Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento giustizia
Titolo: Discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere - A.C. 1658 (Schede di lettura e riferimenti normativi)
Riferimenti:
AC N. 1658/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 54
Data: 29/09/2008
Descrittori:
EGUAGLIANZA   LAVORO
MERCATO DEL LAVORO   PARITA' TRA SESSI
Organi della Camera: II-Giustizia


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale o sull'identità di genere

A.C. 1658

Schede di lettura e riferimenti normativi

 

 

 

n. 54

 

 

29 settembre 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento giustizia

SIWEB

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: GI0071.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo e contenuto della proposta di legge  3

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell'ufficio rapporti con l'unione europea)7

Compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (in collaborazione con l’Avvocatura, Osservatorio sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo)9

§      D.L. 26 aprile 1993, n. 122,  convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 25 giugno 1993, n. 205,  Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa  25

Documentazione

§      Parlamento europeo -  Risoluzione del sull'omofobia in Europa - Strasburgo, 18 gennaio 2006  33

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo e contenuto della proposta di legge

La proposta di legge A.C. 1658 - novellando la legge n. 654 del 1975 e il d.l. n. 122 del 1993 – mira a fornire una tutela contro ogni discriminazione fondata sull’orientamento sessuale del singolo o sulla sua identità di genere.

 

Il divieto di discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale trova un importante riferimento normativo nell’articolo 13, n. 1, della versione consolidata del Trattato 25 marzo 1957, che istituisce la Comunità europea, cioè al trattato CE come modificato a seguito dei successivi trattati[1].

Tale disposizione – frutto di una modifica introdotta dal Trattato di Amsterdam – prevede che il Consiglio, deliberando all'unanimità su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo, possa prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l'origine etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

Con riferimento alla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro, il D.Lgs. 216/2003[2], di attuazione della direttiva 2000/78/CE, stabilisce un quadro generale per la contro ogni forma di discriminazione legata a religione, convinzioni personali, handicap, età, orientamento sessuale.

Per principio di parità di trattamento si intende l’assenza di qualsiasi discriminazione diretta o indiretta a causa della religione, delle convinzioni personali, degli handicap, dell’età o dell’orientamento sessuale. Tale principio comporta che non sia praticata alcuna discriminazione diretta o indiretta (art. 2). In particolare si ha discriminazione:

§         quando una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un’altra in una situazione analoga (discriminazione diretta);

§         quando una disposizione, un criterio, una prassi, un atto, un patto o un comportamento apparentemente neutri possono mettere le persone in una situazione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone (discriminazione indiretta);

§         quando vengono perpetrate molestie o comportamenti indesiderati che hanno lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una persona e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante od offensivo.

 

Si ricorda inoltre che il 18 gennaio 2006 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione sull'omofobia in Europa, con la quale, condannando ogni forma di omofobia, si chiede agli Stati membri di contrastare tali fenomeni e alla Commissione europea di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori, completando il pacchetto antidiscriminazione fondato sull'articolo 13 del trattato (vedi paragrafo successivo).

 

Con riferimento alla nozione di identità di genere, si segnala che non esiste nell’ordinamento italiano una definizione normativa di tale concetto.

Al riguardo si ricorda che, nel corso della XV legislatura, la Commissione Giustizia della Camera ha approvato il testo unificato delle proposte di legge A.C. 1249-ter ed abb., recante disposizioni volte a contrastare il fenomeno delle molestie insistenti e le discriminazioni fondate sull'orientamento sessuale. Tale testo conteneva disposizioni analoghe a quelle contenute nella proposta di legge AC 1658, con specifico riferimento all’identità di genere. Nel corso dell'esame in sede referente del provvedimento è stata da taluni sollevata la questione relativa alla eccessiva genericità delle nuove incriminazioni ivi previste, che avrebbe potuto tradursi in una loro arbitraria applicabilità e ciò in contrasto con il secondo comma dell'articolo 25 della Costituzione che stabilisce una riserva assoluta di legge in materia penale.

In relazione all’ obiezione della mancanza di una definizione giuridica di identità di genere, è stato però rilevato che, indipendentemente dalla definizione dell'espressione in esame, all'identità di genere viene fatto riferimento in diversi atti di carattere internazionale tra i quali la risoluzione del Parlamento europeo n. 1117 del 1989 sul trattamento delle persone transessuali all'interno dell'Unione.

Fanno invece riferimento al concetto di identità sessuale alcune pronunce della Corte Costituzionale (si veda, in particolare, la sentenza n. 161 del 24 maggio 1985).

 

La legge 13 ottobre 1975, n. 654[3], di ratifica ed esecuzione della Convenzione contro il razzismo adottata dalle Nazioni Unite a New York nel 1966[4], sanziona, all’articolo 3, le condotte di apologia, istigazione e associazione finalizzate alla discriminazione. Analiticamente, l’articolo 3 punisce:

§         chiunque diffonde in qualsiasi modo idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero incita a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. a): reclusione fino ad un anno e 6 mesi o multa fino a 6.000 euro);

§         chiunque, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 1, lett. b): reclusione da 6 mesi a 4 anni);

§         chiunque partecipa o presta assistenza ad organizzazioni o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 6 mesi a 4 anni);

§         chiunque promuove o dirige organizzazioni o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi (comma 3: reclusione da 1 a 6 anni).

 

La proposta di legge in esame interviene su tutte le fattispecie aggiungendo alle attuali forme di discriminazione (per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi), la discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere (commi 1-3 dell’articolo unico della p.d.l.).

 

Il decreto legge 26 aprile 1993, n. 122[5] (c.d. “decreto Mancino”) ha provveduto ad inasprire le pene per i delitti di cui sopra e ha introdotto (articolo 1) sanzioni accessorie in caso di condanna (dall’obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività all’obbligo di permanenza in casa entro orari determinati; dalla sospensione della patente di guida o del passaporto al divieto di detenzione di armi, al divieto di partecipare, in qualsiasi forma, ad attività di propaganda elettorale).

Il D.L. n. 122/1993, inoltre, facendo costante rinvio alle fattispecie di cui all’articolo 3 della legge n. 654 del 1975, all’articolo 2 ha previsto sanzioni penali per:

§         chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli di tipo razzista, o basati sull’odio etnico, nazionale o religioso propri o usuali delle organizzazioni di cui all’art. 3 della legge n. 654/1975 (art. 2, comma 1: reclusione fino a 3 anni e multa da 103 a 258 euro;

§         chiunque acceda ai luoghi ove si svolgono competizioni agonistiche con gli emblemi o i simboli sopra citati (art. 2, comma 2: arresto da 3 mesi ad un anno).

Infine, il decreto legge ha introdotto (articolo 3) la circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico: per qualsiasi reato - ad eccezione di quelli per i quali è previsto l’ergastolo - commesso per le finalità di discriminazione di cui alla legge n. 654/75, la pena viene aumentata fino alla metà.

La proposta A.C. 1658 novella il citato decreto legge per coordinarne il contenuto con le modifiche apportate alla legge n. 654 del 1975.

Conseguentemente, tanto il titolo del decreto legge (comma 6), quanto la rubrica dell’articolo 1, relativo alle sanzioni accessorie (comma 4), quanto l’articolo 3, in tema di aggravanti (comma 5), sono modificati dall’introduzione di un espresso riferimento alla discriminazione fondata sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere. Le novelle comportano, anche in tali casi l’applicabilità delle disposizioni speciali previste dal decreto legge in tema di perquisizioni e sequestri (art. 5), procedibilità, arresto in flagranza e competenza (art. 6).


 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell'ufficio rapporti con l'unione europea)

Il 2 luglio 2008 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva recante applicazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale (COM(2008)426).

Con tale proposta la Commissione intende completare l’attuale normativa europea, applicabile alla sfera lavorativa e alla formazione professionale[6], che vieta la discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. Il diritto alla parità di trattamento è sancito – a livello comunitario – sia dai Trattati sia dal diritto derivato. In particolare, l’articolo 13 del Trattato CE consente specificamente le azioni volte a combattere la discriminazione per motivi di sesso, razza o origine etnica, religione o convinzioni personali, disabilità, età o orientamento sessuale. Tale principio è riconosciuto anche dall’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

La proposta di direttiva è pertanto volta, come specificato all’articolo 1, astabilire un quadro generale per la lotta alla discriminazione per motivi di religione o convinzioni personali, disabilità, età od orientamento sessuale, anche in campi diversi dall'occupazione.

Il concetto di discriminazione è definito dall’articolo 2 della proposta, che opera una distinzione tra discriminazione diretta e indiretta, sulla base delle precedenti direttive adottate in virtù dell’articolo 13 TUE.

In particolare l’articolo precisa che:

-   sussiste discriminazione diretta quando, sulla base di uno qualsiasi dei motivi di cui all'articolo 1, una persona è trattata meno favorevolmente di quanto sia, sia stata o sarebbe trattata un'altra persona in una situazione analoga;

-   sussiste discriminazione indiretta quando una disposizione, un criterio o una prassi apparentemente neutre possono mettere persone di una determinata religione o convinzione, età, orientamento sessuale o con una disabilità, in una posizione di particolare svantaggio rispetto ad altre persone, a meno che tale disposizione, criterio o prassi sia oggettivamente giustificata da una finalità legittima e i mezzi impiegati per il suo conseguimento siano appropriati e necessari.

Per quanto riguarda la tutela dei diritti, la proposta di direttiva prevede che le persone che si ritengono vittime di discriminazione possano ricorrere a procedimenti amministrativi o giudiziari, anche dopo la fine del rapporto in cui la presunta discriminazione sarebbe intervenuta.[7]

La proposta stabilisce inoltre che gli Stati membri sono tenuti a riconoscere alle associazioni, organizzazioni e altre persone giuridiche che abbiano interesse legittimo a garantire il rispetto delle disposizioni anti discriminatorie contenute nella proposta, il diritto di ricorrere per conto o a sostegno della persona che si ritiene lesa e con il suo consenso.

La proposta di direttiva, che segue la procedura di consultazione, dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo in plenaria il 3 febbraio 2009.

 

La presentazione, da parte della Commissione, della proposta legislativa sopra descritta è stata auspicata dal Parlamento europeo in due risoluzioni sull’omofobia in Europa, adottate rispettivamente il 18 gennaio 2006 e il 26 aprile 2007. In particolare, sottolineando che le istituzioni e gli Stati membri dell'Unione europea hanno il dovere di garantire il rispetto, la tutela e la promozione dei diritti delle persone che vivono in Europa, come previsto dalla Convenzione europea sulla salvaguardia dei diritti dell'uomo, dalla Carta europea dei diritti fondamentali, dall'articolo 6 del trattato UE, dalle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE[8], il Parlamento europeo, tra l’altro:

-   condanna con forza ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale;

-   chiede agli Stati membri di assicurare che le persone vengano protette da discorsi omofobici intrisi d'odio e da atti di violenza omofobici e di garantire che i partner dello stesso sesso godano del rispetto, della dignità e della protezione riconosciuti al resto della società;

-   esorta la Commissione a prendere in considerazione il ricorso alle sanzioni penali per i casi di violazione delle direttive contro la discriminazione;

-   chiede agli Stati membri di adottare qualsiasi altra misura che ritengano opportuna nella lotta all'omofobia e alla discriminazione basata sull'orientamento sessuale e di promuovere e adottare il principio dell'uguaglianza nelle loro società e nei loro ordinamenti giuridici.

 

 

 


 

Compatibilità con la Convenzione europea dei diritti dell’uomo
(in collaborazione con l’Avvocatura, Osservatorio sulle sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo)

Dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, relativa a fattispecie in cui venivano in rilievo gli orientamenti o l’identità sessuale dei ricorrenti, emerge la tendenza del Giudice a ricondurre le violazioni della Convenzione talora riscontrate soprattutto all’art. 8 CEDU, relativo al diritto di ogni persona al rispetto della propria vita privata e familiare, piuttosto che all’articolo 14 CEDU, relativo al divieto per gli Stati di effettuare discriminazione degli individui nel godimento di diritti e libertà.

Perciò, nell’esame dei ricorsi in materia, la Corte ha svolto un’indagine diretta prima di tutto a verificare se nella fattispecie vi fosse un’ingerenza dello Stato nell’esercizio del diritto di cui all’art. 8 CEDU e, in caso affermativo, se tale ingerenza fosse prevista dalla legge e costituisse una misura che, in una società democratica, fosse necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute e della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.

Dalle considerazioni in diritto svolte dalla Corte lungo tale percorso sono desumibili i seguenti principi:

 

 

 


SIWEB

Documentazione

 


 

Parlamento europeo -
Risoluzione del sull'omofobia in Europa -
Strasburgo, 18 gennaio 2006

 

Il Parlamento europeo,

 

– visti gli obblighi internazionali ed europei in materia di diritti umani, quali quelli contenuti nelle convenzioni delle Nazioni Unite sui diritti dell'uomo e nella Convenzione europea sui diritti dell'uomo e le libertà fondamentali,

 

– viste le disposizioni della legislazione dell'Unione europea sui diritti umani, in particolare la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea(1), nonché gli articoli 6 e 7 del trattato sull'Unione europea,

 

– visto l'articolo 13 del trattato che istituisce la Comunità europea, che assegna alla Comunità il potere di adottare misure finalizzate alla lotta alle discriminazioni basate, tra l'altro, sull'orientamento sessuale e di promuovere il principio dell'uguaglianza,

 

– viste la direttiva 2000/43/CE del Consiglio, del 29 giugno 2000, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica(2), e la direttiva 2000/78/CE, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro(3), che proibiscono le discriminazioni dirette o indirette basate sull'origine razziale o etnica, la religione o le convinzioni personali, gli handicap, l'età o l'orientamento sessuale,

 

– visto il paragrafo 1 dell'articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali, che vieta "qualsiasi forma di discriminazione fondata sul sesso, la razza, il colore della pelle, l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali",

 

– visto l'articolo 103, paragrafo 4, del suo regolamento,

 

A. considerando che l'omofobia può essere definita come una paura e un'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità e di gay, lesbiche, bisessuali e transessuali (GLBT), basata sul pregiudizio e analoga al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo,

 

B. considerando che l'omofobia si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto forme diverse, quali discorsi intrisi di odio e istigazioni alla discriminazione, dileggio, violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e omicidio, discriminazioni in violazione del principio di uguaglianza, limitazioni arbitrarie e irragionevoli dei diritti, spesso giustificate con motivi di ordine pubblico, libertà religiosa e diritto all'obiezione di coscienza,

 

C. considerando i recenti eventi preoccupanti verificatisi in vari Stati membri, ampiamente segnalati dalla stampa e dalle ONG, che vanno dal divieto di tenere marce per l'orgoglio gay o per l'uguaglianza all'uso di un linguaggio incendiario, carico di odio o minaccioso da parte di esponenti politici di primo piano e capi religiosi, la mancata protezione e, addirittura, la dispersione di dimostrazioni pacifiche da parte della polizia, le manifestazioni violente di gruppi omofobi e l'introduzione di modifiche costituzionali espressamente mirate a impedire le unioni tra persone dello stesso sesso,

 

D. considerando, nel contempo, che in taluni casi si sono registrate reazioni positive, democratiche e tolleranti da parte della popolazione, della società civile e delle autorità locali e regionali che hanno manifestato contro l'omofobia, nonché da parte della magistratura che ha preso provvedimenti contro le discriminazioni più sensazionali e illegali,

 

E. considerando che in alcuni Stati membri i partner dello stesso sesso non godono di tutti i diritti e le protezioni riservati ai partner sposati di sesso opposto, subendo di conseguenza discriminazioni e svantaggi;

 

F. considerando, al tempo stesso, che in un numero crescente di paesi europei si stanno adottando iniziative intese a garantire pari opportunità, integrazione e rispetto e ad offrire protezione contro la discriminazione basata sull'orientamento sessuale, l'espressione di genere e l'identità di genere, nonché ad assicurare il riconoscimento delle famiglie omosessuali,

 

G. considerando che la Commissione ha dichiarato il suo impegno ad assicurare il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali nell'UE ed ha istituito un gruppo di Commissari responsabili in materia di diritti umani;

 

H. considerando che non tutti gli Stati membri hanno introdotto nei loro ordinamenti misure atte a tutelare le persone GLBT, come invece richiesto dalle direttive 2000/43/CE e 2000/78/CE, e che non tutti gli Stati membri stanno combattendo le discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e promuovendo l'uguaglianza,

 

I. considerando che occorrono ulteriori azioni a livello dell'UE e degli Stati membri per eradicare l'omofobia e promuovere una cultura della libertà, della tolleranza e dell'uguaglianza tra i cittadini e negli ordinamenti giuridici,

 

 

 

1. condanna con forza ogni discriminazione fondata sull'orientamento sessuale;

 

2. chiede agli Stati membri di assicurare che le persone GLBT vengano protette da discorsi omofobici intrisi d'odio e da atti di violenza omofobici e di garantire che i partner dello stesso sesso godano del rispetto, della dignità e della protezione riconosciuti al resto della società;

 

3. invita con insistenza gli Stati membri e la Commissione a condannare con fermezza i discorsi omofobici carichi di odio o le istigazioni all'odio e alla violenza e a garantire l'effettivo rispetto della libertà di manifestazione, garantita da tutte le convenzioni in materia di diritti umani;

 

4. chiede alla Commissione di far sì che la discriminazione basata sull'orientamento sessuale sia vietata in tutti i settori, completando il pacchetto antidiscriminazione fondato sull'articolo 13 del trattato, mediante la proposta di nuove direttive o di un quadro generale che si estendano a tutti i motivi di discriminazione e a tutti i settori;

 

5. sollecita vivamente gli Stati membri e la Commissione a intensificare la lotta all'omofobia mediante un'azione pedagogica, ad esempio attraverso campagne contro l'omofobia condotte nelle scuole, le università e i mezzi d'informazione, e anche per via amministrativa, giudiziaria e legislativa;

 

6. reitera la sua posizione relativa alla proposta di decisione che istituisce l'Anno europeo delle pari opportunità per tutti, secondo la quale la Commissione deve garantire che tutte le forme di discriminazione di cui all'articolo 13 del trattato e all'articolo 2 della proposta siano considerate e trattate in maniera equilibrata, come indicato nella posizione del Parlamento sulla proposta(4), e ricorda alla Commissione la sua promessa di seguire da vicino questa materia e di riferire in merito al Parlamento;

 

7. esorta vivamente la Commissione a garantire che tutti gli Stati membri abbiano recepito e stiano correttamente applicando la direttiva 2000/78/CE e ad avviare procedimenti d'infrazione contro gli Stati membri inadempienti; chiede inoltre alla Commissione di assicurare che la relazione annuale sulla tutela dei diritti fondamentali nell'UE comprenda informazioni complete ed esaustive sull'incidenza di atti criminosi e violenze a carattere omofobico negli Stati membri;

 

8. insiste affinché la Commissione presenti una proposta di direttiva riguardante la protezione contro tutte le discriminazioni per i motivi menzionati nell'articolo 13 del trattato, con lo tesso campo di applicazione della direttiva 2000/43/CE;

 

9. esorta la Commissione a prendere in considerazione il ricorso alle sanzioni penali per i casi di violazione delle direttive basate sull'articolo 13 del trattato;

 

10. chiede agli Stati membri di adottare qualsiasi altra misura che ritengano opportuna nella lotta all'omofobia e alla discriminazione basata sull'orientamento sessuale e di promuovere e adottare il principio dell'uguaglianza nelle loro società e nei loro ordinamenti giuridici;

 

11. sollecita gli Stati membri ad adottare disposizioni legislative volte a porre fine alle discriminazioni subite dalle coppie dello stesso sesso in materia di successione, proprietà, locazione, pensioni, fiscalità, sicurezza sociale ecc.;

 

12. plaude alle iniziative recentemente intraprese in numerosi Stati membri volte a migliorare la posizione delle persone GLBT e decide di organizzare il 17 maggio 2006 (Giornata internazionale contro l'omofobia) un seminario finalizzato allo scambio delle buone pratiche;

 

13. reitera la sua richiesta avanzata alla Commissione di presentare proposte che garantiscano la libertà di circolazione dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari nonché del partner registrato di qualunque sesso, come indicato nella raccomandazione del Parlamento del 14 ottobre 2004 sul futuro dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia(5);

 

14. chiede agli Stati membri interessati di riconoscere finalmente che gli omosessuali sono stati tra i bersagli e le vittime del regime nazista;

 

15. incarica il suo Presidente di trasmettere la presente risoluzione alla Commissione e ai governi degli Stati membri e dei paesi in via di adesione e candidati.

 

 

-------------------------

(1) GU C 364 del 18.12.2000, pag. 1.

(2) GU L 180 del 19.7.2000, pag. 22.

(3) GU L 303 del 2.12.2000, pag. 16.

(4) Testi approvati, P6_TA(2005)0489.

(5) GU C 166 E del 7.7.2005, pag. 58.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



[1]    Fra cui, oltre al citato Trattato di Amsterdam, anche il Trattato di Nizza del 2001 (cfr. Trattato 26 febbraio 2001, Trattato di Nizza che modifica il trattato sull'Unione europea, i trattati che istituiscono le Comunità europee e alcuni atti connessi).

[2]     D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216, Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

[3]    L. 13 ottobre 1975, n. 654, Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.

[4]    La Convenzione condanna qualsiasi forma di discriminazione razziale, ed in particolare le forme più estreme quali la segregazione razziale e l’apartheid. Gli Stati contraenti si impegnano da un lato, a non porre in essere pratiche di discriminazione razziale e, dall’altro, ad adottare provvedimenti volti ad eliminare tali pratiche, ove esistano. In particolare, si prevede che ciascuno degli Stati che aderiscono alla Convenzione modifichi la propria legislazione penale nel senso di prevedere i delitti di propaganda e di violenza razziale e si impegni ad adoperarsi per garantire – senza distinzione di razza o nazionalità – una serie di diritti fondamentali quali il diritto all’eguaglianza davanti alla legge, il diritto alla sicurezza e all’integrità personale, i diritti politici ed altri diritti civili (tra i quali il diritto di circolazione, alla libertà di pensiero, di religione, di associazione, diritto al lavoro, alla sanità, all’educazione).

[5]     D.L. 26 aprile 1993, n. 122, conv. con mod. in L. 25 giugno 1993, n. 205, Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa.

[6]  Direttiva 2000/43/CE, che attua il principio della parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica; direttiva 2000/78/CE, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

[7]  La relazione introduttiva alla proposta osserva che tale disposizione è conforme alla giurisdizione della Corte europea di giustizia ( Causa C-185/97).

[8] Si veda nota 1.

[9]    I principi della sentenza Goodwin sono ripresi nella sentenza Grant c. Regno Unito del 23 maggio 2006.

[10] . La Corte non è convinta del fatto che l’impossibilità per le persone transessuali di acquisire tutte le caratteristiche biologiche del nuovo sesso rivesta un’importanza decisiva. Vi sono elementi chiari e incontestati che mostrano una tendenza internazionale continua non solo verso un’accresciuta accettazione sociale dei transessuali,

[11] In questa sentenza la Corte aggiunge che i paesi europei che interdicono per legge e in via generale l’accesso degli omosessuali alle forze armate rappresentano ormai una ristretta minoranza. Perciò la stessa Corte ritiene che non si possa fare astrazione da idee che, se pur relativamente recenti, non cessano di espandersi ed evolversi, nè da cambiamenti giuridici che tali idee comportino nel diritto interno degli Stati parti della Convenzione.