Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Convenzione tra Italia e Singapore per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, A.C. 5018 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 5018/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 613
Data: 20/03/2012
Descrittori:
DOPPIA IMPOSIZIONE SUI REDDITI   EVASIONI FISCALI
RATIFICA DEI TRATTATI   SINGAPORE
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

SIWEB

20 marzo 2012

 

n. 613/0

Convenzione tra Italia e Singapore per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito

A.C. 5018

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

Numero del disegno di legge di ratifica

C. 5018

Titolo dell’Accordo

Ratifica ed esecuzione del Protocollo aggiuntivo alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Singapore per evitare le doppie imposizioni e per prevenire le evasioni fiscali in materia di imposte sul reddito, e relativo Protocollo, del 29 gennaio 1977, fatto a Singapore il 24 maggio 2011

Iniziativa

Governativa

Firma dell’Accordo

24 maggio 2011

Iter al Senato

No

Numero di articoli del disegno di legge di ratifica

3

Date:

 

Presentazione alla Camera

29 febbraio 2012

Assegnazione

12 marzo 2012

Commissione competente

III Affari Esteri

Sede

Referente

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, V Bilancio e VI Finanze

Oneri finanziari

No

 


Contenuto dell’accordo

La problematica della doppia imposizione

La ratio di questa tipologia di accordi internazionali è quella di evitare una duplicazione di imposizione sugli stessi fenomeni economici e giuridici che, se non limitata, arrecherebbe un notevole aggravio a chi opera su un piano "transnazionale.

Il quadro legislativo nazionale vigente prevede norme particolari per il trattamento fiscale ai fini delle imposte sui redditi dei soggetti non residenti: tali disposizioni si applicano solo se non sono state poste regole a livello internazionale, concordate tra Stati sovrani, quali soggetti primi del diritto internazionale.

Queste regole si concretizzano nella stipula di trattati bilaterali o multilaterali fra Stati, che vengono poi recepiti nelle singole legislazioni nazionali con strumenti diversi a seconda dei modelli costituzionali, derogando alle leggi interne e prevalendo su di esse.

Pertanto nel caso di soggetti non residenti si applicano le disposizioni previste nella convenzione contro le doppie imposizioni qualora essa sia stata stipulata con il paese del soggetto non residente, ratificata dai paesi interessati ed entrata in vigore, oppure le disposizioni previste dalla legislazione nazionale se, rispetto a questa, sono più favorevoli.

Può anche accadere che l'accordo bilaterale o multilaterale prenda in considerazione solo alcuni dei redditi del non residente: in questo caso si avrà un regime integrato fra la legge nazionale e la convenzione internazionale.

Nel caso invece di persone fisiche o giuridiche fiscalmente residenti in Italia, si applica il principio della tassazione del reddito mondiale, ovvero dell'attrazione di tutti i redditi, ovunque prodotti, nella base imponibile ai fini delle imposizione in Italia.

Si ricorda altresì l’introduzione di una normativa, nel nostro Paese - analogamente a quanto già previsto in altri ordinamenti - diretta a disciplinare il fenomeno definito comunemente CFC (Controlled Foreign Corporation), mediante l’imputazione al soggetto residente dei redditi prodotti da società controllate residenti in Stati con regime fiscale privilegiato.

Una preoccupazione di tipo opposto all'esigenza di evitare la doppia imposizione internazionale è quella di evitare anche la mancata imposizione, poiché potrebbe verificarsi un eventuale azzeramento dell'imposizione, a causa di un utilizzo improprio dei regimi convenzionali (il c.d. Treaty shopping).

 

La Convenzione-tipo dell'OCSE

A partire dal primo dopoguerra si è andata affermando la necessità di evitare le doppie imposizioni, soprattutto nell'ambito della Società delle Nazioni, che favorì la stipula dei primi importanti trattati (ad esempio quello italo-tedesco del 1925).

Un ulteriore impulso alla stipulazione di tali convenzioni è stato dato negli anni Cinquanta, specialmente tra gli Stati appartenenti all’area occidentale.

A livello sovranazionale l'OCSE ha redatto, nel 1963, un modello di convenzione-tipo, che è stato più volte aggiornato[1], mentre le Nazioni Unite - con il Manuale di negoziazione del 1979 - ha inteso favorire i paesi in via di sviluppo ad accedere ad accordi equi con gli Stati economicamente più forti.

L'art. 1 della Convenzione-tipo dell'OCSE delimita il campo di applicazione soggettivo della Convenzione stessa indicando "le persone che sono residenti di uno od entrambi gli Stati contraenti"; si tratta di una norma che rinvia alle nozioni di "persona" e di "residente" indicate nei successivi artt. 3 e 4.

L'art. 2 sancisce l'applicabilità dell'accordo a tutte le imposte sul reddito e sul patrimonio: in particolare chiarisce che "sono considerate imposte sul reddito e sul capitale, tutte le imposte prelevate sul reddito complessivo o sul capitale complessivo, su elementi del reddito o del capitale comprese le imposte sugli utili derivanti dall'alienazione di beni mobili o immobili, le imposte sull'ammontare dei salari corrisposti dalle imprese nonché le imposte sulle plusvalenze di capitale".

Con gli artt. da 3 a 5 vengono date le definizioni generali relative ad una serie di nozioni strumentali all'applicazione sostanziale dell'accordo contro le doppie imposizioni.

In particolare l'art. 3, punto A), chiarisce che il termine "persona" comprende tutte le persone fisiche, le società e qualsiasi altro tipo di associazione di persone, mentre il successivo punto B) definisce le società come qualsiasi persona giuridica od ente considerato persona giuridica ai fini impositivi.

L'art. 4 fornisce i criteri identificativi della residenza fiscale dei soggetti interessati: il principio generale considera residente in uno Stato contraente "...ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato, è assoggettata ad imposta nello stesso Stato a motivo del suo domicilio, della sua residenza, della sede della sua direzione o di ogni altro criterio analogo".

L'art. 5 fornisce la definizione della "stabile organizzazione".

Con gli artt. 6-22 viene stabilita la disciplina-guida volta ad evitare le doppie imposizioni sul patrimonio e sui vari tipi di reddito.

Per quanto concerne l'attività d'impresa svolta all'estero, l'art. 7 dispone che qualora l'impresa di uno Stato svolga la sua attività estera senza stabile organizzazione tutti i relativi redditi vengano tassati nello Stato di residenza dell'impresa medesima; in caso contrario, gli utili attribuibili all'impresa vengono sottoposti a tassazione nello Stato in cui è posta la stabile organizzazione.

L'art. 10 disciplina il trattamento dei dividendi societari (con tale termine si indicano non solo i redditi derivanti da azioni, ma anche i redditi percepiti dai titolari di quote sociali fiscalmente assimilabili alle azioni), sui quali è pressoché impossibile eliminare totalmente la doppia imposizione. Il modello OCSE, prendendo atto di tale situazione, conferma l'imponibilità dei dividendi nello Stato del percipiente ponendo altresì dei limiti alla tassazione nello Stato della società erogante. In particolare la ritenuta non dovrebbe superare il 5% se il beneficiario effettivo è una società di capitali che possiede direttamente almeno il 25% della società erogante; in tutti gli altri casi il limite è del 15%. Tali criteri sono comunque ampiamente derogabili in sede di Convenzioni bilaterali.

Il trattamento convenzionale dei dividendi deve essere comunque coordinato con le norme che i singoli Stati possono aver emanato per eliminare o attenuare la doppia imposizione.

Problemi simili al trattamento dei dividendi si pongono relativamente alla tassazione internazionale degli interessi, regolata dall'art. 11 della Convenzione-tipo dell'OCSE.

La regola generale è sempre l'imponibilità nel paese del beneficiario; resta tuttavia la possibilità di una ritenuta nello Stato della fonte che però non dovrebbe eccedere il 10%.

L'art. 12 disciplina il trattamento dei canoni (royalties e redevances), prevedendo in generale la tassazione nello Stato di residenza del beneficiario. Si tratta peraltro di una norma solitamente derogata dai trattati bilaterali che danno la possibilità allo Stato di residenza dell'erogante di effettuare un prelievo alla fonte.

L'art. 13 contiene disposizioni sulla tassazione degli utili di capitale, mentre l’ art. 15 disciplina il reddito da lavoro dipendente; i successivi artt. da 16 a 19 prendono in considerazione alcune situazioni particolari che, se non appositamente regolate, ricadrebbero nella disciplina del lavoro autonomo o dipendente con pesanti oneri fiscali (ad esempio i redditi derivanti da attività professionali dello spettacolo, il trattamento delle pensioni, dei compensi e dei gettoni di presenza ricevuti in qualità di membro del consiglio di amministrazione di una società estera).

Con l'art. 20 si dispone in merito all'esenzione da qualsiasi imposizione nello Stato di soggiorno per le somme ricevute da studenti ed apprendisti per far fronte alle spese di mantenimento, istruzione o formazione
professionale.

La norma sostanziale di chiusura della Convenzione-tipo dell'OCSE è contenuta nell'art. 21, che indica l'imponibilità nello Stato di residenza per i redditi diversi da quelli disciplinati nei precedenti artt. 6-20. Anche in questo caso, se i redditi sono connessi ad una stabile organizzazione situata in un altro Stato la tassazione avverrà in tale Stato.

L’art. 22 riguarda la tassazione del patrimonio, che – qualora prevista nell’ordinamento - di norma è imposta solo nello Stato di residenza del proprietario, salvo il caso di immobili situati nell’altro Stato contraente, ovvero di beni mobili facenti parte di una stabile organizzazione d’impresa nello Stato contraente diverso da quello di residenza.

Al fine di neutralizzare la doppia imposizione economica, ovvero quella che colpisce la stessa fonte di reddito o patrimonio in capo a soggetti diversi, la Convenzione-tipo dell'OCSE suggerisce due metodi: quello dell'esenzione (art. 23-A) e quello del credito d'imposta (art. 23-B).

L'art. 24 prevede la clausola di non discriminazione, secondo la quale i soggetti "nazionali" di uno Stato contraente non possono subire in un altro Stato un trattamento impositivo diverso o più oneroso di quello a cui sono sottoposti i "nazionali" di detto altro Stato che si trovino nella medesima situazione di fatto e di diritto.

Per soggetti "nazionali" si intendono: a) le persone fisiche in possesso della nazionalità di uno Stato contraente; b) le persone giuridiche, partnerships (ovvero le società di persone e le società ad esse assimilate), le associazioni costituite ai sensi della legislazione vigente di uno Stato contraente;

La disposizione si estende agli apolidi, alle stabili organizzazioni, alle imprese direttamente o indirettamente controllate.

Con l'art. 25 viene introdotta la c.d. "procedura amichevole", ovvero un meccanismo volto ad evitare un possibile contenzioso con le autorità fiscali dei vari Paesi.

L'art. 26 prevede lo scambio di informazioni tra le competenti Autorità fiscali degli Stati contraenti. Tale collaborazione ha la duplice finalità di consentire la puntuale applicazione delle norme convenzionali e di prevenire e reprimere possibili evasioni fiscali. Vengono ovviamente garantiti la riservatezza sui dati e le notizie apprese o fornite, il rispetto delle leggi e della prassi amministrativa dei singoli Stati, nonché la tutela dei segreti commerciali, industriali, professionali e di qualsiasi altra informazione contraria all'ordine pubblico.

Completano la Convenzione-tipo gli articoli 27-31, rispettivamente concernenti la reciproca assistenza delle Parti nell’esazione dei tributi dovuti, la salvaguardia dei privilegi e immunità fiscali a favore delle Ambasciate e dei Consolati, l’ambito di applicazione territoriale della Convenzione, le modalità dell’entrata in vigore di essa e la relativa durata.

 

Il contenuto del Protocollo di modifica della Convenzione sulle doppie imposizioni del 1977 tra Italia e Singapore

Il Protocollo all'esame della Commissione Affari esteri, composto di sette articoli, mira all'aggiornamento del testo vigente della Convenzione tra Italia e Singapore per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, firmata il 29 gennaio 1977 e ratificata dall'Italia con la legge 26 luglio 1978, n. 575.

In particolare, l'articolo I del Protocollo in esame sostituisce il paragrafo 3 dell'articolo 2 del vigente testo della Convenzione, onde attualizzare il novero delle imposte cui la Convenzione va applicata, che nel nuovo testo saranno, per l'Italia l'imposta sul reddito delle persone fisiche, l’imposta sul reddito delle società e l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP, che non era compresa nella convenzione), ancorché riscosse mediante ritenuta alla fonte.

L'articolo II modifica il paragrafo 1 dell'articolo 3 della Convenzione originaria, al duplice scopo di fornire una più puntuale definizione, anche in base al diritto internazionale, dei diritti sovrani sia dell'Italia che di Singapore, sulla zona economica esclusiva situata al di fuori del mare territoriale, nonché di aggiornare la denominazione dell’autorità italiana competente, che è ora il Ministero dell'economia e delle finanze.

L'articolo III aggiorna talune disposizioni dell'articolo 5, prevedendo un'estensione da sei (come originariamente previsto) a dodici mesi del tempo necessario per acquisire il requisito di «stabile organizzazione» relativamente ai cantieri di costruzione, montaggio o installazione, in conformità agli standard dell'OCSE.

L'articolo IV del Protocollo procede alla sostituzione del paragrafo 2 dell'articolo 22 della Convenzione originaria, che riguarda la metodologia per evitare le doppie imposizioni, eliminando il meccanismo che riconosce il credito d'imposta anche per imposte non pagate relativamente a canoni, dividendi e interessi (cosiddette matching credit).per sopprimere il meccanismo che riconosce il credito d'imposta anche per le imposte non pagate. La disposizione relativa a tale eliminazione avrà effetto per ciascun periodo d'imposta che inizia dopo un anno dalla data di entrata in vigore del Protocollo.

L’articolo V del Protocollo procede alla sostituzione integrale dell'articolo 25 della Convenzione originaria, che riguarda gli scambi di informazioni tra le competenti autorità delle Parti ai fini dell'applicazione della Convenzione medesima. La nuova formulazione, in sostanza, mira a rendere più penetrante l'azione di raccolta delle informazioni in campo fiscale, prevedendo che lo Stato contraente oggetto di una richiesta utilizzi i poteri a sua disposizione anche qualora le informazioni in questione non siano rilevanti per i propri fini fiscali interni, e si esplicita anzi che tale ultima eventualità non possa essere invocata per rifiutare di fornire quelle informazioni. In particolare, poi, la nuova formulazione riduce la portata del cosiddetto segreto bancario, stabilendo che lo Stato richiesto non potrà rifiutare di fornire le informazioni con la sola motivazione che esse siano detenute da una banca, da un'istituzione finanziaria o da un mandatario operante in qualità di agente o fiduciario.

La relazione tecnica evidenzia come tale modifica possa verosimilmente agevolare l'uscita di Singapore dalle Black List italiane nelle quali è attualmente collocata nonché un suo futuro collocamento nelle costituende White List, andando a eliminare il vigente obbligo di interpello da parte delle realtà imprenditoriali italiane che svolgono attività nel territorio singaporiano.

L'articolo VI reca le disposizioni per l’entrata in vigore del Protocollo, prevista alla conclusione dello scambio tra i Paesi contraenti delle notifiche relative al completamento delle procedure previste dai rispettivi ordinamenti.

L’articolo VII prevede infine che il Protocollo in esame costituisca parte integrante della Convenzione e che resti in vigore per tutto il periodo di vigenza della medesima.

Contenuto del disegno di legge di ratifica

Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica del Protocollo si compone di tre articoli: il primo reca l'autorizzazione alla ratifica del Protocollo, il secondo il relativo ordine di esecuzione, e il terzo prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 

Il disegno di legge è corredato di Analisi tecnico-normativa dalla quale emerge la necessità dell'autorizzazione parlamentare alla ratifica della Convenzione in esame, in base all'articolo 80 della Costituzione, in quanto le disposizioni in essa contenute modificano la potestà impositiva dell'Italia, come reso possibile dal richiamo effettuato alle norme di diritto internazionale pattizio tanto dall'articolo 75 del DPR 600 del 1973 quanto dall'articolo 169 del Testo unico delle imposte sui redditi[2]. L'Analisi tecnico-normativa considera la Convenzione tra l’Italia e Singapore per evitare le doppie imposizioni priva di incidenza sull’ordinamento dell’Unione europea in quanto essa non si differenzia, se non in alcuni aspetti derivanti dalla particolarità dei sistemi fiscali vigenti nei due paesi, dall’attuale modello OCSE, sul quale sono basate tutte le analoghe nuove convenzioni stipulate dall’Italia e le cui disposizioni non contrastano con le norme comunitarie. L’ATN, infine, esclude l'incompatibilità del Protocollo in esame con i poteri delle Regioni e degli enti locali, attesa la competenza esclusiva dello Stato nella stipula di accordi internazionali in materia fiscale.

Al provvedimento è allegata una Dichiarazione di esclusione dall’AIR in quanto rientrante nella categoria dei disegni di legge di ratifica di trattati internazionali che non comportano spese o istituzione di nuovi uffici.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Affari Esteri

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File: es1076_0



[1] Da ultimo nel luglio 2008.

[2]    DPR 22 dicembre 1986, n. 917.