Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
(Versione per stampa)
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento giustizia | ||||
Titolo: | Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario - D.L. 193/2009 ' A.C. 3084 (Schede di lettura e riferimenti normativi) | ||||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 268 | ||||
Data: | 12/01/2010 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | II-Giustizia |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Interventi urgenti in materia di D.L. 193/2009 – A.C. 3084 |
Schede di lettura e riferimenti normativi |
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n. 268 |
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12 gennaio 2010 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Giustizia ( 066760-9148 * st_giustizia@camera.it |
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File: D09193.doc |
INDICE
§ Copertura di sedi disagiate (artt. 2 e 3)
§ Digitalizzazione processo civile e penale (art. 4)
Riferimenti normativi
§ Costituzione della Repubblica Italiana (artt. 77, 87, 106 e 107)
§ Codice di procedura civile (artt. 125, 148, 163, 167, 170 e 192)
§ Codice di procedura penale (artt. 148-151)
§ R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578 Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore (art. 16)
§ R.D. 30 gennaio 1941, n. 12. Ordinamento giudiziario (art. 42-quinquies)
§ R.D. Lgs. 31 maggio 1946, n. 511. Guarentigie della magistratura (art. 2)
§ L. 5 agosto 1978, n. 468. Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio (art. 20)
§ L. 10 marzo 1987, n. 100. Norme relative al trattamento economico di trasferimento del personale militare
§ L. 23 agosto 1988, n. 400. Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri (art. 17)
§ D.Lgs. 19 febbraio 1998, n. 51. Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado (art. 245)
§ L. 4 maggio 1998, n. 133. Incentivi ai magistrati trasferiti d'ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali (artt. 1-3, 5)
§ L. 5 febbraio 1992, n. 104. Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate (art. 33)
§ D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A – art. 40, All. 6 e All. 8)
§ D.L. 24 dicembre 2003, n. 354 (convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2004, n. 45) Disposizioni urgenti per il funzionamento dei tribunali delle acque, nonché interventi per l'amministrazione della giustizia (art. 2)
§ D.L. 29 novembre 2004, n. 282 (convertito con modificazioni dalla L. 27 dicembre 2004, n. 307) Disposizioni urgenti in materia fiscale e di finanza pubblica (art. 10)
§ D.L. 30 dicembre 2005, n. 273 (convertito con modificazioni dalla Legge 23 febbraio 2006, n. 51) Definizione e proroga di termini, nonché conseguenti disposizioni urgenti (art. 18)
§ D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68. Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della L. 16 gennaio 2003, n. 3
§ D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82. Codice dell'amministrazione digitale (art. 64)
§ D.Lgs. 5 aprile 2006, n. 160. Nuova disciplina dell'accesso in magistratura, nonchè in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell'articolo 1, comma 1, lettera a), della L. 25 luglio 2005, n. 150 (art. 13)
§ D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163. Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE (art. 33)
§ D.L. 30 maggio 2008, n. 95 (convertito con modificazioni dalla Legge 24 luglio 2008, n. 127) Disposizioni urgenti relative al termine per il riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria e proroga nelle funzioni dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari
§ D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (convertito con modificazioni dalla Legge 6 agosto 2008, n. 133) Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria (art. 51)
§ D.L. 29 novembre 2008, n. 185 (convertito con modificazioni dalla Legge 28 gennaio 2009, n. 2) Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale (art. 16)
§ Legge 31 dicembre 2009, n. 196. Legge di contabilità e finanza pubblica (art. 34)
Giurisprudenza
Corte costituzionale
§ Sentenza 19 ottobre 1982, n. 172
Consiglio Superiore della Magistratura
Il decreto-legge, entrato in vigore il 31 dicembre, consta di cinque articoli volti:
§ alla proroga delle funzioni dei magistrati onorari di tribunale (art. 1)
§ ad assicurare la copertura di sedi giudiziarie rimaste vacanti per difetto di magistrati richiedenti (artt. 2 e 3),
§ ad accelerare la digitalizzazione della giustizia nel processo civile e penale (art. 4).
L’art. 5 disciplina la sola entrata in vigore del provvedimento.
L’articolo 1, comma 1, novella il comma 1 dell’art. 245 del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51[1], al fine di prorogare non oltre il 31 dicembre 2010 l’applicabilità delle disposizioni relative all’impiego neitribunali ordinari e nelle procure presso i tribunali ordinari dei magistrati onorari contenute nel regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario)[2].
La proroga si rende necessaria per assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari fino all’approvazione della riforma organica della magistratura onoraria, di cui il Consiglio dei ministri – come riferito nella relazione al decreto-legge in esame - ha già avviato la discussione.
Il citato decreto legislativo n. 51 del 1998, che ha integrato e modificato il regio decreto n. 12 del 1941, ha introdotto nell’ordinamento giudiziario i giudici onorari di tribunale (GOT) e i vice procuratori onorari (VPO) quali magistrati onorari addetti in relazione a specifiche materie, rispettivamente, al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario. La nomina a GOT, come a VPO avviene con decreto del Ministro della giustizia, in conformità della deliberazione del Consiglio superiore della magistratura, su proposta del consiglio giudiziario competente per territorio (art. 42-ter, RD 12/1941); l’incarico ha la durata di tre anni e il titolare può essere confermato, alla scadenza, per una sola volta.
Il testo originario dell’art. 245 del decreto legislativo n. 51/1998 (già modificato, prima dal decreto-legge n. 354/2003, poi dal decreto-legge n. 273/2005 e, da ultimo, dal decreto-legge 95 del 2008) prevedeva che i giudici onorari di tribunale e i vice procuratori onorari continuassero ad essere adibiti al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica fino al riordino della magistratura onoraria ai sensi dell’art. 106, secondo comma, della Costituzione, e comunque non oltre 5 anni dalla data di efficacia dello stesso decreto legislativo n. 51 del 1998 (fissata al 2 giugno 1999). Tali disposizioni – in assenza di proroghe – non sarebbero state quindi più applicabili a decorrere dal 2 giugno 2004.
Il termine quinquennale fissato dall’art. 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 – fino al quale è possibile adibire magistrati onorari al tribunale ordinario e alla procura della Repubblica – è già stato in precedenza prorogato dai seguenti provvedimenti d’urgenza:
§ decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 354 (art. 2, comma 1-bis), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2004, n. 45, che ha procrastinato il termine originario al 2 giugno 2006;
§ decreto-legge 30 dicembre 2005, n. 273 (art. 18, comma 4-bis), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 febbraio 2006, n. 51, che ha differito il suddetto termine al 2 giugno 2008;
§ decreto-legge 30 maggio 2008, n. 95 (art. 1), convertito, con modificazioni, dalla legge 24 luglio 2008, n. 127, che ha infine prorogato l’esercizio delle funzioni dei magistrati onorari fino al 31 dicembre 2009.
Si ricorda, inoltre, che la durata in carica dei magistrati onorari è stata oggetto dei seguenti interventi legislativi:
§ decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115 (art. 9, comma 2-bis) convertito, con modificazioni, dalla legge 17 agosto 2005, n. 168, che ha confermato i magistrati onorari per un periodo di ulteriori due anni dopo il termine dell’incarico di cui all’articolo 42-quinquies del regio decreto n. 12 del 1941;
§ decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248 (art. 14), convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, che ha confermato nelle rispettive funzioni – “fino alla riforma organica della magistratura onoraria e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2009” – giudici onorari ed i vice procuratori onorari, nonché i giudici onorari presso i tribunali per i minorenni, il cui mandato sarebbe scaduto entro il 31 dicembre 2007 e per i quali non era consentita un’ulteriore conferma secondo quanto previsto dall’articolo 42-quinquies, primo comma, del regio decreto n. 12 del 1941.
Il comma 2 armonizza le previsioni recate dall’art. 245 del decreto legislativo n. 51 del 1998 con quelle di cui all’art. 14 del citato decreto-legge n. 248 del 2007, disponendo che i GOT e i VPO - il cui termine era in scadenza al 31 dicembre 2009 (non confermabili ai sensi dell’art. 42-quinquies dell’ordinamento giudiziario[3]) - sono ulteriormente prorogati nelle funzioni fino alla citata riforma della magistratura onoraria e comunque non oltre la data del 31 dicembre 2010.
Si ricorda che, secondo quanto previsto dalle due Circolari 26 maggio 2003 dell’ottava Commissione del CSM[4] - relative, rispettivamente, ai criteri per la nomina e la conferma dei giudici onorari di tribunale e dei viceprocuratori onorari - la nomina dei GOT e dei VPO, pur avendo effetto dalla data del citato decreto ministeriale di cui all’art. 42 ter, comma 1, dell’ordinamento giudiziario, ha decorrenza dal 1° gennaio dell’anno successivo alla nomina.
Si segnala che la disposizione, in ciò differendo dal richiamato articolo 14 del d.l. n. 248 del 2007, non individua tra i destinatari della proroga anche i giudici onorari presso i tribunali per i minorenni.
Occorre inoltre un chiarimento sulla sua formulazione. Essa, infatti, da un lato fa riferimento alla data di scadenza del mandato dei GOT e dei VPO del 31 dicembre 2009 (data che coincide con l’entrata in vigore del decreto-legge), dall’altro richiede che tali soggetti esercitino le funzioni alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge (e non alla precedente data di entrata in vigore del decreto-legge), rendendo di fatto inapplicabile la proroga tra la data di entrata in vigore del decreto-legge e la sua conversione.
Alla base dell’intervento previsto dagli artt. 2 e 3 del decreto-legge in esame vi è la situazione relativa alle scoperture delle sedi disagiate ovvero le sedi di uffici giudiziari meno richiesti, e in particolare le procure del Meridione ad alta densità di criminalità organizzata.
La necessità della legislazione d’urgenza deriva, secondo il Governo, dall’impossibilità di riformare in tempi brevi l’ordinamento giudiziario nonché dal fatto che, in ogni caso - per esercitare a regime effetti positivi - gli interventi normativi necessitano di un congruo periodo di tempo; da ciò un intervento straordinario e transitorio volto ad assicurare la continuità della giurisdizione nelle sedi disagiate, afflitte da tempo da gravi scoperture di organico lasciando, tuttavia, immutata la preclusione introdotta dall’art. 13, comma 2, del D.Lgs 160 del 2006 che impedisce che i magistrati ordinari al termine del tirocinio possano essere destinati a svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare, prima del conseguimento della prima valutazione di professionalità.
Tale norma, introdotta dal Governo Prodi nella scorsa legislatura, ha inteso contrastare quello che il Ministro della giustizia Alfano - nell’audizione presso la Commissione giustizia della Camera del 9 dicembre 2009 - ha definito “nonnismo giudiziario”. Una prassi attraverso la quale “nelle sedi sgradite ai pubblici ministeri venivano mandati, come PM o GIP i giovani vincitori di concorso che non potevano esprimere la propria volontà. Venivano inviati lì prima della prima valutazione di professionalità espressa su di loro non dalla Commissione giustizia della Camera o dal Governo della Repubblica, ma dal Consiglio superiore della magistratura; quindi prima che il CSM esprimesse per la prima volta il proprio giudizio di idoneità per fare il pubblico ministero o il GIP, ovvero per esercitare funzioni monocratiche”.
Con il provvedimento in esame, il Governo anticipa in parte gli effetti della nuova disciplina sulla copertura delle sedi disagiate contenuta nel disegno di legge AS 1440[5], attualmente all’esame del Senato, contenente la complessiva riforma del procedimento penale.
Per le indicate finalità, l’articolo 2, comma 1, del decreto-legge novella la legge 4 maggio 1998, n. 133[6], recante la disciplina-quadro sulla copertura di sedi disagiate. Tale disciplina è stata da ultimo modificata con il decreto-legge n. 143 del 2008,recanteInterventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario, convertito dalla legge n. 181 del 2008.
Le modifiche alla disciplina del trasferimento d’ufficio dei magistrati apportate dal decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143 sono intervenute con la finalità di sopperire alla scopertura dell'organico del personale di magistratura nelle c.d. sedi disagiate, a seguito del divieto di destinare i magistrati ordinari al termine del tirocinio a svolgere le funzioni requirenti, giudicanti monocratiche penali o di giudice per le indagini preliminari o di giudice dell’udienza preliminare, anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità (su cui sopra).
In particolare, l’articolo 1 del provvedimento:
- ha escluso dall'ambito di applicazione della legge i magistrati destinati alle sedi di servizio al termine del tirocinio;
- ha previsto che alle sedi disagiate potessero essere trasferiti d'ufficio magistrati provenienti da sedi non disagiate che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità;
- ha disposto che il numero di magistrati che possono essere destinati d'ufficio alle sedi disagiate non può essere superiore a 100 unità, in luogo delle 50 indicate dal testo previgente;
- ha escluso, ai fini del tramutamento nelle sedi disagiate, l’applicazione del termine triennale di cui all’art. 194 dell’ordinamento giudiziario (che prevede che il magistrato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, ad una sede da lui chiesta, non può essere trasferito ad altre sedi o assegnato ad altre funzioni prima di tre anni dal giorno in cui ha assunto effettivo possesso dell'ufficio, salvo che ricorrano gravi motivi di salute ovvero gravi ragioni di servizio o di famiglia);
- ha modificato la definizione di trasferimento d'ufficio. Fermi restando gli altri requisiti previsti dalla legge, esso deve comportare una distanza superiore a 100 chilometri dalla sede ove il magistrato presta servizio (il testo previgente richiedeva il mutamento di regione ed una distanza, eccezion fatta per la Sardegna, superiore ai 150 chilometri). Inoltre: viene eliminato il riferimento geografico alle Regioni Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna (pertanto, la disciplina delle sedi disagiate può trovare applicazione su tutto il territorio nazionale, laddove se ne verifichino i presupposti); l’ufficio giudiziario è definito sede disagiata quando ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti: mancata copertura dei posti messi a concorso nell'ultima pubblicazione e quota di posti vacanti non inferiore al 20% dell’organico;
- nell'ambito delle non più di 60 sedi disagiate individuate annualmente dal C.S.M., vengono individuate non più di 10 sedi definite "a copertura immediata". Tali sedi sono selezionate tra quelle rimaste vacanti per difetto di aspiranti dopo due successive pubblicazioni e sono destinatarie di una nuova specifica disciplina. Questo tipo di trasferimento (al contrario del trasferimento d'ufficio di cui all'art. 1 della legge 133/1998) prescinde dall'esistenza di manifestazioni di consenso o di disponibilità da parte del magistrato. Esso può riguardare magistrati che: svolgono da oltre 10 anni le stesse funzioni o, comunque, si trovano nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni; alla scadenza del periodo massimo di permanenza non hanno presentato domanda di trasferimento ad altra funzione o ad altro gruppo di lavoro all'interno dell'ufficio o ad altro ufficio o che tale domanda abbiano successivamente revocato; prestano servizio nel distretto nel quale sono compresi i posti da coprire, ovvero, se ciò non è possibile, nei distretti limitrofi.
§ Una prima modifica riguarda i commi 3 e 4 dell’art. 1 della legge 133/1998.
L’art. 1 della legge 133/1998 definisce il trasferimento d'ufficio come ogni tramutamento dalla sede di servizio per il quale non sia stata proposta domanda dal magistrato, ancorché egli abbia manifestato il consenso o la disponibilità, e che determini lo spostamento in una delle sedi disagiate di cui al comma 2, comportando una distanza superiore ai 100 chilometri dalla sede ove il magistrato presta servizio. La disciplina non si applica alle assegnazioni di sede dei magistrati al termine del tirocinio, ai trasferimenti di cui all'articolo 2, secondo comma, del regio decreto legislativo 31 maggio 1946, n. 511 (trasferimento di magistrati in situazione di incompatibilità o che, per qualsiasi causa indipendente da loro colpa non possono, nella sede occupata, svolgere le proprie funzioni con piena indipendenza e imparzialità) e ai trasferimenti di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 23 febbraio 2006, n. 109 (trasferimenti disposti come sanzione disciplinare) (comma 1).
La definizione di sede disagiata è fornita dal comma 2, che la individua nell’ufficio giudiziario per il quale ricorrono congiuntamente i seguenti requisiti:
a) mancata copertura dei posti messi a concorso nell'ultima pubblicazione;
b) quota di posti vacanti non inferiore al 20 per cento dell'organico.
Il successivo comma 3 - nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in corso di conversione - prevedeva che il Consiglio superiore della magistratura, con delibera, su proposta del Ministro della giustizia, individuava annualmente le sedi disagiate, in numero non superiore a 60; tra di esse, il CSM indicava le sedi a copertura immediata (massimo 10) individuate tra quelle rimaste vacanti per difetto di aspiranti dopo due successive pubblicazioni.
Secondo il comma 4 - nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del decreto-legge in corso di conversione - alle sedi disagiate potevano essere destinati d'ufficio magistrati provenienti da sedi non disagiate, che avessero conseguito almeno la prima valutazione di professionalità, in numero non superiore a cento unità. Il termine minimo triennale di permanenza nella sede previsto dall'articolo 194 dell'ordinamento giudiziario per i tramutamenti successivi non operava per i tramutamenti nelle sedi disagiate di cui al comma 2.
Il Consiglio superiore della magistratura, accertati il consenso o la disponibilità dei magistrati, delibera con priorità in ordine al trasferimento d'ufficio nelle sedi disagiate (comma 5).
La novella prevede sia un aumento delle sedi individuate come disagiate sia dei magistrati ad esse destinabili.
In particolare, il nuovo comma 3 aumenta da 60 ad 80 il numero massimo delle sedi disagiate individuate ogni anno dal Consiglio superiore della magistratura.
Nella stessa disposizione, viene inoltre eliminato il riferimento alle 10 sedi a copertura immediata che lo stesso CSM doveva individuare tra quelle rimaste vacanti; l’eliminazione consegue all’abrogazione dell’art. 1-bis della stessa legge 133/1998 (su cui infra).
Attraverso la modifica al comma 4 è aumentato da 100 a 150 il numero massimo dei magistrati provenienti da sedi non disagiate che, una volta conseguita la prima valutazione di professionalità, possono essere destinati d’ufficio a sedi disagiate.
§ La successiva modifica consiste nell’abrogazione dell’art. 1-bis della legge 133 (introdotto dall’art. 1 del citato decreto-legge 143 del 2008), che dettava la disciplina del trasferimento d’ufficio nelle sedi a copertura immediata.
L’art. 1-bis stabiliva che per le sedi a copertura immediata rimaste vacanti per difetto di aspiranti e per le quali non fossero intervenute dichiarazioni di disponibilità o manifestazioni di consenso al trasferimento, il C.S.M. provvedeva, anche in deroga a quanto previsto dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 160/2006, con il trasferimento d'ufficio dei magistrati che svolgevano da oltre dieci anni le stesse funzioni o, comunque, si trovavano nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni e che alla scadenza del periodo massimo di permanenza non avevano presentato domanda di trasferimento ad altra funzione o ad altro gruppo di lavoro all'interno dell'ufficio ovvero ad altro ufficio, o che tale domanda avevano successivamente revocato. Si prevedeva infine la permanenza di quanto disposto dall'articolo 13 del decreto legislativo n. 160/2006 in ordine al passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. La disposizione stabiliva l’impossibilità di trasferire magistrati in servizio presso uffici in cui si sarebbero determinate vacanze superiori al 20% dell'organico nonché dei magistrati in servizio presso altre sedi disagiate e disciplinava le modalità di calcolo della percentuale del 20%.
Le condizioni per il trasferimento d'ufficio dovevano sussistere alla data di pubblicazione della relativa delibera del CSM.
Il trasferimento d’ufficio era disposto nei confronti dei magistrati sopraindicati che prestassero servizio nel distretto nel quale erano compresi i posti da coprire, ovvero, se ciò non era possibile, nei distretti limitrofi. La disposizione precisava anche i criteri da seguire nel caso di pluralità di distretti limitrofi.
Nell'ambito dello stesso distretto, l'ufficio da cui operare i trasferimenti era individuato con riferimento alla minore percentuale di scopertura dell'organico; in caso di pari percentuale, il trasferimento era operato dall'ufficio con organico più ampio. Nell'ambito dello stesso ufficio era trasferito il magistrato con minore anzianità nel ruolo.
§ Per esigenze di coordinamento sono soppressi all’art. 2, commi 1 e 3, e all’art. 5, comma 1, della legge 133/1998 i riferimenti testuali all’ormai abrogato art. 1-bis della stessa legge.
L’art. 2, comma 2, del D.L. in esame reca le autorizzazioni di spesa e la conseguente copertura finanziaria derivante dall’incremento del numero dei magistrati da assegnare a sedi disagiate.
Per il 2010, l’onere è calcolato in euro 2.934.953; a decorrere dal 2011, la spesa complessiva risulta scendere a 2.574.329 euro.
L’articolo 3 del provvedimento introduce una disciplina transitoria volta alla copertura delle sedi disagiate, applicabile fino al 31 dicembre 2014. Secondo quanto precisato nella relazione illustrativa, infatti, entro tale data potrà essere varata “una modifica delle norme ordinamentali idonea a risolvere in via definitiva il problema”.
La nuova disciplina straordinaria è in parte mutuata da quella ora abrogata di cui all’art. 1-bis della legge 133 per i trasferimenti d’ufficio nelle sedi a copertura immediata.
Essa si applica solo per le sedi disagiate (tra le 80 oggetto della delibera del CSM) rimaste scoperte per mancanza di aspiranti e per le quali i magistrati non abbiano manifestato il consenso o la disponibilità al trasferimento.
In tali ipotesi, il CSM dispone il trasferimento d’ufficio tra i magistrati in servizio nel distretto di corte d’appello interessato dalle scoperture (solo ove ciò non sia possibile, si ricorre ai distretti limitrofi o ai distretti delle regioni limitrofe).
In ragione della peculiare collocazione geografica, sono dettate specifiche regole per l’individuazione dei distretti limitrofi per le corti d’appello di Cagliari, Messina e Reggio Calabria nonché per l’individuazione delle regioni limitrofe alle regioni Sardegna, Sicilia e Calabria. Ulteriori criteri (minore distanza chilometrica ferroviaria o marittima dal capoluogo del distretto presso cui deve eseguirsi il trasferimento) sono adottati nel caso di pluralità di distretti o di regioni limitrofe.
Il trasferimento può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a requirenti (e viceversa) all’interno di distretti della stessa regione[7]; rimane il divieto per i “passaggi” nello stesso distretto.
Risulta, inoltre, confermata la previsione dell’art. 1 della legge 133/1998 secondo cui la sede di servizio del magistrato trasferito deve distare almeno 100 km da quella disagiata da coprire.
Nell’ambito distrettuale, i trasferimenti sono operati dagli uffici con minori percentuali di scoperture d’organico (a pari percentuale, il trasferimento avviene dall’ufficio con organico maggiore); nell’ambito dell’ufficio, il magistrato trasferito è quello con minore anzianità nel ruolo.
I soggetti nei cui confronti può operare il trasferimento d’ufficio sono individuati dai seguenti:
§ i magistrati che hanno superato la prima o la seconda valutazione di professionalità, con esclusione di coloro che hanno conseguito valutazioni superiori (magistrati con almeno 4 anni e non più di 12 anni di anzianità)[8].
Sono quindi magistrati che svolgono funzioni di primo e secondo grado, requirenti e giudicanti ovvero funzioni semidirettive di primo grado, requirenti e giudicanti. Per lo svolgimento delle ulteriori funzioni è, infatti, necessario aver superato almeno la terza valutazione. La relazione illustrativa spiega che l’individuazione di tale fascia di anzianità “si rende necessaria per consentire, da un lato, di destinare magistrati anche agli uffici di procura, vigendo il divieto di trasferirvi magistrati più giovani, e da un altro lato, di delimitare nel tempo il periodo massimo in cui i magistrati sono soggetti a essere trasferiti d’ufficio (eccezione fatta per i cosiddetti “ultradecennali”)”.
In base alla disciplina generale contenuta nell’articolo 1, comma 4, della legge n. 133 alle sedi disagiate possono essere trasferiti d'ufficio magistrati (provenienti da sedi non disagiate) che abbiano conseguito almeno la prima valutazione di professionalità.
§ i magistrati cd. ultradecennali, ovvero che svolgono da oltre 10 anni le stesse funzioni;
§ i magistrati che si trovano nella stessa posizione tabellare o nello stesso gruppo di lavoro nell’ambito delle stesse funzioni e che allo spirare del periodo massimo di permanenza nell’ufficio (10 anni) non hanno fatto domanda di trasferimento ad altra funzione o altro gruppo di lavoro all’interno dello stesso o altro ufficio ovvero che abbiano revocato la domanda di trasferimento.
L’art. 19 del D.Lgs 160/2006 stabilisce che, salvo che per le funzioni direttive e semidirettive, i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni, per un periodo stabilito dal CSM con proprio regolamento tra un minimo di 5 e un massimo di 10 anni a seconda delle differenti funzioni; il Consiglio superiore può disporre la proroga dello svolgimento delle medesime funzioni limitatamente alle udienze preliminari già iniziate e per i procedimenti penali per i quali sia stato già dichiarato aperto il dibattimento, e per un periodo non superiore a due anni. Nei due anni antecedenti la scadenza del termine di permanenza di cui al comma 1, ai magistrati non possono essere assegnati procedimenti la cui definizione non appare probabile entro il termine di permanenza nell'incarico.
Il magistrato che, alla scadenza del periodo massimo di permanenza, non abbia presentato domanda di trasferimento ad altra funzione all’interno dell’ufficio o ad altro ufficio è assegnato ad altra posizione tabellare o ad altro gruppo di lavoro con provvedimento del capo dell’ufficio immediatamente esecutivo. Se ha presentato domanda almeno sei mesi prima della scadenza del termine, può rimanere nella stessa posizione fino alla decisione del CSM e, comunque, non oltre sei mesi dalla scadenza del termine stesso.
I requisiti di trasferibilità devono essere posseduti dai magistrati alla data della pubblicazione della delibera del CSM di individuazione delle sedi disagiate.
I magistrati trasferiti d’ufficio dopo due anni di permanenza nell’ufficio possono comunque avanzare al CSM domanda di trasferimento ad altra sede (v. Circolare CSM, III Commissione, n. 12046 dell’8 giugno 2009). Ciò, fermo restando il diritto alla riassegnazione alla vecchia sede, anche in soprannumero, decorsi 4 anni dal trasferimento alla sede disagiata (art. 5, comma 2, L. 133/1998).
L’articolo 3 del decreto detta precisi limiti ai trasferimenti d’ufficio.
In particolare, non sono trasferibili d’ufficio:
§ i magistrati già in servizio presso altre sedi disagiate;
§ i magistrati il cui il trasferimento provocherebbe, nella sede di servizio, vacanze superiori al 20%;
§ i magistrati (in ruolo, in soprannumero e comandati) che hanno beneficiato del trasferimento presso l’ufficio giudiziario sito nella sede di servizio del coniuge (convivente) militare delle Forze armate, dell'Arma dei carabinieri e della Guardia di Finanza, a sua volta trasferito d'autorità (art. 1 della legge 100/1987);
§ i magistrati che assistono con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato (non trasferibili senza il consenso ad altra sede ai sensi dell’art. 35, comma 5, della legge 104/1992);
§ i magistrati con figli minori di 3 anni.
Ai magistrati trasferiti d’ufficio nelle sedi disagiate ai sensi della disciplina in esame si applicano i benefici economico-giuridici previsti dalla legge 133 del 1998 (artt. 2, 3 e 5).
In particolare:
§ è corrisposta un’indennità mensile (non cumulabile con l'indennità di missione di cui all'art. 13 della legge n. 97 del 1979) pari all'importo mensile dello stipendio tabellare previsto per il magistrato ordinario con 3 anni di anzianità. L'indennità verrà corrisposta per il periodo effettivo di servizio nelle sedi disagiate e per un massimo di 4 anni. L'effettivo servizio non include i periodi:
- di congedo straordinario;
- di aspettativa per qualsiasi causa;
- di astensione facoltativa previsti dagli artt. 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al D.Lgs 26 marzo 2001, n. 151[9] (rispettivamente in tema di congedo parentale e di congedo per malattia del figlio);
- di sospensione dal servizio per qualsiasi causa.
§ per compensare i costi del trasferimento di sede, è corrisposta un’indennità di prima sistemazione: pari a nove volte l'ammontare della indennità integrativa speciale in godimento. Stando alla Relazione tecnica, il Governo stima per ogni magistrato trasferito un’indennità di prima sistemazione pari a 12.020,80 euro (lordi).
§ l'anzianità di servizio è calcolata in misura doppia per ogni anno di effettivo servizio prestato nella sede disagiata, sino al sesto anno di permanenza (tale previsione non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi semidirettivi). Il predetto beneficio opera esclusivamente ai fini del primo trasferimento per un posto di grado pari a quello occupato in precedenza (e dunque non più per il passaggio, ad esempio, da tribunale a corte d'appello);
§ se la permanenza in effettivo servizio presso la sede disagiata supera i 4 anni, il magistrato ha diritto ad essere riassegnato, a domanda, alla sede di provenienza, con le precedenti funzioni, anche in soprannumero da riassorbire con le successive vacanze (anche tale previsione non si applica ai trasferimenti che prevedono il conferimento di incarichi semidirettivi)
§ ai benefici suddetti si aggiunge la facoltà del magistrato di ottenere il trasferimento del coniuge dipendente statale nella sua nuova sede di servizio.
Le disposizioni introdotte dall’articolo 4 mirano a completare il processo di digitalizzazione della giustizia avviato con il D.P.R. 13 febbraio 2001 n. 123 (“Regolamento recante disciplina sull'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo dinanzi alle sezioni giurisdizionali della Corte dei conti”).
Le nuove norme anticipano parzialmente e con disposizioni direttamente applicabili i contenuti degli articoli 28 e 29 del disegno di legge AS 1440 (attualmente all’esame del Senato, che invece recano una delega al Governo in materia di digitalizzazione del processo civile e penale), in particolare con riferimento all’uso generalizzato della posta elettronica certificata per tutta una serie di notificazioni e comunicazioni di atti processuali.
L’uso delle nuove tecnologie telematiche ha inizialmente riguardato il solo processo civile. Come affermato nel Piano triennale per l'informatica 2004/2006 della giustizia, per processo civile telematico si è intesa la gestione “integrale” ed “integrata” della documentazione e delle comunicazioni prodotte nell'ambito di un qualsiasi procedimento di contenzioso civile in forma digitale e telematica. Concretamente ciò si traduce: nella gestione di tutte le informazioni connesse ad un procedimento civile prioritariamente in forma digitale (dall'atto di citazione alla sentenza); nella gestione di tutte le comunicazioni e gli scambi informativi tra i diversi “attori” coinvolti in un procedimento civile (giudici, avvocati, cancellieri, ufficiali giudiziari, commercialisti, notai, ecc.) in forma telematica; nella semplificazione delle attività di ogni attore coinvolto nei procedimenti civili favorendo la diffusione delle informazioni e la loro fruizione, eliminando la ridondanza delle operazioni, riducendo le attività a basso valore aggiunto connesse alla continua manipolazione delle carte; nella trasparenza e dimensione temporale certa agli atti e al procedimento.
Il progetto per la realizzazione del processo civile telematico è consistito nella realizzazione di un insieme di applicazioni informatiche e infrastrutture tecnologiche per rendere accessibile via web il sistema informatico civile, sia per il deposito di atti che per attività di consultazione dello stato delle cause e del fascicolo elettronico; inoltre si è prevista anche la trasmissione per via telematica di comunicazioni, notifiche e copie di atti dagli uffici giudiziari ai soggetti coinvolti.
Il progetto prevedeva una prima fase di sperimentazione nelle seguenti sedi pilota: Tribunale di Bari; Tribunale di Bergamo; Tribunale di Bologna; Tribunale di Catania; Tribunale di Genova; Tribunale di Lamezia Terme; Tribunale di Padova. Presso ciascuna sede pilota è stato costituito un laboratorio di sperimentazione composto da avvocati, magistrati, cancellieri ed esperti informatici.
Successivamente al DPR 123/2001, sono stati emanati i seguenti atti normativi:
§ D.M. giustizia 24 maggio 2001, Regole procedurali per la tenuta dei registri informatizzati dell'amministrazione della giustizia;
§ D.M. giustizia 14 ottobre 2004, Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile.
§ D.M. giustizia 17 luglio 2008, Regole tecnico-operative per l'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile, in sostituzione del decreto del Ministro della giustizia 14 ottobre 2004,
§ D.M.giustizia 29 settembre 2008, Nuova strutturazione dei modelli informatici relativa all'uso di strumenti informatici e telematici nel processo civile,
§ D.M. giustizia 27 aprile 2009, Nuove regole procedurali relative alla tenuta dei registri informatizzati dell'amministrazione della giustizia.
In materia di informatizzazione dei servizi della giustizia e di processo telematico vanno inoltre segnalati:
§ il D.L. n. 159 del 2007, recante interventi urgenti in materia economico finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale (L. n. 222 del 2007) il cui art. 38 (Potenziamento e interconnessione del Registro generale del casellario giudiziale) ha previsto istituzione della Banca dati delle misure cautelari (già prevista dall’art. 97 delle norme di attuazione al c.p.p.);
§ la legge finanziaria 2008 (L. 244/2007) che ha destinato all’avvio e diffusione del processo telematico le somme di denaro sequestrate (non confiscate) e non reclamate nel processo penale dopo 5 anni dal passaggio in giudicato (art. 2, comma 614);
§ il D.L. n. 112 del 2008 (L. 133 del 2008), la cd. manovra di finanza pubblica per il 2009, il cui art. 51 ha previsto l’adozione di comunicazioni e notificazioni per via telematica nel processo civile.
Il 26 novembre 2008, il Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione Renato Brunetta ed il Ministro della Giustizia Angelino Alfano hanno firmato a Palazzo Chigi un Protocollo d’intesa per la realizzazione di programmi d’innovazione digitale.
L’intesa rientra nell’ambito delle iniziative di informatizzazione delle pubbliche amministrazioni, previste dal Piano industriale dell’innovazione.
Gli interventi previsti dal Protocollo sono: le notificazioni telematiche delle comunicazioni e degli atti processuali ad avvocati e ausiliari del giudice; il rilascio telematico di certificati giudiziari e aumento degli sportelli sul territorio dove gli utenti possono richiederli; la trasmissione telematica delle notizie di reato tra forze di polizia e procure della Repubblica; la registrazione telematica degli atti giudiziari civili presso l’Agenzia delle Entrate; l’accesso pubblico via rete alle sentenze ed ai dati dei procedimenti, in attuazione del Codice dell’Amministrazione Digitale; la razionalizzazione, evoluzione e messa in sicurezza delle infrastrutture ICT (Information and Communication Technology), dei sistemi informatici e della rete di telecomunicazione della giustizia.
L’obiettivo del Protocollo – che avvia una sperimentazione della digitalizzazione anche nel settore penale – è quello di semplificare le modalità di svolgimento dei servizi che l’Amministrazione della Giustizia rende ai propri utenti e gli adempimenti che ne conseguono, ridurre i costi di funzionamento degli uffici, razionalizzare e rendere più efficienti le infrastrutture e le reti di trasmissione della Giustizia tramite il Sistema Pubblico di Connettività (SPC) e la rete privata delle Forze di Polizia per le funzioni di ordine e sicurezza pubblica. A tal fine, le infrastrutture tecnologiche degli uffici giudiziari saranno potenziate, per renderle più funzionali alle esigenze degli utenti, garantendo, al contempo, la sicurezza. Prevista anche un’adeguata formazione dei soggetti coinvolti[10].
La relazione illustrativa individua i seguenti obiettivi delle nuove disposizioni:
§ una maggior trasparenza e facilità di accesso agli atti del processo per tutti gli operatori;
§ lo snellimento delle procedure e una maggior efficienza dell’amministrazione della giustizia derivante dalla minor durata del processo;
§ minori costi per l’Erario, sia in relazione allo sgravio del personale da onerosi compiti amministrativi sia riguardo ai risparmi derivanti dai prevedibili, minori esborsi per equo indennizzo derivanti dalla violazione del termine ragionevole del processo.
L’articolo 4, comma 1, a tal fine demanda ad uno o più decreti del Ministro della giustizia (da adottarsi di concerto col Ministro per la P.A. e l’innovazione e sentiti il Garante della privacy ed il CNIPA (Centro per l’informatica nella pubblica amministrazione) l’individuazione delle “regole tecniche per l'adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione” in attuazione dei principi previsti dal Codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs n. 82 del 2005).
Quindi, una prima novità, al di là degli aspetti tecnici, appare l’estensione della disciplina del processo telematico (finora, tranne limitate sperimentazioni locali, avviato solo in campo civile) anche al settore penale.
Il termine per l’emanazione dei decreti è di 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione; fino alla loro adozione si continueranno ad applicare le vigenti norme tecniche del processo civile telematico (comma 1).
Un’ulteriore novità è l’estensione generale dell’uso della posta elettronica certificata per tutte le comunicazioni e le notificazioni nel processo civile e penale, ai sensi:
- delle relative regole tecniche che saranno introdotte dai D.M. giustizia di cui al comma 1;
- delle disposizioni del citato Codice dell’amministrazione digitale;
- delle norme regolamentari del DPR n. 68 del 2005, contenente disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della L. 16 gennaio 2003, n. 3[11].
Anche per le comunicazioni e le notifiche fino all’adozione del citato DM giustizia, si applica l’attuale disciplina (comma 2).
Al comma 2, si segnala che, nell’ultimo periodo, si fa riferimento al “decreto del Ministro della giustizia di cui al comma 1”. Sia il primo periodo della medesima disposizione sia il comma 1 fanno invece riferimento a “uno o più decreti del Ministro della giustizia”.
Il comma 3 novella l’art. 51 del D.L. 112/2008 (L. 133/2008), cd. manovra finanziaria estiva per il 2009, che, si ricorda, ha previsto un’accelerazione delle notificazioni telematiche nel processo civile. La modifica si rende necessaria, secondo la relazione per ovviare ad “alcune complessità procedurali dalle quali è derivata una sensibile dilatazione dei tempi di attuazione delle notifiche telematiche”.
L’art. 51 del D.L. 25 giugno-2008 n. 112[12] ha disposto che:
§ nell’ambito del processo civile, le notificazioni e le comunicazioni debbano essere effettuate esclusivamente per via telematica all’indirizzo e-mail fornito dal procuratore della parte processuale;
§ all’interno dell’albo degli avvocati debba essere indicato, per ogni professionista, il relativo indirizzo di posta elettronica (v. art. 16, DL 185/2008).
La disposizione demanda ad uno o più decreti del Ministro della giustizia la determinazione della data a decorrere dalla quale le seguenti notificazioni e comunicazioni dovranno essere effettuate per via telematica ad un indirizzo elettronico (e-mail):
- notificazioni e comunicazioni, dopo la costituzione in giudizio, al procuratore costituito (art. 170, comma 1, c.p.c.);
- notificazione dell’ordinanza di nomina, con invito a comparire all’udienza fissata, e ogni ulteriore comunicazione, al consulente tecnico (art. 192, comma 1, c.p.c.) (comma 1)[13].
L’indirizzo elettronico cui si fa riferimento è quello comunicato dal procuratore al Consiglio dell'ordine e dal consulente al proprio ordine professionale o all'albo dei consulenti presso il tribunale. Viene richiamato infatti l’articolo 7 del D.P.R. n. 123 del 2001 che precisa che tali indirizzi elettronici debbano essere “comunicati tempestivamente dagli ordini professionali al Ministero della giustizia”.
Il decreto di cui al comma 1 è emanato sentiti l’Avvocatura generale dello Stato, il Consiglio nazionale forense e i Consigli dell’ordine degli avvocati interessati, previa verifica della funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici degli uffici giudiziari, individuando i circondari di tribunale nei quali trovano applicazione le disposizioni di cui al comma 1 (comma 2).
A decorrere dalla data fissata ai sensi del comma 1, le notificazioni e comunicazioni nel corso del procedimento alla parte costituita e al consulente che non hanno comunicato l'indirizzo elettronico di cui al medesimo comma, sono fatte presso la cancelleria (comma 3).
Le notificazioni e comunicazioni dovranno essere effettuate per via telematica nel rispetto della normativa, anche regolamentare, relativa al processo telematico, soprattutto per quanto riguarda la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti (comma 5).
Il nuovo comma 2 dell’art. 51 stabilisce che entro il 10 settembre 2010, il Ministro della giustizia, sentiti il C.N.F. (Consiglio nazionale Forense) ed i consigli dell’ordine degli avvocati interessati e previa verifica, accerta - con uno o più decreti di natura non regolamentare - la funzionalità dei servizi di comunicazione, individuando gli uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le disposizioni sulle notificazioni e comunicazioni telematiche nel processo civile, di cui al comma 1.
Con la modifica del comma 1 dell’art. 51 viene fissato l’avvio della nuova disciplina sulle comunicazioni e notificazioni telematiche al quindicesimo giorno successivo alla data di pubblicazione sulla G.U. della Repubblica dei citati decreti aventi natura non regolamentare.
Le comunicazioni sono effettuate all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’art. 16 del DL 185/2008 (L. 2/2009).
L’art. 16, comma 7, del DL 185/2008 ha previsto che i professionisti iscritti in albi ed elenchi istituiti con legge dello Stato comunicano ai rispettivi ordini o collegi il proprio indirizzo di posta elettronica certificata o analogo indirizzo di posta elettronica entro un anno dalla data di entrata in vigore del presente decreto. Gli ordini e i collegi pubblicano in un elenco riservato, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, i dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.
Sempre mediante invio all’indirizzo di posta elettronica certificata si procede per le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli artt. 148, comma 2-bis (notifiche ai difensori), 149 (notificazioni urgenti), 150 forme particolare di notificazione) e 151 (notificazioni richieste dal pubblico ministero) del codice di procedura penale. Ove contengano dati sensibili, le comunicazioni-notificazioni si effettuano solo per estratto e l’atto integrale è messo a disposizione dell’interessato sul sito Internet individuato dall’amministrazione (l’accesso avviene mediante la carta d'identità elettronica e la carta nazionale dei servizi, prevista dall’art. 64 del Codice dell’amministrazione digitale, D.Lgs. n. 82/2005).
Il nuovo comma 3 conferma che la necessità che le comunicazioni e notificazioni siano fatte presso la cancelleria dell’ufficio giudiziario ove le parti non abbiano istituito e comunicato l’indirizzo di posta elettronica.
Il nuovo comma 5 integra le previsioni relative al contenuto dell’albo professionale degli avvocati di cui al secondo comma dell’articolo 16 della legge forense (RDL 1578 del 1933).
La norma prevede che nell’albo vada indicato:
§ l’indirizzo di posta elettronica certificata dell’avvocato;
§ il suo codice fiscale.
Si precisa l’obbligo di aggiornamento giornaliero di tali informazioni nonché la loro messa a disposizione per via telematica al Consiglio nazionale forense ed al Ministero della giustizia.
I commi 4 e 5 dell’art. 4 in esame mirano a incentivare l’utilizzo delle nuove tecnologie telematiche scoraggiando il ricorso alle copie cartacee degli atti processuali.
Una prima modifica riguarda l’art. 40 del TU spese di giustizia (DPR 115/2002) che attualmente prevede che, con regolamento adottato con decreto del Presidente della Repubblica, sono disciplinati, anche con riferimento ai nuovi mezzi tecnologici, il diritto di copia e il diritto di certificato e ne sono individuati gli importi sulla base dei costi del servizio e dei costi per l'incasso dei diritti.
All’art. 40 è aggiunto ora un comma 1-bis che prevede che il DPR stabilisca in misura superiore di almeno il 50% l’importo dei diritti di copia rilasciata su carta rispetto al costo della copia rilasciata in formato elettronico.
Il successivo comma 5 reca una disciplina transitoria in base alla quale:
§ fino all’emanazione del DPR sopracitato, i diritti di copia sono aumentati del 50%;
§ i diritti sulle copie in formato elettronico sono calcolati in ragione del numero delle pagine, nella misura precedentemente fissata per le copie cartacee.
Spiega la relazione del Governo che “l’attuale regolamentazione, infatti, è particolarmente penalizzante per chi richiede le copie in formato digitale in quanto è richiesto il pagamento del contributo in ragione della tipologia di supporto elettronico utilizzato e indipendentemente dal numero di pagine di cui si chiede la copia”.
La digitalizzazione, ai sensi del comma 6 dell’art. 4, viene finanziata con il maggior gettito derivante dalle modifiche introdotte alla disciplina dei diritti di copia.
Il comma 7 prevede che il Ministero della giustizia si possa avvalere della Consip S.p.a.[14] per la realizzazione delle innovazioni tecnologiche previste dal programma di digitalizzazione; a tal fine sono previste apposite convenzioni tra il ministero e la stessa Consip.
Con il comma 8 dell’art. 4 del D.L. infine, si introducono una serie di modifiche al codice di rito civile, avente natura di coordinamento, necessarie per consentire il completamento del processo di informatizzazione del processo civile.
Anzitutto si prevede l’obbligatoria indicazione, negli atti processuali, del codice fiscale di tutti i protagonisti del giudizio, da utilizzare come chiave primaria per la loro identificazione da parte del sistema informatico.
A tal fine, si modificano:
§ l’art. 125, primo comma, precisando che sulla citazione, sul ricorso, sulla comparsa, sul controricorso, sul precetto sottoscritti dal difensore, debba essere indicato anche il codice fiscale di quest’ultimo (lett. a);
§ l’art. 163, terzo comma, stabilendo che l'atto di citazione deve contenere oltre a nome, cognome e residenza dell’attore e del convenuto, anche i rispettivi codici fiscali così come quelli di coloro che li rappresentano o assistono in giudizio (lett. b).
§ l’art. 167 , primo comma, prevedendo che nella comparsa di risposta, il convenuto debba indicare anche le proprie generalità e il proprio codice fiscale (lett. c).
Si introduce poi, a regime, una modalità generalizzata di notifica degli atti processuali: il nuovo art. 149-bis c.p.c. che prevede il possibile ricorso alle procedure telematiche perl’esecuzione delle notificazioni.
Se non è fatto espresso divieto dalla legge, la notificazione potrà, infatti, eseguirsi a mezzo posta elettronica certificata, anche previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo.
In tali ipotesi, l'ufficiale giudiziario trasmette copia informatica dell'atto sottoscritta con firma digitale all'indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario risultante da pubblici elenchi.
La notifica si intende perfezionata nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario.
L'ufficiale giudiziario redige la cd relata di notifica (la relazione sull’avvenuta notificazione di cui all’art. 148) su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale e congiunto all'atto cui si riferisce mediante strumenti informatici, individuati con apposito D.M. giustizia.
L’art. 148 (Relazione di notificazione) prevede che l'ufficiale giudiziario certifica l'eseguita notificazione mediante relazione da lui datata e sottoscritta, apposta in calce all'originale e alla copia dell'atto (primo comma).
La relazione indica la persona alla quale è consegnata la copia e le sue qualità, nonché il luogo della consegna, oppure le ricerche, anche anagrafiche, fatte dall'ufficiale giudiziario, i motivi della mancata consegna e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario (secondo comma).
La relazione contiene le informazioni di cui all’articolo 148, secondo comma, con l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica presso cui l’atto è stato inviato al posto del luogo di consegna.
Premesso che l’art. 148, secondo comma, c.p.c. riferito alla notifica a mezzo posta, prevede che la relazione indichi, oltre al luogo di consegna dell’atto, alla persona alla quale il medesimo è notificato e alle sue qualità, anche le ricerche fatte dall'ufficiale giudiziario, i motivi della mancata notifica e le notizie raccolte sulla reperibilità del destinatario, occorre valutare la validità dell’indicazione di tali informazioni anche nel caso di notifica a mezzo di posta elettronica.
Al documento informatico originale o alla copia informatica del documento cartaceo sono allegate le ricevute di invio e di consegna previste dalla normativa, anche regolamentare, concernente la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici trasmessi in via telematica.
Eseguita la notificazione, l'ufficiale giudiziario restituisce all'istante o al richiedente, anche per via telematica, l'atto notificato, unitamente alla relazione di notificazione e alle ricevute di invio e di consegna.
Il comma 9 reca disposizioni per l’attuazione dei pagamenti telematici nel settore della giustizia.
La norma prevede il ricorso, da parte del Ministero della giustizia e senza oneri per il bilancio dello Stato, ad intermediari abilitati per rendere possibile, da parte di privati, tutta una serie di pagamenti con modalità telematiche (carte di debito, di credito, o prepagate o con altra moneta elettronica disponibile sui circuiti bancari e postali).
Si tratta del pagamento di spese di giustizia previste dal DPR 115/2002 come contributo unificato, diritti di copia e di certificato, spettanze degli ufficiali giudiziari, somme per recupero del gratuito patrocinio, delle spese processuali, di mantenimento (dei detenuti), delle pene pecuniarie e delle sanzioni amministrative pecuniarie.
Gli intermediari una volta ricevuto il versamento, lo riversano alla tesoreria dello Stato, registrando in apposito sistema informatico i pagamenti eseguiti e la relativa causale, la corrispondenza di ciascun pagamento, i capitoli e gli articoli d’entrata.
Ad un D.M. Giustizia (adottato di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze e sentito il CNIPA) è demandato, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge (vale a dire entro il 1° marzo) il compito di determinare le modalità tecniche per il riversamento, la rendicontazione e l’interconnessione dei sistemi di pagamento, nonché il modello di convenzione che l’intermediario abilitato deve sottoscrivere per effettuare servizio.
Si prevede, inoltre, la stipula da parte del Ministero della giustizia, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, di apposite convenzioni a seguito di procedura di gara ad evidenza pubblica per la fornitura dei servizi e delle infrastrutture senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato.
Allo scopo di realizzare un monitoraggio più efficiente del funzionamento della giustizia è prevista l’adozione, ai sensi del comma 10, di un regolamento del Ministro della giustizia che disciplini la tipologia e le modalità di estrazione, raccolta e trasmissione dei dati statistici dell’amministrazione all’archivio informatico centralizzato esistente.
Infine il comma 11 prevede la necessarietà, ai sensi dell’art. 20, quinto comma, della legge 468/1978, delle spese continuative relative alla gestione dei sistemi informatici del Ministero della giustizia, derivanti dall’adesione a contratti quadro stipulati dal CNIPA, ai fini di una semplificazione delle procedure di autorizzazione.
L’art. 20, co. 5 della legge 468/1978 (Riforma di alcune norme di contabilità generale dello Stato in materia di bilancio) prevedeva che per le spese correnti potessero essere assunti impegni estesi a carico dell'esercizio successivo ove ciò fosse indispensabile per assicurare la continuità dei servizi. Quando si fosse trattato di spese per affitti o di altre continuative e ricorrenti l'impegno poteva anche estendersi a più esercizi, a norma della consuetudine, o se l'amministrazione ne avesse riconosca la necessità o la convenienza.
Si segnala che la legge n. 468 del 1978 è stata integralmente abrogata, a decorrere dal 1° gennaio 2010, dalla lettera c) del comma 1 dell’art. 51, della legge 31 dicembre 2009, n. 196. La disposizione dovrebbe quindi rinviare all’articolo 34, comma 4, della legge n. 196 del 2009.
Tale disposizione prevede che, previo assenso del Ministero dell'economia e delle finanze, con salvaguardia della compatibilità con il fabbisogno e l'indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche, per le spese correnti possono essere assunti impegni estesi a carico di esercizi successivi, nei limiti delle risorse stanziate nel bilancio pluriennale a legislazione vigente, ove ciò sia indispensabile per assicurare la continuità dei servizi, e quando si tratti di spese continuative e ricorrenti, se l'amministrazione ne riconosca la necessità o la convenienza.
Terza Commissione.
Circolare 8 giugno 2009, n. 12046, Disposizioni in tema di tramutamenti e di
assegnazione per conferimento di funzioni
(Paragrafo V, n. 20)
TITOLO I
INDIVIDUAZIONE DELLE VARIE IPOTESI DI ASSEGNAZIONE E TRAMUTAMENTI
(omissis)
PARAGRAFO V
Requisiti e legittimazione per i tramutamenti e le assegnazioni a domanda.
(omissis)
1. Le domande di tramutamento e di assegnazione per conferimento di funzioni
nonché le dichiarazioni di disponibilità al trasferimento di ufficio per le ipotesi regolate dal paragrafo III della presente circolare, debbono essere compilate e trasmesse via intranet. Le domande ed i relativi allegati dovranno essere compilati e trasmessi in ogni loro parte secondo le specifiche istruzioni contenute nel bando di concorso e nel “vademecum” consultabile sul sito intranet www.cosmag.it. Le domande presentate mediante diverse modalità non verranno prese in considerazione salvo i casi specificamente documentati di caso fortuito e forza maggiore.
2. Nel caso in cui l'accoglimento della domanda di tramutamento determinerebbe il passaggio dalle funzioni giudicanti alle requirenti o viceversa, l'interessato, a pena di inammissibilità della domanda, ha l'onere di richiedere al Consiglio Giudiziario (o agli altri organi competenti) il parere prescritto dall'art. 13 co. 3 L. 111/07, facendo riferimento nella domanda all'avvenuto deposito della richiesta.
3. Il parere sarà espresso con riferimento particolare alla idoneità dell'interessato per l'esercizio della diversa funzione e tenendo conto dello specifico posto richiesto.
4. Il Consiglio Giudiziario formulerà il parere senza indugio e, comunque, entro quindici giorni dalla data della istanza, trasmettendolo immediatamente al Consiglio Superiore con la specifica indicazione della domanda cui esso si riferisce.
5. Il parere non è necessario nel caso in cui nel biennio precedente, computato dalla data di scadenza del termine di presentazione della domanda, il Consiglio Giudiziario abbia espresso parere sulla idoneità del magistrato per l'esercizio delle funzioni cui aspira nello specifico posto richiesto; in tal caso il parere dovrà essere richiamato nella domanda.
6. Gli interessati sono tenuti, con la domanda e, comunque, non oltre la data della delibera del plenum, a segnalare qualunque situazione, anche sopravvenuta, di potenziale incompatibilità, ai sensi degli artt. 18 e 19 dell'Ordinamento Giudiziario, rispetto all'ufficio richiesto.
7. L'inosservanza di tale onere va segnalato ai titolari dell'azione disciplinare.
8. Ogni magistrato, in relazione a ciascuna pubblicazione di sedi vacanti, qualora non sia diversamente previsto nel bando, può presentare non più di due domande di trasferimento, qualora presti servizio in una sede alla quale è stato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, a sua domanda e non più di tre domande di trasferimento, qualora presti servizio in una sede alla quale è stato destinato, per trasferimento o per conferimento di funzioni, d'ufficio o previa dichiarazione di disponibilità.
9. Nel caso di pluralità di posti richiesti con un'unica domanda, ovvero di più domande nell'ambito dello stesso concorso, l'ordine di preferenza è individuato dalla elencazione riportata nel modulo o, nel caso di più moduli, dalla loro successione.
10. Le domande possono essere avanzate a prescindere dalla pubblicazione ma conservano validità solo fino all’espletamento della successiva procedura concorsuale relativa al posto richiesto.
11. Nel bando di concorso è indicato un termine entro il quale sarà pubblicato sul sito intranet www.cosmag.it il parametro dei magistrati, che hanno avanzato domanda, in ordine di punteggio conseguibile, nonché un termine entro il quale i magistrati potranno formulare eventuali osservazioni relative alle attribuzioni dei punteggi. Nel medesimo termine i magistrati potranno revocare la domanda di tramutamento. Dopo la scadenza di detto termine e fino alla successiva delibera plenaria di trasferimento la revoca potrà essere accolta solo per eccezionali ragioni così come individuate al par. VI.
Le domande non revocate si intendono tutte accettate nell’ordine in cui i relativi posti sono stati indicati nella domanda.
Al magistrato che non ha revocato la domanda non viene comunicata alcuna proposta di trasferimento, salvo il caso in cui abbia avanzato più di una domanda e sia in posizione utile per essere trasferito ad un posto meno gradito. Tale comunicazione – eseguita per il tramite del Dirigente dell’ufficio di appartenenza del magistrato richiedente e da effettuarsi con le modalità più rapide – è prevista al solo fine di consentire al magistrato di procedere al c.d. “accantonamento” ai sensi del successivo punto 12.
12. La richiesta di accantonamento può essere effettuata solamente all'interno della singola pubblicazione di posti vacanti ed esclusivamente per la definizione del posto o dei posti indicati con preferenza dal magistrato.
13. La revoca della revoca si intende come domanda nuova.
Tuttavia il C.S.M. può tenerne conto ove - nell'ambito della medesima procedura concorsuale, considerate le necessità degli uffici interessati e ricorrendo prevalenti esigenze di servizio - per lo stesso posto non vi siano altri aspiranti legittimati o, comunque, valutabili ai sensi dei successivi punti 20 e 22.
14. Il trasferimento o l'assegnazione per conferimento di nuove funzioni, disposti a domanda dell'interessato, nonché il collocamento fuori ruolo dall’organico della magistratura o la conferma fuori ruolo in diversa posizione e/o presso altro ente o altra amministrazione determinano la decadenza di tutte le domande in precedenza presentate.
15. L’eventuale documentazione, specificatamente indicata con la domanda, deve essere trasmessa al C.S.M. con le modalità e nei termini previsti nel bando di pubblicazione.
E’ facoltà dell’interessato formulare espresso riferimento a documentazione ritualmente inserita nel proprio fascicolo personale o già prodotta in occasione di precedenti domande di tramutamento, secondo le specifiche indicazioni contenute nel bando di concorso.
16. L'interessato ha la facoltà di precisare o modificare l'ordine di preferenza, produrre o integrare la documentazione fino alla scadenza del termine di presentazione della domanda.
17. I documenti presentati dopo la scadenza del termine non vengono presi in considerazione.
18. Il periodo di permanenza nella sede, ai fini della legittimazione del magistrato ai successivi trasferimenti o assegnazioni, è calcolato dalla data di immissione in possesso alla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda.
Il termine iniziale per calcolare la legittimazione per i magistrati che in data 1.6.1999 svolgevano le loro funzioni presso un ufficio soppresso è quello della data di immissione in possesso in tale ufficio.
19. Nell'ipotesi prevista dall'ultima parte dell'art. 194 dell'Ordinamento Giudiziario e dell’art. 13 co. 3 e 4 del D.Lvo n. 160/2006 il Consiglio procederà ad una rigorosa comparazione delle esigenze di servizio tra l'ufficio di provenienza e quello di destinazione.
20. Per i profili di buon andamento dell'amministrazione, nel caso di trasferimento d'ufficio comunque disposto, quando non è previsto dalla legge un periodo minimo di legittimazione per i trasferimenti successivi, il Consiglio si riserva di non accogliere le domande dei magistrati che occupino l'ufficio da meno di due anni, o di un anno e sei mesi per gli uditori giudiziari.
21. Per i magistrati fuori ruolo e per quelli provenienti dalla posizione di fuori ruolo ed assegnati allo stesso ufficio di provenienza o in altra sede qualora non sia stato possibile essere assegnati alla sede di provenienza, il periodo di legittimazione ai trasferimenti successivi sarà calcolato a far data dalla presa di possesso nell'ufficio occupato prima del collocamento fuori ruolo.
22. Per i trasferimenti ai posti dichiarati disagiati ai sensi dell’art. 3 legge 4 maggio 1998, n. 133 così come modificata dal D.L. 143/2008 convertito nella legge 13 novembre 2008, n. 181, il Consiglio valuterà le disponibilità al trasferimento avanzate dai magistrati, a prescindere dal termine di legittimazione, così come individuato dall’art. 194 dell’Ordinamento Giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12.
In caso di più disponibilità al trasferimento in sedi disagiate si osservano le regole dei tramutamenti ordinari a prescindere dalla legittimazione .
23. Quando sia necessario rimuovere preventivamente, con urgenza, potenziali situazioni di incompatibilità che possono dar luogo all’apertura di una procedura di trasferimento d’ufficio (art. 2 legge guarentigie; artt. 18 e 19 ord. giud.), il Consiglio, nell’interesse dell’Amministrazione, provvede sulla domanda del magistrato indipendentemente dal decorso del termine di legittimazione.
A tal fine si procede con concorso virtuale.
L’urgenza è valutata in base agli atti prodotti, assunte informazioni e sentita la Commissione competente ad accertare l’eventuale incompatibilità, senza pregiudizio per gli adempimenti e le successive determinazioni di quest’ultima.
Le domande di trasferimento per handicap o per infermità del magistrato o del suo familiare sono valutate nei termini e con le modalità regolate dai paragrafi IX, X, XI e XII. È esclusa, in ogni caso, la possibilità di destinare il magistrato che ha presentato istanza di trasferimento ai posti indicati nel punto 26.
24. Qualora il trasferimento del magistrato venga determinato da comprovate ragioni di sicurezza, si procede con concorso virtuale. In tal caso, la legittimazione al successivo trasferimento (art. 194 ord. giud.) sarà computata a decorrere dalla presa di possesso nell'ufficio precedente.
25. Qualora in ottemperanza del giudicato amministrativo od in via di autotutela si debba procedere a trasferimento di un magistrato verranno utilizzate le regole del concorso virtuale per la determinazione della sede di destinazione.
26. In tutti i casi in cui occorra procedere a concorso virtuale il magistrato non potrà essere assegnato a posti con incarico direttivo, semidirettivo, a posti di sostituto presso la Direzione nazionale antimafia, a posti di magistrato di tribunale addetto all’Ufficio del massimario e del ruolo della Corte di Cassazione, a posti di consigliere di Corte di Cassazione o di sostituto procuratore generale presso la medesima Corte.
27. L’assegnazione per concorso virtuale ad un posto di consigliere di Corte di Cassazione o di sostituto procuratore generale presso la medesima Corte è ammessa nel solo caso in cui il magistrato da trasferire per concorso virtuale abbia già esercitato funzioni di legittimità.
28. L’assegnazione per concorso virtuale ad un posto di consigliere di corte di appello o di sostituto procuratore generale presso la corte di appello è ammessa nel caso in cui debba essere ricollocato in ruolo un magistrato che ricopriva in precedenza, rispettivamente, funzioni di secondo grado giudicanti o requirenti, semidirettive giudicanti o requirenti ovvero provenga da un posto direttivo.
29. Il concorso virtuale verrà effettuato simulando la partecipazione dell'interessato agli ultimi concorsi svoltisi per il posto richiesto, attribuendogli i relativi punteggi, ora per allora.
Il posto sarà assegnato se l'interessato avrà riportato un punteggio equivalente alla media dei punteggi raggiunti dal vincitore che ha riportato il punteggio più basso nell’ambito di ciascun concorso reale svoltosi nei quattro anni precedenti. Al fine del computo del quadriennio si terrà conto della data della domanda di ricollocamento e della delibera di tramutamento del vincitore che ha riportato il punteggio rilevante ai fini del computo del punteggio virtuale.
Nel caso in cui negli ultimi quattro anni sia stato espletato concorso reale e il procedimento di assegnazione del posto si sia concluso con la dichiarazione di “posto senza aspiranti” si attribuirà a tale concorso il punteggio di zero, ai fini del calcolo della media di cui sopra. Nel caso in cui negli ultimi quattro anni non sia stato espletato concorso reale, la simulazione avverrà con l'ultimo concorso effettuato ed il posto richiesto verrà attribuito solo qualora l'interessato ne risulti vincitore o primo degli esclusi.
30. Non si dà mai luogo al concorso virtuale nei casi in cui sia in atto un concorso ordinario per il posto, diverso da quello di provenienza, indicato dal magistrato da ricollocare in ruolo.
31. Sul sito intranet www.cosmag.it è istituita una sezione nella quale è inserito un elenco delle sedi vacanti non pubblicate, aggiornato ogni settimana.
Qualora un magistrato faccia domanda di ricollocamento o tramutamento con concorso virtuale in una di tali sedi, la domanda sarà segnalata al fianco della sede richiesta previa valutazione della competente Commissione; nei successivi 7 giorni qualunque altro interessato, che si trovi nelle condizioni previste per accedere al concorso virtuale, potrà proporre analoga domanda, al fine di concorrere con il primo aspirante.
Alla scadenza del termine, nel caso in cui siano presentate più domande per una stessa sede, il posto verrà assegnato all’aspirante che abbia riportato il punteggio più elevato secondo le regole ordinarie, sempre che raggiunga il punteggio necessario calcolato ai sensi del precedente punto 29.
L’aspirante soccombente potrà presentare domanda per altro posto ovvero rinunciare al tramutamento tramite concorso virtuale.
Le domande di ricollocamento o tramutamento con concorso virtuale pendenti al
momento dell’entrata in vigore della presente disposizione seguono il regime giuridico
vigente al momento della presentazione della domanda; in caso di più domande pendenti per il medesimo posto questo verrà assegnato all’aspirante che abbia riportato il punteggio più elevato.
(omissis)
Parere ai sensi dell’art. 10, legge 24 marzo 1958, n. 195 in relazione al decreto legge n. 193 del 29 dicembre 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2009, avente ad oggetto: “Interventi urgenti in tema di funzionalità del sistema giudiziario”
1. L’impianto normativo.
All’esito del Consiglio dei Ministri del 17 dicembre 2009 è stato approvato il decreto legge n. 193 del 29 dicembre 2009, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 30 dicembre 2009, avente ad oggetto “Interventi urgenti in tema di funzionalità del sistema giudiziario”. Esso si compone di cinque articoli e si caratterizza per l’adozione di misure concernenti tre differenti ambiti, rispettivamente riguardanti: la proroga dei magistrati onorari (art. 1), l’adozione di norme straordinarie per la copertura dei posti vacanti negli uffici giudiziari meno richiesti dai magistrati (artt. 2 e 3), la previsione di disposizioni finalizzate al completamento del sistema di digitalizzazione della giustizia (art. 4).
Il presente parere analizza in dettaglio il contenuto del predetto articolato e fornisce, come previsto dall’art. 10 della legge 24 marzo 1958, n. 195, il doveroso contributo Istituzionale del C.S.M. al Ministro della Giustizia ed eventualmente, per suo tramite, al Parlamento in sede di conversione, per i profili riguardanti le previsioni di legge che comportano specifiche ricadute sul funzionamento della giustizia, per i profili ordinamentali e processuali.
2. La proroga dei magistrati onorari (art. 1). Analisi del dato normativo e commento.
L’art. 1 del decreto legge 193/2009, nel rappresentare la volontà legislativa di intervenire a breve con una riforma organica dell’intero settore della magistratura onoraria, adotta medio tempore un provvedimento straordinario attraverso cui disporre la proroga per un ulteriore anno, e cioè fino al 31 dicembre 2010, dello svolgimento delle funzioni da parte dei giudici onorari e dei vice procuratori onorari il cui mandato professionale era previsto in scadenza per il 31 dicembre 2009.
Tenuto conto dell’importante contributo fornito al sistema giustizia dalla magistratura onoraria, non può che ritenersi positivo il provvedimento di proroga governativo, attraverso cui è possibile continuare ad usufruire della acquisita professionalità di un numero particolarmente cospicuo di magistrati onorari.
Vero è che nella prospettiva di un miglioramento della efficienza del sistema della giustizia italiana non è più procrastinabile una definitiva riforma della magistratura onoraria.
3. Norme straordinarie per la copertura dei posti vacanti negli uffici giudiziari meno richiesti dai magistrati (art. li 2 e 3): analisi del dato normativo e rilievi critici.
3.1 Il decreto legge in esame prevede nuove modifiche alla legge n. 133/1998, sopprimendo il neointrodotto sistema delle “sedi copertura immediata”.
L’art. 2, primo comma, elimina dunque dall’art. 1, terzo comma, della legge n. 133/1998 l’obbligo per il C.S.M., introdotto dal decreto-legge n. 143/2008, di individuare – tra le sedi disagiate - 10 sedi a copertura immediata, scelte tra quelle rimaste vacanti per difetto di aspiranti dopo due successive pubblicazioni ed aumenta da 60 a 80 il numero di sedi disagiate da individuare ogni anno. La stessa disposizione porta da 100 a 150 il numero di magistrati che ciascun anno possono essere trasferiti d’ufficio.
Conseguentemente, la nuova norma abroga l’art. 1-bis della legge n. 133/1998, che era dedicato alle sedi a copertura immediata.
Il successivo art. 3 indica le modalità di copertura delle sedi disagiate rimaste vacanti per difetto di aspiranti:
- sino al 31 dicembre 2014 il trasferimento d’ufficio può essere disposto verso tutte le sedi disagiate rimaste vacanti per difetto di aspiranti e per le quali non siano intervenute dichiarazioni di disponibilità o manifestazioni di consenso al trasferimento;
- tale trasferimento d’ufficio può riguardare anche i magistrati che abbiano conseguito la prima o la seconda valutazione di professionalità. Rimane inalterato il fatto che esso possa riguardare “altresì” i magistrati che svolgono da oltre 10 anni le stesse funzioni o, comunque, si trovano nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell’ambito delle stesse funzioni e che alla scadenza del periodo massimo di permanenza non hanno presentato domanda di trasferimento ad altra funzione o ad altro gruppo di lavoro all’interno dell’ufficio ovvero ad altro ufficio, o che tale domanda abbiano successivamente revocato;
- il trasferimento d’ufficio può essere disposto esclusivamente in sedi disagiate che distano oltre 100 chilometri dalla sede ove il magistrato presta servizio;
- il trasferimento d’ufficio dei magistrati che abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità può essere disposto anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa all’interno di altri distretti della stessa regione, previsto dall’art. 13, terzo e quarto comma, del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160;
- viene eliminato il riferimento alla possibilità per il C.S.M., nel disporre il trasferimento d'ufficio, di derogare all'art. 19 del decreto legislativo n. 160/2006, secondo il quale i magistrati che esercitano funzioni di primo e secondo grado possono rimanere in servizio presso lo stesso ufficio svolgendo le medesime funzioni o, comunque, nella stessa posizione tabellare o nel medesimo gruppo di lavoro nell'ambito delle stesse funzioni, per un periodo stabilito dal Consiglio stesso, con proprio regolamento, tra un minimo di 5 e un massimo di 10 anni, a seconda delle differenti funzioni.
Non possono essere trasferiti d’ufficio i magistrati in servizio presso sedi disagiate, quelli assegnati o trasferiti presso la sede ove prestano servizio ai sensi della legge 10 marzo 1987 n. 100 (avvicinamento al coniuge militare trasferito d’autorità) o della legge 5 febbraio 1992 n. 104 (tutela dell’handicap) e, infine, i magistrati che sono genitori di prole di età inferiore a tre anni (secondo comma dell’art. 3).
Le condizioni per il trasferimento d’ufficio devono sussistere alla data di pubblicazione della delibera consiliare che all’inizio di ciascun anno individua le sedi disagiate (quarto comma).
Possono essere trasferiti d’ufficio non solo i magistrati che prestano servizio nel distretto nel quale sono compresi i posti da coprire, ovvero, se ciò non è possibile, nei distretti limitrofi, ma anche quelli che prestano servizio nei distretti delle regioni limitrofe. Per la Sardegna si considerano limitrofe le regioni Liguria, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia; per la Sicilia si considera limitrofa la regione Calabria e per la Calabria anche la regione Sicilia (quinto comma).
Il decreto legge individua infine (sesto e settimo comma) i criteri per stabilire, nel caso di pluralità di distretti ovvero di regioni limitrofe, quale sia quello più prossimo (la minor distanza chilometrica ferroviaria, e se del caso marittima) e detta criteri tassativi per l’individuazione dell’ufficio giudiziario da cui attingere per i trasferimenti prevedendo che, nell’ambito del distretto, occorra operare sull’ufficio che ha la minore percentuale di scopertura dell’organico; in caso di pari percentuale, il trasferimento è operato dall’ufficio con organico più ampio. Nell’ambito dell’ufficio è trasferito il magistrato con minore anzianità nel ruolo.
L’ultimo comma dell’art. 3 dispone infine che ai magistrati trasferiti d’ufficio si applicano gli artt. 2, 3 e 5 della legge 4 maggio 1998 n. 133.
3.2 La finalità delle nuove disposizioni d'urgenza è ben illustrata nella relazione al decreto legge ove si legge: “Gli articoli 2 e 3 del decreto legge prevedono alcune modifiche alla normativa attualmente vigente in tema di copertura delle cd. sedi disagiate, ormai resesi straordinariamente urgenti per far fronte alla sempre più grave situazione di scopertura degli uffici giudiziari meno richiesti, specie delle procure meridionali. Numerose sedi giudiziarie, specialmente nel sud di Italia, in luoghi ove è importante mantenere efficiente il contrasto alla criminalità organizzata, si trovano, come è noto, in condizione di non poter quasi più operare per carenza di personale di magistratura. La soluzione in via definitiva dell’annoso problema dell’assenza di magistrati nelle sedi giudiziarie per mancanza di aspiranti volontari, ferma restando la speciale preclusione sancita dall’articolo 13, comma 2, del decreto legislativo 160/2005, impone l’adozione di modifiche dell’ordinamento giudiziario che, per giungere a regime ed esercitare i propri effetti positivi in termine di copertura delle sedi disagiate, necessitano di un congruo lasso di tempo. In attesa dell’adozione di tali modifiche normative è di straordinaria urgenza l’adozione di misure eccezionali, volte a risolvere in via temporanea il problema, assicurando la continuità della funzionalità dell’amministrazione della giustizia, oggi concretamente posta in pericolo, in alcune sedi giudiziarie, da una carenza grave di magistrati. Appare, in particolare, necessario ricorrere – per una limitata durata nel tempo – alle norme contenute all’interno del disegno di legge di iniziativa governativa in materia di procedimento penale (AS 1440), all’esame del Parlamento, consentendo al Consiglio Superiore della Magistratura, nei casi in cui difettino aspiranti al trasferimento presso le sedi disagiate, di procedere al trasferimento d’ufficio, oltre che dei magistrati c.d. ultradecennali, anche di tutti i magistrati che abbiano conseguito la prima valutazione di professionalità da non oltre quattro anni. L’adozione di una siffatta misura è giustificata dall’esigenza di assicurare il regolare svolgimento dell’attività giudiziaria nelle sedi afflitte da prolungata carenza di personale di magistratura, ed è, pertanto, direttamente conseguente alla tutela di beni primari della collettività”.
a) Il decreto legge si propone così di individuare un rimedio rapido ed efficace per garantire la copertura delle sedi disagiate, sopprimendo il sistema delle “sedi a copertura immediata”, introdotto poco più di un anno fa dal D.L. 16 settembre 2008, n. 143, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 13 novembre 2008, n. 181.
La soppressione in oggetto ha una portata dirompente in quanto introduce la possibilità di trasferire alle sedi disagiate magistrati, per superiori esigenze di funzionalità degli uffici giudiziari, prescindendo totalmente dal consenso o dalla dichiarazione di disponibilità degli interessati.
L'art. 1, comma 3, L. 133/1998, nella versione anteriore al D.L. 193/2009, distingueva, infatti, le sedi disagiate dalle sedi a copertura immediata, le quali andavano individuate - nel novero delle sedi disagiate - in numero non superiore a dieci tra quelle rimaste vacanti per difetto di aspiranti dopo due successive pubblicazioni. Solo per le sedi a copertura immediata, di cui all’art. 1 bis L. 133/1998, era fino ad ora possibile procedere al trasferimento d’ufficio anche se non fossero“ intervenute dichiarazioni di disponibilità o di consenso al trasferimento”. Per le sedi disagiate, invece, è stato sempre richiesto “il consenso o la disponibilità dei magistrati”, in mancanza dei quali non era possibile operare il trasferimento d’ufficio.
Con l’abrogazione dell’art. 1 bis L. 133/1998 e l’introduzione del meccanismo di trasferimento previsto dall’art. 3 del decreto legge 193/2009 viene prevista la possibilità di procedere a trasferimento d’ufficio per tutte le sedi disagiate, anche in mancanza del consenso o della disponibilità degli interessati. Se, pertanto, fino ad oggi il tramutamento “coattivo” poteva avvenire, ogni anno, per un numero di sedi non superiore a dieci, con la modifica de qua esso riguarderà ben ottanta sedi (posto che il D.L. incrementa anche il numero delle sedi dichiarabili disagiate) e potrà coinvolgere fino a 150 magistrati[15].
Senza dubbio l’intervento normativo in oggetto dimostra che il legislatore è consapevole delle allarmanti scoperture di organico che si sono determinate soprattutto negli uffici giudiziari requirenti collocati nel Sud del Paese, vale a dire proprio nelle regioni italiane particolarmente afflitte da fenomeni di criminalità organizzata di stampo mafioso.
In tale prospettiva non può che apprezzarsi l’aumento introdotto dall’art. 2 del decreto legge sia del numero delle sedi disagiate che del numero dei magistrati che possono essere trasferiti ad esse, giacché in tal modo si sono adeguate le relative previsioni normative alla realtà in cui versano gli uffici giudiziari.
Il significativo potenziamento dell’istituto del trasferimento d’ufficio, tuttavia, impone di verificarne la compatibilità con le garanzie di inamovibilità riconosciute alla magistratura.
Il legislatore, con l'intervento in esame, disegna infatti un sottosistema di mobilità orizzontale diverso dall'ordinario modello di tramutamento costruito nel rispetto delle garanzie costituzionali, a cui di fatto si affianca, con la conseguenza che il rimedio, definito temporaneo, individuato per far fronte a situazioni straordinarie, rischia, in concreto, di assurgere ad opzione organizzativa ordinaria, seppure rimessa alle deliberazioni dell’Organo di autogoverno. Al riguardo, vanno ricordate le pronunce della Corte Costituzionale le quali chiariscono che il trasferimento senza il consenso degli interessati mantiene coerenza di sistema solo nella misura in cui esso sia funzionale a soddisfare “ragioni contingenti – volte ad assicurare la continuità e la prontezza della funzione giurisdizionale” (C. Cost. 156/1963).
Il riferimento alla data del 31 dicembre 2014 come data finale entro la quale opererà l’istituto del trasferimento d’ufficio di magistrati così come previsto dal decreto legge in esame dovrebbe, nell'intenzione del legislatore, rendere possibile l’interpretazione di eccezionalità della norma.
Alcune osservazioni si impongono.
Nella relazione di accompagnamento si sottolinea come entro il 31 dicembre 2014 verrà varata e potrà spiegare i suoi effetti una modifica delle norme ordinamentali idonea a risolvere in via definitiva il problema.
Nessuna indicazione su tale definitivo intervento di modifica risulta però esplicitata.
E, comunque, in prospettiva occorre evitare che uno strumento oggi giustificabile, anche costituzionalmente, sulla base della eccezionalità, divenga invece un sistema parallelo di tramutamento.
A fronte di tale silenzio occorre rilevare che la limitazione temporale prevista dal decreto legge sancisce un arco temporale decisamente ampio, giacché i trasferimenti disciplinati dall’art. 3 del D.L. potranno essere disposti per ben cinque anni e nulla vieta che il termine quinquennale possa essere prorogato, come spesso è accaduto nella prassi (si pensi alle proroghe contenute nell’art. 1 dello stesso D.L. 193/2009, che intervengono su un termine di anno in anno spostato in avanti).
Inoltre, l’indicazione di un termine finale può essere significativo qualora nel relativo intervallo temporale si intervenga per eliminare le cause che hanno determinato le allarmanti scoperture di organico negli uffici requirenti.
Come più volte segnalato dal Consiglio Superiore della Magistratura, infatti, la grave situazione riscontrata negli uffici requirenti costituisce la conseguenza più diretta di alcuni recenti riforme ordinamentali, in particolare quelle che hanno imposto sia il divieto di destinare i magistrati di prima nomina alle funzioni requirenti sia gravosi limiti per il passaggio dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti e viceversa. Si tratta, dunque, di emergenze strutturali, per far fronte alle quali non appare adeguata e sufficiente l'adozione di misure straordinarie una tantum, occorrendo un intervento più ponderato che agisca sul vigente sistema ordinamentale, per rimuovere le cause che hanno prodotto i drammatici livelli di scopertura negli organici degli uffici requirenti. [16]
Con lo strumento del decreto legge in esame, il legislatore, si limita ad interventi del tutto provvisori, utilizzando un meccanismo -il trasferimento d'ufficio- in sé problematico, senza precisare, nel contempo, perché nel 2014 la situazione degli organici degli uffici requirenti dovrebbe essere diversa da quella disastrosa odierna.
La mancata esplicitazione delle linee, anche solo generali, del preannunciato futuro intervento di modifica delle norme ordinamentali non consente di valutare la congruità e l'adeguatezza del rimedio temporaneo oggi proposto.
In tal senso la limitazione temporale indicata dall’art. 3 del D.L. in commento non risulta essere del tutto razionale ed in linea con i principi di buona amministrazione, soprattutto se si considera che non vi è alcuna garanzia sul funzionamento effettivo del meccanismo previsto dal decreto legge -trasferimento d’ufficio- e sulla sua capacità di fronteggiare l'emergenza per cui è stato creato.
Appare infatti irragionevole il ricorso al trasferimento di ufficio in mancanza di una strategia complessiva per facilitare la copertura delle sedi disagiate.
In particolare non si comprende, a fronte della dichiarata imprescindibilità della copertura delle sedi disagiate l’imposizione della distanza chilometrica (almeno 100 KM) dalla sede di lavoro per accedere al trasferimento con gli incentivi e perché proprio 100 KM e non un’altra distanza maggiore o minore.
L’effetto è che in tal modo si disincentivano quei magistrati che sarebbero disposti ad un trasferimento, compatibile con la gestione anche della propria vita familiare. Non si valuta in particolare che una distanza superiore a cento chilometri in una delle regioni in cui si trovano la maggior parte delle sedi disagiate (Calabria, Sicilia, Sardegna ecc.) comporta tempi di spostamento di norma superiori a due ore che, uniti alla necessità della presenza quotidiana e alla gestione dei turni nelle sedi di procura impedirebbero di fatto una quotidiana presenza familiare e renderebbero complicata quella settimanale.
A ciò deve aggiungersi l'irragionevolezza di un provvedimento urgente non inserito in un piano più complessivo di interventi strutturali in grado di far fronte alle esigenze di funzionalità ed efficienza degli uffici giudiziari, come ad esempio la revisione delle circoscrizione giudiziarie e il ripensamento delle piante organiche degli uffici.
b) Perplessità ancora maggiori suscita l'individuazione della platea dei magistrati soggetti al trasferimento d'ufficio cioè “i magistrati che abbiano conseguito la prima o la seconda valutazione di professionalità, con esclusione di coloro che abbiano conseguito valutazioni superiori alle predette”, trattandosi di una previsione che non risulta in linea con le finalità che la norma stessa intende perseguire. Ed infatti, l’art. 13 comma 1, D.Lgs. 160/06 pone il divieto per i magistrati di prima nomina di svolgere funzioni requirenti, nonché funzioni monocratiche penali, ovvero di GIP/GUP anteriormente al conseguimento della prima valutazione di professionalità.
Ne consegue che tali magistrati nei primi anni di attività espletano funzioni civili oppure collegiali penali.
Il decreto legge sceglie quindi di rendere operativo il trasferimento d’ufficio proprio nei confronti di quei magistrati che i primi quattro anni dall’ingresso in magistratura (atteso il sistema di valutazione di professionalità vigente) non hanno potuto sicuramente svolgere le funzioni indicate al comma 1 dell’art. 13 D.Lgs. 160/06, e che successivamente, se non hanno utilmente partecipato a concorsi interni ovvero banditi dal C.S.M, possono non aver mai esercitato, rispettivamente, funzioni monocratiche penali o di GIP/GUP e requirenti.
Il legislatore finisce quindi, con il prevedere il trasferimento coattivo alle funzioni requirenti, da svolgersi verosimilmente in contesti ambientali problematici, nei confronti di magistrati che potrebbero non aver mai esercitato funzioni requirenti né, tantomeno, aver avuto la possibilità di maturare esperienze significative nel settore penale.
Si tratta di un intervento che non salvaguarda adeguatamente la professionalità dei magistrati coinvolti, che non apporta alcun utile bagaglio di esperienza professionale nell'ufficio di destinazione, che colpisce incomprensibilmente soggetti, ancora giovani, che già hanno dovuto affrontare le difficoltà connesse alla scelta ed alle esercizio delle funzioni nella "prima sede" e che rischiano di dover sopportare un disagio aggiuntivo se colpiti da un provvedimento coattivo che contrasta con le loro esigenze personali e professionali.
c) Va, altresì, rilevato che con la modifica in esame viene allargata, rispetto al previgente art. 1 bis L. 133/1998, la platea dei magistrati trasferibili d’ufficio. Tale allargamento, che è senz’altro funzionale alle esigenze dell’amministrazione, non può essere condiviso nella parte in cui individua i destinatari del provvedimento coattivo nei magistrati con minore anzianità di servizio, essendo un criterio che comunque non favorisce le esigenze degli uffici di destinazione –per i motivi sopra indicati- , che può sacrificare la funzionalità dell'ufficio di provenienza del magistrato da trasferire d'ufficio, oltre a compromettere inutilmente la professionalità e/o l'attitudine specifica dello stesso magistrato soggetto al trasferimento coattivo.
In merito non può omettersi di rilevare che l’applicazione del criterio della “minore anzianità nel ruolo”, seppure diretto a garantire la massima oggettività possibile nell’individuazione dei magistrati da trasferire, potrebbe originare non poche disfunzioni organizzative. Tale criterio, infatti, non consente alcuna valutazione in ordine alla quantità e alla qualità dell’attività giudiziaria svolta da ciascuno dei candidati al momento della scelta, ragion per cui potrebbero essere trasferiti coattivamente anche magistrati impegnati in delicate attività processuali ovvero con carichi di lavoro particolarmente gravosi.
Si pensi, a titolo meramente esemplificativo, al caso in cui il magistrato da trasferire sia componente di un collegio penale innanzi al quale sono in avanzato stato di trattazione processi per reati di criminalità organizzata: l’attività processuale svolta, per effetto del tramutamento disposto ex art. 3 del decreto legge in esame, sarebbe del tutto annullata, con tutte le irragionevolezze conseguenti.
d) Il comma 1 dell’art. 3 precisa, ancora, che il trasferimento d’ufficio può essere disposto esclusivamente in sedi disagiate che distino oltre cento chilometri dalla sede ove il magistrato presta servizio. Tale previsione è in linea con quanto già disposto dal vigente art. 1 L. 133/98 per i trasferimenti d’ufficio su disponibilità e risponde alla ratio di eliminare la distinzione tra sedi disagiate e sedi a copertura immediata.
Occorre sul punto osservare che la scelta di mantenere il limite dei 100 Km, oltre a porre un disagio aggiuntivo sul malcapitato destinatario del provvedimento, contraddice il successivo contenuto del decreto. Infatti ai sensi dell’art. 3 comma 5 del decreto, il trasferimento d'ufficio é disposto prioritariamente nei confronti dei magistrati che prestano servizio nel distretto nel quale sono compresi i posti da coprire. Il legislatore sembrerebbe volere attingere ad ambiti territoriali circoscritti, senza però considerare che nelle regioni con il maggior numero di sedi disagiate, come la Sicilia, il numero di uffici posti a distanza superiore a cento chilometri nell’ambito dello stesso distretto (e anche dei distretti limitrofi) è realmente minimo.
In definitiva ferme restando le perplessità sul limite dei 100 Km, che pare contrastare con la ragionevolezza per la sua arbitrarietà di numero cosiddetto simpatico (ndr i multipli di cinque e di dieci sono così definiti per la loro automatica evocabilità), sarebbe più utile e proficuo ragionare in termini di esigenza da soddisfare. E’ evidente che non può darsi un incentivo a chi voglia ovvero sia disponibile ad un trasferimento entro lo stesso circondario di tribunale comunque collocabile geograficamente, ma dal punto di vista dell’interesse pubblico in gioco è irrilevante che la sede disagiata da coprire disti meno di 100 Km da quella attualmente coperta dal magistrato.
In via di principio, infatti, se davvero si vuole ricorrere ad una logica per così dire endomeridionale, per cui le difficoltà siciliane e calabresi vanno affrontate con le forze complessivamente date alla Sicilia ed alla Calabria, allora il limite chilometrico entro i distretti calabresi e siciliani è poco comprensibile.
e) Sempre il comma 1 dell'art. 3 introduce, infine, la possibilità che il trasferimento d’ufficio dei magistrati che hanno conseguito la prima o la seconda valutazione di professionalità possa avvenire anche in deroga al divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa all’interno di altri distretti della stessa regione, previsto dall’art. 13, commi 3 e 4, D.Lgs. 160/2006.
La deroga di cui si propone l’introduzione va senz’altro condivisa, perché, per un verso, il legislatore prende atto delle gravi disfunzioni arrecate al sistema ordinamentale dall’inserimento di ostacoli troppo rigidi al passaggio di funzioni; per altro verso, la proposta in esame ribadisce l’indiscusso valore dell’unicità della giurisdizione.
Deve, tuttavia, rilevarsi che la medesima deroga dovrebbe essere introdotta anche per i trasferimenti disposti ai sensi dell’art. 1 L. 133/1998, così da assicurare coerenza sistematica piena a tutti i trasferimenti d’ufficio.
Contraddittorio appare infatti il divieto, in base al quadro normativo vigente, di trasferire alle sedi disagiate i magistrati che hanno dichiarato la propria disponibilità ovvero manifestato il consenso al tramutamento, ma si trovano nella situazione di “incompatibilità territoriale” delineata dall’art. 13 D.Lgs. 160/2006; a fronte della nuova possibilità di un trasferimento coattivo di quei magistrati che non hanno manifestato alcun tipo di disponibilità e che possono essere trasferiti alle medesime sedi disagiate anche in deroga ai limiti territoriali fissati dal citato art. 13 sulla base dell'intervento riformatore in esame.
Occorrerebbe invece favorire ed agevolare il tramutamento dei magistrati che hanno manifestato il proprio interesse ad esercitare le funzioni in sede disagiate, avendo questi ultimi una motivazione maggiore rispetto a coloro che non hanno esternato analogo interesse e che potrebbero comunque essere coinvolti nel trasferimento d'ufficio.
Lo stesso Legislatore é peraltro consapevole della gravità dei contesti ambientali e sociali in cui si trovano il maggior numero di sedi disagiate, ed infatti nella relazione di accompagnamento al provvedimento in esame espressamente riconosce che numerose sedi giudiziarie, specialmente nel sud di Italia, in luoghi ove è importante mantenere efficiente il contrasto alla criminalità organizzata, si trovano, come è noto, in condizione di non poter quasi più operare per carenza di personale di magistratura.
Ed è per questo che non appare ragionevole costruire un meccanismo che rischia di essere interpretato come se la mafia o l'ndragheta fossero solo "questioni" siciliane e calabresi che devono riguardare principalmente i magistrati che in quelle terre operano!
Va, in merito, pure rilevato che la deroga posta dal comma 1 dell’art. 3 del D.L. 193/2009 non appare investire tutti i limiti per il passaggio di funzioni dettati dall’art. 13, commi 3 e 4, D.Lgs. 160/2006.
Infatti la lettera della previsione in esame è chiara nell’affermare che la deroga riguarda “il divieto di passaggio da funzioni giudicanti a funzioni requirenti e viceversa all’interno di altri distretti della stessa regione”. Essa, dunque, non sembra riferirsi agli altri limiti previsti dall’art. 13 D.Lgs. 160/2006 e, in particolare, non appare consentire di operare i trasferimenti d’ufficio con contestuale passaggio di funzione prima che sia decorso il quinquennio di “servizio continuativo nella funzione svolta”.
Sembra opportuno che il legislatore consideri approfonditamente la possibilità di derogare anche tale limite.
Occorre infatti considerare che per far fronte ai maggiori indici di scopertura verosimilmente riscontrati negli uffici requirenti, il trasferimento d’ufficio dovrà coinvolgere anche magistrati che svolgono funzioni giudicanti, dato che solo così si eviterà una mera redistribuzione sul territorio delle risorse umane già presenti negli uffici requirenti senza operare per un consistente incremento delle stesse.
E’, pertanto, indispensabile derogare a tutti gli attuali ostacoli al passaggio di funzioniٍ anche in considerazione del fatto che “il magistrato con minore anzianità nel ruolo” difficilmente avrà maturato il quinquennio di servizio “continuativo nella funzione svolta”.
I magistrati di prima nomina, come è stato già evidenziato, non possono essere destinati a funzioni requirenti e maturano la prima valutazione di professionalità ben prima del decorso dei cinque anni nella funzione giudicante svolta, atteso che la valutazione di professionalità è legata al decreto ministeriale di nomina mentre il quinquennio previsto dall'art. 13 legge citata al concreto esercizio dell’attività giudiziaria.
La deroga al termine quinquennale consentirebbe infatti di assegnare alle sedi requirenti scoperte magistrati che, seppure svolgono funzioni giudicanti, hanno esercitato in un tempo non risalente (inferiore al quinquennio) proprio la funzione requirente, con indubbie ricadute positive in termini di efficienza e produttività dell’ufficio di destinazione, tenuto conto del bagaglio di esperienza professionale acquisito da quel magistrato in tempi recenti .
Infine, deve rilevarsi che la deroga ai commi 3 e 4 dell’art. 13 D.Lgs. 160/06, come introdotta dall’art. 3 D.L. 193/2009, non opera con riguardo ai magistrati “ultradecennali”, per i quali pure è previsto il trasferimento d’ufficio.
Sarebbe auspicabile una maggiore uniformità della normativa, con l'applicazione, anche in tali casi, delle deroghe già previste per le altre ipotesi di trasferimento d'ufficio, realizzando così una coerenza e razionalità complessiva del sistema.
f) Nella condivisibile opzione di rimodulare i limiti al passaggio di funzioni, si può immaginare anche una rivisitazione dell’istituto dell’applicazione, nel senso di consentire che le applicazioni disposte d’ufficio possano comportare anche il mutamento di funzioni del magistrato applicato. L'istituto dell’applicazione è strumento più duttile rispetto al trasferimento d'ufficio, soprattutto in considerazione del fatto che non comporta per il magistrato uno sradicamento dalla sede di provenienza e che, conseguentemente, non pone ostacoli al successivo rientro nella sede e nelle funzioni originariamente scelte (ostacoli che sussistono, invece, pienamente in caso di trasferimento d’ufficio, atteso che le deroghe all’art. 13 D.Lgs. 160/06 sono consentite dal presente intervento riformatore solo per la destinazione alle sedi disagiate e non per il successivo trasferimento).
Peraltro, i criteri fissati dal sesto e settimo comma dell’art. 3 in esame, per l’individuazione delle sedi e dei magistrati da trasferire, garantiscono la funzionalità dell’ufficio a quo. Pertanto, il ricorso ad una nuova forma di applicazione – per la quale andrebbe eventualmente ripensato anche il termine massimo di durata, così da mettere il C.S.M. in condizione di utilizzare al meglio l’istituto in oggetto – consentirebbe una sorta di rotazione di tutti i magistrati, in modo da evitare che solo su alcuni gravi il peso del nuovo istituto del trasferimento d'ufficio previsto per sopperire alle carenze di organico delle sedi disagiate, realizzando un meccanismo conforme a quello già operante delle tabelle infradistrettuali.
g) Nel proseguire l’analisi dell’art. 3 del decreto legge 193/2009, risultano coerenti al sistema vigente le limitazioni nella individuazione dei magistrati che possono essere oggetto del trasferimento d'ufficio. Le indicate limitazioni, infatti, appaiono strumentali ad assicurare la funzionalità degli uffici giudiziari (ipotesi sub lett. a) e b) ovvero a garantire la tutela di beni di rilevanza costituzionale (ipotesi sub c) e d).
Del pari appaiono condivisibili le disposizioni contenute nei commi 3 e 4 dell’art. 3, giacché esse hanno il pregio di chiarire in quale modo vada operato il calcolo per verificare la percentuale di scopertura degli uffici ed a quale data debbano sussistere le condizioni per il trasferimento d’ufficio.
h) I commi 5, 6 e 7 della norma in commento fissano i criteri da seguirsi per operare il trasferimento d’ufficio e, segnatamente, per individuare prima l’ufficio e, poi, il magistrato da tramutare.
Il legislatore ha effettuato un’opzione di fondo, scegliendo quale criterio guida per l’individuazione dell’ufficio dal quale attingere per i trasferimenti d’ufficio quello della prossimità territoriale. Si tratta di una scelta apparentemente ragionevole, perché diretta ad originare il minor aggravio possibile per i magistrati interessati dalle procedure di tramutamento coattivo.
Occorre però valutarla avendo chiaro il contesto territoriale in cui dovrà operare.
Innanzitutto non si comprendono i criteri individuati dal legislatore per l'indicazione dei distretti e delle regioni limitrofe. Per il distretto di Cagliari si considerano limitrofi i distretti di Genova, Firenze, Roma, Napoli e Palermo; per il distretto di Messina anche quello di Reggio Calabria e per il distretto di Reggio Calabria anche quelli di Messina e Catania. Per la Sardegna si considerano limitrofe le regioni Liguria, Toscana, Lazio, Campania e Sicilia; per la Sicilia si considera limitrofa la regione Calabria e per la Calabria anche la regione Sicilia.
La Sicilia é quindi limitrofa alla Sardegna ma non il contrario. Il distretto di Reggio Calabria è limitrofo a quello di Catania, ma non il contrario….
Bastano questi esempi concreti per constatare l'inadeguatezza della previsione.
Ed ancora nel dettaglio: il comma 5 dopo aver previsto che “Il trasferimento d’ufficio è disposto nei confronti dei magistrati di cui al comma 1 che prestano servizio nel distretto nel quale sono compresi i posti da coprire, ovvero, se ciòٍ non è possibile, nei distretti limitrofi o nei distretti delle regioni limitrofe”, precisa che “per la Sicilia si considera limitrofa la regione Calabria”.
Pertanto, per far fronte alle scoperture di organico degli uffici siciliani potrà ricorrersi esclusivamente alla risorse della Regione Calabria, la quale, tuttavia, presenta in termini di organico emergenze del tutto sovrapponibili a quelle della Regione Sicilia. E’ allora evidente che il descritto meccanismo non é assolutamente utile allo scopo per il quale è stato elaborato e necessita di un indispensabile correttivo. Il medesimo ragionamento deve essere operato per la regione Calabria, atteso che le regioni ad essa limitrofe presentato percentuali rilevanti di scopertura nell’organico.
Siamo di fronte ad una norma che reca in sé un enorme carico di ingiustizia. Le sedi disagiate sono collocate quasi totalmente nel sud di Italia e nelle isole. La copertura delle sedi disagiate è per il legislatore una questione che evidentemente deve essere risolta unicamente nell’ambito delle stesse regioni che già pagano il prezzo di difficoltà ambientali, strutturali, di organico e di mezzi .
I distretti con le sedi disagiate, in un perverso giro di valzer invieranno magistrati in altri distretti “disagiati” e riceveranno a loro volta magistrati da altri distretti “disagiati”, neutralizzando in una valutazione complessiva gli effetti del trasferimento.
Per i trasferimenti, inoltre, attesa la scopertura delle procure, si dovrà attingere necessariamente agli organici degli uffici giudicanti che possono essere scoperti sino al limite del 20%, con quali benefici complessivi per la macchina della giustizia non è dato comprendere, sebbene siano evidenti gli svantaggi.
In definitiva, atteso il numero limitato di magistrati ai quali si potrà far riferimento per i trasferimenti, il problema delle procure non si risolverà, ma in compenso si rischia di aggravare quello degli uffici giudicanti.
i) Con riguardo, più specificatamente, alla disposizione contenuta nel comma 6, sarebbe opportuno che il legislatore specificasse se il criterio della “distanza chilometrica ferroviaria”, in base alla quale accertare quale sia il distretto ovvero la regione più vicina rispetto al capoluogo del distretto giudiziario nell’ambito del quale ricade il posto da coprire, trovi applicazione anche per il calcolo dei cento chilometri di cui al comma 1 del medesimo art. 3 nonché per l’analogo calcolo previsto dall’art. 1 L. 133/1998.
In ogni caso, per ragioni di coerenza sistematica, è auspicabile l’adozione di un criterio unitario per stabilire il calcolo delle distanze in materia di trasferimenti d’ufficio.
Fermo restando quanto sopra già rilevato con riguardo al criterio della “minore anzianità nel ruolo” di cui comma 7, va manifestata piena condivisione per la scelta legislativa di individuare, nell’ambito del distretto, l’ufficio da cui operare i trasferimenti in base alla minore percentuale di scopertura dell’organico e, in subordine, alla maggiore ampiezza della pianta organica. Si tratta, infatti, di criteri basati sull’analisi funzionale degli uffici giudiziari, diretti ad assicurare che il trasferimento d’ufficio attinga da quegli uffici che, all’esito di un giudizio comparativo, dovrebbero risentire in grado minore della sottrazione di risorse umane.
Infine, del pari condivisibile, si palesa la disposizione contenuta nell’ultimo comma dell’art. 3 del D.L. 193/2009, in base alla quale vengono estesi ai magistrati trasferiti d’ufficio gli stessi benefici, economici e di carriera, già previsti dalla legge 4 maggio 1998, n. 133.
4. Disposizioni finalizzate al completamento del sistema di digitalizzazione della giustizia (art. 4): analisi del dato normativo e rilievi critici.
L’art. 4 del decreto legge 29 dicembre 2009 n. 193, dispone misure urgenti per la digitalizzazione della giustizia. Esso costituisce la parte quantitativamente più incidente della nuova previsione normativa, trattando in undici commi più materie genericamente afferenti alla efficienza della giustizia attraverso la digitalizzazione dei processi.
a) Preliminarmente, deve osservarsi che è poco comprensibile la scelta del legislatore di perseguire un simile scopo facendo ricorso allo strumento del decreto legge. Invero, la materia è tecnicamente assai complessa e, tenuto conto dei problemi di coordinamento con la legislazione già vigente in materia, sarebbe stato preferibile procedere nelle vie ordinarie, attraverso una procedura che avrebbe consentito a più organi, Istituzionali e tecnici, di essere sentiti. Pur intuendo le ragioni che hanno spinto il Legislatore ad adottare questa soluzione, l’intento acceleratorio rischia di essere impedito proprio per il fatto che si sia preferito adottare un meccanismo la cui particolare articolazione sarebbe più efficacemente perseguibile con la legislazione diretta, conformemente ai disegni di legge già presentati.
Il primo comma dell’art. 4 delega, in particolare, il Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione e sentiti altri organi specializzati ad adottare, entro sessanta giorni dall’entrata in vigore, uno o più decreti legislativi per dare attuazione alle disposizioni contenute nel codice dell’amministrazione digitale di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (le c.d. regole tecniche per l’adozione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione). Altre norme, come si vedrà in dettaglio, delegano lo stesso Ministro ad adottare il regolamento per l’accertamento della funzionalità dei servizi di comunicazione e l’individuazione degli uffici giudiziari nei quali trovano applicazione le nuove disposizioni (terzo comma) ed il regolamento al fine di disciplinare la tipologia e le modalità di estrazione, raccolta e trasmissione dei dati statistici dell’amministrazione della giustizia all’archivio informatico centralizzato (decimo comma).
b) Occorre sottolineare negativamente il dato secondo il quale in nessuno di questi casi è previsto che il Consiglio superiore della magistratura sia quanto meno sentito, nell’ambito delle prerogative che la legge gli attribuisce in tema di governo autonomo della magistratura. Invero, soprattutto la disciplina della tipologia e delle modalità di estrazione, raccolta e trasmissione dei dati statistici dell’amministrazione della giustizia all’archivio informatico centralizzato (ma anche aspetti riguardanti le regole tecniche sulla digitalizzazione dei processi e quelle sulla funzionalità dei servizi di comunicazione e sulla individuazione dei servizi giudiziari nei quali trovano applicazione le nuove disposizioni) implicano aspetti di competenza anche del C.S.M., soprattutto per i profili attinenti la ricerca dei più efficaci modelli organizzativi degli uffici giudiziari.
c) La decisione del legislatore, che prosegue un percorso normativo intrapreso e ribadisce disposizioni dalla formulazione simile rispetto a quelle contenute in precedenti disegni di legge [17] intende portare a termine una riforma che, in termini generali, presenta indubbi vantaggi per gli operatori della giustizia per la facilitazione nell’accesso agli atti processuali – essendo possibile l’immediata trasmissione telematica degli stessi e la verifica on line dello stato delle procedure di interesse - e conseguenti benefici in termini di celerità, trasparenza e decongestionamento dell’attività degli operatori amministrativi. I rischi derivanti dalla nuova normativa sono connessi al fatto che la regola generale imposta dal primo comma dell’art. 4 potrebbe determinare, con tempi eccessivamente ristretti rispetto alle concrete difficoltà operative, l’abbandono delle regole tecniche del processo civile telematico già applicate in oltre dieci sedi giudiziarie italiane, le quali sono giunte ad una fase avanzata di realizzazione con il conseguimento di ottimi risultati in termini di celerità e di efficienza.
d) Il secondo comma dell'articolo in esame riguarda le notifiche e le comunicazioni telematiche. Il Governo deve prevedere l’utilizzo obbligatorio degli ordinari strumenti di posta elettronica certificata, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68,[18] per le comunicazioni, gli avvisi e le notificazioni destinate agli uffici giudiziari, agli avvocati, agli ausiliari delle parti e del giudice ed alle amministrazioni pubbliche, anche regionali e locali. Fino all’adozione dei decreti ministeriali di cui al primo comma le notifiche e le comunicazioni continuano ad effettuarsi nei modi e nelle forme previste dalle disposizioni vigenti.
e) Il terzo comma prevede alcune modificazioni alla legge 6 agosto 2008 n. 133 in tema di notificazioni e comunicazioni dettate dai codici di procedura civile e penale. In particolare, il legislatore disciplina le notificazioni e le comunicazioni da effettuarsi nel processo civile, sia alle parti costituite in giudizio che ai consulenti tecnici, prevedendo che esse avvengano telematicamente, con la trasmissione via e-mail degli atti “all’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’articolo 16, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2” dei difensori e consulenti e non più, come in precedenza previsto, al loro “indirizzo comunicato ai sensi dell’art. 7 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 123”.
La notifica mediante posta elettronica certificata è sempre prevista nel corso del processo penale, nei soli riguardi di soggetti diversi dalla persona dell’indagato o dell’imputato, in tutte le ipotesi in cui le norme processuali consentono l’utilizzo di mezzi di notifica rapidi ed alternativi (artt. 148, comma 2 bis, 149, 150 e 151, secondo comma, c.p.p.).
Il sistema di effettuazione della comunicazioni via e-mail agli indirizzi di posta elettronica certificata è subordinato alla verifica della funzionalità dei servizi di comunicazione presso i singoli uffici giudiziari, da effettuarsi mediante adozione entro il 1° settembre 2010 di uno o più decreti non regolamentari da parte del Ministro della Giustizia, previo coinvolgimento dell’Avvocatura Generale dello Stato e dei Consigli dell’Ordine degli Avvocati interessati e, si ripete, sarebbe auspicabile a tal fine anche il coinvolgimento del Consiglio superiore della magistratura.
L’indirizzo di posta elettronica certificata di ogni singolo professionista deve essere indicato in modo specifico nell’albo degli Avvocati e, nel caso in cui tali ultimi non abbiano provveduto ad istituirlo o a comunicarlo, le notificazioni sono effettuate presso la cancelleria o la segreteria dell’ufficio giudiziario.
Tenuto conto che la posta elettronica certificata ha il pregio di consentire una conoscibilità certa della casella mittente e la possibilità di legare in modo inoppugnabile l’avvenuta trasmissione dell’atto al documento inviato, il sistema di notifica adottato con il decreto legge si ispira a regole di certezza, trasparenza e celerità, anche se, sotto tale ultimo profilo, devono scontarsi i tempi necessari alla effettuazione delle operazioni di certificazione, nel rispetto delle non semplici modalità previste del d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82.
f) Il sistema introdotto con il D.L. 193/2009, come accennato, è diverso da quello in atto utilizzato nel processo civile telematico, il quale ha già dato dei buoni risultati concreti[19] ed è più completo, riguardando l’intero iter processuale e prevedendo anche il deposito e la gestione ad opera delle cancellerie degli atti trasmessi telematicamente. Tale sistema, pur non imponendo l’utilizzo della posta elettronica certificata, è idoneo a conferire le stesse garanzie di certezza e trasparenza proprie di essa. Potrebbe ipotizzarsi, allora, il mantenimento di tale ultimo sistema, garantendone una futura convivenza con l’introdotto sistema di posta elettronica certificata. Ciò è teoricamente possibile laddove ogni singolo professionista provveda a dotarsi, accanto all’unico indirizzo di posta elettronica certificata regolarmente comunicato, anche di una o più caselle ulteriori, dal diverso contenuto.
g) Un sicuro problema interpretativo, poi, si pone leggendo la previsione del secondo comma dell’art. 4 D.L. 193/2009, che limita l’utilizzo della posta elettronica certificata nel processo civile e penale ai soli “ casi consentiti”, in combinato con il dettato del non abrogato art. 16, quarto comma, D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, che espressamente non prevede l’utilizzo della posta elettronica certificata in ambito processuale. La discrasia normativa sembrerebbe condurre ad un’esegesi illogica, per cui il ricorso alla posta elettronica certificata sarebbe consentito unicamente con riguardo agli atti espressamente citati dalla legge, e cioè per: le notificazioni e le comunicazioni di cui all’art 170, primo comma, c.p.c.; la notificazione di cui all’art. 192, primo comma, c.p.c. e ogni altra comunicazione al consulente; le notificazioni a persona diversa dall’imputato a norma degli artt. 148, comma. 2 bis, 149, 150 e 151, secondo comma, c.p.p..
h) Le novità introdotte dal decreto legge in esame in tema di notifica telematica di atti giudiziari viene completata dalla previsione del punto 4 dell’ottavo comma dell’art. 4. Essa inserisce dopo l’art. 149 c.p.c., che disciplina la notificazione a mezzo posta, l’art. 149-bis c.p.c., per il quale, nella mancata ricorrenza di un divieto ex lege, è prevista la possibilità per gli ufficiali giudiziari di notificare anche atti cartacei mediante posta elettronica certificata. Con una modalità procedurale dettagliata, il nuovo articolo prevede che in tali casi l’ufficiale giudiziario provveda a digitalizzare l’atto cartaceo, a firmarlo digitalmente e a notificarlo tramite posta elettronica certificata, con riduzione dei tempi processuali, considerato che la notifica avviene in tempo reale, perfezionandosi nel momento in cui il gestore rende disponibile il documento informatico nella casella di posta elettronica certificata del destinatario. L’indicata misura, tuttavia, sembra avere razionalità applicativa solo ove utilizzata per l’effettuazione della prima notifica al convenuto, altrimenti verificandosi un’illogica situazione per cui il ricorso alle notificazioni o comunicazioni dell’ufficiale giudiziario verrebbe a verificarsi pur essendo possibile il ricorso alle ben più celeri notifiche ad opera delle cancellerie.
i) Passando all’analisi del quarto comma, esso dispone la futura previsione - con l’emanando decreto di cui al primo comma - di una disciplina normativa che imponga un diritto di copia rilasciata su supporto cartaceo superiore di almeno il cinquanta per cento rispetto a quello richiesto per il rilascio di copia in formato elettronico. Lo stesso aumento viene proporzionalmente previsto al quinto comma con riferimento ai diritti di copia di atti esistenti nell’archivio informatico dell’ufficio giudiziario, di cui all’allegato 6 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 ed i maggiori gettiti derivanti dai previsti aumenti dei diritti di copia, giusta disposizione del sesto comma, saranno riassegnati ad appositi capitoli del Ministero della Giustizia per il funzionamento e lo sviluppo del sistema informatico. Tale ultimo, ai sensi del successivo settimo comma, potrà avvalersi della Consip S.p.a.[20] per l’attuazione delle iniziative in tema di digitalizzazione dell’amministrazione della giustizia e per ulteriori attività di natura informatica. E’ evidente la positiva ratio ispiratrice della nuova disciplina dettata in materia di diritti copia, considerato che essa, ponendosi in maniera penalizzante nei confronti di chi continua a richiedere copie su supporto cartaceo invece di quelle in formato digitale, essendo previsto un costo di gran lungo inferiore per il rilascio di tali ultime, di fatto viene ad incentivare il ricorso alle nuove tecnologie ed a favorire il progressivo decremento dell’utilizzo della carta negli uffici giudiziari.
l) Una serie di nuove previsioni normative contenute nel decreto legge, poi, introducono l’obbligatoria indicazione del codice fiscale, così garantendo una maggiore e più puntuale identificazione del soggetto interessato. Tale indicazione, infatti, è richiesta: nell’albo degli Avvocati, per la compiuta identificazione di ogni singolo professionista iscritto (terzo comma lett. b), accanto al nome del difensore nella sottoscrizione degli atti di parte nel processo civile (ottavo comma, n. 1), nell’atto di citazione per individuare le parti e le persone che le rappresentano o le assistono (ottavo comma, n. 2), nella comparsa di risposta per determinare la persona del convenuto (ottavo comma, n. 3).
m) Il nono comma introduce la possibilità di utilizzare i mezzi di pagamento moderni per la corresponsione di tutte le somme dovute nel processo.[21] Attraverso la nuova norma, infatti, viene consentita l’effettuazione del pagamento mediante sistemi telematici (bonifico via internet), con carte di debito (bancomat), di credito o prepagate, ovvero con qualsiasi altro mezzo di pagamento con moneta elettronica disponibile nel circuito bancario e postale. Le somme versate vengono gestite da intermediari abilitati al servizio del Ministero della Giustizia, che ne effettuano il riversamento alla Tesoreria dello Stato. Il sistema proposto ha il vantaggio di consentire a tutti gli utenti del servizio giustizia, ed in particolare agli avvocati, di poter effettuare le operazioni di pagamento dal proprio studio, senza la necessità di accedere agli uffici giudiziari, presumibilmente anche garantendo uno sgravio di lavoro per gli operatori amministrativi ed una più efficiente gestione delle procedure di riscossione. Per realizzare compiutamente tale obiettivo, tuttavia, sarà necessario rendere facilmente accessibili e documentabili gli avvenuti pagamenti agli uffici giudiziari, evitando che ciò possa tradursi in un nuovo appesantimento burocratico del sistema.
n) Il disegno di legge prevede, infine, al decimo comma, l’autorizzazione del Ministro della Giustizia all’adozione di apposito regolamento finalizzato a disciplinare una nuova tipologia e una nuova modalità informatica di estrazione, raccolta e trasmissione dei dati statistici relativi all’amministrazione ed al funzionamento della giustizia. Il conseguente auspicato risultato, avente ad oggetto il costante monitoraggio del funzionamento dell’organizzazione giudiziaria, può essere considerato favorevolmente nei limiti in cui esso possa favorire, con interventi strutturali adeguati, un miglioramento delle situazioni singole di sofferenza negli uffici giudiziari, ovvero il mutuarsi delle migliori prassi organizzative presso tutte le sedi nazionali. La stessa valutazione diviene critica ove il previsto nuovo strumento di raccolta di dati informatici - soprattutto per il tramite dell’innovativo richiamo ad una regolamentazione autonoma, da parte del Ministro della Giustizia, della “tipologia” dei dati statistici potenzialmente acquisibili - possa indirettamente divenire veicolo per l’acquisizione di dati ulteriori e diversi rispetto a quelli già facenti parte delle cognizioni di specifica spettanza del Ministro della Giustizia, non essendo possibile che tale ultimo entri in possesso di dati statistici la cui cognizione è di esclusiva spettanza dell’C.S.M., in quanto funzionali all’esercizio delle competenze ad esso riservate da espliciti previsioni costituzionali. Certamente non chiara è l’indicata previsione normativa nel momento in cui non indica quali siano le modalità di accesso a tali dati da parte di altri apparati istituzionali o da parte dei vari soggetti utenti. Per questo profilo, si rende assolutamente necessario, come detto in precedenza, il coinvolgimento del C.S.M. nella procedura di acquisizione dei dati.
Conclusivamente, le nuove norme non possono che essere oggetto di apprezzamenti assai positivi in termini generali, ovviamente a condizione che siano massime le attenzioni relative alla sicurezza ed alla trasmissione dei dati. I problemi che residuano, invero, sono piuttosto di ordine organizzativo e procedurale, soprattutto in considerazione del fatto che le notificazioni e le comunicazioni avvengono, nella maggior parte dei casi, “previa estrazione di copia informatica del documento cartaceo”.
Dal punto di vista organizzativo, la formazione del documento e quella, in prospettiva, dell’intero fascicolo informatico presuppongono:
a) nel processo civile, la disponibilità dell’intera avvocatura ad usare gli strumenti informatici per quanto concerne la documentazione da loro stessi formata, ovvero a scansionare tutta quella proveniente da altri soggetti e da loro depositata; infatti, il decreto legge prevede l’utilizzo obbligatorio degli ordinari strumenti di posta elettronica certificata solo per le comunicazioni, gli avvisi e le notificazioni, ma non per la trasmissione agli uffici giudiziari di documenti già informatizzati;
b) nel processo penale, oltre alla disponibilità degli avvocati, è necessaria la collaborazione degli ufficiali di polizia giudiziaria e degli ausiliari del giudice per la formazione della documentazione con strumenti informatici;
c) nel processo civile e ancor più in quello penale, è indispensabile una dotazione di personale per l’ufficio giudiziario che sia sufficiente, oltre che in grado, di scansionare tutta la documentazione che, comunque, anche con le collaborazioni piene di cui ai punti a e b, sia stata raccolta in forma cartacea (basti pensare ai documenti provenienti da uffici amministrativi o da privati oggetto di sequestro);
d) nel processo civile e in quello penale, è indispensabile fornire adeguato supporto di personale ai magistrati i quali, a parte la redazione degli atti di natura giurisdizionale (che ormai la grande maggioranza dei magistrati redige con l’uso del computer) devono poter contare su ausiliari che siano in grado di redigere informaticamente tutti i documenti del processo (ad es. i verbali delle udienze civili, in particolare, delle testimonianze, che ora sono spesso redatti dagli avvocati; richieste di indagini alla polizia giudiziaria, richiesta di atti agli uffici amministrativi, ecc.);
e) il flusso telematico dei documenti nei rapporti tra gli avvocati e gli uffici giudiziari e nei rapporti degli uffici giudiziari tra di loro presuppone una struttura di rete tale da supportare l’enorme quantità di materiale informatizzato da trasmettere (ad esempio, per quanto riguarda gli uffici della Corte di cassazione, la struttura di rete non consente la trasmissione di documenti superiori a dieci mega, tanto che si può oggi prevedere solo l’iscrizione a ruolo telematica, con deposito successivo del fascicolo di parte cartaceo e la richiesta all’ufficio del giudice della sentenza impugnata di trasmissione del fascicolo d’ufficio in cassazione).
Inoltre, dal punto di vista procedurale, la concreta operatività di un sistema informatizzato non può prescindere da ulteriori aggiustamenti normativi da apportare ai codici di procedura, civile e penale. Vi sono norme, infatti, che prevedono, in tema di notifiche e comunicazioni, il deposito di molteplici atti e documenti (es. artt. 369 e 370 del c.p.c.). Pur dando per scontata la collaborazione delle parti e degli organi di polizia giudiziaria, la soluzione della scannerizzazione potrebbe rivelasi impraticabile e comunque assai onerosa per la rete di trasmissione dati resa disponibile dal Ministero della Giustizia.
Una soluzione auspicabile potrebbe essere quella di una modifica di diverse norme in materia di comunicazioni e notificazioni che consenta il deposito dei documenti presso l’ufficio del giudice a quo e la loro trasmissione, su richiesta, assieme al fascicolo di ufficio.
Non si comprende, infine, perché alla notificazione a mezzo posta elettronica (art. 149 bis c.p.c.), che non presuppone più una serie di attività occorrenti per le notificazioni a mezzo posta ordinaria, continuino ad essere preposti gli ufficiali giudiziari. L’incombente ben può essere espletato dal personale di cancelleria e di segreteria addetto ai servizi della Giustizia.
Il presente parere viene trasmesso al Ministro della giustizia.».
[1] Norme in materia di istituzione del giudice unico di primo grado.
[2] Si tratta degli artt. da 42 a 42-septies per i GOT e degli artt. 71, 71-bis e 72 per i VPO.
[3] In base a tale disposizione la nomina a giudice onorario di tribunale ha la durata di tre anni e il titolare può essere confermato, alla scadenza, per una sola volta. La disposizione disciplina anche gli effetti della conferma o della mancata conferma nell’incarico.
[4] Si tratta della Commissione per i magistrati onorari.
[5] Il d.d.l reca: “Disposizioni in materia di procedimento penale, ordinamento giudiziario ed equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo. Delega al Governo per il riordino della disciplina delle comunicazioni e notificazioni nel procedimento penale, per l’attribuzione della competenza in materia di misure cautelari al tribunale in composizione collegiale, per la sospensione del processo in assenza dell’imputato, per la digitalizzazione dell’amministrazione della giustizia, nonche´ per la elezione dei vice procuratori onorari presso il giudice di pace”
[6] “Incentivi ai magistrati trasferiti d'ufficio a sedi disagiate e introduzione delle tabelle infradistrettuali”.
[7] Vedi art. 13, commi 3 e 4, del D.Lgs 160/2006.
[8] Infatti, dalla data di nomina a magistrato ordinario, le valutazioni di professionalità avvengono con cadenza quadriennale fino alla settima valutazione (art. 11, D.Lgs. 160/2006).
[9] Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell'articolo 15 della L. 8 marzo 2000, n. 53.
[10] Nella conferenza stampa del 10 giugno 2009, i ministri Brunetta e Alfano hanno riferito sullo stato di avanzamento del Protocollo e sulle sperimentazioni in atto per la digitalizzazione dei tribunali. In particolare, le sperimentazioni – su cui sono stati investiti due milioni di euro - hanno riguardato i Tribunali di Milano e di Roma e la corte d'Appello di Venezia. Il risparmio di spesa è stimato in “10 milioni di euro dalla trasmissione di 28 milioni di notifiche on line" (ovvero le notifiche prodotte in un anno, 20 della giustizia civile e 8 della penale). Nella conferenza-stampa del 10 novembre 2009, i ministri Brunetta e Alfano hanno riferito sui piùrecenti risultati della digitalizzazione della giustizia e su nuove iniziative. In particolare, si è segnalata la completa accessibilità informatica presso la cancelleria GIP (e riesame) di Roma di tutti gli atti depositati e si è preannunciato, come passo successivo, la possibilità di chiedere e ricevere tali atti tramite la rete, risultato che potrà essere ottenuto con l’entrata a regime della cd. posta certificata. Si segnala, inoltre, che il Consiglio dei ministri del 12 novembre ha discusso un disegno di legge collegato alla manovra finanziaria 2010, nel quale si prevede l’adozione delle nuove tecnologie sia nel processo civile che in quello penale. (in particolare l’applicabilità delle comunicazioni e notificazioni telematiche tra uffici giudiziari e avvocati, e nuove disposizioni sui pagamenti telematici delle spese di giustizia che rendono maggiormente efficienti le procedure di riscossione).
[11] L. 16 gennaio 2003, n. 3, Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione.
[12] Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria.
[13] Con il D.M. giustizia 26 maggio 2009 n. 57, è stato emanato il regolamento che fissa la data a decorrere dalla quale, nel Circondario del Tribunale di Milano, si applicano le disposizioni dell'articolo 51 del decreto-legge n. 112 del 2008.
[14] Consip è una società per azioni del Ministero dell'economia e delle finanze, che ne è l'azionista unico, ed opera secondo i suoi indirizzi strategici, lavorando al servizio esclusivo delle pubbliche amministrazioni. La missione di Consip è gestire e sviluppare i sistemi informativi del Ministero fornendo consulenza mirata all’introduzione dell’informatica nella pubblica amministrazione. Inoltre, gestisce il Programma per la razionalizzazione degli acquisti nella P.A.
[15] Ciò significa che di qui al 31 dicembre 2014 potranno essere trasferiti d’ufficio ben 750 magistrati per coprire sino a 400 posti di sedi disagiate.
[16] Per cogliere appieno la portata del divieto fissato dall’art. 13 D.Lgs. 160/2006 in ordine alle funzioni giudiziarie attribuibili ai magistrati di prima nomina, giova illustrare, seppure sinteticamente, i dati relativi alle assegnazioni agli uffici requirenti degli uditori giudiziari all’esito del tirocinio, avvenute a seguito degli ultimi tre concorsi in magistratura conclusisi prima dell’entrata in vigore della riforma dell’ordinamento giudiziario.
Ebbene con D.M. del 19 ottobre 2004 erano nominati 386 uditori giudiziari, 148 dei quali venivano destinati ad uffici requirenti (a fronte delle 253 vacanze complessive in tali uffici) e, in particolare, 54 a sedi giudiziarie del nord, 16 a sedi giudiziarie del centro e 78 a sedi giudiziarie site nel sud Italia ovvero nelle isole.
Con il precedente D.M. del 19 novembre 2002 erano nominati 311 uditori giudiziari, 132 dei quali venivano destinati ad uffici requirenti (a fronte delle 273 vacanze complessive in tali uffici) e, in particolare, 39 a sedi giudiziarie del nord, 5 a sedi giudiziarie del centro e 88 a sedi giudiziarie site nel sud Italia ovvero nelle isole.
Con il D.M. del 18 gennaio 2002 erano nominati 358 uditori giudiziari, 154 dei quali venivano destinati ad uffici requirenti (a fronte delle 268 vacanze complessive in tali uffici) e, in particolare, 40 a sedi giudiziarie del nord, 11 a sedi giudiziarie del centro e 103 a sedi giudiziarie site nel sud Italia ovvero nelle isole.
Risulta, dunque, evidente che più del cinquanta percento delle vacanze negli organici degli uffici requirenti erano colmate con l’assegnazione della sede ai magistrati di prima nomina e che tanto aveva luogo in particolar modo per gli uffici siti nel Sud Italia.
Del pari deve evidenziarsi che l’introduzione dei limiti dettati dall’art. 13, commi 3 e 4, D.Lgs. 160/2006 al mutamento delle funzioni ha ulteriormente inciso in termini negativi sulla mobilità dei magistrati. Invero dal 31 luglio 2007 ad oggi sono stati trasferiti ad uffici requirenti 249 magistrati, di cui soltanto 28 svolgevano funzioni giudicanti. Prima dell’entrata in vigore della riforma dell’ordinamento giudiziario, in particolare nel quinquennio 2002/2007, i trasferimenti con mutamento di funzione erano in numero quasi doppio rispetto a quello appena indicato.
Le considerazioni fino ad ora svolte trovano conferma nell’analisi dell’andamento delle scoperture negli uffici requirenti dall’anno 2006 all’anno 2009. Infatti, al 31 luglio 2006 erano vacanti, su tutto il territorio nazionale, 86 posti requirenti; al 31 luglio 2007 le vacanze erano 68; al 31 luglio 2008 le vacanze erano divenute ben 181 ed al 31 luglio 2009 erano addirittura pari a 249.
La mera indicazione numerica sopra riportata rappresenta, con plastica evidenza, l’allarmante progressivo aumento delle scoperture in organico dei posti requirenti, conseguenza inevitabile dell’entrata in vigore della riforma dell’ordinamento giudiziario, per far fronte al quale non si è rivelato utile neanche il ricorso agli strumenti predisposti dalla legge n. 133/1998.
Invero con due distinti bandi di concorso, il primo del 18 maggio 2009 ed il secondo del 24 luglio 2009, sono stati pubblicati, rispettivamente, 75 posti requirenti siti in 41 sedi giudiziarie dichiarate disagiate e 35 posti requirenti siti in 19 sedi disagiate. Preme evidenziare che la necessità di procedere al secondo concorso a distanza di circa due mesi dal primo è nata dal fatto che le dichiarazioni di disponibilità fornite dai magistrati interessati al tramutamento d’ufficio erano del tutto insufficienti in relazione al numero dei posti pubblicati.
All’esito dell’espletamento di entrambi i bandi, sono stati effettuati - su 75 posti complessivamente pubblicati - 48 trasferimenti, i quali hanno interessato soltanto 15 magistrati che esercitavano funzioni giudicanti; ciò vuol dire che per i restanti 33 trasferimenti si è trattato di un mutamento di sede ma non di funzione.
Da un’analisi più particolareggiata dei dati relativi ai concorsi in oggetto, è emerso che dei 48 magistrati trasferiti a sede disagiate 14 prestavano già servizio in sedi del sud Italia ed ivi sono rimasti; mentre 9 magistrati provenienti dal nord Italia ed 8 dal centro Italia sono stati trasferiti in sedi del meridione. (I presenti dati sono stati elaborati dalla terza commissione del Consiglio nella risoluzione approvata nella seduta del 22 dicembre 2009)
[17] Le previsioni tecniche per l’adozione nel processo civile e penale delle nuove tecnologie informatiche di comunicazione, infatti, sono in particolare ravvisabili nelle norme degli artt. 28, 29 e 30 del d.d.l. n. 1440 del 2009.
[18] .“Disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della L. 16 gennaio 2003, n. 3”.
[19] La valutazione riguarda, in particolare, la più che positiva esperienza del Tribunale di Milano, dove, in ottemperanza al D.M. 26 maggio 2009, n. 57 (pubblicato sulla G.U. n. 124 del 30 maggio 2009), dal 1° giugno 2009 si applicano le disposizioni di cui al primo, terzo e quarto comma dell’art 51 della legge 6 agosto 2008, n. 133, per cui tutte le notifiche civili in corso di causa sono effettuate obbligatoriamente al solo indirizzo elettronico comunicato ai sensi dell’art. 7 del regolamento di cui al D.P.R. 13 febbraio 2001, n. 123. Il positivo risultato è stato concretamente facilitato dal fatto che gli avvocati del Foro di Milano in possesso di indirizzo elettronico sono oltre 4.000 e che sono abilitati, sui rispettivi punti di accesso, gli avvocati dello Stato e gli avvocati dell’I.N.P.S..
[20] La Consip S.p.a. è già oggi la centrale degli acquisti della Pubblica Amministrazione e si occupa dell’informatizzazione del Ministero dell’Economia.
[21] La norma, infatti, consente in tal maniera il pagamento: del contributo unificato, del diritto di copia, del diritto di certificato, delle spettanze degli ufficiali giudiziari relative ad attività di notificazione ed esecuzione, delle somme per il recupero del patrocinio a spese dello Stato, delle spese processuali, delle spese di mantenimento, delle pene pecuniarie, delle sanzioni amministrative pecuniarie e delle sanzioni pecuniarie.