Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Diritto di prelazione e di riscatto da parte dei conduttori di immobili adibiti ad uso abitativo A.C. 1581 Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 1581/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 360
Data: 23/06/2010
Descrittori:
IMMOBILI PER ABITAZIONE   LOCAZIONE E AFFITTO
RISCATTO     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

23 giugno 2010

 

n. 360/0

 

Diritto di prelazione e di riscatto da parte dei conduttori di immobili adibiti ad uso abitativo

A.C. 1581

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

1581

Titolo

Interpretazione autentica degli articoli 2, comma 1, primo periodo, e 3, comma 1, lettera g), della legge 9 dicembre 1998, n. 431, in materia di diritto di prelazione e di riscatto da parte dei conduttori di immobili adibiti ad uso abitativo

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date:

 

presentazione alla Camera

31 luglio 2008

assegnazione

22 ottobre 2008

Commissione competente

VIII (Ambiente)

Sede

Referente

Pareri previsti

I (Affari costituzionali), II (Giustizia)

 

 


Contenuto

 

La proposta di legge in commento, composta da un articolo unico, mira a introdurre un'interpretazione autentica di due norme della legge n. 431 del 1998, con la quale è stata attuata una riforma organica delle locazioni di immobili ad uso abitativo[1], al fine di agevolare l'accesso alla proprietà dell'abitazione da parte del conduttore.

 

Prima di illustrare il contenuto della pdl in esame è utile ricordare, in estrema sintesi, che con la legge n. 431 del 1998 è stato superato il regime vincolistico introdotto dalla cosiddetta “legge sull’equo canone” (legge n. 392 del 1978). In particolare, pur senza pervenire alla completa liberalizzazione del canone, è stato attribuito un più ampio spazio all’autonomia contrattuale nella determinazione del medesimo.

Il nucleo fondamentale del provvedimento è contenuto nell'articolo 2, che individua due distinte tipologie contrattuali per le locazioni abitative.

La prima tipologia è caratterizzata dalla libera contrattazione delle parti[2] e prevede la possibilità di stipulare contratti di locazione aventi durata quadriennale lasciando libere le parti di determinare la misura del canone (comma 1).

Anche in relazione a tale tipologia contrattuale sono presenti tuttavia taluni vincoli, il primo dei quali è rappresentato dalla durata minima del contratto, fissata come detto in quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori quattro anni, senza possibilità per il locatore di non rinnovare, se non nelle ipotesi ammesse dalla legge e tassativamente elencate al successivo articolo 3 che disciplina i casi di disdetta da parte del locatore.

La seconda tipologia contrattuale - cosiddetto “secondo canale” (art. 2, comma 3) - si basa sul sostanziale recepimento, da parte del locatore e del conduttore, di contratti-tipo stipulati in sede di accordi locali tra le organizzazioni di categoria maggiormente rappresentative (locazioni convenzionate). Il contratto-tipo disciplina diversi elementi contrattuali, fra i quali, in primo luogo, l’entità del canone e la durata minima del contratto è fissata per legge: i contratti del “secondo canale” non possono avere una durata inferiore a 3 anni, salvo il caso di esigenze di natura transitoria.

 

Il comma 1 reca l’interpretazione autentica del primo periodo del comma 1 dell'articolo 2 della legge n. 431 nella parte in cui si fa riferimento alla possibilità di non rinnovare il contratto per ulteriori quattro anni alla prima scadenza contrattuale a causa dell'intenzione del proprietario di vendere l'immobile a terzi alle condizioni e con le modalità di cui al successivo art. 3.

 

Si ricorda, infatti, che ai sensi il richiamato art. 2, comma 1, primo periodo, della legge n. 431 le parti possono stipulare contratti di locazione di durata non inferiore a quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di quattro anni, fatti salvi i casi in cui il locatore intenda adibire l'immobile agli usi o effettuare sullo stesso le opere di cui all'art. 3, ovvero vendere l'immobile alle condizioni e con le modalità di cui al medesimo articolo 3.

 

Secondo il comma in esame, la disposizione si interpreta quindi nel senso che le norme previste in tema di diritto di prelazione e di riscatto dagli artt. 38 e 39 della legge n. 392 del 1978, si applicano non solo ai contratti che vengono disdetti o che sono prossimi alla scadenza contrattuale, ma anche nel corso della locazione per l'intera durata del contratto, senza che assuma rilevanza il termine di scadenza o l'eventuale disdetta del medesimo contratto.

 

La relazione illustrativa motiva tale interpretazione precisando che non è condivisibile una restrizione dell'applicazione del diritto di prelazione e di riscatto in quanto se esso viene riconosciuto alla scadenza del contratto, a maggior ragione andrebbe riconosciuto durante la vigenza del contratto di locazione, altrimenti si determinerebbe la lesione di diritti costituzionalmente garantiti quali il «diritto sociale all'abitazione», e verrebbe meno la ratio che è stata a fondamento dell'intervento del legislatore del 1998.

 

Si ricorda che i diritti di prelazione e di riscatto sono disciplinati rispettivamente agli artt. 38 e 39 della legge n. 392 del 1978.

L’art. 38 sul diritto di prelazione prevede che, qualora il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore con atto notificato a mezzo di ufficiale giudiziario. Nella comunicazione devono essere indicati il corrispettivo, e le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione.

A sua volta il conduttore deve esercitare il diritto di prelazione entro sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione, anche in questo caso con atto notificato al proprietario a mezzo di ufficiale giudiziario, offrendo condizioni uguali a quelle comunicategli.

Pertanto dalle norme ricordate la prelazione si preoccupa di soddisfare l’interesse del conduttore: da ciò uno stretto collegamento tra disdetta e prelazione, nel senso che la seconda opera soltanto ove sia stata esercitata la prima. Presupposto quindi per l’applicabilità della prelazione è che il locatore dia disdetta (non per qualsiasi motivo) ma solo perché intende alienare il bene a terzi. Infatti se l’appartamento non viene venduto entro un anno dalla data in cui il locatore ha riacquistato la disponibilità dell’alloggio, il conduttore ha diritto, ai sensi dell’art. 3, comma 5, al ripristino del rapporto di locazione.

Il diritto di riscatto, ai sensi dell’art. 39, viene esercitato qualora il proprietario non provveda alla notificazione di cui al citato art. 38 o il corrispettivo indicato sia superiore a quello risultante dall'atto di trasferimento a titolo oneroso dell'immobile. In tal caso l'avente diritto alla prelazione può, entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare l'immobile dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.

 

Il comma 2 reca l’interpretazione autentica della lettera g) del comma 1 dell'articolo 3 della legge n. 431, nella parte in cui fa riferimento all'intenzione del proprietario di vendere l'immobile a terzi e al conseguente diritto del conduttore di esercitare il proprio diritto di prelazione e di riscatto con le modalità previste dagli artt. 38 e 39 n. 392 del 1978.

Anche in questo caso le disposizioni degli artt. 38 e 39 si applicano non solo ai contratti che vengono disdetti o che sono prossimi alla scadenza contrattuale, ma anche nel corso della locazione per l'intera durata del contratto, senza che assuma rilevanza il termine di scadenza o l'eventuale disdetta del medesimo contratto.

 

L’articolo 3, comma 1, della legge n. 431 disciplina i casi di disdetta del contratto da parte del locatore.

In particolare il comma 1 prevede che alla prima scadenza delle due tipologie contrattuali previste dall’art. 2 (rispettivamente 4 e 3 anni, a seconda che si tratti di contratto libero o concordato), il locatore possa avvalersi della facoltà di non rinnovare il contratto – con preavviso di almeno sei mesi al conduttore - per una serie di motivi, tra i quali alla lettera g) quando intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione. In tal caso al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione da esercitare con le modalità di cui agli artt. 38 e 39 della legge n. 392 del 1978.

Pertanto la prelazione a favore dell'inquilino per vendita dell'immobile spetterebbe al verificarsi, ai sensi dell'art 3, comma 1 e della lettera g), di due condizioni: il proprietario non deve avere intestate altre abitazioni oltre quella in cui abita e deve dare comunicazione al conduttore, alla prima scadenza, di voler vendere l'immobile a terzi.

 

Dato che l’art. 3, comma 1, fa espressamente riferimento alla possibilità di disdetta del locatore allaprima scadenza delle due tipologie di contratti, la tesi prevalente in dottrina[3] è quella di interpretare tale disposizione nel senso che la prelazione a favore dell'inquilino per vendita dell'immobile spetti solo qualora il proprietario dia disdetta al locatore alla prima scadenza.

Qualora il proprietario non disdetti alla prima scadenza (dopo i primi 4 anni o 3 anni), ma voglia semplicemente vendere l'immobile locato, al conduttore non spetterà il diritto di prelazione e, una volta venduto l'immobile, il suo rapporto di locazione continuerà con il nuovo proprietario.

Tali interpretazioni dottrinali appaiono in sintonia con la prevalente giurisprudenza che, in riferimento alla portata della norma citata, ha escluso che si possano legittimamente esercitare il diritto di prelazione e di riscatto quando non vi sia stata, alla prima scadenza del contratto, alcuna disdetta del rapporto locativo da parte del proprietario-locatore di un immobile ad uso abitativo, allo scopo di vendere a terzi. L’ambito di applicazione della disposizione di cui all’art. 3, comma 1, lett. g) della legge n. 431 è testualmente circoscritto all’ipotesi di diniego di rinnovo del contratto di locazione alla prima scadenza scaturente dall’intenzione del locatore – che non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a prima abitazione – di volere vendere l’immobile a terzi. Il diritto di prelazione in capo al conduttore sorge, pertanto, solo nell’esclusivo caso di recesso anticipato del rapporto alla prima scadenza (Tribunale di Lanciano, Sez. Atessa, 15 luglio 2004, n. 28)[4].

 

Relazioni allegate

La pdl è corredata della relazione illustrativa.

 

Necessità dell’intervento con legge

La pdl reca l’interpretazione autentica di una disposizione di legge che può essere resa solo con legge.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta di legge riguarda la materia edilizia, che la giurisprudenza costituzionale successiva alla riforma dell’articolo 117 ha già chiaramente identificato come rientrante (compresa) nell’ambito materiale del governo del territorio, e quindi assegnato alla competenza concorrente[5]. In tale ambito la proposta fissa sostanzialmente norme di principio e non disposizioni di dettaglio.

 

Al riguardo si ricorda che con la sentenza n. 94 del 2007 la Corte ha precisato che spetta allo Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), «la determinazione dell’offerta minima di alloggi destinati a soddisfare le esigenze dei ceti meno abbienti».

Con la sentenza n. 166 del 2008 la Corte ha altresì chiarito che gli spazi normativi coperti dalla potestà legislativa dello Stato sono da una parte la determinazione di quei livelli minimali di fabbisogno abitativo che siano strettamente inerenti al nucleo irrinunciabile della dignità della persona umana e dall’altra parte la fissazione di principi generali, entro i quali le Regioni possono esercitare validamente la loro competenza a programmare e realizzare in concreto insediamenti di edilizia residenziale pubblica o mediante la costruzione di nuovi alloggi o mediante il recupero e il risanamento di immobili esistenti. (analoghe considerazioni sono contenute nelle sentenze n. 209 del 2009 e n. 121 del 2010).

 

Al riguardo si ricorda, infine, che il d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 aveva già attribuito allo Stato le funzioni e i compiti relativi alla definizione dei criteri per favorire l’accesso al mercato delle locazioni dei nuclei familiari meno abbienti e agli interventi concernenti il sostegno finanziario al reddito (art. 59, comma 1, lettera e).

 

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Si segnala che secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale in tema di leggi di interpretazione autentica, il legislatore può emanare sia disposizioni di “interpretazione autentica”, che determinano – chiarendola – la portata precettiva della norma interpretata fissandola in un contenuto plausibilmente già espresso dalla stessa, sia norme innovative con efficacia retroattiva, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasti con altri valori ed interessi costituzionalmente protetti. Ed è, quindi, proprio sotto l'aspetto del controllo di ragionevolezza che rilevano, simmetricamente, la funzione di “interpretazione autentica”, che una disposizione sia in ipotesi chiamata a svolgere, ovvero l'idoneità di una disposizione innovativa a disciplinare con efficacia retroattiva anche situazioni pregresse in deroga al principio per cui la legge non dispone che per l'avvenire (sentenza n. 274/2006; nello stesso senso, ex multis, sentenze n. 234/2007 e n. 374/2002).

In particolare, «la norma che deriva dalla legge di “interpretazione autentica” non può ritenersi irragionevole (art. 3, primo comma, Cost.) ove si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come «una delle possibili letture del testo originario» (sentenze n. 274/2006, n. 135/2006, n. 39/2006, n. 291/2003 e n. 374/2002).

Quanto al diritto sociale all’abitazione, esso è stato riconosciuto dalla Corte fin dalle sentenze n. 3 del 1976 e n. 111 del 1981, quest’ultima con particolare riguardo al “conduttore che non disponga di altro alloggio”.

Da ultimo, il DL 112 del 2008, art. 11, co. 7, ha definito l’alloggio sociale come parte essenziale e integrante della più complessiva offerta di edilizia residenziale sociale, che costituisce nel suo insieme servizio abitativo finalizzato al soddisfacimento di esigenze primarie.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Ambiente                                                                                                              ( 9253 - *st_ambiente@camera.it

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.                                                                                                                                                                                                     File: Am0148a.doc

 



[1]    La legge n. 431 esclude dal proprio ambito di applicazione alcune tipologie di locazione, tra cui quelle riguardanti usi commerciali, per le quali si applica la legge n. 392 del 1978.

[2]    Anche in relazione a tale tipologia contrattuale sono presenti tuttavia taluni vincoli, il primo dei quali è rappresentato dalla durata minima del contratto, fissata in quattro anni, decorsi i quali i contratti sono rinnovati per un periodo di ulteriori quattro anni, senza possibilità per il locatore di non rinnovare, se non nelle ipotesi ammesse dalla legge e tassativamente elencate al successivo art. 3.

[3]    A.Bucci, La disciplina delle locazioni abitative dopo le riforme, Cedam, 2000; V. Cuffaro, Le locazioni ad uso di abitazione, Giappichelli, 2000.

[4]    In Archivio delle locazioni e del condominio n. 1/2006; altri articoli di dottrina nei nn. 5/2001 e 1/2002 della stessa rivista.

[5]    cfr. le sentenze nn. 303 e  362 del 2003 e 196 del 2004