Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento difesa
Altri Autori: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Il controllo democratico delle Forze armate e delle Forze di polizia
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 93
Data: 29/10/2009
Descrittori:
DEMOCRAZIA   FORZE ARMATE
FORZE DI POLIZIA     
Organi della Camera: IV-Difesa

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Il controllo democratico delle
Forze armate e delle Forze di polizia

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 93

 

 

 

29 ottobre 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Difesa

( 066760-4939 / 066760-4172 – * st_difesa@camera.it

Ha partecipato alla redazione del Dossier il Dipartimento Istituzioni

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File: DI0170.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Controllo democratico delle forze armate  3

§      L’articolo 52 della Costituzione e l’inserimento delle Forze armate nell’ordinamento della Repubblica  3

§      La direzione politico-strategica delle Forze armate  4

§      Forme di controllo parlamentare  5

§      La partecipazione delle Forze armate alle missioni internazionali7

Controllo democratico delle forze di polizia e di sicurezza  11

§      Relazioni al Parlamento  11

§      Indagini conoscitive e audizioni12

§      Il controllo sull’attività di intelligence – Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica  12

§      Controllo in materia di Unità nazionale Europol (Ufficio europeo di polizia) e cooperazione transfrontaliera nell’ambito dell’attuazione del Trattato Prum   14

 

 


Schede di lettura

 


Controllo democratico delle forze armate

L’articolo 52 della Costituzione e l’inserimento delle Forze armate nell’ordinamento della Repubblica

 

Nell’ordinamento italiano il tema del controllo democratico delle forze armate ha un suo preciso parametro di riferimento costituzionale nell’articolo 52 della Costituzione il quale recita che “L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica”.

Altri riferimenti alle Forze armate si ritrovano nell’articolo 87, nono comma, laddove se ne attribuisce il comando al Presidente della Repubblica, e all’articolo 98, che inserisce i militari di carriera tra le categorie per le quali la legge può stabilire limitazioni al diritto di iscrizione ai partiti politici.

Peraltro, l’interpretazione consolidata delle disposizioni sopra richiamate è andata nel senso di una volontà del Costituente di superare la concezione delle Forze armate come ordinamento autonomo e separato[1], ritenendo applicabili alle stesse le disposizioni generali in materia di pubblica amministrazione di cui agli articoli 97 e 98, vale a dire l’imparzialità e l’apoliticità, la riserva di legge.

 

Il superamento della concezione della “separatezza” dell’ordinamento militare ha dato i suoi frutti maggiori nel contemperamento del principio gerarchico, tipico di tale ordinamento, e i principi fondamentali dell’ordinamento, quali l’eguaglianza, la pari dignità e i diritti inviolabili, da tutelare anche per gli appartenenti all’ordinamento militare. In tal senso, si è espressa la legge n. 382 del 1978, in materia di Norme di principio sulla disciplina militare, che ha provveduto anche ad una revisione del sistema delle sanzioni per le violazioni disciplinari da parte degli appartenenti alle Forze armate.

 

Sull’aspetto sopra richiamato ha poi inciso, nel corso dei decenni, la giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, che si è ad esempio pronunciata con la sentenza dell’8 giugno 1976, sulla compatibilità delle sanzioni disciplinari militari con gli articoli 5 e 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo in materia di tutela della libertà personale, ritenendo lesive di questa tutte le restrizioni “nettamente distaccate dalle condizioni normali della vita in seno alle forze armate” e individuando alcuni criteri distintivi tra ambito legittimo del diritto disciplinare e ambito da riconoscere al diritto penale (l’articolo 5 della Convenzione stabilisce infatti come limitazioni legittime alla libertà personali quelle conseguenti ad atti delle autorità giudiziaria emanati in forza di disposizioni di legge). Da tenere presente poi è anche la giurisprudenza della Corte costituzionale italiana che, ad esempio con la sentenza n. 126 del 1985 ha riconosciuto il diritto alla “pacifica manifestazione del dissenso dei militari nei confronti dell’autorità militare.

 

La medesima legge ha anche provveduto, all’articolo 18,  all’istituzione di un sistema di rappresentanze autonome (un organo centrale, a carattere nazionale e interforze COCER; un organo intermedio presso gli alti comandi COIR; un organo di base presso le unità a livello minimo compatibile con la struttura di ciascuna forza armata o corpo armato COBAR) dei militari, che, in base al successivo articolo 19, hanno competenza in materia diformulazione di pareri, di proposte e di richieste su tutte le materie che formano oggetto di norme legislative o regolamentari circa la condizione, il trattamento, la tutela - di natura giuridica, economica, previdenziale, sanitaria, culturale e morale - dei militari.”

 

La direzione politico-strategica delle Forze armate

 

In conformità con il dettato costituzionale, il punto di raccordo tra ordinamento militare e istituzioni democratico-rappresentative è dato dal Ministero della difesa, da cui dipendono infatti non soltanto gli organi amministrativi del Ministero ma anche il Capo di stato maggiore della difesa, che è responsabile verso il Ministro della difesa.

 

Il Ministero della difesa è stato istituito con il Decreto del Capo provvisorio dello Stato 4 febbraio 1947, n. 17 a seguito dell’unificazione dei ministeri della guerra, della marina e dell’aereonautica preesistenti e successivamente regolato con decreto ministeriale 10 maggio 1947, n. 306. L’attuale disciplina, contenuta all’articolo 20 del decreto legislativo n. 300 del 1999, recante riforma dell’organizzazione del Governo, attribuisce al Ministero della difesa “le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di difesa e sicurezza militare dello Stato, politica militare e partecipazione a missioni a supporto della pace, partecipazione ad organismi internazionali di settore, pianificazione generale e operativa delle forze armate e interforze, pianificazione relativa all'area industriale di interesse della difesa”. Ai sensi del successivo articolo 22 sotto la vigilanza del Ministro della difesa è posta l’Agenzia industria difesa, organismo di diritto pubblico istituito per la gestione unitaria delle unità produttive ed industriali della difesa.

Inoltre, in base all’articolo 1 della legge n. 25 del 1997 in materia di attribuzioni del Ministro della difesa, ristrutturazione dei vertici delle Forze armate e dell’amministrazione della difesa, il Ministro della difesa, “attua le deliberazioni in materia di difesa e sicurezza adottate dal Governo, sottoposte all'esame del Consiglio supremo di difesa e approvate dal Parlamento; emana le direttive in merito alla politica militare, all'attività informativa e di sicurezza ed all'attività tecnico-amministrativa;  partecipa direttamente o tramite un suo delegato a tutti gli organismi internazionali ed europei competenti in materia di difesa e sicurezza militare o le cui deliberazioni comportino effetti sulla difesa nazionale; approva la pianificazione generale e operativa interforze con i conseguenti programmi tecnico-finanziari, nonché la pianificazione relativa all'area industriale, pubblica e privata, di interesse della Difesa”. In base all’articolo 3della medesima legge il Capo di stato maggiore della difesa è il “responsabile della pianificazione, della predisposizione e dell'impiego delle Forze armate nel loro complesso; predispone, sentiti i Capi di stato maggiore di Forza armata e il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, in relazione ai compiti militari dell'Arma la pianificazione generale finanziaria e quella operativa interforze e definisce i conseguenti programmi tecnico-finanziari; assicura i rapporti con le corrispondenti autorità militari degli altri Stati”

 

            L’attività di direzione politico-strategica delle Forze armate è quindi sottoposta al controllo del Parlamento, nell’ambito del rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento.

Forme di controllo parlamentare

 

La legge n. 25 del 1997, nel disciplinare le attribuzioni del Ministro della difesa già prevede alcuni specifici obblighi di informazione generale del Ministro della difesa nei confronti del Parlamento. Sede specifica per l’adempimento di questi obblighi è individuata nell’ambito dell’esame in sede consultiva da parte delle Commissioni difesa dello stato di previsione del Ministero nell’ambito del disegno annuale di bilancio: tale esame diviene l’occasione per un dibattito di carattere generale sulla politica della difesa. Infatti, in particolare, l’articolo 2 prevede che il Ministro, in sede di presentazione annuale dello stato di previsione del Ministero della difesa, illustri al Parlamento:

 

a) l'evoluzione del quadro strategico e le implicazioni militari della situazione delle alleanze;

 

b) l'evoluzione degli impegni operativi interforze, con riguardo alla capacità operativa ed alla preparazione delle Forze armate ed al loro necessario adeguamento;

 

c) le previsioni di spesa inquadrate nella manovra prevista dalla legge finanziaria;

 

d) la ripartizione delle risorse finanziarie per impegni operativi, amministrativi e per settore di spesa ed i suoi riflessi sulla preparazione delle Forze armate;

 

e) lo stato di attuazione dei programmi di investimento e le misure di ristrutturazione e riqualificazione dello strumento militare, con illustrazione del rapporto fra costi ed efficacia delle misure medesime.

 

Organi parlamentari specifici predisposti al controllo delle Forze armate sono le Commissioni difesa di Camera e Senato. Per quel che concerne nello specifico la Camera, la Commissione difesa, in base alla circolare del Presidente della Camera dei deputati del 16 ottobre 1996, ha competenza in materia di difesa, l’ordinamento delle forze armate, lo stato giuridico ed economico del personale militare, la dotazione di personale e mezzi delle forze armate, la politica degli armamenti e le questioni relative all’impiego delle forze armate in funzioni di tutela dell’ordine pubblico, ferma restando la competenza della I Commissione in materia di ordine pubblico e polizia di sicurezza.

 

Va tuttavia tenuto presente che, per quanto riguarda il personale militare, la materia del relativo trattamento previdenziale è attribuita alla competenza della XI Commissione e che le questioni di politica estera connesse a tematiche inerenti alla sicurezza nazionale e alla difesa o, comunque, all'impiego delle forze armate anche al di fuori del territorio nazionale sono deferite alle Commissioni riunite III e IV.

Inoltre, ferma restando la competenza della IV Commissione sulla politica degli armamenti, la vendita di armi all’estero è attribuita alla competenza della III Commissione, mentre quella in materia di industria bellica è assegnata alla X Commissione.

 

Analoghe sono le competenze della Commissione difesa del Senato.

 

Di particolare rilevanza risulta la competenza delle Commissioni difesa di Camera e Senato in materia di politica degli armamenti. Infatti, in quest’ambito, in base alla legge n. 436 del 1988, si distinguono i programmi relativi al rinnovamento e all’ammodernamento dei sistemi d’arma, delle opere, dei mezzi e dei beni direttamente destinati alla difesa nazionale, che, in quanto finanziati con stanziamenti di carattere straordinario, devono essere approvati mediante un apposito atto legislativo, dai programmi che, invece, essendo finanziabili attraverso gli ordinari stanziamenti di bilancio, devono essere approvati con decreto del Ministro della difesa. Per questi ultimi considerato che in mancanza dell’intervento legislativo i programmi sfuggirebbero al vaglio parlamentare, si prevede che il relativo decreto di approvazione – salvo che per il mantenimento delle dotazioni o per il ripianamento delle scorte – sia trasmesso alle competenti Commissioni parlamentari, ai fini dell’espressione di un parere non vincolante.

 

Su questa materia è peraltro in corso, presso la IV Commissione difesa della Camera un’indagine conoscitiva sull’acquisizione dei sistemi d’arma, delle opere e dei mezzi direttamente destinati alla difesa nazionale, a venti anni dall’entrata in vigore della legge 4 ottobre 1988, n. 436.

La partecipazione delle Forze armate alle missioni internazionali

Nel corso degli ultimi decenni la partecipazione delle forze armate italiane a missioni militari all’estero di peace keeping, peace making, peace building e peace enforcement ha assunto una considerevole importanza, sia in considerazione del notevole incremento delle operazioni che hanno visto impegnati contingenti militari italiani, sia sotto il profilo del maggior impiego di uomini e di mezzi, connesso alla più complessa articolazione degli interventi ai quali l’Italia ha partecipato.

 

Da un punto di vista normativo, nel nostro ordinamento giuridico non esiste una legge ad hoc che disciplini organicamente la materia delle missioni all’estero, con la conseguenza che le citate operazioni sono di volta in volta regolate da specifici provvedimenti.

Per quanto riguarda, invece, l'inquadramento di queste operazioni nell'ordinamento costituzionale, la legittimità delle operazioni militari per mantenere o imporre la pace è stata finora individuata sulla base del parametro contenuto nella seconda parte dell’articolo 11 della Costituzione secondo il quale “l’Italia consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia tra le Nazioni”.

Per quanto riguarda, poi, le procedure interne al nostro ordinamento in forza delle quali è possibile pervenire all’adozione della decisione riguardante il coinvolgimento delle truppe italiane nell’ambito delle missioni militari oltreconfine, va rilevato che l’assenza di una disciplina costituzionale degli stati di crisi diversi dalla guerra intesa in senso classico e di una disciplina costituzionale dell’uso della forza militare in forma circoscritta e con obiettivi limitati, come avviene nelle missioni di pace all’estero, ha posto il problema relativo all’applicabilità alle missioni internazionali del procedimento previsto dagli articoli 78 e 87 della Costituzione[2].

Le due disposizioni, alle quali non si è mai fatto ricorso dopo l’entrata in vigore della Costituzione, implicano una deliberazione delle Camere e il conferimento al Governo dei poteri necessari (art. 78). Spetta invece al Presidente della Repubblica, che ha il comando delle Forze armate, dichiarare lo stato di guerra deliberato dalle Camere (art. 87, 9° comma).

 

Peraltro, nella prassi, la conclusione del dibattito parlamentare relativo ai vari interventi militari è avvenuta generalmente mediante l’approvazione di mozioni (partecipazione italiana alla missione internazionale nel 1987 per la protezione di navi mercantili nel Golfo persico, durante il conflitto Iran-Iraq), o risoluzioni in Assemblea (invio nel 1991 di una forza multinazionale per il ristabilimento dello status quo in Kuwait dopo l’invasione irachena), o risoluzioni in Commissione (partecipazione italiana alla missione navale nel Golfo persico del 1990-91 per il controllo dell’embargo ONU e per lo sminamento del Golfo).

In altri casi il Governo è ricorso allo strumento del decreto legge, soprattutto ai fini del finanziamento delle missioni militari, ma anche in modo da sollecitare la decisione parlamentare e, nello stesso tempo, la formulazione di un indirizzo politico sull’operazione.

In questo contesto la legge 18 febbraio 1997, n. 25[3] si è proposta di dare una risposta, sul piano organizzativo-procedimentale, alle diverse esigenze di difesa alle quali lo Stato è tenuto a fare fronte[4] .

A tal fine, nella citata legge al Governo sono riservate le deliberazioni in materia di sicurezza e difesa, le quali sono prima sottoposte al Consiglio supremo di difesa, poi approvate dal Parlamento ed infine attuate dal Ministro della difesa; al Ministro della difesa sono, invece, riservate le direttive nell’ambito della politica militare[5].

In relazione alla citata normativa occorre evidenziare che la Commissione difesa della Camera dei Deputati, con la risoluzione n. 7-1007 del 16 gennaio 2001, ha apportato ulteriori elementi di precisazione al vigente quadro normativo specificando, con riferimento all’indicato procedimento decisionale, la necessità dei seguenti  quattro passaggi procedurali:

 

    deliberazione governativa in ordine alla partecipazione alla missione di pace all’estero e conseguente informativa alle Camere;

    approvazione parlamentare (anche da parte di una sola Camera o delle Commissioni permanenti competenti) della deliberazione governativa;

    presentazione di un disegno di legge o emanazione di un decreto-legge contenente la copertura finanziaria della missione;

    adozione delle disposizioni attuative da parte della amministrazione militare.

 

Su questa materia sono in corso di esame, presso le Commissioni III Affari esteri e IV Difesa della Camera, tre proposte di legge (C. 1213 Cirielli, C. 1820 Garofani ed altri, C. 2605 Di Stanislao) recanti disposizioni in materia di missioni internazionali, volte a individuare una disciplina organica per l’impiego delle forze militari all’estero. Nell’ambito dell’istruttoria legislativa su questi provvedimenti, le due Commissioni hanno avviato un’indagine conoscitiva sulla materia.


Controllo democratico delle forze di polizia e di sicurezza

Relazioni al Parlamento

La Relazione al Parlamento sull’attività delle forze di polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata, che il Ministro dell’interno presenta ogni anno al Parlamento, costituisce lo strumento di informazione istituzionale attraverso cui, nel delineare un quadro generale della criminalità, si illustrano i risultati ottenuti e le strategie attuate nel settore della sicurezza.

A partire dalla Relazione per il 2003. il Ministro dell’interno ha ritenuto opportuno unificare in un solo documento quattro Relazioni:

a) la già citata Relazione sull’attività delle forze di polizia e sullo stato della sicurezza pubblica sul territorio nazionale (prevista dall’articolo 113 della legge 121/1981 Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza);

b) la Relazione sul fenomeno della criminalità organizzata e sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia (DIA) (ex articolo 5 del decreto-legge 345/1991 Disposizioni urgenti per il coordinamento delle attività informative e investigative nella lotta contro la criminalità organizzata);

c) la Relazione sui risultati raggiunti in materia di immigrazione e controllo alle frontiere (ex articolo 3 del decreto legislativo 286/1998 Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero);

d) la Relazione sui dati relativi alle iniziative in tema di sicurezza dei cittadini (ex articolo 17, comma 5 della legge. 128/2001 Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini).

La Relazione contiene anche in allegato il rapporto annuale della Direzione centrale per i servizi antidroga del Dipartimento della pubblica sicurezza, non previsto da disposizioni di legge.

Il nuovo documento ha assunto una numerazione negli atti parlamentari (Doc. CCXII) e una nuova denominazione: Relazione al Parlamento sull’attività delle Forze di Polizia, sullo stato dell’ordine e della sicurezza pubblica e sulla criminalità organizzata.

Con l’edizione riferita all’anno 2006, la Relazione è stata adattata al nuovo approccio di analisi avviato in ambito europeo con la redazione della Valutazione della Minaccia della Criminalità Organizzata nell’UE (O.C.T.A. - Organised Crime Threat Assessment). In tale ottica si è pertanto privilegiato l’approccio all’analisi strategica dei fenomeni criminali più rilevanti intercorsi nel periodo monitorato.

Indagini conoscitive e audizioni

I rappresentanti delle Forze di polizia e il Ministro dell’interno quale responsabile della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica ed autorità nazionale di pubblica sicurezza, possono essere auditi all’interno delle attività di indagine, informazione e controllo in Commissione. In particolare:

§         all’interno di Indagini conoscitive, deliberate dalle Commissioni parlamentari permanenti o dalle Commissioni bicamerali e d’inchiesta;

 

Si ricorda l’Indagine conoscitiva svolta dalla Commissione I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni) della Camera nel corso della XV Legislatura La I Commissione (Affari costituzionali) sullo stato della sicurezza in Italia, sugli indirizzi della politica della sicurezza dei cittadini e sull’organizzazione e il funzionamento delle Forze di polizia.

Il programma dell’indagine affronta le questioni legate alle politiche della sicurezza sotto diversi profili problematici. In prima istanza, l’indagine ha inteso offrire un’analisi puntuale dello stato della sicurezza in Italia, comparandolo con la collegata percezione del fenomeno da parte dei cittadini e raffrontando in ultimo la congruità e ragionevolezza tra i livelli di percezione e l’effettivo stato della criminalità. Uguale valore è stato assegnato alla ricognizione delle risorse umane e finanziarie destinate alle Forze di polizia, alla loro organizzazione e dislocazione sul territorio nonché all’analisi delle criticità ma anche dei nuovi moduli organizzativi di sicurezza integrata sperimentati con successo soprattutto nelle grandi e medie realtà urbane.

 

§         in singole audizioni deliberate a norma dell’articolo 143, secondo comma, del Regolamento della Camera e dell’articolo 48-bis del Senato. Tali audizioni possono essere deliberate nel corso dell’esame parlamentare di singoli disegni di legge al fine di fornire chiarimenti o approfondimenti.

 

In relazione all'esame parlamentare del decreto-legge n. 92 del 2008, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica (C1366 Governo, approvato dal Senato) si è svolta nel giugno 2008 l'audizione informale del Capo della Polizia, Antonio Manganelli.

Il controllo sull’attività di intelligence – Il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica

Il controllo sull’attività del comparto intelligence è affidato al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (COPASIR), Commissione cui spetta il compito di verificare in modo sistematico e continuativo che l’attività del Sistema di informazione per la sicurezza si svolga nel rispetto della Costituzione e delle leggi. La legge ha conferito al Comitato incisivi poteri di controllo e funzioni consultive, imponendo inoltre al Presidente del Consiglio specifici obblighi di comunicazione nei confronti del Comitato stesso.

Il COPASIR, presieduto da un esponente dell’opposizione, svolge periodicamente audizioni del Presidente del Consiglio dei ministri;dellAutorità delegata; dei ministri facenti parte del  Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica (CISR), e dei responsabili del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (DIS), dell'Agenzia informazioni e sicurezza esterna (AISE) e dell’Agenzia informazioni e sicurezza interna (AISI), nonché di persone non appartenenti al Sistema in grado di fornire informazioni utili alle funzioni di controllo. In casi eccezionali e con delibera motivata, il COPASIR può svolgere anche audizioni di dipendenti del Sistema, previa comunicazione al Presidente del Consiglio che può opporsi per giustificati motivi.

Il Comitato può acquisire documenti e informazioni sia dal Sistema di informazione per la sicurezza e dagli organi della pubblica amministrazione, sia in direzione dell’Autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, ai quali può richiedere copie di atti e documenti relativi a procedimenti ed inchieste in corso, anche in deroga al segreto di indagine.

Il COPASIR può anche accedere agli uffici del Sistema, dandone preventiva comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri che può differire l’accesso qualora vi sia pericolo di interferenza con operazioni in corso e all’archivio centrale del DIS per verificare la documentazione di spesa relativa alle operazioni concluse delle Agenzie

Il COPASIR esprime un parere preventivo non vincolante sugli schemi dei regolamenti di attuazione della legge di riforma, su quelli di modifica, e su ogni altro schema di decreto concernente l’organizzazione e lo stato del contingente speciale di DIS, AISE e AISI. Il Comitato è preventivamente informato delle nomine del Direttore generale e dei vice Direttori generali del DIS e dei Direttori e dei vice Direttori dell’AISE e dell’AISI.

Tra gli obblighi di comunicazione ai quali il Presidente del Consiglio dei ministri è tenuto nei confronti del Comitato, vi è, in primo luogo, la trasmissione di una relazione semestrale sull’attività di AISE e AISI, contenente un’analisi della situazione e dei pericoli per la sicurezza.

Se il COPASIR riscontra condotte che violano le norme sulle attività di informazione per la sicurezza, riferisce ai Presidenti delle Camere e informa il Presidente del Consiglio.

 

Ulteriori obblighi di comunicazione sono previsti in materia di:

 

§         gestione finanziaria e del personale del DIS e delle Agenzie 

§         segreto di Stato; 

§         istituzione di nuovi archivi di DIS, AISE e AISI; 

§         operazioni concluse dalle Agenzie per le quali si è fatto ricorso alle garanzie funzionali o ad attività di intercettazioni autorizzate;  

§         adozione di regolamenti e direttive del Presidente del Consiglio dei ministri che riguardano le materie di competenza del Comitato.

Il Comitato presenta una relazione annuale al Parlamento per riferire sull'attività svolta e per formulare proposte o segnalazioni su questioni di propria competenza. Nel corso dell’anno può anche trasmettere alle Camere informative e relazioni urgenti.

Controllo in materia di Unità nazionale Europol (Ufficio europeo di polizia) e cooperazione transfrontaliera nell’ambito dell’attuazione del Trattato Prum

La legge 93/1998, con la quale è stata ratificata ed eseguita la Convenzione Europol istitutiva dell'Ufficio europeo di Polizia, ha attribuito al Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen, di vigilanza sull'attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione, funzioni di vigilanza sull'Unità nazionale Europol, secondo modalità definite dal Regolamento interno del Comitato. La medesima legge ha altresì previsto che al Comitato sia trasmessa annualmente dal Governo una relazione sull'attuazione della Convenzione Europol, per la quale tuttavia non sono previste specifiche procedure di esame. La legge 182/1999, che ratifica e dà esecuzione al Protocollo relativo ai privilegi e alle immunità di Europol stabilisce che detta relazione governativa comprenda anche le informazioni essenziali e le valutazioni del Governo concernenti i privilegi e le immunità di cui beneficia il personale di Europol.

La  legge 85/2009 sancisce l’adesione della Repubblica italiana al Trattato di Prum al fine di rafforzare la cooperazione transfrontaliera nella lotta ai fenomeni del terrorismo, della immigrazione clandestina, della criminalità internazionale e transnazionale e di permettere lo scambio di informazioni concernenti dati informatici relativi a impronte digitali e dati genetici (DNA). La legge prevede, all’articolo 5, l’istituzione della banca dati nazionale del DNA e del laboratorio centrale per la Banca dati nazionale del DNA presso il Ministero dell’interno – Dipartimento Pubblica sicurezza. Contestualmente l’articolo 30 pone in capo al Ministro dell’interno un obbligo di comunicazione annuale al Parlamento: il Ministro dovrà, in particolare, informare il Comitato parlamentare Schengen – Europol – Immigrazione sullo stato di attuazione del Trattato di Prüm, con particolare riferimento agli accordi che potranno essere conclusi tra le competenti autorità amministrative degli Stati.

 



[1]    E. Rossi, Articolo 52, in Commentario alla Costituzione, rapporti politici, tomo I, fondato da G. Branca e continuato da A. Pizzorusso, Zanichelli – Società editrice del Foro italiano, Bologna-Roma 1992

[2]    A questo proposito si ricorda che il progetto elaborato dalla Commissione bicamerale per le riforme costituzionali aveva adottato una disposizione secondo cui l’impiego delle Forze armate fuori dai confini nazionali doveva essere deliberato dalla Camera dei deputati su proposta del Governo.

[3]    La legge reca Attribuzioni del Ministro della difesa, ristrutturazione dei vertici delle Forze armate e dell'Amministrazione della difesa.

[4]    Cfr. De Vergottini, Guerra e costituzione. Nuovi conflitti e sfide alla democrazia, Bologna, 2004, p. 301-326.

[5]    In particolare, ai sensi del comma 1 dell’articolo 1 della legge n. 25 del 1997, “il Ministro della difesa, preposto all'amministrazione militare e civile della difesa e massimo organo gerarchico e disciplinare, attua le deliberazioni in materia di difesa e sicurezza adottate dal Governo, sottoposte all'esame del Consiglio supremo di difesa e approvate dal Parlamento”.