Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Kuwait
Serie: Schede Paese politico-parlamentare    Numero: 31
Data: 14/06/2011
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

n. 3114 giugno 2011Casella di testo: SCHEDA PAESE
politico-parlamentare

Kuwait                             

 


Il quadro istituzionale

Dal punto di vista della forma di governo, il Kuwait è una monarchia costituzionale. Capo dello Stato è l’emiro, che esercita anche il potere esecutivo. La costituzione, approvata nel 1962, è stata successivamente modificata. Dal 1992 è presente un’Assemblea nazionale (Majlis Al Umma) composta da 50 membri (a cui si aggiungono i sedici componenti del governo, di cui quindici sono non parlamentari, per un totale quindi di sessantacinque membri) eletti per quattro anni a suffragio universale maschile e, dal 2005, anche femminile, con un sistema maggioritario in cinque circoscrizioni plurinominali (ciascuna delle quali elegge dieci deputati). Nel 2009 hanno avuto luogo le ultime elezioni parlamentari, in cui, per la prima volta nella storia del Paese, quattro candidate donne hanno vinto un seggio di rappresentante nell’Assemblea nazionale.

Per Freedom House, il Kuwait è uno “Stato semi-libero”, non in possesso dello status di “democrazia elettorale”, mentre il Democracy Index 2010 dell’Economist Intelligence Unit lo definisce “regime autoritario”.

Al riguardo, con riferimento al rispetto delle libertà politiche e civili, fonti indipendenti hanno evidenziato come sia formalmente vietata la creazione di partiti politici e come la corruzione sia stata un aspetto dominante dello scenario politico degli ultimi anni. Al tempo stesso, il Kuwait è collocato al primo posto tra i paesi del Golfo per rispetto della libertà di stampa e d’informazione. Per quanto riguarda Internet, il governo filtra e censura i siti con contenuto pornografico, omosessuale o offensivo nei confronti dell’Islam. La libertà di riunione e di associazione è formalmente riconosciuta, sia pure in presenza di alcuni casi di restrizione: i cittadini, infatti, devono notificare all’autorità eventuali raduni pubblici o proteste di piazza, senza però dover attendere un permesso specifico.   

La Costituzione riconosce quella islamica come religione di Stato e individua nella legge islamica, la Sharia, la principale fonte della legislazione. Tuttavia, non vi sono restrizioni al culto privato per le minoranze religiose.

Secondo alcuni osservatori internazionali, ad oggi, il Kuwait continua a non riconoscere la piena cittadinanza ad oltre 100.000 appartenenti alla comunità dei Bidun, minoranza di origine beduina, ritenuti “residenti illegali” e esposti a forti discriminazioni per quanto concerne i diritti fondamentali.

La situazione politica

Re del Kuwait è, dal 2006, Sabah al-Ahmed al-Jaber al-Sabah (n. 1937). Primo ministro, sempre dal 2006, è Nasser Muhammad Al-Ahmad Al-Sabah (n. 1941).

La situazione interna è Ad oggi il Kuwait è stato toccato solo marginalmente dalle proteste che stanno coinvolgendo il Nord Africa e il Medio Oriente.

Breve cronologia degli avvenimenti in Kuwait, dall’inizio della crisi in nord africana a oggi:

19 febbraio: scontri tra le forze di sicurezza e un gruppo di arabi apolidi (Bidun) che hanno protestato per reclamare la propria cittadinanza al Governo. Trenta feriti e cinquanta arresti nel nordest di Kuwait City.

8 marzo: un migliaio di cittadini sono scesi in piazza per chiedere le dimissioni del Governo e una serie di riforme. La manifestazione è stata del tutto pacifica e non si sono registrati incidenti.

11 marzo: in quanto membro del Consiglio di cooperazione del Golfo, anche il Kuwait ha aderito alle decisione dello stesso di dichiararsi pronto a rispondere con misure decise alle proteste che stanno colpendo il nord Africa, nonché di disporre un fondo di sviluppo di 20 miliardi di dollari in aiuto del Bahrain.

La polizia kuwaitiana risponde con gas lacrimogeni ad un gruppo di duecento arabi apolidi che manifestavano per chiedere il riconoscimento di alcuni diritti.

21 marzo: un contingente della Marina giunge in Bahrain nell’ambito della missione del Consiglio di cooperazione del Golfo per mantenere l’ordine nel paese.

25 marzo: il Kuwait fornisce sostegno logistico alla missione “Alba dell’Odissea”.

28 marzo: il ministro degli esteri del Bahrain rifiuta la mediazione del Kuwait per cercare di agevolare il dialogo tra l’opposizione sciita e la minoranza sunnita al potere.

10 aprile: l’Iran espelle tre diplomatici del Kuwait in risposta ad un'analoga misura presa dal Paese arabo, che aveva espulso tre diplomatici iraniani accusandoli di avere contatti con una rete di spionaggio.

21 aprile: il Consiglio di cooperazione del Golfo (Ccg) - che ha offerto la sua mediazione nella crisi yemenita - ha proposto al presidente Ali Abdullah Saleh, molto contestato dalla popolazione, di dimettersi 30 giorni dopo la formazione di un governo di unità nazionale. A Saleh, in cambio, sarebbe garantita l’immunità.

24 aprile: Mustafa Abdel Jalil, presidente del Consiglio Nazionale Transitorio libico, ha annunciato lo stanziamento da parte del Kuwait di 177 milioni di dollari per aiutare i ribelli libici.

8 maggio: entra in carica un nuovo governo sempre presieduto da Nasser Mohammed al-Ahmed al-Sabah, E’ cambiato invece il titolare del dicastero del Petrolio, affidato all'ex titolare delle Comunicazioni, Mohammad al-Busairi.

17 maggio: la maggioranza del parlamento kuwaitiano chiede formalmente al governo di espellere dal paese l'ambasciatore siriano. La richiesta è arrivata dopo che le autorità di Damasco hanno impedito a una carovana di aiuti inviata dal piccolo emirato arabo di arrivare nella città di Daraa, teatro dal 18 marzo di continue proteste contro il governo siriano.

18 maggio: accordo tra Kuwait e Iran per la riattivazione di normali rapporti diplomatici.

20 maggio: il Kuwait è eletto, in sostituzione della Siria, che ha ritirato la sua candidatura, nel Consiglio dei Diritti Umani dell'Onu dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite.

28 maggio: circa duemila giovani hanno manifestato per le strade di Kuwait City, capitale dell'emirato, per chiedere le dimissioni del primo ministro, e nipote del sovrano, Sheikh Nasser Mohammad al-Ahmad al- Sabah, nonostante un impressionante   dispiegamento di forze dell'ordine.


 

Indicatori internazionali sul paese[1]:

Libertà politiche e civili: “parzialmente libero”, diritti politici: 4 libertà civili: 5 (Freedom House); “regime autoritario” 114 su 167 (Economist)

Indice della libertà di stampa: 60  su 178

Libertà di Internet 2009: “filtraggio” pervasivo per quanto concerne i temi sociali e gli strumenti di intenet, selettivi per le questioni politiche e legate ai conflitti e alla sicurezza (OpenNet Initiative)

Libertà religiosa: limitazioni alla libertà religiosa (ACS); Islam religione di stato, limitazione alla libertà delle altre religioni (USA)

Libertà economica: 61 su 179 “ (Heritage Foundation)

Corruzione percepita: 54  su 178

Variazione PIL 2009: -5,1 circa

 

Servizio Studi – Analisi dei temi di politica estera nell’ambito dell’Osservatorio di Politica internazionale

( 06 6760-4939 – *st_affari_esteri@camera.it

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ES0698paese.doc



[1]  Gli indicatori internazionali sul paese, ripresi da autorevoli centri di ricerca, descrivono in particolare: la condizione delle libertà politiche e civili secondo le classificazioni di Freedom House e dell’Economist Intelligence Unit; la posizione del paese secondo l’indice della corruzione percepita predisposto da Transparency International (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di minore corruzione percepita) e secondo l’indice della libertà di stampa predisposto da Reporters sans Frontières (la posizione più alta nell’indice rappresenta una situazione di maggiore libertà di stampa); la condizione della libertà religiosa secondo i due rapporti annuali di “Aiuto alla Chiesa che soffre” (indicato con ACS) e del Dipartimento di Stato USA (indicato con USA); la condizione della libertà di Internet secondo Open Net Iniziative; la condizione della libertà economica secondo l’Heritage Foundation il tasso di crescita del PIL come riportato dal Fondo Monetario internazionale; la presenza di situazioni di conflitto armato secondo l’International Institute for Strategic Studies (IISS). Per ulterioriinformazioni sulle fonti e i criteri adottati si rinvia alla nota esplicativa presente in Le elezioni programmate nel periodo febbraio-aprile 2011 (documentazione e ricerche n. 85, 9 febbraio 2011).