Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Congelamento e confisca dei proventi di reato - Proposta di direttiva COM(2012)85
Serie: Documentazione per le Commissioni - Esame di atti e documenti dell'UE    Numero: 125
Data: 02/07/2012
Descrittori:
CONFISCA   DIRETTIVE DELL'UNIONE EUROPEA
REATI     
Nota: Questo dossier contiene materiale protetto dalla legge sul diritto d'autore, pertanto la versione html è parziale. La versione integrale in formato pdf può essere consultata solo dalle postazioni della rete Intranet della Camera dei deputati (ad es. presso la Biblioteca)


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

 

 

 

 

Documentazione per le Commissioni

esame di atti e documenti dell’unione europea

 

 

 

 

 

 

Congelamento e confisca dei proventi di reato

Proposta di direttiva COM(2012)85

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 125

 

 2 luglio 2012

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145 - * cdrue@camera.it)

Il capitolo “La normativa italiana sulla confisca penale” e i paragrafi “L’impatto sull’ordinamento nazionale” sono stati curati dal Dipartimento giustizia del Servizio Studi (' 066760.9148)

________________________________________________________________

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 


 

I N D I C E

 

Scheda di lettura   1

Proposta di direttiva relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea   3

·         Datiidentificativi3

·         Finalità/Motivazione  3

·         Base giuridica  7

·         Contenuti8

·         Sussidiarietà  22

·         Valutazione d’impatto  23

·         Esame presso i Parlamenti nazionali25

·         La normativa italiana sulla confisca penale  25

Documenti31

 

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa

al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea            33

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


 

Scheda di lettura



Proposta di direttiva relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea

 

Datiidentificativi

Tipo di atto

Proposta di direttiva relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea

Data di adozione

12 marzo 2012

Base giuridica

Art. 82, par. 2 e art. 83 par. 1 del TFUE

Settori di intervento

Cooperazione giudiziaria in materia penale

Assegnazione

13 marzo 2012 – II Giustizia

Segnalazione da parte del     Governo

Finalità/Motivazione

Nella relazione introduttiva alla proposta la Commissione, richiamandosi alle stime ONU in materia, sottolinea che l’importo totale dei proventi di reato a livello mondiale nel 2009 sarebbe quantificabile nell’ordine di  circa 2100 miliardi di dollari USA, ossia il 3,6% del prodotto interno lordo mondiale. La relazione rileva altresì che, pur non esistendo stime affidabili circa l’entità dei proventi di reato nel complesso dell’Unione europea, la gravità del problema risulterebbe evidente dai dati disponibili per alcuni Stati membri: a titolo di esempio, la Commissione europea cita il caso del Regno Unito, in cui gli introiti della criminalità organizzata nel 2006 sarebbero stati pari a 15 miliardi di sterline, e dell’Italia. Nel nostro paese, in particolare, i proventi della criminalità organizzata riciclati nel 2011 sarebbero stati stimati dalla Banca d’Italia a 150 miliardi di euro, e la Corte dei conti avrebbe valutato intorno ai 50-60 miliardi annui il costo della corruzione. Come indicato nella EU Organised Crime Threat Assessment 2011 di Europol e nella relazione annuale di Eurojust per il 2010, le attività del crimine organizzato sono in gran parte di natura transnazionale e i proventi delle attività dei gruppi criminali sono sempre più spesso investiti in altri Stati membri.

II documento di lavoro della Commissione europea (SWD(2012)31), che accompagna la proposta di direttiva rileva tuttavia che attualmente il numero di procedure di blocco e confisca nell’Unione e gli importi sottratti alla disponibilità della criminalità organizzata risultano  insufficienti rispetto ai redditi stimati dei gruppi di criminalità organizzata o al numero di condanne penali pronunciate per reati gravi (ad esempio, nel 2009 sarebbero stati recuperati 189 milioni di euro nel Regno Unito e 60 milioni di euro nei Paesi Bassi). Il medesimo documento di lavoro sottolinea come la normativa italiana, particolarmente apprezzata nell’ambito delle istituzioni UE per la sua completezza e la sua severità, sarebbe stata da più parti indicata come un modello da seguire allo scopo di rendere più incisiva l’azione in materia di confisca in tutto il territorio dell’ Unione.

Le tabelle seguenti presentano in dettaglio i dati relativi all’Italia pubblicati dalla Commissione europea nel documento di lavoro citato[1], nonché esempi di confisca in casi transfrontalieri trattati nel corso del 2010 con l’assistenza di Eurojust.

 

ITALIA - Dati relativi a beni confiscati nel periodo 1992-2009

 

 

Beni investigati

Confische

Confische definitive

Decreti di destinazione

Valori recuperati (€)

Riutilizzo a scopo sociale (€m)

1992

 

0

13

9

1.8

0.5

1993

 

85

9

3

0.4

0.1

1994

 

1

27

2

0.2

0.1

1995

 

0

22

5

1.0

0.5

1996

 

15

102

18

3.7

2.7

1997

 

71

340

63

18.6

9.3

1998

 

155

404

129

18.2

8.6

1999

 

392

640

216

37.2

27.2

2000

 

435

575

249

38.9

18.2

2001

 

203

718

231

47.4

35.4

2002

 

211

477

329

89.9

71.5

2003

 

464

300

287

40.8

22.5

2004

 

660

328

287

47.4

27.1

2005

 

1044

400

190

51.8

32.1

2006

4427

1566

414

172

31.8

10.0

2007

8040

1790

325

518

97.5

38.1

2008

6173

949

319

804

165.5

80.8

2009

12741

2333

380

544

101.3

60.7

TOTAL

62551

11067

6207

4074

797.1

447.4

 Source: Italian Department of Justice (2010)

 

Esempi di beni confiscati in casi transfrontalieri 2010

Stati membri

Beni soggetti a confisca con l’assistenza di Eurojust

Belgio

Due imbarcazioni confiscate in Spagna

Bulgaria

37.000 euro e una proprietà immobiliare confiscati nel Regno Unito

Germania

100.000.000 euro confiscati in un caso di frode fiscale che ha implicato indagini coordinate in 15 paesi  

Irlanda

Proprietà confiscate in Spagna e Irlanda

Spagna

Cinque casi implicanti la confisca di 112.000.000 euro, di 17.000.000 euro, di 1.000.000 euro, di 23.000 euro, e di 9.000.000 euro

Italia

Confisca provvisoria nei Paesi Bassi di 400.000 euro. Congelamento di 800 kg di prodotti contraffatti in 10 paesi. Congelamento di un orologio di lusso in Germania. Congelamento di 300 kg di cocaina in Belgio, Spagna, Italia, Repubblica ceca. Congelamento di documenti relativi alla registrazioine di 100 veicoli in Germania. Congelamento di 700 kg di haschish, un pc, telefoni cellulari e documenti in Francia, Spagna e in Regno Unito. Congelamento di un server in Austria.

Francia

Proprietà e veicoli in Italia, una nave e il congelamento di 1400 kg di cocaina.

Svezia

1.685.800 euro confiscati in Svezia e una nave in un altro paese  

Regno Unito

Proprietà e denaro di un sospetto principale (inclusa un casa, un’imbarcazione e denaro per un valore di euro 1.200.000). Parecchi veicoli di lusso in Spagna.

 

L’Unione europea si è già dotata di un quadro giuridico in materia di congelamento, sequestro e confisca dei beni, composto dalle seguenti decisioni quadro:

·         2001/500/GAI concernente il riciclaggio di denaro, l’individuazione, il rintracciamento, il congelamento o sequestro e la confisca degli strumenti e dei proventi di reato;

·         2003/577/GAI relativa all’esecuzione nell’Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio;

·         2005/212/GAI, relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reato; 2006/783/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca.

 

Tale quadro giuridico, alla luce di un’analisi approfondita presentata nella comunicazione della Commissione europea del novembre 2008 ”Proventi della criminalità organizzata – Garantire che “il crimine non paghi” (COM(2008)766), ha tuttavia rivelato alcuni aspetti critici. Secondo la Commissione europea, le criticità sarebbero il motivo dello scarso livello di attuazione della normativa UE anche in quei paesi, come l’Italia[2] e il Regno unito, che riconoscono carattere stabilmente prioritario alla lotta al crimine organizzato e si avvalgono di una legislazione nazionale giudicata dalle istituzioni UE, come già ricordato, particolarmente accurata a complessa.

In particolare, per quanto riguarda la decisione quadro 2005/212/GAI, la Commissione lamenta che l’insufficiente livello di recepimento sia in parte attribuibile alla scarsa chiarezza delle disposizioni della stessa, soprattutto per quanto riguarda i poteri estesi di confisca. Per quanto concerne la decisione quadro 2006/783/GAI,relativa all'applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, la Commissione rileva la necessità di un suo coordinamento con le norme relative ai poteri estesi di confisca di cui alla decisione quadro 2005/212/GAI. La comunicazione osserva inoltre che la decisione quadro 2006/783/GAI sembra potersi applicare soltanto alle decisioni di confisca prese nell'ambito di un procedimento penale: di conseguenza, le decisioni di confisca basate sui procedimenti civili o fiscali potrebbero non essere eseguite in tutti gli Stati membri.

In esito alla valutazione del quadro normativo vigente, la Commissione europea aveva suggerito di avviare una riflessione sull’opportunità di:

·         prevedere, in un nuovo strumento giuridico, casi di confisca in assenza di procedimento penale anche in ottemperanza alle  raccomandazioni del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), che ha invitato i paesi aderenti a prendere in considerazione misure di confisca "in assenza di procedimento penale o che richiedano al trasgressore di dimostrare l'origine legittima delle proprietà passibili di confisca";

·         estendere il campo di applicazione della confisca obbligatoria;

·         prevedere il reciproco riconoscimento dei provvedimenti di blocco e di confisca anche nel caso in cui questi si basino su procedure non applicabili nello Stato di esecuzione (p.es. procedure di confisca civile, procedure fondate sull'uso esteso dei poteri fiscali)[3].

 

Rispetto alle esigenze rilevate, la proposta di direttiva in esame non reca interventi di modifica del quadro giuridico esistente sul complesso delle questioni richiamate dalla stessa Commissione europea. Le modifiche prospettate sono essenzialmente volte a:

Inoltre, la proposta non contiene disposizioni esplicite in materia di riconoscimento reciproco, limitandosi a richiamare l’applicazione alla nuova disciplina della confisca la vigente decisione quadro in materia (decisione quadro 2006/783/GAI relativa all'applicazione delprincipio del reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca).

 

Base giuridica

La proposta di direttiva si basa sull'articolo 82, paragrafo 2, e sull’articolo 83, paragrafo 1, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).

L’articolo 82, paragrafo 2 TFUE prevede che laddove necessario per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia e giudiziaria nelle materie penali aventi dimensione transnazionale, il Parlamento europeo e il Consiglio possono stabilire norme minime deliberando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria. Queste tengono conto delle differenze tra le tradizioni giuridiche e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri. Le norme minime riguardano l’ammissibilità reciproca delle prove tra gli Stati membri, i diritti della persona nella procedura penale, i diritti delle vittime della criminalità, altri elementi specifici della procedura penale, individuati dal Consiglio in via preliminare mediante una decisione all’unanimità previa approvazione del Parlamento europeo. L’adozione delle norme minime di cui al presente paragrafo non impedisce agli Stati membri di mantenere o introdurre un livello più elevato di tutela delle persone.

In base all’articolo 83 paragrafo 1 TFUE, il Parlamento europeo e il Consiglio deliberando mediante direttive secondo la procedura legislativa ordinaria, possono stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere della criminalità particolarmente grave che presentano una dimensione transnazionale derivante dal carattere o dalle implicazioni di tali reati o da una particolare necessità di combatterli su basi comuni. Tali sfere di criminalità sono: terrorismo, tratta degli esseri umani, sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, riciclaggio di denaro, corruzione, contraffazione di mezzi di pagamento, criminalità informatica e criminalità organizzata. La Commissione rileva in proposito che dal momento che una delle sfere di criminalità elencate è la “criminalità organizzata”, la proposta riguarderà altre attività criminali, pur non specificamente elencate nell’articolo 83, paragrafo 1, nella misura in cui dette attività sono commesse attraverso la partecipazione ad un’organizzazione criminale quale definita dalla decisione quadro 2008/841/GAI relativa alla lotta contro la criminalità organizzata.

 

Contenuti

Gli articoli 1 e 2 definiscono l’obiettivo e il campo di applicazione della proposta. In particolare ai sensi dell’articolo 1 la proposta reca norme minime relative al congelamento di beni, in vista di un’eventuale successiva confisca, e alla confisca di beni in materia penale.

Il riferimento a norme minime si traduce nella possibilità per gli Stati membri di emanare una normativa nazionale più ampia.

Relativamente alle definizioni di cui all’articolo 2 si segnala che ai fini della proposta si intende per “provento di reato”: ogni vantaggio economico derivato da reati, che può consistere in qualsiasi bene e che include ogni successivo reinvestimento o trasformazione di proventi diretti da parte dell’indagato o imputato, e qualsiasi utile valutabile; “bene”: un bene di qualsiasi natura, materiale o immateriale, mobile o immobile, nonché i documenti legali o gli strumenti comprovanti il diritto di proprietà o altri diritti sui predetti beni; “strumento”: qualsiasi bene usato o destinato a essere usato, in qualsiasi modo, in tutto o in parte, per commettere uno o più reati; “confisca”: una sanzione o misura, ordinata da un’autorità giudiziaria a seguito di un procedimento per un reato, che consiste nel privare definitivamente di un bene; “congelamento”: il divieto temporaneo di trasferire, distruggere, convertire, disporre o far circolare un bene o di assumerne temporaneamente la custodia o il controllo. La definizione di “reato” rimanda a precise definizioni delle sfere di criminalità elencate all’articolo 83, paragrafo 1, del TFUE, come disposto nella normativa vigente dell’Unione.

Si segnala che la definizione di “provento di reato” rispetto alla precedente prevista dalla decisione quadro 2005/212/GAI del Consiglio è stata ampliata in modo tale da includervi la possibilità di confiscare tutti gli utili valutabili, anche indiretti, che derivano dai proventi di reato: secondo la Commissione (Considerando n. 9), tale nozione dovrebbe ricomprendere il successivo reinvestimento o la trasformazione dei proventi diretti, e il valore corrispondente a tutte le perdite evitate e tutti gli utili valutabili.  

Per quanto riguarda la definizione di “reato”ai fini dell’applicazione della proposta devono considerarsi inclusi il terrorismo, la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, il traffico illecito di stupefacenti, il riciclaggio di denaro, la corruzione, la contraffazione di mezzi di pagamento, la criminalità informatica, nonché attività criminali diverse da quelle elencate allorquando siano commesse attraverso la partecipazione ad un’organizzazione criminale (come definita dalla decisione quadro 2008/841/GAI relativa alla lotta contro la criminalità organizzata). Si precisa inoltre che l’articolo 14 della proposta prevede la sostituzione dell’articolo 1 della 2005/212/GAI recante il precedente quadro delle definizioni. Secondo la Commissione le attuali disposizioni in materia di confisca (in particolare, gli articoli 2, 4 e 5 della decisione quadro 2005/212/GAI) dovrebbero comunque rimanere in vigore per quanto riguarda le attività criminali non contemplate dall’articolo 2 della proposta.

 

Per quanto riguarda la confisca basata sulla condanna, in base all’articolo 3 paragrafo 1 come già previsto dalla decisione quadro 2005/2121/GAI e dalla decisione quadro 2001/50 GAI, ciascuno Stato membro è tenuto ad adottare le misure necessarie per poter procedere alla confisca totale o parziale di strumenti o proventi di reato affinché sia consentito, a seguito di una condanna penale definitiva. Il paragrafo 2 del medesimo articolo impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie per poter procedere alla confisca di beni per un valore corrispondente ai proventi di reato (cosiddetta “pena sostitutiva per il valore in causa”), a seguito di una condanna penale definitiva.

Si segnala, appunto, che già la decisione quadro 2001/500/GAI ha posto a carico degli Stati membri l’obbligo di consentire la confisca di strumenti e proventi di reato a seguito di una condanna definitiva nonché la confisca di beni di valore equivalente ai proventi stessi. Tale previsione rimarrebbe comunque in vigore per quanto concerne i reati rimasti fuori dal campo di applicazione della proposta in esame.

 

In proposito, si segnala l’opportunità di un chiarimento da parte del Governo sul combinato disposto dei due paragrafi dell’articolo 3 e, in particolare, se non possa rivelarsi utile precisare che la confisca di beni per un valore corrispondente interverrebbe solamente in via sussidiaria, nel caso in cui non sia possibile provvedere alla confisca degli strumenti o proventi di reato..

 

L’impatto sull’ordinamento nazionale

La proposta di direttiva richiede agli Stati di prevedere, a seguito di una condanna definitiva, la confisca di strumenti o proventi di reato (art. 3, par. 1). Tale previsione non sembra comportare alcun adeguamento del nostro ordinamento.

Il successivo par. 2 dell’articolo 3 precisa che a seguito di condanna gli Stati dovranno poter procedere alla confisca di beni «per un valore corrispondente ai proventi di reato». L’Unione richiede dunque – in caso di condanna per uno dei reati indicati dall’articolo 2 - la confisca per equivalente. Il nostro ordinamento, già contempla questa particolare confisca, ma solo per alcune specifiche condanne. Al fine allora di chiarire quali eventuali iniziative imponga la proposta di direttiva, occorre raffrontare il catalogo di reati previsto nell’atto in esame con i delitti per i quali attualmente il nostro ordinamento consente la confisca per equivalente.

In merito, se per le ipotesi di corruzione, riciclaggio, criminalità organizzata, tratta di persone e sfruttamento sessuale di minori, l’ordinamento già consente la confisca per equivalente, l’apprensione da parte dello Stato di beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato non è ancora prevista:

·         per tutte le ipotesi di accesso illecito a un sistema informatico (la confisca per equivalente è ammessa solo in alcuni casi di frode informatica);

·         per i casi di corruzione nel settore privato, anche perché la relativa decisione quadro (n. 2003/568/GAI) non è stata recepita nell’ordinamento;

·         per le ipotesi di terrorismo (se si escludono le ipotesi di terrorismo internazionale);

·         per le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e per la falsificazione di monete.

 

L’articolo 4 innova (limitatamente alle attività criminali contemplate dalla proposta) la disciplina concernente i poteri estesi di confisca, già prevista per determinati reati gravi dalla decisione quadro 2005/212/GAI. In particolare si procederà alla confisca totale o parziale dei beni che appartengono a una persona condannata per un reato laddove, sulla base di fatti specifici, l’autorità giudiziaria ritenga “molto più probabile” che i beni in questione siano stati ottenuti dal condannato mediante attività criminali analoghe, piuttosto che da attività di altra natura. Tuttavia non si potrà ricorrere alla confisca quando le attività criminali analoghe non hanno potuto essere oggetto di un procedimento penale a motivo della prescrizione ai sensi del diritto nazionale, oppure sono già state oggetto di un procedimento penale il cui esito è stata l’assoluzione definitiva dell’imputato, o in altri casi in cui si applichi il principio del ne bis in idem.

Si ricorda che la cosiddetta “confisca estesa” riguarda quelle fattispecie in cui è opportuno che la condanna penale sia seguita dalla confisca non solo dei beni associati al reato accertato nella condanna stessa, ma anche di ulteriori beni che l’autorità giudiziaria stabilisca (attraverso un giudizio – secondo la lettera della disposizione – di tipo probabilistico) essere i proventi di altri reati. La Commissione precisa che l’intervento si è reso necessario a causa della frammentarietà del quadro giuridico previsto dalla decisione quadro 2005/212/GAI: l’attuale disciplina prevede, infatti, tre diversi gruppi di condizioni minime (che gli Stati membri possono scegliere, anche cumulativamente) in presenza dei quali è possibile applicare i poteri estesi di confisca. Tale facoltà ha fatto sì che al momento del recepimento nelle rispettive normative nazionali gli Stati membri scegliessero opzioni diverse, che si sono tradotte in concetti distinti di poteri estesi di confisca nelle giurisdizioni nazionali, spesso con l’effetto ulteriore - del tutto contrario all’obiettivo della decisione quadro - del mancato riconoscimento ed esecuzione reciproci dei sistemi prescelti dagli Stati membri.

Pertanto con la disposizione in esame la Commissione intende predisporre (limitatamente ai reati contemplati dalla proposta) un unico insieme di norme minime concernenti la confisca estesa. Secondo la Commissione tali poteri devono applicarsi quando l’autorità giudiziaria nazionale, sulla base di fatti specifici quali quelli connessi alla natura del reato, del reddito dichiarato del condannato, della differenza tra la sua situazione economica e il suo livello di vita, o di altri fatti, ritiene molto più probabile che i beni in questione siano derivati da altri reati, di natura o gravità analoghe a quelle del reato per il quale la persona è condannata, che da altre attività. La confisca estesa è comunque esclusa nei casi di prescrizione, assoluzione o altro caso di applicazione del principio ne bis in idem che abbiano come oggetto le attività criminali analoghe citate.

A tale proposito appare opportuno acquisire la valutazione del Governo sulle modifiche apportate alla normativa vigente con particolare riguardo all’impatto che potrebbero determinare le seguenti previsioni:

·         quanto all’azionabilità della confisca estesa, la condizione per cui dovrebbe essere “molto probabile” che i beni interessati siano stati ottenuti dal condannato mediante attività criminali analoghe;

·         la condizione per cui sarebbe necessario fondare il giudizio di probabilità su fatti specifici.

L’impatto sull’ordinamento nazionale

I poteri estesi di confisca, cui si riferisce l’art. 4 della proposta di direttiva, richiamano la confisca particolare già prevista nel nostro ordinamento dall’art. 12-sexies del DL n. 306 del 1992

 

Anche in questo caso, però, dal raffronto dei reciproci cataloghi di reati, emerge che il nostro ordinamento dovrebbe introdurre la confisca di beni di cui il condannato non si riesca a giustificare altrimenti la provenienza per i seguenti reati indicati dalla proposta di direttiva:

·         per le frodi e le falsificazioni di mezzi di pagamento diversi dai contanti e per la falsificazione di monete;

·         per le ipotesi di terrorismo (se si escludono le ipotesi di terrorismo internazionale);

·         per i casi di corruzione nel settore privato, anche perché la relativa decisione quadro (n. 2003/568/GAI) non è stata recepita nell’ordinamento;

·         per tutte le ipotesi di accesso illecito a un sistema informatico;

·         per le fattispecie di sfruttamento sessuale dei minori.

 

L’articolo 5 introduce nella normativa dell’Unione  la fattispecie della confisca non basata sulla condanna. In particolare, si potrà procedere alla confisca dei proventi e strumenti di reato in assenza di una condanna penale, a seguito di un procedimento che, se l’indagato o imputato avesse potuto essere processato, avrebbe potuto portare ad una condanna penale, laddove:

·         la morte o la malattia permanente dell’indagato o imputato impedisca di portare avanti l’azione penale, oppure

·         la malattia o la fuga dell’indagato o imputato prima dell’azione penale o dell’emissione della condanna non consenta di agire penalmente entro tempi ragionevoli e comporti il rischio grave che l’azione penale sia invalidata dalla prescrizione.

Il contenuto di tale disposizione riflette quanto previsto dall’articolo 54, paragrafo 1, lettera c) della Convenzione ONU contro la corruzione, ed è in linea con quanto raccomandato dal Gruppo di azione finanziaria (GAFI) dell’OSCE. La Commissione precisa che lo strumento della confisca senza condanna per essere in linea con il principio di proporzionalità debba essere circoscritto ad ipotesi in cui non sia possibile esercitare o vi sia l’alto rischio di non portare a conclusione l’azione penale per intervenuta prescrizione. Inoltre secondo la Commissione pur trattandosi di confisca rispetto ad un reato dovrebbe essere consentito agli Stati membri di scegliere se questa debba essere inflitta dal giudice penale e/o dal giudice civile/amministrativo.

Il documento di lavoro della Commissione europea ricorda che, in Italia, l’applicazione della confisca non basata sulla condanna, applicata agli eredi di un sospettato deceduto, avrebbe permesso nel 2010, nell’ambito dell’operazione NEMESI, il congelamento  di beni per un valore di oltre 700 milioni di euro.

 

Si segnala che in sede di negoziato, l’articolo 5 avrebbe suscitato un approfondito dibattito nel quale sarebbero emersi due punti di vista in materia di confisca in assenza di condanna e le rispettive variazioni correntemente adottate dagli Stati membri. A tal proposito si riscontrano, da un lato, Stati che ammettono la confisca in presenza di procedimenti penali e che considerano impegnativo introdurre la confisca in pronunce adottate in base al diritto civile; dall’altro, Stati membri che consentono la confisca anche ai sensi del diritto civile e che ritengono la misura in esame poco incisiva. In tale sede si sarebbe osservato che uno degli svantaggi della disposizione potrebbe dipendere dal fatto di non essere accompagnata da una specifica previsione che estenda il reciproco riconoscimento ai provvedimenti di congelamento o di confisca adottati in assenza di condanna (riconoscimento che invece ridurrebbe i problemi pratici che incontrano gli Stati membri quando applicano un sistema diverso da quello nazionale. Tale inconveniente deriva dal fatto che la normativa vigente in materia di riconoscimento reciproco dei provvedimenti di confisca (decisione quadro 2006/783/GAI), sembrerebbe applicarsi solo alle decisioni di confisca prese nell’ambito del procedimento penale. 

Si ricorda altresì, che poiché l'articolo 5 fonda la confisca non basata sulla condanna sul presupposto ipotetico di una possibile condanna penale ove il sospetto fosse stato nelle condizioni di affrontare il processo, tale dettato ha fatto sorgere la questione di principio della possibile incompatibilità rispetto alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, con specifico riferimento alla violazione del diritto alla difesa.

La Commissione al riguardo ha segnalato che in passato la Corte europea dei diritti dell'uomo ha emesso diverse decisioni con le quali ha confermato normative nazionali recanti confische non basate su condanne (con l'inversione dell'onere della prova relativamente alla provenienza legittima dei beni interessati) nella misura in cui fossero state applicate al caso specifico in modo equo e in presenza di adeguate garanzie per la persona colpita dal provvedimento interessato. Tra di esse la Commissione ricorda proprio il caso della normativa italiana considerata da una pronuncia della Corte di Strasburgo una restrizione necessaria dei diritti fondamentali nella misura in cui costituisca un’arma necessaria nella lotta contro la mafia (Sentenza Raimondo/Italia del 22 febbraio 1994).

A tale proposito sarebbe utile acquisire le valutazioni del Governo anche in relazione alla possibilità di prevedere, nell’articolo in questione, disposizioni volte specificamente a disciplinare la confisca senza condanna di beni in possesso di chi non sia in grado di giustificarne la legittima provenienza. Tale eventualità potrebbe ricorrere qualora l’autorità giurisdizionale ritenga, sulla base di specifiche circostanze e nel rispetto dei diritti della difesa e del principio della buona fede del terzo, che tali beni derivino da attività criminali (contemplate dalla proposta) delle quali tale persona sia accusata.

 

L’impatto sull’ordinamento nazionale  

Con riferimento all’articolo 5, si segnala che l’art. 240 del codice penale tratta la c.d. confisca penale ordinata dal giudice a seguito di sentenza di condanna ed individua come residuali le ipotesi nelle quali si può procedere a confisca anche in assenza di condanna (secondo comma, n. 2). In questo si apprezza una delle principali distinzioni rispetto alla confisca di prevenzione, che può invece essere disposta anche in caso di morte dell’interessato[4].

Peraltro, quanto alle conseguenze dell’estinzione del reato per morte del reo, la giurisprudenza è oscillante. Da una parte si hanno pronunce nelle quali la Corte di Cassazione ha affermato che «il provvedimento con il quale è stata disposta la confisca di opere d'arte in relazione ad un reato valutario, a conclusione di un procedimento instaurato contro persona che era deceduta e concluso con dichiarazione di estinzione per morte del reo, è affetto da inesistenza giuridica e va revocato con efficacia "ex tunc", presupponendo la confisca un procedimento regolarmente instaurato e la verifica in contraddittorio dell'esistenza del reato» (Sez. III, sent. n. 1502 del 1990). Dall’altra, pronunce nelle quali la Corte ha sottolineato come «il provvedimento di confisca, disposto contestualmente ad archiviazione per morte del reo, di somma di danaro sequestrata come prezzo del reato (nella specie, commercio non autorizzato di plutonio) è legittimo - stante la non estensibilità alle misure di sicurezza patrimoniali, a norma dell'art. 236, comma secondo, cod. pen., del disposto dell'art. 210 dello stesso codice che preclude l'applicazione di quelle personali in caso di estinzione del reato - e non è suscettibile di revoca su istanza degli eredi dell'imputato deceduto, che non sono qualificabili come terzi estranei ai quali la cosa appartiene, in quanto un loro eventuale diritto sul bene oggetto della richiesta di restituzione dovrebbe derivare, "jure haereditario", da analogo diritto del dante causa, che è insussistente perché estintosi proprio con la confisca» (Sez. I, sent. n. 5262 del 2000). In altra ipotesi ancora la Corte ha ritenuto che «in caso di estinzione del reato, il giudice dispone di poteri di accertamento sul fatto-reato onde ordinare la confisca non solo delle cose oggettivamente criminose per loro intrinseca natura (art. 240, comma secondo, n. 2, cod. pen.), ma anche di quelle che sono considerate tali dal legislatore per il loro collegamento con uno specifico fatto-reato (ad es., nei casi di cui agli artt. 240, comma secondo, n. 1, cod. pen., e 12-sexies legge n. 356 del 1992)» (Cass., Sez. II, sent. n. 32273 del 2010).

 

Per quanto riguarda la prescrizione del reato, la giurisprudenza ha sin qui chiarito che l'estinzione del reato per intervenuta prescrizione impedisce la confisca delle cose che costituiscono il prezzo del reato, atteso che la misura ablativa è prevista non in ragione dell'intrinseca illiceità delle stesse bensì in forza del loro peculiare collegamento con il reato, il cui positivo accertamento è necessario presupposto (Cassazione, Sez. VI, sent. n. 8382 del 2011 e Sez. II, sent. n. 39756 del 2011).

Sul punto, dunque, sembrerebbe che il nostro ordinamento debba adeguarsi ai principi espressi dalla proposta di direttiva. Quanto alle ipotesi di fuga dall’indagato/imputato, si ricorda che in base al codice di rito la fuga dell’indagato non impedisce lo svolgimento del processo in contumacia, potendosi conseguentemente ottenere ugualmente una condanna.

 

 

L’articolo 6 introduce nell’ordinamento dell’Unione europeo lo strumento della confisca nei confronti di terzi. L’intervento normativo impone agli Stati membri di prevedere la possibilità di confiscare i proventi di reato trasferiti a terzi dal condannato o per suo conto (o dall’indagato o imputato nelle condizioni previste per la confisca senza condanna), oppure altri beni del condannato, trasferiti a terzi al fine di evitare la confisca di beni del valore corrispondente ai proventi di reato. Ai fini della compatibilità con il principio di proporzionalità la Commissione ha posto una serie di limiti volti ad evitare possibili casi di arbitrio e a salvaguardare il principio della buona fede dei terzi. Affinché sia ammissibile la confisca nei confronti di terzi occorrerà anche che i beni siano suscettibili di restituzione, oppure che si verifichino cumulativamente le due seguenti condizioni:

·         da una valutazione svolta sulla base di fatti specifici attinenti al condannato, all'indagato o all'imputato, la confisca dei beni del condannato (o dell'indagato o dell'imputato nelle circostanze richieste per la confisca in assenza di condanna), non ha probabilità di successo;

·         i proventi di reato o i beni sono stati trasferiti a titolo gratuito o in cambio di un importo inferiore al loro valore di mercato nel caso in cui il terzo sapeva ovvero – in assenza di tale consapevolezza- una persona ragionevole avrebbe dovuto sospettare, in base a circostanze e fatti concreti, che si tratta di proventi di reato o altro bene trasferito al fine di evitare la confisca.

 

Si segnala che in sede negoziale, l’articolo 6 da più delegazione sarebbe stato giudicato eccessivamente complesso. In particolare sarebbe stata ritenuta troppo restrittiva la condizione per cui la confisca presso terzi di beni (secondo la lettera della disposizione) non suscettibili di restituzione sarebbe ammessa solo ove non abbia probabilità di successo la confisca nei confronti del condannato (o dell’imputato/indagato nei casi sopra citati). In tale sede sarebbe inoltre emersa l’opportunità di ampliare il campo di applicazione di tale strumento ai casi in cui i beni in possesso dei terzi siano considerati non proporzionati rispetto ai redditi legali.

In particolare, sarebbe stata proposta una diversa formulazione della disposizione in esame, che semplifica notevolmente la misura proposta dalla Commissione. Più specificamente, secondo tale riformulazione verrebbe meno la necessità ai fini della confisca presso terzi di riscontrare la mancanza di probabilità di successo della confisca nei confronti del condannato/imputato/indagato; in secondo luogo, oltre alla confisca di proventi di reato trasferiti a terzi dal condannato o per suo conto (oppure dall’indagato o imputato nelle circostanze di cui all’articolo 5), sarebbe ammessa la confisca di altri beni del condannato o di una persona che non sia stata in grado di dimostrare l’origine legale dei beni stessi, ove la corte rilevi, sulla base di specifiche circostanze e nel rispetto dei diritti della difesa, che tali beni derivino da attività criminali (corrispondenti a quelle elencate nell’articolo 2)  di cui è accusata la persona stessa. Infine secondo la delegazione italiana stessa occorrerebbe sostituire le dettagliate previsioni concernenti l’elemento psicologico del terzo (comprensivo del principio della persona ragionevole) con un generico riferimento alla necessità che siano rispettati gli interessi dei terzi in buona fede.

 

L’impatto sull’ordinamento nazionale

Nell’ordinamento italiano non è ammessa confisca delle cose indicate nell’art. 240 del codice penale quando appartengono a persona estranea al reato. A tal fine, peraltro, è «terzo estraneo al reato» soltanto colui che non partecipi in alcun modo alla commissione del reato o all'utilizzazione dei profitti derivati. Tale nozione postula che l'estraneo non abbia alcun collegamento con il reato e che non vi abbia partecipato con attività connesse, anche se non punibili (Cassazione, Sez. II, sent. n. 6561 del 2009).

La proposta di direttiva richiede agli Stati di individuare strumenti che consentano la confisca anche quanto l’appartenenza dei beni a terzi sia frutto di intestazioni fittizie, di tentativi di eludere la stessa normativa sulla confisca.

Sul punto, nonostante la giurisprudenza abbia affermato che «l'appartenenza della cosa al terzo estraneo al reato deve sussistere al momento dell'applicazione della confisca e non risalire ad un momento precedente alla commissione del reato», ad esempio annullando il provvedimento del giudice dell'esecuzione che aveva ritenuto irrilevante l'acquisizione da parte di un terzo della proprietà dell'immobile confiscato perché avvenuto successivamente alla commissione dell'illecito ed al sequestro preventivo del bene medesimo (cfr. Sez. VI, sent. n. 4008 del 1997), il nostro ordinamento riconosce al giudice la possibilità di accertare, caso per caso, se l’intestazione del bene abbia carattere elusivo.

La Cassazione ha infatti affermato che «non integra la nozione di "appartenenza a persona estranea al reato" la mera intestazione a terzi del bene utilizzato per realizzare il reato stesso, quando precisi elementi di fatto consentano di ritenere che l'intestazione sia del tutto fittizia e che in realtà sia l'autore dell'illecito ad avere la sostanziale disponibilità del bene». (Sez. II, sent. n. 29495 del 2009; Sez. II, sent. n. 13360 del 2011).

 

 

L’articolo 7 obbliga ciascuno Stato membro ad adottare le misure necessarie che consentano all’autorità giudiziaria di congelare i beni che rischiano di essere dispersi, occultati o trasferiti al di fuori della giurisdizione, ed in vista di un’eventuale successiva confisca. Ai sensi del secondo paragrafo della medesima disposizione ulteriori misure devono essere adottate da ciascuno Stato membro affinché le proprie autorità competenti possano procedere immediatamente al congelamento di beni (da confermarsi quanto prima da parte dell’autorità giudiziaria) quando vi sia un rischio elevato che detti beni siano dispersi, occultati o trasferiti prima della decisione dell’autorità giudiziaria. 

 

L’articolo 8 reca standard minimi di garanzia dei diritti di difesa che possono essere esercitati dalle persone interessate a vario titolo dalle misure di confisca e congelamento.

Si ricorda che già l’articolo 4 della decisione quadro 2005/212/GAI relativa alla confisca di beni, strumenti, proventi di reato dispone che ciascuno Stato membro adotti misure necessarie ad assicurare che le persone i cui beni siano soggetti a confisca (anche nella modalità estesa) dispongano di effettivi mezzi giuridici a tutela dei propri diritti. La proposta in esame, al riguardo, offre una disposizione più articolata che delinea più dettagliatamente le caratteristiche che tali mezzi di difesa devono presentare negli ordinamenti nazionali. Con tale previsione la Commissione ha inteso realizzare con maggiore efficacia quanto previsto dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea concernente il diritto a un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale, anche alla luce anche della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che riguardo al diritto di proprietà ammette restrizioni purché disposte dalla legge e (fatto salvo il principio di proporzionalità) siano necessarie e realizzino concretamente gli obiettivi di interesse generale o la necessità di tutelare i diritti e le libertà altrui, come nel caso della prevenzione della criminalità organizzata.

 La disposizione in esame prevede che ciascuno Stato membro adotti le misure necessarie a garantire che, al fine di salvaguardare i propri diritti, le persone colpite dai provvedimenti disciplinati nella presente direttiva godano del diritto a un ricorso effettivo e che gli indagati godano del diritto a un giudice imparziale. Gli Stati membri dovranno adottare anche le misure necessarie a garantire che ciascun provvedimento di congelamento dei beni sia motivato, che dopo la sua esecuzione il provvedimento sia comunicato quanto prima all’interessato e che resti in vigore solo il tempo necessario a conservare i beni in vista di un’eventuale successiva confisca. Ulteriori misure devono essere prese affinché vi sia l’effettiva possibilità, in qualunque momento prima dell’adozione del provvedimento di confisca, di impugnare dinanzi all’autorità giudiziaria il provvedimento di congelamento da parte di persone i cui beni ne sono l’oggetto, e devono altresì contemplare la restituzione immediata al legittimo proprietario dei beni il cui congelamento non si traduca in una successiva confisca. L’articolo 8 prevede inoltre l’adozione di misure necessarie a garantire che ciascun provvedimento di confisca sia motivato e comunicato all’interessato, nonché suscettibile di impugnazione, dinanzi all’autorità giudiziaria, da parte delle persone i cui beni ne sono l’oggetto. La disposizione, con riferimento ai procedimenti in cui siano esercitati poteri estesi di confisca, garantisce all’indagato o all’imputato l’effettiva possibilità di contestare la probabilità in base alla quale i beni in questione sono considerati proventi di reato. Per quanto riguarda invece la confisca in assenza di condanna, l’articolo 8 prevede che la persona i cui beni siano in causa nel provvedimento di confisca sia rappresentata da un difensore durante il procedimento, al fine di esercitare i diritti della difesa relativamente all’accertamento del reato e all’identificazione dei proventi e degli strumenti di reato. È previsto altresì che nel caso in cui i beni interessati appartengano ad un terzo, questi o il suo difensore siano informati del procedimento che può portare ad un provvedimento di confisca di tali beni, e possano partecipare al procedimento nella misura necessaria a preservare efficacemente i diritti dell’interessato (la disposizione detta un contenuto minimo necessario dei modi in cui deve realizzarsi tale diritto di difesa del terzo: diritto di essere ascoltato, diritto di porre domande, diritto di fornire prove prima che sia adottato un provvedimento definitivo di confisca).

 

L’articolo 9 (Definizione della portata della confisca ed effettiva esecuzione) prevede che gli Stati membri adottino le misure necessarie affinché sia possibile definire la portata esatta dei beni da confiscare in seguito ad una condanna penale definitiva o in seguito ad un procedimento quale previsto all’articolo 5, che hanno portato al provvedimento di confisca, e di consentire che siano prese ulteriori misure per quanto necessario all’effettiva esecuzione di tale provvedimento di confisca.

 

L’impatto sull’ordinamento nazionale

Il congelamento cui si riferisce l’articolo 7 equivale al nostro sequestro preventivo, già disciplinato anche nel procedimento dagli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.

Per quanto riguarda le garanzie, di cui all’articolo 8 della proposta, oltre ai suddetti articoli, occorre fare riferimento alle disposizioni che disciplinano l’impugnazione della sentenza che dispone la confisca penale ovvero – nel caso del terzo estraneo – alle disposizioni (artt. 676, comma 1, e 667, comma 4, c.p.p.) che consentono di rivolgersi direttamente al giudice dell’esecuzione penale.

 

La Cassazione ha infatti affermato che il terzo estraneo al reato non è legittimato all'impugnazione della sentenza nel capo relativo alla confisca di un bene di sua proprietà e può far valere le sue ragioni con la proposizione di un incidente di esecuzione (Sez. III, sent. n. 12117 del 2008; Sez. III, sent. n. 23926 del 2010).

 

L’articolo 9 della proposta richiede invece agli Stati di adottare misure tali da consentire l’esatta individuazione dei beni da confiscare. Anche per tale profilo il nostro ordinamento sembra già aderente ai principi della proposta di direttiva, in quanto la confisca dei singoli beni è ordinata direttamente dal giudice con la sentenza (o il decreto penale) di condanna.

 

In base all’articolo 10 (Gestione dei beni sottoposti a congelamento) ciascuno Stato membro adotta le misure necessarie, come l’istituzione di uffici nazionali centralizzati o meccanismi equivalenti, per garantire l’adeguata gestione di beni sottoposti a congelamento in vista di un’eventuale successiva confisca. Ciascuno Stato membro assicura che le misure che ottimizzino il valore economico di tali beni e include la vendita o il trasferimento dei beni che rischiano di svalutarsi.

A tale proposito si ricorda che è già operativa in Italia, l’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità (si veda infra, paragrafo “L’impatto sull’ordinamento nazionale”).

Per quanto riguarda la cooperazione tra uffici degli Stati membri, si ricorda che nel dicembre 2007 è stata adottata la decisione del Consiglio 2007/845/GAI, relativa alla cooperazione tra gli Uffici per il recupero dei beni negli Stati membri. Essa ha imposto agli Stati membri, entro il 18 dicembre 2008, di istituire o designare uffici nazionali per il recupero di beni che fungano da punti di contatto a livello nazionale per le operazioni di confisca. Nell'ambito delle attività di individuazione e reperimento dei beni, questi uffici dovrebbero: avere accesso a tutte le banche dati[5], tra cui le informazioni finanziarie (idealmente dovrebbero poter accedere a un registro centrale dei conti correnti bancari su base nazionale); essere provvisti di poteri coercitivi per ottenere tali informazioni; poter condurre indagini congiunte con altre autorità; disporre il blocco temporaneo dei beni qualora sia necessario evitare la dispersione dei proventi di reato tra il momento della loro individuazione e quello dell'esecuzione del relativo provvedimento giudiziario di blocco o confisca. L’11 luglio 2011 l’Italia ha notificato al Consiglio di aver designato quale ufficio per il Recupero dei beni il Servizio per la Cooperazione internazionale di Polizia della Direzione Centrale della Polizia criminale.

 

L’impatto sull’ordinamento nazionale

La proposta di direttiva richiede agli Stati di approntare strumenti efficienti anche dal punto di vista economico per gestire i beni sequestrati in vista di una possibile confisca.

Sul punto il nostro ordinamento – anche per l’esperienza maturata nel settore della gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia attraverso le misure di prevenzione patrimoniali – pare rispondere già pienamente alle esigenze poste dall’Unione europea.

Per quanto riguarda, infatti, i beni sequestrati, anche ai sensi dell'articolo 12-sexies del DL n. 306/1992, nel corso dei procedimenti penali per i delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, l’amministrazione spetta all’Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata  in base all’art. 110 del Codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011).

 

Il riferimento ai delitti di cui all’art. 51, comma 3-bis c.p.p. è ai delitti di grave allarme sociale previsti dagli articoli 416, sesto comma (associazione per delinquere finalizzata alla tratta o alla riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù o all’acquisto e vendita di schiavi), 416 realizzato allo scopo di commettere i delitti di cui agli articoli 473 e 474 (associazione per delinquere finalizzata alla contraffazione e all’introduzione nello Stato e commercio di prodotti contraffatti), 600 (riduzione e mantenimento in schiavitù o servitù), 601 (tratta di persone), 602 (acquisto e vendita di schiavi), 416-bis (associazione mafiosa) e 630 (sequestro di persona a scopo di estorsione) del codice penale; ai delitti commessi avvalendosi delle condizioni d’intimidazione previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l'attività delle associazioni mafiose, nonché dei delitti previsti dall'articolo 74 del DPR 309/1990 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), dall'articolo 291-quater del DPR 43/1973 (TU doganale) (associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri) e dall’art. 260 del D.lgs n. 152/2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti).

 

In tutti i restanti casi di sequestro preventivo di beni, finalizzato alla confisca penale, l’art. 104-bis delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale richiede che l’amministrazione sia affidata dal giudice ad un amministratore giudiziario.

 

L’articolo 11(Dati statistici), individua le tipologie di dati che, al fine di verificare l’efficacia dei loro regimi di confisca, gli Stati membri saranno tenuti a raccogliere periodicamente, conservare e inviare annualmente alla Commissione europea. Nella citata comunicazione del 2008, ”Proventi della criminalità organizzata – Garantire che “il crimine non paghi”, la Commissione europea sottolineava che i dati attualmente disponibili sono alquanto limitati e provengono prevalentemente da banche dati o dalle relazioni di valutazione reciproca sulla conformità della legislazione antiriciclaggio pubblicate dal GAFI, dal Fondo monetario internazionale e dal comitato Moneyval del Consiglio d'Europa. La disposizione in questione ntende pertanto rimediare alla scarsa disponibilità di dati affidabili relativi all’insieme degli Stati membri e permettere la raccolta di informazioni comparabili in materia di tracciamento dei beni, attività giudiziarie e trasferimento dei beni, anche al fine di valutare propriamente il funzionamento della normativa UE.

L’articolo 14 definisce la relazione della proposta di direttiva con il quadro normativo vigente. In particolare la proposta di direttiva sostituirà le disposizioni di cui agli articoli 1 (definizioni) e 3 (poteri estesi di confisca). Qualunque rinvio a tali disposizioni contenuto in atti dell’Unione europea dovrà intendersi come riferito alle corrispondenti disposizioni della proposta di direttiva in esame.

 

Al riguardo si segnala l’opportunità di acquisire l’avviso del Governo in merito ad eventuali criticità connesse al coordinamento della disciplina in esame con la normativa vigente, nonché alla coerenza complessiva del quadro giudico europeo in materia di confisca, stante il fatto che la proposta di direttiva non consolida in un unico strumento legislativo le decisioni quadro vigenti.

Occorre, in particolare, valutare se il ricorso allo strumento della direttiva, che ammette l’adozione di norme attuative dei singoli Stati membri, non sia suscettibile di inficiare, anche parzialmente, l’obiettivo di superare la frammentarietà del quadro normativo attuale.

Occorrerebbe altresì qualche chiarimento in merito alla  piena applicabilità della decisione quadro 2006/783/GAI, recante il riconoscimento reciproco delle decisioni di confisca, agli strumenti previsti dalla proposta in esame. In particolare occorrerebbe chiarire se la sostituzione operata dall’articolo 14 sia sufficiente ad estendere il reciproco riconoscimento anche alle decisioni di confisca in assenza di condanna o addirittura alle decisioni di confisca assunte in una sede diversa da un procedimento penale.

 

La Commissione sottolinea che dalla limitazione del campo di applicazione della proposta alle sfere di criminalità elencate all’articolo 83, paragrafo 1, inclusi i reati commessi attraverso la partecipazione ad un’organizzazione criminale, discende che le disposizioni vigenti dell’Unione in materia di confisca dovrebbero rimanere in vigore al fine di mantenere un certo livello di armonizzazione per quanto riguarda quelle attività criminali che non rientrano nel campo di applicazione della presente direttiva.

 

A tal proposito si segnala che la Commissione, nella relazione introduttiva al provvedimento, fa esplicito riferimento al mantenimento in vigore dei soli articoli 2, 4 e 5 della decisione quadro 2005/212/GAI; non è altrettanto chiarito da parte della Commissione se – come dovrebbe essere secondo un logico criterio di successione di leggi - per i reati rimasti fuori dalla proposta di direttiva in esame ma ricompresi dall’articolo 3 della detta decisione quadro debba considerarsi tutt’ora in vigore la precedente disciplina di confisca prevista dallo stesso articolo.

 

 

Sussidiarietà

La Commissione europea ritiene che una azione a livello UE sia giustificata in quanto:

·   in base al programma di Stoccolma 2010-2014, l’Unione è tenuta a contrastare le possibilità che si offrono alla criminalità organizzata a motivo di un’economia mondializzata, in particolare in un contesto di crisi che sta aumentando la vulnerabilità del sistema finanziario. La Commissione ritiene pertanto che  l’Unione sia in una posizione migliore rispetto ai singoli Stati membri per perfezionare uno degli strumenti più efficaci di lotta contro i gruppi di criminalità organizzata;

·    la confisca dei proventi di reato è sempre più riconosciuta come uno strumento essenziale per combattere la criminalità organizzata, che molto spesso è per sua natura transnazionale e dovrebbe essere per questo affrontata a partire da una base comune;

·   sempre più i patrimoni dei gruppi di criminalità organizzata sono occultati e investiti al di fuori del loro paese d’origine e spesso in più paesi.

Valutazione d’impatto

Come ricordato nella valutazione d’impatto che accompagna la proposta (SWD(2012)32), la Commissione europea ha analizzato varie opzioni strategiche per migliorare l’azione europea in materia di confisca dei proventi di reato, opzioni a cui corrispondono gradi diversi di intervento a livello di Unione:

Opzione 1 – Nessuna nuova azione a livello UE. La Commissione sottolinea tuttavia che l’assenza di nuove azioni a livello di Unione non significa tuttavia assenza di cambiamenti, in quanto, in virtù del trattato di Lisbona, a partire dal 1º dicembre 2014 il quadro giuridico esistente, costituito dalle già citate decisioni quadro dell’Unione, diventerà opponibile agli Stati membri attraverso la procedura d’infrazione.

Opzione 2 – Opzione non legislativa: l’opzione non legislativa prevede l’organizzazione di seminari per promuovere l’attuazione degli obblighi vigenti in materia di confisca e per promuovere l’attuazione degli obblighi vigenti in materia di riconoscimento reciproco.

Opzione 3 – Opzione legislativa minima: seminari di recepimento e d’uso, integrati da altre azioni per rimediare alle carenze del quadro giuridico esistente in materia di riconoscimento reciproco. Per quanto riguarda l’esecuzione dei provvedimenti di confisca, questa opzione prevede una semplificazione del quadro giuridico attraverso il consolidamento delle decisioni quadro 2006/783/GAI e 2005/212/GAI e l’estensione del loro campo di applicazione in modo che ricomprenda tutte le decisioni di risarcimento emesse nell’ambito di un procedimento penale. Questa opzione prevede inoltre l’introduzione di moduli consolidati per il riconoscimento reciproco e comporta altresì l’applicazione della supremazia del riconoscimento reciproco sulle convenzioni di assistenza giudiziaria per quanto riguarda le richieste tra Stati membri.

Opzione 4.1 – Opzione legislativa massima senza riconoscimento reciproco. Modifiche legislative relative ai seguenti aspetti: possibilità di confiscare tutti gli utili valutabili, compresi i proventi indiretti introducendo un’ampia definizione di “proventi di reato”; separazione del procedimento di confisca dal procedimento penale in modo che le indagini finanziarie possano essere svolte e i provvedimenti non eseguiti possano esserlo anche in una data successiva alla conclusione del procedimento penale; poteri estesi di confisca; confisca nei confronti di terzi;  norme minime armonizzate relative al congelamento/sequestro dei proventi di reato; conferimento di poteri di liquidazione dei beni congelati almeno quando tali beni sono suscettibili di svalutarsi o quando la loro conservazione è troppo onerosa;  l’obbligo di rendicontazione.

Opzione 4.2 – Opzione legislativa massima con riconoscimento reciproco

Questa opzione è composta da tutte le azioni previste dalla precedente opzione  4.1 e comprende anche il riconoscimento reciproco di tutti i tipi di provvedimenti nonché il riconoscimento reciproco delle decisioni di risarcimento, consolidando le decisioni quadro 2006/783/GAI e 2005/214/GAI ed estendendo il loro campo di applicazione in modo che ricomprenda tutte le decisioni di risarcimento emesse nell’ambito di un procedimento penale.

La Commissione sottolinea che l’opzione prescelta  è risultata quella di natura legislativa massima, con riconoscimento reciproco, seguita a pari merito dall’opzione legislativa massima senza riconoscimento reciproco e dall’opzione legislativa minima. Come già rilevato la proposta in esame non contiene tuttavia disposizioni esplicite in materia di riconoscimento reciproco.

 

Per quanto riguarda l’impatto finanziario della proposta, il documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD (2012) 31 fornisce una stima della redditività nella quale vengono indicati profitti che la normativa modificata apporterebbe ai singoli Stati membri. In particolare per l’Italia si tratterebbe di 42,70 milioni di euro (per la Spagna 94,43 milioni e per il Regno Unito 57 milioni), con un moderato tasso di redditività (profitto/costi = 0,34).

Il documento di lavoro sottolinea in proposito che gli Stati membri, come Italia, Bulgaria, Irlanda Romania e Regno unito, nei quali una parte considerevole del lavoro è costituito da casi di confisca in assenza di condanna trarrebbero il ma maggior vantaggio dal rafforzamento dei meccanismi di reciproco riconoscimento. .

La seguente tabella, contenuta nel citato documento di lavoro dei servizi della Commissione SWD (2012) 31, fornisce una stima del possibile profitto che ogni Stato membro potrebbe trarre dall’entrata in vigore della proposta di direttiva:

 

Stati membri

Valori recuperati (€m)

Costi (€m)

Profitti (€m)

Spagna

131.00

36.57

94.43

Regno Unito

188.08

131.08

57.00

Italia

167.56

124.86

42.70

Polonia

31.66

10.87

20.79

Repubblica ceca

19.21

4.27

14.94

Paesi bassi

32.49

18.33

14.15

Francia

105.42

91.92

13.49

Germania

109.13

96.73

12.40

Grecia

19.24

13.80

5.44

Bulgaria

10.78

5.77

5.01

Romania

8.89

4.12

4.77

Portogallo

12.88

8.32

4.56

Ungheria

8.02

4.43

3.59

Slovacchia

5.85

2.38

3.47

Belgio

21.39

19.22

2.17

Lituania

2.74

0.75

1.99

Slovenia

3.43

1.45

1.98

Lettonia

2.37

0.76

1.61

Cipro

2.11

1.49

0.62

Estonia

1.00

0.48

0.53

Malta

0.26

0.18

0.08

Lussemburgo

1.48

1.51

-0.03

Svezia

7.67

8.62

-0.96

Austria

7.74

9.27

-1.53

Irlanda

7.66

9.89

-2.23

Finlandia

1.99

4.33

-2.35

Danimarca

1.73

5.79

-4.06

Esame presso i Parlamenti nazionali

Sulla base dei dati forniti dal sito IPEX, l’esame dell’atto risulta concluso da parte della Camera dei deputati belga, del Bundesrat tedesco, del Senato italiano, ceco e polacco,  e dei Parlamenti lituani, spagnolo e portoghese. L’esame della proposta risulta tuttora in corso presso il Senato belga, la Camera dei deputati polacca e romena e i Parlamenti svedese e finlandese.

 

La normativa italiana sulla confisca penale

La proposta di direttiva tratta esclusivamente di confisca penale, vale a dire dell'apprensione e devoluzione allo Stato di beni (mobili, immobili, somme di denaro) che in vario modo si riferiscono alla perpetrazione di un reato. In questo senso la confisca penale è una misura di sicurezza patrimoniale, fondata sulla pericolosità derivante dalla disponibilità di alcune cose che servirono o furono destinate a commettere il reato ovvero delle cose che ne sono il prodotto o il profitto.

Pertanto l’analisi della normativa interna sarà circoscritta a questo ambito, senza coinvolgere la complessa disciplina del sequestro e confisca come misura di prevenzione patrimoniale (materia oggi complessivamente rivista e disciplinata dal Codice antimafia, d.lgs. n. 159 del 2011).

 

Per l’esame dell’istituto della confisca nell’ordinamento nazionale occorre prendere le mosse dal codice penale e segnatamente dall’articolo 240. Per il codice penale occorre distinguere le ipotesi di confisca obbligatoria, da quelle di confisca facoltativa.

 

Confisca obbligatoria (art. 240, secondo comma; art. 322-ter; art. 640-quater c.p.; leggi speciali)

Il codice penale prevede che il giudice debba obbligatoriamente procedere alla confisca:

·         delle cose che costituiscono il prezzo del reato, cioè di ciò che l'agente ha ricevuto per commetterlo (consiste nei valori o nei beni che sono stati dati o promessi per determinare o istigare il soggetto a commettere il reato, ad es. il denaro illecitamente dato a un pubblico ufficiale perché ometta di compiere un atto del suo ufficio)[6];

·         delle cose delle quali la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione costituiscono reato, anche se non è stata pronunciata condanna (ad es., qualora l'imputato di aver stampato banconote venga assolto per non aver commesso il fatto, si procederà ugualmente alla confisca delle banconote, mentre sarà facoltativo il sequestro dei macchinari utilizzati per la falsificazione). In queste ipotesi la confisca è obbligatoria perché si tratta di cose che rappresentano oggettivamente un sostanziale o potenziale pericolo sociale;

·         dei beni e gli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione di reati di criminalità informatica.

·         i beni che costituiscono il profitto dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 del codice (parte dei delitti del pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione), anche se commessi dai soggetti indicati nell'art. 322-bis, nonché dei delitti previsti dagli articoli 640, 2° co., n. 1, 640 bis e 640 ter, 2° co. (truffa a danno della pubblica amministrazione, truffa per il conseguimento di pubbliche erogazioni e frode informatica commessa in danno di pubbliche amministrazioni). Per questi specifici delitti il legislatore ha previsto che la confisca sia obbligatoria e anche per equivalente (v. infra); per i restanti reati sarà facoltativa (v. infra);

·         delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di contrabbando o ne sono l'oggetto ovvero il prodotto o il profitto (art. 301, D.P.R. n. 43/73). La confisca delle cose oggetto di contrabbando prescinde dall'accertamento della responsabilità penale e deve essere disposta anche quando l'imputato venga prosciolto (anche per prescrizione del reato) o dichiarato non punibile (cfr. Cass., Sez. III, sentenza n. 25887 del 2010);

·         delle armi e di ogni altro oggetto atto ad offendere, delle munizioni e degli esplosivi, anche se non è stata pronunciata condanna e anche in caso di estinzione del reato (cfr. art. 6, legge n. 152 del 1976 sull'ordine pubblico, che rinvia all’art. 240, secondo comma);

·         delle sostanze stupefacenti in esito al procedimento penale, tanto se questo sia definito quanto se sia sospeso (art. 85, D.P.R. n. 309/1990); dei prodotti alimentari confezionati con additivi chimici non autorizzati (art. 5, lett. g), L. n. 283/1962); dei terreni e delle opere nelle ipotesi di lottizzazione abusiva (art. 19, L. n. 47/1985) anche se vi è stato proscioglimento per causa diversa dall'insussistenza del fatto; degli esemplari di fauna e flora selvatica minacciati da estinzione, indicati nella Convenzione di Washington, nonché dei loro prodotti e derivati (artt. 1 e 4, L. n. 150/1992); degli esemplari contraffatti, alterati o riprodotti delle opere di pittura, scultura o grafica, ovvero degli oggetti di antichità o di interesse storico od archeologico (art. 127, ult. co., D.Lgs. n. 490/99); degli strumenti e dei materiali serviti o destinati a commettere i reati di abusiva duplicazione di opere tutelate dal diritto d'autore (artt. 171 bis, artt. 171 ter e 171 quater, L. n. 633/1941) nonché delle videocassette, degli altri supporti audiovisivi o fonografici o informatici o multimediali abusivamente duplicati, riprodotti, ceduti, commerciati, detenuti o introdotti sul territorio nazionale, ovvero non provvisti di contrassegno Siae, ove richiesto, o provvisti di contrassegno Siae contraffatto o alterato, o destinato ad opera diversa.

 

Confisca per equivalente

L’articolo 322-ter del codice penale (v. sopra, confisca obbligatoria) stabilisce che «è sempre ordinata la confisca dei beni» che costituiscono il profitto o il prezzo di uno dei delitti previsti dagli artt. 314-320 c.p., «ovvero, quando essa non è possibile, la confisca dei beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo». È la confisca «per equivalente».

La disposizione, pur consentendo di disporre lo spostamento della misura reale dal bene che costituisce profitto o prezzo del reato ad altro sempre ricadente nella disponibilità dell'indagato, solo quando non sia possibile la confisca del primo, richiede il preliminare accertamento circa l'esistenza obiettiva di un bene costituente profitto o prezzo, la cui confisca sia impedita da un fatto sopravvenuto che ne abbia determinato la perdita o il trasferimento irrecuperabile ovvero la trasformazione in beni di altra natura.

Ai sensi dell’art. 322-ter, è il giudice, con la sentenza di condanna, a dover determinare le somme di denaro o i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato o in quanto di valore corrispondente ad essi.

La confisca per equivalente si applica inoltre anche:

-      alle ipotesi di contraffazione di marchi (art. 473) e di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi (art. 474), ai sensi dell’art. 474-bis. Per questi delitti la confisca per equivalente è limitata alle cose che costituiscono il profitto del reato;

-      ai delitti di tratta di esseri umani e di sfruttamento sessuale dei minori (artt. 600-604), ai sensi dell’art. 600-septies;

-      alle seguenti ipotesi di truffa e frode informatica aggravate: truffa a danno dello Stato o di un altro ente pubblico (art. 640, 2° co., n. 1); truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis); frode informatica a danno dello Stato o di un altro ente pubblico (art. 640 ter, 2° co., prima parte);

-      ai delitti di riciclaggio (art. 648-bis) e di impiego di beni di provenienza illecita (art. 648-ter), ai sensi dell’art. 648-quater

-      alle fattispecie di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11, D.Lgs. 10.3.2000, n. 74 (vale a dire, ai reati tributari di dichiarazione fraudolenta, o infedele, di omessa dichiarazione, di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, di omesso versamento di ritenute certificate o di Iva, e di indebita compensazione);

-      alle fattispecie penali previste dal TU in materia di intermediazione bancaria (D.lgs. n. 58/1998) di abuso di informazioni privilegiate (art. 184) e manipolazione del mercato (art. 185), ai sensi dell’art. 187 del TU;

-      ai reati transnazionali, come definiti dalla legge n. 146 del 2006[7], di ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, ai sensi dell’art. 11 della legge.

Si ricorda, peraltro, che anche il d.lgs n. 231/2001, in tema di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche dipendente da reato, impone (art. 19) in caso di condanna dell’ente la confisca del prezzo o del profitto del reato anche avente ad oggetto somme di denaro, beni o altre utilità di valore equivalente.

 

Confisca facoltativa (art. 240, primo comma, c.p.)

Il codice penale prevede che il giudice - a seguito di condanna o di sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento) - possa procedere alla confisca:

·         delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato. Questa confisca assolve alla finalità di prevenire la commissione di altri reati della stessa indole, sottraendo alla disponibilità del colpevole cose che, se rimanessero in suo possesso, potrebbero agevolarlo nel realizzare nuovi fatti criminosi. Pertanto essa può essere applicata ogni volta che il giudice ritenga strettamente collegate, per la natura e le modalità del reato, la detenzione delle cose sequestrate e la possibilità di reiterazione della condotta delittuosa;

·         delle cose che rappresentano il prodotto del reato. Con questa espressione si intende il "risultato empirico" dell'esecuzione, la cosa materiale creata mediante l'attività delittuosa;

·         delle cose che rappresentano il profitto del reato (ad es., il denaro provento del riscatto in un sequestro di persona a scopo di estorsione).

 

Ipotesi particolare di confisca penale (art. 12-sexies DL n. 306/1992)

L’articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306 del 1992[8] prevede un’ipotesi particolare di confisca penale, obbligando il giudice a confiscare il denaro, i beni e le altre utilità di cui il condannato per i delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 325, 416, sesto comma, 416 (realizzato allo scopo di commettere delitti previsti dagli articoli 473, 474, 517-ter e 517-quater), 416-bis, 600, 601, 602, 629, 630, 644, 644-bis, 648, esclusa la fattispecie di cui al secondo comma, 648-bis, 648-ter del codice penale), nonché dall'art. 12-quinquies (trasferimento fraudolento di valori), ovvero per taluno dei delitti previsti dagli articoli 73 e 74 del testo unico sugli stupefacenti non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito o alla propria attività economica. E’ consentita la confisca per equivalente.

Si tratta di una misura di sicurezza (e non di una misura di prevenzione patrimoniale) in quanto il sequestro e la successiva confisca non sono subordinati all'accertamento di un nesso eziologico tra reati e beni, dal momento che il legislatore opera una presunzione di illecita accumulazione, senza distinguere se detti beni siano o meno derivanti dal reato per il quale è stata inflitta condanna. Sicché la norma in esame costituisce una deroga, in ragione della specialità, a quella dettata dall'art. 240 del codice penale, e il nesso di pertinenzialità è peculiare e più lato, perché è stabilito tra il bene e l'attività delittuosa facente capo ad un soggetto e non tra il bene e uno specifico fatto delittuoso[9].

 

La tutela della persona estranea al reato

Tanto per le ipotesi di confisca obbligatoria (anche per equivalente), quanto per la confisca facoltativa, la misura non si applica qualora l'oggetto appartenga a persona estranea al reato (inteso come colui che non partecipa in alcun modo alla commissione del reato o all'utilizzazione dei profitti derivati).

 

Il concetto di appartenenza comprende anche la titolarità di un diritto reale di garanzia - ipoteca, pegno - avente per oggetto il bene. In questo caso lo Stato acquista la proprietà del bene, che continua a essere gravato dai preesistenti diritti reali a favore del terzo, il quale potrà soddisfare le sue ragioni con il ricavato della vendita del bene nei modi e nelle forme di legge.

Peraltro, la giurisprudenza ha chiarito che:

-      l'intestazione ad altra persona dei beni in sequestro non esclude la confisca quando sussista la prova che l'intestazione sia fittizia e in realtà il bene sia nella disponibilità del condannato;

-      la formale titolarità di un bene in capo ad un soggetto estraneo al reato non è sufficiente ad escludere la confisca facoltativa se il proprietario abbia tenuto atteggiamenti negligenti che abbiano favorito l'uso indebito del bene.

 

Il terzo estraneo al reato può far valere il diritto alla restituzione con la proposizione di incidente di esecuzione, nell'ambito del quale, escluso che possano essere rivalutate le ragioni della confisca, può dimostrare la sussistenza del diritto di proprietà e l'assenza di ogni addebito di negligenza[10].

 

 

 

 

 

 


Documenti


 



[1] Il documento della Commissione europea fornisce analoghe tabelle anche per Bulgaria, Francia, Germania, Ungheria, Irlanda, Paesi Bassi e Regno Unito

 

[2] il mancato recepimento da parte dell’Italia della decisione 2006/783/GAI  è stato segnalato dalla Commissione europea da ultimo nella relazione pubblicata nell’agosto 2010 com(2010)438)

[3] La necessità di un’azione più incisiva in materia di congelamento e confisca è stata da ultimo  ribadita nel programma di Stoccolma per lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia 2010-2014, adottato dal Consiglio europeo nel dicembre 2009, nel quale  si impegnano gli Stati membri e, ove opportuno, la Commissione a:

·          accrescere la capacità di indagine finanziaria e mettere in campo tutti gli strumenti disponibili del diritto tributario, civile e penale e rendere più efficace la confisca di beni dei criminali e la cooperazione tra gli uffici per il recupero dei beni;

·          mobilitare e coordinare le fonti di informazione per individuare le transazioni in denaro contante sospette e confiscare i proventi di reato conformemente alla convenzione del Consiglio d'Europa del 1990, ad esempio avvalendosi della legislazione che determina l'origine legittima dei proventi.

 

[4]   La Corte di Cassazione, Sez. I, sentenza n. 6379 del 1997, ha affermato che «la morte della persona sottoposta a misura di prevenzione personale - una volta che siano rimasti accertati ai fini specifici della speciale legislazione in materia i presupposti di pericolosità qualificata (per tale intendendosi l'appartenenza ad associazione per delinquere di tipo mafioso) e di indimostrata legittima provenienza dei beni - non fa venire meno la confisca, posto che le finalità perseguite dal legislatore non prescindono dalla preesistenza del soggetto e neppure possono ritenersi necessariamente legate alla sua persistenza in vita. Infatti il fine perseguito a mezzo della normativa antimafia in tema di misure di prevenzioni patrimoniali è quello di eliminare dal circuito economico beni in disponibilità di soggetto collegato con organizzazione criminale di stampo mafioso di presunta illecita acquisizione, in modo tale da impedire la riproducibilità, mediante uso diretto ovvero reinvestimento dei medesimi, di ricchezza inquinata all'origine, di guisa che i beni assoggettati a confisca finiscono con l'essere oggettivamente pericolosi di per sé, a prescindere dall'eventuale decesso del soggetto sottoposta a misura di prevenzione personale, in quanto strumento di sviluppo dell'organizzazione mafiosa e dei suoi membri (C., Sez. I, 26.1.1998).

[5]   Le banche dati sia pubbliche che riservate, come il registro fondiario, i registri delle società, il registro automobilistico, il registro delle condanne e le banche dati degli istituti finanziari, delle forze di polizia, delle autorità fiscali, dei servizi sociali etc.

[6]   Le Sezioni Unite della Cassazione hanno chiarito che l'estinzione del reato preclude la confisca delle cose che ne costituiscono il prezzo (sentenza n. 38834 del 10.7.2008).

[7]   E’ definito transnazionale (art. 3) il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché: a) sia commesso in più di uno Stato; b) ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; c) ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; d) ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

[8]   Recante: Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356.

[9]   In questo senso cfr. Cass., Sez. V, 22.9.1998. Sui diversi presupposti e la diversa struttura della confisca ex art. 12 sexies rispetto a quella ordinaria cfr. Cass., Sez. I, sentenza n. 19516 del 2010.

[10] In questo senso cfr. Cassazione, Sez. I, sentenza n. 47312 dell’11 novembre 2011.