto dagli ordinamenti che contemplano il giudice unico; la separazione dei poteri imporrebbe, in effetti, che il giudice non possa annullare gli atti della pubblica amministrazione. Pertanto, il risultato sarebbe o una diminuzione delle garanzie di cui dispongono oggi i cittadini ovvero la creazione - che desta a suo giudizio qualche preoccupazione - di un organo giudiziario che abbia il potere di annullare tutti gli atti della pubblica amministrazione. Invita, pertanto, a riflettere maggiormente sulle ipotesi avanzate dal relatore, avanzando dubbi sul fatto che i tempi siano maturi per una riforma così incisiva.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale), associandosi ai ringraziamenti rivolti al relatore, ritiene però che le ipotesi formulate siano troppo radicali. Inoltre, il relatore non ha colto che coloro che hanno manifestato una preferenza per una giurisdizione unitaria hanno subordinato tale ipotesi alla previsione di ulteriori interventi.

A suo giudizio, l'ipotesi di una disposizione transitoria che stabilisca che nel termine di cinque anni si proceda alla revisione degli organi di giurisdizione attualmente esistenti è assolutamente incongrua. Una riforma tanto incisiva, infatti, ha necessità di lunghi tempi per la sua attuazione e la Commissione ha troppo poco tempo per ponderarne adeguatamente gli effetti.

L'esperienza inoltre ha dimostrato il cattivo funzionamento della autorità giudiziaria ordinaria, per cui sembra incongruo caricarla di ulteriori compiti. Manifesta pertanto la sua contrarietà, rilevando che bisogna ricercare un consenso sufficiente e che bisogna affrontare anche la delicata questione del bilanciamento dei poteri e della distinzione di funzioni tra magistratura requirente e magistratura giudicante.

Ritiene quindi opportuno, in conclusione, accantonare la questione in esame, per decidere in proposito dopo aver discusso gli altri temi cui ha accennato.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene che le preoccupazioni espresse dal senatore Pellegrino non siano insormontabili; si è infatti già avviato un processo di semplificazione della pubblica amministrazione che prevede anche un minor controllo formale sugli atti amministrativi.

Ritiene condivisibili le ipotesi di testo del relatore che si basano sulla giurisdizione unitaria, e considera inevitabile affrontare in un momento successivo la questione della previsione di meccanismi intesi al bilanciamento dei poteri, da risolvere attraverso la disciplina degli organi di autogoverno.

È favorevole al superamento della distinzione tra interesse legittimo e diritto soggettivo, istituendo sezioni specializzate degli organi giudiziari alle quali sarebbero attribuite anche le controversie relative alle questioni di diritto amministrativo.

Il deputato Enrico BOSELLI (gruppo misto-socialisti italiani) considera le ipotesi di testo illustrate dal relatore come un punto di partenza; è necessario però affrontare insieme anche le altre questioni.

Considera assai scarsi i risultati dell'azione svolta dai magistrati amministrativi; pertanto, è favorevole a procedere nel senso della unicità della giurisdizione, prevedendo però dei contrappesi.

Il senatore Adriano OSSICINI (gruppo misto) è d'accordo con le ipotesi di testo illustrate dal relatore.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) chiede al relatore di chiarire la ratio delle ipotesi di testo illustrate. In particolare, affermato il principio della unicità della giurisdizione, ritiene che sussistano differenze tra le sezioni specializzate e gli organi specializzati. Nell'ambito di questi ultimi, sarebbe più facile risolvere la questione posta dal senatore Pellegrino.

Chiede, poi, al senatore Maceratini se, nel caso in cui si mantenesse il principio della pluralità della giurisdizione, fosse o meno favorevole a disciplinare nella Costituzione la separazione netta delle funzioni giurisdizionali da quelle consultive relativamente al Consiglio di Stato; l'estensione ai magistrati amministrativi delle guarentigie già previste per i magistrati ordinari; nonché l'obbligo di assunzione dei magistrati amministrativi solo per concorso. Si tratterebbe, infatti, di innovazioni già altamente significative.

Comprende, infine, l'esigenza di affrontare complessivamente le questioni, ma non ritiene che sussista un collegamento della questione in esame con quelle concernenti la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri e la disciplina dell'organo di autogoverno; né ritiene che si correrebbe il rischio di attribuire poteri troppo rilevanti all'autorità giudiziaria.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che nei paesi a diritto comune non si pone il problema dell'annullamento degli atti amministrativi, mentre nel nostro ordinamento la pubblica amministrazione agisce come autorità mediante provvedimenti, per cui il suddetto problema viceversa esiste e va risolto come precedentemente detto.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che se vi fosse un collegamento tra le questioni di cui ha detto il senatore Maceratini, allora dovrebbe procedersi accantonando il tema in esame oppure ricercando un accordo su una ipotesi minimale quale quella prospettata dal senatore Russo, che va nel senso della razionalizzazione dell'attuale sistema.

Dichiara di essere favorevole alle ipotesi di testo illustrate dal relatore, radicalmente innovative e capaci di portare a un livello più alto il sistema delle garanzie. L'idea di un potere giudiziario troppo forte non corrisponde alla realtà, perché si tratta di un potere diffuso.

Le osservazioni dei senatori Pellegrino e Maceratini enfatizzano troppo questioni che, a suo giudizio, non esistono. Non c'è infatti bisogno di un lungo periodo di adeguamento. Circa la questione del potere di annullamento degli atti della pubblica amministrazione, osserva che già la Costituzione non pone una riserva a favore della giurisdizione amministrativa e che già la legge ha attribuito in più casi il potere di annullamento al giudice ordinario.

Quanto infine alla individuazione dell'ambito di competenza delle sezioni o degli organi specializzati, ritiene che il criterio discretivo possa essere fornito dal fatto se si ponga nella controversia una questione di annullamento di un atto amministrativo.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) è favorevole alla separazione delle funzioni consultive del Consiglio di Stato da quelle giurisdizionali; è d'accordo inoltre sull'esigenza di prevedere idonee guarentigie per la giurisdizione amministrativa e sull'accesso a quest'ultime solo per concorso.

Sulla questione della concentrazione di potere legata alla giurisdizione unica, osserva che darebbe luogo in certi casi a una vera e propria giurisdizione domestica, in quanto attualmente gli atti del Consiglio superiore della magistratura sono almeno impugnabili dinanzi al TAR.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) osserva che la connessione tra la questione in esame e quella concernente i contrappesi è già nella Costituzione, oltre che nella tradizione del nostro paese. E allora è opportuno valutare insieme anche la questione dell'organo di autogoverno, come aveva inizialmente proposto. Infatti, dalle ipotesi di testo prospettate che prevedono la giurisdizione unica deriva un corpo dei giudici più potenti che è inevitabilmente portatore di un potere politico.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) non ritiene opportuno anticipare soluzioni, che dovranno essere assunte alla luce delle esigenze reali del paese e nella consapevolezza della complessiva opera di riforma che la Commissione ha intenzione di realizzare.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che si era detto che la questione della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione fosse preliminare rispetto alle altre. Se invece tale questione deve essere vista in connessione con quelle concernenti l'organo di autogoverno e il ruolo del pubblico ministero, tanto valeva, allora, assumere decisioni diverse, iniziando in particolare dalle questioni riguardanti il pubblico ministero.

Ritiene opportuno non assumere oggi decisioni definitive, ma non nel senso di procedere all'accantonamento della questione in esame, sebbene in quello di svolgere un lavoro ulteriore preistruttorio su più proposte. Al riguardo, riterrebbe opportuno aggiungere alle due ipotesi illustrate dal relatore una diversa soluzione, quale quella cui faceva riferimento il senatore Russo, che ritiene tutt'altro che una mera razionalizzazione dell'esistente. Si tratterebbe, infatti, di delineare un processo di tendenziale unitarietà con una ripartizione per materie.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) ricorda che aveva proposto di occuparsi dopo, magari alla fine, della questione della unicità della giurisdizione; infatti, il problema del bilanciamento e dell'articolazione dei poteri è reale.

Esprime quindi un giudizio favorevole sulle ipotesi formulate dal senatore Russo e ribadisce che sarebbe più opportuno affrontare altri temi su cui non si registrano grandi differenze.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) osserva, in primo luogo, che numerose sono le perplessità sulle ipotesi di testo illustrate dal relatore.

Sottolinea che il potere giudiziario non è solo un potere diffuso, sia perché sono state create istanze centralizzate, quale quella deputata alla lotta contro la mafia, sia per i comportamenti costituzionali del Consiglio superiore della magistratura, che tiene a svolgere un ruolo di «orientamento» dell'intera magistratura. Ritiene pertanto che la previsione della unicità della giurisdizione potrebbe aggravare la situazione; preferirebbe, quindi, un approccio più problematico alle questioni per evitare qualsiasi radicalizzazione.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ribadisce che le ipotesi di testo formulate non sono definitive. Ha semplicemente raccolto una indicazione che gli sembra condivisa da una larga maggioranza dei componenti del Comitato.

Non è favorevole all'accantonamento della questione in esame; piuttosto, è preferibile procedere per approssimazioni successive, considerando le ipotesi come un primo punto di partenza, nella consapevolezza, peraltro, che non è possibile concludere l'esame della materia se non sono definite altre questioni connesse.

Sulla questione del potere di annullamento degli atti amministrativi, riterrebbe possibile sopprimere il terzo comma dell'articolo 113 e prevedere all'articolo 102 che la legge determina quali sezioni specializzate possono annullare gli atti della pubblica amministrazione, nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

Giuliano URBANI, Presidente, osserva che dal dibattito svoltosi sono emerse tre distinte questioni: l'esigenza di valutare bene il peso delle innovazioni e delle implicazioni ad esse collegate; l'opportunità di considerare le innovazioni alla luce di altre, se non dell'intero quadro; ed infine l'esistenza di preferenze alternative, trasversali rispetto agli schieramenti politici.

Ritiene quindi opportuno tentare di fondere le due ipotesi di testo illustrate dal relatore - che rispondono ad un'unica filosofia - ed aggiungerne un'altra che potrebbe definirsi come quella dell'unitarietà tendenziale con la previsione di idonei contrappesi ovvero della pluralità razionalizzata.

La scelta si farà in una fase successiva, alla luce del dibattito complessivo e di una più ponderata valutazione del peso dell'innovazione; bisogna quindi procedere per approssimazioni successive, ma semplificanti.

È vero che l'ideale sarebbe portare in Commissione un solo testo, ma non bisogna procedere in maniera frettolosa; le garanzie, inoltre, fanno «sistema», quindi è vero che le questioni vanno considerate nel complesso.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene opportuno affrontare anche altre questioni.

Giuliano URBANI, Presidente, rinvia infine il seguito della discussione alla seduta già convocata per domani 20 marzo, alle ore 15.30.

La seduta termina alle 18,30.




COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI giovedì 20 marzo 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 16,05.

Giuliano URBANI, Presidente, invita il relatore a formulare proposte sull'ordine dei lavori del Comitato, nonché a riferire sull'esito della riunione dell'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi svoltasi ieri, alla quale non ha potuto partecipare.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, comunica che, in ordine alla questione della sovrapposizione degli orari delle sedute dei Comitati, il Presidente D'Alema, nel corso della riunione dell'Ufficio di Presidenza, ha invitato i Presidenti dei Comitati medesimi a coordinare direttamente i relativi lavori. Nella medesima riunione sono state altresì deliberate le audizioni riguardanti la giustizia che la Commissione plenaria svolgerà nelle sedute dell'8 e dell'11 aprile prossimi. In particolare, nella seduta dell'8 saranno ascoltati il vicepresidente del CSM, il presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione, il presidente del Consiglio di Stato, il presidente e il procuratore generale della Corte dei conti, il procuratore generale militare, il presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria e il presidente del Consiglio nazionale forense. Nella seduta dell'11 aprile saranno a loro volta ascoltate rappresentanze dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Organismo unitario dell'avvocatura italiana, dell'Unione delle camere civili e dell'Unione delle camere penali. Il Presidente D'Alema ha conseguentemente rivolto al Comitato la raccomandazione di procedere alla audizione delle associazioni delle altre magistrature (amministrativa, contabile, militare, tributaria e giudici di pace).

Quanto all'immediato prosieguo dei lavori del Comitato, ritiene che la questione della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione debba essere, piuttosto che accantonata, mantenuta per così dire sul tavolo, contestualizzandola, però, con le altre problematiche ad essa connesse. Sembra pertanto opportuno cominciare ad esaminare anche queste ultime, in modo da valutare compiutamente le interconnessioni. Occorre in sostanza procedere per approssimazioni successive, al fine di pervenire alla delineazione di un quadro completo, nell'ambito del quale potranno essere valutate le singole questioni. Si riserva quindi di formulare un'altra ipotesi di testo sulla questione della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione e propone di iniziare nella seduta di domani la discussione sugli altri problemi relativi all'ordinamento giudiziario.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) ricorda che nell'ambito della riunione dell'Ufficio di Presidenza è stata inoltre ribadita la previsione che l'Ufficio di Presidenza medesimo si riunisca il 2 aprile prossimo per esaminare lo stato dei lavori dei Comitati.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) riterrebbe necessario, in riferimento alle audizioni previste in Commissione, sentire anche l'avvocato generale dello Stato. Rileva, inoltre, che sarebbe forse opportuno ascoltare anche il Presidente della Corte costituzionale.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, assicura il senatore Pellegrino che della sua richiesta di sentire l'avvocato generale dello Stato sarà informato il Presidente D'Alema. Circa l'opportunità di ascoltare il presidente della Corte costituzionale, fa presente che erano state espresse alcune riserve sulla proposta formulata dal Presidente D'Alema, che pertanto ha deciso per ora di soprassedere.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) fa presente che occorrerebbe prevedere anche l'audizione delle associazioni delle altre magistrature oltre a quella dell'Associazione nazionale magistrati.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) condivide l'esigenza di affrontare anche altre questioni; nel contempo, però, il relatore deve formulare le ulteriori ipotesi sulla unicità ovvero pluralità della giurisdizione emerse nel corso del dibattito.

Sottolinea, poi, che all'esterno è emersa una visione unilaterale delle posizioni del Comitato che non corrisponde alla realtà.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) ribadisce che sarebbe più opportuno affrontare tutti i temi assumendo solo alla fine dei lavori una soluzione complessiva. Tale proposta, a suo giudizio, potrebbe agevolare i lavori del Comitato.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) non ritiene opportuno lasciare il lavoro svolto incompiuto; pertanto, auspica che il relatore formuli le altre ipotesi, emerse nel dibattito, prima di affrontare ulteriori argomenti.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) ricorda di avere già manifestato la sua contrarietà alla previsione di audizioni in Comitato, essendo ampiamente note le posizioni di coloro che dovrebbero essere ascoltati. Condivide quanto detto dal deputato Folena; pertanto, ritiene opportuno affrontare altri temi, prendendo atto che sulla questione della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione sono state formulate varie ipotesi. Successivamente, si potranno verificare eventuali margini di accordo sulle stesse.

Giuliano URBANI, Presidente, considerando la ristrettezza dei tempi, ritiene opportuno procedere individuando tre aree di intervento: l'ordinamento giudiziario; la Corte costituzionale; la previsione di altri istituti di garanzia. Propone, pertanto, di proseguire nella seduta di domani la discussione sugli altri temi che concernono l'ordinamento giudiziario, mentre nelle sedute di martedì 25 e mercoledì 26 il Comitato potrà procedere alle audizioni della associazioni delle altre magistrature.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, riterrebbe più opportuno che le audizioni delle associazioni delle altre magistrature non fossero previste prima delle audizioni che la Commissione plenaria svolgerà l'8 e l'11 aprile prossimi.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) ritiene opportuno attendere che la Commissione plenaria svolga le audizioni programmate.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene che potrebbe iniziare nella seduta di domani la discussione sugli altri temi relativi all'assetto dell'ordinamento giudiziario per proseguirla nelle sedute di martedì 25 e mercoledì 26 e si impegna ad elaborare ipotesi di testo su tali argomenti durante le festività pasquali.

Giuliano URBANI, Presidente, alla luce degli orientamenti emersi, propone - e il Comitato consente - di iniziare nella seduta di domani la discussione sugli altri temi concernenti l'ordinamento giudiziario, proseguendola nelle sedute di martedì 25 e mercoledì 26 prossimi. In tal modo si consentirà al relatore di illustrare nella seduta di giovedì 3 aprile le relative ipotesi di testo. Successivamente, il Comitato discuterà, nell'arco di tre o quattro sedute, su tali ipotesi di testo riguardanti l'ordinamento giudiziario; altre tre sedute dovrebbero dedicarsi alla Corte costituzionale; poi potranno avere luogo le audizioni; altre tre sedute dovrebbero impiegarsi per discutere degli altri istituti di garanzia; gli ultimi due giorni di lavoro, infine, dovranno essere dedicati alla valutazione complessiva delle proposte che il Comitato presenterà alla Commissione.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) è favorevole a iniziare nella seduta di domani la discussione sugli altri temi relativi all'assetto dell'ordinamento giudiziario.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia), pur prendendo atto delle decisioni assunte dall'Ufficio di Presidenza, esprime riserve sulla opportunità di prevedere delle audizioni che, a suo giudizio, porteranno solamente elementi di tensione.

Nel merito, ritiene opportuno che il Comitato affronti gli altri temi relativi all'assetto dell'ordinamento giudiziario, in particolare quelli concernenti la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri e la disciplina dell'organo di autogoverno, nella consapevolezza che ogni argomento è strettamente connesso agli altri.

Il deputato Enrico BOSELLI (gruppo misto-socialisti italiani) e il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) condividono la proposta del relatore.

Giuliano URBANI, Presidente, rinvia, infine, il seguito della discussione alla seduta già convocata per domani 21 marzo alle ore 10,30.

 

La seduta termina alle 17,20.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI venerdì 21 marzo 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 10,50.

Il Comitato prosegue la discussione sui temi relativi all'ordinamento giudiziario.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, vuole in primo luogo sottolineare che le problematiche in esame sono tra loro intimamente connesse ed hanno un'origine storica comune, che si è risolta nel nostro secolo nell'attribuzione ad un complesso di organi indipendente e separato dell'esercizio della funzione giudiziaria (quantomeno tendenzialmente è questa la posizione degli ordinamenti contemporanei paragonabili a quello italiano, con differenziazioni, anche significative, rispetto alla funzione svolta dal pubblico ministero).

Tale principio si trova codificato al comma 1 dell'articolo 104 della Costituzione, secondo il quale la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (formulazione che implicitamente attribuisce la qualità di potere alla magistratura stessa).

Le radici di tale principio si trovano principalmente nella storia costituzionale inglese, americana e francese.

Per quanto riguarda la storia italiana rammenta che lo Statuto albertino prevedeva che la giustizia venisse amministrata dai giudici istituiti dal re e che questi, ad eccezione di quelli di mandamento, fossero inamovibili dopo tre anni di esercizio.

La prima istituzione di un Consiglio superiore della magistratura risale al 1907 (nel 1908 a tale organo fu affiancata la Corte suprema disciplinare), in un quadro che vedeva tuttavia i poteri decisionali prevalentemente affidati al ministro della giustizia.

Nel vigente sistema costituzionale le competenze del CSM sono nettamente separate da quelle del ministro (vedi articolo 110 della Costituzione) e il CSM stesso è organo principalmente diretto a consentire la indipendenza istituzionale della magistratura nel suo complesso (anche se secondo la dottrina e la giurisprudenza della Corte costituzionale tale magistratura comprende solo i giudici ordinari e non anche quelli delle altre giurisdizioni).

L'affermazione di indipendenza della magistratura nel quadro costituzionale è principalmente rivolta nei confronti del potere esecutivo (per le illustrate ragioni storiche e anche per ragioni funzionali) e si è determinato di affidare al CSM l'autogoverno della magistratura in quanto organo che non ne costituisce il vertice funzionale ma che, tuttavia, resta interno alla magistratura stessa, tant'è che è stato definito vertice organizzativo dell'ordine giudiziario.

I rapporti del CSM con il Parlamento sono, invece, limitati alla previsione dell'elezione di parte dei componenti del Consiglio stesso. I particolari quorum previsti per tali elezioni dovrebbero stemperare la provenienza politica di parte degli eletti, che in tal modo sarebbero espressione di maggioranze più ampie di quelle ordinarie.

La composizione del Consiglio (formato da membri di diritto, elettivi laici e togati e presieduto dal Presidente della Repubblica) è espressamente prevista dai commi secondo, terzo e quarto dell'articolo 104 della Costituzione.

La istituzione del CSM è stata effettuata con la legge n. 195 del 1958, che è stata successivamente più volte modificata, anche in modo significativo.

L'elezione dei componenti togati viene effettuata secondo un sistema maggioritario per circoscrizioni. Il comma terzo dell'articolo 104 prevede inoltre che i componenti eletti dai magistrati (due terzi) devono essere scelti tra gli appartenenti alle varie categorie (di magistrati). L'elezione dei componenti laici è invece effettuata dal Parlamento in seduta comune a scrutinio segreto e con la maggioranza dei tre quinti dell'Assemblea (o dei votanti dopo il secondo scrutinio).

Ai componenti del Consiglio spetta la garanzia della non punibilità per le opinioni espresse nell'esercizio delle loro funzioni e concernenti l'oggetto della discussione; tale garanzia è stata peraltro introdotta con legge ordinaria (articolo 5 della legge n. 1 del 1981). Il fondamento di tale disposizione è stato ravvisato nel fatto che l'esercizio di tali competenze costituisce strumento essenziale dell'autonomia e indipendenza di cui all'articolo 104.

In sostanza il Consiglio realizza l'autonomia e l'indipendenza citate esercitando le attribuzioni relative alla carriera e allo stato giuridico dei magistrati (spettanti al ministro di grazia e giustizia nel sistema previgente).

Le funzioni del CSM si distinguono in amministrative, giurisdizionali e paranormative.

Le funzioni amministrative sono relative all'organizzazione e al funzionamento interno dello stesso Consiglio (verifica dei titoli di ammissione dei componenti, relativa autonomia contabile) e allo status dei magistrati e a funzioni ausiliarie (proposte e pareri al ministro di grazia e giustizia).

Le funzioni giurisdizionali sono relative al procedimento disciplinare nei confronti dei magistrati, che viene devoluto ad un'apposita sezione disciplinare.

Le funzioni paranormative sono relative ad alcuni atti generali come la redazione del regolamento del Consiglio ovvero di circolari a contenuto generale ed astratto.

Le deliberazioni a contenuto amministrativo sono impugnabili di fronte al giudice amministrativo; le sentenze in materia disciplinare sono ricorribili per cassazione (si tratta quindi di attività di carattere giurisdizionale, nell'espletamento della quale il CSM opererebbe quindi come giudice speciale).

Per quanto riguarda i rapporti tra Governo e CSM si è già segnalato che il rapporto con il ministro di grazia e giustizia è di natura di separazione ma, come ha precisato la Corte costituzionale, anche di collaborazione (sentenza n. 168/1963). L'articolo 110 della Costituzione attribuisce infatti al ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia stessa. Nel sistema costituzionale tale disposizione va quindi coordinata con quelle degli articoli 105, 106 e 107 comma secondo della Costituzione.

Per quanto riguarda le proposte ed i disegni di legge costituzionali all'esame del Comitato le principali tematiche (che peraltro devono essere poste in un'ottica di coerenza con la scelta preliminare verso un sistema di giurisdizione unitaria o plurima) sono le seguenti:

1. giurisdizione unitaria con un unico CSM o più CSM per varie giurisdizioni;

2. CSM unitario e diviso in sezioni in relazione alle varie articolazioni della magistratura;

3. CSM distinti per la magistratura giudicante e quella requirente;

4. presidenza del CSM (attribuita al Presidente della Repubblica - da coordinare con un'eventuale riforma in senso presidenziale o semipresidenziale della forma di Governo - ovvero necessariamente ad un componente dell'organo eletto dal Parlamento) e relativa vicepresidenza;

5. espressa menzione in Costituzione del metodo elettorale e diversificazione delle quote di appartenenza degli eletti rispettivamente dal Parlamento e dalla magistratura (il che comporta ovviamente un diverso peso nella rappresentanza e nel bilanciamento dei poteri).

Accanto alle disposizioni relative al CSM (che come si è visto sono dirette a tutelare la magistratura nel suo complesso), la Costituzione prevede una serie di garanzie per i giudici singolarmente considerati (articolo 107, l'ultimo comma del quale prevede che il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalla legge).

Sempre l'articolo 107 prevede che i magistrati (e quindi anche i pubblici ministeri) si distinguono tra loro solo per diversità di funzioni.

Il pubblico ministero fa parte dell'ordine giudiziario in una posizione particolare (articolo 73 dell'ordinamento giudiziario) e a tale organo vengono attribuite una pluralità di funzioni relative a diverse materie (non solo penale ma anche civile e amministrativo, con la sorveglianza sul servizio dello stato civile); con tale termine si indica in definitiva un complesso di uffici cui è demandato il compito di proporre azioni o intervenire nei giudizi promossi da privati.

Storicamente il pubblico ministero è nato come organo di collegamento tra le autorità politiche e quelle giurisdizionali e, almeno nel nostro ordinamento, la sua evoluzione è coincisa con un progressivo affrancamento da tale situazione, tanto che la dottrina prevalente ritiene che la Costituzione lo pone in una posizione di soggezione solo alla legge, anche se in realtà tale guarentigla di riferisce in sostanza all'ufficio più che al singolo magistrato appartenente all'ufficio.

La legge del 1865 prevedeva che i pubblici ministeri fossero un ruolo a sé; successivamente si è passati alla unificazione dei ruoli e nell'ordinamento giudiziario del 1941 il pubblico ministero era alle dipendenze del ministro della giustizia. Nel 1946 il pubblico ministero, pur restando sotto il controllo del ministro, godeva di garanzie di indipendenza dal potere esecutivo.

Tale organo deve vigilare sulla osservanza della legge, sulla pronta e regolare amministrazione della giustizia, sulla tutela dei diritti dello Stato, delle persone giuridiche e degli incapaci e anche per questo si dice che è organo imparziale (dovendo, per esempio, acquisire nelle indagini preliminari anche prove a difesa dell'indagato, chiedere l'assoluzione, ecc). Esistono quindi vari modelli e figure di pubblici ministeri, e sono previsti anche presso la Corte dei conti, i tribunali militari e la Corte costituzionale integrata nei giudizi di accusa, pur essendo il pubblico ministero che agisce in materia penale il modello di riferimento più rilevante.

L'organizzazione degli uffici del pubblico ministero si articola in procure (presso le preture e il tribunale) e procure generali (presso le corti di appello e presso la Cassazione).

Per quanto riguarda l'indipendenza del pubblico ministero la formula del citato ultimo comma dell'articolo 107, che pure rimette al legislatore ordinario la disciplina del pubblico ministero, viene generalmente interpretata nel senso che vi debbano comunque essere garanzie per il pubblico ministero e il comma primo di tale articolo estende agli stessi la garanzia di inamovibilità. Ugualmente gli articoli 105 e 106 estendono a tutti i magistrati le garanzie assicurate dall'esistenza del CSM e dal sistema di nomina del concorso.

La natura giuridica del pubblico ministero è stata variamente dibattuta in dottrina. Se ne è affermata anche la natura amministrativa mentre generalmente viene riconosciuta la natura giudiziaria, come pure è stato ritenuto da taluno che tale organo abbia un carattere neutrale.

Le proposte e i disegni di legge all'esame del comitato generalmente equiparano, con riguardo alle garanzie, la posizione del pubblico ministero a quelle dei giudici. Per quanto riguarda le carriere degli stessi le proposte sono variamente articolate e devono essere lette anche in relazione a quanto previsto per il CSM.

L'articolo 112 della Costituzione prevede che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Secondo la giurisprudenza costituzionale (sentenza n. 22/1959) ciò esclude qualsiasi discrezionalità in ordine all'opportunità del promuovimento dell'azione stessa.

La dottrina ha inoltre collegato la disposizione dell'articolo 112 con quella dell'articolo 3 (principio di uguglianza).

Il ruolo del pubblico ministero anche in relazione all'esercizio dell'azione penale, è stato ridisegnato con l'introduzione del processo accusatorio, sicché dovrebbe (tendenzialmente) presentarsi come organo di ricerca (non di istruzione), di richiesta (non di decisione), di azione (e non di giudizio).

L'accentuazione del carattere di parte del pubblico ministero conseguente alla riforma del processo penale secondo alcune proposte dovrebbe quindi suscitare una riforma della figura del pubblico ministero.

La maggior parte delle proposte e dei disegni di legge all'esame del comitato mantiene generalmente la previsione dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, sia pur con varie precisazioni ed aggiunte. Altre proposte articolano invece un differente meccanismo in virtù del quale l'esercizio della stessa viene determinato sulla base di criteri determinati dal Parlamento.

Riepiloga quindi, sinteticamente, le questioni che il Comitato dovrà affrontare, nel quadro della complessiva problematica afferente la magistratura:

1) scelta tra unità e pluralità delle giurisdizioni;

2) la valutazione se la sottoposizione soltanto alla legge debba essere riferita dalla Costituzione soltanto ai giudici ovvero anche ai pubblici ministeri (e, in tal ultimo caso, se riguardi i singoli ovvero l'ufficio);

3) la scelta se dare vita ad un solo organo di autogoverno per tutte le magistrature (eventualmente diviso per sezioni) o se mantenere ovvero costituzionalizzare l'attuale situazione, che contempla distinti organi di autogoverno per le magistrature ordinaria, amministrativa, contabile, militare e tributaria;

4) la ulteriore scelta se prevedere sia per la magistratura giudicante che per quella requirente un unico CSM, eventualmente diviso in due sezioni, ovvero se creare due CSM diversi per giudici e pubblici ministeri;

5) la questione della presidenza dell'organo (o degli organi) di autogoverno, problema che risulta in parte condizionato dalle opzioni che saranno adottate in materia di forma di governo. Inoltre, nel caso si mantenga la presidenza del CSM in capo al Presidente della Repubblica, occorre valutare se esplicitare o meno in Costituzione gli eventuali poteri di quest'ultimo relativamente alla fissazione dell'ordine del giorno;

6) la questione dei membri di diritto del CSM, con particolare riferimento alla presenza o meno - eventualmente senza diritto di voto e con la sola facoltà di formulare proposte e richieste - del ministero di grazia e giustizia, nonché, in ipotesi, dell'avvocatura generale dello Stato;

7) la questione della composizione dell'organo di autogoverno, che si pone sia nel caso di organo unico, sia nel caso di organo unico diviso per sezioni rispetto alle funzioni giurisdizionali, sia ancora nel caso di suddivisione per sezioni relative l'una alla magistrautra giudicante e l'altra a quella requirente, sia, infine, nel caso di più organi di autogoverno come attualmente conformati. Tale questione riguarda ovviamente i rapporti numerici tra la componente togata e quella laica e, con riferimento a quest'ultima, la ulteriore valutazione se debba esservi una predeterminazione della quota riservata agli avvocati;

8) la scelta se inserire nella Costituzione ovvero se rinviare alla legge ordinaria la disciplina delle modalità di elezione (o di nomina) delle due componenti;

9) l'ipotesi di modificare eventualmente la durata del mandato. Si deve segnalare in proposito che risulta esservi unanimità in ordine alla non rieleggibilità;

10) la questione dei poteri del CSM, con particolare riferimento alla eventualità di sancire espressamente la esclussione di poteri di indirizzo politico. Tale eventuale esigenza - esplicitamente recepita nella proposta di legge A.C. 3064 - si pone evidentemente in relazione non già all'attuale testo della Costituzione, che non attribuisce poteri di indirizzo politico al CSM, bensì alla prassi. La questione si porrebbe inoltre in termini distinti nel caso di più organi di autogoverno ovvero di unico organo diviso in sezioni;

11) la questione della impugnazione di provvedimenti del CSM, che è ovviamente condizionata dalle scelte adottate sulla unicità ovvero pluralità delle giurisdizione;

12) la questione della incompatibilità con le funzioni di magistratura, nonchè quella delle eventuali incompatibilità successive all'esercizio del mandato di componente del CSM;

13) la questione dell'accesso alla magistratura, che riguarda sia l'eventuale esclusione di modalità di accesso diverse dal pubblico concorso, sia l'ipotesi di concorsi unici con successiva separazione delle funzioni o delle carriere e con eventuale possibilità di passaggi dall'una all'altra funzione o carriera;

14) la scelta se la garanzia dell'inamovibilità debba riguardare indistintamente tutti i magistrati ovvero soltanto i guidici e se, con riferimento ai pubblici ministeri, possano essere introdotte deroghe per assicurare l'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale in tutto il territorio della Repubblica;

15) la questione della titolarità dell'azione disciplinare, se, cioè, essa debba essere attribuita solo al ministro ovvero al ministro e al procuratore generale presso la Corte di cassazione ovvero ancora al ministro per il tramite del procuratore generale. Alcuni progetti di legge prevedono inoltre in materia un obbligo di relazione al Parlamento;

16) la problematicità dell'obbligatorietà dell'azione penale: alcuni progetti prevedono la pura e semplice conferma della attuale previsione costituzionale; altri la obbligatorietà "secondo le modalità stabilite dalla legge"; altri ancora stabiliscono che il Parlamento indichi le priorità in materia; altri infine, nel confermare l'obbligatorietà, prevedono che il ministro riferisca annualmente al Parlamento dell'adempimento dell'obbligo e sull'uso dei mezzi di indagine.

Tutte le questioni dovranno essere affrontate nelle loro interconnessioni ed altresì ispirandosi ad alcuni principi di carattere generale, quali la terzietà del giudice, l'effettiva parità delle parti nel processo, l'autonomia e l'indipendenza, la responsabilità e l'autogoverno, l'esclusione di funzioni politiche, il bilanciamento fra i poteri e nei poteri, l'effettività dell'obbligatorietà dell'azione penale. Riguardo a tale ultimo principio, occorre tener presente l'attuale situazione, caratterizzata prevalentemente da una sostanziale discrezionalità; peraltro, se si intendesse esplicitamente rinunciare alla obbligatorietà, occorrerebbe ovviamente misurarsi con i problemi posti dall'articolo 3 della Costituzione e con l'esigenza di assicurare comunque la sicurezza dei cittadini. Infine, le soluzioni adottate dovranno ovviamente essere tali da rispondere in maniera effettiva alla domanda di giustizia che proviene dalla società.

Giuliano URBANI, Presidente, ringrazia il relatore per il lavoro svolto e per l'onestà intellettuale dimostrata: ciò consente al Comitato di avere un quadro complessivo delle problematiche da affrontare.

È noto che su diverse questioni le posizioni sono molto distanti; invita però i colleghi a non ripetere quanto già detto e a fare lo sforzo di ricercare per quanto possibile soluzioni accettabili dalla più larga maggioranza dei componenti del Comitato.

In riferimento a ciascuna problematica, sarebbe pertanto opportuno individuare i principi cui ispirare le soluzioni, soluzioni che sarebbe auspicabile che tenessero conto, per quanto possibile, delle ragioni degli altri. Certo nessuno è contrario ad alcuni principi di carattere generale quali: l'autonomia e l'indipendenza, la responsabilità e la terzietà dei giudici. Inoltre, nella individuazione delle soluzioni bisogna essere ispirati alla logica dei pesi e dei contrappesi che non deve però essere intesa come la logica delle ambiguità.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano), ringraziando il relatore per la esposizione svolta, tiene a sottolineare che esiste nel Comitato un accordo su alcuni principi di carattere generale cui nessuno è disposto a rinunciare, in misura maggiore di quanto appare all'esterno, seppure diverse siano le ipotesi di concreta attuazione degli stessi princìpi.

Si dichiara favorevole ad estendere a tutti i magistrati la sottoposizione soltanto alla legge, riferita dalla Costituzione ai giudici. A suo giudizio, però, è opportuno modificare anche il primo comma dell'articolo 101; al riguardo, ricorda che già durante i lavori dell'Assemblea Costituente erano state avanzate preoccupazioni sulla formulazione di tale comma. Le preoccupazioni in cinquanta anni si sono acuite, per cui sarebbe favorevole a prevedere che la giustizia sia amministrata in nome della legge. La ragione di tale modifica coinvolge, a suo giudizio, il tema del rapporto tra i poteri e il riferimento alla «legge» lascerebbe meglio intendere come tale rapporto deve essere inteso. Sottolineando che la Costituzione è stata certamente molto sintetica in materia di giustizia - e ciò ha determinato una libertà della prassi - ritiene opportuno che la Costituzione intervenga in materia più incisiva sulla questione dell'accesso alla magistratura, che deve avvenire per concorso (che, a suo giudizio, deve essere unico per giudici e per pubblici ministeri e deve riguardare tutti gli operatori della giustizia, anche gli avvocati); non si dovrebbe inoltre escludere l'ipotesi di prevedere dei tirocini oppure delle verifiche di professionalità.

Sulla questione della separazione delle funzioni, affermata l'ipotesi di unicità di accesso, sarebbe favorevole a precisare meglio il disposto dell'ultimo comma dell'articolo 107, demandando nel contempo alla legge ordinaria la previsione di vincoli precisi per la possibilità di passagio da una funzione all'altra.

Considera assai delicata la questione delle incompatibilità, poiché a fronte di un potere politico non forte si è determinata negli ultimi anni una condizione di invasività dell'ordine giudiziario; pertanto, sarebbe favorevole a prevedere nella Costituzione limiti precisi alle incompatibilità.

Ricorda che il Consiglio superiore della magistratura svolge tre diverse funzioni: funzioni amministrative, giurisdizionali e paranormative; di queste ultime, però, non vi è traccia alcuna nel disposto dell'articolo 105 e di fatto tali funzioni sono divenute invadenti, tanto da potere configurarsi come funzioni politiche. Al riguardo, ricorda che già la Commissione Bozzi aveva proposto di modificare l'articolo 108 nel senso di specificare che le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite «esclusivamente» con legge. A suo giudizio, quindi, l'esercizio delle funzioni paranormative hanno determinato uno stato di confusione, che in qualche modo va risolto.

La problematica relativa alla disciplina dell'organo di autogoverno va affrontata sotto ogni profilo con grande chiarezza, considerando anche i rapporti tra tale organo e il ministro di grazia e giustizia.

Altra questione rilevante concerne l'accertamento della responsabilità disciplinare dei magistrati. Al riguardo, non esprime critiche sul modo con il quale finora è stata esercitata tale funzione; riterrebbe però opportuno garantire una prevalenza alla componente laica nella sezione disciplinare del CSM.

Osserva poi che nessuno certamente vorrebbe rinunciare al principio della obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale; invita però a considerare che la situazione attuale, soprattutto dal punto di vista normativo, è radicalmente mutata.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), sottolineando che il suo intervento sarà interlocutorio, ringrazia il relatore per la dettagliata esposizione svolta.

Osserva che finora non è stato detto se è opportuno mantenere nella Costituzione il divieto della istituzione di giudici speciali. A suo giudizio, tale divieto deve essere mantenuto per quanto riguarda i giudici speciali penali, mentre potrebbe rivelarsi inutile per quanto riguarda la istituzione di altri giudici e particolarmente per quelli destinati a risolvere specifiche controversie (ad esempio le controversie locatizie).

Riterrebbe poi opportuna una riflessione sulla disposizione di cui al terzo comma dell'articolo 111, che prevede che contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso per Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Condivide le indicazioni di metodo formulate dal Presidente; auspica però che nel corso del dibattito siano ben individuati i principi e le problematiche, invitando tutti a non ricercare delle soluzioni rimanendo prigionieri dell'esistente. Bisogna pertanto fissare nella Costituzione i principi fondamentali, demandando il resto alla legislazione ordinaria, e comunque discutere sulla base di una conoscenza reale dei problemi. Al riguardo, non condivide - alla luce di precisi dati di fatto - l'opinione secondo cui vi sarebbe una crisi del processo disciplinare.

Giuliano URBANI, Presidente, rinvia il seguito della discussione sui temi relativi all'ordinamento giudiziario alla seduta già convocata per martedì 25 marzo alle ore 9,30.

La seduta termina alle 13.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI Martedì 25 marzo 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 10.

Il Comitato prosegue la discussione sui temi relativi all'ordinamento giudiziario.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) osserva, in primo luogo, che i temi in discussione sono assai complessi ed il dibattito finora si è sviluppato senza schematismi.

La magistratura ha svolto un ruolo di supplenza in modo straordinario, specie durante i periodi del terrorismo e di tangentopoli.

E’ noto che le democrazie sono meccanismi delicati che non sopportano a lungo le supplenze perchè queste implicano modificazioni profonde degli istituti democratici. Quello che è avvenuto in questi anni ha comportato una trasformazione profonda della stessa magistratura, in particolare del ruolo svolto dalle procure. Non è certo, infatti, compito dei procuratori della Repubblica farsi interpreti delle esigenze dei cittadini, o intendere il proprio ruolo come una “missione” con tutte le implicazioni etiche che ogni missione comporta. Si è voluto in questi anni da parte di alcuni procuratori “realizzare” la giustizia (che è un compito nobile, importante ma arduo e comunque non di pertinenza dei procuratori) e si è immaginato che l’alterità dei valori perseguìti sovente affrancasse loro stessi dal rigoroso rispetto delle leggi (perchè anche le procedure implicano il rispetto delle leggi ed i mezzi con cui si è pervenuti a certi risultati non possono essere indifferenti). Osserva che questa critica tocca solo poche procure e aggiunge con grande onestà che gli uomini di certe procure rischiano ogni giorno la vita in alcune zone in cui imperversano alcuni poteri mafiosi. Cionondimeno laddove emergono distorsioni siffatte di un certo ruolo, laddove si manifesta più l’attenzione al consenso che il rispetto del codice si realizza una sorta di democrazia giudiziaria che non ha nulla a che vedere con la democrazia vera e propria, anzi ne è il suo contrario.

Tra l’altro la confusione di ruoli tra magistratura requirente e giudicante che, attraverso i meccanismi infernali dei media, si è instaurata nel Paese, ha finito per amplificare a dismisura la prima funzione che - non va dimenticato - è una funzione di parte a svantaggio della seconda che è, o dovrebbe essere, la vera risorsa di una democrazia compiuta.

Si soffermerà nel suo intervento sulle questioni della obbligatorietà dell’azione penale e della figura del pubblico ministero, auspicando da parte di tutti chiarezza di intenti perchè altrimenti non si riuscirà a formulare concrete ipotesi di riforma.

Il precetto costituzionale di cui all’articolo 112 contiene una formulazione breve, concisa e lapidaria che all’apparenza non sembra destare problemi di interpretazione: viceversa, nel corso degli anni è stata oggetto di numerose dispute interpretative. L’obbligatorietà dell’azione penale dovrebbe infatti comportare l’esclusione di qualsiasi discrezionalità in ordine all’opportunità o meno del promuovimento dell’azione; tuttavia, l’esercizio di tale azione è oggetto proprio di discrezionalità.

E’ noto che la discrezionalità è il luogo della politica, il luogo del consenso e non può essere attribuita a chi, con tutto il rispetto del ruolo, è riuscito a vincere un concorso. Invece spesso l’enorme massa di reati e la lentezza dei procedimenti ha permesso al pubblico ministero di ritagliarsi uno spazio di discrezionalità che è andato via via aumentando con l’aumentare delle inchieste per cui avviene nei fatti che molti processi vengono prescritti e nessuno sa perchè, altre indagini accelerate altre rallentate e nessuno sa perchè. Di fatto un uso esorbitante della discrezionalità che rende certi poteri avulsi dalla responsabilità. Questo non può continuare. A suo giudizio, pertanto, si sono determinate nel corso degli anni situazioni anomale e distorsioni che vanno eliminate, con la previsione anche di specifici contrappesi. E’ favorevole quindi alla separazione delle funzioni tra magistratura requirente e magistratura giudicante, come previsto in quasi tutti i paesi occidentali.

Anche se di questa separazione non ne fa un dogma, perchè confessa di non avere certezze in proposito, anzi, per certi aspetti, preferirebbe che il pubblico ministero non nascesse accusatore fin dall’università, per cui finisse per non applicare mai gli effetti dell’articolo 358 del codice di procedura penale.

Cita poi in dettaglio alcune considerazioni svolte dal Paolo Borsellino.

Auspicherebbe però che si potesse attuare una sorta di riequilibrio all’interno della magistratura, cominciando con il riequilibrare la figura del pubblico ministero con quella del GIP e con quello della difesa.

La figura del GIP, che dovrebbe avere funzioni di garanzie tra accusa e difesa, è di fatto depotenziata per molti motivi che il legislatore non ha saputo prevedere.

Non bisogna dimenticare che il GIP proprio nell’essere costretto a lavorare su atti formati da altri ha una sua implicita condizione di inferiorità rispetto al pubblico ministero. Una inferiorità che si accentua quando non possiede gli strumenti legislativi ed operativi per verificare a fondo le richieste dell’accusa.

Vuole che pubblico ministero e giudice penale non scambino il proprio ruolo nella stessa sede penale e che decisioni in tema di libertà personali venissero concentrate presso un organo come la corte d’appello, un organo estraneo all’impatto con le tensioni emotive del primo grado.

Si verifica troppo spesso che giovani uditori vengano mandato allo sbaraglio; sarebbe quindi utili prevedere un periodo di apprendistato ed incentivi economici. Un apprendistato lungo e necessario non solo per stabilire il grado di dottrina e di scienza raggiunto dall’aspirante ma anche il carattere; sarebbe anche utile prevedere testi psico-attitudinali e corsi più rigorosi come in Germania. Giudicare un proprio simile, togliergli la libertà è un’operazione difficile e dolorosa, ma necessaria: l’essenziale non è dimenticare che ci si muove in un’area dove alcuni beni sono irrisarcibili.

Ritiene poi non più rinviabile una riforma del Consiglio superiore della magistratura.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) richiama i componenti del Comitato ad assumere posizioni chiare e determinate sui temi assai delicati che sono all'esame.

Nel merito, ritiene che il punto centrale riguardi l'attribuzione in via definitiva delle funzioni giudicanti e requirenti e ricorda la forte opposizione espressa dai pubblici ministeri contro l'eventuale ipotesi di separazione delle funzioni. Così facendo non si attenta alla autonomia e alla indipendenza del pubblico ministero, poiché non si disciplina la sua sottoposizione al potere esecutivo. A suo giudizio, quindi, si dovrebbe prevedere un unico concorso, ed un successivo tirocinio, inteso a garantire la specializzazione del pubblico ministero, l'assoluta imparzialità del giudice (che - come sosteneva Calamandrei - deve non soltanto essere, ma anche «apparire» terzo) e il diritto di difesa di tutti i cittadini. In tal modo si realizzerebbe una giustizia per tutti - mentre oggi la giustizia è solo per i «ricchi» - e una concreta parità tra accusa e difesa. Ritiene poi che l'attuale confusione tra ruolo del giudice e ruolo del pubblico ministero danneggi complessivamente l'immagine della giustizia. L'ipotesi da lui prospettata consente invece di individuare una netta demarcazione tra le funzioni del giudice e quelle del pubblico ministero.

È favorevole, a nome del suo gruppo, alla previsione della obbligatorietà dell'azione penale e ricorda che nel disegno di legge di cui è primo firmatario ha previsto che tale obbligatorietà deve essere applicata senza discriminazioni per categorie di reati. Nell'applicazione pratica, però, ciò non si realizza; invita, pertanto, a ripensare al disposto di cui all'articolo 112, ed allo stato non è in grado di offrire una soluzione concreta, né però condivide la soluzione proposta dal deputato Parenti. È certo che l'ipotesi di un'attribuzione definitiva delle funzioni consentirebbe al pubblico ministero di essere maggiormente responsabile dell'esercizio dell'azione penale e di non politicizzare tale azione. Ritiene, quindi, conseguenziale una modifica sostanziale del Consiglio superiore della magistratura che potrebbe rimanere unico, ma distinto in tre sezioni: una per i magistrati di cassazione; una per i giudici di merito; ed una infine per i pubblici ministeri.

Giuliano URBANI, Presidente, osserva che dal dibattito finora svoltosi sono emerse tre distinte questioni che riguardano: l'obbligatorietà dell'azione penale, la separazione delle funzioni tra giudice e pubblico ministero, la parità tra accusa e difesa.

Ritiene, in primo luogo, opportuno considerare che i cittadini interpretano l'obbligatorietà dell'azione penale nel senso che tutti i reati devono essere perseguiti; pertanto, nell'affrontare la questione, bisogna avere una visione globale delle aspettative dei cittadini.

La questione della separazione delle carriere può rischiare di dar luogo a numerose dispute; bisogna, pertanto, capire nel concreto come possa essere garantita realmente la terzietà del giudice. Infine, è opportuno considerare a fondo quali strumenti il cittadino ha a disposizione per difendersi concretamente anche nella fase delle indagini preliminari.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia), accogliendo l'invito del Presidente a non fare guerre di religione, rileva che il dibattito risente ovviamente dei modelli culturali elaborati nel corso degli anni. La vera questione è quella del rapporto tra la giustizia ed il cittadino; in proposito, occorre rilevare che la giustizia è amministrata in nome - e non già in conto - del popolo, in quanto quest'ultimo elabora, attraverso i suoi rappresentanti, una legislazione alla quale i giudici sono soggetti.

La formulazione proposta dal relatore - secondo la quale non solo i giudici, ma tutti i magistrati sono soggetti soltanto alla legge - è a suo giudizio assai pericoloso. Infatti, con il pretesto di essere soggetti soltanto alla legge, i pubblici ministeri sono diventati un potere diffuso. Ciascun sostituto ha potuto così stabilire in completa autonomia come e nei confronti di chi esercitare l'azione penale. Non a caso, invece, si parla di ufficio del pubblico ministero, e non anche di ufficio del giudice. Pertanto il principio secondo cui i giudici - e solo i giudici - sono soggetti unicamente alla legge deve essere ancora salvaguardato, distinguendo chiaramente le due funzioni, che si sono invece sovrapposte fino a diventare di fatto una sola.

Definire il pubblico ministero una «parte imparziale» è in realtà una contraddizione in termini. La funzione del pubblico ministero è una funzione di difesa sociale, tipica del potere esecutivo. Il pubblico ministero esercita cioè la pretesa punitiva dello Stato, disponendo a tal fine della polizia giudiziaria: e questo non soltanto con il vigente codice di procedura penale, ma anche ai sensi di quello abrogato. In quanto dispone della polizia giudiziaria, il pubblico ministero - occorre ribadirlo - non è organo della giurisidizione, ma dell'esecutivo. Peraltro il fatto che egli non sia stato abituato a dirigerla ha creato notevoli problemi, fino a determinare la vera e propria paralisi della polizia giudiziaria stessa.

Il problema determinatosi in questi anni è che la funzione di difesa sociale propria del pubblico ministero ha finito per trasferirsi anche in capo al giudice, il quale si è quindi sentito investito del medesimo compito. Nell'abbraccio mortale con il pubblico ministero, il giudice ha perso, in effetti, l'identità della propria funzione.

Deve esservi pertanto un tipo di formazione che dia a ciascuno le sue proprie - e diverse - categorie mentali. Né vale asserire che l'assuefazione alle funzioni svolte può determinare nel pubblico ministero un eccesso di propensioni accusatorie. Al contrario, è assai pericoloso che chi si sia formato una mentalità da accusatore possa poi trasferirsi nella magistratura giudicante; del pari, chi ha una mentalità da giudice finisce per essere un pubblico ministero dimezzato. La società moderna esige in effetti competenza e professionalità, dalle quali deriva equilibrio nell'esercizio delle funzioni. Si assiste oggi allo spettacolo dei pubblici ministeri che fanno i «pellegrini» nelle carceri alla ricerca di qualcuno che abbia qualcosa da dire: è questa una prova di totale ed assoluta mancanza di professionalità.

Dalla chiara separazione deriverà altresì un bilanciamento dei poteri. Aver fatto della magistratura un potere autonomo è stato in effetti foriero - come presagiva Calamandrei - di conseguenze assai negative: si è dato vita, infatti, ad un potere autoreferente che può senza responsabilità stabilire di non applicare la legge ovvero di darne una interpretazione che di fatto crea la legge (il che non è ammissibile in un sistema che non è di common law). Lo stesso Togliatti riteneva democraticamente non accettabile fare della magistratura un potere del tutto autonomo.

La magistratura si è strutturata negli anni in correnti che sono veri e propri partiti, e che hanno dato un'impronta marcatamente politica al CSM (si pensi, per tacer d'altro, alla indecorosa lottizzazione dei capi degli uffici). Non vale al riguardo invocare il numero dei procedimenti disciplinari: in effetti, se non si appartiene ad alcuna corrente, non si è protetti. Ci sono invece magistrati intoccabili, nei cui confronti il CSM sostiene, quand'anche abbiano falsificato le prove in un processo, di non poter interferire nell'attività giurisdizionale.

Il CSM è oggi un organismo politico chiuso, avulso da ogni trasparenza, che non esercita un controllo democratico e nel quale i componenti laici non contano assolutamente nulla. Esso dà nei fatti, un indirizzo politico all'esercizio dell'azione penale. Atteso che il ministro di grazia e giustizia non conta allo stato nulla, bisogna quindi creare, attraverso una chiara imputazione di responsabilità, le condizioni perché il potere non diventi arbitrio. Occorre cioè costruire un sistema di regole che, salvaguardando l'indipendenza, crei anche la responsabilità inscindibilmente connessa all'esercizio del potere.

Oggi nei tribunali si celebrano processi alla storia; e l'azione penale è adoperata per perseguire avversari politici o economici. Il risultato è che i cittadini hanno paura di ogni forma di contatto con la giustizia, il che dimostra la loro profonda sfiducia in questa istituzione.

A loro volta, gli uffici del pubblico ministero appaiono essere in preda all'anarchia, in quanto i relativi capi debbono stare attenti ad evitare le sollevazioni dei loro sostituti.

Occorre pertanto che la legge sull'ordinamento giudiziario provveda in proposito, conformando in maniera adeguata gli uffici del pubblico ministero. Occorre inoltre costituzionalizzare il rapporto tra il pubblico ministero e la polizia giudiziaria. Ed occorre soprattutto ridare potere - e connessa responsabilità - al ministro di grazia e giustizia, ricordando che l'azione disciplinare deve rispondere a criteri di doverosità, e non già di opportunità politica come attualmente accade.

Quanto all'azione penale, appare evidentemente al di fuori di ogni possibilità umana, in una società complessa come quella attuale, realizzarne la obbligatorietà assoluta e totale, che significherebbe il suo contemporaneo promuovimento nei confronti di tutte le notizie di reato. È quindi necessario disciplinarne l'obbligatorietà in maniera tale che il suo esercizio risulti trasparente e responsabile. Tale responsabilità non può ovviamente esser fatta valere se non dal Parlamento. Tanto più oggi, alla luce dell'auspicio che si riesca a realizzare una compiuta alternanza nell'esercizio del potere politico, il ministro di grazia e giustizia deve quindi poter costituire il punto di raccordo della politica criminale nel nostro paese, assumendosi le relative responsabilità politiche. Alla luce della ricordata impossibilità di realizzare una obbligatorietà assoluta e totale, l'esercizio dell'azione penale deve in altri termini rispondere a principi di interesse pubblico, che non vanno ovviamente intesi come sinonimo di arbitrio, bensì come quelli che debbono necessariamente guidare l'azione dei pubblici poteri.

Oggi, al contrario, nessuno risponde delle direttive date in materia di difesa della società. Vi è uno scollamento totale, nel quale la magistratura costituisce - come detto - un potere autoreferente e il sindacato ispettivo parlamentare risulta del tutto inutile, in quanto il governo, privo di poteri, è incapace di dare risposte. Si deve pertanto riportare tutto in un circuito di controllo democratico, governato da principi di trasparenza e di responsabilità.

Una particolare riflessione occorre inoltre compiere in ordine all'esigenza di garantire anche ai pubblici ministeri l'inamovibilità. Si deve sempre tener presente, al riguardo, che il pubblico ministero rappresenta lo Stato, per cui non risulta ammissibile che non vi siano strumenti per convincere i suoi magistrati ad accettare alcune sedi disagiate. Forse tali sedi dovrebbero esser chiuse, se non c'è nessuno che intende coprirle? Pertanto, pur con tutte le garanzie del caso, occorre far venire meno l'inamovibilità assoluta dei pubblici ministeri: la potestà dello Stato deve in effetti potersi esercitare dovunque vi sia necessità di difesa sociale. Il giudice, al contrario, deve essere del tutto inamovibile, in quanto precostituito per legge.

Queste, e non altre, sono le basi minime cui non può rinunciare uno Stato che sappia proteggere se stesso ed i propri cittadini e voglia nel contempo assicurare le garanzie di questi ultimi, nell'ambito di un sistema caratterizzato dalla responsabilità e dalla trasparenza.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) dissente, in primo luogo, dalle analisi sul rapporto tra giustizia e politica svolte sia dal deputato Parenti che dal senatore Loiero. Ribadisce che il sistema attuale secondo cui l'applicazione della legge è attribuita ad un ordine autonomo ed indipendente rappresenta una conquista cui non si deve in nessun modo rinunciare.

Se, in un dato momento, l'applicazione della legge penale assume un rilievo eccessivo, ciò può dipendere da due fattori: o da un eccesso di legislazione penale - che sta al Parlamento ridurre - o da un eccesso di illegalità - ed è quanto accaduto in Italia in questi anni - cui può contribuire l'inadeguata opera di prevenzione delle leggi e della pubblica amministrazione. In ogni caso è improprio imputare tale situazione alla magistratura che ha la funzione ed il dovere di applicare la legge in assoluta indipendenza.

È stato detto che negli ultimi anni si è registrato uno squilibrio delle parti nel processo. Ciò è vero, ed è dipeso, come è noto, da interventi della Corte costituzionale e del legislatore che hanno profondamente alterato il disegno del codice di procedura penale. Ma la strada per porre rimedio a tale situazione è quella della legislazione ordinaria, senza mettere in discussione i principi fondamentali fissati dalla Costituzione.

Tra questi principi vi è quello della indipendenza, che deve riguardare non solo i giudici ma anche il pubblico ministero. È in ragione di tale indipendenza che - a fronte della diffusa illegalità manifestatasi in questi anni nel nostro Paese - è stata possibile l'opera meritoria della magistratura anche nei confronti di detentori del potere politico ed economico, come impone il principio di uguaglianza.

Concorda pertanto con la proposta del relatore di sostituire nel secondo comma dell'articolo 101 della Costituzione la parola «giudici» con quella «magistrati» per rendere chiaro il principio - peraltro già ricavabile dal sistema costituzionale - che anche i pubblici ministeri, non solo i giudici, sono soggetti soltanto alla legge.

Non condivide l'interpretazione del ruolo del pubblico ministero proposta dal deputato Parenti. Ricondurre il pubblico ministero nell'orbita del potere esecutivo contraddirebbe il principio di indipendenza e costituirebbe un grave arretramento. Non è vero che l'esercizio dell'azione penale, essendo in funzione di difesa sociale rimandi al potere esecutivo: l'azione penale, infatti, deve rispondere esclusivamente all'unico criterio della applicazione della legge, e non a quel complesso di criteri di ordine politico cui ispira la sua attività il potere esecutivo.

L'indipendenza del pubblico ministero ha numerose implicazioni. Si riferisce in particolare alla garanzia della inamovibilità. Osserva al riguardo, che l'esigenza di presenza su tutto il territorio concerne non solo i pubblici ministeri ma anche i giudici; ma ad essa si può dare risposta con legge ordinaria, prevedendo degli incentivi per la scelta delle sedi più disagiate, senza incidere sulla garanzia della inamovibilità.

Quanto alla obbligatorietà della azione penale, essa si collega direttamente al principio di eguaglianza. Non è vero che, oggi, la obbligatorietà sia sostituita, nella pratica, dalla assoluta discrezionalità, come in alcuni interventi si è detto. È vero, invece, che l'eccessività di legislazione penale, da un lato, e le disfunzioni del sistema-giustizia, dall'altro, impediscono, di fatto, il perseguimento in tempi accettabili di tutti i reati. La questione va affrontata, in sede di legislazione ordinaria, senza rinunciare al principio di cui all'articolo 112 della Costituzione. Alcune strade sono state indicate dal dibattito dottrinale nel rispetto del principio di uguaglianza sancito nella Costituzione: ampia depenalizzazione; estensione della procedibilità a querela per reati la cui offensività sociale sia ridotta; non procedibilità del fatto per irrilevanza dell'offesa penale. Dissente, invece, dall'ipotesi che sia il Parlamento ad indicare le categorie di reati da perseguire.

Sulla questione della separazione delle carriere, osserva che essa è stata posta dal deputato Parenti a partire da una concezione del pubblico ministero che non condivide. Ma anche a prescindere da ciò, ritiene che l'eventuale separazione delle carriere non avrebbe alcun rilievo in ordine alla esigenza di «terzietà» del giudice, mentre, al contrario, appiattendo fatalmente la figura del pubblico ministero sulla polizia giudiziaria e svincolandolo dalla cultura della giurisdizione, si risolverebbe in una minore garanzia per i cittadini. Inoltre, favorirebbe una «regressione» del pubblico ministero nell'orbita del potere esecutivo compromettendone l'indipendenza.

Ritiene invece possibile, ma con legge ordinaria, regolare il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti, ovviando così agli inconvenienti cui dà luogo l'attuale situazione. In tal senso, del resto, esistono già diversi disegni di legge all'attenzione del Parlamento.

Non condivide i giudizi negativi espressi sull'operato del Consiglio superiore della magistratura e ritiene che una valutazione seria al riguardo dovrebbe passare attraverso una analisi più attenta ed obbiettiva. Né è favorevole all'ipotesi di modificare la composizione del Consiglio limitando la rappresentanza della componente togata. Va tenuto presente al riguardo che l'autonomia dell'ordine giudiziario - garantita dall'autogoverno - è espressione indefettibile del principio di indipendenza. Non vi sarebbe più autogoverno se venisse alterato l'attuale equilibrio tra componente togata e componente «laica». Ritiene poi contraddittorio, di fronte a critiche di eccesso di politicizzazione del Consiglio, proporre un allargamento, all'interno di esso, della rappresentanza politica espressa dal Parlamento.

Infine, considerato che tutte le proposte riaffermano il principio di indipendenza, auspica che non siano introdotte nella Costituzione modificazioni che non sarebbero coerenti con tale principio e darebbero luogo ad un grave arretramento del nostro sistema.

Giuliano URBANI, Presidente, posto che è favorevole a realizzare una riforma della giustizia che garantisca l'autonomia e l'indipendenza della magistratura dal potere esecutivo, ritiene che le riforme costituzionali debbano avvenire attraverso un patto tra le forze politiche. Pertanto, invita tutti, e in particolare il senatore Russo, a considerare che a giudizio di una parte numerosa del paese c'è necessità di una riforma della disciplina costituzionale della materia. Inoltre, sulla questione dell'eccesso di illegalità, fa presente che il professor Conso ha recentemente dichiarato che l'illegalità è rappresentata anche da una violazione sistematica delle norme processuali.

Il senatore Russo ha poi giustamente dichiarato che le Costituzioni devono essere parsimoniose nella individuazione dei principi: bisogna però consideare che si sta tentando di affermare principi di maggiore responsabilità democratica, legati alla realizzazione dell'alternanza politica nella gestione del potere, il che richiede uno sforzo di fiducia reciproca. Rinvia, infine, il seguito del dibattito alla seduta già convocata per domani mercoledì 26 marzo alle ore 15.

La seduta termina alle 13,15.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI Mercoledì 26 marzo 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 15,25.

Il Comitato prosegue la discussione sui temi relativi all'ordinamento giudiziario.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva in primo luogo che è necessario creare i presupposti costituzionali di un sistema di controllo della legalità equilibrato, autorevole ed efficiente.

Non è vero che oggi i cittadini - come è stato detto - non hanno fiducia nella giustizia, anzi oggi più che mai è forte la domanda di giustizia, determinando un'estensione dell'area del diritto e un restringimento di quella della discrezionalità.

Allora, bisogna chiedersi se il sistema di controllo della legalità nel paese è efficiente e se è in grado di offrire le risposte desiderate. A suo giudizio, è opportuno prevedere nella Costituzione strumenti deflattivi. Ritiene infatti che la caratteristica delle società complesse di vedere aumentare il numero dei conflitti, debba essere risolta non affidando tutte le soluzioni di questi conflitti alla giurisdizione togata.

Osserva però che il problema non concerne solo l'ingolfamento del sistema nel suo complesso, per cui non sarebbero sufficienti solo strumenti deflattivi; infatti il sistema è caratterizzato insieme da inefficienza e da inutile afflittività. Bisogna quindi cercare un'intesa possibile per garantire un sistema di controllo che sia sì meno afflittivo, ma più efficiente. Dunque, è opportuno conservare il potere di annullamento degli atti della pubblica amministrazione.

Non è poi possibile rinunciare all'autonomia e all'indipendenza della magistratura, né la stessa può essere indebolita.

Sulla questione della disciplina dell'organo di autogoverno, osserva che non può esserci autogoverno se non c'è piena rappresentatività; né può esserci autogoverno senza prevedere un potere paranormativo o regolamentare. È vero che ci possono essere rischi di corporativismo, ma la proposta del suo gruppo prevede una strutturazione del CSM su due piani, per cui nelle sezioni riunite ogni singola categoria risulta minoritaria.

Ritiene poi che la questione del pubblico ministero non possa condizionare l'intera riforma costituzionale. Non vi sono ragioni di principio ostative alla separazione; anche questa può infatti contribuire al rafforzamento del controllo di legalità. Anzi, osserva che la separazione delle funzioni comporterebbe un rafforzamento del pubblico ministero, che sarebbe svincolato dai limiti posti alla giurisdizione, come ad esempio quello della competenza territoriale.

Non ritiene che dalla separazione delle funzioni deriverebbe necessariamente la sottoposizione del pubblico ministero a un controllo del potere esecutivo, in quanto la funzione del pubblico ministero non è rapportabile a quella dell'esecutivo. Pertanto, non è giusto trincerarsi nella tripartizione classica dei poteri; vi è ormai infatti un autonomo potere neutrale, diverso dai tre poteri tradizionali.

È convinto personalmente che dovrebbe andarsi verso la separazione, ma crede non ve ne siano ancora le condizioni culturali e politiche necessarie.

Non condivide la proposta del relatore di prevedere all'articolo 101 che «i magistrati sono soggetti soltanto alla legge», perché il pubblico ministero dovrebbe piuttosto seguire il modello dell'Avvocatura dello Stato o, meglio, delle direzioni antimafia.

In questa prospettiva, si può ipotizzare un pubblico ministero come una struttura unica e indipendente, che sia il motore di controllo della legalità. Si domanda però se questa riforma possa essere realizzata nel breve periodo a disposizione. Una riforma che nessuna magistratura vuole, né è contenuta nelle proposte di legge all'esame.

Osserva poi che di fronte a tale struttura, che sarebbe dotata di un potere enorme, la parità fra accusa e difesa sarebbe illusoria. Né un simile pubblico ministero, così forte, sarebbe bilanciato dalla terzietà del giudice. La forza di questo pubblico ministero aumenterebbe, inoltre, se non vi fosse l'obbligatorietà dell'azione penale.

Ribadisce che il dibattito culturale nel paese è arretrato rispetto a una riforma di questa ampiezza e allora la soluzione concretamente percorribile è quella contenuta nel documento del Comitato di coordinamento fra le Magistrature e l'Avvocatura dello Stato, che propone, di fronte all'espansione dell'area di giurisdizione ad azione pubblica nell'interesse generale, di intervenire in termini di alternatività e graduazione delle sanzioni alla tutela di interessi che oggi ricevono protezione solo in sede penale, procedendo nel contempo ad una vasta depenalizzazione, e attribuendo a misure risarcitorie valore deflattivo rispetto alla sanzione penale.

Conclusivamente, se non esiste oggi una convergenza su una vera rivoluzione copernicana quale quella da lui prospettata, ritiene opportuno imboccare strade più realistiche.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) osserva, al contrario del senatore Pellegrino, che si può e si deve, seppure nel breve tempo a disposizione, tentare di fare qualcosa nella direzione del cambiamento.

Partendo dalla inefficienza attuale dei controlli di legalità, ritiene difficile pensare di realizzare interventi deflattivi lasciando invariata la magistratura ordinaria, che rappresenta il vero problema. Perciò, non è favorevole a prevedere un giudice unico, per non far propagare anche alla giuridizione amministrativa e contabile i problemi di quella ordinaria.

È opportuno allora fare uno sforzo di mediazione per individuare le soluzioni più praticabili sulle seguenti questioni: separazione delle funzioni; parità tra accusa e difesa; inamovibilità; CSM; obbligatorietà dell'azione penale.

Sulla questione della separazione delle funzioni, osserva in primo luogo che nessuno vuole mettere in discussione l'indipendenza e l'autonomia della magistratura, indipendenza ed autonomia salvaguardabili anche se si va verso la separazione delle funzioni. Allora, bisogna valutare se nel sistema attuale la promiscuità tra le funzioni sia o meno utile. A suo giudizio, tale promiscuità, che non esiste in nessun paese del mondo, impedisce la reale parità tra le parti nel processo.

È poi favorevole a prevedere nella Costituzione il principio di parità tra accusa e difesa, per una serie di motivazioni che appartengono alla storia della civiltà giuridica.

Sulla questione della inamovibilità, bisogna introdurre temperamenti per assicurare la copertura delle sedi disagiate - come avviene nella carriera dei diplomatici - in modo da consentire al CSM di distribuire meglio i magistrati.

Sottolinea che è opportuno stabilire principi che garantiscano la libertà e l'indipendenza del singolo magistrato e non della corporazione nel suo complesso. Oggi, invece, il CSM condiziona ogni passo del singolo magistrato (ad esempio per la progressione in carriera); la sua articolazione in correnti costituisce un vero pericolo per la libertà dei singoli magistrati. Allora, bisogna pensare ad un nuovo modello organizzativo per garantire e preservare l'indipendenza dei singoli, ciò anche senza modificarne le funzioni. Si riferisce in particolare alla possibilità di aumentare il numero della componente laica.

Osserva poi che l'esercizio dell'azione penale deve restare obbligatorio, né può essere affidata al Parlamento l'individuazione dei reati di maggiore allarme sociale da perseguire. Il problema però è che da tempo non si indaga più su notizie di reato, bensì su singole persone. E allora bisogna precisare il legame dell'esercizio dell'azione penale con l'esistenza di una notizia di reato.

 

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) è favorevole a prevedere all'articolo 101 che la soggezione solo alla legge riguardi sia il giudice che il pubblico ministero.

Osserva che la separazione delle funzioni di per sé non significa la sottoposizione del pubblico ministero al potere esecutivo, se accompagnata da garanzie di indipendenza e autonomia dello stesso pubblico ministero. A suo giudizio, è però più opportuno demandare alla legislazione ordinaria la individuazione dei casi in cui è consentito il passaggio da una funzione all'altra.

Sulla questione della inamovibilità, sottolinea che già il disposto dell'articolo 107 non esclude i trasferimenti senza il consenso degli interessati; quindi, la legislazione ordinaria potrebbe risolvere la questione delle sedi disagiate, prevedendo a tal fine meccanismi oggettivi che evitino - s'intende - di condizionare i magistrati.

Si tratta poi di trovare una formulazione concreta per garantire il principio della parità tra accusa e difesa, in primo luogo assicurando effettivamente la difesa per i non abbienti.

Dunque, per molte questioni ritiene che la soluzione possa esssere trovata non attraverso una modifica alla Costituzione, bensì con legge ordinaria.

Rileva infine che non può esistere un esercizio effettivo in tutti i casi dell'azione penale; l'obbligatorietà costituisce quindi una indicazione di principio.

Il deputato Rocco BUTTIGLIONE (gruppo misto-CDU) osserva che per orientarsi nel difficile compito di riformare il sistema delle garanzie ci si deve domandare quali siano i beni che devono essere garantiti e che ci sta a fare il sistema delle garanzie.

Il bene primario che deve essere garantito è la libertà del cittadino ed il libero esercizio da parte di esso dei propri diritti e delle proprie facoltà. Due sono le forme principali in cui la minaccia può esplicitarsi. La prima proviene da un qualunque soggetto che con la violenza o con l'inganno privi il cittadino della vita, della libertà, o della proprietà o comunque del pieno esercizio dei suoi diritti.

La legge deve proteggere i cittadini dal crimine e dai criminali, deve punire i criminali stessi e tutelare un ambiente generale in cui i cittadini possono agire senza timore. È, questo, ciò che gli antichi chiamavano «tranquillitas ordinis».

La seconda minaccia alla libertà del cittadino proviene, un poco paradossalmente, proprio dalla attività dello Stato volta a garantire la tranquillitas ordinis. Qui si consideri il caso del cittadino accusato dallo Stato di avere commesso un reato. L'accusa può essere vera o falsa. Per garantire la tranquillitas ordinis lo Stato ha un interesse ad ottenere comunque la condanna dell'accusato. La condanna infatti calma l'allarme sociale suscitato dal reato e ripristina la fiducia nello Stato e nella legge.

Esiste però un interesse ancora più alto di quello dello Stato alla tutela dell'ordine pubblico. È l'interesse della verità e della giustizia a che l'innocente non venga condannato.

Dal punto di vista della repressione del crimine ciò che è essenziale è che tutti i crimini vengano puniti, anche a costo di condannare qualche innocente. Dal punto di vista della tutela del diritto è essenziale che nessun innocente venga punito, anche a costo di lasciare liberi alcuni criminali. Lo stesso problema si pone naturalmente rispetto al problema della esatta valutazione delle responsabilità. Anche una volta accertato che l'accusato ha commesso il fatto che gli viene imputato rimane aperta la questione della misura in cui egli è effettivamente responsabile e merita di essere punito.

Nel modello di processo accusatorio, cui si ispira da alcuni anni il nostro codice di procedura penale, il compito di garantire la tranquillitas ordinis spetta alla magistratura requirente ed al pubblico ministero. Il compito di tutelare il diritto del soggetto spetta alla difesa. Il compito di garantire la giustizia e di scoprire e affermare la verità (o almeno la verità processuale) spetta al giudice. Il processo è un ostacolo posto sul cammino della pretesa punitiva dello Stato, come sosteneva Calamandrei. La difesa tutela il diritto soggettivo di non essere condannati senza essere stati sentiti e senza avere avuto la possibilità di far sentire le proprie ragioni. La magistratura giudicante tutela invece il diritto oggettivo dell'imputato a non essere condannato innocente ma anche il diritto/dovere dello Stato di non condannare degli innocenti.

Il problema della separazione delle carriere fra pubblici ministeri e giudici va considerato a partire dalla finalità oggettiva dell'azione penale, ovvero delle finalità che convergono nel processo. Nel processo si scontra la finalità a punire per preservare la tranquillitas ordinis con la finalità di non punire l'innocente e di evitare qualunque esercizio abusivo del potere dello Stato.

Nel processo la verità processuale si forma nel dibattito fra accusa e difesa. Accusa e difesa devono essere dunque poste esattamente sul medesimo piano ed il giudice deve essere terzo fra di esse, in una posizione di equidistanza e di assoluta imparzialità. Questo sembra essere incompatibile con l'esistenza di una carriera unica della Magistratura in cui pubblico ministero e giudice fanno lo stesso concorso, sono colleghi agli inizi della carriera e lavorano fianco a fianco. Più tardi si reincontrano con funzioni diverse in tribunale per poi ritrovarsi di nuovo come colleghi ad un livello più alto di carriera. Può anche capitare che l'uno di essi si trovi in un futuro in una posizione sovra o sottordinata rispetto a quella del collega sulle domande del quale deve oggi giudicare in dibattimento. È evidente che questo genera una eccessiva vicinanza fra giudice e pubblico ministero e talvolta perfino la subordinazione psicologica dell'uno all'altro quando si incontrino nel dibattimento esponenti di diverso prestigio ed influenza all'interno della medesima carriera. Ciò verrebbe ulteriormente incrementato nel momento in cui restituissimo dei filtri nella carriera dei magistrati, delle valutazioni di professionalità nelle quali i magistrati più anziani possono trovarsi a valutare l'operato dei più giovani ai fini della progressione di carriera.

Rispetto ad altri Paesi che hanno anch'essi un processo accusatorio, c'è in Italia una eccessiva vicinanza fra pubblico ministero e giudice ed una eccessiva lontananza fra giudice e avvocatura. Il risultato è un oggettivo e drammatico indebolimento della difesa. Crede che si deve rafforzare l'unità della professione legale creando una maggiore lontananza fra pubblico ministero e giudice ed una maggiore vicinanza fra giudice e avvocato.

Si possono separare le carriere. In alternativa possiamo distinguere nettamente le carriere del pubblico ministero e del giudice con una limitata possibilità di scambio fra le due. In questo caso però dobbiamo controbilanciare queste possibilità con l'analoga possibilità di immissione nel ruolo dei magistrati di avvocati dotati di adeguate caratteristiche, al fine di realizzare una osmosi delle professioni legali, come avviene anche in altri Paesi a processo accusatorio.

Strettamente connesso con ciò che abbiamo detto fino ad ora è il problema della obbligatorietà dell'azione penale. Certamente l'azione penale deve essere obbligatoria nel senso che non devono esistere diritti non tutelati ed abbandonati all'arbitrio dei prepotenti. Non possiamo però far finta di non sapere che la maggior parte dei reati denunciati oggi in Italia non vengono oggi perseguiti. La maggior parte delle notizie di reato rimane senza seguito. La gente lo sa e questo inevitabilmente intacca la tranquillitas ordinis e la presunzione di efficacia della norma.

In parte questo dipende dalla particolare inefficienza della nostra Magistratura. Situazioni però di poco meno drammatiche si riscontrano anche in altri Paesi simili al nostro. La semplice verità è che esiste uno squilibrio in tutte le società sviluppate fra le situazioni che appaiono prima facie meritevoli di indagine e gli strumenti di indagine a disposizioni della autorità pubblica.

Che fare? L'obbligatorietà dell'azione penale resta certamente una idea regolatrice in senso kantiano, un orizzonte all'interno del quale si svolge tutta l'azione degli uffici giudiziari.

Esiste però un modo pragmatico di muoversi verso questo orizzonte ed esso può svolgersi solo attraverso la determinazione di priorità.

Chi porta la responsabilità di decidere dell'uso delle risorse deve porsi la domanda: in che modo si può, facendo uso delle risorse disponibili, avvicinarsi il più possibile al conseguimento del fine affidato alla propria cura? Posto l'interesse dello Stato alla tranquillitas ordinis, quali sono i reati che oggi determinano il massimo di allarme sociale? Quali sono i comportamenti che più vigorosamente devono essere contrastati?

Se poniamo l'azione del responsabile della tranquillitas ordinis, cioè del pubblico ministero, nel contesto di un mondo caratterizzato dalla scarsità di risorse, ci si rende conto meglio della specificità della sua funzione, che la differenzia nettamente da quella della magistratura giudicante. Il pubblico ministero amministra le risorse che lo Stato dedica alla repressione penale e si pone l'obiettivo di garantire, con quelle risorse, il livello massimo possibile di sicurezza dei cittadini e di tutela dell'ordine giuridico. In quanto amministratore di queste risorse il pubblico ministero ha inevitabilmente una certa responsabilità politica, gestisce una politica criminale.

Può ogni pubblico ministero determinare una propria politica criminale? Non è opportuna una funzione nazionale di coordinamento delle politiche criminali? Dove porre questa funzione se non nel Ministro della giustizia? E può una politica criminale essere determinata fuori dal dialogo con il Parlamento che stabilisce l'ammontare complessivo delle risorse che a quelle finalità devono essere destinate?

Ciò che appartiene alla gestione delle risorse destinate alla repressione penale non può essere sottratto alla responsabilità dell'esecutivo ed al controllo del Parlamento.

Devono essere sottoposti solo alla legge pubblici ministeri? Crede che i pubblici ministeri un quanto gestiscono le risorse, contribuiscano a determinare ed applicano le priorità della politica criminale, devono essere sottoposti al potere di coordinamento del Ministro della giustizia ed al controllo del Parlamento.

Se si sceglie la via della separazione rigida delle carriere avremo necessariamente due organi di autogoverno della magistratura. Se si sceglie, come pure è possibile, una distinzione forte delle carriere, allora serve un unico Consiglio superiore della magistratura diviso in due sezioni. In ogni caso è bene che il Ministro della giustizia e l'avvocato generale dello Stato siano membri del Consiglio superiore della magistratura e che in esso si rafforzi la presenza degli avvocati. È bene escludere esplicitamente il ruolo di indirizzo politico del Consiglio superiore della magistratura ed invece determinare le modalità di formazione degli indirizzi generali di politica criminale sotto il controllo del Parlamento. Se il pubblico ministero ha il compito i garantire la tranquillitas ordinis è impensabile che lo Stato rinunci a garantire questo bene primario in alcune parti del territorio nazionale. È possibile rinunciare alla inamovibilità del pubblico ministero senza con ciò introdurre la possibilità di discriminazione politica, provvedendo a stabilire le necessarie garanzie.

Si provveda, al limite, con il sorteggio. Ma vi sono probabilmente metodi meno rudimentali. L'obbligatorietà dell'azione penale è comunque logicamente incompatibile con l'inamovibilità, almeno nella forma in cui essa si è stabilita nella nostra situazione concreta. Se scegliamo una formula di distinzione e non di separazione delle carriere e ammettiamo un grado di permeabilità fra magistratura requirente e magistratura giudicante allora dobbiamo bilanciare questo con una analoga possibilità di immissione nei ruoli della magistratura di personale proveniente dall'avvocatura.

Ritiene poi che le questioni poste dal senatore Pellegrino debbano comunque essere affrontate: infatti, gli strumenti dovranno prima o poi essere adeguati a quelli disciplinati a livello europeo in tema di lotta alla criminalità organizzata.

Ritiene importante anche rafforzare in modo adeguato l'esercizio della azione disciplinare. Essa concerne la tutela del diritto fondamentale del cittadino alla imparzialità e correttezza dell'esercizio della funzione giudiziaria e deve quindi essere sottratta a logiche corporative di autoprotezione della categoria dei magistrati. L'abuso di dichiarazioni pubbliche, la rivelazione di atti processuali, la connessione fra settori della magistratura e settori della stampa consentono di ottenere dalle inchieste effetti politici che non sono ammissibili. Si riferisce a un modo di gestire le inchieste che mira ad aggregare un consenso politico e di opinione su di un risultato processuale. In questo modo il magistrato diventa protagonista, ma gli diventa difficile svolgere poi con la necessaria serenità il proprio ruolo sia inquirente che giudicante. Come svincolarsi infatti da un risultato processuale sul quale già si è aggregato il consenso politico e di opinione, nel caso che tale risultato risulti dubbio e difficile da sostenere sulla base della evidenza dibattimentale? Si deve restituire un bene prezioso oggi in pericolo che è la certezza del diritto. In un sistema democratico la giurisprudenza ha un compito inevitabilmente conservatore. Essa ha la funzione di preservare ciò su cui il consenso politico è già stato registrato, un contenuto che è diventato legge attraverso le decisioni del potere legislativo. Il momento della innovazione è invece riservato alla politica ed in modo particolare ai corpi legislativi ovvero, più ampiamente, al corpo elettorale. Ove questa distinzione venga meno viene meno la divisione dei poteri ed il fondamento dello stato di diritto. Si deve garantire il pieno ripristino della separazione dei poteri vincolando il giudice alla norma e garantendo che l'azione giudiziaria non possa mai perseguire un fine politico. Che le sentenze abbiano effetti politici è certo inevitabile e può perfino essere benefico. Questo effetto politico non può però mai essere consapevolmente mirato e voluto dal giudice e non può anticipare la sentenza attraverso una gestione politica del processo.

Si è detto autorevolmente che la magistratura ha svolto una benefica funzione di supplenza rispetto ad una politica corrotta ed incapace di riformarsi. È, questo, un giudizio sul quale pure consente. Le funzioni di supplenza sono utili, però, quando hanno una durata limitata e quando al fine si ripristina il giusto equilibrio dei poteri. Altrimenti esse si traducono in una usurpazione di poteri ai danni, in ultima istanza, del cittadino che viene reso insicuro nell'esercizio dei suoi diritti e privato del potere di decidere democraticamente del proprio destino.

Giuliano URBANI, Presidente, ricorda che alla discussione sui temi relativi all'ordinamento giudiziario dovranno essere dedicate le sedute del 3, 4, 8 e 9 aprile; le sedute del 10, 5 e 16 aprile dovranno poi dedicarsi alla Corte costituzionale; le sedute del 17, 22 e 23 aprile agli altri istituti di garanzia; infine, nelle sedute del 24, 29 e 30 aprile dovrà aver luogo la valutazione complessiva delle proposte che il Comitato presenterà alla Commissione. Si dovrà inoltre stabilire se svolgere in Commissione o in Comitati le audizioni delle associazioni delle altre magistrature, utilizzando, nel secondo caso, un lunedì o un venerdì.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che la comparazione con gli altri ordinamenti deve essere fatta con cautela e deve riguardare più che le norme scritte un'analisi dei contesti culturali.

Sottolinea che sulla figura del pubblico ministero sono stati elaborati studi pregevoli a livello europeo che consentono di cogliere le linee di tendenza dei diversi ordinamenti. In particolare, si evince una accentuazione del ruolo pubblico e imparziale del pubblico ministero, nel tentativo di sottrarlo al semplice ruolo di accusatore: il pubblico ministero deve - secondo questi orientamenti - fare qualcosa di più del superpoliziotto. Si prevedono interventi del giudice nella fase di investigazione. Si va affermando il principio di legalità anche nei sistemi che non prevedono il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale. Sono previste fasi di aggiornamento e formazione comune dei pubblici ministeri e dei giudici; ed infine si sta affermando una maggiore indipendenza del pubblico ministero rispetto al potere esecutivo.

Alla luce di queste considerazioni, ritiene opportuna una ulteriore riflessione sulla questione della separazione delle funzioni. Al riguardo, si domanda se la separazione rafforzerebbe o meno le garanzie dei cittadini. Infatti, la separazione darebbe vita a un corpo dei pubblici ministeri molto ristretto, il cui organo di autogoverno sarebbe certamente dominato e influenzato dalla figure più rilevanti; né ritiene che possa funzionare la proposta del senatore Maceratini. Si potrebbero prevedere allora con legge ordinaria meccanismi per rendere difficile il passaggio da una funzione all'altra e si potrebbe stabilire anche la temporaneità della funzione.

Sulla questione della parità tra accusa e difesa, si tratta di un principio su cui tutti sono d'accordo; bisogna vedere però come concretamente verrà attuato. Ricorda tra l'altro che l'articolo 6 della Convenzione sui diritti dell'uomo non sanziona questo principio. Osserva poi che ciò comporterebbe la parificazione tra publico ministero e imputato anche in relazione a temi per i quali è attualmente sancita una prevalenza dell'imputato, come il diritto di impugnazione (oggi limitato per il pubblico ministero in omaggio al principio del favor rei).

Allora, bisogna agire piuttosto su alcuni punti specifici, come la formazione della prova in dibattimento: al riguardo, esprime il più netto dissenso nei confronti delle disposizioni che consentono al pubblico ministero di ottenere la lettura in dibattimento delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia non presenti.

Osserva che c'è un equivoco di fondo nell'interpretazione nel disposto del primo comma dell'articolo 107; inoltre già la legge n. 321 del 1991 prevede la possibilità di destinare magistrati a sedi disagiate. Pertanto basterebbe sostituire nell'articolo 107 le parole «garanzie di difesa» con le parole «garanzie del contraddittorio».

Sulla disciplina dell'organo di autogoverno, non condivide la proposta del senatore Maceratini di aumentare il numero della componente laica, che farebbe arretrare il sistema. Al riguardo, ricorda infatti che tale ipotesi è stata sperimentata nell'ordinamento francese con risultati negativi, tanto che ne è stata autorevolmente proposta una modifica.

Questo all'azione penale, è opportuno riflettere se introdurre il riferimento alla notizia di reato, valutando inoltre che occorre chiarire la effettiva portata dell'espressione, ossia se essa si riferisca soltanto alle cosiddette notizie qualificate.

Non condivide l'idea formulata dal deputato Buttiglione di un pubblico ministero gestore delle risorse; infatti, le risorse le gestisce il Parlamento, che può determinare l'area di intervento e il modo in cui deve essere organizzata la polizia giudiziaria.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) è persuaso che si debba cercare un accordo e si dispone quindi in uno spirito di ragionevolezza. È però convinto - malgrado il tempo breve - che si deve dar vita a una riforma costituzionale non di basso profilo, destinata ad invecchiare presto. Né ci si deve limitare a brevi ritocchi trasferendo alla legislazione ordinaria i problemi: altrimenti sarebbe stato inutile istituire la Commissione.

È accertato che i problemi esistono. Essi possono così riassumersi: a) l'assenza di una giustizia civile; b) una giustizia amministrativa in cui c'è una manifesta disparità tra cittadino e pubblica amministrazione; c) lo stravolgimento dell'impianto accusatorio del codice di procedura penale, più volte «picconato» dalla Corte costituzionale (è bene rilevare in proposito che il fine del processo accusatorio, diversamente da quanto affermato dalla Corte non è la ricerca della verità, bensì quello di verificare un'ipotesi di accusa), cui sono legati l'appiattimento del giudice delle indagini preliminari sul pubblico ministero e la disparità tra accusa e difesa; d) l'inefficienza degli uffici requirenti, che non riescono a non perseguire i reati; e) l'affievolimento della responsabilità dei magistrati, dei quali lamenta tra l'altro il troppo frequente distacco presso il ministero di grazia e giustizia; f) la mancanza di responsabilità politica dell'azione inquirente, in relazione alla quale si domanda di chi sia la responsabilità della politica criminale; g) lo stravolgimento delle funzioni svolte dal CSM, corporativizzato e politicizzato, che, in spregio al principio della separazione dei poteri, si è appropriato di funzioni paranormative, svolgendo un'azione di supplenza legislativa e di indirizzo politico.

Tale degenerazione non è imputabile né ai singoli, né a debolezza della politica o comunque a fenomeni esterni alla magistratura, ma alla stessa conformazione costituzionale della magistratura. In Costituzione, infatti, coesistono principi inattuati, principi inespressi e istituti ambigui. La magistratura è divenuta, pertanto, un contropotere perché è mancato un collegamento democratico tra la stessa magistratura e il popolo. Dunque, i problemi non sono risolvibili mediante una riappropriazione di spazi da parte della politica e piccoli ritocchi costituzionali; occorrono, invece, rimedi istituzionali.

La separazione delle carriere ristabilisce il principio del giudice terzo e tutela la parità tra accusa e difesa. Osserva poi che gli argomenti contrari a tale separazione sono soltanto due: la perdita di imparzialità del pubblico ministero e il conseguente affievolimento delle garanzie dei cittadini (ma tali garanzie debbono affidarsi al giudice, se non si vuole andare contro lo spirito del codice di procedura penale); la tutela della cultura della giurisdizione (si chiede al riguardo perché mai questa garantirebbe meglio con una carriera unica; basterebbero una formazione comune ed una conseguente specializzazione).

È lieto che si riconosca che la separazione delle carriere non implica una sottoposizione del pubblico ministero al potere esecutivo. Si dichiara quindi disponibile a valutare le modalità di attuazione di tale separazione. Osserva che il deputato Folena ha fatto riferimento ad un filtro; ma rileva che questo in parte c'è già e finora non ha funzionato. Attende peraltro di valutare proposte concrete su tale argomento.

Ritiene necessario prevedere che solo i giudici sono soggetti alla legge, per evitare qualsiasi ambiguità.

È favorevole a prevedere che il pubblico ministero sia organizzato per uffici, ristabilendo anche il principio di gerarchia.

Condivide l'ipotesi di disciplinare due distinti organi di autogoverno oppure due sezioni, approfondendo la questione della composizione e del raccordo tra le due sezioni. Rileva comunque che non si deve avere timore delle reazioni dei magistrati.

Sulla questione della obbligatorietà dell'azione penale invita al realismo. Il problema infatti è rendere giusta la discrezionalità che di fatto esiste. Potrebbe funzionare la proposta del senatore Maceratini, ma dobbiamo intenderci su cosa si intenda per notitia criminis.

Apprezza le aperture emerse in tema di politica giudiziaria, bisogna però chiarire a chi fa capo tale politica. Ricordando che il professor Zagrebelsky nel 1993 aveva proposto che fosse il Parlamento a coordinare la politica giudiziaria, dichiara di condividere tale proposta.

Infine, invita tutti ad avere consapevolezza dei problemi e del fatto che le soluzioni richiedono un atto di coraggio.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva preliminarmente l'inopportunità di interventi di leaders politici intesi a caricare il dibattito in corso di significati impropri e di fuorvianti connotazioni ideologiche, che certo non aiutano la ricerca di punti di incontro tra le diverse proposte.

Si dichiara quindi d'accordo con il relatore Boato sulla non inconciliabilità dei due diversi punti di vista emersi nel corso della discussione: quello, cioè, che sottolinea soprattutto la situazione di vera e propria denegata giustizia che si registra attualmente con riferimento a numerosi diritti del cittadino e, dall'altro lato, quello che pone invece l'accento soprattutto sull'esigenza di porre rimedio all'attuale squilibrio tra i poteri. Per parte sua, non nega certo l'esistenza di tale squilibrio; ma ritiene che le soluzioni vadano cercate alla luce anche dell'esigenza di non perpetuare la situazione di denegata giustizia cui ha fatto cenno e che, quindi, esse debbano essere contestualizzate nell'ambito di una architettura complessivamente equilibrata.

La classe politica deve in effetti affrontare i problemi del disagio sociale conseguente alla richiamata situazione di denagata giustizia. A suo giudizio, ritiene che la risposta debba essere duplice: da un lato, dare più forza alla politica, in particolare fornendo più diretta legittimazione al Governo; dall'altro lato, e correlativamente, dare più forza al sistema dei controlli neutrali. Se, al contrario, non si rafforzerà adeguatamente la sfera della politica, si corre il rischio di un progressivo spostamento di funzioni verso l'ordine giudiziario. Di fronte alla richiesta di controlli neutrali si stanno invece fornendo risposte episodiche attraverso una disordinata corsa verso la istituzione di Autorità indipendenti.

Precisa di non avere una visione illuministica del principio della separazione dei poteri; ma esiste la effettiva esigenza di ripristinare una distanza tra i poteri che si è venuta perdendo tra gli anni e che potrebbe finire per minare le stesse basi dello Stato di diritto. Se si imbocca per davvero la strada della democrazia dell'alternanza e del bipolarismo, c'è l'esigenza di definire chiaramente il territorio della politica, che deve in parte retrocedere restituendo i suoi spazi alla società civile; ma c'è al tempo stesso il bisogno di far sfuggire dalla logica della politica e del bipolarismo il sistema dei controlli neutrali. Se si resta, invece, nella logica del consociativismo, appare logico postulare che la politica abbia possibilità di interferire in tale sistema; ma realizzandosi il bipolarismo, il sistema dei controlli deve essere in tutto e per tutto separato dalla politica.

Da questo punto di vista, rileva che il semipresidenzialismo, se da un lato appare un sistema dotato della necessaria flessibilità, ha dall'altro lato il limite di non risolvere in maniera soddisfacente il problema dell'autonomia dei controlli di legalità. Invece, in un quadro di governo del premier tale problema potrebbe essere risolto incardinando il sistema delle garanzie intorno alla figura del Capo dello Stato e, se si vuole, intorno ad una Camera delle libertà eletta con il sistema proporzionale.

Ritiene necessario costituzionalizzare il principio della parità delle parti nel processo, così da creare un vincolo per il legislatore ordinario che potrà valere a salvaguardare l'impianto accusatorio del Codice di procedura penale. Premesso che ciò costituirebbe già una risposta alla rilevata e condivisa necessità di maggior equilibrio, dichiara quindi di condividere l'esigenza di dar luogo ad una forte distinzione tra pubblico ministero e giudice, anche alla luce delle motivazioni espresse dal deputato Parenti. Il problema è però quello di stabilire fino a quale punto tale distinzione debba spingersi. La situazione di fatto vede oggi un pubblico ministero che, pur essendo un magistrato, ha fatto sua una cultura della polizia, fino a concepire la sottoposizione della polizia giudiziaria in maniera tanto stretta che si fatica talvolta a comprendere se ci si trova di fronte ad un magistrato oppure ad un ufficiale di polizia giudiziaria. Un pubblico ministero permeato da una cultura della polizia rischia, in effetti, di accentuare le tendenze giustizialiste. Ciò posto, e considerato che la soluzione non può essere quella di affidare direttamente le funzioni accusatorie alla polizia giudiziaria, e che, per altro verso, un pubblico ministero elettivo finirebbe inevitabilmente per essere troppo politicizzato, deve per converso essere valorizzata la comune cultura della giurisdizione - che non vuol dire certo cultura della corporazione - nella quale debbono essere formati tutti e tre i grandi attori del processo. Ricorda in proposito la proposta di legge ordinaria presentata dal suo gruppo intesa a creare una scuola nazionale della giustizia, nell'ambito della quale dovrebbe esservi un biennio comune per tutte le professioni. Poi avrebbero luogo separati concorsi per avvocati e per magistrati giudicanti e requirenti. Vi sarebbe quindi una osmosi, prevedendosi una possibilità di accesso alle funzioni giudicanti sia per gli avvocati che per i magistrati requirenti. Si legano sotto certi aspetti a questa impostazione anche la proposta formulata dall'AIGA (associazione italiana giovani avvocati) di creare un unico Consiglio nazionale della giurisdizione per magistrati ed avvocati, nonché l'ipotesi di prevedere la presenza di avvocati nei consigli giudiziari. Può quindi demandarsi alla legislazione ordinaria il compito di individuare filtri che garantiscano la distinzione tra giudici e pubblici ministeri; mentre la Costituzione potrebbe stabilire che "i magistrati sono soggetti soltanto alla legge, la quale stabilisce misure idonee ad assicurare il coordinamento degli uffici del pubblico ministero".

Quanto alla garanzia della inamovibilità, ritiene che debba essere conservata, alla luce della possibilità di provvedere alla esigenza di copertura delle sedi disagiate già alla luce della vigente disciplina costituzionale. Occorre inoltre lavorare in direzione di tabelle distrettuali, al fine di assicurare la necessaria flessibilità all'interno di ogni distretto di corte d'appello.

Quanto alla struttura degli uffici del pubblico ministero, più che la forte gerarchizzazione invocata dal senatore Pera ritiene necessario che si stabilisca che la responsabilità appartiene al capo dell'ufficio. Bisogna valorizzare, insomma, i principi del coordinamento e della responsabilità, valutando se le procure del futuro non debbano ispirarsi alla positiva esperienza delle procure distrettuali, il che - alla luce della diversa organizzazione territoriale dei tribunali - varrebbe ad accentuare di fatto la separazione tra magistratura giudicante e requirente.

Relativamente alla problematica dell'azione penale, più che procedere con interventi parziali sembra necessario aprire una stagione nella quale si rimetta mano al codice penale sostanziale. Appare inoltre opportuno prevedere in Costituzione una riserva esplicita di codice, al fine di evitare interventi emergenziali. Tutto ciò varrebbe certo a realizzare una deflazione del carico penale. Certo, il denunciato problema della inapplicazione del principio di obbligatorietà esiste: ma non ritiene perseguibile la strada di affidare al Parlamento la determinazione dei reati da perseguire, in quanto la pubblica opinione non potrebbe accettare che allo strapotere della magistratura si sostituisca quello della politica. Ipotizza, a titolo personale, una relazione annuale al Parlamento del procuratore generale presso la Corte di cassazione (ed eventuali relazioni dinanzi ai consigli regionali dei procuratori generali presso le corti di appello. Questi ultimi non debbono comunque essere subordinati al procuratore generale presso la corte di cassazione, che non deve divenire il vertice unico dell'accusa pubblica, né deve essere eletto dal Parlamento). Dal successivo dibattito potrebbero scaturire indicazioni certamente non vincolanti per i procuratori generali, ma che tuttavia questi ultimi sarebbero liberi di valutare nella loro autonomia. La responsabilità dell'esercizio dell'azione penale dovrebbe infatti restare interamente affidata ai capi degli uffici del pubblico ministero.

Quale ulteriore soluzione di mediazione potrebbe inoltre ricorrersi alla formulazione contenuta in una proposta di legge costituzionale del gruppo popolare, intesa a prevedere, all'articolo 112, che «il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale secondo le modalità stabilite dalla legge».

Passa quindi ad esaminare le questioni concernenti il CSM, che a suo giudizio rappresentano quelle su cui è forse più difficile trovare un'intesa. Premette, al riguardo, che - malgrado le rilevate disfunzioni consistenti nella politicizzazione, nel corporativismo, nell'eccessivo pesi delle correnti - la situazione precedente era sicuramente peggiore: sia quella antecedente alla istituzione del CSM nel 1958, sia quella, anteriore agli anni settanta, in cui tale organo non si era ancora affermato. La rilevata esigenza di accentuare la distanza tra i poteri impone, in effetti, di conservare al CSM il suo carattere di organo di autogoverno, come ha già fatto presente il senatore Pellegrino. Tra le disfunzioni riscontrate vi è inoltre quella costituita dal ricorso sistematico a poteri di indirizzo politico, pure previsti dalla legge ordinaria, che dà luogo ad una sorta di funzione «parlamentare» del CSM. Per ovviare a questo problema, potrebbe essere sufficiente la soppressione di tali poteri di indirizzo, la cui attivazione dovrebbe essere consentita soltanto sulla base di esplicite richieste del ministro di grazia e giustizia o del Parlamento.

Ritiene che il CSM debba essere unico, in quanto un Consiglio superiore dei soli pubblici ministeri non potrebbe che accentuare il corporativismo. Per la stessa ragione, è critico anche verso l'ipotesi di sezioni separate per giudici e pubblici ministeri; è al contrario utile che i giudici si occupino della carriera dei pubblici ministeri e viceversa e che, magari, avvocati che siano espressione diretta dell'avvocatura si occupino a loro volta della carriera di entrambi.

Ritiene invece praticabile la strada della creazione di un unico Consiglio superiore diviso in sezioni per i magistrati ordinari e per quelli amministrativi.

Quanto alla presidenza di tale organo, deve essere affidata al Capo dello Stato se questi conserva un ruolo di garante neutrale; il Capo dello Stato non dovrebbe invece farne parte nell'ipotesi di Repubblica semipresidenziale.

Per conservare - come ha già detto - il carattere di autogoverno dell'organo, e per non dare al paese l'impressione che voglia introdursi un controllo politico della magistratura, ritiene che l'attuale proporzione tra togati e laici possa essere eventualmente corretta, ma certamente non rovesciata. Vi è poi un problema relativo al metodo di elezione dei togati, che non può tuttavia risolversi in Costituzione: gli sembra, al riguardo, interessante la proposta di prevedere un panachage, mentre giudica poco utile il ricorso al sistema maggioritario. Quanto alla componente laica, la relativa nomina può essere affidata, in varia misura, al Parlamento, al Capo dello Stato, ai Consigli regionali, alle università, all'avvocatura. Avanza quindi, a titolo personale, l'ipotesi di prevedere una composizione della sezione disciplinare proporzionalmente diversa da quella del Consiglio, in quanto relativamente a tale sezione si pone certamente in maniera più accentuata l'esigenza di un riequilibrio.

Svolge quindi alcune considerazioni conclusive, relative in primo luogo all'esigenza di costituzionalizzare la incompatibilità con l'esercizio di funzioni non giudiziarie, con particolare riferimento alla carriera politica ed all'assunzione di compiti presso il Ministero di grazia e giustizia.

Può inoltre pensarsi a costituzionalizzare eventualmente il riferimento a valori deontologici quali la riservatezza e la correttezza.

Relativamente alla titolarità dell'azione disciplinare, ritiene, a titolo personale, che occorrerebbe toglierle al ministro di grazia e giustizia, nell'ottica auspicata di una più netta distinzione tra i poteri, incardinandole in maniera adeguata in capo al procuratore generale presso la Corte di cassazione ovvero, riprendendo un'antica idea di Calamandrei, attribuendole ad una autorità appositamente eletta dal Parlamento o nominata dal Presidente della Repubblica.

Occorre inoltre costituzionalizzare principi intesi ad attuare in maniera più soddisfacente la effettività del diritto di difesa e l'esigenza di una durata ragionevole dei processi.

Si devono infine porre le basi per un compiuto sviluppo di un sistema di giudici che giudichino secondo equità, in modo da diminuire l'area della giurisdizione vera e propria.

Giuliano URBANI, Presidente, rileva che è riemerso nel corso del dibattito il problema di che cosa debba inserirsi nella Costituzione e che cosa, invece, debba lasciarsi al legislatore ordinario. Confliggono in proposito, come evidente, opposte esigenze, entrambe per il proprio verso fondate. Avanza pertanto il suggerimento di tenere in conto tutte le questioni sollevate, valutando l'eventualità di inserire tutto ciò che non si riterrà di prevedere nella Costituzione in un apposito ordine del giorno di indirizzo per il legislatore ordinario.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene che in tale ordine del giorno possano essere indicate anche le esigenze di modificare disposizioni della prima parte della Costituzione, che esulano, in quanto tali, dalla competenza della Commissione.

Giuliano URBANI, Presidente, rinvia infine il seguito del dibattito per la seduta già convocata per giovedì 4 aprile prossimo, alle ore 16,30.

La seduta termina alle 20,20.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI giovedì 3 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 17.

Il Comitato prosegue la discussione sui temi relativi all'ordinamento giudiziario.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, desidera anzitutto ringraziare tutti i componenti del Comitato per gli importanti contributi offerti nel corso della discussione ed osserva che non si tratta di un mero ringraziamento formale; gran parte del suo lavoro, infatti, è stato facilitato ed orientato dalla discussione che si è svolta in questa sede e molte problematiche, numerose precisazioni e chiarimenti, che ha cercato di recepire nel testo delle ipotesi di lavoro che sottoporrà alla attenzione del Comitato, sono frutto di quanto emerso durante il dibattito.

Vuole inoltre sottolineare che, anche su tematiche particolarmente complesse quali quelle all'esame, sulle quali è inoltre vivissima l'attenzione dell'opinione pubblica, il dibattito si è svolto in un clima di grande serenità e consapevolezza dell'importanza dei lavori. Ha particolarmente apprezzato lo sforzo compiuto da tutti per comprendere le ragioni degli altri, anche quando non condivise, e si augura che questo atteggiamento possa essere mantenuto anche in altre sedi per conseguire i risultati che il Paese ha diritto di attendersi.

A suo giudizio, sembra sia stato unanimemente condiviso il principio secondo il quale la Costituzione è patrimonio di tutti e non può essere «tirata» da una parte o dall'altra a seconda di esigenze contingenti. La Costituzione è il patto fondamentale della società e deve non solo essere accettato ma anche condiviso da tutti.

L'occasione è grande, forse irripetibile, che peraltro capita in un momento storico particolarmente delicato, per dare un forte impulso alla evoluzione della società, peraltro, come gli sembra, assecondandone i movimenti già in atto.

Come accennava, le ipotesi di lavoro che ha elaborato si sforzano di recepire le indicazioni emerse durante i lavori; si tratta di ipotesi senz'altro perfettibili, relative al testo degli articoli da 100 a 113 della Costituzione.

Deve far qui presente la necessità che, quale che siano le scelte che si vorranno adottare, il testo approvato rappresenti un complesso di disposizioni sistematicamente coerenti tra loro e con le restanti norme della parte seconda della Costituzione, oltre che ovviamente con i princìpi fondamentali della prima parte, che non è sottoposta all'esame della Commissione. Ritiene tale requisito di sistematicità molto importante e, non solo per questo ma anche per evidenti ragioni di carattere sostanziale, sarà indispensabile coordinare i lavori del Comitato con quelli degli altri Comitati.

A suo avviso, il testo della Costituzione dovrebbe essere molto lineare e preciso. Bisogna evitare formulazioni troppo complesse per lasciare al legislatore ordinario la possibilità di adeguare le scelte che vorrà assumere sulla spinta delle esigenze, delle linee evolutive e degli sviluppi che potrà avere e senz'altro avrà la società italiana nel corso dei prossimi decenni, fermi restando i principi costituzionali, che devono essere visti come le linee-guida non solo dell'ordinamento giuridico, ma anche dei rapporti politici tra i cittadini, le istituzioni e, più in generale, di tutti quegli aspetti che fanno parte del vivere associato.

Venendo all'illustrazione delle ipotesi di lavoro, deve immediatamente far presente che la necessità di curare con la dovuta attenzione il coordinamento cui accennava poc'anzi emerge già dal primo degli articoli all'esame, ossia dall'articolo 100.

In materia gli sembra che l'opinione del Comitato sia stata assolutamente prevalente nel prevedere l'attribuzione al Consiglio di Stato o di funzioni consultive o di funzioni giurisdizionali. È evidente che, in ogni caso, le scelte finali su tale questione si devono coordinare con quella che sarà assunta in merito alla unicità sostanziale ovvero funzionale della giurisdizione.

Ha pertanto predisposto due differenti articolati, che ha già illustrato in una precedente seduta del Comitato, diretti il primo a trasformare gli istituti previsti dai commi 2 e 3 dell'articolo 100 in organi di consulenza e verifica, in un quadro di giurisdizione unitaria sostanziale, ed il secondo a prevedere l'istituzione di nuovi ed analoghi organi aventi tale funzione.

Al riguardo, deve osservare che è stato anche proposto di costituzionalizzare la diversità di funzioni tra le sezioni consultive e quelle giurisdizionali del Consiglio di Stato. Tale scelta non gli sembra tuttavia praticabile, sia perché irrigidirebbe in maniera del tutto impropria il testo costituzionale (e la stessa ragione gli sembra valida anche per evitare successivamente ogni riferimento specifico in Costituzione alla sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura) sia perché, in ultima analisi, operando in tal modo, non sarebbe comunque risolta la duplicità di funzioni attribuita ad un unico istituto.

Come ha già avuto modo di far presente al Comitato, in una prospettiva di giurisdizione unitaria sostanziale, le funzioni giurisdizionali oggi svolte dai giudici amministrativi sarebbero affidate a sezioni specializzate della giurisdizione ordinaria (che a quel punto non sarebbe più tale). Ha tuttavia, recependo le indicazioni di una parte del Comitato, predisposto anche un'ipotesi alternativa basata sulla competenza funzionale. In tale articolato, nel quale gli è sembrato comunque opportuno ribadire l'unitarietà della funzione giurisdizionale - concetto che peraltro, secondo la migliore dottrina e la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale, è già affermato dal vigente testo della Costituzione - ha previsto che tale funzione sia svolta da magistrati ordinari ed amministrativi e che il riparto delle relative competenze non sia più effettuato sulla base delle posizioni soggettive da tutelare ma per materie (anche qui recependo quanto emerso nel corso dei lavori).

Deve sin d'ora sottolineare che la scelta sul punto che ha appena illustrato non solo ha effetti per quanto riguarda i necessari coordinamenti sia formali che sostanziali con gli articoli all'esame, ma comporta anche una scelta sulla struttura e la composizione dell'organo di autogoverno di tutta la magistratura.

Su tale questione, ovviamente, si soffermerà in maniera più diffusa parlando del Consiglio superiore della magistratura.

Si augura peraltro che, anche nell'ipotesi di unitarietà funzionale della giurisdizione, il prescelto criterio di ripartizione basato su materie possa far superare quegli inconvenienti più volte lamentati anche nel corso del dibattito. Si riferisce, in particolare, alla possibilità di giudicati e pronunce differenti sul medesimo oggetto.

All'articolo 101, al comma 1, gli è sembrato opportuno riportare all'attenzione del Comitato anche una formulazione che, già lungamente dibattuta nel corso dell'Assemblea costituente, è stata nuovamente sottolineata nel corso dei lavori dal senatore Zecchino. Ritiene peraltro che, in caso di modifica del testo costituzionale vigente, la prima delle formulazioni alternative proposte consenta di mantenere il principio della emanazione della giustizia dal titolare della sovranità (principio che ha profonde radici storiche e che, tuttavia, ha anche dato luogo a non poche perplessità) accanto a quello in virtù del quale si chiarisce che, in ogni caso, la giustizia, anche se amministrata in nome del popolo, non può che procedere secondo i canoni stabiliti dalla legge, che in ultima analisi rappresenta l'espressione della volontà del popolo stesso.

Per quanto riguarda il comma 2 dello stesso articolo, ha proposto una pluralità di formulazioni per chiarire che tutti i magistrati (ossia tanto i giudici quanto i pubblici ministeri) sono soggetti solo alla legge.

Desidererebbe che tale impostazione non venisse considerata isolatamente dal contesto delle altre norme che sottopone all'esame del Comitato; crede, infatti, che nell'ambito di una corretta impostazione dell'equilibrio sia interno alla magistratura che tra questa ed i poteri dello Stato e, cosa forse principale, di fronte ai cittadini, una chiara distinzione di funzioni e competenze debba accompagnarsi ad un sistema di guarantigie altrettanto chiaro e preciso, in modo tale che il sistema complessivo non dia luogo ad equivoci e costituisca un presidio sia per l'indipendenza della magistratura nel suo complesso e di ogni singolo magistrato che per le libertà dei cittadini e l'equilibrio tra i poteri dello Stato.

Sempre all'articolo 101 - il quale gli sembra la sede più appropriata per affermare una serie di princìpi di carattere generale, che c'è da augurarsi saranno effettivamente riempiti di contenuto in breve tempo dal legislatore ordinario - ha recepito quanto proposto quasi unanimemente sia nei disegni e nelle proposte di legge all'esame sia nel corso del dibattito. Ha cercato, infatti, di predisporre diverse formulazioni, che si augura adeguate, per costituzionalizzare tanto il principio della parità delle parti nel processo quanto quello della ragionevole durata dei processi stessi, oltre che, eventualmente, i princìpi di oralità e del contraddittorio.

Per quanto riguarda l'articolo 102, ferme restando tutte le problematiche relative alla unitarietà sostanziale o funzionale della funzione giurisdizionale, sulle quali si è soffermato prima, gli è sembrato di dover anche recepire, nella seconda ipotesi, uno spunto emerso durante i lavori, relativo alla possibilità di istituire giudici speciali ad eccezione che in materia penale. Una previsione simile apre in effetti nuove prospettive ma anche nuovi problemi, ed è per questo motivo che compare solo in una delle due ipotesi. L'interesse, la novità e, come pure è stato detto, la modernità di una simile disposizione gli sembrano tuttavia ragioni tali da dover attirare l'attenzione del Comitato sulla stessa, anche perché, in effetti, gli organi in questione potrebbero consentire uno snellimento delle procedure e determinare un minor carico sulla giurisdizione ordinaria, con effetti deflattivi di grande importanza.

Sempre all'articolo 102, anche qui recependo spunti contenuti nelle proposte e disegni di legge all'esame ed emersi nel dibattito, ha previsto in entrambe le ipotesi, che la legge definisca in quali materie possono essere nominati giudici non professionali, anche al fine di giudizi di sola equità. Tale disposizione gli sembra particolarmente innovativa e, forse, rispondente al bisogno concreto di giustizia che emerge nella nostra società.

È necessario inoltre segnalare che le disposizioni recate dai primi due commi dell'articolo 103 devono essere coordinate con le decisioni che saranno adottate dal Comitato in merito al già più volte ricordato problema della unitarietà sostanziale o funzionale della giurisdizione, nonché alle problematiche già prima evidenziate con riferimento all'articolo 100. Tendenzialmente i commi in questione potrebbero essere soppressi senza alterare il complessivo disegno costituzionale. In tal caso residuerebbe all'articolo 103 solo la disposizione relativa ai tribunali militari (che potrebbero essere istituiti solo in tempo di guerra oppure, in altra ipotesi, anche in conformità ad obblighi internazionali ovvero in occasione dell'espletamento di tali obblighi) creando in tal modo una sorta di parallelismo con l'articolo 78, relativo alla dichiarazione dello stato di guerra.

Passando alle disposizioni dell'articolo 104, deve anzitutto far presente che ha proposto, nella prima ipotesi, tre diverse formulazioni del primo comma, una delle quali ripete un testo sul quale si dibatté lungamente alla Costituente e le altre sono contenute in proposte di legge all'esame. Gli sembra che tutte le formulazioni assicurino un miglior equilibrio costituzionale, non solo da un punto di vista formale, ma anche perché chiariscono la posizione nel sistema della magistratura in relazione alle funzioni da questa complessivamente svolte; gli sembra, inoltre, che considerare altro dai poteri dello Stato la magistratura, per un verso, corrisponda ad una più moderna visione degli equilibri costituzionali e dei complessi rapporti tra le forze e le istituzioni la cui dialettica compone la società moderna e, per altro verso, che ciò garantisca in maniera più incisiva il corretto svolgimento proprio delle funzioni della magistratura, attribuendole una posizione più consona alle stesse. Una ulteriore formulazione è prevista nell'ambito della seconda ipotesi.

Intende ora illustrare il testo proposto per quanto riguarda la struttura, le competenze e le funzioni del Consiglio superiore della magistratura.

Al riguardo, vuole in primo luogo sottolineare che, come ha già accennato, le relative disposizioni devono essere lette in relazione alle altre norme che si occupano della distinzione tra le funzioni dei magistrati, del passaggio tra le funzioni giudicanti e quelle requirenti, della unitarietà sostanziale o funzionale della giurisdizione, dei poteri del ministro della giustizia e, da ultimo ma non per ultimo, della posizione nel sistema del Presidente della Repubblica.

Riguardo a quest'ultimo, gli sembra anzitutto necessario ribadire che il suo ruolo dovrà essere calibrato in relazione alla forma di governo che sarà precisata nel corso dei lavori della Commissione bicamerale. Allo stato dei fatti, e continuando comunque a considerare il Presidente della Repubblica come un organo sostanzialmente di garanzia, e anche nella prospettiva di un eventuale rafforzamento di tale posizione istituzionale, ha ritenuto di dover mantenere la previsione secondo la quale egli presiede il CSM, affiancandola, conseguentemente, ad altra disposizione che attribuisce al Presidente della Repubblica stesso il potere di formare l'ordine del giorno del Consiglio. Tale disposizione si propone di ridisegnare il ruolo del Presidente della Repubblica, ovviando ad una situazione nella quale questi veniva investito di una funzione quasi meramente simbolica, assicurando pertanto la possibilità di un effettivo svolgimento delle funzioni attribuitegli.

Gli è sembrato opportuno anche ridisegnare il ruolo del ministro della giustizia, che viene chiamato a far parte come membro di diritto del CSM, senza diritto di voto, e al quale viene attribuita la facoltà di avanzare richieste e di formulare proposte. Le altre competenze del ministro sono precisate da una ipotesi relativa all'articolo 110, con la quale si è sforzato di trovare una adeguata formulazione per quanto riguarda le problematiche riferite non solo all'azione disciplinare, ma anche alla funzione ispettiva ed alla necessità di una formazione unitaria di giudici ed avvocati, più volte evidenziata nel corso dei lavori. Su quest'ultimo punto deve osservare che una formulazione come quella proposta gli sembra più snella ed efficace, e, forse, ugualmente pregnante, rispetto ad altre ipotesi che prevedevano l'introduzione di commi aggiuntivi.

La composizione e la struttura del CSM vengono ugualmente a rapportarsi al complesso di norme contenute nelle ipotesi di lavoro sottoposte all'esame che, non si stancherà di dirlo, devono essere lette unitariamente.

È previsto che il CSM sia articolato per sezioni, corrispondenti alla magistratura giudicante, a quella requirente (nonché ai giudici amministrativi, in una seconda ipotesi, nell'ambito della quale anche il vertice della magistratura amministrativa è chiamato a far parte come membro di diritto del CSM), con una assemblea plenaria (sezioni riunite) le cui competenze saranno precisate dalla legge. Anche in questo caso, gli sembra preferibile un rinvio alla legge ordinaria, piuttosto che la costituzionalizzazione delle competenze delle sezioni riunite, per le stesse ragioni di ordine generale che ha indicato all'inizio.

Per quanto riguarda la composizione delle sezioni, ha previsto una composizione paritaria tra membri elettivi togati e laici; anche in questo caso, peraltro, sarebbe comunque maggioritaria la componente togata, tenuto conto della presenza di diritto del primo presidente e del procuratore generale della corte di Cassazione, oltre a quella, prevista dalla seconda ipotesi, del vertice della magistratura amministrava. Alternativamente, ha ipotizzato, in subordine, anche una maggioranza più ampia dei membri togati, in un rapporto di tre a due nei confronti dei laici, ritenendo tuttavia preferibile la prima ipotesi.

All'articolo 105, cercando di individuare un rimedio a talune delle disfuzioni del CSM lamentate quasi unanimemente nel corso del dibattito, ha previsto, con un comma aggiuntivo, che il CSM non possa adottare atti e deliberazioni di indirizzo politico. Nello stesso senso si deve leggere la modificazione proposta (ipotizzata peraltro già dalle precedenti Commissioni per le riforme costituzionali) al primo comma dell'articolo 108, in virtù della quale le norme sull'ordinamento giudiziario sono stabilite esclusivamente con legge. Desidera su questi aspetti ribadire nuovamente che, a suo giudizio, disposizioni quali quelle che ha appena illustrate sono destinate a garantire non solo il corretto svolgimento dei propri compiti istituzionali da parte del CSM, ma anche a rafforzarne il ruolo e a renderne più incisiva l'azione nell'ambito della sua configurazione costituzionale.

Circa la possibilità di passare dallo svolgimento delle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, gli sembra di poter affermare che nel corso della precedente seduta si sia formato un certo consenso sulla possibilità di non escludere totalmente tale possibilità, condizionandola peraltro ad una serie di requisiti. In materia propone quindi, all'articolo 106, che il passaggio in questione sia consentito solo a seguito di concorso, che non si possano svolgere entrambe le funzioni nella stessa regione e che sia necessario averne svolta consecutivamente una per un certo periodo di tempo prima di poter accedere a tale concorso. Al medesimo articolo, inoltre, ha proposto che la legge sull'ordinamento giudiziario possa ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche a tutti i livelli della giurisdizione, recependo l'istanza di favorire una osmosi tra professioni sostanzialmente omogenee quanto a formazione culturale.

All'articolo 107 gli è sembrato necessario dover cogliere una grave preoccupazione emersa non solo durante i lavori, ma lamentata dallo stesso CSM e che desta non poco allarme nell'opinione pubblica, ossia quella della grave carenza di personale magistratuale, principalmente in realtà territoriali dove la presenza della criminalità organizzata è purtroppo devastante; tale stato di cose, in connessione alla scarsa propensione alla mobilità da parte dei magistrati, determina talvolta una situazione di vera e propria denegata giustizia.

Svolgere la professione di magistrato non è la stessa cosa che fare altri, pur rispettabilissimi, mestieri; richiede un senso di responsabilità e una coscienza del proprio ruolo dei quali molti magistrati hanno dato esempi luminosi, ed è tuttavia necessario che il principio della inamovibilità, le cui ragioni nei confronti dell'esecutivo permangono intatte e che sono del tutto impregiudicate nell'ipotesi di articolato proposto, non si risolva a scapito della funzione stessa, a presidio della quale il principio è posto.

Ha quindi previsto che il CSM possa assegnare i giudici e i magistrati ad altra sede per esigenze di funzionalità della giustizia e in contraddittorio con gli interessati.

Ha anche previsto, nella seconda ipotesi, che la legge disciplini i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.

Recependo una richiesta emersa nel dibattito, ha inoltre ipotizzato sia il richiamo in Costituzione del dovere per tutti i magistrati di attenersi ai valori di correttezza e riservatezza nello svolgimento delle loro funzioni, sia una rigorosa affermazione del principio di incompatibilità, rispetto al quale si è riscontrata una amplissima convergenza.

Affronta ora un'altra questione che è stata a lungo dibattuta dentro e fuori questo Comitato: all'esterno con qualche eccesso di deformazione polemica, mentre all'interno del Comitato con toni assai più pacati e con maggior consapevolezza del reale significato della questione. Si riferisce alla obbligatorietà dell'azione penale.

La nuova formulazione proposta dell'articolo 112 conferma in primo luogo l'obbligo di esercitare l'azione penale affidandolo all'ufficio del pubblico ministero, che deve adempierlo secondo le modalità previste dalla legge. Tale specificazione gli sembra essere tutt'altro che meramente terminologica; crede, invece, che abbia rilevanti effetti per quanto riguarda la gestione degli affari penali facenti capo alle procure, ferma restando comunque la possibilità di un puntuale intervento legislativo in materia.

In secondo luogo, nell'ipotesi proposta al Comitato, è previsto che il ministro della giustizia (in una delle due formulazioni, dopo aver sentito il procuratore generale presso la corte di cassazione) riferisca annualmente al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

Tale disposizione gli sembra coordinare il complesso intarsio di responsabilità, funzioni e competenze che si intersecano in una materia così delicata: si lascia del tutto intatta l'autonomia e l'indipendenza della magistratura, si individua nel ministro della giustizia il centro di riferimento e di responsabilità della politica criminale dell'esecutivo e si consente al Parlamento di intervenire in materia in modo organico nell'ambito delle sue competenze istituzionali.

Da ultimo riafferma che i testi sottoposti all'attenzione del Comitato sono, allo stato, soltanto ipotesi di lavoro, nient'affatto segrete, ma senza alcun carattere di ufficialità. Per dirla in sintesi, sono pubbliche, ma non pubblicate: pubbliche, in quanto destinate all'esame del Comitato e di chi è interessato a conoscere e a riflettere anche criticamente sui lavori; non pubblicate, in questa fase, per evitare qualunque prematuro irrigidimento nella formulazione dei testi. A tale proposito, è utile ricordare che, anche quando nel testo proposto compare una doppia ipotesi, non sempre si tratta di testi totalmente alternativi ma di formulazioni che possono eventualmente integrarsi, ferma restando, tuttavia, l'esigenza di sistematicità e di coerenza dell'articolato che risulterà infine dai lavori.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti), ringraziando il relatore per la ampia esposizione, riterrebbe più opportuno pubblicare le ipotesi di articolato al fine di rendere più chiaro il confronto.

Giuliano URBANI, Presidente, ringraziando il relatore, osserva che il lavoro finora svolto consente di fare importanti progressi verso l'obiettivo di pervenire entro la fine di aprile alla redazione di un testo che raccolga il più ampio consenso e presenti il minimo possibile di ipotesi alternative.

Informa poi dell'esito dei lavori dell'Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, che ha deciso di procedere in Commissione a voti di indirizzo per dirimere le questioni che i Comitati non riusciranno a risolvere.

Dopo aver proposto di rinviare alla seduta già convocata per domani l'inizio del dibattito sulle proposte del relatore, rileva, circa la modalità di organizzazione dei lavori che si potrebbe procedere con un esame articolo per articolo, formulando ove necessario proposte emendative.

Sulla proposta del senatore Marchetti, fa presente che, fermo restando che la questione posta merita un'attenta riflessione, il metodo è stato deciso all'inizio dei lavori su preciso invito del relatore e che comunque l'ampia illustrazione svolta da questi è un succedaneo più che sufficiente della pubblicazione dei testi.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) insiste sulla sua proposta ed osserva che altri Comitati hanno già proceduto alla pubblicazione dei testi.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene opportuno rispettare il metodo di lavoro suggerito dal relatore. Inoltre, la relazione testé svolta da conto integralmente delle ipotesi di articolato proposte.

È favorevole a rinviare l'inizio del dibattito alla seduta già convocata per domani e a procedere con un esame articolo per articolo.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano), ritenendo necessario avere maggiore tempo a disposizione per approfondire i temi in discussione, invita a chiarire meglio il metodo di organizzazione dei lavori che il Comitato adotterà nei prossimi giorni. In particolare, domanda se già nella seduta di domani saranno assunte decisioni vincolanti.

Giuliano URBANI, Presidente, osservando che le modalità dei lavori sono imposte dai tempi brevi a disposizione, ricorda che alla discussione sui temi relativi alla magistratura dovranno essere dedicate tre sedute, per cui entro mercoledì 9 aprile dovrà essere concluso il dibattito sull'argomento, al fine di presentare per la fine di aprile un testo non privo di questioni aperte che spera - lo ribadisce - siano meno numerose possibile. Il dibattito non dovrà tuttavia considerarsi completamente chiuso in quanto nelll'ultima settimana avrà comunque luogo la valutazione complessiva delle proposte che il Comitato presenterà alla Commissione.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia), considerando che il lavoro dal relatore è articolato, riterrebbe opportuno avere più tempo a disposizione; pertanto propone di rinviare il dibattito alla seduta già convocata per martedì 8 aprile, il che consentirà ai gruppi di svolgere al loro interno un confronto più approfondito.

Non condivide la proposta del senatore Marchetti di pubblicare i testi e sarebbe favorevole a procedere discutendo, più che articolo per articolo, per gruppi di articoli.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che il lavoro svolto dal relatore non prevede l'ipotesi di mantenere il pluralismo delle giurisdizioni, che non è incompatibile con l'esigenza di separare funzioni giurisdizionali e funzioni consultive del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.

Ritiene poi necessario decidere di lavorare all'interno di una ipotesi il che comporta che il Comitato faccia una scelta iniziale. Da tale scelta deriverebbe inevitabilmente la soluzione di molti fra i problemi in discussione.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) osserva che il metodo di procedere articolo per articolo è solo apparentemente più flessibile. A suo giudizio, è preferibile lavorare su argomenti, risolvendo le questioni controverse con voti di indirizzo. Inoltre, tale metodo consente una valutazione più facile delle questioni nel loro complesso e può dunque favorire le necessarie mediazioni.

È infine favorevole a garantire la massima pubblicità dei lavori del Comitato.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che una discussione articolo per articolo obbliga ad una maggiore concretezza, anche se è necessario tenere conto delle connessioni. Dunque, si può procedere articolo per articolo, ma raggruppando quelli strettamente collegati.

Non è poi favorevole a rinviare il dibattito a martedì prossimo perché un confronto seppure provvisorio è sempre utile.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) non ritiene opportuno procedere con un esame articolo per articolo, poiché le questioni sono troppo intrecciate.

Ritiene poi utile iniziare il dibattito nella seduta di domani.

Infine, si domanda se non sia possibile formulare ulteriori ipotesi, rispetto a quelle formulate dal relatore.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) ritiene più opportunorinviare l'inizio del dibattito alla seduta già convocata per martedì 8 aprile.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, osserva che l'eventualità della formulazione di ulteriori ipotesi dipenderà dal grado di consenso che le stesse sono in grado di aggregare.

Sulla richiesta del senatore Marchetti, ritiene più opportuno continuare per ora con il metodo finora impiegato, che possiede la flessibilità necessaria in questa fase.

Infine, sarebbe favorevole a che la discussione sui temi relativi alla magistratura prosegua anche nella seduta di giovedì 10 aprile.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) condivide la proposta del deputato Parenti, poiché ritiene opportuna una breve pausa di riflessione.

Giuliano URBANI, Presidente, proponendo di prevedere eventualmente anche una seduta notturna per giovedì 10 aprile, ritiene necessario lavorare in modo da far emergere le possibilità di convergenza, proponendo anche, a tal fine, formulazioni alternative quando quelle proposte dal relatore si ritengono non condivisibili.

Alla luce poi degli orientamenti emersi, rinvia l'inizio del dibattito sulle proposte del relatore alla seduta già convocata martedì 8 aprile alle 9.30.

La seduta termina alle 19.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI Martedì 8 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 10,20.

Il Comitato prosegue il dibattito concernente la disciplina costituzionale della magistratura

Giuliano URBANI, Presidente, propone - e il Comitato consente - che le sedute nella settimana precedente le elezioni amministrative si tengano martedì 22 dalle 9,30 alle 13 e mercoledì 23 dalle 9,30 alle 13 e dalle 14 alle 18, evitando così di prevedere anche la seduta di giovedì 24.

Ricorda poi che nella riunione dell'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi di giovedì 10 aprile si prenderà in esame la eventualità di svolgere in Comitato le audizioni delle associazioni dei magistrati non ordinari.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), nel ribadire di essere favorevole a prevedere che tutte le audizioni si svolgano in Commissione, fa presente che sono pervenute richieste di incontri anche da parte di varie associazioni di avvocati, che dovrebbero essere accolte, per evitare discriminazioni rispetto alla Unione nazionale delle camere civili e alla Unione nazionale delle camere penali, la cui audizione è prevista in Commissione nella prossima settimana.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) dissente dal deputato Folena, in quanto le diverse associazioni di avvocati sono rappresentate dal Consiglio nazionale forense, il cui presidente verrà audito venerdì 11 aprile.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene più opportuno che sulla questione decida l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Giuliano URBANI, Presidente, ricorda poi che giovedì 10 aprile è prevista una riunione congiunta del Comitato forma di Stato e Comitato sistema delle garanzie.

Invita poi i colleghi ad avviare il dibattito con l'esame di gruppi di articoli strettamente collegati.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) esprime perplessità sulla proposta di limitare il dibattito ad una discussione su articoli strettamente collegati, ritiene infatti più opportuno esprimere delle valutazioni complessive sulle proposte di articolato illustrate dal relatore.

Circa poi la riunione congiunta di giovedì 10 aprile, ritiene che debbano stabilirsi in tempo le modalità di organizzazione dei lavori.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD), nel ribadire per la quinta volta che sussiste la difficoltà di poter seguire il lavoro degli altri Comitati le cui sedute si svolgono contemporaneamente a quelle del Comitato sistema delle garanzie, tiene a sottolineare che garantirà la sua presenza nella seduta odierna, riservandosi di svolgere successivamente un intervento nel complesso dei temi finora affrontati.

Giuliano URBANI, Presidente, precisa che il criterio indicato per la discussione è meramente orientativo, considerati anche i tempi brevi a disposizione.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) osserva, in primo luogo, che la discussione cui si sta assistendo in questi giorni conferma la necessità di procedere alla pubblicazione delle ipotesi di articolato illustrate dal relatore, secondo la richiesta da lui avanzata in una precedente seduta.

Nel merito, non condivide gran parte delle proposte del relatore perché non tengono conto delle valutazioni espresse nel corso del dibattito. Il relatore, infatti, si muove in un'ottica di sostanziale separazione delle carriere, mentre basterebbe prevedere, per il passaggio tra la funzione giudicante e quella requirente, criteri precisi che evitino confusioni tra le funzioni. Non è comunque favorevole alla previsione di un concorso per il passaggio da una funzione all'altra, come proposto dal relatore.

Non condivide la proposta di prevedere sezioni diverse per giudici e pubblici ministeri all'interno del CSM che, a suo giudizio, deve essere unitario. Non c'è inoltre l'esigenza di un riequilibrio tra la componente togata e quella laica.

Si dichiara contrario alla proposta di modifica dell'articolo 109; ritiene, infatti, condivisibile l'attuale formulazione, semmai è opportuno rendere effettiva la disponibilità della polizia giudiziaria da parte dell'autorità giudiziaria. Al riguardo, ritiene che la proposta del relatore possa introdurre elementi limitativi di tale disponibilità.

Non ha alcun dubbio sulla necessità di mantenere il principio dell'obbligo dell'esercizio dell'azione penale e condivide l'attuale formulazione dell'articolo 112. Si dichiara, comunque, contrario alla previsione di eventuali condizionamenti esterni.

Condivide l'esigenza manifestata dal relatore di evitare la separatezza della magistratura: è pertanto favorevole a prevedere che il ministro della giustizia riferisca annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia.

Giuliano URBANI, Presidente, riterrebbe opportuno che i colleghi che esprimono perplessità sulle proposte del relatore formulino altresì ipotesi alternative.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) tiene a precisare che alcuni componenti hanno dichiarato che all'interno del Comitato si sarebbero raggiunte delle intese: rileva invece l'erroneità di tali dichiarazioni. Quelle formulate dal relatore sono infatti mere ipotesi di lavoro.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) intende sottolineare due questioni, che attengono direttamente a fondamentali esigenze di garanzia dei diritti dei cittadini.

Si riferisce, in primo luogo, alla proposta, contenuta nel progetto di legge costituzionale presentato dal suo gruppo, di prevedere una riserva di codice per le norme penali, contro la quale non ha colto obiezioni nel dibattito, ma che non è stata inserita nelle ipotesi di articolato illustrate dal relatore. Dovrebbe in particolare stabilirsi che nuove norme penali possono essere introdotte se inserite nel codice penale ovvero in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui si riferiscono. Ovviamente, occorrerebbe una norma transitoria che prevedesse la emanazione di testi unici per il riordinamento della materia.

La crisi del diritto penale è soprattutto crisi della legislazione penale: legislazione caotica, frammentaria e scollegata da qualsiasi scala di valori. Tale crisi ha portato nel 1988 la Corte costituzionale a porre in discussione uno dei principi fondamentali dello Stato di diritto, ossia quello secondo il quale ignorantia legis non excusat, di cui all'articolo 5 del codice penale. Sarebbe grave ignorare il problema che ha portato la Corte a questa pronuncia, limitando così il lavoro alla ricerca di un compromesso di basso profilo. Il progetto di legge costituzionale presentato dal suo gruppo vuole quindi recuperare la certezza del diritto, attraverso una riserva di codice che imporrebbe ovviamente un giudizio previo di congruità e sistematicità delle nuove norme penali. Se - come gli sembra - molte delle proposte presentate da altri gruppi, e sulle quali egli non concorda, hanno alla radice la preoccupazione di garantire il cittadino nei confronti dell'arbitrio del potere giudiziario, la prima garanzia al riguardo deve essere stabilita a livello di legislazione penale. A poco servirebbero le misure ordinamentali, se il pubblico ministero può scegliere nella congerie delle norme penali quella con cui - in ipotesi - perseguire l'ignaro cittadino o se le fattispecie sono fluide e incerte. La stessa crisi dell'obbligatorietà dell'azione penale nasce dalla crisi del nomos penale.

Ritiene inoltre opportuna un'ampia riflessione sulla disciplina costituzionale del ricorso per cassazione, che attualmente impone la ricorribilità generale di tutti i provvedimenti giurisdizionali. Pertanto, soprattutto per evitare la paralisi della giustizia civile, occorrerebbe consentire al legislatore ordinario di introdurre limiti alla ricorribilità in cassazione. Il testo dell'articolo 111 potrebbe quindi essere riformulato prevedendo, al primo comma, che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati; al secondo comma, che la Corte suprema di cassazione promuove l'unità del diritto oggettivo nazionale attraverso l'uniforme applicazione della legge e l'ordinata evoluzione della giurisprudenza; al terzo comma, che il ricorso per cassazione, nei casi previsti dalla legge, è ammesso solo per violazione di norme di diritto e può essere ammesso anche per vizio di motivazione ma solo contro le sentenze di condanna per gravi delitti; al quarto comma, infine, che è sempre ammesso ricorso per cassazione contro i provvedimenti restrittivi della libertà personale e le sentenze in materia penale pronunciate in unico grado. Occorre al riguardo tenere presente che - ai sensi della attuale disciplina codicistica, che non confligge, peraltro, con il vigente testo costituzionale - il vizio di motivazione è oggi rilevabile nel giudizio di cassazione solo se emerge dalla sentenza, per cui, paradossalmente, non v'è rimedio se quest'ultima tace del tutto su alcune fonti di prova.

Rileva quindi, conclusivamente, che le due proposte da lui illustrate possono recare un grande ed effettivo contributo in vista di una più compiuta garanzia dei diritti dei cittadini: la prima, in virtù della sua positiva e diretta incidenza sul principio della certezza del diritto; la seconda, alla luce della chiara riaffermazione della funzione nomofilattica della Corte di cassazione e della auspicata deflazione del carico oggi gravante su tale Corte.

Un accordo su tali punti aiuterebbe l'individuazione di punti di convergenza assai meglio che un compromesso sulle formule.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi), relatore, fa presente al senatore Senese che sulla questione della riserva di codice erano state sollevate alcune perplessità: per tali motivi non è stata inserita nelle ipotesi formulate. Invita, pertanto, i colleghi ad intervenire anche sulle questioni formulate dal senatore Senese: ne trarrà alla fine le conseguenze.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia), tiene a precisare che non è ancora in grado di intervenire sulle questioni nel loro complesso; dichiara, comunque, di condividere le osservazioni svolte dal senatore Senese. In particolare, ritiene necessario che in uno Stato di diritto il cittadino abbia cognizione della legge penale che viola; pertanto, è favorevole a prevedere una riserva di codice.

Condivide anche l'esigenza di prevedere un filtro per il ricorso per cassazione e si riserva di proporre una formulazione concreta al riguardo.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene che il Comitato sia chiamato oggi ad esaminare le ipotesi di articolato illustrate dal relatore nella precedente seduta, rinviando l'esame delle altre questioni, seppure tutte interessanti: diversamente, il Comitato non sarebbe in grado di formulare ipotesi entro il 30 aprile. Invita poi tutti ad evitare per quanto possibile le pressioni che provengono dall'esterno.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) condivide le perplessità anzi la contrarietà espressa dal senatore Marchetti in ordine alle proposte del relatore concernenti la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, il CSM e l'obbligatorietà dell'azione penale. Si riserva peraltro di intervenire in proposito in un momento successivo, limitandosi, per il momento, alle questioni concernenti la unicità ovvero la pluralità delle giurisdizioni.

Al riguardo, ricorda che sono emerse dal dibattito fondamentalmente due ipotesi, ossia quella della unicità vera e propria della giurisdizione e quella del mantenimento della attuale pluralità con la estensione a tutti i magistrati delle medesime garanzie già previste per i magistrati ordinari. Personalmente, propende per la prima delle due soluzioni indicate; tuttavia, alla luce delle obiezioni emerse nel corso del dibattito, si dichiara disponibile anche ad accedere alla seconda.

Venendo quindi al merito delle formulazioni proposte dal relatore, quanto alla prima ipotesi rileva che il riferimento al controllo della Corte dei conti sul bilancio dello Stato dovrebbe essere esplicitato nella prima parte della norma di cui al secondo comma dell'articolo 102. Osserva altresì, relativamente alla formulazione dell'articolo 102, che sembra restrittivo - sempre nell'ipotesi di unicità della giurisdizione - riferirsi soltanto a sezioni specializzate per determinate materie, in quanto appare compatibile con il suddetto principio di unicità della giurisdizione anche la istituzione di organi specializzati per materia.

Quanto alla seconda ipotesi - sulla quale, come detto, può più realisticamente attestarsi il Comitato - è necessario uniformare condizioni di accesso e garanzie di indipendenza, che debbono essere uguali per magistrati ordinari ed amministrativi. È inoltre possibile anche prevedere per la magistratura ordinaria e per quella amministrativa due distinti consigli superiori, entrambi costituzionalizzati. Sembrerebbe inoltre congruo, nell'ambito di tale ipotesi, mantenere le funzioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, ovviamente garantendone la separazione netta da quelle di consulenza giuridico-amministrativa; tali funzioni dovrebbero essere pertanto affidate a sezioni diverse, delle quali la legge ordinaria dovrebbe assicurare la separazione. Con specifico riferimento alle ipotesi di testo, all'articolo 102 appare preferibile domamdare la ripartizione della competenza, per materia, tra la giurisdizione ordinaria e quella amministrativa, alla legge ordinaria; infine, l'articolo 104 dovrebbe essere formulato nel senso di prevedere che la magistratura ordinaria e quella amministrativa costituiscono ciascuna un ordine autonomo e indipendente.

Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) rileva che, alla luce degli orientamenti emersi, sembra da ritenersi impraticabile l'ipotesi di prevedere una giurisdizione unica. Sono state infatti avanzate delle perplessità, in particolare il timore di disegnare un potere incontrollato.

Ritiene che il senatore Russo abbia illustrato delle proposte ragionevoli, che in parte ricalcano quelle del relatore. A suo giudizio, possono essere approvate modifiche importanti alla Costituzione, ridisegnando il ruolo del Consiglio di Stato e specificandone le competenze. Non condivide la seconda ipotesi di modifica proposta dal relatore all'articolo 100. Riterrebbe opportuno rinviare alla legge il compito di separare la funzione giurisdizionale dalla funzione consultiva.

Ritiene che la Corte dei conti non abbia gli strumenti per esercitare il controllo della efficienza e della economicità dell'azione amministrativa, come proposto dal relatore. I bilanci infatti non sono strutturati per obiettivi; pertanto, tale proposta finirebbe per attribuire una discrezionalità molto ampia alla Corte dei conti. È quindi favorevole a prevedere che la Corte dei conti eserciti il controllo sulla gestione finanziaria del bilancio dello Stato e degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, e che riferisca direttamente alle Camere sul risultato del controllo eseguito.

Ritiene invece che debba togliersi alla Corte dei conti la funzione giurisdizionale: si tratta comunque di una questione aperta su cui invita ad una più ampia riflessione.

Circa la questione concernente i diritti soggettivi e gli interessi legittimi, sarebbe favorevole a prevedere che la legge determini le competenze della magistratura amministrativa sulla base di materie tassativamente indicate; pertanto, all'articolo 103 si potrebbe prevedere che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione nelle materie tassativamente indicate dalla legge. Tali modifiche consentirebbero di razionalizzare l'esistente e di garantire maggiore trasparenza.

Quanto agli organi di autogoverno, ritiene che si dovrebbero prevedere due distinti Consigli superiori della magistratura, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri; ove a tale ipotesi non si accedesse, dovrebbero comunque essere previsti un Consiglio superiore per i giudici ordinari ed uno per i giudici amministrativi.

Sulle questioni poste dal senatore Senese, dichiara di non condividere la proposta di modifica formulata dell'articolo 111. Ritiene infatti che il vero problema risiede nei modi di formazione della prova; si tratta, in effetti, di evitare che il principio del libero convincimento finisca per trasformarsi in quello della libera e personale opinione del giudicante: se non si incide su questo punto, a nulla vale modificare la disciplina della ricorribilità in cassazione, che può restare quella prevista dall'articolo 606 del codice di procedura penale. Si domanda poi come possano essere individuati i delitti da considerare più gravi: tale ipotesi infatti porterebbe a creare arbitrariamente distinzioni tra i reati. È invece opportuno andare avanti nel senso della depenalizzazione; piuttosto che stabilire una riserva di codice, sarebbe in effetti opportuno piuttosto dotarsi di un codice penale nuovo, non solo nella parte speciale ma anche in quella generale.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) prende atto con soddisfazione che l'orientamento ora prevalente è nel senso del mantenimento della pluralità delle giurisdizioni, come previsto nel disegno di legge costituzionale di cui è proponente.

Il suo gruppo è favorevole a prevedere due distinti consigli superiori della magistratura: uno per i magistrati amministrativi ed uno per quelli ordinari, garantendo una parità di rappresentanza della componente togata e di quella laica.

Condivide, infine, le obiezioni svolte dal deputato Parenti circa la proposta di modifica dell'articolo 111 formulata dal senatore Senese. Giudica, infatti, incostituzionale ammettere il ricorso per cassazione per vizio di motivazione solo contro le sentenze di condanna per gravi delitti.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene necessario svolgere una più ampia riflessione sulla proposte di modifica dell'articolo 111 illustrate dal senatore Senese.

Invita a valutare l'eventualità di inserire l'esigenza di procedere ad una riforma del codice penale in un apposito ordine del giorno di indirizzo per il legislatore ordinario; ritiene, comunque, che tale esigenza non sia in contrasto con la ipotesi di prevedere una riserva di codice in Costituzione.

Osserva che è emersa come più realistica la strada della unitarietà funzionale della giurisdizione; è pertanto opportuno mantenere in capo al Consiglio di Stato le funzioni giurisdizionali, che debbono però essere ben separate da quelle consultive. In tal modo, l'articolo 100 dovrebbe riguardare solamente la Corte di conti, che non dovrebbe più esercitare funzioni giurisdizionali; mentre gli articoli 102 e 103 dovrebbero riguardare il Consiglio di Stato ed anche i TAR.

Crede, infine, che potrebbe essere accolta l'ipotesi di prevedere due distinti organi di autogoverno: uno per i giudici amministrativi ed uno per i giudici ordinari, con identici sistemi di composizione.

Il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo) condivide l'osservazione del deputato Folena sulla opportunità di disciplinare il Consiglio di Stato nel titolo IV della Costituzione.

Ritiene poi condivisibili le obiezioni svolte dal deputato Parenti sulla ipotesi di modifica dell'articolo 100 formulate dal relatore. Pertanto, riterrebbe più opportuno prevedere che la Corte dei conti è organo di controllo della gestione finanziaria del bilancio dello Stato e degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria che, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, controlla l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa.

È d'accordo sulla seconda ipotesi di modifica dell'articolo 102 illustrata dal relatore e, in particolare, è favorevole a prevedere che la funzione giurisdizionale sia unitaria e che la legge determini le competenze della magistratura amministrativa sulla base di materie omogenee tassativamente indicate.

Infine, all'articolo 103, è favorevole a mantenere la duplicità delle funzioni svolte dal Consiglio di Stato, prevedendo però precise garanzie di separazione.

Giuliano URBANI, Presidente, raccogliendo gli orientamenti emersi, propone - e il Comitato consente - di posticipare la seduta già convocata per domani mercoledì 9 aprile, alle ore 18.

Richiama infine l'attenzione su due questioni.

In primo luogo, circa l'osservazione del deputato Parenti secondo la quale la Corte dei conti non sarebbe in grado di esercitare il controllo della efficienza e della economicità dell'azione amministrativa, ricorda che la normativa a livello comunitario si muove nel senso di rendere doveroso questo controllo. Riterrebbe, quindi, più opportuno prevedere in Costituzione che i bilanci delle gestioni pubbliche devono essere formulati in modo da consentire la verifica ai fini della efficienza e della economicità nella gestione delle risorse pubbliche.

Ritiene inoltre opportuno che nella seduta di domani si affrontino anche le questioni del decentramento della giurisdizione amministrativa al fine di preparare la riunione congiunta di giovedì mattina.

Rinvia, infine, la discussione alla seduta convocata per domani mercoledì 9 aprile alle ore 18.

 

La seduta termina alle 13,10.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

COMITATO FORMA DI STATO

E COMITATO SISTEMA DELLE GARANZIE

 

(Riunione congiunta)

 

Seduta DI giovedì 10 aprile 1997

 

Presidenza del Presidente del Comitato forma di Stato Leopoldo ELIA

 


La seduta comincia alle 10.

Il senatore Francesco D'ONOFRIO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD), relatore per il Comitato forma di Stato, dopo aver ricordato che oggetto della riunione odierna è quello di mettere in luce la reciproca compatibilità degli orientamenti emersi nei due Comitati, pone alcune questioni. In primo luogo, chiede quali siano gli orientamenti prevalenti emersi, nel Comitato garanzie, sul tema della unità, o meno, della giurisdizione. Propone quindi, quale ulteriore tema di riflessione congiunta, l'ipotizzabilità di un'articolazione regionale degli organismi preposti all'organizzazione della giustizia. Benché all'attenzione della Commissione bicamerale non vi sia alcuna proposta nel senso di render federale la giustizia, crede che l'accentuato rilievo delle funzioni legislative e amministrative che, prevalentemente, si intende attribuire alle regioni possa avere un riflesso anche sulla amministrazione della giustizia; al riguardo avanza, in particolare, l'ipotesi di una articolazione regionale di alcune funzioni svolte dal Consiglio superiore della magistratura.

V'è infine il tema del ruolo della Corte costituzionale, le cui funzioni e struttura non possono non tener conto delle conseguenze della riforma in senso federale dello Stato.

Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore per il Comitato sistema delle garanzie, rileva che, per tener conto del diverso assetto dei poteri dello Stato e dell'articolazione delle autonomie territoriali, evidentemente si porrà il problema di limitate ma significative modifiche alle disposizioni sulla Corte costituzionale, con particolare riguardo ai poteri, alle garanzie, alle modalità di designazione dei giudici e al numero degli stessi, che potrebbe essere aumentato in considerazione delle nuove modalità di ricorso alla Corte.

Si tratta di modifiche quasi obbligate, perché necessariamente conformi a quanto verrà deliberato dal Comitato forma di Stato, nonché dal Comitato Parlamento in tema di statuto delle opposizioni. Pertanto il Comitato sistema delle garanzie potrà formulare sul punto solo delle ipotesi istruttorie destinate a rimanere aperte fino a quando non si sarà concluso il lavoro degli altri Comitati.

Riguardo al problema della unità (sostanziale o funzionale) o pluralità della giurisdizione, ricorda che nel Comitato sono emerse due ipotesi alternative. Da principio è stata proposta un'idea dell'unità della giurisdizione simile a quella delineata dal Calamandrei nella Assemblea costituente; tale proposta, tuttavia, non ha ricevuto un consenso unanime nel Comitato.

Successivamente è emersa una tendenza a prevedere l'unità della giurisdizione per quanto attiene allo status dei magistrati, ma con differenziazioni funzionali fra di essi. In particolare è stato immaginato di suddividere la giurisdizione in ordinaria e amministrativa; all'interno di ciascun tipo di giurisdizione si potrebbero prevedere sezioni specializzate, ad esempio per la giurisdizione militare in tempo di pace e, secondo alcuni, per la giurisdizione tributaria; questa seconda ipotesi al momento risulta prevalente nel Comitato.

Vi è stata poi unanimità circa la necessità di superare la distinzione fra diritti soggettivi e interessi legittimi come criterio di riparto della giurisdizione, cui si potrebbe provvedere individuando grandi blocchi di materie tassativamente indicate.

Riguardo al Consiglio superiore della magistratura, il Comitato sta esaminando due ipotesi; secondo la prima, il Consiglio resterebbe unico ma si articolerebbe in due sezioni, l'una per la giurisdizione ordinaria e l'altra per la giurisdizione amministrativa; nella seconda ipotesi, invece, verrebbero costituzionalizzati due distinti consigli differenziati unicamente per il numero dei componenti (ferma restando l'identità della proporzione tra membri togati e laici) e per il fatto di essere competenti l'uno rispetto alla giurisdizione ordinaria e l'altro per la giurisdizione amministrativa.

Nel Comitato non si è registrata alcuna proposta di attribuire alle regioni competenza in materia di legislazione penale e civile.

Si pongono invece questioni di coordinamento con il lavoro del Comitato forma di Stato in relazione alle ipotesi di riforma concernenti la giurisdizione amministrativa e contabile.

Infatti, in ordine all'orientamento volto a mantenere in capo alla Corte dei conti le sole funzioni di controllo, si pone il problema di come disciplinare tale controllo in un assetto federalista. Questo problema dovrà essere approfondito.

Riguardo alla articolazione regionale degli organi di giustizia amministrativa, suggerisce di disciplinare la materia nell'ambito dell'articolo 103, primo comma, della Costituzione, inglobandovi il secondo comma dell'articolo 125. Infine, nel Comitato non è stata discussa l'ipotesi di prevedere CSM regionali; rileva, tuttavia, che con legge ordinaria sarebbe possibile rafforzare le funzioni dei consigli giudiziari.

Leopoldo ELIA, Presidente del primo Comitato, segnala i riflessi del tipo di federalismo che si vorrà introdurre sul funzionamento dell'organo di giustizia costituzionale. Una forma di federalismo competitivo produrrebbe, a suo avviso, un incremento del contenzioso dinanzi alla Corte, incidendo inevitabilmente sulla funzionalità dell'organo, mentre una forma federale, caratterizzata da una pluralità di sedi di composizione, verso la quale manifesta le sue preferenze, renderebbe il ricorso alla Corte meno frequente, forse anche inferiore rispetto a quello che oggi si registra.

Un altro aspetto, sul quale la riforma in senso federale dello Stato potrebbe avere riflessi, è quello della composizione della Corte medesima. Al riguardo segnala come, secondo un principio di funzionalità, la dimensione ottimale sia quella, abbastanza ristretta, propria della Corte suprema degli Stati Uniti; se si intendesse ampliare il numero dei componenti, rispetto a quello attuale, si dovrebbe porre il problema di un'articolazione in più collegi della Corte. In ogni caso, nel revisionare le forme di nomina o elezione dei giudici costituzionali, occorre evitare il rischio di una eccessiva politicizzazione della Corte stessa; al riguardo richiama la positiva esperienza tedesca che ha sempre garantito l'accesso al tribunale costituzionale di personalità di grande prestigio e indipendenza.

Manifesta quindi molte perplessità sulle proposte di riforma tese a ridurre la varietà della tipologia delle pronunce della Corte; in particolare crede che il vietare espressamente il ricorso ad alcuni tipi di pronunce interpretative condurrebbe inevitabilmente ad un incremento del numero delle sentenze di accoglimento, con inevitabili riflessi negativi sulla coerenza dell'ordinamento giuridico.

Venendo infine a considerare il tema della introduzione di forme di regionalizzazione nel sistema giudiziario, ritiene non si debba seguire l'esperienza tedesca ove le Corti dei Laender applicano prevalentemente il diritto dei Laender stessi, mentre le Corti federali applicano il diritto federale; cionondimeno non esclude la ipotizzabilità di forme di collegamento tra le regioni e organi dell'amministrazione della giustizia, anche al fine di rendere più visibile la trasformazione in senso federale della forma dello Stato.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) precisa che occorre delimitare i poteri della Corte costituzionale dopo una lunga riflessione, che deve avere l'obiettivo prioritario di definire un assetto idoneo a garantire l'armonia complessiva dell'ordinamento.

Pertanto, oltre all'ipotesi di vietare il ricorso ad alcuni tipi di sentenze interpretative, va valutata la proposta di ampliare la possibilità di accesso alla Consulta, soprattutto ai fini del cosiddetto «statuto dell'opposizione», nonché per garantire una particolare forma di tutela per l'autonomia degli enti politici territoriali. Quanto alla composizione, si dichiara contrario ad un eccessivo ampliamento numerico dei componenti ed anche ad un'articolazione della Corte per sezioni, mentre non ritiene vi siano particolari ostacoli a designazioni anche da parte degli enti politici territoriali.

Quanto al nodo della giurisdizione unica o meno, a suo avviso occorre stabilire innanzitutto il criterio dell'unicità dell'assetto di vertice, mentre una particolare attenzione va prestata affinché vi siano le condizioni per un'articolazione pienamente regionale della giustizia amministrativa. È poi di assoluto rilievo costituzionale la questione nevralgica della durata dei procedimenti giurisdizionali, che quindi non può essere trascurata in sede di revisione costituzionale.

Infine, quanto all'eventuale vertice della giustizia amministrativa, allora propenderebbe per un organo che si potrebbe definire: «Corte di giustizia amministrativa», onde meglio rimarcare la separazione tra funzioni giurisdizionali e consultive.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene necessario conformare l'ordinamento amministrativo della giustizia al futuro assetto federale dello Stato. Si dichiara contrario a prevedere un decentramento del Consiglio superiore della magistratura, poiché l'unicità dell'ordine giudiziario comporta l'unicità del CSM. È invece d'accordo nel potenziare le funzioni dei consigli giudiziari, benché ritenga eccessivo costituzionalizzarli. Rimarrebbe in ogni caso da definire il rapporto fra le regioni e i consigli giudiziari, a suo modo di vedere riservando alle prime poteri di distribuzione delle risorse umane e materiali nel territorio.

È contrario ad un eccessivo ampliamento della composizione della Corte costituzionale, che porterebbe con sé il rischio di una dequalificazione dell'organo. Ritiene infine necessario rimeditare sulle proposte (contenute anche nel disegno di legge costituzionale di cui è firmatario) di ridurre le tipologie di sentenze adottabili dalla Corte costituzionale, poiché in molti casi la sola alternativa fra sentenza di rigetto e sentenza di accoglimento potrebbe risultare insoddisfacente.

Leopoldo ELIA, Presidente del Comitato forma Stato, richiama da ultimo l'attenzione su due ulteriori tematiche concernenti la Corte costituzionale; l'ammissibilità della cosiddetta dissenting opinion; l'accesso alla Corte dei singoli cittadini, la cui previsione nell'ordinamento tedesco ha di recente provocato l'accumularsi di un'ingente mole di ricorsi non decisi.

Infine, Giuliano URBANI, Presidente del Comitato sistema delle garanzie, ringrazia gli intervenuti per il contributo fornito ai fini di un efficace coordinamento nei lavori dei Comitati.

La seduta termina alle 11.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI GIOVedì 10 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 


La seduta comincia alle 11,30.

 

Giuliano URBANI, Presidente, comunica che, a seguito della fissazione per la mattinata di domani alla Camera del dibattito sulle comunicazioni del Governo, il calendario delle audizioni concernenti la giustizia che dovranno svolgersi in Commissione plenaria è stato modificato nel senso di prevedere che martedì 15 aprile, alle ore 15,30, abbia luogo l'audizione dei vertici istituzionali delle magistrature e del Consiglio nazionale forense e giovedì 17 aprile, alle ore 9,30, si svolga l'audizione dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Organismo unitario dell'avvocatura, dell'Unione delle camere civili e dell'Unione delle camere penali. Propone quindi che il Comitato si riunisca martedì 15 aprile alle ore 10 e mercoledì 16 e giovedì 17 alle ore 16,30, valutando altresì l'opportunità di una ulteriore seduta nella serata di giovedì.

Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, sottolinea l'esigenza di svolgere nell'ambito del Comitato, nel corso della prossima settimana, le audizioni delle associazioni dei magistrati non ordinari, che non potranno aver luogo in Commissione plenaria. Ritiene che tali audizioni possano aver luogo nel pomeriggio di giovedì 17 aprile.

Giuliano URBANI, Presidente, condivide la proposta del relatore, rilevando che occorre verificare quali siano le associazioni che hanno fatto rischiesta di essere ascoltate. Fa altresì presente che ha chiesto di essere ascoltato anche il Coordinamento nazionale dei difensori civici regionali, la cui audizione ritiene possa svolgersi nello stesso pomeriggio di giovedì 17, al termine dell'audizione delle associazioni dei magistrati non ordinari.

Intervengono quindi sulle proposte relative al calendario dei lavori formulate dal Presidente e dal relatore il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) e il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo).

Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ricorda che occorre affrontare, nell'ambito del dibattito sulla unicità ovvero pluralità delle giurisdizioni, anche la questione della giustizia amministrativa regionale. Fa altresì presente che, alla luce degli orientamenti prevalenti emersi nel Comitato, elaborerà ulteriori ipotesi di testo che prevedano, nell'ambito della unità funzionale della giurisdizione, il mantenimento in capo al Consiglio di Stato delle funzioni giurisdizionali, nettamente separate da quelle consultive, ovvero la istituzione di un apposito e diverso Consiglio (o Corte) di giustizia amministrativa, conservando in tale ultimo caso al Consiglio di Stato unicamente le funzioni consultive.

Suggerisce che nelle sedute della prossima settimana si affrontino tutte le questioni concernenti la magistratura, per dargli modo di aggiornare man mano le ipotesi di testo sulla base delle risultanze del dibattito. Preannuncia inoltre che sta preparando la relazione concernente la Corte costituzionale, che ritiene di essere in grado di presentare martedì 22 aprile prossimo.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) chiede quando potrà essere disponibile la nuova bozza di articolato riguardante il tema della unicità ovvero della pluralità della giurisdizione.

Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene di poter presentare tale bozza all'inizio della prossima settimana.

Giuliano URBANI, Presidente, avverte infine - e il Comitato consente - che il Comitato sarà convocato martedì 15 aprile, alle ore 10; mercoledì 16, alle ore 9,30 e alle ore 16,30 e giovedì 17 alle ore 21. Nella stessa giornata di giovedì 17 avrà luogo altresì, alle ore 16,30, l'audizione delle associazioni dei magistrati non ordinari e del Coordinamento nazionale dei difensori civici regionali.

 

La seduta termina alle 11,45.




COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

Seduta DI Martedì 15 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 10,25.

Il Comitato prosegue il dibattito sui temi concernenti la disciplina costituzionale della magistratura.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) precisa che, nella seduta dell'8 aprile scorso, si era dichiarato favorevole a che il ministro di grazia e giustizia riferisca annualmente al Parlamento sullo stato dell'amministrazione della giustizia, e non sull'esercizio dell'azione penale, come riportato nell'edizione non definitiva del resoconto sommario.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, propone di proseguire il dibattito sulle proposte da lui presentate il 3 aprile. Aggiunge che sta rielaborando tali proposte tenendo conto dei rilievi e delle convergenze che sembrano delinearsi su alcuni punti; si tratta in ogni caso di ipotesi aperte ai suggerimenti che verranno formulati da coloro che interverranno nel dibattito. Fa presente altresì che, qualora il dibattito sulle suddette proposte dovesse concludersi entro giovedì prossimo, sottoporrà al Comitato, nella seduta prevista per le ore 21 di tale giorno, ipotesi di testo relative alla Corte costituzionale.

Giuliano URBANI, Presidente, chiede se è possibile che il relatore presenti le sue proposte sulla Corte costituzionale anche prima di giovedì prossimo, qualora il dibattito in corso si concludesse prima di tale data.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, risponde affermativamente al quesito rivoltogli dal Presidente.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) ricorda che il prossimo 17 aprile è prevista l'audizione dei rappresentanti dell'Associazione nazionale magistrati, dell'Organismo unitario dell'avvocatura italiana, dell'Unione nazionale delle camere civili e dell'Unione nazionale delle camere penali. Il 18 aprile, poi, avrà luogo un convegno organizzato dall'Associazione nazionale magistrati e il 19 un convegno organizzato da organismi rappresentativi dell'avvocatura in cui verranno affrontati gli stessi temi oggetto delle audizioni del 17 aprile. Poiché a tali convegni sono stati invitati molti dei componenti del Comitato, si è determinata una situazione che potrebbe risultare imbarazzante; sarebbe quindi opportuno decidere di adottare un atteggiamento comune, evitando di dividersi in una sede esterna.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che, per parte sua, al convegno organizzato dall'Associazione nazionale magistrati per il 18 aprile, si asterrà dal prendere la parola, data la sua qualità di relatore.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD), rileva che sarebbe opportuno che i componenti della Commissione decidessero di adottare una condotta comune, che a suo giudizio dovrebbe essere quella di non prendere la parola.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che la preoccupazione espressa dal senatore Maceratini è comprensibile, ma va intesa a suo giudizio come invito alla sobrietà, alla moderazione; troverebbe invece strano che si decidesse che tutti i componenti della Commissione debbano astenersi dal prendere la parola.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) rileva che ciò che desta maggiori preoccupazioni è il fatto che nel giorno successivo al convegno del 18 aprile è stata programmata una manifestazione dei magistrati, che rischia di determinare interferenze sui lavori del Comitato.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) condivide la preoccupazione espressa dal senatore Maceratini: il convegno organizzato per il prossimo 18 aprile si configura infatti come una sorta di «controaudizione» e la manifestazione prevista per il 19 aprile può creare una situazione di imbarazzo.

Giuliano URBANI, Presidente, osserva che la preoccupazione espressa dal senatore Maceratini è fondata: in tre giorni consecutivi infatti si svolgono le audizioni, il convegno e la manifestazione organizzati dall'Associazione nazionale magistrati. A suo avviso la soluzione preferibile sarebbe che nessuno dei membri del Comitato partecipasse al convegno o, almeno, prendesse la parola. In via subordinata si potrebbe decidere che ciascuno faccia ciò che vuole, tenendo però presenti ovvie esigenze di sobrietà.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che sul problema in discussione si potrebbe riflettere fino a domani mattina. Rileva quindi che il Comitato, a differenza di altri Comitati che hanno proceduto ad una serie di audizioni, non ha avuto fino ad ora una occasione di confronto con la cultura giuridica, occasione che potrebbe essere rappresentata dal convegno del prossimo 18 aprile. Quindi chi è interessato a tale confronto è giusto che partecipi al convegno, decidendo poi se intervenire o meno. Quanto alla manifestazione prevista per il giorno successivo, si tratta di una assemblea dell'ANM alla quale non si vede perché debbano partecipare coloro che non ne fanno parte.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) propende, per parte sua, per adottare una posizione di riserbo, per cui condivide l'invito del Presidente a non partecipare né al convegno né alla manifestazione.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale), premesso che la situazione determinatasi è frutto di circostanze del tutto fortuite, dichiara di condividere le osservazioni formulate dal Presidente.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) ribadisce che occorre evitare l'adozione di comportamenti difformi.

Giuliano URBANI, Presidente, raccogliendo le osservazioni formulate nel corso del dibattito, ritiene che sia sicuramente opportuno non partecipare alla manifestazione organizzata per il prossimo 19 aprile. Quanto al convegno del 18 aprile la decisione può essere opportunamente rinviata a domani mattina, come proposto dal senatore Senese. Propone quindi, e il Comitato consente, di riprendere il dibattito sui temi concernenti la magistratura.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) esprime apprezzamento per il lavoro svolto dal relatore, dichiarando subito di essere favorevole all'ipotesi qualificata come unità funzionale della giurisdizione. Ritiene inoltre che l'organo di autogoverno della magistratura debba essere unico e articolato come organo complesso, cioè ripartito al suo interno in sezioni: una per i magistrati ordinari, una per i magistrati amministrativi e una per il pubblico ministero. Il pluralismo delle giurisdizioni produce infatti inefficienza e confusione: oggi si verifica il sovrapporsi, per uno stesso fatto, di vicende processuali diverse ed autonome che giungono spesso a valutazioni contrastanti. Inoltre il pluralismo delle giurisdizioni provoca la nascita di più culture che vivono della loro separatezza e così si assiste al fatto che dinanzi al giudice penale vengano ignorate nozioni di base del diritto amministrativo, così come accade che il giudice contabile ignori nozioni elementari del diritto civile. Peraltro, si va verso una realtà in cui il controllo della legalità sarà sempre più ampio e verrà riservato sempre meno spazio alle scelte della discrezionalità politica. Pertanto sarebbe un grave errore rendere le istituzioni preposte al controllo monolitiche, monoculturali, quali sarebbero nel caso di giurisdizione unica. È invece importante che si favorisca una cultura della giurisdizione che rappresenti l'osmosi di componenti culturali distinte. Già ora esiste la possibilità che una magistrato passi attraverso esperienze diverse: dalla magistratura ordinaria a quella amministrativa ad esempio, per cui sarebbe assurdo prevedere che chi ha svolto le funzioni di pubblico ministero non possa poi svolgere quelle di giudice. L'importante è che la legge disciplini il passaggio dalla funzione requirente alla funzione giudicante e viceversa. Ricorda che una recente risoluzione del Parlamento europeo si è pronunciata a favore della distinzione tra queste due funzioni. Di tale distinzione deve esservi un riflesso nell'organo di autogoverno. Un organo di autogoverno che sia unico, ma articolato in più sezioni al suo interno evita il rischio di eccessi corporativi, in quanto le singole rappresentanze (della magistratura ordinaria, della magistratura amministrativa e dei magistrati del pubblico ministero) resterebbero comunque minoritarie all'interno del secondo livello e cioè delle sezioni riunite dell'unico CSM. Per quanto riguarda l'articolo 100 ritiene condivisibile l'ipotesi di prevedere che la Corte dei conti rimanga quale organo di controllo; ritiene però che debbano essere soppresse le funzioni consultive del Consiglio di Stato. Per quanto riguarda l'articolo 101, sul quale il relatore ha predisposto diverse ipotesi di modifica ritiene preferibile al secondo comma l'ipotesi che prevede che i giudici e i magistrati titolari degli uffici del pubblico ministero sono soggetti soltanto alle legge. Aggiunge quindi che a suo avviso la separazione della funzione requirente dalla funzione giudicante impone che non si adotti per il pubblico ministero un modulo organizzativo diffuso, inidoneo a rendere più efficace la funzione dell'accusa: si impone inoltre una più ampia articolazione territoriale dei relativi uffici. Rileva altresì che, ferma restando la possibilità di passare dall'una all'altra funzione, ognuna di essa deve avere regole deontologiche diverse. Quanto all'articolo 102, ritiene che debba essere meglio individuata la specificità del giudice amministrativo: propone di chiamarlo giudice amministrativo e contabile. Dovrebbe essere, quindi, un giudice amministrativo nel cui ambito alcune sezioni siano giudici della responsabilità contabile e la cui articolazione territoriale sia diversa da quella ordinaria. Dovrebbe essere istituito un giudice amministrativo e contabile di primo grado in ogni regione con un unico organo centrale in grado di appello; alla specificità del giudice amministrativo e contabile dovrebbe essere dedicato l'articolo 103, nel quale dovrebbe prevedersi che il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa e contabile hanno funzioni di tutela giurisdizionale nel confronti della pubblica amministrazione e che la legge ne determina la competenza nella materie in cui sia parte una pubblica autorità o che riguardino pubblici servizi; che il giudice amministrativo, su iniziativa del pubblico ministero, giudica della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari in materia di contabilità pubblica o negli altri casi previsti dalla legge. In tale articolo dovrebbe inoltre trasfondersi la previsione attualmente contenuta nel secondo comma dell'articolo 125.

All'articolo 102 sarebbe a suo avviso opportuno prevedere al secondo comma che la legge possa istituire, assicurandone l'indipendenza, organi per la risoluzione imparziale delle controversie in determinate materie, esclusa quella penale, garantendo l'impugnabilità delle loro decisioni dinanzi al giudice ordinario o al giudice amministrativo; tale previsione consentirebbe di dare copertura costituzionale al contenzioso tributario; in proposito fa presente che è stata sollevata questione di legittimità costituzionale, sostenendosi che le commissioni tributarie sarebbero giudici speciali, in contrasto, quindi, con l'articolo 102 della Costituzione.

Quanto al pubblico ministero, come ha già preannunciato, ritiene che debba esservi una relativa rappresentanza all'interno del Consiglio superiore della magistratura; ritiene, inoltre, che il pubblico ministero debba fungere da anello di collegamento tra giudice ordinario e giudice amministrativo e contabile, esercitando l'azione nei confronti di entrambi. I relativi uffici dovrebbero essere organizzati su base distrettuale. Infatti il sistema attuale rivela notevoli lacune perché ogni pubblico ministero, sia quello ordinario sia quello contabile, agisce autonomamente e in concorrenza con l'altro: in sede penale il pubblico ministero tende ad espandere la fattispecie criminosa, mentre in sede contabile tende a riscontrare responsabilità anche quando il giudice amministrativo abbia ritenuto l'atto legittimo. Ritiene, in particolare, che l'articolo 112 dovrebbe essere formulato nel senso di prevedere che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale ed esercita altresì le azioni e le facoltà di intervento previste dalla legge in difesa della legalità, dei diritti del cittadino e dell'interesse pubblico tutelato dalla legge, nonché l'azione per l'affermazione della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari in materia di contabilità pubblica e negli altri casi stabiliti dalla legge.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) chiede al relatore, in base alle ipotesi di testo da lui presentate il 3 aprile scorso, chi debba esercitare l'azione di responsabilità contabile.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, rispondendo al quesito del senatore Senese, fa presente che, secondo le sue proposte, la giurisdizione contabile della Corte dei conti dovrebbe essere soppressa. Di conseguenza, in un'ipotesi di unità funzionale della magistratura ordinaria e amministrativa, ipotesi che sembra trovare il consenso della maggioranza, dovrebbe essere la legge a disciplinare la materia.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che dovrebbero essere soppresse le funzioni consultive attribuite al Consiglio di Stato.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, osserva che, nelle ipotesi di testo da lui predisposte, si prevede che le funzioni consultive rimangano al Consiglio di Stato, fa presente altresì di aver elaborato una ulteriore proposta di modifica dell'articolo 103 della Costituzione, volta ad istituire una corte di giustizia amministrativa come organo di appello per i giudizi amministrativi.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che la funzione consultiva attualmente svolta dal Consiglio di Stato è inutile come il controllo di legittimità della Corte dei conti sul singolo atto: infatti, nonostante su un determinato atto vi sia stato il vaglio di legittimità e del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, ciò non impedisce che il medesimo atto in sede giurisdizionale venga poi discusso sotto il profilo della legittimità, come se quel vaglio non ci fosse stato.

Giuliano URBANI, Presidente, posto che il relatore ha elaborato ulteriori ipotesi di testo che raccolgono i suggerimenti emersi nel corso del dibattito svoltosi dal 3 aprile fino all'ultima seduta del 10 aprile scorso, invita il relatore a distribuirne il testo, in modo che i componenti del Comitato possano trarne spunti di riflessione ulteriori.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, si dichiara disponibile a distribuire le ipotesi di testo ulteriormente elaborate, sottolineando che esse tengono conto ovviamente delle indicazioni fornite dai soli colleghi finora intervenuti, per cui sono da considerarsi ancora più del solito una ipotesi di lavoro. Rileva quindi, che dal dibattito è emerso un orientamento prevalente per l'ipotesi di prevedere che la funzione giurisdizionale sia unitaria ed esercitata da magistrati ordinari e amministrativi.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che nell'ultima riunione del 10 aprile scorso la maggioranza del Comitato si era espressa a favore dell'ipotesi di prevedere due organi di autogoverno, rispettivamente per la magistratura ordinaria e per quella amministrativa, mentre il senatore Pellegrino ha rimesso in discussione questo punto dichiarandosi favorevole ad un organo di autogoverno unico per entrambe le magistrature. Rileva quindi che - salva, si intende, la facoltà di ogni componente del Comitato di prospettare in ogni momento le soluzioni che ritiene preferibili - se si rimettono in discussione punti su cui già si è raggiunto l'accordo si rischia di allungare i tempi.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ribadisce che si sta procedendo per successivi punti di approssimazione non definitivi . Le ipotesi che sottopone al Comitato, infatti, tengono conto dei suggerimenti acquisiti man mano che si sviluppa il dibattito e che egli cerca di organizzare in un'idea unitaria e organica.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD), posto che il Comitato è giunto in una fase dei lavori delicata, osserva che sarebbe preferibile procedere in sede di Commissione a votazioni di indirizzo su alcuni punti problematici rimasti irrisolti all'interno del Comitato.

Giuliano URBANI, Presidente, ritiene che la questione posta dal senatore Loiero debba essere esaminata dall'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, che è convocato per giovedì 17 aprile, alle ore 18,30. Rinvia quindi il seguito del dibattito alla seduta prevista per domani mercoledì 16 aprile, alle ore 9,30.

La seduta termina alle 12,35.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta ANTIMERIDIANA
DI MERCOLEDì 16 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI


La seduta comincia alle 10.

Il Comitato prosegue il dibattito sui temi concernenti la disciplina costituzionale della magistratura.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che sulla questione relativa all'unicità della giurisdizione dal dibattito svoltosi fino ad ora sembra emerso un orientamento favorevole alla previsione di una funzione giurisdizionale unitaria ed esercitata da magistrati ordinari ed amministrativi con uguali garanzie e alla previsione di due organi di autogoverno, uno per la magistratura ordinaria ed uno per quella amministrativa. Ricorda che nella seduta di ieri il senatore Pellegrino ha proposto di assegnare esplicitamente alla magistratura amministrativa anche la giurisdizione in materia di contabilità pubblica, proposta a suo avviso condivisibile. Per parte sua è favorevole sia all'ipotesi di inserire una norma in proposito nel testo costituzionale sia a quella di far rinvio alla legge ordinaria. Il punto da cui dissente rispetto all'intervento del senatore Pellegrino riguarda invece la proposta di istituire all'interno di un unico Consiglio superiore della magistratura una apposita sezione per il pubblico ministero. L'ipotesi di prevedere un organo di autogoverno unico era quella da cui era partito; tuttavia i rilievi espressi nelle audizioni svoltesi ieri sulla sproporzione numerica esistente tra magistratura amministrativa e quella ordinaria, lo inducono a concludere che un solo organo di autogoverno diviso in due sezioni, una per la magistratura amministrativa e l'altra per la magistratura ordinaria è difficilmente praticabile. Pertanto si rivela preferibile la soluzione di prevedere due organi di autogoverno, uno per i magistrati ordinari l'altro per quelli amministrativi. Aggiunge che l'istituzione di una apposita sezione per il pubblico ministero sarebbe un errore: tale sezione sarebbe competente per i trasferimenti e le promozioni dei magistrati del pubblico ministero e questo determinerebbe una ricaduta corporativa del Consiglio superiore della magistratura; dissente, quindi, dalla ipotesi di testo elaborata dal relatore con riferimento all'articolo 104 della Costituzione. Sempre sull'unità della giurisdizione, nel dibattito svoltosi ieri, è stata sollevata la questione relativa alla pertinenza dell'azione in materia di responsabilità contabile che il senatore Pellegrino ha proposto di attribuire al pubblico ministero. Si dichiara contrario a tale soluzione: benché, infatti, al pubblico ministero attualmente siano attribuite anche competenze in materia civile, ritiene improprio prevedere che a tale organo preposto all'esercizio dell'azione penale sia attribuita anche l'iniziativa per la responsabilità contabile, così come si dichiara contrario ad attribuire al pubblico ministero l'iniziativa nei giudizi di annullamento degli atti amministrativi. Ricorda che ieri il presidente della Corte dei conti, nel corso dell'audizione, ha sottolineato il collegamento stretto esistente tra le competenze di controllo della Corte dei conti e l'esercizio dell'azione di responsabilità contabile, per cui qualunque sia la scelta che verrà adottata in ordine alla giurisdizione contabile potrebbe essere mantenuta alla Corte dei conti l'azione in materia di responsabilità contabile; si avrebbe così una Corte dei conti che esercita funzioni di controllo e che ha anche un potere di azione dinanzi al giudice amministrativo o al giudice ordinario, a seconda della soluzione che sarà ritenuta preferibile.

Passando ai singoli articoli della Costituzione in discussione, osserva che il testo dell'articolo 100 dovrebbe prevedere al primo comma che «il Consiglio di Stato svolge, mediante distinte sezioni, funzioni giurisdizionali e di consulenza giuridico amministrativa del Governo e che la legge assicura la separazione tra la sezione giurisdizionale e quella consultiva». Tale proposta ovviamente sarebbe valida se non si decide di costituire una Corte di giustizia amministrativa - come proposto dal relatore - come organo giurisdizionale amministrativo di secondo grado, ipotesi per la quale si dichiara comunque disponibile. Al secondo comma dell'articolo 100 dovrebbe a suo avviso prevedersi che «la Corte dei conti esercita, nei modi stabiliti dalla legge, il controllo sull'efficienza e sull'economicità dell'azione amministrativa e sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabiliti dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del controllo eseguito». In tale comma si potrebbe anche prevedere una norma che attribuisce alla Corte dei conti il potere di azione in materia di responsabilità contabile, qualora tale ipotesi dovesse trovare il consenso della maggioranza. Quanto all'articolo 102 ritiene che al primo comma sia condivisibile l'ipotesi di testo prospettata dal relatore di prevedere che «la funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata da magistrati ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari». Al secondo comma la sua proposta è quella di prevedere il criterio per cui la giurisdizione amministrativa non possa andare oltre la tutela del cittadino nei confronti della pubblica amministrazione, salva restando alla giurisdizione ordinaria la tutela dei diritti civili e politici, essendo il giudice amministrativo meno idoneo di quello ordinario a garantire tale tutela. Pertanto il secondo comma dell'articolo 102 dovrebbe essere formulato in modo da prevedere che, «salva la competenza esclusiva della magistratura ordinaria per la tutela dei diritti civili e politici, la legge determina le materie in cui, per la tutela giurisdizionale di situazioni soggettive nei confronti della pubblica amministrazione, la competenza è attribuita alla magistratura amministrativa». Al comma 3 dovrebbe prevedersi che «la legge determina quali organi di giurisdizione possano annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa»; al comma 4 che «non possono essere istituiti giudici speciali, salvo che per determinate e limitate materie, esclusa in ogni caso la materia penale, e per il solo giudizio di primo grado, con espressa previsione della facoltà di impugnazione davanti a giudici ordinari». Al comma 5 propone di prevedere che «presso gli organi giudiziari ordinari possano essere istituite sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di giudici amministrativi o di cittadini idonei estranei alla magistratura». Al comma 6 occorrerebbe prevedere che «non possono essere istituiti giudici straordinari» e all'ultimo comma che «la legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia».

All'articolo 103 si potrebbe prevedere che «la giurisdizione amministrativa è esercitata dai magistrati dei tribunali amministrativi regionali e dalla sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato»; al secondo comma dovrebbe prevedersi che «i tribunali militari possono essere istituiti soltanto in tempo di guerra ed hanno la giurisdizione stabilita dalla legge».

All'articolo 104 propone di prevedere al primo comma che «la magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa costituiscono, ciascuna, un ordine autonomo ed indipendente da ogni altro potere». Al secondo comma si potrebbe prevedere che «il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ed ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio». Al terzo comma potrebbe essere prevista una analoga disposizione per il Consiglio superiore della magistratura amministrativa. Al quarto comma dovrebbe prevedersi che ciascun consiglio elegge un vicepresidente tra i componenti designati dal Parlamento; al quinto comma che i membri elettivi di ciascun consiglio durino in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili; all'ultimo comma che essi non possano, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un consiglio regionale.

Passando ad esaminare l'ipotesi di testo da ultimo proposta dal relatore, con riferimento all'articolo 101 dichiara, per quanto riguarda il comma 1, di preferire l'attuale testo della Costituzione (la giustizia amministrata in nome del popolo). Per quanto riguarda il comma 2 la soluzione preferibile, tra quelle proposte dal relatore, è a suo avviso quella di prevedere che «i magistrati sono soggetti soltanto alla legge, che stabilisce le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno degli uffici del pubblico ministero». Rispetto a questa intende sollevare soltanto un rilievo formale: sarebbe preferibile, infatti, una formulazione che prevedesse un punto dopo le parole «soltanto alla legge», posto che il termine «legge» viene qui usato con riferimento alla legge in generale ed equivale ad affermare l'indipendenza della magistratura. Il comma potrebbe poi prevedere che «le norme sull'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno degli uffici del pubblico ministero». In alternativa potrebbe prevedersi che «i giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge»; in proposito ricorda che la giurisprudenza ha sempre interpretato il testo costituzionale vigente in modo da riferire l'indipendenza anche ai magistrati del pubblico ministero. In ogni caso è preferibile esplicitare tale principio nel testo costituzionale. Quanto ai commi 3 e 4, rispetto all'ipotesi formulata dal relatore di prevedere il principio della parità delle parti nel processo - principio che condivide - osserva che non si può dimenticare che nella fase delle indagini preliminari è difficile parlare della parità delle parti se si considera che il pubblico ministero dispone della polizia giudiziaria; anche nelle nuove prospettive di riforma relative alle indagini difensive, comunque il difensore non avrà gli stessi poteri del pubblico ministero. In sostanza si corre il rischio di affermare un principio nel testo costituzionale difficile poi da tradurre nella pratica. Piuttosto si domanda se non sarebbe opportuno introdurre nel testo costituzionale una apposita norma che garantisca il giusto processo. In proposito rileva che l'articolo 111 della Costituzione, il primo della sezione seconda del titolo IV dedicata alle norme sulla giurisdizione, si apre al primo comma con una norma sui provvedimenti giurisdizionali; a suo avviso sarebbe preferibile invece che tale sezione si aprisse con una norma (nuovo articolo 111) sul processo che potrebbe essere formulata nel senso di prevedere al primo comma che «la giurisdizione in materia civile, penale e amministrativa si attua mediante giusti processi regolati dalla legge». Al comma 2 dell'articolo 111 potrebbe prevedersi che «ogni processo deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti a giudice imparziale». Questo è un principio già vigente perché ricavato dall'articolo 24 della Costituzione sul diritto di difesa e che, tuttavia, ritiene utile esplicitare nel testo costituzionale, considerando che alcune sentenze della Corte costituzionale non sarebbero state emanate se il principio del contraddittorio fosse stato reso esplicito nella Costituzione: ad esempio la sentenza sull'articolo 513 del codice di procedura penale. Al comma 3 dell'articolo 111 si potrebbe prevedere che «la persona accusata di un reato deve essere informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; deve poter disporre del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; deve avere la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico e di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa; deve essere assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata in processo». Si tratta di enunciazioni tratte dalla Convenzione europea sui diritti dell'uomo. Al quarto comma propone di prevedere che «la legge assicura gli strumenti per rendere effettivo l'esercizio del diritto di difesa, anche da parte di chi non ha mezzi adeguati, in ogni fase del giudizio civile, penale e amministrativo, e per garantire che la decisione intervenga in un tempo ragionevole».

Passando all'articolo 104 in merito al quale ha già esposto la sua proposta di modifica, intende sollevare alcuni delicati problemi: a parte quello già esposto relativamente alla previsione di una sezione relativa alla magistratura requirente, si dichiara contrario a prevedere, come proposto dal relatore, che il Presidente della Repubblica abbia il potere di fissare l'ordine del giorno del Consiglio superiore della magistratura. Ritiene infatti che sottrarre a tale organo, che è e deve restare organo di autogoverno, il potere di scegliere gli argomenti su cui discutere significa cadere in una contraddizione palese.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ricorda una sentenza della Corte costituzionale del 1963 che, nel dichiarare l'illegittimità costituzionale della norma che subordinava l'attività del CSM all'impulso del ministro di grazia e giustizia, sottolineava in motivazione come l'autogoverno implichi la libertà del relativo organo di decidere sui propri lavori.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi), relatore, precisa che l'ipotesi di testo da lui presentata cerca di raccogliere gli orientamenti che emergono dal dibattito.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) riprendendo il suo intervento si sofferma sulla composizione che dovrebbe avere il Consiglio superiore della magistratura; sul punto il relatore ha compiuto un notevole sforzo di mediazione tra le varie proposte presentate. Ritiene preliminare chiedersi l'obiettivo che si intende raggiungere: se lo scopo è quello di istituire un Consiglio superiore della magistratura come organo di autogoverno e quindi preposto a garantire l'autonomia e l'indipendenza dei magistrati, allora, i relativi componenti debbono essere in numero prevalente, espressione degli stessi magistrati. Ciò significa che dovrebbe essere esclusa l'ipotesi di una composizione paritaria che è una delle alternative proposte dal relatore. Il relatore propone, in alternativa, che la composizione dell'organo suddetto sia per tre quinti di componenti eletti da tutti i magistrati ordinari e per due quinti dal Parlamento: tuttavia non si vede per quale ragione sostituire l'attuale rapporto di due terzi e un terzo; non si comprende la ratio di tale proposta di modifica. Mancando per tale modifica un ragionevole motivo, essa darebbe spazio ad una interpretazione, che si augura falsa e fuorviante, per cui il potere politico avrebbe inteso sottrarre un piccolo spazio all'area della magistratura. In sostanza è preferibile la formulazione prevista dall'attuale testo dell'articolo 104 della Costituzione. Ricorda che nelle audizioni svoltesi ieri, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, nel suo intervento, ha fatto riferimento all'utilità di rivedere la legge elettorale e alla possibilità di una revisione della disciplina relativa alla sezione disciplinare; mentre la legge elettorale non rientra nelle competenze della Commissione (ma questa potrebbe eventualmente approvare una mozione di indirizzo), la riforma della sezione disciplinare invece potrebbe realizzarsi attraverso la previsione di un organo separato oppure di una sezione espressa nel suo seno dal Consiglio superiore della magistratura, con incompatibilità tra l'appartenenza alla sezione disciplinare e l'intervento al plenum del Consiglio superiore della magistratura. Sempre in ordine a quest'ultimo vi è poi un problema di funzioni: il relatore ha proposto di modificare l'articolo 105 aggiungendovi un comma in base al quale si vieta ai Consigli superiori della magistratura o al Consiglio superiore, nell'ipotesi di unicità, di adottare atti o deliberazioni di indirizzo politico. Si dichiara sul punto contrario a tale proposta: essendo il Consiglio superiore un organo di autogoverno a tutela della indipendenza della magistratura è suo compito intervenire e prendere una precisa posizione laddove possa essere messa in pericolo tale indipendenza. Posto ciò la proposta del relatore appare ambigua: se infatti con tale norma si intende negare al Consiglio superiore il suddetto potere, allora la norma sarebbe inaccettabile. Se la norma intende dire altro, non se ne capisce l'utilità, perché non risulta che il Consiglio superiore della magistratura abbia mai posto in essere «atti di indirizzo politico» in senso proprio. In ogni caso la norma si presterebbe ad essere interpretata nel senso di impedire al Consiglio superiore della magistratura interventi a tutela della indipendenza della magistratura, e pertanto è contrario al suo inserimento.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi), relatore, precisa che il comma aggiuntivo da lui proposto all'articolo 105 è contenuto in una delle proposte di legge presentate.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), continuando il suo intervento, osserva che all'articolo 106 il relatore propone una ipotesi di testo che, pur rimanendo nell'ottica di un unico ordine giudiziario, pone sbarramenti tali tra magistrati del pubblico ministero e giudici, da delineare nella sostanza una separazione netta delle carriere, e questo a suo avviso non costituirebbe un progresso. Infatti, la pluralità di esperienze costituisce un arricchimento per i magistrati ed un vantaggio per i cittadini. Per parte sua non condivide l'affermazione (si riferisce all'intervento del deputato Buttiglione) secondo la quale esisterebbe un interesse dello Stato ad ottenere comunque la condanna dell'accusato, e il pubblico ministero rappresenterebbe tale interesse: in realtà non esiste un interesse dello Stato alla condanna comunque, ma un interesse dello Stato alla condanna del colpevole, per cui a suo avviso sarebbe da temere un pubblico ministero che si propone la condanna tout-court a prescindere dalla colpevolezza dell'imputato. Il pubblico ministero, al contrario, deve sempre agire nel rispetto della legge, la quale esige che egli chieda l'assoluzione dell'imputato quando si convinca della sua innocenza. Si tratta di un valore al quale molti magistrati del pubblico ministero continuano ad ispirarsi e comunque di un valore che deve essere incoraggiato. Ritiene improprio, in ogni caso, introdurre nel testo costituzionale una disciplina concreta che vincoli sul punto il legislatore ordinario: una determinata normativa può essere introdotta sotto l'onda di un clima particolare, se ciò è rimediabile quando si tratta di legge ordinaria, essendovi una possibilità di modificarla, qualora il contesto che l'ha ispirata si modifichi, assai più difficile è il rimedio se è introdotta nella Costituzione. Ammette che il passaggio dalla funzione giudicante alla funzione requirente sollevi dei problemi; è contrario ad esempio a consentire che un magistrato che ha svolto in un determinato ufficio funzioni requirenti possa assumere funzioni giudicanti nel medesimo ufficio, ma a suo avviso deve essere la legge a disciplinare la materia. Il testo costituzionale potrebbe fornire un criterio, ad esempio statuire il criterio della temporaneità delle funzioni. Si potrebbe prevedere all'articolo 107, dopo il comma 3, che «la legge assicura la temporaneità delle funzioni e regola il passaggio tra di esse». L'articolo 107 ha ad oggetto il problema dell'inamovibilità: una delle ipotesi di testo proposta dal relatore è quella di prevedere che per assicurare la funzionalità della giustizia il Consiglio superiore della magistratura possa assegnare giudici e magistrati del pubblico ministero ad altre sedi con decisione adottata in contraddittorio con l'interessato. Si tratta di una norma pericolosa in quanto consente di sottrarre un procedimento delicato ad un magistrato che se ne sta occupando ricorrendo alla facile giustificazione delle esigenze di funzionalità della giustizia; propone quindi di scartare questa soluzione.

Infine non condivide, in ordine all'articolo 112, l'ipotesi proposta dal relatore al comma 1: «l'ufficio del pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, secondo modalità stabilite dalla legge». L'espressione, infatti, «secondo modalità stabilite dalla legge» può essere riferita all'esercizio dell'azione penale e in tale senso è una norma inutile, ma può anche riferirsi ad una modulazione dell'obbligo di esercizio dell'azione penale, e in tal senso diventa una norma pericolosa. È quindi contrario a tale formulazione. Eventualmente potrebbe prevedersi, dopo l'affermazione che «il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale», «la legge stabilisce le misure idonee ad assicurare la effettività di tale esercizio». Ciò indicherebbe la necessità di affrontare, con legge ordinaria, la questione della effettività dell'obbligo di esercitare l'azione penale. Una ipotesi di soluzione di tale questione è stata affacciata nelle audizioni di ieri, con riferimento all'introduzione del principio della offensività sociale del fatto costituente reato: ritiene condivisibile tale proposta, da introdurre peraltro nel codice penale piuttosto che in Costituzione. Da ultimo precisa che la disciplina prevista dall'ipotesi di testo formulata dal relatore per gli ultimi due commi dell'articolo 107 dovrebbe essere lasciata al legislatore ordinario. Concludendo richiama l'attenzione del Comitato sulle preoccupazioni espresse ieri dal vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, preoccupazioni che condivide. Si devono evitare interventi che indeboliscano i principi della autonomia e della indipendenza della magistratura, o che ne diano anche soltanto la sensazione. Infatti, la esigenza di maggiore garanzia per i diritti dei cittadini, alla quale si intende dare risposta, non passa attraverso la compressione della autonomia e della indipendenza della magistratura, ma presuppone ed esige anzi il rigoroso rispetto di tali principi.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) osserva che gli aspetti relativi alla pubblica amministrazione sono all'esame del Comitato forma di Stato che attualmente sta discutendo uno schema di articolato in cui è inserita una norma sulle autorità amministrative indipendenti che sono oggetto di interesse anche da parte del Comitato sistema delle garanzie. Sarebbe quindi opportuno un coordinamento tra i due Comitati.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) condivide l'osservazione del senatore Marchetti.

Dopo interventi di Giuliano URBANI, Presidente, del senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano), del senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) e del deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) sull'ordine dei lavori, Giuliano URBANI, Presidente, premette che intende soltanto formulare una precisazione, ritenendo che, in qualità di presidente, sia suo compito comportarsi come l'arbitro nelle partite che svolge il suo compito senza fare emergere la sua presenza: c'è ma non si vede. Ciò detto osserva che non è sufficiente a proposito del Consiglio superiore della magistratura affermare che si tratta dell'organo di autogoverno della magistratura: tale organo infatti deve essere considerato anche come un organo di garanzia nei confronti dei cittadini, nel senso che l'indipendenza della magistratura è un valore strumentale per assicurare l'imparzialità dei giudici nei confronti dei cittadini. In sostanza, il Consiglio superiore della magistratura è, quindi, organo di garanzia dell'amministrazione della giustizia nei confronti del cittadino, oltre che di garanzia dell'indipendenza della magistratura; e nessuno dei due aspetti deve avere la prevalenza sull'altro. Il senatore Russo, nel suo precedente intervento, ha ricordato l'intervento svolto ieri dal vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, Grosso, che ha richiamato l'attenzione sul rischio che la riforma crei un clima particolare e deleterio nella magistratura, e cioè dia la sensazione di operare nel senso di una riduzione dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura stessa. In merito ritiene che sia compito del Comitato evitare di creare pregiudizi e paure infondate, ma che il Comitato abbia anche il diritto-dovere di ricordare che il servizio espletato dai magistrati è improntato all'indipendenza e alla responsabilità, aspetti che devono essere tra loro equilibrati.

Ricorda quindi che tra pochi minuti inizierà la seduta comune del Parlamento per l'elezione di un giudice della Corte costituzionale, per cui appare opportuno sospendere i lavori del Comitato, rinviando il seguito dell'esame alla seduta prevista per oggi alle 16,30.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) osserva che nella seduta di ieri in effetti si è svolto soltanto l'intervento del senatore Pellegrino ed oggi soltanto quello del senatore Russo. Se si continua in tal modo i lavori del Comitato rischiano di impantanarsi. Rileva altresì che il compito del Comitato è quello di compiere delle scelte, non di dare sensazioni, per cui è necessario evitare di dare spazio ad attacchi esterni e di esporsi ad un linciaggio collettivo.

Giuliano URBANI, Presidente, essendo imminente l'inizio della seduta dell'Assemblea rinvia il seguito dell'esame alla seduta prevista per oggi alle 16,30.

La seduta termina alle 12.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI MERCOLEDì 16 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 


La seduta comincia alle 16,45.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) chiede se sia possibile che anche i lavori del Comitato vengano trasmessi mediante l'impianto audiovisivo a circuito chiuso, al pari di quanto avviene per le sedute della Commissione plenaria, sottolineando che ciò eviterebbe fraintendimenti e speculazioni.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) dichiara di condividere la richiesta formulata dal deputato Parenti.

Giuliano URBANI, Presidente, assicura che sottoporrà la questione all'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi.

Il Comitato prosegue quindi il dibattito sui temi riguardanti la disciplina costituzionale della magistratura.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ricorda che nel corso delle audizioni svoltesi nella seduta della Commissione di ieri si è assistito ad una affermazione corporativistica; il corporativismo, come ciascuno sa, è certamente di per sé un fenomeno negativo, ma ciò che desta maggiore preoccupazione è il fatto che non si abbia il senso dell'appartenenza all'istituzione parlamentare: se la stampa avesse «linciato» un magistrato si sarebbe scatenata una sollevazione di categoria, mentre nessuna voce si è levata a difendere l'istituzione Parlamento dagli attacchi che ad essa sono stati rivolti. Eppure si sta procedendo ad una riforma che è in ritardo di venti anni, ritardo che ha determinato la degenerazione dello Stato. Sottolinea che i cittadini aspettano le riforme e che accondiscendere alla difesa di privilegi di categoria rischia di bloccare il processo riformatore e ciò sarebbe molto grave, nel senso che l'attuale Parlamento si renderebbe più colpevole di quelli che lo hanno preceduto che hanno agito in un clima diverso. Fa presente quindi che 59 senatori dell'Ulivo hanno firmato un manifesto, nel quale hanno tra l'altro accusato la Commissione di voler sopprimere l'indipendenza del pubblico ministero, dimenticando così che la legge costituzionale istitutiva della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali è stata votata anche dai loro gruppi di appartenenza e dimenticando anche che tale Commissione ha anche il compito di occuparsi delle norme costituzionali sulla magistratura. Stupisce che rappresentanti della maggioranza possano sostenere che l'attuale magistratura è la migliore di quelle possibili: non si comprende che non modificare nulla e accondiscendere a logiche interne di potere, alla logica di un potere che si contrappone ad un altro significa predisporre una tomba per la magistratura. Si è anche affermato da taluni che il presidente della Commissione avrebbe dichiarato che, posto di fronte alla scelta tra Governo e riforme, privilegerebbe il primo. Si augura, ovviamente, che tale dichiarazione non sia stata resa e sottolinea che la Commissione non può divenire strumento di contrattazione e che quando si decide di prendere un impegno occorre portarlo a termine.

Passando alle ipotesi di testo presentate dal relatore, invita i componenti del Comitato ad esprimersi chiaramente sulle scelte sostanziali, evitando di chiosare le singole norme quando non se ne condividono i contenuti. Per quanto riguarda la magistratura amministrativa, osserva che è importante distinguere per il Consiglio di Stato tra funzioni giurisdizionali e funzioni consultive; si dichiara disponibile all'ipotesi, prospettata dal senatore Pellegrino, di sopprimere le funzioni consultive. Ritiene, inoltre, che la giurisdizione in materia di contabilità pubblica debba essere affidata al giudice ordinario: questi deve avere subito una chiara visione della vicenda sottoposta al suo esame e valutare se emergono profili di responsabilità penale. Per quanto riguarda le funzioni del pubblico ministero non è contraria alla proposta, formulata dal senatore Pellegrino nell'intervento svolto nella seduta di ieri mattina, di un pubblico ministero che funga da anello di collegamento tra giudice ordinario e giudice amministrativo e contabile, esercitando l'azione nei confronti di entrambi; tale proposta tuttavia presuppone che il pubblico ministero abbia una capacità ed una professionalità molto diversa da quella che ha attualmente. Osserva altresì che la proposta formulata dal senatore Pellegrino con riferimento all'articolo 112 risulta eccessivamente ampia e generica laddove prevede che il pubblico ministero eserciti le azioni e le facoltà di intervento previste dalla legge in difesa della legalità: l'espressione «legalità» è talmente ampia che determinerebbe una paralisi dell'attività e amplierebbe enormemente la discrezionalità del pubblico ministero nella scelta dei comportamenti che offendono la legalità da perseguire. Sul punto auspica che il relatore individui una soluzione soddisfacente e si riserva di intervenire nel prosieguo dei lavori. In ordine all'articolo 101, secondo comma, si dichiara contraria alla proposta formulata dal relatore di prevedere che i magistrati sono soggetti soltanto alla legge. Tale proposta ha riscosso apprezzamento perché è stata letta come una affermazione di indipendenza per tutti i magistrati. Osserva in proposito che tale affermazione dovrebbe essere riferita, come fa l'attuale testo costituzionale, ai soli giudici e non anche ai magistrati del pubblico ministero: i giudici, infatti, devono essere svincolati da qualsiasi interferenza nel giudizio del caso concreto, ma i magistrati dell'ufficio del pubblico ministero non sono soggetti soltanto alla legge. Tale ufficio infatti ha una regolamentazione interna prevista per garantire omogeneità di azione e di comportamento per i magistrati che dell'ufficio fanno parte. Il capo dell'ufficio ne è il titolare e ne è il responsabile; egli ha un potere di delega nei confronti dei sostituti che è di carattere fiduciario. Ciò significa che i magistrati del pubblico ministero oltre che alla legge sono soggetti anche al potere del delegante che, infatti, può revocare l'incarico conferito. Pertanto la proposta del relatore impedirebbe una strutturazione dell'ufficio del pubblico ministero e determinerebbe una personalizzazione del pubblico ministero come singolo soggetto. Inoltre comporterebbe una mancanza di responsabilità del capo dell'ufficio, in quanto ogni scelta verrebbe rimessa al singolo. Il coordinamento tra uffici sarebbe impossibile, anzi mancherebbe all'interno dello stesso ufficio. Il venir meno del principio di responsabilità, inoltre, si rifletterebbe sul principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, in merito al quale si sancirebbe la più ampia discrezionalità. L'equiparazione del giudice al pubblico ministero potrebbe inoltre significare, per converso, che essi una volta equiparati potrebbero essere organizzati nello stesso modo e che, quindi, anche nell'ambito della magistratura giudicante potrebbe essere introdotto un potere dei capi degli uffici, ovviamente inammissibile.

Sulla proposta formulata dal senatore Russo nella seduta di questa mattina con riferimento all'articolo 111 della Costituzione non si può non essere d'accordo, ma è doveroso chiedersi come i principi ivi enunciati possano realizzarsi: ad esempio perché quelli formulati per il terzo comma dell'articolo 111 siano effettivamente applicati occorre che nel testo costituzionale si inserisca una disciplina che ponga accusa e difesa sullo stesso piano e garantisca l'imparzialità del giudice. Ciò significa che è necessario distinguere tra magistratura giudicante e requirente, in quanto quest'ultima ha una funzione diversa dalla prima. La netta separazione tra magistratura requirente e giudicante è un principio di ogni democrazia, mentre è proprio degli Stati autoritari collocarle sullo stesso piano. Attualmente si assiste nel processo ad un pubblico ministero forte e ad un giudice che non è veramente libero. Eppure giudice e pubblico ministero dovrebbero, per le funzioni che esercitano, seguire culture diverse: il primo la cultura della giurisdizione, il secondo quella delle indagini. Oggi invece si assiste ad un giudice assente nel processo, mentre il pubblico ministero ne determina le sorti, afferma la sua tesi, attiva meccanismi multimediali che fanno entrare le opinioni nel processo. Ricorda che una recente sentenza della Corte costituzionale ha affermato che la presunzione di non colpevolezza non comporta che il pubblico ministero debba raccogliere anche le prove a favore dell'indagato, essendo tale compito proprio della difesa; ciò conferma che non esiste una parte neutrale, essendo il pubblico ministero una parte del processo che agisce secondo i criteri dell'accusa. Ciò premesso, la difesa deve essere posta effettivamente in grado di ricercare la prova, di poter disporre di mezzi privati, inserendo nel testo della Costituzione una apposita norma, altrimenti si rischia di esporre i difensori alla possibilità di essere sottoposti a processo.

La tendenza ad equiparare giudice e pubblico ministero mira a far sì che il pubblico ministero domini sul giudice e che il processo sia dominato dalla logica accusatoria, ma è il giudice e non il pubblico ministero la figura centrale del processo. Premesso quindi che giudici e magistrati del pubblico ministero debbono essere separati, per passare dalla funzione giudicante alla funzione requirente dovrebbe essere necessario un concorso, come proposto dal relatore. Il concorso per accedere alla magistratura dovrebbe essere effettivamente selettivo e occorrerebbe una formazione permanente di carattere laico; il concorso per il passaggio di funzioni dovrebbe svolgersi nei termini fissati dall'ordinamento giudiziario, tenendo conto del fatto che il pubblico ministero e il giudice sono portatori di una cultura molto diversa.

A suo avviso occorrerebbe quindi prevedere tre organi di autogoverno: uno per la magistratura ordinaria, uno per quella amministrativa ed uno per i magistrati del pubblico ministero. Infatti i magistrati del pubblico ministero rispondono a regole deontologiche diverse da quelle previste per i giudici e quindi diversi devono essere gli organi preposti al relativo controllo.

Il Consiglio superiore della magistratura non può essere dominato dai giudici togati, come avviene attualmente; inoltre nei procedimenti disciplinari occorre un'apertura alla collettività che è garantita dalla presenza dei componenti laici, che assicura la trasparenza. La componente effettivamente politicizzata nel CSM è attualmente quella dei togati non quella dei laici; vi è insomma una politicizzazione camuffata da indipendenza. Condivide la proposta predisposta dal relatore secondo cui solo il ministro di grazia e giustizia dovrebbe tra l'altro avere il compito di promuovere l'azione disciplinare. Condivide, inoltre, la proposta del relatore di prevedere che il ministro di grazia e giustizia, sentito il procuratore generale presso la Corte di cassazione, riferisca annualmente al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine. In ordine, poi, alle osservazioni formulate sulla proposta del relatore relativa al potere del Presidente della Repubblica sulla formazione dell'ordine del giorno del CSM, ricorda che il Capo dello Stato presiede il CSM e in qualità di Presidente di un organo collegiale deve avere questo potere. Nell'ipotesi di testo del relatore si prevede inoltre all'articolo 105 che il CSM non possa adottare atti o deliberazioni di indirizzo politico. Ritiene che tale principio sarebbe meglio espresso con una norma che affermasse che il CSM è un organo di alta amministrazione che come tale non può adottare atti di indirizzo politico.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, rileva che nelle audizioni svoltesi nella seduta della Commissione di ieri il vicepresidente del CSM Grosso ha affermato che «il CSM è organo tecnico-amministrativo, di alta amministrazione e non deve fare atti politici».

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) condivide l'affermazione del vicepresidente del CSM, ricordata dal relatore. Osserva quindi che il ministro di grazia e giustizia dovrebbe avere il potere di promuovere l'azione disciplinare anche con riferimento all'esercizio dell'azione penale: i magistrati del pubblico ministero dovranno quindi rispondere di come questa azione è stata esercitata e su questo il ministro di grazia e giustizia dovrà riferire al Parlamento. Ciò significa non già eliminare il principio dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale, ma renderlo effettivo.

Conclude osservando che non è vero, come spesso si ripete, che la magistratura non si è aperta alla società; si è aperta invece in modo sbagliato attraverso l'assunzione degli incarichi extragiudiziari che sono stati distribuiti con la compiacenza del CSM. Riassumendo i termini essenziali del suo intervento sottolinea che occorre prevedere nel testo costituzionale uno «statuto del giudice», uno «statuto del pubblico ministero» ed uno «statuto della difesa» garantiti in modo diverso; la separazione delle carriere; CSM divisi e costituiti almeno per la metà di membri laici; la responsabilità del ministro di grazia e giustizia di fronte al Parlamento sull'andamento della giustizia; il divieto per i magistrati di assumere incarichi extragiudiziari; l'obbligatorietà dell'azione penale, con una disciplina informata ai principi della trasparenza e responsabilità.

Giuliano URBANI, Presidente, ricorda che - sulla base delle decisioni adottate nelle precedenti riunioni in tema di ordine dei lavori - è previsto che domani sera, nella seduta prevista per le 21, il relatore introduca il tema relativo alla Corte costituzionale; martedì prossimo 22 aprile riprenderà quindi il dibattito che comprenderà anche gli articoli relativi alla Corte costituzionale. Fa inoltre presente di aver già preso contatti con il relatore del Comitato forma di Stato al fine di coordinare i lavori di entrambi i Comitati sulle autorità amministrative indipendenti.

Quanto alla questione relativa all'opportunità di partecipare o meno al convegno organizzato dall'A.N.M. per il prossimo 18 aprile, sembra che l'orientamento prevalente sia di decidere ciascuno per proprio conto; chiaramente coloro che interverranno faranno presente che il Comitato non è ancora giunto a conclusioni definitive.

Intervengono quindi il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), i senatori Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano), Marcello PERA (gruppo forza Italia) e Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) e il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo), i quali ritengono preferibile che nella seduta di domani sera alle ore 21 prosegua il dibattito sulle norme riguardanti la magistratura, rinviando quindi alla prossima settimana la esposizione del relatore riguardante la Corte costituzionale.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente di aver sottoposto al Comitato un'ipotesi di testo, sia pure aperta ad ulteriori suggerimenti, per dare un impulso ai lavori del Comitato; per la stessa ragione ha annunciato che nella seduta prevista per domani sera avrebbe introdotto il tema relativo alla Corte costituzionale, in modo da fornire ai membri del Comitato degli spunti su cui riflettere durante il fine settimana. Alla luce dei rilievi testé formulati dai colleghi intervenuti, ritiene opportuno introdurre il tema della Corte costituzionale nella mattina di martedì 22 aprile; mercoledì 23 presenterà quindi una ulteriore ipotesi di testo sugli articoli ora in discussione. Nella stessa giornata di mercoledì 23 potrebbe altresì concludersi il dibattito sulla Corte costituzionale, per dargli modo di presentare le relative ipotesi di testo nella successiva seduta di martedì 29 aprile.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) chiede formalmente che venga pubblicato nel resoconto della relativa seduta il testo che il relatore sottoporrà al Comitato martedì o mercoledì prossimo.

Il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo) chiede che la seduta convocata per domani sera alle 21 inizi con un leggero anticipo.

Giuliano URBANI, Presidente, ritiene sia possibile accedere alla richiesta formulata dal deputato Bressa ed avverte - consentendovi il Comitato - che i lavori delle prossime sedute si articoleranno secondo lo schema testé delineato dal relatore; la seduta di domani sera sarà pertanto dedicata alla conclusione del dibattito sui temi riguardanti la magistratura.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) quanto all'articolo 100 si dichiara favorevole all'ipotesi di prevedere al primo comma che la legge istituisce organi di consulenza giuridico-amministrativa del Governo; e, al secondo comma, a quella di prevedere che la Corte dei conti è organo di controllo dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa e che partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, riferendo direttamente alle Camere sul risultato del controllo eseguito nonché sulla gestione finanziaria del bilancio dello Stato. In ordine all'articolo 101, che è una norma «chiave», ritiene che debba essere soppresso e non sostituito, come proposto dal relatore, il primo comma e che il testo dell'articolo debba essere formulato nel modo seguente: «I magistrati, indipendenti da ogni potere, sono soggetti soltanto alla legge. Le norme sull'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee per assicurare l'unitarietà degli uffici del pubblico ministero».

Riferendosi, quindi, all'intervento svolto dal deputato Parenti fa presente di non condividere le osservazioni da lei espresse sul principio per cui i magistrati sono soggetti soltanto alla legge: tale principio significa infatti che i magistrati sono indipendenti.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) osserva che la proposta del senatore Zecchino ora illustrata sull'articolo 101 appare ridondante.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) rileva che la sua proposta sull'articolo 101 è invece un'affermazione di un principio rafforzata.

Sul principio della parità delle parti nel processo, ritiene preferibile il termine «giudizio». In ordine all'articolo 102 osserva, rispetto all'ipotesi prospettata dal relatore, che sarebbe opportuno prevedere che presso gli organi giudiziari possono essere istituite - e non sono istituite - sezioni specializzate, senza specificarne il riferimento a singole materie. Sull'articolo 103 si dichiara favorevole alla proposta formulata nella seduta di ieri dal senatore Pellegrino. Per quanto riguarda l'articolo 104 si dichiara favorevole alla sua soppressione. Fa presente quindi di essere favorevole a prevedere due CSM: uno per la magistratura ordinaria, l'altro per quella amminsitrativa. Quanto ai poteri del CSM in materia di ordine del giorno, ritiene che non si possa negare ad alcun organo collegiale il potere di disporene. I problemi in proposito sono scaturiti da alcuni casi di esorbitanza dai propri compiti del CSM. Ma allora il problema vero è di definire con chiarezza i compiti del CSM; ricorda quanto è accaduto fino ad ora in materia disciplinare in sede di emanazione di circolari. Forse in proposito si potrebbe far rinvio alla legge ordinaria, ma comunque non si può escludere un potere del CSM sul proprio ordine del giorno.

Quanto alla composizione dell'organo, rileva che entrambe le ipotesi prospettate dal relatore comportano comunque una maggioranza di membri togati. Ritiene altresì che debba avere autonoma organizzazione l'organo competente per i procedimenti disciplinari, tenendo conto che fino ad ora il potere disciplinare non è stato effettivamente esercitato, soprattutto per i magistrati del pubblico ministero che esercitano l'azione penale: potere immenso, considerato che il processo è già di per sé una pena, soprattutto nell'attuale realtà. L'organo competente in materia disciplinare dovrebbe avere una componente laica e una togata e dovrebbe svolgere un controllo forte e trasparente. Si potrebbe anche pensare che la componente laica venga eletta non dal Parlamento ma da professori universitari in materie giuridiche e dagli avvocati con 15 anni di esercizio.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, osserva che, a differenza dei professori e degli avvocati, il Parlamento è politicamente responsabile delle sue scelte.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) propone all'articolo 105 di inserire dopo il primo comma i seguenti: «il Consiglio superiore della magistratura non può adottare deliberazioni di indirizzo politico o altri atti di indirizzo in ordine all'interpretazione delle leggi e all'organizzazione giudiziaria.

Il Consiglio superiore della magistratura è organo di consulenza del governo sulle materie riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. A tal fine adotta un proprio regolamento interno.

Avverso i provvedimenti assunti in questa materia è dato ricorso solo in cassazione per violazione di legge».

Ritiene necessario prevedere infatti che il CSM possa esprimere pareri soltanto se ne è richiesto.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) chiede al senatore Zecchino quando il CSM abbia espresso di sua iniziativa pareri al Parlamento.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano), rispondendo al quesito del senatore Senese, ricorda che il CSM, ad esempio, di sua iniziativa ha inviato al Parlamento un parere sulla riforma della normativa in materia di custodia cautelare. In ordine all'articolo 106 ritiene necessario prevedere sbarramenti territoriali e temporali nel passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente. A suo avviso il passaggio di funzioni dovrebbe avvenire solo a seguito di un giudizio motivato del CSM. Chiede quindi chiarimenti al relatore sull'ipotesi da lui prospettata di prevedere un concorso.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, precisa che nella sua ipotesi di testo si prevede che coloro che intendono passare da una funzione all'altra debbono sostenere un concorso interno alla magistratura. Aggiunge che si potrebbe prevedere l'obbligatorietà per tutti i magistrati di compiere un'esperienza di alcuni anni in un collegio. Fa presente quindi di doversi ora assentare per altri impegni

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) si riserva di intervenire sui temi in discussione nel prosieguo dei lavori del Comitato.

Giuliano URBANI, Presidente, rinvia il seguito dell'esame alla seduta prevista per domani sera.

 

La seduta termina alle 19,45.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta NOTTURNA
di giovedì 17 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 



La seduta comincia alle 21,15.

Il Comitato prosegue il dibattito sui temi riguardanti la disciplina costituzionale della magistratura.

Il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo) condivide nella sostanza l'ipotesi di testo del relatore. Manifesta però un dissenso sulle ipotesi concernenti l'articolo 100. Ricorda, infatti, di avere già dichiarato di essere favorevole a disciplinare il Consiglio di Stato nel titolo IV della Costituzione. A suo giudizio, il Consiglio di Stato è organo di consulenza dello Stato persona e va correlato non al Governo, ma all'interesse pubblico; pertanto va disciplinato nell'articolo 103.

Condivide la prima ipotesi di modifica sulla Corte dei conti formulata dal relatore, prevedendo anche che la legge assicura l'indipendenza di tali organi e dei loro componenti di fronte al Governo.

È favorevole all'ipotesi di modifica relativa all'articolo 101, preferendo la formula «i giudici e gli organi del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge». Riterrebbe, inoltre, opportuno inserire un comma che preveda che la legge assicuri l'unitarietà d'indirizzo degli uffici del pubblico ministero. È favorevole poi all'ultimo comma dell'ipotesi di modifica all'articolo 101 che prevede che la legge assicuri in ogni fase del procedimento giurisdizionale, la parità della parti, l'oralità, il contraddittorio e la ragionevole durata.

Condivide la seconda ipotesi di testo relativa all'articolo 102; suggerisce anche di aggiungere che «la Corte di cassazione e il Consiglio di Stato sono organi di giurisdizione superiore», come peraltro previsto in diversi ordinamenti europei. Tale ipotesi consente un riconoscimento costituzionale della garanzia di uniforme applicazione della legge ed altresì di escludere per il Consiglio di Stato la funzione di merito.

È favorevole alla prima ipotesi di testo dell'articolo 103; è opportuno però fare riferimento al Consiglio di Stato e agli altri organi di giustizia amministrativa, in modo da consentire al legislatore ordinario di istituire anche i giudici di appello. Si deve inoltre prevedere che tali organi hanno giurisdizione nei confronti dei pubblici poteri, e non della pubblica amministrazione. In tal modo si consente un controllo del pubblico potere anche in caso del loro esercizio da parte di soggetti privati.

Propone poi di aggiungere il seguente comma: «la legge demanda al Consiglio di Stato il compito di esprimere avvisi preventivi su atti normativi e generali. A tal fine, è assicurata la separazione tra funzioni di garanzia preventiva e funzione giurisdizionale».

È favorevole poi alle proposte riguardanti i tribunali militari.

Quanto all'articolo 104, ritiene preferibile mantenere la vigente formulazione del terzo comma. Riterrebbe opportuno che gli altri commi fossero esaminati successivamente, dopo aver deciso se prevedere in Costituzione la sezione disciplinare, prevedendo per la stessa una composizione paritaria tra laici e togati. Tale sezione costituirebbe un elemento di garanzia per i cittadini sulla correttezza dell'azione dei magistrati, e forse consentirebbe anche di trovare un nuovo punto di equilibrio circa la composizione del CSM. Al riguardo, ribadendo di essere favorevole ad una composizione paritaria, fa presente che si potrebbe accedere, se si costituzionalizzasse la sezione disciplinare, ad una ripartizione che prevedesse tre quinti di componenti togati e due quinti di laici. Si dichiara quindi favorevole a mantenere ferma la previsione secondo cui i laici sono eletti direttamente dal Parlamento ed a prevedere che il ministro di grazia e giustizia partecipi senza diritto di voto alle sedute delle sezioni riunite.

È favorevole alle ipotesi relative agli articoli 104-bis e 105.

Condivide le ipotesi relative all'articolo 106, preferendo però limitarsi a prevedere che il passaggio da una funzione a un'altra sia stabilito dalla legge che determina il tempo minimo di permanenza in ciascuna funzione. Propone poi di prevedere che i professori universitari possano essere chiamati all'ufficio di consigliere di cassazione e anche di consiglieri di Stato, su designazione dei rispettivi Consigli superiori.

Circa le ipotesi sull'articolo 107, è favorevole a prevedere che i giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono inamovibili. Inoltre, ritiene opportuno che per assicurare la funzionalità della giustizia il CSM possa assegnare i giudici e i magistrati del pubblico ministero ad altre sedi, non - come previsto dal relatore - con decisione adottata in contraddittorio dell'interessato, ma a maggioranza qualificata e sentito l'interessato.

Inoltre, è favorevole alla prima ipotesi di testo dell'articolo 108, all'ipotesi di testo degli articoli 109 e 110 e alla seconda ipotesi di testo dell'articolo 111. Quanto all'articolo 112, preferisce che il ministro di grazia e giustizia riferisca al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine, sentito il procuratore generale presso al Corte di cassazione. Infine, si dichiara favorevole alla soppressione dell'articolo 113.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano), aggiungendo alcune osservazioni a quelle espresse nell'intervento svolto nella seduta di ieri, osserva, per quanto riguarda la giurisdizione in materia di contabilità pubblica, che essa dovrebbe essere attribuita, in una prospettiva che sopprima le funzioni giurisdizionali in materia della Corte dei conti, alla magistratura amministrativa presso la quale dovrebbe prevedersi un apposito ufficio del pubblico ministero.

Precisa quindi che la soppressione da lui ipotizzata del primo comma dell'articolo 104 deve essere messa in relazione con le modifiche da lui proposte all'articolo 101, alla luce della preferenze per riferimenti testuali ai magistrati, e non alla magistratura. In merito all'articolo 106, ribadisce di essere favorevole ad uno sbarramento territoriale e temporale molto rigoroso per quanto riguarda il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. L'ipotesi di testo presentata dal relatore prevede per due volte la parola «concorso», al primo comma per le nomine dei magistrati e al secondo per il passaggio di funzioni, di modo che tale parola rischia di assumere lo stesso significato in entrambi i commi. In ordine all'articolo 107, per quanto riguarda il primo comma si dichiara favorevole all'ipotesi di prevedere che i giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono inamovibili. Si dichiara inoltre fermamente d'accordo sull'ipotesi, prospettata dal relatore, secondo la quale per assicurare la funzionalità della giustizia il CSM può assegnare i giudici ed i magistrati del pubblico ministero ad altre sedi con decisione adottata in contraddittorio con l'interessato; sembra però preferibile la formulazione prospettata dal deputato Bressa, che propone di adottare l'espressione «sentito l'interessato». Sottolinea altresì che al quinto comma dell'articolo 107 dell'ipotesi di testo prospettata dal relatore la parola: «ufficio» per la sua ambivalenza dovrebbe essere soppressa, in modo da prevedere che i magistrati requirenti godono delle garanzie stabilite dalle norme sull'ordinamento giudiziario. Quanto al sesto comma dell'ipotesi di testo prospettata dal relatore ritiene che sarebbe opportuno inserirla all'articolo 111 nel testo - che condivide - proposto dal senatore Russo nell'intervento svolto ieri. In ordine all'ultimo comma dell'ipotesi di testo proposta dal relatore si chiede se sia opportuno inserire l'esigenza di evitare i distacchi dei magistrati presso altre amministrazioni nel testo costituzionale ovvero nell'ordine del giorno di indirizzo di cui si è ipotizzata la presentazione. Sul punto occorrerebbe una riflessione, potendovi essere delle ipotesi in cui il distacco potrebbe essere utile: si pensi ad esempio alla possibile utilità per una Commissione parlamentare di inchiesta di avvalersi della collaborazione di un magistrato. In ordine alla partecipazione alle competizioni elettorali, sottolinea che il problema si pone soprattutto per i magistrati del pubblico ministero: infatti questi potrebbero nell'esercizio delle loro funzioni acquisire una forza elettorale tale che le dimissioni potrebbero non essere una limitazione sufficiente. A suo avviso occorre prevedere un lasso di tempo ampio tra le dimissioni e la candidatura. Tale previsione costituirebbe un importante contrappeso a quel potere enorme che è l'esercizio dell'azione penale, potere per sua natura insuscettibile di essere compresso.

Condivide l'ipotesi di testo presentata dal relatore per l'articolo 108. Quanto all'articolo 109 solleva il problema del coordinamento tra le procure nei confronti della polizia giudiziaria.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) non condivide l'ipotesi di testo prospettata dal relatore all'articolo 109 laddove prevedere che anche i giudici nei casi previsti dalla legge possano disporre direttamente dalla polizia giudiziaria. Solo il pubblico ministero, infatti, dispone della polizia giudiziaria; il giudice, invece, impartisce ad essa - quando occorra - ordini che la polizia giudiziaria stessa è comunque tenuta ad eseguire, per cui non vi è bisogno di alcuna disposizione costituzionale al riguardo.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) osserva che nel nostro sistema è l'ufficio del pubblico ministero che dispone della polizia giudiziaria; il giudice ordina e la polizia giudiziaria deve eseguire. Non vi è quindi bisogno di modificare l'attuale testo dell'articolo 109.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) si dichiara favorevole all'attuale testo della Costituzione; non vi è la necessità di modificarlo.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi) osserva che l'idea di modificare l'articolo 109 è sorta inizialmente per sostituire l'espressione «autorità giudiziaria», utilizzata dalla Costituzione solo in quella sede.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) dichiara di condividere all'articolo 110 l'ipotesi di testo prospettata dal relatore, compiacendosi per il fatto che, nelle audizioni di martedì scorso, anche il procuratore generale presso la Cassazione si è espresso favorevolmente in ordine all'attribuzione al ministro del compito di curare la formazione delle professioni giudiziaria e forensi. Condivide altresì la proposta di attribuire al ministro di grazia e giustizia l'esclusiva titolarità dell'azione disciplinare.

In ordine all'articolo 111 ribadisce di condividere il testo proposto ieri dal senatore Russo, pur rilevando che l'ultimo comma di tale testo è superfluo essendo la norma ivi prevista già contenuta dal comma 3 dell'articolo 24.

In ordine al primo comma dell'articolo 112 si chiede se il riferimento alle modalità stabilite dalla legge sia sufficiente a dare copertura costituzionale alle deroghe al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale già previste dall'ordinamento, come l'istituto del patteggiamento.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) circa la ipotesi di testo dell'articolo 100 ritiene preferibile cassare il riferimento al Consiglio di Stato che potrebbe essere disciplinato all'articolo 103, pur se convinto che lo stesso Consiglio di Stato dovrebbe avere due sezioni: una giurisdizionale e una consultiva.

Condivide l'ipotesi di prevedere che la giustizia è amministrata in nome del popolo - come attualmente previsto. Sul secondo comma dell'articolo 101 ritiene che la formulazione secondo cui i magistrati o - come forse potrebbe dirsi - tutti i magistrati sono soggetti soltanto alla legge costituisce solo formalmente una novità rispetto al testo della Costituzione, essendo già lungamente consolidata nella Costituzione materiale. La prima ipotesi di testo del relatore costituisce in effetti un felice punto di equilibrio. Circa l'ultimo comma dell'ipotesi di modifica all'articolo 101, ritiene preferibile la formulazione proposta dal senatore Russo all'articolo 111.

Non ha osservazioni da muovere alla ipotesi di testo relativa all'articolo 102.

Circa le ipotesi relative all'articolo 103, ritiene preferibile la prima, ma propone di di sostituire il primo comma con il seguente: «La giurisdizione amministrativa è esercitata dai TAR e dai magistrati del Consiglio di Stato (o Corte di giustizia amministrativa), sulla base di materie omogenee tassativamente indicate dalla legge. Il Consiglio di Stato è anche organo di consulenza giuridico-amministrativa. Si compone di una sezione giurisdizionale e di una sezione consultiva composta da magistrati che non possono appartenere alla due sezioni.

Giuliano URBANI, Presidente, osserva che la ipotesi di attribuire al Consiglio di Stato solo funzioni consultive, alla Corte dei conti solo funzioni di controllo e di accorpare le funzioni giurisdizionali attualmente svolte da essi in un altro unico organo è sicuramente molto innovativa dal punto di vista dell'esigenza di modernizzazione dell'ordinamento. Oggi, infatti, manca una cultura organizzativa nell'esercizio delle funzioni consultive, cui dovrebbe assolvere il Consiglio di Stato. Inoltre, con un apparato pubblico che si aziendalizza e si privatizza occorrono controlli di gestione, che dovrebbero essere svolti dalla Corte dei conti. La soluzione da lui prospettata si inquadra dunque, in una logica di specializzazione degli organi e di non confusione tra funzioni giurisdizionali e funzione di natura diversa.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene preferibile la prima ipotesi di testo dell'articolo 104, in particolare dove si prevede che la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni potere.

Non ritiene opportuno inserire in Costituzione il riferimento alla formazione dell'ordine del giorno del CSM, non perché l'ipotesi prospettata sia da rifiutare, ma perché essa va raccordata in relazione alle soluzioni che si troveranno nel Comitato forma di governo; per questo propone di accantonarla. Inoltre, ritiene che non abbia dignità costituzionale una disposizione che fa riferimento alla formazione dell'ordine del giorno; e che tale norma potrebbe indebolire la figura del Presidente della Repubblica, attribuendogli una funzione amministrativa. La questione potrebbe quindi essere demandata all'ordine del giorno di indirizzo cui si è già fatto riferimento.

Non condivide l'ipotesi di considerare membro di diritto del CSM il ministro di grazia e giustizia, che poi sarebbe un membro minore, in quanto dotato di minori poteri. Altra cosa è ovviamente il diritto di intervento e di formulazione di proposte, che deve essere attribuito al Ministro.

Non è favorevole a distinguere il CSM in una sezione per i magistrati giudicanti ed una per i magistrati requirenti. Tale proposta, infatti, finisce all'opposto per enfatizzare una forte chiusura corporativa e per accentuare i difetti da correggere nel ruolo del pubblico ministero. Inoltre, la sezione per i giudicanti avrebbe da svolgere una mole di lavoro assai maggiore ed allora le competenze si sposterebbero necessariamente sulle sezioni unite, nelle quali il ruolo del pubblico ministero finirebbe per pesare troppo. Allora una soluzione potrebbe essere quella di indicare una composizione percentuale, riferita ai componenti togati del CSM, correlata alla consistenza numerica della magistratura giudicante e di quella requirente.

È inoltre favorevole a prevedere che il Parlamento scelga i componenti laici sulla base di rose indicate da professori universitari e avvocati, demandando alla legge ordinaria l'individuazione delle proporzioni tra queste due categorie.

Quanto alla composizione del CSM, si dichiara favorevole alla ipotesi di prevedere una presenza per i tre quinti di componenti togati e di due quinti di componenti laici. A tale soluzione non perviene peraltro in base a motivazioni casuali o arbitrarie. Essa poggia, infatti, sulla prospettazione di costituzionalizzare la sezione disciplinare, che potrebbe fors'anche essere configurata come un vero e proprio organo separato. La soluzione più realistica gli sembrerebbe comunque, allo stato, quella di prevedere una sezione disciplinare composta paritariamente da membri laici e membri togati (entrambi in numero di quattro). Con riferimento ai compiti amministrativi il CSM risulterebbe quindi composto con proporzioni simili a quelle attuali: due terzi di membri togati (quattordici più il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione) e un terzo di membri laici (otto). Complessivamente, quindi, i membri togati, esclusi i componenti di diritto, sarebbero diciotto (ossia i tre quinti) e quelli laici dodici (ossia i due quinti). La ipotesi di pervenire invece ad una composizione paritaria del CSM nel suo complesso non lo trova favorevole, in quanto deve trattarsi pur sempre di un organo di autogoverno. Né vale al riguardo rilevare che i due membri di diritto assicurerebbero comunque la prevalenza della componente togata, in quanto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione sono nominati dallo stesso CSM.

Osserva quindi che la formulazione proposta al secondo comma dell'articolo 105 potrebbe limitare anche funzioni attualmente svolte dal CSM; pertanto, ritiene opportuna salvare la sostanza del divieto di adottare atti di indirizzzo politico, con una formulaziona che sarà proposta in prosieguo dal senatore Senese.

Non condivide la seconda ipotesi di modifica dell'articolo 106, laddove prevede che le nomine dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero abbiano luogo «esclusivamente» per concorso.

Quanto al passaggio dalle funzioni giudicanti a quelli requirenti e viceversa, ritiene preferibile prevedere che esso sia consentito secondo le modalità stabilite dalla legge. Non è contrario in astratto alla ipotesi di concorso, ma rileva che è difficile pensarvi dopo dieci anni di esercizio di funzioni pubbliche così rilevanti ed altresì alla luce del fatto che è prevista una norma sul reclutamento cosiddetto laterale in magistratura. È favorevole invece a prevedere che in nessun caso le funzioni requirenti e quelle giudicanti possono essere svolte nella medesima regione.

Condividendo la prima ipotesi di testo relativo all'articolo 107, ritiene opportuno approfondire la disposizione che prevede che, nell'esercizio delle rispettive funzioni, i giudici e i magistrati del pubblico ministero si attengono ai valori di correttezza e riservatezza. Vi sono, infatti, altri valori da considerare: l'imparzialità e la diligenza.

Si dichiara d'accordo sul principio sotteso alla norma sull'incompatibilità, ma riterrebbe forse più opportuno prevedere in Costituzione una norma più leggera e più adeguata ad un testo costituzionale senza, per esempio, il riferimento ai collegi arbitrali. Ritiene che la disposizione sulla possibilità di partecipazione alle competizioni elettorali possa entrare in contrasto con l'articolo 51, se non addirittura con l'articolo 3. Allora è opportuno temperare e condizionare tale partecipazione, piuttosto che escluderla e dunque ad esempio vincolare l'elettorato passivo ad una norma che eviti ogni possibile commistione e che possa minare l'imparzialità.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, in riferimento a quanto testé dichiarato dal deputato Folena, osserva che non ci può essere l'ipotizzato contrasto con l'articolo 51, trattandosi di due norme costituzionali.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) ritiene che il rischio non riguarda il valore della imparzialità, poiché la questione concerne soprattutto - come già rilevato - il pubblico ministero.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) condivide l'ipotesi di testo relativa all'articolo 109.

Dichiara, poi, di essere favorevole alla ipotesi di testo sull'articolo 110, ma riterrebbe più opportuno non prevedere che il ministro di grazia e giustizia assicuri la formazione delle professioni giudiziarie e forensi. È, poi d'accordo, a prevedere che sia il ministro di grazia e giustizia a promuovere l'azione disciplinare, anche se la sua idea iniziale era in senso contrario. Ritiene, però, che deve esservi una pluralità di titolari (ad esempio di potrebbe prevedere una autorità eletta dal Parlamento).

È inoltre favorevole a prevedere all'articolo 112 che l'ufficio del pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Quanto al riferimento alle «modalità stabilite dalla legge» si chiede se non debba intendersi come riferimento anche al «se» e al «quanto», e non solo al «come ». Si potrebbe, pertanto, adottare una formulazione - che sarà proposta dal senatore Senese - che consenta al giudice, su richiesta del pubblico ministero o dell'imputato, di archiviare se ravvisi la mancanza di offensività della fattispecie.

Condivide infine il secondo comma dell'ipotesi di testo del relatore che prevede che il ministro della giustizia riferisca annualmente al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale. Al riguardo potrebbe essere preferibile non prevedere che il ministro di grazia e giustizia senta prima il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi), relatore, intervenendo sull'ordine dei lavori, osserva che, dato il numero degli iscritti a parlare, appare impossibile concludere il dibattito sui temi in discussione questa sera. Propone quindi che si svolgano ora uno o due interventi, rinviando a martedì prossimo gli altri. La discussione quindi potrebbe concludersi martedì mattina, dopo di che introdurrà il tema della Corte costituzionale, tenendo presente l'impegno di predisporre un testo da sottoporre alla Commisisone entro il 30 aprile prossimo.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) sottolinea che la prossima settimana è quella che precede le elezioni amministrative fissate per il 27 aprile, per cui la Camera ha sospeso i suoi lavori; nonostante ciò si è deciso comunque che i Comitati si sarebbero riuniti nella prossima settimana, costringendo i parlamentari a rinunciare alla campagna elettorale. Ma proprio chi ha la responsabilità della Commissione avrebbe dovuto decidere di sospendere i lavori in previsione delle elezioni amministrative.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) condivide le osservazioni espresse dal senatore Lisi. Si dichiara quindi disponibile a svolgere subito il suo intervento, fermo restando che parteciperà anche alle sedute fissate nella prossima settimana per ascoltare gli interventi dei colleghi. In ordine alla ipotesi di testo prospettata dal relatore con riferimento all'articolo 100, sottolinea che il Comitato ha dimostrato di avere un orientamento ondivago sulla giurisdizione amministrativa: infatti da una iniziale ipotesi di soppressione della stessa è passato poi a quella del mantenimento di tale giurisdizione nel nostro sistema, senza che di tale passaggio emergessero le motivazioni. L'unico che ha fornito delle motivazioni è stato il Primo Presidente della Corte di cassazione che, nel corso della sua audizione ha affermato che la scelta di conservare la giurisdizione amministrativa si fonderebbe su tre motivazioni. La prima sarebbe quella di evitare la dispersione di esperienza e dottrina: tale motivazione non risulta convincente, perché quando si procede ad una riforma è evidente che si disperde qualcosa, ma ciò avviene per creare qualcosa di meglio. La seconda ragione sarebbe quella per cui occorrerebbe molto tempo per realizzare la riforma e si tratta evidentemente di una motivazione debole dato che le Costituzioni sono destinate ad avere una lunga durata. La terza sarebbe quella per cui il modello di giurisdizione unica è in regresso in molti paesi, ma quella che fa riferimento ad ordinamenti stranieri molto spesso è un'argomentazione «sdrucciolevole», perché bisognerebbe spiegare i principi cui si informano gli altri sistemi e avventurarsi in difficili confronti. Ma nessuno ha motivato la scelta in questione mettendosi dalla parte del cittadino, dimostrando cioè che si tratta di una scelta conveniente per il cittadino. A suo avviso la reale motivazione per cui si intende conservare la giurisdizione amministrativa è una ragione di inerzia, la stessa che si impose al costituente 50 anni or sono. Per parte sua avrebbe preferito l'ipotesi della soppressione ritenendola effettivamente innovativa. Comunque sull'articolo 100 si dichiara favorevole all'ipotesi di testo, proposta dal relatore, in base alla quale si demanda alla legge il compito di istituire organi di consulenza giuridico amministrativa del Governo ed organi di controllo dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa, prevedendo la partecipazione di tali organi al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.

Con riferimento all'articolo 101 ritiene preferibile l'attuale testo della Costituzione; tuttavia per il secondo comma si dichiara disponibile alla ipotesi di testo prospettata dal relatore volta a prevedere che la magistratura requirente e la magistratura giudicante sono soggette soltanto alla legge. Quanto all'ultimo comma, a suo avviso, dovrebbe essere formulato nel modo seguente: «La legge assicura il giusto processo garantendo durante le indagini preliminari ed in ogni fase del procedimento giudiziario la parità delle parti, l'oralità, il contraddittorio e la ragionevole durata».

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi), relatore, rileva che non può esservi piena realizzazione del principio del contradditorio nella fase delle indagini preliminari.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) sottolinea che l'ipotesi formulata questa mattina dal presidente dell'Unione delle camere penali italiane appare limitativa perché riferita soltanto al processo penale. Rileva quindi che è a suo avviso necessario fare comunque riferimento al procedimento giudiziario e non al procedimento giurisdizionale; e che, soprattutto, l'esigenza da salvaguardare assolutamente è quella che i principi in questione siano assicurati sin dall'inizio, e quindi anche nella fase delle indagini preliminari.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi), relatore, data l'ora tarda propone - ed il Comitato consente - di rinviare il seguito del dibattito alla seduta prevista per martedì 22 aprile prossimo, alle ore 10.

La seduta termina alle 23,50.


 


COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta di giovedì 22 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 

 


La seduta comincia alle 10,40.

 

Il Comitato prosegue il dibattito sui temi riguardanti la disciplina costituzionale della magistratura.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ricorda che nella seduta del 18 aprile ha illustrato le sue osservazioni riguardo alle proposte di modifica dell'articolo 100 della Costituzione.

Riguardo all'ultimo comma dell'articolo 101 dell'ipotesi di modifica presentata dal relatore il 15 aprile scorso rileva che esso sancisce la parità fra le parti in ogni fase del procedimento giurisdizionale. Tale parità, a suo giudizio, deve essere intesa nel senso che entrambe le parti debbono essere equidistanti rispetto al giudice. Ciò comporta, da un lato, che nel testo del nuovo articolo 101 si faccia esplicita menzione della difesa e del pubblico ministero e, dall'altro, che la magistratura venga distinta in giudicante e requirente. Ove quest'ultima distinzione non venisse operata infatti non sarebbe possibile parlare di effettiva parità fra le parti del processo, poiché giudice e pubblico ministero apparterrebbero al medesimo ordine. Propone pertanto di far seguire al comma 1 del nuovo articolo 101 un ulteriore comma che reciti: "La magistratura è distinta in magistratura giudicante e magistratura requirente".

Si dichiara poi d'accordo sul principio secondo cui i giudici sono soggetti soltanto alla legge, rilevando che presenterebbe inconvenienti il riferirlo anche alla magistratura requirente. Accanto all'autonomia e all'indipendenza dei magistrati infatti vi è anche l'esigenza di individuare i responsabili della politica giudiziaria e di contrasto alla criminalità, per evitare la polverizzazione delle funzioni dei pubblici ministeri e l'eccesso di protagonismo di alcuni soggetti. Occorre pertanto prevedere che i magistrati requirenti siano soggetti alla legge ma anche alle necessarie forme di coordinamento all'interno del singolo ufficio del pubblico ministero e fra i vari uffici del pubblico ministero stesso.

Tornando all'ultimo comma dell'articolo 101 nella stesura proposta dal relatore, osserva che esso detta un principio che ha senso solo in riferimento al giudizio penale e allora tanto vale esplicitarlo. Riguardo alle garanzie da riconoscere alla parte privata ritiene che la proposta del senatore Russo sia troppo analitica. Sottolinea inoltre l'opportunità che la prima sezione sia titolata "ordinamento giudiziario" anziché "ordinamento giurisdizionale", poiché essa riguarda non solo la magistratura giudicante, ma anche quella requirente.

Giudica poi che l'articolo 102 debba essere modificato in relazione a quanto da lui proposto in riferimento all'articolo 101, prevedendo che la funzione giurisdizionale è esercitata dai giudici, al fine di chiarire in modo inequivoco che il pubblico ministero non esercita alcuna funzione giurisdizionale, il che rappresenta un presupposto essenziale perché si possa parlare di parità fra le parti nel processo penale.

Circa l'articolo 104 condivide la scelta del relatore di precisare che la magistratura non è un potere, bensì un ordine. Quanto all'organo di autogoverno, la distinzione tra magistratura giudicante e requirente comporta che si istituiscano due distinti Consigli superiori della Magistratura, ovvero che si preveda almeno un CSM articolato in due sezioni, come fa il quarto comma della prima ipotesi di modifica del relatore. Ricorda che coloro i quali sostengono la necessità di assicurare una maggioranza numerica ai membri togati all'interno del CSM sottolineano che il Consiglio è l'organo di autogoverno della magistratura. Pertanto, da tale argomentazione si potrebbe addirittura dedurre l'opportunità di sopprimere del tutto la presenza di membri laici all'interno del CSM, mentre la funzione di questi ultimi è, a suo giudizio, quella di collegare la funzione di autogoverno con i poteri democratici dello Stato. Proprio in vista del pieno conseguimento di questo obiettivo ritiene perfettamente ragionevole un'ipotesi di partecipazione in misura uguale di membri togati e laici.

È stato poi osservato che nell'ambito della magistratura vi è una sproporzione numerica fra i magistrati che hanno funzioni giudicanti rispetto a quelli con funzioni requirenti. Per venire incontro a tale osservazione si potrebbe prevedere che, ferme restando le quote proporzionali, la prima sezione - competente per la magistratura giudicante - sia composta da un numero di membri superiore a quello della seconda sezione, competente per la magistratura requirente.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva che nelle sezioni riunite del CSM vi sarebbe ugualmente uno squilibrio fra magistratura giudicante e requirente.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia), osserva che tale squilibrio non farebbe altro che rappresentare nel CSM il rapporto fra magistrati esistente nella realtà. Ritiene piuttosto che deve essere evitata ogni commistione fra elettorato passivo ed elettorato attivo, modificando il quinto comma dell'articolo 104 del testo del relatore nel senso di precisare che i componenti togati della sezione competente in materia di magistratura giudicante sono eletti dai magistrati giudicanti e, reciprocamente, che i componenti della seconda sezione sono eletti dai magistrati requirenti.

Circa l'esigenza di sciogliere il CSM dai vincoli politici osserva che in proposito si possono percorrere due strade: la prima passa per una modifica del sistema elettorale del CSM; la seconda comporta l'estensione della durata in carica dei membri del Consiglio in modo da evitare che la loro scadenza coincida con il termine delle legislature.

È d'accordo poi sulla riserva di legge in materia di disciplina delle funzioni e delle competenze delle sezioni riunite del CSM.

Riguardo all'articolo 105 rileva che la funzione di autogoverno attribuita al CSM può significare, in un ordinamento democratico, solo autoamministrazione che si sostanzia nelle competenze in materia di assunzioni, assegnazioni, trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari: competenze indicate nel primo comma del testo del relatore. Tale elenco a suo giudizio è esaustivo e pertanto giudica inutile il secondo comma previsto dal relatore che contiene il divieto di adottare atti o deliberazioni di indirizzo politico. Qualora invece si ritenesse necessario esplicitare tale divieto sarebbe favorevole ad estenderlo anche alle attività di interpretazione della legge.

Riguardo l'articolo 106 nella formulazione proposta dal relatore, osserva che se la magistratura giudicante è separata da quella inquirente non può esservi un unico concorso per l'accesso alle rispettive funzioni e ciò anche volendo rendere omaggio alla cosiddetta "cultura della giurisdizione", che pone l'accento sul patrimonio culturale che dovrebbe essere comune a tutti i magistrati, pur nella diversità delle funzioni. Si chiede piuttosto se sia sufficiente prevedere, quale momento di valutazione di professionalità del magistrato, il solo concorso. La risposta non può che essere negativa, poiché è condivisa da tutti la necessità di prevedere periodici momenti di formazione ed è anche emersa l'esigenza di procedere alla valutazione di specifiche idoneità del singolo magistrato.

Ritiene poi che il passaggio da una funzione all'altra debba essere consentito ma sulla base della disposizione del primo comma dell'articolo 106 e cioè solo mediante il medesimo concorso previsto per il reclutamento, senza - peraltro - limiti di tempo.

Rileva quindi che il comma quarto del testo del relatore, identico al testo vigente della Costituzione, consente la nomina di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli. Il fatto che tale disposizione si riferisca ai "giudici" comporta a suo giudizio l'illegittimità della nomina, pur disposta nei fatti, di sostituti procuratori onorari che giudici non sono.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) si domanda se abbia ancora una ragione d'essere la limitazione della nomina di magistrati onorari per le sole funzioni attribuite a giudici singoli, soprattutto se si tiene conto del provvedimento, già approvato dal Senato e in corso di esame alla Camera, sul giudice unico di primo grado. In proposito riterrebbe preferibile una formulazione che privilegi la determinatezza e la temporaneità delle funzioni, anche se esercitate nell'ambito di un Collegio. Propone pertanto di sostituire, all'articolo 106, quarto comma, del testo del relatore, le parole "per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli" con le seguenti: "per funzioni e per un tempo determinati".

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) concorda con le osservazioni del senatore Russo, tanto più che il citato provvedimento sul giudice unico di primo grado prevede una composizione talora monocratica e talora collegiale dell'organo chiamato a giudicare.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia), osserva quindi, con riferimento all'ultimo comma dell'articolo 107 come formulato dal relatore, che la formulazione del secondo e del terzo periodo appaiono pleonastiche, alla luce della disposizione di carattere generale contenuta nel primo periodo. Inoltre, si deve valutare se la norma sulla partecipazione alle competizioni elettorali non debba essere inserita nell'articolo 98.

Passando poi al tema dell'obbligatorietà dell'azione penale, si dichiara favorevole a prevedere il superamento del monopolio del pubblico ministero, consentendo che l'azione penale possa essere esercitata in via sussidiaria anche da altri soggetti.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) rileva che l'azione penale sussidiaria è incompatibile con il principio di obbligatorietà dell'azione penale stessa.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ritiene che obbligatorietà dell'azione penale non significhi necessariamente che essa debba venir esercitata dal solo pubblico ministero. Considera che possa essere consentito alla stessa parte privata di richiedere direttamente al magistrato giudicante la celebrazione del processo.

Riguardo all'articolo 112 del testo del relatore, giudica preferibile la versione del secondo comma che prevede che il ministro della giustizia riferisca al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine, senza fare mezione di un obbligo di sentire il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Quanto poi all'articolo 111 si dichiara favorevole a prevedere una sorta di filtro rispetto ai ricorsi per cassazione, ma non ritiene che possa a tal fine impiegarsi un criterio che faccia riferimento alla gravità dei reati.

Non ha nulla da osservare all'articolo 113 del testo del relatore, mentre ritiene che sia opportuno sopprimere l'aggettivo "perentorio" contenuto nella disposizione transitoria del medesimo testo e sostituire le parole "degli organi di giurisdizione attualmente esistenti" con le seguenti: "dell'ordinamento giudiziario".

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, condividendo le ultime osservazioni del senatore Pera, rileva che la previsione di un termine perentorio per la revisione degli organi di giurisdizione rischia di porre la Corte costituzionale, decorso inutilmente tale termine, nell'obbligo di caducare tutte le disposizioni incompatibili con le nuove norme della Costituzione.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) ricorda di aver suggerito di sopprimere, nel secondo comma dell'articolo 111 del testo del relatore, il riferimento alle sentenze, inserendo invece quello alle libertà fondamentali del cittadino.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) preannuncia che intende presentare una serie di concrete proposte in riferimento agli articoli da 100 a 113 della Costituzione.

Riguardo all'articolo 100 ritiene preferibile mantenere il testo vigente con alcune limitate modifiche che riguardano il Consiglio di Stato, che è opportuno definire come organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela nell'amministrazione, che può essere chiamato anche ad esprimere un parere sui disegni di legge e sugli atti normativi di competenza del Governo e delle singole amministrazioni nei casi determinati dalla legge.

Riguardo all'articolo 101 ritiene da condividere il testo vigente, nella parte in cui afferma il principio che la giustizia è amministrata in nome del popolo e che i giudici sono soggetti soltanto alla legge. Ritenendo tuttavia indispensabile una distinzione funzionale fra i magistrati, propone di inserire un secondo comma nel quale, affermato che anche i magistrati titolari degli uffici del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge, si preveda che essi coordinano l'attività degli altri magistrati assegnati al medesimo ufficio. Nel medesimo articolo, inoltre, giudica necessario riaffermare la necessità di un giusto processo penale condotto in tempi ragionevoli e nel rispetto dell'imparzialità del giudice, della parità dei diritti delle parti, del contraddittorio e della oralità e pubblicità del dibattimento.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene che il problema di assicurare la parità fra le parti si ponga anche nei giudizi civili e amministrativi.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ricorda che sul punto dispongono i commi primo e secondo dell'articolo 111 proposto dal senatore Russo.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) si dichiara favorevole a recepire nella riformulazione da lui proposta dell'articolo 101 i commi primo e secondo dell'articolo 111 proposti dal senatore Russo.

Circa l'articolo 102 giudica opportuno conservare il testo vigente, aggiungendovi tuttavia un comma che preveda l'integrazione del collegio penale con un magistrato amministrativo nei casi di procedimenti per reati contro la pubblica amministrazione: come è evidente tale disposizione consentirebbe di acquisire al procedimento penale una specifica competenza amministrativa.

Riguardo alla giurisdizione amministrativa (articolo 103), propone di affidare alle regioni l'istituzione di tribunali amministrativi di prima e di seconda istanza, riservando al Consiglio di Stato una funzione analoga a quella svolta dalla Corte di cassazione e una competenza esclusiva per le controversie su atti delle autorità alla cui nomina concorra un organo del Parlamento. Rispetto al testo vigente dell'articolo 103 nulla verrebbe mutato in materia di Corte dei conti e di tribunali militari, non sentendosi di condividere l'ipotesi di soppressione di questi ultimi per il tempo di pace.

A suo giudizio l'articolo 104 deve essere modificato nel senso di prevedere un CSM ordinaria articolato in tre sezioni, ciascuna delle quali composta da dieci membri: la prima per i giudici della Corte di cassazione o equiparati, la seconda per i giudici di merito e la terza per i magistrati del pubblico ministero. Il Consiglio sarebbe presieduto dal Presidente della Repubblica, cui verrebbe attribuito il potere di formarne l'ordine del giorno. Della prima e della seconda sezione farebbe parte di diritto il primo presidente della Corte di cassazione, della terza il procuratore generale presso tale Corte. I restanti membri delle sezioni sarebbero per metà togati e per metà laici.

I magistrati della prima sezione verrebbero eletti dai giudici di cassazione, quelli della seconda sezione dagli altri giudici ordinari e quelli della terza sezione dai pubblici ministeri. I membri elettivi del Collegio durerebbero in carica sei anni, per evitare che la loro scadenza coincida con la fine della legislatura.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ritiene che all'esigenza sottesa a quest'ultima previsione si possa far fronte anche prevedendo un rinnovo parziale del Consiglio.

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) ritiene che presso ognuna delle sezioni del Consiglio debba essere istituita una sezione disciplinare composta da quattro membri, per metà laici e per metà togati, presieduta da uno dei componenti designati dal Parlamento.

Condivide poi il suggerimento del relatore di prevedere un nuovo articolo 104-bis, dedicato al Consiglio superiore della magistratura amministrativa. A suo giudizio, tuttavia, il Consiglio dovrebbe essere presieduto dal Presidente del Consiglio di Stato e articolarsi in due sezioni, la prima per i giudici del Consiglio di Stato e la seconda per i giudici amministrativi di prima e di seconda istanza. Anche in questo caso vi dovrebbe essere una identica proporzione fra membri togati e laici, con l'avvertenza che questi ultimi dovrebbero essere eletti dalle regioni per quanto riguarda la sezione dei giudici di prima e di seconda istanza.

Riguardo all'articolo 105 ritiene di poter condividere la formulazione proposta dal relatore, mentre all'articolo 106 propone di aggiungere che i concorsi per le funzioni di consigliere di cassazione e di consigliere di Stato abbiano luogo per titoli ed esami. I magistrati, a suo modo di vedere, debbono essere distinti per funzioni giudicanti e funzioni requirenti, ma la scelta della funzione deve avvenire solo dopo il termine del periodo di tirocinio (quattro anni) e deve avere carattere di definitività. Ritiene che tale meccanismo presenti indubbi vantaggi, poiché mantiene l'unicità delle modalità di accesso in magistratura e al tempo stesso assicura una specializzazione che deve essere riguardata con favore.

Sempre con riferimento all'articolo 106 condivide la disposizione, contenuta nel testo del relatore, secondo cui la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materia giuridica nei gradi di giurisdizione diversi da quello di consigliere di cassazione. Ciò, infatti, consente di colmare i rilevanti vuoti nell'organico di magistratura con personale qualificato, venendo anche incontro alle legittime esigenze dell'avvocatura.

Riguardo all'articolo 107, concorda con il testo del relatore e in particolare condivide la scelta di dare rilievo costituzionale ai valori di correttezza e di riservatezza senza attribuire a tale previsione alcun intento polemico. L'unica modifica che propone al testo del relatore consiste nella previsione dell'obbligo per il magistrato che partecipi alle competizioni elettorali di candidarsi fuori dal distretto in cui abbia svolto le sue funzioni prima delle dimissioni.

Non ha osservazione da svolgere sull'articolo 108, mentre propende per mantenere il testo vigente dell'articolo 109 della Costituzione.

Non ha osservazioni da svolgere neppure sull'articolo 110, mentre richiede la modifica dell'articolo 111 proposto dal relatore solo nel senso di aggiungere, al terzo comma, dopo le parole "tribunale militare" le seguenti: "in tempo di guerra"; tale modifica è correlata al mantenimento della competenza dei tribunali militari anche in tempo di pace, da lui suggerito in precedenza.

Ove fossero accolte le sue proposte in materia di organi di giustizia amministrativa, il riferimento alla Corte di giustizia amministrativa, andrebbe inoltre sostituito col riferimento al Consiglio di Stato.

Infine concorda sostanzialmente con il relatore tanto riguardo all'articolo 112 quanto all'articolo 113.

Ritiene che dal suo intervento emergano con chiarezza i punti fermi della posizione della sua parte politica ma anche le aperture verso i suggerimenti formulati da altri gruppi.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) chiede al relatore quando sarà possibile discutere la ulteriore ipotesi di testo che il relatore medesimo si è impegnato a presentare nella seduta del 29 aprile prossimo.

Intervengono quindi sull'ordine dei lavori il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia), il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) e il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), nonché il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, il quale propone - ed il Comitato consente - che nella prossima settimana le sedute si svolgano martedì 29 aprile alle ore 9.30 e alle ore 20.30 e mercoledì 30 aprile alle ore 15, lasciando altresì aperta la possibilità di una ulteriore convocazione per venerdì 2 maggio, qualora non si riuscisse a concludere il dibattito nelle precedenti riunioni.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), dichiara preliminarmente di far proprie le formulazioni presentate dal senatore Russo con riferimento agli articoli da 100 a 103, sia pure con qualche precisazione. In particolare, all'articolo 102 quarto comma, ritiene opportuno sopprimere l'aggettivo "limitate" riferito alle materie per le quali possono essere istituiti giudici speciali: appare infatti sufficiente prevedere che tali materie siano determinate. Giudica poi necessario che nella medesima disposizione si preveda espressamente che la competenza del giudice speciale è limitata al primo grado di giudizio, per i successivi gradi riespandendosi la competenza del giudice ordinario.

La proposta del relatore invece appare al tempo stesso troppo restrittiva e troppo lacunosa in materia di giudici speciali: troppo restrittiva laddove consente l'istituzione di giudici speciali per la sola materia civile e troppo lacunosa laddove non limita la competenza del giudice speciale al solo primo grado di giudizio.

Ricorda di aver già osservato che esistono numerose materie nelle quali potrebbe utilmente operare un tipo di giudice caratterizzato da una competenza specifica e in grado di apportare una considerevole riduzione del carico di lavoro gravante sul giudice ordinario: pensa, ad esempio, alla materia delle locazioni, all'infortunistica stradale, alle cause condominiali, ecc.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia), ritiene inconciliabili le funzioni di arbitrato attribuite ad un siffatto giudice speciale con la previsione della ricorribilità in appello avverso le sue decisioni.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), ritiene che il giudice speciale debba decidere secondo diritto e non secondo equità. Ricorda che in alcuni ordinamenti stranieri è già stata sperimentata con successo la soluzione che egli propone e rileva che se tutto passa attraverso l'imbuto della giurisdizione ordinaria l'esito non può essere altro che quello della crescita esponenziale dei procedimenti pendenti e dell'arretrato. Aggiunge poi che, con distinta previsione, anche le cosiddette autorità indipendenti potrebbero essere configurate come giudici speciali di primo grado, le decisioni dei quali sarebbero ricorribili per Cassazione.

Quanto alla giurisdizione tributaria, suggerisce di mantenerla nel suo attuale assetto, premettendo al quarto comma dell'articolo 102 nel testo proposto dal senatore Russo, le parole: "Ad eccezione della giurisdizione tributaria".

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, domanda quale sia l'opinione del senatore Senese riguardo alle ipotesi di sezioni specializzate tributarie.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) si dichiara contrario a tale ipotesi che imporrebbe di fatto lo smantellamento degli attuali organi di giurisdizione tributaria, i quali al contrario stanno dando buona prova di sè.

Non condivide l'ipotesi del senatore Lisi di demandare alle Regioni l'istituzione di tribunali amministrativi, mentre sull'ipotesi formulata dal senatore Russo di istituire due Consigli Superiori della magistratura, l'uno per la magistratura ordinaria e l'altro per quella amministrativa, rileva che nessuno ha sinora precisato quale debba essere il regime di impugnazione dei provvedimenti adottati da tali consigli. Sviluppando alcune osservazioni del senatore Pellegrino, suggerisce di consentire l'impugnazione dei provvedimenti di un Consiglio presso l'altro ovvero l'impugnazione presso la Corte di Cassazione dei provvedimenti adottati dal Consiglio Superiore della magistratura amministrativa e l'impugnazione dei provvedimenti adottati dal Consiglio della magistratura ordinaria presso il Consiglio di stato.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) chiede se il ricorso cui si riferisce il senatore Senese debba intendersi limitato ai soli motivi di legittimità ovvero esteso anche al merito.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che debba trattarsi di un ricorso di legittimità.

Propone che i tribunali militari possano essere istituiti "per" e non "in" tempo di guerra, con ciò chiarendo che l'istituzione di tali tribunali deve precedere e non seguire la dichiarazione dello stato di guerra. La competenza di tali tribunali, inoltre, potrebbe essere estesa anche ai fatti avvenuti in caso di impiego delle Forze Armate all'estero in adempimento di obblighi internazionali assunti in conformità della Carta delle nazioni unite.

Riguardo poi al secondo comma dell'articolo 101, giudica necessario inserirvi una disposizione secondo cui le norme dell'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno e l'unitarietà dei singoli uffici del pubblico ministero.

Affermare che la magistratura requirente è soggetta soltanto alla legge non deve significare che esiste un pubblico ministero precostituito per legge, ma che una volta investito di un determinato procedimento il sostituto procuratore non può essere sottoposto ad interferenze di sorta.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene che il principio enunciato da ultimo dal senatore Senese si limiti a costituzionalizzare la situazione esistente. Se il capo dell'ufficio del pubblico ministero non può legittimamente assumersi la responsabilità di avocare un determinato procedimento, si rischia di provocare una situazione caotica nella quale ciascun sostituto procuratore è libero di seguire gli indirizzi di politica giudiziaria che più gli aggradano.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) precisa di non voler affatto escludere la revocabilità dell'assegnazione dei procedimenti, bensì di aver affermato che ciò debba avvenire sulla base di motivazioni trasparenti, come pure chiari e conoscibili debbono essere i criteri seguiti nell'assegnazione dei fascicoli.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) invita il senatore Senese a predisporre una formulazione del secondo comma dell'articolo 101 che eviti ogni possibilità di contrasto interpretativo fra il primo periodo, secondo cui i magistrati sono soggetti soltanto alla legge, e il secondo periodo, che afferma l'esigenza di uniformare l'azione dei pubblici ministeri in virtù del criterio del coordinamento.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) giudica eccessive le preoccupazioni manifestate dal senatore Pera, ma, ove esse fossero condivise dal Comitato, dichiara di non aver difficoltà a convergere sulla prima ipotesi formulata dal relatore, sia pure con limitate modifiche. Ricorda che in passato sono stati valutati negativamente i penetranti poteri riconosciuti ai procuratori generali: anche oggi peraltro la tendenza a concentrare gli uffici del pubblico ministero rischia di attribuire a pochi individui un potere rilevantissimo; l'unico contrappeso concepibile è quindi quello di assicurare la pluralità degli uffici del pubblico ministero.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) si domanda se le disposizioni sulla Procura nazionale antimafia siano compatibili con la previsione che il coordinamento è possibile solo all'interno del singolo ufficio del pubblico ministero.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che le funzioni della Procura antimafia siano del tutto compatibili con il quadro che ha appena delineato; si dichiara comunque disponibile a prevedere una specifica disposizione in proposito.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) rileva che si tratta di garantire l'unitarietà su tutto il territorio nazionale degli uffici del pubblico ministero e l'uniformità nell'esercizio dell'azione penale, poiché ciò è condizione indispensabile per assicurare l'uguaglianza dei cittadini dinanzi alla legge. Riterrebbe poi del tutto incongruo un riferimento alla Procura nazionale antimafia contenuto nella Costituzione.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che la sua proposta consente di mantenere l'unitarietà del singolo ufficio del pubblico ministero. Prevedere invece forme generalizzate di coordinamento a livello nazionale comporterebbe il rischio di attribuire ad un numero ristretto di soggetti o addirittura ad un solo soggetto un potere enorme e pericolosissimo. L'elaborazione dottrinale che da secoli si sviluppa su questi temi ha posto in evidenza che non vi può essere unitarietà del pubblico ministero senza l'attribuzione di responsabilità politica a chi è chiamato ad assicurarla.

Si può invece immaginare di aggregare insieme più uffici del pubblico ministero fino a raggiungere una dimensione considerata ottimale, fermo restando che la relazione annuale al Parlamento da parte del Ministro di grazia e giustizia rappresenta l'occasione ideale per segnalare eventuali discrasie fra una zona e l'altra, affinché siano adottati i necessari provvedimenti legislativi.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, propone - e il Comitato consente - di sospendere la seduta fino alle ore 15.

La seduta sospesa alle 13.45 riprende alle 15.15.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) raccogliendo le osservazioni formulate nel dibattito propone la seguente aggiunta all'articolo 101, secondo comma, del testo del relatore: "Le norme dell'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno e l'unitarietà dei singoli uffici del pubblico ministero ovvero, qualora preminenti esigenze nazionali lo esigano, anche dei vari uffici del pubblico ministero per determinate materie."

Circa gli articoli 104 e 105, sottolinea che la dizione secondo cui la magistratura è un ordine autonomo ed indipendente rispetto ad ogni altro potere ha, sulla base di un'interpretazione ormai pacifica, anche il significato di attribuire a ciascun organo giudiziario la legittimazione a ricorrere alla Corte costituzionale in sede di conflitto fra poteri dello Stato.

Riguardo la composizione del CSM condivide le proposte del senatore Russo. Sottolinea, inoltre, che tutte le proposte sull'argomento evidenziano l'autonomia della magistratura come momento strumentale per la sua indipendenza. Storicamente, tuttavia, si è posto il problema di come risolvere l'indipendenza di una magistratura composta da funzionari dello Stato. È da rilevare che l'esperienza italiana in tal senso ha fatto scuola in numerosi ordinamenti dell'Europa continentale e latino-americani. L'autonomia, d'altro canto è in sé un contrappeso cui si aggiungono altri tre meccanismi di riequilibrio fra ordine giudiziario e potere politico: la presenza minoritaria di componenti laici nel CSM, la vice presidenza attribuita ad un membro laico e dotata di penetranti poteri e, infine, la presidenza del Consiglio attribuita al Capo dello Stato. Non appare pertanto razionale la proposta di aumentare il .numero dei componenti laici nel CSM.

Un discorso a parte meriterebbe invece la sezione disciplinare, accusata da più parti di avere un inclinazione alla indulgenza: questo sospetto (che pur ritiene poco fondato) non deve trovare alcuno spazio. Si dichiara perciò favorevole ad un aumento della presenza dei componenti laici nella sola sezione disciplinare, ma congegnato in modo tale da fugare ogni ombra di interferenza del potere politico attuata attraverso lo strumento disciplinare.

In generale, pertanto, è favorevole all'elezione dei membri laici del CSM da parte di una Camera di garanzia o da parte del Parlamento con voto limitato. In definitiva i membri laici non devono in alcun modo apparire come il prodotto di una mera maggioranza parlamentare.

Per la sezione disciplinare viceversa ritiene preferibile una elezione di secondo grado e una chiara affermazione della competenza limitata alla materia disciplinare. Propone quindi che nell'articolo 105 sia inserita la seguente disposizione: "Il Consiglio elegge nel proprio seno la sezione disciplinare, i cui componenti durano in carica quattro anni e non possono partecipare ad alcun'altra attività del Consiglio stesso".

Si dichiara inoltre contrario ad attribuire esclusivamente al Presidente della Repubblica il potere di formare l'ordine del giorno del CSM, poiché la dottrina costituzionale ha chiaramente precisato che ciò sarebbe indice di una sovraordinazione del Presidente rispetto al Consiglio.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) obietta che l'attribuzione della presidenza del CSM al Capo dello Stato rappresenta uno dei contrappesi cui si riferiva il senatore Senese e che, quindi, il privare il Presidente del potere di formare l'ordine del giorno rischia di depotenziare il contrappeso.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ricorda che già nell'attuale ordinamento l'ordine del giorno del CSM viene fissato di concerto con il Presidente della Repubblica. Rispetto alle ipotesi che il CSM travalichi le sue competenze, il Presidente della Repubblica rappresenta un elemento di moderazione preventivo e un filtro successivo, applicato alle delibere del Consiglio. Da questo punto di vista il divieto di assumere atti di indirizzo politico è incongruo, poiché la presenza del Capo dello Stato dovrebbe rappresentare una garanzia sufficiente. Riguardo poi alla elencazione delle attribuzioni del Consiglio ritiene necessario che venga inserito anche il tema dell'aggiornamento professionale, nonché una disposizione che consenta di liberare il CSM da una serie infinita di minuti adempimenti. Quest'ultima disposizione, collocata alla fine dell'articolo 105, potrebbe essere così concepita: "La legge può delegare ad organi periferici ausiliari del Consiglio alcune categorie di provvedimenti di cui al comma precedente, esclusi i provvedimenti disciplinari, salvo sempre il ricorso del Ministro o dell'interessato al Consiglio Superiore della Magistratura". Si avrebbe così un decentramento di funzioni senza incidere sul sistema delle garanzie.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) ritiene che anche altre materie debbano essere escluse dalla delega cui si riferiva il senatore Senese.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) propone di aggiungere al primo comma dell'articolo 106, dopo le parole "per concorso" le seguenti: "per esami". È contrario ad ogni ipotesi di separazione delle carriere dei magistrati perché ciò potrebbe risultare pericoloso per le garanzie dei cittadini proprio mentre l'esigenza della imparzialità del pubblico ministero si fa strada in numerosi ordinamenti ispirati ad altri principi. In proposito suggerisce una impostazione completamente diversa, secondo cui: "L'assegnazione dei magistrati a funzioni requirenti è consentita solo dopo un periodo di esercizio delle funzioni giudicanti in organi collegiali. Gli ulteriori passaggi dall'una all'altra funzione sono consentiti solo a seguito di una valutazione di effettiva idoneità dopo un periodo stabilito dalla legge e con destinazione ad altra sede. La legge stabilisce la temporaneità degli uffici direttivi e delle funzioni requirenti e può stabilire la temporaneità anche di altre funzioni".

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) chiede se nell'ipotesi del senatore Senese vi sia un limite all'esercizio delle funzioni requirenti. Si domanda altresì cosa accada qualora un magistrato, che non abbia superato la prova di idoneità, venga "condannato" a svolgere una funzione per cui non risulta tagliato.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che il meccanismo di aggiornamento professionale da lui proposto è destinato proprio a far emergere delle specifiche inidoneità con riferimento a determinate funzioni. Ove poi le valutazioni risultassero particolarmente severe oppure l'inidoneità avesse carattere generale (come avverrebbe se, alla scadenza del periodo di permanenza massima nelle funzioni requirenti, il magistrato si rivelasse inidoneo persino alle funzioni di giudice collegiale esercitate all'inizio di carriera) si verificherebbero i presupposti per una dispensa dal servizio. Evidenzia che è necessario un sistema che attivi un controllo continuo sulla professionalità del magistrato.

Reputa non convincente il terzo comma dell'articolo 107 del testo del relatore. Giudica più opportuno modificare il testo vigente dell'articolo 107 prevedendo che la rimozione del magistrato sia possibile solo per i motivi stabiliti dall'ordinamento giudiziario e sentito l'interessato o con il suo consenso.

Riguardo all'articolo 108 ritiene che l'avverbio "esclusivamente" impedisca, in modo del tutto incomprensibile, al CSM di poter emanare regolamenti sulle materie ad esso demandate. È poi contrario a riservare l'azione disciplinare esclusivamente al Ministro e a tale scopo propone di inserire nell'articolo 110 la seguente disposizione: "La legge indica gli altri titolari dell'azione disciplinare".

Riguarda all'articolo 111 rileva che il principio della obbligatorietà dell'azione penale non è attuato e per renderlo effettivo occorre superare ostacoli derivanti dalla iperproduzione legislativa, dalla mancanza di una seria opera di depenalizzazione e dal monopolio attribuito al pubblico ministero. Propone pertanto di inserire nell'articolo 111 la seguente disposizione: "La legge determina i casi nei quali l'azione penale è attribuita in via concorrente e sussidiaria anche ad altri soggetti". Le altre proposte che sono state formulate sul punto appaiono peggiori del male cui intendono porre rimedio.

Per individuare, infine, un valido criterio cui ancorare le scelte circa l'esercizio dell'azione penale illustra la seguente disposizione: "In caso di difetto di effettiva offensività del fatto, il pubblico ministero richiede al giudice di dichiarare l'improcedibilità dell'azione penale". Una analoga disposizione peraltro è già prevista nell'attuale giudizio minorile.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene che la disposizione testè illustrata dal senatore Senese impedisca alla persona offesa dal reato di chiedere che si proceda nonostante la richiesta di "archiviazione" presentata dal pubblico ministero. Ritiene poi preferibile che si subordini l'esercizio dell'azione penale alla presenza di un interesse pubblico.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che il giudice potrà dichiarare la improcedibilità non solo sulla base degli elementi addotti dal pubblico ministero ma anche sulla base delle considerazioni formulate dalla parte offesa.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) non condivide l'interpretazione della norma da lui proposta indicata dal deputato Parenti e ritiene che la dizione "interesse pubblico" sia troppo generica, mentre il concetto di offensività ha ormai una sua chiara connotazione nella dottrina giuridica.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ritiene che l'offensività in questione debba riguardare la lesione di un interesse pubblico e non di un interesse privato: il che equivale a dire che l'esercizio dell'azione penale è subordinato alla presenza di un interesse pubblico in tal senso.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che il concetto di offensività ha un chiaro significato giuridico che lo fa preferire a quello di interesse pubblico. Per il resto accoglie il contenuto dell'articolo 111 proposto dal senatore Russo, rilevando che esso dovrebbe assumere un'altra numerazione, poiché nello schema del relatore l'articolo 111 disciplina il ricorso per cassazione. A quest'ultimo proposito accoglie il suggerimento del senatore Pera volto a sopprimere il riferimento alla ricorribilità necessaria delle sentenze, poiché in ogni caso il ricorso che deve essere sempre garantito è solo quello contro i provvedimenti che limitano la libertà personale.

Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) intende soffermarsi soprattutto sulle parti dell'ipotesi di lavoro presentate dal relatore non approfondite nell'intervento svolto nella seduta dell'8 aprile. Ribadisce che, a suo avviso, gran parte dei problemi della giustizia italiana possono trovare efficace soluzione con modifiche anche profonde che possono essere introdotte con legge ordinaria. Anzitutto, seguendo l'ordine della bozza presentata dal relatore e tenuto conto dello stato della discussione, ritiene che non vi siano le condizioni per una soluzione radicale di superamento di tutte le attuali giurisdizioni (del Consiglio di Stato, degli organi della giustizia amministrativa e della Corte dei conti); ritiene comunque che possa realizzare un'apprezzabile riforma l'ipotesi di modifica n. 2 dell'articolo 102: si tratta di stabilire che la funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata da magistrati ordinari e amministrativi. La legge dovrebbe determinare le competenze della magistratura amministrativa sulla base di materie tassativamente indicate. Al giudice amministrativo dovrebbe essere affidata "una tutela piena ed efficace nei confronti di tutti gli atti ed anche delle omissioni della pubblica amministrazione, che comprende il risarcimento della lesione arrecata", come indicato da molti studiosi.

Potrebbe essere estesa, come suggerito dal presidente del Consiglio di Stato, l'esperienza del Trentino-Alto Adige e della Sicilia, regioni nelle quali è prevista la partecipazione di membri laici designati, rispettivamente dalle province di Trento e Bolzano e dalla Regione Sicilia, all'amministrazione della giustizia amministrativa.

Per la funzione consultiva attualmente svolta dal Consiglio di Stato potrebbero essere istituiti appositi organi previsti dalla legge, come indicato nell'ipotesi di modifica n. 2 dell'articolo 100.

A suo giudizio è stata di grande interesse l'audizione delle associazioni svoltasi presso il Comitato, poiché dalla stessa è emersa, in particolare, una situazione insostenibile esistente fra i giudici amministrativi, connotata da assenza di una vera democrazia; c'è un Consiglio di presidenza nel quale i rappresentanti dei magistrati dei TAR sono in minoranza pur essendo circa 300, mentre i consiglieri di Stato sono 100. Questi ultimi, inoltre, si segnalano per la molteplicità delle loro attività non propriamente giurisdizionali: la loro specializzazione è la ricerca, sempre fortunata, di incarichi governativi. Sessanta su cento hanno incarichi governativi. L'articolo 100, ultimo comma della Costituzione non ha avuto attuazione né per il Consiglio di Stato né per la Corte dei conti. Si tratta di realizzare una riforma costituzionale che dia finalmente all'Italia una figura di giudice amministrativo dotato della stessa autonomia e indipendenza, dello stesso status del magistrato ordinario. Un giudice terzo e non una sorta di "giudice interno all'amministrazione, evoluzione del funzionario consulente", come è stato criticamente detto dal presidente dell'Associazione nazionale magistrati amministrativi. Ritiene necessaria la costituzione di un Consiglio della magistratura amministrativa con composizione analoga a quella dell'attuale Consiglio superiore della magistratura, che potrebbe assumere la denominazione di "Consiglio superiore della magistratura ordinaria".

Concorda pienamente con la proposta di soppressione del secondo comma dell'articolo 103 relativo alla giurisdizione della Corte dei conti e con la proposta di eliminazione dei tribunali militari in tempo di pace.

Non ravvisa poi alcuna ragione per modificare il comma 1 dell'articolo 101, mentre ritiene giusto modificare il comma 2 dello stesso articolo per estendere ai magistrati del pubblico ministero la norma che attualmente è riferita soltanto ai giudici. Fra le proposte avanzate dal relatore condivide le seguenti: "I giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge"; "I magistrati che svolgono funzione giudicante e i magistrati che svolgono funzione requirente sono soggetti soltanto alla legge". Si potrebbe, però, in conseguenza della proposta avanzata per un rinnovamento della figura del giudice amministrativo, al quale vanno attribuite le stesse garanzie del giudice ordinario, inserire la seguente formulazione: "I magistrati ordinari e i magistrati amministrativi sono soggetti soltanto alla legge". Ugualmente si dovrebbe prevedere, inserendo la norma al primo comma dell'articolo 104 - come già detto dal collega Russo - che "la magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa costituiscono, ciascuna, un ordine autonomo e indipendente da ogni potere".

Ricorda quindi che il relatore propone, inoltre, di inserire all'articolo 101 alcuni principi: la ragionevole durata dei processi, la parità delle parti nel processo o del processo. In proposito ritiene che si intenda far riferimento all'intero procedimento. Concorda pienamente sulla "ragionevole durata", mentre sulla "parità delle parti" esprime una convinta condivisione "ideale", ritenendo che il concetto vada affermato in Costituzione in termini di "finalità" e con la consapevolezza che la "parte pubblica", il pubblico minmistero, nella fase delle indagini preliminari, dovrà conservare taluni poteri non attribuibili alle parti private.

In riferimento alla proposta del collega Russo di stabilire il principio del giusto processo in materia civile, penale e amministrativa e lo svolgimento di ogni processo nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice imparziale, esprime il proprio accordo, se non si riesce ad individuare una formulazione convincente del principio della parità delle parti in ogni stato e grado dei procedimenti; con l'esclusione, probabilmente non evitabile, di fasi iniziali. Su tale aspetto rimane in attesa della formulazione che il relatore vorrà presentare. Potrebbe risultare non auspicabile andare oltre la proposta del collega Russo per il comma 3 dell'articolo 111.

Inoltre, pur condividendo il principio della parità fra le parti, ancora una volta avverte soprattutto l'esigenza dell'attuazione delle norme costituzionali esistenti: in particolare, del terzo comma dell'articolo 24. Auspica che siano realizzate strutture idonee a rendere effettiva per tutti i cittadini la possibilità di agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione.

Oggi anche per il cittadino che non sia propriamente "non abbiente" non è possibile sopportare i costi della giustizia italiana. Sono questi mali antichi della giustizia italiana, che molti non hanno mai considerato.

Ritiene poi che vada affermata, in generale, la partecipazione alla funzione giurisdizionale dei cittadini estranei alla magistratura, rimettendo alla legge ordinaria la individuazione delle modalità di tale partecipazione, e coinvolgendo anche le istituzioni elettive. La scelta - sicuramente centrale - del giudice professionale non contrasta con un indirizzo di più largo coinvolgimento di laici anche quando non si tratti di "sezioni specializzate per determinate materie" e anche al di fuori della previsione dell'ultimo comma dell'ipotesi di modifica n. 2 dell'articolo 102.

In riferimento al CSM, intende aggiungere qualche considerazione a quanto già espresso nell'intervento dell'8 aprile, tenendo conto del dibattito che si è svolto nel Comitato e anche di alcuni contributi dei consiglieri laici, inviati dal vicepresidente del CSM. Al riguardo, ritiene che la legge del 1958 debba, comunque, essere rivista. Basti pensare ai poteri amplissimi del Comitato di presidenza, che non è eletto, ma è istituito dalla legge ed è costituito dal vicepresidente, dal primo presidente della cassazione e dal procuratore generale della stessa Corte.

Si è avanzata l'ipotesi di "costituzionalizzare" la sezione disciplinare del CSM anche nel senso di creare un organo separato con funzioni disciplinari. Alla fine rimane sempre da risolvere il problema della composizione, ma non c'è dubbio che se si trattasse di un nuovo organo non derivato dal CSM si avrebbe una situazione profondamente modificata per quanto riguarda le funzioni complessive del CSM. Esprime perplessità sulla funzionalità di una simile soluzione. Si potrebbe ipotizzare una sezione disciplinare del CSM composta da cinque membri, dei quali tre togati e due laici, da rinnovarsi annualmente (nel periodo nel quale fanno parte della sezione disciplinare i componenti non possono partecipare alle altre attività del Consiglio).

I compiti del CSM sono esclusivamente quelli indicati negli articoli 105, 106 terzo comma, 107 primo comma. Si potrebbe riformulare l'articolo 105 come segue: "salvo quanto previsto dall'articolo 106, terzo comma, e dagli articoli 105 e 107, primo comma, al CSM spettano, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le funzioni relative alle assunzioni, alle assegnazioni ed ai trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati". Ciò allo scopo di indicare l'esigenza che il CSM mantenga il proprio intervento in limiti precisi. A suo avviso, quindi, non sarebbe da introdurre la norma del divieto proposto dal relatore, pur condividendo la finalità che lo ha ispirato.

In merito all'articolo 106, ribadisce il suo giudizio favorevole a norme che individuino criteri precisi per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa. Tutti i magistrati dovrebbero inizialmente svolgere funzioni giudicanti presso organi collegiali. Il passaggio da una funzione all'altra dovrebbe essere consentito dopo alcuni anni di esercizio della funzione; al riguardo, ritiene preferibile un periodo di tempo di tre-quattro anni, considerando eccessivi i 10 anni proposti. La nuova funzione, inoltre, dovrebbe essere svolta in altro distretto. Ritiene poi interessante la proposta del senatore Senese per una limitazione temporale nell'esercizio delle stesse funzioni (ad esempio dieci anni).

Condivide inoltre che si stabilisca l'incompatibilità dell'ufficio di magistrato ordinario o amministrativo con qualunque altro ufficio, incarico e professione, e che non possano far parte di collegi arbitrali né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni.

Invece, la partecipazione alle competizioni elettorali non può, a suo giudizio, essere subordinata alle dimissioni dalla magistratura: ciò contrasta con l'articolo 51, se non addirittura con l'articolo 3, come ha osservato l'onorevole Folena. Ribadisce il proprio avviso favorevole alla relazione annuale del Parlamento da parte del ministro della giustizia sullo stato della giustizia, che tuttavia dovrebbe trovare una collocazione diversa, ad esempio fra i compiti del ministro di grazia e giustizia, di cui all'articolo 110.

Infine, auspica che il relatore verifichi, nel formulare la prossima bozza, se qualche proposta sulla quale si sta discutendo non riguardi la prima parte della Costituzione.

In conclusione, esprime ancora una volta la convinzione che per la giustizia italiana c'è soprattutto la necessità di interventi organici del legislatore ordinario anche per rimuovere la disastrosa situazione dei procedimento civili, ai quali si presta scarsa attenzione, mentre tutti i mass-media e il mondo politico sono concentrati soltanto sul penale.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) intende sottolineare, in via preliminare, come, a suo giudizio, si debba rivendicare l'opportunità della Costituzione della Commissione; ciò in considerazione del fatto che la Costituzione del 1948, da un lato, fu concepita come Costituzione che avrebbe dovuto operare in presenza di sistemi elettorali proporzionali e, dall'altro, per quanto riguarda la procedura penale, che fu scritta facendo riferimento al codice inquisitorio allora vigente. Pertanto, il 1993 e il 1988, anni che hanno segnato la riforma, rispettivamente, del sistema elettorale e del codice di procedura penale, impongono modifiche alla Carta costituzionale vigente. Per quanto riguarda più in particolare i temi oggetto del dibattito, si sofferma, in primo luogo, su un aspetto che potrebbe apparire solo terminologico, e cioè quello se i magistrati della pubblica accusa debbano denominarsi magistrati requirenti o inquirenti. In proposito ricorda che i magistrati si chiamavano requirenti quando c'era la figura del giudice istruttore, al quale, a conclusione dell'istruttoria formale, il pubblico ministero formulava le sue richieste. Allo stato attuale riterrebbe più corretto parlare di magistrato inquirente, poiché l'altra definizione potrebbe suscitare equivoci.

Relativamente al tema della separazione delle carriere, ritiene che con gli interventi dei senatori Senese e Marchetti si sia fatto un passo indietro rispetto all'orientamento favorevole al principio della separazione, che, a suo avviso, è necessario per assicurare la terzietà del giudice. In materia una linea di compromesso potrebbe essere quella di attestarsi sul concetto della separazione delle funzioni, purché però sia attuato seriamente e non si riduca solo ad un escamotage per mantenere la situazione attuale. Ritiene, inoltre, che, qualora si riconosca la possibilità di passare da una funzione all'altra, tale passaggio debba essere assai limitato; in particolare, per quanto riguarda l'incompatibilità territoriale e quindi il cambiamento di sede, come sostenuto dal senatore Senese, sarebbe più opportuno prevedere almeno il cambiamento di distretto.

Per quanto riguarda poi le disposizioni sul Consiglio di Stato e sulla Corte dei conti, allo stato attuale non ritiene opportuno apportarvi modifiche sostanziali; tuttavia, manifesta la sua disponibilità ad accogliere le proposte del senatore Pellegrino relativamente alla unificazione della magistratura amministrativa e contabile, anche alla luce della necessità che sia espletata una funzione di vigilanza sulla gestione del pubblico denaro. Ritiene inoltre che non sia da sottovalutare la proposta del collega Lisi, favorevole alla presenza di rappresentanti dei Consigli regionali nei TAR: tale ipotesi contribuirebbe, peraltro, a scongiurare eventuali impulsi secessionisti. Concorda altresì con l'ipotesi di separare le funzioni amministrative da quelle giurisdizionali, per quanto riguarda sia il Consiglio di Stato che la Corte dei conti. Infine, ritiene debba essere la facoltà del Governo di nominare i componenti di tali organi debba essere esclusa per quelli che esercitano funzioni giurisdizionali.

Relativamente al Consiglio superiore della magistratura, osserva che sta emergendo un orientamento convergente in ordine alla autonomia della sezione disciplinare; a suo giudizio, la sezione disciplinare per poter essere veramente autonoma dovrebbe essere composta in maggior parte da membri laici. Inoltre, la componente laica - che complessivamente dovrebbe essere numericamente pari a quella togata - andrebbe espressa non dal Parlamento, bensì dalle categorie. Ricorda a tale proposito la proposta formula dall'Associazione italiana dei giovani avvocati.

Per quanto concerne il tema dei poteri spettanti al ministro di grazia e giustizia, concorda sull'opportunità che il medesimo riferisca annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia nel suo complesso. In tal modo sarebbe consentito al Parlamento dibattere con cadenza annuale sui temi della giustizia, eventualmente anche approvando atti d'indirizzo. Inoltre, non ritiene giusto guardare con sospetto alla figura del ministro, il quale, invece, rappresenta l'unica componente democraticamente controllabile; al riguardo, ritiene che il ruolo del ministro vada recuperato soprattutto perché rappresenta l'anello di congiunzione tra la magistratura e il sistema democratico. Dovrebbe pertanto essergli attribuita la titolarità esclusiva dell'azione disciplinare e dovrebbe inoltre prevedersi che egli faccia parte del CSM.

Quanto al tema della inamovibilità dei magistrati, pur ritenendo che dovrebbe essere inamovibile solo il giudice che è precostituito per legge, tuttavia è opportuno estendere l'inamovibilità anche al pubblico ministero, atteso che si sta procedendo verso una sorta di inamovibilità astratta. Alla luce di ciò, è più opportuno sancire l'inamovibilità per tutti, anche al fine di scongiurare disegni precostituiti di mobilità.

Sulla obbligatorietà dell'azione penale, dissente dalla proposta del senatore Senese, secondo cui tale principio dovrebbe essere pertanto dalla archiviazione dei fatti di cui si riconosce l'inoffensività. Al riguardo, ritiene invece che l'obbligatorietà vada mantenuta per evitare il diffondersi della arbitrarietà e della discrezionalità, pur giudicando con favore la previsione secondo cui le modalità dovrebbero essere stabilite dalla legge.

Infine, per quanto attiene ai limiti alla possibilità per i magistrati di partecipare alle competizioni elettorali, di cui alle ipotesi di modifica dell'articolo 107, concorda con chi sostiene la necessità che l'obbligo di dimettersi previamente dalla Costituzione; sul punto, è opportuno che si trovi una soluzione che, senza violare l'articolo 51, dia sufficienti garanzie ai cittadini circa la la terzietà del magistrato.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che l'ampiezza del dibattito in corso mostra come i problemi della giustizia non possano essere limitati alla legislazione ordinaria ma richiedano anche un intervento di revisione costituzionale.

In primo luogo si dichiara convinto del fatto che ci si debba impegnare per eliminare quelle deroghe, presenti nell'attuale Costituzione, che hanno sostanzialmente vanificato il principio della unicità della giurisdizione a cui il Costituente si è ispirato.

Per quanto riguarda l'articolo 101 della Costituzione ritiene che possa essere adottata, con alcuni adattamenti, la formulazione del senatore Russo in riferimento all'articolo 111, il cui primo comma dovrebbe prevedere che la tutela giurisdizionale si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge. In tal modo verrebbe introdotto un richiamo generalizzato alla tutela giurisdizionale, senza che il riferimento alle singole giurisdizioni possa ingenerare inopportune esclusioni nell'applicazione del principio del giusto processo.

Condivide poi quanto suggerito dal senatore Russo in ordine al principio del contraddittorio tra le parti, contenuto nel secondo comma dell'articolo 111. Ritiene peraltro che il terzo comma di tale articolo debba essere modificato in modo da prevedere che la persona accusata di un reato deve avere la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa "e di ottenere l'acquisizione di ogni mezzo di prova in suo favore". In tal modo si verrebbe a riequilibrare la disparità di poteri tra accusa e difesa.

Inoltre, all'ultimo comma dell'articolo 111 nel testo del senatore Russo, concernente l'esercizio del diritto di difesa, si dovrebbe fare richiamo complessivo al "processo" anziché al giudizio civile, penale e amministrativo. Il principio della ragionevolezza dei tempi del processo dovrà costituire una autonoma disposizione, e sarà necessario richiamarsi al processo e non al procedimento, in modo tale da ricomprendere tutte le diverse fasi.

Giuliano URBANI, Presidente, ritiene che vi sia accordo sulla sostanza, vale a dire sulla esigenza di fare riferimento alle diverse fasi; tuttavia non sembra esservi accordo sulla terminologia da adottare per esprimere quel principio.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva che la previsione di un principio costituzionale che sancisca la ragionevole durata del processo potrebbe determinare qualche perplessità in ordine alla congruità della durata massima prevista dal vigente codice di rito per le indagini preliminari. È dunque importante che il principio della ragionevolezza dei tempi sia riferibile anche a quella specifica fase.

Per quanto riguarda l'articolo 102 della Costituzione, concernente la funzione giurisdizionale, osserva che deve essere specificato che tale funzione è esercitata dai giudici, posto che essa non spetta certo al pubblico ministero. È altresì evidente che la disposizione sulla funzione giurisdizionale è collegata con l'articolo 104, di cui auspica una riformulazione. In base ad essa, l'ordine giudiziario, costituito dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero, è indipendente ed autonomo da ogni altro potere dello Stato.

Giuliano URBANI, Presidente, ribadisce che dovrà essere risolta la questione terminologica relativa all'utilizzazione del termine "processo" ovvero "procedimento".

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ricorda che il presidente dell'Unione delle camere penali, avvocato Pecorella, nell'audizione dinanzi alla Commissione aveva rilevato che la parità delle parti si realizza nel momento in cui esse si presentano dinanzi al giudice.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che i due principi del contraddittorio tra le parti e della ragionevolezza dei tempi debbono essere distinti in relazione alle diverse fasi. La durata ragionevole del processo costituisce un principio già presente nell'ordinamento italiano, dal momento che è stata recepita la Convenzione europea dei diritti dell'uomo; tuttavia sembra necessario elevare adesso tale principio al rango costituzionale, in relazione a tutte le fasi del processo e, quindi, fino dalle indagini preliminari nel giudizio penale.

La parità tra le parti attiene in particolare al rapporto tra provvedimenti limitativi della libertà personale ed autorità giudiziaria. Nell'attuale codice di procedura penale sono previsti provvedimenti limitativi della libertà personale non adottati dal giudice, basti pensare ad esempio ai sequestri, all'accompagnamento coattivo, alle intercettazioni urgenti. Sarà dunque necessario affermare il principio costituzionale in base a cui i provvedimenti limitativi della libertà della persona possono essere adottati esclusivamente dai giudici, con atto motivato, nei soli casi e modi stabiliti dalla legge. Dovrà inoltre essere previsto che, fatti salvi i casi eccezionali di necessità e di urgenza, tassativamente indicati dalla legge, i provvedimenti che limitano i diritti e le libertà della persona sono adottati in contraddittorio delle parti. Il principio potrebbe essere inserito nell'articolo 109 della Costituzione.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene che sia necessario anticipare l'applicazione del principio del contraddittorio a tutte le fasi processuali.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che nel processo accusatorio il contraddittorio riguarda la valutazione della prova, che si deve formare dinanzi al giudice. Quella fase deve essere distinta dalla ricerca della prova medesima, rispetto alla quale vi dovrà essere contraddittorio solamente se vi è limitazione della libertà personale.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ribadisce che potrebbe rivelarsi inutile il contraddittorio tra le parti che intervenga a distanza di molto tempo rispetto alla acquisizione dei mezzi di prova.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), dopo avere ribadito la formulazione da lui già auspicata in riferimento al primo comma dell'articolo 104, osserva che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura si risolvono nell'autogoverno, che non può tollerare una maggioranza della componente laica. Al tempo stesso risulta opportuno un rafforzamento della componente che sia espressione della società civile, ovverosia che sia eletta dal Parlamento. Pertanto è favorevole ad una presenza per tre quinti di componenti togati e per due quindi di componenti eletti dal Parlamento. Spetterà poi al CSM eleggere fra i suoi componenti la Corte di giustizia dei magistrati, composta paritariamente da membri eletti da magistrati e da membri eletti dal Parlamento. In questo contesto dovrebbe essere inserita la norma sull'incompatibilità suggerita dal senatore Senese. La previsione di una Corte di giustizia dei magistrati consentirebbe di distinguere tra la funzione giurisdizionale e quella di alta amministrazione. La Corte, infatti, sarebbe giudice dell'azione disciplinare e per i ricorsi avverso i provvedimenti del CSM. Avverso le decisioni della Corte di giustizia dei magistrati dovrebbe essere ammesso ricorso alle sezioni unite della cassazione; dovrebbe poi essere coordinato conseguentemente il contenuto dell'articolo 111 della Costituzione.

Ritiene che in questa sede debba essere prevista la pluralità dei soggetti titolari dell'azione disciplinare: il Ministro di grazia e giustizia, il procuratore generale presso la Corte di cassazione, il difensore civico nazionale, quale autorità indipendente di garanzia. Di conseguenza dovrebbe essere soppressa la disposizione prevista dall'articolo 105, sulle competenze disciplinari del CSM.

Per quanto concerne le nomine dei magistrati, non vorrebbe che, introducendo disposizioni, anche analitiche, sulle loro funzioni e su forme di passaggio dall'una all'altra funzione, si finisca con il costituzionalizzare l'unicità delle carriere, che attualmente non è espressa da alcuna disposizione costituzionale. Si tratta di materia che il legislatore ordinario dovrebbe valutare, come evidenziato dallo stesso ex-Presidente della Corte costituzionale Ferri al recente convegno dell'Associazione nazionale magistrati.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) osserva che l'unicità delle carriere rappresenta un principio comunque ricavabile dall'attuale testo costituzionale.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) propone che, all'articolo 106, dopo la disposizione relativa alla nomina per concorso, venga previsto che la legge prevede i requisiti e le forme per l'assegnazione delle funzioni giudicanti e requirenti e per il tramutamento dell'esercizio delle funzioni.

Per quanto poi riguarda l'articolo 111, prospetta una disposizione in base a cui la Corte di cassazione, a sezioni unite, garantisce l'uniforme applicazione del diritto in tutto il territorio dello Stato e che presso ogni regione sono istituite una o più sezioni della Corte di cassazione. Infatti, se verrà adottata una forma di Stato ispirata ad un federalismo competitivo, che determini il rovesciamento del sistema delle competenze regionali previsto dall'articolo 117, risulterà tanto più necessaria l'unità di orientamento nell'applicazione del diritto e nella conoscenza delle leggi regionali. In questa prospettiva si collocherebbe l'istituzione di sezione regionali della Corte di cassazione. Ritiene inoltre che debba essere la legge a prevedere i casi e le forme per il ricorso alle sezioni unite della cassazione o alle sezioni regionali.

Ricorda che questa mattina si è svolto un dibattito concernente le cosiddette azioni penali sussidiarie. A suo avviso si dovrebbe piuttosto parlare di rottura del monopolio dell'azione penale da parte del pubblico ministero e, quindi, dovrebbe essere accolto il suggerimento formulato dal procuratore generale presso la Corte di cassazione, il quale ha richiamato il sistema inglese in cui, a fianco del servizio nazionale per l'azione penale di recente istituzione, permane la possibilità di esercizio dell'azione penale da parte dei cittadini o della polizia. La conseguenza sarebbe che l'esercizio dell'azione penale risulterebbe distribuito sul territorio tra vari soggetti. Il principio costituzionale sarebbe pertanto quello per cui la legge prevede i casi e le forme per l'esercizio diretto dell'azione penale a cura della polizia e della persona offesa dal reato. In questo modo verrebbe assicurato uno strumento per addire direttamente il giudice.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che, secondo la soluzione indicata dal deputato Soda si arriverebbe al processo senza alcun filtro preventivo e si determinerebbe, pertanto, un effetto inflattivo dei procedimenti dinanzi al giudice.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene preferibile lasciare la legislatore la facoltà di prevedere l'esercizio diretto dell'azione penale da parte della polizia e della persona offesa dal reato.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) evidenzia l'effetto inflattivo dei procedimenti dinanzi al giudice per le indagini preliminari.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che la soluzione da lui prospettata porterebbe comunque ad evitare le numerose fasi processuali attualmente previste, come pure a deflazionare il carico di lavoro delle procure. Non solo, ma in tal modo verrebbe a riequilibrarsi il rapporto tra pubblico ministero e giudice per le indagini preliminari. Non si può dimenticare che in altri ordinamenti la polizia è titolare della funzione di accusa ma non raccoglie le prove bensì le ricerca e le sottopone al giudice. Se non si adottasse una soluzione del genere viene da chiedersi come posa reggere un sistema di tipo accusatorio, fondato sul principio del contraddittorio, con una miriade di passaggi procedurali. In questo senso deve essere intesa la relazione svolta dal procuratore generale presso la Corte di cassazione che ha invitato a recepire i principio del sistema accusatorio.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) osserva che la soluzione prospettata dal deputato Soda potrebbe funzionare se non vi fosse l'obbligatorietà dell'azione penale.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica - l'Ulivo) rileva che sta emergendo nell'ambito del Comitato la volontà di cercare un terreno d'intesa. Occorre pertanto abbandonare le posizioni che si sono rivelate minoritarie ed altresì evitare di inserire nel dibattito elementi di assoluta novità. A questo proposito osserva che il Comitato ha finora lavorato sull'assunto di escludere per il sistema delle garanzie soluzioni di tipo federalistico o regionalistico, le quali vanno perciò per il momento accantonate.

Ricorda che aveva manifestato una opzione a favore di un unico CSM articolato in tre sezioni, riguardanti rispettivamente i giudici ordinari, i giudici amministrativi ed i magistrati del pubblico ministero. Prende atto che questa posizione è rimasta minoritaria nel dibattito, in quanto è prevalsa l'ipotesi di dare vita a due Consigli superiori, uno per la magistratura ordinaria ed uno per quella amministrativa. In effetti, i tempi non sono ancora maturi per alcune riforme di particolare incisività, le quali richiederebbero inoltre più lunghi tempi di attuazione.

Ciò premesso, osserva che la conservazione in capo al Consiglio di Stato delle attuali funzioni consultive sarebbe ovviamente del tutto inaccettabile qualora si desse vita ad un unico CSM; se - come detto- si fa strada invece l'ipotesi di creare due CSM, le suddette funzioni debbono essere comunque nettamente separate da quelle di natura giurisdizionale. Suscita inoltre perplessità l'ipotesi di estendere le funzioni consultive anche agli atti normativi.

Osserva quindi che non sembra consigliabile attribuire al giudice ordinario le funzioni giurisdizionali attualmente svolte dalla Corte dei conti. Appare preferibile attribuire tali funzioni ad un unico giudice amministrativo, sezioni del quale saranno competenti in materia di responsabilità patrimoniale e contabile. L'azione di responsabilità contabile deve essere attribuita ad un titolare pubblico: in proposito, si pone la scelta se dare copertura costituzionale ad un apposito pubblico ministero presso il giudice amministrativo ovvero se attribuire l'esercizio della suddetta azione al pubblico ministero ordinario, il quale potrebbe di volta in volta scegliere se esercitare l'azione penale dinanzi al giudice ordinario ovvero quella di responsabilità contabile dinanzi al giudice amministrativo. Ritiene per parte sua preferibile la seconda soluzione delineata, la quale non necessita tra l'altro di apposite previsioni costituzionali.

Quanto alla struttura del CSM, occorre scegliere se configurarlo come organo collegiale oppure come organo complesso, prevedendo in questo secondo caso una apposita sezione per i magistrati del pubblico ministero. L'esistenza di tale apposita sezione sarebbe in effetti una necessità nell'ipotesi di unico CSM; accedendo invece alla previsione di due Consigli superiori per le magistrature ordinaria ed amministrativa, potrebbe essere utilmente adottata l'ipotesi di mediazione formulata dal deputato Folena, che ha prospettato una elezione separata dei rappresentanti dei giudici e dei pubblici ministeri in modo da rappresentare proporzionalmente tali due categorie nell'ambito di un organo collegiale.

Altra questione è quella della impugnazione dei provvedimenti del CSM. Sono emerse in proposito possibilità di accordo su soluzioni che contemplino impugnazioni incrociate degli atti dei due Consigli superiori (quelli del CSM ordinario dinanzi al Consiglio di Stato e quelli del CSM amministrativo dinanzi alla Corte di cassazione) ovvero reclami incrociati (in virtù dei quali gli atti del CSM ordinario sarebbero reclamabili dinanzi a quello amministrativo e viceversa).

Vi è poi il problema della composizione del CSM, in ordina al quale rileva che le posizioni rimangono ancora divaricate, in quanto il suo gruppo intende comunque garantire la prevalenza dei membri togati. Una ipotesi di mediazione è stata al riguardo anticipata dal deputato Soda, il quale ha prospettato una soluzione che varrebbe a risolvere anche i problemi relativi alle impugnazioni ed ai giudizi disciplinari. Per parte sua, intende ulteriormente integrare ed articolare tale ipotesi di mediazione, rilevando in primo luogo che potrebbe essere opportuno dare rappresentanza nel Consiglio superiore della magistratura ordinaria anche ai magistrati onorari, che sono in numero più o meno pari a quello dei magistrati ordinari, ed ai quali si potrebbe riservare una quota di un decimo dei componenti del suddetto CSM. Ma soprattutto - al fine di risolvere il problema del giudizio disciplinare anche nei confronti dei magistrati amministrativi - potrebbe prevedersi la creazione di una Alta Commissione per la giustizia, cui affidare i procedimenti disciplinari nei confronti di tutti i magistrati ed i giudizi sui reclami proposti avverso i provvedimenti di entrambi i Consigli superiori. Tale Commissione dovrebbe essere composta da nove membri, tre dei quali (due togati ed uno laico) eletti dal Consiglio superiore della magistratura amministrativa e sei (quattro togati e due laici) eletti dal Consiglio superiore della magistratura ordinaria. La presidenza dovrebbe essere riservata ad uno dei membri laici. I provvedimenti in materia disciplinare dovrebbero essere ricorribili per cassazione; quelli sui reclami sarebbero invece definitivi. Rileva che in tal modo nessuna componente togata avrebbe da sola la maggioranza, per cui i membri laici risulterebbero determinanti e si creerebbe una effettiva dialettica fra le diverse componenti. Non si inciderebbe inoltre sul principio dell'autogoverno, nè si darebbe adito a sospetti di voler introdurre un controllo politico sulla magistratura. Gli stessi magistrati dovrebbero a loro volta preferire questa soluzione sia rispetto alla soluzione attuale (nella quale sui provvedimenti riguardanti assegnazioni, promozioni o trasferimenti decide in ultima istanza il Consiglio di Stato), sia rispetto all'ipotesi delle impugnazioni o dei reclami incrociati.

Quanto ai temi concernenti l'azione penale, fa presente di condividere la proposta formulata dal senatore Senese di consentire al pubblico ministero di richiedere il proscioglimento o l'archiviazione qualora ravvisi la inoffensività del fatto. Si tratterebbe, nella sostanza, di un limite al principio della obbligatorietà della azione penale, ma di un limite trasparente e sottoposto al controllo del giudice. Per esigenze di bilanciamento, tale previsione dovrebbe altresì essere accompagnata dall'inserimento di un principio che richiami quello di cui all'articolo 25, secondo comma, della Costituzione, precisando che le norme incriminatrici, in quanto di stretta interpretazione, escludono non solo l'applicazione analogica, ma anche quella estensiva.

Relativamente, infine, alla problematica concernente la separazione delle carriere o delle funzioni tra giudici e pubblici ministeri, rileva che l'avviso più saggio, al fine di pervenire all'individuazione di una ipotesi di mediazione, è quello testè espresso dal senatore Maceratini, il quale si è pronunciato per una separazione delle funzioni, che sia però effettiva e rigida, in modo da funzionare quasi come una separazione delle carriere.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto - verdi - l'Ulivo), relatore, fa presente che nella seduta prevista per domani alle ore 9.30 svolgerà la sua relazione sui temi concernenti la Corte costituzionale; il relativo dibattito si aprirà immediatamente dopo e dovrà concludersi entro la seduta pomeridiana che avrà inizio alle ore 14. Nella seduta che sarà convocata per martedì 29 aprile alle ore 9.30 presenterà, alla luce del dibattito svoltosi e di quello che avrà luogo sulla Corte costituzionale, la riformulazione delle ipotesi di testo riguardanti la magistratura, nonchè le ipotesi di testo riguardanti la Corte costituzionale medesima. Presenterà altresì un articolo riguardante le autorità indipendenti ed il difensore civico; e ciò malgrado il relativo dibattito non sia stato svolto, in quanto non vi sarebbe altrimenti il tempo per esaminare in Comitato tale disposizione. Invita pertanto i colleghi a fargli pervenire proprie formulazioni riferite a tale argomento. Ricorda infine che il dibattito proseguirà nella stessa seduta del 29 aprile alle ore 9.30, nonchè in quelle successive delle ore 20.30 dello stesso giorno e di mercoledì 30 aprile alle ore 15, con eventuale ulteriore prosecuzione venerdì 2 maggio, qualora dovesse rendersi necessario.

La seduta termina alle 19.05.


 


COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta antimeridiana

di giovedì 29 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 


La seduta comincia alle 11,10.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che intende procedere ad una ricognizione delle posizioni emerse nel corso del dibattito fino ad ora svoltosi, annunciando fin da ora che ha predisposto un'ulteriore ipotesi di articolato per quanto concerne la disciplina costituzionale della magistratura ed una prima ipotesi di articolato sulla Corte costituzionale, sul difensore civico e sulle autorità di garanzia.

Ricorda quindi che nel corso del dibattito, con riferimento all'articolo 100, il senatore Pellegrino si è pronunciato a favore del mantenimento della Corte dei conti quale organo di controllo; della soppressione delle funzioni consultive del Consiglio di Stato e del controllo di legittimità della Corte dei conti. In relazione ad una delle ipotesi di modifica da lui presentate, il senatore Pellegrino ha proposto - per meglio individuare la specificità del giudice amministrativo - di denominarlo «giudice amministrativo e contabile». Ha ritenuto inoltre che sia preferibile attribuire le funzioni giurisdizionali attualmente esercitate dalla Corte dei conti ad un unico giudice amministrativo, con sezioni competenti in materia di responsabilità patrimoniale e contabile; a suo avviso l'azione di responsabilità contabile deve essere attribuita ad un titolare pubblico ed in particolare al pubblico ministero ordinario (senza nessuna apposita previsione costituzionale).

Il senatore Russo, con riferimento all'articolo 100, ha proposto di sostituirlo con il seguente testo: «Il Consiglio di Stato svolge, mediante distinte sezioni, funzioni giurisdizionali e di consulenza giuridico-amministrativa del Governo. La legge assicura la separazione tra la sezione giurisdizionale e quella consultiva.

La Corte dei Conti esercita, nei modi stabiliti dalla legge, il controllo sulla efficienza e sulla economicità della azione amministrativa e sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del controllo eseguito.

La legge assicura l'indipendenza dei due istituti e dei loro componenti di fronte al Governo».

Ha proposto che il potere di azione in materia di responsabilità contabile sia mantenuto alla Corte dei conti.

Il deputato Parenti si è pronunciata a favore della soppressione delle funzioni consultive del Consiglio di Stato e dell'attribuzione al giudice ordinario della giurisdizione in materia di contabilità pubblica.

Il senatore Zecchino, sull'articolo 100, si è dichiarato favorevole all'ipotesi di prevedere, al primo comma, che la legge istituisca organi di consulenza giuridico-amministrativa del Governo e, al secondo comma, che la Corte dei conti sia organo di controllo dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa e che partecipi, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria, riferendo direttamente alle Camere sul risultato del controllo eseguito, nonché sulla gestione finanziaria del bilancio dello Stato. Per quanto riguarda la giurisdizione in materia di contabilità pubblica, ha espresso l'opinione secondo cui in una prospettiva di soppressione delle funzioni giurisdizionali della Corte dei conti tale materia dovrebbe essere attribuita alla magistratura amministrativa, presso la quale verrebbe istituito un apposito ufficio del pubblico ministero.

Il deputato Bressa ha manifestato un dissenso rispetto alle ipotesi di modifica da lui proposte sull'articolo 100, ritenendo che il Consiglio di Stato debba essere disciplinato nel titolo IV della Costituzione, all'articolo 103; egli si è dichiarato favorevole alla prima ipotesi di modifica sulla Corte dei conti da lui formulata, con l'aggiunta di una previsione che rinvii alla legge il compito di assicurare l'indipendenza di tali organi e dei loro componenti di fronte al Governo.

Il deputato Folena, sull'ipotesi di testo da lui predisposta, con riferimento all'articolo 100, si è pronunciato a favore della soppressione del riferimento al Consiglio di Stato che a suo avviso potrebbe essere disciplinato dall'articolo 103, pur dichiarandosi convinto dell'opportunità che lo stesso Consiglio di Stato sia articolato in due sezioni, una giurisdizionale ed una consultiva.

Il senatore Pera si è dichiarato favorevole alla seconda ipotesi di testo da lui presentata.

Il senatore Lisi ha proposto di prevedere all'articolo 100 che il Consiglio di Stato è un organo di consulenza giuridico-amministrativa e di tutela nell'amministrazione e che la legge determina i casi in cui il Consiglio di Stato esprime pareri sui disegni di legge e sugli atti normativi di competenza del Governo e delle singole Amministrazioni. Quanto alla Corte dei Conti, e sempre all'articolo 100, ha proposto di prevedere che essa esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti di governo, e anche quello successivo sul bilancio dello Stato; che partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli Enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria e riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito. Nell'articolo 100, a suo avviso, dovrebbe infine essere inserita una norma in base alla quale la legge assicura l'indipendenza dei due istituti e dei loro componenti di fronte al Governo».

Il senatore Senese ha dichiarato di condividere la proposta formulata con riferimento all'articolo 100 della Costituzione dal senatore Russo.

Il senatore Marchetti ha dichiarato di aderire alla formulazione del secondo comma prevista dall'ipotesi di modifica n.2 da lui presentata.

Il senatore Maceratini ha dichiarato di non ritenere opportuno apportare modifiche sostanziali alle disposizioni sul Consiglio di Stato e sulla Corte dei conti; ha manifestato nondimeno la sua disponibilità ad accogliere le proposte del senatore Pellegrino relative all'unificazione della magistratura amministrativa e contabile. Ha dichiarato inoltre di condividere la proposta del senatore Lisi d'inserire rappresentanti dei Consigli regionali nei TAR. Si è pronunciato altresì a favore dell'ipotesi di separare le funzioni amministrative da quelle giurisdizionali sia per quanto riguarda il Consiglio di Stato che la Corte dei conti; ha ritenuto infine che debba essere esclusa la facoltà del Governo di nominare componenti di tali organi con funzioni giurisdizionali.

Con riferimento all'articolo 101 della Costituzione, il senatore Russo si è pronunciato a favore del mantenimento dell'attuale testo del primo comma; si è dichiarato inoltre favorevole alla seguente soluzione, tra quelle proposte da lui proposte: «I magistrati sono soggetti soltanto alla legge, che stabilisce le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno degli uffici del pubblico ministero». Ha suggerito poi una formulazione che preveda un punto dopo le parole «soltanto alla legge», posto che il termine «legge» viene usato con riferimento alla legge in generale, equivalendo ad affermare l'indipendenza della magistratura. Ha proposto altresì che il secondo comma preveda che «le norme sull'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno degli uffici del pubblico ministero», rilevando, in alternativa, che potrebbe prevedersi che «i giudici ed i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge».

Il senatore Pellegrino, sempre con riferimento all'articolo 101, per quanto riguarda il secondo comma, si è dichiarato favorevole all'ipotesi, tra quelle da lui proposte, che prevede che i giudici e i magistrati titolari degli uffici del Pubblico Ministero siano soggetti soltanto alla legge.

Il deputato Parenti si è dichiarata contraria alla sua proposta di prevedere che i magistrati siano soggetti alla legge; tale previsione a suo avviso, infatti, dovrebbe essere riferita ai soli giudici, come già previsto dal testo costituzionale.

Il senatore Zecchino, con riferimento al primo comma dell'articolo 101, ha proposto il seguente testo: «I magistrati, indipendenti da ogni potere, sono soggetti soltanto alla legge. Le norme sull'ordinamento giudiziario stabiliscono le misure idonee per assicurare l'unitarietà dell'ufficio del pubblico ministero». Sul principio della parità delle parti nel processo, ha dichiarato di ritenere preferibile l'impiego del termine «giudizio», in luogo di «processo».

Il deputato Bressa si è dichiarato favorevole all'ipotesi di modifica da lui predisposto dell'articolo 101, ma con la formula «I giudici e gli organi del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge». Ha ritenuto opportuno, inoltre, l'inserimento di un comma che preveda che la legge assicuri l'unitarietà d'indirizzo degli uffici del pubblico ministero. Si è dichiarato inoltre favorevole all'ipotesi di modifica dell'ultimo comma che stabilisce che la legge assicuri in ogni fase del procedimento la parità delle parti, l'oralità, il contraddittorio e la ragionevole durata.

Il deputato Folena si è dichiarato favorevole all'attuale testo costituzionale del primo comma e ha dichiarato di ritenere un buon punto di equilibrio quanto previsto dalla prima ipotesi di testo del secondo comma dell'articolo 101 della Costituzione, da lui formulata. Riguardo all'ultimo comma, si è dichiarato favorevole alla proposta formulata dal senatore Russo all'articolo 111, ultimo comma.

Il senatore Pera si è dichiarato favorevole al testo costituzionale vigente del primo comma dell'articolo 101; con riferimento al secondo comma, si è dichiarato favorevole a prevedere la soggezione della magistratura giudicante e requirente soltanto alla legge. Ha proposto inoltre il seguente testo dell'ultimo comma: «La legge assicura il giusto processo garantendo durante le indagini preliminari ed in ogni fase del procedimento giudiziario la parità delle parti, l'oralità, il contraddittorio e la ragionevole durata» e ha sottolineato che tali principi vanno salvaguardati assolutamente, sin dall'inizio del procedimento, e quindi anche nella fase delle indagini preliminari. Ha proposto quindi il seguente testo dell'articolo 101: «La giustizia è amministrata in nome del popolo.

La magistratura si distingue in magistratura giudicante e magistratura requirente.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. La magistratura inquirente è soggetta alla legge e alle norme dell'ordinamento giudiziario che assicurano il coordinamento e l'unità di azioni degli uffici del pubblico ministero.

La legge assicura il giusto processo garantendo durante le indagini preliminari ed in ogni fase del procedimento giudiziario la parità delle parti, l'oralità, il contraddittorio e la ragionevole durata».

Il senatore Lisi ha proposto di prevedere che la giustizia è amministrata in nome del Popolo; che i giudici sono soggetti soltanto alla legge; che i magistrati titolari degli uffici del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge e che essi coordinano l'attività degli altri magistrati assegnati al medesimo ufficio; che nessuno può essere sottoposto al giudizio penale se non nei modi e nelle forme del giusto processo; che a tal fine devono essere assicurati la imparzialità del Giudice, la parità dei diritti delle parti, la formazione della prova nel contraddittorio, la oralità e la pubblicità del dibattimento; che lo Stato assicura una ragionevole durata dei processi».

Il deputato Soda si è dichiarato favorevole alla formulazione proposta dal senatore Russo con riferimento all'articolo 111, con alcuni adattamenti.

Il senatore Senese, in relazione al secondo comma dell'articolo 101, ha proposto il seguente testo «I magistrati sono soggetti soltanto alla legge. Le norme dell'ordinamento giuridico stabiliscono le misure idonee ad assicurare il coordinamento interno e l'unitarietà dei singoli uffici del pubblico ministero, ovvero, qualora preminenti esigenze nazionali lo esigano, anche dei vari uffici del pubblico ministero per determinate materie». Si è comunque dichiarato disponibile ad accedere alla prima ipotesi di testo del secondo comma, da lui formulata, con limitate modifiche.

Il senatore Marchetti si è dichiarato contrario a modifiche dell'attuale primo comma dell'articolo 101, pronunciandosi per una modifica del secondo comma del seguente tenore: «I giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge», ovvero «I magistrati che svolgono funzione giudicante e i magistrati che svolgono funzione requirente sono soggetti soltanto alla legge». Ha suggerito altresì l'inserimento della seguente formulazione: «la magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa costituiscono, ciascuna, un ordine autonomo e indipendente da ogni potere». In relazione alla costituzionalizzazione dei principi del processo, ha espresso in linea generale il proprio consenso, ritenendo tuttavia che il principio della «parità delle parti» debba essere affermato in termini di «finalità».

Con riferimento all'articolo 102, il senatore Pellegrino ha proposto di modificare il secondo comma nel modo seguente: «Non possono essere istituiti giudici straordinari o speciali. Per materie determinate, con esclusione della materia penale, la legge può istituire, assicurandone la indipendenza. organi per la risoluzione imparziale delle controversie, garantendo la impugnabilità delle loro decisioni innanzi al giudice ordinario (o al giudice amministrativo)».

Il senatore Russo ha proposto la seguente ipotesi di modifica dell'articolo 102: «La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata da magistrati ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

Salva la competenza esclusiva della magistratura ordinaria per la tutela dei diritti civili e politici, la legge determina le materie in cui, per la tutela giurisdizionale di situazioni soggettive nei confronti della Pubblica Amministrazione, la competenza è attribuita alla magistratura amministrativa.

La legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della Pubblica Amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

Non possono essere istituiti giudici speciali, salvo che per determinate materie, esclusa in ogni caso la materia penale, e per il solo giudizio di primo grado, con espressa previsione della facoltà di impugnazione davanti a giudici ordinari.

Presso gli organi giudiziari possono essere istituite sezioni specializzate per determinate materie anche con la partecipazione di giudici amministrativi o di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Non possono essere istituiti giudici straordinari.

La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo alla amministrazione della giustizia».

Il senatore Zecchino, in ordine alla proposta da lui formulata, concernente l'istituzione, presso gli organi giudiziari, di sezioni specializzate per materia, ha dichiarato di ritenere che tale previsione debba essere configurata come possibilità, anzichè come obbligo, senza specificarne il riferimento a singole materie.

Il deputato Bressa ha dichiarato di condividere la seconda ipotesi di modifica da lui predisposta dell'articolo 102, proponendo di aggiungere che «la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato sono organi di giurisdizione superiore».

Il deputato Folena non ha avuto osservazioni da muovere all'ipotesi di testo dell'articolo 102 da lui predisposta.

Il senatore Lisi ha proposto di prevedere all'articolo 102 che la funzione giurisdizionale è esercita da magistrati ordinari, istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario; che non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali e che possono istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura. Ha proposto inoltre di prevedere che la legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo alla amministrazione della giustizia e prevede le ipotesi in cui, nel caso di reati contro la pubblica amministrazione, il Collegio penale è integrato da un magistrato amministrativo.

Il senatore Pera ha proposto il seguente testo dell'articolo 102:

«La funzione giurisdizionale è esercitata da giudici istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

La funzione requirente è esercitata dall'ufficio del pubblico ministero istituito e regolato dalle norme dell'ordinamento giudiziario».

Il deputato Soda ha proposto di prevedere all'articolo 102:

«La funzione giurisdizionale è esercitata dai giudici ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario», rilevando che tale norma dovrebbe essere coordinata con quella dell'articolo 104 di cui auspica una riformulazione.

Il senatore Senese ha dichiarato di aderire alle proposte presentate dal senatore Russo all'articolo 102, pur ritenendo opportuno sopprimere l'aggettivo «limitate» riferito alle materie per le quali possono essere istituiti giudici speciali. Egli ha osservato altresì che le cd. autorità amministrative indipendenti potrebbero essere configurate come giudici speciali di primo grado, le cui decisioni siano ricorribili solo per Cassazione. Si è dichiarato altresì favorevole al mantenimento della giurisdizione tributaria nel suo assetto attuale: conseguentemente ha proposto di premettere al quarto comma dell'articolo 102, nel testo proposto dal senatore Russo, le parole «Ad eccezione della giurisdizione tributaria».

Il senatore Marchetti ha ritenuto che debba essere affermato il principio della partecipazione dei cittadini estranei alla magistratura alla funzione giurisdizionale, devolvendo alla legge ordinaria l'individuazione delle modalità di partecipazione, anche con il coinvolgimento delle istituzioni elettive.

Passando all'articolo 103 il senatore Pellegrino ha proposto il seguente testo:

«Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa e contabile hanno funzione di tutela giurisdizionale nei confronti della Pubblica amministrazione. La legge ne determina la competenza nelle materia in cui sia parte una Pubblica autorità o che riguardino pubblici servizi.

Il giudice amministrativo, su iniziativa del Pubblico ministero, giudica della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari in materia di contabilità pubblica o negli altri casi previsti dalla legge.

Nella Regione sono istituiti organi di giustizia amministrativa di primo grado secondo l'ordinamento stabilito da legge della Repubblica. Possono istituirsi sezioni con sede diversa dal capoluogo della Regione».

Il senatore Russo ha proposto il seguente testo:

«La giurisdizione amministrativa è esercitata dai magistrati dei tribunali amministrativi regionali e della sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato.

I tribunali militari possono essere istituiti soltanto in tempo di guerra ed hanno la giurisdizione stabilita dalla legge».

Il deputato Folena si è dichiarato favorevole alla prima ipotesi da lui formulata, proponendo la sostituzione del primo comma con il seguente: «La giurisdizione amministrativa è esercitata dai magistrati dei Tribunali amministrativi regionali e dai magistrati del Consiglio di Stato (o Corte di giustizia amministrativa), sulla base di materie omogenee tassativamente indicate dalla legge di attuazione. Il Consiglio di Stato (o Corte di giustizia amministrativa) è organo tutela della giurisdizione amministrativa e di consulenza giuridico-amministrativa. Si compone di una sezione giurisdizionale e di una sezione consultiva, composte da magistrati che non possono appartenere alle due sezioni».

Il senatore Zecchino si è dichiarato favorevole, in linea di massima, allo schema proposto dal senatore Pellegrino.

Il deputato Bressa si è dichiarato favorevole alla prima ipotesi di testo da lui formulata, precisando che a suo avviso si dovrebbe far riferimento al Consiglio di Stato ed agli altri organi di giustizia amministrativa, per consentire al legislatore ordinario di costituire giudici di appello. Ha dichiarato di ritenere inoltre che si dovrebbe prevedere che tali organi hanno giurisdizione nei confronti dei pubblici poteri e non della Pubblica amministrazione. Ha proposto inoltre di aggiungere il seguente comma : «La legge demanda al Consiglio di Stato il compito di esprimere avvisi preventivi su atti normativi e generali. A tal fine, è assicurata la separazione tra finzioni di garanzia preventiva e funzioni giurisdizionali». Si è dichiarato inoltre favorevole alla proposta riguardante i tribunali militari.

Il senatore Lisi ha proposto di prevedere che la giurisdizione amministrativa è esercitata dal Consiglio di Stato e dai Tribunali amministrativi di I e II istanza; che le regioni istituiscono con legge uno o più Tribunali amministrativi di Regioni; che con leggi regionali di identico contenuto, due o più Regioni, possono istituire Tribunali amministrativi di II istanza, con competenza territoriale estesa a più regioni e possono altresì attribuire ai Tribunali amministrativi di seconda istanza l'esercizio di funzioni consultive nell'interesse della legge; che il Consiglio di Stato, nelle controversie devolute agli organi di giustizia amministrativa, esercita le funzioni di Giudice di ultima istanza, di regola per assicurare l'uniforme applicazione delle leggi, ovvero le funzioni di Giudice di unico grado per le controversie aventi ad oggetto gli atti delle autorità alla cui nomina concorra un organo del Parlamento, nonché nelle altre ipotesi previste dalla legge; che la legge regionale disciplina l'organizzazione dei Tribunali amministrativi delle Regioni per ogni aspetto non riservato alle leggi dello Stato; che la Corte dei Conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge; che i tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge; che in tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle Forze armate».

Il senatore Senese ha aderito alla proposta presentata dal senatore Russo; per quanto attiene ai tribunali militari, ha proposto che essi siano istituiti «per» e non «in» tempo di guerra, dal momento che l'istituzione di detti tribunali deve precedere e non seguire la dichiarazione dello stato di guerra. A suo avviso la competenza dei tribunali militari potrebbe essere estesa anche ai fatti avvenuti in caso d'impiego delle Forze Armate all'estero in adempimento di obblighi internazionali assunti in conformità della Carta delle Nazioni Unite.

Il senatore Marchetti ha ritenuto che la legge dovrebbe determinare le competenze della magistratura amministrativa sulla base di materie tassativamente indicate e che al giudice amministrativo dovrebbe essere affidata «una tutela piena ed efficace nei confronti di tutti gli atti ed anche delle omissioni della Pubblica amministrazione, che comprende il risarcimento della lesione arrecata»; ha suggerito inoltre di estendere alle altre regioni l'esperienza del Trentino-Alto Adige e della Sicilia, in cui gli organi di giustizia amministrativa comprendono anche membri laici. Si è dichiarato favorevole alla proposta di soppressione delle funzioni giurisdizionali della Corte dei conti e dei tribunali militari in tempo di pace.

Con riferimento all'articolo 104, il senatore Pellegrino ha proposto un'articolazione del Consiglio superiore della magistratura in tre sezioni: una per i magistrati ordinari, una per i magistrati amministrativi ed una per i magistrati del pubblico ministero. Ha dichiarato di condividere la proposta del deputato Folena concernente un'elezione separata dei rappresentanti dei giudici e dei pubblici ministeri in modo da rappresentare proporzionalmente tali due categorie, rilevando che si potrebbe opportunamente prevedere una rappresentanza dei magistrati onorari in seno al CSM (per una quota pari ad un decimo dei componenti) nonché la creazione di un'Alta Commissione per la giustizia, cui affidare tutti i procedimenti disciplinari nei confronti di tutti i magistrati ed i giudizi sui reclami proposti avverso i provvedimenti di entrambi i Consigli; tale commissione sarebbe costituita da nove membri, tre dei quali (due togati ed un laico) eletti dal Consiglio superiore della magistratura amministrativa e sei dal Consiglio superiore della magistratura ordinaria. La presidenza dovrebbe essere riservata ad uno dei componenti laici. I provvedimenti in materia disciplinare sarebbero ricorribili per cassazione, mentre quelli sui reclami avrebbero carattere di definitività. Circa la separazione delle carriere (o delle funzioni) si è dichiarato favorevole all'ipotesi di mediazione formulata dal senatore Maceratini, imperniata su una rigida ed effettiva separazione delle funzioni. Nel caso in cui prevalesse l'ipotesi dei due Consigli superiori, ha auspicato che quello della magistratura ordinaria sia articolato in due sezioni (per la magistratura ordinaria e per quella inquirente).

Il senatore Russo ha proposto il seguente testo dell'articolo 104:

«La magistratura ordinaria e la magistratura amministrativa costituiscono, ciascuna, un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica. ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore della Corte di cassazione. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente della Repubblica. Ne fa parte di diritto il presidente della sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato. Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati amministrativi tra gli appartenenti alle varie categorie e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Ciascun Consiglio elegge un vice-presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

I membri elettivi di ciascun Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale»..

Si è dichiarato inoltre contrario alla proposta da lui presentata relativa al potere del Presidente della Repubblica di fissare l'ordine del giorno del Consiglio superiore della Magistratura.

Il deputato Parenti si è dichiarata favorevole alla previsione di tre organi di autogoverno dei giudici: uno per la magistratura ordinaria, uno per quella amministrativa ed uno per i magistrati del pubblico ministero. Si è dichiarata inoltre favorevole alla proposta da lui presentata relativa al potere del Presidente della Repubblica di fissare l'ordine del giorno del Consiglio superiore della Magistratura.

Il senatore Zecchino si è dichiarato favorevole alla soppressione del primo comma dell'articolo, aggiungendo, peraltro, che tale previsione deve essere messa in relazione con le modifiche da lui proposte all'articolo 101 alla luce della preferenza per i riferimenti testuali ai magistrati e non alla magistratura. Si è dichiarato inoltre favorevole alla costituzione di due Consigli superiori, rispettivamente per la magistratura ordinaria e per quella amministrativa e, per quanto riguarda la formulazione dell'ordine del giorno del CSM, ha ritenuto che non si possa escludere un potere del Consiglio stesso materia, eventualmente disciplinato da legge ordinaria. Con riferimento alla composizione del CSM, ed in particolare alla componente laica, ha dichiarato la sua disponibilità ad esaminare soluzioni diverse dall'investitura parlamentare (occasione secondo alcuni di «politicizzazione dell'organo»), come per esempio l'elezione da parte degli stessi titolari del diritto di elettorato passivo (professori universitari in materie giuridiche e avvocati con 15 anni di esercizio).

Il deputato Bressa ha ritenuto opportuno mantenere la vigente formulazione del terzo comma e ha rilevato l'opportunità di esaminare i successivi commi dopo aver deciso se prevedere in Costituzione la sezione disciplinare del CSM, la quale, dovrebbe avere - a suo parere - una composizione paritaria di laici e togati. Si è dichiarato, inoltre, favorevole ad una composizione paritaria del CSM, salvo il caso di costituzionalizzazione della sezione disciplinare, ipotesi in cui si potrebbe optare per una ripartizione che preveda 3/5 di componenti togati e 2/5 di laici.

Il deputato Folena si è dichiarato favorevole alla prima ipotesi di testo da lui proposta, rilevando l'inopportunità di costituzionalizzare il riferimento alla formazione dell'ordine del giorno del CSM. Ha dichiarato inoltre di non condividere l'ipotesi di considerare il Ministro di grazia e giustizia membro di diritto del Consiglio medesimo: questi, tuttavia, dovrebbe essere titolare del diritto d'intervento e di formulazione di proposte. Ha affermato di essere contrario a distinguere, all'interno del CSM, una sezione per i magistrati giudicanti ed una per i magistrati requirenti, ritenendo che una soluzione praticabile potrebbe consistere nell'indicare una composizione percentuale dei componenti togati del CSM correlata alla consistenza numerica della magistratura giudicante e di quella requirente. Si è dichiarato favorevole alla designazione parlamentare dei componenti laici del CSM sulla base di «rose» indicate da professori universitari ed avvocati, demandando alla legge ordinaria l'individuazione delle proporzioni tra queste due categorie, nonché all'ipotesi di composizione del CSM con la presenza di 3/5 di componenti togati e di 2/5 di componenti laici. Ha ritenuto inoltre opportuno prevedere la costituzione di una sezione disciplinare, composta di quattro membri togati e di quattro membri laici.

Il senatore Lisi ha proposto di prevedere che la magistratura costituisce un ordine autonomo ed indipendente da ogni potere; che il Consiglio superiore della Magistratura Ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno, ed è composto da tre sezioni, la prima per i Giudici della Corte di Cassazione o equiparati, la seconda per i giudici di merito, la terza per i magistrati del pubblico ministero; che ciascuna delle tre sezioni è composta da dieci membri; che la legge della Repubblica determina i casi in cui le sezioni riunite ovvero le singole sezioni decidono sulle materie di interesse comune; che della prima e della seconda sezione fa parte di diritto il primo Presidente della Corte di cassazione, della terza il procuratore Generale presso la Corte di Cassazione; che gli altri componenti sono eletti, per ciascuna delle tre sezioni, per la metà dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero e per l'altra metà dal parlamento in seduta comune a maggioranza di dei due terzi, tra professori ordinari di università in materie giuridiche e tra avvocati con 15 anni di esercizio della professione; che ciascuna sezione del Consiglio Superiore della Magistratura elegge un Vice Presidente tra i componenti designati dal Parlamento; che i magistrati che compongono la prima sezione sono eletti dai giudici in servizio presso la Corte di Cassazione; che i magistrati che compongono la seconda sezione sono eletti dagli altri giudici ordinari; che i magistrati che compongono la terza sezione sono eletti dai Magistrati con funzioni di pubblico ministero; che i membri elettivi del Consiglio durano in carico quattro (sei) anni e non sono immediatamente rieleggibili e che non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, nè far parte del Parlamento o di un Consiglio Regionale; che presso ogni sezione è istituita una sezione disciplinare composta da quattro membri, dei quali due eletti tra Consiglieri Magistrati e due tra i Consiglieri designati dal Parlamento e che ciascuna delle sezioni disciplinari elegge un Presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il senatore Pera ha proposto il seguente testo dell'articolo 104:

«La magistratura giudicante e la magistratura requirente costituiscono un ordine autonomo e indipendente dai poteri dello Stato.

Il Consiglio superiore della Magistratura si compone di una sezione giudicante e di una sezione requirente. La legge stabilisce le funzioni e le competenze delle sezioni riunite.

Il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura e le sue sezioni e ne forma l'ordine del giorno.

Il Ministro della giustizia è membro di diritto del Consiglio superiore della Magistratura e delle sue sezioni. Partecipa senza diritto di voto e può presentare proposte e richieste.

Gli altri membri di diritto del Consiglio superiore della magistratura sono il primo Presidente della Corte di Cassazione, che fa parte della sezione giudicante, e il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, che fa parte della sezione requirente.

I rimanenti venti membri della sezione giudicante sono eletti per metà dai magistrati giudicanti al proprio interno e per metà dal Parlamento. I rimanenti dieci membri della sezione requirente sono eletti per metà dai magistrati requirenti al proprio interno e per metà dal Parlamento. I membri eletti dal Parlamento sono scelti tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Le sezioni riunite e ciascuna sezione eleggono un vice presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Ciascun membro elettivo del Consiglio Superiore della Magistratura dura in carica sei anni e non è rieleggibile, nè può ricoprire altri incarichi durante il mandato».

Il deputato Soda ha proposto, con riferimento al primo comma dell'articolo 104, il seguente testo: «L'ordine giudiziario, costituito dai giudici e dai magistrati del Pubblico Ministero, è indipendente e autonomo da ogni altro potere dello Stato». Ha proposto inoltre che il Consiglio Superiore elegga, fra i suoi componenti, la Corte di giustizia dei magistrati, quale giudice dell'azione disciplinare e organo di tutela giurisdizionale avverso i provvedimenti adottati dal CSM. La Corte di giustizia dovrebbe essere composta paritariamente da membri eletti dai magistrati e dal Parlamento e avverso le sue decisioni dovrebbe essere ammesso ricorso alle Sezioni Unite della Cassazione. Per quanto attiene all'azione disciplinare, ha ritenuto che essa debba essere esercitata dal Ministro di grazia e giustizia, dal Procuratore generale e dal Difensore Civico Nazionale (quale autorità indipendente di garanzia).

Il senatore Senese, in relazione alla composizione del CSM, ha aderito alla proposta del senatore Russo, dichiarandosi non contrario ad un aumento dei componenti laici nella sola sezione disciplinare. Per tale sezione ha proposto la seguente disposizione: «Il Consiglio elegge nel proprio seno la sezione disciplinare, i cui componenti durano in carica quattro anni e non possono partecipare ad alcun'altra attività del Consiglio stesso». Precisa che la non contrarietà all'aumento di componenti laici nella sezione disciplinare è condizionata all'elezione di tali componenti da parte di una Camera di garanzia o da parte del Parlamento con voto limitato.

Il senatore Marchetti ha proposto una sezione disciplinare del CSM composta di cinque membri, dei quali tre togati e due laici, da rinnovarsi annualmente; i componenti della sezione non dovrebbero partecipare alle altre attività del Consiglio.

Il senatore Maceratini ha ritenuto più corretto, alla luce del nuovo codice di procedura penale, l'impiego della locuzione«magistrati inquirenti», in luogo di »magistrati requirenti». È favorevole al principio della separazione delle carriere, ritenendolo necessario per assicurare la terzietà del giudice; un eventuale compromesso potrebbe essere costituito dalla netta separazione delle funzioni. Ritiene che la sezione disciplinare debba essere composta in maggioranza da componenti togati e che le due componenti del CSM, inoltre, dovrebbero avere eguale consistenza numerica, mentre la componente laica non dovrebbe espressa dal Parlamento, ma dalle categorie professionali. Sostiene infine che il Ministro di grazia e giustizia debba essere titolare esclusivo dell'azione disciplinare e debba far parte del CSM.

Con riferimento al testo dell'articolo 104-bis, dal lui proposto, il deputato Bressa si è dichiarato favorevole.

Il senatore Lisi ha proposto di inserire, dopo l'articolo 104, un articolo volto a prevedere che il Consiglio Superiore della Magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente del Consiglio di Stato ed è composto da due sezioni, la prima per i Giudici del Consiglio di Stato, la seconda per i Giudici di prima e seconda istanza che la legge della Repubblica determina i casi in cui le sezioni riunite ovvero le singole sezioni decidono sulle materie di interesse comune; che i componenti sono eletti, per ciascuna delle due sezioni per la metà dai Giudici e per la metà, quanto alla sezione per il Consiglio di Stato dal Parlamento in seduta comune a maggioranza dei due terzi e quanto ai Tribunali amministrativi dalle Regioni con modalità stabilite di intesa tra le stesse che la scelta avviene tra professori ordinari di università in materie giuridiche e tra avvocati con 15 anni di esercizio della professione; che ciascuna sezione del Consiglio elegge un Vice Presidente tra i componenti designati rispettivamente dal Parlamento e dalle Regioni».

Il senatore Senese si è dichiarato contrario ad attribuire esclusivamente al Presidente della Repubblica il potere di formare l'ordine del giorno del CSM.

In ordine all'articolo 105, il senatore Russo si è dichiarato contrario alla proposta di modifica da lui formulata dell'articolo105 che prevede un comma aggiuntivo in base al quale si vieta ai Consigli superiori della magistratura (o, nell'ipotesi di unicità dell'organo, al CSM) di adottare atti o deliberazioni di indirizzo politico.

Il deputato Parenti, sulla sua proposta che vieta al CSM l'adozione di atti o deliberazioni di indirizzo politico, ha dichiarato che tale principio sarebbe meglio espresso con una norma che affermasse che il CSM è un organo di alta amministrazione che, come tale, non può adottare atti di indirizzo politico.

Il senatore Zecchino ha proposto dopo il primo comma, di inserire i seguenti: »Il Consiglio superiore della magistratura non può adottare deliberazioni di indirizzo politico o altri atti di indirizzo in ordine all'interpretazione delle leggi e all'organizzazione giudiziaria.Il Consiglio superiore della magistratura è organo di consulenza del governo sulle materie riguardanti l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia. A tal fine adotta un proprio regolamento interno.Avverso i provvedimenti assunti in questa materia è dato ricorso solo in Cassazione solo per violazione di legge»..

Il deputato Bressa si è dichiarato favorevole alle ipotesi da lui formulate in relazione all'articolo 105.

Il deputato Folena ha ritenuto opportuno conservare la sostanza del divieto di adottare atti d'indirizzo politico.

Il senatore Lisi ha proposto di prevedere che spettano ai Consigli Superiori della Magistratura Ordinaria e amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei Magistrati e che i Consigli Superiori della Magistratura ordinaria e amministrativa non possono adottare atti o deliberazioni di indirizzo politico».

Il senatore Pera ha proposto il seguente testo: «Spettano alle sezioni giudicante e requirente del Consiglio Superiore della Magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, i provvedimenti amministrativi relativi alle assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e le misure disciplinari nei riguardi rispettivamente dei magistrati giudicanti e requirenti.

Il Consiglio Superiore della Magistratura non può adottare atti o deliberazioni di indirizzo politico, di interpretazione della legge o relativi all'organizzazione degli uffici giudiziari».

Il deputato Soda si è dichiarato contrario ad un CSM titolare di competenze disciplinari.

Il senatore Senese ha proposto di consentire l'impugnazione, per motivi di legittimità, dei provvedimenti di un Consiglio superiore presso l'altro, ovvero l'impugnazione presso la Corte di Cassazione dei provvedimenti adottati dal Consiglio superiore della magistratura amministrativa e l'impugnazione dei provvedimenti adottati dal Consiglio superiore della magistratura ordinaria presso il Consiglio di Stato; ha proposto inoltre che alla fine dell'articolo venga inserita la seguente disposizione: «La legge può delegare ad organi periferici ausiliari del Consiglio alcune categorie di provvedimenti di cui al comma precedente, esclusi i provvedimenti disciplinari, salvo sempre il ricorso del Ministro o dell'interessato al Consiglio superiore della magistratura».

Il senatore Marchetti ha ritenuto necessaria la costituzione di un Consiglio superiore della magistratura amministrativa, con composizione analoga all'attuale CSM. Ha inoltre presentato la seguente riformulazione dell'articolo 105: «salvo quanto previsto dall'articolo 106, terzo comma, e dagli articoli 105 e 107, primo comma, al CSM spettano, secondo le norme sull'ordinamento giudiziario, le funzioni relative alle assunzioni, alle assegnazioni ed ai trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati»; si è dichiarato contrario - pur condividendone l'ispirazione - alla proposta da lui formulata di vietare l'adozione, da parte del CSM, di atti o deliberazioni di indirizzo politico.

In ordine all'articolo 106 il senatore Russo è contrario all'ipotesi di testo da lui proposta volta a delineare, nella sostanza, una separazione netta delle carriere.

Il deputato Parenti è favorevole alla sua proposta che prevede la necessità del concorso per il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti; tale concorso dovrebbe svolgersi nei termini fissati dall'ordinamento giudiziario.

Il deputato Bressa condivide le ipotesi relative alla nuova formulazione dell'articolo, preferendo, però limitarsi alla previsione che il passaggio di funzioni sia stabilito dalla legge che deve altresì determinare il tempo minimo di permanenza in ciascuna funzione. Ha proposto, poi, che i professori universitari possano essere chiamati all'ufficio di consigliere di cassazione e di consigliere di Stato su designazione dei rispettivi Consigli superiori.

Il senatore Zecchino è favorevole ad uno sbarramento territoriale e temporale molto rigoroso per quanto riguarda il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa; ha sottolineato il rischio che il termine «concorso», previsto sia per le nomine dei magistrati che per il passaggio di funzioni, possa assumere lo stesso significato e ha ritenuto che il passaggio di funzioni potrebbe avvenire solo a seguito di un giudizio motivato del CSM.

Il deputato Folena non condivide la seconda ipotesi di modifica dell'articolo106, da lui formulata, in particolare laddove prevede che le nomine dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero debbano avvenire «esclusivamente» per concorso. Quanto al passaggio di funzioni, pur non essendo contrario all'ipotesi di concorso, ha ritenuto preferibile prevedere che tale passaggio sia consentito secondo le modalità consentite dalla legge. Si è dichiarato favorevole, in ogni caso, alla previsione che le funzioni requirenti e giudicanti non possano essere svolte nella stessa Regione.

Il senatore Lisi ha proposto di prevedere che le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso; che i magistrati si distinguono per funzioni giudicanti o requirenti e che la scelta della funzione, effettuata dopo il tirocinio, è definitiva; che la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli; che su designazione del Consiglio Superiore della Magistratura possono essere chiamati all'Ufficio di Consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati che abbiano 15 anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori; che la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche negli altri della giurisdizione».

Il senatore Pera ha proposto il seguente testo: «Il reclutamento dei magistrati giudicanti e dei magistrati requirenti ha luogo mediante periodi di formazione, valutazione di specifiche idoneità e concorsi differenziati, secondo le modalità previste dalle norme sull'ordinamento giudiziario».

Il deputato Soda ha proposto di inserire, dopo il primo comma, il seguente: «La legge prevede i requisiti e le forme per l'assegnazione delle funzioni giudicanti e requirenti e per il loro tramutamento» oppure «La legge prevede le forme e i requisiti per il tramutamento dell'esercizio delle funzioni giudicanti e requirenti».

Il senatore Russo è favorevole ad una formulazione che privilegi la determinatezza e la temporaneità delle funzioni, anche se esercitate nell'ambito di un Collegio. Ha proposto inoltre all'articolo 106, quarto comma, di sostituire le parole: «per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli» con le parole «per funzioni e per un tempo determinati».

Il senatore Senese ha proposto di aggiungere al primo comma dell'articolo106 (testo vigente), dopo le parole «per concorso», le seguenti: «per esami».

Il senatore Marchetti è favorevole a norme che individuino criteri precisi per il passaggio dalla funzione giudicante a quella requirente e viceversa; ritiene eccessivo il periodo di dieci anni, trascorso il quale si può passare dalle funzioni giudicanti alle funzioni requirenti e viceversa e suggerisce un periodo di tempo di tre-quattro anni, dopo i quali la nuova funzione potrebbe essere esercitata in un altro distretto. Ha giudicato interessante la proposta del senatore Senese volta a limitare il periodo di esercizio delle medesime funzioni.

Il senatore Maceratini ha rilevato che il passaggio tra funzione giudicante e requirente dovrebbe essere non agevole e comunque, si deve almeno cambiare regione o distretto.

Con riferimento all'articolo 107 il senatore Russo è favorevole ad inserire, dopo il terzo comma, il seguente comma: «La legge assicura la temporaneità delle funzioni e regola il passaggio tra di esse».. Si è dichiarato contrario alla sua proposta relativa alla possibilità del CSM di assegnare i giudici e i magistrati del Pubblico ministero ad altre sedi, con decisione adottata in contraddittorio con l'interessato, in quanto in contrasto con il principio dell'inamovibilità.

Il deputato Parenti è favorevole ad attribuire al Ministro di grazia e giustizia la facoltà di promuovere l'azione disciplinare anche con riferimento all'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero.

Il deputato Bressa è favorevole a prevedere l'inamovibilità dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero; si dichiara, inoltre, favorevole a che il CSM possa assegnare i giudici e i magistrati del pubblico ministero ad altre sedi, non - come da lui previsto - con decisione adottata in contraddittorio con l'interessato, bensì a maggioranza qualificata e sentito l'interessato.

Il senatore Zecchino è favorevole, per ciò che riguarda il primo comma, all'ipotesi che prevede l'inamovibilità dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero. Si dichiara, inoltre, favorevole a che il CSM (secondo comma), possa assegnare i giudici e i magistrati del pubblico ministero ad altre sedi, sentito l'interessato.

Propone di inserire il quinto comma del testo da lui proposto nel testo dell'articolo 111, che condivide, proposto dal senatore Russo.

Rispetto al problema della partecipazione dei giudici alle competizioni elettorali (soprattutto, per i magistrati del pubblico ministero) è dell'avviso che occorre prevedere un ampio lasso di tempo tra le dimissioni e la candidatura.

Il deputato Folena condivide, con osservazioni, la prima ipotesi di testo dell'articolo 107 da lui formulata. Per quanto riguarda le norme sulle incompatibilità, ritiene opportuno prevedere un testo che non faccia riferimento alla partecipazione ai collegi arbitrali. In relazione alla partecipazione dei giudici alle competizioni elettorali ritiene opportuno temperare e condizionare tale partecipazione, piuttosto che escluderla, dal momento che una tale esclusione potrebbe entrare in contrasto con l'articolo 51, o con l'articolo 3 della Costituzione.

Il senatore Lisi ritiene opportuno prevedere che i giudici e i magistrati del pubblico ministero sono inamovibili; che essi non possano essere dispensati o sospesi dal servizio nè destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso; che, inoltre, per assicurare la funzionalità della giustizia il Consiglio superiore della magistratura possa tuttavia assegnare i giudici e i magistrati del pubblico ministero ad altre sedi, con decisione adottata in contraddittorio con l'interessato. Ritiene inoltre necessario prevedere esplicitamente che, nell'esercizio delle rispettive funzioni, i giudici e i magistrati del pubblico ministero si attengano ai valori di correttezza e riservatezza e che essi non possano svolgere compiti o rivestire incarichi diversi da quelli degli uffici giudiziari per cui sono nominati. L'ufficio di giudice e di magistrato del pubblico ministero dovrebbe essere inoltre incompatibile con qualunque altro ufficio, incarico o professione, fatte salve le altre cause di incompatibilità e di ineleggibilità previste dalla legge e i magistrati non dovrebbero far parte di collegi arbitrali nè essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni. Essi potrebbero invece partecipare alle competizioni elettorali solo se si dimettono prima della presentazione delle liste elettorali, candidandosi comunque fuori dal distretto in cui abbiano svolto le loro funzioni prima delle dimissioni.

Il senatore Russo ha proposto la seguente formulazione dell'ultimo comma dell'articolo 107: «Le incompatibilità e la responsabilità disciplinare dei magistrati sono regolate con legge. Non possono essere attribuite ai magistrati, sia ordinari che amministrativi, funzioni amministrative che non siano connesse con l'esercizio della giurisdizione».

Il senatore Senese si è dichiarato contrario ad ogni ipotesi di separazione delle carriere dei magistrati. Con riferimento al primo comma dell'articolo 107, giudica opportuno modificare il testo vigente nel senso di prevedere che la inamovibilità del magistrato possa essere superata solo per i motivi stabiliti dall'ordinamento giudiziario e sentito l'interessato o con il suo consenso. Suggerisce la seguente formulazione per il quarto comma dell'articolo 107 (testo vigente): «L'assegnazione dei magistrati a funzioni requirenti è consentita solo dopo un periodo di esercizio delle funzioni giudicanti in organi collegiali. Gli ulteriori passaggi dall'una all'altra funzione sono consentiti solo a seguito di una valutazione di effettiva idoneità dopo un periodo stabilito dalla legge e con destinazione ad altra sede. La legge stabilisce la temporaneità degli uffici direttivi e delle funzioni requirenti e può stabilire la temporaneità anche di altre funzioni».

Il senatore Marchetti è favorevole all'incompatibilità dell'ufficio di magistrato ordinario o amministrativo con qualunque altro ufficio, incarico e professione, con la partecipazione a collegi arbitrali e con la posizione di distacco presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni. È inoltre contrario alla previsione delle dimissioni dalla magistratura nel caso di partecipazione alle competizioni elettorali, in quanto tale previsione contrasta con l'articolo 51 (se non con lo stesso articolo 3).

Il senatore Maceratini, infine, per quanto attiene al principio dell'inamovibilità, ritiene che esso debba essere esteso anche al pubblico ministero. Per quanto attiene alla partecipazione dei magistrati alle elezioni, concorda sull'obbligo di previe dimissioni, sostenendo tuttavia la necessità di pervenire ad una soluzione che, senza violare il disposto dell'articolo 51 della Costituzione, garantisca la terzietà del magistrato.

Con riferimento all'articolo 108 il senatore Pellegrino ha proposto la seguente formulazione del primo comma: «L'ordinamento dei giudici e del pubblico ministero è stabilito dalla legge».

Il deputato Bressa è favorevole alla prima ipotesi di modifica da lui proposta.

Il senatore Zecchino è anch'egli favorevole alla ipotesi di testo da lui proposta.

Il senatore Lisi ritiene opportuno prevedere che le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge e che la legge debba altresì assicurare l'indipendenza degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.

Il senatore Senese ritiene che l'avverbio «esclusivamente», riferito alle norme sull'ordinamento giudiziario, impedisca al CSM di poter emanare regolamenti sulle materie ad esso demandate.

Quanto all'articolo 109, il deputato Bressa è favorevole alla ipotesi di modifica da lui proposta.

Il senatore Zecchino ha evidenziato il problema, probabilmente di pertinenza del legislatore ordinario, del coordinamento tra le procure nei confronti della polizia giudiziaria e della attuale compressione della specificità della polizia giudiziaria ad opera del pubblico ministero.

Il deputato Parenti non condivide il testo da lui proposto in riferimento al potere del giudice, nei casi previsti dalla legge, di disporre della polizia giudiziaria; di essa, dovrebbe disporre solo il pubblico ministero.

Il senatore Lisi si è dichiarato favorevole al mantenimento dell'articolo nel testo vigente.

Il senatore Russo si è anch'egli dichiarato favorevole al mantenimento del vigente testo dell'articolo.

Il deputato Folena è favorevole all'ipotesi di testo da lui proposta.

Il deputato Soda ha proposto la seguente formulazione dell'articolo: «L'ufficio del pubblico ministero, e i giudici nei casi previsti dalla legge, dispongono direttamente della polizia giudiziaria.

I provvedimenti che limitano i diritti e le libertà della persona sono adottati esclusivamente dai giudici con atto motivato nei soli casi e modi previsti dalla legge.

Fatti salvi i casi eccezionali di necessità e urgenza, tassativamente indicati dalla legge, i provvedimenti che limitano i diritti e le libertà della persona sono adottati in contraddittorio delle parti».

Relativamente all'articolo 110, il deputato Bressa e il senatore Zecchino si sono dichiarati favorevoli alla ipotesi di testo da lui proposta.

Il deputato Parenti condivide la sua proposta secondo cui soltanto il ministro Guardasigilli è titolare dell'azione disciplinare.

Il deputato Folena è favorevole alla sua ipotesi di testo, pur ritenendo opportuno non prevedere che sia il ministro di grazia e giustizia ad assicurare la formazione alle professioni giudiziarie e forensi. Pur essendo favorevole alla titolarità dell'azione disciplinare in capo al ministro di grazia e giustizia, ritiene opportuno che vi sia una pluralità di titolari, tra le quali un'autorità eletta dal Parlamento.

Il senatore Lisi ritiene opportuno prevedere che, ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, il ministro della giustizia provvede all'organizzazione ed al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, assicura la formazione delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, promuove l'azione disciplinare.

Il senatore Senese è contrario a riservare l'azione disciplinare al ministro: a tal fine ha proposto il seguente testo: «La legge indica gli altri titolari dell'azione disciplinare».

Il senatore Marchetti è favorevole alla previsione di una relazione annuale al Parlamento da parte del ministro di grazia e giustizia sullo stato della giustizia. Tale relazione dovrebbe costituire uno dei compiti del ministro, disciplinati in questo articolo.

Il senatore Maceratini concorda sull'opportunità di una relazione annuale al Parlamento da parte del ministro di grazia e giustizia sullo stato della giustizia. Ritiene che il ministro di grazia e giustizia debba essere titolare esclusivo dell'azione disciplinare e debba far parte del CSM: il ruolo del ministro dev'essere recuperato in quanto anello di congiunzione tra la magistratura ed il sistema democratico.

Quanto all'articolo 111, il senatore Senese ha proposto la seguente formulazione: «Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati».

La Corte Suprema di Cassazione promuove l'unità del diritto oggettivo nazionale attraverso l'uniforme applicazione della legge e l'ordinata evoluzione della giurisprudenza.

Il ricorso per Cassazione, nei casi previsti dalla legge, è ammesso solo per violazione di norme di diritti. Può essere ammesso anche per vizio di motivazione contro le sentenze di condanna per gravi delitti.

È sempre ammesso ricorso per cassazione contro i provvedimenti restrittivi della libertà personale e le sentenze in materia penale pronunciate in unico grado».

In seguito, si è dichiarato favorevole alla formulazione proposta dal senatore Russo e, comunque, ad una riformulazione del testo relativamente al ricorso per cassazione nei seguenti termini: «Il ricorso per cassazione è ammesso solo per violazione di legge e sempre per i provvedimenti sulla libertà personale».

Il senatore Pellegrino si è pronunciato per la soppressione del testo vigente del terzo comma («Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione»). Ritiene inoltre preferibile lasciare al legislatore la facoltà di prevedere l'esercizio diretto dell'azione penale da parte della polizia e della persona offesa dal reato. Circa l'azione penale, condivide la proposta formulata dal senatore Senese di consentire al pubblico ministero di richiedere il proscioglimento o l'archiviazione qualora ravvisi l'inoffensività del fatto. Tale previsione, per esigenze di bilanciamento, dovrebbe essere accompagnata dall'inserimento di un principio che richiami quello di cui all'articolo 25, secondo comma (nulla poena sine lege), precisando che le norme incriminatrici, in quanto di stretta interpretazione, escludono non solo l'applicazione analogica, ma anche quella estensiva.

Il senatore Russo ha proposto il seguente testo dell'articolo 111, facendo presente che in tale ipotesi l'attuale articolo 111 diventerebbe articolo 112. La giurisdizione in materia civile, penale e amministrativa si attua mediante giusti processi regolati dalla legge.

Ogni processo deve svolgersi nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità, davanti a giudice imparziale.

La persona accusata di un reato deve essere informata, nel più breve tempo possibili, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; deve poter disporre del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; deve avere la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico e di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle dell'accusa; deve essere assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

La legge assicura gli strumenti per rendere effettivo l'esercizio del diritto di difesa, anche da parte di chi non ha mezzi adeguati, in ogni fase del giudizio civile, penale e amministrativo, e per garantire che la decisione intervenga in un tempo ragionevole».

Il deputato Parenti, in riferimento al testo del terzo comma proposto dal senatore Russo, si dichiara favorevole ad una disciplina che ponga accusa e difesa sullo stesso piano e garantisca l'imparzialità del giudice.

Il deputato Bressa è favorevole alla seconda ipotesi di modifica da lui proposta.

Il senatore Zecchino è favorevole alla ipotesi di testo proposta dal senatore Russo, pur rilevando la superfluità dell'ultimo comma in quanto già previsto dal terzo comma dell'articolo 24.

Il senatore Lisi ritiene che l'articolo debba essere formulato nel senso di prevedere che tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati; che contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge; che si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra; e che, infine, contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Il deputato Soda ha prospettato una disposizione in base alla quale la Corte di cassazione, a sezioni unite, garantisca l'uniforme applicazione del diritto in tutto il territorio dello Stato e che preveda altresì l'istituzione presso ogni regione di una o più sezioni della Corte di cassazione.

Il senatore Russo ha proposto inoltre la seguente formulazione che se fosse accolta la sua ipotesi di testo all'articolo 111 andrebbe riferita all'articolo 112: »Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati. Contro le sentenze è sempre ammessa impugnazione (oppure: é sempre ammesso appello ovvero ricorso in cassazione).

Contro i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge.

Contro le decisioni della sezione giurisdizionale del Consiglio di Stato il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione».

Il senatore Marchetti ritiene auspicabile non «andare oltre» la proposta formulata dal senatore Russo.

Relativamente all'articolo 112 il senatore Pellegrino ha proposto la seguente formulazione: «Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. Esercita altresì le azioni e le facoltà di intervento previste dalla legge in difesa della legalità, dei diritti del cittadino e dell'interesse pubblico tutelato dalla legge, nonché l'azione per l'affermazione della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari in mate ria di contabilità pubblica e negli altri casi stabiliti dalla legge».

Ha proposto inoltre un'organizzazione degli uffici del pubblico ministero su base distrettuale.

Il senatore Maceratini ritiene che l'obbligatorietà dell'azione penale vada mantenuta, sia pure con la formula proposta dal senatore Zecchino.

Il senatore Senese ha dichiarato di aderire al testo appena riportato proposto dal senatore Russo; ha proposto peraltro di inserire in tale articolo le seguenti disposizioni: la prima prevede che «La legge determina i casi nei quali l'azione penale è attribuita in via concorrente e sussidiaria anche ad altri soggetti»; la seconda, già contemplata nell'attuale giudizio minorile, prevede che «In caso di effettiva offensività del fatto, il pubblico ministero richiede al giudice di dichiarare l'improcedibilità dell'azione penale».

Il senatore Russo si è dichiarato contrario alla sua proposta concernente il primo comma e ha proposto di aggiungere dopo le parole «il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale» le seguenti: «la legge stabilisce le misure idonee ad assicurare la effettività di tale esercizio». Ritiene inoltre preferibile attribuire al legislatore ordinario la disciplina prevista dalla sua ipotesi di testo per gli ultimi due commi dell'articolo 107.

Il deputato Parenti condivide la sua proposta in base alla quale il ministro di grazia e giustizia, sentito il procuratore generale presso la Corte di cassazione, riferisce annualmente al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi d'indagine.

Il deputato Bressa ritiene preferibile la previsione secondo la quale il ministro di grazia e giustizia riferisca al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi d'indagine, sentito il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Il senatore Zecchino si è chiesto se il riferimento, previsto dal primo comma, alle «modalità stabilite dalla legge», per l'esercizio dell'azione penale sia sufficiente a dare copertura costituzionale alle deroghe al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale già previste dall'ordinamento, come l'istituto del patteggiamento e la non procedibilità nelle ipotesi di tenuità del fatto come avviene nel procedimento minorile.

Il deputato Folena è favorevole all'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero. In riferimento alle «modalità stabilite dalla legge», ritiene opportuno adottate una formulazione che consenta al giudice, su richiesta del pubblico ministero o dell'imputato, di archiviare in caso di mancanza di offensività della fattispecie. Condivide l'ipotesi di testo del secondo comma da lui proposta, concernente la relazione annuale al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale. Ritiene, tuttavia, che sia preferibile non prevedere che il ministro di grazia e giustizia senta prima il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Il senatore Lisi ritiene opportuno prevedere che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, secondo modalità stabilite dalla legge e che il ministro della giustizia, sentito il procuratore generale presso la Corte di cassazione, riferisce annualmente al Parlamento sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

Il senatore Senese ha proposto d'inserire le seguenti disposizioni: la prima prevede che «La legge determina i casi nei quali l'azione penale è attribuita in via concorrente e sussidiaria anche ad altri soggetti»; la seconda, già contemplata nell'attuale giudizio minorile, prevede che «In caso di effettiva offensività del fatto, il pubblico ministero richiede al giudice di dichiarare l'improcedibilità dell'azione penale». Tali disposizioni non potrebbero essere ricomprese nell'articolo 111 dello schema da lui presentato, dal momento che detto articolo disciplina il ricorso per cassazione. A tale riguardo ha suggerito di sopprimere il riferimento alla ricorribilità necessaria delle sentenze.

Passando all'articolo 113, fa presente che il senatore Pellegrino ha proposto, con riferimento al primo comma, la seguente formulazione: «Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale».

Il deputato Bressa si è dichiarato favorevole alla soppressione dell'articolo.

Il senatore Lisi ha proposto di prevedere che contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale con le modalità stabilite dalla legge; che tale tutela giurisdizionale non può essere esclusa o limitata a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti; che la legge determina quali organi di giurisdizione possono annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e con gli effetti previsti dalla legge stessa.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) chiede se sia possibile presentare ipotesi di testo alternative a quella predisposta dal relatore.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, osserva che direttamente alla Commissione sarà possibile presentare proposte emendative allo schema di articolato da lui predisposto.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) chiede se oltre agli emendamenti sia possibile presentare in Commissione testi alternativi rispetto a quello che presenterà il relatore.

Giuliano URBANI, Presidente fa presente che il testo che sarà trasmesso al Presidente della Commissione verrà predisposto dal relatore; sarà poi l'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi a decidere in ordine alle modalità di presentazione di ipotesi di testo alternative.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) rileva che, qualora emergano divergenze non superabili, rimane sempre la soluzione di procedere a voti di indirizzo. Il testo del relatore dovrebbe riflettere l'opinione prevalente in seno al Comitato; se ciò non dovesse accadere dovrebbe essere possibile presentare ipotesi di testo alternative.

Giuliano URBANI, Presidente, rileva che nelle sedute previste per oggi e per domani si svolgerà il dibattito sullo schema di articolato predisposto dal relatore con l'obiettivo di realizzare il massimo consenso possibile. Ma la relazione conclusiva su quanto emerso dalla discussione spetta al relatore.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, osserva che, anche se è compito del relatore predisporre un'ipotesi di testo per la Commissione, rimane ferma la possibilità per ciascuno di presentare emendamenti e ipotesi di testo alternative.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) chiede se è possibile presentare emendamenti in Comitato al testo che il relatore illustrerà tra poco.

Giuliano URBANI, Presidente, osserva che si discuterà il testo predisposto dal relatore proprio allo scopo di valutare se e in quali parti modificarlo.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) propone di ascoltare l'illustrazione che il relatore farà del testo da lui predisposto, rinviando poi alla seduta prevista per stasera alle 20.30 il dibattito su tale testo. Sarà quindi possibile risolvere i quesiti procedurali sollevati da taluni degli intervenuti alla luce di ciò che proporrà il relatore.

Giuliano URBANI, Presidente, ritiene che la proposta del deputato Folena sia condivisibile. Invita quindi il relatore ad illustrare l'ipotesi di articolato annunciata all'inizio della seduta.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) chiede che lo schema di articolato che il relatore illustrerà sia pubblicato nel resoconto sommario.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, dopo aver assicurato che l'ipotesi di articolato che si accinge ad illustrare verrà pubblicata nel resoconto sommario della seduta odierna (v. allegato), premette in ordine all'articolo 99 della Costituzione che, qualora la Commissione addivenisse all'ipotesi di sopprimere il CNEL - come proposto da taluni - in tale articolo andrebbe inserita la disciplina della autorità di garanzia che rappresenta una novità assoluta; mentre se la Commissione decidesse di conservare il CNEL, la disciplina sulle autorità di garanzia troverebbe la sua sede in un apposito articolo, cioè l'articolo 99-bis. Fa presente di aver preferito, nell'ipotesi di testo da lui predisposta, la denominazione «autorità di garanzia», piuttosto che quella di «autorità amministrative indipendenti», ritenendo che debba essere la legge ad assicurare i requisiti e le modalità di nomina dei titolari delle stesse nonché la loro indipendenza nello svolgimento delle funzioni; l'espressione «autorità amministrative indipendenti» inserita nel testo costituzionale potrebbe far pensare alla costituzione di un altro potere dello Stato. Aggiunge che deve a suo avviso trattarsi di poche norme, di una disciplina asciutta, dovendo essere inserita nel testo costituzionale: una disciplina dettagliata in Costituzione potrebbe irrigidire l'ulteriore evoluzione delle autorità di garanzia.

In ordine all'articolo 100, per quanto riguarda il primo comma, ha predisposto due ipotesi, la prima delle quali attribuisce all'Avvocatura dello Stato le funzioni di consulenza giuridico-amministrative del Governo, mentre la seconda ipotesi attribuisce tali funzioni al Consiglio di Stato. A suo avviso a quest'ultimo organo dovrebbero essere attribuite alternativamente o le funzioni consultive o quelle giurisdizionali, certamente non entrambe; per parte sua propende per attribuire al Consiglio di Stato esclusivamente funzioni giurisdizionali, mentre quelle consultive dovrebbero essere svolte esclusivamente dall'Avvocatura dello Stato. Quanto alla Corte dei conti, cui fa riferimento il secondo comma dell'articolo 100, ha prospettato due formulazioni, tra le quali preferisce la prima.

In ordine all'articolo 101, ha ritenuto fosse prevalente l'orientamento favorevole a mantenere il primo comma nel testo attuale; quanto al secondo comma ha predisposto due ipotesi, delle quali preferisce la prima: si tratta di una formulazione su cui nel corso del dibattito sono state espresse riserve, soprattutto dal deputato Parenti. Precisa di aver ritenuto preferibile una formulazione che non fosse troppo dettagliata, come quella che era stata proposta dal senatore Senese, trattandosi di un testo costituzionale. Al quinto comma il testo da lui predisposto propone una norma analoga a quella già contenuta dal terzo comma dell'articolo 24 della Costituzione, raccogliendo così l'indicazione di coloro che hanno sottolineato l'importanza di inserire la norma sulla difesa dei non abbienti nell'articolo 101; occorre pertanto valutare se inserire o meno tale formulazione nel testo dell'articolo 101.

All'articolo 102, in particolare al quarto comma la sua ipotesi di testo prevede che possono essere istituiti giudici speciali, oltre che per la giustizia tributaria, esclusivamente per determinate materie diverse da quella penale e per il solo giudizio di primo grado; il testo da lui proposto reca in parentesi la possibilità di impugnare le pronunce dei giudici di primo grado dinanzi ai giudici ordinari. La parentesi è dovuta al fatto che è incerto sulla opportunità di prevedere tale facoltà espressamente, in quanto potrebbe risultare ultronea.

Quanto all'articolo 103, al primo comma l'ipotesi di articolato da lui predisposta prevede che la giurisdizione amministrativa sia esercitata dai giudici del TAR e da quelli del Consiglio di Stato sulla base di materie omogenee tassativamente indicate dalla legge; in proposito occorre valutare se definire espressamente tale legge come «legge di attuazione», al fine di sottolineare con maggior forza l'esigenza di adottarla. Per quanto riguarda il secondo comma dell'articolo 103 ricorda che si è discusso sull'ipotesi di costituire un apposito ufficio del pubblico ministero presso il giudice amministrativo; richiama quindi l'attenzione dei membri del Comitato su tale problema, che considera ancora aperto. Sempre all'articolo 103 lo schema di articolato propone la soppressione delle funzioni giurisdizionali della Corte dei conti; propone inoltre che i tribunali militari siano istituiti solo per il tempo di guerra o in conformità ad obblighi internazionali. In proposito fa presente che all'articolo 111, al secondo comma, si prevede la possibilità di derogare alla norma per cui è sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra, e non anche per quelle che facciano riferimento ad obblighi internazionali. In merito all'articolo 103 ha predisposto anche un'ipotesi di modifica che attribuisce al Consiglio di Stato funzioni di consulenza giuridico-amministrative; ribadisce in proposito le sue perplessità, rilevando che le funzioni consultive dovrebbero comunque essere disciplinate all'articolo 100 e non all'articolo 103; come ha quindi già fatto presente preferisce la prima ipotesi di testo.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) osserva che nell'ipotesi di modifica n. 2 del secondo comma dell'articolo 103 non si affronta la questione della giurisdizione sulla responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari in materia di contabilità pubblica e nelle altre materie specificate dalla legge, questione che invece viene risolta nell'ipotesi n. 1.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, con riferimento all'osservazione espressa dal senatore Zecchino, riconosce che il problema da lui sollevato deve essere comunque affrontato. Ciò che è importante comunque è far cessare la commistione tra funzioni giurisdizionali e funzioni di consulenza del Consiglio di Stato.

All'articolo 104 il suo schema di articolato prevede tre ipotesi alternative; si tratta infatti dell'articolo sul quale maggiormente si sono riscontrate divergenze tra i componenti del Comitato e in ordine al quale rimane il maggior numero di problemi aperti. La prima delle suddette ipotesi prevede che i giudici ordinari e amministrativi nonché i magistrati inquirenti costituiscono un ordine autonomo e indipendente dai poteri dello Stato; prevede inoltre per la magistratura ordinaria un Consiglio superiore composto da due sezioni, di cui una per i giudici e l'altra per i magistrati inquirenti. A tale ipotesi è connessa la proposta di istituire un organo di autogoverno per la magistratura amministrativa, per cui dovrebbe essere inserito a tal fine un ulteriore articolo, il 104-bis. Nell'ipotesi in cui si concordi sulla soluzione di prevedere un pubblico ministero unico, soltanto il CSM dovrebbe prevedere un'apposita sezione per i magistrati inquirenti, mentre se si addivenisse all'ipotesi di costituire un ufficio del pubblico ministero anche presso il giudice amministrativo, allora anche il Consiglio superiore della magistratura amministrativa dovrebbe avere un'apposita sezione per i magistrati inquirenti. Nell'ipotesi di modifica n. 2, si prevede che il Consiglio superiore della magistratura sia unico e formato da tre sezioni, di cui una per la magistratura ordinaria, un'altra per la magistratura amministrativa e un'altra ancora per i magistrati inquirenti. L'ipotesi di modifica n. 3 prevede egualmente un unico Consiglio superiore della magistratura, senza contemplare alcuna distinzione in sezioni. Fa presente di riconoscersi maggiormente nella prima ipotesi, non tanto per sue personali valutazioni, ma perché ritiene che essa rappresenti una soluzione di possibile mediazione. Non ha ritenuto invece di proporre al Comitato l'ipotesi di due Consigli superiori distinti, per i giudici e per i magistrati inquirenti, in quanto su questa non si sarebbero potute realizzare convergenze.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) chiede chiarimenti sul primo comma dell'articolo 104 laddove il relatore propone di prevedere che i giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti costituiscono un ordine autonomo e indipendente dai poteri dello Stato; in particolare chiede se l'espressione «dai poteri dello Stato» sottenda ad una precisa scelta politica, in quanto si sarebbe potuto anche parlare di indipendenza «da ogni potere» o «da ogni altro potere».

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, riferendosi al quesito posto dal deputato Folena, fa presente di aver operato solo una scelta tecnica, avendo ritenuto più chiara l'espressione «ordine autonomo e indipendente dai poteri dello Stato». Rileva quindi che nell'ipotesi di modifica n. 1 dell'articolo 104, al secondo comma, non si prevede il potere del Presidente della Repubblica di formare l'ordine del giorno del CSM - potere invece previsto nelle ipotesi di modifica n. 2 e 3 - in quanto nel dibattito sono emerse in proposito opinioni contrastanti; pur giudicando, per parte sua, che tale previsione sarebbe opportuna, non la ha, tuttavia inserita nella ipotesi n. 1, che è quella che ritiene possa rappresentare una soluzione di possibile compromesso, si intende nel senso alto del termine. Al terzo comma dell'articolo 104 si prevede che faccia parte del CSM il ministro della giustizia, ovviamente senza diritto di voto; già oggi il ministro della giustizia partecipa alle sedute del CSM, ma non in virtù di una norma costituzionale. Ha ritenuto invece di proporre l'inserimento di tale norma in quanto a suo avviso non inserire tale disposizione nel testo costituzionale sarebbe un'ipocrisia. Nelle ipotesi di modifica da lui predisposte all'articolo 104 al quarto comma si propone inoltre un rinvio alla legge ordinaria per la determinazione del numero dei componenti di ciascuna sezione da cui dovrebbe essere composto il CSM. Al quinto comma ha proposto di prevedere che contro i provvedimenti delle sezioni del CSM sia ammessa tutela giurisdizionale solo dinanzi alle sezioni riunite, evitando così i reclami incrociati, prospettati dal senatore Pellegrino, che potrebbero a suo avviso determinare un ingorgo di interessi trasversali tra il Consiglio superiore della magistratura ordinaria e quello della magistratura amministrativa.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) chiede al relatore la ragione per cui non ha proposto nella sua ipotesi di articolato l'istituzione della Corte di giustizia della magistratura.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, rispondendo al quesito del senatore Senese, fa presente di non aver proposto l'ipotesi di istituire la Corte di giustizia della magistratura, avendo ritenuto preferibile - almeno in prima battuta - proporre di inserire nella Costituzione la creazione di un'apposita sezione disciplinare, prospettata anche nel corso delle audizioni svolte dalla Commissione, tra gli atti dello stesso procuratore generale presso la Corte di cassazione; sul punto tuttavia si dichiara aperto fino all'ultimo a ulteriori proposte.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) chiede al relatore se le parole «solo innanzi alle sezioni riunite» previste dalle ipotesi di modifica da lui predisposte per il quinto comma dell'articolo 104 valgano ad escludere il ricorso per cassazione.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, riferendosi al quesito del senatore Maceratini, risponde che l'espressione «solo innanzi alle sezioni riunite» è intesa ad escludere soltanto il ricorso al TAR.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia), chiede come sia possibile escludere il ricorso al TAR contro i provvedimenti delle sezioni del CSM, che sono atti amministrativi.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ribadisce che l'articolo 104 della Costituzione è quello su cui sono rimaste aperte il maggior numero di questioni ed è quindi quello più esposto a ipotesi di modifica.

Il deputato Antonio SODA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), riferendosi al sesto comma delle ipotesi di modifica riferite all'articolo 104, chiede se sia opportuno prevedere che i componenti laici di ciascuna sezione del CSM possano essere avvocati con quindici anni di esercizio; infatti dopo la soppressione dell'albo dei procuratori legali avvenuta recentemente quindici anni potrebbero essere pochi.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, riferendosi all'osservazione del deputato Soda, fa presente che sul punto è possibile un'ulteriore riflessione. Ciò che per lui è importante è che i membri laici del CSM non debbano essere espressi dalle categorie, ma dal Parlamento che è espressione della sovranità popolare.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) chiede perché le diverse proporzioni tra togati e laici all'interno del CSM (metà e metà ovvero tre quinti e due quinti) non siano state riferite a tutte le ipotesi di testo predisposte dal relatore.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, riferendosi all'osservazione del deputato Parenti, precisa di aver inteso evitare di proporre troppe ipotesi di modifica alternative; le ipotesi da lui formulate possono peraltro essere incrociate, fermo restando che la soluzione da lui preferita è comunque l'ipotesi di modifica n. 1, perché quella che a suo avviso più probabilmente può raccogliere consensi. Per quanto in particolare riguarda l'articolo 104, all'ipotesi di modifica n. 1 è connessa la proposta di inserire un articolo 104-bis che istituisce un Consiglio superiore della magistratura amministrativa.

Riferendosi quindi all'articolo 105, fa presente di aver proposto nelle sue ipotesi di modifica che il CSM adotti provvedimenti amministrativi; ha proposto inoltre l'ipotesi di modifica n. 2 che riprende una proposta del senatore Zecchino.

Quanto all'articolo 106 osserva che a suo avviso occorre inserire in modo più definito nel testo costituzionale la distinzione netta tra funzioni giudicanti e funzioni inquirenti, pur senza giungere alla soluzione di una separazione delle carriere tra magistrati giudicanti e magistrati inquirenti.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) osserva che al quarto comma dell'articolo 106 sarebbe preferibile prevedere l'impossibilità di svolgere le funzioni inquirenti e quelle giudicanti nello stesso distretto, invece che nella «medesima regione» come proposto dal relatore.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, riferendosi all'osservazione del senatore Marchetti, precisa che l'ipotesi di modifica da lui proposta per il quarto comma dell'articolo 106 è quella che ha raccolto maggiori consensi.

In ordine all'articolo 107, richiama l'attenzione dei membri del Comitato sul quarto comma dell'ipotesi di modifica n. 1 da lui predisposta: ha ritenuto infatti di proporre la possibilità di una deroga al principio dell'inamovibilità dei magistrati, sia pure con le dovute garanzie per gli interessati. Al quinto comma ha ritenuto di far riferimento ai principi di correttezza e di riservatezza, e non al principio di imparzialità che riguarda soltanto il giudice, e non anche i magistrati inquirenti. Per quanto riguarda la possibilità per i magistrati di partecipare alle competizioni elettorali, l'ipotesi di modifica da lui proposta prevede che tale possibilità sia consentita soltanto se i magistrati si dimettano prima della presentazione delle liste elettorali; sul punto il senatore Zecchino aveva proposto che ciò dovesse avvenire tre anni prima di tale presentazione. Passando all'articolo 110, la sua ipotesi di modifica propone che venga assicurata una comune formazione propedeutica per l'esercizio delle professioni giudiziarie e quelle forensi, avendo tutti i componenti del Comitato manifestato il loro consenso per tale innovazione. Inoltre molti hanno ritenuto che fosse opportuno inserire un rinvio alla legge ordinaria per la possibilità di individuare altri titolari dell'azione disciplinare oltre al Ministro della giustizia.

Per quanto riguarda l'articolo 111, chiede ai componenti del Comitato di vagliare sotto il profilo tecnico la formulazione del secondo comma della ipotesi di modifica n. 1, che fa riferimento, oltre che alle sentenze e ai provvedimenti sulla libertà personale, anche alle perquisizioni, ai sequestri in materia penale e alle intercettazioni.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) chiede il motivo per cui il relatore nell'ipotesi di modifica riferita al secondo comma dell'articolo 111 ha fatto riferimento ai provvedimenti pronunciati anche da organi giurisdizionali speciali, considerato che non risulta che tali organi possano emettere provvedimenti sulla libertà personale, perquisizioni, sequestri e intercettazioni.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, rispondendo al quesito del deputato Parenti, precisa che il riferimento agli organi giurisdizionali speciali è già presente nell'attuale testo del secondo comma dell'articolo 111. Si tratta comunque di un problema tecnico su cui si potrà riflettere. Per quanto riguarda il terzo comma delle ipotesi di modifica da lui predisposte con riferimento all'articolo 111, precisa di condividere integralmente sia l'ipotesi n. 1, che l'ipotesi n. 2, pur rilevando che quest'ultima - proposta dal senatore Russo - appare eccessivamente dettagliata per essere inserita in un testo costituzionale. Comunque non si tratta di alternative di natura politica, bensì tecnica. Sempre all'articolo 111 ha recepito la proposta di inserire il riferimento alla riserva di codice per le nuove norme penali.

All'articolo 112 l'ipotesi di modifica n. 1 da lui predisposta prevede che il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale «secondo modalità stabilite dalla legge»; su quest'ultima espressione vi sono state molte polemiche a suo avviso strumentali e alimentate dall'infondato sospetto di voler limitare il potere di esercizio dell'azione penale, mentre l'intenzione è sempre stata quella di disciplinarne le modalità. L'espressione citata quindi dovrebbe essere quella preferibile. L'ipotesi di modifica n. 2, sempre riferita all'articolo 112, reca anche una proposta che è stata formulata dal senatore Senese, proposta su cui tuttavia manifesta perplessità di carattere tecnico. L'ipotesi di modifica dell'articolo 112 prevede inoltre che il ministro della giustizia riferisca annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine; ha ritenuto di non ripresentare la norma - presente nelle precedenti ipotesi di articolato - in base alla quale il ministro avrebbe dovuto consultarsi con il procuratore generale presso la Corte di cassazione.

Riferendosi all'articolo 113, fa presente che nella sua ipotesi di modifica non compare ovviamente più il riferimento agli interessi legittimi.

Passando alla disciplina relativa alla Corte costituzionale, sottolinea che all'articolo 134 le ipotesi di modifica da lui predisposte aggiungono al testo attualmente vigente la competenza in materia di ammissibilità dei referendum abrogativi che è già attribuita alla Corte costituzionale, ma dalla legge ordinaria; aggiungono inoltre una norma che prevede la possibilità per il cittadino di presentare ricorsi alla Corte costituzionale qualora si ritenga leso in uno dei suoi diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione da un atto dei pubblici poteri. In merito a quest'ultimo punto l'ipotesi di modifica n. 1 propone di prevedere che il ricorso diretto alla Corte sia consentito soltanto qualora non sia dato altro mezzo di tutela; mentre l'ipotesi n. 2 non prevede tale limitazione. Per evitare che la Corte sia sommersa dai ricorsi, come è avvenuto in altri ordinamenti, preferisce l'ipotesi n. 1.

All'articolo 135 propone una composizione della Corte da 16 a 20 giudici, un quarto dei quali nominati dai consigli regionali; propone inoltre di prevedere una incompatibilità successiva alla scadenza del mandato e una disposizione intesa ad evitare presidenze troppo brevi, quali quelle che si sono avute recentemente. Sempre all'articolo 135 l'ipotesi di modifica n. 2 prevede al settimo comma la costituzione di una sezione speciale composta da tre giudici al fine di valutare l'ammissibilità dei ricorsi presentati per la tutela dei diritti fondamentali; se tale soluzione dovesse registrare la prevalenza dei consensi, allora sarebbe la sezione speciale a fungere da filtro per quanto riguarda i ricorsi diretti dei cittadini.

All'articolo 136 l'ipotesi di modifica n. 1 premette un comma che prevede la tipizzazione delle sentenze della Corte costituzionale; al comma successivo propone di prevedere che la Corte possa differire per non più di un anno l'efficacia delle sue sentenze dichiarative dell'illegittimità costituzionale di una norma di legge o di un atto avente forza di legge; al terzo comma propone di prevedere l'istituto dell'opinione dissenziente.

All'articolo 137 l'ipotesi di modifica n. 1 prevede al secondo comma una norma a tutela delle opposizioni: si propone infatti che un quinto dei componenti di ciascuna Camera possa sollevare la questione di illegittimità costituzionale di una legge entro quindici giorni dalla sua pubblicazione e che la Corte debba decidere nei sessanta giorni successivi. Si tratta di una norma che consente alle opposizioni di sollevare la questione di illegittimità costituzionale soltanto dopo la pubblicazione della legge, in modo da evitare manovre ostruzionistiche e da preservare comunque il potere del Presidente della Repubblica di rinviare le leggi alle Camere. Tale norma potrebbe essere collocata anche nella sezione riguardante la formazione delle leggi, attraverso l'inserimento di un apposito articolo, ad esempio l'articolo 74-bis.

Ritiene infine sia opportuno rinviare ad una fase successiva dell'esame la definizione di una disciplina transitoria.

Giuliano URBANI, Presidente, rinvia quindi il seguito dell'esame alla seduta prevista per questa sera alle 20.30.

La seduta termina alle 13,50.



ALLEGATO N. 1

ULTERIORE ELABORAZIONE DELLA BOZZA CONTENENTE

IPOTESI DI TESTO RIFERITE AGLI ARTICOLI DA 100 A 113 DELLA COSTITUZIONE E PRIME IPOTESI DI ARTICOLATO IN MATERIA DI CORTE COSTITUZIONALE (ARTICOLI 134-137), AUTORITA' DI GARANZIA (ARTICOLO 99 O 99-BIS) E DIFENSORE CIVICO (ARTICOLO 97-BIS) ( )

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

( ) Le precedenti bozze contenenti ipotesi di testo riferite agli articoli da 100 a 113 della Costituzione sono state distribute ai membri del Comitato e messe a disposizione dei componenti della Commissione, ma non pubblicate.


Articolo 101

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

La giustizia è amministrata in nome del popolo.

Identico.

Identico.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati inquirenti sono soggetti alla legge e alle norme dell'ordinamento giudiziario che assicurano il coordinamento degli uffici del pubblico ministero.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati inquirenti sono soggetti alla legge e alle norme dell'ordinamento giudiziario che assicurano il coordinamento interno e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

 

La tutela giurisdizionale si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

La tutela giurisdizionale si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

 

Il procedimento si svolge in condizioni di parità, nel contraddittorio tra le parti, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale.

Il procedimento si svolge in condizioni di parità, nel contraddittorio tra le parti, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale.

 

La legge assicura gli strumenti per rendere effettiva la possibilità di agire e difendersi, davanti ad ogni giurisdizione, anche da parte dei non abbienti.

La legge assicura gli strumenti per rendere effettiva la possibilità di agire e difendersi, davanti ad ogni giurisdizione, anche da parte dei non abbienti.

 


Articolo 102

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata da giudici ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

 

Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali. Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Non possono essere istituiti giudici straordinari.

Presso gli organi giudiziari (ordinari e amministrativi) possono istituirsi sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Possono essere istituiti giudici speciali, oltre che per la giustizia tributaria, esclusivamente per determinate materie diverse da quella penale e per il solo giudizio di primo grado (con facoltà di impugnazione dinanzi a giudici ordinari).

La legge stabilisce per quali materie possono essere nominati giudici non professionali, anche al fine di giudizi di sola equità.

 

 

(N.B.: Resta salvo il disposto del comma 3 dell'articolo 113).

 

La legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo all'amministrazione della giustizia.

Identico.

 

 


Articolo 103

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa hanno giurisdizione per la tutela nei confronti della pubblica amministrazione degli interessi legittimi e, in particolari materie indicate dalla legge, anche dei diritti soggettivi

La giurisdizione amministrativa è esercitata dai giudici dei tribunali amministrativi regionali e del Consiglio di Stato sulla base di materie omogenee tassativamente indicate dalla legge (di attuazione).

La giurisdizione amministriva è esercitata dai giudici dei tribunali amministrativi regionali e dai giudici del Consiglio di Stato sulla base di materie omogenee tassativamente indicate dalla legge (di attuazione).

 

(n.b.: tale disposizione comporta la soppressione del comma 2 dell'articolo 125).

(n.b.: tale disposizione comporta la soppressione del comma 2 dell'articolo 125).

 

Il giudice amministrativo, su iniziativa del Pubblico ministero (costituito presso la giurisdizione amministrativa), giudica della responsabilità patrimoniale dei pubblici funzionari in materia di contabilità pubblica e nelle altre materie specificate dalla legge.

Il Consiglio di Stato è anche organo di consulenza giuridico-amministrativa. E' formato da sezioni giurisdizionali e da sezioni consultive, composte da magistrati che non possono transitare dall'una all'altra funzione.

Oppure:

La legge demanda al Consiglio di Stato il compito di esprimere pareri preventivi su atti normativi e generali e assicura la separazione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali.

Oppure:

La giurisdizione amministrativa è esercitata dal Consiglio di Stato e dai tribunali amministrativi di prima e seconda istanza.

Nella giurisdizione amministrativa il Consiglio di Stato esercita le funzioni di giudice di ultima istanza assicurando l'uniforme applicazione della legge nonchè la funzione di giudice di unico grado per le controversie relative agli atti delle Autorità di garanzia.

La Corte dei conti ha giurisdizione nelle materie di contabilità pubblica e nelle altre specificate dalla legge.

Soppresso.

Soppresso.

I Tribunali militari in tempo di guerra hanno la giurisdizione stabilita dalla legge. In tempo di pace hanno giurisdizione soltanto per i reati militari commessi da appartenenti alle forze armate.

I Tribunali militari sono istituiti solo per il tempo di guerra o in conformità ad obblighi internazionali ed hanno la giurisdizione stabilita dalla legge.

I Tribunali militari sono istituiti solo per il tempo di guerra o in conformità ad obblighi internazionali ed hanno la giurisdizione stabilita dalla legge.

 


Articolo 104

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Ipotesi di modifica n. 3

La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti costituiscono un ordine autonomo e indipendente dai poteri dello Stato.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti costituiscono un ordine autonomo e indipendente dai poteri dello Stato.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti costituiscono un ordine autonomo e indipendente dai poteri dello Stato.

Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica (da precisare in relazione alla forma di governo).

Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno (da precisare in relazione alla forma di governo).

Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno (da precisare in relazione alla forma di governo).

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione e il ministro della giustizia.

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione, il presidente del Consiglio di Stato e il ministro della giustizia.

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione, il presidente del Consiglio di Stato e il ministro della giustizia.

 

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i magistrati inquirenti. Il numero dei componenti ciascuna sezione è determinato dalla legge.

Il Consiglio superiore della magistratura si compone di una sezione per i giudici ordinari, di una sezione per i giudici amministrativi e di una sezione per i magistrati inquirenti. Il numero dei componenti ciascuna sezione è determinato dalla legge.

 

 

Contro i provvedimenti delle sezioni è ammessa tutela giurisdizionale solo innanzi alle sezioni riunite. La legge stabilisce le ulteriori funzioni e competenze delle sezioni riunite.

Contro i provvedimenti delle sezioni è ammessa tutela giurisdizionale solo innanzi alle sezioni riunite. La legge stabilisce le ulteriori funzioni e competenze delle sezioni riunite.

 

Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per tre quinti dai giudici ordinari e dai magistrati inquirenti tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per metà dai giudici ordinari e amministrativi e dai magistrati inquirenti tra gli appartenenti alle varie categorie e per metà dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Gli altri componenti sono eletti per tre quinti dai giudici ordinari, amministrativi e dai magistrati inquirenti tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

 

oppure:

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per tre quinti dai giudici ordinari e dai magistrati inquirenti tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo). I membri eletti dal Parlamento sono scelti per metà tra professori ordinari di università in materie giuridiche e per metà tra avvocati dopo quindici anni di esercizio.

oppure:

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per metà dai giudici ordinari e ammi-nistrativi e dai magi-strati inquirenti tra gli appartenenti alle varie categorie e per metà dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo). I membri eletti dal Parlamento sono scelti per metà tra professori ordinari di università in materie giuridiche e per metà tra avvocati dopo quindici anni di esercizio.

 

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

Tra i componenti designati dal Parlamento il Consiglio elegge un vice presidente e ciascuna sezione elegge il proprio presidente.

Tra i componenti designati dal Parlamento il Consiglio elegge un vice presidente e ciascuna sezione elegge il proprio presidente.

Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

 

La sezione disciplinare del Consiglio è eletta nel suo seno per metà tra i componenti designati dai giudici e dai magistrati inquirenti e per metà tra quelli designati dal Parlamento. I membri della sezione non partecipano alle altre attività del Consiglio.

La sezione disciplinare del Consiglio è eletta nel suo seno per metà tra i componenti designati dai giudici ordinari, amministrativi e magistrati inquirenti e per metà tra quelli designati dal Parlamento. I membri della sezione non partecipano alle altre attività del Consiglio.

La sezione disciplinare del Consiglio è eletta nel suo seno per metà tra i componenti designati dai giudici ordinari, amministrativi e magistrati inquirenti e per metà tra quelli designati dal Parlamento. I membri della sezione non partecipano alle altre attività del Consiglio.

 

Il Presidente della sezione disciplinare è eletto nel suo seno tra i componenti designati dal Parlamento.

(Contro le sentenze della sezione disciplinare è ammesso ricorso in Cassazione.

NB: comma presumibilmente superfluo in relazione a quanto già previsto dall'articolo 111 Cost.).

Il Presidente della sezione disciplinare è eletto nel suo seno tra i componenti designati dal Parlamento.

(Contro le sentenze della sezione disciplinare è ammesso ricorso in Cassazione.

NB: comma presumibilmente superfluo in relazione a quanto già previsto dall'articolo 111 Cost.).

Il Presidente della sezione disciplinare è eletto nel suo seno tra i componenti designati dal Parlamento.

(Contro le sentenze della sezione disciplinare è ammesso ricorso in Cassazione.

NB: comma presumibilmente superfluo in relazione a quanto già previsto dall'articolo 111 Cost.).

 

Il ministro della giustizia partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni delle sezioni riunite e di ciascuna sezione del Consiglio e può presentare proposte e richieste.

Il ministro della giustizia partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni delle sezioni riunite e di ciascuna sezione del Consiglio e può presentare proposte e richieste.

Il ministro della giustizia partecipa, senza diritto di voto, alle riunioni del Consiglio e può presentare proposte e richieste.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento italiano ed europeo o di un Consiglio regionale.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento italiano ed europeo o di un Consiglio regionale.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento italiano ed europeo o di un Consiglio regionale.

 


Articolo 104-bis

 

Ipotesi n. 1

Ipotesi n. 2

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente della Repubblica (da precisare in relazione alla forma di governo).

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno (da precisare in relazione alla forma di governo).

Ne fanno parte di diritto il presidente del Consiglio di Stato (l'eventuale procuratore generale del Consiglio di Stato) e il ministro della giustizia, che partecipa alle riunioni senza diritto di voto e può presentare proposte e richieste.

Ne fanno parte di diritto il presidente del Consiglio di Stato (l'eventuale procuratore generale del Consiglio di Stato) e il ministro della giustizia, che partecipa alle riunioni senza diritto di voto e può presentare proposte e richieste.

Gli altri componenti sono eletti tre quinti da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per metà dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

La sezione disciplinare del Consiglio è eletta nel suo seno per metà tra i componenti designati dai giudici amministrativi (e magistrati inquirenti) e per metà tra quelli designati dal Parlamento. I membri della sezione non partecipano alle altre attività del consiglio.

La sezione disciplinare del Consiglio è eletta nel suo seno per metà tra i componenti designati dai giudici amministrativi (e magistrati inquirenti) e per metà tra quelli designati dal Parlamento. I membri della sezione non partecipano alle altre attività del consiglio.

Il presidente della sezione disciplinare è eletto nel suo seno tra i componenti designati dal Parlamento.

Il presidente della sezione disciplinare è eletto nel suo seno tra i componenti designati dal Parlamento.

(Contro le sentenze della sezione disciplinare è ammesso ricorso in Cassazione - NB: comma presumibilmente superfluo in relazione a quanto previsto dall'articolo 111 Cost.).

(Contro le sentenze della sezione disciplinare è ammesso ricorso in Cassazione - NB: comma presumibilmente superfluo in relazione a quanto previsto dall'articolo 111 Cost.).

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Non possono, finchè sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, nè far parte del Parlamento italiano ed europeo o di un Consiglio regionale.

Non possono, finchè sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, nè far parte del Parlamento italiano ed europeo o di un Consiglio regionale.

N.B.: l'introduzione dell'articolo 104-bis è conseguente all'ipotesi di modifica prevista n 1 all'articolo 104 (CSM per la sola magistratura ordinaria). In relazione alle ipotesi di modifica nn. 2 e 3, sempre all'articolo 104 (unico CSM per magistrati ordinari e amministrativi), l'articolo 104-bis non è previsto.

La possibilità di prevedere due sezioni anche per il Consiglio superiore della magistratura amministrativa dipende dalla eventuale istituzione del pubblico ministero presso la giurisdizione amministrativa.


Articolo 105

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.

Spettano ai (ovvero: alle sezioni dei) Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, i provvedimenti amministrativi riguardanti le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici e dei magistrati inquirenti.

Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, i provvedimenti amministrativi riguardanti le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici e dei magistrati inquirenti.

 

Il Consiglio superiore della magistratura non può adottare atti o deliberazioni di indirizzo politico.

Il Consiglio superiore della magistratura non può adottare deliberazioni di indirizzo politico o altri atti di indirizzo in ordine all'interpretazione delle leggi e all'organizzazione giudiziaria.

 


Articolo 106

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.

Le nomine di tutti i magistrati hanno luogo per concorso.

 

 

Tutti i magistrati esercitano inizialmente funzioni giudicanti in organi collegiali per un periodo di almeno tre anni, al termine del quale il Consiglio superiore della magistratura (ordinaria) può assegnarli, con decisione motivata e previa specifica valutazione attitudinale, all'esercizio di funzioni inquirenti.

Il passaggio tra l'esercizio delle funzioni giudicanti e inquirenti è successivamente consentito solo a seguito di concorso riservato, secondo modalità stabilite dalla legge.

In nessun caso le funzioni inquirenti e quelle giudicanti possono essere svolte nella medesima regione.

 

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.

Identico.

 

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano venti (quindici) anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

 

 

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche negli altri gradi della giurisdizione.

 

 


Articolo 107

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti sono inamovibili.

Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici e dei magistrati inquirenti.

Per assicurare la funzionalità della giustizia il Consiglio superiore della magistratura può tuttavia assegnare i giudici e i magistrati inquirenti ad altre sedi, con decisione adottata in contraddittorio con l'interessato e sulla base di criteri oggettivi predeterminati.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti sono inamovibili.

Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici e dei magistrati inquirenti.

Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare.

Soppresso (ma vedi art. 110).

Soppresso (ma vedi art. 110).

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

Identico.

Identico.

Il Pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

Soppresso (ma vedi art. 101).

Soppresso (ma vedi art. 101)

 

Nell'esercizio delle rispettive funzioni, i giudici e i magistrati inquirenti si attengono ai principi di correttezza e riservatezza.

Nell'esercizio delle rispettive funzioni, i giudici e i magistrati inquirenti si attengono ai principi di correttezza e riservatezza.

 

L'ufficio di giudice ordinario e amministrativo e di magistrato inquirente è incompatibile con qualunque altro ufficio, incarico e professione. I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti non possono far parte di collegi arbitrali né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni. Possono partecipare alle competizioni elettorali solo se si dimettono prima della presentazione delle liste elettorali.

L'ufficio di giudice e di magistrato del Pubblico ministero è incompatibile con qualunque altro ufficio, incarico e professione, fatte salve le altre cause di incompatibilità e di ineleggibilità previste dalla legge. I magistrati non possono far parte di collegi arbitrali né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche amministrazioni.

 


Articolo 108

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

 

 

Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge.

Le norme sugli ordinamenti giudiziari ordinario e amministrativo sono stabilite esclusivamente con legge.

La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del Pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.

Identico.

 


Articolo 109

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica

Art. 109

L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.

Art. 109

Identico.

 


Articolo 110

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica

Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al Ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, il Ministro della giustizia provvede all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, assicura la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, promuove l'azione disciplinare.

La legge può individuare altri soggetti titolari dell'azione disciplinare.

 


Articolo 111

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Identico.

Identico.

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, le perquisizioni, i sequestri in materia penale e le intercettazioni pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei Tribunali militari in tempo di guerra.

 

I provvedimenti che limitano i diritti e le libertà della persona sono adottati esclusivamente dai giudici con atto motivato nei soli casi e modi previsti dalla legge.

Fatti salvi i casi eccezionali di necessità e urgenza, tassativamente indicati dalla legge, i provvedimenti che limitano i diritti e le libertà della persona sono adottati in contraddittorio tra le parti.

La persona accusata di un reato deve essere informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; deve poter disporre del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; deve avere la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico; deve avere la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; deve essere assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

 

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Contro le decisioni del Consiglio di Stato il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Contro le decisioni del Consiglio di Stato il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

 


Articolo 112

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

 

 

 

Il Pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.

L'ufficio del pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale, secondo modalità stabilite dalla legge.

Il Pubblico Ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. La legge stabilisce le misure idonee ad assicurarne l'effettivo esercizio.

La legge stabilisce i casi in cui l'azione penale è attribuita in via sussidiaria e concorrente ad altri soggetti.

 

Il ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

 

(omissis)


COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta NOTTURNA

di giovedì 29 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 


La seduta comincia alle 21,10.

Giuliano URBANI, Presidente, ricorda che nella seduta di domani occorre decidere se concludere il dibattito nella seduta medesima ovvero se convocare nuovamente il Comitato per martedì 6 maggio.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) chiede se vi sarà una ulteriore riformulazione della bozza di articolato predisposta dal relatore, rilevando che non avrebbe altrimenti senso svolgere un dibattito che sarebbe soltanto ripetitivo.

Giuliano URBANI, Presidente, fa presente che l'obiettivo massimo da perseguire è quello di pervenire alla formulazione di un testo del tutto privo di opzioni alternative; ritiene che tale obiettivo non potrà essere raggiunto, ma rileva che occorrerà comunque cercare di avvicinarvisi quanto più possibile. Pertanto, a conclusione del dibattito il relatore potrà auspicabilmente eliminare alcune delle opzioni alternative che ancora figurano nella bozza di articolato.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) ritiene impossibile pervenire ad un testo unico, essendovi già adesso opzioni che non risultano accolte nella bozza predisposta dal relatore. Pertanto, non può precludersi la possibilità per tutti di presentare emendamenti o testi alternativi.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che - secondo l'ordine dei lavori a suo tempo deciso - è sua intenzione riservarsi, al termine della seduta di domani, di prendere atto degli esiti del dibattito formulando una ulteriore bozza di articolato, nel tentativo di avvicinarsi all'obiettivo di un testo quanto più possibile privo di opzioni alternative. Rileva inoltre che la bozza di articolato da lui predisposta riguarda anche argomenti sui quali non si è finora svolto dibattito, per cui è necessario che i componenti del Comitato si pronuncino riguardo a tali argomenti. Fa altresì presente che accompagnerà il testo con una relazione scritta, nella quale darà atto delle posizioni su cui non si è realizzata una possibile convergenza maggioritaria. La bozza presentata nella seduta di questa mattina non può pertanto considerarsi definitiva, essendo suo intendimento tenere conto di tutto quanto emergerà dal dibattito, fino alla sua conclusione.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva che la ulteriore rielaborazione dell'articolato non potrà ovviamente essere pronta per domani, ma soltanto per martedì 6 maggio. È pertanto necessario prevedere una riunione anche per tale data.

La attuale difficoltà è connessa alla circostanza che il Comitato ha di fronte a sé una ipotesi di testo che contiene numerose opzioni alternative. È quindi opportuno raccogliere adesso osservazioni ed indicazioni. La prossima bozza di articolato, se non del tutto priva di alternative, dovrà comunque essere tale da consentire a singoli e a gruppi di riconoscersi nelle sue formulazioni oppure di presentare emendamenti e testi alternativi.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, dichiara di accogliere l'invito formulato dal deputato Folena.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) rileva che le diverse ipotesi formulate dal relatore con riferimento ai vari articoli della Costituzione risultano in effetti abbastanza simili fra di loro, per cui potrebbe anche dirsi che in fondo un testo c'è già. Un articolato, però, deve fondarsi su una precisa scelta politica, cosa che invece non può dirsi sia avvenuta. In ogni caso, devono poter essere formulate scelte alternative.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che non è tuttavia possibile tornare alle posizioni di partenza, ponendo così nel nulla tutto il lavoro svolto dal Comitato.

Giuliano URBANI, Presidente, riassumendo le risultanze del dibattito svoltosi, rileva che nel corso della presente seduta e di quella convocata per domani alle ore 15 la discussione potrà offrire al relatore ulteriori elementi per perfezionare la sua bozza di articolato, che sarà presentata dal relatore al Comitato in una seduta che sarà convocata per martedì 6 maggio alle ore 10. Da tale ulteriore bozza le diverse opzioni dovranno essere del tutto espunte o, quanto meno, essere limitate al minimo indispensabile, in modo che ciascuno possa poi presentare in Commissione propri testi alternativi.

Dichiara quindi aperto il dibattito sulla ipotesi di articolato presentata dal relatore nella seduta mattutina di oggi.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) condivide nella sostanza gli articoli 97-bis e 99-bis della ipotesi di articolato illustrata dal relatore nella seduta mattutina. Si limita a fare delle osservazioni di forma; in particolare, all'articolo 97-bis, secondo comma, non condivide il riferimento alla «cattiva amministrazione». Riterrebbe, invece, più opportuno riferirsi alla violazione dei principi di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione di cui all'articolo 97 della Costituzione.

Esprime dubbi sull'ultima parte del secondo comma dell'articolo 97-bis che prevede che il difensore civico segnali agli organi competenti i casi di cattiva amministrazione riscontrati anche ai fini del promuovimento dell'azione di responsabilità nei confronti dei funzionari e dei dipendenti pubblici. Infatti, il promuovimento dell'azione di responsabilità secondo il disposto dell'articolo 28 della Costituzione spetta ai cittadini e non alla pubblica amministrazione.

All'articolo 99-bis ritiene necessario precisare che i poteri sanzionatori attribuiti all'autorità di garanzia non possono essere di tipo penale.

Condivide il primo comma dell'ipotesi di articolato relativo all'articolo 101. Non condivide il secondo comma e preferirebbe le seguenti ipotesi: «i giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge. Le norme dell'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento degli uffici del pubblico ministero» oppure «i magistrati sono soggetti soltanto alla legge. Le norme dell'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento degli uffici del pubblico ministero». Inoltre, non condivide il riferimento ai magistrati inquirenti preferendo «i magistrati del pubblico ministero», poiché esistono magistrati inquirenti che non appartengono all'ufficio del pubblico ministero (ad esempio il collegio per i reati ministeriali).

Pertanto, o si mantiene l'attuale formulazione della Costituzione, oppure ritiene preferibili quelle testè formulate.

Ribadisce poi di preferire che il terzo, il quarto e il quinto comma dell'articolo 101 siano collocati all'articolo 111 che potrebbe quindi essere dedicato al giusto processo.

Ritiene che il riferimento al terzo comma dell'ipotesi di articolato relativa all'articolo 101 circa la tutela giurisdizionale costituisca una formula non appropriata per i procedimenti penali e ritiene preferibile fare riferimento alla «giurisdizione».

Al quarto comma è più opportuno prevedere che «il procedimento si svolge nel contraddittorio tra le parti in condizione di parità». Circa il principio della oralità, fa presente che esso riguarda solo i procedimenti penali, mentre in quelli civili e amministrativi il contraddittorio si realizza anche in forma scritta, per cui le relative norme diventerebbero soggette a dubbi di costituzionalità.

Sul quinto comma, ricordando che il relatore ha sottolineato che ripete sostanzialmente l'articolo 24 della Costituzione, ribadisce di preferire la sua formulazione, che prevede che la legge assicura gli strumenti per rendere effettivo l'esercizio del diritto di difesa anche da parte dei non abbienti.

Non è d'accordo circa l'ipotesi di articolato relativa all'articolo 102 dove la parola «magistrati» è sostituita con la parola «giudici». Il senso della norma attuale è, infatti, che la funzione giurisdizionale è esercitata da chi ha lo status di magistrato; dire che è esercitata da giudici sarebbe una tautologia.

All'ipotesi di articolato relativa all'articolo 104, condivide il fatto di non attribuire al Presidente della Repubblica la formazione dell'ordine del giorno. Inoltre, è favorevole a non prevedere che il ministro di grazia e giustizia sia membro di diritto del CSM, ritenendo che la questione possa essere rinviata alla legge ordinaria anche in considerazione del fatto che la Costituzione si riferisce solo ai membri a pieno titolo.

È contrario a prevedere che il CSM sia diviso in due distinte sezioni: una per i giudici e una per i pubblici ministeri.

Condivide la ipotesi illustrata precedentemente dal senatore Pellegrino sulla creazione di un organismo di giustizia disciplinare espresso dai consigli superiori della magistratura ordinaria e della magistratura amministrativa, che può preludere alla realizzazione di una vera unitarietà della giurisdizione.

Non condivide il secondo comma di entrambe le ipotesi di articolato relative all'articolo 105. Condivide invece il primo comma ed in particolare è favorevole al riferimento - come proposto dal senatore Pera - ai provvedimenti amministrativi riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, eccetera.

Circa le ipotesi di articolato relative all'articolo 106, ribadisce di essere convinto che uno scambio di esperienze costituisca un valore positivo: perciò non condivide la formulazione proposta che in sostanza lo ostacola. Invece, ritiene preferibile rinviare alla legge ordinaria la previsione puntuale di situazioni di incompatibilità. È d'accordo a prevedere una iniziale esperienza in organi collegiali, bisogna però prendere atto di una tendenza ad estendere il giudizio monocratico, limitando quello collegiale, tendenza che potrebbe ostacolare l'attuazione concreta di un vincolo costituzionale di questo tipo. Meglio sarebbe allora riferirsi solo alle funzioni giudicanti senza specificare che devono essere svolte in organi collegiali. Inoltre, preferirebbe che il CSM dopo un periodo di esercizio di funzioni giudicanti assegni all'esercizio delle varie funzioni, rinviando alla legge ordinaria la disciplina del passaggio tra l'esercizio della funzione giudicante alla funzione inquirente. Comunque, ribadisce di essere contrario alla previsione di un concorso.

Ritiene preferibile rinviare alla legge ordinaria la disciplina delle incompatibilità di sede e comunque ritiene troppo esteso il riferimento all'ambito regionale, preferendo piuttosto il circondario o il distretto. Inoltre, la limitazione dovrebbe riguardare soltanto il passaggio tra le funzioni requirenti e le funzioni giudicanti penali. C'è comunque bisogno di una regolamentazione più puntuale che bene potrebbe essere disciplinata con legge ordinaria.

Circa le ipotesi di articolato relative all'articolo 107, è contrario a prevedere dei limiti alla inamovibilità, che possono sicuramente prestarsi ad abusi.

Ritiene inappropriato includere in Costituzione gli ultimi due commi dell'ipotesi di articolato relative all'articolo 107, trattandosi di materia da rinviare alla legge ordinaria. Inoltre, la previsione che i giudici e i magistrati possano partecipare alle competizioni elettorali solo se si dimettono prima della presentazione delle liste elettorali è in contrasto con l'articolo 51, realizzando anche una modifica surrettizia alla prima parte della Costituzione.

Ribadisce che preferirebbe che l'articolo 111 diventasse un unico articolo sul giusto processo. Circa il secondo comma della prima ipotesi, osserva che implicitamente sembra presupporre che i provvedimenti ivi previsti siano adottati solo da giudici. Esprimendo pertanto delle riserve, ritiene che poiché la disposizione si riferisce al ricorso per cassazione è opportuno togliere il riferimento alle perquisizioni ai sequestri e alle intercettazioni.

Ritiene che il terzo comma sembra limitare l'articolo 13 della Costituzione. Infatti, verrebbe meno il potere di arresto in flagranza della polizia. Sarebbe favorevole a che la legge ordinaria preveda un contraddittorio prima della adozione di misure cautelari; tuttavia anche in questo caso la legge ordinaria non potrebbe non prevedere limitazioni immediate della libertà personale (sotto forma di fermo provvisorio o di accompagnamento coatto) che verrebbero ad essere in contrasto con la norma costituzionale così come proposta.

Non condivide la prima ipotesi di modifica dell'articolo 112, in particolare ritiene che il riferimento alle «modalità stabilite dalla legge» si presti a dubbia interpretazione. Infatti, se si riferisce all'esercizio dell'azione penale, è superfluo; se si riferisce alla obbligatorietà, si consente di limitarla con legge ordinaria. Pertanto, preferisce la seconda ipotesi di articolato.

Circa le ipotesi di articolato relative all'articolo 134, osserva che tra gli atti dei pubblici poteri non devono essere comprese le sentenze, perché non diventi un quarto grado di giurisdizione. Pertanto, ritiene opportuno chiarire meglio l'ipotesi di articolato.

Non condivide il primo comma della ipotesi di articolato relativa all'articolo 136. Infatti, condividendo le osservazioni svolte dal senatore Elia, non ritiene opportuno irrigidire in Costituzione le tipologie delle sentenze.

Circa la previsione di cui al terzo comma, richiama l'attenzione sul rischio che la manifestazione di opinioni dissenzienti possa esporre la Corte ad un coinvolgimento in un dibattito politico. Dichiara comunque di essere favorevole a lasciare alla Corte la possibilità di stabilire che sia ammessa la dissenting opinion.

Giuliano URBANI, Presidente, ritiene che la norma in questione costituisca un deterrente rispetto alla formazione di maggioranze prevaricanti.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), riconoscendo la forza dell'argomento del Presidente, ribadisce di aver solo espresso dei dubbi al riguardo.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) premette che, nell'ultima ipotesi di articolato presentata dal relatore nella seduta antimeridiana di oggi, molte delle norme proposte, pur ispirate da buoni propositi, appaiono eccessivamente dettagliate per un testo costituzionale, e tali che nel tempo potrebbero rivelarsi un vestito troppo stretto; a suo avviso sarebbe opportuno un più ampio rinvio alla legge ordinaria, al fine di evitare che il testo costituzionale risulti a seguito della riforma al suo interno sbilanciato.

Passando all'esame dell'articolato, con riferimento all'articolo 97-bis proposto dal relatore, condivide l'osservazione formulata dal senatore Russo sull'espressione, prevista al secondo comma, «cattiva amministrazione» che appare sicuramente poco puntuale. Ritiene che sarebbe opportuno istituire un difensore civico per regione, se si intende evitare che esso diventi, come il CNEL, una mera astrazione: in tal modo si creerebbe un'istituzione effettivamente vicina ai cittadini e tale da far da tramite alle loro doglianze. Inoltre a suo avviso occorrerebbe precisare che la legge ordinaria assicura la riservatezza nei rapporti tra cittadino e difensore civico.

All'articolo 99-bis proposto dal relatore, osserva che l'espressione «determinati settori» appare troppo generica e comunque inadeguata al testo costituzionale; essa non individua il ruolo delle autorità di garanzia.

L'articolo 100 deve essere letto in collegamento con l'articolo 103; la soluzione proposta in materia dal relatore è omogenea, ma suscita preoccupazione e merita una riflessione più attenta che consideri che le funzioni giurisdizionali in materia contabile vengono esercitate da anni dalla Corte dei Conti, istituzione che bene o male ha funzionato. Pertanto si dichiara favorevole a mantenere le funzioni giurisdizionali della Corte dei conti.

Quanto ai tribunali militari, osserva che possono essere utili anche in tempo di pace: se infatti si abolisse il tribunale militare in tempo di pace, la disciplina militare verrebbe completamente affidata ai superiori gerarchici e alla giurisdizione del giudice militare si sostituirebbe il «nonnismo».

Marco BOATO, relatore, osserva che il «nonnismo» esiste anche ora nonostante vi siano i tribunali militari in tempo di pace.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) aggiunge che è necessario considerare anche le missioni all'estero che non possono essere necessariamente ricondotte ai casi di guerra.

In ordine all'articolo 101, e in particolare al comma 2, ritiene condivisibile il primo periodo; quanto al secondo periodo osserva che è superfluo affermare che «i magistrati inquirenti sono soggetti alla legge»; piuttosto occorre rendersi conto che per il pubblico ministero vi sono esigenze di coordinamento interno e di unità di azione, soprattutto di fronte ad emergenze che talvolta spingono a creare apposite strutture come è avvenuto per la lotta alla criminalità organizzata. Nel settore della pubblica accusa non può regnare l'anarchia: inciderebbe sull'uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e sull'effettiva obbligatorietà dell'azione penale.

Quanto agli articoli 102 e 103, osserva che è opportuno distinguere funzioni giurisdizionali e funzioni consultive del Consiglio di Stato; tuttavia il relatore non ha offerto una soluzione su tutti i problemi sollevati in materia di giurisdizione amministrativa. Ricorda in proposito che il senatore Lisi aveva proposto di istituire tribunali amministrativi regionali di primo e di secondo grado, ma la proposta non è stata recepita dal relatore.

Sull'articolo 104, al primo comma, non condivide l'ipotesi di prevedere che i giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti costituiscono un ordine autonomo e indipendente «dai poteri dello Stato»: la norma così formulata sembra prevedere l'indipendenza solo dai poteri statali, ammettendo così che vi possa essere dipendenza da poteri diversi da quelli dello Stato. Pertanto ritiene preferibile l'attuale testo della Costituzione, sottolineando che la magistratura è comunque un potere. Rileva altresì che a suo avviso dovrebbero essere istituiti tre organi di autogoverno, di cui uno per la magistratura ordinaria, diviso in due sezioni - una per i giudici, l'altra per i magistrati del pubblico ministero - uno per la magistratura amministrativa e uno per quella contabile. Sempre all'articolo 104 non si comprende la ragione per cui il relatore abbia proposto che contro i provvedimenti delle sezioni del CSM è ammessa tutela giurisdizionale solo innanzi alle sezioni riunite; infatti si tratta di atti amministrativi che, in quanto tali, debbono poter essere impugnati dinanzi al giudice amministrativo e non sottoposti esclusivamente ad una giurisdizione domestica. Semmai sarebbe possibile rinviare alla legge ordinaria il compito di stabilire che i provvedimenti in oggetto siano esecutivi; ricorda che sempre alla legge ordinaria spetta il compito di prevedere quando sia possibile la sospensiva degli atti amministrativi.

Sulla composizione del CSM si dichiara favorevole all'ipotesi di prevedere che tale organo sia costituito per metà da laici e per metà da togati. Il CSM non dovrebbe temere alcunchè da tale ipotesi; comunque se a tale soluzione non si dovesse addivenire, non sarebbe per lui una questione dirimente. Piuttosto sottolinea che non si comprende la ragione per cui i componenti laici del CSM debbano essere nominati esclusivamente dal Parlamento: sostanzialmente coloro che sostengono tale necessità lo fanno perchè hanno l'impressione che nell'ipotesi contraria i membri laici perderebbero d'importanza. Ricorda che aveva proposto di prevedere che i membri laici siano espressi dalle categorie dei professori universitari in materie giuridiche e degli avvocati; ma se a tale soluzione non si addivenisse, si potrebbe comunque prevedere che il Parlamento elegga i membri laici sulla base di rose di nomi formate dalle suddette categoriearie. Inoltre l'incompatibilità per i membri del CSM, a suo avviso, dovrebbe essere estesa alla carica di sindaco, se non - più in generale - a tutte le cariche politiche.

Quanto all'articolo 105, la norma proposta dal relatore al secondo comma dell'ipotesi n. 1 è necessaria, ma non sufficiente. Infatti il CSM utilizza come strumento di potere la funzione interpretativa della legge; è pertanto preferibile la formulazione di cui all'ipotesi n. 2.

Sull'articolo 106 dichiara di concordare, per quanto riguarda il secondo comma, con le osservazioni formulate dal senatore Russo, rilevando tuttavia che spesso i giovani magistrati, allorchè ricoprono la carica di giudice monocratico, commettono grossi errori, per cui la norma che impone un'iniziale permanenza in organi collegiali è opportuna, anche se tre anni possono essere troppi. Comunque si tratta di una norma che dovrebbe essere più appropriatamente posta dalla legge ordinaria.

Sull'articolo 107 ritiene superflua la norma proposta dal relatore al penultimo comma, essendo del tutto ovvia l'osservanza dei principi ivi richiamati. Quanto alla possibilità, per i magistrati, di partecipare alle competizioni elettorali, rileva che è necessario individuare una formulazione che si concili con l'articolo 51 della Costituzione; sul punto è opportuno un rinvio alla legge ordinaria.

Sulla disciplina relativa alla Corte Costituzionale, in particolare sull'istituto dell'opinione dissenziente, fa presente che, mentre si era inizialmente dichiarato contrario a tale innovazione, è pervenuto ora ad un orientamento favorevole. Aggiunge altresì, con riferimento al ricorso diretto dei cittadini alla Corte Costituzionale, previsto nell'ipotesi di articolato proposta dal relatore all'articolo 134, che l'osservazione formulata dal senatore Russo secondo la quale il ricorso non dovrebbe essere consentito con riferimento alle sentenze per evitare la creazione di un ulteriore grado di giurisdizione, non è pienamente condivisibile, potendosi verificare che un'istanza di un cittadino venga dichiarata inammissibile in ogni grado di giurisdizione; appare quindi opportuno prevedere che il ricorso diretto alla Corte costituzionale sia consentito allorchè non sia «attivabile altro mezzo di tutela».

Giuliano URBANI, Presidente, intende formulare brevemente alcune osservazioni alla bozza di articolato predisposta dal relatore.

Con riferimento all'articolo 97-bis, ritiene poco elegante la formulazione che fa riferimento al «promuovimento» della azione di responsabilità nei confronti dei funzionari e dipendenti pubblici. Propone quindi di omettere tale locuzione, formulando l'ultima parte del periodo nei seguenti termini: «anche ai fini della azione di responsabilità nei confronti dei funzionari e dipendenti pubblici».

In relazione all'articolo 99 o 99-bis, sottolinea che è preferibile prevedere una disciplina costituzionale quanto mai essenziale e stringata. Fa altresì presente che le autorità di garanzia vanno distinte da quelle di vigilanza, attesa la diversità delle relative funzioni. Dopo aver ricordato, inoltre, che scopo della disciplina è dare rango costituzionale a tali autorità al fine di sottolinearne l'indipendenza ed alla luce della loro connessione con la tendenza verso il bipolarismo, propone quindi di formulare l'articolo nei seguenti termini: «Per lo svolgimento di attività imparziali di garanzia e di vigilanza su determinati ambiti economici la legge può istituire autorità indipendenti.

La legge prevede i requisiti e le modalità di nomina dei titolari delle autorità di garanzia e di vigilanza e ne assicura l'indipendenza nello svolgimento delle rispettive funzioni».

Occorrerebbe inoltre aggiungere un ulteriore comma al fine di prevedere che la elezione dei titolari delle suddette autorità abbia luogo da parte del Parlamento a maggioranza qualificata, in quanto in tale statuizione risiede il primo fondamento dell'indipendenza.

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) rileva che il secondo periodo del primo comma, che il Presidente propone di espungere, stabilisce che la legge determini le forme di impugnazione presso gli organi giurisdizionali dei provvedimenti delle autorità indipendenti. A suo giudizio occorrerebbe conservare tale previsione.

Giuliano URBANI, Presidente, osserva che previsioni di questa natura sono già contenute nelle leggi istitutive delle singole autorità.

Passando all'articolo 104, nella ipotesi di modifica n. 1, con riferimento al primo comma, propone di espungere il riferimento ai poteri dello Stato, limitandosi quindi a stabilire che i giudici ordinari e amministrativi e i magistrati inquirenti costituiscono un ordine autonomo e indipendente. Propone altresì di espungere, al quinto comma, il primo periodo, che fa riferimento alla impugnazione dinanzi alle sezioni riunite del CSM dei provvedimenti delle singole sezioni, ritenendo in proposito sufficiente la previsione di cui al secondo periodo. Al sesto comma, inoltre, ritiene preferibile lessicalmente riferirsi ad avvocati con almeno (e non dopo) 15 anni di esercizio. Giudica altresì poco felice la formulazione di cui al decimo comma, concernente la elezione del presidente della sezione disciplinare del CSM.

Quanto all'articolo 106, al secondo comma, propone di modificare la formulazione riferita alla assegnazione dei magistrati all'esercizio delle funzioni inquirenti espungendo l'espressione «con decisione motivata» ed aggiungendo, dopo le parole «previa specifica valutazione attitudinale» le seguenti: «e dopo una congrua formazione specialistica».

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sottolinea che non si comprende perché debba aversi una specifica valutazione attitudinale solo per l'assegnazione delle funzioni inquirenti, considerato che le funzioni giudicanti sono certo non meno delicate.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) osserva che, se tutti i magistrati esercitano inizialmente funzioni giudicanti, non si vede come possano manifestare attitudini per l'esercizio di quelle inquirenti. In effetti, la selezione dovrebbe avvenire prima - e non dopo - l'ingresso in magistratura.

Giuliano URBANI, Presidente, passando all'articolo 107 rileva che la formulazione di cui al penultimo comma, di cui forse non vi sarebbe bisogno in un altro contesto storico, risulta invece in quello attuale particolarmente necessaria ed altresì bisognosa di essere ulteriormente arricchita con un riferimento anche al principio di responsabilità.

Con riferimento all'articolo 109, propone di modificarne il testo aggiungendo alla fine l'espressione «con le modalità e i limiti stabiliti dalla legge».

Quanto all'articolo 135, ritiene preferibile che la Corte costituzionale sia composta da venti giudici ed è altresì favorevole alla possibilità, prevista nell'ipotesi di modifica n. 2, che essa possa organizzarsi in due sezioni.

Ribadisce quindi, con riferimento all'articolo 136 il suo avviso favorevole all'istituto della dissenting opinion, che rappresenta un efficace deterrente contro la formazione di maggioranze prevaricanti.

Rinvia infine il seguito del dibattito alla seduta già convocata per domani mercoledì 30 aprile, alle ore 15.

La seduta termina alle 23,20.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI MERCOLEDì 30 aprile 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 

 


La seduta comincia alle 15,40.

Il Comitato prosegue il dibattito sulla ipotesi di articolato presentata dal relatore nella seduta di ieri.

Il senatore Leopoldo ELIA (gruppo partito popolare italiano) osserva, in primo luogo, che la Corte costituzionale è fra gli istituti che hanno funzionato meglio fra quelli previsti dalla Costituzione. La Corte ha, infatti, contribuito ad eliminare le scorie del vecchio ordinamento e a sviluppare nuovi diritti, nonché a prevenire alcuni conflitti (si riferisce, fra le altre, alle vicende relative all'aborto e al divorzio).

Sottolinea quindi che il successo dell'istituto si basa sostanzialmente sulla commisurazione dei mezzi rispetto ai fini.

Ricorda a tal proposito l'esperienza della Corte suprema degli Stati Uniti, dove si prevede ogni anno di stabilire il numero di sentenze da adottare basandosi sul criterio della rightness. La Corte, pertanto, si pronuncia solo sulle questioni ritenute mature. In Italia, invece, l'attività della Corte costituzionale è basata su moduli più simili a quelli degli organi giurisdizionali.

Alla luce di quanto testé detto, ritiene che il ricorso presentato da chiunque ritenga di essere stato leso in uno dei diritti fondamentali - come proposto dal relatore - rischi di compromettere la funzionalità stessa della Corte. Basta considerare che tutte le pronunce della Corte di cassazione in materia di libertà personale finirebbero dinanzi alla Corte costituzionale.

Ritiene in proposito che per la risoluzione delle controversie tra i cittadini e la pubblica amministrazione l'istituto del difensore civico possa costituire un sostegno efficace.

Considera, invece, possibile prevedere che entro 10 giorni dall'approvazione di una legge costituzionale ogni cittadino possa chiedere che la Corte costituzionale giudichi la sua conformità ai principi fondamentali della Costituzione e alle norme sui diritti e doveri contenute nella prima parte della Costituzione medesima.

Si dichiara quindi contrario a modificare la composizione della Corte, che è stata anch'essa uno dei fattori del buon funzionamento della Corte stessa.

Non è favorevole ad allargare eccessivamente le funzioni della Corte; esprime, in particolare, perplessità sulla proposta del relatore di prevedere che un quinto dei componenti di ciascuna Camera possa sollevare la questione di legittimità costituzionale di una legge entro quindi giorni dalla sua pubblicazione. Infatti, tale previsione potrebbe rimettere in gioco situazioni appena decise dal Parlamento. Richiama, pertanto, ad una maggiore cautela.

Esprime apprezzamento per quanto riguarda la garanzia di durata del Presidente della Corte e per l'istituto della dissenting opinion. In particolare, ritiene che la manifestazione delle opinioni in dissenso deve essere utilmente sanzionata in Costituzione, piuttosto che essere affidata ai poteri regolamentari della Corte.

Bisogna riflettere sulla coerenza di quanto si sta facendo per ridurre l'afflusso dei processi in Cassazione e per ridurre i tempi dei procedimenti: il ricorso popolare diretto, pertanto, andrebbe in controtendenza. Inoltre, ci sarebbe inevitabilmente un incentivo a percorrere tutti i gradi di giudizio per poter poi adire la Corte costituzionale, con conseguente sovraccarico per la giustizia ordinaria.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) condivide nella quasi totalità le osservazioni svolte nella seduta di ieri dal senatore Russo, anche se ritiene che nella fase attuale siano anticipate, poiché ci si dovrebbe ora occupare delle linee di struttura per verificare su di esse il grado di consenso. I testi dovranno poi essere ovviamente perfezionati e perfino reiscritti. Dunque, bisogna concentrarsi sulle scelte di fondo.

Ritiene opportuno accantonare l'articolo 97-bis sul difensore civico, non essendo ancora stato definito il sistema delle autonomie. È un tema probabilmente che dovrà essere lasciato ai lander.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, osserva che la questione è stata lasciata aperta; inoltre, è indubbio che dovranno essere istituiti difensori civici regionali e anche forse a livello dei grandi comuni. Il problema è valutare se debba esserci un difensore civico anche a livello nazionale.

Il senatore Giovanni PELLEGRINO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce la proposta di accantonamento o piuttosto di considerare la proposta come mera ipotesi di lavoro.

Le autorità di garanzia richiedono, a suo giudizio, una riflessione più ampia. Osserva che le stesse nascono e si sviluppano in sistemi fondati sull'etica del mercato (si riferisce in particolare all'esperienza degli Stati Uniti). Nel tempo esse si sono caratterizzate per le attività di regolazione, ed hanno man mano acquistato funzioni di decisione dei conflitti (esercitando un'attività sostanzialmente paragiurisdizionale). Si pone pertanto il problema non tanto della loro legittimazione democratica, quanto del loro raccordo con gli organi di giurisdizione. In Italia, utilizzandosi, gli schemi tradizionali, tali autorità sono considerate facenti parte della pubblica amministrazione, intendendo l'indipendenza come sviluppo del principio dell'imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione e i loro provvedimenti quanto alla giustificabilità sono trattati come comuni provvedimenti amministrativi. A suo avviso, invece, per gli atti delle autorità che adempiono alla ricordata funzione paragiusdizionale deve essere ammesso solo il ricorso per incompetenza o per violazione di legge. Ritiene, comunque, di condividere il testo proposto dal relatore anche se saranno opportuni dei perfezionamenti. Infatti, bisogna considerare che alcune di queste autorità devono essere più correttamente considerate «agenzie». Condivide, poi, che sia la legge ad attribuire poteri di risoluzione delle controversie e sanzionatori.

Ribadisce la sua personale preferenza per una unità funzionale della giurisdizione che si realizzi attraverso un unico CSM articolato in tre distinte sezioni (una per i giudici ordinari, una per i giudici amministrativi e una per i pubblici ministeri). Tutto ciò però avrebbe senso se si desse al pubblico ministero la caratterizzazione di un difensore globale della legalità, di una sorta di avvocato dell'ordinamento, definendo gli ampi compiti attraverso norme di rango costituzionale, dotandolo di uno specifico potere di azione e di una generale facoltà di intervento in tutti i giudizi, anche in quelli amministrativi.

Ribadisce però che i tempi non sembrano ancora maturi per una riforma di questa ampiezza. Allora, è preferibile prevedere due distinti CSM: uno per la magistratura ordinaria e uno per quella amministrativa organizzati come organo collegiali e non distinti in sezioni. Secondo questo schema il titolare dell'azione di responsabilità patrimoniale sarebbe il pubblico ministero amministrativo. Andando verso un'unico codice deontologico per tutti i magistrati, sarebbe opportuno istituire un unico organo disciplinare. In tal senso propone la seguente ipotesi di articolato:

 

Art. 105-bis.

I provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati ordinari e amministrativi spettano ad una Corte disciplinare di nove membri eletti tra i propri componenti dal Consiglio superiore ordinario e amministrativo, in ragione di quattro componenti magistrati e due componenti tra quelli designati dal Parlamento per il CSM ordinario e due componenti magistrati ed un componente tra quelli designati dal Parlamento per il CSM amministrativo.

I componenti magistrati devono essere scelti in modo da assicurare la rappresentanza delle varie categorie.

I componenti della Corte disciplinare durano in carica quattro anni e non possono partecipare ad alcuna altra attività dei rispettivi Consigli.

La corte disciplinare elegge il proprio Presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Alla corte disciplinare spettano altresì la cognizione dei ricorsi avverso i provvedimenti emessi dal CSM ordinario e dal CSM amministrativo.

Salvo che per i provvedimenti disciplinari, le decisioni della Corte disciplinare sono inoppugnabili.

Ritiene che l'istituzione di una Corte disciplinare farebbe fare un passo in avanti verso l'unità funzionale. Sottolinea poi che a questo organo spetterebbe la cognizione dei ricorsi avverso i provvedimenti ordinamentali emessi dal CSM ordinario e dal CSM amministrativo.

È poi contrario alla previsione di due gradi di giudizio per i TAR, sottolineando che il giudizio amministrativo è già un giudizio di leggittimità: pertanto tre gradi sarebbero troppi.

Infine, ritiene che la Corte costituzionale costituisce una delle poche giurisdizioni che effettivamente funzionano. Richiama, pertanto, ad una maggiore cautela nella previsione di modifiche alla stessa.

Il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo) riguardo all'articolo 100 osserva che il primo comma della seconda ipotesi reca una disposizione sul Consiglio di Stato che sarebbe meglio collocata nell'ambito dell'articolo 103; è poi del tutto contrario ad attribuire rilievo costituzionale alla funzione di consulenza giuridico-amministrativa dell'Avvocatura dello Stato.

Circa il secondo comma dell'articolo 103, prima ipotesi, rileva che la giurisdizione di responsabilità contabile verte in materia di diritti, si concreta in una sanzione contro comportamenti e non contro atti dei quali si contesta la legittimità ed è pertanto assimilabile alla giurisdizione ordinaria piuttosto che a quella amministrativa. Il testo del relatore rischia pertanto di generare confusione in proposito. Condivide il primo comma nella seconda ipotesi - anche se ritiene che l'avverbio «tassativamente» vada soppresso - al quale andrebbe aggiunta la disposizione secondo cui la legge demanda al Consiglio di Stato l'espressione di pareri preventivi e assicura la separazione tra funzioni consultive e giurisdizionali.

Riguardo all'articolo 104, rinviene numerosi spunti di interesse nell'ipotesi dianzi formulata dal senatore Pellegrino riguardo al CSM.

Circa l'articolo 134, giudica che nell'ultimo comma della prima ipotesi sia più opportuno un rinvio alla legge ordinaria.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, ricorda che tale rinvio è contenuto nel secondo comma dell'ipotesi n. 2 relativa all'articolo 137.

Il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo) ritiene preferibile che la Corte costituzionale continui ad essere composta da quindici giudici, la designazione dei quali dovrebbe, tuttavia, essere mutata in questo senso: cinque giudici verrebbero nominati dal Presidente della Repubblica, quattro eletti dalle supreme magistrature e sei eletti dal Parlamento in modo da riservare una quota di tre giudici in rappresentanza delle regioni.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, rileva che resterebbe comunque aperto il problema delle concrete modalità della designazione da parte delle regioni.

Il deputato Gianclaudio BRESSA (gruppo popolari e democratici-l'Ulivo) si dichiara contrario all'ipotesi di articolare la Corte in due sezioni, poiché ritiene preminente la necessità di garantire la collegialità delle decisioni.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) manifesta perplessità sull'articolo 97-bis proposto dal relatore. In particolare, la formula secondo cui il difensore civico può «proporre la risoluzione delle controversie» appare piuttosto fumosa e comunque incongrua in un testo costituzionale e per un organo di rilevanza costituzionale.

Riguardo all'articolo 99-bis condivide le osservazioni svolte dal senatore Pellegrino e dichiara di accogliere i rilievi avanzati ieri dal Presidente. Ritiene che il problema dei rapporti fra gli organi para-giurisdizionali e giurisdizionali possa essere risolto inserendo una disposizione del seguente tenore: «La legge determina gli organi giurisdizionali competenti a conoscere, anche in unico grado, delle controversie nascenti dai provvedimenti delle autorità di garanzia». Tale disposizione, infatti, introduce un principio di flessibilità nei ricorsi giurisdizionali consentendo di prevedere, a secondo dei casi, giudizi in più gradi o in uno solo, da svolgersi presso il giudice amministrativo o presso quello ordinario.

Quanto all'articolo 100, condivide le perplessità del deputato Bressa circa l'attribuzione di rilievo costituzionale alle attività di consulenza giuridico-amministrativa della avvocatura dello Stato.

Giudica del tutto condivisibili le indicazioni del senatore Russo sull'articolo 101. Il riferimento in esso contenuto ai «magistrati inquirenti» appare poco convincente e dovrebbe essere sostituito con il seguente: «magistrati del pubblico ministero». Il problema del coordinamento fra i magistrati del pubblico ministero, comunque, ha trovato soluzioni parziali nelle varie ipotesi formulate dal relatore e in proposito ritiene di dover richiamare le modifiche da lui proposte nelle scorse sedute. Il secondo comma nell'attuale formulazione potrebbe ingenerare dubbi sul fatto che i giudici possano non essere soggetti alle norme dell'ordinamento giudiziario. È quindi preferibile affermare che i giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge e, in un separato periodo, richiamare le norme di coordinamento degli uffici del pubblico ministero che possono essere stabilite dall'ordinamento giudiziario.

Il tema della unità d'azione del pubblico ministero è stato sollevato più volte, da ultimo dal senatore Maceratini. Ribadisce, tuttavia, le sue perplessità in proposito, poiché non è dato comprendere a chi risponderebbe un eventuale vertice unico del pubblico ministero, in quanto tale dotato di poteri enormi. È evidente il rischio che venga posto in crisi il sistema costituzionale di pesi e contrappesi. Si dichiara, invece, favorevole all'ipotesi di coordinamento all'interno dei singoli uffici del pubblico ministero, con specifiche e limitate ipotesi di coordinamento «verticale» solo in presenza di comprovate esigenze di carattere nazionale o internazionale.

Osserva, poi, che nel terzo comma dell'articolo 101 sarebbe preferibile adoperare l'espressione «giurisdizione» al posto di «tutela giurisdizionale».

Riguardo al quarto comma dell'articolo 102, osserva che la formulazione proposta dal relatore può essere interpretata nel senso che la giurisdizione speciale tributaria debba essere limitata al primo grado di giudizio, ipotesi che desta la sua assoluta contrarietà: ogni dubbio interpretativo su questo punto pertanto deve essere fugato. Ritiene poi incongruo prevedere una facoltà di impugnazione dei provvedimenti dei giudici speciali solo dinnanzi ai giudici ordinari, reputando più opportuno prevedere che l'impugnazione debba essere diretta al giudice cui afferisce la materia attribuita al giudice speciale.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) chiede al relatore se l'espressione «primo grado» contenuta nel quarto comma dell'articolo 102 possa essere interpretata come equivalente a «unico grado».

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, esclude che il tenore letterale della disposizione consenta una interpretazione siffatta.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), riguardo all'articolo 103 non condivide le perplessità dell'onorevole Bressa circa l'avverbio «tassativamente». Ricorda, piuttosto, che si era convenuto sulla necessità di riservare comunque al giudice ordinario la materia dei diritti civili e politici: nel testo del relatore, tuttavia, non trova un espresso riferimento a tale riserva.

Le osservazioni del deputato Bressa sulla giurisdizione contabile, invece, sono del tutto condivisibili, poiché in effetti la Corte dei Conti esercita funzioni giurisdizionali assimilabili più a quelle del giudice ordinario che non a quelle del giudice amministrativo. Peraltro, è anche vero che, in alcune ipotesi di giurisdizione esclusiva, già oggi il giudice amminsitrativo esercita una giurisdizione sul rapporto. Questo rilievo è l'opportunità che il pubblico ministero per la responsabilità degli amminsitratori sia istituito presso il giudice amministrativo anziché quello ordinario, deporrebbero a favore della soluzione ritenuta nel testo, pur esposta alle giuste obiezioni del deputato Bressa.

Esprime poi forti perplessità sulla ipotesi di suddividere il CSM in sezioni. Vi sarebbe, in particolare, una sezione per i pubblici ministeri eletta dai pubblici ministeri stessi, con ciò realizzandosi una inammissibile «sub-corporativizzazione» all'interno del medesimo organo. A fronte di tale ipotesi ritiene più coerente l'altra - peraltro da lui fortemente avversata - di istituire più consigli superiori.

Circa il regime dell'impugnazione dei provvedimenti adottati dal CSM, condivide le osservazioni del senatore Pellegrino; il testo del relatore, infatti, determina uno strappo nella tutela dei diritti.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, rileva che lo strappo cui allude il senatore Senese si verificherebbe anche nell'ipotesi avanzata dal senatore Pellegrino.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) obietta che il reclamo al plenum non può considerarsi un vero ricorso giurisdizionale. Nella ipotesi del senatore Pellegrino, invece, si darebbe luogo ad un giudizio in senso tecnico, regolato da un giudice in posizione di terzietà e dotato della cultura specifica del suo ruolo.

La soluzione prevista dal senatore Pellegrino supera anche la proposta in precedenza formulata dal suo gruppo e volta ad enucleare una sezione disciplinare a composizione paritetica nell'ambito di un CSM composto per tre quinti da membri togati e due quinti da membri laici.

Rileva, poi, che il novero delle incompatibilità previste nell'articolo 104, comma secondo, per i laici del CSM, nel testo del relatore, andrebbe ulteriormente ampliato con riferimento ad altre cariche.

Circa l'articolo 105, osserva che l'ipotesi n. 1 del relatore sostanzialmente recepisce i suggerimenti del senatore Pera, che aveva prospettato la possibilità di assorbire in tale formula le esigenze cui si vorrebbe rispondere con il secondo comma. Ma se così è, non si comprende come mai sopravviva in tale testo il secondo comma, rispetto al quale manifesta la sua più completa contrarietà. Tale comma risente di una formulazione vaga e generica nell'ipotesi n.1, mentre sfocia nell'assurdità nell'ipotesi n. 2. Appare infatti incomprensibile vietare al CSM l'interpretazione delle leggi, poiché un qualsiasi organo amministrativo svolge la gran parte della sua attività proprio interpretando la legge. Ricorda la vicenda che portò alla istituzione del tribunale dei ministri, in cui solo una circolare del CSM consentì di superare le interpretazioni contrastanti dei Presidenti di Corte d'appello riguardo alle modalità di formazione dei tribunali stessi. A questo proposito sarebbe più opportuno individuare innanzitutto il bene che si intende tutelare attraverso le disposizioni del secondo comma dell'articolo 105 e conseguentemente individuare la formulazione più idonea a tale scopo.

In merito all'articolo 106, ritiene che l'assegnazione del magistrato, al termine di un tirocinio adeguatamente lungo, debba avvenire sulla base di una decisione motivata sia nel caso che egli venga assegnato a funzioni giudicanti sia che venga destinato alle funzioni requirenti. Ritiene che la previsione di un concorso riservato per il passaggio da un tipo di funzioni all'altro sia piuttosto oscura, poiché non chiarisce a favore di chi operi la riserva.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, precisa che la riserva opera a favore di chi è già magistrato e ritiene che tale formula consenta di superare la rigidità della precedente formulazione, che avrebbe potuto essere interpretata nel senso che per il passaggio di funzioni fosse necessario superare una seconda volta il concorso per l'accesso alla magistratura.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) giudica comunque insoddisfacente l'ipotesi del concorso riservato: il vero problema è quello di assicurare la congruità dei criteri di selezione.

Riguardo al secondo comma dell'articolo 106 - identico al testo attualmente vigente - ritiene che la parola «singoli» debba essere sostituita con le seguenti: «di primo grado».

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) osserva che il termine «giudici» contenuto nel secondo comma dell'articolo 106 non ricomprende gli attuali viceprocuratori onorari che sinora hanno dato buona prova di sé.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) reputa che l'acceso dibattito in materia non possa trovare una soluzione, inevitabilmente drastica, nelle norme della Costituzione.

Nel secondo comma dell'articolo 107, ipotesi n. 1 e n. 2, è poi contenuta la locuzione «garanzie di difesa» che egli preferirebbe fosse sostituita dalla seguente «garanzie di contraddittorio». In ogni caso, la presenza del secondo comma rende superfluo il quarto comma.

Non è poi chiaro, riguardo al terzo comma dell'articolo 107, se la temporaneità degli incarichi ivi prevista debba intendersi come generalizzata. Esprime inoltre la sua contrarietà rispetto ai commi sesto e settimo dell'articolo 107, fatto eccezione per il primo periodo del settimo comma che solleva, peraltro, un problema assai delicato - quello dell'incompatibilità dell'ufficio di giudice o di magistrato requirente rispetto a qualunque altro ufficio, incarico o professione - che deve essere affrontato con la necessaria consapevolezza, senza essere animati da alcun spirito giacobino e comunque prevedendo periodi di transizione sufficientemente lunghi.

Non può far a meno di esprimere una forte contrarietà alla disposizione del primo comma dell'articolo 111 che, in entrambe le ipotesi, lascia sostanzialmente immutata la situazione attuale e quindi in prospettiva aggrava la crisi vissuta dalla Corte di cassazione, sommersa da una quantità crescente di ricorsi, che è stata efficacemente descritta nel corso delle audizioni. Per evitare il collasso della suprema corte aveva proposto di limitare la facoltà di ricorrere ad essa; il testo del relatore non recepisce tale suggerimento ed anzi rischia di aggravare le cose.

Riguardo all'articolo 112, comma primo, ipotesi n. 1, non condivide il principio secondo cui l'obbligo di esercitare l'azione penale si configura «secondo modalità stabilite dalla legge». La genericità di questa formula, infatti, lascia aperta la strada a soluzioni opposte, alcune delle quali possono anche essere condivisibili, mentre altre appaiono davvero pericolose.

Ricorda di aver proposto di stabilire il principio della effettiva offensività della condotta quale guida nell'esercizio dell'azione penale. Si rammarica che il relatore abbia del tutto trascurato tale suggerimento.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, precisa che la sua non è stata una dimenticanza, bensì una scelta consapevole, poiché il principio della effettiva offensività ben potrebbe essere stabilito dalla legge ordinaria cui il primo comma dell'articolo 112 fa rinvio.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ribadisce che il mero rinvio alla legge ordinaria, secondo la formula generica delle «modalità», può condurre ad esiti imprevedibili ed opposti e sottolinea che per la sua parte politica il principio della effettiva offensività assume una importanza fondamentale.

Rileva che entrambe le ipotesi relative all'ultimo comma dell'articolo 134 snaturano il ruolo della Corte costituzionale e ricorda di aver formulato specifiche proposte in materia di ricorso diretto alla Corte costituzionale.

In ordine al ricorso diretto alla Corte costituzionale, ricorda la formulazione da lui proposta nella seduta del 23 aprile scorso. Sulla composizione della stessa Corte ritiene preferibile l'ipotesi di prevedere 20 membri, soprattutto se l'organo viene diviso in due sezioni. Sull'incompatibilità successiva prevista all'articolo 135 dell'ipotesi di articolato proposta dal relatore, ritiene che 5 anni rappresentino un arco di tempo troppo ampio.

Si dichiara contrario all'irrigidimento delle formule di sentenze adottabili dalla Corte costituzionale (articolo 136 primo comma) che porterebbe ad interferenze ancora più forti della Corte sulla legislazione e quindi sul potere politico. Quanto al ricorso di una minoranza del Parlamento, osserva che se la dichiarazione di legittimità di una legge non ha efficacia preclusiva rispetto alla possibilità di sollevare ulteriori questioni di legittimità costituzionale in via incidentale, allora lo strumento proposto dal relatore al secondo comma dell'articolo 137 appare inutile, anzi pericoloso in quanto potrebbe creare un conflitto tra la minoranza parlamentare che ha proposto il ricorso e la Corte stessa. Questo pericolo è ancora più forte nel caso di accoglimento, questa volta con riferimento alla maggioranza parlamentare. In sostanza il discusso istituto rischia d'inserire la Corte nel conflitto politico. Pertanto si dichiara contrario a prevedere l'istituto stesso.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) osserva che, qualora il relatore dovesse predisporre, a conclusione del dibattito in corso, un ulteriore schema di articolato, questo dovrebbe recare su due colonne due ipotesi di riforma della Costituzione ispirate a due diverse concezioni dello Stato, dei diritti dei cittadini, dei loro rapporti con lo Stato. La discussione infatti ha evidenziato l'esistenza di due diverse ottiche che, nonostante i tentativi esperiti dal relatore, non possono trovare un punto di mediazione. Passando in particolare all'esame dell'articolato, rileva che è demagogico, a suo avviso, inserire nel testo costituzionale una norma sul difensore civico: infatti in uno Stato in cui regna la certezza del diritto il cittadino dovrebbe poter sapere quali sono i suoi diritti e i suoi obblighi e a chi rivolgersi per trovare le risposte che cerca. Peraltro non si comprende come il difensore civico possa proporre la risoluzione delle controversie tra cittadini e pubblica amministrazione, come previsto dall'articolo 97-bis del testo in esame.

Quanto alle autorità di garanzia, ritiene che non vi sia alcuna ragione per introdurre nel testo costituzionale una norma in proposito. Peraltro si tratta di organismi completamente avulsi dallo Stato, con titolari nominati sempre da una maggioranza, il che dovrebbe far seriamente dubitare della loro imparzialità e indipendenza. Inoltre la norma dell'articolo 99-bis appare assolutamente generica. Piuttosto sarebbe necessario vigilare sulla costituzione di tali organismi cui recentemente si è fatto ricorso troppo spesso.

Sulla magistratura è alla fine risultata prevalente la soluzione di non modificare pressoché nulla. Eppure occorrerebbe riflettere sul fatto che nella magistratura amministrativa e contabile alberga il vero potere; il Consiglio di Stato esercita contemporaneamente funzioni consultive e giurisdizionali e i suoi componenti sono titolari di una miriade di incarichi. Il testo proposto dal relatore si limita a prevedere la separazione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali: è una soluzione di mediazione che scontenta tutti, in sostanza non è una scelta. I veri problemi non sono stati risolti: il problema di assicurare l'unicità della giurisdizione, l'attuazione del principio di separazione dei poteri, poteri che devono agire all'interno dello Stato e non al di fuori di esso. Poiché questi punti non sono condivisi non si è raggiunto l'accordo su una vera riforma.

Sul secondo comma dell'articolo 101 dell'ipotesi di testo predisposta dal relatore, osserva che il principio di soggezione soltanto alla legge dovrebbe essere riferito soltanto ai giudici e non ai magistrati inquirenti, per i quali si pongono esigenze di ordinamento e di unitarietà di indirizzo nell'esercizio dell'azione penale. Ribadisce, quindi, la pericolosità, già da lei precedentemente sottolineata, di riferire il suddetto principio anche ai magistrati del pubblico ministero. Ritiene altresì che il quarto comma dell'articolo 101 dell'ipotesi di testo elaborata dal relatore appare una norma meramente simbolica, posto che si limita ad affermare principi che non avrebbero alcuna attuazione.

Sul primo comma dell'articolo 106, rileva che il pubblico concorso per i magistrati, così come si svolge attualmente, non garantisce né preparazione né attitudine alle funzioni e che sarebbe necessario prevedere una lunga formazione idonea a consentire la formazione di senso critico nei magistrati; la selezione dovrebbe avvenire sia con riferimento alle capacità che alle attitudini. Per accedere all'esercizio delle funzioni giudicanti e a quelle inquirenti sono a suo avviso necessari due concorsi separati; si dovrebbe poi introdurre una norma transitoria volta a prevedere la necessità di un concorso perché gli attuali magistrati possano passare dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, fermo restando che tale passaggio non dovrebbe essere consentito nella medesima regione.

Rileva, altresì, che sarebbe opportuno prevedere due distinti organi di autogoverno, uno per giudici l'altro per i magistrati del pubblico ministero, come conseguenza inevitabile della separazione delle carriere. Ad essi dovrebbe aggiungersi un consiglio superiore per la magistratura amministrativa. Né vale obiettare a tale ipotesi il pericolo del corporativismo che di per sé non è negativo se si identifica con il senso di appartenenza; diventa negativo invece quando è strumento per conseguire vantaggi o altro. Come soluzione di mediazione, sia pure minimale, non sarebbe contraria all'ipotesi di prevedere due diverse sezioni nell'ambito del CSM. Per limitare gli aspetti deleteri del corporativismo, ritiene necessaria, come contrappeso, la presenza nel CSM di membri laici che non dovrebbe essere solo simbolica ma rappresentare la metà dei componenti.

Quanto all'ipotesi di istituire una autonoma sezione disciplinare, si dichiara favorevole, pur prospettando nel contempo la possibilità di prevedere l'istituzione di una sezione disciplinare per i giudici presso la Corte costituzionale e di una sezione disciplinare per i magistrati inquirenti presso il CSM. Il secondo comma dell'articolo 105 dell'ipotesi di testo formulata dal relatore, ha sollevato obiezioni a suo avviso non condivisibili. Si è affermato infatti che il CSM deve poter interpretare le leggi, ma se così fosse i giudici sarebbero meno liberi; si è altresì sostenuto che il CSM deve poter adottare atti di indirizzo sull'organizzazione giudiziaria, ma certamente non si può ritenere che il CSM possa organizzare un ufficio del tribunale o del pubblico ministero.

Non si comprende inoltre la norma prevista dall'articolo 102 dell'ipotesi di testo in esame, secondo la quale possono essere istituiti giudici speciali, in particolare per la giustizia tributaria: a suo avviso è preferibile prevedere apposite sezioni specializzare nell'ambito della magistratura ordinaria.

All'articolo 107 si dichiara assolutamente contraria alla norma che prevede la possibilità di derogare al principio dell'inamovibilità per assicurare la funzionalità della giustizia: il concetto di funzionalità infatti è molto relativo, per cui è forte il rischio di consentire violazioni al principio del giudice naturale di cui all'articolo 25 della Costituzione. A suo avviso invece la legge ordinaria dovrebbe stabilire un tempo massimo di permanenza per un magistrato in una determinata sede; in tal modo si risolverebbe anche il problema delle sedi disagiate.

Sul secondo comma dell'articolo 111 dell'ipotesi di testo in esame, osserva che non si comprendono le limitazioni proposte al ricorso per cassazione: i provvedimenti che limitano la libertà personale, le perquisizioni i sequestri e le intercettazioni devono essere ricorribili in cassazione.

Quanto all'articolo 112, osserva che il principio dell'obbligatorietà dell'azione penale, formalmente inteso, non è realizzabile; attualmente è il singolo magistrato che decide una scala di priorità. Pertanto si dichiara favorevole al principio espresso dal primo comma dell'articolo 112 dell'ipotesi n. 1 predisposta dal relatore, ma tale principio dovrebbe essere più chiaramente formulato. In ordine all'ipotesi di inserire in tale articolo il principio di offensività, rileva che l'offensività è un elemento della fattispecie incriminatrice; non ha senso quindi inserire tale principio nella Costituzione. Concludendo sottolinea che è necessario individuare una formulazione che raccolga l'esigenza di affermare un criterio di interesse pubblico che attraverso scelte di politica criminale renda trasparente l'esercizio dell'azione penale. Ribadisce infine al relatore l'invito ad evidenziare nell'ipotesi di testo che a conclusione dei lavori predisporrà le due diverse posizioni sullo Stato di diritto emerse nel corso del dibattito.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) si dichiara contrario a prevedere nel testo costituzionale una norma sul difensore civico che fa pensare ad una enfatizzazione dell'efficacia dell'intervento di tale figura. Nulla esclude, però, che con legge ordinaria si possa istituire, un difensore civico nazionale. Sull'articolo 99-bis dell'ipotesi di testo in esame esprime molte riserve innanzitutto sulle autorità indipendenti già istituite con legge che, a suo avviso, non sembra siano state utili. Pertanto ritiene che non sia opportuno inserire nella Costituzione una norma in proposito, per giunta vaga.

Sulla magistratura osserva che anche se non si è raggiunto il consenso sulla soluzione di un giudice unico, comunque l'ipotesi emersa dal dibattito rappresenta un miglioramento rispetto al sistema vigente. Si dichiara favorevole a prevedere due CSM, uno per i magistrati ordinari, l'altro per quelli amministrativi. Ritiene poi che la composizione di entrambi debba essere quella attualmente prevista per il CSM dal testo costituzionale. In ordine alla sezione disciplinare, ricorda di aver proposto che essa sia costituita da cinque membri di cui tre togati e due laici. Rileva in proposito che a suo avviso merita grande attenzione la proposta formulata dal senatore Pellegrino che ha ipotizzato un numero di componenti più elevato: occorrerebbe riflettere, tuttavia, sui riflessi che ciò comporterebbe sulla composizione del CSM.

Ritiene che il principio della soggezione soltanto alla legge dovrebbe essere riferito a tutti i magistrati: rifiuta quindi qualsiasi concezione gerarchica dell'ufficio del pubblico ministero che deve essere indipendente e si dichiara contrario a qualsiasi formulazione che distingua tra giudici e magistrati inquirenti. Ritiene quindi che al secondo comma dell'articolo 101 dovrebbe prevedersi: «I magistrati e amministrativi sono soggetti soltanto alla legge». Condivide poi i commi successivi dell'ipotesi di testo proposta dal relatore, pur rilevando tuttavia che all'ultimo comma appare restrittivo il riferimento ai non abbienti. Si dichiara inoltre perplesso sull'ipotesi di prevedere che il giudice tributario rimanga speciale, ritenendo che i giudici speciali dovrebbero essere istituiti con riferimento a settori molto ristretti, mentre la materia tributaria è di importanza centrale nel nostro Paese, per cui la relativa giurisdizione dovrebbe essere attribuita o alla magistratura ordinaria o a quella amministrativa.

All'articolo 103 dovrebbero essere soppresse le parole: «di attuazione». Quanto al secondo comma sarebbe opportuno approfondire il problema sollevato dal senatore Russo, con riferimento all'ipotesi n. 2 della titolarità dell'azione nei giudizi di responsabilità patrimoniale. A suo avviso dovrebbero poter esercitare l'azione i funzionari della Corte dei conti allorché nell'esercizio delle funzioni di controllo riscontrino elementi per ipotizzare una responsabilità contabile.

Ritiene inoltre che i tribunali militari dovrebbero essere istituiti «in tempo di guerra» e non «per il tempo di guerra».

All'articolo 104, al primo comma, si dichiara favorevole a prevedere che i giudici ordinari e amministrativi costituiscono un ordine autonomo e indipendente «da ogni potere», sopprimendo l'aggettivo «altro». Rileva, inoltre, che per i membri del CSM l'incompatibilità dovrebbe essere estesa a tutte le cariche elettive pubbliche.

Sull'articolo 105, osserva che se si delimitano esattamente i compiti spettanti al CSM, diventa inutile la norma prevista al secondo comma dall'ipotesi di testo del relatore. Propone quindi di inserire al primo comma dopo le parole: «rispettivi ordinamenti giudiziari» la seguente: «esclusivamente».

Quanto all'articolo 106 si dichiara contrario a prevedere il concorso per il passaggio dalla funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa, aggiungendo che al quarto comma le parole: «nella medesima regione» dovrebbe essere sostituite dalle parole: «nel medesimo distretto».

In ordine all'articolo 107 si dichiara contrario alla norma prevista dal quarto comma dell'ipotesi di testo del relatore, ritenendo che il principio dell'inamovibilità sia meglio espresso dall'attuale primo comma dell'articolo 107, sia pure con una modifica: sarebbe opportuno infatti sostituire le parole da: «adottata» fino alla fine del comma con le seguenti: «sulla base di criteri oggettivi predeterminati per legge e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.». Ritiene inutile la norma prevista al penultimo comma dell'articolo 107 dell'ipotesi di testo in esame; condivide l'incompatibilità dell'ufficio di giudice con qualunque incarico prevista dall'ultimo comma. Dissente invece dalla norma proposta sulle competizioni elettorali, ritenendo che i giudici possano partecipare senza preclusioni alle stesse.

Ritiene altresì apprezzabile che il relatore non abbia proposto modifiche all'articolo 109. All'articolo 110 dell'ipotesi di testo in esame ritiene che dopo le parole «servizi relativi alla giustizia» sarebbe opportuno inserire le seguenti: «riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia»; si dichiara inoltre contrario al secondo comma dell'articolo 110, ritenendo che non si possa rinviare alla legge ordinaria l'individuazione di altri soggetti titolari dell'azione disciplinare, oltre al ministro della giustizia.

All'articolo 111 al secondo comma ritiene che debbano essere soppresse le parole: «o speciali».

Quanto all'articolo 112 ritiene che debba essere mantenuta l'attuale formulazione del testo costituzionale; si potrebbe tuttavia riflettere sull'opportunità di prevedere la possibilità per il pubblico ministero di chiedere al giudice l'archiviazione del procedimento per carenza di offensività.

Sulla Corte costituzionale si dichiara contrario all'ipotesi di prevedere distinte sezioni. In ordine al ricorso diretto occorre una riflessione attenta. Infine sulla norma proposta al penultimo comma dell'articolo 137 dell'ipotesi di testo in esame, osserva che si tratta di uno strumento giusto di tutela delle minoranze e che certamente la Corte sarebbe molto cauta in tal caso nel dichiarare l'illegittimità costituzionale di una legge.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) rileva che occorre aggiornare la prosecuzione del dibattito alla seduta già convocata per martedì 6 maggio, in quanto - data l'ora - risulta ormai impossibile svolgere gli altri interventi programmati.

Giuliano URBANI, Presidente, comunica di aver concordato con il Presidente della Commissione un incontro, che avrà luogo nella mattinata di lunedì 5 maggio, nel corso del quale insieme con il relatore illustrerà al Presidente medesimo lo stato di avanzamento dei lavori del Comitato. Ha fatto presente al Presidente della Comissione che sarà invece possibile consegnargli la bozza di articolato predisposta dal relatore soltanto dopo la seduta del Comitato convocata per martedì 6 maggio alle ore 10, e quindi, presumibilmente, nella giornata di mercoledì 7. Tale bozza di articolato sarà inoltre tempestivamente inviata ai componenti del Comitato, perché possano preparare eventuali emendamenti. Comunica altresì che giovedì 8 maggio si riunirà l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, il quale dovrà tra l'altro individuare le questioni in relazione alle quali procedere eventualmente a votazioni di indirizzo. Eventuali ulteriori sedute del Comitato potrebbero quindi aver luogo soltanto dopo la riunione dell'Ufficio di Presidenza. Ricorda, infine, che occorrerà cominciare a predisporre - secondo quanto a suo tempo deciso - un ordine del giorno nel quale saranno indicati i temi la cui disciplina si raccomanda di adottare al legislatore ordinario.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) premette di essere disponibile sia a procedere nei lavori questa sera, sia ad aggiornarli a martedì mattina. Deve però manifestare una perplessità in ordine a quest'ultima eventualità; se, infatti, dagli interventi svolti nella seduta del 6 maggio dovessero emergere proposte significative, il relatore non avrebbe il tempo di tenerne adeguatamente conto ai fini della definitiva formulazione della sua bozza di articolato. Il dibattito di martedì mattina finirebbe quindi per risultare probabilmente inutile.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) condivide le perplessità espresse dal deputato Folena. Avanza quindi l'ipotesi che coloro che non hanno avuto la possibilità di intervenire facciano pervenire in questi giorni al relatore le loro osservazioni e le loro proposte.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) ritiene che sarebbe preferibile concludere questa sera il dibattito con interventi necessariamente contenuti. In effetti, sarebbe stato meglio procedere per tempo alle votazioni di indirizzo, che avrebbero evitato la situazione di stallo nella quale si trova adesso il Comitato.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, assume l'impegno che l'incontro con il Presidente della Commissione di lunedì 5 maggio avrà carattere interlocutorio; si impegna altresì ad elaborare la nuova formulazione della sua bozza di articolato soltanto dopo la conclusione del dibattito nella seduta di martedì 6 maggio alle ore 10.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene superate le perplessità precedentemente manifestate alla luce delle precisazioni appena fornite dal relatore.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) rileva che in tal modo il Comitato non avrà la possibilità di conoscere il testo che sarà presentato al Presidente della Commissione; tale testo dovrà pertanto essere ricondotto alla esclusiva responsabilità del relatore.

Il deputato Tiziana PARENTI (gruppo forza Italia) chiede se sia possibile far pervenire al relatore emendamenti o testi alternativi.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che tali emendamenti e testi alternativi dovranno ovviamente pervenirgli entro la mattina di martedì 6 maggio, perché possa prenderli in considerazione ai fini della formulazione della sua bozza di articolato.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva che nella seduta di martedì 6 maggio il relatore avrebbe dovuto presentare al Comitato la ulteriore formulazione della bozza di articolato. Poichè nella suddetta seduta dovrà invece concludersi il dibattito in corso, potrebbe convocarsi una ulteriore seduta del Comitato per mercoledì 7 maggio, nella quale avrebbe luogo la prevista presentazione al Comitato medesimo della bozza di articolato.

Il senatore Fausto MARCHETTI (gruppo rifondazione comunista-progressisti) ribadisce che comunque è inutile riunirsi per prendere atto di un testo che non è più possibile modificare.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) fa presente che dovrà comunque esserci, alla fine, un testo che il Comitato non dibatterà, atteso che la relazione appartiene alla responsabilità del relatore, e non del Comitato stesso.

Giuliano URBANI, Presidente, ritiene che la proposta formulata dal senatore Russo debba essere senz'altro accolta. Avverte quindi - e il Comitato consente - che dopo la prevista seduta del 6 maggio alle ore 10, nella quale sarà concluso il dibattito in corso, il Comitato tornerà a riunirsi mercoledì 7 maggio alle ore 16,30.

La seduta termina alle 20,05.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI Martedì 6 maggio 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 

 


La seduta comincia alle 10,30.

Il senatore Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) premette che intende innanzitutto svolgere un'osservazione di carattere sistematico: il titolo IV della Costituzione reca come rubrica «La magistratura» ed è diviso in due sezioni delle quali la prima reca la rubrica «Ordinamento giurisdizionale», la seconda «Norme sulla giurisdizione». A suo avviso il titolo IV dovrebbe essere intitolato «La giustizia» o, in subordine: «la giurisdizione», considerando che in tale titolo si inseriscono norme riguardanti soprattutto la funzione giurisdizionale. Inoltre, la prima sezione del titolo IV dovrebbe recare la rubrica «Gli organi» che appare più coerente con le norme in essa contenute; la rubrica della II sezione rimarrebbe invece intitolata «Norme sulla giurisdizione».

Passando all'esame dell'articolato dell'ultima ipotesi di testo elaborata dal relatore, osserva, con riferimento all'articolo 101, che sarebbe opportuno sopprimerne il primo comma, dettando esso una norma enfatica e tutto sommato equivoca. Non vi è una norma analoga in altre Costituzioni, fatta salva la Costituzione spagnola, né vi è una norma analoga in altre parti della Costituzione italiana riferite ad altre funzioni ancor più connesse dell'amministrazione della giustizia alla sovranità popolare. Si tratta di una norma inserita allorché si passò dalla monarchia alla Repubblica: mentre nell'ordinamento monarchico si prevedeva che la giustizia fosse amministrata in nome del re, in quello repubblicano si è previsto che giustizia è amministrata in nome del popolo. Ma ora la norma è suscettibile di acquisire una valenza molto diversa rispetto al tempo in cui venne introdotta, per cui è preferibile evitare l'inserimento di norme equivoche e ridondanti. Quindi l'articolo 101 dovrebbe essere costituito esclusivamente dalla norma: «I giudici sono soggetti soltanto alla legge». La restante parte del comma 2 dell'ipotesi di testo proposta dal relatore dovrebbe essere collocata in un autonomo articolo, il 103-bis; le norme contenute negli altri commi dell'ipotesi di testo proposta dal relatore, in quanto norme di indirizzo sulla giurisdizione, dovrebbero essere collocate nella sezione II in un apposito articolo, che potrebbe essere il 110-bis.

Quanto all'articolo 102, ritiene che debbano prevedersi non giudici speciali, ma sezioni specializzate.

Sull'articolo 103 condivide l'ipotesi di testo predisposta dal relatore, e non quella proposta dal deputato Bressa. Ritiene, infatti, che il giudice amministrativo debba giudicare sulla responsabilità patrimoniale, ma su iniziativa di un apposito ufficio inquirente a ciò specificamente deputato: l'espressione, infatti, «su iniziativa del pubblico ministero», prevista dal testo del relatore, fa pensare ad un ufficio del pubblico ministero presso il giudice ordinario, mentre in realtà si intende costituire un ufficio apposito.

Propone quindi di inserire un articolo 103-bis, nel quale dovrebbero essere conservate le garanzie già previste dalla Costituzione per il pubblico ministero: in particolare la Costituzione garantisce ai magistrati del pubblico ministero la garanzia dell'inamovibilità e ne prevede la nomina per concorso. In proposito ricorda la sentenza n. 52 del 1976 della Corte costituzionale in cui la Corte ha precisato che, a differenza delle garanzie di cui all'articolo 101 poste a presidio del singolo giudice, quelle relative al pubblico ministero si riferiscono all'ufficio e non ai singoli. Propone quindi di formulare tale articolo nel modo seguente:

«I magistrati del pubblico ministero sono indipendenti da ogni potere.

Le norme sull'ordinamento giudiziario stabiliscono le garanzie loro spettanti ed assicurano altresì l'unità di azione di ciascun ufficio e il coordinamento tra gli uffici del pubblico ministero».

Sull'articolo 104 osserva che il relatore ha prospettato un ampio ventaglio di proposte. Si dichiara favorevole in proposito a prevedere due organi di autogoverno, uno per la magistratura ordinaria, l'altro per quella amministrativa. La relativa composizione di tali organi dovrebbe prevedere un 50 per cento di membri laici e un 50 per cento di membri togati. Ritiene inoltre necessaria l'istituzione di un organo disciplinare autonomo - ricorda in proposito che questa era stata una proposta formulata dal suo gruppo - con una struttura non legata a quella del CSM. Si tratta di un tema molto delicato: infatti dato il principio dell'indipendenza della magistratura, è necessario prevedere meccanismi di controllo che con tale indipendenza siano compatibili e l'unico meccanismo di controllo a suo avviso possibile è quello disciplinare. Sui procedimenti disciplinari non si dispone di dati puntuali per i magistrati: la media dovrebbe essere quella di un procedimento disciplinare ogni cento magistrati; né si riesce a conoscere precisamente l'oggetto di tali procedimenti; ritiene comunque che la maggior parte di essi riguardi illeciti commessi al di fuori dell'esercizio delle funzioni, mentre quelli riguardanti fatti commessi nell'esercizio delle funzioni sono in gran parte legati a negligenze dei magistrati relative all'avvenuta prescrizione di taluni reati. Quel che è certo è che i procedimenti disciplinari sui magistrati non riguardano se non in mimina parte l'attività del pubblico ministero che pure è quella più carica di rischi sotto il profilo della compressione dei diritti altrui. Pertanto l'istituzione di un autonomo organo, indipendente da ogni altro potere, eviterebbe atteggiamenti corporativi. Sulla titolarità dell'azione disciplinare ritiene positivo spezzare l'attuale duopolio, che è fonte d'irresponsabilità, e attribuirla ad un unico soggetto. In proposito si è affermato che il ministro di grazia e giustizia non garantirebbe quella tensione che solo una pluralità di soggetti può assicurare; se così è la previsione di un autonomo organismo che abbia nell'esercizio dell'azione disciplinare la sua ragione d'essere potrebbe essere positiva. Peraltro attribuendo la titolarità dell'azione disciplinare al ministro o ad un sottosegretario da lui delegato, in concreto sorgerebbero grosse difficoltà pratiche, data la gravosità dell'impegno; inoltre, il ministro è comunque legato ad una maggioranza parlamentare, mentre se si costituisse un organo ad hoc si potrebbe prevedere che il relativo titolare sia espresso da una larga maggioranza parlamentare o nominato d'intesa dai Presidenti delle Camere.

Sull'articolo 105, rileva che il senatore Senese ha proposto di conservare l'attuale testo della Costituzione, dichiarandosi contrario all'introduzione del secondo comma proposto dal relatore; per parte sua ricorda di aver proposto al secondo comma la formulazione contenuta nell'ipotesi n. 2 del testo predisposto dal relatore. Sottolinea che più volte la Corte costituzionale ha invitato il legislatore a definire meglio le funzioni e il ruolo del CSM, al quale la Costituzione attribuisce la competenza in materia di assunzioni, assegnazioni e trasferimenti, promozioni e provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati. Tuttavia così come è attualmente formulata la norma costituzionale fino ad ora non è servita ad evitare gli abusi posti in essere dal CSM che ha emanato circolari che spaziano su tutto l'ordinamento giudiziario, incidendo anche sui poteri ispettivi assegnati al ministro di grazia e giustizia. Inoltre il CSM ha svolto un'attività a difesa della corporazione, con interventi che sarebbero stati consentiti ad un organismo rappresentativo della magistratura come l'ANM e non al CSM stesso. In terzo luogo il CSM ha svolto un'attività paradisciplinare comprimendo così l'autonomia dei singoli magistrati. In quarto luogo ha fornito indicazioni sui modi di esercizio dell'azione penale e ciò ha avuto conseguenze sull'attività dei singoli pubblici ministeri in ipotesi concrete. Infine, ha espresso pareri diretti anche al Parlamento. Ritiene quindi che occorre introdurre nella Costituzione apposite norme che valgano ad impedire il perpetuarsi di questa prassi. Ribadisce quindi la sua proposta, accolta dal relatore nell'ipotesi n. 2 del secondo comma dell'articolo 105.

L'articolo 106, letto insieme all'articolo 104, solleva problemi di ordine sistematico. In proposito si dichiara favorevole ad una forte separazione delle funzioni pur senza preclusioni assolute per il passaggio da quelle giudicanti a quelle inquirenti e viceversa. Rileva che l'ordinamento giudiziario prevedeva un forte sbarramento agli articoli 190 e 191; ma tali articoli sono stati ritenuti abrigati, con una circolare del CSM contestata da autorevole dottrina. Osserva quindi che non si comprende come possano ben funzionare le due sezioni del CSM, così come proposto dal relatore, secondo un'ipotesi in astratto condivisibile. Vi è da chiedersi infatti quale sia la sezione competente per le nomine e quale sia la sezione cui si riferisce il secondo comma dell'articolo 106 proposto dal relatore.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che le competenze previste al primo e al secondo dell'articolo 106 dovrebbero spettare alle sezioni riunite.

Il deputato Ortensio ZECCHINO (gruppo partito popolare italiano) osserva che a suo avviso le nomine dei magistrati dovrebbero essere precedute da un periodo di tirocinio che verifichi l'attitudine alle funzioni. Rileva quindi che le due sezioni dovrebbero essere costituite rispettando le proporzioni numeriche delle rispettive componenti. Inoltre sarebbe necessario consentire i passaggi dalle funzioni giudicanti a quelle inquirenti e viceversa solo in occasione dei rinnovi del CSM e non in momenti successivi, al fine di evitare che si verifichino disarmonie tra la composizione delle sezioni e quella delle rispettive componenti.

All'articolo 107 ritiene che occorrerebbe prevedere che possano partecipare alle competizioni elettorali soltanto i magistrati che siano cessati dalle funzioni almeno tre anni prima della presentazione delle liste elettorali.

Passando all'articolo 110 dichiara di non condividere il secondo comma proposto dal relatore: se infatti si prevedesse un apposito organo per l'esercizio dell'azione disciplinare, sarebbe inutile prevedere che la legge possa individuare altri titolari dell'azione medesima. E, comunque, altri soggetti titolari dell'azione disciplinare potrebbero essere individuati soltanto in via sussidiaria. Inoltre all'articolo 110 sarebbe opportuno inserire la norma prevista al secondo comma dell'articolo 112 del testo elaborato dal relatore, in base alla quale il ministro della giustizia presenta al Parlamento una relazione annuale sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

Sarebbe opportuno poi introdurre un articolo 110-bis, in cui inserire le norme previste nel terzo, quarto e quinto comma dell'articolo 101 e nel terzo comma dell'articolo 111 dell'ipotesi di modifica n. 2 predisposta dal relatore accogliendo i suggerimenti del senatore Russo.

Sull'articolo 111 condivide le osservazioni formulate dal senatore Senese sulla necessità di introdurre delle limitazioni alla possibilità di proporre ricorso per Cassazione.

Sull'articolo 112 fa presente che, avendo egli proposto l'inserimento di un'apposito articolo, cioè il 103-bis, sulle funzioni del pubblico ministero, ritiene opportuno omettere all'articolo 112 il riferimento all'ufficio del pubblico ministero. Propone quindi la seguente formulazione elaborata dal professor Chiavario e alla quale ha apportato alcune modifiche:

«Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale e di dirigere le indagini sulle notizie di reato necessarie ai fini delle relative determinazioni che debbono essere assunte in tempi ragionevoli.

La legge stabilisce le condizioni e le modalità dell'azione, anche al fine di assicurare che essa sia esercitata senza pregiudizio per le esigenze di tempestività della giustizia.

La legge può conferire all'offeso dal reato e ad altri soggetti portatori di interessi pubblici o collettivi, per il caso di inerzia del pubblico ministero, la facoltà di adire direttamente la giurisdizione penale, ferme restando le prerogative del pubblico ministero in ordine alla sua partecipazione al procedimento.

La legge infine fissa le modalità di deroga all'obbligo dell'esercizio della legge penale se nel corso delle indagini risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità delle comportamento».

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) esprime perplessità sull'inserimento, nel testo costituzionale dell'articolo 97-bis proposto dal relatore, non solo per le ragioni già espresse dal senatore Pellegrino, ma anche per la necessità di un coordinamento con i lavori del Comitato forma di Stato alla luce dei quali suscita dubbi l'istituzione di un difensore civico nazionale; eventualmente sarebbe possibile pensare ad istituire un difensore civico regionale.

Sull'articolo 99-bis condivide le osservazioni espresse dal senatore Pellegrino.

In ordine all'articolo 100 ritiene debba essere soppresso il riferimento alla consulenza giuridico-amministrativa al Governo, sia che tale funzione venga attribuita all'Avvocatura dello Stato, sia che tale funzione venga attribuita al Consiglio di Stato.

Per quanto riguarda l'articolo 101, condivide le osservazioni espresse dai senatori Russo e Senese. A suo avviso è opportuno parlare di magistrati del pubblico ministero e non di magistrati inquirenti o di magistrati con funzioni inquirenti. Il secondo comma dell'articolo 101 dovrebbe a suo avviso essere così formulato: «i magistrati sono soggetti soltanto alla legge, la quale assicura il coordinamento degli uffici del pubblico ministero». Per quanto riguarda i commi successivi occorre un chiarimento: occorre decidere se inserire nella Costituzione i principi che caratterizzano il procedimento penale secondo il rito accusatorio oppure una norma generica sul procedimento giurisdizionale. La formulazione proposta dal senatore Russo all'articolo 111 e accolta nel testo proposto dal relatore nell'ipotesi di modifica n. 2, si riferisce anche alla fase preliminare delle indagini ed è molto più garantista della formulazione proposta dal relatore all'articolo 101.

Quanto all'articolo 102 condivide la proposta formulata dal senatore Russo, osservando che a suo avviso è preferibile utilizzare il termine «magistrati», invece che «giudici», perché non si pensi che soltanto alcuni giudici esercitano la funzione giurisdizionale.

In ordine all'articolo 103, si dichiara favorevole all'ipotesi di testo n. 1; in particolare sul secondo comma ritiene coerente la proposta di prevedere un giudice amministrativo competente sulle responsabilità patrimoniale presso il quale sia costituito un'apposito ufficio del pubblico ministero. Quanto alle funzioni di consulenza giuridico-amministrativa, da attribuire al Consiglio di Stato, ritiene preferibile, tra le formulazioni proposte dal relatore, la seguente: «La legge demanda al Consiglio di Stato il compito di esprimere pareri preventivi su atti normativi e generali e assicura la separazione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali».

In ordine all'articolo 104 dichiara di preferire l'ipotesi di modifica n. 1, osservando che, se l'innovazione principale che si intende introdurre è quella di distinguere tra le funzioni amministrative e le funzioni disciplinari del CSM, appare non coerente con tale impostazione l'ipotesi di prevedere due sezioni di cui una per i giudici e l'altra per i magistrati del pubblico ministero, in quanto in tale prospettiva sarebbe necessario istituire due corrispondenti sezioni disciplinari. Precisa che il suo gruppo non ha abbandonato la proposta inizialmente formulata sulla sezione disciplinare, cioè quella di prevedere che essa abbia una composizione paritaria di membri laici e di membri togati: rimane convinto, infatti che tale composizione sia adeguata ed elimini anche simbolicamente ogni sospetto di una giurisdizione domestica, anzi «addomesticata». La sezione disciplinare sarebbe comunque eletta dal CSM e questo eviterebbe una ipotetica lesione del principio dell'autogoverno, quale che sia il rapporto tra membri laici e membri togati. A suo avviso non vi è ragione per prevedere un rapporto diverso da quello attualmente previsto per la composizione del CSM in sede amministrativa, che ha dato prova di essere un rapporto equilibrato; ma i membri laici non sono, come spesso si ripete, una longa manus del potere politico. Peraltro, anche la proposta formulata dal senatore Pellegrino, lungi dal rappresentare una marcia indietro, va nella stessa direzione di impedire chiusure corporative; e risolve, inoltre i problemi che si pongono per i procedimenti disciplinari relativi alla magistratura amministrativa nonché quelli relativi alla ricorribilità dei provvedimento del CSM. Si dichiara pertanto disponibile ad adottare sia l'una che l'altra di queste due soluzioni prospetttate.

Ritornando sull'ipotesi di prevedere due sezioni, una per i giudici, l'altra per i magistrati del pubblico ministero, rileva che su tale proposta si registra un'insistenza divenuta quasi simbolica e comunque non coerente con la logica del sistema. Nell'ipotesi elaborata dal relatore vi sarebbe infatti una sezione del CSM eletta dai soli magistrati del pubblico ministero che adotterebbe tutti i provvedimenti amministrativi riguardanti tali magistrati; verrebbe così potenziata una logica strettamente corporativa. Peraltro i magistrati del pubblico ministero sono un numero di gran lunga inferiore rispetto agli altri, per cui la relativa sezione nell'ambito del CSM avrebbe un carico di lavoro assai inferiore all'altra e tenderebbe quindi ad influenzare in maniera eccessiva l'attività delle sezioni riunite. Rileva inoltre che non avrebbe senso prevedere la partecipazione al CSM di un membro, quale il ministro di grazia e giustizia, che non avrebbe neanche il diritto di voto.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, osserva che il ministro di grazia e giustizia è l'unico componente del CSM non previsto nel testo costituzionale.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) sull'articolo 105 dichiara di condividere la proposta formulata dal senatore Pera, da cui deriva l'esigenza in particolare di sopprimere il secondo comma dell'ipotesi di testo formulata dal relatore: dato che al primo comma si fa riferimento a «provvedimenti amministrativi», è infatti chiaro che si intende escludere che il CSM possa adottare atti politici, senza che ciò significhi precludere allo stesso CSM le funzioni regolamentari connesse alle materie di sua competenza.

Quanto all'articolo 106, osserva che la formulazione proposta dal relatore al secondo comma suscita perplessità: innanzi tutto occorrerebbe precisare se essa si riferisce anche ai magistrati amministrativi e comunque gran parte della disciplina ivi prevista costituisce materia che potrebbe più opportunamente essere oggetto dell'ordine del giorno di indirizzo di cui si è prospettata la presentazione, evitando l'inserimento nel testo costituzionale di norme troppo dettagliate. A suo avviso potrebbe altresì essere preferibile evitare il riferimento agli organi collegiali, al fine di non precludere riforme da attuarsi con legge ordinaria che si inseriscono nell'attuale tendenza verso il giudice monocratico. Ritiene quindi che il secondo e il terzo comma dell'articolo 106 dovrebbero essere sostituiti dal seguente:

«I magistrati ordinari esercitano inizialmente funzioni giudicanti (in organi collegiali) per un periodo di almeno tre anni. Il passaggio tra l'esercizio delle funzioni penali giudicanti e del pubblico ministero è successivamente consentito secondo modalità stabilite dalla legge fuori dal medesimo distretto giudiziario».

All'articolo 107, ritiene preferibile formulare il primo comma nei seguenti termini:

«Tutti i magistrati sono inamovibili».

E ciò visto che il principio si riferisce a tutta la magistratura. Il terzo comma del medesimo articolo dovrebbe inoltre essere sostituito dai seguenti:

«La legge determina i periodi di massima permanenza dei magistrati requirenti nella stessa sede con le stesse specifiche funzioni di merito.

La legge può determinare i periodi di massima permanenza dei magistrati giudicanti nella stessa sede con le stesse specifiche funzioni di merito».

Ritiene indispensabile altresì una norma sulle incompatibilità con l'ufficio di giudice o di magistrato inquirente, ma dovrebbe essere più snella rispetto a quella proposta dal relatore. In ordine alla possibilità per i magistrati di partecipare alle competizioni elettorali, rileva che la proposta di prevedere un obbligo di dimissioni dalla magistratura non è a suo avviso condivisibile perché in contrasto con l'articolo 51 della Costituzione. Il diritto all'elettorato passivo è affermato con tale forza dalla Costituzione, da indurre a ritenere che per i magistrati non si possano prevedere limiti che giungano fino a contemplare l'obbligo di dimissioni.

In ordine all'articolo 109 non condivide la proposta formulata dal Presidente di prevedere che l'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria «secondo le modalità stabilite dalla legge».

Sull'articolo 110 ritiene che in luogo del termine «assicura» sarebbe preferibile usare «promuove» o «favorisce».

Il senatore Giulio MACERATINI (gruppo alleanza nazionale) ritiene che, rispetto alla proposta ora formulata dal deputato Folena, sia preferibile il termine «assicura» proposto dal relatore e comunque, se proprio si volesse individuare un termine diverso, sarebbe opportuno utilizzare la parola «vigila».

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ritiene che il termine «promuove» sia quello preferibile: la scuola di formazione per i magistrati e per gli avvocati potrebbe essere anche collegata all'università. È importante evitare che essa sia giocoforza collegata al ministero di grazia e giustizia.

Quanto all'azione disciplinare, l'effettività del relativo esercizio potrebbe essere assicurata attribuendone la titolarità ad un organo appositamente nominato dal Senato delle garanzie oppure dallo stesso CSM nell'ipotesi che questo non sia competente in materia disciplinare.

Sull'articolo 111 condivide le osservazioni formulate dai senatori Russo e Senese.

In ordine all'articolo 112 condivide il primo comma dell'ipotesi n. 2 che rende esplicito il senso del richiamo alla legge, chiarendo che non si intende attenuare la forza dell'obbligatorietà dell'esercizio dell'azione penale ed evitando così ogni possibilità di equivoco. Sulla norma prevista al secondo comma dell'ipotesi di modifica n. 2, osserva che, così come è formulata, essa consente alla legge di prevedere anche per ipotesi di reato molto gravi la sussidiarietà dell'azione penale, mentre a suo avviso tale possibilità dovrebbe essere consentita solo per i casi di minor rilievo.

Sull'articolo 134, in particolare sul ricorso diretto alla Corte costituzionale, ritiene preferibile un rinvio ad una legge costituzionale, in quanto il testo proposto dal relatore potrebbe esporre la Corte al rischio di essere sommersa dai ricorsi. Ritiene quindi che all'ultimo comma dell'articolo 134 dovrebbe prevedersi una norma del seguente tenore:

«Una legge costituzionale determina i casi, le forme e le condizioni di ammissibilità dei ricorsi diretti avverso le leggi e gli atti aventi forza di legge dello Stato e delle regioni».

Sull'articolo 135 ritiene che non sia opportuno aumentare il numero dei giudici della Corte costituzionale e che non sia condivisibile la norma relativa alle modalità di partecipazione dei rappresentanti delle regioni. A suo avviso i membri eletti dal Parlamento dovrebbero passare da cinque a sette, quelli nominati dal Presidente della Repubblica da cinque a quattro e quelli eletti dalla magistratura da cinque a quattro. Nell'ipotesi in cui si arrivi a costituire il Senato delle garanzie i sette membri di competenza parlamentare dovrebbero essere eletti da tale Camera: di questi sette membri, tre potrebbero essere nominati da una commissione incardinata nel Senato delle garanzie e costituita da rappresentanti regionali.

Sull'articolo 136, non condivide la proposta di inserire una norma sull'opinione dissenziente, ritenendo che tale istituto debba essere affidato all'autonomia regolamentare della Corte costituzionale. A suo avviso occorrerebbe comunque garantire l'anonimato dei giudici dissenzienti per evitare il rischio di una forte politicizzazione della Corte.

In ordine alla proposta di istituire sezioni separate dalla Corte, occorre considerare che, se pure tale ipotesi potrebbe agevolare l'organizzazione del lavoro, risulta difficile una distinzione netta delle materie da attribuire a ciascuna sezione; vi è poi il rischio di giurisprudenze contrastanti e di una forte politicizzazione.

Sull'articolo 137, in particolare sul ricorso delle minoranze, propone di prevedere un rinvio ad una legge costituzionale che determini casi e forme del ricorso, in modo da evitare un uso ostruzionistico dell'istituto.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, precisa che, proprio per evitare il rischio di un'utilizzazione ostruzionistica del ricorso alla Corte costituzionale da parte delle minoranze, il suo testo prevede che esso possa essere proposto soltanto dopo la pubblicazione della legge.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che il testo formulato dal relatore non elimina del tutto il rischio di trasformare la Corte costituzionale in una sorta di terza Camera; non si può negare il rischio di uno spostamento del conflitto politico all'interno della Corte costituzionale e che per ogni legge approvata si proponga un ricorso della Corte. Propone quindi che al secondo comma dell'articolo 137 si preveda la norma seguente:

«Una legge costituzionale determina i casi e le forme del ricorso diretto delle minoranze parlamentari per violazione dei fondamentali diritti politici dell'opposizione».

Il senatore Antonio LISI (gruppo alleanza nazionale) chiede al deputato Folena la sua opinione su come dovrebbe avvenire l'assegnazione dei magistrati alle funzioni giudicanti o alle funzioni requi-renti, al termine del periodo di tre anni proposto dal relatore all'articolo 106. Chiede, inoltre, chiarimenti sulla posizione del deputato Folena in ordine alla sezione disciplinare.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo), rispondendo ai quesiti del senatore Lisi, chiarisce che a suo avviso dovrebbe essere la legge ordinaria a stabilire le modalità di accesso alle funzioni giudicanti o requirenti. Quanto poi alla sezione disciplinare, precisa di condividere sia l'ipotesi che essa debba essere costituita per metà da laici e per metà da togati, sia la proposta formulata dal senatore Pellegrino.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) osserva che gli interventi svolti dal senatore Senese e dal deputato Folena sembrano costituire dei passi indietro rispetto ai lavori del Comitato. Infatti il deputato Folena ha rimesso in discussione, ad esempio, il principio del contraddittorio, affermando di volerne limitare la valenza alla fase del dibattimento. In tal modo tuttavia si costituzionalizzerebbe il rito inquisitorio prima del dibattimento.

Il deputato Pietro FOLENA (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) chiarisce che nel suo precedente intervento si è dichiarato a favore di una costituzionalizzazione dei principi caratterizzanti il rito penale accusatorio e ha proposto di prevedere all'articolo 101 una formulazione - quale quella prevista nell'ipotesi di modifica n. 2 del terzo comma dell'articolo 111 - che è riferita anche alla fase delle indagini preliminari, e che risulta molto più garantista di quella proposta dal relatore all'articolo 101.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) prende atto che per il deputato Folena il principio del contraddittorio deve essere esteso alla fase pre-dibattimentale. Rileva quindi che rappresenta a suo avviso un regresso la proposta formulata dal deputato Folena di sostituire all'articolo 102 la parola «magistrati» a quella «giudici». Aggiunge che non è sicuro che le proposte del deputato Folena e del senatore Pellegrino sulla sezione disciplinare siano equipollenti. Ancora un ulteriore regresso è rappresentato dalla proposta di demandare alla legge ordinaria la disciplina del passaggio tra le funzioni, senza prevedere la necessità di un apposito concorso. Sull'esercizio dell'azione penale, poi, le proposte illustrate dal deputato Folena sono a suo avviso peggiorative rispetto a quelle formulate dal relatore. In sostanza, il dibattito svoltosi questa mattina è fonte di delusione per chi pensava che si sarebbe esclusivamente lavorato per rifinire l'ipotesi di testo formulata dal relatore. In tali condizioni diventa quindi difficile trovare un punto di accordo, visto che una delle parti retrocede e non solo rispetto al testo del relatore, ma anche rispetto allo stesso testo attuale della Costituzione. Eppure il deputato Folena, prima delle festività pasquali, aveva svolto un intervento che conteneva aperture. Diviene allora difficile valutare il testo proposto dal relatore che a suo avviso rappresenta una mirabile ipotesi di mediazione.

È peraltro evidente che tale testo reca chiaramente il segno di tensioni interne e non ha quindi in sé una logica unitaria. Ad esempio, si riconosce il principio della parità delle parti, principio che ha un senso rispetto ad un giudice terzo ed equidistante dalle parti stesse; esso comporta, quindi, il principio della separazione delle carriere, o almeno una netta e chiara separazione delle funzioni, quale invece non è dato riscontrare. Anche la proposta del relatore di prevedere due sezioni distinte del CSM ha un senso soltanto se si prevedono funzioni nettamente separate.

Occorre quindi, partendo dal testo del relatore, apportare talune modifiche che gli diano una ben definita identità.

Ciò premesso, sull'articolo 101, secondo comma, ritiene sia opportuno conservare l'attuale testo costituzionale che rende la distinzione tra giudici e magistrati del pubblico ministero: la Costituzione infatti afferma che i giudici sono soggetti soltanto alla legge, mentre per il pubblico ministero, all'articolo 107, afferma che il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite dall'ordinamento giudiziario. La proposta formulata in proposito dal deputato Folena - «i magistrati sono soggetti soltanto alla legge, la quale assicura il coordinamento degli uffici del pubblico ministero» - reca una intrinseca contraddittorietà, in quanto se si afferma che anche i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge, non si può contemporaneamente affermare che essi devono anche sottostare al vincolo del coordinamento degli uffici. In proposito ritiene invece coerente la proposta formulata dal senatore Zecchino. Ribadisce che l'ipotesi di prevedere due sezioni del CSM ha un senso soltanto nella logica della separazione delle funzioni, ma se in altra parte del testo non si riconosce tale separazione non ha senso. Tanto varrebbe allora prevedere un CSM unico che implichi un passaggio tra funzioni agevole. È possibile anche rinviare alla legge ordinaria la disciplina relativa alle modalità di passaggio tra le funzioni, purché sia chiara la separazione delle funzioni stesse e purché siano diversi gli accessi a ciascuna di essi. L'ipotesi di prevedere due sezioni creerebbe anche un contrappeso interno.

Nell'articolo 101, a suo avviso, è necessario esprimere in forma solenne tutti i principi riferiti al processo (parità, oralità, contraddittorio, imparzialità); semmai si potrebbe distinguere la norma in due parti: la prima per tutti i procedimenti, la seconda solo per i processi penali. Al secondo comma dell'articolo 101 dovrebbe essere inserita a suo avviso la norma prevista al quarto comma dell'articolo 107 dell'ipotesi di testo predisposta dal relatore, oppure si potrebbe accedere alla proposta formulata dal senatore Zecchino per il pubblico ministero.

Quanto all'articolo 102 condivide il primo comma nella formulazione del relatore.

Ribadisce quindi il suo avviso favorevole a prevedere due sezioni per il CSM. Sulla sezione disciplinare ribadisce altresì di non ritenere equivalente la proposta formulata dal deputato Folena rispetto a quella del senatore Pellegrino che ha proposto un'unica sezione disciplinare competente per tutti i procedimenti disciplinari nei confronti di tutti i magistrati. Ritiene infatti preferibile l'ipotesi di prevedere che la sezione disciplinare sia costituita per metà da membri laici designati dal Parlamento e per metà eletti dalla magistratura.

Sull'articolo 105 osserva che la formulazione che fa riferimento a «provvedimenti amministrativi» (magari con l'aggiunta dell'avverbio «esclusivamente», come proposto dal senatore Marchetti) avrebbe potuto essere ritenuta sufficiente soltanto se idonea ad escludere ogni ipotesi di ambiguità. Ma il senatore Zecchino ha chiarito che tale proposta comunque si presterebbe ad aggiramenti, sottolineando che la funzione normativa secondaria di cui ha parlato anche il senatore Senese potrebbe sfociare in atti di indirizzo politico; a tal fine lo stesso senatore Zecchino ha proposto quindi di inserire una norma che è stata accolta dal relatore al secondo comma dell'ipotesi di modifica n. 2 dell'articolo 105.

Quanto all'articolo 106, osserva che è da considerarsi positiva la norma che prevede che tutti i magistrati esercitino inizialmente funzioni giudicanti per tre anni; trascorso questo periodo tuttavia ritiene che per accedere alle funzioni giudicanti o requirenti occorrano concorsi distinti, demandando poi alla legge ordinaria il compito di dettare una apposita disciplina sul passaggio delle funzioni.

Sull'articolo 107 si dichiara contrario a prevedere che il Consiglio superiore della magistratura, sulla base di criteri fissati dallo stesso Consiglio, possa derogare al principio della inamovibilità per i giudici. Quanto alla partecipazione alle competizioni elettorali, ritiene che debbano essere coniugate insieme le esigenze tenute presenti dal testo del relatore e quelle di garantire che l'elettorato passivo possa essere esercitato senza grave pregiudizio per il diritto al posto di lavoro.

Sull'articolo 111 si dichiara favorevole all'ipotesi n. 1; ma il terzo comma appare ridondante alla luce di quanto previsto nel comma successivo. Sul ricorso per cassazione, la proposta di introdurre delle limitazioni non lo convince nella formulazione prospettata dal senatore Senese.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) osserva che tutte le sentenze attualmente sono ricorribili per cassazione, in quanto il secondo comma dell'articolo 111 della Costituzione afferma che contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge. A suo avviso occorrerebbe eliminare tale rigido vincolo per il legislatore ordinario, consentendo a questi di limitare il ricorso per alcune materie o in alcuni casi; altrimenti i ricorsi sono in numero tale da vanificare la stessa garanzia prevista dalla Costituzione.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) ritiene comprensibile l'esigenza espressa dal senatore Senese, ma occorre individuare una formulazione idonea ad evitare che la legge ordinaria possa introdurre qualsiasi limite al ricorso per cassazione.

Sull'articolo 112 si dichiara favorevole all'ipotesi n. 1; condivide inoltre anche il comma 2 dell'ipotesi n. 2.

Sull'articolo 134 chiede al relatore se stia predisponendo un'ulteriore rielaborazione della norma sul ricorso diretto alla Corte costituzionale.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, risponde affermativamente al quesito del senatore Pera, precisando tuttavia che l'ulteriore riformulazione sul ricorso diretto alla Corte costituzionale è volta soprattutto ad escludere che tale ricorso possa rappresentare un quarto grado di giudizio.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) sull'articolo 135 ritiene che non debba essere aumentato il numero dei giudici della Corte. La proposta formulata dal suo gruppo è volta al mantenimento dell'attuale numero di 15, di cui 3 eletti dalla Camera, 3 eletti dal Senato, 3 dalle magistrature, 3 nominati dal Capo dello Stato e 3 dai rappresentanti delle regioni.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che per la elezione dei componenti della Corte costituzionale, nella ulteriore ipotesi di testo che presenterà al Comitato, sopprimerà il riferimento ai rappresentanti delle regioni.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) osserva che all'articolo 135 dovrebbe essere inoltre prevista l'incompatibilità rispetto a tutte le cariche elettive.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, fa presente che è sua intenzione proporre una disciplina delle incompatibilità omogenea per i membri della Corte costituzionale e per quelli del CSM.

Il senatore Marcello PERA (gruppo forza Italia) condivide l'ipotesi ora prospettata dal relatore.

Sull'articolo 136 si dichiara favorevole ad introdurre l'istituto dell'opinione dissenziente, rilevando di non comprendere la proposta di assicurare l'anonimato del giudice dissenziente.

In ordine all'articolo 137 si dichiara favorevole all'ipotesi di modifica n. 1.

Conclude esprimendo apprezzamento per il lavoro svolto dal relatore, ma rilevando che i passi indietro compiuti nella seduta odierna lo renderanno più complicato. Auspica tuttavia che tali regressi rappresentino un episodio temporaneo, dovuto al clima particolare del momento; se così non fosse, il Comitato sistema delle garanzie, che sembrava aver lavorato più proficuamente degli altri Comitati, avrebbe lavorato invano.

Il senatore Agazio LOIERO (gruppo federazione cristiano democratica-CCD) ritiene sbagliato il percorso seguito nei lavori del Comitato: è stato infatti demonizzato oltre misura lo strumento del voto di indirizzo, consigliato dallo stesso Presidente della Commissione. Eppure con il voto di indirizzo sarebbe stato possibile superare più facilmente rigide posizioni dei singoli partiti. Condivide inoltre le preoccupazioni espresse dal senatore Pera.

Passando all'esame del testo predisposto dal relatore, premette di non avere posizioni precostituite.

In particolare in ordine all'articolo 97-bis condivide le osservazioni espresse dal senatore Pellegrino, ritenendo che non sia opportuno inserire nel testo costituzionale una norma che istituisce il difensore civico nazionale. Si rischia di creare un ulteriore soggetto controllore, dimenticando che l'obiettivo fondamentale dovrebbe essere l'efficienza della macchina controllata.

In ordine all'articolo 99-bis, condivide il testo del relatore, pur rilevando che dovrebbero essere meglio distinte le funzioni di regolazione da quelle di garanzia in senso proprio.

Sull'articolo 100 condivide non il primo comma dell'ipotesi n. 1, bensì quello dell'ipotesi n. 2, ritenendo che sia le funzioni consultive che quelle giurisdizionali debbano essere conservate al Consiglio di Stato, evitando così di dissipare le relative professionalità, anche perché il Consiglio di Stato è un organo neutrale e ciò garantisce le minoranze.

Sull'articolo 103 si dichiara favorevole all'ipotesi n. 2, rilevando che al secondo comma risulta preferibile la formulazione secondo la quale: «La legge demandaal Consiglio di Stato il compito di esprimere pareri preventivi su atti normativi e generali e assicura la separazione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali».

Sull'articolo 104 si dichiara favorevole all'ipotesi n. 1, esprimendo tuttavia perplessità sulla presenza del ministro della giustizia nel CSM. Sarebbe a suo avviso preferibile prevedere che il ministro formula proposte al CSM. Sulla sezione disciplinare condivide le osservazioni espresse dal senatore Zecchino sulla delicatezza del problema. Ritiene che sia equilibrata la proposta del deputato Folena di istituire un organo autonomo costituito da 4 membri togati e 4 membri laici, espressi dal CSM. Ritiene, inoltre, che dovrebbe essere prevista all'ultimo comma dell'articolo 104 l'incompatibilità con tutte le cariche elettive.

Sull'articolo 105 condivide la proposta formulata dal senatore Zecchino e raccolta dal relatore al secondo comma dell'ipotesi n. 2.

In ordine all'articolo 106 condivide le osservazioni del senatore Pera, ritenendo necessari concorsi distinti per le funzioni giudicanti e per quelle inquirenti; non condivide invece l'ultimo comma proposto dal relatore al medesimo articolo.

Sull'articolo 109 ritiene debba essere conservato il testo costituzionale attuale, ma aggiungendo alla fine - come proposto dal Presidente - le parole «con le modalità e i limiti stabiliti dalla legge».

Sull'articolo 111 condivide l'ipotesi n. 1; condivide inoltre la proposta formulata dal senatore Senese di introdurre limiti alla possibilità di proporre ricorso per cassazione.

Sull'articolo 112, ritiene che debbano essere inseriti nello stesso testo il primo comma dell'ipotesi n. 1 e il secondo comma dell'ipotesi n. 2. Osserva quindi che è rimasto irrisolto il problema dell'obbligatorietà dell'azione penale, nel senso che non sono stati individuati rimedi idonei a prevenire gli abusi, per cui sarebbe necessaria un'ulteriore riflessione sul punto.

Per l'articolo 134, si dichiara favorevole all'ipotesi n. 1.

In ordine all'articolo 135, ricorda che il relatore ha assicurato che avrebbe proposto una riformulazione dell'ultima parte del primo comma, anche in relazione ai lavori del Comitato forma di Stato. Per gli articoli 136 e 137, infine, si dichiara favorevole all'ipotesi n. 1.

Giuliano URBANI, Presidente, ricorda che la prossima seduta è prevista per domani alle ore 16,30.

La seduta termina alle 13,55.



COMMISSIONE PARLAMENTARE

PER LE RIFORME COSTITUZIONALI

 

Comitato sistema delle garanzie

 

 

 

Seduta DI Martedì 7 maggio 1997

 

presidenza del presidente del comitato GIULIANO URBANI

 

 

 


La seduta comincia alle 17,30.

Il deputato Marco BOATO (gruppo misto-verdi-l'Ulivo), relatore, vuole esprimere - a conclusione di questa fase dei lavori - il suo ringraziamento agli uffici per la preziosa collaborazione offerta a lui ed al Comitato tutto. Intende inoltre rivolgere un ringraziamento sincero ai colleghi componenti del Comitato, dai quali - anche nei momenti di più serrato confronto e persino in presenza di radicali dissensi - ha ricevuto parole di rispetto e di ringraziamento. Ringrazia quindi in modo particolare il Presidente del Comitato, per il modo esemplare con il quale ha esercitato le sue funzioni di garanzia. Il dibattito nel Comitato ha avuto grande dignità culturale e politica, tanto da contribuire anche ad elevare quello che si è contemporaneamente svolto all'esterno. In effetti, non pochi organi di informazione - salvo rare eccezioni - si sono sforzati di approfondire i problemi e ne hanno dato conto alla pubblica opinione sovente in modo adeguato, contribuendo così alla crescita civile del paese, atteso che il controllo dell'opinione pubblica è una condizione essenziale della democrazia. Per tutte queste ragioni, questi due mesi di lavoro nel Comitato hanno costituito per lui una occasione di straordinario arricchimento, sotto il profilo politico ed anche sotto quello umano.

Sottolinea quindi che l'ipotesi di articolato che si accinge ad illustrare (v. allegato n. 2) non rappresenta più una bozza, in quanto è una proposta da lui formulata a conclusione dei lavori svolti dal Comitato; ma non è tuttavia un testo definitivo, in quanto quella che si conclude oggi è solo una prima fase istruttoria e preparatoria in vista del dibattito che si svolgerà nell'ambito della Commissione plenaria.

Ricorda quindi che il Comitato sistema delle garanzie è stato istituito con decisione del 5 marzo 1997 della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali. Il Comitato ha svolto sino ad oggi 23 sedute, per un totale di 65 ore, e questa di oggi, 7 maggio 1997, conclusiva, è quindi la ventiquattresima seduta. In qualità di relatore ha svolto, per ciascuna delle tematiche volta per volta affrontate dal Comitato, una illustrazione problematica introduttiva (con riferimento agli aspetti storico-giuridici delle questioni affrontate, ai relativi problemi emersi nel dibattito istituzionale ed alle proposte recate dai disegni e dalle proposte di legge assegnati alla Commissione), alla quale, ogni volta, ha fatto seguito un ampio dibattito, al termine del quale ha predisposto e presentato una o più ipotesi di modifica del vigente testo costituzionale per gli articoli esaminati.

Il Comitato ha discusso diffusamente ed in maniera analitica gli articolati da lui predisposti, e più volte modificati, tenendo conto, appunto, delle posizioni emerse e delle osservazioni svolte nel corso del dibattito.

Sottopone ora all'attenzione del Comitato una proposta conclusiva di articolato, la quale tende, da un lato, a cercare un punto di incontro possibile tra gli orientamenti espressi dai rappresentanti dei vari gruppi e dai singoli parlamentari e, dall'altro, si sforza di mantenere la coerenza sia interna sia sistematica del testo. Come i componenti del Comitato potranno osservare, ha introdotto alcune rilevanti novità rispetto all'articolato presentato nella seduta del 29 aprile, raccogliendo ed in parte rielaborando molte delle osservazioni svolte e delle posizioni assunte nella successiva discussione.

Anche in quest'ultima proposta sono talvolta previste due ipotesi di modifica. Ribadisce in proposito ancora una volta che, come per i precedenti articolati, le disposizioni relative all'«ipotesi di modifica n. 1» sono quelle da lui preferite oppure quelle che sono, a suo avviso, suscettibili di raccogliere un più ampio consenso nella fase successiva di esame in sede referente. Le proposte presenti nell'«ipotesi di modifica n. 2» sono, in alcuni casi, chiaramente alternative rispetto a quelle dell'ipotesi n. 1 ma, in altri casi, come meglio evidenzierà successivamente e di volta in volta, devono ritenersi semplicemente integrative o equipollenti.

Ricorda, quindi, che il Comitato ha esaminato l'opportunità di introdurre nel testo costituzionale una disciplina di principio riguardante due istituti, il difensore civico e le autorità indipendenti, da tempo operanti nel nostro ordinamento, ma per i quali viene generalmente segnalata, accanto alla loro importanza per un'aggiornata definizione del sistema delle garanzie, la carenza di un sicuro inquadramento costituzionale.

Per il difensore civico ha ipotizzato di raccogliere in un articolo (formulato come articolo 97-bis al testo attuale della Costituzione) alcune disposizioni di carattere generale finalizzate a definire il ruolo e i poteri di questo organo, guardando sia alla disciplina contenuta in materia in alcune costituzioni europee, sia alla concreta esperienza svolta nel nostro paese dai difensori civici in ambito regionale e locale.

Nel testo da lui proposto, il difensore civico viene definito quale organo di garanzia nei rapporti tra i cittadini e la pubblica amministrazione: l'istituzione di questo ufficio viene demandata alle regioni, alle province e ai comuni in relazione al presumibile trasferimento - nell'ambito di un disegno di marcato rafforzamento del sistema delle autonomie - a tali enti della maggior parte delle competenze di amministrazione attiva.

È previsto che chiunque vi abbia interesse possa rivolgersi a questo ufficio per esporre casi di contrasto nell'azione amministrativa con i principi del buon andamento e dell'imparzialità dell'amministrazione. A fronte di queste segnalazioni, il difensore civico dispone di autonomi poteri di istruttoria attraverso contatti diretti con le amministrazioni interessate e libero accesso ai documenti da queste posseduti. Sulla base di tali poteri, questo organo svolge, da un lato, un'attività di «mediatore» tra cittadini e amministrazioni, prevenendo l'insorgere di controversie di carattere giurisdizionale; dall'altro, in caso di mancato esito o inopportunità delle iniziative di composizione delle controversie, segnala agli organi competenti le disfunzioni riscontrate, anche al fine dell'attivazione delle azioni di responsabilità previste a carico dei funzionari pubblici.

Ha anche predisposto un testo alternativo, che si differenzia da quello ora illustrato per due aspetti. Viene in primo luogo prefigurata la possibilità di istituire anche a livello di amministrazioni statali l'ufficio del difensore civico: in questa ipotesi è demandato alla legge il compito di disciplinare l'istituto, coordinandone l'attività con quella degli analoghi uffici istituiti dalle regioni e dagli enti locali. La legge potrà evidentemente anche scegliere se dare vita ad un organo statale centralizzato o articolato in modo diffuso nel territorio. Rimane in ogni caso fermo il principio che dovrà trattarsi di un ufficio che andrà ad integrarsi, e non a sostituirsi, con quelli già istituiti dalle regioni e dagli enti locali.

Il secondo elemento di differenziazione riguarda la definizione dei casi che potranno dare luogo agli esposti al difensore civico: mentre nella prima ipotesi si fa riferimento, in negativo, alle violazioni dei tradizionali principi costituzionali del «buon andamento» e dell'«imparzialità» della amministrazione (che paiono tuttavia in via di riconsiderazione nell'ambito delle proposte di revisione dell'articolo 97 della Costituzione), nella seconda ipotesi di articolato si utilizza, in positivo, il pregnante concetto di «cattiva amministrazione» mutuato dalle disposizioni del Trattato dell'Unione europea (in particolare l'articolo 138 E) che definiscono i compiti del Mediatore europeo.

Per quanto riguarda le autorità indipendenti ha in primo luogo ipotizzato (nell'ambito di un articolo che dovrebbe sostituire l'attuale articolo 99 della Costituzione o, in alternativa, rappresentare un nuovo articolo 99-bis) di rideterminarne la definizione nei termini di «autorità di garanzia e di vigilanza», che meglio esprimono il carattere principale dell'attività svolta da queste istituzioni e, al contempo, la loro diversità rispetto agli organi cui può propriamente riconoscersi una posizione «indipendente» nell'ordinamento (in particolare gli organi costituzionali).

Le funzioni che potranno essere affidate a queste autorità sono individuate nello svolgimento di «attività imparziali di garanzia e di vigilanza» nelle materie di loro competenza. Il testo proposto è formulato in termini tali da rendere possibili, come già si verifica nell'esperienza attuale, sia la concentrazione in capo alle medesime autorità di entrambe queste funzioni (ad es. Garante per l'editoria) sia l'istituzione di enti esclusivamente preposti all'uno o all'altro di questi due possibili versanti di attività (es. Autorità per i servizi di pubblica utilità, collegi di garanzia elettorale).

Sulla base del testo da lui proposto, il comune denominatore di queste autorità viene individuato nello svolgimento dell'attività di istituto in posizione di affrancamento da qualsiasi forma di ingerenza politica. Tali caratteri dovrebbero essere assicurati attraverso un'appropriata definizione delle modalità di nomina dei titolari delle autorità: il testo che oggi presenta, raccogliendo le indicazioni emerse in seno al Comitato, prevede in proposito la nomina sulla base di quorum parlamentari particolarmente qualificati (due terzi o tre quinti dei componenti: previsione anche in questo caso da coordinare con i nuovi assetti che saranno definiti in materia di bicameralismo).

Il testo contiene infine una indicazione di principio sugli strumenti con cui le autorità dovranno svolgere i compiti loro assegnati: in sintonia con il ruolo già da tempo assunto, sia nel nostro paese sia in altri ordinamenti, da questi organi di «amministrazione giustiziale», si riconoscono ad essi poteri regolamentari, di irrogazione di sanzioni amministrative e di proposta di risoluzione di controversie, demandando alla legge di stabilire i termini di impugnazione, anche in unico grado, dei relativi atti (per la definizione di questo ultimo aspetto propone in alternativa due possibili formulazioni testuali).

Sulle questioni relative alla giustizia ricorda che il Comitato ha iniziato i propri lavori affrontando i problemi relativi all'unità o pluralità della giurisdizione; si è infatti giustamente ritenuto che la soluzione di tale questione fosse preliminare alla complessiva impostazione delle disposizioni relative alla giustizia.

In un primo momento, come peraltro accadde anche all'Assemblea costituente (le cui vicende, almeno su questo punto specifico, il Comitato ha ripercorso, per alcuni aspetti, con singolare coincidenza) è emersa la prevalenza di un'ipotesi favorevole all'unità della giurisdizione, ossia a quella complessiva impostazione per effetto della quale tutte le attuali giurisdizioni sarebbero state ricondotte ad unità (da realizzare in capo ad una magistratura che, quindi, non sarebbe più stata a quel punto «ordinaria») ed il cittadino, con una semplificazione da non sottovalutare, avrebbe dovuto rivolgersi ad un solo giudice (che sarebbe stato ovviamente organizzato mediante un'articolazione in sezioni specializzate) per la decisione di qualsiasi tipo di controversia, indipendentemente dalla natura delle posizioni soggettive che avesse inteso far valere.

Successivamente, dopo la presentazione della prima ipotesi di articolato e a seguito della conseguente nuova fase di dibattito, è tuttavia prevalsa l'ipotesi della unità funzionale della giurisdizione, ossia di una differente impostazione per effetto della quale continua a sussistere la distinzione tra giurisdizione ordinaria ed amministrativa, le quali vengono però ricondotte ad un più ampio grado di coordinamento e di unitarietà nei termini che meglio illustrerà di seguito.

Nella sua qualità di relatore ha quindi ritenuto doveroso prendere atto di tale orientamento e, conseguentemente, ha predisposto diversi articolati in relazione ad esso tra i quali, ovviamente, quello che sta illustrando oggi. Non può, tuttavia, sottacere che la sua personale preferenza continua ad andare all'ipotesi di unità sostanziale della giurisdizione, la cui approvazione avrebbe determinato una vera e propria svolta storica e istituzionale (come è stato rilevato, non da lui stesso, nel corso del dibattito svolto dal Comitato) nel mondo della giurisdizione e avrebbe forse facilitato i suoi rapporti con i cittadini.

Venendo all'illustrazione dell'articolato che oggi presenta, ricorda preliminarmente e sottolinea che l'opinione del Comitato è stata unanime nel ritenere che un qualsivoglia giudice non può (e non deve) comunque svolgere sia funzioni consultive sia funzioni giurisdizionali. Il problema, come è evidente, si pone con particolare forza in riferimento alle attuali attribuzioni del Consiglio di Stato, la cui disciplina deve quindi essere coordinata con tale principio.

Come si rammenterà, nell'articolato presentato nella seduta del 29 aprile 1997, ha proposto, in una prima ipotesi di modifica dell'articolo 100, di affidare le funzioni di consulenza giuridico-amministrativa del Governo alla Avvocatura dello Stato, sembrandogli coerente tale indicazione sia con la evidenziata necessità di lasciare in capo ai giudici amministrativi solo funzioni giurisdizionali, sia con la natura delle funzioni dell'Avvocatura in generale, la quale svolge certamente anche compiti di consulenza, e non solo di assistenza e rappresentanza tecnico-legale. In un precedente articolato, presentato al Comitato nella seduta del 3 aprile, peraltro, veniva alternativamente ipotizzato di affidare alla legge il compito di istituire altri organi per lo svolgimento delle predette funzioni, con una disposizione che nella sua neutralità avrebbe forse risolto ogni problema in materia.

Comunque sia, tale scelta non ha incontrato un ampio riscontro favorevole nel Comitato, sicché il problema continua a restare sostanzialmente aperto, ferma restando la comunemente ritenuta inopportunità di affidare ai medesimi soggetti tanto funzioni giurisdizionali quanto funzioni consultive. Al riguardo sottolinea che una ipotesi di modifica dell'articolo 103 (ipotesi di modifica n. 2, secondo comma), che recepisce talune indicazioni emerse nel corso dei lavori del Comitato, prevede in sostanza e in ultima analisi la costituzionalizzazione delle sezioni del Consiglio di Stato, rinviando alla legge il compito di assicurare la separazione tra funzioni consultive e giurisdizionali (è inoltre affidato, in questa ipotesi n. 2, espressamente al Consiglio il compito di esprimere pareri su schemi di atti normativi del Governo). Tale scelta suscita tuttavia qualche permanente perplessità, non solo perché la prevista costituzionalizzazione delle funzioni consultive e giurisdizionali, a suo avviso, manterrebbe ancora in Costituzione un equivoco irrisolto, ma anche perché appare difficile attribuire lo status di magistrato a soggetti, quali i componenti delle sezioni consultive, che non svolgerebbero in nessun caso funzioni giurisdizionali. La scelta testé illustrata sempre in riferimento all'ipotesi di modifica n. 2 si rifletterebbe, comunque, sull'articolo 100, nel quale coerentemente dovrebbe scomparire ogni riferimento al Consiglio di Stato.

La proposta recata dall'ipotesi di modifica n. 1, invece, a suo avviso presenta caratteri di maggiore coerenza e determina un sistema più equilibrato, nel quale le diverse situazioni istituzionali sono ricondotte a sistema in un quadro, appunto, di maggior equilibrio tra le funzioni svolte dai poteri dello Stato, coerente e non determinato da rapporti di forza tra i vari organi (o, peggio, tra le varie giurisdizioni) e dalle rispettive capacità di pressione.

La proposta indicata all'ipotesi di modifica n. 1 prevede quindi l'istituzione, in luogo del Consiglio di Stato, di una Corte di giustizia amministrativa, alla quale, evidentemente, verrebbero affidate solo funzioni giurisdizionali, mentre quelle consultive resterebbero in capo al Consiglio di Stato (articolo 100, comma 1). Con questa scelta costituzionale si eviterebbe di far svolgere ad un organo giurisdizionale funzioni che nulla hanno a che vedere con la giurisdizione, il cui esercizio per più versi potrebbe anche indurre a ritenerne diminuita la terzietà nello svolgimento delle funzioni giudicanti. A suo avviso bisogna evitare di coinvolgere organi giurisdizionali in rapporti con l'esecutivo che sono ormai solo giustificati in base ad una tradizione storica che pure bisognerebbe avere il coraggio di innovare, dal momento che il lavoro costituente della Commissione parlamentare per le riforme costituzionali intende porre le basi di uno Stato non solo moderno ma capace di affrontare e vincere le sfide del futuro.

Una rilevante novità introdotta in materia, e sulla quale è stata amplissimamente convergente la volontà del Comitato, è invece quella relativa al diverso criterio di riparto della giurisdizione tra giudici ordinari ed amministrativi.

Il riparto di giurisdizione viene infatti oggi effettuato sulla base della posizione soggettiva che si intende far valere di fronte alle diverse giurisdizioni e, pertanto, ci si rivolge al giudice ordinario quando si verte in materia di diritti soggettivi e a quello amministrativo se si tratta invece di interessi legittimi (e in alcuni casi specifici, in verità, anche di diritti soggettivi). Tale criterio riflette una situazione non più rispondente all'evoluzione della realtà sociale in termini di maggiore complessità, necessariamente riflessa dall'ordinamento giuridico con particolare riguardo alle norme che costituiscono posizioni soggettive in capo ai destinatari delle stesse, e crea non pochi problemi. Si è pertanto imposta la necessità di superare l'accennata dicotomia tra diritti soggettivi ed interessi legittimi, per ancorare il riparto di giurisdizione a precisi criteri individuati dalla legge sulla base di materie omogenee. Conseguentemente a tale principio sono stati modificati gli articoli 103 e 113; al riguardo, infine, segnala che resta affidato alla Corte di cassazione il compito di giudice del riparto della giurisdizione (articolo 111, ultimo comma).

Per quanto riguarda le funzioni svolte dalla Corte dei conti, il testo che sottopone all'attenzione del Comitato, come già quelli precedentemente elaborati, prevede il mantenimento in capo a tale organo esclusivamente delle funzioni di controllo, peraltro con una nuova formulazione del secondo comma dell'articolo 100, la quale sposta tali funzioni da un controllo sostanzialmente basato sul riscontro di una mera legittimità formale ad una nuova e più moderna prospettiva volta, invece, al controllo dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa. Secondo la volontà quasi unanime del Comitato, in quella visione di complessiva riorganizzazione della giurisdizione alla stregua del criterio di unità funzionale, cui ha fatto riferimento poc'anzi, il testo prevede, inoltre, la soppressione delle funzioni giurisdizionali della Corte dei conti, che dovranno essere svolte dai giudici amministrativi (eventualmente istituendo sezioni specializzate presso i relativi organi) su impulso del pubblico ministero ordinario o, eventualmente, di quello istituito presso la giurisdizione amministrativa stessa.

Sull'opportunità di istituire uffici del pubblico ministero presso la giurisdizione amministrativa, tuttavia, il Comitato non ha assunto un orientamento conclusivo ben definito, venendo necessariamente rinviata la scelta alle determinazioni che assumerà la Commissione in sede referente. Le ipotesi normative da lui predisposte registrano, conseguentemente, tale situazione e l'istituzione in questione (articolo 103, ipotesi di modifica n. 1, secondo comma) è espressa con formula che ne lascia aperta la soluzione.

In via generale, e sempre per quanto riguarda l'unità funzionale della giurisdizione, il testo propone una conseguente equiparazione dei giudici amministrativi a quelli ordinari quanto a status, funzioni e disciplina. Propone, inoltre, la soppressione della giurisdizione militare in tempo di pace prevedendo, tuttavia, che i tribunali militari siano istituiti non solo per il tempo di guerra, ma anche in adempimento di obblighi internazionali. All'articolo 111, tuttavia, all'ipotesi di modifica n. 1, si prevede che si può derogare alla possibilità di ricorrere in Cassazione solo per le sentenze ed i provvedimenti sulla libertà personale emessi dai tribunali militari in tempo di guerra (e non già per quelle emesse nell'adempimento dei citati obblighi internazionali). Sempre al predetto articolo 111, l'ipotesi di modifica n. 2 affida, invece, alla legge il compito di disciplinare l'accesso alla Cassazione e, pertanto, in tale prospettiva gli è sembrato più coerente espungere il riferimento alla mancata ricorribilità delle sentenze dei Tribunali militari, per lasciare al legislatore ordinario il compito di provvedere in merito nella sua discrezionalità.

In materia di giurisdizione, oltre all'affermato principio della unitarietà della funzione (articolo 102, primo comma, in entrambe le ipotesi di modifica), fermo restando il divieto di istituzione di giudici straordinari, si prevede invece, la possibilità di istituire giudici speciali in materia diversa da quella penale e per il solo giudizio di primo grado (essendo prevista la possibilità di un secondo grado solo per la giustizia tributaria), recependo con ciò indicazioni emerse nel corso dei lavori del Comitato. Si prevede, inoltre, che la legge stabilisca materie per le quali possono essere nominati giudici non professionali, anche al fine di giudizi di sola equità.

L'articolo 101 (e, in particolare, il secondo comma di tale articolo) è stato oggetto di ampio ed approfondito dibattito in Comitato. Su tale materia, in verità, si sono registrate posizioni alquanto divergenti, riconducibili ad unità solo con una certa difficoltà e, come auspica, con uno sforzo che voglia tener conto dell'approfondimento critico delle posizioni reciproche, anche grazie al modo in cui il Comitato ha svolto i propri lavori, per giungere a soluzioni suscettibili di contemperare armonicamente le diverse prospettive rappresentate.

Ha quindi predisposto due ipotesi di modifica della citata disposizione costituzionale: la prima diretta nel senso di rendere soggetti alla legge non solo i giudici ma anche i magistrati del pubblico ministero; per far fronte agli eventuali problemi che potrebbero sorgere da una effettiva frantumazione delle attribuzioni in materia inquirente e per assicurare un certo grado di unitarietà nello svolgimento di tali funzioni, il testo prevede tuttavia che le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero. La seconda ipotesi di modifica, invece, recependo quanto espressamente richiesto nel corso dell'ultima seduta, sostanzialmente ripropone il disposto della vigente Costituzione (articolo 101, secondo comma, e articolo 107, quarto comma), precisando inoltre, come nella prima ipotesi, che le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

Sempre all'articolo 101 si propone di introdurre principi di grande rilievo, già previsti nei disegni e nelle proposte di legge all'esame della Commissione e unanimemente condivisi dal Comitato. Si tratta, in particolare, dei principi del giusto processo, della ragionevole durata dello stesso, della necessità che il procedimento (in una seconda ipotesi ci si riferisce, invece, al processo e non al procedimento, come richiesto nel corso dell'ultima seduta) si svolga nel contraddittorio tra le parti in condizioni di parità davanti a un giudice imparziale e che sia informato al principio dell'oralità. Nella seconda ipotesi di modifica tale principio viene riferito solo al processo penale, sebbene, a suo avviso, dovrebbe trattarsi di un principio valido per ogni tipo di processo, e in particolare anche per il processo civile, come del resto era previsto nella originaria ispirazione del vigente codice di rito; l'applicazione del principio dell'oralità, infatti, consentirebbe forse di ridurre i vergognosi tempi necessari per la risoluzione delle controversie in materia civile aumentando il tasso di civiltà giuridica nel nostro paese, il cui livello, in questo ambito, è purtoppo oggi scandalosamente basso. È stata inoltre prevista (all'ipotesi di modifica n. 1) un'ulteriore precisazione del terzo comma dell'articolo 24 della Costituzione, volta a rendere effettiva la possibilità di difendersi anche da parte dei non abbienti in ogni fase del procedimento, mentre all'ipotesi di modifica n. 2 non si è limitato a proporre al Comitato una semplice specificazione del principio contenuto nella prima parte della Costituzione, ma ha proposto - secondo quanto comincia già a realizzarsi in numerosi paesi europei - che la legge istituisce uffici pubblici di assistenza legale per rendere effettivo il diritto di difesa, in ogni fase del procedimento, anche da parte di chi non ha mezzi adeguati, e ciò al fine di dare concreto contenuto alle previsioni del citato terzo comma dell'articolo 24 della Costituzione, la cui applicazione, in verità, non è stata sinora particolarmente efficace e anche alle disposizioni dell'articolo 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (formalmente recepita nel nostro ordinamento interno fin dal 1955).

Quanto alle tematiche relative al Consiglio superiore della magistratura, al pubblico ministero, all'azione penale osserva che esse sono state oggetto di approfonditi e ripetuti dibattiti in Comitato.

Tali dibattiti sono stati improntati alla massima chiarezza nel confronto tra le diverse posizioni; e le posizioni espresse dai vari componenti del Comitato e dai diversi gruppi parlamentari erano (e in parte ancora sono) divergenti, sia con riferimento alla struttura e alle funzioni del Consiglio superiore della magistratura sia con riferimento alla posizione del pubblico ministero nell'ambito dell'ordinamento giudiziario sia, infine, in rapporto alla disciplina cui adeguare l'obbligatorio esercizio dell'azione penale. Ricorda che l'articolato proposto nella seduta del 29 aprile presentava tre differenti ipotesi di modifica dell'articolo 104 della Costituzione. La prima prevedeva un Consiglio superiore della magistratura ordinaria, diviso in due sezioni (una per i giudici e l'altra per i magistrati inquirenti) e i cui componenti sarebbero stati eletti per tre quinti dai magistrati e per due quinti dal Parlamento (in connessione con tale ipotesi era stata prevista l'introduzione dell'articolo 104-bis, che istituisce il Consiglio superiore della magistratura amministrativa); la seconda prevedeva un unico Consiglio per i magistrati ordinari e amministrativi, diviso in tre sezioni (una per i magistrati ordinari, una per quelli amministrativi ed una per quelli inquirenti), i cui componenti sarebbero stati eletti per metà dai magistrati e per metà dal Parlamento; la terza prevedeva sempre un Consiglio superiore unico per i magistrati ordinari ed amministrativi, senza tuttavia disporre la suddivisione in sezioni del Consiglio stesso.

Recependo talune indicazioni emerse con forza nel corso dei lavori del Comitato, la bozza da lui presentata nella seduta del 29 aprile prevedeva inoltre la costituzionalizzazione della sezione disciplinare del Consiglio, che avrebbe dovuto essere eletta all'interno del Consiglio stesso, con composizione paritetica tra membri laici e togati. Nel corso del dibattito è inoltre successivamente emersa la proposta di istituire un apposito organo, cui affidare sia i provvedimenti disciplinari nei confronti dei magistrati (che resterebbero sempre ricorribili per Cassazione per violazione di legge ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione) sia le funzioni di giudice di appello, in unico grado, contro i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

La citata bozza del 29 aprile prevedeva inoltre, con ciò costituzionalizzando una situazione di diritto già sussistente e sulla quale non sembra siano comunque emerse sinora critiche di sorta, la partecipazione, come membro di diritto, ma senza diritto di voto, del Ministro della giustizia alle riunioni del Consiglio (ovvero dei Consigli), con la facoltà di presentare proposte e richieste.

Questa la situazione al 29 aprile.

I componenti del Comitato sono ampiamente a conoscenza degli sviluppi successivi del dibattito, svoltosi non solo in Comitato ma anche nell'ambito delle audizioni in seduta plenaria della Commissione, e quindi si limita ad illustrare ora le differenze tra il testo presentato il 29 aprile e quello predisposto per la seduta odierna, non senza sottolineare che talune delle norme proposte rappresentano, indipendentemente dalle sue convizioni personali, il luogo possibile di un incontro di posizioni che non necessariamente devono restare antitetiche, ma che, anzi, potrebbero e dovrebbero dialetticamente comporsi in un quadro di coerenza istituzionale. Senza retorica rivolge, quindi, un invito a considerare nuovamente le posizioni di ciascun gruppo parlamentare, dalle quali era partito il lavoro del Comitato, e a valutare correttamente quanta strada è stata percorsa. È certo che tale considerazione, come già si è riscontrato in altre occasioni, indurrà a dare il giusto peso a talune contingenze politiche in relazione ad un lavoro che si propone invece di fornire al nostro paese una seconda parte della Costituzione che ne formerà la struttura portante per i prossimi decenni.

Venendo all'illustrazione degli articolati recati dalla proposta presentata oggi, fa subito presente che essa prevede due Consigli superiori della magistratura, uno per quella ordinaria ed uno per quella amministrativa (articoli 104 e 104-bis) e che per il Consiglio superiore della magistratura ordinaria sono previste due differenti ipotesi di modifica (anche qui ritiene preferibile la prima, ed ha inserito la seconda per ottemperare al suo dovere istituzionale di tener presente con la dovuta attenzione quanto emerso e richiesto nel corso del dibattito). La prima di tali ipotesi prevede un Consiglio superiore della magistratura ordinaria diviso in due sezioni (una per i magistrati giudicanti ed una per quelli del pubblico ministero), eletto per tre quinti dai magistrati e per due quinti dal Parlamento, nel quale il Ministro della giustizia (che non ne è più previsto come membro di diritto) può tuttavia partecipare alle relative sedute senza diritto di voto e con facoltà di avanzare proposte e richieste. Nella ipotesi di modifica n. 2, invece, il Consiglio non è diviso in sezioni, il Presidente della Repubblica ne forma l'ordine del giorno, i componenti sono eletti per metà dai magistrati e per metà dal Parlamento ed è espressamente prevista la sezione disciplinare (a composizione paritetica tra i membri laici e quelli togati), mentre manca ogni riferimento alla presenza del Ministro della giustizia. È inoltre sempre prevista la non rieleggibilità dei membri elettivi del Consiglio stesso e modificato il regime delle incompatibilità, che viene esteso ad ogni carica pubblica elettiva.

Per quanto riguarda in modo specifico la questione dell'organo cui affidare le competenze in materia disciplinare nei confronti dei magistrati, la illustrata proposta di sezione disciplinare è alternativa a quella che sembra presumibilmente riscuotere un più ampio consenso e che anch'egli ritiene preferibile. Si tratta della proposta di istituzione, inserendo in Costituzione un nuovo articolo 105-bis, del Tribunale dei magistrati (ovvero Corte di giustizia dei magistrati), con formulazioni che si distinguono soltanto per il diverso rapporto tra membri laici e togati e per la partecipazione del Ministro della giustizia.

L'istituzione di tale organo, che, come previsto, trarrebbe la sua legittimazione dagli stessi organi di governo autonomo della magistratura (in quanto i componenti sarebbero designati con elezione di secondo grado e non potrebbero partecipare ad altra attività dei rispettivi Consiglia di provenienza), sembra suscettibile di assicurare una più ampia coerenza al sistema delineato dalla Costituzione, fornisce maggiori garanzie circa l'insussistenza di una giurisdizione domestica propensa al «perdonismo» (preoccupazione che è stata sottolineata da esponenti di tutti i gruppi durante i lavori del Comitato) e consente di individuare una valida soluzione all'altro problema (non meno preoccupante e anch'esso unanimemente evidenziato) relativo alla impugnazione dei provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli della magistratura ordinaria e amministrativa.

Le posizioni dei gruppi e la situazione dei lavori del Comitato su questa materia sono ben noti. Quelle illustrate sono le proposte che gli sembrano in grado di consentire una convergenza.

Sul punto fa presente, da ultimo, che le ipotesi n. 1 e n. 2 previste per l'articolo 104-bis devono leggersi, rispettivamente, in connessione con quanto previsto alle ipotesi di modifica n. 1 e n. 2 all'articolo 103 e che nell'ipotesi n. 2 dell'articolo 104-bis è prevista la sezione disciplinare anche per il Consiglio superiore della magistratura amministrativa.

Il Comitato ha lungamente discusso, con riferimento all'articolo 105, sul modo più efficace per assicurare che le funzioni amministrative affidate ai Consigli superiori mantengano tale natura; tale esigenza è stata espressa con forza da tutti i gruppi parlamentari.

Per risolvere tale questione ha accolto il suggerimento di aggiungere l'avverbio «esclusivamente» al comma 1 dell'ipotesi n. 1, mentre, all'ipotesi n. 2, tale modifica non viene apportata, ma è previsto l'inserimento di un secondo comma in base al quale i Consigli non possono adottare deliberazioni di indirizzo politico o altri atti in materia di interpretazione delle leggi e organizzazione giudiziaria.

Un'altra tematica su cui il Comitato si è particolarmente soffermato è quella relativa alla distinzione delle funzioni tra magistrati giudicanti e magistrati del pubblico ministero.

Al riguardo il testo proposto all'articolo 106, comma 1, chiarisce, all'ipotesi di modifica n. 1 (nonché alla n. 2) che anche i magistrati amministrativi non possono essere nominati che per concorso e precisa, accogliendo una specifica richiesta, che la nomina è condizionata al positivo esperimento di un periodo di tirocinio. Al riguardo non può non rilevare la singolarità di dichiarazioni rese recentemente, secondo le quali tali magistrati dovrebbero essere nominati dal Governo. Non si capisce, infatti, quale terzietà potrebbe vantare chi è chiamato ad esercitare la giurisdizione su indicazione dell'esecutivo e desta stupore non solo che a tutt'oggi vengano ancora rese tali dichiarazioni, ma che le norme che oggi consentono tale «stranezza» non siano state né modificate dal legislatore, né dichiarate incostituzionali. L'ipotesi di modifica n. 2 del comma 1 citato, recependo una posizione espressa con chiarezza nel corso dei lavori del Comitato e, per quanto gli sembra, non riconducibile ad unità, reca la previsione dell'ingresso in magistratura a seguito di concorsi differenziati, il che ovviamente, nell'impostazione in parola, comportando la netta separazione delle carriere e non soltanto la distinzione delle funzioni determinerebbe una serie di conseguenze a cascata su tutti i problemi che il Comitato sta affrontando e, in particolare, sullo status dei magistrati e sul numero, la struttura e la composizione degli ordini di governo autonomo della magistratura.

Il comma 3 dell'articolo 106 (ipotesi di modifica n. 1) recepisce un orientamento emerso in Comitato in base al quale, ferma restando l'unicità delle modalità di ingresso in magistratura e delle carriere, si prevede una sorta di filtro per il passaggio tra le funzioni giudicanti e quelle del pubblico ministero, filtro rappresentato da un concorso riservato (riservato, ovviamente, ai soli magistrati, onde evitare equivoci di sorta) che dovrà svolgersi secondo modalità stabilite dalla legge. È peraltro previsto che in nessun caso le funzioni inquirenti e quelle giudicanti possano essere svolte nel medesimo distretto giudiziario. Venendo incontro ad esigenze prospettate da più parti, è stato inoltre previsto che tutti i magistrati debbano svolgere inizialmente funzioni giudicanti (resta aperta la questione se tali funzioni vadano svolte in organi collegiali, il che sembrerebbe determinare non pochi problemi di ordine anche pratico), onde perseguire quella unitarietà iniziale della cultura della giurisdizione ritenuta da più parti necessaria e, per il conseguimento della quale, è stato anche previsto, all'articolo 110, che il ministro della giustizia debba promuovere la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi.

All'articolo 107 è stato ribadito ed esteso ai magistrati amministrativi il principio della inamovibilità, prevedendosi - peraltro recependo numerose indicazioni ed opinioni espresse sia nei disegni di legge assegnati alla Commissione, che emerse nel corso del dibattito, tanto interno al Comitato quanto nelle discussioni svoltesi in materia negli ultimi anni - che la legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici (ordinari e amministrativi) e dei magistrati del pubblico ministero.

Nella bozza del 29 aprile, d'altra parte, era prevista una norma, che per la verità non è stata accolta con eccessivo favore dal Comitato, diretta a far fronte a talune gravi preoccupazioni emerse sia durante i lavori del Comitato sia all'interno dello stesso CSM, e che desta non poco allarme nell'opinione pubblica: quella della grave carenza di personale magistratuale in realtà territoriali devastate dalla criminalità organizzata. Tale disposizione prevedeva che, per assicurare la funzionalità della giustizia, il CSM avrebbe potuto trasferire i giudici e i magistrati inquirenti ad altre sedi, con decisione adottata in contraddittorio con l'interessato e sulla base di criteri oggettivi predeterminati. Sembra tuttavia che a tali esigenze possa ugualmente farsi fronte con una modifica del comma 2 dell'articolo 107, che preveda la sostituzione delle previste garanzie di difesa con quelle del contraddittorio, come sostenuto da alcuni nel corso delle ultime sedute del Comitato. Di conseguenza, accogliendo tale osservazione, ha espunto la predetta disposizione dal testo oggi presentato, modificando il citato comma 2 nel senso ora precisato.

Sempre all'articolo 107 è stato inoltre previsto un rigoroso e quanto mai opportuno regime delle incompatibilità per i tutti i magistrati, che troppo spesso svolgono funzioni eccessivamente distanti da quelle giurisdizionali, talvolta a scapito delle stesse e spesso alle dipendenze dell'esecutivo, con quale effetto sulla autonomia della magistratura (e, vorrebbe dire, anche sul prestigio della stessa) è facile immaginare. La disposizione relativa alla necessità che i magistrati che partecipano a competizioni elettorali debbano dimettersi prima della presentazione delle liste elettorali è stata invece ritenuta da alcuni in contrasto con l'articolo 51 della Costituzione, sicché ha alternativamente previsto che tali soggetti sono in ogni caso (ossia indipendentemente dall'esito della competizione elettorale) assegnati ad altra sede.

Il Comitato ha inoltre discusso a lungo dell'opportunità di modificare l'articolo 109, ritenendosi che si dovessero in qualche misura precisare i soggetti che possono disporre della polizia giudiziaria e le relative modalità. Su tale disposizione non si è tuttavia registrata una opinione concorde, sicché ha ritenuto preferibile da ultimo lasciare inalterato il testo vigente, che copre comunque tutte le ipotesi di possibile utilizzazione della polizia giudiziaria da parte della magistratura.

Per quanto riguarda l'articolo 110, sono state più dettagliatamente specificate le competenze spettanti al ministro della giustizia, il quale, oltre che alla organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia provvede, come già accennato, a promuovere la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari e promuove l'azione disciplinare. Peraltro, accogliendo istanze avanzate da alcuni nel corso dei lavori del Comitato, è stato previsto un secondo comma, per effetto del quale la legge può individuare altri soggetti titolari in via sussidiaria dell'azione disciplinare.

Il Comitato si è lungamente soffermato sulle disposizioni dell'articolo 111. In particolare sono emerse (per quanto in modo non prevalente) proposte dirette a restringere l'accesso alla Corte di cassazione, al fine di deflazionare l'attività di tale organo. Tali proposte - sulle quali, in verità, nutre talune perplessità e avverte l'esigenza di ulteriori approfondimenti - sono state considerate all'ipotesi di modifica n. 2, che, al comma 2, ammette sempre il ricorso in Cassazione per i provvedimenti contro la libertà personale ed affida, invece, alla legge il compito di individuare i casi in cui tale ricorso è ammesso contro le sentenze.

Sempre all'articolo 111 sono state recepite (vedi ipotesi di modifica n. 1) quelle proposte dirette a costituzionalizzare le coordinate del procedimento penale secondo quanto previsto dall'articolo 6 della già citata Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, diretta inoltre a inserire nella Costituzione una cosiddetta «riserva di codice» per quanto riguarda le norme penali e a chiarire che tali norme non possono essere interpretate né analogicamente né estensivamente.

All'articolo 112 sono state predisposte due ipotesi alternative con riferimento alla largamente evidenziata necessità di rendere effettivo il dichiarato e confermato obbligo di esercitare l'azione penale posto in capo al pubblico ministero. Deve al riguardo segnalare, anzitutto, che la formulazione dell'attuale ipotesi di modifica n. 1 gli sembra suscettibile di ottenere un largo consenso nel Comitato, e, inoltre, che l'intera ipotesi di modifica n. 2 recepisce talune indicazioni emerse durante la seduta di martedì 6 maggio, senz'altro interessanti e rilevanti, ma proprio per questo suscettibili di un necessario maggior approfondimento.

È stato inoltre specificato che il ministro della giustizia deve riferire annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azione penale e sull'uso dei mezzi di indagine. Questa ipotesi (che sistematicamente potrebbe anche essere inserita all'articolo 110) esclude che il Parlamento possa interferire direttamente sull'esercizio dell'azione penale, mentre rafforza l'esigenza di un raccordo istituzionale tra Governo e Parlamento su tematiche di grande rilievo, che in quella circostanza verrebbero affrontate in maniera organica e non frammentaria.

Sempre con riferimento all'articolo 112, alcuni componenti del Comitato hanno evidenziato l'opportunità di costituzionalizzare l'improcedibilità dell'azione penale in caso di inoffensività del fatto-reato ovvero qualora si riscontri il difetto di interesse pubblico al perseguimento dello stesso. Tale questione, che ha ritenuto doveroso recepire al comma 2 dell'ipotesi n. 1, gli sembra anch'essa suscettibile di un necessario, ulteriore approfondimento.

Infine, all'articolo 113, comma 1, si è coerentemente espunto il riferimento ai diritti soggettivi e agli interessi legittimi in coerenza a quanto previsto all'articolo 103, comma 1, prevedendo, peraltro, che la tutela giurisdizionale concessa contro gli atti della pubblica amministrazione deve seguire le modalità indicate dalla legge, onde evitare la possibilità di una legittimazione attiva eccessivamente estesa, la quale in ipotesi potrebbe finire per paralizzare l'attività degli organi giurisdizionali.

Le questioni della giustizia costituzionale sono state affrontate dal Comitato nella piena consapevolezza di agire in un campo che definisce gli elementi «supremi» e «di chiusura» del sistema delle garanzie riferito all'intero ordinamento costituzionale. Le soluzioni definitive che si vorranno adottare su questa materia dovranno pertanto tenere ovviamente conto dei risultati dei lavori degli altri Comitati sui temi di loro competenza e delle successive deliberazioni della Commissione: particolarmente decisive per il ruolo della Corte costituzionale appaiono, in questo senso, le opzioni che si effettueranno sul problema della forma di Stato, con la scelta tra disegni a carattere più marcatamente «competitivo» o «cooperativo».

Pur lasciando aperta la prospettiva di questi possibili sviluppi, il Comitato si è tuttavia concentrato sulle questioni più direttamente concernenti la funzionalità dell'organo di giustizia costituzionale e l'eventuale rimodulazione delle relative competenze alla luce dell'esperienza maturata negli oltre quarant'anni di attività della Corte. Il punto di partenza assunto per la formulazione delle ipotesi di riforma è stato quello di una valutazione positiva del ruolo svolto nel sistema dalla Corte costituzionale, tenendo conto della autorevolezza acquisita da questo organo anche grazie alla sua distanza rispetto alle contingenze del confronto politico. Guardando a tale esperienza, le innovazioni che ha proposto sono state definite mantenendo sempre presente l'esigenza, da un lato, di non incidere negativamente sulla funzionalità dell'istituto, attribuendo ad esso competenze eccessivamente onerose, dall'altro, di rendere possibile il mantenimento da parte della Corte di quei caratteri di imparzialità e neutralità rispetto allo scontro politico, che paiono irrinunciabili per l'organo di giustizia costituzionale. L'alta problematicità e anche le possibili controindicazioni di ciascuno degli interventi proposti sono stati, del resto, pienamente valutati nel corso del dibattito: per una più completa illustrazione di questi aspetti rinvia alla relazione che ha svolto dinanzi al Comitato nella seduta del 23 aprile.

Il Comitato ha in primo luogo esaminato se, in relazione alle nuove competenze attribuite alla Corte anche nella prospettiva di un maggiore intervento di questo organo nella regolazione del sistema delle autonomie, si renda necessario un incremento del numero dei giudici costituzionali. È risultato prevalente un orientamento restrittivo sulla questione, sulla base della convinzione che un eccessivo ampliamento della composizione della Consulta introdurrebbe seri rischi al mantenimento del principio della collegialità e della coerenza della giurisprudenza costituzionale. Per le medesime ragioni è risultata sinora minoritaria la proposta di permettere un'articolazione per sezioni della Corte (che pure ha introdotto quale ipotesi alternativa di revisione dell'articolo 135).

Il testo che ha proposto si limita pertanto a prevedere l'aumento di una sola unità (da 15 a 16) nella composizione della Corte, per permettere la scelta di un eguale numero di giudici da parte di tutti i soggetti titolari del potere di nomina, i quali vengono portati dagli attuali tre a quattro. Al Presidente della Repubblica, al Parlamento in seduta comune e ai vertici della magistratura ordinaria ed amministrativa il testo prevede di aggiungere le Regioni, che esprimerebbero un quarto dei giudici. Nel corso del dibattito nel Comitato è peraltro stata avanzata la proposta di affidare l'espressione di una quota dei giudici alle autonomie regionali attraverso un meccanismo che comunque assicuri un filtro in sede parlamentare, anche nella prospettiva della trasformazione di una delle due Camere in Camera delle Regioni o Camera delle garanzie. Questa soluzione è recepita in una ipotesi alternativa di modifica al primo comma dell'articolo 135, in base alla quale - mantenendo l'attuale composizione della Consulta in 15 membri e riducendo di una unità i giudici di nomina della magistratura - tre dei sei giudici di elezione parlamentare sarebbero nominati su designazione delle Regioni. Per l'ulteriore disciplina del procedimento di nomina, in entrambe le ipotesi, è implicito il rinvio ad una successiva legge costituzionale, in analogia con quanto accaduto con la legge costituzionale n. 2 del 1967 per l'elezione dei giudici di nomina parlamentare e delle supreme magistrature.

Quanto allo status dei giudici, raccogliendo l'orientamento prevalente emerso in seno al Comitato, propone di introdurre un regime delle incompatibilità successive per i giudici della Corte, prevedendo che questi, nei cinque (oppure tre) anni successivi alla scadenza del mandato, non possano ricoprire gli uffici e gli incarichi che saranno stabiliti dalla legge. È invece risultata minoritaria la proposta di allungare i termini del mandato dei giudici, che era stata anch'essa formulata per rafforzare le condizioni di indipendenza dei componenti la Consulta e per depotenziare il problema delle incompatibilità successive: ha comunque riportato nel testo, come formulazione alternativa al terzo comma dell'articolo 135, l'ipotesi di ristabilire la durata del mandato a dodici anni (come originariamente previsto dalla Costituzione, prima della revisione del 1967).

Un'ultima innovazione riguarda infine il mandato del presidente della Corte. Il testo che presenta prevede in proposito che non possano essere eletti a presidente (salvo in caso di riconferma dell'incarico) i giudici negli ultimi due anni del loro mandato: ciò per assicurare almeno un biennio alla durata in carica dei presidenti della Corte, evitando il ripetersi del fenomeno, realizzatosi in passato, di presidenze di breve o brevissima durata, che non paiono in sintonia con le esigenze di prestigio e di autorevolezza di questo alto incarico.

Per quanto riguarda le competenze della Corte, anche in questo campo le ipotesi di riforma esaminate sono partite dalla premessa di un giudizio complessivamente positivo sul sistema su cui si è incentrata sino ad oggi l'attività prevalente della Corte. Il sindacato in via incidentale delle leggi e degli atti aventi forza di legge ha infatti rappresentato una esperienza contrassegnata da grande originalità ed efficacia, che ha permesso alla Consulta di svolgere la propria funzione di controllo sugli atti legislativi non in astratto, ma nel loro concreto operare nell'ordinamento. Il testo che presenta non intende pertanto incidere sulla logica del sindacato incidentale, quanto ampliare gli strumenti disponibili nel sistema per rendere possibile il controllo di costituzionalità su aree per la quali, sulla base dell'esperienza applicativa, è risultata difficile sino ad oggi la possibilità di intervento della Corte. Le innovazioni proposte in materia sono due.

In primo luogo viene riconosciuta la competenza della Corte a giudicare sui ricorsi presentati da chiunque ritenga di essere stato leso in uno dei diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione da un atto dei pubblici poteri avverso il quale non sia dato rimedio giurisdizionale. Si introduce in tal modo una forma di «accesso diretto» alla Corte anche da parte dei singoli individui. L'innovazione non configura tuttavia una sorta di «azione popolare» presso la Corte (in quanto richiede non una generica violazione di costituzionalità da parte degli atti impugnati, ma una lesione diretta ed attuale di un diritto costituzionale del ricorrente), né una forma di ricorso ulteriore rispetto alla tutela giurisdizionale che finirebbe per fare della Corte costituzionale una sorta di quarto grado di giurisdizione. L'assenza di mezzi di tutela, che abilita al ricorso costituzionale, deve infatti intendersi come impossibilità di attivare contro determinati atti (si pensi alle leggi e agli atti con forza di legge o ad altre deliberazioni non legislative degli organi parlamentari) gli ordinari rimedi giurisdizionali.

Con questi caratteri, l'istituto del ricorso diretto sembra destinato ad assumere il ruolo di strumento residuale e di chiusura del sistema delle garanzie, la cui utilizzazione dovrebbe avere pertanto carattere eccezionale e tale da non compromettere la funzionalità della Corte. In seno al Comitato sono stati peraltro espressi timori per l'impatto che il ricorso diretto, pur con queste limitazioni, potrebbe produrre sulla funzionalità della Consulta. Sulla base di tali preoccupazioni, è stato così proposto, in alternativa all'ipotesi da lui formulata, di restringere ulteriormente la categoria degli atti impugnabili per tale via, individuando questi ultimi esclusivamente nelle leggi e negli atti con forza di legge e demandando inoltre ad una successiva legge costituzionale la più dettagliata disciplina dell'istituto: questa diversa soluzione è stata recepita nel testo che presenta come ipotesi di modifica n. 2 all'articolo 134.

L'altra innovazione di rilievo, proposta per le competenze della Corte, riguarda il riconoscimento della possibilità, per un quinto dei componenti di una Camera, di impugnare direttamente dinanzi alla Consulta le leggi ritenute incostituzionali entro quindici giorni dalla loro pubblicazione. Con questo nuovo strumento si intende perseguire una doppia finalità. Da un lato si rende con ciò possibile un primo vaglio di costituzionalità (che, se superato, non esclude peraltro il successivo riesame da parte della Corte della medesima legge in sede di giudizio incidentale) per una serie di atti legislativi che per loro natura rendono difficoltoso il controllo in sede incidentale (ad esempio le leggi di organizzazione dei poteri pubblici) o per i quali un sollecito sindacato della Corte si rende particolarmente opportuno prima che sulla base di tali atti si consolidino una serie di complessi rapporti giuridici (si pensi alle leggi tributarie). Al contempo, l'istituto verrebbe a configurare un importante elemento di un nuovo «statuto dell'opposizione», definendo a favore di quest'ultima uno strumento che offra una opportunità di attivazione di sedi di controllo esterne alle decisioni della maggioranza, piuttosto che di interdizione all'interno del processo di decisione parlamentare.

Rispetto alla innovazione che ha ipotizzato, sono state espresse una serie di perplessità in relazione ai rischi che - al carattere neutrale e distaccato dall'immediato confronto politico della Corte - deriverebbero dalla previsione di un intervento della Consulta su impulso dell'opposizione e in una fase immediatamente successiva al confronto parlamentare riguardante un determinato provvedimento. Rispetto a tali rilievi sottolinea, peraltro, come il testo proposto ipotizzi di rendere possibile il ricorso solo dopo la pubblicazione della legge, permettendo così, da un lato, il pieno esplicarsi degli altri poteri di controllo sul procedimento legislativo (in primo luogo la facoltà di rinvio presidenziale) e vanificando, dall'altro, i tentativi di utilizzare in funzione ostruzionistica il ricorso, non avendo questo incidenza sull'entrata in vigore del provvedimento contestato.

Un'ultima categoria di innovazioni contenute nel testo che propone riguardano la natura e il contenuto delle decisioni con cui la Corte svolge le competenze ad essa assegnate.

È stata in primo luogo esaminata dal Comitato l'opportunità di introdurre, come ipotizzato in alcuni progetti all'esame della Commissione bicamerale, una modifica all'articolo 136 della Costituzione, finalizzata a precisare che le decisioni della Corte sono di accoglimento, di rigetto, di inammissibilità. Si tratterebbe di una clausola tesa, nelle intenzioni dei proponenti, a meglio definire la natura degli effetti delle pronunce della Corte sui testi normativi e a incentivare la Consulta ad una più netta scelta in merito al mantenimento o alla caducazione delle norme sottoposte al suo sindacato, allontanando i rischi di uno snaturamento dei caratteri fondamentali del controllo di costituzionalità presenti nella prassi delle sentenze a vario titolo «manipolative» (sentenze interpretative, sentenze additive, ecc.). Questa proposta è tuttavia risultata minoritaria nell'ambito del successivo dibattito del Comitato: l'ha quindi riprodotta soltanto come ipotesi di modifica alternativa al testo principale.

Ha invece raccolto ampio consenso la modifica che il testo ipotizza al secondo comma dello stesso articolo 136 della Costituzione, con cui si dà facoltà alla Corte di modulare l'incidenza temporale delle proprie pronunce, posticipando gli effetti caducatori delle sentenze per un termine massimo di un anno dalla pubblicazione delle decisioni. Si riconosce così formalmente un ampio margine di elasticità agli interventi della Corte (che la stessa Consulta aveva, del resto, in passato tentato di acquisire in via giurisprudenziale): tale innovazione pare opportuna per ridurre gli effetti destabilizzanti che si vengono a determinare in relazione all'immediata applicabilità soprattutto delle sentenze che comportano effetti finanziari. La posticipazione degli effetti di alcune sentenze di incostituzionalità potrebbe infatti permettere al Governo e al Parlamento di provvedere nel frattempo alla copertura dei maggiori oneri comportati o alla revisione dell'intera disciplina su cui incidono le pronunce.

L'ultima innovazione contenuta nel testo che propone riguarda infine, ancora con riferimento all'articolo 136 della Costituzione, l'introduzione della possibilità per i giudici della Corte di esprimere e motivare la propria opinione dissenziente rispetto alle decisioni adottate dalla maggioranza del collegio o alle relative motivazioni. È in questo modo definito uno strumento (la cosiddetta dissenting opinion) la cui introduzione viene considerata dalla maggioranza del Comitato opportuna per rafforzare la responsabilizzazione dell'alta attività svolta dai componenti della Corte e per incentivare una maggiore chiarezza ed univocità delle pronunce della Consulta, attraverso una formale emersione degli orientamenti in dissenso rispetto alle posizioni fatte proprie dalla maggioranza dei giudici.

Il senatore Salvatore SENESE (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) ringrazia il relatore per le parole cortesi che ha appena pronunziato. Fa inoltre suoi i ringraziamenti e le espressioni di stima che lo stesso relatore ha rivolto al Presidente e ai colleghi. Ritiene altresì di interpretare l'opinione unanime dei componenti del Comitato manifestando apprezzamento per la preziosa collaborazione offerta dagli uffici.

Giuliano URBANI, Presidente, rileva che con la seduta odierna si conclude una fase istruttoria che ha consentito al relatore di presentare una sua relazione al Presidente della Commissione; relazione che è stata predisposta sulla base dei lavori svolti dal Comitato, ma che è imputabile non a quest'ultimo, bensì al relatore medesimo. Il Comitato peraltro sarà verosimilmente chiamato a svolgere un ulteriore lavoro istruttorio, in connessione con l'esame degli emendamenti che verranno presentati in Commissione. Fa presente al riguardo che sulle modalità di presentazione di tali emendamenti, nonché, più in generale, su tutta la futura articolazione dei lavori, dovrà ovviamente deliberare l'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, in una delle sue prossime riunioni. È tuttavia possibile cominciare ad elaborare fin da adesso i suddetti emendamenti, sulla base del testo presentato dal relatore.

Ricorda inoltre che è emerso un orientamento inteso a formulare, a conclusione dei lavori della Commissione, un ordine del giorno di indirizzo, nel quale dovranno essere inseriti indicazioni e suggerimenti rivolti al legislatore ordinario, in ordine alla disciplina complementare alla riforma costituzionale ed alla normativa di attuazione. Per quanto concerne il sistema delle garanzie, alla stesura di tale ordine del giorno sarà verosimilmente chiamato a partecipare l'intero Comitato; per parte sua, si dichiara quindi disponibile, insieme con il relatore, a cominciare ad accogliere i suggerimenti e le proposte che i membri del Comitato vorranno formulare in proposito. Ritiene infatti opportuno cominciare a predisporre tale ordine del giorno anche prima che abbia inizio nella Commissione il dibattito sui temi concernenti il sistema delle garanzie, per evitare che manchi poi il tempo per definirne compiutamente i contenuti.

Il senatore Giovanni RUSSO (gruppo sinistra democratica-l'Ulivo) rileva che, ai fini della predisposizione degli emendamenti, occorre fare riferimento, nei casi in cui il relatore abbia formulato ipotesi alternative, alla prima di tali ipotesi. Pertanto, anche le formulazioni normative inserite nel testo del relatore come ipotesi n. 2 dovranno essere presentate esplicitamente come emendamenti da parte dei componenti della Commissione che ritengano di condividerle.

Osserva inoltre che i contenuti dell'ordine del giorno di indirizzo potranno essere compiutamente individuati solo dopo che sarà stato definito il testo dell'articolato che la Commissione presenterà alle Assemblee delle due Camere, in quanto le raccomandazioni al legislatore ordinario potranno ovviamente essere formulate soltanto con riferimento ai temi che non saranno oggetto di proposte di modifica costituzionale.

Giuliano URBANI, Presidente, ribadisce infine che il Comitato potrà tornare a riunirsi in prosieguo, alla luce delle decisioni che saranno adottate dall'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi e dalla Commissione.

La seduta termina alle 18.



ALLEGATO N. 2

Proposte conclusive di ipotesi di articolato presentate dal relatore del Comitato sistema della garanzie al termine della fase istruttoria

 

 

 

(Omissis)

 

 

Articolo 101

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

La giustizia è amministrata in nome del popolo.

Identico.

Identico.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge.

I giudici e i magistrati del pubblico ministero sono soggetti soltanto alla legge. Le norme sull'ordinamento giudiziario assicurano il coordinamento interno e l'unità di azione degli uffici del pubblico ministero.

I giudici sono soggetti soltanto alla legge. I magistrati del pubblico ministero godono delle garanzie stabilite nei loro riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario, che assicurano altresì il coordinamento interno e l'unità di azione dei relativi uffici.

 

La giurisdizione si attua mediante giusti processi regolati dalla legge, che ne assicura la ragionevole durata.

Identico.

 

Il procedimento si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, secondo il principio dell'oralità e davanti a giudice imparziale.

Il processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità e davanti a giudice imparziale. Il processo penale si svolge inoltre secondo il principio dell'oralità.

La legge assicura l'effettivo esercizio del diritto di difesa, in ogni fase del procedimento, anche da parte dei non abbienti.

La legge istituisce uffici pubblici di assistenza legale per rendere effettivo l'esercizio del diritto di difesa, in ogni fase del procedimento, anche da parte di chi non ha mezzi adeguati.

 

 


Articolo 102

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

La funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata dai giudici ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

La funzione giurisdizionale è unitaria ed è esercitata da magistrati ordinari e amministrativi istituiti e regolati dalle norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari.

Non possono essere istituiti giudici straordinari o giudici speciali.

Non possono essere istituiti giudici straordinari.

Identico.

Possono soltanto istituirsi presso gli organi giudiziari ordinari sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Presso gli organi giudiziari ordinari e amministrativi possono istituirsi sezioni specializzate per determinate materie, anche con la partecipazione di cittadini idonei estranei alla magistratura.

Identico.

 

Possono essere istituiti giudici speciali esclusivamente per determinate materie diverse da quella penale e per il solo giudizio di primo grado. In materia di giustizia tributaria possono tuttavia essere istituiti giudici speciali anche per il giudizio di secondo grado.

Identico.

 

La legge stabilisce per quali materie possono essere nominati giudici non professionali, anche al fine di giudizi di sola equità.

Identico.

 


Articolo 103

(Omissis)

 

Articolo 104

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono un ordine autonomo e indipendente da ogni potere.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero costituiscono un ordine autonomo e indipendente.

Il Consiglio superiore della magistratura è presieduto dal Presidente della Repubblica.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica (da precisare in relazione alla forma di governo).

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno (da precisare in relazione alla forma di governo).

Ne fanno parte di diritto il primo presidente e il procuratore generale della Corte di cassazione.

Identico.

Identico.

 

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria si compone di una sezione per i giudici e di una sezione per i magistrati del pubblico ministero. Il diverso numero dei componenti di ciascuna sezione è determinato dalla legge. La legge stabilisce funzioni e competenze delle sezioni riunite.

 

Gli altri componenti sono eletti per due terzi da tutti i magistrati ordinari tra gli appartenenti alle varie categorie, e per un terzo dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

I componenti di ciascuna sezione sono eletti per tre quinti rispettivamente dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero tra gli appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Gli altri componenti sono eletti per metà dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero tra gli appartenenti alle varie categorie e per metà dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

Il Consiglio elegge un vice presidente e ciascuna sezione elegge il proprio presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Il Consiglio elegge un vice presidente fra i componenti designati dal Parlamento.

 

 

La sezione disciplinare del Consiglio è eletta al suo interno per metà tra i componenti designati dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero e per metà tra quelli designati dal Parlamento. I membri della sezione non partecipano alle altre attività del Consiglio (e durano in carica due anni nell'esercizio di tale funzione).
Il presidente della sezione disciplinare è eletto al suo interno tra i componenti designati dal Parlamento.
Contro le sentenze della sezione disciplinare è ammesso eslusivamente ricorso in cassazione.

 

Il ministro della giustizia può partecipare, senza diritto di voto, alle riunioni delle sezioni riunite e di ciascuna sezione del Consiglio e presentare proposte e richieste.

 

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono immediatamente rieleggibili.

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Identico.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né far parte del Parlamento o di un Consiglio regionale.

Non possono, finché sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, né assumere cariche pubbliche elet-tive.

Identico.

N.B. La proposta di sezione disciplinare prevista all'ipotesi di modifica n.2 del presente articolo 104 è alternativa rispetto alle ipotesi istitutive del Tribunale dei magistrati (ovvero della Corte di giustizia dei magistrati) introdotte con il successivo articolo 105-bis.


 

Articolo 104-bis

Ipotesi n. 1

Ipotesi n. 2

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente della Repubblica (da precisare in relazione alla forma di governo).

Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa è presieduto dal Presidente della Repubblica, che ne forma l'ordine del giorno (da precisare in relazione alla forma di governo).

Ne fa parte di diritto il presidente della Corte di giustizia amministrativa (e l'eventuale procuratore generale della Corte di giustizia amministrativa).

Ne fa parte di diritto il presidente del Consiglio di Stato (e l'eventuale procuratore generale del Consiglio di Stato).

Gli altri componenti sono eletti per tre quinti da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per due quinti dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Gli altri componenti sono eletti per metà da tutti i magistrati amministrativi appartenenti alle varie categorie e per metà dal Parlamento (da precisare in relazione alla forma di governo) tra professori ordinari di università in materie giuridiche ed avvocati dopo quindici anni di esercizio.

Il Consiglio elegge un vice presidente tra i componenti designati dal Parlamento.

Identico.

 

La sezione disciplinare del Consiglio è eletta al suo interno per metà tra i componenti designati dai magistrati e per metà tra quelli designati dal Parlamento. I membri della sezione non partecipano alle altre attività del Consiglio (e durano in carica due anni nell'esercizio di tale funzione).
Il presidente della sezione disciplinare è eletto al suo interno tra i componenti designati dal Parlamento.
Contro le sentenze della sezione disciplinare è ammesso esclusivamente ricorso in cassazione.

Il Ministro della giustizia può partecipare alle riunioni del Consiglio senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

 

I membri elettivi del Consiglio durano in carica quattro anni e non sono rieleggibili.

Identico.

Non possono, finchè sono in carica, essere iscritti negli albi professionali, nè assumere cariche pubbliche elettive.

Identico.

N.B. La possibilità di prevedere due sezioni anche per il Consiglio superiore della magistratura amministrativa dipende dalla eventuale istituzione del pubblico ministero presso la giurisdizione amministrativa.

La proposta di sezione disciplinare prevista all'ipotesi di modifica n.2 del presente articolo 104-bis è alternativa rispetto alle ipotesi istitutive del Tribunale dei magistrati (ovvero della Corte di giustizia dei magistrati) introdotte con il successivo articolo 105-bis.


Articolo 105

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Spettano al Consiglio superiore della magistratura, secondo le norme dell'ordinamento giudiziario, le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati.

Spettano ai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, esclusivamente i provvedimenti amministrativi riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.

Spettano ai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, secondo le norme dei rispettivi ordinamenti giudiziari, i provvedimenti amministrativi riguardanti le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti e le promozioni nei riguardi dei giudici e dei magistrati del pubblico ministero.

 

 


I Consigli non possono adottare deliberazioni di indirizzo politico o altri atti in materia di interpretazione delle leggi e organizzazione giudiziaria.

 


Articolo 105-bis

Ipotesi n. 1

Ipotesi n. 2

Spettano al Tribunale dei magistrati (ovvero: alla Corte di giustizia dei magistrati) i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero. Il Tribunale (ovvero: la Corte) è altresì organo di tutela giurisdizionale in unico grado contro i provvedimenti amministrativi assunti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

Identico.

Il Tribunale (ovvero: La Corte) è formato da nove membri, eletti tra i propri componenti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

Il Tribunale è formato da dieci membri, eletti tra i propri componenti dai Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria elegge sei componenti, di cui quattro tra quelli eletti dai giudici e dai magistrati pubblico ministero e due tra quelli designati dal Parlamento. Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa elegge tre componenti, di cui due tra quelli eletti dai giudici (e dai magistrati del pubblico ministero - NB: nel caso in cui venga istituito l'ufficio del pubblico ministero presso la magistratura amministrativa) e uno tra quelli designati dal Parlamento. I componenti designati tra quelli eletti dai magistrati sono scelti assicurando la rappresentanza delle varie categorie.

Il Consiglio superiore della magistratura ordinaria elegge sei componenti, di cui tre tra quelli eletti dai giudici e dai magistrati del pubblico ministero e tre tra quelli designati dal Parlamento. Il Consiglio superiore della magistratura amministrativa elegge quattro componenti, di cui due tra quelli eletti dai giudici (e dai magistrati del pubblico ministero - NB: nel caso in cui venga istituito l'ufficio del pubblico ministero presso la magistratura amministrativa) e due tra quelli designati dal Parlamento. I componenti designati tra quelli eletti dai magistrati sono scelti assicurando la rappresentanza delle varie categorie.

Il Tribunale (ovvero: la Corte) elegge un presidente tra i componenti eletti tra quelli designati dal Parlamento.

Identico.

Il Ministro della giustizia può partecipare alle riunioni del Tribunale (ovvero: della Corte) senza diritto di voto e presentare proposte e richieste.

Identico.

I componenti del Tribunale (ovvero: della Corte) non possono partecipare ad altra attività dei rispettivi Consigli di provenienza e durano in carica fino allo scadere del mandato di tali organi (ovvero: durano in carica due anni nell'esercizio di tale funzione).

Identico.

N.B. L'introduzione dell'articolo 105-bis è alternativa alle ipotesi che, nell'ipotesi di modifica n.2 agli articoli 104 e 104-bis, prevedono una specifica sezione disciplinare all'interno dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa.


Articolo 106

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso.

Le nomine dei magistrati ordinari e amministrativi hanno luogo per concorso e previo tirocinio.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono nominati a seguito di concorsi differenziati, secondo le modalità previste dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

 

Tutti i magistrati ordinari esercitano inizialmente funzioni giudicanti (in organi collegiali) per un periodo di almeno tre anni, al termine del quale il Consiglio superiore della magistratura ordinaria (a sezioni riunite) può assegnarli all'esercizio di funzioni giudicanti ovvero inquirenti, previa apposita formazione e valutazione di idoneità.
Il passaggio tra l'esercizio delle funzioni giudicanti penali e del pubblico ministero è successivamente consentito a seguito di concorso riservato, secondo modalità stabilite dalla legge.
In nessun caso le funzioni giudicanti penali e quelle del pubblico ministero possono essere svolte nel medesimo distretto giudiziario.

 

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli.

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici di primo grado.

Identico.

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di Cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni di esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori.

Identico.

 

La legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina di avvocati e professori universitari in materie giuridiche negli altri gradi della giurisdizione.

Identico.

 


Articolo 107

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica

I magistrati sono inamovibili. Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie di difesa stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.

I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero sono inamovibili.
Non possono essere dispensati o sospesi dal servizio né destinati ad altre sedi o funzioni se non in seguito a decisione del rispettivo Consiglio superiore della magistratura, adottata o per i motivi e con le garanzie del contraddittorio stabilite dall'ordinamento giudiziario o con il loro consenso.
La legge disciplina i periodi di permanenza nell'ufficio e nella sede dei giudici ordinari e amministrativi e dei magistrati del pubblico ministero.

Il Ministro della giustizia ha facoltà di promuovere l'azione disciplinare.

Soppresso (ma vedi art. 110).

I magistrati si distinguono fra loro soltanto per diversità di funzioni.

Identico.

Il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull'ordinamento giudiziario.

Soppresso (ma vedi art. 101).

 

Nell'esercizio delle rispettive funzioni, i giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero si attengono ai principi di responsabilità, correttezza e riservatezza.
L'ufficio di giudice ordinario e amministrativo e di magistrato del pubblico ministero è incompatibile con qualunque altro ufficio, incarico e professione. I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero non possono far parte di collegi arbitrali né essere distaccati presso Ministeri o altre pubbliche ammini-strazioni. Possono partecipare alle competizioni elettorali solo se si dimettono prima della presentazione delle liste elettorali. (Oppure, in alternativa all'ultimo periodo: I giudici ordinari e amministrativi e i magistrati del pubblico ministero che prendono parte alle competizioni elettorali sono in ogni caso assegnati ad altra sede).

 


Articolo 108

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica

Le norme sull'ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge.

Le norme sugli ordinamenti giudiziari ordinario e amministrativo sono stabilite esclusivamente con legge.

La legge assicura l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all'amministrazione della giustizia.

Identico.

 


Articolo 109

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica

L'autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria.

Identico.

 


Articolo 110

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica

Ferme le competenze del Consiglio superiore della magistratura, spettano al ministro della giustizia l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia.

Ferme le competenze dei Consigli superiori della magistratura ordinaria e amministrativa, il ministro della giustizia provvede all'organizzazione e al funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, promuove la comune formazione propedeutica all'esercizio delle professioni giudiziarie e forensi, esercita la funzione ispettiva sul corretto funzionamento degli uffici giudiziari, promuove l'azione disciplinare.

La legge può individuare altri soggetti titolari in via sussidiaria dell'azione disciplinare.

(NB - può eventualmente qui inserirsi, come terzo comma, l'ultimo comma proposto in entrambe le ipotesi di modifica dell'articolo 112).

 


Articolo 111

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati.

Identico.

Identico

Contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.

Identico.

Contro le sentenze è ammesso ricorso in cassazione nei casi previsti dalla legge. Contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali, è sempre ammesso ricorso in cassazione per violazione di legge.

 

 

I provvedimenti che limitano i diritti e le libertà della persona, fatti salvi i casi eccezionali di necessità e urgenza, sono adottati esclusivamente dai giudici con atto motivato nei soli casi e modi previsti dalla legge e in contraddittorio tra le parti.

 

La legge assicura che la persona accusata di un reato sia informata, nel più breve tempo possibile, della natura e dei motivi dell'accusa elevata a suo carico; disponga del tempo e delle condizioni necessarie per preparare la sua difesa; abbia la facoltà di interrogare o far interrogare le persone da cui provengono le accuse a suo carico; abbia la facoltà di ottenere la convocazione e l'interrogatorio di persone a discarico nelle stesse condizioni di quelle di accusa e l'acquisizione di ogni altro mezzo di prova a suo favore; sia assistita gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua impiegata nel processo.

Identico.

 

Nuove norme penali sono ammesse solo se modificano il codice penale ovvero se contenute in leggi disciplinanti organicamente l'intera materia cui esse si riferiscono.

Identico.

 

Le norme penali non possono essere interpretate in modo analogico o estensivo.

Identico.

Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Contro le decisioni della Corte di giustizia amministrativa (del Consiglio di Stato) il ricorso in cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione.

Identico.

 


Articolo 112

Costituzione della Repubblica

Ipotesi di modifica n. 1

Ipotesi di modifica n. 2

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale.

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale. La legge stabilisce le misure idonee ad assicurarne l'effettivo esercizio.

Il pubblico ministero ha l'obbligo di esercitare l'azione penale e di dirigere le indagini assumendo le relative determinazioni in tempi ragionevoli.

 

 

La legge stabilisce i casi in cui l'azione penale è attribuita in via sussidiaria e concorrente ad altri soggetti.

 

Il pubblico ministero chiede al giudice di dichiarare l'improcedibilità dell'azione penale nei casi in cui ritenga insussistente l'offensività del fatto ovvero l'interesse pubblico al suo perseguimento.

La legge determina le modalità di deroga all'obbligo di esercizio dell'azione penale se nel corso delle indagini risulta la tenuità del fatto e l'occasionalità del comportamento.

 

Il ministro della giustizia riferisce annualmente al Parlamento sullo stato della giustizia, sull'esercizio dell'azio-ne penale e sull'uso dei mezzi di indagine.

Identico.