Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Bilancio dello Stato | ||
Titolo: | Dossier di inizio Legislatura | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Dossier di verifica Numero: 0 | ||
Data: | 20/05/2008 | ||
Descrittori: |
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Camera dei deputati
XVI LEGISLATURA
SERVIZIO BILANCIO DELLO STATO
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DOCUMENTAZIONE DI INIZIO LEGISLATURA
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Analisi degli effetti finanziari delle norme e dei principali andamenti di finanza pubblica |
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Maggio 2008 |
Il presente dossier ha lo scopo di fornire, all’avvio della legislatura, una documentazione in materia di finanza pubblica, con particolare riguardo alle questioni di maggiore rilievo emerse nel corso della precedente legislatura.
Il dossier è articolato in due parti, corrispondenti agli ambiti in cui si esplica l’attività del Servizio Bilancio dello Stato.
La prima parte è incentrata sul procedimento di quantificazione degli effetti finanziari recati dai progetti legislativi. È illustrata - in particolare - la procedura di quantificazione degli effetti finanziari delle norme. Sono quindi approfondite le principali questioni metodologiche emerse nel corso dell’attività svolta dalla Commissione Bilancio nella scorsa legislatura: in particolare, sono illustrati i casi concreti da cui sono emerse le questioni analizzate nonché le soluzioni individuate o quelle prospettabili.
La seconda parte contiene un’analisi della recente evoluzione dei principali indicatori di finanza pubblica (indebitamento netto, saldo primario, fabbisogno e debito) nonché delle componenti che hanno contribuito a determinarli. Sono altresì evidenziate le tendenze di carattere settoriale riscontrate nei più significativi comparti di entrata e di spesa, allo scopo di fornire ai parlamentari una prima informazione sull’andamento dei corrispondenti flussi finanziari.
Tel. 2174 – 9455
ANALISI DEGLI EFFETTI FINANZIARI DELLE NORME
IL PROCEDIMENTO DI QUANTIFICAZIONE DEGLI EFFETTI FINANZIARI
Il vincolo di copertura finanziaria delle leggi ed il procedimento di quantificazione
La verifica parlamentare delle quantificazioni
L’attività del Servizio Bilancio dello Stato
La condivisione dei metodi di quantificazione
La verifica delle quantificazioni riferite ai saldi di rilievo europeo
PROFILI METODOLOGICI RELATIVI ALLA VERIFICA DELLE QUANTIFICAZIONI
L’analisi normativa: corrispondenza tra norme ed effetti quantificati nella relazione tecnica.
L’analisi dei dati sottostanti la quantificazione
Aspetti problematici connessi alle clausole di non onerosità
Effetti finanziari riferiti ad una pluralità di atti normativi
- La neutralità finanziaria del procedimento di riorganizzazione dei Ministeri
- I risparmi ascritti alla ridefinizione delle posizioni dirigenziali
Meccanismi automatici per il controllo della spesa ed il conseguimento di risparmi
- Clausole di salvaguardia definite mediante meccanismi automatici di controllo della spesa
- Meccanismi automatici a presidio di risparmi di spesa
La revisione delle quantificazioni nella fase di attuazione delle leggi
- Rifinanziamento e definanziamento di norme di spesa
La quantificazione degli effetti delle norme sui saldi di fabbisogno e di indebitamento
- La conoscenza dei criteri di quantificazione
- La compensazione degli effetti peggiorativi sui saldi
Il mantenimento in bilancio e la riassegnazione alla spesa di somme non utilizzate
- Effetti finanziari connessi all’impiego in esercizi successivi di somme non utilizzate
- Principali problematiche emerse in sede di verifica delle quantificazioni
Coperture finanziarie a valere su maggiori entrate non previste
- L’utilizzo di maggiori entrate accertate in corso d’anno
- Utilizzo di maggior gettito connesso all’andamento dei prezzi di determinati prodotti
- L’utilizzo di effetti fiscali indotti
Devoluzione di entrate per il finanziamento di funzioni locali
La copertura degli oneri correnti nelle leggi finanziarie
- Coerenza temporale tra oneri e mezzi di copertura
- Utilizzo tra i mezzi di copertura di risparmi di spesa
- Utilizzo del miglioramento del risparmio pubblico
ANALISI DEI PRINCIPALI ANDAMENTI DI FINANZA PUBBLICA
La verifica degli andamenti di finanza pubblicA
Il Patto di stabilità e crescita e il conto economico delle P.A.
Il Patto di stabilità e crescita
- La procedura di disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia
Il conto economico delle P.A. ed il Sistema europeo dei conti
I principali saldi di finanza pubblica
I saldi del conto economico delle Pubbliche amministrazioni
- Il saldo corretto per il ciclo e l’output gap
- L’indebitamento netto strutturale nel periodo 2006-2011
Le manovre di finanza pubblica
- Valutazione d’insieme del contributo delle manovre al risanamento
- Il debito delle Amministrazioni pubbliche
- Le entrate nel conto consolidato delle amministrazioni pubbliche
- La dinamica delle entrate della P.A. nel 2006 – 2007
- Le entrate del Bilancio dello Stato: analisi degli incassi tributari
- Entrate degli enti territoriali: incassi tributari
- Le previsioni per il 2008 e per il triennio 2009 - 2011
Le uscite delle pubbliche amministrazioni
- I risultati 2007 e le previsioni per il 2008
- L'occupazione nel settore pubblico
- La spesa per redditi da lavoro dipendente nella P.A.
- Il rinnovo contrattuale 2008-2009
- Pubblico impiego: i problemi aperti
- La spesa previdenziale e assistenziale
- Le prestazioni sociali in denaro e la spesa previdenziale
- La composizione della spesa sanitaria
- Le previsioni di medio-lungo periodo della spesa sanitaria pubblica
- Il finanziamento della spesa sanitaria
- I Piani di rientro delle regioni in disavanzo strutturale negli anni 2001-2005
- La spesa per l’istruzione delle Amministrazioni pubbliche
- La spesa per l’istruzione scolastica: confronti internazionali
- Gli investimenti delle Pubbliche amministrazioni
- I contributi agli investimenti
- Le previsioni per il 2008 relative alla spesa in conto capitale
La spesa per ricerca e sviluppo
- La spesa per ricerca e sviluppo negli anni 2000-2005.
- La spesa per la R&S nel contesto internazionale
- La spesa per la protezione dell’ambiente (anni 2000-2006)
- Evoluzione dei saldi nel periodo 2000-2005
- Attuazione del federalismo fiscale
Il vincolo di copertura finanziaria delle leggi ed il procedimento di quantificazione
L’articolo 81, quarto comma, della Costituzione, dispone che ogni legge che determini nuove o maggiori spese “deve indicare i mezzi per farvi fronte”, includendo in tal modo la copertura finanziaria tra i requisiti di costituzionalità delle leggi.
Il vincolo costituzionale implica che la copertura sia commisurata all’onere – inteso sia come incremento di spesa sia come riduzione di entrate – effettivamente derivante dalle norme. Pertanto, ai fini della verifica del rispetto del requisito indicato dall’art. 81, quarto comma, Cost., assumono rilievo la corretta determinazione degli effetti di maggior spesa o di minore entrata derivanti dalle norme proposte nonché la coerenza, rispetto a tali oneri, dei mezzi di copertura apprestati.
Tale coerenza va accertata sia sotto il profilo quantitativo – riferito all’equivalenza tra oneri e mezzi di copertura - sia sotto il profilo temporale, per la necessaria sincronia richiesta tra il determinarsi degli effetti onerosi e l’acquisizione delle risorse con le quali farvi fronte.
In attuazione del disposto costituzionale dell’art. 81, quarto comma, Cost., la legge n. 362 del 1988 ha apportato importanti innovazioni alla normativa in materia di contabilità generale dello Stato recata dalla legge n. 468 del 1978 , introducendo, tra l’altro, l’art. 11-ter, che individua, con carattere di tassatività, le tipologie di copertura ammissibili.
L’articolo 11-ter della legge n. 468/1978 dispone infatti che alla copertura degli oneri possa provvedersi mediante:
· utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali previsti dalla legge finanziaria (tabelle A e B);
· riduzioni di precedenti autorizzazioni legislative di spesa;
· modifiche legislative che comportino nuove o maggiori entrate.
Con lo stesso art. 11-ter è stato disciplinato un procedimento preordinato alla corretta determinazione degli oneri e dei relativi mezzi di copertura: quantificazione e copertura dell’onere costituiscono in tal modo il risultato di specifici adempimenti, i cui esiti sono suscettibili di verifica parlamentare.
Il procedimento di quantificazione è essenzialmente incentrato sulla relazione tecnica, ossia su un documento, predisposto dal Governo e sottoposto a verifica da parte dei competenti organi parlamentari, con il quale si dà conto degli oneri e delle coperture che scaturiscono dalle normative proposte nonché dei dati e dei metodi utilizzati per la loro quantificazione.
L’articolo 11-ter, infatti:
• dispone l'obbligo di presentazione della relazione tecnica per tutti i disegni di legge del Governo, gli schemi di decreto legislativo e gli emendamenti di iniziativa governativa che comportino "conseguenze finanziarie";
• prevede che le Commissioni parlamentari competenti possano richiedere al Governo la relazione tecnica anche sulle proposte di legge di iniziativa parlamentare;
• precisa che la relazione tecnica deve essere verificata in sede parlamentare secondo le norme dei regolamenti delle due Camere. Tale verifica assume specifica evidenza nel quadro del procedimento legislativo, in quanto finalizzata alla formulazione – secondo modalità e con gli effetti disciplinati dai regolamenti parlamentari - dei pareri che le Commissioni Bilancio di Camera e Senato sono chiamate ad esprimere sui progetti di legge e sulle proposte emendative aventi conseguenze di carattere finanziario.
La funzione di controllo finanziario si esplica peraltro anche sulle proposte di legge di iniziativa parlamentare sprovviste di relazione tecnica. In tali casi la Commissione Bilancio può procedere all’espressione di un parere sulla base dell’analisi tecnica del progetto di legge, svolta con il supporto dei competenti uffici, e sulla base degli ulteriori elementi forniti dai rappresentanti del Governo. Non è tuttavia infrequente il caso in cui la Commissione stessa, qualora ritenga che i dati e gli elementi in suo possesso non siano sufficienti per un esauriente esame dei profili finanziari del provvedimento, richieda espressamente al Governo la predisposizione di un’apposita relazione tecnica. A seguito dell’acquisizione della relazione, il procedimento di verifica delle quantificazioni prosegue secondo le medesime modalità previste per l’esame delle iniziative governative corredate di tale strumento.
Procedimento di quantificazione
In sintesi, il procedimento di quantificazione può essere così rappresentato:
• predisposizione da parte dei competenti Ministeri di una relazione tecnica a corredo di un’iniziativa legislativa o di un emendamento governativi o, su richiesta delle Commissioni parlamentari competenti, a corredo di una proposta legislativa di iniziativa parlamentare;
• prima verifica di coerenza delle quantificazioni e di conformità della relazione tecnica alla normativa contabile da parte Ministero dell’economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato), che appone un visto, con il quale si attesta che la relazione tecnica è stata verificata positivamente ovvero negativamente: la verifica negativa può riguardare i profili di copertura e/o di quantificazione degli effetti finanziari del provvedimento, cui la relazione tecnica si riferisce;
• trasmissione della relazione tecnica al Parlamento, in allegato all’iniziativa legislativa o all’emendamento del Governo ovvero in risposta alla richiesta formulata da una Commissione parlamentare con riferimento ad iniziative legislative parlamentari;
• esame della relazione tecnica e del testo normativo cui la stessa si riferisce da parte della Commissione avente competenza nella specifica materia su cui verte l’iniziativa;
• elaborazione di un testo e trasmissione dello stesso alla V Commissione (Bilancio) per l’espressione del parere prescritto dal regolamento;
• esame del testo e della relazione tecnica da parte della Commissione Bilancio, previa istruttoria tecnica degli uffici competenti;
• eventuale richiesta da parte della medesima Commissione, sulla base delle risultanze dell’istruttoria, di un’integrazione della relazione tecnica ovvero di ulteriori elementi e chiarimenti;
• espressione del parere da parte della Commissione Bilancio;
• esame ed eventuale recepimento del parere da parte della Commissione destinataria, secondo le modalità e con gli effetti previsti dai regolamenti parlamentari.
Va precisato che la verifica delle quantificazioni si esplica, secondo un procedimento che ricalca sostanzialmente lo schema illustrato, anche sugli schemi di atti normativi del Governo trasmessi alle Camere per il parere parlamentare, che, qualora implichino entrate o spese, sono sottoposti, ai sensi dell’art. 96-ter del Regolamento della Camera, alla Commissione Bilancio, chiamata ad esprimere i propri rilievi sulle conseguenze di carattere finanziario.
L’articolo 11-ter della legge n. 468/1978 configura, quindi, la relazione tecnica come lo strumento mediante il quale il Governo, da un lato, individua gli effetti finanziari delle normative proposte e fornisce una stima, il più possibile attendibile, degli oneri da esse derivanti e dei mezzi di copertura previsti, dall’altro, rende espliciti - e, pertanto, verificabili nell’ambito del procedimento di approvazione delle leggi - tutti gli elementi, le valutazioni nonché la sequenza dei passaggi di tipo logico-matematico, attraverso i quali si è pervenuti alla definizione delle medesime stime.
Lo stesso articolo 11-ter individua un contenuto necessario delle relazioni tecniche, disponendo che le stesse debbano indicare i dati e i metodi utilizzati per la quantificazione, le loro fonti e ogni altro elemento utile per la verifica tecnica in sede parlamentare: ciò con l’intento di rendere possibile, nell’ambito del procedimento legislativo, la ricostruzione esaustiva del procedimento di quantificazione e la sottoposizione ad un vaglio di coerenza e di attendibilità dei dati e delle ipotesi sui quali esso si fonda.
Infine, la relazione tecnica deve indicare i risultati del procedimento di quantificazione, ossia gli effetti finanziari che ciascuna disposizione è suscettibile di determinare. Completano la definizione del contenuto necessario delle relazioni tecniche ulteriori prescrizioni recate dall’art. 11-ter, alcune delle quali presentano una valenza di carattere generale, mentre altre sono riferite a specifiche tipologie di spese.
Si dispone infatti che la quantificazione debba dar conto anche della proiezione temporale dell’onere con riferimento ad un arco che generalmente coincide con quello del bilancio pluriennale, almeno per quanto riguarda la spesa in conto capitale, per la quale è richiesta anche un’indicazione dell’onere complessivo, in relazione agli obiettivi fisici previsti. Per la spesa corrente e per le minori entrate, la relazione tecnica deve considerare tutti gli oneri annuali fino alla completa attuazione delle norme.
Sono inoltre previste specifiche prescrizioni, con riferimento ai progetti di legge vertenti su particolari materie.
In particolare, si prevede che:
· per le norme in materia di pensioni, sia fornito un quadro analitico di proiezioni, almeno decennali, riferite all'andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari;
· per le misure concernenti il pubblico impiego, siano indicati i dati sul numero dei destinatari, sul costo unitario, sugli automatismi diretti e indiretti che conseguono dalle norme fino alla loro completa attuazione, nonché sulle correlazioni con lo stato giuridico ed economico di categorie o fasce di dipendenti pubblici omologabili;
· per gli interventi che comportino oneri a carico di enti del settore pubblico la relazione tecnica riporti le valutazioni espresse dagli enti interessati, fermo restando l’obbligo di prevedere la copertura degli oneri a carico degli enti, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 468/1978.
Dalla descrizione fornita emerge come il legislatore abbia finora optato per un modello flessibile, che presuppone, accanto da una comune struttura di base, contenuti delle relazioni tecniche differenziati in ragione della natura e delle finalità delle norme oggetto di esame. Negli ultimi anni è emersa peraltro la necessità di porre rimedio a carenze e disomogeneità riscontrate nella predisposizione delle relazioni tecniche, individuando contenuti minimi essenziali che le stesse devono presentare, sulla base delle prescrizioni del più volte citato art. 11-ter della legge n. 468/1978 e modelli standardizzati di redazione delle relazioni stesse.
Tali elementi sono stati ribaditi - con ulteriori precisazioni di carattere applicativo - dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2004, che ha inoltre stabilito le caratteristiche e le modalità di redazione della relazione tecnica secondo un modello standardizzato (cosiddetto “manuale per la predisposizione della relazione tecnica standard”). Nel quadro della definizione di tale modello sono state anche fornite indicazioni di dettaglio circa i contenuti che, in attuazione della vigente normativa, le relazioni tecniche devono presentare.
Si dispone, tra l’altro, che:
• le variabili relative al quadro macroeconomico utilizzate ai fini delle quantificazioni siano quelle riportate nei più recenti documenti di finanza pubblica; eventuali eccezioni dovranno essere espressamente indicate;
• siano altresì indicati tutti “i passi logico-matematici” che hanno portato alla definizione degli effetti finanziari diretti ed indiretti;
• l’onere sia indicato, in applicazione della legge n. 246/2002, come limite massimo di spesa, ovvero come previsione di spesa. Viene tuttavia precisato che, anche qualora sia la norma stessa ad indicare la dimensione finanziaria dell’intervento (c.d. “limite di spesa”), la relazione tecnica debba fornire tutte le indicazioni e gli elementi necessari a valutare la congruità delle risorse finanziarie rispetto agli obiettivi assegnati. Nel caso in cui si tratti invece di una previsione di spesa, deve essere sempre indicata una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime;
• per le misure che comportino oneri di carattere permanente o con proiezione oltre il triennio, particolare attenzione sia dedicata all’individuazione del cosiddetto onere a regime e alle relative forme di finanziamento;
• per le disposizioni in materia di entrata, gli effetti sul gettito siano esplicitati anche rispetto alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano;
• siano sempre quantificati gli oneri riferiti ad interventi che riguardano amministrazioni diverse dallo Stato (Enti territoriali e previdenziali, Aziende sanitarie, ecc.), indicando la relativa copertura in una specifica sezione della relazione tecnica; la copertura potrà essere rappresentata da trasferimenti a carico del bilancio dello Stato, da nuove o maggiori entrate per l’ente interessato o da minori spese per il bilancio del medesimo ente;
• siano individuati gli effetti finanziari indotti del provvedimento;
• in apposita sezione sia indicato l’impatto della normativa introdotta sui diversi saldi di finanza pubblica (saldo netto da finanziare; fabbisogno di cassa del settore statale; indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche); qualora si riscontrino differenze tra i tre aggregati, vanno indicate le ragioni di tali discrasie, “tenuto conto degli effetti della gestione di tesoreria e delle regole del SEC 95”.
Si tratta di indirizzi recepiti, mediante rinvio alla citata direttiva del 2004, anche dalla recente direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 6 giugno 2006, che ha altresì stabilito, nel quadro della definizione di indirizzi per il coordinamento dell’azione di Governo, il divieto di prendere in considerazione iniziative legislative prive di relazione tecnica o con relazione redatta in difformità dal prescritto modello standard.
Va tuttavia segnalato che il modello standard per la predisposizione delle relazioni tecniche non ha finora trovato una sistematica applicazione e che, anche a prescindere dall’utilizzo di una modulistica predefinita, i contenuti delle relazioni tecniche non sempre corrispondono in modo omogeneo e ricorrente a quelli indicati dalle due direttive sopra richiamate.
La verifica parlamentare delle quantificazioni
Come già evidenziato, il procedimento di quantificazione è articolato tra i vari portatori dell’interesse finanziario (principalmente le Amministrazioni di settore ed il Ministero dell’economia e delle finanze, sul versante governativo, le Commissioni di merito e la Commissione Bilancio, sul versante parlamentare): la quantificazione non rappresenta infatti il frutto dell’elaborazione di un unico centro dotato di competenze tecniche, ma il risultato di un processo dialettico tra i diversi soggetti del comparto finanziario istituzionalmente coinvolti nella formazione degli atti normativi. Il procedimento presuppone quindi un confronto tra organi governativi (responsabili delle quantificazioni e dei dati ad esse sottostanti) ed organi parlamentari, in primis le Commissioni Bilancio dei due rami del Parlamento, (impegnate nella fase della verifica delle quantificazioni).
Come già accennato, la verifica delle quantificazioni in sede parlamentare assume una specifica evidenza nel quadro dell’attività consultiva svolta dalle Commissioni Bilancio di Camera e Senato: i pareri resi dalle due Commissioni in merito agli effetti finanziari delle iniziative legislative ed i rilievi formulati sulle conseguenze finanziarie degli schemi di atti normativi del Governo rappresentano infatti l’esito di procedimenti di verifica delle quantificazioni degli effetti finanziari dei provvedimenti e, qualora questi abbiano natura onerosa, delle corrispondenti coperture finanziarie.
Sono sottoposte a verifica in primo luogo le quantificazioni operate dalla relazione tecnica, al fine di valutarne la coerenza sul piano del procedimento logico-matematico, dell’attendibilità delle ipotesi e della validità dei metodi adottati, dell’affidabilità dei dati utilizzati, della rispondenza delle stime al contenuto delle norme. A tali fini gli organi parlamentari si avvalgono del supporto delle strutture amministrative competenti e dell’istruttoria tecnica svolta dagli stessi. Gli esiti di tale esame costituiscono la base del dibattito che si sviluppa nel corso delle sedute della Commissione Bilancio e può diventare il presupposto per la richiesta al rappresentante del Governo – avanzata nel corso dell’esame svolto presso la Commissione stessa - di dati ed elementi ulteriori, di un’integrazione della relazione tecnica ovvero di approfondimenti o maggiori chiarimenti su singoli profili.
Gli elementi richiesti sono generalmente forniti, nel corso delle sedute, dal rappresentante del Governo che, a sua volta, si avvale dell’attività svolta dai competenti uffici governativi (uffici dell’amministrazione avente competenza nella specifica materia trattata dall’iniziativa legislativa, Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’economia e delle finanze, ecc.).
Sulla base dell’esame tecnico svolto e del confronto con i rappresentanti del Governo, viene a maturare un orientamento della Commissione sui profili finanziari dei provvedimenti al suo esame, fondato sull’istruttoria tecnica effettuata e sui dati raccolti: tale giudizio si esprime in un parere, adottato mediante una votazione.
Il parere costituisce quindi oggetto di una pronuncia, assunta al termine di una discussione politica, condotta sulla base di un’approfondita istruttoria tecnica e di un confronto con i rappresentanti del Governo.
Il parere può essere favorevole e, quindi, confermare le quantificazioni operate dalla relazione tecnica, oppure può essere contrario in quanto considera non fondate le stime riportate oppure non adeguate o non disponibili le risorse utilizzate a copertura.
I casi più frequenti sono tuttavia quelli in cui la Commissione esprime un parere favorevole, corredandolo di osservazioni (di carattere non vincolante) ovvero di condizioni (vincolanti), volte ad adeguare il dettato normativo alle esigenze di rispetto del vincolo di copertura finanziaria.
Non è infrequente il caso in cui le condizioni poste con il parere approvato dalla Commissione siano tali da imporre una rideterminazione delle stime indicate nella relazione tecnica, alla luce di eventuali errori o di una inidoneità dei dati e delle ipotesi utilizzati, acclarati nel corso della verifica parlamentare.
Qualora manchi invece una relazione tecnica, come già accennato, il progetto di legge viene comunque esaminato dalla Commissione Bilancio, che, qualora ritenga insufficienti gli elementi forniti dal rappresentante del Governo nel corso della seduta ovvero ravvisi possibili profili problematici o la necessità di approfondimenti, può richiedere al Governo la predisposizione di una relazione tecnica.
Gli effetti dei pareri espressi dalla Commissione Bilancio sono disciplinati dai regolamenti parlamentari e variano a seconda della sede (referente, legislativa, redigente) di esame dei provvedimenti.
Nell’ipotesi di esame, in sede referente sussiste l’obbligo, per la Commissione che non abbia recepito il parere espresso dalla Commissione bilancio, di indicarne le ragioni nella relazione per l’Assemblea (art. 74 Reg. Camera).
Il carattere vincolante dei pareri espressi dalla Commissione Bilancio si manifesta con conseguenze procedurali di particolare rilievo nelle ipotesi di adozione della cosiddetta procedura decentrata di esame dei progetti di legge, presso le Commissioni competenti, in sede legislativa o in sede redigente: infatti, la conseguenza del mancato rispetto delle parti vincolanti dei predetti pareri si sostanzia, nel caso del procedimento in sede legislativa, nella rimessione all’Assemblea del progetto di legge (ai sensi dell’art. 94 Reg.) e, nel caso dell’esame in sede redigente, nell’instaurarsi di una procedura che può concludersi con l’approvazione da parte dell’Assemblea di un ordine del giorno, che obblighi la Commissione che ha proceduto all’elaborazione del testo a modificarlo per adeguarlo alle condizioni imposte dalla Commissione Bilancio (art. 96 Reg.).
In ogni caso, nell’ipotesi di conflitto tra la Commissione Bilancio e le competenti Commissioni di settore riguardo alla copertura finanziaria dei provvedimenti, il giudizio, in ultima istanza, è rimesso all’Assemblea, che può esprimersi anche in difformità ai pareri resi dalla V Commissione sui profili di copertura finanziaria. Il parere della Commissione Bilancio ha infatti funzione istruttoria rispetto alle determinazioni assunte dall’Assemblea. Le norme regolamentari mirano a rendere comunque palese, in ogni fase della decisione di Assemblea, la pronuncia adottata, per i profili di competenza, dalla Commissione Bilancio sul testo legislativo e sulle proposte emendative ad esso riferite.
Particolare rilievo assumono, a tal riguardo, le modifiche regolamentari apportate con l’introduzione, all’articolo 86, del comma 4-bis, che annette peculiari effetti ai pareri della Commissione Bilancio, che risultino espressamente motivati con riferimento all’osservanza dell’articolo 81, quarto comma, della Costituzione. Infatti, qualora la Commissione che procede in sede referente non adegui il testo legislativo a siffatte indicazioni, la norma regolamentare introdotta dispone che le corrispondenti proposte di modifica o di soppressione, volte a recepire le condizioni espresse dalla Commissione Bilancio, assumono un autonomo e ben individuato rilievo procedurale: tali proposte si intendono infatti presentate come emendamenti e sottoposte alla votazione dell’Assemblea. Non è ammessa la presentazione di subemendamenti né la votazione per parti separate.
Infine, i rilievi formulati dalla Commissione Bilancio, ai sensi dell’articolo 96-ter del Regolamento, sugli schemi di atti normativi del Governo che implichino entrate o spese, sono trasmessi al Governo unitamente al parere della Commissione competente per il merito.
Resta in tali casi impregiudicata la facoltà del Governo di discostarsi dal parere parlamentare nell’emanazione degli atti normativi, ma il giudizio parlamentare sui profili finanziari assume un rilievo specifico, determinando quasi sempre una coerente pronuncia finale del Governo, diretta a recepire le indicazioni formulate.
L’attività del Servizio Bilancio dello Stato
La verifica delle quantificazioni effettuata in sede parlamentare viene espressamente qualificata dall’art. 11-ter come di carattere tecnico: essa si avvale pertanto, come già segnalato, di un’istruttoria tecnica svolta dalle strutture amministrative competenti.
A seguito dell’entrata in vigore della legge n. 362/1988, sono state pertanto costituite, presso i due rami del Parlamento, apposite strutture (i Servizi Bilancio) che hanno iniziato ad operare a partire dal 1989. Alla Camera, il Servizio Bilancio dello Stato svolge una disamina dei testi legislativi e delle relative relazioni tecniche, all’esame della Commissione Bilancio, e sottopone a verifica tecnica le quantificazioni riguardanti gli oneri derivanti da tali testi nonché i mezzi di copertura, qualora anche questi ultimi siano oggetto di stima, come nel caso dell’utilizzo, a fini di copertura finanziaria, di maggiori entrate derivanti da nuove normative proposte.
La verifica tecnica svolta dal Servizio Bilancio dello Stato ha per oggetto, in primo luogo, la rispondenza della relazione tecnica alle norme proposte: a tal fine è importante controllare che tutti gli effetti onerosi che il testo normativo è suscettibile di produrre siano correttamente individuati e sottoposti a quantificazione. Sono quindi soggetti a verifica i dati utilizzati dalla relazione tecnica, allo scopo di riscontrane l’attendibilità ed il grado di aggiornamento: a tale scopo sono effettuate ricerche volte, tra l’altro, ad accertare che i dati utilizzati per la quantificazione siano in linea con quelli forniti da altre fonti ufficiali e che siano state utilizzate le più aggiornate basi di dati disponibili.
Sono quindi oggetto di verifica: i metodi di quantificazione, che devono consentire l’individuazione di tutti i possibili effetti, diretti ed indiretti, derivanti dalle nuove normative; il procedimento di calcolo utilizzato, le ipotesi e le metodologie di stima - che devono fondarsi su adeguati supporti statistici - ed ogni altro elemento su cui si fonda la quantificazione.
All’analisi svolta dal Servizio Bilancio dello Stato si affianca quella della Segreteria della Commissione Bilancio, che effettua un esame volto a controllare la correttezza e la conformità alla normativa contabile delle clausole di copertura finanziaria utilizzate e a verificare inoltre, mediante apposite banche dati, la disponibilità effettiva dei mezzi di copertura rinvenuti a valere su fondi speciali o derivanti da riduzioni di autorizzazioni legislative preesistenti.
I contributi del Servizio Bilancio dello Stato e della Segreteria della Commissione Bilancio confluiscono in un’unica nota di verifica delle quantificazioni, riferita a ciascun provvedimento corredato di relazione tecnica, sottoposto all’esame della Commissione Bilancio.
La nota predisposta dagli uffici, nel dar conto delle risultanze della verifica effettuata, potrà evidenziare che la quantificazione è correttamente svolta ovvero segnalare eventuali lacune nei dati riportati nelle relazioni tecniche ovvero profili problematici o passaggi logico-matematici non del tutto esplicitati, che necessitano pertanto di chiarimenti e/o approfondimenti. In alcuni casi potrà essere segnalata l’opportunità di acquisire dal Governo ulteriori elementi o un’integrazione della relazione tecnica. Infine, la verifica tecnica potrà evidenziare veri e propri errori nelle quantificazioni ovvero l’utilizzo di criteri scarsamente prudenziali nelle stime.
Tali rilievi, generalmente recepiti nel dibattito svolto presso la Commissione Bilancio, possono indurre il relatore o la stessa Commissione ad avanzare richieste o a formulare osservazioni di analogo tenore. Infine, a seguito di un confronto dialettico con i rappresentanti del Governo, la Commissione perviene alla formulazione del parere che, in base all’istruttoria tecnica svolta dagli uffici e degli ulteriori elementi acquisiti, può anche indicare, mediante apposite condizioni, la necessità di una revisione delle quantificazioni e, quindi, di una riformulazione delle clausole di copertura finanziaria contenute nei progetti di legge.
In ogni caso, la valutazione finale della relazione tecnica e degli effetti finanziari dei provvedimenti rientra nella sfera decisionale propria dell'organo parlamentare. L’esito della verifica tecnica compiuta dagli uffici competenti non ha infatti un proprio rilievo procedimentale, ma dà luogo ad una documentazione nella piena disponibilità degli organi parlamentari e, in particolare, della Commissione Bilancio. L’attività del Servizio Bilancio dello Stato (unitamente a quella della Segreteria della Commissione Bilancio) si delinea quindi come uno specifico supporto tecnico nell’ambito del complessivo procedimento di valutazione degli oneri e degli altri effetti finanziari, con funzione meramente istruttoria rispetto alle determinazioni adottate dalla Commissione Bilancio.
Va ancora evidenziato che il controllo degli effetti finanziari viene avviato dalle competenti strutture anche sui provvedimenti – sottoposti al parere della Commissione Bilancio – privi di relazione tecnica. In tali casi viene predisposta da parte del Servizio Bilancio dello Stato una scheda di analisi degli effetti finanziari del provvedimento, che include le valutazioni sulla copertura finanziaria formulate dalla Segreteria della Commissione Bilancio. Qualora, nel corso dell’esame, sia richiesta la predisposizione di una relazione tecnica, alla predetta “scheda di analisi” farà seguito una “nota di verifica” delle quantificazioni riportate nelle stessa relazione.
La condivisione dei metodi di quantificazione
Come emerge dalla precedente illustrazione, la legge n. 362 del 1988, modificando la legge n. 468, ha procedimentalizzato l'attività di quantificazione preventiva di oneri e mezzi di copertura, per garantire una coerente pronuncia sui profili finanziari dei progetti di legge. Tale procedimento si giova del contributo di una pluralità di attori, nel quadro di un confronto dialettico tra Governo e Parlamento.
Attraverso tale confronto sono state analizzate, e spesso risolte, numerose questioni metodologiche relative alla stima degli effetti delle disposizioni esaminate. L’interazione tra i diversi protagonisti del procedimento (organi governativi interessati e relative strutture amministrative, Commissioni Bilancio delle due Camere e competenti uffici parlamentari) ha consentito la definizione di una base comune di regole condivise, con conseguente, progressivo affinamento delle metodologie di analisi e di determinazione degli effetti finanziari dei progetti normativi.
Ulteriori soggetti istituzionali concorrono poi, con le loro decisioni, a convalidare o a sottoporre a rilievi critici gli esiti del procedimento di quantificazione, attraverso un controllo che si esercita sia nella fase della formazione delle leggi sia successivamente all’entrata in vigore delle stesse.
Si fa riferimento essenzialmente, per quanto attiene al primo profilo, al controllo esercitato, ai fini dell’esercizio dei poteri di rinvio ai sensi dell’art. 74 della Costituzione, dal Presidente della Repubblica nella fase della promulgazione delle leggi.
Successivamente all’entrata in vigore delle leggi, i risultati del procedimento di quantificazione trovano ancora un momento importante di valutazione e di riscontro nelle pronunce della Corte costituzionale, motivate dal rispetto del vincolo costituzionale di copertura finanziaria, ex articolo 81, quarto comma, della Costituzione.
Le motivazioni addotte a sostegno delle decisioni di rinvio alle Camere dei progetti di legge da parte del Presidente della Repubblica, così come le pronunce della Corte costituzionale spesso costituiscono il presupposto per l’adeguamento o la radicale modifica di regole, anche convenzionali, e metodologie di quantificazione, contribuendo quindi al sistematico perfezionamento dei criteri utilizzati nelle stime.
Si pensi ad esempio al problema della determinazione degli oneri previsti oltre la durata del bilancio pluriennale e di quelli recati “a regime” dalle leggi di spesa pluriennali.
I consolidati indirizzi interpretativi dell’articolo 81 della Costituzione, stabiliti dalla giurisprudenza costituzionale, impongono di individuare l’onere recato dalle norme per tutto il periodo di effettiva durata della legge di spesa, indicando adeguati mezzi di copertura. In particolare, a giudizio della Corte, la ragionevolezza della copertura va valutata facendo riferimento alla coerenza tra onere coperto nel triennio ed onere a regime. Pertanto, la previsione di copertura può ritenersi idonea soltanto se non si determina un apprezzabile scostamento tra l’onere massimo indicato nel bilancio pluriennale e gli oneri previsti per gli esercizi successivi.
Tali orientamenti sono stati recepiti nell’attività di verifica parlamentare delle quantificazioni e di controllo delle coperture finanziarie: risulta infatti ormai consolidato il criterio in base al quale deve essere oggetto di attenta valutazione il rapporto tra onere “a regime” ed onere previsto per l’ultimo esercizio considerato nella clausola di copertura finanziaria. Pertanto, per ragioni di carattere prudenziale, la copertura necessaria a far fronte all’onere massimo, che si produce oltre il triennio, viene normalmente anticipata all’ultimo anno del triennio di riferimento. L’applicazione di questo criterio è suscettibile quindi di produrre economie di bilancio, anche consistenti, in quegli esercizi in cui l’onere stimato si colloca ad un livello inferiore al picco, corrispondente all’anno di massimo impatto della norma sul bilancio dello Stato. Al fine di evitare tale eventualità e di assicurare nel contempo il rispetto del principio sancito dalla giurisprudenza costituzionale, in alcuni casi è stato seguito un diverso criterio, riferendo la copertura non già all’onere massimo previsto oltre il triennio, ma all’onere medio ultratriennale [1].
Su tali profili si confronti anche il successivo capitolo relativo ai profili temporali delle quantificazioni, con particolare riferimento alla spesa sociale.
I risultati del procedimento di quantificazione trovano infine un importante momento di valutazione tecnica nell’attività della Corte dei conti: il citato articolo 11-ter della legge n. 468 ha infatti affidato alla Corte la redazione di una relazione quadrimestrale sulle tipologie di copertura delle leggi e sulle tecniche di quantificazione degli oneri, che viene trasmessa al Parlamento.
In tal modo le valutazioni della Corte, pur intervenendo su una decisione legislativa ormai definitiva, segnalano a Governo e Parlamento i possibili profili problematici sia delle quantificazioni che delle coperture, contribuendo in tal modo al consolidamento delle metodologie e delle tecniche adottate.
La verifica delle quantificazioni riferite ai saldi di rilievo europeo
La ricostruzione degli effetti delle norme contenuta nelle relazioni tecniche è preordinata essenzialmente alla verifica del rispetto dell’obbligo di copertura finanziaria: pertanto essa è formulata considerando soprattutto l’impatto della normativa proposta sul bilancio dello Stato e sul relativo saldo (saldo netto da finanziare). Fanno eccezione le quantificazioni riferite alle disposizioni della legge finanziaria e dei provvedimenti collegati a manovre di finanza pubblica, che espongono anche, attraverso appositi allegati, gli effetti delle normative introdotte sui saldi rilevanti ai fini del rispetto dei vincoli europei (l’indebitamento netto della p.a. e, per i riflessi sul debito pubblico, il fabbisogno di cassa del settore statale).
Tali parametri fanno infatti riferimento ad aggregati contabili più ampi del bilancio dello Stato, che riguardano l’intero comparto della pubblica amministrazione.[2]
Inoltre, le operazioni che ne influenzano l’andamento sono per lo più contabilizzate secondo criteri diversi da quelli che presiedono alla registrazione delle operazioni nel bilancio dello Stato. Per quanto riguarda l’indebitamento, si fa infatti riferimento alle convenzioni contabili del sistema “SEC 95”, basato sul criterio della competenza economica e, quindi, su modalità di contabilizzazione profondamente diverse da quelle che presiedono alla redazione del bilancio dello Stato e dei bilanci della maggior parte degli enti pubblici (basati per lo più sui criteri della competenza giuridica e della cassa).
D’altro canto, i saldi rilevanti per il rispetto dei vincoli europei costituiscono informazioni finali di sintesi sullo stato complessivo della finanza pubblica di ciascun Paese, elaborate ai fini della comparabilità dei dati in ambito europeo e della verifica del rispetto dei parametri di stabilità e di convergenza. La definizione preventiva dell’impatto delle normative proposte su tali saldi e la disponibilità delle relative informazioni fin dalla fase dell’iter parlamentare delle norme assumono quindi un rilievo sempre meno eludibile.
Pertanto, recenti indirizzi emersi nell’ambito dell’attività istituzionale di quantificazione evidenziano la necessità di estendere la valutazione dell’impatto delle norme in termini di fabbisogno e di indebitamento anche ai provvedimenti non direttamente inquadrabili nell’ambito di manovre economico-finanziarie. Ciò al fine di rendere possibile, tendenzialmente per tutte le iniziative legislative, un controllo che non si limiti ai profili di copertura finanziaria in senso stretto (equivalenza tra oneri e mezzi di copertura ai fini del saldo netto da finanziare), ma che si estenda anche alla valutazione dell’equilibrio finanziario (compensazione) rispetto ai saldi di fabbisogno e di indebitamento netto.
In proposito vanno richiamate soprattutto le già citate direttive del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 2004 e del 6 giugno 2006, che disciplinano le modalità di predisposizione delle relazioni tecniche ed evidenziano come “le coperture finanziarie dei nuovi provvedimenti devono essere idonee a garantire il rispetto dell'art. 81 della Costituzione, nonché degli obiettivi contenuti nel Patto di stabilità, in relazione agli impatti sui saldi di finanza pubblica. A tale fine (…) nelle relazioni tecniche va dimostrato l’equilibrio di copertura con riguardo al saldo netto da finanziare, al fabbisogno e all’indebitamento netto delle pubbliche amministrazioni”.
Tali profili sono peraltro più dettagliatamente trattati in un apposito paragrafo del successivo capitolo, dedicato all’analisi di questioni metodologiche, emerse anche nel corso della XV legislatura, con specifico riferimento alla quantificazione degli effetti di nuove normative sui saldi di fabbisogno del settore pubblico e di indebitamento netto della p.a.
L’analisi normativa: corrispondenza tra norme ed effetti quantificati nella relazione tecnica.
Il comma 2 dell’articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978 prescrive che la relazione tecnica contenga un’esaustiva quantificazione degli oneri e delle entrate recati da ciascuna disposizione rispetto alla normativa vigente. Pertanto, uno degli aspetti indefettibili del procedimento di verifica delle quantificazioni consiste in un’approfondita analisi del testo della proposta normativa e nel raffronto del medesimo con le indicazioni della relazione tecnica.
Tale analisi è volta a riscontrare la corrispondenza tra le norme suscettibili di determinare effetti finanziari e quelle considerate dalla relazione tecnica, nonché la piena coincidenza tra il tenore letterale delle norme aventi profili di carattere finanziario ed i contenuti normativi assunti alla base delle quantificazioni riportate nella relazione tecnica.
L’individuazione iniziale delle norme suscettibili di determinare effetti finanziari riveste, peraltro, particolare rilievo anche nell’esame dei progetti di legge di origine parlamentare, in genere non corredati di relazione tecnica, in relazione ai quali il Servizio Bilancio dello Stato predispone, come segnalato nel paragrafo iniziale, specifiche schede di analisi degli effetti finanziari. In questi casi, infatti, l’individuazione di disposizioni di potenziale impatto finanziario – nelle schede predisposte dal Servizio - può costituire il presupposto, non soltanto per l’eventuale richiesta di una relazione tecnica da parte della Commissione Bilancio, ai sensi del comma 3 del citato articolo 11-ter, ma anche per la definizione del contenuto minimo che la stessa RT deve presentare, sulla base dell’analisi svolta in sede parlamentare.
L’esperienza maturata nell’analisi dei progetti normativi evidenzia, con una certa frequenza, casi di incoerenza tra relazioni tecniche e testo delle iniziative legislative cui le stesse si riferiscono, per la mancata considerazione nella relazione stessa di tutte le norme suscettibili di determinare effetti di carattere finanziario. Nell’ambito del procedimento di verifica, tale carenza determina generalmente richieste al Governo di chiarimenti o di una integrazione della relazione tecnica presentata.
- Ad esempio, nel corso dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 223 del 2006[3] (C. 1475), ora legge n. 248 del 2006, il Servizio Bilancio dello Stato ha segnalato la necessità di quantificare gli effetti delle disposizioni contenute nell’articolo 36, comma 29, riguardante nuove modalità di determinazione del reddito di lavoro autonomo, al quale non risultavano ascritti effetti finanziari nella relazione tecnica originaria.
Infatti, il comma – recante modifica dell’articolo 54 del TUIR - conteneva misure che, singolarmente considerate, apparivano suscettibili di determinare effetti di segno opposto sul gettito IRPEF. Occorreva, pertanto, disporre di un’ analitica quantificazione dei singoli interventi operati sulla base imponibile IRPEF, anche ai fini dell’eventuale verifica di una compensatività dei predetti effetti.
In particolare, le norme sulla concorrenza alla formazione del reddito di lavoro autonomo delle plusvalenze e delle minusvalenze di beni strumentali e dei corrispettivi percepiti a seguito della cessione della clientela o di elementi immateriali riferibili all’attività artistica o professionale, avrebbero presumibilmente determinato un recupero di gettito, mentre l’applicazione della norma relativa alla integrale deduzione delle spese per prestazioni alberghiere e di ristorazione, sostenute dal committente per conto del professionista ed addebitate in fattura, avrebbe determinato una perdita di gettito.
Il rilievo del Servizio Bilancio dello Stato, fatto proprio dalla Commissione Bilancio, ha trovato riscontro nella Nota di documentazione depositata dal Governo presso la medesima Commissione, in risposta alle osservazioni emerse nel corso dell’esame svolto in sede consultiva. Nel documento veniva infatti condivisa l’analisi degli effetti derivanti dall’applicazione delle singole misure, ma si assicurava che l’impatto complessivo di competenza e di cassa, ascrivibile al complesso delle norme, poteva ritenersi neutrale dato il carattere sostanzialmente compensativo dei predetti effetti.
- Con riferimento, invece, alle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria per il 2007[4], riguardanti detrazioni IRPEF per l’acquisto di apparecchi e motori ad alta efficienza, il Servizio Bilancio dello Stato ha rilevato l’esigenza di un’integrazione della relazione tecnica originaria, in quanto, oltre ad una discrasia tra i parametri quantitativi presenti nella disposizione e quelli utilizzati per la stima, dal raffronto tra la relazione tecnica ed il testo delle norme emergeva, in particolare, la mancata quantificazione dell’effetto di perdita di gettito connesso alla concessione, disposta dalle medesime norme, di una detrazione per l’acquisto e l’istallazione di variatori di velocità su impianti di una determinata potenza elettrica[5].
La relazione tecnica integrativa, trasmessa successivamente dal Governo, ha fornito, in assenza di dati sui volumi effettivi di vendita, una stima presuntiva della perdita di gettito derivante da tale agevolazione.
In altri casi, l’individuazione, nell’ambito dell’attività di verifica, di discrasie tra il contenuto delle norme ed i parametri posti alla base della quantificazione ha determinato la richiesta di chiarimenti al Governo e talvolta, anche in base agli elementi di risposta forniti, la rettifica delle stime contenute nella relazione tecnica con il conseguente adeguamento della copertura finanziaria.
- Nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto legge n. 262 del 2006[6] (C. 1750), il Servizio Bilancio dello Stato ha evidenziato la necessità di acquisire dal Governo chiarimenti sulla quantificazione riguardanti gli effetti delle disposizioni sugli incentivi per la sostituzione di veicoli inquinanti. Infatti, mentre le norme limitavano la concessione dei contributi (finalizzati all’acquisto di autocarri meno inquinanti ed autovetture a metano) ai veicoli acquistati o immatricolati dalla data di entrata in vigore del decreto al 31 dicembre 2007, gli effetti di spesa per la concessione dell’incentivo e di maggior gettito IVA, conseguenti alla maggiore domanda indotta, erano ascritti a ciascuno degli anni del triennio di competenza 2007-2009.
Nella Nota trasmessa dal Governo, in risposta alle
osservazioni formulate nell’ambito dell’esame della Commissione, veniva,
pertanto, fornita - per le norme oggetto del rilievo - una nuova versione della
relazione tecnica, allineando i relativi parametri di stima al disposto
normativo. Tale nuova stima, peraltro, evidenziava, a fronte di un leggero
effetto di ripresa di gettito, per ciascuno degli anni del triennio di
riferimento, registrato per il complesso degli incentivi nella relazione
tecnica iniziale, l’emersione di un profilo di onerosità per gli esercizi 2008
e
L’analisi dei dati sottostanti la quantificazione
Molte questioni emerse nel corso dell’attività di verifica delle quantificazioni hanno avuto ad oggetto i dati esposti nelle relazioni tecniche, posti a fondamento delle stime elaborate. Il lavoro svolto dal Servizio Bilancio dello Stato, riguardo a tali profili, ha il fine precipuo di verificare l’attendibilità e il grado di aggiornamento dei dati utilizzati nonché la rispondenza degli stessi alle specifiche procedure di quantificazione cui si riferiscono.
L’attività di analisi dei dati si esplica attraverso metodologie, ormai consolidate, i cui passaggi essenziali possono essere così sintetizzati:
- controllo sui criteri di rilevazione e di elaborazione dei dati contenuti nella relazione tecnica, per valutarne la completezza e il grado di corrispondenza alle fattispecie esaminate;
- eventuale raffronto con dati riportati in relazioni tecniche riferite a norme o fattispecie analoghe;
- confronto con dati tratti da altre fonti governative (relazioni di settore, documenti del Ministero dell’economia, interventi del Governo presso le Assemblee parlamentari, ecc.), da pubblicazioni di altre istituzioni pubbliche (quali, ad esempio, Banca d’Italia, Istat, Corte dei Conti) e da documenti di istituti di ricerca di rilievo nazionale o internazionale (per esempio, l’OCSE);
- ricerche effettuate via internet, presso banche dati o siti istituzionali;
- spesso, infine, può risultare necessario reperire, presso fonti specializzate, anche se di carattere non istituzionale, dati più analitici o più aderenti alla fattispecie esaminata. Ad esempio, costituiscono utili parametri di confronto i dati elaborati periodicamente dalle associazioni di categoria, da istituti ed enti privati.
Si espongono, di seguito, due tra le principali problematiche affrontate nel corso della XV legislatura, nell’ambito dell’analisi dei dati esposti nelle relazioni tecniche. I casi riportati riguardano, in particolare, situazioni in cui è stata lamentata la non disponibilità dei dati, alla base delle quantificazioni riportate nelle relazioni tecniche ed altre in cui l’attività di verifica dei dati, svolta dal Servizio Bilancio dello Stato, ha consentito di rilevare incongruenze nei dati utilizzati, dando luogo a rettifiche degli stessi e alla conseguente rideterminazione delle stime finali.
L’attività di verifica delle quantificazioni riportate nelle relazioni tecniche è fortemente condizionata dall’effettiva disponibilità dei dati e delle informazioni sottostanti le quantificazioni.
Tuttavia in molti casi, soprattutto con riferimento a norme di carattere fiscale, le relazioni tecniche si limitano essenzialmente a fornire il risultato finale delle quantificazioni, spesso ottenuto attraverso l’applicazione di modelli di micro-simulazione, di cui dispongono le amministrazioni di settore interessate. Non assumono quindi un’esplicita evidenza, nella documentazione che dà conto dell’attività di quantificazione, parametri e valori di carattere intermedio, in quanto impliciti ovvero non considerati nel modello di simulazione utilizzato.
La mancanza di tali indicazioni non consente peraltro, in sede di verifica delle quantificazioni, di procedere ad un’esaustiva ricostruzione dell’intero procedimento e, quindi, di disporre di elementi idonei a convalidare i risultati finali esposti nelle relazioni tecniche.
- Queste considerazioni sono emerse anche nel corso della XV legislatura, in particolare durante l’esame del ddl finanziaria per il 2008[7] , che recava numerose norme di carattere fiscale, le cui relazioni tecniche evidenziavano esclusivamente le stime finali degli effetti finanziari ascritti alle diverse disposizioni – calcolati, secondo le informazioni espressamente riportate, sulla base di appositi modelli di microsimulazione - senza esplicitare quindi un complesso di dati e di elementi (riferiti ad esempio alle basi imponibili, al numero di contribuenti, alle aliquote utilizzate, ecc.), che avrebbero consentito, in sede di verifica parlamentare, una puntuale ricostruzione del procedimento di quantificazione e, quindi, un riscontro dell’efficacia dei risultati ottenuti.
In molti casi, nella documentazione governativa veniva segnalato come la mancanza di un’informazione sistematica sui predetti elementi fosse da imputare alla circostanza che i modelli di micro-simulazione utilizzati non richiedevano l’inserimento di tali variabili in quanto il risultato veniva calcolato a partire dalla situazione individuale effettiva di ciascun contribuente.
Nondimeno il Servizio Bilancio dello Stato ha sottolineato, in diverse occasioni, la necessità che fossero fornite informazioni relative a dati aggregati e a talune variabili di carattere intermedio, idonee a consentire una verifica dei dati e quindi a suffragare, attraverso un opportuno riscontro sulla correttezza delle stime finali, anche l’efficacia del modello utilizzato.
Infatti, la carenza di informazioni di carattere intermedio a corredo dei risultati tratti dal modello fa sì che la verifica delle stime, in ambito parlamentare, non possa basarsi che su ricostruzioni induttive, a partire da informazioni parziali o di carattere metodologico.
E’ stato altresì evidenziato che la conoscenza dei dati sottostanti le stime – quali ad esempio, per le norme di carattere fiscale, le basi imponibili, le aliquote e il numero di soggetti interessati dalle singole imposte oggetto di intervento, nonché ulteriori informazioni riferibili alle diverse quantificazioni (detrazioni, deduzioni, ipotesi adottate, ecc.) – assicurerebbe anche la comparabilità, nel tempo, degli elementi addotti a corredo di quantificazioni riferite a fattispecie analoghe.
Inoltre, con particolare riferimento al disegno di legge finanziaria ed ai provvedimenti ad esso collegati, si rileva come la carenza di dette informazioni impedisca anche una corretta analisi degli effetti finanziari delle proposte emendative presentate nel corso dell’esame parlamentare e, quindi, una verifica della compensatività delle stesse, necessaria ai fini del vaglio di ammissibilità delle proposte stesse.
Come già accennato, l’analisi dei dati indicati nelle relazioni tecniche è diretta, tra l’altro, a verificarne l’aderenza al dettato delle norme cui essi si riferiscono.
Il molti casi il Servizio Bilancio dello Stato ha evidenziato l’opportunità di procedere ad aggiornamenti dei dati forniti nella relazione tecnica governativa, ritenuti non in linea con altre informazioni, più aggiornate, a disposizione del Servizio. In altre circostanze, è stato segnalato come le stime dei potenziali beneficiari delle norme, indicate nelle relazioni tecniche, non risultassero coerenti con il contenuto delle norme stesse: ciò ha indotto talvolta il Governo a procedere ad una revisione dei dati e delle quantificazioni riportati nelle relazioni tecniche ed al conseguente adeguamento delle norme di copertura.
- Con riferimento alle disposizioni contenute nel disegno di legge finanziaria per il 2008, riguardanti l’esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa per i telefoni cellulari utilizzati da soggetti sordi, il Servizio Bilancio ha rilevato l’esigenza di un’integrazione della relazione tecnica originaria, in quanto, mentre la norma si riferiva in via generale a tutti i soggetti affetti da sordità, la relazione tecnica quantificava gli effetti di gettito con esclusivo riferimento ai soggetti sordomuti. La quantificazione risultava, pertanto, sottostimata.
Il Governo ha convenuto sulla necessità di rettificare i dati e ha quindi rivisto la propria stima, modificando gli effetti imputati alla norma rispetto ai saldi di finanza pubblica.
Profili temporali delle quantificazioni: previsioni ultratriennali ed incidenza di fattori demografici nella spesa sociale
Per effetto del processo di invecchiamento demografico, che caratterizza la struttura e l’evoluzione della popolazione del nostro Paese e di buona parte dei Paesi dell’Unione europea, va assumendo sempre maggiore rilevanza la valutazione degli andamenti di medio-lungo periodo della spesa sociale, con particolare riferimento alla componente cosiddetta age-related. L’attenzione prestata deriva anche dalla necessità di verificare che i predetti andamenti siano congruenti con il percorso di medio-lungo termine di convergenza ai parametri europei, soprattutto con riferimento ai livelli del debito pubblico. Infatti, particolare rilievo assume la predetta analisi rispetto alla valutazione della sostenibilità nel lungo periodo delle finanze pubbliche: a tal fine nell’Aggiornamento annuale del programma di stabilità che i Paesi membri trasmettono alle autorità europee è prevista un’ apposita sezione dedicata a tale profilo.
Per fare fronte a questo obbligo, nel tempo, il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato ha elaborato modelli di previsione, continuamente aggiornati anche sulla base di scenari definiti a livello europeo, che permettono di simulare gli andamenti della spesa sociale age-related lungo un arco di tempo anche di lungo periodo.
Per quanto attiene agli aspetti connessi all’attività di quantificazione degli effetti delle norme, particolare rilievo assume, nelle predette materie, il profilo evolutivo, nel medio-lungo periodo, degli oneri stimati.
Si ricorda che l’articolo 11-ter della legge n. 468/1978, relativamente alle disposizioni in materia pensionistica, dispone che la relazione tecnica debba contenere anche un quadro analitico di proiezioni finanziarie almeno decennali, riferite all’andamento delle variabili collegate ai soggetti beneficiari.
Ciò in relazione al fatto che l’importo e la durata dei benefici di natura pensionistica e, di conseguenza, dei relativi oneri a carico della finanza pubblica, dipendono strettamente dalle caratteristiche soggettive dei beneficiari, quali, ad esempio, l’età di accesso al trattamento economico, il periodo medio di godimento del beneficio in relazione alla speranza di vita, l’anzianità lavorativa che determina l’ammontare del trattamento stesso, i profili retributivi afferenti al percorso lavorativo.
Si tratta, pertanto, di una previsione di medio periodo in cui entrano in gioco numerose variabili, sia di natura propriamente demografica sia di natura macroeconomica sia, infine, di carattere normativo.
Le risultanze di tali simulazioni, che tengono conto di continui aggiornamenti, e la descrizione della struttura e delle variabili incorporate nei modelli sono pubblicate annualmente dalla Ragioneria Generale dello Stato, in un Rapporto[8] che reca anche una dettagliata analisi metodologica dei modelli stessi. Tale Rapporto, come verrà precisato nel seguito del presente paragrafo, contiene i singoli approfondimenti in relazione alla spesa pensionistica, sanitaria e alla spesa per assistenza (Long Term Care - LTC).
Pertanto, riguardo alle singole disposizioni di spesa in materia pensionistica[9], la quantificazione degli oneri recata dalla relazione tecnica, riferita agli esercizi oltre il triennio di competenza del bilancio, utilizza le elaborazioni fornite dai modelli previsionali di cui dispone il Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato.
- Ad esempio, la relazione tecnica alla legge n. 247/2007, di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività (c.d. “Protocollo Welfare”), ha evidenziato, in relazione ad ogni misura anche non strettamente pensionistica, gli effetti finanziari sui saldi di finanza pubblica per il periodo 2008-2013, mentre per quelle a carattere pensionistico, con particolare riferimento alle modifiche nei requisiti di accesso al pensionamento, gli effetti finanziari sono stati evidenziati per il decennio 2008-2017. Inoltre, in apposita appendice, è stata rappresentata l’incidenza degli interventi del Protocollo sull’andamento a legislazione vigente della spesa pensionistica in rapporto al PIL per il periodo 2008-2050, sulla base delle ipotesi dello scenario nazionale base[10].
Proiezioni decennali degli effetti finanziari sono state riportate anche dalla relazione tecnica relativa agli interventi in materia di TFR disposti dalla legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296/2006).
Con riferimento ai profili di quantificazione attinenti alle norme di copertura degli oneri, la giurisprudenza costituzionale[11], ripresa e confermata dalla Corte dei conti, ha sancito - come già accennato nel capitolo iniziale del presente dossier - che, fatta salva la necessità di una puntuale indicazione delle risorse finanziarie previste a fini di copertura per ciascuno degli esercizi considerati nel bilancio triennale, per quelli successivi la previsione delle risorse destinate a fare fronte ai relativi oneri deve risultare in modo ragionevole e credibile. Tale credibilità e ragionevolezza si intende realizzata allorquando si ravvisi una coerenza tra onere massimo coperto nel triennio ed onere previsto negli esercizi successivi.
In applicazione di tale principio, pertanto, la copertura dell’onere a regime è generalmente assicurata imputando al terzo anno del bilancio triennale di competenza l’onere annuo corrispondente a quello di massima esposizione, nel periodo di applicazione delle norme[12].
- La relazione tecnica riferita agli interventi in favore delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata, previsti dalla legge finanziaria 2008[13], reca i dati e i parametri alla base della quantificazione degli oneri per ciascun anno fino all’entrata a regime delle disposizioni, che si realizzerà nell’arco di dieci anni. Nel prospetto riepilogativo degli effetti delle disposizioni sui saldi[14], in corrispondenza del terzo anno del bilancio triennale di competenza, viene contabilizzato l’effetto massimo delle disposizioni, previsto a regime, commisurando allo stesso anche la copertura della disposizione, introdotta per emendamento.
Nel corso della XV legislatura, è emersa spesso l’opportunità di corredare la relazione tecnica di proiezioni ultratriennali anche con riferimento agli effetti finanziari di disposizioni riguardanti interventi che, pur non rientrando nella materia strettamente pensionistica, per loro natura appaiono comunque fortemente influenzati da dinamiche demografiche di medio e lungo periodo, connesse all’evoluzione della struttura della popolazione e all’incidenza di flussi migratori.
Infatti, per tali interventi che interessano prevalentemente voci di spesa di carattere assistenziale, a fronte dell’estensione a nuovi soggetti di benefici di carattere sociale, non sempre le relazioni tecniche hanno esplicitato se e in quale misura la quantificazione dei relativi oneri tenesse conto dell’incidenza del fattore demografico e del suo probabile sviluppo in un arco di tempo di medio-lungo periodo. E’ stato quindi evidenziato come la mancanza di tali dati non consentisse una puntuale verifica della sostenibilità nel tempo degli interventi.
- Ad esempio, in occasione dell’esame del disegno di legge recante modifiche alla normativa in materia di cittadinanza[15], il Servizio Bilancio dello Stato ha osservato che, sulla base del già citato disposto dell’art. 11-ter della legge n. 468/1978, la relazione tecnica avrebbe dovuto fornire, in relazione alle implicazioni di natura pensionistica, un prospetto almeno decennale degli effetti delle disposizioni in discussione. Il Servizio ha inoltre rilevato la necessità che fossero fornite valutazioni di carattere previsionale relative all’incidenza di andamenti di carattere demografico, trattandosi di provvedimenti riguardanti la condizione dello straniero e suscettibili di determinare un incremento dei beneficiari degli istituti assistenziali e previdenziali. Tale richiesta, fatta propria dal relatore del provvedimento presso la Commissione bilancio[16], ha trovato riscontro nel seguito della discussione dal momento che il Ministero dell’interno ha prodotto una documentazione con la quale si dava conto delle modalità di calcolo dei flussi migratori, considerati ai fini della quantificazione[17].
La richiesta di tali informazioni nasce, peraltro, dalla considerazione che, come illustrato in precedenza, la Ragioneria Generale dello Stato dispone di modelli di previsione di medio-lungo periodo riguardante il più generale aggregato della spesa sociale pubblica.
Di seguito si fornisce un’illustrazione sommaria di tali modelli, con riferimento alle componenti della spesa pensionistica, della spesa sanitaria e della spesa assistenziale.
I modelli della Ragioneria Generale dello Stato per le previsioni di medio e lungo periodo della spesa sociale
Come già precisato, la constatazione che il processo di invecchiamento demografico ha assunto sempre più rilevanza negli andamenti di medio-lungo periodo della spesa sociale, con particolare riferimento alla componente c.d. age-related, ha indotto i Paesi europei ad elaborare modelli di previsione compatibili in ambito UE. Ciò con una duplice finalità: da un lato, tenere sotto controllo tali aggregati di spesa che, in rapporto al PIL, costituiscono una componente importante della spesa pubblica, anche con riferimento ai diversi sistemi di welfare adottati, e, dall’altro, verificare che i loro andamenti siano congruenti con il percorso di convergenza ai parametri di Maastricht. Per fare fronte a tali impegni, il Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria Generale dello Stato ha elaborato modelli di previsione, continuamente aggiornati anche sulla base di scenari definiti a livello europeo, che permettono di simulare gli andamenti della spesa sociale age-related lungo un arco di tempo anche di lungo periodo. Le risultanze di tali simulazioni nonché le metodologie adottate sono annualmente descritte nel Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario[18].
Con riferimento alla spesa pubblica per pensioni rispetto al PIL, le previsioni fino al 2050 sono effettuate sulla base di tre diversi scenari, di cui due (scenario nazionale base e scenario nazionale programmatico) definiti in ambito nazionale e il terzo (scenario EPC-WGA baseline) definito in ambito europeo dal Gruppo di lavoro sull’invecchiamento demografico costituito presso il Comitato di Politica Economica del Consiglio Ecofin[19]. Le previsioni elaborate sulla base di ipotesi di scenario definite a livello europeo sono riportate nell’Aggiornamento del Programma di Stabilità, mentre quelle coerenti con le ipotesi dello scenario nazionale base, per il 2007, sono state pubblicate nell’ultimo DPEF 2008-2011 e riprese anche nell’ultimo Rapporto del Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale[20].Tali scenari, come si legge nel Rapporto della RGS, sono costituiti da una componente demografica e da una componente macroeconomica[21].
Le previsioni, inoltre, sono elaborate anche sulla base dell’assetto normativo vigente, ma aggiornato con le misure che si prevede di adottare nell’anno. Più in particolare, esse recepiscono anche gli effetti delle misure contenute nel disegno di legge finanziaria e negli eventuali provvedimenti collegati, come approvati dal Consiglio dei ministri e recepiti nei documenti programmatici di finanza pubblica (RPP e documento di aggiornamento del Programma di Stabilità). Con riferimento alle previsioni nazionali, lo scenario nazionale programmatico differisce dallo scenario nazionale base per il fatto di recepire integralmente le indicazioni del quadro macroeconomico sottostante la RPP[22]. Il quadro demografico dei due modelli recepisce le ipotesi sottostanti l’ultima previsione della popolazione prodotta dall’Istat, con base 2005. Le ipotesi sono determinate dal tasso di fecondità, dalla speranza di vita, distinta per maschi e per femmine, e dal saldo migratorio[23]. Il quadro macroeconomico incorpora, tra l’altro, il tasso di crescita della produttività, le ipotesi relative ai mutamenti del mercato del lavoro (tasso di disoccupazione, tasso di attività della fascia di età 15-64 e tasso di occupazione) nonché il tasso di crescita reale del PIL[24].
Anche per la spesa sanitaria e la spesa assistenziale, ambedue fortemente influenzate dal fattore demografico, a livello europeo è stata evidenziata la necessità di elaborare modelli previsionali che permettano di seguirne l’evoluzione in rapporto al PIL nel medio-lungo periodo. Anche in questo caso, pertanto, tali previsioni sono state effettuate sulla base delle indicazioni metodologiche concordate in ambito EPG-WGA.
Con riferimento alla spesa sanitaria, come si legge nel Rapporto n. 9, l’ipotesi di base, adottata fin dal 2001, assume che la struttura dei consumi specifici per età, sesso e tipologia di prestazione resti costante nell’intero periodo di previsione[25] e che il costo unitario si agganci al PIL pro capite[26]. Tale metodologia, denominata “pure ageing scenario”, rende le variazioni del rapporto spesa sanitaria/PIL dipendenti esclusivamente dalla modificazione della struttura della popolazione. Con riferimento allo scenario nazionale base, tale metodologia si applica a partire dall’anno successivo al quadriennio di riferimento dell’ultimo DPEF. Per il periodo precedente, infatti, la previsione dell’andamento della spesa è effettuata per singola funzione di costo[27], tramite modelli di breve periodo. Tuttavia, per tenere conto di altri fattori, diversi da quello demografico, che incidono sull’evolversi dei consumi sanitari, sono state elaborate ipotesi alternative che riflettono il miglioramento delle condizioni di salute correlato con l’aumento della speranza di vita, i differenziali inflazionistici tra prodotti sanitari e prodotti non sanitari, anche in dipendenza del diverso contenuto tecnologico, l’effetto trainante sui costi sanitari derivante dalla remunerazione del fattore lavoro. La combinazione di tali ipotesi alternative ad integrazione del pure ageing scenario prende il nome di “reference scenario”. Le ipotesi demografiche e macroeconomiche dello scenario nazionale base utilizzato ai fini della previsione della spesa sanitaria sono le stesse impiegate nell’ambito della spesa pensionistica. Ciò rende i risultati previsionali omogenei e aggregabili.
Anche per la spesa sanitaria, le previsioni incorporano il quadro normativo vigente nonché gli interventi previsti nel disegno di legge finanziaria, come approvato dal Consiglio dei ministri e recepiti nei documenti programmatici di finanza pubblica (RPP e Programma di Stabilità)[28].
La spesa assistenziale age-related, rivolta agli anziani e ai disabili non autosufficienti (spesa pubblica per Long Term Care), è composta da tre aggregati: la componente sanitaria della spesa per LTC (che è riconducibile al più grande aggregato della spesa sanitaria pubblica[29]), le indennità di accompagnamento e gli interventi socio-assistenziali rivolti ai disabili e agli anziani non autosufficienti erogati a livello locale. Sulla base delle medesime metodologie illustrate in precedenza, la Ragioneria Generale dello Stato elabora le previsioni di medio-lungo periodo per la spesa per LTC sia separatamente, per ciascuna componente, sia per l’aggregato complessivo, secondo lo scenario nazionale base, lo scenario nazionale programmatico e, infine, secondo lo scenario EPC-WGA baseline. Tali esercizi previsionali si basano sulle ipotesi di evoluzione del consumo di prestazioni per LTC adottate nella definizione del pure ageing scenario, che scontano i soli effetti diretti imputabili alle dinamiche demografiche. Tuttavia, dal momento che, come già precisato per la spesa sanitaria, altri fattori possono incidere significativamente sulla dinamica della spesa per LTC, la Ragioneria Generale dello Stato, sempre in accordo con quanto concordato in ambito EPC-WGA, elabora simulazioni sulla base del cosiddetto reference scenario. La componente sanitaria comprende l’insieme delle prestazioni sanitarie erogate a persone non autosufficienti che necessitano di assistenza continuativa. Più in particolare, con riferimento all’Italia, la componente sanitaria della spesa per LTC include: l’assistenza territoriale agli anziani e ai disabili (a sua volta comprendente l’assistenza ambulatoriale e domiciliare, l’assistenza semi-residenziale e l’assistenza residenziale); l’assistenza integrativa protesica, psichiatrica e quella rivolta agli alcolisti e ai tossicodipendenti.
Per ciascuna di queste prestazioni, il modello stima i profili del consumo sanitario[30], anch’essi aggragabili in tre componenti principali a seconda dei destinatari e delle modalità di erogazione della prestazione: l’assistenza residenziale agli anziani e ai disabili; l’assistenza non residenziale agli anziani e ai disabili; l’assistenza, in qualunque forma erogata, ai soggetti affetti da dipendenze (alcolisti e tossicodipendenti) o patologie psichiatriche. La spesa per indennità di accompagnamento e di comunicazione sono costituite da prestazioni monetarie erogate ad invalidi civili, ciechi e sordomuti, esclusivamente in dipendenza delle condizioni psicofisiche del soggetto. Dai modelli della RGS emerge che, mentre per le indennità erogate ai sordomuti non vi è un sostanziale legame con l’età dei percettori[31], le indennità di accompagnamento erogate ad invalidi civili ed ai ciechi sono fortemente correlate con l’età[32].
La spesa per altre prestazioni LTC comprende un insieme di prestazioni, prevalentemente in natura, erogate a livello locale per finalità socio-assistenziali. Risulta estremamente difficile ricostruire tale aggregato per le notevoli carenze informative che caratterizzano il settore, sia con riferimento alla platea dei beneficiari sia con riferimento alla numerosità degli interventi. Pur considerando tali limitazioni, la RGS ha elaborato le previsioni di medio-lungo termine seguendo il medesimo approccio adottato per la componente sanitaria, secondo il quale il parametro fondamentale è rappresentato dal profilo della spesa pro capite per sesso e per età corrispondente alle diverse tipologie di prestazione[33]. Dalle previsioni in tale modo elaborate, che recepiscono le indicazioni dello scenario nazionale base, emerge che, dato che questo genere di prestazioni si rivolge prevalentemente agli anziani, i valori corrispondenti alle età elevate sono decisamente alti. Inoltre, le femmine presentano un consumo più alto dei maschi, soprattutto in relazione all’assistenza residenziale ed alle prestazioni in denaro.
Aspetti problematici connessi alle clausole di non onerosità
La Commissione Bilancio durante la XV legislatura è stata di frequente chiamata ad esaminare norme, soprattutto relative agli assetti organizzativi o ad adempimenti delle pubbliche amministrazioni, sprovviste di risorse finanziarie in quanto considerate attuabili nell’ambito delle risorse già previste, per analoghe finalità, sulla base della vigente legislazione.
La necessità di escludere, comunque, che tali norme potessero dar luogo, nel corso della loro applicazione, ad oneri privi di copertura, ha spesso indotto - secondo una prassi che aveva ricevuto impulso già nelle precedenti legislature[34] - ad inserire nei testi legislativi le c.d. clausole di non onerosità.
Tali clausole in alcuni casi sono state inserite nel testo originario dell’iniziativa legislativa, mentre, in altre circostanze, sono state introdotte su richiesta della Commissione Bilancio, che, con apposita condizione riportata nel proprio parere sui profili finanziari del provvedimento, ha ravvisato la necessità di prevedere espressamente che all’attuazione delle norme si dovesse provvedere senza nuovi o maggiori oneri.
In alcuni casi, ancora, il testo non è stato espressamente corredato di una clausola di non onerosità, ma la relazione tecnica o la relazione illustrativa hanno evidenziato come dal medesimo non derivassero nuovi o maggiori oneri.
Nei casi di inserimento delle clausole di non onerosità nei testi originari delle iniziative legislative trasmessi alla Commissione Bilancio per l’espressione del parere, il Servizio Bilancio dello Stato, in sede di verifica degli effetti finanziari, ha solitamente richiesto che le relazioni tecniche ovvero la documentazione allegata alle stesse iniziative fossero corredate di tutti gli elementi idonei a suffragare la neutralità finanziaria e, quindi, l’effettiva possibilità di dare attuazione alla normativa proposta senza ricorrere a nuove risorse.
Tale orientamento appare peraltro in linea con i recenti indirizzi governativi in tema di redazione delle relazioni tecniche, in base ai quali “per le disposizioni che non comportano nuovi oneri finanziari è necessario dimostrarne la neutralità”[35].
Gli elementi forniti dalla relazione tecnica dovrebbero essere idonei a dimostrare, in ragione del tipo di disciplina introdotta, l’effettiva possibilità di dare attuazione alle norme stesse senza nuovi oneri, in modo particolare allorquando la successiva attuazione del provvedimento, da parte delle amministrazioni competenti, sia caratterizzata da limitati margini di discrezionalità. In tali casi, ad esempio, sarà importante verificare se effettivamente le amministrazioni interessate dispongano degli strumenti, anche di carattere tecnico, delle competenze e delle risorse necessarie per far fronte all’attuazione delle norme.
Qualora, invece, la clausola di non onerosità sia posta a presidio di misure caratterizzate da un certo grado di discrezionalità (soprattutto per quanto attiene alle modalità di attuazione), la funzione di garanzia svolta dalla clausola, potrebbe configurarsi come introduzione di un principio di carattere interpretativo ai fini dell’attuazione, da parte delle pubbliche amministrazioni interessate, del provvedimento.
In tali casi, infatti, premessa la necessità che la clausola sia espressamente riportata nella norma, non essendo sufficiente una mera indicazione nella relazione tecnica o nella relazione illustrativa, le pubbliche amministrazioni dovrebbero sempre valutare alla luce del criterio della non onerosità in quale misura e secondo quali modalità dare attuazione alle medesime norme. Ciò dovrebbe quindi emergere chiaramente sia dalle relazioni tecniche, sia dal disposto normativo, utilizzando, ad esempio, formule che “impongano” di dare attuazione alle norme senza nuovi o maggiori oneri.
Le clausole di non onerosità possono essere riferite all’aggregato del bilancio dello Stato o all’aggregato della finanza pubblica[36] e sono, di norma, espresse mediante una o più delle seguenti formulazioni, ossia disponendo che:
· dalla norma non derivino/o non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato/finanza pubblica[37];
· agli adempimenti previsti dalla nuova normativa si faccia fronte a carico degli ordinari stanziamenti di bilancio delle amministrazioni interessate;
· ai nuovi adempimenti si debba provvedere con le risorse umane, strumentali e finanziarie già previste a legislazione vigente.
In tutti i casi in cui la relazione tecnica non esclude espressamente che dall’applicazione della nuova disciplina possano discendere nuove spese, ma assume che a tali esigenze possa comunque farsi fronte con l’utilizzo di risorse già previste dalla vigente normativa e, quindi, senza nuovi oneri, il Servizio Bilancio dello Stato – pur in presenza di una clausola di non onerosità - ha di norma evidenziato la necessità di elementi puntuali di valutazione circa l’effettiva sostenibilità finanziaria degli interventi in mancanza di risorse aggiuntive.
Ciò in quanto l’utilizzo di una non canonica forma di “copertura”, quale quella che rinvia a risorse esistenti, non esclude di per sé che possa riscontrarsi ex post, contrariamente all’originaria previsione, l’insorgere di effetti finanziari negativi a carico di uno dei due aggregati (bilancio dello Stato/finanza pubblica) cui la clausola stessa può essere riferita.
In sede d’attuazione delle disposizioni, infatti, si possono precostituire le condizioni per futuri interventi di “finanziamento” delle leggi provviste di clausole di non onerosità. In tali casi, qualora non risulti possibile un intervento in via amministrativa, occorrerà assumere un’opportuna iniziativa in via legislativa, intervenendo con una specifica norma di finanziamento o con legge di assestamento ovvero ancora mediante inclusione degli interventi nell’elenco delle “eccedenze di spesa” allegato[38] alla legge finanziaria.
- Un caso di finanziamento per via legislativa di una norma originariamente corredata di clausola di non onerosità è quello disposto dall’art 12 della legge 48/2008[39], che ha previsto, tra l’altro, per le esigenze connesse al funzionamento del “Centro nazionale per il contrasto della pedopornografia sulla rete INTERNET”, di cui all'articolo 14-bis della legge n. 269/1998[40], l’istituzione, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, di un fondo con una dotazione di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, laddove la norma originaria (comma 2 del citato art. 14-bis) prevedeva che il Centro si avvalesse delle risorse umane, strumentali e finanziarie esistenti e che dall'istituzione e dal funzionamento dello stesso non dovessero derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Pertanto, nell’ambito della verifica degli effetti finanziari dei provvedimenti legislativi, nel caso in cui sia presente una clausola di non onerosità, si impone una valutazione, caso per caso - da parte della Commissione Bilancio, che potrà avvalersi dell’istruttoria tecnica dei competenti uffici - della “effettività” della previsione di assenza di nuovi o maggiori oneri ovvero della concreta sostenibilità dei nuovi interventi mediante utilizzo di risorse già esistenti, ai fini del rispetto del principio di neutralità finanziaria.
Tale valutazione assume una particolare valenza soprattutto nel caso di creazione di nuovi organismi o di attribuzione ad organi esistenti di nuove competenze.
Nella prima ipotesi è importante escludere che possano determinarsi occorrenze finanziarie sia per gli aspetti logistici ed organizzativi, sia per l’eventuale corresponsione ai componenti dei nuovi organismi di compensi o emolumenti, anche di natura non retributiva (rimborsi ed altro). Tale possibilità andrebbe quindi espressamente esclusa con apposita previsione legislativa.
Nel secondo caso, la verifica della non onerosità delle norme richiede l’acquisizione dal Governo di elementi volti a dimostrare che ai nuovi adempimenti le amministrazioni interessate possano effettivamente far fronte con i mezzi e le risorse già in dotazione.
Gli elementi forniti dovranno essere idonei a suffragare l’ipotesi di invarianza finanziaria con riferimento al peculiare rilievo, anche tecnico, dei nuovi compiti assegnati, e alla strumentazione nonché alle competenze conseguentemente necessarie per l’espletamento degli stessi.
- Si riportano di seguito due esempi riferibili alle fattispecie citate:
a) Lo schema di regolamento[41] - relativo all’organizzazione del Ministero delle infrastrutture, - emanato in attuazione dell’art. 1, comma 4, del DL 181/2006[42], ha, tra l’altro, previsto, all’art. 6, l’istituzione - senza oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato - della “Conferenza permanente dei Provveditori interregionali” con funzioni di natura consultiva, propositiva e di coordinamento sulle materie di competenza. Nel corso dell’esame dello schema di regolamento presso la Commissione Bilancio, con riferimento precipuo all’istituenda Conferenza, è stato richiesto al Governo di modificare la formula della clausola al fine prevedere, come da prassi consolidata in casi analoghi, l’esclusione di nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato e di riformulare, invece, con riferimento al più ampio aggregato della finanza pubblica, la clausola d’invarianza finanziaria generale, riferita all’intero provvedimento, prevista dall’art. 11. Il Governo nella medesima sede ha affermato di concordare sull’opportunità di integrare con apposita clausola d’invarianza le disposizioni relative all’istituzione della suddetta Conferenza nonché di riformulare la clausola generale nei termini indicati[43].
b) Lo schema di decreto legislativo attuativo della direttiva 2006/7/CE[44], (gestione della qualità delle acque di balneazione) in materia, ha previsto, tra l’altro, l’individuazione di nuove competenze per Stato, Regioni e Comuni, con particolare riferimento alle attività di monitoraggio, classificazione della qualità idrica, gestione di registri ed informazione al pubblico con mezzi e tecnologie di comunicazione adeguati. All’art. 18 è stato inoltre prevista un espressa clausola d’invarianza[45]. A tale riguardo in sede di esame del provvedimento, anche sulla base dell’istruttoria effettuata dagli uffici, il relatore del provvedimento presso la Commissione Bilancio ha richiesto al Governo di fornire dati ed elementi volti a accreditare l’effettiva possibilità, da parte delle amministrazioni interessate, di far fronte ai nuovi compiti con le risorse finanziarie, strumentali ed umane già previste a legislazione vigente e, quindi, senza o nuovi maggiori oneri a carico della finanza pubblica, in considerazione anche del peculiare rilievo tecnico dei compiti assegnati alle amministrazioni interessate, che avrebbe richiesto presumibilmente strumenti e competenze adeguate. Il Governo, a tale riguardo, nella stessa sede ha affermato che la riduzione del numero dei parametri microbiologici per la valutazione della balneabilità delle acque da 19 a 2, comporterà ingenti riduzioni dei costi ed eviterà duplicazioni, assicurando pertanto che dall'attuazione del provvedimento non deriveranno nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica[46].
Dal punto di vista metodologico è opportuno attribuire un autonomo rilievo ad un’ulteriore tipologia di clausola di non onerosità, che potrebbe essere più propriamente definita clausola di invarianza finanziaria. L’ipotesi ricorre nel caso in cui non si presuppone un’assenza di oneri in senso stretto, ma si assume che a tali possibili effetti possa farsi fronte con risorse derivanti dalle stesse norme introdotte, garantendo quindi la complessiva neutralità finanziaria dell’intera disciplina.
In tali casi, nella documentazione prodotta dal Servizio Bilancio dello Stato, è stata in genere evidenziata la necessità che fossero forniti gli elementi atti a quantificare sia le voci di costo sia le corrispondenti voci di entrata e/o di risparmio, dimostrando in tal modo la compensatività tra le une e le altre, sia per quanto attiene all’aspetto quantitativo sia sotto il profilo della corrispondenza temporale.
- In relazione alla necessità di dare dimostrazione, nella relazione tecnica, della compensazione tra le voci di costo e di entrata, a) dal punto di vista quantitativo e b) con riguardo alla contestualità tra effetti onerosi e corrispondenti effetti compensativi, si riportano di seguito due esempi di casi verificatisi nel corso della legislatura appena conclusa.
a) L’art. 16 della legge 34/2008[47] - Legge comunitaria 2007 – ha disposto, in materia di controlli sulle importazioni di legname nella Comunità europea, la delega al Governo per l’adozione di un sistema di licenze FLEGT[48], prevedendo, quali principi direttivi per l’esercizio della stessa, tra gli altri, l’individuazione delle autorità nazionali competenti per la verifica delle licenze, mediante le risorse già previste a legislazione vigente, la determinazione dell'importo di una tassa[49] e la sua destinazione ad integrale copertura delle spese delle autorità competenti in materia di controlli. Durante l’esame parlamentare del provvedimento, sulla base dell’istruttoria degli uffici, la Commissione Bilancio ha richiesto chiarimenti al Governo in merito alla possibilità di fare fronte agli oneri connessi alla verifica delle licenze FLEGT con le risorse disponibili a legislazione vigente, nonché in ordine alle finalità e alle forme di utilizzo della tassa che, stando al tenore letterale delle disposizioni, sembrava piuttosto presentare natura di tariffa. In tal caso, infatti, essendo la stessa deducibile dal reddito imponibile[50], avrebbe potuto determinare riflessi negativi in termini di gettito tributario e quindi l’impossibilità di rispettare il vincolo d’invarianza. Il Governo nella stessa sede ha affermato che la clausola d’invarianza è stata prevista per evitare effetti negativi a carico della finanza pubblica. In merito alle possibili conseguenze finanziarie della norma, ha rilevato che soltanto in sede di attuazione della delega sarebbe stato possibile valutare le eventuali implicazioni onerose. Inoltre, anche in base ad una documentazione trasmessa dal Ministero delle Politiche agricole,, riferita alla gestione del sistema FLEGT da parte del Corpo forestale dello Stato, è stato escluso qualsiasi onere aggiuntivo mentre lo strumento della tassa introdotto è stato ritenuto idoneo a coprire integralmente le spese necessarie.
b) L’art. 9 del DL 7/2007[51] ha disposto, tra l’altro, che, ai fini dell'avvio dell'attività d'impresa, l'interessato presenti all'ufficio del registro delle imprese, per via telematica o su supporto informatico, la comunicazione unica per gli adempimenti previsti dalla disposizione. In merito alle modalità di attuazione della norma e al fine di incentivare l’utilizzo del mezzo telematico da parte delle imprese individuali, in sostituzione delle domande in formato cartaceo, la disposizione ha inoltre demandato ad un decreto ministeriale la rideterminazione della misura dell’imposta di bollo disponendo a riguardo, comunque, l’invarianza del gettito. Nel corso dell’esame del provvedimento in Commissione, sulla base dei rilievi evidenziati dal Servizio Bilancio dello Stato, sono stati richiesti chiarimenti al Governo in merito all’eventuale insorgenza di maggiori oneri di carattere amministrativo connessi al periodo di transizione fra il sistema attuale e quello previsto dalla disposizione e circa le modalità con le quali assicurare l’invarianza di gettito, con riferimento alla rideterminazione delle tariffe dell’imposta di bollo: tenuto conto che l’unico criterio fissato dalla disposizione risultava quello di carattere agevolativo - mirante ad incentivare le domande presentate per via informatica - risultava necessario chiarire a carico di quali voci della tariffa sarebbero state compensate le minori entrate derivanti dall’agevolazione stessa. Il Governo nella stessa sede[52] ha, tra l’altro, affermato come nessun onere fosse ravvisabile nella disciplina transitoria, poiché la nuova procedura avrebbe utilizzato più razionalmente le medesime strutture, procedure e risorse, mentre la rideterminazione delle tariffe sarebbe stata effettuata tenendo in considerazione il gettito attuale, relativo alla quasi totalità delle domande presentate in formato cartaceo, in modo da garantire l’invarianza indicata dalla norma.
La Corte dei conti[53], in merito alla norma in esame, in termini in parte analoghi ai rilievi sopra richiamati, ha anch’essa evidenziato che non appariva chiaro come potesse essere realizzata l’invarianza del gettito, considerato che gli oneri derivanti dall’agevolazione risultavano plausibilmente destinati ad accrescersi nel tempo per effetto della progressiva riduzione delle domande in formato cartaceo; inoltre nello stesso periodo di coesistenza dei due sistemi, avrebbero potuto sorgere oneri aggiuntivi di carattere amministrativo per l’introduzione dei nuovi procedimenti operativi a fianco di quelli esistenti. Sul punto – ha proseguito la Corte - la relazione tecnica non forniva elementi di chiarimento, limitandosi ad affermare che la nuova normativa non comportava alcun onere aggiuntivo della finanza pubblica, consentendo invece una razionalizzazione ed un risparmio per i privati e le amministrazioni.
Nei casi in cui l’effetto compensativo dei nuovi oneri, idoneo a garantire la complessiva neutralità finanziaria del provvedimento, sia ascritto a risparmi derivanti dalle stesse norme introdotte, si richiede altresì che le riduzioni di spesa ipotizzate, oltre ad essere quantificate, siano sempre riferibili ad importi iscritti nei conti pubblici. E’ possibile infatti ravvisare potenziali risparmi soltanto rispetto ad importi già “scontati” nei tendenziali di spesa.
- Si segnalano in proposito, le disposizioni dell’art. 13, commi da 8-quinquiesdecies a 8-undevicies, del citato D.L. n. 7/2007: pur non essendo espressamente dettata, per tali disposizioni, una clausola di non onerosità, il caso assume rilievo - ai fini della presente analisi - in quanto la relazione tecnica a corredo del D.L. prefigurava un’invarianza complessiva di effetti per la finanza pubblica. Ciò soprattutto in considerazione del rilevante risparmio per l’amministrazione derivante dal confronto tra gli oneri dovuti ai general contractors (in relazione alla revoca disposta dal D.L) ed i costi che sarebbe stato necessario sostenere per la realizzazione dell’opera da parte dei medesimi. Il Servizio Bilancio dello Stato, nella nota predisposta sul provvedimento, ha peraltro rilevato che la relazione tecnica si limitava a prevedere la realizzazione di risparmi, non quantificati, connessi al minor costo di realizzazione delle opere in conseguenza del loro affidamento tramite procedure di gara. Quanto all’eventuale carattere compensativo di tali risparmi, il Servizio evidenziava altresì la necessità che fosse chiarito quali fossero le spese iscritte nei conti pubblici con riferimento alle opere in questione, sottolineando come soltanto in relazione ad una riduzione di importi già iscritti nei tendenziali della P.A. si sarebbe potuto configurare un risparmio, suscettibile di essere portato a compensazione di nuovi possibili oneri.
Tale orientamento è stato condiviso anche dalla Corte dei conti, che ha richiamato, sul punto, i rilievi formulati dal Servizio Bilancio della Camera[54].
Le clausole di non onerosità possono essere, inoltre, inserite, quali criteri direttivi, all’interno di leggi di delega legislativa: si pone in tal caso il problema del loro effettivo riscontro soprattutto con riferimento alla successiva normativa delegata
In diverse circostanze il Servizio Bilancio dello Stato ha evidenziato l’opportunità che, già in occasione dell’esame nella norma di delega, fossero forniti elementi di valutazione ed adeguatamente esplicitate le ipotesi e i presupposti che, sia pur in base a stime di carattere presuntivo, potevano indurre a ritenere effettivamente possibile un’attuazione della delega senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Inoltre, in tali casi, soprattutto negli ultimi anni, nei pareri espressi dalla Commissione Bilancio è stata generalmente imposta una procedura per la verifica della neutralità finanziaria degli schemi di decreti legislativi adottati in attuazione della delega, incentrata sull’obbligo di predisposizione della relazione tecnica e sulla sottoposizione dei predetti provvedimenti ai pareri delle Commissioni parlamentari competenti per la materia trattata e per le conseguenze di carattere finanziario.
- A questo riguardo si richiama la legge n. 247/2007 (c.d. “Protocollo welfare”[55]) che ha conferito, tra l’altro, deleghe al Governo, rispettivamente, in materia di ammortizzatori sociali, mercato del lavoro ed occupazione femminile (art. 1, commi 28, 30 e 81). In relazione all’esercizio di tali deleghe, con una clausola di carattere generale, l’articolo 1, comma 93[56], ha escluso espressamente l’insorgenza di nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Durante l’esame del provvedimento presso la Commissione Bilancio, sulla base dell’istruttoria svolta dagli uffici[57], è stata evidenziata l’opportunità che, già in sede di definizione delle norme di delega, tale supposta invarianza fosse suffragata da idonei elementi di valutazione. Sono stati richiesti quindi ulteriori elementi informativi al Governo in merito all’effettiva praticabilità dell’esercizio delle predette deleghe nel rispetto del prescritto principio di neutralità finanziaria[58]. Sul punto, inoltre, la Commissione, al momento dell’espressione di un parere favorevole[59] sul provvedimento, ha rilevato, in via generale, l’opportunità “di rafforzare, sotto il profilo procedurale, la verifica della sostenibilità finanziaria dei provvedimenti che saranno adottati in attuazione delle deleghe conferite al Governo (…), attraverso la previsione dell'obbligo di trasmettere nuovamente gli schemi di decreti al Parlamento, corredati dai necessari elementi integrativi di informazione, per l'espressione dei pareri definitivi delle Commissioni competenti, qualora il Governo non intendesse adeguarsi alle condizioni espresse ai sensi dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione”.
Clausole di non onerosità possono, infine, essere previste in alcuni provvedimenti normativi che rinviano, quanto alla loro attuazione, ad una successiva disciplina di natura regolamentare, da sottoporre, prima della sua adozione, al parere della Commissione Bilancio.
- Durante la XV legislatura sono stati sottoposti al parere della V Commissione[60], tra gli altri, gli schemi di regolamenti in materia di organizzazione dei Ministeri e di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione di Ministri, adottati in conseguenza del riordino delle attribuzioni ministeriali disciplinato dal decreto legge 18 maggio 2006, n. 181. Data la peculiarità di tale procedimento, per lo svolgimento del quale la norma di riferimento introdotta dal decreto legge dettava un principio generale di invarianza finanziaria, prevedendo inoltre una serie di misure[61] a garanzia della stessa, si rinvia al successivo capitolo, riguardante l’analisi di effetti finanziari riferiti ad una pluralità di atti normativi, con specifico riferimento al caso del procedimento di riorganizzazione dei Ministeri.
Effetti finanziari riferiti ad una pluralità di atti normativi
Una recente evoluzione della prassi riferita ai processi di quantificazione ha comportato l’imputazione di un unico effetto finanziario, individuato da una norma primaria, ad una pluralità di atti di normazione secondaria.
In questi casi, la norma di rango primario definisce generalmente la cornice operativa del processo, ossia i criteri normativi ed il procedimento da utilizzare, nonché l’obiettivo finanziario complessivo, il cui conseguimento è demandato a successivi atti di normazione secondaria: tale obiettivo può consistere in una mera invarianza di effetti finanziari ovvero nel conseguimento di un risparmio di ammontare predeterminato.
In molti casi, soprattutto allorquando l’obiettivo complessivo di risparmio è fissato nell’ambito di manovre di finanza pubblica, il relativo effetto finanziario è spesso immediatamente scontato ai fini dei saldi di finanza pubblica, anche se l’effettivo conseguimento del risultato è condizionato all’emanazione di una serie di provvedimenti attuativi.
Nelle ipotesi indicate sono peraltro emersi profili di particolare criticità, per quanto attiene alla verifica degli aspetti di carattere finanziario, sia nella fase del controllo preventivo - ossia in sede di esame da parte della Commissione Bilancio del progetto di legge che ha dato avvio all’intero procedimento – sia nella fase attuativa, ossia nel corso dell’esame da parte della medesima Commissione degli atti di normazione secondaria, ai quali risultava affidato il conseguimento del predetto effetto finanziario complessivo.
In ordine al primo aspetto, sono emersi problemi legati alla difficoltà di disporre di elementi idonei per una verifica preventiva dell’impatto dell’intero procedimento prefigurato dalla norma primaria, dovendo tale valutazione necessariamente essere rinviata al momento dell’adozione degli atti di normazione secondaria, recanti la definizione della disciplina di dettaglio.
Pertanto, in sede di verifica del disegno di legge che ha avviato il processo di normazione secondaria, le Commissioni Bilancio della Camera e del Senato hanno richiesto che fosse definita una procedura di controllo parlamentare ad hoc sugli atti normativi da emanare, disponendo che questi fossero corredati anche di relazione tecnica.
Tuttavia anche il riscontro – al momento dell’esame parlamentare degli schemi di atti normativi adottati dal Governo - dell’effettiva possibilità di conseguimento degli obiettivi finanziari indicati dalla norma legislativa ha presentato profili particolarmente critici: ciò soprattutto in considerazione del fatto che l’emanazione dei provvedimenti, e la corrispondente verifica da parte dei competenti organi parlamentari, ha seguito uno sviluppo sequenziale, scandito dalla predisposizione, in tempi successivi, dei diversi schemi di provvedimenti attuativi. E’ quindi mancata una sede di esame contestuale di tali atti, l’unica in grado di assicurare la verifica in via preventiva del risultato complessivo imputato all’intero procedimento.
In tali circostanze si è spesso preso atto che - nonostante le modalità di controllo finanziario delle norme, prefigurate dal nostro ordinamento, e la connessa verifica parlamentare delle quantificazioni siano sostanzialmente incentrati su una valutazione preventiva degli effetti finanziari imputabili alle norme – nei casi in esame, soltanto a conclusione dell’intero procedimento, sarebbe risultato possibile accertare l’effettivo conseguimento del risultato finanziario complessivamente ascritto alle misure legislative introdotte e ai relativi provvedimenti di attuazione. Non di meno, in sede di valutazione delle relazioni tecniche allegate a tali provvedimenti, il Servizio Bilancio dello Stato ha spesso richiesto chiarimenti ed elementi ulteriori di analisi pur nella consapevolezza del carattere necessariamente parziale, per le ragioni già dette, della verifica che risultava possibile effettuare sui singoli atti.
Di seguito sono descritti due casi rappresentativi delle specifiche procedure di controllo adottate e delle problematiche di carattere metodologico affrontate.
Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[62], emanato all’inizio della XV legislatura, ha disposto il riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri. La nuova organizzazione prefigurata si sostanziava nell’incremento delle strutture ministeriali, spesso in conseguenza della suddivisione delle competenze di un solo Ministero tra due dicasteri di nuova istituzione[63]. Il testo originariamente emanato dal Governo, dopo aver delineato la nuova articolazione dei Ministeri, recava una generica e non articolata clausola di invarianza, riferita non ai singoli provvedimenti attuativi - che avrebbero quindi potuto, in teoria, recare oneri - ma all’intero procedimento di riordino.
Quindi, per un verso, non risultava possibile conoscere in anticipo l’effettiva strutturazione amministrativa dei Ministeri, essendo la stessa concretamente demandata ai regolamenti attuativi e, per altro verso, la relazione tecnica, che accompagnava il decreto-legge, non presentava alcuna ipotesi di quantificazione degli effetti finanziari del provvedimento, limitandosi a richiamare il rispetto del principio dell’invarianza della spesa, da assicurare mediante la riallocazione delle risorse già assegnate ai Ministeri e alla Presidenza del Consiglio[64].
In sede di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto legge, furono introdotte alcune norme al fine di consentire il controllo, al momento della presentazione degli schemi di provvedimenti attuativi, del rispetto del vincolo di invarianza, nella consapevolezza che, prima della emanazione delle norme di attuazione[65], non sarebbe stato possibile procedere ad un’efficace verifica in tal senso.
In particolare fu stabilito che gli schemi dei decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM), attuativi del riordino, fossero corredati di relazione tecnica e sottoposti per il parere alle Commissioni parlamentari competenti per la materia trattata e per i profili di carattere finanziario.
In esito al dibattito parlamentare, furono inoltre introdotte norme volte a potenziare l’effettività della clausola di invarianza ed a consentire il controllo parlamentare sul rispetto della stessa. In particolare, fu stabilito che:
· la clausola di invarianza dovesse riferirsi alle risorse umane, strumentali e finanziarie già previste dalla legislazione vigente e stanziate in bilancio;
· fosse posto un esplicito divieto di revisione dei trattamenti economici complessivi;
· l'onere relativo ai contingenti assegnati agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, dei vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato non dovesse essere superiore al limite di spesa complessivo riferito all'assetto vigente alla data di entrata in vigore del decreto[66].
Costituì un notevole elemento di novità procedurale la previsione di una tale procedura di controllo parlamentare anche rispetto ad atti avente natura prevalentemente amministrativa (schemi di DPCM). Inoltre, con un ordine del giorno presentato durante l’esame del D.L. n. 181 presso la Camera, sottoscritto dai componenti della Commissione Bilancio ed accolto dal Governo, fu formulato l’impegno per il Governo stesso di procedere alla riarticolazione del bilancio dello Stato in relazione al riassetto delle amministrazioni, possibilmente in occasione dell’esame del disegno di legge di assestamento, dandone evidenza, eventualmente mediante un’apposita nota di variazione, in modo da consentire al Parlamento una valutazione compiuta del complesso delle modifiche apportate.
Tuttavia la procedura adottata, pur segnando un indubbio miglioramento rispetto a quanto previsto dal testo originario del decreto legge n. 181, non ha consentito di effettuare un puntuale riscontro preventivo del rispetto del vincolo di invarianza complessiva della spesa, atteso che il riordino è stato attuato mediante una serie di provvedimenti successivi, emanati in un arco temporale che va dal luglio 2006[67] al gennaio 2008[68].
Le relazioni tecniche predisposte a corredo dei singoli atti spesso si sono pertanto limitate a fornire una generica assicurazione circa l’invarianza finanziaria dell’intero processo di riordino, in ottemperanza al disposto della norma legislativa di base, precisando comunque che dati di dettaglio a sostegno di tale neutralità complessiva sarebbero stati disponibili soltanto al termine del complessivo procedimento.
In tali circostanze, il Servizio Bilancio della Camera, nel rilevare la difficoltà di effettuare una compiuta verifica in mancanza del quadro complessivo di redistribuzione delle attribuzioni, ha peraltro evidenziato l’opportunità che, in occasione dell’adozione dei singoli provvedimenti, le relazioni tecniche dessero comunque conto:
· dello stato di avanzamento del processo di riordino;
· delle ipotesi nonché di tutti gli elementi, anche di tipo quantitativo, sebbene a carattere parziale, idonei a suffragare la ragionevole previsione del Governo di poter rispettare, alla conclusione dell’intero processo, il vincolo di invarianza complessiva della spesa rispetto a quella sostenuta nell’ambito del quadro organizzativo di partenza[69].
Inoltre, la Commissione Bilancio, preso atto del problema sollevato, ha talvolta espresso sui singoli provvedimenti parere favorevole nel presupposto che “anche in occasione dei futuri provvedimenti attuativi del decreto-legge n. 181/2006, le modalità di effettiva attuazione siano determinate secondo meccanismi atti a garantire comunque l'invarianza degli oneri e quindi la neutralità finanziaria complessiva del processo di riordino [70].
Nei fatti, l’invarianza si è rivelata difficilmente verificabile in termini strettamente numerici, con riferimento ai singoli provvedimenti, anche per la circostanza che talvolta la garanzia di tale neutralità non discendeva dal tenore letterale delle disposizioni bensì dall’assicurazione, fornita dal Governo, che la concreta attuazione amministrativa dei DPCM, una volta approvati, sarebbe stata disposta nell’ambito delle risorse concretamente disponibili.
- A tal proposito si rammenta che alcuni provvedimenti attuativi sono stati emanati prevedendo un incremento numerico delle posizioni dirigenziali e, quindi, con profili di possibile onerosità[71]. Tale fattispecie si è verificata, ad esempio, in sede di riorganizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, il cui organico è stato suddiviso tra il Ministero della pubblica istruzione ed il Ministero dell’università e della ricerca istituiti a norma del citato decreto legge n. 181/2006. All’atto dell’esame dello schema di regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro dell’università e della ricerca si è riscontrato che il numero dei responsabili degli uffici di tale Ministero da solo corrispondeva alla dotazione già prevista per il preesistente Ministero della istruzione, della università e della ricerca. Non residuava, pertanto, alcuna dotazione disponibile da utilizzare per l’emanando regolamento di organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del Ministro della pubblica istruzione. Con riferimento a tale aspetto problematico, il Governo ha affermato che il parametro da considerare, a presidio dell’invarianza della spesa, non doveva essere considerato la dimensione della pianta organica di diritto bensì lo stanziamento di spesa iscritto a bilancio in conformità di quanto previsto dall’articolo 1, comma 25-quater del decreto legge n. 181/2006[72].
La legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) ha introdotto una serie di misure di razionalizzazione e di riorganizzazione dei Ministeri e delle amministrazioni pubbliche, finalizzate al contenimento dei costi di funzionamento. In particolare l’articolo 1, comma 404, lettere a), ha previsto l’obbligo di disporre la riduzione del 10% degli uffici dirigenziali generali e del 5% degli uffici di livello dirigenziale non generale. L’applicazione della disposizione avrebbe dovuto comportare la riduzione di 40 unità del numero degli uffici dirigenziali generali con un effetto di risparmio stimato pari a4 milioni di euro per il 2007, 8 milioni di euro per il 2008 e di 10 milioni a decorrere dal 2009, scontati nei saldi complessivi della manovra di finanza pubblica per il triennio 2007-2009.
La stessa legge finanziaria 2007 ha previsto che le amministrazioni dovessero dare concreta attuazione alle misure di razionalizzazione della spesa mediante schemi di regolamento corredati di una dettagliata relazione tecnica e di un analitico piano operativo, asseverati dai competenti uffici centrali del bilancio, con indicazione puntuale degli obiettivi da raggiungere, delle azioni da porre in essere e dei relativi tempi e termini. Nel periodo trascorso dall’entrata in vigore delle norme, le misure di razionalizzazione non hanno ancora trovato la loro piena applicazione[73]. Nell’arco di tale periodo sono stati comunque emanati numerosi decreti attuativi riferiti alle singole strutture ministeriali: tali schemi di decreti sono stati sottoposti all’esame delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato per i profili di carattere finanziario.
L’esame degli atti in questione non ha peraltro consentito un riscontro oggettivo circa il conseguimento degli obiettivi di risparmio posti dalla norma primaria. Il Servizio Bilancio dello Stato, a tale proposito, ha rilevato che – poiché non si può procedere ad un esame contestuale delle varie misure di attuazione – non risulta possibile verificare l’effettivo, integrale conseguimento dei risparmi quantificati dalla legge finanziaria[74]. Con riguardo a tale profilo problematico la Commissione Bilancio ha preso tuttavia atto delle assicurazioni fornite dal Governo[75].
Analogamente a quanto osservato per il procedimento di riordino dei Ministeri, anche dal caso ora esaminato emerge che l’imputazione di un unico effetto finanziario ad una pluralità di atti normativi secondari può conciliarsi con la logica della verifica preventiva di tali effetti soltanto qualora il controllo finanziario, sia pur differito alla fase successiva all’approvazione della legge, possa esplicarsi contestualmente sul complesso dei provvedimenti di rango secondario da adottare in attuazione della legge medesima.
In mancanza di tale presupposto, la verifica dei profili di carattere finanziario non può giovarsi di elementi di riscontro oggettivo ed esaustivo se non una volta definito l’intero procedimento delineato dalla norma legislativa.
Meccanismi automatici per il controllo della spesa ed il conseguimento di risparmi
Il tema del controllo della spesa pubblica è divenuto elemento centrale del dibattito politico nel corso degli ultimi anni. Tale centralità ha indotto il legislatore a prestare particolare attenzione all’effettivo conseguimento di obiettivi di controllo della spesa e/o ad obiettivi programmatici di riduzione della stessa, collegati a misure di razionalizzazione.
In tale prospettiva, sono stati talvolta previsti, in via legislativa, meccanismi suscettibili di essere attivati automaticamente - ossia senza un successivo intervento del legislatore, in corrispondenza di andamenti della spesa non in linea con le previsioni formulate – e diretti a ricondurre i flussi effettivi entro i limiti predefiniti.
Questi meccanismi hanno trovato talvolta una loro definizione nell’ambito delle procedure previste dal D.L. n. 194/2002[76] (c.d. “decreto taglia-spese”), con particolare riferimento all’introduzione delle cosiddette “clausole di salvaguardia”.
In altre occasioni, i meccanismi automatici di riduzione della spesa hanno costituito presidi volti ad assicurare il conseguimento di risparmi, previsti per lo più nel quadro di manovre di finanza pubblica e scontati nei relativi saldi.
Procedure di carattere generale per il controllo della spesa sono state introdotte, nel corso della XIV legislatura, con il citato D.L. n. 194/2002.
Tale decreto-legge, modificando l’articolo 11-ter della legge 468/1978, ha individuato alcuni meccanismi volti a correggere in via automatica eventuali effetti di maggiore spesa rispetto a quelli previsti, derivanti da specifiche norme.
In linea generale, le disposizioni introdotte all’art. 11-ter dal citato D.L. n. 194 prevedono che ogni legge, che comporti nuove o maggiori spese, debba indicare espressamente, per ciascun anno e per ogni intervento da essa disposto, la spesa autorizzata, configurata come limite massimo di spesa, ovvero la relativa previsione di spesa. Al fine di mantenere nel tempo la coerenza tra onere e copertura, in relazione a tali due tipologie di spesa, il legislatore ha individuato meccanismi che intervengono nel caso di andamenti anomali della spesa stessa.
Più in particolare, in relazione a norme configurate come “autorizzazioni di spesa”, che recano quindi limiti di spesa, sono stabilite procedure che, con notevole grado di automaticità, prevedono la disapplicazione in via amministrativa delle disposizioni, nel caso di accertato superamento delle risorse autorizzate.
In altri casi, allorquando la norma è suscettibile di configurare, in capo ai beneficiari, veri e propri diritti soggettivi, la relativa copertura finanziaria va formulata come previsione di spesa e deve essere prevista un’apposita “clausola di salvaguardia”, per la compensazione di eventuali effetti che eccedano le previsioni stesse. Il decreto n. 194 non indica peraltro un contenuto tipico della clausola di salvaguardia.
Il rinvio a procedure definite, di volta in volta, mediante la clausola di salvaguardia è apparso necessario in considerazione della difficoltà di stabilire, anche nel caso di norme che attribuiscono diritti soggettivi o prevedono comunque spese a carattere obbligatorio, l’applicazione di meccanismi automatici di cessazione dell’efficacia delle norme stesse, quali quelli previsti, dallo stesso decreto “taglia-spese”, per le cosiddette autorizzazioni di spesa (cosiddetti limiti di spesa).
La prassi applicativa delle disposizioni richiamate ha consentito peraltro di elaborare un modello alquanto standardizzato di clausola di salvaguardia, che, in linea di massima, è riconducibile al seguente schema: a) monitoraggio degli oneri da parte del Ministero dell’economia; b) attivazione delle procedure per l’adozione dei necessari provvedimenti correttivi, consistenti nella presentazione di una relazione e di un’apposita iniziativa legislativa[77] e/o nel rinvio alla legge finanziaria delle misure correttive[78]; c) inoltre, in considerazione della specifica tipologia di intervento, è previsto la possibilità che il Ministro dell’economia attinga al Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine[79], in attesa dell’adozione dei necessari provvedimenti correttivi.
Tuttavia, in taluni casi[80], la formulazione della clausola di salvaguardia si è discostata dal modello consolidato, prevedendo procedure caratterizzate da un certo automatismo: si tratta infatti di procedure dirette a correggere andamenti delle erogazioni non in linea con le previsioni, mediante misure di rimodulazione della spesa che non necessitano di un nuovo intervento legislativo e che appaiono, quindi, potenzialmente idonee a ripristinare, in via immediata ed automatica, la coerenza tra oneri effettivi e risorse stanziate.
Particolare rilievo, nella XV legislatura, ha assunto il caso della delega legislativa volta a consentire l’accesso anticipato al pensionamento ai lavoratori addetti a mansioni particolarmente usuranti. La peculiarità di tale intervento merita di essere segnalata sotto diversi aspetti:
· in primo luogo, a fronte del riconoscimento, al raggiungimento di determinati requisiti, del diritto all’accesso anticipato al pensionamento, l’onere veniva configurato come limite di spesa (anziché come previsione di spesa, secondo la classificazione indicata dal “decreto legge taglia-spese”);
· l’onere veniva tuttavia corredato di una clausola di salvaguardia (normalmente annessa, come già evidenziato, alle previsioni e non ai limiti di spesa);
· infine, mentre il legislatore delegante aveva introdotto, a fronte del predetto limite di spesa, una clausola di salvaguardia configurata secondo il modello consolidato, generalmente adottato per le c.d. “previsioni di spesa”[81], il legislatore delegato ha ritenuto di sostanziare tale clausola in un meccanismo diverso, di carattere automatico, diretto a garantire in modo immediato e certo il rispetto del limite di spesa fissato dalla legge delega.
Ai fini della presente analisi, si intende peraltro porre in evidenza soprattutto l’ultimo profilo rilevato, ossia la peculiarità della clausola di salvaguardia contenuta nello schema di decreto legislativo predisposto nell’esercizio della delega, che ha previsto meccanismi automatici diretti a garantire il rispetto del limite di spesa fissato anche nell’eventualità in cui, in sede di accertamento dei requisiti, il numero dei soggetti aventi diritto al beneficio dovesse rivelarsi superiore a quello stimato nella relazione tecnica annessa allo stesso schema di decreto.
- Più in particolare, lo schema di decreto legislativo in materia di accesso anticipato al pensionamento per alcune categorie di lavoratori impiegati in mansioni particolarmente usuranti (doc. 238/XV legislatura) - che, al momento, non ha ancora concluso il suo formale iter di emanazione – ha dettato una particolare clausola di salvaguardia degli effetti finanziari.
La peculiarità di tale clausola discende dalla necessità di contemperare esigenze diverse, evidenziate già nel corso dell’esame della legge delega (legge n. 247/2007 – Attuazione del Protocollo welfare). Infatti, tra i principi e criteri direttivi della delega, oltre ai parametri per l’individuazione dei soggetti aventi diritto al pensionamento anticipato, veniva indicato il rispetto, nella specificazione dei criteri per la concessione dei benefìci, della coerenza con il limite delle risorse finanziarie di un apposito Fondo. Peraltro, pur prevedendo la legge tale limite di spesa, vertendo la stessa in materia di diritti soggettivi, è apparsa non congrua la mera applicazione delle procedure ordinarie che avrebbe provocato – secondo la disciplina generale dettata per i limiti di spesa - la mera disapplicazione delle disposizioni in caso di superamento del limite stesso.
La legge di delega, come già accennato, ha quindi previsto una clausola di salvaguardia - elaborata sulla base del tradizionale modello stabilito per le cosiddette “previsioni di spesa” - disponendo che, in caso di scostamenti, in base alle richieste degli aventi diritto, rispetto alle risorse finanziarie previste, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale ne avrebbe dovuto dar notizia tempestivamente al Ministro dell’economia e delle finanze ai fini dell’adozione dei provvedimenti previsti dall’articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978. Tuttavia, nella stessa relazione tecnica allegata al disegno di legge di delega, veniva espressa una riserva circa tale clausola di salvaguardia, segnalandosi che la clausola non avrebbe comunque consentito, a fronte dell’automaticità che caratterizza la spesa pensionistica, di operare in via altrettanto immediata all’interno del sistema pensionistico stesso. Pertanto, in caso di scostamenti, la copertura dei maggiori oneri sarebbe stata di fatto rinviata a provvedimenti successivi, per i quali sarebbe stato necessario apprestare nuove risorse, a carico della fiscalità generale.
La compensazione all’interno del sistema pensionistico stesso, secondo la relazione tecnica, appariva invece presupposto necessario per non alterare in modo sostanziale gli andamenti di breve e medio-lungo periodo della spesa pensionistica e la sostenibilità della finanza pubblica in relazione, in particolare, al percorso di rientro dal debito pubblico.
Per superare tale riserva, il legislatore delegato ha pertanto introdotto una procedura di controllo della spesa più aderente alle esigenze sopra evidenziate, denominata sempre “clausola di salvaguardia” (articolo 5), ma caratterizzata da elementi di automatismo. La disposizione prevede che, qualora nell’ambito dell’attività di monitoraggio delle domande presentate agli enti previdenziali interessati ed accolte emergano scostamenti rispetto alle risorse finanziare previste, si proceda al differimento, in ragione della maturazione dei requisiti, della decorrenza dei trattamenti (le cosiddette finestre), al fine di garantire un numero di accessi al pensionamento non superiore al numero di pensionamenti programmato in relazione alle risorse finanziarie disponibili. Ciò al fine di assicurare l’automaticità del rientro nei limiti previsti dell’eventuale maggiore spesa, senza pregiudizio dei diritti soggettivi in gioco, facendo ricorso alla flessibilità in tema di decorrenza del pensionamento prevista per la generalità dei lavoratori[82] e mantenendo inoltre sotto controllo l’intero aggregato ai fini del rispetto del Patto di stabilità e crescita.
Come risulta evidente da quanto esposto, i caratteri fortemente innovativi che la fattispecie presenta rispetto alla disciplina generale vanno ricondotti alla necessità di contemperare l’esigenza di rendere effettivo il riconoscimento del diritto con quella di rispettare comunque il limite costituito dalle risorse assegnate all’apposito Fondo, pur nell’impossibilità di disporre degli elementi idonei a consentire una compiuta ricognizione, in via preventiva, dei potenziali beneficiari e, quindi, dei relativi oneri.
La soluzione individuata è stata pertanto quella di configurare l’onere quale limite di spesa, pur in presenza di diritti soggettivi, prevedendo comunque un meccanismo di salvaguardia - diverso da quello contemplato dalla legge delega - per ricondurre in via automatica, in caso di scostamenti, la spesa effettiva a quella fissata dalla legge delega, attraverso una procedura di rinvio delle decorrenze dei trattamenti, finalizzata al non superamento del numero di pensionamenti programmato.
L’efficacia del meccanismo rimane sostanzialmente da verificare alla luce della concreta attuazione delle procedure prefigurate dalla normativa delegata.
Il Servizio Bilancio dello Stato, tenuto conto che i criteri di priorità saranno individuati con decreto ministeriale, ha comunque sottolineato l’esigenza di valutare tutte le possibili implicazioni nell’applicazione del meccanismo prefigurato con la clausola di salvaguardia, ivi compresi eventuali profili di contenzioso. In risposta a tali considerazioni, nel corso della seduta della Commissione Bilancio della Camera del 9 aprile 2008, il rappresentante del Governo ha rilevato che eventuali profili di contenzioso non dovrebbero sussistere, dal momento che la medesima clausola di salvaguardia opera, qualora necessario, con applicazione del criterio, ordinariamente adottato in ambito previdenziale, di priorità in ragione della maturazione dei requisiti agevolati.
Nel corso della legislatura è emersa anche la necessità di elaborare strumenti che assicurino in via automatica il conseguimento di obiettivi di risparmio, soprattutto nei casi in cui i relativi effetti siano preventivamente contabilizzati ed utilizzati a copertura di nuove spese, secondo quanto accade, ad esempio, per i risparmi “scontati” nel quadro complessivo delle manovre di finanza pubblica.
Le considerazioni di seguito riportate - pur non presentando diretta attinenza con la tematica prima esaminata, riferita alla clausola di salvaguardia annessa alle previsioni di nuove spese – vengono svolte in questa sede in quanto anch’esse fanno riferimento a meccanismi di controllo connotati da accentuate caratteristiche di automaticità.
Gli interventi normativi che si intende evidenziare, introdotti nel corso della XV legislatura, presentano infatti i seguenti caratteri:
· definizione di un obiettivo programmatico di contenimento della spesa o in termini di riduzione percentuale o in valore assoluto;
· individuazione degli strumenti normativi da utilizzare per il conseguimento dell’obiettivo;
· previsione, in caso di inefficacia o di non piena efficacia dei predetti strumenti, di meccanismi automatici di salvaguardia, diretti comunque a conseguire l’effetto di risparmio ascritto alla disciplina.
-Un esempio del meccanismo descritto può riscontrarsi nell’art. 1, comma 621, della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007), che ha imposto che, in caso di mancato conseguimento dei risparmi previsti dai commi 483 (in materia di riordino di enti pubblici) e 620 (misure per la scuola), di ridurre corrispondentemente le dotazioni di bilancio delle amministrazioni interessate all’attuazione degli interventi previsti (in particolare delle amministrazioni vigilanti sugli enti pubblici, nel caso del comma 483, e del Ministero della pubblica istruzione, per il comma 620).
La disposizione recata dal comma 621 costituiva pertanto lo strumento utile a garantire comunque il conseguimento dei risparmi di spesa ascritti alle disposizioni dei commi 483 e 620 della legge finanziaria, risparmi che, rientrando nel quadro della manovra di finanza pubblica per il 2007, contribuivano a definire il complessivo effetto della stessa in vista del raggiungimento dell’obiettivo di deficit fissato dal documento di programmazione economico-finanziaria.
Nei casi citati, l’introduzione di un meccanismo automatico di controllo sembra motivato anche dalla necessità di garantire il conseguimento di risparmi già computati nel quadro degli effetti finanziari necessari per conseguire gli obiettivi programmatici fissati con la manovra di finanza pubblica. In assenza del predetto meccanismo, l’adozione di ordinari criteri di prudenzialità avrebbe forse suggerito – come avvenuto in precedenti occasioni - di non utilizzare in via preventiva, per il conseguimento di obiettivi di riduzione del deficit, risparmi demandati ad una serie di provvedimenti successivi e caratterizzati da possibili margini di incertezza.
La successiva esperienza applicativa e le difficoltà riscontrate nella realizzazione dei risparmi previsti hanno convalidato l’opportunità di prevedere, nel caso illustrato, un meccanismo automatico a garanzia del conseguimento dell’effetto atteso di riduzione della spesa.
Le misure previste dalla legge finanziaria 2007 per la scuola (quali l’aumento del rapporto alunni/classe, la certificazione all’insegnamento della lingua inglese dei docenti della scuola primaria, la riduzione dei quadri orari degli istituti professionali e la riconversione professionale del personale docente in soprannumero) avrebbero dovuto assicurare il conseguimento di economie di spesa per un importo complessivo non inferiore a 448,20 milioni di euro per l’anno 2007, 1.324,50 milioni di euro per l’anno 2008 e 1.402,20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2009. In realtà, le economie previste non sono state poi conseguite nella misura preventivata. Pertanto, al fine di evitare che operasse il meccanismo automatico sopra prefigurato, l’obiettivo di risparmio è stato rimodulato a decorrere dal 2008[83] e, per il 2007, è stato necessario provvedere alla sospensione della clausola di salvaguardia prima descritta, predisponendo la necessaria copertura finanziaria[84].
Più recentemente, nella legge finanziaria 2008, l’art. 2, comma 593, ha introdotto tale meccanismo di controllo della spesa in relazione agli obiettivi di risparmio connessi all’adozione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle misure di contenimento delle spese postali e telefoniche. La disposizione stabilisce che le pubbliche amministrazioni dovranno adottare misure di contenimento delle suddette spese in modo tale da conseguire risparmi, in termini di indebitamento netto, non inferiori a 18 milioni di euro per l’anno 2008, 128 milioni di euro per l’anno 2009 e 272 milioni di euro per l’anno 2010. Al fine di garantire l’effettivo conseguimento di tali obiettivi indicati, è stabilito che, in caso di accertamento di minori economie, si dovrà provvedere alle corrispondenti riduzioni dei trasferimenti statali nei confronti delle pubbliche amministrazioni inadempienti.
La revisione delle quantificazioni nella fase di attuazione delle leggi
Una procedura per la correzione degli scostamenti che si verifichino nella fase di attuazione delle leggi, rispetto alle originarie previsioni di spesa è delineata, in via ordinaria, come in precedenza accennato[85], dall’articolo 11-ter, comma 7, della legge 468/1978. Tale norma prevede la presentazione, da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, di un’apposita relazione al Parlamento che individui le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione dei relativi oneri. Contestualmente, l’articolo 11-ter prevede che siano assunte, da parte del Governo, le conseguenti iniziative legislative.
Tale procedura, benché quasi costantemente richiamata nell’ambito delle clausole di salvaguardia che accompagnano, ai sensi del D.L. n. 194/2002, le previsioni di spesa, non ha mai trovato attuazione dall’entrata in vigore del medesimo decreto legge.
Nel corso della XV legislatura, invece, per rettificare - con riferimento a leggi già in vigore – le quantificazioni di effetti finanziari che risultavano non più rispondenti al reale andamento degli oneri rilevati nella fase di attuazione, le Camere hanno fatto ricorso ad altri strumenti: l’introduzione di nuove norme legislative recanti una rideterminazione degli stanziamenti originariamente previsti (rifinanziamento e/o definanziamento di disposizioni vigenti); l’approvazione di misure correttive delle “eccedenze di spesa”, riportate nelle leggi finanziarie annuali[86].
L’esigenza di ridefinire la quantificazione degli effetti finanziari derivanti da norme legislative può presentarsi nella fase di attuazione delle leggi allorché si manifestino effetti finanziari originariamente non previsti: tale evenienza può richiedere l’approvazione di nuove norme di legge contenenti quantificazioni aggiornate, volte per esempio a disporre una riduzione di stanziamenti risultanti sovradimensionati rispetto alle finalità di spesa[87] ovvero, più di frequente, ad approntare la necessaria copertura finanziaria di spese risultate sottostimate. Anche in questo caso – trattandosi della rettifica di stime formulate in precedenza – la procedura di quantificazione prevede la presentazione, la verifica e la valutazione parlamentare di una nuova relazione tecnica, rispetto alla quale il Servizio Bilancio fornisce le proprie analisi con finalità istruttorie. Va segnalato tuttavia che frequentemente – come di seguito illustrato con riferimento a casi specifici di revisione delle quantificazioni – non sono risultate sufficientemente suffragate, nell’ambito delle relazioni tecniche, le ragioni della revisione delle originarie quantificazioni.
Fra gli esempi di revisione delle quantificazioni, che si sono presentati nella XV legislatura in connessione all’emergere, in fase di attuazione delle norme, di condizioni o di elementi originariamente non previsti, si segnalano: a) le norme in materia di detraibilità dell’IVA per i veicoli aziendali; b) le disposizioni per la destinazione del 5 per mille dell’imposta sui redditi alla ricerca e al volontariato; c) le agevolazioni fiscali per gli investimenti nelle aree svantaggiate (cd. “Visco Sud”) e per le spese in ricerca.
a) Con sentenza della Corte di Giustizia europea in data 14 settembre 2006, è stata sancita la piena detraibilità dell’IVA sui veicoli per uso aziendale. Gli effetti finanziari della sentenza sono stati quantificati, in parte, dal decreto legge 262/2006 (che ha stimato in circa 5,2 miliardi di euro a decorrere dal 2007 le minori entrate riferibili alle operazioni poste in essere dopo la sentenza) e, per la restante parte, dalla Nota di aggiornamento del DPEF 2007-2011 (che, ai fini dell’indebitamento netto, ha individuato in 17,1 miliardi di euro, originariamente imputati al 2006 e solo successivamente rimodulati[88], l’onere dei rimborsi per l’IVA indebitamente versata negli anni precedenti alla sentenza([89])). Quest’ultimo onere ha trovato evidenza contabile, ai fini del bilancio dello Stato, tra le regolazioni debitorie (accantonamento in tabella B nella legge finanziaria 296/2006, pari a 5,7 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009). Tale spesa (liquidazione dei rimborsi) è stata quindi formalmente autorizzata[90] con l’articolo 15-bis, commi 12 e 13, del decreto legge 81/2007 (Disposizioni urgenti in materia finanziaria), il quale ha confermato la predetta quantificazione[91].
Successivamente, dopo un comunicato dell’Agenzia delle entrate[92] che rendeva noto che era stato acquisito un numero ancora esiguo di istanze di rimborso (il che avrebbe potuto determinare una diversa distribuzione dell’onere sul triennio 2007-2009, con un possibile incremento della spesa negli esercizi successivi), sono intervenuti due definanziamenti della predetta autorizzazione di spesa: l’articolo 1, comma 95, della legge finanziaria 244/2007, che l’ha ridotta di 2 miliardi di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009; l’articolo 8, comma 1, del decreto legge 248/2007 (Proroga di termini), che ha operato un’ulteriore riduzione di 250 milioni di euro per l’anno 2008([93]).
Poiché le allegate relazioni tecniche non hanno fornito i dati posti alla base di tale revisione degli oneri, i Servizi Bilancio di Camera e Senato hanno richiesto chiarimenti[94] sia in ordine al presumibile ammontare dei rimborsi da erogare negli esercizi successivi, alla luce degli elementi emersi nel 2007, sia in ordine alla coerenza fra tali oneri (la cui riduzione veniva utilizzata a copertura di nuove spese) e le nuove finalizzazioni che si intendeva finanziare. Infatti, come detto, con riferimento all'autorizzazione per i rimborsi IVA non erano stati originariamente scontati effetti sull’indebitamento netto per gli anni successivi al 2006; inoltre gli effetti sul fabbisogno risultavano largamente inferiori a quelli sul saldo netto da finanziare[95].
b) La legge finanziaria 266/2005 (articolo 1, comma 337) ha introdotto a titolo sperimentale per l'anno 2006 la possibilità, per i contribuenti, di destinare una quota pari al 5 per mille dell'IRPEF al sostegno del volontariato o al finanziamento dell'università, della ricerca scientifica o della ricerca sanitaria. L’onere, pari a 270 milioni di euro per competenza, era stato stimato in base alla percentuale di contribuenti che negli anni precedenti aveva operato la propria scelta in relazione all’8 per mille (=41% del totale dei contribuenti). La spesa per competenza era stata riferita all’esercizio 2007([96]), con una dinamica ridotta per i saldi di fabbisogno e di indebitamento.
Successivamente sono intervenute, oltre alla riproposizione di anno in anno del medesimo istituto, numerose rettifiche dell’onere originariamente previsto.
In particolare, l’articolo 1, comma 1234, della legge finanziaria 296/2006 ha rinnovato la facoltà di opzione per il 2007, fissando l’onere a 250 milioni di euro per il 2008. L’articolo 20 del decreto legge 159/2007 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria) ha integrato l’originario stanziamento 2007([97]) per un ammontare di 150 milioni; ha inoltre ammesso al riparto anche le associazioni sportive dilettantistiche. L’articolo 3, comma 4, della legge finanziaria 244/2007 ha rinnovato per il 2008 la facoltà di opzione (con una spesa pari a 380 milioni per il 2009) ed al contempo ha incrementato l’autorizzazione di spesa di cui alla precedente legge 296/2006, portandola a 400 milioni; ha inoltre previsto – senza tuttavia modificare l’onere – che la predetta autorizzazione di spesa (legge 296/2006) fosse utilizzabile anche per la liquidazione agli aventi diritto delle quote relative agli anni precedenti. Infine, il decreto legge 248/2007 (Proroga di termini) ha ammesso al riparto anche le fondazioni di carattere culturale, con un contestuale incremento di 5 milioni dell’autorizzazione di spesa per gli anni 2008 e 2009.
In proposito i Servizi Bilancio di Camera e Senato hanno rilevato la carenza di dati e di informazioni in ordine alle stime ed alle rettifiche che si sono succedute, segnalando fra l’altro: l’insufficienza delle indicazioni circa i parametri posti alla base delle predette revisioni; l’impossibilità di limitare la spesa all’entità degli stanziamenti autorizzati (tenuto conto che le erogazioni variano con il modificarsi delle percentuali di adesione dei contribuenti); l’incoerenza, da un anno all’altro, delle stime relative a fabbisogno e indebitamento (e quindi dei tempi di volta in volta ritenuti necessari per l’espletamento delle procedure di erogazione delle risorse).
c) La legge finanziaria 296/2006 ha introdotto due tipologie di agevolazioni fiscali: un credito d’imposta in favore delle imprese che effettuano investimenti nelle aree svantaggiate[98] negli anni compresi fra il 2007 e il 2013([99]); un secondo credito d’imposta, per il periodo dal 2007 al 2009, in relazione ai costi sostenuti per attività di ricerca industriale[100], con un limite ai costi ammissibili al beneficio (15 milioni di euro per ciascun periodo d’imposta)[101]. L’efficacia di ambedue le agevolazioni era espressamente subordinata all’autorizzazione della Commissione europea.
Tali meccanismi agevolativi hanno successivamente subito ripetute modifiche, che hanno di volta in volta esteso o ridotto la loro portata e, conseguentemente, il loro costo per la finanza pubblica[102].
Da ultimo, l’articolo 29, commi 10-bis e 10-ter, del decreto legge 248/2007 (Proroga di termini) ha quantificato maggiori entrate nette nell’anno 2008 - pari a 96,9 milioni di euro - in relazione all’effettivo utilizzo di ambedue le agevolazioni fiscali: infatti, come precisato dalla relazione tecnica, poiché l’autorizzazione della Commissione europea alla quale era stata subordinata l’efficacia di tali agevolazioni non era stata accordata nel corso del 2007, si poteva presumere che, per effetto dell’incertezza normativa, le imprese non avessero effettuato gli investimenti inizialmente previsti[103]. Considerando l’effetto disincentivante connesso all’incertezza normativa nel 2007([104]), si prevedeva una riduzione del 30 per cento degli investimenti originariamente stimati, con un conseguente risparmio per l’erario.
Anche in questo caso il Servizio Bilancio dello Stato ha osservato che la relazione tecnica non aveva fornito informazioni circa i presupposti alla base della considerazione che nel 2007 l’incertezza normativa circa l’applicabilità dei benefici avesse comportato una flessione degli investimenti. Pertanto la quantificazione dei risparmi proposta nella RT avrebbe potuto determinare, ove fosse stata confermata la fondatezza di tali presupposti, una sovrastima dei risparmi previsti per il 2008.
Fra i meccanismi di controllo della spesa introdotti con il decreto legge 194/2002rivestono particolare rilievo le misure correttive degli effetti finanziari delle leggi che presentino andamenti di spesa eccedenti le corrispondenti coperture (cosiddette “eccedenze di spesa”). Tali correzioni, pur riguardando leggi già in vigore (e quindi operando nella fase di attuazione delle leggi), richiedono l’approvazione parlamentare e possono pertanto essere assimilate, dal punto di vista procedurale, a nuove decisioni di spesa.
Norme e procedure
Come già ricordato[105], la procedura di correzione delle eccedenze di spesa è stata introdotta dall’articolo 11-ter della legge 468/1978([106]), il quale ha distinto le norme legislative di spesa in due categorie: autorizzazioni costituenti limiti massimi di spesa (che cessano di avere efficacia all’avvenuto raggiungimento dei predetti limiti); previsioni di spesa (che devono essere accompagnate da una clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano tali previsioni). Le misure correttive delle eccedenze di spesa rientrano, in linea generale, nella procedura stabilita per questa seconda categoria, ossia per le previsioni di spesa.
Tale meccanismo ha trovato applicazione essenzialmente per le spese obbligatorie o vincolate a vario titolo (per es. spese attinenti a diritti soggettivi o derivanti da impegni internazionali), in relazione alle quali non sarebbe stato possibile disporre la cessazione automatica dell’efficacia delle norme in presenza di disallineamenti fra oneri e stanziamenti.
In particolare, come detto in precedenza, con l’articolo 11-ter, comma 7, è stata delineata una procedura di intervento, in caso di scostamenti fra previsioni di spesa e fabbisogno effettivo, basata sul monitoraggio del Ministro dell'economia e finalizzata all’assunzione delle “conseguenti iniziative legislative”[107].
Inoltre, con l’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), il contenuto tipico delle leggi finanziarie annuali è stato esteso per ricomprendervi le misure correttive di eccedenze di spesa. Tale norma, infatti, elencando le misure che integrano il contenuto proprio delle leggi finanziarie annuali, ha incluso fra queste anche le “norme recanti misure correttive degli effetti finanziari delle leggi di cui all'articolo 11-ter, comma 7”.
Dal punto di vista procedurale le norme richiamate - pur essendo poste fra loro in correlazione dal testo della legge n. 468 – possono essere considerate[108] come costitutive di due distinte possibilità di intervento, entrambe volte alla correzione degli effetti finanziari non previsti: da una parte, l’adozione dei provvedimenti di cui all’articolo 11-ter, comma 7 (“conseguenti iniziative legislative”), dall’altra l’inserimento nella legge finanziaria annuale di misure destinate a coprire le eccedenze di spesa (ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater)[109].
In sostanza, sulla base di tale interpretazione, l’attività di monitoraggio effettuata dal Ministro dell’economia può tradursi sia nell’adozione di provvedimenti correttivi ai sensi dell’articolo 11-ter, comma 7, sia nell’approvazione di misure correttive in sede di legge finanziaria a norma dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater).
In linea di principio quindi ambedue le opzioni, in presenza di scostamenti rispetto alle previsioni di spesa, potrebbero essere utilizzate sia per modificare le norme sostanziali da cui le eccedenze derivano sia per disporre la copertura delle maggiori occorrenze assumendo una nuova decisione di spesa: per prassi costante[110], le eccedenze di spesa approvate in legge finanziaria hanno assunto quest’ultima forma, ossia si sono configurate come stanziamenti aggiuntivi - indicati dal Governo in un apposito allegato nella legge finanziaria annuale e deliberati dalle Camere - ad incremento della copertura finanziaria di norme legislative previgenti.
Tale modalità è considerata dalla Corte dei conti[111] meno rigorosa e, almeno in teoria, meno tempestiva rispetto a quella che prevede – a valle del monitoraggio dell’attuazione delle norme finanziarie - l’adozione dei provvedimenti correttivi di cui all’articolo 11-ter, comma 7.
In ordine ad alcuni esempi di modifica delle norme sostanziali all’origine delle eccedenze di spesa si veda il successivo paragrafo “Riduzione dell’impatto finanziario delle misure correttive delle eccedenze di spesa”.
Le misure correttive degli effetti finanziari delle leggi di spesa negli anni 2004-2008
Il nuovo istituto è stato applicato per la prima volta nella legge finanziaria 2004 a seguito di quanto emerso nell’ambito del disegno di legge di assestamento per il 2003.
Nell’assestamento di bilancio, infatti, non erano stati inseriti una serie di oneri evidenziatisi nel corso dell’esercizio, ma in base alla nuova disciplina essi erano stati rinviati – in ragione della loro natura, definita di “spese eccedenti la relativa previsione normativa” - alla decisione legislativa da assumere in sede di legge finanziaria per il 2004. Confermando tale indicazione, l’articolo 4, comma 246, della legge 350/2003 è stata corredata di un apposito allegato recante il rifinanziamento delle eccedenze di spesa.
Analogamente si è proceduto nelle quattro successive leggi finanziarie, come si riepiloga nella tabella che segue.
La tabella riporta l’ammontare delle eccedenze di spesa previsto nelle leggi finanziarie al netto della quota attribuita alle regolazioni debitorie (riportata per ogni anno nell’ultimo rigo). In grassetto è indicato, per il solo saldo netto da finanziare, l’importo delle eccedenze di spesa approvato per il primo esercizio di riferimento di ciascuna legge finanziaria.
Importi complessivamente autorizzati per gli anni 2004-2010a titolo di correzione degli effetti finanziari delle leggi
|
|
Legge 350/03 |
Legge 311/04 |
Legge 266/05 |
Legge 296/06 |
Legge 244/07 |
|
TOTALE importi autorizzati |
2004 |
SNF |
2,8 |
- |
- |
- |
- |
SNF |
2,8 |
Fabb. |
0,3 |
- |
- |
- |
- |
Fabb. |
0,3 |
|
Ind. PA |
0,3 |
- |
- |
- |
- |
Ind. PA |
0,3 |
|
Regolaz. debitorie
|
1,8 |
- |
- |
- |
- |
Regol. debitorie.
|
1,8 |
|
2005 |
SNF |
2,7 |
2,1 |
- |
- |
- |
SNF |
4,8 |
Fabb. |
0,3 |
0,5 |
- |
- |
- |
Fabb. |
0,8 |
|
Ind. PA |
0,3 |
0,5 |
- |
- |
- |
Ind. PA |
0,8 |
|
Regolaz. debitorie
|
-
|
1,1 |
- |
- |
- |
Regol. debitorie
|
1,1 |
|
2006 |
SNF |
2,9 |
0,2 |
2,3 |
- |
- |
SNF |
5,4 |
Fabb. |
0,3 |
0,2 |
0,6 |
- |
- |
Fabb. |
1,1 |
|
Ind. PA |
0,3 |
0,2 |
0,6 |
- |
- |
Ind. PA |
1,1 |
|
Regolaz. debitorie
|
-
|
|
0,4 |
- |
- |
Regolaz. debitorie.
|
0,4 |
|
2007 |
SNF |
- |
0,2 |
0,7 |
2,0 |
- |
SNF |
2,9 |
Fabb. |
- |
0,2 |
0,4 |
- |
- |
Fabb. |
0,6 |
|
Ind. PA |
- |
0,2 |
0,4 |
- |
- |
Ind. PA |
0,6 |
|
Regolaz. debitorie |
- |
- |
- |
- |
- |
Regolaz. debitorie
|
- |
|
2008 |
SNF |
- |
- |
0,8 |
0,2 |
0,6 |
SNF |
1,6 |
Fabb. |
- |
- |
0,4 |
- |
0,2 |
Fabb. |
0,6 |
|
Ind. PA |
- |
- |
0,4 |
- |
0,2 |
Ind. PA |
0,6 |
|
Regolaz debitorie
|
- |
- |
- |
- |
0,03 |
Regol. debitorie
|
0,03 |
|
2009 |
SNF |
- |
- |
- |
0,1 |
0,2 |
SNF |
0,3 |
Fabb. |
- |
- |
- |
- |
0,2 |
Fabb. |
0,2 |
|
Ind. PA |
- |
- |
- |
- |
0,2 |
Ind. PA |
0,2 |
|
Regolaz. debitorie
|
- |
- |
- |
- |
- |
Regolaz debitorie
|
- |
|
2010 |
SNF |
- |
- |
- |
- |
0,2 |
|
0,2 |
Fabb. |
- |
- |
- |
- |
0,2 |
|
0,2 |
|
Ind. PA |
- |
- |
- |
- |
0,2 |
|
0,2 |
|
Regolaz. debitorie
|
- |
- |
- |
- |
- |
Regolaz. debitorie.
|
- |
(miliardi di euro – importi arrotondati)
Riduzione dell’impatto finanziario delle misure correttive delle eccedenze di spesa
Dal punto di vista quantitativo, la tabella indica una marcata rilevanza del ricorso alle eccedenze di spesa nei primi quattro anni di applicazione ed un ridimensionamento del fenomeno nell’ultimo anno (2008), con una significativa riduzione degli importi autorizzati con la legge 244/2007.
La tabella che segue riporta sinteticamente gli effetti complessivi delle misure correttive approvate per il primo esercizio di riferimento di ciascuna legge finanziaria. Nella prima riga è riportato il solo effetto sul saldo netto da finanziare, nella terza riga sono state sommate, per ciascun anno, la spesa registrata sul saldo netto da finanziare e le regolazioni debitorie:
(miliardi di euro – importi arrotondati)
|
L. 350/2003 anno 2004 |
L. 311/2004 anno 2005 |
L. 266/2005 anno 2006 |
L. 296/2006 anno 2007 |
L. 244/2007 anno 2008 |
TOTALE |
SNF |
2,8 |
2,1 |
2,3 |
2,0 |
0,6 |
9,8 |
RD |
1,8 |
1,1 |
0,4 |
- |
- |
3,3 |
SNF+RD |
4,6 |
3,2 |
2,7 |
2,0 |
0,6 |
13,1 |
Non si dispone di informazioni sufficienti per ricostruire le ragioni che sono alla base di tale ridimensionamento. Alcune cause possono essere tuttavia ricercate:
a) sotto il profilo quantitativo, nella progressiva riduzione delle occorrenze dovute ad annualità pregresse, nonché nel carattere permanente di parte delle correzioni apportate nel corso degli anni;
b) sotto il profilo sostanziale, nella modifica, per alcuni degli scostamenti riscontrati, del meccanismo che aveva determinato le eccedenze stesse.
a) In particolare, sotto il primo profilo si osserva che, in presenza di una sostanziale omogeneità nella natura degli interventi oggetto dei rifinanziamenti in esame[112], l’approvazione di finanziamenti aggiuntivi per le eccedenze di spesa potrebbe aver determinato un effetto di contenimento degli scostamenti nel corso del tempo, via via che si riducevano le occorrenze per gli anni pregressi. Inoltre, aver provveduto a integrare le autorizzazioni di spesa originarie con nuovi finanziamenti di carattere permanente ha consentito un parziale ridimensionamento del fenomeno. Va sottolineato tuttavia che tale limitazione è avvenuta attraverso aggiustamenti successivi: infatti, dopo la prima sperimentazione dello strumento delle eccedenze (legge 350/2003), nella quale i valori autorizzati erano stati pressoché uniformi per tutto il triennio, nelle tre successive leggi finanziarie[113] la parte prevalente degli stanziamenti aggiuntivi ha riguardato il primo esercizio del triennio, con una drastica diminuzione nel secondo e nel terzo anno. Con la legge 244/2007 si è ristabilito infine un sostanziale equilibrio delle somme autorizzate nel triennio, in quanto l’intero ammontare che costituisce la differenza fra il primo esercizio e gli altri due riguarda un’unica voce di spesa (oneri previdenziali pregressi).
Nello specifico si osserva che sul totale di 9,8 miliardi di maggiore spesa contabilizzata negli anni 2004-2008 sul SNF, circa 3,8 miliardi di euro hanno riguardato aumenti di carattere permanente e in particolare: 2,5 miliardi di euro per spese previdenziali e assistenziali; 0,5 miliardi di euro per spese di giustizia; 0,4 miliardi di euro per impegni internazionali; 0,15 miliardi di euro per oneri nel settore tributario; 0,3 miliardi di euro per finanziamenti, agevolazioni o sovvenzioni all’economia.
b) Riguardo agli altri strumenti adottati per conseguire un riallineamento fra gli stanziamenti originari e le maggiori occorrenze di spesa emerse in sede di attuazione, si osserva che attualmente non sono disponibili informazioni sistematiche circa l’impatto finanziario degli interventi normativi che sono stati approvati specificamente al fine di correggere i meccanismi che hanno generato le eccedenze. Peraltro nel corso della XV legislatura, in alcuni settori che si erano caratterizzati per il ripetersi degli scostamenti rispetto alle previsioni, oltre al mero rifinanziamento delle eccedenze sono state introdotte anche misure di razionalizzazione finalizzate a ridimensionare tale fenomeno.
- Si segnalano, a titolo esemplificativo, le correzioni normative apportate nei settori dell’editoria e della giustizia.
· Con il decreto legge 223/2006 (Rilancio economico e sociale, contenimento della spesa pubblica) sono state introdotte[114] modifiche alla disciplina sul pagamento delle spese di giustizia, che in base alla legislazione previgente venivano in prevalenza anticipate dagli uffici postali e poi rimborsate dallo Stato a Poste italiane SpA. Poiché Poste italiane SpA provvedeva al pagamento delle somme indipendentemente dalla presenza di disponibilità in bilancio, tale meccanismo tendeva a far emergere successivamente maggiori occorrenze di spesa, che venivano finanziate con la procedura di cui alla lettera i-quater) (eccedenze di spesa). Il decreto legge 223/2006 ha quindi disposto che il pagamento delle spese di giustizia possa avvenire esclusivamente – tranne alcune eccezioni - attraverso le ordinarie procedure di contabilità generale dello Stato, eliminando così il ricorso all’anticipazione da parte degli uffici postali. Tale innovazione, pur non incidendo sul volume assoluto delle spese di giustizia, è intervenuta sul fenomeno del disallineamento temporale fra il pagamento delle somme e la loro imputazione al bilancio dello Stato. Il Servizio Bilancio ha ritenuto pertanto non giustificata la previsione di un effetto di risparmio ascritto alle modifiche introdotte[115], considerato che l’unica voce effettiva di risparmio avrebbe dovuto essere costituita dal venir meno del costo del servizio di Poste italiane SpA[116] (mentre la spesa complessiva avrebbe dovuto presumibilmente mantenere il medesimo livello registrato negli anni precedenti).
· Con il decreto legge 262/2006 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) sono state introdotte misure[117] di razionalizzazione dei contributi all’editoria[118] finalizzate: a rendere più severi i requisiti di accesso alle provvidenze (per esempio, definizione delle agenzie di stampa a diffusione nazionale); a ridurre i rimborsi per talune voci di spesa (costi ammissibili ai fini del calcolo dei contributi, costi per copie di carta stampata); a limitare alcuni pagamenti (rateizzazione del debito dello Stato verso Poste italiane SpA). Poiché, tuttavia, a tali misure di contenimento non sono stati ascritti effetti finanziari[119], non sono disponibili dati circa il loro impatto sugli andamenti di spesa in atto (si segnala tuttavia che nella legge finanziaria per il 2008 la voce “provvidenze all’editoria” non è stata rifinanziata fra le eccedenze di spesa[120]).
In un caso, invece, l’intervento correttivo è consistito non in una riduzione dell’eccedenza, ma solo in una sua diversa collocazione formale nel testo: infatti l’eccedenza, inizialmente inserita nell’allegato i-quater), è stata riposizionata nell’ambito dell’articolato della legge finanziaria. Le nuove misure, pertanto, non hanno riguardato una revisione del meccanismo che aveva generato le eccedenze, ma soltanto lo strumento tecnico della rettifica degli stanziamenti.
- Nelle ultime tre leggi finanziarie [legge 266/2005([121]),legge 296/2006([122]) e legge 244/2007([123])] è stato disposto l’utilizzo di risorse, per un ingente ammontare (fra i 400 e i 700 milioni circa ogni anno), per il finanziamento dei maggiori oneri emersi a carico della gestione per le pensioni agli invalidi civili (GIAS). Nella precedente legge finanziaria 311/2004, invece, tali oneri erano stati inseriti fra le eccedenze di spesa di cui alla lettera i-quater). In particolare le leggi finanziarie per il 2006, per il 2007 e per il 2008 hanno disposto, per il finanziamento dei predetti maggiori oneri, l’utilizzo di somme già trasferite alla Gestione degli interventi assistenziali (GIAS) e all’INPS risultanti ancora disponibili nelle casse dell’Istituto. Come precisato dalle relazioni tecniche, tali norme non determinavano alcun onere né sul bilancio dello Stato né sul conto delle pubbliche amministrazioni, trattandosi di regolazioni contabili riguardanti somme già trasferite all’INPS e non utilizzate[124]. Sul punto il Servizio Bilancio ha richiesto chiarimenti in ordine alla natura delle maggiori spese, rispetto a quelle preventivate, tenuto conto della ripetitività dei finanziamenti aggiuntivi disposti[125].
Profili metodologici relativi alla quantificazione delle eccedenze
Rispetto alla fase di avvio della procedura di correzione delle eccedenze di spesa (negli anni fra il 2003 e il 2005), con le leggi finanziarie approvate nel corso della XV legislatura si sono registrate alcune significative evoluzioni.
Innanzitutto, come sopra illustrato, si è verificata una riduzione - in termini di quantità complessiva dei finanziamenti correttivi autorizzati - delle eccedenze incluse nel cosiddetto allegato i-quater). In secondo luogo si è pervenuti, con l’ultima legge finanziaria approvata (legge 244/2007), ad un tendenziale riequilibrio nel triennio dell’impatto finanziario delle misure correttive[126], presumibilmente soprattutto a causa del ridursi dell’incidenza, sul primo anno, del fabbisogno per oneri pregressi.
Come detto, è possibile che - nel tempo - l’approvazione di finanziamenti aggiuntivi contribuisca di per sé al contenimento degli scostamenti.
Altro fenomeno che sembrerebbe garantire una maggiore trasparenza delle quantificazioni è l’evidenziazione – contenuta nella legge finanziaria 244/2007 (a differenza delle precedenti) - di effetti comparabili sui tre saldi di finanza pubblica e non solo sul saldo del bilancio dello Stato.
- Tale evidenziazione risulta invece assente nella legge finanziaria 296/2006, che riporta effetti solo sul saldo netto da finanziare: ciò potrebbe derivare da una differenziazione, fra il bilancio dello Stato e il conto della PA, dei criteri di costruzione delle previsioni tendenziali (che per i saldi di fabbisogno e di indebitamento già scontavano le maggiori spese incluse fra le eccedenze). Si osserva in proposito che l’applicazione di criteri non omogenei di contabilizzazione riduce necessariamente il grado di significatività e di confrontabilità delle previsioni di spesa.
Infine, nella legge finanziaria 244/2007 (che, come detto, ha mostrato un significativo contenimento delle eccedenze in termini quantitativi) la quota di regolazioni debitorie si è notevolmente ridotta, garantendo così una maggiore rispondenza delle stime rispetto agli obiettivi di monitoraggio e di contenimento della spesa.
Si ricorda infatti che nei primi anni di applicazione della nuova procedura delle eccedenze di spesa, l’iscrizione di significativi importi a titolo di regolazioni debitorie - dovuta, tra l’altro, alla necessità di sanare situazioni pregresse di rilevante ammontare - aveva comportato anche la non evidenza di somme considerevoli nelle risultanze contabili della manovra finanziaria, sulle quali era destinata ad incidere la decisione parlamentare [127]. Nelle leggi finanziarie approvate nel corso della XV legislatura si è invece registrata – presumibilmente anche in ragione dei precedenti interventi sulle occorrenze pregresse - una significativa riduzione delle regolazioni debitorie fra le eccedenze di spesa: conseguentemente le somme sono state incluse quasi integralmente nei prospetti di copertura degli oneri correnti delle leggi finanziarie.
Tale riduzione delle regolazioni debitorie è particolarmente significativa con riferimento ad una voce frequentemente inclusa fra le eccedenze di spesa e presente anche nella legge finanziaria 244/2007: i maggiori trasferimenti all’INPS per la copertura di occorrenze pregresse. Infatti l’importo[128], pur essendo stato individuato sulla base del rendiconto 2005 dell’INPS e indicato come regolazione contabile, è stato tuttavia contabilizzato per intero nel saldo netto da finanziare e sottoposto al vincolo di copertura degli oneri correnti.
Profili problematici riscontrati nel corso della XV legislatura
L’attività di verifica delle quantificazioni in ordine alle misure correttive delle eccedenze di spesa è finalizzata, da una parte, a chiarire le cause di ordine legislativo che sono alla base della formazione delle predette occorrenze e, dall’altra, a identificare eventuali elementi che rendano necessaria la rettifica delle originarie quantificazioni. In ordine a tali fattori, si è spesso constatata una carenza di informazione nelle relazioni tecniche di corredo alle leggi finanziarie.
Ciò premesso, le opzioni di intervento delineate dal decreto legge 194/2002 in presenza di scostamenti rispetto alle previsioni di spesa includono – come in precedenza ricordato - anche la modifica delle norme sostanziali da cui le eccedenze derivano. Tale possibilità non è stata tuttavia messa in atto nella XV legislatura, se non in poche circostanze delle quali si è dato conto nella parte precedente della presente esposizione[129].
Nella XV legislatura è stata confermata la prassi di utilizzare lo strumento delle misure correttive in legge finanziaria esclusivamente per disporre la copertura di maggiori occorrenze e non per rimuovere i fattori da cui tali maggiori oneri sono generati. Ciò è confermato dalla circostanza che una parte delle esigenze di correzione tende a riproporsi di anno in anno (è il caso delle spese nei settori della previdenza, dell’assistenza, della giustizia e degli adempimenti internazionali).
Nel corso della XV legislatura si è inoltre constatato un ricorso alla procedura di cui alla lettera i-quater) anche per il rifinanziamento di voci originariamente classificate come limiti di spesa, utilizzo che non appare appropriato alla luce della disciplina vigente[130].
Quest’ultima infatti, come in precedenza illustrato, è finalizzata essenzialmente a mantenere nel tempo la coerenza fra onere e copertura attraverso meccanismi di intervento volti alla correzione degli scostamenti. Per le autorizzazioni di spesa sono previste procedure automatiche di disapplicazione delle norme in via amministrativa nel caso di superamento delle risorse autorizzate, tenuto conto che tali oneri non sono di natura obbligatoria e possono quindi essere sottoposti al limite di spesa previsto dalla legge. Al contrario, per le spese obbligatorie connesse a diritti soggettivi o ad impegni inderogabili (per esempio gli adempimenti internazionali) è prevista un’articolata procedura di monitoraggio e di attivazione delle misure correttive (fra cui le eccedenze di spesa), con la possibilità di attingere – ove previsto – al Fondo di riserva per le spese obbligatorie: tale procedura va collegata alla circostanza che queste spese non possono essere sospese mediante meccanismi automatici.
Il ricorso alle misure correttive delle eccedenze in presenza di oneri qualificati come limiti massimi di spesa rappresenta una deroga rispetto ai vincoli sopra descritti, posti a presidio della corrispondenza, nel tempo, fra oneri e copertura.
-Tale utilizzo della procedura di cui alla lettera i-quater) per il rifinanziamento di voci originariamente classificate come limiti di spesa si è verificato nell’ambito della legge finanziaria 296/2006. In particolare, l’allegato contenente l’elenco delle eccedenze di spesa e la relazione tecnica hanno dato conto di misure correttive riguardanti agevolazioni tariffarie riconosciute per legge alle imprese editrici (che lo Stato è tenuto a rifondere ai gestori telefonici e a Poste Italiane SpA): tali agevolazioni – come enunciato anche dalla RT - costituiscono limiti di spesa. Lo stesso Governo aveva in proposito confermato che il ricorso alla procedura dell’eccedenza di spesa era finalizzato proprio ad evitare l’emanazione del decreto di accertamento dell’avvenuto raggiungimento del limite di spesa autorizzato.
Altri casi di eccedenze di spesa occorsi nella XV legislatura sembrano evidenziare, infine, una certa incoerenza nella prassi applicativa della disciplina introdotta dal DL 194/2002. Si segnalano, in particolare le norme previdenziali per il personale degli enti disciolti.
-La legge finanziaria 244/2007 ha previsto il rifinanziamento, nell’ambito delle eccedenze di spesa, delle norme[131] in materia di ricongiunzione dei servizi ai fini dell'indennità di anzianità e del trattamento integrativo di previdenza per il personale degli enti disciolti. La RT affermava che era necessario procedere ad una prima assegnazione di risorse alle gestioni previdenziali interessate, al fine di attivare la procedura di estinzione del debito delle corrispondenti gestioni liquidatorie. In sede di esame parlamentare, il Governo precisava che l’ammontare complessivo delle operazioni finanziarie concernenti le norme oggetto di rifinanziamento[132] avrebbe potuto essere definito solo al termine del negoziato con l’INPS e l’INPDAP: tale difficoltà di calcolo, d’altra parte, aveva già impedito - in sede di formulazione della norma originaria - la quantificazione, anche in via presuntiva, degli oneri relativi ai capitali di copertura. Pertanto, secondo quanto affermato dal Governo, l’appostazione aggiuntiva di risorse in esame costituiva un’eccedenza di spesa in rapporto alla previsione dei capitali di copertura necessari, non quantificati nel 2007 a causa della completa assenza di informazioni in merito.
In proposito il Servizio Bilancio dello Stato ha segnalato che non apparivano condivisibili le motivazioni, indicate dal Governo, che avevano indotto a definire il finanziamento – dal punto di vista contabile – come eccedenza di spesa, atteso che a tale norma (considerata dal Governo di carattere essenzialmente procedurale) non erano stati a suo tempo ascritti effetti finanziari: al contrario, alla disciplina generale in materia di liquidazione degli enti disciolti erano stati ascritti effetti di risparmio. Pertanto, in assenza di una specifica base normativa a fondamento degli impegni e delle obbligazioni genericamente richiamati dalla RT e dalla successiva documentazione trasmessa dal Governo, il finanziamento in esame avrebbe assunto di fatto la natura di una nuova autorizzazione di spesa (sostanzialmente qualificata dal Governo come anticipazione). Qualora, invece, all’attuazione delle norme interessate dalla procedura di correzione fossero stati ascritti effetti onerosi in precedenza non previsti, sarebbe stato necessario correggere le stime iniziali (ossia la previsione di un onere nullo) motivandone le ragioni e prospettando una ricostruzione, almeno di larga massima, dei possibili effetti finanziari proiettabili nel decennio.
La quantificazione degli effetti delle norme sui saldi di fabbisogno e di indebitamento
Come anticipato nel capitolo iniziale del presente dossier, la quantificazione degli oneri relativi ai nuovi provvedimenti viene effettuata, di norma, stimando l’impatto sul saldo netto da finanziare, ossia gli effetti, espressi in termini di competenza giuridica, delle norme introdotte sul bilancio dello Stato.
Non viene invece sistematicamente fornita anche l’indicazione degli effetti sul fabbisogno del settore statale - ossia sul saldo, espresso in termini di cassa, riferito ad un aggregato più ampio del bilancio dello Stato, in quanto comprensivo della gestione di tesoreria e dei bilanci delle ex amministrazioni autonome - nonché sull’indebitamento netto della p.a., che rappresenta il saldo rilevante ai fini della procedura europea sui disavanzi eccessivi, espresso in termini di competenza economica[133], secondo il sistema contabile europeo (SEC 95) e riferito all’intero comparto delle amministrazioni pubbliche, individuate secondo il medesimo sistema di contabilità[134].
Un’eccezione è costituita dalle leggi finanziarie e dai provvedimenti collegati alle manovre annuali di finanza pubblica, che, essendo finalizzati anche al conseguimento di obiettivi di disavanzo, individuati secondo le definizioni contabili europei, sono necessariamente corredati di prospetti che riportano la quantificazione degli effetti finanziari delle norme in essi contenuti su ciascuno dei tre saldi sopra indicati.
E’ emersa peraltro, nel quadro dell’attività di verifica delle quantificazioni, l’esigenza - più volte segnalata anche dal Servizio Bilancio dello Stato – che la quantificazione degli effetti delle disposizioni anche sui saldi di fabbisogno e di indebitamento sia effettuata non solo nel corso dell’esame delle manovre (leggi finanziarie e provvedimenti collegati), ma anche per tutti gli altri provvedimenti adottati nel corso dell’esercizio finanziario, tenuto conto della necessità di non vanificare gli obiettivi di finanza pubblica, fissati nell’ambito delle manovre, con i successivi provvedimenti legislativi adottati in corso d’anno.
Va quindi affermandosi un indirizzo in base al quale la verifica delle quantificazioni in sede parlamentare, finalizzata precipuamente al controllo del requisito della copertura finanziaria (ossia dell’equivalenza tra effetti positivi ed effetti negativi delle norme rispetto al saldo netto da finanziare), debba considerare anche la corrispondenza tra effetti di segno opposto prodotti dalle norme sugli altri saldi di finanza pubblica e, quindi, la complessiva compensatività di tali effetti anche in termini di fabbisogno e di indebitamento netto della p.a.
Un’ulteriore esigenza emersa nel corso delle ultime due legislature riguarda la necessaria trasparenza che – proprio al fine di consentire una esaustiva verifica in sede parlamentare – deve essere accordata ai criteri in base ai quali vengono stimati gli effetti delle nuove norme in termini di fabbisogno e di indebitamento netto della p.a., nei casi in cui tali conseguenze finanziarie assumono autonoma evidenza nell’ambito delle relazioni tecniche.
Entrambe le considerazioni hanno trovato conferma, sul versante governativo, in due importanti atti di indirizzo. Si intende far riferimento, in primo luogo, alla già citata direttiva[135] del Presidente del Consiglio dei ministri del 2004, che ha introdotto la c.d. “relazione tecnica standard” da allegare a tutti i provvedimenti che comportano effetti finanziari. Tale modello di relazione tecnica prevede, tra l’altro, che gli effetti finanziari siano valutati non solo in termini di saldo netto da finanziare, ma anche ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento e che, qualora vi siano differenze degli effetti stimati rispetto ai tre aggregati, siano adeguatamente esplicitate le relative motivazioni.
La necessità della valutazione degli effetti finanziari sui tre saldi trova riscontro anche nella più recente direttiva[136] del Presidente del Consiglio dei ministri, adottata nel corso della XV legislatura, che, richiamando anche la precedente Direttiva del 2004, ha precisato che le coperture finanziarie dei nuovi provvedimenti devono essere idonee a garantire il rispetto dell’articolo 81 della Costituzione, nonché degli obiettivi contenuti nel Patto di stabilità, in relazione agli impatti sui saldi di finanza pubblica.
A tale scopo nella relazione tecnica va dimostrato l’equilibrio di copertura con riguardo al saldo netto da finanziare del bilancio statale, al fabbisogno e all’indebitamento. La direttiva ha quindi sostanzialmente equiparato gli obblighi di quantificazione riferiti ai tre diversi saldi di finanza pubblica, facendo emergere con chiarezza la necessità della trasparenza e, quindi, della verificabilità, dei relativi criteri di stima.
I predetti indirizzi non hanno peraltro trovato finora compiuta attuazione. Infatti, per quanto attiene ai profili di quantificazione, attualmente, le relazioni tecniche riferite a provvedimenti non inseriti in manovre di finanza pubblica sono in genere carenti di dati riguardanti l’impatto sui saldi di fabbisogno e di indebitamento, mentre nei casi (finanziarie e provvedimenti collegati alle manovre) in cui tali dati sono forniti, non sempre risultano sufficientemente esplicitati i criteri ed i parametri di quantificazione utilizzati.
Quanto alla possibilità di un’equiparazione degli effetti delle norme sui diversi saldi anche sotto il profilo dell’obbligo costituzionale di copertura, nel corso della legislatura conclusa, sono emersi orientamenti non del tutto univoci.
Si esaminano, nei successivi paragrafi, le principali questioni emerse, nel corso della XV legislatura, in ordine ai due profili metodologici sopra enunciati.
Una specifica questione emersa nel corso della legislatura appena conclusa attiene alla individuazione di criteri univoci e trasparenti di quantificazione degli effetti delle norme sui diversi saldi di finanza pubblica. In mancanza di un’esplicitazione, nelle relazioni tecniche, dei predetti criteri, si possono determinare situazioni di oggettiva incertezza nell’interpretazione e nella valutazione delle quantificazioni soprattutto nei casi in cui, a fronte di disposizioni di contenuto sostanzialmente analogo, sono fornite stime del tutto diverse riguardo all’impatto previsto sui diversi saldi.
A titolo esemplificativo si possono analizzare i contributi pluriennali di finanziamento per spese infrastrutturali.
Si fornisce di seguito un prospetto riepilogativo degli effetti sui tre saldi attribuiti a taluni contributi autorizzati dall’ultima legge finanziaria:
(milioni di euro)
|
SNF |
Fabbisogno |
Indebitamento p.a. |
|||||||||||
|
2008 |
2009 |
2010 |
2008 |
2009 |
2010 |
2008 |
2009 |
2010 |
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Art. 2, legge finanziaria 2008 |
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MAGGIORI SPESE C/CAPITALE |
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Marche e Umbria (comma 107) : tre contributi per 15 ann, decorrenti da 2008-2009-2010 |
5,0 |
10,0 |
15,0 |
50,0 |
50,0 |
50,0 |
50,0 |
50,0 |
50,0 |
|||||
Sisma Basilicata (comma 115): contributo per 10 anni da 2008 |
5,0 |
5,0 |
5,0 |
20,0 |
20,0 |
0,0 |
20,0 |
20,0 |
0,0 |
|||||
Legge obiettivo (comma 257): contributi per 15 anni decorrenti da 2008-2009-2010 |
99,6 |
199,2 |
298,8 |
50,0 |
200,0 |
400,0 |
50,0 |
200,0 |
400,0 |
|||||
Giochi Mediterraneo (comma 263): contributo per 14 anni da 2009 |
(0,4[137]) |
0,7 |
0,7 |
(0,4) |
2,0 |
3,0 |
(0,4) |
2,0 |
3,0 |
|||||
Campionati del mondo di nuoto Roma (comma 271): contributo per 14 anni da 2008 |
0,4 |
0,4 |
0,4 |
0,4 |
1,0 |
2,0 |
0,4 |
1,0 |
2,0 |
|||||
Mondiali ciclismo (comma 272): contributo per 15 anni da 2008 |
2,0 |
2,0 |
2,0 |
2,0 |
5,0 |
8,0 |
2,0 |
5,0 |
8,0 |
|||||
Interventi per Venezia (comma 291): contributo per 15 anni da 2008 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
4,0 |
|||||
La differenza che emerge nella tabella, fra gli effetti quantificati in termini di SNF e quelli imputati agli altri due saldi, discende dal fatto che il primo importo indica la spesa a carico del bilancio dello Stato autorizzata annualmente per l’attivazione di mutui finanziari, mentre gli altri due saldi indicano, di norma, l’effettivo utilizzo dei mutui per la realizzazione di interventi in conto capitale. Il rapporto tra l’utilizzo effettivo delle somme (importo iscritto ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento netto nei diversi esercizi) e l’ammontare complessivo del mutuo attivabile[138] è quindi indicativo della tempistica con la quale si prevede di spendere effettivamente le suddette somme.
Come emerge dai dati sopra esposti, la tempistica per l’attivazione dei mutui varia con una certa ampiezza. Nel caso degli interventi connessi ad eventi sismici, l’attivazione integrale coincide con l’annualità in cui è previsto l’inizio del finanziamento (Umbria e Marche) o con quella successiva (Basilicata). Nel caso degli impianti sportivi, per l’attivazione integrale sembrerebbe necessario circa un triennio. In relazione alla “legge obiettivo” l’attivazione complessiva nel primo triennio sembra essere inferiore ad un quarto di quanto complessivamente attivabile.
Una considerazione a parte merita il caso degli interventi per Venezia. La norma autorizza un contributo quindicennale di 4 milioni di euro, a decorrere dal 2008. Gli importi iscritti ai fini dei saldi di fabbisogno e indebitamento netto sembrano indicare che il contributo in esame non sia utilizzabile per l’attivazione di un mutuo per il finanziamento delle opere relative alla salvaguardia di Venezia, bensì esclusivamente in forma diretta, per l’effettuazione di spese in conto capitale nella misura di 4 milioni annui. Ciò in quanto una disposizione della legge finanziaria per il 2007[139] - illustrata più diffusamente, di seguito, nel presente paragrafo - prevede che l’attivazione di mutui derivanti da contributi pluriennali a carico di enti della p.a. sia sottoposta alla preventiva autorizzazione da parte del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, che è tenuto a negare l’autorizzazione stessa nel caso in cui si accerti che la stessa determini effetti negativi, ai fini del saldo dell’indebitamento netto, non contabilizzati e non coperti.
Pertanto, nel caso in esame, poiché la quantificazione dell’incidenza annua sui saldi di fabbisogno e di indebitamento, riportata nel prospetto riepilogativo degli effetti della legge finanziaria 2008 (allegato 7), non tiene conto della spesa rapportata all’effettivo utilizzo del mutuo attivabile con il contributo (corrispondente all’incirca all’importo attualizzato del contributo stesso) non sembrerebbe possibile tale attivazione a valere sulle somme stanziate dalla norma in questione.
Dalle considerazioni finora svolte si deduce che le modalità effettive per l’utilizzazione di contributi pluriennali, autorizzati mediante disposizioni dal contenuto apparentemente analogo, possono variare notevolmente in relazione all’impatto stimato in termini di fabbisogno e di indebitamento e, quindi, determinare valutazioni differenti per quanto attiene all’entità delle misure compensative da adottare al fine di evitare un peggioramento dei saldi di fabbisogno e di indebitamento.
Si possono pertanto verificare difficoltà nell’interpretare la portata di disposizioni normative i cui riflessi in termini di effettivo incremento della spesa in conto capitale (calcolata ai fini dei predetti saldi) potrebbero non essere pienamente conosciuti al momento dell’approvazione di nuove discipline o di modifiche alle normative già esistenti.
Va inoltre considerato il notevole rilievo che tali tematiche presentano per la valutazione della compensatività di proposte emendative presentate nel corso dell’esame parlamentare dei provvedimenti; la questione assume aspetti di particolare importanza per gli emendamenti riferiti ai disegni di legge finanziaria ed ai provvedimenti ad essi collegati, che sono soggetti ad un vaglio di ammissibilità, sotto il profilo della compensazione, il cui esito condiziona la stessa possibilità di esame e di messa in votazione delle proposte emendative.
Infatti, emendamenti volti a sostituire spese già previste nel disegno di legge finanziaria con altre di importo equivalente, ma destinate a differenti finalità, potrebbero non risultare perfettamente compensati rispetto ai saldi di fabbisogno e di indebitamento e, quindi, essere ritenuti inammissibili, nel caso in cui la destinazione delle somme alle nuove finalità determini, ad esempio, un profilo di cassa più sostenuto rispetto alla finalità iniziale e, quindi, un impatto più rilevante sui saldi di fabbisogno e di indebitamento.
Il Servizio Bilancio dello Stato ha sempre richiesto che fossero chiaramente esplicitati i criteri di stima utilizzati per definire l’impatto di nuove disposizioni sui saldi di fabbisogno e di indebitamento. Tale esigenza assume particolare rilievo al fine di :
- consentire una verifica dei predetti criteri di quantificazione nel corso dell’esame parlamentare dei progetti di legge ai quali si riferiscono;
- applicare i medesimi parametri alle proposte emendative presentate nel corso dell’esame degli stessi progetti;
- assicurare la coerenza, nel tempo, dei criteri di quantificazione utilizzati in occasione dell’introduzione di norme riferite a fattispecie analoghe o, in una certa misura, assimilabili.
I criteri sottostanti le predette stime possono variare infatti notevolmente in relazione alle diverse tipologie di spese di volta in volta considerate.
Si è già fatto cenno alle disposizioni della legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006, art. 1, commi 511 e 512) che disciplinano una procedura autorizzatoria per l’erogazione dei contributi pluriennali. Le disposizioni citate subordinano l’utilizzo di tali contributi – finalizzati ad operazioni finanziarie con onere di ammortamento a totale carico dello Stato – alla previa verifica, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze - Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, della mancanza di effetti negativi in termini di fabbisogno e di indebitamento netto. Laddove tali effetti siano riscontrati, si rende necessaria la quantificazione dell’importo attualizzato del contributo e la compensazione del medesimo a valere su un apposito Fondo. In mancanza di disponibilità del Fondo, l’utilizzo dei contributi non potrebbe essere autorizzato.
Pertanto, in base alla norma citata, in molti casi la garanzia dell’utilizzo dei contributi, sia pur autorizzati con norma legislativa, è condizionata alla sussistenza di un’adeguata compensazione – in termini di fabbisogno e di indebitamento – commisurata in linea di massima all’importo attualizzato dei contributi stessi.
Come si evince da un’apposita circolare[140], fanno eccezione alcune fattispecie, tra cui anche quelle i cui effetti finanziari risultano già considerati negli andamenti tendenziali, ossia nei flussi di entrata e di spesa previsti in base alla vigente legislazione e che non necessitano quindi di specifica copertura in termini di fabbisogno e di indebitamento netto.
Va peraltro considerato che - sia per la mancanza di note tecniche esplicative riferite alle modalità di costruzione degli andamenti tendenziali a legislazione vigente sia per la mancata indicazione, nelle relazioni tecniche riferite a singole iniziative legislative, delle ragioni in base alle quali determinate spese possano considerarsi già ricomprese nei predetti andamenti - si determina spesso un’oggettiva incertezza in merito alla valutazione dell’effettiva portata di specifiche disposizioni sui tre diversi saldi di finanza pubblica. La questione assume peculiare rilievo allorquando si tratta di verificare l’idoneità di specifiche norme di copertura a fornire adeguata compensazione a determinate spese, il cui impatto sui saldi della p.a. può variare in relazione a circostanze, che non sempre appaiono di immediata evidenza.
A tali difficoltà vanno ad aggiungersi quelle derivanti dal fatto che spesso non risultano adeguatamente evidenziate, nell’ambito delle relazioni tecniche, le modalità con le quali, anche mediante il ricorso a convenzioni contabili, vengono adattate alle singole fattispecie le regole del sistema contabile europeo (SEC 95), regole alla stregua delle quali va valutato l’impatto delle singole disposizioni sul saldo di indebitamento netto della p.a.
Le regole del sistema SEC 95 – basate sul cosiddetto criterio della “competenza economica” - sono riportate in specifici regolamenti europei ed i relativi profili applicativi sono in parte definiti in apposito “Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico”. Peraltro l’adeguamento delle regole europee alle specificità insite nelle diverse normative presuppone l’adozione di criteri, anche convenzionali, finalizzati ad ottenere un’approssimazione il più possibile soddisfacente al criterio della contabilità economica. Tali principi e convenzioni – in base ai quali vengono quantificati gli effetti delle nuove disposizioni rispetto al saldo di indebitamento netto – non sempre emergono con chiarezza dalle relazioni tecniche allegate ai provvedimenti.
Il Servizio Bilancio dello Stato, nella documentazione predisposta per l’esame delle iniziative legislative sottoposte al parere della Commissione Bilancio - in particolar modo di quelle presentate nel quadro delle manovre di finanza pubblica – ha quindi più volte segnalato la necessità che, nella fase della verifica parlamentare delle quantificazioni, sia attribuita adeguata evidenza ai criteri utilizzati per stimare gli effetti delle norme sui diversi saldi, con particolare riguardo al saldo di indebitamento netto della p.a.
L’esplicitazione dei predetti criteri consentirebbe infatti il consolidamento - attraverso l’interlocuzione tra i diversi soggetti interessati – di principi comuni e di metodologie di analisi condivise, sul modello di quanto accaduto nell’ambito dell’attività di quantificazione degli effetti delle norme sul saldo netto da finanziare, ai fini del controllo della copertura finanziaria delle norme.
- Casi emblematici di entrambe le problematiche sopra evidenziate sono le stime finanziarie riferite ai commi da 179 a 181 dell’art. 2 della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007), che hanno previsto contributi quindicennali ed una spesa pluriennale per programmi, ad alto contenuto tecnologico, nel settore della difesa. Nel corso dell’esame di tali disposizioni sono infatti emerse, da un lato, la necessità di acquisire elementi di valutazione ulteriori, rispetto a quelli riportati nella RT, alla base delle differenze riscontrate nella definizione degli effetti delle disposizioni sui tre diversi saldi di finanza pubblica, dall’altro, l’esigenza di una più puntuale definizione dei criteri che, in applicazione del SEC 95 e delle decisioni di Eurostat, avevano portato a stimare in una certa misura l’impatto delle disposizioni sul saldo di indebitamento netto della p.a.
Gli effetti delle norme sui saldi di finanza pubblica venivano così indicati nell’apposito prospetto riepilogativo, allegato alla RT (Allegato 7):
(milioni di euro)
|
SNF |
Fabbisogno |
Indebitamento p.a. |
||||||
|
2008 |
2009 |
2010 |
2008 |
2009 |
2010 |
2008 |
2009 |
2010 |
Art. 2 legge finanziaria 2008 |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
SPESE C/CAPITALE |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
comma 179 (contributi per 15 anni) |
20 |
45 |
70 |
24 |
110 |
210 |
0 |
0 |
0 |
Comma 180 (spesa pluriennale) |
318 |
468 |
918 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
0 |
Comma 181 (contributi per 15 anni) |
20 |
45 |
70 |
60 |
25 |
62 |
0 |
0 |
27 |
In merito ai criteri sottostanti la quantificazione dei predetti effetti, la RT richiamava essenzialmente, per quanto attiene al fabbisogno, il parametro quantitativo rapportato ai previsti “tiraggi” di tesoreria rispetto all’importo (netto ricavo dei mutui) ottenuto con l’operazione finanziata mediante i contributi pluriennali. Per quanto riguarda l’indebitamento, si faceva invece riferimento ai criteri stabiliti da Eurostat per il trattamento contabile delle spese militari e alla circostanza che, per talune spese, l’impatto stimato era considerato nullo perché le spese in questione erano state già incluse nelle stime tendenziali di spesa a legislazione vigente e non necessitavano quindi, su tale versante, di un’apposita compensazione.
Nella nota di verifica predisposta, il Servizio Bilancio dello Stato ha peraltro rilevato che la mera enunciazione dei predetti criteri non appariva sufficiente ai fini di una ricostruzione del procedimento di quantificazione che aveva condotto all’elaborazione delle stime.
In particolare, con riguardo alle stime di impatto sul deficit, veniva osservato che la stessa decisione di Eurostat, concernente i criteri di contabilizzazione delle spese militari, adottata il 9 marzo 2006, fissava taluni principi metodologici per la registrazione della spesa sostenuta dalle amministrazioni pubbliche per forniture della difesa, diversificandoli in ragione della tipologia di contratto nonché dei prodotti e dei servizi acquisiti. Ai fini della verifica delle stime indicate, risultava quindi necessario disporre anche dei dati e dei parametri in base ai quali, in attuazione dei predetti criteri, si era concretamente pervenuti al calcolo degli specifici effetti imputati alle norme.
Le medesime considerazioni venivano svolte con riguardo alla verifica delle stime degli effetti di cassa.
In risposta a tali rilievi, una nota del Ministero dell’economia e delle finanze, del 26 ottobre 2007, ha chiarito, tra l’altro, che:
· riguardo ai commi 179 e 181, l’impatto sugli andamenti di finanza pubblica, relativamente al deficit erano stati calcolati facendo riferimento alle effettive consegne dei beni e dei servizi oggetto dei contratti stipulati, sulla base dei criteri stabiliti nella decisione di Eurostat;
· riguardo al comma 180, nella nota si è ribadito che la quantificazione del predetto deficit era stata effettuata sulla base della data di effettiva consegna o disponibilità operativa del bene; veniva evidenziato inoltre che, per quanto concerne il programma Eurofighter, esso era già stato considerato nelle linee tendenziali della finanza pubblica recepita dal DPEF 2007-2008: per tale ragione, l’impatto stimato sul saldo di indebitamento risultava nullo.
Va considerato che, nei casi in cui si ravvisi un’incertezza circa i criteri sottostanti la quantificazione degli effetti sul fabbisogno e sull’indebitamento di specifici stanziamenti, più difficile appare la valutazione dell’idoneità dell’utilizzo delle stesse risorse per il finanziamento di nuove finalità di spesa (secondo quanto avviene nel caso di riduzioni di specifiche autorizzazioni di spesa per il finanziamento di nuovi interventi). In tali ipotesi, infatti, non sempre risulta agevole individuare l’effettiva portata di tale modalità di copertura ai fini dei tre diversi saldi.
Specifici profili problematici, relativi alla quantificazione degli effetti sui saldi di fabbisogno e di indebitamento, sono poi emersi con riguardo alle norme che, in deroga alla disciplina generale in materia di contabilità, hanno consentito il mantenimento di somme in bilancio ed il loro utilizzo in esercizi successivi alla scadenza dei termini ordinari. Tali aspetti sono esaminati più in dettaglio nel successivo capitolo - al quale si rinvia - riferito al mantenimento di somme in bilancio e alla riassegnazione delle stesse alla spesa, contenuto sempre in questa prima parte del dossier.
Un’autonoma considerazione ha assunto, soprattutto nel corso delle ultime due legislature, la questione riferita alla possibilità di equiparare i tre saldi di finanza pubblica con riguardo non solo alle esigenze di quantificazione, ma anche al profilo dell’obbligo di copertura.
La problematica affrontata ha riguardato, tra l’altro, la possibilità o meno di prevedere coperture suscettibili di produrre effetti compensativi esclusivamente sul saldo netto da finanziare e non anche sugli altri saldi.
In alcuni casi, la mancata individuazione di una specifica compensazione degli effetti su fabbisogno e indebitamento netto della p.a. è stata espressamente giustificata dalla previsione di un più favorevole andamento dei saldi di finanza pubblica, rispetto a quelli precedentemente stimati, tale quindi da “riassorbire” gli effetti peggiorativi delle nuove norme, sprovvisti di adeguata compensazione, senza compromettere il conseguimento degli obiettivi programmati. La tematica si intreccia, in questo caso, con le questioni inerenti all’utilizzo dell’extra-gettito (c.d. “copertura su tendenziale”), oggetto di uno specifico paragrafo all’interno del presente dossier, cui si rinvia per considerazioni ed elementi di carattere integrativo.
-Si segnala, in particolare, la norma del decreto –legge “mille proroghe”[141], concernente la soppressione dell’obbligo per gli agenti della riscossione di versare un’anticipazione sulle riscossioni erariali, che ha determinato, sulla base delle stime riportate nella relazione tecnica iniziale, un effetto di peggioramento dell’indebitamento netto per circa 4,6 miliardi di euro relativamente all’anno 2007. Dall’allegato conoscitivo degli effetti finanziari risultava che la minore entrata era compensata solo con riferimento al saldo netto da finanziare, mentre sui saldi di fabbisogno e di indebitamento netto veniva riportato un effetto complessivo di peggioramento pari all’onere in questione. Dalla relazione tecnica emergeva tuttavia che i riflessi negativi su detti saldi sarebbero stati riassorbiti nell’ambito del quadro di finanza pubblica per l’anno 2007, senza compromettere il rispetto degli obiettivi programmati per l’anno medesimo nell’ambito del patto di stabilità e crescita.
Il Servizio Bilancio della Camera ha evidenziato come, in mancanza di dati di preconsuntivo sull’esercizio 2007, il supposto riassorbimento dei maggiori oneri, recati dalla soppressione dell’obbligo di versamento in acconto, per effetto di un miglioramento del saldo tendenziale per il 2007 dovesse essere suffragato da indicazioni di maggior dettaglio, atte a confermare un complessivo andamento dei conti di finanza pubblica tale da offrire adeguata compensazione agli effetti peggiorativi ascritti alla predetta norma.
Al Senato, nel parere espresso sul provvedimento dalla Commissione Bilancio[142], è stato evidenziato come una previsione di più favorevole andamento dei saldi, avulsa da un contesto di revisione complessiva del quadro macroeconomico e di finanza pubblica, non sembrasse in grado di fornire una garanzia di adeguata tutela degli obiettivi di saldo complessivo della p.a.
In altre circostanze, pur in presenza di quantificazioni che evidenziavano effetti di peggioramento dei saldi di fabbisogno e di indebitamento, prodotti da proposte normative all’esame del Parlamento, si è ritenuto che la mancata adozione di specifiche misure di compensazione, benché costituisse un elemento essenziale nell’analisi dell’impatto finanziario delle norme esaminate, non incidesse sui profili relativi all’obbligo di copertura finanziaria in senso stretto.
- Un primo caso riguarda la norma[143], introdotta, con emendamento approvato presso il Senato, nel disegno di legge finanziaria 2008, che ha disposto, limitatamente al 2008, l’abolizione della quota di partecipazione alle prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale per gli assistiti non esentati[144]. A tale fine, il livello del finanziamento del SSN cui concorre lo Stato è stato incrementato per l’anno 2008 per un importo pari alle minori entrate stimate (pari a circa 834 milioni di euro). A parziale copertura degli oneri derivanti dall’abolizione dei ticket, è stata disposta una riduzione, per un importo di 326 milioni di euro per l’anno 2008, della dotazione del Fondo di rotazione per l’attuazione delle politiche comunitarie. La relazione tecnica[145] precisava che l’utilizzo delle risorse del Fondo poteva ritenersi idoneo ad incidere sul saldo netto da finanziare per l’intero importo degli oneri da coprire, mentre, ai fini delle compensazioni degli effetti delle disposizioni onerose sul saldo di indebitamento netto, la copertura utilizzata poteva essere contabilizzata nella misura di circa il 50 per cento. Ciò in quanto la dinamica delle erogazioni a carico del fondo - e, quindi, il profilo considerato per la stima del “peso” delle relative risorse sul saldo di indebitamento – teneva conto del tempo, intercorrente tra il momento dell’impegno contabile e quello dell’effettiva erogazione dei fondi, necessario per la realizzazione degli interventi oggetto di finanziamento.
- Un altro caso di particolare rilevanza è emerso nel corso dell’esame parlamentare del già citato D.L. n. 248/2007 (cosiddetto “decreto mille proroghe”). Si è già detto che il provvedimento reca una disposizione (art. 36) i cui effetti sui saldi di fabbisogno e di indebitamento sono stati ritenuti, in base alla RT, sono stati considerati “riassorbiti” a valere sul più favorevole andamento, rispetto alle previsioni, del quadro di finanza pubblica per l’esercizio 2007.
Nel corso dell’esame del provvedimento presso il Senato è stato peraltro consegnato dal Governo un prospetto riepilogativo degli effetti del provvedimento sui tre diversi saldi, che, alla luce delle modifiche apportate dalla Camera, evidenziava un complessivo squilibrio degli effetti del provvedimento rispetto ai saldi di fabbisogno e di indebitamento anche per l’esercizio 2008, per un importo di 931 mln[146].
La Commissione Bilancio del Senato, a conclusione dell’esame, ha espresso parere contrario[147] sul provvedimento nel suo complesso, non motivandolo tuttavia con riferimento al rispetto dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione.
La Commissione Bilancio del Senato, nel parere espresso sul decreto-legge, ha in primo luogo ribadito “l’opportunità che nella valutazione della copertura delle singole leggi di spesa sia assicurata la compensazione anche degli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento netto della p.a., in quanto si può ritenere che l’attuale sistema di regole (anche conformemente a quanto indicato nella Direttiva del Presidente del Consiglio del 6 giugno 2006) non consenta di prescindere dalla valutazione e dalla compensazione di tali effetti”. Tuttavia, poiché la pronuncia di contrarietà sul provvedimento non è stata espressamente motivata con riferimento all’art. 81, quarto comma, Cost., deve desumersi che il profilo di carenza di compensazione sui predetti saldi non sia stato ritenuto suscettibile di incidere sulla valutazione relativa alla sussistenza del requisito della copertura finanziaria in senso stretto.
Il mantenimento in bilancio e la riassegnazione alla spesa di somme non utilizzate
Nel corso della XV legislatura sono state frequentemente prese in esame dal Parlamento norme volte a consentire, in deroga alla disciplina generale di contabilità, il riutilizzo di risorse finanziarie risultate disponibili alla conclusione dell’esercizio di competenza, in quanto non utilizzate entro i termini originariamente previsti. A tal fine queste risorse, altrimenti destinate ad andare in economia, sono state mantenute in bilancio, in conto residui, ovvero riversate all’entrata di esercizi successivi per la riassegnazione a capitoli di spesa (per scopi analoghi o difformi da quelli originari).
Tale fenomeno, collegato essenzialmente ai tempi di impegno e di erogazione delle risorse iscritte in bilancio, tende impropriamente a tradursi in una forma di copertura finanziaria (aggiuntiva rispetto a quelle previste dalla disciplina contabile) e presenta una serie di profili problematici che sono stati evidenziati sia nel corso dell’esame delle norme presso le Commissioni Bilancio di Camera e Senato sia dalla Corte dei conti, nell’ambito delle sue relazioni al Parlamento sulle tipologie di coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri.
In particolare la Corte dei conti ha ripetutamente eccepito[148], per un verso, il mancato rispetto del principio di annualità di bilancio, per altro verso la mancata compensazione degli effetti delle predette disposizioni derogatorie in termini di fabbisogno e di indebitamento netto della p.a. In taluni casi, inoltre, la Corte ha eccepito anche la dequalificazione della spesa, nei casi di nuova finalizzazione a spese di parte corrente, di risorse originariamente classificate come di conto capitale.
La vigente disciplina contabile, sulla base della quale vengono costruite di anno in anno le previsioni del bilancio dello Stato, prevede termini differenziati di mantenimento in bilancio delle somme non utilizzate, a seconda della fattispecie di spesa considerata: a) spese correnti non impegnate e non erogate; b) spese correnti impegnate, ma non erogate; c) spese in conto capitale non impegnate e non erogate; d) spese in conto capitale impegnate, ma non erogate.
I termini generalmente applicati sono i seguenti:
a) le somme relative a spese correnti non impegnate e non erogate nell’esercizio finanziario di competenza non costituiscono residui passivi: infatti, di norma non è consentito il loro mantenimento in bilancio, in quanto trova applicazione il principio di cui all’articolo 20 della legge n. 468/1978[149] che ne esclude l’impegno nell’esercizio successivo;
b) le somme relative a spese correnti impegnate, ma non erogate, costituiscono residui propri e possono essere mantenute in bilancio per un periodo di due anni, esteso a tre anni qualora si tratti di residui concernenti spese per lavori, forniture e servizi[150]; successivamente interviene la perenzione amministrativa[151];
c) le somme relative a spese in conto capitale non impegnate e non erogate[152] possono essere conservate in bilancio come residui (residui di stanziamento) per un solo anno, ad eccezione degli stanziamenti iscritti in forza di disposizioni legislative entrate in vigore nell'ultimo quadrimestre dell'esercizio finanziario, per i quali il periodo di conservazione previsto è di due anni[153];
d) per le spese in conto capitale che risultano impegnate, ma non erogate, è previsto il mantenimento in bilancio dei relativi residui per tre esercizi successivi a quello in cui è stato iscritto il corrispondente stanziamento[154].
Lo schema di massima ricavabile dai predetti termini è riportato sinteticamente nella tabella che segue (“+” = finanziamento iscritto in conto competenza o in conto residui; “-” = finanziamento non più iscritto né in conto competenza né in conto residui).
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somme
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anno di iscrizione dello stanziamento (T) |
T+1 |
T+2 |
T+3 |
T+4 |
SPESA CORRENTE |
A |
Non impegnate e non erogate(*)
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+ |
- |
- |
- |
- |
B |
Impegnate ma non erogate(*)
|
+ |
+ |
+ |
-/+(**) |
- |
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SPESA C. CAPIT. |
C |
Non impegnate e non erogate(*)
|
+ |
+ |
-/+(***) |
- |
- |
D |
Non impegnate e non erogate(*) |
+ |
+ |
+ |
+ |
- |
(*) Entro l’esercizio nel quale è iscritto lo stanziamento.
(**) Possono essere mantenute in conto residui fino a tre esercizi dopo l’iscrizione dello stanziamento solo le spese per lavori forniture e servizi.
(***) Possono essere mantenute in conto residui fino a due esercizi dopo l’iscrizione dello stanziamento solo le spese iscritte in bilancio sulla base di norme di legge entrate in vigore nell’ultimo quadrimestre dell’anno T-1.
La vigente normativa prevede peraltro deroghe ed eccezioni ai predetti termini, sia di portata generale (stabilite dalla stessa disciplina contabile) sia di portata specifica (in quanto riferite soltanto a talune tipologie di spesa).
Nella prima categoria rientrano le eccezioni previste dalle stesse norme di contabilità: riassegnazioni alla spesa di somme versate all’entrata nell’ultimo bimestre dell’anno precedente[155]; iscrizione in bilancio delle quote dei fondi speciali relative ad esercizi precedenti per la copertura di nuove leggi di spesa[156]; assegnazione della cassa necessaria al pagamento dei titoli rimasti inestinti alla chiusura dell’esercizio e trasportati all’esercizio successivo[157].
Nella seconda categoria rientrano determinate tipologie di interventi finanziari per i quali è stata disposta, con legge, una disciplina che diverge, “in via permanente” o per determinate categorie di operazioni, rispetto alla disciplina generale. E’ il caso – per esempio – dell’articolo 15, comma 9, della legge 49/1987([158])che, per gli interventi di cooperazione allo sviluppo, prevede in via generale che le somme non impegnate nell’esercizio di competenza possano essere impegnate nell’esercizio successivo[159]. Tale normativa è stata applicata anche agli interventi di cooperazione e sviluppo previsti all’interno di provvedimenti di proroga della partecipazione italiana a missioni umanitarie e internazionali[160]: ad esempio, l’articolo 1, comma 1, del DL 8/2008([161]), nell’autorizzare per l’anno 2008 la spesa di 94 milioni di euro per interventi di cooperazione, ha disposto che le somme non impegnate nell'esercizio di competenza possano essere impegnate nell'esercizio successivo.
Poiché, come detto, le norme richiamate incidono sui criteri per la costruzione delle previsioni a legislazione vigente, la deroga ai predetti termini può influire sulla dinamica delle spese, determinando un impatto finanziario pari all’entità delle risorse che si decide di riutilizzare negli esercizi successivi.
Per valutare i possibili effetti del mantenimento di somme in bilancio e della riassegnazione alla spesa occorre considerare i tre saldi di finanza pubblica.
In linea di massima il rinvio di una spesa da un esercizio a quello successivo può risultare neutrale con riferimento al saldo netto da finanziare.
Ciò si determina, nel caso di mero mantenimento di residui in bilancio, in quanto i relativi effetti vanno da incidere essenzialmente sul conto residui, e, nel caso di riversamento all’entrata e successiva riassegnazione alla spesa, per la compensazione che si determina tra effetto di entrata (riversamento dall’anno precedente) ed effetto di spesa (nuovo utilizzo).
Tale neutralità può, invece, non verificarsi con riferimento ai saldi relativi al più ampio perimetro della pubblica amministrazione (e quindi ai saldi di fabbisogno e di indebitamento).
Infatti, la somma trasportata da un anno all’altro, provenendo dal bilancio dello Stato, non costituisce un’entrata aggiuntiva per il comparto della p.a.[162], ma la spesa che ne deriva è suscettibile di incrementare gli esborsi complessivi del medesimo settore, effettuati nel nuovo esercizio verso altri settori.
Per valutare gli effetti finanziari della riassegnazione o del mantenimento di somme in bilancio occorre, inoltre, conoscere la fase in cui tali decisioni intervengono (sussistenza o meno dell’impegno di spesa; tempistica di acquisizione delle entrate).
A. In particolare, dal lato della spesa, nel caso delle somme non ancora impegnate, il prolungamento del termine per il mantenimento in bilancio può consentire di impiegare risorse che sarebbero altrimenti andate in economia.
Tale prolungamento è suscettibile, quindi, di determinare un impatto sia sotto il profilo degli impegni adottati in corso di esercizio (competenza giuridica) sia sul versante della cassa (in quanto l’esborso graverebbe, in aumento, sull’esercizio di effettiva erogazione, incrementando gli effetti di cassa per tale esercizio rispetto a quelli incorporati nelle previsioni tendenziali). In particolare, sul versante della spesa di cassa, andrebbe considerato l’effetto corrispondente all’importo delle erogazioni e la connessa spesa corrispondente al costo della relativa provvista finanziaria (spesa per interessi).
Di conseguenza, un’estensione dei termini di utilizzo di somme non impegnate è suscettibile di determinare effetti finanziari sia sul saldo di fabbisogno sia sull’indebitamento netto tenuto conto che, per conseguire una soddisfacente approssimazione al criterio della competenza economica – in base al quale viene computato il saldo di indebitamento - si fa ricorso, con opportuni adattamenti, al dato riferito alla competenza giuridica o a quello di cassa, entrambi interessati dal rinvio dei termini per l’impegno delle somme[163].
B. Nel caso, invece, delle somme impegnate ma non spese, occorre distinguere fra la spesa corrente e la spesa in conto capitale.
· Per la spesa corrente, il prolungamento dei termini ordinari non incide sulla sussistenza dell’obbligazione in capo alla pubblica amministrazione (in quanto il titolo giuridico dell’intervento da finanziare risulta ormai acquisito in base alla norma di legge e al conseguente atto di impegno). Tale prolungamento può tuttavia determinare una diversa distribuzione della spesa per i successivi esercizi finanziari. In altre parole, il prolungamento non modifica gli effetti giuridici dell’originario impegno di spesa, ma può incrementare la distribuzione tra i diversi esercizi delle erogazioni di cassa.
Di conseguenza, per le somme di spesa corrente già impegnate, un’estensione dei termini di utilizzo dovrebbe essere accompagnata - al fine di evitare un impatto finanziario negativo - da una compensazione degli effetti finanziari per il saldo di fabbisogno[164] e, per quelle spese per le quali il criterio di cassa sia ritenuto più congruo ad approssimare l’impatto in termini di competenza economica, anche ai fini del saldo di indebitamento netto della p.a.
· Per la parte in conto capitale, anche se il titolo giuridico della spesa risulta ormai acquisito (in base alla norma di legge e all’atto di impegno), il rinvio delle somme a successivi esercizi finanziari determinerà comunque un impatto, oltre che sul fabbisogno, sull’indebitamento netto, in quanto - in base ai criteri che, sulla scorta dei principi contabili europei, presiedono al calcolo di tale parametro – la contabilizzazione delle spese in conto capitale ai fini del conto economico della p.a. è effettuata prevalentemente tenendo conto del momento di effettivo esborso delle somme (criterio di cassa).
Conseguentemente, per le somme in conto capitale già impegnate, l’estensione dei termini di utilizzo dovrebbe essere accompagnata da una compensazione degli effetti finanziari per ambedue i saldi di fabbisogno e di indebitamento netto.
L’esigenza di compensare gli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento va poi sempre considerata anche alla luce delle disposizioni della legge finanziaria per il 2006, con la quale è stata introdotta una norma che ha posto un limite alla riassegnazione in bilancio di entrate destinate alle singole amministrazioni, collegando a tale limite significativi risparmi di spesa.
Si tratta dell’articolo 1, comma 46, della legge 266/2005. La norma ha stabilito che, con decorrenza dal 2006, le riassegnazioni di entrate destinate alle singole amministrazioni[165] non avrebbero dovuto superare l'ammontare di quelle effettuate nel 2005. Alla disposizione sono stati ascritti effetti di risparmio sui saldi di fabbisogno e indebitamento, con importi crescenti nel triennio dal 2006 al 2008, anno a decorrere dal quale si determina l’effetto “a regime”[166].
Tenuto conto di questa restrizione ulteriore dei margini di riutilizzo delle somme disponibili provenienti da precedenti esercizi, in caso di riassegnazione di somme si dovrebbe quindi sempre tener conto del possibile impatto peggiorativo rispetto agli andamenti generali di spesa, in considerazione dell’effetto di risparmio ascritto alla disciplina restrittiva in materia di riassegnazioni, sopra illustrata (infatti i tendenziali di spesa incorporano - a seguito dell’entrata in vigore dell’articolo 1, comma 46 – effetti di risparmio suscettibili di essere ridotti nei casi di deroga, non prevista dalla norma originaria, all’applicazione dei limiti ivi stabiliti).
-In determinate condizioni, peraltro, tale compensazione può essere considerata non necessaria. Ciò vale per esempio per l’articolo 10 del DL 253/2006 (Partecipazione italiana alla missione internazionale in Libano), in quanto l’esclusione – ivi prevista - dei rimborsi ONU[167] dal limite alla riassegnazione delle entrate stabilito dalla legge 266/2005 non appare suscettibile di ridurre i risparmi ascritti al predetto limite: infatti non sembra presumibile che, nella quantificazione di tali risparmi, siano state ricomprese anche le entrate derivanti dai rimborsi ONU.
Le considerazioni finora svolte trovano un’indiretta conferma negli effetti ascritti dalla relazione tecnica alle modifiche alla normativa sui residui apportate nella XV legislatura, in particolare dalla legge finanziaria 2008: l’articolo 3, comma 36, della legge 244/2007 ha infatti ridotto da sette a tre anni il termine di perenzione dei residui in conto capitale, relativi a somme impegnate e non erogate[168]. Detta modifica, secondo quanto indicato nella relazione tecnica, comporta l’eliminazione di un ammontare di residui passivi tale da determinare un effetto positivo, in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, stimato in 1.530 milioni nel 2008, 1.340 milioni nel 2009 e 1.310 milioni nel 2010[169].
La medesima norma ha inoltre definito una articolata procedura di valutazione e di monitoraggio dei residui di parte capitale, finalizzata alla loro eliminazione (con conseguente riversamento delle somme all’entrata del bilancio dello Stato).
L’entrata in vigore dell’articolo 3, comma 36, della legge n. 244/2007 conferma – pertanto – la necessità che, in via generale, ciascuna deroga tendente a prolungare il mantenimento in bilancio delle somme in conto capitale già impegnate sia accompagnata da un’apposita compensazione (come sopra indicato) degli effetti sul fabbisogno e sull’indebitamento.
Nonostante i criteri sopra enunciati, nella legislatura appena conclusasi, così come nelle precedenti, l’estensione dei termini di utilizzo di somme originariamente destinate all’impiego in precedenti esercizi ha fatto emergere, in sede di esame parlamentare, alcuni profili critici connessi alle questioni prima descritte.
Si tratta, in particolare, delle seguenti problematiche:
a) possibile attenuazione del principio di annualità del bilancio, con conseguenti effetti di ridotta significatività delle risultanze della gestione riferita ai singoli esercizi.
- Tale aspetto è stato più volte rilevato, in primo luogo dalla Corte dei conti nelle sue Relazioni quadrimestrali sulle coperture e sulle quantificazioni degli oneri relative alle leggi approvate[170]. Il Servizio Bilancio ha evidenziato tale problematica, per esempio, con riferimento all’articolo 1, comma 376, della legge finanziaria 296/2006 (recante una nuova destinazione, per il 2007, delle risorse originariamente destinate al Progetto sperimentale “bioetanolo” non utilizzate negli anni 2005 e 2006);
b) mancata compensazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento.
- Tale profilo è stata riscontrato, per esempio, in sede di esame dell’articolo 6, comma 5, del decreto legge 300/2006 (proroga di termini), il quale ha previsto che le somme stanziate[171] per la costituzione di sportelli unici all'estero, non impegnate al 31 dicembre 2006, fossero mantenute in bilancio in conto residui per essere versate all’entrata nell’anno successivo, ai fini della riassegnazione nello stato di previsione del Ministero del commercio internazionale in favore dell’Istituto per il commercio estero.
Come evidenziato in precedenza, il versamento delle somme all’entrata dell’esercizio successivo può garantire la neutralità finanziaria con riferimento al solo saldo di bilancio dello Stato, ma non per i saldi relativi al perimetro, più ampio, delle pubbliche amministrazioni. Pertanto, come richiesto dal Servizio Bilancio dello Stato, per i saldi di fabbisogno e di indebitamento avrebbe dovuto essere predisposta un’idonea compensazione.
Analoga problematica è stata rilevata dal Servizio Bilancio dello Stato con riferimento all’articolo 2, comma 304, della legge finanziaria 244/2007 (riutilizzo nel 2008, per una nuova finalità, di somme 2007 originariamente destinate agli sportelli unici all'estero).
c) mancata valutazione degli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento con specifico riferimento ai limiti previsti per la riassegnazione delle entrate disposto con l’articolo 1, comma 46, della legge 266/2005.
- L’articolo 6,comma 8, del decreto legge 300/2006 (Proroga di termini) ha previsto che le somme stanziate per il Fondo per l’autotrasporto[172] non impegnate entro il 31 dicembre 2006 fossero mantenute in bilancio nel conto residui per essere versate in entrata nell’anno successivo, ai fini della riassegnazione nello stato di previsione del Ministero dei trasporti. Nel caso specifico, constatato – con apposita verifica della Commissione Bilancio della Camera – che le somme 2006 risultavano ancora disponibili, a fine esercizio, per il loro intero ammontare, è stata richiesta la compensazione ai fini del fabbisogno e dell’indebitamento per il mancato risparmio connesso alla deroga al limite alle riassegnazioni fissato dalla legge 266/2005;
d) incompatibilità fra l’originaria natura delle risorse da riassegnare (per esempio, finanziamenti in conto capitale) e le nuove finalizzazioni (per esempio, spesa corrente).
- Con riferimento all’articolo 6, comma 5, del decreto legge 300/2006 (Proroga di termini), sopra citato, il Servizio Bilancio ha evidenziato la necessità che le somme di cui si prevedeva la riutilizzazione avessero una (nuova) finalizzazione conforme alla natura di conto capitale degli stanziamenti originari. Diversamente si sarebbe infatti verificata una dequalificazione della spesa, suscettibile di tradursi in un peggioramento del saldo corrente.
Analoga considerazione – in ordine alla disomogeneità fra i meccanismi di spesa previsti originariamente e quelli introdotti con la nuova finalizzazione - è stata formulata con riferimento all’articolo 2, comma 305, della legge finanziaria 244/2007, che ha disposto, per l’anno 2008, la riassegnazione al Fondo per il credito all'esportazione di una quota delle disponibilità del Fondo rotativo per i finanziamenti agevolati alle imprese esportatrici. Sul punto il Servizio Bilancio dello Stato ha segnalato la necessità di una compensazione anche in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, considerato che si prevedeva l’utilizzo di risorse di un fondo rotativo a beneficio di un fondo non dotato di analoghe caratteristiche;
e) non univocità dei criteri in base ai quali sono contabilizzati gli effetti derivanti dall’utilizzo di somme stanziate negli esercizi precedenti; in particolare la ridotta trasparenza di tali criteri di contabilizzazione comporta che, in casi riferiti a fattispecie del tutto analoghe può essere talvolta prevista la compensazione rispetto ai saldi di fabbisogno e di indebitamento e in altri casi omessa. Spesso tale difformità di orientamento è motivata sulla base della considerazione che, in determinati casi, il rinvio della spesa in questione non è suscettibile di determinare impatti sul fabbisogno e sull’indebitamento in quanto già considerato nella definizione delle linee tendenziali di evoluzione della spesa in base alla vigente legislazione: si tratta peraltro di un assunto difficilmente verificabile in base a dati testuali, in quanto la definizione dei tendenziali di finanza pubblica non viene in genere corredata di relazioni illustrative, volte ad esplicitare in dettaglio i criteri di costruzione delle medesime previsioni.
-Si vedano a titolo esemplificativo le reiterate disposizioni in materia di progetti sperimentali per i biocarburanti, che hanno di volta in volta previsto la possibilità di utilizzare gli stanziamenti disposti da leggi finanziarie precedenti, non utilizzati negli anni di competenza. Nel corso dell’esame parlamentare dell’ultima manovra finanziaria, con riferimento ad una disposizione in materia, introdotta dal Senato[173] e sprovvista di compensazione, è pervenuta una relazione tecnica che sottolineava la necessità di tener conto degli effetti negativi della disposizione in termini di indebitamento netto[174].
Al contrario in numerosi casi – fra cui quelli esposti in precedenza - tale orientamento contabile non è stato seguito. Lo dimostra l’esempio dell’articolo 6, comma 5, del decreto legge 300/2006 (mantenimento in bilancio delle somme stanziate per la costituzione di sportelli unici all'estero e loro versamento all’entrata nell’anno successivo a favore dell’Istituto per il commercio estero): in occasione dell’esame di tale norme, in risposta al rilievo del Servizio Bilancio dello Stato circa la necessità di predisporre apposita compensazione in termini di fabbisogno e di indebitamento, il Governo ha infatti precisato[175] che la conservazione in bilancio dei fondi predetti non recava effetti negativi per i saldi di finanza pubblica “essendo stata già considerata nel tendenziale e riguardando residui in conto capitale, per i quali la deroga si sostanzia solo nell’allungamento di un anno dei termini di conservazione”.
Sono ascrivibili al medesimo ordine di considerazioni le difficoltà incontrate nel valutare l’impatto finanziario di una norma, come l’articolo 21-bis del decreto legge 159/2007 (Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale), che ha destinato al finanziamento di programmi di recupero e riqualificazione urbana (“Contratti di quartiere II”) risorse originariamente stanziate per altri programmi di edilizia residenziale e non impegnate entro il 31 dicembre 2007. La relazione tecnica indicava una stima delle risorse residue giacenti e utilizzabili per tali nuove finalità[176]. Sul punto il Servizio Bilancio dello Stato, stante l’assenza di informazioni circa i criteri di costruzione dei tendenziali di spesa per il 2008, ha chiesto al Governo di chiarire se le previsioni tendenziali già scontassero, nonostante il termine del 31 dicembre 2007 previsto dalla legislazione vigente, il differimento agli esercizi 2008 e seguenti dell’utilizzo effettivo delle risorse disponibili; in caso contrario, infatti, la norma avrebbe determinato effetti peggiorativi sui saldi di fabbisogno e indebitamento netto;
f) necessità di verificare sia l’ammontare sia l’effettiva disponibilità per i nuovi impieghi, ove previsti, delle somme di cui si dispone il riutilizzo.
- Con l’articolo 2 della legge 9/2007 (Interventi per la riduzione del disagio abitativo per particolari categorie sociali) sono stati riconosciuti benefici fiscali a favore dei proprietari degli immobili locati a conduttori che si trovino in condizioni disagiate. La copertura delle minori entrate[177] conseguenti all’agevolazione fiscale veniva disposta a valere su una precedente autorizzazione di spesa, concernente il premio di concentrazione[178], ed effettuata mediante un meccanismo di mantenimento delle somme in conto residui e di riversamento all’entrata del bilancio dello Stato nelle misure necessarie a far fronte, negli anni successivi, alle minori entrate fiscali. In proposito la Commissione Bilancio ha evidenziato, fra l’altro, la necessità di chiarire se l’utilizzo di risorse originariamente destinate ad altre finalità potesse pregiudicare la realizzazione degli interventi già previsti a legislazione vigente (tenuto conto che le risorse utilizzate a copertura risultavano iscritte in un capitolo nel quale confluiscono anche risorse di fonte differente)[179] .
Coperture finanziarie a valere su maggiori entrate non previste
Il comma 1, lett. d), dell’articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978 enumera, tra le modalità esclusive di copertura finanziaria delle leggi, le modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate.
L’utilizzo di tale criterio di copertura presuppone, quindi, l’adozione di un intervento legislativo che, mediante l’introduzione di nuovi strumenti impositivi, ovvero mediante l’inasprimento di quelli esistenti, garantisca la realizzazione di maggiori entrate, a margine di quelle previste in base alla normativa vigente.
Si tratta di una modalità di copertura che presenta, sotto il profilo della quantificazione, maggiori elementi di aleatorietà rispetto alle altre enumerate dall’articolo 11-ter della legge n. 468 del 1978, che fanno riferimento a risorse già individuate con esattezza nel loro ammontare.
Infatti, in caso di ricorso a mezzi di copertura derivanti da disposizioni suscettibili di produrre maggior gettito, particolare attenzione deve essere dedicata alla corrispondenza tra previsioni di entrata e nuovi oneri effettivi recati dalle norme. Pertanto, la relazione tecnica deve fornire tutti gli elementi idonei a verificare tale perfetta coincidenza, sia sotto il profilo della certezza della realizzazione, sia per quanto attiene alla coincidenza degli importi stimati e della corrispondenza della relativa dinamica temporale.
Questi profili di complessità appaiono accentuarsi con riferimento a taluni provvedimenti, adottati nel corso della legislatura appena conclusasi, che, discostandosi in parte delle modalità di copertura tassativamente indicate dalla citata legge n. 468/1978, hanno dispostola compensazione di nuovi oneri a valere su maggiori entrate fiscali non riconducibili all’introduzione di specifiche disposizioni, suscettibili di produrre maggior gettito, ma ad una revisione delle stime di bilancio già formulate in base alla vigente normativa ovvero ad andamenti congiunturali di mercato oppure ancora a modifiche dei comportamenti dei consumatori indotte dall’introduzione di specifiche disposizioni, aventi effetti diretti di carattere oneroso.
La caratteristica comune degli effetti di maggior gettito di cui si è disposto l’utilizzo con i predetti provvedimenti è quella di determinarsi a legislazione vigente, in assenza di una specifica innovazione normativa, ovvero a seguito dell’operare di fattori che solo in via indiretta sono riconducibili all’introduzione di specifici interventi normativi.
In base all’analisi delle determinanti e dell’ origine delle maggiori entrate utilizzate, può essere formulata una schematica classificazione delle predette forme di copertura in base alle seguenti tipologie:
· utilizzo di maggiori entrate derivanti dalla fiscalità generale emerse in corso d’anno, rispetto al complesso delle entrate previste nelle stime di finanza pubblica (c.d. “extra- gettito”);
· utilizzo di effetti di maggiore entrata, riferibili ad una singola imposta indiretta (e.s. “maggiori entrate IVA”) e connessi all’andamento congiunturale di particolari mercati;
· sono altresì analizzati quei casi nei quali si prevede l’utilizzo, a fini di copertura, di effetti di maggior gettito che derivano, quali conseguenze indotte, dall’introduzione di norme il cui effetto principale è di natura onerosa: è questa l’ipotesi che ricorre allorquando si prevede che, a seguito dell’introduzione di misure di incentivo settoriale, possano determinarsi, oltre ad effetti di carattere oneroso, effetti di maggior gettito (c.d. “effetti fiscali indotti”), in parte compensativi dei primi, dovuti a modifiche nel comportamento dei consumatori interessati.
Come di seguito illustrato, con riferimento ai medesimi provvedimenti, in sede di verifica parlamentare delle quantificazioni, insieme ai tradizionali criteri di verifica preventiva della corrispondenza tra oneri e relative coperture, è stata considerata necessaria l’indicazione di ulteriori condizioni, volte ad assicurare il rispetto del vincolo costituzionale della copertura.
Nei paragrafi successivi, sono quindi esaminati sinteticamente, richiamando i singoli provvedimenti nei quali si è fatto ricorso a tali forme di compensazione, gli specifici profili metodologici emersi nell’ambito delle relative procedure parlamentari di verifica delle quantificazioni.
Nel corso del 2007, lo scenario di finanza pubblica esposto nei documenti di finanza pubblica, via via presentati, ha evidenziato un progressivo miglioramento del quadro tendenziale macroeconomico e finanziario, dovuto ad una più sostenuta crescita del PIL ed al consolidarsi di una dinamica positiva delle entrate tributarie, caratterizzata da tassi di crescita ben superiori a quelli dell’economia e ritenuta quindi in parte di carattere strutturale, soprattutto per la parte connessa alla politica di lotta all’evasione ed erosione delle basi imponibili.
Il Governo, pur nel sostanziale rispetto degli obiettivi programmatici di saldo imposti dal percorso di risanamento dei conti pubblici, ha deciso in diverse occasioni di utilizzare tale miglioramento per compensare nuove misure di spesa[180].
La forma di copertura utilizzata, pur non risultando pienamente riconducibile alla classificazione delle modalità di finanziamento di nuovi oneri indicate, in via tassativa, dall’art. 11-ter della legge n. 468/1978, ha riconosciuto, per espressa previsione contenuta nei medesimi provvedimenti legislativi in questione[181], il proprio presupposto giuridico nella disposizione della legge finanziaria 2007 (art. 1, comma 4) che – ricalcando analoghe disposizioni contenute in precedenti leggi finanziarie - ha previsto che le eventuali maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione, in quanto eccedenti rispetto all’obiettivo di saldo programmato, fossero destinate, se di natura permanente, alla riduzione della pressione fiscale finalizzata al conseguimento degli obiettivi di sviluppo e di equità sociale.
La premessa per l’utilizzo delle maggiori risorse emerse dalle dinamiche spontanee rilevate nei flussi di entrata, è stata, in genere, individuata in una procedura contabile (accertamento del maggior gettito e conseguente variazione di bilancio, registrata, anche mediante emendamento, nel disegno di legge di assestamento), volta ad assicurare l’avvenuta acquisizione delle risorse stesse al bilancio, quale presupposto necessario per la loro utilizzazione ai fini di copertura.
Tale criterio ha assunto formale rilievo giuridico in sede di definizione, da parte della legge finanziaria 2008 (legge n. 244/2007, art. 1, comma 4), della procedura per l’utilizzo delle eventuali maggiori entrate realizzate nell’esercizio 2008: la citata disposizione prevede, in analogia con le precedenti leggi finanziarie, la destinazione dell’eventuale extra-gettito ad obiettivi di riduzione della pressione fiscale, ma, a differenza di precedenti norme di analogo tenore, dispone espressamente che tale utilizzo sia realizzato nei limiti delle risorse accertate in sede di provvedimento di assestamento del bilancio dello Stato.
Inoltre, sono state evidenziate alcune problematiche di carattere ricorrente, attinenti alla verifica delle quantificazioni. Molte hanno trovato espressione in rilievi contenuti nella documentazione predisposta dai competenti uffici della Camera e/o del Senato, ampiamente ripresi nel corso dell’esame parlamentare dei singoli provvedimenti,
In primo luogo, sono emerse esigenze riferite all’analisi della struttura e delle diverse componenti del maggior gettito utilizzato nonché dell’incidenza di tale imprevisto andamento rispetto agli equilibri complessivi di finanza pubblica e al conseguimento degli obiettivi programmati.
Particolare rilievo è stato annesso – nella documentazione istruttoria predisposta e nel dibattito svolto presso la Commissione Bilancio – all’acquisizione di elementi di analisi dei possibili fattori determinanti del maggior gettito registrato, al fine di individuare e valutare la consistenza delle componenti di maggior entrata che potevano ritenersi caratterizzate effettivamente dai requisiti di stabilità e di strutturalità, ritenuti necessari.
Ciò ai fini del rispetto sia degli indirizzi dettati in sede europea[182], sia di criteri di correttezza della copertura, che impongono di verificare - in caso di destinazione di incrementi di gettito determinatisi in corso di esercizio al finanziamento di misure di carattere espansivo - che gli incrementi stessi possano ritenersi stabili e, quindi, suscettibili di proiettarsi sull’intero esercizio, nonché sugli esercizi successivi, nei casi in cui essi siano destinati a finanziare anche interventi di spesa che si protraggono oltre l’esercizio di riferimento.
Gli elementi emersi nell’ambito del dibattito parlamentare e la successiva analisi svolta dal Governo nella Relazione concernente i risultati derivanti dalla lotta all’evasione fiscale[183] hanno consentito di individuare i fattori determinanti del maggior gettito emerso in corso d’anno soprattutto:
· in una più sostenuta dinamica delle variabili macroeconomiche cui sono correlate le entrate, rispetto al quadro programmatico adottato in sede di previsione;
· in una più incisiva azione legislativa ed amministrativa volta a contrastare comportamenti di evasione ed elusione degli obblighi impositivi vigenti, con conseguente avvicinamento delle basi imponibili effettive alle basi imponibili potenziali, desumibili dai dati di contabilità nazionale;
· nei migliori risultati di gettito derivanti dall’applicazione di misure di entrata già adottate, rispetto a quelli stimati in sede di previsione;
· nei possibili cambiamenti strutturali nelle relazioni tra gettito e contesto macroeconomico.
Più in generale, poiché gli andamenti rilevanti per il conseguimento degli obiettivi programmatici di finanza pubblica non riguardano esclusivamente i flussi di entrata, ma gli equilibri complessivi di bilancio, è stata evidenziata la necessità di considerare condizione inderogabile per l’utilizzo delle predette eccedenze di entrata la garanzia del rispetto dei saldi di finanza pubblica programmati.
Come evidenziato nelle Note predisposte dal Servizio Bilancio dello Stato sui provvedimenti in esame, il vincolo di rispetto dei saldi impone particolare cautela nella valutazione di eccedenze di entrate utilizzate per il finanziamento di nuovi interventi, rendendo necessaria un’analisi delle stesse anche alla luce delle dinamiche in essere sul lato della spesa. Ciò al fine di accertare che gli incrementi di gettito registrati siano tali da comportare un miglioramento del saldo complessivo di bilancio e che l’utilizzo in corso d’anno di tale miglioramento non comprometta la realizzazione degli obiettivi di saldo fissati per l’intero esercizio.
Poiché l’utilizzo dei predetti miglioramenti a compensazione di oneri comporta la rinuncia ad un maggior margine di certezza nel raggiungimento degli obiettivi programmati di saldo - tenuto conto dell’incidenza di ineliminabili elementi di rischio, connessi a fattori esogeni o ad errori di stima - tale scelta esige una verifica della tenuta complessiva del quadro delle previsioni, sia macroeconomiche che di finanza pubblica
Ciò al fine di:
· garantire che le sopravvenienze di segno positivo emerse, sul lato delle entrate, in riferimento ad alcune poste di bilancio abbiano carattere di continuità;
· escludere che si possano determinare inattesi andamenti di segno opposto su altre poste di bilancio, sia dal lato delle entrate che dal lato delle spese, in misura tale da compromettere il raggiungimento, per l’esercizio o gli esercizi interessati, degli obiettivi programmati di saldo.
Il livello di affidabilità dei risultati di tale analisi è direttamente correlato al grado di stabilità dei dati sugli aggregati di entrata e di spesa disponibili nel corso dell’esercizio. Tale circostanza riveste particolare rilievo per la componente di entrata, in quanto una quota cospicua del gettito delle imposte dirette è acquisito all’erario nella seconda metà dell’esercizio. Pertanto, previsioni di gettito complessive formulate in assenza di indicazioni relative a tali versamenti potrebbero presentare un certo grado di rischio, anche in considerazione delle continue modifiche normative che hanno recentemente interessato la disciplina di tali imposte.
Il vincolo dell’invarianza dei saldi programmati comporta, pertanto, che i provvedimenti che utilizzino in corso d’anno, come fonte di copertura, extra-gettiti emergenti siano adottati nell’ambito di una fase di verifica e di revisione del quadro complessivo delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica.
Come si vedrà nell’esame dei singoli provvedimenti, tale condizione pare essere stata rispettata nel caso dei decreti legge n. 81 e 159, emanati rispettivamente nel luglio e nell’ottobre del 2007, (riguardanti, specificamente, gli utilizzi degli extragettiti), che hanno finanziato, con maggiori entrate emerse in corso d’anno, interventi onerosi adottati in concomitanza di momenti di complessiva revisione degli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica propedeutici alla presentazione del DPEF 2008-2011 e della successiva Nota di aggiornamento a tale documento programmatico.
La predetta condizione non appare, invece, ricorrere con
riferimento al già citato decreto-legge n. 248 del 2007 (c.d. “decreto
mille-proroghe”), adottato nel dicembre 2007. Tale provvedimento, infatti, nel
testo originario, ha previsto, di fatto, l’utilizzo di parte dell’ulteriore
miglioramento dei saldi di indebitamento netto e fabbisogno – emerso successivamente
alla revisione del quadro di finanza pubblica operata con la Nota di
aggiornamento al DPEF - a compensazione di un intervento di soppressione
dell’anticipazione a carico degli agenti incaricati del servizio di
riscossione, con effetti limitati al solo esercizio
Nel corso della procedura parlamentare di verifica delle quantificazioni riferite ai predetti provvedimenti, sono stati, ancora, evidenziati i seguenti profili di criticità:
· l’adozione episodica delle predette misure di utilizzo di extra-gettiti non ne permette la valutazione nell’ambito di un quadro integrato di finanza pubblica, che consenta di considerare anche gli effetti indotti di retroazione ed interazione;
· il ricorso a provvedimenti a carattere frammentario può aumentare il rischio di instabilità, connesso anche alla possibile introduzione di ulteriori interventi espansivi in sede di esame parlamentare dei provvedimenti .
Va infine considerato che l’adozione di misure di spesa nel corso dell’esercizio con effetti finanziari circoscritti all’esercizio medesimo non sempre garantisce i tempi necessari per la realizzazione di tali effetti, e quindi, il reale utilizzo dell’extra-gettito nei limiti temporali prescritti. Tale circostanza può comportare, pertanto, il rischio di uno slittamento di spese anche all’esercizio successivo.
Nonostante le valutazioni espresse, va considerato che l’esperienza realizzata nel 2007, attraverso l’emersione e l’utilizzo di extra-gettiti, ha consentito l’adozione di misure espansive nei limiti delle risorse emerse, garantendo comunque, almeno in base ai dati di pre-consuntivo disponibili[184], il raggiungimento degli obiettivi programmati per il medesimo esercizio.
Ciò nonostante, nell’esame parlamentare sono emersi alcuni elementi di riflessione critica concernenti il grado di affidabilità delle stime relative agli andamenti tendenziali, tenuto conto delle frequenti revisioni intervenute rispetto alle previsioni effettuate sia in sede di manovra iniziale sia in occasione dei successivi documenti di revisione del quadro complessivo di finanza pubblica.
Il reiterato accertamento, nell’arco di un esercizio, di eccedenze di entrate nette, rispetto ai valori precedentemente stimati, può infatti anche significare una limitata capacità dei modelli di previsione a cogliere nel breve periodo l’effetto di modifiche di natura strutturale delle basi imponibili ovvero un’eccessiva prudenzialità nel valutare i sintomi indiretti di tali modifiche.
Dal dibattito è emersa quindi la necessità di un’attenta valutazione dell’efficacia di tali strumenti di previsione: tale esigenza non può prescindere da una maggiore trasparenza, nei documenti di finanza pubblica, dei dati e delle ipotesi poste a fondamento dell’attività di previsione e delle conseguenti stime tendenziali circa l’evoluzione del quadro di finanza pubblica.
-Alla luce delle considerazioni espresse, appare opportuno fornire, di seguito, una descrizione di sintesi dei procedimenti parlamentari di esame e verifica delle quantificazioni riferiti ai provvedimenti che, nel corso del 2007, hanno provveduto all’utilizzo di “extra-gettiti”.
Nel settembre 2007, la RPP e la Nota di aggiornamento al DPEF 2007-2008 hanno confermato l’obiettivo di indebitamento netto per il 2007 al 2,8 per cento del Pil, obiettivo poi riconfermato, in dicembre, nell’Aggiornamento del Programma di stabilità e crescita.
1) Nel marzo 2007, la Relazione unificata per l’economia e la finanza, a seguito dei positivi risultati conseguiti nel 2006 ed in presenza di prospettive di crescita significativamente migliori per l’anno 2007, collocava la previsione di indebitamento netto al 2,3 per cento del Pil. Tale miglioramento era la risultante di un ulteriore incremento delle entrate totali, trainato dal gettito tributario, e di un lieve rialzo delle previsioni di spesa, causato essenzialmente dai maggiori oneri per interessi.
Il nuovo quadro delineato in luglio in sede di DPEF consentiva di collocare la stima di indebitamento tendenziale al 2,1 per cento del Pil, a seguito di un ulteriore incremento delle entrate nette. Analogo miglioramento era stimato per il 2008 ed in misura più accentuata nel 2009.
In tale contesto il Governo ha deciso di adottare il decreto legge n. 81 del 2007, recante “Disposizioni urgenti in materia
finanziaria”[185], che sviluppava effetti di spesa pari
a 0,4 punti percentuali di Pil nel 2007 e 0,1 per quelli successivi. La nuova
stima tendenziale di indebitamento netto, integrata con gli effetti del decreto
legge, si collocava al 2,5 per cento del Pil nel 2007, saldo in linea con
l’obiettivo programmatico iniziale. Peraltro, gli ultimi indirizzi allora
emersi in sede europea invitavano il Governo ad utilizzare tutto il
miglioramento dei conti emerso nel
A livello di saldo netto da finanziare le maggiori entrate nette, acquisite al bilancio dello Stato per il 2007 mediante contestuali modifiche emendative al disegno di legge di assestamento ed utilizzate a copertura delle misure contenute nel provvedimento, venivano quantificate in circa 4,1 miliardi di euro nel 2007 ed in circa 1,5 miliardi di euro annui dal 2008.
La relazione tecnica indicava esclusivamente, a livello di saldo netto da finanziare, le componenti aggregate del saldo che ne giustificavano il miglioramento netto.
Nel corso del procedimento di verifica, in presenza di oneri di natura permanente recati dal decreto, i rilievi espressi si sono concentrati sulla necessità di elementi integrativi di valutazione volti a comprovare il carattere di strutturalità delle maggiori entrate nette poste a compensazione di tali oneri. In particolare, con riguardo agli effetti finanziari sul bilancio dello Stato, nella documentazione predisposta dal Servizio Bilancio dello Stato, richiamata nel corso del dibattito in Commissione, si è chiesto di disporre dei seguenti elementi:
· le previsioni sull’andamento delle componenti di spesa per gli anni 2008 e 2009 e, quindi, sui prevedibili effetti netti di miglioramento del saldo netto da finanziare, atti a consentire la copertura dei maggiori oneri recati dal decreto per tali anni;
· più dettagliate indicazioni sui capitoli di entrata e di spesa in relazione ai quali si riscontravano le variazioni, apportate in sede di assestamento, rispetto alla legge di bilancio iniziale, e sulle relative determinanti. Ciò al fine di valutare il carattere di strutturalità o meno delle dinamiche sottostanti tali variazioni.
Sono stati, inoltre, segnalati i possibili rischi connessi ai risultati dell’autotassazione, non ancora acquisiti al bilancio, con particolare riguardo alle incertezze gravanti sulla prima applicazione delle novità normative contenute nella legge finanziaria 2007 in materia di studi di settore.
Con riguardo agli effetti finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto, si è chiesto di acquisire un quadro aggiornato delle variazioni intervenute, rispetto alle previsioni iniziali, negli andamenti tendenziali, come integrati dagli effetti della manovra finanziaria 2007 approvata.
E’ stato, infine, osservato che, fermo restando l’obiettivo di medio termine di un saldo prossimo al pareggio, il cui conseguimento era previsto dal DPEF per il 2011, la rinuncia ad un tendenziale miglioramento dell’indebitamento netto negli anni successivi al 2007, per effetto del provvedimento adottato, avrebbe comportato un incremento della complessiva manovra di correzione, da realizzare in anni caratterizzati da previsioni di crescita più contenute rispetto al 2007.
Negli elementi di risposta a tali rilievi, il Governo ha fornito gran parte delle informazioni integrative richieste, garantendo in tal modo un più articolato supporto conoscitivo alla decisione parlamentare.
2) A fine settembre 2007, con la Nota di aggiornamento al DPEF, è stato ridisegnato il quadro delle previsioni macroeconomiche e di finanza pubblica. Le aspettative di minore crescita dell’economia americana hanno indotto a rivedere verso il basso le previsioni di evoluzione del Pil per il 2007 e per gli anni successivi. Tuttavia, la perdurante dinamica positiva delle entrate tributarie ha consentito di collocare la nuova stima dell’indebitamento netto per il 2007 all’1,9 per cento del Pil.
In tale contesto, il Governo è intervenuto nuovamente per sostenere lo sviluppo dell’economia, attraverso l’adozione del decreto legge n 159 del 2007, recanteInterventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale[187]. Il provvedimento anticipava al 2007 alcune spese necessarie a fronteggiare emergenze produttive, finanziava investimenti in infrastrutture (Ferrovie e Anas), recava agevolazioni alle famiglie disagiate e risorse per il finanziamento degli impegni assunti nell’ambito della cooperazione e dello sviluppo economico. A seguito dell’adozione del decreto, l’indebitamento netto per il 2007 si collocava al 2,4 per cento del Pil, un decimo di punto in meno rispetto a quanto indicato nel DPEF.
Il testo iniziale del decreto recava, a livello di saldo netto da finanziare, oneri per oltre 8 miliardi di euro nel 2007 e marginali effetti di spesa negli anni successivi. A livello di fabbisogno ed indebitamento netto gli oneri si cifravano in circa 7,6 miliardi di euro nel 2007, mentre negli anni successivi si determinava un effetto di miglioramento dei saldi[188].
A parziale copertura degli oneri recati nel 2007, il provvedimento utilizzava maggiori entrate nette per circa 6 miliardi di euro, di cui 900 milioni ulteriori rispetto a quelle accertate in sede di Nota di aggiornamento al DPEF, a seguito di una integrazione delle previsioni di gettito IRES. Le maggiori entrate risultavano incluse in bilancio a seguito della presentazione di emendamenti al disegno di legge di assestamento, non ancora pervenuto ad approvazione definitiva. Con i medesimi emendamenti venivano proposte anche variazioni in diminuzione di alcune poste di spesa, per un importo netto di circa 2 miliardi di euro, anch’esso parzialmente utilizzato a copertura degli oneri del decreto.
Anche in questa circostanza, in sede di verifica delle quantificazioni, si è rilevata la necessità di una maggiore trasparenza in riferimento ai criteri di stima adottati nelle previsioni, sia delle maggiori entrate nette, sia delle minori spese nette, utilizzate a copertura degli interventi di spesa recati dal provvedimento, al fine di valutare l’effettiva realizzabilità, in sede di consuntivo per l’esercizio 2007, degli obiettivi di saldo prefissati.
In particolare, con riferimento alla stima delle maggiori entrate nette, si è rilevato che, confrontando a livello di singoli tributi le stime formulate in giugno e quelle formulate a tutto settembre, si riscontravano, per talune imposte, notevoli differenze nella valutazione del gettito atteso, sia a causa di fattori imprevisti, sia per il verificarsi di circostanze non correttamente valutate in sede di quantificazione iniziale. Tale analisi consigliava, pertanto, un’estrema cautela nell’utilizzo di surplus di bilancio emersi in base a previsioni formulate in corso d’anno.
Si sottolineava, infine, la necessità di ulteriori elementi di valutazione in merito al carattere strutturale delle maggiori entrate accertate. Tale profilo, infatti, nonostante l’utilizzo delle maggiori entrate fosse limitato al solo esercizio 2007, assumeva rilievo in considerazione degli indirizzi dettati in sede europea[189].
3) Nell’ambito della problematica in esame, si segnala, infine, ilcitato decreto legge n. 248 del 2007[190], adottato a fine dicembre, concernente la proroga dei termini previsti da disposizioni vigenti. Tale provvedimento recava, all’articolo 36, la soppressione, a decorrere dall’esercizio 2007, dell’obbligo per gli agenti della riscossione, di versare entro il 30 dicembre di ciascun anno un’anticipazione delle riscossioni erariali. La soppressione comportava un effetto di peggioramento dei saldi, stimato in circa 4,6 milioni di euro nel 2007.
A livello di saldo netto da finanziare, l’onere, pur non risultando formalmente corredato di autonoma clausola di copertura, risultava, come successivamente indicato dal Governo a seguito di rilievo del Servizio Bilancio dello Stato, compensato dall’effetto positivo di altre norme del provvedimento[191]. A livello di fabbisogno ed indebitamento netto, in base a quanto affermato dalla relazione tecnica, gli effetti finanziari negativi potevano essere assorbiti nel quadro di finanza pubblica per l’anno 2007[192], senza compromettere il rispetto degli obiettivi programmati.
Nell’ambito del procedimento di verifica si è osservato che i dati di preconsuntivo relativi al conto delle Amministrazioni pubbliche per il 2007, sarebbero stati disponibili solo nel marzo 2008 e che, pertanto, il supposto riassorbimento dei maggiori oneri, recati dalla soppressione dell’obbligo di versamento in acconto, nell’ambito di un ulteriore miglioramento del saldo tendenziale per il 2007 doveva essere suffragato da indicazioni statistiche di maggior dettaglio, atte a confermare un complessivo andamento dei conti di finanza pubblica conforme agli obiettivi programmati per il predetto esercizio.
Alla Camera, la Commissione Bilancio ha esaminato il provvedimento in sede referente, congiuntamente alla Commissione Affari costituzionali. Al Senato, la Commissione Bilancio ha invece esaminato il provvedimento in sede consultiva. La Commissione Bilancio del Senato ha quindi espresso parere contrario sul provvedimento nel suo complesso, pur non motivandolo con riferimento al rispetto dell’art. 81, quarto comma, della Costituzione[193].
In particolare, con riferimento alla mancata compensazione, nell’ambito del provvedimento, degli effetti finanziari della norma in esame su fabbisogno ed indebitamento netto per l’esercizio 2007, in quanto riassorbiti nel più favorevole andamento per tale anno dei saldi di finanza pubblica, la Commissione ha osservato che tale forma di compensazione, essendo avulsa da un contesto di revisione formale e complessiva del quadro macroeconomico e di finanza pubblica, non sembrava in grado di fornire una garanzia della tutela degli obiettivi programmatici di finanza pubblica.
In altri casi, norme introdotte nel corso della XV legislatura hanno previsto l’utilizzo di maggior gettito, non derivante dall’andamento complessivo dei flussi di entrata, ma dall’incremento del gettito di una singola imposta, determinatosi in corso d’anno per effetto dell’evoluzione dei prezzi di determinati prodotti.
L’andamento crescente di alcune variabili economiche rispetto ai valori di riferimento, posti alla base delle previsioni contenute nei documenti di programmazione, può infatti determinare effetti di maggior gettito per determinate imposte indirette, non scontati nelle previsioni di finanza pubblica. Ci si riferisce, in particolare, al prezzo dei prodotti petroliferi, il cui andamento crescente degli ultimi anni, superiore ai valori di riferimento previsti nei documenti di programmazione, ha determinato un corrispondente incremento del gettito relativo all’IVA, non scontato nei saldi tendenziali.
Tenuto conto di tale fenomeno, nell’ultima manovra di bilancio (legge finanziaria 2008) sono state inserite disposizioni volte ad utilizzare il maggior gettito a titolo di imposta sul valore aggiunto, derivante da un incremento dei prezzi del petrolio greggio superiore al valore preso come riferimento nelle previsioni dei DPEF annuali, per compensare riduzioni delle accise sui carburanti e sui combustibili.
- In particolare, i commi da 290 a 293 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007 (finanziaria 2008) prevedono che con decreto ministeriale si provveda alla riduzione delle aliquote di accisa sui prodotti usati come carburanti o come combustibili per usi civili, nei casi in cui il prezzo del petrolio aumenti in misura pari o superiore, con riferimento alla media del periodo, a due punti percentuali rispetto al valore indicato nel DPEF e a condizione che il valore medio del semestre precedente non registri una riduzione rispetto a quello indicato nel DPEF. Viene altresì prevista la possibilità, con cadenza trimestrale, di variare le aliquote di accisa, qualora il prezzo del greggio comporti una diminuzione rispetto al valore di riferimento indicato nel DPEF. Le norme prevedono una clausola (comma 292) di esclusione di nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato per effetto del citato decreto.
La normativa illustrata ha trovato applicazione con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 7 marzo 2008, che ha disposto, a decorrere dalla sua entrata in vigore (20 marzo 2008) e fino al 30 aprile 2008, la riduzione delle aliquote di accisa su benzina, oli da gas o gasolio usato come carburante e GPL e gas naturale per autotrazione, prevedendo che alle relative minori entrate si facesse fronte con il maggior gettito conseguito, nel periodo dal 1° gennaio al 29 febbraio 2008, in relazione ai versamenti periodici dell’IVA, valutato in 162,03 mln. di euro.
Finalità del meccanismo descritto è quella di contenere l’impatto sui prezzi finali dei prodotti energetici degli incrementi del prezzo del petrolio ed il conseguente effetto di amplificazione dovuto all’applicazione dell’IVA ad un prezzo più elevato.
Infatti, l’imposta sul valore aggiunto, essendo una imposta proporzionale[194], oltre a determinare un incremento del gettito atteso, qualora applicata ad un prezzo dei prodotti petroliferi superiore a quello di riferimento, tende ad amplificare l’impatto delle variazioni di prezzo intervenute.
La documentazione dei competenti uffici parlamentari, riferita alla verifica degli effetti finanziari delle citate disposizioni[195], ha segnalato talune problematiche metodologiche riconducibili all’utilizzazione di maggiori entrate collegate all’andamento di determinate variabili, non in linea con i parametri incorporati nelle stime generali di finanza pubblica.
Il caso in esame ha assunto un peculiare rilievo anche in quanto riferito a risultati di maggior gettito riguardanti singole imposte e specifici mercati.
In tale circostanza – in analogia con le considerazioni formulate riguardo ai provvedimenti di utilizzo dei cosiddetti “extra-gettiti” - è stato preliminarmente osservato che, a fini cautelativi, l’utilizzo di maggiori entrate IVA a compensazione di nuovi oneri, dovrebbe essere subordinato alla previa verifica che gli andamenti di finanza pubblica risultino comunque coerenti, nonostante il predetto utilizzo, con il raggiungimento degli obiettivi complessivi prefissati.
Infatti, soltanto all’interno di una nuova valutazione complessiva del quadro macroeconomico e dei generali andamenti di finanza pubblica può trovare giustificazione l’ipotesi di neutralità finanziaria del meccanismo legislativo, mentre non sembrerebbe sufficiente, ai predetti fini, la mera previsione di una clausola di non onerosità, quale quella dettata dalle norme in esame.
Inoltre, poiché il meccanismo prefigurato dalle norme in esame è caratterizzato da un certo automatismo, sembrerebbe opportuno prevedere l’applicazione di forme di compensazione alternative per i casi in cui si riscontrino esiti negativi rispetto agli andamenti complessivi.
La norma non prevede tale condizione, ma dispone che il meccanismo operi allorquando si verifichino determinati incrementi del prezzo internazionale del greggio: tale presupposto potrebbe, di per sé, non garantire l’invarianza dei saldi rispetto alle previsioni, in quanto, a fronte dell’aumento del gettito IVA conseguente al suddetto aumento del prezzo, potrebbero verificarsi fattori di segno opposto (ad esempio una riduzione delle quantità vendute di altri prodotti, con conseguente flessione del gettito IVA riferito ai medesimi, ovvero riduzioni del gettito di altre imposte erariali).
Un’altra modalità di copertura a valere su maggiori entrate, cui si è fatto ricorso anche durante la scorsa legislatura, è quella che prevede l’utilizzo, a parziale compensazione di oneri recati da misure di agevolazione volte ad orientare il comportamento di spesa dei consumatori per la realizzazione di determinate politiche settoriali, delle maggiori entrate a titolo di IVA (e di altre imposte indirette) che si realizzino a causa dei maggiori consumi, indotti dall’effetto incentivante delle stesse misure di sostegno adottate (“auto copertura”, anche parziale, di misure di incentivazione mediante effetti fiscali indotti).
- A titolo esemplificativo della fattispecie in esame possono richiamarsi le misure, adottate con le ultime due leggi finanziarie e in parte prorogate dal D.L. n. 248/2007 (c.d. “decreto mille proroghe”), che hanno previsto incentivi alla sostituzione, mediante rottamazione, di veicoli inquinanti nonché quelle che hanno disposto agevolazioni fiscali per le ristrutturazioni e le riqualificazioni energetiche degli edifici.
Con riferimento al primo esempio[196], le misure in questione hanno previsto incentivi alla sostituzione, tramite demolizione, di automezzi immatricolati come “euro 0” o “euro 1”, con autoveicoli nuovi, immatricolati come “euro 4” o “euro 5”, che emettano meno di 140 grammi di CO2. Gli incentivi concessi sono costituiti da un contributo in denaro[197] nonché dall’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche[198].
Con riferimento al secondo esempio[199], le agevolazioni in questione hanno previsto:
· la detrazione ai fini IRPEF di una quota pari al 36 per cento delle spese rimaste a carico del contribuente, per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio, da ripartire in dieci quote annuali nel limite di un plafond massimo di spesa di 48.000 euro per unità immobiliare;
· l’applicazione dell’aliquota IVA agevolata del 10 per cento sulle prestazioni aventi per oggetto interventi di recupero del patrimonio edilizio realizzati su fabbricati a prevalente destinazione abitativa privata.
In entrambi i casi descritti le relazioni tecniche hanno scontato, a parziale compensazione degli oneri dovuti all’agevolazione, le maggiori entrate derivanti dall’effetto incentivante prodotto dalle agevolazioni stesse.
Nell’ambito della procedura di verifica si è evidenziato che il ricorso a tale forma di copertura presenta profili di problematicità in merito:
· alla certezza dell’effetto indotto di maggiore entrata, la cui realizzazione è subordinata ad una modifica nel comportamento di spesa del consumatore, dettata da valutazioni di convenienza individuale;
· alla certezza che l’effetto indotto dia effettivamente luogo ad un incremento netto di entrate, e non sia invece compensato da riduzioni di gettito conseguenti a “effetti di sostituzione”, ossia a minori acquisti di altri beni di consumo;
· alla necessità di escludere, nel caso di proroga di incentivi in vigore da molto tempo, quali quelli relativi alle ristrutturazioni edilizie, che l’effetto incentivante indotto dalla disposizione sia in realtà già scontato negli andamenti tendenziali.
Infatti, qualora tali andamenti dovessero risultare costruiti, sotto il profilo macroeconomico, sulla base delle risultanze degli esercizi pregressi, senza dare autonoma quantificazione agli effetti recessivi derivanti dal venire a scadenza delle singole agevolazioni in corso, l’elemento aggiuntivo derivante dalla proroga di queste ultime sarebbe unicamente rappresentato dal costo dell’incentivo stesso, il cui onere non potrebbe quindi, per definizione, essere incluso nelle previsioni tendenziali, costruite sulla base della legislazione vigente.
Pertanto, anche in relazione alle fattispecie in esame, è stata rilevata la necessità, a fini cautelativi, di subordinare il ricorso a forme, anche parziali, di compensazione a valere su effetti fiscali indotti ad una valutazione complessiva degli andamenti di finanza pubblica e della conformità del predetto utilizzo agli obiettivi di saldo programmati.
Tale criterio è stato da ultimo ribadito in occasione dell’esame parlamentare del D.L. n. 248/2007, recante disposizioni di proroga di talune delle agevolazioni prima descritte, in relazione al quale la predetta condizione non è apparsa invece soddisfatta[200].
- Si segnala che, nell’ambito delle manovre annuali di finanza pubblica, è ricorrente la considerazione, a compensazione di oneri, di taluni effetti indotti di maggior gettito, che possono trovare anche separata evidenza nel quadro di copertura degli oneri correnti recati dalle leggi finanziarie annuali. Si tratta peraltro generalmente di effetti (ad esempio collegati ad aumenti di retribuzioni nel pubblico impiego) caratterizzati da un elevato grado di certezza, in quanto suscettibili di determinarsi in via automatica, come conseguenza indiretta delle misure di carattere espansivo adottate e per l’operare della normativa fiscale in vigore. In altri casi (ad esempio, incentivi per la rottamazione adottati nel corso delle manovre di finanza pubblica e misure fiscali per interventi di ristrutturazione del tipo di quelli prima descritti), gli effetti indotti portati a compensazione di maggiori oneri nell’ambito delle manovre finanziarie possono presentare caratteri meno automatici in quanto il presupposto del loro realizzarsi è rinvenuto in modifiche nel comportamento dei consumatori. Tuttavia, nei casi indicati, è risultato comunque possibile – a differenza di quanto accaduto nel caso del D.L. n. 248/2007, prima descritto - valutare tali effetti fiscali indotti nell’ambito della fase di complessiva ridefinizione e verifica del quadro degli andamenti macroeconomici e di finanza pubblica, che si accompagna all’adozione delle manovre annuali.
Devoluzione di entrate per il finanziamento di funzioni locali
Nella legislatura appena conclusa è proseguito un lavoro di analisi e di proposta in tema di federalismo fiscale, anche se non è stato portato a termine un provvedimento di riassetto organico della finanza territoriale. In attesa di tale intervento, si è peraltro assistito all’approvazione di numerose disposizioni che incidono sul sistema dei rapporti finanziari fra lo Stato e le amministrazioni locali, seppure con riferimento ad aspetti circoscritti e non inseriti in una cornice di carattere generale.
In particolare, sono state approvate alcune disposizioni che, in prospettiva di un assetto caratterizzato da più accentuati elementi di federalismo, hanno previsto l’introduzione in favore degli enti territoriali di compartecipazioni dinamiche al gettito di alcuni tributi, per il finanziamento di funzioni proprie degli enti medesimi o ad essi trasferite. Parallelamente sono state approvate anche disposizioni di segno opposto, che hanno ridotto il gettito di tributi di competenza locale, prevedendo una corrispondente compensazione mediante incremento dei trasferimenti erariali.
Va sottolineato come la mancanza di un disegno organico, in cui inserire le predette innovazioni normative, aumenti il rischio che non siano integralmente valutate le ricadute finanziarie delle disposizioni introdotte sui diversi comparti di enti territoriali interessati, con conseguente possibilità di indurre mutamenti non previsti negli equilibri finanziari tra i diversi settori della p.a.
L’introduzione di detti meccanismi necessita, pertanto, di una puntuale quantificazione delle relative implicazioni sui saldi di finanza pubblica, al fine di assicurare un’adeguata compensazione tra effetti di segno opposto e, quindi, una complessiva neutralità finanziaria delle nuove misure adottate per regolare i rapporti di carattere finanziario tra i diversi comparti di enti territoriali.
Tale necessità è emersa chiaramente con riferimento ad esempio alle disposizioni comportanti la devoluzione di entrate per il finanziamento di funzioni locali. Si tratta di disposizioni che comportano l’attribuzione a livello locale dell’evoluzione del gettito di alcuni tributi, al fine di garantire l’esercizio di funzioni da parte degli enti territoriali. Il trasferimento della componente evolutiva del gettito, dovuta al ciclo economico e, di conseguenza, scontata nei tendenziali di finanza pubblica - che incorporano gli effetti dei previsti andamenti macroeconomici - fa emergere l’esigenza, non sempre tenuta in debita considerazione nelle relazioni tecniche, di misure di copertura adeguate, al fine di scongiurare effetti negativi sui saldi di finanza pubblica.
In particolare, è possibile individuare due casi distinti, a seconda che all’attribuzione agli enti territoriali di forme di compartecipazione fiscale dinamica si accompagni o meno l’imputazione ai medesimi enti di nuovi oneri e/o funzioni.
Una prima fattispecie attiene alle disposizioni che prevedono l’attribuzione ad amministrazioni locali di una compartecipazione dinamica al gettito di taluni tributi senza una corrispondente attribuzione di nuovi oneri o funzioni. In questi casi il Servizio Bilancio dello Stato ha sempre segnalato la necessità di individuare e di quantificare adeguatamente nella RT, ai fini delle conseguenti misure di copertura, i relativi effetti peggiorativi sui saldi di finanza pubblica.
Infatti, l’attribuzione a livello locale del gettito di tributi – anche nei casi in cui sia compensato con una decurtazione dei trasferimenti erariale, stabilita nella misura individuata all’atto del dell’attribuzione dei tributi stessi - implica effetti peggiorativi sui saldi dovuti all’andamento dinamico del gettito stesso. Ciò in quanto la stima degli effetti dell’operazione alla data del trasferimento del tributo e la relativa copertura in termini statici (riduzione annua in misura fissa dei trasferimenti erariali) può non garantire la piena compensazione degli effetti dell’operazione ai fini dei saldi complessivi di finanza pubblica. Infatti:
· con riferimento al bilancio dello Stato si determina il venir meno di una delle componenti dell’andamento delle entrate, che assume necessariamente carattere crescente nel tempo (per effetto della crescita economica), scontato nei tendenziali. In assenza di un’adeguata compensazione di tale effetto negativo dinamico si determinano quindi, nel tempo, effetti peggiorativi del saldo netto da finanziare;
· con riferimento ai bilanci delle amministrazioni locali, beneficiarie dell’attribuzione del tributo, non si determina un corrispondente effetto migliorativo dei saldi, atto a compensare quello peggiorativo riferito al bilancio dello Stato; viene quindi a determinarsi un complessivo peggioramento dei saldi di fabbisogno e di indebitamento. Ciò di in quanto:
- se le amministrazioni beneficiarie sono enti locali, i vincoli del patto di stabilità interno – che, com’è noto, sono formulati in termini di saldo - consentono alle amministrazioni in questione di incrementare la spesa, utilizzando pienamente le maggiori risorse ricevute e mantenendo quindi il medesimo equilibrio di saldo antecedente all’attribuzione del gettito aggiuntivo;
- se le amministrazioni beneficiarie sono regioni, soggette quindi a vincolo sul lato della spesa, egualmente potrebbe non verificarsi il conseguimento dell’effetto positivo sul saldo del comparto regionale, necessario a controbilanciare quello negativo che si realizza a livello statale[201]. Infatti, pure in presenza di un vincolo sulla spesa, le regioni potrebbero comunque utilizzare le maggiori risorse disponibili o sfruttando appieno gli eventuali margini non utilizzati concessi dal patto stesso, oppure concedendo agevolazioni sul lato dell’entrata. Ne consegue che al peggioramento del saldo di bilancio dello Stato può non corrispondere un miglioramento del saldo delle regioni, con conseguente peggioramento del saldo complessivo della p.a.
Di seguito si riportano alcuni esempi della fattispecie descritta: solo nel primo dei casi segnalati l’esigenza – più volte sottolineata dal Servizio Bilancio - è stata recepita nel corso dell’esame.
- Nel corso dell’esame del disegno di legge finanziaria per il 2007[202], il Servizio Bilancio ha segnalato la necessità di quantificare gli effetti negativi derivanti dalle disposizioni contenute nell’articolo 12 del testo originario[203], riguardante l’attribuzione di una compartecipazione dinamica al gettito IRPEF, in favore dei comuni, con una contemporanea riduzione dei trasferimenti: a tale disposizione la relazione tecnica originaria non ascriveva infatti effetti finanziari.
Veniva infatti osservato che la norma, attribuendo una compartecipazione dinamica ai comuni a decorrere dal 2009, appariva suscettibile di determinare, a decorrere dal medesimo anno, effetti negativi per il bilancio dello Stato. Infatti, a fronte dell’attribuzione ai comuni dell’incremento di gettito dovuto alla crescita delle basi imponibili, la riduzione dei trasferimenti sarebbe rimasta costante al livello stabilito per il 2008. Si segnalava inoltre che tale effetto negativo avrebbe dovuto essere contabilizzato, non solo con riferimento al bilancio dello Stato, ma anche con riferimento ai saldi del fabbisogno del settore statale e dell’indebitamento netto della P.A.
Nel corso del successivo esame della disposizione presso il Senato, il Governo ha opportunamente quantificato, ai fini di tutti i saldi di finanza pubblica, sia gli effetti della riduzione dei trasferimenti che quelli dell’attribuzione della compartecipazione dinamica, facendo emergere una differenza negativa di importo significativo e crescente nel tempo[204], corrispondente all’ammontare di risorse attribuite ai comuni non compensato dalla riduzione dei trasferimenti.
- Con riferimento, invece, alle disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2008[205], in particolare al comma 5, dell’art. 2, il testo originario della disposizione prevedeva che i maggiori introiti per la regione autonoma Friuli-Venezia Giulia, derivanti dall’applicazione del comma 4 dell’articolo 1 del decreto legislativo 31 luglio 2007, n. 137 - che ha ridefinito la base imponibile per la compartecipazione al gettito IRPEF[206] - non avrebbero potuto superare, per gli anni 2008 e 2009, rispettivamente gli importi di 20 milioni di euro e di 30 milioni di euro. Venivano pertanto scontate, ai fini del solo saldo netto da finanziare[207], maggiori spese correnti per 20 milioni nel 2008 e per 30 milioni, rispettivamente nel 2009 e 2010.
La norma in esame prevedeva inoltre che, a partire dall’anno 2010, i maggiori introiti, rispetto all’importo riconosciuto per l’anno 2009 fossero attribuiti alla regione solo con contestuale trasferimento di funzioni da parte dello Stato. Tale ultima disposizione è stata soppressa dall’art. 47-ter del D.L. n. 248/2007, che ha contestualmente prorogato al 2010 il regime transitorio, con determinazione in quota fissa del gettito spettante alla regione in misura pari a 30 milioni di euro. Ne discende che dal 2011 spettino alla regione maggiori attribuzioni di risorse, a titolo di compartecipazione dinamica all’IRPEF, senza che a ciò corrisponda l’attribuzione di ulteriori funzioni da parte dello Stato.
Il Servizio Bilancio ha pertanto osservato che la disposizione in esame, come modificata dal citato DL 248, appare suscettibile di determinare l’attribuzione di ingenti risorse alla regione Friuli-Venezia Giulia a decorrere dal 2011, senza contestuale attribuzione di funzioni, con conseguenti effetti negativi, privi di compensazione, sia sul bilancio dello Stato che ai fini degli altri saldi di finanza pubblica[208].
Una seconda fattispecie attiene alle disposizioni che prevedono l’attribuzione alle amministrazioni locali di una compartecipazione dinamica al gettito, con corrispondente attribuzione di nuovi oneri a carico dei medesimi enti. In tal caso si pone l’esigenza di assicurare una compensatività tra le dinamiche afferenti, rispettivamente, alle entrate trasferite e alle spese cui le stesse sono poste a fronte.
La relazione tecnica dovrà infatti dimostrare che tra la dinamica delle maggiori risorse, attribuite in virtù della compartecipazione, e la dinamica con cui si produrranno gli oneri aggiuntivi, sussista una corrispondenza, in modo da evitare riflessi negativi sui saldi di finanza pubblica, anche nel lungo periodo.
- Ad esempio, con riferimento alle disposizioni contenute nella legge finanziaria per il 2008, riguardanti il trasporto pubblico locale[209], è stata disposta l’attribuzione alle regioni di una compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione. La misura della compartecipazione è stata limitata, per i soli esercizi 2008-2010, all’ammontare di alcuni trasferimenti contestualmente soppressi, mentre è previsto che, a decorrere dal 2010, la compartecipazione assuma carattere dinamico. Contestualmente è stata prevista l’esclusione, a decorrere dal 2008, di qualsiasi trasferimento aggiuntivo a carico del bilancio dello Stato per il finanziamento delle spese correnti del settore del trasporto pubblico locale, comprendendo in tale categoria anche gli oneri per i rinnovi contrattuali degli addetti al comparto[210].
Il Servizio Bilancio dello Stato ha osservato che l’adeguamento
delle quote di compartecipazione al gettito dell’accisa a decorrere dall’anno
2011, sulla base dei volumi di gasolio impiegato come carburante per
autotrazione erogato nell’anno
- Un ulteriore esempio è costituito dalla disposizione della legge finanziaria per il 2008[212], con la quale, per il finanziamento di investimenti finalizzati al potenziamento della rete infrastrutturale e dei servizi nei porti e ai collegamenti stradali e ferroviari nei porti, si attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano l’incremento delle riscossioni dell’IVA e delle accise, relative alle operazioni nei porti e negli interporti, conseguito in ciascuna regione rispetto all’anno precedente[213], a condizione che, nell’esercizio precedente, il gettito complessivo delle citate imposte sia risultato almeno pari a quanto previsto nella Relazione previsionale e programmatica riferita al medesimo esercizio. La norma in questione non risultava corredata di una quantificazione dei relativi effetti finanziari.
In proposito il Servizio Bilancio dello Stato ha segnalato che la formulazione letterale della norma sembra destinare a finalità di spesa, a decorrere dal 2008, l’intera dinamica del gettito IVA e delle accise sulle merci in transito nei porti – ossia quote di gettito derivanti dalla vigente legislazione e non da nuove norme introdotte - configurando pertanto una misura onerosa sprovvista della necessaria quantificazione e di idonea copertura, secondo le modalità individuate dalle norme generali di contabilità contenute nella legge n. 468/1978. Va in proposito considerato che, benché la norma recata dalla legge finanziaria 2008 subordini l’utilizzazione delle risorse per le predette finalità al pieno conseguimento dell’incremento di gettito complessivo previsto nella RPP, la condizione posta non sembra costituire una garanzia idonea ad evitare l’insorgenza di effetti onerosi in quanto, una volta accertato l’effettivo conseguimento del predetto incremento di gettito, potrà essere attribuita alle autorità portuali per il finanziamento delle opere infrastrutturali l’intera quota del medesimo incremento riferita all’IVA e alle accise sulle merci in transito nei porti, ivi compresa quindi la componente già scontata negli andamenti tendenziali di finanza pubblica.
Né peraltro l’attribuzione alle autorità portuali della funzione relativa alla realizzazione di opere infrastrutturali nei porti può configurarsi come misura compensativa delle maggiori risorse erogate, in quanto è espressamente previsto che le risorse attribuite possano eccedere i trasferimenti iscritti a tale titolo nel bilancio statale. Inoltre, con riferimento agli esercizi futuri, non viene fornita alcuna analisi del grado di corrispondenza fra la dinamica, riscontrata su di un idoneo arco temporale, delle spese infrastrutturali e quella del gettito dei tributi attribuiti.
Da ultimo, si segnala che problemi di natura analoga, ma di segno opposto, si riscontano nei casi di norme che riducano o sopprimano tributi locali, prevedendo trasferimenti erariali compensativi.
Limitando l’analisi ai profili riferiti agli equilibri di bilancio e prescindendo quindi da considerazioni sul grado di autonomia finanziaria degli enti locali, si segnala che, qualora la misura dei trasferimenti compensativi venga fissata senza tenere conto della dinamica del gettito dei tributi soppressi o ridotti, possono determinarsi i presupposti per possibili difficoltà future nei bilanci degli enti locali. Questi ultimi vedono infatti ridurre la dinamica delle proprie entrate rispetto ad un profilo della spesa invariato; ne potrebbero conseguire richieste di integrazione dei trasferimenti.
- Si possono richiamare in proposito le disposizioni della legge finanziaria 2008, con riferimento alle agevolazioni introdotte in materia di ICI sulla prima casa[214], compensate da maggiori trasferimenti erariali quantificati in misura costante nel tempo. In tal caso occorre peraltro tener conto del fatto che la dinamica del gettito del tributo in questione risente meno – rispetto ad altre forme di imposizione - dell’andamento del PIL. Tuttavia andrebbe comunque valutato, in tali casi, se questa più ridotta dinamica, in quanto applicata ad una riduzione di gettito di importo significativo, possa determinare difficoltà per il mantenimento, nel tempo, degli equilibri di bilancio degli enti locali.
La copertura degli oneri correnti nelle leggi finanziarie
In base all’articolo 11, comma 5, della legge n. 468/1978, la legge finanziaria può prevedere oneri correnti, sotto forma di nuove o maggiori spese ovvero di riduzioni di entrate, nei limiti delle disponibilità derivanti da nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie e contributive nonché da riduzioni permanenti di autorizzazioni di spesa corrente. Il rispetto di tale vincolo - stabilito in attuazione del disposto costituzionale di cui all’articolo 81, quarto comma, della Costituzione – è verificabile sulla base di un apposito prospetto di copertura, allegato al disegno di legge finanziaria, che espone gli oneri correnti recati dal medesimo disegno di legge ed i relativi mezzi di copertura.
Nelle ultime sessioni di bilancio si è fatto prevalentemente ricorso alle seguenti forme di copertura degli oneri correnti recati dal disegno di legge finanziaria:
· risorse previste dallo stesso disegno di legge finanziaria, derivanti dalle norme in esso contenute e dalle tabelle allegate (tabella A e tabella C limitatamente alle voci di spesa corrente);
· risorse derivanti da effetti indotti prodotti dal medesimo disegno di legge finanziaria. L’incidenza tra i mezzi di copertura di effetti indotti, particolarmente rilevante nelle finanziarie per il 2002, il 2003 ed il 2004, risulta nettamente ridimensionato nella successive leggi finanziarie relative sia alla XIV che alla XV legislatura;
· effetti diretti ed effetti indotti derivanti da altri provvedimenti “collegati” alla manovra di finanza pubblica. Analogamente a quanto verificatosi frequentemente nella precedente legislatura, la legge finanziaria per il 2007 ha fatto ricorso anche a risorse (maggiori entrate e risparmi di spesa) apprestate con un provvedimento esterno al disegno di legge finanziaria, il D.L. n. 262/2006 (tali risorse hanno costituito circa il 35,7 per cento della copertura per il 2007 e il 24,8 per cento dei mezzi di copertura complessivamente utilizzati per il triennio di riferimento;
· miglioramento del risparmio pubblico a legislazione vigente. Il ricorso a tale modalità di copertura è consentito in base alla prassi interpretativa dell’articolo 11, comma 5, della legge n. 468 del 1978, sancita dalla Camera e dal Senato con le risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92.
In merito alle questioni metodologiche affrontate nella verifica dei prospetti di copertura, particolare rilievo assumono le considerazioni svolte dal Servizio Bilancio dello Stato ed emerse anche nel corso del dibattito presso la Commissione Bilancio, relative alla coerenza temporale tra oneri e mezzi di copertura. Tale criterio impone una corrispondenza tra i tempi in cui si determinano gli oneri e quelli in cui si verifica la disponibilità dei relativi mezzi di copertura.
Una prima conseguenza di tale principio è che le norme da cui derivano le risorse utilizzate nel prospetto di copertura devono necessariamente entrare in vigore fin dal primo esercizio in cui si verificano i corrispondenti oneri.
- Si ricorda, in proposito, che il disegno di legge finanziaria per il 2007, nel testo originario, comprendeva tra i mezzi di copertura somme per 1 mld di euro nel 2007 e 2 mld annui nel 2008 e 2009, derivanti da un disegno di legge delega in materia di tassazione delle rendite finanziarie, per il cui esercizio era previsto il termine del luglio 2007.
Sulla base dell’istruttoria svolta dal Servizio Bilancio dello Stato, nel corso della seduta della Commissione Bilancio dedicata alla verifica del contenuto proprio del disegno di legge finanziaria 2007[215], è stato osservato come l’utilizzo di risorse provenienti da tale delega ponesse un problema di coerenza temporale tra oneri e mezzi di copertura, in quanto questi ultimi avrebbero dovuto sussistere ed essere iscritti in bilancio a decorrere dal primo anno del triennio considerato dal prospetto. Poiché il conseguimento dell’effetto finanziario era rimesso all’adozione della normativa delegata, occorreva individuare modalità che ne garantissero effettivamente il conseguimento già nel 2007.
Nel parere espresso dalla Commissione Bilancio sul contenuto proprio del disegno di legge finanziaria è stata quindi evidenziata la necessità che le disposizioni cui si attribuiva l'effetto di maggior gettito entrassero comunque in vigore e potessero produrre i loro effetti nell'anno fiscale 2007 in modo da assicurare piena e integrale copertura agli oneri recati dal disegno di legge finanziaria. A seguito di tali considerazioni il riferimento alla delega legislativa è stato successivamente espunto dal prospetto di copertura.
La questione della coerenza temporale tra oneri e mezzi di copertura costituisce oggetto di valutazione anche per quanto attiene alla probabile evoluzione, nell’intero periodo di applicazione delle norme - e quindi anche oltre il triennio – delle risorse impiegate, rispetto alla prevista dinamica degli oneri ai quali far fronte. E’ stato quindi sottolineato come l’esigenza di una coerenza tra il profilo temporale degli oneri e quello dei mezzi di copertura vada verificata anche in un’ottica ultratriennale.
- Nel corso dell’esame del disegno di legge finanziaria per il 2008, il Servizio Bilancio dello Stato, ad esempio, ha evidenziato che una cospicua quota delle maggiori spese correnti e delle minori entrate previste nel prospetto di copertura presentava carattere permanente o protratto comunque oltre il triennio.
Inoltre, per alcune disposizioni comportanti perdite di gettito sussistevano rischi di un incremento dell’onere oltre il triennio: ciò in ragione della possibile minore efficacia, nel tempo, di misure cui erano attribuiti effetti di maggiore entrata, parzialmente compensativi delle predette riduzioni di gettito. Era questo il caso del complesso delle misure relative all’IRES, di cui la RT e l’allegato 7 fornivano esclusivamente gli effetti netti sui saldi nel triennio di riferimento. Tali dati risultavano peraltro dalla parziale compensazione di minori entrate di carattere strutturale (riduzioni di aliquote legali) e di maggiori entrate che, pur incidendo in misura rilevante nei primi anni, erano presumibilmente suscettibili di esplicare effetti più contenuti oltre il triennio (con riferimento, ad esempio, eliminazione ammortamenti anticipati e deduzioni extracontabili).
In talune circostanze è stato segnalato il carattere non prudenziale dell’utilizzo, tra i mezzi di copertura degli oneri correnti, di risparmi di spesa, soprattutto allorquando la norma volta a conseguirli non introduceva adeguati meccanismi di presidio e garanzia.
In base a tale criterio, talune leggi finanziarie, pur introducendo procedure suscettibili di produrre risparmi, non hanno previsto l’utilizzo dei relativi effetti nel prospetto di copertura né nel quadro relativo all’equilibrio complessivo della manovra, trattandosi di conseguenze finanziarie il cui reale conseguimento si sarebbe potuto verificare soltanto a consuntivo.
Laddove è stato invece previsto l’utilizzo, a fronte di oneri correnti derivanti dal disegno di legge finanziaria, di previsioni di risparmi, non supportate da adeguate procedure atte a garantirne l’effettivo conseguimento, sono stati evidenziati possibili profili critici della copertura.
Ad esempio, per quanto attiene alle risorse derivanti da disposizioni che prevedono tagli lineari di bilancio è stato segnalato come tale modalità si prestasse a rilievi in quanto, per analoghe misure attuate in precedenti anni, in molti casi era emersa la necessità di integrare con provvedimenti successivi i tagli operati, al fine di far fronte ai fabbisogni delle amministrazioni interessate.
Come già segnalato, la prassi sancita dalle risoluzioni di approvazione del DPEF 1990-92 consente il ricorso, per finalità di copertura degli oneri correnti della legge finanziaria, al miglioramento del risparmio pubblico a legislazione vigente, ossia al miglioramento di tale saldo riscontrabile dal raffronto tra l’assestamento di bilancio riferito all’anno in corso ed il bilancio a legislazione vigente riferito agli esercizi successivi.
Fino alla sessione di bilancio per il 1999 non si è fatto ricorso a tale mezzo di copertura, che è stato invece utilizzato nelle leggi finanziarie relative agli anni tra il 2000 e il 2003. Nelle successive leggi finanziarie, riferite agli esercizi dal 2004 al 2006, tale modalità di copertura non è stata utilizzata, presumibilmente in ragione del valore negativo che il predetto saldo ha continuato ad assumere nelle previsioni di bilancio riguardanti i predetti anni.
Nella legge finanziaria per il 2007 l’utilizzo del risparmio pubblico ha rappresentato, nel primo anno, il 26,3 per cento e, nell’intero triennio, il 19,9 per cento dei mezzi di copertura previsti; nella legge finanziaria per il 2008 l’utilizzo del risparmio pubblico a fini di copertura degli oneri correnti è salito al 56,8 per cento, per il primo anno, e al 47,6 per cento, per l’intero triennio di riferimento.
Tenuto conto del cospicuo ricorso a tale strumento, nella documentazione prodotta dal Servizio Bilancio dello Stato sono stati rilevati, sotto il profilo della prudenzialità, aspetti problematici, legati al carattere necessariamente provvisorio delle stime concernenti l’andamento del saldo corrente di bilancio negli esercizi di riferimento, soprattutto in quelli successivi al primo.
Infatti, il dato relativo al miglioramento del risparmio pubblico a legislazione vigente è ricavato dal raffronto tra il valore del saldo corrente riferito al bilancio dell’esercizio in corso - che emerge dal provvedimento di assestamento - ed il corrispondente valore che lo stesso saldo assume nel bilancio per il nuovo esercizio 2008. Tale differenza può risentire quindi del carattere provvisorio sia dei valori assestati riferiti all’esercizio in corso, sia delle nuove previsioni di bilancio che, per quanto affidabili, sono soggette presumibilmente a modificarsi in corso d’anno. Il margine di incertezza sembra accentuarsi con riferimento al secondo e terzo esercizio del triennio di previsione, rispetto ai quali più probabile appare l’eventualità di una successiva revisione delle stime iniziali di bilancio.
Inoltre, è stato evidenziato che il ricorso a quote consistenti del miglioramento, a legislazione vigente, del saldo corrente di bilancio dovrebbe in ogni caso essere suffragato da dati ed elementi volti a confermare la stabilità del predetto miglioramento almeno con riferimento alla parte utilizzata a fini di copertura di oneri che si proiettano oltre il triennio.
Una specifica attività del Servizio Bilancio ha per oggetto l’analisi ed il monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica.
Tale attività ha ricevuto particolare impulso nella XV legislatura con la legge finanziaria per il 2007[216] che ha previsto il potenziamento degli strumenti di analisi e monitoraggio della finanza pubblica delle strutture di supporto del Parlamento, anche avvalendosi di altre istituzioni e istituti di ricerca.
In ottemperanza a quanto previsto dal comma 481 dell’art. 1 della legge n. 296/2006, a partire dal 2007, è stata avviata la collaborazione tra i competenti Uffici della Camera (Servizio Bilancio dello Stato e Servizio Studi) e del Senato (Servizio Bilancio) ai fini della predisposizione di analisi integrate per l’esame parlamentare dei documenti presentati dal Governo.
In tale contesto, sono esaminati i dati contenuti nei documenti di fonte governativa o comunque di fonte ufficiale (Banca d’Italia, Istat, Commissione e Consiglio dell’Unione europea, ecc.), riguardanti i principali flussi finanziari relativi sia al bilancio dello Stato ed al settore statale, che al conto delle pubbliche amministrazioni, i cui andamenti sono soggetti alla procedura di sorveglianza in ambito europeo.
Specifiche analisi sono, quindi, dedicate ai documenti presentati dal Governo in relazione al ciclo annuale della decisione di bilancio. Ulteriori contributi sono, peraltro, predisposti in occasioni di attività parlamentare (svolgimento di audizioni, attività di indirizzo, ecc.) aventi per oggetto tali tematiche.
Particolare attenzione riveste l’analisi della Relazione unificata sull’economia e la finanza[217] che il Governo presenta alla fine del primo trimestre, e che reca sia i risultati conseguiti nell’anno precedente, sia le prime indicazioni per l’anno in corso alla luce della manovra di finanza pubblica approvata alla fine dell’esercizio precedente e degli andamenti rilevati. Le informazioni contenute nella RUEF si completano con i dati di consuntivo diffusi dall’Istat e comunicati agli organi europei, come previsto dalle procedure di monitoraggio dei conti pubblici nazionali.
Specifiche analisi sono poi riservate alle previsioni, per l’anno in corso ed il successivo triennio, dell’andamento dei principali saldi di finanza pubblica e l’evoluzione delle singole componenti di entrata e di uscita, contenute nel Documento di programmazione economico-finanziaria presentato il 30 giugno, che costituisce il punto di riferimento per le scelte da adottare con la manovra per l’anno successivo. Particolare attenzione è dedicata, in questa sede, all’analisi dei saldi strutturali (l’indebitamento netto corretto per il ciclo e per gli effetti delle misure una tantum), che assumono rilievo per il percorso di avvicinamento all’obiettivo di medio termine fissato nel Programma di stabilità.
Anche in questo caso, l’analisi del quadro tendenziale si arricchisce con le informazioni (di carattere consuntivo) contenute nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese presentata nel mese di maggio. Il confronto con gli andamenti registrati negli anni precedenti consente una prima valutazione circa l’attendibilità delle previsioni e la solidità, quindi, del quadro programmatico che incorpora le future misure che il Governo intende adottare.
Nell’analisi dedicata alla Nota di aggiornamento del DPEF, presentata (eventualmente) dal Governo contestualmente alla manovra, si mettono in evidenza gli scostamenti negli andamenti delle variabili macroeconomiche e di finanza pubblica rispetto a quelli delineati nel DPEF, e si pongono in luce le variazioni o viceversa la conferma, degli obiettivi in precedenza indicati.
Con la presentazione della manovra, l’analisi è diretta a verificare, rispetto agli obiettivi delineati con il DPEF (e con la Nota) come approvati nelle risoluzioni parlamentari, sia la tenuta dei saldi che la coerenza della sua composizione e l’impatto, quindi, sulla pressione fiscale e sulla spesa complessiva. Le analisi utilizzano le informazioni circa gli effetti sui saldi delle singole componenti in cui la manovra si articola contenute negli allegati al disegno di legge finanziaria e al disegno di legge di bilancio, nelle relazioni tecniche e nei prospetti della contestuale Relazione previsionale e programmatica. Esse tengono conto, inoltre, degli elementi contenuti nell’Aggiornamento del Programma di stabilità, presentato annualmente dal Governo alla Commissione UE, che reca l’illustrazione della manovra nel testo iniziale[218].
Nell’elaborazione di tali analisi il Servizio Bilancio, anche utilizzando, ove disponibili, studi ed elaborazioni di istituti di ricerca, mette in evidenza i fattori alla base delle tendenze delineate, sempre partendo dai dati ufficiali e tenendo conto sia dell’evoluzione del quadro normativo che del contesto economico generale.
Qualora dai documenti non emerga con chiarezza il contributo dei diversi fattori alle dinamiche riscontrate, si formulano, ove possibile, delle ipotesi interpretative dei fenomeni, chiedendo conferma delle stesse al Governo. In alternativa, può essere formulata una richiesta di chiarimenti e di elementi integrativi di valutazione.
Nel caso che oggetto dei documenti siano le previsioni a breve o medio termine delle variabili di finanza pubblica, il Servizio Bilancio può valutare le ipotesi in base alle quali sono costruite tali proiezioni, al fine di verificarne la coerenza rispetto ad altre previsioni provenienti da soggetti governativi o centri pubblici di ricerca o inserite in analisi di istituti europei ed internazionali (Commissione UE, FMI, OCSE, ecc.). In particolare, il confronto con i dati di fonte internazionale è ricorrente per quanto attiene alla verifica delle ipotesi relative all’evoluzione del quadro macroeconomico, determinante per la definizione delle previsioni di finanza pubblica.
Anche con riferimento ai dati previsionali, il Servizio può formulare segnalazioni ovvero richieste di chiarimenti qualora ravvisi carenze della base informativa, possibili incongruenze nella definizione delle ipotesi, o evidenti elementi di contrasto rispetto alle proiezioni di altri organismi accreditati nel settore.
Il Patto di stabilità e crescita
Gli obiettivi di finanza pubblica indicati nei documenti presentati in corso d’anno dal Governo e alla cui realizzazione sono finalizzate le manovre correttive annuali o infra-annuali, si inquadrano nel contesto più generale delineato dal Patto di stabilità e crescita.
Il Patto risulta formalmente costituito dalla Risoluzione del Consiglio europeo del 17 giugno 1997 (97/C 236/01), dal Regolamento del Consiglio (1466/97) sul rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio e del coordinamento delle politiche economiche, dal Regolamento del Consiglio (1467/97) che regola le modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi, e dal Codice di Condotta approvato dall’Ecofin nell’ottobre del 2005.
Approvato dal Consiglio europeo di Amsterdam del 16 e 17 giugno 1997, il Patto tendeva a rendere più cogente, alla vigilia dell’avvio della terza fase dell’Unione economica e monetaria[219], la disciplina di bilancio ed, in particolare, il rispetto da parte degli Stati membri delle soglie del 3 e del 60 per cento del PIL, rispettivamente per l’indebitamento netto e il debito delle Pubbliche amministrazioni, fissate dal Protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato di Maastricht.
Con le modifiche apportate nel 2005[220], confermato l’impianto generale del Patto quale strumento fondamentale per la disciplina fiscale e confermati, altresì, i due parametri quantitativi indicati dal Protocollo, sono stati ridefiniti gli obiettivi di finanza pubblica a medio termine, prevedendo la possibilità di percorsi di avvicinamento differenziati per i singoli Stati membri, al fine di tener conto delle diversità delle posizioni di bilancio, degli sviluppi sul piano economico e della sostenibilità finanziaria.
Gli Stati membri, nell’ambito dell’aggiornamento dei rispettivi programmi di stabilità, presentano quindi un obiettivo di medio termine (MTO), definito sulla base del potenziale di crescita dell’economia e del rapporto debito/PIL. Esso consiste in un livello di indebitamento netto strutturale (corretto, cioè, per il ciclo e al netto delle misure temporanee e una tantum) che può divergere dal requisito di un saldo prossimo al pareggio o in attivo, ma che deve essere tale da garantire, in presenza di normali fluttuazioni cicliche, un adeguato margine di sicurezza rispetto alla soglia del 3 per cento ed un ritmo di avvicinamento certo ad una situazione di sostenibilità. In linea generale, gli obiettivi devono essere compresi in una forcella stabilita tra l’1 per cento del PIL e il pareggio o l’attivo.
Il percorso di avvicinamento si fonda su una regola di correzione strutturale annuale di 0,5 punti; la regola può tuttavia variare in relazione all’andamento del ciclo economico (good or bad times), richiedendosi uno sforzo più limitato in presenza di una congiuntura sfavorevole.
In base al Codice di Condotta relativo al PSC, l’identificazione di good e bad times implica un’analisi complessiva della situazione economica del paese. In linea generale, i "periodi buoni" sono quelli in cui il prodotto eccede il suo livello potenziale, ovvero in cui l’output gap è positivo. Viene, peraltro, tenuta altresì in considerazione anche la variazione dell’output gap nel periodo di programmazione. Se ad esempio l’output gap è negativo, ma con un valore che tende a ridursi alla fine del periodo, la posizione del Paese potrebbe comunque essere valutata in good times[221].
Deviazioni dalla misura dello 0,5 per cento possono, inoltre, essere accettate in caso che un paese abbia effettuato riforme strutturali rilevanti, con un effetto quantificabile sulla sostenibilità a lungo termine delle finanze pubbliche, a condizione che sia comunque mantenuto un margine adeguato rispetto alla soglia del 3 per cento e che il deficit ritorni all’obiettivo di medio termine entro il periodo coperto dal programma.
Nel luglio 2005 il Consiglio Ecofin ha adottato una decisione sull’esistenza di una situazione di disavanzo eccessivo in Italia[222]. La procedura è stata chiusa nel maggio 2008.
Con la raccomandazione annessa alla decisione del 2005, il Consiglio ha chiesto all’Italia di:
·
riportare
il disavanzo delle amministrazioni pubbliche al di sotto del 3% del PIL in modo
credibile e sostenibile entro il
· assicurare che il rapporto debito pubblico/PIL si riduca sufficientemente e si avvicini al valore di riferimento (60%) ad un ritmo soddisfacente, ripristinando a medio termine un adeguato livello di avanzo primario;
· riportare le finanze pubbliche ad una posizione a medio termine prossima al pareggio o positiva, tramite una riduzione del disavanzo strutturale di almeno lo 0,5% del PIL all'anno dopo la correzione del disavanzo eccessivo.
Nel marzo 2006 e nel febbraio 2007, il Consiglio ha esaminato gli Aggiornamenti annuali del Programma di stabilità presentati dall’Italia, rispettivamente, nel dicembre 2005 e nel dicembre 2006, ritenendoli compatibili con una correzione del disavanzo eccessivo entro il 2007.
Il 12 febbraio 2008 il Consiglio ha espresso il parere sul Programma aggiornato relativo al periodo 2007-2011, rilevando che nel complesso esso dovrebbe consentire la correzione del disavanzo eccessivo nel 2007 con ampio margine.
Il Consiglio ha ritenuto che il risultato 2007 potesse risultare più positivo rispetto alle aspettative[223] e che un esito migliore avrebbe potuto essere conseguito senza le spese aggiuntive approvate in corso d’anno, misure queste che non possono considerarsi pienamente conformi all’invito a sfruttare un andamento del bilancio più positivo rispetto alle previsioni ai fini della riduzione dei disavanzo[224].
Per il
L’aggiustamento, infatti, è concentrato negli ultimi anni del programma, senza peraltro che ne siano specificate le misure, il che impedisce una valutazione adeguata. L’obiettivo a medio termine potrebbe, pertanto, non essere raggiunto entro il 2011 come previsto nel Programma e il rapporto debito/PIL potrebbe non scendere in misura sufficiente verso il valore del 60% del PIL nel periodo di riferimento.
Per quanto concerne la sostenibilità delle finanze pubbliche, il Consiglio ha valutato l’Italia “a medio rischio”. L’impatto a lungo termine dell’invecchiamento demografico sul bilancio è inferiore alla media europea, con un incremento della spesa pensionistica mediamente più limitato che nell’UE, grazie alle riforme pensionistiche adottate. Tuttavia, la spesa pensionistica in percentuale del PIL resta tra le più elevate della UE. Tali proiezioni si basano sull’ipotesi che le riforme adottate di recente ricevano piena attuazione, in particolare che la revisione dei coefficienti attuariali sia attuata a partire dal 2010 e che non vi siano scostamenti dal principio contributivo sotteso alla riforma del sistema pensionistico.
Sulla base di tali valutazioni, il Consiglio ha invitato l’Italia a:
-
rafforzare l’obiettivo di bilancio per il 2008
sfruttando i buoni risultati del
- attuare pienamente la riforma delle pensioni (ed in particolare l’aggiustamento attuariale periodico previsto) per evitare aumenti significativi delle spese legate all’invecchiamento della popolazione, tenuto conto del livello molto elevato del debito pubblico;
- precisare la strategia di bilancio a medio termine in linea con il PSC, proseguire gli sforzi al fine di migliorare la qualità delle finanze pubbliche, mettendo l’accento sulla loro composizione, rafforzando la trasparenza del processo di bilancio ed attuando efficacemente meccanismi di controllo e di monitoraggio della spesa.
Il 7 maggio 2008,
La riduzione del disavanzo dal 3,4% del PIL nel 2006 all’1,9% nel 2007, al di sotto quindi della soglia del 3%, è considerata frutto di misure prevalentemente di natura permanente. Il saldo strutturale migliora di tre punti di PIL nel biennio (dal 4,5% del 2005 all’1,5% del 2007) a fronte della correzione dell’1,6% richiesta dal Consiglio. In base alle previsioni della Commissione[225], il disavanzo nominale dovrebbe aumentare al 2,3% del PIL nel 2008 e al 2,4% nel 2009[226]. Tale evoluzione evidenzia come il disavanzo sia stato ricondotto al di sotto della soglia del 3 per cento in maniera credibile e sostenibile.
Anche per quanto riguarda il debito, rilevato come l’aumento
dell’incidenza sul PIL registrato nel 2006 (dal 105,8% al 106,5%) abbia
risentito in misura significativa delle maggiori spese straordinarie,
Il conto economico delle P.A. ed il Sistema europeo dei conti
Il Protocollo sui disavanzi eccessivi annesso al Trattato ed il Patto di stabilità e crescita prende in considerazione, ai fini della verifica di sostenibilità delle finanze pubbliche, due parametri, il rapporto rispetto al PIL dell’indebitamento netto e del debito, entrambi riferiti al settore delle amministrazioni pubbliche[227].
Tale settore comprende, in Italia, le amministrazioni centrali, le amministrazioni locali e gli enti di previdenza ed assistenza (v. schema)[228].
I sottosettori della P.A. elaborati dalla contabilità nazionale trovano sostanziale corrispondenza negli analoghi aggregati di enti pubblici utilizzati nella contabilità pubblica (settore statale e settore pubblico). Il diverso criterio di classificazione[229] porta ad alcune, peraltro limitate, differenze con riferimento ad alcuni enti minori delle amministrazioni locali.
STATO (BILANCIO E
TESORERIA) * Per gli enti minori centrali, locali e previdenziali non vi è
completa corrispondenza tra la definizione di settore pubblico rilevante ai
fini della contabilità pubblica e quelle utilizzata dall’Istat, in base al SEC95, nel definire le Pubbliche Amministrazioni. SETTORE PUBBLICO*
Le informazioni relative ai sottosettori vengono rielaborate dall’Istat e consolidate nel conto della P.A. secondo principi e regole contabili conformi al Sistema europeo dei conti nazionali (Sec95)[230].
Il Sec95 detta, infatti, una serie di regole necessarie per l’armonizzazione dei dati riferiti alla contabilità nazionale degli Stati membri, che assicurano la comparabilità delle informazioni relative alla contabilità nazionale e regionale.
Tali regole implicano la registrazione dei flussi secondo il principio della competenza economica (cosiddetto principio accrual[231]), in base al quale un’operazione è considerata dal punto di vista contabile nel momento in cui si realizza il fatto economico e gestionale sottostante. In alcuni casi, come ad esempio per alcune voci della spesa in conto capitale, come dato più prossimo al criterio della competenza economica si utilizza la cassa.
Si tratta quindi di regole sostanzialmente diverse da quelle che presiedono, nel nostro Paese, alla registrazione dei flussi nel bilancio dello Stato e della maggior parte degli enti pubblici, che adottano invece una contabilità di carattere finanziario, basata sulla rappresentazione dei dati di entrata e di spesa in termini di competenza giuridica e di cassa[232].
Sempre con riferimento al settore della P.A., ed in base alla metodologia del SEC 95, viene calcolato (dalla Banca d’Italia) lo stock del debito pubblico, che rappresenta il valore nominale di tutte le passività lorde[233], al netto delle attività detenute dal settore nei confronti di soggetti esterni, in essere in un determinato momento[234].
Entro il 1° aprile ed il 1° ottobre di ogni anno, l’Istat notifica alla Commissione UE - ai fini del monitoraggio degli andamenti di finanza pubblica e del rispetto degli obiettivi del Patto di stabilità e di crescita - le stime aggiornate del prodotto interno lordo, dell’indebitamento netto e del debito delle P.A. per l’esercizio già concluso, nonché le revisioni apportate ai dati riferiti agli esercizi precedenti[235]. Sono inoltre trasmesse le previsioni (elaborate dal Ministero dell’Economia e finanze) per l’esercizio in corso.
Particolare rilievo ai fini delle decisioni di finanza pubblica assumono gli andamenti relativi sia al conto economico delle pubbliche amministrazioni, i cui risultati differenziali sono presi in considerazione ai fini della verifica del rispetto dei parametri europei, che al bilancio dello Stato e al settore statale.
Per quanto riguarda il bilancio dello Stato – il cui saldo (SNF) è oggetto di approvazione specifica nell’ambito della legge finanziaria e nella legge di bilancio - è, infatti, da osservare che, nonostante l’avvio del processo di federalismo fiscale, esso gioca ancora un ruolo importante all’interno del conto complessivo della P.A., sia per quanto riguarda il volume di risorse direttamente gestite, che per quelle che dal bilancio vengono trasferite ad altri soggetti, ed in particolare a regioni ed enti locali. Le spese iscritte nel bilancio dello Stato pesano, infatti, per oltre il 57 per cento sulle uscite complessive delle P.A. (34% al netto dei trasferimenti a enti pubblici).
Per quanto riguarda il settore statale, l’andamento del relativo saldo di cassa, il fabbisogno, consente di monitorare in corso d’anno la tenuta del controllo dei conti pubblici e le variazioni indotte nello stock del debito.
Nel dossier si dà conto dell’andamento di tali saldi e delle loro principali determinanti, mettendo in evidenza le cause degli scostamenti, rispettivamente, tra indebitamento e fabbisogno, e tra questo saldo e le variazioni che si registrano nello stock del debito, cui è dedicata una specifica analisi.
I saldi del conto economico delle Pubbliche amministrazioni
Le informazioni principali del conto economico consolidato delle Pubbliche amministrazioni sono sintetizzate da alcuni indicatori (indebitamento netto, saldo primario, saldo corrente, pressione fiscale), la cui analisi consente una rappresentazione dei conti pubblici, della loro recente evoluzione e dei valori previsti per l’anno in corso ed il successivo triennio.
Gli andamenti dei saldi sono poi messi a confronto sia con i corrispondenti valori strutturali, rispetto ai quali il Patto di stabilità e crescita impone specifici requisiti, sia con i valori indicati in sede di previsione, evidenziandone gli scostamenti.
Nelle pagine che seguono si dà conto dell’evoluzione dei saldi complessivi, rinviando per un’analisi più approfondita delle determinanti delle entrate e delle spese alla parte “Andamenti di finanza pubblica - Approfondimenti settoriali”.
In tali analisi, per gli anni di consuntivo, sono utilizzati (salvo diversa indicazione) i dati Istat, elaborati secondo i criteri del Sec95, del 29 febbraio scorso nonché quelli contenuti nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese, presentata il 22 aprile; per il 2008 ed il successivo triennio 2009-2011 si fa, invece, riferimento ai dati di previsione contenuti dalla Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica del 12 marzo (RUEF).
L’indebitamento netto misura la differenza tra le entrate e le uscite complessive del conto consolidato delle amministrazioni pubbliche e rappresenta uno dei parametri di riferimento del Trattato e del Patto di stabilità e crescita. Le entrate e le uscite che concorrono alla formazione del saldo sono definite generalmente sulla base delle grandezze di competenza economica, avendo cioè riguardo al momento economico dell’operazione piuttosto che alla sua regolazione finanziaria. In alcuni casi, come ad esempio per alcune voci della spesa in conto capitale, quale proxy del criterio della competenza economica si utilizza la cassa.
L’evoluzione dell’indebitamento netto, misurato in percentuale del PIL è riportata nella tavola e nella figura seguenti. Nel grafico gli istogrammi rappresentano il saldo complessivo, mentre le due linee rappresentano le due componenti, rispettivamente il saldo primario (che misura la differenza tra le entrate complessive e le uscite totali al netto della spesa per interessi) e gli interessi passivi.
Indebitamento netto |
|||||||||||
|
1997 |
1998 |
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Indebitamento netto |
2,7 |
2,8 |
1,7 |
0,8 |
3,1 |
2,9 |
3,5 |
3,5 |
4,2 |
3,4 |
1,9 |
Saldo primario |
6,6 |
5,1 |
4,9 |
5,5 |
3,2 |
2,7 |
1,6 |
1,2 |
0,3 |
1,3 |
3,1 |
Interessi passivi |
9,3 |
7,9 |
6,6 |
6,3 |
6,3 |
5,5 |
5,1 |
4,7 |
4,5 |
4,6 |
5,0 |
Fonte: Istat
|
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Indebitamento netto |
2,4 |
2,1 |
1,7 |
1,4 |
Saldo primario |
2,6 |
2,8 |
3,1 |
3,4 |
Interessi passivi |
5,0 |
4,9 |
4,9 |
4,8 |
Fonte: RUEF
Come si vede, il rapporto indebitamento netto/PIL, sceso al di sotto della soglia del 3 per cento nel 1997 (rispetto a valori superiori al 10% registrati fino all’inizio degli anni ‘90), anno rilevante ai fini della verifica dei requisiti per l’ammissibilità all’Unione economica e monetaria fin dalla prima fase, subisce una sensibile riduzione fino al 2000[236], per poi tornare, fin dal 2001, ad attestarsi su valori superiori al 3%. Tale andamento[237] comporta, nel luglio 2005, l’apertura della procedura sui disavanzi eccessivi nei confronti dell’Italia.
L’aumento dell’indebitamento netto in tali anni si verifica in presenza di una riduzione costante dell’avanzo primario, che non consente quindi di sfruttare i margini offerti dalla riduzione della spesa per interessi, che diminuisce in valore assoluto e che, tra il 1997 e il 2005, riduce di ben 4,7 punti il suo peso rispetto al PIL. In un contesto di bassa inflazione e di riduzione dei tassi europei, la mutata e più favorevole percezione dei mercati circa la sostenibilità del debito in seguito all’adesione dell’Italia alla UEM consente, in questi anni, una rapida discesa dei tassi sui titoli del debito pubblico.
Nel 2006-2007, si determina un sensibile miglioramento dei conti, con una riduzione dell’indebitamento netto pari a 2,3 punti di PIL, interamente ascrivibile al miglioramento del saldo primario, a fronte di una ripresa della spesa per interessi.
Per il 2008, secondo le stime contenute nella RUEF, l’indebitamento netto dovrebbe attestarsi su un valore del 2,4% rispetto al PIL, quale risultato di un avanzo primario pari al 2,6% e di un onere per il servizio del debito pari al 5% del PIL.
Si evidenzia quindi un peggioramento del saldo complessivo di 0,5 punti rispetto al 2007, anno in cui si è registrato un valore estremamente contenuto dell’indebitamento netto (1,9 per cento del PIL), e di 0,2 punti rispetto alle precedenti previsioni per il 2008 contenute nella Relazione previsionale e programmatica e nell’Aggiornamento del programma di stabilità, presentati a novembre.
Il peggioramento rispetto alle stime della RPP (0,2 punti) è determinato, secondo la RUEF, dalla correzione al ribasso della crescita dell’economia reale (dall’1,5 allo 0,6%), e dallo slittamento di minori entrate (tra cui la riduzione del cuneo fiscale) e maggiori spese (tra cui la chiusura dei rinnovi contrattuali 2006-2007 e il “bonus incapienti”) autorizzate nell’ultimo trimestre dello scorso anno[238]. Tali effetti peggiorativi dei saldi sono, in parte, compensati dal trascinamento strutturale delle maggiori entrate e dal contenimento della spesa primaria registrati nel 2007.
Nel successivo triennio 2009-2011, il quadro tendenziale evidenzia una progressiva diminuzione dell’indebitamento netto, che si colloca all’1,4 per cento del PIL a fine periodo, a fronte di una lieve riduzione della spesa per interessi (appena due decimi di punto) e di un aumento dell’avanzo primario di circa 0,8 punti di PIL.
E’ da rilevare peraltro che, trattandosi di una previsione a legislazione vigente, essa non tiene conto delle maggiori spese che, per prassi consolidate, vengono annualmente autorizzate con la legge finanziaria (ad es. i rinnovi contrattuali relativi al biennio 2008-2009, o il rifinanziamento di alcune spese in conto capitale), il cui importo complessivo è stimato dalla RUEF in circa 3-4 miliardi l’anno.
Il quadro programmatico contenuto nella RUEF indica un valore dell’indebitamento netto pari all’1,8 per cento del PIL nel 2009, all’1 per cento nel 2010 e allo 0,2 per cento nel 2011. Il raggiungimento di tali valori-obiettivo comporta una manovra strutturale di importo crescente (da 0,3 punti di PIL nel 2009 a 0,5 punti nel 2011), corrispondenti ad una correzione netta di circa 20 miliardi nel triennio. A tale importo occorre aggiungere i 10-12 miliardi derivanti dalle maggiori spese relative a prassi consolidate, che comportano una manovra lorda pari a complessivi 30-32 miliardi.
Tale evoluzione evidenzia un peggioramento nel triennio in termini di obiettivi rispetto al quadro programmatico contenuto nella Relazione previsionale e programmatica, confermato dall’Aggiornamento del Programma di stabilità del novembre scorso, che indicava un indebitamento netto che passava dall’1,5% nel 2009 e allo 0,7 nel 2010, per poi azzerarsi nel 2011.
Al riguardo, nella RUEF, si specifica che “il nuovo quadro programmatico deve necessariamente tenere conto delle condizioni economiche correnti: (…) l’attuale significativo rallentamento suggerisce di non intervenire con una politica che possa ulteriormente appesantire la congiuntura economica nel breve periodo”. In tale contesto, secondo quanto precisato nella RUEF, gli obiettivi vanno stabiliti in termini strutturali (al netto cioè degli effetti delle misure una tantum e del ciclo economico). La politica economica dovrà pertanto impostare l’aggiustamento strutturale, lasciando agire liberamente gli stabilizzatori economici. Questi ultimi, infatti, evidenziano un peggioramento, ma più contenuto rispetto ai saldi nominali[239].
2008-2011- Quadro tendenziale e programmatico |
||||
|
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
RUEF (marzo 08) |
|
|
|
|
Indebitamento tendenziale |
-2,4 |
-2,1 |
-1,7 |
-1,4 |
Manovra netta (in valore) |
|
4.500 |
6.500 |
9.500 |
Indebitamento programmatico |
-2,4 |
-1,8 |
-1,0 |
-0,2 |
Indebitamento strutturale |
-2,2 |
-1,5 |
-0,7 |
0,0 |
|
|
|
|
|
Aggiornamento Programma stabilità (nov. 07) |
|
|
|
|
Indebitamento programmatico |
-2,2 |
-1,5 |
-0,7 |
0,0 |
Indebitamento strutturale |
-2,1 |
-1,3 |
-0,6 |
0,1 |
Fonte: RUEF
Il saldo primario misura la differenza tra le entrate complessive delle amministrazioni pubbliche e le uscite al netto degli interessi passivi. Esso costituisce uno dei principali fattori che concorrono alla variazione annua del debito pubblico e assume, pertanto, una particolare valenza ai fini delle analisi di sostenibilità.
In termini programmatici, essendo il saldo primario una grandezza che il Governo è in grado di controllare, è possibile calcolarne il valore che, in relazione ad un determinato stock di debito, e dati il tasso di interesse di mercato ed il tasso di crescita dell’economia (variabili non controllabili dall’Autorità fiscale), consente di raggiungere l’obiettivo atteso in termini di debito pubblico.
La composizione del saldo primario è distinta in saldo corrente primario, ossia la differenza tra entrate correnti e spese correnti al netto degli interessi passivi, e saldo in conto capitale (differenza tra entrate e uscite in conto capitale).
La tavola ed grafico di seguito riportati ne evidenziano l’andamento effettivo e atteso, rispettivamente, nel decennio 1997-2007, e nel periodo 2008-2011.
Saldo
primario |
|||||||||||
|
1997 |
1998 |
1999 |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Saldo primario |
6,6 |
5,1 |
4,9 |
5,5 |
3,2 |
2,6 |
1,6 |
1,2 |
0,3 |
1,2 |
3,1 |
Saldo corrente |
9,0 |
8,2 |
8,3 |
7,7 |
7,1 |
5,8 |
4,3 |
4,3 |
4,0 |
5,9 |
7,3 |
Saldo c/capitale |
-2,4 |
-3,1 |
-3,4 |
-2,2 |
-3,9 |
-3,2 |
-2,7 |
-3,1 |
-3,7 |
-4,7 |
-4,2 |
Fonte: Istat
|
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Saldo primario |
2,6 |
2,8 |
3,1 |
3,4 |
Saldo corrente |
6,4 |
6,8 |
6,9 |
7,0 |
Saldo c/capitale |
-3,8 |
-4,0 |
-3,8 |
-3,5 |
Fonte: RUEF
La riduzione del saldo primario osservata nella prima parte del periodo in esame è ascrivibile alla contrazione del saldo corrente, che si riduce di 5 punti di PIL tra il 1997 e il 2005, a fronte di una sostanziale stabilità del disavanzo di parte capitale che, grazie anche agli introiti dei condono fiscali e delle dismissioni immobiliari – contabilizzati con segno positivo tra gli investimenti fissi lordi (come disinvestimenti) – oscilla intorno a una media del 3,1 per cento del PIL.
Nel biennio 2006-2007, i dati evidenziano un’inversione di tendenza, con un aumento del saldo corrente al netto degli interessi che cresce di oltre 3 punti in termini di PIL, a fronte di un peggioramento, peraltro più contenuto (0,5 punti di PIL), del disavanzo di parte capitale.
Come si vedrà dalle analisi successive, il positivo andamento dell’avanzo corrente è ascrivibile sia al forte aumento delle entrate registrato in ciascuno dei due anni in esame, che da una dinamica più contenuta della spesa primaria. Per quanto riguarda il saldo di parte capitale, è da notare che su di esso incidono oneri straordinari – contabilizzati tra le maggiori spese in conto capitale – pari a circa 14,4 miliardi nel 2006 e a 6 miliardi nel 2007[240].
Nel 2008, la riduzione di 0,5 punti dell’avanzo primario rispetto al risultato 2007 (dal 3,1 al 2,6 per cento del PIL) è spiegata dalla riduzione dell’avanzo corrente solo parzialmente compensata dalla riduzione del disavanzo di parte capitale.
Per quanto riguarda il triennio di previsione 2009-2011, in base ai dati contenuti nella RUEF si evidenzia un miglioramento del saldo primario pari al 3,4 per cento del PIL a fine periodo, a fronte di un’ulteriore crescita dell’avanzo corrente (7% del PIL) e di una riduzione del disavanzo in conto capitale (3,5 % del PIL).
Come sopra ricordato con riferimento all’indebitamento netto, tale evoluzione tiene conto degli andamenti del quadro tendenziale a legislazione vigente e non incorpora, quindi, le maggiori spese che per prassi consolidate vengono annualmente autorizzate in sede di legge finanziaria. La RUEF, inoltre, non reca informazioni circa gli andamenti programmatici di tali saldi, limitandosi ad indicare il valore relativo all’indebitamento netto.
Nell’ambito delle procedure di valutazione degli impegni assunti dai singoli Stati membri con il Patto di Stabilità e Crescita e delle procedure di sorveglianza per il rispetto dei parametri di bilancio fissati con il Trattato di Maastricht, una valenza particolare ha assunto, con la revisione del Patto nel 2005, il livello e l’evoluzione dell’indebitamento netto strutturale delle amministrazioni pubbliche. Il saldo così definito è pari all’indebitamento netto corretto per gli effetti del ciclo economico sulle componenti di bilancio e per gli effetti delle misure una tantum, che influiscono solo temporaneamente sull’andamento del disavanzo.
Il saldo corretto per il ciclo (cyclically adjusted balance, CAB) misura il saldo del settore delle pubbliche amministrazioni al netto dell'impatto delle fluttuazioni economiche. Esso consente di distinguere le variazioni automatiche di entrata e spesa rispetto alla componente discrezionale di politica fiscale, e di valutare il carattere espansivo o restrittivo di questa.
Le misure degli indicatori strutturali si basano, quindi, sull’identificazione della componente ciclica del saldo, definita come il prodotto tra la stima della sensibilità al ciclo delle entrate e delle spese correnti e la misura della deviazione dell’economia dal suo livello potenziale (output gap). Per ottenere il saldo strutturale, la componente ciclica viene sottratta al rapporto indebitamento netto/PIL.
Sulla determinazione dell'indebitamento strutturale risulta, quindi, determinante sia il calcolo della elasticità[241], che il segno e l'ampiezza dell'output gap, calcolato come scarto tra PIL effettivo e PIL potenziale[242] in un determinato periodo (rapportato al PIL potenziale).
Il PIL potenziale non è direttamente osservabile, ma risulta, secondo la metodologia approvata dall’Ecofin e utilizzata dagli Stati membri per il calcolo degli indicatori strutturali richiesti dal Programmi di stabilità, dalla stima statistica prodotta utilizzando sia i valori effettivamente registrati a consuntivo negli anni precedenti, sia il valore del PIL atteso nel periodo di previsione.
Da ciò derivano due particolarità: i) difficilmente il calcolo del PIL potenziale è in grado di cogliere a pieno i punti di inversione del ciclo e gli effetti dei cambiamenti strutturali; ii) la variazione del valore atteso del PIL per il periodo di previsione o le modifiche indotte da revisioni contabili rispetto ai dati di consuntivo determinano una revisione dell’intera serie storica dell’output gap anche negli anni in cui non si è verificata alcuna variazione nella crescita effettiva (o attesa).
A parità di parametro relativo alla sensibilità del bilancio al ciclo e di valore dell’indebitamento netto effettivo (o atteso), si verifica pertanto una variazione nel saldo strutturale.
L’introduzione delle misure una tantum e temporanee nella correzione del saldo strutturale ha lo scopo di garantire un’analisi obiettiva e trasparente degli sviluppi di finanza pubblica dei Paesi membri e incentivare il perseguimento di politiche di riduzione del deficit pubblico con misure strutturali, aventi effetti di natura permanente sulla correzione dei disavanzi.
Come specificato nel nuovo Codice di condotta, si definiscono una tantum e temporanee quelle misure che hanno un impatto transitorio sui saldi di bilancio e non apportano variazioni significative all’evoluzione di lungo periodo della finanza pubblica.
Tale indicazione lascia comunque aperta la possibilità ad ampi margini di interpretazione che necessariamente richiedono almeno una prima, seppure indicativa, individuazione di linee guida.
- le misure devono incidere sui saldi di bilancio, effettivo e strutturale, solo in modo temporaneo, con un effetto sull’indebitamento netto concentrato in un solo anno o, al più, esteso ad un numero limitato di anni;
- le misure non devono essere ricorrenti.
Inoltre,
I primi includono: condoni con pagamenti una tantum (come ad esempio il caso dello scudo fiscale introdotto in Italia); vendita e dismissione del patrimonio non finanziario (come la vendita delle concessioni UMTS); modifiche legislative di carattere temporaneo che comportano variazioni nei tempi di pagamenti o incassi con un effetto di miglioramento dell’indebitamento netto; entrate di natura straordinaria collegate al trasferimento di obblighi pensionistici; proventi da operazioni di cartolarizzazione; entrate straordinarie per lo Stato derivanti da dividendi di società partecipate; variazioni di entrata o di spesa derivanti da sentenze giuridiche o della Commissione.
Tra le seconde misure sono da includere: spese di carattere eccezionale ed erogate solo per brevi periodi connesse all’insorgere di catastrofi naturali o altre emergenze; variazioni di entrata o di spesa derivanti da sentenze giuridiche o della Commissione.
Nell’aggiornamento annuale del Programma di stabilità[243], ogni paese deve fornire le informazioni necessarie ad identificare gli interventi (programmati e di recente applicazione) con effetti transitori e quantitativamente rilevanti, sul saldo di bilancio[244].
Come si vede dalla tavola relativa all’indebitamento netto strutturale del biennio 2006-2007 (cfr infra), l’effetto delle misure una tantum, e delle loro riclassificazioni, hanno influenzato in misura rilevante gli stessi risultati di bilancio e le previsioni sull’indebitamento netto.
In questo senso,
particolarmente evidente risulta nel 2006 l’effetto della riclassificazione che
ha compiuto l’Istat nel febbraio
Di conseguenza, l’indebitamento netto effettivo è stato rivisto al ribasso per un punto di PIL (dal 4,4 al 3,4 per cento del PIL), mentre le una tantum sono state rideterminate in -0,5 per cento del PIL rispetto alla precedente stima di -1,2.
Misure una tantum 2006 |
Stime |
Stime |
|
|
Milioni euro |
%PIL |
%PIL |
Una tantum spese |
|
-1,7 |
-1 |
- Rimborsi Iva auto - Accollo debiti FS - Retrocessione crediti agricoli - Gestori telecomunicazioni
|
15.982 734 700
|
-0,7* -0,9 -0,04 -0,04 |
- -0,9 -0,04 -0,04 |
Una tantum entrate |
|
0,5 |
0,5 |
- Entrate una tantum - Dismissioni immobiliari |
5.881 1.683 |
0,4 0,1 |
0,4 0,1 |
Totale una tantum |
|
-1,2 |
-0,5 |
*Relativamente agli effetti della sentenza Iva, è stata contabilizzata tra le una tantum soltanto la quota relativa al debito pregresso (circa lo 0,7 per cento del PIL), in quanto la parte residua (circa lo 0,3 per cento del PIL) è stata considerata come un aggravio strutturale.
N.B. Le una tantum costituite da maggiori spese hanno convenzionalmente il segno meno in quanto, ai fini del calcolo dell’indebitamento strutturale, si portano in riduzione dell’indebitamento netto effettivo.
La principale revisione, in termini quantitativi, introdotta
con il comunicato Istat sui conti pubblici diffuso a febbraio
La metodologia seguita nella versione provvisoria dei conti era stata quella di considerare come momento di registrazione la data della sentenza e di procedere ad una stima indiretta del potenziale numero dei contribuenti e del potenziale importo da rimborsare, nel presupposto che tutti gli aventi diritto presentassero istanza di rimborso.
L’emanazione di alcuni provvedimenti normativi (es. introduzione del regime forfetario) e il numero limitato delle istanze di rimborso presentate nel corso del 2007 hanno determinato la probabilità di un sensibile ridimensionamento dell’onere dello Stato. Per cui, in accordo con Eurostat, è stato deciso di adottare una metodologia statistica diretta, già utilizzata per gli altri tipi di rimborsi di imposte, in base alla quale il debito dello Stato viene registrato nel momento della validazione delle istanze di rimborso in seguito allo spoglio da parte dell’amministrazione finanziaria.
Di conseguenza, è stato eliminato dal conto economico 2006 l’onere straordinario pari a circa 16 miliardi, mentre la prima contabilizzazione dei rimborsi IVA sulle auto aziendali è stata effettuata nel conto del 2007, riferita alle sole istanze presentate in via telematica con il regime forfetario, pari a 847 milioni di euro.
Il rimanente onere sarà registrato negli anni successivi, man mano che l’amministrazione finanziaria controllerà e validerà le istanze di rimborso con regime analitico, la cui presentazione scadrà nel novembre 2008. Data tale scadenza, nel quadro tendenziale contenuto nella RUEF, non viene scontato alcun rimborso nel 2008, mentre per il triennio 2009-2011 viene ipotizzato un rimborso di 400 milioni annui.
Per quanto riguarda il 2007, la riclassificazione dei rimborsi IVA determina una revisione in aumento delle uscite una tantum per 847 milioni, cui si aggiungono 234 milioni per il ripiano di debiti verso Poste s.p.a per agevolazioni tariffarie all’editoria e 4,9 miliardi derivanti dalla cancellazione dell’acconto dei concessionari alla riscossione, con un’incidenza complessiva sul PIL dello 0,4 per cento. Le misure una tantum per tale anno, pari inizialmente a 0,2 punti di PIL derivanti da maggiori entrate straordinarie, si rideterminano quindi in -0,2 punti di PIL, da portare in diminuzione dell’indebitamento effettivo.
Non sono, invece, attese variazioni rispetto ai dati indicati nella RPP e nell’Aggiornamento del Programma di stabilità presentato lo scorso novembre per quanto riguarda le una tantum relative al 2008 e al biennio 2009-2011, attribuibili al programma di dismissioni (1 miliardo di euro in ciascun anno, pari a circa lo 0,1 per cento del PIL).
Misure una tantum 2007 |
Stime |
Stime |
||
|
Milioni euro |
%PIL |
Milioni euro |
%PIL |
Una tantum spese |
- |
- |
|
-0,39 |
- Rimborsi Iva auto - Cancellazione acconto concessionari -
Ripiano debiti verso Poste SpA |
- - - |
- - - |
0,847 4.939 0,234 |
-0,05 -0,32 -0,02 |
Una tantum entrate |
|
0,16 |
|
0,16 |
- Entrate una tantum - Dismissioni immobiliari |
1.100 1.437 |
0,07 0,09 |
1.100 1.437 |
0,07 0,09 |
Totale una tantum |
|
0,16 |
|
-0,22 |
Come si evidenzia dalla tavola di seguito riportata, l’indebitamento netto strutturale si riduce sensibilmente nel biennio 2006-2007, passando dal 2,9 per cento nel 2006 (4,5% nel 2005) all’1,6 per cento nel 2007.
Tale variazione si determina in presenza di: una sensibile riduzione dei valori registrati a consuntivo dall’indebitamento netto rispetto alle previsioni iniziali; un andamento dell’economia che cresce più rapidamente del previsto nel primo anno (dall’1,6% previsto a dicembre 2006 all’1,8% registrato a consuntivo) per poi rallentare nel secondo (dal 2% previsto a giugno 2007 all’1,5% effettivo), con un conseguente effetto sulla componente ciclica del saldo di bilancio; una variazione significativa nell’entità e nel segno delle misure una tantum, anche per effetto delle intervenute riclassificazioni Istat (cfr infra).
La variazione conseguita tra il 2006 e il 2007 consente di rispettare gli impegni assunti con l’Europa rispetto al sentiero di rientro dal deficit eccessivo concordato e risulta di dimensioni ben più elevate di quelle assunte dalla stessa riduzione misurata in media europea: secondo le ultime stime della Commissione europea[245], la riduzione dell’indebitamento netto negli anni 2006-2007 ammonta per l’Italia a 2,2 punti percentuali contro l’1,1 per cento per l’intera Europa e l’1,3 per cento per l’Area euro a 15 paesi.
Per il 2008,
Rispetto alle previsioni contenute nella RPP e nell’Aggiornamento del Programma di stabilità presentati a novembre 2007, dal miglioramento inizialmente previsto pari a 0,2 punti di PIL (dal 2,3 al 2,1 per cento) si passa ad un peggioramento di 0,6 punti.
Secondo quanto specificato dalla RUEF, il peggioramento nell’anno in corso è dovuto essenzialmente allo slittamento di maggiori oneri che migliorano il risultato 2007 peggiorando quello 2008 per circa 0,2 punti di PIL. Il saldo strutturale tiene conto, inoltre, di una revisione del PIL potenziale di 0,1 punti quale effetto della minore crescita. Resta invariata per tale anno la stima delle una tantum.
Variazione nella stima dell’indebitamento netto strutturale |
2007 |
2008 |
Indebitamento netto strutturale RPP (nov. 2007) |
-2,3 |
-2,1 |
Variazione indebitamento netto nominale |
0,5 |
-0,2 |
Revisione PIL potenziale |
-0,2 |
0,1 |
Revisione misure una tantum |
0,4 |
0,0 |
Indebitamento netto strutturale RUEF (marzo 2008) |
-1,6 |
-2,2 |
Fonte: RUEF
Nel successivo
triennio, in considerazione di una manovra correttiva pari complessivamente a
1,2 punti di PIL, è prevista, secondo
A fronte di una correzione dello 0,7 per cento annuo, sostanzialmente identica a quella indicata in precedenza dalla RPP e dall’Aggiornamento del Programma di stabilità, in presenza di valori più elevati dell’indebitamento nominale programmatico si determina un aumento nel saldo strutturale, rispetto alla precedente stima, di due decimi di punto nel 2009 e di un decimo di punto nel 2011.
Le manovre di finanza pubblica
Nel corso della XV legislatura sono stati adottati molteplici interventi normativi finalizzati ad incidere sui saldi di finanza pubblica. Un’analisi limitata alle sole manovre attuate con le leggi finanziare non risulterebbe pertanto sufficiente ad illustrare l’azione complessiva di politica economica della legislatura trascorsa che viene in questa sede esaminata con riferimento al complesso degli interventi attuati nel corso del ciclo di bilancio dei singoli esercizi.
Si tralascia in questa sede l’analisi settoriale dell’intervento pubblico, focalizzando invece l’attenzione, per ciascun intervento, su due aspetti:
§ l’incidenza sui saldi di finanza pubblica. Il segno e la dimensione della correzione apportata da ciascun intervento ai saldi, identifica l’orientamento prioritario dell’intervento pubblico: nel caso di manovre che peggiorano il deficit (cd manovre espansive) infatti si evidenza un’attribuzione di priorità all’azione di sostegno all’economia, anche al prezzo di peggiorare il bilancio del settore pubblico; viceversa, nel caso opposto di manovre che riducono il deficit (cd. manovre restrittive), si evidenza l’obiettivo di miglioramento dei saldi di finanza pubblica, anche al costo di assorbire risorse dall’economia privata;
§ l’incidenza sulla composizione delle entrate e delle spese. Tale elemento informa in merito alla modifica operata dalle manovre sulla dimensione del bilancio pubblico. Indipendentemente dal suo intervento sul saldo di bilancio, infatti, ciascuna manovra può prevedere un aumento oppure una riduzione complessiva delle entrate e delle spese della pubblica amministrazione: nel primo caso si determina un’espansione della dimensione del settore pubblico, nel secondo caso, al contrario, la misura dell’intervento pubblico si riduce.
I due aspetti sopra evidenziati verranno in questa sede esaminati con riferimento al Conto consolidato della Pubblica amministrazione, il cui saldo, indebitamento netto, costituisce il parametro fondamentale cui si applicano i vincoli imposti in sede europea dal Patto di stabilità e crescita[246].
Pur nella sua brevità, la legislatura trascorsa può essere più efficacemente descritta se analizzata in due fasi:
§ la prima, di carattere restrittivo, caratterizzata da un’attribuzione di priorità all’obbiettivo di miglioramento dei saldi: in tale fase pertanto gli interventi attuati operano una riduzione del deficit;
§ la seconda, di carattere espansivo, caratterizzata dall’attribuzione di priorità alla funzione di sostegno all’economia: in tale fase sono posti in essere interventi che peggiorano il deficit.
Dopo una sintetica descrizione delle due fasi, sarà operata una valutazione di sintesi dell’azione complessiva attuata nella legislatura.
I dati utilizzati nell’analisi, salvo diversamente indicato, sono quelli tratti dalle relazioni tecniche allegate ai diversi provvedimenti.
La legislatura si è aperta in una situazione che vedeva la pendenza di una procedura per disavanzo eccessivo a carico dell’Italia il cui deficit era risultato superiore alla soglia ammessa dal Trattato europeo in 4 degli ultimi 5 esercizi[247] conclusi. Inoltre, a partire dal 2001[248], le previsioni formulate nei DPEF di ciascun anno si erano rivelate eccessivamente ottimistiche alla luce dei risultati effettivamente conseguiti. Tali elementi sono stati alla base della valutazione di priorità attribuita all’obiettivo di risanamento della finanza pubblica nella prima fase della legislatura.
Di seguito si riporta un grafico che illustra le previsioni presentate nel primo DPEF della legislatura,[249] in merito all’evoluzione attesa del deficit in assenza di interventi correttivi da parte del governo[250], posta a confronto con il percorso di rientro del deficit concordato in sede europea nell’ambito della procedura di rientro dal disavanzo eccessivo:
Il grafico mostra come si ritenesse che il deficit tendenziale sarebbe rimasto largamente oltre la soglia ammessa del 3%. Per tale ragione, contestualmente al DPEF, venne disposto un primo immediato intervento correttivo – il DL n. 223/06, recante un effetto correttivo del deficit pari a circa 0,4 punti di PIL annui a decorrere dal 2007[251] - e definita la dimensione della manovra da attuare per il 2007, la cui entità fu fissata in 1,3 punti percentuali di PIL.
La Nota di aggiornamento al DPEF ‘07, presentata nel settembre 2006, operò una prima rettifica dell’andamento tendenziale del deficit, previsto nel precedente mese di giugno, al fine di tenere conto dell’incremento inatteso del gettito tributario e contributivo[252]. In considerazione del miglioramento del deficit tendenziale, venne inoltre ridotta all’1 per cento del PIL l’entità della manovra correttiva per il 2007, rispetto all’importo indicato nel DPEF (1,3% del PIL).
La tabella seguente sintetizza gli effetti di tali interventi:
(mln di euro)
Fase restrittiva |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
DL n. 223/2006 |
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
1.238 |
6.585 |
6.015 |
7.087 |
Manovra sulla spesa |
-2.353 |
702 |
764 |
906 |
Manovra sull'entrata |
3.591 |
5.883 |
5.251 |
6.181 |
Manovra 2007[253] |
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
-12.916 |
14.016 |
11.135 |
13.649 |
Manovra sulla spesa |
-12.916 |
-3.612 |
-2.579 |
-2.384 |
Manovra sull'entrata[254] |
|
17.628 |
13.714 |
16.033 |
Effetto complessivo degli interventi |
-11.678 |
20.601 |
17.150 |
20.736 |
In percentuale del PIL |
-0,8 |
1,3 |
1,1 |
1,2 |
Manovra sulla spesa |
-15.269 |
-2.910 |
-1.815 |
-1.478 |
Manovra sull'entrata |
3.591 |
23.511 |
18.965 |
22.214 |
Segno meno = peggioramento
Il segno positivo degli interventi sul saldo dell’indebitamento netto evidenzia il carattere restrittivo degli stessi[255], finalizzati ad ottenere una correzione degli andamenti tendenziali di finanza pubblica. Tale effetto correttivo è ottenuto utilizzando essenzialmente la leva delle maggiori entrate nette, mentre il lato della spesa è utilizzato in chiave espansiva[256]: l’aumento congiunto di entrate e spese configura quindi un incremento della dimensione dell’intervento pubblico nell’economia.
La manovra approvata a fine 2006 conclude la fase restrittiva. Gli aggiornamenti delle stime, operati nel corso del 2007, hanno evidenziato l’emersione graduale di miglioramenti inattesi del deficit tendenziale rispetto alle previsioni formulate nel primo DPEF della legislatura. Nel grafico che segue le linee tratteggiate evidenziano le successive revisioni operate nelle previsioni tendenziali, poste a confronto con la linea continua che rappresenta gli obiettivi programmatici concordati in sede europea. Il miglioramento registrato risulta ascrivibile essenzialmente ad un andamento delle entrate migliore del previsto e ad una sostanziale conferma delle previsioni formulate sull’andamento della spesa.
I dati sono tratti dai documenti citati in legenda, salvo la serie “Nota agg. DPEF 08 senza DL 81” che è frutto di un’elaborazione volta a depurare le previsioni tendenziali della Nota stessa dell’utilizzo del cd. “tesoretto” operato dal DL n. 81/07, adottato nel precedente mese di giugno, contestualmente al DPEF ’08.
La linea tratteggiata “Nota agg. DPEF 08 pre DL 159” incorpora, invece gli effetti del DL 81, ma non quelli del successivo provvedimento espansivo (DL 159/07) presentato nell’ottobre 2007.
Come si vede dal grafico, il miglioramento tendenziale dei saldi avrebbe consentito di ottenere per gli esercizi 2007-2009, senza operare manovre correttive, risultati migliori[257] rispetto agli obiettivi concordati in sede europea.
L’orientamento espresso dal Governo, in occasione di ogni revisione delle stime operata, è stato invece quello di sfruttare il miglioramento imprevisto dei conti in chiave espansiva[258], e di utilizzare il margine di manovra creatosi per attuare misure di sostegno allo sviluppo.
Nella tabella che segue sono riepilogati gli effetti sul saldo della P.A. dei provvedimenti adottati[259] e la relativa composizione fra entrate e spese.
Dai dati contenuti nella tabella emerge che le manovre espansive hanno operato essenzialmente mediante aumenti della spesa, mentre minoritaria risulta la riduzione delle entrate[260]. Se si considera che la copertura delle manovre espansive avviene mediante l’utilizzo del miglioramento dei saldi, a sua volta largamente ascrivibile all’extragettito fiscale, risulta evidente che, come già la fase restrittiva, anche la fase espansiva ha agito nel senso dell’aumento della dimensione del bilancio pubblico.
Segno meno = peggioramento (mln di euro)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
DL n. 81/2007 |
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
-5.621 |
-1.624 |
-1.614 |
-1.614 |
Manovra sulla spesa |
-5.621 |
-1.624 |
-1.614 |
-1.614 |
Manovra sull'entrata |
0 |
0 |
0 |
0 |
DL n. 159/2007 |
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
-7.145 |
0 |
0 |
0 |
Manovra sulla spesa[261] |
-7.145 |
0 |
0 |
0 |
Manovra sull'entrata |
0 |
0 |
0 |
0 |
Legge 244/2007 |
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
0 |
-6.089 |
-4.411 |
-4.989 |
Manovra sulla spesa |
0 |
-3.734 |
-647 |
-2.814 |
Manovra sull'entrata |
0 |
-2.355 |
-3.763 |
-2.174 |
DL n. 248/2007 |
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
-4.610 |
-983 |
191 |
154 |
Manovra sulla spesa[262] |
-4.610 |
-1.242 |
48 |
42 |
Manovra sull'entrata |
0 |
259 |
143 |
112 |
Effetto complessivo degli interventi |
-17.376 |
-8.696 |
-5.834 |
-6.449 |
In percentuale del PIL |
-1,1 |
-0,5 |
-0,4 |
-0,4 |
Manovra sulla spesa |
-17.376 |
-6.600 |
-2.213 |
-4.386 |
Manovra sull'entrata |
0 |
-2.096 |
-3.621 |
-2.062 |
La tabella che segue riassume gli interventi operati nelle due fasi sopra descritte al fine di evidenziare come l’azione complessiva di politica economica della legislatura trascorsa abbia inciso sul saldo delle P.A.
Segno meno = peggioramento (mln di euro)
|
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
Totale fase restrittiva |
|
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
-11.678 |
20.601 |
17.150 |
20.736 |
20.736 |
Manovra sulla spesa |
-15.269 |
-2.910 |
-1.815 |
-1.478 |
-1.478 |
Manovra sull'entrata |
3.591 |
23.511 |
18.965 |
22.214 |
22.214 |
|
|
|
|
|
|
Totale fase espansiva |
|
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
0 |
-17.376 |
-8.696 |
-5.834 |
-6.448 |
Manovra sulla spesa |
0 |
-17.376 |
-6.600 |
-2.213 |
-4.385 |
Manovra sull'entrata |
0 |
0 |
-2.096 |
-3.621 |
-2.062 |
|
|
|
|
|
|
Effetto complessivo manovre |
|
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
-11.678 |
3.225 |
8.454 |
14.902 |
14.289 |
Manovra sulla spesa |
-15.269 |
-20.286 |
-8.416 |
-3.691 |
-5.863 |
Manovra sull'entrata |
3.591 |
23.511 |
16.870 |
18.593 |
20.152 |
|
|
|
|
|
|
In percentuale del Pil: |
|
|
|
|
|
Effetto sull'indebitamento netto |
-0,8 |
0,2 |
0,5 |
0,9 |
0,8 |
Manovra sulla spesa |
-1,0 |
-1,3 |
-0,5 |
-0,2 |
-0,3 |
Manovra sull'entrata |
0,2 |
1,5 |
1,1 |
1,1 |
1,2 |
La tabella evidenzia che gli interventi adottati hanno inciso complessivamente nel senso di un miglioramento del deficit della PA[263]. Peraltro, sulla base dei dati delle relazioni tecniche allegate ai provvedimenti, l’ammontare della correzione operata sembrerebbe risultare particolarmente esiguo con riferimento all’esercizio 2007.
Il grafico seguente mostra come il contributo delle manovre al risanamento dei conti conseguito in tale esercizio appaia marginale, specie se confrontato con la misura della manovra che si riteneva necessaria all’inizio della legislatura:
Come indicato nella legenda del grafico, le linee tratteggiate verde e blu (asse dx) mostrano rispettivamente l’andamento tendenziale e programmatico del deficit stimato all’inizio della legislatura. Gli istogrammi azzurro e viola (asse sin) mostrano, rispettivamente, l’ammontare delle manovre ritenute necessarie all’inizio della legislatura e quello delle manovre effettivamente attuate, come risultante dalle relazioni tecniche allegate ai singoli provvedimenti. La linea continua (asse dx) indica i risultati effettivamente conseguiti, comunicati dall’Istat il 29 febbraio scorso. Lo spazio evidenziato dalla parentesi graffa indica la quota di miglioramento del deficit per il 2007 - distanza fra previsione tendenziale iniziale e risultato effettivamente conseguito - che non sembrerebbe ascrivibile alle manovre operate nel corso della legislatura, come quantificate dalle rispettive relazioni tecniche.
Alcune informazioni contenute nel comunicato Istat del 29 febbraio scorso e nella RUEF portano, peraltro, a ritenere che l’entità effettiva della correzione del deficit apportata dalle manovre della legislatura con riferimento al 2007 sia superiore a quella stimata dalle relazioni tecniche riferite ai singoli provvedimenti. In particolare la RUEF, nell’operare una rettifica peggiorativa della previsione del deficit per il 2008, indica fra le diverse ragioni alla base della revisione, lo slittamento a tale esercizio di alcune misure di maggiore spesa o minore entrata che avrebbero dovuto incidere sul 2007[264]. L’ammontare effettivo per tale esercizio delle manovre espansive adottate sarebbe, quindi, a consuntivo inferiore rispetto a quello stimato dalle relazioni tecniche. Ne risulterebbe conseguentemente aumentato l’effetto correttivo netto delle manovre complessivamente adottate per tale esercizio e il loro contributo al risanamento riscontrato[265].
In assenza di una valutazione a consuntivo degli effetti delle singole manovre, per le quali si dispone unicamente delle relazioni tecniche prodotte in sede di previsione, non risulta possibile una valutazione dell’incidenza effettiva sui saldi dei provvedimenti adottati.
L’analisi sopra condotta ha evidenziato che le manovre adottate nella quindicesima legislatura, idealmente distinguibili in due fasi, restrittiva ed espansiva, hanno complessivamente contribuito al risanamento del saldo di bilancio della PA nel 2007, in misura anche superiore rispetto a quanto risultante dalle relazioni tecniche allegate ai provvedimenti. Al tempo stesso le predette manovre, operando essenzialmente mediante incrementi delle entrate nella fase restrittiva e incrementi delle spese nella fase espansiva, hanno contribuito ad accrescere la dimensione del bilancio pubblico nei suoi macro aggregati di entrata e di spesa.
Il fabbisogno complessivo delle Amministrazioni pubbliche[266] costituisce un aggregato consolidato, formato dal fabbisogno delle Amministrazioni centrali e dai fabbisogni aggiuntivi delle Amministrazioni locali e degli enti di previdenza.
Il fabbisogno complessivo delle Amministrazioni centrali si compone del saldo tra gli incassi ed i pagamenti del bilancio dello Stato ed il saldo delle altre operazioni delle Amministrazioni centrali, che riflette principalmente il saldo tra i versamenti in Tesoreria effettuati dal bilancio dello Stato e da altri soggetti ed i pagamenti dalla Tesoreria a soggetti diversi dallo Stato. I fabbisogni aggiuntivi delle Amministrazioni locali e degli Enti di previdenza riflettono le necessità di finanziamento di tali enti non soddisfatte attraverso entrate proprie o trasferimenti da altri enti pubblici.
Sul fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche incidono, inoltre, i proventi delle dismissioni di partecipazioni in imprese pubbliche, al netto dei versamenti per eventuali acquisizioni, effettuate dalle Amministrazioni centrali ed altri proventi di natura straordinaria, quali i dividendi connessi ad operazioni di liquidazione di imprese e gli incassi delle licenze UMTS, nonché gli esborsi per la regolazione di posizioni debitorie pregresse, effettuati sempre dalle Amministrazioni centrali.
Il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche è calcolato dalla Banca d’Italia dal lato della copertura, considerando la variazione degli strumenti finanziari utilizzati per il suo finanziamento.
Fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche 2000-2007
(Valori in milioni di euro e in rapporto al PIL)
ANNO |
FABBISOGNO COMPLESSIVO |
PROVENTI DI DISMISSIONI DI BENI MOBILIARI E ALTRE ENTRATE STRAORDINARIE |
REGOLAZIONI DI DEBITI PREGRESSI |
FABBISOGNO AL NETTO DI REGOLAZIONI DI DEBITI PREGRESSI E DISMISSIONI |
||
|
Valore |
% PIL |
Valore |
Valore |
Valore |
% PIL |
2000 |
26.212 |
2,20 |
15.450 |
4.601 |
37.061 |
3,11 |
2001 |
57.591 |
4,61 |
4.659 |
9.310 |
52.939 |
4,24 |
2002 |
37.967 |
2,93 |
1.951 |
5.328 |
34.591 |
2,67 |
2003 |
39.876 |
2,99 |
16.866 |
8.537 |
48.205 |
3,61 |
2004 |
49.778 |
3,58 |
8.316 |
529 |
57.565 |
4,14 |
2005 |
69.441 |
4,86 |
4.618 |
1.864 |
72.195 |
5,05 |
2006 |
54.380 |
3,67 |
38 |
243 |
54.175 |
3,66 |
2007 |
30.520 |
1,99 |
3.500 |
2.420 |
31.600 |
2,06 |
Il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche, dopo una drastica riduzione nel 2002, è tornato a crescere nel triennio successivo, collocandosi al 5 per cento del PIL nel 2005. Nell’ultimo biennio il dato mostra una ripresa della fase discendente, collocandosi a circa il 2 per cento del PIL nel 2007.
I proventi delle dismissioni mobiliari hanno contribuito alla riduzione del fabbisogno in modo cospicuo soprattutto nel 2003, in conseguenza della cessione di partecipazioni del Tesoro nell’ambito delle operazioni di trasformazione della Cassa depositi e prestiti, che ha determinato incassi per circa 12 miliardi di euro. Negli anni successivi il loro contributo decresce fino al 2007, anno in cui è stata realizzata una riduzione del capitale sociale della Sace, che ha comportato un introito di 3,5 miliardi di euro.
I pagamenti per regolazioni di debiti pregressi mostrano una flessione nel periodo 2004-2006, a fronte dei cospicui valori registrati negli anni precedenti, per effetto del ripiano dei disavanzi per la spesa sanitaria e per il rimborso di crediti d’imposta. Nel 2007 si assiste ad un incremento di tali pagamenti, da porsi in relazione con gli interventi di ripiano dei disavanzi sanitari previsti dal decreto legge n. 23 del 2007 e con la parziale restituzione dei rimborsi IVA auto dovuti ai contribuenti a seguito della Sentenza emessa nel 2006 dalla Corte di giustizia europea.
Divario tra fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche al netto delle dismissioni ed indebitamento netto. Anni 2000-2007
(Valori in milioni di euro e in rapporto al PIL)
ANNO |
FABBISOGNO P.A. NETTO DISMISSIONI |
INDEBITAMENTO NETTO P.A. |
DIFFERENZA |
DIFFERENZA/PIL |
|
|
Valore |
%PIL |
Valore |
Valore |
% PIL |
2000 |
41.662 |
3,50 |
9.962 |
31.700 |
2,66 |
2001 |
62.249 |
4,99 |
38.501 |
23.748 |
1,90 |
2002 |
39.918 |
3,08 |
37.085 |
2.833 |
0,22 |
2003 |
56.742 |
4,25 |
46.614 |
10.128 |
0,76 |
2004 |
58.093 |
4,17 |
48.312 |
9.781 |
0,70 |
2005 |
74.059 |
5,18 |
60.428 |
13.631 |
0,95 |
2006 |
54.418 |
3,68 |
49.634 |
4.784 |
0,32 |
2007 |
34.020 |
2,2 |
29.179 |
4.841 |
0,32 |
Il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche al netto delle dismissioni mobiliari si colloca, in rapporto al PIL, sempre sopra ai 3 punti percentuali, con la sola eccezione del 2007, anno in cui il valore si cifra al 2,2 per cento del PIL, con una riduzione di 1,5 punti rispetto all’anno precedente. A tale risultato ha contribuito anche la riduzione del fabbisogno delle Amministrazioni locali, passato da 18,4 a 3,7 milioni di euro[267].
Si segnala che, a contenimento della dinamica di tale aggregato, hanno operato nel periodo considerato anche misure di carattere temporaneo.
Si tratta, in particolare, di operazioni di cartolarizzazione di crediti in possesso delle Amministrazioni pubbliche. I proventi di tali operazioni, configurandosi le medesime come cessione di asset di natura finanziaria, ove conformi ai criteri generali fissati nel 2002 da Eurostat in materia di valutazione contabile delle cartolarizzazioni, concorrono alla riduzione del fabbisogno, mentre non hanno rilievo ai fini dell’indebitamento netto.
Nel periodo considerato sono state effettuate cartolarizzazioni dei crediti contributivi dell’INPS; nel 2004 sono state effettuate anche operazioni di cessione alla Sace di crediti dello Stato nei confronti della Federazione russa e di crediti dello Stato a fronte di finanziamenti agevolati per la ricerca scientifica.
Il divario tra il fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche, al netto delle dismissioni mobiliari, e l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche, ridottosi nel triennio 2002-2004 – anche in conseguenza di talune riclassificazioni contabili[268] - è tornato a crescere nel 2005, collocandosi a quasi un punto percentuale del prodotto. Negli anni 2006 e 2007 tale divario si colloca allo 0,3 per cento del PIL.
Il divario fra i due saldi è imputabile alle diverse modalità di calcolo utilizzate per la costruzione dei due indicatori.
In linea generale:
· il saldo delle partite finanziarie incide sul fabbisogno, ma non sull’indebitamento netto;
· il fabbisogno è computato in base ad un criterio di cassa, mentre l’indebitamento netto è computato in base ad un criterio di competenza economica, per cui le operazioni nei due aggregati sono registrate in riferimento a momenti diversi;
· nel passaggio dall’uno all’altro dei due aggregati occorre considerare le poste di riclassificazione dovute alle differenze di registrazione delle operazioni ai fini dei due saldi. Tali poste riguardano alcune voci non incluse nel fabbisogno (ad esempio le cancellazioni di debiti, la riscossione di crediti contributivi a seguito di operazioni di cartolarizzazione) ed altre voci relative alla riclassificazione di partite finanziarie ed economiche. Vi sono, infatti alcune operazioni che sono classificate come partite finanziarie nel fabbisogno (e, quindi, incluse), che sono riclassificate come economiche ai fini dell’indebitamento netto e viceversa.
Un’analisi delle singole poste che spiegano il divario tra fabbisogno e indebitamento netto è stata recentemente resa disponibile dall’Istat per gli anni dal 2004 al 2007, nell’ambito dei dati notificati alla Commissione europea in applicazione del Protocollo sulla procedura per i disavanzi eccessivi (PDE), annessa al Trattato di Maastricht, che fissa i valori limite che possono assumere l’indebitamento netto ed il debito pubblico[269]. L’individuazione delle poste di raccordo tra i due aggregati di finanza pubblica è oggetto di attento monitoraggio da parte delle autorità europee ed i relativi dati costituiscono parte integrante della Notifica. Tale analisi consente, infatti, di valutare, in sede europea, la coerenza ed affidabilità delle stime di finanza pubblica dei Paesi membri.
L’analisi, riportata nella tavola che segue, fornisce, in particolare le poste del quadro di raccordo tra il fabbisogno complessivo del settore pubblico e l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche.
Il fabbisogno del settore pubblico è calcolato dal Ministero dell’economia e delle finanze dal lato della formazione e si riferisce ad un insieme di enti che non coincide perfettamente con quello delle Amministrazioni pubbliche, in riferimento al quale è calcolato l’indebitamento netto.
Per alcuni enti minori centrali, locali e previdenziali non vi è, infatti, completa corrispondenza con quelli considerati dall’Istat per definire l’aggregato delle Amministrazioni pubbliche, il cui elenco è periodicamente aggiornato e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale[270].
Il fabbisogno calcolato dal MEF esclude sia la variazione dei depositi attivi del Tesoro presso la Banca d’Italia, sia le dismissioni di azioni e partecipazioni.
Il quadro di raccordo ricostruito dall’Istat analizza le singole poste che differenziano i due aggregati.
Le variazioni nette di partite finanziarie attive comprendono i prestiti erogati a soggetti esterni alle Amministrazioni pubbliche, l’acquisizione di partecipazioni in imprese pubbliche ed altre partite, la cui componente più importante è costituita dai depositi bancari. Tali variazioni, che debbono essere escluse nel passaggio dal fabbisogno all’indebitamento, in quanto quest’ultimo non le contiene, hanno concorso in modo decrescente, nel periodo considerato, alla formazione del fabbisogno.
La posta relativa alla differenza tra valutazioni per competenza e per cassa, connessa alla diversa imputazione temporale delle operazioni utilizzata nel calcolo dei due saldi, mostra un dato significativo nel 2006, anno nel quale gli esborsi per cassa sono stati più elevati di quelli per competenza, anche a causa del rimborso di cospicui ammontari di buoni postali, per i quali gli interessi maturati sono pagati al momento del rimborso.
Raccordo tra fabbisogno del settore pubblico e indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche. Anni 2004 - 2007 (milioni di euro)[271] |
||||
|
|
|
|
|
|
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Fabbisogno del settore pubblico |
-57.180 |
-74.728 |
-55.593 |
-35.259 |
|
|
|
|
|
Partite finanziarie attive comprese nel Fabbisogno (variazioni) |
13.769 |
17.707 |
8.885 |
6.269 |
Concessione di prestiti (+) |
13.693 |
13.022 |
6.231 |
4.017 |
Riscossione di prestiti (-) |
-1.728 |
-4.145 |
-2.486 |
-3.864 |
Acquisizione di partecipazioni azionarie (+) |
1.223 |
1.738 |
1.457 |
874 |
Vendite di azioni (-) |
0 |
0 |
0 |
0 |
Aumenti/Riduzioni di altre attività finanziarie (+/-) |
581 |
7.092 |
3.683 |
5.242 |
|
|
|
|
|
Differenza tra valutazioni per competenza e per cassa |
-4.126 |
-3.211 |
11.318 |
-957 |
Entrate (+) |
182 |
4.985 |
6.674 |
9.011 |
Uscite al netto degli interessi passivi (-) |
-1.323 |
-8.452 |
2.788 |
-5.341 |
Interessi passivi (EDP) (-) |
-2.985 |
256 |
1.856 |
-4.627 |
|
|
|
|
|
Riclassificazioni di operazioni |
-446 |
-1.189 |
-14.434 |
149 |
Cancellazioni di debiti dei Paesi in via di sviluppo |
-229 |
-1.200 |
-1.035 |
-108 |
Sospensione delle attività di riscossione dei crediti contributivi INPS |
0 |
0 |
-734 |
0 |
Cancellazione dei crediti verso RFI/TAV per l'alta velocità |
0 |
0 |
-12.950 |
0 |
Riscossioni di crediti contributivi non inclusi nel fabbisogno (INPS) |
0 |
0 |
0 |
0 |
Riclassificazioni di dividendi derivanti da privatizzazioni (TERNA) |
-633 |
-250 |
0 |
0 |
Riclassificazioni di altre partite finanziarie (crediti e partecipazioni) |
416 |
261 |
285 |
257 |
Apporti di capitale a Cassa Depositi e Prestiti |
0 |
0 |
0 |
0 |
|
|
|
|
|
Discrepanza statistica |
-329 |
994 |
190 |
619 |
|
|
|
|
|
Indebitamento netto |
-48.312 |
-60.428 |
-49.634 |
-29.179 |
Sempre nel 2006 si riscontra un elevato ammontare della voce dovuta alla riclassificazione delle operazioni. Tale dato è da porsi soprattutto in relazione con la cancellazione dei crediti verso RFI/TAV che ha comportato, a seguito della decisione Eurostat, ai fini del calcolo dell’indebitamento netto, la classificazione di tali crediti, per un ammontare di circa 13 miliardi di euro, tra i trasferimenti in conto capitale, contribuendo a ridurre il divario tra i due saldi. Al netto di tale posta, infatti, tale divario sarebbe risultato superiore per circa un punto di PIL.
Il debito delle Amministrazioni pubbliche[272] si compone dell’insieme delle passività finanziarie del settore, valutate al valore facciale di emissione.
In linea con la definizione adottata ai fini della procedura per i disavanzi eccessivi della UE, si tratta di un aggregato consolidato, dal quale sono escluse le passività che costituiscono nel contempo stesso attività, nell’ambito dei medesimi strumenti di indebitamento, di enti appartenenti al medesimo comparto delle Amministrazioni pubbliche.
Le variazioni annue del debito non coincidono con l’ammontare del fabbisogno delle Amministrazioni pubbliche a causa dei diversi criteri contabili utilizzati per il computo dei due aggregati.
In particolare:
· le variazioni delle attività nei confronti della Banca d’Italia sono considerate una forma di copertura del fabbisogno, mentre le corrispondenti consistenze non sono portate a riduzione del debito;
· nel fabbisogno, ad eccezione dei BOT, le emissioni dei titoli sono valutate al “netto ricavo”, mentre nel debito sono considerate al valore nominale;
· nel fabbisogno, le passività denominate in valuta diversa dall’euro sono convertite al tasso di cambio vigente al momento della regolazione dell’operazione, mentre nel debito la conversione è effettuata al tasso di cambio vigente alla fine del periodo di riferimento.
Nella tavola che segue sono riportate la variazione del debito e le sue componenti nel periodo 2003-2007.
Nel 2003 e nel 2007 la crescita nominale del debito è stata notevolmente inferiore al fabbisogno. Nel 2003 per effetto sia della riduzione delle attività detenute dal Tesoro presso la Banca d’Italia, sia degli scarti di emissione, sia dell’apprezzamento del cambio dell’euro. Nel 2007 ha concorso alla minore crescita del debito, rispetto al fabbisogno, soprattutto la sensibile riduzione delle attività detenute presso la Banca d’Italia, la cui consistenza a fine anno è scesa a 9,7 miliardi di euro.
Tale riduzione è da porsi in relazione con una imprevista accelerazione negli ultimi giorni dell’anno dei pagamenti di cassa da parte delle Amministrazioni pubbliche, necessariamente finanziati con le disponibilità del conto di tesoreria, non essendo più possibile il ricorso ad emissione di titoli di debito pubblico.
Variazioni del debito delle Amministrazioni
pubbliche e sue componenti.
Anni 2003-2007
(Valori in milioni di euro)
COMPONENTI |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Variazione Debito (a)+(b)+(c)+(d) |
24.983 |
51.108 |
66.951 |
64.082 |
21.126 |
(a) Fabbisogno complessivo |
39.876 |
49.778 |
69.441 |
54.380 |
30.520 |
(b) Variazione depositi presso la Banca d’Italia |
-8.022 |
2.578 |
-1.197 |
8.230 |
-13.142 |
(c) Scarti di emissione |
-3.692 |
-227 |
-2.444 |
2.274 |
4.083 |
(d) Variazione controvalore in euro di passività in valuta |
-3.179 |
-1.021 |
1.150 |
-801 |
-333 |
In rapporto al PIL, il debito mostra un andamento discendente fino al 2004, per poi tornare ad aumentare nel biennio successivo. Nel 2007 si assiste di nuovo ad una consistente riduzione del rapporto, che in larga parte riassorbe gli incrementi determinatisi nel 2005 e 2006.
Debito delle Amministrazioni pubbliche: rapporto al PIL e sue variazioni.
Anni 2000-2007
(Valori in milioni di euro - %)
ANNO |
DEBITO A.P. |
VARIAZIONE DEBITO A.P. |
PIL |
DEBITO A.P /PIL |
VARIAZIONE DEBITO A.P./PIL |
|
Valore |
Valore |
Valore |
% PIL |
% PIL |
2000 |
1.300.341 |
18.279 |
1.191.057 |
109,2 |
-4,6 |
2001 |
1.358.333 |
57.992 |
1.248.648 |
108,8 |
-0,4 |
2002 |
1.368.512 |
10.179 |
1.295.226 |
105,7 |
-3,1 |
2003 |
1.393.495 |
24.983 |
1.335.354 |
104,4 |
-1,3 |
2004 |
1.444.603 |
51.108 |
1.391.530 |
103,8 |
-0,5 |
2005 |
1.511.554 |
66.951 |
1.428.375 |
105,8 |
2,0 |
2006 |
1.575.636 |
64.082 |
1.479.981 |
106,5 |
0,6 |
2007 |
1.596.762 |
21.126 |
1.535.540 |
104,0 |
-2,5 |
La variazione annua del rapporto tra il debito ed il PIL può essere scomposta in due componenti principali – l’indebitamento netto primario e il differenziale tra l’onere medio del debito e la crescita nominale del prodotto interno lordo – ed in una componente di natura residuale.
In particolare:
· l’indebitamento netto primario (saldo primario) corrisponde alla differenza fra le uscite complessive delle Amministrazioni pubbliche, al netto degli interessi passivi, e le entrate complessive. Esso concorre, se positivo, alla riduzione del rapporto;
· il differenziale tra l’onere medio del debito (calcolato come incidenza della spesa per interessi passivi sostenuta nell’anno di riferimento sulla consistenza del debito dell’anno precedente) ed il tasso di crescita del PIL nominale, se assume valore positivo, opera in senso accrescitivo del rapporto debito/PIL. Ciò in quanto la crescita del prodotto, che aumenta il denominatore del rapporto, non è sufficiente a neutralizzare l’effetto sul numeratore determinato dall’onere del debito;
· la componente residuale, indicata anche come aggiustamento stock- flussi, è pari alla differenza tra la variazione del debito e l’indebitamento netto. Su tale componente influiscono diversi fattori, quali i diversi criteri contabili adottati per il calcolo dell’indebitamento netto e del fabbisogno delle amministrazioni pubbliche, le acquisizioni nette di attività finanziarie, le regolazioni di debiti pregressi, la variazione dei depositi attivi presso la Banca d’Italia, le risultanze delle operazioni di ristrutturazione del debito, gli scarti di emissione e l’andamento del tasso di cambio.
Debito delle Amministrazioni pubbliche. Determinanti della variazione del rapporto
debito - PIL e sue variazioni. Anni 2003-2007
(Valori in milioni di euro - %)
COMPONENTI |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Debito/PIL |
104,4 |
103,8 |
105,8 |
106,5 |
104,0 |
Variazione rapporto Debito/PIL |
-1,3 |
-0,5 |
2,0 |
0,6 |
-2,5 |
Indebitamento netto primario/PIL (il segno “-“ indica avanzo) |
-1,6 |
-1,2 |
-0,3 |
-1,3 |
-3,1 |
Onere medio del debito |
5,0 |
4,7 |
4,5 |
4,5 |
4,9 |
Tasso di crescita del PIL nominale |
3,1 |
4,2 |
2,6 |
3,6 |
3,8 |
Differenza tra onere medio del debito e tasso di crescita del PIL |
1,9 |
0,5 |
1,8 |
0,9 |
1,1 |
Componente residuale |
-1,6 |
0,2 |
0,5 |
1,0 |
-0,5 |
Nel periodo considerato il saldo primario permane positivo (avanzo primario), tuttavia il suo contributo riduttivo del rapporto debito/PIL va progressivamente affievolendosi negli anni centrali della serie. L’onere medio del debito, dopo una fase discendente, in conseguenza della riduzione dei rendimenti registrata fino al dicembre 2005 e degli effetti delle politiche di gestione del debito stesso, quali il ricorso ad operazioni di swap, è tornato a crescere nel 2007.
In tale anno, infatti, la spesa per interessi ha subito un significativo aumento, da porsi in relazione essenzialmente con il progressivo aumento dei tassi all’emissione registrato nei primi sette mesi dell’anno, con il minore ricorso ad operazioni di swap, che negli anni precedenti avevano contenuto gli esborsi e con fattori di natura contabile[273]. Inoltre, ad accentuare l’effetto dei tassi di mercato sugli interessi, sarebbe stato, secondo quanto precisato nella RUEF presentata nel marzo 2008, anche il maggior ricorso da parte del Tesoro a strumenti a breve e brevissimo termine emessi in corso d’anno per compensare la maggiore volatilità mensile e giornaliera del fabbisogno del settore statale.
La differenza tra onere medio del debito e tasso di crescita del PIL nominale permane positiva, operando nel periodo in senso accrescitivo del rapporto debito/PIL a causa della bassa quanto irregolare crescita del prodotto.
La componente residuale opera nel periodo in senso accrescitivo del rapporto, tranne che per gli anni 2003 e 2007. In particolare, nel 2006, tale componente concorre per un punto di PIL alla crescita del rapporto. Hanno concorso a tale risultato l’emissione di debito sotto la pari e l’incremento dei depositi attivi del Tesoro presso la Banca d’Italia, effettuato per far fronte nell’anno successivo ai rimborsi IVA connessi alla sentenza della Corte di giustizia europea del settembre 2006.
Nel 2003 hanno influito sull’impatto riduttivo della componente residuale le cospicue dismissioni mobiliari (circa 16,9 miliardi di euro) pari ad 1,3 punti di PIL, in larga parte ascrivibili alle operazioni di trasformazione della CDP.
Nel 2007, sull’effetto di riduzione del rapporto debito/PIL dovuto alla componente residuale hanno influito la riduzione dei depositi attivi del Tesoro presso la Banca d’Italia per oltre 13 miliardi di euro e dismissioni di partecipazioni mobiliari per 3,5 miliardi di euro, solo parzialmente bilanciate dall’emissione di debito sotto la pari.
Nel 2008 il debito delle Amministrazioni pubbliche è previsto attestarsi a 1.638,3 miliardi di euro, corrispondenti al 103 per cento del PIL. Il quadro programmatico contenuto nella RUEF prevede che il rapporto debito/PIL si collochi sotto la soglia del 100 per cento dal 2010.
Nel 2008, rispetto al 2007, il rapporto diminuisce di un punto di PIL. L’avanzo primario contribuisce a ridurre la dinamica del debito per 2,6 punti di PIL. In senso opposto opera il differenziale tra onere medio del debito e tasso di crescita nominale del prodotto, pari ad 1,4 per cento: si registra, infatti, un ulteriore lieve incremento dell’onere medio del debito (dal 4,9 al 5 per cento) a fronte di una decelerazione del tasso di crescita nominale del PIL (dal 3,8 al 3,6 per cento). La componente residuale concorre alla crescita del debito per 0,2 punti di PIL.
Debito delle Amministrazioni pubbliche. Analisi per strumenti.
Anni 2000-2007 – Composizione percentuale.
STRUMENTI |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Monete e depositi |
8,91 |
10,23 |
10,97 |
8,06 |
8,92 |
9,89 |
9,96 |
8,96 |
di cui raccolta postale |
8,55 |
9,57 |
10,13 |
5,45 |
5,17 |
4,67 |
4,16 |
2,33 |
Titoli a breve termine |
7,84 |
8,37 |
8,28 |
8,57 |
8,19 |
7,77 |
7,76 |
8,01 |
Titoli a medio lungo |
77,57 |
75,82 |
75,56 |
75,37 |
75,50 |
74,71 |
73,87 |
74,52 |
Totale titoli |
85,41 |
84,19 |
83,84 |
83,94 |
83,69 |
82,48 |
81,63 |
82,53 |
Prestiti IFM |
5,20 |
4,72 |
4,50 |
4,01 |
3,77 |
3,98 |
7,85 |
7,86 |
Altre passività |
0,49 |
0,86 |
0,68 |
3,99 |
3,62 |
3,65 |
0,55 |
0,65 |
Debito AP |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
di cui in valuta |
3,53 |
2,82 |
2,78 |
1,96 |
1,84 |
1,80 |
0,68 |
0,22 |
di cui medio lungo termine |
85,67 |
83,72 |
82,90 |
85,11 |
84,35 |
83,22 |
82,73 |
83,36 |
La tavola che precede esamina la struttura del debito delle Amministrazioni pubbliche in base alla composizione per strumenti di finanziamento.
L’aggregato debito delle Amministrazioni pubbliche include i seguenti strumenti finanziari:
· le monete ed i depositi: comprendono le monete in circolazione, i depositi presso la Tesoreria statale di pertinenza di soggetti esterni alle A.P. e la raccolta postale. Dal dicembre 2003, in seguito alla trasformazione della Cassa depositi e prestiti in società per azioni, tale ultima voce comprende solo la quota dei buoni postali attribuita al Ministero dell’economia e delle finanze ed i conti correnti postali intestati a soggetti privati. Nella voce “monete e depositi”, in seguito alla decisione Eurostat del 23 maggio 2005, sono confluiti i versamenti anticipati effettuati dai concessionari della riscossione (decreto legge n. 341 del 2003 e decreto legge n. 282 del 2004)[274];
· titoli diversi dalle azioni (esclusi gli strumenti finanziari derivati) emessi dallo Stato e dalle amministrazioni pubbliche. Sempre in seguito alla decisione Eurostat del 23 maggio 2005, nei titoli a medio e lungo termine è confluita la quota in titoli dei debiti contratti nel 2004 da Infrastrutture S.p.a. per il finanziamento dell’alta velocità ferroviaria;
· prestiti delle istituzioni finanziarie monetarie (IFM): comprende i prestiti erogati in favore di enti delle A.P. o il cui onere di rimborso sia a carico dei medesimi. Dal 2004 comprende la restante parte dei prestiti contratti da Infrastrutture S.p.a. per il finanziamento degli investimenti per l’alta velocità. In questa voce confluiscono anche i proventi di alcune operazioni di cartolarizzazione, che in base ai criteri Eurostat sono classificate come accensione di prestiti, anziché cessioni di attività;
· altre passività: la voce comprende le passività verso la Banca d’Italia e, dal 2003, vi confluiscono i prestiti erogati dalla Cassa depositi e prestiti in favore delle Amministrazioni pubbliche. Dal settembre 2006, tuttavia, tali prestiti sono classificati nella voce “Prestiti IFM” in quanto la Cassa è stata inclusa tra le istituzioni finanziarie monetarie.
Nel 2007 l’83,4 per cento del debito delle Amministrazioni pubbliche è a medio e lungo termine, a fronte dell’85,7 per cento nel 2000. I titoli rappresentano 82,5 per cento del valore del debito a fronte dell’85,4 per cento nel 2000. Del loro ammontare complessivo, circa il 90,3 per cento è rappresentato nel 2007 da titoli a medio e lungo termine, con una lieve riduzione rispetto al peso assunto nel 2000 (90,8 per cento).
La vita residua media ponderata dei titoli di Stato prosegue il suo trend di crescita, passando dai circa 6 anni del gennaio 2004 ai 6,85 anni di fine 2007[275].
La quota delle monete e depositi si riduce nel periodo, a seguito della flessione dal 2003 della raccolta postale, causata dalle revisioni contabili derivanti dalla trasformazione della CDP. Sempre a seguito di tali revisioni si incrementa dal 2003 al 2005 la quota delle altre passività, in cui confluiscono i prestiti erogati dalla CDP alle Amministrazioni pubbliche. Dal 2006, invece, a seguito dell’inserimento della Cassa tra le Istituzioni finanziarie monetarie tali prestiti concorrono a determinare il maggior peso relativo di tale tipologia di strumento.
Nel corso del periodo considerato si riduce, inoltre, il peso relativo del debito in valuta.
Debito delle Amministrazioni pubbliche. Analisi per sottosettori e strumenti.
Anni 2000-2007 – Composizione percentuale.
SOTTOSETTORI P.A. |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Amministrazioni centrali |
96,52 |
96,36 |
96,20 |
94,68 |
94,57 |
94,04 |
93,14 |
92,97 |
Titoli |
87,93 |
86,69 |
86,13 |
87,38 |
86,92 |
85,77 |
85,35 |
86,55 |
Prestiti di banche e fondi monetari |
2,84 |
2,46 |
2,24 |
1,87 |
1,66 |
1,87 |
3,92 |
3,79 |
Amministrazioni locali. |
3,01 |
3,05 |
3,40 |
5,12 |
5,33 |
5,96 |
6,86 |
6,99 |
Titoli |
17,93 |
21,41 |
29,14 |
23,51 |
27,95 |
30,65 |
31,21 |
29,51 |
Prestiti di banche e fondi monetari |
81,37 |
76,62 |
68,61 |
43,58 |
41,25 |
37,12 |
61,12 |
61,44 |
Enti di previdenza |
0,47 |
0,59 |
0,40 |
0,20 |
0,10 |
0,00 |
0,00 |
0,04 |
Debito delle Amministrazioni pubbliche |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
In merito alla ripartizione per sottosettori della P.A., alla fine del 2007, il debito delle Amministrazioni centrali rappresenta circa il 93 per cento del debito complessivo, quello a carico delle Amministrazioni locali raggiunge il 7 per cento, mentre risulta quasi nullo il debito contratto dagli Enti di previdenza. Nel 2000 tali quote erano pari, rispettivamente, al 96,5 per cento, al 3 per cento ed allo 0,5 per cento circa.
In valore assoluto lo stock di debito delle Amministrazioni locali passa da circa 39 miliardi di euro nel 2000 a circa 112 miliardi di euro nel 2007.
Tale andamento risente in parte, a decorrere dal 2003, della riallocazione del debito tra i due sottosettori delle Amministrazioni centrali e delle Amministrazioni locali, conseguente alla trasformazione della CDP, nonché della circostanza che taluni interventi straordinari di riduzione del debito adottati in alcuni anni della serie hanno inciso sulla sola componente del debito di pertinenza delle Amministrazioni centrali [276].
L’incidenza del debito delle Amministrazioni locali sul PIL è salita nel periodo considerato di circa 4 punti percentuali, raggiungendo il 7,3 per cento del PIL a fine 2007
Mentre i titoli rappresentano per le Amministrazioni centrali il principale strumento di indebitamento - con un’incidenza sul debito delle stesse che passa dall’88 per cento circa nel 2001 all’86,6 per cento nel 2007 - il debito delle Amministrazioni locali è in misura preponderante costituito da prestiti delle istituzioni monetarie e finanziarie residenti e non residenti e della CDP s.p.a. Tuttavia, la quota di debito in titoli delle Amministrazioni locali risulta crescente, passando dal 18 per cento circa nel 2000 al 29,5 per cento nel 2007.
Nella RUEF presentata nel marzo scorso si sottolinea come ad una quota significativa delle passività delle Amministrazioni locali attualmente in circolazione si applichi un tasso di interesse variabile e come quindi tale quota sia esposta ad incrementi di spesa in caso di rialzo significativo dei tassi di mercato. Tale circostanza si è prodotta nel 2007 ed ha concorso ad incrementare la spesa complessiva per interessi delle Amministrazioni pubbliche.
Dall’analisi per comparti della finanza locale si evidenzia come, nel periodo di tempo considerato il ritmo di crescita dello stock di debito delle province e dei comuni sia stato superiore a quello dell’intero comparto. Infatti, lo stock di debito iniziale è aumentato di circa cinque volte per le province e di circa due volte per i comuni. Parimenti è andata aumentando la rispettiva quota di debito di pertinenza di tali enti, mentre si sono ridotte corrispondentemente le quote afferenti alle regioni ed agli altri enti locali, prevalentemente produttori di servizi sanitari.
Debito delle Amministrazioni locali. Analisi per comparti e strumenti.
Anni 2000-2007 – Composizione percentuale.
COMPARTI AMMINISTRAZIONI LOCALI |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Regioni e Province autonome |
45,32 |
46,46 |
47,82 |
38,70 |
39,49 |
37,85 |
41,75 |
42,20 |
Titoli |
26,86 |
31,55 |
44,44 |
42,60 |
44,63 |
40,89 |
41,46 |
38,28 |
Prestiti di banche, fondi monetari e CDP |
72,43 |
65,08 |
52,71 |
48,19 |
45,63 |
44,84 |
42,01 |
41,58 |
Province |
3,73 |
3,85 |
4,22 |
6,71 |
7,38 |
8,09 |
8,02 |
7,92 |
Titoli |
22,22 |
24,80 |
36,02 |
23,64 |
35,66 |
44,77 |
42,28 |
42,45 |
Prestiti di banche, fondi monetari e CDP |
77,07 |
74,43 |
63,38 |
74,69 |
63,01 |
54,27 |
57,11 |
56,95 |
Comuni |
39,38 |
37,92 |
36,01 |
46,66 |
45,81 |
45,36 |
41,87 |
41,74 |
Titoli |
12,34 |
15,08 |
17,46 |
11,52 |
16,63 |
25,10 |
24,79 |
23,63 |
Prestiti di banche, fondi monetari e CDP |
86,95 |
84,16 |
81,94 |
86,65 |
81,79 |
73,36 |
74,05 |
75,60 |
Altri enti locali |
11,57 |
11,76 |
11,96 |
7,94 |
7,31 |
8,70 |
8,36 |
8,14 |
Debito Amministrazioni locali |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
100,00 |
La composizione del debito delle regioni per strumenti, che nel 2000 appariva fortemente sbilanciata in favore del ricorso ai prestiti (che rappresentavano circa il 72 per cento del debito a fronte di una quota in titoli pari al 27 per cento), presenta nel 2007 un’incidenza del debito in titoli del 38 per cento circa, a fronte di una quota in prestiti vicina al 42 per cento.
In notevole aumento risulta anche la quota del debito in titoli delle province e dei comuni, anche se i prestiti rimangono il primo strumento di finanziamento di tali enti, destinatari, per la quasi totalità del loro ammontare, dei prestiti erogati dalla Cassa depositi e prestiti s.p.a. alle Amministrazioni locali.
Le entrate complessive delle Amministrazioni Pubbliche, dopo aver registrato una tendenza alla riduzione della propria incidenza sul PIL, tra il 2001 e il 2005, hanno ripreso la loro crescita, a partire dal 2005. Tra il 2005 e il 2007, le entrate totali aumentano, in percentuale del prodotto, di 3 punti percentuali. La variazione riguarda essenzialmente le entrate correnti. Le entrate in conto capitale vedono invece ridurre il proprio peso sul prodotto interno lordo, a causa del venir meno dei provvedimenti di sanatoria fiscale, il cui gettito è classificato tra le entrate in conto capitale.
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Imposte dirette |
171.833 |
183.998 |
179.554 |
178.745 |
185.331 |
189.815 |
213.308 |
233.660 |
Imposte indirette |
175.037 |
176.952 |
185.174 |
186.770 |
195.401 |
202.736 |
220.181 |
225.928 |
Contributi sociali |
147.985 |
153.823 |
161.275 |
168.776 |
175.965 |
183.445 |
189.683 |
204.772 |
Altre entrate correnti |
35.489 |
40.090 |
40.613 |
45.278 |
50.247 |
49.600 |
52.194 |
55.272 |
Entrate correnti |
535.377 |
558.872 |
571.231 |
579.569 |
606.944 |
625.596 |
675.366 |
719.632 |
Imposte in c/capitale |
1.117 |
1.065 |
2.986 |
17.932 |
8.374 |
1.871 |
225 |
300 |
Totale entrate in c/capitale |
5.044 |
3.469 |
5.667 |
22.290 |
12.180 |
5.952 |
4.474 |
4.614 |
Totale entrate |
540.421 |
562.341 |
576.898 |
601.859 |
619.124 |
631.548 |
679.840 |
724.246 |
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Imposte dirette |
2% |
7,1% |
-2,4% |
-0,5% |
3,7% |
2,4% |
12,4% |
9,5% |
Imposte indirette |
5% |
1,1% |
4,6% |
0,9% |
4,6% |
3,8% |
8,6% |
2,6% |
Contributi sociali |
5% |
3,9% |
4,8% |
4,7% |
4,3% |
4,3% |
3,4% |
8,0% |
Altre entrate correnti |
- |
13,0% |
1,3% |
11,5% |
11,0% |
-1,3% |
5,2% |
5,9% |
Entrate correnti |
3% |
4,4% |
2,2% |
1,5% |
4,7% |
3,1% |
8,0% |
6,6% |
Imposte in c/capitale |
-11% |
-4,7% |
180,4% |
500,5% |
-53,3% |
-77,7% |
-88,0% |
33,3% |
Totale entrate in c/capitale |
-10% |
-31,2% |
63,4% |
293,3% |
-45,4% |
-51,1% |
-24,8% |
3,1% |
Totale entrate |
3% |
4,1% |
2,6% |
4,3% |
2,9% |
2,0% |
7,6% |
6,5% |
|
||||||||
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Imposte dirette |
14,4% |
14,7% |
13,9% |
13,4% |
13,3% |
13,3% |
14,4% |
15,2% |
Imposte indirette |
14,7% |
14,2% |
14,3% |
14,0% |
14,0% |
14,2% |
14,9% |
14,7% |
Contributi sociali |
12,4% |
12,3% |
12,5% |
12,6% |
12,6% |
12,8% |
12,8% |
13,3% |
Altre entrate correnti |
3,0% |
3,2% |
3,1% |
3,4% |
3,6% |
3,5% |
3,5% |
3,6% |
Entrate correnti |
44,9% |
44,8% |
44,1% |
43,4% |
43,6% |
43,8% |
45,6% |
46,9% |
Imposte in c/capitale |
0,1% |
0,1% |
0,2% |
1,3% |
0,6% |
0,1% |
0,0% |
0,0% |
Totale entrate in c/capitale |
0,4% |
0,3% |
0,4% |
1,7% |
0,9% |
0,4% |
0,3% |
0,3% |
Totale entrate |
45,4% |
45,0% |
44,5% |
45,1% |
44,5% |
44,2% |
45,9% |
47,2% |
Le entrate correnti rappresentano, nel periodo considerato, una percentuale delle entrate complessive il cui valore è prossimo al 99 per cento. La riduzione, nel 2003, di circa 3 punti percentuali del peso delle entrate correnti sulle entrate complessive è da collegare al corrispondente incremento delle entrate in conto capitale. Quest’ultimo è dovuto, in via prevalente, al gettito delle sanatorie fiscali introdotte con la legge finanziaria per il 2003, che ha avuto i suoi riflessi anche nel 2004 per effetto della facoltà di versamento rateizzato delle imposte.
Nell’ambito delle entrate correnti, le imposte dirette vedono progressivamente ridurre il loro peso fino al 2005, per poi riacquistarlo nel 2006, mentre le imposte indirette mostrano un’incidenza piuttosto stabile nel periodo considerato.
Incidenza % delle varie voci sul totale delle entrate
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Imposte dirette |
31,8 |
32,7 |
31,1 |
29,7 |
29,9 |
30,1 |
31,4 |
32,3 |
Imposte indirette |
32,4 |
31,5 |
32,1 |
31,0 |
31,6 |
32,1 |
32,4 |
31,2 |
Imposte in c/capitale |
0,2 |
0,2 |
0,5 |
3,0 |
1,4 |
0,3 |
0,0 |
0,0 |
Totale entrate tributarie |
64,4 |
64,4 |
63,7 |
63,7 |
62,8 |
62,5 |
63,8 |
63,5 |
Contributi sociali effettivi |
26,7 |
26,6 |
27,3 |
27,4 |
27,8 |
28,5 |
27,4 |
27,7 |
Contributi sociali figurativi |
0,7 |
0,7 |
0,6 |
0,6 |
0,6 |
0,5 |
0,5 |
0,5 |
Totale contributi sociali |
27,4 |
27,4 |
28,0 |
28,0 |
28,4 |
29,0 |
27,9 |
28,3 |
Altre entrate correnti |
6,6 |
7,1 |
7,0 |
7,5 |
8,1 |
7,9 |
7,7 |
7,6 |
Totale entrate correnti |
99,1 |
99,4 |
99,0 |
96,3 |
98,0 |
99,1 |
99,3 |
99,4 |
Totale entrate in c/capitale |
0,9 |
0,6 |
1,0 |
3,7 |
2,0 |
0,9 |
0,7 |
0,6 |
Per quanto riguarda il gettito del 2007, al cui andamento ha contribuito sia la componente erariale (il Bilancio dello Stato) che quella locale che ha registrato tassi di crescita più elevati, particolarmente positivo è stato l’andamento del gettito IRPEF cresciuto su base annua del 5,7 per cento, delle imposte dirette pagate in autoliquidazione (IRES e una parte dell’IRPEF) aumentate del 24,1 per cento e delle imposte di registro e bollo. L’IVA è cresciuta del 4 per cento, in parte frenata da una riduzione dei consumi dei prodotti petroliferi.
Complessivamente, come si evince dalla seguente tabella, fra il 2000 e 2005, si registra una riduzione della pressione fiscale[277], pur evidenziandosi un picco nel 2003 dovuto al gettito delle sanatorie fiscali, ed un successivo innalzamento fra il 2005 e il 2007.
Più in particolare, il risultato relativo agli anni dal 2000 al 2005 è determinato da una riduzione della pressione tributaria (imposte dirette, indirette e in conto capitale) che passa dal 29,2% al 27,6%, parzialmente compensata da un incremento della pressione contributiva (contributi sociali effettivi e figurativi) che dal 12,4% è salita al 12,8%.
Conto economico consolidato della P. A.
Indicatori della pressione fiscale
(% sul PIL)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Imposte indirette |
14,4 |
14,7 |
13,9 |
13,4 |
13,3 |
13,3 |
14,4 |
15,2 |
Imposte dirette |
14,7 |
14,2 |
14,3 |
14,0 |
14,0 |
14,2 |
14,9 |
14,7 |
Imposte c/capitale |
0,1 |
0,1 |
0,2 |
1,3 |
0,6 |
0,1 |
0,0 |
0,0 |
Totale imposte |
29,2 |
29,0 |
28,4 |
28,7 |
28,0 |
27,6 |
29,3 |
29,9 |
Contributi sociali effettivi |
12,1 |
12,0 |
12,2 |
12,4 |
12,4 |
12,6 |
12,6 |
13,1 |
Contributi sociali figurativi |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,3 |
0,2 |
0,2 |
0,3 |
Totale contributi |
12,4 |
12,3 |
12,5 |
12,6 |
12,6 |
12,8 |
12,8 |
13,3 |
Pressione fiscale consolidata |
41,6 |
41,3 |
40,8 |
41,4 |
40,6 |
40,5 |
42,1 |
43,3 |
Esaminando in dettaglio le voci relative alle imposte, si assiste, nel medesimo periodo, ad una riduzione dell’incidenza rispetto al PIL delle imposte dirette (-1,3 punti percentuali). Si registra invece un’invarianza dei valori del 2005, rispetto a quelli del 2001, per quanto attiene sia alle imposte indirette sia alle imposte in conto capitale, determinandosi quindi una sostanziale corrispondenza tra tassi di incremento del PIL e delle imposte in esame.
Con particolare riferimento al 2005, si rileva la forte contrazione su base annua dell’incidenza sul PIL delle imposte in conto capitale, connessa al venir meno degli introiti dei condoni fiscali, parzialmente compensata dalla crescita, superiore al PIL, delle imposte indirette e dei contributi sociali.
Con riferimento al 2007 si è registrato un aumento della pressione fiscale pari a 1,2 punti percentuali rispetto al 2006.
Più in particolare, tale risultato è l’effetto di una dinamica diversificata delle componenti del prelievo fiscale e parafiscale, all’interno del quale le imposte dirette sono aumentate del 9,5 per cento, quelle indirette del 2,6 per cento, i contributi sociali effettivi dell’8,0 per cento. Alla crescita dei contributi sociali hanno contribuito, oltre all’aumento dell’aliquota di legge per i lavoratori autonomi, anche gli introiti dei contributi sociali per il TFR che le imprese con oltre 50 addetti hanno versato all’INPS nel 2007, per i dipendenti che hanno scelto di mantenere tale istituto piuttosto che destinare tali contributi alla previdenza complementare.
Al riguardo si ricorda che l’indicatore della pressione
fiscale è ottenuto dal rapporto tra l’ammontare delle imposte (dirette,
indirette e in c/capitale) e dei contributi sociali (effettivi e figurativi) e
il PIL. L’Istituto nazionale di statistica, con un comunicato del 4 marzo
- nei contributi sociali effettivi sono compresi, in linea con i criteri Eurostat, i 5.508 milioni di euro versati all’INPS a titolo di TFR;
- l’importo relativo all’erogazione del bonus agli incapienti (pari a 562 milioni di euro), previsto dall’articolo 44 del D.L. n. 159 del 2007, è stato classificato tra le prestazioni sociali in denaro. Tale importo, essendo erogato ai soggetti passivi di IRPEF la cui imposta netta per i redditi del 2006 è risultata pari a zero, è assimilabile alla fattispecie di rimborso eccedente l’ammontare dell’imposta netta dovuta dal contribuente e quindi, secondo le raccomandazioni stabilite a livello internazionale, va classificato come prestazione sociale, in uscita del Conto delle Amministrazioni pubbliche e non a riduzione delle imposte dirette;
- l’importo di 4.939 milioni di euro conseguente al D.L. n. 248 del 2007, che ha soppresso l’obbligo dei versamenti in acconto da parte delle imprese Concessionarie della riscossione delle imposte, è stato classificato tra gli altri trasferimenti in conto capitale. L’operazione corrisponde ad un rimborso alle imprese Concessionarie di imposte pagate una - tantum nel 1997 (una prima volta) e negli anni 1998, 1999 e 2002 (anni in cui si è avuto un aumento di aliquota). Tale operazione, infatti, essendo disposta con un provvedimento legislativo ad hoc, genera un trasferimento straordinario da classificare nel Conto delle Amministrazioni pubbliche tra le “altre uscite in conto capitale”, analogamente a quanto già operato in occasione di rimborsi pregressi di imposte decisi unilateralmente dallo Stato (es. Eurotassa).
Come si evince dalla tabella iniziale, il 2006 e il 2007 sono anni caratterizzati da un forte incremento delle entrate. In particolare nel corso del 2007 si è evidenziato un miglioramento del quadro tendenziale dovuto prevalentemente a una dinamica molto positiva delle entrate tributarie, superiore ai tassi di crescita dell’economia. Il Governo ha deciso di utilizzare tale miglioramento per compensare misure di spesa, tese a realizzare gli obiettivi di sviluppo ed equità sociale.
Ci si riferisce in particolare ai due decreti legge di utilizzo dell’extragettito, il DL 81 del 2007 e il DL 159 del 2007, convertiti rispettivamente dalle leggi n. 127 del 2007 e n. 222 del 2007.
L’andamento positivo delle entrate è stato ritenuto, in parte di carattere strutturale, in quanto dovuto alla politica di lotta all’evasione.
In particolare nella Relazione riguardante i risultati della lotta all’evasione, presentata al Parlamento dal Ministro dell’economia e delle finanze in data 23 ottobre 2007, si stima che tra il 2006 e il 2007 siano stati recuperati circa 23 miliardi di maggiori entrate non pagate e in buona parte legate al miglioramento della tax compliance dei cittadini.
Nel 2006, come si evidenzia dalla tabella che segue, le entrate tributarie nette della Pubblica Amministrazioni sono cresciute del 10 per cento. Tale incremento è solo in misura limitata influenzato dagli introiti dei provvedimenti una-tantum, al netto dei quali il tasso di crescita delle entrate erariali è stato di circa l’8,8 per cento.
Crescita annuale delle entrate tributarie, 2006
(%)
Entrate totali (al lordo delle una- tantum) |
9,9 |
Imposte dirette |
12,8 |
IRE |
6,4 |
IRES |
16,3 |
Imposte indirette |
6,9 |
IVA |
8,8 |
Accise |
1,5 |
Atre indirette (Bolli e altro) |
8,9 |
Varie (Giochi) |
4,0 |
Entrate totali (al netto delle una- tantum) |
8,8 |
Nelle tabelle che seguono, vengono inoltre spiegate le determinanti della variazione di gettito registrate nel 2006 e 2007, sulla base di quanto esposto nella stessa Relazione riguardante i risultati della lotta all’evasione.
Cause di aumento del gettito erariale lordo dello Stato (2005-2006)
|
(miliardi di euro) |
(%) |
Totale aumento |
35,8 |
100 |
Crescita PIL |
11,0 |
31 |
Una-tantum e fattori eccezionali |
8,1 |
22 |
Extra gettito settore utilities |
0,6 |
2 |
Manovre permanenti (stimate) |
5,0 |
14 |
Residuo/tax compliance |
11,2 |
31 |
Misure antievasione/elusione (DL 223/2006) |
2,4 |
7 |
Altro recupero di base imponibile/tax compliance |
8,8 |
24 |
Cause di aumento del gettito erariale lordo dello Stato (2006-2007)
|
(miliardi di euro) |
(%) |
Totale aumento |
25,5 |
100 |
Crescita PIL |
15,9 |
62 |
Una-tantum e fattori eccezionali |
-5,5 |
-22 |
Manovre permanenti (stimate) |
3,0 |
12 |
Residuo/tax compliance |
12,1 |
47 |
Misure antievasione/elusione manovra 2007 |
5,4 |
21 |
Altro recupero di base imponibile/tax compliance |
6,7 |
26 |
La medesima Relazione sottolinea, peraltro, la difficoltà di sostenere per un tempo indefinito gli elevati tassi di recupero di gettito registrati. Infatti, via via che la politica di contrasto all’evasione recupera a tassazione base imponibile, i margini per ulteriori miglioramenti si ridurranno e con essi gli effetti positivi aggiuntivi sulle entrate. Questo fenomeno è, inoltre, in parte visibile nella diminuzione dell’elasticità delle entrate totali al PIL, fra il 2006 e il 2007 (passata dal 2,72 nel 2006, all’1,01 nel 2007).
Si espongono, di seguito, alcuni dati riguardanti gli incassi tributari contabilizzati nel bilancio dello Stato e la loro composizione[278].
Si precisa che i dati non consentono un confronto del tutto omogeneo tra i vari esercizi, occorre infatti precisare che l’analisi condotta sugli incassi del Bilancio dello Stato ha una finalità meramente indicativa in quanto, trattandosi di dati di cassa, le variazioni rilevate da un esercizio all’altro possono risultare ampiamente influenzate da fattori di natura meramente contabile, che possono aver agito sulle modalità e sui tempi di acquisizione delle somme.
Gli incassi tributari
erariali passano da 294.337 milioni nel
Nella tabella che segue, vengono forniti i dati disaggregati in ragione delle diverse tipologie d’imposta, riferiti agli incassi tributari per ciascun anno considerato e alle relative variazioni percentuali annue.
Bilancio dello Stato – Incassi rettificati realizzati
Analisi per tipo di imposta (voci principali)
(milioni di euro – in corsivo i valori percentuali)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Imposte dirette(1) |
162.749 |
176.644 |
170.476 |
177.541 |
182.036 |
179.529 |
203.324 |
219.220 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
|
IRE/IRPEF |
113.707 |
121.111 |
120.087 |
124.216 |
127.692 |
132.654 |
142.033 |
150.283 |
|
69,87 |
68,56 |
70,44 |
69,96 |
70,15 |
73,89 |
69,86 |
68,55 |
IRES/IRPEG |
28.589 |
32.516 |
30.615 |
29.056 |
28.018 |
33.691 |
39.468 |
50.530 |
|
17,57 |
18,41 |
17,96 |
16,37 |
15,39 |
18,77 |
19,41 |
23,05 |
ILOR |
165 |
192 |
146 |
- |
- |
- |
- |
- |
|
0,10 |
0,11 |
0,09 |
|
|
|
|
|
Sostitutiva |
6.073 |
8.816 |
8.884 |
7.348 |
6.726 |
6.763 |
8.664 |
10.626 |
|
3,73 |
4,99 |
5,21 |
4,14 |
3,69 |
3,77 |
4,26 |
4,85 |
Ritenuta sui dividendi |
243 0,15 |
239 0,14 |
301 0,18 |
258 0,15 |
305 0,17 |
489 0,27 |
733 0,36 |
528 0,24 |
Condoni, concordati e pendenze tributarie |
- |
- |
- |
7.932
4,47 |
7.484
4,11 |
- |
- |
- |
Rivalutazione beni d'impresa |
- |
- |
- |
- |
- |
719
0,40 |
4.316
2,12 |
313
0,14 |
Altre |
13.972 |
13.770 |
10.443 |
8.731 |
11.811 |
5.213 |
8.110 |
6.940 |
|
8,58 |
7,80 |
6,13 |
4,92 |
6,49 |
2,90 |
3,99 |
3,17 |
Segue tabella
(milioni di euro – in corsivo i valori percentuali)
|
||||||||
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
IMPOSTE INDIRETTE(1)
|
131.588 100 |
144.553 100 |
149.218 100 |
155.117 100 |
159.338 100 |
162.867 100 |
176.142 100 |
184.630 100 |
di cui |
|
|
|
|
|
|
|
|
AFFARI(2) |
88.143 |
102.953 |
106.740 |
111.676 |
116.644 |
119.938 |
131.772 |
138.635 |
|
66,98 |
71,22 |
71,53 |
71,99 |
73,21 |
73,64 |
74,81 |
75,09 |
- IVA |
84.355 |
86.709 |
89.463 |
92.257 |
97.053 |
101.733 |
111.272 |
116.633 |
|
64,11 |
59,98 |
59,95 |
59,48 |
60,91 |
62,46 |
63,17 |
63,17 |
- Registro, bollo e sostitutiva |
7.446 5,66 |
7.431 5,14 |
7.651 5,13 |
7.824 5,04 |
9.815 6,16 |
9.417 5,78 |
10.947 6,21 |
11.395 6,17 |
- Condoni, concordati e pendenze tributarie |
- |
- |
- |
3.184 2,05 |
1.327 0,83 |
- |
- |
- |
PRODUZIONE |
27.191 |
26.565 |
25.917 |
28.823 |
27.677 |
28.673 |
28.899 |
28.455 |
|
20,66 |
18,38 |
17,37 |
18,58 |
17,37 |
17,61 |
16,41 |
15,41 |
- Oli minerali |
19.606 |
20.091 |
19.886 |
21.805 |
20.994 |
21.228 |
21.354 |
21.082 |
|
14,90 |
13,90 |
13,33 |
14,06 |
13,18 |
13,03 |
12,12 |
11,42 |
MONOPOLI |
7.367 |
7.314 |
7.703 |
7.779 |
8.509 |
8.516 |
9.355 |
9.791 |
|
5,60 |
5,06 |
5,16 |
5,01 |
5,34 |
5,23 |
5,31 |
5,30 |
- Tabacchi |
7.357 |
7.305 |
7.685 |
7.770 |
8.502 |
8.511 |
9.349 |
9.785 |
|
5,59 |
5,05 |
5,15 |
5,01 |
5,34 |
5,23 |
5,31 |
5,30 |
LOTTO(3) |
8.887 |
7.721 |
8.858 |
6.839 |
6.508 |
5.740 |
6.116 |
7.749 |
|
6,75 |
5,34 |
5,94 |
4,41 |
4,08 |
3,52 |
3,47 |
4,20 |
TOTALE ENTRATE TRIBUTARIE |
294.337 |
321.197 |
319.694 |
332.658 |
341.374 |
342.396 |
379.466 |
403.850 |
(1) I dati del 2007 comprendono la quota di condono di spettanza dell’erario, ancora da ripartire, stimata in 44 milioni, attribuibile per 35 milioni alle imposte dirette e per 9 milioni alle indirette.
(2) Al netto delle regolazioni contabili dell’acconto
da parte dei concessionari pari a 4.592 nel 2003, 4.407 milioni nel 2004, 4.248
milioni nel 2005 e 4.511 milioni nel 2006. Tale acconto non è stato effettuato
nel
(3) Al netto delle regolazioni contabili relative al LOTTO (pari a 8.150 milioni nel 2004, 6.614 milioni nel 2005, 4.078 milioni nel 2006 e 4.048 milioni nel 2007)
Sull’andamento del gettito dell’IRES[279] incide anche la riforma dell’imposta sul reddito delle società che ha modificato il sistema di tassazione dei redditi delle imprese, producendo effetti, in termini di cassa, a decorrere al 2005.
La legge delega per la riforma del sistema fiscale[280] prevedeva un incremento delle imposte sul reddito delle società (attraverso l’ampliamento della base imponibile) diretto a compensare la graduale eliminazione dell’IRAP. In sede attuativa, si è proceduto all’approvazione del decreto di riforma dell’IRES, mentre non è stata portata a termine l’attuazione della delega in materia di IRAP[281]. Tuttavia, nel corso della XV legislatura, il Governo è intervenuto in materia di IRAP, prima con la legge finanziaria per il 2007 e le norme relative al “cuneo fiscale”[282] e successivamente con le disposizioni[283] contenute nella legge finanziaria per il 2008, relative alla riduzione dell’aliquota IRAP, dal 4,25 al 3,9 per cento.
Il gettito IRPEF evidenzia un andamento discontinuo dovuto alla presenza di fattori con effetti finanziari contrapposti.
Ad esempio, tra i fattori che presumibilmente hanno contribuito al contenimento del gettito si segnalano i provvedimenti[284] emanati in attuazione della legge delega diretti a ridurre il carico fiscale delle persone fisiche.
D’altro canto, effetti di ampliamento del gettito, particolarmente evidenti nel 2005, sono da collegare alla dinamica delle retribuzioni che, comportando un ampliamento della base imponibile, induce incrementi del gettito IRPEF sui redditi di lavoro dipendente.
Con riferimento agli anni 2006 e 2007, si registra un aumento sia delle imposte dirette che di quelle indirette. Per quanto riguarda le imposte dirette, l’aumento registrato per l’IRE è ascrivibile prevalentemente alle ritenute sui dipendenti privati e, solo per il 2006, sui dipendenti pubblici[285], nonché alle ritenute d’acconto per i redditi da lavoro autonomo. Il 2007, inoltre, registra un forte incremento dei versamenti per autotassazione, sia a saldo, sia in acconto. Anche l’IRES registra un andamento molto positivo, dovuto prevalentemente ai versamenti per autotassazione in acconto e a saldo.
Nel comparto delle imposte indirette si registra un incremento per la categoria “Affari”, imputabile oltre che all’IVA, alle imposte di bollo, registro e sostitutiva, nonché alle imposte sulle assicurazioni e ipotecaria.
La categoria Monopoli registra un incremento sia nel 2006 che nel 2007 dovuto, essenzialmente, all’imposta sui tabacchi.
Nel 2007, invece, si evidenzia una flessione della categoria della “Produzione”, dovuta prevalentemente alle perdite di gettito registrate dalle accise sugli oli minerali.
Per quanto riguarda le principali entrate tributarie degli enti territoriali si riportano, nella seguente tabella, i dati relativi agli incassi dell’IRAP e delle addizionali all’IRE comunale e regionale.
Bollettino delle entrate tributarie erariali – Incassi
Entrate tributarie degli enti territoriali
(milioni di euro)
|
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Addizionale regionale IRE |
4.430 |
4.975 |
6.166 |
6.741 |
6.430 |
6.199 |
7.387 |
di cui: |
|
|
|
|
|
|
|
- privati |
2.929 |
3.015 |
3.743 |
3.822 |
3.913 |
3.776 |
4.450 |
- amministrazioni pubbliche |
1.501 |
1.960 |
2.423 |
2.919 |
2.517 |
2.423 |
2.937 |
Addizionale comunale IRE |
715 |
1.096 |
1.572 |
1.615 |
1.555 |
1.561 |
2.229 |
di cui: |
|
|
|
|
|
|
|
- privati |
416 |
607 |
844 |
881 |
909 |
906 |
1.291 |
- amministrazioni pubbliche |
299 |
489 |
728 |
734 |
646 |
651 |
938 |
IRAP |
31.287 |
32.072 |
33.590 |
33.384 |
35.995 |
39.090 |
40.927 |
di cui: |
|
|
|
|
|
|
|
- privati |
23.098 |
23.689 |
24.322 |
23.803 |
26.293 |
28.744 |
30.543 |
- amministrazioni pubbliche |
8.189 |
8.383 |
9.268 |
9.581 |
9.702 |
10.346 |
10.384 |
Per quanto riguarda le stime complessive per l’anno 2008, si riportano, nella tabella che segue, i dati, relativi alle entrate nel conto economico consolidato della P.A., indicati nella Relazione unificata sull’economia e la finanza pubblica del marzo 2008, confrontati con le previsioni indicate nel Documento di programmazione economica 2008-2011, del giugno 2007 e nella Relazione previsionale e programmatica per il 2008, del settembre 2007.
Previsioni per il 2008
(milioni di euro)
|
DPEF |
RPP |
RUEF |
Totale entrate tributarie |
468.192 |
472.487 |
470.810 |
imposte dirette |
237.569 |
241.228 |
241.102 |
imposte indirette |
230.267 |
230.903 |
229.476 |
imposte in c/capitale |
356 |
356 |
232 |
Contributi sociali |
216.214 |
218.141 |
214.141 |
contributi effettivi |
212.531 |
214.429 |
210.143 |
contributi figurativi |
3.683 |
3.712 |
3.998 |
Altre entrate correnti |
54.000 |
54.106 |
56.631 |
Totale entrate correnti |
738.050 |
744.378 |
741.350 |
Entrate in conto capitale |
4.410 |
4.411 |
4.876 |
Totale entrate finali |
742.816 |
749.145 |
746.458 |
Rispetto ai dati indicati nella Relazione Previsionale e Programmatica, le nuove stime evidenziano alcuni scostamenti. Ci si riferisce in particolare a:
- un minor gettito tributario netto per 1.677 milioni in seguito a: la revisione al ribasso della crescita per il 2008, dall’1,5 per cento di settembre 2007 allo 0,6 per cento attuale, con un effetto complessivo stimato in 2.392 milioni; lo slittamento dal 2007 di parte delle previste minori entrate per la riduzione del “cuneo fiscale” (circa 1.000 milioni); l’adeguamento dei coefficienti catastali di riferimento per l’ICI (circa 600 milioni). Il minor gettito è in parte compensato dall’effetto di trascinamento delle maggiori entrate acquisite nel 2007;
- minori contributi sociali per 4.286 milioni correlati alla revisione del quadro macroeconomico (950 milioni) e, per la restante parte, principalmente ad una rivalutazione, da parte dell’ISTAT, del coefficiente di svalutazione utilizzato ai fini dell’accertamento dell’evasione contributiva;
- maggiori “altre entrate correnti” per 2.525 milioni, per adeguamento della stima rispetto ai maggiori introiti realizzati nel 2007.
In linea generale le stime, contenute nella RUEF, relative alle entrate complessive, si discostano rispetto alle previsioni contenute nella RPP di 2.687 milioni di euro.
Rispetto al 2007, le previsioni per l’anno in corso scontano una diminuzione delle entrate complessive rispetto al PIL dello 0,3%[286]. Conseguentemente la pressione fiscale è prevista diminuire dal 43,3 per cento nel 2007 al 43,1 per cento nel 2008.
Con riferimento al triennio 2009–2011,
Previsioni per il 2009-2011
(milioni di euro)
|
2009 |
2010 |
2011 |
Totale entrate tributarie |
484.004 |
503.636 |
521.389 |
imposte dirette |
245.846 |
258.842 |
269.752 |
imposte indirette |
237.926 |
244.562 |
251.405 |
imposte in c/capitale |
232 |
232 |
232 |
Contributi sociali |
220.450 |
226.833 |
233.790 |
contributi effettivi |
216.406 |
222.721 |
229.605 |
contributi figurativi |
4.044 |
4.112 |
4.185 |
Altre entrate correnti |
57.782 |
59.005 |
60.519 |
Totale entrate correnti |
762.004 |
789.242 |
815.466 |
Entrate in conto capitale |
5.320 |
5.363 |
5.404 |
Totale entrate finali |
767.556 |
794.837 |
821.102 |
Si prevede pertanto che, nel periodo, le entrate complessive
diminuiscano in percentuale al PIL, rispetto al
Le uscite delle pubbliche amministrazioni
Tra il 2000 e il 2007 si è verificato un aumento delle uscite complessive, la cui incidenza sul PIL è passata dal 46,2 al 49,1 per cento. L’incremento di circa tre punti è ascrivibile interamente alla spesa primaria, che passa da circa il 40 al 44 per cento del PIL, a fronte di una contrazione della spesa per interessi (dal 6,3 al 5 per cento). Parte della variazione è spiegata dalla particolare evoluzione delle uscite una tantum. Se si considerano le uscite complessive al netto degli oneri straordinari e delle altre misure una tantum (quali le dismissioni immobiliari) che incidono sulle spesa in conto capitale[287], nel periodo in esame, l’incidenza sul PIL aumenta infatti in misura più limitata e pari a 1,3 punti[288].
Le
uscite della P.A. |
||||||||
Anni |
Uscite correnti al netto interessi |
Interessi |
Uscite correnti |
Uscite capitali |
Totale uscite |
Totale uscite al netto interessi |
Totale uscite al netto una tantum |
Totale uscite al netto interessi e una tantum |
2000 |
37,3 |
6,3 |
43,6 |
2,6 |
46,2 |
39,9 |
47,5 |
41,1 |
2001 |
37,6 |
6,3 |
43,9 |
4,2 |
48,1 |
41,8 |
48,3 |
42,0 |
2002 |
38,3 |
5,5 |
43,8 |
3,6 |
47,4 |
41,9 |
48,3 |
42,7 |
2003 |
39,1 |
5,1 |
44,2 |
4,3 |
48,6 |
43,4 |
48,8 |
43,7 |
2004 |
39,3 |
4,7 |
44,0 |
3,9 |
48,0 |
43,3 |
48,3 |
43,6 |
2005 |
39,8 |
4,5 |
44,4 |
4,1 |
48,4 |
43,9 |
48,7 |
44,1 |
2006 |
39,7 |
4,6 |
44,3 |
5,0 |
49,3 |
44,7 |
48,4 |
43,8 |
2007 |
39,6 |
5,0 |
44,6 |
4,5 |
49,1 |
44,1 |
48,8 |
43,8 |
2008 |
40,2 |
5,0 |
45,2 |
4,2 |
49,4 |
44,4 |
49,4 |
44,5 |
2009 |
39,6 |
4,9 |
44,5 |
4,3 |
48,8 |
43,9 |
48,9 |
44,0 |
2010 |
39,5 |
4,9 |
44,3 |
4,1 |
48,4 |
43,6 |
48,5 |
43,7 |
2011 |
39,2 |
4,8 |
44,0 |
4,1 |
48,1 |
43,2 |
48,1 |
43,3 |
Fonte: Istat anni 2000-2007; RUEF anni 2008-2011 |
Per il 2008, è previsto un ulteriore aumento delle uscite complessive (3 decimi di punto), quale effetto di maggiori spese primarie correnti (6 decimi di punto), parzialmente compensate da minori spese in conto capitale. La spesa per interessi risulta stabile al 5 per cento del PIL, dopo essere aumentata di circa quattro decimi nel 2007.
Nel triennio 2009-2011, le previsioni contenute nella RUEF indicano un ridimensionamento delle uscite complessive, che passano dal 49,4 del 2008 al 48,8 del 2009 e al 48,1 del 2011. Tale andamento riflette quello di tutte le componenti della spesa, ed in particolare delle uscite primarie correnti che si riducono di un punto di PIL.
Con un’incidenza sul PIL superiore al 49%, le uscite complessive tornano, quindi, nel 2007, sui livelli di fine anni ’90 quando peraltro, a fronte di una spesa per interessi ancora piuttosto elevata (8-9 punti di PIL), la spesa primaria si collocava intorno al 41%. Negli anni successivi all’ingresso nella Unione economica e monetaria si assiste, invece, ad un costante ridimensionamento della spesa per interessi, mentre la spesa primaria, toccato il minimo nel 2000 (39,9% del PIL)[289], riprende ad aumentare.
Tale dinamica sembra invertirsi nel biennio 2006-2007 quando ricomincia a crescere la spesa per interessi e si riducono le uscite primarie.
L’evoluzione illustrata può essere scomposta in due principali componenti: da una parte l’effetto prezzo; dall’altra la variazione reale della spesa. Il primo dei due fattori, misurato come rapporto tra il valore a prezzi correnti della spesa e le quantità di beni e servizi offerti, risulta nel periodo considerato più elevato del corrispondente deflatore dei consumi privati, ma anche dei corrispondenti valori degli stessi indici per i principali Paesi europei[290]. Il secondo, misurato dalla variazione delle quantità di beni e servizi offerti, registra in tutto il periodo illustrato, fatta eccezione per il triennio 1993-1995, un valore positivo e pari in media al 2 per cento seppure negli ultimi anni si registri una decelerazione del tasso di crescita.
Guardando alla composizione della spesa, come evidenziato dalla tavola che segue, oltre il 10% delle uscite complessive (al netto una tantum) risulta assorbito, nel 2007, dalla spesa per interessi e, per il 35,4%, dalle prestazioni sociali in denaro: sono, queste, spese relativamente rigide e solo marginalmente influenzabili dalle Autorità fiscali nel breve periodo, o perché dipendenti dallo stock di debito pubblico accumulato e dall’andamento dei tassi di interesse sui mercati finanziari internazionali, o perché influenzate da dinamiche demografiche e dal conseguente accesso ai benefici pensionistici (configurabili come diritti soggettivi e come tali non comprimibili) previsti dalla legislazione vigente.
Un grado di flessibilità solo lievemente superiore presentano le uscite della P.A. per le retribuzioni del pubblico impiego, che costituiscono circa il 22% del totale. Tra le altre uscite, circa il 16% è dato dalla spesa per consumi intermedi; la quota residuale delle altre uscite correnti[291] si colloca invece intorno al 7,6 per cento. La spesa in conto capitale, infine, assorbe l’8,5% della spesa complessiva.
Composizione % della spesa
Rispetto all’anno 2000, il peso degli interessi sulla spesa complessiva si riduce di oltre 3 punti, mente si osserva un aumento di 2,7 punti per la spesa corrente. L’incremento più rilevante è quello delle “altre spese correnti” (+1,1 punti) e delle prestazioni sociali in denaro (+0,8 punti); l’incidenza dei consumi intermedi cresce complessivamente di 0,7 punti (dal 15,% al 16,2%) seppure con un andamento discontinuo. Aumenta infatti il loro peso nel primo quinquennio, a fronte di un contenimento negli ultimi due anni. Risultano invece stabili i redditi da lavoro dipendente grazie anche al rinvio al 2008 di parte dei rinnovi contrattuali relativi al biennio 2006-2007. La spesa in conto capitale, al netto delle misure una tantum, aumenta di 4 decimi di punto, per effetto dei contributi agli investimenti, mentre risulta stabile l’incidenza della spesa per investimenti fissi lordi e delle altre uscite in conto capitale.
L’evoluzione complessiva della spesa risente negli ultimi anni di molteplici fattori: assume un ruolo non trascurabile il fattore inerziale, per cui, una volta acquisito un certo livello di spesa è particolarmente complesso tornare su valori inferiori a quelli già conseguiti; riflette i numerosi interventi di contenimento adottati con le successive finanziarie e, generalmente, in corso d’anno con provvedimenti definiti con carattere di urgenza; risente, in particolare per il 2007, delle disposizioni di alcuni interventi – decreto legge 81/2007 e decreto legge 159/2007 - che hanno prodotto un non trascurabile incremento netto delle uscite impiegando le risorse in eccesso rispetto alle previsioni sui saldi formulate con i successivi Documenti programmatici; infine, sconta gli effetti, a volte rilevanti, di alcune misure di carattere non permanente contabilizzate tra le uscite in conto capitale.
Rispetto ai valori indicati con le Relazioni Trimestrali di Cassa degli ultimi anni, le uscite registrate a consuntivo hanno tendenzialmente mostrato valori discosti da quelli attesi sulla base delle previsioni contenute nei citati Documenti. Nel grafico seguente si riporta la differenza tra la variazione percentuale registrata a consuntivo per le uscite totali primarie (al netto una tantum), rispetto alla variazione prevista nella RTC di marzo dello stesso anno di quello stimato. Tali andamenti evidenziano come le pur numerose misure di contenimento adottate in questi anni non siano riuscite, nel breve periodo, a produrre un ridimensionamento strutturale della spesa pubblica primaria, condizione, questa, necessaria, dati i vincoli posti dal rispetto del Patto di stabilità e crescita, per una riduzione del livello della pressione fiscale.
Proprio alla luce di
tali considerazioni é stata avviata nel 2007 un’azione di revisione complessiva
dei meccanismi alla base della spesa pubblica (la spending review). Con
l’obiettivo di ottenere un ridimensionamento e, al contempo, una
riqualificazione della spesa, la finanziaria per il
Una prima esposizione del percorso che
In termini generali,
vale la pena sottolineare, il cambio di impostazione che la costituzione della
Commissione Tecnica per
La spesa per interessi[293], tra il 2000 e il 2007, riduce la sua incidenza sul PIL di 1,3 punti. L’andamento è tuttavia differenziato se si prendono in considerazione, rispettivamente, il periodo 2000-2005 e l’ultimo biennio.
Nel periodo 2000-2005, si verifica una riduzione della spesa sia come incidenza sul PIL (dal 6,3 al 4,5 per cento), sia in valore assoluto. Tale variazione può spiegarsi con la riduzione dello stock del debito pubblico e una più accorta gestione degli strumenti dello stesso, la discesa dei tassi di interesse sui mercati internazionali e la riduzione del premio aggiuntivo richiesto sui titoli del debito pubblico italiano in relazione al minor grado di “rischio paese” che l’Italia sconta in seguito all’ingresso nell’area euro.
Tale favorevole andamento si arresta nel 2006, quando, a fronte di un aumento dello stock del debito dal 105,8 per cento del PIL nel 2005 al 106,5 per cento dell’anno successivo, la spesa per interessi riprende a crescere.
Nel 2007 la spesa presenta un nuovo, significativo, aumento (+12,4%), passando dal 4,6 al 5 per cento del PIL, nonostante la riduzione di 2,5 punti del rapporto debito/PIL (104%).
La crescita della spesa del 2007 si
è verificata in presenza di un aumento generalizzato dei tassi di interesse di
mercato nei primi sette mesi dell’anno, che ha determinato un aumento del costo
medio ponderato delle emissioni del 4,14% rispetto al 3,32% del
Per l’anno in corso si prevede una sostanziale stabilità (5%) in termini di incidenza sul PIL della spesa per interessi, che si riduce lievemente (2 decimi di punto) entro la fine del periodo di previsione (4,8% nel 2011), quale effetto principalmente di una riduzione dello stock del debito pubblico[294], a fronte di un’evoluzione dei tassi sui mercati internazionali che tornano su livelli (più elevati rispetto al primo trimestre del 2008) coerenti con il quadro macroeconomico previsto prima dell’inizio della crisi finanziaria statunitense.
Per quanto riguarda la spesa primaria, nel periodo 2000-2007 si riscontra un aumento dell’incidenza sul PIL di circa 2,3 punti nelle uscite correnti (che passano dal 37,3 al 39,6 per cento) e di 1,9 punti in quelle in conto capitale (dal 2,6 al 4,5 per cento).
Su quest’ultima, peraltro, incidono, in diminuzione, le maggiori risorse derivanti dalle dismissioni immobiliari e, in aumento, le maggiori spese straordinarie sostenute negli anni 2006 e 2007. Al netto di tali componenti, si osserva una crescita più contenuta della spesa in conto capitale che passa dal 3,8% del Pil nel 2000 al 4,2% del 2007.
Si può inoltre osservare che sull’evoluzione della spesa primaria corrente pesa per 1 punto di PIL la dinamica della spesa sanitaria, che passa dal 5,7% nel 2000 al 6,7% nel 2007. Tale voce non è indicata autonomamente nel conto economico consolidato della P.A., ma è il risultato dell’aggregazione di varie componenti di spesa riconducibili al settore sanitario, ed in particolare i costi del personale (facenti parte dell’aggregato redditi da lavoro dipendente) e le spese per l’acquisto di beni e servizi (facenti parte dell’aggregato consumi intermedi).
In termini di tasso di variazione, nel periodo in esame le uscite complessive primarie crescono in media del 4,6% annuo (al netto delle misure straordinarie in diminuzione o in aumento della spesa). Una variazione più elevata mostrano, nello stesso periodo, i consumi intermedi (+5,5%), le altre uscite correnti (+6,2%) e i contributi agli investimenti (+6,7%).
Tali variazioni sono il risultato, peraltro, di andamenti alquanto differenziati nei singoli anni: a fronte di una crescita media annua delle uscite complessive primarie[295] pari al 5,1% nel periodo 2000-2005, nel biennio 2006-2007 la variazione è del 3,3%. Si riduce in particolare il ritmo di crescita dei consumi intermedi (dal 6,9% all’1,1%), delle “altre uscite correnti” (dal 6,5% al 5,4%) e degli investimenti fissi lordi (dal 5,2% all’1%). Per quanto riguarda i redditi da lavoro dipendente (dal 4,7 al 2,6%), sulla variazione più contenuta nel biennio 2006-2007 influisce il parziale rinvio dei rinnovi contrattuali[296].
Per il 2008, la previsione a legislazione vigente contenuta nella RUEF, indica un nuovo aumento dell’incidenza della spesa primaria sul PIL, che passa dal 44,1 al 44,4 per cento. L’aumento è più rilevante se si considera che sul 2007 pesavano oneri straordinari per circa 0,4 punti di PIL. In termini di tasso di variazione annuo, le uscite complessive al netto degli interessi crescono del 4,3%, quale risultato di un aumento del 5,2% delle spese correnti e di una riduzione del 3,5% di quelle in conto capitale (+5% se si considera il dato al netto degli misure straordinarie).
Nel triennio 2009-2011, la spesa primaria che dovrebbe riprendere a diminuire per collocarsi, a fine periodo, al 43,2 per cento del PIL. Tale stima non tiene conto, peraltro, delle maggiori spese correnti (come ad esempio i rinnovi contrattuali) e di parte capitale che, per prassi consolidate, vengono rifinanziate con la legge finanziaria.
Ove si considerassero anche tali spese, pari complessivamente a 3-4 miliardi di euro annui secondo la RUEF, l’incidenza della spesa primaria sul PIL passerebbe già nel 2009 dal 43,9 al 44,2 per cento.
Guardando in particolare al 2007, si rileva come in tale anno si verifichi, rispetto al precedente, un rallentamento nella dinamica della spesa primaria: le uscite complessive al netto degli interessi crescono del 2,3% rispetto al 5,4% del 2006. Si riduce, quindi, il rapporto sul PIL, che passa dal 44,7% del 2006 al 44,1% del 2007.
Tale evoluzione ingloba, tuttavia, maggiori spese straordinarie, di ammontare significativo in entrambi gli anni in esame, ma ben più elevate nel 2006[297]: depurando, pertanto, i dati da tali componenti (nonché dalle dismissioni immobiliari), si osserva una crescita della spesa nel 2007 pari al 3,6%, più elevata di quella registrata nel 2006 (2,9%), ma comunque inferiore a quella rilevata nella prima parte del decennio[298]. L’incidenza sul PIL delle uscite primarie così rideterminate rimane stabile nei due anni (43,8%).
Analizzando le componenti della spesa che hanno contribuito alla crescita nel 2007 si rileva, per quanto riguarda la spesa corrente (+3,6% rispetto al 3,2% del 2006), un aumento consistente nelle “altre uscite” (+6,8% rispetto al 4% del 2006), e delle prestazioni sociali in denaro (+5,2% rispetto al 4% nel 2006).
Queste ultime, pari al 17,3% del PIL (17% nel 2006) hanno risentito, più che della dinamica della spesa pensionistica cresciuta in linea con l’anno precedente, dell’aumento delle altre prestazioni sociali in favore delle famiglie, quale effetto delle misure discrezionali approvate nel corso del 2007, ed in particolare l’assegno per il nucleo familiare[299] e il “bonus incapienti”, che peraltro ha pesato solo in parte, rispetto a quanto stimato nella relazione tecnica di accompagnamento al provvedimento, sui conti dello scorso anno[300].
Più contenuta, invece, è stata la dinamica dei redditi da lavoro dipendente, e delle voci di spesa che compongono i consumi intermedi, cioè i consumi in senso stretto e le prestazioni sociali in natura.
Per quanto riguarda le retribuzioni,
la crescita dell’1,1% registrata nel 2007 rispetto al 4,1% del 2006 è
riconducibile, secondo
A fronte di una variazione complessiva dei consumi intermedi pari al 2,1%, le spese per acquisti di beni e servizi sono aumentate del 2,7%. Pur in accelerazione rispetto al 2006, anno in cui si erano ridotte in valore assoluto (-1,2%), tale variazione appare inferiore, rispetto alla dinamica osservata negli anni precedenti (+5,8% medio annuo nel periodo 2000-2005).
Le prestazioni sociali in natura, che per oltre il 90% riguardano la spesa sanitaria[301], aumentano appena dello 0,9% (+2,7% nel 2006), riflettendo il rallentamento del comparto ed in particolare la riduzione della spesa farmaceutica (-6,1%).
Per quanto riguarda la spesa in conto capitale, al netto dei fattori straordinari che, sia pure con ampiezza diversa, hanno riguardato sia il 2006 che il 2007, si è registrata nello scorso anno una crescita del 4,2% (-0,4% nel 2006).
A fronte di una crescita dell’11,1%
dei contributi agli investimenti (1,4% nel 2006), gli investimenti fissi lordi
sono cresciuti del 3,9% (+3,2% nel 2006). Se si considera tale voce al netto
delle dismissioni immobiliari[302],
si osserva un aumento del 3% nel
Il dato relativo al 2007 (37,6 miliardi) evidenzia peraltro, a consuntivo, una riduzione consistente (oltre 6 miliardi di euro) rispetto alle previsioni formulate in corso d’anno e da ultimo dalla Relazione previsionale e programmatica, che scontava sia la piena efficacia delle misure autorizzate nella seconda parte dell’anno con il D.L. n. 159/2007 e l’entrata a regime dei meccanismi di sblocco delle risorse a valere sulle entrate da TFR, sia una maggiore capacità di realizzazione di interventi da parte dell’Anas e degli enti territoriali[303].
La rilevanza dello scarto tra consuntivo e stime della RPP è sottolineato dalla Corte dei conti[304], quale “indiretta evidenza del fatto che l’effettiva realizzazione dei progetti di investimento non ha tra i suoi prerequisiti soltanto la disponibilità delle risorse finanziarie, ma risente della possibilità di programmare le attività in un contesto di stabilità di norme, di cui negli anni più recenti le Amministrazioni non si sono potute giovare”.
Per il 2008, si prevede un nuovo aumento dell’incidenza della spesa primaria sul PIL, che passa dal 44,1 al 44,4 per cento. L’aumento è più rilevante se si considera che sul 2007 pesavano oneri straordinari per circa 0,4 punti di PIL. In termini di tasso di variazione annuo, le uscite complessive al netto degli interessi crescono del 4,3%, quale risultato di un aumento del 5,2% delle spese correnti e di una riduzione del 3,5% di quelle in conto capitale. Al netto delle misure straordinarie, la spesa primaria cresce del 5,2%.
Come precisato dalla RUEF, tale dinamica sconta, da un lato, lo slittamento di alcune spese autorizzate nell’ultimo trimestre dello scorso anno, dall’altro, in diminuzione della spesa, l’effetto di trascinamento del contenimento rilevato nel 2007.
All’interno della spesa corrente, i redditi da lavoro dipendente crescono del 6,3%: di tale incremento, 5,1 punti percentuali sono dovuti ai rinnovi contrattuali[305], mentre la parte restante è il risultato di una più contenuta dinamica occupazionale (stimata in calo dello 0,1% nel 2008), a fronte dell’aumento della spesa legata alla stabilizzazione dei precari.
Per i consumi intermedi[306] è prevista una crescita del 5,2% (+2,1% nel 2007), che sconta, per le Amministrazioni centrali, un effetto di rimbalzo della spesa a seguito del contenimento degli anni precedenti, e che si pone maggiormente in linea con le dinamiche storiche.
Le prestazioni sociali in denaro crescono del 4,9% (+5,2% nel 2007): la stima ingloba lo slittamento di una quota (circa 780 milioni) dell’onere per il riconoscimento del “bonus incapienti”.
Le altre spese correnti presentano una variazione più contenuta (+3,2% rispetto al 6,8% del 2007), nonostante lo slittamento di alcune spese per trasferimenti alle famiglie, istituzioni private e all’estero autorizzate dal D.L. n. 159/2007.
L’evoluzione della spesa in conto capitale (+5% se si depurano i dati dalle misure straordinarie, incluse le dismissioni immobiliari[307]) riflette una riduzione dei contributi agli investimenti (-0,6%) a fronte di un aumento accentuato degli investimenti fissi lordi (+7,2%), principalmente ascrivibili alle Amministrazioni centrali. Tale variazione sconta l’attuazione nel 2008 di alcuni interventi autorizzati dal D.L. n. 159/2007 e non realizzatisi lo scorso anno, nonché l’entrata a regime dei meccanismi di sblocco degli stanziamenti condizionati al preventivo accertamento delle entrate da TFR.
Le considerazione svolte nel presente capitolo si basano sui dati del Conto annuale raccolti ed elaborati dalla Ragioneria generale dello Stato[308]. Gli ultimi dati di consuntivo disponibili sono quelli relativi all’anno 2006, i dati del 2007 saranno resi pubblici intorno alla fine dell’anno in corso.
La maggioranza del personale utilizzato dalle pubbliche amministrazioni è legato da un rapporto di servizio a tempo indeterminato. Meno del dieci per cento del personale è, invece, impiegato con forme contrattuali flessibili. In alcune casi queste implicano la costituzione di un rapporto di impiego propriamente detto: è il caso del personale assunto con contratto a tempo determinato, con contratto di formazione al lavoro e dei volontari e degli allievi delle Forze armate e dei Corpi di polizia. In altri casi il personale rimane estraneo alla Pubblica amministrazione, come avviene per i lavoratori interinali e quelli socialmente utili. Un discorso a parte deve essere fatto per i contratti di collaborazione coordinata e continuativa, utilizzati per il reperimento di specifiche professionalità non presenti nella Pubblica amministrazione. In questi contratti l’aspetto rilevante è la tipologia della prestazione richiesta e, dunque, la durata della prestazione non è l’elemento centrale del rapporto; ne consegue che i dati ad essi relativi non sono raffrontabili né aggregabili con i dati relativi al personale con rapporto di lavoro flessibile[310].
Nelle tabelle che seguono sono riepilogati i dati relativi al personale utilizzato dalle Pubbliche amministrazioni, raggruppati per comparto e per tipologia contrattuale.
Unità di personale a tempo indeterminato
Comparto |
2004 |
2005 |
2006 |
Variazione % |
Servizio sanitario nazionale |
687.586 |
688.403 |
686.518 |
-0,2 |
Enti pubblici non economici |
62.248 |
61.645 |
59.446 |
-4,5 |
Enti di ricerca |
16.867 |
16.627 |
16.171 |
-4,1 |
Regioni ed autonomie locali (CCNL) |
541.868 |
533.949 |
520.229 |
-4,0 |
Regioni a statuto speciale e prov. aut. |
55.192 |
56.496 |
72.610[311] |
31,6 |
Ministeri |
196.102 |
193.588 |
189.377 |
-3,4 |
Agenzie |
54.861 |
54.490 |
54.182 |
-1,2 |
Presidenza del Consiglio |
2.374 |
2.515 |
2.423 |
2,1 |
Monopoli e Vigili del fuoco |
33.603 |
34.145 |
33.392 |
-0,6 |
Scuola e A.F.A.M |
1.129.474 |
1.136.286 |
1.157.194 |
2,5 |
Università |
110.576 |
115.345 |
116.942 |
5,8 |
Corpi di polizia |
324.731 |
330.548 |
331.698 |
2,1 |
Forze armate |
132.792 |
132.585 |
137.342 |
3,4 |
Magistratura |
10.768 |
10.627 |
10.429 |
-3,1 |
Carriera diplomatica |
1.014 |
996 |
983 |
-3,1 |
Carriera prefettizia |
1.518 |
1.551 |
1.561 |
2,8 |
Carriera penitenziaria |
- |
- |
506 |
n.a. |
Totale |
3.361.574 |
3.369.796 |
3.391.003 |
0,9 |
Fonte: Conto annuale 2004-2005-2006 a cura della Ragioneria generale dello Stato
Unità di personale a tempo determinato e con contratto di formazione lavoro[312]
Comparto |
2004 |
2005 |
2006 |
Variazione % |
Servizio sanitario nazionale |
27.053 |
31.613 |
34.726 |
28,4 |
Enti pubblici non economici |
3.637 |
3.363 |
3.543 |
-2,6 |
Enti di ricerca |
3.527 |
3.590 |
3.742 |
6,1 |
Regioni ed autonomie locali |
37.586 |
42.998 |
46.272 |
23,1 |
Regioni a statuto speciale e prov. aut. |
8.342 |
8.326 |
6.163 |
-26,1 |
Ministeri |
6.304 |
6.123 |
5.806 |
-7,9 |
Agenzie |
1.969 |
3.199 |
4.222 |
114,4 |
Presidenza del Consiglio |
100 |
15 |
19 |
-81,0 |
Monopoli e Vigili del fuoco |
1.605 |
2.265 |
2.617 |
63,1 |
Scuola e A.F.A.M |
663 |
742 |
756 |
14,0 |
Università |
5.839 |
5.759 |
5.490 |
-6,0 |
Totale |
96.625 |
107.993 |
113.356 |
17,3 |
Fonte: Conto annuale 2004-2005-2006 a cura della Ragioneria generale dello Stato
Unità di personale esterno alla Pubblica amministrazione: lavoratori interinali e socialmente utili
Comparto |
2004 |
2005 |
2006 |
Variazione % |
Servizio sanitario nazionale |
2.870 |
2.988 |
4.041 |
40,8 |
Enti pubblici non economici |
479 |
539 |
768 |
60,3 |
Enti di ricerca |
7 |
6 |
7 |
0,0 |
Regioni ed autonomie locali |
41.412 |
38.708 |
34.633 |
-16,4 |
Regioni a statuto speciale e prov. aut. |
692 |
719 |
529 |
-23,6 |
Ministeri |
467 |
143 |
143 |
-69,4 |
Scuola e A.F.A.M |
2 |
2 |
2 |
0,0 |
Università |
460 |
416 |
338 |
-26,5 |
Totale |
46.389 |
43.521 |
40.461 |
-12,8 |
Fonte: Conto annuale 2004-2005-2006 a cura della Ragioneria generale dello Stato
Dati di riepilogo sui pubblici dipendenti: totale degli occupati
Comparto |
2004 |
2005 |
2006 |
Variazione % |
Personale a tempo indeterminato |
3.361.574 |
3.369.796 |
3.391.003 |
0,9 |
Lavoratori dipendenti con contratti flessibili |
96.625 |
107.993 |
113.356 |
17,3 |
Lavoratori estranei alla Pubblica amministrazione |
46.389 |
43.521 |
40.461 |
-12,8 |
Altro personale dei Corpi di polizia e delle Forze armate[313] |
66.459 |
77.025 |
68.173 |
2,6 |
Totale |
3.571.047 |
3.598.335 |
3.612.993 |
1,2 |
Fonte: Conto annuale 2004-2005-2006 a cura della Ragioneria generale dello Stato
I dati sopra esposti consentono alcune considerazioni:
- i blocchi delle assunzioni disposti nel corso dell’ultimo decennio, che peraltro hanno effetti diretti ed immediati sui comparti statali (ad eccezione di quello della Scuola), non sono stati strumentali al conseguimento dell’obiettivo di riduzione del numero dei pubblici dipendenti, ma unicamente a consentire un maggior controllo centralizzato sulle politiche di assunzioni. Le deroghe al blocco disposte con provvedimenti mirati hanno lasciato sostanzialmente immutata la dimensione complessiva dell’impiego pubblico;
- nel corso dell’ultimo triennio, si è assistito ad un ulteriore ridimensionamento dei comparti Ministeri ed Enti pubblici non economici a favore del comparto sicurezza, che ha visto incrementare il numero dei propri dipendenti;
- una parte ragguardevole del modesto incremento dei pubblici dipendenti è dovuta al comparto Scuola, dove il numero dei dipendenti è direttamente correlato alla popolazione scolastica, a sua volta incrementata nel corso degli ultimi anni a causa dell’immigrazione;
- nel corso dell’ultimo triennio è notevolmente incrementato il numero dei dipendenti del comparto Università. In tale ambito è, altresì, aumentato in misura accentuata il ricorso alla figura del professore a contratto, peraltro non rilevata nel quadro delle statistiche sul numero dei pubblici dipendenti delineato nelle presenti pagine;
- nel comparto delle Regioni ed autonomie locali si è verificata una riduzione del personale impiegato pari a circa 21.000 unità. Di queste circa 13.000 sono adesso considerate nell’ambito del personale delle province autonome di Trento e Bolzano in relazione all’adozione, a decorrere dall’anno 2007, di nuovi criteri di rilevazione statistica da parte della Ragioneria generale dello Stato i quali prevedono che i dipendenti delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome siano rilevati separatamente;
- il numero dei dipendenti a tempo determinato ammonta a circa il tre per cento del totale e la maggior parte di essi presta servizio nei comparti del SSN e delle Regioni e enti locali.
Le tavole che seguono mostrano la spesa sostenuta per il pagamento dei redditi da lavoro dipendente nel periodo 2000-2007 e le previsioni formulate per il quadriennio 2008-2011[314], come risultanti dal Conto economico della Pubblica amministrazione. I dati dei redditi, inoltre, sono messi a confronto con il PIL.
Redditi da lavoro dipendente nella P.A. – anni 2000-2007
(milioni di euro -%)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Redditi |
124.306 |
131.647 |
137.621 |
144.749 |
149.866 |
156.542 |
162.889 |
164.645 |
Var % annua |
|
5,9 |
4,5 |
5,2 |
3,5 |
4,5 |
4,1 |
1,1 |
Incidenza % PIL |
10,4 |
10,5 |
10,6 |
10,8 |
10,8 |
11,0 |
11,0 |
10,7 |
Var % annua del PIL |
|
4,8 |
3,7 |
3,1 |
4,2 |
2,6 |
3,6 |
3,8 |
Redditi da lavoro dipendente nella P.A. - previsioni 2008-2011
(milioni di euro - %)
|
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
|||
Redditi |
175.050 |
174.931 |
177.901 |
180.877 |
|||
Var % annua |
6,32 |
-0,07 |
1,70 |
1,67 |
|||
Incidenza % PIL |
11,01 |
10,65 |
10,46 |
10,27 |
|||
Var % annua del PIL |
3,57 |
3,29 |
3,53 |
3,57 |
|||
Nel corso degli anni 2000-2007 la spesa per redditi da lavoro dipendente ha evidenziato un trend crescente, sia in valore assoluto sia in rapporto al PIL. Il tasso di crescita di tale voce di spesa è stato, infatti, salvo negli anni 2004 e 2007, costantemente superiore a quello del prodotto nominale. Stando ai soli dati della contabilità nazionale risulterebbe, quindi, che ai lavoratori pubblici sia stato più che pienamente riconosciuta la conservazione del potere d’acquisto dei loro salari: infatti mentre il PIL nominale, nel corso del periodo 2000-2007, è cresciuto del 28,9 per cento la spesa per retribuzioni segna un incremento del 32,5 per cento[315].
E’ da notare, peraltro, che la crescita limitata nel 2007 è in parte dovuta, come indicato nella RUEF, alle misure di razionalizzazione del comparto scuola oltre che allo slittamento al 2008 di parte dei rinnovi contrattuali.
I dati di previsione per il 2008-2011 evidenziano una progressiva riduzione della spesa dovuta, sostanzialmente, al criterio adottato, per prassi, per la costruzione delle stime: le somme indicate nei tendenziali per i rinnovi contrattuali dei bienni 2008-2009 e 2010-2011 includono la sola indennità di vacanza contrattuale.
L’indennità di vacanza contrattuale è definita nell’accordo 23 luglio 1993 concernente la politica dei redditi e dell'occupazione firmato dal Governo e dalle OO.SS. Il contenuto dell’Accordo non è vincolante, ma ha costituito un punto di riferimento per la gestione delle dinamiche contrattuali connesse con il rinnovo dei Contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL). In particolare si prevede che dopo un periodo di vacanza contrattuale pari a 3 mesi dalla data di scadenza del CCNL, ai lavoratori dipendenti ai quali si applica il contratto medesimo non ancora rinnovato sarà corrisposto, a partire dal mese successivo ovvero dalla data di presentazione delle piattaforme ove successiva, un elemento provvisorio della retribuzione. L'importo di tale elemento sarà pari al 30% del tasso di inflazione programmato, applicato ai minimi retributivi contrattuali vigenti, inclusa la ex indennità di contingenza. Dopo 6 mesi di vacanza contrattuale, detto importo sarà pari al 50% dell'inflazione programmata.
La Relazione unificata (RUEF) aggiorna le ultime previsioni di spesa contenute nella Relazione previsionale e programmatica (RPP) e fornisce alcune chiavi interpretative dei nuovi dati.
Conto economico della PA a legislazione vigente – scostamento delle previsioni
(milioni di euro)
|
2007 |
2008 |
|||||
|
RPP |
RUEF |
Variazione previsione |
RPP |
RUEF |
Variazione previsione |
Crescita della spesa |
Redditi da lavoro |
166.031 |
164.645 |
- 1.386 |
177.442 |
175.050 |
- 2.392 |
10.405 |
L’ammontare totale della spesa 2008, pari a 175.050 milioni di euro, nella RUEF si riduce di 2.392 rispetto alle precedenti stime, “in seguito all’effetto di trascinamento dell’evoluzione più contenuta registrata nel 2007 in base ai dati di consuntivo”. La stessa Relazione afferma che le minori spese 2007 per circa 1,4 miliardi sono correlate, tra l’altro, alle misure di razionalizzazione nella scuola.
Dal momento che nel corso dell’ultimo trimestre 2007, ossia successivamente alla compilazione della RPP, non sembrano essere stati adottati provvedimenti destinati a produrre rilevanti effetti di risparmio per lo stesso anno, sembra potersi dedurre che un contenimento del personale scolastico sia stato conseguito in via amministrativa in misura maggiore delle previsioni.
La crescita della spesa nel 2008 (+10.405 milioni) è stimata considerando la completa sottoscrizione dei rinnovi contrattuali relativi al biennio economico 2006-2007, che comporta un onere di 7.500 milioni di euro, di cui 3.570 a titolo di arretrati. E’ stata altresì considerata una spesa di 260 milioni di euro per la chiusura delle code contrattuali relative ai bienni 2002-2003 e 2004-2005 ed una di 677[316] milioni per la corresponsione della sola indennità di vacanza contrattuale per il biennio economico in corso. Ne consegue che il rinnovo dei contratti già scaduti determinerà, a livello di PA, una crescita permanente della spesa pari al 2,9 per cento circa del totale ed una variazione una tantum del 2,2 per cento destina a riassorbirsi nel 2009 in quanto conseguenza della erogazione di arretrati.
Le spese finora elencate ammontano complessivamente a circa 8,4 miliardi su un totale di crescita pari a circa 10,4 miliardi. I restanti 2 miliardi di crescita della spesa si spiegano, sempre secondo la RUEF, in relazione a “l’andamento degli altri fattori di dinamica dei redditi da lavoro dipendente diversi dai rinnovi contrattuale” cui si contrappongono “gli effetti del contenimento della dinamica occupazionale stimata in calo dello 0,1 per cento nel 2008”.
Se tale contenimento determinasse un decremento della spesa di pari importo, il risparmio conseguente ammonterebbe a circa 1,7 miliardi e dunque la crescita complessiva per fattori diversi dal rinnovo si eleverebbe a circa 3,7 miliardi di euro. Non sono forniti indicazioni se tali componenti siano di natura strutturale o meno ma, qualora lo fossero, ne risulterebbe che, pur in assenza di rinnovi e di riduzione del numero degli occupati, la spesa per retribuzioni possiede una dinamica di crescita autonoma superiore al 2 per cento.
Pur non disponendo di dati puntuali sulla struttura retributiva e sulla distribuzione del personale nelle varie qualifiche è comunque possibile tracciare alcune ipotesi di massima al fine di quantificare l’onere derivante dal prossimo rinnovo contrattuale relativo al biennio economico 2008-2009.
La quantificazione può essere effettuata sulla base dei dati forniti dal Governo a corredo della relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria per il 2008 e formulando alcune ipotesi circa le future dinamiche contrattuali e le politiche sulle assunzioni che potranno essere concretamente adottate. Stime ed ipotesi verranno successivamente applicate ad alcuni scenari al fine di determinare la spesa che potrebbe rendersi necessario sostenere.
Al fine di tracciare questi scenari, è possibile, in via approssimativa, valutare in 1,7 miliardi di euro il maggior onere che scaturisce da un incremento pari all’1 per cento delle retribuzioni contrattuali pubbliche.
Tale quantificazione si basa sui dati forniti dal Governo[317] il quale, con riferimento alla tornata contrattuale 2008-2009, ha stimato che le risorse necessarie a corrispondere, a tutti i pubblici dipendenti, un incremento stipendiale a regime pari a circa lo 0,4 per cento corrispondono a 677 milioni di euro.
Per quanto concerne il numero dei pubblici dipendenti è possibile ipotizzare una sostanziale invarianza del loro numero. Tale ipotesi è coerente con le risultanze del conto annuale[318] elaborato della Ragioneria generale dello Stato e con quanto generalmente affermato dal Governo in sede previsionale[319].
Per quanto riguarda le dinamiche contrattuali si rileva che i rinnovi relativi agli ultimi bienni economici sono stati sistematicamente sottoscritti sulla base di percentuali concordate di incremento delle retribuzioni ampiamente superiori ai tassi programmati di inflazione ed effettivi. La tabella che segue mostra i dati in oggetto a partire dalla tornata contrattuale 2002-2003.
(valori %)
Tornata contrattuale |
Inflazione[320] programmata |
Inflazione[321] effettiva |
Incremento delle retribuzioni contrattuali[322] |
2002-2003 |
3,1 |
5,2 |
5,66 |
2004-2005 |
3,3 |
4,1 |
5,01 |
2006-2007 |
3,7 |
3,9 |
4,85 |
Sulla base di quanto avvenuto nel recente passato, appare dunque realistico ipotizzare che i rinnovi contrattuali avvengano, nella più favorevole delle ipotesi, applicando tassi di crescita delle retribuzioni pari ai tassi di inflazione programmati pari per il 2008 ed il 2009 rispettivamente, all’ 1,7 ed all’ 1,5 per cento. Rammentando che un punto di incremento percentuale ammonta a circa 1,7 miliardi di euro e che nei tendenziali di spesa sono stati già scontati[323] oneri lordi a regime per 1,2 miliardi, relativi alla corresponsione dell’indennità di vacanza contrattuale, la maggior somma non ancora considerata nelle previsioni della RUEF a decorrere dal 2009 è pari a circa 4,2 miliardi.
Considerato che il riconoscimento di incrementi stipendiali lordi determina il reincasso di parte delle cifre liquidate a titolo di tributo o di contributo previdenziale o sanitario, il maggior onere ai fini dell’indebitamento si riduce a circa 2,2 miliardi.
Potrebbe, peraltro, essere ipotizzato che i rinnovi siano effettuati riconoscendo in pieno il recupero della perdita del potere di acquisto. In tal caso il maggior onere lordo può essere valutato in circa 7,6 miliardi e, di conseguenza, quello netto ammonterebbe a 3,9 miliardi[324]. La quantificazione si basa sulle ultime previsioni formulate dalla Commissione europea[325] le quali prevedono, per l’Italia, un’inflazione su base annua del 3,0 per cento nel 2008 e del 2,2 per cento nel 2009.
1,7 miliardi x 5,2 per cento di inflazione programmata – 1,2 miliardi già stanziati = 7,6 miliardi lordi.
A detta somma potrebbe aggiungersi un’ulteriore spesa finalizzata al riconoscimento degli incrementi di produttività ovvero alla valorizzazione del merito.
La spesa per i redditi da lavoro dipendente incide per oltre il 25 per cento sulla spesa pubblica totale. Di seguito si fornisce una sintetica analisi degli strumenti adottati in questi anni per il contenimento della spesa e della loro efficacia.
La programmazione delle assunzioni è stato introdotta nel 1997[326] e si applica alla generalità delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo. Tale meccanismo prevede che il Consiglio dei ministri[327] definisca preliminarmente le priorità e le necessità operative da soddisfare, tenuto conto in particolare delle correlate esigenze di introduzione di nuove professionalità. In tale quadro il Consiglio dei ministri determina il numero massimo complessivo delle assunzioni compatibile con gli obiettivi di riduzione numerica e con i dati sulle cessazioni dell'anno precedente. Le disposizioni sulla programmazione si applicano anche alle assunzioni previste da norme speciali o derogatorie.
Le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano, gli enti locali, le Camere di commercio, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, le università e gli enti di ricerca hanno, parimenti, adeguato i propri ordinamenti ai princìpi della programmazione dei fabbisogni del personale finalizzandoli, anche, alla riduzione programmata della spesa.
Il meccanismo si è rivelato particolarmente efficace al fine di potenziare il controllo amministrativo centrale sulle politiche di assunzioni ed è risultato strategico per la gestione razionale delle deroghe da effettuare, annualmente, ai divieti generali di assunzione (c.d. blocchi delle assunzioni). La sua applicazione è, pertanto, di norma richiamata da tutte le disposizioni di carattere generale in materia.
Al fine di ridurre il numero dei dipendenti pubblici è stato disposto, inizialmente per l’anno 2002, il divieto di assunzione per le pubbliche amministrazioni. Il divieto è stato reiterato con le successivi leggi finanziarie ed ha cessato di essere operativo il 31 dicembre 2007. A decorrere dal 2008, il blocco è stato sostituito da misure di contenimento del turn over volte, comunque, ad escludere una piena sostituzione del personale cessato.
Lo strumento, pur risultando utile al fine di contenere la crescita del numero dei pubblici dipendenti, non si è rivelato, in concreto, idoneo a determinare una sensibile riduzione del loro numero, per due ordini di ragioni:
- l’ambito applicativo del blocco è stato, nei fatti, progressivamente ridotto con il passare degli anni. A tal proposito, si rammenta che, sin dall’origine, il divieto non è stato applicato al comparto della Scuola, in quanto il servizio pubblico di istruzione deve essere istituzionalmente assicurato. In seguito, il blocco non ha trovato diretta applicazione per i comparti delle Regioni e delle autonomie locali, della Sanità, dell’Università. Per quanto concerne le Regioni, si è definito un obiettivo generale di contenimento delle spese nel loro complesso (Patto di stabilità interno) e non è stato fissato uno specifico l’obbligo di riduzione del personale, demandando a tali enti la scelta concreta dei mezzi per conseguirlo. Per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’obiettivo è stato, di recente, espresso in termini di riduzione della spesa di personale, da perseguire anche con strumenti diversi dalla riduzione delle assunzioni. Infine, le Università sono unicamente sottoposto alla programmazione triennale dei fabbisogni ed al vincolo posto dalle risorse presenti nei loro bilanci;
- annualmente sono state disposte numerose assunzioni in deroga al blocco.
Di fatto, il blocco delle assunzioni ha dispiegato i suoi maggiori effetti con riferimento ai comparti Ministeri, agenzie fiscali, aziende autonome ed enti pubblici non economici. Il cosiddetto comparto sicurezza (Corpi di polizia e Forze armate) non ha, al contrario, risentito affatto dei blocchi in quanto maggior beneficiario delle assunzioni effettuate, annualmente, in deroga al blocco stesso ovvero in quanto soggetto ad un più generale programma di riordino delineato nel provvedimento di professionalizzazione delle Forze armate.
Le modalità applicative testé descritte hanno determinato una redistribuzione del personale pubblico tra i vari comparti: alcuni sono stati ridimensionati a vantaggio di altri. La tavola che segue mostra la variazione in percentuale del numero complessivo degli impiegati a tempo indeterminato nei singoli comparti con riferimento al periodo 2002-2006[328].
COMPARTO |
2002 |
2006 |
Variazione 06/02 |
Servizio sanitario nazionale |
692.684 |
686.518 |
-0,9 |
Enti pubblici non economici |
64.181 |
59.446 |
-7,4 |
Enti di ricerca |
17.087 |
16.171 |
-5,4 |
Regioni ed autonomie locali |
605.538 |
592.839 |
-2,1 |
Ministeri, agenzie fiscali e presidenza |
261.908 |
245.982 |
-6,1 |
Aziende autonome |
34.368 |
33.392 |
-2,8 |
Scuola e AFAM |
1.139.713 |
1.157.194 |
1,5 |
Università |
113.395 |
116.942 |
3,1 |
Corpi di polizia |
321.674 |
332.204 |
3,3 |
Forze armate |
125.564 |
137.342 |
9,4 |
Magistratura |
10.514 |
10.429 |
-0,8 |
Carriera diplomatica e prefettizia |
2.574 |
2.544 |
-1,2 |
Totale pubblico impiego |
3.389.200 |
3.391.003 |
0,1 |
Un altro potenziale limite del blocco dell’assunzioni è costituito dal fatto che la sua applicazione è stata prorogata più volte anche per un solo anno. Privato così di una valenza strategica, esso non ha consentito una vera e propria pianificazione di lungo periodo delle politiche del personale proprie dei singoli comparti.
Le regole fissate dall’Accordo del luglio 1993[329] hanno introdotto due livelli di contrattazione. Il primo livello concerne il contratto collettivo nazionale di lavoro (CCNL), ed è finalizzato alla conservazione del potere d’acquisto dei salari. Il secondo livello è di tipo decentrato ed integrativo, e riguarda materie e istituti diversi e non ripetitivi rispetto a quelli retributivi propri del CCNL; la contrattazione decentrata dovrebbe valorizzare i risultati conseguiti nella realizzazione di programmi, concordati tra le parti, aventi come obiettivo incrementi di produttività[330], di qualità ed altri elementi di competitività. Il meccanismo di finanziamento dei CCNL, fissato a norma dell’articolo 48 del decreto legislativo n. 165/2001[331], ha consentito di esercitare un controllo sulla dinamica degli incrementi delle retribuzioni contrattuali[332]. Minori sono invece gli strumenti di controllo centrale e diretto sulle risorse destinate alla contrattazione integrativa, in quanto questa è alimentata anche attraverso una serie di voci, variabili da ente ad ente, quali risparmi di gestione, quote di retribuzione del personale cessato o entrate proprie. L’ammontare complessivo delle risorse rese disponibili con l’aggregazione di tali voci costituisce, peraltro, una parte non trascurabile della spesa sostenuta dalle Pubbliche amministrazioni per il pagamento dei redditi da lavoro (in media circa il 14 per cento della spesa complessiva per retribuzioni del 2005). Partendo da tali premesse, il dibattito svoltosi negli ultimi anni ha iniziato a focalizzare l’attenzione sulla contrattazione integrativa, anche al fine di porre sotto un maggior controllo la dinamica delle retribuzioni di fatto[333].
La criticità di tale controllo è stata evidenziata anche dall’ARAN, che ha effettuato una rilevazione statistica sulle retribuzioni di fatto erogate dalle amministrazioni locali[334]. L’Agenzia ha rilevato che oltre la metà degli incrementi retributivi conseguiti nel periodo 2000-2006 non sono dovuti alla contrattazione di primo livello, ossia nazionale[335].
Secondo la definizione Istat, tale categoria rappresenta “il valore dei beni e servizi consumati quali input nel processo produttivo, escluso il capitale fisso il cui consumo è registrato come ammortamento”. Essa comprende, pertanto, numerose tipologie di spese delle Amministrazioni pubbliche, quali l’acquisto dei beni e servizi necessari per lo svolgimento dell’attività amministrativa, ivi inclusi le spese per la gestione degli immobili, i fitti, le utenze. Nella categoria sono incluse anche le spese per i servizi di intermediazione finanziaria indirettamente misurati (SIFIM), come previsto dalla contabilità SEC 95 (Reg. CE n. 1889/2002).
Nella stessa voce rientrano inoltre ulteriori spese, relative alla sanità, quali le “prestazioni sociali in natura acquistate direttamente sul mercato”, categoria che individua gli acquisti di beni e servizi da produttori privati (market), vale a dire le spese per l’assistenza farmaceutica e per le prestazioni sanitarie erogate in convenzione[336].
Nel periodo 2000-2007, la spesa per consumi intermedi ha evidenziato una crescita media annua del 5,5%, determinando un aumento della sua incidenza sul PIL di 6 decimi di punto (dal 7,3% al 7,9%).
La spesa per consumi intermedi nel conto della P.A. - anni 2000-2007
(milioni di euro - %)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Milioni di euro |
87.394 |
96.046 |
100.835 |
105.633 |
112.988 |
118.823 |
118.992 |
121.460 |
Var. % annua |
9,6 |
9,9 |
5,0 |
4,8 |
7,0 |
5,2 |
0,1 |
2,1 |
% Uscite complessive |
15,9 |
16,0 |
16,4 |
16,3 |
16,9 |
17,2 |
16,3 |
16,1 |
% PIL |
7,3 |
7,7 |
7,8 |
7,9 |
8,1 |
8,3 |
8,0 |
7,9 |
Fonte:Istat
La crescita è stata particolarmente accentuata nel periodo 2000-2005 (+6,9% annuo), per poi rallentare nel successivo biennio (+1,1%), quale risultato sia delle sempre più stringenti misure di riduzione dei consumi in senso stretto adottate fin dal 2005, che di un contenimento della componente di spesa sanitaria.
Nel 2007 le prestazioni da produttori market sono cresciuti dello 0,9%, in linea con la spesa sanitaria complessiva, mentre i consumi in senso stretto, dopo la frenata del 2006 (-1,2%), hanno presentato comunque una variazione contenuta (+2,7%).
La composizione dei consumi intermedi - anni 2000-2007
(milioni di euro – var % annua)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Consumi intermedi in senso stretto |
59.853 (6,7) |
64.289 (7,4) |
67.154 (4,5) |
70.809 (5,4) |
75.039 (6,0) |
78.577 (4,7) |
77.661 |
79.738 |
Prestazioni sociali in natura market |
27.541
|
31.757 (15,3) |
33.681 |
34.824 |
37.949 |
40.246 |
41.331 |
41.722 |
Totale |
87.394 (7,3) |
96.046 (7,7) |
100.835 (7,8) |
105.633 (7,9) |
112.98 (8,1) |
118.823 (8,3) |
118.992 (8,0) |
121.460 (7,9) |
Fonte: Istat
Con riferimento ai consumi intermedi in senso stretto, la tavola seguente ne evidenzia l’andamento per livelli di governo, relativamente agli anni 2004-2007.
Consumi intermedi in senso stretto
(milioni di euro– var % annua)
|
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Amministrazioni centrali |
22.154 (1,1) |
22.208 (0,2) |
20.834 (-6,2) |
21.049 (1,0) |
Amministrazioni locali |
50.617 (8,0) |
54.076 (6,8) |
54.425 (0.6) |
56.555 (3,9) |
Enti di previdenza |
2.268 (11,2) |
2.293 (1,1) |
2.402 (4,7) |
2.134 (-11,2) |
Totale |
75.039 (6,0) |
78.577 (4,7) |
77.661 (-1,2) |
79.738 (2,7) |
Fonte: Istat
A fronte di un andamento, nel settore delle Amministrazioni centrali, “sostanzialmente” in linea con gli obiettivi posti dalle misure di contenimento di cui si dà conto nel prosieguo del paragrafo, nel medesimo periodo, a livello di amministrazioni locali, si è assistito ad una crescita sostenuta di tale voce di spesa.
In particolare, nel 2007, a fronte di una crescita del 3,9% delle Amministrazioni locali e di una netta riduzione (-11,2%) dei consumi degli enti previdenziali, i consumi delle Amministrazioni centrali sono cresciuti dell’1%[337].
Per l’anno in corso e per il triennio 2009-2011, il quadro tendenziale a legislazione vigente della P.A. contenuto nella RUEF reca le seguenti stime:
La spesa per consumi intermedi nel conto della P.A. – previsioni
2008-2011
(milioni di euro - %)
|
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Milioni di euro |
127.744 |
131.645 |
136.077 |
141.226 |
Var. % annua |
5,2 |
3,1 |
3,4 |
3,8 |
%
Uscite |
16,3 |
16,4 |
16,5 |
16,7 |
% PIL |
8,0 |
8,0 |
8,0 |
8,0 |
Fonte: RUEF
La RUEF, non offre una stima disaggregata delle due componenti. Viene, tuttavia, precisato che per le Amministrazioni statali si prevede un livello di economie più basso rispetto al 2007, correlato sia ad un rimbalzo della spesa dopo un anno di stringenti controlli, sia agli oneri per le elezioni politiche e amministrative (circa 700 milioni).
La crescita dell’aggregato complessivo si riduce negli anni successivi (una crescita media nel triennio 2009-2011 del 3,4% rispetto al 5,2% dell’anno in corso), stabilizzando l’incidenza sul PIL al livello dell’8%.
Rinviando ad altra parte del dossier gli approfondimenti sulla spesa sanitaria, si ricordano di seguito le misure di contenimento dei consumi in senso stretto adottate negli ultimi anni.
Nel corso degli ultimi anni si è più volte intervenuti per contenere la dinamica della spesa pubblica, ed in particolare di quella corrente, sia attraverso la fissazione di regole di crescita di tale aggregato con riferimento all’intero comparto delle Amministrazioni pubbliche, sia attraverso tagli lineari degli stanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato.
Per quanto riguarda la prima tipologia di interventi, va ricordata la c.d. “regola del 2 per cento”, introdotta dalla legge finanziaria per il 2005[338], che fissava per il triennio 2005-2007 un tetto (rispetto alle previsioni risultanti dalla Relazione previsionale e programmatica) alla crescita delle spese delle Amministrazioni pubbliche[339]. Secondo tale regola, la spesa pubblica complessiva avrebbe dovuto aumentare ad un tasso pari a meno della metà dell’incremento previsto, a quella data, per il PIL (2,1 contro 4,4%), consentendo una forte riduzione dell’incidenza della spesa sul prodotto.
Nel caso delle Amministrazioni centrali, la “regola” comportava un tetto, del 2 per cento appunto, all’aumento degli stanziamenti, in competenza e in cassa, aventi un impatto diretto sul conto economico consolidato della P.A., rispetto alle previsioni iniziali del 2004[340].
Dai dati relativi al monitoraggio degli incassi e pagamenti del bilancio dello Stato al 31 dicembre 2006[341] risulta che in tale anno la regola del 2 per cento è stata rispettata: l’aggregato sottoposto a controllo (pari a 41,3 miliardi in termini di previsioni definitive) è cresciuto dell’1,2 per cento per le previsioni definitive e dell’1,5 per cento in termini di pagamenti, mentre gli impegni hanno registrato una flessione del 2,7 per cento.
Quanto al 2007, i dati contenuti nella RUEF relativi ai pagamenti del bilancio dello Stato aventi impatto diretto sulla P.A. evidenziano una riduzione dei consumi intermedi (-5,8%), a fronte di un aumento accentuato delle altre voci sottoposte al vincolo.
Per quanto riguarda i tagli degli stanziamenti iscritti nel bilancio dello Stato, che hanno riguardato in prevalenza la spesa corrente e, al suo interno, i consumi intermedi, essi sono stati previsti con cadenza annuale fin dal 1999. Con riferimento agli interventi per il 2006, occorre ricordare come in tale anno, oltre all’effetto di riduzione derivante dalla regola del 2% (i cui risultati erano incorporati nelle previsioni a legislazione vigente), la legge finanziaria[342] ha disposto un contenimento della spesa per consumi intermedi per 1.445 milioni di euro annui per il triennio 2006-2008. Il decreto legge n. 223 del 2006[343] ha disposto, poi, un’ulteriore riduzione degli stanziamenti iscritti in bilancio, per un importo complessivo di 683 milioni di euro per il 2006 e di 793 milioni annui per il triennio 2007-2009[344].
Per quanto riguarda il successivo triennio, il comma 507 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007[345] ha stabilito che fosse accantonata e resa indisponibile una quota pari a 4.572 milioni di euro per il 2007, a 5.031 milioni per il 2008 e a 4.922 milioni per il 2009, delle dotazioni iniziali del bilancio dello Stato.
Gli stanziamenti su cui incidono gli accantonamenti riguardano sia le spese correnti che quelle in conto capitale, ivi incluse le spese predeterminate legislativamente. Nonostante i margini di flessibilità previsti dalla norma[346], tale taglio si è rivelato difficilmente sostenibile da parte delle amministrazioni: il decreto legge n. 81 del 2007[347] ha, infatti, disposto la reintegrazione, per un importo pari a circa 2 miliardi per il 2007, di tali accantonamenti[348]. Ulteriori integrazioni degli stanziamenti sono stati disposti con la legge di assestamento per il 2007.
Con riferimento ai consumi intermedi, la tavola di seguito riportata[349] ricostruisce, a partire dallo stanziamenti iniziali (in termini di competenza) previsti dalla legge di bilancio 2007, gli effetti degli accantonamenti del comma 507 della legge finanziaria 2007 e del successivo DM 48902, cui hanno seguito le misure di disaccantonamento del DL 81/2007[350] e le integrazioni degli stanziamenti disposte con l’assestamento e le leggi approvate nella secondo semestre. In termini di previsioni definitive, gli stanziamenti sono risultati pari a 12.000 milioni di euro (di cui 819 milioni indisponibili)[351]. Un importo di 1.020 milioni è andato in economia[352].
Consumi intermedi – co. 507, art 1, L.F. 2007
(milioni di euro)
2007 |
2008 |
2009 |
||||||
Previs. iniziali comp. LB ‘07
|
Previs. definitive comp. LB ‘07
|
Accant., art 1, co 507 LF ‘07 (a) |
Var accant DM 48902 (b) |
Accant. totali
c=a+b |
Disaccanton. DL 81/07
(d) |
Indisponibilità post DL 81/07
e= c-d |
Accant., art 1, co 507 LF ‘07
|
Accant., art 1, co 507 LF ‘07
|
9.904 |
12.000 |
978 |
23 |
1.001 |
182 |
819 |
1.100 |
944 |
Gli interventi in aumento delle dotazioni di bilancio hanno riguardato il solo 2007. Sugli stanziamenti relativi agli anni successivi è intervenuta nuovamente, in riduzione degli stessi, la finanziaria 2008[353], che ha disposto un taglio lineare delle dotazioni di bilancio dei singoli Ministeri relative a spese per consumi intermedi non aventi natura obbligatoria, per un importo pari a 545 milioni per l’anno 2008 , 700 milioni per il 2009 e 900 milioni a decorrere dal 2010. Al netto di tale riduzione, le previsioni iniziali sono pari a 10.019 milioni per il 2008 (di cui 1.100 milioni indisponibili), a 9.644 milioni per il 2009 (di cui 944 indisponibili) e a 8.824 milioni per il 2010.
Al riguardo, il Servizio Bilancio ha chiesto chiarimenti al Governo al fine di verificare i risparmi derivanti dal taglio lineare degli stanziamenti, già oggetto ripetute misure di contenimento. Come osservato dalla Corte dei conti[354] tale riduzione “si aggiunge a quella disposta dal comma 507 della finanziaria 2007, aggravando la situazione di precarietà operativa delle amministrazioni conseguenti alle precedenti manovre correttive. In tal modo rischia di riproporsi per il 2008, la necessità del ricorso ad un provvedimento di urgenza analogo a quello intervenuto nel 2007”.
La spesa per prestazioni previdenziali ed assistenziali è composta da:
· prestazioni sociali in denaro: in tale voce confluiscono la spesa per prestazioni sociali a copertura dei rischi invalidità, vecchiaia, superstiti, disoccupazione, infortuni professionali, maternità e malattia, nonché alcune spese di natura assistenziale;
· prestazioni sociali in natura: tali prestazioni comprendono sia una parte della spesa sanitaria, in particolare, quella erogata in convenzione[355], sia una parte della spesa assistenziale, in particolare, i servizi sociali erogati da una pluralità di istituzioni ed enti, per esempio, i comuni.
Tali due categorie, nel complesso, costituiscono l’aggregato della spesa per protezione sociale di cui si dà conto nel presente paragrafo, ad eccezione della spesa sanitaria, oggetto di un autonomo approfondimento.
La spesa per prestazioni sociali in denaro comprende sia la spesa per pensioni e rendite – che ne costituisce la parte prevalente – sia la spesa per altre prestazioni previdenziali di carattere non pensionistico[356].
Alle prestazioni sociali in denaro è riconducibile anche la spesa per alcune prestazioni assistenziali[357], voce di cui si terrà conto nella successiva analisi, dedicata alla spesa assistenziale.
Si analizza ora l’andamento generale dell’aggregato delle prestazioni sociali in denaro, per poi esaminare, più in dettaglio, le sue componenti di natura più strettamente previdenziale.
L’andamento della spesa complessiva per prestazioni sociali in denaro nel periodo 2005-2007 è stato il seguente:
(milioni di euro - %)
|
2005 |
2006 |
2007 |
Milioni di euro |
242.346 |
252.119 |
265.284 |
Variazione annua (%) |
3,3 |
4,0 |
5,2 |
% del Pil |
17,0 |
17,0 |
17,3 |
Fonte: RUEF
L’andamento tendenziale a legislazione vigente, per l’esercizio in corso e il triennio 2008- 2011, è il seguente:
(milioni di euro - %))
|
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Milioni di euro |
278.340 |
284.570 |
294.640 |
305.210 |
Variazione annua (%) |
4,9 |
2,2 |
3,5 |
3,6 |
% del Pil |
17,5 |
17,3 |
17,3 |
17,3 |
Fonte: RUEF
Dalle tabelle risulta che, dopo una fase di stabilità della spesa in rapporto al PIL, l’aggregato riprende a crescere nel 2007 per poi stabilizzarsi nuovamente al 17,3 per cento.
Tale aumento è riconducibile alle componenti non pensionistiche, in primo luogo, all’incremento della spesa per trattamenti di famiglia (per un onere pari a 900-1.000 milioni di euro), disposto dalla legge finanziaria per il 2007 e, in secondo luogo, all’intervento recato dal decreto-legge n. 159/2007[358] a favore dei cosiddetti incapienti.
Tale intervento, originariamente classificato in riduzione delle imposte dirette, interamente per l’anno 2007, sulla base dell’importo originariamente previsto (1,9 miliardi), successivamente, nei dati di consuntivo 2007, è stato riclassificato dall’Istat come incremento della spesa per prestazioni sociali in denaro[359], per un ammontare, nel 2007, di 560 milioni di euro[360].
Per il 2008, la dinamica dell’aggregato (+4,9 per cento) risente, tra l’altro, dello slittamento a tale esercizio di quota parte del bonus incapienti, per un importo pari a 782 milioni di euro, oltre che degli incrementi previsti nell’ambito della manovra 2008[361] e degli incrementi per le pensioni basse previsti dal decreto-legge n. 81/2007[362].
Per quanto riguarda la principale voce di spesa nell’ambito delle prestazioni sociali in denaro, va fatto riferimento alla definizione Istat utilizzata nei conti economici nazionali, in base alla quale la spesa delle amministrazioni pubbliche per pensioni e rendite[363] ha avuto, nel periodo 2004-2007, il seguente andamento, in valori assoluti e in variazione percentuale rispetto all’anno precedente[364]:
(milioni di euro - %)
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
194.362 |
201.239 |
207.925 |
216.380 |
(+3,9) |
(+3,5) |
(+3,3) |
(+4,1) |
Per quanto riguarda il 2007, la RGSEP evidenzia, tra le cause della dinamica crescente della spesa in esame, l’aumento del numero dei trattamenti e la perequazione automatica pari al 2 per cento[365]. A tale dinamica ha contribuito anche l’effetto dell’incremento delle pensioni di importo basso previsti in 900 milioni di euro nel 2007[366].
Per quanto riguarda l’andamento della spesa pensionistica a decorrere dal 2008, esso sarà influenzato principalmente dalle disposizioni recate dalla legge n. 247/2007 (Attuazione del Protocollo welfare) che possono essere così sintetizzate[367]:
· il nuovo percorso di aumento graduale dell’età per l’accesso al trattamento pensionistico[368], con effetti già nel breve periodo[369];
· l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione e l’introduzione di un meccanismo automatico di aggiornamento successivo con cadenza triennale; l’agevolazione del riscatto degli anni di laurea; l’estensione della facoltà di cumulare i contributi versati in gestioni diverse; l’aumento delle aliquote contributive e di computo per i parasubordinati privi di altre forme di copertura.
Le modifiche alla legislazione pensionistica previgente introdotte dalla legge n. 247/2007 comportano, nelle previsioni della RGS, un incremento dell’incidenza della spesa in rapporto al PIL che raggiunge il massimo nel 2011 (circa 0,1-0,15 punti percentuali di PIL), per poi ridursi progressivamente fino ad azzerarsi completamente a partire dal 2030-2035[370].
Prendendo quindi in considerazione la spesa pensionistica, come determinata dalla legislazione vigente, la RGS prevede una sua sostanziale stabilità in rapporto al PIL nel decennio 2007-2016.
Tale stabilità è significativamente condizionata dal graduale elevamento dei requisiti minimi per l’accesso al pensionamento anticipato, i cui effetti di contenimento controbilanciano i primi effetti espansivi indotti dalla transizione demografica. L’aumento degli importi di pensione conseguente al posticipo dell’accesso al pensionamento avrà, invece,un effetto diluito nel tempo.
Per quanto riguarda il periodo 2017-2038, nei modelli previsivi della RGS il rapporto spesa pensionistica/PIL presenta una dinamica crescente con un’accelerazione nella seconda parte del periodo a partire dal 2025.
A partire da tale data, infatti, si stima che all’aumento del numero di pensioni si aggiunge la contemporanea riduzione del numero di occupati. Più in particolare, l’aumento del numero di pensioni, solo in parte contrastato dagli effetti restrittivi dovuti all’elevazione dei requisiti minimi di accesso al pensionamento anticipato prevista nei regimi misto e contributivo, dipende dal progressivo innalzamento della speranza di vita e dal passaggio delle generazioni del baby boom dalla fase attiva alla fase di quiescenza[371]. La diminuzione del numero di occupati è determinata dal forte calo della popolazione in età da lavoro, che sopravanza l’effetto indotto dall’aumento dei tassi di occupazione. Un ulteriore effetto parzialmente calmierante la dinamica della spesa in tale fase è recato dalla liquidazione di pensioni con quote crescenti calcolate con il sistema contributivo.
Per il successivo periodo 2039-2050, infine, la RGS prevede una forte decrescita del rapporto spesa pensionistica/PIL, dovuta essenzialmente al passaggio dal regime misto a quello contributivo[372].
A tale risultato contribuisce anche la sostanziale stabilizzazione del rapporto tra numero di pensioni e numero di occupati, dovuto, prevalentemento, nell’ultima fase del periodo in esame, alla progressiva eliminazione per morte delle generazioni del baby boom. In tale ultima fase, cessa anche l’effetto incrementativo dell’importo medio del trattamento pensionistico recato dal progressivo elevamento dei requisiti minimi per l’accesso al pensionamento anticipato.
L’andamento della spesa nell’intero periodo di previsione è quello risultante dal grafico che segue:
Spesa pensionistica in rapporto al PIL (scenario nazionale base)
(Fonte: Rapporto RGS n. 9 – Anno 2007)
Con riferimento alle altre prestazioni sociali in denaro di tipo previdenziale ma diverse dalle pensioni, l’andamento nel periodo 2004-2007, relativamente al settore delle Pubbliche amministrazioni, è stato il seguente[373]:
(milioni di euro - %)
|
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Liquidazioni TFR |
4.679 |
4.786 |
5.914 |
8.297 |
Malattia e maternità |
5.055 |
5.133 |
5.327 |
5.823 |
Disoccupazione |
4.359 |
4.689 |
4.857 |
4.831 |
Integrazione salariale |
815 |
898 |
904 |
833 |
Assegni familiari |
5.844 |
5.477 |
5.406 |
6.427 |
Altri sussidi* |
560 |
601 |
723 |
548 |
TOTALE |
21.312 |
21.584 |
23.131 |
26.759 |
Variazione % |
9,8 |
1,3 |
7,2 |
15,7 |
*Comprende: equo indennizzo, liquidazioni in capitale, assegni, indennità e sussidi complementari al reddito.
Tra le voci sopra riportate, si evidenzia il consistente aumento nel 2007 della spesa per le liquidazioni di fine rapporto (+40,3 per cento rispetto al 2006). Tra le cause che hanno concorso alla determinazione di tale dinamica, si segnala l’incremento del numero delle pensioni di anzianità del contratto scuola nel 2006[374]. E’ verosimile, anche se mancano i dati ufficiali, che una quota, sia pure minima, di tale incremento di spesa sia da ascriversi anche alle prime liquidazioni di TFR operate dall’Inps in attuazione del disposto della legge finanziaria 2007 in materia[375].
Sempre con riferimento a tale anno, anche la voce relativa agli assegni familiari ha scontato gli effetti degli interventi in materia disposti dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006)[376], i cui maggiori oneri sono quantificati circa 900-1.000 milioni di euro.
Con riferimento al periodo 2008-2011, la RUEF 2008[377] indica gli oneri connessi agli interventi approvati nel settore degli ammortizzatori sociali, in termini di indebitamento netto, come risulta dalla tabella che segue[378]:
(milioni di euro)
|
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Indennità di disoccupazione |
582 |
605 |
643 |
658 |
disoccupazione agricola |
90 |
90 |
91 |
92 |
Sostegno lavoratori portuali |
20 |
|
|
|
totale interventi |
692 |
695 |
734 |
750 |
Fonte: RUEF
Il finanziamento della spesa previdenziale[379] avviene principalmente attraverso i contributi sociali, cioè il versamento di contributi che affluiscono direttamente al settore pubblico attraverso gli enti di previdenza e, ma in misura minore, attraverso gli accantonamenti ai fondi quiescenza costituiti presso le imprese e di contributi sociali versati ai fondi pensione. L’altra fonte di finanziamento è costituita dalle contribuzioni diverse, composte da trasferimenti statali destinati principalmente a coprire le spese per l’erogazione di servizi di carattere generale destinati alla popolazione[380], le spese per l’erogazione di prestazioni in denaro ad invalidi civili e anziani sprovvisti di reddito, per l’integrazione delle pensioni al minimo, per gli sgravi fiscali e la fiscalizzazione degli oneri sociali concessi ai datori di lavoro, nonché per la copertura dei disavanzi di gestione degli enti di previdenza[381].
Con riferimento ai contributi sociali, sulla base di SEC 95, nei conti economici nazionali essi sono distinti in effettivi e figurativi.
I primi, a carico dei datori di lavoro e dei lavoratori, sono costituiti dai versamenti effettuati agli organismi della sicurezza sociale e comprendono tutti i contributi obbligatori e volontari[382], relativi all’assicurazione contro i rischi di malattia, maternità, invalidità, vecchiaia e superstiti, disoccupazione, infortuni sul lavoro e malattie professionale e per gli assegni familiari.
I contributi sociali figurativi, invece, riguardano esclusivamente i datori di lavoro e costituiscono la contropartita delle prestazioni sociali erogate direttamente dai datori di lavoro ai loro dipendenti o ex dipendenti e aventi diritto, senza passare, cioè, attraverso gli organismi della sicurezza sociale[383]. Il loro ammontare si stima pari alle prestazioni versate al netto dei contributi sociali effettivi versati dai lavoratori dipendenti.
Essendo, pertanto, ancorati al mondo del lavoro, il loro ammontare complessivo annuale dipende strettamente dall’andamento dell’occupazione e dal livello delle retribuzioni.
I dati più aggiornati e le stime per gli anni 2008-2011 sono i seguenti:
(milioni di euro - %)
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Contributi sociali effettivi |
179.972 |
186.072 |
200.911 |
210.143 |
216.406 |
222.721 |
229.605 |
Contributi sociali figurativi |
3.473 |
3.611 |
3.861 |
3.988 |
4.044 |
1.112 |
4.185 |
Totale |
183.445 |
189.683 |
204.772 |
214.141 |
220.450 |
226.833 |
233.790 |
% Pil |
12,8 |
12,8 |
13,3 |
13,5 |
13,4 |
13,3 |
13,3 |
Fonte: RUEF, marzo 2008
La variazione annua percentuale è stimata come segue:
(valori percentuali)
|
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Contributi sociali effettivi |
|
3,4 |
8,0 |
4,6 |
3,0 |
2,9 |
3,1 |
Contributi sociali figurativi |
|
4,0 |
6,9 |
3,5 |
1,2 |
1,7 |
1,8 |
Totale |
|
3,4 |
8,0 |
4,6 |
2,9 |
2,9 |
3,1 |
Fonte: RUEF, marzo 2008
Dai dati riportati, si evidenzia una importante crescita di tali entrate tra il 2006 e il 2007. Essa è dovuta sia all’aumento delle aliquote contributive per i lavoratori autonomi, sia al versamento all’Inps del TFR inoptato dei dipendenti delle imprese con più di 50 dipendenti, provvedimenti disposti dalla legge finanziaria per il 2007[384]. L’effetto di aumento si riverbera, sia pure in misura minore, anche nell’esercizio in corso per poi, sostanzialmente, stabilizzarsi.
Con riferimento alle maggiori entrate recate dagli aumenti contributivi disposti dalla normativa vigente, la RUEF espone i seguenti dati (in termini di indebitamento netto) , al netto degli effetti fiscali[385]:
(milioni di euro)
|
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
legge finanziaria 2007 |
4.000 |
3.100 |
3.350 |
3.320 |
3.220 |
legge n. 247/2007 (Protocollo) |
|
243 |
326 |
459 |
873 |
Totale |
4.000 |
3.343 |
3.676 |
3.779 |
4.093 |
Preliminarmente, si segnala che il presupposto per la erogazione delle prestazioni di natura assistenziale è la condizione di bisogno degli individui, spesso rappresentata da un livello insufficiente di reddito, ma, a differenza di quanto avviene per le prestazioni previdenziali, senza il vincolo di una precedente contribuzione dei beneficiari.
Tale aggregato di spesa si scompone in due ulteriori componenti, la prima, più consistente, rientrante tra le prestazioni sociali in denaro e la seconda, di carattere residuale, rientrante tra le prestazioni sociali in natura.
In merito alla prima componente, nel periodo 2004-2007, le principali prestazioni sociali in denaro di natura assistenziale[386] hanno mostrato il seguente andamento[387]:
(milioni di euro - %)
|
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Pensione sociale(*) |
3.429 |
3.468 |
3.576 |
3.733 |
Pensione di guerra |
1.309 |
1.002 |
1.060 |
1.095 |
Prestazioni agli invalidi civili |
11.014 |
11.558 |
12.222 |
12.933 |
Prestazioni ai ciechi |
928 |
1.001 |
984 |
1.008 |
Prestazioni ai sordomuti |
157 |
164 |
157 |
161 |
Altri assegni |
2.190 |
2.330 |
3.064 |
3.215 |
TOTALE |
19.027 |
19.523 |
21.063 |
22.145 |
Variazione % |
5,9 |
2,6 |
7,9 |
5,1 |
(*) Tale tipo di trattamento, nei conti economici nazionali, non rientra tra gli istituti legati al rischio o evento invalidità, come tutti gli altri elencati nella tabella, ma è compreso tra quelli riconducibili al bisogno “vecchiaia”, pur essendo comunque qualificabile tra le prestazioni assistenziali[388].
Dal punto di vista metodologico, si segnala preliminarmente che, in questa sede, si preferisce utilizzare i dati di contabilità nazionale, anziché i dati provenienti da altre fonti, per la difficoltà di compararli. Infatti, ad esempio, l’Istat, nelle pubblicazioni realizzate con l’Inps[389], include tra le pensioni assistenziali l’indennità di accompagnamento[390]; il Ministero della solidarietà sociale[391] riporta, a seconda delle prestazioni considerate, dati ottenuti moltiplicando l’importo unitario dei trattamenti relativo al mese di dicembre per le mensilità spettanti (dodici o tredici); in tale modo, si ottiene una sorta di spesa tendenziale che, però, non coincide con i dati di bilancio.
Con riferimento al biennio 2006 e 2007, la tabella precedente evidenzia un consistente aumento della voce di spesa relativa ad altri assegni e sussidi. Tale dinamica sostenuta (+31,5 per cento nel 2006 rispetto al 2005) è da attribuirsi all’erogazione nel 2006 del cosiddetto bonus bebè introdotto dalla legge n. 266/2005[392] a sostegno della natalità nel biennio 2005-2006 e la cui erogazione si concentra soprattutto nel 2006. Nel 2007, la dinamica della voce di spesa in esame si mantiene sostenuta (+4,9 per cento) in quanto, pur venendo meno le erogazioni per il bonus bebè, è stata imputata a tale tipologia di spesa l’erogazione del cosiddetto bonus per gli incapienti per un importo pari a circa 560 milioni di euro. Tale ultima voce avrà i suoi effetti anche nel 2008 per un ammontare pari a 782 milioni di euro[393].
Per completare il quadro delle prestazioni assistenziali, occorre considerare la parte rientrante tra le prestazioni sociali in natura.
In proposito, va segnalato che si tratta di prestazioni assistenziali che risultano erogate da una pluralità di istituzioni ed enti; sia a causa della pluralità di istituzioni operanti sia a causa della grande varietà delle politiche adottate dalle regioni[394] e dagli altri enti locali, la ricostruzione della spesa non appare agevole.
Tale aggregato ha avuto nel periodo 2004-2007 il seguente andamento[395]:
(milioni di euro)
|
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Beni e servizi di produttori market |
2.660 |
2.679 |
2.807 |
2.846 |
Beni e servizi di produttori non market |
3.575 |
3.733 |
4.101 |
4.070 |
Totale |
6.235 |
6.412 |
6.908 |
6.916 |
Per il finanziamento di questo tipo di spesa (ad esempio, il contrasto della povertà, i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, la condizione degli anziani, la prevenzione e il trattamento delle tossicodipendenze, l’inserimento dei cittadini stranieri) è da segnalare la legge n. 449/1997 che ha istituito il Fondo per le politiche sociali, la più importante fonte di finanziamento statale in materia di servizi sociali.
Anche con riferimento alla spesa pubblica per l’assistenza alle persone anziane e ai disabili non autosufficienti (Long Term Care – LTC), rientrante nell’ambito più generale della spesa sociale, la Ragioneria Generale dello Stato elabora le previsioni a medio e lungo termine sulla base di scenari e metodologie concordate in ambito europeo[396].
Tale aggregato di spesa include tre componenti: la componente sanitaria, il cui andamento è analizzato nell’ambito delle previsioni della spesa sanitaria pubblica; le indennità di accompagnamento, erogate ad invalidi e ciechi civili e le indennità di comunicazione riconosciute ai sordomuti; altre prestazioni per LTC, comprendenti un insieme di prestazioni, largamente in natura, gestite prevalentemente a livello locale per finalità socio-assistenziali.
Nel quadro di previsione basato sullo scenario nazionale base, la spesa pubblica per LTC in rapporto al PIL passa dall’1,6 per cento del 2006 al 2,8 per cento del 2050, con un incremento distribuito in modo uniforme nell’intero periodo di previsione.
Più in particolare, in relazione alle diverse componenti dell’aggregato, a causa dell’aumento della popolazione anziana, cresce il peso delle indennità di accompagnamento e quello delle altre prestazioni LTC a discapito della componente sanitaria. Quest’ultima cresce con minore intensità per il fatto che al suo interno sono comprese prestazioni non strettamente legate all’invecchiamento (malati psichici e dipendenti da alcol e droghe).
Con riferimento alla distribuzione della spesa per età, la RGS prevede una crescita della quota di spesa destinata agli ultraottantenni (dal 46 per cento del 2010 al 66 per cento del 2050), prevalentemente a discapito di quella riguardante la fascia di età 0-64 anni.
Nell’ambito della contabilità nazionale, non é previsto uno specifico aggregato relativo alla spesa sanitaria pubblica. Questa, infatti, è la somma delle diverse tipologie di spesa riconducibili al settore sanitario. Si fa riferimento, principalmente, ai costi del personale (facenti parte dell’aggregato redditi da lavoro dipendente) e alle spese per l’acquisto di beni e servizi (facenti parte dell’aggregato consumi intermedi).
Il consolidamento dei conti riferiti al settore sanitario
avviene generalmente con
Informazioni sulla spesa sanitaria, a livello aggregato, sono inoltre disponibili in corso d’anno sia nella RUEF (relativamente a dati di consuntivo) sia nel Documento di programmazione economico–finanziaria e nella Nota di aggiornamento, che recano i dati di previsione, a legislazione vigente, relativamente all’anno in corso e al successivo periodo di previsione.
Il conto della P.A. espone il seguente andamento della spesa sanitaria:
La spesa sanitaria nel conto della P.A.
(milioni di euro - %)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Valori assoluti |
67.574 |
74.744 |
79.106 |
81.816 |
89.924 |
96.141 |
101.349 |
102.290 |
Var % annua |
11,7% |
10,6% |
5,8% |
3,4% |
9,9% |
6,9% |
5,4% |
0,9% |
% spesa complessiva |
12,3% |
12,4% |
12,9% |
12,6% |
13,5% |
13,9% |
13,9% |
13,6% |
% Pil |
5,7% |
6,0% |
6,1% |
6,1% |
6,5% |
6,7% |
6,8% |
6,7% |
Fonti: Istat Relazione generale sulla situazione economica del Paese 2007 e RUEF 2008
I dati evidenziano come, nel periodo in esame, la spesa sanitaria abbia assorbito una quota significativa e crescente della spesa complessiva, aumentando il peso sul PIL di un punto (dal 5,7% del 2000 al 6,7% nel 2007).
Tale dinamica presenta, peraltro, andamenti differenziati negli anni: a fronte di una crescita media annua dell’8,1% nel periodo 2000-2005, si assiste a una variazione più contenuta nell’ultimo biennio (+3,2%), ed in particolare nell’ultimo anno (+0,9%).
Il risultato 2007 sconta, tuttavia, come precisato dalla RUEF, uno slittamento al 2008 di oneri contrattuali di competenza del biennio 2006-2007 (1.500 milioni), nonché la riallocazione di alcune partite contabili per circa 700 milioni. Per contro, sul 2006 pesano arretrati contrattuali relativi al biennio 2004-2005 per circa 2.300 milioni. Imputando gli oneri ai periodi di competenza, la crescita della spesa nel 2007 dovrebbe essere rideterminata in misura pari al 5,5%. Si tratterebbe, comunque, di una variazione più limitata rispetto a quelle registrate negli anni precedenti.
Il dato relativo al 2007 riflette le misure di contenimento della spesa adottate con la legge finanziaria[398] che, recependo l’accordo intervenuto nell’autunno 2006 tra il Governo e le Regioni (c.d. Patto per la salute), ha posto l’obiettivo di stabilizzare la quota della spesa rispetto al PIL al 6,7%, definendo conseguentemente il livello di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale cui concorre lo Stato e le misure per raggiungere gli obiettivi prefissati (cfr infra).
Al raggiungimento di tali obiettivi sono, inoltre, preordinati i Piani di rientro che le Regioni che hanno evidenziato disavanzi strutturali negli anni 2001-2005 (Abruzzo, Campania, Lazio, Liguria, Molise e Sicilia)[399] hanno concordato con il Governo nel corso del 2007. Nei primi mesi del 2008 altre regioni (Piemonte e Calabria) hanno avanzato la richiesta di sottoscrivere un Accordo con l’allegato Piano di rientro (cfr infra).
Per quanto riguarda gli anni 2008 e 2009, non si dispone di stime aggiornate, dal momento che quelle recate nella Nota di aggiornamento del DPEF risultano superate. Si segnala, comunque, che, sulla base di quanto riportato nella RUEF, la spesa tendenziale per il 2008, rispetto alle previsioni precedenti, dovrà essere integrata dalla spesa conseguente all’abolizione del ticket sulla assistenza specialistica prevista dalla legge finanziaria, dagli oneri relativi allo slittamento all’anno in corso del rinnovo del contratto relativo al biennio 2006-2007, nonché da partite contabili[400].
A ciò si aggiungerebbe un ulteriore aggravio della spesa, che riguarda i rinnovi contrattuali per il biennio in corso, per i quali dovranno essere stanziate le necessarie risorse. Peraltro, da quanto si evince dalla RUEF, tale ulteriore onere dovrebbe incidere sul 2009.
La dinamica osservata nella spesa sanitaria è effetto di andamenti differenziati nei vari comparti. La seguente tavola analizza la spesa con riferimento alla classificazione per operatori, prendendo quindi in considerazione le prestazioni offerte dalle strutture del SSN (c.d. produttori non market) e quelle erogate attraverso strutture accreditate o professionisti convenzionati (c.d. produttori market).
Composizione della spesa sanitaria[401]
(milioni di euro)
|
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
|
|
|
|
|
Prestazioni sociali in natura |
84.088 |
89.606 |
94.218 |
94.678 |
corrispondenti a beni e servizi |
35.289 |
37.567 |
38.524 |
38.876 |
- Farmaci |
11.988 |
11.849 |
12.334 |
11.579 |
- Assistenza medico-generica |
5.020 |
6.453 |
5.932 |
6.052 |
- Assistenza medico-specialistica |
2.900 |
3.193 |
3.449 |
3.666 |
- Assistenza osped. in case di cura private |
8.260 |
8.472 |
8.694 |
9.187 |
- Assistenza protesica e balneotermale |
3.913 |
4.037 |
4.128 |
4.107 |
- Altra assistenza |
3.208 |
3.563 |
3.987 |
4.285 |
corrispondenti a servizi |
48.799 |
52.039 |
55.694 |
55.802 |
- Assistenza ospedaliera |
38.113 |
40.722 |
43.628 |
43.704 |
- Altri servizi sanitari |
10.686 |
11.317 |
12.066 |
12.098 |
Composizione della spesa sanitaria
(var % annua)
|
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
|
|
|
|
|
Prestazioni sociali in natura |
10,0 |
6,6 |
5,1 |
0,5 |
corrispondenti a beni e servizi |
9,5 |
6,5 |
2,5 |
0,9 |
- Farmaci |
8,0 |
-1,2 |
4,1 |
-6,1 |
- Assistenza medico-generica |
4,7 |
28,5 |
-8,1 |
2,0 |
- Assistenza medico-specialistica |
7,0 |
10,1 |
8,0 |
6,3 |
- Assistenza osped. in case di cura private |
15,4 |
2,6 |
2,6 |
5,7 |
- Assistenza protesica e balneotermale |
5,2 |
3,2 |
2,3 |
-0,5 |
- Altra assistenza |
16,6 |
11,1 |
11,9 |
7,5 |
corrispondenti a beni e servizi |
10,3 |
6,6 |
7,0 |
0,2 |
- Assistenza ospedaliera |
10,6 |
6,8 |
7,1 |
0,2 |
- Altri servizi sanitari |
9,3 |
5,9 |
6,6 |
0,3 |
Fonte Istat 2008 |
|
|
|
|
La tavola evidenzia un notevole rallentamento del tasso di crescita annuale delle prestazioni non market (+0,2% nel 2007 rispetto al 7,0% del 2006), che ha investito entrambe le componenti (assistenza ospedaliera e altri servizi sanitari). Sottostante tale evoluzione, vi è una dinamica dei redditi da lavoro dipendente (influenzata dal ricordato slittamento al 2008 dei rinnovi contrattuali del biennio 2006-2007) che si riducono del 4,5%, a fronte di una variazione significativa in aumento dei consumi intermedi + 8,3% (6,2% nel 2006), che segnala la difficoltà di mantenere sotto controllo questa voce di spesa. Su di essa, peraltro, incide la scelta di molte regioni di ricorrere alla distribuzione diretta dei farmaci che, essendo contabilizzata, in aumento, tra i consumi intermedi, riduce la voce relativa alla spesa farmaceutica convenzionata, contribuendo, per questa via, al contenimento complessivo della spesa sanitaria.
Per quanto concerne prestazioni da produttori market, nel periodo in esame si assiste ad un rallentamento nella crescita, confermato anche per il 2007: secondo i dati Istat, lo scorso anno questo aggregato è cresciuto dello 0,9% rispetto al 2,5% del nel 2006. Tale andamento riflette una riduzione della spesa farmaceutica (-6,1% nel 2007) che, grazie ai provvedimenti assunti dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), ha conosciuto un forte ridimensionamento in questi anni. Aumentano invece a ritmi sostenuti le componenti relative alla spesa per assistenza, fatta eccezione per l’assistenza medico-generica (+2% nel 2007, a fronte di una riduzione dell’8,1% dell’anno precedente), su cui tuttavia ha influito il rinvio del rinnovo delle convenzioni con i medici di base, gli specialisti ambulatoriali e i pediatri di libera scelta.
Secondo gli ultimi dati AIFA[402], nel 2007 la spesa farmaceutica complessiva (convenzionata e non convenzionata) è risultata pari a 15,9 miliardi, oltre 498 milioni in più rispetto al tetto programmato del 16%. Considerando il meccanismo di payback, lo scostamento, tuttavia, si traduce in una riduzione di 15 milioni rispetto alla soglia.
Tale risultato positivo è frutto di un andamento differenziato nei due comparti: per quanto riguarda la farmaceutica convenzionata, la spesa (11,5 miliardi) si è collocata al di sotto del tetto programmato del 13%, evidenziando uno scostamento di 992 milioni in valore assoluto, che crescono a 1.125 milioni considerando il payback. La spesa sostenuta attraverso la distribuzione diretta dei farmaci, pari a 4,4 miliardi, è cresciuta invece al di sopra del tetto del 3% con uno scostamento di 1,5 miliardi, che si riducono a 1,4 sempre per il payback.
Guardando in particolare alla farmaceutica convenzionata, si rileva rispetto al 2006 una riduzione del 6,8% della spesa netta[403], a fronte di un aumento del 4,3% del numero delle ricette: il contenimento della spesa è dovuto, infatti, alla riduzione del valore medio di ciascuna ricetta (-10,6%)[404]. Aumenta inoltre significativamente l’apporto dei tickets (oltre il 30% rispetto l’anno precedente).
La spesa convenzionata nel 2006 e nel 2007 |
||
|
2007 |
var 2007/2006 |
|
(in milioni) |
% |
Spesa lorda (a) |
12.712 |
-5,4 |
Spesa netta (b) |
11.493 |
-6,8 |
Ricette (numero) |
525 |
4,3 |
Ticket |
539 |
30,2 |
(a) La spesa lorda è ottenuta moltiplicando le quantità vendute di ciascun farmaco per il suo prezzo al pubblico |
||
(b) La spesa netta è pari alla spesa lorda meno gli importi derivanti dal ticket, gli sconti a carico del farmacista e gli extra sconti derivanti dalle misure di ripiano (a carico dei produttori dei farmacisti e dei grossisti). |
Come sottolineato in precedenza, tale risultato è il frutto degli interventi sui prezzi dei medicinali varati dall'Agenzia Italiana del Farmaco (taglio selettivo dei prezzi dei farmaci a maggior impatto sulla spesa, in vigore dal 15 luglio 2006, ed ulteriore taglio generalizzato del 5% dei prezzi di tutti i medicinali, in vigore dal 1° ottobre 2006) e del crescente impatto del prezzo di riferimento per i medicinali equivalenti. Sull'andamento della spesa hanno inciso, inoltre, gli interventi di contenimento varati dalle Regioni. Tali interventi vanno dalla reintroduzione dei ticket (Abruzzo e Campania), alla loro rimodulazione (Sicilia), alla limitazione della prescrizione a una confezione per ricetta (applicata, ad esempio, in Calabria) nonché, infine, alla distribuzione diretta da parte delle strutture pubbliche ovvero tramite le farmacie, a seguito di specifici accordi, di medicinali acquistati dalle ASL[405]. Accordi per la distribuzione in farmacia di medicinali acquistati dalle ASL sono in atto in numerose regioni.
La riduzione della spesa ha interessato tutte le regioni ed
in particolare quelle che hanno sottoscritto i Piani di rientro: il Lazio e
Risulta, infine, comune a tutte le Regioni anche l’aumento del numero delle ricette[406].
Fonte: Federfarma
Per quanto riguarda l’evoluzione della spesa farmaceutica attesa per il 2008, occorre sottolineare come in tale anno, da un lato, verranno meno gli effetti degli interventi sui prezzi attivati nel 2006 dall'AIFA, dall’altro, agirà in favore di una riduzione della spesa la scadenza di alcuni importanti brevetti di medicinali, determinando un risparmio che è stato stimato dall'AIFA in 411 milioni di euro.
Come rilevato dalla Corte dei conti[407], “dovrà, inoltre, essere
attentamente monitorato l’effetto sulla spesa complessiva delle norme
introdotte con la manovra finanziaria per il 2008. Il divieto per le Regioni,
previsto dalla legge n. 222/2007 di conversione del decreto-legge n. 159/2007
di ricorrere a misure quali l'estensione del rimborso di riferimento ad altre
categorie rispetto a quelle individuate dall'AIFA, potrebbe privare le
amministrazioni di uno strumento di gestione della spesa che, per talune
categoria di farmaci, ha consentito di
ottenere nel
Per quanto riguarda
l’aggregato in esame nel periodo di previsione 2006-2050,
L’aggancio dell’evoluzione della spesa sanitaria al PIL costituisce uno dei cardini intorno a cui ruota il meccanismo di finanziamento della spesa sanitaria.
Il presupposto normativo è costituito dal decreto legislativo 56/2000, attuato solo in parte a causa delle modifiche costituzionali nel frattempo intervenute, che ha sensibilmente modificato il modello di finanziamento del Servizio sanitario nazionale previgente, sopprimendo in primo luogo i trasferimenti statali che finanziavano il Fondo sanitario nazionale[410]. In pratica, viene cancellato lo stanziamento a carico del bilancio dello Stato che, nelle sue diverse composizioni e consistenze, aveva storicamente alimentato il SSN dalla sua originaria istituzione. A sostituire il suo compito istituzionale, ovverosia quello di veicolare stanziamenti statali in favore delle regioni, è stata individuata dal legislatore una pluralità di fonti finanziarie di natura impositiva sia diretta (come l’incremento dell’addizionale regionale IPREF e l’IRAP) che indiretta (tra cui l’istituzione della compartecipazione IVA e l’accisa sulle benzine).
Data la mancata attuazione del decreto legislativo, attualmente il finanziamento del SSN, ancorato al PIL, è concordato in modo pattizio tra livello centrale (Governo) e Regioni tenendo conto in primo luogo dei fabbisogni sanitari.
Il primo Accordo è stato siglato l’8 agosto 2001 ed ha disciplinato, per il triennio 2002-2004, oltre all’ammontare del finanziamento, anche i meccanismi della sua ripartizione. Per il triennio successivo è intervenuta l’Intesa siglata il 23 marzo 2005, seguita dall’Accordo del 22 settembre 2006[411], recepito dalla legge finanziaria 2007[412]. Il Patto, valido per il triennio 2007-2009, si compone di un aspetto finanziario e di un aspetto normativo e programmatico. Oltre alla previsione di azioni volte alla razionalizzazione e al contenimento della spesa sanitaria, l’Accordo finanziario ha previsto:
·
l’incremento delle risorse messe a disposizione
dallo Stato centrale (da 91,2 miliardi nel
· la conferma di meccanismi di piena responsabilizzazione finanziaria per le Regioni che non raggiungono gli obiettivi di spesa concordati, come le misure di affiancamento e gli "automatismi fiscali" (aumento delle aliquote regionali dell'addizionale Irpef e dell'Irap).
Per quanto attiene alla composizione del finanziamento complessivo del SSN, esso proviene, per il 95% circa, dalla imposizione fiscale diretta (sui redditi delle imprese e delle persone fisiche) e da quella indiretta (sui consumi) e, per la rimanente parte, da ricavi ed entrate proprie varie delle aziende sanitarie nonché dalla compartecipazione dei cittadini alla spesa sanitaria pubblica (co-payment).
Più in dettaglio, le principali fonti di finanziamento del SSN sono le seguenti:
- le risorse derivanti dall’IRAP e dall’addizionale regionale IRPEF;
- il Fondo per il fabbisogno sanitario di cui al decreto legislativo n. 56/2000 (Fondo perequativo nazionale), le cui risorse vengono assegnate alle sole Regioni a statuto ordinario (RSO)[414].
- gliulteriori trasferimenti dal settore pubblico e da quello privato, che comprendono le quote di partecipazione delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome, nonché risorse aggiuntive da parte delle Regioni o province autonome e ulteriori trasferimenti da parte del settore pubblico allargato (altre amministrazioni statali, province, comuni, etc…) e da quello privato per garantire l’equilibrio economico-finanziario[415].
- i ricavi e le entrate proprie varie delle aziende sanitarie, che sono rappresentati dai ricavi conseguiti dalle aziende sanitarie derivanti dalla vendita di prestazioni sanitarie e non sanitarie a soggetti pubblici e privati, della Regione e al di fuori della Regione di appartenenza, e da altri ricavi quali interessi attivi e altri proventi finanziari, rimborsi, etc. Sono ricompresi i ticket introitati direttamente e le compartecipazioni per l’attività libero professionale svolta all’interno delle aziende sanitarie.
- il Fondo sanitario nazionale assegnato come quota parte a carico dello Stato:
· per le Regioni, alla sola regione Sicilia per il finanziamento dei LEA e a tutte le regioni a statuto ordinario per quanto riguarda i fondi vincolati da norme speciali al finanziamento di spese sanitarie inerenti l’esecuzione di particolari attività e il raggiungimento di specifici obiettivi.
· per gli altri Enti, ad alcuni enti del SSN[416] (CRI e IZS per le rispettive esigenze di funzionamento, Cassa DD.PP. per il rimborso delle rate dei mutui pre-riforma, Università per l’erogazione delle borse di studio ai medici specializzandi).
Risorse pubbliche aggiuntive vengono, inoltre, destinate al finanziamento degli investimenti e della ricerca in campo sanitario.
Nella tabella che segue è indicata la composizione delle risorse finanziarie del SSN che, per l’anno 2007, non considerando i ricavi della gestione straordinaria[417] e quelli per l’intramoenia, ammontano complessivamente a 99,351 miliardi di euro.
Fonti di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale: anno 2007
(miliardi di euro - %)
Fonti di finanziamento |
Finanziamento SSN |
Composizione % su totale regioni e prov. Autonome |
Irap e Addizionale Irpef |
38,200 |
38,7 |
Fabbisogno ex D.L.vo 56/00 (Iva e Accise) |
44,852 |
45,4 |
Ulteriori Trasferimenti da Pubblico e da Privato |
9,179 |
9,3 |
Ricavi e Entrate Proprie varie |
2,871 |
2,9 |
FSN e ulteriori integrazioni a carico dello Stato |
3,731 |
3,8 |
TOTALE REGIONI e PROVINCE AUTONOME |
98,833 |
100,00 |
Altri Enti Finanziati con Fondo Sanitario Nazionale |
0,517 |
|
TOTALE |
99,351 |
|
Fonte: RGSEP 2007 – Rapporto sanità (Ministero della Salute)
Con riferimento alla dinamica storica del finanziamento del SSN e della spesa pubblica, la tabella che segue sintetizza l’andamento complessivo negli anni 2004-2007.
Finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale: anni 2004-2007
(miliardi di euro - %)
Anni |
Finanziamento SSN |
Variazione % anno precedente finanziamento SSN |
Spesa SSN[418] |
Rapporto % finanziamento SSN / spesa SSN |
Rapporto % finanziamento SSN / PIL |
2004 |
84,800 |
5,9 |
91,222 |
93,0 |
6,1 |
2005 |
91,201 |
7,5 |
97,163 |
93,9 |
6,4 |
2006 |
95,129 |
4,3 |
99,648 |
95,5 |
6,4 |
2007 |
99,351 |
4,4 |
102,519 |
96,9 |
6,5 |
Fonte: RGSEP 2007 – Rapporto sanità (Ministero della Salute)
Come si evince dai dati, il rapporto medio tra finanziamento complessivo del SSN e PIL nel periodo di osservazione si attesta al 6,35%, evidenziando un trend sostanzialmente costante.
Per quanto riguarda, infine, l’anno in corso, rispetto
all’importo di 99 miliardi fissato dalla legge finanziaria 2007, si ricorda che
la legge finanziaria
La differenza tra il livello del finanziamento e quello della spesa sanitaria di cui alla precedente tavola corrisponde alla perdita complessiva netta del SSN, pari alla somma algebrica degli utili e delle perdite delle singole regioni e province autonome. Nel 2007 il disavanzo è risultato pari a 3,169 miliardi, con una riduzione di circa il 30% rispetto all’anno precedente (-4,519 miliardi), come risulta dalla tavola che segue.
Risultato di esercizio del SSN anni 2006-2007 |
||||
|
2006 |
|
2007 |
|
|
Risultato di esercizio |
pro-capite |
Risultato di esercizio |
pro-capite |
|
milioni di euro |
euro |
milioni di euro |
euro |
Piemonte |
-7,172 |
-2 |
-96,117 |
-22 |
V.d.A. |
-13,517 |
-110 |
-14,432 |
-116 |
Lombardia |
-4,213 |
0 |
9,435 |
1 |
p.a. Bolzano |
-25,272 |
53 |
17,448 |
36 |
p.a. Trento |
-14,072 |
-28 |
-1,652 |
-3 |
Veneto |
71,385 |
15 |
2,216 |
- |
FVG |
18,297 |
15 |
23,716 |
20 |
Liguria |
-99,764 |
-62 |
-141,499 |
-88 |
Emilia Romagna |
-38,417 |
-9 |
12,804 |
3 |
Toscana |
-120,617 |
-33 |
95,152 |
26 |
Umbria |
-40,647 |
-47 |
13,268 |
15 |
Marche |
-38,953 |
-26 |
24,303 |
16 |
Lazio |
-1.970,855 |
-373 |
-1.406,79 |
-261 |
Abruzzo |
-140,413 |
-108 |
-117,306 |
-90 |
Molise |
-58,785 |
-183 |
-62,397 |
-195 |
Campania |
-751,116 |
-130 |
-679,268 |
-120 |
Puglia |
-169,502 |
-42 |
-199,701 |
-49 |
Basilicata |
-22,099 |
-37 |
-13,151 |
-22 |
Calabria |
-34,931 |
-17 |
-24,17 |
-12 |
Sicilia |
-975,978 |
-195 |
-524,385 |
-105 |
Sardegna |
-133,352 |
-81 |
-68,24 |
-41 |
ITALIA |
-4.519,451 |
-77 |
-3.168,77 |
-54 |
solo perdite |
-4.634,405 |
|
-3.367108 |
|
solo utili |
114,954 |
|
198,341 |
|
Fonte: SIS, dati al 28 febbraio 2008 – RGSEP 2007 |
Tale risultato si determina a fronte di 0,198 miliardi di utili (registrati da Lombardia, p.a. Bolzano, Veneto, Friuli, Emilia Romagna, Toscana, Umbria e Marche) e 3,367 miliardi di perdite nelle rimanenti regioni e province autonome.
Di queste, oltre l’82 per cento si concentra in tre regioni (Lazio, Campania e Sicilia). Tale percentuale sale al 92 per cento se si considerano anche le altre tre regioni che, nel corso del 2007, hanno sottoscritto i Piani di rientro (Abruzzo, Molise e Liguria) (cfr infra).
Per quanto riguarda le restanti regioni, si evidenzia un
sensibile miglioramento delle regioni del Centro-Nord, ad eccezione del
Piemonte (la cui perdita passa dai 7 milioni del
Rispetto alla situazione descritta dalla tavola precedente che riflette i dati, al IV trimestre 2007, comunicati al SIS dalle regioni, va rilevato, tuttavia, che questi sono soggetti a continue revisioni per l’attuazione della complessa procedura di rettifica che, attraverso fasi successive, porterà al dato definitivo di consuntivo, pubblicato nella Relazione generale sulla situazione economica del Paese riferita all’esercizio successivo[420].
A tale proposito, infatti, si ricorda che i conti regionali sono vagliati e, nel caso, rettificati, in linea generale, attraverso i monitoraggi trimestrali dei Tavoli di verifica previsti dall’articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004 e, per le regioni che hanno in corso un Piano di rientro dal deficit sanitario, attraverso il monitoraggio specificamente previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296/2006 (cfr. infra). Tutte le regioni, inoltre, secondo quanto previsto dal Patto della Salute, devono predisporre idonee coperture degli eventuali disavanzi, coperture anch’esse verificate in occasione del monitoraggio.
Con riferimento agli esiti della verifica di marzo 2008, come risulta da notizie di stampa, i dati sopra riportati dovrebbero avere subito una prima rettifica nei termini esposti dalla tabella che segue[421]. La tavola evidenzia, inoltre, per alcune regioni l’ammontare di disavanzo non coperto.
(milioni di euro)
|
Risultato di esercizio 2007 |
Tavolo di monitoraggio |
|
|
|
Piemonte |
-184,258 |
-91,258 |
Lombardia |
+9,429 |
0,000 |
Veneto |
-219,428 |
0,000 |
Liguria |
-143,801 |
0,000 |
Emilia Romagna |
-85,093 |
0,000 |
Toscana |
+90,706 |
0,000 |
Umbria |
+13,969 |
0,000 |
Marche |
+10,204 |
0,000 |
Lazio |
-1.606,668 |
-125,265 |
Abruzzo1 |
-130,891 |
-35,651 |
Molise |
-61,571 |
0,000 |
Campania |
-654,103 |
0,000 |
Puglia |
-229,268 |
-49,268 |
Basilicata |
-13,195 |
0,000 |
Calabria |
-194,317 |
-194,317 |
Sicilia2 |
-612,533 |
0,000 |
totale disavanzo ancora scoperto |
-495,760 |
1L’Abruzzo dovrebbe trascinare sul 2007 un disavanzo 2006 di 197,064 milioni di euro, con un conseguente aumento del disavanzo da coprire, che ammonterebbe, complessivamente a 232,715 milioni di euro.
2 La Sicilia sarebbe in ritardo sull’attuazione del Piano e, nel caso in cui gli adempimenti in esso previsto non si realizzassero, verrebbe meno il finanziamento a valere sul Fondo transitorio di accompagnamento previsto dalla finanziaria 2007, lasciando conseguentemente scoperto il disavanzo iniziale.
Ove tali esiti fossero confermati, per Piemonte, Puglia e Calabria, scatterebbe la procedura di cui al citato comma 174 dell’articolo 1 della legge n. 311/2004 e l’aumento dell’addizionale IRPEF e la maggiorazione dell’aliquota IRAP entro le misure stabilite dalla normativa vigente.
La norma stabilisce che, ove dai dati del monitoraggio del IV trimestre, si evidenzi uno squilibrio di gestione a fronte del quale non siano stati adottati i necessari provvedimenti o gli stessi risultano insufficienti, con la procedura di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 131/2003, la regione é diffidata a provvedere entro il 30 aprile. Qualora la regione non adempia, entro i successivi trenta giorni, il presidente della regione, in qualità di commissario ad acta, determina il disavanzo di gestione e adotta i provvedimenti necessari al ripiano, ivi inclusi gli aumenti dell’addizionale IRPEF e la maggiorazione dell’aliquota IRAP entro le misure stabilite dalla normativa vigente. Qualora tali provvedimenti non siano adottati entro un mese, scatta comunque l’aumento delle aliquote, nella misura massima.
Per quanto riguarda invece Lazio e Abruzzo, la conferma della mancata copertura dei disavanzi comporterebbe (ai sensi del richiamato articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296/2006) l’automatico innalzamento dell’addizionale IRPEF e della maggiorazione IRAP oltre i livelli massimi.
Sulla base delle intese intercorse tra lo Stato e le Regioni[422], sono state introdotte nell’ordinamento, a decorrere dal 2005, disposizioni specificamente volte a responsabilizzare le Regioni nel perseguimento dell’obiettivo di azzerare i disavanzi accumulatisi dal 2001, prevedendo al contempo il concorso finanziario e tecnico dello Stato.
Più in particolare, la legge finanziaria per il 2005[423]ha previsto a carico delle Regioni adempimenti, organizzativi e gestionali, intesi a garantire l’equilibrio economico-finanziario e il mantenimento dei livelli essenziali di assistenza. Con la medesima legge, è stata prevista la possibilità per le regioni di stipulare un apposito Accordo con i Ministri dell’economia e della salute, accompagnato da un programma operativo di riorganizzazione, riqualificazione o potenziamento del Servizio sanitario nazionale, c.d. Piano di rientro dai disavanzi, che deve contenere[424] sia le misure di riequilibrio del profilo erogativo dei livelli essenziali di assistenza, che quelle necessarie all’azzeramento dei disavanzi entro il 2010.
Successivamente, la legge finanziaria per il 2006[425], confermando gli obblighi posti a carico delle Regioni, ha integrato il meccanismo di automatismo relativo all’innalzamento al livello massimo delle aliquote delle addizionali IRPEF ed IRAP nelle regioni che non coprono integralmente i disavanzi registrati a partire dall’anno 2005[426].
Per rendere concretamente conseguibile il riequilibrio dei conti sanitari, la legge finanziaria per il 2007[427], ha disposto l’istituzione di un Fondo transitorio, per il triennio 2007-2009 (con una dotazione pari a 1.000 milioni di euro nel 2007, 850 milioni di euro nel 2008 e 700 milioni di euro nel 2009)[428] destinato alle regioni con disavanzi elevati, subordinatamente alla sottoscrizione di appositi accordi che prevedano i Piani di rientro. L’accesso al Fondo è subordinato all’innalzamento ai livelli massimi dell’addizionale IRPEF e dell’aliquota IRAP[429].
Qualora nel procedimento di verifica annuale si prefiguri il mancato rispetto degli obiettivi intermedi di riduzione del disavanzo, la regione può proporre misure equivalenti, che devono essere approvate dai Ministri della salute e dell’economia e delle finanze. In ogni caso, l’accertato verificarsi del mancato raggiungimento degli obiettivi comporta l’innalzamento dell’addizionale IRPEF e dell’aliquota IRAP oltre i livelli massimi previsti dalla legislazione vigente, fino a totale copertura degli obiettivi[430]. Il D.L. n. 248/2007 convertito con modificazioni dalla legge n. 31/2008 ha previsto, con riferimento al 2007, che in alternativa all’innalzamento delle aliquote oltre il livello massimo, le regioni potessero adottare, entro il 31 dicembre, altre misure di copertura del disavanzo, per un importo corrispondente, idonee e congrue a conseguire l’equilibrio economico per il medesimo anno.
Qualora, infine, nel procedimento di verifica e monitoraggio dei singoli Piani di rientro si prefiguri il mancato rispetto degli adempimenti previsti, fermo restando l’incremento delle aliquote fiscali oltre il livello massimo, la regione è diffidata ad adottare entro quindici giorni tutti gli atti normativi, amministrativi, organizzativi e gestionali idonei a garantire il conseguimento degli obiettivi del Piano medesimo.[431] Ove la regione non adempia alla diffida, o gli atti e le azioni poste in essere siano valutati[432] insufficienti o inidonei al raggiungimento degli obiettivi, il Consiglio dei Ministri nomina un commissario ad acta per l’intero periodo di vigenza del Piano[433].
Nel corso del 2006 è stata avviata la procedura di affiancamento gestionale dal parte dei Ministeri della Salute e dell’Economia per la Liguria, il Lazio, l’Abruzzo, il Molise, la Campania e la Sicilia[434]. La procedura si è conclusa, nel corso del 2007, con la sottoscrizione da parte delle suddette regioni dei Piani di rientro dai deficit 2001-2005.
Altre due regioni, Piemonte e Calabria, hanno avanzato la richiesta di avviare il confronto su una proposta di Piano finalizzata a sanare le inadempienze relative ad anni precedenti (rispettivamente il 2004 per il Piemonte e il 2001 per la Calabria) e lo sblocco dei relativi fondi non assegnati. La Calabria, tuttavia, è risultata inadempiente anche per il 2005 ed il 2006 e il Piano dovrà sanare queste ulteriori inadempienze.
Come si è detto (cfr supra), dai primi risultati dei Tavoli di verifica (marzo 2008) è emerso un disavanzo non coperto per Lazio (125,3 milioni) e Abruzzo (233,7 milioni, di cui 197 relativi al 2006): per tali regioni scatterebbe, quindi, l’aumento oltre i livelli massimi dell’addizionale IRPEF e della maggiorazione IRAP. Risulterebbero, invece, in equilibrio Liguria, Molise e Campania, mentre la Sicilia, che ha firmato il Piano nel luglio 2007, sarebbe in ritardo nell’attuazione dello stesso: nel caso in cui gli adempimenti in esso previsto non si realizzassero, verrebbe meno il finanziamento a valere sul Fondo transitorio di accompagnamento previsto dalla finanziaria 2007, lasciando conseguentemente scoperto il disavanzo iniziale.
Nei Piani di rientro dai disavanzi sanitari è esposta la situazione patrimoniale dei rispettivi sistemi sanitari regionali, con particolare riferimento alla sostenibilità economica e finanziaria del debito pregresso.
La tavola che segue ricostruisce, sulla base dei dati contenuti nei Piani, la situazione debitoria delle singole regioni e le risorse individuate per il ripiano.
Debito sanitario complessivo valutato al 31/12/2005
e risorse destinabili alla riduzione del debito, come indicato nei piani di rientro
(milioni di euro)
|
Debito complessivo al 31/12/2005 |
Risorse complessive destinabili
alla riduzione del debito |
di cui |
Prestito dello Stato alle regioni per l'estinzione anticipata del debito (3) |
|
Risorse a carico delle regioni |
Risorse derivanti da erogazioni statali (2) |
||||
Liguria |
1.204 |
993 |
666 |
327 |
- |
Abruzzo |
1.760 |
989 |
812 |
177 |
- |
Molise |
396 |
299 |
89 |
210 |
97 |
Campania |
6.914 |
3.532 |
3.069 |
463 |
630 |
Lazio |
9.900 |
4.700 |
2.252 |
2.448 |
5.000 |
Sicilia |
4.657 |
1.370 |
494 |
876 |
2.800 |
Totale |
24.831 |
11.883 |
7.382 |
4.501 |
8.527 |
(1) Le risorse tengono conto, per la sola regione Lazio, delle risorse di competenza del 2006, pari a1.056 milioni, che dovranno essere reintegrate in quanto destinate al pagamento delle rate di ammortamento relativo al 2006.
(2) Le risorse statali sono comprensive delle somme destinate al ripiano dei disavanzi pregressi previste dal decreto legge 23/2007, pari complessivamente a 3.000 milioni di euro, ripartiti dal DM del 4 maggio 2007[435].
(3) L’anticipazione è pari al massimo livello di debito residuo cumulato al 2005, valutato al 2007 nei Piani di rientro.
Come evidenziato nella tavola, i Piani di rientro di alcune regioni (Molise, Campania, Lazio e Sicilia), sulla base di quanto stabilito in sede di Accordi, prevedono un prestito dello Stato, che è stato poi autorizzato dalla legge finanziaria per il 2008 (commi 46-48 dell’art. 2 della legge 244/2007) nella misura di 9.100 milioni di euro[436].
I livelli di debito di tali regioni, nonché le condizioni contrattuali sottostanti particolarmente onerose, al di fuori delle ordinarie condizioni di mercato, sono stati infatti ritenuti dal Governo tali da impedire ogni azione di risanamento strutturale. Si è, pertanto, ritenuto opportuno un intervento da parte dello Stato, sotto forma di prestito alle regioni, ai fini dell'estinzione anticipata dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005.
Fermo restando il limite complessivo di 9.100 milioni[437], l'importo dell'anticipazione per ciascuna regione è determinato in base ai procedimenti indicati nei singoli Piani di rientro, al netto delle risorse già erogate a titolo di ripiano dei disavanzi. Lo Stato procede all'erogazione, anche graduale, delle anticipazioni, in seguito al riaccertamento definitivo e completo del debito - con il supporto dell'advisor contabile e secondo le previsioni del Piano di rientro - ed alla sottoscrizione, tra il Ministero dell'economia e delle finanze e la singola regione, di un contratto che specifichi gli obblighi di restituzione, che deve avvenire entro un periodo non superiore a trenta anni[438].
L’analisi degli andamenti della spesa per l’istruzione di cui si dà conto nel presente paragrafo è effettuata sulla base dei dati diffusi dall’Istat il 7 febbraio 2008 relativi alla spesa delle Amministrazioni pubbliche per funzione.
In base a tale classificazione, la spesa è riferita a tutti i livelli di istruzione e comprende pertanto oltre a quella relativa alla scuola primaria e secondaria, anche l’istruzione pre-scolastica, quella universitaria (c.d. istruzione superiore) e la formazione professionale non universitaria post-diploma (ad esempio, i conservatori), nonché l’istruzione per adulti (c.d. istruzione di diverso tipo).
Nel periodo 2000-2006, i dati riportati nella tavola 1 evidenziano una crescita di circa il 3% annuo della spesa per l’istruzione. Fatta eccezione per l’ultimo anno, l’incidenza sul PIL si mantiene stabilmente intorno al 4,6%, mentre si riduce di 4 decimi di punto il peso sulla spesa complessiva delle amministrazioni pubbliche, che passa dal 9,9% del 2000 al 9,5% del 2005.
Nel 2006 si registra una riduzione anche in valore assoluto della spesa per l’istruzione (circa 7 decimi di punto in termini di spesa complessiva): su tale fenomeno influisce lo slittamento al 2007 dei rinnovi contrattuali per tale comparto.
Tavola 1 – Spesa delle Amministrazioni pubbliche per l’istruzione –
anni 2000-2006
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
valori assoluti (mln di euro) |
54.225 |
57.526 |
60.012 |
63.915 |
62.581 |
65.754 |
65.746 |
% spesa complessiva P.A. |
9,9 |
9,6 |
9,9 |
9,9 |
9,4 |
9,5 |
8,8 |
% sul PIL |
4,6 |
4,6 |
4,6 |
4,8 |
4,5 |
4,6 |
4,5 |
La tavola 2 riporta la composizione della spesa per livelli di istruzione, in base alla classificazione COFOG[439]. Da essa emerge il rilievo della spesa per la fascia della scuola dell’obbligo (inclusa la fascia pre-scolastica), che assorbe oltre l’80% del totale[440].
L’istruzione universitaria (classificata come “istruzione superiore”) pesa per circa il 7,8% della spesa complessiva.
In tale voce deve considerarsi inclusa una parte della spesa per il personale universitario, docente e non docente. La spesa, invece, per i ricercatori (ovvero il personale docente universitario che ha dichiarato di svolgere prevalentemente attività di ricerca) rientra nella classificazione COFOG 01.5 (“R&S per i servizi pubblici generali”).
Tavola 2 – La spesa pubblica per l’istruzione secondo la classificazione funzionale COFOG, II livello
(milioni di euro)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
istruzione pre-scolastica e primaria |
21.492 |
22.746 |
22.257 |
24.602 |
23.644 |
25.000 |
24.795 |
istruzione secondaria |
23.464 |
24.816 |
26.999 |
28.130 |
27.462 |
28.815 |
28.767 |
istruz. post-secondaria non superiore |
1.559 |
2.011 |
2024 |
2140 |
2193 |
2368 |
2512 |
istruzione superiore |
4.216 |
4.160 |
4.527 |
4.597 |
4.652 |
4.937 |
5.078 |
istruzione di diverso tipo |
614 |
795 |
973 |
1.065 |
1.116 |
1.036 |
1.044 |
servizi ausiliari dell'istruzione |
2.203 |
2.314 |
2.649 |
2.708 |
2.862 |
2.994 |
3.021 |
R&S per l'istruzione |
4 |
3 |
3 |
10 |
19 |
28 |
27 |
istruzione n.a.c.(*) |
673 |
681 |
580 |
663 |
633 |
576 |
502 |
Totale |
54.225 |
57.526 |
60.012 |
63.915 |
62.581 |
65.754 |
65.746 |
(*) non altrimenti classificabile
Come evidenziato dalle tavole 3 e 4 - che riportano la suddivisione della spesa per istruzione nelle principali voci di uscita del conto della P.A. - la spesa per l’istruzione si concentra nella fase di produzione e di offerta del servizio, ossia nella spesa per i consumi finali, che rappresenta un valore prossimo al 90 per cento del totale; al suo interno, l’incidenza sul totale dei redditi da lavoro si è mantenuta in media, nel periodo considerato, prossima al 76 per cento.
La spesa per trasferimenti correnti alle famiglie (borse di studio) rappresenta in media il 3 per cento della spesa complessiva per l’istruzione.
All’interno delle spese di conto capitale, la spesa per investimenti fissi lordi e acquisizione di attività non finanziarie rappresenta la voce più significativa, con un’incidenza media sul totale della spesa del 4 per cento circa.
Tavola 3 – Composizione della spesa per l’istruzione – anni 2000-2006
(milioni di euro)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Spesa per consumi finali |
49.378 |
52.090 |
53.969 |
57.032 |
55.699 |
59.085 |
58.828 |
Redditi da lavoro |
41.908 |
44.071 |
46.397 |
48.831 |
46.989 |
50.250 |
49.927 |
Consumi intermedi |
6.061 |
6.536 |
5.925 |
6.541 |
7.221 |
7.184 |
6.995 |
Contributi alla produzione |
889 |
1.188 |
1.074 |
1.707 |
1.568 |
1.396 |
1.515 |
Redditi da capitale |
77 |
86 |
71 |
69 |
119 |
114 |
144 |
Imposte dirette |
38 |
29 |
32 |
35 |
39 |
42 |
42 |
Trasferimenti correnti |
1.344 |
1.741 |
2.081 |
2.194 |
2.226 |
2.062 |
2.056 |
TOTALE USCITE CORRENTI |
51.726 |
55.134 |
57.227 |
61.037 |
59.651 |
62.699 |
62.585 |
Investimenti
fissi lordi |
2.468 |
2.232 |
2.599 |
2.624 |
2.638 |
2.557 |
2.677 |
Trasferimenti in conto capitale |
99 |
111 |
186 |
254 |
292 |
498 |
484 |
TOTALE USCITE CONTO CAPITALE |
2.499 |
2.392 |
2.785 |
2.878 |
2.930 |
3.055 |
3.161 |
TOTALE USCITE COMPLESSIVE |
54.225 |
57.526 |
60.012 |
63.915 |
62.581 |
65.754 |
65.746 |
Tavola 4 – Composizione della spesa per l’istruzione – anni 2000-2006
(incidenza percentuale)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Spesa per consumi finali |
91,06 |
90,55 |
89,93 |
89,23 |
89,00 |
89,86 |
89,48 |
Redditi da lavoro |
77,29 |
76,61 |
77,31 |
76,40 |
75,09 |
76,42 |
75,94 |
Consumi intermedi |
11,18 |
11,36 |
9,87 |
10,23 |
11,54 |
10,93 |
10,64 |
Contributi alla produzione |
1,64 |
2,07 |
1,79 |
2,67 |
2,51 |
2,12 |
2,30 |
Redditi da capitale |
0,14 |
0,15 |
0,12 |
0,11 |
0,19 |
0,17 |
0,22 |
Imposte dirette |
0,07 |
0,05 |
0,05 |
0,05 |
0,06 |
0,06 |
0,06 |
Trasferimenti correnti |
2,48 |
3,03 |
3,47 |
3,43 |
3,56 |
3,14 |
3,13 |
TOTALE USCITE CORRENTI |
95,39 |
95,84 |
95,36 |
95,50 |
95,32 |
95,35 |
95,19 |
Investimenti fissi lordi + acquisizioni nette di attività non finanziarie |
4,43 |
3,97 |
4,33 |
4,11 |
4,22 |
3,89 |
4,07 |
Trasferimenti in c/capitale |
0,18 |
0,19 |
0,31 |
0,40 |
0,47 |
0,76 |
0,74 |
TOTALE USCITE C/CAPITALE |
4,61 |
4,16 |
4,64 |
4,50 |
4,68 |
4,65 |
4,81 |
TOTALE USCITE COMPLESSIVE |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
100 |
La spesa pubblica per l’istruzione è prevalentemente a carico dello Stato e, in misura minore, delle amministrazioni locali.
In base alla legge 59/1997[441] e dei relativi provvedimenti attuativi[442], lo Stato determina gli obblighi formativi e detta le norme di principio che attribuiscono diritti e doveri (obbligo di istruzione, gratuità dell’istruzione nella scuola primaria e secondaria inferiore, diritto al sostegno per gli alunni diversamente abili, dimensione massima delle classi). Le regioni deliberano in merito alla rete scolastica, ovvero alla distribuzione delle scuole sul territorio. Ai comuni e alle province provvedono agli immobili in cui sono collocate le scuole, e alla copertura dei relativi costi di gestione. La competenza dei comuni è limitata alla scuola primaria e alla scuola dell’infanzia; la competenza provinciale riguarda invece la scuola secondaria. Le scuole, infine, in base ai principi dell’autonomia didattica ed amministrativa previsti dalla legge n. 59/1997, decidono in merito all’organizzazione della didattica, con riflessi sugli organici di fatto e dunque sui costi.
La tavola che segue rappresenta il contributo, rispettivamente, delle amministrazioni centrali e delle amministrazioni locali alla spesa per istruzione.
Tavola 5 – Spesa per l’istruzione delle amministrazioni centrali e locali
(milioni di euro - %)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Amministrazioni centrali |
40755 (75) |
43150 (75) |
44376 (74) |
47673 (75) |
45834 (73) |
48414 (74) |
47814 (73) |
Amministrazioni locali |
13470 (25) |
14376 (25) |
15636 (26) |
16242 (25) |
16747 (27) |
17340 (26) |
17932 (27) |
totale |
54225 (100) |
57526 (100) |
60012 (100) |
63915 (100) |
62581 (100) |
65754 (100) |
65746 (100) |
Come evidenziato dalla tavola 5, la spesa per l’istruzione si concentra nelle amministrazioni centrali, ove è quasi interamente assorbita dalla voce relativa ai redditi da lavoro, mentre per le amministrazioni locali assume un rilievo più marcato la spesa di investimento che copre, in media, il 98 per cento dell’importo complessivamente destinato dalla P.A. a tale finalità.
Elementi informativi circa l’ammontare e le caratteristiche della spesa italiana per l’istruzione scolastica, in rapporto ai dati che emergono dal contesto internazionale, possono essere tratti dal rapporto annuale dell’OCSE, Educational at a glance: tali dati sono utilizzati nelle analisi contenute nel Quaderno bianco sulla scuola del settembre 2007[443] e nel rapporto intermedio (ottobre 2007) predisposto dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica nell’ambito della Spending review per il Ministero della pubblica istruzione, cui si fa riferimento nel presente capitolo.
Tavola 6a – Spesa per l’istruzione scolastica
confronto internazionale - anno 2004
Paesi |
% PIL |
% spesa pubblica totale |
||
Pubblica |
Privata |
Totale |
Pubblica |
|
Italia |
3,3 |
0,1 |
3,4 |
7,0 |
Francia |
3,9 |
0,2 |
4,1 |
7,4 |
Germania |
2,8 |
0,6 |
3,5 |
6,3 |
Gran Bretagna |
3,8 |
0,6 |
4,4 |
8,7 |
Grecia |
2,1 |
0,1 |
2,2 |
5,3 |
Spagna |
2,8 |
0,2 |
3,0 |
Nd |
Svezia |
4,5 |
nd |
4,5 |
8,3 |
Finlandia |
3,9 |
nd |
4,0 |
8,0 |
Canada |
3,2 |
0,3 |
3,6 |
8,2 |
Stati Uniti |
3,7 |
0,4 |
4,1 |
10,1 |
Giappone |
2,7 |
0,3 |
3,0 |
7,2 |
Media Ocse |
3,6 |
0,3 |
3,9 |
9,2 |
Fonte: Elaborazione su dati OCSE, Education at a Glance (2007).
I dati evidenziano come, in termini di PIL, la spesa per l’istruzione in Italia, pari al 3,4 per cento, sia inferiore alla media OCSE (3,9 per cento) e della maggioranza dei paesi considerati, sia per la componente pubblica (3,3% del PIL rispetto alla media del 3,6%), sia per la componente privata (0,1 rispetto alla media dello 0,3%).
La componente di spesa pubblica totale dedicata alla scuola (7%) è, inoltre, decisamente inferiore a quella media OCSE (9,2%).
Risulta invece più elevata, rispetto alla media, la spesa italiana per studente (5.710 euro pro-capite rispetto ai 4.623 della media OCSE). Lo scostamento si riduce (5.172 euro pro-capite) se si normalizza la spesa per tenere conto del più elevato numero di ore di insegnamento nelle scuole italiane.
Tavola 6b – Spesa per l’istruzione scolastica
confronto internazionale - anno 2003
Paesi |
Spesa pubblica per studente (euro)[444] |
Italia |
5.710 |
Francia |
5.288 |
Germania |
4.856 |
Gran Bretagna |
4.964 |
Grecia |
3.378 |
Spagna |
4.184 |
Svezia |
4.015 |
Finlandia |
4.787 |
Canada |
4.773 |
Stati Uniti |
6.580 |
Giappone |
5.038 |
Media Ocse |
4.623 |
Fonte: Elaborazione contenute nel “Quaderno bianco della scuola”, su dati tratti da OCSE, Education at a Glance (2006).
A fronte di tale spesa, guardando ai risultati del sistema dell’istruzione, occorre sottolineare come in Italia si sia verificato un aumento del tasso di partecipazione all’istruzione secondaria superiore, che passa dal 78,3% dell’anno scolastico 1994/95 al 92,4% dell’anno scolastico 2005/2006, in linea con la media OCSE. Inoltre, dal 2004, la percentuale della popolazione in età da diploma che ha concluso la scuola secondaria superiore ha raggiunta la media OCSE (circa l’82%). Tuttavia, tali dati medi andrebbero letti in relazione alle specifiche realtà territoriali che ancora oggi nascondono differenze alquanto marcate, evidenti, ad esempio, nella percentuale di abbandoni scolastici, decisamente più elevata al sud.
Il divario tra nord e sud del Paese pesa in modo non indifferente anche sulla qualità del sistema dell’istruzione, come hanno rivelato i risultati diffusi recentemente del Test PISA, effettuato nel 2006[445]. L’esito, che conferma la posizione di coda dell’Italia rispetto sia ai paesi OCSE sia alla media europea, va anche addebitato al peso che le due componenti più dinamiche all’interno della popolazione scolastica italiana - ovvero gli alunni meridionali e quelli immigrati – esercitano all’interno della popolazione di studenti che hanno sostenuto il test. In particolare, il test ha confermato il fenomeno generalizzato dei bassi risultati delle scuole meridionali italiane nonché il marcato scostamento dei risultati degli immigrati rispetto alla media nazionale che, in Italia, è inoltre più pronunciato che in altri Paesi europei.
Sul livello della spesa, incide il rapporto insegnanti per 100 studenti che, come evidenziato dalla tavola 7, è nettamente maggiore in Italia rispetto alla media OCSE, sia per la scuola primaria (55%) che per la secondaria inferiore (36%) mentre è più vicino, ma ancora nettamente superiore (18%), per la secondaria superiore[446].
Tavola 7 – Numero di insegnanti per 100 studenti
confronto internazionale - anno 2005
Paesi |
Insegnanti per 100 studenti |
||
Primaria |
Secondaria inferiore |
Secondaria superiore |
|
Italia |
9,4 |
9,9 |
9,1 |
Francia |
5,2 |
7,0 |
9,7 |
Germania |
5,3 |
6,5 |
7,1 |
Gran Bretagna |
4,8 |
5,9 |
8,5 |
Grecia |
9,0 |
12,7 |
11,4 |
Spagna |
7,0 |
8,0 |
12,3 |
Svezia |
8,2 |
8,3 |
7,1 |
Finlandia |
6,3 |
10,0 |
5,6 |
Stati Uniti |
6,7 |
6,6 |
6,3 |
Giappone |
5,2 |
6,6 |
7,7 |
Media Ocse |
6,0 |
7,3 |
7,7 |
Fonte: Elaborazioni su dati Ocse, Education at a Glance (2007).
Il divario Italia-OCSE relativamente al rapporto insegnanti/studenti è legato, come illustrato nella tavola che segue, ai seguenti fattori:
§ dimensione media delle classi, inferiore in Italia, rispetto all’estero;
§ orario degli studenti, superiore in Italia a quello medio OCSE;
§ orario di insegnamento dei docenti italiani, inferiore a quello degli insegnanti esteri.
Tavola 8 –Rapporto insegnanti/studenti: determinanti del divario Italia - OCSE
anno 2005
Indicatori |
|
Primaria |
Secondaria inferiore |
Secondaria superiore |
Insegnanti/studenti |
Italia |
9,4 |
9,9 |
9,1 |
OCSE |
6,0 |
7,3 |
7,7 |
|
Impegno orario studenti |
Italia |
973 |
9631 |
9081 |
OCSE |
786 |
898 |
911 |
|
Impegno orario insegnanti |
Italia |
735 |
601 |
601 |
OCSE |
803 |
707 |
664 |
|
Studenti/classe |
Italia |
18,3 |
20,9 |
n.d. |
OCSE |
21,5 |
24,1 |
n.d |
1Anno 2004
Fonte: Elaborazioni su dati Ocse, Education at a Glance (2007).
Come rilevato dalla Commissione tecnica per la finanza pubblica[447], i fattori che influenzano il divario Italia/Ocse nell’organizzazione del servizio di istruzione non sempre riflettono la volontà politica del legislatore. Ad esempio, il numero di studenti per classe é influenzato dalle condizioni territoriali, che portano a classi sottodimensionate soprattutto (ma non solo) nei piccoli Comuni, oltre che dalle stesse caratteristiche del patrimonio edilizio scolastico di proprietà degli enti locali; mentre la scelta di un orario lungo costituisce, di fatto, la risposta della scuola alla mancanza di altre forme organizzative per la custodia dei bambini.
Per quanto riguarda il primo aspetto, la CTFP osserva come la razionalizzazione della rete scolastica (ad esempio: soppressione dei plessi di piccola dimensione e accorpamento delle classi in altre scuole, ricorso più ampio a istituti comprensivi che inglobano, cioè, scuole di più ordini e gradi) possa concretamente essere attuata solo prevedendo meccanismi attraverso i quali il vantaggio netto in termini di finanza pubblica che si determina a livello di P.A. venga ridistribuito tra tutti gli operatori coinvolti.
Quanto alla lunghezza dell’orario della scuola primaria e secondaria inferiore, secondo la Commissione si sono scaricati sulla scuola degli oneri impropri, che potrebbero essere assolti da altre istituzioni pubbliche o per i quali potrebbe essere ipotizzabile un maggiore apporto da parte delle famiglie. Si tratterebbe non solo di un problema di distribuzione delle risorse, ma anche di offrire corretti incentivi a tutti gli enti coinvolti, introducendo forme di compensazione per i compiti che la scuola assolve al di là delle sue funzioni fondamentali.
Diverso è il discorso relativo all’organizzazione del lavoro degli insegnanti, il cui numero elevato costituisce una delle principali determinanti della spesa per l’istruzione a fronte, peraltro, di una retribuzione che, dal confronto internazionale, risulta relativamente più contenuta. Rispetto ai colleghi esteri, Infatti, gli insegnanti italiani hanno una retribuzione inferiore[448] e percorrono una carriera retributiva priva di incentivi ed interamente legata all’anzianità di servizio, il cui apice viene raggiunto più tardi che in altri Paesi.
Sul numero complessivo degli insegnanti e sul volume della spesa per la loro retribuzione incide il meccanismo del reclutamento che determina il considerevole divario tra organico di diritto ed organico di fatto, quest’ultimo superiore per ogni ordine di scuola in una percentuale che si attesta attorno al 5 per cento[449].
Si ricorda che gli organici di diritto sono definiti dal Ministero della pubblica istruzione sulla base del numero di studenti, mentre gli organici di fatto sono il frutto delle richieste dei capi di istituto e delle scelte dei dirigenti scolastici regionali, basate su specifiche esigenze quali assenze degli insegnanti di ruolo, numero di studenti disabili, capienza delle aule ed altro). Il livello della spesa complessiva si determina quindi sulla base degli organici di fatto, che non sono comprimibili se si vuole garantire un servizio obbligatorio. Va inoltre evidenziato che per il personale, le retribuzioni sono a carico dell’amministrazione centrale, tranne il pagamento delle supplenze brevi che è a carico dei singoli istituti.
Quindi, pur essendo il 76% della spesa per l’istruzione costituita dalle retribuzioni del personale e, quindi, a carico dell’amministrazione centrale, non è in capo a quest’ultima la determinazione del numero di insegnanti.
Ai fini di un maggiore controllo dell’evoluzione della spesa per il personale, appare pertanto opportuno, da un lato, migliorare la capacità di programmazione del centro nella determinazione degli organici e, dall’altro, individuare dei meccanismi che portino i decisori locali (i capi istituto) ad una maggiore condivisione degli obiettivi generali.
Sul punto, la CTFP rileva come le difficoltà per il Ministero della pubblica istruzione di determinare gli organici delle singole scuole in modo adeguato dipenda in parte dalla carenza di informazioni relative alle strutture scolastiche e dai ritardi con cui le stesse informazioni sono trasmesse. In occasione degli incontri avuti nell’ambito della Spending Review, ha potuto verificare come la qualità dell’informazione sia molto migliorata e che esistono margini per risolvere le questioni relative alla tempistica della trasmissione dei dati. Ciò dovrebbe consentire in futuro una previsione degli organici più rispondente alle necessità locali e più efficiente rispetto alle esigenze di servizio.
Per quanto concerne, invece, un maggior coinvolgimento dei dirigenti scolastici nell’utilizzo più efficiente del personale, la Commissione prende in considerazione l’ipotesi di attivare meccanismi di incentivazione/penalizzazione per i dirigenti medesimi e, più in generale, per il personale della scuola. Un sistema di premi e penalizzazioni potrebbe inoltre essere introdotto nella valutazione dell’attività delle singole scuole, legati ai risultati ottenuti in termini di miglioramento rispetto alla situazione precedente[450].
Alla luce di tali valutazioni, la Commissione esprime una valutazione favorevole delle disposizioni contenute nella finanziaria 2008, che prevede la sperimentazione di forme di coordinamento tra Ministero, enti locali e scuole al fine di accrescere l’efficienza e l’efficacia del sistema.
A tale proposito si ricorda che la legge finanziaria per il 2008 (art. 2, commi 411-424) ha rimodulato gli obiettivi delle misure di razionalizzazione già previste dalla finanziaria 2007 finalizzate alla riduzione complessiva di personale della scuola (aumento del rapporto alunni/classe, certificazione all’insegnamento della lingua inglese dei docenti della scuola primaria, riduzione dei quadri orari degli istituti professionali e riconversione professionale del personale docente in soprannumero) ed ha introdotto ulteriori misure di risparmio, quali l’attivazione delle prime classi dei corsi sperimentali dell’istruzione liceale subordinata alla valutazione della congruenza dei quadri orari e dei piani di studio con i vigenti ordinamenti nazionali nonché la determinazione del numero delle classi prime e delle classi iniziali del ciclo di istruzione secondaria di secondo grado, in base al numero complessivo degli alunni iscritti. Ha inoltre introdotto misure finalizzate al contenimento della spesa per gli insegnanti di sostegno ed ha dato l’avvio alla sperimentazione triennale di un nuovo modello organizzativo avente l’obiettivo di innalzare la qualità del servizio di istruzione e di accrescere l’efficienza ed efficacia della spesa.
L’andamento della spesa in conto capitale costituisce uno dei principali indicatori dell’attività di investimento e di sostegno allo sviluppo economico svolta dalle Pubbliche amministrazioni.
Nella seguente tavola sono esposti i dati, tratti dal conto consolidato della P.A., riguardanti l’evoluzione della spesa in conto capitale[451] nel periodo 2003-2007 e le previsioni formulate per l’esercizio 2008. Con riferimento alla voce relativa agli investimenti fissi lordi, oltre ai dati tratti dal citato conto consolidato – calcolati, in conformità con i criteri europei, sottraendo dall’importo degli investimenti gli incassi per dismissioni immobiliari[452] - sono indicati gli investimenti fissi lordi reintegrati dell’importo dei suddetti incassi. Per ciò che concerne le “altre spese in conto capitale” nella tavola sono state precisate le misure una tantum[453].
L’ammontare complessivo della spesa in conto capitale è indicato quindi sia come riportato nel conto consolidato, sia reintergrato dell’importo delle dismissioni immobiliari e depurato dalle altre misure una tantum.
Spesa in conto capitale delle amministrazioni pubbliche
(valori espressi in mln di euro e, in corsivo, valori in percentuale rispetto al PIL)
|
|
|
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
Investimenti fissi lordi detratte le dismissioni immobiliari |
32.778 |
33.426 |
33.711 |
34.792 |
36.134 |
39.277 |
||
2,45% |
2,40% |
2,36% |
2,35% |
2,35% |
2,47% |
|||
Dismissioni immobiliari |
2.773 |
4.404 |
3.178 |
1.683 |
1.437 |
1.000 |
||
0,21% |
0,32% |
0,22% |
0,11% |
0,09% |
0,06% |
|||
Investimenti fissi lordi al lordo delle dismissioni |
35.551 |
37.830 |
36.889 |
36.475 |
37.571 |
40.277 |
||
2,66% |
2,72% |
2,58% |
2,46% |
2,45% |
2,53% |
|||
Contributi agli investimenti |
23.397 |
20.071 |
21.988 |
22.292 |
24.769 |
24.632 |
||
1,75% |
1,44% |
1,54% |
1,51% |
1,61% |
1,55% |
|||
Altre uscite in c/capitale |
1.634 |
1.482 |
2.678 |
16.924 |
7.590 |
2.186 |
||
0,12% |
0,11% |
0,19% |
1,14% |
0,49% |
0,14% |
|||
di cui misure una tantum |
|
|
|
14.384 |
6.020 |
|
||
|
|
|
|
0,97% |
0,39% |
|
||
Totale uscite in conto capitale incluse le misure una tantum e le dismissioni immobiliari |
57.809 |
54.979 |
58.377 |
74.008 |
68.493 |
66.095 |
||
4,33% |
3,95% |
4,09% |
5,00% |
4,46% |
4,16% |
|||
Totale uscite conto capitale escluse le misure una tantum e le dismissioni immobiliari |
60.582 |
59.383 |
61.555 |
61.307 |
63.910 |
67.095 |
||
4,54% |
4,27% |
4,31% |
4,14% |
4,16% |
4,22% |
Fonte: anni 2003-2007, Istat, Relazione generale sulla situazione economica del paese 2007; con riferimento all’esercizio di previsione 2008, sono riportati i dati della RUEF
In termini assoluti, le uscite in conto capitale presentano un incremento nell’ultimo biennio e in particolar modo nell’esercizio 2006; tale dato è però fortemente condizionato dalle variazioni delle altre uscite in conto capitale ed in particolare delle una tantum: nel 2006 14.384 milioni, di cui 12.950 milioni di euro per la cancellazione dei crediti dello Stato nei confronti della società TAV, 734 milioni per la retrocessione dei crediti agricoli e 700 milioni per la restituzione di tasse pagate dai gestori di servizi di telecomunicazioni; per il 2007 6.020 milioni, di cui 847 milioni per i rimborsi Iva sulle auto aziendali auto, 4.939 milioni derivanti dalla cancellazione dell’acconto dei concessionari alla riscossione, e 234 milioni per il ripiano dei debiti verso Poste SpA per le agevolazioni tariffarie all’editoria.
Il dato delle uscite depurato dalle una tantum (e quindi reintegrato anche delle somme detratte per i ricavati delle dismissioni immobiliari) presenta un andamento con meno oscillazioni con un minimo nel 2004 ed un massimo nel 2007.
La lettura dell’evoluzione delle uscite in conto capitale in relazione al PIL è resa più agevole dalla seguente tabella in cui per le diverse voci si è considerata come base (pari a 100) il dato relativo al 2003:
Spesa in conto capitale delle amministrazioni pubbliche
(valori in percentuale rispetto al PIL, con base 2003 pari a 100)
|
|
|
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
2008 |
Investimenti fissi lordi detratte le dismissioni immobiliari |
100 |
98 |
96 |
96 |
96 |
101 |
||
Dismissioni immobiliari |
100 |
152 |
107 |
55 |
45 |
30 |
||
Investimenti fissi lordi al lordo delle dismissioni |
100 |
102 |
97 |
93 |
92 |
95 |
||
Contributi agli investimenti |
100 |
82 |
88 |
86 |
92 |
88 |
||
Altre uscite in c/capitale |
100 |
87 |
153 |
935 |
404 |
112 |
||
Totale uscite in conto capitale incluse le misure una tantum |
100 |
91 |
94 |
116 |
103 |
96 |
||
Totale uscite conto capitale escluse le misure una tantum |
100 |
94 |
95 |
91 |
92 |
93 |
Il totale delle uscite presenta un aspetto altalenante, determinato dalla variabilità delle spese classificate come “altre uscite”. Il totale depurato dagli effetti delle una tantum presenta invece, pur con lievi oscillazioni, una tendenza alla riduzione della spesa. Tale riduzione è meno marcata per la componente legata agli investimenti, anche se assume maggiore rilevanza se si considera il dato al lordo delle dismissioni immobiliari, posto che quest’ultime sono in costante calo. Il dato relativo ai contributi agli investimenti presenta una riduzione più accentuata con una correzione alla fine del quinquennio.
Nei successivi paragrafi si darà conto in maniera più dettagliata e con dati disaggregati dell’andamento delle due principali componenti della spesa in conto capitale nel periodo 2003-2007.
Per ciò che concerne l’andamento della voce residuale della spesa denominata “altre spese in conto capitale”, si ribadisce che la sua dinamica, fortemente variabile nel periodo considerato, concorre da un lato a spiegare le oscillazioni della spesa in conto capitale nel suo complesso, risentendo però fortemente degli interventi di carattere straordinario sopra illustrati.
La seguente tabella fornisce un’analisi dettagliata della composizione degli investimenti della P.A. per livelli di governo, riportando in primo luogo l’ammontare degli investimenti indicato nella Relazione sulla situazione economica del paese nel 2007 e i dati delle dismissioni immobiliari forniti dall’ISTAT. Viene inoltre fornito il dato degli investimenti reintegrato degli importi sottratti in corrispondenza degli incassi per le dismissioni immobiliari e, relativamente a ciascun soggetto, la percentuale sul totale degli investimenti della PA.
Investimenti delle amministrazioni pubbliche
(valori espressi in mln di euro)
|
|
|
|
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Amministrazioni centrali |
Investimenti |
5.599 |
7.079 |
6.979 |
8.096 |
||
Dismissioni immobiliari |
2.248 |
1.171 |
196 |
123 |
|||
Investimenti reintegrati |
7.847 |
8.250 |
7.175 |
8.219 |
|||
Percentuale sul totale |
20,7% |
22,4% |
19,7% |
21,9% |
|||
Stato |
Investimenti |
3.531 |
4.679 |
4.262 |
5.398 |
||
Dismissioni immobiliari |
2.243 |
1.100 |
170 |
123 |
|||
Investimenti reintegrati |
5.774 |
5.779 |
4.432 |
5.521 |
|||
Percentuale sul totale |
15,3% |
15,7% |
12,2% |
14,7% |
|||
Altri enti amministrazione centrale |
Investimenti |
310 |
264 |
304 |
259 |
||
Dismissioni immobiliari |
5 |
71 |
26 |
- |
|||
Investimenti reintegrati |
315 |
335 |
330 |
259 |
|||
Percentuale sul totale |
0,8% |
0,9% |
0,9% |
0,7% |
|||
ANAS |
Investimenti |
1.758 |
2.136 |
2.413 |
2.439 |
||
Dismissioni immobiliari |
|
|
|
|
|||
Investimenti reintegrati |
1.758 |
2.136 |
2.413 |
2.439 |
|||
Percentuale sul totale |
4,6% |
5,8% |
6,6% |
6,5% |
|||
Amministrazioni locali |
Investimenti |
28.579 |
27.206 |
27.810 |
27.927 |
||
Dismissioni immobiliari |
888 |
978 |
1.233 |
1.143 |
|||
Investimenti reintegrati |
29.467 |
28.184 |
29.043 |
29.070 |
|||
Percentuale sul totale |
77,9% |
76,4% |
79,6% |
77,4% |
|||
Regioni |
Investimenti |
4.814 |
4.749 |
4.992 |
4.533 |
||
Dismissioni immobiliari |
141 |
66 |
264 |
127 |
|||
Investimenti reintegrati |
4.955 |
4.815 |
5.256 |
4.660 |
|||
Percentuale sul totale |
13,1% |
13,1% |
14,4% |
12,4% |
|||
Province e comuni |
Investimenti |
19.498 |
17.950 |
17.942 |
18.397 |
||
Dismissioni immobiliari |
661 |
825 |
833 |
917 |
|||
Investimenti reintegrati |
20.159 |
18.775 |
18.775 |
19.314 |
|||
Percentuale sul totale |
53,3% |
50,9% |
51,5% |
51,4% |
|||
Asl e Aziende ospedaliere |
Investimenti |
2.062 |
2.126 |
2.273 |
2.338 |
||
Dismissioni immobiliari |
62 |
63 |
65 |
65 |
|||
Investimenti reintegrati |
2.124 |
2.189 |
2.338 |
2.403 |
|||
Percentuale sul totale |
5,6% |
5,9% |
6,4% |
6,4% |
|||
Altri enti amministrazione locale |
Investimenti |
2.205 |
2.381 |
2.603 |
2.659 |
||
Dismissioni immobiliari |
24 |
24 |
71 |
34 |
|||
Investimenti reintegrati |
2.229 |
2.405 |
2.674 |
2.693 |
|||
Percentuale sul totale |
5,9% |
6,5% |
7,3% |
7,2% |
|||
Enti di Previdenza |
Investimenti |
- 752 |
- 574 |
3 |
111 |
||
Dismissioni immobiliari |
1.268 |
1.029 |
254 |
171 |
|||
Investimenti reintegrati |
516 |
455 |
257 |
282 |
|||
Percentuale sul totale |
1,4% |
1,2% |
0,7% |
0,8% |
|||
TOTALE |
Investimenti |
33.426 |
33.711 |
34.792 |
36.134 |
||
Dismissioni immobiliari |
4.404 |
3.178 |
1.683 |
1.437 |
|||
Investimenti reintegrati |
37.830 |
36.889 |
36.475 |
37.571 |
In relazione alla ripartizione della spesa per investimenti per livelli di governo, la tavola evidenzia che in media, nel periodo 2004-2007, la spesa per investimenti fissi lordi, al lordo degli incassi per dismissioni immobiliari, è attribuibile per poco più di un quinto al complesso delle Amministrazioni centrali, mentre per la restante quota essa risulta attribuibile al complesso delle Amministrazioni locali, essendo trascurabile l’apporto degli enti previdenziali (complessivamente negativo se si tiene conto delle dismissioni). Tale composizione non presenta forti variazioni nel quadriennio considerato. Con riferimento alle amministrazioni centrali si segnala una riduzione degli investimenti statali nel 2006, in conseguenza di quanto previsto dalla manovra finanziaria di quell’anno, seguita però da un discreta ripresa nell’esercizio successivo, determinata in parte da maggiori investimenti nel settore della Difesa. Il 2006 registra, inoltre, un incremento degli investimenti dell’ANAS, in seguito al D.L. 223/2006[454], che ha incrementato di 1 miliardo di euro il tetto di spesa previsto per quell’anno ai pagamenti per le spese di investimento dell’azienda.
In relazione alle Amministrazioni locali si rileva la lieve flessione della spesa in termini assoluti, che può in parte essere motivata dai vincoli derivanti dalla vigenza del Patto di stabilità interno.
La spesa per contributi agli investimenti, che costituisce uno degli aggregati che compongono la spesa in conto capitale della Pubblica amministrazione, è composta prevalentemente da contributi alle imprese.
Nella tabella che segue sono riportati i dati totali della spesa per contributi agli investimenti - già presentati in precedenza con riferimento all’andamento del complesso della spesa in conto capitale - e la loro disaggregazione tra spese delle amministrazioni centrali, da cui sono state detratti gli importi destinati agli enti pubblici, e spese delle Amministrazioni locali.
Contributi agli investimenti delle Pubbliche amministrazioni
|
|
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
milioni di euro |
Amm. Centrali |
14.843 |
10.338 |
12.127 |
12.806 |
14.602 |
Amm. Locali |
8.554 |
9.733 |
9.861 |
9.486 |
10.167 |
|
Totale PA |
23.397 |
20.071 |
21.988 |
22.292 |
24.769 |
|
% totale |
Amm. Centrali |
63,4 |
51,5 |
55,2 |
57,4 |
59,0 |
Amm. Locali |
36,6 |
48,5 |
44,8 |
42,6 |
41,0 |
|
% sul PIL |
Amm. Centrali |
1,11 |
0,74 |
0,85 |
0,87 |
0,95 |
Amm. Locali |
0,64 |
0,70 |
0,69 |
0,64 |
0,66 |
|
Totale PA |
1,75 |
1,44 |
1,54 |
1,51 |
1,61 |
La spesa per contributi agli investimenti negli ultimi cinque anni vede un forte riduzione nel 2004 e una successiva ripresa che porta a superare i livelli iniziali solo nel 2007, ultimo anno del periodo esaminato. Il dato disaggregato mostra che la riduzione di spesa del 2004 è concentrata esclusivamente nelle Amministrazioni centrali, dalle quali è dipesa anche la successiva ripresa. A partire dal 2004 la spesa delle amministrazioni locali appare, infatti, sostanzialmente stabile in termini assoluti anche se in flessione in percentuale sul PIL, mentre il dato delle Amministrazioni centrali vede un incremento non solo in termini assoluti ma anche in relazione al prodotto interno lordo.
Il forte decremento della spesa nell’esercizio 2004, pari a circa l’8,9% rispetto all’anno precedente, è ascrivibile in parte agli effetti di provvedimenti adottati nel corso di tale esercizio.
Si ricorda in particolare il DL n. 168/2004, che ha ridotto le risorse per l’anno 2004 destinate agli incentivi alle imprese previste dalla legge n. 488/1992 e dalla legge n. 662/1996 (articolo 2, comma 203, lettere e) e f), limitatamente ai contratti di programma ed ai contratti d’area, e ha limitato le erogazioni da effettuare nel corso dell’anno per contributi a fondo perduto a carico del Fondo innovazione tecnologica.
Nell’esercizio 2005 si registra una moderata ripresa della crescita della spesa per contributi agli investimenti, ripresa che si fa più consistente nell’ultimo anno del quinquennio. In relazione a tale dato si ricordano i contributi in conto impianti al gruppo FS recati dai DL. n. 81 e 159 del 2007.
La seguente tabella espone i dati previsionali della spesa in conto capitale relativa all’anno 2008 tratti dal conto economico consolidato della Pubblica amministrazione pubblicato dalla RUEF.
Spese in conto capitale delle Amministrazioni Pubbliche
Previsione per l’anno 2008 confrontata con il 2007
|
|
2008 |
Variaz in valori. ass. |
Variaz. Percent. |
Investimenti fissi lordi detratte le dismissioni immobiliari |
Valori assoluti |
39.277 |
3.143 |
8,0% |
% PIL |
2,47% |
0,12% |
|
|
Dismissioni immobiliari |
Valori assoluti |
1.000 |
-437 |
-43,7% |
% PIL |
0,06% |
-0,03% |
|
|
Investimenti fissi lordi reintegrati delle dismissioni |
Valori assoluti |
40.277 |
2.706 |
6,7% |
% PIL |
2,53% |
0,09% |
|
|
Contributi agli investimenti |
Valori assoluti |
24.632 |
-137 |
-0,6% |
% PIL |
1,55% |
-0,06% |
|
|
Altre uscite in c/capitale |
Valori assoluti |
2.186 |
616 |
28,2% |
% PIL |
0,14% |
0,04% |
|
|
Totale uscite conto capitale |
Valori assoluti |
67.095 |
3.185 |
4,7% |
% PIL |
4,22% |
0.06% |
|
Il confronto con l’anno precedente è stato fatto non considerando per il 2007 le uscite una tantum, incluse in quell’esercizio tra le altre spese in conto capitale. Il totale delle spese in conto capitale, da cui si evidenzia un incremento del 4,7% con un lieve aumento dell’incidenza sul PIL, è calcolato reintegrando l’importo delle dismissioni immobiliari, che per l’anno in questione si è desunto dai dati forniti dalla RPP[455].
In relazione all’incremento della spesa si nota l’apporto degli investimenti fissi lordi, aumentati del 6,7%, e quello delle altre uscite in conto capitale, mentre i contributi agli investimenti presentano una lieve diminuzione.
Alla crescita della spesa per investimenti ha concorso lo slittamento all’anno successivo di ingenti risorse in conto capitale (stanziate per il 2007 dal DL 159/07, collegato alla manovra finanziaria, non spese nell’anno di riferimento in conseguenza dell’approvazione del provvedimento al termine dell’esercizio finanziario.
Si ricorda invece che la manovra 2008 presenta per le spese in conto capitale un saldo negativo di circa 1.860 milioni di euro, peraltro in gran parte connesso al taglio dei residui in conto capitale (1.530 milioni). Bisogna peraltro considerare che gli interventi sulla spesa in conto capitale previsti dalla manovra finanziaria di quest’anno sono stati effettuati prevalentemente con il citato DL 159/07 e si sono quindi concentrati nell’esercizio precedente, salvo il parziale slittamento sopra menzionato.
La spesa per ricerca e sviluppo
La presente analisi si è avvalsa dei dati elaborati e rilasciati dall’ISTAT[456], che ha rilevato i dati relativa alla spesa per la ricerca e lo sviluppo (R&S) di imprese, istituzioni pubbliche e istituzioni private non profit che svolgono sistematicamente attività di ricerca intra muros.[457]
Si ricorda che in base al “Manuale di Frascati”, l’attività di R&S si distingue in tre tipologie: la ricerca di base, che consiste nel lavoro sperimentale o teorico intrapreso principalmente per acquisire nuove conoscenze, non finalizzato ad una specifica applicazione; la ricerca applicata, ossia il lavoro originale intrapreso al fine di acquisire nuove conoscenze e finalizzato ad una pratica e specifica applicazione; lo sviluppo sperimentale, che costituisce il lavoro sistematico basato sulle conoscenze esistenti acquisite attraverso la ricerca e l’esperienza pratica, al fine di sviluppare o migliorare materiali, prodotti, processi produttivi, sistemi e servizi.
Con riferimento all’attività di R&S, nell’ambito delle amministrazioni pubbliche si distinguono:
- gli enti di ricerca propriamente detti, che hanno come fine istituzionale lo svolgimento di tale attività;
- le università;
- le altre istituzioni pubbliche, ovvero le amministrazioni dello Stato (laboratori e istituti dipendenti dai ministeri) e degli altri enti pubblici per i quali la ricerca non rappresenta l’attività principale.
I dati commentati nella presente analisi si riferiscono al periodo 2000-2005, come consuntivo, e agli anni 2006 e 2007, in termini di previsione (tali informazioni non sono tuttavia disponibili per le università).
In particolare, per quanto concerne la stima della spesa relativa all’attività di ricerca delle università italiane, la procedura adottata è stata modificata in relazione ai dati dal 2005 in avanti. Secondo le nuove modalità di stima, le spese correnti (escluse quelle per il personale) e le spese in conto capitale per R&S sono stimate sulla base delle spese di funzionamento e di investimento effettivamente sostenute dai Dipartimenti ed Istituti universitari e oggetto di una rilevazione annuale svolta dal Ministero dell’Università e della Ricerca tramite il Comitato Nazionale per la Valutazione delle Strutture Universitarie (CNVSU). Le spese per il personale impegnato in R&S sono stimate sulla base dei dati forniti dal Miur – tramite il Consorzio CINECA[458] – con riferimento alle somme liquidate al personale docente e non docente di ruolo delle università italiane. I dati CINECA sono integrati con quelli relativi alle remunerazioni del personale non docente delle università non statali.
La spesa per la R&S evidenzia i seguenti aspetti:
- la spesa complessiva, pubblica e privata, per R&S è passata dai 12.460 milioni di euro del 2000 ai 15.599 milioni di euro del 2005; il corrispondente incremento percentuale annuo è stato superiore all’8% nei primi due anni, per poi diminuire considerevolmente fino ad attestarsi al 3,3% nel 2004, e al 2,3% nel 2005;
- l’incidenza sul PIL, mediamente di poco superiore all’1,1%, ha mostrato un andamento lievemente crescente fino al 2002 (1,07% nel 2000, 1,11% nel 2001 e 1,16% nel 2002), per poi decrescere fino al 2005, quando è risultata dell’1,14%;
- l’incremento in valore assoluto registrato per il complesso della spesa si riflette anche sulla spesa per R&S sostenuta dalle università, passata dai 3.865 milioni di euro del 2000 (pari al 31% della spesa totale) ai 4.712 milioni di euro del 2005 (30,2% del totale), con un picco di 5.005 milioni nel 2004. Rispetto al PIL, invece, l’incidenza della spesa è aumentata fino all’anno 2003 (passando dallo 0,33% del 2000 all’1,2% del 2003) per poi subire un decremento nel biennio successivo (0,36% nel 2004 e 0,33% nel 2005);
- la spesa erogata dalle altre amministrazioni pubbliche (enti di ricerca e altre istituzioni ) passa da 2.356 milioni di euro nel 2000 a 2.701 milioni di euro nel 2005. Il contributo di tali enti, peraltro, si riduce dal 18,9% del 2000 al 17,3% del 2005, pur rimanendo sostanzialmente stabile l’incidenza della spesa sostenuta dagli enti medesimi rispetto al PIL (0,2% circa);
- nel periodo considerato, il contributo delle imprese alla spesa è andato riducendosi tra il 2000 ed il 2003 (passando dal 50,1% al 47,3%) per poi riaumentare nel biennio successivo (47,8% nel 2004 e 50,4% nel 2005). In quota PIL, la spesa delle imprese rimane sostanzialmente stabile, assestandosi mediamente intorno allo 0,55%;
- anche la spesa sostenuta dalle istituzioni private non profit, i cui dati sono disponibili solo dall’anno 2002, è andata progressivamente aumentando sia in valore assoluto (186 milioni di euro nel 2002 e 330 milioni di euro nel 2005), sia in termini di apporto percentuale rispetto alla spesa complessiva.
I dati esposti vengono sintetizzati nella seguente tabella[459]:
SETTORI ISTITUZ. |
SPESA |
VAR. % |
COMPOS. % |
% SU PIL |
||
ANNO 2000 |
||||||
AMM. PUBBLICHE |
2.356 |
6,5 |
18,9 |
0,20 |
||
IST. PRIV. NON PROFIT |
n.d. |
n.d. |
n.d. |
|
||
IMPRESE |
6.239 |
9,8 |
50,1 |
0,54 |
||
UNIVERSITA’ |
3.865 |
6,6 |
31 |
0,33 |
||
TOTALE |
12.460 |
8,1 |
100 |
1,07 |
||
ANNO 2001 |
||||||
AMM. PUBBLICHE |
2.493 |
5,8 |
18,4 |
0,20 |
||
IST. PRIV. NON PROFIT |
n.d |
n.d. |
n.d. |
|
||
IMPRESE |
6.661 |
6,8 |
49,1 |
0,55 |
||
UNIVERSITA’ |
4.418 |
14,3 |
32,6 |
0,36 |
||
TOTALE |
13.572 |
8,9 |
100 |
1,11 |
||
ANNO 2002 |
||||||
AMM. PUBBLICHE |
2.565 |
2,9 |
17,6 |
0,20 |
||
IST. PRIV. NON PROFIT |
186 |
- |
1,3 |
0,01 |
||
IMPRESE |
7.057 |
5,9 |
48,3 |
0,56 |
||
UNIVERSITA’ |
4.792 |
8,5 |
32,8 |
0,38 |
||
TOTALE |
14.600 |
7,6 |
100 |
1,16 |
||
AMM. PUBBLICHE |
2.582 |
0,7 |
17,5 |
0,20 |
||
ANNO 2003 |
||||||
IST. PRIV. NON PROFIT |
208 |
11,8 |
1,4 |
0,02 |
||
IMPRESE |
6.979 |
-1,1 |
47,3 |
0,54 |
||
UNIVERSITA’ |
5.000 |
4,3 |
33,9 |
0,38 |
||
TOTALE |
14.769 |
1,2 |
100 |
1,14 |
||
ANNO 2004 |
||||||
AMM. PUBBLICHE |
2.722 |
5,4 |
17,9 |
0,19 |
||
IST. PRIV. NON PROFIT |
233 |
12,0 |
1,5 |
0,01 |
||
IMPRESE |
7.293 |
4,5 |
47,8 |
0,52 |
||
UNIVERSITA’ |
5.005 |
0,1 |
32,8 |
0,36 |
||
TOTALE |
15.252 |
3,3 |
100 |
1,08 |
||
ANNO 2005 |
||||||
AMM. PUBBLICHE |
2.701 |
-0,8 |
17,3 |
0,19 |
||
IST. PRIV. NON PROFIT |
330 |
41,6 |
2,1 |
0,02 |
||
IMPRESE |
7.856 |
7,7 |
50,4 |
0,55 |
||
UNIVERSITA’ |
4.712 |
-5,8 |
30,2 |
0,33 |
||
TOTALE |
15.599 |
2,3 |
100 |
1,09 |
||
Per quanto riguarda il biennio 2006-2007, i dati Istat riportano solo i valori di previsione. Non sono inoltre disponibili i dati relativi alle università.
Previsioni di spesa
per R&S per gli anni 2006-2007[460]
(milioni di euro)
SETTORI ISTITUZIONALI |
SPESA |
VARIAZIONE % ANNUA |
COMPOSIZIONE % |
% SU PIL |
|||
ANNO 2006 |
|||||||
AMM. PUBBLICHE |
2.835 |
5,0 |
-- |
0,19 |
|||
IST. PRIV. NON PROFIT |
331 |
0,3 |
-- |
0,02 |
|||
IMPRESE |
7.975 |
1,5 |
-- |
0,54 |
|||
UNIVERSITA’ |
n.d. |
n.d. |
-- |
-- |
|||
TOTALE |
11.141 |
2,3 |
-- |
0,75 |
|||
ANNO 2007 |
|||||||
AMM. PUBBLICHE |
2.814 |
-0,7 |
-- |
0,18 |
|||
IST. PRIV. NON PROFIT |
357 |
7,9 |
-- |
0,02 |
|||
IMPRESE |
8.381 |
5,1 |
-- |
0,55 |
|||
UNIVERSITA’ |
n.d. |
n.d |
-- |
-- |
|||
TOTALE |
11.552 |
3,7 |
-- |
0,75 |
|||
Le previsioni suesposte evidenziano un’aspettativa di segno negativo per ciò che concerne la spesa per R&S da parte della amministrazioni pubbliche a vantaggio della spesa a carico delle imprese. Nel complesso, si registra una crescita molto contenuta per la spesa complessiva (2,3% nel 2006 e 3,7% nel 2007), a fronte di una variazione media degli anni precedenti pari, per tale aggregato, al 5,23 per cento.
Ai fini di un confronto delle performances dei diversi paesi nel campo della ricerca scientifica, i dati Ocse-Eurostat[461] riportati nella tabella che segue evidenziano come la spesa italiana sia rimasta, nel periodo considerato, al di sotto sia della media dei Paesi dell’Unione europea che dell’area Ocse.
La spesa per R&S: confronto internazionale (%PIL) |
|||||||
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Italia |
1,05 |
1,09 |
1,13 |
1,11 |
1,1 |
1,09 |
n.d |
EU15 |
1,86 |
1,89 |
1,9 |
1,9 |
1,89 |
1,9 |
1,91 |
Totale Paesi Ocse |
2,23 |
2,27 |
2,24 |
2,25 |
2,26 |
n.d. |
n.d. |
Si rammenta che il rapporto spesa per R&S/PIL fissato dal Programma di Lisbona e precisato dal Consiglio Europeo di Barcellona del 2002 prevede che gli investimenti in R&S aumentino fino al 3% del PIL entro il 2010.
Tale Programma prevede altresì che nell’ambito di tale spesa il contributo delle imprese alla spesa nazionale per ricerca debba raggiungere la soglia dei due terzi. Nel Programma nazionale per la ricerca 2005/2007 - premesso che la spesa in ricerca delle imprese italiane potrebbe essere significativamente sottostimata a seguito delle difficoltà connesse alla rilevazione di tale dato – si afferma che la differenza tra l’Italia e la media dei Paesi UE quanto alle risorse per la R&S “è da addebitarsi in buona parte alle ridotte spese in ricerca da parte del settore privato”, correlata alla struttura del sistema produttivo italiano “composto di piccole e medie imprese con bassa propensione a sostenere elevate spese di ricerca e operanti, per una parte assai consistente, in settori a bassa intensità tecnologica”.
L’Ocse sottolinea inoltre il rapido aumento dell’internazionalizzazione della ricerca: nella zona Ocse, la R&S eseguita all’estero e da filiali estere rappresenta in media oltre il 16% della spesa totale della R&S industriale. Tale tendenza conferma la sempre maggiore dispersione delle attività di R&S a misura che i finanziamenti delle imprese private aumentano rispetto ai sussidi pubblici.
Nell’ambito delle analisi delle politiche pubbliche, l’esame della spesa per la protezione dell’ambiente ha un interesse strategico in quanto consente di identificare lo sforzo finanziario per tale finalità in relazione a quello sostenuto per le altre politiche.
Diverso è, dal punto di vista dello sforzo finanziario, il contributo dei diversi settori istituzionali dell’economia –Pubblica amministrazione (PA), Imprese e Famiglie.
Sulla base dei dati raccolti da Eurostat con riferimento agli anni 1990-1999 [462]la PA è il settore che realizza la maggior parte degli interventi diretti di protezione dell’ambiente anche grazie il prelievo fiscale, canoni e tariffe, mentre per quanto riguarda la spesa per il finanziamento degli altri operatori per l’abbattimento dell’inquinamento generato da loro stessi o da altri, il contributo più consistente è quello delle imprese[463].
L’informazione sul ruolo e il peso relativo della spesa pubblica rispetto a quella degli altri soggetti dell’economia consente di valutare il grado di efficacia delle politiche ambientali in atto rispetto all’attuazione di altri modelli di riferimento come, ad esempio, quelli fondati sul principio “chi inquina paga”: questi comporterebbero, infatti, un aumento della componente privata della spesa o un incremento nel gettito delle c.d. tasse ambientali. La crescita della quota di spesa sostenuta dalla pubblica amministrazione può essere interpretato, quindi, nel senso che l’intervento pubblico in campo ambientale tende a sostituirsi a quello dei responsabili dell’inquinamento, piuttosto che a porsi in posizione complementare rispetto ad essi e che, quindi, il richiamato principio non trova sufficiente applicazione.
Il regolamento comunitario del nuovo Sistema europeo di conti economici nazionali –Sec95 – ha introdotto l’obbligo della produzione di dati sulla spesa delle Amministrazioni pubbliche per funzione, secondo la classificazione internazionale COFOG (Classification Of Functions Of Government), che include, tra le altre, la funzione di Protezione dell’ambiente.
A livello nazionale poi, da alcuni anni, tale classificazione è stata recepita, nell’ambito del Rendiconto generale dell’amministrazione dello Stato, ai fini della classificazione dei capitoli di spesa per funzione-obiettivo. Dal 2007, a seguito della riforma della struttura del Bilancio dello Stato (operata peraltro a legislazione vigente), la classificazione funzionale, basata sui primi tre livelli di classificazione COFOG[464], ha consentito un confronto tra macroaggregati e una rappresentazione sintetica della spesa pubblica.
Informazioni più analitiche vengono prodotte nell’ambito del Conto satellite della spesa per la protezione dell’ambiente (Epea – Environmental Protection Expenditure Account, parte del più ampio sistema Seriee), secondo una metodologia coerente con i conti economici nazionali e tale da rendere confrontabili gli aggregati appartenenti ai due sistemi. L’Unione europea e l’Ocse raccolgono congiuntamente presso gli Stati membri dati sulla spesa ambientale dei diversi soggetti dell’economia, secondo un sistema armonizzato – coerente con il conto satellite Epea – che prevede uno specifico focus sulla spesa del settore pubblico. I dati vengono utilizzati per molteplici finalità di reporting, come ad esempio l’elaborazione del Rapporto sulle performances ambientali, che l’Ocse effettua per i vari Paesi membri.
I dati sulla spesa ambientale della pubblica amministrazione vengono tradizionalmente portati all’attenzione del Parlamento nell’ambito della Relazione sullo stato dell’ambiente, periodicamente predisposta dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio[465].
Negli ultimi anni la diffusione di questo tipo di informazione si è manifestata in Italia in maniera sempre più diversificata.
Si segnalano, ad esempio, il Rapporto sulle riforme economiche, redatto dal Ministero dell’economia e delle finanze,[466] e il Rapporto annuale del Dipartimento per le Politiche di Sviluppo sugli interventi nelle aree sottoutilizzate, del Ministero dell’economia e delle finanze. Si segnalano inoltre le sempre più numerose relazioni sullo stato dell’ambiente predisposte dalle amministrazioni regionali[467].
Una serie di proposte di legge quadro in materia di contabilità ambientale dello Stato[468], presentate a partire dalla fine degli anni Novanta, ha portato l’argomento all’attenzione degli organi costituzionali e delle amministrazioni locali (soprattutto province e comuni), ai fini della predisposizione, per i vari livelli di governo, di strumenti di supporto conoscitivo per la definizione di politiche ambientali, analoghi a quelli normalmente utilizzati a supporto delle politiche economiche.
L’analisi degli andamenti della spesa per l’ambiente che viene qui presentata si basa sui dati forniti dall’Istat nell’ambito della classificazione funzionale della spesa delle amministrazioni pubbliche che viene presentata annualmente[469].
Secondo le definizione adottate dall’Istituto di Statistica, rientrano nel campo della “protezione dell’ambiente” tutte le attività e le azioni il cui scopo principale è la prevenzione, la riduzione e l’eliminazione dell’inquinamento, così come di ogni altra forma di degrado ambientale[470].
La definizione si limita a considerare gli interventi finalizzati a salvaguardare l’ambiente sotto il profilo qualitativo (in relazione, cioè, a fenomeni di inquinamento e degrado).
Sono esclusi gli interventi finalizzati a salvaguardare l’ambiente sotto il profilo quantitativo (in relazione, cioè, a fenomeni di depauperamento dello stock delle risorse naturali). Questi interventi e misure (e le connesse transazioni) rientrano nel campo cosiddetto“dell’uso e della gestione delle risorse naturali”, cui è dedicato un apposito conto satellite del SERIEE[471] distinto rispetto all’EPEA[472].
Tali dati sono coerenti con il conto economico consolidato delle PA: i flussi, calcolati al netto delle transazioni effettuate tra i diversi sottosettori delle PA, registrano le sole transazioni che intercorrono con soggetti esterni.
Nel periodo considerato (anni 2000-2006), sebbene in crescita, la spesa per la protezione dell’ambiente delle PA ha costituito in Italia una quota relativamente piccola della spesa pubblica totale. In termini di rapporto con il PIL, l’incidenza è appena dello 0,5%.
Spesa per la protezione dell’ambiente delle amministrazioni pubbliche
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Milioni di euro |
4.854 |
5.694 |
6.362 |
6.721 |
7.180 |
7.533 |
7.630 |
% spesa complessiva |
0,9 |
0,9 |
1,1 |
1,1 |
1,1 |
1,1 |
1,0 |
% PIL |
0,4 |
0,5 |
0,5 |
0,5 |
0,5 |
0,5 |
0,5 |
Quanto alla spesa sostenuta, rispettivamente dalle Amministrazioni centrali e dalle Amministrazioni locali, si riportano nella tabella seguente i dati, relativi alla funzione “Protezione dell’ambiente” per il periodo 2000-2006:
Spesa per la protezione dell’ambiente per livelli di Governo
(milioni di euro)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Amministrazioni centrali |
689 |
947 |
932 |
1.024 |
983 |
1.229 |
1.171 |
Amministrazioni locali |
4.165 |
4.747 |
5.430 |
5.697 |
6.197 |
3.304 |
6.459 |
Nella tabella che segue si riportano in dati relativi alla spesa per la protezione dell’ambiente dei principali paesi europei. La percentuale di spesa per la protezione dell’ambiente dell’Italia si colloca all’1,7 per cento, al di sopra dei valori dei principali paesi europei.
Incidenza della spesa per protezione ambientale
confronto internazionale – anno 2005
(% sul totale della spesa pubblica)
Austria |
0.8 |
Italia |
1.7 |
Belgio |
1.6 |
Lussemburgo |
2.9 |
Finlandia |
0.7 |
Paesi bassi |
1.9 |
Francia |
1.3 |
Portogallo |
1.6 |
Germania |
1.4 |
Slovenia |
0.8 |
Grecia |
1.2 |
Spagna |
1.8 |
Media UE-12 |
|
1,5 |
Di seguito vengono forniti i dati, contenuti nella “Banca dati dei conti territoriali” ( Ministero dello sviluppo economico –DPS) che raccoglie, per tutti gli enti appartenenti al settore pubblico allargato, i flussi di spesa e di entrata a livello regionale, sulla base dei dati di cassa dei bilanci consuntivi degli enti considerati[473].
Quanto alla definizione del settore “Smaltimento dei rifiuti”, sempre secondo la nozione adottata dal progetto Conti Pubblici Territoriali, esso comprende le spese per discariche, inceneritori e altri sistemi di raccolta, il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti liquidi e solidi, inclusi quelli nucleari; la vigilanza sull’attività di smaltimento dei rifiuti; il sostegno alle imprese incaricate della costruzione, manutenzione e gestione di tali sistemi.
Spesa totale del SPA per lo smaltimento dei rifiuti
(milioni di euro a prezzi costanti 2000)
|
Spesa corrente |
Spesa in c/capitale |
Spesa Totale |
||||||
|
Centro Nord |
Mezzogiorno |
Italia |
Centro Nord |
Mezzogiorno |
Italia |
Centro Nord |
Mezzogiorno |
Italia |
2000 |
5.277 |
2.140 |
7.417 |
616 |
143 |
759 |
5.731 |
2.246 |
8.271 |
2001 |
5.484 |
2.326 |
7.810 |
501 |
112 |
614 |
5.912 |
2.449 |
8.564 |
2002 |
5.591 |
2.477 |
8.068 |
566 |
159 |
725 |
6.038 |
2.592 |
9.028 |
2003 |
5.713 |
2.589 |
8.302 |
514 |
95 |
609 |
6.273 |
2.712 |
9.279 |
2004 |
5.775 |
2.609 |
8.384 |
663 |
109 |
771 |
6.478 |
2.760 |
9.458 |
2005 |
5.948 |
2.548 |
8.497 |
589 |
156 |
745 |
6.580 |
2.671 |
9.552 |
2006 |
6.123 |
2.598 |
8.721 |
569 |
190 |
759 |
6.915 |
2.767 |
9.752 |
Dalla tavola risulta che la spesa del settore pubblico allargato per la gestione dei rifiuti supera i 9 miliardi di euro annui, di cui circa 8 miliardi destinati alla spesa corrente. La spesa in conto capitale si aggira intorno ad una media di circa 710 milioni di euro l’anno ed è concentrata essenzialmente al Centro-Nord. Tale divario deve essere attribuito, oltre che alla differenza di popolazione, al valore investito per tonnellata di rifiuto prodotto al Centro-Nord, circa 28 euro, contro 14 euro nel Mezzogiorno.
Si riportano inoltre i dati relativi alla spesa totale (corrente e capitale) del Settore pubblico allargato (SPA) nel settore “Smaltimento dei rifiuti” con una disaggregazione per singola regione, dalla quali risulta che le regioni contraddistinte da valori elevati sono la Lombardia, l’Emilia Romagna, la Campania ed il Lazio[474]:
Spesa per lo smaltimento dei rifiuti per regione
(milioni di euro a prezzi correnti)
Regione |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Piemonte |
639,51 |
676,57 |
743,30 |
726,36 |
852,95 |
949,49 |
968,62 |
Valle d'aosta |
12,52 |
4,77 |
4,68 |
4,60 |
4,34 |
9,25 |
9,25 |
Lombardia |
1.328,47 |
1.414,81 |
1.398,14 |
1.425,33 |
1.395,67 |
1.419,91 |
1.490,25 |
Veneto |
411,89 |
655,56 |
666,19 |
742,05 |
731,25 |
709,59 |
747,79 |
Friuli V.Giulia |
188,09 |
236,27 |
204,00 |
211,48 |
204,32 |
246,37 |
306,19 |
Liguria |
323,45 |
327,94 |
400,03 |
346,21 |
408,35 |
420,43 |
374,61 |
Em.Romagna |
811,02 |
841,22 |
1.022,84 |
1.191,75 |
1.465,31 |
1.536,99 |
1.666,67 |
Toscana |
703,80 |
761,49 |
858,20 |
938,22 |
974,20 |
908,82 |
908,64 |
Umbria |
144,88 |
147,38 |
142,20 |
168,55 |
159,41 |
168,50 |
174,78 |
Marche |
156,38 |
184,37 |
197,29 |
217,24 |
224,70 |
269,60 |
294,84 |
Lazio |
1.032,24 |
927,39 |
1.038,20 |
1.071,39 |
943,50 |
1.019,13 |
1.028,25 |
Abruzzo |
104,42 |
121,20 |
134,11 |
134,60 |
150,26 |
183,61 |
189,87 |
Molise |
18,10 |
15,80 |
20,09 |
22,16 |
24,20 |
30,73 |
31,00 |
Campania |
916,42 |
1.051,10 |
1.105,46 |
1.320,01 |
1.295,06 |
1.310,32 |
1.325,82 |
Puglia |
447,39 |
470,43 |
521,44 |
524,88 |
551,14 |
577,51 |
612,04 |
Basilicata |
46,87 |
52,81 |
62,44 |
56,74 |
56,97 |
69,44 |
68,63 |
Calabria |
118,87 |
144,34 |
140,65 |
161,66 |
179,21 |
188,12 |
200,81 |
Sicilia |
513,65 |
529,94 |
669,27 |
598,58 |
666,91 |
652,30 |
702,47 |
Sardegna |
125,30 |
132,25 |
155,99 |
160,91 |
166,17 |
199,33 |
208,32 |
Prov. Trento |
74,47 |
52,03 |
49,11 |
73,71 |
151,89 |
66,96 |
71,39 |
Prov. Bolzano |
153,23 |
70,67 |
73,52 |
81,99 |
72,16 |
91,61 |
76,56 |
Dal punto di vista dei soggetti erogatori, si osserva che le amministrazioni locali e le imprese pubbliche locali (in cui rientrano consorzi ed altre forme associative di enti locali, aziende e istituzioni locali e società partecipate) sono i principali erogatori di spesa. Dai dati presenti nel Sistema dei Conti pubblici territoriali risulta, inoltre, che nel Mezzogiorno, essendo molto inferiore il numero di imprese locali presenti sul territorio, la percentuale di spesa erogata dalle amministrazioni locali risulta pari al 41,4 per cento contro il 15,8 per cento del centro-nord, dove la spesa delle IPL supera l’80 per cento del totale erogato.
Spesa per lo smaltimento dei rifiuti per ente erogatore[475]
(milioni di euro a prezzi correnti)
Smaltimento dei rifiuti |
Spesa totale |
di cui |
|||
|
|
Amm. centrali |
Amm. regionali |
Enti locali |
imprese pubbliche locali[476] |
2000 |
8.270,97 |
39,04 |
7,77 |
5.160,74 |
3.063,41 |
2001 |
8.818,33 |
17,36 |
10,80 |
5.176,56 |
3.613,62 |
2002 |
9.607,15 |
22,97 |
8,25 |
5.392,37 |
4.183,56 |
2003 |
10.178,43 |
10,19 |
10,21 |
5.528,04 |
4.629,99 |
2004 |
10.677,99 |
14,07 |
90,68 |
5.321,36 |
5.251,88 |
2005 |
11.028,00 |
19,48 |
25,25 |
5.422,65 |
5.560,62 |
2006 |
11.456,77 |
18,32 |
17,13 |
5.336,28 |
6.085,05 |
Per fiscalità ambientale si intendono quegli strumenti fiscali che incentivano l'uso di risorse abbondanti e favoriscono il risparmio di risorse limitate. In base agli obiettivi, gli strumenti di fiscalità ambientale possono essere distinti in: tasse e tariffe sulle emissioni; tasse sui prodotti; tasse e tariffe d'uso sui servizi ambientali.
In particolare in base alle linee guida adottate dalla statistica ufficiale a livello internazionale[477] una imposta si qualifica ambientale se la sua base impositiva è costituita da una grandezza fisica che ha un impatto negativo specifico e provato sull’ambiente.
Le imposte ambientali costituiscono prelievi obbligatori non commisurati a benefici che il singolo riceve dall’azione della pubblica amministrazione.
I pagamenti forniti come contropartita di un servizio rientrano nella categoria delle tariffe (come la Tariffa sui Rifiuti Solidi Urbani e l’Imposta sui Rifiuti solidi urbani), i cui proventi non rientrano pertanto nei dati sul gettito che verrà qui di seguito analizzato.
In Italia costituiscono imposte ambientali gli strumenti elencati nella tabella seguente[478]:
BASE |
IMPOSTA |
|
|
Emissioni atmosferiche |
Tassa sulle emissioni di anidride solforosa e di ossidi di zolfo |
Fonti non puntuali di inquinamento dell’acqua |
Contributo alla vendita di prodotti fitosanitari |
Gestione dei rifiuti |
· Tributo speciale per il deposito in discarica · Tributo provinciali per la tutela ambientale |
Rumore |
Imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili |
Prodotti energetici |
· Imposta oli minerali · Imposta gas incondensabili · Sovrimposta di confine sul GPL · Imposta gas metano · Imposta addizionale energia elettrica di comuni e province · Imposta energia elettrica · Imposta sui consumi di carbone |
Trasporti |
· Imposte automobilistiche pagate dalle famiglie · Imposte automobilistiche pagate dalle imprese · Imposta relativa al PRA · Imposta sulle assicurazioni relative alla RC auto |
Ai fini del sistema europeo dei conti satellite dell’ambiente SERIEE ed in particolare del conto della spesa per la protezione dell’ambiente EPEA (Environmental Protection Expenditure Account) vengono distinte due tipologie di imposte in base alla destinazione del relativo gettito:
- imposte specifiche, o di scopo, il cui gettito è destinato a finanziare spese per la protezione ambientale;
- altre imposte ambientali,il cui gettito non è utilizzato per finanziare le spese per la protezione ambientale.
Nel 2006 il gettito complessivo[479] delle imposte ambientali in Italia è stato di circa 41 miliardi di euro, pari a quasi il 3% del PIL
Rispetto al 2005 si osserva un aumento del 2% circa - in linea con la variazione osservata per l’anno precedente, determinando una riduzione della quota sul PIL (2% circa).
Si segnala in particolare che l’andamento complessivo delle imposte ambientali è influenzato in massima parte dalla dinamica delle imposte sull’energia - imposte su oli minerali e derivati, gas incondensabili, Gas PropanoLiquido (GPL), gas metano, energia elettrica e consumi di carbone – il cui gettito, pari nel 2006 a circa 32 miliardi di euro, rappresenta il 78% del totale delle imposte ambientali e il 2% circa del PIL .
L’altra componente significativa è rappresentata dalle imposte sui trasporti –imposte automobilistiche pagate dalle famiglie e dalle imprese, l’imposta relativa al Pubblico Registro Automobilistico (PRA) e l’imposta sulle assicurazioni relative alla RC auto; con un ammontare pari a circa 8,5 miliardi di euro, questa categoria ha coperto nel 2006 circa il 21% del gettito totale delle imposte ambientali, pari allo 0,6% circa del PIL.
Le imposte sull’inquinamento costituiscono infine la componente residuale del gettito, pari a meno di 500 milioni di euro, ed includono il tributo speciale per il deposito in discarica, la tassa sulle emissioni di anidride solforosa (NO2) e di ossidi di zolfo (SOX), il tributo provinciale per la tutela ambientale, il contributo sulla vendita di prodotti fitosanitari e l’imposta regionale sulle emissioni sonore degli aeromobili.
Gettito delle imposte ambientali per settore CEPA
(milioni di euro)
SETTORE AMBIENTALE |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Protezione dell'aria e del clima |
37.396 |
37.445 |
37.027 |
39.693 |
38.917 |
39.690 |
40.422 |
Gestione rifiuti |
467 |
440 |
418 |
407 |
413 |
434 |
447 |
Protezione e risanamento suolo, acque del sottosuolo e acque di superficie |
|
1 |
2 |
3 |
2 |
2 |
2 |
Abbattimento rumore e vibrazioni |
|
|
|
|
|
|
|
Totale |
37.863 |
37.886 |
37.447 |
40.103 |
39.332 |
40.126 |
40.871 |
La ripartizione del gettito delle imposte ambientali per settore ambientale secondo la classificazione internazionale adottata per il conto satellite EPEA4 ( vedi supra), non è variata in modo significativo nell’ultimo anno . Nel 2006, infatti, la quasi totalità del gettito delle imposte ambientali è relativa al settore “protezione dell’aria e del clima”, mentre soltanto una componente marginale riguarda i settori della “gestione dei rifiuti”, della “protezione e risanamento del suolo, delle acque del sottosuolo e delle acque di superficie” e dell’“abbattimento del rumore e delle vibrazioni”.
Si segnala in particolare che essendo la base impositiva (e non la destinazione del gettito) il riferimento cruciale considerato nella definizione di imposta ambientale, nel 2006 la quota delle imposte ambientali esplicitamente finalizzata al finanziamento di interventi di protezione ambientale è pari a poco più dell’1% del gettito totale.
Dal punto di vista delle tendenze di lungo periodo, le variazioni negli ultimi due anni sono in linea con la dinamica finora osservata: tra il 1990 e il 2006, a fronte dell’incremento del gettito delle imposte ambientali (pari a 22,4 milioni di euro nel 1990 ed a 40,9 milioni di euro dell’anno 2006), si rileva una diminuzione dell’incidenza delle imposte ambientali sul PIL, che passa dal 3,7 % del 1990 al 2,7 % dell’anno 2006.
Dal punto di vista del confronto con gli altri paesi europei[480], nel 2004, ultimo anno disponibile, il gettito totale delle imposte ambientali ammontava nell’insieme dei paesi della Ue15, a più di 260 miliardi di euro, pari a circa il 2,7 % del PIL comunitario. Il dato relativo all’Italia è lievemente sopra la media UE, sia per l’aggregato complessivo che per le singole componenti.
Le imposte sull’energia, il cui gettito nel 2004 ha rappresentato il 79% del totale, costituiscono la componente più rilevante, seguita dalle imposte sui trasporti, il cui peso è pari al 20% circa del gettito complessivo; le imposte sull’inquinamento e sulle risorse rappresentano invece complessivamente solo il 1% circa del totale; per quanto riguarda l’Unione europea si può osservare la medesima composizione percentuale del gettito pari al 74 % per le imposte sull’energia, al 22% per i trasporti ed al 4 % per le imposte sull’inquinamento e risorse.
Gettito delle imposte ambientali nella UE anni 2000-2004
(% PIL)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
ENERGIA |
|||||
UE 15 |
2,09 |
2,04 |
2,03 |
2,04 |
1,99 |
UE 25 |
2,09 |
2,04 |
2,03 |
2,05 |
1,99 |
Italia |
2,57 |
2,42 |
2,28 |
2,37 |
2,22 |
TRASPORTO |
|||||
UE 15 |
0,60 |
0,59 |
0,58 |
0,58 |
0,59 |
UE 25 |
0,58 |
0,58 |
0,57 |
0,57 |
0,58 |
Italia |
0,56 |
0,57 |
0,57 |
0,59 |
0,57 |
INQUINAMENTO E RISORSE |
|||||
UE 15 |
0,09 |
0,09 |
0,10 |
0,09 |
0,10 |
UE 25 |
0,09 |
0,09 |
0,10 |
0,10 |
0,10 |
Italia |
0,04 |
0,04 |
0,03 |
0,03 |
0,03 |
TOTALE IMPOSTE AMBIENTALI |
|||||
UE 15 |
2,78 |
2,72 |
2,70 |
2,72 |
2,67 |
UE 25 |
2,77 |
2,71 |
2,69 |
2,71 |
2,67 |
Italia |
3,17 |
3,03 |
2,89 |
3,00 |
2,83 |
Gettito delle imposte ambientali in Italia per categoria - Anni 2000-2006
(% PIL)
|
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
Energia |
2,57 |
2,43 |
2,29 |
2,38 |
2,22 |
2,20 |
2,16 |
Trasporti |
0,56 |
0,57 |
0,57 |
0,59 |
0,57 |
0,58 |
0,58 |
Inquinamento e risorse |
0,04 |
0,04 |
0,03 |
0,03 |
0,03 |
0,03 |
0,03 |
TOTALE |
3,17 |
3,04 |
2,89 |
3,00 |
2,82 |
2,81 |
2,77 |
Sul totale del gettito delle imposte ambientali nella Ue, le imposte italiane rappresentano una quota pari al 15% circa (16% circa se si considera la componente delle imposte sull’energia e al 14% per quanto riguarda le imposte sui trasporti).
La quota delle imposte ambientali sul totale delle entrate della Pubblica Amministrazione e sul PIL risulta superiore in Italia rispetto alla media europea anche se lo scarto si è ridotto nel tempo a causa della diminuzione del peso delle imposte sull’energia, non compensata dal lieve incremento del peso delle imposte sui trasporti e sull’inquinamento.
Il presente paragrafo intende fornire una sintetica rappresentazione del contributo delle Amministrazioni locali ai risultati conseguiti dal complesso della PA in termini di indebitamento netto nella XV legislatura. Per un’analisi di maggior dettaglio, riguardante il contributo fornito dai diversi sottosettori che compongono il comparto delle Amministrazioni pubbliche, si rinvia ad una successiva fase, non risultando infatti disponibili al momento i dati relativi al 2007[481].
Nella tabella che segue e nel relativo grafico, al fine di inquadrare i risultati in un contesto più ampio, viene considerato un arco temporale che parte dal 2000, nel quale risulta più agevole cogliere le tendenze in corso e i mutamenti riscontrati.
Indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche
Dati in mln di euro |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Amministrazioni pubbliche |
-9.962 |
-38.501 |
-37.085 |
-46.614 |
-48.312 |
-60.428 |
-49.634 |
-29.179 |
Amministrazioni centrali |
-13.619 |
-38.612 |
-38.690 |
-39.529 |
-40.956 |
-54.535 |
-40.243 |
-38.208 |
Amministrazioni locali |
-1.670 |
-3.493 |
-10.437 |
-5.988 |
-13.638 |
-12.183 |
-16.705 |
-948 |
Enti di Previdenza |
5.327 |
3.604 |
12.042 |
-1.097 |
6.282 |
6.290 |
7.314 |
9.977 |
PIL |
1.191.057 |
1.248.648 |
1.295.226 |
1.335.354 |
1.391.530 |
1.428.375 |
1.479.981 |
1.535.540 |
Dati in percentuale del PIL |
2000 |
2001 |
2002 |
2003 |
2004 |
2005 |
2006 |
2007 |
Amministrazioni pubbliche |
-0,84 |
-3,08 |
-2,86 |
-3,49 |
-3,47 |
-4,23 |
-3,35 |
-1,90 |
Amministrazioni centrali |
-1,14 |
-3,09 |
-2,99 |
-2,96 |
-2,94 |
-3,82 |
-2,72 |
-2,49 |
Amministrazioni locali |
-0,14 |
-0,28 |
-0,81 |
-0,45 |
-0,98 |
-0,85 |
-1,13 |
-0,06 |
Enti di Previdenza |
0,45 |
0,29 |
0,93 |
-0,08 |
0,45 |
0,44 |
0,49 |
0,65 |
Fonte: Istat 2000-2003, Relazione generale sulla situazione economica del paese 2004-2007
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Esaminando il periodo 2000-2005, durante il quale il complesso della PA mostra risultati di finanza pubblica in progressivo peggioramento, si nota che il comparto delle Amministrazioni locali mostra a sua volta un deficit crescente. Fa eccezione l’esercizio 2003, sul quale incidono misure specifiche con effetti limitati al comparto delle regioni[482], e l’esercizio 2005, che mostra un andamento stazionario nel deficit delle Amministrazioni locali. Il contributo di queste ultime al peggioramento riscontrato nel complesso del periodo 2000-2005 ammonta a circa un quinto del deterioramento del saldo riscontrato a livello complessivo[483].
Nel periodo considerato si rileva un generale rispetto, dei vincoli previsti dal Patto di stabilità interno, formulati come limiti all’incremento della spesa per tutti i comparti degli enti territoriali. Tale strumento si rivela di fatto, nel periodo in questione, inefficace rispetto alla finalità di contrastare la tendenza al peggioramento dei saldi delle Amministrazioni locali, dovuta in larga misura a voci escluse dal Patto (come la spesa sanitaria o quella del personale, soggette a specifiche forme di regolamentazione, o la spesa gestita mediante forme di esternalizzazione).
Con riferimento all’esercizio 2006 si nota che, mentre la PA nel suo complesso ottiene un risultato migliore rispetto all’esercizio precedente, le Amministrazioni locali registrano un peggioramento che vanifica parte del miglioramento ottenuto dalle Amministrazioni centrali.
Fra le determinanti di tale risultato negativo possono ricordarsi l’elevata dinamica in questo esercizio della spesa corrente, in particolare la spesa per redditi da lavoro dipendente[484] (gravata dagli arretrati conseguenti al rinnovo del contratto per il biennio 2004-2005) la spesa sanitaria e la spesa per interessi. La spesa in conto capitale resta, invece, pressoché costante in valore assoluto, riducendosi di un decimo di punto in termini di incidenza percentuale sul PIL, proseguendo una tendenza già riscontrata negli esercizi precedenti. L’elevata dinamica della spesa corrente risulta insufficientemente compensata da quella delle entrate, sulle quali grava la riduzione dei trasferimenti erariali, ridottisi in termini nominali del 3,5%[485], non sufficientemente compensati da aumenti delle entrate tributarie, soggette ai vincoli all’utilizzo dei margini di manovra delle aliquote locali[486].
Lo strumento del Patto di stabilità interno, ancora formulato con riferimento al solo lato della spesa, con importanti esclusioni, continua anche nell’esercizio in esame, a mostrare una limitata efficacia nel contrastare la tendenza al disequilibrio dei bilanci delle amministrazioni locali. Nonostante la sua formulazione in termini di vincoli differenziati con tassi di contenimento per la spesa corrente e tassi di espansione per quella in conto capitale, quest’ultima registra una contrazione nell’esercizio in esame.
Contrariamente a quanto rilevato per il 2006, il risultato ottenuto dalle Amministrazioni locali risulta determinante nello spiegare il miglioramento del risultato 2007 ottenuto dal complesso della PA: quest’ultimo risulta infatti spiegato per i tre quarti proprio dal contributo del comparto delle Amministrazioni locali[487], che raggiunge un saldo prossimo al pareggio.
Data la rilevanza di tale contributo, risulta fondamentale individuare la natura del miglioramento riscontrato al fine di comprendere in che misura esso sia da attribuire a componenti di carattere strutturale e quanto, invece, sia imputabile a fattori non ripetibili.
Fra questi ultimi si ricordano:
- sul lato della spesa la modulazione degli oneri per il personale che risente del ritardo strutturale di uno o due esercizi con il quale vengono rinnovati i contratti rispetto al biennio di riferimento. Tale ritardo fa sì che nell’esercizio di stipula gravino gli effetti dovuti alla corresponsione degli arretrati, introducendo un elemento di ciclicità nella spesa. Tale fattore ha inciso in modo sostanziale sul dato relativo all’esercizio 2006 ed in modo marginale sull’esercizio 2007. Risulta pertanto opportuno rideterminare l’importo della spesa per redditi sostenuta negli anni 2006 e 2007 depurandola della componente ciclica legata alla sottoscrizione dei CCNL[488].
A tale scopo la spesa sostenuta nel corso di ciascuno degli anno 2006 e 2007:
§ viene ridotta delle somme liquidate a titolo di arretrati;
§ ed incrementata delle somme di sarebbero state liquidate in competenza in caso di tempestiva stipula del nuovo CCNL.
La spesa rideterminata ammonta a circa 67.328 milioni di euro per il 2006 e a circa 69.236 milioni di euro per il 2007 evidenziando che la flessione della spesa era legata al fattore ciclico in questione;
- sul lato dell’entrata, l’effetto dovuto all’acconto del 30% introdotto dalla finanziaria per il 2007 sull’addizionale comunale all’IRPEF[489]: il maggior gettito per i comuni era stimato[490], a parità di aliquote, in 500 mln di euro per il 2007. Tale fattore, pur non essendo formalmente incluso fra le misure una tantum ai fini del saldo strutturale[491], determina un effetto di maggior gettito nel 2007 non ripetibile negli anni successivi[492].
Sempre sul lato delle entrate si ricorda inoltre il cospicuo aumento dei trasferimenti, sia di parte corrente che in conto capitale, alle regioni che potrebbe, almeno in parte, non essere di natura strutturale. In particolare ci si riferisce alle somme relative alla mancata attuazione del DLgs. 56/2000 per le annualità 2002-2004, attribuite alle regioni nel corso degli esercizi 2006 e 2007[493]: ne consegue la possibilità che una parte dell’aumento riscontrato in tali esercizi nei trasferimenti per l’attuazione del federalismo amministrativo e fiscale[494] potrebbe in parte avere natura non strutturale. Si ricorda inoltre il netto incremento, fra le entrate, dei contributi agli investimenti che potrebbe, in parte, derivare dall’accelerazione dei pagamenti connessa alla conclusione dei programmi comunitari di sviluppo[495]. Da ultimo si rammentano i trasferimenti alle amministrazioni locali, relativi principalmente al settore delle opere infrastrutturali e dei trasporti, deliberati con i provvedimenti di utilizzo dei cd. tesoretti riferiti all’esercizio 2007: il corrispondente aumento delle risorse di parte capitale per tale esercizio assume carattere straordinario, in quanto legato ad una specifica modalità di utilizzo delle risorse eccedentarie resesi disponibili.
Ulteriori fattori che possono aver inciso sul miglioramento dei saldi delle Amministrazioni locali nel 2007 presentano invece un carattere strutturale. Si ricorda in particolare il venir meno dei vincoli all’applicazione degli aumenti delle addizionali IRPEF e IRAP[496], che ha permesso alle amministrazioni locali l’utilizzo della leva delle maggiori entrate.
La RUEF[497] sottolinea in proposito che la crescita delle entrate tributarie delle Amministrazioni locali, cresciute del 6,8% nel 2007[498], è da ascriversi alla forte crescita delle addizionali IRPEF, sia regionali che comunali, il cui gettito nel 2007 è aumentato, rispettivamente, del 19,5 e del 43 per cento[499], per effetto di aumenti delle aliquote stabiliti a livello locale. In particolare nel 2007 circa il 43% dei comuni ha aumentato l’aliquota dell’addizionale IRPEF e il 56 per cento l’ha lasciata invariata. La RUEF sottolinea in proposito che l’aumento dei tributi locali riflette la scelta delle Amministrazioni di utilizzare la variazione dei tributi, più che la riduzione della spesa, al fine di ottenere il rispetto del Patto di stabilità interno.
Al riguardo si segnala che, con riferimento al solo comparto dei comuni[500], gli aumenti disposti nel corso del 2007 si applicano a decorrere dal medesimo anno d’imposta. Pertanto, per i meccanismi di versamento dell’addizionale comunale IRPEF, i citati aumenti dovrebbero aver inciso sul 2007 solo limitatamente ai versamenti di acconto, commisurati al 30% dei maggiori importi dovuti. Peraltro, come sopra evidenziato, una larga quota[501] del maggior gettito delle addizionali comunali IRPEF ottenuto nel 2007, non sarebbe attribuibile tanto agli aumenti di aliquota disposti quanto all’effetto una tantum dovuto all’introduzione dell’acconto.
Con riferimento al comparto delle regioni, si ricorda inoltre che la ripristinata facoltà di manovrare le aliquote dell’addizionale IRPEF e della maggiorazione IRAP si è configurata nel 2007 come un obbligo per le regioni con deficit sanitari, per le quali l’art. 1, comma 174, della legge n. 311/2004[502] prevede l’attivazione automatica delle misure fiscali. Tale obbligo è in larga misura alla base dell’incremento del gettito delle imposte dirette delle regioni.
Un ulteriore fattore di carattere strutturale alla base del miglioramento dei risultati ottenuti dalle Amministrazioni locali può ravvisarsi nella riforma del Patto di stabilità interno per gli enti locali operata dalla legge finanziaria per il 2007. La formulazione di tale vincolo in termini di saldo e la concomitante riduzione delle poste escluse dal vincolo, se, da un lato, ha consentito agli enti locali una maggiore libertà nella gestione delle politiche di bilancio, con un ampio ricorso alla leva delle entrate, dall’altro ha ridotto l’efficacia delle misure elusive precedentemente utilizzate, finalizzate a minimizzare la portata restrittiva del vincolo mediante riclassificazioni della spesa in voci escluse dal Patto.
Da ultimo, non vanno dimenticati gli effetti strutturali che hanno inciso sul 2007 in senso peggiorativo del deficit: fra di essi si ricorda in particolare l’aumento della spesa per interessi, cresciuta nell’esercizio in esame di circa 800 milioni per l’intero comparto delle amministrazioni locali (di 1,35 miliardi nel biennio 2006-2007).
La RUEF evidenzia[503] come tale aumento di spesa si verifichi sebbene il debito delle Amministrazioni locali non abbia fatto registrare incrementi significativi sull’anno precedente. Viene sottolineato in proposito come la configurazione a tasso variabile di una quota significativa delle passività in circolazione esponga i conti delle Amministrazioni locali ad incrementi della spesa in caso di rialzo significativo dei tassi di mercato, come accaduto nel 2007.
Mentre con riferimento agli anni di consuntivo la Relazione generale sulla situazione economica del paese fornisce, oltre al conto consolidato delle Amministrazioni pubbliche, il corrispondente conto delle Amministrazioni locali, con riferimento agli esercizi di previsione non risulta disponibile la medesima disaggregazione. Informazioni solo parziali possono trarsi dai quadri previsionali relativi ai conti consolidati di cassa, i quali peraltro non presentano dati coerenti con quelli espressi in termini di competenza economica utilizzati dall’ISTAT ai fini della costruzione del quadro complessivo della P.A..
Dal lato delle entrate, sia per le regioni che per gli enti locali è previsto un consolidamento del gettito conseguito nel 2007 la cui crescita è attesa per il 2008 a tassi contenuti (attorno al 2%). Con riferimento alle regioni, l’incremento di gettito dovuto all’aumento delle aliquote tributarie si è infatti già registrato nell’esercizio appena concluso e non si prevedono, pertanto, effetti ulteriori dovuti ai meccanismi di versamento. Viceversa, per i comuni, parte del maggior gettito conseguente agli aumenti dell’addizionale comunale all’IRPEF deliberati nel 2007 si registrerà in sede di saldo nel 2008, ma al contempo verrà meno l’effetto transitorio di maggior gettito dovuto alla prima applicazione nel 2007 dell’acconto del 30%.
Con riferimento ai pagamenti di parte corrente, si ricorda l’incremento di quelli relativi alla spesa per il personale, particolarmente significativo per i comparti degli enti locali e della sanità (oltre il 9 per cento) piuttosto che per quello delle regioni (4,8 per cento)[504].
Prosegue inoltre la tendenza, già riscontrata nel 2007, all’aumento della spesa per interessi, in particolar modo per il settore delle regioni, sul quale grava oltre all’effetto dovuto all’aumento dei tassi, anche l’incidenza dell’onere delle anticipazioni erogate dal bilancio dello Stato ai sensi della finanziaria per il 2008[505], per il ripiano dei debiti sanitari.
Con riferimento alla spesa in conto capitale, i dati del conto consolidato di cassa prevedono una sostanziale staticità per il comparto delle regioni, per le quali il permanere di vincoli sul solo lato della spesa presenta riflessi particolarmente penalizzanti per quella in conto capitale, e una lieve crescita per il comparto di province e comuni che registrano l’effetto di slittamento al 2008 dell’utilizzo delle risorse in conto capitale stanziate con il DL 159/07 e non utilizzate nel corso dell’esercizio concluso.
Si rammenta da ultimo che la RUEF specifica che le previsioni contenute nel conto consolidato di cassa dei diversi comparti di Amministrazioni locali scontano il pieno rispetto dei vincoli disposti dal Patto di stabilità interno, come modificato dalla ultima legge finanziaria.
Con specifico riferimento a tale strumento di controllo delle dinamiche della finanza locale si evidenzia come i dati sul rispetto del Patto di stabilità interno non attualmente oggetto di specifica comunicazione al Parlamento, benché l’acquisizione non episodica di tali dati consentirebbe una più agevole interpretazione dell’effettivo contributo dello strumento in questione al contenimento di un maggiore controllo delle dinamiche locali.
In merito agli effetti attesi dalle modifiche operate dalla legge finanziaria 2008 si rinvia alle apposite schede del dossier di verifica predisposto dal Servizio bilancio sulla legge finanziaria, nonché alle osservazioni operate dalla Corte dei conti nell’ultima Relazione quadrimestrale sulla copertura delle leggi di spesa[506].
Un breve cenno risulta opportuno con riferimento al percorso attuato nella legislatura conclusa in materia di passaggio da una finanza locale derivata, basata principalmente sull’attribuzione a livello locale di risorse provenienti dal bilancio dello Stato, ad una finanza decentrata, basata principalmente sull’attribuzione a livello locale di fonti autonome di risorse, la cui gestione presenti margini di manovrabilità discrezionale da parte delle Amministrazioni locali.
Nella legislatura conclusa è proseguito il lavoro di studio in materia di federalismo fiscale, avviato nella legislatura precedente, ma non è stato portato a termine un provvedimento di riassetto organico della finanza territoriale. In attesa della definizione di tale disegno che governi il processo di transizione, sono peraltro state introdotte numerose disposizioni volte a regolare i criteri di attribuzione delle risorse alle Amministrazioni locali, seppure con riferimento ad aspetti circoscritti. Il tenore degli interventi disposti presenta qualche elemento contraddittorio, sia in termini di non linearità del percorso, che in alcuni casi spinge verso un aumento del grado di autonomia finanziaria delle amministrazioni locali e in altri casi compie passi in direzione opposta, sia in termini di individuazione dei corretti criteri metodologici di valutazione degli effetti finanziari prodotti dalle misure introdotte. Rinviando per tale ultimo aspetto all’apposito paragrafo della sezione metodologica del presente dossier[507], ci si limita in questa sede a richiamare talune delle principali misure che appaiono determinare effetti contraddittori in termini di aumento o riduzione del grado di autonomia finanziaria delle Amministrazioni locali.
Con riferimento al comparto delle regioni, gli interventi disposti risultano in buona misura finalizzati ad un aumento dell’autonomia finanziaria del comparto. Sono infatti numerosi gli interventi che comportano un aumento del gettito di tributi regionali o di quote di compartecipazione dei tributi erariali, a fronte di una corrispondente riduzione dei trasferimenti.
Tale tipologia di interventi assicura alle regioni l’acquisizione di risorse finanziarie crescenti nel tempo, controbilanciate da una riduzione dei trasferimenti che si mantiene invece costante al livello iniziale. L’aumento della disponibilità di risorse si accompagna all’acquisizione di una maggiore autonomia gestionale, in quanto la dinamica futura del gettito risulta correlata ad andamenti macroeconomici e non dipende da decisioni incrementali assunte di anno in anno dall’Amministrazione centrale, consentendo quindi alle Amministrazioni locali un maggior grado di certezza nella propria attività di programmazione.
Fra gli interventi in questione si ricordano in particolare l’incremento delle compartecipazioni in favore di alcune regioni a statuto speciale[508], le nuove modalità di finanziamento del settore del trasporto pubblico locale disposte dalla legge finanziaria per il 2008[509] e l’attribuzione di compartecipazioni in favore delle Autorità portuali[510].
Concorrono inoltre ad aumentare l’autonomia finanziaria delle regioni le misure che aumentano la possibilità di manovra delle aliquote dei tributi regionali: in tal senso si segnala in primo luogo la rimozione dei vincoli all’utilizzo delle addizionali IRPEF e della maggiorazione IRAP, vigenti fino all’esercizio 2006, nonché l’obbligo di attivazione degli stessi nella misura massima in caso di necessità di ripiano dei disavanzi sanitari[511].
In senso opposto opera, invece, l’intervento di riduzione del cuneo fiscale, mediante l’introduzione della deducibilità ai fini IRAP dei contributi previdenziali ed assistenziali relativi ai lavoratori a tempo indeterminato. La disposizione determina infatti una ingente riduzione del gettito di tale tributo, destinato a finanziare la spesa sanitaria, compensata mediante l’aumento dei trasferimenti. Parimenti, non concorre all’aumento dell’autonomia gestionale delle politiche di bilancio delle regioni il mantenimento della struttura del Patto di stabilità interno con vincoli limitati al solo lato della spesa, finalizzato a disincentivare l’utilizzo a livello decentrato della leva fiscale, obbligando le regioni ad un controllo della dinamica della spesa.
Con riferimento alle amministrazioni provinciali, concorre a determinare un aumento dell’autonomia finanziaria l’incremento delle tasse automobilistiche disposto dalla legge finanziaria per il 2007[512], compensato da una corrispondente riduzione dei trasferimenti, mentre operano in senso inverso sia le esenzioni dal medesimo tributo incluse nel pacchetto di agevolazioni per la sostituzione dei veicoli inquinanti mediante rottamazione, sia il mantenimento della natura statica della compartecipazione provinciale all’IRPEF, che rende di fatto tale gettito totalmente assimilabile a trasferimenti.
Con riferimento ai comuni, fra le misure suscettibili di aumentare l’autonomia finanziaria del comparto si segnalano quelle adottate con la manovra finanziaria per il 2007, fra cui in particolare l’aumento della misura della compartecipazione all’IRPEF e l’attribuzione della stessa in forma dinamica a partire dall’esercizio 2008[513], nonché l’attribuzione ai comuni della facoltà di istituire tributi di scopo, di portata peraltro limitata.
Un’altra significativa misura della manovra per il 2007 si ravvisa nella riforma del Patto di stabilità interno, che restituisce autonomia alle politiche di bilancio degli enti locali, pur vincolando questi ultimi al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica assunti dal Paese. La formulazione del vincolo in termini di saldo sconta, implicitamente, la possibilità che gli enti possano agire sulla pressione tributaria locale anche in senso contrario rispetto all’orientamento di politica fiscale deciso a livello centrale, con una conseguente assunzione di responsabilità da parte degli amministratori locali.
Fra le ulteriori misure finalizzate ad aumentare il grado di autonomia finanziaria degli enti locali, si segnala il decreto legge 262/2006, collegato alla legge finanziaria 2007, che, aveva inoltre previsto misure in materia catastale[514] dalle quali erano attesi incrementi di gettito ICI e dell’addizionale comunale all’IRPEF per un importo pari a circa 600 milioni nel 2007[515], compensate da una corrispondente riduzione dei trasferimenti. Il mancato conseguimento di tale effetto positivo e la conseguente necessità di rifondere gli enti locali dei minori trasferimenti ricevuti, è uno dei fattori indicati dalla RUEF fra le cause della revisione peggiorativa del saldo tendenziale atteso per il 2008[516].
Infine l’intervento operato dalla legge finanziaria per il 2008 in materia di riduzione dell’ICI sulla prima abitazione, compensato da un corrispondente aumento dei trasferimenti, opera, invece, nella direzione di una riduzione dell’autonomia finanziaria degli enti locali.
Dalla parziale rassegna di interventi sopra riportata, emerge la necessità di una definizione organica del sistema delle relazioni finanziarie fra i diversi livello di governo territoriale, che costituisca una cornice quadro in grado di fornire stabilità al sistema di finanziamento delle Amministrazioni locali e aumentare al tempo stesso il loro grado di responsabilità.
[1] E’ quanto accaduto, nella XIV legislatura, per il decreto legge n. 68 del 2006, convertito dalla Legge n. 127 del 24 marzo 2006, concernente il reimpiego di lavoratori ultracinquantenni.
[2] Su tali profili si rinvia alla più ampia trattazione contenuta nella parte seconda del presente dossier.
[3] Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione.
[4] A.C. 1746, ora legge n. 296 del 2006.
[5]
Articolo 1, commi da
[6] “Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria”, ora legge n. 286 del 2006.
[7] A.C. 3256. Ora legge n. 244 del 2007.
[8] L’ultimo pubblicato è il numero 9 del dicembre 2007.
[9] Come già precisato, la legge n. 468/1978 si riferisce solo a questa tipologia di spesa.
[10] Per gli approfondimenti sulla struttura dei modelli in esame, cfr. infra.
[11] Cfr. le sentenze della Corte Costituzionale n. 384/1991 e n. 25/1993.
[13] Articolo 2, commi 105 e 106, della legge n. 244/2007.
[14] Allegato 7.
[15] A. C. 24 e abbinati.
[16] Cfr. il resoconto della seduta dell’8 maggio 2007 (Commissione bilancio).
[17] Cfr. il resoconto del 16 maggio 2007 (Commissione bilancio).
[18] L’ultimo Rapporto, il n. 9, è stato pubblicato nel dicembre 2007 e reca la previsione per il periodo 2006-2050.
[19] Economic Policy Committee, Working Group on Ageing – EPG-WGA.
[20] Tale Rapporto è stato pubblicato a dicembre 2007.
[21] Le due componenti sono costantemente aggiornate. Più in particolare, per il Rapporto n. 9, la prima fase di aggiornamento si è conclusa a metà giugno 2007, in occasione della predisposizione del Documento di Programmazione economica e Finanziaria (DPEF) 2008-2011. Successivamente, nel mese di ottobre, si è proceduto ad un nuovo aggiornamento per tenere conto della correzione delle stime di crescita economica per il 2007, riportate nel Relazione Previsionale e Programmatica (RPP) 2008.
[22] Pertanto, se, come è accaduto per il 2007, le previsioni di crescita contenute nella RPP non presentano dinamiche significativamente superiori a quelle assunte nello scenario nazionale base, i due scenari sono sostanzialmente equivalenti.
[23] Nel Rapporto n. 9, per il periodo 2005-2050 sono scontati la crescita del tasso di fecondità dall’1,3 all’1,6; l’aumento della speranza di vita di 6,2 anni per i maschi e di circa 5,5 anni per le femmine; un flusso netto di immigrati di 150 mila unità all’anno.
[24] I modelli utilizzati per le previsioni elaborate con lo scenario EPC-WGA baseline sono gli stessi impiegati per le previsioni nazionali. Pertanto le differenze, peraltro non particolarmente rilevanti, riscontrabili nei risultati dipendono esclusivamente dalle ipotesi di scenario. Con riferimento alle previsioni elaborate nel 2007, lo scenario EPC-WGA baseline recepisce le ipotesi del quadro demografico elaborato da Eurostat nel 2005, denominato “ad hoc AWG scenario”, che assume un incremento della speranza di vita ed una dinamica di crescita della fecondità più contenuti rispetto allo scenario centrale Istat, mentre il flusso netto di immigrati è sostanzialmente equivalente. Tali differenze, tuttavia, muovendosi in senso compensativo, non producono scostamenti sostanziali rispetto alle previsioni basati sugli scenari nazionali. Lo stesso può dirsi per le variabili del quadro macroeconomico.
[25] La revisione delle stime del profilo del consumo sanitario, per età e sesso, delle diverse tipologie di prestazioni è preliminare all’aggiornamento annuo della previsione della spesa sanitaria.
[26] Si parla, infatti, di costo pro capite standardizzato (CPS), che esprime la variazione del consumo sanitario a parità di struttura demografica. Nel pure ageing scenario si assume che la dinamica del CPS evolva in linea con il PIL pro capite.
[27] La spesa sanitaria pubblica si articola in tre categorie principali (spesa per redditi da lavoro dipendente; spesa per consumi intermedi; spesa per prestazioni sociali in natura, corrispondenti a beni e servizi prodotti da operatori market) e in una residuale che raccoglie le poste non classificabili.
[28] I risultati delle previsioni sono analizzati tramite due indicatori, utili ai fini dell’individuazione delle scelte di politica economica per il raggiungimento di obiettivi prefissati. Il primo indicatore, che esprime il rapporto spesa pubblica/PIL, misura la quota delle risorse pubbliche necessarie al finanziamento del sistema sanitario; il secondo, che esprime il rapporto tra la variazione del consumo pro capite standardizzato (CPS) in rapporto al PIL pro capite, evidenzia in che misura le variazioni del reddito pro capite vengono destinate, in media, al soddisfacimento dei bisogni sanitari individuali.
[29]Cfr. supra.
[30] La RGS (Rapporto n. 9) sottolinea l’importanza dei profili del consumo sanitario che costituiscono una parte essenziale del modello di previsione. Infatti essi, interagendo con la struttura per età e sesso della popolazione, dimensionano l’effetto demografico sulla dinamica della spesa.
[31] Ciò è dovuto al disposto normativo in base al quale tale indennità è erogata solo se la patologia si è manifestata entro il dodicesimo anno di età, impedendo il completo apprendimento del linguaggio.
[32] Dai modelli previsionali della RGS emerge, infatti, che l’incidenza dei beneficiari sulla popolazione residente di pari età e sesso, nelle fasce di età fino ai 65 anni, rimane sostanzialmente stabile e poco significativa, per poi salire rapidamente nelle fasce successive.
[33] Più in particolare, il profilo è stato così stimato: per quanto concerne la componente monetaria (trasferimenti in denaro), la stima è basata sulla distribuzione per sesso e per età delle indennità di accompagnamento, nella presunzione che si tratti di prestazioni erogate con criteri similari; per le prestazioni residenziali, sono state utilizzate le informazioni provenienti dalla rilevazione sui presidi residenziali socio-assistenziali, che fornisce la distribuzione per fasce di età e sesso degli ospiti dei presidi che ricevono un significativo contributo pubblico per attività socio-assistenziali; per le rimanenti prestazioni in natura, si è fatto ricorso all’indagine Istat sulle condizioni di salute e sul ricorso ai servizi sanitari, che fornisce la distribuzione per classi di età e sesso dei soggetti che hanno dichiarato di avere ricevuto assistenza domiciliare di natura non esclusivamente sanitaria.
[34] Per quanto attiene ai casi verificatisi nella XIV legislatura, si confronti la documentazione prodotta dal Servizio Bilancio dello Stato della Camera dei deputati, Analisi degli effetti finanziari dei provvedimenti e dei principali andamenti di finanza pubblica, maggio 2006.
[35] E’ quanto affermato alla lett. E) del “Manuale di redazione della relazione tecnica” allegato alla Dir. P.C.M. 23 dicembre 2004, richiamata dalla successiva dir. P.C.M. 6 giugno 2006.
[36] La differenza trai due aggregati è rilevante essendo la nozione di bilancio riferibile esclusivamente agli organi dell’amministrazione centrale dello Stato, laddove con il termine di finanza pubblica ci si riferisce all’intero settore delle amministrazioni pubbliche che rilevano per il conto economico consolidato e che comprendono le amministrazioni centrali (statali, non statali) ed autonome, le amministrazioni locali e gli enti previdenziali.
[37] Non è infrequente il caso in cui le leggi, oltre a prevedere una clausola generale di non onerosità, formulata nei termini sopra esposti, dispongono per singole fattispecie che alle stesse si provveda nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio o con le risorse disponibili a legislazione vigente.
[38] Ai sensi dell’articolo 1l, comma 3, lettera i-quater, della legge 5 agosto 1978, n. 468. Su tale argomento si rinvia al capitolo relativo alla revisione delle quantificazioni nella fase di attuazione delle leggi, contenuto in questa prima parte del dossier.
[39] Legge 18 marzo 2008 n. 48, ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla criminalità informatica, fatta a Budapest il 23 novembre 2001, e norme d’adeguamento dell'ordinamento interno. Cfr. la Scheda d’analisi (Serv. Bilancio – Serv. Commissioni) n. 81 relativa all’ A.C. 2807.
[40] L. 3 agosto 1998 n. 269 - norme contro lo sfruttamento della prostituzione, della pornografia, del turismo sessuale in danno di minori, quali nuove forme di riduzione in schiavitù.
[41] Cfr. la Scheda d’analisi (Serv. Bilancio – Serv. Commissioni) n. 65 del 2007.
[42] La norma citata ha disposto l’istituzione del Ministero delle infrastrutture, al quale sono state trasferite alcune delle funzioni e delle risorse in precedenza attribuite al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, contestualmente soppresso.
[43] Cfr. Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, documentazione depositata nel corso dell’esame presso la V Commissione della Camera. Il regolamento concernente le disposizioni di organizzazione del Ministero delle infrastrutture è stato adottato con D.P.R. 19 novembre 2007, n. 254.
[44] Cfr. la Scheda d’analisi (Servizio. Bilancio – Servizio Commissioni) n. 87 del 2008. Il decreto legislativo alla data del 16 magggio 2008 non risulta ancora pubblicato.
[45] Con l’affermazione che dall’attuazione del decreto non devono derivare nuovi o maggiori oneri, né minori entrate a carico della finanza pubblica e che le amministrazioni interessate provvedono all’adempimento dei compiti loro attribuitigli con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
[46] Cfr. Resoconto della seduta della Vª Commissione del 2 aprile 2008.
[47] Cfr. la Nota di verifica (Serv. Bilancio – Serv. Commissioni) n. 106, relativa all’A.C. 3062.
[48] Il sistema di licenze FLEGT (Forest Law Enforcement, Governance and Trade) adottato con regolamento n. 2173/2005 al fine di contrastare il fenomeno dell'importazione illegale di legname nella Comunità da Paesi terzi, si applica unicamente alle importazioni provenienti dai Paesi che hanno sottoscritto accordi bilaterali di partenariato con la Comunità.
[49] A carico di coloro che importano legname proveniente dai Paesi con i quali trova applicazione il regime convenzionale previsto dal citato regolamento comunitario
[50] In quanto sostenuta dagli operatori privati come costo obbligatorio.
[51] Decreto legge 31 gennaio 2007 n. 7 - misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli – convertito con legge 2 aprile 2007, n. 40. Cfr. le Note di verifica (Servizio Bilancio – Servizio Commissioni) n. 43, relativa all’A.C. 2201 e n. 48 relativa all’A.C. 2201-A.
[52] Cfr. Resoconto della seduta della Vª Commissione del 20 febbraio 2007.
[53] Cfr. “Relazione della Corte dei conti sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relativamente alle leggi approvate dal Parlamento” periodo maggio-agosto 2007.
[54] Cfr. Relazione sulla tipologia delle coperture adottate nel quadrimestre gennaio-aprile 2007 (Doc. XLVIII, n. 6).
[55] Legge 24 dicembre 2007, n. 247, norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale.
[56] La norma fa riferimento anche ai commi 29 e 33, illustrativi dei criteri direttivi relativi rispettivamente ai commi 28 e 30.
[57] Cfr. le Note di verifica (Serv. Bilancio – Serv. Commissioni) n. 127, relativa all’A.C. 3178, e n. 128 relativa all’A.C. 3178-A.
[58] Ciò anche in considerazione del fatto che l’articolo 1 comma 90, ha previsto che gli schemi dei decreti legislativi siano corredati di relazione tecnica, che dovrebbe, pertanto, essere finalizzata alla dimostrazione dell’effettiva neutralità finanziaria del provvedimento delegato.
[59] Cfr. Resoconto della seduta della Vª Commissione del 27 novembre 2007.
[60] In base all’art. 1, comma 25-ter, del DL 181/2006 gli schemi di DPCM attuativi del riordino dei Ministeri debbano essere corredati da relazione tecnica e sottoposti per il parere alle Commissioni bilancio di Camera e Senato per i profili di carattere finanziario.
[61] Comma 10 (invarianza della spesa per i DPCM di ricognizione amministrativa delle strutture da trasferire); comma 10-ter (invarianza della spesa per il mantenimento di incarichi dirigenziali a personale esterno all’amministrazione, da garantire mediante l’indisponibilità di un corrispondente numero di incarichi fino alla scadenza dei relativi termini); comma 23 (nella definizione delle strutture di primo livello, divieto di superare sia il limite di spesa previsto per i Ministeri di origine sia il limite complessivo della spesa sostenuta per la totalità delle strutture riorganizzate); comma 25 (obbligo di invarianza della spesa con specifico riferimento al trasferimento di risorse umane in servizio, strumentali e finanziarie già previste dalla legislazione vigente e stanziate in bilancio); comma 25-bis (divieto di revisioni dei trattamenti economici complessivi in atto corrisposti ai dipendenti trasferiti); comma 25-quater (divieto di superare il limite di spesa riferito all’assetto previgente anche con riguardo all'onere relativo agli uffici di diretta collaborazione dei ministri, dei viceministri e dei sottosegretari).
[62] Convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.
[63] E’ il caso del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, le cui competenze sono state suddivise tra il Ministero della pubblica istruzione ed il Ministero dell’università e della ricerca.
[64] Circostanza rilevata nel corso del dibattito svoltosi il 14 giugno 2006 presso la 5° Commissione del Senato, (esame in prima lettura del testo del decreto legge AS. 379).
[65] Il Presidente della 5° Commissione del Senato, nel corso della seduta del 14 giugno 2006, invitò a “valutare l’opportunità di trasferire nell’articolato del decreto-legge in esame disposizioni tali da assicurare che gli oneri relativi alla redistribuzione del personale, agli incarichi dirigenziali, agli uffici di diretta collaborazione, alle sedi ed alle altre risorse strumentali, siano finanziariamente equivalenti rispetto a quelli previsti in base all’organizzazione preesistente alla data di entrata in vigore del decreto legge, al fine di garantire l’assenza di nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato”.
[66] Furono, inoltre, inserite altre norme volte ad escludere, ad esempio, che la riorganizzazione potesse comportare un incremento della spesa sostenuta per l’assunzione di dirigenti esterni alla pubblica amministrazione.
[67] D.P.C.M. 14 luglio 2006 in materia di competenze e uffici del Ministero dell'istruzione e del Ministero dell'università e della ricerca.
[68] D.P.C.M. 9 novembre 2007 concernente la ricognizione delle strutture e delle risorse finanziarie ed umane trasferite dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri al Ministero della solidarietà sociale.
[69] Si confronti, a tale proposito, la Nota di verifica n. 55 riferita allo schema di DPCM recante disposizioni in ordine al trasferimento di strutture dal Ministero dell’economia e delle finanze al Ministero dello sviluppo economico.
[70] Si veda in proposito il parere reso dalla V Commissione nella seduta del 21 dicembre 2006 e riferito allo schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri recante ricognizione delle strutture e funzioni dei Ministeri del commercio internazionale e dello sviluppo economico.
[71] E’ il caso che riguarda il numero delle posizioni apicali esistenti negli uffici di diretta collaborazione dei Ministri .
[72] Il quale stabilisce che: “L'onere relativo ai contingenti assegnati agli uffici di diretta collaborazione dei Ministri, dei vice Ministri e dei Sottosegretari di Stato non deve essere, comunque, superiore al limite di spesa complessivo riferito all'assetto vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
[73] Alla data del 7 maggio 2008 non risulta emanato, tra gli altri, il decreto di riorganizzazione del Ministero della giustizia.
[74] Cfr. in proposito, da ultimo, la nota di verifica 154 concernente lo schema di regolamento di organizzazione del Ministero della difesa (atto n. 237).
[75] A titolo di esempio si cfr.,con riferimento all’esame dello schema di decreto concernente l’organizzazione del Ministero della difesa, il resoconto della seduta della V Commissione della Camera del 18 marzo 2008.
[76] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 246/2002.
[77] Articolo 11-ter, comma 7, della legge n. 468/1978.
[78] Articolo 11, comma 3, lettera i-quater, della legge n. 468/1978.
[79] Articolo 7, comma 2, n. 2, della legge n. 468/1978.
[81] Prevedendo, quindi, il monitoraggio degli oneri e l’eventuale adozione di provvedimenti correttivi in caso di scostamento dalle previsioni.
[82] Si segnala a questo proposito che, anche nel passato, lo slittamento delle finestre (istituto introdotto per mantenere sotto controllo l’andamento della spesa pensionistica) è stato un sistema spesso utilizzato per realizzare il contenimento della spesa pensionistica (si ricordano, ad esempio, la legge n. 449/1997, la legge n. 243/2004 nonché la stessa legge n. 247/2007).
[83] Vedi relazione tecnica allegata al dl 159/2007 “Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità fiscale” (art. 12).
[84] Con riferimento agli obiettivi di risparmio di cui all’art. 1, comma 483, della legge 296/2006, si rammenta che l’art. 2, comma 641 della legge 244/2007 (legge finanziaria 2008), riproducendo il contenuto normativo dell’art. 1, comma 483, della legge finanziaria 2007, conferma la previsione del meccanismo automatico di riduzione delle dotazioni di bilancio. Peraltro non sono state fornite informazioni in merito all’effettivo conseguimento dei risparmi, che avrebbero dovuto essere realizzati già dal 2007.
[85] V. il precedente capitolo riferito ai meccanismi automatici per il controllo della spesa ed il conseguimento di risparmi.
[86] Ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della legge 468/1978.
[87] Si prescinde, in questa disanima, dall’analisi dei casi in cui il rifinanziamento o il definaziamento delle norme di spesa costituiscono esclusivamente la conseguenza di scelte di politica legislativa dirette a stabilire un diverso utilizzo delle risorse.
[88] Dei quali 13,4 miliardi imputabili triennio 2003-2005 e 3,7 miliardi ai mesi ricadenti nell’esercizio 2006.
[89] La Nota di aggiornamento al DPEF imputava, ai fini dell’indebitamento netto, l’onere dei rimborsi IVA (17,1 miliardi di euro) interamente al 2006. Successivamente l’ISTAT, in accordo con Eurostat, ha adottato una metodologia in base alla quale il debito per lo Stato si registra nel momento in cui si conosce sia l’effettivo importo di tale debito sia il numero degli aventi diritto, attraverso l’esame delle istanze di rimborso effettivamente presentate dai contribuenti. Pertanto con riferimento all’indebitamento netto l’effetto individuato in origine è stato conseguentemente modificato. Ai fini del fabbisogno di cassa l’effetto contabilizzato ammonta, invece, a 3,6 miliardi di euro per ciascun esercizio 2008 e 2009. Va precisato che l’allegato 7 relativo agli effetti della legge finanziaria ha stimato tale impatto sul fabbisogno in 3,6 miliardi per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Per l’anno 2007 non risultava invece possibile individuare con certezza l’impatto di tali rimborsi, in quanto l’importo ascritto a tale anno – 6,3 miliardi - ricomprendeva anche degli effetti di cassa derivanti dalle regolazioni debitorie relative al ripiano dei disavanzi delle ASL, per il quale risultavano appostati in tabella B 3 miliardi di euro.
[90] A titolo di regolazione debitoria.
[91] Rispetto a tale autorizzazione di spesa sono stati scontati effetti sul saldo netto da finanziare e sul fabbisogno, ma non sull'indebitamento netto (questi ultimi essendo stati interamente imputati, al momento dell’approvazione della norma, al 2006).
[92] Nota del 29 maggio 2007.
[93] A copertura della spesa per la definizione di situazioni debitorie pregresse dell’Azienda universitaria Policlinico Umberto I.
[94] Cfr. Servizio Bilancio del Senato: Nota di lettura n. 68 del febbraio 2008 (AS 2013 - DL 248/2007)
[95] Effetti sul fabbisogno pari a 3,6 miliardi di euro nel 2008; effetti SNF pari a 5,7 miliardi nel medesimo anno. Pertanto, nel caso di un più elevato coefficiente di spendibilità delle risorse da destinare alla nuova finalizzazione, sarebbe stato necessario proporzionare conseguentemente l’effetto di cassa (ossia predisporre un surplus di copertura al fine di ottenere una compensazione adeguata in termini di fabbisogno).
[96] In base ai tempi tecnici di acquisizione delle opzioni dei contribuenti: redditi relativi al periodo d’imposta 2005; dichiarazioni presentate durante tutto il 2006; utilizzo delle somme nel 2007.
[97] Stanziamento 2007 destinato al 5 per mille e introdotto dalla legge 266/2005.
[98] Articolo 1, commi 271-279, della legge 296/2006.
[99] A tale credito d’imposta era stato ascritto un effetto di riduzione del gettito tributario pari a 377 milioni di euro nel 2008, a 763 milioni nel 2009 e a 725 milioni nel 2010.
[100] Articolo 1 , commi 280-284, della medesima legge 296/2006.
[101] A tale credito d’imposta era stato ascritto un effetto di riduzione del gettito tributario pari a 419 milioni di euro nel 2008, a 487 milioni nel 2009 e a 511 milioni nel 2010.
[102] L’articolo 1, comma 53, della legge finanziaria 244/2007 ha introdotto, rispetto alla fruizione di tutti i crediti d’imposta concessi alle imprese, un limite annuale di 250.000 euro; da tale limite tuttavia restavano escluse sia le agevolazioni per gli investimenti nelle aree svantaggiate (escluse dal limite solo a decorrere dal 2010) sia le agevolazioni fiscali per la ricerca industriale. Gli effetti di minore risparmio derivanti da tali esclusioni erano stimati in 200 milioni per il solo esercizio 2010 per le agevolazioni agli investimenti nelle aree svantaggiate e in 100 milioni per ciascuno degli esercizi dal 2008 al 2010 per le agevolazioni nel campo della ricerca industriale.
L’articolo 1, comma 66, della stessa legge 244/2007 ha disposto con effetto retroattivo, per il credito di imposta per le attività di ricerca industriale, un incremento della misura del credito per le iniziative di ricerca affidate alle università, nonché un aumento del limite massimo dei costi per ricerca su cui veniva commisurato il credito d’imposta medesimo. Il maggior onere ascritto al comma 66 era di 117 milioni di euro per il 2008, di 136 milioni per il 2009 e di 142,7 milioni per il 2010.
La medesima legge 244/2007 (articolo 1, commi 284-285) ha previsto il differimento dal 2007 al 2008 del periodo di imposta per il regime agevolativo sui nuovi investimenti nelle aree svantaggiate (art. 1, cc. 271-279, della legge 296/2006), destinando le maggiori entrate derivanti dal rinvio dell’agevolazione - quantificate in 350 milioni per il 2008 - all’incremento del Fondo per gli interventi strutturali di politica economica.
[103] La Commissione europea ha reso nota la concessione dell’autorizzazione per l’anno 2007 con comunicato in data 25 gennaio 2008.
[104] Nonché l’introduzione del tetto sui nuovi investimenti nelle aree svantaggiate (v. articolo 1, comma 53, della legge 244/2007).
[105] V. il precedente capitolo “Meccanismi automatici per il controllo della spesa ed il conseguimento di risparmi”.
[106] Nel testo modificato dal decreto legge 194/2002.
[107] La Corte dei conti ha più volte precisato [da ultimo nella Relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2006 (giugno 2007)] che la procedura di cui all’articolo 11-ter, comma 7, può essere utilizzata “soltanto qualora le spese derivino da interventi di carattere obbligatorio e siano connesse a specifiche tipologie iscritte nell’elenco dei capitoli allegati allo stato di previsione del Ministero dell’economia per i quali il Ministro può autorizzare il ricorso alle risorse stanziate nel Fondo di riserva per le spese obbligatorie e d’ordine”.
[108] Sia alla luce del riferimento contenuto nell’articolo 11, comma 6-bis, della medesima legge 468/1978, che delinea una procedura di pubblicazione in rapporto a due distinte tipologie di intervento (“In allegato alla relazione al disegno di legge finanziaria sono indicati i provvedimenti legislativi adottati nel corso dell'esercizio ai sensi dell'articolo 11-ter, comma 7, con i relativi effetti finanziari, nonché le ulteriori misure correttive da adottare ai sensi del comma 3, lettera i-quater”) sia in base alla prassi interpretativa vigente.
[109] Tale interpretazione è confermata dalla formulazione delle clausole di salvaguardia. Si veda, da ultimo, l’articolo 7 (copertura finanziaria) del decreto legge 8/2008 (Cooperazione allo sviluppo e missioni internazionali), nella parte in cui l’onere è indicato in forma di previsione (onere “valutato in euro 30.872,09 per l’anno 2008...”): «Il Ministro dell'economia provvede al monitoraggio dell’onere, anche ai fini dell'adozione dei provvedimenti correttivi di cui all'articolo 11-ter, comma 7, della legge 468/1978, ovvero delle misure correttive da assumere ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera i-quater), della medesima legge n. 468 del 1978».
[110] Seguita fin dalla prima applicazione della lettera i-quater), con la legge finanziaria 2004 (legge 350/2003), e confermata nelle successive leggi finanziarie.
[111] V. Relazione sul Rendiconto generale dello Stato 2006 (giugno 2007).
[112] Interventi - spesso ripetitivi di anno in anno – concernenti per lo più spese obbligatorie in materia di previdenza e di assistenza, nonché in materia di funzionamento del sistema giudiziario, di rapporti internazionali, nel settore tributario e nel settore dei finanziamenti all’economia.
[113] Legge 311/2004, legge 266/2005 e legge 296/2006.
[114] Decreto legge 223/2006: articolo 21, commi 1-3.
[115] Infatti la RT aveva ascritto alla norma un effetto di risparmio pari a circa 50 milioni, 100 milioni e 200 milioni di euro nel triennio 2006-2008 (con stabilizzazione del risparmio – 200 mln. – per gli anni successivi al 2008).
[116] Risparmio quantificato dalla stessa RT in soli 0,3 milioni di euro all’anno.
[117] Decreto legge 262/2006: articolo 2, commi 118-136. Anche il comma 117 prevede misure finalizzate al contenimento della spesa nel settore. Tuttavia esse non vengono considerate nella presente esposizione, sia perché la loro attuazione è rinviata a regolamenti che al momento non risultano emanati sia perché sono collegate al raggiungimento di risparmi di spesa già scontati a legislazione vigente (articolo 20, comma 1, del DL 223/2006).
[118] Rispetto ai quali sono state finanziate eccedenze di spesa (con le leggi finanziarie 311/2004, 266/2005 e 296/2006) pari a circa 486 milioni di euro negli anni 2005-2007, con un incremento permanente dello stanziamento pari a 46 milioni di euro.
[119] Le norme che le hanno introdotte non erano corredate di relazione tecnica (originari articoli 28-33 del DL 262/2006, come modificati nel corso dell’esame in prima lettura).
[120] La possibilità di nuove eccedenze non può essere comunque esclusa per il futuro, tenuto conto che è ancora in vigore il meccanismo di anticipazione delle agevolazioni tariffarie per il settore, a carico di Poste italiane SpA, rispetto al quale lo Stato interviene con un ripiano del debito a consuntivo (cfr. documentazione trasmessa dal Governo nel corso dell’esame parlamentare della legge 296/2006).
[121] Articolo 1, comma 266, della legge 266/2005.
[122] Articolo 1, comma 748, della legge 296/2006.
[123] Articolo 2, comma 500, della legge 244/2007.
[124] Sembrerebbe dunque questo il motivo per cui tali correzioni vengono riportate non più nell’allegato i-quater) ma nell’articolato della legge.
[125] Il Governo ha risposto precisando che tutti i maggiori oneri finanziati con le norme in esame sono da ricondurre esclusivamente alla tempistica di erogazione delle somme per invalidità civile. Andrebbe quindi chiarito se sia necessario un intervento sulla legislazione sostanziale (in questo caso con riguardo ai tempi di erogazione e di contabilizzazione dei pagamenti) per evitare l’emersione di scostamenti che hanno ormai assunto carattere di ripetitività.
[126] Analogamente a quanto si era inizialmente verificato con la legge 350/2003.
[127] Sul punto cfr. Documento di base n. 44 (aprile 2008) del Servizio Bilancio del Senato, dedicato alla decisione di bilancio 2008-2010: «Si rammenta che tra gli oneri da coprire non si tiene conto delle regolazioni debitorie (...). Tale prassi si fonda sul presupposto che le spese per regolazioni debitorie corrispondano ad obblighi a carico dello Stato già formatisi sulla base della legislazione vigente (...). Il problema sta nel fatto, però, che si tratta di operazioni che incidono sul fabbisogno, la cui versione lorda è quella che determina la variazione del debito».
[128] 423,1 milioni di euro per il solo 2008: circa il 70% del totale (623 milioni di euro) degli importi autorizzati per il 2008, dalla L. 244/2007, ai sensi della lettera i-quater.
[129] Cfr. supra il paragrafo “Riduzione dell’impatto finanziario delle misure correttive delle eccedenze di spesa”.
[130] Articolo 11-ter della legge 468/1978, come riformulato dal DL 194/2002.
[131] Articolo 1, comma 91, della legge finanziaria 266/2005, come sostituito dall’articolo 1, comma 486, della legge finanziaria 296/2006.
[132] V. nota precedente.
[133] Per una più completa analisi delle differenze e dei raccordi tra i diversi saldi, si rinvia alla seconda parte del presente dossier, riguardante l’analisi dei principali flussi di finanza pubblica.
[135] Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 23 dicembre 2004.
[136] Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 6 giugno 2006, lettera m).
[137] Il finanziamento del 2008 sembra inteso come contributo annuale e non come prima annualità di un contributo pluriennale.
[138] L’ammontare del mutuo è indicativamente pari alla somma delle annualità di spesa autorizzate decurtata di una quota (che può variare indicativamente da un terzo a un quinto, a seconda della durata del mutuo e del tasso di interesse applicato), necessaria al pagamento di commissioni e interessi.
[139] Cfr. commi 511-512 dell’art. 1 della L n. 296/2006, e la circolare applicativa del Ministero dell’economia e delle finanze n. 15 del 28 febbraio 2007.
[140] Circolare n. 15 del 2007 del Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
[141] Articolo 36, commi 1, 1-bis e 2, decreto legge n. 248/2007 (proroga termini), convertito, con modificazioni, dalla legge n. 31 del 2008.
[142] Cfr. Commissione Bilancio, Seduta n. 131 del 26 febbraio 2008.
[143] Articolo 2, commi 376-378 legge 244 /2007 (legge finanziaria 2008)
[144] Quota di partecipazione introdotta dall’articolo 1, comma 796, lettera p), della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007).
[145] Presentata nel corso dell’iter al Senato il 31 ottobre 2007 (relativa all’emendamento del Relatore 3.2000).
[146] La RUEF riferita all’anno in corso include l’importo in questione fra quelli cui deve ascriversi la rettifica peggiorativa delle previsioni di indebitamento netto per il 2008.
[147] Cfr. Commissione Bilancio, Seduta n. 131 del 26 febbraio 2008.
[148] Si veda, da ultimo, la Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi pubblicate nel quadrimestre gennaio-aprile 2007: rilievi della Corte in ordine all’articolo 2 della legge 9/2007.
[150] Articolo 36, comma 1, del regio decreto 2440/1923 (Nuove disposizioni sull'amministrazione del patrimonio e sulla contabilità generale dello Stato). La disposizione prevede testualmente che “i residui delle spese correnti non pagati entro il secondo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento si intendono perenti agli effetti amministrativi”.
[151] E “le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi”. Infatti, essendo ormai intervenuto l’impegno, la riassegnazione potrà avvenire con semplice atto amministrativo.
[152] Articolo 36, comma 2, del R.D. 2440/1923.
[153] Tale termine è stato ridotto da tre anni a un anno dall’articolo 1, comma 6, del D.L. n. 194/2002.
[154] Articolo 36, comma 3, del R.D. 2440/1923. Il termine previsto in tale disposizione è stato ridotto a tre esercizi di recente, dall’articolo 3, comma 36, della legge 244/2007 (in precedenza il termine era di sette esercizi). Anche in questo caso, una volta intervenuta la perenzione amministrativa, “le somme eliminate possono riprodursi in bilancio con riassegnazione ai pertinenti capitoli degli esercizi successivi” (e la riassegnazione potrà quindi avvenire con semplice atto amministrativo). Si precisa che, analogamente al comma 1, la disposizione prevede testualmente che “i residui delle spese in conto capitale... non pagati entro il terzo esercizio successivo a quello in cui è stato iscritto il relativo stanziamento si intendono perenti agli effetti amministrativi”.
[155] Articolo 2 del D.P.R. 469/1999 (Versamento di somme all'entrata e riassegnazione alle UPB per la spesa del bilancio dello Stato, con particolare riferimento ai finanziamenti dell'Unione europea).
[156] Articolo 10 della legge 468/1978.
[157] Articolo 17 della legge 468/1978.
[158] Recante “Nuova disciplina della cooperazione dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo”.
[159] In deroga all’articolo 20, ultimo comma, della legge 468/1978. Si segnala che l’applicabilità dell’articolo 15, comma 9, della legge 49/1987 è stata ribadita dall’articolo 6, comma 6, della legge 298/2006 (Bilancio di previsione dello Stato per il 2007 e per il triennio 2007-2009).
[160] Cfr. seduta del 2 marzo 2007 della Commissione Bilancio della Camera.
[161] Recante disposizioni urgenti in materia di interventi di cooperazione allo sviluppo e di partecipazione delle Forze armate a missioni internazionali.
[162] Infatti si tratta di una risorsa già “interna” alla pubblica amministrazione.
[163] In merito ai criteri per la quantificazione degli effetti in termini di fabbisogno e di indebitamento, si veda il capitolo dedicato a questi aspetti nell’ambito di questa prima parte del presente dossier.
[164] Anche in questo caso si applica la prassi secondo cui la compensazione del capitale si intende comprensiva anche della quota interessi.
[165] Secondo quanto emerso nel corso dell’esame presso il Senato (prima lettura), tale tipologia di entrate in genere finanzia spese di natura corrente, in particolare per consumi intermedi.
[166] Cfr. dossier n. 36, marzo 2006 del Servizio Bilancio dello Stato. Gli effetti sul fabbisogno sono stati stimati in 50 milioni per il 2006, 139 milioni per il 2007 e 238 milioni a decorrere dal 2008, mentre gli effetti sull’indebitamento netto in 90 milioni per l’anno 2006, 189 milioni per l’anno 2007 e 288 milioni a decorrere dal 2008.
[167] Corrisposti a parziale ristoro delle spese sostenute dall’Italia per la partecipazione alla missione militare in Libano. L’articolo 10 ha destinato una parte di tali rimborsi alla costituzione di un Fondo per le scorte e la manutenzione straordinaria.
[168] Di cui all’articolo 36, terzo comma, del R.D. 2440/1923 sopra citato.
[169] Tale valutazione, secondo la relazione tecnica, tiene conto dell’ammontare medio dei residui passivi in conto capitale che annualmente si formano e del tasso medio di smaltimento degli stessi.
[170] Inoltre, nel “Programma di lavoro per la decisione e per la relazione sul rendiconto generale dello stato 2007” (3 dicembre 2007) la Corte dei conti ha osservato sul piano generale: “...diverse tipologie di variazione di bilancio, seppure orientate ad esigenze di razionalizzazione delle attività gestionali, rischiano di mettere in crisi il quadro previsionale e programmatico rappresentato dagli stanziamenti iniziali di bilancio. Tale tendenza risulta consolidata dal disegno di legge finanziaria 2008, con il quale il campo delle variazioni viene ulteriormente allargato”.
Intorno al tema specifico dell’utilizzo dei residui, nello stesso documento la Corte ha osservato: “L’analisi della formazione e dello smaltimento dei residui passivi non potrà non tener conto delle misure restrittive dei pagamenti adottate negli ultimi anni. Ne è derivato anche un crescente incremento delle dotazioni del Fondo per la riassegnazione dei residui passivi perenti della spesa di parte corrente, nonché di quello analogo per le spese in conto capitale. Sull’utilizzo di questi fondi sarà condotto uno specifico approfondimento.”.
[171] Si tratta di uno stanziamento di 6 mln annui per il 2004 ed il 2005 previsto dall’articolo 1, comma 10, della legge 56/2005 (Misure per l’internazionalizzazione delle imprese).
[172] Di cui all’articolo 1, comma 108, della legge n. 266 del 2005. Il Fondo è stato istituito con una dotazione iniziale di 80 milioni di euro per l’anno 2006.
[173] Articolo 26, commi 4-sexies e 4 septies, dell’AC. 3194 (DL 159/2007), successivamente soppressi. Le norme intervenivano sulla disciplina in materia di biodiesel soggetto ad accisa agevolata, prevedendo fra l’altro la destinazione del contingente di biodiesel eventualmente non impiegato nel 2007 ad incremento del contingente stesso. Veniva inoltre disposta la destinazione dell’ammontare non utilizzato dell’agevolazione prevista per il 2007 per uno specifico carburante di origine agricola ad incremento, per il 50%, del contingente di biodiesel ammesso ad agevolazione e per il restante 50% del Fondo per la promozione e lo sviluppo delle filiere agroenergetiche.
[174] Tale considerazione ha motivato la soppressione della disposizione introdotta dal Senato.
[175] V. nota del Ministero dell’economia pubblicata in allegato alla seduta del 17 gennaio 2007 della Commissione Bilancio della Camera.
[176] Circa 320 mln di euro rispetto ai circa 500 mln originariamente stanziati per il programma di edilizia residenziale. La relazione tecnica specificava tuttavia che tali importi avrebbero potuto subire una riduzione qualora entro la fine del 2007 fossero stati ratificati accordi di programma che impegnassero parte di quelle somme.
[177] Articolo 6 della citata legge 9/2007.
[178] Sotto forma di credito di imposta, riservato alle imprese che pongono in essere processi di aggregazione.
[179] Tale eventualità è stata infine esclusa dal Governo con nota scritta. Cfr. Commissione bilancio – seduta del 13 dicembre 2006 – allegato 2 al resoconto.
[181] Cfr. art. 1, comma 4, D.L. n. 81/2007 e art. 1, comma 4, D.L. n. 159/2007.
[182] Gli indirizzi dettati in sede europea sembrano escludere la possibilità di utilizzo, per fini diversi dal miglioramento dei saldi, delle maggiori entrate registrate in corso di esercizio se imputabili esclusivamente all’andamento del ciclo economico.
[183] Camera dei Deputati, Doc. CCXXXVII, presentata il 23 ottobre 2007.
[184] Si fa riferimento ai dati di recente diffusi dall’ISTAT ai fini della notifica agli organi UE nell’ambito della procedura sui disavanzi eccessivi (Cfr. Comunicazioni ISTAT del 29 febbraio e del 18 aprile 2008). Si ricorda peraltro che, come evidenziato nelle stesse Comunicazioni, i dati riferiti al risultato di deficit per il 2007 costituiscono stime provvisorie di preconsuntivo.
[185] Legge n. 127 del 2007.
[186] Cfr. DPEF 2008-2011, pag. 28.
[187] Legge n. 222 del 2007.
[188] Tale miglioramento si generava sia a causa di effetti netti di riduzione di spesa recati dall’articolato stesso del provvedimento, sia a causa di un surplus di copertura dovuto alla diversa modulazione temporale, in termini di fabbisogno e di indebitamento, della riduzione operata sul FAS.
[190] Convertito con modificazioni dalla legge n. 31 del 2008.
[191] La norma è oggetto di esame anche nel precedente capitolo, relativo alla quantificazione degli effetti delle norme sui saldi di fabbisogno e di indebitamento netto.
[192] I dati disponibili a dicembre indicavano una riduzione del fabbisogno nei primi undici mesi dell’anno di oltre 14 miliardi di euro rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, soprattutto per effetto del “positivo andamento delle entrate fiscali e di una dinamica della spesa contenuta ed in linea con gli obiettivi della manovra di bilancio 2007” ( Cfr. MEF, Comunicato stampa del 3 dicembre 2007).
[193] Cfr. Commissione Bilancio, Seduta n. 131 del 26 febbraio 2008. Sul punto si veda anche il precedente capitolo riferito alle quantificazioni degli effetti sui saldi di fabbisogno e di indebitamento.
[194] Nella fattispecie in esame, essa viene applicata al costo comprensivo di accisa.
[195] Cfr. Nota di lettura n. 66 del dicembre 2007, del Servizio Bilancio del Senato, e Dossier n. 13/1, dell’aprile 2008, del Servizio Bilancio dello Stato della Camera.
[196] Cfr. la disposizione introdotta dal comma 226 della legge n. 296/2006 e prorogata con modificazioni dall’art. 29 del DL n. 248/2007 (c.d. “decreto mille proroghe”).
[197] Di importo pari a 800 euro nel caso della L. 296/06, ridotto a 700 euro in occasione della proroga.
[198] Per due annualità nel caso della L. 296/06, ridotte ad una in occasione della proroga, con possibilità di estensione ad ulteriori due annualità se il veicolo rottamato appartiene alla categoria «euro 0».
[199] Cfr. da ultimo l’art. 1, comma 17, della L. n. 244/2007, che ha prorogato l’agevolazione in esame al triennio 2008-2010.
[200] Cfr. in tal senso il parere reso dalla Commissione Bilancio del Senato sul disegno di legge di conversione del decreto legge n. 248 del 2007 (A.S. 2013), con riguardo all’osservazione formulata in merito all’articolo 29, recante incentivi per la rottamazione di veicoli.
[201] L’automatica realizzazione di tale effetto positivo in capo al comparto delle regioni è invece presupposta dalle relazioni tecniche che adottano, su tale aspetto, un criterio diverso da quello segnalato nei dossier del Servizio Bilancio dello Stato.
[202] A.C. 1746, ora legge n. 296 del 2006.
[203] Ora commi da 189 a 193 della legge n. 296 del 2006
[204] Quantificato in circa 50 mln per il 2008 e 200 mln per il 2009. In relazione alla differenza negativa emersa era inoltre predisposta apposita copertura.
[205] A.C. 3256, ora legge n. 244 del 2007.
[206]
Ai sensi di tale disposizione, spettano alla regione i sei decimi del gettito
IRPEF, compresa la parte derivante dalle ritenute sui redditi da pensione. La
disposizione dà seguito a quanto stabilito nel Protocollo d’intesa siglato tra
[207] Cfr. supra in merito alla non condivisione, da parte del Servizio Bilancio dello Stato, del criterio adottato dalle relazioni tecniche che sconta l’imputazione ai soli fini del SNF degli effetti derivanti dall’attribuzione di risorse aggiuntive alle regioni.
[208] Come già affermato, il Servizio Bilancio dello Stato ha evidenziato come i limiti imposti alla spesa delle regioni dal patto di stabilità interno possano non rivelarsi idonei a neutralizzare gli effetti negativi della disposizione sui saldi della PA .
[209] Articolo 1, commi 295-312.
[210] La disposizione prevede inoltre la continuità nella corresponsione, per gli anni dal 2008 al 2010, delle risorse per il finanziamento delle funzioni regionali relative alla programmazione e amministrazione dei servizi ferroviari in concessione a Trenitalia di interesse regionale e locale, di cui all’articolo 9 del D.Lgs. n. 422 del 1997, e la sostituzione di tali risorse, a decorrere dal 2011, mediante adeguamento delle misure della compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio per autotrazione di cui ai precedenti commi.
[211] Analoga necessità è stata segnalata in relazione alle disposizioni che prevedono, a decorrere dal 2011, la sostituzione delle risorse destinate a compensare oneri di servizio pubblico regionale in concessione a Trenitalia Spa con un adeguamento delle misure di compartecipazione al gettito dell’accisa sul gasolio.
[212] Cfr. i commi da
[213] Tale maggior gettito, al netto di quanto attribuito allo specifico fondo ai sensi dell’art. 1, comma 990 della legge finanziaria per il 2007, affluisce ad un fondo che viene ripartito fra le regioni scomputando la quota di gettito eventualmente già spettante alle regioni o province autonome ai sensi dei rispettivi statuti. A ciascuna regione spetta, in ogni caso, l’80 per cento dell’incremento delle riscossioni nei porti situati nel territorio regionale.
[214] Cfr. art. 1, commi 5-8, della L. n. 244/2007.
[215] Esame svolto ai sensi dell’art. 120, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati.
[216] Legge n. 296/2006, art. 1, comma 481.
[217] La Relazione unificata per l’economia e la finanza, presentata per la prima volta nell’aprile 2007 e per la seconda nel marzo 2008, sostituisce due relazioni previste dall’art. 30. comma 1, della legge n. 468/1978: la Relazione sulla stima del fabbisogno di cassa e situazione di cassa al 31 dicembre (c. d. relazione trimestrale di cassa o RTC) e la Relazione sull’andamento dell’economia (c.d. aggiornamento della Relazione previsionale e programmatica), che dovrebbero presentate, in base alla previsione di legge, entro il mese di febbraio, ma che nella prassi venivano trasmesse ad aprile. La Relazione trimestrale di cassa è poi presentata in corso di esercizio con aggiornamento ai dati al 30 aprile, 30 giugno e 30 settembre.
[218] Un’analisi della manovra, dell’impatto sull’indebitamento netto, della sua composizione tra entrate e spese, nonché delle principali misure rilevanti in ciascun settore, è predisposta congiuntamente dagli Uffici di Camera e Senato sia con riferimento al disegno di legge inizialmente presentato dal Governo che alle successive modifiche intervenute nel corso dell’iter parlamentare e al testo della legge. L’analisi si affianca alle note di verifica che esaminano in modo più specifico l’impatto sui saldi delle singole misure recate dalla finanziaria e dai provvedimenti collegati.
[219] La terza fase dell’UEM ha avuto inizio il 1° gennaio 1998.
[220] Regolamento (CE) 27 giugno 2005, n. 1055/2005.
[221] Cfr per approfondimenti il capitolo “I saldi strutturali”.
[222] La decisione, adottata il 28 luglio 2005 (2005/694/CE) si é basata sui seguenti elementi:
- il rapporto disavanzo/PIL è stato superiore al valore di riferimento del 3 per cento del PIL nel 2003 e 2004. Tale superamento non è stato determinato, secondo il Consiglio, da un evento inconsueto, né è derivato da una grave recessione economica, ai sensi del Patto di stabilità e crescita. Il superamento del valore di riferimento non è stato inoltre considerato temporaneo, in quanto si è ritenuto che il disavanzo fosse destinato a rimanere al di sopra di questo livello in misura significativa sia nel 2005 che nel 2006;
- il rapporto debito/PIL è risultato nettamente superiore al valore di riferimento (del 60%), non è sceso ad un ritmo soddisfacente negli ultimi anni, né è sembrato suscettibile di presentare tale andamento nel prossimo futuro, tenuto conto del livello contenuto dell'avanzo primario (1,3% nel 2004).
[223] Nella decisione del 12 febbraio, il Consiglio ha tenuto conto delle ultime previsioni della Commissione UE disponibili a tale data (cioè, quelle del novembre 2007), secondo cui l’indebitamento netto dell’Italia era stimato al 2,3% del PIL (rispetto al valore del 2,2% contenuto nell’aggiornamento del Programma di stabilità e all’1,9% registrato a consuntivo).
[224] v. Orientamenti dell’Eurogruppo per le politiche di bilancio dell’aprile 2007.
[225] Aprile 2008.
[226]Le stime della Commissione per il 2008 (-2,3%) sono quindi lievemente più ottimiste rispetto a quelle del Governo italiano (-2,4%) sulla base di una dinamica più contenuta sia per quanto riguarda la spesa in conto capitale che la spesa per interessi.
La Commissione, tuttavia, segnala dei rischi nel raggiungimento del risultato atteso per l’anno in corso, rappresentati da un possibile rallentamento delle entrate dovuto sia all’attesa decisione della Corte di giustizia sulla non deducibilità dell’IRAP che dall’andamento dell’economia. Il cambiamento nel regime di tassazione sulle imprese introdotto con l’ultima Finanziaria potrebbe, viceversa, generare effetti sia in aumento che in diminuzione del gettito.
Per quanto
riguarda il 2009,
[227]In base alla definizione del Sec95 (Regolamento UE 2223/96), il settore delle pubbliche amministrazioni comprende tutte le unità istituzionali che agiscono da produttori di beni e servizi non destinabili alla vendita, la cui produzione è finanziata in prevalenza da versamenti obbligatori effettuati da unità appartenenti ad altri settori e/o tutte le unità istituzionali la cui funzione principale consiste nella redistribuzione del reddito e della ricchezza del paese.
[228]La lista delle unità istituzionali che fanno parte del settore delle amministrazioni pubbliche è predisposta e aggiornata annualmente dall’Istat, ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005). Come risulta da tale elenco:
-
le
Amministrazioni centrali comprendono,
- le Amministrazioni locali comprendono gli enti la cui competenza è limitata ad una parte del territorio nazionale (regioni, province, comuni, comunità montane, Camere di commercio, Enti per il turismo, ASL, Aziende ospedaliere, IRCCS, Università, Autorità portuali, Enti parco, …);
- gli enti di previdenza e assistenza (INPS, INAIL, INPDAP, Casse previdenziali aziendali, Casse previdenziali privatizzate, enti di previdenza di categorie professionali, altri enti, …).
[229] La distinzione tra pubblico e privato adottata nell’ambito della contabilità nazionale, codificata nel Sec95, guarda principalmente alla natura dell’attività economicaespletata dai singoli enti; quella utilizzata nella contabilità pubblica guarda invece prevalentemente alla natura dell’ente sotto il profilo della proprietà, del controllo, del finanziamento.
[230] I dati sono elaborati in conformità al Regolamento UE 2223/96 (SEC95) e Regolamento UE 1392/07, sulla base del Manuale sul disavanzo e sul debito pubblico, nonché secondo il Regolamento 3605/93 (come emendato dal Reg. (CE) 351 del 25/2/2002 e (CE) 2103 del 12/12/2005) e il Regolamento 1500(2000).
[232] In base al criterio della competenza giuridica, l’iscrizione è effettuata nel momento in cui si determina il diritto all’acquisizione (accertamento) ovvero l’obbligo di erogazione (impegno) delle somme. Il criterio di cassa fa riferimento al momento dell’incasso effettivo o del pagamento delle somme.
[233] Valutate al valore facciale di emissione.
[234] Il valore del debito è consolidato all’interno del settore delle P.A.: da esso sono quindi escluse le passività che costituiscono nel contempo stesso attività di enti appartenenti al comparto delle Amministrazioni pubbliche.
[235] Ai sensi del Regolamento UE n. 3605/93, modificato dai Regolamento n. 351/02 e 2103/05.
[236] Sul risultato 2000 ha influito la vendita delle licenze UMTS, che hanno comportato maggiori entrate straordinarie per 13,8 miliardi di euro, pari all’1,2% del PIL.
[237] Il peggioramento del saldo è, in parte, ascrivibile alle revisioni contabili operate da Eurostat nel 2005.
[238] D.L. n. 159/2007 convertito dalla legge n. 222/2007 e D.L. n. 248/2007 convertito dalla legge n 31/2008.
[239]v. per approfondimenti il capitolo “I saldi strutturali”
[240] Cfr capitolo “I saldi strutturali”, paragrafo sulle misure una tantum.
[241] La sensibilità del saldo di bilancio all’andamento del PIL, è una costante, il cui valore, individuato sulla base degli andamenti registrati nell’arco di un decennio, viene periodicamente aggiornato. Tale valore – che viene fissato da Ecofin e non dai singoli Stati membri - è pari per l’Italia a 0.5, quale somma delle elasticità delle entrate e delle spese.
Per quanto riguarda le spese, sono considerate sensibili al ciclo quelle per sussidi alla disoccupazione. Per l’Italia, tenuto conto della quota media delle spese per disoccupazione sul totale delle spese correnti primarie osservate nel periodo 1995-2005, viene stimata una sensibilità pari a 0.012.
Per quanto riguarda le entrate, sono prese in considerazione le imposte sui redditi delle persone fisiche, le imposte sui redditi delle imprese, le imposte sui consumi e i contributi sociali. Per l’Italia, il valore della elasticità è pari a 0.49.
[242] Il PIL potenziale rappresenta il livello teorico massimo di produzione che un paese può raggiungere senza causare tensioni inflazionistiche.
[243] In particolare, il Codice di condotta prevede la descrizione della transazione o dell’evento all’origine della misura temporanea e la quantificazione dell’operazione con l’effetto atteso sulle voci di entrata o di spesa e dunque sull’indebitamento netto per tutti gli anni in cui la misura sarà operativa. L’impatto atteso deve essere corredato da una sorta di relazione tecnica in cui devono essere specificate le ipotesi e i calcoli sottostanti la quantificazione stimata, nonché l’eventuale contabilizzazione sul conto economico delle Amministrazioni pubbliche secondo il sistema europeo dei conti economici nazionali.
[244]
Al riguardo,
[245]Cfr. Cyclical Adjusted of Budget Balances, Spring 2008, Commissione europea, aprile 2008.
[246] Tali vincoli prevedono, fra le altre cose, che il citato saldo della PA, qualora di segno negativo, non assuma valori superiori al 3 per cento del PIL. Cfr in proposito il capitolo “Il Patto di stabilità e crescita e il conto economico della PA” della parte II.
[247] Ciò anche a causa delle revisioni operate da Eurostat nel corso del 2005, che hanno apportato rettifiche ai criteri di contabilizzazione di alcune poste finanziarie adottati dall’Italia, peggiorando conseguentemente, in misura significativa, il saldo di bilancio degli esercizi di revisione.
[248] Dal 2000 se si tiene conto delle citate revisioni Eurostat: prima di tali rettifiche il dato riscontrato a consuntivo per il 2000 non si discostava in misura significativa dalle previsioni formulate nel DPEF 2000-2003.
[249] Presentato nel giugno 2006 e riferito agli esercizi 2007-2011.
[250] Tale deficit è definito tendenziale mentre quello che ci si attende di raggiungere a seguito dell’intervento pubblico è detto programmatico.
[251] L’effetto correttivo sul deficit del 2006 risulta invece limitato al solo 0,1 per cento del PIL.
[252] Fra i motivi di tale andamento si ricorda il miglioramento delle previsioni di crescita del PIL, il gettito di alcune misure una tantum previste nelle manovre pregresse, l’effetto della lotta all’evasione, dovuto ad interventi disposti sia nella legislatura precedente sia con il DL 223/06, un aumento della c.d. tax compliance, ovvero della propensione dei cittadini ad adempiere spontaneamente agli obblighi di natura tributaria.
[253] Sono qui considerati congiuntamente gli effetti del DL n. 262/2006, quelli della L. n. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) e quelli del provvedimento amministrativo di regolarizzazione degli immigrati, i cui effetti sono inclusi, dalla RPP per il 2007, nella manovra 2007.
[254] La manovra non comprende gli effetti del DDL di revisione delle rendite finanziarie, inizialmente previsto ma in seguito non più adottato.
[255] Fa eccezione l’esercizio 2006, sul quale incide l’operazione straordinaria di accollo del debito ISPA.
[256] Ciò a differenza di quanto indicato nel DPEF, che prevedeva che l’intervento correttivo adottato con la finanziaria per il 2007 sarebbe dovuto discendere dalla riduzione della spesa.
[257] O uguali nel caso del 2009.
[258] Per il 2007, in sede di Nota di aggiornamento al DPEF ‘08, viene fissato un deficit obiettivo per il 2007 (-2,4% del PIL) lievemente migliore rispetto a quello concordato in sede europea (-2,8%), destinando quindi a miglioramento del saldo la quota di extragettito che, per la sua natura non strutturale, non è possibile utilizzare a copertura di interventi di natura espansiva.
[259] Come quantificati negli allegati riferiti al testo approvato dei diversi provvedimenti (solo con riferimento al DL n. 81/2007 si utilizza l’allegato riferito al testo iniziale, in quanto non è stato fornito dal Governo l’allegato aggiornato con le modifiche apportate dal Parlamento. Tali modifiche peraltro, per il vincolo di compensatività degli emendamenti, non dovrebbero aver inciso sul saldo complessivo del provvedimento, mentre potrebbero aver comportato variazioni nella composizione del saldo fra entrate e spese).
[260] Ciò anche a causa dei criteri di contabilizzazione adottati dall’Istat sopra citati, che hanno incluso fra le misure di maggiore spesa alcune poste che il Governo aveva classificato fra le minori entrate.
[261] A differenza di quanto indicato nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari e in conformità ai criteri contabili indicati dall’Istat, l’ammontare del bonus per gli incapienti, stimato dalla relazione tecnica in 1,9 mld complessivi (dato di previsione: con riferimento ai dati di consuntivo si veda la successiva nota n. 20), viene qui incluso tra le maggiori spese invece che fra le minori entrate.
[262] A differenza di quanto indicato nel prospetto riepilogativo degli effetti finanziari e in conformità ai criteri contabili indicati dall’Istat, il mancato introito dovuto alla soppressione dell’acconto dovuto dai concessionari della riscossione, stimato dalla relazione tecnica in 4,6 mld, viene qui incluso tra le maggiori spese, a titolo di trasferimenti alle imprese, invece che fra le minori entrate. Si segnala inoltre che l’importo stimato dalla relazione tecnica, riportato in tabella, è stato rettificato dall’Istat, in sede di consuntivo, in 4,9 mld.
[263] Eccezion fatta per l’esercizio 2006, sul quale incide negativamente l’operazione straordinaria di accollo del debito ISPA, operata con la legge finanziaria per il 2007.
[264] Fra queste la RUEF, nella tabella riportata a pg. 47, ricorda in particolare lo slittamento al 2008:
§ degli effetti delle agevolazioni ICI e del cd cuneo fiscale (per un importo complessivo di 1,6 mld), per la scelta da parte dei contribuenti di posticipare in sede di saldo l’applicazione delle detrazioni IRAP
§ degli effetti di alcune poste di spesa previste dal DL 159/07 per un importo complessivo pari a 3,09 mld (di cui 782 mln imputabili allo slittamento di parte del bonus incapienti – per il quale il comunicato Istat evidenzia che l’erogazione effettuata a tale titolo nel 2007 risulta pari a soli 562 mln contro 1,9 mld previsti – mentre la parte restante è imputabile allo slittamento di alcune poste di spesa in conto capitale).
[265] Naturalmente una rettifica di segno opposto andrebbe corrispondentemente operata con riferimento all’esercizio 2008, per il quale l’ammontare dell’effetto correttivo delle manovre risultante dalle relazioni tecniche non tiene conto dello slittamento a tale esercizio di parte delle misure espansive previste per il 2007 (evidenziate nella nota precedente).
[266] Fonte: Elaborazione su dati Banca d’Italia. I dati sul PIL e sull’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche sono di fonte Istat.
[267] Banca d’Italia, Bollettino economico n. 52, aprile 2008.
[268] Le revisioni statistiche apportate, negli ultimi anni soprattutto per effetto di decisioni di Eurostat, ad entrambi i saldi hanno contribuito ad una riduzione del divario incidendo, nel complesso, in senso peggiorativo più sull’indebitamento che sul fabbisogno.
[269] Istat, Notifica dell’indebitamento netto e del debito delle amministrazioni pubbliche secondo il Trattato di Maastricht, 18 aprile 2008.
[270] Cfr capitolo “il Patto di stabilità e crescita e il conto economico delle P.A.”.
[271] I dati del 2004 sono definitivi, i dati del 2005 e 2006, semidefinitivi, mentre i dati del 2007 sono provvisori.
[272] Fonte: Elaborazioni su dati tratti dalla base informativa pubblica consultabile sul sito della Banca d’Italia.
[273] Nel 2007, rispetto al 2006, si è determinata una significativa riduzione dei costi di intermediazione finanziaria (SIFIM). Tali costi, infatti, vengono portati in riduzione della spesa per interessi sostenuta dalle Pubbliche amministrazioni
[274] L’obbligo di versamento anticipato da parte dei concessionari è stato soppresso con decorrenza dal dicembre 2007 per effetto del decreto legge n. 248 del 2007.
[275]Relazione Unificata sull’economia e la finanza pubblica, marzo 2008.
[276] Si ricordano, in particolare, gli interventi di dismissione mobiliare nonché l’operazione di concambio dei titoli pubblici in possesso della Banca d’Italia.
[277] La pressione fiscale complessiva è data dal rapporto tra il totale delle imposte dirette, indirette, in conto capitale e contributi sociali sul PIL.
[278] Fonte: Relazione generale sulla situazione economica del Paese – Ministero dell’economia e delle finanze.
[279] Introdotta, in sostituzione dell’IRPEG, dal decreto legislativo n. 344/2003.
[280] Legge n. 80/2003.
[281] Le ultime disposizioni in materia di riduzione della base imponibile IRAP sono contenute nella legge finanziaria 2005 e hanno prodotto, pertanto, effetti di cassa nel 2006 (acconto) e nel 2007 (saldo).
[282] Commi 266 - 269 dell’articolo unico della legge 296 del 2006.
[283] Articolo 1, commi 50 – 52 della legge 244 del 2007.
[284] Il primo modulo di riforma fiscale è stato introdotto con la legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), e il secondo modulo di riforma è disciplinato dalla legge n. 311/2004 (legge finanziaria 2005).
[285] Nel 2007 invece, tale voce subisce una flessione.
[286] Al riguardo si evidenzia che, in base alla RUEF, il tasso di variazione del PIL nominale risulta pari al 3,6% nel 2008, 3,3% nel 2009, 3,5% nel 2010 e 3,6% nel 2011.
[287] cfr. capitolo “I saldi strutturali”.
[288] A fronte di una tantum in riduzione della spesa nel 2000, nel 2007 si sono verificate maggiori spese straordinarie per 6 miliardi, pari allo 0,4% del PIL.
[289] Sul risultato 2000 influiscono per 13,8 miliardi le entrate straordinarie (contabilizzate come minori spese in conto capitale) derivanti dalla vendita delle licenze UMTS, pari all’1,2% del PIL.
[290]
Si veda: Libro verde sulla spesa pubblica
- Spendere meglio: alcune prime indicazioni, Ministero dell’Economia e
delle Finanze, Commissione Tecnica per
[291] Tale voce include i contributi alla produzione, le spese di ammortamento, le rendite da terreni, i premi di assicurazione, i trasferimenti correnti a famiglie, imprese e alla Ue a titolo della IV risorsa, gli aiuti internazionali, le imposte dirette e indirette.
[292]I ministeri in questione sono il Ministero della giustizia, il Ministero della pubblica istruzione, il Ministero dell’interno, il Ministero delle infrastrutture e il Ministero dei trasporti.
[293] Per approfondimenti, v. capitolo “Debito e fabbisogno”.
[294] Nel quadro tendenziale a legislazione vigente contenuto nella RUEF, il rapporto debito/PIL passa dal 103% del 2008 al 101,8% del 2009 al 97,1% nel 2011.
[295] Al netto una tantum.
[296] Per approfondimenti sull’andamento delle componenti della spesa primaria, cfr capitoli dedicati agli approfondimenti settoriali.
[297] Le maggiori spese straordinarie, contabilizzate tra le altre uscite di parte capitale e classificate da Eurostat come una tantum, risultano pari a 14,4 miliardi nel 2006 e a 6 miliardi nel 2007 (per un approfondimento, v. capitolo “I saldi strutturali”).
[298] Tra il 2000 e il 2005 la spesa primaria al netto delle altre uscite in conto capitale è cresciuta ad un ritmo del 5,1% annuo.
[299] Per un importo di 900-1.000 milioni secondo le stime della RUEF.
[300] Il beneficio in favore degli incapienti, previsto dal D.L. 159/2007 convertito dalla legge 222/2007, è stato contabilizzato nel 2007 solo relativamente alla quota (560 milioni) riconosciuta automaticamente tramite sostituti di imposta, mentre non è stata contabilizzata la quota che riguarda i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti per i quali il sostituto di imposta non ha potuto operare la liquidazione.
[301] Si tratta della quota dei produttori market: farmaceutica e assistenza convenzionata.
[302]
Le dismissioni immobiliari (che, in base alla contabilità SEC95, sono portate
in riduzione degli investimenti fissi) risultano pari a 1.437 milioni nel
[303] Secondo le stime contenute nella RUEF, le economie per investimenti realizzate nel 2007 si riferiscono a interventi diretti a carico del bilancio dello Stato per circa 1.260 milioni, a interventi dell’Anas per circa 2.100 milioni e al settore degli enti locali per circa 2.300 milioni.
[304] Corte dei conti, Relazione sulla tipologia delle coperture adottate e sulle tecniche di quantificazione degli oneri relative alle leggi del IV trimestre 2007, maggio 2008.
[305] La stima 2008 considera la completa sottoscrizione dei rinnovi contrattuali relativi al biennio 2006-2007 (circa 7.500 milioni, di cui 3.570 milioni a titolo di arretrati) e la chiusura delle code contrattuali relative ai bienni 2002-2003 e 2004-2005 (260 milioni), mentre per l’anno in corso sconta la sola indennità di vacanza contrattuale.
[306] La RUEF non offre una stima disaggregata di tale voce per le due componenti: consumi in senso stretto e prestazioni sociali in natura da produttori market.
[307]
Pari a 1 miliardo di euro, secondo
[308]I dati del Conto annuale per gli anni dal 2001 al 2006 sono consultabili alla pagina www.contoannuale.tesoro.it.
[309] Sono stati considerati i dati relativi al periodo 2004-2006 in quanto gli stessi sono stati normalizzati dalla Ragioneria generale dello Stato.
[310]Si rammenta peraltro che la spesa per il pagamento di quanto dovuto a tali collaboratori viene computato dalla Ragioneria generale dello Stato al fine di determinare il totale generale del costo del lavoro nella Pubblica amministrazione.
[311] I dati comprendono anche il personale dipendente dalle Province autonome di Trento e Bolzano al quale si applica il contratto scuola. Detto personale, pari a circa 16.000 unità, non veniva, precedentemente rilevato.
[312] I dati non includono le supplenze brevi della Scuola ed i professori a contratto delle Università.
[313] Volontari ed allievi.
[314] La Relazione unificata espone i dati del PIL e della spesa per redditi da lavoro relativi al periodo 2005-2011, i dati di consuntivo 2004 sono tratti da PIL e indebitamento della APpubblicato dall’ISTAT il 29 febbraio 2008, mentre i dati riferiti al quadriennio 2000-2003 sono tratti dai Conti economici delle amministrazioni pubbliche pubblicati dall’ISTAT il 12 giugno 2007.
[315] I corrispondenti tassi di crescita media annua sono pari, rispettivamente, al 3,7 per cento, ed al 4,1 per cento.
[316] Il dato in questione non è esplicitamente fornito dalla RUEF, bensì dalla relazione tecnica allegata al disegno di legge finanziaria per il 2008 riferita alle norme relative ai rinnovi contrattuali del biennio 2008-2009.
[317] Vedi la relazione tecnica allegata alla finanziaria 2008, riferita al testo dell’articolo 95, commi da 11 a 14 del disegno di legge originario presentato dal Governo. Per maggiori dettagli cfr. AS 1817 Annesso, pagina 344.
[318] Che fornisce le statistiche sull’impiego nelle pubbliche amministrazioni.
[319] L’ipotesi di invarianza del numero dei pubblici dipendenti è stata costantemente assunta nei DPEF degli ultimi anni.
[320] Il dato esposto è determinato, per motivi di semplicità, dalla somma dei tassi programmati di inflazione nel biennio. Più correttamente i tassi di inflazione programmati avrebbero dovuto essere moltiplicati. Il risultato sarebbe comunque risultato sostanzialmente analogo considerata la modesta entità delle percentuali in gioco.
[321] L’indice utilizzato è quello generale dei prezzi al consumo per l’intera collettività al lordo dei tabacchi e calcolato mensilmente dall’ISTAT. Il dato esposto è determinato, per motivi di semplicità, dalla somma dei tassi di inflazione. Più correttamente i tassi di inflazione avrebbero dovuto essere moltiplicati. Il risultato sarebbe comunque risultato sostanzialmente analogo considerata la modesta entità delle percentuali in gioco.
[322] La percentuale cui si fa riferimenti è quella concordata tra Governo e OO.SS. e riconosciuta a tutto il personale pubblico in sede di rinnovo contrattuale: non tiene conto dunque delle specifiche risorse talvolta stanziate per determinati comparti, dei maggiori incrementi retributivi eventualmente riconosciuti da Regioni o enti locali, della contrattazione integrativa e più in generale degli elementi che compongono le retribuzioni di fatto che non vengono considerate nell’ambito della contrattazione collettiva nazionale.
[323] Vedi la relazione tecnica allegata alla finanziaria 2008 e riferita al testo dell’articolo 95, commi da 11 a 14 del disegno di legge originario presentato dal Governo. Per maggiori dettagli cfr. AS 1817 Annesso, pagina 344.
[324] A fini puramente informativi si rileva che il trend attuale del tasso di inflazione risulta crescente tanto che il tasso annuale rilevato dall’ISTAT a marzo 2008 è pari al 3,3 per cento su base annuale.
[325] Economic forescast – Spring 2008.
[326] Articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449 recante Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.
[327] Su proposta dei Ministri per la funzione pubblica e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
[328] La tabella è stata elaborata sulla base dei dati del Conto annuale pubblicato annualmente dalla Ragioneria generale dello Stato. L’anno 2006 è l’ultimo per il quale sono disponibili dati ufficiali di consuntivo.
[329] Recante il Protocollo sulla politica dei redditi e dell'occupazione, sugli assetti contrattuali, sulle politiche del lavoro e sul sostegno al sistema produttivo.
[330] Va peraltro rammentato che non appaiono, allo stato attuale, opportunamente definite le procedure ed i metodi da adottare per l’effettivo riconoscimento di differenziali retributivi connessi ad un corrispondente incremento della produttività, a livello di singola istituzione o di singolo addetto.
[331] Che reca le “Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.
[332] In base alla citata norma spetta al Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica di quantificare l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire nella legge finanziaria.
[333] Influenzate peraltro anche dalle progressioni di carriera.
[334] Cfr. Rapporto trimestrale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti, anno X, n. 2, gennaio 2008.
[335]L’incremento complessivo delle retribuzioni di fatto registrato nel periodo ammonta al 32,6 per cento di cui il 16 per cento è dovuto alla contrattazione di primo livello.
[336] Cfr Capitolo “La spesa sanitaria”.
[337] Tale evoluzione riflette una contrazione – a livello di pagamenti del bilancio dello Stato - che ha interessato il dicastero della Difesa (-600 milioni circa) e le spese di funzionamento dell’Amministrazione (-500 milioni circa).
[338] Art. 1, comma 5, della legge n. 311 del 2004.
[339] Per le Amministrazioni locali, la regola si traduceva nel rafforzamento della disciplina del Patto di stabilità interno e nella normativa relativa alla responsabilizzazione degli enti territoriali in materia sanitaria.
[340] Come rideterminati per effetto dell’intervento di contenimento operato con il decreto legge n. 168 del 2004, convertito dalla legge n. 191 del 2004. La relazione tecnica alla finanziaria attribuiva a tale misura un effetto di minore spesa (in termini di saldo netto da finanziare), rispetto agli andamenti tendenziali, di 1.130 milioni di euro annui per i consumi intermedi e di 800 milioni annui per gli investimenti fissi lordi.
[341] Cfr Appendice alla Relazione unificata, presentata il 16 marzo 2007 (pp 119 – 120) e Relazione sul Monitoraggio presentata dal MEF – RGS, D-2055.
[342] Legge n. 266/2005, art. 1, comma 6.
[343] Articolo 25 del DL n. 223/ 2006 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 248/2006.
[344] Tale riduzione ha riguardato oltre alla spesa per consumi intermedi, anche gli stanziamenti relativi alle altre uscite correnti nonché, per la parte capitale, spese per investimenti fissi e trasferimenti.
[345] Legge n. 296/2006.
[346] Al fine di assicurare una flessibilità gestionale, il comma 507 ha previsto una procedura che consentisse alle amministrazioni interessate di rimodulare gli accantonamenti all’interno degli stati di previsione dei singoli Ministeri, anche interessando diverse unità previsionali relative alle suddette categorie, assicurando in ogni caso l’invarianza degli effetti finanziari. In attuazione di tale previsione, con ilDM 48902, su proposta dei Ministri competenti e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, sono state disposte le variazioni degli accantonamenti operati sulle dotazioni delle upb iscritte nella legge di bilancio per il 2007. Il volume complessivo di risorse interessate dalle variazioni è risultato peraltro limitato (pari a 377 milioni di euro, rispettivamente in aumento e in diminuzione), e concentrato prevalentemente nel Ministero dell’economia.
[347] Convertito con modificazione dalla legge n. 127 del 2007.
[348] I dati riportati sono in termini di saldo netto da finanziare. In termini di indebitamento netto, la reintegrazione è stata pari a 1.519 milioni nel 2007, 80 milioni nel 2008 e 90 milioni nel 2009, a fronte di un accantonamento valutato in 3.198 milioni per il 2007, 4.510 milioni per il 2008 e 4.574 milioni per il 2009.
[349] v. memoria depositata dalla Corte dei conti in occasione dell’audizione presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato sul DPEF 2008-2011, luglio 2007.
[350] Articolo 7, comma 2.
[351] Si ricorda che, in termini di previsioni definitive di competenza, gli stanziamenti per consumi intermedi sono stati pari a 12.593 milioni nel 2006.
[352] Nel 2006 è andato in economia un importo pari a 429 milioni.
[353] Articolo 2, comma 575, della legge n. 244/2007.
[354] v. memoria depositata dalla Corte dei conti in occasione dell’audizione presso le Commissioni bilancio di Camera e Senato, ottobre 2007.
[355] Cfr. infra.
[356] Fanno parte delle prestazioni sociali in denaro di tipo previdenziale anche le liquidazioni per fine rapporto di lavoro, le indennità di malattia temporanea per infortuni e di maternità, l’indennità di disoccupazione, l’assegno di integrazione salariale, gli assegni familiari ed altri sussidi e assegni (cfr. infra).
[357] Si tratta di una quota, sia pure prevalente, delle prestazioni di carattere assistenziale in quanto la quota restante, costituita essenzialmente da prestazioni rese dai comuni, rientra nelle prestazioni sociali in natura (cfr. infra).
[358] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 222/2007.
[359] Si tratta, infatti, di spese classificabili tra le prestazioni sociali in denaro non pensionistiche, voce “altri assegni, sussidi-assistenza”.
[360] Più in particolare, in tale anno, è stata contabilizzata la quota di beneficio riconosciuta automaticamente a fine anno tramite sostituti di imposta mentre non è stata contabilizzata la quota di beneficio che riguarda i lavoratori autonomi e i lavoratori dipendenti per i quali il sostituto di imposta non ha potuto operare, in tutto o in parte, la liquidazione in via automatica a fine 2007.
[361] Si segnala, in particolare, la legge n. 247/2007, di attuazione del Protocollo in materia di welfare.
[362] Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127/2007.
[363] In tale aggregato sono comprese le pensioni IVS (al netto delle prestazioni in capitale), le pensioni provvisorie erogate al personale militare direttamente dalle Amministrazioni dello Stato, le pensioni erogate dagli organi costituzionali dello Stato e dalle Regioni nonché le rendite infortunistiche. Sono escluse le pensioni assistenziali e le pensioni di benemerenza.
[364] Relazione generale sulla situazione economica del Paese (RGSEP) 2007.
[365] A tali fattori si aggiungono quelli propri del sistema pensionistico e, in particolare, l’effetto rinnovo (cioè, l’avvicendamento fra pensioni di nuova decorrenza e pensioni cessate), la ricostituzione, conseguente alla rideterminazione degli importi di pensione dello stock in essere, sulla base dei supplementi di contribuzione maturati successivamente alla liquidazione della pensione ovvero al ricalcolo della stessa; la modificazione della quota di arretrati rispetto a quella implicita nella spesa dell’anno precedente (cfr. Ragioneria generale dello Stato, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, Rapporto n. 9, dicembre 2007).
[366] Articolo 5 del decreto-legge n. 81/2007, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 127/2007. Sulla base di tale disposizione, si prevede una maggiore spesa a regime di 1.500 milioni di euro annui a decorrere dal 2008, comprensivi della modifica, per il triennio 2008-2010, del meccanismo di indicizzazione delle pensioni.
[367] Cfr. RUEF 2008.
[368] Tale intervento si è concretizzato nella modifica del cosiddetto scalone previsto dalla legge n. 243/2004.
[369] A tale intervento è necessario aggiungere anche le misure per l’aumento degli importi delle pensioni più basse nonché la modifica, per il triennio 2008-2010, dei meccanismi di indicizzazione ai prezzi del trattamento pensionistico (cfr. supra).
[370] RGS, Rapporto n. 9.
[371] In tale fase, si vanno esaurendo anche gli effetti di contenimento recati dal calo dimensionale delle pensioni di invalidità e dall’innalzamento dei requisiti minimi di accesso al pensionamento che avevano operato nel periodo precedente.
[372] Ciò comporta una significativa contrazione degli importi di pensione rispetto ai livelli retributivi.
[373] Istat, Annuario statistico italiano 2007.
[374] Come specificato dalla RUEF, la decorrenza di tali pensionamenti è al 1° settembre 2006 ma l’effetto, ai fini della corresponsione della liquidazione, si è evidenziato nel 2007, secondo le regole che caratterizzano il comparto scuola.
[375] Cfr. il successivo paragrafo relativo al finanziamento della spesa previdenziale.
[376] Cfr. RUEF 2008.
[377] Tavola 4.3.
[378] Cfr. anche la relazione tecnica alla legge n. 247/2007 (Attuazione del Protocollo welfare).
[379] Si fa riferimento sia a soggetti privati sia ad istituzioni pubbliche.
[380] Prevenzione, profilassi e igiene e vigilanza igienica.
[381] Cfr. Istat, Annuario statistico italiano 2007.
[382] Con riferimento ai datori di lavoro, si considerano anche i contributi contrattuali.
[383] Essi sono, ad esempi, le pensioni erogate agli ex dipendenti dello Stato, gli assegni familiari erogati ai dipendenti dello Stato, ecc.
[384] In particolare, la legge n. 296/2006 ha disposto, con decorrenza dal 1° gennaio 2007, che, per i lavoratori dipendenti da imprese con più di 50 addetti che non optano per il versamento del TFR a fondi di previdenza complementare, il datore di lavoro provvede al versamento presso l’Inps di quanto dovuto a titolo di TFR. Le risorse così introitate, al netto delle somme destinate alle prestazioni del TFR, sono utilizzate per il finanziamento di interventi previsti dalla legge stessa. L’effetto di crescita si evidenzia nonostante una riduzione di contributi sociali pari a 2,9 miliardi di euro, correlata alla revisione della base statistica 2006 (per tale anno, la rettificata operata dall’Istat, sulla base dei consuntivi degli Enti previdenziali, è stata di 2,4 miliardi. Tale effetto è tuttavia apprezzabile solo in sede di confronto tra le previsioni effettuate in sede di RPP sezione II e RUEF. Per il 2008, tale differenza, pari a 4.286 milioni di euro, è da attribuire, per 950 milioni di euro, alla revisione del quadro macroeconomico e, per la restante parte, principalmente ad una rivalutazione da parte dell’Istat del coefficiente di svalutazione degli accertamenti dei contributi sociali. Cfr. RUEF 2008.
[385] Cfr. anche le relazioni tecniche alla legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007) e alla legge n. 247/2007 (Attuazione del Protocollo welfare).
[386] Si fa riferimento, essenzialmente, agli istituti legati alla situazione di invalidità e di vecchiaia, tralasciando i residuali istituti assistenziali legati alla malattia, alla famiglia, ai superstiti, alla disoccupazione, alla abitazione e, infine, alla situazione di esclusione sociale non altrove classificata.
[387] RGSEP 2007.
[388] Ciò, in quanto si tratta di un istituto che spetta ai soggetti che hanno raggiunto i 65 anni di età e versano in stato di bisogno. Si segnala che in pensione sociale (dal 1996 divenuta assegno sociale) sono convertiti, al compimento del 65° anno di età del titolare, la pensione di invalidità e l’assegno mensile di assistenza erogati agli invalidi civili, nonché la pensione non reversibile erogata alle persone sordomute.
[389] Statistiche della previdenza e della assistenza sociale, anni vari.
[390] Si tratta si un istituto che non riveste carattere di pensione ma di sostegno dell’individuo incapace allo svolgimento degli atti della vita quotidiana.
[391] Rapporto di monitoraggio sulle politiche sociali –parte II.
[392] Legge finanziaria per il 2006.
[393] Cfr. supra.
[394] Ad esse compete la potestà legislativa in materia.
[395] RGSEP 2007.
[396] Ragioneria Generale dello Stato, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, Rapporto n. 9 – dicembre 2007.
[397] La parte restante è costituita da prestazioni di tipo assistenziale.
[398] Legge n. 296/2006.
[399]
Anche
[400] La RUEF quantifica tali oneri in 1.500 milioni di euro, con riferimento ai rinnovi contrattuali 2006-2007, e in 700 milioni di euro, con riferimento alle partite contabili.
[401] I totali della tavola, corrispondenti alla spesa per prestazioni, non coincidono con quelli della tavola iniziale, che riporta il totale delle uscite correnti (comprensive delle uscite per contribuzioni, servizi amministrativi, ammortamenti, interessi passivi, ecc).
[402] Comunicato stampa n. 77 dell’11 aprile 2008 e Il Sole-24 Ore Sanità n. 16/2008, che pubblica ampli estratti del rapporto 2007.
[403] Tale percentuale di riduzione si scosta da quella indicata nelle precedenti tavole (-6,1%), i cui dati sono calcolati in termini di contabilità nazionale.
[404] Vengono, cioè, prescritti più farmaci, ma di prezzo mediamente più basso.
[405] I cui costi di acquisto gravano sulla voce "beni e servizi" della spesa sanitaria e quindi sulla componente “consumi intermedi” in termini di contabilità nazionale.
[406] Ciò in particolare in Calabria per effetto, peraltro, di una norma regionale che, insieme ad altre misure di contenimento, prevede l’obbligo per i medici di prescrivere una sola confezione per ricetta.
[407] Relazione quadrimestrale sulla copertura delle leggi di spesa, maggio 2008.
[408] Ragioneria Generale dello Stato, “Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario”, Rapporto n. 9 (dicembre 2007).
[409] Cfr. supra.
[410] Il Fondo sanitario nazionale, istituito dall’articolo 51 della legge n. 833/1978, veniva determinato annualmente con la legge di approvazione del bilancio dello Stato ed era alimentato dal meccanismo erariale attraverso le imposte generali e dai contributi regionali. Il sistema, fondato sul principio della unicità della gestione finanziaria, prevedeva, da una parte, l’accentramento della raccolta dei mezzi finanziari ad opera dello Stato e, dall’altra, la ripartizione delle suddette risorse tra le regioni e da queste distribuite alle singole unità sanitarie locali.
[411] Nuovo “Patto per la salute”.
[412] Legge n. 296/2006.
[413]Cfr. il paragrafo sui Piani di rientro.
[414] L’articolo 7 del decreto legislativo n. 56/2000 ha istituito nello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica il «Fondo perequativo nazionale», di natura solidaristica, al fine di sostenere quelle regioni finanziariamente non autosufficienti in base alla propria capacità fiscale. Le risorse del fondo perequativo sono costituite dal gettito derivante dalle compartecipazioni IVA e dalle accise sulla benzina.
[415]
La regione Sardegna dal 2007 non riceve più trasferimenti a carico del bilancio
dello Stato, come già avviene per
[416] Enti finanziati con FSN: Croce Rossa Italiana, Cassa DD PP, Università (borse di studio per specializzandi), Istituti Zooprofilattici Sperimentali.
[417] Sono componenti di ricavo introdotte dalla contabilità economica e ricomprendono: sopravvenienze attive, insussistenza del passivo, plusvalenze. Tali ricavi risultano, per il 2007, pari a 0,868 miliardi di euro.
[418] Si segnala che la discrepanza tra il dato della spesa complessiva del SSN indicata nella tabella sopra riportata e l’ammontare della stessa indicata nella sezione “la spesa del SSN” è dovuta ad una diversa fonte dei dati: Ministero della Salute nel primo caso e ISTAT nel secondo. In particolare, relativamente all’aggregato calcolato dal Ministero della Salute, si ricorda che per spesa del SSN si intende la somma dei costi delle sole funzioni assistenziali compreso il saldo della gestione straordinaria e quello relativo all’intramoenia.
[419] Art. 3, comma 139, legge n. 244/2007.
[420] Ad esempio, il dato di consuntivo della gestione delle singole regioni per il 2006, rettificato attraverso la procedura sopra descritta, è rinvenibile nella RGSEP ultima pubblicata e relativa al 2007. Il dato di consuntivo relativo all’ultimo anno è invece, come detto, ancora grezzo in quanto risultante dai dati comunicati dalle Regioni al SIS mediante i modelli CE e non ancora sottoposto a rettifiche.
[421] Il Sole-24 Ore Sanità n. 16/2008.
[422] Intesa dell’8 agosto 2001, Intesa del 23 marzo 2005 e Patto per la salute del settembre 2006.
[423] Legge n. 311/2004, art. 1, comma 180.
[424] Come specificato anche dall’articolo 1, comma 796, lettera b), della legge n. 296/2007.
[425] Legge n. 266/2005, art. 1, comma 277. La legge ha, inoltre, previsto (articolo 1, comma 279) lo stanziamento di risorse aggiuntive per 2.000 milioni di euro, destinate al ripiano dei disavanzi per gli anni 2002-2004, subordinatamente all’approvazione da parte delle regioni del Piano sanitario nazionale 2006-2008. Un ulteriore importo di 1 miliardo è stato assegnato (commi 279 e 281) alle regioni che, nel periodo 2001-2005, hanno registrato una perdita media annua pari o superiore al 5% del finanziamento loro spettante in base alle risultanze del Tavolo di verifica degli adempimenti, di cui agli articoli 12 e 9 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
[426] L’ incremento automatico delle aliquote di addizionale IRPEF e delle maggiorazioni IRAP, nel caso di disavanzo sanitario regionale non coperto è stato, infine, previsto a regime dall’art. 1, comma 796, lettera c), che (modificando l’articolo 1, comma 174, della legge n. 311/2004 come già modificato dal comma 277 della legge n. 266/2005) ne ha disposto la proroga per gli anni di imposta successivi al 2006.
[427]Legge n. 296/2006, articolo 1, comma 796, lett. b.
[428] Lo stanziamento è stato così ripartito tra le regioni con decreto dei Ministri dell’Economia e della Salute, sulla base dell’intesa siglata nella Conferenza del 29 marzo 2007: 50,4 milioni alla Liguria, 377,6 milioni al Lazio, 42,2 all’Abruzzo, 20 milioni al Molise, 355 milioni alla Campania e 140,7 milioni alla Sicilia.
[429] Vengono fatte salve le aliquote ridotte disposte con leggi regionali (nel limite massimo di 5 milioni di euro annui decorrere dal 2008) a favore di commercianti, artigiani, imprenditori che abbiano denunciato richieste estorsive (art. 2, commi 50-51, della legge n. 244/2007).
[430] Articolo 1, comma 796, lett. b, sesto periodo.
[431] Art. 4 del D.L. n. 159/2007 convertito dalla legge 222/2007. Tale disposizione è valida per le regioni che hanno sottoscritto gli Accordi e i relativi Piani di rientro. Per le restanti regioni vale la procedura di cui all’art. 1, comma 174, dalla legge n. 311/2004.
[432] Dai Tavoli e dal Comitato permanente per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, ai sensi degli articoli 12 e 9 dell’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005.
[433] Tale nomina è incompatibile con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento. Il commissario ha la facoltà di proporre alla regione la sostituzione dei direttori generali delle ASL o delle Aziende ospedaliere.
[434] Anche la Sardegna ha firmato un Piano di rientro, ai soli fini del recupero del finanziamento statale non erogato a seguito dell’inadempienza per l’anno 2001. Per tali motivi, come specificato dalla RUEF, é stato richiesto un Piano meno impegnativo rispetto altre regioni.
[435] Con il D.M. 4 maggio 2007, il contributo è stato così ripartito tra le regioni che hanno firmato i Piani (con esclusione della Liguria): 144 milioni all’Abruzzo, 363 milioni alla Campania, 2.079 milioni al Lazio, 202 milioni al Molise e 212 milioni alla Sicilia. Essendo l’’effettiva ripartizione sconosciuta all’epoca della predisposizione dei piani, le regioni hanno valutato il debito residuo sulla base di una stima delle somme loro spettanti.
[436]Il maggior importo autorizzato (9.100 milioni di euro) rispetto a quello risultante dai Piani (8.527 milioni) deriva dalla circostanza che si è reso necessario incrementare l’importo da erogare alla regione Campania in seguito alla definizione dell’operazione So.Re.Sa (così come previsto nell’Accordo e nel Piano), la cui dimensione finanziaria finale, peraltro, non era conosciuta, al momento della sottoscrizione del Piano medesimo.
[437] L’intervento, che ha effetto nullo sull’indebitamento netto in quanto ha per oggetto operazioni di competenza dell’anno 2005, incide negativamente sul saldo netto da finanziare, per un ammontare pari all’anticipazione di liquidità, e solo limitatamente sul debito e sul fabbisogno (3.150 milioni di euro) per la parte corrispondente alla somma dei debiti verso fornitori che, a tutto il 2007, non sono stati ascritti come debito ma come partite commerciali. Per la restante parte (5.950 milioni di euro, corrispondenti a debiti contratti sui mercati finanziari), si realizza, infatti, un effetto sostitutivo tra il debito delle regioni e quello dello Stato.
[438] Al riguardo, i rispettivi Piani di rientro specificano che le regioni si impegnano a restituire integralmente l’anticipazione, compresi gli interessi correnti parametrati ai costi sostenuti dallo Stato, con l’individuazione di una copertura derivante da specifiche entrate certe e vincolate a totale carico delle regioni, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 1, comma 796, lettera c) della legge n. 296/2006 (legge finanziaria 2007).
[439] Dati ISTAT - La classificazione funzionale riguarda la spesa finale consolidata delle amministrazioni pubbliche (amministrazioni centrali, amministrazioni locali, enti di previdenza), della quale evidenzia unicamente i flussi che hanno impatto sugli altri settori istituzionali; essa si suddivide in tre livelli di analisi, potenzialmente in grado di fornire una classificazione articolata di tutte le voci di spesa dell’operatore pubblico. Tali livelli consistono nelle Divisioni, che rappresentano i fini primari perseguiti dalle amministrazioni, analizzate al loro interno in Gruppi, che riguardano le specifiche aree di intervento delle politiche pubbliche, e successivamente in Classi, che identificano i singoli obiettivi in cui si articolano le aree di intervento.
Di tali livelli di analisi, per il settore istruzione qui in esame, sono disponibili il primo ed il secondo.
[440] E’ opportuno ricordare che l’art. 1, comma 622, della legge 296/2006 (legge finanziaria 2007) dispone l’innalzamento dell’obbligo di istruzione per dieci anni a decorrere dall’anno scolastico 2007/2008.
[441] “Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa”.
[442] D.lgs. 112/1998 e DPR 275/1999.
[443] A cura del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Ministero della Pubblica Istruzione.
[444] La spesa nazionale in valuta nazionale è convertita utilizzando l’indice della parità dei poteri d’acquisto (PPA) del 2003 relativa al PIL. I valori in dollari USA ai poteri di acquisto calcolati dall’OCSE sono quindi convertiti in euro.
[445] I test PISA (Program for International Student Assessment) rilevano a livello internazionale elementi relativi a tre tipi di apprendimento da parte degli studenti: la capacità di comprensione nella lettura, la capacità di analisi matematica e le competenze scientifiche funzionali. La rilevazione viene effettuata dall’OCSE ogni tre anni ed è svolta su un campione di studenti quindicenni secolarizzati.
[446] Come rilevato dalla Commissione tecnica della spesa pubblica dell’ottobre 2007, bisogna considerare che i dati relativi agli insegnanti non fanno riferimento al totale degli insegnanti, ma solo a quelli impegnati nella didattica frontale (su cui sono possibili i confronti internazionali). Quindi, il dato per l’Italia include gli insegnati di religione, ma esclude gli insegnanti di sostegno.
[447] Rapporto dell’ottobre 2007.
[448] Il rapporto OCSE (Education at glance, 2007) indica una retribuzione oraria dei docenti italiani (con quindici anni di esperienza) per la scuola primaria di 40 dollari USA a parità di potere di acquisto contro una media OCSE di 47, per la secondaria inferiore 53 dollari contro 59, e per la secondaria superiore 59 dollari contro una media di 68.
[449] Stime della Commissione tecnica per la finanza pubblica su dati del Ministero della pubblica istruzione.
[450] Una valutazione dei risultati di tipo dinamico, come quella prospettata, consentirebbe di neutralizzare l’effetto del contesto, che può determinare situazioni di partenza molto differenziate.
[451] Secondo la classificazione conforme al sistema di contabilità economica adottato in ambito europeo, SEC 95, nell’aggregato delle uscite in conto capitale sono considerate, quali voci principali, gli “investimenti fissi lordi” ed i “contributi agli investimenti” ; le ulteriori componenti sono aggregate nella voce delle “altre uscite in conto capitale”, che riguardano principalmente gli “altri trasferimenti in conto capitale”, diretti questi ultimi verso famiglie, imprese, enti pubblici ed estero e le “acquisizioni nette di attività non finanziarie”.
[452] La ratio economica di tale trattamento contabile consiste nel fatto che gli investimenti dovrebbero misurare la variazione lorda (al netto degli ammortamenti) dello stock di capitale pubblico; poiché le dismissioni riducono di pari importo la dotazione patrimoniale, esse vanno sottratte al flusso di investimenti.
[453] Per approfondimenti, v. capitolo “I saldi strutturali”.
[454] Recante “ Disposizioni urgenti per il rilascio economico e per il contenimento della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrata”.
[455] Il dato non depurato delle misure una tantum presenta invece una riduzione del 4,2 rispetto all’anno precedente, corrispondente ad una flessione in termini di incidenza sul PIL di 0,39 punti percentuali.
[456] ISTAT- La ricerca e lo sviluppo in Italia: 11 ottobre 2007. La metodologia utilizzata dall’ISTAT è quella suggerita dal Manuale Ocse-Eurostat sulla rilevazione statistica delle attività di R&S (Manuale di Frascati) per l’armonizzazione delle metodologie di rilevazione statistica delle suddette attività.
[457] Per spesa intra-muros si intende la spesa per attività di ricerca scientifica e sviluppo svolta dalle imprese e dagli enti pubblici con proprio personale e con proprie attrezzature.
[458] Gli archivi del CINECA (Consorzio Interuniversitario di calcolo) contengono i dati riguardanti gli stipendi e gli oneri riflessi del personale docente e non docente delle università pubbliche italiane.
[459]La procedura di stima della spesa per R&S delle Università è stata modificata con riferimento all’anno 2005.
[460] Dati Istat - “La ricerca e sviluppo in Italia” – Spesa per R&S intra-muros per settore istituzionale anni 2002-2007 (diffuso l’11 ottobre 2007).
[461] OECD Factbook 2007: Economic, Environmental and Social Statistics : Science and Technology – Resarch and Development (R&D) – Expenditure on R&D.
I dati Eurostat sono rintracciabili sul sito http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal
[462] Cfr. in particolare l’ Allegato 2 della Relazione sullo stato dell’ambiente, redatta dal Ministero dell’ambiente nel marzo 2006.
[463] Per approfondimenti ulteriori sulle spese delle imprese per la protezione dell’ambiente si veda da ultimo :”Spese delle imprese italiane per la protezione dell’ambiente” Anni 1997-2006 dell’ISTAT del 27 febbraio 2008.
[464] Il nuovo concetto di missione si avvicina al primo livello di classificazione COFOG (DIVISIONI)
[465] La Relazione sullo stato dell’ambiente è predisposta ogni due anni ai sensi dell’articolo 1, comma 6 della legge 8 luglio 1986 n. 349. L’ultima Relazione presentata al Parlamento risale al 23 marzo 2006.
[466] Cfr in particolare, nell’ultima edizione disponibile del rapporto del 2004, il capitolo dedicato alla sostenibilità ambientale in cui si evidenzia come le riforme in campo ambientale messe in atto in Italia riflettono il principio dell’ “ambiente come opportunità” per lo sviluppo economico.
[467] Cfr. ad esempio Regione Lazio anno 2005
[469] Cfr. Istat “Spesa delle Amministrazioni pubbliche per funzione. Serie SEC 95- anni 1990-2006 del 7 febbraio 2008.
[470] EUROSTAT, SERIEE 1994 Version
[471] Si tratta in particolare del Systeme Europeen de Rassemblement de l’Information Economique sur l’Environnement (SERIEE).
[472] Si tratta del Conto satellite delle spese per la protezione dell’ambiente “Environmental Protection Expenditure Account” (EPEA)
[473] Il Settore Pubblico Allargato (SPA) include oltre alla Pubblica amministrazione, anche gli enti appartenenti alla c.d. “extra P:A.” e cioè le imprese Pubbliche Nazionali (IPN) e le imprese pubbliche locali (IPL) . Si tratta in sostanza di tutti gli enti che hanno come “mission” istituzionale quella di fornire agli utenti alcuni servizi di natura pubblica.
Mentre i dati di contabilità nazionale elaborati dall’Istat considerano la competenza economica, i Conti Pubblici Territoriali prendono in considerazione i pagamenti di cassa.. Quanto alle fonti utilizzate, il sistema CPT utilizza i dati del Rendiconto generale, mentre l’Istat utilizza le informazione fornite direttamente dalla Ragioneria Generale dello Stato, rielaborate ai fini di ottenere una maggiore coerenza con le definizioni del Sistema Europeo dei Conti nazionali e regionali (Sec 95).
[474] Si segnala in particolare che in base ai dati contenuti nella banca dati dei Conti territoriali, la parte preponderante di tale spesa è di natura corrente, mentre la spesa in conto capitale costituisce una percentuale estremamente limitata del totale.
[475] Si segnala che le imprese pubbliche nazionali non effettuano nessuna spesa a titolo di smaltimento rifiuti.
[476] Si tratta in particolare dei Consorzi ed altre forme associative di enti locali, di aziende e istituzioni locali e di Società e fondazioni partecipate.
[477] Cfr Eurostat 2001, Environmental Taxes- A statistical Guide.
[478] Si segnala che, come precisato nella Nota metodologica dell’Istat “Le imposte ambientali in Italia del 21 febbraio 2008”, le imposte ambientali elencate includono sia strumenti introdotti con specifiche finalità di tipo ambientale, sia strumenti di cui non si ravvisa tale finalità nella formulazione normativa.
[479] I dati forniti in questo paragrafo sono tratti da “Istat: Le imposte ambientali in Italia, Anni 1990-2006”, 21 febbraio 2008.
[480] I dati sul gettito delle imposte ambientali nei paesi della Ue vengono diffusi dall’Eurostat10, che seleziona le imposte ambientali a partire da aggregati elaborati nel contesto dei dati di contabilità nazionale e trasmessi all’Eurostat stesso dai Paesi Membri.
[481] L’Istat pubblica annualmente i dati di finanza pubblica caratterizzati da un maggior livello di dettaglio nei mesi di giugno-luglio di ciascun anno.
[482] Il miglioramento del saldo registrato nel 2003 risulta imputabile a diversi fattori, alcuni dei quali di natura transitoria. Fra questi ultimi si segnalano: dal lato della spesa, il contenimento di quella per il personale (dovuto al rinvio all’anno successivo del rinnovo dei contratti per il biennio 2002-2003) e della spesa sanitaria (dovuto alle misure restrittive sulla spesa farmaceutica e al mancato rinnovo delle convenzioni per l’assistenza sanitaria); dal lato dell’entrata, gli introiti da condono fiscale di competenza regionale e l’aumento dei trasferimenti in conto capitale destinati alla sanità.
[483] Il peggioramento del saldo della PA fra il 2000 e il 2005 ammonta a circa 3,4 punti di PIL, di cui circa 0,7 punti attribuibili al comparto delle AL.
[484] La spesa per redditi da lavoro dipendente aumenta nell’esercizio considerato di circa 4,6 mld, laddove nell’esercizio precedente l’aumento era risultato pari alla metà di tale importo (circa 2,3 mld).
[485] In termini di incidenza sul PIL i trasferimenti da enti pubblici mostrano una riduzione di 0,4 punti, passando dal 5,6 al 5,2 per cento.
[486] In termini di incidenza sul PIL, le entrate per imposte indirette aumentano di 0,1 punti (passando dal 4,7 al 4,8 per cento), mentre quelle per imposte dirette restano invariate (all’1,7 per cento).
[487] Il miglioramento del saldo della PA ottenuto nel 2007 rispetto al 2006 ammonta a 1,5 punti di PIL (dal 3,35 all’1,9%), di cui circa 1,1 punti attribuibili al comparto delle Amministrazioni Locali (che passano dall’1,13 allo 0,06 per cento).
[488] Con riferimento alla tornata contrattuale 2004-2005 i contratti sono stati sottoscritti nelle seguenti date:
§ Enti locali - Dirigenza, 14 maggio 2007;
§ Enti locali - Comparto, 9 maggio 2006;
§ SSN locali - Dirigenza, 5 luglio 2006;
§ SSN locali - Comparto, 5 giugno 2006.
Con riferimento alla tornata contrattuale 2006-2007 i contratti sono stati sottoscritti nelle seguenti date:
§ Enti locali - Comparto, 11 aprile 2008;
§ SSN locali - Comparto, 10 aprile 2008.
I contratti della dirigenza non risultano ancora rinnovati sebbene, ai fini della presente analisi, è ragionevole suppore la loro sottoscrizione nel corso dell’anno 2008.
[489] Cfr. l’art. 1, comma 142 della L. 296/2006.
[490] v. Relazione tecnica al ddl finaziaria A.S. 1183.
[491] In quanto connesso ad una modifica di carattere permanente delle modalità di versamento del tributo.
[492] Ciò in quanto, mentre nel primo esercizio di applicazione l’acconto si aggiunge all’intero ammontare del saldo dell’imposta dovuta con riferimento all’esercizio precedente, dal secondo anno di applicazione, il gettito dell’acconto sarà compensato da minori versamenti effettuati a titolo di saldo.
[493] Ai sensi dell’art. 1, comma 320 della L. 266/2005 e il relativo provvedimento di attuazione che ha previsto l’erogazione delle somme in questione nell’esercizio 2006, salvo quelle accantonate in attesa della verifica degli adempimenti previsti dall'Accordo per il rientro dai deficit sanitari, erogate in parte nel 2007.
[494] Cfr. in proposito la Tabella RP1 a pg. 400 del secondo volume della Relazione generale sulla situazione economica del paese 2007.
[495] Cfr. la segnalazione in merito formulata dalla Corte dei conti nell’ultima relazione quadrimestrale sulla copertura delle leggi, maggio 2008.
[496] Prorogati da ultimo al 2006 dall’art. 1, comma 165 della L. n. 266/2005.
[497] La RUEF fornisce alcune parziali informazioni in merito all’andamento del gettito di alcuni tributi delle amministrazioni locali nel 2007: i dati cui tale documento fa riferimento non risultano ancora disponibili e verranno pubblicati dall’ISTAT nei prossimi mesi.
[498] Il dato si riferisce alla somma di imposte dirette e indirette: cfr. la tavola del conto consolidato delle Amministrazioni locali pubblicata nella prima sezione della Relazione generale sulla situazione economica del paese.
[499] Come già sottolineato i dati cui fa riferimento la Ruef non risultano disponibili. Si segnala peraltro che, dai dati dei conti consolidati di cassa delle regioni e degli enti locali, risulta un incremento del gettito tributario per le prime ma una sostanziale stazionarietà del gettito tributario dei secondi.
[500] Gli aumenti delle addizionali regionali IRPEF e della maggiorazione IRAP, disposti nel 2007 in attuazione dell’art. 1, comma 174, della legge n. 311/2004, si applicano a decorrere dal periodo d’imposta in corso nel 2006.
[501] Pari a circa il 70% dell’aumento riscontrato nel 2007: tale percentuale è data dal rapporto fra l’ammontare dell’effetto dovuto all’introduzione dell’acconto (il 30% del gettito 2006) e l’aumento effettivamente riscontrato, pari, sulla base di quanto affermato dalla RUEF, al 43% del gettito 2006.
[502] Come da ultimo modificato dall’art. 1, co 796, lett. c.
[503] Cfr. pg 86 della Relazione. Il dato riportato in quella sede differisce parzialmente da quello ora in commento in quanto la RUEF si riferisce ai conti consolidati di cassa, in questa sede si esaminano i dati relativi al conto consolidato delle Amministrazioni locali in termini di competenza economica. Peraltro le valutazioni formulate dalla RUEF mantengono una piena riferibilità ai dati attualmente in commento.
[504] In termini assoluti la componente ciclica incide per circa 2,5 miliardi di euro complessivi su un totale di circa 65 miliardi.
[505] Art. 2, comma 4, della L. n. 244/2007. Cfr. capitolo “la spesa sanitaria”.
[506] Maggio 2008.
[507] Cfr il paragrafo “Devoluzione di entrate per il finanziamento di funzioni locali”, che esamina i diversi profili problematici riscontrati nei criteri di stima degli effetti finanziari derivanti dalle misure disposte in materia di devoluzione alle amministrazioni locali di quote del gettito di tributi erariali.
[508] Cfr. in particolare gli interventi disposti dalle leggi finanziarie per il 2007 e il 2008 in favore della Sardegna, della Sicilia e del Friuli - Venezia Giulia. In tali casi la maggiore attribuzione di risorse avviene in parte previa corrispondente riduzione dei trasferimenti, in parte contro una maggiore attribuzione di competenze e in alcuni casi (Friuli) senza alcuna contropartita.
[509] Articolo 1, commi 295-312.
[510]
Cfr. i commi da
[511] Cfr. il comma 796 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296.
[512] Cfr. l’art. 1, comma 321-322 della L. 296/26.
[513]
Cfr. i commi da
[514] Cfr in particolare le misure riguardanti la razionalizzazione dell'accatastamento degli immobili nella categoria E, l’adeguamento dei moltiplicatori degli immobili di categoria B e l’aggiornamento del catasto terreni.
[515] Per gli anni successivi sono previsti importi crescenti.
[516] Cfr.pg 47 e 48 e la nota 21 a pg 55.