Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Disposizioni in materia di sicurezza pubblica - A.C. 2180 - Iter al Senato - esame in Commissione
Riferimenti:
AC N. 2180/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 128    Progressivo: 2
Data: 05/03/2009
Descrittori:
ESPULSIONE DI STRANIERI   IMMIGRAZIONE
ORDINE PUBBLICO     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS N. 733/XVI   AS N. 242/XVI
AS N. 391/XVI   AS N. 451/XVI
AS N. 583/XVI   AS N. 617/XVI

 

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

A.C. 2180

Iter al Senato – esame in Commissione

 

 

 

 

 

 

n. 128/2

 

parte prima

 

 

5 marzo 2009

 


 

Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimenti Istituzioni e Giustizia

SIWEB

 

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Studi – Dipartimenti Finanze, Ambiente e Trasporti

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

SIWEB

 

§         La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§         Le parti relative ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea e alle procedure di contenzioso sono state curate dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.

.

 

Per l’esame congiunto presso le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) dell’A.C. 2180 “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”, sono stati predisposti i seguenti dossier:

n. 128 (Schede di lettura)

n. 128/0 (Elementi per l’istruttoria legislativa)

n. 128/1 (Riferimenti normativi)

n. 128/2, parte I e II (Iter al Senato)

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: GI0101b.doc

 


INDICE

Iter al Senato

Progetti di legge

§      A.S. 733 (Governo) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica  3

§      A.S. 242 (sen. Martinat e Pontone) Disposizioni in materia di reati connessi all’immigrazione clandestina e al commercio di sostanze stupefacenti 31

§      A.S. 391 (sen. D’Ambrosio ed altri) Modifiche agli articoli 13 e 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di espulsione dei cittadini extracomunitari 39

§      A.S. 451 (sen. Della Monica ed altri) Misure contro le molestie e violenze alle donne, ai diversamente abili e per motivi connessi all'orientamento sessuale  43

§      A.S. 583 (Sen. Luigi Li Gotti e altri) Disposizioni in materia di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena  67

§      A.S. 617 (sen. Belisario ed altri) Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di false attestazioni e di identificazione delle persone  93

§      Petizione n. 110  137

Esame in sede referente

-       Commissioni riunite (Affari Costituzionali) e  (Giustizia)

Seduta del 25 giugno 2008  141

Seduta del 2 luglio 2008  147

Seduta dell’8 luglio 2008  153

Seduta del 9 luglio 2008  159

Seduta del 10 luglio 2008  163

Seduta del 10 luglio 2008 (pomeridiana) 165

Seduta del 15 ottobre 2008  167

Seduta del 22 ottobre 2008  169

Seduta del 28 ottobre 2008  171

Seduta del 4 novembre 2008  173

Seduta del 4 novembre 2008 (pomeridiana) 289

Seduta del 5 novembre 2008  295

Esame in sede consultiva

§      Pareri resi alle Commissioni riunite 1^ (Affari costituzionali) e 2^ (Giustizia)

-       1^  Commissione (Affari costituzionali)

Seduta del 18 novembre 2008  417

-       3^  Commissione (Affari esteri)

Seduta del 18 giugno 2008  419

Seduta del 25 giugno 2008  423

-       5^  Commissione (Bilancio)

Seduta del 14 ottobre 2008  425

Seduta dell’11 novembre 2008  427

Seduta dell’11 novembre 2008 (notturna) 429

Seduta del 12 novembre 2008  433

Seduta del 13 novembre 2008  435

Seduta del 13 gennaio 2009  437

Seduta del 14 gennaio 2009  443

Seduta del 3 febbraio 2009  449

Seduta del 4 febbraio 2009  453

-       6^  Commissione (Finanze e tesoro)

Seduta dell’8 ottobre 2008  455

-       12^  Commissione (Igiene e Sanità)

Seduta del 14 ottobre 2008  457

Relazione e testo proposto dalle Commissioni permanenti I e II riunite

§      A.S. 733-A  (Governo) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica  461

§      A.S. 733-A - Allegato (Governo) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica  471

 

 


Iter al Senato

 


Progetti di legge


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

 

N. 733 

 

DISEGNO DI LEGGE

presentato dal Presidente del Consiglio dei ministri (BERLUSCONI)

dal Ministro dell’interno (MARONI)

e dal Ministro della giustizia (ALFANO)

 

 

Comunicato alla presidenza il 3 giugno 2008

 

Disposizioni in materia di sicurezza pubblica

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Onorevoli Senatori. – Con il presente disegno di legge il Governo intende rispondere all’aggressione della criminalità diffusa ed all’attività riconducibile alla criminalità organizzata, fenomeni che incidono direttamente sulla sicurezza dei cittadini.

Tale disegno di legge è strettamente collegato al decreto-legge 23 maggio 2008, n.92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (atto Senato n.692) che il Governo ha deciso di emanare per soddisfare la richiesta di sicurezza avanzata dai cittadini, i cui contenuti affrontano con immediatezza il tema dell’illegalità diffusa, della sicurezza urbana, compresa quella derivante dalla circolazione stradale, e del contrasto alla criminalità organizzata.

La necessità dell’intervento normativo oggi proposto trova le sue radici nella insufficienza di apposite misure che consentano di contrastare con efficacia il degrado urbano, l’illegalità diffusa e la criminalità organizzata, fenomeni che minano i fondamenti della convivenza civile e che possono essere contrastati attraverso la previsione e l’attuazione di appositi strumenti normativi che siano in grado di rispondere con maggiore efficacia alla domanda di effettività dell’intervento penale.

Il disegno di legge si compone di 20 articoli.

I primi due articoli intendono ampliare gli strumenti di tutela per gli anziani e per le persone portatrici di minorazione fisica, psichica o sensoriale che purtroppo hanno, troppo spesso, costituito un facile bersaglio per i criminali.

L’articolo 3, che interviene sulla legge in tema di cittadinanza – legge 5 febbraio 1992, n.91 – mira a limitare il fenomeno dei matrimoni cosiddetti «di comodo» finalizzati ad una più celere acquisizione della cittadinanza italiana.

Gli articoli 4 e 5 rafforzano la tutela del decoro urbano anche attraverso modifiche che riguardano il reato di danneggiamento, il reato di deturpamento ed imbrattamento di cose altrui e l’occupazione di suolo pubblico (articolo 7).

Un’attenzione particolare è stata conferita alla tutela dei minori dagli articoli 6 e 8 ove vengono previste, rispettivamente, un’aggravante per i reati commessi in concorso con i minori e il nuovo reato che punisce l’impiego dei minori stessi nell’accattonaggio.

L’articolo 9 introduce il delitto di ingresso illegale nel territorio dello Stato.

Con gli articoli 10, 11, 12, 13, 14 e 15 vengono introdotte alcune modifiche alla disciplina sulle misure di prevenzione previste dalla legge 31 maggio 1965, n.575, recante disposizioni contro la mafia, volte a migliorare il sistema delle norme deputato alla lotta alla criminalità organizzata. L’articolo 16 introduce modifiche al sistema dell’iscrizione anagrafica.

L’articolo 17 detta disposizioni per contrastare il fenomeno del riciclaggio connesso all’uso del money transfer e l’articolo 18 introduce ulteriori modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286.

L’articolo 19, infine, riguarda la disciplina del fermo del veicolo in caso di gravi violazioni al codice della strada, quando il veicolo appartiene ad un soggetto diverso dall’autore del reato. L’articolo 20 prevede la copertura finanziaria.

Esaminando in maniera più specifica le singole norme, si fa presente quanto segue.

L’articolo 1 modifica la formulazione della circostanza aggravante comune di cui all’articolo 61, primo comma, numero 5), del codice penale, precisando che l’ipotesi di «minorata difesa» può configurarsi anche nel caso in cui l’autore del reato abbia profittato dell’età avanzata della persona che ha subìto il danno.

L’articolo 2 amplia la tutela penale che l’ordinamento contempla in favore delle persone portatrici di minorazione fisica, psichica o sensoriale. In particolare, la modifica inserisce all’articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n.104, recante legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate un aggravamento di pena qualora le fattispecie di reato ivi contemplate siano commesse in danno delle persone nelle suddette condizioni. In questo modo si cerca di porre un rimedio al fenomeno sempre più frequente della commissione di reati dove il soggetto passivo è persona incapace di provvedere a sé stessa in modo completo.

Il disegno di legge si propone altresì di contrastare il fenomeno, purtroppo sempre più frequente, dei cosiddetti «matrimoni di comodo» che da un lato foraggiano l’attività criminale e dall’altro possono risolversi in un danno per persone in cerca di un affetto. Su tale fronte, l’articolo 3 stabilisce termini più rigorosi per l’acquisto della cittadinanza iure matrimonii (ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi) prevedendo che il regime matrimoniale debba sussistere anche nel momento, successivo, dell’adozione del decreto del Ministro dell’interno di conferimento dello status civitatis.

Con l’articolo 4 e seguenti, si entra nel vivo delle misure di contrasto dalla cosiddetta «illegalità diffusa», intervenendo su fattispecie considerate «minori», ma che incidono notevolmente non tanto sulla «vivibilità» dei centri urbani, quanto su quelle condizioni minime di cura del territorio dalle quali partire per reimpostare politiche attive di risanamento e di promozione della legalità.

In particolare, l’articolo 4 contempla, in materia di reato di danneggiamento, una disciplina connotata da una maggiore efficacia deterrente a tutela di particolari e rilevanti beni.

In tale ambito, il comma 1 introduce, al secondo comma dell’articolo 635 del codice penale, il numero 3-bis, aggravando la pena base stabilita per il reato di danneggiamento anche nel caso in cui la condotta criminosa sia commessa su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale. Relativamente a tutte le ipotesi aggravate di cui al medesimo secondo comma dell’articolo 635, è previsto, inoltre, che la sospensione condizionale della pena sia sempre subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un periodo di tempo non superiore alla durata della pena sospesa.

L’articolo 5 modifica il secondo comma dell’articolo 639 del codice penale (Deturpamento e imbrattamento di cose altrui), prevedendo un aumento di pena qualora la condotta diretta a deturpare o a imbrattare abbia ad oggetto immobili sottoposti a programmi di risanamento edilizio o ambientale o altri immobili, sempre che da tale condotta consegua un pregiudizio del decoro urbano. In questo caso, la possibilità di una sanzione ad effetto riparatorio è nel sistema, in quanto si tratta di un reato rimesso alla competenza del giudice di pace e trovano, quindi, applicazione le disposizioni del capo VIII del titolo I del decreto legislativo 28 agosto 2000, n.274.

L’articolo 6 riguarda una grave fenomenologia criminosa, quella della partecipazione di giovanissimi ad azioni criminali gravi. Solo un’azione decisa nei confronti dei correi maggiorenni può realizzare quella deterrenza aggiuntiva che occorre per bloccare il fenomeno prima che l’effetto emulazione e l’evoluzione delle condotte violente che si vanno diffondendo in età scolare rendano il fenomeno inarrestabile, costringendo a scelte punitive forti nei confronti dei delinquenti minorenni. Per questo motivo, l’articolo 6 interviene sull’articolo 112 del codice penale prevedendo l’applicabilità, nei confronti delle persone maggiorenni che concorrono nel reato, dell’aggravante ivi prevista, anche nei casi di partecipazione al reato commesso da un minore di anni diciotto o delle altre persone non imputabili o in condizioni di ridotta imputabilità. Si intende, in altri termini, responsabilizzare ulteriormente il maggiorenne, per creare una sorta di «cintura sanitaria» intorno ai minori delinquenti. Sarà il giudice, nell’applicazione della pena in concreto, a valutare la gravità dei fatti, anche riguardo alla circostanza dell’induzione.

Con l’articolo 7 vengono proposti alcuni interventi normativi in materia di occupazione abusiva del suolo pubblico. In particolare, il comma 1 prevede che, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico, ai sensi degli articoli 633 del codice penale e 20 del decreto legislativo n.285 del 1992, recante il nuovo codice della strada, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, comunque, per motivi di pubblica sicurezza, possano ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, nel caso di occupazione per motivi commerciali, la chiusura dell’esercizio fino all’adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia.

Tale forma di «ravvedimento operoso» degli occupanti costituisce, indubbiamente, uno degli aspetti più innovativi della riforma, tanto che le stesse prescrizioni vengono estese, con il comma 2, all’esercente che ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l’esercizio.

Il comma 3 prevede, altresì, che qualora si tratti di occupazione a fine di commercio, la trasmissione del relativo verbale di accertamento, da parte dell’ufficio accertatore al comando della Guardia di finanza competente per territorio. Tale modifica è volta ad assicurare, anche in tali casi, l’applicazione della disposizione di cui all’articolo 36 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600, ai sensi della quale «i soggetti pubblici incaricati istituzionalmente di svolgere attività ispettive o di vigilanza nonché gli organi giurisdizionali, requirenti e giudicanti, penali, civili e amministrativi e, previa autorizzazione, gli organi di polizia giudiziaria che, a causa o nell’esercizio delle loro funzioni, vengono a conoscenza di fatti che possono configurarsi come violazioni tributarie devono comunicarli direttamente ovvero, ove previste, secondo le modalità stabilite da leggi o norme regolamentari per l’inoltro della denuncia penale, al comando della Guardia di finanza competente in relazione al luogo di rilevazione degli stessi, fornendo l’eventuale documentazione atta a comprovarli».

L’articolo 8 reca norme a tutela dei minori. In particolare la norma delinea, alla lettera a), una nuova fattispecie di reato, vale a dire l’impiego di minori nell’accattonaggio (articolo 600-octies del codice penale), con l’obiettivo di punire la condotta di chi si avvale, per mendicare, di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare.

L’articolo introduce, infine, alla lettera b), l’articolo 602-bis del codice penale che prevede l’applicazione di una pena accessoria (perdita della potestà del genitore e interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all’amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura) nel caso in cui i reati di cui agli articoli 600 del codice penale (riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù), 601 del codice penale (tratta di persone) e 602 (acquisto e alienazione di schiavi) siano commessi dal genitore o dal tutore.

Con l’articolo 9 viene inserita nell’ordinamento la fattispecie penale dell’ingresso illegale nel territorio dello Stato. In particolare viene sanzionato penalmente colui che si introduce in Italia violando la normativa contenuta nel testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286. La norma prevede la sanzione della reclusione da sei mesi a quattro anni e l’obbligatorietà dell’arresto dell’autore del reato che sarà giudicato con rito direttissimo. Viene previsto, inoltre, che il giudice, nel pronunciare sentenza di condanna, ordini l’espulsione dello straniero.

Gli interventi in materia di lotta alla criminalità organizzata sono contenuti nei successivi articoli attraverso l’introduzione di alcune modifiche alla legge 31 maggio 1965, n.575, recante disposizioni contro la mafia. In particolare l’intervento previsto nell’articolo 10, che modifica l’articolo 1 della citata legge, è volto ad imprimere maggiore impulso all’azione di contrasto alla criminalità organizzata attraverso l’aggressione ai patrimoni illeciti, colmando un evidente difetto di coordinamento di norme intervenute nel tempo che impedisce all’ufficio giudiziario titolare delle indagini preliminari in materia di delitti connessi con la criminalità organizzata di avviare le indagini patrimoniali finalizzate all’applicazione delle misure di prevenzione e, soprattutto, il potere di proporre sequestri e confisca ai sensi della legge n.575 del 1965.

L’articolo 11 interviene sull’articolo 2-ter della citata legge n.575 del 1965. L’intervento è finalizzato a consentire la confisca anche dei beni di cui il soggetto non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona, ne risulti titolare in valore sproporzionato rispetto al reddito dichiarato ai fini delle imposte o all’attività economica condotta, analogamente a quanto previsto in materia di applicazione della misura di sicurezza patrimoniale, a seguito di condanna, ai sensi dell’articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356.

L’articolo 12 è volto a superare, sempre con riferimento all’articolo 2-ter della citata legge n.575 del 1965, un profilo di criticità costituito dalla natura accessoria delle misure di prevenzione patrimoniale rispetto a quelle personali, prevedendo che le misure di prevenzione patrimoniale possano essere applicate anche disgiuntamente rispetto alle misure di prevenzione personali, consentendo così all’autorità giudiziaria di aggredire il patrimonio mafioso anche in caso di morte del proposto o del sottoposto.

Al fine, pertanto, di contrastare più efficacemente la criminalità organizzata incidendo su uno degli elementi sui quali la stessa è maggiormente vulnerabile, l’intervento consiste nel passaggio da un approccio incentrato sulla «pericolosità del soggetto» a una visione imperniata sulla formazione illecita del bene che, una volta reimmesso nel circuito economico, è in grado di alterare il sistema legale di circolazione della ricchezza, minando così alla radice le fondamenta di una economia di mercato.

L’articolo 13 sostituisce l’articolo 2-quater della citata legge n.575 del 1965. L’intervento è volto a rendere più efficace la disciplina del sequestro dei beni conseguenti all’applicazione delle misure di prevenzione. Lo strumento di prevenzione si coniuga spesso con analoghi strumenti di natura penale sino a creare un sistema coordinato di norme che si integrano a vicenda, pur mantenendosi su piani distinti. Le disposizioni che disciplinano le modalità di esecuzione dei due diversi tipi di sequestro presentano, però, notevoli differenze, poiché all’esecuzione del sequestro previsto dalla legge n.575 del 1965 si provvede con le modalità previste dal codice di procedura civile, mentre le norme del codice di rito penale si applicano al sequestro preventivo di cui all’articolo 321 del codice di procedura penale per i beni da sottoporre a confisca penale. L’intervento proposto rappresenta un intervento minimo di armonizzazione del sistema.

L’intervento contenuto nell’articolo 14 è finalizzato a consentire l’affidamento dei beni mobili registrati, in gratuita giudiziale custodia, alle Forze di polizia operanti, analogamente a quanto già previsto in materia di repressione dei reati di contrabbando, immigrazione clandestina, riciclaggio e traffico di sostanze stupefacenti. In tal modo si realizza anche una riduzione delle notevoli spese che l’Erario sostiene per la custodia dei beni mobili registrati sottoposti a sequestro e che, all’esito del procedimento, risultano spesso privi di ogni utilità e di ogni valore commerciale.

Con l’articolo 15 si fanno confluire le competenze in materia di assegnazione e destinazione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali mafiose, in base alla legislazione antimafia, al prefetto della provincia in cui insiste il bene confiscato. La norma intende affidare tale compito al prefetto in ragione delle competenze specifiche attribuite dalla legislazione antimafia al Ministero dell’interno e al prefetto.

L’articolo 16 introduce la disposizione secondo cui l’iscrizione anagrafica è subordinata alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie, richieste dalla normativa vigente, dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza.

Con l’articolo 17 viene introdotta una nuova misura per contrastare il fenomeno di riciclaggio connesso all’uso del cosiddetto money transfer, consistente in quei trasferimenti di denaro che sfuggono ai controlli della normativa antiriciclaggio finendo, così, nel circuito del finanziamento del terrorismo e della criminalità organizzata. L’intervento normativo si inserisce nella «disciplina amministrativa degli esercizi pubblici di telefonia e internet», di cui all’articolo 7 del decreto-legge 27 luglio 2005, n.144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n.155, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, attraverso l’introduzione di un nuovo comma, nel quale viene disposto che il gestore degli esercizi di telefonia e internet autorizzati a prestare servizi volti al trasferimento di denaro deve provvedere ad acquisire copia del documento di identità del richiedente il servizio. Qualora quest’ultimo sia straniero, deve essere acquisita anche la copia del titolo di soggiorno segnalando il servizio erogato con la documentazione raccolta alla locale autorità di pubblica sicurezza. L’inosservanza delle prescrizioni comporta la revoca dell’autorizzazione all’esercizio commerciale.

L’articolo 18 introduce ulteriori modifiche al citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286.

In particolare, la lettera a) modifica l’articolo 5 del citato testo unico, inserendo tra i reati che valgono ad orientare il giudizio di pericolosità dello straniero, in sede di esame di una richiesta di rinnovo ovvero di revoca di un permesso di soggiorno per motivi familiari, quelli per i quali il codice di procedura penale prevede l’arresto obbligatorio in flagranza.

La lettera b) apporta due modifiche all’articolo 14 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998: la prima intesa a prolungare il periodo di permanenza in un centro di permanenza temporanea e assistenza del cittadino straniero, in attesa dell’espletamento degli adempimenti necessari all’esecuzione del provvedimento di espulsione. Il termine massimo del trattenimento è fissato in diciotto mesi, anticipando per tale aspetto il contenuto di una proposta di direttiva europea recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di Paesi terzi soggiornanti illegalmente, attualmente, in fase avanzata di definizione. I periodi di trattenimento, sempre convalidati dall’autorità giudiziaria, sono fissati in sessanta giorni, prorogabili di un uguale periodo laddove permangano ostacoli alla identificazione dello straniero e quest’ultimo non cooperi a tal fine. La seconda modifica all’articolo 14 aumenta i limiti edittali (reclusione da due a sei anni anziché da uno a cinque anni) della sanzione penale prevista per lo straniero che rimane nel territorio nazionale in violazione dell’intimazione a lasciarlo connessa ad un decreto di espulsione già reiterato a seguito di una prima violazione dell’ordine del questore di lasciare il territorio nazionale.

L’intervento normativo proposto con l’articolo 19 completa quello contenuto nell’articolo 4 del richiamato decreto-legge n.92 del 2008, concernente la confisca del veicolo in caso di guida in stato di ebbrezza con un tasso alcolemico superiore ad un determinato limite, ovvero sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. In particolare, viene introdotto un nuovo comma 2-sexies all’articolo 186 del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, con il quale, nella stessa situazione di guida in stato di ebbrezza che determina la predetta confisca, si prevede l’applicazione, con la sentenza di condanna o di «patteggiamento», della sanzione accessoria del fermo amministrativo del veicolo quando lo stesso appartenga ad un soggetto estraneo al reato. Tale misura è altresì adottata in via provvisoria, ovviamente per un periodo inferiore, dall’organo accertatore nel momento dell’accertamento del reato. Contro il provvedimento provvisorio è ammesso reclamo al tribunale competente.

La medesima disposizione si applica anche nei casi di guida sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, per effetto del rinvio operato dal nuovo periodo introdotto all’articolo 187, comma 1, del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285.


 


 

Relazione tecnica

 

In ordine alle disposizioni suscettibili di produrre nuovi o maggiori oneri, si fa presente quanto segue.

Articolo 3 – Modifiche alla legge n.91 del 1992 (Cittadinanza)

L’articolo 3 sostituisce l’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n.91, ed eleva da sei mesi a due anni il periodo legale di residenza in Italia dopo il matrimonio necessario per l’acquisto della cittadinanza italiana da parte del coniuge straniero, prevedendo, altresì, che i termini per l’acquisto della cittadinanza italiana da parte del coniuge sono ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi.

La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri in quanto l’articolo determina la contrazione della platea dei beneficiari della cittadinanza italiana iure matrimonii e, quindi, una riduzione degli oneri per la finanza pubblica.

Con la disciplina che si intende introdurre, infatti, la durata minima della residenza necessaria all’acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente in Italia raddoppierà in caso di matrimonio con prole (da sei mesi ad un anno) e addirittura quadruplicherà in caso di matrimonio senza prole (da sei mesi a due anni); mentre la durata minima del matrimonio necessaria all’acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente all’estero rimarrà immutata in caso di matrimonio senza prole (3 anni) e subirà un dimezzamento in caso di matrimonio con prole (da 3 anni a 18 mesi).

In particolare, a riprova di quanto precede ed al fine di quantificare l’onere derivante dall’introduzione della norma sopra indicata, occorre far riferimento ai dati relativi alle cittadinanze concesse nell’arco dell’anno 2007.

Al riguardo, si rappresenta che, a fronte delle circa 31.600 istanze di cittadinanza iure matrimonii accolte nel 2007, in circa 25.000 casi l’acquisto della cittadinanza ha riguardato coniugi stranieri residenti legalmente in Italia da almeno sei mesi, mentre negli altri 6.600 casi ha riguardato stranieri residenti all’estero e coniugati da almeno tre anni.

Ne consegue che, per effetto della nuova normativa:

– le fattispecie di acquisto della cittadinanza da parte di coniugi stranieri residenti legalmente in Italia (a legislazione vigente, 25.000 casi/anno) subiranno una rilevantissima riduzione rispetto al passato, con una presumibile flessione del 50 per cento in caso di matrimonio con prole e addirittura del 75 per cento in caso di matrimonio senza prole. Ipotizzando che metà dei matrimoni in questione sia con prole (12.500/anno) e l’altra metà senza prole (altri 12.500/anno), il numero complessivo dei casi di acquisto della cittadinanza si abbatterà da 25.000/anno a 9.375/anno (6.250+3.125);

– le fattispecie di acquisto della cittadinanza da parte di stranieri residenti all’estero e coniugati da almeno tre anni (a legislazione vigente, 6.600 casi/anno) raddoppieranno in caso di matrimonio con prole, mentre non subiranno alterazioni in caso di matrimonio senza prole. Ipotizzando anche in questo caso che metà dei matrimoni in questione sia con prole (3.300/anno) e l’altra metà senza prole (altri 3.300/anno), il numero complessivo dei casi di acquisto della cittadinanza aumenterà da 6.600/anno a 9.900/anno (6.600+3.300).

In sostanza, i casi di acquisto della cittadinanza si ridurrebbero dai 31.600 riscontrati a legislazione vigente ai 19.275 (9.375+9.900) ipotizzabili in forza del sopravvenire della nuova disciplina, con conseguente riduzione degli oneri per la finanza pubblica derivante dall’articolo in esame.

Articolo 9 – Ingresso illegale nel territorio dello Stato

La disposizione comporta oneri connessi al notevole incremento delle ipotesi di arresto in flagranza di reato e all’obbligatorietà del giudizio direttissimo.

Dal punto di vista giudiziario, sono da quantificare gli oneri connessi al patrocinio a spese dello Stato e alle spese di interpretariato nel corso dei procedimenti con rito direttissimo.

Dai dati forniti dai competenti uffici del Ministero dell’interno può stimarsi in circa 54.500 il numero degli stranieri che hanno fatto ingresso illegalmente in ltalia nel corso dell’anno 2007 e che sono astrattamente interessati all’applicazione della disposizione in esame. Considerato l’effetto dissuasivo connesso all’introduzione del reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, è possibile stimare nella misura del 10 per cento la riduzione del flusso annuo di immigrati clandestini (54.500 – 10 per cento di 54.500 = 49.050).

Considerando un costo medio unitario di 650 euro per il patrocinio a spese dello Stato, ivi comprese le spese di intepretariato, l’onere annuo previsto è pari ad euro 31.882.500, nell’ipotesi prudenziale connessa allo svolgimento dei processi per tutti gli immigrati indicati (49.050) a decorrere dall’anno 2009.

L’onere per il corrente anno 2008 può essere stimato nella misura del 50 per cento dell’onere a regime, e pari quindi ad euro 15.941.250.

Per quanto riguarda gli’effetti derivanti dal previsto aumento della popolazione carceraria, è possibile valutare il solo onere finanziario connesso alla somministrazione del vitto ai clandestini arrestati ipotizzando una detenzione media unitaria di 10 giorni ed un costo del pasto giornaliero pari ad euro 3.

L’onere annuo risulta pari a 49.050 detenuti x 10 giorni x 3 euro = euro 1.471.500.

L’onere per il corrente anno 2008 può essere stimato nella misura del 50 per cento dell’onere a regime, e pari quindi ad euro 735.750.

Articolo 16 – Modifiche alla legge n.1228 del 1954

La disposizione non comporta nuovi o maggiori oneri in quanto, per l’ordinamento delle anagrafi della popolazione residente, si segnala che gli adempimenti previsti in capo agli uffici comunali rientrano nella normale attività di vigilanza ed ispezione che già compete all’amministrazione comunale in materia di gestione del servizio anagrafico.

Articolo 18, comma 1, lettera b) – Trattenimento a 18 mesi

Attualmente i centri di permanenza temporanea ed assistenza (CPTA) operativi sono 10, per un totale di 1.160 posti disponibili.

Il periodo di trattenimento massimo fissato dalla normativa vigente è pari a 60 giorni. La nuova disposizione eleva il trattenimento a 18 mesi.

Con il prolungamento del trattenimento a 18 mesi si deve osservare che non tutti gli espellendi verranno trattenuti per il periodo massimo, ma molti di essi verranno trattenuti per il tempo strettamente necessario ad eseguire l’espulsione od il respingimento. La disposizione infatti articola il periodo di trattenimento in relazione al verificarsi dei presupposti per eseguire i provvedimenti di rimpatrio. Si fa presente che, sulla base del tempo massimo di permanenza attuale di 60 giorni, il tempo medio di permanenza è stato nell’anno 2007 pari a 27 giorni. Con il prolungamento previsto dalla disposizione si ritiene che una stima prudenziale per determinare un nuovo tempo medio di permanenza possa individuarsi in 5 volte il tempo medio attuale (30 giorni x 5 = 150 giorni).

Ipotizzando, pertanto, un periodo di trattenimento medio pari a 150 giorni (ovvero, a cinque mesi) per garantire la stessa capacità recettiva con il nuovo tempo di permanenza, il sistema dovrà avere un incremento di n.4.640 nuovi posti, calcolato come segue:

capacità recettiva attuale con turn over di 30 giorni: 1160 posti x 365 giorni/30 giorni di permanenza media degli ultimi due anni = 14.113;

volendo garantire la stessa recettività per un periodo di 150 giorni: 14.113 x 150/365 = 5.800;

ai posti così ottenuti vanno sottratti i posti disponibili ad oggi: 5.800 – 1160 = 4.640.

Gli oneri finanziari corrispondenti ai posti in incremento sono i seguenti.

Costi di realizzazione CPTA ridenominati (Centri di identificazione e espulsione)

Per la realizzazione dei 4.640 nuovi posti, si ipotizza che per la metà si provvederà attraverso la costruzione di nuove strutture di permanenza, per la restante metà attraverso la ristrutturazione di edifici esistenti.

La realizzazione ex novo di strutture per complessivi 2.320 posti, usando come parametro di riferimento il costo sostenuto per la costruzione dell’ultimo CPTA a Torino (costo medio per posto realizzato: circa e 78.000), comporterebbe un costo complessivo di e 180.960.000.

La ristrutturazione di edifici esistenti per i restanti 2.320 posti, usando come parametri di riferimento il costo minimo sostenuto per una recente ristrutturazione di un centro per immigrati (centro di Brindisi, dove sono state apportate semplici modifiche, con un costo per posto ristrutturato di circa e 5.000) e il costo massimo ipotizzato per edifici da ristrutturare completamente (per posto ristrutturato: 40.000 euro, corrispondente a circa la metà del costo di costruzione ex novo), comporta un costo complessivo di 52.200.000 euro.

Si sottolinea che il costo di euro 40.000 per posto è quello massimo per le ristrutturazioni, oltre il quale non appare economicamente conveniente procedere alla ristrutturazione stessa ma è preferibile, invece, avviare la costruzione ex novo.

Il costo complessivo derivante da nuove costruzioni e da ristrutturazioni è complessivamente pari a euro 233.160.000, da ripartire come segue:

– anno 2008: e 46.632.000;

– anno 2009: e 93.264.000;

– anno 2010: e 93.264.000.

Costi per la permanenza degli stranieri nei CPTA

Ai costi di realizzazione delle strutture vanno aggiunti quelli per la permanenza degli stranieri presso i CPTA.

Il costo giornaliero medio di gestione è di e 55,00 per ospite (è lo stesso costo già indicato nella relazione tecnica al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n.25).

In relazione ad una progressiva disponibilità delle strutture nel triennio considerato (anche in relazione ai tempi di ristrutturazione e costruzione che renderanno utilizzabili i nuovi posti solo per periodi dell’anno), si ipotizzano i seguenti costi:

anno 2008: 382.800 euro (tenendo conto di una disponibilità di n.116 posti per complessivi 60 giorni: 116 x 55 euro x 60 giorni = e 382.800);

anno 2009: 9.984.700 euro (tenendo conto di una disponibilità di n.1.160 posti per 120 giorni: 1.160 x 120 x 55 = e 7.656.000, a cui vanno aggiunti 116 posti realizzati nel 2008 x 365 giorni: 116 x 365 x 55 = e 2.328.700);

anno 2010: 58.919.300 euro (tenendo conto di una disponibilità di n.3.364 posti per 180 giorni: 3.364 x 180 x 55 = e 33.303.600, a cui vanno aggiunti i costi di gestione dei 1.160 posti realizzati nel 2009: 1.160 x 365 x 55 = e 23.287.000 e dei 116 posti realizzati nel 2008: 116 x 365 x 55 = e 2.328.700);

anno 2011: 93.148.000 euro (tendendo conto della piena disponibilità di n.4.640 posti x 55 x 365).

Riepilogo:

anno 2008 spese complessive pari a e 47.014.800;

anno 2009 spese complessive pari a e 103.248.700;

anno 2010 spese complessive pari a e 152.183.300;

a decorrere dal 2011 spese complessive pari a e 93.148.000.

Aumento del numero delle convalide del trattenimento da parte dei giudice di pace

La permanenza nei CPTA è prorogata fino ad un massimo di 18 mesi attraverso successive convalide da parte del giudice di pace che si ripetono a distanza di 60 giorni per un numero complessivo di nove per soggetto interessato. Attualmente il testo dell’articolo 14 prevede solo due convalide a intervalli di trenta giorni.

Considerato, su un tempo medio di permanenza di 150 giorni, i posti disponibili del sistema di trattenimento sono pari a n.5.800, si può stimare, prudenzialmente per eccesso, che il numero massimo di convalide riguarderà in media il 30 per cento dei posti disponibili nel sistema mentre per il restante 70 per cento le convalide saranno le due attualmente previste dalla legge vigente e le cui spese sono coperte dagli attuali stanziamenti.

Si considera che il numero dei posti disponibili nel sistema di trattenimento avrà il seguente incremento:

2008 = 1.160 + 116 (ultimi 60 giorni), i soggetti interessati alle nove convalide possono stimarsi nel 30 per cento di 1.160 = 348 (3 convalide per il II semestre 2008) e, per l’incremento di 116 per 60 giorni, in 35 per una sola convalida nell’anno interessato;

2009 = 1.160 + 116 = 1.276 + 1.160 (per 120 giorni), i soggetti interessati possono stimarsi in 383 (30 per cento di 1.276) per sei convalide e in 348 per solo due convalide;

2010 = 1.160 + 116 + 1.160 = 2.436 + 3.364 (per 180 giorni), i soggetti interessati si stimano in 731 (30 per cento di 2.436) per 6 convalide e in 1.009 per i 180 giorni, pari a tre convalide nell’anno;

2011 = 5.800 per 365 giorni = 1.740 per 6 convalide.

Per l’anno 2008 il maggior onere per l’attività dei giudici di pace interessati è stimato in euro 10.790 per l’emissione dei provvedimenti di convalida del trattenimento (n.1079) [(348 soggetti x 3 convalide + 35 soggetti per 60 giorni per 1 convalida) x e 10 indennità per provvedimento] ed in euro 20.000 per le indennità di udienza (1.000 udienze x 20 euro indennità per udienza), per complessivi euro 30.790.

Per l’anno 2009 il maggior onere per l’attività dei giudici di pace interessati è stimato in euro 29.940 per l’emissione dei provvedimenti di convalida del trattenimento (n.2.994) [(383 soggetti x 6 convalide + 348 soggetti x 120 giorni x 2 convalide) x e 10 indennità per provvedimento)] ed in euro 58.000 per le indennità di udienza (2.900 udienze x 20 euro indennità per udienza), per complessivi euro 87.940.

Per l’anno 2010 il maggior onere per l’attività dei giudici di pace interessati è stimato in euro 74.130 per l’emissione dei provvedimenti di convalida del trattenimento (n.7.413) [(731 soggetti x 6 convalide + 1.009 soggetti per 180 giorni x 3 convalide) x e 10 indennità per provvedimento)] ed in euro 140.000 per le indennità di udienza (7.000 x 20 euro indennità per udienza), per complessivi euro 214.130.

A decorrere dall’anno 2011 il maggior onere per l’attività dei giudici di pace interessati è stimato in euro 104.400 per l’emissione dei provvedimenti di convalida del trattenimento (n.10.440) [(1.740 soggetti per 365 giorni x 6 convalide) x e 10 indennità per provvedimento] ed in euro 200.000 per le indennità di udienza (10.000 udienze x 20 euro indennità per udienza), per complessivi euro 304.400.

Con riferimento all’attività di udienza dei guidici di pace, si evidenzia che la stima del numero di udienze annue è direttamente collegata al numero di provvedimenti di convalida da emettere. Si evidenzia al riguardo che è stato ipotizzato prudenzialmente, negli anni di riferimento, un rapporto udienze/convalide leggermente inferiore ad uno in relazione alla possibilità del giudice di pace di emettere più provvedimenti di convalida nel corso della medesima udienza.

Agli oneri per la maggiore attività dei giudici di pace si aggiungono gli oneri per il patrocinio a spese dello Stato, stimabili, in relazione alla tipologia e alla ricorrenza dei procedimenti, in un importo unitario medio di euro 350 ivi comprese le spese di interpretariato, per la partecipazione di un difensore alle udienze di convalida. Si segnala in proposito che l’importo medio unitario per patrocinio utilizzato nei calcoli (euro 350) è stato rideterminato rispetto alla stima effettuata nella relazione tecnica al disegno di legge atto Senato n.3107 della XIV legislatura (12 novembre 2004, n.271) e nella presente relazione tecnica, con riferimento all’articolo 9 (euro 650), in relazione alla minore complessità dell’assistenza legale connessa alla ripetitività delle udienze di convalida ogni 60 giorni di permanenza.

Per l’anno 2008 si prevede quindi un onere per il patrocinio a spese dello Stato di euro 377.650 (1.079 convalide x e 350), per l’anno 2009 di euro 1.047.900 (2.994 convalide x e 350), per l’anno 2010 euro 2.594.550 (7.413 convalide x e 350) e a decorrere dall’anno 2011 di euro 3.654.000 (10.440 convalide x e 350).

Complessivamente quindi, la disposizione in esame comporta i seguenti oneri derivanti dall’aumento del numero di convalide effettuate dai giudici di pace:

anno 2008: euro 408.440;

anno 2009: euro 1.135.840;

anno 2010: euro 2.808.680;

anno 2011: euro 3.958.400.


 

Nella seguente tabella sono riepilogati gli oneri derivanti dal disegno di legge e la relativa copertura finanziaria:

 

 

2008

2009

2010

2011 e seguenti

Articolo 18 (Trattenimento a 18 mesi)

 

 

 

 

Costi di realizzazione CPTA (Costruzione e ristrutturazione)

46.632.000

93.264.000

93.264.000

Costi per la permanenza degli stranieri nei CPTA

382.800

9.984.700

58.919.300

93.148.000

Aumento del numero delle convalide del trattenimento da parte dei giudici di pace

30.790

87.940

214.130

304.400

Oneri per patrocinio a spese dello Stato e interpretariato

377.650

1.047.900

2.594.550

3.654.000

Totale articolo 18...

47.423.240

104.384.540

154.991.980

97.106.400

Articolo 9 (reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato)

16.677.000

33.354.000

33.354.000

33.354.000

Totale complessivo oneri...

64.100.240

137.738.540

188.345.980

130.460.400

Copertura

 

 

 

 

Tabella A..............................

64.101.000

137.739.000

184.766.000

Tabella B..............................

3.580.000

 


 


 

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Modifica al codice penale)

1. All’articolo 61, primo comma, del codice penale, il numero 5) è sostituito dal seguente:

«5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età avanzata, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa;».

 

Art. 2.

(Modifica alla legge 5 febbraio 1992, n.104)

1. All’articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n.104, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Quando i reati di cui all’articolo 527 codice penale, i delitti non colposi di cui ai titoli XII e XIII del libro II del codice penale, nonché i reati di cui alla legge 20 febbraio 1958, n.75, sono commessi in danno di persona portatrice di minorazione fisica, psichica o sensoriale, la pena è aumentata da un terzo alla metà».

 

Art. 3.

(Modifica alla legge 5 febbraio 1992, n.91)

1. L’articolo 5 della legge 5 febbraio 1992, n.91 è sostituito dal seguente:

«Art. 5. - 1. Il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.

2. I termini di cui al comma 1 sono ridotti della metà in presenza di figli nati dai coniugi.».

 

Art. 4.

(Disposizioni concernenti il reato

di danneggiamento)

1. All’articolo 635 del codice penale, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al secondo comma, dopo il numero 3), è inserito il seguente:

«3-bis) su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale;»;

b) dopo il secondo comma è aggiunto il seguente:

«Per i reati di cui al secondo comma, la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato, comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna».

 

Art. 5.

(Disposizioni concernenti il reato

di deturpamento e imbrattamento

di cose altrui)

1. All’articolo 639, secondo comma, del codice penale, dopo le parole: «compresi nel perimetro dei centri storici,» sono inserite le seguenti: «ovvero su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale o su ogni altro immobile, quando al fatto consegue un pregiudizio del decoro urbano,».

 

Art. 6.

(Responsabilità delle persone maggiorenni nei delitti commessi dai minori)

1. All’articolo 112 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, numero 4), dopo le parole: «avvalso degli stessi» sono inserite le seguenti: «o con gli stessi ha partecipato»;

b) al secondo comma, dopo le parole: «si è avvalso di persona non imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità personale,» sono inserite le seguenti: «o con la stessa ha partecipato»;

c) al terzo comma, dopo le parole: «Se chi ha determinato altri a commettere il reato o si è avvalso di altri» sono inserite le seguenti: «o con questi ha partecipato».

 

Art. 7.

(Disposizioni in tema di occupazione

di suolo pubblico)

1. Fatti salvi i provvedimenti dell’autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall’articolo 633 del codice penale e dall’articolo 20 del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade urbane, e il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o della prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso in cui l’esercente ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l’esercizio.

3. Se si tratta di occupazione a fine di commercio, copia del relativo verbale di accertamento è trasmessa, a cura dell’ufficio accertatore, al comando della Guardia di finanza competente per territorio, ai sensi dell’articolo 36, ultimo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600.

 

 

 

Art. 8.

(Contrasto nell’impiego dei minori

nell’accattonaggio)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo l’articolo 600-septies è inserito il seguente:

«Art. 600-octies. – (Impiego di minori nell’accattonaggio). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni»;

b) dopo l’articolo 602 è inserito il seguente:

«Art. 602-bis. – (Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 comporta, qualora i fatti di cui al primo comma dei citati articoli siano commessi dal genitore o dal tutore, rispettivamente:

1) la decadenza dall’esercizio della potestà del genitore;

2) l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all’amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura»;

c) l’articolo 671 è abrogato.

 

Art. 9.

(Ingresso illegale nel territorio dello Stato)

1. Dopo l’articolo 12 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, è inserito il seguente:

«Art. 12-bis. - (Ingresso illegale nel territorio dello Stato). – 1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, lo straniero che fa ingresso nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni del presente testo unico è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

2. Per il reato previsto al comma 1 è obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto e si procede con il rito direttissimo.

3. Il giudice, nel pronunciare la sentenza di condanna, ordina l’espulsione dello straniero.».

 

Art. 10.

(Estensione dell’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n.575)

1. All’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n.575, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

«La presente legge si applica altresì in relazione ai reati di cui all’articolo 12-quinquies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, nonché a quelli indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale».

 

Art. 11.

(Confisca di beni di provenienza illecita)

1. All’articolo 2-ter, terzo comma, della legge 31 maggio 1965, n.575, il primo periodo è sostituito dal seguente:

«Con l’applicazione della misura di prevenzione, il tribunale dispone la confisca dei beni sequestrati di cui la persona, nei cui confronti è instaurato il procedimento, non possa giustificare la legittima provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulti essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica».

 

Art. 12.

(Misure di prevenzione)

1. All’articolo 2-ter della legge 31 maggio 1965, n.575, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Le misure di prevenzione personali e patrimoniali si applicano congiuntamente o disgiuntamente, anche in caso di morte del soggetto proposto per l’applicazione delle misure di prevenzione».

 

Art. 13.

(Sequestri)

1. L’articolo 2-quater della legge 31 maggio 1965, n.575, è sostituito dal seguente:

«Art. 2-quater. - 1. Il sequestro disposto ai sensi degli articoli precedenti è eseguito:

a) sui mobili e sui crediti, secondo le forme prescritte dal codice di procedura civile per il pignoramento presso il debitore o presso il terzo;

b) sugli immobili e sui mobili registrati, con la trascrizione del provvedimento presso i competenti uffici e con l’apprensione materiale; in tal caso, gli effetti retroagiscono al momento della trascrizione;

c) sulle aziende, con l’immissione in possesso dell’amministratore giudiziario e con la trascrizione del provvedimento nel registro delle imprese presso il quale è iscritta l’azienda; in difetto di iscrizione, mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale».

 

Art. 14.

(Custodia di beni mobili registrati)

1. All’articolo 2-undecies della legge 31 maggio 1965, n.575, dopo il comma 3 sono inseriti i seguenti:

«3-bis. I beni mobili iscritti in pubblici registri, le navi, le imbarcazioni, i natanti e gli aeromobili sequestrati, sono affidati dall’autorità giudiziaria in custodia giudiziale agli organi di polizia che ne facciano richiesta per l’impiego in attività di polizia, ovvero possono essere affidati ad altri organi dello Stato o ad altri enti pubblici non economici, per finalità di giustizia, di protezione civile o di tutela ambientale.

3-ter. I beni mobili di cui al comma 3-bis, acquisiti dallo Stato a seguito di provvedimento definitivo di confisca, sono assegnati, a richiesta, agli organi o enti che ne hanno avuto l’uso. Qualora tali enti od organi non presentino richiesta di assegnazione, i beni sono distrutti con le medesime modalità previste per la distruzione di cui al comma 1, lettera b), ultimo periodo, in quanto compatibili.».

 

Art. 15.

(Assegnazione dei beni confiscati

alle organizzazioni criminali mafiose)

1. In deroga ad ogni altra disposizione di legge, all’assegnazione dei beni di cui all’articolo 2-decies della legge 31 maggio 1965, n.575, provvede il prefetto della provincia in cui si trova il bene confiscato.

 

Art. 16.

(Modifica alla legge 24 dicembre 1954, n.1228)

1. All’articolo 1 della legge 24 dicembre 1954, n.1228, dopo il primo comma è inserito il seguente:

«1-bis. L’iscrizione anagrafica è subordinata alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza, ai sensi delle vigenti norme sanitarie».

 

Art. 17.

(Modifica al decreto-legge 28 luglio 2005, n.144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n.155)

1. All’articolo 7 del decreto-legge 28 luglio 2005, n.144, convertito, con modificazioni, dalla legge 31 luglio 2005, n.155, dopo il comma 5 è aggiunto, in fine, il seguente:

«5-bis. Chiunque è autorizzato a prestare servizi volti al trasferimento di danaro deve provvedere, personalmente o a mezzo di incaricato, ad acquisire la copia del documento d’identità di colui che chiede la prestazione. Se questi è straniero, deve essere acquisita pure la copia del suo titolo di soggiorno; qualora la copia di tale documento di soggiorno non sia disponibile, il servizio erogato deve essere segnalato entro dodici ore all’autorità locale di pubblica sicurezza, inviando alla stessa la copia del documento identificativo del richiedente. Le copie dei suddetti documenti, comunque, devono essere registrati, conservati e resi disponibili a ogni richiesta dell’autorità di pubblica sicurezza. L’inosservanza di tale disposizione è sanzionata con la revoca dell’autorizzazione».

 

Art. 18.

(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286)

1. Al citato testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 5, comma 5-bis, le parole «per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale,» sono sostituite dalle seguenti: «per i reati previsti dagli articoli 380, commi 1 e 2, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale,»;

b) all’articolo 14 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) il comma 5 è sostituito dal seguente:

«5. La convalida comporta la permanenza nel centro per un periodo di complessivi sessanta giorni. Qualora l’accertamento dell’identità e della nazionalità, ovvero l’acquisizione di documenti per il viaggio presenti difficoltà, il giudice, su richiesta del questore, può prorogare il termine di ulteriori sessanta giorni. Anche prima di tale termine, il questore esegue l’espulsione o il respingimento, dandone comunicazione senza ritardo al giudice. Decorso il suddetto termine, qualora il soggetto trattenuto non abbia fornito senza giustificato motivo elementi utili alla sua identificazione, il questore può chiedere al giudice la proroga del periodo di trattenimento nel centro per ulteriori periodi di sessanta giorni. La durata complessiva della permanenza nel centro non può, in ogni caso, essere superiore a diciotto mesi.»;

2) al comma 5-quater, primo periodo, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».

 

Art. 19.

(Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285)

1. All’articolo 186 del nuovo codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. Se il conducente in stato di ebbrezza provoca un incidente stradale, le pene di cui al comma 2 sono raddoppiate e, fatto salvo quanto previsto dalla lettera c) del medesimo comma 2, è disposto il fermo amministrativo del veicolo per novanta giorni ai sensi del Capo I, sezione II, del titolo VI, salvo che il veicolo appartenga a persona estranea al reato. È fatta salva in ogni caso l’applicazione delle sanzioni accessorie previste dagli articoli 222 e 223, nonché della disciplina del fermo amministrativo di cui al comma 2-sexies del presente articolo»;

b) dopo il comma 2-quinquies è inserito il seguente:

«2-sexies. Con la sentenza di condanna ovvero di applicazione della pena a richiesta delle parti, anche se è stata applicata la sospensione condizionale della pena, per i reati previsti dal comma 2, lettera c), del presente articolo quando il veicolo con il quale è stato commesso il reato appartiene a persona estranea al reato è disposto il fermo amministrativo per un periodo di centottanta giorni e, al momento dell’accertamento del reato, l’organo accertatore dispone il fermo amministrativo provvisorio del veicolo per sessanta giorni, secondo la procedura di cui all’articolo 214, in quanto compatibile. Il veicolo sottoposto a fermo può essere affidato in custodia al trasgressore. Avverso il fermo amministrativo provvisorio è ammesso il reclamo al tribunale. In caso di circolazione durante il periodo di fermo amministrativo provvisorio, si applicano le sanzioni di cui all’articolo 214, comma 8».

2. All’articolo 187, comma 1, ultimo periodo, del nuovo codice della strada di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, le parole: «nonché quelle di cui al comma 2-quinquies del medesimo articolo 186», sono sostituite dalle seguenti: «nonché quelle di cui ai commi 2-quinquies e 2-sexies del medesimo articolo 186».

 

Art. 20.

(Copertura finanziaria)

1. Agli oneri recati dall’articolo 9, valutati in euro 16.677.000 per l’anno 2008 e in euro 33.354.000 a decorrere dall’anno 2009, e dall’articolo 18, valutati in euro 47.424.000 per l’anno 2008, in euro 104.385.000 per l’anno 2009, in euro 154.992.000 per l’anno 2010 e in euro 97.107.000 a decorrere dall’anno 2011, di cui euro 46.632.000 per l’anno 2008 ed euro 93.264.000 per ciascuno degli anni 2009 e 2010 destinati alla costruzione e ristrutturazione dei centri di identificazione ed espulsione, si provvede:

a)quanto a euro 64.101.000 per l’anno 2008, euro 137.739.000 per l’anno 2009 e euro 184.766.000 per l’anno 2010, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 1;

b)quanto a euro 3.580.000 per l’anno 2010 mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando gli accantonamenti di cui alla tabella 2.

2. Il Ministro dell’economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli oneri di cui agli articoli 9 e 18, anche ai fini dell’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n.468, e successive modificazioni. Gli eventuali decreti emanati ai sensi dell’articolo 7, secondo comma, numero2), della citata legge n.468 del 1978, prima della data di entrata in vigore dei provvedimenti di cui al presente comma, sono tempestivamente trasmessi alle Camere, corredati da apposite relazioni illustrative.

3. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 


 

Tabella 1

(articolo 20, comma 1, lettera a))

 

 

2008

2009

2010

Ministero dell’economia e delle finanze

1.946.000

9.742.000

5.403.000

Ministero del lavoro e della previdenza sociale

308.000

9.000

Ministero della giustizia

6.480.000

10.491.000

11.212.000

Ministero degli affari esteri

13.340.000

13.800.000

40.955.000

Ministero della pubblica istruzione

6.089.000

Ministero dell’interno

10.405.000

30.307.000

19.785.000

Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali

54.000

Ministero per i beni e le attività culturali

1.577.000

907.000

3.664.000

Ministero della salute

6.535.000

15.275.000

47.050.000

Ministero dei trasporti

289.000

38.000

968.000

Ministero dell’università e della ricerca

1.382.000

861.000

4.493.000

Ministero della solidarietà sociale

16.004.000

56.010.000

51.227.000

Totale...

64.101.000

137.739.000

184.766.000

 


 

 

Tabella 2

(articolo 20, comma 1, lettera b))

 

 

2010

Ministero dell’economia e delle finanze.................................

500.000

Ministero degli affari esteri.....................................................

3.000.000

Ministero per i beni e le attività culturali................................

80.000

Totale...

3.580.000

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

 

N. 242

 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori MARTINAT e PONTONE

 

 

Comunicato alla presidenza il 29 aprile 2008

 

Disposizioni in materia di reati connessi all'immigrazione clandestina e al commercio di sostanze stupefacenti

 

 

 

 

 

 

 

 



Onorevoli Senatori. – L’argomento che, con questo disegno di legge, sottoponiamo all’attenzione del Parlamento riveste, purtroppo, carattere di grave attualità ed urgenza. Si tratta infatti di tentare di risolvere un problema che oggi trovano le Forze dell’ordine prima e l’autorità giudiziaria poi, per la repressione di reati in qualche modo connessi all’immigrazione clandestina.

Anche a giudizio di quelli che brevemente vogliamo chiamare gli «operatori del settore» per intendere polizia, Forze dell’ordine, magistratura, fino a ricomprendere tutti quelli che nel nostro Paese si occupano e si preoccupano di contrastare delinquenza e malavita, stiamo attraversando un periodo di inaspettata recrudescenza di questi fenomeni.

Lasciando assolutamente da parte qualsiasi legittima polemica sulla scelta di un indulto di cui stiamo tristemente vivendo gli effetti, vogliamo qui porre l’attenzione su quel segmento della criminalità che vede coinvolti soggetti non cittadini italiani, extracomunitari, clandestini e non, che per vari motivi si trovano nel territorio italiano e non vivono certo entro i «confini della legge». I tutori dell’ordine hanno avuto spesso difficoltà nella identificazione dei soggetti. Evidentemente gli strumenti esistenti non sono sufficienti a mettere in condizioni di poter comunque identificare un soggetto fermato o arrestato, neppure se colto in flagrante: nostro specifico proposito – con questa proposta legislativa – è di recepire la richiesta che ci viene dai magistrati, modificando ed aggiungendo strumenti operativi a quanto già previsto dalla legge.

In particolare, ci è stato posto in evidenza che sempre più frequentemente per eludere il controllo delle impronte digitali, controllo che, è chiaro, si pone soprattutto quando si ha a che fare con extracomunitari, i soggetti pur di non essere identificati hanno cancellato, mutilato, le creste papillari dei polpastrelli; e quindi per le forze dell’ordine, oltre a tutti i difficili aspetti legati ad un evento criminoso, si aggiungono quelli strettamente connessi alla difficoltà – talvolta impossibilità – di certezza della identità del soggetto.

Non che si vogliano incriminare individui prima che i fatti che vengono loro imputati siano accertati, ma non si può negare che già nell’occultare la propria identità vi è un ragionevole dubbio di colpevolezza.

La situazione che si sta verificando ultimamente è che gli individui, una volta fermati, presentavano proprio devastanti alterazioni o mutilazioni sulle mani tali da non consentire assolutamente il riconoscimento delle impronte digitali e, di conseguenza, rimaneva dubbia anche la stessa identificazione.

È chiaro che stiamo parlando di soggetti che sebbene si trovino per lo più fuori dalla legalità, spesso sono anche vittime di veri e proprie organizzazioni criminali che sfruttano le tragiche condizioni di necessità in cui questi extracomunitari si trovano.

Il problema che vogliamo sollevare è delicatissimo e, come abbiamo già detto, corrisponde ad un momento in cui si registra un aumento della criminalità e della violenza in generale. L’intervento del legislatore che ora attiviamo rappresenta a nostro avviso una certa risposta che lo Stato deve dare proprio come segnale di presenza e di tutela che i cittadini si attendono.

Al medesimo fine di debellare nicchie di delinquenza che sfruttano qualsiasi «vuoto» legislativo per nascondersi, riteniamo necessario intervenire sulle norme in materia di stupefacenti, in quanto è divenuta ormai consuetudine sfruttare i ragazzini minorenni (minori di 14 anni) per perfezionare le vendite proibite. Il fenomeno dei «pusher» (così vengono chiamati) non fa altro che utilizzare questi piccoli ragazzi proprio perché non sono perseguibili a causa della loro età. L’articolo 2 della presente proposta si fonda sull’idea che se non è punibile il minore, si rende doppia la pena da infliggere a quel maggiorenne che dal minore compra o, peggio ancora, al minore vende sostanze stupefacenti. In pratica confidiamo nell’effetto deterrente per sottrarre – comunque – questi giovani alla droga, agli sfruttatori, alla strada.

Gli articoli di questo disegno di legge sono anche frutto della esperienza professionale di chi, in qualità di magistrato, si è trovato più volte nella necessità di poter disporre di maggiori strumenti normativi, di disposizioni più adatte e precise per poter combattere la delinquenza, la criminalità e tentare di vanificare la fraudolenta volontà di rendere illeggibile ed incodificabile l’identità di soggetti extracomunitari non sempre in regola né con i documenti e neppure con il comportamento.

Si tratta quindi di un testo che, ovviamente perfettibile – ed in tal senso confidiamo come sempre nel lavoro che la Commissione permanente competente svolgerà coinvolgendo le varie forze politiche – tuttavia rappresenta un punto di partenza quanto mai pratico in quanto derivante dalla osservazione sull’applicazione della legge oggi esistente.

Confidando che anche il Governo faccia propria l’emergenza della «sicurezza» che molteplici segnali stanno evidenziando, presentiamo come nostro specifico e pratico contributo il disegno di legge che ci auguriamo il Parlamento voglia approvare in tempi brevi.


 


 


DISEGNO DI LEGGE

 

 

Art. 1.

(Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286)

1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 5 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«9-bis. Il permesso di soggiorno non può essere concesso o rinnovato allo straniero che nei cinque anni precedenti la richiesta sia stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale.

9-ter. Allo straniero titolare di permesso di soggiorno, che venga condannato senza il beneficio della sospensione condizionale della pena per uno dei reati di cui agli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, il permesso di soggiorno è revocato per la durata di cinque anni dalla data di esecuzione della pena.»;

b) all’articolo 6:

1) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Lo straniero che, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il passaporto o altro documento di identificazione, ovvero il permesso o la carta di soggiorno, è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici e gli ufficiali o agenti di pubblica sicurezza possono accompagnarlo nei propri uffici e ivi trattenerlo per il tempo necessario all’identificazione e comunque non oltre le quarantotto ore.»;

2) il comma 4 è abrogato;

c) all’articolo 12, al comma 5, le parole da: «è punito con» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «è punito con la reclusione da due a sei anni e con la multa di 5.160 euro per ogni straniero di cui ha agevolato, consentito o favorito la permanenza nel territorio dello Stato. Quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà».

Art. 2.

(Modifica al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309)

1. All’articolo 73 del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, e successive modificazioni, dopo il comma 1-bis è inserito il seguente:

«1-ter. Le pene di cui al comma 1 sono raddoppiate nei confronti di chi acquista o vende a minori di anni 14 sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla presente legge».

Art. 3.

(Modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) L’articolo 495 è sostituito dal seguente:

«Art. 495. – (Falsa attestazione o dichiarazione ad un pubblico ufficiale o all’autorità giudiziaria sull’identità o su qualità personali proprie o di altri). – Chiunque, a seguito di espressa richiesta, dichiara o attesta falsamente ad un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni o del servizio, ovvero in un atto pubblico, l’identità o stato o altre qualità della propria o altrui persona, è punito con la reclusione da uno a sei anni. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, ovvero se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all’autorità giudiziaria o ad autorità da essa delegata, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale viene iscritta sotto falso nome.»;

b) dopo l’articolo 495 è inserito il seguente:

«Art. 495-1. – (Fraudolenta alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l’identificazione o l’accertamento di qualità personali proprie o di altri). – Chiunque, in modo fraudolento, altera, oblitera o comunque mutila, anche solo in parte, le creste papillari dei polpastrelli delle dita delle proprie o delle altrui mani o altre parti del proprio o dell’altrui corpo utili per consentire l’accertamento della propria o dell’altrui identità o dello stato o di altre qualità della propria o della altrui persona, è punito con la reclusione da uno a sei anni.»;

c) l’articolo 496 è sostituito dal seguente:

«Art. 496. – (False dichiarazioni sulla identità o qualità personali proprie o di altri). – Chiunque, fuori dai casi indicati dagli articoli precedenti, interrogato sull’identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell’altrui persona, fa mendaci dichiarazioni a persona incaricata di un pubblico servizio, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione fino a due anni».

 

Art. 4.

(Modifiche al codice di procedura penale)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 66, comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero quando la stessa, in modo fraudolento, ha impedito la propria identificazione»;

b) all’articolo 349, comma 4, la parola: «ventiquattro» è sostituita dalla seguente: «quarantotto»;

c) all’articolo 381, comma 2, dopo la lettera m-bis) sono aggiunte le seguenti:

«m-ter) falsa attestazione sull’identità o su qualità personali proprie o di altri prevista dall’articolo 495 del codice penale;

m-quater) fraudolenta alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l’identificazione o l’accertamento di qualità personali proprie o di altri prevista dall’articolo 495-bis del codice penale»;

d) all’articolo 449, dopo il comma 6, è aggiunto il seguente:

«6-bis. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano qualora il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulti connesso con uno dei reati di cui agli articoli 495 e 495-bis del codice penale. Se la riunione è indispensabile, prevale in ogni caso il rito direttissimo».

 

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

 

N. 391 

 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori D’AMBROSIO, AMATI, BARBOLINI, BASSOLI, BOSONE, CARLONI, CAROFIGLIO, CASSON, CHIAROMONTE, CHIURAZZI, DELLA MONICA, DELLA SETA, DI GIOVAN PAOLO, MICHELONI, MUSI, PROCACCI, RANDAZZO, ROILO, TOMASELLI, FONTANA, VITALI, BIONDELLI, SERRA e DEL VECCHIO

 

Comunicato alla presidenza il 6 maggio 2008

 

Modifiche agli articoli 13 e 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di espulsione dei cittadini  extracomunitari

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Onorevoli Senatori. – Nella XV legislatura, il Ministro della giustizia, nel corso della comunicazione sulle linee programmatiche del suo dicastero, esposte il 27 giugno 2006 alla 2ª Commissione permanente del Senato, nella parte relativa alla situazione carceraria ha accennato ai gravi inconvenienti di sovraffollamento delle carceri che alcune norme di particolare rigore della «legge Bossi Fini» hanno provocato.

Il Ministro, in particolare, ha accennato alla violazione delle norme sull’espulsione che, evidentemente secondo i dati del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria (DAP), nel solo anno 2005, hanno provocato l’ingresso in carcere di ben 11.519 cittadini extra comunitari, numero, si badi bene, di poco inferiore a quello dei detenuti che, secondo le affermazioni dello stesso ministro, uscirebbero dalle carceri nell’ipotesi di concessione di un condono di due anni. Dette violazioni, com’è noto, introdotte come contravvenzioni punite con l’arresto da sei mesi ad un anno, per la prima volta dalla legge 30 luglio 2002, n.189, sono state trasformate in delitti con la reclusione da uno a quattro anni dal decreto-legge 14 settembre 2004, n.241, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 novembre 2004, n.271. Secondo il combinato disposto dell’articolo 13, comma 2, e dell’articolo 14, commi 5-ter e 5-quater, il cittadino extracomunitario che, sorpreso sul territorio dello stato senza permesso di soggiorno o con permesso di soggiorno scaduto da oltre sessanta giorni ed invitato con provvedimento del questore a lasciare il territorio dello Stato entro il termine di cinque giorni non vi ottempera, viene punito con l’arresto da sei mesi ad un anno, con altra espulsione ed accompagnamento alla frontiera. Se ciò nonostante viene trovato di nuovo sul territorio dello Stato, viene punito con la reclusione da uno a quattro anni. Alla stessa pena, secondo il disposto dell’articolo 13, comma 13, soggiace il cittadino extracomunitario che, espulso con provvedimento amministrativo dal territorio dello Stato, vi fa rientro. In tutti questi casi poi i cittadini extracomunitari, una volta arrestati, devono essere processati con il rito direttissimo e non possono beneficiare del rilascio e dell’abbuono della pena inflitta in cambio dell’abbandono del territorio dello Stato.

Non occorre alcuno sforzo per capire che si tratta di persone che non hanno manifestato alcuna pericolosità sociale, che non hanno compiuto alcuna violazione di norma penale che punisca, come avviene normalmente, cittadini o stranieri. Al contrario, si tratta in massima parte di persone che sono vittime di quella nuova forma di caporalato che si va sempre più diffondendo in ogni regione e che ognuno di noi può constatare recandosi nelle prime ore del mattine nelle strade periferiche delle grandi città, ove gruppi di extracomunitari sono in attesa di datori di lavoro senza scupoli o di loro emissari che li caricano su furgoni e li portano in cantieri edilizi o nei campi a lavorare in nero. Persone cioè che lavorano onestamente e che non hanno altra colpa se non quella di non avere la possibilità di rinnovare il permesso perché il loro datore di lavoro si rifiuta di regolarizzarli per sfruttarne il lavoro al costo più basso possibile e spesso riesce a non lasciare traccia per l’identificazione.

Neppure negli Stati Uniti d’America, paese in cui il problema dell’immigrazione clandestina è molto forte, tanto che esiste un apposito dipartimento che conta più dipendenti dell’F.B.I, non si è mai pensato di infliggere una sanzione penale a chi, una volta espulso, rientra nel territorio dello Stato. Se questi soggetti sono nuovamente sorpresi sul territorio dopo l’espulsione, essi vengono semplicemente inviati di nuovo nel loro paese d’origine. E ciò avviene sia perché non si possono criminalizzare, per motivi umanitari, comportamenti che non presentano alcuna pericolosità sia perché, come affermò un alto funzionario del citato dipartimento statunitense, in visita agli uffici della Procura di Milano, l’espulsione, anche se reiterata, costa molto meno allo Stato della detenzione in carcere. Quello che spesso si dimentica in Italia, dove oltre a problemi di sovraffollamento delle carceri sussistono anche gravi problemi di bilancio, è che mantenere in carcere un detenuto costa molto caro. Secondo gli ultimi dati resi noti dal Ministero della giustizia, la detenzione arriva a costare oltre 3.500 euro al mese.


 


 


 

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

1. Al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 13:

1) il comma 13 è sostituito dal seguente:

«13. Lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato, senza speciale autorizzazione del Ministero dell’interno. In caso di trasgressione lo straniero è nuovamente espulso ed accompagnato alla frontiera»;

2) i commi 13-bis e 13-ter sono abrogati;

b) all’articolo 14, i commi 5-ter, 5-quater e 5-quinquies sono abrogati.

 

 

 


 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

 

N. 451  

 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori DELLA MONICA, CECCANTI, FINOCCHIARO, ZANDA, LATORRE, Vittoria FRANCO, ADAMO, AMATI, ANDRIA,  ANTEZZA, ARMATO, BARBOLINI, BASSOLI, BASTICO, BERTUZZI, BIANCHI, BIANCO, BIONDELLI, BLAZINA, BONINO, CARLONI, CAROFIGLIO, CASSON, CHITI, D’AMBROSIO, DE LUCA, DE SENA, DEL VECCHIO, DI GIOVAN PAOLO, DONAGGIO, Marco FILIPPI, FIORONI, Mariapia GARAVAGLIA, GIARETTA, GRANAIOLA, INCOSTANTE, LEGNINI, LIVI BACCI,  LUMIA, MAGISTRELLI, MARCENARO, MARCUCCI, MARINARO, Ignazio Roberto MARINO, MARITATI, MAZZUCONI, MONGIELLO, MORANDO, NEGRI, NEROZZI, PARDI, PASSONI, PERDUCA, PINOTTI, PORETTI, SANGALLI, SCANU, Anna Maria SERAFINI, SERRA, SOLIANI, VERONESI, VITA e VITALI

 

Comunicato alla presidenza il 8 maggio 2008

Misure contro le molestie e violenze alle donne, ai diversamente abili e per motivi connessi all'orientamento sessuale

 

 


 


Onorevoli Senatori. – La violenza e le molestie contro le donne, le persone diversamente abili e per motivi connessi all’orientamento sessuale sono da tempo, anche nel nostro Paese, una vera e propria emergenza.

Parliamo in primo luogo di un’emergenza sociale, testimoniata dal numero crescente di episodi di violenza registrati dalla cronaca e che spesso si consumano nel silenzio e nella segretezza dei nuclei familiari.

Ma parliamo anche di un’emergenza culturale che si riflette nella diffusione allarmante di molestie e violenze nei confronti delle donne e di quanti in ragione di una condizione di disabilità o per il proprio orientamento sessuale diventano bersaglio di odiosi pregiudizi e discriminazioni.

Tutto ciò in un contesto segnato purtroppo da antichi e nuovi fondamentalismi che sempre più spesso individuano nella libertà femminile il terreno da presidiare e conquistare, anche conculcando i diritti più elementari e sino a forme di vero e proprio schiavismo delle donne e delle bambine.

Non siamo dunque alle prese solo e principalmente con un problema di repressione o di ordine pubblico. Ma con un’emergenza globale e, per quanto riguarda l’Italia, con un’eredità sociale e culturale che, dietro le statistiche, rivela un ritardo grave della coscienza civile del Paese nel campo delle libertà individuali, della inviolabilità e della dignità del corpo femminile, della prevenzione dei reati sessuali e dell’assistenza delle vittime, del rispetto dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.

Anche per questo le più recenti risoluzioni dell’Onu, alle quali l’Italia ha attivamente contribuito, indicano il contrasto a molestie e violenze alle donne come priorità di un programma per l’affermazione dei diritti umani nel mondo.

In anni recenti, la maggior parte dei Paesi dell’Unione Europea ha affrontato il complesso di tali questioni con legislazioni contrassegnate, in misura diversa e nel rispetto delle singole specificità, da un inasprimento delle pene, un intervento più efficace sul terreno della prevenzione e dell’educazione al rispetto della persona e un’azione di contrasto dell’omofobia e delle violenze per motivi indotti dall’orientamento sessuale.

Onorevoli colleghe e colleghi, in Italia una donna su due è vittima di una o più molestie a sfondo sessuale nell’arco della vita; un omicidio su quattro avviene tra le mura domestiche; il settanta per cento delle vittime è donna; ogni tre morti violente una riguarda donne uccise da un marito, convivente o fidanzato; oltre il novanta per cento delle vittime di violenza o di molestie non denuncia il fatto.

La maggiore consapevolezza della gravità di tali fenomeni e della necessità di affrontarli in tutti i loro aspetti è anche il frutto dell’azione di centri, «case delle donne» e associazioni femminili che da molti anni sono impegnate contro ogni forma di violenza di genere e che suggeriscono un approccio multidimensionale non limitato alla repressione del reato, ma tale da affrontare in modo integrato i diversi aspetti sociali, relazionali e soggettivi del problema.

Il disegno di legge si propone di dare una risposta concreta a tale impegno, di compiere un passo avanti ulteriore nell’attuazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione, di rispondere alle molteplici sollecitazioni internazionali elaborate nel corso degli ultimi anni e decenni.

In particolare riteniamo essenziale citare:

– la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea;

– la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro la donna del 1979;

– la Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro la donna del 1993;

– le Risoluzioni della IV Conferenza mondiale sulla Donna di Pechino (1995);

– il Rapporto del Parlamento europeo del luglio 1997;

– la Risoluzione della Commissione dei Diritti Umani delle Nazioni Unite del 1997;

– la Dichiarazione del 1999, Anno Europeo della Lotta Contro la Violenza di Genere.

E ancora, più recentemente:

– la Raccomandazione del Consiglio d’Europa del 2002 n.5;

– la Risoluzione n.803/2004/CE del Parlamento europeo, con la quale è stato approvato un programma d’azione comunitario (2004-2008) per prevenire e combattere la violenza esercitata contro l’infanzia, i giovani e le donne e proteggere le vittime e i gruppi a rischio.

Da ultimo, in ordine di tempo:

– il Piano 2006 del Consiglio d’Europa contro la violenza alle donne, con particolare riferimento alla violenza domestica.

La proposta qui illustrata riprende in parte il disegno di legge, Atto Camera n.2169, presentato dal Governo nella scorsa legislatura e si propone di adeguare la legge 15 febbraio 1996, n.66, e la legge 4 aprile 2001, n.154, alle novità intervenute nella dimensione e qualità del fenomeno. E tiene altresì conto del confronto maturato, sempre nella precedente legislatura, nella Commissione Giustizia della Camera e che si è tradotto nella deliberazione positiva di un testo unificato sulle materie degli atti persecutori (il cosiddetto «stalking»), della misura cautelare sul divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima e dei reati motivati dall’orientamento sessuale della vittima.

Risulta del tutto evidente che, in apertura della nuova legislatura, permane e per taluni versi si presenta aggravata l’urgenza di intervenire, mantenendo un approccio che contempli insieme misure di prevenzione e sensibilizzazione assieme alle necessarie modifiche del codice penale, del codice di procedura penale e del codice civile.

Tutto ciò in coerenza con la finalità di un «piano nazionale integrato» costituito da azioni di prevenzione, tutela delle vittime e repressione. Piano costruito con i ministeri competenti, le Regioni e le autonomie locali, la Magistratura e le forze dell’ordine, i medici e i servizi sociali, la scuola e le altre agenzie formative, i mezzi d’informazione. Tra le finalità vi è uno stretto coordinamento delle strategie dei diversi livelli istituzionali con il più vasto tessuto aggregativo e associativo presente sui territori («case delle donne», centri antiviolenza, associazioni femminili e maschili, etc.).

A tale fine le ultime due leggi finanziarie avevano previsto stanziamenti che hanno consentito presso il dipartimento dei Diritti e delle Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, l’istituzione del primo Osservatorio pubblico nazionale sulle materie in oggetto.

L’intento è assicurare pieno riconoscimento e tutela, sostanziale e processuale, alle vittime dei delitti caratterizzati dallo squilibrio di forza tra l’aggressore e la parte offesa.

In questo quadro si iscrivono anche le disposizioni relative alla violenza c.d. di genere, dovendosi con tale espressione intendere tutte le forme di coartazione della libertà, di sopraffazione e di dominio sulla vita e sul corpo femminile, di sopruso o riduzione dell’autonomia e libertà personali, anche in relazione all’orientamento sessuale, in contesti che sottendono modelli culturali, espliciti o impliciti, portatori di rapporti asimmetrici tra i generi e le generazioni.

In quanto mette in discussione il principio di uguaglianza e l’universalità dei diritti umani, la violenza di genere non riguarda una categoria di cittadini o la sola sfera privata, ma investe la società nella sua interezza. Una normativa che la contrasti e la reprima rientra pertanto a pieno titolo tra gli obiettivi prioritari di un sistema democratico.

Per le stesse motivazioni si propone un ampliamento dell’ambito di applicazione delle aggravanti previste allorquando i reati siano commessi in danno di persone diversamente abili, estendendole anche ai reati contro la famiglia (si pensi ai casi particolarmente odiosi in cui i maltrattamenti o gli abusi di correzione vengono perpetrati nei confronti di tali persone).

Lo schema ripropone tre livelli integrati di intervento: misure di informazione, sensibilizzazione e prevenzione della violenza alle donne, misure di contrasto con un rafforzamento della tutela penale e misure di migliore tutela delle vittime in ambito processuale.

In relazione alla prima tipologia si prevede: l’obbligo, per le pubbliche autorità, di promuovere campagne di informazione e sensibilizzazione; il coordinamento tra i servizi sociali e le forze dell’ordine e la magistratura; la formazione specifica in ambito scolastico e sanitario; il divieto dei messaggi pubblicitari offensivi e discriminatori in relazione al genere; il monitoraggio statistico costante del fenomeno della violenza in famiglia e di genere, funzionale alla progettazione di nuove politiche di contrasto.

L’intervento nella materia penale opera a vari livelli. Viene modificato l’articolo 572 del codice penale in materia di maltrattamenti contro familiari e conviventi, aggravando le pene in esso previste sia per la fattispecie base, sia per la prima delle ipotesi aggravate. Inoltre, la commissione del reato ai danni di persona minore degli anni quattordici, legato all’autore del reato dalle relazioni elencate nel primo comma della norma, viene a costituire ipotesi aggravata del reato medesimo.

Per quanto concerne gli interventi in tema di violenza sessuale, il disegno di legge opera sulla descrizione delle aggravanti previste dall’articolo 609-ter, sottolineando la gravità del fatto commesso da chi abbia con la vittima un rapporto privilegiato anche e soprattutto di tipo familiare, perché tale condizione normalmente crea un affidamento e un conseguente abbassamento del livello di guardia nella vittima, e individuando situazioni di particolare e deprecabile prevaricazione sulla parte offesa.

Il disegno di legge incide anche sui meccanismi di computo della pena relativa ai reati di violenza sessuale, escludendo il bilanciamento tra circostanze attenuanti e circostanze aggravanti, con l’effetto di comportare un inasprimento delle sanzioni applicabili. Peraltro, considerando che l’attuale assetto normativo prevede già ora pene consistenti, non si è ritenuto di prevedere ulteriori specifici aggravamenti.

Di particolare interesse è la nuova fattispecie delittuosa degli atti persecutori, finalizzata ad assicurare un più efficace intervento repressivo rispetto a comportamenti vessatori, perduranti nel tempo e spesso precursori di più afferrate aggressioni. Per tale delitto, tra l’altro, è proposto un regime sanzionatorio che consente l’applicazione di misure cautelari, ciò che potrà in molti casi contribuire a evitare che si giunga ai drammatici epiloghi di cui ormai troppo spesso narra la cronaca.

Il disegno di legge, inoltre, apporta alcune integrazioni alle norme che reprimono le forme di discriminazione razziale, etnica e religiosa: viene introdotto anche il riferimento alle forme di discriminazione fondate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere; ciò consente, tra l’altro, di rendere operante in generale, ma più specificamente nella materia dei reati di violenza sessuale, l’aggravante prevista dall’articolo 3 della legge 25 giugno 1993, n.205, cosiddetta «legge Mancino».

Nella materia processuale, le innovazioni elaborate mirano a rendere più veloce e più efficace il processo e ad assicurare alla vittima, con particolare riferimento ai delitti di violenza sessuale, protezione e sostegno più intensi, congrui alla gravità dell’offesa subita e alle sue conseguenze traumatiche.

Di particolare rilievo l’introduzione di una nuova speciale misura coercitiva, che completa quella di cui all’articolo 282-bis del codice di procedura penale, consistente nel divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, ovvero dai suoi prossimi congiunti o conviventi. Si tratta di una misura particolarmente significativa e opportuna, anche in relazione al reato – di nuova introduzione – di atti persecutori. Con tale previsione sarà infatti possibile impedire che l’aggressore prosegua nell’opera di molestia o minaccia della vittima e dei suoi familiari, con effetto preventivo di sicura efficacia.

L’intervento si completa con la previsione di un provvedimento provvisorio di allontanamento, adottabile per ragioni d’urgenza direttamente dal pubblico ministero, con le forme e le garanzie giurisdizionali previste in caso di arresto.

Si incide, poi, sulle norme relative all’utilizzo dell’incidente probatorio per l’assunzione della testimonianza della persona offesa nei procedimenti per i delitti di maltrattamenti, violenza e abuso sessuale, prostituzione e pornografia minorile, tratta degli esseri umani ed atti persecutori, estendendone la possibilità anche qualora si tratti di persona minore ultrasedicenne ovvero maggiorenne, trattandosi di delitti portatori di conseguenze psicologicamente distruttive anche nei confronti dei soggetti adulti o quasi adulti. Si giustifica pertanto anche nei loro confronti l’esigenza di limitare quanto possibile la reiterazione del confronto in sede giudiziaria con la ricostruzione di esperienze drammatiche e dolorosamente umilianti.

Ancora, si prevede la possibilità per i soggetti istituzionalmente preposti all’assistenza alle vittime, sia nel caso di violenza sessuale o commessi nell’ambito familiare che in quello di tratta degli esseri umani, di intervenire nel processo, offrendo così alla vittima un significativo, solidale affiancamento nel corso del processo.

Nell’ambito dei delitti commessi in danno di persone diversamente abili si estende la possibilità della costituzione in giudizio anche alle associazioni legittimate ad agire nei giudizi civili nei casi di discriminazione nei confronti delle persone con disabilità.

Si prevedono misure finalizzate a conferire maggiore efficacia agli ordini di protezione in materia civile.

Si delega, poi, il governo ad adottare, con decreto legislativo, le modifiche normative atte a garantire, alle persone vittime di maltrattamenti, violenza ed atti persecutori, il diritto alla riduzione e alla riorganizzazione dell’orario di lavoro, alla mobilità geografica e alla sospensione dell’attività lavorativa con conservazione del posto di lavoro.

Viene integrato l’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione con la previsione della possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno per motivi umanitari a tutte le donne extracomunitarie vittime di maltrattamenti (violenze o sfruttamento) in famiglia o violenze sessuali in ambito domestico, allorquando ricorra un pericolo di vita per se o per i propri familiari, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla violenza o allo sfruttamento. Il permesso, se la vittima lo richiede e sussistono comprovate esigenze, può essere rilasciato anche ai figli minori; le vigenti norme sull’immigrazione, infatti, non offrono adeguate tutele alle centinaia di donne e ragazze di seconda generazione che trovino la forza di denunciare un parente violento. La donna titolare di un permesso di soggiorno per motivi familiari rischia di scivolare nell’irregolarità e di incorrere nell’espulsione se denuncia un familiare violento e se ne separa, perché facilmente non sarà in possesso di alcuni requisiti (alloggio e lavoro documentabili) richiesti per un titolo autonomo di soggiorno.

Onorevoli colleghe e colleghi, quello del contrasto a forme di violenza e per il rispetto dei diritti umani è tema di enorme rilevanza che va seguito e monitorato costantemente nei caratteri e nelle eventuali modifiche del suo manifestarsi.

A tal fine, e in comune con altre leggi rivolte a regolare complessi fenomeni sociali e con implicazioni sulla sfera della libertà e dignità personali, si dà mandato al Ministro per i diritti e le pari opportunità, sentiti i ministeri competenti e l’Osservatorio nazionale contro la violenza, di predisporre una relazione annuale da sottoporre al Parlamento, finalizzata a offrire dati, esiti delle azioni adottate, e a aggiornare le linee guida della presente legge.

Tutte noi e tutti noi siamo dunque davanti a quella che abbiamo definito, in apertura di questa relazione, una grave emergenza sociale, culturale e giudiziaria.

La repressione della violenza contro le donne, i cittadini disabili e per l’orientamento sessuale non è quindi – e non dovrebbe essere – argomento di divisione tra gli schieramenti. Né fuori né all’interno delle Aule parlamentari. Ma dovrebbe rappresentare una comune battaglia di civiltà.

Questo è lo spirito del presente disegno di legge. Fare in modo che la XVI legislatura possa avviarsi con un atto condiviso su questa emergenza darebbe prova non solo di quella giusta sensibilità che le istituzioni debbono sempre dimostrare nei confronti dei cittadini e dei loro problemi, ma offrirebbe una testimonianza elevata di impegno e responsabilità condivisa della politica al di là delle legittime convinzioni di ciascuno e dalle singole appartenenze.


 


 

DISEGNO DI LEGGE

 

Capo I

MISURE DI INFORMAZIONE,

SENSIBILIZZAZIONE E PREVENZIONE DELLA VIOLENZA

 

Art. 1.

(Piani di informazione e di sensibilizzazione)

1. Le autorità pubbliche, ciascuna nell’ambito delle proprie competenze, promuovono:

a) campagne d’informazione e sensibilizzazione volte alla prevenzione dei maltrattamenti, delle violenze e degli atti persecutori;

b) l’informazione sulle misure previste a favore delle vittime dalla legislazione vigente;

c) l’informazione sui servizi e sui centri antiviolenza cui siano attribuite competenze e funzioni socio-assistenziali, facilmente individuabili e raggiungibili dalle vittime dei maltrattamenti, delle violenze e degli atti persecutori.

 

Art. 2.

(Diritto all’assistenza sociale integrale)

1. I servizi sociali devono garantire alle persone vittime di maltrattamenti, violenze ed atti persecutori le cure, le soluzioni di emergenza e il sostegno necessari ai fini di un totale recupero.

2. L’attività dei servizi sociali di cui al comma 1 è coordinata con quella delle Forze di polizia e dei magistrati competenti ad emanare provvedimenti d’urgenza.

 

Art. 3.

(Princìpi e strumenti nel sistema

dell’istruzione e formazione)

1. Il sistema dell’istruzione e formazione della Repubblica comprende tra le sue finalità la valorizzazione dell’uguaglianza e della pari dignità sociale di ogni persona di fronte alla legge, senza discriminazioni fondate sulla razza, etnia, nazionalità, religione, condizioni personali ed opinioni, età, sesso o orientamento sessuale e si impegna per la rimozione degli ostacoli che impediscono la realizzazione di tali valori.

2. Al comma 2 dell’articolo 284 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297, in fine, sono inserite le parole: «, nonché, di concerto con il Ministro per le pari opportunità, alle iniziative sul rispetto del principio di uguaglianza tra i sessi costituzionalmente garantito nonché della dignità della donna.».

 

Art. 4.

(Princìpi e strumenti nel sistema sanitario)

1. Al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.502, e successive modificazioni, in fine, sono inserite le parole: «senza alcuna distinzione di razza, nazionalità, religione, età, sesso o orientamento sessuale».

2. La rubrica del titolo II del decreto legislativo 11 aprile 2006, n.198, recante il Codice delle pari opportunità tra uomo e donna è sostituita dalla seguente: «Contrasto alla violenza nelle relazioni familiari e sostegno alle vittime attraverso misure di tipo sanitario, previdenziale e di comunicazione».

3. Nel libro II, al titolo II del decreto legislativo 11 aprile 2006, n.198, dopo l’articolo 24 è inserito il seguente:

«Art. 24-bis. - (Sistema sanitario). – 1. Il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, d’intesa con i Ministri per le pari opportunità, dell’istruzione, università e ricerca e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, al fine di tutelare le vittime di violenza, promuove, nei limiti delle risorse disponibili, programmi di sensibilizzazione e di formazione del personale sanitario anche attraverso l’integrazione dei programmi di studi dei diplomi universitari e dei programmi di specializzazione delle professioni socio-sanitarie con contenuti concernenti la prevenzione e la diagnosi precoce della violenza, l’intervento ed il sostegno alle vittime di violenze familiari determinate anche da conflitti culturali e intergenerazionali».

 

Art. 5.

(Sistema comunicativo

e pubblicità discriminatoria)

1. Nel libro II, al titolo II del decreto legislativo 11 aprile 2006, n.198, dopo l’articolo 24-bis, è aggiunto il seguente:

«Art. 24-ter. - (Sistema comunicativo e pubblicità discriminatoria). – 1. I mezzi di comunicazione promuovono la protezione e la tutela dell’uguaglianza tra uomini e donne ed evitano ogni discriminazione tra loro.

2. È vietato utilizzare in modo vessatorio o discriminatorio a fini pubblicitari l’immagine della donna.

3. Il Ministro per le pari opportunità, anche su denuncia del pubblico, di associazioni ed organizzazioni, nonché ogni altra pubblica amministrazione che ne abbia interesse in relazione ai propri compiti istituzionali possono chiedere all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, istituita dall’articolo 10 della legge 10 ottobre 1990, n.287, che siano inibiti gli atti di pubblicità in contrasto con il divieto di cui al comma 2, che sia inibita la loro continuazione e che ne siano eliminati gli effetti.

4. Per l’esercizio delle funzioni dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato nell’ambito della tutela dalla pubblicità discriminatoria e per le relative sanzioni si applica, in quanto compatibile, l’articolo 26 del decreto legislativo 6 settembre 2005, n.206».

 

Art. 6.

(Statistiche sulla violenza)

1. Nel libro II, al titolo II del decreto legislativo 11 aprile 2006, n.198, dopo l’articolo 24-ter è aggiunto il seguente:

«Art. 24-quater. - (Statistiche sulla violenza). – 1. Ai fini della progettazione e realizzazione di politiche di contrasto alla violenza in famiglia e contro le donne e del monitoraggio delle politiche di prevenzione, l’ISTAT, nell’ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, assicura lo svolgimento di una rilevazione statistica sulla violenza e maltrattamenti che ne misuri le caratteristiche fondamentali e individui i soggetti più a rischio con cadenza almeno quadriennale».

 

Capo II

MISURE DI CONTRASTO

ALLA VIOLENZA

 

Art. 7.

(Maltrattamenti contro familiari

e conviventi)

1. L’articolo 572 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 572. - (Maltrattamenti contro familiari e conviventi). – Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.

La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni».

 

Art. 8.

(Modifiche alle norme sui delitti

contro la personalità individuale

e la libertà personale)

1. Dopo l’articolo 604 del codice penale è aggiunto il seguente:

«604-bis. - (Ignoranza dell’età della persona offesa). – Quando i delitti previsti negli articoli 600, 600-bis, 600-ter, 601 e 602 sono commessi in danno di persona minore di anni quattordici, il colpevole non può invocare, a propria scusa, l’ignoranza dell’età della persona».

2. L’articolo 609-bis, terzo comma, del codice penale è sostituito dal seguente:

«Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Ai fini della concedibilità dell’attenuante il giudice valuta, oltre all’intensità del dolo ed alla materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima».

3. All’articolo 609-ter, primo comma, numero 2), del codice penale dopo le parole: «stupefacenti o» sono inserite le seguenti: «comunque idonee a ridurne la capacità di determinarsi, o».

4. All’articolo 609-ter, primo comma, del codice penale il numero 5) è sostituito dal seguente:

«5) nei confronti di persona della quale il colpevole sia l’ascendente, il genitore anche adottivo, il tutore;».

5. All’articolo 609-ter, primo comma, del codice penale dopo il numero 5 sono inseriti i seguenti:

«5-bis) nei confronti di persona della quale il colpevole sia il coniuge, il convivente o comunque la persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza;

5-ter) nei confronti di persona che non ha compiuto gli anni diciotto, quando il colpevole sia persona cui, per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, il minore è affidato o che abbia, con quest’ultimo, una relazione di convivenza;

5-quater) nei confronti di donna in stato di gravidanza.».

6. L’articolo 609-quater, quarto comma, del codice penale è sostituito dal seguente:

«Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi. Ai fini della concedibilità dell’attenuante il giudice valuta, oltre all’intensità del dolo ed alla materialità del fatto, le modalità della condotta criminosa, il danno arrecato alla parte offesa e le condizioni psicofisiche della vittima».

7. All’articolo 609-septies, comma 2, dopo le parole: «è di sei mesi» è aggiunto il seguente periodo: «, se il reato è commesso in danno di minore, l’offeso può proporre querela fino a sei mesi dopo il compimento della maggiore età».

8. Nel libro II, al titolo XII, capo III, sezione II, dopo l’articolo 609-decies del codice penale è aggiunto il seguente:

«609-undecies. - (Computo delle circostanze). – Quando ricorrono le circostanze aggravanti di cui agli articoli 609-ter, 609-quater, comma 5 e 609-octies, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 62, n.6, 98 e 114 del codice penale, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni di pena si operano sulla quantità di pena risultante dall’aumento conseguente alle predette aggravanti.

 

Art. 9.

(Atti persecutori)

1. Dopo l’articolo 612 del codice penale è inserito il seguente:

«612-bis. - (Atti persecutori). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque ripetutamente minaccia o molesta taluno in modo tale da turbare le sue normali condizioni di vita ovvero da porre lo stesso in uno stato di soggezione o grave disagio fisico o psichico, ovvero tali da determinare un giustificato timore per la sicurezza personale propria o di persona a sé legata da stabile relazione affettiva, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

La pena è aumentata se il fatto è commesso nei confronti del coniuge divorziato, del coniuge separato anche non legalmente o nei confronti di persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza.

La pena è aumentata fino alla metà e si procede d’ufficio se il fatto è commesso in danno di persona minore ovvero se ricorre una delle condizioni previste dall’articolo 339.

Si procede altresì d’ufficio se il fatto è commesso con minacce gravi ovvero nei casi in cui il fatto è connesso con altro delitto per il quale è prevista la procedibilità d’ufficio».

 

Art. 10

(Altre modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 157, al sesto comma, dopo le parole «e 589, secondo e terzo comma,» sono aggiunte le parole: «572, 600-bis, 600-ter, 609-bis aggravato dalle circostanze di cui all’articolo 609-ter, numeri 1), 5) e 5-bis), 609-quater, 609-octies e 609-undecies»;

b) all’articolo 384, il primo comma è sostituito dal seguente:

«Nei casi previsti dagli articoli 361, 362, 363, 364, 365, 366, 369, 371-bis, 371-ter, 372, 373, 374 e 378, non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto, ovvero persona con cui, pur non essendo coniuge, come tale conviva, da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore.»;

c) al primo comma dell’articolo 576, il numero 5) è sostituito dal seguente:

«5) in occasione della commissione di taluno dei delitti previsti dagli articoli 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis;»;

d) negli articoli 604, 609-sexies, 609-septies, primo comma, 609-nonies, primo comma e secondo comma, 609-decies, primo comma, 734-bis, le parole «609 ter,» sono soppresse.

Art. 11.

(Delitti motivati da odio o discriminazione)

1. All’articolo 3 della legge 13 ottobre 1975, n.654, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1:

1) la lettera a) è sostituita dalle seguenti:

«a) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico;

a-bis) con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati su opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali, sulla diversa abilità ovvero sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere;»;

2) alla lettera b), le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sulle opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali, sulla diversa abilità ovvero sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere»;

b) al comma 3, le parole: «o religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «, religiosi o fondati sulle opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali, sulla diversa abilità ovvero sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».

2. La rubrica dell’articolo 1 del decreto-legge 26 aprile 1993, n.122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n.205, è sostituita dalla seguente: «Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o fondati sulle opinioni politiche, sulle condizioni personali o sociali, sulla diversa abilità ovvero sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere».

3. All’articolo 3, comma 1, del decreto legge 26 aprile 1993, n.122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n.205, le parole: «o religioso» sono sostituite dalle seguenti: «, religioso o motivato dalle opinioni politiche, dalle condizioni personali o sociali, sulla diversa abilità ovvero dall’orientamento sessuale o dall’identità di genere».

4. All’articolo 6, comma 1, del decreto legge 26 aprile 1993, n.122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n.205, dopo le parole: «comma 1,» sono inserite le seguenti: « ad eccezione di quelli previsti dall’articolo 609-bis del codice penale,».

 

Art. 12.

(Delitti nei confronti di persone

diversamente abili)

1. All’articolo 36 della legge 5 febbraio 1992, n.104, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «al titolo XII» sono sostituite dalle seguenti: «ai titoli XI e XII»;

b) al comma 2, dopo la parola: «familiare» è aggiunto il seguente periodo: «e delle associazioni di cui all’articolo 4 della legge 1º marzo 2006, n.67, che hanno prestato assistenza alla vittima».

 

Capo III

MISURE DI TUTELA DELLE VITTIME

DI VIOLENZA

 

Art. 13.

(Diritti lavorativi)

1. Le persone vittime di maltrattamenti, violenza ed atti persecutori hanno diritto alla riduzione e alla riorganizzazione dell’orario di lavoro, alla mobilità geografica, alla sospensione dell’attività lavorativa con conservazione del posto di lavoro.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti norme per la tutela dei diritti lavorativi delle persone vittime dei reati di cui alla presente legge sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) adottare misure di tutela finalizzate a consentire al lavoratore vittima dei reati di cui alla presente legge, il proseguimento dell’attività lavorativa, nel rispetto della libertà e della dignità professionali prevedendo a tal fine:

1) la possibilità per il lavoratore di richiedere al datore di lavoro la riduzione dell’orario o la sospensione dall’attività lavorativa, mantenendo il diritto alla conservazione del posto di lavoro;

2) la riorganizzazione, ove si renda necessario, dell’attività lavorativa in modo che il lavoratore mantenga la qualifica, la mansione o l’incarico già ricoperti;

3) la possibilità per il lavoratore di richiedere al datore di lavoro il trasferimento in altre sedi garantendo allo stesso la conservazione della qualifica, della mansione o dell’incarico già ricoperti;

b) prevedere la possibilità di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro e delle progressioni in carriera, previsti dai contratti collettivi ovvero in via legislativa o regolamentare, che sarebbero loro spettanti al verificarsi delle ipotesi di cui alla lettera a), numeri 1), 2) e 3).

 

Art. 14.

(Modifiche al codice di procedura penale)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 90, comma 3, dopo le parole: «sono esercitati dai prossimi congiunti di essa» sono inserite le seguenti: «e da chi, pur non essendo suo coniuge, conviveva stabilmente con essa»;

b) all’articolo 266, comma 1, lettera f), dopo la parola: «minaccia,» sono inserite le seguenti: «atti persecutori,»;

c) all’articolo 282-bis, dopo il comma 6 è inserito il seguente:

«6-bis. I provvedimenti di cui ai commi 1 e 2 sono comunicati all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio.»;

d) dopo l’articolo 282-bis è aggiunto il seguente:

«Art. 282-ter. - (Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa). – 1. Con il provvedimento che dispone il divieto di avvicinamento il giudice prescrive all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati dalla persona offesa.

2. Qualora sussistano ulteriori esigenze di tutela, il giudice può prescrivere all’imputato di non avvicinarsi a luoghi determinati abitualmente frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da stabile relazione affettiva.

3. Quando la frequentazione dei luoghi di cui al comma 2 sia necessaria per motivi di lavoro, il giudice prescrive le relative modalità e può imporre limitazioni.

4. Con il provvedimento che dispone il divieto di comunicazione con determinate persone il giudice impone limiti o divieti alla facoltà dell’imputato di comunicare con il mezzo del telefono ovvero con ogni altro strumento di comunicazione anche telematico.

5. Il provvedimento è comunicato all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio.»;

e) all’articolo 293, comma 3, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «dell’imputato e all’eventuale già nominato difensore della persona offesa dal reato»;

f) dopo l’articolo 384 è inserito il seguente:

«Art. 384-bis. - (Divieto provvisorio di avvicinamento). – 1. Anche fuori dai casi di flagranza, quando sussistono specifici elementi che fanno ritenere imminente un pericolo per la incolumità della persona offesa, il pubblico ministero dispone con decreto motivato l’applicazione provvisoria delle prescrizioni previste dall’articolo 282-ter del codice di procedura penale nei confronti della persona gravemente indiziata del delitto previsto dall’articolo 612-bis del codice penale.

2. Entro quarantotto ore dall’emissione del provvedimento, il pubblico ministero richiede la convalida al giudice competente in relazione al luogo di esecuzione

3. Il giudice, entro cinque giorni successivi fissa l’udienza di convalida dandone avviso, senza ritardo, al pubblico ministero, all’indiziato ed al difensore.

4. Quando risulta che il provvedimento è stato legittimamente eseguito, provvede alla convalida con ordinanza contro la quale il pubblico ministero e l’indiziato possono proporre ricorso per Cassazione.

5. Quando non provvede a norma del comma 4, il giudice dispone con ordinanza la revoca del provvedimento.

6. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 3 e 3-bis dell’articolo 390 e dell’articolo 391».

g) al comma 2 dell’articolo 380, dopo la lettera d) è inserita la seguente:

«d-bis) delitti di violenza sessuale di cui all’articolo 609-bis e di atti sessuali con minorenne di cui all’articolo 609-quater del codice penale, qualora ricorra una o più circostanze tra quelle indicate all’articolo 609-ter, nonché delitto di violenza sessuale di gruppo di cui all’articolo 609-octies del codice penale.»;

h) all’articolo 392, il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

«1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater.1, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1.»;

i) all’articolo 393, il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. Con la richiesta di incidente probatorio di cui all’articolo 392, comma 1-bis, il pubblico ministero indica le ragioni di tutela ai fini del provvedimento di cui all’articolo 398, comma 5-bis».

l) l’articolo 396, comma 1, è modificato come segue:

1) dopo le parole: «il pubblico ministero» sono inserite le seguenti: «, la persona offesa dal reato»;

2) dopo le parole: «fondatezza della richiesta,» sono inserite le seguenti: «le modalità di assunzione per il provvedimento di cui all’articolo 398, comma 5-bis,»;

m) all’articolo 396, comma 2, primo periodo, dopo le parole: «dalla persona sottoposta alle indagini» sono inserite le seguenti: «o dalla persona offesa dal reato»;

n) all’articolo 396, comma 2, secondo periodo, dopo le parole: «La persona sottoposta alle indagini» sono inserite le seguenti: «o la persona offesa dal reato»;

o) l’articolo 398, il comma 5-bis, è modificato come segue:

1) prima della parola «600» è inserita la seguente: «572,»;

2) le parole «e 609-octies» sono sostituite da «609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis»;

3) le parole «vi siano minori di anni sedici,» sono sostituite da «vi siano minori ovvero persone offese anche maggiorenni,»;

4) le parole «quando le esigenze del minore» sono sostituite da «quando le esigenze di tutela delle persone»;

5) le parole «abitazione dello stesso minore» sono sostituite dalle seguenti «abitazione della persona interessata all’assunzione della prova»;

p) all’articolo 444, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

«3-bis. Il giudice, anche su richiesta del pubblico ministero o della persona offesa, può subordinare ove possibile la concessione della sospensione condizionale della pena all’eliminazione del danno ovvero al risarcimento del danno.»

q) all’articolo 454, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

«1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies e 609-octies e 612-bis del codice penale, il termine di cui al primo comma è di centoventi giorni.»;

r) all’articolo 498, il comma 4-ter è modificato come segue:

1) dopo le parole: «di cui gli altri articoli» è inserita la seguente: «572,»;

2) le parole: «e 609-octies» sono sostituite dalle seguenti: «, 609-quinquies, 609-octies, 609-undecies e 612-bis»;

3) dopo le parole: «l’esame del minore vittima del reato» sono inserite le seguenti: «ovvero del maggiorenne infermo di mente vittima del reato»;

s) negli articoli 190-bis, comma 1-bis, 282-bis, comma 6, 398, comma 5-bis, 444, comma 1-bis, 472, comma 3-bis, 498, comma 4-bis, le parole: «609-ter,» sono soppresse.

 

Art. 15.

(Intervento nel giudizio penale)

1. Nei procedimenti per i delitti previsti dagli articoli 572, 609-bis, 609-quater, 609-octies e 612-bis del codice penale, l’ente locale impegnato, direttamente o tramite servizi per l’assistenza della persona offesa e il centro antiviolenza che presta assistenza alla persona offesa possono intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale.

2. Nei procedimenti per i delitti previsti dall’articolo 3 della legge 20 febbraio 1958, n.75, e per i delitti previsti dall’articolo 380, lettera d), del codice di procedura penale, nei quali la persona offesa sia stata destinataria di programma di assistenza ed integrazione sociale ai sensi dell’articolo 18 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni, ovvero di programma speciale ai sensi dell’articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n.228, l’ente locale o il soggetto privato che ha prestato assistenza alla persona offesa nell’ambito dei suddetti programmi può intervenire in giudizio ai sensi degli articoli 91 e seguenti del codice di procedura penale.

 

Art. 16.

(Modifiche al codice civile)

1. All’articolo 342-ter, terzo comma, del codice civile, le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «dodici mesi».

2. L’articolo 342-ter, quarto comma, del codice civile è sostituito dal seguente:

«Con il medesimo decreto il giudice determina le modalità di attuazione. Qualora disponga l’allontanamento dalla casa familiare, il giudice prevede l’ausilio della forza pubblica e l’allontanamento coattivo del destinatario dell’ordine che non provveda spontaneamente a tale adempimento. Il giudice può altresì indicare le misure idonee a prevenire violazioni successive del predetto provvedimento».

3. All’articolo 342-ter del codice civile, dopo il quarto comma è aggiunto il seguente:

«Il decreto emesso ai sensi dell’articolo 342-bis è sempre comunicato all’autorità di pubblica sicurezza competente, ai fini dell’eventuale adozione dei provvedimenti in materia di armi e munizioni, e ai servizi socio-assistenziali del territorio».

 

Art. 17.

(Modifiche all’articolo 18 del decreto

legislativo 25 luglio 1998, n.286)

1. Dopo il comma 2 dell’articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni, sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583 e 583-bis del codice penale o per uno dei delitti previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, sempre che tali delitti siano commessi in ambito familiare, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, quando siano accertate situazioni di violenza in ambito familiare nei confronti di uno straniero od apolide ed emerga un concreto ed attuale pericolo per la sua incolumità, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla medesima violenza familiare o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia lo speciale permesso di soggiorno di cui al comma 1 per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza familiare e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.

2-ter. Con la proposta o il parere di cui al comma 2-bis, sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità ed attualità del pericolo di vita. Ove necessario, nel superiore interesse del minore, previo parere del pubblico ministero presso il tribunale per i minori, il permesso di soggiorno di cui al comma 2-bis è esteso ai figli minori della straniero vittima della violenza familiare».

 

Art. 18.

(Relazione annuale al Parlamento)

1. Entro il mese di febbraio, a partire dall’anno successivo a quello dell’entrata in vigore della presente legge, il Ministro per le pari opportunità, avvalendosi dell’Osservatorio nazionale contro la violenza sessuale e di genere istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per i diritti e le pari opportunità, ai sensi dall’articolo 1, comma 1261, della legge 27 dicembre 2006, n.296, presenta al Parlamento una relazione sull’attività di coordinamento e di attuazione delle azioni contro le molestie gravi e la violenza alle donne e per orientamento sessuale ed identità di genere.

2. Le regioni e le amministrazioni centrali sono tenute a fornire le informazioni necessarie al Ministro per le pari opportunità entro il mese di gennaio di ciascun anno.

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

 

N. 583 

 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori LI GOTTI, BELISARIO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, GIAMBRONE, LANNUTTI, MASCITELLI, PARDI, PEDICA e RUSSO

 

Comunicato alla presidenza il 16 maggio 2008

 

Disposizioni in materia di reati connessi all'immigrazione clandestina e al commercio di sostanze stupefacenti

 

 

 

 

 

 

 

 


 


Onorevoli Senatori. – Nel corso della XV legislatura il Governo presentò il 13 novembre 2007 un disegno di legge recante «Disposizioni in materia di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena».

Il disegno di legge prese il numero di atto Camera n.3241.

La conclusione della legislatura non ne ha consentito l’esame.

Si propone il detto disegno di legge, con alcune soppressioni (esattamente quella riguardante la revisione dell’istituto della prescrizione, contenuta in diverso disegno di legge) con la relazione illustrativa.

La particolare efferatezza che connota alcuni recenti fenomeni delinquenziali, l’aggressività dell’attività riconducibile alla criminalità organizzata e al conseguente allarme sociale derivante proprio dalla frequente ricorrenza di gravi condotte delittuose, idonee ad incidere direttamente sulla sicurezza dei cittadini, inducono ad un intervento modificativo di alcuni importanti profili del vigente ordinamento penale. A tal fine, sono state inserite disposizioni finalizzate ad assicurare una compiuta valutazione della personalità dell’indagato da parte del giudice in sede cautelare e di concessione della sospensione condizionale della pena; si provvede inoltre a delineare una disciplina processuale più rigorosa in materia cautelare, nonché ad eliminare l’istituto del cosiddetto «patteggiamento in appello», nell’ottica di assicurare la certezza della pena. Sul fronte dell’esecuzione di quest’ultima, vengono esclusi, per i reati di maggiore allarme sociale, gli automatismi previsti per la sospensione dell’esecuzione stessa, mentre, con specifico riferimento ai reati a sfondo sessuale commessi in danno di minori, la possibilità di ottenere benefici viene ancorata al positivo espletamento di percorsi riabilitativi. Nel contempo, si è disegnato un percorso processuale più spedito per i processi con imputati in stato di custodia cautelare, e sono state ampliate le possibilità di ricorso all’incidente probatorio per l’acquisizione della testimonianza di minori e della persona offesa, nei procedimenti per i reati di maltrattamenti in famiglia e per i gravi reati di cui agli articoli 600 e seguenti del codice penale. Per esigenze di snellimento e riduzione dei costi del procedimento, si è provveduto altresì ad ampliare il novero delle ipotesi in cui è possibile procedere alla distruzione delle merci in sequestro, anche prima della sentenza definitiva. Sul piano sostanziale, si è ritenuto di intervenire sull’attuale assetto normativo in tema di maltrattamenti in famiglia, di omicidio colposo e lesioni colpose gravi o gravissime (con particolare riguardo ai fatti commessi da soggetti in stato di elevata ebbrezza alcolica o in stato di alterazione da sostanze stupefacenti o psicotrope), nonché in tema di riciclaggio e di impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita. Con specifico riferimento ai delitti contro la libertà personale, si è provveduto ad introdurre, da un lato, una specifica aggravante in caso di violenza sessuale commessa dal coniuge o convivente, e, dall’altro, il nuovo reato di adescamento di minorenni, che mira a reprimere quelle forme di approfittamento della fiducia di un minore degli anni sedici, realizzate mediante l’instaurazione di relazioni amichevoli, anche attraverso forme di comunicazione a distanza (telefono, sms, chat fine, eccetera), in funzione del compimento di delitti sessuali.

Il provvedimento si compone di 7 articoli.

Nella prospettiva volta a contrastare i più gravi ed allarmanti fenomeni criminosi, ed il conseguente, grave, pregiudizio per la sicurezza dei cittadini, sono state riviste – in relazione alle fattispecie delittuose che, in quest’ottica, assumono un preponderante rilievo – le attuali disposizioni del codice di rito, in tema di presupposti per l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere. Le fattispecie penali considerate sono state incluse nell’elenco di cui al comma 3 dell’articolo 275 del codice di procedura penale, il quale già oggi individua alcuni reati per cui la misura della custodia cautelare in carcere è ritenuta l’unica adeguata a fronteggiare le esigenze cautelari, salvo che emerga l’insussistenza di queste ultime (articolo 4, comma 1, lettera e), del disegno di legge). In sede esecutiva, per questa tipologia di reati è stata esclusa la possibilità di sospendere automaticamente l’esecuzione della pena irrogata con sentenza divenuta irrevocabile, come avviene attualmente in base all’articolo 656 del codice di procedura penale (articolo 4, comma 1, lettera o), del disegno di legge.

Con riferimento, poi, alla più ampia tipologia di gravi delitti per cui è già oggi previsto l’arresto obbligatorio in flagranza (ai sensi dell’articolo 380 del codice di procedura penale), la nuova disciplina prevede da un lato un ampliamento della possibilità di concreta applicazione della misura cautelare per fronteggiare il pericolo della loro commissione (possibilità che viene estesa anche al di là degli odierni limiti fissati dall’articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, ovvero anche qualora il delitto in questione non sia connotato dall’uso di armi, violenza personale eccetera, né sia della stessa specie di quello per cui si procede: si veda l’articolo 4, comma 1, lettera b), del disegno di legge; dall’altro, è stata prevista la possibilità per il giudice, che al momento della sentenza di condanna ravvisi la sussistenza di esigenze cautelari, di emettere la misura anche ex officio, qualora si proceda nei confronti di imputato recidivo infraquinquennale specifico (possibilità oggi limitata al momento della condanna in appello: si veda l’articolo 4, comma 1, lettere c) e d) del disegno di legge ed il vigente articolo 275, comma 2-ter del codice di procedura penale).

Di portata generale è invece, in primo luogo, l’innovazione concernente la possibilità, per il giudice procedente, di valutare – dapprima in sede di applicazione delle misure cautelari per esigenze di prevenzione speciale, poi di concessione della sospensione condizionale della pena irrogata con la sentenza di condanna – non solo il contenuto dei certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti, ma anche le risultanze desumibili dalla banca dati di cui all’articolo 97, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271 (servizio informatico relativo alle misure cautelari personali: articoli 1, comma 1, lettera a), e 4, comma 1 lettera b, del disegno di legge. È stata poi attribuita efficacia esecutiva all’ordinanza che applica la misura cautelare emessa dal tribunale, ai sensi dell’articolo 310 del codice di procedura penale, in accoglimento dell’appello proposto dal pubblico ministero avverso il provvedimento di rigetto della richiesta (articolo 4, comma 1 lettere f) e g) del disegno di legge. È stato poi eliminato il cosiddetto «patteggiamento in appello» (articoli 599, commi 4 e 5, e 602, comma 2, del codice di procedura penale), attraverso il quale è oggi possibile – qualora la Corte territoriale recepisca, con sentenza camerale, l’accordo tra le parti sull’accoglimento in tutto o in parte dei motivi di appello – un abbattimento anche assai considerevole della pena irrogata in primo grado (articolo 4, comma 1 lettera m) e n) del disegno di legge), al di fuori di qualsiasi forbice normativa che non sia quella della pena minima da irrogare.

A tali disposizioni fa peraltro riscontro (articolo 4, comma 1, lettere i) e l) del disegno di legge) l’introduzione – con evidenti finalità acceleratorie del processo nei confronti di persone sottoposte a custodia cautelare – di una specifica ipotesi di giudizio immediato, che il pubblico ministero può richiedere dopo l’esecuzione della misura ed anche al di fuori degli ordinari, ristretti, termini temporali oggi vigenti (novanta giorni dalla data di iscrizione sul registro degli indagati: peraltro, nel già citato disegno di legge sull’accelerazione del processo (atto Camera n.2664 della XV legislatura), è stato previsto un significativo ampliamento di tale termine, che viene elevato a sei mesi). Lo stesso termine di sei mesi è oggi previsto con decorrenza dall’esecuzione della misura di custodia cautelare (salva, ovviamente, l’operatività del termine di fase di cui all’articolo 303, comma 1 lettera a), del codice di procedura penale). Si vuole così delineare un sistema di riti alternativi volto a favorire il più possibile la speditezza del processo per gli imputati in stato di custodia cautelare, sia nelle ipotesi «speciali» (ma statisticamente preponderanti) in cui la misura sia stata applicata all’esito dell’udienza di convalida dell’arresto o del fermo, sia nelle ipotesi «ordinarie» di richiesta al giudice per le indagini preliminari (Gip) da parte del pubblico ministero.

Ulteriori modificazioni del codice di rito concernono, come detto, l’ampliamento delle ipotesi in cui, da un lato, può disporsi la distruzione della merce in sequestro (articolo 4, comma 1, lettera a), del disegno di legge e, dall’altro, è possibile far ricorso all’istituto dell’incidente probatorio (articolo 4, comma 1 lettera h).

Con l’articolo 5 è stato eliminato il difetto di coordinamento tra le vigenti disposizioni del codice di rito e quelle che disciplinano il processo penale a carico di minorenni, in tema di applicabilità della misura della custodia cautelare a carico di indagati per i delitti di cui all’articolo 624-bis del codice penale., risolvendo in senso affermativo il contrasto giurisprudenziale esistente in sede di legittimità.

L’articolo 1 contiene le modifiche al codice penale di cui si è già accennato.

Si interviene in primo luogo (articolo 1, comma 1, lettera a) sull’istituto della sospensione condizionale della pena, inserendo al primo comma dell’articolo 164, quali elementi da valutare – unitamente alle altre circostanze indicate dall’articolo 133 – nel giudizio prognostico relativo alla commissione di ulteriori reati da parte dell’imputato, le informazioni contenute nel servizio informatico previsto dall’articolo 97 delle citate disposizioni di attuazione del codice di procedura penale (concernente, come già accennato, la banca dati relativa alle misure cautelari personali in corso di esecuzione, ovvero non ancora eseguite per la latitanza dell’indagato). Nonostante l’istituzione della banca dati fosse stata prevista sin dall’entrata in vigore del codice di rito, si tratta di uno strumento che solo ora può definirsi di imminente realizzazione, essendo stati stanziati appositi fondi nell’articolo 38 del decreto-legge 1º ottobre 2007, n.159, convertito, con modificazioni dalla legge 29 novembre 2007, n.222 «collegato alla legge finanziaria 2008».

Si tratta, evidentemente, di un intervento volto a completare ed integrare il compendio valutativo desumibile dal certificato del casellario giudiziale e da quello dei carichi pendenti: compendio che oggi può risultare privo dell’aggiornamento e della completezza necessari, anche in considerazione, quanto al certificato penale, del perdurante arretrato nell’inserimento delle schede da parte degli uffici giudiziari, e, quanto al certificato dei carichi pendenti, per l’altrettanto perdurante indisponibilità di tale tipologia di informazioni su scala nazionale.

Le disposizioni contenute nelle lettere da b) a h) del comma 1 dell’articolo 1 intervengono in modo significativo su alcune figure criminose contemplate nella parte speciale del codice penale, al fine specifico di rafforzare la tutela contro alcune gravi forme di violenza e prevaricazione, e di fronteggiare adeguatamente l’esponenziale diffusione di un peculiare fenomeno criminoso che ha, soprattutto di recente, inciso in modo assai rilevante sulla sicurezza sociale.

In particolare, la lettera b) interviene anche sulla rubrica del delitto di maltrattamenti di cui all’articolo 572 del codice penale, non solo conferendo esplicito rilievo, quale persona offesa, al convivente del soggetto attivo, ma anche prevedendo che la condotta in danno di persona minore degli anni quattordici, legata all’autore del reato dalle relazioni elencate nel primo comma della norma, costituisca ipotesi aggravata del reato medesimo. Si provvede altresì ad un inasprimento sanzionatorio sia per la fattispecie base, sia per quella in cui dalla condotta derivi una lesione personale grave.

Le successive lettere da c) a e) del comma 1, dell’articolo 1 contengono poi alcune significative modifiche alle vigenti disposizioni concernenti uno dei fenomeni criminosi che più profondamente hanno minato, negli ultimi tempi, la sicurezza dei cittadini. Si allude ai delitti di omicidio e lesioni colpose commessi con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, con particolare riferimento a quelli posti in essere da soggetti postisi alla guida in stato di ebbrezza, o di alterazione conseguente ad assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope. L’inquietante, quotidiano moltiplicarsi di tali delitti, in tutte le zone del Paese e ad opera di soggetti di ogni condizione ed estrazione sociale, induce a ritenere che le attuali risposte sanzionatorie siano sostanzialmente prive di adeguata efficacia deterrente, e che pertanto si renda indispensabile un loro inasprimento, sia sul piano penale che su quello delle sanzioni amministrative accessorie (su tale ultimo punto, si veda quanto illustrato in relazione all’articolo 3).

In tale prospettiva, e con riferimento al delitto di omicidio colposo, si è ritenuto anzitutto (articolo 1, comma 1, lettera c), n.1), del disegno di legge di elevare da cinque a sei anni il massimo edittale per tutti i fatti commessi in violazione delle norme sulla circolazione stradale (e sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro). Peraltro, un autonomo e ben più severo trattamento sanzionatorio è previsto per i soggetti postisi alla guida di veicoli in stato di alterazione conseguente all’assunzione di sostanze stupefacenti o psicotrope, ovvero in rilevante stato di ebbrezza (si fa espresso richiamo alla più grave delle situazioni contemplate dall’articolo 186 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, come da ultimo novellato dal decreto legge 3 agosto 2007, n.117, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 ottobre 2007, n.60: accertamento di valori corrispondenti ad un tasso a1colemico superiore a 1,5 grammi per litro). In tali fattispecie, infatti, la pena edittale viene ulteriormente inasprita sia per le ipotesi in cui viene cagionata la morte di una sola persona (reclusione da tre a dieci anni: articolo 1, comma 1, lettera c) n.2), sia per quelle in cui vi è invece una pluralità di vittime (morte di più persone, ovvero morte di una o più persone e lesioni di una o più persone: il massimo previsto dal terzo comma dell’articolo 589 viene innalzato da dodici a quindici anni di reclusione: articolo 1, comma 1 lettera c), n.3, del disegno di legge. D’altro lato, con l’inserimento dell’articolo 590-bis (articolo 1, comma 1, lettera e), si esclude la possibilità di operare il cosiddetto «giudizio di bilanciamento» con eventuali circostanze attenuanti, ad eccezione di quelle della minore età e della cooperazione di minima importanza: conseguentemente, la riduzione per le attenuanti diverse da quelle di cui agli articoli 98 e 114 del codice penale opererà sulla pena determinata ai sensi dell’articolo 589, terzo comma dello stesso codice. Si tratta, evidentemente, di una disposizione di particolare rigore, già vigente in relazione ad altri fenomeni criminosi di notevole gravità: peraltro, le già richiamate finalità dissuasive – unitamente alla necessità di proporzionare l’entità della risposta sanzionatoria alla condotta, estremamente grave, di chi si rende responsabile di altrettanto gravi incidenti dopo essersi posto alla guida nelle condizioni appena richiamate – giustificano il suo inserimento in relazione alle tipologie di omicidio colposo sopra ricordate. Modifiche di segno analogo vengono introdotte anche per le ipotesi in cui, dalle condotte di soggetti postisi alla guida pur trovandosi in rilevante stato di ebbrezza o in stato di alterazione da sostanze stupefacenti o psicotrope, siano derivate lesioni colpo se gravi o gravissime. Per un verso, infatti, si prevede un inasprimento delle pene attualmente previste dall’articolo 590, terzo comma (estendendosi anche alle lesioni gravi la pena della sola reclusione, in luogo della pena alternativa, ed innalzandosi i limiti edittali per quelle gravissime: articolo 1, comma 1, lettera d), del disegno di legge; per altro verso, si rende anche in questo caso inapplicabile il giudizio di bilanciamento con eventuali circostanze attenuanti (eccezion fatta, anche qui, per quelle di cui agli articoli 98 e 114 del codice penale: articolo 1, comma 1 lettera e), disegno di legge.

Con riferimento poi al delitto di violenza sessuale, la lettera f) del comma 1 dell’articolo l introduce una ulteriore aggravante speciale nell’ambito dell’articolo 609-ter del codice penale. In particolare, viene inserito al comma 1 il numero 5-bis), che aggrava il delitto commesso dal coniuge o dal convivente, ovvero da persona cui la vittima comunque sia o sia stata legata da relazione affettiva: si vogliono così sottolineare, anche sul piano delle conseguenze sanzionatorie, la gravità e il disvalore morale dell’approfittamento di una situazione di consuetudine nelle relazioni intime.

Come già accennato, il comma 1, lettera g), dell’articolo l introduce all’articolo 609-undecies del codice penale il nuovo reato di adescamento di minorenni. Il fenomeno, conosciuto all’estero come «grooming», può definirsi come un metodo usato per indebolire la volontà del minore, in modo da ottenerne il massimo controllo. In questo processo, ancora scarsamente studiato in Italia, colui che abusa «cura» (grooms) la vittima, inducendola gradualmente a superare le resistenze attraverso tecniche di manipolazione psicologica. Il metodo può essere diverso: ad esempio mediante una subdola opera di convincimento effettuata attraverso una normale comunicazione (come la chat) o supportando questa attività con l’invio di immagini pedopornografiche al minore. Il fine è sempre lo stesso: cioè quello di convincere la potenziale vittima della normalità dei rapporti sessuali tra adulti e minori.

Questa tipologia di adescamento, proprio perché svolta in maniera «amichevole», è in realtà molto insidiosa ed è utilizzata soprattutto in internet e attraverso lo scambio di sms. Il dibattito circa la possibilità di inserire il «grooming» come una vera e propria fattispecie di reato nella legislazione penale degli Stati membri dell’Unione europea è alquanto recente: il Comitato per la Convenzione sul Cyber Crime del Consiglio d’Europa, in un suo rapporto, ha messo in guardia i Paesi interessati circa il rischio del «grooming» effettuato attraverso internet ed i telefoni cellulari. In effetti se ne parla molto, però, specialmente in Europa, la legislazione nazionale è alquanto carente. Infatti l’unico Stato che ha recentemente introdotto la previsione del «grooming» come fattispecie di reato è il Regno Unito specificando che: «è reato ogni condotta tesa ad organizzare un incontro, per se stessi o per conto di terzi, con un minore al fine di abusarne sessualmente». Altri Paesi che hanno introdotto una ancora più specifica fattispecie di reato relativa al «grooming» sono l’Australia, il Canada e alcuni Stati degli USA, i quali hanno previsto sanzioni penali per il solo fatto di instaurare una comunicazione (attraverso internet) al fine di sedurre un minore per poi abusarne sessualmente. Ai sensi della citata Convenzione, allo stato attuale, per «grooming» si intende la condotta dell’adulto che comunica con il minore o compie altre azioni finalizzate ad incontrarlo, con l’intento di commettere reati quali l’abuso sessuale, la prostituzione o per organizzare performance pornografiche. Il limite di età della vittima, entro il quale si configura il reato in oggetto, è stato individuato tenendo in conto l’influenzabilità che normalmente caratterizza i soggetti minorenni appartenenti a tale fascia.

L’articolo 1 reca, infine, importanti modifiche alle norme incriminatici del riciclaggio (articolo 648-bis del codice penale) e dell’impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articolo 648-ter del codice penale). Come è noto, l’attuale formulazione dei suddetti articoli esclude, tra i soggetti attivi di entrambi i delitti in questione, il concorrente nei reati presupposti, non consentendo quindi l’incriminazione del cosiddetto «autoriciclaggio» o «autoreimpiego».

Tale esclusione suscita perplessità a livello istituzionale, sia nel contesto internazionale (essendo stata censurata espressamente dal Fondo monetario internazionale nel «Detailed Assessment Report on Anti-Money Laundering and Combatting the Financing of Terrorism), sia in quello interno (in proposito il Governatore della Banca d’Italia, nell’audizione del 14 giugno 2007 dinanzi alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, non ha mancato di richiamare »i risultati positivi ottenuti dagli ordinamenti che puniscono anche il cosiddetto «autoriciclaggio»), ed è stata avversata da una parte della dottrina. Del resto, la Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l’8 novembre 1990 – ratificata ai sensi della legge 9 agosto 1993, n.328, la quale ha introdotto la vigente formulazione dell’articolo 648-bis e l’articolo 648-ter – consente l’inclusione, tra i soggetti attivi, dei concorrenti nel delitto di provenienza dei beni riciclati (cfr. articolo 6, paragrafo 2 lettera b) della Convenzione).

In tale contesto, si ritiene di eliminare, in entrambe le fattispecie criminose, la clausola di esclusione concernente appunto gli autori (eventualmente a titolo di concorso) nel delitto presupposto (articolo 1, comma 1, lettera h) e i) del disegno di legge. Invero, l’autonoma e consapevole decisione di compiere, rispettivamente, le ulteriori attività di ostacolo all’identificazione della provenienza illecita dei beni (articolo 648-bis), ovvero quelle di reimpiego degli stessi in attività economiche o finanziarie (articolo 648-ter), ed il grave disvalore che connota anche tali condotte – evidentemente del tutto autonome dall’originaria azione delittuosa che aveva consentito l’apprensione dei beni riciclati o reimpiegati – consente di superare le tesi dottrinali contrarie, imperniate sul rispetto del principio del cosiddetto ne bis in idem sostanziale.

L’articolo 2, recante modifiche all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.354, condiziona – per i detenuti e gli internati condannati per delitti qualificati dalla violenza o dallo sfruttamento di natura sessuale ai danni di minorenni – la possibilità di fruire di permessi premio, misure alternative alla detenzione e assegnazione al lavoro all’esterno, di cui al medesimo articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.354, sull’ordinamento penitenziario, alla positiva partecipazione a programmi di riabilitazione. Con ciò si confida che le autorità preposte all’applicazione dei benefici indaghino in modo approfondito sulla propensione dei detenuti a delinquere ulteriormente, valorizzando specifici percorsi riabilitativi. Per la definizione di tali percorsi si rimanda peraltro a un successivo decreto adottato dal Ministro della giustizia, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con il Ministro dell’economia e delle finanze.

L’articolo 3 contiene, come già accennato, un significativo intervento sull’articolo 222 del codice della strada di cui al decreto legislativo n.285 del 1992. All’inasprimento della risposta sanzionatoria penale per i delitti di omicidio colposo commessi da soggetto postosi alla guida di un veicolo, pur trovandosi in stato di rilevante ebbrezza alcolica o di alterazione da sostanze stupefacenti o psicotrope (vedi quanto già illustrato in relazione all’articolo 1, comma 1, lettere h) ed i), fa riscontro – per le stesse ipotesi – la previsione della sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente di guida (resta invece ferma, per le altre fatti specie di omicidio colposo, la sanzione della sospensione della patente fino a quattro anni, prevista dal vigente secondo comma del citato articolo 222).

L’articolo 4 contiene alcune rilevanti modifiche al vigente codice di rito. Con la lettera a) del comma 1 si intende intervenire sulla problematica (di sempre maggior rilievo, anche per la sua diretta incidenza sul bilancio dello Stato) inerente la custodia e conservazione della merce sottoposta a sequestro nell’ambito di un procedimento penale. In particolare, attraverso l’inserimento di un comma 3-bis nell’articolo 260 del codice di procedura penale, si attribuisce all’autorità giudiziaria procedente il potere di disporre la distruzione non solo – come oggi previsto dal comma 3 dell’articolo 260 – delle merci deperibili, ma anche delle cose di cui è vietata la fabbricazione, il possesso, la commercializzazione e così via e ricorrano una delle seguenti condizioni:

a) la custodia risulti problematica per l’entità della merce in sequestro (come già previsto per i reati in tema di diritto d’autore: articolo 171- sexies della legge 22 aprile 1941, n.633);

b) la custodia risulti particolarmente onerosa, ovvero pericolosa per la sicurezza, la salute o l’igiene pubblica;

c) le violazioni dei predetti divieti risultino evidenti, anche all’esito di eventuali accertamenti disposti ai sensi dell’articolo 360 del codice penale.

In tali ipotesi, si ritiene – salva ovviamente l’esistenza di esigenze istruttorie che impongano il mantenimento in sequestro a fini probatori – che il principio secondo cui la merce in questione, destinata alla confisca obbligatoria ai sensi dell’articolo 240, secondo comma, numero 2, del codice penale., sia mantenuta in sequestro preventivo ex articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, possa essere derogato in favore di una immediata distruzione, anche al fine di limitare la già richiamata, crescente incidenza degli oneri di custodia sull’erario. Peraltro, prima di procedere alla distruzione, l’autorità giudiziaria è tenuta al prelevamento di uno o più campioni, con l’osservanza delle formalità di cui all’articolo 364 del codice di procedura penale.

Le successive lettere da b) a g) del comma 1 dell’articolo 4 contengono alcune disposizioni improntate ad una rivisitazione in senso più rigoroso della disciplina delle misure cautelari, nella prospettiva inizialmente evidenziata.

In particolare, alla lettera b) del comma 1 si prevede una duplice modifica del primo periodo dell’articolo 274, comma 1, lettera c), del codice di procedura penale, in tema di presupposti per l’applicazione di misure cautelari finalizzate a fronteggiare il pericolo di reiterazione di condotte criminose.

Da un lato, con riguardo al momento valutativo della personalità dell’indagato, il richiamo ai soli «precedenti penali» viene integrato con quello ai precedenti giudiziari e alle risultanze desumibili dal già citato servizio informatico di cui all’articolo 97, delle citate disposizioni di attuazione del codice di procedura penale: in tal modo, l’oggetto della valutazione prognostica viene espressamente esteso – per il perseguimento delle finalità indicate in relazione all’articolo 1 – non solo ai precedenti giudiziari (risultato cui peraltro era già pervenuta la giurisprudenza della Corte di cassazione: si veda da ultimo Cassazione, sezione VI, 11 luglio 2006 n.29405), ma anche alle risultanze desumibili dalla banca dati relativa alle misure cautelari in corso di esecuzione ovvero non eseguite per la latitanza dell’indagato o imputato.

D’altro lato, attraverso l’inserimento di un espresso richiamo ai delitti di cui all’articolo 380 del codice di procedura penale, nella citata lettera c) dell’articolo 274 dello stesso codice, si vuole rendere possibile l’applicazione delle misure cautelari in ogni caso in cui vi sia concreto pericolo di reiterazione di taluno dei reati per cui, attualmente, è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza: ovvero anche nelle ipotesi in cui il delitto in questione, di cui si paventa la commissione da parte dell’indagato, non sia connotato da «uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l’ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata», né sia «della stessa specie di quello per cui si procede». Si allude, evidentemente, alle eventualità in cui sia ravvisabile ad esempio un concreto pericolo di commissione di delitti di furto aggravato dalla violenza sulle cose, al furto in appartamento, alla detenzione o cessione di sostanze stupefacenti, e tuttavia la persona sia indagata per diversa tipologia di reati (ad esempio evasione ovvero anche violazione della disciplina sugli stupefacenti, qualora il pericolo di commissione – di gravità e concretezza tali da imporre l’adozione di misure cautelari – concerna i soli predetti reati contro il patrimonio).

Attraverso le lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 4 (e dunque con la riformulazione del comma 1-bis e la contestuale abrogazione del comma 2-ter dell’articolo 275 del codice di procedura penale), è stato operato un ampliamento delle ipotesi, già previste dal codice di rito, in cui l’applicazione della misura cautelare avviene ex officio (ovvero anche senza una previa richiesta da parte del pubblico ministero).

Attualmente, il comma 1-bis dell’articolo 275 del codice di procedura penale impone al giudice, che emetta una sentenza di condanna, di operare contestualmente un esame delle esigenze cautelari (peraltro nella sola ottica del pericolo di fuga e di quello di reiterazione) anche alla luce dell’esito del procedimento, delle modalità del fatto e degli elementi sopravvenuti. Il successivo comma 2-ter dispone invece che «nei casi di condanna in appello le misure cautelari personali sono sempre disposte, contestualmente alla sentenza, quando, all’esito dell’esame condotto a norma del comma 1-bis, risultano sussistere esigenze cautelari previste dall’articolo 274 e la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall’articolo 380, comma 1, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole».

In sostanza, l’automatismo dell’applicazione di una misura cautelare personale (non necessariamente di tipo custodiale) è attualmente operante, al momento della sentenza di condanna in appello – e sempre che, ovviamente, venga accertata la sussistenza di esigenze cautelari ai sensi del comma 1-bis – solo in relazione ai reati per cui è previsto, in ragione della pena edittale, l’arresto obbligatorio in flagranza, e solo a carico dei recidivi specifici infraquinquennali.

Al fine di fronteggiare le più volte richiamate esigenze di tutela della collettività, si intende modificare il sistema procedendo all’anticipazione di tale limitato automatismo già all’esito della sentenza di condanna di primo grado, e con riferimento a tutti i reati individuati – ai fini dell’obbligatorietà dell’arresto in flagranza – dall’articolo 380 del codice di rito.

Invero, l’intervenuto accertamento della responsabilità dell’imputato «al di là di ogni ragionevole dubbio» (si veda l’articolo 533, comma 1, del codice di procedura penale, come modificato dall’articolo 5 della legge 20 febbraio 2006, n.46) rende possibile e ragionevole la suddetta anticipazione, qualora si abbia riguardo all’estremo allarme sociale derivante da tali situazioni, non solo per la gravità dei reati in questione – nessuna particolare distinzione sembra possibile, a tale specifico riguardo, tra quelli per cui è previsto l’arresto obbligatorio in ragione della pena edittale, e quelli puntualmente elencati nel secondo comma dell’articolo 380 del codice di procedura penale – ma anche per le condizioni personali dell’imputato (recidivo specifico infraquinquennale).

Al riguardo, le possibili obiezioni – già sollevate con riferimento all’attuale comma 2-ter dell’articolo 275 ai sensi dell’articolo 27, comma secondo, della Costituzione, paventandosi la violazione della presunzione di non colpevolezza attraverso l’introduzione di una sorta di esecuzione anticipata della sentenza di condanna – appaiono superabili non solo alla luce dell’ambito applicativo della disposizione in parola, sia dal punto di vista oggettivo sia soggettivo; ma anche, ed anzi soprattutto, in considerazione delle ben differenti finalità perseguite dall’eventuale intervento officioso del giudice. È infatti ovviamente indispensabile, come già accennato, che quest’ultimo ravvisi – anche alla luce degli elementi sopravvenuti fino all’emissione della sentenza – la concreta sussistenza di una delle esigenze cautelari di cui all’articolo 274 del codice di procedura penale. Sul punto, la Corte costituzionale ha più di una volta sottolineato che in tema di misure cautelari personali, ferma ovviamente la necessità di rispettare la riserva di legge di cui all’articolo 13 della Costituzione, il richiamo al principio di non colpevolezza di cui all’articolo 27 della Costituzione «si rivela manifestamente non conferente, data l’estraneità di quest’ultimo parametro all’assetto e alla conformazione delle misure restrittive della libertà personale che operano sul piano cautelare, che è piano del tutto distinto da quello concernente la condanna e la pena (ord. n.339 del 1995; sentt. n.342 del 1983, n.15 del 1982)» (Corte costituzionale, ordinanza n.450 del 1995). Tra l’altro, con riferimento alla vigente disciplina, è stato posto in evidenza che gli elementi in possesso del giudice di appello, chiamato ad un intervento cautelare officioso, e, in presenza di esigenze cautelari, necessitato, sono fisiologicamente – oltre che per qualità ed entità più circoscritti di quelli a disposizione delle parti – scarsamente attuali, perché risalenti nel tempo (salvo che nei casi, peraltro assai rari nella pratica, di una rinnovazione in appello dell’istruttoria dibattimentale). Va anche evidenziato che un intervento officioso del giudice, in materia cautelare e contra reum, è già previsto nell’articolo 276 del codice di procedura penale, il quale disciplina i provvedimenti in caso di trasgressione alle prescrizioni imposte. In quella sede, anzi, tale intervento officioso risulta connotato anche da un preciso automatismo nell’applicazione della misura custodiale in carcere, in caso di trasgressione delle prescrizioni degli arresti domiciliari concernenti il divieto di allontanarsi dalla propria abitazione o da altro luogo di privata dimora (articolo 276, comma 1-ter, del codice di procedura penale): e tale disposizione ha, tra l’altro, positivamente superato lo scrutinio di legittimità costituzionale (Corte costituzionale, ordinanza n.40 del 2002).

La rivisitazione dell’attuale sistema in tema di presupposti applicativi per la misura custodiale in carcere, con particolare riferimento alla sua necessaria applicazione in presenza di esigenze cautelari, è oggetto dell’articolo 4, comma 1 lettera e).

Il primo periodo del comma 3 dell’articolo 275 del codice di procedura penale, nel testo oggi in vigore, prevede – in linea con i princìpi di adeguatezza e proporzionalità dettati dai commi 1 e 2 dello stesso articolo – che la misura della custodia in carcere possa essere disposta solo in caso di inadeguatezza di ogni altra misura.

Peraltro, il secondo periodo del medesimo comma 3 prevede una rilevante deroga a detto principio, imponendo l’adozione della misura custodiale in carcere, «salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari», qualora vi siano gravi indizi di colpevolezza per i delitti di cui all’articolo 416-bis del codice penale, per quelli commessi avvalendosi delle condizioni previste dallo stesso articolo, nonché per quelli finalizzati ad agevolare l’attività di quel tipo di associazioni.

L’elenco dei reati è stato in tal senso ridotto dalla legge 8 agosto 1995, n.332. In precedenza, ovvero per effetto del decreto-legge 9 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991 n.203, l’elenco in questione comprendeva anche numerose altre fattispecie, che il legislatore del 1995 ha «trasferito in blocco» nell’ambito dell’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di rito (articolo che disciplina la durata massima delle indagini preliminari). Si allude in particolare: a gravissimi delitti contro la personalità dello Stato (articoli 285, 286 del codice penale), contro l’incolumità pubblica (articolo 422), contro la persona (articolo 575) ed il patrimonio (articolo 628, terzo comma, 629, secondo comma, 630); ai delitti commessi con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordinamento costituzionale (puniti con pena edittale non inferiore nel minimo a cinque anni, o nel massimo a dieci anni di reclusione); ai delitti in tema di armi (fabbricazione, introduzione, messa in vendita, eccetera di armi da guerra, esplosivi, armi clandestine ovvero più armi comuni da sparo); ai delitti di traffico di quantità ingenti di sostanze stupefacenti e di associazione per delinquere finalizzata alla predetta attività.

L’automatismo nell’applicazione della misura custodiale di cui all’articolo 275 comma 3 del codice di procedura penale è stato ritenuto – in considerazione della gravità dei reati individuati, e della possibilità per il giudice di ritenere comunque, in concreto, insussistenti le esigenze cautelari – compatibile sia con la Costituzione (ordinanze n.339 del 1995 e n.450 del 1995 della Consulta), sia con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (sentenza 6 novembre 2003, Pantano c. Italia, della Corte di Strasburgo, la quale, con specifico riferimento ad imputazioni associative di cui all’articolo 416-bis del codice penale, ha rilevato che «la lotta contro questo flagello può, in certi casi, portare all’adozione di misure che giustificano una deroga alla norma fissata dall’articolo 5, che mira a tutelare, prima di tutto, la sicurezza e l’ordine pubblico, nonché a prevenire la commissione di altri reati penali gravi. In questo contesto, una presunzione di pericolosità può essere giustificata, in particolare quando non è assoluta, ma si presta ad essere contraddetta dalla prova contraria»).

Quanto alle pronunce della Corte costituzionale, nella citata ordinanza n.339 del 1995 (emessa prima dell’entrata in vigore della legge n.332 del 1995, e dunque con riferimento al più ampio elenco di reati sopra richiamato) si è in particolare evidenziato che «la regola, posta in via generale quanto a delimitazione della discrezionalità giudiziale nella scelta delle misure coercitive sul piano dell’adeguatezza, allorché l’imputazione per cui si procede pervenga a livelli di spiccata gravità», risulta «rappresentativa di una scelta del legislatore orientata nel senso del rafforzamento della tutela delle ragioni di cautela (naturalmente dove sussistenti, o più esattamente dove non verificate insussistenti, ex articolo 275, comma 3, ultimo periodo, del codice di procedura penale)». In tale contesto, è stata esclusa qualsiasi violazione dell’articolo 3 della Costituzione nella comparazione tra tossicodipendenti imputati di un reato ex articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale (esclusi perciò dai benefici di cui all’articolo 89 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n.309) e tossicodipendenti imputati di diverso reato, «attesa l’assoluta disomogeneità dei termini posti a raffronto proprio sul piano della considerazione della gravità del fatto e della pericolosità soggettiva desumibile da certi delitti piuttosto che da altri; considerazione anch’essa riservata alle scelte del legislatore, certamente non irragionevoli nella specie, alla luce della catalogazione contenuta nel citato articolo 275, comma 3, del codice».

L’ordinanza n.450 del 1995, emessa invece subito dopo l’entrata in vigore della legge n.332 del 1995, ha ribadito la legittimità costituzionale dell’articolo 275 comma 3, evidenziando anzi la «manifesta non irragionevolezza» del particolare regime riservato ai reati di mafia e chiarendo, in termini generali, che «la sussistenza in concreto di una o più delle esigenze cautelari prefigurate dalla legge (l’an della cautela) non può, per definizione, prescindere dall’accertamento della loro effettiva ricorrenza di volta in volta; mentre la scelta del tipo di misura (il quomodo di una cautela, in concreto rilevata come necessaria) non impone, ex se, l’attribuzione al giudice di analogo potere di apprezzamento, ben potendo essere effettuata in termini generali dal legislatore, nel rispetto della ragionevolezza della scelta e del corretto bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti»: competendo in particolare al legislatore «l’individuazione del punto di equilibrio tra le diverse esigenze, della minore restrizione possibile della libertà personale e dell’effettiva garanzia degli interessi di rilievo costituzionale tutelati attraverso la previsione degli strumenti cautelari nel processo penale (sentt. n.1 del 1980; n.64 del 1970)». In buona sostanza, «la predeterminazione in via generale della necessità della cautela più rigorosa (salvi, ovviamente, gli istituti specificamente disposti a salvaguardia di peculiari situazioni soggettive, quali l’età, la salute e così via) non risulta in contrasto con il parametro dell’articolo 3 della Costituzione, non potendosi ritenere soluzione costituzionalmente obbligata quella di affidare sempre e comunque al giudice la determinazione dell’accennato punto di equilibrio e contemperamento tra il sacrificio della libertà personale e gli antagonisti interessi collettivi, anch’essi di rilievo costituzionale».

Tali princìpi sono stati di recente ribaditi, negli stessi termini, non solo dalla già citata ordinanza n.40 del 2002 (cfr. supra, sub articolo 4, comma 1, lettera b e c), ma anche dall’ordinanza n.130 del 2003, nella quale la Consulta ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità sollevata in relazione all’articolo 284, comma 5-bis, del codice di procedura penale: disposizione che, come è noto, preclude l’applicazione della misura gradata degli arresti domiciliari nei confronti della persona condannata per il reato di evasione nei cinque anni precedenti al fatto per cui si procede.

In tale prospettiva, ed avendo riguardo allo straordinario allarme sociale e all’altrettanto straordinaria efferatezza riconducibili ad una variegata tipologia di fenomeni delittuosi, anche di tragica attualità, si impone una riconsiderazione del «punto di equilibrio» più volte evocato nelle ordinanze della Corte costituzionale.

In particolare, si ritiene che, al fine di tutelare le esigenze di tutela della collettività più volte richiamate anche nelle pronunce della Consulta, l’elenco di cui al comma 3 dell’articolo 275 debba essere ampliato non solo con il reinserimento – indipendentemente dall’esistenza di una connessione con l’articolo 416-bis del codice penale., nel senso sopra chiarito – delle fattispecie a suo tempo individuate dal legislatore del 1991 ed oggi (come detto) elencate nei numeri da 1 a 6 dell’articolo 407 comma 2 lettera a); ma anche con il richiamo di una serie di ulteriori fenomeni delittuosi che, soprattutto negli anni più recenti, hanno acquisito un’altrettanto primaria rilevanza ai fini specifici che qui interessano.

A tale ultimo riguardo, vengono in rilievo:

a) quanto ai delitti contro la persona (articolo 407, comma 2, lettera a), numero 7-bis), i delitti di riduzione o mantenimento in schiavitù (articolo 600 del codice penale.); di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione minorile (articolo 600-bis, primo comma, del codice penale.); di pornografia minorile (articolo 600-ter, primo comma, del codice penale); di tratta di persone, e di acquisto e alienazione di schiavi (articoli 601 e 602 del codice penale); di violenza sessuale aggravata ai sensi dell’articolo 609-ter (nei confronti di minore infraquattordicenne, con uso di armi e sostanze alcoliche, eccetera), dell’articolo 609-quater (atti sessuali con minorenne: con esclusione, peraltro, delle ipotesi in cui il fatto debba considerarsi di minore gravità, in considerazione della estrema delicatezza e varietà delle situazioni evidentemente configurabili nelle relazioni tra autore del reato e persona offesa) e dell’articolo 609-octies del codice penale (violenza sessuale di gruppo);

b) quanto ai delitti contro l’ordine pubblico, le figure apicali del sodalizio di cui all’articolo 416 del codice penale, qualora questo sia finalizzato alla commissione dei più gravi tra i delitti per cui è previsto l’arresto in flagranza (articolo 407, comma 2, lettera a), numero 7 del codice di procedura penale);

c) quanto ai delitti contro il patrimonio, i delitti di furto in abitazione e furto con strappo di cui all’articolo 624-bis del codice penale, nonché il delitto di rapina di cui all’articolo 628 del codice penale .. La valorizzazione di tali figure criminose è dovuta ai ben noti, dirompenti effetti che esse determinano sulla sicurezza dei cittadini; tra l’altro, con specifico riguardo ai delitti di cui all’articolo 624-bis, deve essere adeguatamente evidenziata la loro «naturale» e tutt’altro che teorica attitudine – come quotidianamente comprovato dalle cronache giudiziarie – ad una «progressione criminosa» verso fattispecie di ancor maggiore gravità (quali il sequestro di persona e l’omicidio, oltre ovviamente alla stessa rapina). Anche in occasione dell’inserimento di tali delitti nell’autonoma collocazione attuale (all’interno, appunto, dell’articolo 624-bis del codice), si è fondatamente rilevato che, proprio per tale loro peculiare connotazione, la salvaguardia del bene giuridico «patrimonio» assume ormai uno spazio e un rilievo secondari rispetto alla tutela di valori immediatamente riconducibili alla persona, quali l’integrità fisica o morale, e la stessa inviolabilità del domicilio. In tale prospettiva, l’inclusione di tali fattispecie nel nuovo elenco di cui all’articolo 275, comma 3, appare – nonostante l’entità non particolarmente elevata delle pene edittali previste per le ipotesi non aggravate – giustificata e coerente con le linee fondanti, più volte richiamate, dell’intervento di riforma;

d) quanto ai delitti in tema di immigrazione, le condotte di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a fine di profitto di cui all’articolo 12, comma 3, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, eventualmente aggravate ai sensi dei commi 3-bis (numero degli stranieri superiore a 5, messa in pericolo della loro vita o sottoposizione a trattamenti inumani o degradanti) e 3-ter (destinazione degli stranieri alla prostituzione o comunque allo sfruttamento sessuale, all’impiego in attività illecite degli stranieri minorenni al fine di favorirne lo sfruttamento).

L’opportunità di tale inclusione è tra l’altro comprovata dagli strettissimi rapporti esistenti tra le suddette figure di reato e quelle, sopra richiamate, di cui all’articolo 407, comma 2 lettera a) n.7, del codice di procedura penale;

e) quanto ai delitti contro l’incolumità pubblica, l’incendio boschivo doloso di cui all’articolo 423-bis, commi 1, 3 e 4 del codice penale. (la ratio di tale inserimento va rinvenuta nella esponenziale crescita di tale fenomeno criminoso e nello straordinario allarme sociale ad esso direttamente riconducibile, anche per la portata spesso irreversibile dei suoi effetti), nonché i delitti di avvelenamento di acque o sostanze alimentari (articolo 439 del codice penale) e di adulterazione o contraffazione di sostanze alimentari (articolo 440 del codice penale), in considerazione della estrema pericolosità, insita in tali condotte criminose, per la salute dei cittadini;

f) quanto ai delitti in tema di contrabbando, le fattispecie aggravate dall’uso di armi, di mezzi appositamente alterati e così via, di cui all’articolo 291-ter, comma 2, lettera a), d) ed e) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 gennaio 1973, n.43, nonché le più gravi ipotesi associative di cui all’articolo 291-quater, comma 4, dello stesso testo unico (reati attualmente inseriti nell’articolo 407, comma 2, lettera a), numero 1 per effetto della legge 19 marzo 2001, n.92). Si tratta infatti delle più allarmanti ipotesi criminose in un settore di sicuro rilievo per la criminalità organizzata, non a caso inserite anche nell’elenco dei reati attribuiti, nella fase delle indagini, alla Procura distrettuale (articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale).

g) quanto ai delitti a tutela dell’ambiente, il traffico illecito di ingenti quantità di rifiuti attraverso attività organizzate, di cui all’articolo 260, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152, eventualmente aggravato ai sensi del comma 2 (traffico di sostanze ad alta radioattività): anche in questo caso, si tratta di condotte di estrema rilevanza e pericolosità, in un settore che attualmente attira sempre più gli interessi della criminalità organizzata.

È appena il caso di ricordare che, in ogni concreta fattispecie riconducibile a tali figure criminose, resta ovviamente ferma la necessità di valutare l’eventuale presenza (e valenza significativa) di circostanze idonee a far ritenere insussistenti le esigenze cautelari. Si è visto infatti che tale accertamento costituisce un presupposto assolutamente irrinunciabile – «l’an della cautela»: si vedano le citate ordinanze n.450 del 1995 e n.130 del 2003 – nella stessa ricostruzione sistematica operata della Consulta in tema di misure cautelari detentive, e di legittimità delle scelte legislative che, ragionevolmente, sottraggano al giudice la scelta del tipo di misura da adottare («il quomodo della cautela»): si tratta dunque di un presupposto che, anche nella prospettiva fatta propria dall’odierno intervento di riforma, non può che rimanere imprescindibile, nonostante la diversa soluzione adottata negli ordinamenti di diversi Paesi dell’Unione europea (quali ad esempio la Francia, il Belgio, la Germania), qualora si tratti di sottoporre a detenzione cautelare un indagato per delitti di massimo allarme sociale.

Le lettere f) e g) del comma 1 dell’articolo 4 in oggetto contengono una significativa modifica nell’ambito del regime delle impugnazioni avverso i provvedimenti in materia cautelare. Nella prima, si prevede l’abrogazione del comma 3 dell’articolo 310 del codice di procedura penale, in base al quale attualmente l’esecuzione della decisione con la quale il tribunale, accogliendo l’appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare è sospesa fino a che la stessa diventi definitiva, pertanto fino alla scadenza del termine per proporre ricorso per cassazione o alla conferma della decisione all’esito del predetto giudizio di legittimità. Detta norma concede all’indagato – il quale ha già avuto modo di consultare gli atti posti a suo carico essendo necessariamente intervenuta la discovery in sede di giudizio di appello, nonché di avere notizia, pur essendo in stato di libertà, della sussistenza di una richiesta di custodia cautelare nei suoi confronti da parte del pubblico ministero – di beneficiare di un ulteriore lasso di tempo tra le decisione del giudice collegiale di applicare la misura e la sua esecuzione; questo ulteriore lasso di tempo costituisce una fonte di grave pregiudizio, sotto il profilo dell’inquinamento probatorio, per le esigenze di tutela delle indagini, ma concede anche all’indagato tutto il tempo necessario per consolidare una sua eventuale latitanza. È, pertanto, apparso necessario prevedere l’abrogazione del predetto comma 3 dell’articolo 310, ed introdurre (con l’articolo 4, comma 1, lettera g), del presente disegno di legge all’articolo 311 del codice di procedura penale l’opposto principio in base al quale il ricorso per cassazione non sospende l’efficacia esecutiva dell’ordinanza emessa dal tribunale. Del resto, trattandosi di ordinanza emessa da un tribunale collegiale con la completa garanzia del contraddittorio per l’indagato, non residua alcun motivo per sospenderne l’esecuzione fino alla definitività della decisione.

La lettera h) del comma 1 prevede, come già accennato, una modifica all’articolo 392 del codice di procedura penale, il quale individua i casi in cui è possibile svolgere l’incidente probatorio. Attualmente, la norma permette, nei procedimenti per i delitti di violenza e abuso sessuale, nonché per i delitti di cui agli articoli 600-bis e seguenti del codice penale (prostituzione e pornografia minorile), l’assunzione della testimonianza di persona minore degli anni sedici, anche qualora non ricorrano le altre condizioni previste in generale dalla legge. Sostanzialmente, la previsione mira ad estro mettere quanto prima il minore degli anni sedici dal processo penale, evitandogli nei limiti del possibile ulteriori turbamenti e traumi.

L’innovazione rende possibile effettuare con incidente probatorio, sempre con riferimento ai reati citati, l’assunzione della testimonianza del minore ultrasedicenne, nonché della parte offesa anche maggiorenne, trattandosi di delitti portatori di conseguenze psicologicamente distruttive anche nei confronti dei soggetti adulti o quasi adulti. Si giustifica pertanto anche nei loro confronti l’esigenza di limitare quanto possibile la reiterazione del confronto in sede giudiziaria con la ricostruzione di esperienze drammatiche e dolorosamente umilianti.

Le disposizioni contenute nelle lettere i) e l) del comma 1 dell’articolo 4 sono volte ad accelerare l’instaurazione del giudizio, nelle ipotesi in cui, a carico dell’indagato, sia stata emessa un’ordinanza applicativa di misura cautelare custodiale, e la valutazione circa la sussistenza della gravità indiziaria sia stata confermata in sede di riesame.

In particolare, in siffatte ipotesi – cui possono essere assimilate quelle della mancata impugnazione ex articolo 309 del codice di procedura penale, della rinuncia espressa al gravame e della declaratoria di inammissibilità dello stesso da parte del tribunale – è stato previsto che, attraverso l’introduzione di un comma 1-bis nell’articolo 453 del codice di procedura penale, il pubblico ministero richieda il giudizio immediato anche al di fuori dei limiti temporali individuati, dall’articolo 454, comma 1, con riferimento alla iscrizione della persona nel registro degli indagati.

Appare infatti opportuno, in tali casi (ovvero sia quando la prognosi di qualificata probabilità di colpevolezza – presupposto della misura custodiale – ha ricevuto un significativo avallo in sede di riesame, sia anche quando l’indagato non ha validamente attivato tale rimedio), un «recupero» di tale procedimento speciale, che il pubblico ministero deve attivare, entro il termine sollecitatorio di sei mesi a decorrere dall’esecuzione della misura custodiale, con l’unico (ed ovvio) limite costituito dalla ritenuta sussistenza di un pregiudizio per l’attività investigativa.

Il nuovo comma 1-bis dell’articolo 455 prevede peraltro anche che, qualora dopo la formulazione della richiesta sopravvenga la revoca o l’annullamento dell’ordinanza applicativa della misura custodiale, per insussistenza della gravità indiziaria, il giudice rigetti la richiesta formulata ai sensi dell’articolo 453, comma 1-bis.

Con le disposizioni contenute nelle lettere m) e n) del comma 1 dell’articolo 4, si prevede inoltre l’abrogazione, rispettivamente, dei commi 4 e 5 dell’articolo 599 e del comma 2 dell’articolo 602 del codice di rito, i quali attualmente disciplinano l’ipotesi di accordo tra le parti per l’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello con rideterminazione della pena e rinuncia agli altri motivi. Invero tale istituto, pur essendo strutturalmente e funzionalmente diverso da quello di cui all’articolo 444 del codice di procedura penale – come più volte ribadito dalla Corte di Cassazione: si veda, ex plurimis, le sentenze 2 luglio 2004, n.39673 imp. Messana; sez. VII, 17 ottobre 2001, n.40767 imp. Pugliese – ha per un verso fortemente ridimensionato, in ragione delle condizioni di accesso oggi previste per la sua applicazione (durante tutto il corso del dibattimento in appello), l’interesse a ricorrere all’istituto del patteggiamento di primo grado, con ricadute assolutamente negative sull’obiettivo di deflazione del carico processuale legato proprio al ricorso ai riti alternativi in tale fase. Per altro verso, come già accennato, l’istituto in questione rende possibile un abbattimento anche assai considerevole della pena irrogata in primo grado, attraverso l’accordo delle parti sull’accoglimento dei motivi di appello o di una parte di essi, sulla rinuncia agli altri eventuali motivi e sulla pena da loro stesse eventualmente rideterminata (nei casi in cui ciò consegua all’intesa raggiunta quanto ai motivi: ad esempio dell’accordo raggiunto per l’accoglimento del motivo di appello inerente la partecipazione ad un’associazione ex articolo 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.309 del 1990, con rinuncia al motivo concernente il singolo episodio di spaccio). La Corte di cassazione ha tra l’altro affermato che tali accordi possono essere recepiti dal giudice senza particolari oneri motivazionali (potendo egli limitarsi ad affermare di aver valutato come congrua la pena indicata dalle parti: si veda Cassazione sezione I, del 24 maggio 1995, n.8058, imp. Di Stefano; in caso di rigetto della richiesta concordata, invece, è stata sostenuta la necessità di una specifica motivazione: si veda Cassazione del 10 ottobre 2003 imp. Mazzuca).

Alla lettera o) si prevede, infine, una modifica dell’articolo 656, comma 9, del codice di procedura penale; detto articolo reca la disciplina dell’esecuzione delle pene detentive, imponendo al comma 5 che, nei casi di condanna a pena non superiore a tre anni (sei anni nei casi di cui agli articoli 90 e 94 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.309 del 1990, ovvero nei confronti dei tossicodipendenti che abbiano in corso o vogliano intraprendere un programma terapeutico socio-riabilitativo), il pubblico ministero ne sospenda in ogni caso l’esecuzione, onde consentire la presentazione delle eventuali richieste di concessione delle misure alternative alla detenzione previste dagli articoli 47, 47-ter e 50, comma 1, della legge n.354 del 1975 (affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare e semilibertà) o della richiesta di sospensione dell’esecuzione della pena ai sensi dell’articolo 90 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.309 del 1990. Detta disciplina prevede alcune deroghe, elencate al comma 9 del medesimo articolo 656:

a) condannati per delitti di cui all’articolo 4-bis della legge n.354 del 1975;

b) condannati che si trovano in stato di custodia cautelare per il fatto oggetto della condanna da eseguiree;

c) condannati ai quali sia stata applicata la recidiva.

In relazione a tali tipologie di condannati la sospensione non avrà luogo e si procederà con l’immediata esecuzione della pena.

I reati previsti nella lettera a) sono in buona parte quelli già individuati come di particolare rilevanza nell’ambito del presente ddl ed in relazione ai quali si ritiene doverosa l’applicazione della custodia cautelare, salva l’insussistenza delle esigenze cautelari (si veda l’articolo 4, comma 1, lettera e).

Conformemente a quanto già rilevato in detta sede, appare opportuno ampliare l’operatività del divieto di sospensione con riferimento a tutti i reati sopra elencati, in relazione ai quali le esigenze di tutela della collettività appaiono maggiormente bisognose di tutela; per quanto concerne, allora, le sentenze di condanna per taluno dei predetti reati, l’esecuzione della pena detentiva non sarà più automaticamente sospesa in attesa di una eventuale decisione, ma sarà immediatamente applicata, salva la facoltà per il condannato di presentare le richieste sopra descritte e salva la decisione in merito del tribunale di sorveglianza.

La lettera o) del comma 1 dell’articolo 4, pertanto, aggiorna il catalogo dei reati indicati nell’articolo 656, comma 9, lettera a), del codice di procedura penale, aggiungendo agli stessi anche quelli di cui agli articoli 423-bis, 600-bis, 624-bis e 628 del codice penale, e rendendo quindi coerente il dettato della norma in questione con quello di cui all’articolo 4, comma 1, lettera e) del disegno di legge, il quale elenca la ristretta cerchia di reati in relazione ai quali, come visto, è stata prevista l’applicazione della custodia in carcere, salva la prova dell’insussistenza delle esigenze cautelari.

In tal modo si prevede un percorso processuale nei confronti dei soggetti responsabili dei predetti, gravissimi reati, in relazione ai quali, ove non sia stata applicata la custodia cautelare nelle precedenti fasi del procedimento, l’esecuzione della pena avverrà sempre e comunque, salva la successiva possibilità, ove ne ricorrano i presupposti, di richiedere la sospensione dell’esecuzione medesima.

L’articolo 5, come già accennato, intende eliminare il difetto di coordinamento tra il codice di procedura penale e le disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.448 in ordine alla possibilità di applicare la misura della custodia cautelare ai minori indagati o imputati dei reati di cui al vigente articolo 624-bis del codice penale. In particolare, deve osservarsi che ai sensi dell’articolo 23, comma 1, delle citate disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.448 del 1998 – come novellato dall’articolo 42 del decreto legislativo 14 gennaio 1991, n.12 – l’applicazione della custodia cautelare nei confronti dei minorenni è prevista per i delitti dolosi puniti con l’ergastolo o la reclusione non inferiore nel massimo a nove anni, nonché «quando si procede per uno dei delitti, consumati o tentati, previsti dall’articolo 380, comma 2, lettere e), f), g), h) del codice di procedura penale nonché, in ogni caso, per il delitto di violenza carnale». D’altro canto, l’articolo 380, comma 2, lettera e), richiamava, nella originaria formulazione della sua ultima parte, i delitti di furto aggravati dalla violazione di domicilio, dalla violenza sulle cose e dall’aver strappato la cosa di mano o di dosso alla persona («quando ricorre ... taluna delle circostanze aggravanti previste dall’articolo 625, comma 1, numero 2 prima ipotesi e 4 seconda ipotesi del codice penale»).

Come già in precedenza (e ad altri fini) evidenziato, la legge 26 marzo 2001, n.128 ha peraltro autonomamente disciplinato il furto in abitazione ed il furto con strappo nel nuovo articolo 624-bis del codice penale.: contemporaneamente, è stata da un lato inserita – nell’elencazione dei reati per cui è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza, contenuta nel comma 2 dell’articolo 380 del codice di rito – la lettera e-bis), relativa appunto alle fatti specie criminose in questione, salvo che ricorra l’attenuante della speciale tenuità di cui all’articolo 62, numero 4 del codice penale (e ciò in conseguenza della declaratoria di parziale illegittimità costituzionale dell’originario articolo 380, comma 2, lettera e), nella parte in cui comprendeva le fattispecie in cui ricorreva la predetta attenuante). D’altro lato, coerentemente, la legge n.128 del 2001 ha espunto dal tenore della lettera e) i riferimenti al furto in abitazione ed al furto con strappo. Analogo intervento non è invece stato previsto sulla corrispondente disposizione relativa agli indagati o imputati minorenni, dettata – come si è visto – nell’articolo 23 delle citate disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.448 del 1988. Il perdurante rinvio, ivi contenuto, alla sola lettera e) dell’articolo 380, ha determinato nella Suprema Corte, due contrapposti indirizzi interpretativi: una prima soluzione, imperniata sul principio di tassatività che deve presidiare l’applicazione delle misure cautelari, soprattutto nei confronti dei minori esclude l’applicabilità di misure cautelari per i delitti di cui alla lettera e-bis) dell’articolo 380 del codice di procedura penale, non richiamata dall’articolo 23 (si veda, ad esempio, Cassazione, Sez. V, 16 gennaio 2004; in senso analogo v. anche la sentenza n.137 del 2003 della Corte costituzionale, che ha escluso la possibilità di diverse interpretazioni anche qualora la situazione normativa fosse frutto di una svista del legislatore).

In senso contrario si è invece sostenuto che le modifiche intervenute nel codice penale e nell’articolo 380 del codice di rito non hanno determinato il venir meno dell’applicabilità della custodia in carcere per i delitti di furto in appartamento e furto con strappo, desumibile dall’articolo 23 delle citate disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.488 del 1988 nel testo risultante dalla novella del 1991 (in tal senso, da ultimo, si veda Cassazione, Sezione IV, 23 gennaio 2007, n.76). Ancor più recentemente, la Consulta ha avallato tale indirizzo ermeneutico, evidenziando che «il mancato adeguamento dell’articolo 23 del decreto del Presidente della Repubblica n.448 del 1988 alla nuova «rassegna» delle ipotesi di furto enunciate dall’articolo 380 del codice di procedura penale come novellato, non risulti affatto denotare una sorta di voluntas excludendi delle più gravi ipotesi di cui all’articolo 624-bis codice penale dal panorama delle fattispecie in ordine alle quali è consentita l’applicazione della misura cautelare nei confronti degli imputati minorenni» (Corte costituzionale, ordinanza 4 luglio 2007, n.281).

Con l’inserimento di un espresso richiamo alla lettera e-bis) del comma 2 dell’articolo 380 del codice di procedura penale, oggetto dell’intervento di cui all’articolo 5 del presente disegno di legge, si intende porre rimedio al richiamato difetto di coordinamento: risultando del tutto coerente – salva sempre l’esclusione delle ipotesi in cui ricorra la speciale tenuità del danno – l’assimilazione dei delitti di cui all’articolo 624-bis del codice penale. al furto aggravato dall’uso di armi o dalla violenza sulle cose, per i quali è oggi pacificamente applicabile la custodia cautelare (attraverso il rinvio dell’articolo 23 delle citate disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.448 del 1988, all’articolo 380, comma 2 lettera e), del codice di procedura penale nell’attuale formulazione).

L’articolo 6 contiene la clausola di invarianza degli oneri a carico del bilancio dello Stato.

L’articolo 7 disciplina l’entrata in vigore.


 

 


 


 

DISEGNO DI LEGGE

 

Art. 1.

(Modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 164, primo comma, dopo le parole: «nell’articolo 133,» sono inserite le seguenti: «nonché alle risultanze desumibili dal servizio informatico previsto dall’articolo 97 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271,»;

b) l’articolo 572 è sostituito dal seguente:

«Art. 572. - (Maltrattamenti contro familiari e conviventi). – Chiunque, fuori dei casi indicati nell’articolo 571, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l’esercizio di una professione o di un’arte, è punito con la reclusione da due a sei anni.

La pena è aumentata se il fatto è commesso in danno di persona minore degli anni quattordici.

Se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte, la reclusione da dodici a venti anni»;

c) all’articolo 589 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al secondo comma, la parola: «cinque» è sostituita dalla seguente: «sei»;

2) dopo il secondo comma, è inserito il seguente:

«Si applica la pena della reclusione da tre a dieci anni se il fatto è commesso con violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale da:

1) soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni;

2) soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope»;

3) al terzo comma, le parole: «anni dodici» sono sostituite dalle seguenti: «anni quindici»;

d) all’articolo 590, dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:

«Nei casi di violazione delle norme sulla circolazione stradale, se il fatto di cui al terzo comma è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, ovvero da soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, la pena per le lesioni gravi è della reclusione da sei mesi a due anni; e la pena per le lesioni gravissime è della reclusione da un anno e sei mesi a quattro anni»;

e) dopo l’articolo 590, è inserito il seguente:

«Art. 590-bis. - (Computo delle circostanze). – Quando ricorre la circostanza di cui all’articolo 589, terzo comma, ovvero quella di cui all’articolo 590, quarto comma, le concorrenti circostanze attenuanti, diverse da quelle previste dagli articoli 98 e 114, non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste e le diminuzioni si operano sulla quantità di pena determinata ai sensi delle predette circostanze aggravanti»;

f) all’articolo 609-ter, primo comma, dopo il numero 5) è aggiunto il seguente:

«5-bis) nei confronti della persona della quale il colpevole sia il coniuge, il convivente o comunque la persona che sia o sia stata legata da stabile relazione affettiva anche senza convivenza»;

g) alla sezione II del capo III del titolo XII del libro secondo, dopo l’articolo 609-decies è aggiunto il seguente:

«Art. 609-undecies. - (Adescamento di minorenni). – Chiunque, allo scopo di abusare o sfruttare sessualmente un minore di anni sedici, intrattiene con lui, anche attraverso l’utilizzazione della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione, una relazione tale da sedurlo, ingannarlo e comunque carpirne la fiducia, è punito con la reclusione da uno a tre anni»;

h) all’articolo 648-bis, primo comma, le parole: «Fuori dei casi di concorso nel reato» sono soppresse;

i) all’articolo 648-ter, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse.

 

Art. 2.

(Modifiche all’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.354)

1. All’articolo 4-bis della legge 26 luglio 1975, n.354, dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Salvo quanto previsto dal comma 1, ai fini della concessione dei benefici ai detenuti e internati per i delitti di cui agli articoli 600-bis, 600-ter, 609-bis e 609-octies del codice penale, se commessi in danno di persona minorenne, e 609-quater del citato codice penale, il magistrato di sorveglianza o il tribunale di sorveglianza valuta la positiva partecipazione ad un programma di riabilitazione specifica».

2. Con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con il Ministro dell’economia e delle finanze, sono disciplinati programmi di riabilitazione, di cui all’articolo 13 della legge 26 luglio 1975, n.354, con specifico riferimento a quanto previsto dall’articolo 4-bis, comma 1-bis, della medesima legge n.354 del 1975, introdotto dal comma 1 del presente articolo.

 

Art. 3.

(Modifiche al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285)

1. All’articolo 222, comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se il fatto di cui al terzo periodo è commesso da soggetto in stato di ebbrezza alcolica ai sensi dell’articolo 186, comma 2, lettera c), ovvero da soggetto sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice applica la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente».

 

Art. 4.

(Modifiche al codice di procedura penale)

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 260, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. L’autorità giudiziaria può procedere, altresì, alla distruzione delle merci di cui sono comunque vietati la fabbricazione, il possesso, la detenzione o la commercializzazione quando le stesse sono, per entità, di difficile custodia, ovvero quando la custodia risulta particolarmente onerosa o pericolosa per la sicurezza, la salute o l’igiene pubblica ovvero quando, anche all’esito di accertamenti compiuti ai sensi dell’articolo 360, risulti evidente la violazione dei predetti divieti. L’autorità giudiziaria dispone il prelievo di uno più campioni con l’osservanza delle formalità di cui all’articolo 364 e ordina la distruzione della merce residua.».

b) all’articolo 274, comma 1, lettera c) , dopo le parole: «o dai suoi precedenti penali» sono inserite le seguenti: «o giudiziari, ovvero dalle risultanze desumibili dal servizio informatico previsto dall’articolo 97 delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del presente codice di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271», e dopo le parole: «sussiste il concreto pericolo che questi commetta», sono inserite le seguenti: «uno dei delitti di cui all’articolo 380, ovvero altri»;

c) all’articolo 275, il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

«1-bis. Contestualmente ad una sentenza di condanna, le misure cautelari personali sono sempre disposte quando, anche tenendo conto degli elementi sopravvenuti, risultano sussistere le esigenze cautelari previste dall’articolo 274, la condanna riguarda uno dei delitti previsti dall’articolo 380, e questo risulta commesso da soggetto condannato nei cinque anni precedenti per delitti della stessa indole»;

d) all’articolo 275, il comma 2-ter è abrogato;

e) all’articolo 275, il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. La custodia in carcere può essere disposta soltanto quando ogni altra misura risulti inadeguata. È applicata la custodia in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti la mancanza di esigenze cautelari, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ad uno dei delitti di cui ai seguenti articoli:

a) 423-bis, primo, terzo e quarto comma, 439, 440, 624-bis e 628 del codice penale;

b) 407, comma 2, lettera a), ad esclusione di quelli di cui all’articolo 609-quater del codice penale, quando il fatto sia di minore gravità;

c) 12, commi 3-bis e 3-ter, del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni;

d) 260, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152»;

f) all’articolo 310, il comma 3 è abrogato;

g) all’articolo 311, dopo il comma 5, è aggiunto il seguente:

«5-bis. Il ricorso per cassazione avverso la decisione con la quale il tribunale, accogliendo l’appello del pubblico ministero, dispone una misura cautelare non ha effetto sospensivo»;

h) all’articolo 392 il comma 1-bis è sostituito dal seguente:

«1-bis. Nei procedimenti per i delitti di cui agli articoli 572, 600, 600-bis, 600-ter, anche se relativo al materiale pornografico di cui all’articolo 600-quater, 600-quinquies, 601, 602, 609-bis, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies del codice penale il pubblico ministero, anche su richiesta della persona offesa, o la persona sottoposta alle indagini possono chiedere che si proceda con incidente probatorio all’assunzione della testimonianza di persona minorenne ovvero della persona offesa maggiorenne, anche al di fuori delle ipotesi previste dal comma 1»;

i) all’articolo 453, dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Il pubblico ministero richiede il giudizio immediato, anche fuori dai termini di cui all’articolo 454, comma 1, e comunque entro centottanta giorni dall’esecuzione della misura, per il reato in relazione al quale la persona sottoposta alle indagini si trova in stato di custodia cautelare, salvo che la richiesta pregiudichi gravemente le indagini.

1-ter. La richiesta di cui al comma 1-bis è formulata dopo la definizione del procedimento di cui all’articolo 309, ovvero dopo il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame.»;

l) all’articolo 455, dopo il comma 1 è aggiunto il seguente:

«1-bis. Nei casi di cui all’articolo 453, comma 1-bis, il giudice rigetta la richiesta se l’ordinanza che dispone la custodia cautelare è stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.»;

m) all’articolo 599, i commi 4 e 5 sono abrogati;

n) all’articolo 602, il comma 2 è abrogato;

o) all’articolo 656, comma 9, lettera a), dopo le parole: «della legge 26 luglio 1975, n.354,e successive modificazioni» sono inserite le seguenti: «, nonché di cui agli articoli 423-bis, 600-bis, 624-bis e 628 del codice penale».

 

Art. 5.

(Modifiche all’articolo 23 delle disposizioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.448)

1. All’articolo 23, comma 1, delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n.448, dopo le parole: «previsti dall’articolo 380, comma 2, lettere e),», sono inserite le seguenti: «e-bis)».

 

Art. 6.

(Clausola di invarianza)

1. Dall’esecuzione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

Art. 7.

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

 

N. 617 

 

DISEGNO DI LEGGE

d’iniziativa dei senatori BELISARIO, ASTORE, BUGNANO, CAFORIO, CARLINO, DE TONI, DI NARDO, GIAMBRONE, LANNUTTI, LI GOTTI, MASCITELLI, PARDI, PEDICA e RUSSO  

 

Comunicato alla presidenza il 21 maggio 2008

 

Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di false attestazioni e di identificazione delle persone.

 

 

 

 

 


 


Onorevoli Senatori. – Il mondo che stiamo vivendo è oramai profondamente diverso da quello in cui le ultime generazioni sono nate, sono cresciute e si sono formate. Negli ultimi venti anni si sono verificati cambiamenti epocali che hanno determinato una realtà nuova, complessa e in continua mutazione.

Immediatamente dopo il crollo del Muro di Berlino, in molti si affrettarono ad ammonire che quello era un evento destinato a segnare il futuro dell’umanità, che si sarebbero verificati cambiamenti e trasformazioni radicali, che il mondo sarebbe rapidamente cambiato. Ebbene, quelle trasformazioni sono in effetti avvenute e hanno realmente trasformato la realtà che viviamo, i rapporti sociali, politici, economici e culturali di milioni di persone.

Appare evidente, però, che di quel monito in troppi paiono essersene dimenticati, tanto che la lettura di molti fenomeni e avvenimenti che caratterizzano l’ultimo ventennio resta spesso limitata a un’interpretazione parziale, a cui sembra mancare la reale consapevolezza che quello che stiamo vivendo è un mondo diverso da quello in cui siamo cresciuti.

I rapporti internazionali, quelli politici ed economici, così come molte delle dinamiche interne ai singoli Stati nazionali, sono spesso legati dal fatto di essere conseguenza più o meno diretta di una nuova realtà, molto più dinamica, probabilmente fragile e indeterminata rispetto a quella consolidatasi fino all’ultimo decennio del secolo scorso. È necessario fare uno sforzo perché questa diventi una consapevolezza acquisita che ci permetta di affrontare e di governare il cambiamento.

Questa è infatti la sfida fondamentale che la politica ha oggi davanti a sé.

A pochi mesi dalla caduta del Muro di Berlino scoppiò il primo conflitto iracheno, con l’intervento militare diretto degli Stati Uniti d’America e di altre nazioni occidentali nel Golfo persico: fino a pochi mesi prima questo sarebbe stato di fatto impossibile. Negli stessi anni, al di là di quella che una volta era la «cortina di ferro», tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico si incamminarono sulla strada della democratizzazione e dell’economia di mercato, verso quel modello occidentale di democrazia che era risultato vincente, alla fine di uno scontro durato per tutto il Novecento, con diversi modelli e sistemi totalitari.

Tale percorso non è stato per tutti i Paesi dell’ex blocco sovietico uguale e spesso, anzi, è stato caratterizzato da sviluppi traumatici e drammatici. In generale, nel breve periodo, tale passaggio ha creato, e non poteva essere altrimenti, forti ed evidenti contraddizioni. Milioni di uomini ne hanno pagato, e continuano a pagarne, le conseguenze; intere popolazioni sono state coinvolte da questi cambiamenti e sarebbe impensabile che tutto potesse essere risolto nell’arco di pochi anni.

Come inevitabile conseguenza di cambiamenti così profondi e radicali è apparsa evidente l’esigenza di ripensare i termini della convivenza e di farlo su un piano non più meramente nazionale, all’interno di un mondo diviso in blocchi. Un mondo nel quale le comunicazioni, il commercio, gli spostamenti e le relazioni internazionali erano vincolati, «costretti» all’interno di un determinato assetto geopolitico, di un mondo, appunto, diviso in blocchi.

In primo luogo sono fisiologicamente apparse nuove esigenze economiche e la necessità di ripensare l’economia nazionale su una scala differente, in un panorama molto più vasto di quello precedente. Sono apparsi una realtà mondiale con potenzialità enormi e un mercato globale molto più selettivo e competitivo.

Lo Stato nazionale, in particolare in Europa dove è nato, caratterizzandone gli ultimi secoli di storia, ha mostrato i suoi limiti di competitività, in una realtà decisamente più vasta di quella precedente, nella quale sarebbero apparsi nuovi e aggressivi protagonisti, basti pensare alle nuove potenze asiatiche: India e Cina possono contare su risorse umane e non solo inesauribili, su un mercato interno nazionale vastissimo, praticamente di dimensioni continentali rispetto agli Stati nazionali europei, quasi senza confini, su costi di produzione enormemente più bassi di quelli occidentali. Il mercato asiatico nel suo complesso appare come nuova frontiera dello sviluppo e della crescita economici mondiali, una realtà capace di essere sia una fonte di nuova ricchezza e investimenti sia una minaccia concreta per la competitività occidentale, in particolare della vecchia Europa.

L’Europa si è trasformata così, rapidamente, da una chimera ad una necessità economica, unico strumento per garantire il mantenimento del livello di vita dei suoi abitanti. Una necessità economica che aveva due fondamentali esigenze: la prima, estendersi, rafforzandosi come soggetto capace di competere su scala mondiale; la seconda, riflettere e ragionare sui motivi fondanti del suo esistere, che non possono essere di sola natura economica. Entrambi i processi sono ancora in corso e destinati a caratterizzare lo sviluppo politico, economico, sociale e culturale dei prossimi anni.

Le comunicazioni e la loro trasformazione hanno contribuito, in maniera determinante, a segnare la fine del «vecchio mondo» e l’inizio di quello nuovo. Sono state probabilmente il tratto caratterizzante di questo passaggio. La «esplosione» delle comunicazioni, l’enorme potenzialità che la tecnologia ha dimostrato di avere in questo settore sono uno degli snodi principali per comprendere e interpretare la realtà contemporanea. In pochi anni abbiamo scoperto che informazioni di ogni tipo possono essere trasmesse in pochi secondi tra luoghi di continenti diversi.

Tale potenzialità si è affermata per molti aspetti «democraticamente», diventando presto patrimonio collettivo. Questo aspetto, così dirompente, ha contribuito e contribuisce tuttora a creare momenti di riflessione e timori. Se da una parte appare necessario estendere la conoscenza dei nuovi linguaggi e delle tecnologie necessarie per utilizzarli a più cittadini del mondo possibili, per evitare che la capacità di condividere informazioni, di scambiarle, di accrescere la propria conoscenza diventi un nuovo fattore di discriminazione, contemporaneamente, dall’altra parte, si riflette sui limiti e sull’eventuale necessità di controllare questi flussi informativi, di come farlo, di chi possa farlo e, anche, non si può non riflettere sulla proprietà e sulla gestione di questi mezzi di comunicazione, sul fatto che i centri di diffusione potrebbero diventare patrimonio esclusivo di quella che potrebbe essere una nuova élite mondiale.

La globalizzazione, il fenomeno che è da qualche anno così denominato, non è solo davanti ai nostri occhi ma è una realtà che stiamo vivendo, una realtà che la politica ha il dovere di governare.

Questo fenomeno, questa nuova realtà, non è solo caratterizzato dalla presenza di una sola «grande potenza» mondiale, da un nuovo scenario di relazioni internazionali, dalla nascita di nuovi soggetti politici sopranazionali, dall’apertura di mercati mondiali, dall’affermazione di nuovi metodi di comunicazione, da una comunicabilità generale di uomini, merci e idee, enormemente più vasta rispetto al più recente passato, dall’ingresso sul panorama mondiale di nuovi protagonisti, ma anche da una nuova e molto più incisiva mobilità degli individui.

I flussi migratori rappresentano una parte integrante e non eliminabile del processo di globalizzazione e non sarebbe concepibile ipotizzare l’apertura dei mercati e l’abbattimento delle barriere economiche senza considerare contestualmente la possibilità di un incremento della mobilità degli individui e di un incremento costante dei flussi migratori, in particolare, dai Paesi più poveri e meno avanzati verso quelli più ricchi e sviluppati.

Se, dunque, la globalizzazione nel suo complesso va governata, è evidente come sia necessario governare anche i flussi migratori che la caratterizzano. È necessario prendere atto di questa nuova realtà, aggiornare gli strumenti che abbiamo a disposizione, predisporne degli altri e affrontare anche i relativi costi, inevitabilmente connessi a tale necessità.

In particolare i flussi migratori vanno governati per permettere uno sviluppo armonico, fondato su principi come la tolleranza, il reciproco rispetto, il confronto tra diverse culture, senza pensare di eliminare le differenze, che esistono e che vanno tutelate armonizzandole tra loro, con l’obbiettivo di allargare l’area di sviluppo e di benessere.

Appare evidente che tale obiettivo non può essere perseguito affermando una linea di confuso e controproducente generalismo. Dobbiamo avere presente che se da una parte esistono i diritti dei popoli migranti, dall’altra resistono legittimamente i diritti delle popolazioni residenti. Tali diritti vanno evidentemente e inevitabilmente contemperati, senza che gli uni prevalgano sugli altri.

Il terreno della sicurezza e del rispetto della legalità è, ad esempio, uno dei più delicati sul quale appare necessario intervenire con la giusta fermezza, per rispetto non solo ai cittadini italiani, ma anche ai tanti stranieri onesti che pagano quotidianamente il ricorso strumentale, che spesso è fatto, all’immigrazione clandestina. L’obiettivo deve essere quello di salvaguardare quella che potremmo definire la «buona immigrazione» da quella che invece è la «cattiva immigrazione». Quest’ultima si presta, infatti, ad uno sfruttamento inumano e sistematico dei cittadini stranieri e alla pratica inaccettabile del commercio di esseri umani: dobbiamo impedire che questo triste e inqualificabile fenomeno possa continuare a sopravvivere.

Lo spirito del presente disegno di legge è quello di puntare a governare il cambiamento e per farlo riteniamo che sia necessario definire regole chiare, che possano anche servire come deterrente alla pratica della clandestinità. La legge e il suo rispetto sono i principi fondamentali su cui costruire una società che sappia essere davvero tollerante e inclusiva, mantenendo alto il suo livello di coesione sociale.

Al 31 dicembre 2006, secondo i dati ufficiali del Ministero dell’interno - Dipartimento della pubblica sicurezza, direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, servizio immigrazione, il numero degli stranieri rintracciati in posizione irregolare sul territorio nazionale è di 124.383, con un aumento del 3,7 per cento. L’attività delle organizzazioni criminali che organizzano gli sbarchi clandestini, in particolare di quelle operanti in Libia, appare essere ancora molto redditizia, tanto che i natanti sequestrati sono passati dai 187 dell’anno 2005 ai 327 dell’anno 2006.

Si segnala, in particolare, come sia notevolmente aumentato il flusso di cittadini clandestini marocchini passati dalle 3.624 unità dell’anno 2005 alle 8.146 unità dell’anno 2006, aumento dovuto in massima parte al contenimento del fenomeno migratorio illegale da parte delle autorità spagnole, attuato a decorrere dai mesi estivi dell’anno 2005.

Persistono anche le altre modalità e rotte di arrivo clandestino, tra cui il ricorso alla falsificazione dei documenti necessari: fenomeno che lascia riflettere su quanto potrebbe essere necessario provvedere a un controllo della documentazione non solo alle frontiere italiane, ma direttamente presso i consolati italiani all’estero.

Secondo l’ultimo dossier statistico sull’immigrazione realizzato da Caritas-Migrantes, nel 2006 solo il 36,5 per cento (45.449) dei 124.383 stranieri individuati in posizione irregolare dalle Forze dell’ordine è stato rimpatriato. Rispetto al 1999 si registra, quindi, una preoccupante diminuzione: in tale anno, infatti, la percentuale dei rimpatri era del 64,1 per cento.

Nel contesto generale dei fenomeni migratori, e della loro metodologia, è però necessario tenere in debita considerazione l’entità dei flussi provenienti dagli altri Paesi dell’area Schengen, dalle cosiddette «frontiere interne» e, ancora di più, il fenomeno dei cosiddetti «overstayer», quegli stranieri, cioè, che entrati regolarmente nel territorio italiano o in quello dell’area Schengen vi rimangono anche dopo la scadenza del visto o dell’autorizzazione al soggiorno.

Proprio questa tipologia, quella degli «overstayer», sembra essere, in effetti, la principale fonte della clandestinità, sia in Italia che in tutti gli altri Paesi dell’area Schengen. Dai dati in nostro possesso sembra che più del 60 per cento della popolazione clandestina presente in Italia sia rappresentata da stranieri che entrano regolarmente sul nostro territorio e che poi vi rimangono dopo la scadenza del loro visto o permesso di soggiorno.

Appare, dunque, evidente come spesso la richiesta di ingresso regolare sia del tutto strumentale alla possibilità di permanenza clandestina. Alla luce di questo fenomeno appare necessario, in primo luogo, ribadire quanto sarebbe utile un controllo della documentazione dei richiedenti nei loro Paesi di origine e, in secondo luogo, riflettere su come il fenomeno della clandestinità si stia evolvendo e si realizzi in maniera differente dall’immaginario collettivo.

In questo contesto, inoltre, appare necessario valutare con attenzione il reale grado di collaborazione da parte dei diversi Paesi stranieri con i quali l’Italia ha firmato specifici accordi bilaterali in tema di politiche migratorie (attualmente sono 27), tenendo presente che non sempre tali accordi riescono ad essere efficaci. Molti Paesi stranieri, infatti, gestiscono i loro flussi migratori utilizzandoli anche come strumento di pressione politica e diplomatica.

È evidente, inoltre, che l’organizzazione dei flussi migratori clandestini conosce bene la nostra legislazione e sa sfruttarne i vuoti e le lacune.

In particolare, oggi sappiamo, come detto, che l’origine della clandestinità non è più legata a ingressi già in origine illegali, ma molto di più a ingressi di stranieri regolari che una volta scaduto il loro permesso decidono di rimanere nella clandestinità. Questo è possibile perché attualmente appare sostanzialmente impossibile, per le autorità competenti, predisporre il rimpatrio del clandestino.

Il problema principale rispetto alla gestione dei flussi migratori appare, dunque, essere quello della possibilità concreta di rimpatriare l’eventuale clandestino. In mancanza del suo riconoscimento e della possibilità di risalire alla sua nazionalità, diventa di fatto impossibile predisporne il rimpatrio, lasciando di fatto alla discrezionalità del clandestino la decisione di ritornare nel Paese di origine, una contraddizione questa che deve essere risolta.

È necessario intervenire con misure idonee affinché i cittadini stranieri presenti sul nostro territorio siano facilmente identificabili, anche nell’ottica di garantire i giusti livelli di sicurezza sociale che abbiamo il dovere di difendere nell’interesse della collettività.

Non appare possibile permettere che si possa pensare di vivere nel nostro Paese al di fuori delle leggi che lo governano, di soggiornare in Italia senza essere identificabili e, dunque, evitando volontariamente di essere ricondotti alla responsabilità delle proprie azioni. Questa distorsione deve essere superata attraverso una legislazione capace di garantire a tutti i cittadini, italiani e stranieri, il rispetto delle leggi e, dunque, la giusta coesione sociale.

Bisogna inoltre considerare che attualmente nella legislazione vigente appare necessario inserire norme specifiche finalizzate a un controllo effettivo sui soggetti richiedenti forza lavoro straniera. Non è stabilito, infatti, alcun meccanismo di previsione circa il volume d’affari delle imprese e delle attività commerciali operanti sul nostro territorio che fanno ottenere, con la richiesta di occupazione, il permesso di soggiorno a moltissimi stranieri.

L’immigrazione resta un’opportunità di crescita e di sviluppo economico e culturale per il nostro Paese, un’opportunità che bisogna essere in grado di valorizzare al massimo. Per farlo le politiche migratorie vanno affrontate senza lasciare spazio a impostazioni di carattere ideologico, che spesso risultano controproducenti anche per i soggetti che si vorrebbe con queste tutelare. È necessario affrontare i flussi migratori con serietà e pragmatismo, al di fuori di schemi ideologici superati e inadeguati. La tolleranza, il rispetto e l’accoglienza non possono essere travisati e confusi con generale permissivismo.

Il rischio di un atteggiamento del genere è quello di provocare, in primo luogo, la crescita nella popolazione residente di un diffuso sentimento di insicurezza, ostacolo principale a un processo di coerente integrazione; in secondo luogo, quello di offrire effettivamente il fianco a comportamenti illegali; in terzo luogo, quello di favorire, da un lato, un vero e proprio traffico di esseri umani, e, dall’altro, di lasciare il campo alla crescita del lavoro nero, di cui troppo spesso gli stranieri clandestini diventano vittime.

Abbiamo bisogno di regole chiare, in particolare degli strumenti necessari affinché si possa risalire facilmente all’identificazione dei cittadini stranieri presenti in Italia. Regole che avrebbero anche un carattere fortemente dissuasivo fungendo da forte deterrente nei confronti del ricorso strumentale all’immigrazione clandestina.

Siamo coscienti che il problema di una coerente gestione dei flussi migratori non è un problema esclusivamente italiano. Manca, al riguardo, una normativa comune per la lotta all’immigrazione clandestina, valida per tutti i Paesi membri dell’Unione europea, che possa impedire agli stranieri irregolari di muoversi da un Paese all’altro aggirando di volta in volta la normativa dei singoli Stati. In questo senso gli accordi di Schengen non paiono in grado di dettare delle linee guida sufficientemente stringenti per coordinare la legislazione in materia di immigrazione dei vari Paesi aderenti. Si segnala, al riguardo, che uno straniero clandestino, una volta entrato nei confini dell’area Schengen, può muoversi tra i vari Paesi senza controlli o, comunque, aggirandoli facilmente.

Dobbiamo essere particolarmente attenti nei confronti di un altro aspetto direttamente collegato all’immigrazione clandestina, cioè al rapporto esistente tra questa e il ricorso al lavoro nero, che negli ultimi anni si è particolarmente radicato. Un rapporto, questo, che può essere interrotto intervenendo sulla diminuzione della clandestinità.

Aumentare i livelli di integrazione sociale, promuovere una immigrazione sostenibile, contrastare la tratta di esseri umani, combattere il ricorso al lavoro nero, aumentare il livello di sicurezza nel nostro Paese, mettere in campo politiche autenticamente tolleranti e integrative, sostenere lo sviluppo e la crescita dell’economia italiana, offrire un futuro migliore a molti stranieri: questi gli obiettivi principali del presente disegno di legge, che riteniamo possibile conseguire attraverso una politica capace di governare il cambiamento, una politica fondata sul rispetto del prossimo e, dunque, delle leggi e delle regole che governano una società, che vanno aggiornate e rese coerenti, al di là di controproducenti impostazioni ideologiche, con le necessità reali della modernità.

Il capo I (articoli 1-24) del presente disegno di legge reca modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, di seguito denominato «testo unico».

L’articolo 1, al fine di promuovere l’immigrazione regolare attraverso una migliore gestione delle «quote», dispone: la programmazione triennale delle quote di cittadini stranieri da ammettere annualmente in Italia (comma 1, lettera a)); la destinazione di parte delle quote d’ingresso a lavoratori che hanno frequentato nei Paesi di origine dei corsi di formazione professionale finanziati dal Governo italiano (comma 1, lettera b)).

Con l’articolo 2, al fine di promuovere l’immigrazione regolare, si è cercato di favorire l’incontro tra domanda e offerta di lavoro di cittadini stranieri attraverso la previsione che, per determinate categorie di lavoratori subordinati, possano essere superate le quote nella misura di un numero prefissato di richieste eccedenti la stessa quota (ad esempio, per le categorie delle domestiche e badanti), a condizione che il settore di attività non possa essere cambiato prima che siano trascorsi ventiquattro mesi dalla data di instaurazione del primo rapporto di lavoro.

All’articolo 3, al fine di ridurre il fenomeno della falsificazione dei documenti utili per l’ingresso nel territorio italiano, è stata prevista la presenza, presso i nostri consolati all’estero, di un nucleo di Forze di polizia che attesti l’autenticità della documentazione presentata dagli stranieri per il rilascio dei visti (comma 1, lettera b)). Al fine di allineare il nostro Paese alla normativa comunitaria si modifica, poi, la disciplina degli ingressi per soggiorni inferiori a tre mesi: non si richiede più il permesso di soggiorno ma una semplice dichiarazione che lo straniero, entro otto giorni dall’ingresso, deve fornire all’autorità di frontiera o al questore della provincia in cui si trova, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno (articolo 3, comma 1, lettera c); si noti che disposizioni simili sono contenute nella legge 28 maggio 2007, n.68, fortemente voluta dal Governo proprio per bloccare la procedura d’infrazione nei confronti dell’Italia promossa dalla Corte di giustizia delle Comunità europee). Si sono però inseriti parametri stringenti intesi nel senso di limitare, per quanto possibile, l’utilizzo strumentale di questo tipo di ingresso.

Con l’articolo 4, al fine di semplificare la disciplina dei permessi di soggiorno, per promuovere l’immigrazione regolare e combattere il fenomeno dell’immigrazione clandestina si è prevista la possibilità di procedere, accanto alla richiesta di rilievi fotodattiloscopici, ad ulteriori esami, a discrezione delle autorità competenti, che consentano l’identificazione certa della persona (ad esempio, esame della retina) (comma 1, lettera b)). Inoltre, i dati acquisiti a seguito degli esami vanno raccolti in un’apposita banca dati istituita presso il Ministero dell’interno (comma 1, lettera c)). Sono stati poi prorogati i termini di scadenza dei permessi di soggiorno (comma 1, lettera d)) muovendoci nell’ottica secondo cui si tratta, in questo caso, di stranieri già identificati e con esperienze lavorative alle spalle e dunque, presumibilmente, di casi di «buona immigrazione». Inoltre, viene introdotto un nuovo tipo di permesso di soggiorno, quello per la ricerca di lavoro, per il quale sono previsti comunque parametri stringenti (comma 4-ter dell’articolo 5 del testo unico, introdotto dall’articolo 4, comma 1, lettera f), del presente disegno di legge); tale permesso, infatti, ha una durata di dodici mesi, rinnovabile una sola volta e per non più di sei mesi, per dare la possibilità a chi ha il permesso di soggiorno in scadenza di poter cercare un’occupazione senza entrare nella clandestinità. Il permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro può essere concesso però solo agli stranieri che hanno lavorato o studiato in Italia per almeno un anno e che dimostrano di essere in possesso dei mezzi materiali necessari al proprio sostentamento durante il loro soggiorno e di avere un preciso domicilio in Italia. Si è inoltre voluta rendere più rigida la valutazione, da parte del giudice, della «pericolosità dello straniero», considerando le condanne per taluni reati cause ostative (ovvero di revoca) alla concessione e al rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia (comma 1, lettera h)). Lo straniero condannato negli ultimi cinque anni per i reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale (omicidio, estorsione, rapina, sequestro, violenza sessuale, detenzione di armi, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, associazione a delinquere, associazione di tipo mafioso, banda armata, associazioni sovversive), di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice e per quelli di cui all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico (favoreggiamento dell’immigrazione clandestina) non può ottenere né rinnovare il permesso di soggiorno e, se ne è già in possesso, gli viene immediatamente revocato (comma 1, lettera i)).

L’articolo 5 dispone che al fine di controllare effettivamente i soggetti richiedenti forza lavoro straniera, questi devono presentare, in allegato al contratto di soggiorno per lavoro subordinato, idonea documentazione attestante il volume d’affari ai sensi dell’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica n.633 del 1972, relativo ai due anni precedenti alla data di presentazione della domanda.

Con apposito decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sarà indicato il numero di lavoratori stranieri che i datori di lavoro, divisi per fasce di volumi d’affari, potranno assumere. La definizione delle suddette fasce di volumi d’affari sarà disposta dal medesimo decreto; inoltre, gli stessi soggetti dovranno dimostrare di avere almeno due bilanci in attivo negli ultimi tre anni di attività.

Al fine di agevolare l’ingresso regolare degli immigrati, con l’articolo 6 si reintroduce, come già rilevato, la figura dello «sponsor»: il cittadino italiano o straniero regolarmente soggiornante che intenda farsi garante dell’ingresso di uno straniero per consentirgli l’inserimento nel mercato del lavoro, ma solo per necessità legate alla propria sfera personale.

Altri soggetti che possono farsi «garanti» dell’ingresso dello straniero in Italia sono le aziende, a seconda del proprio fatturato, e le cooperative.

I «garanti» devono presentare apposita richiesta nominativa alla questura della provincia di residenza, la cui autorizzazione all’ingresso costituisce titolo per il rilascio del visto di ingresso. Il richiedente deve dimostrare di poter effettivamente assicurare allo straniero alloggio e copertura dei costi per il sostentamento per la durata del permesso di soggiorno, oltre a provvedere alle spese di viaggio dello straniero (articolo 5-ter, comma 2, del testo unico). Le aziende richiedenti sono poi tenute a presentare idonea documentazione atte stante il volume d’affari e la situazione finanziaria della propria attività, secondo quanto stabilito dalle lettere b-bis) e b-ter) del comma 1 dell’articolo 5-bis del testo unico, introdotte dall’articolo 5 del presente disegno di legge.

Nel complesso, al contratto di soggiorno, che non è eliminato, affianchiamo, dunque, come ipotesi alternativa lo «sponsor», ma non l’auto-sponsorizzazione. Si affianca, inoltre, anche il permesso di soggiorno per ricerca di lavoro, subordinandolo però a parametri stringenti. Si creano dunque più modalità di ingresso e di permanenza nel territorio italiano per facilitare la «buona immigrazione», seguendo in questo modo un’impostazione evidentemente scevra da influssi ideologici.

L’articolo 7, al fine di combattere il fenomeno dell’immigrazione clandestina prevede, innanzitutto cercando di risolvere il problema dell’identificazione degli stranieri, che le procedure per l’identificazione siano avviate fin dal momento del fermo (comma 1, lettera c)). Inoltre si predispone il trattenimento preventivo presso i centri di identificazione amministrativa istituti ai sensi dell’articolo 13-ter del testo unico, introdotto dall’articolo 15 del presente disegno di legge.

L’articolo 8 è finalizzato a garantire la massima reperibilità degli stranieri presenti nel territorio italiano con un semplice visto per soggiorni di breve durata per motivi di visite, studio, affari e turismo (previsto dall’articolo 4 del testo unico, come modificato dall’articolo 3 del presente disegno di legge). Si è introdotta, con una modifica all’articolo 7 del testo unico, la previsione secondo la quale chiunque dia alloggio ovvero ospiti uno straniero deve non solo darne comunicazione all’autorità di pubblica sicurezza, ma deve altresì richiedere e conservare una copia della sua dichiarazione di presenza.

Coerentemente con quanto disposto già nell’articolo 4, comma 1, lettera h), del presente disegno di legge, si specifica con l’articolo 9 che, nel valutare il grado di «pericolosità» dello straniero ai fini del rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo, occorre considerare le eventuali condanne per taluni reati come cause assolutamente ostative, e non come semplici elementi di cui si deve «anche tenere conto» (comma 1, lettere a) e b)).

Gli articoli 10 e 11 del presente disegno di legge recano norme di coordinamento al testo unico al fine di adeguarlo alle modifiche introdotte dagli articoli precedenti.

All’articolo 12, al fine di assicurare una più puntuale applicazione della legge e un maggiore controllo, è prevista l’istituzione presso la questura del capoluogo di ogni regione di una struttura specializzata che si occupi esclusivamente delle procedure relative all’immigrazione, con una dotazione organica di uomini e di apparecchiature telematiche sufficiente in relazione alla percentuale di immigrati presenti nella regione.

Con l’articolo 13, al fine di contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina aumentando le pene per coloro che la favoriscono, sono apportate diverse modifiche all’articolo 12 del testo unico, prevedendo, sulla base di quanto già proposto dal Governo, disposizioni specifiche.

All’articolo 14 si sono inserite delle norme che tendono a estendere i parametri per l’espulsione non solo ai confini italiani ma all’intera area Schengen. Sono state altresì aumentate le pene per eventuali reingressi a seguito di espulsione.

Il problema dell’identificazione dei clandestini è cruciale all’interno della questione «immigrazione». L’ipotesi prevista dall’articolo 15 del presente disegno di legge, che introduce l’articolo 13-ter del testo unico, è quella dell’istituzione in tutte le regioni di specifici centri di identificazione amministrativa, distinti, ma coordinati, con i centri di permanenza temporanea, dove lo straniero che rifiuta di fornire le proprie generalità può essere fermato, ai sensi di quanto disposto dal comma 3 dell’articolo 6 del testo unico (come sostituto dall’articolo 7 del presente disegno di legge), per un periodo di tempo necessario allo svolgimento del processo per direttissima, svolto ai sensi di specifiche norme del codice penale (introdotte dal presente disegno di legge), o comunque per un periodo di tempo utile al suo riconoscimento. Il fermo è disposto con provvedimento immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o ad impugnativa da parte dell’interessato.

È poi introdotto un meccanismo premiale per chi collabora alla propria identificazione, prevedendo che possa rientrare in Italia dopo un periodo comunque non inferiore a diciotto mesi.

L’istituzione dei nuovi centri comporta, implicitamente, un censimento della fisionomia dei centri di permanenza temporanea, nei quali confluiranno immigrati clandestini di diverso tipo: 1) i cittadini stranieri che hanno vissuto e lavorato in Italia, ma che sono caduti in irregolarità solo in un secondo momento; 2) i cittadini stranieri identificati ovvero che collaborano fattivamente alla loro identificazione e alle operazioni di contrasto all’immigrazione clandestina.

L’articolo 16 prevede l’istituzione di almeno un centro di permanenza temporanea in ogni regione, presso i centri di identificazione amministrativa, e stabilisce che essi siano dotati di propri mezzi e strutture.

All’articolo 17 è previsto che lo straniero condannato per i reati di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale (omicidio, estorsione, rapina, sequestro, violenza sessuale, detenzione di armi, traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, associazione a delinquere, associazione di tipo mafioso, banda armata, associazioni sovversive), di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice di procedura penale e per quelli di cui all’articolo 12, commi 1 e 3, del testo unico (favoreggiamento dell’immigrazione clandestina), dopo aver scontato la pena, è immediatamente espulso dal territorio nazionale.

L’articolo 18 modifica il grado di parentela per evitare l’espulsione portandolo al terzo grado dal quarto, questo anche in virtù delle caratteristiche peculiari delle famiglie di molti stranieri.

L’articolo 19 reca norme di coordinamento. Si inseriscono al contempo norme premiali (aumento delle quote di ingresso) per i Paesi che collaborano effettivamente al riconoscimento dei propri cittadini fermati sul territorio italiano. L’indice della collaborazione è dato dal numero dei rimpatri effettuati a seguito della necessaria identificazione ed è determinato dal Ministero dell’interno, che riferisce annualmente alle Camere sulla collaborazione ottenuta dai singoli Paesi.

Con l’articolo 20 si rafforza il presupposto del volume d’affari come condizione per richiedere lavoratori stranieri: si tratta, in generale, di un articolo congegnato per colpire il ricorso al lavoro nero e allo sfruttamento dei lavoratori stranieri, inasprendo le pene per coloro che impiegano lavoratori senza permesso di soggiorno.

Con l’articolo 21 si dispongono misure atte a limitare il ricorso al ricongiungimento familiare.

L’articolo 22 rende automatico, al compimento della maggiore età, il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro, di lavoro subordinato o autonomo, per esigenze sanitarie o di cura, per il figlio minore dello straniero che convive con almeno un genitore regolarmente soggiornante in Italia.

L’articolo 23 è finalizzato, invece, a sanare la posizione degli stranieri che si trovano in possesso di un permesso di soggiorno scaduto e che dimostrano di aver lavorato regolarmente in Italia: entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge questi, infatti, possono richiedere il permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro istituito dall’articolo 3.

Con l’articolo 24 si prevede una sanatoria per lo straniero già sottoposto a decreto di espulsione che decide di collaborare al suo riconoscimento e, dunque, al suo rimpatrio, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge; in questo caso si dispone l’immediato rimpatrio e gli si riconosce la possibilità di rientrare in Italia regolarmente dopo trentasei mesi.

Il capo II (articoli 25, 26 e 27) reca modifiche al codice penale.

Con l’articolo 25 si prevedono pene più severe per coloro che dichiarano o attestano falsamente la propria identità, non solo alla presenza di un pubblico ufficiale, ovvero in un atto pubblico.

L’articolo 26 introduce un nuovo tipo di reato, ovvero l’alterazione o la mutilazione delle creste papillari o dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l’identificazione o l’accertamento di qualità personali proprie o di altri.

Con l’articolo 27 si sostituisce l’articolo 496 del codice penale, introducendo la nuova fattispecie di reato relativo al rifiuto di collaborazione in ordine all’identificazione propria o di altri e prevedendo ulteriori norme di contrasto a dichiarazioni mendaci circa l’identità o le qualità personali proprie o di altri.

Il capo III (articoli 28 e 29) reca modifiche al codice di procedura penale, coerenti con le norme introdotte nel codice penale. In particolare, si prevede che l’articolo 381 dello stesso codice di procedura penale si applichi anche per i nuovi reati concernenti la falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale o all’autorità giudiziaria sull’identità o qualità personali proprie o di altri, l’alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita o di altre parti del corpo e il rifiuto a collaborare in ordine all’identificazione propria o di altri.

I capi IV e V della proposta di legge hanno invece l’obiettivo di contrastare con strumenti nuovi e norme più stringenti la criminalità urbana, prevedendo strumenti nuovi per combattere quei reati che più di altri contribuiscono al senso di insicurezza dei cittadini.

Gli articoli 30, 31 e 32 pongono particolare attenzione ai minorenni, punendo con più severità coloro che li sfruttano, mettendo a rischio la loro integrità personale, fisica e psichica, e coloro che li rendono partecipi di attività criminose. Per contrastare questi fenomeni si punta innanzitutto a sanzionare in modo severo chi costringe i minori a pratiche avvilenti a sfondo economico.

In questo senso, l’articolo 30 delinea una nuova fattispecie di reato – l’impiego di minori nell’accattonaggio – che punisce con la reclusione fino a tre anni chi si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici, oppure chi permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare. Si introduce la perdita della potestà del genitore – e interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all’amministrazione di sostegno, alla tutela e alla curatela – nel caso in cui i reati di riduzione o mantenimento in schiavitù, tratta di persone e acquisto e alienazione di schiavi siano commessi dal genitore o dal tutore.

Per contrastare, poi, la diffusione della partecipazione di giovanissimi ad azioni criminali gravi si punta su un’azione decisa nei confronti dei correi maggiorenni, in modo da creare una sorta di «cintura sanitaria» intorno ai minori. A questo scopo l’articolo 31 prevede l’applicazione di aggravanti ai maggiorenni nel caso in cui il reato venga compiuto con la partecipazione di un minore di anni 18.

L’articolo 32, infine, interviene per finanziare misure di assistenza e di protezione dei minori.

Gli articoli 33 e 34, invece, pongono in evidenza il problema dei «danneggiamenti», ossia uno di quei fenomeni considerati minori, ma che incidono notevolmente sulla percezione di cura e vivibilità di un territorio. È giusto, dunque, intervenire anche su questi comportamenti per reimpostare politiche attive di risanamento e di promozione della legalità.

In particolare, si aggrava la pena stabilita per i reati di danneggiamento e di deturpamento e imbrattamento di cose altrui nel caso in cui la condotta criminosa sia commessa su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale o su ogni altro immobile, quando al fatto consegue un pregiudizio al decoro urbano. Si prevede, inoltre, che la sospensione condizionale della pena sia sempre subordinata alla eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato oppure alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività.

L’articolo 35 riguarda poi un altro reato strettamente connesso con il decoro e la vivibilità urbana. In questo caso si punta a una forma di «ravvedimento operoso» degli occupanti abusivi. Si prevede, infatti, che il sindaco (o il prefetto sulle strade extraurbane) possa disporre l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e la chiusura dell’esercizio fino all’adempimento dell’ordine. E lo stesso vale per l’esercente che ometta di adempiere agli obblighi inerenti la pulizia e il decoro degli spazi pubblici antistanti l’esercizio. Qualora si tratti di occupazione a fini di commercio è anche prevista la trasmissione del relativo verbale di accertamento agli uffici della Guardia di finanza o dell’Agenzia delle entrate. Restano salvi, inoltre, i provvedimenti e gli interventi dell’autorità per motivi di ordine pubblico.

Un contributo finanziario straordinario è infine attribuito, a norma dell’articolo 37 alle città d’arte per predisporre adeguate misure di tutela del decoro delle aree di valore monumentale, artistico, storico o archeologico.

In accordo con le maggiori funzioni attribuite al sindaco dall’articolo 42, la presente proposta, agli articoli 40 e 41, prevede anche un rafforzamento del ruolo già oggi svolto dai vigili urbani nella tutela della legalità nelle città, in una chiave di maggiore collaborazione con le Forze di polizia. In questo senso, l’articolo 41 prevede che nei piani coordinati di controllo del territorio si definiscano rapporti di reciproca collaborazione tra il personale della polizia municipale e gli organi di polizia dello Stato. Procedure più efficaci, inoltre, saranno stabilite per assicurare l’immediato interessamento degli organi di polizia dello Stato nel caso di interventi nella flagranza dei reati. L’articolo 40, poi, estende la facoltà di accesso diretto dei vigili urbani alla banca dati dei veicoli rinvenuti ed a quella dei documenti di identità rubati o smarriti, e introduce la facoltà di immissione diretta dei dati (e non solo di consultazione di quelli esistenti).

L’articolo 42, invece, nella logica di un apporto degli enti locali che possa davvero costituire un valore aggiunto nella garanzia dell’ordine e della sicurezza pubblica, valorizza il ruolo del sindaco. È il sindaco, infatti, più di chiunque altro, a conoscere le problematiche sociali della realtà locale che incidono negativamente sul senso di sicurezza percepito dai cittadini e che possono dar luogo a problemi di ordine pubblico. Attraverso una modifica all’articolo 54 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267), la possibilità già oggi attribuita al sindaco di adottare provvedimenti contingibili e urgenti per prevenire ed eliminare gravi pericoli all’incolumità pubblica viene estesa anche ai pericoli per la «sicurezza urbana». È un’integrazione connessa proprio all’esigenza di rispondere con una maggiore operatività delle funzioni dei sindaci ai nuovi fenomeni di criminalità.

Viene rafforzata, poi, la collaborazione tra sindaco e prefetto. Il primo, infatti, comunica l’adozione di provvedimenti che riguardano la sicurezza al prefetto, che può intervenire, in una visione strategica, con tutti gli strumenti ritenuti necessari per l’attuazione. In particolare per evitare uno spostamento di attività illecite da un comune all’altro, il prefetto, nel caso di provvedimenti da parte del sindaco che possano avere ripercussioni negative sui comuni limitrofi, può indire una conferenza alla quale partecipano i sindaci interessati, il presidente della provincia, nonché – nel caso in cui tale ultimo intervento sia ritenuto opportuno – i soggetti pubblici e privati dell’ambito territoriale interessato.

L’articolo 43 pone in rilievo il fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive. Le recenti norme volte a contrastare tale fenomeno stanno producendo buoni risultati. Un caso recente ha evidenziato però la necessità di modificare l’articolo 6-ter della legge 13 dicembre 1989, n.401, prevedendo che, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque sia trovato in possesso di razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero di bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, o in quelli destinati anche temporaneamente alla sosta o al transito di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei mezzi di trasporto, o comunque nelle adiacenze dei luoghi o dei mezzi predetti, sia punito, se il fatto è commesso in relazione alla manifestazione sportiva stessa, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 a 5.000 euro. Tale disposizione si applica ai fatti commessi durante lo svolgimento della manifestazione sportiva nonché nelle ventiquattro ore precedenti o successive alla stessa.

L’articolo 44 del disegno di legge prevede infine norme per perfezionare il sistema di prevenzione circa l’uso e il porto delle armi inoffensive. Queste ultime, infatti, vengono sempre più usate con estrema efficacia per commettere rapine.

Si prevede, allora, che il questore possa imporre alle persone condannate per delitti non colposi il divieto di detenere armi di qualsiasi tipo, comprese quelle a ridotta capacità di offensiva, i giocattoli riproducenti armi e i simulacri di armi.



 


 

DISEGNO DI LEGGE

 

Capo I

MODIFICHE AL TESTO UNICO DELLE DISPOSIZIONI CONCERNENTI LA DISCIPLINA DELL’IMMIGRAZIONE E NORME SULLA CONDIZIONE DELLO STRANIERO, DI CUI AL DECRETO LEGISLATIVO 25 LUGLIO 1998, N. 286

Art. 1.

1. All’articolo 3 del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, e successive modificazioni, di seguito denominato «testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998», sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 4:

1) al primo periodo, le parole: «sono annualmente definite» sono sostituite dalle seguenti: «sono definite ogni triennio»;

2) al secondo periodo, le parole: «l’anno» sono sostituite dalle seguenti: «il triennio»;

3) al quarto periodo, la parola: «annuale» è sostituita dalla seguente: «triennale», dopo le parole: «con proprio decreto» sono inserite le seguenti: «di validità annuale» e le parole: «per l’anno precedente» sono sostituite dalle seguenti: «per l’ultimo anno del triennio precedente»;

b) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. Fatto salvo quanto disposto dall’articolo 23, parte delle quote di ingresso di cui al comma 4 del presente articolo è riservata agli stranieri che hanno frequentato nei Paesi di origine appositi corsi di formazione professionale finanziati dal Governo italiano. L’entità di tale riserva è stabilita con apposito decreto del Ministro dell’interno.»;

c) i commi 7 e 8 sono abrogati.

Art. 2.

1. Al titolo I del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, dopo l’articolo 3, come da ultimo modificato dall’articolo l della presente legge, è aggiunto il seguente:

«Art. 3-bis. - (Deroghe alle quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato). – 1. Le quote massime di stranieri da ammettere nel territorio dello Stato, di cui al comma 4 dell’articolo 3, possono essere derogate entro i limiti massimi definiti con apposito decreto del Ministro dell’interno, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per determinate categorie di lavoratori la cui domanda risulta particolarmente elevata.

2. l soggetti rientranti nelle fattispecie di cui al comma 1 non possono cambiare il proprio settore di attività prima che siano trascorsi ventiquattro mesi dalla data di instaurazione del primo rapporto di lavoro».

 

Art. 3.

1. All’articolo 4 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le parole: «spagnolo o arabo», ovunque ricorrano, sono sostituite dalle seguenti: «spagnolo, arabo o cinese»;

b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Presso le autorità consolari italiane sono istituiti appositi nuclei di controllo anticontraffazione per la verifica della documentazione necessaria ai cittadini stranieri per richiedere in qualsiasi forma l’ingresso nel territorio dello Stato.»;

c) al comma 4, dopo il primo periodo sono inseriti i seguenti: «Per soggiorni inferiori a tre mesi lo straniero, anche in caso di provenienza da altri Paesi dell’area Schengen, dichiara la sua presenza all’ufficio di polizia di frontiera, al momento dell’ingresso sul territorio nazionale, ovvero, entro otto giorni dal suo ingresso, al questore della provincia in cui si trova, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell’interno, indicando le località del suo soggiorno. Lo straniero deve comunque dimostrare di essere in possesso dei mezzi necessari per il suo sostentamento sulla base dei criteri indicati nel documento programmatico di cui all’articolo 3, comma 1. In caso di inosservanza degli obblighi ovvero nel caso di trattenimento nel territorio dello Stato oltre i tre mesi od oltre il minore termine stabilito nel visto di ingresso, lo straniero è espulso ai sensi dell’articolo 13. Nell’esame delle domande di visto deve essere accordata dalle autorità competenti particolare considerazione al rischio di immigrazione illegale, per la sicurezza dello Stato e per l’intera area Schengen nonché alle effettive intenzioni di ritorno del richiedente nel Paese di origine. Qualora sorgano dubbi in merito agli scopi del soggiorno o alle effettive intenzioni di ritorno del richiedente nel Paese di origine o ai documenti presentati, questi può essere convocato per un colloquio presso i nuclei di controllo di cui al comma 2-bis dell’articolo 4».

2. La legge 28 maggio 2007, n.68, è abrogata.

 

Art. 4.

1. All’articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, l’ultimo periodo è soppresso;

b) il comma 2-bis è sostituito dal seguente:

«2-bis. Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e, a discrezione delle autorità competenti, ad esame del DNA e della retina.»;

c) dopo il comma 2-bis è inserito il seguente:

«2-ter. I dati raccolti a seguito dei rilievi fotodattiloscopici e dell’esame del DNA e della retina sono raccolti in un’apposita banca dati istituita presso il Ministero dell’interno.»;

d) al comma 3-bis, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) all’alinea, primo periodo, le parole: «è quella prevista dal contratto di soggiorno e comunque» sono soppresse;

2) alla lettera b), le parole: «un anno» sono sostituite dalle seguenti: «diciotto mesi»;

3) alla lettera c), le parole: «due anni» sono sostituite dalle seguenti: «trenta mesi»;

e) al comma 3-quinquies, primo periodo, le parole: «ai sensi dei commi 2 e 3 dell’articolo 4» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi dei commi 2, 2-bis e 3 dell’articolo 4»;

f) dopo il comma 4-bis è inserito il seguente:

«4-ter. Entro trenta giorni dalla scadenza del permesso di soggiorno lo straniero che ha compiuto il diciottesimo anno di età e che non rientra nelle fattispecie di cui al comma 3-bis, lettere b) e c), può richiedere uno specifico permesso di soggiorno valido per la ricerca di lavoro sul territorio dello Stato. La durata di tale permesso non può essere superiore complessivamente a dodici mesi, con la possibilità di rinnovo per una sola volta e per non più di sei mesi. Lo straniero richiedente deve dimostrare al momento della richiesta di essere in possesso dei mezzi materiali necessari al suo sostentamento durante il suo soggiorno e deve indicare un domicilio in Italia. Ogni eventuale trasferimento di domicilio deve essere comunicato alle autorità competenti almeno sette giorni prima dello stesso. Le autorità competenti, al momento del rilascio del permesso di soggiorno valido per la ricerca di lavoro, trasmettono la documentazione necessaria agli uffici competenti per l’iscrizione ai centri per l’impiego. Il permesso di soggiorno valido per la ricerca di lavoro è concesso esclusivamente agli stranieri legalmente soggiornanti in Italia da almeno un anno che sono stati titolari di un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato o indeterminato, ovvero che hanno frequentato un corso di formazione professionale o che hanno conseguito il diploma di scuola secondaria di secondo grado o un diploma di laurea secondo il vigente ordinamento italiano.»;

g) al comma 5, secondo periodo, le parole da: «e dell’esistenza» fino alla fine del periodo sono soppresse;

h) il comma 5-bis è sostituito dal seguente:

«5-bis. Nel valutare la pericolosità dello straniero per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato o di uno dei Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi per la soppressione dei controlli alle frontiere esterne e la libera circolazione delle persone, le condanne per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice e all’articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico, sono ostative ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di famiglia e, se questo è già stato rilasciato, ne determinano la revoca.»;

i) dopo il comma 9, sono aggiunti i seguenti:

«9-bis. Il permesso di soggiorno non può essere concesso o rinnovato allo straniero che nei cinque anni precedenti la richiesta è stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice e all’articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico.

9-ter. Allo straniero, titolare di permesso di soggiorno, che è stato condannato, senza il beneficio della sospensione condizionale della pena, per uno dei reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui all’articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico, il permesso di soggiorno è revocato dalla data di esecuzione della pena e non può più essere richiesto».

 

Art. 5.

1. All’articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

«b-bis) l’idonea documentazione attestante il volume d’affari ai sensi dell’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, e successive modificazioni, relativo ai due anni precedenti alla data di presentazione della domanda. Con apposito decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, è indicato il numero di lavoratori stranieri che i datori di lavoro, divisi per fasce di volumi di affari, possono assumere. La definizione delle suddette fasce di volumi d’affari è disposta dal medesimo decreto;

b-ter) l’idonea documentazione riferita agli ultimi tre anni di attività, che dimostri che almeno due bilanci dell’impresa o dell’azienda risultino in attivo»;

b) al comma 2, le parole: «di cui alle lettere a) e b) sono sostituite dalle seguenti: «di cui alle lettere a), b), b-bis) e b-ter).

 

Art. 6.

1. Dopo l’articolo 5-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, come modificato dall’articolo 5 della presente legge, è inserito il seguente:

«Art. 5-ter. - (Prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro). – 1. Possono farsi garanti dell’ingresso di uno straniero nel territorio dello Stato al fine del suo inserimento nel mercato del lavoro i seguenti soggetti:

a) il cittadino privato italiano o straniero regolarmente soggiornante, per necessità legate alla sua sfera personale, ad esigenze familiari o comunque ricadenti nella sua attività privata;

b) l’impresa ovvero l’azienda, le società di persone e le società di capitali, per fini legati alla loro attività imprenditoriale e con modalità differenti a seconda dei diversi volumi di fatturato. Fino ad un milione di euro di fatturato annuo è possibile richiedere, in un periodo di tre anni, al massimo tre lavoratori stranieri; fino a 10 milioni di euro, al massimo cinque lavoratori stranieri; fino a 50 milioni di euro, al massimo quindici lavoratori stranieri. Tali limiti possono essere aumentati per una quota pari al 100 per cento nel caso in cui il datore di lavoro dimostri che gli stranieri richiesti durante il triennio siano occupati stabilmente all’interno dell’azienda;

c) le società cooperative.

2. La richiesta di cui al comma 1 deve essere presentata entro due mesi dalla data della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui all’articolo 3, comma 4, con apposita richiesta nominativa alla questura della provincia di residenza, la cui autorizzazione all’ingresso costituisce titolo per il rilascio del visto di ingresso. I soggetti richiedenti devono dimostrare di poter effettivamente assicurare allo straniero alloggio e copertura dei costi per il sostentamento per la durata del permesso di soggiorno. L’autorizzazione all’ingresso è concessa, ai sensi di quanto disposto dalla normativa vigente, nell’ambito delle quote stabilite e secondo le modalità indicate nei decreti di attuazione del documento programmatico per gli ingressi per lavoro e deve essere utilizzata entro e non oltre sei mesi dalla data di presentazione della domanda. Essa consente di ottenere, previa iscrizione ai centri per l’impiego, un permesso di soggiorno per un anno ai fini dell’inserimento nel mercato del lavoro.

3. I soggetti di cui al comma 1, lettera b), del presente articolo, che intendono farsi garanti dell’ingresso di uno straniero per consentirgli l’inserimento nel mercato del lavoro sono tenuti, altresì, agli obblighi di cui alle lettere b), b-bis) e b-ter) del comma 1 dell’articolo 5-bis.

4. Con decreto adottato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, è definito l’elenco dei soggetti ammessi a prestare la garanzia per l’accesso al lavoro di cui al comma 1, lettere b) e c).

5. La prestazione di garanzia per l’accesso al lavoro è ammessa secondo le modalità indicate nell’apposito regolamento di attuazione, adottato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali».

 

Art. 7.

1. All’articolo 6 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «soggiorno per motivi di lavoro» sono inserite le seguenti: «ovvero nei permessi di soggiorno di cui al comma 4-ter dell’articolo 5 e all’articolo 5-ter»;

b) il comma 3 è sostituito dal seguente:

«3. Chiunque, a richiesta degli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza, non esibisce, senza giustificato motivo, il permesso o la carta di soggiorno, ovvero il passaporto o altro documento di identificazione, è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaletici, nonché ad esame della retina, ed è punito ai sensi di quanto disposto dall’articolo 496 del codice penale. Gli ufficiali e agenti di pubblica sicurezza sono tenuti ad accompagnare la persona nei propri uffici e a provvedere al suo trasferimento al centro di identificazione amministrativa, di cui all’articolo 13-ter, più vicino.»;

c) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Le procedure per l’identificazione, da attivare in collaborazione con il diretto interessato e con i Paesi stranieri, devono essere avviate dal momento del fermo. A tale fine il questore ordina che lo straniero fermato sia trattenuto negli appositi centri di identificazione amministrativa di cui all’articolo 13-ter. Il fermo è disposto, in ogni caso, con provvedimento motivato immediatamente esecutivo, anche se sottoposto a gravame o impugnativa da parte dell’interessato. Lo straniero è trattenuto ai sensi di quanto disposto dal citato articolo 13-ter.»;

d) il comma 4 è abrogato.

 

Art. 8.

1. All’articolo 7, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ed è altresì tenuto a richiedere e a conservare per tutto il periodo di riferimento una copia della dichiarazione di presenza nel territorio nazionale di cui all’articolo 4, comma 4».

 

Art. 9.

1. All’articolo 9 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 4:

1) al primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «ovvero agli stranieri che hanno riportato condanna, anche se non definitiva, per i delitti di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice di procedura penale e per quelli di cui all’articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico»;

2) al secondo periodo, le parole da: «, ovvero» fino alla fine del periodo sono soppresse;

3) al terzo periodo, le parole: «altresì della durata del soggiorno nel territorio nazionale e» sono soppresse;

b) al comma 10 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«c-bis) quando lo straniero ha riportato una condanna per delitti di particolari gravità e allarme sociali».

 

Art. 10.

1. All’articolo 9-bis, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, il terzo periodo è soppresso.

 

Art. 11.

1. All’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 sono premesse le seguenti parole: «Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 4, comma 2-bis,»;

b) al comma 4, secondo periodo, dopo le parole: «A tale scopo,» sono inserite le seguenti: «fermo restando quanto disposto dall’articolo 21,»;

c) al comma 5-bis, le parole: «2004 e 2005» sono sostituite dalle seguenti: «2008 e 2009».

 

Art. 12.

1. Dopo l’articolo 11 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, come da ultimo modificato dall’articolo 11 della presente legge, è inserito il seguente:

«Art. 11-bis. - (Strutture specializzate di controllo). – 1. È istituita, presso la questura di ogni capoluogo di regione, una struttura specializzata con compiti esclusivi in ordine alle procedure relative alle esigenze di controllo della popolazione straniera e del rispetto delle norme del presente testo unico. Tali strutture devono essere fornite di una dotazione di uomini e di mezzi adeguati in relazione alla percentuale di stranieri presenti nella regione.

2. Con decreto del Ministro dell’interno possono essere istituite nelle regioni con popolazione superiore a 3 milioni di abitanti ulteriori strutture di cui al comma 1 presso le questure dei capoluoghi di provincia».

 

Art. 13.

1. All’articolo 12 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 15.000 euro per ogni persona» sono sostituite dalle seguenti: «è punito con la reclusione da tre a quindici anni e con la multa fino a 30.000 euro per ogni persona»;

b) al comma 3, dopo le parole: «profitto anche indiretto,» sono inserite le seguenti: «promuove, favorisce, organizza o» e le parole: «con la reclusione da quattro a quindici anni e con la multa di 15.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da dieci a venticinque anni e con la multa di 30.000 euro»;

c) al comma 3-bis, lettera a), la parola: «cinque» è sostituita dalla seguente: «tre»;

d) dopo il comma 4 è inserito il seguente:

«4-bis. Ai soggetti nei confronti dei quali sussistono gravi indizi in ordine ai reati previsti dal comma 3 è applicata la misura della custodia cautelare in carcere»;

e) al comma 6, le parole: «da euro 3.500 a euro 5.500» sono sostituite dalle seguenti: «da euro 6.000 a euro 10.000» e le parole: «da uno a dodici mesi» sono sostituite dalle seguenti: «da dodici a trentasei mesi»;

f) al comma 7, primo periodo, dopo le parole: «delle cose trasportate,» sono inserite le seguenti: «nonché al sequestro degli stessi per non più di ventiquattro ore,».

 

Art. 14.

1. All’articolo 13 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2 sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

«c-bis) si è trattenuto in uno dei Paesi con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi di soppressione dei controlli alla frontiera per un periodo superiore a tre mesi senza il relativo permesso di soggiorno;

c-ter) è stato dichiarato inammissibile nell’area Schengen da uno dei Paesi che ne fanno parte.»;

b) il comma 2-bis è abrogato;

c) al comma 3 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso si tratti di uno straniero non identificato ovvero si debba procedere ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità, in attesa della decisione sulla richiesta di nulla osta, il questore adotta la misura del trattenimento presso un centro di identificazione amministrativa di cui all’articolo 13-ter».

 

Art. 15.

1. Dopo l’articolo 13-bis del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, è inserito il seguente:

«Art. 13-ter. - (Centri di identificazione amministrativa). – 1. Qualora il cittadino straniero, fermato ai sensi dell’articolo 6, comma 3, non collabori, al di là di oggettive cause ostative, alla sua identificazione, con specifico riferimento alla propria nazionalità, il questore, a mezzo di decreto di fermo, dispone che lo stesso sia trattenuto in appositi centri di identificazione amministrativa istituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il decreto di fermo di cui al periodo precedente è disposto in ogni caso con provvedimento motivato immediatamente esecutivo e deve essere convalidato dal giudice di pace territorialmente competente entro quarantotto ore ai sensi di quanto disposto dal comma 2.

2. Avverso i decreti di convalida del fermo di cui al comma 1 è proponibile il ricorso in cassazione. Il ricorso non sospende l’esecuzione della misura. Il termine di quarantotto ore entro il quale il giudice di pace deve provvedere alla convalida del fermo decorre dal momento della comunicazione del provvedimento alla cancelleria.

3. La convalida comporta che lo straniero sia trattenuto presso il centro di identificazione amministrativa fino alla conclusione del procedimento a suo carico per i reati di cui agli articoli 495, 495-ter e 496 del codice penale, da espletare per direttissima in osservanza di quanto disposto dagli articoli 449 e seguenti del codice di procedura penale o, comunque, fino a quando non sia stato effettivamente identificato.

4. È istituito almeno un centro di identificazione amministrativa in ogni regione.

5. Oltre a quanto previsto dal regolamento di attuazione e dalle norme in materia di giurisdizione, il Ministro dell’interno adotta i provvedimenti occorrenti per l’esecuzione di quanto disposto dal presente articolo, anche mediante convenzioni con altre amministrazioni dello Stato, con gli enti locali, con i proprietari o concessionari di aree, strutture e altre installazioni nonché per la fornitura di beni e di servizi. Eventuali deroghe alle disposizioni vigenti in materia finanziaria e di contabilità sono adottate di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze. Il Ministro dell’interno promuove inoltre le intese occorrenti per gli interventi di competenza di altri Ministri.

6. Il cittadino straniero fermato, nei cui confronti non sia intervenuto un decreto di espulsione, che decida di collaborare ai fini della sua identificazione, anche in relazione alla propria nazionalità, prima che sia intervenuta una condanna di primo grado per i reati di cui agli articoli 495, 495-ter e 496 del codice penale, è immediatamente rimpatriato con accompagnamento alla frontiera. Allo straniero è concessa la facoltà di rientrare legalmente in Italia dopo un periodo comunque non inferiore a diciotto mesi.

7. Lo straniero è trattenuto nel centro di identificazione amministrativa secondo modalità che garantiscano il pieno rispetto della sua dignità.

8. Il questore del luogo in cui si trova il centro di identificazione amministrativa trasmette copia degli atti al giudice di pace competente per la convalida entro quarantotto ore dall’adozione del provvedimento.

9. L’udienza per la convalida si svolge in camera di consiglio con la partecipazione necessaria di un difensore tempestivamente avvertito. L’interessato, anch’esso tempestivamente avvertito e informato, è condotto nel luogo in cui il giudice tiene l’udienza. Avverso il decreto di fermo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al sesto e al settimo periodo del comma 8 dell’articolo 13. Il giudice provvede alla convalida, con decreto motivato, entro le quarantotto ore successive, verificata l’osservanza dei termini, la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 13 e dal presente articolo e sentito l’interessato, se comparso. Il provvedimento cessa di avere ogni effetto qualora non sia osservato il termine per la decisione.

10. Quando non sia stato possibile identificare lo straniero, durante il periodo di fermo, o alla conclusione dell’eventuale periodo di detenzione disposta ai sensi degli articoli 495, 495-ter e 496 del codice penale, il questore ordina allo straniero di lasciare il territorio dello Stato entro il termine di tre giorni. L’ordine è dato con provvedimento scritto, recante l’indicazione delle ulteriori conseguenze penali della sua trasgressione. Allo straniero è intimato il divieto perenne di rientro in Italia.

11. Allo straniero che senza giustificato motivo si trattiene o rientra nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal questore di cui al comma 10 si applica quanto previsto dal comma 13-bis dell’articolo 13 e dal comma 5-quater dell’articolo 14.

12. Nel caso in cui durante il periodo di fermo, ovvero di detenzione, si giunga all’identificazione dello straniero, quest’ultimo, dopo aver scontato la pena prevista, è immediatamente espulso con le modalità di cui al comma 4 dell’articolo 13. Nel caso di cui al presente comma, allo straniero è fatto divieto perenne di rientro nel territorio dello Stato.

13. Ai fini dell’accompagnamento anche collettivo alla frontiera resta fermo quanto disposto dal comma 8 dell’articolo 14».

 

Art. 16.

1. All’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, primo periodo, le parole: «accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità,» sono soppresse e le parole: «, tra quelli individuati» fino alla fine del comma sono soppresse;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, è istituito un centro di permanenza temporanea e assistenza in ogni regione. Il centro di permanenza temporanea e assistenza è collocato presso il centro di identificazione amministrativa di cui all’articolo 13-ter, ed è dotato di propri mezzi e strutture.»;

c) al comma 5, secondo periodo, le parole da: «accertamento» fino a: «ovvero» sono soppresse.

 

Art. 17.

1. All’articolo 15 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«1-ter. Fuori dai casi previsti dal codice penale, lo straniero con regolare permesso di soggiorno condannato per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, ovvero per i reati di cui agli articoli 380 e 381 del medesimo codice e all’articolo 12, commi 1 e 3, del presente testo unico, dopo aver scontato la pena prevista è immediatamente espulso dal territorio dello Stato».

 

Art. 18.

1. All’articolo 19, comma 2, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, le parole: «entro il quarto grado» sono sostituite dalle seguenti: «entro il terzo grado».

 

Art. 19.

1. All’articolo 21 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e ai sensi di quanto disposto dall’articolo 3-bis»;

b) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:

«1-bis. Le quote massime di stranieri da ammettere sul territorio dello Stato riservate a ogni singolo Paese straniero, ai sensi di quanto disposto dal comma 1, possono variare in base all’effettiva collaborazione delle autorità competenti del Paese interessato all’identificazione dei propri cittadini fermati sul territorio dello Stato.

1-ter. L’indice per determinare l’effettiva collaborazione dei singoli Paesi stranieri è determinato dal Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro degli affari esteri, ed è dato dal numero dei rimpatri effettuati, a seguito della necessaria identificazione, tenuto conto del differente numero di affluenze da ogni singolo Paese straniero.

1-quater. Il Ministro dell’interno riferisce annualmente alle Camere, entro il 30 novembre di ciascun anno, riguardo alla collaborazione ottenuta da ogni singolo Paese straniero e alle conseguenti variazioni effettuate sulle quote.

1-quinquies. Le variazioni di cui al comma 1-bis sono disposte con apposito decreto del Ministro dell’interno, adottato di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali».

 

Art. 20.

1. All’articolo 22 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2 è aggiunta, in fine, la seguente lettera:

«d-bis) idonea documentazione attestante il volume d’affari ai sensi dell’articolo 20 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n.633, e successive modificazioni, relativo ai due anni precedenti alla data di presentazione della domanda. Con apposito decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, è indicato il numero di lavoratori stranieri che i datori di lavoro, divisi per fasce di volume d’affari, possono assumere. La definizione delle suddette fasce di volumi d’affari è disposta dal medesimo decreto.»;

b) dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. La mancata instaurazione del rapporto di lavoro in presenza di cause comunque non imputabili al lavoratore non preclude il rilascio del permesso di soggiorno di cui al comma 4-ter dell’articolo 5»;

c) al comma 7, le parole: «da 500 a 2.500 euro» sono sostituite dalle seguenti: «da 1.500 a 5.000 euro»;

d) al comma 10 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, e nei decreti di cui agli articoli 3-bis e 21»;

e) al comma 12 le parole: «da tre mesi ad un anno» sono sostitute dalle seguenti: «da uno a tre anni» ed è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nel caso in cui i lavoratori stranieri impiegati privi del permesso di soggiorno siano superiori a due, il datore di lavoro è punito con l’arresto da tre a cinque anni e con l’ammenda di 10.000 euro per ogni lavoratore impiegato»;

f) dopo il comma 12 è inserito il seguente:

«12-bis. Lo straniero irregolare che denunci alle autorità competenti il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, ovvero il cui permesso sia scaduto, può usufruire del permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro di cui al comma 4-ter dell’articolo 5».

 

Art. 21.

1. All’articolo 29, comma 1, lettera d), del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, dopo le parole: «genitori a carico» sono inserite le seguenti: «, propri o del coniuge, con più di sessanta anni di età,».

 

Art. 22.

1. All’articolo 32, comma 1, primo periodo, del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, le parole: «può essere» sono sostituite dalla seguente: «è».

 

 

Art. 23.

1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, gli stranieri che hanno un permesso di soggiorno scaduto e che dimostrano di aver lavorato regolarmente in Italia possono richiedere lo specifico permesso di soggiorno per la ricerca di lavoro istituito ai sensi del comma 4-ter dell’articolo 5 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, introdotto dall’articolo 4, comma 1, lettera f), della presente legge.

 

Art. 24.

1. Lo straniero sottoposto a decreto di espulsione anche nel caso in cui si sia trattenuto nel territorio dello Stato in violazione dell’ordine impartito dal questore ai sensi del comma 5-bis dell’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, ovvero vi sia rientrato in violazione di quanto disposto dal comma 13 dell’articolo 13 del medesimo testo unico, se entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge collabora alla sua identificazione, è immediatamente rimpatriato con accompagnamento alla frontiera. Fermo restando quanto disposto dall’articolo 17 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998, allo straniero è concessa la facoltà di rientrare legalmente in Italia dopo un periodo comunque non inferiore a trentasei mesi.

2. Lo straniero di cui al comma 1, che, decorsi tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è fermato dalle autorità competenti, è sottoposto a procedimento penale per i reati di cui agli articoli 495, 495-ter e 496 del codice penale, da espletare per direttissima ai sensi di quanto disposto dagli articoli 499 e seguenti del codice di procedura penale; si applica quanto previsto dal comma 13-bis dell’articolo 13 e dal comma 5-quater dell’articolo 14 del testo unico di cui al decreto legislativo n.286 del 1998.

 

 

 

Capo II

MODIFICHE AL CODICE PENALE

 

Art. 25.

1. L’articolo 495 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 495. - (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale o all’autorità giudiziaria sull’identità o su qualità personali proprie o di altri). – Chiunque, a seguito di espressa richiesta, dichiara o attesta falsamente a un pubblico ufficiale nell’esercizio delle funzioni o del servizio, ovvero in un atto pubblico, la propria identità o stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni. Alla stessa pena soggiace chi commette il fatto in una dichiarazione destinata ad essere riprodotta in un atto pubblico, ovvero se la falsa dichiarazione sulla propria identità, sul proprio stato o sulle proprie qualità personali è resa da un imputato all’autorità giudiziaria o ad autorità da essa delegata, ovvero se, per effetto della falsa dichiarazione, nel casellario giudiziale una decisione penale è iscritta sotto falso nome».

 

Art. 26.

1. Dopo l’articolo 495-bis del codice penale è inserito il seguente:

«Art. 495-ter. - (Alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l’identificazione o l’accertamento di qualità personali proprie o di altri). – Chiunque altera, oblitera o, comunque, mutila, anche solo in parte, le creste papiIlari dei polpastrelli delle dita delle proprie o delle altrui mani o altre parti del proprio o dell’altrui corpo utili per consentire l’accertamento della propria o dell’altrui identità o dello stato o altre qualità della propria o dell’altrui persona è punito con la reclusione da uno a sei anni».

 

Art. 27.

1. L’articolo 496 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 496. - (Rifiuto di collaborazione in ordine all’identificazione propria o di altri e false dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o di altri). – Chiunque, fuori dai casi indicati dagli articoli 494, 495 e 495-ter, interrogato sull’identità, sullo stato o su altre qualità della propria o dell’altrui persona, non collabora alla propria o all’altrui identificazione ovvero fa mendaci dichiarazioni a un pubblico ufficiale o a persona incaricata di un pubblico servizio, nell’esercizio delle funzioni o del servizio, è punito con la reclusione da uno a due anni».

 

Capo III

MODIFICHE AL CODICE

DI PROCEDURA PENALE

 

Art. 28.

1. All’articolo 381, comma 2, del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti lettere:

«m-ter) falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale o all’autorità giudiziaria sull’identità o su qualità personali proprie o di altri, prevista dall’articolo 495 del codice penale;

m-quater) alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l’identificazione o l’accertamento di qualità personali proprie o di altri, prevista dall’articolo 495-ter del codice penale;

m-quinquies) rifiuto di collaborazione in ordine all’identificazione propria o di altri e false dichiarazioni sull’identità o su qualità personali proprie o di altri, previsti dall’articolo 496 del codice penale».

 

Art. 29.

1. All’articolo 449 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«6-bis. Le disposizioni di cui al comma 6 non si applicano qualora il reato per cui è richiesto il giudizio direttissimo risulti connesso con il reato di cui all’articolo 495 o con quello di cui all’articolo 495-ter del codice penale. Se la riunione è indispensabile prevale in ogni caso il rito direttissimo».

 

Capo IV

DISPOSIZIONI PER IL CONTRASTO DELLA ILLEGALITÀ DIFFUSA

 

Art. 30.

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 28, secondo comma, il n.3 è sostituito dal seguente:

«3. dell’ufficio di tutore o di curatore, anche provvisorio, o di amministratore di sostegno, e di ogni altro ufficio attinente alla tutela, alla cura o all’amministrazione di sostegno;»;

b) dopo l’articolo 600-septies è inserito il seguente:

«Art. 600-octies. - (Impiego di minori nell’accattonaggio). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque si avvale per mendicare di una persona minore degli anni quattordici o, comunque, non imputabile, ovvero permette che tale persona, ove sottoposta alla sua autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza, mendichi, o che altri se ne avvalga per mendicare, è punito con la reclusione fino a tre anni.»;

c) dopo l’articolo 602 è inserito il seguente:

«Art. 602-bis. - (Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 600, 601 e 602 comporta, qualora i fatti siano commessi dal genitore o dal tutore, rispettivamente:

a) la decadenza dall’esercizio della potestà del genitore;

b) l’interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attinente all’amministrazione di sostegno, alla tutela e alla cura.»;

d) l’articolo 671 è abrogato.

Art. 31.

1. All’articolo 112 del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, n.4, dopo le parole: «avvalso degli stessi», sono inserite le seguenti: «o con gli stessi ha partecipato»;

b) al secondo comma, dopo le parole: «si è avvalso di persona non imputabile o non punibile, a cagione di una condizione o qualità personale,», sono inserite le seguenti: «o con la stessa ha partecipato»;

c) al terzo comma, dopo le parole: «Se chi ha determinato altri a commettere il reato o si è avvalso di altri», sono inserite le seguenti: «o con questi ha partecipato».

 

Art. 32.

1. Dopo il comma 2 dell’articolo 18 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286, sono inseriti i seguenti:

«2-bis. Nel corso di operazioni di polizia, di indagini o di un procedimento per taluno dei delitti previsti dagli articoli 572, 583 e 583-bis del codice penale o per uno dei delitti previsti dall’articolo 380 del codice di procedura penale, sempre che tali delitti siano commessi in ambito familiare, ovvero nel corso di interventi assistenziali dei servizi sociali degli enti locali, quando siano accertate situazioni di violenza in ambito familiare nei confronti di uno straniero od apolide ed emerga un concreto ed attuale pericolo per la sua incolumità, come conseguenza della scelta di sottrarsi alla medesima violenza familiare o per effetto delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari o del giudizio, il questore, anche su proposta del Procuratore della Repubblica, o con il parere favorevole della stessa autorità, rilascia lo speciale permesso di soggiorno di cui al comma 1 per consentire alla vittima di sottrarsi alla violenza familiare e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale.

2-ter. Con la proposta o il parere di cui al comma 2-bis, sono comunicati al questore gli elementi da cui risulti la sussistenza delle condizioni ivi indicate, con particolare riferimento alla gravità ed attualità del pericolo di vita. Ove necessario, nel superiore interesse del minore, previo parere del pubblico ministero presso il tribunale per i minori, il permesso di soggiorno di cui al comma 2-bis è esteso ai figli minori dello straniero o apolide vittima della violenza familiare».

2. All’onere derivante dal comma 1, pari a 1 milione di euro a decorrere dall’anno 2008, si provvede a valere sulla disponibilità del Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità, istituito dall’articolo 19, comma 3, del decreto-legge 4 luglio 2006, n.223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n.248, ed incrementato dall’articolo 1, comma 1261, della legge 27 dicembre 2006, n.296.

 

Art. 33.

1. Al secondo comma dell’articolo 635 del codice penale, dopo il n.3, è inserito il seguente:

«3-bis. su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale;».

2. Per i reati di cui all’articolo 635, secondo comma, del codice penale la sospensione condizionale della pena è sempre subordinata all’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato, ovvero, se il condannato non si oppone, alla prestazione di attività non retribuita a favore della collettività per un tempo determinato comunque non superiore alla durata della pena sospesa, secondo le modalità indicate dal giudice nella sentenza di condanna.

 

Art. 34.

1. Al secondo comma dell’articolo 639 del codice penale, dopo le parole: «compresi nel perimetro dei centri storici,» sono inserite le seguenti: «ovvero su immobili sottoposti a programmi di risanamento edilizio o ambientale o su ogni altro immobile, quando al fatto consegue un pregiudizio del decoro urbano,».

 

Art. 35.

1. Fatti salvi i provvedimenti dell’autorità per motivi di ordine pubblico, nei casi di indebita occupazione di suolo pubblico previsti dall’articolo 633 del codice penale e dall’articolo 20 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n.285, e successive modificazioni, il sindaco, per le strade urbane, ed il prefetto, per quelle extraurbane o, quando ricorrono motivi di sicurezza pubblica, per ogni luogo, possono ordinare l’immediato ripristino dello stato dei luoghi a spese degli occupanti e, se si tratta di occupazione a fine di commercio, la chiusura dell’esercizio fino al pieno adempimento dell’ordine e del pagamento delle spese o di prestazione di idonea garanzia e, comunque, per un periodo non inferiore a cinque giorni.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso in cui l’esercente ometta di adempiere agli obblighi inerenti alla pulizia e al decoro degli spazi pubblici antistanti l’esercizio.

3. Se si tratta di occupazione a fine di commercio, copia del relativo verbale di accertamento è trasmessa, a cura dell’ufficio accertatore, agli uffici della Guardia di finanza o dell’Agenzia delle entrate territorialmente competenti.

 

Art. 36.

1. Al decreto legislativo 22 gennaio 1948, n.66, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 1, primo comma, dopo le parole: «in una strada», sono inserite le seguenti: «ordinaria o»;

b) all’articolo 1-bis, primo comma, le parole: «depone od abbandona congegni o altri oggetti di qualsiasi specie in una strada ordinaria o comunque», sono soppresse.

 

Art. 37.

1. Ai comuni che abbiano adempiuto, ovvero vi provvedano entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, alle previsioni di cui all’articolo 52 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n.42, e successive modificazioni, è assegnato, tenuto conto della consistenza e dell’impatto dei flussi turistici e della rilevanza del patrimonio culturale, un contributo straordinario volto ad assicurare la predisposizione di adeguate misure a tutela del decoro delle aree di valore monumentale, storico, artistico e archeologico. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per i beni e le attività culturali, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definiti i criteri e le modalità per la ripartizione delle risorse, all’apposito Fondo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo per un importo pari ad euro 18.000.000 per l’anno 2008, ad euro 14.978.000 per l’anno 2009 e ad euro 32.978.000 per l’anno 2010. Al suddetto onere si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell’ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al medesimo Ministero.

 

Art. 38.

1. All’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n.689, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al quinto comma sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi:

«Tutte le notificazioni sono sostituite con la pubblicazione per estratto del provvedimento da affiggersi alla casa comunale del luogo in cui è avvenuto il fatto ed alla prefettura - Ufficio territoriale del Governo competente per territorio. Copia della pubblicazione è, altresì, comunicata a mezzo lettera raccomandata all’indirizzo eventualmente comunicato dall’interessato al momento della contestazione o nello scritto difensivo di cui all’articolo 18, primo comma.»;

b) dopo il sesto comma è aggiunto il seguente:

«Nei casi di cui al quinto comma, quando è effettuata la contestazione immediata, tutte le successive notificazioni possono essere sostituite dalla indicazione, recata in calce del verbale di contestazione o in fogli solidali ad esso, delle successive fasi del procedimento, dei relativi termini e delle facoltà di difesa. Nel caso di stranieri, l’indicazione è ripetuta nelle lingue inglese, francese, spagnolo e arabo».

 

Art. 39.

1. Al fine di rafforzare la sicurezza e la tutela ambientale, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell’interno e dell’economia e delle finanze, è istituito presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare il Nucleo operativo del Corpo forestale dello Stato per la tutela ambientale.

2. Il Nucleo, che dipende funzionalmente dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, concorre nell’attività di prevenzione e repressione dei reati ambientali, nonché di quelli relativi al maltrattamento degli animali nelle aree naturali protette nazionali e internazionali. Nell’esercizio di tali compiti, il Nucleo può effettuare accessi e ispezioni amministrative avvalendosi dei propri poteri.

3. Con il decreto di cui al comma 1 è determinato il relativo contingente di personale.

4. Restano ferme le competenze previste per il Comando dei Carabinieri per la tutela dell’ambiente e quelle delle altre Forze di polizia.

5. All’istituzione del Nucleo si provvede con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

Art. 40.

1. All’articolo 16-quater, del decreto-legge 18 gennaio 1993, n.8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n.68, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «schedario dei veicoli rubati» sono sostituite dalle seguenti: «schedario dei veicoli rubati o rinvenuti ed allo schedario dei documenti d’identità rubati o smarriti»;

b) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Il personale di cui al comma 1 può essere, altresì, abilitato all’inserimento, presso il Centro elaborazione dati ivi indicato, dei dati di cui al comma 1 acquisiti autonomamente».

 

Art. 41.

1. I piani coordinati di controllo del territorio di cui al comma 1 dell’articolo 17 della legge 26 marzo 2001, n.128, determinano i rapporti di reciproca collaborazione fra i contingenti di personale della polizia municipale e gli organi di polizia dello Stato. Per le stesse finalità, con decreto da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro della giustizia, d’intesa con il Ministro dell’interno, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro della difesa, determina le procedure da osservare per assicurare, nel caso di interventi nella flagranza dei reati, l’immediato interessamento degli organi di polizia dello Stato per il prosieguo del l’attività investigativa.

 

Art. 42.

1. L’articolo 54 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è sostituito dal seguente:

«Art. 54. - (Attribuzioni del sindaco nelle funzioni di competenza statale). – 1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende:

a) alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalla legge e dai regolamenti in materia di ordine e sicurezza pubblica;

b) allo svolgimento delle funzioni affidategli dalla legge in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria;

c) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l’ordine pubblico, informandone il prefetto.

2. Il sindaco nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1 concorre ad assicurare anche la cooperazione della polizia locale con le Forze di polizia statali. Le forme di cooperazione sono disciplinate con apposito regolamento del Ministro dell’interno.

3. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende, altresì, alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva militare e di statistica.

4. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell’ordinamento, provvedimenti contingibili ed urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana. I provvedimenti di cui al presente comma sono tempestivamente comunicati al prefetto anche ai fini della predisposizione degli strumenti ritenuti necessari alla loro attuazione.

5. Qualora i provvedimenti di cui ai commi 1 e 4 possano comportare conseguenze sull’ordinata convivenza delle popolazioni dei comuni contigui o limitrofi, il prefetto indice un’apposita conferenza alla quale prendono parte i sindaci interessati, il presidente della provincia e, qualora ritenuto opportuno, soggetti pubblici e privati dell’ambito territoriale interessato dall’intervento.

6. In casi di emergenza, connessi con il traffico o con l’inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell’utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d’intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma 4.

7. Se l’ordinanza adottata ai sensi del comma 4 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all’ordine impartito, il sindaco può provvedere d’ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell’azione penale per i reati in cui fossero incorsi.

8. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.

9. Nell’ambito delle funzioni di cui al presente articolo, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento dei servizi stessi, nonché per l’acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.

10. Nelle materie previste dal comma 1, dal comma 3, nonché dall’articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al prefetto può delegare l’esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega ad un consigliere comunale per l’esercizio delle funzioni nei quartieri e nelle frazioni.

11. Nelle ipotesi di cui ai commi 1, 3 e 4 limitatamente all’incolumità pubblica, anche nel caso di inerzia del sindaco o del suo delegato nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 10, il prefetto può intervenire con proprio provvedimento.

12. Il Ministro dell’interno può adottare atti di indirizzo per l’esercizio da parte del sindaco delle funzioni previste dal presente articolo».

 

Capo V

DISPOSIZIONI DIVERSE

Art. 43.

1. Il comma 1 dell’articolo 6-ter della legge 3 dicembre 1989, n.401, è sostituito dal seguente:

«1. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, in quelli destinati anche temporaneamente alla sosta o al transito di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, nei mezzi di trasporto dagli stessi utilizzati, o, comunque nelle adiacenze dei luoghi o dei mezzi predetti, è trovato in possesso di razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l’emissione di fumo o di gas visibile, ovvero di bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti, o, comunque, atti ad offendere, è punito, se il fatto è commesso in relazione alla manifestazione sportiva stessa, con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da 1.000 a 5.000 euro. La disposizione di cui al primo periodo si applica ai fatti commessi durante lo svolgimento della manifestazione sportiva, nonché nelle ventiquattro ore precedenti o successive alla stessa.».

 

Art. 44.

1. All’articolo 4 della legge 27 dicembre 1956, n.1423, il quarto comma è sostituito dal seguente:

«Con l’avviso orale il questore, quando ricorrono le condizioni di cui all’articolo 1, può imporre alle persone che risultino definitivamente condannate per delitti non colposi il divieto di possedere o utilizzare, in tutto o in parte, qualsiasi apparato di comunicazione radiotrasmittente, radar e visori notturni, indumenti e accessori per la protezione balistica individuale, mezzi di trasporto blindati o modificati al fine di aumentarne la potenza o la capacità offensiva, ovvero comunque predisposti al fine di sottrarsi ai controlli di polizia, nonché programmi informatici ed altri strumenti di cifratura o crittazione di conversazioni e messaggi. Nelle medesime circostanze il questore può altresì imporre il divieto di detenere armi di qualsiasi tipo, comprese quelle a ridotta capacità offensiva, i giocattoli riproducenti armi ed i simulacri di armi. Il divieto del questore è opponibile davanti al giudice monocratico».

2. All’articolo 39 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n.773, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il divieto può essere esteso alle armi a ridotta capacità offensiva, ai giocattoli riproducenti armi ed i simulacri di armi».

 

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

 

XVI Legislatura

 

Petizione n. 110

 

 

Il signor Francesco Di Pasquale, di Cancello ed Arnone (Caserta), chiede nuove misure per la sicurezza dei cittadini

 

 

 

Iniziativa

Presentato da Francesco DI PASQUALE, l'11 giugno 2008; annunciato nella seduta n. 17 dell'11 giugno 2008

 

Assegnazioni

Assegnato alle Commissioni riunite 1ª (Affari Costituzionali), 2ª (Giustizia) l'11 giugno 2008; annuncio nella seduta pom. n. 17 dell'11 giugno 2008


Esame in sede referente

 


COMMISSIONI 1a e 2a RIUNITE

1ª (Affari Costituzionali)

2ª (Giustizia) 

MERCOLEDÌ 25 GIUGNO 2008

7ª Seduta

 

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione

BERSELLI

 

 Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Caliendo e per l'interno Mantovano.

 

 La seduta inizia alle ore 9.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica 

(242) MARTINAT e PONTONE. - Disposizioni in materia di reati connessi all'immigrazione clandestina e al commercio di sostanze stupefacenti 

(391) D'AMBROSIO ed altri. - Modifiche agli articoli 13 e 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di espulsione dei cittadini extracomunitari 

(583) LI GOTTI ed altri. - Disposizioni in materia di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena, fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento

(Esame congiunto e rinvio)

 

 Il presidente BERSELLI fa presente che verranno svolte le relazioni sui quattro disegni di legge iscritti congiuntamente all'ordine del giorno, salvo eventuali integrazioni nella prossima settimana, se, come sembra, saranno assegnati altri disegni di legge.

 

 Il senatore LI GOTTI (IdV) fa presente che è in corso di assegnazione il disegno di legge n. 617, primo firmatario il senatore Belisario e sottoscritto dal Gruppo Italia dei Valori, che reca tra l'altro diverse disposizioni di contenuto identico a quelle del disegno di legge n. 733.

 

 Il senatore CASSON (PD) fa presente che il suo Gruppo chiederà alla Presidenza del Senato di valutare una riassegnazione alle Commissioni riunite del disegno di legge n. 451, recante misure contro molestie e violenze alle donne, ai diversamente abili e per motivi connessi all'orientamento sessuale, che reca anch'esso disposizioni analoghe a quelle che formano oggetto del disegno di legge n. 733.

 

 Il presidente BERSELLI(PdL), relatore per la 2a Commissione, nell'illustrare i provvedimenti in titolo, osserva preliminarmente come con il disegno di legge n.733 il Governo abbia inteso compiere un nuovo passo nella direzione di un più efficace contrasto alla criminalità diffusa e a quella organizzata dopo le misure urgenti adottate con il decreto-legge n. 9 del 2008.

 Dopo aver osservato come la filosofia cui si ispira tale intervento sia diretta da un lato a colpire in maniera più efficace quei reati che contribuiscono al disfacimento del tessuto sociale e alla diffusione di un sentimento di insicurezza collettiva specialmente tra gli strati sociali più poveri e deboli della collettività nazionale, e dall'altro a promuovere la riconquista del controllo del territorio da parte dello Stato nelle aree in cui è più pervasiva la presenza della criminalità organizzata, rileva come, anche i disegni di legge n. 242 del senatore Martinat e Pontone e n. 583 del senatore Li Gotti e di altri senatori si muovano nella stessa direzione, individuando strategie diverse ma parzialmente integrabili con il disegno di legge governativo. Con riferimento al disegno di legge n. 391 del senatore D'Ambrosio ed altri senatori, fa presente preliminarmente che esso dà voce ad una essenziale diversità di opinioni fra la maggioranza e l'opposizione sulle strategie di contrasto alla criminalità legata all'immigrazione clandestina.

 Procede quindi ad illustrare più nel dettaglio le disposizioni del disegno di legge d'iniziativa governativa, di competenza della Commissione giustizia. Dopo aver dato conto del contenuto dell'articolo 1, il quale apporta una modifica all'articolo 61 del codice penale, nel punto in cui esso prevede la circostanza aggravante comune della c.d. minorata difesa, con la finalità di ampliare gli strumenti di tutela per gli anziani, che costituiscono troppo spesso un facile bersaglio per i criminali, si sofferma sull'articolo 2, il quale estende l'ambito di applicazione dell'aggravante prevista dall'articolo 36, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 qualora l'offeso sia una persona handicappata. Illustra quindi l'articolo 4, il quale introduce due modifiche all'articolo 635 del codice penale, in materia di delitto di danneggiamento, da un lato estendendo l'aggravante di cui al secondo comma anche al caso in cui la condotta criminosa sia commessa su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale, dall'altro, intervenendo sull'istituto della concessione della sospensione condizionale della pena, in tutti i casi di danneggiamento aggravato. Dopo aver riferito sull'articolo 5, il quale modifica l'articolo 639 del codice penale, che prevede il reato di deturpamento e imbrattamento di cose altrui, estendendo l'aggravante di cui al secondo comma anche al caso in cui il fatto sia commesso su immobili sottoposti a risanamento edilizio o ambientale ovvero su ogni altro immobile, quando al fatto consegue un pregiudizio del decoro urbano, si sofferma sull'articolo 6. Tale disposizione modifica il regime delle circostanze aggravanti applicabili nel caso di concorso nel reato di cui all'articolo 112 del codice penale, prevedendo l'applicabilità dell'aggravante ivi prevista anche nei confronti delle persone maggiorenni che concorrono nel reato con un minore di anni 18 o una persona in stato di infermità o di deficienza psichica, in tal modo si intende responsabilizzare ulteriormente il maggiorenne, per creare una sorta di "cintura sanitaria" intorno ai minori delinquenti. Dopo aver illustrato l'articolo 8, il quale delinea il delitto di "Impiego di minori nell'accattonaggio", introducendolo tra i delitti contro la personalità individuale l'articolo 600-octies del codice penale, e prevedendo l'abrogazione della omonima contravvenzione di cui all'articolo 671 del codice penale, si sofferma sull'articolo 9.

L'articolo 9, come è noto, rappresenta una delle disposizioni più discusse recate dal disegno di legge in quanto introduce nel nostro ordinamento il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, che da mero illecito amministrativo diventa un delitto punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Viene altresì stabilita l'applicazione a tale reato del rito direttissimo e l'obbligatoria misura accessoria dell'espulsione. Al riguardo, osserva come il disegno di legge n. 391 del senatore D'Ambrosio, in assoluta controtendenza con la filosofia ispiratrice dell'articolo in esame depenalizza i delitti già introdotti con la legge Bossi-Fini consistenti nell'inosservanza del divieto di reingresso a seguito di provvedimenti di espulsione amministrativa, di trattenimento indebito del territorio nazionale a seguito di ordine di allontanamento del questore e di reingresso indebito a seguito della espulsione coattiva che consegue al primo illecito.

 Illustra quindi le norme di cui agli articoli da 10 a 15 del disegno di legge in esame, le quali apportano modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575, recante "Disposizioni contro la mafia". Al riguardo ricorda che su tale legge, così come su altre disposizioni relative alle misure di prevenzione, il Governo è intervenuto con le modifiche apportate da alcune norme del decreto sicurezza, con particolare riferimento all'individuazione dei soggetti competenti a proporre l'applicazione delle misure di prevenzione e a compiere le relative indagini.

Dà conto del contenuto di alcuni emendamenti approvati nel corso dell'esame del suddetto decreto sicurezza che hanno oggetto identico o analogo ad alcune disposizioni del disegno di legge in esame in materia di misure di prevenzione.

Dopo aver illustrato l'articolo 10, il quale amplia l'ambito di applicazione della legge n. 575 del 1965, riproducendo in parte il contenuto dell'emendamento 10.400 al decreto-legge, si sofferma sull'articolo 11, che interviene sull'istituto della confisca.

Nel riferire quindi sull'articolo 12, il quale modifica l'articolo 2-ter della legge 575/1965, aggiungendovi un ultimo comma che consente l'applicazione delle misure di prevenzione personali e patrimoniali, congiuntamente o disgiuntamente, anche in caso di morte del soggetto proposto per l'applicazione delle misure di prevenzione, osserva che un intento analogo hanno anche alcune parti del già ricordato emendamento 10.400.

Illustra poi l'articolo 13, il quale sostituisce l'articolo 2-quater della legge 575/1965, che disciplina le modalità di esecuzione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro, prevedendo, tra l'altro, che l'esecuzione del sequestro di beni immobili e mobili registrati richieda, oltre alla trascrizione, anche l'apprensione materiale del bene.

Si sofferma poi sull'articolo 14, il quale inserisce due nuovi commi all'articolo 2-undecies della legge 575/1965, che disciplina la destinazione dei beni confiscati, al fine di consentire l’affidamento dei beni mobili registrati, in gratuita giudiziale custodia, alle Forze di polizia operanti, analogamente a quanto già previsto in materia di repressione dei reati di contrabbando, immigrazione clandestina, riciclaggio e traffico di sostanze stupefacenti.

Dopo averi riferito sulle norme dell'articolo 15, il quale prevede che l’assegnazione dei beni immobili e dei beni aziendali confiscati alle organizzazioni criminali mafiose è adottata dal Prefetto della provincia in cui insiste il bene, passa ad illustrare il contenuto degli altri disegni di legge, con riferimento all'Atto Senato n. 583, recante "Disposizioni in materia di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena", osserva che esso riproduce quasi integralmente l'omonimo disegno di legge presentato dal Governo Prodi alla Camera dei deputati in data 13 novembre 2007, il cui esame non ebbe mai inizio. Rileva al riguardo che alcune disposizioni hanno poi trovato accoglimento nel decreto sicurezza e sono pertanto già in vigore.

Con riferimento all'articolo 1 osserva che esso reca diverse novelle al codice penale, intervenendo fra gli altri sui delitti di maltrattamento in famiglia o verso fanciulli di violenza sessuale, di adescamento di minorenni e di riciclaggio.

Dopo aver illustrato l'articolo 2, il quale stabilisce la concessione di benefici ai detenuti e internati per i delitti di cui agli artt. 600-bis (prostituzione minorile), 600-ter (pornografia minorile), 609-bis (violenza sessuale) e 609-octies (violenza sessuale di gruppo) del codice penale, che siano stati commessi a danno di minori, e 609-quater (atti sessuali con minorenne) del codice penale sia subordinata alla partecipazione positiva a un programma di riabilitazione specifica, disciplinato nell'ambito di un decreto del Ministro della giustizia più complessivamente dedicato ai programmi di rieducazione previsti dall'articolo 13 dell'ordinamento penitenziario, si sofferma sull'articolo 3. Tale disposizione è di fatto già in vigore, in quanto corrisponde all'articolo 4, comma 4, del decreto sicurezza, il quale ha previsto che se dalla violazione del codice della strada derivano lesioni colpose gravi o gravissime o omicidio colposo e tale fatto è stato commesso da un soggetto in stato di ebbrezza o sotto l'influsso di sostanze stupefacenti o psicotrope, il giudice deve applicare la sanzione amministrativa accessoria della revoca della patente. Illustra poi le modifiche al codice di procedura penale introdotte dall'articolo 4. Tali disposizioni intervengono in materia di distruzione di cose sottoposte a sequestro; di misure cautelari; di incidente probatorio; di giudizio immediato e di patteggiamento in appello.

Riferisce poi sull'articolo 5, il quale risolve un conflitto giurisprudenziale, chiarendo che la custodia cautelare nell'ambito di procedimento penale nei confronti di minori, è applicabile anche in caso di furto in abitazione e furto con strappo. Dopo aver dato brevemente conto degli articoli 6 e 7, i quali recano rispettivamente la clausola di invarianza degli oneri di bilancio e la disciplina dell'entrata in vigore, procede ad illustrare il disegno di legge n. 242 dei senatori Martinat e Pontone, il quale interviene da un lato in materia di disciplina dell'immigrazione, e dall'altro di disciplina del commercio di sostanze stupefacenti. Al riguardo, osserva che mentre, a differenza del disegno di legge n. 583 non reca disposizioni che siano già in vigore per effetto del decreto-legge n. 9, reca peraltro talune norme sostanzialmente analoghe ad emendamenti che sono stati approvati dal Senato al testo del decreto-legge stesso. Nell'illustrare l’articolo 1, si sofferma dapprima sulla lettera a), la quale apporta due modifiche all’articolo 5 del testo unico sull’immigrazione, che dispone in tema di permesso di soggiorno. Illustra quindi il contenuto delle lettere b), recante due novelle all’articolo 6 del testo unico, che dispone in tema di facoltà e obblighi dello straniero soggiornante e c), che apporta una modifica alla disciplina del reato di agevolazione della permanenza di stranieri irregolari. Al riguardo segnala che un emendamento al decreto-legge in materia di sicurezza (emendamento 5.220), approvato durante l’esame del Senato, prevede una analoga circostanza aggravante.

Dopo aver illustrato l'articolo 2, il quale introduce una nuova circostanza aggravante per chi acquista o vende a minori di anni 14 sostanze stupefacenti o psicotrope, si sofferma sull'articolo, il quale sostituisce gli articoli 495 (Falsa attestazione o dichiarazione a un pubblico ufficiale sulla identità o su qualità personali proprie o altrui) e 496 (Falsa dichiarazione sulla identità o su qualità personali proprie o di altri) del codice penale e introduce un nuovo articolo 495-1 del codice penale, che prevede il reato di fraudolenta alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli delle dita delle mani o di altre parti del corpo utili per consentire l'identificazione o l'accertamento di qualità personali proprie o di altri. Rileva poi che il successivo articolo 4, lettera c) del disegno di legge in esame prevede l'arresto obbligatorio in flagranza per il delitto di cui all'articolo 495 del codice penale e per quello di cui al nuovo articolo 495-1, recando quindi un contenuto analogo a quello dell'emendamento 1.19 al suddetto decreto sicurezza, approvato dalle Commissioni 1ª e 2ª riunite.

Illustra infine più nel dettaglio le ulteriori modifiche al codice di procedura penale apportate dall'articolo 4, le quali intervengono fra l'altro, in materia di verifica dell'identità personale dell'imputato; di identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini e di altre persone e di giudizio direttissimo.

Tenuto conto dell'imminente inizio dei lavori dell'Assemblea propone di rinviare il seguito dell'illustrazione dei disegni di legge in titolo ad una successiva seduta.

Convengono le Commissioni riunite.

 

 La seduta termina alle ore 9,30.

 

 


COMMISSIONI 1a e 2a RIUNITE

1ª (Affari Costituzionali)

2ª (Giustizia) 

MERCOLEDÌ 2 LUGLIO 2008

8ª Seduta

 

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione

BERSELLI

 

 Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Caliendo e per l'interno Mantovano.

 

La seduta inizia alle ore 10.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica 

(242) MARTINAT e PONTONE. - Disposizioni in materia di reati connessi all'immigrazione clandestina e al commercio di sostanze stupefacenti 

(391) D'AMBROSIO ed altri. - Modifiche agli articoli 13 e 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di espulsione dei cittadini extracomunitari 

(583) LI GOTTI ed altri. - Disposizioni in materia di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena, fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento

(617) BELISARIO ed altri. - Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di false attestazioni e di identificazione delle persone. Disposizioni per il contrasto della illegalità diffusa, fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento

- e petizione n. 110 ad essi attinente

( Esame del disegno di legge n. 617 e della petizione n. 110, congiunzione con il seguito dell’esame congiunto dei disegni di legge nn. 733, 242, 391, 583 e rinvio Seguito dell'esame congiunto dei disegni di legge n. 733, 242, 391, 583, congiunzione con l'esame del disegno di legge n. 617 e della petizione n. 110 e rinvio e rinvio. )

 

 Riprende l’esame congiunto sospeso nella seduta del 25 giugno scorso.

 

 Il presidente BERSELLI (PdL), relatore per la 2a Commissione, riferisce sul disegno di legge n. 617, proponendone la congiunzione con i disegni di legge in titolo di cui la Commissione ha già iniziato l'esame. Integrando l'illustrazione introduttiva rileva che il disegno di legge n. 617, da un lato, introduce puntuali modifiche al testo unico in materia di immigrazione e, dall'altro, interviene su alcune disposizioni del codice penale e del codice di procedura penale in materia di false attestazioni e di identificazione delle persone.

 

 Le Commissioni riunite convengono sulla proposta di congiunzione.

 

 Il presidente VIZZINI (PdL), relatore per la Commissione affari costituzionali, riferisce sulle disposizioni che maggiormente attengono alla competenza della 1a Commissione.

Sottolinea che il disegno di legge in titolo va considerato nel suo collegamento sistematico con gli altri provvedimenti che compongono il pacchetto sicurezza varato dal Governo: il decreto-legge n. 92 del 2008, già esaminato dal Senato, ed i tre schemi di decreto legislativo - in tema di ricongiungimenti familiari degli immigrati, di riconoscimento dello status di rifugiato e di diritto di circolazione dei cittadini comunitari – che sono attualmente all'esame della 1ª Commissione. Il filo che lega tali provvedimenti è l'esigenza di fornire una risposta convincente alle richieste di sicurezza quotidiana. L'impegno è teso a contrastare efficacemente la criminalità e ad attuare un buon governo dell'immigrazione così come chiedono sia le famiglie sia le imprese italiane. Si tratta di problematiche cui è stato dato ampio spazio durante la recente campagna elettorale e avvertite, seppure con sensibilità diverse, da tutte le forze politiche attualmente rappresentate in Parlamento. Ricorda le significative convergenze fra maggioranza e opposizione su alcune proposte salienti e il nuovo approccio, volto a non rinunciare aprioristicamente a quanto di condivisibile è stato elaborato nel corso della passata legislatura, ma anzi a farne propri gli indirizzi positivi e a riproporne le soluzioni efficaci, apportando i miglioramenti necessari nell'interesse della collettività. In proposito, rammenta anche la pronta istituzione della Commissione antimafia.

In tale cornice vanno collocate le disposizioni in esame, inserite in un disegno di legge per consentire un dibattito parlamentare ampio e approfondito, su una materia così sensibile per l'opinione pubblica. Il dibattito sarà aperto anche a integrazioni del testo con il fine di garantire maggiore sicurezza al vivere quotidiano di tutti gli italiani, minacciato con sempre maggior violenza dalle organizzazioni criminali transnazionali che, come le mafie nazionali, si stanno imponendo sia per la violenza delle loro azioni sia per la forza finanziaria che esprimono soffocando il libero mercato ed il futuro di molte imprese e di tanti giovani.

Riferisce quindi sull'articolo 3, che riscrive la disciplina dell'acquisto della cittadinanza per matrimonio con un cittadino italiano (iure matrimonii), adottando una formulazione più precisa e rigorosa. La ratio è quella di contrastare i matrimoni di comodo, che permettono pratiche elusive e rappresentano una fonte di guadagno per la criminalità organizzata. In base alla novella, la durata minima della residenza necessaria all'acquisto della cittadinanza, da parte del coniuge straniero residente in Italia, raddoppia in caso di matrimonio con prole e quadruplica in caso di matrimonio senza prole; mentre la durata minima del matrimonio, necessaria all'acquisto della cittadinanza da parte del coniuge straniero residente all'estero, rimane immutata in caso di matrimonio senza prole e subisce un dimezzamento in caso di matrimonio con prole. Inoltre, l'articolo in esame chiarisce che - al tempo dell'adozione del decreto del Ministro dell'interno di concessione della cittadinanza - non deve essere intervenuto lo scioglimento, l'annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non deve sussistere la separazione personale dei coniugi. Il requisito della costanza del regime matrimoniale è previsto anche dalla normativa vigente, che tuttavia non precisa che esso debba ricorrere anche al tempo dell'adozione del provvedimento. Nota anche che le modifiche recate dall'articolo in esame riprendono – nei contenuti e nelle finalità - le innovazioni prefigurate da un disegno di legge presentato dal Governo nella passata legislatura.

Illustra anche l'articolo 7 che introduce nuovi strumenti di intervento – attribuiti ai sindaci e ai prefetti - per fronteggiare il fenomeno dell'occupazione abusiva di suolo pubblico. Si tratta di provvedimenti autoritativi mediante i quali ordinare il ripristino dello stato dei luoghi, assistiti anche dalla previsione di sanzioni. Il relatore ricorda che, anche in questo caso, la disposizione mutua alcuni dei contenuti di un disegno di legge governativo della scorsa legislatura.

L'articolo 9 introduce nel testo unico sull'immigrazione il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, al fine di innalzare il livello di prevenzione rispetto a condotte che attualmente sono contrastate solo a livello amministrativo. Il reato è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni.

Sottolinea il rilievo critico della materia in esame, perché riconnette un disvalore penale – con le relative conseguenze sanzionatorie - a condotte che attualmente non sono penalmente rilevanti. Si tratta perciò di una scelta politica sulla quale è legittimo auspicare un dibattito ampio e articolato. Osserva tuttavia che la norma in esame non è una norma sconosciuta agli ordinamenti dei Paesi occidentali; essa è presente in Francia, in Germania e in Gran Bretagna, per restare in Europa; è contemplata anche dalla legislazione statunitense, per guardare oltre oceano. Il dato di diritto comparato permette di affrontare la questione per quello che essa rappresenta in realtà: una scelta della politica, strumentale a un rafforzamento della cogenza effettiva della normativa sugli ingressi; una scelta già effettuata da alcuni Paesi fra i primi sul piano della civiltà giuridica. Quanto all'analisi del testo, rileva che il Governo ha adottato una formulazione molto asciutta, che consente l'apertura di un ampio dibattito e auspicabilmente soluzioni condivise.

Quanto all'articolo 16, esso subordina l'iscrizione anagrafica alla verifica, da parte dei competenti uffici comunali, delle condizioni igienico-sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza. Per comprendere la ratio di tale innovazione, la norma in esame va posta in relazione sistematica con alcune misure previste da altri provvedimenti del pacchetto sicurezza. In primo luogo, va considerato lo schema di decreto legislativo in tema di libera circolazione dei cittadini comunitari, il quale introduce un obbligo di richiesta dell'iscrizione anagrafica entro i dieci giorni successivi al decorso dei tre mesi dall'ingresso e prevede che l'essere non in regola con tale adempimento costituisce un motivo imperativo di pubblica sicurezza per l'allontanamento. In secondo luogo, va ricordato che il decreto-legge in materia di sicurezza, come emendato durante l'esame presso il Senato, prevede che il sindaco segnali alle competenti autorità la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente a uno Stato membro dell'Unione europea, per l'eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento dal territorio dello Stato. In tale ottica sistematica, appare allora chiaro che la norma in esame rafforza ulteriormente il ruolo collaborativo degli amministratori locali nell'azione di contrasto alle forme di presenza irregolare sul territorio.

Si sofferma poi sull'articolo 17, che introduce elementi di modernizzazione nella lotta alla criminalità transnazionale favorita anche dal riciclaggio connesso all'uso del cosiddetto money transfer. Si tratta di una forma di trasferimento di denaro che, grazie all'uso di sempre più moderne tecnologie, elude i controlli e a volte alimenta il terrorismo e la criminalità organizzata. Sottolinea anche l'esigenza di una riflessione sullo stato del sistema bancario e finanziario che, a suo avviso, è eccessivamente vulnerabile. In particolare, si dovrebbe ridurre il margine di discrezionalità di cui godono le banche nella segnalazione di operazioni sospette - rilevato anche dal precedente Ministro dell'economia - introducendo un obbligo per legge assistito da adeguate sanzioni penali. Ritiene inoltre che la proliferazione di società finanziarie, soprattutto nel Mezzogiorno, dovrebbe essere oggetto di accurata attenzione anche da parte del Parlamento, con lo scopo di restringere gli ambiti in cui si realizza il riciclaggio di proventi illeciti.

Nell'illustrare, infine, l'articolo 18, osserva che tra gli elementi da considerare ai fini della revoca o del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari, si inserisce il riferimento alle condanne per reati per i quali è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.

In secondo luogo, per affrontare le difficoltà d'identificazione emerse con l'esperienza degli ultimi anni, è ampliato il periodo massimo di trattenimento dello straniero nelle strutture denominate ora "Centri di Identificazione ed Espulsione". Infine, è inasprita la pena per lo straniero trovato nel territorio nazionale dopo essere stato già espulso coattivamente per non aver ottemperato a una precedente intimazione di allontanamento. In merito ai CIE, evidenzia che la modifica in esame è in linea con quanto previsto dalla direttiva sui rimpatri, recentemente approvata dal Parlamento europeo. Peraltro, in materia, la Corte costituzionale ha ritenuto che il trattenimento nei centri, pur rappresentando una misura incidente sulla libertà personale, ai sensi dell'articolo 13 della Costituzione, costituisce uno strumento non irragionevole per rimuovere gli impedimenti all'esecuzione del provvedimento di espulsione.

Si sofferma poi sul disegno di legge n.242, recante modifiche al testo unico sull'immigrazione. In particolare, l'articolo 1, alla lettera a), apporta due modifiche all'articolo 5 del testo unico, in tema di permesso di soggiorno. Si stabilisce che la condanna non sospesa per reati per i quali è previsto l'arresto in flagranza preclude il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, se intervenuta nei cinque anni precedenti l'istanza, e determina la revoca per cinque anni del permesso di soggiorno già rilasciato e in corso di validità. La lettera b)reca due novelle all'articolo 6 del testo unico, in tema di facoltà e obblighi dello straniero soggiornante. In base alla disciplina proposta viene meno la rilevanza penale dell'inadempimento all'obbligo di fornire documenti d'identificazione e si ricollega a tale inadempimento la possibilità di ricorso a rilievi fotodattiloscopici e di accompagnamento e trattenimento negli uffici di pubblica sicurezza, per il tempo necessario all'identificazione. La lettera c) apporta una modifica all'articolo 12, comma 5, del testo unico che disciplina il reato di agevolazione della permanenza di stranieri irregolari. Nel rivedere il trattamento sanzionatorio si prevede anche che, quando il fatto è commesso in concorso da due o più persone, ovvero riguarda la permanenza di cinque o più persone, la pena è aumentata da un terzo alla metà. Al riguardo ricorda che un emendamento al decreto-legge n. 92 del 2008 in materia di sicurezza, approvato durante l'esame in Senato, prevede una analoga circostanza aggravante.

Quanto al disegno di legge n. 391, esso esclude la rilevanza penale dell'inosservanza del divieto di reingresso a seguito di provvedimenti di espulsione amministrativa: lo straniero, in caso di trasgressione, è fatto oggetto di una nuova espulsione amministrativa, ma non anche di sanzioni penali. In secondo luogo, sono depenalizzati il trattenimento indebito nel territorio nazionale a seguito di ordine di allontanamento del questore e il reingresso indebito a seguito dell'espulsione coattiva che consegue al primo illecito. La relazione illustrativa afferma che tali innovazioni sono volte a eliminare il disvalore penale di comportamenti che non presentano alcuna pericolosità e che comunque sono meglio contrastabili con provvedimenti di tipo amministrativo. Rileva che il citato disegno di legge n. 391 sottende una logica diversa da quella del provvedimento governativo, che innalza il livello di deterrenza penale per assicurare l'effettività dei provvedimenti di espulsione.

 

 Il senatore CASSON (PD) prende quindi la parola per sollecitare nuovamente la richiesta di riassegnazione del disegno di legge n. 451 della senatrice Della Monica ed altri, alle Commissioni riunite, al fine di consentirne l'esame congiunto con i provvedimenti in titolo. Con riferimento invece al disegno di legge n. 272 della senatrice Incostante osserva come il proprio Gruppo ritenga più opportuno non insistere per la richiesta di riassegnazione alle Commissioni riunite.

 Invita infine a valutare l'opportunità di procedere, con riferimento alle problematiche oggetto dei disegni di legge in titolo, all'audizione in sede di Uffici di presidenza integrati dai rappresentanti dei Gruppi delle Commissioni riunite, del Procuratore nazionale antimafia, dei soggetti attualmente responsabili delle competenze già attribuite all'ufficio italiano cambi, del responsabile del Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza, del responsabile dell'AISI competente in materia di sicurezza valutaria nonché infine dei rappresentanti sindacali delle Forze di polizia.

 

 Il sottosegretario MANTOVANO osserva che sarebbe più opportuno audire il vertice della Direzione investigativa antimafia in luogo del rappresentante del Nucleo speciale polizia valutaria della Guardia di finanza e del responsabile dell'AISI.

 

 Il presidente BERSELLI, dopo aver dichiarato di condividere la richiesta di audizioni testè formulata dal senatore Casson, propone di rinviare l'avvio della discussione generale ad una successiva seduta da convocarsi martedì 8 luglio alle ore 9 e di svolgere le audizioni richieste nel pomeriggio di martedì, compatibilmente con gli impegni delle singole Commissioni 1a e 2a e con i lavori dell'Assemblea.

 

 Il senatore BIANCO (PD) invita il Presidente a valutare l'opportunità di invertire il calendario dei lavori, destinando la mattinata di martedì allo svolgimento delle audizioni e avviando la discussione generale nel corso del pomeriggio di martedì.

 

 Il senatore PASTORE (PdL), nel sottolineare come sia più opportuno assicurare la partecipazione dei senatori alle riunioni degli Uffici di Presidenza integrati destinate allo svolgimento delle audizioni, anche in ragione della mancanza di pubblicità dei lavori, si dichiara d'accordo con la proposta formulata dal presidente Berselli.

 

 La senatrice ADAMO(PD), dopo aver dichiarato di concordare con la proposta formulata dal senatore Bianco, invita a valutare l'opportunità di procedere all'audizione anche delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle comunità straniere in Italia, in particolare se aventi un rapporto istituzionale con il Ministro dell'interno.

 

 Dopo che il senatore MARITATI (PD) ha dichiarato di associarsi alla richiesta da ultimo formulata dalla senatrice Adamo, la senatrice DELLA MONICA (PD) sottolinea l'opportunità di audire sulle tematiche oggetto dei disegni di legge in titolo anche i rappresentanti dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, il Presidente della Commissione nazionale per il diritto d'asilo, nonché i rappresentanti dell'ANCI competenti in materia di immigrazione, già peraltro auditi, lo scorso 26 giugno, dall'Ufficio di Presidenza integrato dai rappresentanti dei Gruppi dalla 1a Commissione nell'ambito dell'esame dell'atto del Governo n. 4.

 

 Il sottosegretario MANTOVANO, dopo aver precisato che la sede di confronto presso il Ministro dell'interno richiamata dalla senatrice Adamo fosse in realtà la Consulta per l'Islam - un organo con una missione limitata ai problemi dell'islamismo, istituito dall'allora ministro Pisanu unicamente per favorire un proficuo dialogo tra lo Stato e la comunità islamica nazionale - si riserva di effettuare una ricognizione delle associazioni maggiormente rappresentative delle comunità straniere soggiornanti in Italia da inoltrare alle Commissioni riunite.

 

 Il presidente BERSELLI, nel confermare la proposta di calendario già formulata, osserva come essa consenta di conciliare, nel miglior modo possibile, l'attività delle Commissioni riunite con gli impegni delle singole Commissioni.

 

 Il presidente VIZZINI (PdL) concorda con la proposta di calendario formulata dal presidente Berselli e propone di procedere anche all'audizione del Governatore della Banca d'Italia.

 

 Il senatore LI GOTTI (IdV), nell'esprimere apprezzamento per il lavoro di documentazione sui disegni di legge svolto dagli Uffici del Senato, ed in particolare per le schede di lettura, auspica però che esse possano essere redatte anche per gli altri disegni di legge con la stessa compiutezza riservata al disegno di legge del Governo, in particolare per quanto riguarda la parte afferente all'analisi dell'impatto sulla legislazione vigente.

 

 Il seguito dell'esame congiunto è quindi rinviato.

 

La seduta termina alle ore 10,50.

 

 


COMMISSIONI 1a e 2a RIUNITE

1ª (Affari Costituzionali)

2ª (Giustizia) 

 

MARTEDÌ 8 LUGLIO 2008

9ª Seduta

 

Presidenza del Presidente della 2ª Commissione

BERSELLI

 

 Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Caliendo e per l'interno Mantovano.

 

La seduta inizia alle ore 10.

 

IN SEDE REFERENTE

 

(733) Disposizioni in materia di sicurezza pubblica 

(242) MARTINAT e PONTONE. - Disposizioni in materia di reati connessi all'immigrazione clandestina e al commercio di sostanze stupefacenti 

(391) D'AMBROSIO ed altri. - Modifiche agli articoli 13 e 14 del testo unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, in materia di espulsione dei cittadini extracomunitari 

(583) LI GOTTI ed altri. - Disposizioni in materia di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena, fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento

(617) BELISARIO ed altri. - Modifiche al testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, nonché modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di false attestazioni e di identificazione delle persone. Disposizioni per il contrasto della illegalità diffusa, fatto proprio dal Gruppo parlamentare Italia dei Valori, ai sensi dell'articolo 79, comma 1, del Regolamento

- e petiz