Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Recepimento della direttiva 2009/110/CE, concernente l'avvio, l'esercizio e la vigilanza prudenziale dell'attività degli istituti di moneta elettronica - Schema di D.Lgs. n. 441 - (artt. 6 e 24, co. 1, L. n. 217/2011) Elementi per l'istruttoria normativa
Riferimenti:
SCH.DEC 441/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 385
Data: 09/02/2012
Descrittori:
CARTE DI CREDITO   DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA
L 2011 0217   OPERAZIONI BANCARIE

 

9 febbraio 2012

 

n. 385/0

 

 

Recepimento della direttiva 2009/110/CE, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica

Schema di D.Lgs. n. 441
(artt. 6 e 24, co. 1, L. n. 217/2011)

Elementi per l’istruttoria normativa

 

Numero dello schema di decreto legislativo

441

Titolo

Recepimento della direttiva2009/110/CE, concernente l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica, che modifica le direttive 2005/60/CE e 2006/48/CE e che abroga la direttiva 2000/46/CE

Norma di delega

Artt. 6 e 24, co. 1, L. n. 217/2011

Numero di articoli

5

Date: presentazione

31 gennaio 2012

assegnazione

1 febbraio 2012

termine per l’espressione del parere

12 marzo 2012

termine per l’esercizio della delega

17 aprile 2012

Commissione competente

VI Finanze, XIV Politiche dell’Unione europea

Rilievi di altre Commissioni

V Bilancio

 


Contenuto

Lo schema di decreto legislativo in esame dispone il recepimento nell’ordinamento italiano della direttiva 2009/110/CE concernente gli istituti di moneta elettronica (IMEL). La materia è stata disciplinata originariamente dalla direttiva 2000/46/CE che viene abrogata. La direttiva inoltre, per le parti relative agli istituti di moneta elettronica, modifica la direttive 2005/60/CE, in tema di antiriciclaggio, e la direttiva 2006/48/CE, in tema di enti creditizi. Il termine per il recepimento è scaduto il 30 aprile 2011.

La norma di delega per il recepimento della direttiva 2009/110/CE è prevista dall’articolo 6 della legge n. 217 del 2011 (legge comunitaria 2010), che ne prevede l’attuazione entro tre mesi dall’entrata in vigore, senza indicare ulteriori specifici criteri di delega.

 

Come emerge dai considerando, l’adozione della direttiva 2009/110/CE deriva dall’esigenza di aggiornare la precedente direttiva 2000/46/CE (riguardante l’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale degli istituti di moneta elettronica) alla luce della direttiva 2007/64/CE (PSD, sui servizi di pagamento, recepita nel nostro ordinamento con il D.Lgs. n. 11 del 2010) la quale ha creato un quadro giuridico coerente per i servizi di pagamento, prevedendo il coordinamento delle disposizioni nazionali relative ai requisiti prudenziali per una nuova categoria di prestatori di servizi di pagamento, gli istituti di pagamento.

Al fine di eliminare gli ostacoli all’entrata sul mercato e agevolare l’avvio e l’esercizio dell’attività di emissione di moneta elettronica, si è ritenuto necessario rivedere le norme di disciplina degli istituti di moneta elettronica, in modo da assicurare condizioni di parità a tutti i prestatori di servizi di pagamento.

È stata introdotta una definizione di moneta elettronica tecnicamente neutra, in modo tale da coprire tutte le situazioni nelle quali il prestatore di servizi di pagamento emetta un valore prepagato memorizzato in cambio di fondi, che può essere utilizzato come strumento di pagamento poiché è accettato da terzi come pagamento. La moneta elettronica può essere detenuta su un dispositivo di pagamento in possesso del detentore di moneta elettronica o memorizzata a distanza su un server e gestita dal detentore tramite un conto specifico per la moneta elettronica. Tale definizione è volta a includere non soltanto tutti i prodotti di moneta elettronica disponibili oggi sul mercato, ma anche i prodotti che potrebbero essere sviluppati in futuro.

La direttiva 2009/110/CE si pone inoltre l’obiettivo di rivedere il regime di vigilanza prudenziale degli istituti di moneta elettronica, adeguandolo ai rischi propri di tali istituti e armonizzandolo al regime di vigilanza prudenziale applicabile agli istituti di pagamento, disciplinati dalla direttiva 2007/64/CE (PSD). A tal fine, un certo numero di articoli di detta direttiva si applicano, in quanto compatibili, agli istituti di moneta elettronica (articolo 3.1).

Gli istituti di moneta elettronica distribuiscono moneta elettronica attraverso persone fisiche o giuridiche che agiscono a loro nome conformemente ai requisiti dei rispettivi modelli commerciali, tra l’altro mediante la vendita o la rivendita al pubblico di prodotti di moneta elettronica, l’offerta di uno strumento di distribuzione di moneta elettronica ai clienti o il rimborso di moneta elettronica su richiesta dei clienti o l’apporto di un’integrazione ai prodotti di moneta elettronica dei clienti. Gli istituti di moneta elettronica non sono autorizzati a emettere moneta elettronica tramite agenti; tuttavia essi possono essere autorizzati a fornire i servizi di pagamento elencati all’allegato della direttiva 2007/64/CE tramite agenti qualora siano soddisfatte le condizioni previste (articolo 17 di tale direttiva). Viene precisato, inoltre, che l’attività di gestione dei sistemi di pagamento può anche essere svolta dagli istituti di moneta elettronica.

L’emissione di moneta elettronica non costituisce un’attività di raccolta di depositi ai sensi della direttiva 2006/48/CE (direttiva sugli enti creditizi). Gli istituti di moneta elettronica non possono concedere crediti utilizzando i fondi ricevuti o detenuti al fine di emettere moneta elettronica. Inoltre, gli emittenti di moneta elettronica non sono autorizzati a concedere interessi o altri benefici a meno che tali benefici non siano legati al periodo durante il quale il detentore di moneta elettronica detiene moneta elettronica.

Al riguardo si è ritenuto opportuno modificare la definizione di ente creditizio prevista nella direttiva 2006/48/CE: in tal modo gli istituti di moneta elettronica non sono considerati enti creditizi. Gli enti creditizi dovrebbero, tuttavia, conservare il diritto di emettere moneta elettronica e di esercitare questa attività in tutta la Comunità, su riserva del riconoscimento reciproco e dell’applicazione a questi enti del regime integrale di vigilanza prudenziale previsto dalla normativa comunitaria in materia di attività bancarie. Tuttavia, al fine di mantenere condizioni di parità, gli enti creditizi dovrebbero, in alternativa, poter esercitare questa attività attraverso un’impresa figlia nel quadro del regime di vigilanza prudenziale della direttiva in esame, anziché della direttiva 2006/48/CE.

L’articolo 1contienele modifiche al Testo Unico bancario necessarie per il recepimento della direttiva 2009/110/CE.

Si ricorda, infatti, che la normativa italiana sugli istituti di moneta elettronica è contenuta nel Titolo V-bis del D.Lgs. n. 385 del 1993 (Testo unico bancario).

Secondo quanto emerge dall’analisi d’impatto della regolamentazione, tale disciplina presenta un carattere eccessivamente restrittivo, oltre a non essere conforme alla normativa comunitaria, tanto sotto il profilo prudenziale, quanto sotto quello della trasparenza, prevedendo requisiti più stringenti rispetto al dettato comunitario.

Si mette inoltre in evidenza l’esigenza economico-sociale di promuovere lo sviluppo del mercato della moneta elettronica, al fine di favorire la tracciabilità dei flussi finanziari e di ridurre l’utilizzo del contante, nonché i costi ad esso connesso.

In particolare, il comma 1 integra la definizione di “prestazione di servizi di pagamento” facendo riferimento al D.Lgs. n. 11 del 2010, di recepimento della direttiva 2007/64/CE sui servizi di pagamento (PSD), dove tale definizione è prevista.

 

Il comma 2 introduce la nuova definizione di moneta elettronica prevista dall’articolo 2.2 della direttiva, ai sensi del quale essa corrisponde al valore monetario memorizzato elettronicamente, ivi inclusa la memorizzazione magnetica, rappresentato da un credito nei confronti dell’emittente che sia emesso per effettuare operazioni di pagamento come definite all’art. 1, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 11 del 27 gennaio 2010[1] e che sia accettato da persone fisiche e giuridiche diverse dall’emittente.

A differenza delle definizione della direttiva, ma conformemente al suo contenuto normativo, la definizione dello schema individua anche gli strumenti e le operazioni che non sono da considerarsi moneta elettronica: a) gli strumenti a spendibilità limitata (servizi basati su strumenti che possono essere utilizzati per acquistare beni o servizi solo nella sede utilizzata dall’emittente o in base ad un accordo commerciale con l’emittente, all’interno di una rete limitata di prestatori di servizi o per una gamma limitata di beni o servizi); b) le operazioni di pagamento eseguite tramite qualsiasi dispositivo di telecomunicazione, digitale o informatico, quando i beni o servizi acquistati sono consegnati al dispositivo di telecomunicazione, digitale o informatico, o devono essere utilizzati tramite tale dispositivo, a condizione che l’operatore di telecomunicazione, digitale o informatico, non agisca esclusivamente quale intermediario tra l’utilizzatore di servizi di pagamento e il fornitore dei beni e servizi.

 

Il comma 3 riformula l’intero Titolo V-bis del TUB: l’articolo 114-bis,nel recepire l’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva, individua i soggetti ai quali è riservata l’emissione di moneta elettronica: le banche e gli istituti di moneta elettronica. Possono inoltre emettere moneta elettronica, nel rispetto delle disposizioni ad esse applicabili, la Banca centrale europea, le banche centrali comunitarie, lo Stato italiano e gli altri Stati comunitari, le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali, nonché Poste Italiane. I soggetti pubblici, pertanto, possono emettere moneta elettronica soltanto se le disposizioni di settore che li disciplinano consentono tale forma di operatività; in mancanza di tale autorizzazione ex lege anche i soggetti di natura pubblica dovranno costituire un IMEL per svolgere la relativa attività.

Come evidenziato nella relazione illustrativa, non è stata esercitata l’opzione prevista dall’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva che dava facoltà al legislatore italiano di dettare una specifica regolamentazione per consentire a Cassa Depositi e Prestiti di emettere moneta elettronica, attesa l’estraneità di tale attività rispetto all’operatività tipica della Cassa.

Il divieto di corrispondere interessi, sancito dal comma 2, dà attuazione all’articolo 12 della direttiva.

Tale previsione, come precisato anche nel considerando 13 della direttiva, discende dalla funzione economica svolta dalla moneta elettronica: essa è uno strumento destinato ad effettuare pagamenti generalmente di piccolo importo in sostituzione di monete o banconote e non può essere utilizzato come deposito con finalità di risparmio.

L’articolo 114-ter(comma 1) dà attuazione al paragrafo 2 dell’articolo 11 prevedendo il diritto del detentore di moneta elettronica di ottenere su richiesta dagli emittenti il rimborso della moneta elettronica in ogni momento e al valore nominale, secondo le modalità indicate espressamente nel contratto di emissione. La disposizione integra l’assetto normativo attuale che, in linea con le disposizioni della previgente direttiva IMEL 2000/46/CE, stabiliva il solo principio del rimborso al valore nominale della moneta elettronica.

Sono disciplinati espressamente i termini di prescrizione con riferimento all’estinzione del diritto al rimborso, anche se in assenza di specifiche indicazioni da parte della direttiva. Al fine di evitare l’elusione dei principi sanciti dalla direttiva in materia di diritto al rimborso, è stato precisato che l’estinzione del diritto al rimborso è assoggettata al termine di prescrizione ordinario di dieci anni ex articolo 2946 c.c.

La relazione illustrativa afferma che la prassi sinora adottata da numerosi emittenti – IMEL e banche – è stata quella di prevedere, mediante clausole ad hoc, l’estinzione del diritto al rimborso del valore monetario residuo trascorsi 12 mesi dalla scadenza del rapporto, con conseguente diritto dell’emittente di trattenere le relative somme.

Al comma 2 dell’articolo 114-ter (secondo quanto indicato dai paragrafi 5 e 6, articolo 11 della direttiva) vengono dettate alcune regole specifiche sul rimborso totale o parziale della moneta elettronica detenuta a seconda che il contratto di emissione sia ancora in corso di validità ovvero sia già scaduto. In particolare, è stato chiarita la disciplina applicabile quando il rimborso venga chiesto successivamente alla scadenza del contratto e fino al maturare del termine di prescrizione decennale: in tal caso il detentore ha comunque il diritto di ottenere il rimborso del valore monetario totale ovvero nella misura richiesta se l’emittente è un IMEL che svolge anche altre attività imprenditoriali.

Il comma 3 dell’articolo 114-ter recepisce il paragrafo 7, articolo 11 della direttiva, consentendo all’emittente e ai soggetti diversi dal consumatore che accettino in pagamento la moneta elettronica di derogare alle condizioni fissate per il rimborso, sia sotto il profilo dell’ammontare totale o parziale, sia sotto quello delle commissioni applicabili (cfr. articolo 126-novies) sulla base di un accordo contrattuale.

La relazione illustrativa porta a titolo esemplificativo il caso del contratto stipulato dall’emittente con un imprenditore commerciale che accetti moneta elettronica per il regolamento dei pagamenti relativi a beni/servizi offerti (ad es. tramite siti di e-commerce).

L’articolo 114-quaterè dedicato specificatamente alla disciplina degli istituti di moneta elettronica (IMEL). È ribadita l’iscrizione in un apposito albo presso la Banca d’Italia degli IMEL autorizzati. Il comma 1 riprende il terzo comma dell’articolo 114-bis previgente, introducendo l’obbligo di dare notizia nell’albo anche delle succursali in Italia di IMEL italiani, coerentemente a quanto previsto dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva che richiama, tra gli altri, l’articolo 13 della direttiva PSD.

Il comma 2, dando attuazione ai paragrafi 2 e 3 dell’articolo 6 della direttiva, prevede che gli IMEL sono tenuti a scambiare immediatamente i fondi ricevuti in moneta elettronica.

La relazione illustrativa afferma al riguardo che questa disposizione, unitamente a quella dell’articolo 114-bis, comma 2, impedisce che l’operatività degli IMEL possa svolgersi nelle forme previste per le banche (deposito di somme su un conto con finalità di risparmio e corresponsione di interessi).

La seconda parte del comma 2, in attuazione del paragrafo 4 dell’articolo 3 della direttiva, autorizza gli IMEL a distribuire e rimborsare la moneta elettronica anche indirettamente, tramite soggetti che agiscano a loro nome.

Il paragrafo 5 dell’articolo 3 della direttiva stabilisce altresì che detti soggetti (gli agenti) non possono emettere moneta elettronica; inoltre se essi operano in uno Stato comunitario diverso da quello in cui sono stati autorizzati si deve seguire la procedura prevista per l’apertura di succursali. La relazione illustrativa afferma che tali previsioni saranno espressamente recepite nella normativa secondaria di attuazione.

Il comma 3 dà attuazione all’articolo 6 della direttiva, riconoscendo la possibilità agli istituti di moneta elettronica di esercitare tutti i servizi di pagamento senza necessità di ottenere un’apposita autorizzazione.

Con riferimento ai soggetti attraverso i quali sono prestati i servizi di pagamento, coerentemente a quanto previsto dal paragrafo 5 dell’articolo 3 della direttiva, gli IMEL italiani dovranno avvalersi di agenti in attività finanziaria, per effetto di quanto previsto dall’articolo 128-quater, comma 1, del TUB.

Si evidenzia che a differenza degli istituti di pagamento, per i quali è richiesta un’autorizzazione specifica per ciascun servizio di pagamento che si intende prestare, l’autorizzazione degli IMEL è omnicomprensiva e riguarda quindi, oltre alla moneta elettronica, tutti i servizi di pagamento. Gli IMEL, senza necessità di apposita autorizzazione della Banca d’Italia, possono svolgere le attività accessorie ai servizi di pagamento: a) concedere crediti in stretta relazione ai servizi di pagamento prestati e nei limiti e con le modalità stabilite dalla Banca d'Italia; b) prestare servizi operativi o strettamente connessi, come la prestazione di garanzie per l’esecuzione di operazioni di pagamento, servizi di cambio, attività di custodia e registrazione e trattamento di dati; c) gestire sistemi di pagamento.

In attuazione di quanto previsto dall’articolo 6, paragrafo 1, lettera c), della direttiva, è stabilito che gli IMEL possano inoltre prestare servizi operativi e accessori strettamente connessi all’emissione di moneta elettronica.

L’articolo 114-quinquiesdisciplina il regime autorizzatorio e operativo a livello transfrontaliero. In particolare il comma 1 recepisce il paragrafo 1 dell’articolo 3 della direttiva che a sua volta rinvia all’art. 10 della direttiva PSD relativo ai requisiti per il rilascio dell’autorizzazione agli istituti di pagamento (IP), che sono analoghi a quelli che la normativa comunitaria impone agli IP.

Si evidenzia che l’articolo 4 della direttiva fissa l’ammontare minimo del capitale versato in 350.000 euro, mentre nello schema in esame si fa riferimento solo ad un ammontare minimo determinato dalla Banca d’Italia.

I commi 2 e 3 disciplinano i criteri di valutazione dell’istanza (la sana e prudente gestione ovvero il regolare funzionamento del sistema dei pagamenti), la procedura autorizzativa nonché i casi di revoca e decadenza dell’autorizzazione.

Il comma 4 recepisce la previsione comunitaria (articolo 6, paragrafo 1, lettera e)) che consente agli IMEL di esercitare anche altre attività imprenditoriali diverse dall’emissione di moneta elettronica o dalla prestazione di servizi di pagamento, analogamente a quanto già previsto per gli istituti di pagamento.

In realtà letteralmente il comma 4 prevede che la Banca d’Italia possa autorizzare all’emissione di moneta elettronica soggetti che esercitano anche altre attività imprenditoriali, mentre, coerentemente con la direttiva comunitaria - nonché con la riserva di cui al nuovo articolo 114-bis - occorrerebbe prevedere che sono gli IMEL a poter essere autorizzati a svolgere attività diverse dall’emissione di moneta elettronica.

In particolare, la disposizione in commento, analogamente a quanto già previsto per gli IP ibridi, introduce alcuni requisiti aggiuntivi per la società, già operativa in altri settori imprenditoriali che intenda prestare servizi di pagamento. I requisiti ulteriori rispetto a quelli previsti al comma 1 (ad eccezione del possesso dei requisiti di professionalità degli esponenti aziendali) sono: a) la costituzione di un patrimonio destinato; b) la nomina di uno più responsabili, in possesso dei requisiti di onorabilità e professionalità, ai quali è affidata la gestione del patrimonio medesimo. La Banca d'Italia, quando lo ritenga opportuno per garantire la solidità finanziaria dell’istituto di moneta elettronica ovvero per assicurare l’esercizio effettivo della vigilanza, può imporre la costituzione di una società separata (comma 5).

I commi 6 e 7 disciplinano l’operatività transfrontaliera degli IMEL, introducendo il principio del mutuo riconoscimento degli IMEL autorizzati in uno Stato comunitario nonché la libera prestazione di servizi (articolo 25 della direttiva PSD richiamato dall’articolo 3 della direttiva IMEL).

Il comma 8 dà attuazione all’articolo 8 della direttiva che richiede che le succursali di IMEL extracomunitari non abbiano un trattamento più favorevole di quello previsto per gli IMEL comunitari.

La relazione illustrativa afferma che il comma ricalca la disciplina prevista per le banche, eliminando il rinvio al parere del Ministero degli Affari Esteri. Il MAE infatti, nell’ambito del procedimento di autorizzazione all’apertura di una succursale di una banca extracomunitaria, apporterebbe informazioni concernenti le condizioni di reciprocità economica tra il nostro Paese e il Paese di origine della banca istante, che giustificherebbero la richiesta di stabilimento in Italia. Tali informazioni non sono funzionali all’istruttoria prevista per il rilascio dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività degli Istituti di Moneta Elettronica.

Il comma 9 attribuisce alla Banca d'Italia il compito di dettare disposizioni per regolare gli aspetti di dettaglio della disciplina.

L’articolo 114-quinquies.1, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 7 della direttiva, disciplina le forme di tutela dei fondi ricevuti dagli IMEL a fronte dell’emissione di moneta elettronica. Le somme ricevute dalla clientela per l’emissione di moneta elettronica sono investite, nel rispetto delle modalità stabilite dalla Banca d'Italia, in attività che costituiscono patrimonio distinto a tutti gli effetti da quello dell’IMEL e, nel caso siano prestati anche servizi di pagamento, dalle attività in cui sono investite le somme di denaro registrate nei conti di pagamento. Su tale patrimonio distinto non sono ammesse azioni dei creditori dell’istituto di moneta elettronica o nell’interesse degli stessi, né quelle dei creditori dell’eventuale soggetto presso il quale le somme di denaro sono depositate.

Per gli IMEL che prestano servizi di pagamento è prevista l’ulteriore distinzione tra le somme di pertinenza dei clienti che richiedono moneta elettronica e quelle di pertinenza dei clienti cui vengono prestati i servizi di pagamento (comma 2).

Il comma 3 estende ai detentori della moneta elettronica le regole attualmente previste per i titolari dei conti di pagamento in caso di liquidazione coatta amministrativa dell’intermediario. Il comma 4 precisa che, per quanto riguarda i servizi di pagamento diversi da quelli collegati all’attività principale di emissione di moneta elettronica, trovano applicazione le medesime disposizioni previste per gli istituti di pagamento. Gli IMEL che oltre ad emettere moneta elettronica svolgono anche attività imprenditoriali diverse (IMEL ibridi) hanno l’obbligo di costituire un patrimonio destinato unico per l’emissione di moneta elettronica, la prestazione di servizi di pagamento e per le relative attività accessorie e strumentali (comma 5).

L’articolo 114-quinquies.2 riguarda la vigilanza. Per assicurare la sana e prudente gestione degli IMEL, la direttiva, agli articoli 3, paragrafo 1, e 5, paragrafi 1-6, delinea un regime prudenziale analogo a quello previsto per gli istituti di pagamento. Sono previsti: requisiti patrimoniali proporzionati ai rischi operativi e finanziari a cui sono esposti gli IMEL; regole di natura organizzativa che prescrivono l’adozione di dispositivi di governo societario, procedure amministrative e contabili nonché sistemi di controllo e di gestione del rischio adeguati; cautele per assicurare che l’esternalizzazione di funzioni aziendali non attenui l’efficacia dei controlli interni e di quelli esercitati dalle autorità di vigilanza. Per l’esercizio della vigilanza, la direttiva prevede che le autorità di controllo abbiano il potere di: 1) chiedere informazioni all’IMEL; 2) effettuare ispezioni presso lo stesso, le sue succursali, gli agenti, i soggetti presso i quali sono state esternalizzate attività; 3) emanare raccomandazioni, linee guida e provvedimenti amministrativi vincolanti.

Per dare attuazione a tali previsioni è introdotta una disposizione che, sulla falsariga di quanto previsto dalla direttiva, prevede poteri di vigilanza informativa, regolamentare ed ispettiva della Banca d'Italia. Con riferimento agli IMEL ibridi, l’ultimo comma circoscrive i poteri di vigilanza della Banca d'Italia alla sola emissione di moneta elettronica, prestazione dei servizi di pagamento e relative attività accessorie.

L’articolo 114-quinquies.3 contiene un rinvio a diversi articoli del TUB al fine di allineare la normativa degli IMEL a quella degli intermediari nei servizi di pagamento, sulla base di quanto previsto dalla direttiva.

Al comma 1 sono richiamate le disposizioni riguardanti: la disciplina degli assetti proprietari già prevista per le banche; gli obblighi di comunicazione da parte del Collegio sindacale; i requisiti dei partecipanti al capitale e degli esponenti aziendali; le sanzioni amministrative nelle ipotesi di violazioni relative alle partecipazioni al capitale in un IMEL e agli obblighi di comunicazione delle stesse. Il rinvio all’intero Titolo VI del Testo Unico bancario (disposizioni in materia di trasparenza) tiene conto della circostanza che, da un lato, l’emissione di moneta elettronica è già assoggettata alla disciplina di trasparenza in base al D.Lgs. 11/2010 e, dall’altro, che in base alla nuova direttiva gli IMEL possono concedere finanziamenti connessi con i servizi di pagamento. Esso consente, inoltre, di dare attuazione all’articolo 13 della direttiva che estende agli emittenti di moneta elettronica l’obbligo di istituire idonee procedure di reclamo alle autorità competenti e di aderire ai sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie previsti per i prestatori di servizi di pagamento dalla direttiva PSD.

Anche nei confronti degli emittenti che agiscono in veste di pubblica autorità si applicano le regole in materia di condizioni e modalità del rimborso della moneta elettronica, inclusi i profili di trasparenza informativa, nonché la disciplina in tema di esposti e di sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie previste dagli articoli 39 e 40 del D.Lgs. 11/2010 limitatamente alla materia del rimborso.

Il comma 2 definisce la procedura di gestione delle crisi applicabile agli IMEL puri (che non esercitano altre attività imprenditoriali), effettuando un rinvio alle norme che regolano la fuoriuscita dal mercato degli intermediari finanziari.

La relazione illustrativa sottolinea che la scelta di applicare un regime semplificato rispetto all’attuale (che prevede invece la sottoposizione alle procedure di gestione delle crisi previste per le banche) discende alla nuova impostazione della direttiva, che non qualifica più gli IMEL come enti creditizi. Inoltre, la presenza di forme di tutela stringenti (quali la segregazione patrimoniale) permette di assicurare comunque una tutela adeguata dei detentori di moneta elettronica, anche all’interno delle procedure semplificate previste per gli intermediari finanziari. Analoga modifica è – per il medesimo motivo – proposta per le crisi degli istituti di pagamento. Non è invece necessario prevedere disposizioni ad hoc per le crisi degli IMEL ibridi: esse sono infatti disciplinate attraverso il rinvio – operato dall’articolo 114-quinquies1, comma 5 – all’articolo 114-terdecies, che – nell’ambito della disciplina del patrimonio destinato degli IP ibridi – prevede anche disposizioni in caso di crisi.

L’articolo 114-quinquies.4 contiene alcune disposizioni di carattere speciale. Il comma 1, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva, consente alla Banca d’Italia di esentare gli IMEL dall’applicazione di alcune disposizioni della disciplina di riferimento quando ricorrono congiuntamente due condizioni: a) le attività complessive generano una moneta elettronica media in circolazione non superiore al limite stabilito dalla Banca d’Italia (non superiore ai 5 milioni di euro); b) gli amministratori dell’IMEL non hanno subito condanne per riciclaggio o finanziamento del terrorismo o per altri reati finanziari. Spetta alle disposizioni di attuazione individuare quali norme potranno essere derogate.

Con riferimento alle trasparenza dei rapporti con la clientela, in virtù del richiamo operato dal vigente articolo 126-bis, comma 2, le norme previste nel Capo II-bis del Titolo VI del TUB per i servizi di pagamento si applicano anche all’emissione di moneta elettronica. Il comma 4 dell’articolo 1 dello schema in esame prevede per lo Stato italiano, gli altri Stati comunitari, le pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali, che in veste di pubblica autorità emettono moneta elettronica, soltanto l’applicazione del nuovo articolo 126-noviesdel TUB; quest’ultimo (inserito dall’articolo 1, comma 5), in attuazione dell’articolo 11, paragrafo 4, della direttiva, disciplina gli unici casi in cui, se previsto dal contratto, gli emittenti possono derogare al principio della gratuità del diritto al rimborso della moneta elettronica e applicare una commissione “adeguata e conforme ai costi effettivamente sostenuti”, se ricorre un dei seguenti casi:

a)    il rimborso è chiesto prima della scadenza del contratto;

b)    il detentore di moneta elettronica recede dal contratto prima della scadenza;

c)    il rimborso è chiesto oltre un anno dopo la scadenza del contratto.

Si evidenzia che il testo della direttiva più opportunamente parla di una commissione “proporzionata e commisurata ai costi”.

Si tratta di una novità rispetto alla direttiva previgente che si limitava a prevedere il solo diritto di rimborso al valore nominale a richiesta del detentore della moneta elettronica. La norma ribadisce l’impostazione generale sulle spese applicabili, già recepita sia dall’articolo 126-ter TUB, in generale, sia dall’articolo 3 del D.Lgs. n. 11 del 2010 più specificamente in materia di servizi di pagamento.

Sotto il profilo sanzionatorio, l’articolo 144 comma 3-bis lettera b) già consente di applicare la sanzione amministrativa da euro 5.160 a euro 64.555 alle violazioni di tale disposizione.

Al comma 3 del nuovo articolo 126-noviesviene sancito l’obbligo per gli emittenti di fornire al detentore l’informativa precontrattuale sulle modalità e le condizioni del rimborso, secondo le ulteriori precisazioni che potranno essere definite dalla Banca d’Italia nelle disposizioni di trasparenza.

La relazione illustrativa afferma la necessità di introdurre una simile disposizione dal tenore sostanzialmente analogo all’articolo 126-quater, comma 1, in conseguenza delle diverse previsioni relative all’ambito soggettivo di applicazione delle due direttive IMEL e PSD con riferimento agli Stati e alle pubbliche amministrazioni. In assenza di una simile norma infatti l’obbligo di fornire adeguate informazioni precontrattuali al detentore di moneta elettronica, sancito dall’articolo 126-quater, non sarebbe applicabile allo Stato italiano, agli altri Stati comunitari e alle pubbliche amministrazioni statali, regionali e locali, quando agiscono in veste di pubblica autorità.

 

Il comma 4 dà attuazione all’articolo 11, paragrafo 3, della direttiva nella parte in cui richiede che il contratto indichi chiaramente le condizioni del rimborso.

L’articolo 2 dello schema in esame contiene altre modifiche al TUB necessarie per il recepimento della direttiva 2009/110/CE. In particolare viene abrogato, per coerenza sistematica, il comma 1-bis dell’articolo 59 del TUB in tema di vigilanza consolidata (comma 1).

L’articolo 106, secondo comma, del TUB viene modificato per prevedere che gli intermediari finanziari iscritti all’albo possono essere autorizzati all’emissione di moneta elettronica.

Ai sensi dell’articolo 106 del TUB sono intermediari finanziari i soggetti, iscritti nel relativo elenco, che esercitano nei confronti del pubblico in via professionale l'attività di concessione di finanziamenti, di assunzione di partecipazioni, di intermediazione in cambi, così come definite dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze del 17 febbraio 2009, n. 29.

Il D.Lgs. n. 141 del 2010, attuativo della direttiva 48/2008/CE, in tema di credito al consumo, ha previsto l'istituzione di un albo unico degli intermediari finanziari che esercitano nei confronti del pubblico l'attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma e ne ha affidato la tenuta alla Banca d'Italia.

L’impostazione della nuova disposizione è analoga a quella già adottata per la prestazione dei servizi di pagamento: l’intermediario finanziario è equiparato agli altri emittenti di moneta elettronica ibridi ed assoggettato alla medesima disciplina (obbligo di costituzione di un patrimonio destinato e nomina di un responsabile) (comma 2).

Vengono modificate alcune disposizioni sanzionatorie contenute nel Titolo VIII del TUB (artt. 131- bis, 131-ter, 144 primo e secondo comma), limitatamente all’adeguamento dei riferimenti normativi.

L’art. 144, comma 3, TUB viene integrato al fine di assicurare un’adeguata copertura sanzionatoria alla violazione della disposizione sull’obbligo di informativa precontrattuale sulle modalità e condizioni del rimborso di cui all’articolo 126-novies, comma 3. L’articolo 144, comma 5, viene modificato al fine di includervi anche il caso di collaboratori degli IMEL e IP.

L’articolo 3 dello schema è voltaad apportare al decreto legislativo n. 231/2007 (c.d. testo unico antiriciclaggio) gli adeguamenti necessari e conseguenti alla trasposizione della direttiva IMEL.

L’articolo 4 detta il regime transitorio applicabile agli istituti di moneta elettronica. In particolare, il comma 1 stabilisce che gli istituti iscritti all'albo prima del 30 aprile 2011 possono proseguire la propria attività fino a sessanta giorni dopo l'entrata in vigore delle disposizioni di attuazione del decreto in esame; decorso tale termine essi cessano l'attività, a meno che non siano stati iscritti ovvero in corso di iscrizione all’albo degli istituti di moneta elettronica (nuovo articolo 114-quater).

Viene esercitata la facoltà, riconosciuta agli Stati membri dalla direttiva, di prevedere l’iscrizione automatica nel nuovo albo degli IMEL, già autorizzati alla data del 30 aprile 2011(comma 2, lettera a)). Al fine di verificare il rispetto delle nuove disposizioni in materia di forme di tutela e patrimonio destinato, la lettera b) del comma 2 chiede che sia presentata un’apposita relazione alla Banca d’Italia.

Si dà attuazione alle previsioni della direttiva che prevedono per gli IMEL in deroga autorizzati sulla base della disciplina previgente un termine più ampio (fino al 30 aprile 2012) per continuare ad operare e per valutare se presentare istanza per avvalersi della deroga prevista dalla nuova disciplina (articolo 114-quinquies.4) (comma3).

Sono dettate le norme transitorie applicabili agli IMEL iscritti nell’albo successivamente alla data di recepimento fissata dalla direttiva (comma 4).

Viene abrogata la delibera CICR del 4 marzo 2003 in materia di regolamentazione prudenziale degli IMEL e se ne prevede l’ultrattività sino alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni di attuazione emanate dalla Banca d’Italia ai sensi dell’articolo 114-quinquies.2 (comma 5).

L’articolo 5reca le consuete norme di invarianza finanziaria.

Compatibilità comunitaria

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 18 maggio 2011 la Commissione europea ha inviato una lettera di messa in mora all’Italia (procedura n. 2011/0609) per non aver comunicato le misure di recepimento della direttiva 2009/110/CE sull’avvio, l’esercizio e la vigilanza prudenziale dell’attività degli istituti di moneta elettronica entro il termine del 30 aprile 2011.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

L’11 gennaio 2012 la Commissione europea ha avviato una consultazione pubblica, che si concluderà l’11 aprile 2012, su un Libro verde (COM(2011)941) nel quale vengono analizzati gli ostacoli alla creazione di un mercato europeo integrato dei pagamenti mediante carta di credito, internet e cellulari, a beneficio dei consumatori, dei commercianti e dei fornitori di servizi di pagamento.I principali problemi individuati nel libro verde riguardano: l'accesso al mercato dei fornitori di servizi nuovi ed esistenti; la sicurezza dei pagamenti e la protezione dei dati; la trasparenza e l'efficacia della determinazione dei prezzi per i servizi di pagamento; la normalizzazione tecnica; l'interoperabilità tra i fornitori di servizi.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

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File: FI0607_0.doc



[1]   «operazione di pagamento»: l’attività, posta in essere dal pagatore o dal beneficiario, di versare, trasferire o prelevare fondi, indipendentemente da eventuali obblighi sottostanti tra pagatore e beneficiario.