Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento finanze | ||
Titolo: | Integrazioni al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, e al D.Lgs. 1° settembre 1993, n. 385, nonché modifiche alla L. 31 luglio 1997, n. 249 (Commissioni bancarie) | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 631 | ||
Data: | 07/05/2012 | ||
Organi della Camera: | VI-Finanze |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Integrazioni al D.L. 24 gennaio 2012, n. 1,
convertito, con modificazioni, dalla L. 24 marzo 2012, n. 27, e al D.Lgs. 1°
settembre 1993, n. 385, nonché modifiche alla L. 31 luglio 1997, n. 249
D.L. 29/2012 – A.C. 5178 |
Schede di lettura |
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n. 631 |
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7 maggio 2012 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Finanze ( 066760-9496 – * st_finanze@camera.it |
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Schede di lettura
§ Articolo 1, commi 1, lettera a) e commi da 1-bis a 1-quater (Commissioni bancarie) 3
§ Articolo 1, comma 1, lettera b) (Osservatorio sull’erogazione del credito).. 10
§ Articolo 1, comma 1-quinquies (“Rating” di legalità delle imprese).............. 15
§ Articolo 1, comma 2 (soppresso) (Misure in materia previdenziale)........... 18
§ Articolo 1, comma 2-bis (Nomine AGCOM)................................................ 20
§ Articolo 2 (Entrata in vigore)......................................................................... 23
1. All’articolo 27-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: “stipulate” in violazione delle disposizioni applicative dell’articolo 117-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n.385, adottate dal Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio al fine di rendere i costi trasparenti e immediatamente comparali»;
1-bis. Al comma 1 dell'articolo 117-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dopo le parole: "L'ammontare della commissione", sono inserite le seguenti: ", determinata in coerenza con la delibera del CICR anche in relazione alle specifiche tipologie di apertura di credito e con particolare riguardo per i conti correnti,".
1-ter. La commissione di cui al comma 2 dell'articolo 117-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 non si applica alle famiglie consumatrici titolari di conto corrente, nel caso di sconfinamenti pari o inferiori a 500 euro in assenza di affidamento ovvero oltre il limite di fido, per un solo periodo, per ciascun trimestre bancario, non superiore alla durata di sette giorni consecutivi.
1-quater. Al comma 4 dell'articolo 117-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dopo le parole: "disposizioni applicative del presente articolo" sono inserite le seguenti: ", ivi comprese quelle in materia di trasparenza e comparabilità,".
L'articolo 1 al comma 1 reca modifiche all'articolo 27-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1 (c.d. «decreto liberalizzazioni»). In sostanza, la norma dispone che la nullità delle clausole che prevedono commissioni per le banche per la concessione di linee di credito, anche nel caso di sconfinamenti, si applichi solo a quelle stipulate in violazione delle disposizioni adottate dal CICR in applicazione dell'articolo 117-bis del TUB. Con riferimento alla commissione di istruttoria veloce, si è inoltre stabilito che essa non si applica alle famiglie consumatrici titolari di conto corrente, nel caso di sconfinamenti pari o inferiori a 500 euro in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, per un solo periodo, per ciascun trimestre bancario, non superiore a sette giorni consecutivi.
Analisi normativa
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione chiarisce che l’intervento con decretazione d’urgenza si rende necessario ed urgente allo scopo di completare e rendere funzionale la disciplina in materia di nullità delle clausole bancarie contenuta nel citato decreto-legge.
Poiché il decreto-legge in esame è entrato in vigore contemporaneamente (il giorno 25 marzo 2012) alla legge di conversione del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, che va a modificare, il testo della norma in esame appare tale da evitare l'entrata in vigore della norma oggetto di modifica nel testo approvato con la legge di conversione.
L'articolo 1, comma 1, lettera a),modifica il comma 1 dell'articolo 27-bis del decreto-legge n.1 del 2012, al fine di precisare che la nullità delle clausole che prevedono remunerazioni per le banche per la concessione di linee di credito, nonché in caso di sconfinamenti, riguarda le sole clausole stipulate in violazione delle disposizioni adottate in materia dal Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) ai sensi dell’articolo 117-bis del decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385 (TUB). Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato inoltre che le disposizione attuative del CICR sono adottate al fine di rendere i costi trasparenti e immediatamente comparabili.
L’articolo 27-bis del decreto-legge n. 1 del 2012, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, aveva disposto la nullità delle clausole, comunque denominate, inserite nei contratti bancari che prevedano commissioni a favore delle banche a fronte di:
§ concessione di linee di credito;
§ messa a disposizione delle medesime e loro mantenimento in essere;
§ utilizzo di linee di credito anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento, ovvero oltre il limite del fido.
La remunerazione delle linee di credito ha costituito oggetto negli ultimi anni di numerosi interventi normativi. In particolare il decreto legge n. 201 del 2011 (articolo 6-bis, inserito dalla legge di conversione n. 214 del 2011) ha previsto una nuova disciplina della remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, introducendo l’articolo 117-bis nel Testo unico bancario (D.Lgs. n. 385 del 1993).
A seguito delle modifiche introdotte, i contratti di apertura di credito, quali unici oneri a carico del cliente, possono prevedere (comma 1):
§ una commissione omnicomprensiva, calcolata in maniera proporzionale rispetto alla somma messa a disposizione del cliente e alla durata dell’affidamento, il cui ammontare non può superare lo 0,5 per cento, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente;
§ un tasso di interesse debitore sulle somme prelevate.
Nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento, ovvero oltre il fido, relativamente ai contratti di apertura di credito e di conto corrente è prevista l’applicazione (comma 2):
§ di una c.d. “commissione di istruttoria veloce”, determinata in misura fissa, espressa in valore assoluto, commisurata ai costi;
§ di un tasso di interesse debitore sull'ammontare dello sconfinamento.
Sono nulle ex lege le clausole che prevedano oneri diversi o non conformi a quelli previsti dalle norme: tale nullità non si estende al contratto.
Le norme di attuazione sono affidate a una delibera del CICR che può tra l’altro estendere l’applicazione dell’articolo 117-bis ad altri contratti per i quali si pongano analoghe esigenze di tutela del cliente. Lo stesso CICR prevede i casi in cui, in relazione all’entità e alla durata dello sconfinamento, non è dovuta la commissione di istruttoria veloce.
In materia, si ricorda che sino alla fine del 2008 vigeva, per gli affidamenti in conto corrente e per i conti non affidati, in caso di saldo negativo, un sistema di commissioni che si aggiungevano al tasso debitore, dette di “massimo scoperto”. Tale strumento consentiva di remunerare l’intermediario dell’onere di fronteggiare l’utilizzo di somme oltre il fido accordato (ovvero in assenza di fido) al cliente sul conto corrente. Le commissioni erano solitamente determinate applicando la percentuale pattuita contrattualmente al livello massimo di utilizzo del fido o di scoperto in conto raggiunto nel periodo di rendicontazione (normalmente trimestrale), indipendentemente dalla durata di tale utilizzo/scoperto.
In seguito, l’articolo 2-bis del D.L. n. 185 del 2008 ha previstola nullità a determinate condizioni di alcune clausole bancarie particolarmente onerose per il cliente, tra cui la clausola di massimo scoperto. Alla luce delle suddette norme, tale clausola era nulla ove il saldo del cliente risultasse a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni, ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido.
Il citato articolo 2-bis, al comma 1 (abrogato dall’articolo 27, comma 4, del D.L. n. 1 del 2012), disponeva la nullità anche delle clausole che prevedevano una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, nonché quelle che prevedevano una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente. La nullità non operava se il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme era predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente, e purché fosse specificatamente evidenziato e rendicontato al cliente con cadenza massima annuale, con l'indicazione dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta salva comunque la facoltà di recesso del cliente in ogni momento.
Alcuni limiti della disciplina del D.L. n. 185 del 2008 hanno impedito tuttavia il pieno conseguimento delle finalità da essa perseguite. Le principali criticità si appuntavano sugli sconfinamenti oltre il fido o in assenza di fido, posto che la legge vietava per essi la commissione di massimo scoperto ma non delineava in positivo le caratteristiche di chiarezza che la remunerazione del servizio avrebbe dovuto avere. Sostanzialmente le banche hanno introdotto spese di vario genere (denominate ad esempio: “commissione per istruttoria urgente”, “commissione per scoperto di conto”, “recupero spese per ogni sospeso”, “commissione manca fondi”, “onere per passaggio a debito nel trimestre”) a compensare l’eliminazione della commissione di massimo scoperto. La Banca d’Italia e l’Autorità Garante per la concorrenza ed il mercato hanno evidenziato, sin dalla fase di prima applicazione, tali comportamenti delle banche che, corretti da un punto di vista formale, non erano in linea con lo spirito della normativa: essi si risolvevano sovente nell’applicazione di voci di costo complesse, opache, difficilmente comparabili; molti clienti lamentavano oneri inaspettati e sproporzionati.
Il D.L. n. 78 del 2009, all’articolo 2, comma 2, allo scopo di accelerare e rendere effettivi i benefici derivanti dal divieto della commissione di massimo scoperto, ha successivamente previsto che l’ammontare del corrispettivo omnicomprensivo per il servizio di messa a disposizione delle somme (per i rapporti affidati) non può superare lo 0,50%, per trimestre dell’importo dell’affidamento, a pena di nullità della clausola contrattuale che stabilisce la commissione.
Al fine di superare le criticità descritte il citato decreto legge n. 201 del 2011 ha quindi introdotto una nuova disciplina della remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti, inserendola nell’ambito del TUB, con il nuovo articolo 117-bis. In base alle nuove regole per gli affidamenti continua a essere consentita esclusivamente l’applicazione della commissione onnicomprensiva per la messa a disposizione dei fondi, che non può eccedere lo 0,5 per cento dell’accordato per trimestre. È stata, invece, del tutto vietata la commissione di massimo scoperto, prima ammessa a certe condizioni in alternativa alla commissione per la messa a disposizione dei fondi.
L’innovazione principale ha riguardato gli sconfinamenti in assenza di fido e gli utilizzi extrafido. Con la nuova disciplina è consentita solo una commissione volta a remunerare l’istruttoria veloce che di solito precede l’autorizzazione dello sconfinamento. In ogni caso può essere applicato, ovviamente, il tasso di interesse sulle somme utilizzate dal cliente.
Successivamenteil D.L. n. 1 del 2012 (articolo 27) ha stabilito che le delibere del CICR attuative della disciplina in materia di remunerazione di banche e intermediari per affidamenti e sconfinamenti, contenuta dall’articolo 117-bis del TUB, devono essere adottate entro il 31 maggio 2012. Si prevede, inoltre, che la complessiva disciplina entri in vigore non oltre il 1º luglio successivo.
Le banche e gli intermediari devono adeguare i contratti in corso alla disciplina in materia di affidamenti e sconfinamenti entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della delibera CICR.
L’ultimo comma dell’articolo 27 del D.L. n. 1 del 2012 ha abrogato espressamente i commi 1 e 3 del sopra citato articolo 2-bis del D.L. n. 185 del 2008 che sanciva la nullità ex lege di alcune clausole contrattuali onerose per il cliente bancario, relative ad affidamenti e sconfinamenti, in considerazione della nuova disciplina prevista dall’articolo 117-bis del TUB.
Il Direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, in audizione al Senato nel corso dell’iter di conversione del decreto legge in esame, ha dichiarato che la disciplina sopra descritta coniuga in maniera adeguata le istanze di chiarezza, comparabilità ed equità, sollevate da più parti negli ultimi anni, con l’esigenza di remunerare correttamente gli intermediari per i servizi prestati. La maggiore confrontabilità delle offerte dovrebbe potenziare la concorrenza, così ampliando le possibilità di scelta per la clientela e incentivando l’efficienza operativa delle banche, nel rispetto della loro autonomia imprenditoriale.
Il rinvio alla regolamentazione secondaria del CICR per gli aspetti più tecnici, in linea con l’impostazione generale del Testo unico bancario, costituisce uno dei tratti qualificanti della nuova disciplina. Ciò dovrebbe consentire di individuare soluzioni tarate sulla base di un’approfondita analisi di impatto e di evitare incertezze interpretative.
Sulla nuova disciplina sopra descritta è intervenuto l’articolo 27-bis del decreto-legge n. 1 del 2012, inserito durante l’esame del provvedimento al Senato, il quale ha disposto la nullità di tutte le clausole, comunque denominate, che prevedano commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido.
In proposito, nella medesima audizione, la Banca d’Italia ha osservato che, da un punto di vista economico, il divieto di commissioni su linee di credito e sconfinamenti appariva eccessivamente radicale, in quanto non tutti i rischi e le attività connessi con i finanziamenti possono essere correttamente remunerati con il solo tasso di interesse; è stato evidenziato, inoltre, il mancato coordinamento con la disciplina poco prima introdotta nel Testo unico bancario, quantomeno per le aperture di credito e gli sconfinamenti.
Si evidenzia che nel corso del procedimento di conversione del decreto-legge n.1 del 2012 alla Camera dei Deputati è stato presentato e accolto dal Governo un ordine del giorno (n. 9/5025/202 Fluvi, Saglia, Lulli, Cera, Bernardo, Polidori, seduta n. 609 della Camera dei Deputati del 22 marzo 2012) che impegna il Governo, tra l'altro, ad emanare in tempi rapidi, e comunque tali da minimizzare gli effetti derivanti dall'entrata in vigore della disposizione di cui all'articolo 27-bis, un provvedimento finalizzato a coordinare la disciplina della citata disposizione con quanto già previsto dall'articolo 117-bis del decreto legislativo n. 385 del 1993, a tal fine prevedendo che la nullità delle clausole dei contratti bancari si applichi alle linee di credito non conformi a quanto previsto dalla delibera CICR di cui al comma 4 dello stesso articolo 117-bis.
Il comma 1, lettera a), del provvedimento in esame, in attuazione di quanto contenuto nell’atto di indirizzo citato, dispone che la nullità delle clausole che prevedono commissioni per le banche per la concessione di linee di credito, anche nel caso di sconfinamenti, si applichi solo a quelle stipulate in violazione delle disposizioni adottate dal CICR in applicazione dell'articolo 117-bis del TUB. Nel corso dell’esame al Senato è stato precisato, inoltre, che le disposizione attuative del CICR sono adottate al fine di rendere i costi trasparenti e immediatamente comparabili.
Con riferimento all’espressione “linee di credito” si segnala chel’Associazione Bancaria Italiana (ABI), nel corso delle audizioni al Senato sulla conversione del decreto in esame, ha fatto presente che essa potrebbe dar luogo a diverse interpretazioni sul perimetro di applicazione della norma. Secondo un’accezione corrente la disposizione si dovrebbe applicare quanto meno a: crediti per cassa (che prevedono un’immediata erogazione del credito); impegni di finanziamento (che prevedono un impegno ad una futura erogazione di credito) e ai crediti di firma (operazioni di fideiussione, avallo, accettazioni bancarie e conferme su lettere di credito documentario).
Si rammenta che le disposizione attuative del CICR, ai sensi dell’articolo 117-bis, possono prevedere che la norma si applichi, oltre che ai contratti di conto corrente e di apertura di credito, anche ad altri contratti per i quali si pongano analoghe esigenze di tutela. Il CICR, inoltre, prevede i casi in cui, in relazione all’entità e alla durata dello sconfinamento, non sia dovuta la commissione di istruttoria veloce.
Nel corso dell’esame al Senato sono stati aggiunti i commi 1-bis, 1-ter e 1-quater, i quali determinano alcuni aspetti della delibera del CICR. In particolare, attraverso una modifica al comma 4 dell’articolo 117-bis, è stato precisato che la delibera è adottata al fine di rendere i costi delle commissioni trasparenti e immediatamente comparabili. Pertanto essa deve tener conto di tali finalità (comma 1-quater).
Con riferimento alla commissione omnicomprensiva per i contratti di apertura di credito (affidamento: art.117-bis, comma 1), il comma 1-bis, attraverso una modifica al comma 1 dell’articolo 117-bis, precisa che il suo ammontare deve essere determinato in coerenza con la delibera del CICR anche in relazione alle specifiche tipologie di apertura di credito e con particolare riguardo peri conti correnti. Si ricorda che ai sensi dell’articolo 117-bis, comma 1, tale commissione non può superare lo 0,5 per cento, per trimestre, della somma messa a disposizione del cliente.
Con riferimento alla commissione di istruttoria veloce (sconfinamenti: art. 117-bis, comma 2), il comma 1-ter dispone che essa non si applica alle famiglie consumatrici titolari di conto corrente, nel caso di sconfinamenti pari o inferiori a 500 euro in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido, per un solo periodo, per ciascun trimestre bancario, non superiore a sette giorni consecutivi.
Si segnala, al riguardo, che né il Testo unico bancario né il Codice del consumo prevedono la definizione di “famiglia consumatrice”: essi utilizzano piuttosto quella di “consumatore”.
Sotto il profilo della formulazione del testo, si osserva che la modifica introdotta al comma 1-ter - al contrario delle altre modifiche - non si inserisce nel quadro dell’articolo 117 del TUB come modificato dal provvedimento in esame, ma reca un rinvio normativo che non contribuisce alla chiarezza della disposizione introdotta.
Articolo 1, comma
1, lettera b)
(Osservatorio sull’erogazione del credito)
1. All’articolo 27-bis del decreto-legge 24 gennaio 2012, n.1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, sono apportate le seguenti modificazioni:
b) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
«1-bis. È costituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, senza oneri per la finanza pubblica e avvalendosi delle strutture del predetto Ministero, un Osservatorio sull'erogazione del credito e sulle relative condizioni da parte delle banche alla clientela, con particolare riferimento alle imprese micro, piccole, medie e a quelle giovanili e femminili, nonché sull'attuazione degli accordi o protocolli volti a sostenere l'accesso al credito dei medesimi soggetti. Nell'ambito di tali attività l'Osservatorio analizza anche tassi, commissioni e altre condizioni accessorie, articolando l'informazione a livello settoriale, geografico e dimensionale. All'Osservatorio partecipano due rappresentanti del Ministero dell'economia e delle finanze, di cui uno con funzioni di presidente, uno del Ministero dello sviluppo economico e uno della Banca d'Italia. Alle riunioni dell'Osservatorio partecipano altresì un rappresentate delle Associazioni dei consumatori indicato dal Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, un rappresentante dell'Associazione bancaria italiana, tre rappresentanti indicati dalle Associazioni delle imprese maggiormente rappresentative a livello nazionale e un rappresentante degli organismi di società finanziarie regionali. La partecipazione alle attività dell'Osservatorio non dà luogo alla corresponsione di compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese.
1-ter. L'Osservatorio monitora l'andamento dei finanziamenti erogati dal settore bancario e finanziario e delle relative condizioni con riguardo ai soggetti di cui al comma 1-bis. A tal fine, l'Osservatorio può richiedere alla Banca d'Italia, anche su base periodica, dati sui finanziamenti erogati e sulle relative condizioni applicate. L'Osservatorio semestralmente elabora le segnalazioni e le informazioni ricevute, analizza l'attuazione di accordi e protocolli volti a sostenere l'accesso al credito e formula eventuali proposte in un "Dossier sul credito" che viene messo a disposizione delle istituzioni e dei soggetti interessati.
1-quater. L'Osservatorio promuove la formulazione delle migliori prassi per la gestione delle pratiche di finanziamento alle imprese, alle famiglie e ai consumatori volte a favorire un miglioramento delle condizioni di accesso al credito, in relazione alle specifiche situazioni locali;
1-quinquies. Ove lo ritenga necessario e motivato, il prefetto segnala all'Arbitro bancario finanziario, istituito ai sensi dell'articolo 128-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, specifiche problematiche relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari. La segnalazione avviene a seguito di istanza del cliente in forma riservata e dopo che il prefetto ha invitato la banca in questione, previa informativa sul merito dell'istanza, a fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del credito. L'Arbitro si pronuncia non oltre trenta giorni dalla segnalazione.».
Sintesi ed effetti
L'articolo 1, comma 1, lettera b),aggiunge all’articolo 27-bis del decreto-legge n. 1 del 2012 quattro commi (1-bis, 1-ter, 1-quater e 1-quinquies) con cui viene disciplinata la costituzione e l’attività dell’Osservatorio sull’erogazione del credito e sulle relative condizioni da parte delle banche alla clientela, con particolare riferimento alle imprese micro, piccole, medie e a quelle giovanili e femminili, nonché sull'attuazione degli accordi o protocolli volti a sostenere l'accesso al credito dei medesimi soggetti.
Analisi normativa
Il comma 1-bis prevede l'istituzione di un Osservatorio sull’erogazione del credito da parte delle banche alla clientela, con particolare riferimento alle imprese micro, piccole, medie e a quelle giovanili e femminili, nonché sull'attuazione degli accordi o protocolli volti a sostenere l'accesso al credito dei medesimi soggetti.
Si evidenzia che, analogamente a quanto osservato in relazione al contenuto della precedente lettera a), anche la disposizione in esame riprende quanto previsto da ordini del giorno formulati alla Camera nel corso del procedimento di conversione del decreto-legge n. 1 del 2012. Si ricorda che il già citato ordine del giorno 9/5025/202 impegna il Governo, tra l'altro, a costituire al più presto un Tavolo di lavoro con l'ABI, le altre Associazioni rappresentative, il MEF e il Ministero dello sviluppo economico per valutare l'efficacia delle iniziative previste nell'Accordo del 28 febbraio 2012 e dell'accordo ABI-CDP del 6 marzo, entrambi volti a sostenere l'accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese e a creare le condizioni per il superamento delle attuali situazioni di criticità.
L'Osservatorio è costituito, entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione, presso il MEF avvalendosi delle relative strutture e senza oneri per la finanza pubblica. All’Osservatorio partecipano:
§ due rappresentanti del MEF (di cui uno con funzioni di presidente);
§ un rappresentante del Ministero dello sviluppo economico;
§ un rappresentante della Banca d’Italia;
§ un rappresentante delle Associazioni dei consumatori (indicato dal Consiglio nazionale consumatori e utenti, istituito ai sensi dell’articolo 136 del Codice del consumo, D.Lgs. n. 206 del 2005);
§ un rappresentante dell’ABI;
§ tre rappresentanti indicati dalle associazioni delle imprese maggiormente rappresentative a livello nazionale;
§ un rappresentante degli organismi di società finanziarie regionali.
I componenti non hanno diritto a compensi, emolumenti, indennità o rimborsi spese.
Si segnala che non sembrano agevolmente individuabili le associazioni delle imprese maggiormente rappresentative a livello nazionale e gli organismi di società finanziarie regionali.
Nella formulazione iniziale del testo, l’Osservatorio era indirizzato all’erogazione del credito solo verso le imprese, con particolare riferimento a quelle piccole e medie, e all’attuazione degli accordi o protocolli volti a sostenere l’accesso al credito delle medesime imprese. Con riferimento alla sua composizione era previsto la partecipazione solo dei rappresentanti dei Ministeri e della Banca d’Italia, mentre potevano essere invitate, senza diritto di voto, l’ABI e le associazioni delle imprese e di categoria. Nel corso delle audizioni al Senato le associazioni dei consumatori hanno evidenziato l’opportunità di prevedere espressamente la presenza di rappresentanti dei consumatori.
I commi 1-ter e 1-quater individuano le competenze dell'Osservatorio, il quale:
§ monitora l'andamento dei finanziamenti erogati e delle relative condizioni dal settore bancario e finanziario alla propria clientela, in particolare alle imprese micro, piccole, medie e a quelle giovanili e femminili; può richiedere alla Banca d'Italia, anche su base periodica, dati sui finanziamenti erogati e sulle relative condizioni applicate;
§ elabora le segnalazioni e le informazioni ricevute;
§ analizza l'attuazione di accordi e protocolli volti a sostenere l'accesso al credito;
§ formula eventuali proposte in un "Dossier sul credito" che viene messo a disposizione delle istituzioni e dei soggetti interessati;
§ promuove la formulazione delle migliori prassi per la gestione delle pratiche di finanziamento alle imprese, alle famiglie e ai consumatori volte a favorire un miglioramento delle condizioni di accesso al credito, in relazione alle specifiche situazioni locali.
Nel corso delle audizioni al Senato sul provvedimento in esame, con riferimento al comma 1-quater, il direttore generale della Banca d’Italia, Fabrizio Saccomanni, ha sollevato perplessità con riferimento all’espressione «specifiche situazioni locali»: tale disposizione, infatti, potrebbe indurre a ritenere che nell’erogazione del credito eventuali interessi locali di natura produttiva o occupazionale dovrebbero prevalere sui criteri aziendalistici di prudente allocazione. Se tale rischio si concretizzasse, risulterebbe pregiudicata l’efficace selezione delle iniziative imprenditoriali da finanziare, e quindi, indebolita la tutela della concorrenza ed il complessivo livello di efficienza del sistema economico. Potrebbe derivarne anche la lesione dei pertinenti parametri costituzionali e dei trattati europei.
Nella formulazione iniziale del testo, all’Osservatorio era attribuita una competenza più penetrante. In particolare poteva attivarsi, d’ufficio o su segnalazione delle imprese che lamentavano l’ingiustificata mancata concessione di un credito o la sua ingiustificata revoca, richiedendo informazioni alla Banca d’Italia, all’ABI e a singole banche al fine di valutare eventuali criticità nel procedimento di concessione dei finanziamenti. In tale ipotesi le banche interessate erano tenute a fornire tutti gli elementi utili, nonché a motivare le ragioni della revoca o della mancata concessione del credito.
Nel corso delle audizioni in Senato sul provvedimento in esame è stata evidenziata da parte del direttore generale della Banca d’Italia l’inopportunità di coinvolgere la Banca d’Italia nel funzionamento di meccanismi di pressione su singole banche in vista dell’erogazione di finanziamenti in favore di determinate controparti. Tale coinvolgimento avrebbe comportato l’assunzione di un ruolo eccentrico rispetto al carattere di “neutralità” di fronte agli interessi coinvolti che informa l’azione di vigilanza. L’attribuzione all’Osservatorio di poteri di accertamento miranti al riesame di «eventuali criticità» in singoli, specifici rapporti tra banche ed imprese, in relazione ai quali si assuma che la «mancata concessione di un credito o la sua… revoca» abbiano carattere «ingiustificato» appariva inopportuna e di dubbia legittimità, considerando la garanzia costituzionale della libertà di iniziativa economica.
Il comma 1-quinquies, aggiunto nel corso dell’esame al Senato, prevede che il Prefetto può attivare l’Arbitro bancario finanziario attraverso una segnalazione per specifiche problematiche relative ad operazioni e servizi bancari e finanziari, su istanza del cliente in forma riservata. Il Prefetto, dopo un’informativa sul merito dell’istanza, invita la banca a fornire una risposta argomentata sulla meritevolezza del credito. In seguito, il Prefetto può effettuare la relativa segnalazione all’ABF il quale si pronuncia non oltre trenta giorni dalla segnalazione.
Si osserva che appare preferibile che il termine per la pronuncia dell’Arbitro decorra dal ricevimento della segnalazione.
Si ricorda che l’articolo 12, comma 6, del decreto legge n. 185 del 2008 ha istituito gli Osservatori sul finanziamento all’economia. Sulla base di tale normativa i Prefetti svolgono un’attività di monitoraggio dei singoli casi di controversie che possono insorgere in merito all’erogazione del credito al fine di facilitare un riesame delle pratiche a un livello più elevato della struttura gerarchica della banca interessata.
Da quanto emerge dall’audizione della Banca d’Italia, la disposizione è rimasta sostanzialmente inattuata; si deve considerare, infatti, che poteri e strumenti simili non potrebbero essere attribuiti a nessuna autorità pubblica – tantomeno a quella di vigilanza – sia per l’impossibilità di introdurre indiscriminati obblighi giuridici a contrarre, sia per non indurre gli intermediari ad erogare credito in misura potenzialmente superiore alla capacità economico/reddituale del soggetto da finanziare.
L'Arbitro bancario finanziario è stato istituito ai sensi dell'articolo 128-bis del TUB, introdotto dalla legge 262/2005 (legge sul risparmio). Le banche e gli altri intermediari finanziari sono obbligati ad aderire a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con la clientela. Si tratta, pertanto, di un sistema di risoluzione delle controversie tra i clienti e le banche e gli altri intermediari finanziari articolato sul territorio nei collegi di Roma, Milano e Napoli.
Il Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) con Delibera del 29 luglio 2008 ha stabilito i criteri per svolgere le procedure di risoluzione delle controversie e ha affidato alla Banca d'Italia l'organizzazione e il funzionamento dei sistemi. La Banca d'Italia ha adottato le disposizioni di attuazione della Delibera del CICR.
In base alla normativa sull'ABF, se ritiene che l'intermediario abbia avuto un comportamento scorretto o poco trasparente, il cliente deve rivolgersi in prima battuta all'Ufficio Reclami istituito presso l'intermediario stesso, che è tenuto a rispondere entro 30 giorni. Se la risposta dell'intermediario non lo ha soddisfatto, il cliente può presentare ricorso all'Arbitro Bancario Finanziario, che deciderà sulla questione in pochi mesi.
L'Arbitro Bancario Finanziario decide per le controversie che riguardano operazioni e servizi bancari e finanziari di valore non superiore a 100 mila euro. Le sue decisioni non sono vincolanti come quelle del giudice, ma gli intermediari di solito le rispettano, anche perché la loro inadempienza è resa pubblica.
Ai sensi della legge che ha introdotto la mediazione obbligatoria, nella materia bancaria e finanziaria il ricorso all'ABF assolve la condizione di procedibilità per poter poi eventualmente rivolgersi al giudice. In particolare, il decreto legislativo sulla mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali (D.Lgs. n. 28 del 2010), in vigore dal 21 marzo 2011, stabilisce che per instaurare un procedimento civile in materia di contratti bancari e finanziari è necessario ricorrere preventivamente alla procedura di conciliazione/mediazione disciplinata dal medesimo decreto o alla procedura davanti all'ABF.
Va
tuttavia tenuto presente che l'ABF ha regole di competenza e di funzionamento
specifiche. Il procedimento davanti all'ABF può essere attivato esclusivamente
dal cliente, mentre il procedimento disciplinato dal decreto legislativo n. 28
del 2010 - quale quello, ad esempio, davanti al Conciliatore Bancario
Finanziario - può essere attivato sia dal cliente sia dall'intermediario. Per
quanto riguarda gli esiti, il procedimento davanti all'ABF si conclude con la
pronuncia di un organo cui è affidato il compito di decidere "chi ha torto
e chi ha ragione", mentre le procedure di mediazione/conciliazione si concludono
- in caso di successo - con un verbale di conciliazione della controversia, nel
quale le parti danno atto di aver raggiunto un accordo grazie all'opera del
mediatore. Mentre la pronuncia dell'ABF è priva di esecutività, il verbale di
conciliazione può essere omologato dal giudice e acquistare valore di titolo
esecutivo.
Articolo 1, comma
1-quinquies
(“Rating” di legalità delle imprese)
1-quinques. All'articolo 5-ter, comma 1, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27, le parole da: "alla elaborazione di un rating di legalità" fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: "alla elaborazione ed all'attribuzione, su istanza di parte, di un rating di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale che raggiungano un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza, secondo i criteri e le modalità stabilite da un regolamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Al fine dell'attribuzione del rating, possono essere chieste informazioni a tutte le pubbliche amministrazioni. Del rating attribuito si tiene conto in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario, secondo le modalità stabilite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione. Gli istituti di credito che omettono di tener conto del rating attribuito in sede di concessione dei finanziamenti alle imprese sono tenuti a trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta.".
Sintesi ed effetti
Il comma 1-quinquies dell’articolo 1 modifica la norma che ha introdotto la disciplina del rating di legalità delle imprese, prevedendone l’attribuzione su richiesta di parte e solo ad imprese che operano nel territorio nazionale con un fatturato minimo di due milioni. Un regolamento dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato e un decreto emanato dal MEF e dal MISE daranno successivamente attuazione alle disposizioni in esame.
Analisi normativa
Il comma 1-quinquies, introdotto nel corso dell’esame al Senato, modifica la norma che ha previsto i cosiddetti principi etici nei comportamenti aziendali di cui all’articolo 5-ter del D.L. n. 1/2012.
Più in particolare, viene previsto che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in raccordo con i Ministeri della Giustizia e dell’interno, elabori ed attribuisca, solo su istanza di parte, un rating di legalità per le imprese; tale attività, secondo le novità introdotte, non avverrà più d’ufficio
La norma specifica, altresì, innovando rispetto al testo dell’art. 5-ter del D.L. n. 1/2012, che la disposizione non si applica a tutte le imprese ma solo a quelle che rispecchiano determinate caratteristiche tra cui: operare nel territorio nazionale e raggiungere un fatturato minimo di due milioni di euro, riferito alla singola impresa o al gruppo di appartenenza.
Viene, inoltre, aggiunto che i criteri e le modalità attraverso cui attribuire il rating di legalità saranno stabiliti da un regolamento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge. Al fine dell'attribuzione del rating, possono essere chieste informazioni a tutte le pubbliche amministrazioni.
Viene, quindi, confermato che il rating attribuito sia rilevante in sede di concessione di finanziamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, nonché in sede di accesso al credito bancario, aggiungendo, però, che le relative modalità di valutazione saranno stabilite in un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro dello sviluppo economico entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
Viene, infine, aggiunto che gli istituti di credito che non tengono conto del rating attribuito alle singole imprese in sede di concessione dei finanziamenti dovranno trasmettere alla Banca d'Italia una dettagliata relazione sulle ragioni della decisione assunta.
Si ricorda che l'articolo 5-ter del D.L. 1/2012, convertito con modificazioni nella L. n. 27/2012, nella parte non modificata, attribuisce all'Autorità garante della concorrenza e del mercato il compito di segnalare al Parlamento le modifiche normative necessarie, e nella parte modificata, di elaborare, in raccordo con i ministeri della Giustizia e dell'Interno, un rating[1]di legalità per le imprese operanti nel territorio nazionale. Si tratta di tematiche che sono state affrontate in diverse sedi. A livello internazionale, l’Accordo di Basilea[2] ha introdotto questo strumento nei processi di valutazione delle banche, prescrivendo che per giudicare l'affidabilità di un debitore nel ripagare un debito contratto occorre un’analisi condotta non soltanto sulla base di dati quantitativi e contabili, ma anche valorizzando le informazioni di natura qualitativa dell’impresa. Nell’ordinamento interno il mondo dell’associazionismo ha elaborato convenzioni con la pubblica amministrazione in materia. Il 10 maggio 2010 è stato firmato il Protocollo di legalità tra il Ministero dell’Interno e Confindustria, che ha durata biennale e si indirizza a tutte le imprese italiane che vogliono aderire a principi di condotta rigorosi e collaborare sul territorio con le autorità pubbliche per migliorare i controlli sulle attività economiche. L’ambito oggettivo interessa non solo il settore dei lavori pubblici, ma tutti i contratti di appalto, pubblici e privati, per lavori, servizi e forniture, con impegni rigorosi riguardanti la scelta dei partner commerciali e la lotta al lavoro nero, nonché per la cooperazione ed i circuiti informativi tra mondo imprenditoriale e associativo e forze dell’ordine.
Articolo 1, comma
2 (soppresso)
(Misure in materia previdenziale)
2. All’articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, al comma 1 è aggiunto in fine il seguente periodo: «Resta in ogni caso fermo che ai fini previdenziali le disposizioni di cui al presente comma operano con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere dalla data di entrata in vigore del predetto decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri con riferimento ai soggetti che alla data del 22 dicembre 2011 abbiano maturato i requisiti per l’accesso al pensionamento, non siano titolari di altri trattamenti pensionistici e risultino essere percettori di un trattamento economico imponibile ai predetti fini superiore al limite stabilito dal presente comma, purché continuino a svolgere, fino al momento dell’accesso al pensionamento, le medesime funzioni che svolgevano alla predetta data.».
Si ricorda che durante l’esame al Senato il comma 2 dell’articolo 1 è stato soppresso.
Tale disposizione integrava l'articolo 23-ter del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201[3], che ha introdotto precisi limiti al trattamento economico annuo di chiunque riceve emolumenti o retribuzioni a carico delle finanze pubbliche.
In particolare, l’articolo 23-ter[4] del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici)[5], prevede la fissazione di un tetto al trattamento economico di chiunque riceva emolumenti o retribuzioni dalle pubbliche amministrazioni attraverso l’emanazione di un DPCM, previo parere delle Commissioni parlamentari, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
In base al comma 1 tale definizione va effettuata adottando come parametro massimo di riferimento il trattamento economico del Primo presidente della Corte di cassazione. Ai sensi di tale disposizione, il trattamento del Primo presidente della Corte di cassazione assume quindi la funzione di indice di riferimento costante per la definizione del trattamento economico di chiunque riceva a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell’ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo con pubbliche amministrazioni statali, compreso il c.d. personale non contrattualizzato. La disposizione specifica, poi, che il trattamento economico deve essere considerato onnicomprensivo, rientrando in esso le somme comunque erogate all’interessato a carico
del medesimo o di più organismi, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti da uno stesso organismo nel corso dell’anno.
Il comma 2 reca disposizioni riguardo alle somme che possono essere corrisposte ai dipendenti delle amministrazioni suddette che siano chiamati a svolgere funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, anche in posizione di fuori ruolo o di aspettativa, presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti: tali dipendenti - se conservano il trattamento economico riconosciuto dall’amministrazione di appartenenza - non possono ricevere, a titolo di retribuzione, indennità, o anche solo per il rimborso spese, più del 25% dell’ammontare complessivo del trattamento economico già percepito.
Il comma 3 precisa che, con lo stesso decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, di cui al comma 1, potranno essere previste deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni ed è fissato un tetto massimo a titolo di rimborso spese.
Inoltre, il comma 4 destina al fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato le risorse annualmente derivanti dall’applicazione dei commi precedenti.
In particolare, la disposizione soppressa specificava che, ai fini previdenziali, l’applicazione dei nuovi tetti retributivi operasse esclusivamente con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere dalla data di entrata in vigore del D.P.C.M. attuativo nei confronti dei soggetti i quali avessero già maturato i requisiti pensionistici alla data del 22 dicembre 2011 (data di approvazione della legge n. 214, di conversione del D.L. 201/2011), non fossero titolari di altri trattamenti pensionistici e continuassero a svolgere fino al momento dell'accesso al pensionamento le medesime funzioni che svolgevano alla data sopraindicata.
Si ricorda, infine, che sull’articolo 23-ter del D.L. 201/2011 sono attualmente in discussione presso le Commissioni riunite I (Affari Costituzionali) e XI (Lavoro) della Camera dei deputati le proposte di legge AC 4901 (che abroga l’articolo 23-bis, riunendo la disciplina dei limiti del trattamento economico onnicomprensivo di chiunque riceve a carico delle finanze pubbliche emolumenti o retribuzioni nell'ambito di rapporti di lavoro dipendente o autonomo) e AC 5035 (che mira ad estendere la platea dei soggetti pubblici destinatari della norma, amplia le somme da corrispondere ai soggetti pubblici chiamati a svolgere funzioni direttive, dirigenziali o equiparate, e introduce una disposizione di garanzia sul trattamento economico onnicomprensivo dei titolari e degli altri addetti degli uffici di diretta collaborazione, se interni all'amministrazione).
Articolo 1, comma
2-bis
(Nomine AGCOM)
2-bis. In ragione della necessità di coordinamento legislativo e di adeguamento tempestivo alle disposizioni dell’articolo 23, comma 1, lettera a), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, sono apportate le seguenti modificazioni all’articolo 1, comma 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249:
a) al secondo periodo e al quarto periodo, la parola: “quattro” è sostituita dalla seguente: “due”;
b) il quinto periodo è sostituito dal seguente: “Ciascun senatore e ciascun deputato esprime il voto indicando un nominativo per il consiglio”.
Sintesi ed effetti
Il comma 2-bis, introdotto nel corso dell’esame al Senato, interviene sui criteri di composizione e di nomina dei commissari dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM), i cui membri dovranno essere rinnovati nel corso del corrente mese di maggio. La modifica prevede che il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggano due (anziché quattro) commissari ciascuno e che pertanto ciascun senatore e ciascun deputato esprimail voto indicando un solo nominativo.
Analisi normativa
La composizione attuale dell’AGCOM è quella derivante dall’applicazione delle norme della legge istitutiva del 1997 e dalla legge n. 481 del 1995. Tali norme prevedevano che le due commissioni di cui si compone l’Autorità, cioè la Commissione per le infrastrutture e le reti e la Commissione per i servizi e i prodotti avessero quattro membri ciascuna, per un totale di otto, eletti in numero di quattro dal Senato della Repubblica ed in numero di quattro dalla Camera dei deputati.
L’art. 23, comma 1 del decreto legge n. 201 del 2011, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, come modificato dalla legge di conversione n. 214 del 22 dicembre 2011, ha recentemente disposto, al fine di perseguire il contenimento della spesa
complessiva per il funzionamento delle Autorità amministrative indipendenti, che il numero dei componenti del Consiglio dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sia ridotto da otto a quattro, escluso il Presidente.
Le nuove disposizioni si applicheranno dal prossimo rinnovo dell’AGCOM previsto nel corrente mese di maggio 2012. Gli attuali commissari scadono infatti il 9 maggio 2012 (sette anni a decorrere dal 9 maggio 2005, data di emanazione del D.P.R. di nomina).
Si ricorda che i commissari, scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza nel settore, sono eletti dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei deputati e sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica.
Il comma 2-bis, introdotto al Senato nel corso dell’esame parlamentare prevede - proprio in ragione della necessità di un migliore coordinamento legislativo con le disposizioni che hanno ridotto il numero dei componenti delle Autorità amministrative indipendenti, recate come detto dall'articolo 23, comma 1, lettera a), del decreto-legge 12 dicembre 2011, n. 201 - che siano apportate le necessarie ed espresse novelle all'articolo 1, comma 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249, istitutiva dell’AGCOM.
Pertanto viene espressamente ridotto da quattro a due il numero dei commissari di ciascuna delle due Commissioni che compongono l’AGCOM (infrastrutture e reti, servizi e prodotti) e, riguardo alla nomina dei componenti si stabilisce che il Senato della Repubblica e la Camera dei deputati eleggano due (anziché quattro) commissari ciascuno e che pertanto - secondo il criterio del voto limitato - ciascun senatore e ciascun deputato esprima il votoindicando un solo nominativo.
I componenti dell’Autorità durano in carica sette anni e non possono essere riconfermati, a meno che non siano stati eletti per un periodo inferiore a tre anni, in sostituzione di commissari che non abbiano portato a termine il mandato.
Si ricorda altresì che in caso di morte, di dimissioni o di impedimento di un commissario, la Camera competente procede all'elezione di un nuovo commissario che resta in carica fino alla scadenza ordinaria del mandato dei componenti l'Autorità.
Le nuove norme del D.L. 210/2011 stabiliscono inoltre che il Presidente e i componenti degli organismi delle Autorità amministrative indipendenti non possano essere confermati alla cessazione dalla carica. Viene espressamente fatto salvo quanto previsto per l’AGCOM dall'articolo 1, comma 3, della legge 31 luglio 1997, n. 249, quindi in particolare la non applicabilità del divieto di conferma al commissario che subentri quando mancano meno di tre anni alla scadenza ordinaria.
Per quanto riguarda le limitazioni all’esercizio di altre attività, l’art. 2, commi 8, 9 e 11, della legge n. 481/1995, prevedono che a pena di decadenza, i componenti l’Autorità non possano esercitare, direttamente o indirettamente, alcuna attività professionale o di consulenza, essere amministratori o dipendenti di soggetti pubblici o privati né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura, ivi compresi gli incarichi elettivi o di rappresentanza nei partiti politici né avere interessi diretti o indiretti nelle imprese operanti nel settore di competenza dell’Autorità. I dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono collocati fuori ruolo per l'intera durata dell'incarico.
Per almeno quattro anni dalla cessazione dell'incarico, i componenti dell’Autorità non possono intrattenere, direttamente o indirettamente, rapporti di collaborazione, di consulenza o di impiego con le imprese operanti nel settore delle comunicazioni.
Decreti del Presidente della Repubblica 9 maggio 2005 ( GU 11 maggio 2005).
PRESIDENTE: Corrado Calabrò
Nominato il 9 maggio 2005 con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio, d'intesa con il Ministro delle Comunicazioni.
COMPONENTI DELLA COMMISSIONE PER I SERVIZI ED I PRODOTTI
Michele Lauria -eletto al Senato il 16 marzo 2005 con 108 voti
Sebastiano Sortino -eletto alla Camera il 5 maggio 2005 con 182 voti
Gianluigi Magri (dimessosi il 30/11/2011 per altro incarico di Governo) -eletto alla Camera il 16 marzo 2005 con 169 voti
Antonio Martusciello -eletto a scrutinio segreto al Senato il 28 luglio 2010 con 132 voti
COMPONENTI DELLA COMMISSIONE PER LE INFRASTRUTTURE E LE RETI
Stefano Mannoni- eletto al Senato il 16 marzo 2005 con 129 voti
Nicola D’Angelo - eletto alla Camera il 5 maggio 2005 con 182 voti
Roberto Napoli- eletto al Senato il 16 marzo 2005 con 91 voti
Enzo Savarese -eletto alla Camera il 16 marzo 2005 con 171 voti
Articolo 2
(Entrata in vigore)
1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.
L’articolo 2 dispone in ordine all’entrata in vigore del decreto-legge, fissata per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta ufficiale (25 marzo 2012).
[1] Il rating è, in generale, una misura qualitativa attribuita ad un'emittente. Il rating classico, quello definito di "merito creditizio", nasce per misurare la solidità finanziaria ed economica di un'emittente. Le misure classiche, partono dalla tripla A (AAA) come misura di massima solidità, sino alla B o alla C. Il “rating etico” è anch’esso una misura, però nasce per fornire un livello qualitativo dell’emittente in riferimento ad altre questioni, diverse dalle dimensioni finanziarie. Si tratta di una evoluzione operativa, nata nel mondo della finanza, della dottrina della CSR (responsabilità sociale d’impresa). In generale, il "rating etico" esamina questioni attinenti alla governance, trasparenza, impatto ambientale ed altri aspetti tipici della CSR.
[2] Gli Accordi di Basilea sui requisiti patrimoniali delle banche sono il frutto del lavoro del Comitato di Basilea, istituito dai governatori delle Banche centrali dei dieci paesi più industrializzati (G10) alla fine del 1974. Il Nuovo Accordo sui requisiti minimi di capitale firmato a Basilea, meglio noto come Basilea II, è un accordo internazionale di vigilanza prudenziale, maturato nell'ambito di detto Comitato di, riguardante i requisiti patrimoniali delle banche. In base ad esso, le banche dei Paesi aderenti devono accantonare quote di capitale proporzionate al rischio assunto.
[3] D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici”, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
[4] Disposizioni in materia di trattamenti economici.
[5] Convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.