Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Documentazione in materia regionale | ||||
Titolo: | Il governo del territorio - Normativa regionale - tomo II | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 21 | ||||
Data: | 29/10/2008 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Documentazione e ricerche |
Il governo del territorio |
Normativa regionale |
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n. 21 |
Tomo II |
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29 ottobre 2008 |
Il presente dossier è composto dai seguenti volumi:
n. 21 tomo I (Schede di lettura e normativa regionale)
n. 21 tomo II e III (Normativa regionale)
n. 21/1 (documentazione)
SIWEB
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File: Am0026a.doc
INDICE
TOMO I
Schede di lettura
§ Premessa 3
§ Abruzzo 3
§ Basilicata 5
§ Calabria 7
§ Campania 9
§ Emilia Romagna 11
§ Friuli Venezia Giulia 12
§ Lazio 14
§ Liguria 15
§ Lombardia 17
§ Marche 19
§ Piemonte 20
§ Puglia 21
§ Sardegna 23
§ Sicilia 24
§ Toscana 25
§ Umbria 26
§ Valle d’Aosta 27
§ Veneto 28
§ Provincia di Bolzano 30
§ Provincia di Trento 31
§ Tabella riepilogativa per argomenti 35
Normativa regionale
Abruzzo
§ L.R. 12 aprile 1983, n. 18 Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo. 39
§ L.R. 24 aprile 1990, n. 47 L.R. 12 aprile 1983, n. 18 - Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo - Modifiche. (artt. 7 e 8) 87
§ L.R. 7 settembre 1992, n. 85 Norme per l'attuazione degli obiettivi e finalità stabiliti dalla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 in materia di urbanizzazione ed uso del suolo. 89
§ L.R. 27 aprile 1995, n. 70 Modifiche ed integrazioni della L.R. 12 aprile 1983, n. 18: Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo 91
§ L.R. 13 agosto 1997, n. 90 Interpretazione autentica degli artt. 71 e 72 della L.R. 12 aprile 1983, n. 18 alla luce delle modifiche introdotte dalla L.R. 27 aprile 1995, n. 70. 93
Basilicata
§ L.R. 11 agosto 1999, n. 23 Tutela, governo ed uso del territorio 95
Calabria
§ L.R. 16 aprile 2002, n. 19 Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - Legge urbanistica della Calabria 121
Campania
§ L.R. 22 dicembre 2004, n. 16 Norme sul governo del territorio 173
Emilia-Romagna
§ L.R. 24 marzo 2000, n. 20 Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio197
Friuli-Venezia Giulia
§ L.R. 23 febbraio 2007, n. 5 Riforma dell'urbanistica e disciplina dell'attività edilizia e del paesaggio.225
Lazio
§ L.R. 22 dicembre 1999, n. 38 Norme sul governo del territorio. 251
Liguria
§ L.R. 4 settembre 1997, n. 36 Legge urbanistica regionale. 287
TOMO II
Lombardia
§ L.R. 11 marzo 2005, n. 12 Legge per il governo del territorio 337
Marche
§ L.R. 5 agosto 1992, n. 34 Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio. 403
Piemonte
§ L.R. 5 dicembre 1977, n. 56 Tutela ed uso del suolo 439
Puglia
§ L.R. 27 luglio 2001, n. 20 Norme generali di governo e uso del territorio 511
§ L.R. 21 maggio 2008, n. 12 Norme urbanistiche finalizzate ad aumentare l'offerta di edilizia residenziale sociale. 521
§ L.R. 10 giugno 2008, n. 13 Norme per l'abitare sostenibile. (artt. 3 e 4) 523
§ L.R. 29 luglio 2008, n. 21 Norme per la rigenerazione urbana. 527
Sardegna
§ L.R. 22 dicembre 1989, n. 45 Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale. 533
§ L.R. 25 novembre 2004, n. 8 Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale 551
Sicilia
§ L.R. 27 dicembre 1978, n. 71 Norme integrative e modificative della legislazione vigente nel territorio della Regione siciliana in materia urbanistica 557
§ L.R. 11 aprile 1981, n. 65 Norme integrative della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, riguardante norme integrative e modificative della legislazione vigente in materia urbanistica e di regime dei suoli589
Toscana
§ L.R. 3 gennaio 2005, n. 1 Norme per il governo del territorio 595
TOMO III
Umbria
§ L.R. 22 febbraio 2005, n. 11 Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale 635
Valle d’Aosta
§ L.R. 6 aprile 1998, n. 11 Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta 671
Veneto
§ L.R. 23 aprile 2004, n. 11 Norme per il governo del territorio 729
§ L.R. 2 dicembre 2005, n. 23 Disposizioni per l'applicazione della legislazione urbanistica regionale e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio". (art. 1) 765
Provincia di Bolzano
§ L.P. 11 agosto 1997, n. 13 Legge urbanistica provinciale 767
Provincia di Trento
§ L.P. 4 marzo 2008, n. 1 Pianificazione urbanistica e governo del territorio 851
L.R. 11 marzo 2005, n. 12
Legge per il governo del territorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Lombardia 16 marzo 2005, I S.O. al B.U. 14 marzo 2005, n. 11.
(2) Il testo coordinato con le modifiche della presente legge è stato pubblicato in B.U. 3 febbraio 2006, III S.S. al B.U. 30 gennaio 2006, n. 5.
(3) Si vedano, in attuazione della presente legge la Delib.G.R. 5 aprile 2006, n. 8/2323: "Criteri per le misure di sostegno finanziario agli enti locali", la Delib.G.R. 18 luglio 2007, n. 8/5126: "Criteri per l’erogazione di contributi agli Enti Locali per la formazione dei Piani di Governo del Territorio e strumenti di programmazione con valenza territoriale", la Delib.G.R. 9 aprile 2008, n. 8/7050: "Determinazioni in merito ai contributi ai Comuni per la formazione dei Piani di Governo del Territorio", la Delib.G.R. 8 maggio 2008, n. 8/7244: "Finanziamento alle province per la redazione dei Piani Territoriali di Coordinamento e relativi aggiornamenti" e la Delib.G.R. 19 settembre 2008, n. 8/8059: "Criteri per la definizione degli ambiti destinati all'attività agricola di interesse strategico nei Piani Territoriali di Coordinamento provinciale".
(5) Si veda il D.Dirig. 8 giugno 2006, n. 6451, Approvazione del bando di finanziamneto per la Produzione di basi cartografiche attraverso Data base topografici.
(4) Il testo coordinato aggiornato con le modifiche della presente legge è stato pubblicato in B.U. 24 luglio 2006, n. 30, S.S. 25 luglio 2006, n. 1 2006, n. 5.
(6) Si veda il D.Dirig. 2 agosto 2007, n. 8921, Approvazione del bando di finanziamento per l'anno 2007 "Formazione dei Piani di Governo del Territorio e Strumenti di Programmazione".
(7) Si veda la Delib.G.R. 5 dicembre 2007, n. 8/6053: Partecipazione della Aziende Saniarie Locali e di ARPA ai procedimenti di approvazione dei Piani di Governo del Territorio - Indirizzi operativi.
Parte I
Pianificazione del territorio
Titolo I
Oggetto e criteri ispiratori
Art. 1
Oggetto e criteri ispiratori.
1. La presente legge, in attuazione di quanto previsto dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione detta le norme di governo del territorio lombardo, definendo forme e modalità di esercizio delle competenze spettanti alla Regione e agli enti locali, nel rispetto dei principi fondamentali dell'ordinamento statale e comunitario, nonché delle peculiarità storiche, culturali, naturalistiche e paesaggistiche che connotano la Lombardia.
2. La presente legge si ispira ai criteri di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, sostenibilità, partecipazione, collaborazione, flessibilità, compensazione ed efficienza.
3. La Regione, nel rispetto dei principi di cui al comma 1 e dei criteri di cui al comma 2, provvede:
a) alla definizione di indirizzi di pianificazione atti a garantire processi di sviluppo sostenibili;
b) alla verifica di compatibilità dei piani territoriali di coordinamento provinciali e dei piani di governo del territorio di cui alla presente legge con la pianificazione territoriale regionale;
c) alla diffusione della cultura della sostenibilità ambientale con il sostegno agli enti locali e a quelli preposti alla ricerca e alla formazione per l'introduzione di forme di contabilità delle risorse;
d) all'attività di pianificazione territoriale regionale.
3-bis. La Regione, in collaborazione con le province e gli altri enti locali, promuove, attraverso gli strumenti di pianificazione previsti dalla presente legge, il recupero e la riqualificazione delle aree degradate o dismesse, che possono compromettere la sostenibilità e la compatibilità urbanistica, la tutela dell'ambiente e gli aspetti socio-economici (8).
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(8) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera a), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Titolo II
Strumenti di governo del territorio
Capo I
Disposizioni generali
Art. 2
Correlazione tra gli strumenti di pianificazione territoriale.
1. Il governo del territorio si attua mediante una pluralità di piani, fra loro coordinati e differenziati, i quali, nel loro insieme, costituiscono la pianificazione del territorio stesso.
2. I piani si caratterizzano ed articolano sia in ragione del diverso ambito territoriale cui si riferiscono sia in virtù del contenuto e della funzione svolta dagli stessi.
3. I piani si uniformano al criterio della sostenibilità, intesa come la garanzia di uguale possibilità di crescita del benessere dei cittadini e di salvaguardia dei diritti delle future generazioni.
4. Il piano territoriale regionale e i piani territoriali di coordinamento provinciali hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento, fatte salve le previsioni che, ai sensi della presente legge, abbiano efficacia prevalente e vincolante (9).
5. Il governo del territorio si caratterizza per:
a) la pubblicità e la trasparenza delle attività che conducono alla formazione degli strumenti;
b) la partecipazione diffusa dei cittadini e delle loro associazioni;
c) la possibile integrazione dei contenuti della pianificazione da parte dei privati.
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(9) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera b), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 3
Strumenti per il coordinamento e l'integrazione delle informazioni.
1. La Regione, in coordinamento con gli enti locali, cura la realizzazione del Sistema Informativo Territoriale integrato, di seguito denominato SIT, al fine di disporre di elementi conoscitivi necessari alla definizione delle scelte di programmazione generale e settoriale, di pianificazione del territorio e all'attività progettuale. Il SIT è fondato su basi di riferimento geografico condivise tra gli enti medesimi e aggiornato in modo continuo. Gli elaborati dei piani e dei progetti approvati dagli enti locali, inseriti sulle basi geografiche fornite dal SIT, vengono ad esso conferiti in forma digitale per ulteriori utilizzazioni ai fini informativi.
2. Gli strumenti di pianificazione e programmazione territoriale a diverso livello ed i relativi studi conoscitivi territoriali sono riferiti a basi geografiche e cartografiche congruenti, per potersi tra loro confrontare e permettere analisi ed elaborazioni a supporto della gestione del territorio, nonché per consentire le attività di valutazione di cui all'articolo 4.
3. La Giunta regionale, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, definisce, con proprio provvedimento, le modalità di concertazione e partecipazione degli enti locali e di eventuali soggetti specializzati nello sviluppo del SIT, nonché le modalità di trasmissione dei dati.
4. La Regione promuove la conoscenza del SIT e dei suoi contenuti; tutti i dati raccolti dal SIT sono pubblici e possono essere richiesti da chiunque. Tutti i dati sono inoltre liberamente consultabili tramite apposito sito web pubblico, creato e aggiornato a cura della Giunta regionale (10).
5. Il SIT fornisce servizi e informazioni a tutti i cittadini e vi possono confluire informazioni provenienti da enti pubblici e dalla comunità scientifica (11) (12) (13) (14).
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(10) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera c), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(11) Si veda la Delib.G.R. 22 dicembre 2005, n. 8/1562: "Modalità di coordinamento ed integrazione delle informazioni per lo sviluppo del Sistema Informativo Territoriale Integrato" e la Delib.G.R. 25 luglio 2007, n. 8/5174, Schema tipo di Accordo di partecipazione all’Infrastruttura per l’Informazione Territoriale della Lombardia a supporto del Sistema Informativo Territoriale integrato.
(12) Si vedano il D.Dirig. 10 novembre 2006, n. 12520 e il D.Dirig. 21 dicembre 2007, n. 16285 per l'Approvazione delle linee guida per la realizzazione degli strumenti del SIT integrato per la pianificazione locale ai sensi del presente articolo.
(13) Si veda la Delib.G.R. 20 dicembre 2006, n. 8/3879: "Aggiornamento delle specifiche tecniche in materia di Database Topografici e adozione di nuove specifiche tecniche in materia di Ortofoto digitali e repertorio dei dati territoriali a supporto del Sistema Informativo Territoriale integrato", la Delib.G.R. 15 giugno 2007, n. 8/4937: "Definizione dei criteri di finanziamento agli Enti locali per lo sviluppo del Data base topografico, a supporto del SIT integrato per l'anno 2007" e la Delib.G.R. 19 maggio 2008, n. 8/7306: "Modalità per il finanziamento agli Enti locali per lo sviluppo del Data base topografico, a supporto del SIT integrato, per l'anno 2008".
(14) Si veda il D.Dirig. 26 giugno 2007, n. 6942: "Approvazione del bando di finanziamento 2007- Produzione di basi cartografiche attraverso Data base topografici.
Art. 4
Valutazione ambientale dei piani.
1. Al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile ed assicurare un elevato livello di protezione dell'ambiente, la Regione e gli enti locali, nell'ambito dei procedimenti di elaborazione ed approvazione dei piani e programmi di cui alla direttiva 2001/42/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente e successivi atti attuativi, provvedono alla valutazione ambientale degli effetti derivanti dall'attuazione dei predetti piani e programmi. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, approva gli indirizzi generali per la valutazione ambientale dei piani, in considerazione della natura, della forma e del contenuto degli stessi. La Giunta regionale provvede agli ulteriori adempimenti di disciplina, in particolare definendo un sistema di indicatori di qualità che permettano la valutazione degli atti di governo del territorio in chiave di sostenibilità ambientale e assicurando in ogni caso le modalità di consultazione e monitoraggio, nonché l'utilizzazione del SIT. (15)
2. Sono sottoposti alla valutazione di cui al comma 1 il piano territoriale regionale, i piani territoriali regionali d'area e i piani territoriali di coordinamento provinciali, il documento di piano di cui all'articolo 8, nonché le varianti agli stessi. La valutazione ambientale di cui al presente articolo è effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura di approvazione. (16)
3. Per i piani di cui al comma 2, la valutazione evidenzia la congruità delle scelte rispetto agli obiettivi di sostenibilità del piano e le possibili sinergie con gli altri strumenti di pianificazione e programmazione; individua le alternative assunte nella elaborazione del piano o programma, gli impatti potenziali, nonché le misure di mitigazione o di compensazione, anche agroambientali, che devono essere recepite nel piano stesso.
4. Sino all'approvazione del provvedimento della Giunta regionale di cui al comma 1, l'ente competente ad approvare il piano territoriale o il documento di piano, nonché i piani attuativi che comportino variante, ne valuta la sostenibilità ambientale secondo criteri evidenziati nel piano stesso.
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(15) Si vedano la Delib.C.R. 13 marzo 2007, n. VIII/351, la Delib.G.R. 27 dicembre 2007, n. 8/6420 e la Delib.G.R. 18 aprile 2008, n. 8/7110.
(16) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. a), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12. Si veda la Delib.G.R. 13 giugno 2008, n. 8/7452, Piano Territoriale Regionale d'Area "Navigli Lombardi" – Avvio del procedimento di approvazione.
Art. 5
Osservatorio permanente della programmazione territoriale.
1. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, costituisce presso la competente Direzione generale l'Osservatorio permanente della programmazione territoriale, al quale partecipano anche rappresentanti degli enti locali. L'Osservatorio, anche con l'utilizzo degli elementi conoscitivi forniti dal SIT di cui all'articolo 3, provvede al monitoraggio delle dinamiche territoriali e alla valutazione degli effetti derivanti dall'attuazione degli strumenti di pianificazione. L'Osservatorio redige una relazione annuale sull'attività svolta, in particolare relativamente all'applicazione delle norme in materia di governo del territorio; la relazione contiene altresì eventuali indicazioni utili all'aggiornamento ed all'interpretazione della legislazione e dei regolamenti e segnala eventuali problematiche inerenti all'attuazione degli strumenti di pianificazione; la relazione è trasmessa al Consiglio regionale ed alla Giunta regionale (17).
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(17) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera d), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Capo II
Pianificazione comunale per il governo del territorio
Art. 6
Pianificazione comunale.
1. Sono strumenti della pianificazione comunale:
a) il piano di governo del territorio;
b) i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale.
Art. 7
Piano di governo del territorio.
1. Il piano di governo del territorio, di seguito denominato PGT, definisce l'assetto dell'intero territorio comunale ed è articolato nei seguenti atti:
a) il documento di piano;
b) il piano dei servizi;
c) il piano delle regole.
2. La Giunta regionale, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce con proprio atto le modalità per la pianificazione comunale, anche in relazione a quanto disposto dagli articoli 3 e 4. (18)
3. La Giunta regionale, per i comuni con popolazione compresa tra 2.001 e 15.000 abitanti, ferma restando la possibilità per gli stessi di avvalersi della disciplina ordinaria, acquisito il parere della commissione consiliare competente, definisce, con propria deliberazione, i contenuti del PGT di cui agli articoli 8, 9 e 10, differenziando la disciplina in ragione dei diversi contesti territoriali e socio-economici (19).
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(18) Si veda la Delib.G.R. 29 dicembre 2005, n. 8/1681, Modalità per la pianificazione comunale.
(19) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera e), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 8
Documento di piano.
1. Il documento di piano, anche avvalendosi degli strumenti di cui all'articolo 3, definisce:
a) il quadro ricognitivo e programmatorio di riferimento per lo sviluppo economico e sociale del comune, anche sulla base delle proposte dei cittadini singoli o associati e tenuto conto degli atti di programmazione provinciale e regionale, eventualmente proponendo le modifiche o le integrazioni della programmazione provinciale e regionale che si ravvisino necessarie;
b) il quadro conoscitivo del territorio comunale, come risultante dalle trasformazioni avvenute, individuando i grandi sistemi territoriali, il sistema della mobilità, le aree a rischio o vulnerabili, le aree di interesse archeologico e i beni di interesse paesaggistico o storico-monumentale, e le relative aree di rispetto, i siti interessati da habitat naturali di interesse comunitario, gli aspetti socio-economici, culturali, rurali e di ecosistema, la struttura del paesaggio agrario e l'assetto tipologico del tessuto urbano e ogni altra emergenza del territorio che vincoli la trasformabilità del suolo e del sottosuolo, ivi compresi le fasce di rispetto ed i corridoi per i tracciati degli elettrodotti (20);
c) l'assetto geologico, idrogeologico e sismico, ai sensi dell'articolo 57, comma 1, lettera a).
2. Sulla base degli elementi di cui al comma 1, il documento di piano:
a) individua gli obiettivi di sviluppo, miglioramento e conservazione che abbiano valore strategico per la politica territoriale, indicando i limiti e le condizioni in ragione dei quali siano ambientalmente sostenibili e coerenti con le previsioni ad efficacia prevalente di livello sovracomunale;
b) determina gli obiettivi quantitativi di sviluppo complessivo del PGT; nella definizione di tali obiettivi il documento di piano tiene conto della riqualificazione del territorio, della minimizzazione del consumo del suolo in coerenza con l'utilizzazione ottimale delle risorse territoriali, ambientali ed energetiche della definizione dell'assetto viabilistico e della mobilità, nonché della possibilità di utilizzazione e miglioramento dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, anche a livello sovracomunale (21);
c) determina, in coerenza con i predetti obiettivi e con le politiche per la mobilità, le politiche di intervento per la residenza, ivi comprese le eventuali politiche per l'edilizia residenziale pubblica, le attività produttive primarie, secondarie e terziarie, ivi comprese quelle della distribuzione commerciale, evidenziando le scelte di rilevanza sovracomunale, in applicazione dell'articolo 15, commi 1 e 2, lettera g);
d) dimostra la compatibilità delle predette politiche di intervento e della mobilità con le risorse economiche attivabili dalla Pubblica Amministrazione, anche in relazione agli effetti indotti sul territorio contiguo;
e) individua, anche con rappresentazioni grafiche in scala adeguata, gli ambiti di trasformazione, definendone gli indici urbanistico-edilizi in linea di massima, le vocazioni funzionali e i criteri di negoziazione, nonché i criteri di intervento, preordinati alla tutela ambientale, paesaggistica e storico-monumentale, ecologica, geologica, idrogeologica e sismica, laddove in tali ambiti siano comprese aree qualificate a tali fini nella documentazione conoscitiva (22);
e-bis) individua, anche con rappresentazioni grafiche in scala adeguata, le aree di cui all'articolo 1, comma 3-bis, determinando le finalità del recupero e le modalità d'intervento, anche in coerenza con gli obiettivi dell'articolo 88, comma 2 (23);
e-ter) d'intesa con i comuni limitrofi, può individuare, anche con rappresentazioni grafiche in scala adeguata, le aree nelle quali il piano dei servizi prevede la localizzazione dei campi di sosta o di transito dei nomadi (24);
e-quater) individua i principali elementi caratterizzanti il paesaggio ed il territorio, definendo altresì specifici requisiti degli interventi incidenti sul carattere del paesaggio e sui modi in cui questo viene percepito (25);
f) determina le modalità di recepimento delle previsioni prevalenti contenute nei piani di livello sovracomunale e la eventuale proposizione, a tali livelli, di obiettivi di interesse comunale;
g) definisce gli eventuali criteri di compensazione, di perequazione e di incentivazione.
3. Il documento di piano non contiene previsioni che producano effetti diretti sul regime giuridico dei suoli.
4. Il documento di piano ha validità quinquennale ed è sempre modificabile. Scaduto tale termine, il comune provvede all'approvazione di un nuovo documento di piano; in caso di inadempienza si applicano le norme di cui all'articolo 25, comma 7.
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(20) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera f), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(21) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera g), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(22) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera h), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(23) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lettera i), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(24) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lettera i), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(25) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lettera i), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 9
Piano dei servizi.
1. I comuni redigono ed approvano il piano dei servizi al fine di assicurare una dotazione globale di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale, le eventuali aree per l'edilizia residenziale pubblica e da dotazione a verde, i corridoi ecologici e il sistema del verde di connessione tra territorio rurale e quello edificato, nonché tra le opere viabilistiche e le aree urbanizzate ed una loro razionale distribuzione sul territorio comunale, a supporto delle funzioni insediate e previste. L'individuazione delle aree per l'edilizia residenziale pubblica, quale servizio di interesse pubblico o generale, è obbligatoria per i comuni indicati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione, sulla base dei fabbisogni rilevati dal Programma regionale per l'edilizia residenziale pubblica. Tali comuni, in tutti gli strumenti di programmazione negoziata con previsione di destinazioni residenziali, assicurano la realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica, compresa l'edilizia convenzionata, anche esternamente all'ambito interessato (26).
1-bis. La realizzazione ovvero il mantenimento di campi di sosta o di transito dei nomadi possono essere previsti unicamente nelle aree a tal fine individuate dal documento di piano ai sensi dell'articolo 8, comma 2, lettera e-ter). I campi devono essere dotati di tutti i servizi primari, dimensionati in rapporto alla capacità ricettiva prevista (27).
2. I comuni redigono il piano dei servizi determinando il numero degli utenti dei servizi dell'intero territorio, secondo i seguenti criteri:
a) popolazione stabilmente residente nel comune gravitante sulle diverse tipologie di servizi anche in base alla distribuzione territoriale;
b) popolazione da insediare secondo le previsioni del documento di piano, articolata per tipologia di servizi anche in base alla distribuzione territoriale;
c) popolazione gravitante nel territorio, stimata in base agli occupati nel comune, agli studenti, agli utenti dei servizi di rilievo sovracomunale, nonché in base ai flussi turistici.
3. Il piano dei servizi, per soddisfare le esigenze espresse dall'utenza definita con le modalità di cui al comma 2, valuta prioritariamente l'insieme delle attrezzature al servizio delle funzioni insediate nel territorio comunale, anche con riferimento a fattori di qualità, fruibilità e accessibilità e, in caso di accertata insufficienza o inadeguatezza delle attrezzature stesse, quantifica i costi per il loro adeguamento e individua le modalità di intervento. Analogamente il piano indica, con riferimento agli obiettivi di sviluppo individuati dal documento di piano di cui all'articolo 8, le necessità di sviluppo e integrazione dei servizi esistenti, ne quantifica i costi e ne prefigura le modalità di attuazione. In relazione alla popolazione stabilmente residente e a quella da insediare secondo le previsioni del documento di piano, è comunque assicurata una dotazione minima di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale pari a diciotto metri quadrati per abitante. Il piano dei servizi individua, altresì, la dotazione di servizi che deve essere assicurata nei piani attuativi, garantendo in ogni caso all'interno di questi la dotazione minima sopra indicata, fatta salva la possibilità di monetizzazione prevista dall'articolo 46, comma 1, lettera a).
4. Il piano dei servizi esplicita la sostenibilità dei costi di cui al comma 3, anche in rapporto al programma triennale delle opere pubbliche, nell'ambito delle risorse comunali e di quelle provenienti dalla realizzazione diretta degli interventi da parte dei privati.
5. Nei comuni aventi caratteristiche di polo attrattore individuato dal piano territoriale di coordinamento provinciale, in relazione al flusso di pendolari per motivi di lavoro, studio e fruizione di servizi e nei comuni caratterizzati da rilevanti presenze turistiche, il piano dei servizi contiene la previsione di servizi pubblici aggiuntivi, in relazione ai fabbisogni espressi dalla popolazione fluttuante. Nei comuni aventi caratteristiche di polo attrattore devono, altresì, essere previsti i servizi di interesse sovracomunale necessari al soddisfacimento della domanda espressa dal bacino territoriale di gravitazione. Nelle zone montane i comuni tengono conto delle previsioni dei piani di sviluppo socio-economico delle comunità montane.
6. Il piano dei servizi può essere redatto congiuntamente tra più comuni confinanti e condiviso a livello operativo e gestionale (28).
7. Il piano dei servizi deve indicare i servizi da assicurare negli ambiti di trasformazione di cui all'articolo 8, comma 2, lettera e), con particolare riferimento agli ambiti entro i quali è prevista l'attivazione di strutture di distribuzione commerciale, terziarie, produttive e di servizio caratterizzate da rilevante affluenza di utenti.
8. Il piano dei servizi è integrato, per quanto riguarda l'infrastrutturazione del sottosuolo, con le disposizioni del piano urbano generale dei servizi nel sottosuolo (PUGSS), di cui all'articolo 38 della L.R. 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche).
9. Al fine di garantire una adeguata ed omogenea accessibilità ai servizi a tutta la popolazione regionale, la Regione incentiva il coordinamento e la collaborazione interistituzionale per la realizzazione e la gestione dei servizi.
10. Sono servizi pubblici e di interesse pubblico o generale i servizi e le attrezzature pubbliche, realizzati tramite iniziativa pubblica diretta o ceduti al comune nell'ambito di piani attuativi, nonché i servizi e le attrezzature, anche privati, di uso pubblico o di interesse generale, regolati da apposito atto di asservimento o da regolamento d'uso, redatti in conformità alle indicazioni contenute nel piano dei servizi, ovvero da atto di accreditamento dell'organismo competente in base alla legislazione di settore, nella misura in cui assicurino lo svolgimento delle attività cui sono destinati a favore della popolazione residente nel comune e di quella non residente eventualmente servita.
11. Le previsioni contenute nel piano dei servizi, concernenti le aree necessarie per la realizzazione dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, hanno carattere prescrittivo e vincolante.
12. I vincoli preordinati all'espropriazione per la realizzazione, esclusivamente ad opera della Pubblica Amministrazione, di attrezzature e servizi previsti dal piano dei servizi hanno la durata di cinque anni, decorrenti dall'entrata in vigore del piano stesso. Detti vincoli decadono qualora, entro tale termine, l'intervento cui sono preordinati non sia inserito, a cura dell'ente competente alla sua realizzazione, nel programma triennale delle opere pubbliche e relativo aggiornamento, ovvero non sia stato approvato lo strumento attuativo che ne preveda la realizzazione. È comunque ammessa, da parte del proprietario dell'area, entro il predetto termine quinquennale, la realizzazione diretta di attrezzature e servizi per la cui attuazione è preordinato il vincolo espropriativo, a condizione che la Giunta comunale espliciti con proprio atto la volontà di consentire tale realizzazione diretta ovvero, in caso contrario, ne motivi con argomentazioni di interesse pubblico il rifiuto. La realizzazione diretta è subordinata alla stipula di apposita convenzione intesa a disciplinare le modalità attuative e gestionali. (29)
13. Non configurano vincolo espropriativo e non sono soggette a decadenza le previsioni del piano dei servizi che demandino al proprietario dell'area la diretta realizzazione di attrezzature e servizi, ovvero ne contemplino la facoltà in alternativa all'intervento della Pubblica Amministrazione.
14. Il piano dei servizi non ha termini di validità ed è sempre modificabile.
15. La realizzazione di attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, diverse da quelle specificamente previste dal piano dei servizi, non comporta l'applicazione della procedura di variante al piano stesso ed è autorizzata previa deliberazione motivata del consiglio comunale (30).
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(26) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera j), L.R. 14 marzo 2008, n. 4. Si veda la Delib.G.R. 24 luglio 2008, n. 8/7741 per l'individuazione dei commi di cui al presente comma.
(27) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera k), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(28) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera l), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(29) La Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2006, n. 129 (Gazz. Uff. 5 aprile 2006, n. 14 - prima serie speciale) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede l'obbligo di procedure ad evidenza pubblica per tutti i lavori, da chiunque effettuati, di importo pari o superiore alla soglia comunitaria.
(30) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera m), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 10
Piano delle regole.
1. Il piano delle regole:
a) definisce, all'interno dell'intero territorio comunale, gli ambiti del tessuto urbano consolidato, quali insieme delle parti di territorio su cui è già avvenuta l'edificazione o la trasformazione dei suoli, comprendendo in essi le aree libere intercluse o di completamento;
b) indica gli immobili assoggettati a tutela in base alla normativa statale e regionale;
c) individua le aree e gli edifici a rischio di compromissione o degrado e a rischio di incidente rilevante;
d) contiene, in ordine alla componente geologica, idrogeologica e sismica, quanto previsto dall'articolo 57, comma 1, lettera b);
e) individua:
1) le aree destinate all'agricoltura;
2) le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche;
3) le aree non soggette a trasformazione urbanistica.
2. Entro gli ambiti del tessuto urbano consolidato, il piano delle regole individua i nuclei di antica formazione ed identifica i beni ambientali e storico-artistico-monumentali oggetto di tutela ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) o per i quali si intende formulare proposta motivata di vincolo. Il piano delle regole definisce altresì, con riferimento a quanto stabilito dall'articolo 8, comma 1, lettera b), le caratteristiche fisico-morfologiche che connotano l'esistente, da rispettare in caso di eventuali interventi integrativi o sostitutivi, nonché le modalità di intervento, anche mediante pianificazione attuativa o permesso di costruire convenzionato, nel rispetto dell'impianto urbano esistente, ed i criteri di valorizzazione degli immobili vincolati.
3. Per gli ambiti di cui al comma 2, inoltre, identifica i seguenti parametri da rispettare negli interventi di nuova edificazione o sostituzione:
a) caratteristiche tipologiche, allineamenti, orientamenti e percorsi;
b) consistenza volumetrica o superfici lorde di pavimento esistenti e previste;
c) rapporti di copertura esistenti e previsti;
d) altezze massime e minime;
e) modi insediativi che consentano continuità di elementi di verde e continuità del reticolo idrografico superficiale;
f) destinazioni d'uso non ammissibili;
g) interventi di integrazione paesaggistica, per ambiti compresi in zone soggette a vincolo paesaggistico ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004;
h) requisiti qualitativi degli interventi previsti, ivi compresi quelli di efficienza energetica e mitigazione delle infrastrutture della viabilità con elementi vegetali tipici locali (31).
4. Il piano delle regole:
a) per le aree destinate all'agricoltura:
1) detta la disciplina d'uso, di valorizzazione e di salva-guardia, in conformità con quanto previsto dal titolo terzo della parte seconda;
2) recepisce i contenuti dei piani di assestamento, di indirizzo forestale e di bonifica, ove esistenti;
3) individua gli edifici esistenti non più adibiti ad usi agricoli, dettandone le normative d'uso;
b) per le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche detta ulteriori regole di salvaguardia e di valorizzazione in attuazione dei criteri di adeguamento e degli obiettivi stabiliti dal piano territoriale regionale, dal piano territoriale paesistico regionale e dal piano territoriale di coordinamento provinciale;
c) per le aree non soggette a trasformazione urbanistica individua gli edifici esistenti, dettandone la disciplina d'uso e ammette in ogni caso, previa valutazione di possibili alternative, interventi per servizi pubblici, prevedendo eventuali mitigazioni e compensazioni agro-forestali e ambientali.
5. Le indicazioni contenute nel piano delle regole hanno carattere vincolante e producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli.
6. Il piano delle regole non ha termini di validità ed è sempre modificabile.
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(31) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera n), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 10-bis
Disposizioni speciali per i comuni con popolazione inferiore o pari a 2.000 abitanti.
1. Nei comuni con popolazione residente inferiore o pari a 2.000 abitanti, risultante dall'ultimo censimento ufficiale, il PGT è disciplinato secondo le disposizioni contenute nel presente articolo. Non si applicano i commi 1, 2, 4 dell'articolo 8, i commi da 1 a 7 e 14 dell'articolo 9, i commi da 1 a 4 e 6 dell'articolo 10 e i commi 2 e 3 dell'articolo 12.
2. Il documento di piano, il piano dei servizi e il piano delle regole sono articolazioni di un unico atto, le cui previsioni hanno validità a tempo indeterminato e sono sempre modificabili. Il documento di piano deve comunque essere verificato e aggiornato con periodicità almeno quinquennale, anche al fine dell'adeguamento della programmazione attuativa. La pubblicazione su almeno un quotidiano locale o periodico a diffusione locale dell'avviso di avvio del procedimento, prevista dall'articolo 13, comma 2, può essere sostituita da pubblici avvisi o altre forme di comunicazione con la cittadinanza.
3. Il documento di piano definisce, in relazione alle peculiarità delle singole realtà territoriali e avvalendosi in via prioritaria di dati ed elaborazioni reperibili nei sistemi informativi di livello sovracomunale, il quadro conoscitivo del territorio comunale, considerando in particolare le previsioni derivanti dalla programmazione territoriale di livello sovraordinato, l'assetto del territorio urbano ed extraurbano, le caratteristiche del paesaggio agrario e dell'ecosistema, il sistema della mobilità , le presenze di interesse paesaggistico, storico-monumentale ed archeologico, nonché l'assetto geologico, idrogeologico e sismico, ai sensi dell'articolo 57, comma 1, lettera a), e finalizzando il quadro delle conoscenze alla determinazione delle principali dinamiche in atto, delle maggiori criticità del territorio e delle sue potenzialità, dando atto inoltre dell'avvenuta effettuazione dell'informazione preventiva e del confronto con la cittadinanza.
4. Sulla base degli elementi di cui al comma 3, il documento di piano:
a) individua gli obiettivi generali di sviluppo, miglioramento e conservazione per la politica territoriale del comune, verificandone la sostenibilità ; determina inoltre gli obiettivi quantitativi di sviluppo complessivo con prioritario riferimento alla riqualificazione del territorio, alla minimizzazione del consumo di suolo, all'utilizzo ottimale delle risorse territoriali, al miglioramento dell'assetto viabilistico e della mobilità , nonché dei servizi pubblici e di interesse pubblico o generale, anche a livello sovracomunale. La determinazione di tali obiettivi ed il conseguente relativo processo di valutazione ambientale di cui all'articolo 4, comma 2, possono essere effettuati in forma congiunta tra più comuni;
b) determina le politiche di intervento per i diversi sistemi funzionali, dettagliando e circostanziando eventuali scelte di rilevanza sovracomunale, in applicazione dell'articolo 15, commi 1 e 2, lettera g), nonché dimostrando la compatibilità delle predette politiche di intervento con le risorse economiche attivabili dalla pubblica amministrazione;
c) individua puntualmente gli ambiti di trasformazione assoggettati a piano attuativo, determinandone gli indici urbanistico-edilizi in linea di massima, le destinazioni funzionali, nonché gli eventuali criteri di negoziazione per l'attuazione degli interventi;
d) definisce eventuali criteri di compensazione, di perequazione e di incentivazione.
5. Il piano dei servizi è redatto al fine di individuare e assicurare un'adeguata dotazione di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico e generale nonché i servizi necessari alla popolazione del comune ed a supporto delle funzioni insediate e previste, anche con riferimento alla preservazione e al mantenimento di corridoi ecologici e alla progettazione del verde di connessione tra territorio rurale e territorio edificato. Il piano dei servizi può prevedere aree per l'edilizia residenziale pubblica. Il piano dei servizi può essere redatto congiuntamente tra più comuni e condiviso a livello operativo e gestionale. In tal caso, in sede di prima approvazione del PGT, il piano dei servizi può fare riferimento ai soli aspetti prettamente comunali, rinviando a eventuale successiva variante gli adeguamenti derivanti dal piano sovracomunale. Il piano dei servizi, sulla base dello stato dei bisogni e della domanda di servizi prevista, individua le necessità e le aree di sviluppo ed integrazione dei servizi esistenti, in relazione alle nuove previsioni insediative quantificate e localizzate nel PGT, ne valuta i costi e precisa le modalità di intervento, anche in forme opportunamente integrate a scala intercomunale. In base alle necessità della popolazione il piano dei servizi determina la dotazione per abitante che il PGT assicura in termini di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale.
6. Negli interventi assoggettati a pianificazione attuativa è sempre ammessa la possibilità di monetizzazione prevista dall'articolo 46, comma 1, lettera a), salvo specifiche prescrizioni del piano dei servizi che esplicitino la necessità di assicurare, nei singoli ambiti di intervento, il reperimento di aree per servizi, precisandone la quantificazione e la tipologia.
7. Il piano delle regole disciplina urbanisticamente tutto il territorio comunale, fatta eccezione per i nuovi interventi negli ambiti di trasformazione, ed in particolare:
a) individua i nuclei di antica formazione, con la puntuale disciplina in ordine alle modalità di conservazione e recupero, ai criteri di riqualificazione e valorizzazione, alle condizioni di ammissibilità degli interventi innovativi, integrativi o sostitutivi;
b) definisce e disciplina, sotto il profilo tipologico e funzionale, gli ambiti del tessuto urbano consolidato, quali insieme delle parti del territorio già edificato, comprendendo in esse le aree libere intercluse o di completamento destinate alla futura trasformazione insediativa nonché le aree libere destinate a usi diversi ascrivibili tuttavia all'ambito urbano, determinando gli opportuni parametri quantitativi di progettazione urbanistica ed edilizia e i requisiti qualitativi degli interventi, ivi compresi quelli di integrazione paesaggistica, di efficienza energetica, di occupazione del suolo e di permeabilizzazione;
c) riconosce e valorizza le aree e gli immobili assoggettati a tutela in base alla normativa statale e regionale;
d) individua le aree e gli edifici a rischio di compromissione o degrado e a rischio di incidente rilevante;
e) contiene, in ordine alla componente geologica, idrogeologica e sismica, quanto previsto dall'articolo 57, comma 1, lettera b);
f) individua:
1. le aree destinate all'agricoltura;
2. le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche;
3. le aree non soggette a trasformazione urbanistica.
8. Il piano delle regole:
a) per le aree destinate all'agricoltura:
1. detta la disciplina d'uso, di valorizzazione e di salvaguardia in conformità con quanto previsto dal titolo terzo della parte seconda, nonché con i piani di settore sovracomunali, ove esistenti;
2. individua gli edifici esistenti non più adibiti ad usi agricoli, dettandone le normative d'uso;
b) per le aree di rilevanza paesaggistico-ambientale e per quelle di valore ecologico dispone norme di salvaguardia e valorizzazione in coerenza con la pianificazione sovraordinata;
c) per le aree non soggette a trasformazione urbanistica individua gli edifici esistenti, dettandone la disciplina d'uso e ammette in ogni caso, previa valutazione di possibili alternative, interventi per servizi pubblici, prevedendo eventuali mitigazioni e compensazioni agroforestali e ambientali.
9. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano ai PGT già adottati alla data di entrata in vigore delle stesse (32).
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(32) Articolo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera o), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 11
Compensazione, perequazione ed incentivazione urbanistica.
1. Sulla base dei criteri definiti dal documento di piano, i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale possono ripartire tra tutti i proprietari degli immobili interessati dagli interventi i diritti edificatori e gli oneri derivanti dalla dotazione di aree per opere di urbanizzazione mediante l'attribuzione di un identico indice di edificabilità territoriale, confermate le volumetrie degli edifici esistenti, se mantenuti. Ai fini della realizzazione della volumetria complessiva derivante dall'indice di edificabilità attribuito, i predetti piani ed atti di programmazione individuano gli eventuali edifici esistenti, le aree ove è concentrata l'edificazione e le aree da cedersi gratuitamente al comune o da asservirsi, per la realizzazione di servizi ed infrastrutture, nonché per le compensazioni urbanistiche in permuta con aree di cui al comma 3.
2. Sulla base dei criteri di cui al comma 1, nel piano delle regole i comuni, a fini di perequazione urbanistica, possono attribuire a tutte le aree del territorio comunale, ad eccezione delle aree destinate all'agricoltura e di quelle non soggette a trasformazione urbanistica, un identico indice di edificabilità territoriale, inferiore a quello minimo fondiario, differenziato per parti del territorio comunale, disciplinandone altresì il rapporto con la volumetria degli edifici esistenti, in relazione ai vari tipi di intervento previsti. In caso di avvalimento di tale facoltà, nel piano delle regole è inoltre regolamentata la cessione gratuita al comune delle aree destinate nel piano stesso alla realizzazione di opere di urbanizzazione, ovvero di servizi ed attrezzature pubbliche o di interesse pubblico o generale, da effettuarsi all'atto della utilizzazione dei diritti edificatori, così come determinati in applicazione di detto criterio perequativo.
2-bis. I comuni possono determinare nel documento di piano i criteri uniformi di applicazione della perequazione urbanistica di cui al comma 2 in aree di trasformazione concordemente individuate nel territorio di uno o più di essi. In tal caso, le aree cedute alla rispettiva amministrazione comunale a seguito della utilizzazione dei diritti edificatori sono utilizzate per la realizzazione di servizi pubblici o di interesse pubblico o generale, di carattere sovracomunale, consensualmente previsti nel piano dei servizi del comune stesso (33).
3. Fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, commi da 21 a 24, della legge 15 dicembre 2004, n. 308 (Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e l'integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta applicazione), alle aree destinate alla realizzazione di interventi di interesse pubblico o generale, non disciplinate da piani e da atti di programmazione, possono essere attribuiti, a compensazione della loro cessione gratuita al comune, aree in permuta o diritti edificatori trasferibili su aree edificabili previste dagli atti di PGT anche non soggette a piano attuativo. In alternativa a tale attribuzione di diritti edificatori, sulla base delle indicazioni del piano dei servizi il proprietario può realizzare direttamente gli interventi di interesse pubblico o generale, mediante accreditamento o stipulazione di convenzione con il comune per la gestione del servizio. (34)
4. I diritti edificatori attribuiti a titolo di perequazione e di compensazione sono commerciabili. I comuni istituiscono il registro delle cessioni dei diritti edificatori, aggiornato e reso pubblico secondo modalità stabilite dagli stessi comuni (35).
5. Il documento di piano può prevedere, a fronte di rilevanti benefici pubblici, aggiuntivi rispetto a quelli dovuti e coerenti con gli obiettivi fissati, una disciplina di incentivazione, in misura non superiore al 15 per cento della volumetria ammessa, per interventi ricompresi in piani attuativi finalizzati alla riqualificazione urbana e ini iniziative di edilizia residenziale pubblica, consistente nell'attribuzione di indici differenziati determinati in funzione degli obiettivi di cui sopra. Analoga disciplina di incentivazione può essere prevista anche ai fini della promozione dell'edilizia bioclimatica e del risparmio energetico, in coerenza con i criteri e gli indirizzi regionali previsti dall'articolo 44, comma 18, nonché ai fini del recupero delle aree degradate o dismesse, di cui all'articolo 1, comma 3-bis, e ai fini della conservazione degli immobili di interesse storico-artistico ai sensi del D.Lgs. 42/2004 (36) (37).
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(33) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera p), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(34) La Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2006, n. 129 (Gazz. Uff. 5 aprile 2006, n. 14 - prima serie speciale) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede l'obbligo di procedure ad evidenza pubblica per tutti i lavori, da chiunque effettuati, di importo pari o superiore alla soglia comunitaria.
(35) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera q), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(36) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera r), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(37) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. b), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Art. 12
Piani attuativi comunali.
1. L'attuazione degli interventi di trasformazione e sviluppo indicati nel documento di piano avviene attraverso i piani attuativi comunali, costituiti da tutti gli strumenti attuativi previsti dalla legislazione statale e regionale.
2. Il documento di piano connette direttamente le azioni di sviluppo alla loro modalità di attuazione mediante i vari tipi di piani attuativi comunali con eventuale eccezione degli interventi pubblici e di quelli di interesse pubblico o generale, di cui all'articolo 9, comma 10.
3. Nei piani attuativi vengono fissati in via definitiva, in coerenza con le indicazioni contenute nel documento di piano, gli indici urbanistico-edilizi necessari alla attuazione delle previsioni dello stesso.
4. Per la presentazione del piano attuativo è sufficiente il concorso dei proprietari degli immobili interessati rappresentanti la maggioranza assoluta del valore di detti immobili in base all'imponibile catastale risultante al momento della presentazione del piano, costituiti in consorzio ai sensi dell'articolo 27, comma 5, della legge 1° agosto 2002, n. 166 (Disposizioni in materia di infrastrutture e trasporti). In tal caso, il sindaco provvede, entro dieci giorni dalla presentazione del piano attuativo, ad attivare la procedura di cui all'articolo 27, comma 5, della legge 166/2002 e il termine di novanta giorni di cui all'articolo 14, comma 1, inizia a decorrere a far tempo dalla conclusione della suddetta procedura (38).
5. Le previsioni contenute nei piani attuativi e loro varianti hanno carattere vincolante e producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli.
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(38) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera s), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 13
Approvazione degli atti costituenti il piano di governo del territorio.
1. Gli atti di PGT sono adottati ed approvati dal consiglio comunale. In fase di prima approvazione del PGT i comuni con popolazione superiore a 2.000 abitanti approvano il documento di piano, il piano dei servizi ed il piano delle regole mediante un unico procedimento (39).
2. Prima del conferimento dell'incarico di redazione degli atti del PGT, il comune pubblica avviso di avvio del procedimento su almeno un quotidiano o periodico a diffusione locale e sui normali canali di comunicazione con la cittadinanza, stabilendo il termine entro il quale chiunque abbia interesse, anche per la tutela degli interessi diffusi, può presentare suggerimenti e proposte. Il comune può, altresì, determinare altre forme di pubblicità e partecipazione.
3. Prima dell'adozione degli atti di PGT il comune, tramite consultazioni, acquisisce entro trenta giorni il parere delle parti sociali ed economiche.
4. Entro novanta giorni dall'adozione, gli atti di PGT sono depositati, a pena di inefficacia degli stessi, nella segreteria comunale per un periodo continuativo di trenta giorni, ai fini della presentazione di osservazioni nei successivi trenta giorni. Del deposito degli atti è fatta, a cura del comune, pubblicità sul Bollettino ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano o periodico a diffusione locale.
5. Il documento di piano, il piano dei servizi e il piano delle regole, contemporaneamente al deposito, sono trasmessi alla provincia se dotata di piano territoriale di coordinamento vigente. La provincia, garantendo il confronto con il comune interessato, valuta esclusivamente la compatibilità del documento di piano con il proprio piano territoriale di coordinamento entro centoventi giorni dal ricevimento della relativa documentazione, decorsi inutilmente i quali la valutazione si intende espressa favorevolmente. Qualora il comune abbia presentato anche proposta di modifica o integrazione degli atti di pianificazione provinciale, le determinazioni in merito sono assunte con deliberazione di giunta provinciale. In caso di assenso alla modifica, il comune può sospendere la procedura di approvazione del proprio documento di piano sino alla definitiva approvazione, nelle forme previste dalla vigente legislazione e dalla presente legge, della modifica dell'atto di pianificazione provinciale di cui trattasi, oppure richiedere la conclusione della fase valutativa, nel qual caso le parti del documento di piano connesse alla richiesta modifica della pianificazione provinciale acquistano efficacia alla definitiva approvazione della modifica medesima. In ogni caso, detta proposta comunale si intende respinta qualora la provincia non si pronunci in merito entro centoventi giorni dalla trasmissione della proposta stessa (40).
5-bis Fino all’approvazione del piano territoriale regionale, i comuni appartenenti a province non dotate di piano territoriale di coordinamento vigente trasmettono il documento di piano, il piano dei servizi e il piano delle regole alla Regione, contemporaneamente al deposito. La Regione formula un parere vincolante in relazione ai propri indirizzi di politica territoriale, entro centoventi giorni dal ricevimento della relativa documentazione, decorsi inutilmente i quali il parere si intende reso favorevolmente. Il comune è tenuto, nei confronti della Regione, a quanto previsto nel comma 7, secondo periodo (41)
6. Il documento di piano, contemporaneamente al deposito, è trasmesso anche all'A.S.L. e all'A.R.P.A., che, entro i termini per la presentazione delle osservazioni di cui al comma 4, possono formulare osservazioni, rispettivamente per gli aspetti di tutela igienico-sanitaria ed ambientale, sulla prevista utilizzazione del suolo e sulla localizzazione degli insediamenti produttivi.
7. Entro novanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, a pena di inefficacia degli atti assunti, il consiglio comunale decide sulle stesse, apportando agli atti di PGT le modificazioni conseguenti all'eventuale accoglimento delle osservazioni. Contestualmente, a pena di inefficacia degli atti assunti, provvede all'adeguamento del documento di piano adottato, nel caso in cui la provincia abbia ravvisato elementi di incompatibilità con le previsioni prevalenti del proprio piano territoriale di coordinamento, o con i limiti di cui all'articolo 15, comma 5, ovvero ad assumere le definitive determinazioni qualora le osservazioni provinciali riguardino previsioni di carattere orientativo.
7-bis. Il termine di cui al comma 7 è di centocinquanta giorni qualora, nella fase del procedimento di approvazione del PGT successiva all’adozione dello stesso, si svolgano le elezioni per il rinnovo dell’amministrazione comunale (42).
8. Qualora nel piano territoriale regionale vi siano determinazioni che devono obbligatoriamente essere recepite da parte del comune nel documento di piano, lo stesso è tenuto nei confronti della Regione a quanto previsto nei commi 5, primo periodo e 7, secondo periodo.
9. La deliberazione del consiglio comunale di controdeduzione alle osservazioni e di recepimento delle prescrizioni provinciali o regionali di cui ai commi precedenti non è soggetta a nuova pubblicazione.
10. Gli atti di PGT, definitivamente approvati, sono depositati presso la segreteria comunale ed inviati per conoscenza alla provincia ed alla Giunta regionale.
11. Gli atti di PGT acquistano efficacia con la pubblicazione dell'avviso della loro approvazione definitiva sul Bollettino Ufficiale della Regione, da effettuarsi a cura del comune. Ai fini della realizzazione del SIT di cui all'articolo 3, la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione è subordinata all'invio alla Regione ed alla provincia degli atti del PGT in forma digitale (43).
12. Nel periodo intercorrente tra l'adozione e la pubblicazione dell'avviso di approvazione degli atti di PGT si applicano le misure di salvaguardia in relazione a interventi, oggetto di domanda di permesso di costruire, ovvero di denuncia di inizio attività, che risultino in contrasto con le previsioni degli atti medesimi. (44)
13. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle varianti agli atti costituenti il PGT.
14. I comuni, con deliberazione del consiglio comunale, possono avvalersi della provincia per la redazione degli atti di PGT; i comuni inclusi in una comunità montana possono avvalersi della comunità montana stessa. Le modalità, i tempi e gli oneri dell'avvalimento sono definiti con convenzione. I comuni possono tra loro costituire consorzi o concludere convenzioni, nelle forme disciplinate dalla legislazione vigente, aventi ad oggetto la pianificazione complessiva e coordinata dei rispettivi territori. In tal caso resta ferma la procedura di approvazione in capo ai singoli comuni.
14-bis. I comuni, con deliberazione del consiglio comunale analiticamente motivata, possono procedere alla correzione di errori materiali e a rettifiche degli atti di PGT, non costituenti variante agli stessi. Gli atti di correzione e rettifica sono depositati presso la segreteria comunale, inviati per conoscenza alla provincia e alla Giunta regionale ed acquistano efficacia a seguito della pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di approvazione e di deposito, da effettuarsi a cura del comune (45).
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(39) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera t), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(40) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera u), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(41) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. c), punto 1), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12 e poi così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera v), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(42) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. a), della L.R. 3 ottobre 2007, n. 24.
(43) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera w), L.R. 14 marzo 2008, n. 4. Si veda, anche, il Comunicato 26 maggio 2008, n. 107, Modalità di pubblicazione dell'avviso di approvazione dei PGT.
(44) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. c), punto 2), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(45) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera x), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 14
Approvazione dei piani attuativi e loro varianti. Interventi sostitutivi.
1. I piani attuativi e loro varianti, conformi alle previsioni degli atti di PGT, sono adottati dal Consiglio comunale; nel caso si tratti di piani di iniziativa privata, l'adozione interviene entro novanta giorni dalla presentazione al comune del piano attuativo o della variante. Il predetto termine di novanta giorni può essere interrotto una sola volta qualora gli uffici comunali deputati all'istruttoria richiedano, con provvedimento espresso da assumere nel termine di trenta giorni dalla data di presentazione del piano attuativo, le integrazioni documentali, ovvero le modifiche progettuali ritenute necessarie per l'adeguamento dello stesso alle prescrizioni normative vigenti; in questo caso, il termine di novanta giorni di cui al presente comma decorre nuovamente e per intero dalla data di presentazione della documentazione integrativa, ovvero delle modifiche progettuali richieste; della conclusione della fase istruttoria, indipendentemente dall'esito della medesima, è data comunicazione da parte dei competenti uffici comunali al soggetto proponente. La conclusione in senso negativo della fase istruttoria pone termine al procedimento di adozione dei piani attuativi e loro varianti. (46)
2. La deliberazione di adozione è depositata per quindici giorni consecutivi nella segreteria comunale, unitamente a tutti gli elaborati; del deposito è data comunicazione al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio.
3. Durante il periodo di pubblicazione, chiunque ha facoltà di prendere visione degli atti depositati e, entro quindici giorni decorrenti dalla scadenza del termine per il deposito, può presentare osservazioni.
4. Entrosessanta giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle osservazioni, a pena di inefficacia degli atti assunti, il Consiglio comunale approva il piano attuativo decidendo nel contempo sulle osservazioni presentate. (47)
4-bis. Il PGT può stabilire i casi in cui i piani attuativi e loro varianti, conformi alle previsioni degli atti di PGT, sono adottati dalla giunta comunale e approvati dal consiglio comunale, con applicazione della procedura di cui ai precedenti commi (48).
5. Qualora il piano attuativo introduca varianti agli atti di PGT, dopo l'adozione da parte del consiglio comunale, si applica quanto previsto dall'articolo 13, commi da 4 a 12. (49)
6. L'infruttuosa decorrenza del termine posto dal comma 1 per l'adozione del piano attuativo costituisce presupposto per la richiesta di intervento sostitutivo.
7. Il potere d'intervento sostitutivo è esercitato dalla Regione, ovvero dalle province a far tempo dall'efficacia del rispettivo piano territoriale di coordinamento provinciale.
8. Al fine di attivare il procedimento di cui al comma 7, chi ha presentato il piano attuativo, verificata l'inerzia comunale, può, con atto notificato o trasmesso in plico raccomandato con avviso di ricevimento, intimare al comune di provvedere nel termine di quindici giorni dal ricevimento della richiesta.
9. Decorso infruttuosamente il termine previsto dal comma 8, chi ha presentato il piano attuativo può inoltrare al dirigente della competente struttura regionale o provinciale istanza per la nomina di un commissario ad acta; il dirigente provvede sulla richiesta nel termine di quindici giorni dal ricevimento dell'istanza, invitando il comune ad assumere il provvedimento conclusivo del procedimento di adozione del piano attuativo entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, che si intende quale avvio del procedimento sostitutivo ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
10. Il Presidente della Giunta regionale o provinciale o l'assessore competente, se delegato, scaduto inutilmente il termine di trenta giorni di cui al comma 9, nomina, nei successivi quindici giorni, un commissario ad acta, scelto tra i soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 31.
11. Entro il termine di trenta giorni dalla nomina, il commissario ad acta assume, in via sostitutiva, gli atti e i provvedimenti necessari per la conclusione del procedimento di adozione del piano attuativo; gli oneri derivanti dall'attività del commissario ad acta sono posti a carico del comune inadempiente.
12. Non necessita di approvazione di preventiva variante la previsione, in fase di esecuzione, di modificazioni planivolumetriche, a condizione che queste non alterino le caratteristiche tipologiche di impostazione dello strumento attuativo stesso, non incidano sul dimensionamento globale degli insediamenti e non diminuiscano la dotazione di aree per servizi pubblici e di interesse pubblico o generale.
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(46) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. d), punto 1), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(47) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. d), punto 2), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(48) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera y), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(49) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. d), punto 3), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Capo III
Piano territoriale di coordinamento provinciale
Art. 15
Contenuti del piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. Con il piano territoriale di coordinamento provinciale, di seguito denominato PTCP, la provincia definisce, ai sensi e con gli effetti di cui all'articolo 2, comma 4, gli obiettivi generali relativi all'assetto e alla tutela del proprio territorio connessi ad interessi di rango provinciale o sovracomunale o costituenti attuazione della pianificazione regionale; sono interessi di rango provinciale e sovracomunale quelli riguardanti l'intero territorio provinciale o comunque quello di più comuni. Il PTCP è atto di indirizzo della programmazione socio-economica della provincia ed ha efficacia paesaggistico-ambientale per i contenuti e nei termini di cui ai commi seguenti.
2. Il PTCP, per la parte di carattere programmatorio:
a) definisce, avvalendosi degli strumenti di cui all'articolo 3, il quadro conoscitivo del proprio territorio come risultante dalle trasformazioni avvenute;
b) indica gli obiettivi di sviluppo economico-sociale a scala provinciale, a tal fine raccordando le previsioni dei piani di settore la cui approvazione è demandata per legge alla provincia e approfondendo i contenuti della programmazione regionale, nonché, eventualmente, proponendo le modifiche o integrazioni della program-mazione regionale ritenute necessarie;
c) indica elementi qualitativi a scala provinciale o sovracomunale, sia orientativi che prevalenti, secondo le qualificazioni della presente legge, per la pianificazione comunale e dispone i contenuti minimi sui temi di interesse sovracomunale che devono essere previsti nel documento di piano, nel piano delle regole e nel piano dei servizi;
d) definisce criteri per l'organizzazione, il dimensionamento, la realizzazione e l'inserimento ambientale e paesaggistico, con le adeguate opere di rinverdimento e piantagione delle infrastrutture riguardanti il sistema della mobilità ed il relativo coordinamento tra tali criteri e le previsioni della pianificazione comunale (50);
e) stabilisce, in coerenza con la programmazione regionale e con i criteri di cui alla lettera d), il programma generale delle maggiori infrastrutture riguardanti il sistema della mobilità e le principali linee di comunicazione, di cui definisce la relativa localizzazione sul territorio, avente valore indicativo, fatti salvi i casi di prevalenza di cui all'articolo 18;
f) individua i corridoi tecnologici ove realizzare le infrastrutture di rete di interesse sovracomunale, definendone i criteri per l'inserimento ambientale e paesaggistico, in particolare delle opere di riqualificazione del sistema verde locale (51);
g) prevede indicazioni puntuali per la realizzazione di insediamenti di portata sovracomunale, se definiti come tali dai PGT dei comuni;
h) indica modalità per favorire il coordinamento tra le pianificazioni dei comuni, prevedendo anche forme compensative o finanziarie, eventualmente finalizzate all'incentivazione dell'associazionismo tra i comuni.
3. In ordine alla tutela ambientale, all'assetto idrogeologico e alla difesa del suolo, il PTCP definisce l'assetto idrogeologico del territorio secondo quanto disposto dall'articolo 56.
4. Il PTCP, acquisite le proposte dei comuni, definisce, in conformità ai criteri deliberati dalla Giunta regionale, gli ambiti destinati all'attività agricola di interesse strategico analizzando le caratteristiche, le risorse naturali e le funzioni e dettando i criteri e le modalità per individuare a scala comunale le aree agricole, nonché specifiche norme di valorizzazione, di uso e di tutela, in rapporto con strumenti di pianificazione e programmazione regionali, ove esistenti (52).
5. Tale individuazione ha efficacia prevalente ai sensi dell'articolo 18, nei limiti della facoltà dei comuni di apportarvi, in sede di redazione del piano delle regole, rettifiche, precisazioni e miglioramenti derivanti da oggettive risultanze riferite alla scala comunale. In tal caso per l'approvazione di detto piano si applicano anche i commi 5 e 7 dell'articolo 13.
6. Per la parte inerente alla tutela paesaggistica, il PTCP dispone quanto previsto dall'articolo 77, individua le previsioni atte a raggiungere gli obiettivi del piano territoriale regionale e può inoltre individuare gli ambiti territoriali in cui risulti opportuna l'istituzione di parchi locali di interesse sovracomunale. Fino all'approvazione del PTR, i PTCP sono approvati o adeguati, per la parte inerente alla tutela paesaggistica, in coerenza con le previsioni del PTPR e nel rispetto dei criteri a tal fine deliberati dalla Giunta regionale (53).
7. Relativamente alle aree comprese nel territorio di aree regionali protette, per le quali la gestione e le funzioni di natura paesaggistico-ambientale spettano ai competenti enti preposti secondo specifiche leggi e provvedimenti regionali, il PTCP recepisce gli strumenti di pianificazione approvati o adottati che costituiscono il sistema delle aree regionali protette, attenendosi, nei casi di piani di parco adottati, alle misure di salvaguardia previste in conformità alla legislazione in materia; la provincia coordina con i rispettivi enti gestori la definizione delle indicazioni territoriali di cui ai precedenti commi, qualora incidenti su aree comprese nel territorio delle aree regionali protette, fermi restando i casi di prevalenza del PTCP di cui all'articolo 18 (54).
7-bis. Il PTCP può individuare ambiti territoriali per i quali si rende necessaria la definizione di azioni di coordinamento per l'attuazione del PTCP anche finalizzate all'attuazione della perequazione territoriale intercomunale e alla copartecipazione dei proventi derivanti dai contributi di costruzione. Le azioni di coordinamento sono definite dalla provincia, d'intesa con i comuni interessati, ed approvate secondo le procedure stabilite dallo stesso PTCP, che devono in ogni caso prevedere forme di informazione pubblica e di comunicazione alla Regione in ordine all'intervenuta approvazione. L'efficacia delle previsioni oggetto delle azioni di coordinamento rimane definita dalle disposizioni dettate dalla presente legge in riferimento alle previsioni del PTCP (55).
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(50) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera z), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(51) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera aa), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(52) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera bb), L.R. 14 marzo 2008, n. 4. Si veda, anche, la Delib.G.R. 19 settembre 2008, n. 8/8059: "Criteri per la definizione degli ambiti destinati all'attività agricola di interesse strategico nei Piani Territoriali di Coordinamento provinciale".
(53) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera cc), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(54) Si veda la Delib.G.R. 27 dicembre 2007, n. 8/6421: Criteri ed indirizzi relativi ai contenuti paesaggistici dei Piani territoriali di Coordinamento Provinciale.
(55) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera dd), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 16
Conferenza dei comuni, delle comunità montane e degli enti gestori delle aree regionali protette.
1. In ciascuna provincia è istituita, a cura della provincia stessa, una conferenza dei comuni, delle comunità montane e degli enti gestori delle aree regionali protette i cui territori di competenza ricadono anche parzialmente nel territorio provinciale, avente funzioni consultive e propositive nell'ambito delle materie trasferite alle province attinenti al territorio e all'urbanistica. La conferenza provvede alla definizione delle modalità operative e gestionali inerenti alla redazione del piano dei servizi di livello sovracomunale, al conferimento in forma digitale degli elaborati di piano, all'ottimizzazione organizzativa per l'acquisizione ed alla gestione del sistema delle conoscenze e degli indicatori di monitoraggio (56).
2. Alla conferenza partecipano i sindaci dei comuni e i presidenti delle comunità montane e degli enti gestori delle aree regionali protette o loro delegati; alle sedute della conferenza partecipano, senza diritto di voto, il presidente della provincia, il vicepresidente e l'assessore competente, se delegato.
3. La conferenza elegge tra i suoi componenti un presidente ed approva un regolamento per il suo funzionamento entro novanta giorni dal suo insediamento. Il regolamento deve prevedere che la conferenza sia convocata anche su proposta della provincia, nonché la possibilità di articolare la conferenza per ambiti territoriali delimitati in relazione a specifiche tematiche.
4. Al fine di procedere all'elezione del presidente della conferenza, il presidente della provincia convoca e presiede la prima seduta della conferenza stessa; sino all'approvazione del regolamento, le decisioni sono assunte con il voto favorevole della maggioranza degli enti locali rappresentati.
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(56) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera ee), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 17
Approvazione del piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. In fase di predisposizione del PTCP, la provincia assicura, anche in forme definite con proprio atto, la partecipazione attiva dei comuni, delle comunità montane, degli enti gestori delle aree regionali protette interessati ai sensi dell'articolo 16, comma 1, degli altri enti locali, ivi comprese le altre province interessate, delle autonomie funzionali, delle parti sociali, degli ordini professionali, delle associazioni ambientaliste o portatrici di interessi diffusi, anche mediante forme diverse di partecipazione e persegue la coerenza degli obiettivi di piano con le esigenze e le proposte manifestate da tali enti ed acquisite in via preventiva; a tal fine la provincia svolge consultazioni con detti enti, secondo modalità dalla stessa determinate, che devono in ogni caso prevedere, a favore degli enti consultati, un termine congruo per inoltrare le proprie proposte.
2. Nella medesima fase di predisposizione, la provincia può chiedere alla Regione apposita consultazione diretta ad approfondire le risultanze di suo interesse della programmazione e pianificazione regionale, anche in relazione agli indirizzi di cui all'articolo 1, comma 3.
3. Il PTCP è adottato dal consiglio provinciale, previo parere obbligatorio della conferenza di cui all'articolo 16, dal quale la provincia può discostarsi in base a puntuale motivazione; detto parere è espresso entro novanta giorni dalla richiesta, decorsi i quali s'intende reso in senso favorevole.
4. Il PTCP adottato è pubblicato, per un periodo di trenta giorni, tramite deposito presso la segreteria della provincia; il provvedimento di adozione è pubblicato, per un periodo di trenta giorni, presso l'albo dei comuni e degli altri enti locali interessati, con indicazione della sede presso la quale chiunque può prendere visione dei relativi elaborati. Il piano adottato è pubblicato dai comuni tramite affissione all'albo, entro cinque giorni dalla ricezione da parte della provincia, del provvedimento di adozione; dell'avvenuta pubblicazione e dei termini iniziali e finali della medesima è data notizia alla provincia.
5. Il provvedimento di adozione del PTCP è altresì pubblicato, con le indicazioni di cui al comma 4, sul Bollettino Ufficiale della Regione, a cura della provincia, che vi provvede entro il termine massimo di quindici giorni dalla ricezione dell'ultima comunicazione dei comuni attestante l'inizio della pubblicazione presso gli albi comunali sull'intero territorio provinciale.
6. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione, chiunque vi abbia interesse può presentare alla provincia le proprie osservazioni sul piano.
7. Successivamente alla sua adozione e in ogni caso contestualmente alla pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione, il PTCP adottato è trasmesso dalla provincia alla Giunta regionale, che, entro centoventi giorni dal ricevimento degli atti, ne verifica, garantendo comunque il confronto con la provincia interessata, la conformità alla presente legge e la compatibilità con gli atti di programmazione e pianificazione regionale. In tale fase la Regione verifica le proposte di aggiornamento o modifica della propria programmazione presentate dalla provincia e determina in merito con deliberazione di Giunta regionale. In caso di assenso alla modifica, la provincia sospende l'esame del piano sino alla definitiva approvazione, nelle forme previste dalla vigente legislazione, della modifica o aggiornamento dell'atto di pianificazione o programmazione regionale oppure richiede la conclusione della fase di valutazione; in tal caso le parti del PTCP la cui efficacia è subordinata all'accettazione da parte della Regione della modifica della propria programmazione o pianificazione acquistano efficacia con l'approvazione definitiva della modifica stessa da parte della Regione. Decorso il termine di centoventi giorni, la fase di valutazione del piano della provincia da parte della Regione si intende conclusa favorevolmente, fatte salve le parti relative alle proposte di modifica alla pianificazione o programmazione regionale aventi carattere prevalente ai sensi dell'articolo 20, comma 5.
8. La giunta provinciale esamina le osservazioni pervenute e formula proposte di controdeduzioni alle osservazioni, nonché di modifiche conseguenti a richieste regionali.
9. Il consiglio provinciale, entro centoventi giorni dal loro ricevimento, esamina le proposte di controdeduzioni e di modifiche di cui al comma 8 decide in merito ed approva il PTCP (57).
10. Il PTCP acquista efficacia con la pubblicazione dell'avviso della sua approvazione definitiva sul Bollettino Ufficiale della Regione, da effettuarsi a cura della provincia. Ai fini della realizzazione del SIT di cui all'articolo 3, la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione è subordinata all'invio alla Regione degli atti del PTCP in forma digitale. Il piano, definitivamente approvato, è depositato presso la segreteria provinciale (58).
11. Il PTCP disciplina modalità semplificate per l'approvazione di modifiche concernenti la correzione di errori materiali e l'aggiornamento cartografico, nonché lo sviluppo e la conseguente definizione localizzativa di interventi da esso previsti e gli aspetti di ambito locale che non incidano sulle strategie generali del piano. Per tali modifiche non è richiesto il parere della conferenza di cui all'articolo 16, né la valutazione da parte della Regione.
12. L'approvazione, con la partecipazione e l'assenso della provincia interessata, di strumenti di programmazione negoziata previsti dalla vigente legislazione o la conclusione di intese ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), comportano automatica variante al PTCP.
13. La provincia assicura ampia informazione e diffusione delle varianti introdotte ai sensi del comma 12.
14. Le varianti al PTCP, diverse da quelle di cui ai commi 11 e 12, sono approvate con la medesima procedura prevista per la sua approvazione, limitando l'informazione e la consultazione degli enti locali unicamente a quelli territorialmente interessati.
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(57) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera ff), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(58) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera gg), L.R. 14 marzo 2008, n. 4. Si veda, anche, il Comunicato 26 maggio 2008, n. 107, Modalità di pubblicazione dell'avviso di approvazione dei PGT.
Art. 18
Effetti del piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. Le valutazioni di compatibilità rispetto al PTCP, sia per gli atti della stessa provincia sia per quelli degli enti locali o di altri enti, concernono l'accertamento dell'idoneità dell'atto, oggetto della valutazione, ad assicurare il conseguimento degli obiettivi fissati nel piano, salvaguardandone i limiti di sostenibilità previsti.
2. Hanno efficacia prescrittiva e prevalente sugli atti del PGT le seguenti previsioni del PTCP:
a) le previsioni in materia di tutela dei beni ambientali e paesaggistici in attuazione dell'articolo 77;
b) l'indicazione della localizzazione delle infrastrutture riguardanti il sistema della mobilità, qualora detta localizzazione sia sufficientemente puntuale, alla scala della pianificazione provinciale, in rapporto a previsioni della pianificazione o programmazione regionale, programmazioni di altri enti competenti, stato d'avanzamento delle relative procedure di approvazione, previa definizione di atti d'intesa, conferenze di servizi, programmazioni negoziate. Il piano individua espressamente le previsioni localizzative aventi tale efficacia. In caso di attribuzione di efficacia localizzativa, la previsione del piano, oltre che prescrittiva nei confronti della pianificazione comunale, costituisce disciplina del territorio immediatamente vigente, ad ogni conseguente effetto quale vincolo conformativo della proprietà. Detta efficacia, e il connesso vincolo, decade qualora, entro cinque anni dalla definitiva approvazione del piano, non sia approvato il progetto preliminare dell'opera o della struttura di cui trattasi. In tal caso, la previsione localizzativa conserva efficacia di orientamento e di indirizzo fino al successivo aggiornamento del piano;
c) la individuazione degli ambiti di cui all'articolo 15, comma 4, fino alla approvazione del PGT;
d) l'indicazione, per le aree soggette a tutela o classificate a rischio idrogeologico e sismico, delle opere prioritarie di sistemazione e consolidamento, nei soli casi in cui la normativa e la programmazione di settore attribuiscano alla provincia la competenza in materia con efficacia prevalente.
3. Le previsioni del PTCP concernenti la realizzazione, il potenziamento e l'adeguamento delle infrastrutture riguardanti il sistema della mobilità, prevalgono sulle disposizioni dei piani territoriali di coordinamento dei parchi regionali di cui alla legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale), non costituenti parchi naturali o aree naturali protette secondo la vigente legislazione, nei seguenti casi:
a) qualora costituiscano diretta attuazione di interventi previsti come prioritari nel piano territoriale regionale, a norma dell'articolo 20, comma 4;
b) qualora il carattere prioritario di tali interventi sia stato riconosciuto, a seguito di proposta della provincia, dalla Regione in sede di aggiornamento del piano territoriale regionale; in tal caso la previsione del PTCP acquista efficacia prevalente sul piano territoriale di coordinamento del parco regionale a seguito dell'approvazione dell'aggiornamento del piano territoriale regionale che reca il riconoscimento di priorità;
c) qualora sussista intesa o altra forma di accordo con l'ente gestore del parco regionale interessato e con la Regione, anche in relazione alle misure di mitigazione e compensazione ambientale da realizzarsi contemporaneamente alla realizzazione della suddetta infrastruttura.
Capo IV
Piano territoriale regionale
Art. 19
Oggetto e contenuti del piano territoriale regionale.
1. Il piano territoriale regionale, di seguito denominato PTR, costituisce atto fondamentale di indirizzo, agli effetti territoriali, della programmazione di settore della Regione, nonché di orientamento della programmazione e pianificazione territoriale dei comuni e delle province. La Regione con il PTR, sulla base dei contenuti del programma regionale di sviluppo e della propria programmazione generale e di settore, indica gli elementi essenziali del proprio assetto territoriale e definisce altresì, in coerenza con quest'ultimo, i criteri e gli indirizzi per la redazione degli atti di programmazione territoriale di province e comuni. Il PTR ha natura ed effetti di piano territoriale paesaggistico ai sensi della vigente legislazione e a tal fine ha i contenuti e l'efficacia di cui agli articoli 76 e 77.
2. In particolare, il PTR:
a) indica:
1) gli obiettivi principali di sviluppo socio-economico del territorio regionale, come espressi dal programma regionale di sviluppo e dal complesso della programmazione regionale di settore;
2) il quadro delle iniziative inerenti alla realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche di interesse regionale e nazionale con particolare attenzione al loro inserimento nel paesaggio e nel territorio rurale e forestale (59);
3) i criteri operativi per la salvaguardia dell'ambiente, in relazione alle previsioni dei piani territoriali di coordinamento dei parchi regionali, della disciplina delle aree regionali protette e degli atti di regolamentazione e programmazione regionale e nazionale in materia di salvaguardia delle risorse idriche, geologiche, idrogeologiche, agro-forestali, ecologiche, della riduzione dell'inquinamento acustico ed atmosferico, dello smaltimento dei rifiuti;
4) il quadro delle conoscenze delle caratteristiche fisiche del territorio, secondo quanto disposto dall'articolo 55, comma 1, lettera a);
b) definisce, in base agli elementi di cui alla lettera a):
1) le linee orientative dell'assetto del territorio regionale, anche con riferimento all'individuazione dei principali poli di sviluppo regionale e delle zone di preservazione e salvaguardia ambientale;
2) gli indirizzi generali per il riassetto del territorio ai fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici, secondo quanto disposto dall'articolo 55, comma 1, lettera b);
3) gli indirizzi per la programmazione territoriale di comuni e province, al fine di garantirne, nel rispetto e nella valorizzazione delle autonomie locali, la complessiva coerenza al quadro programmatico regionale; a tal fine, e in particolare, definisce gli elementi costituenti limiti essenziali di salvaguardia della sostenibilità ambientale dello sviluppo socio-economico del territorio regionale;
4) gli obiettivi prioritari di interesse regionale di cui all'articolo 20, comma 4;
c) individua idonei strumenti per garantire il perseguimento degli obiettivi regionali e in particolare:
1) forme di compensazione economico-finanziaria a favore degli enti locali ricadenti in ambiti oggetto di limitazione delle possibilità di sviluppo, nonché modalità di compensazione ambientale ed energetica, per interventi che determinano impatti rilevanti sul territorio anche in comuni non direttamente interessati dagli interventi stessi; a tal fine la Regione si avvale di fondi propri o indica le modalità per suddividere solidalmente tra gli enti locali, in rapporto alle differenti potenzialità di sviluppo e ai vincoli di sostenibilità derivanti a ciascuno dai contenuti della programmazione regionale, i vantaggi e gli oneri conseguenti (60);
2) modalità di aggiornamento ed adeguamento efficaci e flessibili dei suoi contenuti, in considerazione dell'evoluzione del programma regionale di sviluppo, della programmazione socio-economica e settoriale regionale, nazionale e comunitaria, nonché in relazione agli atti di programmazione approvati e alle iniziative attivate;
3) modalità di espletamento contestuale e coordinato delle procedure previste per l'attuazione degli obiettivi e degli indirizzi contenuti nel piano.
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(59) Numero così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera hh), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(60) Numero così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera ii), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 20
Effetti del piano territoriale regionale. Piano territoriale regionale d'area.
1. Il PTR costituisce quadro di riferimento per la valutazione di compatibilità degli atti di governo del territorio di comuni, province, comunità montane, enti gestori di parchi regionali, nonché di ogni altro ente dotato di competenze in materia. Contiene prescrizioni di carattere orientativo per la programmazione regionale di settore e ne definisce gli indirizzi tenendo conto dei limiti derivanti dagli atti di programmazione dell'ordinamento statale e di quello comunitario.
2. Le valutazioni di compatibilità rispetto al PTR, sia per gli atti della stessa Regione che per quelli degli enti locali o di altri enti, concernono l'accertamento dell'idoneità dell'atto, oggetto della valutazione o verifica, ad assicurare il conseguimento degli obiettivi fissati nel piano, salvaguardandone i limiti di sostenibilità previsti.
3. Nella continuità degli obiettivi principali, il piano è suscettibile di modifiche, integrazioni, adeguamenti, anche conseguenti ad osservazioni, proposte ed istanze provenienti dagli enti locali e dagli altri enti interessati, con le modalità previste dall'articolo 21.
4. Le previsioni del PTR concernenti la realizzazione di prioritarie infrastrutture e di interventi di potenziamento ed adeguamento delle linee di comunicazione e del sistema della mobilità, nonché inerenti all'individuazione dei principali poli di sviluppo regionale e delle zone di preservazione e salvaguardia ambientale, espressamente qualificate quali obiettivi prioritari di interesse regionale o sovraregionale, prevalgono sulle disposizioni dei piani territoriali di coordinamento dei parchi regionali di cui alla L.R. n. 86/1983, non costituenti parchi naturali o aree naturali protette secondo la vigente legislazione. In caso di difformità tra il PTR e la pianificazione di aree naturali protette, all'atto della presentazione del piano per l'approvazione il Consiglio regionale assume le determinazioni necessarie ad assicurare la coerenza tra detti strumenti, prevedendo le eventuali mitigazioni e compensazioni ambientali in accordo con l'ente gestore del parco.
5. Le previsioni di cui al comma 4 hanno, qualora ciò sia previsto dal piano, immediata prevalenza su ogni altra difforme previsione contenuta nel PTCP ovvero nel PGT. In tal caso la previsione del piano costituisce disciplina del territorio immediatamente vigente, ad ogni conseguente effetto, quale vincolo conformativo della proprietà. Detta efficacia, e il connesso vincolo, decade qualora, entro cinque anni dalla definitiva approvazione del piano, non sia approvato il progetto preliminare dell'opera o della struttura di cui trattasi, conservando la previsione efficacia di orientamento e di indirizzo fino al successivo aggiornamento del piano.
6. Qualora aree di significativa ampiezza territoriale siano interessate da opere, interventi o destinazioni funzionali aventi rilevanza regionale o sovraregionale, il PTR può, anche su richiesta delle province interessate, prevedere l'approvazione di un piano territoriale regionale d'area, che disciplini il governo di tali aree. Tale piano approfondisce, a scala di maggior dettaglio, gli obiettivi socio-economici ed infrastrutturali da perseguirsi, detta i criteri necessari al reperimento e alla ripartizione delle risorse finanziarie e dispone indicazioni puntuali e coordinate riguardanti il governo del territorio, anche con riferimento alle previsioni insediative, alle forme di compensazione e ripristino ambientale, ed alla disciplina degli interventi sul territorio stesso. Le disposizioni e i contenuti del piano territoriale regionale d'area hanno efficacia diretta e cogente nei confronti dei comuni e delle province compresi nel relativo ambito. Il PGT di detti comuni è assoggettato alla procedura di cui all'articolo 13, comma 8 (61).
7. Il piano territoriale regionale d'area è approvato con le procedure di cui all'articolo 21, comma 6. La Giunta regionale, con apposita deliberazione, può deferire in tutto o in parte l'elaborazione del piano alla provincia o alle province territorialmente interessate, o comunque avvalersi della collaborazione di tali enti. In tal caso il piano territoriale regionale d'area, per le aree ivi comprese, ha natura ed effetti di PTCP, sostituendosi a quest'ultimo e da esso venendo recepito, previo parere favorevole del consiglio provinciale interessato. La deliberazione della Giunta regionale di adozione del piano d'area specifica i casi in cui il piano sia dotato di tale particolare efficacia.
7.-bis.Fino all’approvazione del PTR previsto dall’articolo 19, la giunta regionale, con apposita deliberazione, può dar corso all’approvazione di piani territoriali regionali d’area, secondo le procedure di cui all’articolo 21, comma 6. Trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 6, secondo e terzo periodo, e 7 del presente articolo, nonché le procedure di valutazione ambientale di cui all’articolo 4. (62)
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(62) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. e), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12. Si veda la Delib.G.R. 13 giugno 2008, n. 8/7452, Piano Territoriale Regionale d'Area "Navigli Lombardi" – Avvio del procedimento di approvazione.
(61) Si veda la Delib.G.R. 13 giugno 2008, n. 8/7452, Piano Territoriale Regionale d'Area "Navigli Lombardi" – Avvio del procedimento di approvazione.
Art. 21
Approvazione del piano territoriale regionale. Approvazione dei piani territoriali regionali d'area.
1. La Giunta regionale, almeno sessanta giorni prima dell'assunzione della determinazione di procedere all'elaborazione del PTR o sua variante, pubblica avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno due quotidiani a diffusione regionale. Separato avviso viene trasmesso alle province e alla Conferenza regionale delle autonomie, di cui all'articolo 1, comma 16, della legge regionale 5 gennaio 2000, n 1 (Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»). Nei sessanta giorni decorrenti dalla pubblicazione dell'avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione, tutti i soggetti interessati possono formulare proposte utili alla predisposizione del PTR o sua variante, secondo le modalità stabilite nell'avviso stesso. La Giunta regionale esamina le proposte ricevute e valuta gli elementi utili dei quali intende tenere conto nella elaborazione del PTR o sue varianti, individuando altresì le modalità con le quali consultare tutti i soggetti interessati al piano in quanto portatori di interessi diffusi nonché le altre forme di partecipazione di soggetti pubblici e privati, anche attraverso la costituzione di un forum per le consultazioni attivo per tutta la durata della costruzione del piano. La Giunta regionale predispone il piano e lo sottopone al Consiglio regionale per la sua adozione.
2. Il PTR o sua variante, una volta adottato, è soggetto a pubblicazione-pubblicizzazione con le stesse forme e modalità di cui al comma 1. Tutti i soggetti interessati, singolarmente o riuniti in associazioni, consorzi, organismi rappresentativi qualificati, possono presentare, entro il termine di sessanta giorni, decorrenti dalla pubblicazione dell'avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione, osservazioni in ordine al PTR adottato o sua variante.
3. La Giunta regionale esamina le osservazioni pervenute e formula proposte di controdeduzione al Consiglio regionale.
4. Il Consiglio regionale, entro novanta giorni dal ricevimento delle proposte di cui al comma 3, decide in merito alle stesse e approva il PTR o sua variante.
5. Il piano acquista efficacia con la pubblicazione dell'avviso di approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
6. L'istruttoria del piano d'area avviene sentiti i comuni, le province e gli enti gestori delle aree regionali protette interessate, riuniti in apposita conferenza; il piano territoriale regionale d'area, attuativo del PTR, è approvato dalla Regione. A tal fine:
a) la Giunta regionale pubblica avviso di avvio del procedimento sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno due quotidiani a diffusione regionale, individuando altresì forme integrative di pubblicizzazione, in relazione alle caratteristiche specifiche del territorio interessato e delle opere ed interventi di interesse regionale da programmarsi;
b) una volta adottato, il piano è depositato per un periodo di trenta giorni presso la segreteria della Giunta regionale per la presentazione di osservazioni nei successivi trenta giorni;
c) la Giunta regionale esamina le osservazioni, si pronuncia nel merito e trasmette al Consiglio regionale il provvedimento per la definitiva approvazione;
d) il piano acquista efficacia con la pubblicazione dell'avviso della sua approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
Art. 22
Aggiornamento del piano territoriale regionale.
1. Il PTR è aggiornato annualmente mediante il documento di programmazione economico-finanziaria regionale, approvato ai sensi dell'articolo 9 bis della legge regionale 31 marzo 1978, n. 34 (Norme sulle procedure della programmazione, sul bilancio e sulla contabilità della Regione). L'aggiornamento può comportare l'introduzione di modifiche ed integrazioni, a seguito di studi e progetti, di sviluppo di procedure, del coordinamento con altri atti della programmazione regionale, nonché di quelle di altre regioni, dello Stato, dell'Unione Europea.
2. La Giunta regionale è autorizzata, per le finalità previste dal presente articolo, nonché dagli articoli 19 e 20, a conferire incarichi professionali, anche al fine di effettuare ricerche, acquisire e realizzare dotazioni strumentali e pubblicazioni.
Capo V
Supporto agli enti locali
Art. 23
Supporto agli enti locali.
1. La Giunta regionale assicura agli enti locali, che intendono avvalersene, idonea collaborazione tecnica e a tal fine individua la struttura operativa preposta e le modalità di svolgimento del servizio in modo da garantire agli enti locali un riferimento unico.
2. La Giunta regionale promuove, inoltre, corsi di formazione al fine di assicurare le necessarie professionalità per la predisposizione degli atti di programmazione e pianificazione di cui alla presente legge.
3. La Giunta regionale, di concerto con le province e i comuni, promuove iniziative per la divulgazione dei contenuti, delle procedure e degli strumenti previsti dalla legge.
Art. 24
Erogazione di contributi.
1. La Regione, al fine di favorire la predisposizione, da parte dei piccoli comuni individuati ai sensi dell'articolo 2 della legge regionale 5 maggio 2004, n. 11 (Misure di sostegno a favore dei piccoli comuni della Lombardia), degli strumenti di programmazione e pianificazione di cui alla presente legge, eroga contributi per la redazione della necessaria documentazione conoscitiva, che deve integrarsi nel SIT di cui all'articolo 3, nonché per la redazione da parte delle province dei rispettivi piani territoriali di coordinamento e relativi aggiornamenti.
1-bis. La Regione eroga altresì contributi in conto capitale ai comuni, nonché alle forme associative tra comuni di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), per la redazione dei piani di governo del territorio di cui alla presente legge e per la dotazione dei relativi supporti tecnologici. (63)
2. La Giunta regionale, con propria deliberazione, determina annualmente i criteri e le modalità per l'erogazione dei contributi di cui ai commi 1 e 1-bis (64). (65)
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(63) Comma aggiunto dall'art. 3, comma 4, lett. a) della L.R. 27 febbraio 2007, n. 5.
(64) Comma modificato dall'art. 3, comma 4, lett. b) della L.R. 27 febbraio 2007, n. 5.
(65) Si vedano la Delib.G.R. 18 aprile 2007, n. 8/4589, Criteri e modalità per l'erogazione agli enti locali di contributi e la Delib.G.R. 9 aprile 2008, n. 8/7050: "Determinazioni in merito ai contributi ai Comuni per la formazione dei Piani di Governo del Territorio.
Capo VI
Disposizioni transitorie per il Titolo II
Art. 25
Norma transitoria.
1. Gli strumenti urbanistici comunali vigenti conservano efficacia fino all'approvazione del PGT e comunque non oltre quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Fino all'adeguamento dei PRG vigenti, a norma dell'articolo 26, e comunque non oltre il predetto termine di quattro anni, i comuni, ad eccezione di quelli di cui al comma 2, possono procedere unicamente all'approvazione di atti di programmazione negoziata, di progetti in variante ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 20 ottobre 1998, n. 447 (Regolamento recante norme di semplificazione dei procedimenti di autorizzazione per la realizzazione, l'ampliamento, la ristrutturazione e la riconversione di impianti produttivi per l'esecuzione di opere interne ai fabbricati, nonché per la determinazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59), previo parere vincolante della Regione qualora non sia vigente il PTCP e con l'applicazione dell'articolo 97, [comma 4] (66), della presente legge, nonché di varianti nei casi di cui all'articolo 2, comma 2, della legge regionale 23 giugno 1997, n. 23 (Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio) e di piani attuativi in variante, con la procedura di cui all'articolo 3 della predetta L.R. n. 23/1997. Ai soli fini dell’approvazione delle varianti urbanistiche di adeguamento agli studi per l’aggiornamento del quadro del dissesto di cui all’elaborato 2 del piano stralcio per l’assetto idrogeologico, predisposti secondo i criteri di cui all’articolo 57, comma 1, e agli studi per la definizione del reticolo idrico, previa valutazione tecnica da parte delle competenti strutture regionali in base alle rispettive discipline di settore, la fattispecie di cui all’articolo 2, comma 2, lettera i), della L.R. n. 23/1997 trova applicazione senza l’eccezione prevista dalla stessa lett. i). Ai soli fini dell’approvazione delle varianti urbanistiche finalizzate alla realizzazione di opere pubbliche non di competenza comunale, la fattispecie di cui all’articolo 2, comma 2, lettera b), della L.R. n. 23/1997, trova applicazione anche in assenza di originaria previsione localizzativa e senza necessità di previa progettazione esecutiva. (67)Fino all'adeguamento, il piano dei servizi di cui all'articolo 9 può essere approvato, nel rispetto dei contenuti e delle procedure di cui alla presente legge, in attuazione del piano regolatore generale vigente nel comune.
1-bis Fino all’adeguamento di cui all’articolo 26, commi 2 e 3, i comuni possono procedere, altresì, all’approvazione di varianti finalizzate al perfezionamento di strumenti urbanistici già approvati dalla Regione, ovvero dagli stessi comuni, acquisita la verifica di compatibilità da parte della provincia, con esplicito rinvio a successiva disciplina integrativa. Le varianti sono adottate dal consiglio comunale e approvate secondo le disposizioni di cui all’articolo 13, commi 4, 5, 5-bis, 7, 9, 10, 11 e 12. (68)
2. I comuni, il cui strumento urbanistico generale sia stato approvato anteriormente all'entrata in vigore della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51 (Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico), sino all'approvazione del PGT non possono dar corso all'approvazione di varianti di qualsiasi tipo, del piano dei servizi, nonché di piani attuativi in variante e di atti di programmazione negoziata di iniziativa comunale, con esclusione delle varianti dirette alla localizzazione di opere pubbliche da assumersi con la procedura di cui all'articolo 3 della L.R. n. 23/1997.
3. Ai piani territoriali di coordinamento provinciali, ai piani urbanistici generali e loro varianti, nonché ai piani attuativi già adottati alla data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi, sino alla relativa approvazione, le disposizioni vigenti all'atto della loro adozione, fermo restando quanto disposto dall'articolo 36, comma 4. (69)
4. Fino all'adeguamento di cui all'articolo 26, i piani territoriali di coordinamento provinciali conservano efficacia, ma hanno carattere prescrittivo solo per i casi di prevalenza di cui all'articolo 18 della presente legge.
5. Sono fatti salvi e possono essere rilasciati i titoli abilitativi all'edificazione in esecuzione di piani attuativi o di atti di programmazione negoziata cui si riferiscono. I soggetti interessati possono procedere mediante denuncia di inizio attività all'esecuzione di piani attuativi o di atti di programmazione.
6. Gli atti di approvazione di varianti agli strumenti urbanistici comunali vigenti, assunti in violazione di quanto previsto ai commi 1 e 2, possono essere annullati in applicazione dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) (testo A) e della Delib.G.R. 7 aprile 2000, n. 6/49509 (Approvazione delle linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dell'art. 3, comma 39, della L.R. 5 gennaio 2000, n. 1) (70).
7. In assenza del documento di piano di cui all'articolo 8, la presentazione dei programmi integrati di intervento previsti dall'articolo 87 è subordinata all'approvazione da parte del Consiglio comunale, con apposita deliberazione di un documento di inquadramento redatto allo scopo di definire gli obiettivi generali e gli indirizzi dell'azione amministrativa comunale nell'ambito della programmazione integrata di intervento. (71)
8. Fino all'approvazione del piano dei servizi la misura degli oneri di urbanizzazione è determinata con applicazione della normativa previgente.
8.bis. Fino all’adeguamento di cui all’articolo 26, commi 2 e 3, i piani attuativi e loro varianti, conformi alle previsioni degli strumenti urbanistici comunali vigenti, sono adottati e approvati dalla giunta comunale, con applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 14. (72)
8.ter.Fino all’adeguamento di cui all’articolo 26, commi 2 e 3, i piani di zona redatti ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l’acquisizione di aree fabbricabili per l’edilizia economica e popolare) e gli interventi finanziati in attuazione del Programma Regionale per l’Edilizia Residenziale Pubblica di cui all’articolo 3, comma 52, lettera a), della L.R. n. 1/2000 e relativi programmi annuali, qualora comportino variante agli strumenti urbanistici comunali vigenti, sono adottati dal consiglio comunale e approvati secondo le disposizioni di cui all’articolo 13, commi 4, 5, 5-bis, 7, 9, 10, 11 e 12. (73)
8.quater. Gli strumenti urbanistici comunali e loro varianti approvati ai sensi dei commi1e 3 acquistano efficacia a seguito della pubblicazione, sul Bollettino Ufficiale della Regione, dell’avviso di approvazione definitiva. (74)
8.quinquies. Fino all’adeguamento di cui all’articolo 26, commi 2 e 3, i comuni, con deliberazione del consiglio comunale analiticamente motivata, possono procedere alla correzione di errori materiali e a rettifiche dei PRG vigenti, non costituenti variante agli stessi. Gli atti di correzione e rettifica sono depositati presso la segreteria comunale, inviati per conoscenza alla provincia e alla Giunta regionale ed acquistano efficacia a seguito della pubblicazione, sul Bollettino Ufficiale della Regione, dell’avviso di approvazione e di deposito, da effettuarsi a cura del comune (75).
8-sexies. Nei comuni definiti a fabbisogno acuto, critico ed elevato dal Programma regionale per l'edilizia residenziale pubblica, sino all'approvazione del PGT, possono essere autorizzati, in deroga alle previsioni del vigente piano regolatore generale, i seguenti interventi diretti all'attuazione di iniziative di edilizia residenziale pubblica, compresa l'edilizia convenzionata:
a) interventi di trasformazione di edifici esistenti, nel rispetto della volumetria preesistente; nel caso di edifici a destinazione produttiva con volumetria superiore a cinquemila metri cubi, il recupero può essere assentito entro il predetto limite massimo;
b) interventi di nuova costruzione nell'ambito di piani attuativi, ivi compresi i programmi integrati di intervento previsti dal vigente piano regolatore generale, localizzati su aree destinate a servizi, escluse le aree a verde e parcheggi;
c) interventi diretti di nuova costruzione da realizzarsi su aree destinate a servizi dal vigente piano regolatore generale, escluse le aree a verde e parcheggi, nei limiti dell'indice medio di zona per la destinazione residenziale. Gli interventi di cui al presente comma sono assentiti esclusivamente a mezzo di rilascio del permesso di costruire, previo accertamento, ad opera del comune, della coerenza dell'intervento con l'assetto urbanistico esistente, nonché della ricorrenza di sufficienti dotazioni urbanizzative (76).
8-septies. I proprietari di edifici diversi da quelli funzionali all'agricoltura o ricadenti al di fuori delle aree agricole, che siano demoliti, oppure il cui uso divenga oggettivamente incompatibile, in conseguenza di provvedimenti espropriativi connessi alla realizzazione di infrastrutture per la mobilità di rilevanza nazionale e regionale, possono ricostruire un nuovo edificio in deroga agli strumenti di pianificazione comunale, previa deliberazione del consiglio comunale ed apposita convenzione, senza necessità di preventivo nulla-osta regionale (77).
8-octies. Il consiglio comunale individua gli edifici le cui destinazioni d'uso siano rese incompatibili a seguito della realizzazione di infrastrutture per la mobilità di rilevanza nazionale e regionale, determinandone gli usi ammissibili in ragione degli impatti ambientali attesi. Con il medesimo atto si provvede alle eventuali modifiche delle previsioni urbanistiche necessarie per garantire la funzionalità degli immobili interessati dalla realizzazione di tali infrastrutture (78).
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(66) Parole soppresse dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 1), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(67) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 2), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(68) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 3), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(69) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 4), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(70) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera jj), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(71) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 5), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(72) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 6), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(73) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 6), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12
(74) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 6), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(75) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. f) (indicata erroneamente nel B.U. come lettera c), punto 6), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(76) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera kk), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(77) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera kk), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(78) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera kk), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 26
Adeguamento dei piani.
1. Le province deliberano l'avvio del procedimento di adeguamento dei loro piani territoriali di coordinamento provinciali vigenti entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. I comuni deliberano l'avvio del procedimento di adeguamento dei loro PRG vigenti entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e procedono all'approvazione di tutti gli atti di PGT secondo i principi, i contenuti ed il procedimento stabiliti dalla presente legge. [Per i comuni con popolazione inferiore a quindicimila abitanti, tale obbligo di adeguamento decorre dalla data di entrata in vigore della deliberazione della Giunta regionale di cui all'articolo 7, comma 3] (79).
3. I comuni di cui all'articolo 25, comma 2, deliberano l'avvio del procedimento di adeguamento dello strumento urbanistico generale entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge e procedono successivamente all'approvazione di tutti gli atti di PGT.
3-bis. La disposizione di cui all’articolo 13, comma 7-bis, si applica anche ai procedimenti di approvazione del PGT in corso alla data di entrata in vigore della disposizione stessa. (80)
4. Sino alla loro scadenza convenzionale conservano efficacia e non sono soggetti ad adeguamento i piani attuativi comunque denominati e gli atti di programmazione negoziata vigenti.
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(79) Periodo soppresso dall'art. 1, comma 1, lettera ll), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(80) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. b), della L.R. 3 ottobre 2007, n. 24.
Parte II
Gestione del territorio
Titolo I
Disciplina degli interventi sul territorio
Capo I
Disposizioni generali
Art. 27
Definizioni degli interventi edilizi.
1. Ai fini della presente legge si intendono per:
a) interventi di manutenzione ordinaria, gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelli necessari ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, anche con l'impiego di materiali diversi, purché i predetti materiali risultino compatibili con le norme e i regolamenti comunali vigenti;
b) interventi di manutenzione straordinaria, le opere e le modifiche riguardanti il consolidamento, il rinnovamento e la sostituzione di parti anche strutturali degli edifici, la realizzazione ed integrazione dei servizi igienico-sanitari e tecnologici, nonché le modificazioni dell'assetto distributivo di singole unità immobiliari. Sono di manutenzione straordinaria anche gli interventi che comportino la trasformazione di una singola unità immobiliare in due o più unità immobiliari, o l'aggregazione di due o più unità immobiliari in una unità immobiliare;
c) interventi di restauro e di risanamento conservativo, gli interventi edilizi rivolti a conservare e recuperare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;
d) interventi di ristrutturazione edilizia, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica;
e) interventi di nuova costruzione, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti e precisamente:
1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto al numero 6;
2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal comune;
3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato;
4) l'installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione;
5) l'installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulottes, campers, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili e che non siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee;
6) gli interventi pertinenziali che gli atti di pianificazione territoriale e i regolamenti edilizi, anche in relazione al pregio ambientale paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20 per cento del volume dell'edificio principale;
7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all'aperto ove comportino l'esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato;
f) interventi di ristrutturazione urbanistica, quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi, anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale. (81)
2. Le definizioni di cui al comma 1 prevalgono sulle disposizioni degli atti di pianificazione territoriale e dei regolamenti edilizi, fatte salve le istanze di permesso di costruire e le denunce di inizio attività già presentate al comune alla data di entrata in vigore della presente legge, qualora dette disposizioni stabiliscano diversamente rispetto alle definizioni di cui al comma 1. Resta ferma la definizione di restauro prevista dall'articolo 29, comma 4, del D.Lgs. n. 42/2004.
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(81) La Corte costituzionale, con sentenza 23 marzo 2006, n. 129 (Gazz. Uff. 5 aprile 2006, n. 14 - prima serie speciale) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma.
Art. 28
Regolamento edilizio.
1. Il regolamento edilizio comunale disciplina, in conformità alla presente legge, alle altre leggi in materia edilizia ed alle disposizioni sanitarie vigenti:
a) le modalità di compilazione dei progetti di opere edilizie, nonché i termini e le modalità per il rilascio del permesso di costruire, ovvero per la presentazione della denuncia di inizio attività; qualora il comune non provveda si applicano le disposizioni della presente legge;
b) le modalità di compilazione dei progetti di sistemazione delle aree libere da edificazione e delle aree verdi in particolare e le modalità per la relativa valutazione;
c) le modalità per il conseguimento del certificato di agibilità;
d) le modalità per l'esecuzione degli interventi provvisionali di cantiere, in relazione alla necessità di tutelare la pubblica incolumità e le modalità per l'esecuzione degli interventi in situazioni di emergenza;
e) la vigilanza sull'esecuzione dei lavori, in relazione anche alle disposizioni vigenti in materia di sicurezza, con particolare riguardo all'obbligo di installazione di sistemi fissi di ancoraggio al fine di prevenire le cadute dall'alto (82);
f) la manutenzione e il decoro degli edifici, delle recinzioni prospicienti ad aree pubbliche e degli spazi non edificati;
g) l'apposizione e la conservazione dei numeri civici, delle targhe con la toponomastica stradale, delle insegne, delle strutture pubblicitarie e di altri elementi di arredo urbano;
h) le norme igieniche di particolare interesse edilizio, in armonia con il regolamento locale di igiene;
i) la composizione e le attribuzioni della commissione edilizia, se istituita, ai sensi dell'articolo 30;
i-bis) le modalità di compilazione dei progetti delle opere viabilistiche e dei progetti di sistemazione delle aree verdi annesse, di rispetto e sicurezza, come svincoli, rotatorie e banchine laterali (83);
i-ter) le modalità per il conseguimento della certificazione energetica degli edifici (84).
2. Il regolamento edilizio non può contenere norme di carattere urbanistico che incidano sui parametri urbanistico-edilizi previsti dagli strumenti della pianificazione comunale.
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(82) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera mm), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(83) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lettera nn), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(84) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lettera nn), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 29
Procedura di approvazione del regolamento edilizio.
1. Il regolamento edilizio è adattato e approvato dal consiglio comunale con la procedura prevista dai commi 2,3e4 dell'articolo 14 e previa acquisizione del parere sulle norme di carattere igienico-sanitario da parte dell'ASL; il parere è reso entro sessanta giorni dalla richiesta, trascorsi i quali il parere si intende reso favorevolmente (85).
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(85) Comma così modificato prima dall'art. 1, comma 1, lett. g) della L.R. 14 luglio 2006, n. 12 e poi dall'art. 1, comma 1, lettera oo), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 30
Commissione edilizia.
1. I comuni hanno facoltà di prevedere l'istituzione della commissione edilizia. In tal caso il regolamento edilizio comunale determina la composizione e le modalità di funzionamento della commissione edilizia ed individua gli interventi di trasformazione edilizia ed urbanistica sottoposti a preventivo parere consultivo della stessa, anche nel caso di acquisizione dello stesso in via preliminare alla presentazione dell'istanza.
Art. 31
Albo dei commissari ad acta.
1. Ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo regionale in materia urbanistico-edilizia e paesaggistico-ambientale è istituito presso la Giunta regionale un albo dei commissari ad acta, articolato per sezioni.
2. La Giunta regionale stabilisce i criteri e le modalità per la formazione, la gestione e l'articolazione dell'albo.
3. Ai fini dell'esercizio del potere sostitutivo provinciale in materia urbanistico-edilizia e paesaggistico-ambientale, ogni provincia istituisce, a far tempo dall'efficacia del rispettivo PTCP, un albo dei commissari ad acta, articolato per sezioni.
Art. 32
Sportello unico per l'edilizia.
1. I comuni possono affidare la responsabilità dei procedimenti relativi alla trasformazione del territorio ad un'unica struttura, lo sportello unico per l'edilizia, da costituire anche in forma associata.
2. I comuni, attraverso lo sportello unico per l'edilizia, forniscono una adeguata e continua informazione ai cittadini sui contenuti degli strumenti di pianificazione ed edilizi.
3. I comuni, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, possono svolgere attraverso un'unica struttura sia i compiti e le funzioni dello sportello unico per le attività produttive, di cui al D.P.R. n. 447/1998, sia i compiti e le funzioni dello sportello unico per l'edilizia.
4. Lo sportello unico per l'edilizia, laddove costituito, provvede in particolare:
a) alla ricezione delle domande di permesso di costruire, delle denunce di inizio attività, della dichiarazione di inizio e fine lavori, dei progetti approvati dal soprintendente ai sensi e per gli effetti dell'articolo 33, comma 4, del D.Lgs. n. 42/2004, nonché al rilascio del certificato di destinazione urbanistica e di ogni altro atto di assenso comunque denominato in materia di attività edilizia;
b) all'adozione dei provvedimenti in tema di accesso ai documenti amministrativi in favore di chiunque vi abbia interesse ai sensi dell'articolo 22 e seguenti della legge n. 241/1990;
c) al rilascio delle certificazioni attestanti le prescrizioni normative e le determinazioni provvedimentali a carattere urbanistico, paesaggistico-ambientale, edilizio e di qualsiasi altro tipo comunque rilevanti ai fini degli interventi di trasformazione edilizia del territorio compreso il rilascio dell'attestato relativo alla certificazione energetica degli edifici (86);
d) alla cura dei rapporti tra il comune, il privato e le altre amministrazioni chiamate a pronunciarsi in ordine all'intervento edilizio oggetto dell'istanza o denuncia, con particolare riferimento agli adempimenti connessi all'applicazione della normativa tecnica per l'edilizia.
5. Lo sportello unico per l'edilizia acquisisce direttamente, ove questi non siano stati già allegati dal richiedente:
a) il parere dell'azienda sanitaria locale nel caso in cui non possa essere sostituito da una autocertificazione;
b) il parere dei vigili del fuoco, ove necessario, in ordine al rispetto della normativa antincendio;
c) i pareri della commissione edilizia, se istituita, e della commissione per il paesaggio, nel caso di interventi la cui autorizzazione paesaggistica sia di competenza comunale ai sensi dell'articolo 80.
6. L'ufficio cura altresì gli incombenti necessari per l'acquisizione, anche mediante conferenza dei servizi, degli atti di assenso, comunque denominati, obbligatori ai fini della realizzazione dell'intervento edilizio, ad eccezione dell'autorizzazione paesaggistica, qualora non di competenza comunale ai sensi dell'articolo 80.
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(86) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera pp), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Capo II
Permesso di costruire
Art. 33
Trasformazioni soggette a permesso di costruire.
1. Tutti gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio sono subordinati a permesso di costruire, fatto salvo quanto disposto dai commi 2, 3 e 3-bis e dall'articolo 41 (87).
2. Nel rispetto delle normative di settore, aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia, della sicurezza del cantiere, della sicurezza degli impianti e, in particolare, delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 42/2004, i seguenti interventi possono essere eseguiti senza titolo abilitativo:
a) interventi di manutenzione ordinaria;
b) interventi volti all'eliminazione di barriere architettoniche che non comportino la realizzazione di rampe o di ascensori esterni, ovvero di manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;
c) opere temporanee per attività di ricerca nel sottosuolo che abbiano carattere geognostico o siano eseguite in aree esterne al centro edificato;
d) realizzazione di coperture stagionali destinate a proteggere le colture ed i piccoli animali allevati all'aria aperta ed a pieno campo, nelle aree destinate all'agricoltura;
e) strutture temporanee di cantiere.
3. Per le opere pubbliche dei comuni, la deliberazione di approvazione del progetto, assistita dalla relativa validazione ai sensi dell'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554 (Regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni), ha i medesimi effetti del permesso di costruire.
3-bis. Nei casi di realizzazione di bacini idrici per la pesca sportiva, la piscicoltura, l'irrigazione e degli altri bacini idrici assimilabili per morfologia e modalità di esecuzione, l'autorizzazione di cui all'articolo 36, comma 3, della legge regionale 8 agosto 1998, n. 14 (Nuove norme per la disciplina della coltivazione delle sostanze minerali di cava) è rilasciata anche ai fini dell'esecuzione dei relativi scavi (88).
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(87) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera qq), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(88) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera rr), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 34
Interventi su beni paesaggistici.
1. Per l'esecuzione degli interventi di cui all'articolo 33, comma 1, l'autorizzazione paesaggistica, se di competenza di ente diverso dal comune ai sensi dell'articolo 80, deve essere allegata alla richiesta di permesso di costruire e la procedura di rilascio deve essere conforme al disposto dell'articolo 82.
Art. 35
Caratteristiche del permesso di costruire.
1. Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo.
2. Il permesso di costruire è trasferibile, insieme all'immobile o al titolo legittimante, ai successori o aventi causa. Esso non incide sulla titolarità della proprietà o di altri diritti reali relativi agli immobili realizzati per effetto del suo rilascio. È irrevocabile ed è oneroso secondo quanto previsto al capo quarto del presente titolo.
3. Il rilascio del permesso di costruire non comporta limitazione dei diritti dei terzi.
4. La data di inizio e ultimazione dei lavori è immediatamente dichiarata al comune, secondo le modalità indicate nel regolamento edilizio.
Art. 36
Presupposti per il rilascio del permesso di costruire.
1. Il permesso di costruire è rilasciato in conformità alle previsioni degli strumenti di pianificazione, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigenti.
2. Il permesso di costruire è comunque subordinato alla esistenza delle opere di urbanizzazione primaria o alla previsione, da parte del comune, dell'attuazione delle stesse nel successivo triennio, ovvero all'impegno degli interessati di procedere all'attuazione delle medesime contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento oggetto del permesso.
3. Nel periodo intercorrente tra l'adozione e la definitiva approvazione degli strumenti di pianificazione comunale, a richiesta del dirigente del competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, dello sportello unico per l'edilizia, il dirigente della competente struttura regionale, con provvedimento motivato da notificare all'interessato, può ordinare la sospensione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione dei predetti strumenti.
4. Sino all'adozione degli atti di PGT secondo quanto previsto nella parte prima della presente legge, in caso di contrasto dell'intervento oggetto della domanda di permesso di costruire con le previsioni degli strumenti urbanistici adottati, è sospesa ogni determinazione in ordine alla domanda stessa. La misura di salvaguardia non ha efficacia decorsi tre anni dalla data di adozione dello strumento urbanistico, ovvero cinque anni nell’ipotesi in cui lo strumento urbanistico sia stato sottoposto all’amministrazione competente per la approvazione entro un anno dalla conclusione della fase di pubblicazione (89)
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(89) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. h), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Art. 37
Competenza al rilascio del permesso di costruire.
1. Il permesso di costruire è rilasciato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale ovvero, laddove costituito, dallo sportello unico per l'edilizia nel rispetto delle leggi, dei regolamenti e degli strumenti di pianificazione vigenti ed adottati.
Art. 38
Procedimento per il rilascio del permesso di costruire.
1. La domanda per il rilascio del permesso di costruire, sottoscritta dal proprietario dell'immobile o da chi abbia titolo per richiederlo, è presentata al competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, allo sportello unico per l'edilizia, corredata da una attestazione concernente il titolo di legittimazione, dagli elaborati progettuali richiesti dal regolamento edilizio e, quando ne ricorrano i presupposti, dagli altri documenti previsti dalla vigente normativa, nonché da una autocertificazione circa la conformità del progetto alle norme igienico-sanitarie nel caso in cui il progetto riguardi interventi di edilizia residenziale, ovvero la verifica in ordine a tale conformità non comporti valutazioni tecnico-discrezionali.
2. Il competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, lo sportello unico per l'edilizia, comunica entro dieci giorni al richiedente il nominativo del responsabile del procedimento ai sensi degli articoli 4 e 5 della legge n. 241/1990.
3. Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l'istruttoria, acquisisce, avvalendosi, laddove costituito, dello sportello unico per l'edilizia, i prescritti pareri degli uffici comunali e, ove previsto, della commissione edilizia, se istituita, nonché i pareri di cui all'articolo 32, comma 5, sempre che gli stessi non siano già stati allegati alla domanda dal richiedente e, valutata la conformità del progetto alla normativa vigente, formula una proposta di provvedimento, corredata da una dettagliata relazione, con la qualificazione tecnico-giuridica dell'intervento richiesto.
4. Il responsabile del procedimento, qualora ritenga che ai fini del rilascio del permesso di costruire sia necessario apportare modifiche di modesta entità rispetto al progetto originario, può, nello stesso termine di cui al comma 3, richiedere tali modifiche, illustrandone le ragioni. La richiesta di cui al presente comma sospende, fino al relativo esito, il decorso del termine di cui al comma 3. L'interessato si esprime sulla richiesta di modifica entro il termine fissato, che non può essere inferiore a trenta giorni dal ricevimento della richiesta stessa e, in caso di adesione, è tenuto ad integrare la documentazione nei successivi quindici giorni. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere, per la parte rimanente, dalla data di ricezione della documentazione integrativa. Qualora l'interessato non aderisca alla richiesta di modifica, ovvero non si esprima entro il termine fissato, il procedimento di rilascio del permesso di costruire si intende concluso in senso negativo.
5. Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell'amministrazione. Il termine ricomincia a decorrere, per intero, dalla data di ricezione della documentazione integrativa.
6. Nell'ipotesi in cui, ai fini della realizzazione dell'intervento, sia necessario acquisire atti di assenso, comunque denominati, di altre amministrazioni, diverse da quelle di cui all'articolo 32, comma 5, il competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, lo sportello unico per l'edilizia, convoca, nel termine di cui al comma 3, una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14, 14-bis, 14 ter e 14 quater della legge n. 241/1990. Qualora si tratti di opere pubbliche incidenti su beni culturali, si applica l'articolo 25 del D.Lgs. n. 42/2004.
7. Il provvedimento finale è adottato dal dirigente o dal responsabile del competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, dello sportello unico per l'edilizia, entro quindici giorni dalla proposta di cui al comma 3, ovvero dall'esito della conferenza dei servizi di cui al comma 6. Dell'avvenuta emanazione del permesso di costruire è dato immediato avviso agli interessati, nonché notizia al pubblico mediante affissione all'albo pretorio.
7-bis. L'ammontare degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria dovuti è determinato con riferimento alla data di presentazione della richiesta del permesso di costruire, purché completa della documentazione prevista. Nel caso di piani attuativi o di atti di programmazione negoziata con valenza territoriale, l'ammontare degli oneri è determinato al momento della loro approvazione, a condizione che la richiesta del permesso di costruire, ovvero la denuncia di inizio attività siano presentate entro e non oltre trentasei mesi dalla data della approvazione medesima. La quota di contributo relativa agli oneri di urbanizzazione, se dovuti, è corrisposta al comune all'atto del rilascio del permesso di costruire, fatta salva la facoltà di rateizzazione (90).
8. I termini di cui ai commi 3 e 5 sono raddoppiati per i comuni con più di centomila abitanti, nonché, per i comuni fino a centomila abitanti, in relazione ai progetti particolarmente complessi, definiti tali secondo motivata determinazione del responsabile del procedimento, da assumersi entro quindici giorni dalla presentazione della domanda.
9. Il procedimento previsto dal presente articolo si applica anche al procedimento per il rilascio del permesso di costruire in deroga agli strumenti di pianificazione, a seguito dell'approvazione della deliberazione consiliare di cui all'articolo 40, comma 1.
10. L'infruttuosa decorrenza del termine di cui al comma 7, ovvero del termine fissato dal regolamento comunale per il rilascio del richiesto titolo abilitativo all'intervento, costituisce presupposto per la richiesta di intervento sostitutivo. Il termine fissato dal regolamento comunale per il rilascio del richiesto titolo abilitativo non può comunque essere superiore a novanta giorni, ovvero, per i comuni con più di centomila abitanti, a centottanta giorni dalla presentazione della domanda corredata da tutta la necessaria documentazione, ma può essere raddoppiato per i progetti particolarmente complessi, definiti tali secondo motivata determinazione del responsabile del procedimento.
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(90) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera ss), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 39
Intervento sostitutivo.
1. Il potere d'intervento sostitutivo è esercitato dalla Regione, ovvero dalle province a far tempo dall'efficacia del rispettivo PTCP.
2. Al fine di attivare il procedimento di cui al comma 1, l'interessato, verificata l'inerzia comunale, può, con atto notificato o trasmesso in plico raccomandato con avviso di ricevimento, intimare al comune di provvedere nel termine di quindici giorni dal ricevimento della richiesta.
3. Ad avvenuta infruttuosa decorrenza del termine previsto dal comma 2, è data facoltà all'interessato di inoltrare al dirigente della competente struttura regionale o provinciale istanza per la nomina di un commissario ad acta; il dirigente provvede sulla richiesta nel termine di quindici giorni dal ricevimento dell'istanza, invitando il comune ad assumere il provvedimento conclusivo del procedimento per il rilascio del permesso di costruire entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, che deve intendersi quale avvio del procedimento sostitutivo ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 241/1990.
4. Il Presidente della Giunta regionale o provinciale, o l'assessore competente, se delegato, scaduto inutilmente il termine di trenta giorni, nomina, nei successivi trenta giorni, un commissario ad acta, scelto tra i soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 31.
5. Entro il termine di sessanta giorni dalla nomina, il commissario ad acta assume, in via sostitutiva, gli atti e i provvedimenti necessari per la conclusione del procedimento per il rilascio del permesso di costruire; gli oneri derivanti dall'attività del commissario ad acta sono posti a carico del comune inadempiente.
Art. 40
Permesso di costruire in deroga.
1. Il permesso di costruire in deroga agli strumenti di pianificazione è rilasciato esclusivamente per edifici ed impianti pubblici o di interesse pubblico, previa deliberazione del consiglio comunale e senza necessità di preventivo nulla-osta regionale.
2. La deroga, nel rispetto delle norme igieniche, sanitarie e di sicurezza, può riguardare esclusivamente i limiti di densità edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati stabiliti dagli strumenti di pianificazione comunale (91)
3. La deroga può essere assentita ai fini dell'abbattimento delle barriere architettoniche e localizzative, nei casi ed entro i limiti indicati dall'articolo 19 della legge regionale 20 febbraio 1989, n. 6 (Norme sull'eliminazione delle barriere architettoniche e prescrizioni tecniche di attuazione).
4. Dell'avvio del procedimento viene data comunicazione agli interessati ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 241/1990.
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(91) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. i), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Capo III
Denuncia di inizio attività
Art. 41
Interventi realizzabili mediante denuncia di inizio attività.
1. Chi ha titolo per presentare istanza di permesso di costruire ha facoltà, alternativamente e per gli stessi interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia, di inoltrare al comune denuncia di inizio attività, salvo quanto disposto dall’articolo 52, comma 3-bis. Gli interventi edificatori nelle aree destinate all’agricoltura sono disciplinati dal titolo III della parte II (92)
2. Nel caso di interventi assentiti in forza di permesso di costruire, è data facoltà all'interessato di presentare denuncia di inizio attività per varianti che non incidano sui parametri urbanistici e sulle volumetrie, che non modifichino la destinazione d'uso e la categoria edilizia, non alterino la sagoma dell'edificio e non violino le eventuali prescrizioni contenute nel permesso di costruire. Ai fini dell'attività di vigilanza urbanistica ed edilizia, nonché ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tali denunce di inizio attività costituiscono parte integrante del procedimento relativo al permesso di costruire dell'intervento principale e possono essere presentate prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
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(92) Comma sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. j), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Art. 42
Disciplina della denuncia di inizio attività.
1. Il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo per presentare la denuncia di inizio attività, almeno trenta giorni prima dell'effettivo inizio dei lavori, presenta la denuncia, accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che asseveri la conformità delle opere da realizzare agli strumenti di pianificazione vigenti ed adottati ed ai regolamenti edilizi vigenti, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie. La denuncia di inizio attività è corredata dall'indicazione dell'impresa cui si intende affidare i lavori.
2. Nel caso in cui siano dovuti oneri di urbanizzazione e costo di costruzione, il relativo calcolo è allegato alla denuncia di inizio attività e il pagamento è effettuato con le modalità previste dalla vigente normativa, fatta comunque salva la possibilità per il comune di richiedere le eventuali integrazioni.
3. La quota relativa agli oneri di urbanizzazione è corrisposta al comune entro trenta giorni successivi alla presentazione della denuncia di inizio attività, fatta salva la facoltà di rateizzazione.
4. Nei casi in cui la realizzazione dell'intervento debba essere preceduta dalla sottoscrizione, da parte dell'interessato, di atti di impegno comunque denominati, l'efficacia della denuncia di inizio attività resta sospesa sino all'avvenuta definizione dell'adempimento richiesto, che risulta soddisfatto anche mediante presentazione di atto unilaterale d'obbligo.
5. Nel caso in cui l'intervento comporti una diversa destinazione d'uso, non esclusa dal PGT, in relazione alla quale risulti previsto il conguaglio delle aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, il dichiarante allega impegnativa, accompagnata da fideiussione bancaria o assicurativa. L'impegnativa indica la superficie delle aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale da cedere al comune a titolo di conguaglio e l'assunzione dell'obbligo di cedere le aree con la loro identificazione o la loro monetizzazione. La fideiussione garantisce l'obbligo di cessione delle aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale o il versamento della somma equivalente.
6. I lavori oggetto della denuncia di inizio attività devono essere iniziati entro un anno dalla data di efficacia della denuncia stessa ed ultimati entro tre anni dall'inizio dei lavori. La realizzazione della parte di intervento non ultimata nel predetto termine è subordinata a nuova denuncia. L'interessato è tenuto a comunicare immediatamente al comune la data di inizio e di ultimazione dei lavori, secondo le modalità indicate nel regolamento edilizio (93).
7. La sussistenza del titolo è provata con la copia della denuncia di inizio attività da cui risulti la data di ricevimento della denuncia stessa, l'elenco di quanto presentato a corredo del progetto, l'attestazione del professionista abilitato, nonché gli atti di assenso eventualmente necessari.
8. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, dello sportello unico per l'edilizia, entro il termine di trenta giorni dalla presentazione della denuncia di inizio attività:
a) verifica la regolarità formale e la completezza della documentazione presentata;
b) accerta che l'intervento non rientri nel caso di esclusione previsto dall'articolo 41;
c) verifica la correttezza del calcolo del contributo di costruzione dovuto in relazione all'intervento.
9. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, dello sportello unico per l'edilizia, qualora entro il termine sopra indicato di trenta giorni sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria ed il consiglio dell'ordine di appartenenza.
10. Qualora non debba provvedere ai sensi del comma 9, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, dello sportello unico per l'edilizia, attesta sulla denuncia di inizio attività la chiusura del procedimento.
11. La realizzazione degli interventi di cui al comma 1, qualora riguardino beni culturali o paesaggistici sottoposti a specifica tutela, è subordinata al preventivo rilascio del parere o dell'autorizzazione richiesti dalle relative previsioni normative, conformemente, per i beni ambientali, a quanto disposto dall'articolo 82.
12. Ove il parere favorevole del soggetto preposto alla tutela non sia allegato alla denuncia, il competente ufficio comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi della legge n. 241/1990. Il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre dall'esito della conferenza; in caso di esito non favorevole la denuncia è priva di effetti.
13. Qualora la denuncia riguardi un bene sottoposto ad un vincolo la cui tutela competa allo stesso comune, il termine di trenta giorni di cui al comma 1 decorre dal rilascio del relativo atto di assenso. Qualora tale atto non sia favorevole, la denuncia è priva di effetti.
14. Ultimato l'intervento, il progettista o un tecnico abilitato rilascia un certificato di collaudo finale, che va presentato al competente ufficio comunale, ovvero, laddove costituito, allo sportello unico per l'edilizia, con il quale si attesta la conformità dell'opera al progetto presentato con la denuncia di inizio attività. Contestualmente allega ricevuta dell'avvenuta presentazione della variazione catastale conseguente alle opere realizzate ovvero dichiarazione che le stesse non hanno comportato modificazioni del classamento. In assenza di tale documentazione si applica la sanzione di cui all'articolo 37, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) (testo A).
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(93) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera tt), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Capo IV
Contributo di costruzione
Art. 43
Contributo di costruzione.
1. I titoli abilitativi per interventi di nuova costruzione, ampliamento di edifici esistenti e ristrutturazione edilizia sono soggetti alla corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché del contributo sul costo di costruzione, in relazione alle destinazioni funzionali degli interventi stessi.
2. Il contributo di costruzione di cui al comma 1 non è dovuto, ovvero è ridotto, nei casi espressamente previsti dalla legge.
2-bis. Gli interventi di nuova costruzione che sottraggono superfici agricole nello stato di fatto sono assoggettati ad una maggiorazione percentuale del contributo di costruzione, determinata dai comuni entro un minimo dell'1,5 ed un massimo del 5 per cento, da destinare obbligatoriamente a interventi forestali a rilevanza ecologica e di incremento della naturalità. La Giunta regionale definisce, con proprio atto, linee guida per l'applicazione della presente disposizione (94).
2-ter. Per interventi edilizi finalizzati alla realizzazione di servizi abitativi nell'ambito dell'edilizia residenziale pubblica, di cui alla legge regionale 13 luglio 2007, n. 14 (Innovazioni del sistema regionale dell'edilizia residenziale pubblica: disciplina dei servizi abitativi a canone convenzionato), il contributo di costruzione non è dovuto salvo che per l'importo corrispondente alla dotazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria necessarie per la realizzazione degli interventi e comunque fino al limite di cui all'articolo 44, comma 15 (95).
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(94) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera uu), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(95) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera uu), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 44
Oneri di urbanizzazione.
1. Gli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria sono determinati dai comuni, con obbligo di aggiornamento ogni tre anni, in relazione alle previsioni del piano dei servizi e a quelle del programma triennale delle opere pubbliche, tenuto conto dei prevedibili costi delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, incrementati da quelli riguardanti le spese generali.
2. Le opere di urbanizzazione primaria devono essere eseguite contestualmente alle realizzazioni degli interventi sia pubblici che privati entro la fine dei lavori medesimi così come le altre opere eventualmente pattuite nelle convenzioni e non diversamente disciplinate.
3. Gli oneri di urbanizzazione primaria sono relativi alle seguenti opere: strade, spazi di sosta o di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas, cavedi multiservizi e cavidotti per il passaggio di reti di telecomunicazioni, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato.
4. Gli oneri di urbanizzazione secondaria sono relativi alle seguenti opere: asili nido e scuole materne, scuole dell'obbligo e strutture e complessi per l'istruzione superiore all'obbligo, mercati di quartiere, presidi per la sicurezza pubblica, delegazioni comunali, chiese e altri edifici religiosi, impianti sportivi di quartiere, aree verdi di quartiere, centri sociali e attrezzature culturali e sanitarie, cimiteri.
5. Gli oneri riguardanti gli edifici residenziali sono definiti nelle tabelle comunali a metro cubo vuoto per pieno della volumetria oggetto del permesso di costruire, ovvero della denuncia di inizio attività, calcolata secondo la disciplina urbanistico-edilizia vigente nel comune.
6. Per le costruzioni e gli impianti destinati alle attività industriali o artigianali nonché alle attività turistiche, commerciali e direzionali, gli oneri sono calcolati al metro quadrato di superficie lorda complessiva di pavimento, compresi i piani seminterrati e interrati la cui destinazione d'uso comporti una permanenza anche temporanea di persone.
7. Per le costruzioni o gli impianti destinati ad attività industriali o artigianali si computa anche la superficie utilizzabile per gli impianti, con esclusione delle opere necessarie al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti liquidi, solidi e gassosi al servizio dell'attività produttiva.
8. Per gli interventi di ristrutturazione non comportanti demolizione e ricostruzione, i cui progetti debbono essere corredati dal computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, gli oneri di urbanizzazione, se dovuti, sono riferiti:
a) alla superficie virtuale ottenuta dividendo il costo complessivo delle opere in progetto per il costo unitario stabilito annualmente ai sensi dell'articolo 48, quando si tratti di edifici con destinazione diversa da quella residenziale;
b) alla volumetria ottenuta quadruplicando il valore dell'anzidetta superficie virtuale, quando si tratti di edifici con destinazione residenziale.
9. Nei casi di cui al comma 8, il soggetto che promuove l'intervento può chiedere che gli oneri di urbanizzazione siano riferiti alla volumetria reale o alla superficie reale interessate dall'intervento, secondo che si tratti rispettivamente di edifici a destinazione residenziale o diversa dalla residenza; in tal caso non è prescritta la presentazione del computo metrico di cui al comma 8.
10. Per gli interventi di ristrutturazione di cui al comma 8 gli oneri di urbanizzazione, se dovuti, sono quelli riguardanti gli interventi di nuova costruzione, ridotti della metà.
11. Nel caso in cui l'opera per la quale è richiesto il permesso di costruire, ovvero presentata la denuncia di inizio attività, preveda diverse destinazioni d'uso all'interno dello stesso edificio, la misura del contributo è determinata sommando tra loro le quote dovute per le singole parti secondo la loro destinazione.
12. Nel caso di interventi su edifici esistenti comportanti modificazioni delle destinazioni d'uso, per quanto attiene all'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, il contributo dovuto è commisurato alla eventuale maggior somma determinata in relazione alla nuova destinazione rispetto a quella che sarebbe dovuta per la destinazione precedente e alla quota dovuta per le opere relative ad edifici esistenti, determinata con le modalità di cui ai commi 8 e 9.
13. L'ammontare dell'eventuale maggior somma va sempre riferito ai valori stabiliti dal comune alla data del rilascio del permesso di costruire, ovvero di presentazione della denuncia di inizio attività.
14. Nel contributo richiesto per gli oneri di urbanizzazione non sono comprese le tariffe e gli altri diritti eventualmente richiesti, anche in misura forfettaria, per l'allacciamento alle reti elettriche, telefoniche e del gas e ad ogni altro servizio pubblico dei quali sia già dotata la zona interessata dall'intervento.
15. Il contributo dovuto per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria, relativamente ad edifici compresi in piani di zona redatti a norma della legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare), è determinato in sede di formazione dei programmi pluriennali previsti dall'articolo 38 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962, n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), con facoltà di riduzione al 50 per cento degli oneri stessi. Analoga facoltà di riduzione del 50 per cento è esercitata dai comuni relativamente agli interventi diretti all'attuazione di iniziative di edilizia residenziale pubblica, agevolata e convenzionata (96).
16. I termini entro i quali deve essere corrisposto il contributo per gli edifici di cui al comma 15, nonché gli eventuali scomputi accordati in relazione alle opere di urbanizzazione realizzabili direttamente, sono stabiliti nelle convenzioni di cui all'articolo 35 della legge n. 865/1971.
17. Per le costruzioni o gli impianti da eseguirsi nelle aree comprese nei piani per gli insediamenti produttivi previsti dall'articolo 27 della legge n. 865/1971, nonché per gli insediamenti produttivi da realizzarsi nelle aree attrezzate industriali in attuazione della normativa regionale vigente, i contributi dovuti sono determinati in sede di adozione dei piani stessi, con facoltà di riduzione al 50 per cento.
18. I comuni possono prevedere l'applicazione di riduzioni degli oneri di urbanizzazione in relazione a interventi di edilizia bioclimatica o finalizzati al risparmio energetico. Le determinazioni comunali sono assunte in conformità ai criteri e indirizzi deliberati dalla Giunta regionale entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
19. Qualora gli interventi previsti dalla strumentazione urbanistica comunale presentino impatti significativi sui comuni confinanti, gli oneri di urbanizzazione possono essere utilizzati per finanziare i costi di realizzazione di eventuali misure mitigative o compensative. (97).
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(96) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera vv), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(97) Si veda la Delib.G.R. 27 dicembre 2006, n. 8/3951: Indirizzi inerenti l'applicazione di riduzioni degli oneri di urbanizzazione in relazione a inteventi di edilizia bioclimatica o finalizzati al risparmio energetico.
Art. 45
Scomputo degli oneri di urbanizzazione.
1. A scomputo totale o parziale del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione, gli interessati possono essere autorizzati a realizzare direttamente una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (legge quadro in materia di lavori pubblici). I comuni determinano le modalità di presentazione dei progetti, di valutazione della loro congruità tecnico-economica e di prestazione di idonee garanzie finanziarie, nonché le sanzioni conseguenti in caso di inottemperanza. Le opere, collaudate a cura del comune, sono acquisite alla proprietà comunale.
2. Non possono essere oggetto di scomputo le opere espressamente riservate, nel programma triennale delle opere pubbliche, alla realizzazione diretta da parte del comune.
Art. 46
Convenzione dei piani attuativi.
1. La convenzione, alla cui stipulazione è subordinato il rilascio dei permessi di costruire ovvero la presentazione delle denunce di inizio attività relativamente agli interventi contemplati dai piani attuativi, oltre a quanto stabilito ai numeri 3) e 4) dell'articolo 8 della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150), deve prevedere:
a) la cessione gratuita, entro termini prestabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, nonché la cessione gratuita delle aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale previste dal piano dei servizi; qualora l'acquisizione di tali aree non risulti possibile o non sia ritenuta opportuna dal comune in relazione alla loro estensione, conformazione o localizzazione, ovvero in relazione ai programmi comunali di intervento, la convenzione può prevedere, in alternativa totale o parziale della cessione, che all'atto della stipulazione i soggetti obbligati corrispondano al comune una somma commisurata all'utilità economica conseguita per effetto della mancata cessione e comunque non inferiore al costo dell'acquisizione di altre aree. I proventi delle monetizzazioni per la mancata cessione di aree sono utilizzati per la realizzazione degli interventi previsti nel piano dei servizi, ivi compresa l'acquisizione di altre aree a destinazione pubblica;
b) la realizzazione a cura dei proprietari di tutte le opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria o di quelle che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; le caratteristiche tecniche di tali opere devono essere esattamente definite; ove la realizzazione delle opere comporti oneri inferiori a quelli previsti distintamente per la urbanizzazione primaria e secondaria ai sensi della presente legge, è corrisposta la differenza; al comune spetta in ogni caso la possibilità di richiedere, anziché la realizzazione diretta delle opere, il pagamento di una somma commisurata al costo effettivo delle opere di urbanizzazione inerenti al piano attuativo, nonché all'entità ed alle caratteristiche dell'insediamento e comunque non inferiore agli oneri previsti dalla relativa deliberazione comunale;
c) altri accordi convenuti tra i contraenti secondo i criteri approvati dai comuni per l'attuazione degli interventi.
2. La convenzione di cui al comma 1 può stabilire i tempi di realizzazione degli interventi contemplati dal piano attuativo, comunque non superiori a dieci anni.
Art. 47
Cessioni di aree per opere di urbanizzazione primaria.
1. Ove occorra, il titolo abilitativo alla edificazione, quale sua condizione di efficacia, è accompagnato da una impegnativa unilaterale, da trascriversi a cura e spese degli interessati, per la cessione al comune, a valore di esproprio o senza corrispettivo nei casi specifici previsti dalle normative vigenti, delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria pertinenti all'intervento. È comunque assicurata la disponibilità degli spazi necessari per l'installazione della rete dei servizi strumentali all'esecuzione della costruzione o dell'impianto oggetto del titolo abilitativo.
Art. 48
Costo di costruzione.
1. Il costo di costruzione per i nuovi edifici è determinato dalla Giunta regionale con riferimento ai costi massimi ammissibili per l'edilizia agevolata.
2. Nei periodi intercorrenti tra i provvedimenti della Giunta regionale, di cui al comma 1, il costo di costruzione è adeguato annualmente ed autonomamente dai comuni, in ragione dell'intervenuta variazione dei costi di costruzione accertata dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con decorrenza dell'importo aggiornato dal 1° gennaio successivo.
3. Il contributo relativo al costo di costruzione comprende una quota di detto costo, variabile dal 5 al 20 per cento, che viene determinata dalla Giunta regionale in funzione delle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e della loro destinazione ed ubicazione.
4. Per gli interventi con destinazione commerciale, terziario direttivo, turistico-alberghiero-ricettivo, il contributo è pari ad una quota non superiore al 10 per cento del costo documentato di costruzione da stabilirsi, in relazione alle diverse destinazioni, con deliberazione del consiglio comunale. (98)
5. Per gli interventi destinati ad impianti sportivi e ricreativi il contributo del 10 per cento è rapportato unicamente al costo degli edifici posti al servizio o annessi all'intervento.
6. Per gli interventi di ristrutturazione edilizia non comportanti demolizione e ricostruzione il costo di costruzione è determinato in relazione al costo reale degli interventi stessi, così come individuato sulla base del progetto presentato e comunque non può superare il valore determinato per le nuove costruzioni ai sensi dei commi da 1 a 5.
7. La quota di contributo relativa al costo di costruzione, determinata all'atto del rilascio, ovvero per effetto della presentazione della denuncia di inizio attività, è corrisposta in corso d'opera, con le modalità e le garanzie stabilite dal comune e comunque non oltre sessanta giorni dalla data dichiarata di ultimazione dei lavori.
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(98) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. k), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Capo V
Sanzioni
Art. 49
Sanzioni.
1. Le sanzioni previste dalla normativa statale in caso di svolgimento dell'attività di trasformazione urbanistico-edilizia in carenza di titolo abilitativo o in difformità di esso si applicano anche nei riguardi di coloro i quali diano inizio all'attività, a norma dell'articolo 41, in mancanza dei requisiti richiesti o, comunque, in contrasto con la normativa di legge o con le previsioni degli strumenti di pianificazione vigenti o adottati.
2. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 50, i poteri sostitutivi regionali in materia di repressione degli abusi edilizi sono esercitati dalle province a far tempo dall'efficacia del rispettivo PTCP.
Art. 50
Poteri regionali di annullamento e di inibizione.
1. Chiunque abbia interesse può richiedere alla Giunta regionale, entro un anno dalla data di inizio dei lavori, dichiarata ai sensi dell'articolo 35, comma 4, di procedere all'annullamento del permesso di costruire, qualora esso costituisca violazione di previsioni contenute in atti di pianificazione territoriale e definite di interesse regionale ai sensi del comma 2 e sia relativo a interventi di nuova costruzione, ovvero di demolizione e ricostruzione.
2. Sono di interesse regionale:
a) le previsioni prevalenti del PTR, del PTCP, dei piani dei parchi regionali e dei parchi naturali;
b) le previsioni degli atti del PGT riguardanti le aree destinate all'agricoltura, quelle soggette a vincolo paesaggistico, quelle di pregio ambientale, nonché quelle non soggette a trasformazione urbanistica.
3. A seguito del ricevimento della richiesta di annullamento, il dirigente della competente struttura regionale effettua, nei sei mesi successivi, gli accertamenti necessari in ordine alla violazione o meno delle previsioni di cui al comma 2 e a tal fine può disporre l'effettuazione di sopralluoghi e l'acquisizione della necessaria documentazione presso gli uffici comunali. Dell'avvenuto accertamento delle violazioni di cui al comma 1, il dirigente della competente struttura regionale dà immediata comunicazione al comune, al titolare del permesso di costruire, al proprietario della costruzione, al costruttore e al progettista, affinché gli stessi possano presentare le relative controdeduzioni entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, che deve intendersi quale avvio del procedimento di annullamento ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 241/1990.
4. Il dirigente della competente struttura regionale valuta le controdeduzioni pervenute e, qualora risulti confermata la violazione delle previsioni di cui al comma 2, invita il comune a procedere all'annullamento, in via di autotutela, del permesso di costruire nei successivi trenta giorni. Dell'avvenuto accertamento delle violazioni di cui ai commi 1 e 2, ovvero dell'archiviazione della richiesta, il dirigente della competente struttura regionale dà immediata comunicazione al richiedente di cui al comma 1.
5. La Giunta regionale, scaduto inutilmente il termine di trenta giorni, emana, nei sei mesi dall'accertamento delle violazioni di cui al comma 1, il provvedimento di annullamento del permesso di costruire.
6. Il dirigente della competente struttura regionale, entro trenta giorni dall'emanazione del provvedimento di annullamento del permesso di costruire da parte della Giunta regionale, invita il comune a disporre, nei successivi trenta giorni, la demolizione delle opere illegittimamente eseguite o la loro restituzione in pristino, ovvero, laddove non sia possibile, ad irrogare una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio; scaduto inutilmente tale termine, irroga direttamente la sanzione entro i successivi tre mesi.
7. In pendenza della procedura di annullamento, il dirigente della competente struttura regionale ordina la sospensione dei lavori, con provvedimento da comunicare al comune e da notificare a mezzo di ufficiale giudiziario, nelle forme e con le modalità previste dal codice di procedura civile, agli altri soggetti di cui al comma 3. L'ordine di sospensione cessa di avere efficacia se, entro il termine di cui al comma 5, non sia stato emanato il provvedimento di annullamento.
8. I termini di cui al presente articolo sono perentori a pena di decadenza dall'azione e di inefficacia degli atti assunti.
9. Qualora non proceda all'annullamento ai sensi del comma 4, il comune è tenuto a versare a favore dell'amministrazione regionale una somma per l'attività svolta in relazione ai procedimenti disciplinati dal presente articolo, secondo modalità individuate con apposito provvedimento da assumersi entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
10. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche in relazione agli interventi, richiamati al comma 1, posti in essere sulla base di denuncia di inizio attività ai sensi dell'articolo 41, intendendosi l'annullamento del permesso di costruire sostituito dalla declaratoria di insussistenza, al momento della presentazione della denuncia di inizio attività, dei presupposti per la formazione del titolo abilitativo.
11. La disciplina di cui al presente articolo si applica a far tempo dall'efficacia degli atti di PGT ai sensi dell'articolo 13, comma 11. Sino a tale data trovano applicazione gli articoli 38 e 39 del D.P.R. n. 380/2001, nonché la deliberazione della Giunta regionale 7 aprile 2000, n. 6/49509 (Approvazione delle linee generali di assetto del territorio lombardo ai sensi dell'articolo 3, comma 39, della L.R. 5 gennaio 2000, n. 1) (99).
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(99) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera ww), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Capo VI
Disciplina dei mutamenti delle destinazioni d'uso di immobili e delle variazioni essenziali
Art. 51
Disciplina urbanistica.
1. Costituisce destinazione d'uso di un'area o di un edificio la funzione o il complesso di funzioni ammesse dagli strumenti di pianificazione per l'area o per l'edificio, ivi comprese, per i soli edifici, quelle compatibili con la destinazione principale derivante da provvedimenti definitivi di condono edilizio. È principale la destinazione d'uso qualificante; è complementare od accessoria o compatibile qualsiasi ulteriore destinazione d'uso che integri o renda possibile la destinazione d'uso principale o sia prevista dallo strumento urbanistico generale a titolo di pertinenza o custodia. Le destinazioni principali, complementari, accessorie o compatibili, come sopra definite, possono coesistere senza limitazioni percentuali ed è sempre ammesso il passaggio dall'una all'altra, nel rispetto del presente articolo, salvo quelle eventualmente escluse dal PGT (100).
2. I comuni indicano nel PGT in quali casi i mutamenti di destinazione d'uso di aree e di edifici, attuati con opere edilizie, comportino un aumento ovvero una variazione del fabbisogno di aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale di cui all'articolo 9.
3. Per i mutamenti di destinazione d'uso non comportanti la realizzazione di opere edilizie, le indicazioni del comma 2 riguardano esclusivamente i casi in cui le aree o gli edifici siano adibiti a sede di esercizi commerciali non costituenti esercizi di vicinato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59).
4. Nelle ipotesi di cui al comma 2, i comuni verificano la sufficienza della dotazione di aree per servizi e attrezzature di interesse generale in essere con riferimento, in particolare, a precedenti modifiche d'uso o dotazioni che abbiano già interessato l'area o l'edificio e definiscono le modalità per il reperimento, a mezzo di atto unilaterale d'obbligo o di convenzione, delle eventuali aree o dotazioni aggiuntive dovute per la nuova destinazione in rapporto alla dotazione attribuita dalla precedente destinazione.
5. Il comune, nel piano dei servizi, può stabilire i criteri e le modalità per cui, in luogo del reperimento totale o parziale delle aree o dotazione di attrezzature nelle aree o edifici interessati dal mutamento di destinazione d'uso, si dia luogo alla cessione di altra area o di immobile idonei nel territorio comunale o alla corresponsione all'amministrazione di una somma commisurata al valore economico dell'area da acquisire, da determinarsi nello stesso piano dei servizi, fatto salvo quanto già corrisposto in sede di piano attuativo o di permesso di costruire convenzionato. Gli importi corrisposti a tale titolo sono impiegati dal comune per incrementare la dotazione di aree, servizi ed infrastrutture.
5.bis Fino all’approvazione degli atti di PGT ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, le disposizioni del presente articolo, nonché degli articoli 52 e 53, si applicano in riferimento agli strumenti urbanistici comunali vigenti. (101)
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(100) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera xx), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(101) Comma aggiunto dall' art. 1, comma 1, lett. l), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Art. 52
Mutamenti di destinazione d'uso con e senza opere edilizie.
1. I mutamenti di destinazione d'uso, conformi alle previsioni urbanistiche comunali, connessi alla realizzazione di opere edilizie, non mutano la qualificazione dell'intervento e sono ammessi anche nell'ambito di piani attuativi in corso di esecuzione.
2. I mutamenti di destinazione d'uso di immobili non comportanti la realizzazione di opere edilizie, purché conformi alle previsioni urbanistiche comunali ed alla normativa igienico-sanitaria, sono soggetti esclusivamente a preventiva comunicazione dell'interessato al comune, [ad esclusione di quelli riguardanti unità immobiliari o parti di esse, la cui superficie lorda di pavimento non sia superiore a centocinquanta metri quadrati, per i quali la comunicazione non è dovuta] (102). Sono fatte salve le previsioni dell'articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 42/2004 in ordine alle limitazioni delle destinazioni d'uso dei beni culturali.
3. Qualora la destinazione d'uso sia comunque modificata nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori, il contributo di costruzione è dovuto nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione.
3.bisI mutamenti di destinazione d’uso di immobili, anche non comportanti la realizzazione di opere edilizie, finalizzati alla creazione di luoghi di culto e luoghi destinati a centri sociali, sono assoggettati a permesso di costruire. (103)
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(102) Parole soppresse dall'art. 1, comma 1, lettera yy), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(103) Comma aggiunto dall' art. 1, comma 1, lett. m), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Art. 53
Sanzioni amministrative.
1. Qualora il mutamento di destinazione d'uso con opere edilizie risulti in difformità dalle vigenti previsioni urbanistiche comunali, si applicano le sanzioni amministrative previste dalla vigente legislazione per la realizzazione di opere in assenza o in difformità dal permesso di costruire, ovvero in assenza o in difformità dalla denuncia di inizio attività.
2. Qualora il mutamento di destinazione d'uso senza opere edilizie, ancorché comunicato ai sensi dell'articolo 52, comma 2, risulti in difformità dalle vigenti previsioni urbanistiche comunali, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria pari all'aumento del valore venale dell'immobile o sua parte, oggetto di mutamento di destinazione d'uso, accertato in sede tecnica e comunque non inferiore a mille euro.
3. Il mutamento di destinazione d'uso con opere edilizie, effettuato in assenza dell'atto unilaterale d'obbligo, ove previsto, o della convenzione, ovvero in difformità dai medesimi, comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria pari al doppio degli oneri di urbanizzazione dovuti per l'intervento e comunque non inferiore a mille euro.
4. Gli importi corrisposti a titolo di sanzione amministrativa sono impiegati dal comune per incrementare, realizzare o riqualificare la dotazione di aree, servizi ed infrastrutture.
Art. 54
Determinazione delle variazioni essenziali.
1. Costituiscono variazioni essenziali al progetto approvato le modifiche edilizie che comportino anche singolarmente:
a) mutamento delle destinazioni d'uso che determini carenza di aree per servizi e attrezzature di interesse generale, salvo che il soggetto interessato attui quanto disposto dai commi 4 e 5 dell'articolo 51;
b) aumento del volume o della superficie rispetto al progetto approvato e purché tale incremento non comporti la realizzazione di un organismo edilizio autonomo, computando a tal fine:
1) per gli edifici residenziali, un incremento volumetrico in misura superiore:
1.1) al 7,5 per cento da zero a mille metri cubi;
1.2) al 3 per cento dai successivi milleuno metri cubi a tremila metri cubi;
1.3) all'1,2 per cento dai successivi tremilauno metri cubi sino e non oltre trentamila metri cubi;
2) per gli edifici non residenziali un incremento della superficie lorda di pavimento in misura superiore:
2.1) al 7,5 per cento da zero a quattrocento metri quadrati;
2.2) al 3 per cento dai successivi quattrocentouno metri quadrati a mille metri quadrati;
2.3) all'1,2 per cento dai successivi milleuno metri quadrati sino e non oltre diecimila metri quadrati;
c) modifiche:
1) dell'altezza dell'edificio in misura superiore a un metro senza variazione del numero dei piani;
2) delle distanze minime, fissate dalle vigenti disposizioni, dell'edificio dalle altre costruzioni e dai confini di proprietà, in misura superiore a metri 0,50 ovvero in misura superiore a dieci centimetri dalle strade pubbliche o di uso pubblico, qualora l'edificio sia previsto in fregio ad esse;
d) mutamento delle caratteristiche dell'intervento assentito in relazione alla classificazione dell'articolo 27, purché si tratti di intervento subordinato a titolo abilitativo;
e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica purché la violazione non attenga agli aspetti procedurali.
2. Sono fatte salve le sanzioni di competenza delle autorità preposte alla gestione del vincolo o delle norme di tutela ambientale di cui al D.Lgs. n. 42/2004 ed alla disciplina delle aree regionali protette.
3. Non sono comunque da considerarsi variazioni essenziali quelle che incidono sull'entità delle cubature dei volumi tecnici ed impianti tecnologici, sulla distribuzione interna delle singole unità abitative e produttive, per l'adeguamento alle norme di risparmio energetico, per l'adeguamento alle norme per la rimozione delle barriere architettoniche, nonché le modifiche che variano il numero delle unità immobiliari.
Titolo II
Norme in materia di prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici
Art. 55
Attività regionali per la prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici.
1. Ai fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici, la Giunta regionale definisce:
a) il quadro delle conoscenze delle caratteristiche fisiche del territorio, con particolare riferimento ai rischi geologici, idrogeologici e sismici, anche in raccordo con i contenuti dei piani di bacino, individuando le esigenze di ulteriore approfondimento delle conoscenze;
b) gli indirizzi per il riassetto del territorio, sulla base dei piani di bacino e degli indirizzi emanati dalle competenti amministrazioni statali, ai fini della prevenzione dei rischi geologici ed idrogeologici e della loro mitigazione, nonché le direttive per la prevenzione del rischio sismico e l'individuazione delle zone sismiche, ivi compresi la formazione e l'aggiornamento degli elenchi delle zone medesime (104);
c) le linee guida e gli standard metodologici e procedurali per l'aggiornamento e lo sviluppo delle conoscenze da parte degli enti locali, anche in coerenza con il SIT di cui all'articolo 3.
2. Gli elementi di cui alle lettere a) e b) del comma 1 integrano l'oggetto e i contenuti del PTR di cui all'articolo 19.
3. In relazione alle attività di cui al comma 1, la Regione, al ricorrere di eventi complessi di natura geologica, ovvero connessi a dinamiche naturali impreviste, può promuovere attività e studi specialistici, avvalendosi anche di strutture scientifiche particolarmente competenti nel settore, per approfondire ed aggiornare conoscenze di valenza regionale.
3-bis. Nell'ambito delle attività di pianificazione del territorio di cui alla parte prima della presente legge e in conformità ai criteri di cui all'articolo 57, è assicurato il coordinamento con gli strumenti di protezione civile previsti dalla legge regionale 22 maggio 2004, n. 16 (Testo unico delle disposizioni regionali in materia di protezione civile) (105).
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(104) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera zz), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(105) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera aaa), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 56
Componente geologica, idrogeologica e sismica del piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. Per la parte inerente alla difesa del territorio, il PTCP:
a) concorre alla definizione del quadro conoscitivo del territorio regionale, con particolare riguardo ai fenomeni di dissesto idrogeologico, mediante l'aggiornamento dell'inventario regionale dei fenomeni franosi, secondo i criteri e le modalità definiti dalla Giunta regionale entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge;
b) definisce l'assetto idrogeologico del territorio, anche attraverso la realizzazione di opportuni studi e monitoraggi, sviluppando ed approfondendo i contenuti del PTR e del piano di bacino, in coerenza con le direttive regionali e dell'Autorità di bacino;
c) censisce ed identifica cartograficamente, anche a scala di maggior dettaglio, le aree soggette a tutela o classificate a rischio idrogeologico e sismico per effetto di atti, approvati o comunque efficaci, delle autorità competenti in materia;
d) indica, per tali aree, le linee di intervento, nonché le opere prioritarie di sistemazione e consolidamento con efficacia prevalente ai sensi del comma 2 dell'articolo 18;
e) assume il valore e gli effetti dei piani di settore, in caso di stipulazione delle intese di cui all'articolo 57 del D.Lgs. n. 112/1998;
f) determina, in conseguenza delle intese di cui alla lettera
e), nonché sulla base del quadro delle conoscenze acquisito, l'adeguamento e l'aggiornamento degli atti di tutela delle autorità competenti;
g) propone modifiche agli atti di tutela delle autorità competenti, secondo le procedure previste dalla normativa vigente;
h) costituisce riferimento per la coerenza dei dati e delle informazioni inerenti all'assetto idrogeologico e sismico contenute nei piani di governo del territorio con gli indirizzi regionali.
Art. 57
Componente geologica, idrogeologica e sismica del piano di governo del territorio.
1. Ai fini della prevenzione dei rischi geologici, idrogeologici e sismici, nel PGT:
a) il documento di piano contiene la definizione dell'assetto geologico, idrogeologico e sismico comunale sulla base dei criteri ed indirizzi emanati dalla Giunta regionale, sentite le province, entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge;
b) il piano delle regole contiene:
1) il recepimento e la verifica di coerenza con gli indirizzi e le prescrizioni del PTCP e del piano di bacino;
2) l'individuazione delle aree a pericolosità e vulnerabilità geologica, idrogeologica e sismica, secondo i criteri e gli indirizzi di cui alla lettera a), nonché le norme e le prescrizioni a cui le medesime aree sono assoggettate in ordine alle attività di trasformazione territoriale, compresi l'indicazione di aree da assoggettare a eventuali piani di demolizione degli insediamenti esistenti, il ripristino provvisorio delle condizioni di sicurezza, gli interventi di rinaturalizzazione dei siti e gli interventi di trasformazione urbana, programmi di recupero urbano (PRU) o programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio (PRUSST) (106).
2. I comuni, anche attraverso intese con i comuni limitrofi, possono individuare nel documento di piano aree da destinare all'ubicazione di alloggi e servizi temporanei finalizzati a fronteggiare situazioni conseguenti ad eventi di carattere calamitoso, ovvero al trasferimento di insediamenti esistenti siti in aree soggette ad elevata pericolosità idrogeologica, individuate nel piano di bacino o da relativi piani stralcio come dissesti attivi, o nei territori delle fasce fluviali classificate all'interno dei limiti di fascia A e B. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale emana criteri e modalità attuativi delle disposizioni di cui al presente comma, riferiti agli insediamenti che all'atto dell'entrata in vigore della presente legge si trovano in aree soggette ad inedificabilità per effetto delle disposizioni del piano di bacino.
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(106) In attuazione del presente comma, si vedano la Delib.G.R. 22 dicembre 2005, n. 8/1566 e la Delib.G.R. 28 maggio 2008, n. 8/7374.
Art. 58
Contributi ai comuni e alle province per gli studi geologici, idrogeologici e sismici.
1. La Regione concede contributi:
a) ai comuni, per la realizzazione degli studi geologici di cui all'articolo 57, nella misura massima del 70 per cento delle spese sostenute; qualora lo studio sia realizzato a livello di bacino idrografico da tutti i comuni appartenenti allo stesso, il contributo può raggiungere il 100 per cento delle spese sostenute;
b) alle province, per gli approfondimenti conoscitivi idrogeologici propedeutici al raggiungimento delle intese di cui all'articolo 56, comma 1, lettera e).
2. I contributi sono erogati sulla base di criteri e indirizzi emanati dalla Giunta regionale entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge (107).
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(107) Si veda il Delib.G.R. 20 ottobre 2005, n. 8/876.
Titolo III
Norme in materia di edificazione nelle aree destinate all'agricoltura
Art. 59
Interventi ammissibili.
1. Nelle aree destinate all'agricoltura dal piano delle regole sono ammesse esclusivamente le opere realizzate in funzione della conduzione del fondo e destinate alle residenze dell'imprenditore agricolo e dei dipendenti dell'azienda, nonché alle attrezzature e infrastrutture produttive necessarie per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile quali stalle, silos, serre, magazzini, locali per la lavorazione e la conservazione e vendita dei prodotti agricoli secondo i criteri e le modalità previsti dall'articolo 60.
2. La costruzione di nuovi edifici residenziali di cui al comma 1 è ammessa qualora le esigenze abitative non possano essere soddisfatte attraverso interventi sul patrimonio edilizio esistente.
3. I relativi indici di densità fondiaria per le abitazioni dell'imprenditore agricolo non possono superare i seguenti limiti:
a) 0,06 metri cubi per metro quadrato su terreni a coltura orto-floro-vivaistica specializzata;
b) 0,01 metri cubi per metro quadrato, per un massimo di cinquecento metri cubi per azienda, su terreni a bosco, a coltivazione industriale del legno, a pascolo o a pratopascolo permanente;
c) 0,03 metri cubi per metro quadrato sugli altri terreni agricoli.
4. Nel computo dei volumi realizzabili non sono conteggiate le attrezzature e le infrastrutture produttive di cui al comma 1, le quali non sono sottoposte a limiti volumetrici; esse comunque non possono superare il rapporto di copertura del 10 per cento dell'intera superficie aziendale, salvo che per le aziende orto-floro-vivaistiche per le quali tale rapporto non può superare il 20 per cento e per le serre per le quali tale rapporto non può superare il 40 per cento della predetta superficie; le tipologie costruttive devono essere congruenti al paesaggio rurale (108).
4-bis. Per le aziende esistenti alla data di prima approvazione del PGT, i parametri di cui ai commi 3 e 4 sono incrementati del 20 per cento (109).
5. Al fine di tale computo è ammessa l'utilizzazione di tutti gli appezzamenti, anche non contigui, componenti l'azienda, compresi quelli esistenti su terreni di comuni contermini.
6. Su tutte le aree computate ai fini edificatori è istituito un vincolo di non edificazione debitamente trascritto presso i registri immobiliari, modificabile in relazione alla variazione della normativa urbanistica.
7. I limiti di cui al comma 4 non si applicano nel caso di opere richieste per l'adeguamento a normative sopravvenute che non comportino aumento della capacità produttiva. (110)
7-bis. Gli edifici ricadenti nelle aree destinate all'agricoltura, dei quali sia prevista la demolizione ai fini della realizzazione di infrastrutture per la mobilità di rilevanza nazionale e regionale, possono essere ricostruiti anche in deroga alle previsioni del presente articolo, nonché dello strumento di pianificazione comunale, previo accertamento della loro effettiva funzionalità (111).
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(108) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera bbb), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(109) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera ccc), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(110) Comma modificato dall' art. 1, comma 1, lett. n), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(111) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera ddd), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 60
Presupposti soggettivi e oggettivi.
1. Nelle aree destinate all'agricoltura, gli interventi edificatori relativi alla realizzazione di nuovi fabbricati sono assentiti unicamente mediante permesso di costruire; il permesso di costruire può essere rilasciato esclusivamente:
a) all'imprenditore agricolo professionale per tutti gli interventi di cui all'articolo 59, comma 1, a titolo gratuito;
b) in carenza della qualifica di imprenditore agricolo professionale, al titolare o al legale rappresentante dell'impresa agricola per la realizzazione delle sole attrezzature ed infrastrutture produttive e delle sole abitazioni per i salariati agricoli, subordinatamente al versamento dei contributi di costruzione; nonché al titolare o al legale rappresentante dell’impresa agromeccanica per la realizzazione delle attrezzature di ricovero dei mezzi agricoli e di altri immobili strumentali, con esclusione di residenze ed uffici e, subordinatamente al versamento dei contributi di costruzione (112);
c) limitatamente ai territori dei comuni indicati nella tabella allegata alla legge regionale 19 novembre 1976, n. 51 (Norme per l'attuazione delle direttive del Consiglio della CEE, direttiva 72/159/CEE, direttiva 72/160/CEE e direttiva 72/161/CEE del 17 aprile 1972 e della direttiva 75/268/CEE del 28 aprile 1975 nella Regione Lombardia), ai soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo 8 della legge 10 maggio 1976, n. 352 (Attuazione della direttiva comunitaria sull'agricoltura di montagna e di talune zone svantaggiate) e all'articolo 8, numero 4), della L.R. n. 51/1976, subordinatamente al pagamento dei contributi di costruzione, per tutti gli interventi di cui all'articolo 59, comma 1. (113)
2. Il permesso di costruire è subordinato:
a) alla presentazione al comune di un atto di impegno che preveda il mantenimento della destinazione dell'immobile al servizio dell'attività agricola, da trascriversi a cura e spese del titolare del permesso di costruire sui registri della proprietà immobiliare; tale vincolo decade a seguito di variazione urbanistica, riguardante l'area interessata, operata dal PGT;
b) all'accertamento da parte del comune dell'effettiva esistenza e funzionamento dell'azienda agricola;
c) limitatamente ai soggetti di cui alla lettera b) del comma 1, anche alla presentazione al comune, contestualmente alla richiesta di permesso di costruire, di specifica certificazione disposta dall'organo tecnico competente per territorio, che attesti, anche in termini quantitativi, le esigenze edilizie connesse alla conduzione dell'impresa.
3. Dei requisiti, dell'attestazione e delle verifiche di cui al presente articolo è fatta specifica menzione nel permesso di costruire.
4. Il comune rilascia, contestualmente al permesso di costruire, una attestazione relativa alle aree su cui deve essere costituito il vincolo di non edificazione di cui all'articolo 59, comma 6.
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(112) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera eee), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(113) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. o) e lett. p) della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Art. 61
Norma di prevalenza.
1. Le disposizioni degli articoli 59 e 60 sono immediatamente prevalenti sulle norme e sulle previsioni del PGT e dei regolamenti edilizi e di igiene comunali che risultino in contrasto con le stesse.
Art. 62
Interventi regolati dal piano di governo del territorio.
1. Gli interventi di manutenzione straordinaria, restauro, risanamento conservativo, ristrutturazione ed ampliamento, nonché le modifiche interne e la realizzazione dei volumi tecnici non sono soggetti alle disposizioni del presente titolo e sono regolati dalle previsioni del PGT. Per tali interventi è possibile inoltrare al comune denuncia di inizio attività. (114)
1-bis. La disciplina di cui al comma 1 si applica anche ai fini della realizzazione di edifici di piccole dimensioni, assentita esclusivamente ai fini della manutenzione del territorio rurale-boschivo, previa presentazione al comune del relativo atto di impegno, da trascriversi a cura e spese del proponente. Il piano delle regole definisce le dimensioni massime e i caratteri dell'edificio, nonché la superficie minima dell'area di riferimento (115).
2. [Per gli interventi di ristrutturazione o ampliamento, la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nel caso di vigenza di contratto o rapporto di affitto rustico sulle strutture rurali oggetto di intervento, fatto salvo il caso di dimostrata dismissione delle medesime da almeno cinque anni. La ristrutturazione dell'immobile deve essere attuata senza pregiudizio per il mantenimento o l'eventuale ripristino dell'attività agricola sulle aree non direttamente interessate dall'intervento. ] (116)
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(114) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. q), punto 1), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(115) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera fff), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(116) Comma abrogato dall'art. 1, comma 1, lett. q), punto 2), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Art. 62-bis
Norma transitoria.
1. Fino all’approvazione degli atti di PGT ai sensi dell’articolo 26, commi 2 e 3, le disposizioni del presente titolo si applicano in riferimento alle aree classificate dagli strumenti urbanistici comunali vigenti come zone agricole (117).
1-bis. Nel caso di cessazione di attività di allevamento per diminuire il rischio sanitario nei confronti di epizoozie soggette a lotta obbligatoria, in relazione agli edifici esistenti non più adibiti all'allevamento, il piano delle regole, in coerenza con i criteri definiti dal documento di piano, può riconoscere un credito urbanistico da utilizzare in ambito comunale (118).
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(117) Articolo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lett. r), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(118) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera ggg), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Titolo IV
Attività edilizie specifiche
Capo I
Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti
Art. 63
Finalità e presupposti.
1. La Regione promuove il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici.
1-bis. Si definiscono sottotetti i volumi sovrastanti l'ultimo piano degli edifici dei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura (119)
2. Negli edifici, destinati a residenza per almeno il venticinque per cento della superficie lorda di pavimento (s.L.P.) complessiva, esistenti alla data del 31 dicembre 2005, o assentiti sulla base di permessi di costruire rilasciati entro il 31 dicembre 2005, ovvero di denunce di inizio attività presentate entro il 1° dicembre 2005, è consentito il recupero volumetrico a solo scopo residenziale del piano sottotetto. (120)
3. Ai sensi di quanto disposto dagli articoli 36, comma 2 e 44, comma 2, il recupero volumetrico di cui al comma 2 può essere consentito solo nel caso in cui gli edifici interessati siano serviti da tutte le urbanizzazioni primarie, ovvero in presenza di impegno, da parte dei soggetti interessati, alla realizzazione delle suddette urbanizzazioni, contemporaneamente alla realizzazione dell'intervento ed entro la fine dei relativi lavori.
4. Il recupero volumetrico a solo scopo residenziale del piano sottotetto è consentito anche negli edifici, destinati a residenza per almeno il venticinque per cento della superficie lorda di pavimento complessiva, realizzati sulla base di permessi di costruire rilasciati successivamente al 31 dicembre 2005, ovvero di denunce di inizio attività presentate successivamente al 1° dicembre 2005, decorsi cinque anni dalla data di conseguimento dell'agibilità, anche per silenzio-assenso. (121)
5. Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito, previo titolo abilitativo, attraverso interventi edilizi, purché siano rispettate tutte le prescrizioni igienico-sanitarie riguardanti le condizioni di abitabilità previste dai regolamenti vigenti, salvo quanto disposto dal comma 6.
6. Il recupero abitativo dei sottotetti è consentito purché sia assicurata per ogni singola unità immobiliare l'altezza media ponderale di metri 2,40, ulteriormente ridotta a metri 2,10 per i comuni posti a quote superiori a seicento metri di altitudine sul livello del mare, calcolata dividendo il volume della parte di sottotetto la cui altezza superi metri 1,50 per la superficie relativa.
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(119) Comma aggiunto dall'art.1, comma 1, lett. a), della L.R. 27 dicembre 2005, n. 20.
(120) Comma così sostituito dall'art.1, comma 1, lett. b), della L.R. 27 dicembre 2005, n. 20.
(121) Comma così sostituito dall'art.1, comma 1, lett. c), della L.R. 27 dicembre 2005, n. 20.
Art. 64
Disciplina degli interventi.
1. Gli interventi edilizi finalizzati al recupero volumetrico dei sottotetti possono comportare l'apertura di finestre, lucernari, abbaini e terrazzi per assicurare l'osservanza dei requisiti di aeroilluminazione e per garantire il benessere degli abitanti, nonché, ove lo strumento urbanistico generale comunale vigente risulti approvato dopo l'entrata in vigore della L.R. n. 51/1975, modificazioni delle altezze di colmo e di gronda e delle linee di pendenza delle falde, purché nei limiti di altezza massima degli edifici posti dallo strumento urbanistico ed unicamente al fine di assicurare i parametri di cui all'articolo 63, comma 6.
2. Il recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti è classificato come ristrutturazione edilizia ai sensi dell'articolo 27, comma 1, lettera d). Esso non richiede preliminare adozione ed approvazione di piano attuativo ed è ammesso anche in deroga ai limiti ed alle prescrizioni degli strumenti di pianificazione comunale vigenti ed adottati, ad eccezione del reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali secondo quanto disposto dal comma 3.
3. Gli interventi di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, se volti alla realizzazione di nuove unità immobiliari, sono subordinati all'obbligo di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali nella misura prevista dagli strumenti di pianificazione comunale e con un minimo di un metro quadrato ogni dieci metri cubi della volumetria resa abitativa ed un massimo di venticinque metri quadrati per ciascuna nuova unità immobiliare. Il rapporto di pertinenza, garantito da un atto da trascriversi nei registri immobiliari, è impegnativo per sé e per i propri successori o aventi causa a qualsiasi titolo. Qualora sia dimostrata l'impossibilità, per mancata disponibilità di spazi idonei, ad assolvere tale obbligo, gli interventi sono consentiti previo versamento al comune di una somma pari al costo base di costruzione per metro quadrato di spazio per parcheggi da reperire. Tale somma deve essere destinata alla realizzazione di parcheggi da parte del comune.
4. Non sono assoggettati al versamento di cui al comma 3 gli interventi realizzati in immobili destinati all'edilizia residenziale pubblica di proprietà comunale, di consorzi di comuni o di enti pubblici preposti alla realizzazione di tale tipologia di alloggi.
5. Le norme sull'abbattimento delle barriere architettoniche, di cui all'articolo 14 della L.R. n. 6/1989, si applicano limitatamente ai requisiti di visitabilità ed adattabilità dell'alloggio.
6. Il progetto di recupero ai fini abitativi dei sottotetti deve prevedere idonee opere di isolamento termico anche ai fini del contenimento dei consumi energetici dell'intero fabbricato. Le opere devono essere conformi alle prescrizioni tecniche in materia contenute nei regolamenti vigenti nonché alle norme nazionali e regionali in materia di impianti tecnologici e di contenimento dei consumi energetici.
7. La realizzazione degli interventi di recupero di cui al presente capo comporta la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria nonché del contributo commisurato al costo di costruzione, calcolati sulla volumetria o sulla superficie lorda di pavimento resa abitativa secondo le tariffe approvate e vigenti in ciascun comune per le opere di nuova costruzione. I comuni possono deliberare l'applicazione di una maggiorazione, nella misura massima del venti per cento del contributo di costruzione dovuto, da destinare obbligatoriamente alla realizzazione di interventi di riqualificazione urbana, di arredo urbano e di valorizzazione del patrimonio comunale di edilizia residenziale.
8. I progetti di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, che incidono sull'aspetto esteriore dei luoghi e degli edifici e da realizzarsi in ambiti non sottoposti a vincolo paesaggistico, sono soggetti all'esame dell'impatto paesistico previsto dal piano territoriale paesistico regionale. Il giudizio di impatto paesistico è reso dalla commissione per il paesaggio di cui all'articolo 81, anche con applicazione del comma 5 del medesimo articolo, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla richiesta formulata dal responsabile del procedimento urbanistico, decorso il quale il giudizio si intende reso in senso favorevole.
9. La denuncia di inizio attività deve contenere l'esame dell'impatto paesistico e la determinazione della classe di sensibilità del sito, nonché il grado di incidenza paesistica del progetto, ovvero la relazione paesistica o il giudizio di impatto paesistico di cui al comma 8.
10. I volumi di sottotetto già recuperati ai fini abitativi in applicazione della legge regionale 15 luglio 1996, n. 15 (Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti), ovvero della disciplina di cui al presente capo, non possono essere oggetto di mutamento di destinazione d'uso nei dieci anni successivi al conseguimento dell'agibilità, anche per silenzio-assenso. (122)
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(122) Articolo così sostituito dall'art.1, comma 1, lett. d), della L.R. 27 dicembre 2005, n. 20.
Art. 65
Ambiti di esclusione.
1. Le disposizioni del presente capo non si applicano negli ambiti territoriali per i quali i comuni, con motivata deliberazione del consiglio comunale, ne abbiano disposta l'esclusione, in applicazione dell'articolo 1, comma 7, della legge regionale 15 luglio 1996, n. 15 (Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti).
1-bis. Fermo restando quanto disposto dal comma 1, i comuni, con motivata deliberazione, possono ulteriormente disporre l'esclusione di parti del territorio comunale, nonché di determinate tipologie di edifici o di intervento, dall'applicazione delle disposizioni del presente capo. (123)
1-ter. Con il medesimo provvedimento di cui al comma 1-bis, i comuni possono, altresì, individuare ambiti territoriali nei quali gli interventi di recupero ai fini abitativi dei sottotetti, se volti alla realizzazione di nuove unità immobiliari, sono, in ogni caso, subordinati all'obbligo di reperimento di spazi per parcheggi pertinenziali nella misura prevista dall'articolo 64, comma 3. (124)
1-quater. Le determinazioni assunte nelle deliberazioni comunali di cui ai commi 1, 1 bis e 1 ter hanno efficacia non inferiore a cinque anni e comunque fino all'approvazione dei PGT ai sensi dell'articolo 26, commi 2 e 3. Il piano delle regole individua le parti del territorio comunale nonché le tipologie di edifici o di intervento escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente capo. (125)
1-quinquies. In sede di redazione del PGT, i volumi di sottotetto recuperati ai fini abitativi in applicazione della L.R. n. 15/1996, ovvero delle disposizioni del presente capo, sono computati ai sensi dell'articolo 10, comma 3, lettera b). (126)
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(123) Comma aggiunto dall'art.1, comma 1, lett. e), della L.R. 27 dicembre 2005, n. 20.
(124) Comma aggiunto dall'art.1, comma 1, lett. e), della L.R. 27 dicembre 2005, n. 20.
(125) Comma aggiunto dall'art.1, comma 1, lett. e), della L.R. 27 dicembre 2005, n. 20.
(126) Comma aggiunto dall'art.1, comma 1, lett. e), della L.R. 27 dicembre 2005, n. 20.
Capo II
Norme inerenti alla realizzazione dei parcheggi
Art. 66
Localizzazione e rapporto di pertinenza.
1. I proprietari di immobili e gli aventi titolo sui medesimi possono realizzare nel sottosuolo degli stessi o di aree pertinenziali esterne, nonché al piano terreno dei fabbricati, nuovi parcheggi, da destinarsi a pertinenza di unità immobiliari residenziali e non, posti anche esternamente al lotto di appartenenza, senza limiti di distanza dalle unità immobiliari cui sono legati da rapporto di pertinenza, purché nell'ambito del territorio comunale o in comuni contermini, ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 marzo 1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane popolate nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 15 giugno 1955, n. 393).
2. Il rapporto di pertinenza è garantito da un atto unilaterale, impegnativo per sé, per i propri successori o aventi causa a qualsiasi titolo, da trascrivere nei registri immobiliari.
Art. 67
Disciplina degli interventi.
1. La realizzazione dei parcheggi non può contrastare con le previsioni del piano urbano del traffico, ove esistente, con le disposizioni e misure poste a tutela dei corpi idrici, con l'uso delle superfici sovrastanti e comporta necessità di deroga ai sensi dell'articolo 9, comma 1, della legge n. 122/1989, solo in presenza di specifiche previsioni urbanistiche della parte di sottosuolo interessata dall'intervento.
2. I parcheggi sono realizzabili anche al di sotto delle aree destinate ad attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale.
3. Fatto salvo quanto previsto al comma 1, sono in ogni caso consentite le opere accessorie, anche esterne, atte a garantire la funzionalità del parcheggio, quali rampe, aerazioni, collegamenti verticali e simili, nei limiti strettamente necessari per la loro accessibilità e per lo scopo specifico.
Art. 68
Utilizzo del patrimonio comunale.
1. I comuni, fatte salve le disposizioni in materia di aree per attrezzature pubbliche o di uso pubblico, anche su richiesta dei privati interessati, in forma individuale ovvero societaria, possono cedere in diritto di superficie aree del loro patrimonio o il sottosuolo delle stesse per la realizzazione di parcheggi privati pertinenziali e, a tal fine, individuano le localizzazioni necessarie.
2. Al fine della cessione di cui al comma 1, i comuni pubblicano apposito bando destinato a persone fisiche o giuridiche proprietarie o non proprietarie di immobili, riunite anche in forma cooperativa, nonché ad imprese di costruzione, definendo:
a) i requisiti dei soggetti aventi diritto;
b) le modalità di selezione delle richieste e di concessione del diritto di superficie sulle aree;
c) l'ambito territoriale di riferimento per soddisfare il fabbisogno di parcheggi delle unità immobiliari interessate;
d) la documentazione tecnico-progettuale necessaria;
e) le garanzie economico-finanziarie da prestare.
3. La costituzione del diritto di superficie è subordinata alla stipulazione di una convenzione, ai sensi del comma 4 dell'articolo 9 della legge n. 122/1989, recante altresì l'impegno del soggetto attuatore e dei suoi aventi causa a non mutare destinazione d'uso.
Art. 69
Regime economico.
1. I parcheggi, pertinenziali e non pertinenziali, realizzati anche in eccedenza rispetto alla quota minima richiesta per legge, costituiscono opere di urbanizzazione e il relativo titolo abilitativo è gratuito.
2. Ai fini del calcolo del costo di costruzione, le superfici destinate a parcheggi non concorrono alla definizione della classe dell'edificio.
Capo III
Norme per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi
Art. 70
Finalità.
1. La Regione ed i comuni concorrono a promuovere, conformemente ai criteri di cui al presente capo, la realizzazione di attrezzature di interesse comune destinate a servizi religiosi da effettuarsi da parte degli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica.
2. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli enti delle altre confessioni religiose come tali qualificate in base a criteri desumibili dall'ordinamento ed aventi una presenza diffusa, organizzata e stabile nell'ambito del comune ove siano effettuati gli interventi disciplinati dal presente capo, ed i cui statuti esprimano il carattere religioso delle loro finalità istituzionali e previa stipulazione di convenzione tra il comune e le confessioni interessate.
3. I contributi e le provvidenze disciplinati dalla presente legge hanno natura distinta ed integrativa rispetto ai finanziamenti a favore dell'edilizia di culto previsti in altre leggi dello Stato e della Regione, nonché in atti o provvedimenti amministrativi dei comuni diretti a soddisfare specifici interessi locali nell'esercizio delle proprie funzioni istituzionali.
Art. 71
Ambito di applicazione.
1. Sono attrezzature di interesse comune per servizi religiosi:
a) gli immobili destinati al culto anche se articolati in più edifici compresa l'area destinata a sagrato;
b) gli immobili destinati all'abitazione dei Ministri del culto, del personale di servizio, nonché quelli destinati ad attività di formazione religiosa;
c) nell'esercizio del ministero pastorale, gli immobili adibiti ad attività educative, culturali, sociali, ricreative e di ristoro compresi gli immobili e le attrezzature fisse destinate alle attività di oratorio e similari che non abbiano fini di lucro.
2. Le attrezzature di cui al comma 1 costituiscono opere di urbanizzazione secondaria ad ogni effetto, a norma dell'articolo 44, comma 4.
3. Gli edifici di culto e le attrezzature di interesse comune per servizi religiosi interamente costruiti con i contributi di cui al presente capo non possono essere in ogni caso sottratti alla loro destinazione, che deve risultare trascritta con apposito atto nei registri immobiliari, se non siano decorsi almeno vent'anni dall'erogazione del contributo. Tale vincolo di destinazione si estende anche agli edifici di culto ed alle altre attrezzature di interesse comune per servizi religiosi costruiti su aree cedute in diritto di superficie agli enti delle confessioni religiose che ne siano assegnatari i quali sono tenuti al rimborso dei contributi ed alla restituzione delle aree in caso di mutamento della destinazione d'uso delle attrezzature costruite sulle predette aree.
Art. 72
Rapporti con la pianificazione comunale.
1. Nel piano dei servizi e nelle relative varianti, le aree che accolgono attrezzature religiose, o che sono destinate alle attrezzature stesse, sono specificamente individuate, dimensionate e disciplinate sulla base delle esigenze locali, valutate le istanze avanzate dagli enti delle confessioni religiose di cui all'articolo 70. Le attrezzature religiose sono computate nella loro misura effettiva nell'ambito della dotazione globale di spazi per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale di cui all'articolo 9, senza necessità di regolamentazione con atto di asservimento o regolamento d'uso.
2. Qualunque sia la dotazione di attrezzature religiose esistenti, nelle aree in cui siano previsti nuovi insediamenti residenziali, il piano dei servizi, e relative varianti, assicura nuove aree per attrezzature religiose, tenendo conto delle esigenze rappresentate dagli enti delle confessioni religiose di cui all'articolo 70. Su istanza dell'ente interessato, le nuove aree per attrezzature religiose sono preferibilmente localizzate in continuità con quelle esistenti.
3. In aggiunta alle aree individuate ai sensi del comma 2, il piano dei servizi e i piani attuativi possono prevedere aree destinate ad accogliere attrezzature religiose di interesse sovracomunale. Le aree necessarie per la costruzione delle suddette attrezzature sono specificamente individuate, dimensionate e normate, nell'ambito della pianificazione urbanistica comunale, sulla base delle istanze all'uopo presentate dagli enti istituzionalmente competenti in materia di culto della Chiesa Cattolica e delle altre confessioni religiose di cui all'articolo 70.
4. Le aree destinate ad accogliere gli edifici di culto e le altre attrezzature per i servizi religiosi, anche di interesse sovracomunale, sono ripartite fra gli enti che ne abbiano fatto istanza in base alla consistenza ed incidenza sociale delle rispettive confessioni.
4-bis. Fino all'approvazione del piano dei servizi, la realizzazione di nuove attrezzature per i servizi religiosi è ammessa unicamente su aree classificate a standard nei vigenti strumenti urbanistici generali e specificamente destinate ad attrezzature per interesse comune (127).
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(127) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera hhh), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 73
Modalità e procedure di finanziamento.
1. In ciascun comune, almeno l'8 per cento delle somme riscosse per oneri di urbanizzazione secondaria è ogni anno accantonato in apposito fondo, risultante in modo specifico nel bilancio di previsione, destinato alla realizzazione delle attrezzature indicate all'articolo 71, nonché per interventi manutentivi, di restauro e ristrutturazione edilizia, ampliamento e dotazione di impianti, ovvero all'acquisto delle aree necessarie. Tale fondo è determinato con riguardo a tutti i permessi di costruire rilasciati e alle denunce di inizio attività presentate nell'anno precedente in relazione a interventi a titolo oneroso ed è incrementato di una quota non inferiore all'8 per cento:
a) del valore delle opere di urbanizzazione realizzate direttamente dai soggetti interessati a scomputo totale o parziale del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione secondaria;
b) del valore delle aree cedute per la realizzazione delle opere di urbanizzazione secondaria;
c) di ogni altro provento destinato per legge o per atto amministrativo alla realizzazione di opere di urbanizzazione secondaria.
2. I contributi sono corrisposti agli enti delle confessioni religiose di cui all'articolo 70 che ne facciano richiesta. A tal fine le autorità religiose competenti, secondo l'ordinamento proprio di ciascuna confessione, presentano al comune entro il 30 giugno di ogni anno un programma di massima, anche pluriennale, degli interventi da effettuare, dando priorità alle opere di restauro e di risanamento conservativo del proprio patrimonio architettonico esistente, corredato dalle relative previsioni di spesa.
3. Entro il successivo 30 novembre, il comune, dopo aver verificato che gli interventi previsti nei programmi presentati rientrino tra quelli di cui all'articolo 71, comma 1, ripartisce i predetti contributi tra gli enti di cui all'articolo 70 che ne abbiano fatto istanza, tenuto conto della consistenza ed incidenza sociale nel comune delle rispettive confessioni religiose, finanziando in tutto o in parte i programmi a tal fine presentati. Tali contributi, da corrispondere entro trenta giorni dall'esecutività della deliberazione di approvazione del bilancio annuale di previsione, sono utilizzati entro tre anni dalla loro assegnazione e la relativa spesa documentata con relazione che gli enti assegnatari trasmettono al comune entro sei mesi dalla conclusione dei lavori.
4. È in facoltà delle competenti autorità religiose di regolare i rapporti con il comune attraverso convenzioni nel caso in cui il comune stesso od i soggetti attuatori di piani urbanistici provvedano alla realizzazione diretta delle attrezzature di cui all'articolo 71.
5. Nel caso in cui non siano presentate istanze ai sensi del comma 2, l'ammontare del fondo è utilizzato per altre opere di urbanizzazione.
Titolo V
Beni Paesaggistici
Capo I
Esercizio delle funzioni regionali
Art. 74
Dichiarazione di notevole interesse pubblico di aree ed immobili.
1. La dichiarazione di notevole interesse pubblico dei beni di cui all'articolo 136 del D.Lgs. n. 42/2004 è disposta con deliberazione della Giunta regionale, secondo le procedure indicate dagli articoli da 137 a 140 del predetto decreto legislativo.
2. Restano, comunque, salve le competenze attribuite dall'articolo 141 del D.Lgs. n. 42/2004 al Ministero per i beni e le attività culturali.
Art. 75
Modificazioni e integrazioni degli elenchi dei beni soggetti a tutela.
1. La Giunta regionale può provvedere, secondo le procedure indicate nell'articolo 74, alla modificazione e integrazione dei provvedimenti di dichiarazione di notevole interesse pubblico emanati ai sensi del medesimo articolo, nonché delle notifiche, degli elenchi e dei provvedimenti di cui alle lettere a), b), c) ed e) del comma 1 dell'articolo 157 del D.Lgs. n. 42/2004.
Art. 76
Contenuti paesaggistici del piano territoriale regionale.
1. Il PTR, nella sua valenza di piano territoriale paesaggistico, individua gli obiettivi e le misure generali di tutela paesaggistica da perseguire nelle diverse parti del territorio regionale, attivando la collaborazione pianificatoria degli enti locali (128).
2. Le prescrizioni attinenti alla tutela del paesaggio contenute nel PTR sono cogenti per gli strumenti di pianificazione dei comuni, delle città metropolitane, delle province e delle aree protette e sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti di pianificazione. Il PTR può, altresì, stabilire norme di salvaguardia, finalizzate all'attuazione degli indirizzi e al raggiungimento degli obiettivi di qualità paesaggistica, applicabili sino all'adeguamento degli strumenti di pianificazione.
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(128) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera iii), L.R. 14 marzo 2008 , n. 4.
Art. 77
Coordinamento della pianificazione paesaggistica con altri strumenti di pianificazione.
1. Entro due anni dall'approvazione del PTR, i comuni, le province, le città metropolitane e gli enti gestori delle aree protette conformano e adeguano i loro strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica agli obiettivi e alle misure generali di tutela paesaggistica dettati dal PTR ai sensi dell'articolo 76, introducendo, ove necessario, le ulteriori previsioni conformative di maggiore definizione che, alla luce delle caratteristiche specifiche del territorio, risultino utili ad assicurare l'ottimale salvaguardia dei valori paesaggistici individuati dal PTR. I limiti alla proprietà derivanti da tali previsioni non sono oggetto di indennizzo (129).
2. Il procedimento di conformazione ed adeguamento degli strumenti di pianificazione agli indirizzi e agli obiettivi di qualità paesaggistica è disciplinato dallo stesso PTR, che deve assicurare la partecipazione degli organi ministeriali al procedimento medesimo.
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(129) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera jjj), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 78
Commissioni regionali (130).
1. Le commissioni regionali di cui all'articolo 137 del D.Lgs. 42/2004 sono presiedute dall'assessore regionale al territorio o, se delegato, dal dirigente della competente struttura regionale. Di ciascuna commissione fanno parte di diritto, oltre al presidente, il direttore della soprintendenza regionale, il soprintendente per i beni architettonici e per il paesaggio e il soprintendente per i beni archeologici competenti per territorio, nonché i dirigenti preposti a due unità o strutture organizzative competenti in materia di paesaggio. I restanti membri, in numero non superiore a quattro, sono nominati dalla Regione tra soggetti con qualificata, pluriennale e documentata professionalità ed esperienza nella tutela del paesaggio, eventualmente scelti nell'ambito di terne designate, rispettivamente, dalle università aventi sede nella Regione, dalle fondazioni aventi per statuto finalità di promozione e tutela del patrimonio culturale e dalle associazioni portatrici di interessi diffusi individuate dall'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale). Decorsi infruttuosamente sessanta giorni dalla richiesta di designazione, la Regione procede comunque alle nomine. Le commissioni durano in carica quattro anni (131).
2. Alle sedute delle commissioni partecipano, senza diritto di voto, i sindaci dei comuni interessati e i rappresentanti degli enti gestori delle aree regionali protette.
3. Le commissioni possono consultare un esperto in materia mineraria, in materia forestale o il dirigente dell'unità organizzativa regionale competente in relazione alla natura delle cose e delle località da tutelare.
4. Le commissioni, anche integrate, deliberano validamente con la presenza della maggioranza dei componenti.
5. Ai componenti delle commissioni ed ai membri aggregati spettano le indennità ed i rimborsi spese nella misura di legge, oltre al trattamento di missione se dovuto.
6. Le commissioni possono essere convocate, oltre che nel capoluogo regionale, anche sul territorio di competenza.
6-bis. Fino all'istituzione delle commissioni di cui al comma 1, le relative funzioni sono esercitate dalle commissioni istituite ai sensi della normativa previgente per l'esercizio di competenze analoghe (132).
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(130) Rubrica così sostituita dall'art. 1, comma 1, lettera kkk), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(131) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera lll), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(132) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera mmm), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 79
Adempimenti della Giunta regionale.
1. La Giunta regionale è autorizzata:
a) a conferire incarichi professionali per la redazione del PTR, nella sua valenza di piano territoriale paesaggistico, nonché per l'effettuazione di ricerche, per l'acquisizione o la realizzazione di dotazioni strumentali e pubblicazioni utili ai fini dell'attuazione del presente capo;
b) ad erogare agli enti locali ed agli enti gestori delle aree regionali protette contributi per la costituzione di strutture tecniche idonee e per l'esercizio delle funzioni loro attribuite (133);
c) a provvedere alle spese connesse all'attività delle commissioni regionali di cui all'articolo 78 (134);
d) a provvedere, a norma dell'articolo 140 del D.Lgs. n. 42/2004, alla pubblicazione degli elenchi di cui all'articolo 136 del D.Lgs. n. 42/2004.
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(133) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera nnn), L.R. 14 marzo 2008, n. 4. Si vedano anche la Delib.G.R. 30 maggio 2007, n. 8/4822: Contributi agli enti locali ed agli Enti Gestori delle aree regionali protette per la costituzione di strutture tecniche idonee all'esercizio delle funzioni paesaggistiche loro attribuite e la Delib.G.R. 11 luglio 2008, n. 8/7641: Determinazioni in materia di costituzione di idonee strutture tecniche per l'esercizio delle funzioni paesaggistiche degli Enti Locali ed Enti Gestori delle aree regionali protette.
(134) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera ooo), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Capo II
Autorizzazioni e sanzioni
Art. 80
Ripartizione delle funzioni amministrative.
1. Le funzioni amministrative per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica e l'irrogazione delle sanzioni di cui, rispettivamente, agli articoli 146, 159 e 167 del D.Lgs. n. 42/2004 sono esercitate dai comuni, ad eccezione di quanto previsto dai commi 2, 3, 4 e 5. Spetta, altresì, ai comuni l'espressione del parere di cui all'articolo 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie).
2. Spetta alla Regione l'esercizio delle predette funzioni amministrative per l'esecuzione di:
a) opere di competenza dello Stato, degli enti ed aziende statali, nonché opere di competenza regionale, ad eccezione di quelle relative agli interventi previsti dall'articolo 27, comma 1, lettere a), b), c), d), ivi compresi gli ampliamenti, ma esclusa la demolizione totale e la ricostruzione, e delle linee elettriche a tensione non superiore a quindicimila volt, che spettano ai comuni competenti per territorio;
b) opere idrauliche realizzate dall'Agenzia Interregionale per il fiume Po (A.I.PO.), nonché quelle relative ai canali indicati nell'allegato A della presente legge, da chiunque realizzate;
c) interventi riguardanti l'attività mineraria e interventi previsti dagli articoli 38 e 39 della legge regionale 8 agosto 1998, n. 14 (Nuove norme per la disciplina della coltivazione di sostanze minerali di cava);
d) interventi di deposito e smaltimento dei rifiuti di cui all'articolo 17 della L.R. n. 26/2003.
3. Spetta alla provincia competente per territorio l'esercizio delle predette funzioni amministrative per l'esecuzione di:
a) attività estrattiva di cava e di smaltimento rifiuti ad eccezione di quanto previsto dal comma 2;
b) opere di sistemazione montana di cui all'articolo 2, lettera d), della legge regionale 12 settembre 1983, n. 70 (Norme sulla realizzazione di opere pubbliche di interesse regionale);
c) strade di interesse provinciale;
d) interventi da realizzarsi nelle aree di demanio lacuale relativamente ai laghi indicati nell'allegato A della presente legge;
e) interventi di trasformazione del bosco di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227 (Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), ad eccezione di quanto previsto dal comma 3-bis (135).
e-bis) linee elettriche a tensione superiore a quindicimila e fino a centocinquantamila volt (136).
3-bis. Nei territori compresi all'interno dei perimetri delle comunità montane, le funzioni amministrative di cui al comma 1 inerenti ad interventi di trasformazione del bosco, di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227 (Orientamento e modernizzazione del settore forestale, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), sono esercitate dalle comunità montane (137).
4. Le funzioni amministrative di cui al comma 1 inerenti ad opere idrauliche realizzate dagli enti locali, sono esercitate dagli enti locali stessi, sulla base di criteri approvati dalla Giunta regionale, con proprio provvedimento, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
5. Nei territori compresi all'interno dei perimetri dei parchi regionali, le funzioni autorizzative, consultive e sanzionatorie di competenza dei comuni ai sensi dei commi 1 e 4, sono esercitate dagli enti gestori dei parchi, ad eccezione dei territori assoggettati all'esclusiva disciplina comunale dai piani territoriali di coordinamento dei parchi.
6. Le funzioni amministrative riguardanti i provvedimenti inibitori e di sospensione dei lavori sono esercitate dagli enti di cui al presente articolo, secondo le rispettive competenze.
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(135) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera ppp), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(136) Lettera aggiunta dallìart. 1, comma 1, lett. s), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(137) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera qqq), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 81
Istituzione delle commissioni per il paesaggio.
1. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, ogni ente locale titolare, ai sensi dell'articolo 80, di funzioni amministrative riguardanti l'autorizzazione paesaggistica e l'irrogazione delle relative sanzioni, istituisce e disciplina una commissione per il paesaggio, composta da soggetti aventi particolare e qualificata esperienza nella tutela paesaggistico-ambientale.
2. Gli enti locali, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 80, comma 5, possono istituire e disciplinare la commissione di cui al comma 1 in forma consorziata o associata, anche in relazione alle specificità paesaggistiche territoriali individuate nel PTCP.
3. La commissione esprime parere obbligatorio in merito al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche di competenza dell'ente presso il quale è istituita.
4. La Regione può stipulare accordi con il Ministero per i beni e le attività culturali che prevedano le modalità di partecipazione del Ministero stesso alle commissioni per il paesaggio.
5. Per le autorizzazioni paesaggistiche di competenza, ai sensi dell'articolo 80, commi 1 e 5, dei comuni o degli enti gestori dei parchi regionali, sino all'istituzione delle rispettive commissioni per il paesaggio, il parere obbligatorio previsto dal comma 3 è reso dalla commissione edilizia, ove esistente, del comune territorialmente competente, integrata da almeno due esperti in materia di tutela paesaggistico-ambientale. La commissione edilizia formula il parere di competenza alla presenza di almeno uno degli esperti, le cui valutazioni devono essere riportate per esteso nei verbali di seduta, allegando relazione scritta. Qualora la commissione edilizia non sia stata istituita, il regolamento edilizio comunale attribuisce esclusivamente ai suindicati esperti le predette funzioni valutative.
Art. 82
Modalità per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.
1. Gli enti competenti, ai sensi dell'articolo 80, al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, provvedono con applicazione della procedura transitoria di cui all'articolo 159 del D.Lgs. n. 42/2004, sino all'adeguamento dei loro strumenti di pianificazione al PTR o, in mancanza, al piano territoriale paesistico regionale, una volta adeguato alle disposizioni dell'articolo 156, comma 1, del D.Lgs. n. 42/2004.
2. Avvenuto l'adeguamento degli strumenti di pianificazione dei predetti enti, per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica si applica la procedura di cui all'articolo 146 del D.Lgs. n. 42/2004.
3. L'autorizzazione paesaggistica vale per un periodo di cinque anni decorrenti dalla data di rilascio della stessa.
Art. 83
Sanzioni amministrative a tutela del paesaggio.
1. L'applicazione della sanzione pecuniaria, prevista dall'articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004, in alternativa alla rimessione in pristino, è obbligatoria anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale e, in tal caso, deve essere quantificata in relazione al profitto conseguito e, comunque, in misura non inferiore a cinquecento euro.
Art. 84
Criteri per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di tutela dei beni paesaggistici.
1. Gli enti competenti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche e alla irrogazione delle sanzioni amministrative si attengono alle disposizioni in merito emanate dalla Giunta regionale (138).
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(138) Si veda la Delib.G.R. 6 agosto 2008, n. 8/7977 che approva i criteri per la verifica della sussistenza dei requisiti di organizzazione e di competenza tecnico-scientifica stabiliti dall'art. art. 146, comma 6 del D.Lgs. n. 42/2004.
Art. 85
Supporto agli enti locali.
1. La Giunta regionale assicura agli enti locali, che intendano avvalersene, idonea collaborazione tecnico-consultiva mediante individuazione della struttura operativa preposta e delle modalità di svolgimento del servizio in modo da garantire agli enti locali un riferimento unico all'interno del competente settore della Giunta stessa.
Art. 86
Interventi sostitutivi in caso di inerzia o di ritardi.
1. L'autorizzazione paesaggistica è rilasciata o negata dagli enti competenti nel termine di sessanta giorni dalla presentazione della relativa istanza, decorso inutilmente il quale gli interessati, entro i successivi trenta giorni, possono presentare istanza di autorizzazione alla competente soprintendenza, dandone comunicazione all'amministrazione competente, ai sensi del comma 4 dell'articolo 159 del D.Lgs. n. 42/2004.
2. Nel caso di accertata inerzia dei comuni nell'irrogazione delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004, la Regione, ovvero le province a far tempo dall'efficacia del rispettivo PTCP, a seguito di specifica istanza e qualora accerti la sussistenza di un danno ai valori paesaggistici tutelati, interviene in via sostitutiva irrogando la sanzione stessa.
3. Al fine di attivare il procedimento di cui al comma 2, chiunque abbia interesse, verificata l'inerzia comunale, può, con atto notificato o trasmesso in plico raccomandato con avviso di ricevimento, intimare al comune di provvedere nel termine di quindici giorni dal ricevimento della richiesta.
4. Ad avvenuta infruttuosa decorrenza del termine previsto dal comma 3, è data facoltà all'interessato di inoltrare al dirigente della competente struttura, regionale o provinciale, istanza per l'esercizio del potere sostitutivo. Il dirigente effettua gli accertamenti necessari in ordine alla sussistenza o meno di un danno ai valori paesaggistici tutelati. Dell'avvenuto accertamento del danno ai valori paesaggistici tutelati, il dirigente della competente struttura, regionale o provinciale, dà immediata comunicazione al comune, al titolare dell'autorizzazione paesaggistica, ove rilasciata, al proprietario della costruzione e al progettista affinché gli stessi possano presentare le relative controdeduzioni entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, che si intende quale avvio del procedimento sanzionatorio ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 241/1990.
5. Trascorso il termine di cui al comma 4, il dirigente della competente struttura, regionale o provinciale, valuta le controindicazioni pervenute in detto termine e, qualora risulti confermata la violazione dei valori paesaggistici tutelati, invita il comune ad irrogare la sanzione entro i successivi trenta giorni.
6. Il Presidente della Giunta regionale o provinciale, o l'assessore competente, se delegato, scaduto inutilmente il termine di trenta giorni, nomina nei successivi trenta giorni, un commissario ad acta, scelto tra i soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 31.
7. Entro il termine di sessanta giorni dalla nomina, il commissario ad acta assume, in via sostitutiva, la sanzione stessa; gli oneri derivanti dall'attività del commissario ad acta sono posti a carico del comune inadempiente.
8. Nel caso di accertata inerzia delle province nell'irrogazione delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 167 del D.Lgs. n. 42/2004, il potere sostitutivo è comunque esercitato dalla Regione, secondo la procedura di cui ai commi da 2 a 7.
Titolo VI
Procedimenti speciali e discipline di settore
Capo I
Disciplina dei programmi integrati di intervento
Art. 87
Programmi integrati di intervento.
1. I comuni, nell'ambito delle previsioni del documento di piano di cui all'articolo 8 e nel rispetto di quanto disposto dall'articolo 15, commi 4 e 5, promuovono la formazione di programmi integrati di intervento al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale del proprio territorio.
2. Il programma integrato di intervento è caratterizzato dalla presenza di almeno due dei seguenti elementi:
a) previsione di una pluralità di destinazioni e di funzioni, comprese quelle inerenti alle infrastrutture pubbliche e d'interesse pubblico, alla riqualificazione ambientale naturalistica e paesaggistica;
b) compresenza di tipologie e modalità d'intervento integrate, anche con riferimento alla realizzazione ed al potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
c) rilevanza territoriale tale da incidere sulla riorganizzazione dell'ambito urbano.
3. Il programma integrato di intervento può prevedere il concorso di più soggetti operatori e risorse finanziarie, pubblici e privati.
4. I programmi integrati di intervento sono sottoposti a valutazione d'impatto ambientale nei casi previsti dalla vigente legislazione statale e regionale.
Art. 88
Ambiti e obiettivi.
1. Il programma integrato d'intervento si attua su aree anche non contigue tra loro, in tutto od in parte edificate o da destinare a nuova edificazione, ivi comprese quelle intercluse o interessate da vincoli espropriativi decaduti.
2. Esso persegue obiettivi di riqualificazione urbana ed ambientale, con particolare riferimento ai centri storici, alle aree periferiche, nonché alle aree degradate o dismesse di cui all'articolo 1, comma 3-bis (139).
2-bis. Per le aree destinate ad attrezzature connesse alla mobilità , ad impianti ferroviari, a servizi e impianti tecnologici, a servizi speciali, di cui sia dimostrata l'effettiva dismissione o la non attualità delle previsioni urbanistiche, a fronte degli obiettivi di riqualificazione urbana e ambientale, il programma integrato di intervento può prevedere indici volumetrici equiparati a quelli previsti per la trasformazione delle aree industriali dismesse, ovvero incentivi ai sensi dell'articolo 11, comma 5, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 90, comma 1. Tali indici devono essere giustificati dal raggiungimento di obiettivi strategici già fissati nel documento di piano o dal documento di inquadramento e dal perseguimento di rilevanti vantaggi per l'interesse pubblico.
In particolare, gli interventi da realizzarsi a norma del presente comma, su aree destinate, in tutto o in parte, ad attrezzature connesse alla mobilità ed ad impianti ferroviari, sono definiti di rilevanza regionale ai sensi e per gli effetti dell'articolo 92, commi 4, 5, 6 e 7. In tal caso, il programma integrato di intervento, può prevedere, in sede di negoziazione, a carico del soggetto attuatore, interventi di potenziamento della mobilità regionale (140).
3. Il programma integrato di intervento può interessare anche il territorio di più comuni confinanti.
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(139) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera rrr), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(140) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera sss), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 89
Interventi su aree destinate all'agricoltura.
1. In deroga alle disposizioni del titolo terzo della parte seconda della presente legge, i programmi integrati di intervento nei cui ambiti risultino comprese aree destinate all'agricoltura e aree non destinate a trasformazione urbanistica ai sensi dell'articolo 10, comma 4, lettera c), ad esclusione delle aree intercluse in zone già urbanizzate e non funzionali all'agricoltura stessa e dismesse da tale attività ai sensi del comma 3-bis, sono volti unicamente al recupero dei manufatti edilizi esistenti, mediante interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia, nel rispetto delle caratteristiche ambientali, paesaggistiche e agricole del territorio (141).
2. Non sono comunque ammessi interventi comportanti la dismissione di edifici e, anche parzialmente, di aree effettivamente adibite all'attività agricola; a tal fine il proponente deve produrre certificato rilasciato dal competente organismo tecnico.
3. In coerenza con le previsioni del piano delle regole, se vigente, nelle aree destinate all'agricoltura e ritirate dalla produzione o abbandonate, i programmi integrati di intervento devono perseguire anche obiettivi di recupero ambientale.
3-bis. La dismissione o il ritiro dall'attività agricola per almeno un triennio delle aree e dei fabbricati compresi nei programmi integrati di intervento di cui al comma 3 è attestata dalla provincia competente sulla base delle comunicazioni d'interruzione dell'attività acquisite agli atti e può essere oggetto di autocertificazione corredata da copia delle comunicazioni stesse munite degli estremi di trasmissione alla provincia (142).
4. Le norme del presente articolo non si applicano alle aree destinate all'attività agricola individuate ai sensi dell'articolo 15, commi 4 e 5.
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(141) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera ttt), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
(142) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera uuu), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 90
Aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale.
1. I programmi integrati di intervento garantiscono, a supporto delle funzioni insediate, una dotazione globale di aree o attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, valutata in base all'analisi dei carichi di utenza che le nuove funzioni inducono sull'insieme delle attrezzature esistenti nel territorio comunale, in coerenza con quanto sancito dall'articolo 9, comma 4.
2. In caso di accertata insufficienza o inadeguatezza di tali attrezzature ed aree, i programmi integrati di intervento ne individuano le modalità di adeguamento, quantificandone i costi e assumendone il relativo fabbisogno, anche con applicazione di quanto previsto dall'articolo 9, commi 10, 11 e 12.
3. Qualora le attrezzature e le aree risultino idonee a supportare le funzioni previste, può essere proposta la realizzazione di nuove attrezzature indicate nel piano dei servizi di cui all'articolo 9, se vigente, ovvero la cessione di aree, anche esterne al perimetro del singolo programma, purché ne sia garantita la loro accessibilità e fruibilità.
4. È consentita la monetizzazione della dotazione di cui al comma 1 soltanto nel caso in cui il comune dimostri specificamente che tale soluzione sia la più funzionale per l'interesse pubblico. In ogni caso la dotazione di parcheggi pubblici e di interesse pubblico ritenuta necessaria dal comune deve essere assicurata in aree interne al perimetro del programma o comunque prossime a quest'ultimo, obbligatoriamente laddove siano previste funzioni commerciali o attività terziarie aperte al pubblico.
5. Nel caso in cui il programma integrato di intervento preveda la monetizzazione ai sensi dell'articolo 46, la convenzione di cui all'articolo 93 deve contenere l'impegno del comune ad impiegare tali somme esclusivamente per l'acquisizione di fabbricati o aree specificamente individuati nel piano dei servizi e destinati alla realizzazione di attrezzature e servizi pubblici, ovvero per la realizzazione diretta di opere previste nel medesimo piano.
Art. 91
Attivazione dei programmi integrati di intervento.
1. In attuazione dei contenuti del documento di piano di cui all'articolo 8, possono presentare al comune proposte di programmazione integrata soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati tra loro. I soggetti privati possono presentare proposte di programmi integrati di intervento se aventi la disponibilità di aree od immobili compresi nel relativo ambito di intervento, secondo quanto disposto dall'articolo 12, comma 4, e salvo quanto previsto dalla vigente legislazione in materia di formazione del comparto edificatorio, equivalendo, in tal caso, l'approvazione del programma integrato di intervento a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza per le opere in esso contenute.
2. La documentazione minima da presentare a corredo della proposta è individuata dalla giunta comunale con deliberazione, in assenza della quale si applica quanto previsto dalla Giunta regionale con la deliberazione 9 luglio 1999, n. 6/44161 (Adempimenti previsti dall'articolo 7, comma 3, della L.R. 12 aprile 1999, n. 9 «Disciplina dei programmi integrati di intervento» - Approvazione circolare esplicativa).
Art. 92
Approvazione dei programmi integrati di intervento.
1. I programmi integrati di intervento sono approvati con la procedura di cui all'articolo 14, salvo quanto previsto dai commi da 3 a 9 del presente articolo.
2. Al fine di evidenziare il rapporto con le previsioni del PGT, alla deliberazione di approvazione del programma integrato di intervento è allegata una tavola recante l'individuazione dell'ambito compreso nel programma integrato stesso con indicazione delle funzioni insediate, delle volumetrie e delle attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale previste dal programma integrato di intervento, specificando altresì le eventuali varianti apportate agli atti del PGT.
3.Qualora il programma integrato di intervento modifichi i criteri e gli indirizzi contenuti nel documento di piano, il consiglio comunale, con deliberazione analiticamente motivata, assume le proprie determinazioni in sede di ratifica dell’accordo di programma nei casi di applicazione del comma 4, ovvero in sede di adozione dello stesso nei casi di applicazione del comma 8. (143)
4. Qualora il programma integrato di intervento comporti variante agli strumenti urbanistici comunali vigenti o adottati ed abbia rilevanza regionale secondo quanto definito al comma 5, per la sua approvazione il sindaco promuove la procedura di accordo di programma prevista dall'articolo 34 del D.Lgs. n. 267/2000, fatto salvo l'espletamento delle procedure di pubblicazione e osservazioni, da effettuarsi rispettivamente nel termine di quindici giorni consecutivi.
5. Sono definiti di rilevanza regionale i programmi integrati di intervento per i quali siano previsti:
a) interventi finanziari a carico della Regione;
b) opere previste dal programma regionale di sviluppo e dai suoi aggiornamenti annuali, nonché dagli altri piani e programmi regionali di settore;
c) grandi strutture di vendita;
d) opere dello Stato o di interesse statale.
6. L'approvazione degli accordi di programma di cui al comma 4 è di competenza della Regione.
7. La verifica di compatibilità del progetto di variante urbanistica contenuto nell'accordo di programma con gli aspetti di carattere sovracomunale del PTCP, prevista dall'articolo 3, comma 18, della L.R. n. 1/2000, ovvero dall'articolo 13, comma 5, della presente legge, è resa dalla provincia alla conferenza dei rappresentanti di cui all'articolo 34 del D.Lgs. n. 267/2000.
8. I programmi integrati di intervento in variante agli strumenti urbanistici comunali vigenti o adottati, non aventi rilevanza regionale ai sensi del comma 5, sono adottati e approvati dal consiglio comunale con la procedura di cui all'articolo 14, commi 2, 3 e 4, acquisita la verifica provinciale di compatibilità di cui all'articolo 3, comma 18, della L.R. n. 1/2000, ovvero all'articolo 13, comma 5, della presente legge, intendendosi i termini ivi previsti ridotti a quarantacinque giorni. (144)
9. Qualora il programma integrato di intervento comporti variante anche al piano territoriale di coordinamento provinciale, la variante è approvata, senza altra formalità e previo espletamento delle procedure di pubblicazione e osservazioni, da affettuarsi, nel termine complessivo di trenta giorni continuativi, dal consiglio provinciale entro sessanta giorni dalla trasmissione degli atti ai sensi del presente articolo, decorsi i quali la variante si intende respinta.
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(143) Comma sostituito dall'art. 1, comma 1, lett. t), punto 1), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
(144) Comma modificato dall'art. 1, comma 1, lett. t), punto 2), della L.R. 14 luglio 2006, n. 12.
Art. 93
Attuazione dei programmi integrati di intervento.
1. Per l'attuazione del programma integrato di intervento, i soggetti attuatori ed il comune sottoscrivono una convenzione avente i contenuti stabiliti dall'articolo 46, in quanto compatibili con le disposizioni del presente capo. La convenzione prevede altresì i reciproci diritti ed obblighi dei diversi operatori pubblici e privati, nonché i tempi, comunque non superiori a dieci anni, di realizzazione degli interventi contemplati nel programma integrato di intervento.
2. Con la medesima convenzione, o con ulteriore specifico atto, sono stabilite le modalità di gestione delle attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale realizzate e gestite dai soggetti privati, in particolare prevedendo gli obblighi a carico del gestore e le relative sanzioni, le modalità di trasferimento a terzi, le condizioni per l'eventuale acquisizione del bene da parte del comune e le opportune forme di garanzia a favore del comune stesso.
3. Qualora sia necessario, in relazione all'entità od alla rilevanza del programma integrato di intervento, l'attuazione degli interventi ivi previsti può essere frazionata in stralci funzionali, preventivamente determinati.
4. Decorso un anno dalla definitiva approvazione del programma integrato di intervento senza che sia stata sottoscritta dagli operatori privati la convenzione di cui al comma 1, il sindaco diffida i soggetti proponenti a sottoscrivere entro un termine non superiore a novanta giorni la convenzione annessa al programma integrato di intervento; in caso di inutile decorso del termine assegnato, dichiara l'intervenuta decadenza del programma medesimo ad ogni effetto, compreso quello di variante alla vigente strumentazione urbanistica.
5. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 14, comma 12, la procedura di approvazione del programma integrato di intervento si applica anche alle varianti allo stesso.
Art. 94
Programmi di recupero urbano e programmi integrati di recupero.
1. Le disposizioni di cui al presente capo si applicano anche ai programmi di recupero urbano (PRU) di cui all'articolo 11 del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493.
2. In deroga all'articolo 5, comma 5, della legge regionale 2 aprile 1990, n. 23 (Norme per l'attuazione dei programmi di recupero edilizio ed urbanistico), la modifica dei programmi di recupero approvati dal consiglio comunale non è soggetta ad approvazione regionale qualora non comporti variazioni all'assetto urbanistico e non incida sugli elementi di cui all'articolo 6 della medesima legge, relativi alla priorità per la concessione dei finanziamenti. Di tale modifica è data comunicazione alla Regione.
Capo II
Altri procedimenti speciali
Art. 95
Disposizioni generali di raccordo con leggi regionali di finanziamento.
1. Le previsioni contenute nelle leggi regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, che disciplinano l'erogazione, a qualsiasi titolo, di contributi o finanziamenti per interventi sul territorio, con finalità di promozione economico-sociale, sono da intendersi sostituite ad ogni effetto, nella parte in cui disciplinano l'approvazione di varianti urbanistiche connesse all'approvazione del contributo, dalle disposizioni del presente articolo.
2. La richiesta di finanziamento alla Regione relativa a interventi in contrasto con le previsioni del PGT è corredata da copia della deliberazione del consiglio comunale di approvazione dell'intervento a fini urbanistici, dall'attestazione dell'avvenuta pubblicazione per un periodo di trenta giorni, nonché da copia della deliberazione del consiglio comunale di controdeduzione alle eventuali osservazioni pervenute.
3. La competente direzione generale della Giunta regionale cura l'acquisizione del parere della provincia interessata in merito alla compatibilità dell'intervento oggetto di istanza con gli atti di programmazione e pianificazione provinciale, qualora non vi abbia già provveduto il comune interessato.
4. Non possono essere approvati interventi in deroga a previsioni prevalenti dei piani territoriali della Regione e della provincia competente.
5. L'approvazione dell'intervento, ai fini dell'erogazione del contributo, da parte dell'organo regionale competente, ai sensi della rispettiva legge di settore, costituisce automatica variante agli strumenti di pianificazione del territorio comunale e, ove necessario, provinciale, in deroga alle disposizioni procedurali della parte prima della presente legge.
6. Il presente articolo non si applica agli interventi previsti da strumenti di programmazione negoziata regionale e da strumenti finanziari per le politiche infrastrutturali, che restano soggetti alla relativa disciplina speciale.
Art. 96
Modifiche alla legge regionale 12 aprile 1999, n. 10 «Piano territoriale d'area Malpensa. Norme speciali per l'aerostazione intercontinentale Malpensa 2000».
1. Alla legge regionale 12 aprile 1999, n. 10 sono apportate le seguenti modifiche:
a) il comma 5 dell'articolo 2 è abrogato;
b) il comma 2 dell'articolo 6 è sostituito dal seguente:
«2. A seguito della definizione delle curve di isolivello del rumore, recepite con deliberazione di Giunta regionale ed entro sei mesi dalla pubblicazione di quest'ultima, i comuni adeguano i propri strumenti urbanistici con le procedure previste dall'articolo 3 della L.R. n. 23/1997; in caso di inerzia del comune interessato nell'assunzione del provvedimento conclusivo dei procedimenti di adozione, ovvero di approvazione della variante, il dirigente della competente struttura regionale o provinciale, a far tempo dall'efficacia del rispettivo piano territoriale, interviene, anche d'ufficio, invitando il comune ad assumere il provvedimento conclusivo del procedimento, rispettivamente, di adozione o di approvazione della variante entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, che si intende quale avvio del procedimento sostitutivo ai sensi dell'articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi). Il Presidente della Giunta regionale o provinciale, o l'assessore competente, se delegato, scaduto inutilmente il termine di trenta giorni, nomina, nei successivi quindici giorni, un commissario ad acta, scelto tra i soggetti iscritti all'albo regionale o provinciale. Entro il termine di sessanta giorni dalla nomina, il commissario ad acta assume, in via sostitutiva, gli atti e i provvedimenti necessari per la conclusione del procedimento di adozione, ovvero di approvazione, della variante; gli oneri derivanti dall'attività del commissario ad acta sono posti a carico del comune inadempiente.».
Art. 97
Sportello unico per le attività produttive.
1. Qualora i progetti presentati allo sportello unico per le attività produttive risultino in contrasto con il PGT, si applica la disciplina dettata dall'articolo 5 del D.P.R. n. 447/1998, integrata dalle disposizioni di cui al presente articolo.
2. Alla conferenza di servizi è sempre invitata la provincia ai fini della valutazione della compatibilità del progetto con il proprio piano territoriale di coordinamento.
3. Non sono approvati i progetti per i quali la conferenza di servizi rilevi elementi di incompatibilità con previsioni prevalenti del PTCP o del PTR.
4. In caso di esito favorevole della conferenza, ai fini del perfezionamento della variazione urbanistica connessa al progetto approvato, il termine per il deposito degli atti in pubblica visione, previo avviso su almeno un quotidiano o periodico a diffusione locale, è di quindici giorni ed il termine per la presentazione di osservazioni è di quindici giorni decorrenti dallo scadere del termine di deposito degli atti in pubblica visione.
5. La procedura di verifica o di valutazione di impatto ambientale relativa all'intervento, qualora necessaria, precede la convocazione della conferenza.
5-bis. Nel caso di approvazione di progetti comportanti variante alla strumentazione urbanistica, prima della definitiva approvazione della variante ad opera del consiglio comunale, il proponente deve sottoscrivere un atto unilaterale d'obbligo, con il quale si impegna a realizzare l'intervento secondo i contenuti e gli obiettivi prefissati, nonché a iniziare i relativi lavori entro nove mesi dal perfezionamento della variante, decorsi i quali il sindaco dichiara l'intervenuta decadenza del progetto ad ogni effetto, compreso quello di variante urbanistica (145).
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(145) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera vvv), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 98
Disposizioni straordinarie per la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico.
1. Per la realizzazione di opere pubbliche o di interesse pubblico dirette a garantire la sicurezza dei cittadini, con la realizzazione di sedi, attrezzature e presidi delle forze dell'ordine e della vigilanza urbana, comportanti variante agli atti di PGT, si applicano le disposizioni procedurali di cui all'articolo 13, commi 1, 2, 4, 7, primo periodo, 9, 10 e 11, fermo restando l'obbligatorio adeguamento alle previsioni prevalenti dei piani regionale e provinciali di coordinamento. Le medesime disposizioni si applicano, altresì, in tutti i casi in cui la variante sia necessaria per procedere alla realizzazione degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente, come definiti dall'articolo 27, diretti al risanamento di edifici anche singoli in evidente stato di degrado, o per finalità sociali, ovvero al recupero di aree.
2. Nei casi di cui al comma 1, all'istanza di intervento è allegata, a cura del proponente, una relazione avente contenuto tecnico, sociale ed economico, che dimostri la necessità della variante agli atti di PGT, nonché dichiarazione del sindaco attestante che la variante è finalizzata alla soluzione di problemi di sicurezza e di ordine pubblico, o richiesta del comitato provinciale per l'ordine pubblico e la sicurezza.
3. Per la realizzazione degli interventi di cui al comma 1, i tempi per il procedimento di variante e per il rilascio dei permessi di costruire, previsti dalla presente legge, sono ridotti alla metà.
4. L'infruttuosa decorrenza dei termini di cui al comma 3 costituisce presupposto per la richiesta di intervento sostitutivo.
5. Il potere di intervento sostitutivo è esercitato dalla Regione, ovvero dalle province, a far tempo dall'efficacia del rispettivo PTCP.
6. Al fine di attivare il procedimento di cui al comma 5, l'interessato, verificata l'inerzia comunale, può, con atto notificato o trasmesso in plico raccomandato con avviso di ricevimento, intimare al comune di provvedere nel termine di quindici giorni dal ricevimento della richiesta.
7. Ad avvenuta infruttuosa decorrenza del termine previsto dal comma 6, è data facoltà all'interessato di inoltrare al dirigente della competente struttura regionale o provinciale istanza per la nomina di un commissario ad acta; il dirigente della competente struttura regionale o provinciale interviene invitando il comune ad assumere il provvedimento conclusivo del procedimento, rispettivamente, di adozione o di approvazione della variante, ovvero per il rilascio del permesso di costruire, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, che si intende quale avvio del procedimento sostitutivo ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 241/1990. Il Presidente della Giunta regionale o provinciale, o l'assessore competente, se delegato, scaduto inutilmente il termine di trenta giorni, nomina nei successivi quindici giorni, un commissario ad acta, scelto tra i soggetti iscritti all'albo di cui all'articolo 31.
8. Entro il termine di trenta giorni, il commissario ad acta assume, in via sostitutiva, gli atti e i provvedimenti necessari per la conclusione del procedimento di adozione o di approvazione della variante, ovvero per il rilascio del permesso di costruire; gli oneri derivanti dall'attività del commissario ad acta sono posti a carico del comune inadempiente.
Art. 98-bis
Localizzazione dei centri di telefonia in sede fissa.
1. I comuni individuano gli ambiti territoriali nei quali è ammessa la localizzazione dei centri di telefonia in sede fissa e definiscono la disciplina urbanistica cui è in ogni caso subordinato il loro insediamento, con particolare riferimento alla disponibilità di aree per parcheggi, nonché alla compatibilità con le altre funzioni urbane e con la viabilità di accesso.
2. Le determinazioni di cui al comma 1 sono operate dai comuni negli atti di PGT, ovvero, fino all'adeguamento di cui all'articolo 26, commi 2 e 3, con variante allo strumento urbanistico vigente da assumersi ai sensi dell'articolo 25, comma 1, secondo la fattispecie di cui all'articolo 2, comma 2, lettera i), della L.R. n. 23/1997 che trova applicazione senza l'eccezione prevista dalla stessa lettera i).
3. Nelle more delle determinazioni di cui ai commi 1 e 2 non è consentita l'apertura di nuovi centri di telefonia in sede fissa, né la rilocalizzazione di centri preesistenti (146)
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(146) Articolo aggiunto dall'art. 7, comma 1, lett. a), della L.R. 3 marzo 2006, n. 6.
Art. 99
Norma finanziaria.
1. Alle spese per la realizzazione del SIT di cui all'articolo 3, comma 1, si provvede con le risorse stanziate all'UPB 4.10.1.2.3.102 «Semplificazione e miglioramento dei procedimenti amministrativi concernenti l'approvazione di strumenti urbanistici e di autorizzazioni paesistiche»; alle spese per il conferimento di incarichi professionali di cui all'articolo 22, comma 2, per i contributi per la predisposizione da parte dei piccoli comuni, come individuati dall'articolo 2 della L.R. n. 11/2004, degli strumenti di programmazione e pianificazione e, da parte delle province, per la redazione ed aggiornamento dei piani territoriali di coordinamento provinciali di cui all'articolo 24, comma 1, e per la pubblicazione degli elenchi dei beni soggetti a tutela e per l'attività connessa delle commissioni provinciali di cui all'articolo 79, comma 1, lettere c) e d), si provvede con le risorse stanziate all'UPB 4.10.1.3.2.103 «Piano Territoriale Regionale»; alle spese per la conoscenza del territorio per la prevenzione dei rischi di cui all'articolo 55, commi 1 e 3, si provvede con le risorse stanziate all'UPB 4.10.3.1.2.108 «Prevenzione del rischio idraulico ed idrogeologico e sismico»; alle spese per i contributi ai comuni ed alle province di cui all'articolo 58, comma 1, si provvede con le risorse stanziate all'UPB 4.10.3.2.2.109 «Definizione delle componenti idrogeologiche del territorio necessarie per la redazione degli strumenti di pianificazione territoriale (PRG, PTCP) in raccordo con la pianificazione sovraordinata (Piani di Assetto Idrogeologico)»; alle spese per gli incarichi professionali di cui all'articolo 79, comma 1, lettera a), si provvede con le risorse stanziate all'UPB 5.0.2.0.2.264 «Studi e ricerche in materie di interesse regionale» ed alle spese per i contributi agli enti di cui all'articolo 79, comma 1, lettera b), si provvede con le risorse stanziate all'UPB 4.10.4.2.2.328 «Promozione di azioni per la riqualificazione e valorizzazione del territorio» dello stato di previsione delle spese del bilancio per l'esercizio finanziario 2005 e successivi.
2. Alle spese per le indennità ed i rimborsi spese dei componenti delle commissioni di cui all'articolo 78, comma 5, si provvede con le risorse stanziate all'UPB 5.0.2.0.1.184 «Spese postali, telefoniche e altre spese generali» dello stato di previsione delle spese del bilancio e l'esercizio finanziario 2005 e successivi.
3. All'autorizzazione delle altre spese previste dalla presente legge si provvederà con successivo provvedimento di legge.
Titolo VII
Disposizioni transitorie e finali
Art. 100
Norma generale di riferimento.
1. Con l'entrata in vigore della presente legge, tutti i riferimenti, contenuti in disposizioni di legge statali e regionali, ai piani regolatori generali e agli strumenti urbanistici comunali sono da intendersi come riferimenti agli atti del PGT.
Art. 101
Programmi pluriennali di attuazione.
1. A far tempo dall'entrata in vigore della presente legge, per tutti i comuni della Regione viene meno l'obbligo alla formazione del programma pluriennale di attuazione.
2. I programmi pluriennali di attuazione vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge conservano la loro efficacia sino alla scadenza prevista dagli stessi, fatta salva la facoltà, per i comuni interessati, di deliberarne la revoca.
Art. 102
Piano territoriale paesistico regionale.
1. Il piano territoriale paesistico regionale, approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. VII/197 del 6 marzo 2001, conserva validità ed efficacia sino all'approvazione del PTR con valenza paesaggistica previsto dall'articolo 19.
Art. 102-bis
Norme speciali di salvaguardia.
1. I comuni garantiscono nel PGT la determinazione di misure di salvaguardia dei nuovi tracciati, previsti dalla programmazione nazionale, regionale e provinciale, delle infrastrutture per la mobilità, assicurando una congrua distanza da esse delle nuove previsioni insediative, secondo modalità eventualmente specificate dal PTR o dai piani territoriali regionali d'area, la definizione di interventi di salvaguardia prioritariamente con essenze arboree in coerenza con le caratteristiche paesaggistico-ambientali del territorio, nonché il divieto dell'apposizione di cartellonistica non legata alla disciplina della mobilità e alla segnaletica stradale.
2. Per le infrastrutture per la mobilità esistenti i PGT individuano azioni urbanistiche per la razionalizzazione delle modalità di accesso e la riqualificazione paesaggistico-ambientale delle aree limitrofe, riconsiderando le previsioni urbanistiche in atto al fine di contenere l'ulteriore sviluppo degli insediamenti, nonché delle attrezzature e della segnaletica non strettamente funzionali alla mobilità.
3. Ai fini dell'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, gli enti competenti sono tenuti a trasmettere ai comuni interessati copia del progetto definitivo delle infrastrutture.
4. La Giunta regionale detta i criteri di applicazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 in sede di definizione delle modalità per la pianificazione comunale ai sensi dell'articolo 7, comma 2 (147).
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(147) Articolo aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera www), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 103
Disapplicazione di norme statali.
1. A seguito dell'entrata in vigore della presente legge cessa di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista:
a) dagli articoli 3, 4, 5, 6, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 19, commi 2 e 3, 20, 21, 22, 23 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) (testo A);
b) dagli articoli 9, comma 5, e 19, commi 2, 3 e 4, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) (testo A).
1-bis. Ai fini dell'adeguamento, ai sensi dell'articolo 26, commi 2 e 3, degli strumenti urbanistici vigenti, non si applicano le disposizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), fatto salvo, limitatamente agli interventi di nuova costruzione, il rispetto della distanza minima tra fabbricati pari a dieci metri, derogabile all'interno di piani attuativi (148).
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(148) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera xxx), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Art. 104
Abrogazioni.
1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati:
a) la legge regionale 15 aprile 1975, n. 51 (Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico);
b) la legge regionale 5 dicembre 1977, n. 60 (Norme di attuazione della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in materia di edificabilità dei suoli);
c) la legge regionale 5 dicembre 1977, n. 61 (Modifiche alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 60 «Norme di attuazione della legge 28 gennaio 1977, n. 10 in materia di edificabilità dei suoli»);
d) la legge regionale 19 luglio 1978, n. 44 (Modifiche e norme integrative alla legge regionale 5 dicembre 1977, n. 60 in materia di edificabilità dei suoli);
e) la legge regionale 2 novembre 1978, n. 63 (Nuove procedure per l'approvazione e gli strumenti urbanistici attuativi ed altre disposizioni in materia di disciplina urbanistica);
f) la legge regionale 27 gennaio 1979, n. 17 (Modifica all'art. 25 della legge regionale 2 novembre 1978, n. 63 «Nuove procedure per l'approvazione di strumenti urbanistici attuativi ed altre disposizioni in materia urbanistica»);
g) la legge regionale 7 giugno 1980, n. 91 (Modifiche all'articolo 26 della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51);
h) la legge regionale 7 giugno 1980, n. 93 (Norme in materia di edificazione nelle zone agricole);
i) l'articolo 20 della legge regionale 26 ottobre 1981, n. 64 (Norme per l'esercizio delle funzioni in materia di igiene e sanità pubblica, per la tutela della salute nei luoghi di lavoro, per l'organizzazione ed il funzionamento dei servizi veterinari e dei presidi multizonali di igiene e prevenzione);
j) l'articolo 4, comma 3, lettera c), della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86 (Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l'istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale);
k) la legge regionale 12 marzo 1984, n. 15 (Attuazione dell'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e dell'art. 6 della legge 25 marzo 1982, n. 94, con norme sull'approvazione del programma pluriennale di attuazione);
l) la legge regionale 27 maggio 1985, n. 57 (Esercizio delle funzioni regionali in materia di protezione delle bellezze naturali e subdelega ai comuni);
m) la legge regionale 10 giugno 1985, n. 77 (149) (Disposizioni di attuazione della legge del 28 febbraio 1985, n. 47 recante: «Norme in materia di controllo sull'attività urbanistico-edilizia, recupero e sanatoria delle opere abusive»), ad eccezione degli articoli 1 e 2, che continuano ad avere efficacia sino all'esaurimento dei relativi procedimenti di condono edilizio;
n) la legge regionale 30 luglio 1986, n. 31 (Modifiche ed integrazioni alle leggi regionali 12 marzo 1984, n. 15, recante norme sull'approvazione del programma pluriennale di attuazione e 5 dicembre 1977, n. 60, concernente norme di attuazione della L. 28 gennaio 1977, n. 10, in materia di edificabilità dei suoli);
o) la legge regionale 12 settembre 1986, n. 54 (Modificazioni ed integrazioni alla legge regionale 27 maggio 1985, n. 57: esercizio delle funzioni regionali in materia di protezione delle bellezze naturali e subdelega ai comuni);
p) la legge regionale 14 dicembre 1987, n. 34 (Modificazione dell'art. 43, ultimo comma, della L.R. 15 aprile 1975, n. 51, concernente «Disciplina urbanistica del territorio regionale e misure di salvaguardia per la tutela del patrimonio naturale e paesistico»);
q) la legge regionale 21 giugno 1988, n. 33 (Disciplina delle zone del territorio regionale a rischio geologico e a rischio sismico);
q-bis) l'articolo 3 della L.R. 22 dicembre 1989, n. 77 (Azione regionale per la tutela delle popolazioni appartenenti alle "etnie tradizionalmente nomadi e seminomadi") (150).
r) la legge regionale 18 aprile 1992, n. 10 (Attuazione del terzo comma dell'art. 3 della L.R. 4 maggio 1981, n. 23 concernente «Abrogazione leggi regionali 16 aprile 1973, n. 23, 15 aprile 1975, n. 52 e successive modificazioni - Disposizioni transitorie e avvio procedure riordino deleghe ad enti infraregionali» - Assegnazione di deleghe in materia urbanistica al consorzio del lodigiano);
s) la legge regionale 9 maggio 1992, n. 19 (Disposizioni di attuazione degli articoli 7, 8 e 25 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni in materia di abusivismo edilizio);
t) la legge regionale 9 maggio 1992, n. 20 (Norme per la realizzazione di edifici di culto e di attrezzature destinate a servizi religiosi);
u) la legge regionale 15 luglio 1996, n. 15 (Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti);
v) la legge regionale 9 giugno 1997, n. 18 (Riordino delle competenze e semplificazione delle procedure in materia di tutela dei beni ambientali e di piani paesistici. Subdeleghe agli enti locali);
w) la legge regionale 23 giugno 1997, n. 23 (Accelerazione del procedimento di approvazione degli strumenti urbanistici comunali e disciplina del regolamento edilizio), salvo per quanto previsto agli articoli 2, comma 4 e 6, comma 2, della L.R. 12 aprile 1999, n. 10 (Piano territoriale d'area Malpensa. Norme speciali per l'aerostazione intercontinentale Malpensa 2000), nonché all'articolo 25, commi 1 e 2 della presente legge;
x) la legge regionale 24 novembre 1997, n. 41 (Prevenzione del rischio geologico, idrogeologico e sismico mediante strumenti urbanistici generali e loro varianti);
y) l'articolo 6, comma 2-bis, della legge regionale 29 ottobre 1998, n. 22 (Riforma del trasporto pubblico locale in Lombardia);
z) la legge regionale 12 aprile 1999, n. 9 (Disciplina dei programmi integrati di intervento);
aa) la legge regionale 19 novembre 1999, n. 22 (Recupero di immobili e nuovi parcheggi: norme urbanistico-edilizie per agevolare l'utilizzazione degli incentivi fiscali in Lombardia);
bb) la legge regionale 20 dicembre 1999, n. 26 (Norme urbanistiche straordinarie per la tutela della sicurezza e dell'ordine pubblico);
cc) l'articolo 2, comma 61-bis e l'articolo 3, commi da 2 a 40, della legge regionale 5 gennaio 2000, n. 1 (Riordino del sistema delle autonomie in Lombardia. Attuazione del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 «Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59»), salvo per quanto previsto agli articoli 25, comma 1 e 92, commi 7 e 8, della presente legge;
dd) la legge regionale 15 gennaio 2001, n. 1 (Disciplina dei mutamenti di destinazione d'uso di immobili e norme per la dotazione di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico);
ee) la legge regionale 23 novembre 2001, n. 18 (Interpretazione autentica ed integrazione della legge regionale 15 luglio 1996, n. 15 «Recupero ai fini abitativi dei sottotetti esistenti» ed interpretazione autentica della legge regionale 19 novembre 1999, n. 22 «Recupero di immobili e nuovi parcheggi: norme urbanistico-edilizie per agevolare l'utilizzazione degli incentivi fiscali in Lombardia»);
ff) la lettera a) del comma 6 dell'articolo 3 della legge regionale 6 marzo 2002, n. 4 (Norme per l'attuazione della programmazione regionale e per la modifica e l'integrazione di disposizioni legislative), che ha sostituito il comma 1 dell'articolo 7 della legge regionale 24 novembre 1997, n. 41;
gg) la lettera a) del comma 2 dell'articolo 2 della legge regionale 22 luglio 2002, n. 15 (legge di semplificazione 2001. Semplificazione legislativa mediante l'abrogazione di leggi regionali. Interventi di semplificazione amministrativa e delegificazione), che ha sostituito la lettera c) del comma 3 dell'articolo 4 della legge regionale 30 novembre 1983, n. 86;
hh)la legge regionale 4 agosto 2003, n. 14 (Integrazione alla legge regionale 15 gennaio 2001, n. 1 «Disciplina dei mutamenti di destinazione d'uso di immobili e norme per la dotazione di aree per attrezzature pubbliche e di uso pubblico»);
ii) il comma 4 dell'articolo 56 della legge regionale 12 dicembre 2003, n. 26 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), che ha integrato la lettera a) del comma 5 dell'articolo 22 della legge regionale 15 aprile 1975, n. 51;
jj) l'articolo 1 della legge regionale 23 febbraio 2004, n. 3 (Disposizioni in materia di programmazione negoziata con valenza territoriale), che ha sostituito l'articolo 9 della legge regionale 12 aprile 1999, n. 9.
La presente legge regionale è pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione lombarda.
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(149) Recte: legge regionale 20 giugno 1985, n. 77.
(150) Lettera aggiunta dall'art. 1, comma 1, lettera yyy), L.R. 14 marzo 2008, n. 4.
Allegato A (Art. 80)
CANALI - comma 2, lettera b)
1. Naviglio Grande
2. Villoresi
3. Naviglio Martesana
4. Naviglio di Pavia
5. Muzza
6. Vacchelli
7. Naviglio d'Isorelle
8. Naviglio di Bereguardo (151)
9. Naviglio di Paderno (152)
LAGHI - comma 3, lettera d)
1. Maggiore (per la parte lombarda)
2. Varese
3. Monate
4. Comabbio
5. Lugano (per la parte italiana)
6. Como
7. Annone
8. Pusiano
9. Segrino
10. Montorfano
11. Alserio
12. Garlate
13. Mezzola
14. Endine
15. Iseo
16. Idro
17. Garda
18. Laghi di Mantova
19. Piano (153)
20. Ghirla (154)
21. Ganna (155)
22. Olginate (156)
23. Gaiano (157)
24. Moro (158).
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(151) Numero aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera zzz), L.R. 14 marzo 2008, n. 14.
(152) Numero aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera zzz), L.R. 14 marzo 2008, n. 14.
(153) Numero aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera aaaa), L.R. 14 marzo 2008, n. 14.
(154) Numero aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera aaaa), L.R. 14 marzo 2008, n. 14.
(155) Numero aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera aaaa), L.R. 14 marzo 2008, n. 14.
(156) Numero aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera aaaa), L.R. 14 marzo 2008, n. 14.
(157) Numero aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera aaaa), L.R. 14 marzo 2008, n. 14.
(158) Numero aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera aaaa), L.R. 14 marzo 2008, n. 14.
L.R. 5 agosto 1992, n. 34
Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del
territorio.
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(1) Pubblicata nel B.U. Marche 6 agosto 1992, n. 68-bis.
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1
Finalità.
1. La presente legge disciplina l'articolazione delle funzioni amministrative in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio tra Regione, province e comuni, determinando anche i relativi obiettivi e strumenti.
2. In particolare, nell'ambito delle funzioni amministrative regionali previste dalla vigente normativa statale, la presente legge definisce:
a) l'attribuzione alle province delle funzioni in materia urbanistica in conformità alle disposizioni del comma 5 dell'art. 15 della L. 8 giugno 1990, n. 142;
b) l'attribuzione ai comuni delle funzioni in materia di approvazione dei piani attuativi degli strumenti urbanistici generali;
c) la delega ai comuni e alle province delle funzioni relative alla protezione delle bellezze naturali, di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497 ed alla L. 8 agosto 1985, n. 431.
Art. 2
Sistema della pianificazione territoriale.
1. In conformità ai principi e agli obiettivi dello Statuto regionale, la pianificazione del territorio regionale è rivolta all'equilibrata integrazione della tutela e valorizzazione delle risorse culturali, paesistiche, ambientali e naturalistiche con le trasformazioni connesse agli indirizzi e programmi di sviluppo economico definiti dalla Regione.
2. A tal fine è ordinato il sistema della pianificazione territoriale, che è costituito:
a) dal piano paesistico ambientale regionale (PPAR), quale carta fondamentale delle forme di tutela, valorizzazione ed uso del territorio marchigiano;
b) dal piano di inquadramento territoriale (PIT), quale disegno generale di sintesi delle trasformazioni territoriali in funzione dello sviluppo economico-sociale della comunità regionale;
c) dai piani territoriali di coordinamento (PTC), quali strumenti per la determinazione degli indirizzi generali di assetto del territorio a livello provinciale;
d) dai piani regolatori generali (PRG), quali strumenti della pianificazione urbanistica a scala comunale.
3. Al sistema della pianificazione territoriale sovracomunale si adeguano e coordinano tutti i piani e programmi, settoriali ed intersettoriali, di interesse o livello regionale ed infraregionale previsti dallo Statuto e dalla legislazione statale e regionale.
4. Allo scopo di orientare e coordinare l'attività in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio regionale, la Regione emana direttive alle quali gli enti locali devono attenersi (2).
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(2) Vedi, al riguardo, la Dir. 10 febbraio 1995, n. 8 e la Dir. 2 ottobre 1997, n. 14.
Art. 3
Attribuzione alle province di funzioni amministrative in materia urbanistica.
1. Sono attribuite alle province, per il rispettivo territorio, le seguenti funzioni:
a) l'espressione dei pareri di cui all'articolo 26 sugli strumenti urbanistici generali comunali, sui regolamenti edilizi e sulle relative varianti, sugli strumenti urbanistici attuativi in variante agli strumenti urbanistici comunali, non rientranti nelle previsioni di cui all'articolo 15, comma 5 (3);
b) l'espressione dei pareri di cui all'articolo 26 sugli strumenti urbanistici attuativi relativi a zone, totalmente o parzialmente, soggette a vincolo paesistico, di cui all'articolo 37, salvo il disposto del comma 4 dell'articolo 4 (4);
c) l'assunzione di misure sostitutive nell'adeguamento del piano regolatore generale alle indicazioni dei piani di assetto territoriale sovraordinati;
d) la compilazione del piano regolatore particolareggiato in sostituzione del comune, ai sensi del secondo comma dell'art. 17 della L. 17 agosto 1942, n. 1150;
e) l'assunzione di misure sostitutive per la formazione e l'approvazione del programma pluriennale di attuazione, ai sensi dell'art. 48 della presente legge;
f) il nullaosta al rilascio di concessioni edilizie in deroga alle norme degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi, comprese le deroghe alle altezze stabilite dalle norme urbanistico-edilizie per le costruzioni alberghiere, nei limiti di quanto disposto dal successivo articolo 68;
g) i poteri di sospensione o demolizione di opere difformi dal piano regolatore generale e l'annullamento di concessioni e autorizzazioni comunali, secondo gli artt. 26 e 27 della L. 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni;
h) il ricevimento delle comunicazioni di cui all'ultimo comma dell'art. 4 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 e l'adozione dei relativi provvedimenti, compresi quelli di cui all'ottavo comma dell'art. 7 della stessa legge.
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(3) La presente lettera, già sostituita dall'art. 1, L.R. 24 febbraio 1997, n. 18, è stata poi nuovamente così sostituita dall'art. 1, comma 1, L.R. 16 agosto 2001, n. 19. Il testo precedente era così formulato: «a) l'approvazione degli strumenti urbanistici generali comunali, dei regolamenti edilizi e relative varianti, degli strumenti urbanistici attuativi, in variante agli strumenti urbanistici generali comunali, non rientranti nelle previsioni di cui all'articolo 15, comma 5 della presente legge;».
(4) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1, L.R. 16 agosto 2001, n. 19. Il testo originario era così formulato: «b) l'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi, relativi a zone totalmente o parzialmente soggette a vincolo paesistico, di cui all'art. 37 della presente legge, salvo il disposto del comma 4 dell'art. 4;».
Art. 4
Attribuzione ai comuni di funzioni amministrative in materia di approvazione degli strumenti urbanistici attuativi (5).
1. I piani particolareggiati di cui agli art. 13 e seguenti della L. 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni, gli strumenti urbanistici previsti e disciplinati da norme speciali o particolari dello Stato o della Regione, i piani di recupero di cui all'art. 28 della L. 5 agosto 1978, n. 457, i piani per l'edilizia economica e popolare di cui alla L. 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni, i piani per gli insediamenti produttivi di cui all'art. 27 della L. 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni, i piani di lottizzazione di cui all'art. 28 della L. 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni, conformi agli strumenti urbanistici generali oppure rientranti nelle previsioni di cui al comma 5 dell'articolo 15, della presente legge sono approvati in via definitiva dal consiglio comunale (6) (7).
2. Sugli strumenti urbanistici attuativi di cui al comma 1 è soppressa ogni autorizzazione o approvazione da parte di organi o uffici della Regione previste da disposizioni statali e regionali.
3. Gli strumenti urbanistici attuativi relativi a zone, totalmente o parzialmente, tutelate ai sensi del titolo Il del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, sono approvati in via definitiva dal Consiglio comunale, previa espressione da parte della Provincia dei pareri di cui all'articolo 26 (8).
4. I comuni che hanno adeguato lo strumento urbanistico generale alle indicazioni del PPAR, provvedono anche all'approvazione degli strumenti urbanistici attuativi di cui al comma 3.
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(5) La Corte costituzionale, con sentenza 15-29 luglio 2005, n. 343 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 31, prime serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo, nella parte in cui non prevede che copia dei piani attuativi, per i quali non è prevista l'approvazione regionale, sia trasmessa dai comuni alla Regione (o alla Provincia delegata).
(6) Comma così modificato dall'art. 2, L.R. 24 febbraio 1997, n. 18.
(7) Vedi anche l'art. 2, comma 1, L.R. 16 dicembre 2005, n. 34.
(8) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 2, L.R. 16 agosto 2001, n. 19. Il testo originario era così formulato: «3. Quanto stabilito dal presente articolo non si applica ai piani di attuazione ricadenti in tutto o in parte in zone tutelate ai sensi della L. 29 giugno 1939, n. 1497 e della L. 8 agosto 1985, n. 431.».
Art. 5
Delega alle province di funzioni amministrative in materia di protezione delle bellezze naturali.
1. Le funzioni amministrative di competenza regionale concernenti le autorizzazioni di cui all'articolo 7 della legge n. 1497 del 1939 sono delegate alle provincie, per il rispettivo territorio, fino alla data di entrata in vigore nei singoli comuni dei piani regolatori generali, estesi all'intero territorio comunale, adeguati al PPAR. Da tale data dette funzioni sono delegate ai singoli comuni per il rispettivo territorio. Sono fatte salve le competenze delegate ai comuni ai sensi del successivo articolo 6 (9).
2. Sono altresì delegate alle province, per il rispettivo territorio, le funzioni amministrative di competenza regionale riguardanti:
a) l'adozione dei provvedimenti cautelari per la salvaguardia dei beni non inclusi negli elenchi delle bellezze naturali, anche ricadenti in zone limitrofe;
b) le altre funzioni delegate alla Regione dall'art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, così come integrato dall'art. 1 della L. 8 agosto 1985, n. 431 e non delegate ai comuni dall'articolo 6 della presente legge;
c) la vigilanza sull'esercizio delle funzioni delegate ai comuni ai sensi dell'articolo 6 e l'adozione dei necessari provvedimenti per la messa in atto di interventi sostitutivi;
d) i pareri previsti dal primo comma dell'art. 32 della L. 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni ed integrazioni.
3. Rimane ferma la competenza della Regione in materia di predisposizione ed approvazione degli elenchi delle bellezze naturali e dei piani paesistici, ai sensi degli artt. 63 e 64 della presente legge, nonché le competenze di cui agli artt. 1-bis, 1-ter e 1-quater della L. n. 431 del 1985.
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(9) Comma così sostituito dall'art. 3, L.R. 24 febbraio 1997, n. 18.
Art. 6
Delega ai comuni di funzioni amministrative in materia di protezione delle bellezze naturali.
1. Sono delegate ai comuni dotati di strumento urbanistico generale vigente, nel cui territorio ricadono aree e beni tutelati come bellezze naturali, le seguenti funzioni amministrative:
a) il rilascio delle autorizzazioni o dei nulla-osta per gli ampliamenti delle costruzioni esistenti fino al 20% della loro superficie utile e per la modificazione dell'aspetto esteriore dei manufatti, purché tali interventi siano previsti dagli strumenti urbanistici in vigore;
b) il rilascio delle autorizzazioni per la posa in opera di cartelli o di altri mezzi di pubblicità;
c) l'adozione dei provvedimenti cautelari per la salvaguardia dei beni inclusi nei relativi elenchi o comunque sottoposti a tutela.
2. Sono considerate modificazioni dell'aspetto esteriore dei manufatti le modificazioni delle coperture, delle superfici finestrate e delle aperture in genere, delle sporgenze e delle rientranze.
3. I comuni sono inoltre delegati a rilasciare autorizzazioni o nulla-osta per le nuove costruzioni, per gli ampliamenti di quelle esistenti per superfici superiori al 20% e per ogni altra modificazione, purché conformi allo strumento urbanistico attuativo approvato ai sensi e per le finalità di cui alla L. n. 1497 del 1939.
3-bis. Le funzioni di cui al comma 3 sono di competenza della Regione qualora l'intervento interessi il territorio di più Province e della Provincia qualora l'intervento interessi il territorio di due o più Comuni della stessa (10).
4. Ferme restando le deleghe previste dalla L.R. 5 luglio 1983, n. 16, in ordine all'applicazione delle sanzioni amministrative, i comuni per la redazione della perizia di cui al terzo comma dell'art. 15 della L. n. 1497 del 1939 possono avvalersi dei servizi decentrati opere pubbliche e difesa del suolo e dei servizi decentrati agricoltura e alimentazione competenti per territorio.
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(10) Comma aggiunto dall'art. 13, L.R. 12 giugno 2007, n. 6.
Art. 7
Impianti elettrici e opere accessorie.
1. È di competenza della Provincia il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'articolo 151 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e l'espressione del parere previsto dal comma 4 dell'articolo 5 della L.R. 6 giugno 1988, n. 19, per gli impianti elettrici e le relative opere accessorie che interessano il territorio della provincia medesima.
2. La Regione è competente a rilasciare gli atti di cui al comma 1 quando gli impianti elettrici e le relative opere accessorie interessano il territorio di due o più province (11).
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(11) Articolo così sostituito dall'art. 22, comma 1, L.R. 14 aprile 2004, n. 7. Il testo originario era così formulato:
«Art. 7.
Dichiarazione di compatibilità paesistico-ambientale e autorizzazione paesistica.
1. Resta ferma la competenza della Giunta regionale in materia di dichiarazione di compatibilità paesistico-ambientale delle opere di rilevante trasformazione del territorio ai sensi dell'art. 63 ter delle norme tecniche di attuazione (NTA) del PPAR.
2. La Giunta regionale in sede di rilascio della dichiarazione di compatibilità paesistico-ambientale delle opere di rilevante trasformazione del territorio, di cui al comma 1, provvede anche al rilascio dell'autorizzazione eventualmente necessaria ai sensi dell'art. 7 della L. 29 giugno 1939, n. 1497.
3. È di competenza della provincia il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'art. 7 della L. 29 giugno 1939, n. 1497, per la realizzazione delle opere indicate nel primo comma dell'art. 45 delle NTA del PPAR, quando queste interessano il territorio di due o più comuni della provincia stessa e per le loro caratteristiche non sono da considerare di rilevante trasformazione del territorio.
4. Rimane ferma la competenza della Giunta regionale quando le opere di cui al comma 3 interessano il territorio di due o più comuni di province diverse.
5. Rimane altresì ferma la competenza della Giunta regionale ad esprimere il parere previsto dal comma 4 dell'art. 5 della L.R. 6 giugno 1988, n. 19 e successive modificazioni ed integrazioni, per gli impianti elettrici e le relative opere accessorie che interessano zone od immobili soggetti a vincolo paesaggistico.».
TITOLO II
Strumenti della pianificazione territoriale
Capo I - Piano paesistico ambientale regionale
Art. 8
Contenuti del piano paesistico ambientale regionale.
1. Il piano paesistico ambientale regionale (PPAR), sulla base dell'analisi dello stato fisico del territorio regionale e dei suoi usi, provvede alla ricognizione delle risorse umane, storiche, culturali, paesistiche, ambientali, naturalistiche e alla definizione delle condizioni e degli obiettivi per la loro tutela e valorizzazione.
2. Il piano in particolare:
a) individua le fondamentali tipologie territoriali per la conservazione dei caratteri essenziali del paesaggio marchigiano, con particolare riguardo alle zone montane, collinari, costiere, fluviali e agricole, nonché agli agglomerati storici;
b) individua i gradi di pericolosità geologica del territorio regionale;
c) individua le porzioni di territorio da sottoporre a speciale disciplina ai fini della difesa del suolo, della bonifica e trasformazione agraria, della conservazione e gestione dei boschi e delle foreste;
d) individua le zone di particolare interesse paesistico-ambientale, includendovi il complesso degli ambiti territoriali sottoposti al regime di tutela di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497, risultante dai beni e dalle località incluse negli elenchi di cui all'art. 2 della legge stessa, nonché dai beni e dalle aree vincolati per effetto del quinto comma dell'art. 82 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, nel testo di cui all'art. 1 della L. 8 agosto 1985, n. 431;
e) indica le aree di particolare importanza naturalistica per le caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, floristiche e faunistiche, da destinare alla costituzione di parchi regionali e riserve naturali, o da delimitarsi ai sensi dell'art. 7 della L.R. 30 dicembre 1974, n. 52.
3. Il piano paesistico ambientale regionale formula indirizzi e direttive per la formazione e la revisione degli strumenti di pianificazione territoriale e detta norme immediatamente vincolanti, indicando con riferimento a zone territoriali omogenee:
a) i criteri e i parametri per la valutazione e la graduazione dell'interesse paesistico;
b) le tipologie di trasformazione ed uso del territorio compatibili con la conservazione dei valori ambientali protetti;
c) i limiti e i rapporti che definiscono condizioni minime di compatibilità delle modifiche dei luoghi con il mantenimento dei fondamentali caratteri geomorfologici, botanico-vegetazionali, ecologici ed antropici esistenti;
d) le iniziative da promuovere e favorire per il conseguimento di obiettivi di valorizzazione rispondenti anche ad esigenze di sviluppo economico e sociale delle popolazioni residenti.
4. Il piano paesistico ambientale regionale assicura il conseguimento degli obiettivi stabiliti dall'art. 1 bis della L. n. 431 del 1985.
5. Relativamente agli ambiti territoriali di cui alla lettera d) del comma 2, fermo il disposto del comma 3, i contenuti del piano paesistico ambientale regionale costituiscono direttive vincolanti per il rilascio dell'autorizzazione prevista dall'art. 7 della L. n. 1497 del 1939.
6. Il territorio compreso nell'area del Conero delimitato dal decreto ministeriale 31 luglio 1985, pubblicato nel supplemento ordinario alla G.U. dell'11 settembre 1985, n. 214, è oggetto di specifica considerazione e disciplina unitaria di dettaglio da parte di un piano paesistico, redatto ai sensi dell'art. 2 della L.R. 23 aprile 1987, n. 21 concernente "Istituzione del parco regionale del Conero".
Art. 9
Elaborati del piano paesistico ambientale regionale.
1. Il PPAR è costituito da:
a) la realizzazione sulle caratteristiche e sullo stato del territorio regionale, articolata in parti riferentesi ai principali fattori geofisici, botanico-vegetazionali, ecologici, antropici e culturali del paesaggio e dell'ambiente;
b) l'inventario sistematico dei vincoli di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497 e alla L. 8 agosto 1985, n. 431, nonché degli altri vincoli aventi particolare rilevanza ambientale nel territorio della regione;
c) i parametri fondamentali per l'analisi valutativa delle incidenze paesistico-ambientali dei principali piani, programmi o progetti regionali di settore già approvati o in corso di approvazione;
d) la relazione conclusiva sugli obiettivi di tutela e valorizzazione del piano;
e) le disposizioni per l'attuazione del piano;
f) gli allegati tecnici, statistici e cartografici.
TITOLO II
Strumenti della pianificazione territoriale
Capo II - Piano di inquadramento territoriale
Art. 10
Contenuti del piano di inquadramento territoriale.
1. Il piano di inquadramento territoriale (PIT) stabilisce le linee fondamentali di assetto del territorio, assicurando la compatibilità dei programmi e degli indirizzi di sviluppo economico con i contenuti del PPAR relativi alla tutela e valorizzazione delle risorse culturali, paesistiche, ambientali e naturalistiche.
2. A tale scopo il PIT:
a) formula il quadro di riferimento territoriale degli indirizzi e dei programmi regionali di sviluppo economico;
b) detta indirizzi generali per la pianificazione territoriale infraregionale e indirizzi specifici per i piani e programmi di interventi, settoriali ed intersettoriali, di interesse regionale;
c) coordina ed armonizza i piani, programmi e progetti di interventi infrastrutturali e di opere pubbliche a scala regionale di competenza di amministrazioni ed enti pubblici o di aziende o società a partecipazione pubblica o concessionarie di pubblici servizi;
d) individua i sistemi funzionali del territorio a scala regionale;
e) definisce gli elementi dell'armatura territoriale a scala regionale, quali le grandi strutture e linee di comunicazioni viarie, ferroviarie, marittime ed aeree, i centri di interscambio modale di persone e merci, le strutture portuali, annonarie e distributive, gli impianti e le reti per l'energia e le telecomunicazioni, le sedi ed i centri tecnologici e di altra natura.
f) I requisiti ed i criteri per la localizzazione degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante, in attuazione degli indirizzi regionali e del D.M. 9 maggio 2001 del Ministro dei lavori pubblici "sui requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a rischio di incidente rilevante (12).
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(12) Lettera aggiunta dall'art. 3, comma 2, L.R. 4 ottobre 2004, n. 18.
Art. 11
Elaborati del piano di inquadramento territoriale.
1. Il PIT è costituito da:
a) la relazione generale che, sulla base della ricognizione ed analisi delle destinazioni e degli usi del territorio regionale, illustra le scelte e gli obiettivi del piano, indicando le priorità per il processo di pianificazione territoriale;
b) le disposizioni di attuazione del piano;
c) gli allegati tecnici.
TITOLO II
Strumenti della pianificazione territoriale
Capo III - Piani territoriali di coordinamento provinciali
Art. 12
Contenuti dei piani territoriali di coordinamento provinciali.
1. I piani territoriali di coordinamento (PTC), nel rispetto del piano paesistico ambientale regionale (PPAR), del piano di inquadramento territoriale (PIT) e dei piani di bacino di cui alla L. 18 maggio 1989, n. 183 e successive modificazioni ed integrazioni, determinano gli indirizzi generali di assetto del territorio provinciale ed in particolare indicano:
a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
b) la localizzazione di massima delle opere pubbliche che comportano rilevanti trasformazioni territoriali, delle maggiori infrastrutture pubbliche e private e delle principali linee di comunicazione;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica, idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e la regimazione delle acque;
d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali;
e) l'indicazione dei tempi, delle priorità e delle misure di attuazione del piano territoriale di coordinamento, tra cui eventuali piani, programmi o progetti di scala intercomunale;
f) i criteri ai quali i comuni devono attenersi nel valutare i fabbisogni edilizi e nel determinare la quantità e la qualità delle aree necessarie per un ordinato sviluppo insediativo.
2. I PTC possono essere adottati e approvati dalle province anche in assenza di uno o più dei piani previsti nel comma 1.
TITOLO II
Strumenti della pianificazione territoriale
Capo IV - Effetti della pianificazione sovracomunale
Art. 13
Attuazione ed efficacia del PPAR, del PIT e dei PTC.
1. All'attuazione del PPAR, del PIT e dei PTC concorrono e cooperano, nell'ambito delle rispettive competenze, la Regione, le province, le comunità montane e i comuni.
2. I soggetti pubblici partecipanti al governo del territorio regionale o alla sua utilizzazione conformano i loro atti agli indirizzi e alle direttive stabiliti dal PPAR, dal PIT e dai PTC. Per i progetti e gli interventi di competenza di amministrazioni statali tali piani hanno valore vincolante nei limiti delle intese e degli accordi intervenuti, salva l'applicazione dell'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Sono immediatamente prevalenti sulle previsioni degli strumenti urbanistici le disposizioni indicate come tali dal PPAR e dai PTC nonché, fino all'entrata in vigore dei PTC di adeguamento, le disposizioni indicate come tali dal PIT.
3. Sono altresì immediatamente vincolanti per i privati le disposizioni a cui il PPAR e i PTC riconoscono espressamente tale efficacia.
4. Le province e i comuni adottano, per gli strumenti di pianificazione territoriale di rispettiva competenza, le varianti necessarie di adeguamento alle indicazioni dei piani medesimi entro i termini stabiliti dal PPAR, dal PIT e dai PTC.
5. Decorsi inutilmente i termini di cui al comma 4, il presidente della Giunta regionale, e il presidente della provincia per quanto concerne i piani regolatori generali, assegnano all'ente competente l'adozione della variante di adeguamento un termine non superiore a sei mesi. Rimasto inosservato anche questo termine, la Giunta regionale o la provincia, nell'ambito delle rispettive competenze, esercitano i poteri sostitutivi.
6. [In sede di approvazione dei piani urbanistici adottati dai comuni, la provincia assicura la loro conformità ai piani di cui al comma 1, esercitando i poteri di cui alla lettera a) del secondo comma dell'art. 10 della L. n. 1150 del 1942, nel testo di cui all'art. 3 della L. 6 agosto 1967, n. 765] (13).
7. Le concessioni edilizie rilasciate in contrasto con disposizioni dei piani immediatamente prevalenti sulle previsioni di strumenti urbanistici, sono soggette ad annullamento ai sensi dell'art. 27 della L. n. 1150 del 1942.
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(13) Comma abrogato dall'art. 3, comma 1, L.R. 16 agosto 2001, n. 19.
TITOLO II
Strumenti della pianificazione territoriale
Capo V - Piano regolatore generale
Art. 14
Strumenti urbanistici generali comunali.
1. Gli strumenti urbanistici generali comunali sono costituiti esclusivamente dai piani regolatori generali ai sensi della L. 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni, secondo i contenuti e le procedure di cui alla presente legge.
2. I comuni sono tenuti ad adottare i piani regolatori generali in sostituzione dei vigenti programmi di fabbricazione e gli atti di adeguamento dei propri strumenti urbanistici generali al PPAR entro un anno dalla consegna notificata al comune della cartografia scala 1:2.000 da parte della Regione.
3. I comuni che procedono autonomamente alla formazione della predetta cartografia, effettuano gli adempimenti di cui al comma 2 entro il 10 febbraio 1993.
Art. 15
Contenuti del piano regolatore generale.
1. Il piano regolatore generale indica essenzialmente:
a) la rete delle principali vie di comunicazione;
b) la divisione del territorio comunale nelle zone omogenee di cui all'art. 19, evidenziando le scelte relative alle direttrici di espansione, alle previsioni di completamento, al recupero urbanistico-edilizio, alle zone agricole, alla localizzazione delle attrezzature pubbliche o di interesse pubblico ed alla tutela delle risorse ambientali;
c) la determinazione dei vincoli e delle caratteristiche costruttive generali da osservare in ciascuna zona, con particolare riguardo alle zone a carattere storico, ambientale, paesistico;
d) le norme per l'attuazione del piano;
e) la previsione di massima delle spese occorrenti per l'attuazione degli interventi pubblici individuati dal piano, per i comuni non obbligati a dotarsi di PPA.
2. Il piano regolatore generale può individuare le aree ed i beni da assoggettare a vincoli preordinati alla espropriazione, oppure limitarsi a dettare al riguardo, in tutto o in parte, disposizioni di massima, rinviando al piano attuativo per i servizi di cui all'art. 20 la loro specifica individuazione.
3. I comuni possono individuare le zone da assoggettare obbligatoriamente a piani attuativi o di recupero, con riferimento alle quali possono limitarsi a definire le destinazioni d'uso complessive, la distribuzione dei carichi insediativi e la dotazione degli standard di cui al D.M. n. 1444 del 1968 da osservarsi in ciascuna zona, rimettendo agli strumenti urbanistici attuativi le ulteriori prescrizioni.
4. I comuni possono inoltre individuare aree, anche in zone di espansione, dotate di progettazione urbanistica di dettaglio, almeno in scala 1:500 ove è consentito l'intervento edilizio diretto nel rispetto degli standard previsti dal D.M. n. 1444 del 1968.
5. Le varianti al piano regolatore generale che incidono sul suo dimensionamento globale e non comportano modificazioni alle destinazioni d'uso delle aree, alle norme tecniche di attuazione del piano, alla distribuzione dei carichi insediativi ed alla dotazione degli standard di cui al D.M. n. 1444 del 1968 da osservarsi in ciascuna zona di cui al comma 3, sono approvate in via definitiva dal consiglio comunale ai sensi dell'art. 30 della presente legge.
Art. 16
Elaborati del piano regolatore generale.
1. Il piano regolatore generale è composto da elaborati relativi allo stato di fatto ed elaborati di progetto.
2. Gli elaborati relativi allo stato di fatto comprendono:
a) la relazione con le analisi, anche ripartite per aree significative, concernenti la popolazione, l'occupazione e le attività produttive, le residenze, i servizi e le relative infrastrutture, i beni culturali ed ambientali, l'ambiente fisico, lo stato di dissesto idrogeologico, i vincoli esistenti, le attitudini colturali del territorio agricolo;
b) una cartografia dell'intero territorio comunale almeno in scala 1:10.000 e, per tutte le aree urbanizzate, almeno in scala 1:2.000 anche per i beni culturali ed ambientali extraurbani da sottoporre a tutela di dettaglio;
c) una cartografia tecnica, almeno in scala 1:10.000, indicante le attitudini delle unità del terreno in relazione al patrimoni botanico-vegetazionali, all'assetto geologico, geomorfologico ed idrogeologico, nonché ai processi geodinamici in atto, distinta in: carta botanico-vegetazionale; carta geologica; carta geomorfologica; carta idrogeologica. A tale cartografia vanno uniti gli elaborati cartografici, almeno in scala: 1:10.000, a corredo delle indagini svolte in relazione alla pericolosità geologica, alla vulnerabilità delle risorse ambientali, alle caratteristiche sismiche locali.
3. Gli elaborati di progetto comprendono:
a) una relazione che, in corrispondenza ai contenuti del PPAR, del PIT e del PTC, indica gli obiettivi del piano regolatore generale con la quantificazione dei fabbisogni abitativi, delle infrastrutture e del servizi relativi all'arco temporale di riferimento, le soluzioni previste, i criteri adottati e gli interventi prescelti, le verifiche analitiche e sintetiche degli standard di cui al D.M. n. 1444 del 1968, la graduazione nel tempo dei programmi attuativi e le priorità;
b) una cartografia dell'intero territorio comunale almeno in scala 1:10.000 e, per tutte le aree urbanizzate, almeno in scala 1:2.000, che rilevi:
b1) le prescrizioni ed i vincoli del PPAR, del PIT e del PTC;
b2) la suddivisione dell'intero territorio comunale nelle zone omogenee di cui all'art. 19;
b3) la eventuale delimitazione delle aree da disciplinare con gli strumenti urbanistici attuativi di cui al precedente comma 3 dell'art. 15;
b4) le zone da sottoporre a particolari vincoli ai fini della difesa del suolo e del relativo sistema idrogeologico e forestale;
b5) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico, nonché ad opere o impianti di interesse collettivo;
b6) le aree da riservare alle vie di comunicazione e compatibilmente con le caratteristiche orografiche del territorio e delle limitate dimensioni del centro abitato quelle destinate alle piste ciclabili e ai percorsi pedonali (14);
b7) Il tracciato di massima delle reti tecnologiche e l'indicazione degli eventuali piani o programmi di settore;
c) una cartografia almeno in scala 1:2.000 che rilevi le forme di tutela degli edifici e delle aree aventi valore culturale ed ambientale in relazione ai tipi di intervento previsti;
d) le norme tecniche di attuazione, fatte salve quelle già contenute nel regolamento edilizio comunale, con particolare riferimento a quelle che, nell'ambito della tutela di singole zone e delle loro destinazioni, stabiliscono gli interventi ammessi, la massima e minima densità edilizia, la percentuale di copertura ammissibile, gli allineamenti obbligatori, specificando i casi In cui è ammesso, oltre al recupero degli edifici esistenti, il loro completamento e la nuova edificazione;
e) ulteriori elaborati tecnici, cartografici e normativi, ritenuti necessari per la valutazione dei contenuti architettonici di determinati interventi su edifici o aree.
4. Allo scopo di coordinare gli interventi programmati nel proprio territorio dagli enti pubblici, la provincia provvede annualmente a richiedere agli stessi i programmi ed i progetti e trasmette i dati alla Regione, ai comuni e alle comunità montane interessati.
5. La Giunta regionale provvede alla realizzazione delle cartografie in scala: 1:10.000 e 1:2.000 per le finalità previste dal comma 3. Tali cartografie sono consegnate gratuitamente agli enti locali della Regione.
6. I comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti prevedono nei propri strumenti urbanistici generali o attuativi sedi unicamente destinate al traffico ciclistico, in modo da realizzare, particolarmente all'interno dei centri abitati, una rete di percorsi ciclabili.
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(14) Lettera così modificata dall'art. 6, L.R. 29 aprile 1996, n. 16.
Art. 17
Procedimento semplificato.
1. I comuni che intendono adottare varianti parziali al piano regolatore generale, relative ad aspetti settoriali delle trasformazioni territoriali ed urbane, che richiedano soltanto la predisposizione di alcuni degli elaborati previsti dai commi 2 e 3 dell'art. 16, per la natura e l'entità degli interventi da essi disciplinati, inoltrano alla provincia competente per territorio una richiesta contenente:
a) una relazione sugli obiettivi che si intendono conseguire con la variante da adottare;
b) l'elenco degli elaborati ritenuti necessari al conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera a).
2. La provincia delibera sulla richiesta del comune entro sessanta giorni dal suo ricevimento accogliendola, modificandola o respingendola.
3. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 2, la richiesta si intende respinta.
Art. 18
Calcolo del dimensionamento del piano regolatore generale e capacità insediativa teorica.
1. Il piano regolatore generale deve prevedere:
a) una dotazione minima di superfici pubbliche o riservate alle attività collettive, a verde pubblico e a parcheggio, nelle diverse zone territoriali omogenee, in rapporto agli abitati ed alle attività insediate o insediabili;
b) i limiti minimi e massimi di densità edilizia territoriale e le distanze minime tra le costruzioni, dalle strade o dai manufatti pubblici o di uso pubblico nelle diverse zone territoriali omogenee, nonché i limiti di altezza degli edifici.
2. Il calcolo del dimensionamento del piano regolatore generale avviene in base alla capacità insediativa teorica, che risulta dalla somma delle capacità insediative di tutte le aree previste dal piano stesso.
3. Per il calcolo della capacità insediativa teorica delle zone residenziali esistenti, per le quali il piano prevede Il mantenimento dello stato di fatto, si assume come numero dei residenti il maggior valore tra quello corrispondente al 75% del vani abitabili, al netto dei lotti inedificati, e quello corrispondente al numero dei residenti insediati al momento dell'adozione del piano, purché non si superi il rapporto di un abitante per vano. Non si computa l'incremento di volume teoricamente possibile per l'ampliamento fino al 20% degli edifici unifamiliari esistenti ai sensi della lettera d) dell'art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10.
4. Per le aree in cui è prevista la nuova edificazione o la ricostruzione previa demolizione, la capacità insediativa teorica si calcola attribuendo ad ogni abitante da insediare mc. 120 di volume edificabile. Per le aree con destinazione d'uso turistica o turistico-residenziale, detta attribuzione è diminuita a mc. 80 per abitante.
5. Il volume da considerare per il calcolo del numero degli abitanti relativamente alle aree non comprese nelle zone di cui al comma 3, è pari al prodotto delle superfici edificabili di piano per il rispettivo indice di edificabilità fondiaria o territoriale.
Art. 19
Zone territoriali omogenee.
1. Il piano regolatore generale individua le zone territoriali omogenee previste dall'art. 2 del D.M. n. 1444 del 1968.
2. Il piano regolatore generale può prevedere, anche agli effetti dell'art. 6 della L.R. 18 giugno 1986, n. 14, destinazioni d'uso compatibili in ambiti determinati delle singole zone territoriali omogenee. La dotazione complessiva degli standard di tali zone è determinata in base a quelli relativi alle diverse destinazioni d'uso.
3. Per gli interventi urbanistici o edilizi oggetto di convenzione con il comune, deve essere specificata nella convenzione stessa la percentuale massima di incidenza dei mutamenti ammissibili delle destinazioni d'uso, con la contestuale indicazione degli interventi per realizzare la corrispondente dotazione di standard.
4. Per le zone A e 18 la pianificazione deve essere rivolta: al recupero degli edifici esistenti ed alla riutilizzazione del patrimonio edilizio; al completamento delle zone parzialmente utilizzate; al completamento delle opere di urbanizzazione.
5. Il dimensionamento delle zone C si determina detraendo dal fabbisogno complessivo degli interventi edilizi la quota da soddisfare con gli interventi di recupero dell'esistente e con le nuove costruzioni previste nelle zone edificate 18.
6. Fatto salvo quanto previsto dal precedente art. 15, comma 4, per le zone C l'intervento edilizio deve essere preceduto dall'approvazione di uno strumento urbanistico attuativo, mentre le norme di attuazione del piano regolatore generale stabiliscono i criteri della progettazione, obbligando al rispetto del tessuto viario ed edilizio e dell'ambiente circostante, ponendo limiti di altezza e distanza tra edifici, individuando tipologie e destinazioni d'uso, nonché la dotazione degli standard.
Art. 20
Piano attuativo per i servizi.
1. Con riferimento alle aree ed ai beni di cui al comma 2 dell'art. 15, i comuni possono approvare un apposito piano attuativo per i servizi (PAS).
2. Tale piano, nel rispetto delle previsioni e prescrizioni del piano regolatore generale, identifica le aree ed i beni da assoggettare ad esproprio e le relative destinazioni.
3. Il PAS è composto dai seguenti elaborati:
a) relazione sulle previsioni del PRG e sulla conformità ad esse del PAS, con previsione sommaria di spesa;
b) identificazione delle aree sulle planimetrie dello stesso PRG e su planimetrie catasta.
4. Il PAS può essere adottato dal consiglio comunale contestualmente all'adozione del PRG e, comunque, approvato definitivamente dopo l'entrata in vigore del PRG stesso.
5. Salvo quanto previsto dal comma 4, si applicano al PAS le norme che disciplinano i piani particolareggiati e, in particolare, quelle che ne regolano i procedimenti di approvazione e l'efficacia.
Art. 21
Spazi pubblici per parco, gioco, sport ed attrezzature generali. Distanze minime.
1. I piani regolatori generali o i piani attuativi per i servizi devono prevedere aree pubbliche distinte, in particolare, in aree per i parchi urbani, per il verde di vicinato, per lo sport e per il gioco.
2. La dimensione delle aree destinate a verde pubblico attrezzato o alla creazione di parchi urbani o al gioco o allo sport, deve essere tale da garantire la loro effettiva utilizzazione e rispettare inoltre le dotazioni obbligatorie in rapporto alle capacità insediative del piano.
3. Per la formazione di parchi urbani sono prescelte aree aventi, nell'ordine, le seguenti caratteristiche:
a) parco già formato;
b) facile accesso al pubblico e vicinanza al centro urbano;
c) prevalente assenza di colture agricole pregiate.
4. I piani regolatori generali devono prevedere che negli strumenti urbanistici attuativi concernenti zone residenziali di nuova formazione siano previsti specifici spazi per il verde pubblico nella misura di almeno 3mq per abitante da insediare. Detta dotazione è aggiuntiva rispetto alle dotazioni minime di cui alla lettera c) del secondo comma dell'articolo 3 del D.M. n. 1444 del 1968 ed in essa non vanno ricomprese le aree destinate ad attrezzature sportive (15).
5. Per le distanze minime tra fabbricati si applica l'art. 9 del D.M n. 1444 del 1968. Sono fatte salve le maggiori distanze stabilite per le zone sismiche.
6. Minori distanze tra fabbricati e dalle strade sono ammesse nei casi di gruppi di edifici che formano oggetto di piani urbanistici attuativi piani volumetrici o per interventi puntuali disciplinati dal piano regolatore generale.
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(15) Comma così sostituito dall'art. 4, L.R. 24 febbraio 1997, n. 18.
TITOLO III
Procedimenti di formazione degli strumenti della pianificazione territoriale
Capo I - Piano paesistico ambientale regionale
Art. 22
Procedimento di formazione e pubblicazione del PPAR..
1. La Giunta regionale predispone lo schema del piano. A tal fine acquisisce le proposte formulate dalle province che tengano conto delle indicazioni fornite dalle conferenze provinciali delle autonomie e assume dalle amministrazioni pubbliche interessate i dati relativi a programmi, progetti ed interventi, anche in corso di elaborazione, aventi rilievo ed incidenza regionale.
2. Lo schema del piano è adottato dalla Giunta regionale.
3. Lo schema adottato ai sensi del comma 2 è pubblicato in un apposito supplemento speciale del bollettino ufficiale della Regione; gli allegati sono contestualmente depositati presso la sede delle province, delle comunità montane e dei singoli comuni, a disposizione di chiunque vi abbia interesse.
4. Le amministrazioni pubbliche, gli organismi sindacali e professionali nonché gli enti od associazioni possono presentare osservazioni alla Giunta regionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione e deposito.
5. La Giunta regionale, dopo aver acquisito il parere del comitato regionale per il territorio, delibera la presentazione del piano al consiglio, formulando proposte in ordine all'accoglimento delle osservazioni e controdeducendo alle medesime.
6. Il piano è approvato con deliberazione del consiglio regionale ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione. Esso è depositato con gli allegati presso la sede della Giunta regionale.
7. All'adeguamento o variazione del piano si provvede con la procedura di cui al presente articolo.
Art. 23
Ulteriori disposizioni per la formazione e pubblicazione del PPAR..
1. Le osservazioni allo schema del PPAR adottato possono essere presentate da chiunque vi abbia interesse limitatamente ai casi espressamente indicati dal piano medesimo, ai sensi del comma 3 dell'art. 13.
2. Dette osservazioni sono prese in considerazione dal consiglio regionale singolarmente o per gruppi omogenei.
3. Il piano paesistico del Conero di cui al comma 6 dell'art. 8 è adottato e approvato con le procedure di cui al presente articolo e al precedente art. 22.
TITOLO III
Procedimenti di formazione degli strumenti della pianificazione territoriale
Capo II - Piano di inquadramento territoriale
Art. 24
Procedimento di formazione del PIT.
1. La Giunta regionale predispone lo schema di piano entro nove mesi dall'entrata in vigore della presente legge secondo quanto previsto dal comma 1 dell'art. 22.
2. Lo schema di piano è adottato dalla Giunta regionale e pubblicato in un apposito supplemento speciale nel bollettino ufficiale della Regione.
3. Gli allegati sono depositati presso la sede delle province e delle comunità montane a disposizione degli interessati.
4. Per le successive fasi di formazione del piano si applicano le disposizioni di cui ai commi 4, 5 e 6 dell'art. 22.
5. All'adeguamento o variazione del piano si provvede con le procedure di cui al presente articolo.
TITOLO III
Procedimenti di formazione degli strumenti della pianificazione territoriale
Capo III - Piani territoriali di coordinamento provinciali
Art. 25
Procedimento di formazione e pubblicazione del PTC.
1. Alla predisposizione e adozione dei PTC provvedono le province. Le province assicurano, fin dalla fase iniziale di predisposizione del piano, la partecipazione dei comuni. Le comunità montane concorrono alla formazione del piano attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo.
2. Lo schema del PTC, dopo l'adozione da parte della provincia, è pubblicato in un apposito supplemento del bollettino ufficiale della Regione ed è depositato presso la sede della provincia, dei comuni e delle comunità montane compresi nell'area oggetto del piano medesimo.
3. Lo schema del PTC è sottoposto a parere della conferenza provinciale delle autonomie. Fino alla data di istituzione della conferenza, sullo schema adottato la provincia richiede ai comuni e alle comunità montane, prefissando un congruo termine, pareri. Possono, altresì, essere presentate osservazioni, secondo quanto previsto dal comma 4 dell'art. 22 e dal comma 1 dell'art. 23.
4. La provincia procede, entro i successivi novanta giorni, all'ulteriore istruttoria e all'esame delle osservazioni, secondo quanto previsto dal comma 3 e delibera l'adozione definitiva del PTC.
5. Il piano adottato è trasmesso alla Giunta regionale ai fini di accertarne la conformità al PPAR e al PIT e il rispetto delle normative e degli indirizzi statali e regionali in tema di programmazione socio-economica e territoriale.
6. La conformità è accertata entro duecentoquaranta giorni con decreto del presidente della Giunta, previo parere del comitato regionale per il territorio e della commissione consiliare competente. L'inutile decorso del termine, in presenza del parere favorevole del CRT, produce gli effetti della declaratoria di conformità.
7. La provincia delibera l'approvazione del PTC entro sessanta giorni dal decreto regionale di conformità. La pubblicazione e il deposito avvengono in conformità a quanto previsto dal comma 2.
8. In caso di dichiarazione di non conformità, la provincia si adegua ai rilievi della Regione entro il termine di centottanta giorni dal ricevimento del relativo decreto.
9. Decorso tale termine la delibera di adozione del PTC esaurisce i propri effetti ed il piano deve essere riadottato dalla provincia secondo quanto previsto dal presente articolo.
10. All'adeguamento o variazione del PTC si procede a norma del presente articolo.
TITOLO III
Procedimenti di formazione degli strumenti della pianificazione territoriale
Capo IV - Piano regolatore generale
Art. 26
Approvazione degli strumenti urbanistici comunali, dei regolamenti edilizi e delle relative varianti.
1. Il Piano regolatore generale (P.R.G.), adottato dal Consiglio comunale, è depositato a disposizione del pubblico, per sessanta giorni, presso la segreteria del Comune. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all'Albo del Comune e sulle pagine locali di almeno un giornale quotidiano di diffusione regionale, elevato a tre per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, nonché mediante l'affissione di manifesti. Entro i sessanta giorni di deposito, chiunque può formulare osservazioni sui criteri e sulle linee generali del P.R.G. adottato.
2. Il Consiglio comunale, con deliberazione motivata, si esprime sulle osservazioni presentate, accogliendole o respingendole, entro centottanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 1 e, contestualmente, adotta definitivamente il P.R.G. con le eventuali modifiche conseguenti all'accoglimento delle osservazioni. Decorso inutilmente detto termine il Comune è tenuto a provvedere alla rielaborazione del P.R.G.
3. Nei trenta giorni successivi all'adozione definitiva, il P.R.G. è trasmesso alla Giunta provinciale, la quale esprime un parere sulla conformità del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale e, in particolare, con le previsioni e gli indirizzi del PPAR, del PIT e del PTC, ove vigenti.
4. Il parere è espresso dalla Giunta provinciale, sentito il Comitato provinciale per il territorio di cui all'articolo 55, entro centottanta giorni dal ricevimento del P.R.G.; tale termine è ridotto a centoventi giorni per i comuni fino a 5.000 abitanti. Decorso inutilmente il termine, il parere si intende favorevole. Il termine può essere sospeso, per una sola volta, quando l'Amministrazione provinciale chieda chiarimenti o integrazioni documentali e riprende a decorrere dal ricevimento dei chiarimenti o delle integrazioni.
5. Qualora il parere di cui al comma 3 sia favorevole, il Consiglio comunale provvede all'approvazione del P.R.G. entro sessanta giorni dal ricevimento del parere stesso.
6. Nel caso in cui la Giunta provinciale abbia formulato rilievi in ordine alla conformità del P.R.G. con la normativa vigente e con le previsioni dei piani territoriali e dei programmi di carattere sovracomunale, il Comune:
a) provvede all'approvazione del P.R.G. in adeguamento al parere della Giunta provinciale entro centoventi giorni dal suo ricevimento. Decorso detto termine, il Comune è tenuto a provvedere alla rielaborazione del Piano;
b) qualora ritenga di respingere tali rilievi, controdeduce, con deliberazione consiliare motivata, entro novanta giorni dal ricevimento del parere.
7. La deliberazione di cui al comma 6, lettera b), è trasmessa alla Giunta provinciale, la quale esprime un parere definitivo entro novanta giorni dal ricevimento delle controdeduzioni comunali. Decorso detto termine il parere si intende favorevole.
8. Entro il termine di novanta giorni dalla trasmissione del parere definitivo espresso dalla Giunta provinciale ai sensi del comma 7, il Consiglio comunale provvede all'approvazione del P.R.G. conformemente al suddetto parere. Decorso detto termine, il Comune è tenuto a provvedere alla rielaborazione del Piano.
9. Il Comune, a fini conoscitivi, è tenuto a trasmettere il P.R.G. con il relativo atto di approvazione alla Giunta provinciale. Il Comune è tenuto altresì ad adeguare gli elaborati tecnici e cartografici del P.R.G. approvato.
10. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si osservano anche per le varianti agli strumenti urbanistici generali comunali.
11. La Giunta provinciale esprime, inoltre, il parere di cui ai commi precedenti sui seguenti strumenti urbanistici attuativi:
a) in variante agli strumenti urbanistici generali comunali, quando non rientrano nella procedura abbreviata di cui all'articolo 15, comma 5;
b) relativi a zone, totalmente o parzialmente, soggette a vincolo paesistico, di cui all'articolo 37, salvo il disposto del comma 4 dell'articolo 4.
12. I regolamenti edilizi e le relative varianti contenenti norme difformi dai parametri urbanistico - edilizi previsti dallo strumento urbanistico generale e dall'articolo 13 del regolamento edilizio regionale approvato con D.P.G.R. 14 settembre 1989, n. 23 e successive modificazioni, sono sottoposti al parere della Giunta provinciale in ordine al fondamento delle motivazioni che hanno determinato le difformità stesse. Il parere è espresso dalla Giunta provinciale entro novanta giorni dal ricevimento. Decorso inutilmente il termine il parere si intende favorevole. Il termine può essere sospeso per una sola volta, quando l'Amministrazione provinciale chieda chiarimenti ed integrazioni documentali e riprende a decorrere dal ricevimento dei chiarimenti o delle integrazioni. Qualora il parere sia favorevole, il Consiglio comunale provvede all'approvazione del regolamento edilizio o delle relative varianti entro sessanta giorni dal suo ricevimento. In caso di parere negativo, il Comune provvede alla rielaborazione delle norme difformi (16).
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(16) Articolo così sostituito dall'art. 2, L.R. 16 agosto 2001, n. 19. Il testo originario era così formulato:
«Art. 26.
Formazione ed adozione del piano regolatore generale.
1. Il piano regolatore generale è adottato dal consiglio comunale.
2. Entro otto giorni dall'adozione, il piano regolatore è depositato a disposizione del pubblico, per trenta giorni, presso la segreteria del comune. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all'albo del comune, mediante l'affissione di manifesti e la pubblicazione di apposito avviso sulle pagine locali di almeno due giornali quotidiani di diffusione regionale.
3. Entro sessanta giorni successivi al deposito chiunque può formulare osservazioni sui criteri e sulle linee generali del piano regolatore adottato.
4. Il comune con propria deliberazione motivata si esprime sulle osservazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3.
5. Nei successivi trenta giorni il sindaco trasmette alla provincia il piano adottato, unitamente alle osservazioni pervenute ed alle controdeduzioni del comune.».
Art. 26-bis
Varianti agli strumenti urbanistici.
1. Le disposizioni dell'articolo 34 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in merito al procedimento di formazione, approvazione ed efficacia degli accordi di programma aventi rilevante interesse regionale, provinciale o comunale, che comportano la variazione degli strumenti urbanistici generali comunali, sono specificate ed integrate in base a quanto stabilito nel presente articolo.
2. Il Presidente della Regione o il Presidente della Provincia o il Sindaco che, in relazione alla competenza primaria o prevalente sugli interventi, intende promuovere un accordo di programma che comporta variazione di strumenti urbanistici generali comunali, convoca la conferenza preliminare prevista dall'articolo 34 del D.Lgs. n. 267/2000.
3. Qualora in sede di conferenza preliminare sia verificata la possibilità di consenso unanime delle amministrazioni interessate alla stipula, la proposta di accordo di programma, che deve contenere le ragioni di prevalente interesse pubblico che hanno determinato la sua promozione, corredata del progetto, dei relativi elaborati e degli elaborati rappresentativi della variante urbanistica, nonché delle risultanze delle consultazioni pubbliche, è depositata presso le sedi degli enti partecipanti per sessanta giorni consecutivi. L'avviso di deposito, insieme con l'accordo preliminare, è pubblicato all'albo pretorio del Comune interessato per lo stesso periodo di tempo. È inoltre pubblicato apposito avviso in un giornale quotidiano a diffusione regionale, contenente l'indicazione degli enti presso i quali è depositata la proposta di accordo di programma e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione.
4. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 3 chiunque vi abbia interesse può formulare osservazioni e proposte.
5. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni indicato al comma 4, il Presidente della Regione o il Presidente della Provincia o il Sindaco convoca tutti i soggetti pubblici e privati interessati alla conclusione dell'accordo, che viene sottoscritto tenendo conto delle osservazioni e proposte presentate, e individua, ove necessario, i soggetti che provvedono alla vigilanza sull'esecuzione dell'accordo, nonché sugli eventuali interventi sostitutivi, ai sensi dell'articolo 34, comma 7, del D.Lgs. n. 267/2000.
6. Il decreto di approvazione dell'accordo di programma produce gli effetti dell'approvazione delle variazioni agli strumenti urbanistici generali, purché l'assenso di ciascun Comune alla conclusione dell'accordo e alla variante sia ratificato dal Consiglio comunale entro trenta giorni dalla data di emanazione del decreto di approvazione.
7. Il decreto di approvazione dell'accordo di programma è emanato dal Presidente della Provincia per gli accordi in variante a strumenti urbanistici comunali, nei restanti casi dall'autorità avente competenza primaria per la realizzazione degli interventi.
8. Il decreto di cui al comma 7 è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione dopo l'intervenuta ratifica del Consiglio comunale e sostituisce il permesso di costruire per tutti o parte degli interventi previsti nello stesso, a condizione che ne sussistano i requisiti.
9. Gli accordi di programma che determinano varianti parziali agli strumenti urbanistici generali comunali sono ammessi esclusivamente per i Comuni che hanno adottato definitivamente il PRG in adeguamento al PPAR (17).
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(17) Articolo aggiunto dall'art. 13, comma 3, L.R. 23 febbraio 2005, n. 16.
Art. 27
Determinazione della provincia in ordine al piano regolatore generale.
[1. La provincia, entro centottanta giorni dal ricevimento del piano regolatore generale, sentito il parere del comitato provinciale per il territorio, adotta una delle seguenti determinazioni:
a) approvazione del piano;
b) approvazione del piano con proposta di modifiche al comune;
c) restituzione del piano al comune per la rielaborazione.
2. La provincia approva il piano regolatore generale comunale quando accerta la sua conformità alle previsioni dei piani e programmi territoriali sovraordinati.
3. Le varianti agli strumenti urbanistici generali che costituiscono adeguamento agli standard urbanistici di cui al D.M. n. 1444 del 1968, nonché i piani per gli insediamenti produttivi, i piani per l'edilizia economica e popolare ed i piani di recupero di iniziativa pubblica di cui all'art. 28 della L. 5 agosto 1978, n. 457, in variante agli strumenti urbanistici generali, sono approvati dalla provincia entro e non oltre il termine di centocinquanta giorni dalla loro ricezione; trascorso detto termine senza che la provincia abbia provveduto a comunicare al comune le proprie determinazioni, le varianti si intendono approvate, purché interessanti aree non vincolate in base a prescrizioni di base del PPAR e non contrastanti con le prescrizioni del PIT e del PTC ovvero successive all'adeguamento al PPAR ed eccettuati i casi in cui riguardino zone comprese negli elenchi delle bellezze naturali o i sottosistemi territoriali di tipo A definiti dal PPAR] (18).
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(18) Articolo abrogato dall'art. 3, comma 1, L.R. 16 agosto 2001, n. 19.
Art. 28
Approvazione del piano regolatore generale con modifiche.
[1. La provincia approva il piano regolatore generale condizionatamente all'accoglimento da parte del comune delle modifiche espressamente indicate, quando accerta che i criteri informatori e le caratteristiche del piano stesso sono conformi alle previsioni del PPAR, del PIT e del PTC, ma si rendono necessarie particolari modificazioni ed integrazioni, quali:
a) il rispetto di specifici vincoli e prescrizioni contenuti nel PPAR, nel PIT e nel PTC;
b) l'accoglimento delle osservazioni presentate durante il procedimento di adozione di cui all'art. 26 e che abbiano ottenuto il parere favorevole del comune ma non siano state recepite negli elaborati o nelle norme di attuazione del piano;
c) l'osservanza dei limiti e dei rapporti di cui ai precedenti artt. 18, 19 e 21.
2. Entro novanta giorni dal ricevimento del provvedimento della Provincia, il Comune può far pervenire alla stessa le proprie determinazioni. In caso di accoglimento delle modifiche proposte, il piano è approvato con provvedimento dell'Amministrazione provinciale. In caso di controdeduzioni presentate dal Comune, la Provincia adotta un provvedimento definitivo, di approvazione o non approvazione del piano, entro centoventi giorni dal ricevimento delle controdeduzioni medesime. Decorso tale termine, senza che la Provincia abbia adottato alcuna determinazione, il piano si intende approvato (19).
3. Decorso il termine di novanta giorni di cui al comma 2, senza che il comune abbia assunto alcuna determinazione, il piano si intende non approvato ed è restituito per la rielaborazione] (20).
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(19) Comma così sostituito dall'art. 84, comma 1, L.R. 17 maggio 1999, n. 10. Vedi, anche, il secondo periodo del suddetto comma 1. Il testo originario così disponeva: «2. Entro novanta giorni dal ricevimento del provvedimento della provincia, il comune può far pervenire alla stessa le proprie determinazioni. In caso di accoglimento delle modifiche proposte, il piano è approvato con provvedimento dell'amministrazione provinciale. In caso di controdeduzioni presentate dal comune, la provincia adotta un provvedimento definitivo di approvazione o non approvazione del piano entro centoventi giorni dal ricevimento delle controdeduzioni stesse».
(20) Articolo abrogato dall'art. 3, comma 1, L.R. 16 agosto 2001, n. 19.
Art. 29
Restituzione.
[1. Ove la provincia accerti che i criteri informatori e le caratteristiche essenziali del piano regolatore generale sono difformi dalle previsioni del PPAR, del PIT e del PTC, lo restituisce al comune per la rielaborazione] (21).
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(21) Articolo abrogato dall'art. 3, comma 1, L.R. 16 agosto 2001, n. 19.
TITOLO IV
Strumenti urbanistici attuativi
Art. 30
Adozione e approvazione degli strumenti urbanistici attuativi.
1. I piani urbanistici attuativi di cui all'articolo 4, comma 1, sono adottati dal Comune e le relative deliberazioni, corredate degli elaborati di cui all'articolo 34, sono depositate presso la sede comunale per trenta giorni consecutivi.
2. Dell'avvenuto deposito è data comunicazione al pubblico mediante apposito avviso affisso all'albo pretorio del Comune. Durante tale periodo chiunque può prendere visione dei piani e presentare, entro i successivi trenta giorni, osservazioni e opposizioni.
3. Le deliberazioni e gli elaborati di cui al comma 1 sono inviati contestualmente al deposito alla Provincia competente per territorio, che, entro sessanta giorni decorrenti dalla data di ricezione della documentazione, può formulare osservazioni ai sensi dell'articolo 24, comma 2, della legge 28 febbraio 1985, n. 47. Il Comune approva i piani motivando puntualmente sulle osservazioni formulate dalla Provincia o, decorso inutilmente il termine, prescindendo dalle osservazioni medesime.
4. Il Comune approva i piani decidendo, altresì, in ordine alle osservazioni e opposizioni presentate ai sensi del comma 2.
5. Il Comune, entro novanta giorni dall'approvazione dei piani, trasmette alla Provincia e alla Regione copia delle relative deliberazioni. La Provincia e la Regione possono richiedere anche copia degli elaborati del piano (22).
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(22) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 1, L.R. 16 dicembre 2005, n. 34. Il testo originario era così formulato: «Art. 30.
Adozione e approvazione degli strumenti urbanistici attuativi.
1. I piani attuativi di cui al comma 1 dell'art. 4 sono adottati dal consiglio comunale e le relative deliberazioni, corredate dagli elaborati di cui all'art. 34, sono depositate presso la segreteria del comune per trenta giorni consecutivi. Dell'avvenuto deposito è data comunicazione al pubblico mediante apposito avviso affisso all'albo pretorio del comune; durante tale periodo chiunque può prendere visione e presentare, entro i successivi trenta giorni, opposizioni e osservazioni.
2. La Giunta comunale sottopone all'approvazione del consiglio detti piani urbanistici attuativi unitamente alle opposizioni e osservazioni presentate ai sensi del comma 1.
3. Il consiglio comunale approva definitivamente i piani decidendo contestualmente in ordine alle opposizioni e osservazioni presentate.».
Vedi, anche, l'art. 2, comma 2, della suddetta legge. La Corte costituzionale, con sentenza 15-29 luglio 2005, n. 343 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 31, prime serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo (nella formulazione originaria soprariportata), nella parte in cui non prevedeva che copia dei piani attuativi, per i quali non è prevista l'approvazione regionale, sia trasmessa dai comuni alla Regione (o alla Provincia delegata).
Art. 31
Contenuto degli strumenti urbanistici attuativi.
1. I piani particolareggiati, i piani per l'edilizia economica e popolare, i piani per gli insediamenti produttivi ed i piani di recupero contengono:
a) l'individuazione degli immobili già espropriati o da espropriare al fine di realizzare gli interventi pubblici con particolare riguardo alle attrezzature, infrastrutture, opere e impianti di interesse generale;
b) la precisazione delle destinazioni d'uso delle singole aree, l'individuazione delle unità di intervento e l'indicazione delle relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
c) la definizione delle tipologie edilizie costruttive e d'uso da adottare negli interventi attuativi, con le relative precisazioni planivolumetriche;
d) l'individuazione degli immobili o di parte dei medesimi, da espropriare o da sottoporre a occupazione temporanea, al fine di realizzare interventi sull'edificato;
e) i termini di validità del piano e i tempi di attuazione degli interventi previsti, con l'indicazione delle relative priorità in armonia con i programmi pluriennali di attuazione.
Art. 32
Comparti edificatori.
1. I proprietari interessati ai comparti edificatori individuati come tali in sede di approvazione dei piani regolatori particolareggiati, o successivamente mediante determinazione comunale adottata d'ufficio ovvero a richiesta di qualunque interessato, hanno facoltà di riunirsi in consorzio per l'attuazione degli interventi relativi al comparto.
2. Decorso inutilmente un anno dall'individuazione del comparto senza che sia stata esercitata la facoltà di cui al comma 1, il comune può procedere d'ufficio alla costituzione di un consorzio agli stessi fini, a condizione che al consorzio aderiscano i proprietari rappresentanti, in base all'imponibile catastale, almeno due terzi del valore degli immobili compresi nel comparto.
3. La costituzione del consorzio è titolo per la espropriazione degli immobili rimanenti, ai sensi delle norme vigenti in materia. Gli immobili espropriati sono ceduti al consorzio così costituito in proprietà al prezzo corrispondente alle indennità di espropriazione corrisposte aumentate delle Sole spese della procedura espropriativa.
4. Salvo quanto diversamente disposto nella presente legge si osservano, per la costituzione del consorzio di cui ai commi 1 e 2 e per l'adozione dello statuto di esso, le disposizioni di cui all'art. 9 della L.R. 30 luglio 1974, n. 16 in quanto applicabili.
Art. 33
Contenuto dei piani di lottizzazione.
1. I piani di lottizzazione contengono gli elementi di cui alle lettere b), c), e) dell'art. 31.
2. La convenzione relativa ai piani di lottizzazione prevede:
a) la cessione gratuita, entro i termini stabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
b) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e indotta da realizzare a cura del comune, secondo quanto disposto dall'art. 5 della L. n. 10 del 1977 e i criteri per il suo aggiornamento in caso di pagamento differito. Qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del proprietario o di altro soggetto privato, la convenzione deve prevedere le relative garanzie finanziarie, le modalità di controllo sulla esecuzione delle opere, nonché i criteri per lo scomputo totale o parziale della quota dovuta a norma dell'art. 11 della L. n. 10 del 1977 e le modalità per il trasferimento delle opere al comune;
c) i progetti planivolumetrici degli edifici e i progetti esecutivi delle opere da realizzare, portati al grado di sviluppo tecnico richiesto per la con cessione di cui all'art. 4 della L. n. 10 del 1977;
d) i termini di inizio e di ultimazione delle opere di urbanizzazione in armonia con i programmi di attuazione;
e) le sanzioni convenzionali, a carico dei privati stipulanti, per inosservanza delle destinazioni di uso fissate nel piano di intervento.
Art. 34
Elaborati degli strumenti urbanistici attuativi.
1. I piani di cui al comma 1 dell'art. 31, sono di norma costituiti dai seguenti elaborati:
a) la relazione illustrativa che precisa le prescrizioni e le previsioni del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione con riferimento all'area interessata dal piano, corredata dai seguenti al legati:
a1) le analisi e le ricerche svolte;
a2) la specificazione delle aree da acquisire per destinazioni pubbliche o di uso pubblico;
a3) la relazione finanziaria, con la stima sommaria degli oneri derivanti dall'acquisizione e urbanizzazione delle aree e la loro ripartizione tra il comune e i privati;
a4) i tempi previsti per l'attuazione, con le indicazioni delle relative priorità;
b) la copia della planimetria generale dello strumento urbanistico con la individuazione dell'area interessata;
c) la planimetria del piano, disegnata sulla mappa catastale, aggiornata con le costruzioni esistenti e dotata delle principali quote planialtimetriche, contenente i seguenti elementi:
c1) le strade e gli altri spazi riservati alla viabilità dei veicoli a motore, delle biciclette e dei pedoni, con precisazione delle relative caratteristiche tecniche, con le quote altimetriche oltreché delle fasce di rispetto e dei distacchi dagli edifici esistenti; i parcheggi, con la individuazione di aree destinate esclusivamente alle biciclette separate da quelle destinate ai veicoli a motore (23);
c2) gli edifici e gli impianti esistenti e in progetto;
c3) le aree destinate all'edificazione o alla riqualificazione dell'edilizia esistente con l'indicazione delle densità edilizie, degli eventuali allineamenti, delle altezze massime, dei distacchi fra gli edifici, della utilizzazione e delle sistemazioni delle aree libere e di quelle inedificabili;
c4) l'eventuale delimitazione di comparti edificatori;
d) il progetto di massima delle opere di urbanizzazione primaria e dei relativi allacciamenti;
e) l'eventuale progetto planivolumetrico degli interventi previsti, con profili e sezioni in scala adeguata e con indicazione delle tipologie edilizie;
f) gli elenchi catasta delle proprietà ricadenti nel territorio interessato dal piano con indicazione di quelle soggette eventualmente all'esproprio;
g) le norme tecniche di attuazione del piano;
h) [il riepilogo informativo statistico di cui al comma 1 dell'art. 35] (24).
2. I piani di lottizzazione sono inoltre corredati dallo schema di convenzione da stipulare con il comune.
3. Fin dal primo esame da parte dei consigli comunali e per l'intero svolgimento delle procedure ad essi relative, gli strumenti urbanistici attuativi di cui all'art. 1 debbono essere corredati dalla documentazione di cui al presente articolo.
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(23) Lettera così modificata dall'art. 6, L.R. 29 aprile 1996, n. 16.
(24) Lettera abrogata dall'art. 1, comma 2, L.R. 16 dicembre 2005, n. 34.
Art. 35
Riepilogo informativo statistico.
[1. Al fine della programmazione deluso del territorio i comuni trasmettono alla provincia copia del riepilogo informativo statistico dei dati di ogni singolo piano entro trenta giorni dalla data di esecutività della deliberazione del consiglio comunale che lo adotta definitivamente.
2. I comuni trasmettono inoltre alla provincia il riepilogo informativo statistico dei dati del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione vigenti; tale riepilogo va comunque trasmesso unitamente alla deliberazione di adozione, anche di variante, di tali strumenti urbanistici generali.
3. Le province trasmettono i dati ricevuti, ai sensi del presente articolo, alla Giunta regionale, la quale assicura l'utilizzazione dei dati da parte degli enti locali e presenta annualmente al consiglio regionale una relazione sullo stato della pianificazione urbanistica nella regione.
4. La Giunta regionale, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, approva i modelli che i comuni utilizzano per la redazione dei riepiloghi informativi statistici di cui al presente articolo] (25).
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(25) Articolo abrogato dall'art. 1, comma 2, L.R. 16 dicembre 2005, n. 34.
Art. 36
Pareri obbligatori.
1. Per quanto non diversamente stabilito nel presente titolo e, in particolare, per quanto concerne i pareri obbligatori antecedenti alla adozione definitiva e gli adempimenti susseguenti alla pubblicazione continuano ad applicarsi le disposizioni procedimentali previste dalla vigente legislazione per i singoli piani attuativi di cui all'art. 4.
Art. 37
Piani attuativi concernenti zone sottoposte a tutela paesaggistica.
1. Gli strumenti urbanistici attuativi relativi alle zone totalmente o parzialmente tutelate come bellezze naturali, devono essere corredati oltre che dagli elaborati di cui all'art. 34 dei seguenti elementi:
a) relazione illustrativa degli obiettivi, dei criteri e delle modalità attuative in coerenza con le finalità indicate in sede di compilazione degli elenchi delle bellezze naturali;
b) descrizione documentata dei caratteri vegetazionali, morfologici, paesaggistici e storico-culturali;
c) documentazione fotografica dello stato attuale e cartografie in scala non inferiore a 1:500;
d) tavole di progetto che illustrino:
d1) le modificazioni morfologiche, vegetazionali e di ogni altro elemento naturale costitutivo del paesaggio;
d2) gli interventi in materia di consolidamento dei terreni, di regimazione delle acque e di protezione delle risorse idriche;
d3) le indicazioni tipologiche e costruttive e la destinazione d'uso delle opere e delle sistemazioni oggetto degli interventi.
2. I comuni adottano tali piani previo parere della commissione edilizia integrata di cui al successivo comma 2 dell'art. 61.
TITOLO V
Misure di salvaguardia
Art. 38
Misure di salvaguardia del PPAR, del PIT e dei PTC.
1. Dalla data di adozione del PPAR e dei PTC, sono sospesi:
a) l'esame e le deliberazioni sui piani, programmi, progetti ed altri interventi non coerenti con le indicazioni dei piani adottati;
b) l'adozione definitiva dei piani di attuazione di cui all'art. 4 della presente legge relativi a strumenti urbanistici non conformi alle indicazioni dei piani adottati;
c) il rilascio delle concessioni edilizie o degli atti equipollenti per opere ed interventi in contrasto con le disposizioni dei piani adottati aventi l'efficacia di cui al comma 2 dell'art. 13.
2. Dalla data di adozione del PIT sono sospesi gli adempimenti di cui alla lettera a) del comma 1 ed ogni altro adempimento attuativo relativo ad opere pubbliche e di interesse pubblico di rilevanza regionale previste da piani, programmi, progetti, in contrasto con le previsioni del PIT.
3. Salvo quanto previsto dal comma 1, dalla data di adozione del PPAR è altresì sospeso il rilascio dell'autorizzazione di cui all'art. 7 della L. 29 giugno 1939, n. 1497, per opere ed interventi non conformi alle prescrizioni dettate ai sensi del comma 5 dell'art. 8.
4. Con l'entrata in vigore delle misure di salvaguardia di cui ai precedenti commi, relative al PPAR, cessano di avere efficacia i provvedimenti statali e regionali previsti dagli articoli 1-ter e 1-quinquies della L. 8 agosto 1985, n. 431.
Art. 39
Misure di salvaguardia degli strumenti urbanistici comunali.
1. Dalla data di adozione degli strumenti urbanistici o delle relative varianti si applicano le misure di salvaguardia ai sensi della L. 3 novembre 1952, n. 1902, come integrata e modificata dalla L. 5 luglio 1966, n. 517.
2. L'applicazione delle misure di salvaguardia cessa se lo strumento urbanistico è restituito al comune per la rielaborazione o, comunque, non è approvato.
3. [In caso di approvazione condizionata alle modifiche di cui al precedente art. 28, anche quando il termine di applicazione delle misure di salvaguardia sia già scaduto, non possono essere assentite le domande di concessione o di autorizzazione in contrasto con il piano fino all'entrata in vigore dello strumento urbanistico stesso, e comunque per un periodo non superiore ad un anno] (26).
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(26) Comma abrogato dall'art. 3, comma 1, L.R. 16 agosto 2001, n. 19.
Art. 40
Norme speciali.
1. I piani per gli insediamenti produttivi approvati dopo l'entrata in vigore della presente legge hanno efficacia eguale a quella dei piani per l'edilizia economica e popolare.
2. Salvo quanto previsto dalla presente legge, i procedimenti di variazione previsti dall'art. 1 della L. 3 gennaio 1978, n. 1 si applicano in ogni caso anche alle opere pubbliche che non sono di competenza del comune.
2-bis. Gli atti di approvazione dei piani regolatori generali e delle loro varianti nonché degli strumenti urbanistici attuativi di cui all'art. 4, comma 1, sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione. Tale pubblicazione tiene luogo di ogni altra forma di pubblicazione di qualsiasi genere prevista da leggi anteriori al 1° gennaio 1978 (27).
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(27) Comma aggiunto dall'art. 5, L.R. 24 febbraio 1997, n. 18, poi così modificato dall'art. 3, comma 2, L.R. 16 agosto 2001, n. 19.
TITOLO VI
Programma pluriennale di attuazione
Art. 41
Funzione del PPA.
1. Il programma pluriennale di attuazione (PPA), delimita le aree e le zone in cui devono realizzarsi, nei tempi e modi indicati dal presente titolo, le attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio previste dagli strumenti urbanistici generali dando priorità alle aree non sature dotate di opere di urbanizzazione ed alle aree con strumenti urbanistici particolareggiati approvati.
Art. 42
Validità del PPA.
1. Gli strumenti urbanistici generali, anche a livello intercomunale, si attuano nei tempi stabiliti dal PPA le cui previsioni sono riferite ad un periodo di tempo non superiore ad un quinquennio.
Art. 43
Comuni obbligati.
1. Sono obbligati a dotarsi di PPA i comuni con popolazione uguale o superiore a 10.000 abitanti nonché i comuni con popolazione al di sotto dei 10.000 abitanti, inclusi in un elenco approvato dalla Giunta regionale con riferimento al terzo comma dell'art. 13 della L. n. 10 del 1977 e al primo comma dell'art. 6 della L. 25 marzo 1982, n. 94, sulla base dei seguenti criteri: particolare espansione industriale e turistica; territorio situato nella fascia costiera.
2. L'elenco di cui al comma 1 è approvato con deliberazione della Giunta regionale entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione.
3. Tale elenco conserva validità fino al l'entrata in vigore dei piani territoriali di coordinamento delle province ai quali devono essere allegati elenchi analoghi.
4. Fino alla data di pubblicazione dell'elenco di cui al comma 1 i comuni obbligati a dotarsi di PPA sono quelli non indicati nell'elenco allegato alla presente legge (28).
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(28) In ottemperanza al presente disposto la Giunta regionale, con delibera 19 maggio 1993, n. 2246 (pubblicata nel B.U. 20 luglio 1993, n. 47) ha approvato l'elenco dei comuni esonerati dal PPA.
Art. 44
Contenuti del PPA.
1. Il PPA è formato dal comune in rapporto all'andamento demografico, alla situazione socioeconomica del territorio ed alla presumibile disponibilità di risorse pubbliche e private nel periodo considerato dal programma stesso, in coerenza con gli obiettivi della programmazione regionale e sub-regionale.
2. Quale strumento di coordinamento e programmazione urbanistica, il PPA contiene:
a) la relazione sullo stato di attuazione del vigente strumento urbanistico generale, con l'indicazione della capacità insediativa residua delle zone edificabili, sia residenziali sia produttive, ivi compresa quella risultante da operazioni sul rinnovo del patrimonio edilizio esistente;
b) la valutazione dei fabbisogni da soddisfare attraverso il PPA per i vari tipi di insediamento, con la delimitazione delle aree oggetto degli interventi nell'ambito delle zone omogenee di cui al D.M. n. 1444 del 1968;
c) le previsioni delle infrastrutture, dei servizi e delle attrezzature pubbliche da attuarsi nel periodo di validità del PPA, anche derivanti da eventuali fabbisogni pregressi, con l'indicazione delle aree necessarie da acquisire, nonché delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ivi incluse quelle che, pur esistenti all'atto dell'adozione del programma, debbano essere adeguate o migliorate;
d) la previsione di massima delle spese occorrenti per la realizzazione delle opere di cui alla precedente lettera c), corredata dalla indicazione delle presumibili fonti di finanziamento.
3. Per gli interventi diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente di cui alla lettera e) del primo comma dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, il comune stabilisce per le singole zone la cubatura massima edificabile per il periodo di validità del PPA e le concessioni relative possono essere rilasciate fino all'ammontare delle previsioni del PPA.
Art. 45
Elaborati tecnici.
1. Gli elaborati tecnici che costituiscono parte integrante del PPA sono:
a) una copia della planimetria dello strumento urbanistico generale con la delimitazione delle aree incluse nel PPA;
b) una relazione illustrativa delle motivazioni del dimensionamento e della scelta delle aree incluse nel programma, contenente, fra l'altro, specifici riferimenti agli aspetti finanziari della attuazione.
Art. 46
Procedure.
1. I comuni obbligati a dotarsi del PPA, previa consultazione delle forze sociali e delle categorie interessate, adottano il programma con deliberazione del consiglio comunale.
2. I comuni inclusi per la prima volta negli elenchi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 43, adottano il PPA entro cinque mesi dalla pubblicazione dell'elenco medesimo.
3. Immediatamente dopo l'adozione, il PPA è pubblicato nell'albo pretorio per la durata di quindici giorni.
4. Nei successivi quindici giorni gli interessati possono proporre osservazioni scritte al consiglio comunale, il quale, entro gli ulteriori quindici giorni approva in via definitiva il PPA.
5. Copia del PPA approvato è trasmessa per conoscenza alla provincia.
6. I comuni obbligati, ma sprovvisti di strumento urbanistico vigente, approvano il PPA contestualmente all'adozione del piano urbanistico o della sua variante.
7. Nelle more delle procedure di approvazione degli strumenti urbanistici generali o delle loro varianti il PPA è attuato nel rispetto delle norme che regolano l'attività edilizia in pendenza di dette procedure.
Art. 47
Varianti al PPA ed approvazione dei programmi successivi.
1. Nel periodo di validità, il PPA può essere variato, con le procedure previste dall'art. 46, solo in caso di revisioni o modifiche degli strumenti urbanistici generali o per comprovata variazione del fabbisogno o per intervenute necessità connesse alla realizzazione di opere pubbliche.
2. Alla scadenza del PPA il consiglio comunale approva la relazione finale con la specificazione delle opere di competenza pubblica e privata, attuate o in corso di attuazione e delle aree rimaste inutilizzate.
3. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del PPA il consiglio comunale, tenendo conto della relazione di cui al comma 2, approva il nuovo programma secondo la procedura di cui all'art. 46 della presente legge.
4. Non sono comunque ammesse varianti nell'ultimo anno di validità del PPA.
Art. 48
Potere sostitutivo.
1. Nel caso in cui il comune obbligato non provveda entro i termini previsti dai precedenti artt. 46 e 47 all'approvazione del PPA, la provincia salvo il caso di proroga non superiore a tre mesi, nomina un commissario "ad acta" per la formazione del PPA e per la convocazione del consiglio comunale ai fini della relativa deliberazione.
2. Ove l'approvazione del programma non avvenga, per qualsiasi causa, entro sessanta giorni dalla data di convocazione del consiglio comunale, disposta ai sensi del comma 1, il commissario provvede direttamente agli adempimenti di competenza del consiglio comunale di cui all'art. 47.
Art. 49
Notizie al pubblico.
1. Tre mesi prima della scadenza del termine di validità del PPA il sindaco provvede, mediante avviso pubblico, ad invitare gli aventi titolo che non abbiano ancora presentato le istanze di concessione in conformità delle previsioni dello strumento urbanistico generale e del PPA medesimo, a presentarle prima della scadenza suindicata, con contestuale avvertimento che, in difetto, l'area interessata dalle concessioni non richieste risulterà suscettibile di espropriazione ai sensi dell'art. 13 della L. 28 gennaio 1977, n. 10 e della presente legge.
Art. 50
Espropriazione.
1. Il comune può procedere all'espropriazione delle aree qualora entro il termine di validità del PPA gli aventi titolo, singolarmente ovvero riuniti in consorzio, anche ai sensi del precedente art. 32, non abbiano presentato per le aree individuate ai sensi dell'art. 41 della presente legge, istanze di concessione conformi alle previsioni dello strumento urbanistico e del programma scaduto, corredate degli atti, documenti, elaborati richiesti dalle norme vigenti, ovvero, pur avendo presentato tali istanze, non abbiano tuttavia iniziato i lavori entro i termini stabiliti dal successivo art. 69.
2. Il consiglio comunale sulla scorta della relazione di cui al comma 2 del precedente art. 47, decide se procedere all'esproprio delle aree di cui al comma 1 o se inserire tali aree nel successivo PPA.
3. Il reinserimento della stessa area può essere operato una sola volta.
4. Alle espropriazioni si provvede secondo le vigenti disposizioni in materia di espropriazione per pubblica utilità.
5. Le aree espropriate conservano le destinazioni d'uso previste negli strumenti urbanistici, salvo varianti agli stessi.
6. Le aree espropriate, se destinate ad insediamenti residenziali, sono utilizzate dal comune:
a) direttamente, quando debbano essere realizzati impianti di interesse pubblico che si presume non possano essere realizzati da altri soggetti;
b) per interventi di edilizia residenziale pubblica;
c) per l'edilizia convenzionata ex artt. 7 e 8 della L. 28 gennaio 1977, n. 10 da realizzarsi da parte di concessionari che si rendano assegnatari in base ad asta pubblica.
7. Le aree espropriate destinate ad impianti produttivi sono utilizzate secondo le disposizioni di cui all'art. 27 della L. 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni.
Art. 51
Rilascio delle concessioni.
1. I comuni rilasciano concessioni e autorizzazioni ad edificare sulle aree incluse nei PPA e, al di fuori di esse, per le opere e gli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, sempre che non siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici.
2. Fino all'approvazione del PPA, fatti salvi gli interventi e le opere di cui all'art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, le concessioni e le autorizzazioni edilizie sono rilasciate dai comuni soltanto a condizione che sulle aree interessate esistano già le opere di urbanizzazione ovvero esista impegno, debitamente garantito, del concessionario a realizzare entro un periodo determinato.
3. Per le aree non comprese nei PPA i comuni possono rilasciare le concessioni e le autorizzazioni edilizie quando si tratta di opere e di interventi:
a) previsti dall'art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10;
b) per insediamenti produttivi ricadenti in aree industriali;
c) previsti dal terzo e quarto comma dell'art. 6 del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, convertito, con modificazioni, nella L. 25 marzo 1982, n. 94.
4. [Le concessioni e le autorizzazioni edilizie relative a superfici da destinare ad esercizi di vendita di cui agli artt. 26 e 27 della L. 11 giugno 1971, n. 426 possono essere rilasciate solo successivamente all'acquisizione del nulla osta della Giunta regionale e soltanto per le quantità da esso indicate] (29).
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(29) Comma abrogato dall'art. 42, comma 2, n. 1), L.R. 4 ottobre 1999, n. 26.
TITOLO VII
Strutture della pianificazione territoriale
Art. 52
Fondo per l'esercizio delle funzioni attribuite e delegate alle province.
1. Per l'esercizio delle funzioni attribuite e delegate alle province con la presente legge è istituito un apposito fondo. Tale fondo è finalizzato alla concessione di contributi per il potenziamento delle strutture e per il personale necessari all'esercizio delle funzioni medesime.
Art. 53
Fondo regionale di finanziamento per gli strumenti di pianificazione delle province e dei comuni.
1. Allo scopo di favorire la redazione dei piani territoriali di coordinamento provinciali e l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del PPAR, del PIT e dei PTC è istituito un fondo regionale per la concessione di contributi sulle spese a tal fine occorrenti.
2. Con apposito atto amministrativo consiliare sono fissati i criteri per la concessione dei contributi di cui al comma 1.
Art. 54
Comitato regionale per il territorio.
[1. È istituito il comitato regionale per il territorio.
2. Il comitato è presieduto dal presidente della Giunta regionale o da un assessore all'uopo delegato. In caso di assenza o impedimento del presidente o del suo delegato, la presidenza è assunta dal dirigente del servizio urbanistica e cartografia.
3. Il comitato è composto:
a) da sette esperti, rispettivamente, nelle discipline relative all'economia, alla pianificazione territoriale, ai lavori pubblici, alla tutela del suolo, dell'ambiente naturale, dei beni culturali e ambientali, eletti dal consiglio regionale tra persone di comprovata esperienza e professionalità;
b) dai dirigenti dei servizi urbanistica e cartografia, tutela e risanamento ambientale, lavori pubblici, agricoltura e programmazione della Regione, o da funzionari addetti ai servizi medesimi, da loro delegati;
c) dal coordinatore regionale del corpo forestale dello Stato o da un suo delegato;
d) da tre esperti in materia di pianificazione territoriale, designati rispettivamente dall'ANCI, dall'UPI e dall'UNCEM.
4. Il comitato regionale per il territorio è nominato con decreto del presidente della Giunta regionale, è convocato entro quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge e dura in carica quanto il consiglio regionale. I componenti del comitato esercitano le loro funzioni fino al rinnovo del comitato stesso.
5. Le funzioni di segretario del comitato regionale sono svolte da un funzionario della Regione designato dalla Giunta, senza diritto di voto. La Giunta regionale assicura i mezzi e il personale per l'espletamento delle funzioni di segreteria del comitato.
6. Ai componenti il comitato regionale spettano il rimborso spese, il trattamento di missione e le indennità di presenza previsti per i componenti del comitato urbanistico regionale dalla L.R. 2 agosto 1984, n. 20 e successive modificazioni ed integrazioni (30)] (31).
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(30) Per le nomine dei componenti il suddetto comitato si applicano le norme di cui alla L.R. 5 agosto 1996, n. 34.
(31) Articolo abrogato dall'art. 6, comma 1, lettera o), Reg. 4 dicembre 2004, n. 11, ai sensi dell'art. 4, comma 2, L.R. 12 maggio 2003, n. 7.
Art. 55
Comitato provinciale per il territorio (32).
1. Per l'esercizio delle funzioni attribuite o delegate alle province, ai sensi della presente legge, in ogni provincia è istituito un comitato provinciale per il territorio.
2. Il comitato è presieduto dal presidente dell'amministrazione provinciale o dall'assessore competente in materia. In caso di assenza o impedimento del presidente o del suo delegato la presidenza è assunta dal responsabile della struttura organizzativa della provincia competente in materia urbanistica.
3. Il comitato provinciale è composto da:
a) quattro esperti in pianificazione territoriale, eletti dal consiglio provinciale tra persone di comprovata esperienza e professionalità;
b) il responsabile della struttura organizzativa della provincia competente in materia urbanistica o funzionario delegato;
c) il dirigente del servizio urbanistica e cartografia della Regione e il dirigente del servizio decentrato opere pubbliche e difesa del suolo competente per territorio o funzionari da loro delegati;
d) il coordinatore provinciale del corpo forestale dello Stato o un suo delegato;
e) due esperti in materia di pianificazione editoriale designati dall'ANCI e dall'UNCEM.
4. Il comitato provinciale per il territorio è nominato con decreto del presidente della Giunta regionale, è convocato entro quattro mesi dal l'entrata in vigore della presente legge e dura in carica quanto il consiglio provinciale. I componenti del comitato esercitano le loro funzioni fino al rinnovo dello stesso.
5. Le funzioni di segretario del comitato provinciale sono svolte da un funzionario della provincia designato dalla Giunta, senza diritto di voto.
6. Ai componenti del comitato provinciale per il territorio spettano i compensi stabiliti con apposito atto dall'amministrazione provinciale, entro i limiti massimi previsti per i componenti del comitato regionale per il territorio ai sensi del comma 6 dell'art. 54 della presente legge.
--------------------------------------------------------------------------------
(32) Ai sensi dell'art. 4, comma 1, Reg. 4 dicembre 2004, n. 11, gli enti locali possono provvedere, nell'esercizio della loro potestà regolamentare, al riordino della composizione e delle funzioni o alla soppressione degli organismi collegiali incaricati dello svolgimento di funzioni conferite agli enti locali medesimi, elencati nella relativa tabella B, fra i quali è compreso l'organismo di cui al presente articolo (vedi anche il comma 2 del medesimo art. 4).
Art. 56
Riunioni dei comitati.
1. Alle riunioni dei comitati, su invito dei rispettivi presidenti, possono essere chiamati per fornire pareri, chiarimenti e notizie, funzionari della Regione, di uffici periferici dell'amministrazione statale o di aziende autonome dell'amministrazione statale o di enti pubblici. Tali funzionari devono assentarsi al momento del voto.
2. Gli enti locali hanno diritto di essere presenti alle riunioni al cui ordine del giorno sia iscritta la discussione su strumenti urbanistici da essi adottati. A tal fine le segreterie dei comitati comunicano tempestivamente agli enti locali interessati la data, l'ora ed il luogo in cui deve tenersi la riunione per la discussione sugli strumenti urbanistici.
3. I rappresentanti degli enti locali debbono, assentarsi al momento del voto.
Art. 57
Funzioni del comitato regionale.
[1. Il comitato regionale per il territorio è organo consultivo della Regione nelle materie di cui all'art. 79 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
2. In particolare, il comitato esprime parere obbligatorio ma non vincolante:
a) sui piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della L. 29 giugno 1939, n. 1497 ed all'art. 64 della presente legge, nonché sui piani regionali di cui alle lettere a) e b) comma 2 dell'art. 2 della presente legge;
b) sui piani territoriali di coordinamento di cui all'art. 15 della L. n. 142 del 1990 e alla lettera c) del comma 2 dell'art. 2 della presente legge.
3. Il comitato svolge le funzioni previste dalla L.R. 2 novembre 1972, n. 8, per il comitato urbanistico regionale, dalla L.R. 21 agosto 1984, n. 24, per la commissione regionale per la tutela dei beni ambientali, dalla L.R. 22 maggio 1980, n. 37, per la commissione tecnica per le cave ed esprime il parere di cui all'art. 6 della L.R. 18 aprile 1979, n. 17.
4. Il comitato urbanistico regionale, la commissione regionale per la tutela dei beni ambientali, nonché la commissione tecnica per le cave cessano le proprie funzioni dalla data di insediamento del comitato regionale per il territorio] (33).
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(33) Articolo abrogato dall'art. 6, comma 1, lettera o), Reg. 4 dicembre 2004, n. 11, ai sensi dell'art. 4, comma 2, L.R. 12 maggio 2003, n. 7.
Art. 58
Funzioni del comitato provinciale.
1. Il comitato provinciale per il territorio è organo consultivo della provincia nelle materie di sua competenza ai sensi della presente legge.
2. In particolare, il comitato provinciale esprime parere obbligatorio, ma non vincolante, sugli strumenti urbanistici generali comunali, sui regolamenti edilizi e sulle loro varianti (34).
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(34) Comma così modificato dall'art. 6, L.R. 24 febbraio 1997, n. 18.
Art. 59
Funzionamento dei comitati.
1. Il comitato regionale per il territorio e i comitati provinciali per il territorio sono convocati dai rispettivi presidenti.
2. Essi devono essere convocati, secondo le rispettive competenze, quando lo richiedono la Giunta regionale o provinciale. Il comitato regionale può essere inoltre convocato su richiesta dell'ufficio di presidenza del consiglio regionale.
3. Le convocazioni debbono essere disposte con preavviso di almeno cinque giorni, salvi i casi di urgenza, per i quali il termine minimo è di due giorni.
4. Le sedute dei comitati sono valide se è presente la maggioranza dei loro componenti. Le decisioni sono valide se approvate dalla maggioranza dei presenti. I membri dissenzienti possono chiedere che siano riportate a verbale le ragioni del loro dissenso.
5. Le decisioni dei comitati ed i relativi verbali debbono essere tempestivamente comunicati ai presidenti delle amministrazioni che hanno richiesto il parere. Copia delle decisioni dei comitati provinciali per il territorio debbono essere trasmesse al presidente della Giunta regionale.
6. La Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare e, per i comitati provinciali, le amministrazioni provinciali, può fornire indicazioni ed orientamenti ai comitati, nel rispetto degli atti di indirizzo e coordinamento spettanti allo Stato ai sensi dell'art. 4 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
Art. 60
Conferenza dei comitati per il territorio.
1. Il presidente della Giunta regionale o l'assessore da lui delegato convoca almeno una volta l'anno la conferenza dei componenti del comitato regionale e dei comitati provinciali per il territorio in seduta conGiunta, della quale assume la presidenza.
2. In tale sede si esaminano problemi inerenti l'esercizio delle funzioni del comitato regionale e dei comitati provinciali per il territorio al fine di garantire, in particolare, l'unitarietà di indirizzo nell'esercizio delle funzioni medesime.
3. Le decisioni assunte in tale sede sono pubblicate nel bollettino ufficiale della Regione e sono vincolanti per i comitati stessi.
4. La Giunta regionale, previo parere della conferenza di cui al presente articolo, stabilisce con apposito atto le modalità di funzionamento della conferenza stessa.
TITOLO VIII
Disposizioni in materia di protezione delle bellezze naturali
Art. 61
Organi comunali.
1. I consigli comunali deliberano in ordine alla individuazione degli organi competenti per l'esercizio delle funzioni delegate dalla presente legge.
2. Gli atti inerenti a tale esercizio sono emessi previo parere della commissione edilizia comunale, integrata da due esperti in materia di beni ambientali e storico-culturali, designati dal consiglio comunale.
3. I provvedimenti emessi sono pubblicati mediante affissione all'albo pretorio del comune con la specificazione dei titolari e delle località interessate.
4. I provvedimenti autorizzativi di cui all'art. 6 della presente legge costituiscono presupposto inderogabile di quelli concessivi ed autorizzativi di competenza comunale in relazione agli immobili e alle località oggetto di tutela paesistica.
Art. 62
Pareri della soprintendenza.
1. Ferma l'obbligatorietà dei pareri sancita ai sensi e per gli effetti della L. 1° giugno 1939, n. 1089, nessun altro parere in materia di tutela ambientale e paesistica è richiesto agli organi e uffici periferici del ministero per i beni culturali e ambientali; le disposizioni legislative, regolamentari o procedimentali eventualmente difformi cessano di avere applicazione nel territorio della regione Marche.
Art. 63
Elenchi delle cose e località da sottoporre a tutela.
1. Gli elenchi delle cose e delle località da sottoporre a tutela sono predisposti dal comitato regionale per il territorio di cui all'art. 54.
2. Gli elenchi di cui ai punti 1) e 2) dell'art. 1 della L. n. 1497 del 1939 sono approvati dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, e notificati ai sensi del primo e secondo comma dell'art. 6 della medesima legge.
3. Gli elenchi di cui ai punti 3) e 4) dell'art. 1 della L. n. 1497 del 1939 sono trasmessi ai comuni per la pubblicazione e successivamente approvati dalla Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, che decide contestualmente sulle eventuali opposizioni e osservazioni presentate, ai sensi degli art. 2, ultimo comma e 3 della legge medesima. Tali elenchi sono pubblicati nel bollettino ufficiale della Regione.
4. Gli elenchi approvati ai sensi dei commi 2 e 3 sono definitivi.
5. Gli enti locali e le altre istituzioni, i cittadini e le organizzazioni sociali, possono inoltrare alla Regione proposte e osservazioni in relazione ai vincoli da istituire, alle loro modificazioni e in generale in ordine alla tutela dell'ambiente.
6. La Regione assicura la partecipazione dei soggetti di cui al comma 5 nel procedimento amministrativo di istituzione e modificazione dei vincoli, nonché nella fase della programmazione degli interventi.
Art. 64
Piani territoriali paesistici.
1. La Giunta regionale predispone i piani territoriali paesistici dopo avere acquisito il parere obbligatorio del comitato regionale per il territorio di cui all'art. 54 e sentiti i comuni interessati.
2. Per la pubblicazione e il deposito si applicano le disposizioni del primo e secondo comma dell'art. 5 della L. n. 1497 del 1939.
3. I piani territoriali paesistici sono approvati dal consiglio regionale e pubblicati nel bollettino ufficiale della Regione. Tale approvazione ha carattere definitivo.
Art. 65
Rinvio a norme statali.
1. Per quanto non previsto dalla presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni di cui alla L. 29 giugno 1939, n. 1497 e al R.D. 3 giugno 1940, n. 1357, intendendosi sostituita al "ministro" o "ministero" la "Giunta regionale".
Art. 66
Proventi delle sanzioni.
1. I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 4 del precedente art. 6 sono utilizzati dai comuni per il finanziamento delle spese per l'esercizio delle funzioni loro delegate con il predetto articolo.
TITOLO IX
Concessione edilizia
Art. 67
Concessione gratuita per gli imprenditori agricoli a titolo principale.
1. La lettera a) dell'art. 9 della L. 28 gennaio 1977, n. 10, è applicata nel modo seguente: "nelle opere di cui al punto a) dell'art. 9 predetto sono compresi gli accessori agricoli e gli impianti agricoli per la produzione, lavorazione, trasformazione, conservazione e commercializzazione dei prodotti agricoli realizzati da imprenditori agricoli a titolo principale o da imprenditori agricoli associati. In caso diverso il concessionario è tenuto alla corresponsione del contributo di cui alla tabella g) del regolamento regionale 23 luglio 1977, n. 6 "Determinazione dell'incidenza degli oneri di urbanizzazione".
Art. 68
Limiti alle concessioni in deroga.
1. Il nulla-osta di cui alla lettera f) del comma 1 dell'art. 3, non può essere concesso:
a) per concessioni in deroga ricadenti nelle zone omogenee A previste dall'art. 2 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444;
b) per concessioni in deroga alle norme relative alle destinazioni di zona, per le quali si provvede con specifiche varianti allo strumento urbanistico;
c) per concessioni in deroga alle disposizioni del PPAR, del PIT e dei PTC immediatamente prevalenti sulle previsioni degli strumenti urbanistici ai sensi dell'art. 13.
2. Tale nulla-osta, in ogni caso, può essere concesso soltanto qualora concorrano le seguenti condizioni:
a) la facoltà di rilasciare concessioni in deroga sia prevista dai regolamenti edilizi o dagli strumenti urbanistici comunali;
b) la concessione in deroga riguardi impianti ed opere pubbliche o di interesse pubblico, ove quest'ultimo sia circostanziatamente motivato;
c) il volume o la superficie utile assentiti non superino del 10% il corrispondente valore stabilito dagli indici di fabbricabilità per la zona interessata;
d) non ostino ragioni di natura ambientale ed architettonica.
Art. 69
Mancato rilascio della concessione.
1. Eccettuato il caso in cui si applica l'istituto del silenzio assenso, trascorsi sessanta giorni dalla presentazione della domanda di concessione, corredata di tutta la documentazione necessaria, ovvero dalla presentazione dei documenti aggiuntivi richiesti a integrazione dei progetti presentati o a dimostrazione degli impegni assunti da parte del richiedente, qualora il sindaco non abbia espresso le proprie determinazioni sulla domanda, il richiedente ha facoltà di presentare ricorso al presidente della provincia.
2. Entro trenta giorni dal ricevimento del ricorso, il presidente della provincia invita formalmente il sindaco a pronunciarsi sulla domanda, sentita la commissione edilizia, nei successivi trenta giorni.
3. Scaduto inutilmente il termine assegnato, la provincia nomina un commissario "ad acta", che si pronuncia sulla domanda di concessione entro trenta giorni dalla data della nomina.
Art. 70
Decadenza della concessione.
1. Il rilascio della concessione edilizia è comunicato dal sindaco, con lettera raccomandata, corredata di ricevuta di ritorno, al richiedente il quale è tenuto a ritirare la concessione entro sessanta giorni dalla data di ricevimento della comunicazione, dopo aver assolto agli obblighi previsti dall'art. 3 della L. n. 101 del 1977, nonché a iniziare i lavori entro un anno dalla scadenza del termine suddetto.
TITOLO X
Oneri di urbanizzazione
Art. 71
Riduzione degli oneri di urbanizzazione.
1. Sulla base di quanto stabilito dal punto c) del comma 2 dell'art. 44 della presente legge, i comuni dotati di PPA possono ridurre fino a un massimo del 25% l'incidenza degli oneri di urbanizzazione secondaria, determinata a seguito dell'applicazione della tabella L del Reg. 23 luglio 1977, n. 6.
2. I comuni con popolazione inferiore ai 3.000 abitanti possono applicare la riduzione di cui al comma 1 anche se non dotati di PPA.
Art. 72
Adeguamento del contributo per le opere di urbanizzazione.
1. La misura del contributo per le opere di urbanizzazione è soggetta ad adeguamento annuale in relazione all'andamento dei costi di costruzione, con provvedimento del consiglio regionale, su proposta della Giunta.
2. Ove il consiglio regionale non provveda entro il 31 dicembre dell'anno di riferimento, il contributo si intende adeguato automaticamente nella misura dell'80% della variazione del costo di costruzione per i nuovi edifici di edilizia residenziale pubblica convenzionata, determinato per l'anno di riferimento con decreto del ministro dei lavori pubblici, fermo restando quanto previsto dall'art. 7 del Reg. 23 luglio 1977, n. 6.
TITOLO XI
Disposizioni finali e transitorie
Art. 73
Direttive.
1. Sulla base delle norme contenute nella presente legge e su proposta della Giunta regionale approvata dalla competente commissione consiliare, il presidente della Giunta emana le direttive generali cui si attengono gli enti delegati.
2. La vigilanza sull'esercizio delle funzioni delegate spetta alla Giunta regionale.
3. Nei casi di accertata inerzia degli enti delegati, per ciò che attiene ad atti obbligatori sottoposti a termini fissati dalle leggi o provvisti di scadenze essenziali derivanti dalla natura degli interventi oggetto di delega, il consiglio regionale adotta i necessari provvedimenti per la messa in atto di interventi sostitutivi e ne dà immediata comunicazione agli enti interessati.
Art. 74
Disposizione finale.
1. Le province adottano i rispettivi piani territoriali di coordinamento entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge.
Art. 75
Norma transitoria.
1. Gli strumenti urbanistici generali, i regolamenti edilizi e le relative varianti, presentati alla Regione entro il 10 maggio 1992, sono approvati dalla Regione.
2. Gli strumenti urbanistici generali, i regolamenti edilizi e le relative varianti presentati successivamente alla data del 10 maggio sono trasmessi alle province che provvedono alla loro approvazione secondo le norme previste dalla presente legge.
3. A tal fine, le province, fino alla costituzione dei comitati provinciali per il territorio di cui all'art. 55, si avvalgono del comitato regionale per il territorio di cui all'art. 54 o, fino alla sua costituzione, del comitato urbanistico regionale di cui alla L.R. 2 novembre 1972, n. 8.
4. Il presidente della Giunta regionale emana entro trenta giorni, dall'entrata in vigore della presente legge un decreto nel quale sono indicati gli strumenti urbanistici generali, i regolamenti edilizi e le relative varianti, la cui approvazione rimane, ai sensi del comma 1, di competenza della Regione. Tale decreto è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione.
Art. 75-bis
Cartografia, norma transitoria.
1. Fino alla consegna della cartografia prevista dal comma 2 dell'art. 14 e dal comma 5 dell'articolo 16 i comuni per i quali è prevista la consegna degli elaborati cartografici 1:2000 possono procedere sentite le province alla redazione ed agli adeguamenti dei piani regolatori generali utilizzando le basi cartografiche disponibili.
2. A consegna avvenuta i comuni interessati provvedono a trasferire tempestivamente sulla nuova cartografia gli elaborati eventualmente realizzati (35).
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(35) Articolo aggiunto dall'art. 7, L.R. 24 febbraio 1997, n. 18.
Art. 76
Disposizioni finanziarie.
1. Per lo svolgimento delle attività previste all'art. 52, il contributo di cui al comma 3 dell'art. 4 della L.R. 19 novembre 1991, n. 34 è aumentato, per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994 di lire 100 milioni; per gli anni successivi l'entità del contributo sarà stabilita con la legge di approvazione dei rispettivi bilanci, in conformità al disposto di cui all'art. 22 della L.R. 30 aprile 1980, n. 25.
2. Per la concessione di contributi per le attività previste dall'art. 53 è autorizzata, per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994 la spesa di 1.000 milioni; i contributi relativi all'anno 1992 sono destinati, quanto a lire 300 milioni per la redazione dei PTC e quanto a lire 700 milioni per l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del PPAR, PIT e PTC; per gli anni 1993 e 1994 la ripartizione delle disponibilità tra le anzidette finalità sarà stabilita con la legge di approvazione dei rispettivi bilanci.
3. Le disponibilità finanziarie rivenienti dalla cessazione delle autorizzazioni di spesa di cui all'art. 6 della L.R. 19 novembre 1991, n. 34, già stabilite in lire 6.000 milioni per l'anno 1991, in lire 3.000 milioni per l'anno 1992 e in lire 4.000 milioni per l'anno 1993 conseguente alla abrogazione dell'art. 2 della medesima L.R. n. 34 del 1991, sono destinate al finanziamento delle spese per la redazione della cartografia prevista dall'art. 16 della presente legge, in ragione di lire 9.000 milioni per l'anno 1992 e lire 4.000 milioni per l'anno 1993.
4. Alla copertura delle spese autorizzate per effetto dei commi 1 e 2 pari a lire 1.100 milioni per ciascuno degli anni 1992, 1993 e 1994, si provvede nel modo che segue:
a) per l'anno 1992, mediante riduzione, per lire 100 milioni, dello stanziamento del capitolo 5100101, all'uopo utilizzando quota parte dell'accantonamento di cui alla partita 2 dell'elenco 1 e, per lire 1.000 milioni, mediante riduzione dello stanziamento del capitolo 5100202, all'uopo utilizzando l'accantonamento di cui alla partita 14 dell'elenco 3;
b) per gli anni 1993 e 1994, mediante riduzione, per i medesimi importi, degli stanziamenti iscritti, ai fini del bilancio pluriennale, a carico degli stessi capitoli, utilizzando le proiezioni dei medesimi accantonamenti, relativi ai detti anni;
c) per gli anni successivi al 1994, si provvederà mediante impiego di una quota parte della somma che sarà assegnata alla Regione a titolo di ripartizione del fondo comune di cui all'art. 8 della L. 16 maggio 1970, n. 281 e successive modificazioni.
5. Le somme occorrenti per l'erogazione dei contributi previsti dall'art. 52 sono iscritte:
a) per l'anno 1992, in aumento delle disponibilità recate dal capitolo 2114103 del bilancio di previsione del detto anno, che modifica la propria denominazione nella seguente "Fondo per il finanziamento dell'esercizio delle funzioni trasferite e delegate alle province in materia urbanistica";
b) per gli anni successivi in aumento dei capitoli corrispondenti.
6. Le somme occorrenti per l'erogazione dei contributi di cui all'art. 53 sono iscritte:
a) per l'anno 1992, a carico dei seguenti capitoli che con la presente legge. si istituiscono nello stato di previsione della spesa del bilancio con le sottoindicate denominazioni e le controindicate dotazioni di competenza e di cassa: capitolo 2114206 "Contributi alle province nelle spese per la redazione dei piani territoriali di coordinamento, PTC", lire 300 milioni; capitolo 2114207 "Contributi ai comuni nelle spese per l'adeguamento dei rispettivi strumenti urbanistici alle previsioni del piano paesaggistico ambientale regionale (PPAR), dei piani integrati territoriali (PIT) e ai piani territoriali di coordinamento (PTC)", lire 700 milioni;
b) per gli anni 1993 e 1994, a carico dei capitoli corrispondenti.
7. Gli stanziamenti di competenza e di cassa dei capitoli 5100101 e 5100202 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno 1992 sono ridotti, rispettivamente, di lire 100 milioni e di lire 1.000 milioni.
8. Alla spesa per la redazione della cartografia, di cui all'art. 16 della presente legge si provvede con lo stanziamento del capitolo 2114205 dello stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno 1992 e, per l'anno 1993, con lo stanziamento del capitolo corrispondente.
Art. 77
Abrogazione di norme.
1. Sono abrogate le seguenti norme: L.R. 2 novembre 1972, n. 8; L.R. 26 aprile 1979, n. 18; L.R. 16 maggio 1979, n. 19; L.R. 9 dicembre 1982, n. 41; L.R. 21 agosto 1984, n. 24; L.R. 8 giugno 1987, n. 26; L.R. 20 aprile 1988, n. 11; L.R. 19 aprile 1990, n. 22, fatta eccezione per l'art. 27, commi 1 e 2, e 28; L.R. 20 novembre 1990, n. 54; artt. 2, 3 e 6, commi 3, 7 e 9 lettera c), della L.R. 19 novembre 1991, n. 34; la tabella allegata alla L.R. 17 gennaio 1992, n. 6, per la parte riferita al servizio urbanistica e cartografia.
2. Restano valide sia nell'ammontare sia nella durata temporale le autorizzazioni di spesa recate dalle leggi indicate nel comma 1.
Art. 78
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel bollettino ufficiale della Regione.
Elenco dei comuni esonerati dal PPA ai sensi dell'articolo 43 della presente legge (36)
PROVINCIA DI PESARO
Acqualagna
Apecchio
Auditore
Barchi
Belforte all'Isauro
Borgo Pace
Cantiano
Casteldelci
Fratte Rosa
Frontino
Frontone
Isola del Piano
Lunano
Macerata Feltria
Maiolo
Mercatello sul Metauro
Mercantino Conca
Mombaroccio
Mondavio
Monte Cerignone
Monte Copiolo
Monte Felcino
Monte Porzio
Montecalvo in Foglia
Monteciccardo
Montegrimano
Montemaggiore al Metauro
Orciano di Pesaro
Peglio
Petriano
Piagge
Piandimeleto
Pietrarubbia
Piobbico
Sassocorvaro
Sassofeltrio
Serra S. Abbondio
Serrungarina
S. Agata Feltria
S. Angelo in Vado
S. Costanzo
S. Giorgio di Pesaro
S. Ippolito
S. Leo
S. Lorenzo
S. Lorenzo in Campo
Talamello
Tavoleto
Tavullia
PROVINCIA DI ANCONA
Agugliano
Barbara
Belvedere Ostense
Camerata Picena
Castel Colonna
Castelbellino
Castelleone di Suasa
Castelplanio
Cerreto d'Esi
Cupromontana
Mergo
Monte Roberto
Monte San Vito
Montecarotto
Monterado
Morro d'Alba
Offagna
Ostra Vetere
Poggio S. Marcello
Polverigi
Ripe
Rosora
Serra S. Quirico
Staffolo
S. Marcello
S. Maria Nuova
S. Paolo di Jesi
PROVINCIA DI MACERATA
Acquacanina
Apiro
Belforte del Chienti
Caldarola
Camporotondo di Fiastrone
Castelraimondo
Cessapalombo
Colmurano
Esanatoglia
Fiordimonte
Fiuminata
Gagliole
Gualdo
Loro Piceno
Monte S. Martino
Montecavallo
Montefano
Muccia
Penna San Giovanni
Petriolo
Pieve Bovigliana
Pieve Torina
Poggio S. Vicino
Ripe S. Ginesio
Sefro
Serrapetrona
Serravalle del Chienti
S. Angelo in Pontano
PROVINCIA DI ASCOLI PICENO
Belmonte Piceno
Carassai
Castignano
Castorano
Cossignano
Falerone
Force
Francavilla d'Ete
Grottazzolina
Lapedona
Magliano di Tenna
Massa Fermana
Monsampietro Morico
Montalto delle Marche
Monte Giberto
Monte Rinaldo
Monte Vindon Corrado
Monte Vindon Combatte
Montedinove
Montefalcone Appennino
Montefiore dell'Also
Montefortino
Montegallo
Monteleone di Fermo
Montelparo
Montemonaco
Monterubbiano
Montettone
Moresco
Ortezzano
Palmiano
Petritoli
Ponzano di Fermo
Rapagnano
Ripatransone
Roccafluvione
Rotella
Servigliano
Smerillo
S. Vittoria in Matenano
Torre San Patrizio
Venarotta
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(36) Elenco così sostituito dalla deliberazione della Giunta regionale 19 maggio 1993, n. 2246 (pubblicata nel B.U. 20 luglio 1993, n. 47); vedi anche art. 43 della presente legge.
L.R. 5 dicembre 1977, n. 56
Tutela ed uso del suolo
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(1) Pubblicata nel B.U. Piemonte 24 dicembre 1977, n. 53.
(2) Vedi la Circ.P.G.R. 8 maggio 1996, n. 7/LAP, la Circ.P.G.R. 5 agosto 1998, n. 12/PET, il Comunicato 14 ottobre 1998, il Comunicato 2 febbraio 2000 la Circ.Ass. 23 maggio 2002, n. 5/Pet e la Delib.G.R. 16 maggio 2005, n. 42-72.
TITOLO I
Norme generali
Art. 1
Finalità della legge.
La Regione esercita le proprie funzioni in materia di pianificazione del territorio disciplinando, con la presente legge, la tutela e il controllo dell'uso del suolo e gli interventi di conservazione e di trasformazione del territorio a scopi insediativi, residenziali e produttivi, con le seguenti finalità:
1) la crescita della sensibilità e della cultura urbanistica delle comunità locali;
2) la conoscenza del territorio e degli insediamenti in tutti gli aspetti, fisici, storici, sociali ed economici;
3) la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio naturale in genere e, in particolare modo, dei beni ambientali e culturali;
4) la piena e razionale utilizzazione delle risorse, con particolare riferimento alle aree agricole ed al patrimonio insediativo ed infrastrutturale esistente, evitando ogni immotivato consumo del suolo;
5) il superamento degli squilibri territoriali attraverso il controllo quantitativo e qualitativo degli insediamenti abitativi e produttivi, della rete infrastrutturale e dei trasporti, degli impianti e delle attrezzature e dei trasporti, degli impianti e delle attrezzature di interesse pubblico;
6) una diffusa ed equilibrata dotazione e distribuzione dei servizi sociali pubblici sul territorio e negli insediamenti, anche per una efficace ed unitaria organizzazione e gestione;
7) il conseguimento dell'interesse pubblico generale, con la subordinazione ad esso di ogni interesse particolare e settoriale;
8) la partecipazione democratica al processo decisionale e gestionale dell'uso del suolo urbano ed extraurbano;
9) l'attuazione di una responsabile gestione dei processi di trasformazione del territorio ai vari livelli del governo locale, nel quadro dei principi di autonomia che li reggono;
10) la programmazione degli interventi e della spesa pubblica sul territorio, a livello locale e regionale;
11) la periodica verifica e l'assestamento continuo dei piani e programmi pubblici ai vari livelli, per una efficace e coerente integrazione tra iniziative e decisioni locali specifiche ed indirizzi generali regionali.
Art. 2
Soggetti della pianificazione del territorio.
1. I soggetti della pianificazione del territorio sono:
a) la Regione, in forza delle competenze sancite dall'articolo 117 della Costituzione;
b) le Province e, ove istituita, la Città Metropolitana, per quanto attribuito dagli articoli 15 e 19 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
c) i Comuni, singoli o riuniti in consorzio, e le Comunità Montane (3).
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(3) Articolo dapprima modificato dall'art. 1 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi così sostituito dall'art. 1 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 3
Strumenti e livelli di pianificazione.
1. Sono strumenti di pianificazione per l'organizzazione e la disciplina d'uso del territorio:
a) a livello regionale: il Piano Territoriale Regionale formato dalla Regione che considera il territorio regionale, anche per parti, e ne esplica ed ordina gli indirizzi di pianificazione del territorio;
b) a livello provinciale e di area metropolitana: i Piani Territoriali Provinciali formati dalle Province ed il Piano Territoriale Metropolitano formato dalla Città Metropolitana che considerano il territorio della Provincia o dell'area metropolitana, delineano l'assetto strutturale del territorio e fissano i criteri per la disciplina delle trasformazioni, in conformità con gli indirizzi di pianificazione regionale;
c) a livello sub regionale e sub provinciale, per particolari ambiti territoriali o per l'attuazione di progetti o politiche complesse: i Progetti Territoriali Operativi e i Piani Paesistici; i Progetti Territoriali operativi considerano particolari ambiti sub-regionali o sub-provinciali aventi specifico interesse economico, ambientale o naturalistico ovvero interessati da progetti specifici o da iniziative di politica complessa, mentre i Piani Paesistici considerano anch'essi particolari ambiti territoriali aventi preminenti caratteristiche di rilevante valore ambientale-paesistico;
d) a livello comunale: i Piani Regolatori Generali, aventi per oggetto il territorio di un singolo Comune, o di più Comuni riuniti in forme associate, ed i relativi strumenti di attuazione (4).
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(4) Articolo dapprima modificato dall'art. 2 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi così sostituito dall'art. 2 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
TITOLO II
Pianificazione territoriale (5)
Art. 4
Processo di pianificazione del territorio.
1. Il processo di pianificazione del territorio è realizzato dai soggetti di cui all'articolo 2, nell'ambito delle rispettive competenze, tenendo conto dei Piani riguardanti l'ambito territoriale considerato o comunque interessato, ed assicurando il rispetto delle linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale, formulate dallo Stato in attuazione dell'articolo 81, primo comma, lettera a), del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
2. Gli strumenti di pianificazione territoriale considerano i contenuti e le prescrizioni dei piani e dei programmi settoriali che hanno incidenza territoriale e che sono redatti in applicazione di disposizioni normative nazionali e regionali e provvedono al loro coordinamento nel rispetto delle competenze degli organi statali interessati.
3. Il Piano Territoriale Regionale, i Piani Territoriali Provinciali, il Piano Territoriale Metropolitano ed i Progetti Territoriali Operativi, qualora contengano una specifica ed esauriente considerazione dei valori ambientali delle porzioni di territorio da tutelare e da valorizzare, hanno anche efficacia ai fini della tutela del paesaggio e ottemperano al disposto dell'articolo 1-bis della legge 8 agosto 1985, n. 431; l'esistenza di detta condizione e l'efficacia dei Piani ai fini paesaggistici sono riconosciute e dichiarate espressamente in sede di adozione.
4. Gli strumenti di pianificazione territoriale costituiscono quadro di riferimento e di indirizzo per la formazione degli strumenti urbanistici e per la redazione dei piani territoriali i quali devono dimostrare la congruenza con gli stessi.
5. Per quanto attiene ai contenuti ed agli elaborati dei Piani Paesistici si applicano le norme di cui agli articoli 5 e 6 della legge regionale 3 aprile 1989, n. 20.
6. Per quanto attiene ai Piani dei Parchi e delle altre aree protette naturali si applicano le norme previste dalle vigenti leggi di settore.
6-bis. Per quanto attiene il settore della distribuzione commerciale al dettaglio si applicano le norme previste, dagli indirizzi e criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114 (Riforma della disciplina relativa al settore commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59) (6).
7. Le previsioni e le normative di cui alla presente legge, concernenti il Piano Territoriale Metropolitano si applicano a far tempo dalla individuazione dell'area e dalla istituzione dell'autorità della Città Metropolitana.
8. I Piani Territoriali hanno valore di programmi, regionali e sub-regionali di sviluppo economico e di uso del suolo, per il coordinamento, di cui al comma 4 dell'articolo 17 della legge 18 maggio 1989, n. 183, per la predisposizione dei Piani di Bacino (7).
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(5) Titolo così sostituito dall'art. 3 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
(6) Comma aggiunto dall'art. 7, comma 2, L.R. 12 novembre 1999, n. 28.
(7) Articolo dapprima modificato dall'art. 2 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi così sostituito dall'art. 4 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 5
Contenuti del Piano Territoriale.
1. Il Piano Territoriale Regionale, in coordinamento con gli indirizzi di sviluppo economico e sociale del Piemonte, contenuti in atti di programmazione regionale, laddove questi ultimi siano vigenti, definisce gli indirizzi generali e settoriali di pianificazione del territorio della Regione e provvede al riordino organico dei piani, programmi e progetti regionali di settore, nonché delle direttive e degli atti programmatici comunque formulati dal Consiglio Regionale aventi rilevanza territoriale.
2. Il Piano Territoriale Provinciale ed il Piano Territoriale Metropolitano, in conformità con le indicazioni contenute nel Piano Territoriale Regionale, configurano l'assetto del territorio tutelando e valorizzando l'ambiente naturale nella sua integrità, considerano la pianificazione comunale esistente e coordinano le politiche per la trasformazione e la gestione del territorio che risultano necessarie per promuovere il corretto uso delle risorse ambientali e naturali e la razionale organizzazione territoriale delle attività e degli insediamenti.
3. Per l'attuazione delle politiche individuate, il Piano Territoriale:
a) può definire direttamente i vincoli e gli interventi che si rendono necessari, valutando gli effetti ambientali e socio-economici che la realizzazione di tali interventi può complessivamente determinare;
b) fornisce indicazioni territoriali e normative da seguire, precisare e introdurre nella formazione e adeguamento degli strumenti urbanistici e dei piani e programmi di settore;
c) fornisce indicazioni per il coordinamento dei programmi, relativi ai più rilevanti interventi territoriali delle Amministrazioni e delle Aziende pubbliche, nel rispetto delle competenze statali definite dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616.
4. A tale scopo, e secondo le modalità di cui al comma 3, il Piano Territoriale definisce:
a) le porzioni di territorio da sottoporre a particolare disciplina ai fini della tutela delle risorse primarie, della difesa del suolo dal dissesto idrogeologico, della prevenzione e difesa dall'inquinamento, definendo, nel rispetto delle competenze statali, i criteri di salvaguardia;
b) le porzioni di territorio da sottoporre a particolare disciplina ai fini della tutela e della valorizzazione dei beni storico-artistici ed ambientali, dei parchi e delle riserve naturali e delle aree di interesse paesaggistico e turistico;
c) i criteri localizzativi per le reti infrastrutturali, i servizi, le attrezzature e gli impianti produttivi di interesse regionale; con particolare attenzione ai trasporti, alle reti telematiche ed alle attività produttive e commerciali di livello sovracomunale;
d) i criteri, gli indirizzi e le principali prescrizioni, che devono essere osservati nella formazione dei piani a livello comunale o di settore, precisando le eventuali prescrizioni immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica comunale vigente e vincolanti anche nei confronti dei privati;
e) i casi in cui la specificazione o l'attuazione del Piano Territoriale sono subordinate alla formazione di Progetto Territoriale Operativo, individuandone anche l'area relativa.
5. Il Piano Territoriale definisce inoltre i criteri, gli indirizzi e gli elementi territoriali per la formazione di programmi e provvedimenti di settore e può dettare particolari discipline e prescrizioni relative alle materie di competenza regionale; in particolare definisce le linee di indirizzo territoriale relative alle attività di cava, allo smaltimento dei rifiuti, alla tutela ed all'uso delle risorse idriche e dello smaltimento dei reflui, ai piani di qualità dell'aria e del rumore.
6. Il Piano Territoriale costituisce quadro di riferimento per l'attuazione programmata degli interventi pubblici e privati sul territorio (8).
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(8) Articolo dapprima modificato dall'art. 3 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi nuovamente sostituito dall'art. 5 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 6
Elaborati del Piano Territoriale.
Il Piano Territoriale è costituito dai seguenti elaborati:
1) la Relazione, che contiene l'illustrazione dei criteri e le scelte in riferimento alla situazione di fatto ed ai contenuti di cui all'art. 5 della presente legge, con la precisazione dell'arco temporale assunto per gli interventi previsti dal piano (9);
2) le Tavole di piano, che definiscono alla scala più appropriata, e comunque non inferiore a 1:250.000 le scelte e le politiche di piano in riferimento alla situazione di fatto ed ai contenuti di cui al terzo comma dell'art. 5 (10);
3) le Norme di attuazione, contenenti anche i criteri, gli indirizzi, le direttive per la predisposizione e l'adeguamento dei piani di competenza comunale, con la specificazione delle eventuali prescrizioni immediatamente prevalenti sulla disciplina comunale vigente e vincolanti anche nei confronti dei privati;
4) gli Allegati, tecnici e statistici, comprendenti le analisi e la rappresentazione cartografica dei caratteri fisici del territorio, della distribuzione della popolazione, dei posti di lavoro e degli insediamenti, dell'uso del suolo in generale e di quanto necessario a definire lo stato di fatto (11).
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(9) Numero così modificato dall'art. 6 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
(10) Numero così sostituito dall'art. 6 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
(11) Articolo dapprima modificato dall'art. 1 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi così sostituito dall'art. 4 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 7
Formazione e approvazione dei Piani Territoriali (12).
1. La Giunta Regionale, sentite le Province e la Città Metropolitana, adotta il Piano Territoriale Regionale e lo trasmette alle Province ed alla Città Metropolitana. Entro i successivi quarantacinque giorni, le Province e la Città Metropolitana esprimono con deliberazione consiliare, e trasmettono alla Regione, il loro parere; contestualmente alla trasmissione alle Province ed alla Città Metropolitana, viene data notizia sul Bollettino Ufficiale della Regione con indicazione delle sedi in cui chiunque può prendere visione degli elaborati al fine di far pervenire nei successivi quarantacinque giorni motivate osservazioni. Decorsi i termini predetti, la Giunta Regionale, esaminati i pareri e le osservazioni ed acquisito il parere della Commissione Tecnica Urbanistica e della Commissione Regionale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, espresso in seduta congiunta e rassegnato entro trenta giorni dalla richiesta, assume le determinazioni al riguardo e procede, con provvedimento motivato, alla predisposizione degli elaborati definitivi; conseguentemente il Piano è sottoposto al Consiglio Regionale per l'approvazione.
2. La Giunta Provinciale o la Giunta Metropolitana predispone, con concorso dei Comuni attuato secondo le modalità dell'articolo 9-ter, il Piano Territoriale Provinciale o il Piano Territoriale Metropolitano che viene trasmesso alle Comunità Montane ed ai Comuni interessati. Entro sessanta giorni dalla ricezione, le Comunità Montane ed i Comuni esprimono con deliberazione consiliare il loro parere e lo trasmettono alla Provincia od alla Città Metropolitana. Della redazione del piano viene altresì data notizia sul Bollettino Ufficiale della Regione con l'indicazione delle sedi in cui chiunque può prendere visione degli elaborati al fine di presentare, nei successivi sessanta giorni, eventuali motivate osservazioni. Decorsi i termini predetti, la Giunta Provinciale o la Giunta Metropolitana, esaminati i pareri e le osservazioni ed assunte le determinazioni al riguardo predispone, con provvedimento motivato, gli elaborati definitivi e li invia al Consiglio Provinciale o al Consiglio Metropolitano per l'adozione. Il Piano adottato è inviato, corredato dai pareri espressi dagli Enti locali, alla Giunta Regionale. La Giunta Regionale entro novanta giorni, e previo parere della Commissione Tecnica Urbanistica e della Commissione Regionale per la tutela e valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, espresso in seduta congiunta e rassegnato entro trenta giorni dalla richiesta, predispone una relazione sulla conformità del Piano al Piano Territoriale Regionale o, se non ancora approvato, con gli indirizzi di pianificazione regionale, generali o settoriali, già operanti ed esprime, con atto deliberativo, una propria proposta al Consiglio Regionale il quale, entro i successivi novanta giorni dall'invio, approva il Piano (13).
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(12) Con Delib.C.R. 19 febbraio 2002, n. 223-5714 e con Delib.C.R. 1° agosto 2003, n. 291-26243 sono stati approvati, ai sensi del presente articolo rispettivamente, il piano territoriale della Provincia di Alessandria e della Provincia di Torino.
(13) Articolo dapprima modificato dall'art. 2 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, e dall'art. 5 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi così sostituito dall'art. 7 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 8
Efficacia dei Piani Territoriali.
1. I Piani Territoriali sono pubblicati, a seguito della loro approvazione, per estratto sul Bollettino Ufficiale della Regione e da tale data entrano in vigore ed hanno efficacia a tempo indeterminato nei confronti di tutti i soggetti pubblici e privati, nei limiti previsti dalla legislazione.
2. Dalla data di adozione dei piani territoriali si applicano le misure di salvaguardia di cui all'articolo 58 esclusivamente alle norme specificatamente individuate, a pena di inefficacia delle stesse, dalla Giunta regionale, dal consiglio provinciale o dal consiglio metropolitano nell'atto di adozione (14).
3. Ove i Piani di cui al comma 1 comportino la revisione degli strumenti urbanistici generali di livello comunale, o l'introduzione di varianti agli stessi, si applicano le disposizioni del titolo III.
4. I Piani Territoriali possono contenere disposizioni cogenti per i Piani Regolatori Generali, nonché disposizioni immediatamente prevalenti sulla disciplina di livello comunale vigente, e vincolanti anche nei confronti degli interventi settoriali e dei privati; l'esistenza delle prescrizioni e disposizioni predette deve essere espressamente evidenziata, a pena di inefficacia delle stesse, nell'atto di approvazione del Piano.
5. Nelle aree normate dai Piani Paesistici, redatti ai sensi della legge regionale 3 aprile 1989 n. 20 e nelle aree protette normate dai Piani di area di cui all'articolo 23 della legge regionale 22 marzo 1990, n. 12, così come modificato dall'articolo 7 della legge regionale 21 luglio 1992, n. 36, a partire dalla data della loro adozione, è fatto divieto di rilasciare ogni concessione od autorizzazione concernente interventi in contrasto con le prescrizioni individuate dai Piani stessi come immediatamente prevalenti.
6. I Progetti Territoriali Operativi ed i Piani Paesistici approvati costituiscono, a tutti gli effetti, variante al Piano Territoriale e ai relativi Piani Territoriali Provinciali o Piano Territoriale Metropolitano (15).
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(14) Comma così sostituito dall'art. 3, L.R. 26 gennaio 2007, n. 1. Il testo precedente era così formulato: «2. Dalla data di adozione dei Piani Territoriali si applicano le misure di salvaguardia di cui all'articolo 58 esclusivamente alle norme specificatamente individuate, a pena di inefficacia delle stesse, dalla Giunta Regionale nell'atto di adozione.».
(15) Il presente articolo, già modificato dall'art. 6, L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, è stato poi così sostituito dall'art. 8, L.R. 10 novembre 1994, n. 45 e successivamente così modificato come indicato nella nota che precede.
Art. 8-bis
Attuazione dei Piani territoriali.
1. I Piani Territoriali si attuano mediante l'adeguamento dei Piani Regolatori Generali, mediante i piani e i programmi di settore, i progetti di rilievo regionale o provinciale o metropolitano o attuativi di normative speciali dello Stato o della Regione.
2. I Piani settoriali qualora contengano indicazioni di carattere territoriale, incidenti direttamente sull'uso del suolo, sono approvati secondo le procedure della presente legge e, di conseguenza, costituiscono variante ai Piani Territoriali.
3. I Piani Territoriali possono, altresì, essere attuati attraverso l'emanazione, da parte del Consiglio Regionale, di specifiche direttive di indirizzo - settoriali o per ambiti territoriali - rivolte alle Province ed ai Comuni ai fini della redazione o della gestione dei Piani di loro competenza (16).
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(16) Articolo aggiunto dall'art. 7 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente così sostituito dall'art. 9 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 8-ter
Progetto Territoriale Operativo.
1. Il Progetto Territoriale Operativo è strumento di specificazione o di attuazione del Piano Territoriale Regionale, del Piano Territoriale Provinciale e del Piano Territoriale Metropolitano; può essere inteso anche come stralcio, eventualmente in variante, degli stessi e riguarda politiche o aree ad alta complessità.
2. Il Progetto Territoriale Operativo è formato nei casi e con riferimento alle aree o ai progetti indicati dal Piano Territoriale Regionale o dal Piano Territoriale Provinciale o dal Piano Territoriale Metropolitano.
3. Il Progetto Territoriale Operativo contiene di norma:
a) la specificazione e l'approfondimento delle definizioni ed individuazioni di cui all'articolo 5, comma 4, lettere a), b), c), d), nonché, ove necessario, dei criteri, indirizzi, discipline e prescrizioni di cui all'articolo 5, comma 5;
b) l'individuazione anche ai fini della dichiarazione di pubblica utilità delle opere e delle infrastrutture di diretta competenza della Regione e di altri soggetti pubblici, con riferimento ai relativi progetti;
c) la verifica dei contenuti normativi, già definiti dal Piano Territoriale da osservarsi nella pianificazione comunale;
d) le prescrizioni e le norme immediatamente prevalenti sulla disciplina urbanistica comunale vigente e vincolanti anche nei confronti dei privati;
e) la valutazione dei costi e dei tempi di realizzazione degli interventi; l'individuazione delle risorse pubbliche e private necessarie; l'indicazione dei soggetti, delle modalità e degli strumenti per la realizzazione, nonché la disciplina per il coordinamento di programmi pubblici e privati.
4. I Progetti Territoriali Operativi valutano la compatibilità ambientale degli interventi previsti e delimitano gli ambiti di operatività diretta e di influenza indiretta (17).
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(17) Articolo aggiunto dall'art. 8 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente così sostituito dall'art. 10 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 8-quater
Elaborati del Progetto Territoriale Operativo.
Il Progetto Territoriale Operativo è costituito dai seguenti elaborati:
1) la Relazione, che contiene: l'illustrazione delle finalità dei criteri e delle scelte in riferimento allo stato di fatto, al Programma Regionale di Sviluppo ed alle eventuali analisi socio-economiche disponibili, ai Piani Territoriali, ed agli strumenti urbanistici locali; l'individuazione degli effetti indotti, del territorio di operatività diretta e dell'ambito di influenza indiretta;
2) gli Allegati, tecnici e statistici, atti ad individuare lo stato di fatto nei suoi aspetti fisici ed urbanistici;
3) le Tavole di progetto, in scala non inferiore a 1:25.000; per le parti soggette a prescrizioni immediatamente prevalenti sulla disciplina comunale vigente e vincolante anche nei confronti dei privati, le tavole devono essere in scala non inferiore a 1:10.000, e per le opere di cui alla successiva lettera d), in scala 1:20.000 o catastale.
Le Tavole definiscono:
a) la struttura generale del territorio considerato;
b) i vincoli territoriali;
c) il sistema infrastrutturale;
d) le opere, con l'individuazione per ciascuna di esse delle principali caratteristiche dimensionali e tecniche;
e) la determinazione del territorio di operatività diretta;
4) l'Analisi di Compatibilità Ambientale per la valutazione delle scelte proposte;
5) il Programma di fattibilità, illustrante i soggetti degli interventi, i costi, le risorse, le modalità ed i tempi di attuazione;
6) le Norme di attuazione;
7) l'Elenco dei Comuni posti nell'ambito di influenza indiretta (18).
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(18) Articolo aggiunto dall'art. 9 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente così modificato dall'art. 11 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 8-quinquies
Formazione e approvazione del Progetto Territoriale Operativo e del Piano Paesistico (19).
1. I Progetti Territoriali Operativi ed i Piani Paesistici sono formati rispettivamente dalla Giunta Regionale o dalla Giunta Provinciale o dalla Giunta Metropolitana a seconda del Piano Territoriale approvato che li determina.
2. La Giunta Regionale, nei casi di propria competenza, adotta il Progetto Territoriale Operativo o il Piano Paesistico successivamente ai pareri, espressi dalle Province, dalla Città Metropolitana, dai Comuni e dalle Comunità Montane interessate. I pareri sono espressi entro sessanta giorni dal ricevimento della proposta inviata dalla Giunta Regionale; trascorso tale termine, la Giunta Regionale può, in ogni caso, procedere all'adozione.
3. La Giunta Provinciale o la Giunta Metropolitana predispone, nei casi di propria competenza, il Progetto Territoriale Operativo o il Piano Paesistico e, acquisito il parere dei Comuni e delle Comunità Montane interessate, lo adotta. I pareri sono espressi entro sessanta giorni dal ricevimento della proposta inviata dalla Giunta Provinciale o dalla Giunta Metropolitana; trascorso tale termine, la Giunta Provinciale o la Giunta Metropolitana può, in ogni caso, procedere all'adozione. Il Piano adottato è inviato alla Giunta Regionale.
4. La Giunta Regionale dà notizia dell'adozione dei Piani di cui ai commi 2 e 3 sul Bollettino Ufficiale della Regione, con l'indicazione della sede in cui chiunque può prendere visione degli elaborati; entro sessanta giorni dalla pubblicazione sul Bollettino ufficiale chiunque può far pervenire alla Giunta Regionale, alla Giunta Provinciale o alla Giunta Metropolitana le proprie motivate osservazioni.
5. La Giunta Regionale, esaminate le osservazioni pervenute ed acquisito il parere della Commissione Tecnica Urbanistica e della Commissione Regionale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali, espresso in seduta congiunta e rassegnato nel termine di trenta giorni dalla richiesta, procede, per quanto riguarda i Piani da essa adottati, alla predisposizione, con motivato provvedimento, degli elaborati definitivi che vengono trasmessi al Consiglio Regionale per l'approvazione.
6. Per quanto attiene ai Piani adottati dalle Province o dalla Città Metropolitana le stesse provvedono, dopo l'esame delle osservazioni pervenute, alla redazione degli elaborati definitivi.
7. I Piani di competenza provinciale o metropolitana, acquisito il parere di conformità con il Piano Territoriale Regionale espresso dalla Giunta Regionale nel termine di sessanta giorni dalla richiesta, sono trasmessi ai rispettivi Consigli per l'approvazione (20).
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(19) Con Delib.C.R. 29 gennaio 2002, n. 220-2997 è stato approvato, ai sensi del presente articolo, il Piano paesistico di una parte del territorio del Comune di San Maurizio d'Opaglio.
(20) Articolo aggiunto dall'art. 10 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente così sostituito dall'art. 12 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 8-sexies
Validità ed efficacia del Progetto Territoriale Operativo.
1. Il Progetto Territoriale Operativo ha la validità determinata dal Consiglio Regionale in relazione alla complessità ed alle caratteristiche degli interventi previsti, nei limiti della legislazione statale.
2. Le norme e le prescrizioni del Progetto Territoriale Operativo, qualora dichiarate immediatamente prevalenti, hanno immediata applicazione anche in variante alla disciplina urbanistica comunale.
3. I Comuni interessati provvedono ai necessari adempimenti; qualora i Comuni non provvedano entro tre mesi, la Giunta Regionale esercita i poteri sostitutivi.
4. Le varianti agli strumenti urbanistici locali di cui al presente articolo, sono approvate con deliberazione della Giunta Regionale previo parere della Commissione Tecnica Urbanistica la quale si esprime nella prima seduta successiva al ricevimento degli atti e comunque non oltre trenta giorni (21).
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(21) Articolo aggiunto dall'art. 11 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente così sostituito dall'art. 13 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 9
Provvedimenti cautelari e definitivi a tutela dell'ambiente e del paesaggio.
Gli elenchi delle cose e delle località di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, possono essere integrati con deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta dei Comuni.
Per le cose di cui ai nn. 1) e 2) dell'art. 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, comprese in elenco, il Sindaco, entro 30 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avvenuta deliberazione, provvede alla notificazione, in via amministrativa, della dichiarazione del notevole interesse pubblico ai proprietari, possessori o detentori, a qualsiasi titolo, degli immobili.
Per le località di cui ai nn. 3) e 4), dell'art. 1 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, l'elenco è pubblicato all'Albo dei Comuni interessati per un periodo di 30 giorni. Dalla data dell'avvenuta notificazione, per le cose, o della pubblicazione, per le località, si applica il disposto dell'art. 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.
La Regione, nell'esercizio delle funzioni amministrative delegate dal D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 82, provvede alla redazione dei piani paesistici, inoltre, per particolari e rilevanti esigenze di tutela ambientale, naturale, paesaggistica e di beni culturali immobili di interesse ambientale, nonché in attuazione del piano regionale dei parchi e delle riserve naturali di cui all'art. 2 della L.R. 4 giugno 1975, n. 43 (22), con deliberazione della Giunta regionale sentita la competente Commissione Consiliare, può adottare provvedimenti cautelari, di inibizione e di sospensione, atti a prevenire trasformazioni di destinazione d'uso e la costruzione di opere pubbliche o private, o a sospendere opere in corso.
La deliberazione della Giunta regionale deve essere motivata e contenere la identificazione dei beni e delle porzioni territoriali da tutelare, specificare la natura ed i criteri di tutela e prescrivere i relativi adempimenti comunali.
I provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione hanno efficacia sino alla conclusione dell'istruttoria per inclusione del bene, ove occorra, nei piani paesistici o negli elenchi previsti dalla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e per le eventuali prescrizioni del Piano Regolatore Generale, che adottino al riguardo i provvedimenti definiti per la tutela del bene. Tali provvedimenti perdono in ogni caso efficacia decorsi i termini di cui all'art. 58 (23).
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(22) Legge abrogata dall'art. 42 della L.R. 22 marzo 1990, n. 12.
(23) Articolo così modificato prima dall'art. 3 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 12 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente dall'art. 20, comma 7, della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 9-bis
Dissesti e calamità naturali.
La Giunta regionale, nel rispetto delle norme statali vigenti, può adottare i provvedimenti cautelari di cui al precedente art. 9, nelle aree colpite da calamità naturali riconosciute gravi ai sensi dell'art. 9 della L.R. 29 giugno 1978, n. 38, e nelle aree soggette a dissesto, a pericolo di valanghe e di alluvioni o che, comunque presentino caratteri geomorfologici che le rendano idonee a nuovi insediamenti, delimitate con deliberazione del Consiglio regionale su proposta della Giunta, anche sulla scorta delle indagini e degli studi del Servizio Geologico regionale e sentito il Comune interessato.
I provvedimenti cautelari di inibizione e sospensione hanno efficacia sino all'adozione del Piano Territoriale, oppure del Piano Regolatore Generale, elaborati o modificati tenendo conto della calamità naturale, del dissesto e del pericolo di valanghe o di alluvioni, comunque non oltre i termini dell'art. 58, ultimo comma (24).
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(24) Articolo aggiunto dall'art. 4 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, e successivamente così modificato dall'art. 13 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 9-ter
Concorso dei Comuni e delle Comunità Montane alla formazione dei Piani Territoriali di competenza provinciale e metropolitana.
1. La Provincia e la Città Metropolitana rispetto alle finalità della presente legge, assicurano il concorso dei Comuni e delle Comunità Montane interessati nell'ambito dell'elaborazione del Piano Territoriale Provinciale, del Piano Territoriale Metropolitano, dei Progetti Territoriali Operativi e dei Piani Paesistici di loro competenza od a loro affidati.
2. Ai fini della ralizzazione del concorso, di cui al comma 1, le Province e la Città Metropolitana, in sede di elaborazione dei Piani:
a) attivano periodiche riunioni di Sindaci e dei Presidenti delle Comunità Montane;
b) raccolgono gli strumenti urbanistici comunali ed intercomunali esistenti, o in itinere, anche al fine di realizzare una eventuale mosaicatura di sintesi degli stessi;
c) prendono atto, laddove esistenti, delle indicazioni urbanistiche contenute nei piani pluriennali di sviluppo delle Comunità Montane.
3. Le Province e la Città Metropolitana predispongono obbligatoriamente, con atto consiliare, un Regolamento relativo allo svolgimento delle riunioni i cui al punto a) del comma 2.
4. La Giunta Provinciale e la Giunta Metropolitana, nel predisporre il Piano, tengono conto delle risultanze emerse dalle azioni di cui al comma 2.
5. Dell'avvenuto concorso dei Comuni e delle Comunità Montane i Consigli Provinciali ed il Consiglio Metropolitano devono dare riscontro documentato in sede di adozione dei singoli Piani Territoriali (25).
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(25) Articolo aggiunto dall'art. 14 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 10
Varianti ai Piani Territoriali.
1. I Piani Territoriali di cui all'articolo 3, comma 1, lettere a), b) e c), sono variati, anche per integrazioni od aggiornamenti, con le procedure previste dagli articoli 7 e 8-quinques, anche in base alla verifica dello stato di attuazione della pianificazione territoriale, e comunque ogni qualvolta se ne ravvisi l'opportunità.
2. I Piani Territoriali sono variati in conseguenza dell'approvazione dei piani di settore qualora questi ultimi siano stati approvati secondo le procedure dell'articolo 7 e possono altresì essere variati in conseguenza dell'approvazione di accordi di programma, di progetti di rilievo regionale, attuativi di normative speciali dello Stato del Programma regionale di sviluppo, in quanto incidenti sull'assetto del territorio.
3 Le previsioni e le prescrizioni contenute nel Piano Territoriale Regionale, nei Piani Territoriali Provinciali e nel Piano Territoriale Metropolitano devono essere adeguate almeno ogni dieci anni e comunque in relazione al variare delle situazioni sociali ed economiche (26).
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(26) Articolo già sostituito dall'art. 14 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e nuovamente così sostituito dall'art. 15 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 10-bis
Stato di attuazione del processo di pianificazione.
1. La Giunta Regionale, le Giunte Provinciali e la Giunta Metropolitana attivano iniziative per favorire la diffusa conoscenza degli strumenti di pianificazione territoriale, promuovono ed assicurano l'aggiornamento del processo di pianificazione del territorio predisponendo, a tal fine, relazioni biennali sullo stato di attuazione del processo di pianificazione (27).
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(27) Articolo aggiunto dall'art. 16 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
TITOLO III
Pianificazione a livello comunale
Art. 11
Finalità del Piano Regolatore Generale comunale e intercomunale.
I Comuni, singoli od associati, esercitano le loro competenze in materia di pianificazione e gestione del territorio mediante la formazione e l'attuazione dei Piani Regolatori Generali comunali e intercomunali, finalizzati al soddisfacimento delle esigenze sociali delle comunità locali ed aventi quali specifici obiettivi:
a) un equilibrato rapporto fra esigenze e servizi, in relazione ai posti di lavoro individuati secondo le indicazioni del Piano Territoriale (28);
b) il recupero all'uso sociale del patrimonio edilizio ed infrastrutturale esistente;
c) la difesa attiva del patrimonio agricolo, delle risorse naturali e del patrimonio storico, artistico ed ambientale;
d) la riqualificazione dei tessuti edilizi periferici e marginali e dei nuclei isolati di recente formazione;
e) l'equilibrata espansione dei centri abitati sulla base di previsioni demografiche ed occupazionali rapportate alle indicazioni del Piano Territoriale;
f) il soddisfacimento del fabbisogno pregresso e previsto di servizi sociali e di attrezzature pubbliche;
g) la programmata attuazione degli interventi pubblici e privati.
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(28) Lettera a) così modificata dall'art. 19 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 12
Contenuti del Piano Regolatore Generale.
Il Piano Regolatore Generale si adegua alle previsioni del Piano Territoriale, che verifica e sviluppa, con riferimento alla organizzazione del territorio del Comune o dei Comuni interessati, per un arco temporale decennale.
Esso, pertanto, in questo quadro:
1) valuta le esigenze di sviluppo delle attività produttive, degli insediamenti residenziali dei servizi e delle attrezzature, indicando la quota che può essere soddisfatta con il recupero del patrimonio insediativo esistente ed individuando la quantità di aree necessarie per la realizzazione dei nuovi insediamenti; valuta altresì le esigenze relative agli insediamenti del settore commerciale applicando gli indirizzi ed i criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998 (29);
2) precisa le aree da sottoporre a speciali norme ai fini della difesa del suolo e della tutela dell'ambiente o da destinare alla realizzazione e alla tutela di impianti di interesse pubblico;
3) individua le aree atte ad ospitare l'incremento di popolazione ipotizzato, in coerenza con le previsioni del Piano Territoriale;
4) individua e regolamenta sulle base dei piani agricoli zonali, ove operanti, le aree destinate ad attività agricole e quelle destinate ad usi insediativi, residenziali, produttivi commerciali e turistici, ai servizi e al tempo libero, definendo le aree destinate agli standard, di cui agli artt. 21 e 22, oppure individuando gli strumenti esecutivi che devono provvedere a tale specificazione;
5) determina per ogni parte del territorio comunale la disciplina di tutela e di utilizzazione del suolo, comprensiva delle destinazioni d'uso, dei tipi e dei modi di intervento di cui all'art. 13;
6) definisce l'organizzazione del territorio in relazione al sistema infrastrutturale e di trasporto e di traffico, alle attività produttive, articolate con riferimento ai caratteri dell'economia locale, agli insediamenti, alle attrezzature ed ai servizi;
7) individua gli edifici ed i complessi di importanza storico-artistica ed ambientale e delimita i centri storici garantendo la loro tutela e la loro utilizzazione sociale, nonché la qualificazione dell'ambiente urbano nel suo complesso;
7-bis) individua le parti del territorio ove, per le condizioni di degrado, si rende opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, risanamento e ricostruzione ed alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso. Dette parti del territorio possono comprendere singoli immobili, complessi edilizi, isolati ed aree, nonché edifici da destinare ad attrezzature pubbliche;
8) può individuare nell'ambito degli insediamenti residenziali, nel caso in cui il Comune sia obbligato a formare il piano di cui al successivo art. 41, le aree per l'edilizia economica e popolare da realizzare in funzione delle reali esigenze locali per il decennio di validità del Piano Regolatore Generale;
9) indica gli indirizzi per una programmata attuazione degli interventi pubblici e privati, nonché i criteri per le trasformazioni ammissibili rispetto alle dotazioni di opere di urbanizzazione primarie e secondarie, effettivamente fruibili;
10) fissa le norme generali e specifiche per l'applicazione delle prescrizioni e per la gestione amministrativa del piano;
11) contiene ogni altra previsione idonea al conseguimento delle finalità desumibili dall'art. 11 della presente legge (30).
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(29) Numero così sostituito dall'art. 7, comma 3, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario così sanciva: «1) valuta le esigenze di sviluppo delle attività produttive, degli insediamenti residenziali, dei servizi e delle attrezzature, indica la quota che può essere soddisfatta con il recupero del patrimonio insediativo esistente ed individuando la qualità di aree necessarie per la realizzazione dei nuovi insediamenti;».
(30) Articolo così modificato prima dall'art. 5 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 15 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 13
Prescrizioni operative del Piano Regolatore Generale.
Il Piano Regolatore Generale disciplina l'uso del suolo mediante prescrizioni, topograficamente e normativamente definite che comprendono sia la individuazione delle aree inedificabili, sia le norme operative che precisano, per le singole aree suscettibili di trasformazione urbanistica ed edilizia e per gli edifici esistenti e in progetto, le specifiche destinazioni ammesse per la loro utilizzazione, oltreché i tipi di intervento previsti, con i relativi parametri, e le modalità di attuazione.
I principali tipi di intervento per tutte le destinazioni d'uso, anche non residenziali, oltreché quelli in attuazione dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, riguardano le operazioni di:
- conservazione di immobili con opere di manutenzione ordinaria e straordinaria;
- restauro e risanamento conservativo del patrimonio edilizio esistente;
- ristrutturazione edilizia;
- ristrutturazione urbanistica;
- completamento;
- nuovo impianto.
Gli interventi di cui al comma precedente sono precisati nelle norme di attuazione dei Piani Regolatori Generali nel rispetto delle seguenti definizioni:
a) manutenzione ordinaria:
le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnici esistenti, purché non comportino la realizzazione di nuovi locali né modifiche alle strutture od all'organismo edilizio;
b) manutenzione straordinaria:
le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici nonché per realizzare o integrare i servizi igienico-sanitari e gli impianti tecnici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso;
c) restauro e risanamento conservativo:
gli interventi rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurare la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso anche parzialmente o totalmente nuove con essi compatibili. Tali interventi comprendono il consolidamento il ripristino ed il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio;
d) ristrutturazione edilizia (31):
gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti;
e) ristrutturazione urbanistica:
gli interventi rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale;
f) completamento:
gli interventi rivolti alla realizzazione di nuove opere, su porzioni del territorio già parzialmente edificate, da disciplinare con specifiche prescrizioni relative agli allineamenti, alle altezze massime nonché alla tipologia ed alle caratteristiche plano-volumetriche degli edifici;
g) nuovo impianto:
gli interventi rivolti alla utilizzazione di aree inedificate, da disciplinare con appositi indici, parametri ed indicazioni specifiche tipologiche.
Gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di nuovo impianto sono realizzati a mezzo di strumenti urbanistici, salvo che il Piano Regolatore Generale, per le specifiche aree interessate, non precisi i contenuti di cui ai punti 2), 3), 4) dell'art. 38 della presente legge.
Nei cenni storici delimitati ai sensi della presente legge, nelle zone di tipo A nei Comuni dotati di Piano Regolatore Generale approvato posteriormente all'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, o nelle parti del territorio da salvaguardare ai sensi dell'art. 24, comprese nei Piani Regolatori Generali redatti in conformità della presente legge, sono ammessi gli interventi di cui alle lett. a), b), c), d), f), del 3° comma con le precisazioni contenute nel successivo art. 24.
Le definizioni di cui al 3° comma prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edili fatti salvi i disposti del successivo art. 85. Restano ferme le disposizioni e le competenze previste dalle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni ed integrazioni.
Sono inedificabili:
a) le aree da salvaguardare per il loro pregio paesistico o naturalistico o di interesse storico, ambientale, etnologico ed archeologico;
b) le aree che, ai fini della pubblica incolumità, presentano caratteristiche negative dei terreni o incombenti o potenziali pericoli;
c) le fasce ed aree di rispetto relative alla viabilità urbana ed extraurbana, alle ferrovie, ai cimiteri, alle piste sciistiche, agli impianti di risalita, alle industrie ed agli impianti nocivi od inquinanti, salvo quanto previsto all'art. 27.
Il Piano Regolatore Generale identifica e delimita le aree inedificabili di cui al presente comma (32).
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(31) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 18 settembre 2006, n. 69-3862.
(32) Articolo così modificato prima dall'art. 6 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 16 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 14
Elaborati del Piano Regolatore Generale.
l Piano Regolatore Generale è costituito dai seguenti elaborati:
1) la Relazione illustrativa, nella quale sono contenuti:
a) gli obiettivi e i criteri adottati dal Consiglio Comunale nella deliberazione programmatica di cui al successivo art. 15, e posti a base della elaborazione del piano, con la precisazione dei relativo arco temporale di riferimento;
b) le analisi demografiche e socio-economiche retrospettive, riferite ad un periodo di almeno 20 anni, con indicazione delle ipotesi di sviluppo assunte nell'arco temporale di riferimento adottato;
c) i dati quantitativi, relativi alle previsioni di recupero del patrimonio edilizio esistente, di nuovi insediamenti ed al reperimento delle aree, per i servizi e le attrezzature, necessarie per soddisfare i fabbisogni pregressi e previsti in relazione agli standard fissati dalla presente legge;
d) i criteri per la strutturazione generale degli insediamenti esistenti e previsti;
d-bis) i criteri per l'applicazione degli indirizzi e dei criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998, ove sono contenute le motivazioni delle scelte operate nella definizione delle, zone di insediamento commerciale (33);
2) gli Allegati tecnici comprendenti:
a) le indagini e le rappresentazioni cartografiche riguardanti le caratteristiche geomorfologiche ed idrologiche del territorio; l'uso del suolo in atto a fini agricoli forestali ed estrattivi; lo stato di fatto degli insediamenti esistenti e dei relativi vincoli, con particolare riferimento ai complessi ed agli immobili di valore storico-artistico ed ambientale; le condizioni abitative; le dotazioni di attrezzature e di servizi pubblici; la struttura insediativa degli impianti industriali, artigianali e commerciali e delle relative necessità di intervento;
b) la relazione geologico-tecnica relativa alle aree interessate da nuovi insediamenti o da opere pubbliche di particolare importanza;
c) la scheda quantitativa dei dati urbani secondo il modello fornito dalla Regione;
3) le Tavole di piano, comprendenti:
a) una planimetria sintetica del piano alla scala 1:25.000 rappresentativa anche delle fasce marginali dei Comuni contermini, per le quali devono essere illustrate schematicamente le situazioni di fatto e le esistenti previsioni dei relativi Piani Regolatori Generali;
b) il Piano Regolatore Generale, in scala non inferiore a 1:10.000 comprendente l'intero territorio interessato dal piano;
c) gli sviluppi del Piano Regionale Generale, in scala non inferiore a 1:2.000, relativi ai territori urbanizzandi ed urbanizzati ed ai dintorni di pertinenza ambientale per i territori urbanizzati dei Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti residenti; gli sviluppi del P.R.G. in scala 1:2.000 possono limitarsi alle parti modificate sottoposte a particolare disciplina dal piano medesimo;
d) gli sviluppi del Piano Regolatore Generale, alla scala 1:1.000 o catastale, relativi ai centri storici;
4) le Norme di Attuazione, contenenti le definizioni e le prescrizioni generali e particolari relative alle classi di destinazione d'uso, ai tipi di intervento, ai modi di attuazione ed alla gestione del piano, ivi comprese quelle relative agli insediamenti commerciali al dettaglio (34);
I Comuni, utilizzando le tavole di cui al primo comma, numero 3) ed avvalendosi di quelle in scala idonea, rappresentano altresì le perimetrazioni con riferimento alle caratteristiche delle zone di insediamento commerciale ai sensi dell'articolo 6 del D.Lgs. n. 114/1998 e degli indirizzi e dei criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del decreto legislativo stesso (35).
Per i Comuni con più di 10.000 abitanti, negli allegati tecnici, di cui al precedente punto 2) è altresì compresa la individuazione delle linee di soglia dei costi differenziati per l'urbanizzazione delle aree di espansione, ricavati in riferimento al sistema infrastrutturale esistente e previsto ed alle caratteristiche del sito (36).
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(33) Lettera aggiunta dall'art. 7, comma 4, L.R. 12 novembre 1999, n. 28.
(34) Numero così sostituito dall'art. 7, comma 5, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario era così formulato: «4) le Norme di attuazione, contenenti le definizioni e le prescrizioni generali e particolari relative alle classi di destinazione d'uso, ai tipi di intervento, ai modi di attuazione ed alla gestione del piano.».
(35) Comma aggiunto dall'art. 7, comma 6, L.R. 12 novembre 1999, n. 28.
(36) Articolo così modificato prima dall'art. 7 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 17 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 15
Formazione e approvazione del Piano Regolatore Generale Comunale.
Il Consiglio Comunale adotta preliminarmente una deliberazione programmatica che, sulla base dei contenuti del Piano Territoriale e di una prima indagine conoscitiva sulla situazione locale e sulle dinamiche in atto, individua gli obiettivi generali da conseguire e delinea i criteri di impostazione del Piano Regolatore Generale.
La deliberazione programmatica, divenuta esecutiva ai sensi di legge, è immediatamente inviata alla Provincia, alla Comunità Montana e ad ogni altro soggetto individuato dagli statuti e dai regolamenti comunali, ai fini dell'attuazione dell'articolo 1, punto 8. Chiunque può presentare osservazioni e proposte con le modalità e i tempi indicati nella deliberazione stessa.
Sulla base degli elementi acquisiti il Comune elabora il progetto preliminare di Piano Regolatore e lo adotta entro 180 giorni dalla deliberazione programmatica.
Il progetto preliminare deve comprendere lo schema della relazione illustrativa di cui al n. 1), gli allegati tecnici di cui al n. 2), le tavole di piano di cui al n. 3), lettere a) e b), le norme di attuazione di cui al n. 4) del 1° comma dell'art. 14 della presente legge.
I Comuni che hanno una popolazione non superiore a 5.000 abitanti residenti possono adottare la deliberazione programmatica contemporaneamente alla adozione del progetto preliminare di Plano.
Il progetto preliminare è depositato presso la segreteria del Comune, è pubblicato per estratto all'albo pretorio per 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione; è messo a disposizione degli Organi e degli Enti di cui al 2° comma. Nei successivi 30 giorni chiunque può presentare osservazioni e proposte nel pubblico interesse.
Entro 180 giorni dall'avvenuto deposito, il Consiglio Comunale adotta il Piano Regolatore Generale motivando l'accoglimento e il rigetto delle osservazioni e delle proposte presentate. Non sono soggette a pubblicazione né a nuove osservazioni le modifiche introdotte nel Piano Regolatore Generale a seguito di accoglimento di osservazioni.
Il Piano Regolatore adottato è depositato presso la segreteria ed è contemporaneamente pubblicato all'albo pretorio del Comune per 30 giorni consecutivi. Dell'avvenuto deposito è data notizia anche a mezzo stampa.
Il Piano Regolatore Generale è inviato alla Giunta regionale per l'approvazione.
l Piano Regolatore Generale è approvato con deliberazione della Giunta regionale. Le determinazioni regionali sono assunte entro 180 giorni dalla ricezione di tutta la documentazione integrativa richiesta oltre agli elaborati costitutivi del Piano, acquisito il parere espresso dalla Commissione Tecnica Urbanistica.
Con l'atto di approvazione la Giunta regionale può apportare d'ufficio al Piano Regolatore Generale modifiche riguardanti correzioni di errori, chiarimenti su singole prescrizioni e adeguamenti a norma di legge.
Nell'ambito dell'attività istruttoria, il Presidente della Giunta regionale, o l'Assessore delegato, acquisito ove del caso il parere della Commissione Tecnica Urbanistica, può richiedere al Comune modifiche che non mutino le caratteristiche essenziali quantitative e strutturali del Piano e i suoi criteri di impostazione, ed in particolare, nel rispetto di tali caratteristiche e criteri, modifiche che riguardino:
a) l'adeguamento alle disposizioni dei piani di settore, dei piani sovracomunali e delle loro varianti;
b) la razionale organizzazione e realizzazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato o della Regione, anche ai fini dell'eventuale coordinamento con i Comuni contermini;
c) la tutela dell'ambiente e del paesaggio, dei beni culturali ed ambientali nonché di specifiche aree classificate come di elevata fertilità;
d) l'osservanza degli standard.
Le richieste di modifica di cui al precedente comma sono comunicate, dal Presidente della Giunta regionale o dall'Assessore delegato, al Comune che, entro 60 giorni, assume le proprie determinazioni con deliberazione del consiglio comunale, da trasmettersi alla Giunta regionale entro 15 giorni dall'apposizione del visto di esecutività. Il ricevimento delle richieste di modifica vincola il Comune alla immediata salvaguardia delle osservazioni formulate dalla Regione.
Ove il termine per l'assunzione della delibera comunale anzidetta decorra inutilmente, le modifiche sono introdotte d'ufficio nel Piano Regolatore dalla Giunta regionale.
Le proposte di modifica che, su parere della Commissione Tecnica Urbanistica, mutino parzialmente le caratteristiche del Piano Regolatore sono comunicate dal Presidente della Giunta regionale o dall'Assessore delegato al Comune che provvede entro 90 giorni dal ricevimento alla rielaborazione parziale del Piano.
Il Piano Regolatore così modificato è depositato presso la segreteria ed è contemporaneamente pubblicato all'albo pretorio del Comune per 30 giorni consecutivi. Dell'avvenuto deposito è data notizia anche a mezzo stampa.
Nei successivi 30 giorni chiunque può presentare osservazioni e proposte nel pubblico interesse limitatamente alle parti modificate. Entro 90 giorni dall'avvenuta pubblicazione, il Consiglio Comunale adotta il Piano Regolatore modificato, motivando l'accoglimento o il rigetto delle osservazioni e delle proposte presentate. Il Piano è trasmesso alla Giunta regionale per l'approvazione, sentita, ove del caso, la Commissione Tecnica Urbanistica.
Il Piano Regolatore Generale entra in vigore con la pubblicazione per estratto della deliberazione di approvazione della Giunta regionale ed è esposto in pubblica e continua visione nella sede del Comune interessato e della Comunità Montana di appartenenza.
La Giunta regionale, sentito il parere della Commissione Tecnica Urbanistica, delibera la restituzione al Comune per la rielaborazione, dei Piani che richiedono sostanziali modifiche di carattere quantitativo, strutturale e distributivo.
In caso di mancata adozione del Piano Regolatore nei termini stabiliti, la Giunta regionale può formare il progetto di piano secondo le procedure di cui ai commi 6, 7, 8, 10 del presente articolo. In caso di mancato adeguamento entro il termine di centottanta giorni, del Piano Regolatore Generale agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998, entrano in vigore, fino all'emanazione delle norme comunali, le norme sostitutive stabilite ai sensi dell'articolo 6, comma 6 del decreto legislativo stesso. (37) (38).
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(37) Articolo dapprima modificato dall'art. 8 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 18 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, a sua volta così modificato dagli artt. 1, 2 e 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70. Successivamente il secondo periodo dell'ultimo comma è stato aggiunto dall'art. 7, comma 7, L.R. 12 novembre 1999, n. 28.
(38) Vedi Com.Ass. 14 ottobre 1998, n. 41.
Art. 16
Piani Regolatori Intercomunali di Comuni consorziati e di Comunità Montane.
Due o più Comuni contermini, costituiti in Consorzio volontario per la formazione congiunta del Piano Regolatore, possono adottare un Piano Regolatore Intercomunale sostitutivo, a tutti gli effetti, dei Piani Regolatori Comunali, con gli stessi contenuti di cui all'art. 12.
Ai fini della formazione, adozione e pubblicazione dei Piani Regolatori Intercomunali si applicano le norme relative ai Piani Regolatori Generali, intendendosi sostituito il Consorzio ai singoli Comuni.
Lo statuto del Consorzio stabilisce le modalità di partecipazione dei Comuni alla formazione del P.R.G.I.
La Comunità Montana, se delegata espressamente dai Comuni appartenenti ad essa o costituenti aree sub-comunitarie, procede alla formazione, adozione e pubblicazione del piano Regolatore Intercomunale, sostituendosi ai singoli Comuni per tutti gli adempimenti relativi. I Comuni possono altresì delegare alla Comunità Montana l'attuazione del Piano Regolatore.
In mancanza di delega, la deliberazione programmatica, il progetto preliminare, il Piano Regolatore Intercomunale e le controdeduzioni di cui all'art. 15 sono adottati dalla Comunità Montana e dai singoli Comuni per il territorio di propria competenza. Le osservazioni e le proposte previste dal 6° comma dell'art. 15 possono essere presentate al singolo Comune o alla Comunità Montana che provvede a trasmetterle ai Comuni.
I Consorzi di Comuni e le Comunità Montane che hanno popolazione non superiore a 5.000 abitanti residenti possono adottare la deliberazione programmatica contemporaneamente all'adozione del progetto preliminare di Piano.
I Piani Intercomunali o di Comunità Montana sono trasmessi dal Consorzio o dalla Comunità Montana, anche se sprovvista di delega, alla Regione.
La Regione, in caso di particolari esigenze o su motivata richiesta di uno o più Comuni, stabilisce con deliberazione della Giunta regionale, l'obbligo della redazione del Piano Regolatore Intercomunale, ne delimita il perimetro e fissa i termini per la sua adozione.
In caso di mancata adozione nei termini stabiliti dal precedente comma, la Giunta regionale forma e adotta il progetto preliminare di Piano Regolatore Intercomunale, lo deposita presso la segreteria dei Comuni interessati e lo fa pubblicare per estratto nei rispettivi albi pretori, per 90 giorni consecutivi. Nei successivi 30 giorni chiunque può presentare osservazioni e proposte nel pubblico interesse.
La Giunta regionale, esaminate le osservazioni, provvede alla predisposizione del Piano Regolatore Intercomunale e, sentito il Comitato Urbanistico Regionale (39), lo approva con propria deliberazione.
La Regione, promuove l'associazione dei Comuni non compresi nelle Comunità Montane per la formazione consortile dei relativi Piani Regolatori Generali Intercomunali (40).
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(39) L'art. 12 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70 ha sostituito al Comitato Urbanistico Regionale la Commissione Tecnica Urbanistica (vedi l'art. 76 della presente legge).
(40) Articolo sostituito dall'art. 19 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi così modificato dall'art. 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70, e dall'art. 42 della L.R. 18 giugno 1992, n. 28.
Art. 17
Varianti e revisioni del Piano Regolatore Generale comunale e intercomunale.
1. Il Piano Regolatore Generale è sottoposto a revisione periodica ogni dieci anni e comunque in occasione della revisione del Piano Territoriale. Esso mantiene la sua efficacia fino all'approvazione delle successive revisioni e varianti.
2. Le revisioni e le varianti del Piano Regolatore Generale non sono soggette ad autorizzazione preventiva e non richiedono la preliminare adozione della deliberazione programmatica.
3. Costituiscono varianti al Piano Regolatore Generale le modifiche degli elaborati, delle norme di attuazione, o di entrambi, quali definite ai commi 4, 6 e 7.
4. Sono varianti strutturali al Piano Regolatore Generale (41), da formare e approvare con le procedure di cui all'articolo 15, quelle che producono uno o più tra i seguenti effetti:
a) modifiche all'impianto strutturale del Piano Regolatore Generale vigente ed alla funzionalità delle infrastrutture urbane di rilevanza sovracomunale;
b) riducono la quantità globale delle aree a servizi per più di 0,5 metri quadrati per abitante, nel rispetto, comunque, dei valori minimi, di cui alla presente legge;
c) aumentano, per più di 0,5 metri quadrati per abitante, la quantità globale delle aree a servizi, oltre i minimi previsti dalla presente legge;
d) incidono sulla struttura generale dei vincoli nazionali e regionali indicati dal Piano Regolatore Generale vigente a tutela di emergenze storiche, artistiche, paesaggistiche, ambientali e idrogeologiche, fatte salve le correzioni di errori materiali di cui al comma 8, lettera a);
e) incrementano la capacità insediativa residenziale del Piano Regolatore Generale vigente, fatta eccezione per i Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti con capacità residenziale esaurita, per i quali valgono le norme di cui al comma 7;
f) incrementano le superfici territoriali o gli indici di edificabilità del Piano Regolatore Generale vigente, relativi alle attività economiche produttive, direzionali, turistico - ricettive, commerciali, anche di adeguamento della disciplina della rete distributiva agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998, risultanti dagli atti del piano medesimo, in misura superiore al 6 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i diecimila abitanti, al 3 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i ventimila abitanti, al 2 per cento nei restanti Comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti. Tali incrementi devono essere realizzati su aree contigue a quelle urbanizzate o a quelle di nuovo impianto previste dal Piano Regolatore Generale vigente (42).
5. I limiti dimensionali di cui al comma 4 sono inderogabili e si intendono riferiti all'intero arco di validità temporale del Piano Regolatore Generale.
5-bis. La variante di adeguamento al Piano Regolatore Generale ai sensi del D.Lgs. n. 114/1998 è approvata dalla Giunta regionale entro centoventi giorni dalla data del suo ricevimento esclusivamente nel caso in cui contenga degli interventi attuabili a seguito di avvio delle procedure previste dagli articoli 8 e 9 del decreto medesimo (43).
6. Costituiscono varianti obbligatorie gli interventi necessari ad adeguare il Piano Regolatore Generale ad atti e strumenti di pianificazione statale, regionale, provinciale o comunque sovraordinata a quella comunale in forza di leggi statali e regionali o di atti amministrativi statali e regionali adottati in applicazione di dette leggi. Il procedimento di formazione di tali varianti si attua attraverso apposite conferenze dei servizi, ai sensi dell'articolo 18 della L.R. 25 luglio 1994, n. 27 (Norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), alla cui indizione provvede la Giunta regionale, entro quarantacinque giorni dall'assunzione di efficacia dell'atto sovraordinato da cui derivi la necessità di adeguamento del Piano Regolatore Generale. All'atto dell'indizione della conferenza la Giunta regionale ne disciplina lo svolgimento ed il termine di completamento (44) (45).
7. Sono varianti parziali al Piano Regolatore Generale, la cui adozione spetta al Consiglio comunale, quelle che non presentano i caratteri indicati nei commi 4 e 6, che individuano previsioni tecniche e normative con rilevanza esclusivamente limitata al territorio comunale con indicazione nella deliberazione da parte dei Comuni interessati della compatibilità con i piani sovracomunali, quelle che ammettono nuove destinazioni d'uso delle unità immobiliari di superficie pari o inferiore a duecento metri quadrati, site in fabbricati esistenti dotati di opere di urbanizzazione primaria, e quelle che consentono ai Comuni con popolazione inferiore a diecimila abitanti che hanno Piani Regolatori Generali vigenti con capacità insediativa residenziale esaurita, di incrementare la capacità insediativa residenziale stessa non oltre il 4 per cento. Tali incrementi devono essere realizzati su aree contigue a quelle residenziali già esistenti o a quelle residenziali di nuovo impianto previste dal Piano Regolatore Generale vigente, comunque dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali. La delibera di adozione è depositata in visione presso la Segreteria comunale ed è pubblicata presso l'Albo Pretorio del Comune. Dal quindicesimo al trentesimo giorno di pubblicazione, chiunque ne abbia interesse, ivi compresi i soggetti portatori di interessi diffusi, può presentare osservazioni e proposte anche munite di supporti esplicativi. La delibera di adozione deve essere inviata alla Provincia che, entro quarantacinque giorni dalla ricezione, si pronuncia con delibera di Giunta sulla compatibilità della variante con il Piano territoriale provinciale e i progetti sovracomunali approvati. Il pronunciamento si intende espresso in modo positivo se la Provincia non delibera entro il termine sopra indicato. Entro trenta giorni dallo scadere del termine di pubblicazione il Consiglio comunale delibera sulle eventuali osservazioni e proposte ed approva definitivamente la variante. Qualora la Provincia abbia espresso parere di non compatibilità con il Piano territoriale provinciale e i progetti sovracomunali approvati, la delibera di approvazione deve dare atto del recepimento delle indicazioni espresse dalla Provincia oppure essere corredata di definitivo parere favorevole della Giunta provinciale. Nel caso in cui tramite più varianti parziali, vengano superati i limiti di cui al comma 4, la procedura di cui al presente comma non può più trovare applicazione. La deliberazione di approvazione è trasmessa alla Provincia entro dieci giorni dalla sua adozione e alla Regione, unitamente all'aggiornamento degli elaborati del Piano Regolatore Generale (46) (47).
8. Non costituiscono varianti del Piano Regolatore Generale:
a) le correzioni di errori materiali, nonché gli atti che eliminano contrasti fra enunciazioni dello stesso strumento e per i quali sia evidente ed univoco il rimedio;
b) gli adeguamenti di limitata entità della localizzazione delle aree destinate alle infrastrutture, agli spazi ed alle opere destinate a servizi sociali e ad attrezzature di interesse generale;
c) gli adeguamenti di limitata entità dei perimetri delle aree sottoposte a strumento urbanistico esecutivo;
d) le modificazioni del tipo di strumento urbanistico esecutivo specificatamente imposto dal Piano Regolatore Generale, ove consentito dalla legge;
e) le determinazioni volte ad assoggettare porzioni del territorio alla formazione di strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa pubblica o privata e le delimitazioni delle stesse;
f) le modificazioni parziali o totali ai singoli tipi di intervento sul patrimonio edilizio esistente, sempre che esse non conducano all'intervento di ristrutturazione urbanistica, non riguardino edifici o aree per le quali il Piano Regolatore Generale abbia espressamente escluso tale possibilità o siano individuati dal Piano Regolatore Generale fra i beni culturali ambientali di cui all'articolo 24, non comportino variazioni, se non limitate, nel rapporto tra capacità insediativa ed aree destinate ai pubblici servizi;
g) la destinazione ad opere pubbliche, alle quali non sia applicabile il D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, di aree che lo strumento urbanistico generale vigente destina ad altra categoria di servizi pubblici. Ai fini della presente disposizione, sono opere pubbliche quelle realizzate o aggiudicate dai Comuni, dalle Province e dalla Regione, dagli altri Enti pubblici anche economici e dagli organismi di diritto pubblico qualificati come tali dalla legislazione sui lavori pubblici, dalle loro associazione e consorzi. Sono altresì opere pubbliche quelle realizzate o aggiudicate dai concessionari e dai soggetti di cui all'articolo 2, comma 2, lettere b) e c), della legge 11 febbraio 1994, n. 109, modificata dal D.L. 3 aprile 1995, n. 101 convertito dalla legge 2 giugno 1995, n. 216.
9. Le modificazioni del Piano Regolatore Generale di cui al comma 8 sono assunte dal Comune con deliberazione consiliare; la deliberazione medesima è trasmessa alla Regione, unitamente all'aggiornamento delle cartografie del Piano Regolatore Generale comunale. La deliberazione, nel caso di cui al comma 8 lettera g), è assunta sulla base di atti progettuali, ancorché non approvati ai sensi della legislazione sui lavori pubblici, idonei ad evidenziare univocamente i caratteri dell'opera pubblica in termini corrispondenti almeno al progetto preliminare, nonché il contenuto della modifica allo strumento urbanistico.
10. Le varianti ai Piani Regolatori Generali Intercomunali, ove riguardino il territorio di un solo Comune, sono formate, adottate e pubblicate dal Comune interessato previa informazione al consorzio o alla Comunità montana e per l'approvazione seguono le procedure del presente articolo. Qualora le varianti siano strutturali, ai sensi del comma 4, dopo l'adozione, il Comune trasmette la variante al consorzio o alla Comunità montana che esprime il proprio parere con deliberazione nel termine di sessanta giorni; il parere è trasmesso dal Comune interessato alla Regione unitamente alla variante adottata, per gli adempimenti successivi così come stabiliti dall'articolo 15; allo scadere del termine di sessanta giorni la variante è comunque trasmessa dal Comune alla Regione che assume le proprie determinazioni (48).
10-bis. Qualora la variante parziale sia stata approvata con procedura non coerente con i suoi contenuti, chiunque vi abbia interesse può presentare, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di pubblicazione, motivato ricorso al Presidente della Giunta regionale, agli effetti del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 (Semplificazione dei procedimenti in materia di ricorsi amministrativi) (49) (50).
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(41) Ai sensi dell'art. 1, comma 2, L.R. 26 gennaio 2007, n. 1 la suddetta legge si applica alle varianti strutturali ai piani regolatori generali di cui al presente comma.
(42) Lettera così sostituita dall'art. 7, comma 8, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario così disponeva: «f) incrementano le superfici territoriali o gli indici di edificabilità del Piano Regolatore Generale vigente, relativi alle attività economiche, produttive, direzionali, turistico-ricettive, risultanti dagli atti del piano medesimo, in misura superiore al 6 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i diecimila abitanti, al 3 per cento nei Comuni con popolazione non eccedente i ventimila abitanti, al 2 per cento nei restanti Comuni con popolazione superiore a ventimila abitanti. Tali incrementi devono essere realizzati su aree contigue a quelle urbanizzate o a quelle di nuovo impianto previste dal Piano Regolatore Generale vigente.».
(43) Comma aggiunto dall'art. 7, comma 9, L.R. 12 novembre 1999, n. 28.
(44) Così corretto con avviso pubblicato nel B.U. 13 agosto 1997, n. 32.
(45) Vedi, anche, la Delib.G.R. 24 maggio 2000, n. 32-73.
(46) Periodo così modificato dall'art. 4, comma 1, L.R. 26 gennaio 2007, n. 1.
(47) Così corretto con avviso pubblicato nel B.U. 13 agosto 1997, n. 32.
(48) Articolo dapprima modificato dall'art. 9 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, dall'art. 20 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e dall'art. 1 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 62, poi sostituito dall'art. 3 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70, a sua volta così sostituito dall'art. 1 della L.R. 29 luglio 1997, n. 41. Si veda anche la Circ. 5 agosto 1998, n. 12/PET e, per quanto concerne l'adeguamento al Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, la Circ.P.G.R. 8 luglio 1999, n. 8/PET.
(49) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 2, L.R. 26 gennaio 2007, n. 1.
(50) Il presente articolo, già modificato dall'art. 9, L.R. 20 maggio 1980, n. 50, dall'art. 20, L.R. 6 dicembre 1984, n. 61 e dall'art. 1, L.R. 6 dicembre 1984, n. 62, poi sostituito dall'art. 3, L.R. 27 dicembre 1991, n. 70, è stato nuovamente così sostituito dall'art. 1, L.R. 29 luglio 1997, n. 41, così corretto con avviso pubblicato nel B.U. 13 agosto 1997, n. 32 e successivamente così modificato come indicato nelle note che precedono. Si veda anche la Circ. 5 agosto 1998, n. 12/PET e, per quanto concerne l'adeguamento al Piano Stralcio delle Fasce Fluviali, la Circ.P.G.R. 8 luglio 1999, n. 8/PET.
Art. 18
Efficacia del Piano Regolatore Generale comunale e intercomunale.
Dalla data di adozione del progetto preliminare del Piano Regolatore Generale e successivamente da quella relativa al Piano Regolatore Generale definitivo si applicano le rispettive misure di salvaguardia di cui all'art. 58 della presente legge.
Le prescrizioni del Piano Regolatore Generale sono vincolanti nei confronti dei soggetti pubblici e privati, proprietari o utenti degli immobili.
Successivamente alla pubblicazione del P.R.G. per estratto sul Bollettino Ufficiale della Regione, il Comune interessato è tenuto all'affissione all'albo pretorio, per quindici giorni consecutivi, di un avviso che attesti il deposito in continua visione degli elaborati del Piano stesso ai sensi dell'art. 15 (51).
Chiunque può prendere visione di tali elaborati ed ottenerne copia per le parti di suo interesse previo deposito delle relative spese (52).
Dalla scadenza del periodo di affissione di cui al precedente 3° comma, decorrono i termini per l'impugnazione del Piano (53).
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(51) Comma aggiunto dall'art. 21 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
(52) Comma aggiunto dall'art. 21 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
(53) Comma aggiunto dall'art. 21 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 19
Obbligo dei Comuni di dotarsi di un Piano Regolatore Generale.
Tutti i Comuni della Regione devono dotarsi di un Piano Regolatore Generale, redatto in conformità alla presente legge.
Qualora il comune permanga nell'inadempienza, trascorsi 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Regione può provvedere a far redigere il Piano e ad approvarlo ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 15.
Dalla data di entrata in vigore della presente legge i Comuni non possono adottare Programmi di Fabbricazione (54).
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(54) Articolo dapprima modificato dall'art. 10 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, e successivamente così sostituito dall'art. 22 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
TITOLO IV
Norme per la formazione del Piano Regolatore Generale Comunale o Intercomunale
Art. 20
Capacità insediativa residenziale.
La capacità insediativa residenziale ai fini del dimensionamento del Piano e della determinazione degli standard urbanistici di cui agli artt. 21 e 22, è data dal rapporto fra volumetria edificata ed edificabile in tutte le aree residenziali o a parziale destinazione residenziale prevista dal Piano Regolatore Generale e l'indice volumetrico abitativo di cui ai successivi commi.
Per quanto riguarda la stima della capacità insediativa, si procede secondo il criterio sintetico o il criterio analitico. Il criterio dovrà essere prescelto nel progetto preliminare ed adeguatamente motivato. Potranno essere prescelti anche entrambi i criteri purché in aree di intervento differenziato.
Secondo il criterio sintetico l'indice volumetrico abitativo medio è pari a 120 mc per ogni abitante nei Comuni nei quali la popolazione prevista dal P.R.G. non superi i 2 000 abitanti e a 90 mc per ogni abitante in tutti gli altri Comuni. Per la destinazione d'uso esclusivamente residenziale tali valori sono pari rispettivamente a 100 mc e a 75 mc.
Il criterio analitico è sorretto da una relazione tecnica contenente dettagliate analisi. Per la sua applicazione si procede alla somma delle capacità insediative rispettivamente riferite:
a) al patrimonio edilizio residenziale esistente soggetto agli interventi della destinazione d'uso del 3° comma dell'art. 13;
b) al patrimonio edilizio residenziale esistente soggetto agli interventi di cui alle lett. c), con mutamento di destinazione d'uso, d) ed e) del 3° comma dell'art. 13;
c) alla previsione di nuove edificazioni di cui alle lett. f) e g) del 3° comma dell'art. 13.
La capacità insediativa di cui alla lett. a) del precedente comma è uguale al numero di abitanti residenti rilevati più il numero di vani in abitazioni non occupate; la capacità insediativa di cui alle lett. b) e c) del precedente comma è pari al rapporto fra il volume previsto dal Piano Regolatore Generale e l'indice volumetrico abitativo da esso stabilito (55).
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(55) Articolo dapprima modificato dall'art. 11 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, e successivamente sostituito dall'art. 23 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, a sua volta così modificato dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8.
Art. 21
Standard urbanistici: servizi sociali ed attrezzature a livello comunale.
Nel Piano Regolatore Generale deve essere assicurata una dotazione complessiva di aree per servizi sociali comprendenti attrezzature pubbliche e di uso pubblico, esistenti ed in progetto, commisurata all'entità degli insediamenti residenziali, produttivi, direzionali, commerciali e turistici, sulla base dei seguenti parametri:
1) Aree per attrezzature e servizi in insediamenti residenziali: la dotazione minima complessiva delle aree per servizi sociali è stabilita in 25 mq e sino a 7 mq per abitante può essere reperita in aree private assoggettate ad uso pubblico o da assoggettare ad uso pubblico mediante convenzione, secondo le norme del P.R.G. Tale dotazione è da intendersi in linea di massima, così ripartita:
a) 5 mq per abitante di aree per l'istruzione (asili nido, scuole materne, scuole elementari scuole medie dell'obbligo);
b) 5 mq per abitante di aree per attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per mercati su aree pubbliche e centri commerciali pubblici) (56);
c) 12,50 mq per abitante di aree per spazi pubblici a parco, per il gioco e lo sport;
d) 2,50 mq per abitante di aree per parcheggi pubblici.
E altresì ammessa una dotazione diversa, comunque non inferiore a 18 mq qualora il Piano Regolatore Generale determini una aggregazione di aree e servizi destinati ad attività polifunzionali.
Nei Comuni nei quali la popolazione prevista dal P.R.G. non supera i 2.000 abitanti la dotazione globale di aree per attrezzature e servizi può essere ridotta a 18 mq.
La verifica dello standard urbanistico residenziale dei piani comunali è effettuata con riferimento alla capacità insediativa residenziale, così come definita nel precedente art. 20.
I Piani Regolatori Generali con capacità ricettiva turistica superiore alla popolazione residente sono tenuti ad adeguare alla somma della popolazione residente e di quella turistica media annua prevista i valori di cui alle lett. c) e d) del 1° comma, elevando la dotazione minima di cui alla lett. c) a mq 20 per abitante-vano, mentre i valori di cui alle lett. a) e b) del 1° comma vanno riferiti esclusivamente alla popolazione residente.
Nei casi di Piani Regolatori Generali Intercomunali la dotazione minima di aree è pari alla sommatoria delle dotazioni minime spettanti a ciascun Comune, in conformità a quanto previsto nei commi precedenti. Il Piano Intercomunale provvede alla distribuzione fra i Comuni di tali quantità e determina le eventuali aggregazioni delle aree per servizi.
2) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti produttivi: la dotazione minima di aree attrezzate funzionali agli insediamenti produttivi, di nuovo impianto di cui alle lett. a) e d) del 1° comma dell'art. 26, per parcheggi, verde ed attrezzature sportive, centri sociali, mense ed attrezzature varie, è stabilita nella misura del 20% della superficie territoriale a tale scopo destinata; per i Comuni siti in territorio montano la dotazione è stabilita nella misura del 10%. Nei casi di cui alle lett. b) e c), del 1° comma dell'art. 26 la dotazione minima è stabilita nella misura del 10% della superficie fondiaria.
3) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti direzionali e commerciali al dettaglio non soggetti alle prescrizioni di cui al secondo comma: nei casi di intervento all'interno dei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall'articolo 24, primo comma, numero 1) e di ristrutturazione urbanistica e di completamento di cui all'articolo 13, terzo comma, lettere e) ed f), la dotazione minima è stabilita nella misura dell'80 per cento della superficie lorda di pavimento. Nei casi di intervento di nuovo impianto, di cui all'articolo 13, terzo comma, lettera g), la dotazione minima è stabilita nella misura del 100 per cento della superficie lorda di pavimento. La dotazione minima di aree destinate a parcheggio pubblico è stabilita in misura non inferiore al 50 per cento delle menzionate dotazioni (57).
Per le attività commerciali al dettaglio di cui all'articolo 4 del D.Lgs. n. 114/1998, con superficie di vendita superiore a mq 400 devono anche essere osservati gli standard relativi al fabbisogno di parcheggi pubblici stabiliti dagli indirizzi e dai criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998, applicando il maggiore tra quelli previsti al numero 3) del primo comma e quelli previsti nel presente comma; nel caso di interventi nei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall'articolo 24, primo comma, numero 1), la dotazione di parcheggi pubblici è stabilita nella misura dell'80 per cento degli standard previsti dai citati indirizzi e criteri, fatte salve ulteriori prescrizioni aggiuntive stabilite dai criteri stessi. I Comuni possono richiedere altre dotazioni di standard o di altre aree per attrezzature al servizio degli insediamenti non disciplinate dal presente comma e che sono da intendersi aggiuntive a quelle previste dallo stesso (58).
In tutti i casi di cui ai numeri 1), 2) e 3), del presente articolo, negli interventi all'interno dei centri storici, di ristrutturazione urbanistica e di completamento, la superficie da destinare a parcheggio potrà essere utilmente reperita in apposite attrezzature multipiano nonché nella struttura degli edifici e loro copertura ed anche nel sottosuolo, purché non pregiudichi le aree sovrastanti, se piantumate o destinate a piantumazione.
Ai fini degli standard, di cui al presente articolo, sono computabili, oltre alle superfici delle quali è prevista l'acquisizione da parte della pubblica amministrazione, anche quelle private per le quali è previsto l'assoggettamento ad uso pubblico disciplinato con convenzione, nelle proporzioni definite dai Piani Regolatori Generali o dai loro strumenti di attuazione (59) (60).
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(56) Lettera così sostituita dall'art. 7, comma 10, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario era così formulato: «b) 5 mq per abitante di aree per attrezzature di interesse comune (religiose, culturali, sociali assistenziali, sanitarie, amministrative, per mercati e centri commerciali pubblici);».
(57) Numero così sostituito dall'art. 7, comma 11, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario era cos formulato: «3) Aree per attrezzature al servizio degli insediamenti direzionali e commerciali: nei casi di intervento all'interno dei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall'art. 24, sub 1), e di ristrutturazione urbanistica e di completamento di cui alle lett. e) ed f) del 3° comma dell'art. 13, la dotazione minima è stabilita nella misura dell'80% della superficie lorda di pavimento. Nei casi di intervento di nuovo impianto, di cui alla lett. g) del 3° comma dell'art. 13, la dotazione minima è stabilita nella misura del 100% della superficie lorda di pavimento.».
(58) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 12, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario era così formulato: «La dotazione minima di aree di cui al numero 3) che precede dovrà essere destinata a parcheggio pubblico in misura non inferiore al 50%. Per gli insediamenti commerciali al dettaglio la cui superficie di vendita sia superiore ai limiti stabiliti dagli articoli 26 e 27 della legge 11 giugno 1971, n. 426, soggetti a nulla-osta regionale per le grandi strutture di vendita, devono anche essere osservati gli standard relativi alla dotazione di parcheggi pubblici previsti dalle Indicazioni Programmatiche e di Urbanistica Commerciale ai sensi dell'articolo 30 del D.M. 4 agosto 1988, n. 375 ed integrate dei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge; nei casi di interventi all'interno dei centri storici, individuati conformemente a quanto disposto dall'art. 24, punto 1), la dotazione di parcheggi pubblici è stabilita nella misura dell'80% degli standard previsti nelle anzidette Indicazioni Programmatiche e di Urbanistica Commerciale.».
(59) Secondo l'interpretazione autentica di cui all'art. 1 della L.R. 23 marzo 1995, n. 43, la disposizione dell'ultimo comma dell'art. 21 ha il solo scopo di favorire il raggiungimento della soglia minima di standards richiesta dalla legge, consentendo di computare, oltre alle aree dismesse gratuitamente al Comune o espropriate, quelle solo asservite a servizio pubblico; le aree asservite ad uso pubblico in alternativa alla dismissione gratuita o all'esproprio, non sono utilizzabili nel computo della cubatura o delle superfici realizzabili con gli indici di edificabilità fondiaria.
(60) Articolo dapprima modificato dall'art. 12 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 24 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, a sua volta così modificato dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8, e dall'art. 4 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70. Successivamente il n. 3 e il secondo comma sono stati sostituiti dall'art. 7, L.R. 12 novembre 1999, n. 28.
Art. 22
Standard urbanistici: servizi sociali ed attrezzature di interesse generale.
Nei Piani Regolatori intercomunali e comunali, con popolazione complessiva prevista superiore a 20.000 abitanti, deve essere assicurata una dotazione aggiuntiva di aree per attrezzature pubbliche di interesse generale in misura complessiva non inferiore ai 17,5 mq per abitante del territorio interessato dal piano così distribuita:
- 1,5 mq per abitante, per le attrezzature per l'istruzione superiore dell'obbligo, con esclusione delle sedi universitarie;
- 1 mq per abitante, per le attrezzature sociali, sanitarie ed ospedaliere
- 15 mq per abitante, per parchi pubblici urbani e comprensoriali.
Nei casi di P.R.G.I. per la distribuzione nei diversi Comuni della dotazione aggiuntiva di aree si applicano le disposizioni di cui al 1° comma dell'art. 21.
Il Piano Territoriale verifica la consistenza qualitativa degli standard nelle aree interessate e determina le esigenze di eventuali aree da garantire nell'ambito di aree sub-comprensoriali (61).
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(61) Articolo così modificato dall'art. 25 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 23
Densità territoriale e densità fondiarie minime e massime nelle zone residenziali.
La media della densità territoriale, calcolata per tutte le destinazioni residenziali nelle aree di completamento, di ristrutturazione urbanistica, nonché di espansione, previste dal Piano Regolatore Generale comunale per l'intero territorio comunale ed in quelli intercomunali per ogni singolo territorio comunale, non deve essere inferiore, di norma, a 10.000 mc per ha e a 8.000 mc per ha, nei Comuni di interesse turistico e in quelli inferiori a 1.000 abitanti, ma non deve complessivamente superare i 20.000 mc per ha. Dal computo delle superfici sono escluse le aree edificate non soggette a ristrutturazione urbanistica e quelle di cui all'art. 22, ma sono comprese quelle di cui all'art. 21, comma 1, punto 1).
La densità fondiaria relativa ai singoli lotti liberi, di completamento, di ristrutturazione e di espansione residenziale, non deve superare:
a) nei Comuni fino a 10.000 abitanti i 3 mc su mq pari a 1,0 mq su mq;
b) nei Comuni compresi fra i 10.000 e 20.000 abitanti i 4 mc su mq, pari a 1,35 mq su mq;
c) nei Comuni oltre i 20.000 abitanti i 5 mc su mq pari a 1,7 mq su mq.
Eventuali prescrizioni di Piano Regolatore Generale, che si discostino dai suddetti valori devono essere specificamente motivate, sia sotto il profilo dei costi insediativi e di urbanizzazione, sia sotto il profilo della qualità del paesaggio urbano risultante (62).
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(62) Articolo così modificato dall'art. 13 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
Art. 24
Norme generali per i beni culturali ambientali.
Il Piano Regolatore Generale individua, sull'intero territorio comunale, i beni culturali ambientali da salvaguardare, anche se non individuati e vincolati in base alle leggi vigenti, comprendendo fra questi:
1) gli insediamenti urbani aventi carattere storico-artistico e/o ambientale e le aree esterne di interesse storico e paesaggistico ad essi pertinenti;
2) i nuclei minori, i monumenti isolati e i singoli edifici civili o rurali ed i manufatti, con le relative aree di pertinenza, aventi valore storico-artistico e/o ambientale o documentario;
3) le aree di interesse paesistico ambientale, di cui all'art. 13, 7° comma, lett. a), della presente legge.
Sulle carte di Piano devono essere evidenziati, in particolare, gli edifici, gli spazi pubblici, i manufatti, gli agglomerati ed i nuclei di rilevante interesse, oltreché le aree esterne che ne costituiscano l'integrazione storico-ambientale.
Negli ambiti individuati ai sensi dei precedenti commi è fatto divieto di modificare, di norma, i caratteri ambientali della trama viaria ed edilizia ed i manufatti, anche isolati che costituiscono testimonianza storica, culturale e tradizionale.
Gli interventi necessari alla migliore utilizzazione funzionale e sociale ed alla tutela del patrimonio edilizio esistente, sono disciplinati dal Piano Regolatore e dagli strumenti urbanistici esecutivi di cui agli artt. 38, 39, 41, 41-bis, e 43 della presente legge nel rispetto dei seguenti principi:
a) gli edifici di interesse storico-artistico, compresi negli elenchi di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, e 1 giugno 1930, n. 1089, e quelli individuati come tali negli strumenti urbanistici, sono soggetti esclusivamente a restauro e risanamento conservativo, secondo le prescrizioni di cui al successivo 8° comma;
b) in assenza di strumenti urbanistici esecutivi ed in attesa della loro approvazione, le parti di tessuto urbano di più recente edificazione e gli edifici privi di carattere storico, artistico e/o documentario sono disciplinati da specifiche norme, anche ai fini dell'eliminazione degli elementi deturpanti ed atte a migliorare la qualità del prodotto edilizio;
c) le aree libere di elevato valore ambientale devono restare inedificate con la sola eccezione della loro utilizzazione per usi sociali pubblici definiti dal Piano Regolatore;
d) non sono ammessi, di norma, interventi di ristrutturazione urbanistica, salvo casi eccezionali e motivati, sempreché disciplinati da strumenti urbanistici esecutivi formati ed approvati ai sensi dell'art. 40.
Il Piano Regolatore individua, fra gli interventi di cui alle lett. a) e b) del precedente comma, quelli che sono ammissibili a concessione singola.
All'interno degli insediamenti di cui ai commi precedenti sono garantiti il riuso degli immobili idonei per i servizi sociali carenti e l'organizzazione della viabilità interna, al fine di favorire la mobilità pedonale ed il trasporto del pubblico.
Le operazioni di manutenzione straordinaria per rinnovare e sostituire parti strutturali degli edifici devono essere eseguite con materiali aventi le stesse caratteristiche dl quelli esistenti, senza modificare le quote, la posizione, la forma delle strutture stesse e delle scale.
Le operazioni di restauro e risanamento conservativo hanno per obiettivo:
a) l'integrale recupero degli spazi urbani e del sistema viario storico, con adeguate sistemazioni del suolo pubblico, dell'arredo urbano e del verde e con la individuazione di parcheggi marginali;
b) il rigoroso restauro statico ed architettonico degli edifici ed il loro adattamento interno per il recupero igienico e funzionale, da attuare nel pieno rispetto delle strutture originarie esterne ed interne, con eliminazione delle successive aggiunte deturpanti, interni ed esterni, con elementi aventi gli stessi requisiti strutturali di quelli precedenti, senza alcuna modifica né volumetrica né del tipo di copertura;
c) la preservazione del tessuto sociale preesistente: a tal fine il Piano Regolatore Generale, nell'ambito dell'insediamento storico, non può prevedere, di norma, rilevanti modificazioni alle destinazioni d'uso in atto, in particolare residenziali, artigianali e di commercio al minuto, evitando la localizzazione di nuovi complessi direzionali.
Per favorire un'ordinata esecuzione delle opere di restauro conservativo, da attuare anche a mezzo delle leggi 18 aprile 1962, n. 167, 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni e integrazioni, e della legge 5 agosto 1978, n. 457, il Piano Regolatore Generale fissa i modi per la programmazione degli interventi e il prioritario allestimento di alloggi di rotazione, al fine di garantire il rialloggiamento degli abitanti preesistenti, soprattutto a coloro che svolgono attività economiche nell'agglomerato storico.
Il Piano Regolatore Generale indica i modi per la progettazione esecutiva con l'individuazione delle zone di recupero di cui al precedente art. 12, nonché delle porzioni di tessuto in cui è obbligatorio il ricorso preventivo ai piani particolareggiati e di quelle in cui è ammesso l'intervento singolo di cui al successivo art. 48.
Spetta altresì al Piano Regolatore Generale individuare, nel rispetto delle competenze statali, le aree di interesse archeologico e fissare norme per la loro tutela preventiva; qualsiasi mutamento allo stato dei luoghi di queste aree deve essere previsto in sede di piano particolareggiato.
L'individuazione degli agglomerati, dei nuclei, degli edifici singoli e dei manufatti di interesse storico-artistico e/o ambientale, nonché delle aree di interesse archeologico, è svolta in sede di elaborazione di Piano Regolatore Generale e concorre alla formazione dell'inventario dei beni culturali ambientali, promosso dalla Regione, cui spettano le operazioni di verifica e di continuo aggiornamento.
Il Sindaco, con propria ordinanza, può disporre l'esecuzione delle opere necessarie per il rispetto dei valori ambientali compromessi da trascuratezza o da incauti interventi, anche per quanto concerne l'illuminazione pubblica e privata in aree pubbliche o di uso pubblico (63).
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(63) Articolo così modificato prima dall'art. 14 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 26 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 25
Norme per le aree destinate ad attività agricole.
Nelle aree destinate ad attività agricole sono obiettivi prioritari la valorizzazione ed il recupero del patrimonio agricolo, la tutela e l'efficienza delle unità produttive, ottenute anche a mezzo del loro accorpamento ed ogni intervento atto a soddisfare le esigenze economiche e sociali dei produttori e dei lavoratori agricoli.
Il Piano Regolatore in aderenza agli obiettivi di cui al precedente comma e sulla base dei piani zonali di sviluppo agricolo, ha lo specifico compito di:
a) individuare il territorio produttivo ai fini agricoli e silvo-pastorali e la sua ripartizione nelle grandi classi di: terreni messi a coltura (seminativi, prati, colture legnose specializzate, orticole e floricole), pascoli e prati-pascoli permanenti, incolti (produttivi e abbandonati);
b) attribuire gli indici di edificabilità per le residenze rurali, nei limiti fissati dal presente articolo;
c) individuare gli interventi diretti al recupero, alla conservazione ed al riuso del patrimonio edilizio esistente, nonché fissare norme atte al potenziamento e all'ammodernamento degli edifici esistenti a servizio delle aziende agricole;
d) individuare sul territorio agricolo le aree per eventuali annucleamenti rurali e fissarne i limiti e le relative prescrizioni, anche al fine dell'insediamento di servizi e di infrastrutture di supporto agli insediamenti agricoli e con essi compatibili;
e) individuare gli edifici rurali abbandonati o non più necessari alle esigenze delle aziende agricole e regolarne la possibile riutilizzazione anche per altre destinazioni comprese quelle di carattere agrituristico (64);
f) individuare gli edifici rurali e le attrezzature agricole ubicati in zone improprie, o comunque in contrasto con le destinazioni di Piano Regolatore, da normare con particolari prescrizioni per il loro mantenimento ed eventuale ampliamento o per il loro trasferimento ai sensi dell'art. 53 della presente legge;
g) disciplinare la costruzione delle infrastrutture, delle strutture, la lavorazione, la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli, con dimensionamento proporzionale alle esigenze delle aziende agricole singole e associate interessate e comunque configurabili come attività agricola ai sensi dell'art. 2135 del Codice Civile;
h) individuare apposite aree destinate alle infrastrutture, strutture ed attrezzature per allevamenti di animali, di aziende non configurabili come attività agricola ai sensi dell'art. 2135 del Codice Civile e disciplinare la costruzione delle opere, garantendo comunque una quota di superficie libera almeno pari ai due terzi dell'intero lotto;
i) stabilire le norme per gli interventi ammissibili per le aziende agricole esistenti, localizzate nelle fasce di rispetto e di salvaguardia di cui agli artt. 27, 29 e 30;
l) individuare gli edifici sorti in aree agricole ed adibiti ad usi non agricoli, dettando le relative prescrizioni ai fini del miglioramento igienico-sanitario e funzionale;
m) stabilire le norme operative per la ristrutturazione e l'ampliamento degli edifici rurali esistenti degli imprenditori non a titolo principale, riconosciuti ai sensi del penultimo e ultimo comma dell'art. 2 della L.R. 12 ottobre 1978, n. 63, e successive modificazioni e integrazioni;
n) individuare e normare, ove ne ravvisi l'esigenza, aree di proprietà pubblica all'interno o ai margini dei centri abitati, per la coltivazione di orti urbani, da assegnare in uso convenzionato a privati che ne facciano richiesta.
Le concessioni per la edificazione delle residenze rurali sono rilasciate:
a) agli imprenditori agricoli ai sensi delle leggi 9 maggio 1975, n. 153, e 10 maggio 1976, n. 352, e delle LL.RR. 12 maggio 1975, n. 27 (65), e 23 agosto 1982, n. 18 (66), anche quali soci di cooperative (67);
b) ai proprietari dei fondi e a chi abbia titolo per l'esclusivo uso degli imprenditori agricoli di cui alla lett. a) e dei salariati fissi, addetti alla conduzione del fondo;
c) agli imprenditori agricoli non a titolo principale ai sensi del penultimo e ultimo comma dell'art. 2 della L.R. 12 ottobre 1978, n. 63, e successive modificazioni e integrazioni e della lett. m) del secondo comma del presente articolo, che hanno residenza e domicilio nell'azienda interessata.
Tutte le concessioni previste dal presente articolo sono rilasciate ai proprietari dei fondi e a chi abbia titolo.
Il Piano Regolatore non può destinare ad usi extragricoli i suoli utilizzati per colture specializzate, irrigue e quelli ad elevata produttività o dotati di infrastrutture e di impianti a supporto dell'attività agricola, e quelli inclusi in Piani di riordino fondiario ed irriguo di iniziativa pubblica in corso di attuazione e i piani aziendali o interaziendali di sviluppo o comunque componenti azienda accorpata, se non in via eccezionale, quando manchino le possibilità di localizzazione alternativa, per interventi strettamente necessari alla realizzazione di infrastrutture e servizi pubblici e di edilizia residenziale pubblica, nonché alla riqualificazione edilizia, di cui alla lett. d) dell'art. 11, e per gli interventi di completamento di cui alla lett. f), del 3° comma dell'art. 13 della presente legge; ulteriori eventuali eccezioni devono essere circostanziatamente motivate.
La Regione con deliberazione della Giunta regionale, può adottare provvedimenti cautelari di cui al precedente art. 9, nelle aree di particolare fertilità. I provvedimenti cautelari di inibizione o sospensione hanno efficacia sino alla approvazione del Piano Regolatore Generale elaborato o modificato tenendo conto della particolare fertilità delle aree comprese nel provvedimento cautelare e comunque non oltre i termini di cui all'art. 58.
Il rilascio della concessione per gli interventi edificatori nelle zone agricole è subordinato alla presentazione al Sindaco di un atto di impegno dell'avente diritto che preveda:
a) il mantenimento della destinazione dell'immobile a servizio dell'attività agricola;
b) le classi di colture in atto e in progetto documentate a norma del comma 18 del presente articolo;
c) il vincolo del trasferimento di cubatura di cui al comma 17;
d) le sanzioni, oltre a quelle del successivo art. 69, per l'inosservanza degli impegni assunti.
L'atto è trascritto a cura dell'Amministrazione Comunale e a spese del concessionario su registri della proprietà immobiliare.
Non sono soggetti all'obbligo della trascrizione di cui ai due commi precedenti gli interventi previsti dalle lett. d), e), f), dell'art. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
È consentito il mutamento di destinazione d'uso, previa domanda e con il pagamento degli oneri relativi, nei casi di morte, di invalidità e di cessazione per cause di forza maggiore, accertate dalla Commissione Comunale per l'agricoltura di cui alla L.R. 12 ottobre 1978, n. 63, e successive modificazioni ed integrazioni.
Nei casi di cui al comma precedente non costituisce mutamento di destinazione la prosecuzione della utilizzazione dell'abitazione da parte del concessionario, suoi eredi o familiari, i quali conseguentemente non hanno l'obbligo di richiedere alcuna concessione.
Gli indici di densità fondiaria per le abitazioni rurali nelle zone agricole non possono superare i seguenti limiti:
a) terreni a colture protette in serre fisse: mc 0,06 per mq;
b) terreni a colture orticole o floricole specializzate: mc 0,05 per mq;
c) terreni a colture legnose specializzate: mc 0,03 per mq;
d) terreni a seminativo ed a prato: mc 0,02 per mq;
e) terreni a bosco ed a coltivazione industriale del legno annessi ad aziende agricole: mc 0,01 per mq in misura non superiore a 5 ettari per azienda;
f) terreni a pascolo e prato-pascolo di aziende silvo-pastorali: mc 0,001 per mq per abitazioni non superiori a 500 mc per ogni azienda.
In ogni caso le cubature per la residenza al servizio dell'azienda non devono nel complesso superare un volume di 1.500 mc.
Entro i limiti stabiliti dal comma precedente sono consentiti gli interventi di cui alla lett. c), dell'art. 2, della L.R. 31 agosto 1984, n. 35.
Il Piano Regolatore in casi eccezionali e motivati può, in deroga ai limiti di densità fondiaria stabiliti dal comma 12 del presente articolo determinare le cubature massime ammissibili per l'ampliamento delle residenze rurali di imprenditori agricoli a titolo principale per le quali sia stato accertato il particolare disagio abitativo e la contemporanea insufficiente dotazione aziendale di superfici coltivate.
Il volume edificabile per le abitazioni rurali di cui al comma 12 del presente articolo, è computato, per ogni azienda agricola, al netto dei terreni incolti ed abbandonati e al lordo degli edifici esistenti.
Nel computo dei volumi realizzabili non sono conteggiate le strutture e le attrezzature di cui alla lett. g), del secondo comma del presente articolo, anche se comprese nel corpo dell'abitazione.
È ammessa l'utilizzazione di tutti gli appezzamenti componenti l'azienda, anche se non contigui ed in Comuni diversi, entro la distanza dal centro aziendale ritenuta congrua dalle Norme di Attuazione del Piano Regolatore.
Gli indici di densità fondiaria si intendono riferiti alle colture in atto o in progetto. Gli eventuali cambiamenti di classe e l'applicazione della relativa densità fondiaria sono verificati dal Comune in sede di rilascio di concessione, senza che costituiscano variante al Piano Regolatore.
Il trasferimento della cubatura edilizia ai fini edificatori, ai sensi del comma 17 del presente articolo non è ammesso tra aziende diverse. Tutte le aree la cui cubatura è stata utilizzata ai fini edificatori sono destinate a «non aedificandi» e sono evidenziate su mappe catastali tenute in pubblica visione.
Analogamente, non sono ulteriormente utilizzabili per servire strutture e attrezzature, di cui alla lett. g), del 2° comma del presente articolo i terreni la cui capacità produttiva è già stata impegnata per dimensionare strutture ed attrezzature rurali (68).
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(64) Cfr. art. 35 della L.R. 12 ottobre 1978, n. 63.
(65) Legge abrogata dall'art. 1 della L.R. 9 agosto 1997, n. 49.
(66) Legge abrogata dall'art. 1 della L.R. 9 agosto 1997, n. 49.
(67) Per l'accertamento del possesso dei requisiti di imprenditore agricolo, si veda la deliberazione della Giunta regionale 27 ottobre 1997, n. 84-22883.
(68) Articolo modificato prima dall'art. 1 della L.R. 9 gennaio 1978, n. 4, poi dall'art. 15 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50; successivamente sostituito dall'art. 27 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, a sua volta così modificato dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8.
Art. 26
Norme per la localizzazione ed il riuso di aree ed impianti industriali, artigianali, commerciali e terziari.
Il Piano Regolatore individua:
a) le aree attrezzate di nuovo impianto, destinate ad insediamenti industriali la cui estensione ubicazione ed organizzazione deve garantire:
1) la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria e di eventuali impianti tecnici di uso comune, atti al conseguimento di idonee condizioni di lavoro, all'efficienza dei processi produttivi, alla salvaguardia ambientale ed alle misure antinquinamento;
2) idonei collegamenti e trasporti ed adeguata disponibilità idrica e di energia elettrica;
b) le aree di riordino e di completamento infrastrutturale da attrezzare, dove siano compresi insediamenti industriali esistenti da mantenere, ristrutturare in loco o ampliare previa adeguata organizzazione dell'intera area di pertinenza e di quella circostante, della viabilità interna ed esterna, delle infrastrutture ed attrezzature, e nelle quali possono essere ricavati ulteriori lotti per insediamenti industriali o artigiani aggiuntivi;
c) gli impianti industriali esistenti che si confermano nella loro ubicazione, fissando le norme per la manutenzione straordinaria e gli ampliamenti ammessi, nonché per la eventuale dotazione di infrastrutture carenti;
d) le aree per impianti industriali o artigianali o tecnologici isolati, che debbano sorgere al di fuori delle aree attrezzate o di riordino, per esigenze tecniche o perché inquinanti, e le relative misure di salvaguardia;
e) gli impianti per i quali sono applicabili le norme di cui al successivo comma 3;
f) le aree e gli edifici da riservare alle attività commerciali al dettaglio, con riferimento a quanto previsto dal D.Lgs. n. 114/1998 e nel rispetto delle norme previste dagli indirizzi e dai criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998, nonché gli impianti di commercializzazione all'ingrosso (69).
Per ciascuna di dette aree il Piano Regolatore Generale fissa le modalità di intervento, individuando quelle per le quali è prescritta la preventiva formazione dello strumento urbanistico esecutivo e quelle in cui è ammesso l'intervento diretto con singola concessione. In questo secondo caso il Piano dovrà chiaramente specificare:
a) la viabilità di transito e di penetrazione interna, nonché le aree destinate ad attrezzatura di servizio, in adempimento agli standard stabiliti dalla presente legge;
b) le caratteristiche e la locazione degli impianti di smaltimento e/o allontanamento dei rifiuti solidi e liquidi;
c) le fasce di protezione antinquinamento;
d) le norme e le condizioni atte a garantire l'attuazione delle opere necessarie per attrezzare le aree industriali e artigianali, nonché le aree per attrezzature funzionali relative agli impianti commerciali.
Per le aree e per gli edifici con insediamenti produttivi, attivi od inattivi, per i quali si rendano opportuni interventi di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, ivi compresi il trasferimento delle attività produttive in aree attrezzate o da attrezzare, di riordino o di nuovo impianto, a destinazione industriale od artigianale, nel territorio dello stesso Comune o di altri Comuni, oltreché il riutilizzo per altre destinazioni d'uso delle aree dimesse, il Piano Regolatore definisce quali interventi siano da assoggettare a convenzionamento.
Gli interventi rivolti all'utilizzo di aree ed immobili abbandonati e impianti inattivi possono essere disciplinati con prescrizioni di durata anche limitata, sia per quanto concerne le destinazioni d'uso sia per le trasformazioni edilizie temporaneamente necessarie.
In ogni caso il rilascio di concessioni relative alla realizzazione di nuovi impianti industriali, che prevedano più di 200 addetti o l'occupazione di aree per una superficie eccedente i 40.000 mq, è subordinato alla preventiva autorizzazione della Regione, in conformità alle direttive del Piano di Sviluppo Regionale e del Piano Territoriale.
Il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie relative all'insediamento delle attività commerciali al dettaglio con superficie di vendita fino a mq 1.500 nei Comuni con popolazione fino a diecimila abitanti e a mq 2.500 negli altri Comuni è contestuale al rilascio dell'autorizzazione commerciale ai sensi del D.Lgs. n. 114/1998, purché la superficie lorda di pavimento non sia superiore a mq 4.000. Negli altri casi il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni edilizie è subordinato alle norme e prescrizioni di cui ai commi seguenti (70).
Nel caso di insediamenti di attività commerciali al dettaglio con superficie lorda di pavimento compresa tra mq 4.000 e mq 8.000, il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia è subordinato alla stipula di una convenzione o atto di impegno unilaterale, ai sensi dell'articolo 49, quinto comma, ed a preventiva autorizzazione regionale. Tale autorizzazione è rilasciata in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998 (71).
Nel caso di insediamenti di attività commerciali al dettaglio con superficie lorda di pavimento superiore a mq 8.000, il rilascio della concessione o autorizzazione edilizia è subordinato a preventiva approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo ed a preventiva autorizzazione regionale. Tale autorizzazione è rilasciata in conformità agli indirizzi ed ai criteri di cui all'articolo 3 della legge regionale sulla disciplina del commercio in Piemonte in attuazione del D.Lgs. n. 114/1998 (72).
Nei casi previsti dai commi sesto, settimo e ottavo, nella concessione o autorizzazione edilizia, nella convenzione o atto di impegno unilaterale che disciplinano l'intervento, sono precisate:
a) la superficie utile lorda e la superficie lorda di pavimento dell'insediamento commerciale;
b) la superficie di vendita ripartita per tipologia di strutture distributive limitatamente alle medie e grandi strutture di vendita;
c) le superfici a magazzino e deposito;
d) le superfici destinate alle attività accessorie;
e) le superfici destinate ad altre attività, ad esempio artigianali, di servizio;
f) le superfici destinate ai servizi pubblici (parcheggi e verde pubblici) a norma dell'articolo 21;
g) le superfici destinate a soddisfare il fabbisogno di parcheggi previsti dai citati indirizzi e criteri;
h) i parcheggi privati ai sensi della legge 24 marzo 1989, n. 122 (Disposizioni in materia di parcheggi, programma triennale per le aree urbane maggiormente popolate, nonché modificazioni di alcune norme del testo unico sulla disciplina della circolazione stradale), le superfici destinate a carico e scarico merci, nonché ogni altro ulteriore elemento previsto dai citati indirizzi e criteri (73).
Nei casi di superficie lorda di pavimento superiore a mq. 4.000, nella convenzione devono essere adeguatamente dettagliate le soluzioni che risolvono i problemi di impatto con la viabilità e deve essere definita l'attribuzione dei relativi costi di realizzazione (74).
L'ampliamento della superficie lorda di pavimento originaria o la modifica delle destinazioni d'uso, tipizzate al nono comma, comporta l'acquisizione dell'autorizzazione regionale, la revisione della convenzione o dell'atto di impegno unilaterale e dello strumento urbanistico esecutivo solo quando le variazioni superino il 10 per cento della superficie utile lorda di pavimento originaria, salvo che, per via di successivi ampliamenti, si superino i limiti di cui ai commi settimo e ottavo (75) (76).
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(69) Lettera così sostituita dall'art. 7, comma 13, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario così sanciva: «f) le aree e gli edifici da riservare alle attività commerciali, con riferimento a quanto previsto dalla legge 11 giugno 1971, n. 426, nonché gli impianti di commercializzazione all'ingrosso.».
(70) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 15, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario così prevedeva: «Il rilascio delle concessioni edilizie relative ad insediamenti commerciali con superfici di vendita superiore a 400 mq (nei comuni sino a 10.000 abitanti) e con superficie superiore a 1.500 mq (nei comuni con più di 10.000 abitanti) è subordinato al preventivo rilascio dei nulla-osta regionali ai sensi della legge 11 giugno 1971, n. 426.».
(71) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 15, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario così sanciva: «Nel caso di insediamenti commerciali con superficie lorda di calpestio compresa tra mq 4.000 e mq 8.000 il rilascio delle concessioni edilizie è subordinato alla stipula di una convenzione o di atto di impegno unilaterale ai sensi del successivo articolo 49, quinto comma, ed a preventiva autorizzazione della Regione, in conformità alle Indicazioni Programmatiche e di Urbanistica Commerciale così come previste dall'articolo 30 del D.M. 4 agosto 1988, n. 375, ed integrate dei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge.».
(72) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 16, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario era così formulato: «Nel caso di insediamenti commerciali con superficie lorda di calpestio superiore a mq 8.000 il rilascio delle concessioni edilizie è subordinato alla preventiva approvazione di uno strumento urbanistico esecutivo ed a preventiva autorizzazione regionale in conformità alle Indicazioni Programmatiche e di Urbanistica Commerciale così come previste dall'articolo 30 del D.M. 4 agosto 1988, n. 375, ed integrate dei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge.».
(73) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 17, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il testo originario così sanciva: «Nei casi previsti dai precedenti due commi, nella convenzione che disciplina l'intervento, sono precisate le destinazioni d'uso con riferimento alle tre diverse destinazioni:
a) superfici di vendita e a magazzino;
b) attività accessorie;
c) servizi pubblici (parcheggi e verde pubblici);
a norma del precedente articolo 21, nonché ogni altro ulteriore elemento previsto nelle Indicazioni Programmatiche e di Urbanistica Commerciale così come previste dall'articolo 30 del D.M. 4 agosto 1988, n. 375, ed integrate dei contenuti urbanistici previsti dalla presente legge. In particolare per gli insediamenti superiori a mq 16.000 di superficie lorda di calpestio nella convenzione devono essere adeguatamente garantite anche le condizioni di accesso viario e definita l'attribuzione dei relativi costi di realizzazione.».
(74) Comma aggiunto dall'art. 7, comma 18, L.r. 12 novembre 1999, n. 28.
(75) Comma così sostituito dall'art. 7, comma 19, L.R. 12 novembre 1999, n. 28. Il precedente testo originario così disponeva: «L'ampliamento della superficie di calpestio originaria e la modifica della destinazione d'uso comporta la revisione della convenzione o dell'atto di impegno unilaterale o dello strumento urbanistico esecutivo solo quando la variazione supera il dieci per cento della superficie di calpestio originaria.».
(76) Articolo così modificato prima dall'art. 28, L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi dall'art. 5, L.R. 27 dicembre 1991, n. 70 ed in ultimo dall'art. 7, L.R. 12 novembre 1999, n. 28.
Art. 27
Fasce e zone di rispetto.
A protezione dei nastri e degli incroci stradali, attrezzati e non, all'esterno dei centri edificati deve essere prevista una adeguata fascia di rispetto, comunque non inferiore a quella disposta dal D.M. 1° aprile 1968, n. 1404, che garantisca la visibilità, gli ampliamenti delle corsie e l'inserimento di ulteriori eventuali allacciamenti.
Nelle aree di espansione degli abitati la distanza fra gli edifici ed il ciglio delle strade principali non deve essere inferiore a m 10,00; in particolari situazioni orografiche e di impianto urbanistico questa può essere ridotta a m 6,00.
Nelle fasce di rispetto, di cui ai commi precedenti, è fatto divieto di nuove costruzioni ad uso residenziale e per usi produttivi, industriali, artigianali e commerciali; sono unicamente ammesse destinazioni a: percorsi pedonali e ciclabili, piantumazioni e sistemazione a verde, conservazione dello stato di natura o delle coltivazioni agricole, e, ove occorra, parcheggi pubblici. La normativa del Piano Regolatore Generale può prevedere che in dette fasce, a titolo precario, possa essere concessa la costruzione di impianti per la distribuzione del carburante opportunamente intervallati.
Nelle fasce di rispetto delle ferrovie previste nei Piani Regolatori, fermi restando i divieti e le eccezioni previsti dal D.P.R. 11 luglio 1980, n. 753, non sono ammesse nuove costruzioni destinate ad abitazione o ad attrezzature pubbliche o di uso pubblico.
Nelle zone di rispetto dei cimiteri, definite dal Piano Regolatore Generale ai sensi dell'art. 338 del Testo Unico delle Leggi Sanitarie 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni ed integrazioni, che devono avere profondità non inferiore a mt 150, non sono ammesse nuove costruzioni né l'ampliamento di quelle esistenti; sono tuttavia ammesse la manutenzione ordinaria e straordinaria e la ristrutturazione, senza aumento di volume, degli edifici esistenti, oltreché la realizzazione di parcheggi, di parchi pubblici, anche attrezzati, o di culture arboree industriali.
Ove la situazione orografica, o l'assetto degli abitati e gli edifici esistenti, non consentano - anche ai fini dell'ampliamento degli impianti cimiteriali esistenti - fasce di rispetto della profondità di m 150, il Piano Regolatore Generale, sulla base di adeguata documentazione, può prevedere con specifiche prescrizioni la parziale riduzione di tali profondità.
Il Piano Regolatore Generale determina le fasce di rispetto attorno agli edifici industriali, ai depositi di materiali insalubri e pericolosi, alle pubbliche discariche, alle opere di presa degli acquedotti, agli impianti di depurazione delle acque di rifiuto, e le caratteristiche delle colture arboree da piantare in dette fasce. Il Piano Regolatore determina altresì in sede di norme di attuazione, le distanze delle stalle dalle abitazioni del proprietario e altrui e dalle zone abitabili.
Le fasce di rispetto dei sistemi di piste sciistiche, degli impianti di risalita e delle attrezzature complementari, individuate nel Piano Regolatore Generale, devono avere una profondità non inferiore a m 50 dal confine delle aree asservite.
Le aree comprese nelle fasce o aree di rispetto e di protezione di cui ai commi precedenti possono essere computate, ai fini della edificabilità nelle aree limitrofe, in quanto ammesso dal Piano Regolatore Generale e nei limiti da esso prescritti.
Nel caso di esproprio di edificio di abitazione per la realizzazione di strade o loro ampliamenti e di opere pubbliche in genere e nei casi di demolizione e ricostruzione per inderogabili motivi statici o di tutela della pubblica incolumità, può essere consentita la ricostruzione di uguale volume su area agricola adiacente, quand'anche questa risulti inferiore alle norme di edificabilità su dette aree e purché non in contrasto con la legge 29 giugno 1939, n. 1497, e non si tratti di aree di particolare pregio ambientale.
I Piani Regolatori prevedono le zone di rispetto per gli impianti aeroportuali nell'osservanza delle norme vigenti: in esse sono ammessi esclusivamente edifici al servizio diretto o indiretto dell'attività aeroportuale, con assoluta esclusione della residenza.
Gli edifici rurali, ad uso residenziale, esistenti nelle fasce di rispetto di cui ai commi precedenti, possono essere autorizzati, in sede di normativa di Piano Regolatore Generale, ad aumenti di volumi non superiori al 20% del volume preesistente, per sistemazioni igieniche o tecniche; gli impianti dovranno avvenire sul lato opposto a quello dell'infrastruttura viaria o ferroviaria da salvaguardare.
Nelle fasce di rispetto di cui ai commi precedenti possono essere ubicati impianti ed infrastrutture per la trasformazione ed il trasporto dell'energia, nonché le attrezzature di rete per la erogazione di pubblici servizi (77).
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(77) Articolo così modificato prima dall'art. 16 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 29 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 28
Accessi a strade statali e provinciali.
I Comuni non possono autorizzare, di norma, opere relative ad accessi veicolari diretti sulle strade statali e provinciali, per tratti lungo i quali queste attraversano parti di territorio esterne al perimetro degli abitati. Tali accessi possono avvenire solo a mezzo di deviazioni, adeguatamente attrezzate, dagli assi stradali statali e provinciali, di strade pubbliche, organicamente inserite nella rete viabilistica dei piani comunali ed opportunamente distanziate, a seconda delle caratteristiche dimensionali e di visibilità dell'arteria.
Art. 29
Sponde dei laghi, dei fiumi, dei torrenti e dei canali.
Lungo le sponde dei laghi, dei fiumi, dei torrenti, nonché dei canali, dei laghi artificiali e delle zone umide di maggiore importanza, individuati nei Piani Regolatori Generali, è vietata ogni nuova edificazione, oltreché le relative opere di urbanizzazione, per una fascia di profondità, dal limite del demanio o, in caso di canali privati al limite della fascia direttamente asservita, di almeno:
a) m 15 per fiumi, torrenti e canali nei territori compresi nelle Comunità Montane;
b) m 100 per fiumi, torrenti e canali non arginati nei restanti territori;
c) m 25 dal piede esterno degli argini maestri, per fiumi, torrenti e canali arginati;
d) m 200 per i laghi naturali e artificiali e le zone umide.
Qualora in sede di formazione del progetto preliminare di Piano Regolatore sia accertata, in relazione alle particolari caratteristiche oro-idrografiche ed insediative, la opportunità di ridurre le fasce entro un massimo del 50% rispetto alle misure di cui al precedente comma, la relativa deliberazione del Consiglio Comunale è motivata con l'adozione di idonei elaborati tecnici contenenti i risultati delle necessarie indagini morfologiche ed idrogeologiche. Ulteriori riduzioni alle misure di cui alle lettere b) e d), del precedente comma possono essere ammesse con motivata giustificazione ed autorizzazione della Giunta regionale.
Nelle fasce di rispetto di cui al primo comma sono consentite le autorizzazioni di cui al comma 3, dell'art. 27, nonché attrezzature sportive collegate con i corsi e specchi d'acqua principali.
Le norme suddette non si applicano negli abitati esistenti, e comunque nell'ambito della loro perimetrazione, se difesi da adeguate opere di protezione.
Il Piano Territoriale può stabilire dimensioni diverse da quelle di cui al primo comma, in relazione alle caratteristiche oro-idrografiche ed insediative esistenti (78).
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(78) Articolo così modificato prima dall'art. 17 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 30 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61 e successivamente dall'art. 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70. Si veda anche la Circ. 8 ottobre 1998, n. 14/LAP/PET.
Art. 30
Zone a vincolo idrogeologico e zone boscate.
Il Piano Territoriale dispone i vincoli idrogeologici ai sensi del R.D. 13 febbraio 1923, n. 3267, ed ai sensi dell'art. 5 del R.D. 13 febbraio 1933, n. 215, specificando la relativa disciplina di intervento e di uso del suolo.
Nelle more di formazione del Piano Territoriale i vincoli idrogeologici sono disposti o modificati con decreto del Presidente della Giunta regionale, previo parere dei Servizi regionali competenti e del Comitato Urbanistico Regionale (79). Qualora le suddette modificazioni siano proposte in sede di formazione del Piano Regolatore, sulla base di adeguate indagini morfologiche ed idrogeologiche, la deliberazione di approvazione del Piano Regolatore sostituisce il decreto del Presidente della Giunta.
Nelle porzioni di territorio soggette a vincolo idrogeologico non sono ammessi interventi di trasformazione del suolo che possano alterarne l'equilibrio idrogeologico: ogni intervento, ivi compresi quelli dell'art. 7 del R.D. 30 dicembre 1923, n. 3267, è condizionato, nel rispetto delle prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti, al rilascio di autorizzazione da parte del Presidente della Giunta regionale.
Il rilascio della concessione o della autorizzazione da parte del Sindaco è subordinato alla presentazione del provvedimento autorizzativo di cui al comma precedente.
In ogni caso nuove costruzioni ed opere di urbanizzazione sono vietate:
a) nelle aree di boschi di alto fusto o di rimboschimento; nei boschi che assolvono a funzione di salubrità ambientale o di difesa dei terreni;
b) in tutte le aree soggette a dissesto, a pericolo di valanghe o di alluvioni o che comunque presentino caratteri geomorfologici che la rendano inidonea a nuovi insediamenti (80).
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(79) L'art. 12 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70 ha sostituito al Comitato Urbanistico Regionale la Commissione Tecnica Urbanistica (vedi art. 76 della presente legge).
(80) Articolo sostituito dall'art. 18 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi così modificato dall'art. 31 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 31
Opere di interesse pubblico nelle zone soggette a vincolo.
Nelle zone soggette a vincolo idrogeologico e sulle sponde di cui al 1° comma dell'art. 29, possono essere realizzate, su autorizzazione del Presidente della Giunta regionale, previa verifica di compatibilità con la tutela dei valori ambientali e con i caratteri geomorfologici delle aree, le sole opere previste dal Piano Territoriale quelle che abbiano conseguito la dichiarazione di pubblica utilità e quelle attinenti al regime idraulico, alle derivazioni d'acqua o ad impianti di depurazione, ad elettrodotti, ad impianti di telecomunicazione e ad altre attrezzature per la erogazione di pubblici servizi, nel rispetto delle leggi nazionali vigenti (81).
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(81) Articolo così modificato dall'art. 19 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
TITOLO IV-bis
Nuove procedure per la pianificazione comunale (82)
Art. 31-bis
Conferenza di pianificazione (83).
1. Il sindaco convoca una conferenza di pianificazione per la formazione della variante strutturale al piano regolatore generale.
2. La conferenza di pianificazione è composta dal comune, dalla provincia competente per territorio e dalla Regione, che si esprimono, con diritto di voto, per le proprie competenze. La comunità montana, ove presente, è invitata, senza diritto di voto, alla conferenza di pianificazione. La comunità montana partecipa, con diritto di voto, alla conferenza di pianificazione nel solo caso in cui la variante strutturale riguardi un piano regolatore intercomunale di comunità montana approvato ai sensi dell'articolo 16.
3. Il sindaco o suo delegato presiede la conferenza di pianificazione e, ai fini dell'articolo 31-ter, comma 6, può invitare, senza diritto di voto, amministrazioni o enti pubblici o erogatori di servizi pubblici competenti, a qualunque titolo, ad intervenire sul territorio per realizzare infrastrutture o tutelare vincoli.
4. Responsabile della conferenza di pianificazione è il legale rappresentante del comune o suo delegato.
5. Ferma restando la competenza dei rispettivi organi collegiali ad esprimere il parere richiesto, ogni ente è rappresentato in conferenza di pianificazione da un solo partecipante.
6. Qualora il parere di un ente comprenda più discipline o competenze, è onere del suo rappresentante raccogliere all'interno del proprio ente, anche con conferenze di servizio, i pareri necessari e ricondurli ad unitarietà nell'ambito della conferenza di pianificazione.
7. Il parere espresso dalla conferenza di pianificazione è positivo se condiviso dalla maggioranza dei partecipanti aventi diritto di voto.
8. Sono vincolanti, ancorché minoritari all'interno della conferenza di pianificazione, i pareri espressi dalla Regione, con deliberazione della Giunta regionale e riferiti ad atti formalizzati, a tutela di rilevanti interessi pubblici in materia di paesaggio, ambiente, beni culturali, pericolosità e rischio geologico, aree di elevata fertilità, infrastrutture o, comunque, per assicurare il coordinamento di politiche territoriali o garantire la fattibilità di politiche comunitarie, nazionali e regionali, nonché per violazione della presente legge.
9. Il funzionamento della conferenza di pianificazione è disciplinato da apposito regolamento approvato dalla Giunta regionale sentita la competente Commissione consiliare (84).
10. Il comune può richiedere, alla comunità montana o alla provincia competenti o alla Regione, l'assistenza tecnica all'organizzazione ed allo svolgimento della conferenza di pianificazione.
11. Per quanto non disposto dalla presente legge o dal regolamento di cui al comma 9, valgono le disposizioni di cui agli articoli 14, 14-bis, 14-ter e 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) (85).
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(82) Il presente titolo, unitamente agli articoli che lo compongono (articoli 31-bis e 31-ter), è stato aggiunto dall'art. 2, L.R. 26 gennaio 2007, n. 1.
(83) Con Delib.G.R. 19 marzo 2007, n. 13-5509 sono stati approvati i criteri, le istruzioni procedurali e le tecniche a cui devono attenersi i rappresentanti regionali che partecipano alle Conferenze di pianificazione, di cui al presente articolo.
(84) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 5 marzo 2007, n. 2/R.
(85) Il titolo IV-bis, unitamente agli articoli che lo compongono (ivi compreso il presente articolo), è stato aggiunto dall'art. 2, L.R. 26 gennaio 2007, n. 1.
Art. 31-ter
Procedure di formazione ed approvazione delle varianti strutturali al piano regolatore generale (86).
1. La disposizione si applica alle varianti strutturali ai piani regolatori generali di cui all'articolo 17, comma 4, che non hanno caratteristiche di nuovi piani o di varianti generali. Sono tali le varianti strutturali che non riguardano l'intero territorio comunale o che non modificano l'intero impianto strutturale del piano, urbanistico o normativo, o di esclusivo adeguamento al piano stralcio per l'assetto idrogeologico del bacino idrografico del fiume Po, di seguito denominato PAI, approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 maggio 2001 o quelle direttamente conseguenti all'attuazione del PAI.
2. Il consiglio comunale approva un documento programmatico che esplicita le finalità e gli oggetti generali della variante strutturale.
3. Il documento programmatico indica se il comune intende aggiornare e modificare il quadro dei dissesti contenuto nel PAI.
4. Il documento programmatico è reso pubblico dal comune nei modi che ritiene più efficaci per assicurare l'attuazione dell'articolo 1, primo comma, numero 8). Chiunque può presentare osservazioni e proposte con le modalità e i tempi, che non possono essere inferiori a quindici giorni, indicati nel documento programmatico.
5. Il sindaco o suo delegato, contestualmente alla pubblicazione del documento programmatico, convoca la conferenza di pianificazione, nella quale la Regione, la provincia e la comunità montana, nel caso in cui la variante strutturale riguardi un piano regolatore intercomunale di comunità montana approvato ai sensi dell'articolo 16, visto il documento programmatico, entro trenta giorni dalla prima riunione della conferenza, possono formulare rilievi e proposte. Decorso inutilmente il termine, salvo che sia prorogato con decisione unanime dei partecipanti aventi diritto di voto, la procedura di formazione ed approvazione della variante strutturale prosegue.
6. Il sindaco o suo delegato può invitare alla conferenza di pianificazione di cui al comma 5 la comunità collinare, i comuni confinanti, l'ente gestore di eventuali aree protette, l'Agenzia regionale per la protezione ambientale (ARPA), le amministrazioni statali preposte alla tutela di vincoli presenti nel territorio comunale e qualunque altro soggetto ritenga necessario al fine di verificare la compatibilità della variante con il complesso degli interessi pubblici e dei progetti di cui tali amministrazioni sono portatrici.
7. Sulla base degli elementi acquisiti, il comune elabora il progetto preliminare della variante strutturale al piano regolatore generale e lo adotta.
8. Il progetto preliminare comprende lo schema della relazione illustrativa, gli allegati tecnici, le tavole di piano e le norme di attuazione di cui all'articolo 14, primo comma, numeri 1), 2), 3) lettere a) e b), e 4), la relazione di compatibilità delle aree oggetto di nuova previsione o di trasformazione con la classificazione acustica predisposta ai sensi dell'articolo 7 della legge regionale 20 ottobre 2000, n. 52 (Disposizioni per la tutela dell'ambiente in materia di inquinamento acustico), nonché la rappresentazione su scala 1:2.000 delle parti interessate dalla variante. Nella relazione che accompagna il progetto preliminare sono rappresentate in sintesi le osservazioni presentate sul documento programmatico e le conseguenti determinazioni del comune.
9. Le analisi e gli elaborati di carattere geologico a corredo del piano regolatore generale, richiesti al punto 4 della Circ.P.G.R. 8 maggio 1996, n. 7/LAP inclusa la carta di sintesi della pericolosità geomorfologica e dell'idoneità all'utilizzazione urbanistica, devono essere favorevolmente valutate in linea tecnica dall'ARPA prima dell'adozione del progetto preliminare. A tal fine il comune invia i documenti richiesti dalla Circ.P.G.R. n. 7/LAP del 1996 all'ARPA, che si esprime sugli stessi entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla richiesta. Decorso il termine senza che l'ARPA si sia espressa, il comune procede all'adozione del progetto preliminare sulla base delle analisi e degli elaborati predisposti e sottoscritti dal geologo incaricato.
10. Il progetto preliminare è depositato presso la segreteria del comune; è pubblicato per estratto all'albo pretorio per trenta giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione. Nei successivi trenta giorni chiunque può presentare osservazioni e proposte nel pubblico interesse.
11. Il sindaco, dopo che il consiglio comunale ha controdedotto alle osservazioni presentate, motivandone l'accoglimento o il rigetto, riconvoca la conferenza di pianificazione con la Regione, la provincia e la comunità montana, nel caso in cui la variante strutturale riguardi un piano regolatore intercomunale di comunità montana approvato ai sensi dell'articolo 16. La conferenza di pianificazione, entro novanta giorni dalla prima riunione della nuova convocazione, esprime parere e formula eventuali osservazioni. Decorso inutilmente il termine, salvo che sia prorogato con decisione unanime dei partecipanti aventi diritto di voto, la procedura di approvazione della variante strutturale prosegue.
12. Il consiglio comunale approva la variante strutturale al piano regolatore generale tenendo conto delle osservazioni accolte in seguito alla pubblicazione e dando atto di aver accettato integralmente parere e osservazioni formulate dalla conferenza di pianificazione.
13. Il consiglio comunale, se non intende accettare integralmente il parere della conferenza di pianificazione, può, dandone adeguata motivazione, riproporre le parti da cui intende discostarsi alla conferenza di pianificazione che, riconvocata dal sindaco, entro trenta giorni dalla prima riunione, esprime un definitivo parere di compatibilità con la pianificazione e programmazione sovralocale.
14. Il consiglio comunale approva la variante strutturale al piano regolatore generale adeguandosi al parere di compatibilità di cui al comma 13.
15. La variante strutturale entra in vigore con la pubblicazione, a cura del comune, della deliberazione di approvazione, per estratto, sul Bollettino Ufficiale della Regione Piemonte ed è esposta in pubblica e continua visione nella sede del comune interessato (87).
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(86) Con Delib.G.R. 19 marzo 2007, n. 13-5509 sono stati approvati i criteri, le istruzioni procedurali e le tecniche a cui devono attenersi i rappresentanti regionali che partecipano alle Conferenze di pianificazione, di cui al presente articolo.
(87) Il titolo IV-bis, unitamente agli articoli che lo compongono (ivi compreso il presente articolo), è stato aggiunto dall'art. 2, L.R. 26 gennaio 2007, n. 1.
TITOLO V
Attuazione del Piano Regolatore Generale
Art. 32
Strumenti urbanistici e amministrativi per l'attuazione del Piano Regolatore Generale.
Gli interventi relativi alla trasformazione degli immobili, aree ed edifici previsti o ammessi dal Piano Regolatore Generale, nonché delle loro destinazioni d'uso, sono subordinati a concessione od autorizzazione da parte del Sindaco, secondo le norme della presente legge.
Il Piano Regolatore Generale può definire le porzioni di territorio in cui è ammesso l'intervento diretto e quello in cui la concessione è subordinata alla formazione e all'approvazione di strumenti urbanistici esecutivi. Ove non definite dal Piano Regolatore Generale, le porzioni di territorio da assoggettare alla preventiva formazione di strumenti urbanistici sono delimitate in sede di formazione del programma di attuazione, ai sensi dell'art. 34, comma 1, punto 1), e per i Comuni non obbligati alla formazione del predetto programma, con specifiche deliberazioni consiliari motivate. Le suddette delimitazioni non costituiscono variante al Piano Regolatore Generale.
Gli strumenti urbanistici esecutivi sono esclusivamente:
1) i piani particolareggiati, di cui agli artt. 13 e segg. della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni e all'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
2) i piani per l'edilizia economica e popolare, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni;
3) i piani di recupero di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457;
4) i piani esecutivi di iniziativa privata convenzionata;
5) i piani tecnici di opere ed attrezzature di iniziativa pubblica di cui all'art. 47 della presente legge.
6) i programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale in attuazione dell'art. 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179.
Ai fini del superamento delle barriere architettoniche ai sensi del D.P.R. n. 384 del 27 aprile 1978, i Comuni promuovono l'introduzione di idonei elementi progettuali, in particolare per quanto attiene l'arredo urbano e l'accessibilità ai servizi pubblici.
In particolare l'attuazione degli interventi edilizi pubblici e privati previsti dal Piano Regolatore Generale comunale compresa la realizzazione dei percorsi esterni pedonali, abbinati e non alle sedi veicolari, è subordinata al rispetto dei disposti della legge 9 gennaio 1989, n. 13, del D.M. 14 giugno 1989, n. 236, della legge 30 marzo 1971, n. 118, del D.P.R. 27 aprile 1978, n. 384 e di ogni altra disposizione in materia di barriere architettoniche. La realizzazione di nuovi tracciati di infrastruttura a rete, o la manutenzione di quelli esistenti sui sedimi stradali che comportano il ripristino di marciapiedi, devono prevedere il collegamento con la sede viaria mediante adeguate rampe di raccordo.
L'operatività nel tempo e nello spazio dei Piani Regolatori Generali, nonché dei loro strumenti urbanistici esecutivi è definita dai programmi pluriennali di attuazione (88).
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(88) Articolo così modificato prima dall'art. 20 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 32 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente dall'art. 6 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70, e dall'art. 11 della L.R. 9 aprile 1996, n. 18. Vedi Circ.P.G.R. 14 luglio 1993, n. 12/URE.
Art. 33
Programma di attuazione comunale o intercomunale.
I Comuni, singoli o riuniti in consorzio, obbligati ai sensi dell'art. 36, sono tenuti ad approvare un programma pluriennale di attuazione delle previsioni del Piano Regolatore Generale vigente, della durata non inferiore a tre e non superiore a cinque anni, in cui sono comprese, in un unico atto amministrativo le aree e le zone - incluse o meno in strumenti urbanistici esecutivi - nelle quali debbono realizzarsi, anche a mezzo di comparti, le previsioni di detti strumenti e le relative urbanizzazioni.
Il programma di attuazione è formato dal Comune o dal Consorzio di Comuni o dalla Comunità Montana, in riferimento al fabbisogno di infrastrutture, di attrezzature sociali, di insediamenti produttivi, di residenze, tenendo conto della presumibile disponibilità di risorse pubbliche e private.
Nel formulare i programmi pluriennali di attuazione, i Comuni, singoli o riuniti in consorzio, sono tenuti a stimare la quota presumibile degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente e valutarne l'incidenza ai fini della determinazione delle nuove costruzioni previste nei programmi stessi.
Nei Comuni obbligati, ai sensi del successivo art. 36, l'inclusione nel programma di attuazione degli interventi di urbanizzazione primaria, secondaria e indotta, per i quali si richiede un contributo regionale, è vincolante, ai fini della concessione del contributo stesso; l'approvazione del programma è altresì vincolante per l'autorizzazione delle spese destinate dai Comuni alla esecuzione di interventi per il risanamento di immobili di cui ai punti 1) e 2) del 1° comma del precedente art. 24, nonché all'acquisizione delle aree espropriate, attingendo ai fondi di cui all'art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Fanno eccezione agli obblighi di cui al comma precedente le spese relative alle modeste opere di completamento o di manutenzione straordinaria delle infrastrutture e dei servizi esistenti ed alle spese relative all'esecuzione di opere od impianti tecnologici di interesse sovracomunale, nonché quelle relative agli interventi previsti dall'art. 9, lett. b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Il rilascio della concessione o dell'autorizzazione da parte del Sindaco è subordinato all'approvazione del programma di attuazione nel rispetto delle norme della presente legge, salvo ulteriori limitazioni prescritte dai Piani Regolatori Generali.
Il rilascio della concessione o dell'autorizzazione non è subordinato all'inclusione dell'intervento nel programma pluriennale di attuazione né all'approvazione dello stesso, sempreché non in contrasto con le prescrizioni del P.R.G. e previo versamento dei contributi di cui all'art. 3 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, se dovuti nei casi previsti dall'art. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e nei seguenti casi:
a) interventi diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all'art. 13, 3° comma, lettera c);
b) modifiche interne necessarie per l'efficienza degli impianti produttivi, industriali, artigianali ed agricoli;
c) ampliamenti, fino al 50% della superficie coperta e comunque non superiori a 1.000 mq di solaio utile lordo, di edifici destinati ad attività produttive, purché non nocive e moleste;
d) variazioni delle destinazioni d'uso di edifici esistenti consentite dal P.R.G.;
e) modesti ampliamenti delle abitazioni, necessari al miglioramento degli impianti igienico-sanitari o al miglioramento funzionale delle stesse, non eccedenti il 20% della superficie utile esistente; 25 mq sono consentiti anche se eccedono tale percentuale;
f) interventi urgenti da realizzare a tutela della pubblica incolumità.
Il rilascio della concessione o dell'autorizzazione non è inoltre subordinato all'inclusione dell'intervento nel programma pluriennale di attuazione nei casi e nei limiti temporali previsti dall'art. 91-quinquies della presente legge.
La Regione promuove la formazione di programmi di attuazione consortili (89).
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(89) Articolo così modificato prima dall'art. 21 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, e successivamente dall'art. 33 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 34
Contenuto del programma di attuazione.
Il programma di attuazione, sulla base della valutazione dei fabbisogni pregressi e previsti da soddisfare e delle risorse disponibili, accertati anche mediante consultazione con le parti interessate, indica:
1) le aree e le zone in cui si intende procedere all'attuazione delle previsioni del Piano Regolatore Generale, sia mediante strumenti urbanistici esecutivi di iniziativa pubblica o privata da formare, o già formati e vigenti, in tutto o in parte ancora da attuare, sia mediante il rilascio di singola concessione;
2) le infrastrutture di carattere urbano ed intercomunale e le opere di urbanizzazione primaria e secondaria da realizzare;
3) gli interventi di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione nei tessuti urbani esistenti, con particolare riguardo ai centri storici, che non rispondano ai requisiti richiesti per la concessione gratuita ai sensi dell'art. 9, lett. b), della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e che siano compresi nel perimetro di un piano di recupero o, più in generale, di uno strumento urbanistico esecutivo;
4) la previsione degli investimenti, con il loro riparto fra pubblici e privati;
5) i termini entro cui i proprietari, o aventi titolo, singolarmente o riuniti in consorzio, devono presentare la domanda di concessione, fatto salvo il disposto di cui al successivo art. 43.
In particolare, per quanto concerne il numero 1) del precedente comma, il programma di attuazione evidenzia:
a) le aree comprese o da comprendere nel Piano di zona per l'edilizia economica e popolare, ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modifiche e integrazioni, ai fini del rispetto delle proporzioni, stabilite ai sensi dell'art. 2 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, con le precisazioni di cui all'art. 41 della presente legge in rapporto all'attività edilizia privata; gli interventi di edilizia convenzionata ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, ricadenti su aree individuate dal Piano Regolatore Generale per interventi di completamento di cui alla lett. f), del 3° comma dell'art. 13 della presente legge, possono essere computati ai fini delle proporzioni di cui al comma precedente in misura non superiore al 10% del fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel periodo considerato, purché le relative convenzioni prescrivano una congrua quota, preliminarmente determinata dal Comune, di alloggi in locazione per un periodo non inferiore ai 20 anni. Nei Comuni con popolazione inferiore a 20.000 abitanti detta percentuale può essere aumentata fino al 20%;
b) le aree destinate ad impianti produttivi, da espropriare e da urbanizzare ai sensi dell'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
c) le parti di territorio, oggetto di piani esecutivi di iniziativa pubblica o privata già formati e vigenti, ma non ancora del tutto attuati, di cui il programma di attuazione prevede la realizzazione nel periodo di validità del programma stesso, e quelle da sottoporre a piani esecutivi, con indicata la porzione da attuare nel periodo di validità del programma;
d) le eventuali aree con insediamenti produttivi da sottoporre alla disciplina di cui all'art. 53 della presente legge, indicando le aree, interne ed esterne al Comune, di possibile rilocalizzazione;
e) le aree destinate a attrezzature commerciali da attuare nel periodo di validità del programma;
f) la eventuale delimitazione dei comparti di intervento e di ristrutturazione urbanistica ed edilizia ai sensi del successivo art. 46;
g) le aree, gli edifici e le opere per cui è ammesso l'intervento diretto con singola concessione;
h) le aree destinate alle attrezzature commerciali e gli interventi da attuare sulla rete commerciale esistente.
Nel caso di programmi di attuazione intercomunali, formati da più Comuni riuniti in consorzio, le aree, gli interventi e le infrastrutture, di cui ai commi precedenti, sono determinati considerando globalmente i fabbisogni e risorse dei Comuni che fanno parte del consorzio. In particolare, nella formazione del programma di attuazione intercomunale, deve essere complessivamente osservata la proporzionale tra aree destinate ad edilizia economica e popolare e aree riservate ad attività edilizia privata, stabilita ai sensi dell'art. 2 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, con le precisazioni di cui all'art. 41 della presente legge. Non è obbligatorio il rispetto della proporzione suddetta per i singoli Comuni (90).
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(90) Articolo così modificato prima dall'art. 21 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, e successivamente dall'art. 33 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 35
Elaborati del programma di attuazione.
Il programma di attuazione è costituito dai seguenti elaborati:
1) relazione illustrativa dello stato di fatto e dei criteri assunti per la determinazione dei fabbisogni e per l'individuazione delle aree di intervento, con particolare riferimento allo stato di attuazione dei programmi precedenti e degli strumenti urbanistici di attuazione vigenti;
2) elaborati grafici, redatti sulle planimetrie di Piano Regolatore Generale o di strumenti urbanistici esecutivi vigenti, che consentano una chiara individuazione delle scelte effettuate con la delimitazione delle aree interessate dal programma, specificando quelle utilizzabili per interventi di iniziativa privata, i cui proprietari o aventi titolo sono tenuti a presentare domanda di concessione a norma e con gli effetti di cui all'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10;
3) elenco delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria di cui si prevede la realizzazione;
4) progetti di massima delle opere di urbanizzazione primaria, ove queste non siano comprese in progetti approvati;
5) qualificazione analitica degli oneri conseguenti all'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria da realizzare, con il riparto tra operatori pubblici e privati;
6) stima disaggregata e complessiva degli investimenti occorrenti alla realizzazione del programma;
7) indicazione qualitativa e quantitativa degli interventi di restauro, di risanamento conservatorio e di ristrutturazione compresi nel programma di attuazione e di quanto può essere realizzato al di fuori di esso.
Il programma pluriennale di attuazione viene redatto utilizzando i modelli operativi approvati dalla Giunta regionale (91).
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(91) Articolo così modificato prima dall'art. 23 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17.
Art. 36
Obbligo di formazione del programma pluriennale di attuazione (P.P.A.).
I Comuni con popolazione non superiore a diecimila abitanti sono esonerati dall'obbligo di dotarsi dei programmi pluriennali di attuazione, di cui alla legge 28 gennaio 1977, n. 10, articolo 13.
I Piani Territoriali individuano i Comuni aventi popolazione pari o inferiore a diecimila abitanti ai quali, per motivate ragioni di carattere ambientale, insediativo, turistico ed industriale, è fatto obbligo di dotarsi di programmi pluriennali di attuazione, nel termine fissato dagli stessi Piani territoriali.
I Comuni non obbligati possono comunque dotarsi di programma pluriennale di attuazione secondo le norme della presente legge (92).
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(92) Articolo dapprima modificato prima dall'art. 24 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17 e nuovamente così sostituito dall'art. 7 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 37
Approvazione ed efficacia del programma di attuazione.
Il programma pluriennale di attuazione è approvato dal Consiglio Comunale, previa consultazione degli Enti Pubblici, delle aziende e dei privati interessati, alla scadenza del precedente programma; se redatto da più Comuni riuniti in consorzio o dalla Comunità Montana, è approvato dall'assemblea del Consorzio o della Comunità Montana, oltreché dai singoli Comuni per la parte relativa al territorio di propria competenza.
Il programma pluriennale di attuazione, redatto secondo i modelli operativi approvati dalla Giunta regionale e completo degli atti, è trasmesso in copia alla Regione unitamente alla deliberazione comunale di approvazione, non appena questa sia divenuta esecutiva.
Il programma pluriennale di attuazione può, entro i suoi termini di validità, essere modificato e integrato nei contenuti, di norma in occasione dell'approvazione del bilancio comunale e comunque non più di una volta all'anno. In occasione di tale modificazione il programma di attuazione dovrà essere aggiornato in relazione a tutte le eventuali modificazioni di previsione di opere e di interventi oggetto di finanziamenti regionali o statali o di altri enti pubblici. Sono ammesse in qualunque momento le modificazioni che si rendono necessarie per l'attuazione degli interventi di edilizia pubblica residenziale, e a seguito dell'entrata in vigore di un nuovo strumento urbanistico generale o di varianti, nel qual caso le modificazioni riguardano esclusivamente le parti interessate dalle varianti stesse. Possono inoltre essere consentite eventuali modifiche determinate dalla realizzazione di impianti industriali e artigianali, purché originate da esigenze straordinarie e di particolare urgenza e adeguatamente motivate dai Consigli Comunali con riferimento alle situazioni economiche e sociali del territorio di influenza. Le modificazioni del programma vengono trasmesse con le stesse modalità di cui al comma precedente.
Ove il Comune non provveda all'approvazione del nuovo programma pluriennale di attuazione alla scadenza del precedente, il Presidente della Giunta regionale invita il Sindaco a provvedersi entro 90 giorni; trascorso inutilmente tale termine il Presidente della Giunta regionale nomina, con proprio decreto, immediatamente esecutivo, un commissario per la predisposizione del programma pluriennale di attuazione e la convocazione del Consiglio Comunale per la relativa approvazione.
Scaduto il programma pluriennale di attuazione e fino alla approvazione del successivo sono consentiti i soli interventi di cui alle lett. a), b), c), d), dell'art. 13 e al settimo comma dell'art. 33 della presente legge, sempre che non siano in contrasto con prescrizioni più restrittive degli strumenti urbanistici vigenti.
Qualora siano inseriti nel programma pluriennale di attuazione, interventi edilizi sottoposti a strumento urbanistico esecutivo le disposizioni di cui al 6° comma dell'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, si applicano solo a seguito dell'approvazione dello strumento urbanistico esecutivo; per i piani esecutivi convenzionati di cui all'art. 43, 6° comma, dell'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, si applica qualora i proprietari interessati non abbiano presentato al Sindaco gli elaborati o lo schema di convenzione di cui all'art. 39 entro i termini fissati dal programma pluriennale di attuazione (93).
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(93) Articolo dapprima modificato dall'art. 25 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, e successivamente così modificato dall'art. 8 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70, e dall'art. 19 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 37-bis
Deliberazione sul Programma operativo delle opere e degli interventi pubblici.
Al fine di consentire l'acquisizione degli elementi conoscitivi necessari per la formazione di programmi pluriennali di spesa della Regione, nonché per il coordinamento degli interventi di competenza regionale con quelli dello Stato e degli Enti locali, in armonia con l'art. 11 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, tutti i Comuni debbono approvare congiuntamente al bilancio e con atto separato, il Programma operativo delle opere e degli interventi pubblici, di iniziativa comunale o consortile o di società a partecipazione comunale, con previsione pluriennale di tre o cinque anni.
Il Programma operativo deve contenere: la localizzazione e i caratteri tecnici, di massima delle opere e degli interventi; la localizzazione e la dimensione delle aree da acquisire; l'entità degli investimenti e l'indicazione dei relativi mezzi finanziari.
Il Programma operativo è redatto secondo i modelli approvati dalla Giunta regionale.
Per i Comuni obbligati alla redazione del programma pluriennale di attuazione, il Programma operativo costituisce stralcio del programma pluriennale di attuazione, limitatamente alle opere e agli interventi pubblici di cui al 1° comma.
L'inclusione nel Programma operativo delle opere e degli interventi per i quali si richiede un contributo regionale, è vincolante ai fini della concessione del contributo stesso e sostitutiva della domanda di contributo.
Il Programma operativo dovrà essere trasmesso alla Regione non appena la deliberazione di approvazione sia divenuta esecutiva e comunque non oltre il 31 luglio.
Il Programma operativo può essere modificato congiuntamente all'approvazione del bilancio, in funzione dello stato di attuazione dei programmi di realizzazione delle opere e degli interventi pubblici. La modificazione viene trasmessa con le stesse modalità di cui al comma precedente (94).
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(94) Articolo aggiunto dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, e successivamente così modificato dall'art. 10 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 38
Contenuto del piano particolareggiato.
Il piano particolareggiato contiene:
1) la delimitazione del perimetro del territorio interessato;
2) l'individuazione degli immobili già espropriati o da espropriare al fine di realizzare gli interventi pubblici con particolare riguardo alle attrezzature, infrastrutture, opere ed impianti di interesse generale;
3) la precisazione delle destinazioni d'uso delle singole aree e l'individuazione delle unità di intervento con l'indicazione delle relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
4) la definizione delle tipologie edilizie costruttive e d'uso da adottare negli interventi attuativi con le relative precisazioni planovolumetriche;
5) l'individuazione degli immobili, o di parte dei medesimi, da espropriare, o da sottoporre a occupazione temporanea, al fine di realizzare interventi di risanamento o di consolidamento;
6) i termini di attuazione del piano ed i tempi di attuazione degli interventi previsti, con l'indicazione delle relative priorità.
Art. 39
Elaborati del piano particolareggiato.
Il piano particolareggiato è costituito dai seguenti elaborati:
1) la relazione illustrativa che precisa le prescrizioni e le previsioni del Piano Regolatore Generale, con riferimento all'area interessata dal piano particolareggiato, corredata dai seguenti allegati:
- le analisi e le ricerche svolte;
- la specificazione delle aree da acquisire per destinazioni pubbliche e di uso pubblico;
- la relazione finanziaria, con la stima sommaria degli oneri derivanti dalla acquisizione e urbanizzazione delle aree e la loro ripartizione tra il Comune ed i privati;
- i tempi previsti per l'attuazione, con indicazione delle relative priorità;
- la scheda quantitativa dei dati del piano, secondo il modello fornito dalla Regione;
2) la planimetria delle previsioni del Piano Regolatore Generale relative al territorio oggetto del piano particolareggiato, estese anche ai tratti adiacenti, in modo che risultino le connessioni con le altre parti del piano stesso;
3) la planimetria del piano particolareggiato, disegnata su mappa catastale aggiornata e dotata delle principali quote plano-altimetriche, contenente i seguenti elementi:
- le strade e gli altri spazi riservati alla viabilità e parcheggi, con precisazione delle caratteristiche tecniche delle sedi stradali, con le relative quote altimetriche, oltreché delle fasce di rispetto e dei distacchi degli edifici esistenti dalle sedi stradali;
- gli edifici e gli impianti pubblici esistenti ed in progetto;
- le aree destinate all'edificazione o alla riqualificazione dell'edilizia esistente con l'indicazione delle densità edilizie, degli eventuali allineamenti, delle altezze massime, dei distacchi fra gli edifici, della utilizzazione e della sistemazione delle aree libere e di quelle non edificabili;
- l'eventuale delimitazione di comparti edificatori;
4) il progetto di massima delle opere di urbanizzazione primaria e dei relativi allacciamenti;
5) l'eventuale progetto plano-volumetrico degli interventi previsti, con profili e sezioni in scala adeguata e con l'indicazione delle tipologie edilizie;
6) gli elenchi catastali delle proprietà ricadenti nel territorio interessato dal piano particolareggiato, con indicazione di quelle soggette ad esproprio;
7) le norme specifiche di attuazione del piano particolareggiato;
8) la planimetria di piano particolareggiato ridotta alla scala delle tavole di Piano Regolatore Generale, al fine di verificarne l'inserimento e di garantire l'aggiornamento dello stesso.
Gli elaborati di cui ai punti 3) e 4) del precedente comma debbono inoltre contenere specifiche prescrizioni in ordine ai requisiti dell'arredo urbano anche ai fini del superamento delle barriere architettoniche, in applicazione del penultimo comma dell'art. 32 della presente legge (95).
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(95) Articolo così modificato prima dall'art. 26 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 35 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 40
Formazione, approvazione ed efficacia del piano particolareggiato.
Il piano particolareggiato, adottato con deliberazione del Consiglio Comunale, è depositato presso la segreteria e pubblicato per estratto all'albo pretorio del Comune per 30 giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione e presentare, entro i successivi 30 giorni, osservazioni nel pubblico interesse.
Il Consiglio Comunale, decorsi i termini di cui al comma precedente, controdeduce alle osservazioni con la deliberazione di approvazione del piano, apportando eventuali modifiche. Qualora non vengano presentate osservazioni la deliberazione di approvazione del piano dovrà farne espressa menzione.
Il piano particolareggiato assume efficacia con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione della deliberazione di approvazione divenuta esecutiva ai sensi di legge. Il piano è depositato presso la segreteria del Comune e una copia della deliberazione del Consiglio Comunale, completa degli elaborati costituenti il piano particolareggiato, è trasmessa per conoscenza alla Regione.
La deliberazione di approvazione conferisce carattere di pubblica utilità alle opere previste nel piano particolareggiato.
Le varianti al piano particolareggiato sono approvate con il procedimento previsto per i1 piano particolareggiato.
Il piano particolareggiato, che richieda per la formazione una variante al Piano Regolatore, è adottato dal Consiglio comunale contestualmente alla variante del Piano Regolatore, con la procedura del primo comma. Qualora la variante contestuale sia strutturale ai sensi del comma 4 dell'articolo 17, il piano, eventualmente modificato dalla deliberazione con la quale si controdeduce alle osservazioni, viene inviato dal Comune alla Regione unitamente alla deliberazione di variante al Piano Regolatore (96).
Il piano particolareggiato è approvato contestualmente alla variante con deliberazione della Giunta regionale entro 120 giorni dalla data di ricevimento. Con la deliberazione di approvazione possono essere apportate modifiche d'ufficio con la stessa procedura prevista per il Piano Regolatore Generale all'art. 15, anche in relazione alle osservazioni presentate. Qualora la Giunta regionale non esprima provvedimenti nel termine perentorio indicato nel presente comma, il Piano particolareggiato e la relativa variante contestuale si intendono approvati.
Il piano particolareggiato che comprenda immobili inclusi in insediamenti urbani e nuclei minori individuati dal Piano Regolatore Generale a norma dei punti 1) e 2) del primo comma dell'art. 24 della presente legge, è trasmesso subito dopo l'adozione alla Commissione Regionale per la Tutela dei Beni Culturali e Ambientali la quale, entro 60 giorni dal ricevimento esprime il proprio parere vincolante ai fini della tutela dei Beni Culturali e Ambientali. Il Consiglio Comunale con la deliberazione di approvazione adegua il piano particolareggiato al parere della Commissione regionale. Avverso tale parere, il Comune può ricorrere alla Giunta regionale che si deve esprimere nel termine di 60 giorni dal ricevimento del ricorso (97) (98).
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(96) Comma così sostituito dall'art. 2 della L.R. 29 luglio 1997, n. 41.
(97) Articolo dapprima modificato dall'art. 27 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 36 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, successivamente così modificato dagli artt. 9 e 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70, e dall'art. 2 della L.R. 26 luglio 1997, n. 41.
(98) Vedi Com.Ass. 14 ottobre 1998, n. 41.
Art. 41
Piano per l'edilizia economica e popolare.
Tutti gli immobili, aree ed edifici, compresi nel territorio comunale possono essere soggetti al piano per l'edilizia economica e popolare, ai fini della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni ed integrazioni, nel rispetto del dimensionamento fissato dall'art. 2 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Nell'ambito dei Comuni che abbiano adottato il Piano Regolatore Intercomunale con popolazione complessiva superiore a 20.000 abitanti è obbligatoria la formazione del piano di cui al presente articolo. Sono altresì tenuti a formare il piano per l'edilizia economica e popolare i Comuni che nello strumento urbanistico adottato o vigente prevedano almeno una delle seguenti condizioni:
- la realizzazione di nuove stanze con interventi di cui alle lett. f) e g) del 3° comma, dell'art. 13, in misura superiore al 20% delle stanze esistenti, sempre che il volume relativo sia superiore a 60.000 mc con esclusione delle residenze temporanee, e comunque ove sia prevista la realizzazione di più di 90.000 mc per residenza temporanea o permanente;
- aree di nuovo impianto destinate ad insediamenti artigianali, industriali e commerciali complessivamente superiori a 5 ettari.
Sono inoltre tenuti alla formazione del piano per l'edilizia economica e popolare i Comuni per i quali il Piano Territoriale e lo Schema o i Progetti Territoriali Operativi lo prevedano.
I Comuni non obbligati, che si avvalgono della facoltà di formare il piano possono individuare le aree, nella misura necessaria, anche prescindendo dai limiti di cui all'art. 2, 3° comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Per l'efficacia del piano e le modalità di utilizzazione degli immobili in esso compresi si applicano le norme stabilite dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni, e dalla legge 27 giugno 1974, n. 247.
La Regione, su proposta o su richiesta di uno o più Comuni interessati, promuove la costituzione di consorzi volontari tra i Comuni limitrofi per la formazione di piani di zona consortili. I Comuni facenti parte di Comunità Montane o di Consorzi per la formazione del P.R.G.I. e quelli che intendono approvare il programma intercomunale di attuazione possono formare il piano di zona consortile. In tal caso il piano di zona è dimensionato applicando le percentuali minime e massime di cui all'art. 2 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, al fabbisogno complessivo di edilizia abitativa dei Comuni consorziati. Qualora nessuno dei Comuni consorziati sia obbligato a dotarsi di piano e questi non superino complessivamente i 20.000 abitanti, per la definizione del dimensionamento globale degli interventi di edilizia economia e popolare, si applica il disposto specifico di cui al precedente 3° comma.
Per il contenuto, gli elaborati ed il procedimento di formazione e di approvazione del piano si applicano le norme di cui agli artt. 38, 39, 40 della presente legge. Le varianti a piani di edilizia economica e popolare vigenti, che incidano sul dimensionamento globale di essi, assumono la validità temporale di un nuovo piano di zona.
Nei Comuni caratterizzati da notevole decremento demografico il piano di zona dovrà prioritariamente considerare il risanamento ed il riuso del patrimonio edilizio esistente.
Valgono le disposizioni di cui agli artt. 33, 34, e 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e delle relative successive modificazioni ed integrazioni (99).
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(99) Articolo così modificato prima dall'art. 28 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 37 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61 e successivamente dall'art. 19 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 41-bis
Piano di recupero del patrimonio edilizio esistente.
Nelle zone di recupero individuate ai sensi dell'art. 12, ovvero, per i Comuni dotati di strumenti urbanistici, nelle zone di recupero individuate con deliberazione del Consiglio Comunale, i Comuni possono formare piani di recupero ai sensi della legge 5 agosto 1978, n. 457.
Nella individuazione delle zone di recupero o successivamente con le stesse modalità di approvazione della deliberazione di cui al comma precedente, il Comune definisce gli immobili, i complessi edilizi, gli isolati, le aree per i quali il rilascio della concessione è subordinato alla formazione del piano di recupero.
Il piano di recupero disciplina gli interventi di manutenzione, di restauro e risanamento conservativo, di ristrutturazione edilizia e/o urbanistica, necessari per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati, delle aree compresi nelle zone di recupero.
Il piano di recupero contiene:
1) la delimitazione del perimetro del territorio interessato;
2) la precisazione delle destinazioni d'uso degli immobili, aree ed edifici, con l'indicazione delle opere di urbanizzazione esistenti e da realizzare secondo le prescrizioni del Piano Regolatore Generale;
3) l'analisi dello stato di consistenza e di degrado degli immobili e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria con l'indicazione degli interventi di recupero proposti;
4) la definizione progettuale degli interventi suddetti con la valutazione sommaria dei relativi costi;
5) la individuazione degli immobili da espropriare per la realizzazione di attrezzature pubbliche o comunque di opere di competenza comunale;
6) i tempi previsti per l'attuazione del piano, con l'indicazione delle relative priorità.
Gli elaborati del piano di recupero sono quelli stabiliti dall'art. 39 per il piano particolareggiato. In particolare nell'ambito degli insediamenti urbani e dei nuclei minori individuati dal Piano Regolatore Generale a norma dei punti 1) e 2) del 1° comma dell'art. 24:
- le analisi debbono documentare i valori storico-ambientali, le condizioni igienico-sanitarie e la consistenza statica degli edifici e delle loro strutture;
- il progetto deve documentare gli interventi edilizi previsti con indicazione delle tipologie edilizie e delle destinazioni d'uso con piante, profili e sezioni nella scala adeguata a definire le caratteristiche degli interventi e dimostrare la loro fattibilità.
Il piano di recupero è approvato e attuato con le procedure stabilite agli artt. 28 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 457, ed assume efficacia con la pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione, della deliberazione comunale di approvazione, divenuta esecutiva ai sensi di legge ove il piano di recupero comprenda immobili inclusi in insediamenti urbani e nuclei minori individuati dal Piano Regolatore Generale a norma dei punti 1) e 2) del primo comma dell'art. 24 della presente legge, ovvero immobili vincolati ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, o soggetti a tutela ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, si applica l'ultimo comma dell'art. 40 della presente legge. Qualora il piano di recupero preveda interventi da finanziare per mezzo delle vigenti leggi in materia di edilizia pubblica residenziale o di altre leggi regionali, le procedure sopra indicate sono completate con l'inoltro, da parte del Comune, degli elaborati tecnici ed amministrativi alla Regione.
Ove il piano di recupero non sia approvato entro 3 anni dalla deliberazione del Consiglio Comunale di cui al 2° comma ovvero la deliberazione di approvazione del piano di recupero non sia divenuta esecutiva entro il termine di un anno dalla predetta scadenza, la individuazione stessa decade ad ogni effetto.
Per gli immobili, aree ed edifici ricadenti nell'ambito delle zone di recupero di cui all'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e non assoggettati al piano di recupero o per quelli per i quali siano trascorsi i termini di cui al precedente comma, sono consentiti gli interventi edili di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e ristrutturazione edilizia come stabilito dal terzo comma del precedente art. 13, alle lett. a), b), c), d), e), fatte salve le norme più restrittive relative a singoli immobili e complessi, stabilite dal Piano Regolatore Generale. Gli interventi di restauro e ristrutturazione edilizia ammessi, qualora riguardino globalmente edifici costituiti da più alloggi, sono consentiti, con il mantenimento delle destinazioni d'uso residenziali, purché siano disciplinati da convenzione o da atti d'obbligo unilaterali, trascritti a cura del Comune e a spese dell'interessato, mediante i quali il concessionario si impegna a praticare prezzi di vendita e canoni di locazione degli alloggi concordati con il Comune ed a concorrere negli oneri di urbanizzazione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e degli artt. 51 e 52 della presente legge.
Gli interventi di cui al precedente comma sono consentiti anche su immobili e complessi ricadenti in zone di recupero per i quali è prescritta dal Piano Regolatore Generale la formazione del piano particolareggiato, nel solo caso in cui le norme di attuazione subordinano ogni intervento edilizio alla formazione del Piano particolareggiato stesso (100).
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(100) Articolo aggiunto dall'art. 29 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, così modificato prima dall'art. 38 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi dall'art. 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 42
Piano delle aree per insediamenti produttivi.
Il piano da destinare ad insediamenti produttivi, formato ai sensi dell'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, ha per oggetto porzioni di territorio destinate ad insediamenti produttivi dal Piano Regolatore con le finalità specificate all'art. 26, sub a) e b), del comma 1.
Per il contenuto, gli elaborati ed il procedimento di formazione del piano si applicano gli artt. 38, 39, e 40 della presente legge.
I piani di insediamenti produttivi riferiti ad aree di riordino e di completamento infrastrutturale nonché di nuovo impianto, qualora gli stessi piani siano gestiti da apposite società di intervento ai sensi delle leggi regionali, possono comprendere al loro interno anche aree non assoggettate a regime d'uso pubblico, purché assoggettate ad uno dei regimi di cui ai successivi periodi del presente comma. Il Comune, qualora non intenda procedere alla formazione del comparto a norma dell'art. 46 della presente legge, prima di procedere all'espropriazione può con deliberazione del Consiglio, invitare i proprietari degli immobili a realizzare direttamente le opere previste dal piano. Con la predetta deliberazione sono stabiliti i termini entro cui debbono essere presentati i progetti nonché quelli per l'inizio e l'ultimazione delle opere. Il rilascio delle concessioni è subordinato alla stipulazione di una convenzione il cui contenuto è determinato a norma dell'art. 45. La convenzione deve prevedere altresì la destinazione degli immobili da costruire o da recuperare.
Il Comune può, nell'ambito delle zone di recupero, formare piani di recupero anche su immobili a destinazione produttiva secondo le procedure di cui all'art. 41-bis.
I proprietari di immobili destinati ad insediamenti produttivi compresi in zone di recupero possono presentare proposte con progetti di piano di recupero a norma dell'ultimo comma dell'art. 43. I piani di recupero, qualora il Comune accolga la proposta, sono formati ai sensi dell'art. 41-bis, e l'approvazione è subordinata alla stipulazione della convenzione di cui al 3° comma.
Le convenzioni, le concessioni ed autorizzazioni previste dal presente articolo vanno trascritte nei registri della proprietà immobiliare. Alle predette concessioni ed autorizzazioni non si applicano le norme di cui al 5° comma del successivo art. 56 e dal primo al quinto comma e dell'ottavo comma dell'art. 8 della legge 25 marzo 1982, n. 94 (101).
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(101) Articolo dapprima modificato dall'art. 30 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 39 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente così modificato dall'art. 10 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 43
Piano esecutivo convenzionato e piano di recupero di libera iniziativa.
Nelle porzioni di territorio, non ancora dotate in tutto o in parte di opere di urbanizzazione, in cui, ai sensi del 2° comma, dell'art. 32, il Piano Regolatore Generale ammetta la realizzazione delle previsioni di piano per intervento di iniziativa privata, i proprietari, singoli o riuniti in consorzio, possono presentare al Sindaco progetti di piani esecutivi convenzionati, con l'impegno di attuarli, anche per parti, nel rispetto di quanto per essi previsto dalla lett. c) dell'art. 34 della presente legge.
Il progetto di piano esecutivo comprende gli elaborati di cui all'art. 39 ed è presentato al Sindaco unitamente allo schema della convenzione da stipulare con il Comune.
Entro 90 giorni dalla presentazione del progetto di piano esecutivo e dello schema di convenzione, il Sindaco decide l'accoglimento o il motivato rigetto. Il progetto di piano esecutivo accolto ed il relativo schema di convenzione sono dal Comune messi a disposizione degli organi di decentramento amministrativo affinché esprimano le proprie osservazioni e proposte entro 30 giorni dal ricevimento; sono depositati presso la segreteria e pubblicati per estratto all'albo pretorio del Comune per la durata di 15 giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione.
Entro i 15 giorni successivi alla scadenza del deposito del piano possono essere presentate osservazioni e proposte scritte.
Il progetto di piano esecutivo e il relativo schema di convenzione sono approvati dal Consiglio Comunale.
La deliberazione di approvazione diviene esecutiva ai sensi di legge.
Le destinazioni d'uso fissate nel piano esecutivo approvato hanno efficacia nei confronti di chiunque.
I proprietari di immobili compresi nelle zone di recupero, rappresentanti, in base all'imponibile catastale, almeno i tre quarti del valore degli immobili interessati, possono presentare proposte con progetti di piani di recupero. I piani di recupero, qualora il Comune accolga la proposta sono formati ed approvati a norma del precedente art. 41-bis (102).
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(102) Articolo così modificato prima dall'art. 31 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 40 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente dall'art. 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 44
Piano esecutivo convenzionato obbligatorio.
Nelle porzioni di territorio per le quali il programma di attuazione preveda la formazione di piano esecutivo convenzionato, i proprietari di immobili, singoli o riuniti in consorzio, ove non abbiano già provveduto alla presentazione di un progetto di piano esecutivo ai sensi del precedente art. 43, sono tenuti a presentare al Comune il progetto di piano esecutivo convenzionato entro 60 giorni dall'approvazione del programma di attuazione.
Il progetto comprende gli elaborati, di cui all'art. 39, con l'indicazione delle opere comprese nel programma di attuazione e lo schema di convenzione da stipulare con il Comune, con l'eventuale concorso dei privati imprenditori interessati alla realizzazione degli interventi previsti.
Il progetto di piano esecutivo ed il relativo schema di convenzione sono dal Comune messi a disposizione degli organi di decentramento amministrativo affinché esprimano le proprie osservazioni e proposte entro 30 giorni dal ricevimento; sono depositati presso la segreteria e pubblicati per estratto all'albo pretorio del Comune per la durata di 15 giorni consecutivi, durante i quali chiunque può prenderne visione.
Entro i 15 giorni successivi alla scadenza del deposito del piano possono essere presentate osservazioni e proposte scritte.
Il progetto di piano esecutivo e il relativo schema di convenzione sono approvati dal Consiglio Comunale.
La deliberazione di approvazione diviene esecutiva ai sensi dell'art. 3 della legge 9 giugno 1947, n. 530. Le destinazioni d'uso fissate nel piano esecutivo approvato hanno efficacia nei confronti di chiunque.
Decorso inutilmente il termine, di cui al primo comma del presente articolo, il Comune invita i proprietari di immobili alla formazione del piano entro il termine di 30 giorni.
Ove i proprietari degli immobili non aderiscano all'invito, il Sindaco provvede alla compilazione d'ufficio del piano.
Il progetto di piano esecutivo e lo schema di convenzione sono notificati, secondo le norme del Codice di Procedura Civile, ai proprietari degli immobili con invito a dichiarare la propria accettazione entro 30 giorni dalla data della notifica. In difetto di accettazione o su richiesta dei proprietari il Sindaco ha facoltà di variare il progetto e lo schema di convenzione.
Esperite le procedure di cui ai precedenti commi 7, 8, 9, il piano esecutivo viene approvato nei modi e nelle forme stabilite al 3°, 4°, 5°, 6° comma.
Ad approvazione avvenuta, il Comune procede alla espropriazione degli immobili dei proprietari che non abbiano accettato il progetto di piano esecutivo convenzionato.
In tal caso il Comune cede in proprietà o in diritto di superficie gli immobili di cui sopra a soggetti privati, con diritto di prelazione agli originari proprietari, previa approvazione degli interventi da realizzare e previa stipula della convenzione di cui all'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865.
La convenzione dovrà prevedere il rimborso al Comune delle spese sostenute per la compilazione d'ufficio del piano esecutivo (103).
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(103) Articolo così modificato dall'art. 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 45
Contenuto delle convenzioni relative ai piani esecutivi.
La convenzione prevede essenzialmente:
1) la cessione gratuita, entro i termini stabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
2) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e indotta da realizzare a cura del Comune, secondo quanto disposto dall'art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 ed i criteri per il suo aggiornamento in caso di pagamento differito; qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del proprietario o di altro soggetto privato, la convenzione deve prevedere le relative garanzie finanziarie, le modalità di controllo sulla esecuzione delle opere, nonché i criteri per lo scomputo totale o parziale della quota dovuta a norma dell'art. 11 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e le modalità per il trasferimento delle opere al Comune;
3) i termini di inizio e di ultimazione degli edifici e delle opere di urbanizzazione, in accordo con i programmi di attuazione;
4) le sanzioni convenzionali, a carico dei privati stipulanti, per la inosservanza delle destinazioni di uso fissate nel piano di intervento.
Qualora il piano esecutivo preveda interventi di restauro, di risanamento conservativo e di ristrutturazione di edifici destinati ad usi abitativi, con particolare riguardo ai centri storici la convenzione, ove fissato dal programma pluriennale di attuazione, può stabilire i criteri per la determinazione e la revisione dei prezzi di vendita e dei canoni di locazione degli edifici oggetto di intervento. In tal caso si applica il disposto del primo comma, dell'art. 7 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e ove del caso, gli esoneri di cui all'art. 9, lett. b), della predetta legge.
La Regione provvede alla formazione ed al periodico aggiornamento della convenzione-tipo alla quale devono uniformarsi le convenzioni comunali di cui ai precedenti commi (104).
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(104) Articolo così modificato dall'art. 41 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 46
Comparti di intervento e di ristrutturazione urbanistica ed edilizia. Esproprio ed utilizzazione degli immobili espropriati.
In sede di attuazione del Piano Regolatore e dei relativi strumenti urbanistici esecutivi e del programma di attuazione, il Comune può procedere con propria deliberazione alla delimitazione di comparti costituenti unità di intervento di ristrutturazione urbanistica ed edilizia, comprendenti immobili da trasformare ed eventuali aree libere da utilizzare secondo le prescrizioni dei piani vigenti e del programma di attuazione, anche al fine di un equo riparto di oneri e benefici tra i proprietari interessati. La delimitazione dei comparti può avvenire anche su aree non soggette a disciplina di piano particolareggiato vigente.
Entro 30 giorni dalla esecutività della deliberazione, di cui al comma precedente, il Sindaco notifica ai proprietari delle aree e degli edifici ricadenti nel comparto lo schema di convenzione per la realizzazione degli interventi previsti dal programma di attuazione con l'invito a stipulare, riuniti in consorzio, la convenzione entro i termini fissati nell'atto di notifica. La notifica è eseguita a norma degli artt. 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile.
Trascorso il suddetto termine si costituisce un consorzio obbligatorio quando vi sia la sottoscrizione dell'atto costitutivo e della convenzione relativa all'intero comparto da parte degli aventi titolo alla concessione, che rappresentino almeno tre quarti del valore degli immobili del comparto in base all'imponibile catastale; l'intervenuta costituzione costituisce titolo per il Sindaco per procedere all'occupazione temporanea degli immobili degli aventi titolo dissenzienti e affidarli al consorzio per l'esecuzione degli interventi previsti con diritto di rivalsa delle spese sostenute nei confronti degli aventi titolo oppure di procedere all'espropriazione degli stessi immobili da cedere al consorzio obbligatorio ai prezzi corrispondenti all'indennità di esproprio.
Decorso inutilmente il termine suddetto senza che sia intervenuta la costituzione del consorzio obbligatorio, il Comune procede a norma del titolo II della legge 22 ottobre 1971, n. 865, alla espropriazione degli immobili degli aventi titolo che non abbiano stipulato la convenzione.
Le aree e gli edifici espropriati sono acquisiti al patrimonio indisponibile del Comune e sono utilizzati, secondo le prescrizioni del Piano Regolatore Generale e i contenuti del programma di attuazione, direttamente dal Comune per le opere di sua competenza o cedute in diritto di superficie o in concessione convenzionata sulla base del prezzo di esproprio.
La disposizione di cui al precedente comma si applica anche nei casi di espropriazione effettuata a norma dell'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (105).
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(105) Articolo così modificato prima dall'art. 32 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 42 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 47
Piani tecnici esecutivi di opere pubbliche.
La progettazione esecutiva di opere, attrezzature o infrastrutture pubbliche, previste dai Piani Regolatori Generali approvati, può avvenire a mezzo di piani tecnici esecutivi, quando si tratti di un complesso di opere, di varia natura e funzione, integrate fra loro, la cui progettazione unitaria comporti vantaggi economici e funzionali.
In tal caso il Comune, o il consorzio di Comuni, d'intesa con gli Enti Pubblici cui compete istituzionalmente la progettazione e l'esecuzione delle singole opere, forma un piano d'insieme, contenente i progetti di massima delle varie opere, e ne redige il programma esecutivo, anche al fine di un'ordinata attuazione.
Il piano tecnico, comprensivo delle opere e delle aree di pertinenza, è approvato con deliberazione del Consiglio Comunale ed è vincolante nei confronti degli Enti di cui al precedente comma, fatte salve le competenze delle Amministrazioni statali. La sua approvazione comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità.
Il piano tecnico esecutivo ha effetto di variante delle localizzazioni e delle destinazioni previste in qualsiasi strumento urbanistico di livello comunale, purché tale variante operi su aree destinate a servizi pubblici o collettivi dal Piano Regolatore Generale e sia assicurato il mantenimento degli standard di cui agli artt. 21 e 22 della presente legge (106).
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(106) Articolo così modificato dall'art. 43 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
TITOLO VI
Controllo delle modificazioni dell'uso del suolo
Art. 48
Disciplina delle attività comportanti trasformazione urbanistica ed edilizia, mantenimento degli immobili, modifica delle destinazioni d'uso e utilizzazione delle risorse naturali.
Il proprietario, il titolare di diritto reale, e colui che - per qualsiasi altro valido titolo - abbiano l'uso o il godimento di entità immobiliari, devono richiedere al Sindaco, documentando le loro rispettive qualità, la concessione o l'autorizzazione a norma dei successivi articoli, per eseguire qualsiasi attività comportante trasformazione urbanistica od edilizia del territorio comunale, per i mutamenti di destinazione delle risorse naturali e per la manutenzione degli immobili. Non sono necessarie né la concessione né l'autorizzazione:
a) per i mutamenti di destinazione d'uso degli immobili relativi ad unità non superiori a 700 mc che siano compatibili con le norme di attuazione del P.R.G. e/o degli strumenti esecutivi;
b) per l'esercizio delle attività estrattive, fatte salve le prescrizioni delle leggi di settore che le disciplinano;
c) per l'impianto, la scelta o le modificazioni delle colture agricole;
d) per gli interventi di manutenzione ordinaria.
Ogni Comune deve tenere in pubblica visione i registri delle domande e delle concessioni ed autorizzazioni rilasciate.
La domanda di concessione o di autorizzazione deve essere corredata ad un adeguato numero di copie della documentazione da tenere a disposizione del pubblico per la visione e per il rilascio di copie.
Le domande di concessione relative ad insediamenti industriali e di attività produttive comprese negli elenchi formati a norma dell'art. 216 del T.U. delle leggi sanitarie R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, nonché quelle previste dagli artt. 54 e 55 della presente legge, debbono essere preventivamente sottoposte dall'interessato all'Unità Sanitaria Locale competente per territorio, perché provveda alla verifica di compatibilità di cui alla lett. f) dell'art. 20 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, entro un termine di sessanta giorni dalla presentazione. Il parere dell'Unità Sanitaria Locale, sostituisce a ogni effetto il nulla-osta di cui all'art. 220 del T.U. delle leggi sanitarie R.D. 27 luglio 1934, n. 1265. Il parere dell'Unità Sanitaria Locale è altresì obbligatorio nei casi di trasformazione dell'attività industriale o produttiva esistente in una di quelle comprese negli elenchi formati a norma dell'art. 216 del T.U. delle leggi sanitarie R.D. 27 luglio 1934, n. 1265.
La convenzione o l'atto di impegno unilaterale, di cui agli artt. 25 e 49 della presente legge, debbono essere trascritti nei registri immobiliari (107).
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(107) Articolo così modificato prima dall'art. 33 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 44 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 48-bis
Certificato urbanistico.
[Il Sindaco, su richiesta dell'avente titolo alla concessione o all'autorizzazione, rilascia il certificato urbanistico relativo all'area o all'edificio interessato.
Il certificato contiene le prescrizioni urbanistiche, edilizie ed amministrative riguardanti l'edificabilità e l'uso dell'immobile interessato ed è redatto secondo i modelli approvati dalla Giunta regionale.
Il certificato è rilasciato entro 60 giorni dalla presentazione della domanda e conserva validità per un anno dalla data di rilascio, se non intervengono modificazioni delle prescrizioni in esso riportate.
Nei Comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti il certificato urbanistico è utilizzabile per gli effetti di cui all'art. 8, commi 9, 10, 11, della legge 25 marzo 1982, n. 94] (108).
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(108) Articolo aggiunto dall'art. 45 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61 e successivamente abrogato dall'art. 13 della L.R. 8 luglio 1999, n. 19.
Art. 49
Caratteristiche e validità della concessione.
Fatti salvi i casi previsti dall'art. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, per la concessione gratuita e quelli di cui all'art. 7 per l'edilizia convenzionata, la concessione è subordinata alla corresponsione di un contributo commisurato alla incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché al costo di costruzione.
Qualora la concessione non venga utilizzata in conseguenza di annullamento d'ufficio o giurisdizione il Comune, che abbia percepito il contributo previsto dal 1° comma del presente articolo, è tenuto a farne restituzione all'avente diritto.
Il Comune deve effettuare il rimborso, senza interessi, entro 60 giorni da quando gliene viene fatta richiesta mediante lettera raccomandata o notificazione, trascorso inutilmente il termine predetto, decorrono a favore dell'avente diritto gli interessi di mora, al tasso legale.
In ogni caso le condizioni apposte alle concessioni devono essere accettate dal proprietario del suolo o dell'edificio con atto di impegno unilaterale accettato dal Comune.
La concessione, in caso di particolare complessità degli interventi previsti, e che richiedano opere infrastrutturali eccedenti al semplice allacciamento ai pubblici servizi o il coordinamento tra operatori pubblici e privati per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, può essere subordinata alla stipula di una convenzione, o di un atto di impegno unilaterale da parte del richiedente, che disciplina modalità, requisiti e tempi di realizzazione degli interventi.
La concessione è trasferibile ai successori o aventi causa che abbiano titolo sul bene oggetto della concessione stessa. La voltura della concessione deve essere richiesta al Sindaco. Si applicano alla voltura le prescrizioni del 2°, 3°, 5°, comma dell'art. 48.
Ai fini dell'applicazione dell'art. 7 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, la Giunta regionale, entro 4 mesi dall'approvazione della presente legge, predispone una convenzione-tipo, alla quale dovranno uniformarsi le convenzioni comunali e gli atti di impegno unilaterale sostitutivo della convenzione, che dovranno essere sottoscritti dal concessionario e dal proprietario qualora la concessione venga rilasciata a persona diversa dal proprietario, contenente essenzialmente:
a) gli elementi progettuali delle opere da eseguire;
b) l'indicazione delle destinazioni d'uso vincolanti delle opere da eseguire, le loro caratteristiche tipologiche e costitutive;
c) il termine d'inizio e di ultimazione delle opere;
d) la descrizione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria per cui è previsto l'impegno della diretta esecuzione da parte del proprietario, con le relative garanzie finanziarie per l'importo pari al costo dell'opera maggiorato dei prevedibili aumenti nel periodo di realizzazione;
e) la determinazione del contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria, dedotta la eventuale aliquota corrispondente alle opere di cui alla lett. d);
f) i prezzi di vendita ed i canoni di locazione;
g) norme a tutela dei diritti e della salute dei lavoratori;
h) le sanzioni convenzionali a carico dei privati stipulanti per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione, nonché le modalità per la esecuzione in danno del proprietario in caso di suo inadempimento.
Le concessioni relative a singoli edifici non possono avere una durata complessiva superiore a tre anni dall'inizio dei lavori, che devono comunque essere iniziati entro un anno dal rilascio della concessione.
Un periodo più lungo per l'ultimazione dei lavori può essere consentito dal Sindaco esclusivamente in considerazione della mole delle opere da realizzare o delle sue particolari caratteristiche costruttive.
Qualora entro i termini suddetti i lavori non siano stati iniziati o ultimati, il concessionario deve richiedere una nuova concessione.
Per l'inizio dei lavori si intende la realizzazione di consistenti opere, che non si riducano all'impianto di cantiere, alla esecuzione di scavi o di sistemazione del terreno o di singole opere di fondazione.
Per ultimazione dell'opera si intende il completamento integrale di ogni parte del progetto, confermata con la presentazione della domanda per l'autorizzazione di abitabilità o di usabilità.
È ammessa la proroga del termine per la ultimazione dei lavori con provvedimento motivato e solo per fatti estranei alla volontà del concessionario che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la loro esecuzione.
La proroga può sempre essere prevista nel provvedimento di concessione del Sindaco, quando si tratti di opere pubbliche, il cui finanziamento sia preventivato in più esercizi finanziari.
Il rilascio della concessione relativa alle aree e agli immobili che nelle prescrizioni di Piano Regolatore Generale sono definiti di interesse storico-artistico, è subordinato al parere vincolante della Commissione regionale per i beni culturali ambientali che si esprime entro 60 giorni ove non sussistano vincoli che richiedano autorizzazione ai sensi della legge 1° giugno 1939, n. 1089, e della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (109).
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(109) Articolo così modificato prima dall'art. 34 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 46 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente dall'art. 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 50
Poteri sostitutivi in caso di mancato rilascio di concessione.
1. Scaduti i termini previsti dall'articolo 4, commi 4 e 5, della legge 4 dicembre 1993, n. 493 (Conversione in legge, con modificazioni, del decreto legge 5 ottobre 1993, n. 398, recante disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia), come modificato dall'articolo 2, comma 60, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, per il rilascio della concessione senza che l'autorità comunale si sia pronunciata, l'interessato può inoltrare istanza al Presidente della Giunta regionale per la nomina di un commissario ad acta.
2. L'istanza va inoltrata entro novanta giorni dalla data di scadenza del termine di cui all'articolo 4, comma 5, della L. n. 493/1993.
3. Nel termine di quindici giorni dal ricevimento dell'istanza, il Presidente della Giunta regionale, o l'Assessore delegato, invita l'autorità comunale a trasmettere entro il termine perentorio di quindici giorni gli atti istruttori compiuti dall'amministrazione comunale ed a comunicare osservazioni e decisioni eventualmente assunte, anche tardivamente, sulla domanda di concessione.
4. Il Presidente della Giunta regionale, o l'Assessore delegato, persistendo il silenzio, provvede con decreto, immediatamente esecutivo, alla nomina di un commissario che deve pronunciare la propria motivata decisione sulla domanda di concessione nel termine di trenta giorni dalla data della pubblicazione del decreto sul Bollettino Ufficiale della Regione (110).
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(110) Articolo così sostituito dall'art. 9 della L.R. 8 luglio 1999, n. 19. Il precedente testo, modificato prima dall'art. 35 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 47 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, così disponeva:
«Art. 50.
Poteri sostitutivi in caso di mancato rilascio di concessione.
La pronuncia del Sindaco sulla domanda di concessione deve essere notificata al richiedente non oltre 60 giorni dalla data di ricevimento della domanda o da quella di presentazione di documenti aggiuntivi richiesti per iscritto dall'Amministrazione Comunale a integrazione dei progetti.
Scaduti tali termini senza che il Sindaco si sia pronunciato, l'interessato può presentare ricorso al Presidente della Giunta regionale. Il ricorso va proposto entro trenta giorni dalla data di scadenza del termine di cui al primo comma.
Nel termine di 15 giorni dal ricevimento del ricorso, il Presidente della Giunta regionale invita il Sindaco a pronunciarsi entro il termine perentorio di 15 giorni; in caso di persistente silenzio, il Presidente della Giunta regionale provvede con proprio decreto, immediatamente esecutivo, alla nomina di un commissario che deve pronunciare la propria motivata decisione sulla domanda di concessione nel termine di 30 giorni dalla data della pubblicazione del decreto sul Bollettino Ufficiale della Regione.
Art. 51
Opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
Ai fini della determinazione e della destinazione del contributo di cui all'art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e della applicazione dei provvedimenti espropriativi, di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, le opere di urbanizzazione sono le seguenti:
1) Opere di urbanizzazione primaria:
a) opere di risanamento e di sistemazione del suolo eventualmente necessarie per rendere il terreno idoneo all'insediamento;
b) sistema viario pedonale e veicolare, per il collegamento e per l'accesso agli edifici residenziali e non; spazi di sosta e di parcheggio a livello di quartiere; sistemazione delle intersezioni stradali pertinenti agli insediamenti residenziali e non; attrezzature per il traffico; impianti a fune di arroccamento, riconosciuti di pubblica utilità (111).
c) opere di presa, adduzione e reti di distribuzione idrica;
d) rete ed impianti per lo smaltimento e per la depurazione dei rifiuti liquidi;
e) sistema di distribuzione dell'energia elettrica e canalizzazioni per gas e telefono;
f) spazi attrezzati a verde pubblico di nucleo residenziale o di quartiere;
g) reti ed impianti di pubblica illuminazione per gli spazi di cui alla lett. b);
2) Opere di urbanizzazione secondaria:
h) asili nido e scuole materne;
i) scuole dell'obbligo e attrezzature relative;
l) scuole secondarie superiori e attrezzature relative;
m) edifici per il culto;
n) centri sociali, civili, attrezzature pubbliche, culturali, sanitarie, annonarie, sportive;
o) giardini, parchi pubblici e spazi attrezzati per la sosta e lo svago.
Con apposito atto il Consiglio regionale definisce i criteri di utilizzazione delle somme relative a opere di urbanizzazione secondaria che facciano carico a soggetti diversi dal Comune. Fino all'entrata in vigore di tale atto, i Comuni, in via provvisoria, possono determinare l'uso delle somme medesime, con deliberazione del Consiglio Comunale assunta sulla base delle proposte formulate dai soggetti interessati;
3) Opere di urbanizzazione indotta:
p) parcheggi in superficie, in soprasuolo e sottosuolo, soprapassi e sottopassi pedonali e veicolari;
q) impianti di trasporto collettivo di interesse comunale e intercomunale;
r) mense pluriaziendali a servizio di insediamenti industriali o artigianali;
s) impianti tecnici di interesse comunale o sovracomunale;
t) impianti di smaltimento dei rifiuti solidi;
u) sistemazione a verde delle fasce di protezione stradale, cimiteriale, di impianti produttivi e di sponde di fiumi e laghi;
v) manufatti occorrenti per arginature e terrazzamenti e per opere di consolidamento del terreno;
v-bis) reti di comunicazione telematiche (112).
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(111) Lettera così sostituita dall'art. 2, L.R. 24 marzo 2000, n. 27. Il testo originario così disponeva: «b) sistema viario pedonale e veicolare, per il collegamento e per l'accesso degli edifici residenziali e non; spazi di sosta e di parcheggio a livello di quartiere; sistemazione delle intersezioni stradali pertinenti agli insediamenti residenziali e non; attrezzature per il traffico;».
(112) Articolo così modificato prima dall'art. 48 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi dall'art. 1 della L.R. 4 settembre 1996, n. 72, che ha aggiunto la lettera v-bis).
Art. 52
Definizione di oneri di urbanizzazione e delle aliquote dei costi di costruzione. Adempimenti comunali.
In attuazione dei disposti degli artt. 5, 6 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n 10, modificata ed integrata con la legge 25 marzo 1982, n. 94, la Regione, con deliberazioni di Consiglio, periodicamente aggiornate, stabilisce le tabelle parametriche con le relative norme di applicazione e le aliquote che i Comuni, nei successivi 90 giorni, sono tenuti a rispettare nelle proprie deliberazioni consiliari, per la determinazione del contributo commisurato alle spese di urbanizzazione ed al costo di costruzione da applicare alle concessioni onerose rilasciate per trasformazioni urbanistiche ed edilizie.
Le deliberazioni regionali, di cui al comma precedente, sono fondate sui seguenti criteri generali di metodo:
a) per la valutazione dei costi-base delle opere di urbanizzazione è da assumere prioritariamente il metodo della stima analitica diretta, ricavata, per ogni singolo Comune, dalle previsioni degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi e dei programmi di attuazione, mediante computi metrici estimativi eseguiti sull'insieme dei progetti di massima delle opere effettivamente occorrenti per soddisfare i fabbisogni pregressi e previsti. Solo in carenza di elementi che consentano la stima analitica diretta possono essere effettuate stime indirette o sintetiche, secondo le indicazioni metodologiche fornite dalla Regione;
b) nei piani esecutivi convenzionati i contributi per le opere di urbanizzazione primaria, secondaria e indotta, o le relative garanzie in caso di costruzione diretta, sono computati sulla base di stime effettuate sui progetti delle opere, se trattasi di un complesso residenziale o industriale autosufficiente per quanto riguarda infrastrutture e servizi. Nel caso di realizzazione diretta da parte del concessionario di complessi residenziali o industriali incompleti, per motivi dimensionali, per quanto riguarda le opere di urbanizzazione secondaria e indotta, la convenzione con il Comune comprende la stima dei contributi integrativi corrispondenti alle infrastrutture ed ai servizi non realizzati direttamente dal concessionario, la cui realizzazione occorre in altra parte del territorio per garantire agli utenti del complesso gli standard della presente legge;
c) i contributi per le opere di urbanizzazione da versare per la concessione relativa ad edifici singoli, non soggetti a piano esecutivo convenzionato, sono valutati in ogni Comune in base ai parametri delle deliberazioni regionali relative alle classi di Comuni ed alle classi di destinazione d'uso e ai tipi di intervento;
d) i parametri regionali relativi agli oneri di urbanizzazione stabiliscono, per le varie classi di Comuni, nonché per le destinazioni d'uso e per i tipi di intervento, i coefficienti di equivalenza, maggiorazione o diminuzione, rispetto al valore-base delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e indotta stimato secondo i metodi analitici o sintetici di cui alla lett. a). Nel caso dei Comuni che applicano coefficienti riduttivi, sulla base delle tabelle parametriche regionali, la Regione può intervenire a compensare i mancati introiti in sede di erogazione dei contributi per il finanziamento delle opere infrastrutturali;
e) nell'applicazione dei coefficienti riduttivi dei costi-base, là dove applicabili, i Comuni dovranno, in ogni caso, verificare che il contributo complessivo, richiesto per le opere di urbanizzazione primaria, secondaria e indotta, per i singoli edifici da costruire in aree di espansione, non scenda al di sotto del valore effettivo pro-quota del costo delle opere di urbanizzazione primaria pertinente a ciascuno di essi, al fine di garantire per queste opere l'equivalenza tra monetizzazione ed esecuzione diretta da parte del concessionario.
Con l'istituzione dei concorsi, di cui agli artt. 16 e 33, il corrispettivo delle opere di urbanizzazione secondaria di interesse sovracomunale è impiegato dai Comuni per la realizzazione delle relative opere previste dai programmi di attuazione consortili.
Qualora il Comune non provveda a fissare con propria deliberazione i contributi da corrispondere in base alle tabelle parametriche, contenute nella deliberazione del Consiglio regionale, di cui al primo comma, entro i termini in esso stabiliti, il Presidente della Giunta regionale fissa al Comune un congruo termine, comunque non superiore a 60 giorni, per l'assunzione della propria deliberazione. Scaduto infruttuosamente tale termine, nomina con proprio decreto, un commissario per la predisposizione della deliberazione e per la convocazione del Consiglio Comunale per l'adozione della stessa.
L'adozione non potrà avvenire oltre 60 giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale del decreto di nomina del Commissario.
I proventi delle concessioni possono essere destinati, oltreché agli interventi di cui all'art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, ad opere dirette al superamento delle barriere architettoniche, ai sensi del D.P.R. n. 384 del 27 aprile 1978.
I Comuni, con la deliberazione di cui al primo comma, possono stabilire agevolazioni dirette alla conservazione e ripristino di elementi costruttivi e materiali d'opera ritenuti essenziali per la tutela ambientale e paesaggistica degli abitati e ritenuti particolarmente onerosi, nonché agevolazioni per gli interventi edilizi diretti al superamento delle barriere architettoniche (113).
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(113) Articolo così modificato prima dall'art. 49 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8.
Art. 53
Convenzione-quadro regionale per la rilocalizzazione e la ristrutturazione di impianti produttivi, di insediamenti commerciali e direzionali e per il riuso delle aree rese libere.
Le modalità operative per la ristrutturazione e il trasferimento, anche in altri Comuni, di stabilimenti produttivi industriali o artigianali e di insediamenti commerciali o direzionali, obsoleti o inattivi, o la cui ubicazione sia in contrasto con le prescrizioni dei piani, e per il conseguente riuso ad altra destinazione dei relativi immobili dismessi, di cui al 3° comma dell'art. 26, sono definite da uno schema di convenzione-quadro regionale di indirizzo per le singole convenzioni da stipulare tra i Comuni e le imprese interessate.
Lo schema di convenzione-quadro regionale, oltre ai contenuti di cui all'art. 45, fissa:
a) le modalità per la definizione del valore delle singole proprietà immobiliari interessate. La definizione di tale valore deve essere indipendente dalle destinazioni che deriveranno dalle operazioni di riuso, e garantire condizioni di globale equilibrio economico delle operazioni stesse;
b) le modalità per l'attuazione dei trasferimenti e gli impegni e le garanzie assunti dalle imprese;
c) le modalità e i tempi per il passaggio al demanio comunale degli immobili dismessi, se destinati a servizi sociali pubblici;
d) i criteri e le modalità volte a garantire, in ognuna delle operazioni, se singolarmente progettate, o nel complesso di esse, se formano oggetto di una progettazione unitaria, l'equilibrato rapporto fra posti di lavoro e disponibilità di alloggi e di servizi sociali pubblici, con particolare riguardo ai trasporti pubblici.
Il primo schema di convenzione-quadro regionale è deliberato dal Consiglio regionale entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge e periodicamente aggiornato.
Le aree interessate dagli interventi per le finalità di cui al presente articolo devono essere inserite nei programmi pluriennali di attuazione di cui all'art. 34.
Ove le operazioni di rilocalizzazione di impianti industriali ed artigianali e di connesso riuso degli immobili dimessi siano conformi al Piano Regolatore Generale vigente, la progettazione urbanistica esecutiva delle aree interessate può avvenire a mezzo di piani esecutivi di cui all'art. 43 della presente legge.
Se le operazioni comportano modifiche alle prescrizioni dei Piani Regolatori Generali o degli strumenti urbanistici di attuazione vigenti, la progettazione esecutiva avviene esclusivamente a mezzo di piani particolareggiati, secondo le modalità di cui agli artt. 17 e 40 della presente legge.
Le operazioni definite secondo i commi precedenti assumono efficacia dalla data di approvazione degli strumenti urbanistici di attuazione e, a quella stessa data, entrano a far parte integrante dei programmi di attuazione dei Comuni interessati, ove non in essi previste.
Con analoga convenzione-quadro, che definisce le specifiche agevolazioni, saranno regolati i trasferimenti in aree idonee di fabbricati, attrezzature ed impianti di aziende agricole ubicati in contrasto con le prescrizioni di Piani Regolatori Generali e le connesse riutilizzazioni delle aree rese libere.
Ai fini della tempestiva applicazione della convenzione-quadro di cui al presente articolo la Giunta regionale ha la facoltà di provvedere, d'intesa con i Comuni interessati e nell'ambito degli strumenti urbanistici vigenti, alla formazione del piano delle aree da destinare ad insediamenti produttivi, ai sensi del precedente art. 42 e all'eventuale variante del Piano Regolatore Generale. In tal caso per il procedimento di formazione e approvazione si applicano le norme di cui agli artt. 40 e 17, intendendosi sostituito il Consiglio Comunale con la Giunta regionale e per l'attuazione si applicano le norme del 3°, 4°, 5° comma dell'art. 42 (114).
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(114) Articolo così modificato prima dall'art. 36 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, e successivamente dall'art. 50 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 54
Concessione per costruzioni temporanee e campeggi.
Non è ammessa la realizzazione di costruzioni temporanee o precarie ad uso di abitazione e di campeggio o la predisposizione di aree per l'impiego continuativo di mezzi di qualsiasi genere, roulotte e case mobili, se non nelle aree destinate dai Piani Regolatori Generali a tale scopo, con le norme in esso espressamente previste, e previa concessione con la corresponsione di un contributo adeguato all'incidenza delle opere di urbanizzazione dirette e indotte, da computare in base ai disposti della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Art. 55
Attività estrattive, discariche, reinterri.
L'esercizio delle attività estrattive è consentito nel rispetto delle leggi statali e regionali che regolano il settore (115) (116).
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(115) Cfr. L.R. 13 aprile 1995, n. 59.
(116) Articolo così modificato prima dall'art. 51 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi dall'art. 17 della L.R. 2 maggio 1986, n. 18.
Art. 56
Interventi soggetti ad autorizzazione.
Sono soggetti ad autorizzazione i seguenti interventi:
a) la manutenzione straordinaria degli edifici e delle singole unità immobiliari;
b) le opere di restauro e risanamento conservativo di edifici residenziali;
c) l'occupazione, solo temporanea, di suolo pubblico o privato, con depositi, serre, accumuli di rifiuti, relitti e rottami, attrezzature mobili, esposizioni a cielo libero di veicoli o merci in genere, coperture pressostatiche per attrezzature sportive, baracche e tettoie temporanee destinate a usi diversi dall'abitazione;
d) la sosta prolungata di veicoli o rimorchi attrezzati per il pernottamento, e di attendamenti fatta eccezione per quelli che avvengono in apposite aree attrezzate;
e) la trivellazione di pozzi per lo sfruttamento di falde acquifere, escluse quelle minerali e termali.
Sono altresì soggetti ad autorizzazione, purché non relativi ad immobili sottoposti ai vincoli previsti dalle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, i seguenti interventi:
f) gli impianti tecnici al servizio di edifici esistenti;
g) le opere costituenti pertinenze: intendendosi per tali quelle costituenti a catasto servizio complementare e che siano funzionalmente connesse e di servizio esclusivo, nell'uso, all'edificio principale e alle unità immobiliari di cui è costituito e che comunque non comportino aggravio sulle opere di urbanizzazione primaria e secondaria elencate all'art. 51;
h) le opere di demolizione, i reinterri e gli scavi, che non siano funzionali ad una successiva attività costruttiva (117).
L'istanza di autorizzazione è corredata da elaborati grafici che documentino lo stato di fatto e consentano una chiara lettura degli interventi previsti nonché dai provvedimenti abilitativi richiesti da leggi e regolamenti; l'istanza di autorizzazione per gli interventi di manutenzione straordinaria e di restauro e risanamento conservativo è corredata inoltre dall'impegno alla conservazione della destinazione d'uso in atto e dell'eventuale dichiarazione che le opere stesse non richiedano il rilascio dell'immobile da parte del conduttore.
L'autorizzazione è rilasciata dal Sindaco agli aventi titolo, sentita la Commissione Edilizia e nel rispetto dei piani vigenti.
L'istanza di autorizzazione, conforme alla normativa urbanistica ed edilizia, si intende accolta qualora il Sindaco non si pronunci nei casi di cui alle lett. a) e b), entro 90 giorni e nei casi di cui alle lett. c), d), e), f), g), h), entro 60 giorni dalla presentazione; decorsi tali termini, il richiedente può dar corso ai lavori dando comunicazione al Sindaco del loro inizio. Tale disposizione non si applica per gli interventi su immobili soggetti a vincoli previsti dalle leggi 1° giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497 (118), e successive modificazioni ed integrazioni nonché per gli interventi di cui alle lett. a) e b) del 1° comma, che comportino il rilascio dell'immobile da parte del conduttore.
L'autorizzazione del Comune per l'apertura di pozzi destinati allo sfruttamento industriale di falde acquifere può essere condizionata, a richiesta del Comune, alla presentazione di uno studio idrogeologico completo, che dimostri il razionale utilizzo della falda o delle falde che si intendono sfruttare, eseguito da un tecnico designato dal Comune e a spese del richiedente.
L'autorizzazione per l'apertura di pozzi ad uso domestico ed agricolo può essere condizionata ad uno studio idrogeologico generale del territorio comunale, eseguito da un tecnico incaricato dal Comune e a spese dello stesso.
Nell'autorizzazione possono essere impartite disposizioni circa la quantità massima d'acqua estraibile, i modi e i criteri di misurazione e di valutazione, con l'indicazione dei mezzi tecnici mediante i quali si intende procedere alla estrazione e alla eventuale installazione di apparecchiature e strumenti di prova. L'autorizzazione può essere revocata dall'Amministratore comunale, qualora si manifestino effetti negativi sull'equilibrio idrogeologico.
Il taglio dei boschi, l'abbattimento e l'indebolimento di alberi di particolare valore naturalistico sono regolati dalla L.R. 4 settembre 1979, n. 57 e successive modificazioni ed integrazioni (119).
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(117) Per queste opere cfr. L.R. 9 agosto 1989, n. 45, art. 2, comma 8.
(118) Per queste opere cfr. L.R. 9 agosto 1989, n. 45, art. 2, comma 8.
(119) Articolo dapprima modificato dall'art. 37 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 52 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente così modificato dall'art. 1 della L.R. 27 maggio 1996, n. 30.
Art. 57
Abitabilità ed usabilità delle costruzioni.
[Nessuna nuova costruzione, ivi compresi gli ampliamenti, le sopraelevazioni, le modificazioni e le ristrutturazioni di edifici preesistenti, può essere abitata o usata senza autorizzazione del Sindaco.
Il rilascio dell'autorizzazione, di cui al precedente comma, è subordinato alle seguenti condizioni:
a) che sia stata rilasciata dal Sindaco regolare concessione;
b) che la costruzione sia conforme al progetto approvato;
c) che siano state rispettate tutte le prescrizioni e condizioni apposte alla concessione, siano esse di carattere urbanistico, edilizio, igienico-sanitario o di altro genere;
d) che siano rispettate le destinazioni previste nel progetto approvato;
e) che siano rispettate le norme vigenti sulle opere in conglomerato cementizio e semplice armato;
f) che la costruzione non presenti cause o fattori di insalubrità, sia nei confronti degli utilizzatori di essa, sia dell'ambiente esterno ed interno;
g) che siano rispettate le norme antincendio, antisismiche e in genere di sicurezza delle costruzioni.
Gli accertamenti sono svolti dall'Ufficio Tecnico e dall'Ufficio Sanitario secondo le rispettive competenze] (120).
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(120) Articolo abrogato dall'art. 13 della L.R. 8 luglio 1999, n. 19.
Art. 58
Misure di salvaguardia.
Dalla data di adozione dei Piani Territoriali e dei Progetti Territoriali Operativi, e fino alla loro approvazione, i Sindaci dei Comuni interessati sospendono ogni determinazione sulle istanze di concessione e di autorizzazione che siano in contrasto con le norme specificatamente contenute negli stessi ai sensi del comma 2 dell'articolo 8.
A decorrere dalla data della deliberazione di adozione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi per la pianificazione comunale previsti dalla legge, compresi i progetti preliminari, fino all'emanazione del relativo stato di approvazione e comunque non oltre i termini previsti dall'ultimo comma, il sindaco, con motivata ordinanza, notificata agli interessati, sospende ogni determinazione sulle istanze di concessione e di autorizzazione nei confronti di qualsiasi intervento di trasformazione del territorio che sia in contrasto con detti progetti e piani. Parimenti il Sindaco sospende ogni determinazione sulle istanze in contrasto con gli strumenti urbanistici intercomunali adottati dal Consorzio o dalla Comunità Montana ai sensi del 2° e 5° comma dell'articolo 16.
Entro i dieci giorni successivi alla deliberazione di adozione di cui al 2° comma del presente articolo, il Sindaco notifica agli aventi titolo la sospensione delle concessioni e autorizzazioni in contrasto, salvo che gli sia stato comunicato nei modi e forme di legge, l'inizio dei lavori come definito dall'11° comma del precedente art. 49.
Ove il Comune non provveda all'adozione del Piano Regolatore Generale nei tempi previsti dal 7° comma dell'art. 15, la Giunta regionale applica i poteri sostitutivi di cui all'ultimo comma dello stesso articolo. In tal caso la salvaguardia sul progetto preliminare si intende vigente fino alla emanazione del relativo atto di approvazione e comunque non oltre i termini previsti dall'ultimo comma.
La Giunta regionale, su richiesta del Comune o per iniziativa diretta, può, con provvedimento motivato da notificare all'interessato a norma del Codice di Procedura Civile, ordinare la sospensione dei lavori di trasformazione di proprietà private, autorizzati prima dell'adozione degli strumenti urbanistici, che siano in contrasto con le destinazioni d'uso previste dagli strumenti urbanistici adottati, ove ravvisi gravi impedimenti all'attuazione delle previsioni degli strumenti stessi.
I provvedimenti cautelari, di inibizione e di sospensione, di cui agli artt. 9, 9-bis, e 25, 6° comma, della presente legge, e le sospensioni di cui al comma precedente non possono dispiegare la loro efficacia oltre i 36 mesi.
I provvedimenti sospensivi del primo, secondo, e quinto comma si applicano fino alla data di approvazione degli strumenti urbanistici. Le sospensioni non potranno comunque essere protratte oltre i tre anni dalla data di adozione dei Piani Territoriali o del Progetto Territoriale Operativo, nonché degli strumenti urbanistici, generali ed esecutivi, e dei progetti preliminari (121).
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(121) Articolo così modificato prima dall'art. 38 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, e successivamente dall'art. 53 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, dall'art. 11 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70, e dall'art. 17 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
TITOLO VII
Vigilanza e sanzioni
Art. 59
Vigilanza sulle costruzioni e sulle opere di modificazione del suolo e del sottosuolo.
Il Sindaco esercita la vigilanza sulle costruzioni sulle opere di modificazione del suolo e del sottosuolo, sulle modifiche di destinazione degli immobili e sulle attività per le quali, a norma della presente legge, è necessaria la concessione o l'autorizzazione, per assicurarne la rispondenza alle leggi e ai regolamenti, alle previsioni e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, ai contenuti e agli ambiti delle concessioni e delle autorizzazioni, alle condizioni e alle modalità di esecuzione delle opere e delle costruzioni.
A tal fine il Sindaco si avvale dei funzionari ed agenti comunali ed organizza le forme di controllo ritenute più efficienti.
I funzionari, agenti o incaricati dei controlli, per esercitare le funzioni di vigilanza e verifica possono accedere ai cantieri, alle costruzioni ed ai fondi muniti del mandato del Sindaco.
Art. 60
Controllo partecipativo.
Chiunque può prendere visione, presso gli uffici comunali, dei registri di cui all'art. 48, nonché di tutti gli atti delle pratiche edilizie, comprese domande e progetti, ed ottenere copia integrale, previo deposito delle relative spese.
Ogni cittadino singolarmente, o quale rappresentante di un'associazione o di un'organizzazione sociale, può presentare ricorso al Presidente della Giunta regionale, agli effetti del D.P.R. 24 novembre 1971, n. 1199, sul rilascio delle concessioni e delle autorizzazioni alle modificazioni del suolo, del sottosuolo, delle destinazioni d'uso, che ritenga in contrasto con le disposizioni di legge o di regolamenti; può inoltre sollecitare gli interventi di vigilanza dei competenti uffici regionali e comunali (122).
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(122) Articolo così modificato dall'art. 54 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 61
Sospensione di attività compiute con inosservanza di norme e prescrizioni.
Qualora sia constatata l'inosservanza di leggi, di regolamenti, di prescrizioni di strumenti urbanistici e dei loro programmi di attuazione, il Sindaco emette ordinanza con ingiunzione per l'immediata cessazione di ogni attività che risulti o possa risultare in violazione delle norme e delle prescrizioni suddette.
L'ordinanza viene notificata al proprietario e al titolare della concessione o dell'autorizzazione, qualora sia persona diversa dal proprietario, all'assuntore ed al direttore dei lavori, che risultano dalla domanda di concessione o di autorizzazione o dai documenti in possesso del Comune. La notifica è effettuata a norma dell'art. 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile, affissa all'albo pretorio, nonché in corrispondenza dei luoghi di svolgimento dell'attività vietata; è annotata nel registro delle concessioni e delle autorizzazioni di cui all'art. 48, comunicata ai sensi dell'art. 15, ultimo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10, agli uffici competenti per la cessazione delle forniture o dei servizi pubblici che siano stati ottenuti o che siano erogati in funzione della regolarità della posizione del titolare della concessione o dell'autorizzazione.
Allo scopo di attivare i provvedimenti di competenza, l'ordinanza viene anche comunicata all'Intendenza di Finanza, agli Enti, agli uffici ed alle aziende di credito competenti per le erogazioni di contributi o di altre provvidenze, e, nelle zone vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497, anche alla Giunta regionale (123).
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(123) Articolo così modificato prima dall'art. 39 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 55 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 62
Attuazione al divieto di opere.
Effettuata la notifica dell'ordinanza per la cessazione delle attività di cui all'articolo precedente, il Sindaco, qualora si verifichi inosservanza all'ordine di cessazione delle opere, può disporre la apposizione di sigilli agli accessi ai luoghi di svolgimento delle attività abusive, al macchinario impiegato o alle cose e ai luoghi indispensabili per lo svolgimento dei lavori. Di tale operazione viene redatto apposito verbale da notificare ai soggetti di cui al secondo comma dell'art. 61, non presenti alle operazioni.
I sigilli sono sottoposti a periodiche verifiche, anche a cura del custode da nominare fra persone estranee alle attività abusive. Le spese per le misure cautelari e per la custodia sono addebitate di solito ai soggetti responsabili, cui sia stata notificata l'ordinanza. La somma viene riscossa a norma del R.D. 14 aprile 1910, n. 639.
L'ordinanza ha efficacia sino all'emanazione dei provvedimenti di cui all'art. 63 e seguenti.
Ai fini della tutela dei terzi, il Sindaco dispone la trascrizione dell'ordinanza nei registri immobiliari. Ove il provvedimento venga revocato o perda comunque la sua efficacia, il Sindaco adotta le misure necessarie per ottenere la cancellazione.
Art. 63
Sanzioni amministrative per mancato o ritardato pagamento del contributo per la concessione.
Il mancato versamento del contributo per la concessione nei termini di cui al precedente art. 52 comporta:
a) la corresponsione degli interessi legali di mora, se il versamento avviene nei successivi 30 giorni;
b) la corresponsione di una penale pari al doppio degli interessi legali qualora il versamento avvenga negli ulteriori 30 giorni;
c) l'aumento di un terzo del contributo dovuto, quando il ritardo si protragga oltre il termine di cui alla precedente lett. b).
Art. 64
Sanzioni amministrative per opere eseguite in totale difformità o assenza della concessione.
Le opere eseguite in totale difformità o in assenza di concessione, debbono essere demolite a cura e a spese del proprietario entro il termine fissato dal Sindaco con ordinanza motivata. Il tempo non può essere superiore a 60 giorni dalla data della notifica dell'ordinanza. Ove, per obiettive ragioni tecniche, occorra un maggior tempo, il Sindaco può emettere un provvedimento motivato di proroga.
L'ordinanza è notificata al proprietario, nonché ai soggetti di cui al 2° comma dell'art. 61 con le formalità in esso previste.
Decorso tale termine le predette opere sono acquisite gratuitamente, con l'area su cui insistono, al patrimonio indisponibile del Comune che le utilizza a fini pubblici, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica. L'esecuzione si effettua a norma dell'art. 15, 4°, 5° e 6° comma, della legge 28 gennaio 1917, n. 10.
Per area, su cui insiste l'opera abusiva, si intende l'area da essa coperta e le sue immediate pertinenze, valutate anche ai fini dell'accesso e tenuto conto del rapporto di copertura previsto dal Piano Regolatore Generale.
Il provvedimento di acquisizione non è ammesso qualora l'opera eseguita in totale difformità o in assenza della concessione contrasti con relativi interessi urbanistici o ambientali, oppure non sia suscettibile di utilizzazione a fini pubblici.
In questo caso, ove i soggetti, ai quali è stata notificata l'ordinanza di demolizione, non abbiano provveduto nei termini fissati, il Sindaco provvede alla demolizione o alla rimissione in pristino, fissando con ordinanza la data di inizio della esecuzione, comunque entro e non oltre il novantesimo giorno da quello della scadenza del termine di cui al 1° comma, ed attua la demolizione avvalendosi degli uffici o mediante affidamento ad imprese private o ad aziende pubbliche.
Le spese sono a carico solidale dei soggetti responsabili, cui sia stata notificata l'ordinanza ed alla loro riscossione si provvede a norma del R.D. 14 aprile 1910, n. 639.
Il provvedimento del Sindaco, di cui al 1° comma, del presente articolo, viene emesso senza necessità di alcun parere di altri organi.
Si effettuano, in quanto applicabili, le comunicazioni di cui al 2° e 3° comma dell'art. 61.
Art. 65
Sanzioni amministrative per opere in parziale difformità dalla concessione.
[Le opere realizzate in parziale difformità dalla concessione debbono essere demolite a spese del concessionario entro il termine fissato dal Sindaco con ordinanza. Il termine per l'inizio dei lavori non può essere superiore a 40 giorni dalla notifica dell'ordinanza e per la loro conclusione non può essere superiore a 6 mesi. L'ordinanza è notificata al concessionario e ai soggetti, di cui al 2° comma dell'art. 61, con le formalità in esso previste.
Nel caso in cui le opere predette non possano essere rimosse senza pregiudizio delle parti della costruzione conformi al progetto, il Sindaco applica una sanzione pari al doppio del valore delle parti dell'opera realizzata in difformità dalla concessione.
Sono considerati casi di difformità totale quelli in cui le costruzioni superino di oltre un quinto il volume o di un terzo l'altezza prevista nella concessione.
Il Sindaco può altresì procedere alla sanzione prevista dall'articolo precedente nel caso in cui l'immobile abbia avuto un mutamento sostanziale della destinazione d'uso rispetto a quella prevista nella concessione e il concessionario o il proprietario non abbiano ripristinato la destinazione entro il termine fissato dal Sindaco con ordinanza, emessa a norma del primo e secondo comma del presente articolo.
Non si procede alla demolizione, ovvero all'applicazione della sanzione di cui ai commi precedenti, nel caso di realizzazione con lievi difformità, purché le opere non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti e non modifichino l'altezza, la superficie utile e la destinazione d'uso delle costruzioni, per le quali è stata rilasciata la concessione, e purché prima della domanda del certificato di abitabilità sia stata rilasciata la concessione in sanatoria.
Si effettuano, in quanto utilmente applicabili, le comunicazioni di cui al 2° e 3° comma dell'art. 61] (124).
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(124) Articolo abrogato dall'art. 13 della L.R. 8 luglio 1999, n. 19.
Art. 66
Sanzioni amministrative conseguenti all'annullamento della concessione.
In caso di annullamento della concessione, qualora non sia possibile la rimozione di vizi delle procedure amministrative o la riduzione in pristino, il Sindaco applica una sanzione pecuniaria di pari valore venale delle opere o delle parti abusivamente eseguite, valutato dall'Ufficio Tecnico Erariale.
La valutazione dell'Ufficio Tecnico Erariale è notificata dal Sindaco a norma dell'art. 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.
Art. 67
Poteri sostitutivi e relativi oneri.
Qualora il Sindaco non provveda agli adempimenti previsti dagli artt. 61 e seguenti, il Presidente della Giunta regionale d'ufficio, gli notifica l'invito di emettere, entro 60 giorni dal ricevimento, i provvedimenti di competenza. Trascorso inutilmente tale termine, il Presidente della Giunta regionale provvede direttamente (125).
Gli oneri relativi all'esercizio dei poteri sostitutivi nei confronti dei Comuni disciplinati dalla presente legge, sono iscritti d'ufficio nel bilancio comunale, secondo le norme della legislazione statale e regionale.
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(125) Comma così modificato dall'art. 19 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 68
Annullamento di concessione e di autorizzazione.
Entro 10 anni dalla loro adozione, le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che autorizzano opere non conformi alle norme e alle prescrizioni delle leggi urbanistiche, dei regolamenti o degli strumenti urbanistici, o che costituiscono violazione alle norme e prescrizioni predette, possono essere annullati con deliberazione della Giunta regionale (126).
Il provvedimento di annullamento è emesso entro 18 mesi dalla notifica dell'accertamento delle violazioni di cui al primo comma. La notifica dell'accertamento deve essere effettuata a norma dell'art. 137 e seguenti del Codice di Procedura Civile al titolare della concessione o della autorizzazione, al proprietario della costruzione, al progettista e al Comune interessato con invito a presentare controdeduzioni nel termine di 60 giorni.
La Giunta regionale può ordinare la sospensione dei lavori, con provvedimento da notificare al direttore dei lavori e alle persone di cui al precedente comma e con le formalità ivi indicate. L'ordine dl sospensione cessa di avere efficacia se entro 6 mesi dalla sua notificazione non sia stato disposto l'annullamento della concessione o della autorizzazione.
Entro 30 giorni dalla notificazione dell'annullamento il Comune deve provvedere a norma degli artt. 61 e seguenti; ove non provveda si applica l'art. 67.
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(126) Comma così sostituito dall'art. 40 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
Art. 69
Altre sanzioni amministrative.
Salvo quanto stabilito dalle leggi statali e dalle leggi regionali di settore e senza pregiudizio delle sanzioni penali e della sanzione prevista dall'art. 15 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, le violazioni delle prescrizioni e dei divieti della presente legge comportano le seguenti sanzioni amministrative:
a) per le opere soggette ad autorizzazione, qualora esse siano eseguite senza autorizzazione o in difformità, il pagamento da L. 200.000 a L. 30.000.000;
b) per il mutamento della destinazione d'uso, di edifici esistenti o di aree, prevista negli strumenti urbanistici, per il quale non sia stata conseguita la concessione a norma dell'art. 48, il pagamento da L. 500.000 a L. 1.000.000.000, non irrogabile qualora sia stata disposta l'acquisizione a norma del precedente art. 64;
c) per l'apertura di strade senza concessione, il pagamento da L. 1.000.000 a L. 50.000.000;
d) per il taglio non autorizzato di boschi o per l'indebolimento o abbattimento di alberi di pregio ambientale o paesaggistico, il pagamento da L. 100.000 a L. 50.000.000;
e) per l'apertura di pozzi, senza autorizzazione, per le discariche abusive e/o inquinanti e per i prelievi da falde acquifere dannosi al razionale utilizzo delle falde, il pagamento da L. 100.000 a L. 100.000.000. Nei casi di particolare gravità, sia per dimensione che per l'entità del danno, previo parere della Giunta regionale, la sanzione può essere elevata fino a L. 2.000.000.000 (127);
f) per la mancata richiesta di autorizzazione all'abitabilità o usabilità delle costruzioni, di cui al precedente art. 57, o per l'uso delle costruzioni anteriormente al rilascio della relativa autorizzazione il pagamento da L. 10.000 a L. 100.000 (128);
g) per chi si sottrae agli obblighi di consentire l'accesso, di cui all'art. 59, il pagamento da L. 100.000 a L. 5.000.000;
h) a chi rimuove i sigilli, apposti a norma dell'art. 62 a seguito di violazione dell'ingiunzione di cessazione dei lavori, il pagamento da L. 500.000 a L. 10.000.000.
Le sanzioni di cui al comma precedente, tra il minimo e il massimo, sono commisurate:
- per la lett. a) ad una somma pari al 50% delle opere eseguite;
- per la lett. b) ad una somma pari al 50% del maggior valore conseguente la modifica della destinazione d'uso;
- per la lett. c) ad una somma pari all'80% del valore delle strade realizzate;
- per la lett. d) ad una somma pari all'80% del valore delle unità abbattute
- per la lett. e) ad una somma pari al valore delle opere attuali o al valore del danno causato;
- per la lett. g) ad una somma pari al 10% del valore dell'edificio su cui è impedita la vigilanza;
- per la lett. h) ad una somma pari al 50% del valore dell'opera a cui sono stati apposti i sigilli (129).
La stima del valore corrente dei beni suddetti, necessaria per la determinazione della sanzione da parte del Presidente della Giunta regionale, viene effettuata dall'Amministrazione Comunale interessata (130).
È vietato a tutte le aziende erogatrici di servizi pubblici di somministrare le loro forniture per l'esecuzione di opere prive di concessioni e per quelle cui sia stata notificata l'ordinanza di cui all'art. 61 della presente legge, ovvero di quelle di cui agli artt. 64, 65, 67 (131).
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(127) Lett. e) così modificata dall'art. 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
(128) Lett. f) così modificata dall'art. 41 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
(129) Comma aggiunto dall'art. 41 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
(130) Comma aggiunto dall'art. 41 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
(131) Comma aggiunto dall'art. 41 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
Art. 70
Procedimento per le sanzioni amministrative.
Qualora non sia differentemente disposto dalla presente legge, le infrazioni punite con sanzioni amministrative sono contestate a mezzo di verbale, compilato da funzionari e agenti comunali di cui al 2° comma dell'art. 59 e notificato a norma del Codice di Procedura Civile al trasgressore unitamente alla contestazione dell'infrazione, con l'invito a presentare le proprie controdeduzioni entro 15 giorni dalla notifica.
La sanzione viene irrogata dal Presidente della Giunta regionale, con decreto contenente l'ingiunzione al pagamento entro 30 giorni dalla data della notifica.
La riscossione della somma prevista nell'ingiunzione di pagamento avviene a norma del R.D. 14 aprile 1910, n. 639.
Le somme introitate a titolo di sanzione amministrativa sono destinate al fondo di cui all'art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
TITOLO VIII
Delega di esercizio delle funzioni regionali in materia di espropriazione per la pubblica utilità
Art. 71
Delega delle funzioni espropriative.
L'esercizio delle funzioni espropriative per quanto attiene alle opere di pubblica utilità, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, art. 106, è delegato, per le opere di loro acquisizione e competenza, ai Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, alle Province, alle Comunità Montane, ai Consorzi dei Comuni istituiti ai sensi dei precedenti artt. 8, 16 e 34.
I provvedimenti espropriativi previsti dal presente articolo sono comunicati alla Regione e pubblicati per estratto sul Bollettino Ufficiale della Regione (132).
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(132) Articolo così sostituito dall'art. 56 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 72
Funzioni espropriative non delegate.
Restano riservate alla Regione ed esercitate dal Presidente della Giunta regionale le funzioni espropriative non delegate ai sensi del precedente art. 71, nonché quelle attinenti alle opere regionali e quelle dello Stato, ove esse siano delegate alle Regioni, compresi in questo caso i provvedimenti di accesso e di occupazione temporanea.
Dette funzioni amministrative possono essere delegate dal Presidente ad un componente della Giunta regionale.
Art. 73
Poteri sostitutivi.
In caso di inerzia degli organi delegati, la Giunta regionale, su proposta dell'assessore competente, invita gli stessi a provvedere entro 30 giorni, decorsi i quali la Giunta adotta in via sostitutiva i singoli atti.
TITOLO IX
Organi tecnici e consultivi
Art. 74
Individuazione e organizzazione delle funzioni.
Ai fini dell'applicazione della presente legge l'organizzazione degli uffici e dei servizi è individuata sulla base delle seguenti funzioni:
a) verifica formale e istruttoria degli strumenti urbanistici generali sottoposti all'approvazione della Regione e parere sugli strumenti urbanistici attuativi sottoposti ad approvazione decentrata qualora richiesto dai Comuni;
b) verifica sostanziale degli strumenti urbanistici generali, dei Piani Territoriali Operativi e dei Piani di settore;
c) raccolta sistematica delle informazioni e dei documenti sull'uso del suolo per la formazione della banca dei dati urbani e territoriali;
d) formazione delle cartografie di base e tematiche e loro aggiornamento in relazione alle trasformazioni d'uso del territorio e all'attuazione dei piani;
e) predisposizione degli strumenti urbanistici nell'esercizio del potere sostitutivo;
f) predisposizione degli atti tecnici e dei provvedimenti di competenza regionale per la definizione e l'aggiornamento degli oneri di urbanizzazione, dell'aliquota del costo di costruzione, dell'elenco dei Comuni obbligati alla formazione del programma pluriennale di attuazione, raccolta e memorizzazione dei dati tecnici e finanziari per la gestione;
g) memorizzazione delle opere infrastrutturali e di urbanizzazione realizzate e di quelle ammesse a contributo;
h) vigilanza e predisposizione delle misure di salvaguardia e di controllo di competenza regionale;
i) consulenza tecnica e legale agli Enti locali per la pianificazione e la gestione urbanistica e per la promozione del processo di pianificazione a livello locale;
l) segreteria del Comitato Regionale Urbanistico (133), predisposizione degli atti e dei provvedimenti amministrativi, esecuzione dei provvedimenti in materia urbanistica.
La struttura del Servizio Urbanistico regionale è definita con legge regionale entro 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge (134).
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(133) L'art. 12 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70 ha sostituito al Comitato Urbanistico Regionale la Commissione Tecnica Urbanistica (vedi art. 76 della presente legge).
(134) Articolo dapprima sostituito dall'art. 57 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi così modificato dall'art. 19 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 75
Uffici comunali e intercomunali di programmazione, di pianificazione e di gestione urbanistica.
In attuazione di quanto previsto dall'art. 43 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e della vigente legislazione regionale, i Comuni singoli o associati, possono istituire uffici di programmazione, di pianificazione e di gestione del territorio.
La Regione può concedere, con propri provvedimenti legislativi, contributi per l'impianto e il funzionamento degli uffici di cui al precedente comma (135).
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(135) Articolo modificato prima dall'art. 1 della L.R. 9 gennaio 1978, n. 4, poi dall'art. 42 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, e successivamente così sostituito dall'art. 58 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 76
Commissione tecnica urbanistica (C.T.U.).
È istituita la Commissione Tecnica Urbanistica.
La Commissione è costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale, rimane in carica fino al termine della legislatura ed ha sede nel capoluogo della Regione; essa esercita peraltro, anche dopo la scadenza, le funzioni che le sono attribuite dalla presente legge, fino al suo rinnovo.
La Commissione Tecnica Urbanistica è composta da:
a) l'Assessore regionale all'urbanistica, che la presiede o, in sua assenza, altro Assessore designato dal Presidente della Giunta regionale;
b) otto esperti, di cui sei devono garantire la specifica e comprovata competenza nelle discipline che interessano la pianificazione territoriale ed urbanistica, la viabilità e i trasporti, la geologia, l'ambiente e l'agricoltura, designati dal Consiglio regionale, con voto limitato a cinque nominativi;
c) tre esperti designati rispettivamente dalla sezione regionale della Associazione Nazionale dei Comuni d'Italia (A.N.C.I.), dalla Sezione regionale dell'Unione Nazionale Province Italiane (U.R.P.P.), dalla Delegazione regionale della Unione Nazionale dei Comuni ed Enti Montani (U.N.C.E.M.);
d) sette esperti designati rispettivamente dall'Ordine degli Architetti, dall'Ordine degli Ingegneri, dall'ordine regionale dei Geologi, dall'Università degli Studi di Torino, dal Politecnico di Torino, dall'Istituto Nazionale di Urbanistica, dall'Associazione Nazionale Centri Storici Artistici (136).
Le riunioni della Commissione sono valide con la presenza della metà dei membri di cui al terzo comma; i pareri sono espressi con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti alla riunione, a norma della legge 3 gennaio 1978, n. 1, articolo 9, secondo comma. È facoltà dei membri aventi diritto al voto di esprimere pareri di minoranza.
I componenti di cui alle lettere b), c) e d) del terzo comma sono scelti fra esperti qualificati con specifica e provata competenza nelle discipline della pianificazione territoriale ed urbanistica maturata in non meno di dieci anni, non possono essere rinnovati e sono tenuti ad astenersi dal partecipare all'esame, alla discussione ed al voto degli atti alla cui redazione hanno partecipato direttamente o tramite Uffici a cui sono associati o con cui hanno in atto rapporti dl collaborazione.
I singoli atti sono sottoposti all'esame della Commissione su relazione di un funzionario dirigente dell'Assessorato all'Urbanistica, designato dall'Assessore.
I rappresentanti degli Enti locali possono partecipare alle sedute in cui si discutono atti ai quali sono direttamente interessati con facoltà di essere coadiuvati da esperti, alle sedute sono altresì invitati i rappresentanti delle Amministrazioni pubbliche direttamente interessate.
Il Presidente della Commissione può invitare, senza diritto di voto, alle adunanze, con possibilità di chiedere loro contributi conoscitivi, esperti in rappresentanza e su designazione delle Organizzazioni regionali delle Categorie produttive e delle Associazioni ambientaliste maggiormente rappresentative, studiosi e tecnici particolarmente esperti in particolari problemi, nonché dirigenti regionali dei settori interessati. Possono inoltre assistere alle sedute i Consiglieri regionali.
I pareri della Commissione sono espressi in presenza dei soli componenti elencati al terzo comma.
La nomina dei membri della Commissione Tecnica Urbanistica di cui alle lettere b), c) e d) del terzo comma del presente articolo può essere revocata con decreto del Presidente della Giunta regionale per gravi e ripetute inadempienze, su proposta motivata degli organi o degli enti che hanno formulato la designazione.
Alle spese di funzionamento della Commissione Tecnica Urbanistica si provvede con apposito stanziamento (137).
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(136) Lettera d) così sostituita dall'art. 1 della L.R. 27 maggio 1996, n. 30.
(137) Articolo dapprima modificato dall'art. 43 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, e dall'art. 1 della L.R. 17 ottobre 1983, n. 18; poi sostituito dall'art. 59 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, a sua volta modificato dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8, e dall'art. 1 della L.R. 31 agosto 1988, n. 41; nuovamente così sostituito dall'art. 12 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 77
Compiti della Commissione Tecnica Urbanistica.
La Commissione Tecnica Urbanistica è organo consultivo della Giunta regionale; essa esprime parere sui seguenti atti:
a) disegni di legge, regolamenti, programmi o piani della Regione ed altri atti regionali, sui quali la Giunta regionale intenda acquisire il parere della Commissione;
b) Piani Regolatori Generali di ogni Comune formati e adottati ai sensi del titolo III della presente legge;
c) revisioni e varianti, di cui al comma 4 dell'articolo 17, degli strumenti urbanistici generali dei Comuni aventi popolazione residente superiore a diecimila abitanti, nonché degli strumenti urbanistici generali intercomunali quando la popolazione residente complessiva dei Comuni interessati superi ventimila abitanti; (138).
d) revisioni e varianti degli strumenti urbanistici generali delle quali l'esame regionale abbia richiesto la rielaborazione di cui al penultimo comma dell'articolo 15;
e) strumenti urbanistici sui quali, anche sulla scorta dei rilievi a questo proposito formulati dal Consiglio comunale o sue minoranze a riportarsi nella delibera di adozione, la Giunta regionale o l'Assessore all'Urbanistica intendano comunque acquisire il parere della Commissione;
f) strumenti urbanistici generali o esecutivi e Piani regolatori generali intercomunali, per i quali, rispettivamente il Comune o la Comunità montana o il Consorzio, abbiano richiesto alla Regione, con la deliberazione di adozione, l'espressione del parere della Commissione Tecnica Urbanistica.
Il parere della Commissione Tecnica Urbanistica sulle materie di cui alle lettere b), c) e d) è obbligatorio, non vincolante (139).
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(138) Lettera c) così sostituita dall'art. 3 della L.R. 29 luglio 1997, n. 41.
(139) Articolo dapprima modificato dall'art. 44 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50 e dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17; poi sostituito dall'art. 60 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, a sua volta modificato dall'art. 1 della L.R. 31 agosto 1988, n. 41 e dall'art. 17 della L.R. 3 aprile 1989, n. 20; nuovamente così sostituito dall'art. 13 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70, a sua volta così modificato dall'art. 3 della L.R. 26 luglio 1997, n. 41.
Art. 77-bis
Compiti della Commissione Tecnica Urbanistica e della Commissione regionale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali riunite in seduta congiunta.
La Commissione Tecnica Urbanistica e la Commissione Regionale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali sono convocate in seduta congiunta dal Presidente della Commissione Tecnica Urbanistica per esprimere un unico parere obbligatorio, non vincolante, su:
a) il Piano Territoriale Regionale;
b) i Piani Territoriali Provinciali ed il Piano Territoriale Metropolitano;
c) i Progetti Territoriali Operativi;
d) i Piani Paesistici;
e) i Piani di Area dei Parchi e delle altre aree protette (140).
Le riunioni congiunte delle due Commissioni sono valide con la presenza di un terzo dei componenti l'assemblea con diritto di voto e i pareri espressi sono approvati quando vengono adottati con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti alla riunione a norma dell'art. 9, 2° comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (141).
Le riunioni sono presiedute dal Presidente di una delle due Commissioni (142).
Le due Commissioni sono altresì riunite con le modalità e le procedure dei commi precedenti per esprimere in modo coordinato e contestuale i pareri di loro competenza sugli strumenti urbanistici esecutivi, quando questi ultimi richiedano il parere della Commissione regionale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali ed ambientali e siano collegati ad una variante dello strumento urbanistico generale, ai sensi del 4° comma dell'art. 17 (143) (144).
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(140) Comma così sostituito dall'art. 18 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
(141) Comma così modificato dall'art. 14 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
(142) Comma così modificato dall'art. 14 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
(143) Comma così modificato dall'art. 14 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
(144) Articolo aggiunto dall'art. 9 della L.R. 3 aprile 1989, n. 20. Il titolo è stato modificato dall'art. 14 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 78
Efficacia dei pareri della Commissione Tecnica Urbanistica.
La comunicazione al Comune del parere della Commissione Tecnica Urbanistica per la formulazione delle controdeduzioni di cui all'art. 15 della presente legge, vincola il Comune alla immediata salvaguardia per quanto attiene le osservazioni contenute nel parere (145).
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(145) Articolo sostituito dall'art. 61 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente così modificato dall'art. 15 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 79
Progettazione degli strumenti urbanistici.
Gli incarichi esterni per la progettazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi sono conferiti dai Comuni ad esperti laureati in urbanistica, in architettura ed in ingegneria, con specifica competenza nella disciplina urbanistica.
Per l'intera durata dell'incarico di progettazione dei piani generali e fino alla loro approvazione i progettisti non possono assumere incarichi di progettazione da parte di privati nell'ambito dei Comuni interessati.
Per la redazione degli allegati tecnici di cui all'art. 14, punti 2a) e 2b), e per gli accertamenti di cui al 2° comma dell'art. 29, gli incarichi debbono essere conferiti a laureati in urbanistica e ad esperti con specifica competenza iscritti ai rispettivi albi professionali, ed in particolare, per gli allegati di cui al punto 2b) di cui all'art. 14, a laureati in geologia o ingegneria (146).
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(146) Articolo dapprima modificato dall'art. 45 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 62 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
TITOLO X
Disposizioni transitorie e finali
Art. 80
Prima formazione dei Piani Socio-economici e Territoriali.
... (147).
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(147) Articolo dapprima modificato dall'art. 46 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50 e dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8, poi abrogato dall'art. 22 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 80-bis
Interventi di interesse regionale nelle more di approvazione del primo Piano Territoriale.
... (148).
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(148) Articolo aggiunto dall'art. 63 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente abrogato dall'art. 22 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 81
Perimetrazione degli abitati.
Ai fini della presente legge, le perimetrazioni di cui all'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, e all'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, coincidono in una unica perimetrazione, che su mappe catastali aggiornate, delimita per ciascun centro o nucleo abitato le aree edificate con continuità ed i lotti interclusi con esclusione delle aree libere di frangia, anche se già urbanizzate. Non possono essere compresi nella perimetrazione gli insediamenti sparsi.
La perimetrazione dei centri abitati e la delimitazione dei centri storici, ai fini e per gli effetti della presente legge e dell'art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, adottate dal Comune, sono approvate, entro 60 giorni dalla data di ricevimento, con deliberazione della Giunta regionale resa immediatamente esecutiva.
Trascorso tale termine senza che siano intervenute osservazioni, la perimetrazione si intende approvata.
Con il provvedimento di approvazione la Giunta regionale può apportare modifiche alle perimetrazioni adottate dal Comune, per l'osservanza del disposto del primo comma e per la tutela delle preesistenze storico-artistiche e ambientali (149).
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(149) Articolo così modificato dall'art. 64 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 82
Previsioni insediative nella formazione e nell'adeguamento dei Piani Regolatori Generali fino all'approvazione del primo Piano Territoriale.
... (150)
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(150) Articolo dapprima modificato dall'art. 65 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8, poi abrogato dall'art. 22 della L.R. 10 novembre 1994, n. 45.
Art. 83
Programmi pluriennali di attuazione nei Comuni non dotati di Piano Regolatore ai sensi del Titolo III. Limitazioni all'attività costruttiva per i Comuni privi di strumento urbanistico adeguato alle prescrizioni del Titolo III.
I Comuni dotati di Piano Regolatore Generale o di Programma di Fabbricazione approvato precedentemente al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, dalla data di entrata in vigore della presente legge non possono approvare il programma pluriennale di attuazione. Dopo la scadenza o la revoca del programma eventualmente in corso il rilascio di concessioni o autorizzazioni edilizie è assoggettato esclusivamente al regime del successivo articolo 85.
I Comuni dotati di Programma di Fabbricazione approvato in data posteriore all'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, dopo l'entrata in vigore della presente legge, non possono più adottare varianti. Dopo un anno dall'entrata in vigore della presente legge, qualora non abbiano trasmesso alla Regione il Piano Regolatore, possono rilasciare concessioni o autorizzazioni edilizie solo per interventi di cui alle lettere a), b), c), d), dell'articolo 13, sempre che non siano in contrasto con il Programma di Fabbricazione vigente. Le stesse limitazioni si applicano dopo la scadenza delle misure di salvaguardia del Piano Regolatore.
I Comuni dotati di Piano Regolatore approvato in data posteriore all'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, ivi inclusi quelli approvati con le procedure di cui all'articolo 90, possono adottare varianti al Piano Regolatore vigente aventi ad oggetto progetti di rilievo urbano che richiedono accelerata attuazione, solo nel caso in cui abbiano adottato il progetto preliminare del Piano Regolatore Generale a norma dell'articolo 15, terzo comma, e a condizione che dette varianti siano conformi al progetto preliminare. Dopo due anni dall'entrata in vigore della presente legge, qualora non abbiano trasmesso alla Regione il Piano Regolatore, possono rilasciare concessioni o autorizzazioni solo per gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell'articolo 13, e per gli interventi per la realizzazione di opere pubbliche o di edilizia residenziale pubblica.
Il termine di cui al comma precedente può essere, su motivata richiesta dei Comuni stessi e con provvedimento motivato della Giunta regionale, sentita la competente commissione consiliare, prorogato sino ad anni tre (151).
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(151) Articolo dapprima modificato dall'art. 1 della L.R. 9 gennaio 1978, n. 4, e dall'art. 47 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50; poi sostituito dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, a sua volta modificato dall'art. 66 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8; nuovamente così sostituito dall'art. 16 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 84
Limitazioni della capacità insediativa nel primo e nel secondo programma di attuazione (152).
Il primo programma di attuazione e il secondo, se approvato ai sensi del 1° e del 2° comma dell'art. 83, sono formati tenendo conto delle seguenti limitazioni (153):
a) le capacità insediativa teorica complessiva delle aree residenziali di ristrutturazione, di completamento e di espansione dovrà essere rapportata alle effettive necessità insediative per il periodo di validità del programma (154);
b) nelle aree di espansione devono essere rispettati i parametri, di cui all'art. 21 della presente legge (155);
c) non è ammessa l'utilizzazione a scopo edificatorio delle aree libere all'interno dei centri storici, se non per servizi pubblici;
d) gli interventi relativi agli insediamenti industriali ed artigianali hanno per oggetto il riordino e la riqualificazione degli impianti esistenti, nonché l'attrezzatura di nuove aree in misura strettamente proporzionata al fabbisogno accertato. Qualora il Comune sia dotato di piani degli insediamenti produttivi, ai sensi dell'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, o di piani particolareggiati vigenti, nel programma di attuazione è inserita una aliquota del piani suddetti, determinata sulla base delle effettive richieste (156);
e) nei Comuni con interessi turistici, di cui all'art. 82, 2° comma, punto 3), in aggiunta alla capacità residenziale teorica di cui alla precedente lettera a), è ammessa l'inclusione nel programma di attuazione di aree destinate ad attrezzature alberghiere ed a residenza temporanea per vacanze, in misura non eccedente il 5% della capacità ricettiva esistente, comprendendo in tale percentuale tutte le concessioni rilasciate dopo il 31 dicembre 1978, per le quali non sia stata rilasciata la licenza di abitabilità alla data di adozione del primo programma di attuazione (157).
Eventuali scostamenti dai parametri limitativi del precedente comma, richiesti da particolari esigenze locali, dovranno essere motivati nella deliberazione comunale di adozione del programma.
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(152) Titolo così sostituito dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17.
(153) Così modificato dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, e dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8.
(154) Lett. a) così modificata dall'art. 67 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
(155) Lett. b) così sostituita dall'art. 1 della L.R. 9 gennaio 1978, n. 4.
(156) Lett. d) così modificata dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17.
(157) Lett. e) così modificata dall'art. 48 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
Art. 85
Disciplina transitoria dell'attività costruttiva.
Nei Comuni che all'entrata in vigore della presente legge siano sprovvisti di strumenti urbanistici generali vigenti o dotati di strumenti urbanistici generali approvati anteriormente all'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, sono consentiti:
a) nell'ambito dei perimetri dei centri storici, gli interventi di cui alle lett. a), b), c) dell'art. 13 e quelli di consolidamento statico; non sono comunque consentite maggiorazioni delle volumetrie preesistenti ed alterazioni degli orizzontamenti; è fatto divieto di apportare modifiche allo stato di luoghi;
b) nell'ambito del perimetro degli abitati, gli interventi di cui alle lett. a), b), c) dell'art. 13 e quelli di consolidamento statico, oltreché le opere di risanamento igienico anche se queste comportano modifiche alle destinazioni d'uso;
c) fuori dal perimetro degli abitati:
c1) l'edificazione a scopo abitativo entro un limite massimo pari a 0,03 mc su metro quadrato dell'area interessata; le relative concessioni possono essere rilasciate solo ai soggetti di cui agli artt 12 e 13 della legge 9 maggio 1975, n. 153, ed all'art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 352;
c2) modesti ampliamenti delle abitazioni necessari al miglioramento funzionale delle stesse non eccedenti il 20% della superficie utile esistente; 25 mq sono consentiti anche se eccedono tale percentuale;
c3) l'ampliamento di impianti industriali ed artigianali esistenti, non superiore a 2.000 metri quadrati di solaio utile lordo; la concessione non può essere concessa più di una volta per lo stesso impianto (158);
c4) la costruzione di attrezzature strettamente necessarie all'attività di aziende agricole come: stalle, silos, serre, magazzini, complessivamente non superiore a 1/3 dell'area ad esse strettamente asservita;
c5) gli interventi di cui alle lett. a), b), c), del 3° comma dell'art. 13 nonché le modifiche interne necessarie per l'efficienza degli impianti produttivi, industriali, artigianali ed agricoli;
c6) le opere da realizzare in attuazione di norme o di provvedimenti emanati a seguito di pubbliche calamità.
Nei Comuni dotati di strumenti urbanistici generali approvati anteriormente alla data di entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, gli interventi di cui al 1° comma possono essere concessi purché non siano in contrasto con prescrizioni più restrittive degli strumenti urbanistici vigenti.
Nelle zone classificate sismiche in caso di ristrutturazione sono consentiti gli interventi volti ad adeguare gli edifici esistenti alle disposizioni della legge 2 febbraio 1974, n. 64, nel rispetto dell'art. 16 della legge suddetta.
Le limitazioni di cui al 1° comma non si applicano:
a) per gli impianti tecnici di interesse generale per la erogazione di pubblici servizi e di servizi di interesse pubblico e per gli interventi relativi alle opere pubbliche realizzate dai Comuni e dagli Enti istituzionalmente competenti, quando esse siano conseguenti a pubbliche calamità o servano a soddisfare i fabbisogni pregressi degli abitanti esistenti e siano finanziati con mezzi propri dagli Enti suddetti;
b) all'interno dei piani dell'edilizia economica e popolare, formati ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni e integrazioni, o nelle aree predisposte ai sensi dell'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni e integrazioni.
Decorsi 120 giorni dalla data di trasmissione alla Regione dei Piani Regolatori Generali e delle loro revisioni e varianti, adottati ai sensi del Titolo III della presente legge, senza che sia intervenuta l'approvazione o la restituzione per rielaborazione totale o parziale, sono consentiti gli interventi di cui alle lettere a), b), c), d) dell'art. 13, nonché alla lettera f) dello stesso articolo in aree dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali, come definite dall'art. 91-quinquies, primo comma, lettera b), per destinazioni anche non residenziali, nel rispetto delle previsioni dello strumento urbanistico generale adottato, ancorché in contrasto con quelle dello strumento urbanistico approvato (159).
In ogni caso, i Comuni obbligati alla formazione del programma di attuazione, non possono approvare piani esecutivi convenzionati, formati ai sensi del precedente art. 43, fino all'approvazione del primo programma di attuazione (160).
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(158) Lett. c3) così modificata dall'art. 20 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
(159) Comma così sostituito dall'art. 17 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
(160) Articolo dapprima modificato dall'art. 49 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17 e dall'art. 68 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61; poi sostituito dall'art. 2 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 62, successivamente così modificato dall'art. 17 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 86
Adeguamento dei Piani particolareggiati vigenti (161).
I piani particolareggiati vigenti sono adeguati alle norme della presente legge entro 6 mesi dalla sua entrata in vigore. La loro realizzazione nel tempo è disciplinata dai programmi di attuazione di cui agli artt. 34 e seguenti.
Sono fatte salve le lottizzazioni convenzionate approvate dopo l'entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765, e conformi a essa. La loro attuazione è distribuita nel tempo all'interno dei programmi di attuazione comunali.
Nei Comuni obbligati alla formazione dei programmi di attuazione e fino all'approvazione degli stessi non è ammesso il rilascio di concessioni in attuazione di lottizzazioni convenzionate vigenti, se non per aree che all'entrata in vigore della presente legge risultino dotate di tutte le opere di urbanizzazione primaria e secondaria per le quali esista l'impegno della realizzazione.
Nell'attesa della formazione del primo programma di attuazione, i Comuni dotati di Piano Regolatore Generale vigente e conforme al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, possono formare ed adottare piani particolareggiati relativi ad aree attrezzate o da attrezzare di nuovo impianto o di riordino per insediamenti produttivi, nonché alle aree interessate per l'attuazione delle operazioni di rilocalizzazione, previste dall'art. 53 (162) (163).
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(161) Titolo così sostituito dall'art. 18 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
(162) Comma così sostituito dall'art. 1 della L.R. 9 gennaio 1978, n. 4.
(163) Articolo così modificato prima dall'art. 1 della L.R. 9 gennaio 1978, n. 4, poi dall'art. 86 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente dall'art. 18 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 87
Regolamenti edilizi regionali per l'edificazione (164).
[Il regolamento edilizio detta le norme che disciplinano l'attività edilizia in conformità della presente legge e definisce la composizione ed il funzionamento della Commissione, che esprime pareri obbligatori sulle domande di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio.
Ogni Comune deve adottare il regolamento edilizio entro 24 mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
Il regolamento edilizio è trasmesso alla Regione, che lo approva, con deliberazione della Giunta, entro 120 giorni dal ricevimento, apportando eventuali modifiche per adeguarlo alle norme di legge ed agli orientamenti regionali, di cui agli ultimi due commi del presente articolo (165).
Decorso il termine di cui al 2° comma, senza che i Comuni abbiano provveduto, la Giunta Regionale con proprio provvedimento sostitutivo, delibera il regolamento edilizio.
I regolamenti edilizi vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge conservano efficacia, per quanto non in contrasto con la presente legge e con la legge 28 gennaio 1977, n. 10, e successive modificazioni ed integrazioni, sino a quando non siano approvati i nuovi regolamenti (166).
I Comuni sprovvisti di regolamento edilizio e fino all'approvazione dello stesso, provvedono, in via transitoria, alla nomina della Commissione Igienico Edilizia, formata da non meno di cinque membri eletti dal Consiglio Comunale di cui almeno due tecnici. La deliberazione del Consiglio Comunale diventa esecutiva a norma dell'art. 3 della legge 9 giugno 1947, n. 530, e successive modificazioni ed integrazioni (167).
La Giunta regionale, sentiti il parere della Commissione consiliare competente e del Comitato Urbanistico Regionale (168), può definire e proporre criteri ed indirizzi omogenei per la redazione dei regolamenti edilizi e per l'edificazione a destinazione residenziale, commerciale, industriale, artigianale e agricola anche al fine del contenimento dei costi insediativi e dei costi di costruzione, mediante l'adozione di opportuni tipi di impianto urbanistici, di tipologie e componenti edilizi (169).
Con i suddetti criteri ed indirizzi sono altresì definite le provvidenze progettuali ed esecutive da assumere per il raggiungimento di più elevati requisiti di qualità dell'ambiente edificato e non, con particolare riferimento all'arredo urbano e del paesaggio, nonché al fine del superamento diffuso delle barriere architettoniche (170)].
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(164) Titolo così modificato dall'art. 50 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50. L'intero articolo è stato poi abrogato dall'art. 13 della L.R. 8 luglio 1999, n. 19.
(165) Comma così modificato dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8.
(166) Comma così sostituito dall'art. 50 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
(167) Comma aggiunto dall'art. 50 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
(168) L'art. 12 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70 ha sostituito al Comitato Urbanistico Regionale la Commissione Tecnica Urbanistica (vedi art. 76 della presente legge).
(169) Comma sostituito dall'art. 50 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50 e così modificato dall'art. 70 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
(170) Comma aggiunto dall'art. 70 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61.
Art. 88
Impianti produttivi ubicati in zone improprie.
Agli edifici a destinazione industriale sorti in zona agricola, di strumento urbanistico generale vigente ed approvato dopo l'entrata in vigore del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, eseguiti con licenza non successivamente annullata e non in contrasto con essa, che non siano nocivi o molesti e che ospitino attività produttive funzionali, possono, per un periodo non superiore a 5 anni dall'entrata in vigore della presente legge, essere concessi ampliamenti in misura non superiore al 50% della superficie di calpestio, per impianti fino a 1.000 mq ed a 500 mq nel caso in cui la superficie complessiva superi i 1.000 mq, anche se gli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge prevedevano diversa normativa; in ogni caso la superficie coperta non dovrà eccedere il 50% dell'area di proprietà.
Nello stesso periodo di 5 anni possono essere concesse sistemazioni interne ed ampliamenti, in misura non superiore al 30% della superficie complessiva coperta, e comunque non superiore a 1.000 mq di aziende agricole esistenti negli abitati e in zona impropria, in attesa di definitiva sistemazione, anche se gli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge prevedono diversa normativa.
Per le opere realizzate in applicazione dei precedenti commi, la concessione viene data dal Consiglio Comunale, su parere conforme del Comitato Comprensoriale (171).
Le norme relative agli ampliamenti di cui ai commi precedenti non si applicano dopo l'adozione del progetto preliminare di Piano Regolatore Generale ai sensi della presente legge (172).
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(171) I Comitati comprensoriali non sono più operanti a seguito dell'abrogazione, operata dall'art. 17 della L.R. 16 marzo 1989, n. 16, della L.R. 4 giugno 1975, n. 41, istitutiva dei Comprensori.
(172) Articolo così modificato dall'art. 51 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
Art. 89
Norme transitorie per l'approvazione dei Piani di sviluppo economico e sociale delle Comunità Montane fino all'approvazione dei Piani Territoriali.
... (173).
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(173) Articolo modificato prima dall'art. 52 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi dall'art. 71 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, e successivamente abrogato dall'art. 42 della L.R. 18 giugno 1992, n. 28.
Art. 90
Approvazione degli strumenti urbanistici generali adottati prima dell'entrata in vigore della presente legge.
I Piani Regolatori, adottati e posti in pubblicazione prima della data di entrata in vigore della presente legge e trasmessi alla Regione entro e non oltre 120 giorni dalla predetta data, sono verificati e approvati con le procedure della legge 17 agosto 1942, n. 1150, e successive modificazioni ed integrazioni.
Con le modalità di cui al comma precedente sono verificati e approvati i Programmi di Fabbricazione adottati prima dell'entrata in vigore della presente legge e trasmessi alla Regione entro 30 giorni dalla data di cui sopra.
I Comuni, i cui Piani Regolatori sono approvati ai sensi del 1° comma, debbono provvedere all'adeguamento del Piano Regolatore alla presente legge entro il termine di 12 mesi dalla sua avvenuta approvazione.
In caso di inosservanza dei termini stabiliti al presente articolo si applicano le disposizioni dell'ultimo comma dell'art. 15 (174).
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(174) Articolo così modificato dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8.
Art. 91
Approvazione degli statuti dei Consorzi.
Gli statuti dei Consorzi di Comuni per la formazione dei Piani Regolatori Generali e dei loro strumenti di attuazione, sono approvati con decreto del Presidente della Giunta regionale. Il decreto di approvazione è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione (175).
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(175) L'art. 25, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, dispone che gli statuti dei Consorzi di Comuni debbano essere approvati dai rispettivi consigli comunali.
Art. 91-bis
Commissione regionale per la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali (176).
È istituita la commissione regionale per i beni culturali e ambientali la quale è investita della competenza e delle attribuzioni delle Commissioni provinciali di cui all'art 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, modificato dall'art. 31 del D.P.R. 3 dicembre 1975, n. 805.
La Commissione svolge attività di consulenza a favore del Consiglio e della Giunta regionali, in materia di beni culturali e ambientali; fornisce indirizzi alle Sezioni Provinciali di cui al successivo 8° comma promuovendone il coordinamento e l'armonizzazione dei criteri operativi. La Commissione inoltre formula i pareri previsti agli artt. 40, 41-bis e 49 della presente legge. La Commissione è costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale, dura in carica tre anni ed ha sede nel capoluogo della Regione. I componenti sono rieleggibili.
La Commissione è composta da:
a) l'Assessore regionale competente per delega nella materia, con funzioni di Presidente;
b) il Presidente del C.U.R. (177) o suo delegato;
c) tre esperti nella materia di competenza nominati dal Consiglio regionale, di comprovata specifica esperienza scientifica e professionale;
d) il responsabile del Settore regionale competente in materia;
e) tre funzionari regionali, destignati dalla Giunta regionale tenendo conto della specifica competenza, di cui uno nella materia urbanistica;
f) il Soprintendente per i Beni Ambientali e Architettonici del Piemonte o suo delegato;
g) il Soprintendente Archeologico del Piemonte o suo delegato.
La partecipazione dei rappresentanti delle Amministrazioni statali è subordinata al consenso e alla designazione degli stessi.
Devono essere convocati ad esprimere un parere consultivo, i Sindaci dei Comuni sul cui territorio si intenda apporre nuovi vincoli.
Il Presidente può fare intervenire di volta in volta alle riunioni senza diritto di voto, studiosi e tecnici, esperti in specifici problemi, nonché rappresentanti designati da associazioni ambientalistiche ed agricole e da Associazioni e sodalizi culturali.
Le riunioni della Commissione sono valide con la presenza della maggioranza assoluta dei componenti con diritto di voto; le deliberazioni sono valide quando sono adottate con voto favorevole della maggioranza assoluta dei presenti.
Sono Sezioni decentrate della Commissione regionale le Sezioni provinciali per la tutela dei beni culturali ed ambientali costituite in numero di almeno una per ogni ambito provinciale: esse hanno sede di norma nel capoluogo di Provincia.
La Sezione provinciale promuove il censimento dei beni ambientali e culturali nel territorio di propria competenza; propone l'istituzione di vincoli e forme diverse di tutela su specifici beni o parti del territorio; formula il parere vincolante, di cui all'art. 49 della presente legge, in merito alle concessioni relative ad aree ed immobili che nelle prescrizioni del Piano Regolatore Generale sono definiti di interesse storico, artistico ed ambientale.
Ad essa può essere dalla Giunta regionale, sentita la Commissione regionale, di cui al presente articolo, attribuita la formulazione dei pareri previsti agli artt. 40 e 41-bis della presente legge, limitatamente ai casi in cui non siano richieste contestuali varianti urbanistiche sulla base degli indirizzi e dei criteri forniti ai sensi del 2° comma del presente articolo.
La Sezione provinciale dura in carica tre anni. Essa è eletta dal Consiglio regionale ed è composta da:
- cinque esperti, due dei quali, di norma, scelti in terne proposte dalle associazioni più rappresentative a livello provinciale, in materia urbanistica ed ambientale, ivi compreso un esperto con particolare competenza nel settore agricolo-forestale; la qualifica di esperto nella materia deve essere comprovata da specifica esperienza scientifica e professionale;
- due rappresentanti segnalati dall'Amministrazione Provinciale.
Tra i sette membri della Sezione provinciale il Consiglio regionale designa il Presidente.
Per lo svolgimento dell'attività delle Sezioni provinciali valgono le norme di cui ai precedenti 4° 5°, 6° e 7° comma.
Alle spese di funzionamento della Commissione Regionale e delle Sezioni provinciali si provvede a norma della L.R. 2 luglio 1976, n. 33.
Le modalità di funzionamento della Commissione regionale e delle Sezioni provinciali saranno previste da apposito regolamento (178).
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(176) Titolo così sostituito dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8.
(177) L'art. 12 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70 ha sostituito al Comitato Urbanistico Regionale la Commissione Tecnica Urbanistica (vedi art. 76 della presente legge).
(178) Articolo aggiunto dall'art. 53 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50, poi sostituito dall'art. 72 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, successivamente modificato dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8; nuovamente così sostituito dall'art. 8 della L.R. 3 aprile 1989, n. 20.
Art. 91-ter
Proroga dei termini.
Trascorsi i termini previsti dall'art. 19 della presente legge, su richiesta motivata del Comune, la Regione, con decreto del Presidente, può concedere una proroga non superiore a 18 mesi (179).
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(179) Articolo aggiunto dall'art. 53 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
Art. 91-quater
Tutela dello stato attivo del suolo coltivato.
Al fine di preservare o ricostruire le risorse del suolo coltivabile ed in particolare i terreni agricoli distrutti per effetto delle espansioni urbane, delle attività edificatorie e della costruzione di infrastrutture, i piani di tutti i livelli previsti dalla presente legge dettano norme:
a) per l'individuazione di aree incolte, a bassa o nulla fertilità, o comunque suscettibili di bonifica e miglioramento;
b) per il conseguente trasferimento sulle stesse aree, agli indicati fini di recupero e bonifica, dello strato di terreno agricolo asportabile dalle aree investite con interventi edificatori infrastrutturali o di urbanizzazione inaridente.
A tali effetti il rilascio delle concessioni ed autorizzazioni può essere condizionato all'assunzione degli impegni e all'adempimento delle prescrizioni relative (180).
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(180) Articolo aggiunto dall'art. 53 della L.R. 20 maggio 1980, n. 50.
Art. 91-quinquies
Interventi ammessi in aree non comprese nei programmi pluriennali di attuazione in regime transitorio.
In conformità al penultimo comma dell'art. 6 del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, così come modificato dalla legge 25 marzo 1982, n. 94, e nei suoi limiti temporali ivi prescritti (181), sono rilasciate, purché conformi alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, concessioni o autorizzazioni anche in aree non comprese nei programmi pluriennali di attuazione nei seguenti casi:
a) interventi diretti al recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all'art. 13, 3° comma, lett. b), c), d), della presente legge; gli interventi di cui alla lett. d) possono essere assentiti solo qualora siano definiti normativamente dagli strumenti urbanistici generali o esecutivi;
b) interventi da realizzare su aree di completamento che siano dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali. Per interventi da realizzare su aree di completamento si intendono: interventi residenziali compresi nelle parti di territorio parzialmente edificato, di cui all'art. 2, lett. b), del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, indicate come territoriali omogenee di tipo B negli strumenti urbanistici approvati dopo l'entrata in vigore del citato D.M.; interventi residenziali di completamento, di cui all'art. 13, 3° comma, lett. f), della presente legge, definitivi normativamente e/o individuati cartograficamente nei Piani Regionali Generali approvati ai sensi del titolo III. Tali interventi residenziali possono comprendere attività di servizio alla residenza, in misura ordinaria. Nei Comuni dotati di strumenti urbanistici approvati prima dell'entrata in vigore del suddetto D.M. e dotati di variante specifica approvata ai sensi dell'art. 83, tali interventi devono essere compresi in zone territoriali omogenee di tipo B, se individuati nella variante, o qualora queste non siano individuate, devono essere compresi all'interno della perimetrazione del centro abitato approvata ai sensi dell'art. 81, con esclusione comunque delle aree comprese nel centro storico. Per aree dotate di opere di urbanizzazione primaria collegate funzionalmente con quelle comunali, si devono intendere quelle in cui sia riscontrata l'esistenza di tutte le seguenti infrastrutture: idoneo sistema viario pedonale e veicolare; idonea rete di distribuzione idrica; idonea rete per lo smaltimento dei rifiuti liquidi; reti ed impianti di distribuzione dell'energia elettrica e della pubblica illuminazione;
c) interventi da realizzare su aree comprese nei piani di zona.
In conformità con il 3° comma dell'art. 6 del D.L. 23 gennaio 1982, n. 9, così come modificato dalla legge 25 marzo 1982, n. 94, e nei limiti temporali ivi prescritti (182), i contenuti dell'art. 34 della presente legge, del 1° comma, n. 3), del 2° comma, lett. a), e il rispetto della proporzione tra aree destinate ad edilizia economica popolare ed aree riservate ad attività edilizia privata di cui al 3° comma, non sono obbligatori (183).
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(181) I limiti temporali sono stati aboliti dall'art. 7 della legge 31 maggio 1990, n. 128.
(182) I limiti temporali sono stati aboliti dall'art. 7 della legge 31 maggio 1990, n. 128.
(183) Articolo aggiunto dall'art. 1 della L.R. 11 agosto 1982, n. 17, successivamente così modificato dall'art. 73 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61 e dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8.
Art. 91-sexies
Obbligo di rilascio del certificato urbanistico.
[Per i Comuni che non hanno popolazione superiore a 30.000 abitanti le disposizioni di cui all'art. 48-bis si applicano dal 1° gennaio 1986] (184).
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(184) Articolo aggiunto dall'art. 74 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61 e poi abrogato dall'art. 13 della L.R. 8 luglio 1999, n. 19.
Art. 91-septies
Installazioni di impianti ed antenne per teleradiocomunicazioni.
... (185)
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(185) Articolo aggiunto dall'art. 75 della L.R. 6 dicembre 1984, n. 61, poi modificato dall'art. 1 della L.R. 31 gennaio 1985, n. 8, dall'articolo unico della L.R. 27 febbraio 1986, n. 11, dall'art. 1 della L.R. 30 novembre 1987, n. 57, e successivamente abrogato dall'art. 6 della L.R. 23 gennaio 1989, n. 6.
Art. 91-octies
Eliminazione delle barriere architettoniche.
L'eliminazione delle barriere architettoniche rientra tra le finalità della presente legge.
La Giunta regionale accerta che le disposizioni contenute nei Regolamenti Edilizi, Piani Regolatori o loro varianti, sottoposti ad approvazione regionale ai sensi degli articoli precedenti, rispondano alla finalità dell'eliminazione delle barriere architettoniche e adotta i provvedimenti necessari per garantire il rispetto della normativa vigente in materia.
I Sindaci, nella realizzazione di opere e infrastrutture pubbliche, oltre che nel rilascio delle concessioni e autorizzazioni edilizie, accertano che sia garantito il rispetto e l'osservanza della normativa vigente sull'eliminazione delle barriere architettoniche (186).
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(186) Articolo aggiunto dall'art. 19 della L.R. 27 dicembre 1991, n. 70.
Art. 92
Disposizioni finali.
Dall'entrata in vigore della presente legge non si applica l'art. 4 della legge 1° giugno 1971, n. 291.
Le prescrizioni di precedenti leggi regionali in contrasto con la presente sono abrogate.
La legge entra in vigore alla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Piemonte.
L.R. 27 luglio 2001, n. 20
Norme generali di governo e uso del territorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Puglia 24 agosto 2001, n. 128.
(2) Vedi, anche, la Circ.Ass. 18 ottobre 2005, n. 1 e la Delib.G.R. 18 ottobre 2005, n. 1437.
TITOLO I
Princìpi
Art. 1
Finalità.
1. La Regione Puglia, in attuazione dei princìpi generali dell'ordinamento italiano e comunitario, nel rispetto delle leggi dello Stato, regola e controlla gli assetti, le trasformazioni e gli usi del territorio.
2. La Regione Puglia persegue gli obiettivi della tutela dei valori ambientali, storici e culturali espressi dal territorio, nonché della sua riqualificazione, finalizzati allo sviluppo sostenibile della comunità regionale.
Art. 2
Princìpi.
1. La presente legge assicura il rispetto dei princìpi di:
a) sussidiarietà, mediante la concertazione tra i diversi soggetti coinvolti, in modo da attuare il metodo della copianificazione;
b) efficienza e celerità dell'azione amministrativa attraverso la semplificazione dei procedimenti;
c) trasparenza delle scelte, con la più ampia partecipazione;
d) perequazione.
TITOLO II
Soggetti della pianificazione territoriale e urbanistica
Art. 3
Pianificazione del territorio pugliese.
1. La pianificazione del territorio si articola nei livelli regionale, provinciale e comunale.
2. Soggetti della pianificazione sono la Regione, le province e i comuni.
3. Partecipano, altresì, alla pianificazione gli enti pubblici cui leggi statali o regionali assegnano la cura di un interesse pubblico connesso al governo e uso del territorio.
TITOLO III
Processo di pianificazione territoriale regionale
Art. 4
Documento regionale di assetto generale.
1. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, approva il Documento regionale di assetto generale (D.R.A.G.) in coerenza con i programmi, gli obiettivi e le suscettività socio - economiche del territorio.
2. Il D.R.A.G. definisce le linee generali dell'assetto del territorio, nonché gli obiettivi da perseguire mediante i livelli di pianificazione provinciale e comunale.
3. In particolare, il D.R.A.G. determina:
a) il quadro degli ambiti territoriali rilevanti al fine della tutela e conservazione dei valori ambientali e dell'identità sociale e culturale della Regione;
b) gli indirizzi, i criteri e gli orientamenti per la formazione, il dimensionamento e il contenuto degli strumenti di pianificazione provinciale e comunale, nonché i criteri per la formazione e la localizzazione dei Piani urbanistici esecutivi (P.U.E.) di cui all'articolo 15 (3);
c) lo schema dei servizi infrastrutturali di interesse regionale.
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(3) Vedi, anche, la Delib.G.R. 27 marzo 2007, n. 375 e la Delib.G.R. 3 agosto 2007, n. 1328.
Art. 5
Procedimento di formazione e variazione del D.R.A.G. (4).
1. Per garantire il più ampio coinvolgimento della intera comunità regionale nella definizione dei programmi, obiettivi e suscettività socio - economiche del territorio, il Presidente della Giunta regionale convoca la Conferenza programmatica regionale, alla quale partecipano i rappresentanti dell'ANCI, dell'UPI e dell'UNCEM, le associazioni, le forze sociali, economiche e professionali.
2. Il Presidente della Giunta regionale, al fine della elaborazione dello schema di Documento, indice con proprio decreto una Conferenza di servizi, alla quale partecipano rappresentanti delle Amministrazioni statali, per acquisirne previamente le manifestazioni di interesse.
3. La Giunta regionale, tenendo conto delle risultanze della Conferenza di cui al comma 2 e sentita la competente Commissione consiliare, adotta lo schema di Documento (5).
4. Lo schema di Documento è pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia e dell'avvenuta pubblicazione è dato avviso sulla Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana nonché su un quotidiano diffuso in ciascuna Provincia.
5. I comuni e le province possono far pervenire alla Regione le loro proposte integrative sullo schema di Documento entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dello stesso sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia.
6. I soggetti pubblici di cui all'articolo 3, comma 3, nell'ambito delle rispettive competenze, possono far pervenire indicazioni sullo schema di Documento entro il termine previsto dal comma 5.
7. Le organizzazioni ambientaliste, socio - culturali, sindacali ed economico - professionali attive nel territorio regionale possono proporre osservazioni entro lo stesso termine di cui al comma 5.
8. La Giunta regionale, decorsi i termini di cui ai commi precedenti, approva il D.R.A.G. del territorio, con specifica considerazione delle Proposte di cui al comma 5.
9. Il D.R.A.G. è pubblicato con le modalità di cui al comma 4.
10. Il Documento acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia.
10-bis. Con le medesime procedure di cui ai commi precedenti, il DRAG è approvato per parti corrispondenti a materie organiche fra quelle indicate alle lettere a), b) e c) del comma 3 dell'articolo 4 (6) (7).
11. Il periodico aggiornamento e le variazioni del Documento sono adottate con il procedimento di cui ai commi precedenti. I termini sono ridotti della metà.
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(4) Vedi, anche, la Delib.G.R. 3 agosto 2007, n. 1328.
(5) Comma così modificato dall'art. 9, comma 1, L.R. 13 dicembre 2004, n. 24.
(6) Comma aggiunto dall'art. 38, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(7) Vedi, anche, la Delib.G.R. 27 marzo 2007, n. 375.
TITOLO IV
Pianificazione territoriale provinciale
Art. 6
Piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. [Ai sensi dell'articolo 20, comma 2, del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, il Consiglio provinciale adotta il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) in conformità e in attuazione del D.R.A.G. del territorio] (8).
2. Ai sensi dell'articolo 57 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, il P.T.C.P. assume l'efficacia di piano di settore nell'ambito delle materie inerenti la protezione della natura, la tutela dell'ambiente, delle acque, della difesa del suolo, delle bellezze naturali, a condizione che la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intese fra la Provincia e le Amministrazioni, anche statali, competenti.
3. In mancanza dell'intesa di cui al comma 2, i piani di tutela di settore conservano il valore e gli effetti a essi assegnati dalla rispettiva normativa nazionale e regionale.
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(8) Comma abrogato dall'art. 34, comma 2, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
Art. 7
Procedimento di formazione e variazione del P.T.C.P.
1. Il Presidente della Provincia, al fine della elaborazione dello schema di P.T.C.P., indice una Conferenza di servizi, alla quale partecipano i rappresentanti delle Amministrazioni statali, delle Amministrazioni comunali, delle Comunità montane, delle Autorità di bacino, dei Consorzi di bonifica, per acquisirne previamente le manifestazioni di interesse.
2. Il Consiglio provinciale, su proposta della Giunta provinciale, adotta lo schema di P.T.C.P.
3. Lo schema di P.T.C.P. è depositato presso la segreteria della Provincia. Dell'avvenuto deposito è dato avviso sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia nonché su almeno due quotidiani a diffusione provinciale.
4. I comuni possono presentare le loro proposte sullo schema di Piano entro sessanta giorni dalla data di avviso sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia.
5. Le organizzazioni ambientaliste, socio - culturali, sindacali ed economico - professionali attive nel territorio provinciale possono proporre osservazioni allo schema di P.T.C.P. entro i termini di cui al comma 4.
6. Il Consiglio provinciale, entro i successivi sessanta giorni, si determina in ordine alle osservazioni pervenute nei termini e, con specifica considerazione delle proposte di cui al comma 4, adotta il Piano territoriale di coordinamento provinciale e lo trasmette alla Giunta regionale per il controllo di compatibilità con il DRAG, ove approvato, e con ogni altro strumento regionale di pianificazione territoriale esistente, ivi inclusi i piani già approvati ai sensi degli articoli da 4 a 8 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), ovvero agli indirizzi regionali della programmazione socio - economica e territoriale di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) (9).
7. La Giunta regionale si pronuncia entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla data di ricezione del P.T.C.P., decorso inutilmente il quale lo stesso si intende controllato con esito positivo.
8. Il termine di cui al comma 7 può essere interrotto una sola volta qualora la Giunta regionale richieda alla Provincia chiarimenti o ulteriori documenti, nel qual caso il nuovo termine decorre dalla ricezione degli stessi.
9. Qualora la Giunta regionale deliberi la non compatibilità del P.T.C.P. con il D.R.A.G., la Provincia ha facoltà di indire una Conferenza di servizi, alla quale partecipano il Presidente della Giunta regionale o suo Assessore delegato e il Presidente della Provincia o suo Assessore delegato. In sede di Conferenza di servizi le Amministrazioni partecipanti, nel rispetto del princìpio di copianificazione, devono indicare le modifiche necessarie ai fini del controllo positivo.
10. La Conferenza assume la determinazione di adeguamento del P.T.C.P. alle modifiche di cui al comma 9 entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data della prima convocazione, l'inutile decorso del quale comporta la definitività della delibera regionale di cui al comma 9.
11. La determinazione di adeguamento della Conferenza di servizi deve essere recepita dalla Giunta regionale entro trenta giorni dalla data della comunicazione della determinazione medesima. L'inutile decorso del termine comporta il controllo positivo da parte della Giunta regionale.
12. Il Consiglio provinciale approva il P.T.C.P. in via definitiva in conformità della deliberazione della Giunta regionale di compatibilità o di adeguamento di cui al comma 11, ovvero l'esito dell'inutile decorso del termine di cui ai commi 7 e 11.
13. Il P.T.C.P. definito ai sensi dei commi precedenti è pubblicato sul bollettino ufficiale della Regione Puglia. Dell'avvenuta pubblicazione è data notizia su almeno due quotidiani diffusi nella Provincia.
14. Il P.T.C.P. acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia.
15. Le variazioni del P.T.C.P. sono adottate con il procedimento di cui ai commi precedenti.
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(9) Comma così sostituito dall'art. 35, L.R. 19 luglio 2006, n. 22. Ai sensi dell'art. 20, comma 2, L.R. 7 maggio 2008, n. 6, le disposizioni di cui al presente comma, nella formulazione introdotta dal suddetto art. 35, si intendono integrate da quelle derivanti dalla suddetta legge. Il testo originario era così formulato: «6. Il Consiglio provinciale, entro i successivi sessanta giorni, si determina in ordine alle osservazioni pervenute nei termini e, con specifica considerazione delle proposte di cui al comma 4, adotta il P.T.C.P. e lo trasmette alla Giunta regionale per il controllo di compatibilità con il D.R.A.G. di cui all'articolo 4.».
TITOLO V
Pianificazione urbanistica comunale
Art. 8
Strumenti della pianificazione urbanistica comunale.
1. La pianificazione urbanistica comunale si effettua mediante il Piano urbanistico generale (P.U.G.) e i P.U.E.
Art. 9
Contenuti del P.U.G.
1. Il P.U.G. si articola in previsioni strutturali e previsioni programmatiche.
2. Le previsioni strutturali:
a) identificano le linee fondamentali dell'assetto dell'intero territorio comunale, derivanti dalla ricognizione della realtà socio-economica, dell'identità ambientale, storica e culturale dell'insediamento, anche con riguardo alle aree da valorizzare e da tutelare per i loro particolari aspetti ecologici, paesaggistici e produttivi;
b) determinano le direttrici di sviluppo dell'insediamento nel territorio comunale, del sistema delle reti infrastrutturali e delle connessioni con i sistemi urbani contermini.
3. Le previsioni programmatiche:
a) definiscono, in coerenza con il dimensionamento dei fabbisogni nei settori residenziale, produttivo e infrastrutturale, le localizzazioni delle aree da ricomprendere in P.U.E., stabilendo quali siano le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili;
b) disciplinano le trasformazioni fisiche e funzionali consentite nelle aree non sottoposte alla previa redazione di P.U.E.
4. La redazione di P.U.E. è obbligatoria per le aree di nuova urbanizzazione, ovvero per le aree da sottoporre a recupero.
Art. 10
P.U.G. intercomunale.
1. È facoltà dei comuni procedere alla formazione di un P.U.G. intercomunale.
2. Con delibere del Consiglio comunale, i comuni di cui al comma 1 approvano e presentano alla Giunta regionale un documento congiunto, contenente uno studio di fattibilità dell'iniziativa e un quadro economico dei relativi oneri.
3. La Giunta regionale individua le modalità di sostegno ai comuni che intendono procedere alla formazione di un P.U.G. intercomunale.
Art. 11
Formazione del P.U.G.
1. Il Consiglio comunale adotta, su proposta della Giunta, un Documento programmatico preliminare (D.P.P.) contenente gli obiettivi e i criteri di impostazione del P.U.G.
Nei comuni ricadenti all'interno del comprensorio di una Comunità montana, il D.P.P. deve prendere in considerazione le previsioni contenute nel piano pluriennale di sviluppo socio-economico in relazione al singolo Comune.
2. Il D.P.P. è depositato presso la segreteria del Comune e dell'avvenuto deposito è data notizia mediante pubblicazione di avviso su almeno tre quotidiani a diffusione provinciale.
3. Chiunque può presentare proprie osservazioni al D.P.P., anche ai sensi dell'articolo 9 della L. n. 241/1990, entro venti giorni dalla data del deposito.
4. La Giunta comunale, sulla base del D.P.P. di cui al comma 1 e delle eventuali osservazioni, propone al Consiglio comunale l'adozione del P.U.G. Il Consiglio comunale adotta il P.U.G. e lo stesso è depositato presso la segreteria comunale; dell'avvenuto deposito è data notizia mediante pubblicazione di avviso su tre quotidiani a diffusione provinciale nonché mediante manifesti affissi nei luoghi pubblici (10).
5. Chiunque abbia interesse può presentare proprie osservazioni al P.U.G., anche ai sensi dell'articolo 9 della L. n. 241/1990, entro sessanta giorni dalla data del deposito (11).
6. Il Consiglio comunale, entro i successivi sessanta giorni, esamina le osservazioni proposte nei termini di cui al comma 5 e si determina in ordine alle stesse, adeguando il P.U.G. alle osservazioni accolte (12).
7. Il P.U.G. così adottato viene inviato alla Giunta regionale e alla Giunta provinciale ai fini del controllo di compatibilità rispettivamente con il D.R.A.G. e con il P.T.C.P., ove approvati. Qualora il D.R.A.G. e/o il P.T.C.P. non siano stati ancora approvati, la Regione effettua il controllo di compatibilità rispetto ad altro strumento regionale di pianificazione territoriale ove esistente, ivi inclusi i piani già approvati ai sensi degli articoli da 4 a 8 della legge regionale 31 maggio 1980, n. 56, ovvero agli indirizzi regionali della programmazione socio - economica e territoriale di cui all'articolo 5 del D.Lgs. n. 267/2000 (13).
8. La Giunta regionale e la Giunta provinciale si pronunciano entro il termine perentorio di centocinquanta giorni dalla ricezione del P.U.G., decorso inutilmente il quale il P.U.G. si intende controllato con esito positivo (14).
9. Qualora la Giunta regionale o la Giunta provinciale deliberino la non compatibilità del P.U.G. rispettivamente [con il D.R.A.G.] (15) o con il P.T.C.P., il Comune promuove, a pena di decadenza delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 13, entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di invio del P.U.G., una Conferenza di servizi alla quale partecipano il Presidente della Giunta regionale o suo Assessore delegato, il Presidente della Provincia o suo Assessore delegato e il Sindaco del Comune interessato o suo Assessore delegato. In sede di Conferenza di servizi le Amministrazioni partecipanti, nel rispetto del princìpio di copianificazione, devono indicare specificamente le modifiche necessarie ai fini del controllo positivo (16).
10. La Conferenza di servizi assume la determinazione di adeguamento del P.U.G. alle modifiche di cui al comma 9 entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data della sua prima convocazione, l'inutile decorso del quale comporta la definitività delle delibere regionale e/o provinciale di cui al comma 9, con contestuale decadenza delle misure di salvaguardia (17).
11. La determinazione di adeguamento della Conferenza di servizi deve essere recepita dalla Giunta regionale e/o dalla Giunta provinciale entro trenta giorni dalla data di comunicazione della determinazione medesima. L'inutile decorso del termine comporta il controllo positivo da parte della Giunta regionale e/o della Giunta provinciale (18).
12. Il Consiglio comunale approva il P.U.G. in via definitiva in conformità delle deliberazioni della Giunta regionale e/o della Giunta provinciale di compatibilità o di adeguamento di cui al comma 11, ovvero all'esito dell'inutile decorso del termine di cui ai commi 8 e 11 (19).
13. Il P.U.G., formato ai sensi dei comma precedenti, acquista efficacia dal giorno successivo a quello di pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia della deliberazione del Consiglio comunale di cui al comma 12 (20).
14. Il Comune dà avviso dell'avvenuta formazione del P.U.G. mediante manifesti affissi nei luoghi pubblici e mediante la pubblicazione su almeno due quotidiani a diffusione provinciale (21).
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(10) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(11) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(12) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(13) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(14) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(15) Le parole racchiuse fra parentesi quadre sono state soppresse dall'art. 34, comma 3, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(16) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(17) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(18) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(19) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(20) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
(21) Vedi anche l'art. 36, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
Art. 12
Variazione del P.U.G.
1. Il Comune procede alla variazione delle previsioni strutturali del P.U.G. mediante lo stesso procedimento previsto dall'articolo 11.
2. La deliberazione motivata del Consiglio comunale che apporta variazioni alle previsioni programmatiche del P.U.G. non è soggetta a verifica di compatibilità regionale e provinciale.
3. La deliberazione motivata del Consiglio comunale che apporta variazioni alle previsioni strutturali del P.U.G. non è soggetta a verifica di compatibilità regionale e provinciale quando la variazione deriva da:
a) verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione grafica del piano;
b) precisazione dei tracciati viari derivanti dalla loro esecuzione;
c) modifiche di perimetrazioni motivate da documentate sopravvenute esigenze quali imposizioni di nuovi vincoli;
d) adeguamento e/o rettifica di limitata entità delle perimetrazioni dei P.U.E. di cui all'articolo 15, derivanti dalle verifiche; precisazioni e modifiche di cui alle lettere a), b) e c);
e) modifiche alle modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente di cui all'articolo 31, comma 1, lettere a), b), c) e d), della legge 5 agosto 1978, n. 457.
Art. 13
Misure di salvaguardia.
1. Per il periodo di due anni a decorrere dalla data di adozione del P.U.G., il Comune sospende ogni determinazione sulle domande di concessione edilizia in contrasto con il P.U.G. stesso.
Art. 14
Perequazione urbanistica.
1. Al fine di distribuire equamente, tra i proprietari interessati dagli interventi, i diritti edificatori attribuiti dalla pianificazione urbanistica e gli oneri conseguenti alla realizzazione degli interventi di urbanizzazione del territorio, il P.U.G. può riconoscere la stessa suscettività edificatoria alle aree comprese in un P.U.E.
Art. 15
Piani urbanistici esecutivi.
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(22) Comma aggiunto dall'art. 9, comma 2, L.R. 13 dicembre 2004, n. 24.
Art. 16
Formazione dei P.U.E.
1. I P.U.E. possono essere redatti e proposti:
a) dal Comune;
b) dai proprietari che rappresentino, in base alla superficie catastale, almeno il 51 per cento degli immobili compresi entro il perimetro dell'area interessata. Il loro concorso è sufficiente a costituire il consorzio ai fini della presentazione al Comune della proposta di piano esecutivo e del relativo schema di convenzione (23);
c) dalle società di trasformazione urbana previste dalla normativa vigente.
2. Decorso il termine eventualmente previsto dal P.U.G. per la redazione del P.U.E. su iniziativa del Comune, il P.U.E. può essere rispettivamente proposto dai soggetti di cui alle lettere b e c) del comma 1.
3. Qualora sia proposto dai soggetti di cui al comma 1, lettere b) e c), il P.U.E. è adottato dal Consiglio comunale entro novanta giorni dalla data di ricezione della proposta.
4. Entro trenta giorni dalla data di adozione, il P.U.E. e i relativi elaborati sono depositati, per quindici giorni consecutivi, presso la segreteria del Comune, in libera visione al pubblico. Del deposito è dato avviso sull'albo comunale e su almeno due quotidiani a diffusione nella Provincia.
5. Qualora il P.U.E. riguardi aree sulle quali insistono vincoli specifici, contestualmente al deposito di cui al comma 4 il Sindaco, o l'Assessore da lui delegato, indice una Conferenza di servizi alla quale partecipano rappresentanti delle Amministrazioni competenti per l'emanazione dei necessari atti di consenso, comunque denominati.
6. Entro il termine di quindici giorni dalla data di scadenza del periodo di deposito di cui al comma 4, chiunque abbia interesse può presentare proprie osservazioni, anche ai sensi dell'articolo 9 della L. n. 241/1990.
7. Entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di acquisizione degli atti di consenso di cui al comma 5, il Consiglio comunale approva in via definitiva il P.U.E., pronunciandosi altresì sulle osservazioni presentate nei termini.
8. La deliberazione di approvazione è pubblicata, anche per estratto, sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia.
9. Il P.U.E. acquista efficacia dal giorno successivo a quello di pubblicazione di cui al comma 8.
10. La variante al P.U.E. segue lo stesso procedimento di formazione di cui ai commi precedenti. Qualora le variazioni non incidano sul dimensionamento globale del P.U.E. e non comportino modifiche al perimetro, agli indici di fabbricabilità e alle dotazioni di spazi pubblici o di uso pubblico, la variante al P.U.E. è approvata con deliberazione del Consiglio comunale, previa acquisizione di eventuali atti di consenso ove necessari.
11. In caso di inerzia c/o inadempienza nelle procedure di cui ai commi precedenti, si applicano le disposizioni dell'articolo 21.
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(23) Ai sensi dell'art. 37, L.R. 19 luglio 2006, n. 22 la previsione di cui alla presente lettera si applica anche per la formazione e attuazione degli strumenti esecutivi di cui alla legislazione nazionale e regionale in materia e per l'attuzione dei comparti edificatori.
Art. 17
Efficacia del P.U.E.
1. La deliberazione di approvazione del P.U.E. ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza degli interventi ivi previsti, ai fini della acquisizione pubblica degli immobili mediante espropriazione.
2. I P.U.E. sono attuati in un tempo non maggiore di dieci anni, salvo specifiche disposizioni di leggi statali. Decorsi i termini stabiliti per l'attuazione rimane efficace, per la parte di P.U.E. non attuata, l'obbligo di osservarne le previsioni mentre, ai fini espropriativi, decadono gli effetti della pubblica utilità delle opere previste (24).
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(24) La Corte costituzionale, con sentenza 5-9 maggio 2003, n. 148 (Gazz. Uff. 14 maggio 2003, n. 19, prima serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui si riferisce a vincoli scaduti, preordinati all'espropriazione o sostanzialmente espropriativi, senza previsione di durata e di indennizzo.
Art. 18
Rapporti fra P.U.G. e P.U.E.
1. Il P.U.E. può apportare variazioni al P.U.G. qualora non incida nelle previsioni strutturali del P.U.G., ferma l'applicazione del procedimento di cui all'articolo 16.
2. Ai fini della formazione del P.U.E., non costituiscono in ogni caso variazione del P.U.G.:
a) la modificazione delle perimetrazioni contenute nel P.U.G. conseguente alla trasposizione del P.U.E. sul terreno;
b) la modificazione delle localizzazioni degli insediamenti e dei relativi servizi che non comporti aumento delle quantità e del carico urbanistico superiore al 5 per cento.
TITOLO VI
Disposizioni transitorie e finali
Art. 19
Sospensione e revoca dei Programmi pluriennali di attuazione.
1. L'obbligo di formazione del programma pluriennale di attuazione dello strumento urbanistico generale è comunque sospeso sino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui all'articolo 20 della legge 30 aprile 1999, n. 136.
2. I comuni che alla data di entrata in vigore della presente legge sono dotati di un programma pluriennale di attuazione hanno facoltà di revocarlo o di mantenerlo fino alla scadenza.
Art. 20
Norme di prima attuazione.
1. Gli strumenti comunali di pianificazione urbanistica già adottati alla data di entrata in vigore della presente legge sono approvati secondo le disposizioni stabilite dalla L.R. n. 56/1980.
2. Le varianti agli strumenti comunali di pianificazione urbanistica già adottate alla data di entrata in vigore della presente legge, fino all'approvazione delle stesse, seguono le disposizioni stabilite dalla L.R. n. 56/1980.
3. Le varianti agli strumenti comunali di pianificazione urbanistica non adeguate alla L.R. n. 56/1980 e/o non conformi alle prescrizioni della presente legge possono essere formate soltanto per la realizzazione di programmi di edilizia residenziale pubblica ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 e di piani per gli insediamenti produttivi ai sensi della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e per la realizzazione di progetti di opere pubbliche e/o progetti di adeguamento agli standards urbanistici, così come definiti dalla vigente normativa, ai sensi della legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni, nonché per la realizzazione di opere e interventi previsti dalla vigente legislazione statale e/o regionale.
4. Le varianti agli strumenti comunali di pianificazione urbanistica adeguati alla L.R. n. 56/1980 e non conformi alle prescrizioni della presente legge possono essere formate e seguono le disposizioni stabilite dalla vigente legislazione regionale e statale. Esse devono conformarsi al D.R.A.G., ove esistente.
5. I P.U.E. di cui al comma 1 dell'articolo 15, nelle more della definizione del D.R.A.G. di cui all'articolo 4, sono formati secondo le disposizioni stabilite dalla L.R. n. 56/1980.
5-bis. La formazione dei PIRT di cui all'articolo 15 è consentita anche in presenza di strumento urbanistico generale adeguato al PUTT/P (25).
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(25) Comma aggiunto dall'art. 9, comma 3, L.R. 13 dicembre 2004, n. 24.
Art. 21
Poteri sostitutivi.
[1. Al fine di assicurare celerità ed efficacia all'azione amministrativa, i poteri sostitutivi di cui all'articolo 22, comma 5, della legge 30 aprile 1999, n. 136 e di cui all'articolo 4, comma 6, del D.Lgs. n. 398/1993, come modificato dalla L. n. 493/1993 e successive modifiche e integrazioni, possono essere delegati dal Presidente della Giunta regionale a un Garante della pianificazione nominato per ciascun ambito territoriale provinciale con decreto pubblicato sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia. I criteri di nomina sono individuati con apposito regolamento dalla Giunta regionale.
2. I Garanti durano in carica per un periodo non superiore a un anno ed esercitano direttamente il potere sostitutivo, dandone notizia al Presidente della Giunta regionale entro quindici giorni dalla data di adozione dei relativi provvedimenti.
3. A tal fine, i Garanti si possono avvalere degli uffici di tutte le Amministrazioni locali interessate e gli oneri derivanti sono posti a carico dell'Amministrazione inadempiente.
4. Il decreto di cui al comma 1 è pubblicato per estratto sul Bollettino ufficiale della Regione Puglia.
5. In caso di inerzia degli Uffici comunali nell'adozione dei provvedimenti e delle misure repressive o sanzionatorie previste dalla normativa vigente, il Presidente della Giunta regionale assegna un termine non superiore a trenta giorni per provvedere, decorso infruttuosamente il quale si avvale del Garante competente per territorio] (26).
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(26) Articolo abrogato dall'art. 39, comma 3, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
Art. 22
Poteri di annullamento.
[1. Entro dieci anni dalla data della loro emanazione e/o adozione, il Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale all'urbanistica, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 7 della L. n. 241/1990, assegna un termine di trenta giorni al Comune per l'annullamento dei provvedimenti o delle delibere non conformi alla disciplina urbanistica e/o edilizia vigente.
2. In caso di inadempienza nel termine, il Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale all'urbanistica, annulla, con decreto motivato, i provvedimenti e le deliberazioni comunali non conformi alla disciplina urbanistica. ed edilizia vigente.
3. Il Presidente della Giunta regionale può delegare i poteri di cui ai commi precedenti al Garante di cui all'articolo 21 competente per territorio] (27).
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(27) Articolo abrogato dal'art. 39, comma 3, L.R. 19 luglio 2006, n. 22.
Art. 23
Norme per il rilascio delle autorizzazioni in zone soggette a tutela paesaggistica.
1. ... (28).
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(28) Sostituisce l'art. 1, L.R. 24 marzo 1995, n. 8.
Art. 24
Sistema informativo territoriale (29).
1. La Giunta regionale istituisce, presso l'Assessorato all'urbanistica, il Sistema informativo territoriale (S.I.T.) al fine di elaborare un quadro conoscitivo comune e accessibile, funzionale alla formazione e gestione degli strumenti di tutela del territorio e della pianificazione regionale, provinciale e comunale.
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(29) Vedi, anche, l'art. 3, comma 5, L.R. 25 agosto 2003, n. 21.
Art. 25
Abrogazioni e disposizioni finali.
1. Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge.
2. Per quanto non disciplinato dalla presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni statali e regionali vigenti.
2-bis. Il Consiglio regionale approva, entro il 30 giugno 2005, il testo unico in materia urbanistica (30).
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(30) Comma aggiunto dall'art. 9, comma 4, L.R. 13 dicembre 2004, n. 24.
L.R. 21 maggio 2008, n. 12
Norme urbanistiche finalizzate ad aumentare l'offerta di edilizia
residenziale sociale.
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(1) Pubblicata nel B.U. Puglia 23 maggio 2008, n. 82.
Il Consiglio regionale ha approvato
Il Presidente della Giunta regionale
promulga la seguente legge:
Art. 1
1. I comuni, in attuazione dell'articolo 1, commi 258 e 259, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge finanziaria 2008), possono definire ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o riuniti in consorzio, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, in aggiunta alla dotazione minima inderogabile di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto interministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, a sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765).
2. I comuni procedono all'attuazione degli interventi previsti dalle presenti norme previa valutazione del fabbisogno di edilizia residenziale sociale. Per i comuni a elevata tensione abitativa di cui alla deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE) 13 novembre 2003, n. 87 (Aggiornamento dell'elenco dei comuni ad alta tensione abitativa - legge 9 dicembre 1998, n. 431, art. 8), pubblicata nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana del 18 febbraio 2004, n. 40, tale valutazione è obbligatoria e deve essere trasmessa alla Regione entro centoottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, unitamente all'indicazione dei modi di soddisfacimento del fabbisogno stesso.
3. Per il soddisfacimento del fabbisogno di edilizia residenziale sociale i comuni possono prevedere, previa valutazione della sostenibilità del maggiore carico insediativo e della compatibilità con i caratteri culturali, ambientali e paesaggistici dei luoghi nonché nel rispetto delle quantità complessive minime fissate dall'articolo 41-quinquies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e successive modifiche e integrazioni, l'utilizzazione di:
a) ambiti destinati a servizi che siano in esubero rispetto alla dotazione minima inderogabile di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi di cui al decreto interministeriale 1444/1968, assegnando a essi una previsione edificatoria secondo il metodo della perequazione urbanistica;
b) ambiti a prevalente destinazione residenziale consentendo un surplus di capacità edificatoria.
4. I comuni, per promuovere la realizzazione degli interventi di edilizia residenziale sociale nei modi previsti al comma 3, quale concorso per la realizzazione dei medesimi interventi possono assegnare le aree ai proprietari e agli operatori pubblici e privati secondo criteri di concorrenzialità e trasparenza.
5. Per l'approvazione delle varianti agli strumenti urbanistici generali vigenti relative ai casi previsti dal comma 3, si applica il procedimento semplificato previsto dall'articolo 11, commi da 4 a 14, della legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio).
6. I proprietari e i soggetti di cui al comma 1 ai quali sia affidata la realizzazione degli interventi di edilizia residenziale sociale devono, sulla base di apposita convenzione, impegnarsi a:
a) cedere gratuitamente al comune una quota minima del 10 per cento degli alloggi realizzati grazie al surplus di capacità edificatoria previsto dal comma 3;
b) garantire preferibilmente l'affitto o l'affitto con patto di futura vendita dei restanti alloggi di edilizia residenziale sociale a soggetti in possesso dei requisiti per l'accesso a tale tipo di alloggi selezionati da una graduatoria comunale.
La presente legge è dichiarata urgente e sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e per gli effetti dell'art. 53, comma 1, della L.R. 12 maggio 2004, n. 7 "Statuto della Regione Puglia" ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Puglia.
L.R. 10 giugno 2008, n. 13
Norme per l'abitare sostenibile.(artt. 3 e 4)
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(1) Pubblicata nel B.U. Puglia 13 giugno 2008, n. 93.
Il Consiglio regionale ha approvato
Il Presidente della Giunta regionale
Promulga la seguente legge:
(omissis)
Art. 3
Funzioni della Regione, delle Province e dei Comuni.
1. Per perseguire gli obiettivi di cui all'articolo 1 la Regione provvede alle seguenti attività:
a) incentivazione degli interventi di edilizia sostenibile nell'ambito dei propri piani e programmi e nella verifica degli strumenti di governo del territorio di cui all'articolo 4, anche attraverso il controllo di compatibilità previsto dagli articoli 7 e 11 della legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali in materia di governo e uso del territorio) e successive modifiche e integrazioni;
b) promozione di interventi di salvaguardia delle risorse idriche e approvazione delle linee guida per il risparmio idrico di cui all'articolo 5;
c) promozione di interventi finalizzati al risparmio energetico e individuazione di criteri e modalità di approvvigionamento delle risorse energetiche a uso delle strutture edilizie di cui agli articoli 6 e 7;
d) redazione di un capitolato tipo prestazionale e di un prezzario per la realizzazione degli interventi oggetto della presente legge, secondo i criteri di cui all'articolo 8;
e) approvazione e aggiornamento del sistema di certificazione energetico-ambientale di cui all'articolo 9, compreso l'accreditamento dei soggetti che svolgono le attività per la certificazione;
f) approvazione e aggiornamento del disciplinare tecnico e delle linee guida per la valutazione energetico-ambientale degli edifici di cui all'articolo 10;
g) definizione di criteri e modalità per accedere agli incentivi di cui all'articolo 12;
h) formazione professionale di operatori pubblici e privati di cui all'articolo 14, nonché dei soggetti accreditati a svolgere le attività di certificazione di cui all'articolo 9;
i) irrogazione delle sanzioni ai sensi dell'articolo 15.
2. Le Province concorrono al perseguimento delle finalità di cui all'articolo 1 attraverso:
a) l'incentivazione degli interventi di edilizia sostenibile nell'ambito dei propri piani e programmi;
b) la formazione professionale di operatori pubblici e privati di cui all'articolo 14.
3. I Comuni esercitano in particolare le funzioni concernenti:
a) la realizzazione di strumenti di governo del territorio e l'integrazione di quelli esistenti secondo i contenuti della presente legge;
b) la concessione di incentivi ai sensi dell'articolo 12;
c) il monitoraggio, la verifica e il controllo, di concerto con la Regione, sulla realizzazione degli interventi di cui alla presente legge, al fine di verificare la regolarità della documentazione, nonché la conformità delle opere realizzate alle risultanze progettuali;
d) la revoca dei titoli abilitativi ai sensi dell'articolo 15, comma 2.
4. La Regione e gli enti locali applicano i principi di edilizia sostenibile di cui alla presente legge nella realizzazione o ristrutturazione di edifici di rispettiva proprietà e provvedono all'adeguamento di quelli esistenti. A tal fine promuovono la sperimentazione di sistemi edilizi a basso costo di costruzione per gli edifici di proprietà pubblica.
5. La Regione e gli enti locali provvedono in ogni caso alle attività di cui agli articoli 9 e 10 del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia) e successive modifiche e integrazioni, nonché ai regolamenti regionali in materia.
Art. 4
Sostenibilità ambientale negli strumenti di governo del territorio.
1. Gli strumenti di governo del territorio, dal livello regionale fino alla pianificazione esecutiva a scala comunale, comunque denominati, compresi i programmi comunitari e i programmi di riqualificazione urbana, devono contenere le indicazioni necessarie a perseguire e promuovere gli obiettivi di sostenibilità delle trasformazioni territoriali e urbane di cui all'articolo 1, anche in coerenza con le disposizioni del Documento regionale di assetto generale (Drag) di cui alla legge regionale n. 20/2001.
2. Il processo di pianificazione deve individuare criteri di sostenibilità atti a garantire:
a) lo sviluppo armonico del territorio, dei tessuti urbani e delle attività produttive;
b) la compatibilità dei processi di trasformazione e uso del suolo con la sicurezza, l'integrità fisica e con la identità storico-culturale del territorio;
c) la valorizzazione delle risorse identitarie e delle produzioni autoctone per un sano e durevole sviluppo locale;
d) il miglioramento della qualità ambientale, architettonica e della salubrità degli insediamenti;
e) la riduzione della pressione degli insediamenti sui sistemi naturalistico-ambientali, attraverso opportuni interventi di mitigazione degli impatti;
f) la riduzione del consumo di nuovo territorio, evitando l'occupazione di suoli ad alto valore agricolo e/o naturalistico, privilegiando il risanamento e recupero di aree degradate e la sostituzione dei tessuti esistenti ovvero la loro riorganizzazione e riqualificazione per migliorarne la qualità e la sostenibilità ambientale.
3. Il perseguimento dei criteri di sostenibilità ambientale avviene attraverso la previsione diaccurate ricognizioni delle risorse territoriali e ambientali, nei piani e nei programmi di ogni livello, allo scopo di valutare le implicazioni ambientali dei processi di trasformazione del territorio. Dette ricognizioni comprendono:
a) analisi dei fattori ambientali naturali e dei fattori climatici del territorio (dati igrotermici, pluviometrici, di soleggiamento), corredate delle relative rappresentazioni cartografiche;
b) analisi delle risorse ambientali, idriche ed energetiche, con particolare riferimento alle fonti rinnovabili;
c) analisi dei fattori di rischio ambientale e naturale di natura antropica, corredate delle relative rappresentazioni cartografiche;
d) analisi delle risorse e delle produzioni locali.
4. Per garantire migliori condizioni microclimatiche degli ambienti insediativi, i piani e i programmi di cui al comma 1 devono contenere norme, parametri, indicazioni progettuali e tipologiche che garantiscano il migliore utilizzo delle risorse naturali e dei fattori climatici, nonché la prevenzione dei rischi ambientali, in particolare attraverso:
a) le sistemazioni esterne agli interventi con copertura naturale in grado di mitigare l'effetto noto come "isola di calore", nonché di conservare quanto possibile la naturalità e la permeabilità del sito;
b) le sistemazioni esterne delle aree a destinazione monofunzionale o mista industriale, artigianale, commerciale, direzionale e residenziale, con piantumazione di masse boschive lineari (barriere) lungo le sorgenti inquinanti lineari (specie strade), per assorbire le emissioni inquinanti in atmosfera e il rumore;
c) gli indici di permeabilità dei suoli, limitando la presenza di manufatti interrati e favorendo la previsione di pavimentazioni realizzate con materiali drenanti e autobloccanti cavi;
d) il "minimo deflusso vitale" per il bilancio idrico del territorio oggetto di intervento;
e) gli indici di densità arborea e arbustiva, indicando specie autoctone e coerenti con le caratteristiche dei contesti;
f) indicazioni progettuali e tipologiche che:
1. tengano conto dei coefficienti di albedo medio del paesaggio, ossia che considerino la riflessione della radiazione solare verso l'edificio;
2. usino materiali da costruzione con coefficienti di riflessione finalizzati al miglioramento del microclima in esterno;
3. considerino la geometria degli ostacoli fisici (altri edifici, elementi del paesaggio) che influiscono sui guadagni solari per effetto di ombreggiamento o riflessione della radiazione;
4. privilegino forme compatte e condizioni di esposizione e orientamento degli edifici tali da migliorarne l'efficienza energetica.
L.R. 29 luglio 2008, n. 21
Norme per la rigenerazione urbana.
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(1) Pubblicata nel B.U. Puglia 1° agosto 2008, n. 124.
Il Consiglio regionale ha approvato
Il Presidente della Giunta regionale
Promulga la seguente legge:
Art. 1
Finalità e ambiti di applicazione.
1. La Regione Puglia con la presente legge promuove la rigenerazione di parti di città e sistemi urbani in coerenza con strategie comunali e intercomunali finalizzate al miglioramento delle condizioni urbanistiche, abitative, socio-economiche, ambientali e culturali degli insediamenti umani e mediante strumenti di intervento elaborati con il coinvolgimento degli abitanti e di soggetti pubblici e privati interessati.
2. I principali ambiti d'intervento sono i contesti urbani periferici e marginali interessati da carenza di attrezzature e servizi, degrado degli edifici e degli spazi aperti e processi di esclusione sociale, ivi compresi i contesti urbani storici interessati da degrado del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici e da disagio sociale; i contesti urbani storici interessati da processi di sostituzione sociale e fenomeni di terziarizzazione; le aree dismesse, parzialmente utilizzate e degradate.
Art. 2
Programmi integrati di rigenerazione urbana.
1. I programmi integrati di rigenerazione urbana sono strumenti volti a promuovere la riqualificazione di parti significative di città e sistemi urbani mediante interventi organici di interesse pubblico. I programmi si fondano su un'idea-guida di rigenerazione legata ai caratteri ambientali e storico-culturali dell'ambito territoriale interessato, alla sua identità e ai bisogni e alle istanze degli abitanti. Essi comportano un insieme coordinato d'interventi in grado di affrontare in modo integrato problemi di degrado fisico e disagio socio-economico che, in relazione alle specificità del contesto interessato, includono:
a) la riqualificazione dell'ambiente costruito, attraverso il risanamento del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici, garantendo la tutela, valorizzazione e fruizione del patrimonio storico-culturale, paesaggistico, ambientale;
b) la riorganizzazione dell'assetto urbanistico attraverso il recupero o la realizzazione di urbanizzazioni, spazi verdi e servizi e la previsione delle relative modalità di gestione;
c) il contrasto dell'esclusione sociale degli abitanti attraverso la previsione di una molteplicità di funzioni e tipi di utenti e interventi materiali e immateriali nel campo abitativo, socio-sanitario, dell'educazione, della formazione, del lavoro e dello sviluppo;
d) il risanamento dell'ambiente urbano mediante la previsione di infrastrutture ecologiche quali reti verdi e blu finalizzate all'incremento della biodiversità nell'ambiente urbano, sentieri didattici e mussali, percorsi per la mobilità ciclabile e aree pedonali, spazi aperti a elevato grado di permeabilità, l'uso di fonti energetiche rinnovabili e l'adozione di criteri di sostenibilità ambientale e risparmio energetico nella realizzazione delle opere edilizie.
2. I programmi sono predisposti dai comuni singoli o associati o sono proposti ai comuni da altri soggetti pubblici o privati, anche fra loro associati. I programmi assumono gli effetti di strumenti urbanistici esecutivi. A quelli di iniziativa privata si applica la previsione di cui alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 16 della legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio).
3. I programmi devono interessare ambiti territoriali totalmente o prevalentemente edificati. I programmi non possono comportare varianti urbanistiche per trasformare in aree edificabili aree a destinazione agricola, comunque definite negli strumenti urbanistici comunali, fatta eccezione per quelle contigue necessarie alla realizzazione di verde e servizi pubblici nella misura massima del 5 per cento della superficie complessiva dell'area d'intervento. Tale variante deve comunque essere compensata prevedendo una superficie doppia rispetto a quella interessata dal mutamento della destinazione agricola, destinata a ripermeabilizzare e attrezzare a verde aree edificate esistenti.
Art. 3
Documento programmatico per la rigenerazione urbana.
1. I comuni definiscono gli ambiti territoriali che, per le loro caratteristiche di contesti urbani periferici e marginali interessati, rendono necessari interventi di rigenerazione urbana. A tal fine predispongono un documento programmatico per la rigenerazione urbana, da mettere a punto con la partecipazione degli abitanti, tenendo conto anche delle proposte di intervento avanzate da altri soggetti pubblici e da soggetti privati, e da approvarsi con apposito atto deliberativo del consiglio comunale applicando le procedure previste dai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 11 della L.R. n. 20/2001. In sede di prima applicazione, tale approvazione deve essere effettuata entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti norme. La mancata approvazione entro tali termini non impedisce la presentazione di proposte di programmi integrati di rigenerazione urbana da parte di soggetti pubblici o privati, sulle quali il consiglio comunale deve pronunciarsi entro novanta giorni.
2. La definizione degli ambiti territoriali da assoggettare ai programmi integrati di rigenerazione urbana può avvenire anche nell'ambito del documento programmatico preliminare del piano urbanistico generale previsto dalla L.R. n. 20/2001.
3. Il documento programmatico per la rigenerazione urbana individua parti significative di città o sistemi urbani aventi le caratteristiche elencate al comma 1 dell'articolo 1, che richiedono interventi prioritari di riqualificazione urbana. Basandosi sull'analisi dei problemi di degrado fisico e disagio abitativo e socio-economico e in coerenza con gli indirizzi dettati dal documento regionale di assetto generale (DRAG), il documento definisce:
a) gli obiettivi di riqualificazione urbana, inclusione sociale e sostenibilità ambientale da perseguire a livello comunale o intercomunale;
b) gli ambiti territoriali da sottoporre a programmi integrati di rigenerazione urbana;
c) le politiche pubbliche, in particolare abitative, urbanistiche, paesaggistico-ambientali, culturali, socio-sanitarie, occupazionali, formative e di sviluppo, che concorrono al conseguimento degli obiettivi di cui alla lettera a);
d) le iniziative per assicurare la partecipazione civica e il coinvolgimento di altri enti e delle forze sociali, economiche e culturali alla elaborazione e attuazione dei programmi;
e) i criteri per valutare la fattibilità dei programmi;
f) i soggetti pubblici che si ritiene utile coinvolgere nella elaborazione, attuazione e gestione dei programmi e le modalità di selezione dei soggetti privati.
4. La mancata approvazione del documento programmatico per la rigenerazione urbana nei comuni con popolazione inferiore a 20 mila abitanti non impedisce la presentazione di proposte di programmi integrati di rigenerazione urbana da parte di soggetti pubblici o privati, sulle quali il consiglio comunale deve pronunciarsi entro novanta giorni.
Art. 4
Contenuti dei programmi integrati di rigenerazione urbana.
1. Il programma integrato di rigenerazione urbana deve fondarsi su un'idea-guida capace di orientare il processo di rigenerazione urbana e di legare fra loro interventi diversi afferenti alle politiche abitative, urbanistiche, ambientali, culturali, socio-sanitarie, occupazionali, formative e di sviluppo. Il programma riguarda prioritariamente:
a) il recupero, la ristrutturazione edilizia e la ristrutturazione urbanistica di immobili destinati o da destinare alla residenza, con particolare riguardo all'edilizia residenziale sociale, garantendo la tutela del patrimonio storicoculturale, paesaggistico, ambientale e l'uso di materiali e tecniche della tradizione;
b) la realizzazione, manutenzione o adeguamento delle urbanizzazioni primarie e secondarie;
c) l'eliminazione delle barriere architettoniche e altri interventi atti a garantire la fruibilità di edifici e spazi pubblici da parte di tutti gli abitanti, con particolare riguardo ai diversamente abili, ai bambini e agli anziani;
d) il miglioramento della dotazione, accessibilità e funzionalità dei servizi socio-assistenziali in coerenza con la programmazione dei piani sociali di zona;
e) il sostegno dell'istruzione, della formazione professionale e dell'occupazione;
f) la rigenerazione ecologica degli insediamenti finalizzata al risparmio delle risorse, con particolare riferimento a suolo, acqua ed energia, alla riduzione delle diverse forme di inquinamento urbano, al miglioramento della dotazione di infrastrutture ecologiche e alla diffusione della mobilità sostenibile;
g) la conservazione, restauro, recupero e valorizzazione di beni culturali e paesaggistici per migliorare la qualità insediativa e la fruibilità degli spazi pubblici;
h) il recupero e riuso del patrimonio edilizio esistente per favorire l'insediamento di attività turistico-ricettive, culturali, commerciali e artigianali nei contesti urbani interessati da degrado edilizio e disagio sociale.
2. Il programma integrato di rigenerazione urbana è costituito da elaborati scritto-grafici atti a descrivere e rappresentare in scala adeguata al carattere operativo degli interventi previsti:
a) l'area d'intervento e le relative caratteristiche economico-sociali, paesaggistico-ambientali, urbanistiche, dimensionali, proprietarie;
b) le soluzioni progettuali proposte con particolare riferimento ai caratteri morfologici degli insediamenti e all'integrazione nel tessuto urbano, alle destinazioni d'uso e ai tipi edilizi e insediativi, ai requisiti di qualità e di sostenibilità edilizia e urbana, al risparmio dell'uso delle risorse, con particolare riferimento al suolo, all'acqua e all'energia, alla dotazione di spazi pubblici o riservati ad attività collettive, verde pubblico o parcheggi nel rispetto degli standard urbanistici, specificando gli impatti attesi dalle soluzioni stesse;
c) le misure adottate per rispondere ai bisogni abitativi espressi dai soggetti svantaggiati e per contrastare l'esclusione sociale degli abitanti, con particolare riguardo a interventi e servizi socio-assistenziali e sanitari e a sostegno dell'istruzione, della formazione professionale e dell'occupazione, in coerenza con rispettivi programmi e politiche di settore;
d) l'esistenza di eventuali vincoli normativi gravanti sull'area d'intervento, con particolare riferimento a quelli storico-culturali, paesaggistici, ambientali, urbanistici, idrogeologici e sismici, e le misure di salvaguardia e prevenzione adottate;
e) gli alloggi eventualmente necessari per l'allocazione temporanea degli abitanti degli edifici da risanare;
f) gli alloggi destinati a edilizia residenziale sociale da realizzare, recuperare o ristrutturare, eventualmente previa acquisizione degli stessi al patrimonio pubblico;
g) le iniziative assunte per assicurare la partecipazione civica all'elaborazione e attuazione del programma, con particolare riferimento agli abitanti che risiedono o operano nel contesto da riqualificare o negli ambiti ad esso contigui e il grado di condivisione da parte degli stessi, opportunamente documentati;
h) le iniziative assunte per coinvolgere le forze sociali, economiche, culturali all'elaborazione e attuazione del programma e il grado di condivisione da parte delle stesse, opportunamente documentate;
i) l'eventuale articolazione in fasi dell'attuazione del programma, cui possono corrispondere anche diversi strumenti esecutivi;
j) i soggetti pubblici e privati partecipanti alla realizzazione e gestione degli interventi previsti dal programma o i criteri di selezione degli stessi, secondo principi di concorrenzialità e trasparenza;
k) i costi dei singoli interventi e le relative fonti di finanziamento e modalità gestionali, specificando la ripartizione degli stessi tra i soggetti coinvolti nel programma;
l) lo schema di convenzione che disciplina i rapporti tra il comune e gli altri soggetti pubblici e privati coinvolti nell'attuazione del programma e nella gestione delle iniziative da questo previste.
Art. 5
Procedimento di approvazione dei programmi integrati di rigenerazione urbana conformi agli strumenti urbanistici generali comunali.
1. I programmi integrati di rigenerazione urbana conformi ai piani regolatori generali, ai programmi di fabbricazione o ai piani urbanistici generali comunali vigenti sono adottati con atto deliberativo del consiglio comunale tenendo conto delle proposte avanzate dalle forze sociali, economiche, culturali e dagli abitanti che risiedono o operano nel contesto da riqualificare e negli ambiti ad esso contigui.
2. Entro trenta giorni dalla data di adozione, il programma e i relativi elaborati sono depositati, per quindici giorni consecutivi, presso la segreteria del comune, in libera visione al pubblico. Del deposito è dato avviso sull'albo comunale e su almeno due quotidiani a diffusione provinciale.
3. Entro il termine di quindici giorni dalla data di scadenza del periodo di deposito di cui al comma 2, chiunque abbia interesse può presentare proprie osservazioni, anche ai sensi dell'articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi).
4. Qualora il programma riguardi aree sulle quali insistono vincoli specifici, decorso il termine per le osservazioni, il sindaco indice una conferenza di servizi alla quale partecipano rappresentanti delle amministrazioni competenti per l'emanazione dei necessari atti di consenso, comunque denominati.
5. Entro trenta giorni dalla data di acquisizione degli atti di consenso di cui al comma 4, il consiglio comunale approva in via definitiva il programma, pronunciandosi altresì sulle osservazioni presentate.
6. La deliberazione di approvazione è pubblicata, anche per estratto, sul Bollettino Ufficiale della Regione Puglia (BURP).
7. Il programma acquista efficacia dal giorno successivo a quello di pubblicazione di cui al comma 6.
Art. 6
Procedimento di approvazione dei programmi integrati di rigenerazione urbana in variante agli strumenti urbanistici generali comunali.
1. I programmi integrati di rigenerazione urbana non conformi ai piani regolatori generali, ai programmi di fabbricazione o alle previsioni strutturali dei piani urbanistici generali comunali vigenti sono adottati con atto deliberativo del consiglio comunale sulla base di quanto stabilito dal documento programmatico per la rigenerazione urbana e tenendo conto delle proposte avanzate dalle forze sociali, economiche e culturali e dagli abitanti che risiedono o operano nel contesto da riqualificare e negli ambiti ad esso contigui.
2. Il sindaco, dopo l'adozione del programma integrato di rigenerazione urbana, convoca una conferenza di servizi, ai sensi del comma 3 dell'articolo 34 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni competenti per l'acquisizione dei necessari atti di consenso, comunque denominati, per verificare la possibilità di concordare il successivo accordo di programma.
3. In sede di conferenza di servizi le amministrazioni partecipanti, nel rispetto del principio di copianificazione, devono indicare le ragioni ostative o, ove possibile, le modifiche necessarie ai fini della conclusione positiva dell'iter del programma mediante l'approvazione dell'accordo di programma.
4. In caso di approvazione da parte della conferenza, lo schema di accordo di programma, sottoscritto dai soggetti intervenuti alla conferenza di servizi e corredato della documentazione tecnica e grafica prescritta, ivi compresa quella prevista dalle vigenti norme urbanistiche, è depositato per trenta giorni consecutivi presso la segreteria del comune interessato, durante i quali chiunque può prenderne visione.
5. L'effettuato deposito è tempestivamente reso noto al pubblico mediante la pubblicazione sul BURP e su almeno due quotidiani a diffusione provinciale, nonché mediante l'affissione di un avviso all'albo pretorio con l'annotazione degli estremi di pubblicazione nel BURP.
6. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione nel BURP gli interessati possono presentare al comune le proprie osservazioni.
7. Entro i quindici giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il soggetto proponente presenta le proprie deduzioni sulle osservazioni pervenute.
8. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 7, il sindaco del comune interessato chiede al Presidente della Giunta regionale la convocazione dei soggetti invitati alla conferenza di cui al comma 2 per la valutazione delle osservazioni pervenute e la conclusione dell'accordo.
9. L'accordo, approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale entro i trenta giorni successivi, produce effetto di variante allo strumento urbanistico comunale con l'adozione della deliberazione consiliare di ratifica dell'adesione del sindaco all'accordo. Tale ratifica deve intervenire, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla stipula dell'accordo.
Art. 7
Incentivi.
1. L'inclusione degli interventi in programmi integrati di rigenerazione urbana e la previsione di programmi intercomunali sono criteri di valutazione assunti dalla Regione nell'erogazione di finanziamenti destinati alla riqualificazione urbana.
2. Non costituisce variante ai piani regolatori generali, ai programmi di fabbricazione o alle previsioni strutturali dei piani urbanistici generali comunali vigenti l'approvazione di programmi integrati di rigenerazione urbana che comportino:
a) adeguamento e/o rettifica di limitata entità del perimetro delle aree assoggettate a piani urbanistici esecutivi dovuti alla maggiore scala di rappresentazione grafica;
b) modifiche del perimetro di comparti o unità di minimo intervento stabiliti dagli strumenti urbanistici generali.
3. I comuni, in base ai criteri stabiliti dalla Giunta regionale entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti norme, possono prevedere in favore di coloro che effettuano gli interventi di cui alla presente legge riduzioni dell'ICI o di altre imposte comunali e degli oneri di urbanizzazione secondaria e del costo di costruzione di cui agli articoli 16, come modificato dagli articoli 40, comma 9, della legge 1° agosto 2002, n. 166 e 1 del decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 301, e 17 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), graduando gli stessi allo scopo di favorire la realizzazione di edilizia residenziale sociale e insediamenti sostenibili sotto il profilo energetico-ambientale.
4. In aggiunta agli incentivi di cui al comma 3, per favorire la realizzazione di edilizia residenziale sociale nell'ambito dei programmi integrati di rigenerazione urbana, compatibilmente con i caratteri culturali e ambientali degli edifici e dei luoghi e nel rispetto dei limiti di densità edilizia fissati dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), e delle quantità complessive minime fissate dall'articolo 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e successive modifiche e integrazioni, i comuni possono prevedere senza che ciò configuri variante urbanistica:
a) mutamenti di destinazione d'uso di immobili dismessi o da dismettere riservati all'edilizia residenziale sociale;
b) incrementi fino al 10 per cento della capacità insediativa residenziale prevista dagli strumenti urbanistici generali vigenti riservati a interventi di edilizia residenziale sociale.
5. Gli incentivi previsti dal presente articolo sono cumulabili con altri contributi compatibilmente con i criteri di cumulabilità previsti dagli incentivi nazionali.
La presente legge sarà pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione ai sensi e per gli effetti dell'art. 53, comma 1 della L.R. 12 maggio 2004, n. 7 "Statuto della Regione Puglia". È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla osservare come legge della Regione Puglia.
L.R. 22 dicembre 1989, n. 45
Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale.
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(1) Pubblicata nel B.U. Sardegna 22 dicembre 1989, n. 48.
TITOLO I
Finalità, soggetti, strumenti della pianificazione
Art. 1
Finalità.
1. La Regione autonoma della Sardegna, in attuazione dell'articolo 3 lettera f), dello Statuto speciale approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, disciplina le attività di uso e tutela del territorio regionale secondo le norme della presente legge della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 e successive modifiche, in collaborazione e d'intesa con gli enti locali territoriali.
2. A tal fine i soggetti della pianificazione di cui al successivo articolo 2:
a) pianificano l'uso delle risorse territoriali e regolamentano gli interventi di modificazione delle destinazioni d'uso del territorio;
b) coordinano la pianificazione dell'uso del territorio con gli indirizzi, gli obiettivi e gli atti della programmazione economica nazionale e regionale;
c) assicurano la più rigorosa tutela delle risorse territoriali, con particolare riguardo alla salvaguardia del patrimonio naturale, ambientale, artistico culturale, ai fini della loro valorizzazione;
d) verificano periodicamente e adeguano i piani e programmi pubblici concernenti l'uso e la tutela del territorio ai diversi livelli.
Art. 2
Soggetti.
1. I soggetti della pianificazione territoriale sono:
a) la Regione;
b) le Province;
c) i Comuni singoli o associati.
Art. 3
Strumenti e livelli della pianificazione territoriale.
1. Sono strumenti per l'uso e la tutela del territorio:
a) a livello regionale:
1) i piani territoriali paesistici (2);
2) le direttive ed i vincoli, gli schemi di assetto territoriale. Le direttive ed i vincoli possono trovare espressione coordinata in piani e schemi di assetto relativi a determinati settori d'intervento e/o a determinate zone del territorio regionale. Il sistema di tali atti e piani costituisce il quadro regionale di coordinamento territoriale.
b) a livello provinciale:
1) i piani urbanistici provinciali o subprovinciali.
c) a livello comunale:
1) i piani urbanistici comunali;
2) i piani urbanistici intercomunali.
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(2) Ai sensi dell'art. 9, comma 2, L.R. 25 novembre 2004, n. 8 i riferimenti contenuti nella presente legge ai piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.
Art. 4
Ambiti di competenza degli strumenti.
1. La Regione, le Province, i Comuni singoli o associati e le Comunità montane per quanto previsto dall'articolo 7 della legge 3 dicembre 1971, n. 1192, esercitano, negli ambiti delle rispettive competenze definiti dalla presente legge, le funzioni relative alla pianificazione urbanistica concernenti la disciplina dell'uso del territorio e di salvaguardia ambientale.
2. In particolare:
a) la Regione con le direttive e i vincoli e con gli schemi di assetto territoriale disciplina l'uso del territorio e detta norme per la predisposizione dei piani urbanistici delle Province, delle Comunità montane e dei Comuni singoli o associati; con i piani territoriali paesistici (3) individua le zone di particolare pregio naturalistico e ambientale e ne detta le norme d'uso;
b) la Provincia, con il piano urbanistico provinciali esteso all'intero territorio o diviso in più ambiti sempre compresi nella circoscrizione amministrativa, assicura, per le materie di cui al successivo articolo 16, la coerenza degli interventi alle direttive e vincoli regionali e ai piani territoriali paesistici (4);
c) la Comunità montana, in coerenza con la pianificazione regionale e con il piano urbanistico provinciale, può redigere un piano urbanistico di cui all'articolo 7 della legge 3 dicembre 1971, n. 1102;
d) il Comune, con il piano urbanistico comunale o i intercomunale, assicura la equilibrata espansione dei centri abitati in coerenza con le direttive e i vincoli regionali; in conformità alle previsioni del piano urbanistico provinciale regola l'uso del territorio agricolo e delle parti destinate allo sviluppo turistico e produttivo industriale-artigianale, detta norma per il recupero e l'uso del patrimonio edilizio esistente, per una adeguata dotazione di servizi sociali e di carattere infrastrutturale del territorio comunale.
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(3) Ai sensi dell'art. 9, comma 2, L.R. 25 novembre 2004, n. 8 i riferimenti contenuti nella presente legge ai piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.
(4) Ai sensi dell'art. 9, comma 2, L.R. 25 novembre 2004, n. 8 i riferimenti contenuti nella presente legge ai piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.
TITOLO II
La pianificazione regionale
Art. 5
Direttive e vincoli regionali, schemi di assetto territoriale.
1. Allo scopo di orientare e coordinare l'attivi urbanistica, la Regione emana direttive per la formazione, l'adeguamento, la gestione degli strumenti urbanistici.
2. Le direttive stabiliscono criteri e modalità per il dimensionamento dei piani di cui all'articolo 4.
3. Le direttive inoltre prevedono: i limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza tra fabbricati nonché i rapporti massimi tra spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico a parcheggi da osservarsi all'atto della formazione degli strumenti di pianificazione urbanistica.
4. Fino all'approvazione delle direttive di cui al presente articolo rimangono in vigore le norme di cui al Dec.Ass. 20 dicembre 1983, n. 2266/U dell'Assessore regionale dell'urbanistica.
5. La Regione stabilisce, in riferimento a determinate zone del territorio, particolari e specifici vincoli urbanistici necessari al conseguimento di obiettivi in materia di difesa del suolo, conservazione, tutela ed utilizzazione delle risorse naturali, ambientali e culturali, di localizzazione di infrastrutture, attrezzature e servizi di interesse generale.
6. E in facoltà della Regione di dotarsi di uno o più schemi di assetto territoriale come espressione coordinata delle direttive e dei vincoli, per settori di intervento e per determinate zone del territorio regionale.
7. Gli schemi di assetto territoriale potranno prevedere, tra l'altro: la determinazione del fabbisogno abitativo; la rete delle principali linee di comunicazione di interesse regionale; i criteri per la scelta delle aree da destinare ad insediamenti residenziali, produttivi, artigianali, commerciali e turistici o da tutelare sotto il profilo paesaggistico e ambientale.
8. Le direttive, i vincoli regionali e gli schemi di assetto territoriale sono approvati dal Consiglio regionale previa deliberazione della Giunta regionale e sono resi esecutivi con decreto del Presidente della Giunta regionale.
Art. 6
Servizi per la pianificazione regionale.
[1. Sono istituiti, in soprannumero rispetto a quanto fissato dagli articoli 5 e 6 della legge regionale 17 agosto 1978, n. 51, presso l'Assessorato regionale competente in materia urbanistica:
a) il servizio per la predisposizione e la gestione degli strumenti della pianificazione urbanistica regionale;
b) il servizio informativo e cartografico regionale.
2. Ogni servizio è articolato in due settori.
3. Il servizio di cui al punto a) svolge le funzioni relative all'istruttoria, definizione e verifica degli atti connessi alla redazione degli strumenti e della pianificazione regionale.
4. Il servizio di cui al punto b) svolge le funzioni relative alla predisposizione del materiale informativo, cartografico di base per la pianificazione territoriale.
5. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente per il perseguimento delle finalità di cui ai commi precedenti, può attivare convenzioni con le Università sarde e con professionisti competenti in materia urbanistica] (5).
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(5) Articolo abrogato dall'art. 80, L.R. 13 novembre 1998, n. 31, con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto di ridefinizione dei servizi previsto dal comma 5 dell'art. 71 della stessa legge.
Art. 7
Direttiva per i centri storici.
1. Al fine di tutelare i valori della identità regionale depositati nell'insediamento storico, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, con apposita direttiva istituisce e coordina presso gli enti locali «laboratori per il recupero» anche attraverso il ricorso a professionisti e tecnici esterni all'Amministrazione.
2. Il laboratorio per il recupero dei centri antichi e dell'insediamento minore ha compiti di:
a) catalogazione e definizione delle tecnologie edilizi in funzione della predisposizione di tecniche di recupero relativamente alla struttura fisica degli abitati:
b) formulazione di modelli, progetti di settore e procedure di intervento rapportate alle tipologie edilizie, ai materiali ed agli elementi di arredo urbano;
c) indagine tipologica e funzionale dei manufatti in relazione alle trasformazioni storicamente intervenute ed alle modificazioni possibili;
d) predisposizione di tipologie di intervento standard e di contratti-tipo.
Art. 8
Direttiva per le zone agricole.
1. Entro sei mesi dall'approvazione della presente legge, la Regione emana apposita direttiva di salvaguardia del territorio agricolo che individui quelle parti nelle quali gli interventi sono subordinati a pianificazione paesistica.
2. Fino alla predisposizione dei piani paesistici (6) valgono, per le aree individuate così come stabilito al comma precedente, le norme di salvaguardia di cui all'articolo 12.
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(6) Ai sensi dell'art. 9, comma 2, L.R. 25 novembre 2004, n. 8 i riferimenti contenuti nella presente legge ai piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.
Art. 9
Direttiva per le aree urbane.
1. La Giunta regionale, sentiti gli enti locali interessati, individua e norma con apposita direttiva le aree urbane che, per la loro complessità strutturale, per la loro composizione amministrativa e per la loro rilevanza, all'interno del territorio regionale, necessitano di coordinamento sovracomunale.
2. La direttiva dovrà individuare i perimetri provvisori di tali aree urbane; stabilire i criteri e le norme di pianificazione; designare il soggetto amministrativo per la redazione e la gestione dello schema di assetto dell'area urbana.
Art. 10
Piani territoriali paesistici: contenuti.
[1. I piani territoriali paesistici, redatti sulla base delle disposizioni di omogeneizzazione e di coordinamento approvate dal Consiglio regionale, devono contenere:
a) l'analisi storico-morfologica del territorio e della strutture del paesaggio;
b) l'individuazione degli scenari paesaggistici e delle varie scale di fruizione di essi;
c) la definizione degli ambiti spaziali compresi negli scenari di cui sopra e dei criteri di utilizzazione compatibili. In particolare si dovranno prevedere:
1) gli ambiti nei quali deve essere garantita la conservazione integrale dei singoli caratteri naturalistici, storico-morfologici e dei rispettivi insiemi;
2) gli ambiti per i quali sono ammessi interventi di trasformazione specificandone i limiti, i criteri, nonché le volumetrie massime edificabili;
3) gli ambiti per i quali risultano necessari interventi di restauro e recupero ambientale, specificandone le caratteristiche;
d) la definizione degli ambiti spaziali per i quali la trasformazione del territorio e gli interventi attivi di conservazione e restauro sono subordinati all'assunzione di atti di pianificazione provinciale;
e) i criteri e le norme di attuazione.
2. Per i territori definiti parchi e riserve naturali, il piano territoriale paesistico è sostituito dal piano del parco o della riserva naturale. Qualora, per le aree considerate, il piano territoriale paesistico non sia già stato approvato, il piano del parco o della riserva naturale deve assumere i contenuti di cui al presente articolo e deve essere adottato secondo le procedure di cui al successivo articolo 11.
3. I piani territoriali paesistici debbono essere redatti:
a) per l'intero ambito territoriale costiero ai sensi degli articoli 12 e 13 della presente legge;
b) per gli ambiti territoriali individuati ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e della legge 8 agosto 1985, n. 431.
Essi possono, altresì, essere estesi ad ulteriori ambiti territoriali] (7).
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(7) Articolo prima modificato, con l'aggiunta del comma 3, dall'art. 6, L.R. 1° luglio 1991, n. 20, poi nuovamente così modificato dall'art. 1, L.R. 7 maggio 1993, n. 23 e infine abrogato dall'art. 9, comma 1, L.R. 25 novembre 2004, n. 8.
Art. 10-bis
Piani territoriali paesistici (8): tutela delle zone di rilevante interesse paesistico-ambientale (9).
1. Sono ricompresi tra gli ambiti di cui all'art. 10, comma 1, lettera c), n. 1, e pertanto sono dichiarati inedificabili in quanto sottoposti a vincolo di integrale conservazione dei singoli caratteri naturalistici, storico-morfologici e dei rispettivi insiemi:
a) i terreni costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea della battigia, anche se elevati sul mare, con esclusione di quelli ricadenti nelle zone omogenee A, B, e D, nonché nelle zone C e G contermini agli abitati, tutte come individuate negli strumenti urbanistici vigenti in base al Dec.Ass. 20 dicembre 1983, n. 2266/U (10);
b) le zone umide incluse nell'elenco di cui al D.P.R. 13 marzo 1976, n. 448;
c) i fiumi compresi in un apposito elenco approvato dalla Giunta regionale tra quelli iscritti negli elenchi di cui al T.U. delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 e le relative sponde o piede degli argini, per una fascia di 150 metri ciascuna:
d) i territori con termini ai laghi naturali compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche se elevati sui laghi;
e) le zone di interesse archeologico;
f) le isole minori della Sardegna, con esclusione di quelle indicate alla lettera g) del successivo comma:
g) le spiagge, i compendi sabbiosi, i lidi in genere e le immediate adiacenze funzionalmente connesse alla tutela del bene principale.
2 Sono esclusi dal vincolo di cui comma al 1:
a) i Comuni i cui centri abitati, così come storicamente sviluppatisi e come individuati dai rispettivi strumenti urbanistici vigenti, siano contermini al mare e ai fiumi; tali Comuni possono pertanto individuare, nei rispettivi P.U.C. e solo nelle aree contermini ai centri abitati, anche entro la fascia dei 300 metri dal mare e dai fiumi, zone C, D, G e H, e dettare norme per le zone A e B, nel rispetto delle prescrizioni del d. ass. 2266/U del 1983;
b) le aree interessate da piani attuativi già convenzionati, che abbiano avviato la realizzazione delle opere di urbanizzazione alla data del 17 novembre 1989;
c) gli interventi in attuazione dei piani e progetti di opere pubbliche o di iniziativa pubblica, con particolare riferimento alle varianti di opere pubbliche e di pubblica necessità di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1;
d) gli interventi di prevenzione e tutela della salute pubblica e della qualità dell'ambiente;
e ) gli interventi in attuazione dei piani di risanamento urbanistico di cui alla legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 e successive modifiche;
f) gli interventi di razionalizzazione e sistemazione edilizio-urbanistica dei preesistenti agglomerati;
g) le isole di S. Antioco, S. Pietro, La Maddalena e S. Sterano nelle quali il vincolo di inedificabilità si riferisce alle aree comprese nella fascia di 150 metri dalla linea di battigia fermi restando gli interventi di cui alla precedente lettera a) del presente comma;
h) i preesistenti insediamenti ricettivo-alberghieri classificati secondo la legge regionale 14 maggio 1984, n 22, per i quali sono consentite, non verso il mare, anche entro la fascia dei 300 metri dal mare attività di ristrutturazione, di razionalizzazione e di incremento delle volumetrie strettamente funzionali a tali attività, purché attigue alle preesistenze, compatibili con gli strumenti urbanistici comunali, nella misura non superiore al 25 per cento delle volumetrie dagli stessi già realizzate;
i) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e le volumetrie preesistenti nonché le strutture strettamente necessarie agli impianti di acquicoltura e, comunque, di utilizzazione produttiva del mare, degli stagni e dei fiumi (11) (12).
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(8) Ai sensi dell'art. 9, comma 2, L.R. 25 novembre 2004, n. 8 i riferimenti contenuti nella presente legge ai piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.
(9) Vedi, anche, la Circ.Ass. 4 febbraio 2004, n. 1/U.
(10) L'art. 4, comma 2, quarto periodo, L.R. 25 novembre 2004, n. 8 ha sospeso l'applicazione delle esclusioni di cui alla presente lettera.
(11) L'art. 4, comma 2, quarto periodo, L.R. 25 novembre 2004, n. 8 ha sospeso l'applicazione delle esclusioni di cui al presente comma.
(12) Articolo aggiunto dall'art. 2, L.R. 7 maggio 1993, n. 23.
Art. 11
Piano Paesaggistico Regionale - Procedure.
1. La proposta di PPR è pubblicata, per un periodo di sessanta giorni, all'albo di tutti i comuni interessati. Al fine di assicurare la concertazione istituzionale e la partecipazione di tutti i soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, il Presidente della Regione, entro i sessanta giorni di pubblicazione presso i Comuni svolge l'istruttoria pubblica ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale 22 agosto 1990, n. 40, nella quale illustra la proposta di Piano.
2. Entro trenta giorni, decorrenti dall'ultimo di deposito, chiunque può presentare osservazioni indirizzate al Presidente della Regione.
3. Trascorso tale termine la Giunta regionale esamina le osservazioni e, sentito il Comitato tecnico regionale per l'urbanistica, delibera l'adozione del PPR e lo trasmette al Consiglio regionale nonché ai Comuni interessati ai fini della pubblicazione all'albo pretorio per la durata di quindici giorni.
4. La Commissione consiliare competente in materia di urbanistica esprime, entro due mesi, sul piano stesso il proprio parere che viene trasmesso alla Giunta regionale.
5. Acquisito tale parere, la Giunta regionale approva in via definitiva il PPR entro i successivi trenta giorni (13) (14).
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(13) Il presente articolo, già modificato dagli articoli 1 e 2, L.R. 22 giugno 1992, n. 11, dall'art. 1, L.R. 29 dicembre 1992, n. 22 dall'art. 3, L.R. 7 maggio 1993, n. 23 e dall'art. 21, comma 2, L.R. 12 dicembre 1994, n. 36, è stato poi così sostituito dall'art. 2, comma 1, L.R. 25 novembre 2004, n. 8. Il testo precedente era così formulato: «Art. 11. Piani territoriali paesistici - Procedure. 1. I piani territoriali paesistici di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, ed alla legge 8 agosto 1985, n. 431, sono, di norma, redatti dalla Giunta regionale. Eccezionalmente e su motivata richiesta dell'ente interessato, gli studi e la redazione dei piani possono essere affidati, con deliberazione della Giunta regionale, alle Province, alle Comunità montane, ai Comuni singoli o associati. 2. In tal caso la proposta di piani territoriali paesistici predisposta dai suindicati enti locali è trasmessa alla Giunta regionale, per il successivo iter di approvazione. 3. La proposta di piani territoriali paesistici è pubblicata per un periodo di 60 giorni all'albo di tutti i Comuni interessati con l'indicazione della sede presso cui chiunque può prendere visione dei relativi elaborati. Della pubblicazione è dato avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione autonoma della Sardegna. 4. Entro 30 giorni, decorrenti dall'ultimo di deposito, chiunque può presentare osservazioni indirizzate al Presidente della Giunta regionale. 5. Trascorso tale termine, la Giunta regionale esamina le osservazioni e sentito il C.T.R.U. di cui al successivo articolo 31, delibera l'adozione dei piani territoriali paesistici e li trasmette al Consiglio regionale, nonché ai Comuni interessati ai fini della pubblicazione dell'albo pretorio per la durata di 15 giorni. La Commissione consiliare competente in materia urbanistica esprime, entro quattro mesi, sul piano stesso il proprio parere, che viene trasmesso alla Giunta regionale. Acquisito tale parere la Giunta regionale approva in via definitiva i piani territoriali paesistici, entro i successivi due mesi. Dalla data di adozione e fino all'approvazione definitiva da parte della Giunta regionale, trovano applicazione le misure di salvaguardia di cui alla L. 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modifiche. 6. L'approvazione del piano territoriale paesistico è effettuata anche ai fini della L. 8 agosto 1985, n. 431. 7. Entro ventiquattro mesi dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione del decreto del Presidente della Giunta regionale di approvazione del Piano territoriale paesistico, tutti gli strumenti di pianificazione urbanistica vigente nel territorio compreso dal Piano devono essere adeguati alle sue norme e previsioni.».
(14) Con Delib.G.R. 5 settembre 2006, n. 36/7 è stato approvato in via definitiva, ai sensi del presente comma, il piano paesaggistico regionale.
Art. 12
Norme di salvaguardia.
[1. Nei territori compresi entro una fascia di due chilometri dal mare, fino all'approvazione dei piani territoriali paesistici di cui ai precedenti articoli 10 e 11 e per un periodo non superiore a trenta mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, è vietato realizzare opere nuove soggette a concessione edilizia, ad autorizzazione, nonché ogni nuova modificazione dell'assetto del territorio con esclusione delle opere ricadenti nelle zone classificate A, B, C e D negli strumenti urbanistici vigenti ai sensi del decreto dell'Assessore regionale dell'urbanistica del 20 dicembre 1983, n. 2266/U. È altresì vietato procedere all'adozione di nuove varianti agli strumenti urbanistici vigenti. Le varianti sono ammesse, previo nullaosta della Giunta regionale, quando riguardino la realizzazione di opere pubbliche e quando non rappresentino modifiche sostanziali (15).
2. Sono comunque consentiti:
a) gli interventi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico e di restauro conservativo che non alterino lo stato dei luoghi e le volumetrie preesistenti;
b) gli interventi agro-silvo-pastorali anche comportanti manufatti edilizi e modeste modificazioni dell'assetto idrogeologico del territorio, conformi all'attuale destinazione ed indispensabili ad una corretta conduzione dei fondi, con esclusione degli impianti di forestazione produttiva per i quali è richiesta espressa deroga;
c) gli interventi di prevenzione e tutela della salute pubblica e della qualità dell'ambiente;
d) gli interventi in attuazione dei piani e progetti di opere pubbliche o di iniziativa pubblica con particolare riferimento alle varianti di opere pubbliche e di pubblica necessità di cui alla legge 3 gennaio 1978, n. 1;
e) gli interventi in attuazione dei piani di risanamento urbanistico di cui alla legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 e successive modifiche;
f) gli interventi relativi alla ricostruzione di abitati.
3. Eventuali deroghe sono accordate dal sindaco, previa deliberazione del consiglio comunale e nulla-osta della Giunta regionale, sentito il C.T.R.U., nonché previa autorizzazione di cui all'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497.
4. Sono fatte salve le opere di urbanizzazione e di servizio pubblico o comunque di preminente interesse pubblico. Sono altresì fatti salvi gli alberghi così come definiti nella legge regionale 14 maggio 1984, n. 22, sempre che nella costruzione dell'opera venga rispettato il rapporto di almeno 100 mc. per posto letto. Sono altresì fatte salve le opere ricadenti nella fascia compresa tra i 500 e 2000 metri dal mare, previste dai piani attuativi già convenzionati che abbiano avviato la realizzazione delle opere di urbanizzazione, alla data del 17 novembre 1989, previa autorizzazione di cui all'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (16).
5. Nelle isole minori della Sardegna le norme di cui al presente articolo si applicano su tutto il territorio.
6. Salvo che per la esecuzione delle opere di cui ai precedenti punti non è ammesso il rilascio di ulteriori concessioni od autorizzazioni edilizie. Eventuali concessioni ed autorizzazioni rilasciate in data successiva alla entrata in vigore della presente legge sono comunque sospese sino all'approvazione ed alla verifica di compatibilità col piano territoriale paesistico e per un periodo non superiore ai due anni (17)] (18).
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(15) Comma così modificato dall'art. 1, L.R. 18 dicembre 1991, n. 37.
(16) Comma così sostituito dall'art. 3, L.R. 22 giugno 1992, n. 11.
(17) Vedi, anche, l'art. 3, L.R. 29 dicembre 1992, n. 22.
(18) Articolo abrogato dall'art. 9, comma 1, L.R. 25 novembre 2004, n. 8.
Art. 13
Tutela delle fasce costiere. Norme di salvaguardia e di utilizzazione.
[1. Fino all'approvazione dei piani territoriali paesistici, e per un periodo non superiore a trenta mesi (19) dalla data di entrata in vigore della presente legge,
- sul mare territoriale,
- sulla fascia di 500 metri dal mare,
valgono le norme di cui all'articolo precedente con le seguenti prescrizioni:
a) divieto di procedere alla predisposizione di varianti agli strumenti urbanistici vigenti;
b) divieto di realizzazione delle opere consentite di cui al secondo comma dell'articolo precedente fatta eccezione per le opere di cui al punto a);
c) sono fatte salve le opere di urbanizzazione e di servizio pubblico o comunque di preminente interesse pubblico (20).
2. Dopo l'approvazione dei piani territoriali paesistici, per le aree ricomprese all'interno della fascia costiera di 500 metri dal mare, e consentito stipulare accordi di programma secondo i contenuti e le procedure di cui all'articolo 28 (21) (22)] (23).
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(19) Termine così modificato dall'art. 1, L.R. 18 dicembre 1991, n. 37.
(20) Lettera già sostituita dall'art. 7, L.R. 1° luglio 1991, n. 20 e così nuovamente sostituita dall'art. 4, L.R. 22 giugno 1992, n. 11.
(21) Comma così sostituito dall'art. 4, L.R. 7 maggio 1993, n. 23.
(22) Vedi, anche, l'art. 3, L.R. 29 dicembre 1992, n. 22.
(23) Articolo abrogato dall'art. 9, comma 1, L.R. 25 novembre 2004, n. 8.
Art. 14
Procedimenti cautelari.
1. Per comprovati motivi di urgenza ed in relazione alle finalità di cui all'articolo 1, la Giunta regionale può deliberare provvedimenti idonei ad inibire o a sospendere, per un periodo non superiore a tre mesi, non rinnovabili, trasformazioni di destinazioni d'uso e costruzioni su aree pubbliche o private, anche se consentite dagli strumenti urbanistici vigenti.
2. Il provvedimento della Giunta regionale deve essere immediatamente trasmesso al Consiglio regionale che può aumentare il periodo di inibizione o sospensione fino a sei mesi.
3. La deliberazione della Giunta deve essere esplicitamente motivata e deve indicare i beni oggetto del provvedimento.
Art. 15
Esecuzione delle ordinanze di demolizione.
1. L'Assessorato regionale competente in materia urbanistica è autorizzato a concedere, ai Comuni che ne facciano richiesta, l'utilizzazione dei mezzi meccanici di proprietà della Regione e degli enti ed organi strumentali della stessa, con relativo personale addetto, per l'esecuzione delle ordinanze di demolizione di opere eseguite in violazione della disciplina urbanistica vigente.
2. Nei casi di interventi sostitutivi previsti dalle disposizioni vigenti, l'Assessorato regionale competente in materia urbanistica dispone direttamente l'utilizzazione dei mezzi meccanici suddetti.
3. Per i fini di cui sopra l'Assessore competente in materia urbanistica è altresì autorizzato a stipulare apposite convenzioni annuali con imprese specializzate per l'effettuazione dei lavori sopra indicati.
3-bis. L'Amministrazione regionale è autorizzata ad anticipare le spese relative alla esecuzione delle ordinanze di demolizione di cui al comma 1 (24).
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(24) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 17, L.R. 22 aprile 2002, n. 7.
TITOLO III
La pianificazione provinciale
Art. 16
Pianificazione provinciale.
1. La Provincia, con il piano urbanistico provinciale, redatto anche per settori di intervento, nel rispetto della pianificazione regionale, individua specifiche normative di coordinamento con riferimento ad ambiti territoriali omogenei:
a) per l'uso del territorio agricolo e costiero;
b) per la salvaguardia attiva dei beni ambientali e culturali;
c) per l'individuazione e regolamentazione dell'uso delle zone destinate ad attività produttive industriali, artigianali e commerciali di interesse sovracomunale;
d) per le attività ed i servizi che per norma regionale necessitano di coordinamento sovracomunale;
e) per la viabilità di interesse provinciale;
f) per le procedure relative alla determinazione della compatibilità ambientale dei progetti che prevedono trasformazioni del territorio.
2. La pianificazione provinciale è subordinata agli atti di pianificazione regionale e non ha corso in assenza di essi.
Art. 17
Procedura di approvazione del piano urbanistico provinciale.
1. Il piano urbanistico provinciale e adottato dal Consiglio provinciale.
2. Il piano è depositato presso la segreteria della Provincia ed in quella dei Comuni interessati per un periodo di 30 giorni. Dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblico all'Albo della Provincia ed in quello di ogni suo Comune, nonché mediante avviso sui maggiori quotidiani dell'Isola.
3. Durante il periodo di deposito chiunque può prendere visione del piano. Nei 30 giorni successivi i Comuni, le Comunità montane, le organizzazioni sociali e sindacali, i cittadini possono presentare osservazioni alla Provincia.
4. Il Consiglio provinciale, accolte o respinte le osservazioni presentate, con motivato parere, delibera l'approvazione del piano.
5. La deliberazione di approvazione è sottoposta al controllo di legittimità di cui al successivo articolo 30.
6. Il piano urbanistico provinciale entra in vigore il giorno della pubblicazione della delibera di approvazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma della Sardegna.
Art. 18
Piano urbanistico della Comunità montana.
1. Le Comunità montane, in armonia e nel rispetto dei piani territoriali paesistici (25), delle direttive e dei vincoli di cui all'articolo 5 e della pianificazione provinciale, possono dotarsi dei piani di cui alla legge 3 dicembre 1971, n. 1102.
2. I piani di cui al comma precedente seguono le modalità di formazione, pubblicazione ed approvazione dettate per i piani urbanistici provinciali; a tal fine le funzioni del consiglio provinciale sono esercitate dal consiglio della Comunità montana.
3. Il controllo sulla legittimità delle deliberazioni della Comunità montana in materia urbanistica è esercitato ai sensi dell'articolo 30.
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(25) Ai sensi dell'art. 9, comma 2, L.R. 25 novembre 2004, n. 8 i riferimenti contenuti nella presente legge ai piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.
TITOLO IV
La pianificazione comunale
Art. 19
Contenuti del piano urbanistico comunale.
1. Il piano urbanistico comunale prevede:
a) un'analisi della popolazione con l'indicazione delle possibili soluzioni assunte a base della pianificazione;
b) le attività produttive insediate nel territorio comunale con la relativa dotazione di servizi;
c) la prospettiva del fabbisogno abitativo;
d) la rete delle infrastrutture e delle principali opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
e) la normativa di uso del territorio per le diverse destinazioni di zona;
f) l'individuazione delle unità territoriali minime da assoggettare unitariamente alla pianificazione attuativa anche in accordo con il successivo punto i);
g) l'individuazione delle porzioni di territorio comunale da sottoporre a speciali norme di tutela e di salvaguardia;
h) l'individuazione degli ambiti territoriali ove si renda opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, nonché dei manufatti e complessi di importanza storico-artistica ed ambientale, anche non vincolati dalla legge 1° giugno 1939, n. 1089, e dalla legge 29 giugno 1939, n. 1487;
i) le norme e le procedure per misurare la compatibilità ambientale dei progetti di trasformazione urbanistica e territoriale, ricadenti nel territorio comunale;
l) il regolamento edilizio (26).
2. Il piano deve considerare l'intero territorio comunale e può prevedere vincoli su aree e beni determinati per la razionale e coordinata sistemazione di spazi destinati ad uso pubblico e per la realizzazione di opere, impianti ed attrezzature di interesse pubblico.
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(26) Lettera aggiunta dall'art. 8, L.R. 1° luglio 1991, n. 20.
Art. 20
Formazione, adozione ed approvazione del piano urbanistico comunale e intercomunale.
1. Il piano urbanistico comunale e adottato dal consiglio comunale (27).
2. Entro 15 giorni il piano urbanistico comunale depositato a disposizione del pubblico per 30 giorni presso la segreteria del Comune; dell'avvenuto deposito è data notizia mediante avviso pubblicato all'albo dei comune e mediante l'affissione di manifesti e avviso in almeno uno dei quotidiani dell'Isola.
3. Chiunque può formulare, entro 30 giorni a decorrere dall'ultimo giorno di pubblicazione, osservazioni al piano adottato.
4. Il consiglio comunale accoglie o respinge le osservazioni presentate, con parere motivato e, tenuto conto di esse, delibera l'adozione definitiva del piano urbanistico comunale.
5. La delibera di approvazione è sottoposta al controllo di legittimità di cui al successivo articolo 30.
6. Le varianti al piano sono approvate con lo stesso procedimento.
7. Dalla data di adozione del piano di cui al primo comma si applicano le norme di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni.
8. Il piano urbanistico comunale entra in vigore il giorno della pubblicazione del provvedimento di approvazione definitiva nel Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma della Sardegna.
9. Il piano urbanistico intercomunale è adottato con deliberazione di ciascuno dei consigli comunali dei Comuni compresi nel territorio interessato dal piano ed è approvato con la medesima procedura del piano urbanistico comunale.
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(27) Vedi anche l'art. 8, comma 2, primo periodo, L.R. 25 novembre 2004, n. 8.
Art. 21
Strumenti di attuazione del piano urbanistico comunale (28).
1. Gli strumenti di attuazione del piano urbanistico comunale o intercomunale sono:
a) il piano particolareggiato;
b) il piano di lottizzazione convenzionata;
c) il piano per gli insediamenti produttivi;
d) il piano per l'edilizia economica e popolare;
e) le concessioni ed autorizzazioni edilizie.
2. Gli strumenti di cui ai punti a), b), c) e d), sono approvati, secondo le procedure di cui all'articolo precedente, con deliberazione del consiglio comunale in conformità a quanto previsto dal piano urbanistico comunale e nel rispetto delle direttive emanate dalla Regione ai sensi dell'articolo 5 e secondo i contenuti previsti dalla legge 17 agosto 1942, n. 1150, dalla legge 18 aprile 1962, n. 167, e dalla legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modifiche ed integrazioni.
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(28) Vedi anche l'art. 8, comma 2, secondo periodo, L.R. 25 novembre 2004, n. 8.
Art. 22
Strumenti urbanistici attuativi - Norme particolari.
1. Il piano per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modifiche, si attua sia in zone edificate che in zone non edificate con interventi di nuova costruzione e/o di recupero del patrimonio edilizio esistente. Nei P.E.E.P. che prevedono interventi di restauro, risanamento ristrutturazione di edifici o parti di edifici, il Comune può invitare i proprietari a realizzare gli interventi previsti sulla base di una convenzione ai sensi dell'articolo 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Nell'ambito dei P.E.E.P. è consentita la previsione di attività produttive e terziarie convenzionate purché compatibili e commisurate con la residenza. Per quanto riguarda il dimensionamento del P.E.E.P. nonché le modalità di determinazione del prezzo di cessione delle aree si applicano le disposizioni dell'articolo 33 della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 e successive modifiche.
2. Il P.I.P. di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, si forma sia in zone inedificate come in zone edificate. Per la determinazione del prezzo di cessione delle aree si applicano le disposizioni vigenti per il P.E.E.P.
3. Il piano di recupero di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457, è lo strumento per il recupero del patrimonio edilizio esistente nelle zone dichiarate degradate, in qualsiasi zona territoriale omogenea si trovino ubicate.
Art. 23
Programma pluriennale di attuazione.
1. Le previsioni contenute negli strumenti generali di pianificazione urbanistica territoriale di scala comunale si attuano con le modalità e nei tempi fissati dai programmi pluriennali.
2. Sono obbligati a dotarsi di programmi pluriennali di attuazione tutti i Comuni della Sardegna inclusi in un apposito elenco allegato alle direttive di cui all'articolo 5.
3. I Comuni non obbligati hanno facoltà di dotarsi del programma pluriennale di attuazione.
Art. 24
Contenuto e approvazione del programma pluriennale di attuazione.
1. Il programma pluriennale di attuazione deve contenere
a) una relazione sullo stato di attuazione dello strumento urbanistico vigente:
b) la descrizione delle opere pubbliche o di interesse generale da realizzarsi nel periodo di validità del programma;
c) la deliberazione degli ambiti e zone di intervento previste dal programma per le diverse funzioni urbane.
2. Il programma è approvato con le modalità previste per il piano urbanistico comunale.
Art. 25
Connessione edilizia.
1. Nei Comuni dotati di programma pluriennale di attuazione ai sensi del precedente articolo 23 la concessione a edificare è data per le aree incluse nei programmi stessi.
2. Nei Comuni obbligati a dotarsi del programma pluriennale di attuazione e fino alla sua approvazione la concessione a edificare è rilasciata solo su aree dotate di opere di urbanizzazione e se riferita a:
a) opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
b) ampliamento di complessi produttivi esistenti ne la misura massima del 30 per cento dei volumi o superfici esistenti;
c) altri interventi a questo fine meglio precisati dalle norme di attuazione degli strumenti urbanistici generali vigenti.
Art. 26
Esproprio delle aree.
1. Qualora entro i termini stabiliti dal programma pluriennale di attuazione gli aventi titolo, singolarmente o associati, non abbiano presentato istanza di concessione o di lottizzazione corredata degli atti e documenti richiesti dalle disposizioni vigenti, il Comune procede, ai sensi dell'articolo 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, all'esproprio delle aree in base alle disposizioni contenute nella legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni.
2. Le aree espropriate ai sensi del presente articolo vanno a far parte dei patrimoni comunali.
Art. 27
Comparto edificatorio.
1. Il comparto edificatorio definisce gli ambiti territoriali minimi entro cui l'intervento edilizio deve essere realizzato in modo unitario da più aventi titolo.
2. Il comparto comprende uno o più edifici e/o aree da trasformare, e si realizza attraverso la costituzione di un consorzio e la presentazione di un'unica istanza di concessione edilizia o di autorizzazione.
3. La delimitazione dell'ambito territoriale del comparto ed i termini per la costituzione del consorzio e per la presentazione dell'istanza di concessione o di autorizzazione sono deliberati dal consiglio comunale.
Art. 28
Accordo di programma.
1. I soggetti, singoli o associati, della pianificazione urbanistico-territoriale previsti dall'articolo 2 della presente legge, possono stipulare con soggetti pubblici e privati accordi di programma finalizzati alla realizzazione di un complesso di opere nei settori industriale, artigianale, agricolo, turistico, commerciale, residenziale e dei servizi.
2. La serie di opere ed interventi oggetto dell'accordo di programma deve essere finalizzata all'obiettivo primario di crescita economica e produttiva del territorio interessato ed in particolare all'incremento della base occupativa diretta ed indiretta.
3. L'accordo di programma, se accompagnato dagli elaborati tecnici necessari, è uno strumento attuativo della pianificazione urbanistica territoriale vigente. Esso, previa adozione del consiglio comunale competente per territorio, è approvato con deliberazione della Giunta regionale, sentito il C.T.R.U. di cui all'articolo 31.
4. Qualora l'accordo di programma interessi territori di più Comuni, esso è adottato con deliberazione dei consigli comunali dei Comuni interessati.
5. Il complesso degli interventi previsti dall'accordo di programma si attua con le stesse procedure del piano particolareggiato e del piano di lottizzazione convenzionata di cui all'articolo 21.
6. Qualora il piano attuativo di cui al comma precedente comporti modifiche del piano urbanistico comunale, esso è soggetto alle procedure di approvazione proprie delle varianti di piano.
6-bis. L'accordo di programma e successivo e attuativo rispetto alla pianificazione paesistica del territorio interessato. Esso regola le modalità degli interventi relativi a dimensioni ampie di territorio attraverso l'individuazione preventiva e concordata dei criteri attraverso cui si realizzano: la pianificazione pluriennale degli interventi sul territorio, l'integrazione e l'intersettorialità degli interventi produttivi, le utilità generali ai fini dello sviluppo e della occupazione nell'ambito e in coerenza del piano generale di sviluppo della Regione (29).
6-ter. Gli accordi di programma debbono risultare reciprocamente garantiti nei tempi, nelle modalità e nei risultati delle diverse fasi attuative (30).
6-quater. Il coordinamento generale dei soggetti pubblici e privati intervenienti è garantito dalla Regione, che opera con la partecipazione degli enti locali interessati (31).
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(29) Comma aggiunto dall'art. 5, L.R. 7 maggio 1993, n. 23.
(30) Comma aggiunto dall'art. 5, L.R. 7 maggio 1993, n. 23.
(31) Comma aggiunto dall'art. 5, L.R. 7 maggio 1993, n. 23.
Art 28-bis
Accordi di programma di particolare interesse economico e sociale.
1. Qualora l'accordo di programma, come definito nel precedente articolo 28, presupponga significative iniziative economiche, insistenti in ambiti di cospicua rilevanza comunale e sovracomunale, caratterizzate da un programma di investimenti produttivi a lungo termine, non solo nel settore edilizio, diretti allo sviluppo e alla valorizzazione delle risorse socio-economiche della Sardegna con particolare ricaduta economica e occupativa nell'area-programma in cui sono inserite, tale da determinare effetti sulla strumentazione programmatoria regionale, esso è approvato con apposito provvedimento di legge (32).
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(32) Articolo aggiunto dall'art. 6, L.R. 7 maggio 1993, n. 23.
Art. 29
Condotta urbanistica.
1. Nei Comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti e nei consorzi fra gli stessi può essere istituita, previo nulla osta del competente Assessorato regionale, la condotta urbanistica (33).
2. La condotta urbanistica è un organo tecnico del Comune e svolge funzioni di consulenza e predisposizione di elaborati tecnici necessari per la pratica attuazione degli strumenti di pianificazione urbanistica. Inoltre svolge funzioni di servizio e supporto informativo, per gli utenti interessati alla attività di trasformazione urbanistica del territorio.
3. La condotta urbanistica e composta da:
a) il capo dell'ufficio tecnico del Comune;
b) da uno o più esperti di pianificazione urbanistica e territoriale laureati in ingegneria o architettura o in giurisprudenza ovvero in scienze agrarie o forestali o geologia (34);
c) un impiegato del Comune con funzioni di segretario
4. Alle figure di cui ai punti a) e c) si provvede con personale di ruolo del Comune, per il punto b) il Comune attiva una consulenza a convenzione con uno o più professionisti specializzati iscritti al relativo ordine professionale. Questi ultimi non possono esercitare nel territorio comunale attività professionale in materia urbanistica per conto di soggetti privati per tutta la durata della convenzione.
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(33) Comma così sostituito dall'art. 9, L.R. 1° luglio 1991, n. 20.
(34) Lettera così sostituita dall'art. 9, L.R. 1° luglio 1991, n. 20.
TITOLO V
Organi di controllo e consultivi
Art. 30
Organi di controllo. Modifica all'articolo 23 della legge regionale 23 ottobre 1978, n. 62.
... (35).
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(35) Il presente articolo, che aggiungeva il comma 2 all'art. 23, L.R. 23 ottobre 1978, n. 62, è stato successivamente abrogato dall'art. 4, comma 2, L.R. 13 dicembre 1994, n. 38.
Art. 31
Organi consultivi.
1. Sono istituiti:
a) il Comitato tecnico regionale per l'urbanistica (C.T.R.U.);
b) i Settori circoscrizionali del Servizio urbanistica e del Servizio regionale di vigilanza in materia edilizia, alle dipendenze dell'Assessorato regionale dell'Urbanistica (36).
2. Il C.T.R.U., istituito presso l'Assessorato regionale competente in materia urbanistica, è un organo tecnico-consultivo della Giunta in materia urbanistica ed assetto del territorio.
3. Il C.T.R.U. svolge inoltre le funzioni previste all'articolo 24 del regio decreto 3 giugno 1940, n. 1357.
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(36) Lettera così sostituita dall'art. 11, L.R. 1° luglio 1991, n. 20. L'articolo 11 è stato, successivamente, abrogato dall'art. 80, L.R. 13 novembre 1998, n. 31 con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto di ridefinizione dei servizi previsto dal comma 5 dell'art. 71 della stessa legge.
Art. 32
C.T.R.U. - Composizione e funzionamento.
1. Il C.T.R.U. è costituito da:
a) l'Assessore regionale competente in materia urbanistica o un funzionario dell'Assessorato suo delegato che lo presiede;
b) un funzionario per ogni Assessorato designato dal l'Assessore competente;
c) cinque esperti in materia urbanistica, paesistica, tutela dell'ambiente e materie giuridiche connesse designati dalla Giunta regionale (37);
d) i soprintendenti per i beni architettonici ed artistici o loro delegati;
e) i soprintendenti per i beni archeologici o loro delegati.
2. Svolge le funzioni di segretario un impiegato amministrativo della VII fascia funzionale designato dall'Assessore competente in materia urbanistica.
3. Previa conforme deliberazione della Giunta regionale, i componenti del C.T.R.U. sono nominati con decreto del Presidente della Regione e durano in carica per l'intera legislatura.
4. Ai componenti il C.T.R.U. nonché ai segretari spettano i compensi e i rimborsi spese previsti dalla legge regionale 22 giugno 1987, n. 27.
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(37) Lettera così modificata dall'art. 12, L.R. 1° luglio 1991, n. 20.
TITOLO VI
Tutela del paesaggio e dei beni ambientali (38)
Art. 33
Commissioni provinciali per le bellezze naturali.
[1. Presso l'Assessorato regionale competente in materia di bellezze naturali e istituito, in deroga all'articolo 5 della legge 17 agosto 1978, n. 51 il servizio per le bellezze naturali con il compito di curare le materie relative delegate alla Regione con l'articolo 57 del decreto del Presidente della Repubblica 19 giugno 1979, n. 348] (39).
2. Con le procedure previste dalla legge regionale 17 agosto 1978, n. 51, sono istituiti i settori delle bellezze naturali con sede nei capoluoghi di Provincia. I settori svolgono le funzioni già esercitate dalle sezioni delle bellezze naturali.
3. Le commissioni provinciali di cui all'articolo 2 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, e di cui all'articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1975, n. 805, sono nominate con decreto del Presidente della Giunta regionale previa deliberazione della Giunta regionale, durano in carica cinque anni, operano presso gli uffici circoscrizionali dell'Assessorato regionale competente in materia di bellezze naturali e cessano dalle loro funzioni novanta giorni dopo l'insediamento del Consiglio regionale di nuova elezione.
4. Le commissioni sono composte da:
a) l'Assessore regionale competente o un funzionario dell'Assessorato suo delegato, con funzioni di presidente;
b) il coordinatore del settore, competente per territorio, in materia di bellezze naturali;
c) il soprintendente per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici, o un suo delegato, competente per territorio:
d) il soprintendente per i beni archeologici, o suo delegato, competente per territorio;
e) tre esperti designati dal Consiglio regionale con voto limitato a due;
f) un funzionario designato dall'Assessorato regionale degli enti locali, finanze ed urbanistica (40);
g) un funzionario designato dall'Assessorato regionale della difesa dell'ambiente (41);
h) un funzionario designato dall'Amministrazione provinciale (42).
5. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario dell'Assessorato regionale competente.
5-bis. La composizione della Commissione, nel caso di deliberazioni relative a provvedimenti di cui agli articoli 1 e 2 della legge n. 1497 del 1939, ovvero di perimetrazione dei vincoli di cui all'articolo 1 della legge n. 431 del 1985, è integrata dal Sindaco del comune interessato o da un suo delegato (43).
5-ter. Ai componenti delle Commissioni provinciali per la tutela del paesaggio nominati dal Consiglio regionale spetta il trattamento previsto per i componenti del Comitato tecnico amministrativo provinciale dei lavori pubblici. In caso di assenza ingiustificata per oltre tre sedute consecutive i componenti esterni di designazione consiliare sono dichiarati decaduti (44).
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(38) Intitolazione così modificata dall'art. 13, L.R. 1° luglio 1991, n. 20.
(39) Comma abrogato dall'art. 80, L.R. 13 novembre 1998, n. 31, con effetto dalla data di entrata in vigore del decreto di ridefinizione dei servizi previsto dal comma 5 dell'art. 71 della stessa legge.
(40) Le lettere f), g) e h) sono state aggiunte dall'art. 12, L.R. 12 agosto 1998, n. 28.
(41) Le lettere f), g) e h) sono state aggiunte dall'art. 12, L.R. 12 agosto 1998, n. 28.
(42) Le lettere f), g) e h) sono state aggiunte dall'art. 12, L.R. 12 agosto 1998, n. 28.
(43) Comma aggiunto dall'art. 12, comma 2, L.R. 12 agosto 1998, n. 28.
(44) Comma aggiunto dall'art. 12, comma 2, L.R. 12 agosto 1998, n. 28.
Art. 34
Autorizzazioni.
1. Le richieste di autorizzazione da cui all'articolo 7 della legge 29 giugno 1939, n. 1497, sono esaminate e istruite dagli uffici provinciali previsti dal precedente articolo competenti per territorio entro sessanta giorni.
2. Le richieste e gli atti istruttori sono sottoposti all'esame della commissione di cui al precedente articolo che esprime un voto consultivo.
TITOLO VII
Norme regionali di attuazione di disposizioni statali
Art. 35
Contributo per la realizzazione delle opere di urbanizzazione.
1. Le somme percepite dalle amministrazioni comunali a titolo di contributo per la realizzazione delle opere di urbanizzazione, secondo programmi riferiti all'intero territorio comunale e per la redazione di progetti e degli strumenti di pianificazione urbanistica, o di rivalsa per l'inadempienza degli obblighi derivanti dalle convenzioni relative ai piani di lottizzazione, costituiscono entrate con destinazione specifica.
Art. 36
Adempimenti dell'Amministrazione comunale.
1. L'amministrazione comunale deve adottare le deliberazioni di cui al primo comma dell'articolo 5 e al primo comma dell'articolo 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore delle tabelle parametriche regionali.
2. Entro lo stesso termine l'amministrazione comunale adotta lo schema di convenzione ai sensi dell'articolo 7 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in conformità alla convenzione tipo emanata dalla Regione.
3. Le modalità di corresponsione del contributo afferente gli oneri di urbanizzazione di casi agli articoli 5 e 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, sono stabilite con deliberazione del consiglio comunale.
4. Il pagamento a saldo degli oneri di cui al precedente comma dovrà comunque avvenire entro e non oltre 24 mesi dalla ultimazione delle opere, ovvero dall'ultimazione dei lavori accertata dal Comune.
TITOLO VIII
Disposizioni transitorie e finali
Art. 37
Sezioni specializzate per il controllo degli atti in materia urbanistica.
1. Fino alla costituzione delle sezioni specializzate per il controllo degli atti in materia urbanistica di cui all'articolo 30 le funzioni loro attribuite dalla presente legge sono esercitate rispettivamente dal Comitato regionale di controllo e dai Comitati circoscrizionali di controllo.
Art. 38
Strumenti urbanistici.
1. Gli studi di disciplina delle zone F adottati ai sensi della legge regionale 19 maggio 1981, n. 17, restano in vigore come strumenti attuattivi per le parti non in contrasto con le previsioni contenute negli strumenti di cui all'articolo 3, primo comma, lettera a).
Art. 39
Abrogazione di leggi regionali.
1. La legge regionale 18 maggio 1981, n. 17, e la legge regionale 28 aprile 1978, n. 30, sono abrogate.
Art. 40
Modifica della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23.
... (45).
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(45) Sostituisce l'art. 33, comma 5, L.R. 11 ottobre 1985, n. 23.
Art. 41
Contributi per la predisposizione degli strumenti urbanistici.
1. La Regione è autorizzata a concedere finanziamenti ai comuni per la redazione di piani urbanistici generali e piani particolareggiati dei centri storici, per un importo non superiore al 90 per cento della spesa sostenuta e ritenuta ammissibile, da erogarsi nel seguente modo:
a) un'anticipazione del contributo, in misura non superiore al 50 per cento della somma richiesta dal comune, ritenuta ammissibile dal competente ufficio regionale, previa presentazione della delibera di affidamento di incarico al progettista;
b) pagamento del saldo, successivamente alla presentazione della documentazione comprovante l'approvazione del piano nei termini stabiliti (46).
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(46) Il presente comma, già modificato dall'art. 14, L.R. 1° luglio 1991, n. 20, è stato poi così sostituito dall'art. 18, comma 9, L.R. 29 aprile 2003, n. 3. Il testo precedente era così formulato: «Art. 41. Contributi per la predisposizione degli strumenti urbanistici. 1. La Regione, allo scopo di favorire la formazione e la revisione degli strumenti urbanistici locali ed il loro adeguamento alla pianificazione regionale, per la formazione dei piani di risanamento dl cui all'articolo 35 della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23, nonché, per la redazione dei piani di sviluppo e di adeguamento della rete di vendita di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, è autorizzata a concedere contributi sulle spese occorrenti. 2. I contributi sono erogati con decreto dell'Assessore regionale competente in materia urbanistica, previa deliberazione della Giunta regionale, secondo le seguenti modalità: a) anticipatamente per il 50 per cento delle spese previste nella richiesta di contributo deliberata dal Comune e ritenute ammissibili. b) a seguito della presentazione della relativa documentazione per la restante parte, fino all'ammontare complessivo del 90 per cento delle spese effettivamente sostenute. 3. I benefici di cui ai precedenti commi sono erogati a favore dei Comuni anche allo scopo di favorire il funzionamento delle condotte urbanistiche.».
Art. 42
Potenziamento degli uffici periferici dell'Assessorato regionale competente in materia urbanistica.
1. Al fine di dare compiuta attuazione alle disposizioni di cui alla presente legge attraverso il potenziamento funzionale degli uffici periferici dell'Assessorato regionale competente in materia urbanistica, la dotazione organica del ruolo unico regionale prevista nella tabella A allegata alla legge regionale 14 novembre 1988, n. 42, è incrementata di 12 unità della VI qualifica funzionale e di 20 unità della VII qualifica funzionale (47).
2. Gli aumenti di organico di cui al precedente comma sono destinati esclusivamente ad incrementare i contingenti numerici di personale dell'area dei servizi tecnici nelle seguenti qualifiche funzionali:
a) nella VI qualifica funzionale:
- 12 posti con profilo professionale di istruttore tecnico-geometra (48);
b) nella VII qualifica funzionale:
- 12 posti con profilo professionale di istruttore direttore tecnico-architetto:
- 8 posti con profilo professionale di istruttore direttore tecnico-ingegnere civile.
3. Per la copertura dei posti istituiti col presente articolo si applica la disciplina vigente per l'accesso agli impieghi pubblici regionali.
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(47) Comma così modificato dall'art. 42, primo comma, L.R. 15 gennaio 1991, n. 6.
(48) Lettera così modificata dall'art. 42, secondo comma, L.R. 15 gennaio 1991, n. 6.
Art. 43
Norma finanziaria.
1. Le spese derivanti dall'applicazione della presente legge sono quantificate in lire 2.690.000.000 annue.
2. Alle stesse si fa fronte quanto a lire 2.640.000.000, ai sensi dell'articolo 30 della legge regionale 5 maggio 1983, n. 11, con storno dal capitolo 03016 del bilancio della Regione per l'anno 1988, mediante utilizzo della riserva di cui alla voce 5 - provvedimenti per interventi nel territorio - della tabella A allegata alla legge regionale 4 giugno 1988, n. 11 (legge finanziaria 1988); quanto a lire 50.000.000 con lo storno di pari importo dal capitolo 03016 del bilancio della Regione per l'anno 1989, mediante utilizzo della riserva di cui alla voce della tabella A allegata alla legge regionale 30 maggio 1989, n. 18 (legge finanziaria 1989).
3. ... (49).
4. Alla spesa di lire 2.640.000.000 per gli anni successivi al 1989 si fa fronte col maggior gettito dell'imposta sul reddito delle persone fisiche derivante dal suo naturale incremento.
5. Alla spesa prevista dall'articolo 15 si fa fronte con le disponibilità esistenti nel capitolo 04161 che assume la seguente nuova denominazione:
«Spese per oneri derivanti dalla stipula di convenzioni con imprese specializzate per provvedere alla demolizione di opere eseguite in violazione delle norme urbanistiche (artt. 6, tredicesimo comma, e 20, decimo comma, L.R. 11 ottobre 1985, n. 23, e art. 15, ultimo comma, della presente legge)».
6. Le spese per l'attuazione della presente legge gravano sui citati capitoli 02016, 02102, 04001, 04159 - 01, 04161 e 0416104 del bilancio della Regione per l'anno 1989 e sui corrispondenti capitoli dei bilanci successivi.
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(49) Il presente comma, che si omette, apporta variazioni al bilancio di previsione per il 1989 approvato con L.R. 7 giugno 1989, n. 25.
Art. 44
La presente legge entra in vigore nel giorno della sua pubblicazione.
L.R. 25 novembre 2004, n. 8
Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione
paesaggistica e
la tutela del territorio regionale
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(1) Pubblicata nel B.U. Sardegna 25 novembre 2004, n. 38.
(2) Vedi, anche, la Circ.Ass. 3 febbraio 2005, n. 40/GAB.
Art. 1
Pianificazione paesaggistica regionale.
1. La Giunta regionale, entro dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, adotta il Piano Paesaggistico Regionale (PPR) principale strumento della pianificazione territoriale regionale ai sensi dell'articolo 135 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), al fine di assicurare un'adeguata tutela e valorizzazione del paesaggio (3).
2. Il PPR costituisce il quadro di riferimento e di coordinamento, per lo sviluppo sostenibile dell'intero territorio regionale, degli atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale ed assume i contenuti di cui all'articolo 143 del decreto legislativo n. 42 del 2004.
3. In sede di prima applicazione della presente legge, il PPR può essere proposto, adottato e approvato per ambiti territoriali omogenei.
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(3) Con Delib.G.R. 5 settembre 2006, n. 36/7 è stato approvato, ai sensi del presente comma, il Piano paesaggistico regionale.
Art. 2
Piano Paesaggistico Regionale - Procedure.
1. Per le procedure di redazione della proposta, adozione e approvazione del PPR si applicano le disposizioni di cui all'articolo 11 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), così modificato (4):
"Art. 11
Piano Paesaggistico Regionale - Procedure.
1. La proposta di PPR è pubblicata, per un periodo di sessanta giorni, all'albo di tutti i comuni interessati. Al fine di assicurare la concertazione istituzionale e la partecipazione di tutti i soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi, individuate ai sensi dell'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, il Presidente della Regione, entro i sessanta giorni di pubblicazione presso i Comuni svolge l'istruttoria pubblica ai sensi dell'articolo 18 della legge regionale 22 agosto 1990, n. 40, nella quale illustra la proposta di Piano.
2. Entro trenta giorni, decorrenti dall'ultimo di deposito, chiunque può presentare osservazioni indirizzate al Presidente della Regione.
3. Trascorso tale termine la Giunta regionale esamina le osservazioni e, sentito il Comitato tecnico regionale per l'urbanistica, delibera l'adozione del PPR e lo trasmette al Consiglio regionale nonché ai Comuni interessati ai fini della pubblicazione all'albo pretorio per la durata di quindici giorni.
4. La Commissione consiliare competente in materia di urbanistica esprime, entro due mesi, sul piano stesso il proprio parere che viene trasmesso alla Giunta regionale.
5. Acquisito tale parere, la Giunta regionale approva in via definitiva il PPR entro i successivi trenta giorni".
2. Per la redazione della proposta di Piano possono essere utilizzati anche gli elaborati dei Piani urbanistici provinciali di cui all'articolo 16 della legge regionale n. 45 del 1989, già approvati o in corso di approvazione.
3. Dopo l'approvazione del PPR la Giunta provvede al coordinamento ed alla verifica di coerenza degli atti della programmazione e della pianificazione regionale con il Piano stesso.
4. Al fine di conseguire l'aggiornamento periodico del PPR la Giunta provvede al monitoraggio delle trasformazioni territoriali e della qualità del paesaggio.
5. Al fine di promuovere una più incisiva adeguatezza ed omogeneità della strumentazione urbanistica a tutti i livelli, l'Amministrazione regionale procede ad un sistematico monitoraggio e comparazione dell'attività di pianificazione urbanistica, generale ed attuativa, mediante l'attivazione di un Osservatorio della pianificazione urbanistica e qualità del paesaggio in collaborazione con le Università e con gli ordini ed i collegi professionali interessati.
6. I Comuni, in adeguamento alle disposizioni e previsioni del PPR, approvano, entro dodici mesi dalla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione sarda e comunque a partire dall'effettiva erogazione delle risorse finanziarie, i propri Piani urbanistici comunali. A tal fine, in sede di specifica norma finanziaria, sono previste adeguate risorse per il sostegno delle fasi di approvazione ed adeguamento alla nuova pianificazione paesaggistica regionale da parte dei comuni.
7. Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, il Presidente della Regione espone al Consiglio regionale, che si pronuncia nel merito, le linee-guida caratterizzanti il lavoro di predisposizione del PPR.
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(4) Vedi, anche, la Delib.G.R. 24 maggio 2006, n. 22/3.
Art. 3
Misure di salvaguardia.
1. Fermo quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 10-bis della legge regionale n. 45 del 1989, fino all'approvazione del Piano paesaggistico regionale e comunque per un periodo non superiore a 18 mesi, i seguenti ambiti territoriali sono sottoposti a misure di salvaguardia comportanti il divieto di realizzare nuove opere soggette a concessione ed autorizzazione edilizia, nonché quello di approvare, sottoscrivere e rinnovare convenzioni di lottizzazione:
a) territori costieri compresi nella fascia entro i 2.000 metri dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare;
b) territori costieri compresi nella fascia entro i 500 metri dalla linea di battigia marina, anche per i terreni elevati sul mare, per le isole minori;
c) compendi sabbiosi e dunali.
2. Da tali ambiti territoriali sono esclusi quelli ricadenti nei comuni dotati di Piani urbanistici comunali di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 8 ed in quelli ricadenti nei comuni ricompresi nel Piano Territoriale Paesistico del Sinis (PTP n. 7, approvato con Delib.G.R. 3 agosto 1993, n. 272).
Art. 4
Interventi ammissibili.
1. Il divieto di cui all'articolo 3 della presente legge non si applica:
a) agli interventi edilizi di manutenzione ordinaria, straordinaria, di consolidamento statico, di restauro e di ristrutturazione che non alterino lo stato dei luoghi, il profilo esteriore, la volumetria degli edifici, la destinazione d'uso ed il numero delle unità immobiliari. È altresì consentita la realizzazione di eventuali volumi tecnici di modesta entità, strettamente funzionali alle opere e comunque tali da non alterare lo stato dei luoghi;
b) agli interventi direttamente funzionali alle attività agro-silvo-pastorali che non prevedano costruzioni edilizie residenziali;
c) alle opere di forestazione, di taglio e riconversione colturale e di bonifica;
d) alle opere di risanamento e consolidamento degli abitati e delle aree interessate da fenomeni franosi, nonché opere di sistemazione idrogeologica;
e) agli interventi di cui alle lettere b), d), f), g), l), m), e p) dell'articolo 13 della legge regionale n. 23 del 1985;
f) alle opere pubbliche previste all'interno di piani di risanamento urbanistico di cui all'articolo 32 della legge regionale n. 23 del 1985;
g) alle infrastrutture di servizio generale da realizzarsi nelle aree di sviluppo industriale in conformità ai piani territoriali adottati dai consorzi di sviluppo industriale ed approvati dall'Amministrazione regionale anteriormente all'entrata in vigore della presente legge.
2. Negli ambiti territoriali di cui all'articolo 3 è consentita l'attività edilizia e la realizzazione delle relative opere di urbanizzazione delle zone omogenee A e B dei centri abitati e delle frazioni individuate dai Comuni ai sensi dell'articolo 9 della legge 24 dicembre 1954, n. 1228, purché delimitate ed indicate come tali nella cartografia degli strumenti urbanistici comunali. Sono, altresì, attuabili gli interventi edilizi ricadenti nelle zone C immediatamente contigue alle zone B di completamento ed intercluse tra le stesse zone B ed altri piani attuativi in tutto o in parte già realizzati. Nelle restanti zone omogenee C, D, F e G possono essere realizzati gli interventi previsti negli strumenti urbanistici attuativi approvati e convenzionati alla data di pubblicazione della Delib.G.R. 10 agosto 2004, n. 33/1 purché alla stessa data le opere di urbanizzazione siano legittimamente avviate ovvero sia stato realizzato il reticolo stradale, si sia determinato un mutamento consistente ed irremovibile dello stato dei luoghi e, limitatamente alle zone F, siano inoltre rispettati i parametri di cui all'articolo 6. E' pertanto, sospesa l'applicazione delle esclusioni di cui al comma 1, lettera a), e comma 2 dell'articolo 10-bis della legge regionale n. 45 del 1989, fino all'approvazione del Piano Paesaggistico Regionale. Ai fini della realizzazione dei singoli interventi edilizi, l'acquisizione dei prescritti nulla osta ed il versamento dei relativi oneri concessori, alla data di pubblicazione della Delib.G.R. 10 agosto 2004, n. 33/1 dà titolo al rilascio della concessione edilizia.
3. Nelle aree boscate, individuate con Circ.Ass. 2 luglio 1986, n. 16210 dell'Assessorato della pubblica istruzione, l'edificazione è consentita soltanto nelle radure naturali purché gli interventi, oltre che previsti dagli strumenti urbanistici attuativi, consentano una zona di rispetto dal limite del bosco non inferiore a cento metri.
Art. 5
Studio di compatibilità paesistico-ambientale.
1. I piani urbanistici dei comuni, i cui territori ricadono nella fascia costiera di duemila metri dalla linea di battigia marina, devono contenere lo studio di compatibilità paesistico-ambientale quale documento finalizzato a:
a) supportare le scelte di pianificazione del territorio comunale in relazione al complesso delle risorse paesistico-ambientali;
b) individuare, per gli ambiti trasformabili, le caratteristiche urbanistico-edilizie dei nuovi insediamenti in relazione ai livelli di compatibilità e sostenibilità delle trasformazioni rispetto allo stato dell'ambiente e dei caratteri paesaggistici;
c) definire i criteri guida per lo studio di compatibilità paesistico-ambientale da porre a base della elaborazione dei piani attuativi.
2. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale allegato al PUC deve prevedere:
a) il quadro conoscitivo del territorio comunale derivato dalla rappresentazione ed analisi dei principali tematismi di carattere geologico, geomorfologico, idrologico, vegetazionale, paesaggistico e storico-culturale;
b) il quadro conoscitivo relativo alle trasformazioni avvenute circa gli insediamenti e le infrastrutture;
c) l'individuazione delle risorse paesistico-ambientali di maggior pregio ed interesse ai fini delle esigenze di tutela e valorizzazione;
d) il quadro territoriale di sintesi delle risorse paesistico-ambientali rappresentato per areali, in cui riconoscere una graduazione di valore delle risorse ed i corrispondenti livelli di trasformazione territoriale possibili con individuazione dei livelli di sostenibilità delle ipotesi di sviluppo e di compatibilità delle localizzazioni;
e) la determinazione dei parametri qualitativi e quantitativi delle trasformazioni compatibili con lo stato dell'ambiente e della relativa normativa d'attuazione.
3. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale va allegato ai piani attuativi dei comuni di cui al comma 1 e deve prevedere:
a) l'indicazione degli insediamenti previsti con illustrazione delle possibili alternative di localizzazione e con definizione della soglia massima di accettabilità in termini volumetrici attraverso l'analisi comparata di accettabilità dei tematismi utilizzati;
b) la simulazione degli effetti sul paesaggio delle localizzazioni proposte e la documentazione fotografica su cui riportare dette simulazioni;
c) le concrete misure per l'eliminazione dei possibili effetti negativi ovvero per minimizzarne e compensarne l'impatto sull'ambiente e sul paesaggio.
4. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale è redatto nel rispetto degli obblighi e delle procedure di cui alla direttiva 2001/42/CE (V.A.S.) concernente la valutazione degli effetti dei piani e dei programmi sull'ambiente.
5. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale relativo agli strumenti urbanistici generali viene sottoposto all'esame ed approvazione della Giunta regionale previo favorevole parere del Comitato tecnico regionale dell'urbanistica.
6. Lo studio di compatibilità paesistico-ambientale allegato ai piani attuativi rappresenta il quadro di riferimento urbanistico-territoriale e di disciplina paesistica per la procedura della valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 31 della legge regionale 18 gennaio 1999, n. 1 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione Legge finanziaria 1999) e successive modifiche ed integrazioni.
7. Gli esiti della procedura di valutazione di impatto ambientale, di cui all'articolo 31 della legge regionale n. 1 del 1999, riguardanti i piani urbanistici attuativi, sono trasmessi alle Commissioni provinciali per la tutela del paesaggio, di cui all'articolo 33 della legge regionale n. 45 del 1989 e successive modifiche ed integrazioni ed all'articolo 137 del decreto legislativo n. 42 del 2004, per il definitivo parere. Per le restanti procedure di verifica e di valutazione dell'impatto ambientale, non concluse alla data di entrata in vigore della presente legge, si applicano i divieti e le prescrizioni in essa contenuti.
Art. 6
Zone F turistiche.
1. Il dimensionamento delle volumetrie degli insediamenti turistici ammissibili nelle zone F non deve essere superiore al 50 per cento di quello consentito con l'applicazione dei parametri massimi stabiliti per la suddetta zona dal Dec.Ass. 20 dicembre 1983, n. 2266/U dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.
Art. 7
Interventi pubblici.
1. La realizzazione degli interventi pubblici finanziati dall'Unione Europea, dallo Stato, dalla Regione, dalle Province, dai Comuni o dagli enti strumentali statali o regionali, può essere autorizzata dalla Giunta regionale, anche in deroga a quanto previsto dalla presente legge, sulla base di appositi criteri determinati dalla Giunta regionale in sede di definizione delle linee-guida di cui al comma 7 dell'articolo 2 e pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione.
Art. 8
Norme transitorie.
1. I Piani urbanistici comunali, approvati alla data di pubblicazione della Delib.G.R. 10 agosto 2004, n. 33/1 (Provvedimenti cautelari e d'urgenza per la salvaguardia e la tutela del paesaggio e dell'ambiente della Sardegna), conservano la loro validità ed efficacia in termini attuativi e di esecutività, purché non successivamente modificati. È comunque consentita l'adozione delle varianti necessarie al ripristino delle originarie condizioni di conformità.
2. I Comuni che alla data di pubblicazione della Delib.G.R. n. 33/1 del 2004 hanno adottato il Piano urbanistico comunale ai sensi del comma 1 dell'articolo 20 della legge regionale n. 45 del 1989 possono, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, procedere alla sua definitiva approvazione, purché venga corredato dello studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 5. L'adozione degli strumenti attuativi, di cui di cui all'articolo 21 della legge regionale n. 45 del 1989 e riguardanti le zone "F", deve essere corredata dello studio di compatibilità paesistico-ambientale di cui all'articolo 5.
3. Fino all'approvazione del Piano Paesaggistico Regionale, nell'intero territorio regionale, è fatto divieto di realizzare impianti di produzione di energia da fonte eolica, salvo quelli precedentemente autorizzati, per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge i relativi lavori abbiano avuto inizio e realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi. Per gli impianti precedentemente autorizzati in difetto di valutazione di impatto ambientale, la realizzazione o la prosecuzione dei lavori ancorché avviati alla data di entrata in vigore della presente legge e che, comunque, non abbiano ancora realizzato una modificazione irreversibile dello stato dei luoghi, è subordinata alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui all'articolo 31 della legge regionale n. 1 del 1999 e successive modifiche ed integrazioni.
4. Se non diversamente previsto le disposizioni della presente legge si applicano negli ambiti territoriali di cui al comma 1 dell'articolo 3.
Art. 9
Abrogazioni e sostituzioni.
1. Sono abrogati gli articoli 10, 12 e 13 della legge regionale n. 45 del 1989.
2. I riferimenti contenuti nella legge regionale n. 45 del 1989 ai Piani territoriali paesistici sono sostituiti dal riferimento al Piano paesaggistico regionale.
Art. 10
Entrata in vigore.
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
L.R. 27 dicembre 1978, n. 71
Norme integrative e modificative della legislazione vigente nel
territorio della Regione siciliana
in materia urbanistica
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(1) Pubblicata sulla Gazz. Uff. Reg. sic. 30 dicembre 1978, n. 57.
(2) Vedi anche la Circ.Ass. 19 gennaio 1989, n. 1 e la Circ.Ass. 12 giugno 2003, n. 2.
TITOLO I
Finalità
Art. 1
Finalità.
Sino alla emanazione di una organica disciplina regionale, la legislazione statale e regionale in materia urbanistica si applica con le modifiche e le integrazioni della presente legge che sono dirette anche al conseguimento delle seguenti finalità:
a) potenziamento del ruolo delle comunità locali nella gestione del territorio;
b) crescita della conoscenza del territorio in tutti i suoi aspetti fisici, storici, sociali ed economici, da realizzare anche mediante una opportuna attività promozionale della Regione;
c) salvaguardia e valorizzazione del patrimonio naturale e dell'ambiente;
d) piena e razionale utilizzazione delle risorse valorizzando e potenziando il patrimonio insediativo e infrastrutturale esistente, evitando immotivati usi del suolo (3).
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(3) Vedi la Circ.Ass. 1 giugno 1990, n. 2/1990.
TITOLO II
Strumenti urbanistici
Capo I - Strumenti urbanistici generali (4)
Art. 2 (5) (6) (7)
Criteri di formazione dei piani regolatori generali.
Dopo l'entrata in vigore della presente legge nella formazione di nuovi piani regolatori generali e nella revisione di quelli esistenti dovranno essere dettate prescrizioni esecutive concernenti i fabbisogni residenziali pubblici, privati, turistici, produttivi e dei servizi connessi, rapportati ad un periodo di cinque anni (8).
Le prescrizioni esecutive di cui al comma precedente, che costituiscono a tutti gli effetti piani particolareggiati di attuazione, devono uniformarsi alle indicazioni dell'art. 9 della presente legge.
I comuni obbligati alla formazione dei programmi pluriennali procedono alla delimitazione delle aree d'intervento preferibilmente in armonia con le prescrizioni esecutive del piano regolatore generale.
Contestualmente all'adozione del piano regolatore generale i comuni sono tenuti a deliberare il regolamento edilizio di cui all'art. 33 della legge 17 agosto 1942, n. 1150.
Nella formazione degli strumenti urbanistici generali non possono essere destinati ad usi extra agricoli i suoli utilizzati per colture specializzate, irrigue o dotati di infrastrutture ed impianti a supporto dell'attività agricola, se non in via eccezionale, quando manchino ragionevoli possibilità di localizzazioni alternative. Le eventuali eccezioni devono essere congruamente motivate (9).
Nei comuni dotati di piano regolatore generale, non ancora reso conforme alle prescrizioni della legge 6 agosto 1967, n. 765, l'edificazione nelle zone residenziali non può avvenire con indice di densità fondiaria superiore a 7 mc/mq, ove il piano non preveda prescrizioni più limitative. Nel verde agricolo, per le abitazioni, l'indice di densità fondiaria non può superare 0,03 mc/mq. Sono fatte salve le lottizzazioni già approvate e le concessioni già rilasciate.
Nei nuovi strumenti urbanistici dei comuni di cui al comma precedente le zone destinate dagli strumenti urbanistici vigenti a verde agricolo possono essere destinate, per non più del 40 per cento, ad insediamenti di edilizia economica e popolare secondo le disposizioni vigenti e, per la parte rimanente, ad edificazione per edilizia residenziale, con indici di densità fondiaria comunque non superiori a quelli previsti per il verde agricolo nelle destinazioni degli strumenti urbanistici vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge.
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(4) Vedansi gli artt. 1 e 2 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 65 e l'art. 3 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
(5) Vedansi gli artt. 7 della legge regionale 16 maggio 1978, n. 8, 11 della legge regionale 14 settembre 1979, n. 214, e 3 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15. Ai sensi dell'art. 5 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 65 «La formazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi deve essere compatibile con gli studi geologici che i comuni sono tenuti ad effettuare nel territorio interessato. La disposizione indicata nel precedente comma si applica a tutti i comuni della Regione anche se non risultino inclusi negli elenchi delle località sismiche da consolidare o da trasferire».
(6) Ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 15 marzo 1994, n. 4 «1. L'articolo 32, comma 2, lettera b), della legge 8 giugno 1990, n. 142, così come recepito dall'articolo 1, comma 1, lettera e), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, nonché l'articolo 29, comma 1, lettera b), della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9, come sostituito dall'articolo 20 della legge regionale 1 settembre 1993, n. 26, è così interpretato: "Le competenze dei consigli comunali e provinciali in materia di piani territoriali ed urbanistici sono limitate all'adozione dei piani, generali ed attuativi, e delle relative varianti, nonchè alla approvazione delle direttive generali e degli schemi di massima di cui all'articolo 3, comma 7, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15". 2. Per i comuni di cui al comma 1 dell'articolo 3 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15, nei quali si siano svolte le elezioni per il rinnovo dell'amministrazione comunale nel corso del 1993, il termine di cui all'articolo 6,comma 3, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, è prorogato di un anno dalla data di insediamento del nuovo Consiglio comunale. È, altresì, assegnata la medesima proroga di un anno dalla data di insediamento del nuovo Consiglio comunale per i comuni dove si svolgono le elezioni ai sensi della legge regionale 26 ottobre 1993, n. 28, qualora già obbligati all'adozione del piano regolatore generale o alla revisione di quello esistente entro il 31 dicembre 1993. 3. La mancata richiesta di convocazione del Consiglio comunale da parte del sindaco almeno 45 giorni prima della scadenza del termine di cui al comma 2, per l'adozione del piano regolatore generale o la revisione di quello esistente comporta la rimozione del medesimo secondo l'articolo 40 della legge 8 giugno 1990, n. 142, come introdotto con l'articolo 1, comma 1, lettera g), della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48. 4. Qualora il Consiglio comunale convocato non provveda all'adozione del piano regolatore generale o alla revisione di quello esistente entro il termine di cui al comma 3, lo stesso viene sciolto con la procedura di cui al comma 3 dell'articolo 6 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9. Con il decreto di rimozione del sindaco o di scioglimento del Consiglio comunale, oltre alla nomina dei commissari, secondo le modalità dell'articolo 16 della legge regionale 26 agosto 1992, n. 7, come modificato dall'articolo 42, comma 1, della legge regionale 1 settembre 1993, n. 26, su proposta dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, si precede altresì alla nomina di un Commissario provveditore con i compiti di cui al comma 4 dell'articolo 6 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9».
(7) Si veda la Circ.Ass. 25 settembre 1998, n. 2.
(8) Vedi, anche, l'art. 3, commi 8 e 9, L.R. 30 aprile 1991, n. 15. Per l'interpretazione autentica di quanto disposto nel presente comma vedi l'art. 102, comma 1, L.R. 16 aprile 2003, n. 4 (vedi, anche, il comma 2 del medesimo articolo).
(9) Ai sensi dell'art. 3, comma 11, della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15 "11. Le previsioni dei piani regolatori generali comunali devono essere compatibili con gli studi agricolo-forestali da effettuare, da parte di laureati in scienze agrarie e forestali, ai sensi del quinto comma dell'articolo 2 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71 e con le prescrizioni dell'articolo 15, lettera e, della legge regionale 16 giugno 1976, n. 78 che i comuni sono tenuti ad eseguire nell'ambito del proprio territorio".
Art. 3 (10)
Pubblicazione, osservazioni e opposizioni.
Il progetto di piano regolatore generale e quello di piano particolareggiato devono essere depositati, non oltre il decimo giorno dalla data della deliberazione di adozione, presso la segreteria comunale, a libera visione del pubblico, per venti giorni consecutivi.
L'effettuato deposito è reso noto al pubblico, oltre che a mezzo di manifesti murali, mediante pubblicazione di apposito avviso nella Gazzetta Ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
Fino a dieci giorni dopo la scadenza del periodo di deposito chiunque può presentare osservazioni al progetto di piano regolatore generale.
In ordine ai piani particolareggiati e alle prescrizioni esecutive dei piani regolatori che costituiscono a tutti gli effetti piani particolareggiati, possono essere presentate opposizioni dai proprietari di immobili compresi nei piani e osservazioni da parte di chiunque.
Sulle osservazioni ed opposizioni, che dovranno, ove necessario e possibile, essere visualizzate, a cura del comune, in apposite planimetrie di piano, il consiglio comunale è tenuto a formulare le proprie deduzioni entro un mese dalla scadenza del termine di presentazione delle osservazioni ed opposizioni medesime.
Entro dieci giorni dal termine stabilito nel comma precedente il comune trasmette il piano regolatore e, nei casi previsti dalla presente legge, il piano particolareggiato unitamente agli atti deliberativi ed alle osservazioni ed opposizioni, comprese quelle che non sono state oggetto di deduzioni nei modi e nei termini previsti dal quinto comma del presente articolo, all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente.
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(10) Si veda la Circ.Ass. 25 settembre 1998, n. 2.
Art. 4
Approvazione del piano regolatore generale.
Il piano regolatore generale è approvato con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente. L'Assessore adotta le proprie determinazioni entro centottanta giorni (11) dalla presentazione del piano all'Assessorato.
Con il decreto di approvazione possono essere apportate al piano le modifiche di cui all'art. 3 della legge 6 agosto 1967, n. 765, quelle necessarie per assicurare l'osservanza delle vigenti disposizioni statali e regionali, ivi comprese quelle della presente legge (12).
... (13).
Nel caso previsto dal quinto comma del precedente art. 3, sulle opposizioni e osservazioni l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente adotta proprie determinazioni.
A tal fine l'Assessore porta a conoscenza del comune interessato le proprie determinazioni in ordine al piano, alle osservazioni ed opposizioni.
Il comune è tenuto, entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di comunicazione di cui al precedente comma, ad adottare le proprie controdeduzioni.
L'Assessore, entro i successivi trenta giorni (14), emana il decreto di approvazione introducendo di ufficio le modifiche indicate nel presente articolo.
L'Assessore, in caso di inerzia del comune, provvede alla emanazione del decreto di approvazione, intendendo accettate tutte le modifiche proposte.
Nel caso di restituzione del piano per la rielaborazione parziale, il comune è tenuto ad effettuarla entro novanta giorni. Entro i successivi novanta giorni (15) l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente adotta le proprie determinazioni.
Nelle more della rielaborazione parziale, nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici l'edificazione è disciplinata dalla legge regionale 26 maggio 1973, n. 21 e dalla presente legge, con eccezione per le zone del territorio comunale soggette alla rielaborazione, nelle quali nessuna concessione può essere rilasciata.
Il termine per la rielaborazione totale del piano regolatore generale è fissato in centottanta giorni dalla data di restituzione al comune.
Nelle more della rielaborazione totale l'edificazione resta disciplinata dalla normativa preesistente.
Ove il comune, tenuto alla rielaborazione totale del piano regolatore generale, risulti dotato della sola perimetrazione dell'abitato definita ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765, l'edificazione al di fuori del centro abitato si svolgerà nel rispetto dell'indice di densità edilizia fondiaria dello 0,03 mc/mq.
[Scaduti infruttuosamente i termini assegnati per la rielaborazione del piano regolatore, l'assessore regionale per il territorio e l'ambiente provvede in via sostitutiva, con un commissario ad acta, in caso di rielaborazione parziale ad introdurre le modifiche, e, in caso di rielaborazione totale, provvede alla redazione del piano, alla sua adozione ed ai successivi adempimenti conseguenziali entro il termine di centottanta giorni] (16).
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(11) Ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, "1. I termini assegnati all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per adottare i provvedimenti di sua competenza in materia urbanistica, ivi compresi quelli relativi all'esame ed all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e di attuazione, ed all'autorizzazione di opere da realizzare in difformità delle previsioni urbanistiche, sono prolungati di novanta giorni. 2. I termini di cui al comma 1 scaduti successivamente al 12 luglio 1992 sono prorogati fino al novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge."
(12) Si omette la parte finale del presente comma, non promulgata in quanto impugnata - ai sensi dell'art. 28 dello Statuto - dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana e dichiarata costituzionalmente illegittima dalla Corte Costituzionale con sentenza 15 febbraio 1980, n. 13.
(13) Si omette il terzo comma, non promulgato in quanto impugnato - ai sensi dell'art. 28 dello Statuto - dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana e dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza 15 febbraio 1980, n. 13.
(14) Ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, "1. I termini assegnati all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per adottare i provvedimenti di sua competenza in materia urbanistica, ivi compresi quelli relativi all'esame ed all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e di attuazione, ed all'autorizzazione di opere da realizzare in difformità delle previsioni urbanistiche, sono prolungati di novanta giorni. 2. I termini di cui al comma 1 scaduti successivamente al 12 luglio 1992 sono prorogati fino al novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge."
(15) Ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9. "1. I termini assegnati all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per adottare i provvedimenti di sua competenza in materia urbanistica, ivi compresi quelli relativi all'esame ed all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e di attuazione, ed all'autorizzazione di opere da realizzare in difformità delle previsioni urbanistiche, sono prolungati di novanta giorni. 2. I termini di cui al comma 1 scaduti successivamente al 12 luglio 1992 sono prorogati fino al novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge."
(16) Comma abrogato dall'art. 7 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
Art. 5 (17) (18)
Approvazione del programma di fabbricazione.
Il regolamento edilizio ed il programma di fabbricazione sono approvati con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente entro novanta (19) giorni dalla loro presentazione all'Assessorato.
Con il decreto di approvazione possono essere apportate al programma di fabbricazione le modifiche di cui all'art. 12 della legge 6 agosto 1967, n. 765, nonché quelle necessarie per assicurare l'osservanza delle vigenti disposizioni statali e regionali, ivi comprese quelle della presente legge, e le modifiche che non comportino sostanziali innovazioni.
Nel caso di richiesta di controdeduzioni o di restituzione per rielaborazione totale o parziale, si applicano le disposizioni contenute nel precedente art. 4, salvo per quanto concerne i termini, che sono ridotti a giorni sessanta per la rielaborazione parziale e a giorni novanta per la rielaborazione totale.
Nelle more della rielaborazione parziale o totale l'attività edilizia si svolgerà nella osservanza delle disposizioni contenute nel precedente art. 4.
[Si applica altresì l'ultimo comma del predetto art. 4] (20).
Dalla data di entrata in vigore della presente legge, i comuni non possono più affidare incarichi per la formazione di programmi di fabbricazione, ma sono tenuti a formare il piano regolatore generale.
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(17) Vedasi l'art. 3 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 65.
(18) Si veda la Circ.Ass. 25 settembre 1998, n. 2.
(19) Ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9: «1. I termini assegnati all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per adottare i provvedimenti di sua competenza in materia urbanistica, ivi compresi quelli relativi all'esame ed all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e di attuazione, ed all'autorizzazione di opere da realizzare in difformità delle previsioni urbanistiche, sono prolungati di novanta giorni. 2. I termini di cui al comma 1 scaduti successivamente al 12 luglio 1992 sono prorogati fino al novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge».
(20) Comma abrogato dall'art. 7 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
Art. 6 (21)
Termine per l'adozione dei piani regolatori generali e dei programmi di fabbricazione.
I comuni che hanno ottenuto il contributo della Regione per la formazione del piano regolatore generale o dei piani intercomunali anche se non inclusi nel decreto interassessoriale 12 marzo 1956, n. 255 sono obbligati ad adottare il piano medesimo, entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, ove risultino inadempienti.
I comuni che hanno ottenuto il contributo della Regione per la formazione del regolamento edilizio e del programma di fabbricazione, sono obbligati ad adottare gli stessi nel termine di quattro mesi dall'entrata in vigore della presente legge, ove risultino inadempienti.
[In caso di inerzia l'assessore regionale per il territorio e l'ambiente provvede direttamente a mezzo di commissario ad acta all'adozione e ai successivi adempimenti sino all'approvazione del piano] (22).
Possono essere richieste per una sola volta proroghe motivate per un periodo non superiore a mesi tre.
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(21) Vedasi l'art. 3 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
(22) Comma abrogato dall'art. 7 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
Art. 7
Commissione comunale edilizia.
Le commissioni comunali edilizie devono essere rinnovate ogni cinque anni e nella loro composizione dev' essere garantita la presenza della minoranza, mediante elezione con voto limitato.
Art. 8
Varianti ai piani comprensoriali.
I consorzi costituiti ai sensi dell'art. 4 della legge regionale 3 febbraio 1968, n. 1 e successive modifiche, cessano di esistere.
Le assemblee consortili sono sciolte.
I comuni partecipanti ai consorzi dotati di piani urbanistici comprensoriali possono adottare strumenti urbanistici generali a termini della presente legge.
I piani comprensoriali già in vigore restano operanti per la parte riguardante il territorio di ciascuno dei comuni di cui al precedente comma fino all'eventuale adozione, da parte degli stessi, di strumenti urbanistici generali nei confronti dei quali i piani comprensoriali già in vigore assolvono alla funzione di orientamento specie ai fini delle infrastrutture consortili e dei servizi di interesse generale.
I comuni di cui al terzo comma possono adottare varianti ai piani urbanistici comprensoriali nel rispetto delle procedure previste dagli articoli 2 e 3.
Dette varianti sono approvate con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, previo parere del Consiglio regionale dell'urbanistica e nel rispetto delle norme di cui all'art. 4.
Le varianti ai piani urbanistici comprensoriali non approvate con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente non hanno più corso, tranne quelle di esclusivo interesse comunale.
Le competenze tecniche per la redazione delle varianti ai piani comprensoriali sono corrisposte ai professionisti incaricati nell'intero ammontare, salvo i casi di rielaborazione totale per le varianti richieste per le quali nessun ulteriore compenso, oltre a quello corrisposto, è dovuto.
Gli elaborati tecnici delle varianti ai piani comprensoriali redatti dai professionisti di cui al comma precedente sono acquisiti dai comuni interessati per una loro eventuale utilizzazione (23).
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(23) Articolo così sostituito dall'art. 1 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
TITOLO II
Strumenti urbanistici
Capo II - Strumenti urbanistici di attuazione.
Art. 9 (24)
Contenuto dei piani particolareggiati e dei piani di lottizzazione.
I piani particolareggiati devono indicare:
a) la rete viaria, suddivisa in percorsi pedonali e carrabili, con la indicazione dei principali dati altimetrici nonché degli allineamenti;
b) gli spazi di sosta e di parcheggio;
c) la progettazione di massima della rete fognante, idrica, telefonica, del gas, di distribuzione di energia elettrica e della pubblica illuminazione, nonché di ogni altra infrastruttura necessaria alla destinazione dell'insediamento (25);
d) gli spazi per le attrezzature di interesse pubblico;
e) gli edifici destinati a demolizione ovvero soggetti a restauri o a bonifica edilizia;
f) la suddivisione delle aree in isolati e lo schema planivolumetrico degli edifici previsti;
g) gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o vincolare;
h) le norme tecniche di attuazione e le eventuali prescrizioni speciali;
i) la previsione di massima delle spese necessarie per l'attuazione del piano.
I piani di lottizzazione devono contenere le indicazioni di cui alle lettere a), b), c), d), e), h), nonché l'indicazione relativa alla suddivisione delle aree in lotti e lo schema planivolumetrico degli edifici previsti.
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(24) Si veda la Circ.Ass. 25 settembre 1998, n. 2.
(25) Vedasi l'art. 27 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21.
Art. 10
Definizione di isolato.
Si definisce isolato ogni porzione del territorio edificabile circondata dagli spazi pubblici indicati dal piano particolareggiato o dagli strumenti urbanistici generali.
L'edificazione può avvenire secondo le prescrizioni del successivo art. 11.
Art. 11
Formazione dei comparti.
Nelle zone soggette ad interventi di conservazione, risanamento, ricostruzione e migliore utilizzazione del patrimonio edilizio secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici generali o particolareggiati, ovvero dei piani di recupero di cui al titolo IV della legge 5 agosto 1978, n. 457, al fine di assicurare il rispetto di esigenze unitarie nella realizzazione degli interventi, nonché una equa ripartizione degli oneri e dei benefici tra i proprietari interessati, i comuni, con delibera consiliare, possono disporre di ufficio o su richiesta dei proprietari in numero idoneo a costituire il consorzio, ai sensi del comma successivo, la formazione di comparti che includano uno o più edifici e/ o aree inedificate.
Formato il comparto, il sindaco deve invitare i proprietari a dichiarare, entro un termine fissato nell'atto di notifica, se intendano procedere da soli, se proprietari dell'intero comparto, o riuniti in consorzio, all'attuazione delle previsioni contenute nello strumento urbanistico.
A costituire il consorzio basterà il concorso dei proprietari rappresentanti, in base all'imponibile catastale, la maggioranza assoluta del valore dell'intero comparto. I consorzi così costituiti conseguiranno la piena disponibilità del comparto mediante l'espropriazione delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti (si omette la parte finale del presente comma in quanto impugnata, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana).
Quando sia decorso inutilmente il termine stabilito nell'atto di notifica, il comune procederà all'espropriazione del comparto a norma della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modifiche ed integrazioni.
... (26).
La deliberazione consiliare con cui si dispone la formazione del comparto equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità e urgenza.
Per l'assegnazione del comparto il comune procederà a mezzo gara.
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(26) Si omette il quinto comma, non promulgato in quanto impugnato - ai sensi dell'art. 28 dello Statuto - dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana e dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza 15 febbraio 1980, n. 13.
Art. 12 (27)
Approvazione dei piani particolareggiati.
Salvo quanto stabilito dai commi settimo e seguenti del presente articolo, i piani particolareggiati di attuazione degli strumenti urbanistici generali sono approvati dai comuni, con delibera consiliare. Per l'adozione e la pubblicazione dei piani particolareggiati predetti, nonché per l'esame delle opposizioni e delle osservazioni, si osservano i termini fissati dal precedente art. 3.
I piani diventano esecutivi dopo il riscontro di legittimità dell'organo di controllo sulla deliberazione relativa alle decisioni sulle opposizioni e osservazioni.
Qualora i piani particolareggiati interessino immobili sottoposti ai vincoli di cui alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089 e 29 giugno 1939, n. 1497, è necessario, ai fini dell'approvazione, il parere della competente soprintendenza, che deve essere emesso entro due mesi dalla richiesta.
Trascorso infruttuosamente detto termine, il parere si intende espresso favorevolmente.
Copia dei piani approvati dai comuni deve essere trasmessa all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, che può esercitare controlli, anche a campione, sui medesimi.
Qualora vengano riscontrate inosservanze alle disposizioni contenute nel presente articolo o violazioni di altre prescrizioni urbanistiche si applicano le norme di cui al successivo art. 53.
Resta di competenza dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente l'approvazione dei piani particolareggiati i quali:
a) interessino centri storici, artistici e di interesse ambientale;
b) comportino varianti agli strumenti urbanistici generali ad eccezione di quelle discendenti dal rispetto delle disposizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
c) costituiscano attuazione di strumenti urbanistici generali adottati dai comuni ma non ancora approvati dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente;
d) costituiscano attuazione di programmi di fabbricazione approvati dopo l'entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 e non adeguati alla legge regionale 31 marzo 1972, n. 19.
I piani sono approvati con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente entro quattro mesi dalla loro presentazione (28).
Con il decreto di approvazione possono essere apportate al piano particolareggiato le modifiche di cui all'art. 16 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive integrazioni, e quelle necessarie per assicurare l'osservanza delle vigenti disposizioni statali e regionali, ivi comprese quelle della presente legge.
Le proposte di modifica vengono portate a conoscenza del comune il quale, entro il termine di trenta giorni successivi alla data di comunicazione, adotta le proprie controdeduzioni con deliberazione del consiglio comunale e le trasmette all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente entro dieci giorni.
Trascorsi infruttuosamente tali termini, l'Assessore provvede all'emanazione del decreto di approvazione, introducendo di ufficio le modifiche proposte.
In caso di restituzione per rielaborazione totale o parziale il comune è tenuto a provvedere nel termine, rispettivamente, di novanta e di sessanta giorni dalla data di restituzione.
In sede di formazione dei piani particolareggiati possono essere introdotte varianti allo strumento urbanistico generale, dirette ad adeguare il medesimo ai limiti e ai rapporti fissati dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444.
La disposizione di cui al precedente comma si applica anche ai comuni forniti di piani regolatori generali approvati anteriormente alla entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765.
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(27) Si veda la Circ.Ass. 1 giugno 1990, n. 2/1990.
(28) Ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, "1. I termini assegnati all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per adottare i provvedimenti di sua competenza in materia urbanistica, ivi compresi quelli relativi all'esame ed all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e di attuazione, ed all'autorizzazione di opere da realizzare in difformità delle previsioni urbanistiche, sono prolungati di novanta giorni. 2. I termini di cui al comma 1 scaduti successivamente al 12 luglio 1992 sono prorogati fino al novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge."
Art. 13
Piani particolareggiati di risanamento. Obblighi dei comuni.
I piani particolareggiati di risanamento degli abitati dei comuni dei quali sia stato disposto, con decreto del Presidente della Repubblica, il trasferimento parziale, possono essere adottati in variante ai piani comprensoriali, purché redatti in osservanza del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, e delle disposizioni regionali vigenti.
I piani di cui al comma precedente sono approvati con deliberazione del consiglio comunale e diventano esecutivi dopo il riscontro di legittimità dell'organo di controllo (29).
I contenuti dei piani particolareggiati redatti o in corso di redazione all'atto dell'entrata in vigore della presente legge, sono quelli indicati dall'art. 13 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modifiche ed integrazioni, nonché quelli stabiliti nei disciplinari di incarico stipulati tra l'Amministrazione regionale e i progettisti.
I comuni che hanno ottenuto contributo dalla Regione per la formazione dei piani particolareggiati sono tenuti ad adottarli entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge ovvero entro tre mesi dalla data di consegna da parte dei progettisti.
I termini di cui al comma precedente si applicano, altresì, per l'adozione, da parte dei comuni delle zone colpite dai terremoti, dei piani particolareggiati per cui sia intervenuta la Regione, ai sensi delle leggi regionali 18 luglio 1968, n. 20 e 30 luglio 1969, n. 28.
[Decorsi infruttuosamente i termini precedentemente indicati, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente provvede in via sostitutiva a tutti gli adempimenti necessari fino all'approvazione] (30).
I piani particolareggiati redatti in via sostitutiva dalla Regione, ai sensi della legge regionale 5 novembre 1973, n. 38, sono adottati dai comuni entro sessanta giorni dall'invio da parte dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente.
[Trascorso infruttuosamente tale termine, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente provvede in via sostitutiva alla nomina di un commissario ad acta per l'adozione del piano e alle successive incombenze sino all'approvazione dello stesso] (31).
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(29) Comma così sostituito dall'art. 15 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86.
(30) Comma abrogato dall'art. 7 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
(31) Comma abrogato dall'art. 7 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
Art. 14 (32)
Piani di lottizzazione - Convenzione.
I piani di lottizzazione sono approvati dal dirigente generale o dal funzionario apicale, entro novanta giorni dalla loro presentazione (33).
Per i piani di lottizzazione che ricadono nei casi previsti dalle lettere a), c) e d) del precedente art. 12 è prescritto il nulla osta dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, il quale adotta le proprie determinazioni entro novanta giorni dalla richiesta (34).
In tutti i casi in cui i piani di lottizzazione interessino immobili sottoposti ai vincoli di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, è necessario il parere della soprintendenza, che deve essere reso nel termine di due mesi dalla richiesta. Trascorso infruttuosamente detto termine il parere si intende espresso favorevolmente.
La convenzione di cui al quinto comma dell'art. 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 dovrà prevedere:
a) la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria indicate dall'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847 e dall'art. 44 della legge 22 ottobre 1971, n. 865. Ove lo strumento urbanistico generale preveda in sede propria l'ubicazione delle aree relative alle opere di urbanizzazione secondaria ed esse ricadano al di fuori della lottizzazione, l'aliquota delle aree da cedere al comune può essere monetizzata con i criteri previsti dall'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10;
b) l'assunzione a carico del proprietario degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria di cui alla precedente lettera a) da eseguire in conformità alle prescrizioni comunali e da cedere al comune;
c) la corresponsione della quota di contributo di cui all'art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 riguardante le opere di urbanizzazione secondaria, stabilita dai comuni in base alle tabelle parametriche di cui al decreto dell'Assessore regionale per lo sviluppo economico 31 maggio 1977 all'atto del rilascio della concessione relativa ai fabbricati da realizzare;
d) termini - non superiori a dieci anni per i comuni non obbligati alla formazione dei programmi pluriennali e non superiori al periodo di validità di questi ultimi per i comuni obbligati - per la cessione delle aree e delle relative opere;
e) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalle convenzioni.
Il rilascio delle concessioni edilizie nell'ambito dei singoli lotti è subordinato all'esistenza delle opere di urbanizzazione primaria relative ai lotti stessi.
Per i piani di lottizzazione approvati prima dell'entrata in vigore della presente legge sono fatti salvi gli oneri di urbanizzazione convenzionata.
Il rilascio delle singole concessioni edilizie è subordinato soltanto al pagamento della quota di contributo relativa al costo di costruzione secondo la tabella di cui al decreto dell'Assessore regionale per lo sviluppo economico dell'11 novembre 1977.
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(32) Vedi anche la Circ.Ass. 1° giugno 1990, n. 2/1990.
(33) Comma così modificato (con la sostituzione delle originarie parole "con delibera del Consiglio comunale" con le parole "dal dirigente generale o dal funzionario apicale") dall'art. 22, comma 12, L.R. 22 dicembre 2005, n. 19. Successivamente detto comma 12 dell'art. 22, L.R. n. 19/2005 è stato abrogato dall'art. 12, comma 20, L.R. 30 gennaio 2006, n. 1, a decorrere dal 1° gennaio 2006 (come prevede l'art. 14, comma 2, della stessa legge). È opportuno segnalare, in mancanza di una indicazione espressa, che non è ben chiaro se, con l'abrogazione del citato comma 12, l'intenzione del legislatore sia stata quella di ripristinare la formulazione precedente alla modifica da esso disposta; qualora così fosse si concretizzerebbe la reviviscenza della preesistente formulazione del presente comma che tornerebbe ad essere pertanto la seguente: "I piani di lottizzazione sono approvati con delibera del Consiglio comunale, entro novanta giorni dalla loro presentazione".
(34) Ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9 "1. I termini assegnati all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per adottare i provvedimenti di sua competenza in materia urbanistica, ivi compresi quelli relativi all'esame ed all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e di attuazione, ed all'autorizzazione di opere da realizzare in difformità delle previsioni urbanistiche, sono prolungati di novanta giorni. 2. I termini di cui al comma 1 scaduti successivamente al 12 luglio 1992 sono prorogati fino al novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge."
Art. 15
Piani di lottizzazione per complessi insediativi chiusi ad uso collettivo.
Per i piani di lottizzazione che riguardino complessi insediativi autonomi in ambito chiuso ad uso collettivo, la convenzione di cui al precedente art. 14 non dovrà precedere l'obbligo della cessione gratuita delle aree e delle relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria indicate nell'art. 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847 e nell'art. 44 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, ricadenti all'interno del complesso.
Rimane a carico del lottizzante l'esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e dei servizi ed impianti necessari all'insediamento, nonché il pagamento dei contributi sul costo di costruzione di cui alla legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Restano salve le altre disposizioni contenute nel precedente art. 14.
Art. 16 (35)
Obblighi dei comuni di dotarsi di piani di edilizia economica e popolare.
I comuni con popolazione superiore a 15 mila abitanti sono tenuti, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, all'adozione di piani per l'edilizia economica e popolare ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modifiche ed integrazioni.
All'adozione di detti piani sono tenuti, altresì, i comuni indicati con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, allorché ricorrano le condizioni previste dal terzo comma dell'art. 1 della legge 18 aprile 1962, n. 167.
L'estensione delle zone da includere nei piani è determinata in relazione alle esigenze dell'edilizia economica e popolare per un decennio e non può essere inferiore al 40 per cento e superiore al 70 per cento di quella necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa del periodo considerato.
Nei rimanenti comuni i fabbisogni di edilizia residenziale pubblica, convenzionata e agevolata, da realizzare a favore dei soggetti previsti dall'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, devono essere soddisfatti mediante programmi costruttivi da attuare con la procedura di cui all'art. 51 della predetta legge 22 ottobre 1971, n. 865, salvo quanto disposto dal comma seguente.
Nell'ambito della Regione siciliana, la disposizione di cui al terzo comma dell'art. 51 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, è sostituita dalla seguente:
"La deliberazione del consiglio comunale è adottata entro trenta giorni dalla richiesta formulata dagli aventi diritto e diventa esecutiva dopo che sia stata riscontrata legittima da parte della commissione provinciale di controllo".
I piani per l'edilizia economica e popolare redatti in conformità delle previsioni degli strumenti urbanistici generali, e salvi i casi previsti alle lettere a), b), c), d) del precedente art. 12 sono approvati dai comuni e diventano esecutivi dopo il riscontro di legittimità della commissione provinciale di controllo.
In tutti gli altri casi l'approvazione dei piani è demandata all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, che provvede nel termine massimo di tre mesi dalla presentazione dei piani (36).
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(35) Vedansi gli artt. 4 della legge regionale 30 dicembre 1980, n. 159 ed 1 e segg. della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86.
(36) Ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, "1. I termini assegnati all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per adottare i provvedimenti di sua competenza in materia urbanistica, ivi compresi quelli relativi all'esame ed all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e di attuazione, ed all'autorizzazione di opere da realizzare in difformità delle previsioni urbanistiche, sono prolungati di novanta giorni. 2. I termini di cui al comma 1 scaduti successivamente al 12 luglio 1992 sono prorogati fino al novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge."
Art. 17 (37)
Riserva di aree.
Nell'ambito dei piani di zona e dei programmi costruttivi, previsti dal precedente art. 16, dovrà essere riservata un'aliquota, non inferiore al 10 per cento e non superiore al 40 per cento, dell'area complessiva destinata a residenza da assegnare, con diritto di superficie, agli aventi titolo ai sensi dell'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni, anche se non soci di cooperative o beneficiari di contributi statali o regionali, per la realizzazione di case unifamiliari. (38)
Gli interventi per le singole costruzioni di cui al comma precedente potranno avvenire in deroga alla tipologia prevista per l'edilizia popolare, salvo l'osservanza delle prescrizioni contenute nell'ultimo comma dell'art. 16 della legge 5 agosto 1978, n. 457.
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(37) Vedasi l'art. 4 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86.
(38) L'art. 6 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86 ha sostituito la parola "potrà" con la parola "dovrà".
Art. 18 (39)
Obblighi dei comuni in ordine ai piani per insediamenti produttivi.
I comuni sprovvisti di piani per insediamenti produttivi sono obbligati, su richiesta degli operatori economici, alla loro formazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modifiche ed integrazioni, procedendo alla individuazione delle aree relative nell'ambito delle zone industriali o artigianali previste negli strumenti urbanistici.
In ogni caso l'estensione delle aree da includere nel piano non può essere inferiore a quella necessaria a soddisfare il fabbisogno relativo al triennio.
Per l'approvazione dei predetti piani si applicano le disposizioni contenute nel precedente art. 12.
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(39) Vedansi gli artt. 78 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 96 e 18 e segg. della legge regionale 4 gennaio 1984, n. 1.
Capo III - Norme comuni agli strumenti urbanistici (40)
Art. 19
Efficacia degli strumenti urbanistici. Salvaguardia.
Decorsi i termini per l'approvazione del piano regolatore generale, del regolamento edilizio, del programma di fabbricazione e dei piani particolareggiati senza che sia intervenuta alcuna determinazione di approvazione con modifiche di ufficio, di rielaborazione totale o parziale degli stessi, da parte dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, i predetti strumenti urbanistici diventano efficaci a tutti gli effetti (41).
La susseguente determinazione dell'Assessorato, da effettuarsi nel termine perentorio di centottanta giorni (42), deve fare salvi tutti i provvedimenti emessi dal comune nelle more dell'intervento assessoriale (43).
In pendenza dell'approvazione degli strumenti urbanistici generali o particolareggiati l'applicazione delle misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902, e successive modifiche, e alla legge regionale 5 agosto 1958, n. 22, è obbligatoria.
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(40) Vedansi gli artt. 14 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 65 e 18 e segg. della legge regionale 4 gennaio 1984, n. 1.
(41) Ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 30 dicembre 1980, n. 159 "Fra le determinazioni assessoriali di cui al primo comma dell'art. 19 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, s'intendono comprese anche le richieste di chiarimenti e di documenti integrativi". Vedi, anche, l'art. 71, L.R. 16 aprile 2003, n. 4.
(42) Termine così modificato dall'art. 33, comma 2, della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37. Per il prolungamento del termine, di ulteriori novanta giorni, si veda l'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9.
(43) Vedi, anche, l'art. 71, L.R. 16 aprile 2003, n. 4.
Art. 20
Definizione degli interventi (44).
Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente sono così definiti:
a) interventi di manutenzione ordinaria: quelli che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti (45);
b) interventi di manutenzione straordinaria: le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico - sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni d'uso (46);
c) interventi di restauro e di risanamento conservativo: quelli rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano destinazioni d'uso con essi compatibili.
Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell'edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell'uso, l'eliminazione degli elementi estranei all'organismo edilizio (47);
d) interventi di ristrutturazione edilizia: quelli rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, la eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti (48);
e) interventi di ristrutturazione urbanistica: quelli rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico - edilizio con altro diverso mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale, fermi restando i limiti di densità fondiaria previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, per ciascuna delle zone interessate dagli interventi stessi.
Le definizioni del presente articolo prevalgono sulle disposizioni degli strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi. Restano ferme le disposizioni e le competenze previste dalle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, e successive modificazioni ed integrazioni.
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(44) Vedi anche l'art. 25, comma 1, L.R. 6 febbraio 2008, n. 1
(45) Ai sensi dell'art. 6 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37 le presenti opere non necessitano di concessione, nè di autorizzazione nè di comunicazione al Sindaco.
(46) Ai sensi dell'art. 5 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37 le presenti opere necessitano di autorizzazione sindacale. Vedasi l'art. 19 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86.
(47) Ai sensi dell'art. 5 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37 le opere di restauro conservativo necessitano di autorizzazione sindacale. Vedasi l'art. 19 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86.
(48) Vedasi l'art. 19 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86 e il D.Dirig. 7 settembre 2001.
Art. 21 (49)
Attuazione degli strumenti urbanistici nelle zone A e B.
Al punto I dell'art. 28 della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21, è aggiunto il seguente comma: "Nei comuni dotati di strumenti urbanistici generali approvati o adottati e presentati all'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, l'edificazione nelle aree libere può avvenire a mezzo di singole concessioni".
Nel secondo comma del punto II dell'art. 28 della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21, le parole "mc/mq 8" sono sostituite con le altre "mc/mq 9.
A modifica di quanto prescritto nel punto II dell'art. 28 della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21, ferme restando le altre disposizioni agevolative contenute nella predetta norma, l'attuazione degli strumenti urbanistici generali, relativamente alle zone territoriali "B", può effettuarsi a mezzo di singole concessioni, quando esistano le opere di urbanizzazione primaria (almeno rete idrica, viaria e fognante) e risultino previste dallo strumento urbanistico generale quelle di urbanizzazione secondaria.
[Nell'ambito delle predette zone "B" tutte le aree che si trovino nelle condizioni previste dal precedente comma e per le quali si puo` procedere ai sensi del medesimo a mezzo di singole concessioni vanno delimitate contestualmente con unica delibera del consiglio comunale, da adottarsi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge] (50).
Nelle rimanenti aree non urbanizzate delle zone territoriali omogenee "B" l'edificazione è subordinata alla preventiva approvazione di piani particolareggiati o di piani di lottizzazione.
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(49) Si vedano la Circ.Ass. 20 marzo 1989, la Circ.Ass. 6 luglio 1994, n. 2/D.R.U. e la Circ.Ass. 6 luglio 1994, n. 2/D.R.U.
(50) Comma abrogato dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37.
Art. 22
Interventi produttivi nel verde agricolo.
1. Nelle zone destinate a verde agricolo dai piani regolatori generali sono ammessi impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione o trasformazione di prodotti agricoli o zootecnici locali ovvero allo sfruttamento a carattere artigianale di "risorse naturali locali" (51) tassativamente individuate nello strumento urbanistico.
2. Le concessioni edilizie rilasciate ai sensi del comma 1 devono rispettare le seguenti condizioni:
a) rapporto di copertura non superiore a un decimo dell'area di proprietà proposta per l'insediamento;
b) distacchi tra fabbricati non inferiori a m. 10 (52);
c) distacchi dai cigli stradali non inferiori a quelli fissati dall'articolo 26 del D.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495;
d) parcheggi in misura non inferiore ad un decimo dell'area interessata (53);
e) rispetto delle distanze stabilite dall'articolo 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, come interpretato dall'articolo 2 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15;
f) distanza dagli insediamenti abitativi ed opere pubbliche previsti dagli strumenti urbanistici non inferiore a metri duecento, ad esclusione di quanto previsto dalla lettera c) (54).
3. Previa autorizzazione delle amministrazioni competenti, nelle zone destinate a verde agricolo è consentito il mutamento di destinazione d'uso dei fabbricati realizzati con regolare concessione edilizia, da civile abitazione a destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione ove sia verificata la compatibilità ambientale della nuova destinazione ed il rispetto di tutte le prescrizioni igienico-sanitarie nonché di sicurezza. Nelle zone agricole è ammessa l'autorizzazione all'esercizio stagionale, primaverile ed estivo, dell'attività di ristorazione anche in manufatti destinati a civile abitazione e loro pertinenze, nel rispetto della cubatura esistente e purché la nuova destinazione, ancorché temporanea, non sia in contrasto con interessi ambientali e con disposizioni sanitarie. La destinazione ricettivo-alberghiera e di ristorazione cessa automaticamente allorché cessi la relativa attività (55) (56).
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(51) Le parole "risorse naturali locali" sostituiscono le parole "risorse naturali nella zona" per effetto dell'art. 6, L.R. 29 settembre 1994, n. 34.
(52) Lettera così modificata dall'art. 139, comma 65, L.R. 16 aprile 2003, n. 4, a decorrere dal 1° gennaio 2003 (come prevede l'art. 141, comma 2, della stessa legge).
(53) Lettera così modificata dall'art. 139, comma 65, L.R. 16 aprile 2003, n. 4, a decorrere dal 1° gennaio 2003 (come prevede l'art. 141, comma 2, della stessa legge).
(54) Lettera aggiunta dall'art. 139, comma 65, L.R. 16 aprile 2003, n. 4, a decorrere dal 1° gennaio 2003 (come prevede l'art. 141, comma 2, della stessa legge).
(55) Comma aggiunto dall'art. 30, comma 2, L.R. 26 marzo 2002, n. 2, a decorrere dal 1° gennaio 2002, come prevede l'art. 131, comma 2, della stessa legge. Successivamente, il presente comma è stato così modificato dal suddetto art. 30, comma 2, come modificato dall'art. 40, L.R. 9 agosto 2002, n. 9.
(56) Articolo così sostituito dall'art. 6, comma 1, L.R. 31 maggio 1994, n. 17, poi così modificato come indicato nelle note che precedono. Per deroghe, si veda l'art. 35, L.R. 7 agosto 1997, n. 30.
Art. 23
Agroturismo.
Nell'ambito di aziende agricole, i relativi imprenditori a titolo principale possono destinare parte dei fabbricati adibiti a residenza ad uso turistico stagionale.
Sempre allo stesso fine i predetti fabbricati possono essere ampliati fino ad un massimo del 30 per cento della cubatura esistente e comunque per non più di 300 metri cubi.
Art. 24 (57)
Spese per la formazione degli strumenti urbanistici. Disciplinare - tipo.
La spesa necessaria per la redazione degli strumenti urbanistici comunali generali, particolareggiati o ad essi assimilati, ivi compresa quella relativa a rilievo aerofotogrammetrico ed eventuale indagine geologica è obbligatoria.
[Gli interventi sostitutivi nei confronti dei comuni inadempienti alle disposizioni contenute nella presente legge sono a carico dei medesimi] (58).
Il disciplinare del conferimento dell'incarico di progettazione di strumenti urbanistici deve essere conforme al disciplinare - tipo predisposto dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, il quale deve indicare:
- la composizione dell'eventuale gruppo di progettazione e la relativa rappresentanza;
- l'indicazione degli elaborati contrattuali, ivi compresi la visualizzazione delle osservazioni ed opposizioni e le eventuali rielaborazioni;
- le modalità di dimensionamento del piano;
- le modalità di pagamento degli onorari e delle spese;
- i termini di consegna, non superiori a cinque mesi;
- la penalità per i ritardi e la rescissione del contratto in danno del progettista ove il ritardo superi di metà il termine assegnato.
Il disciplinare - tipo è approvato con decreto assessoriale entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
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(57) Si vedano il Dec.Ass. 17 maggio 1979 e il Dec.Ass. 1° febbraio 1992.
(58) Comma abrogato dall'art. 7 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
Art. 25 (59) (60)
Contributi per la rielaborazione degli strumenti urbanistici.
1. L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente concede contributi nelle spese per la redazione, revisione e rielaborazione degli strumenti urbanistici generali, particolareggiati o ad essi assimilati, nonché per indagini geologiche, studi agricolo-forestali, rilievi aerofotogrammetrici anche su supporto magnetico (cartografia numerica digitalizzata).
2. Qualora l'Ufficio tecnico dell'Amministrazione si avvalga di consulenze esterne, il contributo per i soli onorari è ridotto al 50 per cento della spesa.
3. Le modalità per la concessione dei contributi assessoriali, che possono raggiungere il 100 per cento della spesa ritenuta ammissibile, saranno disciplinate con apposito regolamento approvato con decreto del Presidente della Regione su proposta dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
4. I contributi possono essere richiesti dagli organi ordinari delle amministrazioni dei comuni, province e consorzi per le aree di sviluppo industriale (ASI), nonché dai commissari sostitutivamente nominati.
5. I contributi sono concessi anche per le revisioni generali dei piani approvati nonché per le rielaborazioni di quelli respinti.
6. Sono abrogati il comma 12 dell'articolo 3 e l'articolo 7 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
7. Nel regolamento di cui al comma 3 sono altresì determinati i compensi spettanti ai progettisti per la redazione o la revisione dei piani urbanistici; in funzione dell'estensione del territorio comunale e della complessità dei piani urbanistici da approntare, nonché le indennità speciali spettanti ai componenti degli uffici tecnici degli enti locali, qualora essi provvedano direttamente alla redazione o alla revisione del piano.
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(59) L'articolo 25 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, già sostituito con l'articolo 5 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66, è stato cosi sostituito dall'art. 11 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17. Per effetto dell'art. 12 della della legge regionale 7 giugno 1994, n. 19, "Nelle more della concessione del contributo previsto dall'articolo 25 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, e successive modifiche ed integrazioni, i comuni sono autorizzati ad utilizzare per il finanziamento di tutte le spese occorrenti per la redazione degli strumenti urbanistici i fondi assegnati ai sensi della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1. Ad avvenuto accreditamento del contributo di cui all'articolo 25 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, l'importo relativo sarà utilizzato a reintegra dei fondi di cui alla legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1."
(60) Si veda il D.P.Reg. 16 gennaio 1997, n. 15 recante: "Regolamento per la concessione di contributi per la redazione di strumenti urbanistici a favore delle Amministrazioni comunali, provinciali e consorzi per le aree di sviluppo industriale - Art. 25 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, sostituito con l'art. 11 della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17".
Art. 26
Controllo sulle deliberazioni comunali.
Il riscontro della commissione provinciale di controllo sulle deliberazioni comunali, adottate ai sensi della presente legge, è esclusivamente di legittimità sulla regolarità delle adunanze degli organi comunali, allorquando dette deliberazioni debbano essere successivamente trasmesse all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente per i provvedimenti di competenza.
Art. 27
Interventi sostitutivi.
Quando gli organi dell'amministrazione dei comuni omettano, sebbene previamente diffidati, o non siano in grado di compiere atti obbligatori in virtù della presente legge e di altre leggi attinenti alla materia urbanistica, vi provvede l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente a mezzo di un commissario ad acta la cui durata in carica non può eccedere il termine di tre mesi, salvo proroga fino a dodici mesi per giustificati motivi in rapporto alla complessità degli atti da compiere.
Non si fa luogo alla diffida di cui al primo comma qualora si tratti di scadenza di termini previsti espressamente dalla presente legge o da altre leggi attinenti alla materia urbanistica.
Alle spese per il commissario provvede il comune per il quale è stato nominato, salvo rivalsa a carico degli amministratori eventualmente responsabili.
I commissari nominati ai sensi del primo comma decadono dall'incarico nel caso di rinnovazione del consiglio comunale e comunque possono essere sempre revocati, con provvedimenti motivati, dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente (61).
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(61) Articolo così sostituito dall'art. 2 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66. Vedansi l'art. 4 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 65 e l'art. 3 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66. Vedasi ora l'art. 6 della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9.
TITOLO III (62)
Programmi pluriennali
Art. 28
Programmi pluriennali di attuazione. Comuni obbligati - Durata.
Tutti i comuni aventi popolazione superiore a 10.000 abitanti sono obbligati alla formazione dei programmi pluriennali di attuazione nel rispetto delle seguenti scadenze temporali (63):
a) comuni con popolazione compresa tra i 10.000 e 15.000 abitanti: entro il 31 dicembre 1989;
b) comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e dotati di strumenti urbanistici generali approvati: entro il 31 dicembre 1989;
c) comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti non ancora dotati di strumenti urbanistici generali: entro un anno dall'approvazione degli strumenti urbanistici medesimi.
Sono tenuti altresì a formare il programma pluriennale negli stessi termini di cui alle lettere b) e c) i comuni che per le loro caratteristiche industriali e turistiche, a prescindere dalla loro popolazione, saranno inclusi in un apposito elenco che sarà approvato dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente entro il 31 dicembre 1980. (64)
La durata dei programmi pluriennali, variabili da tre a cinque anni, è determinata dai comuni. (65)
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(62) Si veda la Circ.Ass. 31 luglio 1979, n. 8601.
(63) Ai sensi dell'art. 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15, "I termini previsti dalla legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, modificati dalla legge regionale 30 dicembre 1980, n. 159, e della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37, per la formazione dei programmi pluriennali di attuazione, sono prorogati al 31 dicembre 1994."
(64) L'art. 1, comma 2, della legge regionale 30 dicembre 1980, n. 159 ha sostituito le parole: "sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge"con le parole: "il 31 dicembre 1980". Ai sensi dell'art. 6, commi 1 e 2, della legge regionale 12 gennaio 1993, n. 9, "1. I termini assegnati all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per adottare i provvedimenti di sua competenza in materia urbanistica, ivi compresi quelli relativi all'esame ed all'approvazione degli strumenti urbanistici generali e di attuazione, ed all'autorizzazione di opere da realizzare in difformità delle previsioni urbanistiche, sono prolungati di novanta giorni. 2. I termini di cui al comma 1 scaduti successivamente al 12 luglio 1992 sono prorogati fino al novantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge."
(65) Vedasi l'art. 7 della legge regionale 6 maggio 1981, n. 86.
Art. 29
Contenuto del programma pluriennale di attuazione.
Il programma pluriennale di attuazione degli strumenti urbanistici generali approvati o adottati e trasmessi riguarda le parti del territorio comunale oggetto d'intervento pubblico e privato in un periodo di tempo non inferiore a tre e non superiore a cinque anni.
Il programma pluriennale deve indicare:
a) il perimetro dei suoli sui quali, nel rispetto delle prescrizioni dello strumento urbanistico, si intende intervenire;
b) il perimetro e la destinazione delle aree per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria di pertinenza dei vari insediamenti, nonché delle infrastrutture dei servizi di interesse comunale o intercomunale;
c) il preventivo di spesa per la realizzazione delle opere di urbanizzazione e per la espropriazione delle aree.
Gli interventi per l'edilizia residenziale devono avvenire nel rispetto di quanto prescritto dall'art. 2 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Le aree da includere nel programma sono scelte avendo riguardo alla economicità ed alla funzionalità degli interventi. A tale fine sono scelte con priorità le aree già dotate di opere di urbanizzazione e comunque quelle nelle quali i costi di insediamento risultino più economici.
Art. 30
Dimensionamento - Elaborati del programma.
L'estensione delle parti del territorio comunale da includere nel programma pluriennale è determinata in relazione ai fabbisogni strettamente necessari di edilizia residenziale, commerciale, per attività turistiche, direzionali, artigianali ed industriali, nonché dei relativi servizi, per l'arco temporale di validità del programma, tenendo conto delle concessioni già rilasciate e della situazione di fatto esistente, nonché della concreta possibilità di recupero del patrimonio edilizio esistente. Non si applicano le disposizioni dell'art. 32 della legge 5 agosto 1978, n. 457.
Gli elaborati del programma sono costituiti da:
a) relazione illustrativa dei criteri adottati in ordine al dimensionamento ed alle scelte operate;
b) delimitazione dei suoli costituenti il perimetro d'intervento effettuata su mappe catastali nelle quali dovranno essere indicate le previsioni degli strumenti urbanistici generali o particolareggiati;
c) relazione finanziaria riportante le previsioni di spesa occorrenti per l'acquisizione delle aree e per l'esecuzione delle opere di urbanizzazione e dei servizi di interesse generale, nonché l'indicazione delle previsioni di entrata.
Art. 31
Formazione ed approvazione.
Ai fini della formazione dei programmi pluriennali il comune dovrà sentire le forze sociali, culturali, imprenditoriali e i consigli di quartiere ove esistano.
I programmi pluriennali, la cui spesa è obbligatoria, sono adottati dal consiglio comunale e pubblicati all'albo pretorio per un periodo di quindici giorni.
Chiunque può presentare osservazioni entro i quindici giorni successivi alla data di scadenza della pubblicazione.
Entro i successivi trenta giorni, il consiglio comunale è tenuto ad adottare le proprie determinazioni in ordine alle osservazioni, presentare (66) e procedere quindi all'approvazione definitiva del programma che diventa esecutivo dopo il riscontro della commissione provinciale di controllo.
È fatto obbligo ai comuni di trasmettere all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente i programmi deliberati.
Nella prima attuazione della presente legge si può tenere conto, ai fini della formazione dei programmi pluriennali, delle lottizzazioni convenzionate approvate alla data di entrata in vigore della presente legge.
È consentita per una sola volta la revisione dei programmi pluriennali entro il primo biennio o triennio dalla loro approvazione ove, a seguito di verifiche effettuate, risultino necessarie modificazioni o nel caso di adeguamento degli strumenti urbanistici generali alle modifiche apportate dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente in sede di approvazione degli stessi.
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(66) Questa la dizione letterale del testo.
Art. 32
Attuazione dei programmi pluriennali.
L'attività edilizia nelle aree incluse nei programmi pluriennali si svolgerà a mezzo di:
a) concessione singola;
b) piano di lottizzazione convenzionata;
c) piano particolareggiato.
Le singole concessioni potranno essere rilasciate nelle zone territoriali omogenee A e B nei casi previsti dal precedente art. 21 nonché per gli isolati definiti dal precedente art. 10 o nei comparti definiti dall'art. 23 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, modificato dall'art. 11 della presente legge.
Qualora lo strumento urbanistico generale non contenga previsioni esecutive, il comune è tenuto ad indicare i metodi di intervento o procedendo in tutto o in parte alla redazione di piani particolareggiati o imponendo l'obbligo ai proprietari delle aree di presentare piani di lottizzazione.
Nel caso in cui entro il periodo di validità del programma gli aventi titolo non presentino, singolarmente o riuniti in consorzio, istanza di concessione, il comune procede alla espropriazione delle aree non utilizzate ai sensi dell'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Nella prima applicazione della presente legge è consentito concedere proroghe non superiori a due anni, purché le aree non utilizzate ricadano nell'ambito del secondo programma pluriennale.
Il comune utilizza le aree espropriate secondo quanto previsto dall'art. 35 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni, nonché secondo le disposizioni contenute nell'art 27 della medesima legge.
La disposizione di cui al precedente quarto comma non si applica ai beni immobili di proprietà dello Stato o della Regione.
Art. 33 (67)
Opere ammesse al di fuori delle aree incluse nei programmi pluriennali.
Al di fuori del perimetro delle aree incluse nei programmi pluriennali sono ammessi gli interventi previsti dall'art. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, quelli consentiti dallo strumento urbanistico generale nelle zone territoriali omogenee A e B, limitatamente all'edificato esistente, nonché quelli discendenti dall'attuazione dei piani di recupero di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457.
A decorrere dal 1 luglio 1981 e sino all'approvazione dei programmi pluriennali dei comuni di cui alla lettera b) del precedente art. 28, la concessione è data soltanto su aree dotate di opere di urbanizzazione primaria o per le quali esista l'impegno dei concessionari a realizzarle e sempreché risultino previste dallo strumento urbanistico le opere di urbanizzazione secondaria (68).
Per i comuni di cui alla lettera c) del citato art. 28 le disposizioni indicate nel precedente comma si applicano a decorrere da un anno dalla data di approvazione degli strumenti urbanistici generali (69).
Per i comuni di cui alla lettera a) del citato art. 28 le disposizioni previste dal secondo comma del presente articolo si applicano a decorrere dal 1 luglio 1982 (70).
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(67) Si veda la Circ.Ass. 20 marzo 1989.
(68) L'art. 1, comma 3, della legge regionale 30 dicembre 1980, n. 159 ha sostituito le parole: "1 luglio 1979" con le parole: "1 luglio 1981".
(69) L'art. 1, comma 4, della legge regionale 30 dicembre 1980, n. 159 ha aggiunto, dopo la parola "decorrere", le seguenti: "da un anno".
(70) L'art. 1, ultimo comma, della legge regionale 30 dicembre 1980, n. 159 ha sostituito le parole: "1 luglio 1980" con le parole: "1 luglio 1982".
Art. 34
Anticipazione di spesa per l'attuazione dei programmi pluriennali.
L'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente autorizza anticipazioni di fondi, senza interessi, in favore dei comuni dotati di programmi pluriennali di attuazione, per le seguenti finalità:
a) acquisizione delle aree incluse nei programmi pluriennali per la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di servizi ed infrastrutture di interesse generale;
b) esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, di servizi ed infrastrutture di interesse generale;
c) acquisizione delle aree ricadenti nell'ambito dei programmi pluriennali e per le quali gli aventi titolo non abbiano richiesto la relativa concessione nei termini di validità del programma medesimo.
Le anticipazioni di cui al comma precedente sono commisurate all'ammontare del progetto delle opere occorrenti, contenente l'indicazione delle aree da espropriare, approvato dagli organi competenti secondo le vigenti disposizioni.
Sono ammessi ai benefici previsti dal presente articolo i comuni inclusi in programmi semestrali formulati dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente sulla base delle richieste avanzate, sentito preventivamente il parere della Commissione legislativa competente dell'Assemblea regionale.
Art. 35
Procedure per la concessione delle anticipazioni.
Alla concessione delle anticipazioni si provvede con decreto dell'Assessore regionale per il bilancio e le finanze, previa istanza del comune interessato, diretta all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, corredata da:
a) piano finanziario contenente i fabbisogni di cui alle lettere a), b) e c) dell'art. 34;
b) delibera di impegno a rimborsare le anticipazioni secondo le modalità previste dal presente articolo.
L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente trasmette all'Assessorato regionale del bilancio e delle finanze le istanze di cui al precedente comma unitamente al nulla osta all'accoglimento della istanza medesima, specificando, altresì, l'importo dell'anticipazione autorizzata.
L'accreditamento dell'anticipazione è effettuato a favore del legale rappresentante del comune beneficiario presso gli stabilimenti, siti nei capoluoghi di provincia, degli istituti di credito tesorieri dei fondi regionali.
I prelevamenti devono essere limitati alle somme necessarie per le esigenze previste alle lettere a), b) e c) dell'art. 34 mediante ordinativi di pagamento in favore dei creditori.
Le anticipazioni saranno rimborsate dai comuni utilizzando le somme riscosse a qualsiasi titolo per effetto della presente legge, nonché quelle provenienti da finanziamenti statali erogati per le finalità previste dal primo comma dell'art. 34.
I rimborsi sopra citati dovranno essere effettuati nel termine di quindici giorni dalla data di riscossione delle predette somme.
I sindaci ed i tesorieri comunali sono personalmente responsabili della puntuale applicazione delle disposizioni del precedente comma.
Le anticipazioni di cui al precedente art. 34, da erogare nel periodo dal 1980 al 1983, sono poste a carico del bilancio della Regione per un ammontare complessivo di lire 100.000 milioni.
Alla spesa relativa si provvede con le entrate previste dalla presente legge.
TITOLO IV
Norme regolatrici dell'attività edilizia
Capo I - Concessioni edilizie
Art. 36 (71) (72)
Concessione.
Il proprietario o chi ne ha titolo deve chiedere al sindaco la concessione per l'esecuzione di qualsiasi attività comportante trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio comunale, nonché il mutamento della destinazione degli immobili.
Possono richiedere la concessione anche coloro che, pur non essendo proprietari, dimostrino di avere un valido titolo che consenta l'uso del bene in relazione alla concessione richiesta.
La qualità di proprietario o di avente titolo deve essere documentata.
L'atto di concessione, nonché l'atto di impegno unilaterale e la convenzione previsti dall'art. 7 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, debbono essere trascritti, a cura dell'amministrazione comunale e a spese dei richiedenti, nei registri immobiliari, in modo da risultare sia la destinazione dell'immobile sia le aree di pertinenza asservite all'immobile stesso.
[La concessione non è richiesta nel caso previsto dal primo comma, lett. a), dell'art. 31 della L. 5 agosto 1978, n. 457, e, nel caso previsto dalla lett. b) dello stesso comma, è sostituita da una autorizzazione del sindaco per l'esecuzione dei lavori con le modalità e procedure previste dall'art. 48 della legge medesima] (73).
Fatti salvi i casi previsti dall'art. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 per la concessione gratuita, e quelli di cui all'art. 7 della stessa legge per l'edilizia convenzionata, la concessione è subordinata alla corresponsione di un contributo commisurato alla incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché al costo di costruzione.
La concessione è trasferibile ai successori e aventi causa che abbiano titolo sul bene oggetto della concessione stessa.
Le concessioni relative a singoli edifici non possono avere validità complessiva superiore a tre anni dall'inizio dei lavori, che devono comunque essere iniziati entro un anno dal rilascio della concessione (74).
Un periodo più lungo per la ultimazione dei lavori può essere consentito dal sindaco in relazione alla mole delle opere da realizzare o delle sue particolari caratteristiche costruttive.
Qualora entro i termini suddetti i lavori non siano stati iniziati o ultimati, il concessionario deve richiedere una nuova concessione.
Per ultimazione dell'opera si intende il completamento integrale di ogni parte del progetto confermato con la presentazione della domanda di autorizzazione per l'abitabilità o agibilità.
È ammessa la proroga del termine per la ultimazione dei lavori con provvedimento motivato e solo per fatti estranei alla volontà del concessionario che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la loro esecuzione.
La proroga può essere sempre prevista nel provvedimento di concessione del sindaco, quando si tratti di opere pubbliche, il cui finanziamento sia preventivato in più esercizi finanziari.
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(71) Per l'esecuzione di opere statali e/o regionali vedansi gli artt. 6 e 7 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 65.
(72) Vedasi l'art. 4 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
(73) Comma abrogato dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37.
(74) Ai sensi dell'art. 9 della legge regionale 30 maggio 1984, n. 37 "Per le cooperative edilizie fruenti di contributi o finanziamenti a valere su leggi statali o regionali, i termini previsti dagli articoli 4 e 18 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e successive modifiche ed integrazioni, che fissano i termini di inizio ed ultimazione dei lavori, nonché quello previsto dall'art. 36 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, relativo alla durata di validità delle concessioni, decorrono dalla data di registrazione da parte della Corte dei conti del decreto di finanziamento emesso dall'Amministrazione regionale in favore delle cooperative e sempre che, limitatamente alle aree oggetto delle concessioni originarie, non siano intervenuti nuovi strumenti urbanistici. Le cooperative che devono usufruire della normativa soprarichiamata dovranno darne comunicazione per iscritto, con raccomandata con avviso di ricevimento, ai competenti organi del comune, per l'ulteriore corso di competenza dei medesimi".
Art. 37
Controllo partecipativo.
Chiunque ha diritto di prendere visione presso gli uffici comunali delle domande e delle concessioni edilizie.
I comuni sono tenuti, a richiesta, a fornire copie dei relativi atti, ponendo a carico dei richiedenti le spese per la riproduzione.
L'estratto delle concessioni dovrà essere esposto per quindici giorni all'albo del comune.
Art. 38
Intervento sostitutivo per mancato rilascio di concessione.
[Decorsi i termini di cui all'art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive integrazioni e modificazioni, senza che sia intervenuta la decisione in ordine la rilascio o meno della concessione, i richiedenti possono inoltrare al comune un atto extra - giudiziale di diffida.
Decorso il termine di sessanta giorni dalla notifica della diffida senza che il sindaco abbia provveduto, i richiedenti possono presentare istanza all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, il quale provvede in via sostitutiva entro sessanta giorni, a mezzo di apposito commissario ad acta, dandone comunicazione all'Assessorato regionale degli enti locali] (75).
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(75) Articolo abrogato dall'art. 2, comma 10, della legge regionale 31 maggio 1994, n. 17.
Art. 39
Cave (76).
L'apertura delle cave non è soggetta alla concessione prevista dall'art. 1 della legge regionale 28 gennaio 1977, n. 10 (77), bensì subordinata ad un attestato da parte del sindaco di conformità con gli strumenti urbanistici vigenti nonché all'approvazione da parte del comune dello studio di fattibilità e del progetto di massima di cui alla lett. d dell'art. 12.
Se la cava da aprire ricade su terreni destinati a verde agricolo, l'attestato di conformità è sostituito da un attestato di non incompatibilità con gli strumenti urbanistici vigenti.
Le decisioni, positive o negative, di cui ai commi precedenti, devono essere assunte entro sessanta giorni dalla data di trasmissione della documentazione da parte del distretto minerario. Decorso tale termine, provvede in via sostitutiva, entro i successivi trenta giorni, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente a mezzo di commissario ad acta (78).
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(76) In deroga alla procedura prevista dal presente articolo vedi l'art. 2, comma 1, L.R. 5 luglio 2004, n. 10.
(77) Trattasi della legge statale 28 gennaio 1977, n. 10.
(78) Articolo già modificato dall'art. 10 della legge regionale 9 dicembre 1980, n. 127 e così sostituito dall'art. 2 della legge regionale 26 marzo 1982, n. 22.
Art. 40
Convenzione tipo o atto d'obbligo unilaterale.
I comuni deliberano lo schema di convenzione o atto d'obbligo unilaterale previsti dall'art. 7 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, in conformità alla convenzione tipo di cui all'art. 8 della stessa legge, che l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente è tenuto ad approvare nel termine di novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
Il valore del costo teorico base di costruzione da assumer per la determinazione del prezzo di cessione degli alloggi è rapportato a quello definito annualmente dal Ministero dei lavori pubblici in materia di edilizia agevolata di cui all'art. 9, terzo comma, del decreto legge 6 settembre 1965, n. 1022, convertito con modificazioni nella legge 1 novembre 1965, n. 1179 (79).
[Il costo teorico base così determinato è aggiornato dai Comuni, all'atto della stipula della convenzione, sulla base delle variazioni dei costi per fabbricati di nuova costruzione pubblicati nei bollettini dell'ISTAT] (80).
In sede di prima applicazione della presente legge si può assumere come costo teorico base di costruzione quello stabilito con decreto ministeriale 3 ottobre 1975, n. 9816, ai sensi del terzo comma dell'art. 8 della legge 1 novembre 1965, n. 1179. Detto costo è comprensivo delle spese generali e degli utili dell'impresa.
Nel deliberare lo schema di convenzione di cui al primo comma del presente articolo i comuni determinano i canoni di locazione che non devono comunque risultare superiori a quelli derivanti dall'applicazione degli articoli da 12 a 21 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
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(79) Comma così sostituito dall'art. 35 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37.
(80) Comma abrogato dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37.
Art. 41 (81)
Oneri di urbanizzazione.
L'incidenza degli oneri di urbanizzazione di cui alla legge 28 gennaio 1977, n. 10, è determinata dai comuni in conformità alle tabelle parametriche regionali approvate con decreto dell'Assessore regionale per lo sviluppo economico del 31 maggio 1977, in misura non inferiore alle seguenti percentuali:
a) comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti e frazioni degli altri comuni con popolazione non superiore a 10.000 abitanti: 20 per cento;
b) comuni con popolazione tra i 10.001 e i 30.000 abitanti: 22,50 per cento;
c) comuni con popolazione compresa tra i 30.001 e i 50.000 abitanti: 25 per cento;
d) comuni con popolazione tra i 50.001 e i 100.000 abitanti: 27,50 per cento;
e) comuni con popolazione superiore ai 100.000 abitanti: 35 per cento;
f) insediamenti stagionali di comuni montani e collinari: 25 per cento;
g) insediamenti stagionali di comuni costieri: 35 per cento;
h) insediamenti turistici: 25 per cento;
i) insediamenti artigianali e industriali: 15 per cento.
Gli insediamenti artigianali all'interno dei piani di insediamento produttivo e gli insediamenti industriali all'interno delle aree o dei nuclei industriali sono esonerati dal pagamento degli oneri di urbanizzazione.
Per gli insediamenti commerciali e direzionali le tabelle parametriche si applicano integralmente.
Nella prima applicazione del presente articolo le percentuali come sopra stabilite sono immediatamente operanti salvo che i comuni non deliberino percentuali superiori a quelle indicate nel presente articolo (82).
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(81) Vedasi l'art. 4 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
(82) Articolo così sostituito dall'art. 13 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 70. Ai sensi dell'art. 34 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37 "1. Gli oneri di urbanizzazione determinati secondo il disposto della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, e successive modifiche, devono essere adeguati entro il termine perentorio del 31 dicembre di ogni triennio. Il provvedimento di adeguamento non può, in ogni caso, avere decorrenza retroattiva. 2. Trascorso il termine di cui al comma 1 senza che il Consiglio comunale abbia provveduto, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente nomina, con proprio decreto, anche senza preventiva diffida, un commissario ad acta per l'adozione del provvedasimento non adottato. Restano salve le responsabilità a carico degli amministratori inadempienti".
Art. 42 (83)
Esenzioni dagli oneri.
Il contributo di cui all'art. 6 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, non è dovuto da coloro che chiedono la concessione per fabbricati destinati a residenza stabile per uso proprio, quando questi hanno caratteristiche dell'edilizia economica e popolare e i richiedenti non risultino proprietari di altri immobili, nonché dalle cooperative edilizie a proprietà divisa o indivisa che abbiano i requisiti per accedere a finanziamenti previsti dalla legislazione nazionale e regionale in materia di edilizia agevolata o convenzionata, ivi comprese quelle che hanno già firmato le convenzioni con i comuni, e da coloro che richiedono la concessione per alloggi aventi le caratteristiche di superficie di cui all'ultimo comma dell'art. 16 della legge 5 agosto 1978, n. 457 "e che siano inseriti nei progetti biennali della predetta legge 5 agosto 1978, n. 457" (84).
Nessun concorso negli oneri di urbanizzazione è dovuto nei casi previsti dalla lett. b del primo comma dell'art. 9 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e dall'ultimo comma dell'art. 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457.
Nei casi previsti dal precedente primo comma, gli oneri previsti dall'art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, sono ridotti al 40 per cento rispetto a quelli determinati dai comuni sulla base delle tabelle parametriche approvate con decreto dell'Assessore regionale per lo sviluppo economico del 31 maggio 1977 ed in conformità di quanto disposto dal precedente art. 41 e successive modificazioni (85).
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(83) Vedansi gli artt. 2 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 69 e 4 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
(84) L'art. 11 della legge regionale 19 giugno 1982, n. 55 ha aggiunto le parole "e che siano inseriti nei progetti biennali della predetta legge 5 agosto 1978, n. 457".
(85) Articolo così sostituito dall'art. 14 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 70. Ai sensi dell'art. 8 della legge regionale 30 maggio 1984, n. 37 "I benefici previsti dall'ultimo comma dell'art. 42 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, così come modificato dall'art. 14 della legge regionale 18 aprile 1981, n. 70, sono applicabili anche a coloro che hanno ottenuto la licenza o la concessione edilizia prima dell'entrata in vigore della legge regionale 18 aprile 1981, n. 70, purché i lavori non siano a detta data ultimati".
Art. 43
Riduzione degli oneri.
La quota degli oneri relativi al costo di costruzione, di cui all'art. 6 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, è ridotta al 60 per cento della misura medesima per le istanze di concessione presentate entro il 31 dicembre 1979 e all'80 per cento per le istanze presentate entro il 31 dicembre 1981.
Art. 44 (86)
Ratizzazione del contributo per opere di urbanizzazione.
Il contributo di cui all'art. 5 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, può essere ratizzato per un periodo non superiore a 24 mesi. In tal caso il concessionario deve prestare le idonee garanzie finanziarie anche a mezzo di fidejussione bancaria o polizza cauzionale rilasciata da imprese di assicurazione.
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(86) Vedasi l'art. 4 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 15.
Art. 45 (87)
Contributo per opere di urbanizzazione per insediamenti turistici, industriali ed artigianali.
I criteri per la determinazione dei contributi previsti dall'art. 10 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, relativamente agli insediamenti artigianali, industriali e turistici, saranno determinati entro novanta giorni con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, sentita la competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale.
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(87) Si veda il Dec.Ass. 10 marzo 1980.
Capo II - Vigilanza e sanzioni (88)
Art. 46
Vigilanza.
[Il sindaco esercita la vigilanza sull'attività edilizia, sulle modifiche di destinazione degli immobili, e in generale, sulle opere di modificazione del suolo.
Controlli ispettivi possono essere disposti anche dall'assessorato regionale del territorio e dell'ambiente cui spetta la vigilanza sull'attività urbanistica di cui all'art. 1 della legge 17 agosto 1942, n. 1150.
I funzionari, agenti e incaricati del controllo del comune possono accedere ai cantieri, alle costruzioni e ai fondi nei casi previsti dalle norme vigenti] (89).
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(88) Vedasi la legge regionale 10 agosto 1985, n. 37.
(89) Articolo abrogato dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37. Vedansi gli artt. 2 e 3 della stessa legge.
Art. 47
Sospensione dei lavori.
[Qualora sia constatata l'inosservanza di norme, prescrizioni di strumenti urbanistici, programmi di attuazione, modalità esecutive della concessione e, più in generale, di qualsiasi altra prescrizione gravante sul costruttore, il sindaco ordina l'immediata sospensione dei lavori, con riserva di emanare, entro i successivi sessanta giorni, i provvedimenti che risultino necessari per la modifica delle costruzioni o per la rimessa in pristino.
L'ordinanza viene notificata al proprietario e al titolare della concessione, se diverso dal proprietario, nonché all'assuntore e al direttore dei lavori che risultino dalla domanda di concessione e dai documenti in possesso del comune.
Detta ordinanza, annotata nel registro delle concessioni, è comunicata all'intendenza di finanza, agli enti, agli uffici ed alle aziende di credito competenti per la erogazione dei contributi o di altre provvidenze, agli uffici competenti per la cessazione delle forniture o dei servizi pubblici che siano stati ottenuti o che siano erogati in funzione della regolarità della posizione del titolare della concessione; nonché, nelle zone vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 e della legge 2 febbraio 1974, n. 64, rispettivamente alla soprintendenza e all'ufficio del genio civile competenti.
Copia dell'ordinanza deve inoltre essere trasmessa all'autorità giudiziaria competente] (90).
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(90) Articolo abrogato dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37. Vedansi gli artt. 2 e 3 della stessa legge.
Art. 48
Sigilli.
Nel caso di accertata inadempienza all'ordinanza di sospensione dei lavori, il sindaco provvede all'apposizione di sigilli al cantiere e al macchinario impiegato per lo svolgimento dei lavori.
Il relativo verbale è notificato agli stessi soggetti di cui al precedente articolo, ove non presenti alle operazioni.
I sigilli sono sottoposti a periodiche verifiche che potranno essere effettuate anche a cura di un costode da nominare tra persone estranee alle attività abusive.
Le spese per le misure cautelari e per la custodia sono addebitate, in solido, ai soggetti cui è stata notificata l'ordinanza.
Le relative somme vengono riscosse a norma del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.
Art. 49 (91)
Sanzioni principali.
[Le opere eseguite in totale difformità o in assenza della concessione devono essere demolite, a cura e spese del proprietario, entro il termine fissato dal sindaco con ordinanza.
In mancanza, le predette opere sono gratuitamente acquisite, con l'area su cui insistono, al patrimonio indisponibile del comune, che le utilizza a fini pubblici, compresi quelli di edilizia residenziale pubblica. Le pertinenze degli immobili stessi sono espropriate dai comuni ai sensi e per gli effetti dell'art. 14 della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
Qualora l'opera contrasti con rilevanti interessi urbanistici o ambientali ovvero non possa essere utilizzata per fini pubblici, la stessa, dopo l'acquisizione al patrimonio del comune, viene demolita a cura di quest'ultimo e a spese del suo costruttore. L'area di impianto potrà successivamente essere utilizzata nei modi che saranno stabiliti dal consiglio comunale. Il comune provvede al recupero delle spese di demolizione ai sensi del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.
L'acquisizione di cui ai precedenti commi si effettua con ordinanza motivata del sindaco che, vidimata e resa esecutiva dal pretore nella cui giurisdizione ricade il comune interessato, costituisce titolo per la trascrizione nei registri immobiliari e per la immissione in possesso.
Le opere realizzate in parziale difformità dalla concessione devono essere demolite o modificate a spese del concessionario entro il termine stabilito dal sindaco nella stessa ordinanza di demolizione o di modifica.
Nel caso in cui le opere difformi non possano essere rimosse senza pregiudizio della parte conforme, il sindaco applica una sanzione pari al doppio del valore venale della parte dell'opera realizzata in difformità dalla concessione.
Non si procede alla demolizione ovvero all'applicazione della sanzione di cui al comma precedente nel caso di realizzazione di varianti, purché esse non siano in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti e non modifichino la sagoma, le superfici utili e la destinazione d'uso delle costruzioni per le quali è stata rilasciata la concessione. Le varianti dovranno comunque essere approvate prima del rilascio del certificato di abitabilità.
Le opere eseguite da terzi, in totale difformità dalla concessione o in assenza di essa, sui suoli di proprietà dello Stato o di enti territoriali sono gratuitamente acquisite, rispettivamente, al demanio dello Stato o al patrimonio indisponibile degli enti stessi, salvo il potere di ordinare la demolizione, da effettuarsi a cura e spese del costruttore entro sessanta giorni, qualora l'opera contrasti con rilevanti interessi urbanistici ed ambientali. In caso di mancata esecuzione dell'ordine, alla demolizione provvede il comune, con recupero delle spese ai sensi del regio decreto 14 aprile 1910, n. 639.
In caso di annullamento della concessione, qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative, il sindaco, in base a valutazioni discrezionali, ordina la demolizione o l'applicazione di una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite valutato dall'ufficio tecnico erariale; l'ordinanza è notificata alla parte dal comune e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa.
Nel caso di inadempienza all'ordine di demolizione o di mancato pagamento della sanzione pecuniaria, si applicano le norme sull'acquisizione gratuita stabilite dal presente articolo.
I provvedimenti di annullamento della concessione e i provvedimenti sanzionatori di cui al presente articolo devono essere annotati nei registri immobiliari a cura dell'autorità che li adotta e a spese del trasgressore] (92).
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(91) Si veda la Circ.Ass. 23 aprile 1987, n. 2/1987.
(92) Articolo abrogato dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37. Vedasi l'art. 17 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26.
Art. 50
Sanzioni amministrative per mancato o ritardato pagamento del contributo per la concessione.
Il mancato o ritardato versamento del contributo per la concessione comporta:
a) la corresponsione degli interessi legali di mora se il versamento avviene nei successivi trenta giorni;
b) la corresponsione di una penale pari al doppio degli interessi legali qualora il versamento avvenga negli ulteriori trenta giorni;
c) l'aumento di un terzo del contributo dovuto, quando il ritardo si protragga oltre il termine di cui alla precedente lettera b).
Art. 51
Altre sanzioni.
[Per il mutamento della destinazione d'uso degli immobili senza la prescritta concessione si applica una sanzione pecuniaria di L. 10.000 al metro cubo.
Per l'apertura di strade senza la prescritta concessione si applica una sanzione di L. 20.000 al metro quadro.
Per il taglio abusivo di boschi si applica una sanzione di lire 20.000 al metro quadro. Per l'abbattimento di alberi, comunque tutelati, di pregio ambientale o paesaggistico si applica una sanzione da L. 200.000 a L. 500.000 ad albero.
Per l'apertura di pozzi, discariche, cave o per la realizzazione di altre opere comportanti manomissioni del territorio, si applica una sanzione da L. 500.000 a L. 50.000.000.
Per la demolizione abusiva di opere si applica una sanzione di L. 5.000 al metro cubo.
Nel caso di demolizione abusiva di immobili di interesse artistico o ambientale, oltre alla sanzione prevista dal comma precedente, il comune procede alla espropriazione dell'area su cui insiste il fabbricato, comprese le relative pertinenze.
Per la mancata richiesta di autorizzazione di abitabilità o agibilità si applica una sanzione pari al 10 per cento del contributo dovuto per costo di costruzione, fissato con decreto dell'assessore regionale per lo sviluppo economico dell'11 novembre 1977.
Per chi si sottrae all'obbligo di consentire l'accesso ai cantieri nel caso di cui all'art. 46 della presente legge, si applica una sanzione di L. 1.000.000.
La sanzione di cui al comma precedente si applica anche nel caso di rimozione dei sigilli.
Gli atti giuridici aventi per oggetto unità edilizie costruite in assenza di concessione sono nulli, ove da essi non risulti che l'acquirente era a conoscenza della mancanza della concessione. La medesima disposizione vale nel caso di compravendita di terreni abusivamente lottizzati. In quest'ultimo caso a carico dell'alienante si applica una sanzione pecuniaria di L. 20.000 al metro quadro.
In tutte le ipotesi previste dal precedente art. 49, per gli immobili realizzati abusivamente - anche se non ancora ultimati - si applica, dal giorno in cui l'infrazione è stata perpetrata fino al giorno in cui il provvedimento definitivo (demolizione, confisca, pagamento della penale) trova effettiva esecuzione, una sanzione pecuniaria annuale pari al 20 per cento del contributo afferente al costo di costruzione, fissato con decreto dell'assessore regionale per lo sviluppo economico dell'11 novembre 1977.
La sanzione è disposta con ordinanza del sindaco e la sua mancata applicazione costituisce danno nei confronti del comune] (93).
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(93) Articolo abrogato dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37. Vedasi l'art. 17 della legge regionale 15 maggio 1986, n. 26.
Art. 52 (94)
Poteri sostitutivi della Regione.
[I provvedimenti repressivi di cui ai precedenti articoli costituiscono atti dovuti per il sindaco.
Nel caso di inerzia comunale e salve le responsabilità penali e amministrative del sindaco, l'assessore regionale per il territorio e l'ambiente può, nelle ipotesi di grave danno urbanistico, intervenire in via sostitutiva, previa diffida al comune, adottando le sanzioni principali ed accessorie previste dai precedenti articoli] (95).
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(94) Si veda la Circ.Ass. 23 aprile 1987, n. 2/1987.
(95) Articolo abrogato dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37. Vedasi l'art. 3 della stessa legge.
Art. 53 (96)
Annullamento di provvedimenti comunali.
Nel territorio della Regione siciliana, l'art. 27 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni, è sostituito dalle seguenti disposizioni.
Entro dieci anni dalla loro adozione le deliberazioni ed i provvedimenti comunali che consentono esecuzione di opere in violazione delle leggi vigenti, delle prescrizioni degli strumenti urbanistici o delle norme dei regolamenti edilizi, possono essere annullati dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, su parere del consiglio regionale dell'urbanistica.
Il provvedimento di annullamento è preceduto dalla contestazione delle violazioni stesse al titolare della licenza o della concessione, al proprietario della costruzione, al progettista, nonché al sindaco, con l'invito a presentare controdeduzioni entro un termine all'uopo stabilito.
Il provvedimento di annullamento è emesso entro 18 mesi dalla data delle contestazioni.
In pendenza delle procedure di annullamento l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente ordina la sospensione cautelativa dei lavori, con provvedimento da notificare nelle forme e con le modalità previste dal codice di procedura civile, ai soggetti di cui al precedente comma e da comunicare all'amministrazione comunale.
L'ordine di sospensione cessa di avere efficacia se non sia emesso il decreto di annullamento entro i termini di cui al quarto comma del presente articolo.
Intervenuto il decreto di annullamento si applicano le disposizioni contenute nel precedente art. 49.
I provvedimenti di sospensione dei lavori ed il decreto di annullamento vengono resi noti al pubblico mediante l'affissione nell'albo pretorio del comune.
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(96) Ai sensi dell'art. 2 della legge regionale 15 maggio 1991, n. 28, "1. L'articolo 53 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, si applica anche agli strumenti urbanistici attuativi non soggetti all'approvazione dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, se illegittimi".
Art. 54
Obbligo del sindaco.
Intervenuto il decreto di annullamento il sindaco ha l'obbligo di dare esecuzione alla pronuncia di annullamento adottando, entro il termine all'uopo fissato dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, i provvedimenti stabiliti con lo stesso decreto.
[Qualora il sindaco non provveda, l'assessore regionale per il territorio e l'ambiente provvede in via sostitutiva a mezzo di commissario ad acta] (97).
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(97) Comma abrogato dall'art. 7 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
TITOLO V
Centri storici e tutela dell'ambiente
Art. 55
Centri storici.
Gli interventi nei centri storici, nonché negli agglomerati di antica o recente formazione contraddistinti da valori storici, urbanistici, artistici ed ambientali, anche se manomessi o degradati o non presenti tutti contestualmente, si attuano con l'osservanza delle finalità indicate nell'art. 1 della legge regionale 7 maggio 1976, n. 70.
Gli strumenti urbanistici attuativi relativi alle zone sopra indicate sono redatti secondo le finalità previste dall'art. 2 della legge regionale 7 maggio 1976, n. 70, anche in variante del piano regolatore generale o del programma di fabbricazione.
Le nuove costruzioni ammissibili nelle aree libere o che si rendano libere dovranno inserirsi nell'ambiente circostante rispettandone la tipologia e le caratteristiche.
I piani di recupero di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457, relativi alle zone di cui al primo comma, dovranno avere carattere prevalentemente conservativo.
Essi sono approvati dal consiglio comunale, a sensi del secondo comma dell'art. 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457, e trasmessi all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente entro dieci giorni dalla data del riscontro di legittimità dell'organo di controllo.
La delibera di cui al comma precedente diviene esecutiva se, entro il termine di trenta giorni dal ricevimento, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente non adotta alcuna determinazione.
Quando i predetti piani di recupero prevedono gli interventi di cui alla lettera e) dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, la loro approvazione resta di competenza dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, che vi provvede ai sensi del precedente art. 12.
Le concessioni relative a costruzioni non comprese in zone o piani di recupero e ricadenti nelle zone di cui al primo comma del presente articolo non sottoposte alle prescrizioni del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, sono rilasciate, previo nulla - osta della competente soprintendenza, che dovrà valutarne l'ammissibilità in relazione alle esigenze di tutela naturale, ambientale, paesaggistica e dei beni culturali.
Art. 56 (98)
(Si omette l'art. 56 in quanto impugnato, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana).
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(98) La Corte Costituzionale ha respinto il ricorso con sentenza 15 febbraio 1980, n. 13.
Art. 57
Disposizioni di tutela particolare.
Con l'osservanza delle procedure previste dall'articolo 16 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, possono essere concesse deroghe a quanto previsto dalla lettera a) del primo comma dell'articolo 15 della medesima legge limitatamente a:
a) opere pubbliche o dichiarate di preminente interesse pubblico;
b) opere di urbanizzazione primaria e secondaria connesse ad impianti turistico-ricettivi esistenti, nonché ad ammodernamenti strettamente necessari alla funzionalità degli stessi complessi.
Con l'osservanza delle procedure di cui all'articolo 7 della legge regionale 11 aprile 1981, n. 65 e successive modifiche ed integrazioni, possono essere concesse deroghe a quanto previsto dalla lettera a) del primo comma dell'articolo 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78 per le opere di manutenzione straordinaria, di ammodernamento e di potenziamento, strettamente funzionali alla sicurezza dei voli negli aeroporti, dotate delle autorizzazioni rilasciate dagli enti preposti (99) (100)
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(99) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, L.R. 14 agosto 2008, n. 5. Ai sensi del comma 2 del medesimo articolo la disposizione si applica per gli aeroporti già in esercizio alla data di pubblicazione della suddetta legge.
(100) Articolo così sostituito dall'art. 89, comma 11, L.R. 3 maggio 2001, n. 6, a decorrere dal 1° gennaio 2001 (ai sensi dell'art. 133, comma 2, della stessa legge), poi così modificato come indicato nella nota che precede. Il testo originario era così formulato: «Art. 57. Disposizioni di tutela particolare. Con l'osservanza delle procedure previste dall'art. 16 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78, possono essere concesse deroghe a quanto previsto dalla lettera a) del primo comma dell'art. 15 della legge stessa, limitatamente: a) alle opere connesse a servizi pubblici; b) alle opere di urbanizzazione primaria e secondaria connesse a complessi produttivi e alberghieri esistenti; c) agli ammodernamenti e agli ampliamenti dei complessi di cui alla precedente lettera b); d) alle opere relative ai porti ed alle opere connesse per servizi ed infrastrutture.».
TITOLO VI
Consiglio regionale dell'urbanistica
Art. 58
Istituzione del consiglio regionale dell'urbanistica.
È istituito presso l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente il consiglio regionale dell'urbanistica, cui sono demandati i seguenti compiti:
a) esprimere parere sul piano urbanistico regionale, sui piani comprensoriali, sui piani regolatori generali, sui piani di sviluppo economico ed urbanistico delle comunità montane, nonché sui piani settoriali, comunque denominati, che concernano la materia urbanistica;
b) esprimere parere su tutte le questioni di interesse urbanistico che l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente intenda sottoporre al consiglio stesso.
Il Consiglio regionale dell'urbanistica esprime il parere sulle varianti ai piani di cui alla lettera a) del primo comma limitatamente ai comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti ed a quelli delle isole minori. Per i comuni con popolazione sino a 10.000 abitanti il parere sulle varianti ai medesimi piani viene reso dai gruppi di lavoro competenti per territorio della Direzione regionale dell'urbanistica. In quest'ultimo caso, qualora le varianti interessino immobili sottoposti ai vincoli di cui alle leggi 1 giugno 1939, n. 1089, e 29 giugno 1939, n. 1497, è necessario, ai fini dell'approvazione, il parere della competente Sovrintendenza, che deve essere emesso entro due mesi dalla richiesta. Trascorso infruttuosamente detto termine il parere si intende reso favorevolmente (101).
La denominazione "commissione regionale urbanistica" contenuta nella rubrica "Assessorato regionale dello sviluppo economico" di cui all'art. 8 della legge regionale 29 dicembre 1962, n. 28, e successive modificazioni, è sostituita con "consiglio regionale dell'urbanistica".
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(101) Comma aggiunto dall'art. 9 della legge regionale 21 aprile 1995, n. 40.
Art. 59
Composizione del consiglio regionale dell'urbanistica.
Il consiglio regionale dell'urbanistica è composto:
1) dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, che lo presiede, o da un suo delegato;
2) dal direttore regionale dell'urbanistica;
3) dal direttore regionale del territorio e dell'ambiente;
4) da quattro dirigenti tecnici in servizio presso l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente con almeno dieci anni di anzianità;
5) dall'avvocato distrettuale dello Stato di Palermo;
6) dal soprintendente per i beni culturali e ambientali competente per territorio;
7) da tre docenti universitari, di cui due di materie urbanistiche ed uno di materie geologiche, scelti dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente su terne proposte dalle università dell'Isola;
8) da un ingegnere e da un architetto, liberi professionisti, iscritti ai relativi albi professionali, nonché da un geologo, scelti dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente su terne proposte dalle consulte regionali dei rispettivi ordini professionali;
9) da sei urbanisti designati dalle tre principali associazioni degli enti locali;
10) da un dottore agronomo forestale libero professionista, iscritto al relativo albo professionale su terna proposta dalla Federazione regionale degli ordini professionali (102);
11) dall'ingegnere capo dell'ufficio del Genio civile competente per territorio (103).
Possono essere sentiti, di volta in volta, dal consiglio, per la trattazione di problemi particolari, i direttori regionali degli Assessorati interessati, esperti di chiara fama, rappresentanti di pubbliche amministrazioni.
Deve essere sentito il rappresentante dell'amministrazione di cui si esamini il piano.
I componenti di cui ai numeri 7), 8) e 9) sono nominati con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, durano in carica quattro anni e non possono essere riconfermati.
Ai medesimi, compatibilmente con le leggi in vigore, spetta, in quanto dovuto, il trattamento di missione a norma delle vigenti disposizioni, nonché gettoni determinati con decreto del Presidente della Regione, sentita la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente.
Per la validità delle sedute del consiglio è necessaria la presenza di almeno la metà più uno dei suoi componenti.
Per la emissione dei pareri di competenza, è necessario il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
Le funzioni di segretario del consiglio sono espletate da un dirigente amministrativo dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente.
In materia di urbanistica, il parere del consiglio regionale dell'urbanistica sostituisce ogni altro parere di amministrazione attiva o corpi consultivi.
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(102) Punto aggiunto dall'art. 139, comma 4, L.R. 16 aprile 2003, n. 4, a decorrere dal 1° gennaio 2003 (come prevede l'art. 141, comma 2, della stessa legge). Vedi, anche, il comma 5 del suddetto art. 139.
(103) Punto aggiunto dall'art. 139, comma 4, L.R. 16 aprile 2003, n. 4, a decorrere dal 1° gennaio 2003 (come prevede l'art. 141, comma 2, della stessa legge). Vedi, anche, il comma 5 del suddetto art. 139.
TITOLO VII
Artt. 60-67
(Si omettono gli articoli 60, 61, 62, 63, 64, 65, 66 e 67 in quanto impugnati, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto, dal Commissario dello Stato per la Regione siciliana) (104).
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(104) Il testo dei presenti articoli è stato successivamente riprodotto dalla legge regionale 29 febbraio 1980, n. 7, egualmente impugnata. La Corte Costituzionale, con sentenza 15 febbraio 1980, n. 13, ha però respinto l'impugnativa e la legge regionale n. 7 del 1980, è stata così regolarmente promulgata, per essere successivamente abrogata dall'art. 39 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37.
TITOLO VIII
Norme varie, finali, transitorie e finanziarie
Art. 68
Destinazione dei proventi.
I proventi dei contributi e delle sanzioni pecuniarie previsti dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, e dalla presente legge sono versati in favore del comune in un conto corrente vincolato presso uno degli istituti di credito indicati dall'art. 1 della legge regionale 6 maggio 1976, n. 45, con preferenza per quello tesoriere del comune, e sono destinati esclusivamente alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria di riqualificazione, arredo e decoro urbano, al risanamento dei complessi edilizi compresi nei centri storici, all'acquisizione delle aree da espropriare per la realizzazione dei programmi pluriennali, dei programmi costruttivi, dei piani di zona, nonché, prioritariamente, al rimborso delle anticipazioni di cui al precedente art. 34 (105).
Per i comuni nei quali gli istituti di credito suindicati non abbiano propri sportelli i conti correnti vincolati potranno essere accesi presso altra azienda di credito presente sulla piazza.
Per i comuni dove non esistano sportelli bancari, gli stessi conti potranno essere accesi presso il tesoriere comunale o, alternativamente, presso azienda di credito che abbia uno sportello in comune viciniore.
Gli istituti di credito, le aziende ed i tesorieri di cui ai precedenti commi dovranno trasmettere agli Assessorati regionali del bilancio e delle finanze, degli enti locali, del territorio e dell'ambiente, con periodicità annuale e comunque quando ne siano richiesti, dettagliate informazioni sulla consistenza e sui movimenti dei conti correnti vincolati, di cui al presente articolo.
È fatto obbligo ai comuni di tenere separata gestione dei proventi di cui al primo comma.
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(105) Comma così modificato dall'art. 139, comma 75, L.R. 16 aprile 2003, n. 4, a decorrere dal 1° gennaio 2003 (come prevede l'art. 141, comma 2, della stessa legge).
Art. 69
Norme per la pianificazione regionale.
Al fine di dotare l'Amministrazione regionale degli strumenti operativi di conoscenza del territorio e dell'ambiente per un aggiornamento continuo nel quadro delle pertinenti iniziative di programmazione, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente è autorizzato a stipulare convenzioni con enti di ricerca di importanza nazionale, con istituzioni universitarie, società ed enti privati altamente specializzati.
Tali convenzioni, una volta perfezionate, sono comunicate alla competente Commissione legislativa dell'Assemblea regionale siciliana.
Le convenzioni devono consentire altresì la realizzazione di un sistema informativo territoriale e ambientale per il rilevamento, coordinamento e programmazione della fotocartografia del territorio regionale.
I comuni, prima di deliberare eventuali spese per il rilevamento aerofotogrammetrico ai fini della formazione dei propri strumenti urbanistici, sono tenuti a richiedere all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente il materiale esistente presso lo stesso e per i medesimi fini.
L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente fornisce, altresì, direttamente, ai comuni che ne facciano richiesta, le fotografie aeree aggiornate del loro territorio.
Per le finalità di cui al presente articolo è autorizzata la spesa complessiva di lire 3.500 milioni, ripartita negli esercizi finanziari 1979 e 1980.
Art. 70
Comitato tecnico - scientifico.
Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, è costituito un comitato tecnico - scientifico al fine di collaborare con l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente nelle attività preparatorie necessarie per la redazione del piano urbanistico regionale.
Il comitato, nominato con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, che lo presiede, dura in carica due anni ed è composto da sei docenti universitari di discipline urbanistiche, economiche e scientifiche.
Ai componenti il comitato sono corrisposti i compensi previsti dal quinto comma dell'art. 59.
Art. 71
Consulenti dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente.
L'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente per l'espletamento di attività connesse con le materie di sua competenza può conferire incarichi a tempo determinato, che non costituiscono rapporto di pubblico impiego, ad esperti estranei all'Amministrazione, in numero non superiore a tre. Agli stessi è attribuito il trattamento economico previsto dall'art. 16 della legge regionale 10 aprile 1978, n. 2.
Art. 72
Utilizzazione di dipendenti statali.
I funzionari tecnici che prestano servizio presso la sezione urbanistica del provveditorato alle opere pubbliche, a loro richiesta e previo nulla osta dell'amministrazione di appartenenza, possono essere comandati presso l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente.
Art. 73
Piani comprensoriali. Interpretazione autentica della legge regionale 3 febbraio 1968, n. 1.
In materia di piani comprensoriali tra i poteri dell'Assessorato regionale competente previsti dagli articoli 3, 4 e 5 della legge regionale 3 febbraio 1968, n. 1, sono compresi quelli istruttori ed esecutivi .
Art. 74
Frazione Marina di Melilli.
Ai fini dell'attuazione del piano regolatore dell'area di sviluppo industriale di Siracusa, il consorzio ASI è autorizzato ad espropriare tutte le costruzioni esistenti, comprese le aree, nella frazione di Marina di Melilli in deroga al disposto del comma nono dell'art. 16 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, e successive modificazioni e integrazioni.
Art. 75
Norma transitoria.
Sino a quando non sarà costituito il consiglio regionale dell'urbanistica, il comitato tecnico - amministrativo del provveditorato alle opere pubbliche continuerà ad esplicare le proprie funzioni in materia urbanistica.
Art. 76
Disposizioni transitorie.
Dopo l'entrata in vigore della presente legge, i piani particolareggiati, ancora in corso di istruttoria presso l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, la cui approvazione ai sensi del precedente art. 12 è demandata ai comuni, ferma restando l'applicazione obbligatoria delle misure di salvaguardia, sono restituiti ai comuni stessi. I predetti piani devono essere adeguati alle disposizioni contenute nella presente legge e, comunque, deliberati dai consigli comunali.
L'atto deliberativo che adotta il piano particolareggiato diviene esecutivo dopo il riscontro della commissione provinciale di controllo ai sensi della legge regionale 15 marzo 1963, n. 16 e successive modificazioni ed integrazioni.
Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche ai comuni obbligati alla formazione dei piani di zona, ai sensi del precedente art. 16.
I piani di lottizzazione restituiti privi di determinazione da parte dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente dopo l'entrata in vigore della presente legge, devono essere uniformati alle disposizioni contenute nella legge medesima e comunque deliberati dai consigli comunali con atto che diviene esecutivo dopo il riscontro della commissione provinciale di controllo ai sensi della legge regionale 15 marzo 1963, n. 16 e successive modifiche ed integrazioni.
Art. 77
Copertura finanziaria.
Per le finalità di cui alla presente legge è autorizzata, per l'anno finanziario 1979, la spesa complessiva di lire 1.890 milioni, di lire 1.750 milioni per le finalità previste dall'art. 69, lire 50 milioni per le finalità degli articoli 59 e 70 e lire 90 milioni per le finalità di cui all'art. 71.
All'onere di lire 1.890 milioni ricadente nell'esercizio 1979 si fa fronte utilizzando parte dell'incremento delle entrate regionali relative all'anno medesimo.
Per gli esercizi finanziari successivi l'onere sarà determinato in relazione a quanto previsto dall'art. 4, secondo comma, della legge regionale 8 luglio 1977, n. 47.
Art. 78
La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
L.R. 11 aprile 1981, n. 65
Norme integrative della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71,
riguardante norme integrative e modificative della legislazione vigente in
materia urbanistica e di regime dei suoli
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(1) Pubblicata sulla Gazz. Uff. Reg. sic. 18 aprile 1981, n. 19.
(2) Si veda Circ.Ass. 19 gennaio 1989, n. 1.
Art. 1
Limiti di edificazione nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici.
I limiti di edificazione a scopo residenziale nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici sono quelli indicati alle lettere a e b dell'ultimo comma dell'art. 4 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e nel rispetto degli arretramenti prescritti alle lettere a, d ed e dell'art. 15 della legge regionale 12 giugno 1976, n. 78.
Nei predetti comuni possono essere realizzate opere pubbliche nel rispetto delle leggi che ne regolano l'edificazione, previa autorizzazione dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, sentito il Consiglio regionale dell'urbanistica.
Art. 2
Obbligo dei comuni di dotarsi di piani regolatori comunali.
I comuni dotati di programmi di fabbricazione approvati anteriormente all'entrata in vigore della legge regionale 31 marzo 1972, n. 19, sono tenuti ad adottare il piano regolatore entro venti mesi dall'entrata in vigore della presente legge.
I rimanenti comuni provvisti di programmi di fabbricazione adeguati alle disposizioni contenute nella legge 31 marzo 1972, n. 19, hanno la facoltà di procedere alla formazione del piano regolatore generale del proprio territorio.
Art. 3
Pareri della soprintendenza ai beni culturali sui regolamenti edilizi e programmi di fabbricazione.
I pareri della soprintendenza ai beni culturali e ambientali sui regolamenti edilizi e programmi di fabbricazione riguardanti comuni gravati dal vincolo di cui alla legge 29 giugno 1939, n. 1497, devono essere resi entro 60 giorni dalla richiesta dell'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente.
Qualora detto termine trascorre infruttuosamente, il parere richiesto si intende reso favorevolmente.
Le determinazioni dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente sui predetti regolamenti edilizi e programmi di fabbricazione devono essere assunte entro due mesi dall'acquisizione del parere della soprintendenza o dalla data di scadenza dei termini assegnati al predetto organo.
Art. 4
Interventi sostitutivi.
I commissari ad acta nominati in via sostitutiva dall'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente per l'adozione di piani regolatori generali e/ o piani particolareggiati non formulano controdeduzioni sulle osservazioni ed opposizioni pervenute in seguito alla pubblicazione degli stessi.
Le osservazioni ed opposizioni sono trasmesse dai commissari ad acta al progettista del piano, il quale, entro i termini indicati dal quinto comma dell'art. 3 della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, è tenuto a formulare le proprie deduzioni visualizzandole in apposite tavole del piano medesimo.
Le osservazioni e le opposizioni sono decise dallo Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente.
Le deliberazioni assunte dai commissari ad acta in sostituzione dei consigli comunali, allorquando debbono essere successivamente trasmesse all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente per i provvedimenti di competenza, non sono soggette al visto della commissione provinciale di controllo e non sono revocabili dai consigli comunali.
Le deliberazioni di cui al comma precedente sono assunte dai commissari, sentito il consiglio comunale convocato dallo stesso commissario ad acta (3).
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(3) L'art. 4 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66 ha sostituito l'originario ultimo comma con gli attuali due.
Art. 5 (4)
Relazione geologica.
La formazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi deve essere compatibile con gli studi geologici che i comuni sono tenuti ad effettuare nel territorio interessato.
La disposizione indicata nel precedente comma si applica a tutti i comuni della Regione anche se non risultino inclusi negli elenchi delle località sismiche da consolidare o da trasferire.
... (5).
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(4) Si vedano Circ.Ass. 7 agosto 1987, n. 39139 e Circ.Ass. 31 gennaio 1995, n. 2222.
(5) Comma abrogato dall'art. 7 della legge regionale 21 agosto 1984, n. 66.
Art. 6
Conformità delle costruzioni statali e regionali alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.
Compete all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente accertare che le opere da eseguirsi dalle amministrazioni statali o da enti statali istituzionalmente competenti non siano in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici vigenti nel territorio comunale in cui esse ricadono.
Sono fatte salve le opere destinate alla difesa nazionale.
Ferme restando le norme contenute nell'art. 9 della legge regionale 31 marzo 1972, n. 19, per le opere che non risultano di competenza comunale ai sensi della legge regionale 2 gennaio 1979, n. 1, il sindaco è tenuto a trasmettere, per conoscenza, all'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente copia del progetto con l'attestazione di conformità allo strumento urbanistico vigente.
Nel caso che le opere di competenza statale o regionale vengano eseguite senza il visto di conformità, i sindaci dei comuni interessati sono tenuti ad informare l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente che è tenuto a disporre la sospensione dei lavori in pendenza della regolarizzazione della pratica amministrativa.
Art. 7
Procedura per l'esecuzione di opere di interesse statale o regionale non coincidenti con le previsioni degli strumenti urbanistici.
Qualora per rilevante interesse pubblico sia necessario eseguire opere di interesse statale o regionale da parte degli enti istituzionalmente competenti in difformità dalle prescrizioni degli strumenti urbanistici, i progetti di massima o esecutivi, ove compatibili con l'assetto territoriale, possono essere autorizzati dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, sentiti i comuni interessati. Nel caso di avviso contrario da parte di uno o più comuni interessati, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente adotta le proprie determinazioni sentito il Consiglio regionale dell'urbanistica (6).
I comuni sono obbligati ad esprimere il loro parere su richiesta dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente entro quarantacinque giorni dalla presentazione del progetto. Trascorso infruttuosamente detto termine, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente nomina, senza diffida, un commissario ad acta per la convocazione del consiglio o dei consigli comunali (7).
In caso di mancato pronunziamento del consiglio o dei consigli nel termine di trenta giorni dalla data per la convocazione, si prescinde dal parere (8).
Nelle more dell'adozione dei piani territoriali provinciali di cui all'articolo 12 della legge regionale 6 marzo 1986, n. 9 ed all'articolo 5 della legge regionale 11 dicembre 1991, n. 48, le disposizioni contenute nei precedenti commi si applicano anche per le opere indicate al primo comma del predetto articolo 12 (9).
Le autorizzazioni assessoriali costituiscono a tutti gli effetti varianti agli strumenti urbanistici comunali, ai piani comprensoriali, ai piani settoriali e ai piani territoriali di coordinamento.
Dette autorizzazioni vengono notificate ai comuni interessati e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana.
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(6) Comma già sostituito dall'art. 6 della legge regionale 30 aprile 1991 n. 15 ed ora nuovamente così sostituito dall'art. 10, comma 1, della legge regionale 21 aprile 1995, n. 40.
(7) Comma sostituito dall'art. 6 della legge regionale 30 aprile 1991 n. 15.
(8) Comma sostituito dall'art. 6 della legge regionale 30 aprile 1991 n. 15.
(9) Comma aggiunto dall'art. 10, comma 2, della legge regionale 21 aprile 1995, n. 40.
Art. 8
Piani territoriali di coordinamento.
L'approvazione dei piani territoriali di coordinamento di cui agli articoli 5 e 6 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, modificati dall'art. 29 della legge regionale 26 maggio 1973, n. 21, è demandata all'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente sentito il Consiglio regionale dell'urbanistica.
Art. 9
Piani regolatori dei porti di seconda categoria, seconda, terza e quarta classe.
... (10).
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(10) Articolo abrogato dall'art. 30, comma 1, della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21. Vedansi i successivi commi.
Art. 10
Piani regolatori dei porti di interesse nazionale.
Relativamente ai piani regolatori dei porti di interesse nazionale, il parere della Regione per quanto attiene alla compatibilità delle previsioni dei medesimi con l'assetto del territorio, con le attrezzature pubbliche esistenti e da realizzare sul demanio marittimo e con le infrastrutture di accesso ai porti stessi, è espresso dall'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente.
Art. 11
Efficacia dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale.
... (11).
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(11) Articolo abrogato dall'art. 40 della legge regionale 4 gennaio 1984, n. 1. Vedansi gli artt. 18 e segg. della stessa legge.
Art. 12
Approvazione dei piani regolatori delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale.
... (12).
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(12) Articolo abrogato dall'art. 40 della legge regionale 4 gennaio 1984, n. 1. Vedansi gli artt. 18 e segg. della stessa legge.
Art. 13
Studi diretti alla conoscenza dei litorali per la costruzione dei porti e per la difesa dei litorali. Difesa delle coste.
Al fine di dotare l'Amministrazione regionale degli strumenti operativi di ricerca e di conoscenza l'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente, su richiesta dell'ufficio del Genio civile - opere marittime di Palermo, è autorizzato a stipulare convenzioni con enti di ricerca di importanza nazionale, con istituzioni universitarie, società ed enti privati altamente specializzati, per lo studio di fattibilità dei porti e delle condotte sottomarine per scarico rifiuti liquidi, per studi meteomarini e trasporto litoraneo, per rilievi topografici e batimetrici, per prelievi ed analisi dei campioni dei materiali superficiali, per sondaggi e relative analisi, per studi psammografici, per studi dei corsi di acqua e relative torbide, per studi di modelli matematici o fisici dispositivi portuali nonché di opere di difesa del litorale.
La redazione dei piani regolatori di cui al precedente art. 9, laddove occorra prevedere strutture a mare, deve essere preceduta da studi specifici diretti ad accertare che le nuove strutture siano fattibili sotto il profilo anche della funzionalità e non costituiscano grave pregiudizio per l'integrità delle coste e degli insediamenti circostanti.
Gli studi, di cui al precedente comma, devono essere affidati ad enti pubblici specializzati.
L'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente è autorizzato a redigere il piano regionale per la difesa del litorale marino costituente demanio marittimo regionale.
Detto piano può comprendere anche aree limitrofe a quelle di pertinenza del demanio marittimo regionale, da acquisire per accertate esigenze di salvaguardia delle coste.
Il piano è approvato con decreto dell'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente, sentito il Consiglio regionale dell'urbanistica.
Per la redazione del piano per la difesa delle coste l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente è autorizzato a stipulare le convenzioni di cui al primo comma del presente articolo.
Sulla base delle indicazioni del piano di difesa delle coste, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente affida incarichi per la progettazione esecutiva all'ufficio del Genio civile - opere marittime di Palermo o ad istituti universitari e provvede all'esecuzione delle opere nel rispetto delle disposizioni vigenti in materia.
Il progetto esecutivo deve essere corredato da analisi economica - costi - benefici.
Art. 14
Efficacia dei piani regolatori dei porti di interesse nazionale e regionale (13).
Le previsioni dei piani regolatori dei porti, sia di interesse nazionale che di interesse regionale, prevalgono su quelle previste negli strumenti urbanistici comunali vigenti.
Nel caso di accertato contrasto tra i sopradetti strumenti di pianificazione, fermo restando il disposto del comma precedente, i comuni sono obbligati a revisionare i propri strumenti urbanistici nel termine massimo di un anno dall'approvazione dei piani regolatori dei porti.
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(13) Vedasi l'art. 30 della legge regionale 29 aprile 1985, n. 21.
Art. 15
Centro interregionale di coordinamento.
La Regione siciliana (Assessorato del territorio e dell'ambiente) è autorizzata a fare parte del "Centro interregionale di coordinamento e di documentazione per i problemi inerenti alle informazioni territoriali" e a corrispondere la quota parte necessaria per il suo funzionamento.
L'Assessorato regionale del territorio e dell'ambiente è autorizzato a corrispondere altresì contributi annui alla sezione siciliana dell'Istituto nazionale dell'urbanistica per il funzionamento dell'ente.
Art. 16
Nel secondo comma dell'art. 1 della legge regionale 15 marzo 1963, n. 21, è soppresso l'inciso: "a) creazione di una zona industriale".
Art. 17
Per le finalità di cui al primo comma dell'art. 15, per l'anno finanziario 1981 è stanziata la somma di lire tre milioni.
Per le finalità di cui al secondo comma dell'art. 15, per l'anno finanziario 1981 è stanziata la somma di lire due milioni.
All'onere di lire 5 milioni derivante dall'applicazione della presente legge e ricadente nell'esercizio finanziario in corso si provvede con lo stanziamento del cap. 44205 del bilancio della Regione per l'anno finanziario medesimo.
Gli oneri a carico degli esercizi successivi trovano riscontro nel bilancio pluriennale della Regione, elemento di programma 06.02.02.03.: "Finanziamento nuovi interventi legislativi non compresi negli altri elementi di programma" (Fondi ordinari - spesa in conto capitale), mediante riduzione di pari importo delle relative disponibilità.
Art. 18
La presente legge sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione siciliana ed entrerà in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione.
L.R. 3 gennaio 2005, n. 1
Norme per il governo del territorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Toscana 12 gennaio 2005, n. 2, parte prima.
(2) Con Delib.G.R. 21 febbraio 2005, n. 289 è stata approvata la circolare recante: Indicazioni per la prima applicazione delle disposizioni della presente legge. Con Delib.G.R. 12 marzo 2007, n. 176 è stato approvato il documento di studio in materia di acustica in edilizia per l'avvio di un confronto con gli enti locali e per la successiva elaborazione ed adozione di un regolamento attuativo, ai sensi della presente legge.
TITOLO I
Disposizioni generali
Capo I - Principi generali
Art. 1
Oggetto e finalità della legge.
1. La presente legge detta le norme per il governo del territorio promovendo, nell'ambito della Regione, lo sviluppo sostenibile delle attività pubbliche e private che incidono sul territorio medesimo. A tal fine lo svolgimento di tali attività e l'utilizzazione delle risorse territoriali ed ambientali deve avvenire garantendo la salvaguardia e il mantenimento dei beni comuni e l'uguaglianza di diritti all'uso e al godimento dei beni comuni, nel rispetto delle esigenze legate alla migliore qualità della vita delle generazioni presenti e future.
2. Ai fini di cui al comma 1, i comuni, le province e la Regione perseguono, nell'esercizio delle funzioni ad essi attribuite dalla presente legge:
a) la conservazione, la valorizzazione e la gestione delle risorse territoriali ed ambientali, promovendo, al contempo, la valorizzazione delle potenzialità e delle tendenze locali allo sviluppo;
b) lo sviluppo di un sistema di città equilibrato e policentrico, promovendo altresì la massima integrazione tra i diversi territori della Regione;
c) lo sviluppo delle potenzialità della montagna, della fascia costiera e delle aree agricole nel rispetto delle esigenze di tutela ambientale ad esse peculiari;
d) l'efficacia dei sistemi dei servizi pubblici e lo sviluppo delle prestazioni da essi derivanti;
e) la maggiore sicurezza possibile delle persone e dei beni rispetto ai fattori di rischio connessi all'utilizzazione del territorio;
f) una qualità insediativa ed edilizia sostenibile che garantisca:
1) la riduzione dei consumi energetici;
2) la salvaguardia dell'ambiente naturale;
3) la sanità ed il benessere dei fruitori;
4) l'eliminazione delle barriere architettoniche;
5) l'organizzazione degli spazi che salvaguardino il diritto all'autodeterminazione delle scelte.
3. Le disposizioni di cui al titolo II, capo I della presente legge sono dettate anche in attuazione della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 (Concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente).
Art. 2
Il governo del territorio e lo sviluppo sostenibile.
1. Ai fini della presente legge, si definisce governo del territorio l'insieme delle attività relative all'uso del territorio, con riferimento sia agli aspetti conoscitivi che a quelli normativi e gestionali, riguardanti la tutela, la valorizzazione e le trasformazioni delle risorse territoriali e ambientali.
2. Il conseguimento delle finalità, previste dal presente articolo e dall'articolo 1, è perseguito mediante gli strumenti della pianificazione territoriale disciplinati dall'articolo 9 e gli altri atti di governo del territorio di cui all'articolo 10.
Art. 3
Le risorse essenziali del territorio.
1. La Regione, con la presente legge, promuove e garantisce la tutela delle risorse essenziali del territorio in quanto beni comuni che costituiscono patrimonio della collettività.
2. L'insieme delle risorse essenziali di cui al comma 1 è costituito da:
a) aria, acqua, suolo e ecosistemi della fauna e della flora;
b) città e sistemi degli insediamenti;
c) paesaggio e documenti della cultura;
d) sistemi infrastrutturali e tecnologici.
3. Nessuna delle risorse essenziali del territorio di cui al comma 2 può essere ridotta in modo significativo e irreversibile in riferimento agli equilibri degli ecosistemi di cui è componente. Le azioni di trasformazione del territorio sono soggette a procedure preventive di valutazione degli effetti ambientali previste dalla legge. Le azioni di trasformazione del territorio devono essere valutate e analizzate in base a un bilancio complessivo degli effetti su tutte le risorse essenziali del territorio.
4. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, nuovi impegni di suolo a fini insediativi e infrastrutturali sono consentiti esclusivamente qualora non sussistano alternative di riutilizzazione e riorganizzazione degli insediamenti e delle infrastrutture esistenti. Essi devono in ogni caso concorrere alla riqualificazione dei sistemi insediativi e degli assetti territoriali nel loro insieme, nonché alla prevenzione e al recupero del degrado ambientale e funzionale.
5. I nuovi insediamenti e gli interventi di sostituzione dei tessuti insediativi sono consentiti solo se esistano o siano contestualmente realizzate le infrastrutture che consentono la tutela delle risorse essenziali del territorio. In tal senso sono comunque da garantire l'accesso ai servizi di interesse pubblico e le relative prestazioni; in particolare devono essere assicurati i servizi inerenti:
a) all'approvvigionamento idrico e alla depurazione delle acque;
b) alla difesa del suolo, tale da tutelare le aree interessate da rischi di esondazione o di frana;
c) alla gestione dei rifiuti solidi;
d) alla disponibilità dell'energia;
e) ai sistemi di mobilità;
f) al sistema del verde urbano.
Art. 4
Le invarianti strutturali.
1. Le risorse, i beni e le regole relative all'uso, individuati dallo statuto di cui all'articolo 5, nonché i livelli di qualità e le relative prestazioni minime, costituiscono invarianti strutturali del territorio da sottoporre a tutela al fine di garantire lo sviluppo sostenibile.
2. Si definisce prestazione derivante dalla risorsa essenziale il beneficio ricavabile dalla risorsa medesima, nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile.
Art. 5
Statuto del territorio.
1. Gli strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9 contengono lo statuto del territorio.
2. Lo statuto di cui al comma 1 assume e ricomprende, all'interno dello specifico strumento della pianificazione territoriale, le invarianti strutturali di cui all'articolo 4, quali elementi cardine dell'identità dei luoghi, consentendo in tal modo l'individuazione, ad ogni livello di pianificazione, dei percorsi di democrazia partecipata delle regole di insediamento e di trasformazione nel territorio interessato la cui tutela garantisce, nei processi evolutivi sanciti e promossi dallo strumento medesimo, lo sviluppo sostenibile ai sensi degli articoli 1 e 2.
3. Gli strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9 contengono la definizione degli obiettivi, degli indirizzi e delle azioni progettuali strategiche, ai diversi livelli di competenza e di specificazione, tenendo conto dello statuto del territorio. A tal fine, ogni strumento della pianificazione territoriale definisce altresì, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, i criteri per la verifica di compatibilità di ogni altro atto di governo del territorio, eventualmente previsto per l'attuazione dello strumento medesimo, con il nucleo di regole, vincoli e prescrizioni derivanti dallo statuto del territorio.
Art. 6
Limitazioni alle facoltà di godimento dei beni compresi nello statuto.
1. L'individuazione, nell'ambito dello statuto, delle invarianti strutturali, costituisce accertamento delle caratteristiche intrinseche e connaturali dei beni immobili in esso ricompresi. Le conseguenti limitazioni alle facoltà di godimento dei beni immobili, individuati sulla base dei principi stabiliti dalla legge statale, contenute nello statuto medesimo, non danno luogo ad alcun indennizzo.
TITOLO I
Disposizioni generali
Capo II - I soggetti del governo del territorio
Art. 7
I soggetti istituzionali competenti.
1. Le funzioni amministrative relative al governo del territorio sono attribuite, nell'ambito delle rispettive competenze, ai comuni, alle province e alla Regione, che le esercitano nel rispetto delle disposizioni della presente legge, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
2. La Regione approva il piano di indirizzo territoriale di cui all'articolo 9, comma 2, lettera a), e gli atti di governo del territorio di propria competenza, di cui all'articolo 10. Essa detta le disposizioni di indirizzo finalizzate a garantire complessivamente la realizzazione delle strategie di governo atte a promuovere, ai sensi di cui agli articoli 1 e 2, lo sviluppo sostenibile del territorio regionale.
3. Le province approvano il piano territoriale di coordinamento di cui all'articolo 9, comma 2, lettera b), e gli atti di governo del territorio di cui all'articolo 10 di propria competenza, e determinano i livelli prestazionali minimi delle risorse essenziali di interesse sovracomunale, promuovendo lo sviluppo sostenibile del territorio di propria competenza, anche attraverso l'esercizio integrato delle funzioni ad esse attribuite in materia di gestione territoriale e ambientale. Le province provvedono inoltre al coordinamento delle politiche territoriali della Regione con gli strumenti della pianificazione comunale.
4. I comuni approvano il piano strutturale previsto dall'articolo 9, comma 2, lettera c), e gli atti di propria competenza ai sensi dell'articolo 10, esercitando le funzioni primarie ed essenziali del governo del territorio e provvedendo alla disciplina puntuale e alla definizione delle regole che presiedono all'utilizzazione e alla trasformazione del territorio, nel rispetto dei principi di cui al capo I.
5. I comuni, le province e la Regione, gli enti parco e gli altri soggetti, pubblici e privati, nonché i cittadini, singoli o associati, partecipano alla formazione degli strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9 e degli atti di governo del territorio, di cui all'articolo 10, nel rispetto delle disposizioni della presente legge.
Art. 8
Partecipazione agli atti di competenza statale.
1. La Regione partecipa alla definizione e all'attuazione dei piani e programmi di competenza statale, con particolare riferimento alla stipulazione degli accordi e delle intese interistituzionali. Essa garantisce, nelle sedi relative, il rispetto dei principi di cui al capo I, nonché la coerenza degli atti statali con gli strumenti della pianificazione territoriale e con gli altri atti di governo del territorio adottati e approvati dai soggetti competenti in attuazione della presente legge.
2. Ai fini del comma 1, la Regione partecipa alle intese specificamente previste dall'articolo 1, comma 1, della legge 21 dicembre 2001, n. 443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attività produttive) e dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 agosto 2002, n. 190 (Attuazione della L. 21 dicembre 2001, n. 443, per la realizzazione delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi strategici e di interesse nazionale) per l'individuazione delle infrastrutture, opere e insediamenti ivi previsti, secondo quanto espressamente disposto dalle medesime norme statali. Contribuisce inoltre alla localizzazione, nel territorio regionale, delle stesse opere, infrastrutture ed insediamenti, in attuazione dei criteri strategici concordati con lo Stato e con gli ulteriori soggetti eventualmente partecipanti all'intesa, relativamente alle caratteristiche tipologiche, economico-finanziarie e qualitative delle opere di cui si tratti.
3. Nell'ambito delle procedure di cui al presente articolo, la Regione assicura altresì la partecipazione degli enti locali interessati ed il coinvolgimento degli stessi nel processo di formazione delle decisioni di propria competenza, richiedendone in ogni caso il relativo parere e conformandosi ad esso nei casi di esclusiva rilevanza locale.
TITOLO I
Disposizioni generali
Capo III - Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio
Art. 9
Gli strumenti della pianificazione territoriale.
1. I comuni, le province e la Regione provvedono all'approvazione degli strumenti della pianificazione territoriale di cui al comma 2 e degli altri atti di governo del territorio di cui all'articolo 10, nel rispetto dei principi contenuti nel capo I del presente titolo.
2. Gli strumenti della pianificazione territoriale sono:
a) il piano regionale di indirizzo territoriale, disciplinato dall'articolo 48;
b) il piano territoriale di coordinamento provinciale, disciplinato dall'articolo 51;
c) il piano strutturale comunale, disciplinato dall'articolo 53.
Art. 10
Gli atti del governo del territorio.
1. Ai sensi della presente legge, sono atti di governo del territorio: il regolamento urbanistico comunale disciplinato dall'articolo 55, i piani complessi di intervento disciplinati dall'articolo 56, nonché i piani attuativi di cui all'articolo 65.
2. Sono inoltre compresi tra gli atti di governo del territorio, qualora incidano sull'assetto costituito dagli strumenti della pianificazione territoriale in vigore, determinando modifiche o variazioni di essi:
a) i piani e i programmi di settore;
b) gli accordi di programma e gli altri atti della programmazione negoziata comunque denominati.
3. Gli atti del governo del territorio sono approvati nel rispetto degli strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9.
TITOLO II
Norme procedurali comuni
Capo I - Valutazione integrata di piani e programmi
Art. 11
Disposizioni generali.
1. I comuni, le province e la Regione, ai fini dell'adozione degli strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9, provvedono alla previa effettuazione di una valutazione integrata degli effetti territoriali, ambientali, sociali ed economici e sulla salute umana.
2. Sono soggetti a valutazione integrata gli atti comunali di governo del territorio, salva diversa previsione del piano strutturale sulla base dei criteri di cui all'articolo 14.
3. La valutazione integrata comprende la verifica tecnica di compatibilità relativamente all'uso delle risorse essenziali del territorio.
4. La valutazione integrata di cui al presente articolo è effettuata anche in più momenti procedurali, a partire dalla prima fase utile delle elaborazioni. Essa deve intervenire, in ogni caso, preliminarmente alla definizione di qualunque determinazione impegnativa, anche al fine di consentire la scelta motivata tra possibili alternative, oltre che per individuare aspetti che richiedano ulteriori integrazioni o approfondimenti.
5. Con apposito regolamento (3), da emanarsi entro trecentosessantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Regione disciplina, in coerenza con la legge regionale 11 agosto 1999, n. 49 (Norme in materia di programmazione regionale) anche in attuazione della direttiva 2001/42/CE, i criteri, la procedura e le modalità tecniche per l'effettuazione della valutazione integrata, ivi inclusi gli indicatori per il monitoraggio degli effetti, nonché le specifiche modalità per l'informazione e la consultazione del pubblico, delle associazioni che promuovono la tutela dell'ambiente ai sensi della Direttiva europea 2003/35/CEE (Partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale) e delle altre organizzazioni interessate.
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(3) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 2 novembre 2006, n. 51/R e il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 4/R.
Art. 12
I raccordi tra gli atti del governo del territorio.
1. I piani e i programmi di settore di cui all'articolo 10, comma 2, e gli altri atti di governo modificativi degli strumenti della pianificazione territoriale, sono soggetti alla valutazione integrata di cui all'articolo 11 e, a tal fine, sono integrati da uno specifico elaborato nel quale siano evidenziate le risorse essenziali del territorio di cui si prevede l'utilizzazione, i relativi tempi e modalità, gli altri atti delle politiche di settore eventualmente interessati, le possibili sinergie e i parametri per il monitoraggio degli effetti.
2. Il provvedimento di approvazione del piano, programma o altro atto di governo del territorio modificativo di alcuno degli strumenti della pianificazione territoriale, nonché quelli di approvazione di varianti o aggiornamenti di essi, devono dare atto espressamente dell'esito delle verifiche effettuate ai fini della valutazione integrata degli effetti di cui all'articolo 11, comma 1.
Art. 13
Il monitoraggio degli effetti.
1. Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio sono sottoposti, da parte dei soggetti istituzionali competenti di cui all'articolo 7, al monitoraggio degli effetti di cui all'articolo 11, comma 1.
2. Gli atti, di cui al comma 1, individuano, nei casi previsti dalla presente legge, le principali modalità e gli indicatori idonei al monitoraggio medesimo, nel rispetto delle disposizioni dettate dal regolamento regionale di cui all'articolo 11, comma 5.
3. La Giunta regionale informa il Consiglio regionale sull'attività di monitoraggio degli effetti di cui al comma 1. A tal fine, a partire dal secondo anno di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 11, comma 5, e con cadenza biennale, entro il primo semestre di ogni biennio, la Giunta regionale presenta al Consiglio regionale una relazione che evidenzi le azioni di monitoraggio compiute sugli strumenti della pianificazione territoriale e sugli atti di governo del territorio e sui risultati conseguiti in termini di controllo e garanzia della sostenibilità ambientale delle attività pubbliche e private che incidano sul territorio medesimo.
Art. 14
Criteri per l'applicabilità della valutazione integrata.
1. Ai fini dell'effettuazione o meno della valutazione integrata di cui all'articolo 11, deve tenersi conto, prioritariamente, della misura in cui l'atto di cui si tratti costituisca quadro di riferimento di progetti ed altre attività, sia in relazione all'ubicazione che alla natura, alle dimensioni e alle condizioni operative di esse, sia con riferimento alla ripartizione di risorse.
2. Fermo restando quanto disposto dal comma 1, deve essere inoltre valutato il rapporto di influenza e reciproca interrelazione tra il piano o programma di settore di cui si tratti, e gli altri eventuali atti di programma correlati, ivi compresi quelli gerarchicamente ordinati rispetto ad esso. Relativamente agli effetti derivanti dal piano o programma, deve esserne preso in considerazione:
a) l'eventuale carattere cumulativo;
b) la natura sovracomunale;
c) l'entità ed estensione nello spazio, tenendo conto dell'area geografica e della popolazione potenzialmente interessata.
3. Ai fini dell'effettuazione della valutazione integrata, forma oggetto di specifica considerazione l'intensità degli effetti collegati al piano o programma di cui si tratti, rispetto agli obiettivi dello sviluppo sostenibile, definiti dal titolo I, capo I, della presente legge, con particolare riguardo:
a) alla sussistenza di problematiche ambientali pertinenti al piano o al programma di cui si tratti;
b) alla rilevanza del piano o del programma ai fini dell'attuazione della normativa comunitaria in materia di tutela dell'ambiente;
c) alla probabilità, alla durata, alla frequenza ed alla reversibilità degli effetti prodotti;
d) ai rischi per la salute umana o per l'ambiente;
e) al valore ed alla vulnerabilità dell'area interessata, in ragione delle speciali caratteristiche naturali, dell'eventuale superamento dei livelli di qualità ambientale o dei valori limite normativamente previsti, dell'utilizzo intensivo del suolo;
f) al patrimonio culturale presente nella medesima area;
g) agli effetti eventuali su aree o paesaggi riconosciuti come oggetto di tutela a livello nazionale, comunitario o internazionale.
TITOLO II
Norme procedurali comuni
Capo II - Disposizioni procedurali
Art. 15
Avvio del procedimento (4).
1. I comuni, le province e la Regione provvedono all'approvazione degli strumenti della pianificazione territoriale, di cui all'articolo 9, e delle varianti dei medesimi, nel rispetto delle disposizioni di cui al presente capo. A tal fine essi procedono, preliminarmente, alla trasmissione, a tutti i soggetti interessati, dell'apposita comunicazione di avvio del procedimento.
2. L'atto di avvio del procedimento deve contenere:
a) la definizione degli obiettivi del piano, delle azioni conseguenti, e degli effetti ambientali e territoriali attesi;
b) il quadro conoscitivo di riferimento, comprensivo dell'accertamento dello stato delle risorse interessate e delle ulteriori ricerche da svolgere;
c) l'indicazione degli enti e degli organismi pubblici eventualmente tenuti a fornire gli apporti tecnici e conoscitivi idonei ad incrementare il quadro conoscitivo di cui alla lettera b), ai fini dell'effettuazione della valutazione integrata di cui alle disposizioni del capo I del presente titolo, unitamente alla specificazione delle linee guida essenziali inerenti la valutazione integrata da effettuare ai sensi del medesimo capo I;
d) l'indicazione degli enti ed organi pubblici eventualmente competenti all'emanazione di pareri, nulla osta o assensi comunque denominati, richiesti ai fini dell'approvazione del piano;
e) l'indicazione dei termini entro i quali, secondo le leggi vigenti, gli apporti e gli atti di assenso di cui alle lettere c) e d) devono pervenire all'amministrazione competente all'approvazione.
3. Il soggetto istituzionalmente competente all'approvazione può acquisire gli apporti e gli atti di cui al comma 2 mediante indizione di apposita conferenza di servizi.
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(4) Con Delib.G.R. 25 luglio 2005, n. 759 è stato approvato l'avvio del procedimento per la revisione del piano di cui al presente articolo.
Art. 16
Responsabile del procedimento.
1. Il responsabile del procedimento disciplinato dal presente capo accerta e certifica che il procedimento medesimo si svolga nel rispetto delle norme legislative e regolamentari vigenti.
2. Fermo restando quanto disposto dal comma 1, il responsabile del procedimento verifica che lo strumento della pianificazione territoriale si formi in piena coerenza con gli altri strumenti della pianificazione territoriale di riferimento di cui all'articolo 9, tenendo conto degli ulteriori piani o programmi di settore vigenti, approvati dai soggetti istituzionalmente competenti di cui all'articolo 7 e, qualora riscontri tale coerenza, la certifica (5).
3. Ai fini di cui al presente articolo, il responsabile del procedimento assicura l'acquisizione, prima dell'adozione dell'atto, di tutti i pareri richiesti dalla legge, delle eventuali segnalazioni, proposte, contributi e condizioni, formulate dagli altri soggetti, pubblici e privati, interessati. In particolare, provvede ad allegare, agli atti da adottare, il rapporto del garante della comunicazione di cui all'articolo 19, unitamente ad una relazione di sintesi concernente la valutazione integrata, effettuata ai sensi dell'articolo 11.
4. Qualora emergano profili di incoerenza o di incompatibilità rispetto ad altri strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9, ovvero ad ulteriori atti di governo del territorio di cui all'articolo 10, il responsabile del procedimento provvede a darne tempestiva informazione agli organi dell'amministrazione competenti all'approvazione, anche ai fini dell'eventuale attivazione della procedura prevista dagli articoli 21, 22 e 23 per la conclusione dell'accordo di pianificazione.
5. Il responsabile del procedimento assicura, a chiunque voglia prenderne visione, l'accesso e la disponibilità degli strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9, nonché degli atti di cui all'articolo 10 e della relazione redatta ai sensi del comma 3 del presente articolo.
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(5) Comma così modificato dall'art. 1, L.R. 27 luglio 2007, n. 41.
Art. 17
Approvazione.
1. Il soggetto istituzionalmente competente all'adozione dello strumento della pianificazione territoriale comunica tempestivamente il provvedimento adottato agli altri soggetti di cui all'articolo 7, comma 1, e trasmette ad essi i relativi atti. Entro e non oltre sessanta giorni dalla data del ricevimento della notizia o del provvedimento adottato, tali soggetti possono presentare osservazioni al piano adottato.
2. Il provvedimento adottato è depositato presso l'amministrazione competente per quarantacinque giorni dalla data di pubblicazione del relativo avviso sul Bollettino ufficiale della Regione. Entro e non oltre tale termine, chiunque può prenderne visione, presentando le osservazioni che ritenga opportune.
3. L'amministrazione competente all'approvazione, in relazione alla complessità del provvedimento, ha facoltà di raddoppiare i termini di cui ai commi 1 e 2 nel rispetto delle previsioni minime in essi contenute.
4. Decorsi i termini di cui ai commi 2 e 3, l'amministrazione competente provvede all'approvazione dello strumento della pianificazione territoriale. Qualora sia stata attivata la procedura di cui agli articoli 21, 22 e 23, essa procede all'approvazione medesima solo successivamente alla conclusione del relativo accordo di pianificazione.
5. Il provvedimento di approvazione contiene il riferimento puntuale alle osservazioni pervenute, e l'espressa motivazione delle determinazioni conseguentemente adottate.
6. Lo strumento della pianificazione approvato è comunicato ai soggetti di cui all'articolo 7, comma 1, con i relativi atti, almeno quindici giorni prima della pubblicazione dei relativi avvisi sul Bollettino Ufficiale della Regione ed è reso accessibile a tutti anche in via telematica (6).
7. Gli avvisi relativi all'approvazione dello strumento della pianificazione territoriale, ai sensi del presente articolo, sono pubblicati sul Bollettino Ufficiale della Regione decorsi almeno trenta giorni dall'approvazione stessa. Lo strumento acquista efficacia dalla data di tale pubblicazione (7).
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(6) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, L.R. 27 luglio 2007, n. 41. Il testo originario era così formulato: «6. Gli avvisi relativi all'approvazione dello strumento della pianificazione territoriale, ai sensi del presente articolo, sono pubblicati sul Bollettino ufficiale della Regione decorsi almeno trenta giorni dall'approvazione stessa. Lo strumento acquista efficacia dalla data di tale pubblicazione.».
(7) Comma così sostituito dall'art. 2, comma 2, L.R. 27 luglio 2007, n. 41. Il testo originario era così formulato: «7. Il provvedimento di cui al comma 4 è comunicato ai soggetti di cui all'articolo 7, comma 1, ed è reso accessibile ai cittadini anche in via telematica.».
Art. 18
Procedimento per gli atti di governo del territorio.
1. Le disposizioni di cui agli articoli 15, 16, e 17, si applicano, in conformità con quanto disposto dall'articolo 10:
a) ai piani e programmi di settore dai quali derivino varianti all'assetto territoriale costituito da alcuno degli strumenti della pianificazione territoriale vigenti;
b) agli accordi di programma e agli altri atti della programmazione negoziata, comunque denominati, che comportino varianti agli strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9.
2. Le disposizioni di cui all'articolo 15 si applicano al regolamento urbanistico, ai piani complessi d'intervento di cui all'articolo 52, comma 2, ed alle relative varianti, nonché alla disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni adottata in attuazione dell'articolo 58, qualora modifichino il piano strutturale di cui all'articolo 53.
2-bis. Le disposizioni di cui agli articoli 16 e 17 si applicano agli atti di cui al comma 2 e loro varianti, anche se non modificano gli strumenti della pianificazione territoriale (8).
3. Per l'approvazione dei piani attuativi di cui al titolo V, capo IV, si procede esclusivamente in applicazione dell'articolo 69.
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(8) Comma aggiunto dall'art. 3, L.R. 27 luglio 2007, n. 41.
TITOLO II
Norme procedurali comuni
Capo III - Gli istituti della partecipazione
Art. 19
Il garante della comunicazione.
1. I comuni, le province e la Regione garantiscono la partecipazione dei cittadini in ogni fase del procedimento di cui al capo II del presente titolo.
2. Ai fini di cui al comma 1, i comuni, le province e la Regione istituiscono il garante della comunicazione, che può essere scelto all'interno della struttura dell'ente ad esclusione del responsabile del procedimento o all'esterno, nel procedimento di formazione e approvazione degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio disciplinandone, con apposito regolamento (9), l'esercizio delle relative funzioni.
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(9) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 1° agosto 2006, n. 39/R.
Art. 20
Funzioni del garante.
1. Il garante della comunicazione assicura la conoscenza effettiva e tempestiva delle scelte e dei supporti conoscitivi relativi alle fasi procedurali di formazione e adozione degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio e promuove, nelle forme e con le modalità più idonee, l'informazione ai cittadini stessi, singoli o associati, del procedimento medesimo.
2. In sede di assunzione delle determinazioni provvedimentali per l'adozione ed approvazione degli strumenti e degli atti di governo del territorio, il garante provvede alla stesura di un rapporto sull'attività svolta.
3. I comuni, le province e la Regione assicurano al garante della comunicazione la disponibilità di adeguate risorse, ai fini dell'esercizio effettivo ed efficace della relativa funzione.
TITOLO III
Gli accordi, le intese interistituzionali e le strutture del governo del territorio
Capo I - Gli accordi di pianificazione e gli altri istituti per la composizione dei conflitti
Art. 21
Accordi di pianificazione.
1. Qualora sia opportuno, ai fini del coordinamento degli strumenti della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9, la definizione o variazione contestuale dei medesimi ai sensi delle disposizioni della presente legge, il comune, la provincia o la Regione, in base all'interesse prevalente, promuovono la conclusione di apposito accordo di pianificazione secondo quanto previsto dal presente capo I.
2. Con l'accordo di pianificazione le amministrazioni di cui al comma 1 definiscono consensualmente gli strumenti di pianificazione di cui si tratti, con le forme e le modalità procedurali previste dall'articolo 22.
3. Nel caso in cui, nell'ambito della conferenza convocata ai sensi dell'articolo 22, comma 1, sia verificato che il progetto di piano proposto non comporta la variazione degli altri strumenti ed atti di governo del territorio ad esso correlati, la conferenza prende atto dell'esito della verifica di governo del territorio ad esso correlati (10). In tale ipotesi, il procedimento di approvazione dello strumento di pianificazione di cui si tratti, prosegue con le forme e le modalità procedurali disciplinate dal titolo II, capo II, della presente legge.
4. Per la definizione del piano del porto, di cui all'articolo 5 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia portuale), si procede mediante accordi di pianificazione di cui al presente capo, a cui partecipano comunque i comuni e la provincia interessati.
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(10) Periodo così corretto con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 27 gennaio 2005, n. 6, parte prima.
Art. 22
Procedura per l'accordo.
1. Il soggetto promotore dell'accordo di cui all'articolo 21, convoca una conferenza di servizi tra le strutture tecniche delle amministrazioni competenti al fine di esaminare il progetto predisposto e per verificare la possibilità di concludere l'accordo medesimo, e trasmette agli enti convocati, almeno sessanta giorni prima della data di convocazione, il relativo progetto.
2. Qualora, nell'ambito della conferenza convocata ai sensi del comma 1, si accerti la necessità di procedere alla modifica di alcuno degli strumenti della pianificazione territoriale o altro atto di governo del territorio emanato da ente diverso da quello promotore, i legali rappresentanti degli enti partecipanti alla conferenza procedono, consensualmente, alla stipulazione di apposita intesa preliminare, trasmettendo gli atti relativi agli organi competenti delle rispettive amministrazioni, ai fini della ratifica dell'intesa.
3. A seguito dell'intesa di cui al comma 2, l'amministrazione competente provvede all'adozione del relativo strumento della pianificazione territoriale tenendo conto di tutte le condizioni e prescrizioni concordate con l'intesa medesima. Il piano in tal modo adottato è depositato, unitamente all'intesa siglata, presso la sede dell'amministrazione promotrice, per sessanta giorni dalla data di pubblicazione del relativo avviso sul Bollettino ufficiale della Regione.
4. Entro il termine perentorio di cui al comma 3, tutti possono prendere visione dell'atto e dell'intesa depositati, presentando altresì le osservazioni che ritengano opportune. L'amministrazione competente ha facoltà in relazione alla complessità del provvedimento adottato, di raddoppiare il termine sancito dal comma 3.
Art. 23
Conclusione e approvazione dell'accordo.
1. Decorso il termine di cui all'articolo 22, commi 3 e 4, l'amministrazione promotrice dell'accordo di pianificazione procede alla nuova convocazione delle altre amministrazioni partecipanti all'intesa ai fini della conclusione definitiva dell'accordo medesimo. L'accordo di pianificazione conferma l'intesa di cui all'articolo 22, comma 2, tenendo conto delle osservazioni eventualmente pervenute. L'accordo siglato dai legali rappresentanti delle amministrazioni partecipanti all'intesa, è ratificato dagli organi competenti delle medesime amministrazioni, a pena di decadenza, entro sessanta giorni.
2. Successivamente alla conclusione dell'accordo ai sensi del comma 1, l'amministrazione approva lo strumento della pianificazione territoriale, in conformità con le modifiche concordate nell'accordo medesimo. Il relativo provvedimento dà atto delle osservazioni pervenute, motivando espressamente le determinazioni conseguenti. Con l'atto di approvazione, l'amministrazione promotrice dell'accordo può apportare, allo strumento territoriale adottato, esclusivamente le modifiche necessarie per adeguarlo a quanto statuito dall'accordo di pianificazione, o quelle attinenti alle questioni di propria esclusiva competenza. Qualora ritenga, a seguito di osservazioni, di dover apportare ulteriori modifiche, provvede a convocare nuovamente le altre amministrazioni per le determinazioni di cui al presente articolo e all'articolo 22.
3. L'amministrazione promotrice dell'accordo di pianificazione provvede a dare apposito avviso sul Bollettino ufficiale della Regione Toscana relativamente agli atti disciplinati dal presente articolo, e dall'articolo 22. Le determinazioni assunte con essi hanno efficacia a decorrere dalla data di pubblicazione. Gli atti medesimi sono resi accessibili ai cittadini, anche in via telematica, dalla stessa amministrazione.
TITOLO III
Gli accordi, le intese interistituzionali e le strutture del governo del territorio
Capo II - Conferenza paritetica interistituzionale
Art. 24
Istituzione della conferenza.
1. È istituita, in via permanente, la conferenza paritetica interistituzionale al fine di comporre gli eventuali conflitti insorti, ai sensi di cui alle disposizioni del presente capo, tra i soggetti istituzionalmente competenti, individuati dall'articolo 7, comma 1.
2. La conferenza di cui al presente articolo ha sede presso la Giunta regionale, è nominata con decreto del Presidente della Giunta regionale ed è composta da:
a) tre membri designati dalla Giunta regionale;
b) tre membri in rappresentanza delle province designati dal Consiglio delle autonomie locali;
c) tre membri in rappresentanza dei comuni designati dal Consiglio delle autonomie locali.
3. La conferenza disciplinata dal presente articolo è presieduta da uno dei membri nominati ai sensi del comma 2, eletto al proprio interno dai membri che la compongono. La conferenza provvede altresì a dotarsi di un regolamento di organizzazione e funzionamento che disciplini anche le modalità di acquisizione dei pareri di altri soggetti.
4. La Regione assicura il funzionamento della conferenza di cui al presente articolo, mediante lo stanziamento delle risorse umane e finanziarie necessarie.
4-bis. La Giunta regionale informa trimestralmente il Consiglio regionale sullo stato dei procedimenti di cui agli articoli 25 e 26 riguardanti il piano di indirizzo territoriale di cui all'articolo 48 e su eventuali misure di salvaguardia apposte ai sensi dell'articolo 26, comma 5 (11).
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(11) Comma aggiunto dall'art. 4, L.R. 27 luglio 2007, n. 41.
Art. 25.
Soggetti che possono adire la conferenza e compiti della conferenza.
1. Il comune, la provincia o la Regione, qualora ritengano che uno strumento della pianificazione territoriale, un regolamento urbanistico comunale, un piano complesso di intervento, una variante a taluno di tali strumenti o atti approvati da altra amministrazione presentino possibili profili di incompatibilità o contrasto con un proprio strumento della pianificazione territoriale già vigente, adiscono la conferenza interistituzionale, nel termine perentorio di sessanta giorni dall'avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana dell'avvenuta approvazione dello strumento o atto in contrasto ovvero incompatibile, al fine di chiedere una pronuncia in ordine all'incompatibilità o al contrasto.
2. La richiesta di pronuncia di cui al comma 1 individua puntualmente le parti dello strumento della pianificazione territoriale o dell'atto di governo del territorio in contrasto ovvero incompatibile con lo strumento di pianificazione dell'amministrazione che adisce la conferenza.
3. Entro il termine di trenta giorni dall'avvenuta pubblicazione dell'avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana dell'avvenuta approvazione di uno degli strumenti o atti indicati al comma 1, cittadini organizzati in forme associative possono presentare apposite istanze al comune, alla provincia o alla Regione, dirette a rilevare l'incompatibilità o il contrasto con strumenti della pianificazione già vigenti dell'ente a cui è rivolta l'istanza. Sulla base di tali istanze, il comune, la provincia e la Regione possono adire la conferenza ai sensi dei commi 1 e 2.
4. Le istanze di cui al comma 3 aventi ad oggetto violazioni del piano di indirizzo territoriale pervengono al garante della comunicazione istituito dalla Regione.
5. La richiesta di pronuncia di cui al comma 1 è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana, a cura del soggetto che ha presentato l'istanza ed è immediatamente comunicata al soggetto istituzionale che ha approvato lo strumento della pianificazione territoriale o l'atto di governo del territorio oggetto di contestazione.
6. Dalla data di pubblicazione di cui al comma 5 è sospesa l'efficacia delle parti dello strumento della pianificazione territoriale o dell'atto di governo del territorio oggetto di contestazione (12).
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(12) Articolo così sostituito dall'art. 5, L.R. 27 luglio 2007, n. 41. Il testo originario era così formulato: «Art. 25. Compiti della conferenza. 1. I comuni, le province e la Regione, possono adire la conferenza interistituzionale, qualora si sia proceduto, da parte di alcuno di essi, all'approvazione di uno strumento della pianificazione territoriale di cui all'articolo 9, o di un atto di governo del territorio di cui all'articolo 10, ove questo presenti possibili profili di incompatibilità o contrasto con uno o più altri strumenti di pianificazione. 2. Nei casi di cui al comma 1, qualora il soggetto ricorrente ritenga che lo strumento della pianificazione territoriale o l'atto di governo del territorio di cui si tratti contrasti con alcuna delle prescrizioni dettate dal piano territoriale di propria competenza, in attuazione di normative comunitarie, nazionali o regionali che impongano l'applicazione di specifici vincoli o l'adozione di prescrizioni obbligatorie, adisce, entro trenta giorni dall'avvenuta pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione, la conferenza, la cui pronuncia deve essere resa entro il termine previsto dall'articolo 26, comma 1. 3. La richiesta di pronunciamento di cui al comma 2 individua puntualmente le parti dello strumento della pianificazione territoriale o dell'atto di governo del territorio oggetto di contestazione. 4. La richiesta di pronunciamento di cui al comma 2, è pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione ed è immediatamente comunicata al soggetto istituzionale che ha approvato lo strumento della pianificazione territoriale o l'atto di governo del territorio oggetto di contestazione. 5. Dalla data di pubblicazione di cui al comma 4 è sospesa l'efficacia delle parti dello strumento della pianificazione territoriale o dell'atto di governo del territorio oggetto di contestazione.».
Art. 26
Pronuncia della conferenza.
1. Entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla richiesta di pronuncia di cui all'articolo 25, la conferenza interistituzionale di cui all'articolo 24 esprime il parere di competenza ed entro il medesimo termine lo comunica al soggetto richiedente.
2. Qualora la conferenza paritetica non esprima il parere ovvero rilevi l'inesistenza di un contrasto tra gli strumenti o gli atti, l'amministrazione che ha approvato lo strumento della pianificazione territoriale o l'atto di governo del territorio oggetto di contestazione procede a dare avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana della mancata pronuncia ovvero della pronuncia della conferenza che non ritiene necessaria la modifica dello strumento o dell'atto oggetto di contestazione. Dalla data di tale pubblicazione, lo strumento della pianificazione territoriale o l'atto di governo del territorio riprendono la loro efficacia.
3. Qualora la conferenza paritetica esprima il parere ai sensi del comma 1 rilevando il contrasto, l'amministrazione che ha approvato lo strumento della pianificazione territoriale o l'atto di governo del territorio di cui si tratti provvede all'adeguamento dello strumento o atto medesimo, in conformità con la pronuncia della conferenza, dandone avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana.
4. Qualora il soggetto istituzionalmente competente non intenda adeguarsi alla pronuncia della conferenza, provvede alla conferma dello strumento o atto contestato, dandone espressa ed adeguata motivazione. Provvede altresì a comunicare alla Regione e all'amministrazione che ha adito la conferenza gli atti di conferma e a darne avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Toscana.
5. Nei casi di cui ai commi 3 e 4 gli strumenti e gli atti riacquistano efficacia decorsi quarantacinque giorni dalla pubblicazione. Possono comunque essere approvate specifiche misure di salvaguardia ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 48, comma 5 ed all'articolo 51, comma 4, che sospendono l'efficacia degli atti (13).
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(13) Articolo così sostituito dall'art. 6, L.R. 27 luglio 2007, n. 41. Il testo originario era così formulato: «Art. 26. Pronuncia della conferenza.1. La conferenza interistituzionale di cui all'articolo 24 esprime il parere di competenza, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla richiesta di pronunciamento di cui all'articolo 25. 2. Il soggetto competente all'approvazione dello strumento della pianificazione territoriale o dell'atto di governo del territorio di cui si tratti provvede all'adeguamento dello strumento di pianificazione medesimo, procedendo all'annullamento o alla modifica di esso, in conformità con la pronuncia della conferenza. Ove lo strumento della pianificazione territoriale venga comunque modificato, si procede altresì a darne il relativo avviso sul Bollettino ufficiale della Regione, ai sensi dell'articolo 17, comma 6. 3. Qualora il soggetto istituzionalmente competente non intenda adeguarsi alla pronuncia della conferenza, provvede alla conferma dello strumento della pianificazione territoriale di cui si tratti, dandone espressa ed adeguata motivazione. Provvede altresì alla pubblicazione del relativo avviso sul Bollettino ufficiale della Regione, a far data dal quale riprende efficacia la parte di piano sospesa ai sensi dell'articolo 25, comma 5. In tal caso possono essere approvate specifiche misure di salvaguardia ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 48, comma 5 ed all'articolo 51, comma 4.».
TITOLO III
Gli accordi, le intese interistituzionali e le strutture del governo del territorio
Capo III - Le strutture del governo del territorio
Art. 27
Le strutture tecniche del governo del territorio.
1. Ai fini dell'esercizio delle funzioni ad essi attribuite dalla presente legge, comuni, province e Regione collaborano, in rapporto reciproco di sinergia, favorendo lo scambio delle conoscenze per il miglioramento progressivo della qualità tecnica di tutti gli strumenti della pianificazione territoriale ed atti per il governo del territorio e l'omogeneità dei criteri metodologici, nonché per l'efficacia dell'azione amministrativa.
2. Le province e la Regione assicurano in ogni caso la necessaria assistenza tecnica ai comuni e alle comunità montane, che ne facciano richiesta, prioritariamente per le attività da esercitarsi in forma associata.
3. Le province e la Regione promuovono ed agevolano la creazione di strumenti idonei a garantire l'assistenza tecnica alle strutture competenti, favorendo l'integrazione fra le attività delle medesime strutture tecniche dei comuni e la formazione specifica del personale addetto alle stesse.
Art. 28
Il sistema informativo geografico regionale.
1. La Regione, le province e i comuni concorrono alla formazione ed alla gestione integrata del sistema informativo geografico regionale, di seguito denominato sistema informativo, che costituisce il riferimento conoscitivo fondamentale per l'elaborazione e la valutazione degli strumenti della pianificazione territoriale, nonché per la verifica dei loro effetti, in conformità con le disposizioni di cui al presente titolo ed ai titoli I e II della presente legge, in coerenza altresì con gli indirizzi nazionali e comunitari in tema di informazione geografica.
2. Ai fini della presente legge, per informazione geografica si intende il complesso delle informazioni, localizzate geograficamente, relative ai fenomeni naturali e antropici, con particolare riferimento a quelle che costituiscono l'insieme delle conoscenze inerenti lo stato di fatto e di diritto del territorio e delle sue risorse.
3. Nell'ambito del sistema informativo si provvede, secondo quanto previsto dall'articolo 29, all'organizzazione dell'informazione geografica, all'aggiornamento di essa ed alla diffusione dell'informazione medesima, che deve essere resa accessibile a tutti i soggetti interessati.
Art. 29
Formazione e gestione del sistema informativo geografico regionale.
1. La Regione, le province, i comuni e gli altri enti pubblici interessati realizzano, nell'ambito del sistema informativo, la base informativa geografica regionale, le cui componenti fondamentali sono:
a) le basi informative topografiche, geologiche, le ortofotocarte, le riprese aeree e satellitari, le cartografie storiche;
b) le basi informative tematiche sullo stato delle risorse essenziali del territorio;
c) le basi informative sullo stato di fatto e di diritto risultante dagli strumenti della pianificazione territoriale e dagli atti di governo del territorio.
2. La Regione assicura le condizioni per il funzionamento del sistema informativo, e provvede alla realizzazione delle componenti di cui al comma 1, lettera a). Essa provvede altresì, unitamente ai soggetti di cui al comma 1, alla realizzazione delle altre componenti di cui alle lettere b) e c) del medesimo comma 1.
3. I comuni, le province e gli altri enti locali sono tenuti a conferire gratuitamente al sistema informativo, secondo regole tecniche concordate, i dati della conoscenza necessaria al governo del territorio in loro possesso; ad analogo conferimento possono procedere altresì gli altri enti pubblici che ne dispongano, sulla base di specifici accordi con la Regione.
4. Nel sistema informativo sono raccolti, nel rispetto delle disposizioni di legge vigenti in materia, e con le modalità ivi previste, i dati, le informazioni e le conoscenze provenienti dagli enti pubblici competenti e dalla comunità scientifica.
5. La Giunta regionale provvede ad emanare apposite istruzioni tecniche (14) al fine di definire e disciplinare:
a) le modalità di realizzazione e gestione della base informativa;
b) le specifiche tecniche, gli standard informativi minimi e le regole comuni, con riferimento alla produzione ed alla diffusione dell'informazione geografica.
6. Tutti i cittadini interessati possono accedere gratuitamente al sistema informativo.
6-bis. La Regione assegna contributi agli enti locali per la creazione degli archivi di interesse congiunto costituenti la base informativa geografica regionale e per i quali si siano definite le specifiche tecniche dalla Regione stessa; il contributo regionale assegnato, determinato con riferimento ai costi effettivi di creazione degli archivi, non può superare il 50 per cento del costo complessivo a carico degli enti ed è condizionato alla effettiva consegna degli archivi previsti ed al loro collaudo (15).
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(14) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 6/R.
(15) Comma aggiunto dall'art. 16 della L.R. 27 dicembre 2005, n. 70.
TITOLO IV
Disposizioni generali per la tutela e l'uso del territorio
Capo I - Patrimonio naturale e culturale
Art. 30
Norme comuni.
1. Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio si conformano alle disposizioni di cui al presente capo, aventi la finalità di tutelare e valorizzare la bellezza dei paesaggi ed il pregio dei beni culturali e del patrimonio storico e naturale presenti nel territorio della Regione.
2. La Regione esercita le funzioni amministrative di tutela dei beni paesaggistici ad essa conferite ai sensi dell'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137), di seguito indicato come "Codice dei beni culturali e del paesaggio", qualora non attribuite ad altro ente dalla presente legge.
Art. 31
Tutela e valorizzazione dei paesaggi e dei beni culturali.
1. Gli strumenti della pianificazione territoriale concorrono tutti, ciascuno per quanto di propria competenza, a definire, con particolare riferimento ai beni tutelati ai sensi degli articoli 32 e 33, le trasformazioni compatibili con i valori paesaggistici, le azioni di recupero e riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela, nonché partecipano agli interventi di valorizzazione del paesaggio di cui all'articolo 35, in relazione alle prospettive di sviluppo sostenibile.
Art. 32
Immobili ed aree di notevole interesse pubblico.
1. Sono soggetti alla speciale tutela disposta dalla parte III, titolo I, capo II del Codice dei beni culturali e del paesaggio gli immobili e le aree riconosciute di notevole interesse pubblico ai sensi degli articoli 136, 137, 138, 139, 140, 141 e 143, comma 3, lettera h) del medesimo Codice.
2. Gli immobili e le aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi del comma 1 sono compresi negli statuti del piano strutturale dei comuni ai sensi dell'articolo 53, nei quali sono ubicati. Qualora le aree dichiarate di notevole interesse pubblico abbiano un rilievo sovracomunale, esse sono comprese nello statuto del piano territoriale di coordinamento ai sensi dell'articolo 51. Qualora le aree dichiarate di notevole interesse pubblico abbiano un rilievo sovraprovinciale, esse sono comprese nello statuto del piano di indirizzo territoriale ai sensi dell'articolo 48.
3. Qualora dall'applicazione dell'articolo 33, commi 3 e 4 o dall'applicazione dell'articolo 34 derivi una modificazione degli effetti degli atti e dei provvedimenti di cui agli articoli 157, 140 e 141 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, l'entrata in vigore delle relative disposizioni degli strumenti della pianificazione territoriale è subordinata all'espletamento delle forme di pubblicità indicate nell'articolo 140, commi 2, 3 e 4 del medesimo Codice (16).
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(16) La Corte costituzionale, con sentenza 20 aprile-5 maggio 2006, n. 182 (Gazz. Uff. 10 maggio 2006, n. 19, 1a serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui non prevede che, ove dall'applicazione dell'articolo 33, commi 3 e 4, o dell'articolo 34 della stessa legge derivi una modificazione degli effetti degli atti e dei provvedimenti di cui agli articoli 157, 140 e 141 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), tale modificazione è subordinata all'accordo per l'elaborazione d'intesa tra la Regione, il Ministero per i beni e le attività culturali ed il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio del piano paesaggistico con specifica considerazione dei valori paesaggistici, concernente l'intero territorio regionale, e all'elaborazione congiunta del piano.
Art. 33
Disciplina regionale di tutela paesaggistica.
1. In base alle caratteristiche naturali e storiche dei luoghi ed in relazione al livello di rilevanza e integrità dei valori paesaggistici lo statuto di cui all'articolo 5 contenuto nel piano di indirizzo territoriale di cui all'articolo 48 individua i beni paesaggistici di cui al comma 1 dell'articolo 32, detta prescrizioni per la tutela dei beni paesaggistici stessi ed individua i criteri a cui le province si attengono per ripartire il territorio in ambiti paesaggistici differenziati ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 34, comma 2.
2. In funzione dei diversi ambiti di cui al comma 1, lo statuto del piano di indirizzo territoriale di cui all'articolo 48 attribuisce corrispondenti obiettivi di qualità paesaggistica. Gli obiettivi di qualità paesaggistica rispondono ai requisiti indicati nell'articolo 143, comma 2, lettere a), b) e c) del Codice dei beni culturali e del paesaggio.
3. Lo statuto del piano di indirizzo territoriale ha valenza di piano paesaggistico e ha contenuto descrittivo, prescrittivo e propositivo ai sensi dell'articolo 143 comma 3 del Codice dei beni culturali e del paesaggio. Esso contiene:
a) la ricognizione generale dell'intero territorio, attraverso l'analisi delle caratteristiche storiche, naturali, estetiche e delle loro interrelazioni e la conseguente definizione dei valori paesaggistici da tutelare, recuperare, riqualificare e valorizzare;
b) l'analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio attraverso l'individuazione dei fattori di rischio e degli elementi di vulnerabilità del paesaggio, la comparazione con gli altri atti di programmazione, della pianificazione e di difesa del suolo;
c) la determinazione di misure per la conservazione dei caratteri connotativi delle aree tutelate per legge e, ove necessario, dei criteri di gestione e degli interventi di valorizzazione paesaggistica degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico;
d) l'individuazione generale degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate;
e) l'individuazione generale delle misure necessarie al corretto inserimento degli interventi di trasformazione del territorio nel contesto paesaggistico, alle quali debbono riferirsi le azioni e gli investimenti finalizzati allo sviluppo sostenibile delle aree interessate;
f) l'individuazione generale, ai sensi dell'articolo 143, comma 3 lettera h) del Codice dei beni culturali e del paesaggio, di eventuali categorie di immobili o di aree, diverse da quelle indicate agli articoli 136 e 142 del medesimo Codice, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e di utilizzazione.
4. Lo statuto del piano di indirizzo territoriale, anche in relazione alle diverse tipologie di opere od interventi di trasformazione del territorio, detta prescrizioni per le aree nelle quali la loro realizzazione è consentita sulla base della verifica del rispetto delle prescrizioni medesime, delle misure e dei criteri di gestione stabiliti nel piano di indirizzo territoriale ai sensi del comma 3, lettere d), e), f) .
5. Lo statuto del piano di indirizzo territoriale detta prescrizioni altresì per le aree con riferimento alle quali siano definiti parametri vincolanti per le specifiche previsioni da introdurre negli strumenti della pianificazione territoriale, di comuni e province, in sede di conformazione e di adeguamento allo statuto del piano di indirizzo territoriale ai sensi dell'articolo 34, commi 2 e 3.
6. La Giunta regionale organizza, con le proprie strutture e di concerto con gli enti locali, l'osservatorio del paesaggio con il compito di esercitare il monitoraggio dell'efficacia dello statuto del piano di indirizzo territoriale e di mantenerne aggiornato il quadro conoscitivo.
Art. 34
Disciplina paesaggistica del piano territoriale di coordinamento e del piano strutturale.
1. Gli statuti del piano territoriale di coordinamento delle province e del piano strutturale dei comuni integrano lo statuto del piano di indirizzo territoriale relativamente alle regole per la tutela dei beni di cui all'articolo 32, comma 1 e agli obiettivi per la valorizzazione del paesaggio attraverso:
a) il recepimento dei vincoli di tutela dei beni paesaggistici imposti dal piano di indirizzo territoriale;
b) la definizione delle azioni e strategie per la valorizzazione del paesaggio, in coerenza con gli indirizzi del piano di indirizzo territoriale.
2. In conformità con quanto previsto nello statuto del piano di indirizzo territoriale ed in conformità con i criteri da esso stabiliti ai sensi dell'articolo 33, comma 1, lo statuto del piano territoriale di coordinamento delle province indica specificamente gli ambiti paesaggistici e i relativi obiettivi di qualità paesaggistica e indica i criteri per l'individuazione delle aree di cui alle lettere a), b), c) del comma 3.
3. In conformità con quanto previsto nello statuto del piano di indirizzo territoriale e nello statuto del piano territoriale di coordinamento, lo statuto del piano strutturale dei comuni indica specificamente:
a) le aree nelle quali la realizzazione delle opere e degli interventi consentiti, in considerazione del livello di eccellenza dei valori paesaggistici o della opportunità di valutare gli impatti su scala progettuale, richiede comunque il previo rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 87;
b) le aree nelle quali, invece, la realizzazione di opere ed interventi può avvenire sulla base della verifica della conformità alle previsioni della disciplina paesaggistica contenuta negli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti del governo del territorio, effettuata nell'ambito del procedimento inerente al titolo edilizio e con le modalità previste dalla relativa disciplina, e non richiede il rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 87;
c) le aree significativamente compromesse o degradate nelle quali la realizzazione degli interventi di recupero e riqualificazione non richiede il rilascio dell'autorizzazione di cui all'articolo 87 (17).
4. L'entrata in vigore delle disposizioni previste dal comma 3, lettera b) e c) è subordinata al parere vincolante da parte della Regione relativo all'adeguatezza della tutela dei beni di cui all'articolo 32, comma 1, esercitata dallo statuto del territorio contenuto nel piano strutturale del comune. Il parere della Regione viene espresso successivamente all'approvazione dello strumento di pianificazione.
5. Lo statuto del territorio contenuto nel piano strutturale del comune può subordinare l'entrata in vigore delle disposizioni che consentono la realizzazione di opere ed interventi ai sensi del comma 3, lettera b), all'esito positivo di un periodo di monitoraggio che verifichi l'effettiva conformità alle previsioni vigenti delle trasformazioni del territorio realizzate.
6. In riferimento alle aree di cui al comma 3, lettera b) è in ogni caso fatto salvo il potere dei comuni di effettuare controlli a campione sulle opere e gli interventi realizzati. L'accertamento di un significativo grado di violazione delle previsioni vigenti consente ai comuni ove tali violazioni siano state riscontrate la reintroduzione dell'obbligo dell'autorizzazione di cui all'articolo 87.
7. In relazione allo statuto del piano di indirizzo territoriale, gli strumenti della pianificazione territoriale di competenza del comune e della provincia individuano anche progetti prioritari per la conservazione, il recupero, la riqualificazione, la valorizzazione e la gestione del paesaggio regionale indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti.
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(17) La Corte costituzionale, con sentenza 20 aprile-5 maggio 2006, n. 182 (Gazz. Uff. 10 maggio 2006, n. 19, 1a serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente comma nella parte in cui stabilisce che sia il piano strutturale del comune a indicare le aree in cui la realizzazione degli interventi non è soggetta all'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 87 della legge regionale, anziché il piano regionale paesaggistico con specifica considerazione dei valori paesaggistici.
Art. 35
Valorizzazione dei paesaggi.
1. La valorizzazione dei paesaggi consiste in ogni attività diretta a consentirne la piena fruizione pubblica quale testimonianza significativa dei valori storici, culturali e naturali, attraverso:
a) la conservazione delle invarianti strutturali;
b) il ripristino e il recupero delle risorse riconosciute;
c) la trasformazione delle risorse territoriali in conformità con quanto prescritto dagli statuti del territorio;
d) l'intervento di ripristino, ispirato alla ricostituzione dei caratteri di identità, anche attraverso l'introduzione di destinazioni d'uso con essi compatibili.
2. Gli interventi di trasformazione assicurano la compatibilità e la coerenza paesaggistica ai connotati del paesaggio.
Art. 35-bis
Interventi regionali per la valorizzazione dei beni immobili e delle aree dichiarate di notevole interesse pubblico e comprese negli statuti dei piani strutturali comunali.
1. La Regione concorre alla valorizzazione dei beni immobili e delle aree di notevole interesse pubblico, anche attraverso la concessione di contributi agli enti locali e alle associazioni senza fini di lucro, nell'ambito delle procedure di cui alla legge regionale 1° febbraio 1995, n. 14 (Disciplina degli atti e delle procedure della programmazione e degli interventi finanziari regionali nei settori delle attività e dei beni culturali) (18).
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(18) Articolo aggiunto dall'art. 17 della L.R. 27 dicembre 2005, n. 70.
Art. 36
Parchi e aree protette.
1. I territori dei parchi, delle riserve e delle aree contigue sono sottoposti al regime di tutela previsto dalle leggi speciali che li riguardano.
TITOLO IV
Disposizioni generali per la tutela e l'uso del territorio
Capo II - Il patrimonio insediativo
Art. 37
Disposizioni generali per la tutela e valorizzazione degli insediamenti.
1. Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio garantiscono che gli interventi di trasformazione del territorio assicurino il rispetto dei requisiti di qualità urbana, ambientale, edilizia e di accessibilità al fine di prevenire e risolvere i fenomeni di degrado.
2. La qualità urbana, ambientale, edilizia e di accessibilità del territorio di cui al comma 1 è definita in riferimento:
a) alla dotazione di infrastrutture per la mobilità, parcheggi, verde urbano e di connettività urbana, percorsi pedonali e ciclabili, infrastrutture per il trasporto pubblico, arredo urbano ed altre opere di urbanizzazione primaria;
b) alla dotazione di attrezzature e servizi, di attività commerciali di vicinato, di attività terziarie e direzionali;
c) alla qualità e alla quantità degli interventi realizzati per il contenimento dell'impermeabilizzazione del suolo, il risparmio idrico, la salvaguardia e la ricostituzione delle riserve idriche anche potenziali;
d) alla dotazione di reti differenziate per lo smaltimento e per l'adduzione idrica, il riutilizzo delle acque reflue;
e) alla dotazione di attrezzature per la raccolta differenziata;
f) all'utilizzazione di materiali edilizi e alla realizzazione di requisiti delle costruzioni che assicurino il benessere fisico delle persone, la salubrità degli immobili e del territorio, il contenimento energetico, il rispetto dei requisiti di fruibilità, accessibilità e sicurezza per ogni tipo di utente estesa al complesso degli insediamenti;
g) all'eliminazione delle barriere architettoniche ed urbanistiche in conformità con quanto previsto dalla legge regionale 9 settembre 1991, n. 47 (Norme sull'eliminazione delle barriere architettoniche) da ultimo modificata dalla presente legge regionale;
h) alla qualità dell'architettura contemporanea con particolare riferimento agli spazi ed alle opere pubbliche.
3. Per l'attuazione delle disposizioni di cui al comma 2, e con particolare riferimento alle lettere a), c), d), f) e g), la Regione, entro trecentosessantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge, emana appositi regolamenti (19) e istruzioni tecniche, contenenti parametri di riferimento per i comuni (20).
4. Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli altri atti di governo del territorio privilegiano un'organizzazione degli spazi che salvaguarda il diritto all'autodeterminazione delle scelte di vita e di lavoro. Tale organizzazione di spazi garantisce una corretta distribuzione delle funzioni al fine di assicurare l'equilibrio e l'integrazione con l'organizzazione dei tempi della vita quotidiana, in modo da favorire una corretta fruizione dei servizi pubblici e privati di utilità generale. In tale prospettiva gli strumenti della pianificazione territoriale e gli altri atti di governo del territorio si coordinano con il piano di indirizzo e di regolazione degli orari di cui all'articolo 3 della legge regionale 22 luglio 1998, n. 38 (Governo del tempo e dello spazio urbano e pianificazione degli orari della città) così come modificata dalla presente legge.
5. Sono opere di urbanizzazione primaria:
a) strade residenziali, piazze, piste pedonali e ciclabili;
b) spazi di sosta o di parcheggio;
c) fognature;
d) rete idrica;
e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas;
f) pubblica illuminazione;
g) spazi di verde attrezzato.
6. Sono opere di urbanizzazione secondaria:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) uffici comunali;
e) chiese ed altri edifici per servizi religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali e attrezzature culturali, sanitarie e residenze per anziani;
h) impianti di potabilizzazione, di depurazione e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani;
i) aree verdi di quartiere;
j) strutture con funzioni di centri servizi avanzati alle imprese per l'innovazione e per la società dell'informazione, spazi per incubatori di imprese e laboratori di ricerca, in aree a destinazione produttiva.
7. È definito come verde urbano l'insieme delle componenti biologiche, appartenenti sia ad aree pubbliche che private, che concorrono a garantire l'equilibrio ecologico dei territori urbani.
8. Il governo del territorio promuove l'incremento delle dotazioni del verde urbano ed orienta lo sviluppo degli insediamenti alla realizzazione di una dotazione di verde equivalente capace di compensare le emissioni di gas all'interno dell'area urbana.
9. A tal fine la Regione Toscana redige un specifico elenco con indici e parametri di conversione atti a determinare il fabbisogno di verde necessario a compensare le emissioni di gas derivanti dalle principali attività umane, secondo gli indirizzi tecnici ed attuativi contenuti nel regolamento e nelle apposite istruzioni tecniche da emanarsi entro trecentosessentacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
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(19) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 2/R.
(20) Ai sensi del presente comma, con Delib.G.R. 28 febbraio 2005, n. 322 sono state approvate le istruzioni tecniche denominate "Linee-guida per la valutazione della qualità energetica ed ambientale degli edifici in Toscana".
Art. 38
Realizzazione di impianti pubblici e di pubblico interesse.
1. Fermo restando quanto disposto all'articolo 8, la realizzazione di impianti pubblici o di pubblico interesse destinati alle telecomunicazioni, al trasporto energetico e dell'acqua è consentita solo nel rispetto delle previsioni contenute negli strumenti della pianificazione territoriale e negli atti di governo del territorio dei comuni.
TITOLO IV
Disposizioni generali per la tutela e l'uso del territorio
Capo III - Il territorio rurale
Art. 39
Tutela e valorizzazione del territorio rurale.
1. Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio promuovono la valorizzazione dell'economia rurale e montana attraverso il consolidamento del ruolo multifunzionale svolto dall'attività agricola anche integrata con le altre funzioni e settori produttivi con la tutela e coerenti con la valorizzazione delle risorse del territorio, ivi comprese le attività di fruizione del territorio rurale per il tempo libero, la produzione per autoconsumo e la salvaguardia delle risorse genetiche autoctone, nonché attraverso il sostegno delle famiglie residenti in funzione del mantenimento della presenza umana a presidio dell'ambiente, anche adeguando i servizi e le infrastrutture nelle aree marginali.
2. Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio disciplinano gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia necessari allo sviluppo dell'agricoltura, delle attività ad essa connesse e delle altre attività integrate e compatibili con la tutela e l'utilizzazione delle risorse dei territori rurali e montani.
3. I comuni attraverso gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio, disciplinano le aree dei territori rurali attraverso specifiche discipline che garantiscano la salvaguardia e la valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio rurale, nonché la tutela delle risorse produttive dell'agricoltura. Nell'ambito delle comunità montane, i comuni provvedono in relazione con il piano di sviluppo delle comunità stesse.
Art. 40
Zone con esclusiva o prevalente funzione agricola.
1. Nell'ambito del territorio rurale, gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti di governo del territorio individuano le zone con esclusiva o prevalente funzione agricola.
2. Per zone con esclusiva o prevalente funzione agricola, di cui al comma 1, si intendono quelle individuate in considerazione del sistema aziendale agricolo esistente, della capacità produttiva del suolo, delle limitazioni di ordine fisico, della presenza di infrastrutture agricole di rilevante interesse, della vulnerabilità delle risorse nonché della caratterizzazione sociale ed economica del territorio.
3. Le zone di cui al comma 1 sono articolate in sottozone, in relazione alla funzione agricola e in rapporto alla caratterizzazione sociale, ambientale e paesaggistica degli ambiti territoriali interessati.
4. Le zone ad esclusiva funzione agricola, che sono assunte come risorsa essenziale del territorio limitata e non riproducibile corrispondono alle aree di elevato pregio a fini di produzione agricola, anche potenziale, per le peculiari caratteristiche pedologiche, climatiche, di acclività e giacitura del suolo o per la presenza di rilevanti infrastrutture agrarie e/o sistemazioni territoriali.
5. Nelle zone con esclusiva funzione agricola sono di norma consentiti impegni di suolo esclusivamente per finalità collegate con la conservazione o lo sviluppo dell'agricoltura e delle attività connesse.
6. Il territorio rurale è soggetto ai vincoli di salvaguardia della normativa vigente in relazione all'approvvigionamento idropotabile.
Art. 41
Costruzione di nuovi edifici rurali.
1. Fermo restando l'obbligo di procedere prioritariamente al recupero degli edifici esistenti, la costruzione di nuovi edifici rurali, nelle zone a esclusiva o prevalente funzione agricola, è consentita secondo quanto previsto nel presente articolo soltanto se necessaria alla conduzione del fondo e all'esercizio delle altre attività agricole e di quelle ad esse connesse.
2. La costruzione di nuovi edifici ad uso abitativo, se ammessa dagli strumenti urbanistici, fermo restando quanto previsto dall'articolo 46, è soggetta:
a) all'approvazione da parte del comune del programma aziendale pluriennale di miglioramento agricolo ambientale, di seguito denominato "programma aziendale", presentato dall'imprenditore agricolo, dove si dimostri che l'edificio è necessario alle proprie esigenze, a quelle dei familiari coadiuvanti o degli addetti a tempo indeterminato impegnati nell'attività agricola;
b) all'impegno dell'imprenditore agricolo a mantenere in produzione superfici fondiarie minime non inferiori a quanto previsto dai piani territoriali di coordinamento delle province o, in mancanza, dal regolamento d'attuazione del presente capo (21). L'impegno è assunto al momento dell'approvazione del programma.
3. Il regolamento d'attuazione del presente capo (22) disciplina ulteriori condizioni cui è soggetta la realizzazione di nuove abitazioni rurali, anche agrituristiche.
4. La costruzione di nuovi annessi agricoli è soggetta:
a) all'approvazione da parte del comune del programma aziendale, presentato dall'imprenditore agricolo, dove si dimostri che la costruzione di nuovi annessi agricoli è commisurata alla capacità produttiva dell'azienda agricola;
b) all'impegno dell'imprenditore agricolo a mantenere in produzione superfici fondiarie minime non inferiori a quanto previsto dai piani territoriali di coordinamento delle province o, in mancanza, dal regolamento d'attuazione del presente capo (23). L'impegno è assunto al momento dell'approvazione del programma.
5. Gli annessi agricoli destinati all'agricoltura, esercitata da soggetti diversi dagli imprenditori agricoli, possono essere realizzati solo se consentiti dagli strumenti della pianificazione territoriale, dagli atti di governo del territorio o dagli strumenti urbanistici generali del comune ai sensi dell'articolo 39.
6. Gli annessi agricoli costruiti dopo l'entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente capo non possono mutare la destinazione d'uso agricola e sono rimossi:
a) al termine della validità del programma aziendale per gli annessi aziendali di cui al comma 4; essi non possono mutare la loro destinazione di annessi agricoli e possono comunque essere mantenuti in caso di proroga del programma o per l'attuazione di un nuovo programma;
b) in caso di trasferimento di proprietà anche parziale del fondo su cui insistono per gli annessi destinati all'agricoltura di cui al comma 5 e per gli annessi di cui al comma 7. Nei casi di cui alla lettera b) il comune può prevedere un termine più breve per la rimozione degli annessi.
7. Il regolamento di attuazione del presente capo (24) specifica i casi in cui la costruzione di nuovi annessi agricoli, purché ammessa dagli strumenti urbanistici generali o dagli atti di governo del territorio del comune, non è soggetta al rispetto delle superfici minime fondiarie previste dal comma 2, lettera b), ovvero può eccedere le capacità produttive dell'azienda. In tali casi la costruzione di annessi agricoli non è soggetta alla presentazione del programma aziendale.
8. L'installazione per lo svolgimento dell'attività agricola di manufatti precari realizzati con strutture in materiale leggero appoggiati a terra è soggetta alle condizioni previste nel regolamento d'attuazione del presente capo (25) e dalle eventuali ulteriori condizioni previste dagli strumenti della pianificazione territoriale o dagli atti di governo del territorio del comune. Per l'installazione di tali manufatti non deve essere presentato il programma aziendale.
9. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 42, comma 8, lettera f), il rilascio del permesso di costruire per la costruzione degli annessi di cui ai commi 5 e 7 è comunque subordinato alla prestazione di idonee garanzie per la rimozione degli annessi medesimi.
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(21) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 5/R.
(22) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 5/R.
(23) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 5/R.
(24) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 5/R.
(25) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 5/R.
Art. 42
Programma aziendale pluriennale di miglioramento agricolo ambientale.
1. Il programma aziendale ha valore di piano attuativo ai sensi e per gli effetti delle disposizioni della presente legge, nei casi individuati dagli strumenti della pianificazione territoriale o dagli atti di governo del territorio o dagli strumenti urbanistici generali del comune ed è corredato dagli elaborati necessari.
2. L'approvazione del programma aziendale costituisce condizione preliminare per la costituzione dei titoli abilitativi.
3. Il programma aziendale ha una durata decennale, salvo un maggior termine stabilito dal comune.
4. Il programma aziendale può essere modificato, su richiesta dell'imprenditore agricolo, a scadenze annuali.
5. Il programma aziendale può essere modificato in ogni tempo per adeguarlo ai programmi comunitari, statali o regionali, ovvero per cause di forza maggiore regionali.
6. I contenuti del programma aziendale sono indicati nel regolamento di attuazione del presente capo (26).
7. La realizzazione del programma aziendale è garantita da un'apposita convenzione, o da un atto d'obbligo unilaterale, da registrare e trascrivere a spese del richiedente e a cura del comune.
8. In particolare, la convenzione o l'atto unilaterale d'obbligo contengono l'impegno dell'imprenditore agricolo:
a) ad effettuare gli interventi previsti dal programma, in relazione ai quali è richiesta la realizzazione di nuovi edifici rurali o di interventi sul patrimonio esistente di cui all'articolo 43, comma 2, lettere a) e b);
b) a non modificare la destinazione d'uso agricola degli edifici esistenti o recuperati necessari allo svolgimento dell'attività agricola e di quelle connesse per il periodo di validità del programma;
c) a non modificare la destinazione d'uso agricola dei nuovi edifici rurali, per almeno venti anni dalla loro ultimazione;
d) a non alienare separatamente dagli edifici rurali le superfici fondiarie alla cui capacità produttiva gli stessi sono riferiti;
e) a realizzare gli interventi di sistemazione ambientale delle pertinenze degli edifici eventualmente non più utilizzabili a fini agricoli, così come individuate dalle convenzioni o dagli atti d'obbligo;
f) a prestare idonee garanzie per la realizzazione degli interventi di cui alle lettere a) ed e) e per la rimozione degli annessi ai sensi dell'articolo 41, comma 9;
g) ad assoggettarsi alle penali, previste nella convenzione o nell'atto d'obbligo, in caso d'inadempimento. In ogni caso le penali non devono essere inferiori al maggior valore determinato dalla inadempienza.
9. L'impegno di cui al comma 8, lettera c) non può essere modificato con le eventuali variazioni del programma di cui al comma 4.
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(26) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 5/R.
Art. 43
Interventi sul patrimonio edilizio con destinazione d'uso agricola.
1. Sul patrimonio edilizio esistente con destinazione d'uso agricola sono consentiti, sempreché non comportino mutamento della destinazione d'uso agricola e salvo i limiti e le condizioni previste dagli strumenti della pianificazione territoriale o dagli atti di governo del territorio del comune, i seguenti interventi:
a) il restauro e risanamento conservativo di cui all'articolo 79, comma 2, lettera c);
b) la ristrutturazione edilizia di cui all'articolo 79, comma 2, lettera d), ivi compresi i trasferimenti di volumetrie, nei limiti del 10 per cento del volume degli edifici aziendali e fino ad un massimo di 600 metri cubi di volume ricostruito;
c) la sostituzione edilizia nei limiti di cui alla lettera b) di cui all'articolo 78, comma 1, lettera h);
d) gli interventi necessari al superamento delle barriere architettoniche ed all'adeguamento degli immobili per le esigenze dei disabili.
2. Nel caso in cui siano realizzati gli interventi edilizi di cui al comma 1, lettere b) ,c) e d) per lo svolgimento delle attività agrituristiche l'imprenditore agricolo si deve impegnare a non modificare la destinazione d'uso agricola degli edifici per venti anni dalla loro realizzazione.
3. Nell'ambito degli interventi di cui al comma 1, sono ammessi interventi di ristrutturazione edilizia comprendenti ampliamenti una tantum fino ad un massimo di 100 metri cubi per ogni abitazione rurale e fino ad un massimo di 300 metri cubi e del 10 per cento del volume esistente sugli annessi agricoli, comunque entro i limiti dimensionali, se inferiori, previsti dagli strumenti urbanistici generali o dagli atti di governo del territorio del comune; tali interventi non devono comportare un aumento delle unità abitative.
4. Sul patrimonio edilizio esistente con destinazione d'uso agricola sono consentiti, previa approvazione del programma aziendale di miglioramento e fermo restando il rispetto delle superfici fondiarie minime previste nel piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, nel regolamento d'attuazione del presente capo (27) i seguenti interventi:
a) ristrutturazioni urbanistiche;
b) trasferimenti di volumetrie, sostituzioni edilizie ed ampliamenti volumetrici non riconducibili alle fattispecie di cui al comma 3 (28);
c) mutamento della destinazione d'uso agricola degli edifici che fanno parte di aziende agricole che mantengono in produzioni superfici fondiarie minime superiori a quelle previste nel piano territoriale di coordinamento o, in mancanza, nel regolamento d'attuazione del presente capo (29).
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(27) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 5/R.
(28) Lettera così corretta con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 27 gennaio 2005, n. 6, parte prima.
(29) Vedi, al riguardo il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 5/R.
Art. 44
Interventi sul patrimonio edilizio esistente con destinazione d'uso non agricola (30).
1. Nelle zone, con esclusiva o prevalente funzione agricola, sugli edifici con destinazione d'uso non agricola sono consentiti interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e risanamento conservativo nonché, ove espressamente previsti dagli atti di governo del territorio dei comuni in coerenza con gli strumenti della pianificazione territoriale, ristrutturazione edilizia, sostituzione edilizia, ristrutturazione urbanistica.
2. Agli interventi sul patrimonio edilizio ed urbanistico esistente, eccedenti la manutenzione ordinaria e straordinaria, si applica la disciplina prevista dall'articolo 45, commi 1, 2, 3 e 4. Agli interventi di restauro e risanamento conservativo tale disciplina si applica una tantum.
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(30) Con Delib.G.R. 5 novembre 2007, n. 777 è stata approvata la circolare illustrativa del presente articolo.
Art. 45
Interventi sul patrimonio edilizio che comportano il mutamento delle destinazioni d'uso agricole.
1. Fermo restando quanto previsto al comma 6 dell'articolo 41, gli interventi che comportano la perdita della destinazione d'uso agricola degli edifici rurali, ivi compresi quelli per i quali siano decaduti gli impegni assunti ai sensi dell'articolo 5 della legge regionale 19 febbraio 1979, n. 10 (Norme urbanistiche transitorie relative alle zone agricole), ai sensi dell'articolo 4 della legge regionale 14 aprile 1995, n. 64 (Disciplina degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia nelle zone con prevalente funzione agricola) e ai sensi dell'articolo 43, sono consentiti previa sottoscrizione di convenzione o atto d'obbligo unilaterale da registrare e trascrivere a cura del comune e a spese del richiedente. La convenzione o l'atto d'obbligo individuano le aree di pertinenza degli edifici.
2. Per le aree di pertinenza di dimensioni non inferiori ad 1 ettaro, nella convenzione o nell'atto d'obbligo i proprietari si impegnano alla realizzazione d'interventi di sistemazione ambientale, fornendo idonee garanzie. Nel caso in cui le spese per la sistemazione ambientale da sostenersi nel primo decennio, contabilizzate a prezzi correnti al momento della formazione del titolo abilitativo risultano inferiori agli oneri da corrispondere ai sensi del comma 3, è dovuta al comune la relativa differenza.
3. Per le aree di pertinenza di dimensioni inferiori ad 1 ettaro, in luogo della convenzione indicata al comma 1, sono corrisposti specifici oneri stabiliti dal comune e connessi al miglioramento ambientale del sistema insediativo, in misura comunque non inferiore alla quota massima prevista per gli interventi di ristrutturazione edilizia e non superiore alla quota minima prevista per gli interventi di nuova edificazione.
4. Gli oneri e gli impegni indicati nei commi 1, 2 e 3 sostituiscono gli oneri di urbanizzazione di cui al titolo VII della presente legge.
5. Gli edifici che mutano la destinazione d'uso agricola sono computati ai fini del dimensionamento degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti del governo del territorio.
Art. 46
Trasferimenti di fondi agricoli.
1. Nel caso di trasferimenti parziali di fondi agricoli attuati al di fuori dei programmi aziendali di miglioramento, a titolo di compravendita o ad altro titolo che consenta il conseguimento di un titolo abilitativo è vietata la realizzazione di nuovi edifici per dieci anni successivi al frazionamento, su tutti i terreni risultanti.
2. Il divieto di edificare di cui al comma 1 non si applica nel caso in cui i rapporti fra superfici fondiarie ed edifici utilizzati per l'attività agricola così come stabiliti dalla provincia in sede di determinazione dei parametri di cui all'articolo 51, comma 2, lettera, e) non siano stati superati su alcuna delle porzioni risultanti. Per i trasferimenti anteriori alla determinazione dei parametri della provincia è fatta salva la possibilità di dimostrare, attraverso il programma aziendale di miglioramento, che l'indispensabilità dei nuovi edifici sussisteva in riferimento all'estensione dell'azienda ed agli edifici in essa esistenti risultanti al momento del trasferimento, ferma restando la possibilità di comprendervi i successivi ampliamenti dell'estensione aziendale.
3. Le disposizioni relative al divieto di edificare si applicano, per la durata dell'affitto e fino ad un massimo di dieci anni, anche agli affitti di fondi rustici nelle fattispecie in cui, ai sensi della normativa vigente, consentano il conseguimento di un titolo abilitativo.
4. Il divieto di cui al comma 1 non si applica:
a) ai trasferimenti in sede di permute di immobili agricoli o di aggiustamenti di confine;
b) ai trasferimenti derivanti obbligatoriamente dall'applicazione di normative comunitarie o nazionali;
c) ai trasferimenti che hanno origine da:
1) risoluzione di contratti di mezzadria o di altri contratti agrari;
2) estinzione di enfiteusi o di servitù prediali;
3) procedure espropriative;
4) successioni ereditarie;
5) divisioni patrimoniali quando la comproprietà del bene si sia formata antecedentemente al 29 aprile 1995;
6) cessazione dell'attività per raggiunti limiti d'età degli imprenditori agricoli professionali (IAP).
5. Costituiscono aggiustamenti di confine, ai fini della presente legge, gli aumenti o le diminuzioni delle superfici aziendali su cui non insistano edifici. Tali superfici devono essere inferiori al 5 per cento delle superfici complessive aziendali e comunque non eccedenti due ettari di superficie agricola utilizzata.
6. Per i trasferimenti di fondi agricoli effettuati prima dell'entrata in vigore della presente legge rimane fermo il divieto di edificazione previsto dall'articolo 3, comma 5 della legge regionale 14 aprile 1995, n. 64 (Disciplina degli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia nelle zone con prevalente funzione agricola).
Art. 47
Boschi e terreni soggetti a vincolo idrogeologico.
1. Per le attività forestali, per la loro pianificazione e per gli interventi da realizzarsi in aree sottoposte a vincolo idrogeologico si applica quanto previsto dalla legge regionale 21 marzo 2000, n. 39 (Legge forestale della Toscana) e dal regolamento relativo.
2. Le opere individuate dal piano antincendi boschivi di cui all'articolo 74 della L.R. n. 39/2000 non necessitano per la loro realizzazione di specifica localizzazione negli strumenti della pianificazione territoriale e sono soggette a denuncia di inizio attività sia ai fini della presente legge, sia ai fini del vincolo idrogeologico.
TITOLO IV
Disposizioni generali per la tutela e l'uso del territorio
Capo III-bis - Disposizioni in materia di porti e approdi turistici (31)
Art. 47-bis
Procedimento per la previsione di nuovi porti, ampliamento o riqualificazione di quelli esistenti.
1. Qualora non inserite nel piano di indirizzo territoriale di cui all'articolo 48, le previsioni di nuovi porti, ampliamento o riqualificazione di quelli esistenti costituiscono variazione del piano di indirizzo territoriale medesimo e sono approvate mediante l'accordo di pianificazione di cui all'articolo 21 tra le amministrazioni territorialmente interessate (32).
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(31) Il presente capo, unitamente agli articoli che lo compongono (articoli 47-bis e 47-ter), è stato aggiunto dall'art. 1, L.R. 20 marzo 2007, n. 15.
(32) Il capo III-bis, unitamente agli articoli che lo compongono (ivi compreso il presente articolo), è stato aggiunto dall'art. 1, L.R. 20 marzo 2007, n. 15.
Art. 47-ter
Piano regolatore portuale.
1. I piani regolatori portuali costituiscono atti di governo del territorio ai sensi dell'articolo 10, comma 1, di competenza del comune e attuano le previsioni degli strumenti della pianificazione territoriale per ognuno dei porti e approdi turistici.
2. I piani regolatori portuali di cui al comma 1 sono attuati mediante i progetti delle opere portuali e consistono nella programmazione e localizzazione degli interventi da realizzare per le funzioni e le specializzazioni che lo scalo marittimo è destinato a svolgere, compresi i servizi connessi.
3. I progetti delle opere dedicate alla nautica da diporto di cui all'articolo 2, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 2 dicembre 1997, n. 509 (Regolamento recante disciplina del procedimento di concessione dei beni del demanio marittimo per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, a norma dell'articolo 20, comma 8, della legge 15 marzo 1997, n. 59), sono conformi al piano regolatore portuale.
4. La realizzazione delle opere di cui al presente articolo è effettuata nel rispetto della disciplina dell'attività edilizia di cui titolo VI (33).
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(33) Il capo III-bis, unitamente agli articoli che lo compongono (ivi compreso il presente articolo), è stato aggiunto dall'art. 1, L.R. 20 marzo 2007, n. 15.
TITOLO V
Atti, soggetti e funzioni
Capo I - Funzioni della Regione
Art. 48
Piano di indirizzo territoriale (34).
1. Lo statuto del territorio di cui all'articolo 5, contenuto nel piano di indirizzo territoriale approvato dalla Regione, in relazione all'ambito regionale individua e definisce:
a) i sistemi territoriali e funzionali che definiscono la struttura del territorio;
b) le invarianti strutturali di cui all'articolo 4;
c) i principi per l'utilizzazione delle risorse essenziali nonché le prescrizioni inerenti ai relativi livelli minimi prestazionali e di qualità;
d) le aree dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 32, comma 2.
2. Lo statuto di cui al comma 1 ha anche valore di piano paesaggistico ai sensi di quanto previsto dall'articolo 33 ed altresì ai sensi di quanto previsto dall'articolo 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, e pertanto individua i beni paesaggistici e la relativa disciplina.
3. Il piano di indirizzo territoriale delinea la strategia dello sviluppo territoriale mediante l'indicazione e la definizione:
a) degli obiettivi del governo del territorio e delle azioni conseguenti;
b) del ruolo dei sistemi metropolitani e dei sistemi delle città, dei sistemi locali e dei distretti produttivi, delle aree caratterizzate da intensa mobilità nonché degli ambiti territoriali di rilievo sovraprovinciale;
c) delle azioni integrate per la tutela e valorizzazione delle risorse essenziali.
4. Ai fini di cui al comma 3, il piano di indirizzo territoriale stabilisce:
a) le prescrizioni relative alla individuazione dei tipi di intervento e dei relativi ambiti territoriali che, per i loro effetti intercomunali, sono oggetto di concertazione fra i vari livelli istituzionali anche in relazione alle forme di perequazione tra comuni;
b) le prescrizioni per il coordinamento delle politiche di settore della Regione in funzione dello sviluppo territoriale;
c) le prescrizioni relative alla individuazione degli ambiti territoriali per la localizzazione di interventi sul territorio di competenza regionale;
c-bis) indirizzi e prescrizioni per la pianificazione delle infrastrutture e dei trasporti, nonché per la programmazione delle azioni per la mobilità e l'accessibilità del territorio (35);
c-ter) la disciplina e gli indirizzi per la realizzazione, la ristrutturazione e la riqualificazione dei porti e degli approdi turistici; in particolare il piano di indirizzo territoriale contiene l'individuazione dei porti e approdi turistici, l'ampliamento e la riqualificazione di quelli esistenti, nonché direttive e standard per la relativa pianificazione e progettazione (36);
d) le misure di salvaguardia immediatamente efficaci, pena di nullità, di qualsiasi atto con esse contrastanti, sino all'adeguamento degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio di comuni e province allo statuto del territorio di cui al comma 1 e alle prescrizioni di cui alle lettere a) e c);
e) le prescrizioni di cui all'articolo 4, comma 7, della legge regionale 17 maggio 1999, n. 28 (Norme per la disciplina del commercio in sede fissa in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n.114) come modificata dalla legge regionale 4 febbraio 2003, n. 10;
f) i comuni tenuti ad adottare il piano di indirizzo e di regolamentazione degli orari ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera d-bis) della L.R. n. 38/1998.
5. Nei casi di cui all'articolo 26, comma 3, la Giunta regionale emana misure di salvaguardia ai sensi e per gli effetti di cui al comma 4, lettera d) del presente articolo.
6. Gli strumenti della pianificazione territoriale dei comuni e delle province e gli atti di governo del territorio degli altri soggetti pubblici, si conformano al piano di indirizzo territoriale.
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(34) Vedi, anche, l'art. 4, comma 1, L.R. 7 febbraio 2005, n. 28.
(35) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, L.R. 20 marzo 2007, n. 15.
(36) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 2, L.R. 20 marzo 2007, n. 15.
Art. 49
Misure cautelari.
1. Il Presidente della Regione può approvare in via eccezionale particolari disposizioni cautelari con l'effetto di sospendere l'efficacia totale o parziale delle parti degli atti con esse contrastanti, nei casi di cui agli articoli 24 e 25 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 67 (Ordinamento del sistema regionale della protezione civile e disciplina della relativa attività) nonché negli altri casi in cui la legge attribuisca alla Regione poteri straordinari connessi a situazioni di necessità e di urgenza.
2. Le misure di cui al comma 1 cessano di avere efficacia non appena hanno raggiunto gli obiettivi per i quali la legge li prevede e comunque non oltre dodici mesi dalla loro adozione.
Art. 50
Poteri sostitutivi.
1. In caso di mancato adeguamento del piano territoriale di coordinamento ovvero degli strumenti e degli atti di cui all'articolo 52 con il piano di indirizzo territoriale nei termini da questo stabiliti, la Giunta regionale esercita i poteri sostitutivi ai sensi dell'articolo 6 della legge regionale 1° dicembre 1998, n. 88 (Attribuzione agli Enti locali e disciplina generale delle funzioni amministrative e dei compiti in materia di urbanistica e pianificazione territoriale, protezione della natura e dell'ambiente, tutela dell'ambiente dagli inquinamenti e gestione dei rifiuti, risorse idriche e difesa del suolo, energia e risorse geotermiche, opere pubbliche, viabilità e trasporti conferite alla Regione dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112) nelle seguenti ipotesi:
a) urgenza nell'esercizio delle competenze regionali di cui al D.Lgs. n. 190/2002;
b) individuazione degli ambiti di cui all'articolo 48, comma 4, lettera c);
c) in tutti gli altri casi previsti dalla legge.
2. Restano fermi, inoltre, i poteri sostitutivi e le relative procedure previste:
a) dall'articolo 22 della legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (Norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati);
b) dagli articoli 9 e 10 della legge regionale 3 novembre 1998, n. 78 (Testo Unico in materia di cave, torbiere, miniere, recupero di aree escavate e riutilizzo di residui recuperabili);
c) dall'articolo 10 della legge regionale 1° dicembre 1998, n. 89 (Norme in materia di inquinamento acustico) da ultimo modificata dalla legge regionale 29 novembre 2004, n. 67;
d) dall'articolo 6, commi 3 e 4 della L.R. n. 28/1999;
e) dall'articolo 8 della legge regionale 6 aprile 2000, n. 54 (Disciplina in materia di impianti di radiocomunicazioni).
TITOLO V
Atti, soggetti e funzioni
Capo II - Funzioni delle province
Art. 51
Piano territoriale di coordinamento.
1. Lo statuto del territorio di cui all'articolo 5, contenuto nel piano territoriale di coordinamento adottato dalla provincia, in relazione al territorio provinciale individua e definisce:
a) i sistemi territoriali e funzionali che definiscono la struttura del territorio;
b) le invarianti strutturali di cui all'articolo 4;
c) i criteri per l'utilizzazione delle risorse essenziali;
d) i relativi livelli minimi prestazionali e di qualità con riferimento a ciascuno dei sistemi territoriali e funzionali di cui alla lettera a);
e) i criteri per la riqualificazione e la valorizzazione dei paesaggi ai sensi degli articoli 32 e 33, nonché l'individuazione e la descrizione degli ambiti paesaggistici di interesse unitario provinciale e i relativi obiettivi di qualità paesaggistica secondo quanto previsto nell'articolo 34, comma 1;
f) gli ambiti paesaggistici di rilievo sovracomunale.
2. Il piano territoriale di coordinamento delinea la strategia dello sviluppo territoriale della provincia mediante l'individuazione:
a) degli obiettivi e degli indirizzi dello sviluppo territoriale con le conseguenti azioni della provincia, sulla base del piano di indirizzo territoriale;
b) della specificazione dei criteri della valutazione integrata ai sensi dell'articolo 14;
c) degli immobili di notevole interesse pubblico di interesse sovracomunale di cui all'articolo 32;
d) degli indirizzi sull'articolazione e sulle linee di evoluzione dei sistemi territoriali di cui alla lettera a) del comma 1, promuovendo la formazione coordinata degli strumenti della pianificazione territoriale;
e) degli indirizzi, i criteri ed i parametri per l'applicazione coordinata delle norme relative al territorio rurale di cui al titolo IV, capo III;
f) dei criteri e degli indirizzi per le trasformazioni dei boschi ai sensi dell'articolo 41 della L.R. n. 39/2000.
3. Ai fini di cui al comma 2 il piano territoriale di coordinamento stabilisce:
a) le prescrizioni per la finalizzazione ed il coordinamento delle politiche di settore e degli strumenti della programmazione della provincia;
b) le prescrizioni degli ambiti territoriali per la localizzazione di interventi di competenza provinciale ai sensi della presente legge e del regolamento di attuazione del presente titolo;
c) le misure di salvaguardia immediatamente efficaci, a pena di nullità di qualsiasi atto comunale con esse contrastanti, sino all'adeguamento degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio dei comuni allo statuto di cui al comma 1 ed alle prescrizioni di cui alla lettera b).
4. Nei casi di cui all'articolo 26, comma 3, la provincia emana misure di salvaguardia ai sensi e per gli effetti di cui al comma 3, lettera c) del presente articolo.
5. Gli strumenti della pianificazione dei comuni e gli atti di governo del territorio di ogni altro soggetto pubblico si conformano al piano territoriale di coordinamento.
TITOLO V
Atti, soggetti e funzioni
Capo III - Funzioni dei comuni
Art. 52
Strumenti e atti del comune.
1. Il comune approva il piano strutturale quale strumento della pianificazione del territorio.
2. Il comune approva, quali atti di governo del territorio, il regolamento urbanistico, i piani complessi di intervento nonché i piani attuativi.
Art. 53
Piano strutturale.
1. Lo statuto del territorio di cui all'articolo 5, contenuto nel piano strutturale, in relazione al territorio comunale, individua e definisce:
a) le risorse che costituiscono la struttura identitaria del territorio comunale definita attraverso l'individuazione dei sistemi e dei sub-sistemi territoriali e funzionali;
b) le invarianti strutturali di cui all'articolo 4;
c) i principi del governo del territorio;
d) i criteri per l'utilizzazione delle risorse essenziali nonché i relativi livelli minimi prestazionali e di qualità con riferimento a ciascuno dei sistemi territoriali e funzionali di cui alla lettera a);
e) la disciplina della valorizzazione del paesaggio, nonché le disposizioni di dettaglio per la tutela dell'ambiente, dei beni paesaggistici e dei beni culturali in attuazione del piano di indirizzo territoriale e del piano territoriale di coordinamento ai sensi degli articoli 33 e 34;
f) le aree e gli immobili dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell'articolo 32, comma 1.
2. Il piano strutturale delinea la strategia dello sviluppo territoriale comunale mediante l'indicazione e la definizione:
a) degli obiettivi e degli indirizzi per la programmazione del governo del territorio;
b) delle unità territoriali organiche elementari che assicurano un'equilibrata distribuzione delle dotazioni necessarie alla qualità dello sviluppo territoriale;
c) delle dimensioni massime sostenibili degli insediamenti nonché delle infrastrutture e dei servizi necessari per le unità territoriali organiche elementari, sistemi e sub-sistemi nel rispetto del piano di indirizzo territoriale e del regolamento regionale, nonché sulla base degli standard di cui al decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione di nuovi strumenti urbanistici e della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell'art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) e sulla base e nel rispetto delle quantità complessive minime fissate dall'articolo 41-sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) come da ultimo modificato dalla legge 24 marzo 1989, n. 122;
d) delle aree di cui all'articolo 48, comma 4, lettera c) e all'articolo 51, comma 3, lettera b) con efficacia immediata;
e) delle prescrizioni per gli atti di cui all'articolo 52, comma 2 e degli atti comunali di cui all'articolo 10, comma 2;
f) dei criteri di individuazione delle aree connotate da condizioni di degrado;
g) della disciplina della valutazione integrata ai sensi dell'articolo 14;
h) delle misure di salvaguardia, di durata non superiore a tre anni, da rispettare sino all'approvazione o all'adeguamento del regolamento urbanistico.
3. Il piano strutturale contiene inoltre:
a) il quadro conoscitivo idoneo a individuare, valorizzare o recuperare le identità locali integrandosi, a tale scopo con quello delle risorse individuate dal piano territoriale di coordinamento;
b) la ricognizione delle prescrizioni del piano territoriale di coordinamento e del piano di indirizzo territoriale;
c) i criteri per l'adeguamento alle direttive di urbanistica commerciale di cui all'articolo 48, comma 4, lettera e).
4. Le prescrizioni di cui al comma 2, lettera e) definiscono e individuano:
a) le quantità, con riferimento alle unità territoriali organiche elementari, sistemi e sub-sistemi, da rispettare con il regolamento urbanistico, nonché i relativi livelli prestazionali da garantire nella progressiva attuazione della strategia di sviluppo territoriale;
b) gli interventi da realizzare mediante i piani complessi di cui all'articolo 56;
c) i criteri e la disciplina per la progettazione degli assetti territoriali.
Art. 54
Poteri di deroga.
1. I poteri di deroga al regolamento urbanistico sono esercitabili esclusivamente nel rispetto di entrambe le seguenti condizioni:
a) purché si operi nei limiti fissati dalle leggi e con esclusivo riferimento ai parametri dimensionali dell'intervento concernenti altezze, superfici, volumi e distanze;
b) per la realizzazione di interventi urgenti ammessi a finanziamento pubblico, finalizzati alla tutela della salute e dell'igiene pubblica, a recupero di condizioni di agibilità e accessibilità di infrastrutture e di edifici pubblici e privati, nonché alla salvaguardia dell'incolumità pubblica e privata, che si siano resi necessari in conseguenza di calamità naturali o catastrofi, o di eventi naturali o connessi con l'attività dell'uomo, rilevanti ai fini dell'attività di protezione civile.
Art. 55
Regolamento urbanistico.
1. Il regolamento urbanistico disciplina l'attività urbanistica ed edilizia per l'intero territorio comunale; esso si compone di due parti:
a) disciplina per la gestione degli insediamenti esistenti;
b) disciplina delle trasformazioni degli assetti insediativi, infrastrutturali ed edilizi del territorio.
2. La disciplina di cui al comma 1 lettera a) individua e definisce:
a) il quadro conoscitivo dettagliato ed aggiornato periodicamente del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente e delle funzioni in atto;
b) il perimetro aggiornato dei centri abitati inteso come delimitazione continua che comprende tutte le aree edificate e i lotti interclusi;
c) la disciplina dell'utilizzazione, del recupero e della riqualificazione del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente, compresa la tutela e la valorizzazione degli edifici e dei manufatti di valore storico e artistico;
d) le aree all'interno del perimetro dei centri abitati nelle quali è permessa l'edificazione di completamento o di ampliamento degli edifici esistenti;
e) le aree per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria nel rispetto degli standard di cui all'articolo 53, comma 2, lettera c);
f) la disciplina del territorio rurale ai sensi del titolo IV, capo III;
g) la disciplina delle trasformazioni non materiali del territorio;
h) la valutazione di fattibilità idrogeologica degli interventi anche ai fini del vincolo idrogeologico di cui alla L.R. n. 39/2000 in base all'approfondimento degli studi di natura idrogeologica, geologica ed idraulica;
i) le aree e gli ambiti sui quali perseguire prioritariamente la riqualificazione insediativa.
3. La disciplina delle trasformazioni non materiali del territorio di cui alla lettera g) del comma 2 detta criteri di coordinamento tra le scelte localizzative, la regolamentazione della mobilità e della accessibilità, gli atti di competenza del comune in materia di orari e la disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni di cui all'articolo 58.
4. Mediante la disciplina di cui al comma 1 lettera b), il regolamento urbanistico individua e definisce:
a) gli interventi di addizione agli insediamenti esistenti consentiti anche all'esterno del perimetro dei centri abitati;
b) gli ambiti interessati da interventi di riorganizzazione del tessuto urbanistico;
c) gli interventi che, in ragione della loro complessità e rilevanza, si attuano mediante i piani di cui al presente titolo, capo IV, sezione I;
d) le aree destinate all'attuazione delle politiche di settore del comune;
e) le infrastrutture da realizzare e le relative aree;
f) il programma di intervento per l'abbattimento delle barriere architettoniche ed urbanistiche, contenente il censimento delle barriere architettoniche nell'ambito urbano e la determinazione degli interventi necessari al loro superamento, per garantire un'adeguata fruibilità delle strutture di uso pubblico e degli spazi comuni delle città;
g) la individuazione dei beni sottoposti a vincolo ai fini espropriativi ai sensi degli articoli 9 e 10 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità);
h) la disciplina della perequazione di cui all'articolo 60.
5. Le previsioni di cui al comma 4 ed i conseguenti vincoli preordinati alla espropriazione sono dimensionati sulla base del quadro previsionale strategico per i cinque anni successivi alla loro approvazione; perdono efficacia nel caso in cui, alla scadenza del quinquennio dall'approvazione del regolamento o dalla modifica che li contempla, non siano stati approvati i conseguenti piani attuativi o progetti esecutivi.
6. Nei casi in cui il regolamento urbanistico preveda la possibilità di piani attuativi di iniziativa privata, la perdita di efficacia di cui al comma 5 si verifica allorché entro cinque anni non sia stata stipulata la relativa convenzione ovvero i proponenti non abbiano formato un valido atto unilaterale d'obbligo a favore del comune.
7. Alla scadenza di ogni quinquennio dall'approvazione del regolamento urbanistico, il comune redige una relazione sul monitoraggio degli effetti di cui all'articolo 13.
Art. 56
Piani complessi d'intervento.
1. Il comune, in conformità col piano strutturale, può adottare il piano complesso per le trasformazioni del territorio che richiedano l'esecuzione programmata e contestuale di interventi pubblici e privati; per l'attuazione delle previsioni del piano strutturale di cui all'articolo 53, comma 4, lettera b), il ricorso a tale piano è obbligatorio.
2. Il piano complesso d'intervento individua e definisce:
a) le risorse del territorio utilizzate;
b) la valutazione integrata e il monitoraggio degli effetti del governo del territorio ai sensi del regolamento urbanistico;
c) la fattibilità economico-finanziaria delle trasformazioni in esso previste con particolare riferimento alla programmazione delle risorse finanziarie del comune;
d) le aree e gli ambiti sui quali operare la riqualificazione insediativa;
e) la disciplina della perequazione di cui all'articolo 60;
f) i beni eventualmente da espropriare;
g) gli impegni giuridicamente vincolanti che dovranno essere assunti dai soggetti privati che intendono partecipare alla realizzazione del piano.
3. Il piano complesso di intervento si avvale della valutazione integrata.
Art. 57
Efficacia del piano complesso d'intervento.
1. L'efficacia del piano complesso d'intervento:
a) è limitata alla permanenza in carica della giunta comunale che l'ha promosso e si intende prorogata non oltre i diciotto mesi dall'entrata in carica della nuova giunta comunale, salvo diversa determinazione del comune;
b) cessa se, entro il termine di cui alla lettera a), non siano stati richiesti i permessi di costruire, ovvero non siano stati approvati i conseguenti progetti esecutivi delle opere pubbliche o i relativi piani attuativi in esso previsti;
c) nel caso in cui siano consentiti piani d'iniziativa privata, la perdita di efficacia si produce se non sia stata stipulata, entro il termine di cui alla lettera a), la relativa convenzione ovvero i proponenti non abbiano formato un valido atto unilaterale d'obbligo a favore del comune.
2. Al piano complesso d'intervento contenente gli elaborati necessari previsti si applicano le norme concernenti i piani attuativi di cui al presente titolo, capo IV, sezione I. Qualora non contenga gli elaborati necessari suddetti, si applicano gli articoli 16 e 17.
3. Il piano complesso d'intervento integra il regolamento urbanistico con efficacia limitata al periodo della propria validità.
Art. 58
Distribuzione e localizzazione delle funzioni.
1. La disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni regola i mutamenti delle destinazioni d'uso degli immobili, ivi comprese le aree di pertinenza degli edifici esistenti e i terreni inedificati nonché la suddivisione del territorio secondo le unità territoriali organiche elementari o parti di esse, costituenti unità minime d'intervento per riqualificare gli insediamenti esistenti.
2. Per consentire il controllo della distribuzione delle funzioni d'interesse collettivo e di servizio ai residenti, nell'ambito del perimetro dei centri abitati come definito dall'articolo 55 comma 2 lettera b), le unità minime d'intervento di cui al comma 1 non sono superiori ai cinquanta ettari.
3. Con riferimento a ciascun ambito la disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni individua e definisce:
a) le funzioni non ammesse anche in relazione a singoli complessi immobiliari, a singoli immobili o a parti di essi;
b) le quantità massime e minime per ciascuna funzione in relazione alle reciproche compatibilità;
c) i mutamenti di destinazione comunque soggetti a titolo abilitativo;
d) le condizioni per la localizzazione delle funzioni in determinate parti degli ambiti;
e) specifiche fattispecie o aree determinate nelle quali il mutamento delle destinazioni d'uso degli immobili, in assenza di opere edilizie, è sottoposto a denuncia di inizio dell'attività.
4. La disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni ha validità quinquennale.
5. Per la approvazione della disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni si applicano le procedure previste dall'articolo 69 anche contestualmente alle procedure di approvazione del regolamento urbanistico.
Art. 59
Mutamenti della destinazione d'uso.
1. Ai sensi dell'articolo 58, comma 1 e comma 3, lettere c) ed e), sono comunque considerati mutamenti di destinazione d'uso i passaggi dall'una all'altra delle seguenti categorie:
a) residenziale;
b) industriale e artigianale;
c) commerciale;
d) turistico-ricettiva;
e) direzionale;
f) di servizio;
g) commerciale all'ingrosso e depositi;
h) agricola e funzioni connesse ai sensi di legge.
2. Fermo restando quanto previsto al comma 1, si ha mutamento di destinazione d'uso quando sia variata l'utilizzazione attuale di una unità immobiliare in modo tale da interessare oltre il 35 per cento della superficie utile dell'unità stessa o comunque oltre trenta metri quadrati, anche con più interventi successivi.
3. Si presume destinazione d'uso attuale ai fini della presente legge quella risultante da atti pubblici ovvero da atti in possesso della pubblica amministrazione formati in data anteriore alla entrata in vigore della disciplina di cui all'articolo 58, ovvero, in mancanza, dalla posizione catastale quale risulta alla data di entrata in vigore della disciplina stessa.
Art. 60
Perequazione.
1. La perequazione urbanistica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi individuati dagli strumenti della pianificazione territoriale ed alla equa distribuzione dei diritti edificatori per tutte le proprietà immobiliari ricomprese in ambiti oggetto di trasformazione urbanistica.
2. La distribuzione dei diritti edificatori è effettuata in base alle limitazioni all'edificabilità derivanti dagli strumenti della pianificazione territoriale e dagli atti di governo del territorio.
3. La distribuzione dei diritti edificatori di cui al comma 2 tiene conto anche delle condizioni fisiche del territorio nonché dei vincoli derivanti dalle leggi in vigore.
Art. 61
Misure di salvaguardia.
1. Il comune sospende ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire quando siano in contrasto con lo strumento della pianificazione territoriale o degli atti di governo del territorio adottati ovvero con le misure cautelari di cui all'articolo 49.
2. Nei casi di cui al comma 1, è sospesa l'efficacia delle denunce di inizio di attività per le quali non sia decorso il termine dei venti giorni dalla presentazione.
3. La sospensione di cui ai commi 1 e 2 opera fino alla efficacia dello strumento della pianificazione territoriale o dell'atto di governo del territorio e comunque non oltre tre anni dal relativo provvedimento di adozione.
Art. 62
Indagini geologiche.
1. In sede di formazione del piano strutturale e delle sue modifiche sono effettuate indagini atte a verificare la pericolosità del territorio sotto il profilo geologico sulla base delle caratteristiche dei terreni, delle rocce e della stabilità dei pendii ai sensi del decreto ministeriale 11 marzo 1988 (Norme tecniche riguardanti le indagini sui terreni e sulle rocce, la stabilità dei pendii naturali e delle scarpate, i criteri generali e le prescrizioni per la progettazione, l'esecuzione e il collaudo delle opere di sostegno delle terre e delle opere di fondazione) nonché sotto il profilo idraulico sulla base dell'alluvionabilità dei terreni ed, infine, per la valutazione degli effetti locali e di sito in relazione all'obiettivo della riduzione del rischio sismico.
2. In sede di formazione del regolamento urbanistico, dei piani complessi di intervento nonché dei piani attuativi sono effettuate, ai sensi del comma 1, indagini ed approfondimenti al quadro conoscitivo atte a verificare la fattibilità delle previsioni.
3. I tecnici abilitati certificano l'adeguatezza delle indagini di cui ai commi 1 e 2 ed i progettisti attestano la compatibilità degli elaborati progettuali a dette indagini.
4. Le indagini di cui ai commi 1 e 2, prima dell'adozione dei provvedimenti, sono depositate presso strutture regionali competenti che provvedono al controllo delle stesse.
5. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Regione emana direttive tecniche per specificare le indagini di cui ai commi 1 e 2 e le modalità dei relativi controlli (37).
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(37) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 27 aprile 2007, n. 26/R.
Art. 63
Aree non pianificate.
1. Le aree non pianificate sono quelle per le quali sia intervenuta la decadenza della disciplina pianificatoria.
2. Se esterne al perimetro aggiornato dei centri abitati, come definito ai sensi dell'articolo 55 comma 2, lettera b), nelle aree non pianificate sono consentiti esclusivamente gli interventi previsti dalla presente legge per il territorio a prevalente o esclusiva funzione agricola.
3. Nelle aree non pianificate interne al perimetro di cui al comma 2, sono consentiti esclusivamente gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria, di restauro e di risanamento conservativo senza mutamento delle destinazioni d'uso.
4. Sono fatte salve le norme a tutela del suolo, dell'ambiente, dell'igiene, della sicurezza dei cittadini, del patrimonio storico, artistico e culturale.
Art. 64
Regolamenti edilizi.
1. I regolamenti edilizi comunali dettano norme in tema di modalità costruttive, ornato pubblico ed estetica, igiene, sicurezza e vigilanza.
2. Le norme dei regolamenti edilizi comunali non possono in alcun caso costituire variante agli strumenti della pianificazione territoriale.
TITOLO V
Atti, soggetti e funzioni
Capo IV - Finalità, contenuti e procedure di approvazione dei piani attuativi
Sezione I - Norme comuni per i piani attuativi
Art. 65
Piani attuativi.
1. I piani attuativi costituiscono strumenti urbanistici di dettaglio di attuazione del regolamento urbanistico o dei piani complessi di intervento ai fini del coordinamento degli interventi sul territorio.
2. Ciascun piano attuativo può avere, in rapporto agli interventi previsti, i contenuti e l'efficacia di uno o più dei piani o programmi di cui al titolo V, capo IV, sezione II.
3. L'atto di approvazione del piano attuativo individua le disposizioni legislative di riferimento e i beni soggetti ad espropriazione secondo le procedure e le modalità di cui al D.P.R. n. 327/2001 e alla legge regionale sugli espropri.
4. Nei casi in cui contrastino con gli strumenti comunali ad essi sovraordinati, i piani attuativi sono adottati ed approvati contestualmente alle varianti a tali strumenti.
5. Il comune può subordinare la realizzazione degli interventi, previsti dal regolamento urbanistico o dai piani complessi d'intervento, alla approvazione dei piani attuativi.
6. Nella formazione dei piani attuativi il comune attua la concertazione fra i soggetti pubblici e privati che partecipano all'attuazione di ciascun piano.
Art. 66
Consorzi per la realizzazione dei piani attuativi.
1. Per la realizzazione degli interventi dei piani attuativi di cui all'articolo 65 per i quali è ammessa l'iniziativa privata, i proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore dei beni calcolata in base all'imponibile catastale, ricompresi nel piano attuativo, hanno titolo a costituire il consorzio per la presentazione al comune delle proposte di realizzazione dell'intervento e del conseguente schema di convenzione.
2. Il comune invita i proprietari non aderenti al consorzio di cui al comma 1 ad attuare le indicazioni del piano mediante l'adesione alla convenzione, assegnando un temine non inferiore a sessanta giorni. Decorso inutilmente il termine assegnato, il comune procede a diffidare gli stessi, assegnando un termine non inferiore a trenta giorni. La procedura descritta deve essere completata entro il termine massimo di centottanta giorni.
3. Decorso senza esito il termine di cui al comma 2, rientrano tra i beni soggetti ad espropriazione di cui all'articolo 65, comma 3, gli immobili dei proprietari non aderenti al consorzio.
Art. 67
Contenuto dei piani attuativi.
1. I piani attuativi contengono:
a) i progetti delle opere d'urbanizzazione primaria e secondaria:
b) l'indicazione delle masse e delle altezze delle costruzioni lungo le strade e piazze;
c) la determinazione degli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico;
d) l'identificazione degli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro o a bonifica edilizia;
e) l'individuazione delle suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano;
f) il dettaglio, mediante l'indicazione dei relativi dati catastali, delle eventuali proprietà da espropriare o da vincolare secondo le procedure e modalità delle leggi statali e dell'articolo 66;
g) la specificazione della profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione sia necessaria per integrare le finalità delle medesime opere e per soddisfare prevedibili esigenze future;
h) ogni altro elemento utile a definire adeguatamente gli interventi previsti ed il loro inserimento nel contesto di riferimento.
2. Il piano attuativo è inoltre corredato:
a) dal quadro conoscitivo di riferimento;
b) dalla normativa tecnica di attuazione;
c) dalla relazione illustrativa;
d) da una relazione di fattibilità.
Art. 68
Validità dei piani attuativi.
1. Contestualmente all'atto di approvazione il comune fissa il termine, non superiore a dieci anni, entro il quale il piano attuativo è realizzato ed i termini entro i quali sono operate le eventuali espropriazioni ai sensi dell'articolo 66.
2. L'approvazione del piano costituisce dichiarazione di pubblica utilità delle opere od impianti di interesse pubblico dallo stesso individuate.
3. Decorso il termine di cui al comma 1, il piano diventa inefficace per la parte in cui non abbia avuto attuazione.
4. Nel caso di cui al comma 3 permane l'obbligo di osservare nella costruzione di nuovi edifici e nella modificazione di quelli esistenti gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabiliti dal piano attuativo.
5. I piani attuativi, previsti dal piano complesso d'intervento e approvati durante il suo periodo di validità, non perdono efficacia oltre il periodo di validità del piano complesso.
Art. 69
Approvazione dei piani attuativi.
1. Sono approvati con le procedure di cui al presente articolo i piani attuativi conformi alle previsioni dei regolamenti urbanistici ovvero dei piani complessi di cui all'articolo 56.
2. Dopo l'adozione da parte del comune, il piano attuativo è trasmesso in copia alla provincia ed è depositato senza ritardo nella casa comunale per quarantacinque giorni, durante i quali chiunque ha facoltà di prenderne visione e presentare osservazioni.
3. Del deposito di cui al comma 2 è data notizia mediante pubblicazione di apposito avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione.
4. Mediante la trasmissione dei relativi atti, alla provincia è data notizia dell'adozione del piano attuativo e del relativo deposito così come dell'atto di approvazione di cui al comma 5.
5. Decorsi i termini di cui al comma 2, il comune approva il piano attuativo motivando le determinazioni assunte in relazione alle osservazioni presentate.
6. Il piano attuativo è efficace dalla pubblicazione dell'avviso di approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
7. Ai piani attuativi non conformi al piano strutturale si applicano le procedure di cui al titolo II, capo II.
TITOLO V
Atti, soggetti e funzioni
Capo IV - Finalità, contenuti e procedure di approvazione dei piani attuativi
Sezione II - Piani attuativi particolari
Art. 70
Lottizzazioni.
1. I comuni dotati di piano strutturale e regolamento urbanistico possono autorizzare la lottizzazione di terreno a scopo edilizio.
2. L'autorizzazione comunale è subordinata alla stipula di una convenzione fra comune e proprietari, da trascriversi a cura di questi ultimi, che contenga:
a) la cessione gratuita entro termini prestabiliti delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria, nonché la cessione gratuita delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione secondaria nei limiti di cui alla lettera b);
b) l'assunzione, a carico dei proprietari, degli oneri relativi alle opere di urbanizzazione primaria e di una quota parte delle opere di urbanizzazione secondaria relative alla lottizzazione o di quelle opere che siano necessarie per allacciare la zona ai pubblici servizi; la quota è determinata in proporzione all'entità e alle caratteristiche degli insediamenti delle lottizzazioni;
c) i termini non superiori ai dieci anni entro i quali deve essere ultimata l'esecuzione delle opere;
d) congrue garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione.
3. L'efficacia dei titoli abilitativi all'edificazione nell'ambito dei singoli lotti è subordinata alla presenza o all'impegno alla contemporanea esecuzione delle opere di urbanizzazione primaria, relativo all'intero piano.
Art. 71
Piani per l'edilizia economica e popolare.
1. I comuni possono dotarsi di un piano per la realizzazione di alloggi a carattere economico o popolare nonché delle relative opere di urbanizzazione, ai sensi della legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire l'acquisizione di aree fabbricabili per l'edilizia economica e popolare).
2. L'estensione delle zone da includere nei piani è determinata in relazione alle esigenze dell'edilizia economica e popolare per un decennio, in misura massima del settanta per cento di quella necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel periodo considerato.
3. Le aree da includere nei piani sono scelte tra le aree destinate ad edilizia residenziale nei regolamenti urbanistici.
4. L'approvazione dei piani equivale a dichiarazione di indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste.
Art. 72
Piani per gli insediamenti produttivi.
1. I comuni possono formare un piano delle aree da destinare a insediamenti industriali, artigianali, commerciali e turistici ai sensi dell'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sull'espropriazione per pubblica utilità; modifiche ed integrazioni alla L. 17 agosto 1942, n. 1150; L. 18 aprile 1962, n. 167; L. 29 settembre 1964, n. 847); in tal caso, con riferimento agli insediamenti commerciali, il piano costituisce attuazione delle prescrizioni di cui all'articolo 48, comma 4, lettera e).
2. Le aree da comprendere nel piano di cui al comma 1 sono individuate nell'ambito delle zone destinate a insediamenti produttivi dai regolamenti urbanistici.
3. Il comune espropria le aree di cui al comma 1 con le modalità e procedure di cui all'articolo 66.
4. La concessione del diritto di superficie ha una durata non inferiore a sessanta anni e non superiore a novantanove anni salvo nel caso in cui sia effettuata a favore di enti pubblici per la realizzazione di impianti e servizi pubblici occorrenti nella zona delimitata dal piano, per i quali è a tempo indeterminato.
5. Contestualmente all'atto della costituzione del diritto di superficie ovvero all'atto di cessione della proprietà dell'area, tra il comune e il superificiario ovvero il proprietario, è stipulata una convenzione con la quale sono stabiliti gli oneri a carico del superficiario o dell'acquirente e le sanzioni in caso di inosservanza.
6. L'approvazione dei piani equivale a dichiarazione di indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste.
Art. 73
Piani di recupero del patrimonio edilizio.
1. I piani di recupero del patrimonio edilizio attuano il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree all'interno degli ambiti connotati da condizioni di degrado individuate dal regolamento urbanistico, anche attraverso interventi di completamento, di sostituzione edilizia o di ristrutturazione urbanistica, individuando le unità minime di intervento.
2. Le unità minime di intervento di cui al comma 1 sono costituite dall'insieme di edifici e di aree libere sulle quali il piano interviene in modo unitario e contestuale.
3. Il piano di recupero comprende la disciplina tecnica per il recupero degli immobili, dei complessi edilizi, degli isolati e delle aree di cui al comma 1 del presente articolo.
Art. 74
Programmi complessi di riqualificazione insediativa.
1. I programmi complessi di riqualificazione insediativa costituiscono strumenti di programmazione attuativa assimilati a piani attuativi, e sono finalizzati al recupero e alla riqualificazione degli insediamenti esistenti anche attraverso interventi di nuova edificazione. Tali programmi, puntando sulle qualità delle prestazioni del sistema insediativo, si caratterizzano per una pluralità di funzioni, di tipologie d'intervento e di operatori, con il coinvolgimento di risorse pubbliche e private.
2. I programmi complessi di riqualificazione insediativa sono localizzati all'interno degli ambiti di cui all'articolo 55, comma 2, lettera i).
3. I programmi di riqualificazione insediativa ricomprendono in particolare:
a) programmi integrati di intervento di cui all'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179 (Norme per l'edilizia residenziale pubblica);
b) programmi di recupero urbano di cui all'articolo 11 del decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398 (Disposizioni per l'accelerazione degli investimenti a sostegno dell'occupazione e per la semplificazione dei procedimenti in materia edilizia) convertito nella legge 4 dicembre 1993, n. 493;
c) ogni altro programma di riqualificazione insediativi comunque denominato, individuato ai sensi della legge statale.
4. I programmi complessi di riqualificazione insediativa contengono:
a) uno studio di fattibilità degli interventi, con particolare riferimento ai tempi di cantierabilità;
b) il progetto preliminare degli interventi pubblici e privati che il soggetto proponente, diverso dall'amministrazione comunale, si dichiari disposto a realizzare;
c) la valutazione degli effetti sui sistemi insediativo, ambientale, paesaggistico, della mobilità, sociale ed economico che la realizzazione degli interventi proposti comportano;
d) i termini di inizio ed ultimazione dei lavori nonché l'individuazione dei beni soggetti ad espropriazione ai sensi dell'articolo 66.
TITOLO V
Atti, soggetti e funzioni
Capo IV - Finalità, contenuti e procedure di approvazione dei piani attuativi
Sezione III - Regolamento di attuazione
Art. 75
Regolamento di attuazione (38).
1. Entro trecentosessantacinque giorni dall'entrata in vigore della presente legge la Regione approva un regolamento di attuazione delle disposizioni del presente titolo.
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(38) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.G.R. 9 febbraio 2007, n. 3/R.
TITOLO X
Disposizioni transitorie e finali
Capo I - Norme transitorie relative al titolo V
Art. 205
Poteri di deroga.
1. I comuni esercitano i poteri di deroga agli atti strumenti della pianificazione territoriale e agli atti di governo del territorio adottati ai sensi della L.R. n. 5/1995 da ultimo modificata dalla legge regionale 15 maggio 2001, n. 23, nel rispetto di entrambe le seguenti condizioni:
a) per interventi pubblici o d'interesse pubblico da realizzarsi anche a cura dei privati, purché tali interventi siano previsti su zone precedentemente destinate dal piano strutturale a funzioni pubbliche, o di interesse pubblico;
b) nel rispetto dei limiti fissati dalle leggi e con esclusivo riferimento ai parametri dimensionali di intervento (altezze, superfici, volumi e distanze).
Art. 206
Disposizioni transitorie relative alle indagini geologiche.
1. Fino al momento dell'emanazione delle direttive tecniche di cui all'articolo 62, comma 5 si applicano la legge 17 aprile 1984, n. 21 (Norme per la formazione e l'adeguamento degli strumenti urbanistici ai fini della prevenzione del rischio sismico, in attuazione dell'articolo 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741) e la L. n. 183/1989.
Art. 206-bis
Disposizioni transitorie relative al titolo VI, capo V.
1. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 117 si applicano le disposizioni contenute nella decisione della Giunta regionale 30 dicembre 1982, n. 514 (Legge regionale 6 dicembre 1982, n. 88 - Disposizioni agli uffici regionali del genio civile circa il deposito dei progetti e le modalità di controllo) e nella Delib.C.R. 1° febbraio 1983, n. 75 (Legge regionale 6 dicembre 1982, n. 88 - Criteri per la scelta del campione da sottoporre a controllo), in quanto compatibili con la presente legge.
2. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 117, le disposizioni di cui al comma 1, in quanto compatibili con la presente legge, si applicano anche con riferimento agli interventi da autorizzare ai sensi dell'articolo 105. In particolare si fa riferimento a tali disposizioni:
a) per le modalità di presentazione dei progetti relativi alle opere da autorizzare ai sensi dell'articolo 105;
b) per l'indicazione degli elaborati progettuali da allegare alla richiesta di autorizzazione.
3. Fino alla data di entrata in vigore della deliberazione di cui all'articolo 105-ter, comma 5 resta in vigore la Delib.G.R. 16 giugno 2003, n. 604 (67).
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(67) Articolo aggiunto dall'art. 16, L.R. 21 giugno 2006, n. 24.
Art. 207
Disposizioni transitorie relative alla validità dei piani per l'edilizia economica e popolare ed i piani per gli insediamenti produttivi vigenti.
1. I piani per l'edilizia economica e popolare ed i piani per gli insediamenti produttivi vigenti mantengono la loro validità per il periodo già determinato in base alle norme vigenti prima dell'entrata in vigore della presente legge.
TITOLO X
Disposizioni transitorie e finali
Capo II - Norme finali
Art. 208
Disposizioni sull'applicazione della legge.
1. La presente legge costituisce il complesso delle norme di riferimento sul governo del territorio; eventuali deroghe o modifiche alle disposizioni in essa contenute devono essere introdotte esclusivamente mediante espressa modificazione.
2. Alla formazione degli strumenti della pianificazione territoriale e degli atti di governo del territorio che alla data di entrata in vigore della presente legge risultino adottati si applicano le norme previste dalle leggi regionali precedentemente vigenti.
3. Nei casi di cui al comma 2 è fatta salva la facoltà dell'amministrazione competente di dare luogo all'applicazione immediata delle disposizioni della presente legge.
Art. 209
Disposizioni finanziarie.
1. Agli oneri di cui alla presente legge si fa fronte con le risorse annualmente stabilite con legge di bilancio nell'ambito delle seguenti unità previsionali di base (UPB):
a) UPB 341 (Azioni di sistema per il governo del territorio - spese di investimento);
b) UPB 342 (Sistemi informativi, attività conoscitive e di informazione in campo territoriale - spese di investimento);
c) UPB 343 (Sistemi informativi, attività conoscitive e di informazione in campo territoriale - spese correnti).
1-bis. Agli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 30, comma 2, e dagli interventi regionali di cui all'articolo 35-bis si fa fronte con le risorse annualmente stanziate nella UPB 631 "Promozione e sviluppo della cultura - spese correnti (68).
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(68) Comma aggiunto dall'art. 18 della L.R. 27 dicembre 2005, n. 70.
Art. 210
Entrata in vigore differita.
1. Le disposizioni di cui al titolo II, capo I, si applicano dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 11, comma 5 (69).
2. Le disposizioni di cui al titolo IV, capo III, si applicano dalla data di entrata in vigore del regolamento di attuazione dello stesso capo, con l'eccezione dell'articolo 47 (70).
3. Le disposizioni di cui all'articolo 62, comma 1 si applicano dall'emanazione delle direttive tecniche di cui all'articolo 62, comma 5 (71).
4. Le disposizioni di cui al titolo V, capo IV, si applicano dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 75, con l'eccezione dell'articolo 69 (72).
4-bis. [Le disposizioni di cui al titolo VI, capo V, si applicano dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 117] (73).
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(69) Comma così corretto con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 27 gennaio 2005, n. 6, parte prima.
(70) Comma così corretto con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 27 gennaio 2005, n. 6, parte prima.
(71) Comma così corretto con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 27 gennaio 2005, n. 6, parte prima.
(72) Comma così corretto con avviso di rettifica pubblicato nel B.U. 27 gennaio 2005, n. 6, parte prima.
(73) Comma aggiunto dall'art. 2, L.R. 26 gennaio 2005, n. 15, poi abrogato dall'art. 17, L.R. 21 giugno 2006, n. 24.
Allegato A
Tabelle parametriche per classi di comuni, per la determinazione dell'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria e della percentuale del costo di costruzione (articolo 120)
Le tabelle A1 (a, b), A2 (a, b), A3 (a, b), A4 (a, b) definiscono l'incidenza dei costi medi regionali riferiti ad unità di utenza differenziate secondo i tipi di intervento, residenziale, industriale, artigianale, commerciale, direzionale turistico ed a centri commerciali all'ingrosso.
I costi medi riportati, nelle suddette tabelle non comprendono le spese per la realizzazione delle reti di distribuzione dell'energia elettrica e del gas che dovranno essere determinate per ogni insediamento di volta in volta in relazione all'entità della richiesta di utenza ponendola a carico dei lottizzanti o dei concessionari.
Per quanto concerne gli insediamenti industriali ed artigianali relativi ai settori alimentare, tessile, calzaturiero, chimico ed affini, cartiero e cartotecnico, si applica il valore stabilito per la generalità degli altri insediamenti, quando siano adottati cicli tecnologici comportanti il recupero ed il riciclo delle acque in misura superiore al 30% del fabbisogno.
La tabella A5 indica per tutte le classi di comuni l'incidenza degli oneri di urbanizzazione secondaria distinti per ogni tipo di opere.
La tabella B, individua i parametri per classi di comuni, relativi:
- all'ampiezza ed all'andamento demografico dei comuni;
- alle caratteristiche geografiche dei comuni;
in base ai quali si determina il coefficiente moltiplicativo. Applicando il coefficiente specifico indicato per ciascun Comune nella tabella B, ai valori medi regionali di cui alla tabella A, si determinano per ogni Comune le incidenze delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
La tabella C definisce i coefficienti relativi ai parametri da applicare ai costi comunali delle urbanizzazioni primaria e secondaria.
L'incidenza degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, la cui determinazione spetta ai comuni per il proprio territorio, risulta moltiplicando i valori di cui alla tabella A per il coefficiente moltiplicativo assegnato ad ogni comune nella tabella B ed applicando al risultato così ottenuto i coefficienti indicati nella tabella C.
La tabella D stabilisce la quota di contributo afferente al costo di costruzione.
(si omettono le tabelle)