Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari esteri
Titolo: Missione della Sezione bilaterale di amicizia Italia-Libia dell'Unione interparlamentare (23 ' 25 maggio 2010)
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 141
Data: 21/05/2010
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Missione della Sezione bilaterale di amicizia Italia-Libia dell’Unione interparlamentare

(23 – 25 maggio 2010)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 141

 

 

 

21 maggio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Esteri

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Servizio Rapporti internazionali

( 066760-3948 – * cdrin1@camera.it

 

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File: ES0470.doc

 


INDICE

 

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Schede di lettura

 


Scheda-Paese sulla Repubblica della grande Giamahiria araba libica popolare socialista[1]
(a cura del Servizio Rapporti internazionali)

Map of Libya

 

maggio 2010

 

CENNI STORICI

 

       Parti dell’attuale territorio libico sono state dominate in epoca preislamica da Fenici, Cartaginesi, Greci, Romani, Vandali e Bizantini. Gli Arabi conquistarono la Libia nel corso del VII° secolo. Nei secoli successivi, le popolazioni autoctone adottarono l’Islam e la lingua e cultura arabe. I Turchi si insediarono in Libia nel XVI° secolo e la Libia divenne parte dell’Impero ottomano, anche se dinastie locali conservarono un forte livello d’autonomia.

       Nel 1911 l’Italia dichiarò guerra alla Turchia e occupò la fascia costiera e, dopo essersi scontrata a lungo con una resistenza locale, riuscì ad assumere il controllo effettivo dell’intero Paese solo nel 1934. Quell’anno venne adottato il nome di Libia per designare la colonia formata dall’unione della Tripolitania, della Cirenaica e del Fezzan. A seguito degli eventi bellici della Seconda Guerra Mondiale, dal 1943 al 1951 le prime due regioni vennero amministrate dalla Gran Bretagna, mentre il Fezzan veniva occupato dalla Francia.

       Il 24 dicembre del 1951, in base ad una risoluzione dell’Assemblea Generale  delle Nazioni Unite, la Libia acquistò l’indipendenza. Fu proclamata una monarchia costituzionale sotto la guida di Idris I, Gran Senusso ed Emiro di Cirenaica.

1969    L’1 settembre re Idris viene deposto a seguito di un colpo di Stato da parte del Consiglio del Comando rivoluzionario, guidato dal Colonnello Gheddafi.

1970    I militari americani e inglesi vengono espulsi, le proprietà degli Italiani e degli Ebrei confiscate e quelle delle società petrolifere occidentali nazionalizzate.

1973    Gheddafi vara la Rivoluzione culturale. La Libia occupa la striscia di Azou nel Ciad.

1974    La Libia forma un’Unione con la Tunisia; il primo di effimeri tentativi di Unione con altri Paesi arabi.

1977    Viene approvata la nuova forma costituzionale del Paese. Il potere popolare diretto viene posto alla base del sistema politico. La Libia assume il nome ufficiale di Grande Giamahiria araba libica popolare socialista.

1979    Gheddafi viene proclamato “Guida della rivoluzione”.

1981    Gli USA abbattono due aerei libici nel golfo della Sirte.

1984    La Libia firma con il Marocco un accordo per creare una Federazione africana araba, che viene denunciato due anni dopo da re Hassan II.

1986    Aerei  americani bombardano la Libia distruggendo la residenza di Gheddafi.

1988    Esplode un 747 della Pan Am sopra Lockerbie, in Scozia. La Libia è accusata di aver organizzato l’attentato.

1989    Con Algeria, Marocco, Mauritania e Tunisia la Libia forma l’Unione arabo - maghrebina.

1992    La Libia non consegna i sospetti dell’attentato di Lockerbie; l’ONU impone sanzioni più severe.

1994           La striscia di Azou ritorna al Ciad.

1999    I due libici sospettati di complicità nell’attentato di Lockerbie sono consegnati ad un apposito tribunale. L’ONU sospende le sanzioni nei confronti della Libia.

2001    Termina il processo sull’attentato di Lockerbie. Solo uno dei due libici viene riconosciuto colpevole.

2002    Il 23 gennaio ha inizio il processo d’appello per il caso Lockerbie, che si conclude con la conferma della condanna dell’imputato libico.

2003        La Libia avvia e conclude i negoziati con Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia per gli indennizzi alle vittime degli attentati di Lockerbie e UTA. Il 19 dicembre, Gheddafi dichiara di voler rinunciare alle armi di distruzione di massa.

2004    Il 3 settembre viene concluso un accordo per l’indennizzo delle vittime dell’attentato alla discoteca berlinese “La Belle”. Il Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne dell’UE decide in data 11 ottobre la rimozione globale dell’embargo europeo.  

2005 All’inizio del mese di aprile, le Autorità libiche rendono noto un provvedimento che limita agli ultra sessantacinquenni la possibilità per gli esuli italiani di ottenere il visto d’ingresso per la Libia.

2006    Il 17-18 febbraio ha luogo una manifestazione davanti al Consolato Generale d’Italia a Bengasi che sfocia in violenti scontri tra dimostranti e la polizia libica; la nostra Rappresentanza è successivamente oggetto di atti di vandalismo e saccheggio e resta, ad oggi, inagibile.Il 30 giugno gli Stati Uniti cancellano la Libia dalla lista dei Paesi sostenitori del terrorismo.

2007        Il 24 luglio vengono scarcerati le infermiere bulgare ed il medico palestinese accusati di aver volontariamente inoculato il virus dell’HIV in oltre 400 bambini di Bengasi. In occasione della scarcerazione viene firmato un Memorandum d’Intesa tra Libia e Commissione Europea, che costituisce il primo passo in direzione dell’apertura di una nuova fase nelle relazioni tra UE e Tripoli.

2008        Il 30 agosto il Presidente del Consiglio, On. Berlusconi, e il leader libico Gheddafi firmano, a Bengasi, il Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione, che chiude il “capitolo del passato” e segna l’avvio di una nuova fase nei rapporti bilaterali, caratterizzata dalla comune volontà di costruire un forte e ampio partenariato in tutti i settori di reciproco interesse. Agosto-settembre: Libia e Stati Uniti pongono termine al contenzioso relativo all’affaire Lockerbie; il Segretario di Stato Rice si reca in visita in Libia nel quadro di una missione nordafricana.A novembre prende avvio il negoziato tra UE e Libia per la conclusione di un Accordo Quadro.

2009 Il 2 marzo entra in vigore il Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione tra Italia e Libia. Tra il 10 e il 13 giugno si svolge a Roma la prima visita in Italia del Colonnello Gheddafi.

 

DATI GENERALI

Superficie

 

1.759.540  Kmq (quasi sei volte l’Italia)

 

Capitale

TRIPOLI (1.700.000 abitanti)

 

Abitanti

6.300.000

 

Tasso crescita popol.

2,17%

 

Speranza di vita

77,26 anni

 

Composizione etnica

Arabi-berberi 97%

 

Religioni praticate

97% mussulmana sunnita

Lingue:

arabo, italiano ed inglese

 

 

CARICHE DELLO STATO

 

Leader Supremo della Rivoluzione (Gheddafi è anche il Presidente di turno dell’Unione Africana)

Muammar Abu Minyar Al GHEDDAFI (dal 1 settembre 1969)

 

Segretario del Comitato Generale del Popolo (Primo Ministro) 

al-Baghdadi Ali al-MAHMUDI (dal 5 marzo 2006)

Segretario generale del Congresso del Popolo (Parlamento)

Muhammad Abu-al-Kasim ZWAY

Segretario del Comitato Generale del Popolo per gli Affari Esteri (Ministro degli Esteri)

Mohamed KOUSA (dal 4 marzo 2009)

 

 

QUADRO ISTITUZIONALE

 

 

Sistema politico

       Il sistema politico libico fondato sulla Giamahiria (Stato delle masse) costituisce un unicum; avviato nel 1977, secondo una concezione populista-autoritaria del potere, si basa sulla filosofia politica contenuta nel “Libro Verde” del Colonnello Gheddafi, dove sono fuse insieme teorie di impronta socialista e Islam (la religione musulmana è religione di Stato). Il sistema istituzionale prevede la partecipazione diretta del popolo alla vita politica e alla gestione del potere, attraverso la partecipazione ad assemblee locali, i Congressi popolari di base, per le quali però non sono previste elezioni: i partiti politici sono stati infatti aboliti.

       Ciascun Congresso Locale sceglie una Segreteria (i cui componenti sono scelti o nominati) che rappresenta l’assemblea presso il Congresso Generale del Popolo (il Parlamento nazionale). A sua volta l’insieme dei Congressi popolari di base sceglie i Comitati popolari e amministrativi che costituiscono l’amministrazione governativa a livello locale, mentre a livello nazionale opera il Comitato Generale del Popolo.

       Tuttavia la partecipazione dei cittadini alla Giamahiria appare limitata e la stessa agenda legislativa è per lo più posta in essere dal Comitato Generale del popolo.

       La Libia ha ottenuto l’indipendenza nel 1951.

 

 

Leader Supremo della Rivoluzione

       Tale ruolo si pone al di fuori del sistema delle istituzioni e si configura come un ruolo superiore di “guida” della rivoluzione, in base al quale Gheddafi si afferma come personaggio centrale del regime e vero motore di ogni trasformazione del paese.

Governo

       La funzione esecutiva è esercitata dal Comitato Generale del Popolo; ufficialmente i termini “ministeri” e “governo” non sono in uso, e quelli che in precedenza erano ministri sono oggi appellati Segretari. Le responsabilità dei diversi ministeri sono scarsamente definite a causa anche di continui rimpasti. Nel 2000 Gheddafi ha avviato una politica di decentralizzazione che ha portato all’abolizione di alcuni ministeri centrali, le cui funzioni sono passate alle assemblee popolari territoriali.

       In Libia è in vigore la pena di morte.

 

 

POLITICA INTERNA

 

 

       Il sistema politico-istituzionale vigente in Libia è formalmente fondato sul principio della “democrazia diretta”. Il Libro Verde del Colonnello Gheddafi prevede infatti che si riuniscano annualmente gli organi che, secondo il sistema della “Giamahiria”, realizzerebbero il principio della “democrazia delle masse”: i Congressi Popolari di Base (una sorta di Consigli di Circoscrizione), nel cui ambito si discutono tutte le principali questioni di politica interna ed estera, i Congressi Popolari delle Shaabie (le municipalità) e il Congresso Generale del Popolo (il Parlamento), che formalizza le raccomandazioni emerse dalla volontà popolare. Tali raccomandazioni rappresentano le linee guida cui deve ispirarsi l’azione di Governo, realizzata dagli organi esecutivi, i Comitati Popolari (i Ministeri). In realtà, la Libia è tuttora saldamente controllata dal Colonnello Gheddafi, Leader (o Guida) della Rivoluzione, dalla sua famiglia e da una cerchia ristretta di personalità ad egli vicine (in particolare, i compagni storici della Rivoluzione del Primo Settembre). L’opposizione al regime, rappresentata dai dissidenti che si trovano per la maggior parte all’estero, non appare in grado, almeno per il momento, di incidere realmente nella vita politica del Paese.

       A marzo 2009 vi è stato un ampio rimpasto della compagine governativa e dell’assetto politico-amministrativo libico. In particolare, Abdelrahman Shalgam, nominato nuovo Rappresentante Permamente alle Nazioni Unite, è stato sostituito agli Esteri da Musa Mohamed Kusa, capo dell’intelligence esterna dal 1994 e, dopo l’11 settembre 2001, il principale artefice, insieme al Vice Ministro degli Esteri, Al-Obeidi, della normalizzazione delle relazioni della Libia con i Paesi occidentali. Mediante accorpamento sono stati inoltre creati alcuni “super Ministeri”: Economia, Commercio e Industria, Finanze e Pianificazione, Istruzione e Ricerca. Infine, è stata eliminata la figura del Vice Primo Ministro (il precedente titolare, Embarak El Shamakh, è diventato Segretario del Congresso Generale del Popolo – Presidente del Parlamento).

       Numerose innovazioni legislative sono state annunciate da Tripoli negli ultimi due anni (riforma del codice penale e di procedura penale, restituzione dei beni espropriati dopo la Rivoluzione, abolizione della pena di morte); alcune di esse sono state oggetto di discussione ma poche sono state ad oggi adottate.

            In materia di diritti umani, mentre permangono motivi di preoccupazione, si registrano alcuni sviluppi positivi, in particolare per quanto riguarda l’abolizione dei tribunali “speciali”. La presenza in Libia dell’UNHCR e dell’OIM (le cui attività hanno consentito operazioni di identificazione e riconoscimento dello status di rifugiato a cittadini eritrei irregolarmente presenti in territorio libico e il loro successivo ristabilimento in diversi Paesi europei, fra cui l’Italia) testimonia inoltre della crescente sensibilità delle Autorità libiche nei confronti della problematica dei rifugiati e della volontà di Tripoli di collaborare con le competenti organizzazioni internazionali a una migliore gestione del fenomeno.

 

POLITICA ESTERA

 

 

       Il processo di normalizzazione dei rapporti internazionali della Libia ha registrato negli ultimi anni una netta accelerazione. Il 12 settembre 2003 il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha definitivamente rimosso le sanzioni internazionali conseguenti all’attentato di Lockerbie, già sospese nel 1999.

       Il voto è stato reso possibile dall’accordo tripartito Libia-Stati Uniti-Regno Unito, che ha regolato le modalità di esecuzione degli obblighi posti a carico della Libia per conseguire la riabilitazione internazionale: risarcimento per le famiglie delle vittime, condanna del terrorismo e assunzione di responsabilità per l’operato degli agenti libici. Il 19 dicembre 2003, il Colonnello Gheddafi, e contemporaneamente il Presidente Bush ed il Primo Ministro Blair, rendevano nota l’intenzione libica di abbandonare il programma per dotare il Paese di armi di distruzione di massa. Successivamente, la Libia ha aderito alla Convenzione per la Messa al Bando delle Armi Chimiche e ha sottoscritto il protocollo aggiuntivo del Trattato di non proliferazione nucleare (NPT).  Tali sviluppi hanno aperto una nuova fase nelle relazioni con i Paesi occidentali. Dopo la chiusura nel 2003 delle questioni Lockerbie e UTA[2], all’inizio del settembre 2004 è stata raggiunta un’intesa per gli indennizzi alle vittime e ai loro famigliari dell’attentato alla discoteca “La Belle” di Berlino, del 1986, che ha aperto la porta, su iniziativa italiana, alla rimozione globale dell’embargo europeo. Allo stesso modo i rapporti bilaterali tra Tripoli e Washington hanno registrato rapidi progressi e il 14 agosto 2008 i due Paesi hanno concluso un “Comprehensive Claims Settlement Agreement”, a chiusura del contenzioso relativo agli “incidenti del passato”.

       A seguito della positiva conclusione, nel luglio 2007, del caso delle infermiere bulgare e del medico palestinese condannati a morte per aver inoculato il virus dell’HIV a oltre 400 bambini presso l’Ospedale Pediatrico di Bengasi, si è aperta una nuova pagina nelle relazioni tra UE e Libia, che ha portato, nel novembre 2008, all’avvio del negoziato per la conclusione di un Accordo Quadro UE-Libia (si veda la relativa scheda).

       Da qualche anno il Colonnello Gheddafi ha impresso una svolta in senso “panafricano” alla politica estera libica. Il sogno dell’unità africana di Gheddafi sembrava essere stato coronato dalla proclamazione dell’Unione Africana al Vertice dell’OUA (Organizzazione dell’Unità Africana) di Lusaka del luglio 2001. Durante la fase transitoria verso l’Unione le ambizioni del leader libico sono state però ridimensionate dall’esito della Conferenza di Durban (8-10 luglio 2002), che ha sancito la nascita dell’organismo. L’UA è infatti sostanzialmente una riedizione dell’OUA, con alcuni organi mutuati dall’esperienza dell’integrazione europea. L’accresciuto impegno africano di Tripoli contribuisce comunque, oggi, alla stabilizzazione del Continente, in particolare dei Paesi della fascia del Sahel. Il sostegno libico ai Governi africani in difficoltà si concretizza in aiuti, economici e militari, e mediazioni nei conflitti in corso.

       In occasione del Vertice dell’Unione Africana di Addis Abeba del 1-2 febbraio 2009, la Libia è stata eletta alla Presidenza annuale dell’Unione.

 

       I rapporti della Libia con la Lega Araba sono stati in passato improntati a diffidenza e critiche reciproche.

 

       In materia di cooperazione regionale, la Libia è impegnata nell’ambito dell’Unione del Maghreb Arabo (U.M.A.), la cui attività è però fortemente condizionata dal persistere del contenzioso algero-marocchino sul Sahara Occidentale. Tripoli è inoltre sostenitrice del Dialogo 5 + 5 (Portogallo, Spagna, Francia, Italia, Malta + Mauritania, Marocco, Algeria, Tunisia e Libia), che alla dirigenza libica appare come un formato più efficace e meno suscettibile di causare cesure tra il Nordafrica e il resto del continente africano rispetto al Processo di Barcellona e all’Unione per il Mediterraneo, al quale la Libia non partecipa e nei cui confronti è estremamente critica.

 

In ambito Nazioni Unite, la Libia è stata eletta membro non-permanente del Consiglio di Sicurezza per il biennio 2008-2010 e da settembre 2009 esercita la Presidenza annuale dell’Assemblea Generale, attualmente guidata da Abdel Salam Al-Treki, già Ministro degli Esteri della Gran Giamahiria. Il 13 maggio 2010 la Libia è stata inoltre eletta al Consiglio dei Diritti Umani per il triennio 2010-2013.

La posizione libica in merito alla riforma dell’ONU risulta allineata alla posizione comune africana[3] e in tale quadro la Libia si è “candidata” per uno dei due seggi permanenti con diritto di veto che l’Unione Africana richiede per l’Africa, pur sostenendo di condividere le nostre tesi sulla centralità del principio di rotazione su base regionale. Tripoli resta contraria a un’accelerazione del processo decisionale e in ambito UA si è sempre opposta all’ipotesi di compromesso tra l’Unione e il G4. La Libia è, infine, membro del Comitato dei dieci Capi di Stato e di Governo (c.d. “Comitato dei Dieci”) incaricato di promuovere la posizione comune africana nei confronti della membership ONU.

Partecipazione ad Organizzazioni Internazionali

La Libia è membro dell’Organizzazione per la Conferenza Islamica, dell’Unione del Maghreb Arabo, dell’Unione africana, della Lega araba, dell’OPEC, dei Non Allineati, dell’ONU e dell’OMS.

 

 

QUADRO ECONOMICO

 

 

Nel 2009 anche la Libia ha risentito degli effetti negativi della difficile congiuntura internazionale: le previsioni indicano un rallentamento della crescita del PIL(+3,7%, circa 3 punti percentuali in meno rispetto al 2008) riflettendo il calo delle entrate del settore degli idrocarburi.

L’economia libica rimane infatti basata sulla produzione ed esportazione di petrolio e gas naturale, settori che contribuiscono in termini nominali al 70% del PIL, al 90% delle entrate di bilancio ed al 97% delle esportazioni. Le fluttuazioni del prezzo del greggio hanno pertanto un riflesso diretto su tutte le principali variabili economiche.

Consapevoli di tale fattore di vulnerabilità, le Autorità di Tripoli hanno da tempo avviato un programma di riforme volto a rafforzare lo sviluppo del settore privato (specie “non oil”) sia incentivando i dipendenti pubblici ad avviare proprie attività economiche sia favorendo la costituzione di joint ventures con società straniere, ridurre il proprio controllo su alcuni tra i principali settori produttivi del Paese, avviando un processo di privatizzazione, rivedere la normativa economico-commerciale per avvicinarla agli standard internazionali.

Per favorire la diversificazione economica il Governo ha altresì avviato un vasto Piano di Sviluppo Infrastrutturale destinato ad incentivare diversi settori industriali e dei servizi. I progetti previsti dal Piano sono finanziati dalle rendite petrolifere e stanno pertanto risentendo della persistente inversione di tendenza delle quotazioni del greggio (nei mesi scorsi le Autorità libiche hanno sospeso l’esecuzione di alcune iniziative relative ad appalti già formalmente assegnati, adducendo una carenza di fondi). Il processo di diversificazione produttiva risente in realtà ancora sia della tendenza dello Stato a mantenere il proprio controllo su una larga parte dei principali settori economici sia dell’incertezza del diritto commerciale e degli appalti. Tale atteggiamento, nonostante le rassicuranti performance economiche e la fine dell’embargo, produce oggettivi effetti disincentivanti nei confronti degli investimenti privati, in particolare quelli esteri, oltre ad ostacolare il processo di modernizzazione. I grandi investimenti rimangono di fatto in mano ai familiari del Leader e le leggi varate nel 2009 in materia commerciale ristabiliscono il principio del controllo statale. Gli investimenti diretti esteri (IDE) sono pertanto limitati, fatta eccezione per i settori del petrolio e del gas.


Rapporti parlamentari Italia-Libia
(a cura del Servizio Rapporti Internazionali)

 

Presidente del Congresso

Generale del Popolo

Muhammad Abu-al-Kasim Zway

 

 

Rappresentanze diplomatiche

 

Ambasciatore d’Italia a Tripoli, Francesco Paolo TRUPIANO

Ambasciatore della Libia a Roma, Abdulhafed GADDUR

 

 

Si ricorda che l’on. Gennaio Malgieri (PDL) è stato designato del Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini, a coordinare i rapporti parlamentari con i Paesi arabi del Mediterraneo.

 

Incontri del Presidente

 

Il 20 maggio 2009, il Presidente della Camera, on. Gianfranco Fini, ha ricevuto la visita del Presidente della Commissione Infrastrutture del Congresso generale del Popolo di Libia, Tayeb Safi Tayeb.

Nell’ambito del colloquio è stata evidenziata la nuova fase delle relazioni tra i due Paesi – avviata a seguito della firma del Trattato di amicizia (su cui si veda apposita scheda) – che appare caratterizzata da sentimenti di amicizia e collaborazione. In particolare, per quanto riguarda la questione dei rimpatri, il Presidente Tayeb ha evidenziato come le autorità libiche si stiano occupando anche dell’individuazione di coloro che hanno chiesto asilo politico, attività per la quale hanno chiesto la collaborazione dei funzionari dell’Ambasciata italiana. Il Presidente Fini ha apprezzato la collaborazione tra i due Paesi, evidenziando la necessità che l’Unione europea guardi non solo ad est, ma soprattutto a sud. In particolare, in merito alle politiche migratorie dell’UE, esse devono svilupparsi lungo due direttrici: favorire lo sviluppo economico in tutta l’Africa; controllare le frontiere comuni per impedire l’ingresso dei clandestini. Al tempo stesso è necessario che l’UE e l’ONU contribuiscano impiegando uomini e risorse, anche al fine di creare centri internazionali per il controllo degli immigrati irregolari. Il Presidente Tayeb ha altresì sottolineato la necessità di intervenire per far cessare l’instabilità in alcune regioni africane, aiutandole ad uscire dalla situazione di assoluta povertà.

Cooperazione multilaterale

 

Partenariato euromediterraneo

Il Congresso Generale del Popolo libico, pur regolarmente invitato in qualità di osservatore nelle sedi della cooperazione parlamentare inerente il Processo di Barcellona, non vi ha mai partecipato.

       La Libia infatti non ha ancora aderito al Processo di Barcellona.

Pur avendo presentato la richiesta di adesione al Partenariato nel gennaio 2000, la Libia l’aveva ritirata dopo che l’Unione europea aveva chiesto a Tripoli una conferma dell’accettazione piena e incondizionata dell’acquis di Barcellona. Da parte sua, la Libia sosteneva ufficialmente che la presenza di Israele e dell’Autorità Nazionale Palestinese, prima che fosse risolto il problema palestinese, avrebbe influito negativamente nei meccanismi del Partenariato.

 

Il Dialogo 5 + 5

 La Libia partecipa alle riunioni Presidenti dei Parlamenti dei Paesi del Mediterraneo Occidentale (Dialogo 5 + 5), che unisce in un foro informale di dialogo 5 Paesi dell’Unione europea e 5 Paesi arabi che si affacciano sul Mediterraneo occidentale (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Malta e Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania)[4].

La III riunione dei Presidenti dei Parlamenti del Mediterraneo Occidentale (Dilaogo 5+5) si è svolta a Rabat (Marocco), il 23 e 24 novembre 2006, ed è stata dedicata al tema “Le sfide del Mediterraneo”. Alla riunione, a cui per l’Italia ha partecipato il Vice Presidente della Camera, Pierluigi Castagnetti, sono stati esaminati i problemi principali che investono  l’area e in particolare le questioni legate alla sicurezza, all’emigrazione, al rafforzamento dei processi di democratizzazione e di crescita economica, e al dialogo tra le civiltà. La riunione si è conclusa con un sostanziale accordo nell’identificare le sfide del Mediterraneo e le possibili proposte di soluzione.

Si ricorda infine che la I Riunione dei Presidenti dei Parlamenti del Paesi del Dialogo 5 + 5, si è tenuta a Tripoli dal 24 al 25 febbraio 2003. La  Camera è stata allora rappresentata dal Vice Presidente, Clemente Mastella.

Unione interparlamentare

 

            Nell’Unione interparlamentare opera la sezione di amicizia Italia-Libia ed Algeria; la parte italiana del Gruppo è presieduta dall’on. Enzo Carra (PD). Ne fanno inoltre parte gli onn. Emerenzio Barbieri (PdL), Renco Carella (PD), Angelo Capodicasa (PD), Marco Causi (PD), Antonio Razzi (IdV) e la sen. Barbara Contini (PdL).

La sezione di amicizia Italia-Libia ed Algeria ha effettuato una visita in Libia dal 23 al 25 maggio 2010.

Attività legislativa

 

C. 1979, presentata il 3 dicembre 2008, di iniziativa dell’on. Alessandro Maran (PD) e altri.

Disposizioni in materia di garanzia dello Stato sui crediti vantati da cittadini, enti e società italiani per beni forniti, lavori effettuati e servizi prestati in Libia dal 1° gennaio 1970 al 28 ottobre 2002.

Assegnato alla 6ª Commissione permanente (Finanze) in sede referente il 27 gennaio 2009. Non ancora cominciato l’esame.

 

S. 1250, presentata il 2 dicembre 2008, di iniziativa del sen. Maurizio Gasparri (PdL) e altri.

Disposizioni in materia di indennizzi ai cittadini e alle imprese operanti in territori della Libia, già soggetti alla sovranità italiana.

Assegnato alla 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) in sede referente il 4 febbraio 2009. Non ancora iniziato l’esame.

C. 1878, presentata il 6 novembre 2008, di iniziativa dell’on. Italo Bocchino (PdL) e altri.

 Disposizioni per il riconoscimento di un ulteriore indennizzo ai soggetti titolari di beni, diritti e interessi sottoposti in Libia a misure limitative dal 1° luglio 1970.

Assegnato alla 5ª Commissione permanente (Bilancio, tesoro e programmazione) in sede referente il 5 gennaio 2009. Non ancora iniziato l’esame.

 

S. 827, presentata il 24 giugno 2008, di iniziativa del sen. Luigi Ramponi (PdL).

Disposizioni in materia di indennizzi a cittadini e imprese italiane per beni perduti nelle ex colonie di Etiopia ed Eritrea, Libia e Somalia, già soggette alla sovranità italiana.

Assegnato alla 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) in sede referente il 17 settembre 2008. Non ancora iniziato l’esame.

 

S. 508, presentata il 13 maggio 2008, di iniziativa del sen. Giuliano Barbolini (PD) e altri.

Garanzia sovrana dello Stato per le aziende creditrici della Libia
Assegnato alla
6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) in sede referente il 26 giugno 2008. In corso di esame in Commissione.

 

 

S. 465, presentata il 12 maggio 2008, di iniziativa del sen. Carlo Giovanardi.

Disposizione in materia di garanzia sovrana dello Stato sui crediti vantati dai cittadini, enti ed imprese italiane per i beni, lavori e servizi effettuati in Libia dal 1° gennaio 1970 al 28 ottobre 2002

Assegnato alla 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) in sede referente il 24 giugno 2008. In corso di esame in Commissione.

S. 413, presentata il giorno 8 maggio 2008, di iniziativa del se. Rosario Giorgio Costa (PdL).

 Garanzia sovrana dello Stato per le aziende creditrici della Libia.
Assegnato alla 6ª Commissione permanente (Finanze e tesoro) in sede referente il 4 giugno 2008. In corso di esame in Commissione.

 

 

Atti di indirizzo e di controllo

 

Fra i numerosi atti di indirizzo e di controllo riguardanti la Libia, si ricorda l’Interpellanza 2-00281 (primo firmataria Giuseppe Ruvolo, 22 gennaio 2009, iter in corso) nella quale si chiede al Governo quali misure intenda adottare per arginare l’immigrazione clandestina dalla Libia, e l’interrogazione a risposta scritta 4-02983 (primo firmatario Jean Leonard Touadi, 13 maggio 2009, iter in corso) nella quale si chiede al Governo come mai abbia rimpatriato immigrati clandestini in Libia, Paese che non risulta firmatario della Convenzione di Ginevra del 1951 sullo statuto dei rifugiati. Si segnala inoltre l’interrogazione a risposta in Commissione 5-00427 (primo firmatario Maurizio Turco, 8 ottobre 2008, iter in corso) in cui si chiede conto al Governo delle condizioni degli immigrati nei centri di accoglienza presenti in Libia, in particolare in quello di Kufra, finanziato dall’Italia. La proposta di conferire una laurea honoris causa al leader libico, Muhammar Gheddafi, da parte dell’Università di Sassari ha suscitato le perplessità dei deputati radicali eletti nelle file del PD, che, il 14 maggio 2009, hanno presentato sul tema un’interrogazione in Commissione (5-01422, iter in corso).

 

XV LEGISLATURA

 

Commissioni parlamentari

 

 

       Il Presidente della Commissione Affari esteri, on. Umberto Ranieri, ha incontrato a Roma, il 24 luglio 2006, l’Ambasciatore della Libia, Abdukhafed Gaddur.

Nel corso dell’incontro è stata concordata dalle parti la necessità di potenziare i rapporti bilaterali.La designazione di un nuovo ambasciatore da parte libica[5], dopo due anni di difficili relazioni (anche per quanto accaduto, nella primavera 2005, nei confronti del Consolato italiano di Bengasi per la vicenda delle vignette su Maometto) è stata considerata un passo estremamente positivo da parte delle autorità italiane. Il “disgelo”, è stato auspicato, dovrebbe favorire la soluzione dei problemi aperti tra i due Paesi: la definizione del “gesto simbolico” chiesto dalla Libia a Roma per far dimenticare il passato coloniale dell’Italia, il pagamento dei crediti vantati da aziende italiane nei confronti della Libia, la concessione dei visti ai rimpatriati espulsi dalla Libia dopo la presa di potere da parte di Gheddafi; un atteggiamento di concreta cooperazione in materia di gestione dei flussi migratori.

 

 

           Nel corso della XIII legislatura, una delegazione della Commissione Esteri della Camera dei Deputati - guidata dall’allora Vice Presidente della Commissione, Vito Leccese, e composta dai deputati Giovanni Bianchi, Mario Brunetti, Fabio Calzavara, Francesca Izzo e Elio Palmizio – si è recata in visita in Libia (gennaio 2001). Al termine della visita, il 16 gennaio 2001, è stato emesso un Comunicato congiunto con la Commissione Affari Esteri del Congresso Generale del Popolo libico nel quale si affermava la necessità di sviluppare la cooperazione parlamentare bilaterale e approfondire la conoscenza reciproca.

            Nel Comunicato congiunto si sottolineava inoltre la necessità di rilanciare l’attività dell’Associazione di Amicizia tra i rappresentanti del Parlamento italiano e del Congresso Generale del Popolo, sia a livello bilaterale che in seno all’Unione interparlamentare, anche attraverso scambi di visite ed un maggiore coordinamento delle rispettive posizioni nei fora internazionali. Altri obiettivi cui veniva dato particolare rilievo erano lo scambio di informazioni e di documentazione, anche coinvolgendo la società civile (istituzioni scientifiche e culturali, e ONG) e la cooperazione a livello regionale. Pari importanza era attribuita alla possibilità di sviluppare forme di collaborazione tra le donne parlamentari dei due Paesi.

Successivamente – durante la XIV legislatura – una delegazione del Segretariato per gli Affari Esteri del Congresso Generale del Popolo libico guidata dal Presidente, Suleiman Shoumi, ha visitato la Camera il 28 e 29 gennaio 2002. Nel corso dell’incontro con la delegazione, il Presidente della Camera Casini, oltre a ribadire l’interesse dell’Italia ad intensificare i rapporti bilaterali, ha auspicato che la Libia possa entrare a pieno titolo nel Partenariato Euromediterraneo in cui riveste attualmente lo status di osservatore.

         La delegazione è stata inoltre ricevuta dalla Commissione esteri della Camera. A conclusione dell’incontro è stato emesso un Comunicato finale nel quale, richiamandosi ai contenuti del comunicato congiunto del 2001, si auspica un rafforzamento della cooperazione parlamentare, anche al fine di creare regolari canali per lo scambio di informazioni e di esperienze nel comune impegno per la pace e lo sviluppo della regione mediterranea.


 

 


 

Osservatorio di politica internazionale

 

 

 

 

 

 

 

I rapporti bilaterali tra Italia e Libia
alla luce del Trattato di amicizia
(di Gabriele Iacovinodel Centro Studi Internazionali - CeSI)

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

maggio 2010

 

 


ABSTRACT: La decisione presa dal governo libico in materia di visti d’ingresso per i cittadini dell’aria Schengen, assunta per ritorsione alla stesura di una lista nera in cui la Svizzera ha inserito il vertice politico e istituzionale di Tripoli, ha rischiato di danneggiare l’immagine del Paese africano e, soprattutto, la credibilità del nuovo approccio diplomatico intrapreso dal colonnello Gheddafi negli ultimi anni.

Un approccio che ha visto l’abbandono dei programmi di riarmo nel campo delle armi di distruzione di massa, la conversione delle ricerche per il nucleare da militare a civile e l’inizio del processo di revisione della tradizionale politica di sostegno al terrorismo. Il “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” tra Italia e Libia è uno dei frutti di questo nuovo atteggiamento, insieme ad un generale riavvicinamento del Paese africano nei confronti dell’Occidente.

 

La ratifica del “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione” tra Italia e Libia rappresenta la conclusione formale di un lungo periodo di tensioni diplomatiche e strategiche tra il nostro Paese e il regime di Muammar al-Gheddafi. L’accordo era stato firmato dal Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, e Gheddafi stesso nell’agosto 2008 e poi ratificato dal Parlamento italiano il 3 febbraio 2009[6]. Il 9 marzo dello stesso anno, infine, con il discorso di Berlusconi pronunciato di fronte al Congresso Generale del Popolo (CGP), il parlamento libico, Roma e Tripoli sono entrate a tutti gli effetti in una nuova fase di cooperazione politica, di sicurezza e soprattutto economica.

Ma nonostante l’esplicita disponibilità al confronto e alla concertazione in sede diplomatica, sul piano interno la Libia deve ancora affrontare diversi problemi. Il regime del colonnello, infatti, appare ingessato e impossibilitato a iniziare il processo di riforme annunciato per la sua modernizzazione in senso democratico. Da una parte, i rappresentanti del CGP, espressione conservatrice di quei valori della rivoluzione che ha portato al potere il colonnello Gheddafi più di quaranta anni fa, detengono il potere e scandiscono le decisioni dei vari comitati popolari, organi legislativi regionali, dall’altra l’ala modernista, che trova in Seif al-Islam Gheddafi, figlio del rais, il suo esponente più dinamico, preme per ulteriori aperture in ambito economico. Dal punto di vista della sicurezza interna, con il nuovo approccio diplomatico, la Libia si è progressivamente trasformata da Paese vicino al cosiddetto “Asse del male”, con un controverso passato di sponsor del terrorismo, a territorio da monitorare e controllare, in quanto soggetto a potenziali infiltrazioni da parte di gruppi terroristi di matrice islamico-salafita, associabili ad al-Qaeda. In quest’ottica, le autorità investigative e di sicurezza libiche hanno cominciato una fase di concertazione con le controparti occidentali, specialmente con quelle statunitense, britannica e italiana.

Il Trattato di amicizia tra Italia e Libia, dunque, rappresenta la conclusione formale di un lungo percorso punteggiato da tensioni diplomatiche, attriti dovuti al retaggio coloniale e difficili, per quanto mai interrotti, rapporti economici. L’accordo, nello specifico, prevede, da una parte, la regolamentazione di una serie di contenziosi passati, in termini politici ed economici, dall’altro, la prospettiva non solo di potenziare le partnership tra le singole imprese nazionali, ma anche di consolidare la posizione dell’Italia quale interlocutore privilegiato per il regime di Gheddafi. Gli ambiti di cooperazione vanno da quello culturale e scientifico a quello economico e industriale, ma abbracciano anche il settore energetico, la difesa, la non proliferazione e disarmo, fino ad arrivare alla lotta al terrorismo e all’immigrazione clandestina.

Il Trattato definisce così un partenariato abbastanza ampio, per la cui attuazione sono stati previsti una serie di organismi il cui scopo è di gestire al meglio le relazioni tra i due Paesi. Vi è un “Comitato di Partenariato”, a livello di Capi di Governo, quindi con il Presidente del Consiglio dei Ministri da parte italiana e il Segretario del Comitato Generale del Popolo da parte libica, i cui incontri avranno scadenza annuale e a cui spetta l’adozione dei provvedimenti necessari per l’attuazione del Trattato. È poi previsto un “Comitato dei Seguiti”, a livello dei Ministri degli Affari esteri, e altri consessi bilaterali ai quali partecipano altri rappresentanti governativi.

Per quanto riguarda il retaggio coloniale, i due governi hanno fissato una quota di risarcimento, dall’Italia alla Libia, di 5 miliardi di dollari, da distribuire nell’arco di vent’anni in progetti di infrastrutture, borse di studio e pensioni per i soldati libici che a suo tempo prestarono servizio militare tra le forze armate italiane. Di questa cifra, 3 miliardi saranno destinati alla costruzione di un’autostrada costiera che attraverserà la Libia, dalle sue frontiere con la Tunisia a quelle con l’Egitto. L’intero pacchetto di queste opere verrà realizzato da imprese italiane in territorio libico. Il Governo di Tripoli si è impegnato a concedere esenzioni fiscali a tutti gli attori economici italiani interessati a impegnarsi in questi progetti. Infine, all’inizio di marzo 2009, in occasione della sua visita a Tripoli e della ratifica del Trattato da parte della Libia, Berlusconi ha rivolto le scuse dell’Italia direttamente al CGP in merito al passato coloniale e alle sofferenze subite dal Paese nordafricano. Come primo gesto di apertura da parte di Gheddafi, si è avuta la concessione al ritorno in Libia degli italiani che vi hanno abitato e che nel 1968 sono stati cacciati.

Si può ritenere, però, che le disposizioni del Trattato di rilevanza maggiore siano quelle relative alla lotta all’immigrazione illegale, con le autorità italiane che hanno cercato di dare una soluzione a questo annoso problema stringendo un accordo per bloccare i flussi migratori in partenza. La Libia non è un Paese di emigrazione in senso stretto, ma costituisce un terreno transito per coloro i quali abbandonano i Paesi della regione sub-sahariana per raggiungere l’Europa. L’accordo bilaterale, riprendendo le intese in materia già sottoscritte in passato tra i Governi del nostro Paese e la Libia, cerca di rafforzare le capacità operative libiche prevedendo l’istituzione di pattugliamenti congiunti delle acque antistanti le coste della Sirte e la fornitura alle forze di polizia libiche di motovedette appartenenti alle autorità italiane. Tra il maggio 2009 e il febbraio 2010 sono state consegnate dal governo italiano 6 imbarcazioni classe “Bigliani” della Guardia di Finanza prodotte dai cantieri Intermarine di Sarzana. Il Ministro Maroni, nel commentare in gennaio l’attuazione del Trattato, si è definito molto soddisfatto dichiarando che il numero degli sbarchi di extracomunitari, tra maggio 2009 e la fine dell’anno, è calato da 31.281 a 3.195, il 90% in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il Trattato predispone, inoltre, la realizzazione di un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche, la cui realizzazione è stata affidata alla società italiana Selex Sistemi Integrati, del gruppo Finmeccanica. Per il piano sono stati stanziati 300 milioni di euro, una spesa sostenuta in parti uguali dall’Italia e dall’Unione Europea, la quale utilizzerà i finanziamenti che la Commissione ha stanziato per la Libia.

Circa gli aspetti economici, il Trattato prefigura la prospettiva non solo di consolidare le partnership tra le singole imprese nazionali, con il trasferimento di tecnologie e sviluppo in partenariato fra le imprese italiane e quelle libiche, ma anche di consolidare la posizione dell’Italia quale partner economico per il regime di Gheddafi. Si prevede che le aziende italiane siano agevolate con l’esenzione da tasse doganali e all’importazione, oltre che da tasse relative ai consumi di energia elettrica, gas, acqua e linee telefoniche. Per garantire la necessaria copertura finanziaria a tali agevolazioni, sarà prelevata un’addizionale Ires (imposta sul reddito delle società) a carico di società attive nel settore degli idrocarburi, che abbiano più di 20 miliardi di capitalizzazione e che siano quotate in Borsa. Il riferimento è, di fatto, al gruppo ENI.

Nel 2009, seguendo una tendenza generalizzata di rallentamento degli scambi commerciali a livello mondiale, i dati relativi alle relazioni economiche tra Libia e Italia hanno segnato dei valori in leggero calo, influenzati direttamente dal corso del prezzo del greggio. La Libia rimane, comunque, il quinto fornitore mondiale dell’Italia con il 4,6% sul totale delle nostre importazioni, mentre il nostro Paese si attesta al primo posto tra gli esportatori verso il Paese africano. L’Italia, inoltre, è il terzo investitore tra i Paesi europei, se si escludono gli investimenti petroliferi, ed il quinto a livello mondiale. A testimoniare l’importanza di questi rapporti vi sono le oltre 100 imprese italiane che mantengono una presenza stabile sul territorio libico e che operano prevalentemente, oltre che nel settore petrolifero e delle infrastrutture, nei settori della meccanica, dei prodotti e della tecnologia per le costruzioni.

Il settore energetico rimane fondamentale nei rapporti tra i due Paesi, con il gruppo ENI che opera in Libia sin dal 1959 e al quale è sempre stato garantito un rapporto privilegiato, che ha consentito all’azienda di continuare ad operare senza subire il processo di nazionalizzazione dell’industria petrolifera imposto da Gheddafi e di assicurarsi periodicamente il rinnovo dei contratti Exploration and Production Sharing Agreement (EPSA) con la National Oil Corporation (NOC), la compagnia petrolifera nazionale della Libia. Con l’ultima firma nel giugno 2008, il rapporto è stato prolungato sino al 2042 per quanto riguarda la produzione petrolifera e sino al 2047 per quella di gas. Questo accordo prevede anche l’incremento, dagli attuali 8 miliardi di metri cubi l’anno ad 11 miliardi, della capacità di trasporto del gasdotto sottomarino Greenstream, che collega Mellitah con Gela. ENI ha inoltre firmato con la “Gheddafi Development Foundation” e la NOC un accordo per degli investimenti pari a circa 150 milioni di dollari in progetti di natura sociale, che vanno dalla formazione per ingegneri libici alla costruzione di cliniche specialistiche, restauro di siti archeologici e progetti ambientali.

Anche nel settore difesa i rapporti sono consolidati. Nel 2009 la compagnia italiana Augusta-Westland ha ottenuto un contratto per la fornitura alle forze armate libiche di 10 elicotteri AW109 Power e AW 119 Koala, che saranno assemblati in Libia nell’impianto, la cui inaugurazione è prevista nel corso di quest’anno, della Liatec (Libyan Italian Advanced Technology Company), una società frutto di una joint venture al 50% tra la Libyan Company for Aviation Industry e la stessa Augusta-Westland. Le autorità libiche hanno poi sottoscritto con Alenia Aeronautica un contratto per l’acquisto di un velivolo da pattugliamento marittimo ATR-42MP Surveyor e con ATR, consorzio tra Alenia ed EADS, di due ATR 42-500, destinati alla Libyan Airlines. Inoltre, Aermacchi, controllata di Alenia, si occuperà di un programma per la revisione dei sistemi di propulsioni su dodici aerei SF–260. E poi c’è l’interesse concreto per l’UAV Falco di Selex Galileo, già provato per mesi in loco e venduto anche al Pakistan, per il quale si sta puntando alla creazione di una joint venture con un partner locale.

Finmeccanica ha recentemente firmato un’intesa con la Libyan Investment Authority (LIA) per dare vita ad una nuova joint-venture il cui obiettivo è quello di  gestire gli investimenti industriali e commerciali in Libia e in altri paesi africani, per un giro d’affari stimato intorno ai 15 miliardi di euro. Vi sono poi le aziende Itas di La Spezia, a cui è stata assegnata una commessa per il controllo tecnico, l’ispezione e la manutenzione dei missili Otomat, imbarcati sulle navi libiche, Oto Melara, che fornisce i pezzi di ricambio per l’obice Palmaria, e Iveco, che sta trattando la vendita di mezzi Lince alle forze armate libiche.

Per quanto riguarda gli investimenti libici in Italia, si stima che il fondo sovrano Libyan Investment Authority (LIA), che opera attraverso la Libyan Arab Foreign Investment Company (Lafico), e il Libyan African Investment Portfolio (LAP), gestiscano un patrimonio tra i 50 e i 70 miliardi di dollari da investire sia in patria sia all’estero. L’interesse libico per il mercato italiano, già consolidato mediante le partecipazioni storiche in Fiat, in aziende italiane attive nel campo della moda e l’acquisizione di una quota rilevante in Unicredit, si è rivolto ultimamente anche ad Eni, Telecom e Finmeccanica, a testimonianza della volontà libica di diversificare il portafoglio degli investimenti rispetto al passato, in modo da mantenere dei flussi finanziari adeguati per lo sviluppo del Paese qualora si esaurissero le riserve petrolifere.

In conclusione, il nuovo trend politico e diplomatico intrapreso da Gheddafi fa da sfondo ad un contesto favorevole nei rapporti bilaterali tra il nostro Paese e la Libia. Questa non costituisce più un Paese ostile all’Occidente, ma un partner riabilitato che cerca di acquistare maggiore credibilità internazionale. In questo scenario l’Italia ha posto le basi per un rapporto stabile che potrà portare dei vantaggi non solo dal punto di vista economico, ma anche in termini di sicurezza.

La crisi dei visti

Come accennato, in seguito alle tensioni diplomatiche tra Svizzera e Libia, quest’ultima ha deciso, il 14 febbraio 2010, la sospensione dei visti turistici a tutti i cittadini dei paesi dell’area Schengen e della validità dei visti di ingresso già rilasciati.

Le tensioni tra i due paesi erano cominciate nel luglio 2008 con il fermo da parte delle autorità svizzere di Hannibal Gheddafi, figlio del colonnello, e di sua moglie, a seguito di una denuncia per maltrattamenti sporta da due domestici. Poco dopo in Libia sono stati arrestati due uomini d’affari svizzeri con l’accusa di aver violato le leggi libiche sull’immigrazione e di svolgere attività economiche senza autorizzazione. La crisi è continuata con la pubblicazione, da parte elevetica, di una “lista nera” di 188 personalità libiche cui veniva precluso l’ingresso nel Paese elvetico.

La sospensione dei visti ha rischiato di danneggiare i rapporti commerciali tra Italia e Libia che sono divenuti particolarmente intensi con l’entrata in vigore del Trattato di amicizia. Secondo l’ICE sono circa un centinaio le aziende italiane presenti in Libia e, secondo il consolato italiano, gli italiani che vivono in Libia sono 1500: 850 residenti più una quota variabile di cittadini iscritti all’AIRE e di persone con visti di lavoro.

In attesa di una soluzione della crisi libico-elvetica, il 15 marzo il ministro Frattini aveva dichiarato che, se la situazione non si fosse sbloccata entro il 5 aprile, l’Italia avrebbe proposto ai paesi Schengen di rilasciare alla Libia visti a territorialità limitata, (ossia visti validi soltanto per lo Stato che lo rilascia) come avrebbero consentito le nuove regole dell’Accordo di Schengen che sarebbero appunto entrate in vigore il 5 aprile. Alcuni paesi - Spagna, Portogallo, Malta, Slovenia e Cipro (che però non appartiene all’area Schengen) - si erano detti favorevoli all’iniziativa italiana.

La crisi si è poi risolta il 29 marzo con il ritiro della black list da parte della Svizzera e del bando dei visti ai cittadini Schengen da parte della Libia.

Alla soluzione della crisi l’Italia ha contribuito in maniera determinante. Come riferito dal ministro degli esteri Frattini in un’audizione presso il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen del 23 febbraio, l’Italia ha innanzitutto svolto due azioni: un passo bilaterale sulla Libia per chiedere la sospensione del blocco ritorsivo nei confronti di tutti i Paesi Schengen, e un incontro dello stesso ministro Frattini a Roma con il Ministro degli esteri libico accompagnato dal Ministro degli esteri di Malta, paese sul quale il blocco dei visti ha avuto pesanti ricadute economiche. In seguito a tale incontro si è svolto un colloquio tra il Ministro libico, il Ministro spagnolo Moratinos (la Spagna detiene la presidenza dell’UE nella prima metà del 2010) e il ministro svizzero degli esteri, Micheline Calmy-Rey.

Nella stessa audizione, Frattini ha anche aggiunto: “l’Italia ha compiuto passi personali e individuali a livello bilaterale. In particolare, mi riferisco a un passo notturno del Presidente Berlusconi sul leader Gheddafi per evitare azioni che avrebbero potuto creare un’escalation grave (come sapete, la polizia libica stava circondando nella notte l’ambasciata svizzera a Tripoli)”.… “il Presidente Berlusconi ha chiamato Gheddafi, il quale gli ha promesso che non avrebbe provocato alcun tipo di escalation. Nella giornata successiva[7], durante il Consiglio dei ministri degli esteri, si è trovato un accordo per la liberazione immediata di uno dei due cittadini svizzeri, quello assolto, che ha già lasciato il territorio libico il giorno stesso del Consiglio dei ministri. Quanto all’altro cittadino svizzero, condannato a quattro mesi, la Libia si impegna a ospitarlo in una guest house, in attesa dell’esperimento del procedimento di grazia”.

Il trattamento riservato all’Italia durante il periodo della crisi dei visti sembra essere stato piuttosto favorevole: secondo un’Ansa del 24 febbraio, solo 46 italiani erano stati rimpatriati su un totale di 246 arrivi in Libia, mentre la proporzione di rimpatri sarebbe di molto superiore per quanto riguarda altri paesi Schengen.

Un’ulteriore conferma della proficuità dei rapporti italo-libici è data dalla firma, il 15 aprile 2010, di un accordo sull’esenzione dei visti per i passaporti diplomatici e di servizio da parte del ministro degli esteri Frattini e del suo omologo libico Moussa Koussa.

Il ruolo di mediazione svolto dall’Italia e da Malta nella soluzione della crisi dei visti e il loro ruolo fondamentale nel dialogo con la Libia è stato riconosciuto anche dall’Unione europea: il Commissario Ue per gli affari interni Cecilia Malmstrom, che ha definito la Libia un “partner essenziale”, ha dichiarato che l’aiuto di Italia e Malta è indispensabile per stabilire una collaborazione volta a contrastare il fenomeno dell’immigrazione clandestina proveniente dalla Libia e diretta in tutti i paesi dell’Unione (30 aprile).


Le politiche italiane in materia di immigrazione

Le dimensioni del fenomeno migratorio

Gli stranieri regolari (tra comunitari ed extracomunitari) presenti nel nostro Paese hanno ormai superato abbondantemente la soglia di quattro milioni.

Secondo le stime dell’Istituto nazionale di statistica, sono 4 milioni 279 mila gli stranieri residenti presenti nel nostro Paese al 1° gennaio 2010[8]. Rispetto all’anno precedente si registra un incremento di 388 mila unità.

I dati dell’ISTAT si riferiscono agli stranieri iscritti all’anagrafe della popolazione residente e che presentano, quindi, caratteristiche insediative stabili. A questi devono aggiungersi gli stranieri regolarmente presenti ma che non hanno fatto richiesta o che non sono stati ancora registrati all’anagrafe.

Se si tiene conto anche dei soggiornanti non residenti o non ancora registrati, il numero di stranieri regolari avrebbe già superato nel corso del 2009, i quattro milioni, attestandosi a circa 4,33 milioni; se a questi si aggiungono le 300 mila persone registrate con la regolarizzazione del settembre 2009 si arriva ad oltre 4,5 milioni[9]. Secondo altre stime sarebbe stata quasi raggiunta la cifra di 5 milioni[10].

Secondo i dati ISTAT l’incidenza dei cittadini stranieri sulla popolazione complessiva è del 7,1%[11], che consente ormai di annoverare l’Italia tra i grandi Paesi europei di immigrazione accanto a Germania, Spagna, Francia e Regno Unito. Tra questi la Spagna, che presenta caratteristiche simili all’Italia (passato recente di Paese di emigrazione, alto incremento del fenomeno migratorio negli ultimi anni) registra nel 2007 una incidenza dell’11,3%[12].

Accanto alla presenza regolare degli stranieri, è diffuso il fenomeno dell’immigrazione irregolare. Ovviamente, non ci sono stime ufficiali sul numero totale dei clandestini. Un recente studio ipotizza una presenza irregolare in Italia di 422 mila persone all’inizio del 2009[13].

Per quanto concerne gli sbarchi di clandestini sulle coste italiane, si registra ormai il sostanziale azzeramento dei flussi provenienti dall’Albania e dalla Turchia, diretti in Puglia e in Calabria, mentre la Sicilia continua ad essere particolarmente esposta al flusso di immigrazione illegale. Da segnalare che a partire dal 2005 anche la Sardegna è diventata meta di sbarchi.

Nel 2009 sono sbarcati illegalmente sul territorio nazionale 9.573 stranieri. Si registra una sensibile diminuzione rispetto all’anno 2008, quando sono sbarcati sulle coste italiane 36.951 cittadini extracomunitari; la diminuzione è molto accentuata a partire dall’applicazione dell’accordo sottoscritto nel 2008 tra lo Stato italiano e la Libia. Nel 2009 sono stati 885 gli stranieri intercettati a bordo di imbarcazioni in acque internazionali e restituiti alle autorità libiche (834) e algerine (51), in occasione di 11 operazioni effettuate congiuntamente alla Libia (9) e all’Algeria (2). Dal maggio 2009 (data di inizio delle operazioni congiunte) al dicembre 2009 sono stati intercettati 3.185 clandestini sbarcati in Italia, contro 31.281 dello stesso periodo del 2008. Nel complesso in due anni (2008-2009) sono state rimpatriate 42.595 persone[14].

Una analisi effettuata a partire dal 2000 permette di individuare le modalità di ingresso degli stranieri in posizione irregolare: il 10% è costituito dagli sbarchi via mare e il 15% riguarda gli ingressi effettuati in maniera fraudolenta via terra. Quindi, solamente il 25% è costituito dai clandestini in senso stretto, la grande maggioranza (75%) è costituita dagli overstayer, ossia da persone che attraversano legalmente il confine con un visto valido (prevalentemente di tipo turistico) e poi si trattengono nel nostro Paese[15].

Le fonti normative

Le linee generali delle politiche pubbliche in materia di immigrazione in Italia, fissate dalla legge 40/1998[16] (cosiddetta “legge Turco – Napolitano”), sono state successivamente consolidate nel decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, Testo unico sull’immigrazione e sulla condizione dello straniero.

Successivamente, è intervenuta la legge 189/2002[17](la cosiddetta “legge Bossi-Fini”) che ha modificato il testo unico del 1998, pur non alterandone l’impianto complessivo.

In tempi più recenti, ulteriori integrazioni al testo unico sono state apportate dalla legge sulla sicurezza n. 94 del 2009[18].

Norme regolamentari, di attuazione del testo unico, sono contenute nel D.P.R. 31 agosto 1999, n. 394, come modificato dal D.P.R. 18 ottobre 2004, n. 334, emanato in attuazione della legge 189/2002.

Il testo unico interviene in entrambi gli ambiti principali del diritto dell’immigrazione: il diritto dell’immigrazionein senso stretto, concernente la gestione nel suo complesso del fenomeno migratorio: la definizione di regole di ingresso, di soggiorno, di controllo, di stabilizzazione dei migranti ed anche la repressione delle violazioni a tali regole; e il diritto dell’integrazione, che riguarda l’estensione, in misura più o meno ampia, ai migranti dei diritti propri dei cittadini (diritti civili, sociali, politici).

I princìpi fondamentali che sono alla base del testo unico sono essenzialmente tre: la programmazione dei flussi migratori e il contrasto all’immigrazione clandestina (per quanto riguarda il diritto dell’immigrazione); la concessione di una ampia serie di diritti volti all’integrazione degli stranieri regolari (diritto dell’integrazione).

Il testo unico non interviene in materia di diritto di asilo la cui disciplina, in passato contenuta nel decreto-legge 416/1989[19] (la cosiddetta “legge Martelli”), ha avuto di recente una regolamentazione dettagliata ad opera del decreto legislativo 251/2007 e successivamente del decreto legislativo 25/2008, entrambi di recepimento della normativa comunitaria: il primo della direttiva 2004/83/CE (la cosiddetta direttiva “qualifiche”), il secondo della direttiva 2005/85/CE (cosiddetta direttiva “procedure”).

Anche la condizione giuridica degli stranieri cittadini di stati membri dell’Unione europea è stata di recente ridisciplinata con il decreto legislativo 30/2007 sempre di derivazione comunitaria (dir. 2004/38/CE).

La programmazione dei flussi migratori

In Italia l’immigrazione dei cittadini stranieri non appartenenti all’Unione europea è regolata secondo il principio della programmazione dei flussi. Ogni anno il Governo, sulla base della necessità di manodopera interna, stabilisce il numero di stranieri che possono entrare nel nostro Paese per motivi di lavoro.

In particolare, la gestione dei flussi di immigrazione è realizzata attraverso una serie di strumenti, quali il documento programmatico triennale, il decreto annuale sui flussi, il decreto sull’ingresso degli studenti universitari.

Il documento programmatico sulla politica dell’immigrazione viene elaborato dal Governo ogni tre anni ed è sottoposto al parere delle Commissioni parlamentari. Esso contiene un’analisi del fenomeno migratorio e uno studio degli scenari futuri; gli interventi che lo Stato italiano intende attuare in materia di immigrazione; le linee generali per la definizione dei flussi d’ingresso; le misure di carattere economico e sociale per favorire l’integrazione degli stranieri regolari[20].

Il decreto sui flussi è lo strumento attuativo del documento programmatico, con cui il Governo stabilisce ogni anno, sulla base delle indicazioni contenute nel documento e dei dati sull’effettiva richiesta di lavoro da parte delle realtà locali, elaborati da un’anagrafe informatizzata tenuta dal Ministero del lavoro, le quotemassime di stranieri da ammettere in Italia per motivi di lavoro. In esso sono previste quote riservate per i cittadini provenienti da Paesi a forte pressione migratoria con i quali l’Italia ha sottoscritto accordi specifici di cooperazione in materia di immigrazione.

Il contrasto all’immigrazione clandestina

Il secondo principio su cui si fonda la disciplina dell’immigrazione è quello del contrasto all’immigrazione clandestina.

Gli stranieri entrati in Italia senza regolare visto di ingresso sono considerati “clandestini”, mentre sono ritenuti “irregolari” gli stranieri che hanno perduto i requisiti per la permanenza sul territorio nazionale. Secondo le norme vigenti, tali immigrati devono essere respinti alla frontiera o espulsi.

L’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio nazionale è considerato un reato punibile con una ammenda o con l’espulsione.

Gli strumenti che l’ordinamento predispone per il contrasto all’immigrazione clandestina sono numerosi e vanno dalla repressione del reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, al respingimento alla frontiera, dall’espulsione come misura di sicurezza per stranieri condannati per gravi reati, all’espulsione come sanzione sostitutiva.

Il principale di essi può tuttavia considerarsi l’espulsione amministrativa. Dopo la legge Bossi-Fini essa deve essere eseguita in via ordinaria con l’accompagnamento alla frontiera da parte delle forze dell’ordine, disposto dal prefetto; solamente in determinati casi si concreta in una intimazione a lasciare entro 15 giorni il territorio dello Stato. Il provvedimento di espulsione è valido per 10 anni e il mancato rispetto di quanto in esso disposto dà luogo a sanzione penale.

Particolarmente severe sono le disposizioni volte a reprimere il reato di favoreggiamento all’immigrazione clandestina, punito con la reclusione fino a a quindici anni. Le pene sono poi aumentate in presenza di circostanze aggravanti, quali l’avviamento alla prostituzione[21]. Va inoltre ricordata, in proposito, la ridefinizione dei reati di riduzione in schiavitù e di tratta di persone operata dalla legge 228/2003[22].

Una menzione spetta anche al permesso di soggiorno a fini investigativi, rilasciato in favore degli stranieri che prestino la loro collaborazione all’autorità giudiziaria o agli organi di polizia in relazione a delitti commessi per finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell’ordine democratico. Si tratta di un nuovo strumento introdotto dal decreto-legge 144/2005[23], e che si inserisce nel solco della legislazione premiale in materia di immigrazione inaugurata dal permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, che può essere rilasciato a immigrati clandestini che siano vittime di situazioni di violenza o di grave sfruttamento[24].

Quando l’espulsione non può essere immediata, gli stranieri devono essere trattenuti presso appositi centri di identificazione ed espulsione (CIE) (nuova denominazione dei centri di permanenza temporanea ed assistenza – CPTA) per il tempo strettamente necessario alla loro identificazione ed espulsione.

I CIE, ex CPTA,sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (i motivi di possibile trattenimento sono i seguenti: perché occorre procedere al soccorso dello straniero, ad accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, ovvero all’acquisizione di documenti per il viaggio, ovvero a giudizio di convalida, ovvero per l’indisponibilità di vettore o altro mezzo di trasporto idoneo)[25]. In tali strutture lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità (art. 14, co. 2, D.Lgs. 286/1998). Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile fino ad un massimo di 6 mesi.

Il decreto-legge 151/2008[26] autorizza uno stanziamento pluriennale per l’ammodernamento e l’ampliamento dei CIE e per la costruzione di nuovi. Le nuove strutture dovrebbero essere localizzate nelle regioni nelle quali attualmente non esistono CIE. Sono in corso le attività di scelta e di valutazione alle quali partecipano anche le regioni e gli enti locali interessati[27].

Gli interventi a livello internazionale

Uno degli strumenti che hanno reso possibile una efficace azione di contrasto all’immigrazione clandestina è stato la stipulazione, da parte del Governo italiano, di una serie di accordi bilaterali in materia di immigrazione (l’ultimo con la Libia).

Si tratta, innanzitutto, degli accordi di riammissione degli stranieri irregolari, previsti dal testo unico sull’immigrazione, volti ad ottenere la collaborazione delle autorità del Paese straniero nelle operazioni di rimpatrio dei migranti non regolari, espulsi dall’Italia o respinti al momento dell’attraversamento della frontiera.

Con alcuni Paesi, e specificamente con quelli a più alta pressione migratoria, sono stati perfezionati pacchetti di intese di portata più ampia che prevedono non soltanto accordi di riammissione, ma anche intese di cooperazione di polizia, nonché accordi in materia di lavoro. Nei decreti annuali sui flussi di ingresso del lavoratori extracomunitari sono previste quote riservate per gli stranieri provenienti da Paesi che hanno stretto tali accordi globali di cooperazione.

L’integrazione degli stranieri regolari

Per quanto riguarda il terzo dei tre princìpi ispiratori della legislazione vigente, l’integrazione degli stranieri regolari, il nostro ordinamento garantisce una ampia tutela dei diritti degli stranieri e promuove l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

Innanzitutto, agli stranieri sono garantiti, alla stregua dei cittadini italiani, i diritti fondamentali di libertà ed eguaglianza fissati dalla prima parte della nostra Costituzione. Tra questi, espressamente destinato agli stranieri, il diritto di asilo (art. 10 della Cost.).

Inoltre, una serie di disposizioni contenute in leggi ordinarie provvedono a fissare contenuti e limiti della possibilità degli stranieri di godere dei diritti propri dei cittadini e dall’altro a promuovere l’accoglienza e l’integrazione degli immigrati.

In primo luogo, la legge prevede, in presenza di determinate condizioni, la concessione agli stranieri della cittadinanza (per naturalizzazione, per nascita o per matrimonio), quale massimo strumento di integrazione e di possibilità di godimento dei diritti garantiti dall’ordinamento. L’acquisizione della cittadinanza per naturalizzazione presuppone la permanenza regolare e continuativa nel territorio nazionali per dieci anni ed è subordinata alla decisione, in larga parte discrezionale, dell’amministrazione pubblica.

Per quanto riguarda i diritti civili, agli stranieri è garantito il diritto alla difesa in giudizio (art. 17 testo unico).

Inoltre, è prevista una serie di strumenti volti al contrasto della discriminazione razziale: a partire dalla legge 654/1975 di ratifica della Convenzione di New York del 1966 contro il razzismo[28], fino al testo unico che da una definizione puntuale degli atti di discriminazione (art. 43) e disciplina l’azione di sede civile contro tali atti (art. 44).

In questo settore alcuni importanti interventi sono stati realizzati principalmente in attuazione della disciplina comunitaria: il D.Lgs. 215/2003 e il D.Lgs. 216/2003 contengono disposizioni per garantire la non discriminazione a causa delle proprie origini, il primo in generale, il secondo in materia di lavoro[29].

Sono previste, inoltre, alcune disposizioni relative alla tutela dei diritti sociali.

Specifiche disposizioni del testo unico (artt. 28-33) prendono in esame le forme di garanzia del diritto all’unità familiare e al ricongiungimento familiare, riconosciuto agli stranieri regolarmente soggiornanti, e di tutela dei minori, il cui prioritario interesse deve sorreggere tutti i provvedimenti amministrativi e giurisdizionali in materia di diritto all’unità familiare.

Per quanto riguarda il diritto alla salute, viene garantita una ampia assistenza sanitaria a tutti gli stranieri, compresi coloro che non sono in regola con le norme relative all’ingresso e al soggiorno (artt. 34-36).

Anche il diritto allo studio è garantito dal testo unico (art. 38, 39 e 39-bis).

Le disposizioni del testo unico in materia di servizi abitativi e di assistenza sociale per stranieri (artt. 40-41) prevedono che le regioni, in collaborazione con gli enti locali e con le associazioni di volontariato, predispongano centri di accoglienza destinati ad ospitare stranieri regolarmente soggiornanti e impossibilitati, temporaneamente, a provvedere autonomamente alle proprie esigenze abitative e di sussistenza.

L’art. 41 del testo unico estende a favore degli stranieri in possesso del permesso di soggiorno (di durata non inferiore a un anno) o del permesso di soggiorno di lungo periodo anche l’accesso ai servizi socio-assistenzialiorganizzati sul territorio.

Quanto ai diritti politici, va segnalata la Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale fatta a Strasburgo nel 1992 tra i Paesi membri del Consiglio d’Europa (ratificata dall’Italia con legge 203/1994) con la quale vengono garantiti agli stranieri residenti nei Paesi aderenti una serie di diritti. In particolare il capitolo A della Convenzione prevede il riconoscimento agli stranieri, alle stesse condizioni previste per i cittadini, delle libertà di espressione, di riunione e di associazione, ivi compresa quella di costituire sindacati e affiliarsi ad essi, ferme restando le eventuali limitazioni per ragioni attinenti alla sicurezza dello Stato, alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica. Con il capitolo B si riconosce il diritto alle collettività locali che hanno nei loro rispettivi territori un numero significativo di residenti stranieri, di creare organi consultivi volti a rappresentare i residenti stranieri a livello locale, ai quali deve essere data la possibilità di discutere sui problemi di loro interesse per il tramite di rappresentanti eletti o nominati da gruppi associati.

Non si è data, invece, applicazione al capitolo C della Convenzione che impegna le parti a concedere agli stranieri residenti il diritto di elettorato attivo e passivo alle elezioni locali che, pertanto, non è attribuibile agli stranieri non comunitari.

Interventi recenti e prospettive future in materia di immigrazione

Le questioni relative all’immigrazione, ed in particolare il contrasto all’immigrazione clandestina e ai reati connessi, sono argomento di dibattito politico fin dall’inizio della legislatura.

Nell’illustrare alle Camere il programma del nuovo Governo, il Presidente del Consiglio ha sottolineato “le difficoltà e i rischi dell’immigrazione selvaggia e non regolata” ed ha indicato la necessità di “assorbire e integrare con ordine e saggezza le immigrazioni” interne ed esterne all’Unione europea[30].

Il pacchetto sicurezza

Il 21 maggio 2008, nel primo Consiglio dei Ministri dopo il voto di fiducia, il Governo ha approvato una serie di misure legislative in materia di sicurezza (il cosiddetto pacchetto sicurezza) dove ampio spazio è dedicato alle disposizioni volte a contrastare l’immigrazione clandestina e a fare fronte a questioni di ordine e sicurezza pubblica connesse con il fenomeno migratorio.

S tratta, in particolare, di:

§      un decreto-legge recante misure urgenti in materia di sicurezza (decreto-legge 92/2008);

§      due disegni di legge, entrambi approvati, uno contenente anch’esso disposizioni in materia di sicurezza e l’altro di ratifica al Trattato di Prüm (cooperazione transfrontaliera a fini di contrasto del terrorismo, alla criminalità e alla migrazione illegale);

§      tre schemi di decreto legislativo che intervengono rispettivamente in materia di ricongiungimento familiare, di diritto di asilo e di libera circolazione di cittadini comunitari, i primi due dei quali poi emanati;

§      una dichiarazione di stato di emergenza volta a fare fronte alla situazione di criticità in Campania, in Lombardia e nel Lazio per la presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi stabilmente insediati (lo stato di emergenza è stato poi esteso anche a Piemonte e Veneto).

 

Il decreto-legge 92/2008[31] contiene diverse misure in materia di immigrazione alcune delle quali riguardano anche gli stranieri comunitari.

Un primo gruppo di disposizioni modificano il codice penale, in particolare:

§      viene ridotto da 10 a 2 anni il periodo minimo di condanna alla reclusione che comporta l’espulsione per ordine del giudice (mod. art. 235 c.p.);.

§      viene previsto la nuova fattispecie di allontanamento dello straniero comunitario per motivi di sicurezza (analoga all’espulsione dello straniero extracomunitario) ordinato dal giudice in caso di condanna penale di due anni (art. 235 c.p. come modificato dal decreto legge) o di condanna per delitti contro la personalità dello Stato (art. 312 c.p.);

§      la trasgressione all’ordine di espulsione o di allontanamento viene punita con la reclusione da 1 a 4 anni con l’arresto obbligatorio, anche al di fuori dei casi di flagranza, e si procede con rito direttissimo;

§      viene introdotta una nuova circostanza aggravante comune, che comporta l’aumento della pena fino ad un terzo, se il reato è commesso da soggetto che si trovi illegalmente sul territorio nazionale (mod. art. 61 c.p.);

§      aumento delle pene per chi dichiara falsa identità (da 1 a 6 anni di reclusione);

§      punizione con la reclusione da 1 a 6 anni per chi altera parti del proprio o dell’altrui corpo per impedire la propria o l’altrui identificazione.

Anche la procedura penale viene modificata: i procedimenti relativi ai delitti commessi in violazione delle norme in materia di immigrazione vengono inclusi tra quelli per i quali è assicurata priorità assoluta nella formazione dei ruoli di udienza.

Un terzo gruppo di disposizioni interviene direttamente a modificare il testo unico del 1998:

§      si prevede una nuova fattispecie connessa al reato di favoreggiamento della permanenza di immigrati clandestini a scopo di lucro: quando il fatto è commesso da 2 o più persone, ovvero riguarda la permanenza di 5 o più persone la pena è aumentata da un terzo alla metà;

§      viene introdotto il reato di cessione di immobile ad uno straniero irregolare, punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e la confisca dell’immobile;

§      è abbreviato da 15 a 7 giorni il termine entro il quale l’autorità giudiziaria deve concedere o negare il nullaosta dello straniero sottoposto a procedimento penale che deve essere espulso (si ricorda che in caso l’autorità giudiziaria non provveda nei termini il nulla osta si considera concesso);

§      viene elevata la pena per il datore di lavoro che impiega immigrati clandestini (l’arresto da tre mesi a un anno è aumentato a 6 mesi e 3 anni);

§      i centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA) vengono ridenominati centri di identificazione ed espulsione.

Infine, viene conferito ai sindaci il compito di segnalare alle competenti autorità giudiziaria o di pubblica sicurezza la condizione irregolare dello straniero o del cittadino comunitario per l’eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o di allontanamento.

Il decreto-legge 92/2008, sopra brevemente descritto, anticipa alcune delle disposizioni del pacchetto sicurezza ritenute dal Governo più urgenti. Un altro nutrito gruppo di interventi è contenuto nella legge n. 94, il cui disegno di legge è stato presentato insieme al decreto legge e approvato nel luglio 2009.

Per quanto riguarda l’immigrazione, tra le novità principali si segnala l’introduzione di una disposizione volta a sanzionale l’ingresso e il soggiorno illegale nel territorio dello Stato. Si tratta di una contravvenzione punibile con l’ammenda da 5 mila a 10 mila euro[32].

La legge 94 apporta altre numerose modifiche al testo unico sull’immigrazione tra le quali:

§      diniego dell’ammissione all’ingresso in Italia anche per condanna non definitiva per gravi reati;

§      inserimento del riferimento alle condanne per reati che prevedono l’arresto obbligatorio in flagranza tra gli elementi da considerare ai fini della revoca o del diniego di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi familiari;

§      inasprimento della pena per lo straniero che viene trovato nel territorio nazionale dopo essere già stato già espulso coattivamente per non aver ottemperato a una precedente intimazione di allontanamento;

§      previsione che la richiesta di iscrizione anagrafica dello straniero può dar luogo alla verifica delle condizioni igienico-sanitarie dell’immobile;

§      introduzione di una contributo sul permesso di soggiorno tra gli 80 e i 200 euro[33];

§      previsione di un test di conoscenza della lingua italiana per il rilascio del permesso di soggiorno di lungo periodo;

§      istituzione di un accordo di integrazione, da sottoscrivere al momento della richiesta del permesso di soggiorno;

§      obbligo di esibizione del permesso di soggiorno agli uffici della pubblica amministrazione anche ai fini del rilascio degli atti di stato civile o per l’accesso a pubblici servizi (ad eccezione delle prestazioni scolastiche obbligatorie e sanitarie);

§      estensione da due a sei mesi del tempo massimo di permanenza nei Centri di identificazione ed espulsione.

 

Tra le altre misure di interesse si ricordano anche:

§      l’introduzione del delitto di impiego di minori nell’accattonaggio;

§      l’obbligo dei gestori degli esercizi di trasferimento di denaro (i c.d. Money Transfer) di acquisire copia del titolo di soggiorno del richiedente il servizio (se cittadino non comunitario);

§      la previsione di nuovi requisiti per l’acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio.

 

Il secondo disegno di legge del pacchetto sicurezza ha una portata più circoscritta, riguardando, come anticipato, la ratifica al Trattato di Prüm (legge 85/2009) relativo all’approfondimento della cooperazione transfrontaliera a fini di contrasto del terrorismo, alla criminalità transfrontaliera e alla migrazione illegale. Esso prevede tra l’altro l’istituzione di una banca dati del DNA volta a facilitare l’identificazione degli autori dei delitti.

Riferibili interamente alle questioni dell’immigrazione sono i tre schemi di decreto legislativo (due dei quali poi emanati) facenti parte integrante del pacchetto sicurezza.

In estrema sintesi i tre provvedimenti intervengono sulle seguenti questioni:

§      cittadini comunitari: diverse modifiche vengono apportate alla disciplina della condizione giuridica dei cittadini di altri Stati membri dell’Unione europea, regolata dal D.Lgs. 30/2007, di attuazione della normativa comunitaria (non approvato in via definitiva);

§      ricongiungimenti familiari: vengono introdotte alcune restrizioni all’esercizio del diritto al ricongiungimento nei confronti del coniuge, dei figli maggiorenni e dei genitori, tra queste la possibilità di ricorrere all’esame del DNA per l’accertamento del rapporto di parentela, in assenza della documentazione relativa o qualora vi siano dubbi sulla sua autenticità (D.Lgs. 160/2008);

§      rifugiati: il procedimento di riconoscimento dello status di rifugiato viene modificato in più punti. Tra le modifiche principali l’eliminazione dell’effetto sospensivo del ricorso giurisdizionale avverso la decisione di rigetto della Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale e l’introduzione della possibilità da parte del prefetto di stabilire un luogo di residenza ove il richiedente asilo possa circolare (D.Lgs. 159/2008).

 

Gli schemi dei tre decreti legislativi sono stati presentati dal Governo alle Camere e le Commissioni parlamentarti competenti hanno reso i prescritti pareri. Il Consiglio dei ministri nella seduta del 1° agosto 2008, ha recepito in gran parte le proposte e le osservazioni delle Commissioni, ma non ha deliberato in via definitiva sugli schemi decidendo, con una formula definita “irrituale” di inviare i testi per un parere informale alla Commissione europea[34].

Proprio al fine di consentire il confronto con la Commissione europea, è stata disposta una proroga alle autorizzazioni di delega, ormai prossime alla scadenza, di cui i tre schemi costituiscono attuazione[35].

Il 23 settembre 2008 il Consiglio dei Ministri ha approvato due dei tre decreti (asilo e ricongiungimento) che “hanno superato positivamente la verifica di compatibilità con l’ordinamento comunitario”[36].

Riguardo al terzo decreto(sui cittadini comunitari) la Commissione si è espressa in senso contrario in quanto è stata ritenuta eccessiva l’espulsione e sufficiente l’invito ad allontanarsi dal nostro paese[37]. Nel corso dell’audizione svolta il 15 ottobre 2008 dinanzi al Comitato parlamentare Schengen, il ministro dell’interno Maroni ha segnalato che, a seguito di rilievi formulati dalla Commissione europea, il Governo ha ritenuto per il momento di accantonare l’adozione del provvedimento di modifica della disciplina relativa alla libertà di circolazione dei cittadini comunitari.

Completa il pacchetto la dichiarazione di stato di emergenza volta di fare fronte alla situazione di criticità in Campania, in Lombardia e nel Lazio per la presenza di numerosi cittadini extracomunitari irregolari e nomadi stabilmente insediati in talune aree[38]. Lo stato di emergenza, la cui scadenza era inizialmente fissata al 31 maggio 2009, è stato poi prorogato fino al dicembre 2010 ed esteso anche a Piemonte e Veneto[39].

Altri interventi in materia di immigrazione

Immigrazione clandestina

Al pacchetto sicurezza si sono affiancati nel corso della legislatura altri interventi in materia di immigrazione, alcuni dei quali in attuazione delle disposizioni del pacchetto.

In primo luogo, la dichiarazione dello Stato di emergenza sopra citata in Campania, in Lombardia e nel Lazio ha consentito di nominare i prefetti di Napoli, Milano e Roma (e poi anche di Torino e Venezia) commissari delegati per la realizzazione di tutti gli interventi necessari al superamento dello stato di emergenza. Tra questi il monitoraggio dei campi autorizzati in cui sono presenti comunità nomadi; l’individuazione e sgombero degli insediamenti abusivi; l’identificazione e censimento delle persone, anche minori di età, e dei nuclei familiari presenti nei campi nomadi attraverso rilievi segnaletici.

Nella stessa ottica emergenziale si colloca la proroga dello stato di emergenza fino al 31 dicembre 2009 per fronteggiare il massiccio afflusso di cittadini extracomunitari[40].

Unitamente agli schemi dei tre decreti legislativi sopra citati, il Governo ha inviato alla Commissione europea anche un rapporto sulle modalità con cui si sono stati condotti i censimenti nei campi nomadi presenti in Lombardia, Lazio e Campania.

Il rapporto è corredato dai rapporti inviati dai prefetti nominati commissari straordinari per l’emergenza rom nelle tre Regioni, dalle linee guida diramate agli stessi prefetti, da una lettera della Croce Rossa e una nota dell’Unicef e dalla lettera con cui il Garante per la protezione dei dati personali approva le linee guida[41].

La Commissione ha comunicato i risultati dell’analisi dei documenti inviati giudicando le misure adottate dall’Italia per fare fronte all’emergenza dei campi nomadi illegali non discriminatorie e quindi in linea con il diritto comunitario[42].

Nel settembre 2008 il Governo ha approvato un altro decreto legge in materia di sicurezza (decreto-legge 151/2008)[43] che, tra l’altro, reca gli stanziamenti necessari per la costruzione di nuovi centri di identificazione ed espulsione (ex CPT) e per l’ampliamento di quelli già esistenti. Il provvedimento è motivato dall’eccezionale afflusso di immigrati: 14.200 tra gennaio e settembre del 2007, 23.600 nello stesso periodo del 2008. La ricettività dei centri verrà raddoppiata, aggiungendo ulteriori 1.000 posti agli attuali 1.160[44].

Misure che riguardano l’immigrazione sono contenute anche nel disegno di legge del Governo in materia di prostituzione che stabilisce una procedura accelerata, da definirsi con un successivo regolamento, per il rimpatrio assistito dei minori stranieri non accompagnati che esercitano la prostituzione ne nostro Paese, al fine di consentire il ricongiungimento del minore con la famiglia di origine (art. 2, comma 2, dell’A.S. 1079 all’esame della I e II Commissione del Senato)[45].

Nell’agosto del 2008 il Governo ha sottoscritto un trattato di amicizia e cooperazione con la Libia, che rappresenta la principale via di transito per i migranti africani che tentano di raggiungere clandestinamente l’Italia attraverso il Mediterraneo. L’accordo siglato nell’agosto 2008 e ratificato con la legge 7/2009, prevede anche forme di collaborazione in materia di contrasto all’immigrazione clandestina.

In particolare, qui rileva l’articolo 19 del trattato che prevede il rafforzamento della collaborazione nella lotta al terrorismo, alla criminalità e alla immigrazione clandestina, attraverso la creazione di un sistema di controllo delle frontiere terresti libiche e l’attuazione del Protocollo di cooperazione del dicembre 2007 che prevede il pattugliamento congiunto in mare con equipaggi misti e mezzi messi a disposizione dall’Italia.

Integrazione

Il decreto-legge 112/2008[46] recante la manovra economica per il 2009, ha inserito gli immigrati a basso reddito tra i soggetti destinatari delle abitazioni del Piano casa, a condizione che siano residenti da almeno 10 anni nel territorio nazionale ovvero da 5 anni nella medesima regione (art. 11) e prevede che l’assegno sociale è corrisposto agli aventi diritto a condizione che abbiano soggiornato legalmente, in via continuativa, per almeno 10 anni nel territorio nazionale (art. 20, co. 10)

Il decreto-legge 93/2008[47] riduce alcune delle autorizzazioni di spesa tra cui gli stanziamenti per il Fondo per l’inclusione sociale degli immigrati[48].

Si segnala, inoltre, la proposta di legge di iniziativa parlamentare volta a mutare le competenze del Comitato bicamerale di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen che verrebbe trasformato in un comitato parlamentare in materia di immigrazione. La proposta è stata approvata dalla Camera (A.C. 1446) ed è ora all’esame del Senato (A.S. 1700).

Sempre di iniziativa parlamentare, la proposta di legge A.C. 1052 per l’istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sulla condizione delle donne e dei minori nelle comunità rom presenti in Italia.

Di particolare rilievo alcune proposte di legge esaminate alla Camera che modificano la disciplina della cittadinanza al fine di adeguarla alle crescenti dimensioni del fenomeno migratorio. Alcune di queste ampliano le possibilità di acquisizione della cittadinanza per i cittadini stranieri nati in Italia. La I Commissione della Camera ha approvato un testo unificato delle proposte di legge (A.C. 103-A). Il 12 gennaio 2010 l’Assemblea ha tuttavia deciso di rinviare il testo in commissione per un approfondimento dell’esame.

La Camera ha affrontato la questione dell’immigrazione anche sul versante dell’attività di indirizzo e controllo.

Si segnala a proposito la discussione su di una serie di mozioni sull’accesso alla scuola dell’obbligo degli studenti stranieri[49].

Il testo approvatoimpegna il Governo:

§       a rivedere il sistema di accesso degli studenti stranieri alla scuola di ogni ordine e grado, autorizzando il loro ingresso previo superamento di test e specifiche prove di valutazione;

§       a istituire classi ponte, che consentano agli studenti stranieri che non superano le prove e i test sopra menzionati di frequentare corsi di apprendimento della lingua italiana, propedeutiche all’ingresso degli studenti stranieri nelle classi permanenti;

§       a non consentire in ogni caso ingressi nelle classi ordinarie oltre il 31 dicembre di ciascun anno, al fine di un razionale ed agevole inserimento degli studenti stranieri nelle nostre scuole e a prevedere, altresì, una distribuzione degli stessi proporzionata al numero complessivo degli alunni per classe, per favorirne la piena integrazione e scongiurare il rischio della formazione di classi di soli alunni stranieri;

§       a favorire, all’interno delle predette classi ponte, l’attuazione di percorsi monodisciplinari e interdisciplinari, attraverso l’elaborazione di un curricolo formativo essenziale, che tenga conto di progetti interculturali, nonché dell’educazione alla legalità e alla cittadinanza: a) comprensione dei diritti e doveri (rispetto per gli altri, tolleranza, lealtà, rispetto della legge del paese accogliente); b) sostegno alla vita democratica; c) interdipendenza mondiale; d) rispetto di tradizioni territoriali e regionali del Paese accogliente, senza etnocentrismi; e) rispetto per la diversità morale e cultura religiosa del paese accogliente;

§       a prevedere l’eventuale maggiore fabbisogno di personale docente da assegnare a tali classi, inserendolo nel prossimo programma triennale delle assunzioni di personale docente disciplinato dal decreto-legge 97/2004, convertito con modificazioni, dalla legge 143/2004, alla cui copertura finanziaria si provvede mediante finanziamenti da iscrivere annualmente nella legge finanziaria.

 

Anche la VII Commissione cultura della Camera è intervenuta approvando una risoluzione che, al fine di favorire il processo di integrazione dei bambini stranieri con quelli italiani, chiede l’introduzione di un tetto che preveda la presenza nelle classi di non più del 30 per cento di bambini stranieri (Risoluzione 7/140 approvata nella seduta del 6 maggio 2009 ). Il principio del limite massimo di studenti stranieri è stato recepito dal Governo con la circolare 8 gennaio 2010 dove si stabilisce che il numero degli alunni con cittadinanza non italiana presenti in ciascuna classe non potrà superare di norma il 30 per cento del totale degli iscritti.

Particolarmente attiva la Commissione bicamerale infanzia che ha approvato una risoluzione che impegna il Governo a adottare tutte le opportune iniziative per rafforzare gli strumenti di tutela dei minori stranieri non accompagnati (Doc. XXIV-bis, n. 1, approvato il 21 aprile 2009). Inoltre, la Commissione sta svolgendo da alcuni mesi una indagine conoscitiva volta ad approfondire la condizione dei minori stranieri presenti in Italia in assenza dei genitori.

Lavoro

Le Commissioni riunite I e II della Camera hanno esaminato una proposta di direttiva comunitaria che punisce i datori di lavoro che impiegano clandestini valutandola positivamente e impegnando il Governo a sostenere, in sede di Consiglio dell’Unione europea alcune modifiche e integrazioni al testo della proposta.[50]

Sempre alla Camera, nell’aprile 2010 sono state discusse alcune mozioni incentrate sulle politiche migratorie e di integrazione, e per il contrasto al lavoro irregolare. Tutte le mozioni sono accomunate dalla richiesta di moltiplicare gli sforzi per combattere lo sfruttamento dei lavoratori stranieri[51].

Riguardo all’attività amministrativa, si segnala che il Governo ha prorogato fino al 31 dicembre 2010 il regime transitorio per l’accesso al mercato del lavoro dei cittadini rumeni e bulgari, confermando le disposizioni degli anni precedenti che pongono alcune limitazioni in materia di accesso al lavoro subordinato[52].

Inoltre, il Governo ha proceduto alla definizione delle quote di ingresso dei lavoratori stranieri per il 2008 (il cosiddetto decreto flussi) nella misura di 150.000 persone, utilizzando le graduatorie delle domande eccedenti presentate nel 2007[53], mentre per il 2009 le quote autorizzate sono destinate esclusivamente ai lavoratori stagionali solitamente impiegati in agricoltura e nel settore turistico (80.000 persone)[54].

Per il 2010, al momento, è stato autorizzato l’ingresso di altri 80.000 lavoratori stagionali. Oltre a questi è stata prevista una quota di 6.000 lavoratori non stagionali di cui 4.000 lavoratori autonomi, imprenditori, artisti ecc. e 2.000 cittadini stranieri che hanno completato programmi di formazione nel Paese di origine[55].

Per i lavoratori occupati irregolarmente nelle sole attività di assistenza personale o del lavoro domestico è stata prevista la possibilità di regolarizzare la loro posizione lavorativa (decreto-legge 78/2009, art. 1-ter)[56]. L’intervento riguarda sia i lavoratori stranieri (con o senza permesso di soggiorno), sia i lavoratori italiani. Dal 1° al 30 settembre 2009 i datori di lavoro hanno potuto presentare una dichiarazione di emersione, previo pagamento di un contributo forfetario di 500 euro per ciascun lavoratore. Secondo i dati diffusi dal Ministero dell’interno sono state presentate quasi 300.000 domande[57].

 


I centri di trattenimento degli immigrati clandestini in libia

Sia il Ministero degli affari esteri, sia quello dell’interno possano promuovere intese con i Paesi di provenienza o di transito dei flussi irregolari finalizzate, in generale, alla collaborazione nel contrasto all’immigrazione clandestina, e, inoltre, volte ad accelerare l’espletamento degli accertamenti e il rilascio dei documenti relativi ai procedimenti previsti dal testo unico (quali ad esempio quelli relativi all’espulsione). Le intese di collaborazione possono prevedere anche la cessione a titolo gratuito di apparecchiature e mezzi, strumentali alla prevenzione dell’immigrazione clandestina (art. 11, co. 4, del testo unico sull’immigrazione: D.Lgs. 286/1998).

In tale ambito, il D.L. 241/2004[58] ha previsto la possibilità che il Ministero dell’interno contribuisca, solo per il 2004 e il 2005, alla realizzazione, nei Paesi di provenienza, di apposite “strutture” destinate al contrasto dei flussi irregolari (art. 11, co. 5-bis, del testo unico, introdotto dall’art. 1-bis del decreto-legge). Allo scopo sono destinati 13,8 milioni di euro: 6.400.000 euro per l’anno 2004 e di 7.400.000 euro per l’anno 2005 (art. 2, co. 1-quater, del decreto-legge).

In attuazione di quanto sopra il ministro dell’interno, con la direttiva del 7 dicembre 2004 ha dato mandato al Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione di provvedere alla realizzazione di strutture ricettive utili per l’accoglienza e l’assistenza degli immigrati irregolari diretti verso il territorio italiano, situate all’estero, nel territorio degli Stati di provenienza[59].

In particolare, è stata prevista la costruzione di 3 centri in Libia per il trattenimento degli stranieri irregolari da rimpatriare[60].

Nel frattempo, nel febbraio 2004, ha avuto luogo, in Libia, una missione ministeriale di esperti, incaricati di effettuare sopralluoghi tecnici in vista della costituzione di centri per il trattenimento degli stranieri irregolari da rimpatriare, a cui è seguita, nel maggio 2004, la visita di una delegazione libica presso l’azienda incaricata, per la definizione delle caratteristiche richieste. Il 29 gennaio 2005, una delegazione formata da rappresentanti del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione ed esperti della Protezione civile si è quindi recata a Tripoli per il perfezionamento delle procedure per la costruzione, in località Gharyan, non distante dalla capitale libica, del primo Centro di trattenimento con una capacità ricettiva di 1.000 posti. Nella circostanza è stato sottoscritto il verbale per la consegna, alla ditta incaricata dei lavori, dei 30.000 mq su cui sarebbe poi sorto il Centro[61]. Il contratto per la realizzazione del centro è stato stipulato con un importo complessivo di oltre 5 milioni di euro[62].

Nel 2006 risultavano ancora in corso di realizzazione tre centri[63].

Nel 2007, il programma di realizzazione dei centri sembra ridimensionato e parzialmente modificato: la struttura di Gharyan, risulta già ultimata e consegnata, ed è destinata a scuola per l’addestramento e la formazione degli allievi agenti della polizia libica, nell’ambito dei rapporti di collaborazione delle forze di polizia. I lavori per il centro di Kufra, destinato ad essere utilizzato come centro sanitario di frontiera, non erano ancora iniziati, mentre non vi era alcuna previsione di realizzare un centro a Sebha[64].


 

Documentazione

 


 

 Rapporti bilaterali italo-libici
(a cura del Ministero degli Affari Esteri)

1. Normalizzazione del rapporto bilaterale e principali interessi italiani

La prima visita del Colonnello Gheddafi in Italia, svoltasi a Roma dal 10 al 13 giugno 2009, ha costituito un evento “storico”, a coronamento del lungo e contrastato processo di “normalizzazione” del rapporto bilaterale con Tripoli, sancito nel Trattato di Amicizia, Partenariato e Cooperazione firmato a Bengasi il 30 agosto 2008 dal Presidente del Consiglio e dallo stesso  Leader libico. Il Trattato, entrato in vigore il 2 marzo 2009, ha il duplice obiettivo della chiusura definitiva del “capitolo del passato”, con la soluzione dei contenziosi bilaterali, e della costruzione di una nuova fase delle relazioni italo-libiche, basata sul rispetto reciproco, la pari dignità e su un rapporto paritario e bilanciato, caratterizzato da un forte e ampio partenariato politico, economico e in tutti gli altri settori di collaborazione. Il Trattato costituisce pertanto, come affermato nel Preambolo, il quadro giuridico di riferimento per lo sviluppo di un rapporto tra i due Paesi “speciale e privilegiato”. In tale contesto, in occasione della visita del Colonnello, sono state firmate alcune Intese (Convenzione per evitare le doppie imposizioni, Memorandum di collaborazione economica e scientifica nel settore delle risorse marine, Memorandum per facilitare le procedure di rilascio dei visti, Scambio di Lettere sulla concessione di borse di studio a un contingente di cento studenti libici) che, insieme all’Accordo di Cooperazione nel settore industriale, economico e commerciale firmato a Tripoli l’1 aprile 2009 dal Ministro dello Sviluppo Economico, rappresentano un primo importante consolidamento della nuova fase aperta dal Trattato di Amicizia.

In occasione della visita, il Colonnello Gheddafi ha confermato di voler dare alle società italiane la priorità nell’assegnazione di importanti commesse e grandi lavori industriali, garantendo altresì specifiche facilitazioni e agevolazioni alle imprese italiane interessate a investire e operare in Libia, mediante la concessione di vere e proprie zone franche. Si tratta, evidentemente, di un interesse strategico per il nostro Paese, al fine di consolidare il primato economico-commerciale nelle relazioni con la Libia che abbiamo mantenuto nel periodo di maggiore isolamento internazionale di Tripoli ma che negli ultimi anni, con la progressiva apertura della Libia, risulta esposto all’agguerrita concorrenza dei nostri principali competitori.

2. Settori di collaborazione bilaterale

a)  Collaborazione nel settore della non proliferazione delle armi di distruzione di massa

La rinuncia della Libia alle armi di distruzione di massa costituisce il punto di arrivo di un percorso lungo, intrapreso da tempo dalla Libia con il sostegno e il pieno incoraggiamento dell’Italia. Alla decisione libica hanno concorso una serie di fattori, tra i quali può avere giocato un ruolo importante l’impatto dell’intervento americano in Iraq nonché il sequestro nel porto di Taranto di un carico di centrifughe per l’arricchimento dell’uranio, effettuato nel novembre 2003 di concerto con i Servizi tedeschi e americani. Già in precedenza, peraltro, la Libia aveva espresso l’intenzione di aderire alla Convenzione di Parigi sulla proibizione delle armi chimiche e al Trattato di messa al bando degli esperimenti nucleari. L’Italia ha accompagnato un’evoluzione in tal senso e il 22 febbraio 2004 è stato firmato un protocollo d’intesa che formalizza la collaborazione italo-libica ai fini della conversione in industria farmaceutica dell’impianto chimico di Rabta, sospettato di aver prodotto negli anni ’80 armi chimiche, e per l’assistenza nella distruzione delle circa 25 tonnellate diarmi chimiche conservate dai libici.

Analoga collaborazione è stata offerta da parte italiana per quanto riguarda il Controllo delle Tecnologie Missilistiche e in particolare l’assistenza per adeguare la normativa libica agli standard del regime di non proliferazione missilistica, in particolare nel settore del controllo dell’import-export, tecnologie e materiali sensibili. Nell’ottobre del 2004 la Libia è stata cancellata dall’elenco dei Paesi a rischio di proliferazione.

b) Cooperazione nella lotta all’immigrazione clandestina

Negli ultimi anni la rotta libica si è affermata come la principale direttrice per l’afflusso di clandestini che giungono sulle nostre coste. L’Accordo bilaterale del dicembre 2000 in materia di lotta al terrorismo, alla criminalità organizzata e all’immigrazione clandestina, entrato in vigore nel dicembre 2002, costituisce il quadro giuridico di riferimento che ha consentito di concludere con Tripoli, nel dicembre 2007, specifiche intese in materia di cooperazione nel contrasto all’immigrazione illegale, con la previsione, in particolare, di pattugliamenti marittimi congiunti.

All’art. 19 del Trattato di Amicizia, oltre ad uno specifico riferimento a tali Protocolli, si fa stato della volontà di realizzare un sistema di controllo delle frontiere terrestri libiche da affidare a società italiane in possesso delle competenze tecnologiche necessarie (l’Italia si è impegnata a sostenere il 50% dei costi di realizzazione di tale sistema mentre per il restante 50% Italia e Libia hanno stabilito di richiedere all’Unione Europea di farsene carico, tenuto conto delle intese intervenute tra Tripoli e Bruxelles, anche su questo aspetto, con la firma del MoU del luglio 2007).

Il 4 febbraio 2009 il Ministro Maroni e il suo omologo libico hanno firmato a Tripoli un ulteriore Protocollo bilaterale, con il quale sono state definite più in dettaglio le modalità dei pattugliamenti congiunti, che hanno preso avvio nel successivo mese di maggio, conducendo a un drastico calo degli sbarchi di immigrati irregolari sulle coste italiane.

 

c) Collaborazione nel settore della Difesa

La collaborazione in materia di Difesa ha luogo soprattutto tra le rispettive Marine Militari, in base alla Dichiarazione Comune dei Capi di Stato Maggiore del 1999. Particolare importanza rivestono le esercitazioni navali congiunte (NAURAS), che si svolgono ogni anno dal 2002. Una bozza di Accordo nel settore della Difesa è stata presentata alle Autorità di Tripoli nell’ottobre del 2002, senza che questo abbia tuttavia condotto a risultati concreti. All’art. 20 del Trattato di Amicizia le Parti si sono impegnate alla finalizzazione di specifici accordi di collaborazione e ad agevolare la realizzazione di un forte ed ampio partenariato nel settore della Difesa e delle industrie militari. E’ stato pertanto ripreso il negoziato sul’Accordo, con l’obiettivo di procedere quanto prima possibile alla sua firma.

 

2. Cooperazione allo sviluppo

 

Con delibera del C.I.P.E. n. 77 del 4 agosto 2000 è stato definito il quadro giuridico per la realizzazione di attività di cooperazione allo sviluppo con la Libia, in deroga alle raccomandazioni dell’OCSE/DAC che nel gennaio 2000 avevano escluso la Libia dai Paesi potenzialmente beneficiari di aiuto pubblico allo sviluppo. I principali settori di intervento per tali attività, che si inserivano nel quadro degli impegni indicati nel Comunicato italo-libico del 4 luglio 1998 e sono attualmente in fase di completamento, sono sanità, agricoltura e formazione, nonché sminamento e interventi umanitari d’emergenza. Al riguardo, qui di seguito si segnalano le principali attività nel settore sanitario e agricolo

Settore Sanitario

- Riabilitazione del Centro Ortopedico di Bengasi.

Il progetto, avviato nel novembre 2000 e realizzato dall’INAIL in raccordo con l’UNDP (per un importo di circa 7.200.000 euro), si è concluso positivamente con l’inaugurazione del Centro il 10 aprile 2002.

- Fornitura e installazione di attrezzature presso il Centro di Riabilitazione e Assistenza medica di El-Marj.

L’iniziativa, dell’importo pari a circa 516.500 euro, si è conclusa contestualmente alla realizzazione del Centro di Bengasi.

- Supporto allo sviluppo organizzativo del Centro di riabilitazione di Bengasi (II fase).

Il progetto, gestito dall’Istituto Superiore di Sanità, prevedeva corsi di addestramento, viaggi di studio in Italia e la realizzazione di una rete di telemedicina, per un importo complessivo di circa 1.750.000 euro). L’Assistenza Tecnica è terminata il 30 giugno 2008, mentre le attività (effettuazione di due gare internazionali per l’acquisto di sussidi motori e letti per disabili) sono continuate sino al successivo 31 dicembre, data alla quale la seconda fase del progetto si è definitivamente chiusa.

 

Settore Agricolo

- Valorizzazione agricola dei terreni bonificati dai residuati bellici della seconda guerra mondiale.

Si tratta di un programma dal costo complessivo stimato in 9.749.365,26 di Euro, che comprende le seguenti iniziative:

creazione di un Centro di ricerca e sperimentazione agricola nella shaabia di El-Batnan a Tobruk, affidato all’Istituto Agronomico d’Oltremare (I.A.O.) di Firenze e all’U.N.D.P. I costi (3.500.000 euro) sono stati sostenuti per la costruzione del Centro, completo di impianti e attrezzature per i vari laboratori, la realizzazione di parcelle irrigue sperimentali, l’installazione di stazioni agro-climatologiche, l’assistenza tecnica e la formazione in Italia dei tecnici libici;

realizzazione di un Centro di Ricerca e Sperimentazione applicata alla zootecnia ed alla foraggiatura nella shaabia di Sirte, affidato  anch’esso allo I.A.O. e all’UNDP, allo scopo di promuovere la filiera del latte. I costi (4.200.000 euro) hanno coperto la costruzione delle infrastrutture (stalle e fabbricati annessi), la realizzazione dell’impianto irriguo, la fornitura dei bovini, l’assistenza tecnica e la formazione in Italia dei tecnici libici.

 

3.  Comunità italiana in Libia e comunità libica in Italia

 

Secondo i dati forniti dal Ministero dell’Interno, i cittadini libici regolarmente soggiornanti in Italia al 31 dicembre 2009 sono poco più di seicento mentre la collettività italiana nella circoscrizione consolare di Tripoli si compone di circa 1200 persone, per lo più tecnici impiegati presso Società italiane operanti nel Paese.

Nel 2005 è entrata in vigore la Convenzione sulle funzioni consolari (firmata il 4 luglio 1998), che consente l’applicazione nei rapporti bilaterali della Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 24 aprile 1963, di cui Tripoli non è parte.


Rapporti economici
(a cura del Ministero degli Affari Esteri)

 

In ambito economico-commerciale, l’Italia costituisce il principale partner della Libia, con il 21% delle esportazioni e il 20% delle importazioni, seguita dalla Germania, dalla Cina e dalla Tunisia. Con l’entrata a regime del gasdotto di Mellitah, che trasporta gas dalla Libia in Sicilia attraverso un gasdotto sottomarino di oltre 580 km, la Libia si è inoltre posizionata al 5° posto nella graduatoria dei Paesi fornitori dell’Italia, mentre, in materia di investimenti, i dati per il 2008 indicano il nostro Paese al terzo posto tra gli investitori europei e al sesto a livello mondiale.  

In linea con tutti i principali partner, gli effetti della crisi internazionale hanno avuto ripercussioni anche sull’andamento dell’interscambio commerciale italo-libico per l’anno 2009, che ha fatto registrare il valore di 12,607 miliardi di euro, con un calo di oltre il 37,13% rispetto al 2008.Ciò a sua volta si riflette sul disavanzo 2009 della bilancia commerciale che, pur registrando l’abituale segno negativo (attestandosi a circa 7,7 miliardi di euro), risulta poco meno che dimezzato rispetto al disavanzo di oltre 14  miliardi del 2008.

       Più in dettaglio, le esportazioni italiane sono diminuite del 7,3%, per una cifra complessiva di 2,451 miliardi di euro, e le importazioni del 41,66%, per un valore di 10,156 miliardi di euro. La diminuzione, in ambedue i casi, è  in gran parte ascrivibile alla flessione dei prezzi degli idrocarburi, tenuto conto che i prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio rappresentano il 32,8% del nostro export e petrolio greggio, gas naturale e prodotti raffinati costituiscono il 98,8% dell’import.

       Se scorporati per settore, i dati relativi all’interscambio nel 2009 evidenziano un generale incremento delle esportazioni italiane in tutti i settori non-oil, tra cui quello dei macchinari e delle attrezzature (+13%), degli autoveicoli e rimorchi (+82,8%), dei prodotti delle industrie manifatturiere (+8,1%) ed i prodotti in metallo (+74%). Va evidenziata, inoltre, l’espansione del settore (ancora marginale) dell’elettronica, che si è attestato intorno ai 60 milioni di euro (+144%). Gli incrementi delle nostre esportazioni registrati dalle categorie merceologiche diverse dai prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio hanno compensato in parte il rilevante calo del valore monetario di questi ultimi, tanto che, estrapolando la voce relativa ai prodotti petroliferi raffinati, si riscontra un incremento delle nostre esportazioni di quasi il 20,9%, per un valore di oltre 1,6 miliardi di euro.

 



[1]    Fonti: The CIA Worldfactbook 2009, Unione Interparlamentare, Ministero degli Affari esteri, fonti di stampa.

[2]    La Libia è stata ritenuta responsabile anche di aver distrutto con un attentato dinamitardo l’aereo 772 della compagnia aerea UTA mentre stata attraversando il deserto nordafricano alla volta di Parigi, il 19 settembre 1989. L’attentato è costato la vita a 170 persone.

[3]    La posizione comune africana, adottata al Vertice dell’Unione Africana di Sirte (4-5 luglio 2005) e confermata nei successivi vertici, prevede l’istituzione di sei nuovi seggi permanenti con diritto di veto – di cui due da attribuire al Gruppo Africano – e cinque nuovi seggi non permanenti. I due nuovi membri permanenti africani verrebbero designati dallo stesso Gruppo Africano.

[4]    La cooperazione tra i Paesi delle due sponde del Mediterraneo occidentale nasce a livello governativo a Roma nell’ottobre 1990 e si è inizialmente definita ad Algeri nella forma del Dialogo 5+5 (ottobre 1991), con la partecipazione da un lato di Italia, Francia, Spagna, Portogallo e Malta e dall’altro di Algeria, Tunisia, Marocco, Libia e Mauritania (i cinque Paesi appartenenti all’Unione del Maghreb Arabo – UMA). Dopo il congelamento quasi decennale dovuto alle sanzioni imposte dall’ONU alla Libia, l’esercizio si è riattivato nel gennaio 2001 con la Conferenza Ministeriale di Lisbona, cui ha fatto seguito quella di Tripoli del maggio 2002. La Tunisia ha quindi ospitato il primo Vertice dei Capi di Stato e di Governo il 5 dicembre 2003. La dimensione parlamentare si è attivata su iniziativa della Libia dal 24 al 25 febbraio 2003.

[5]    L’ultimo Ambasciatore era stato il Vice Ministro degli Esteri libico, Adulati Alobeidi, che aveva rappresentato la Libia in Italia fino al 2004. Da questa data, fino al 2006, Tripoli non aveva provveduto a sostituirlo.

[6]    Il Trattato è entrato in vigore il 2 marzo 2009.

[7]   22 febbraio 2010

[8]ISTAT, Indicatori demografici. Anno 2009, 18 febbraio 2010, p. 8.

[9] Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2009, ottobre 2009, pag. 11. Nel 2008 la stima dei soggiornanti era di 3.987.112 (Caritas/Migrantes, Dossier statistico immigrazione 2008, ottobre 2008, p. 13 e 88).

[10] L’ultimo rapporto dell’ISMU valuta in 4,8 il numero degli stranieri comprendendovi però anche gli irregolari (422 mila): ISMU, Quindicesimo rapporto sulle migrazioni 2009, Milano 2009, p. 27.

[11] Se si considera il totale della popolazione occupata l’incidenza degli stranieri arriva al 15,5% (Dossier Caritas 2009, p. 11).

[12]            ISTAT, La popolazione straniera residente in Italia al 1° gennaio 2008, p. 3.

[13]   ISMU, Quindicesimo rapporto sulle migrazioni 2009.

[14] Si veda l’intervento del Ministro dell’interno in riposta all’interrogazione 3-870 (Camera dei deputati, seduta del 27 gennaio 2010) e il rapporto del Ministero dell’interno, Iniziative  dell’Italia. Sicurezza, immigrazione e asilo, del 14 aprile 2010, p. 27-28 (www.interno.it) .

[15] Audizione di Alessandro Pansa, direttore centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere del Ministero dell’interno, Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, gestione comune delle frontiere e contrasto all’immigrazione clandestina in Europa, Atti parlamentari, XIV legislatura, Indagini conoscitive e documentazioni legislative n. 19, 2005, p. 235.

[16] Legge 6 marzo 1998, n. 40, Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.

[17]   Legge 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.

[18]   Legge 15 luglio 2009, n. 94, Disposizioni in materia di sicurezza pubblica.

[19]    D.L. 30 dicembre 1989, n. 416, Norme urgenti in materia di asilo politico, di ingresso e soggiorno dei cittadini extracomunitari e di regolarizzazione dei cittadini extracomunitari ed apolidi già presenti nel territorio dello Stato, convertito, con modificazioni, con legge 28 febbraio 1990, n. 39.

[20] L’ultimo documento triennale è del 2005: D.P.R. 13 maggio 2005, Approvazione del documento programmatico relativo alla politica dell’immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato, per il triennio 2004-2006.

[21] Art. 12 del testo unico in materia di immigrazione.

[22] L. 11 agosto 2003, n. 228, Misure contro la tratta di persone. Si veda anche il regolamento di attuazione adottato con il D.P.R. 19 settembre 2005, n. 237, Regolamento di attuazione dell’articolo 13 della legge 11 agosto 2003, n. 228, recante misure contro la tratta di persone.

[23] D.L. 27 luglio 2005, n. 144 (conv. in legge 31 luglio 2005, n. 155), Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, art. 2.

[24] Art. 18 del testo unico in materia di immigrazione.

[25] Art. 14, D.Lgs. 286/1998.

[26] L. 2 ottobre 2008, n. 151 (conv. L. 186/2008), Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina.

[27] Camera dei deputati, Interrogazioni a risposta immediata (Orientamenti del Governo circa l'istituzione in ogni regione di centri di accoglienza per immigrati extracomunitari, con particolare riferimento alla regione Toscana - n. 3-00873), interventi del Ministro dell’interno, Seduta del 28 gennaio 2010.

[28] L. 13 ottobre 1975, n. 654, Ratifica ed esecuzione della convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966.

[29] D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 215, Attuazione della direttiva 2000/43/CE per la parità di trattamento tra le persone indipendentemente dalla razza e dall'origine etnica e D.Lgs. 9 luglio 2003, n. 216, Attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro.

[30] Camera dei deputati, seduta del 13 maggio 2008.

[31] D.L. 23 maggio 2008, n. 92, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (convertito dalla Legge 24 luglio 2008, n. 125).

[32] La disposizione originaria, modificata nel corso dell’esame in sede referente al Senato, prevedeva l’introduzione del reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e comportante l’arresto obbligatorio, il procedimento con rito direttissimo e, in caso di condanna, l’espulsione dello straniero dal territorio dello Stato.

[33]    L’importo sarà definito con un decreto del Ministero dell’economia, ancora da emanare. La quantificazione dell’importo dovrà tener conto della normativa comunitaria che vieta il pagamento di contributi per il permesso di soggiorno dei cittadini dei Paesi associati, in misura superiore a quelli per i cittadini dei Paesi membri (Corte di giustizia delle comunità europee, sen. 17 settembre 2009, C-242-06 Sahin)

[34] Si veda il comunicato del Ministero dell’interno del 1° agosto 2008.

[35] La proroga è stata inserita nel disegno di legge di conversione del decreto-legge 112/2008 (legge 133/2008).

[36] Comunicato della Presidenza del Consiglio dei ministri, 23 settembre 2008.

[37] Comunicato del Ministero dell’interno, 15 ottobre 2008.

[38] D.P.C.M. 21 maggio 2008, Dichiarazione dello stato di emergenza in relazione agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia.

[39] D.P.C.M. 28 maggio 2009, Proroga dello stato di emergenza per la prosecuzione delle iniziative inerenti agli insediamenti di comunità nomadi nel territorio delle regioni Campania, Lazio e Lombardia ed estensione della predetta situazione di emergenza anche al territorio delle regioni Piemonte e Veneto

[40] Il D.P.C.M. 25 luglio 2008 ha esteso a tutto il territorio nazionale lo stato di emergenza disposta con D.P.C.M. 14 febbraio 2008 limitatamente ai territori delle regioni Sicilia, Calabria e Puglia, prorogandolo al 31 dicembre 2008. Successivamente, il D.P.C.M. 18 dicembre 2008 ha ulteriormente prorogato lo stato di emergenza fino al 31 dicembre 2009.

[41] Si veda ancora il comunicato del Ministero dell’interno del 1° agosto 2008.

[42] Comunicato del Ministero dell’interno del 4 settembre 2008.

[43] D.L. 2 ottobre 2008, n. 151 (conv. legge 186/2008), Misure urgenti in materia di prevenzione e accertamento di reati, di contrasto alla criminalità organizzata e all'immigrazione clandestina.

[44] Comunicato del Ministero dell’interno del 23 settembre 2008.

[45] Di tale disposizione si propone l’estensione anche ai minori comunitari nel citato disegno di legge in materia di sicurezza: l’art. 47, inserito nel corso dell’esame in Commissione (em. 18.0.100), introduce la possibilità di rimpatriare i minori non accompagnati che siano cittadini comunitari (attualmente la procedura di rimpatrio assistito è circoscritta ai minori non comunitari) che esercitano la prostituzione, quando sia necessario nell’interesse del minore stesso, secondo quanto previsto dalla Convenzione sui diritti del fanciullo.

[46] D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (conv. L. 133/2008), Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.

[47] D.L. 27 maggio 2008, n. 93 (conv. L.126/2008), Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie.

[48] In particolare, riduce da 50 a 5,1 milioni lo stanziamento per l’anno 2007 e sopprime quello di 50 milioni per il 2008, disposti dalla legge istitutiva del fondo, legge 296/2006, art. 1, co. 1267 (art. 5, co. 11, decreto-legge 93/2008) e sopprime l’integrazione di ulteriori 50 milioni per il 2008 disposta dalla legge 244/2007, art. 2, co. 536 (elenco 1, decreto-legge 93/2008).

[49] Mozioni Cota ed altri n. 1-00033, Capitanio Santolini ed altri n. 1-00049, De Torre ed altri n. 1-00050 e Evangelisti e Donadi n. 1-00051 concernenti iniziative in materia di accesso degli studenti stranieri alla scuola dell'obbligo, seduta del 14 ottobre 2008.

[50]             Seduta del 26 novembre 2008, esame della Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio che introduce sanzioni contro i datori di lavoro che impiegano cittadini di paesi terzi soggiornanti illegalmente nell'UE. COM(2007)249 def. La proposta è stata approvata il 18 giugno 2009 (dir. 2009/52/CE).

[51] Camera dei deputati, seduta dell’8 aprile 2010. Sono state approvate le mozioni Pezzotta ed altri n. 1-00354, Pisicchio ed altri n. 1-00355 e Santelli, Caparini ed altri n. 1-00356, nei rispettivi testi riformulati, respinta la mozione Livia Turco ed altri n. 1-00326 e votata per parti separate la mozione Donadi ed altri n. 1-00353.

[52] Si veda Ministero dell’interno, Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Circolare n. 2 del 20 gennaio 2010.

[53] D.P.C.M. 3 dicembre 2008, Programmazione transitoria dei flussi d'ingresso dei lavoratori extracomunitari nel territorio dello Stato per l'anno 2008

[54] D.P.C.M. 20 marzo 2009, Programmazione transitoria dei flussi di ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali, nel territorio dello Stato, per l'anno 2009.

[55] D.P.C.M. 1° aprile 2010, Programmazione transitoria dei fl ussi d’ingresso dei lavoratori extracomunitari stagionali e di altre categorie nel territorio dello Stato per l’anno 2010.

[56] D.L. 1 luglio 2009, n. 78 (convertito L. 102/2009), Provvedimenti anticrisi, nonché proroga di termini e della partecipazione italiana a missioni internazionali

[57]http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/16/0033_Report_Conclusivo_-_Dichiarazione_di_Emersione.pdf

 

[58]    D.L. 14 settembre 2004, n. 241, Disposizioni urgenti in materia di immigrazione (conv. L. 12 novembre 2004, n. 271).

[59]    Corte dei conti, Gestione delle risorse previste in connessione al fenomeno dell’immigrazione. Regolamentazione e sostegno all’immigrazione. Controllo dell’immigrazione clandestina, Programma di controllo 2004, 11 marzo 2005, p. 103.

[60]    Ministero dell’interno. Lo stato della sicurezza in Italia, 15 agosto 2005, pag. 43.

[61]    Ministero dell’interno. Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, Relazione annuale al parlamento  ex art. 3 D.Lgs. 286/1998. Anno 2004, riportata in allegato alla Relazione al Parlamento sull’attività delle Forze di Polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità. Relazione per l’anno 2004 (trasmessa alle Camere il 1° dicembre 2005, annunciata il 13 dicembre 2005,(doc. CCXII, n. 2).

[62]    Corte dei conti, Relazione sul rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2005, vol. II, tomo II. P. 17-18 (trasmesso alle Camere il 28 giugno 2006, doc. XIV, n. 1).

[63]    Ministero dell’interno. Direzione centrale dell’immigrazione e della polizia delle frontiere, Relazione annuale al parlamento  ex art. 3 D.Lgs. 286/1998. Anno 2006, riportata in allegato alla Relazione al Parlamento sull’attività delle Forze di Polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità. Relazione per l’anno 2006 (trasmessa alle Camere il 3 agosto 2007, annunciata il 10 settembre 2007, doc. CCXII, n. 1)

[64]    Si veda l’intervento del Sottosegretario di Stato per l'interno Marcella Lucidi in occasione della riposta all’interpellanza urgente n. 2-623, Camera dei deputati, seduta n. 184 del 5 luglio 2007.