Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento finanze
Titolo: Documento di economia e finanza 2011 - Profili di competenza della Commissione Finanze
Riferimenti:
DOC LVII, N. 4     
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 221
Data: 18/04/2011
Descrittori:
ECONOMIA NAZIONALE   FINANZA PUBBLICA
Organi della Camera: VI-Finanze

18 aprile 2011

 

n. 221/0/6

Documento di economia e finanza 2011

Profili di competenza della Commissione Finanze

 


Contenuto

A seguito delle modifiche recate dalla legge n. 39 del 7 aprile 2011, il Documento di economa e finanza 2011 (DEF) ha sostituito la Decisione di finanza pubblica (DPF) introdotta dalla legge 296 del 2009 (legge di contabilità e finanza pubblica) per armonizzare ed allineare il sistema nazionale delle decisioni di bilancio - e in particolare i contenuti e la tempistica di esame dei principali documenti contabili - alle nuove regole adottate dall'Unione europea in materia di coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri.

Si ricorda, infatti che da gennaio di quest'anno ha preso avvio il c.d. "semestre europeo" , in base al quale la sorveglianza multilaterale dei bilanci nazionali si articola in una serie di fasi che prevedono, tra l’altro, la presentazione contestuale - entro il 30 aprile di ciascun anno - da parte degli Stati membri, dei programmi di stabilità o di convergenza (PSC) e dei programmi nazionali di riforma (PNR), i quali divengono i principali documenti della programmazione economico-finanziaria dei singoli Stati.

Gli Stati membri si impegnano quindi ad adottare tutte le misure necessarie per stimolare la competitività e l’occupazione; concorrere alla sostenibilità delle finanze pubbliche e rafforzare la stabilità finanziaria. Sotto quest’ultimo profilo è stata avviata una riforma generale del quadro dell’Unione europea per la vigilanza e la regolamentazione del settore finanziario, mentre particolare attenzione è rivolta al coordinamento delle politiche fiscali. Ad esempio, lo sviluppo di una base imponibile comune per le società - sul quale la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva attualmente all’esame della Commissione finanze - viene indicato quale strumento per assicurare la coerenza dei regimi fiscali nazionali e contribuire alla sostenibilità di bilancio e alla competitività delle imprese.

Conformemente a questo nuovo quadro europeo, il DEF è composto da tre sezioni:

-        la prima sezione reca il Programma di stabilità (PS), che diviene l’atto fondamentali e di programmazione economico-finanziaria, definito sulla base delle linee guida e delle raccomandazioni espresse in sede europea;

-        la seconda (Analisi e tendenze della finanza pubblica) contiene una serie di dati e informazioni che il Governo era in passato tenuto a fornire nell'ambito della Relazione sull'economia e la finanza pubblica e, in misura minore, nella Decisione di finanza pubblica;

-        la terza contiene il Programma nazionale di riforma (PNR).

 

Riguardo alla prima sezione, la premessa al DEF precisa che il Programma di stabilità si basa su un equilibrio complesso che si realizza non solo dal lato della finanza pubblica ma anche dal lato della finanza privata, vale a dire comportamento delle famiglie, settore bancario, andamento delle partite correnti della bilancia dei pagamenti, etc. In tale ambito, per quanto riguarda più specificamente la finanza pubblica, l’Italia si impegna:

a)       a introdurre nella Costituzione il vincolo della disciplina di bilancio;

b)       a raggiungere entro il 2014 un livello prossimo al pareggio di bilancio, così conformando la dinamica del bilancio pubblico agli obiettivi europei di medio termine (passando da un rapporto deficit/PIL per il 2011 pari al 3,9%, al 2,7% per il 2012, al 1,5% per il 2013, fino a raggiungere nel 2014 lo 0,2%) nonché a proseguire la riduzione del debito pubblico.

 

Quanto al quadro macroeconomico, il Programma di stabilità evidenzia come la crescita dell’economia italiana nel 2010 è stata pari all’1,3%, con un contributo di consumi privati e investimenti fissi rispettivamente pari a 0,6 e 0,5 punti percentuali. L’occupazione ha registrato una contrazione dello 0,7% che ha interessato in particolare il settore dell’industria. Il tasso di disoccupazione si colloca quindi all’8,4%. Le esportazioni e le importazioni complessive in volume sono aumentate dell’8,9% e dell’11,1%, con un saldo commerciale negativo per circa 27,3 miliardi. La quota di mercato sulle esportazioni mondiali ha subito una lieve flessione (dal 3,3 al 3%). Il debito delle famiglie italiane è risultato pari al 44,4% e quello delle imprese non finanziarie all’83,8% (rispetto ad una media europea pari rispettivamente all’82,3% e al 120,8%). Nonostante un rapporto debito/Pil pari al 119% (116,1% del 2009), la relativa maggiore solidità del sistema bancario e il limitato stock di debito privato hanno consentito di registrare livelli di debito più contenuti rispetto ad altri Paesi europei.

Il deficit è stato pari al -4,6%, al di sotto di 0,8 punti percentuali rispetto a quello registrato nell’anno precedente. Le entrate totali (pari al 46% del PIL) sono cresciute dello 0,8%, prevalentemente per effetto dell’aumento delle imposte indirette (5,1%) in gran parte dovuto alla crescita del gettito IVA, sulla quale hanno influito le disposizioni in materia di contrasto dei crediti IVA. Le imposte dirette sono aumentate dell’1,2%, sostenute dalla crescita dell’IRE.

Per il 2011 l’aumento previsto del PIL è pari all’1,1%. Nel triennio 2012-2014 la crescita si attesterebbe in media all’1,5%, con un incremento degli investimenti fissi fino al 3%. Il rapporto debito/PIL si dovrebbe attestare al 120% nel 2011 per scendere al 119,4% nel 2012, fino a raggiungere il 112,8% nel 2014.

La pressione fiscale è risultata pari al 42,6%, inferiore di cinque decimi di punto rispetto al 43,1% del 2009; essa è destinata a salire al 42,7 nel 2012 per poi tornare al 42,6 nel 2013 e scendere al 42,5 nel 2014.

Le politiche di risanamento del bilancio adottate dal governo nel corso del triennioa seguito della procedura di deficit eccessivo avviata dall’Unione europea (Ecofin 2009), oltre ad incidere sul lato della spesa, hanno operato anche sul fronte delle entrate, con particolare riferimento al contrasto all’evasione fiscale e, con la legge di stabilità 2011, alla revisione della normativa relativa ai giochi e della disciplina contabile dei contratti di leasing. Nel 2010, le somme recuperate dal contrasto all’evasione hanno superato i 25 miliardi di euro, di cui 10,5 derivanti dal rafforzamento dei controlli da parte dell’Agenzia delle entrate, 6,6 dal contrasto all’abuso delle cosiddette auto-compensazioni, 6,4 dal recupero dell’evasione dei contributi INPS e 1,9 dall’aumento delle riscossioni da parte di Equitalia.

 

La seconda sezione del DEF (Analisi e tendenze della finanza pubblica) individua regole generali sull’evoluzione della spesa delle amministrazioni pubbliche, in linea con l’esigenza, evidenziata in sede europea, di mettere in campo forme efficaci di controllo dell’andamento della spesa pubblica, anche attraverso la fissazione di tetti di spesa.

La sezione reca, tra l’altro, un'indicazione delle previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA riferite almeno al triennio successivo, le informazioni di dettaglio sui risultati e sulle previsioni dei conti dei principali settori di spesa, con particolare riferimento a quelli relativi al pubblico impiego, alla protezione sociale e alla sanità, nonché sul debito delle amministrazioni pubbliche e sul relativo costo medio. In allegato alla sezione è riportata una nota metodologica che espone analiticamente i criteri di formulazione delle previsioni tendenziali.

 

 

Rispetto a quanto esposto analiticamente nella terza sezione, recante il Programma di riforma, il governo si impegna sulle seguenti priorità:

Riforma fiscale

In tale ambito è prevista una delega al governo per riformare il sistema fiscale ed assistenziale sulla base dei seguenti quattro principi e criteri direttivi:

-        progressività, in funzione della capacità contributiva propria delle persone, delle famiglie, delle imprese;

-        neutralità e/o non distorsività rispetto alla scelta delle persone, delle famiglie, delle imprese (si citano, in particolare, le imposte ambientali);

-        solidarietà, verso il reale bisogno delle persone e delle famiglie;

-        semplicità, basata su di un codice di principi comuni generali.

 

Sono quindi delineate le seguenti azioni:

-        ridurre drasticamente il numero di regimi di favore fiscale, esenzione ed erosione dell’imponibile, con l’obiettivo di abbattere il costo personale e burocratico della complessità fiscale e lasciare spazio a mirati interventi di sostegno, per la ricerca, la natalità e il lavoro;

-        spostare gradualmente l’asse del prelievo fiscale dalle imposte dirette alle imposte indirette;

-        conseguentemente, acquisire le risorse per finanziare la riduzione delle aliquote e rendere più competitivo il sistema produttivo.

Il processo riformatore del federalismo fiscale

Il PNR include l’attuazione del federalismo fiscale tra le misure di politica economica volte a garantire il raggiungimento degli obiettivi di stabilità e crescita. Il Programma sottolinea che dalla riforma prevista nel suo complesso non derivano effetti finanziari ma piuttosto si attendono risparmi futuri.

Com’è noto, il processo di attuazione del federalismo fiscale è stato avviato nel maggio 2009 con l’approvazione della legge delega n. 42 che ha delineato il nuovo quadro istituzionale dei rapporti finanziari tra i livelli di governo per il passaggio da un sistema di finanza derivata ad una maggiore autonomia di entrata e di spesa prevista per comuni, province, città metropolitane e regioni.

In tale quadro è stato previsto il superamento del sistema dei trasferimenti di risorse in base alla spesa storica e la graduale convergenza verso i costi e i fabbisogni standard in misura da garantire sull’intero territorio nazionale il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e delle funzioni fondamentali degli enti locali.

Finora sono stati approvati i decreti legislativi concernenti il c.d. federalismo demaniale[1]; l’ordinamento transitorio di Roma Capitale[2]; i fabbisogni standard per gli enti locali[3], il federalismo municipale[4]. Alla fine di marzo, inoltre, è stato approvato in via definitiva[5] il decreto legislativo in materia di autonomia di entrate delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario (Atto n. 317). Si segnala, inoltre, l’adozione di un decreto interministeriale[6]in materia di perequazione infrastrutturale.

Sono infine all’esame del Parlamento lo schema di decreto legislativo sugli interventi speciali per la rimozione degli squilibri economici e sociali (Atto n. 328) e lo schema in materia di armonizzazione dei sistemi contabili (Atto n. 339).

Un ulteriore schema di decreto legislativo approvato in via preliminare dal Consiglio dei ministri, concerne i meccanismi sanzionatori e premiali che prevede norme volte a potenziare l’azione di contrasto all’evasione fiscale mediante il coinvolgimento di regioni e province e una collaborazione di tali enti nella gestione organica dei tributi regionali e provinciali, allo scopo di ottenere maggiori entrate a livello centrale e locale.

Il Cdm ha inoltre approvato un disegno di legge che proroga di sei mesi il termine per l’attuazione della delega.

 

Complessivamente, tali provvedimenti demandano a regioni ed enti locali la gestione di una consistente quota di patrimonio demaniale, allo scopo di favorirne la valorizzazione funzionale, e la possibilità di conferire i beni trasferiti nell’ambito di fondi immobiliari ovvero di alienarli per destinarne i proventi in quota-parte alla riduzione del debito dell’ente e dello Stato, ovvero a spese di investimento; realizzano il passaggio dalla finanza derivata ad una maggiore autonomia tributaria e responsabilità impositiva dei comuni, con la conseguente soppressione dei trasferimenti e l’attribuzione di entrate proprie, attribuiscono agli enti locali una compartecipazione alle entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale con l’obiettivo di ridurre drasticamente questo fenomeno; prevedono la possibilità per i medesimi enti di ricorre a piccole modifiche delle aliquote vigenti e all’introduzione di tasse di scopo.

Riguardo alle fonti di finanziamento delle regioni a statuto ordinario, si prevede la rideterminazione dell’addizionale regionale all’Irpef, alla quale possono aggiungersi eventuali maggiorazioni regionali. Alle regioni è attribuita altresì una compartecipazione al gettito Iva e la possibilità di ridurre l’aliquota IRAP fino al completo azzeramento, nonché di istituire detrazioni fiscali in favore delle famiglie. Sono soppressi, dal 2013, i trasferimenti regionali di parte corrente diretti al finanziamento delle spese comunali, sostituiti da una compartecipazione dei comuni ai tributi regionali, e prioritariamente all’addizionale regionale Irpef.

Meridione

Nella consapevolezza dei divari territoriali esistenti nel Paese, il Governo dedica una sezione del PNR all’illustrazione delle disparità regionali e delle politiche di sviluppo volte a favorire lo sviluppo e alla crescita delle aree del Mezzogiorno d’Italia, al fine di colmare le predette disparità.

Tra le azioni individuate per superare il differenziale economico tra nord-centro e sud, particolare rilievo assume la fiscalità di vantaggio.

Per conseguire significativi incrementi occupazionali nel Mezzogiorno si reputa necessario coniugare la crescita economica con un mix di politiche coordinate e interventi specifici con particolare riguardo alle donne e ai giovani. Le azioni d‘intervento dovranno prevedere, dunque, semplificazioni normative e riduzioni contributive/ fiscali (credito di imposta per nuove assunzioni), in coerenza con la normativa europea, per opportune tipologie contrattuali che sono più adeguate per l‘inserimento lavorativo dei giovani e delle donne, soprattutto per quelle che integrano formazione e lavoro (e possono concorrere a ridurre la dispersione scolastica).

Tra le misure in fase di completamento viene ricordata l’istituzione della Banca del Mezzogiorno S.p.A. (disciplinata dalla legge finanziaria 2010), società partecipata dallo Stato in qualità di fondatore e da altri soggetti privati, che agisce attraverso la rete di banche e di istituzioni che vi aderiscono con l’acquisto di azioni; sua finalità precipua è quella di sostenere progetti di investimento nel Mezzogiorno, promuo­vendo in particolare il credito alle PMI. Per quanto riguarda l’emissione di azioni di finanziamento delle banche di credito cooperativo che partecipano al capitale della Banca del Mezzogiorno, tra l'altro, viene prevista una disciplina tributaria di favore: sugli interessi degli strumenti finanziari sottoscritti da persone fisiche, emessi da banche per sostenere progetti di investimento di PMI del Mezzogiorno, si applica un'aliquota agevolata. La banca dovrebbe essere pienamente operativa nell’estate-autunno del 2011.

Nel più ampio quadro di misure di sviluppo delle PMI si ricorda inoltre il fondo Jeremie Mezzogiorno (Joint European Resources for Micro to medium Enterprise), avente natura sovra regionale, per il credito, le garanzie e il capitale di rischio delle PMI. Ciò al fine di fornire alle imprese e alle banche un fondo unico, con procedure standardizzate e omogenee per tutte le Regioni, nel rispetto di tutte le prescrizioni previste per l’utilizzo dei fondi comunitari - anche ai fini della rendicontazione - prevedendo contabilità separate per ogni programma operativo. Esso è stato varato nel CdM del 26 novembre 2010 (nell’ambito del “Piano per il Sud”); sono in corso di definizione i meccanismi operativi.

Lavoro

In tale ambito sono previste, in linea con gli obiettivi definiti a livello europeo, riforme fiscali volte a ridurre l’imposizione sul lavoro “per rendere conveniente lavorare”.

Al riguardo, l’analisi del Lisbon assessment Framework (LAF), richiamata dal PNR, registra un lieve miglioramento nelle politiche sulla tassazione volte favorire la domanda di lavoro: tra le misure approvate o in corso di approvazione sono segnalate, ad esempio, la deducibilità dalle imposte sui redditi di un importo pari al 10 per cento dell’IRAP e la proroga al 2011 del trattamento fiscale favorevole per lo spostamento delle quote di salario sulla contrattazione decentrata, con un ampliamento di tale forma di detassazione, che al momento è in via sperimentale.

Ricerca, innovazione e sviluppo

Tra i ‘colli di bottiglia’ dell’economia italiana (bottlenecks) che a giudizio della Commissione Europea frenano la crescita del Paese in cinque aree-chiave, assume rilevanza il settore della ricerca e dell’innovazione. Viene in proposito sottolineata la necessità di aumentare la spesa privata in tale settore.

Il PNR sottolinea che, nell’ambito dell’azione finalizzata alla tutela di ricerca e innovazione delle imprese, verranno privilegiati gli incentivi automatici, come il credito d’imposta e il contributo in conto interessi per finanziare la ricerca all’interno delle imprese.

Le iniziative previste comprendono, a tal fine, un credito d’imposta al 90% a sostegno delle ricerche che le imprese commissionano a università e istituti di ricerca, ferma la deduzione dall’imponibile fiscale.

Si ricorda in proposito che la legge di stabilità per il 2011 (legge n. 220/2010) ha attributo un credito d’imposta, nel limite di spesa di 100 milioni di euro per l'anno 2011, in favore delle imprese che affidano attività di ricerca e sviluppo a università o enti pubblici di ricerca, in relazione agli investimenti realizzati a decorrere dal 1° gennaio 2011 e fino al 31 dicembre 2011.

Si intende inoltre applicare in Italia il migliore standard legale e fiscale europeo per venture capital e spin-off.

Tra le misure introdotte per valorizzare la produttività e lo sviluppo delle imprese, il Programma Nazionale di Riforma ricorda inoltre la creazione dei “contratti di rete” con cui le imprese dei distretti industriali possano collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all‘esercizio o scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica.

Il D.L. 78 del 2010 ha riconosciuto a favore delle imprese appartenenti ad una rete di imprese vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari, compresa la possibilità di stipulare convenzioni con l'ABI. In estrema sintesi, le imprese aderenti a un contratto di rete usufruiscono di un regime di sospensione d’imposta riferito alla quota degli utili dell'esercizio accantonati ad apposita riserva, destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune di rete (preventivamente asseverato da organismi espressione dell'associazionismo imprendito­riale muniti di appositi requisiti, ovvero in via sussidiaria da organismi pubblici). L’agevolazione opera per gli utili realizzati fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 ed interessa la quota degli stessi imputata al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato per le predette finalità di investimento. Tale agevolazione può essere fruita, nel limite complessivo di 20 milioni di euro per il 2011 e di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013. La Commissione europea ha autorizzato le suddette misure (comunicazione C(2010)8939 definitivo) miranti a fornire sostegno alle imprese che intendono cooperare e costituire una rete. Le disposizioni di cui supra contengono infatti una clausola di sospensione che ne subordinava l'applicazione all'autorizzazione della Commissione.

Nel più ampio quadro dell’azione volta a ‘Liberare le potenzialità del Mercato Unico’, connessa alla necessità di ripresa all’indomani della crisi economica e alle conseguenti riforme strutturali, il Governo reputa cruciali le riforme del mercato dei servizi e dei prodotti, con particolare attenzione alle norme che disciplinano la libera prestazione dei servizi transfrontalieri. Il rafforzamento delle potenzialità del mercato unico prevede anche la promozione di accordi internazionali in materia doganale volti, tra l’altro, a evitare le doppie imposizioni in materia d’imposte sul reddito e a prevenire l’evasione fiscale.

 

Un ulteriore azione prioritaria prevede la promozione di iniziative per orientare il risparmio privato verso obiettivi di politica economica.

 

Si segnala, al riguardo, che secondo l’analisi del Lisbon assessment Framework (LAF), richiamata dal PNR, le politiche per il mercato finanziario e l’accesso alla finanza non presentano miglioramenti e permangono sotto il livello europeo.

 

Ulteriori priorità – che non recano peraltro un diretto impatto sulle materie di competenza della Commissione Finanze – riguardano le opere pubbliche, l’edilizia privata, l’istruzione e il merito, il turismo, l’agricoltura, il processo civile nonché la riforma della pubblica amministrazione, per cui è previsto un generale impegno a ridurre gli oneri fiscali, oltre a quelli burocratici e amministrativi, per le persone e per le imprese.

 

L’insieme delle misure prese in considerazione determina nel quadriennio 2011 un impatto positivo sul tasso di variazione del PIL rispetto allo scenario di base, pari in media a 0,4 punti percentuali all’anno.

 


 

 

Servizio Studi – Dipartimento Finanze

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File: FI0486_0.doc



[1]     D.Lgs. n. 85 del 2010, (in G.U.n. 134/2010.

[2]     D.Lgs. n. 156 del 2010 (in G.U.n. 219/2010).

[3]     D.Lgs. n. 216 del 2010 (in G.U.n. 294/2010).

[4]     D.Lgs. n. 23 del 2011 (in G.U. n. 67/2011).

[5]     In attesa di pubblicazione.

[6]     Pubblicato in G.U. n. 75/2011.