Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari esteri | ||||
Altri Autori: | Servizio Rapporti Internazionali | ||||
Titolo: | Visita di una delegazione keniota presso la IV Commissione Difesa (27 luglio 2011) | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 261 | ||||
Data: | 26/07/2011 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | IV-Difesa |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Visita di una delegazione keniota presso la IV Commissione Difesa |
(27 luglio
2011) |
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n. 261 |
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26 luglio 2011 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Affari esteri ( 066760-4939 – * st_affari_esteri@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi: |
Servizio Rapporti
internazionali ( 066760-3948 / 066760-9515 – * cdrin1i@camera.it |
|
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File: Es0867.doc |
INDICE
La difesa in Kenya ed in Italia: tabella
di raffronto
Violenze post elettorali e Corte Penale Internazionale (CPI)
Le riforme istituzionali in Kenya
Rapporti bilaterali
§
Relazioni
politiche
§
Relazioni
economiche, finanziarie e commerciali
§
Relazioni
culturali, scientifiche e tecnologiche
§
Comunità
italiana, comunità del Paese in Italia e questioni migratorie
§
Base
spaziale San Marco di Malindi
§
Flussi
di Cooperazione allo Sviluppo
§
Accordi
bilaterali
Base spaziale San Marco di Malindi
Rapporti parlamentari
con il Kenya
I programmi di cooperazione con i Parlamenti africani (a cura del Servizio Rapporti
Internazionali)
Composizione della delegazione
|
Italia |
Kenya |
Popolazione |
60.097.564 |
40.862.900 |
Forze armate: personale impiegato |
184.630 |
24.120 |
Esercito |
107.500 |
20.000 |
Marina |
34.000 |
1620 |
Aviazione |
43.109 |
2500 |
Spesa per armamenti in % sul PIL (dato
2008) |
1,7 (stima SIPRI) |
1,9 |
Le forze armate Kenyote possono contare su effettivo complessivo di 24.120 unità, delle quali 20.000 impiegate nell’esercito, 1.620 nella marina e 2.500 nell’aviazione.
Le forze armate hanno un ordinamento professionale e non è prevista la coscrizione obbligatoria.
L’esercito è organizzato con una brigata corazzata (composta da 3 battaglioni); 1 battaglione aviotrasportato; 2 brigate e 1 battaglione indipendente di fanteria (la prima brigata è composta da due battaglioni, la seconda da tre) ; 1 brigata (composta da 2 battaglioni di artiglieria); 1 battaglione di contraerea; 1 brigata (composta da 2 battaglioni) di genio.
L’esercito risulta avere in dotazione 188 carri armati: 110 T-72 e 78 Vickers Mk 3; 94 veicoli corazzati (10 M-3 Panhard, 52 UR-416; 32 Type 92)
La marina ha 5 unità navali combattenti: 2 unità di ricognizione dotate di missili guidati; 2 unità di ricognizione con missili anti-navi; 1 guardiacoste veloce
L’aviazione ha 42 aerei da combattimento.
Nel 2008 la spesa per il PIL destinata ad armamenti ammontava all’1,9 per cento del PIL.
Le forze armate Keniote partecipano alla brigata multinazionale dell’Africa orientale, con sede ad Addis Abeba, a cui partecipano anche il Burundi, le isole Comoros, Gibuti, Eritrea, Etiopia, Madagascar, le isole Mauritius, il Ruanda, le isole Seychelles, la Somalia, il Sudan la Tanzania e l’Uganda.
Il Kenya è presente nella missione ONU Minurcat nella Repubblica centrafricana (con 3 unità); nella missione ONU Monusco in Congo (con 24 osservatori); nelle missioni ONU Unmis (con 724 unità: 4 osservatori e un battaglione di fanteria) e Unamid (con 82 unità) in Sudan e nella missione dell’Unione europea EUTM in Uganda (con 9 unità).
Cenni storici
Jomo Kenyatta,
icona della lotta di liberazione e primo Presidente della Repubblica, guidò il Kenya dall’indipendenza dal Regno Unito
(1963) alla sua morte (1978), quando il potere fu assunto dal leader del
KANU (Kenya African National Union, partito unico dal 1969 al 1982), Daniel
Arap Moi. Negli oltre venti anni di presidenza Moi, il Kenya godette di pace e
stabilità politica. La situazione interna fu però caratterizzata dall’accentuarsi
dell'insoddisfazione dell’etnia maggioritaria kikuyu, detentrice delle leve del
potere economico ma tenuta sistematicamente lontana da quelle politiche (che
aveva dominato invece al tempo di Kenyatta).
L’opposizione,
etnicamente frammentata, non riuscì a rovesciare il KANU dal potere in
occasione delle elezioni del 1992 e del 1997 che, seppur macchiate da violenze
e accuse di brogli, sembrarono riflettere la volontà della maggioranza del
popolo keniano.
In preparazione
delle elezioni politiche del 27 dicembre 2002, il KANU ed il principale partito
di opposizione, il National Democratic Party (NDP), formarono un’alleanza
politica che sostenne la candidatura di Uhuru Kenyatta (figlio del padre della
patria, Jomo Kenyatta), contro quella di Emilio Mwai Kibaki, a sua volta
appoggiato dalla multietnica e coesa National Rainbow Coalition (NARC, composta
principalmente dal National Alliance Party for Kenya – NAK – e dal Liberal
Democratic Party – LDP). La Rainbow Coalition di Kibaki – forte di una campagna
centrata sulla lotta alla corruzione – vinse in maniera schiacciante elezioni
pacifiche e corrette.
Il 21 novembre
2005 – a seguito della bocciatura del referendum sul progetto di riforma della
Carta Costituzionale in senso presidenziale – si aprì una fase critica
dell’esperienza del Governo Kibaki
(durata per l’intera legislatura 2002-2007).
Alcuni dissidenti
all’interno del Governo si unirono al KANU per formare una nuova coalizione di
opposizione, l’Orange Democratic Movement (ODM), che portò alla netta bocciatura
referendaria (il “fronte del no” raggiunse il 60%) del progetto di nuova
Costituzione sponsorizzato dal Governo.
La netta vittoria
del “fronte del no” (60%) minacciò seriamente la leadership del Presidente
Kibaki, il quale tre giorni dopo la sconfitta, il 24 novembre, sospese sine die i lavori parlamentari (che
sarebbero poi ripresi soltanto il 22 marzo 2006) e formò un nuovo Governo.
Sul piano
politico, il referendum segnò la nascita di un nuovo soggetto guidato da Raila Odinga, l’ODM appunto, costituitosi
successivamente in Partito con il sostegno di larghe fasce della popolazione
(le più diseredate ed in prevalenza provenienti dal gruppo etnico dei Luo).
dati
generali |
|
Superficie |
582.650 Kmq (quasi due volte l’Italia) |
Capitale |
NAIROBI |
Abitanti |
41.070.000[3]
|
Tasso crescita
popolazione |
2,4% |
Mortalità
infantile |
52,29 per mille |
Speranza di vita |
59 anni |
Percentuale di
persone affette da AIDS |
1,5 milioni (stima del 2009) |
Tasso di
alfabetizzazione |
85,1% |
Composizione
etnica |
Kikuyu 22%, Luhya 14%, Luo 13%, Kalenjin 12%, Kamba 11%, Kisii 6%,
Meru 6%, other African 15%, non-Africani (Asiatici, Europei, Arabi) 1% |
Lingue |
Inglese (ufficiale), Kiswahili (ufficiale), vari dialetti indigeni |
Religioni
praticate |
Protestante 45%, Cattolica 33%, credenze indigene
10%, musulmana 10%, altre 2% |
cariche
dello stato |
|
Presidente della
Repubblica |
Emilio Mwai KIBAKI
(Party of National Unity – PNU) (gruppo etnico dei Kikuyu) |
Vice Presidente |
Stephen Kalonzo MUSYOKA (Orange Democratic Movement- Kenya-ODM-K) (gruppo etnico dei Kamba) |
Primo Ministro |
Raila ODINGA (Orange
Democratic Movement-ODM), in carica dal 2008 (gruppo etnico dei Luo) |
Presidente
dell’Assemblea Nazionale |
Kenneth MARENDE (dal 2008) (l’Orange
Democratic Movement-ODM), (gruppo etnico
dei Luhya) |
Ministro degli
Affari Esteri |
George SAITOTI (ad interim) Party of National Unity – PNU (dal
2010) (gruppo etnico
dei Kikuyu) Saitoti è anche
Ministro per la Sicurezza Interna |
scadenze
elettorali |
|
Elezioni
Presidenziali e legislative |
2012 |
quadro
politico |
A seguito
dell’Accordo del 28 febbraio 2008 che ha posto fine alle violenze scaturite
all’indomani delle elezioni del 2007 (vedi
infra), il 13 aprile 2008 è
entrato in carica il nuovo Governo di
Unità Nazionale, il governo di coalizione
PNU-ODM guidato da Raila Odinga, leader dell’ODM[4].. Il governo si compone di 42 ministri al fine di
soddisfare le varie esigenze sia di carattere etnico che religiose.
Si segnalano le dimissioni rassegnate il 27 ottobre
2010 dall’ex Ministro degli Esteri Moses
Wetangula, provocate da accuse di frode ai danni dello Stato che funzionari
del Ministero avrebbero commesso nel corso di operazioni di compravendita di
proprietà destinate ad ospitare le Ambasciate del Kenya all’estero. Il
dicastero è attualmente retto dal Ministro per la Sicurezza Interna, Prof.
Saitoti.
In generale, il
dibattito politico nel paese difetta di contenuto ideologico e si
polarizza principalmente sulla personalità dei leader e sui gruppi etnici di
rispettiva appartenenza, come dimostra la recente alleanza tra William Ruto
e Uhuru Kenyatta (tre anni fa su posizioni totalmente opposte).
A
seguito delle elezioni del 2007 è stata formata la X Legislatura che è così
composta:
PARTITO |
Seggi |
ODM, Orange Democratic Movement Party Of Kenya |
99 |
PNU, Party Of National Unity |
43 |
ODM-K, Orange Democratic Movement-Kenya |
16 |
KANU, Kenya Africa National Union |
14 |
Safina |
5 |
Ex-Officio |
2 |
Altri |
33 |
TOTALE |
212 |
Le violenze post
elettorali e il processo di riconciliazione nazionale
Il 27 dicembre 2007 hanno avuto luogo le elezioni parlamentari, presidenziali e
locali. Kibaki, presentatosi con il Party of National Unity (PNU) e col
supporto di Moi e di Kenyatta della KANU, sarebbe stato riconfermato Presidente
a scapito di Raila Odinga dell’ODM. I risultati delle elezioni
presidenziali, giudicate irregolari dagli osservatori internazionali, dal
momento che sia Kibaki che Odinga reclamavano la propria vittoria, portarono
allo scoppio di un’ondata di violenze
in molte aree del Paese e principalmente nelle roccaforti dell’opposizione ove
prevalgono le etnie Luo e Kalenjin (alleate alle elezioni): le città di Kisumu
(sulle sponde del Lago Victoria) ed Eldoret (nella regione occidentale del
Paese, Rift Valley) e gli slums di Nairobi.
Tra dicembre 2007
e gennaio 2008 il bilancio di tali disordini fu di oltre 1.500 morti e circa 300.000 sfollati. Il conflitto, emerso su base etnica (in Kenya convivono
oltre 200 gruppi etnico-linguistici; i gruppi principali sono cinque, in ordine
di consistenza: Kikuyu, Luhya, Luo, Kalenjin e Kamba, con Kibaki e Odinga che
rappresentano rispettivamente l’etnia Kikuyu e l’etnia Luo), ebbe pesanti
ricadute sul piano politico-istituzionale ed economico. La situazione
all’inizio del 2008 si presentava particolarmente complessa a causa
dell’intrecciarsi di tre ordini di fattori: intensificazione degli scontri a
carattere interetnico e sociale, inasprimento della repressione da parte della
polizia e stallo nel dialogo tra Kibaki ed Odinga.
Una missione nel
gennaio 2008 del Presidente del Ghana Kufuor in veste di Presidente di turno
dell’Unione Africana, riusciva ad acquisire il consenso dei due leader Kibaki e
Odinga all’invio a Nairobi di un gruppo
di eminenti personalità africane, guidato
da Kofi Annan (“Panel of Eminent African Personalities”), con l’incarico
di avviare una mediazione e raggiungere un compromesso politico. Annan
giungeva a Nairobi il 22 gennaio 2008 e subito riusciva a far incontrare Odinga
e Kibaki. Il 1 febbraio 2008, grazie alla mediazione del Panel Annan, le Parti
giungevano così alla firma delle seguenti quattro
“Annotated Agenda” per il dialogo:
AGENDA 1 – “Immediate
action to stop violence and restore fundamental rights and liberties”;
AGENDA 2 – “Immediate
measures to address the humanitarian crisis, promote reconciliation, healing
and restoration”;
AGENDA 3 – “How
to overcome the current political crisis”;
AGENDA 4 – “Long-term
issues and solutions”.
Il 28 febbraio 2008, al termine di lunghi
e difficili negoziati, il Governo e
l’ODM raggiunsero l’intesa politica, sottoscritta dal Presidente Kibaki,
dal leader dell’opposizione Odinga, da Kofi Annan e, in veste di
Presidente di turno dell’UA, dal Presidente tanzaniano Jakaya Kikwetwe.
L’accordo – se si esclude la richiesta di nuove elezioni – accoglieva in buona
parte le rivendicazioni dell’ODM e, in particolare, istituiva la carica di Primo Ministro (PM) con il
compito di coordinare e supervisionare
l’attività del Governo.
L’Accordo è stato
poi recepito nell’ordinamento keniota attraverso l’adozione di quattro leggi di attuazione[5], due delle quali – la legge di riforma
costituzionale per la creazione della carica di Primo Ministro ed il National Reconciliation Accord del 28
febbraio – furono approvate all’unanimità il 19 marzo 2008. Nel marzo 2008 fu
anche nominata la Commissione d’inchiesta (cd. Commissione Waki) sulle violenze post elettorali.
Tra i primi risultati della mediazione vi fu l’istituzione della “Truth,
Justice and Reconciliation Commission” (TJRC), operativa dal luglio 2009,
col compito di raccogliere testimonianze in relazione alle violenze
post-elettorali e favorire una riconciliazione tra i diversi gruppi etnici del
Paese. Venne inoltre creato un Comitato
di Revisione Elettorale Indipendente, finalizzato ad investigare
specificamente e con maggiore neutralità sui vari aspetti delle elezioni
Presidenziali.
Dopo alcuni
ritardi, il 13 aprile 2008 è stato
istituito il nuovo Governo di Unità
Nazionale, compagine da molti ritenuta troppo numerosa (e costosa).
A tre anni dalla
nascita del Governo, l’indubbio successo rappresentato dalla stessa tenuta
della ”coalizione tra rivali” non può nascondere le zone d’ombra. La compagine
governativa appare infatti spesso divisa, con negativi riflessi sui
processi decisionali (frutto di lunghe mediazioni interne). Tale situazione si
é manifestata soprattutto nella scarsa incisività nell’affrontare i cd. “long-term issues” e nell’attuare alcune
delle grandi riforme ritenute
fondamentali per la crescita economico-sociale del Paese. Alcuni politici
chiedono elezioni anticipate e la fine del Governo di coalizione. I due
indiziati eccellenti della CPI (il Ministro Kenyatta e l’ex Ministro Ruto), con
ambizioni presidenziali nel 2012, hanno un particolare interesse alle elezioni
anticipate. La paura di non essere rieletti e la necessità di raccogliere
finanziamenti per la campagna elettorale, dovrebbe tuttavia indurre i membri
del Parlamento ad un contegno più moderato.
Con l’approvazione della Costituzione (4 agosto
2010)[6] il Governo di coalizione ha raggiunto un traguardo
a lungo inseguito dal Paese ed ha migliorato la propria immagine sul fronte dei
rapporti con la comunità internazionale. La compattezza fornita in favore
della nuova Costituzione ha infatti mitigato le critiche formulate da alcuni
Governi stranieri. Ad oggi, tuttavia, il vero banco di prova per il sistema
politico keniano è l’approvazione della
legislazione di attuazione delle
disposizioni costituzionali, specie nei settori più delicati (giudiziario,
diritti civili, questione della terra). Il Parlamento è chiamato ad
approvare circa 50 nuove leggi (predisposte dall’ufficio dell’Attorney General) per garantire la piena
attuazione della nuova Costituzione. Tenuto conto che senza una robusta
legislazione di attuazione molte disposizioni costituzionali rischiano di
rimanere prive di effetti concreti, il compito che attende il legislatore è
gravoso ed oggetto di attenzione, anche internazionale.
Recentemente, a
livello sia politico che mediatico, ha assunto carattere prioritario la
questione della mancata istituzione di un Tribunale interno per il giudizio
dei responsabili dei disordini post-elettorali e l’apertura formale da parte
della Corte Penale Internazionale (CPI)
di un procedimento per incriminare i mandanti politici di tali violenze (su
questi due temi si rimanda alle schede di approfondimento in appendice). Ha
destato il disappunto della comunità internazionale la partecipazione del Presidente sudanese Bashir, lo scorso 27 agosto
a Nairobi, alla cerimonia di
promulgazione della nuova Costituzione keniana. Sul Presidente, infatti,
pende un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale, che ha reagito
rivolgendosi al Consiglio di Sicurezza dell’ONU e all’Assemblea degli Stati
Parte (ASP) dello Statuto di Roma “per l’adozione delle eventuali misure ritenute
opportune”[7].
quadro
istituzionale |
Il Committee of Experts (CoE) incaricato della revisione della
Costituzione, il 17 novembre 2009 ha ufficialmente presentato la nuova bozza di testo. Dopo le modifiche
apportate dall’apposito Comitato Parlamentare (Parliamentary Select Committee – PSC), il progetto di Costituzione
è stato ulteriormente rivisto dal Comitato di Esperti e da questo inviato
ufficialmente all’Assemblea che il 1
aprile 2010 l’ha approvato. Il testo è stato poi definitivamente approvato
grazie alla vittoria del “Sì” (con oltre il 67% di preferenze) al referendum confermativo del 4 agosto 2010, circostanza che
consentirà al Kenya di presentarsi alle
elezioni generali del 2012 con una nuova Costituzione.
Con la nuova
Costituzione è stato scelto un sistema
presidenziale puro, ma con un nuovo sistema di “checks and balances” e una più chiara separazione dei poteri; è
stato inoltre previsto un Parlamento
bicamerale (vedi scheda di
approfondimento).
Il Kenya (ex colonia britannica, indipendente dal
1963) è una Repubblica Presidenziale.
I poteri dello
Stato attualmente in carica sono quelli previsti dalla vecchia Costituzione (varata nel 1963 e più volte emendata). Tuttavia,
a seguito dell’Accordo di
riconciliazione siglato nel febbraio 2008 tra i due principali partiti (PNU
e ODM) sono state introdotte delle
modifiche che verranno poi superate con la nuova Costituzione.
Il Presidente
della Repubblica è Capo dello Stato e
Capo del Governo in tandem con il Premier. È, altresì, Capo delle Forze
armate. È eletto ogni 5 anni a suffragio universale
diretto. (In base alla nuova
Costituzione, il Presidente sarà Capo dello Stato e Capo del Governo: la carica
di Primo Ministro non è stata prevista).
Essendo stata reintrodotta
la figura deI Primo Ministro a seguito degli accordi
del 2008, il potere esecutivo è quindi diviso tra il Presidente della
Repubblica e il Primo Ministro; quest’ultimo ha compiti di coordinamento e si
supervisione del governo.
Il Presidente della Repubblica designa il Vice
Presidente e i membri dell’esecutivo, che devono essere membri del Parlamento,
sulla base di accordi con i leader della coalizione.
Il Primo Ministro (figura che, come già detto, è stata
cancellata nella nuova Costituzione) deve essere membro del Parlamento e il
leader del partito di maggioranza. Il Primo Ministro può essere dimissionato
solo dal Parlamento con un voto di sfiducia approvato a maggioranza. I singoli
ministri possono essere sfiduciati sulla base di un accordo tra i leader della
coalizione.
Il potere
legislativo è affidato ad un Parlamento monocamerale
(la nuova Costituzione introduce un
Senato rappresentativo degli enti locali). L’Assemblea Nazionale (Bunge)
conta 224 deputati, di cui 210
direttamente eletti con sistema maggioritario per un mandato di 5 anni, 12 di nomina presidenziale e 2
nominati ex-officio.
Spetta al
Parlamento approvare le leggi che, prima di entrare in vigore, devono essere
approvate dal Presidente della Repubblica. In caso di rigetto da parte di
quest’ultimo, il progetto di legge ritorna all’esame dell’aula con le modifiche
segnalate dal Presidente. Il testo può essere tuttavia approvato dal Parlamento
nel suo contenuto originario con la maggioranza dei 2/3.
Il sistema
giudiziario si compone della Corte
Suprema e dalle Corti di appello.
Il Presidente della Corte Suprema è nominato dal Capo dello Stato.
politica
estera[8] |
Il Kenya ha
rappresentato a lungo, sino alla crisi interna del 2008, un polo di stabilità e
di influenza moderatrice nell’Africa orientale, tormentata negli anni da guerre
e conflitti interni.
Il Governo di
Nairobi ha svolto un ruolo determinante nel processo di pace tra Nord e Sud
Sudan e in quello di riconciliazione nazionale somala (nel quadro IGAD - Intergovernmental Authority for Development,
il principale Foro di integrazione regionale).
Somalia, pirateria e terrorismo internazionale
Sul fronte della sicurezza interna, il Kenya guarda con
preoccupazione alla crisi somala, che porta instabilità al confine ed aumenta i
rischi di infiltrazioni terroristiche[9]. La percezione del rischio a Nairobi sta
attraversando una fase crescente[10]. Oltre dieci cittadini keniani sarebbero stati
recentemente trasferiti in Uganda con l’accusa di avere collaborato
all’esecuzione degli attentati di Kampala dell’11 luglio 2010: le rivelazioni
degli arrestati indicano nelle principali città keniane i punti di entrata e di
transito di uomini e mezzi poi impiegati nell’azione terroristica. Altre
operazioni, condotte nelle ultime settimane a Nairobi e sulla costa, hanno
portato all’arresto di individui presumibilmente legati al terrorismo di
matrice islamista (somalo e non solo). Tali elementi indicano nel Kenya un
crocevia utilizzato da cellule terroristiche operative nella regione. Quanto al
gruppo somalo “Al Shabaab”, esso potrebbe pianificare attentati in territorio
keniano[11].
Nel corso
dell’ultima visita a Nairobi di Lady Ashton (18-19 maggio 2010), il Kenya ha
chiesto aiuto all’UE per la sua iniziativa di creare una fascia di sicurezza in
Jubaland. La situazione conflittuale
ai confini fra Somalia e Kenya si riflette poi sull'incremento dei profughi diretti al campo di Dadaab[12], il più grande al mondo.
La collaborazione
di Nairobi con il nostro Paese sul dossier somalo è ottima, come testimonia
l’organizzazione congiunta italo-keniana di una riunione straordinaria del
Gruppo Internazionale di Contatto a margine della 64ma UNGA. Tale interesse
strategico comune è stato ribadito in occasione dei colloqui con il Presidente
Kibaki ed il Ministro Wetangula avvenuti a Nairobi durante la visita del
Ministro Frattini in Kenya (gennaio 2010) e nel corso dei colloqui del
Sottosegretario Mantica con il Ministro per la Sicurezza Interna Saitoti del 31
agosto 2010. I Keniani hanno posto l'accento sugli effetti negativi della
pirateria per il commercio che transita dal porto di Mombasa e sulla crescente
instabilità del fronte interno somalo che alimenta un flusso di rifugiati
sempre meno gestibili dal Governo. Intendiamo continuare a lavorare con il
Kenya per rafforzare il Governo somalo (che deve essere concretamente aiutato
ad uscire dall’attuale stallo, anche tramite un dialogo politico a più ampio
spettro condotto con quegli interlocutori somali che sono rimasti fuori dal
processo di Gibuti) e favorire migliori condizioni di sicurezza sul terreno.
Nella lotta contro la pirateria Nairobi è un
partner chiave per l’Unione Europea. Fino al 30 settembre 2010 è stato in
vigore l’accordo per il trasferimento ed il giudizio dei pirati[13] catturati nell’ambito dell’operazione navale
ATALANTA[14] (prorogata fino al dicembre 2010). In tale quadro
si era collocato il trasferimento, il 25 giugno 2009, di nove pirati somali
catturati il 22 maggio dalla nostra nave Maestrale. Ad oggi, sono 117 i pirati
somali in custodia presso carceri keniane (0,2% della popolazione carceraria
keniana)[15].
Dopo che negli
ultimi tempi si erano fatti sempre più insistenti i segnali di un cambiamento
nella posizione keniana in tema di lotta alla pirateria, con nota del 30 marzo 2010 le Autorità di Nairobi
avevano manifestato la decisione di denunciare
tutti gli accordi[16] in essere sul
trasferimento di sospetti pirati[17] adducendo difficoltà insostenibili per il Kenya
derivanti dalla detenzione dei sospetti, dalla celebrazione dei processi e
dalla esecuzione delle eventuali condanne[18]. Il Kenya era poi tornato sui suoi passi,
dicendosi pronto a riavviare una collaborazione in materia di lotta alla
pirateria in cambio di una revisione dell’accordo di trasferimento di
giurisdizione e di un coinvolgimento anche degli altri Paesi della Regione.
Tuttavia, decorso il termine del 30 settembre (entro il quale, a seguito della
denuncia keniana di marzo, l’accordo di trasferimento sarebbe scaduto), la
cooperazione Kenya-Unione Europea per il trasferimento e il giudizio dei
sospetti pirati è attualmente priva di un quadro legale di riferimento.
Attualmente la
cooperazione con il Kenya per il trasferimento di sospetti pirati avviene sulla
base di intese ad hoc di volta in volta stipulate attraverso scambio di Note
Verbali tra la Delegazione UE (o le Ambasciate dei Paesi interessati) ed il
Ministero degli Esteri keniano. Questa linea è stata confermata in occasione di
un incontro del 21 aprile 2011 a Nairobi, organizzato dalla locale delegazione
UE con il Capo dell’Unità Antipirateria keniana, Jacob Ondari. A livello
politico non sembra infatti emergere ancora un ripensamento in merito alla
rinegoziazione di accordi quadro vincolanti. Il Governo di Nairobi ha
ripetutamente enunciato di voler organizzare quanto prima a Nairobi una
conferenza regionale operativa sulla lotta alla pirateria.
Africa Sub-Sahariana
Buoni i rapporti
con gli Stati limitrofi: Uganda Tanzania,
Etiopia e Sudan. Si segnala che ha suscitato le critiche della Comunità
Internazionale la partecipazione del Presidente sudanese Bashir, incriminato
dalla CPI, alla cerimonia per l’approvazione della nuova Costituzione keniana,
svoltasi il 27 agosto 2010. In quanto
Stato parte dello Statuto di Roma, il Kenya avrebbe dovuto arrestare Bashir,
adempimento cui non si è conformato invocando obblighi discendenti dall’essere
Stato membro dell’UA.
Complicati i
rapporti con l’Uganda a causa della
questione dell’isola di Migingo[19].
Circa la cd. “Nile
Basin Initiative” (NBI), il 19 maggio 2010 il Kenya si è aggiunto a
Etiopia, Uganda, Tanzania e Ruanda, quale firmatario del “Cooperative Framework Agreement” per liberalizzare l’uso delle
acque del Nilo. Manca così solo un altro Stato (DG Congo o Burundi) affinché il
trattato possa essere ratificato ed entrare in vigore tra le parti, nonostante
la ferma opposizione di Egitto e Sudan.
I rapporti con i
Paesi dell’Africa centrale sono caratterizzati dalla rilevanza che ha per essi
il ricorso al porto di Mombasa come sbocco al mare dei flussi di merci.
Di grande rilievo,
infine, i rapporti con il Sudafrica.
Mediterraneo e Medio Oriente
Attirato dalle
loro potenzialità economiche, il Kenya sta puntando sul consolidamento dei
rapporti con la Libia e l’Iran[20].
La Turchia ha siglato nel febbraio 2009
(nel corso della visita del Presidente turco Gul in Kenya) trattati di
collaborazione commerciale ed è stata annunciata l’apertura di un volo diretto
Istanbul-Nairobi, gestito dalla Turkish Airlines (prima della riapertura del
collegamento diretto Roma – Nairobi, si trattava dell’unica rotta che collegava
direttamente l’Africa orientale con una città del sud Europa). La Turchia ha
inoltre concesso 780 mila dollari al World Food Programme, destinati alle
necessità alimentari del Kenya.
Stati Uniti, Cina e altri
Dal 4 al 6 agosto
2009 si è svolta a Nairobi la prima tappa del viaggio africano del Segretario
di Stato degli Stati Uniti, Hillary
Clinton. Motivata dalla partecipazione all'ottavo forum dell'AGOA (African Growth and Opportunity Act), il
provvedimento con cui gli Stati Uniti hanno aperto dal 2000 una corsia
preferenziale per le esportazioni dei Paesi africani, la visita della Clinton a
Nairobi è stata in realtà l'occasione per l'Amministrazione Obama di far
arrivare un messaggio chiaro sulle aspettative nutrite a Washington circa il
corso d'azione che il Governo di Grande Coalizione dovrà intraprendere per non
incorrere in "azioni" (v. infra,
vicenda riforme istituzionali e “visa ban”).
Nell’aprile del 2011 il Primo Ministro Odinga si è recato in visita a
Washington, dove ha incontrato il Vice Presidente Biden (il quale aveva
effettuato una visita a Nairobi nel giugno 2010).
Sempre più stretti
i legami fra Nairobi e Pechino. La Cina - interessata alle risorse naturali,
minerarie e petrolifere keniane - moltiplica i suoi investimenti nel Paese (sia
in ambito civile che militare) mantenendo un profilo più defilato sul tema
delle riforme e della lotta all’impunità. Il Primo Ministro, Raila Odinga, ha
guidato una delegazione keniana in visita ufficiale in Cina in occasione del decimo “Western
China International Economy and Trade Fair”. Il 16 ottobre 2009 Odinga ha
partecipato alla cerimonia di apertura dell'evento che vedeva il Kenya tra gli
espositori. A margine della Fiera ha avuto un incontro con il Primo Ministro,
Wen Jiabao, nel corso del quale si è discusso delle relazioni bilaterali tra i
due Paesi e di alcuni progetti infrastrutturali per i quali questo Governo sta
cercando sostegno economico. Si tratta in particolare della costruzione di un nuovo porto a Lamu
(v. supra) e di un'arteria stradale e
ferroviaria. L’Ambasciatore cinese a Nairobi nel 2010 ha annunciato la
disponibilità a valutare il finanziamento di un nuovo corridoio stradale che
dal porto di Mombasa possa alleggerire la circolazione sulla direttrice
principale verso la capitale. La 'China National Offshore Oil Corporation'
(CNOOC) ha annunciato l'intenzione di versare 26 milioni di dollari per avviare
l'esplorazione di un potenziale giacimento petrolifero nel Nord del Kenya
(distretto di Isiolo).
Grande attivismo
da parte del Giappone, che nel 2010
ha concesso al Kenya un dono di 30 milioni di euro per la costruzione di
un’importante arteria stradale della cintura di Nairobi. La firma dell’Accordo
tra l’Ambasciatore giapponese e il Ministro delle Finanze (e Vice Primo
Ministro), Uhuru Kenyatta, fa seguito alla visita che lo stesso Kenyatta ha
compiuto in Giappone insieme al Premier Odinga.
Il Governo di
Coalizione tiene in grande considerazione i rapporti con l’India e, dati i reciproci interessi in tema di cooperazione allo
sviluppo, sta procedendo ad un avvicinamento a Cuba.
Organizzazioni Internazionali e riforma del CdS
Sulla riforma del CdS il Kenya sostiene la
posizione dell’Unione Africana (cd consenso di Ezulwini) ed è contrario
all’ipotesi di una fusione tra le posizioni del G4 e dell’Unione Africana (che
comporterebbe una rinuncia al diritto di veto) finalizzata a trovare una
soluzione di compromesso in sede di negoziati intergovernativi. Tale posizione
rende il Kenya uno dei Paesi dell’Africa sub-sahariana a noi più vicini in
materia di riforma del CdS. Nairobi svolge un ruolo di primo piano in ambito
africano, essendo membro del Comitato di dieci Capi di Stato e di Governo (c.d.
“Comitato dei Dieci”) incaricato di promuovere la posizione comune africana nei
confronti della membership ONU. Al vertice di Kampala di luglio 2010, l’UA ha
confermato la propria posizione sulla riforma del CdS. Il Ministro keniano per
la Sicurezza Interna, Prof. George Saitoti, è previsto partecipare alla
Conferenza sulla riforma del CdS che si terrà presso la Farnesina il 16 maggio
2011.
Per quanto
concerne le mutilazioni genitali
femminili (MGF) il Kenya, coinvolto nell’iniziativa sin dal settembre 2009,
ha indicato la volontà di co-sponsorizzare il testo della risoluzione ONU da
presentare alla prossima UNGA.
Il Kenya è membro
- fra le organizzazioni africane - dell’Unione
Africana, dell’IGAD (InterGovernmental
Authority on Development), della Common
Market for Eastern and Southern Africa (COMESA) e della East African
Community (EAC) e ha sempre
giocato un ruolo propulsivo al loro interno.
Il Governo
keniota, in particolare, è partner attivo nello sviluppo delle attività
complessive dell’IGAD che vede anche
l’Italia impegnata nella duplice veste di Presidente del Joint IGAD Partners
Forum (il Foro che si propone come strumento di dialogo e coordinamento tra i
donatori e i membri) e di Presidente dell’IGAD Partners Forum (IPF- Foro di cui
fanno parte i Paesi donatori al fine di coordinare la loro azione a sostegno
dell’organismo regionale).
Il mercato keniano
offre poi interessanti potenzialità per gli imprenditori, anche alla luce della
partecipazione all’East African Community (EAC) – organizzazione economica
regionale nata nel 1999 a cui aderiscono Kenya, Tanzania, Uganda, Rwanda e
Burundi – che dal 1 luglio 2010 è entrata nella fase operativa del Mercato Comune (libera circolazione di
beni e persone). Si è determinato dunque uno spazio economico di circa 130
milioni di persone, con un PIL globale vicino ai 71 miliardi di dollari, a cui
si accederà prevalentemente dal porto di Mombasa e dallo scalo internazionale
di Nairobi.
Il Board of Directors della Banca Africana
di Sviluppo (AfDB) il 24 novembre 2010 ha approvato un finanziamento di USD 25
mln. per la riabilitazione del tratto stradale di 73 km Timboroa-Eldoret da
realizzarsi nel periodo 2011-2015.
Il Kenya è membro
della WTO. Fa infine parte
dell’Accordo di libero scambio tra le organizzazioni economiche africane[21].
La carestia nel
Corno d’Africa
Secondo la FAO
sono dodici milioni le persone che hanno
bisogno di aiuti urgenti in tutto il Corno d'Africa colpito dalla carestia.
Nella sola Somalia sono a rischio 3,7 milioni di persone. Per questo la FAO,
l'agenzia Onu per l'alimentazione e l'agricoltura, chiede 120 milioni di
dollari per fornire un'assistenza umanitaria rapida in tutta la regione (di cui
70 milioni per la Somalia). Il 25 luglio 2011 si è tenuto nella sede della FAO a
Roma, una riunione straordinaria voluta dalla Francia, presidente di turno del
G20 per fare il punto sulle necessita' della regione. L'attuale crisi
alimentare colpisce il nord del Kenya, il sud dell'Etiopia, Gibuti e la regione
di Karamojia in Uganda. In Somalia, nelle regioni meridionali di Bakool e Bas
Shabelle, ogni giorno muoiono sei persone su 10 mila abitanti, e la
malnutrizione acuta colpisce il 50% della popolazione, gia' devastata da 20
anni di guerra civile. Particolarmente drammatica la situazione dei bambini.
Quasi 500mila bambini in Somalia, Etiopia e Kenya sono affetti da malnutrizione
acuta grave, e dunque in immeditato pericolo di vita; inoltre, oltre 1,6
milioni di bambini sotto i cinque anni sono affetti da malnutrizione acuta
moderata.
L'Unicef ha
lanciato un appello di raccolta fondi per 31,9 milioni di dollari per
rispondere nei prossimi 3 mesi ai bisogni immediati di donne e bambini del
Corno d'Africa - in particolare di Somalia, Kenya, Etiopia e Gibuti - colpiti
dalla crisi. L'associazione sostiene i bisogni più urgenti, che riguardano:
cure salvavita e assistenza per i bambini malnutriti, acqua e servizi
igienico-sanitari, misure di protezione dell'infanzia e vaccinazioni.
Apertura del campo
IFO II
Il 15 luglio 2011 il governo del Kenya ha concesso l'apertura del
campo IFO II all'interno del complesso di Dadaab vicino al confine con la
Somalia. L'Alto commissario ONU per i rifugiati, Antonio Guterres, in due
lettere indirizzate al presidente e al primo ministro del Kenya, ha elogiato il
governo di Nairobi e ha garantito il pieno sostegno da parte dell'Alto
commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr). Per Guterres
"l'estensione e' importante per alleviare il congestionamento di Dadaab,
dove ogni giorno arrivano in media circa 1.300 rifugiati somali, in fuga dalla
guerra e dalla siccita' nel proprio paese".
Nuovi Accordi
bilaterali Cina-Kennya
Ad aprile 2011,
Nairobi e Pechino hanno firmato dieci nuovi accordi bilaterali per progetti
da realizzare nel paese africano. L'accordo prevede un piano da 95 milioni
di dollari per la costruzione di quello che sara' il primo ospedale
universitario in Kenya, progetti di sviluppo dell'energia solare, la fornitura
di attrezzature anti-malaria e la realizzazione di una stazione idroelettrica,
oltre ad altri accordi nei settori dei media e dell'istruzione. Durante la
cerimonia di ratifica, un esponente del Partito Comunista cinese ha annunciato
che "la Cina intende rafforzare le relazioni con il Kenya che oggi e' il
piu' grande beneficiario al mondo degli aiuti cinesi".
Accordo di
partenariato Kuwait-Kenya
Il 31 gennaio 2011 il Kuwait ha siglato un
accordo di partenariato per 11,5 milioni di dollari con il Kenya per l'estensione del sistema aeroportuale del
paese. L'annuncio e' stato fatto dall'ambasciatore kuwaitiano a Nairobi,
Yaqoub Alsanad, durante una conferenza stampa nel quadro delle celebrazioni dei
50 anni di indipendenza e del 20esimo anniversario della liberazione
dall'invasione irachena. Secondo il diplomatico, Kenya e Kuwait intrattengono
"buone relazioni da ormai 40 anni, anche attraverso investimenti in
diversi settori dell'economia del Kenya".
quadro
economico |
PIL a parità di
potere di acquisto |
66 miliardi dollari USA |
PIL composizione
per settore |
Agricoltura 22%; industria 16%; servizi 62% |
Tasso di
crescita PIL |
4,1% |
PIL pro capite,
a parità di potere di acquisto |
1.600 dollari USA |
Popolazione
sotto la soglia della povertà |
50% (stime del 2000) |
Inflazione |
4,2 % |
Tasso di
disoccupazione |
40% (stime del 2008) |
Popolazione impiegata nell’agricoltura |
75% (stime 2007) |
Rapporti Debito
pubblico/PIL |
50,9% |
Debito estero |
6,9 miliardi di dollari USA |
(valore Indice Sviluppo Umano UNDP per l’anno 2010
pari a 0,470 – 128mo posto su 169 nel ranking mondiale)
Il Kenya rappresenta il cuore manifatturiero, commerciale e finanziario dell’Africa orientale.
Tuttavia – dopo anni in cui i risultati macroeconomici del Kenya avevano fatto
registrare un sistematico, progressivo miglioramento – lo scoppio delle
violenze etnico-tribali dopo le elezioni del 2007 ha condizionato fortemente la
performance economica del Paese.
Nel 2008 vi è stata una sensibile riduzione del tasso di crescita
reale del PIL (1,5%) rispetto all’anno precedente, quando aveva fatto
registrare un picco del 7%.
L’instabilità
politica è stata all’origine dello stallo della produzione
nelle imprese agricole e industriali, con pesanti
ripercussioni sull’industria turistica e dei trasporti. Anche l’agricoltura – settore portante
dell’economia – ha subito i contraccolpi del forzato esodo degli agricoltori e
della siccità.
Nel 2009 la crescita si è
mantenuta debole (2,1%), con un
profilo più robusto nella prima metà dell’anno, trainata dal settore delle
costruzioni, del turismo e agricolo-forestale, e una progressiva stagnazione
nella seconda metà dell’anno, a causa della contrazione nel settore
agricolo-forestale (che rappresenta il 22% del PIL), dei trasporti e delle
telecomunicazioni (12% del PIL). Per il 2010
il FMI stima un tasso di crescita del PIL pari al 4,1%, sostenuto dalla graduale ripresa dell’economia mondiale (che
ha favorito le esportazioni e le entrate turistiche), dall’espansione del
settore agricolo e delle telecomunicazioni e dall’incremento degli investimenti,
mentre prevede una ulteriore accelerazione (5,8%) nel 2011.
Fonte:
FMI – World Economic Outlook – Aprile 2010; (*)
stime, (**) previsioni
Nel 2010 la domanda
interna, in particolare nella componente consumi e investimenti fissi delle
imprese, si è mantenuta cauta, nonostante la riduzione dei tassi di interesse
favorita dalla politica monetaria e fiscale espansiva.
Il bilancio
pubblico per l’anno fiscale 2009/2010 (che si è concluso a giugno 2010) ha
registrato un incremento del deficit pari
al 6,6% del PIL (rispetto al 4,8%
del 2008/2009), a supporto di una politica fiscale espansiva finalizzata a
stimolare l’economia. Per il biennio 2010/2011 il Ministro delle Finanze
prevede il mantenimento di un deficit attorno al 6,8%.
Nel mese di ottobre 2009 il Kenya ha adottato un
nuovo indice dei prezzi al consumo che ha comportato una drastica riduzione del
tasso di inflazione rispetto alle
precedenti serie. Nel mese di luglio 2010 il tasso si è mantenuto moderato,
intorno al 3,6%.
La politica
monetaria delle Autorità di Nairobi è espansiva: la riduzione delle pressioni inflazionistiche ha indotto
la Banca centrale ad apportare progressive riduzioni del tasso ufficiale di
sconto, fissandolo al 6% nel mese di luglio 2010.
Nel 2009 lo
scellino (moneta nazionale del Kenya)
si è mediamente apprezzato nei
confronti delle principali valute, mentre nei primi mesi del 2010 ha invertito
la propria tendenza, registrando un moderato deprezzamento.
Dal primo luglio 2008 è operativo il nuovo
programma di sviluppo economico di lungo periodo, chiamato “Vision 2030”. Tale visione strategica –
che consiste in una serie di piani quinquennali, con il primo in scadenza il 30
giugno 2013 – aspira ad una crescita economica rapida e sostenuta (10% per il
2012) che consenta al Paese di entrare per il 2030 nel novero delle economie a
medio-reddito.
Il Kenya registra pressoché sistematici disavanzi nella bilancia delle partite correnti (le
entrate delle partite invisibili – in particolare servizi turistici, servizi di
trasporto e rimesse degli emigranti – non sono sufficienti a compensare il
deficit della bilancia commerciale). Nel 2009
il deficit si è moderatamente contratto al 6,2% del PIL rispetto al 6,9% del 2008, grazie alla riduzione del deficit della bilancia commerciale.
Nei 2009 il deficit mercantile si è ridotto a circa
7,1 miliardi di dollari (il valore
massimo di 8 miliardi è stato raggiunto nel 2008). Nei primi quattro mesi del
2010 si registra un ampliamento del disavanzo commerciale rispetto allo stesso
periodo del 2009 (da -2.123.575 a -2.320.497).
Il conto della bilancia
dei pagamenti ha sperimentato un sensibile miglioramento: nel complesso il
saldo ha fatto registrare un surplus di 747 milioni di dollari, rispetto al
deficit di 273 milioni di dollari del 2008.
La composizione merceologica delle esportazioni è diversificata: tè,
prodotti ortofrutticoli e della floricoltura, spezie, caffè, oli essenziali,
tabacco, pesca e manufatti tessili. Petrolio, macchinari e mezzi di trasporto
le principali importazioni.
Pesanti le ripercussioni sulle esportazioni keniane
dell’eruzione vulcanica in Islanda
della primavera 2010, che ha causato
l’interruzione dei collegamenti aerei e danni quantificabili in 3 milioni di
dollari al giorno.
I mercati africani rappresentano i principali
mercati di sbocco del Paese, mentre i mercati europei assorbono la maggior
parte delle commodities primarie. A
partire dall’entrata in vigore nel 2005 dell’area di libero scambio dell’EAC,
sono in espansione i flussi commerciali con Uganda e Tanzania.
Nei primi quattro mesi del 2010 il Regno Unito si è
confermato al primo posto tra i clienti del Kenya, con circa 161 milioni di
dollari (10,5% del totale). In seconda posizione i Paesi Bassi, seguiti da
Uganda e Tanzania. Le esportazioni
verso l’Italia hanno rappresentato lo 0,9% del totale (ventunesimo posto
assoluto), in lieve incremento
rispetto allo 0,8% della fine del 2009 (si è passati da 11,7 a 13,7 milioni di
dollari).
India, Cina, Emirati Arabi Uniti, Sudafrica, Arabia
Saudita, Giappone, Stati Uniti e Regno Unito nell’ordine, le principali
provenienze geografiche delle importazioni del Kenya nel periodo gennaio-aprile
2010. La quota di mercato dell’Italia
è stata pari all’1,2% (diciottesimo posto assoluto), in netta flessione
rispetto all’1,6% del 2009: si è passati da 58,8 a 46,7 milioni di dollari
(-20,5%).
Importatori di prodotti del Kenya |
% |
Esportatori in Kenya |
% |
Gran Bretagna |
10,5 |
India |
11,6 |
Paesi Bassi |
9,8 |
Cina |
11,5 |
Uganda |
8,7 |
Emirati Arabi Uniti |
10,5 |
Tanzania |
8,6 |
Arabia Saudita |
7,4 |
Pakistan |
6,3 |
Giappone |
6,1 |
Stati Uniti |
5 |
Stati Uniti |
4,7 |
Italia (21esimo posto) |
0,9 |
Italia (18esimo posto) |
1,2 |
Fonte: elaborazioni ICE su dati FMI-DOTS
(Rapporto congiunto 1^ sem. 2010)
Il Kenya incontra difficoltà nel processo di
attrazione degli investimenti esteri
diretti (IDE), a causa di una serie di ostacoli: corruzione, limiti delle
infrastrutture, procedure regolamentari, criminalità e scarsità di risorse
umane specializzate. Nonostante il livello limitato di flussi degli ultimi anni
(51 milioni di USD nel 2006, 728 milioni di USD nel 2007, 96 milioni di USD nel
2008, 141 milioni di USD nel 2009),
è forte la presenza di grandi imprese
straniere (oltre 200 multinazionali) in settori strategici:
telecomunicazioni, minerario, finanziario e agro-alimentare. Tradizionali
investitori nel Paese sono Regno Unito, Germania, Sud Africa e Stati Uniti,
mentre forti progressi sono stati realizzati negli ultimi anni da imprese
cinesi, libiche e iraniane. Negli ultimi anni i principali insediamenti
produttivi si sono concentrati all’interno delle oltre 40 “Export Processing Zones”
create a partire dal 1990: offrono una vasta gamma di incentivi fiscali e
doganali, oltre a semplificazioni burocratiche (licenza unica) e una rete
infrastrutturale di qualità.
Cruciale per il Paese l’attività portuale di Mombasa, importante snodo commerciale.
L’aumento del traffico merci nei porti dell’Africa orientale e meridionale ha
indotto il Governo a progettare, per un costo totale di circa 12 miliardi di
Euro, la creazione del nuovo porto di
Lamu lungo la costa settentrionale del Kenya. Nel settembre 2010 il
Ministero dei Trasporti keniano ha ufficializzato l’apertura della gara d’appalto per l’aggiudicazione dei
lavori per la prima fase dell’opera (realizzazione di tre ormeggi e delle
relative infrastrutture)[22]. L’accelerazione
delle procedure sarebbe stata resa possibile dall’intervento finanziario
cinese, che avrebbe superato la concorrenza giapponese. Sotto il profilo
politico-economico e commerciale su scala regionale, il progetto complessivo
intende creare uno snodo di infrastrutture che, oltre il Kenya ed i Paesi ad
ovest di Nairobi, serva anche il mercato etiope, che oggi può contare sul solo
porto di Gibuti, e soprattutto il Sudan meridionale (di qui il coinvolgimento del
Governo di Pechino, interessato al greggio sudanese).
Debito estero –
Club di Parigi
Il debito
estero pubblico del Paese alla fine del 2009 ha raggiunto 6,9 miliardi di dollari, di cui il 60%
detenuto dalle istituzioni finanziarie internazionali.
Il Kenya ha ottenuto dal Club di Parigi tre ristrutturazioni del proprio debito estero,
l’ultima delle quali il 15 gennaio 2004 con cui sono stati riscadenzati circa
USD 353 milioni, relativi agli arretrati al 31.12.2003 ed alle scadenze di
capitale ed interessi del periodo 1 gennaio 2004 – 31 dicembre 2006,
corrispondente con il periodo coperto dal Programma con il FMI. Da parte
italiana, con l’Accordo bilaterale, applicativo dell’Intesa multilaterale,
firmato il 25.10.2004, sono stati ristrutturati crediti per 32,28 milioni di
Euro (circa USD 41 milioni), interamente in crediti di aiuto.
A ciò è seguita, per quanto riguarda più in
particolare il debito estero del Kenya
verso l’Italia, la firma dell’Accordo
di conversione del debito derivante dai crediti di aiuto – ristrutturati
con l’Accordo bilaterale firmato il 25.10.2004 e con il precedente Accordo
bilaterale firmato il 14.6.2001 – per un importo di Euro 42.913.028 e USD 1.364.283. La cerimonia della firma si è
avvenuta in occasione dell’ultima visita a Roma del Ministro degli Esteri
keniota (si trattava all’epoca di Raphael Tuju), il 27 ottobre 2006 .
Relazioni Unione
Europea (UE) – Kenya
Il Kenya fa parte del gruppo degli Stati ACP con i
quali è stato firmato nel 2000 l’Accordo di Cotonou (rivisto poi a Lussemburgo nel 2005), che disciplina i
rapporti fra l’UE e 78 Paesi dell’area africana, caraibica e del Pacifico.
Secondo quanto previsto dall’art. 8 di detto Accordo, l’UE conduce pertanto
un regolare dialogo politico con il Kenya, allo scopo di scambiare informazioni,
stimolare la reciproca comprensione e facilitare l’individuazione di
priorità concordate e la preparazione di un’agenda comune. Esso affronta anche
temi di reciproca preoccupazione o rilevanza, con periodiche valutazioni sugli
sviluppi in tema di diritti umani, governance
e principi democratici.
Quanto alla Cooperazione
allo sviluppo, il Kenya è destinatario di 410 milioni di euro per il
periodo 2008-2013. Ulteriori 645 milioni di euro sono stati allocati a favore
dell’integrazione regionale dell’ESA, il raggruppamento degli Stati dell’Africa
Orientale e Australe che comprende anche il Kenya, mentre dal 2010 il
contributo dell’UE all’Aid for Trade
raggiungerà i 2 miliardi di euro, la gran parte dei quali destinata
all’implementazione degli Accordi APE (Accordo di Partenariato Economico) nei
Paesi ACP.
Presidenza dell’Assemblea
Nazionale |
Kenneth MARENDE |
Rappresentanze
diplomatiche |
|
Ambasciatore d’Italia in
Kenya |
Paola IMPERIALE |
Ambasciatore del Kenya in
Italia |
Josephine
WANGARI GAITA (dal 6 ottobre 2010) |
Cooperazione amministrativa |
Il Parlamento kenyota
è partner del Programma di
cooperazione promosso nel 2003 dal Dipartimento per gli affari economici e
sociali delle Nazioni Unite, “Rafforzamento
dei sistemi informativi dei Parlamenti africani”, in collaborazione con la
Camera dei deputati. Al programma hanno aderito anche le Assemblee parlamentari
dell’Angola, del Camerun, del Ghana, del Mozambico, del Ruanda, della Tanzania
e dell’Uganda (vedi infra).
Tale programma di
cooperazione rientra nell’impegno promosso dalla Presidenza della Camera all’indomani
della “Giornata parlamentare
Italia-Africa”[48] (23 maggio 2002) a favore di un “Programma di assistenza
parlamentare rivolto ai parlamenti africani”.
In questo quadro,
hanno avuto luogo, presso la Camera una serie di incontri di funzionari e
parlamentari kenioti a partire dal 2003.
Dal 23 al 27 maggio 2011 una delegazione di
funzionari del dell'Assemblea Nazionale del Kenya ha effettuato una visita di
studio presso la Camera dei deputati. Due dei quattro funzionari lavorano
presso il dipartimento ICT del
Parlamento, uno presso il Servizio Resoconti, uno presso il Servizio del
Personale. Sono stati svolti incontri con funzionari del Servizio informatica,
del Servizio studi, e della Biblioteca.
Nel corso della
visita, la delegazione ha confermato che il Parlamento del Kenya è impegnato
nella preparazione di una seconda visita di studio alla Camera da parte di una
delegazione di funzionari dei servizi amministrativi e di documentazione del
Parlamento del Kenya da effettuarsi nel settembre 2011.
L’8 marzo 2011 il Segretario
Generale dell’Assemblea Nazionale keniota Patrick, G. Gichohi, ha
incontrato il Vice SG Francesco Posteraro e il Capo Servizio Informatica, A.
Ferrari assieme ai consiglieri C. Simonelli e E. Seta. L’incontro era
finalizzato a conoscere le strategie di
dell’informatizzazione della Camera dei deputati. E’ stata altresì
chiesta, da parte del Segretario Generale dell’Assemblea Nazionale, una
collaborazione della Camera dei deputati italiana nella implementazione dei
servizi informatici del Parlamento keniota a cui è stato risposto in senso
positivo.
Dal 9 al 10 novembre 2010, una delegazione
del Comitato per la Biblioteca del Parlamento keniota ha effettuato una visita
di studio presso la Camera dei deputati. I lavori si sono incentrati sulla
documentazione parlamentare. Della delegazione facevano parte gli onorevoli
Walter Nyambati, Silas Muriuki, Isaac Mwoki accompagnati dal funzionario
bibliotecario Esther Kamau.
Dal 15 al 19 settembre 2003 si è svolto il
programmato study tour presso la Camera di una delegazione parlamentare keniota. La delegazione keniota – che si è
qualificata per l’autorevolezza dei suoi componenti, poiché è stata dal
Presidente del Bunge, on. Francis Ole
Kaparo, accompagnato da altri tre parlamentari, membri della Parliamentary Service Commission e da
due funzionari parlamentari – ha effettuato più di venti incontri con gli
organi di direzioni politica ed amministrativa della Camera e con i
responsabili delle principali aree funzionali dell’Amministrazione (settore amministrativo,
legislativo, informatico e della documentazione). L’interesse della delegazione
si è concentrato soprattutto sui temi dell’informatizzazione
complessiva delle attività amministrative, della creazione di uno specifico sito web
e dello sviluppo di un apparato interno
di documentazione parlamentare.
Nel corso della
missione, così come previsto nelle linee-guida del programma UNDESA, sono stati
approfonditi i metodi e le tecniche della cd. “Analisi delle esigenze dell’utente” (User’s Requirement Analysis), al fine di orientare correttamente i
processi di informatizzazione dell’amministrazione parlamentare keniota[49].
Unione interparlamentare |
In ambito UIP
opera la sezione di amicizia Italia-Africa
orientale (Eritrea, Etiopia, Gibuti, Kenya, Seychelles, Somalia, Sudan)
attualmente in fase di ricostituzione. Ne è stato nominato Presidente il sen. Lucio Malan (PdL).
Attività legislativa |
Allo stato attuale
non vi sono disegni di legge di ratifica relativi al Kenya all’esame del
Parlamento. Si segnalano tuttavia:
l’AC 4374
“Ratifica ed esecuzione dell'Accordo che modifica per la seconda volta
l'Accordo di partenariato tra i membri del gruppo degli Stati dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico,
da un lato, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altro, firmato a
Cotonou il 23 giugno 2000, riveduto per la prima volta a Lussemburgo il 25
giugno 2005, con Atto finale e dichiarazioni allegate, aperto alla firma a
Ouagadougou il 22 giugno 2010”, presentato
alla Camera, all’esame dell’Assemblea della Camera.
Legge n. 100/09 del 22 luglio
2009, GU n. 177 del 1 agosto 2009 “Conversione in legge del decreto-legge 15 giugno 2009, n. 61,
recante disposizioni urgenti in materia
di contrasto alla pirateria (il testo
contiene anche riferimenti al Kenya)
Atti di
indirizzo e controllo
Interrogazione a
risposta scritta 4-01703 presentata dal sen. Lorenzo Bodega il 1 luglio 2009,
nella quale facendo riferimento a presunti
episodi di brutalità da parte delle forze dell'ordine nei confronti di
cittadini italiani nella zona di Malindi, si chiede se il governo sia al
corrente di ciò; se e quali provvedimenti ritenga opportuno prendere a tutela degli
italiani presenti in Kenya affinché ne siano rispettati i diritti fondamentali,
anche qualora siano sottoposti a procedure giudiziarie. Ad essa il governo
ha risposto il 17 settembre 2009 evidenziando che: episodi di corruzione e,
qualche volta, di violenza si sono verificati in tutto il Kenya a danno di
cittadini, di turisti ed immigrati a vario titolo. Soprattutto nei periodi di
maggiore affluenza turistica, a Malindi si possono facilmente verificare
interventi di polizia che talvolta sconfinano in vere e proprie vessazioni o
arresti arbitrari.
A tale proposito,
tuttavia, occorre specificare che non si sono rilevati particolari
comportamenti discriminanti a danno di connazionali, che soggiornano o vivono
nel Paese, ed in particolare nell'area citata dall'interrogante, rispetto a
quelli messi in atto nei confronti di altri stranieri presenti nel Paese. In
tale contesto non è mancata l'azione di tutela esercitata dal Console onorario
a Malindi e, ove necessario, dall'ambasciata a Nairobi. Per quanto concerne la
presunta mancanza di sopralluogo da parte dell'ambasciatore Magistrati nelle
zone interessate dalle citate violenze, si ritiene doveroso sottolineare che
egli si è recato personalmente a Malindi quattro volte negli ultimi due anni,
l'ultima nel marzo 2009. In tali occasioni, l'ambasciatore ha avuto modo di
incontrare i connazionali residenti e discutere con loro le problematiche
relative non solo alla sicurezza e alle vessazioni della Polizia, ma anche agli
aspetti fiscali legati alle proprietà immobiliari e, più in generale, a tutte
le iniziative che l'ambasciata può mettere in atto a tutela dei numerosi
investitori italiani operanti nella città.
Occorre, infine,
sottolineare che al fine di sensibilizzare le autorità locali allo scrupoloso
rispetto della legalità e delle procedure, l'ambasciata a Nairobi è intervenuta
ripetutamente con atti formali. Tali iniziative, prese di concerto con
l'amministrazione centrale del Ministero, hanno riscosso numerose lettere di
apprezzamento da parte dei connazionali residenti nel Paese e si sommano agli
efficaci interventi del Console onorario a Malindi, resi possibili dalla sua
familiarità con il territorio e con gli interlocutori locali. L'ambasciata
continuerà a monitorare con grande attenzione la situazione a Malindi e in
altre zone del Paese e ad operare con il massimo impegno per tutelare i
numerosi italiani che vivono, lavorano o soggiornano in Kenya.
La cooperazione parlamentare della Camera
dei deputati, a partire dalla
XIV legislatura, ha cercato di indirizzarsi all’intero Continente,
concretizzandosi in una serie di iniziative finalizzate, in particolare, ai Paesi
dell’Africa sub-sahariana, alcuni dei quali sono impegnati in processi di
democratizzazione dei propri sistemi politico-istituzionali e di risanamento
economico-finanziario nel quadro di ambiziosi progetti d’integrazione
regionale, quali quelli dell’Unione africana e del Nuovo Partenariato per lo
Sviluppo africano (NEPAD).
Dopo la Giornata parlamentare
Italia-Africa del 23 maggio 2002, ospitata dalla Camera dei deputati, la
Presidenza della Camera ha dato impulso alla definizione di un Programma di
assistenza rivolto ai Parlamenti africani.
L’opzione a favore di un quadro
programmatico unitario entro il quale coordinare le iniziative di cooperazione
con questi Parlamenti si è ulteriormente precisata con l’adesione della Camera
ad un richiesta, avanzata nel settembre 2002 dalla Direzione generale della
cooperazione allo sviluppo del Ministero degli Affari esteri, per la
partecipazione ad un progetto promosso al Dipartimento per gli affari
economici e sociali delle Nazioni Unite (UNDESA), denominato “Potenziare
i sistemi informativi dei Parlamenti in Africa”, rivolto ad otto
Paesi africani (Angola, Camerun, Ghana, Kenia, Mozambico, Uganda, Ruanda e
Tanzania).
Nei mesi successivi è stata concordata tra l’Amministrazione
della Camera e l’UNDESA la realizzazione di un progetto,
articolato in distinte tranches operative, la prima delle quali si è
concretizzata in un’iniziativa di cooperazione con l’Amministrazione del Parlamento
keniota (Bunge), impegnata nella ristrutturazione delle proprie
strutture informatiche.
Dal 15 al 19 settembre 2003 si è
svolto, infatti, il programmato study tour presso la Camera di
una delegazione parlamentare keniota. La delegazione keniota, guidata
dal Presidente del Bunge, on. Kaparo, accompagnato da altri tre
parlamentari, membri della Parliamentary Service Commission e da due
funzionari parlamentari (tra i quali il Deputy Clerk), ha effettuato più
di venti incontri con gli organi di direzioni politica ed
amministrativa della Camera e con i responsabili delle principali aree
funzionali dell’Amministrazione (settore amministrativo, legislativo,
informatico, e della documentazione). L’interesse della delegazione si è
concentrato soprattutto sui temi dell’informatizzazione complessiva delle
attività amministrative, della creazione di uno specifico sito web
e dello sviluppo di un apparato interno di documentazione parlamentare.
Il progetto, che coinvolge anche le
strutture amministrative del Parlamento panafricano (organo interparlamentare
dell’Unione africana) si è poi sviluppato in un programma più ampio, l’i-Parliaments
Action Plan volto a garantire l’interconnessione dei sistemi
informatici dei Parlamenti africani attraverso l’impiego di più
evoluti sistemi di trattamento delle informazioni. Il nodo
dell’interconnessione è stato al centro di una Conferenza internazionale
che si è tenuta a Nairobi, dal 9 all’11 febbraio 2005, sul tema: “Parliaments’
Information Management in Africa. Challenger and Opportunities of ICT to
Strengthen Democracy and Parliamentary Governance”.
All’iniziativa promossa dall’UNDESA, con il patrocinio,
tra gli altri, della Camera dei deputati, hanno preso parte i Presidenti
dei Parlamenti africani coinvolti nel progetto, esponenti del Parlamento
panafricano e del Parlamento europeo, di organizzazioni internazionali e di
organismi non governativi, rappresentanti del NEPAD e di altri otto
Parlamenti africani caratterizzati da un elevato grado di informatizzazione
delle procedure e dei servizi.
Il rapporto collaborativo con il Parlamento
keniota è proseguito anche nell’attuale legislatura con la visita di studio
presso la Camera dei deputati di una delegazione del Comitato per la Biblioteca del Parlamento keniota che, dal 9 al 10 novembre 2010, ha incontrato il
Comitato di Vigilanza sull'Attività di documentazione. Da ultimo, dal 23 al 27 maggio 2011, ha avuto luogo
una visita di studio di una delegazione di funzionari di tale assemblea con
l’obiettivo di acquisire una conoscenza diretta del sistema informativo
parlamentare italiano. Tale missione era stata caldeggiata dal Segretario
Generale dell’Assemblea Nazionale keniota Patrick, G. Gichohi, nel corso della
sua visita alla Camera, l’8 marzo 2011, a Roma dove ha incontrato il Vice SG
Francesco Posteraro e il Capo Servizio Informatica, A. Ferrari assieme ai
consiglieri C. Simonelli e E. Seta. L’incontro era finalizzato a conoscere le
strategie dell’informatizzazione della Camera dei deputati. Era infatti, stata
altresì chiesta, da parte del Segretario Generale dell’Assemblea Nazionale, una
collaborazione della Camera dei deputati italiana nella implementazione dei
servizi informatici del Parlamento keniota a cui è stato risposto in senso
positivo.
Sempre nel quadro del progetto UNDESA, dal
12 al 13 giugno 2006 si è svolta alla Camera la visita alla Camera
di una delegazione di funzionari dell’Assemblea nazionale nigeriana ed
una delegazione di funzionari dell’Assemblea nazionale sudafricana,
guidate rispettivamente dal Vice Segretario generale, Olueymi Ogunyomi e
dall’on. Suzanne Christina Vos, finalizzata all’illustrazione delle tecnologie
informatiche in uso presso la Camera dei deputati
Anche tra l’Amministrazione della Camera e
quella del Parlamento ghanese esiste
un consolidato canale di collaborazione
strutturatosi a partire dal progetto per l’informatizzazione dei Parlamenti
africani (2003) promosso dalla Camera e dalle Nazioni Unite (2003) e proseguito
attraverso un i-Parliaments Action Plan volto a garantire
l’interconnessione dei sistemi informatici dei Parlamenti africani
attraverso l’impiego di più evoluti sistemi di trattamento delle informazioni. Nel
quadro di tale collaborazione, in particolare, la Camera dei deputati ha
concorso, in sede tecnica e finanziaria, all’attivazione del centro internet
del Parlamento ghanese, inaugurato nel novembre 2006. Inoltre, dal 22 al
26 settembre 2008 una delegazione di quattro alti funzionari del
Parlamento del Ghana si è recata in missione presso il Parlamento italiano:
la missione è stata finalizzata all’acquisizione di informazioni ed allo
studio delle esperienze amministrative in uso nel Parlamento italiano e, presso
la Camera, si è articolata in un'incontro, svoltosi il 24 settembre, con
i responsabili dei servizi dell’area della documentazione parlamentare.
Giova rilevare che, l’Assemblea
Parlamentare congiunta ACP-UE con una risoluzione del 24 novembre
2005, ha espresso il suo impegno a favore delle iniziative regionali promosse
dall’ONU dirette in particolare al rafforzamento delle capacità dei parlamenti
africani nello scambio e gestione delle informazioni: nella risoluzione si
menziona espressamente il ruolo della Camera dei deputati in tale ambito e
si sottolinea la necessità di attuare al più presto un meccanismo di dialogo
sui processi di informatizzazione dei servizi amministrativi tra i loro
Parlamenti.
L’iniziativa a favore del Parlamento
transitorio somalo
Un particolare rilievo assume l’iniziativa
di cooperazione tra la Camera dei deputati ed il Parlamento federale transitorio
della Repubblica somala (che ha sede, provvisoriamente, a Nairobi) e
gravato da pesanti esigenze di tipo logistico ed amministrativo.
Nell’ottobre 2004 ha avuto luogo una prima missione di un funzionario della
Camera volta ad acquisire informazioni sull’esistenza dei presupposti per un
eventuale specifico programma di
assistenza tecnica.
Nel dicembre 2004 il Presidente della Camera
ed il Collegio dei Questori hanno approvato un progetto mirato di assistenza al
Parlamento transitorio somalo che prevede, tra l’altro, la realizzazione,
presso la Camera, di stages di formazione e di orientamento
per i parlamentari, la prestazione di consulenza tecnica per la redazione del Regolamento
dell’Assemblea e per la creazione di un sito Internet.
In tale quadro si è svolto, dal 14 al 18 febbraio 2005, un seminario parlamentare italo-somalo cui
ha partecipato una delegazione di 21 parlamentari somali, guidati dal
Presidente dell’Assemblea, on. Sharif Hassan Sheikh Aden. Il seminario si è
incentrato sui principali profili del sistema parlamentare italiano, in vista
dell’adozione di un testo regolamentare
definitivo da parte del Parlamento somalo.
Partecipazione della Camera dei deputati ad
un progetto di cooperazione internazionale a favore dei Parlamenti di Egitto,
Iraq e Libano
E’ inoltre in corso un progetto sostenuto
dal Ministero affari esteri e
attuato dall’IPALMO con il
contributo dell’International Development
Law Organisation (IDLO) a favore dei Parlamenti di Egitto, Iraq e Libano; il progetto, dedicato al “Rafforzamento
del ruolo dei Parlamenti nella gestione dei costi sociali delle riforme
economico-sociali e per la promozione dell’e-Parliament”, prevede il
supporto formativo della Camera dei deputati. In attuazione del progetto due
funzionari della Camera dei deputati hanno partecipato a due workshop tenutisi,
rispettivamente, al Cairo (19-20 aprile 2010) e Beirut (7-8 luglio 2010) e un funzionario
al workshop tenutosi a Baghdad il 4-5 aprile 2011. Si è svolto inoltre a Beirut
il 7 e 8 giugno 2011 un workshop dedicato a: “Fostering the Regional Cooperation among Parliaments in addressing
Economic and Social Issues: Challenges and Opportunities for the Arab World”
a cui hanno preso parte due consiglieri della Camera e due deputati.
[1] Fonte: International Institute for
Strategic Studies, The Military Balance
2011; SIPRI, SIPRI Yearbook 2010
[2] Fonte: International Institute for
Strategic Studies, The Military Balance
2011, SIPRI, Sipri Yearbook 2010
[3] Popolazione con meno di 14 anni: 42,2%; popolazione con un’età compresa tra i 15 ed i 64 anni: 55,1%, popolazione con più di 65 anni: 2,7%.
[4] Da segnalare che il 23
gennaio 2009, in accordo tra il Capo dello Stato ed il Primo Ministro, è
avvenuto un mini rimpasto di Governo che ha coinvolto quattro ministeri. Al
Ministero chiave delle Finanze è stato nominato l’ex Vice Primo Ministro e
Ministro del Commercio, Uhuru Kenyatta.
[5] Le 4 leggi citate
sono: National Accord and Reconciliation Bill, The Constitution of Kenya
(Amendment) Bill, The Establishment of Truth, Justice and Reconciliation
Commission Bill, The Establishment of the Ethnic Relation Commission of Kenya
Bill.
[7] A
livello UE, dopo lo statement del portavoce dell’Alto Rappresentante Ashton (27
agosto), si è deciso di convocare gli Ambasciatori keniani accreditati presso
le rispettive capitali e di compiere una demarche
a Nairobi presso il Direttore Europa di quel Ministero degli Esteri (8
settembre).
[8] A cura del Ministero affari
esteri.
[9] Nella
capitale Nairobi risiede (a vario titolo) una comunità di circa 200.000 somali
prevalentemente ubicati nel quartiere di Eastleigh. Il quartiere, nel quale il
controllo delle forze di sicurezza keniane è incerto, è noto per l’intensa attività
di sistemi “informali” di trasferimenti internazionali di denaro ed in generale
per essere la sede di transazioni di svariata natura, oltre che di movimenti di
persone non facilmente controllabili (incluso il reclutamento di “combattenti”
per la causa degli shabaab).
[10] Già
in passato il Paese è stato vittima di azioni terroristiche su vasta scala:
1980, Hotel Norfolk a Nairobi; 1998, Ambasciata degli Stati Uniti a Nairobi;
2002, Hotel Paradise a Kilifi, vicino Malindi. A cui si aggiunge il fallito abbattimento
di un volo charter israeliano in partenza da Mombasa nel novembre 2002.
[11] Il
Paese è pertanto oggetto di crescente attenzione da parte dell’Unione Europea,
la quale ha avviato con Nairobi un approfondito dialogo politico, finalizzato
anche alla fornitura di assistenza tecnica nel settore della sicurezza. Sono
altrettanto intense le attività promosse da altri attori internazionali (Stati
Uniti in primis) e dalle principali organizzazioni internazionali e regionali.
In particolare: l’UNODC (Ufficio dell’ONU per la lotta alla droga ed al
crimine) fornisce assistenza tecnica al paese per l’adozione di una
legislazione interna atta a recepire i principali trattati internazionali in
materia di contrasto al terrorismo; l’ICPAT (l’IGAD “Capacity Building Program against Terrorism”) collabora a progetti
di capacity building e promuove la
cooperazione transfrontaliera.
L’Italia segue la situazione
nell’intera regione con grande attenzione. Come Presidenza G8-2009 abbiamo
organizzato a Nairobi una riunione regionale del CTAG (il “Counter Terrorism Action Group”, tavolo tecnico del G8 per il
coordinamento delle iniziative di assistenza tecnica nel settore del
controterrorismo e principale foro di collegamento G8-ONU in questo settore).
Dall’incontro è emersa la necessità di incrementare l’impegno nei confronti del
Kenya e dei Paesi del Corno d’Africa, e di inquadrare i progetti di assistenza
tecnica nel settore della sicurezza in un più ampio spettro di capacity building e di cooperazione allo
sviluppo al fine di affrontare anche gli aspetti “non militari” della
sicurezza, incluse le “cause profonde” che possono favorire le attività delle
organizzazioni terroristiche e criminali ed il reclutamento da parte loro di
“manovalanza”.
[12] Per
accogliere i profughi provenienti dalla Somalia nel 1991 sono stati creati tre
campi nel nord del Kenya, a Dadaab
(Daghaley, Hagadera e Ifo), che versano in condizioni critiche. Come riportato
dal Vice Alto Commissario ONU per i Rifugiati, Johnstone, il congestionamento
(300.000 rifugiati registrati, tre volte la capienza dei campi, mentre
altrettanti si troverebbero nel Paese senza alcuna registrazione) causa
crescenti tensioni con le comunità locali e notevoli problemi interni
(malnutrizione acuta, precarie condizioni igienico-sanitarie, carenze
infrastrutturali, criminalità). In un rapporto della ONG Human Rights Watch del
giugno 2010 si attira l’attenzione su presunti abusi della polizia del Kenya
nei confronti dei rifugiati somali (ne affluiscono 5.000-7.000 al mese): gli
episodi riferiti appaiono gravissimi (estorsioni, maltrattamenti, torture,
violenze sessuali, detenzioni illegali, uccisioni) e nascerebbero dalla
crescente convinzione del Kenya che tutti i somali siano ormai potenziali
terroristi e rappresentino pertanto una minaccia. HRW sostiene inoltre che
l’UNHCR non svolga il ruolo necessario per impedire il verificarsi dei
maltrattamenti.
Si sottolinea la presenza della Cooperazione italiana tramite
un’iniziativa d’emergenza per 1,8 milioni di Euro per la riabilitazione del
sistema idrico ed igienico, l’educazione e la salute nel campo di Dadaab
(attuato in gestione diretta col concorso delle ONG italiane). La DGCS ha
stanziato a fine luglio 2009 500.000 euro per i profughi ospitati nel campo di
Daadab, gestito dall’UNHCR. Le condizioni di vita nel campo sono precarie a
causa del continuo afflusso di profughi somali
(300.000 sono ospitati nel campo).
[13] Si
trattava del “MoU between the EU and
Kenya on the conditions and modalities for the transfer of suspected pirates and
armed robbers and their assets from EUNAVFOR Atalanta mission to Kenya”,
firmato il 6 marzo 2009 dal Ministro degli Esteri kenyano pro tempore e dalla
Presidenza UE dell’epoca. Di grande importanza per la cooperazione UE – Kenya è
anche il programma di supporto dell’UNODC.
[14] Dallo scorso mese di luglio nessuna nave è stata sequestrata dai
pirati somali nell'area affidata a EU NAVFOR, vale a dire il Mar Rosso
meridionale, il Golfo di Aden e una parte dell'Oceano Indiano. Il bilancio
positivo dell'operazione è confermato dal fatto che 50 navi e 300.000
tonnellate di aiuti alimentari sono stati scortati dalle navi europee fino alla
consegna ai destinatari in Somalia.
[15] Durante la sua missione a
Nairobi del gennaio 2010, il Ministro Frattini ha assicurato ai propri
interlocutori che si farà interprete a Bruxelles della necessità di trovare una
soluzione alternativa alla situazione attuale che vede le Autorità di Nairobi
essere le sole a sostenere il peso delle detenzioni e dei procedimenti a carico
dei pirati.
[16] Con Unione Europea, Regno Unito, Danimarca,
Stati Uniti, Canada e Cina.
[17] Ha
fatto da preludio la vicenda della Nave italiana Scirocco, impiegata nell’ambito dell’operazione NATO “Ocean
Shield”, che il 25 marzo 2010 si è vista rifiutare dalle autorità portuali di
Mombasa una richiesta urgente di assistenza umanitaria in favore di tre
naufraghi sedicenti somali recuperati in alto mare a bordo di una piccola
imbarcazione.
[18] Tra
le ragioni alla base della decisione del Kenya: “political reasons” (opposizione delle comunità musulmane e somale,
di alcuni membri del Parlamento e dell’AG Wako); “no burden sharing”; “security
concerns”; “insufficient support”;
“capacity constraints”; “legal problems”; “need for repatriation of pirates”.
[19] La
piccola isola di Migingo, in mezzo al Lago Vittoria, è stata nel 2009 al centro
di una disputa tra Nairobi e Kampala a seguito dell’occupazione dell’isola da
parte di membri della sicurezza ugandese. Data l’alta concentrazione di pesce
persico nelle sue acque, Migingo è oggi un centro commerciale che ospita un
migliaio di pescatori kenioti, ugandesi e tanzaniani. Nonostante varie
rivendicazioni, nessuno dei tre Paesi vi ha posto la propria amministrazione e
attualmente i pescatori kenioti pagano le imposte di pesca a funzionari della
marina ugandese.
Nel maggio 2009 i parlamentari kenioti hanno
chiesto un intervento dell’Unione Africana e del Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite per la risoluzione del problema in maniera definitiva. La mozione
varata dal Parlamento keniota il 28 Maggio 2009, in cui si chiede al Presidente
Kibaki il dispiegamento di forze militari per la risoluzione del problema
confinario, è stata accolta con scontentezza dal Governo di Kampala che l’ha
definita “superflua”. Il Ministero degli Esteri keniano ha aperto ufficialmente
un’inchiesta sull’isola di Migingo nel maggio 2009, ai fini della
determinazione della sovranità sull’isola. Da alcuni mesi della vicenda non si
é piú parlato né sui media né in altre sedi.
[20] La
visita del 25-26 febbraio 2009 del Presidente iraniano Ahmadinejad ha avuto lo
scopo di rafforzare i rapporti
commerciali tra i due paesi per quanto riguarda energia, infrastrutture,
agricoltura, industria; è stato siglato un protocollo di cooperazione
riguardante un credito di 5 milioni di dollari in favore del Kenya.
[21] Tra il 21 e 22 ottobre 2008,
a Kampala, si sono riuniti i leaders dei tre organismi
economici africani: SADC (Southern African Development Community),
EAC e COMESA per definire, tra i 26 paesi che ne fanno parte, un accordo
di libero scambio al fine di promuovere il commercio sia a livello regionale
che internazionale e per migliorare la competitività africana nei mercati
globali. Tale operazione interessa quasi 700 mln di persone per un prodotto
interno lordo complessivo di circa 624 mld di $. Il “mercato comune
africano“ intende promuovere anche il commercio e gli investimenti con
un’attenzione speciale all’imprenditoria femminile ed al sostegno dei piccoli e
medi imprenditori.
[22] Nei
progetti del Governo di Nairobi, il porto di Lamu è una delle componenti di un
più vasto corridoio (il Lamu Port-Southern Sudan-Ethiopia Transport - LAPSSET)
che, se realizzato interamente, comprenderebbe anche un’autostrada
transnazionale, affiancata da una rete ferroviaria. Il porto, geograficamente
collocato in una posizione strategica rispetto ai flussi commerciali tra Oceano
Indiano e Mediterraneo, dovrebbe riuscire a fornire 22 ormeggi con una banchina
di 1.000 acri.
[23] A
cura del Ministero Affari Esteri.
[24] I Luo vedevano nell’elezione
di Odinga un’occasione di riscatto dall’emarginazione cui sono stati relegati
sin dall’indipendenza del Paese. La delusione per la proclamazione di un
risultato che da più parti è stato ritenuto falsato da brogli, ha offerto il
pretesto per l’esplosione di un risentimento radicato nel tempo. In questo
senso, l’Accordo politico del 2008 rappresenta soltanto un punto di partenza
per affrontare le radici del conflitto.
[25] Era opinione diffusa fra Parlamentari e
società civile che un tribunale interno sarebbe stato esposto ai tentativi di
condizionamento da parte degli incriminati.
[27] La decisione è stata assunta avvalendosi dei poteri di indagine di iniziativa o motu
proprio (art. 15 Statuto): si tratta del primo caso in cui il Procuratore
non sollecita ed attende una auto-denuncia dei crimini commessi da parte di uno
Stato (Repubblica Democratica del Congo, Uganda, Repubblica Centrafricana)
ovvero una risoluzione del CdS (Sudan/Darfur). La principale differenza
procedurale si traduce nella necessità che la decisione del Procuratore sia passata
al vaglio giurisdizionale e che la Camera Preliminare conceda – come avvenuto
nel caso del Kenya – l’autorizzazione.
[28] La richiesta di collaborazione di Ocampo
appare di difficile gestione per i due principali esponenti di questo Governo e
potrebbe alterare gli equilibri politici in seno al Governo di Coalizione ed
all'interno dei due stessi partiti che lo sostengono. La famosa busta
conterrebbe infatti i nomi di almeno sei
Ministri attualmente in carica (con portafogli importanti) di entrambi i
partiti, nonché di alcuni parlamentari. Ocampo avrebbe anche preliminarmente
avanzato l’ipotesi che l’eventuale sentenza sia scontata in Kenya (ipotesi che
avrebbe raccolto scarsi entusiasmi per le implicazioni di ordine pubblico).
[29] L’iniziale approccio tripartito (Tribunale
Speciale interno, CPI, TJRC) per combattere l’impunità si è trasformato con il
tempo in un approccio unilaterale (CPI).
[30] A
cura del Ministero Affari Esteri.
[31] Si tratta delle seguenti programmate riforme:
a) “constitutional, institutional and
legal reform”; b) “land reform”;
c) “poverty, inequity and regional
imbalances”; d) “unemployment,
particularly among the youth”; e) “consolidation
of national cohesion and unity”; f) “transparency,
accountability, impunity”.
[32] Il Comitato
Parlamentare – piuttosto che il sistema “ibrido” proposto dagli esperti – ha
scelto un sistema presidenziale puro,
ma con un nuovo sistema di “checks and
balances” e una più chiara separazione dei poteri: il Presidente sarà Capo
dello Stato e Capo del Governo, e sarà sottoposto al controllo del Parlamento e
della Magistratura; sarà nominato da un partito politico ma non potrà ricoprire
funzioni all'interno di esso, e potrà rimanere in carica per un massimo di due
mandati della durata di 5 anni ciascuno. L'elezione presidenziale avverrà in
modo diretto e richiederà il 50% più uno dei voti e almeno il 25% dei voti
totali in più della metà delle 47 contee. La
carica di Primo Ministro non è stata prevista. Il Presidente avrà il potere
di nominare i 25 membri del Governo (Presidente e Vice Presidente già compresi
nel numero totale). Altri cambiamenti significativi includono la devoluzione
del potere a livello regionale (abolizione delle otto Provincie sostituite da
47 Contee, con contestuale conferimento di maggiori poteri), la creazione del
Senato (rappresentativo degli enti locali), nuovo assetto del sistema
giudiziario e dell’organizzazione di polizia, con l’introduzione di un Bill of
Rights e di una Corte Suprema. Previsti infine limiti alle dimensioni del
Governo, tetti di spesa per le elezioni e misure di salvaguardia della libertà
d’espressione e dei diritti delle donne.
[33] L'estorsione in cambio di presunta protezione (in realtà in cambio della semplice sopravvivenza) è l'attività principale della setta dei Mungiki. Accompagnata da una fama sinistra (si parla di rituali d'iniziazione, giuramenti ed un credo che farebbe riferimenti ad antiche divinità), la setta sembrerebbe avere anche importanti ramificazioni politiche. E' diffusa nelle province centrali del Kenya ed è etnicamente omogenea: i Mungiki (termine traducibile pressappoco con 'moltitudine' o 'massa') sono infatti tutti kikuyu. Da notare come, coerentemente, le attività criminali della setta colpiscano essenzialmente altre comunità kikuyu. Le sue origini sembrerebbero legate ad un fenomeno di associazionismo spontaneo in difesa degli interessi della comunità. Secondo alcuni i Mungiki si rifanno direttamente al movimento indipendentista e di rivendicazione della proprietà della terra dei Mau Mau. Da qui deriverebbe la connotazione clandestina della setta.
[34] Travolta
dalle accuse di aver favorito i brogli nel corso delle consultazioni del 27
dicembre 2007, è stata sciolta in attuazione delle raccomandazioni del rapporto
Kriegler.
[35] La legge sull’informazione
(“Kenya Communications (Amendment) Act,
2008”), approvata dal Parlamento il 10 dicembre 2008 e firmata dal
Presidente il 2 gennaio 2009, ha introdotto novità nel sistema radio-televisivo
ed è stata da alcuni aspramente criticata in quanto attenterebbe alla libertà
di stampa.
[36] La
nomina dei componenti della Commissione è fortemente politicizzata, dal momento
che quest’ultima dovrà raccomandare i confini delle nuove circoscrizioni, che
avranno un impatto diretto sulla eventuale rielezione nel 2012 dei membri del
Parlamento.
[37] La
nuova sfumatura appare confermare che Odinga intende in qualche modo pervenire
ad un chiarimento con alcuni esponenti interni (tra cui certamente il Ministro
Ruto), spesso critici nei suoi confronti.
[38] A
fine settembre 2009, l’Amministrazione americana aveva già minacciato sanzioni
individuali contro 15 esponenti politici ed alti dirigenti.
[39] Titolare dal 1991 della più alta carica del sistema giudiziario keniano, Wako è accusato dagli Stati Uniti di opporsi alle riforme, tra cui quella del sistema giudiziario, ritenuto inefficiente e macchiato dalla corruzione. Tra le colpe più generali che si imputano personalmente a Wako, vi sarebbe anche la personale responsabilità nella copertura dei più importanti scandali finanziari avvenuti in questi ultimi 18 anni in Kenya (dismissioni a privati delle attività economiche precedentemente detenute dallo Stato e gare di appalto fittizie).
[40] A
cura del Ministero affari esteri.
[41] La
rotta si è rivelata in passato molto redditizia: Alitalia ha operato fino alla
fine degli anni novanta e con elevati tassi di riempimento 4 voli settimanali
commerciali ed un cargo Roma-Nairobi-Johannesburg e ritorno. Secondo quanto
comunicato dai vertici di Alitalia nel settembre 2009, il piano industriale
della compagnia prevede nel breve-medio termine servizi di linea su Nairobi via
Amsterdam, grazie ad un accordo di collaborazione con KLM. Si sta altresì concretizzando
la possibilità di riattivare un volo di linea diretto in code-sharing con Kenya Airways.
[42]
Un Consorzio di soggetti facente capo al Parco “Area” ha proposto al
Governo del Kenya (già dal 2009) la realizzazione di un progetto assimilabile a
quello italiano: una sinergia tra Università, istituti di ricerca ed imprese,
che crei sviluppo attraverso l’interazione di queste tre componenti. Oltre
all’esportazione all’estero di un esempio di successo italiano, l’iniziativa,
qualora realizzata, avrebbe ricadute di grande valore non solo per i rapporti
politici bilaterali Italia-Kenya, ma anche per lo sviluppo socio-economico
keniano. A seguito delle lentezze (e di un certo silenzio) degli interlocutori
inizialmente interpellati, all’inizio del 2010 il Consorzio ha chiesto
all’Ambasciata sostegno per la valorizzazione della proposta ad adeguato
livello, a cui ha fatto seguito l’invio di una lettera dell’Ambasciatore al
Primo Ministro Odinga.
[43] Gli Stati africani soci sono: Kenya, Uganda,
Malawi, Tanzania, Zambia, Burundi, Repubblica Democratica del Congo, Rwanda,
Madagascar. ATI è operativa dal 20 gennaio 2007. La sede legale e operativa è a
Nairobi, Kenya.
[44] Il
primo candidato è stato ammesso ad un corso di violino presso il Conservatorio
Statale A. Steffari di Castelfranco in Provincia di Treviso; il secondo non ha
superato l’esame di ammissione ad un PhD a Trento.
[45] I
primi connazionali sono arrivati alla fine dell’800, missionari principalmente,
e il grosso è arrivato dopo la seconda guerra mondiale. Il 5 dicembre 2009
l’Ambasciata d’Italia a Nairobi ha presentato il libro “Italiani in Kenya –
Testimonianze” sulla presenza italiana in Kenya dall’Ottocento ad oggi.
[46] Da parte italiana è stata avanzata la richiesta di estendere
l’attuale disciplina - per cui l’ASI non versa i dazi doganali sui beni
importati - a tutte le imposte dirette e indirette sugli acquisti di beni e
servizi, ivi compresi quelli in loco. I keniani hanno assunto l’impegno di
condurre ulteriori consultazioni interne per verificare la possibilità di
espandere il regime corrente e si sono riservati di fornire in tempi rapidi una
risposta.
[47] Si tratta del nodo dalla cui soluzione dipende il successo del
negoziato. L’Accordo del 1995 prevede il trasferimento al Kenya dei beni
presenti nel segmento terrestre della Base al termine del rinnovo dell’Accordo
(che si sta negoziando). La previsione - a quanto qui consta - era stata allora
accettata da parte italiana con l’intendimento che la Base si sarebbe
sviluppata sul segmento marino (due piattaforme da cui si effettuavano i lanci
spaziali, che non sarebbero state cedute), cosa che in realtà non è accaduta
soprattutto per gli elevati costi derivanti dall’ammodernamento delle
piattaforme.
La delegazione italiana ha
presentato una proposta in cui si prevede il passaggio al Kenya dei beni del
segmento di terra della Base alla scadenza dell’Accordo in negoziazione (di
durata ventennale), stabilendo tuttavia clausole di salvaguardia: mantenimento
in capo all’Italia della proprietà dei beni in caso di prosecuzione della
cooperazione bilaterale e di ulteriore rinnovo dell’Accordo, esclusione dei
beni classificati e di proprietà di soggetti terzi, considerazione
dell’ammortamento degli investimenti e conseguente compensazione da versarsi
dalla controparte in caso di trasferimento (la necessità di prevedere un
ammortamento serve per assicurare un costante flusso di investimenti da parte
dell’ASI nella Base per l’intera durata dell’Accordo; nella nostra proposta si
indicava comunque che l’entità della compensazione sarebbe stata definita
d’intesa tra le Parti). La posizione negoziale di Nairobi prevede invece il trasferimento
di tutti i beni - sia del segmento di terra che di quello marino - alla
scadenza dell’Accordo. Aderire alla formulazione keniana comporterebbe che - a
fronte di un futuro mancato rinnovo - l’intera Base, senza alcuna compensazione
a nostro favore, passerebbe al Governo di Nairobi, il quale potrebbe anche
decidere di condurre la collaborazione spaziale a Malindi con un altro Paese.
[48] Peraltro,
in quell’occasione la delegazione keniota era guidata dal Presidente
dell’Assemblea Nazionale del Kenya, Francis Ole Kaparo.
[49] l programma UNDESA prevede a tale riguardo che la Users’s requirements analysis,
effettuata dall’Amministrazione parlamentare keniota, sia successivamente
sottoposta alla supervisione degli uffici dell’Amministrazione della Camera
coinvolti nel seguito dell’iniziativa.