Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento ambiente | ||||
Altri Autori: | Servizio Studi - Documentazione in materia regionale | ||||
Titolo: | Il governo del territorio - Schede di lettura e normativa regionale - tomo I | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 21 | ||||
Data: | 29/10/2008 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Documentazione e ricerche |
Il governo del territorio |
Schede di lettura e normativa regionale |
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n. 21 |
Tomo I |
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29 ottobre 2008 |
Il presente dossier è composto dai seguenti volumi:
n. 21 tomo I (Schede di lettura e normativa regionale)
n. 21 tomo II e III (Normativa regionale)
n. 21/1 (documentazione)
SIWEB
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File: Am0026.doc
INDICE
TOMO I
Schede di lettura
§ Premessa 3
§ Abruzzo 3
§ Basilicata 5
§ Calabria 7
§ Campania 9
§ Emilia Romagna 11
§ Friuli Venezia Giulia 12
§ Lazio 14
§ Liguria 15
§ Lombardia 17
§ Marche 19
§ Piemonte 20
§ Puglia 21
§ Sardegna 23
§ Sicilia 24
§ Toscana 25
§ Umbria 26
§ Valle d’Aosta 27
§ Veneto 28
§ Provincia di Bolzano 30
§ Provincia di Trento 31
§ Tabella riepilogativa per argomenti 35
Normativa regionale
Abruzzo
§ L.R. 12 aprile 1983, n. 18 Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo. 39
§ L.R. 24 aprile 1990, n. 47 L.R. 12 aprile 1983, n. 18 - Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo - Modifiche. (artt. 7 e 8) 87
§ L.R. 7 settembre 1992, n. 85 Norme per l'attuazione degli obiettivi e finalità stabiliti dalla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 in materia di urbanizzazione ed uso del suolo. 89
§ L.R. 27 aprile 1995, n. 70 Modifiche ed integrazioni della L.R. 12 aprile 1983, n. 18: Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo 91
§ L.R. 13 agosto 1997, n. 90 Interpretazione autentica degli artt. 71 e 72 della L.R. 12 aprile 1983, n. 18 alla luce delle modifiche introdotte dalla L.R. 27 aprile 1995, n. 70. 93
Basilicata
§ L.R. 11 agosto 1999, n. 23 Tutela, governo ed uso del territorio 95
Calabria
§ L.R. 16 aprile 2002, n. 19 Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - Legge urbanistica della Calabria 121
Campania
§ L.R. 22 dicembre 2004, n. 16 Norme sul governo del territorio 173
Emilia-Romagna
§ L.R. 24 marzo 2000, n. 20 Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio197
Friuli-Venezia Giulia
§ L.R. 23 febbraio 2007, n. 5 Riforma dell'urbanistica e disciplina dell'attività edilizia e del paesaggio.225
Lazio
§ L.R. 22 dicembre 1999, n. 38 Norme sul governo del territorio. 251
Liguria
§ L.R. 4 settembre 1997, n. 36 Legge urbanistica regionale. 287
TOMO II
Lombardia
§ L.R. 11 marzo 2005, n. 12 Legge per il governo del territorio 337
Marche
§ L.R. 5 agosto 1992, n. 34 Norme in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio. 403
Piemonte
§ L.R. 5 dicembre 1977, n. 56 Tutela ed uso del suolo 439
Puglia
§ L.R. 27 luglio 2001, n. 20 Norme generali di governo e uso del territorio 511
§ L.R. 21 maggio 2008, n. 12 Norme urbanistiche finalizzate ad aumentare l'offerta di edilizia residenziale sociale. 521
§ L.R. 10 giugno 2008, n. 13 Norme per l'abitare sostenibile. (artt. 3 e 4) 523
§ L.R. 29 luglio 2008, n. 21 Norme per la rigenerazione urbana. 527
Sardegna
§ L.R. 22 dicembre 1989, n. 45 Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale. 533
§ L.R. 25 novembre 2004, n. 8 Norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale 551
Sicilia
§ L.R. 27 dicembre 1978, n. 71 Norme integrative e modificative della legislazione vigente nel territorio della Regione siciliana in materia urbanistica 557
§ L.R. 11 aprile 1981, n. 65 Norme integrative della legge regionale 27 dicembre 1978, n. 71, riguardante norme integrative e modificative della legislazione vigente in materia urbanistica e di regime dei suoli589
Toscana
§ L.R. 3 gennaio 2005, n. 1 Norme per il governo del territorio 595
TOMO III
Umbria
§ L.R. 22 febbraio 2005, n. 11 Norme in materia di governo del territorio: pianificazione urbanistica comunale 635
Valle d’Aosta
§ L.R. 6 aprile 1998, n. 11 Normativa urbanistica e di pianificazione territoriale della Valle d'Aosta 671
Veneto
§ L.R. 23 aprile 2004, n. 11 Norme per il governo del territorio 729
§ L.R. 2 dicembre 2005, n. 23 Disposizioni per l'applicazione della legislazione urbanistica regionale e modifiche alla legge regionale 23 aprile 2004, n. 11 "Norme per il governo del territorio". (art. 1) 765
Provincia di Bolzano
§ L.P. 11 agosto 1997, n. 13 Legge urbanistica provinciale 767
Provincia di Trento
§ L.P. 4 marzo 2008, n. 1 Pianificazione urbanistica e governo del territorio 851
La presente nota di sintesi reca le principali norme regionali in materia di governo del territorio con riferimento ai temi emersi nel corso dell’esame in sede referente delle pdl 329 (Princìpi fondamentali per il governo del territorio. Delega al Governo in materia di fiscalità urbanistica e immobiliare) e 438 (Princìpi fondamentali per il governo del territorio).
In particolare sono messi in evidenza gli aspetti concernenti i principi generali che regolano la pianificazione territoriale ed urbanistica nelle sue articolazioni di livello regionale, provinciale e comunale, nonché l'esercizio delle relative competenze e funzioni amministrative.
In appendice alle schede regionali è inserita una tabella che riporta i riferimenti, per singola legge regionale, concernenti i seguenti temi:
§ concertazione
§ perequazione e compensazione
§ pianificazione integrata
§ salvaguardia
§ sussidiarietà
§ sistema informativo territoriale
§ valutazione degli effetti dei piani e programmi sull’ambiente.
La L.R. 12 aprile 1983, n. 18, prevede diversi livelli di pianificazione territoriale, assicurati dalla regione, dalla provincia e dai comuni, singoli o associati, nell'ambito delle rispettive attribuzioni.
Il principale strumento che definisce gli indirizzi e le direttive di politica regionale per la pianificazione e la salvaguardia del territorio, sulla base della carta regionale d'uso del suolo[1], è il Quadro di riferimento regionale, che costituisce la proiezione territoriale del Programma di sviluppo regionale, sulla base anche di intese con le amministrazioni statali, gli enti istituzionalmente competenti e le altre regioni.
Il Q.R.R. definisce, inoltre, criteri e modalità per la redazione dei Piani territoriali, dei Piani regolatori generali ed esecutivi, dei Piani attuativi di livello comunale, dei Regolamenti edilizi comunali. Il Q.R.R. è sottoposto a verifica ed adeguamento in occasione dell'aggiornamento triennale del Programma di sviluppo regionale anche sulla base delle risultanze applicative derivanti dalla formazione dei P.T. (articolazione territoriale del Q.R.R. a livello di ciascuna provincia e ambito subprovinciale).
I Piani territoriali (P.T.), tra l’altro, individuano il sistema della viabilità e di trasporto e la rete delle altre infrastrutture di interesse sovracomunale; fissano le quantità massime di territorio che i singoli comuni possono destinare, nel decennio, alle nuove previsioni residenziali e produttive; precisano le percentuali minime del fabbisogno di alloggio per usi residenziali e turistici da soddisfare, da parte dei comuni, mediante il recupero di edifici esistenti degradati.
L’istituto privilegiato per assicurare il coordinamento di tutte le attività necessarie all'attuazione di opere, interventi e programmi d'intervento di prevalente interesse regionale è l’accordo di programma.
La pianificazione a livello comunale viene attuata attraverso la formazione del Piano regolatore generale (P.R.G.).
Esso, tra l’altro, indica la quota di fabbisogno residenziale da soddisfare mediante il recupero del patrimonio edilizio esistente e con nuove costruzioni; distribuisce e articola sul territorio le aree idonee a soddisfare detto fabbisogno; localizza ed articola le aree destinate agli insediamenti produttivi, industriali, artigianali e agricoli, alle sedi delle attività terziarie, agli insediamenti turistici, precisando le quantità esistenti e quelle in progetto; individua le localizzazioni, le dimensioni, l'articolazione per livelli del sistema delle attrezzature di servizio pubblico e delle aree per il tempo libero, con riferimento alle indicazioni del P.T. per le attrezzature e le aree di importanza sovra comunale; localizza ed articola, in applicazione del P.T. le aree da destinare all'edilizia economica e popolare in funzione delle reali esigenze locali.
In alternativa al Piano regolatore generale, i comuni possono adottare il Piano regolatore esecutivo.
Il P.R.E. disciplina l'intero territorio comunale; ha un arco di validità temporale non superiore a dieci anni dalla data di approvazione; ha, di norma, i contenuti di carattere generale del PRG; si attua attraverso concessione edilizia diretta. I Comuni che optino per la redazione del P.R.E. corredano il medesimo di un programma di intervento triennale, che deve contenere le indicazioni delle opere pubbliche e delle urbanizzazioni primarie e secondarie da realizzare nel quinquennio, prevedendo, altresì, la copertura finanziaria.
All’interno della pianificazione comunale, vanno collocati anche i Piani attuativi di iniziativa pubblica che sono i seguenti:
- i piani particolareggiati (P.P.);
- i piano per l'edilizia economica e popolare (P.E.E.P.);
- i piani di recupero del patrimonio edilizio (P.R.P.E.);
- i piani delle aree da destinare ad attività produttive (P.A.P.-P.I.P.);
- piani particolareggiati funzionali .
I comuni hanno, altresì, la facoltà di adottare il Programma pluriennale di attuazione (P.P.A.) sulla base dei seguenti criteri indicativi: a) analisi della situazione di fatto dei vari tipi di insediamento e della dinamica demografica e socioeconomica; b) individuazione delle capacità insediative residuali dello strumento urbanistico generale e dei fabbisogni di infrastrutture e servizi, in relazione ai carichi di utenza attuali e futuri.
Il P.P.A., in rapporto anche alle previsioni della spesa pubblica nell'ambito comunale per il periodo considerato, deve contenere:
a) una relazione sullo stato di attuazione del vigente strumento urbanistico generale, con la valutazione del fabbisogno complessivo, da soddisfare nel periodo considerato, e delle capacità insediative del territorio comunale contenente, altresì, le indicazioni e le proposte di intervento formulate dai soggetti pubblici e privati;
b) una relazione finanziaria con la previsione dei costi e delle spese relative all'attuazione del P.P.A. tenendo anche conto dei proventi di cui all'art. 12 della legge n. 10 del 1977 e delle altre previsioni del bilancio comunale;
c) un programma per la realizzazione delle infrastrutture, dei servizi e delle attrezzature pubbliche di interesse comunale, con l'indicazione delle aree e degli immobili da acquisire, in conformità con lo strumento urbanistico;
d) l'indicazione degli interventi di ristrutturazione urbanistica definiti al precedente art. 30, par. II;
e) l'individuazione delle aree residenziali di nuovo impianto, ivi comprese quelle turistiche, di cui si intende avviare l'attuazione nel periodo considerato;
f) gli interventi pubblici necessari per garantire la tutela e l'uso sociale dei beni storici, ambientali e del patrimonio naturale;
g) elaborati, alla stessa scala degli strumenti urbanistici di riferimento, con l'inquadramento del P.P.A. e la delimitazione delle aree e degli immobili nelle quali gli interventi si realizzano, a mezzo di strumenti attuativi o di concessione singola.
Tra le disposizioni transitorie sono previste anche norme volte al recupero dei centri storici definiti, tra l’altro, nel P.R.G. e nel P.R.E. attraverso analisi sullo stato di conservazione della struttura urbana nei suoi caratteri architettonici, stilistici e formali.
La successiva L.R. 24 aprile 1990, n. 47 ha demandato, infine, ai comuni la possibilità di costituire Progetti d'area comunale (PAC) tesi ad un più organico ed integrato assetto delle funzioni, degli usi e dei parametri dettati dal Piano.
La L.R. 11 agosto 1999, n. 23 definisce i principi e gli obiettivi della pianificazione territoriale ed urbanistica (P.T. ed U.), parte organica e sostanziale della programmazione regionale.
Sono oggetto della P.T. ed U. i sistemi naturalistico - ambientale, insediativo e relazionale della Regione Basilicata:
a. Il Sistema naturalistico - ambientale (S.N.A.) costituito dall'intero territorio regionale non interessato dagli insediamenti e/o dalle reti dell'armatura urbana ma con gli stessi interagente nei processi di trasformazione, conservazione e riqualificazione territoriale;
b. Il Sistema insediativo (S.I.) costituito dagli insediamenti urbani, periurbani e diffusi, industriali/artigianali, agricolo/produttivi;
c. il Sistema relazionale (S.R.) costituito dalle reti della viabilità stradale, ferroviaria; dalle reti di distribuzione energetica, delle comunicazioni, dei porti ed aeroporti.
Gli ambiti della pianificazione sono suddivisi in istituzionali e strategici.
Rientrano negli ambiti istituzionali di pianificazione il territorio regionale, i territori delle Province di Matera e di Potenza, i territori delle Comunità locali ricadenti nel territorio regionale, i territori dei Comuni ricadenti nel territorio regionale, il territorio dei Parchi naturali nazionali e regionali ed il territorio dei bacini regionali ed interregionali.
Sono ambiti di pianificazione strategica tutti gli ambiti territoriali ed urbani diversi da quelli individuati e perimetrati dagli strumenti di pianificazione istituzionale.
Negli ambiti istituzionali di P. T. ed U. la pianificazione è attuata a diversi livelli con i seguenti atti di programmazione territoriale:
Il Quadro strutturale regionale (Q.S.R.) è l'atto di programmazione territoriale con il quale la Regione definisce gli obiettivi strategici della propria politica territoriale, in coerenza con le politiche infrastrutturali nazionali e con le politiche settoriali e di bilancio regionali, dopo averne verificato la compatibilità con i principi di tutela, conservazione e valorizzazione delle risorse e beni territoriali esplicitate nella Carta regionale dei suoli.
Il Piano strutturale provinciale (P.S.P.) è l'atto di pianificazione con il quale la Provincia esercita, ai sensi della legge n. 142/1990, nel governo del territorio un ruolo di coordinamento programmatico e di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale, determinando indirizzi generali di assetto del territorio provinciale
Il Piano strutturale comunale (P.S.C.) definisce le indicazioni strategiche per il governo del territorio comunale, contenute dal P.S.P., integrate con gli indirizzi di sviluppo espressi dalla comunità locale. Il P.S.C. ha valore di piano urbanistico di specificazione della disciplina degli aspetti paesistici ed ambientali, ai sensi dell'art. 1-bis della legge n. 431/1985; esso impone pertanto esclusivamente vincoli di natura ricognitiva e morfologica (legge n. 1497/1939).
Il P.S.C. recepisce inoltre le previsioni infrastrutturali di interesse regionale e/o provinciale che, per la parte oggetto di Accordi di piani pianificazione/localizzazione assumono carattere vincolistico e conformativo della proprietà.
Il Piano operativo (P.O.) è lo strumento con il quale l'Amministrazione comunale attua le previsioni del P.S.C., e/o del regolamento urbanistico. Il P.O. definisce i Regimi urbanistici quali risultanti dagli effetti congiunti, per le singole unità immobiliari di Regime d'uso, Regime d'intervento e definizione dell'assetto urbanistico, ponendo pertanto vincoli conformativi della proprietà. Il P.O. integra le funzioni ed ha gli effetti di cui all'art. 16 della legge n. 179/1992 (programmi integrati di intervento).
Il Regolamento urbanistico (R.U.) è obbligatorio per tutti i Comuni e disciplina gli insediamenti esistenti sull'intero territorio comunale.
I Piani attuativi sono strumenti urbanistici di dettaglio approvati dal Comune, in attuazione del PO o del RU, ai fini del coordinamento degli interventi sul territorio, con i contenuti e l'efficacia di:
a. Piani particolareggiati;
b. Piani di zona per l'edilizia economica e popolare;
c. Piani per gli insediamenti produttivi;
d. Piani di recupero del patrimonio edilizio esistente;
e. Piani di lottizzazione.
L’istituto privilegiato di attuazione degli strumenti esposti è la concertazione, attuato attraverso la conferenza di pianificazione (per la formazione o variazione dei Piani strutturali o Piani territoriali), l’accordo di pianificazione (per la contestuale definizione e/o variazione di più strumenti istituzionali di pianificazione), la conferenza di localizzazione (per la localizzazione di interventi pubblici e/o di interesse pubblico non previsti nei Piani strutturali vigenti) e l’accordo di localizzazione (per la contestuale variazione di più strumenti istituzionali di pianificazione, conseguente alla previsione di progetti di opere pubbliche e/o di interesse pubblico).
La legge prevede quindi l’istituto della perequazione urbanistica.
Tale istituto persegue l'equità distributiva dei valori immobiliari prodotti dalla pianificazione e la ripartizione equa tra proprietà private dei gravami derivanti dalla realizzazione della parte pubblica della città. Essa si basa su un accordo di tipo convenzionale che prevede la compensazione tra suolo ceduto o acquisito e diritti edificatori acquisiti o ceduti. La valutazione dei valori da compensare viene effettuata assumendo come criterio l'indifferenza delle determinazioni del P.O. o del R.U., rispetto al valore dei suoli che dipende esclusivamente dallo stato di fatto e di diritto in cui i suoli stessi si trovano al momento della formazione del piano. L'accordo fra e con i privati può essere determinato come esito di asta pubblica fra operatori, basata su condizioni di sostanziale equilibrio tra la domanda e l'offerta di suolo oggetto di trasferimento di diritti edificatori. La Pianificazione operativa regola le modalità di trasferimento e di compensazione dei diritti edificatori in relazione ai regimi urbanistici ed alle politiche impositive locali con particolare riferimento alla perimetrazione delle microzone censuarie.
Al fine di costituire una rete informativa unica, assicurare la circolarità delle informazioni, evitando duplicazioni e sovrapposizioni di raccolta e di analisi delle informazioni stesse, la legge istituisce infine, un Sistema informativo territoriale (S.I.T.), che costituisce il riferimento conoscitivo fondamentale nella definizione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e di programmazione economico - territoriale.
La L.R. 16 aprile 2002, n. 19 disciplina la pianificazione, la tutela ed il recupero del territorio regionale, nonché l'esercizio delle competenze e delle funzioni amministrative ad esso attinenti.
La pianificazione territoriale ed urbanistica si fonda sul principio della chiara e motivata esplicitazione delle proprie determinazioni e sul principio di sussidiarietà chedemanda ai comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall'ordinamento alla regione ed alle province (le quali esercitano esclusivamente le funzioni di pianificazione che implicano scelte di interesse sovracomunale).
Lo strumento conoscitivo di base per la definizione delle strategie e degli atti di governo del territorio, ivi compresa l'allocazione in quest'ultimo delle risorse, per la verifica dei loro effetti, è il Sistema Informativo Territoriale, istituito insieme con l'Osservatorio delle trasformazioni territoriali (S.I.T.O.) presso l'Assessorato all'urbanistica e governo del territorio della regione.
E’ inoltre istituito l'Osservatorio Regionale per il Paesaggio con lo scopo di promuovere azioni specifiche per l'affermazione di una politica di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio.
Nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, la Regione, le province e i comuni conformano la propria attività al metodo della concertazione con gli altri enti pubblici territoriali e con le altre amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti. Sono strumenti della concertazione istituzionale la Conferenza di pianificazione, la Conferenza di servizi e l'accordo di programma. E’ assicurata altresì la concertazione con le forze economiche e sociali e con le categorie tecnico-professionali, in merito agli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire.
Gli strumenti della pianificazione territoriale ed urbanistica sono, pertanto, i seguenti.
Il Quadro territoriale regionale (Q.T.R.) è lo strumento di indirizzo per la pianificazione del territorio con il quale la Regione, in coerenza con le scelte ed i contenuti della programmazione economico - sociale, stabilisce gli obiettivi generali della propria politica territoriale, definisce gli orientamenti per la identificazione dei sistemi territoriali, indirizza ai fini del coordinamento la programmazione e la pianificazione degli enti locali.
I Piani Paesaggistici d'Ambito (PPd'A) sono strumenti di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale del territorio ai sensi dell'art. 143 del D.Lgs. n. 42/2004 operanti su area vasta, sub-provinciale o sovracomunale.
Il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) è l'atto di programmazione con il quale la provincia esercita, nel governo del territorio, un ruolo di coordinamento programmatico e di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale.
Gli strumenti di pianificazione comunale sono:
a) il Piano strutturale (P.S.C.) ed il Regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.);
b) il Piano operativo temporale (P.O.T.);
c) i Piani attuativi unitari (P.A.U.);
d) gli strumenti di pianificazione negoziata.
Tra gli strumenti di attuazione e di controllo urbanistico, la legge regionale individua i comparti edificatori, considerati anche una forma di collaborazione della pubblica amministrazione e dei privati per lo sviluppo urbanistico del territorio. Spetta al P.S.C. e agli altri strumenti attuativi delle previsioni urbanistiche generali, anche per l'attuazione delle finalità di perequazione, l’individuazione e la formulazione dei criteri per l'individuazione nel proprio ambito di comparti edificatori la cui proposizione, predisposizione ed attuazione è demandata ai proprietari singoli, associati o riuniti in consorzio degli immobili in essi compresi, a promotori cui i proprietari stessi possono conferire mandato, al Comune in qualità di proponente o mandatario esso stesso.
Tra gli interventi previsti per la tutela e il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico, oltre ai programmi integrati d'intervento (P.I.N.T.), ai programmi di riqualificazione urbana (RIURB), ai programmi di recupero degli insediamenti abusivi (P.R.A.) e agli interventi di bonifica urbanistica-edilizia, si segnalano anche i programmi d'area.
I programmi d’area costituiscono una ulteriore modalità di programmazione intercomunale negoziata e rappresentano un complesso di interventi finalizzati alla valorizzazione di aree territoriali caratterizzate da peculiari situazioni economiche, sociali, culturali ed ambientali, nonché di aree urbane per le quali appaiono necessari rilevanti interventi di riqualificazione o di recupero, per la cui realizzazione sia necessaria l'azione coordinata ed integrata di più soggetti pubblici o privati. Le aree oggetto del programma d'area ricomprendono il territorio di uno o più comuni della regione, anche appartenenti a province diverse.
La legge regionale reca, inoltre, disposizioni relative agli standard urbanistici, all'approvazione di un apposito disciplinare per l'edilizia sostenibile e alla perequazione urbanistica, volta quest’ultima a perseguire l'equa distribuzione dei valori immobiliari prodotti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazione territoriali.
La quantità di edificazione spettante ai terreni che vengono destinati ad usi urbani deve essere indifferente alle specifiche destinazione d'uso previste dal Piano strutturale comunale (P.S.C.) e deve invece correlarsi allo stato di fatto e di diritto in cui i terreni stessi si trovano al momento della formazione del Piano stesso. A tal fine, il Piano strutturale comunale (P.S.C.) riconosce la medesima possibilità edificatoria ai diversi ambiti che presentino caratteristiche omogenee, in modo che ad uguale stato di fatto e di diritto corrisponda una uguale misura del diritto edificatorio. Ogni altro potere edificatorio previsto dal Piano strutturale comunale (P.S.C.), che ecceda la misura della quantità di edificazione spettante al terreno, è riservato al Comune, che lo utilizza per le finalità di interesse generale previste nei suoi programmi di sviluppo economico, sociale e di tutela ambientale. Le aree le quali, secondo le regole stabilite dal Piano strutturale comunale (P.S.C.), non sono necessarie per realizzare le costruzioni e gli spazi privati a queste complementari, entrano a far parte del patrimonio fondiario del Comune, che le utilizza per realizzare strade ed attrezzature urbane nonché per ricavarne lotti edificabili da utilizzare sia per i previsti programmi di sviluppo economico e sociale sia per le permute necessarie ad assicurare ai proprietari dei terreni destinati dal P.S.C. ad usi pubblici, la possibilità di costruire quanto di loro spettanza.
L'attuazione della perequazione urbanistica si realizza attraverso un accordo di tipo convenzionale che prevede la compensazione tra suolo ceduto o acquisito e diritti edificatori acquisiti o ceduti.
Si ricordano, poi, alcune disposizioni sugli insediamenti urbani storici (art. 48) che prevedono che la Giunta regionale adotti un organico strumento normativo sulla identificazione dei centri storici e istituisca, aggiornandolo, un elenco dei centri storici riguardante gli insediamenti suscettibili di tutela e valorizzazione. L’attuazione degli interventi nei centri storici può essere poi demandata ai comuni o altri enti pubblici, contraenti generali, cooperative di abitazione e loro consorzi, cooperative di produzione e loro consorzi, imprese di costruzione e di servizi e loro consorzi, privati proprietari, singoli o consorziati.
Da ultimo sono previste anche alcune norme (art. 49) volte a migliorare la qualità tecnologica e ad agevolare l'attuazione delle norme sul risparmio energetico degli edifici.
La L.R. 22 dicembre 2004, n. 16 disciplina la tutela, gli assetti, le trasformazioni e le utilizzazioni del territorio al fine di garantirne lo sviluppo, nel rispetto del principio di sostenibilità, mediante un efficiente sistema di pianificazione territoriale e urbanistica articolato a livello regionale, provinciale e comunale.
A tal fine, è assicurata la concertazione di tutti i livelli istituzionali con le organizzazioni economiche e sociali e con le associazioni ambientaliste legalmente riconosciute.
L'adozione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e delle relative variazioni spetta, nell'ambito di rispettiva competenza, alla regione, alle province e ai comuni.
Conseguentemente la regione approva il piano territoriale regionale (PTR) ove vengono individuati gli obiettivi di assetto e le linee principali di organizzazione del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione, i sistemi infrastrutturali e le attrezzature di rilevanza sovraregionale e regionale, nonché gli indirizzi e i criteri per la elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale provinciale e per la cooperazione istituzionale.
Sulla base del Piano territoriale regionale, la pianificazione territoriale provinciale si realizza mediante il piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) e i piani settoriali provinciali (PSP).
Il PTCP ha valore e portata di piano paesaggistico e di piano di tutela nei settori della protezione della natura, dell'ambiente, delle acque, della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali; esso, inoltre, ha valore e portata, nelle zone interessate, di piano di bacino nonché di piano territoriale del parco. Il PTCP ha infine valore e portata di piano regolatore delle aree e dei consorzi industriali.
Gli strumenti di pianificazione comunale sono:
a) il piano urbanistico comunale (PUC) che garantisce, tra l’altro, anche la tutela e la valorizzazione dei centri storici;
b) i piani urbanistici attuativi (PUA);
c) il regolamento urbanistico-edilizio comunale (RUEC).
I PUA, in relazione al contenuto, hanno valore e portata dei seguenti strumenti:
a) i piani particolareggiati e i piani di lottizzazione;
b) i piani per l'edilizia economica e popolare;
c) i piani delle aree da destinare ad insediamenti produttivi;
d) i programmi integrati di intervento;
e) i piani di recupero;
f) i programmi di recupero urbano.
L'approvazione dei PUA non può comportare variante al PUC. La Giunta comunale può decidere di conferire alla delibera di approvazione dei PUA valore di permesso di costruire abilitante gli interventi previsti. In tal caso, le varianti al permesso di costruire seguono il procedimento ordinario, senza adozione di atti deliberativi.
Sono demandate ai comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall'ordinamento e dalla legge alla regione ed alle province.
Per la definizione e l'esecuzione di opere pubbliche o di interesse pubblico, anche di iniziativa privata, di interventi o di programmi di intervento, nonché per l'attuazione dei PUC e degli atti di programmazione degli interventi, se è necessaria un'azione integrata tra regione, provincia, comune, amministrazioni dello Stato e altri enti pubblici, si procede alla stipula dell'accordo di programma.
L'approvazione dell'accordo equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste, produce gli effetti dell'intesa di cui al D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (art. 81) e al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, e determina le conseguenti variazioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, anche settoriali, comunali e sovracomunali. La dichiarazione di pubblica utilità cessa di avere efficacia se le opere non hanno inizio entro cinque anni dalla data di approvazione dell'accordo.
La legge regionale indica, inoltre, tra i sistemi di attuazione della pianificazione urbanistica, la perequazione urbanistica (art. 32). Essa persegue lo scopo di distribuire equamente, tra i proprietari di immobili interessati dalla trasformazione oggetto della pianificazione urbanistica, diritti edificatori e obblighi nei confronti del comune o di altri enti pubblici aventi titolo. Il Puc, gli atti di programmazione degli interventi e i Pua ripartiscono le quote edificatorie e i relativi obblighi tra i proprietari degli immobili ricompresi nelle zone oggetto di trasformazione mediante i comparti edificatori disciplinati al successivo art. 33, indipendentemente dalla destinazione specifica delle aree interessate. Il Ruec individua poi le modalità per la definizione dei diritti edificatori dei singoli proprietari, tenendo conto dello stato sia di fatto che di diritto in cui versano i relativi immobili all'atto della formazione del Puc. Le quote edificatorie attribuite ai proprietari sono liberamente commerciabili ma non possono essere trasferite in altri comparti edificatori.
I comparti edificatori, infine, ai sensi dell’art. 33, sono costituiti da uno o più ambiti territoriali, edificati o non, e sono individuati dal PUC, dai PUA o dagli atti di programmazione degli interventi, che indicano le trasformazioni urbanistiche ed edilizie, i tipi di intervento, le funzioni urbane ammissibili, la volumetria complessiva realizzabile e le quote edificatorie attribuite ai proprietari degli immobili inclusi nel comparto, la quantità e la localizzazione degli immobili da cedere gratuitamente al comune o ad altri soggetti pubblici per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e aree verdi.
La L.R. 24 marzo 2000, n. 20 disciplina la tutela e l’uso del territorio secondo i principi di programmazione e pianificazione territoriale, sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, concertazione, semplificazione e trasparenza del procedimento amministrativo.
La regione, le province e i comuni provvedono, nell'ambito del procedimento di elaborazione ed approvazione dei propri piani, alla valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale degli effetti derivanti dalla loro attuazione.
I conseguenti vincoli e condizioni sono inerenti alle qualità intrinseche del bene e operano senza alcun limite temporale. Essi sono stabiliti dal Piano strutturale comunale (P.S.C.) ovvero dagli strumenti di pianificazione territoriale generale e settoriale sovraordinati e sono recepiti dal Piano operativo comunale (P.O.C.). Il P.O.C. può inoltre apporre vincoli urbanistici, finalizzati all'acquisizione coattiva di immobili.
Ai sensi dell’articolo 7, la perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali. A tal fine, il P.S.C. può riconoscere la medesima possibilità edificatoria ai diversi ambiti che presentino caratteristiche omogenee.
Il P.O.C. e i Piani urbanistici attuativi (P.U.A.), nel disciplinare gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria, assicurano la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree. Il Regolamento urbanistico edilizio (R.U.E.) stabilisce i criteri e i metodi per la determinazione del diritto edificatorio spettante a ciascun proprietario, in ragione del diverso stato di fatto e di diritto in cui si trovano gli immobili al momento della formazione del P.S.C.
Tra le forme di cooperazione e concertazione nella pianificazione, è prevista la possibilità per gli enti locali possono concludere accordi con soggetti privati per assumere nella pianificazione proposte di progetti e iniziative di rilevante interesse per la comunità locale, al fine di determinare talune previsioni del contenuto discrezionale degli atti di pianificazione territoriale e urbanistica.
La pianificazione territoriale e urbanistica si articola nei tre livelli regionale, provinciale e comunale, nell'osservanza dei princìpi di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, mentre le funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica sono esercitate attraverso la predisposizione e approvazione di piani generali e settoriali.
Gli strumenti della pianificazione sono, pertanto:
§ il Piano territoriale regionale (P.T.R.), con il quale la Regione definisce gli obiettivi per assicurare lo sviluppo e la coesione sociale, accrescere la competitività del sistema territoriale regionale, garantire la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione delle risorse sociali ed ambientali;
§ il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.), che definisce l'assetto del territorio con riferimento agli interessi sovracomunali, articolando sul territorio le linee di azione della programmazione regionale;
§ il Piano strutturale comunale (P.S.C.), predisposto dal Comune per delineare le scelte strategiche di assetto e sviluppo e per tutelare l'integrità fisica ed ambientale e l'identità culturale dello stesso;
§ il Regolamento urbanistico ed edilizio (R.U.E.), che disciplina le tipologie e le modalità attuative degli interventi di trasformazione nonché delle destinazioni d'uso.
§ il Piano operativo comunale (P.O.C.), che individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e trasformazione del territorio da realizzare nell'arco temporale di cinque anni, nonché i Piani urbanistici attuativi (P.U.A.), che attuano gli interventi di nuova urbanizzazione e di riqualificazione, disposti dal P.O.C.
Per selezionare gli ambiti nei quali realizzare interventi di nuova urbanizzazione e di sostituzione o riqualificazione tra tutti quelli individuati dal P.S.C., il comune può attivare un concorso pubblico, per valutare le proposte di intervento che risultano più idonee a soddisfare gli obiettivi e gli standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale, definiti dal P.S.C. Al concorso possono prendere parte i proprietari degli immobili situati negli ambiti individuati dal P.S.C. nonché gli operatori interessati a partecipare alla realizzazione degli interventi. Alla conclusione delle procedure concorsuali il comune stipula, ai sensi dell'art. 18, un accordo con gli aventi titolo alla realizzazione degli interventi. Al fine di favorire l'attuazione degli interventi di trasformazione, il P.O.C. può assegnare quote di edificabilità quale equo ristoro del sacrificio imposto ai proprietari con l'apposizione del vincolo di destinazione per le dotazioni territoriali o per le infrastrutture per la mobilità. Per il medesimo scopo lo strumento urbanistico può prevedere, anche attraverso la stipula di accordi, il recupero delle cubature afferenti alle aree da destinare a servizi, su diverse aree del territorio urbano.
Per le opere pubbliche e di interesse pubblico, la deliberazione di approvazione del P.O.C. che assume il valore e gli effetti del P.U.A. comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere ivi previste, i cui effetti cessano se le opere non hanno inizio entro cinque anni.
La legge regionale prevede, all’art. 19, anche uno strumento per la verifica di conformità urbanistica ed edilizia rappresentato dalla carta unica del territorio. Quando la pianificazione urbanistica comunale ha recepito e coordinato integralmente le prescrizioni ed i vincoli territoriali, paesaggistici ed ambientali che derivano dai piani sovraordinati o da singoli provvedimenti amministrativi, essa costituisce la carta unica del territorio che rappresenta l'unico riferimento per la pianificazione attuativa e per la verifica di conformità urbanistica ed edilizia, fatti salvi le prescrizioni ed i vincoli sopravvenuti.
La L.R. 23 febbraio 2007, n. 5 disciplina la materia dell'urbanistica e della pianificazione territoriale.
La funzione della pianificazione della tutela e dell'impiego delle risorse essenziali di interesse regionale è della regione che la esercita per mezzo del piano territoriale regionale (PTR). Il PTR persegue tra le sue finalità strategiche, anche lo sviluppo sostenibile della competitività del sistema regionale, nonché le migliori condizioni per il contenimento del consumo dell'energia e del suolo e per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative. Ai sensi dell’articolo 11, le risorse essenziali di interesse regionale, i livelli di qualità, le prestazioni minime e le regole d'uso individuati nel PTR costituiscono elementi strutturali della pianificazione territoriale regionale e sono recepiti negli strumenti urbanistici comunali.
La provincia svolge la funzione dell'elaborazione di programmi territoriali strategici nel rispetto delle prescrizioni di PTR, nonché attività e funzioni di pianificazione sovra comunale.
La funzione della pianificazione territoriale è del comune che la esercita nel rispetto dei principi di adeguatezza, interesse regionale e sussidiarietà, nonché nel rispetto delle attribuzioni riservate in via esclusiva alla Regione in materia di risorse essenziali di interesse regionale e in coerenza alle indicazioni del PTR.
Il Piano strutturale comunale (PSC) rappresenta, pertanto, lo strumento di pianificazione del comune che definisce gli indirizzi, le prescrizioni, nonché gli obiettivi strategici per la pianificazione dell'intero territorio comunale.
Il Piano operativo comunale (POC), predisposto dal comune in conformità delle previsioni del PSC, ha, invece, efficacia conformativa della proprietà e durata indeterminata. Le previsioni del POC che assoggettano singoli beni a vincoli preordinati all'esproprio decadono qualora non siano state attuate o non sia iniziata la procedura per l'espropriazione degli immobili entro cinque anni.
Il comune, su richiesta del proponente un piano attuativo comunale (PAC) di iniziativa privata, può attribuire all'atto deliberativo valore di titolo abilitativo edilizio per tutti o parte degli interventi previsti.
Il comune può utilizzare la tecnica della perequazione urbanistica in sede di pianificazione operativa e attuativa relativamente a immobili destinati a trasformazione urbanistica, mediante convenzione con i proprietari degli immobili interessati. La disciplina della perequazione urbanistica per gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria è stabilita nel POC e nei PAC, in modo tale da assicurare la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree.
Il comune e i proprietari delle aree da destinare a servizi possono concordare la cessione delle medesime al comune, a fronte di una compensazione attuata mediante il trasferimento dei diritti edificatori in altre aree del territorio comunale a ciò preventivamente destinate.
Inoltre, i comuni che provvedono congiuntamente alla pianificazione strutturale in forma sovracomunale possono utilizzare la tecnica della compensazione territoriale per realizzare lo scambio di diritti edificatori, contro equivalenti valori di natura urbanistica o economica.
La legge regionale prevede anche un livello di pianificazione sovracomunale allorché sia coinvolto il territorio di comuni contermini in numero non inferiore a cinque, oppure non inferiore a un terzo dei comuni della provincia, o con popolazione non inferiore a 30.000 abitanti.
I comuni territorialmente contermini possono costituire l'Ente di pianificazione intercomunale (EPI) per l'esercizio congiunto della funzione della pianificazione sovracomunale che viene esercitata, nel rispetto delle prescrizioni di PTR, mediante lo strumento del PSC, che considera come territorio quello dei comuni interessati. La pianificazione sovracomunale consente la previsione di nuove zone residenziali di espansione, industriali, artigianali, commerciali, turistiche ovvero l'ampliamento di quelle esistenti, nonché la previsione di infrastrutture, servizi pubblici e attrezzature di interesse pubblico, di scala sovracomunale.
La regione e il comune formano i propri strumenti di pianificazione territoriale e le loro varianti con metodologie informatiche standardizzate.
Gli strumenti di pianificazione territoriale adottati e approvati, formati con le metodologie informatiche di cui al comma 1, sono inseriti nel Sistema territoriale regionale (SITER). L'inserimento dei piani nel SITER costituisce certificazione di conformità all'originale.
La legge reca quindi norme in materia edilizia, nell’ambito delle quali si segnalano le misure per la promozione della bioedilizia, della bioarchitettura e del rendimento energetico nell'edilizia, nonché per gli interventi relativi a impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
La L.R. 22 dicembre 1999, n. 38 detta norme sul governo del territorio, finalizzate alla regolazione della tutela, degli assetti, delle trasformazioni e delle utilizzazioni del territorio stesso e degli immobili che lo compongono.
La regione e gli enti pubblici territoriali subregionali provvedono al governo del territorio adottando, quale metodo generale, la pianificazione territoriale ed urbanistica.
La pianificazione territoriale regionale si esplica mediante il Piano territoriale regionale generale (P.T.R.G.) che definisce gli obiettivi generali da perseguire in relazione all'uso ed all'assetto del territorio della regione, dettando disposizioni strutturali e programmatiche. I piani territoriali regionali di settore, che hanno ad oggetto ambiti di attività aventi implicazioni di tipo territoriale, integrano e specificano il P.T.R.G., in coerenza con gli obiettivi e le linee di organizzazione territoriale da quest'ultimo previsti.
La pianificazione territoriale provinciale si esplica mediante il Piano territoriale provinciale generale (P.T.P.G.), con funzioni di piano territoriale di coordinamento. Il P.T.P.G. assume, inoltre, l'efficacia di piano di settore nell'ambito delle seguenti materie: protezione della natura e tutela dell'ambiente, acque e difesa del suolo, tutela delle bellezze naturali. Infine, anche a livello provinciale sono previsti piani territoriali provinciali settoriali, che integrano e specificano il P.T.P.G.
La pianificazione urbanistica comunale si esplica mediante il Piano urbanistico comunale generale (P.U.C.G.), articolato in disposizioni strutturali ed in disposizioni programmatiche, con funzioni di piano regolatore generale e i Piani urbanistici operativi comunali (P.U.O.C.).
Il P.U.C.G. è definito, nel rispetto delle previsioni dei piani di bacino, sulla base di una relazione geologica, di una relazione agro-pedologica e di una relazione archeologica e di uso dei suoli, descrittiva delle caratteristiche vegetazionali, agro-pedologiche e di uso del territorio, che costituiscono parte integrante del P.U.C.G. ed hanno valore di disposizioni strutturali.
I P.U.O.C. provvedono, nel rispetto delle disposizioni dettate dal P.U.C.G. ed in relazione a specifici e circoscritti ambiti territoriali in esso individuati, a definire una più puntuale disciplina delle trasformazioni ad integrazione di quella contenuta nel P.U.C.G. Essi prevedono, inoltre, i perimetri entro i quali le trasformazioni si attuano previa acquisizione pubblica mediante esproprio o con l'applicazione del comparto edificatorio.
I P.U.O.C. possono anche dettare disposizioni immediatamente precettive e vincolanti per i soggetti pubblici e privati. In relazione a tali disposizioni fissano il termine, non superiore a dieci anni, entro il quale devono essere attuate.
Il provvedimento di adozione del P.U.O.C. ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle trasformazioni previste, ai fini della acquisizione pubblica, tramite espropriazione, degli immobili.
Si segnalano, inoltre, le norme relative alla pianificazione territoriale della città metropolitana di Roma (articolo 27) che dispongono che la città di Roma esercita sul proprio territorio le funzioni di pianificazione territoriale ad essa attribuite, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal titolo II, capo II, della stessa legge regionale, nonché disposizioni transitorie (art. 66-bis)[2] per la formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale del Comune di Roma.
Da ultimo la legge regionale reca anche alcune norme per la tutela e recupero degli insediamenti urbani storici finalizzati a conservare o ricostruire il patrimonio edilizio e le pertinenze inedificate per la piena utilizzazione, rifunzionalizzazione ed immissione nel mercato immobiliare.
La L.R. 4 settembre 1997, n. 36 disciplina il sistema della pianificazione territoriale nelle sue articolazioni di livello regionale, provinciale e comunale e nei reciproci rapporti.
La pianificazione territoriale di livello regionale – il cui strumento è il Piano territoriale regionale (P.T.R.) - ha per oggetto l'organizzazione generale del territorio nelle sue componenti paesistica, ambientale, insediativa ed infrastrutturale e nelle loro reciproche relazioni, in coerenza con gli obiettivi ed i contenuti della programmazione economica-sociale regionale. Il P.T.R. può dichiarare, ove occorra e ne sussistano i presupposti e le condizioni, la pubblica utilità nonché la indifferibilità e l'urgenza delle opere da esso previste in conformità alle leggi vigenti in materia. Il P.T.R. assume il valore di piano urbanistico-territoriale.
La pianificazione territoriale di livello provinciale costituisce la sede di coordinamento della strumentazione urbanistica comunale. Lo strumento di pianificazione è il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C. provinciale) esteso all'intero ambito della provincia.
A decorrere dalla notifica della deliberazione di adozione del P.T.C. provinciale e fino alla sua approvazione ovvero fino all'adozione dei conseguenti atti di adeguamento, ma comunque non oltre il termine di tre anni,
a) non possono essere approvati Piani urbanistici comunali (P.U.C.), Progetti urbanistici operativi (P.U.O.) e strumenti urbanistici in genere nelle parti in cui si pongano in contrasto con i contenuti prescrittivi del P.T.C.;
b) è sospesa ogni determinazione nei confronti delle istanze relative ad interventi edilizi che contrastino con tali contenuti.
La pianificazione territoriale di livello comunale è strutturata in modo da favorire la semplificazione del processo di costante aggiornamento e di affinamento delle relative previsioni progettuali, nonché la valorizzazione dell'apporto collaborativo di tutti i soggetti pubblici e privati alla formazione del piano. Lo strumento ci pianificazione è, pertanto, il Piano urbanistico comunale (P.U.C.), che si sviluppa operativamente nei distretti di trasformazione[3] di norma mediante i Progetti urbanistici operativi (P.U.O.) oppure attraverso i Programmi attuativi (P.A.).
I P.U.O., di iniziativa privata, mista o pubblica, contengono gli elementi urbanistici, edilizi, economici e gestionali idonei a realizzare lo sviluppo operativo dei distretti di trasformazione e sostituiscono gli strumenti urbanistici attuativi.
Lo sviluppo operativo del P.U.C. può essere gestito dal comune tramite P.A. che sono comunque obbligatori per i comuni aventi popolazione superiore a 20.000 abitanti. Il P.A. ha natura di documento programmatico delle azioni di governo locale del territorio e contiene l'esplicitazione delle strategie e delle priorità, nonché la precisazione delle modalità e dei contenuti dell'azione pianificatoria comunale e progettuale degli operatori nel breve e medio periodo.
Per quanto riguarda, infine, il P.U.C., esso è volto a definire l'impianto e il funzionamento del sistema territoriale e paesistico-ambientale del comune nel suo complesso, attraverso l’individuazione degli ambiti di conservazione e riqualificazione, dei distretti di trasformazione, delle infrastrutture e dei servizi pubblici, della capacità turistico-ricettiva del comune, nonché del peso insediativo a livello comunale con il fabbisogno abitativo di residenza e, all'interno di questo, il fabbisogno di residenza primaria da soddisfare.
In tale ambito, le norme di conformità[4], relative agli ambiti di conservazione e riqualificazione[5], e le norme di congruenza[6], relative all’attuazione del PUC nei distretti di trasformazione, determinano, tra l’altro, le modalità affinché il comune possa eventualmente riconoscere compensazioni ulteriori ai soggetti che si impegnano a cedere all' Azienda regionale territoriale per l’edilizia (ARTE) o ad altro soggetto pubblico alloggi di edilizia residenziale sociale (ERS).
Il P.U.C. può inoltre consentire che nel rilascio della concessione edilizia per la edificazione nel territorio di presidio ambientale vengano asservite, al fine della realizzazione delle volumetrie consentite, aree anche non contigue, purché appartenenti allo stesso ambito di conservazione e riqualificazione e fermo restando l'obbligo di definire nel P.U.C. gli ambiti di localizzazione, l'entità e le modalità dei singoli interventi ammissibili in funzione della loro rispondenza alle finalità di presidio.
Il P.U.C. deve essere verificato in ordine alla sua adeguatezza decorsi dieci anni dalla sua approvazione o dalla verifica. Esso sostituisce gli strumenti urbanistici attuativi, può avere valore di programmi di edilizia residenziale pubblica ed equivale a dichiarazione di pubblica utilità con riferimento alle opere od impianti pubblici in esso previsti nonché agli interventi oggetto di procedura coattiva.
La regione e le province, in vista della formazione, della specificazione, dell'aggiornamento, della verifica e della variazione dei rispettivi piani territoriali, in forma concertata, convocano apposite conferenze di pianificazione chiamando a parteciparvi gli Enti locali interessati; a tal fine l'amministrazione che indice la conferenza elabora, se del caso, un documento preliminare da trasmettere agli enti invitati, all'atto della convocazione della conferenza.
La L.R. 11 marzo 2005, n. 12 detta le norme di governo del territorio lombardo, definendo forme e modalità di esercizio delle competenze spettanti alla regione e agli enti locali ed ispirandosi ai criteri di sussidiarietà, adeguatezza, differenziazione, sostenibilità, partecipazione, collaborazione, flessibilità, compensazione ed efficienza.
La regione, in collaborazione con le province e gli altri enti locali, promuove, attraverso gli strumenti di pianificazione previsti dalla presente legge, il recupero e la riqualificazione delle aree degradate o dismesse, che possono compromettere la sostenibilità e la compatibilità urbanistica, la tutela dell'ambiente e gli aspetti socio-economici.
Il governo del territorio si attua mediante una pluralità di piani, fra loro coordinati e differenziati, i quali, nel loro insieme, costituiscono la pianificazione del territorio stesso. Al fine di disporre di elementi conoscitivi necessari alla definizione delle scelte di programmazione generale e settoriale, di pianificazione del territorio e all'attività progettuale, la regione, in coordinamento con gli enti locali, cura la realizzazione del Sistema Informativo Territoriale integrato (SIT). Il SIT è fondato su basi di riferimento geografico condivise tra gli enti medesimi e aggiornato in modo continuo, esso fornisce servizi e informazioni a tutti i cittadini e vi possono confluire informazioni provenienti da enti pubblici e dalla comunità scientifica.
Sono strumenti della pianificazione comunale il piano di governo del territorio (PGT) e i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale.
Il PGT è articolato nei seguenti atti:
a) il documento di piano, quinquennale, che definisce gli eventuali criteri di compensazione, di perequazione e di incentivazione;
b) il piano dei servizi, che non ha scadenza temporale e che indica, tra l’altro, le necessità di sviluppo e integrazione dei servizi esistenti, ne quantifica i costi e ne prefigura le modalità di attuazione;
c) il piano delle regole, anch’esso senza scadenza temporale, definisce alcuni parametri da rispettare negli interventi di nuova edificazione entro gli ambiti del tessuto urbano consolidato, detta la disciplina d'uso, di valorizzazione e di salvaguardia per le aree destinate all'agricoltura e detta ulteriori regole di salvaguardia e di valorizzazione per le aree di valore paesaggistico-ambientale ed ecologiche. Le indicazioni contenute nel piano delle regole hanno carattere vincolante e producono effetti diretti sul regime giuridico dei suoli.
Ai sensi dell’articolo 11, sulla base dei criteri definiti dal documento di piano, i piani attuativi e gli atti di programmazione negoziata con valenza territoriale possono ripartire tra tutti i proprietari degli immobili interessati dagli interventi i diritti edificatori e gli oneri derivanti dalla dotazione di aree per opere di urbanizzazione mediante l'attribuzione di un identico indice di edificabilità territoriale, confermate le volumetrie degli edifici esistenti, se mantenuti. Ai fini della realizzazione della volumetria complessiva derivante dall'indice di edificabilità attribuito, i predetti piani ed atti di programmazione individuano gli eventuali edifici esistenti, le aree ove è concentrata l'edificazione e le aree da cedersi gratuitamente al comune o da asservirsi, per la realizzazione di servizi ed infrastrutture, nonché per le compensazioni urbanistiche.
I diritti edificatori attribuiti a titolo di perequazione e di compensazione sono commerciabili. I comuni istituiscono il registro delle cessioni dei diritti edificatori, aggiornato e reso pubblico secondo modalità stabilite dagli stessi comuni.
Il documento di piano può prevedere, a fronte di rilevanti benefici pubblici, aggiuntivi rispetto a quelli dovuti e coerenti con gli obiettivi fissati, una disciplina di incentivazione, in misura non superiore al 15 per cento della volumetria ammessa, per interventi ricompresi in piani attuativi finalizzati alla riqualificazione urbana e in iniziative di edilizia residenziale pubblica, consistente nell'attribuzione di indici differenziati determinati in funzione degli obiettivi di cui sopra. Analoga disciplina di incentivazione può essere prevista anche ai fini della promozione dell'edilizia bioclimatica e del risparmio energetico, nonché ai fini del recupero delle aree degradate o dismesse e ai fini della conservazione degli immobili di interesse storico-artistico.
I piani territoriali di coordinamento provinciali (PTCP) ed il piano territoriale regionale (PTR) hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento, fatte salve le previsioni che, ai sensi della legge regionale abbiano efficacia prevalente e vincolante.
Con il piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) la provincia definisce gli obiettivi generali relativi all'assetto e alla tutela del proprio territorio connessi ad interessi di rango provinciale o sovracomunale o costituenti attuazione della pianificazione regionale. Il PTCP è atto di indirizzo della programmazione socio-economica della provincia ed ha efficacia paesaggistico-ambientale. In ciascuna provincia è istituita, a cura della provincia stessa, una conferenza dei comuni, delle comunità montane e degli enti gestori delle aree regionali protette i cui territori di competenza ricadono anche parzialmente nel territorio provinciale, avente funzioni consultive e propositive nell'ambito delle materie trasferite alle province attinenti al territorio e all'urbanistica.
La conferenza provvede alla definizione delle modalità operative e gestionali inerenti alla redazione del piano dei servizi di livello sovracomunale, al conferimento in forma digitale degli elaborati di piano, all'ottimizzazione organizzativa per l'acquisizione ed alla gestione del sistema delle conoscenze e degli indicatori di monitoraggio.
Il piano territoriale regionale (PTR) costituisce atto fondamentale di indirizzo, agli effetti territoriali, della programmazione di settore della regione, nonché di orientamento della programmazione e pianificazione territoriale dei comuni e delle province.
La regione con il PTR, sulla base dei contenuti del programma regionale di sviluppo e della propria programmazione generale e di settore, indica gli elementi essenziali del proprio assetto territoriale e definisce altresì, in coerenza con quest'ultimo, i criteri e gli indirizzi per la redazione degli atti di programmazione territoriale di province e comuni. Il PTR ha natura ed effetti di piano territoriale paesaggistico.
Qualora aree di significativa ampiezza territoriale siano interessate da opere, interventi o destinazioni funzionali aventi rilevanza regionale o sovraregionale, il PTR può, anche su richiesta delle province interessate, prevedere l'approvazione di un piano territoriale regionale d'area, che disciplini il governo di tali aree. Tale piano approfondisce, a scala di maggior dettaglio, gli obiettivi socio-economici ed infrastrutturali da perseguirsi, detta i criteri necessari al reperimento e alla ripartizione delle risorse finanziarie e dispone indicazioni puntuali e coordinate riguardanti il governo del territorio, anche con riferimento alle previsioni insediative, alle forme di compensazione e ripristino ambientale, ed alla disciplina degli interventi sul territorio stesso. Le disposizioni e i contenuti del piano territoriale regionale d'area hanno efficacia diretta e cogente nei confronti dei comuni e delle province compresi nel relativo ambito.
Tutti gli interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio sono subordinati a permesso di costruire.
Ai sensi dell’articolo 45, a scomputo totale o parziale del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione, gli interessati possono essere autorizzati a realizzare direttamente una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria, nel rispetto delle norme statali in materia di lavori pubblici). I comuni determinano le modalità di presentazione dei progetti, di valutazione della loro congruità tecnico-economica e di prestazione di idonee garanzie finanziarie, nonché le sanzioni conseguenti in caso di inottemperanza. Le opere, collaudate a cura del comune, sono acquisite alla proprietà comunale. Non possono essere oggetto di scomputo le opere espressamente riservate, nel programma triennale delle opere pubbliche, alla realizzazione diretta da parte del comune.
La legge disciplina, inoltre, i programmi integrati d’intervento, che i comuni, nell'ambito delle previsioni del documento di piano, promuovono al fine di riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio ed ambientale del proprio territorio con particolare riferimento ai centri storici, alle aree periferiche, nonché alle aree degradate o dismesse. I programmi integrati di intervento garantiscono, a supporto delle funzioni insediate, una dotazione globale di aree o attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, valutata in base all'analisi dei carichi di utenza che le nuove funzioni inducono sull'insieme delle attrezzature esistenti nel territorio comunale.
La legge reca, infine, alcune disposizioni su attività edilizie specifiche, tra cui il recupero, ai fini abitativi, dei sottotetti esistenti con l’obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio e di favorire la messa in opera di interventi tecnologici per il contenimento dei consumi energetici (artt. 63-65).
La L.R. 5 agosto 1992, n. 34 disciplina l'articolazione delle funzioni amministrative in materia urbanistica, paesaggistica e di assetto del territorio tra regione, province e comuni, determinando anche i relativi obiettivi e strumenti. La pianificazione del territorio regionale è rivolta all'equilibrata integrazione della tutela e valorizzazione delle risorse culturali, paesistiche, ambientali e naturalistiche con le trasformazioni connesse agli indirizzi e programmi di sviluppo economico definiti dalla Regione.
A tal fine è ordinato il sistema della pianificazione territoriale, che è costituito, a livello regionale, dal piano paesistico ambientale regionale (PPAR) e dal piano di inquadramento territoriale (PIT), dai piani territoriali di coordinamento (PTC) a livello provinciale e, infine, a livello comunale, dai piani regolatori generali (PRG).
Il piano paesistico ambientale regionale (PPAR), sulla base dell'analisi dello stato fisico del territorio regionale e dei suoi usi, provvede alla ricognizione delle risorse umane, storiche, culturali, paesistiche, ambientali, naturalistiche e alla definizione delle condizioni e degli obiettivi per la loro tutela e valorizzazione,nonché formula indirizzi e direttive per la formazione e la revisione degli strumenti di pianificazione territoriale dettando norme immediatamente vincolanti.
Il piano di inquadramento territoriale (PIT) stabilisce le linee fondamentali di assetto del territorio, assicurando la compatibilità dei programmi e degli indirizzi di sviluppo economico con i contenuti del PPAR relativi alla tutela e valorizzazione delle risorse culturali, paesistiche, ambientali e naturalistiche.
I piani territoriali di coordinamento (PTC), nel rispetto del PPAR e del PIT, determinano gli indirizzi generali di assetto del territorio provinciale.
All'attuazione del PPAR, del PIT e dei PTC concorrono e cooperano, nell'ambito delle rispettive competenze, la regione, le province, le comunità montane e i comuni.
Gli strumenti urbanistici generali comunali sono costituiti esclusivamente dai piani regolatori generali che possono individuare le aree ed i beni da assoggettare a vincoli preordinati alla espropriazione, oppure limitarsi a dettare al riguardo, in tutto o in parte, disposizioni di massima, rinviando ad un apposito piano attuativo per i servizi (PAS) la loro specifica individuazione.
I piani regolatori generali o i piani attuativi per i servizi devono prevedere aree pubbliche distinte, in particolare, in aree per i parchi urbani, per il verde di vicinato, per lo sport e per il gioco.
Da ultimo, alcuni comuni specificatamente indicati nella legge regionale, sono obbligati a dotarsi anche di un programma pluriennale di attuazione (PPA). Il PPA è volto a delimitare le aree e le zone in cui devono realizzarsi, nei tempi e modi indicati dal presente titolo, le attività di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio previste dagli strumenti urbanistici generali dando priorità alle aree non sature dotate di opere di urbanizzazione ed alle aree con strumenti urbanistici particolareggiati approvati.
La legge provvede, inoltre, ad istituire appositi fondi a livello regionale e provinciale per favorire la redazione dei PTC e l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del PPAR, del PIT e dei PTC.
Con riferimento agli strumenti urbanistici attuativi, la legge detta altresì norme in materia di comparti edificatori e piani di lottizzazione (artt. 32 e 33).
La legge detta infine disposizioni in materia di protezione delle bellezze naturali.
La L.R. 5 dicembre 1977, n. 56 disciplina la tutela e il controllo dell'uso del suolo e gli interventi di conservazione e di trasformazione del territorio a scopi insediativi, residenziali e produttivi.
Sono strumenti di pianificazione per l'organizzazione e la disciplina d'uso del territorio:
a) il Piano Territoriale Regionale formato dalla regione che considera il territorio regionale, anche per parti, e ne esplica ed ordina gli indirizzi di pianificazione del territorio;
b) i Piani Territoriali Provinciali elaborati dalle province ed il Piano Territoriale Metropolitano formato dalla città metropolitana che considerano il territorio della provincia o dell'area metropolitana, delineano l'assetto strutturale del territorio e fissano i criteri per la disciplina delle trasformazioni, in conformità con gli indirizzi di pianificazione regionale;
c) i Progetti Territoriali Operativi e i Piani Paesistici; i Progetti Territoriali operativi considerano particolari ambiti sub-regionali o sub-provinciali aventi specifico interesse economico, ambientale o naturalistico ovvero interessati da progetti specifici o da iniziative di politica complessa, mentre i Piani Paesistici considerano anch'essi particolari ambiti territoriali aventi preminenti caratteristiche di rilevante valore ambientale-paesistico;
d) i Piani Regolatori Generali comunali o intercomunali, aventi per oggetto il territorio di un singolo comune, o di più comuni riuniti in forme associate, ed i relativi strumenti di attuazione. Il Piano Regolatore Generale oltre a definire la capacità insediativa residenziale, gli standard urbanistici e la densità territoriale e fondiaria nelle zone residenziali, deve indicare anche i beni culturali ambientali da salvaguardare sull'intero territorio comunale, nonché le aree destinate ad attività agricole e quelle per la localizzazione ed il riuso di aree ed impianti industriali, artigianali, commerciali e terziari.
I Piani Territoriali (Regionale, Provinciale e metropolitano) si attuano mediante l'adeguamento dei Piani Regolatori Generali, mediante i piani e i programmi di settore, i progetti di rilievo regionale o provinciale o metropolitano o attuativi di normative speciali dello Stato o della regione.
Il Progetto Territoriale Operativo rappresenta lo strumento di specificazione o di attuazione del Piano Territoriale Regionale, del Piano Territoriale Provinciale e del Piano Territoriale Metropolitano e può essere inteso anche come stralcio, eventualmente in variante, degli stessi e riguarda politiche o aree ad alta complessità.
E’ quindi prevista la Conferenza di pianificazione comunale per la formazione della variante strutturale al piano regolatore generale.
E’ poi prevista una serie di strumenti urbanistici esecutivi tra i quali i piani particolareggiati, i piani per l'edilizia economica e popolare, i piani di recupero, i piani esecutivi di iniziativa privata convenzionata, i piani tecnici di opere ed attrezzature di iniziativa pubblica, i programmi integrati di riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale.
Ai sensi dell’articolo 43, nelle porzioni di territorio, non ancora dotate in tutto o in parte di opere di urbanizzazione, in cui il Piano Regolatore Generale ammetta la realizzazione delle previsioni di piano per intervento di iniziativa privata, i proprietari, singoli o riuniti in consorzio, possono presentare al Sindaco progetti di piani esecutivi convenzionati, con l'impegno di attuarli, anche per parti.
La L.R. 27 luglio 2001, n. 20 persegue gli obiettivi della tutela dei valori ambientali, storici e culturali espressi dal territorio, nonché della sua riqualificazione, finalizzati allo sviluppo sostenibile della comunità regionale. Essa assicura il rispetto dei princìpi di sussidiarietà, mediante la concertazione tra i diversi soggetti coinvolti, in modo da attuare il metodo della copianificazione; efficienza e celerità dell'azione amministrativa attraverso la semplificazione dei procedimenti; trasparenza delle scelte, con la più ampia partecipazione; perequazione.
Al fine di elaborare un quadro conoscitivo comune e accessibile, funzionale alla formazione e gestione degli strumenti di tutela del territorio e della pianificazione regionale, provinciale e comunale, la Giunta regionale istituisce, presso l'Assessorato all'urbanistica, il Sistema informativo territoriale (S.I.T.).
A livello regionale, il Documento regionale di assetto generale (D.R.A.G.) definisce le linee generali dell'assetto del territorio, nonché gli obiettivi da perseguire mediante i livelli di pianificazione provinciale e comunale.
A livello provinciale, il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) assume l'efficacia di piano di settore nell'ambito delle materie inerenti la protezione della natura, la tutela dell'ambiente, delle acque, della difesa del suolo, delle bellezze naturali, a condizione che la definizione delle relative disposizioni avvenga nella forma di intese fra la Provincia e le Amministrazioni, anche statali, competenti.
La pianificazione urbanistica comunale si effettua mediante il Piano urbanistico generale (P.U.G.) o intercomunale e i Piani urbanistici esecutivi (P.U.E).
In tema di perequazione urbanistica, il P.U.G. può riconoscere la stessa suscettività edificatoria alle aree comprese in un P.U.E. al fine di distribuire equamente, tra i proprietari interessati dagli interventi, i diritti edificatori attribuiti dalla pianificazione urbanistica e gli oneri conseguenti alla realizzazione degli interventi di urbanizzazione del territorio (art. 14).
I P.U.E. possono essere redatti e proposti dal comune, dai proprietari che rappresentino, in base alla superficie catastale, almeno il 51 per cento degli immobili compresi entro il perimetro dell'area interessata, oppure dalle società di trasformazione urbana. Il P.U.E. può apportare variazioni al P.U.G. qualora non incida nelle previsioni strutturali del P.U.G.
La successiva L.R. 21 maggio 2008, n. 12 autorizza i comuni, in attuazione dell'articolo 1, commi 258 e 259, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Legge finanziaria 2008), a definire ambiti la cui trasformazione è subordinata alla cessione gratuita da parte dei proprietari, singoli o riuniti in consorzio, di aree o immobili da destinare a edilizia residenziale sociale, in aggiunta alla dotazione minima inderogabile di spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggi. I comuni procedono all'attuazione di tali interventi previsti previa valutazione del fabbisogno di edilizia residenziale sociale, per il cui soddisfacimento i medesimi comuni possono prevedere un “surplus di capacità edificatoria” negli ambiti a prevalente destinazione residenziale.
Inoltre, la L.R. 10 giugno 2008, n. 13 detta norme in materia di edilizia sostenibile, prevedendo che gli strumenti di governo del territorio, dal livello regionale fino alla pianificazione esecutiva a scala comunale, comunque denominati, devono contenere le indicazioni necessarie a perseguire e promuovere gli obiettivi di sostenibilità delle trasformazioni territoriali e urbane. Il perseguimento dei criteri di sostenibilità ambientale avviene, pertanto, attraverso la previsione di accurate ricognizioni delle risorse territoriali e ambientali, nei piani e nei programmi di ogni livello, allo scopo di valutare le implicazioni ambientali dei processi di trasformazione del territorio. I piani e i programmi devono contenere norme, parametri, indicazioni progettuali e tipologiche che garantiscano il migliore utilizzo delle risorse naturali e dei fattori climatici, nonché la prevenzione dei rischi ambientali.
Da ultimo la L.R. 29 luglio 2008, n. 21 reca disposizioni per la rigenerazione urbana, definendo i principali ambiti d'intervento nei contesti urbani periferici e marginali interessati da carenza di attrezzature e servizi, ivi compresi i contesti urbani storici interessati da degrado del patrimonio edilizio e degli spazi pubblici e da disagio sociale; i contesti urbani storici interessati da processi di sostituzione sociale e fenomeni di terziarizzazione; le aree dismesse, parzialmente utilizzate e degradate. I comuni definiscono, pertanto, gli ambiti territoriali che, per le loro caratteristiche di contesti urbani periferici e marginali interessati, rendono necessari interventi di rigenerazione urbana e predispongono un documento programmatico per la rigenerazione urbana. I conseguenti programmi integrati di rigenerazione urbana devono essere conformi ai piani urbanistici generali comunali vigenti. L'inclusione degli interventi in programmi integrati di rigenerazione urbana e la previsione di programmi intercomunali sono criteri di valutazione assunti dalla Regione nell'erogazione di finanziamenti destinati alla riqualificazione urbana. Anche i comuni possono poi prevedere degli incentivi (riduzioni dell'ICI o di altre imposte comunali e degli oneri di urbanizzazione secondaria e del costo di costruzione) in favore di coloro che effettuano interventi nell'ambito dei programmi integrati di rigenerazione urbana.
La L.R. 22 dicembre 1989, n. 45 disciplina le attività di uso e tutela del territorio regionale, individuando i seguenti livelli e strumenti della pianificazione territoriale:
a) a livello regionale, i piani territoriali paesistici e le direttive ed i vincoli, nonché gli schemi di assetto territoriale. Le direttive ed i vincoli possono trovare espressione coordinata in piani e schemi di assetto relativi a determinati settori d'intervento e/o a determinate zone del territorio regionale. Il sistema di tali atti e piani costituisce il quadro regionale di coordinamento territoriale.
b) a livello provinciale, i piani urbanistici provinciali o subprovinciali.
c) a livello comunale, i piani urbanistici comunali e intercomunali.
In particolare, la regione con le direttive e i vincoli e con gli schemi di assetto territoriale disciplina l'uso del territorio e detta norme per la predisposizione dei piani urbanistici delle province, delle comunità montane e dei comuni singoli o associati.
Si segnalano la direttiva per i centri storici che istituisce e coordina presso gli enti locali «laboratori per il recupero» dei centri antichi, la direttiva per le zone agricole che individua le parti del territorio agricolo nelle quali gli interventi sono subordinati a pianificazione paesistica e la direttiva per le aree urbane con la quale vengono individuate le aree urbane che, per la loro complessità strutturale, per la loro composizione amministrativa e per la loro rilevanza, all'interno del territorio regionale, necessitano di coordinamento sovracomunale.
Con i piani territoriali paesistici, la regione individua infine le zone di particolare pregio naturalistico e ambientale e ne detta le norme d'uso.
La provincia, attraverso il piano urbanistico provinciale esteso all'intero territorio o diviso in più ambiti sempre compresi nella circoscrizione amministrativa, assicura la coerenza degli interventi alle direttive e vincoli regionali e ai piani territoriali paesistici.
Il comune, con il piano urbanistico comunale o i intercomunale, assicura la equilibrata espansione dei centri abitati in coerenza con le direttive e i vincoli regionali; in conformità alle previsioni del piano urbanistico provinciale regola l'uso del territorio agricolo e delle parti destinate allo sviluppo turistico e produttivo industriale-artigianale, detta norma per il recupero e l'uso del patrimonio edilizio esistente, per una adeguata dotazione di servizi sociali e di carattere infrastrutturale del territorio comunale.
Gli strumenti di attuazione del piano urbanistico comunale o intercomunale sono:
a) il piano particolareggiato;
b) il piano di lottizzazione convenzionata;
c) il piano per gli insediamenti produttivi;
d) il piano per l'edilizia economica e popolare;
e) le concessioni ed autorizzazioni edilizie.
Inoltre, le previsioni contenute negli strumenti generali di pianificazione urbanistica territoriale di scala comunale si attuano con le modalità e nei tempi fissati dai programmi pluriennali, cui sono obbligati a dotarsi tutti i Comuni della Sardegna inclusi in un apposito elenco.
Lo strumento privilegiato per assicurare il coordinamento di tutte le attività relative alla pianificazione urbanistico territoriale è l’accordo di programma.
Nei comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti e nei consorzi fra gli stessi può essere istituita, previo nulla osta del competente assessorato regionale, la condotta urbanistica che rappresenta un organo tecnico del comune con funzioni di consulenza e predisposizione di elaborati tecnici necessari per la pratica attuazione degli strumenti di pianificazione urbanistica. Inoltre svolge funzioni di servizio e supporto informativo, per gli utenti interessati alla attività di trasformazione urbanistica del territorio.
La legge reca inoltre norme in materia di tutela del paesaggio e dei beni ambientali.
La successiva L.R. 25 novembre 2004, n. 8 detta norme urgenti di provvisoria salvaguardia per la pianificazione paesaggistica e la tutela del territorio regionale. A tal fine, è prevista l’adozione di un Piano paesaggistico regionale (PPR) come quadro di riferimento e di coordinamento, per lo sviluppo sostenibile dell'intero territorio regionale, degli atti di programmazione e pianificazione regionale, provinciale e locale.
La L.R. 27 dicembre 1978, n. 71 disciplina i Piani regolatori generali, nell’ambito dei quali devono essere dettate prescrizioni esecutive concernenti i fabbisogni residenziali pubblici, privati, turistici, produttivi e dei servizi connessi, rapportati ad un periodo di cinque anni. Le predette prescrizioni costituiscono a tutti gli effetti piani particolareggiati di attuazione. Contestualmente all'adozione del piano regolatore generale i comuni sono tenuti a deliberare anche il regolamento edilizio.
Tutti i comuni aventi popolazione superiore a 10.000 abitanti sono obbligati anche alla formazione dei programmi pluriennali di attuazione. L'attività edilizia nelle aree incluse nei programmi pluriennali si svolge a mezzo di:
a) concessione singola;
b) piano di lottizzazione convenzionata;
c) piano particolareggiato.
La legge reca inoltre norme in materia di centri storici i cui piani di recupero dovranno avere carattere prevalentemente conservativo e disposizioni volte alla tutela dell’ambiente.
Al fine di dotare l'Amministrazione regionale degli strumenti operativi di conoscenza del territorio e dell'ambiente per un aggiornamento continuo nel quadro delle pertinenti iniziative di programmazione, l'Assessore regionale per il territorio e l'ambiente è autorizzato a stipulare convenzioni con enti di ricerca di importanza nazionale, con istituzioni universitarie, società ed enti privati altamente specializzati.
La successiva L.R. 11 aprile 1981, n. 65 reca alcune norme integrative e modificative della legislazione in materia urbanistica e di regime dei suoli, nonché norme specifiche relative ai piani regolatori dei porti di interesse nazionale e regionale e norme a difesa dei litorali e la L.R. 21 agosto 1984, n. 66 norme modificative alla L.R. n. 71 del 1978.
La L.R. 30 aprile 1991, n. 15 integra anch’essa le disposizioni della L:R. n. 71 del 1978, soprattutto in relazione all’obbligo dei comuni sprovvisti di dotarsi di un piano regolatore generale.
Si ricordano, infine, alcune disposizioni integrative in materia di urbanistica e di territorio e ambiente recate dalla L.R. 7 giugno 1994 n. 19 e dalla L.R. 18 maggio 1996 n. 34, nonché anche nella L.R. 19 maggio 2003 n. 7.
La L.R. 3 gennaio 2005, n. 1 detta norme per il governo del territorio promovendo lo sviluppo sostenibile delle attività pubbliche e private che incidono sul territorio medesimo. A tal fine lo svolgimento di tali attività e l'utilizzazione delle risorse territoriali ed ambientali deve avvenire garantendo la salvaguardia e il mantenimento dei beni comuni e l'uguaglianza di diritti all'uso e al godimento dei beni comuni, nel rispetto delle esigenze legate alla migliore qualità della vita delle generazioni presenti e future.
I comuni, le province e la regione perseguono, tra l’altro, una qualità insediativa ed edilizia sostenibile che garantisca la riduzione dei consumi energetici; la salvaguardia dell'ambiente naturale; la sanità ed il benessere dei fruitori; l'eliminazione delle barriere architettoniche; l'organizzazione degli spazi che salvaguardino il diritto all'autodeterminazione delle scelte. I nuovi insediamenti e gli interventi di sostituzione dei tessuti insediativi sono consentiti solo se esistano o siano contestualmente realizzate le infrastrutture che consentono la tutela delle risorse essenziali del territorio. In tal senso sono comunque da garantire l'accesso ai servizi di interesse pubblico e le relative prestazioni; in particolare devono essere assicurati i servizi inerenti: all'approvvigionamento idrico e alla depurazione delle acque; alla difesa del suolo, tale da tutelare le aree interessate da rischi di esondazione o di frana; alla gestione dei rifiuti solidi; alla disponibilità dell'energia; ai sistemi di mobilità; al sistema del verde urbano.
A tal fine e per garantire percorsi di democrazia partecipativa, gli strumenti della pianificazione territoriale contengono lo statuto del territorio. Per assicurare la partecipazione dei cittadini in ogni fase del procedimento, l’articolo 19 prevede l’istituzione del garante della comunicazione.
Le funzioni amministrative relative al governo del territorio sono attribuite, nell'ambito delle rispettive competenze, ai comuni, alle province e alla Regione.
La regione approva il piano di indirizzo territoriale ove viene delineata la strategia dello sviluppo territoriale mediante l'indicazione e la definizione:
a) degli obiettivi del governo del territorio e delle azioni conseguenti;
b) del ruolo dei sistemi metropolitani e dei sistemi delle città, dei sistemi locali e dei distretti produttivi, delle aree caratterizzate da intensa mobilità nonché degli ambiti territoriali di rilievo sovraprovinciale;
c) delle azioni integrate per la tutela e valorizzazione delle risorse essenziali.
Le province approvano il piano territoriale di coordinamento, determinano i livelli prestazionali minimi delle risorse essenziali di interesse sovracomunale, promuovendo lo sviluppo sostenibile del territorio di propria competenza, anche attraverso l'esercizio integrato delle funzioni ad esse attribuite in materia di gestione territoriale e ambientale.
I comuni approvano il piano strutturale ed esercitano le funzioni primarie ed essenziali del governo del territorio, provvedendo alla disciplina puntuale e alla definizione delle regole che presiedono all'utilizzazione e alla trasformazione del territorio.
I comuni approvano inoltre, quali atti di governo del territorio, il regolamento urbanistico, i piani complessi di intervento nonché i piani attuativi.
I piani complessi di intervento vengono adottati allorché siano previste trasformazioni del territorio che richiedano l'esecuzione programmata e contestuale di interventi pubblici e privati, mentre i piani attuativi costituiscono strumenti urbanistici di dettaglio di attuazione del regolamento urbanistico o dei piani complessi di intervento ai fini del coordinamento degli interventi sul territorio.
I comuni dotati di piano strutturale e regolamento urbanistico possono autorizzare la lottizzazione di terreno a scopo edilizio, subordinata alla stipula di una convenzione fra comune e proprietari.
Ai sensi dell’articolo 60, la perequazione urbanistica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi individuati dagli strumenti della pianificazione territoriale ed alla equa distribuzione dei diritti edificatori per tutte le proprietà immobiliari ricomprese in ambiti oggetto di trasformazione urbanistica. La distribuzione dei diritti edificatori è effettuata in base alle limitazioni all'edificabilità derivanti dagli strumenti della pianificazione territoriale e dagli atti di governo del territorio. La distribuzione dei diritti edificatori tiene conto anche delle condizioni fisiche del territorio nonché dei vincoli derivanti dalle leggi in vigore.
La L.R. 22 febbraio 2005, n. 11 disciplina la pianificazione urbanistica comunale privilegiando il metodo della copianificazione, assicurando il completamento del processo di conferimento di funzioni a province e comuni, che è ispirato ai principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza.
La regione persegue obiettivi di qualità nel governo del territorio, attraverso l'attivazione di politiche di sviluppo sostenibile e la promozione di una disciplina urbanistica di uso del suolo improntata a criteri di tutela e valorizzazione delle risorse naturalistiche ed antropiche, con particolare attenzione alla biodiversità, alla qualità dello spazio rurale, alla qualità urbana e alla qualità paesaggistica del territorio.
Il piano regolatore generale (PRG) è lo strumento di pianificazione con il quale il comune stabilisce la disciplina urbanistica per la valorizzazione e la trasformazione del territorio comunale, definendo le condizioni di assetto per la realizzazione di uno sviluppo locale sostenibile, nonché individua gli elementi areali, lineari e puntuali del territorio sottoposto a vincoli e stabilisce le modalità per la valorizzazione ambientale e paesaggistica.
Il PRG è composto da una parte strutturale e da una parte operativa nella quale sono stabiliti i metodi e criteri ai fini dell'applicazione della perequazione urbanistica e delle compensazioni.
Il comune si dota anche del piano comunale dei servizi (PCS), che implementa il PRG, parte operativa. Il PCS è lo strumento di programmazione e di indirizzo gestionale dei servizi pubblici e di interesse generale o collettivo per soddisfare le esigenze attuali dei cittadini e quelle prodotte dalle trasformazioni previste dal PRG, nonché per garantire la qualità e la efficienza dei servizi.
Il comune, inoltre, contestualmente all'avvio del procedimento di PRG, provvede a dotarsi di un bilancio urbanistico-ambientale, contenente la descrizione, anche in riferimento agli scenari degli andamenti demografici, migrazionali ed occupazionali, delle trasformazioni intercorse nell'arco degli ultimi dieci anni nel territorio in oggetto, nonché degli esiti operativi e dello stato di attuazione degli strumenti urbanistici e di pianificazione territoriale vigenti di propria competenza.
Il PRG è attuato mediante piani attuativi di iniziativa pubblica, di iniziativa privata, di iniziativa mista.
La perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti o attribuiti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali e funzionali.
Il PRG, parte operativa, disciplina gli interventi di ristrutturazione urbanistica e di nuovo insediamento, assicurando una equa distribuzione dei diritti edificatori in riferimento alle condizioni urbanistiche ed alle situazioni di stato di fatto e di diritto degli immobili. I piani attuativi e i programmi urbanistici attuano la perequazione, disciplinando gli interventi di trasformazione da realizzare sulla base di progetti unitari ed assicurando l'equità attraverso una ripartizione dei diritti e degli oneri, indipendente dalle specifiche destinazioni d'uso assegnate alle singole aree.
Gli strumenti urbanistici comunali possono prevedere l'utilizzazione dei diritti edificatori e delle aree acquisite dal comune per compensazioni di oneri imposti ai proprietari in materia di acquisizione pubblica degli immobili, di demolizioni senza ricostruzioni in loco per finalità urbanistiche, di ripristino e di riqualificazione di spazi, di eliminazione di detrattori ambientali.
La legge reca, inoltre, specifiche disposizioni di attuazione del PRG in relazione al territorio agricolo prevedendo che gli strumenti urbanistici generali disciplinino l'uso dello spazio rurale in coerenza con i principi, i criteri e le azioni previste dalla programmazione regionale, al fine di salvaguardare la funzione che i terreni agricoli svolgono per il sistema socio-economico, per la difesa dell'ambiente, per l'integrità del paesaggio e per la conservazione degli aspetti storici e culturali.
Ai sensi dell’art. 46, viene istituita la Rete ecologica regionale che rappresenta un sistema interconnesso di habitat, di elementi paesistici e di unità territoriali di tutela ambientale finalizzato alla salvaguardia ed al mantenimento della biodiversità.
La L.R. 6 aprile 1998, n. 11 determina le condizioni giuridiche riguardanti l'uso del territorio idonee a perseguire lo sviluppo sostenibile.
La pianificazione territoriale-paesistica, urbanistica, di settore e la programmazione generale e settoriale sono, pertanto, orientate a perseguire lo sviluppo sostenibile gestendo le risorse in modo misurato e compatibile con l'ambiente, tutelando il paesaggio e i beni culturali, riservando all'agricoltura le buone terre coltivabili, perseguendo il pieno recupero del patrimonio edilizio, qualificando le zone a destinazione artigianale e industriale e riservando aree adeguate agli impianti ed alle strutture di interesse pubblico, evitando l'edificazione sparsa e favorendo una distribuzione equilibrata della popolazione sul territorio.
La regione attua, altresì, ogni attività per la comunicazione, la promozione, l'educazione e la formazione in materia ambientale, utile al conseguimento delle predette finalità.
L'attività della regione e dei comuni per il governo del territorio nell'ambito delle rispettive competenze, nonché l'azione di tutela e valorizzazione dei beni di interesse storico, artistico e paesistico, sono orientate dal piano territoriale paesistico (PTP).
Il PTP considera l'intero territorio regionale, al quale si applica senza esclusioni, e reca determinazioni che si articolano in prescrizioni direttamente cogenti e prevalenti, prescrizioni mediate e indirizzi.
La regione e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, favoriscono la tutela del paesaggio e la riqualificazione dell'ambiente, ai sensi delle prescrizioni e degli indirizzi del PTP, anche mediante misure perequative atte a compensare le penalizzazioni e i maggiori costi che ne possono derivare a carico di singoli soggetti.
Per l'attuazione del PTP, oltre agli strumenti urbanistici comunali generali e di dettaglio, ai piani e programmi settoriali e ai programmi di sviluppo turistico, sono utilizzabili:
§ i progetti operativi integrati di rilievo regionale (PTIR);
§ i progetti operativi integrati di rilievo sub-regionale (PTIL);
§ i programmi integrati di interesse regionale (PMIR).
I PTIR e i PTIL riguardano gli ambiti individuati dal PTP nonché altri ambiti che siano individuati, motivatamente, dal Consiglio regionale di propria iniziativa o per iniziativa della Giunta regionale o su richiesta di comuni. Alla formazione dei progetti e programmi integrati provvede la Giunta regionale di propria iniziativa o per iniziativa dei comuni territorialmente interessati.
Lo strumento generale di pianificazione urbanistica è, invece, costituito dal piano regolatore generale comunale urbanistico e paesaggistico (PRG).
Il PRG definisce l'organizzazione dell'intero territorio del comune cui fa riferimento, stabilendo gli usi propri dello stesso, nonché le forme e le modalità per il suo corretto impiego a soddisfare le esigenze delle comunità e degli individui, nella consapevolezza e nel rispetto della storia di quelle comunità.
Lo strumento urbanistico attuativo del PRG è il piano urbanistico di dettaglio (PUD). Il PUD, il cui termine di attuazione non può essere superiore a dieci anni, può essere formato ad iniziativa e cura di privati o ad iniziativa e cura del comune.
L'attuazione del PRG, per quanto concerne la riqualificazione del territorio, può intervenire, in coerenza con il PTP, anche attraverso programmi integrati, altri programmi preordinati alla riqualificazione e al recupero degli insediamenti e dell'ambiente, intese e concertazioni disciplinate da specifiche norme; ove l'approvazione di tali atti avvenga attraverso accordi di programma, questi determinano le necessarie varianti al PRG.
La L.R. 23 aprile 2004, n. 11 detta le norme per il governo del territorio, definendo le competenze di ciascun ente territoriale, le regole per l'uso dei suoli secondo criteri di prevenzione e riduzione o di eliminazione dei rischi, di efficienza ambientale, di competitività e di riqualificazione territoriale al fine di migliorare la qualità della vita.
E’ promosso uno sviluppo sostenibile e durevole e sono tutelate le identità storico-culturali e la qualità degli insediamenti urbani ed extraurbani.
E’ inoltre stabilito un criterio di preferenza per le misure di riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente rispetto all’utilizzo di nuove risorse territoriali, attivabile solo in via residuale.
Il governo del territorio si attua attraverso la pianificazione, urbanistica e territoriale del comune, della provincia e della Regione. I diversi livelli di pianificazione sono tra loro coordinati nel rispetto dei principi di sussidiarietà e coerenza; in particolare, ciascun piano indica il complesso delle direttive per la redazione degli strumenti di pianificazione di livello inferiore e determina le prescrizioni e i vincoli automaticamente prevalenti. Ogni piano detta, infatti, i criteri ed i limiti entro i quali il piano di livello inferiore può modificare il piano di livello sovraordinato senza che sia necessario procedere ad una variante dello stesso.
La pianificazione si articola in:
§ piano di assetto del territorio comunale (PAT) e piano degli interventi comunali (PI) che costituiscono il piano regolatore comunale, piano di assetto del territorio intercomunale (PATI) e piani urbanistici attuativi (PUA);
§ piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP);
§ piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC).
La pianificazione urbanistica comunale si esplica mediante il piano regolatore comunale che si articola in disposizioni strutturali, contenute nel piano di assetto del territorio (PAT) ed in disposizioni operative, contenute nel piano degli interventi (PI).
Il piano di assetto del territorio (PAT) è lo strumento di pianificazione che delinea le scelte strategiche di assetto e di sviluppo per il governo del territorio comunale, individuando le specifiche vocazioni e le invarianti di natura geologica, geomorfologica, idrogeologica, paesaggistica, ambientale, storico-monumentale e architettonica, in conformità agli obiettivi ed indirizzi espressi nella pianificazione territoriale di livello superiore ed alle esigenze dalla comunità locale.
Il piano degli interventi (PI) è lo strumento urbanistico che, in coerenza e in attuazione del PAT, individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e di trasformazione del territorio comunale programmando in modo contestuale la realizzazione di tali interventi, il loro completamento, i servizi connessi e le infrastrutture per la mobilità. Il PI si rapporta con il bilancio pluriennale comunale, con il programma triennale delle opere pubbliche e con gli altri strumenti comunali settoriali previsti da leggi statali e regionali e si attua attraverso interventi diretti o per mezzo di piani urbanistici attuativi (PUA).
I piani urbanistici attuativi (PUA) possono essere d'iniziativa pubblica o privata o, congiuntamente, di iniziativa pubblica e privata. Essi definiscono l'organizzazione urbanistica, infrastrutturale ed architettonica di un insediamento.
Il piano di assetto del territorio intercomunale (PATI) è lo strumento di pianificazione intercomunale finalizzato a pianificare in modo coordinato scelte strategiche e tematiche relative al territorio di più comuni.
Il piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) è lo strumento di pianificazione che delinea gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell'assetto del territorio provinciale in coerenza con gli indirizzi per lo sviluppo socio-economico provinciale, con riguardo alle prevalenti vocazioni, alle sue caratteristiche geologiche, geomorfologiche, idrogeologiche, paesaggistiche ed ambientali.
Il piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC), in coerenza con il programma regionale di sviluppo (PRS) di cui alla legge regionale 29 novembre 2001, n. 35, indica gli obiettivi e le linee principali di organizzazione e di assetto del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione.
L'approvazione del piano territoriale regionale di coordinamento (PTRC), del piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) e delle loro varianti comporta l'obbligo per i comuni di adeguarsi adottando apposite varianti al piano di assetto del territorio (PAT) ed al piano degli interventi (PI) entro il termine massimo di un anno.
Al fine di promuovere uno sviluppo sostenibile e durevole ed assicurare un elevato livello di protezione dell'ambiente, i comuni, le province e la Regione, nell'ambito dei procedimenti di formazione degli strumenti di pianificazione territoriale, provvedono, ai sensi dell’articolo 4, alla valutazione ambientale strategica (VAS).
I comuni, le province e la Regione nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, conformano la propria attività al metodo del confronto e della concertazione con gli altri enti pubblici territoriali e con le altre amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti (articolo 5).
Ai sensi dell’articolo 35, la perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali.
Il piano di assetto del territorio (PAT) stabilisce i criteri e le modalità per l'applicazione della perequazione urbanistica.
Il piano degli interventi (PI), i piani urbanistici attuativi (PUA), i comparti urbanistici e gli atti di programmazione negoziata attuano la perequazione disciplinando gli interventi di trasformazione da realizzare unitariamente, assicurando un'equa ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari delle aree e degli edifici interessati dall'intervento, indipendentemente dalle specifiche destinazioni d'uso assegnate alle singole aree.
La demolizione delle opere incongrue, l'eliminazione degli elementi di degrado, o la realizzazione degli interventi di miglioramento della qualità urbana, paesaggistica, architettonica e ambientale determinano un credito edilizio. Per credito edilizio si intende una quantità volumetrica riconosciuta a seguito della realizzazione dei predetti interventi ovvero a seguito delle compensazioni. I crediti edilizi sono annotati in un registro e sono liberamente commerciabili. Il PI individua e disciplina gli ambiti in cui è consentito l'utilizzo dei crediti edilizi (articolo 36).
Le compensazioni permettono ai proprietari di aree ed edifici oggetto di vincolo preordinato all'esproprio di recuperare adeguata capacità edificatoria, anche nella forma del credito edilizio, su altre aree e/o edifici, anche di proprietà pubblica, previa cessione all'amministrazione dell'area oggetto di vincolo (articolo 37).
La successiva L.R. 2 dicembre 2005, n. 23 reca disposizioni per l'applicazione della legislazione urbanistica regionale.
La L.P. 11 agosto 1997, n. 13 disciplina la pianificazione territoriale e urbanistica per il raggiungimento delle seguenti finalità:
a) sviluppo sostenibile, finalizzato a soddisfare le necessità di crescita e di benessere dei cittadini, senza pregiudizio per la qualità della vita delle generazioni future, nel rispetto delle risorse naturali;
b) tutela e sviluppo sostenibile del paesaggio culturale e naturale;
c) tutela delle identità storico-culturali;
d) tutela della qualità degli insediamenti urbani ed extraurbani;
e) messa in sicurezza degli abitati e del territorio dai rischi sismici ed idrogeologici;
f) coordinamento con le politiche di sviluppo nazionali ed europee;
g) risparmio energetico e utilizzo di fonti di energia rinnovabili;
h) utilizzo di nuove risorse territoriali solo quando non esistano alternative alla riorganizzazione e riqualificazione del tessuto insediativo esistente.
Il sistema della pianificazione territoriale provinciale è attuato attraverso il piano provinciale di sviluppo e coordinamento territoriale che contiene la pianificazione di ordine superiore, sovracomunale e riassuntiva per lo sviluppo del territorio provinciale. Il piano, nel formulare gli obiettivi ed i principi urbanistici più importanti a livello provinciale, comprensoriale e comunale, deve avere particolare rispetto per le esigenze dell'ecologia, nell'interesse delle generazioni future.
I piani di settore, deliberati dalla Giunta provinciale, trasformano poi in concrete pianificazioni gli obiettivi, i principi e le direttive del piano provinciale e si possono estendere anche a parti limitate ma omogenee del territorio.
Ogni comune della provincia è obbligato, a sua volta, a formare il piano urbanistico comunale. Il piano urbanistico comunale ha efficacia a tempo indeterminato.
Nell'ambito delle aree riservate ad opere e impianti di interesse pubblico i comuni possono delimitare parti di esse da destinare ad opere e impianti di interesse collettivo e sociale, la cui realizzazione e gestione nell'interesse collettivo possono essere affidate ai privati proprietari.
L'attuazione del piano urbanistico comunale avviene sulla base di programmi di attuazione che determinano le aree e le zone o parti di esse - comprese le aree di completamento e le zone di risanamento - nelle quali debbano realizzarsi, anche a mezzo di comparti, le previsioni di detti strumenti e le relative urbanizzazioni.
La Giunta provinciale fissa i criteri per l'imposizione della tutela degli insiemi ed i comuni sono tenuti a predisporre un elenco degli immobili da sottoporre allatutela degli insiemi, provvedendo all'adozione della relativa variante al piano urbanistico. Ai sensi dell’articolo 25 relativo alla tutela degli insiemi vengono definiti insiemi di elementi (Ensemble) le vedute di strade, piazze e parti edificate, come pure i parchi e giardini con edifici, compresi i singoli elementi di tali impianti costituiti dal verde, da spazi liberi e specchi d'acqua, sono sottoposti nel piano urbanistico a particolare tutela, se il loro mantenimento è dettato da motivi di ordine scientifico, artistico o di cultura locale.
Il comune può stipulare convenzioni urbanistiche con privati o enti pubblici al fine di facilitare, nel pubblico interesse, l'attuazione di interventi previsti nel piano urbanistico comunale oppure in un piano attuativo o in un altro documento di contenuto programmatico (articolo 40-bis).
La L.P. 4 marzo 2008, n. 1 detta disposizioni per il governo e la valorizzazione del territorio provinciale, perseguendo, tra l’altro, le seguenti finalità:
Ø garantire la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione del sistema delle risorse territoriali e del paesaggio provinciali per migliorare la qualità della vita, dell'ambiente e degli insediamenti;
Ø assicurare la tutela dell'identità storica e culturale della popolazione trentina;
Ø promuovere la realizzazione di uno sviluppo sostenibile e durevole;
Ø accrescere la competitività del sistema territoriale provinciale;
Ø assicurare la partecipazione dei cittadini nei processi di elaborazione e approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale;
Ø assicurare la flessibilità del sistema della pianificazione territoriale;
Ø prevedere che la formazione degli strumenti di pianificazione territoriale avvenga nel rispetto del principio della sussidiarietà responsabile e del decentramento delle scelte pianificatorie;
Ø prevedere la valutazione strategica degli strumenti di pianificazione territoriale, con il metodo dell'autovalutazione;
Ø valorizzare gli strumenti della perequazione e della compensazione nella redazione e attuazione degli atti di pianificazione territoriale locale, anche per favorire un'equa ripartizione tra i proprietari degli immobili dei diritti edificatori e degli oneri derivanti dalla pianificazione.
La provincia, attraverso il sistema informativo ambientale e territoriale (SIAT), cura la raccolta, l'elaborazione e l'aggiornamento dei dati conoscitivi e delle informazioni relative al territorio e all'ambiente. Il SIAT costituisce il sistema informativo integrato e unitario a supporto dell'intero sistema della programmazione della Provincia, delle comunità, dei comuni e della funzione di autovalutazione degli strumenti di pianificazione territoriale. Gli elementi conoscitivi del piano urbanistico provinciale, dei piani di settore della Provincia, degli strumenti di pianificazione territoriale delle comunità e dei comuni costituiscono la struttura fondamentale del SIAT (articolo 9).
Il sistema della pianificazione territoriale provinciale si articola nei seguenti strumenti di pianificazione territoriale generale:
il piano urbanistico provinciale (PUP);
il piano territoriale della comunità (PTC);
il piano regolatore generale (PRG);
i piani dei parchi naturali provinciali e del parco nazionale dello Stelvio;
i regolamenti edilizi comunali;
i piani attuativi.
Il piano urbanistico provinciale (PUP) è lo strumento unitario di governo e di pianificazione del territorio provinciale che definisce le strategie, le direttive e le prescrizioni da seguire per le trasformazioni territoriali. Al fine del riconoscimento e della tutela dei valori paesaggistici, il PUP deve contenere, tra l’altro, la carta del paesaggio che costituisce lo strumento di analisi e interpretazione del sistema del paesaggio per la redazione del piano territoriale della comunità e la carta di sintesi della pericolosità che individua le aree caratterizzate da diversi gradi di penalità ai fini dell'uso del suolo. Le disposizioni contenute nella carta di sintesi della pericolosità e nei suoi aggiornamenti prevalgono sugli strumenti di pianificazione territoriale.
Il piano territoriale della comunità (PTC) definisce, sotto il profilo urbanistico e paesaggistico, le strategie per uno sviluppo sostenibile del rispettivo ambito territoriale, nell'obiettivo di conseguire un elevato livello di competitività del sistema territoriale, di riequilibrio e di coesione sociale e di valorizzazione delle identità locali.
Il piano regolatore generale (PRG) è lo strumento di pianificazione urbanistica predisposto dal comune, nell'esercizio delle funzioni di governo generale del suo territorio non esplicitamente attribuite ad altri livelli di pianificazione dal piano urbanistico provinciale o dalla legislazione di settore.
I comuni possono concludere accordi con soggetti privati per recepire nel piano regolatore generale proposte di progetti e iniziative di rilevante interesse pubblico. Gli accordi sono finalizzati alla determinazione di previsioni del piano, senza pregiudizio dei diritti dei terzi (articolo 30).
Il piano attuativo è lo strumento per la pianificazione urbanistica di dettaglio di determinate parti del territorio comunale, in conformità alle prescrizioni degli strumenti urbanistici. I piani attuativi si distinguono in piani d'iniziativa pubblica, d'iniziativa privata e d'iniziativa mista pubblico-privata.
Sono piani attuativi d'iniziativa privata i piani di lottizzazione; i piani di recupero; i piani per l'edilizia abitativa agevolata; gli insediamenti produttivi.
Il piano attuativo d'iniziativa pubblica riguarda, invece, la lottizzazione d'ufficio; il recupero del patrimonio edilizio esistente; l'edilizia abitativa pubblica e agevolata; gli insediamenti produttivi.
Costituiscono piani d'iniziativa mista pubblico-privata i programmi integrati d'intervento promossi dal comune o da altri soggetti pubblici e privati per riqualificare il tessuto urbanistico, edilizio e ambientale o per programmare interventi edilizi di particolare complessità e impegno finanziario. Il programma integrato d'intervento è caratterizzato dalla presenza di una pluralità di funzioni, dall'integrazione di diverse tipologie d'intervento, comprese le opere di urbanizzazione e le infrastrutture, da una dimensione tale da incidere sulla riorganizzazione urbana e dal possibile concorso di più operatori e risorse finanziarie pubblici e privati.
Ai sensi dell’articolo 53, il piano regolatore generale può essere redatto secondo tecniche pianificatorie ispirate a principi di perequazione urbanistica. La perequazione urbanistica persegue un'equa ripartizione dei diritti edificatori e degli oneri derivanti dalla pianificazione tra i proprietari delle aree alle quali si riferisce.
Se un immobile è soggetto a interventi di riqualificazione urbanistica e ambientale o di delocalizzazione, il piano regolatore generale può riconoscere, a titolo di credito edilizio, diritti edificatori da utilizzare nelle aree destinate a edificazione (articolo 36).
Disposizioni specifiche sono previste dall’articolo 60 per la tutela degli insediamenti storici. La tutela del tessuto storico, sociale, culturale ed economico degli insediamenti storici costituisce, infatti, elemento necessario per la pianificazione urbanistica. Per garantire l'omogeneità della pianificazione degli insediamenti storici la Giunta provinciale stabilisce indirizzi e criteri generali per l'individuazione e la disciplina da parte dei comuni degli insediamenti storici, nonché le categorie degli interventi ammissibili sugli immobili e i siti in essi compresi. Il piano territoriale della comunità può precisare gli indirizzi e criteri generali per la pianificazione degli insediamenti storici da parte dei comuni.
Regioni |
Concertazione |
Perequazione e compensazione |
Pianificazione integrata |
Salvaguardia |
Sussidiarietà |
Sistema informativo territoriale |
Valutazione ambientale o VAS |
Abruzzo (LR 18/1983) |
- |
- |
artt. 26, 30-bis |
artt. 57 e 58 |
- |
- |
GR 967 7/11/03 |
Basilicata (LR 23/1999) |
art. 24 |
art. 33 |
art. 18 |
- |
- |
art.41 |
artt. 19, 29-32 |
Calabria (LR 19/2002) |
Titolo II |
art. 54 |
art. 33 |
art. 4 |
art. 1 |
art.8 |
artt. 9 e 10 |
Campania (LR 16/2004) |
art. 4 e 6 |
art. 32 |
art. 26 |
- |
art. 8 |
art. 17 |
art. 47 |
Emilia R. (LR 20/2000) |
Titolo I, Capo III |
art. 7 |
art. 31 |
art. 12 |
art. 9 |
- |
art. 5 |
Friuli V.G. (LR 5/2007) |
- |
art. 31 |
art. 25 |
- |
artt. 31 e 32 |
art. 34 |
artt. 10 e 15 |
Lazio (LR 38/1999) |
- |
- |
art. 44 |
- |
art. 1 |
art. 17 |
art. 15 e GR 1516/02 |
Liguria (LR 36/1997) |
art. 2 |
artt. 30 e ss. |
art. 29 |
art. 42 |
art. 2 |
art. 78 |
artt. 11 e 13 |
Lombardia (LR 12/2005) |
art. 1 |
artt. 3 e 11 |
artt. 87 e ss. |
art. 102-bis |
art. 1 |
art. 3 |
art. 4 |
Marche (LR 34/1992) |
- |
- |
- |
artt. 38 e 39 |
- |
- |
art. 9 |
Piemonte (LR 56/1977) |
- |
- |
art. 32 |
art. 58 |
- |
- |
art. 8-ter e LR 40/1998 |
Puglia (LR 20/2001) |
art. 2 |
artt. 2 e 14 |
art. 2 |
art. 13 |
art. 2 |
art. 24 |
art. 4 e LR 17/2000 LR 13/2008 |
Sardegna (LR 8/2004) |
art. 2 |
- |
- |
art. 3 |
- |
- |
art. 5 |
Sicilia (LR 71/1978) |
- |
- |
- |
art. 19 |
- |
art. 59 |
art. 55 e DA 7/7/2004 |
Toscana (LR 1/2005) |
Titolo III |
art. 60 |
art. 74 |
art. 61 |
art. 7 |
art. 28 |
artt. 1, 11-14 |
Umbria (LR 11/2005) |
artt. 1 e 7 |
artt. 29 e 30 |
artt. 4 e 28 |
|
art. 1 |
art. 13 |
art. 8 e 24 |
Valle d’Aosta (LR 11/1998) |
- |
- |
artt. 44 e ss. |
artt. 7 e 20 |
- |
art. 9 |
artt. 5, 13 e segg. |
Veneto (LR 11/2004) |
art. 5 |
artt. 35 e 37 |
artt. 19 e 20 |
art. 29 |
art. 2 |
artt. 8-10 |
art. 4 |
Prov.Bolzano (LP 13/1997) |
- |
art. 55-bis |
- |
- |
- |
- |
art. 13 L.P. 7/19987 |
Prov.Trento (LP 1/2008) |
art. 1 |
artt. 1, 53-55 |
art. 51 |
artt. 19, 27 e 35 |
art. 2 |
art. 9 |
artt. 2, 6 |
L.R. 12 aprile 1983, n. 18
Norme per la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della
Regione Abruzzo.
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(1) Pubblicata nel B.U. Abruzzo 16 luglio 1983, n. 9 Straordinario.
(2) Sui profili innovativi introdotti nella presente legge dalla L.R. 27 aprile 1995, n. 70 si veda la Circ.Ass. 13 giugno 1995, n. 24.
(3) Si veda anche: Circ.Ass. 14 agosto 1989, n. 2283, Circ.Ass. 12 ottobre 1989, n. 2835, Circ.Ass. 23 novembre 1989, n. 3244, Circ.Ass. 12 marzo 1992, n. 184 e Delib.C.R. 21 marzo 1990, n. 141/21.
TITOLO I
Norme generali
Art. 1
Obiettivi e finalità della legge.
1. Nel rispetto di quanto disposto dagli artt. 80 e 81 del D.P.R. n. 616 del 1977, nonché di ogni altra funzione e competenza spettante allo Stato nella materia disciplinata dalla presente legge, la Regione Abruzzo esercita le proprie attribuzioni per la conservazione, tutela e trasformazione del territorio con le seguenti finalità:
1) il coordinamento della pianificazione territoriale con gli obiettivi della programmazione socioeconomica della Regione;
2) la programmazione degli investimenti e della spesa pubblica sul territorio, a livello regionale e locale;
3) l'approfondita e sistematica conoscenza del territorio in tutti gli aspetti storici, sociali, economici e fisici attraverso la predisposizione della carta regionale dell'uso del suolo e degli atti e documenti di pianificazione ai vari livelli;
4) la difesa attiva e la valorizzazione del patrimonio naturale con particolare riguardo ai beni ambientali e culturali, alla tutela idrogeologica e difesa del suolo, nell'ambito delle funzioni previste dal D.P.R. n. 616 del 1977;
5) la piena e razionale utilizzazione delle risorse ed in particolare delle aree agricole e boschive, nonché del patrimonio abitativo, produttivo ed infrastrutturale esistente;
6) lo sviluppo equilibrato del territorio attraverso il controllo qualitativo e quantitativo dei diversi tipi di insediamento;
7) la partecipazione democratica delle comunità abruzzesi al processo di formazione della politica dell'uso del suolo urbano ed extraurbano;
8) la riaffermazione della rilevanza pubblica dei processi di trasformazione del territorio ai vari livelli del Governo locale;
9) lo snellimento dei procedimenti di formazione, approvazione e adeguamento degli strumenti di pianificazione;
10) la predisposizione di adeguati strumenti e strutture tecniche amministrative e finanziarie ai vari livelli istituzionali di pianificazione, per il perseguimento degli obiettivi programmatici e l'esercizio dei poteri di cui alla presente legge;
11) la valorizzazione delle autonomie locali singole e in forma associata;
12) l'operatività ed esecutività degli strumenti di pianificazione;
13) l'elevazione del contenuto tecnico progettuale dei piani anche attraverso la creazione di strutture interdisciplinari, al fine di garantire l'uniformità e la comparabilità degli elaborati di piano;
14) la chiara ed univoca interpretazione delle disposizioni relative all'attività edilizia (4).
Le funzioni amministrative nella materia urbanistica sono state delegate dallo Stato alle Regioni in un primo tempo con D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8.
Successivamente con legge 22 luglio 1975, n. 382 sono state emanate norme sull'ordinamento regionale e sull'organizzazione della Pubblica Amministrazione in generale ed è stato delegato il Governo a:
- completare il trasferimento delle funzioni amministrative relative alle materie dell'art. 117 Cost. alle Regioni;
- delegare alle Regioni ex art. 118 Cost., 2° comma, le funzioni (statali) amministrative, necessarie per rendere possibile alle Regioni l'esercizio delle funzioni amministrative loro proprie ex art. 117 Cost.;
- attuare il trasferimento dallo Stato alle Regioni degli uffici e del personale non ancora trasferiti, riducendo i relativi organici statali.
Per la materia urbanistica la delega è stata operata dagli artt. 80, 81 ed 82 D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616 (L'art. 81, contenente la disciplina delle competenze statali è stato modificato dal D.P.R. n. 383 del 1994). Le funzioni delegate alla Regione con il D.P.R. n. 8 del 1972 erano state disciplinate, in via provvisoria prima della L.R. n. 18 del 1983, dalla L.R. 8 settembre 1972, n. 18 e dalla L.R. 21 giugno 1978, n. 32.
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(4) Nella materia urbanistica, in base all'art. 117 della Costituzione, la Regione «emana norme legislative nei limiti dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato, sempreché le norme stesse non siano in contrasto con l'interesse nazionale e con quello di altre Regioni». Ai sensi dell'art. 118 Cost.: «Spettano alla Regione le funzioni amministrative per le materie elencate nel precedente articolo, salvo quelle di interesse esclusivamente locale, che possono essere attribuite dalle leggi della Repubblica alle Province, ai Comuni o ad altri enti locali».
Art. 2
Soggetti e livelli di pianificazione.
1. Gli obiettivi e le finalità di cui al precedente articolo sono assicurati dall'azione della Regione, della Provincia, dei Comuni singoli o associati, i quali nell'ambito delle rispettive attribuzioni, intervengono nel processo formativo e gestionale degli atti e documenti di pianificazione di cui agli articoli successivi.
TITOLO II
Norme sulla pianificazione
Capo I
Pianificazione regionale e sovracomunale
Art. 3
Quadro di riferimento regionale (Q.R.R.) - Contenuti.
1. Salvo quanto disposto nel primo comma del precedente art. 1 in ordine alle competenze e funzioni dello Stato, il quadro di riferimento regionale costituisce la proiezione territoriale del Programma di sviluppo regionale, sulla base anche di intese con le amministrazioni statali, gli enti istituzionalmente competenti e le altre Regioni.
2. Il Q.R.R. ha come supporto conoscitivo ed interpretativo la carta regionale d'uso del suolo. Esso definisce indirizzi e direttive di politica regionale per la pianificazione e la salvaguardia del territorio. A questo fine il Q.R.R., direttamente o mediante i piani e i progetti di cui al successivo art. 6, che ne costituiscono parte integrante:
a) individua ed articola eventuali ambiti subprovinciali coincidenti con una o più U.L.S.S. in riferimento ai quali devono essere redatti i Piani territoriali;
b) individua le aree di preminente interesse regionale per la presenza di risorse naturalistiche, paesistiche, archeologiche, storico-artistiche, agricole, idriche ed energetiche, per la difesa del suolo, specificandone l'eventuale esigenza di formare oggetto di Progetti speciali territoriali di cui al successivo art. 6;
c) fornisce i criteri di salvaguardia e di utilizzazione delle risorse medesime;
d) stabilisce obiettivi relativi alla consistenza demografica, all'occupazione nei diversi settori produttivi e definisce di conseguenza la dimensione degli insediamenti residenziali e produttivi per la provincia o per gli ambiti eventuali di cui alla precedente lett. a), individuandone le localizzazioni e le quantità fondamentali, secondo indicatori e standard di sviluppo;
e) indica insediamenti produttivi, turistici ed il sistema delle attrezzature di interesse regionale: universitarie, sanitarie ospedaliere, commerciali, amministrative, direzionali, portuali, aeroportuali;
f) definisce la struttura del sistema della viabilità e delle altre reti infrastrutturali interregionali e di grande interesse regionale.
3. Il Q.R.R. costituisce, inoltre, il fondamentale strumento di indirizzo e di coordinamento della pianificazione di livello intermedio e locale. A questo fine:
a) definisce criteri e modalità per la redazione dei Piani territoriali, dei Piani regolatori generali ed esecutivi, dei Piani attuativi di livello comunale, dei Regolamenti edilizi comunali (5);
b) articola con riferimento alle singole province o agli ambiti eventuali di cui al precedente 2° comma lettera a), le quantità di cui al precedente 2° comma, lett. d), e), f), precisando le relative densità edilizie massime;
c) .... (6).
d) definisce priorità e tempi per l'attuazione delle previsioni dei Piani territoriali e per la formazione dei Piani di settore e dei Progetti speciali territoriali.
4. Le indicazioni contenute nel Quadro di riferimento regionale sono vincolanti e devono essere recepite negli strumenti di pianificazione ai vari livelli istituzionali.
5. La Carta dell'uso del suolo di cui al precedente comma 2 è approvata dalla Giunta regionale e aggiornata ogni cinque anni.
6. Dal momento dell'approvazione di cui al precedente comma il rilascio delle concessioni edilizie nelle zone agricole ai sensi degli artt. 68 e seguenti della presente legge è subordinato al rispetto delle prescrizioni della Carta dell'uso del suolo (7).
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(5) La lett. a) del comma 3 è stata così sostituita dall'art. 1 della L.R. n. 70 del 1995.
(6) Soppresso dall'art. 1 della L.R. n. 70 del 1995.
(7) I commi 5 e 6 sono stati introdotti dall'art. 1 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 4
Quadro di riferimento regionale - Procedimento formativo.
1. La Regione adotta, entro 180 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, un documento preliminare del Q.R.R. nel rispetto delle finalità e contenuti di cui ai precedenti articoli.
2. Entro dieci giorni dall'adozione di cui al precedente comma, il documento preliminare viene pubblicato sul B.U. e inviato alle Province, agli enti locali, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, alle regioni limitrofe ed alle associazioni di categoria più rappresentative. Le amministrazioni statali interessate hanno l'onere di comunicare alla Regione le proprie osservazioni, ai sensi dell'art. 16 della legge n. 241 del 1990, entro il termine di 90 giorni dall'invio del documento alla Presidenza del Consiglio (8).
3. Le Province, entro i successivi 30 giorni, ai fini di una verifica dell'indicazione regionale, promuovono la consultazione e la partecipazione degli enti locali, delle forze sociali ed economiche interessate.
4. Le Province entro i successivi 60 giorni compilano una relazione contenente i rilievi presentati in merito al documento preliminare e la trasmettono alla Regione.
5. Entro i successivi 90 giorni, la Giunta regionale, sentito il Comitato regionale tecnico amministrativo (9) di cui al successivo art. 37, adotta le proprie determinazioni in merito alle osservazioni presentate.
6. Il Quadro di riferimento regionale è approvato con deliberazione del Consiglio regionale (10).
Il provvedimento di approvazione è pubblicato nel B.U. della Regione e ne è datata altresì notizia sulla G.U. della Repubblica Italiana (11) (12).
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(8) Comma così sostituito dall'art. 2 della L.R. n. 70 del 1995.
(9) Nuova denominazione introdotta dall'art. 2 della L.R. n. 70 del 1995.
(10) Circolare L.R. n. 70 del 1995 - 5.1. Q.R.R. Il Q.R.R. non viene più approvato con legge, ma con atto amministrativo del Consiglio rendendo possibile la tutela giurisdizionale dei privati di fronte ad eventuali prescrizioni vincolanti contenute nel Q.R.R. ed evitando in tal caso dubbi di costituzionalità in riferimento all'art. 24 Cost.
(11) Comma così sostituito dall'art. 2 della L.R. n. 70 del 1995.
(12) Si veda anche la L.R. n. 34 del 1988 recante «Norme urgenti e transitorie per la redazione del documento preliminare al Q.R.R. (Quadro di riferimento regionale, Articolo unico - In via transitoria le Province possono procedere all'elaborazione e ordinazione del documento preliminare al P.T.P. di cui al 1° comma dell'art. 8 della legge regionale n. 18 del 1983. Fermo restando il procedimento formativo del P.T.P. l'approvazione definitiva di cui all'8° comma del citato art. 8 è subordinata all'adozione del documento preliminare al Q.R.R. (Quadro di riferimento regionale) di cui al 1° comma dell'art. 4 della legge regionale n. 18 del 1983.
La Regione in deroga a quanto previsto all'art. 40, provvede d'urgenza tramite il Settore urbanistica e BB.AA. d'intesa con il Settore programmazione alla redazione del documento preliminare entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
A tal fine su proposta del componente la Giunta regionale preposto al Settore urbanistica BB.AA. istituisce un gruppo di lavoro ristretto composto dal coordinatore, dai responsabili (o loro delegati) dei Servizi ambientali, pianificazione e amministrativo del settore e da un rappresentante del Settore programmazione e da 4 esperti esterni».
Successivamente l'art. 5 della L.R. n. 59 del 1991, disponeva: «I termini fissati dal II comma dell'art. unico della L.R. 24 marzo 1988, n. 34, per la redazione del documento preliminare al Q.R.R. sono prorogati di ulteriori 6 mesi decorrenti dall'esecutività del provvedimento istitutivo del gruppo di lavoro previsto dalla stessa legge.
La composizione del predetto gruppo è così definita:
- presidente: componente la Giunta regionale preposto al Settore urbanistica, beni ambientali e cultura;
- coordinatore del Settore;
- quattro funzionari del Settore urbanistica di particolare qualificazione e di comprovata professionalità designati dal componente la Giunta;
- un funzionario del Servizio di programmazione;
- 6 esperti esterni di comprovata esperienza delle discipline: urbanistica, pianificazione, economia, diritto.
Ai membri del gruppo di lavoro competono i compensi dalle vigenti normative».
Art. 5
Quadro di riferimento regionale - Adeguamenti.
1. Gli adeguamenti del Q.R.R. possono essere promossi dalla Regione, da una o più Province, dai Comuni in numero non inferiore a quelli previsti dall'art. 49 dello Statuto regionale, ricadenti negli ambiti di cui alla lett. a), 2° comma, dell'art. 3.
2. Il Q.R.R. è sottoposto a verifica ed adeguamento in occasione dell'aggiornamento triennale del Programma di sviluppo regionale anche sulla base delle risultanze applicative derivanti dalla formazione dei P.T. di cui al successivo art. 7.
3. Agli adeguamenti si applicano le stesse procedure previste per la formazione del Q.R.R.
Art. 6
Piani di settore e Progetti speciali territoriali (P.S.-P.S.T.).
1. La Regione per il conseguimento delle finalità di cui all'art. 1 della presente legge e degli obiettivi del Quadro di riferimento regionale, può predisporre Piani di settore o Progetti speciali territoriali, relativi all'intero territorio regionale o a parti di esso.
2. Nelle aree ricadenti all'interno dei parchi nazionali e regionali il piano del parco di cui all'art. 12 della legge n. 394 del 1991 sostituisce sia i Piani di settore e Progetti speciali territoriali sia qualsiasi altro strumento di pianificazione territoriale di livello sovracomunale.
3. I Piani di settore ed i Progetti speciali territoriali riguardano le seguenti materie:
a) agricoltura;
b) industria;
c) turismo;
d) trasporti;
e) sanità;
f) edilizia abitativa;
g) lavori pubblici;
h) demanio marittimo;
i) tutela delle acque dagli inquinamenti;
l) bacini idrici;
m) tutela dei beni ambientali e naturali.
4. I piani ed i progetti determinano l'ambito territoriale degli interventi e le prescrizioni direttamente vincolanti o da recepire da parte degli enti locali infraregionali.
5. Il recepimento deve avvenire entro 90 giorni dall'efficacia della loro approvazione.
6. In caso d'inerzia, decorso infruttuosamente il termine, le relative prescrizioni diventano efficaci ad ogni effetto, nei confronti dei privati, degli enti e delle amministrazioni pubbliche, a partire dalla scadenza del termine. Nel caso in cui la relativa prescrizione non sia sufficientemente dettagliata, la stessa opera in funzione di salvaguardia ai sensi del successivo art. 57 fino a che l'amministrazione non abbia provveduto al recepimento.
7. Qualora i piani ed i progetti contengano prescrizioni territoriali direttamente vincolanti, queste si sostituiscono a tutti gli effetti, ai Piani territoriali provinciali o a loro parti nonché agli strumenti urbanistici comunali, e le previsioni e prescrizioni sono immediatamente efficaci dopo l'approvazione del Consiglio regionale. Si intendono per prescrizioni immediatamente vincolanti quelle disposte sia in forma letterale che grafica direttamente conformative del territorio o della proprietà. Sono conformative del territorio le prescrizioni che pur prevedendo una specifica destinazione dei suoli rinviano per la specifica attuazione ad un piano attuativo di livello infracomunale (13) (14).
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(13) L'art. 6 è stato interamente sostituito dall'art. 3 della L.R. n. 70 del 1995. La norma era stata in precedenza modificata dall'art. 1 della L.R. n. 59 del 1991 come segue: «Il 7° comma dell'art. 6 della L.R. 12 aprile 1983, n. 18, è sostituito dai seguenti: "Fatte salve le specifiche norme sulle procedure di adozione ed approvazione del Piano regionale paesistico nei termini stabiliti dalla L.R. 9 maggio 1990, n. 69, di cui all'interpretazione autentica approvata con provvedimento legislativo 2 luglio 1991, n. 22/13, le indicazioni e prescrizioni dei Piani di settore e dei Progetti speciali territoriali sono vincolanti e devono essere recepite negli strumenti di pianificazione entro 360 giorni decorrenti dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo dell'atto approvativo dei predetti Piani e Progetti.
In caso d'inerzia le relative indicazioni e prescrizioni acquistano efficacia ad ogni effetto nei confronti di enti e privati a partire dallo spirare del termine suddetto"».
(14) Si veda anche Delib.G.R. 22 marzo 1991, n. 1428.
Art. 6-bis
Procedimento di approvazione dei Piani di settore e dei Progetti speciali territoriali.
1. La Giunta regionale, direttamente o su proposta dell'assessore o dell'autorità competente, predispone e adotta i Piani di settore o i Progetti speciali territoriali.
2. Successivamente, gli atti e gli elaborati del piano o del progetto sono depositati per 60 giorni consecutivi, decorrenti dalla data di deposito, presso le segreterie dei Comuni e delle province interessati.
3. L'avvenuto deposito è reso noto mediante pubblicazione di avviso al B.U., a mezzo di manifesti murali e su almeno un quotidiano a diffusione regionale. Nei termini previsti dal comma 2 del presente articolo chiunque può prenderne visione e presentare istanze e memorie in merito ai contenuti del piano o progetto.
4. Nel medesimo periodo le province interessate promuovono pubbliche consultazioni anche con i Comuni al fine di acquisire le osservazioni al piano o al progetto e trasmettono alla Regione gli atti, gli elaborati e le risultanze delle consultazioni.
5. Nel caso sia necessario acquisire le intese delle amministrazioni statali, il Presidente della Regione o per delega l'assessore competente indice una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti dell'art. 14 della legge n. 241 del 1990.
6. La Giunta regionale sulla base delle osservazioni pervenute ed in base all'esito della conferenza dei servizi di cui al comma precedente adotta in via definitiva il piano o progetto e lo presenta al Consiglio regionale per l'approvazione (15).
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(15) L'art. 6 bis è stato introdotto dall'art. 3 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 7
Piano territoriale (P.T.).
1. Il Piano territoriale costituisce l'articolazione territoriale del Q.R.R. a livello di ciascuna provincia e degli ambiti di cui alla lettera a) del 2° comma dell'art. 3.
2. Il P.T. riguarda l'intero territorio di ciascuna Provincia o il territorio degli ambiti eventuali di cui all'art. 3, 2° comma, lett. a);
3. Il P.T., tenendo conto degli ambiti fissati dal Q.R.R.:
a) individua le zone da sottoporre a speciali misure di salvaguardia dei valori naturalistici, paesistici, archeologici, storici, di difesa del suolo, di protezione delle risorse idriche, di tutela del preminente interesse agricolo;
b) fornisce, in relazione alle vocazioni del territorio ed alla valorizzazione delle risorse, le fondamentali destinazioni e norme d'uso: per il suolo agricolo e forestale; per la ricettività turistica e gli insediamenti produttivi industriali ed artigianali; per l'utilizzazione delle acque; per la disciplina dell'attività estrattiva;
c) precisa ed articola, per singolo Comune (16), le previsioni demografiche ed occupazionali e le quantità relative alla consistenza degli insediamenti residenziali fornite dal Q.R.R. per l'intera provincia o per gli ambiti eventuali di cui all'art. 3, comma 2, lett. a);
d) indica il dimensionamento e la localizzazione, nell'ambito dei Comuni interessati, degli insediamenti produttivi, commerciali, amministrativi e direzionali, di livello sovracomunale;
e) fornisce il dimensionamento e la localizzazione, nell'ambito dei Comuni interessati, delle attrezzature di servizio pubblico e di uso pubblico di livello sovracomunale, con particolare riferimento ai parchi ed ai servizi per la sanità e l'istruzione sentiti, al riguardo, le U.L.S. ed i distretti scolastici competenti;
f) articola la capacità ricettiva turistica, con riferimento ai singoli territori comunali interessati, indicando attrezzature ed impianti per lo svolgimento degli sport invernali e per l'utilizzazione turistica della montagna, per le attività balneari e per gli approdi turistici e relativi servizi, individuandone le localizzazioni nonché le fondamentali tipologie ricettive, con particolare riguardo alle strutture per il turismo sociale, alle attrezzature a rotazione d'uso ed agli insediamenti turistico-residenziali;
g) individua il sistema della viabilità e di trasporto e la rete delle altre infrastrutture di interesse sovracomunale;
h) fissa le quantità massime di territorio che i singoli Comuni (17) possono destinare, nel decennio, alle nuove previsioni residenziali e produttive;
i) precisa le percentuali minime del fabbisogno di alloggio per usi residenziali e turistici da soddisfare, da parte dei Comuni, mediante il recupero di edifici esistenti degradati;
l)[ indica, per i Comuni obbligati alla formazione del P.E.E.P., le quote minime di residenza da realizzare come edilizia economica e popolare] (18).
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(16) È stato soppresso dall'art. 4 della L.R. n. 70 del 1995, dopo la parola Comune/i, il riferimento all'obbligo di dotarsi di P.R.G./P.R.E.
(17) È stato soppresso dall'art. 4 della L.R. n. 70 del 1995, dopo la parola Comune/i, il riferimento all'obbligo di dotarsi di P.R.G./P.R.E.
(18) I Piani territoriali di coordinamento delle Province, erano stati inizialmente previsti dagli artt. 5 e 6 della legge n. 1150 del 1942. Successivamente i compiti di programmazione territoriale ed ambientale da parte della Provincia sono stati disciplinati dall'art. 15 legge n. 142 del 1990. Diversi dai piani territoriali provinciali sono:
- i Piani regolatori generali intercomunali (art. 12 della legge n. 1150 del 1942);
- i Piani territoriali delle aree metropolitane di cui agli artt. 17 e segg. della legge n. 142 del 1990.
La presente lettera è stata abrogata dall'art. 49, comma 6, L.R. n. 11 del 1999.
Art. 8
Piano territoriale - Procedimento formativo.
1. Il Consiglio provinciale adotta un documento preliminare di pianificazione per l'elaborazione del P.T., entro 120 giorni dall'approvazione del Q.R.R.
2. Entro 10 giorni dall'adozione, il documento programmatico preliminare, è depositato per 30 gg. consecutivi decorrenti dalla data di affissione all'Albo pretorio. L'avvenuto deposito è reso noto al pubblico mediante pubblicazione di apposito avviso sul B.U., oltre che a mezzo di manifesti murali su almeno un quotidiano a diffusione regionale (19).
3. Durante il periodo di deposito, chiunque può prenderne visione e presentare istanze, memorie ed opposizioni tendenti a proporre scelte specifiche o generali.
4. Nel medesimo periodo i Comuni e le Province promuovono pubbliche consultazioni al fine di acquisire apporti collaborativi.
5. Entro i 60 gg. successivi all'avvenuta pubblicazione, i CC.CC. deliberano il proprio parere e l'inviano alla Provincia, corredato delle indicazioni emerse dalle proposte avanzate nel periodo di consultazione.
6. La Provincia, entro 90 gg., rielabora il documento sulla base dei pareri di cui al comma precedente, adotta definitivamente il P.T. e lo trasmette alla Regione ed ai Comuni.
7. [Entro i 60 gg. successivi alla ricezione del P.T., i Consigli comunali deliberano le loro osservazioni e le trasmettono alla Regione.] (20).
8. [Il Consiglio regionale, sentito il parere del C.R.T.A., entro i successivi 60 gg., accerta la regolarità delle procedure seguite nella formazione del P.T., la conformità dello stesso al Q.R.R. e decide in merito alle osservazioni avanzate dai Comuni, approvando definitivamente il P.T.] (21).
9. Il P.T. diviene esecutivo con la pubblicazione sul B.U.
10. Nel caso di inadempienze della Provincia nell'assolvimento dei compiti previsti nel presente articolo, interviene la Regione.
11. Le previsioni e le prescrizioni di cui al precedente art. 7, comma 3°, lettere a), d), e), f), g), comportano:
- l'applicazione obbligatoria delle misure di salvaguardia, dalla data di adozione del P.T.;
- l'immediata efficacia, nei confronti di enti e privati, dalla data di approvazione del P.T. stesso;
- l'automatico adeguamento degli strumenti urbanistici comunali.
12. L'attuazione delle previsioni e prescrizioni specificate al comma precedente è stabilita dal P.T. o attraverso il P.R.E., o piani esecutivi di iniziativa pubblica e privata ovvero mediante specifica disciplina esecutiva parte integrante del P.T. stesso.
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(19) Comma così modificato dall'art. 5 della L.R. n. 70 del 1995.
(20) Comma abrogato dall'art. 44, quinto comma, L.R. n. 11 del 1999.
(21) Comma abrogato dall'art. 44, quinto comma, L.R. n. 11 del 1999.
Art. 8-bis
Disciplina dell'accordo di programma.
1. Al fine di assicurare il coordinamento di tutte le attività necessarie all'attuazione di opere, interventi e programmi d'intervento di prevalente interesse regionale, e che richiedono l'azione integrata e coordinata di enti locali, o comunque di amministrazioni, soggetti pubblici e società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici, la Regione promuove accordi di programma ai sensi dell'art. 27 della legge n. 142 del 1990.
2. Qualora l'iniziativa dell'accordo di programma non competa alla Regione a norma del comma 1, l'iniziativa spetta al Sindaco o al Presidente della provincia, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 142 del 1990.
3. Ai fini di cui al comma 1 sono ritenuti di prevalente interesse regionale in particolare: le opere, gli interventi, i programmi previsti dal piano di sviluppo, dai piani di settore e dai progetti speciali territoriali anche in attuazione del Quadro di riferimento regionale o comunque derivanti da programmi approvati dagli organi regionali. Il componente della Giunta, competente per materia promuove l'accordo di programma, anche su richiesta di uno o più soggetti interessati, quando ricorrono le condizioni previste dal comma 1, mediante la presentazione della relativa proposta alla Giunta regionale per l'approvazione.
4. La proposta di accordo di programma:
a) indica le opere, i programmi, gli interventi, l'ambito territoriale e gli obiettivi generali di questi;
b) individua le amministrazioni pubbliche, gli enti, le aziende pubbliche, e le società a prevalente partecipazione pubblica dei quali sia prevista l'azione integrata;
c) dispone il termine entro il quale deve essere definito l'accordo di programma.
5. Per verificare la possibilità di arrivare all'accordo di programma i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate partecipano alla conferenza di servizi convocata ai sensi dell'art. 27 comma 4 della legge n. 142 del 1990. In caso positivo questi possono formare il Comitato dei rappresentanti delle amministrazioni.
6. Il Comitato è presieduto rispettivamente dal Presidente della Giunta regionale, dal Presidente della Giunta provinciale, dal Sindaco, o dai rispettivi assessori competenti per materia, se delegati del Comitato fanno parte anche gli eventuali soggetti privati interessati, che vengono dal Presidente invitati a partecipare.
7. Al Comitato possono aderire, senza interrompere il corso della procedimento, anche altri soggetti pubblici interessati. Svolge le funzioni di segretario del Comitato un funzionario nominato dall'amministrazione procedente, il quale svolge altresì il ruolo di responsabile del procedimento ai sensi dell'art. 4 della legge n. 241 del 1990.
8. Al Comitato compete:
a) ricercare le intese sugli obiettivi degli interventi in relazione agli interessi di ciascuno dei partecipanti;
b) definire l'entità delle spese individuando le fonti di finanziamento;
c) sottoscrivere eventuali protocolli preliminari alla definizione dell'accordo di programma;
d) elaborare e coordinare le proposte tecniche e finanziarie necessarie, e di procedere agli opportuni studi e verifiche;
e) proporre al Presidente della Giunta o l'assessore competente per materia, se delegato, che le dispone per decreto, le eventuali consulenze tecnico-specialistiche, indicando le fonti di finanziamento;
f) valutare le istanze dei privati per definire le ipotesi di eventuali accordi a norma dell'art. 11 della legge n. 241 del 1990 da stipularsi dalle singole amministrazioni partecipanti al procedimento per l'accordo di programma, in relazione alle rispettive competenze e d'intesa tra le medesime (22).
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(22) Articolo introdotto dall'art. 6 della L.R. n. 70 del 1995. Per un'ipotesi di ricorso, prima ancora dell'introduzione nella L.R. n. 18 del 1983 degli artt. 8 e 8 bis, all'istituto dell'accordo di programma si veda L.R. 7 settembre 1993, n. 49 (Snellimento delle procedure per la realizzazione del mercato agro-alimentare di Cepagatti). Successivi accordi non sono stati approvati con legge (es. accordo per la realizzazione del nuovo Palazzo di Giustizia in Pescara, pubblicato sul B.U. n. 32 del 1994 - ord.).
Art. 8-ter
Contenuti dell'accordo di programma.
1. L'accordo di programma deve prevedere:
a) il programma di attuazione degli interventi e delle opere, eventualmente articolato in fasi funzionali con l'indicazione dei tempi relativi;
b) la quantificazione del costo complessivo e di quello relativo alle eventuali fasi di esecuzione;
c) il piano finanziario con la ripartizione degli oneri;
d) le modalità di attuazione;
e) gli adempimenti attribuiti ai soggetti interessati, le responsabilità dell'attuazione e le eventuali garanzie;
f) le sanzioni per gli inadempimenti;
g) l'eventuale procedimento arbitrale per la risoluzione delle controversie che dovessero sorgere nell'attuazione dell'accordo e la composizione del collegio arbitrale;
h) gli eventuali accordi da stipularsi con i privati interessati ai sensi dell'art. 8-bis, comma 8, lett. f);
i) le modalità di controllo sull'esecuzione dell'accordo che compete al Comitato di cui al comma 5 dell'art. 8-bis della presente legge, eventualmente munito di poteri sostitutivi.
2. L'accordo di programma, acquisito il consenso unanime dei soggetti di cui all'art. 8-bis che abbiano partecipato all'accordo medesimo, è sottoscritto dai rappresentanti dei soggetti stessi ed è approvato con decreto del Presidente della Giunta regionale, o per sua delega dall'assessore competente per materia, dal Presidente della provincia o dal Sindaco.
3. Il decreto di approvazione dell'accordo di programma pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo ha valore di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza per le opere in esso previste e determina l'eventuale e conseguente variazione degli strumenti urbanistici, qualora sia emanato con decreto del Presidente della Giunta regionale o del Presidente della Giunta provinciale.
4. Qualora l'accordo determini variazioni degli strumenti urbanistici comunali l'accordo dev'essere ratificato dal Consiglio comunale entro trenta giorni dalla data di notifica. In questo caso, si applica quanto previsto al comma 3 solo dopo la ratifica del Consiglio comunale.
5. Qualora l'accordo di programma comporti modificazioni del Q.R.R. o dei Piani territoriali regionali, queste devono essere approvate dal Consiglio regionale.
6. Nel caso in cui non venga raggiunto il consenso unanime per l'accordo di programma, trovano applicazione le procedure di attuazione delle opere, interventi e programmi d'intervento previsti dalle leggi nazionali o regionali di settore (23).
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(23) Articolo introdotto dall'art. 6 della L.R. n. 70 del 1995.
TITOLO II
Norme sulla pianificazione
Capo II
Pianificazione comunale (24)
Sezione I
Pianificazione generale (25) (26)
Art. 9
Piano regolatore generale (P.R.G.) - Contenuti (27).
1. Tutti i Comuni sono obbligati alla formazione del Piano regolatore generale, fatto salvo l'art. 12, comma 1 della presente legge (28).
2. [Per tali comuni] (29) il P.R.G., con riferimento alle indicazioni del Piano territoriale disciplina l'intero territorio comunale per un arco temporale non superiore al decennio.
3. Il Piano regolatore generale:
a) formula gli obiettivi di piano in armonia con quanto previsto dal P.T.;
b) contiene analisi sulla struttura geomorfologica, insediativa e socioeconomica del territorio comunale;
c) precisa le aree da sottoporre a speciali misure di salvaguardia per motivi di interesse naturalistico, paesistico, archeologico, di difesa del suolo, di preminente interesse agricolo, di protezione delle risorse idriche, nonché i vincoli a protezione della viabilità e delle attrezzature ad impianti speciali o molesti, fornendo le relative prescrizioni;
d) precisa, per il periodo di validità del piano, le previsioni di andamento demografico e di occupazione nei diversi settori produttivi;
e) indica la quota di fabbisogno residenziale da soddisfare mediante il recupero del patrimonio edilizio esistente e con nuove costruzioni;
f) distribuisce e articola sul territorio le aree idonee a soddisfare il fabbisogno residenziale previsto alla precedente lett. e);
g) localizza ed articola le aree destinate agli insediamenti produttivi, industriali, artigianali e agricoli, alle sedi delle attività terziarie, agli insediamenti turistici, precisando le quantità esistenti e quelle in progetto;
h) individua le localizzazioni, le dimensioni, l'articolazione per livelli del sistema delle attrezzature di servizio pubblico e delle aree per il tempo libero, con riferimento alle indicazioni del P.T. per le attrezzature e le aree di importanza sovracomunale. Tutte le indicazioni relative alle attrezzature di servizio pubblico dovranno precisare le attrezzature di progetto e quelle esistenti; per queste ultime le quantità relative al fabbisogno già soddisfatto dovranno essere riferite alla superficie utile degli edifici e conformate agli standard forniti dalla normativa tipo regionale di cui al successivo art. 17;
i) delinea le reti viarie ed infrastrutturali, in riferimento alle indicazioni del P.T. per quelle di importanza sovracomunale;
l) localizza ed articola, in applicazione del P.T. le aree da destinare all'edilizia economica e popolare in funzione delle reali esigenze locali;
m) delimita i centri edificati ai sensi dell'art. 18 della legge n. 865 del 1971, e successive modifiche;
n) individua le zone di degrado edilizio ed urbanistico e delimita gli interventi di recupero di iniziativa pubblica e privati ai sensi dell'art. 27 della legge n. 457 del 1978 (30);
o) delimita i centri storici ed i nuclei antichi, onde garantirne la tutela e l'utilizzazione sociale, nonché la qualificazione dell'ambiente urbano nel suo complesso (31);
p) individua le aree, i complessi e gli edifici di interesse storico, artistico ed ambientale su tutto il territorio comunale, precisando quelli da sottoporre a tutela e a restauro conservativo e quelli suscettibili di interventi di manutenzione, di risanamento igienico e di ristrutturazione edilizia;
q) prevede la normativa tecnica, urbanistica, edilizia, igienico-sanitaria, ambientale, per la disciplina di tutela e di uso del suolo e degli edifici, in riferimento agli insediamenti residenziali, produttivi, commerciali, turistici, agricoli, terziari, di servizio e con riguardo alle specifiche destinazioni, ai tipi e modalità di intervento, nel rispetto dei principi generali contenuti nella presente legge. Inoltre, contiene norme di assoggettamento alla disciplina antisismica e per le zone ammesse a consolidamento;
r) individua e valorizza le costruzioni in terra cruda su tutto il territorio comunale, in quanto testimonianze storiche della cultura abruzzese, ed al fine di incentivarne il recupero, le relative cubature e superfici non vanno computate nel calcolo dei parametri edilizi ammissibili dalle norme di Piano (32).
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(24) Oltre alle norme richiamate nelle note che seguono, sulla pianificazione comunale si veda pure l'art. 25 della legge n. 47 del 1985 (Semplificazione delle procedure) e succ. mod. ed int.
(25) Sui criteri per la pianificazione comunale si veda l'art. 91.
(26) La disciplina sulla pianificazione urbanistica è integrata dalla legislazione regionale in materia di «messa a dimora di essenze arboree per ogni neonato a seguito di registrazione anagrafica» (L.R. n. 15 del 1994), di «disciplina urbanistica dei servizi religiosi» (L.R. n. 29 del 1988, e succ. mod.). e di «usi civici e gestione delle terre civiche» (L.R. n. 25 del 1988 e succ. mod.).
(27) Sul contenuto del P.R.G. e la sua durata si vedano anche, rispettivamente, gli artt. 7 ed 11, 1° comma, della legge n. 1150 del 1942.
(28) Il comma è stato sostituito dall'art. 7 della L.R. n. 70 del 1995 che ha altresì soppresso le parole «Per tali comuni» all'inizio del comma 2.
(29) Le parole «per tali comuni» sono state soppresse dall'art. 7 della L.R. n. 70 del 1995.
(30) Si vedano gli artt. 27/29 ed ivi riferimenti.
(31) Si veda l'art. 78 ed ivi riferimenti.
(32) Lettera aggiunta dall'art. 1, L.R. 15 febbraio 2001, n. 5.
Art. 10
Piano regolatore generale - Procedimento di adozione.
1. Il progetto di Piano regolatore generale viene adottato con delibera del Consiglio comunale entro 180 giorni dalla data di cui all 8° comma del precedente art. 8, ed è depositato, non oltre il 10° giorno dalla data della deliberazione di adozione, nella segreteria comunale, a libera visione del pubblico, per 45 giorni consecutivi. L'adozione del P.R.G. deve essere preceduta dall'acquisizione del parere previsto dall'art. 13 della legge n. 64 del 1974; l'eventuale omissione comporta la ripetizione del procedimento (33).
2. L'effettuato deposito è contemporaneamente reso noto al pubblico mediante applicazione di apposito avviso sul B.U., oltre che a mezzo di manifesti murali e su almeno un quotidiano a diffusione regionale (34).
3. Entro il termine del periodo di deposito, chiunque può presentare osservazioni al progetto di Piano regolatore generale. Le osservazioni presentate, anche sotto forma di istanze, proposte o contributo, dopo tale termine, sono irricevibili.
4. Entro 60 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo dell'avviso di deposito del piano, qualora occorra acquisire i pareri, i nullaosta e gli altri atti di assenso comunque denominati previsti dalle leggi in vigore per la tutela degli interessi pubblici curati da altre autorità l'amministrazione comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti dell'art. 14, commi 2 e 3, della legge n. 241 del 1990. I dirigenti dei servizi regionali interessati o funzionari da essi delegati sono tenuti a partecipare alla conferenza dei servizi indetta dall'amministrazione procedente (35).
5. Il Comune con propria deliberazione motivata si esprime sulle osservazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del periodo di deposito e provvede alla loro visualizzazione nella tavola di zonizzazione del P.R.G. adottato.
6. Il Comune trasmette alla provincia il Piano regolatore generale adottato, unitamente ai conseguenti atti deliberativi ed alle osservazioni, con allegata attestazione della regolarità degli atti procedimentali e di completezza degli elaborati documentali da parte del segretario comunale (36) (37).
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(33) Le parole « deve essere preceduta ... ripetizione del procedimento» sono state introdotte dall'art. 8 della L.R. n. 70 del 1995 in sostituzione delle precedenti che prevedevano il parere obbligatorio della Commissione edilizia.
(34) Sono state soppresse dall'art. 8 della L.R. n. 70 del 1995 le parole del comma 2 successive alla parola «regionale».
(35) Il comma 4 è stato così sostituito dall'art. 8 della L.R. n. 70 del 1995. L'art. 14 della legge n. 241 del 1990 è citato in nota sub art. 6 bis.
(36) I commi 5 e 6 sostituiscono i precedenti commi 5, 6 e 7 per effetto delle modifiche introdotte dall'art. 8 della L.R. n. 70 del 1995.
(37) Sulla formazione del P.R.G. si vedano anche gli artt. 8, 9, 10 della legge n. 1150 del 1942.
Art. 11
Piano regolatore generale - Procedimento di approvazione.
[1. Il Piano regolatore generale è approvato dal Consiglio provinciale competente per territorio, previo parere della Sezione urbanistica provinciale entro 180 giorni dalla sua ricezione ed è pubblicato a cura del Presidente della Provincia sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo.
2. Decorso infruttuosamente il termine di cui al 1° comma il P.R.G. s'intende approvato. Nel caso di compimento dei termini per il silenzio assenso il Sindaco, previa attestazione dell'effettiva decorrenza del termine da parte del segretario generale della provincia, promuove la pubblicazione sul B.U. di un avviso concernente la vigenza del Piano regolatore generale.
3. In sede di approvazione possono essere apportate al Piano solo le modifiche di cui all'art. 3 della legge n. 765 del 1967 e quelle necessarie per assicurare l'osservanza delle vigenti disposizioni statali e regionali, ivi comprese quelle della presente legge.
4. L'amministrazione provinciale può chiedere al Comune chiarimenti e integrazioni istruttorie una sola volta. In tal caso il termine di cui al 1° comma, rimane sospeso fino all'adempimento del Comune.
5. La Provincia notifica al Comune interessato la delibera consiliare in ordine alle decisioni sul piano e le osservazioni contestualmente al suo invio al CO.RE.CO.
6. Il Comune entro 60 gg. dalla data di notifica del visto di legittimità sulla delibera consiliare di cui al precedente comma adotta le proprie determinazioni sulle prescrizioni indicate dalla Provincia.
7. Ove il Consiglio comunale deliberi l'integrale assenso, il Comune stesso rielabora in tal senso la normativa e la relativa documentazione grafica.
8. Qualora le controdeduzioni comportino assenso parziale o dissenso, la Provincia riesaminati gli atti, si esprime definitivamente ed approva lo strumento urbanistico adeguandolo sul piano normativo e su quello cartografico entro i successivi 60 gg., e decorso tale periodo si determina l'automatica formazione dell'atto.
9. Nei soli comuni sforniti di uno strumento urbanistico generale vigente ovvero forniti di uno strumento urbanistico approvato da oltre dieci anni nel caso in cui il Piano sia restituito non approvato, il Comune è tenuto ad effettuare la rielaborazione entro 180 giorni dalla restituzione. In caso di inadempienza del Comune la provincia provvede in via sostitutiva alla rielaborazione e adozione attraverso un commissario ad acta nei 180 giorni successivi] (38).
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(38) L'art. 11 è stato così sostituito dall'art. 9 della L.R. n. 70 del 1995. Successivamente il predetto articolo, ai sensi dell'art. 43, comma 4, della L.R. n. 11 del 1999, è abrogato in ciascuno dei territori provinciali a far data dalla pubblicazione dell'atto di approvazione del rispettivo piano territoriale provinciale.
Art. 12
Piano regolatore esecutivo (P.R.E.) - Principi e contenuti.
1. I comuni possono adottare il Piano regolatore esecutivo in alternativa al Piano regolatore generale (39).
2. Il P.R.E.:
- disciplina l'intero territorio comunale;
- ha un arco di validità temporale non superiore a dieci anni dalla data di approvazione;
- ha, di norma, i contenuti di carattere generale previsti al precedente art. 9, comma 3°;
- si attua attraverso concessione edilizia diretta.
3. Il P.R.E. deve inoltre contenere:
- le norme tecniche di attuazione e le eventuali prescrizioni speciali, edilizie, urbanistiche, igienico-ambientali, antisismiche;
- gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare e da vincolare per l'attuazione del piano;
- la previsione di massima delle spese necessarie per l'attuazione del piano.
4. Le prescrizioni esecutive del P.R.E. costituiscono, a tutti gli effetti, compreso quello della dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità, Piani particolareggiati di esecuzione ed hanno gli stessi contenuti e finalità dei Piani particolareggiati, dei Piani per l'edilizia economica e popolare, dei Piani degli insediamenti produttivi, industriali, artigianali, commerciali, turistici, e dei Piani di recupero di cui, rispettivamente, alla legge statale n. 1150 del 1942, alla legge statale n. 865 del 1971, alla legge statale n. 457 del 1978, alla legge statale n. 167 del 1962 nei testi vigenti.
5. I Comuni che optino per la redazione del P.R.E. possono presentare alla Provincia istanza motivata per essere autorizzati a derogare al limite minimo di aree da riservare all'edilizia economica e popolare di cui all'art. 2 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (40).
6. I Comuni che optino per la redazione del P.R.E. corredano il medesimo di un programma di intervento triennale, che deve contenere le indicazioni delle opere pubbliche e delle urbanizzazioni primarie e secondarie da realizzare nel quinquennio, prevedendo, altresì, la copertura finanziaria (41).
7. Ai fini del rilascio delle concessioni edilizie dirette nelle aree di nuova edificazione, il P.R.E. in particolare deve indicare:
a) la suddivisione in lotti con relativa individuazione catastale, l'indicazione della tipologia edilizia e dei relativi parametri, e, nel caso di zona residenziale con indice di edificabilità fondiario maggiore di 2 mc/mq, l'ubicazione degli edifici mediante sagome di massimo ingombro;
b) la progettazione di massima della rete viaria, dei percorsi pedonali, degli spazi di sosta e di parcheggio, e le relative previsioni di spesa;
c) lo schema di massima, corredato dalla relativa previsione di spesa, delle reti fognante, idrica, telefonica, del gas, di distribuzione di energia elettrica e della pubblica illuminazione, nonché di ogni altra infrastruttura necessaria in relazione alla destinazione dell'insediamento.
8. Ai fini del rilascio delle concessioni edilizie nelle aree già edificate il P.R.E. deve indicare:
a) gli edifici destinati a demolizione e quelli soggetti a restauro, risanamento e ristrutturazione, individuati su base catastale;
b) i progetti o schemi di massima dei necessari adeguamenti delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria di cui al precedente comma 7°, lettere b), c), e le relative previsioni di spesa.
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(39) Comma così sostituito dall'art. 10 della L.R. n. 70 del 1995.
(40) Comma così sostituito dall'art. 10 della L.R. n. 70 del 1995.
(41) Comma così sostituito dall'art. 10 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 13
Piano regolatore esecutivo - Procedimento.
1. Per l'adozione ed approvazione del Piano regolatore esecutivo si applicano le disposizioni di cui ai precedenti artt. 10 e 11.
2. Dell'avvenuta approvazione del P.R.E. è data notizia, a cura del Sindaco, con atto notificato nelle forme previste dal C.P.C. ai proprietari degli immobili da espropriare compresi nel piano stesso, entro 30 giorni dalla medesima (42).
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(42) L'art. 13 è stato introdotto dall'art. 11 della L.R. n. 70 del 1995 in sostituzione dei precedenti artt. 13 e 14.
Art. 14
Piano regolatore esecutivo - Procedimento di approvazione.
... (43).
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(43) Articolo soppresso dall'art. 11 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 15
Efficacia del P.R.G. e del P.R.E. in attesa di approvazione.
... (44).
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(44) Articolo abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 16
Regolamento edilizio.
1. Il regolamento edilizio ha per obiettivi:
a) l'indirizzo e il controllo della qualità edilizia attraverso la definizione dei livelli minimi di prestazione delle opere edilizie nonché delle modalità di verifica degli stessi in sede di progetto in corso di esecuzione e ad opera costruita;
b) [il corretto inserimento delle opere edilizie nel contesto urbano ed ambientale] (45).
2. Il regolamento edilizio deve contenere le norme attinenti alle attività di costruzione e di trasformazione fisica e funzionale delle opere edilizie, di competenza comunale, ivi comprese le norme igieniche d'interesse edilizio così come indicato dall'art. 33, 1° comma, punto 9), della legge n. 1150 del 1942. In particolare il regolamento edilizio definisce:
a) il procedimento di rilascio della concessione e delle autorizzazioni edilizie, le competenze del Comune e della Commissione edilizia, ove istituita, e le responsabilità degli operatori della progettazione e della costruzione nei limiti di quanto stabilito dalle leggi statali e regionali;
b) i termini, le modalità di adempimento delle prescrizioni sia da parte dei soggetti aventi titolo sia da parte del Comune, la documentazione e gli elaborati da allegare alle domande e tutto quanto ritenuto necessario per la completezza del procedimento di cui alla lett. a) del presente comma;
c) [i requisiti cui devono rispondere i manufatti edilizi e la determinazione dei metodi di verifica e di controllo. Tali requisiti tecnici attengono anche alla qualità formale e compositiva ed all'inserimento nel contesto urbano ed ambientale dell'opera edilizia. A tal fine il regolamento può prevedere la redazione di programmi o piani da adottare con deliberazione del Consiglio comunale riguardanti ad esempio il colore, l'arredo urbano, il verde] (46);
d) la composizione ed il funzionamento della commissione urbanistico-edilizia comunale qualora il Comune decida di costituirla.
3. Solo i Comuni sprovvisti di ufficio tecnico sono obbligati a nominare la commissione urbanistico-edilizia, organo consultivo in materia di edilizia ed urbanistica.
4. Il Regolamento edilizio non può comunque contenere indicazioni relative a parametri edilizi e urbanistici quali le densità edilizie, le altezze, le distanze, le destinazioni d'uso nonché l'indicazione e definizione degli interventi edilizi ammessi (47).
5. Il Regolamento edilizio comunale è approvato dal Consiglio comunale in conformità alle disposizioni della presente legge.
6. Copia del Regolamento approvato è trasmesso entro 10 giorni dall'esecutività dell'atto di adozione alla provincia, che può chiederne il riesame entro 45 giorni.
7. Ove la Provincia non abbia chiesto il riesame nel termine previsto dal comma precedente, il regolamento edilizio diviene efficace a tutti gli effetti (48) (49).
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(45) Lettera abrogata dall'art. 14 della L.R. n. 89 del 1998.
(46) Lettera abrogata dall'art. 14 della L.R. n. 89 del 1998.
(47) Sul contenuto del regolamento edilizio e la disciplina dell'approvazione si vedano anche gli artt. 33/36 della legge n. 1150 del 1942.
(48) Secondo l'art. 54 della L.R. n. 70 del 1995: «1. I Comuni devono adeguare il proprio Regolamento edilizio alle disposizioni contenute nella presente legge entro un anno dall'entrata in vigore della medesima. 2. Nel caso di inutile decorrenza del termine di cui al comma 1 del presente articolo, la Provincia provvede alla nomina di un commissario ad acta per l'adempimento in via sostitutiva dell'obbligo di adeguamento, previa diffida ad adempiere entro un termine non superiore a novanta giorni intimato dal Presidente della Provincia».
(49) L'art. 16 è stato così sostituito dall'art. 12 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 17
Norme tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici generali.
1. Le norme tecniche di attuazione degli strumenti urbanistici generali disciplinano:
a) gli standard funzionali, espressi come rapporto tra superfici utili di edificio ed utenti o addetti, da rispettare in sede di dimensionamento e di verifica delle attrezzature di servizio pubblico, di attività terziarie e produttive su edifici esistenti;
b) gli standard residenziali, espressi con rapporto tra superfici utili di edificio ed abitanti, da rispettare in sede di dimensionamento e di verifica degli edifici esistenti adibiti ad abitazione;
c) la definizione e l'applicazione dei parametri relativi all'edificazione, nel rispetto del superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e d'interesse pubblico per i cittadini portatori di handicap;
d) la determinazione:
- del numero convenzionale di abitanti;
- del grado di urbanizzazione da verificare per il rilascio delle concessioni edilizie dirette;
- dei rapporti tra indici volumetrici ed indici di utilizzazione;
- dei criteri di misurazione delle altezze, delle superfici e dei volumi degli edifici;
- delle altezze utili dei vani;
- delle caratteristiche e dei criteri di misurazione dei volumi tecnici;
- dei confini di proprietà, dei limiti delle zone a diversa destinazione urbanistica, dei fili e delle prospicienze stradali, ai fini della determinazione dei distacchi e delle altezze degli edifici.
2. La normativa prevede, altresì, modalità e termini per realizzare o adeguare, nell'intero territorio comunale, opere pubbliche, attrezzature ed impianti tecnologici di interesse pubblico (50).
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(50) L'art. 17 è stato così sostituito dall'art. 13 della L.R. n. 70 del 1995.
TITOLO II
Norme sulla pianificazione
Capo II
Pianificazione comunale
Sezione II
Piani attuativi
Art. 18
Piani attuativi di iniziativa pubblica.
1. I Piani attuativi di iniziativa pubblica sono i seguenti:
- piano particolareggiato;
- piano per l'edilizia economica e popolare;
- piano di recupero;
- piano per gli insediamenti produttivi;
- piani particolareggiati funzionali (51).
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(51) Sull'attuazione dei Piani regolatori comunali si veda anche la Sez. III della legge n. 1150 del 1942 (artt. 18-30). Si vedano anche gli artt. 7 e 8 della L.R. n. 47 del 1990 sui Progetti di area.
Art. 19
Piani particolareggiati (P.P.) - Contenuti.
1. I Piani particolareggiati devono indicare:
a) l'inquadramento nello strumento urbanistico generale;
b) la delimitazione del piano;
c) le aree e gli edifici da sottoporre a vincoli di salvaguardia per motivi di interesse paesistico, storico-artistico, ambientale, nonché i vincoli a protezione delle infrastrutture e delle attrezzature di carattere speciale;
d) gli spazi da destinare agli insediamenti residenziali, produttivi e terziari, precisando la suddivisione delle aree in isolati, lo schema planovolumetrico degli edifici previsti, la configurazione di quelli esistenti con le relative destinazioni d'uso e tipologie edilizie;
e) gli edifici esistenti ed in progetto, nonché le aree per le attrezzature di interesse pubblico ed i beni da assoggettare a speciali vincoli o servitù;
f) la rete viaria carrabile e pedonale, gli spazi di sosta di parcheggio, con la precisazione dei principali dati planoaltimetrici e degli allacciamenti alla viabilità urbana;
g) la progettazione di massima per la realizzazione o l'adeguamento delle reti fognanti, idrica, telefonica, del gas, di distribuzione di energia elettrica e della pubblica illuminazione, nonché di ogni alta infrastruttura necessaria all'insediamento;
h) gli edifici destinati a demolizione ovvero soggetti a restauro, a risanamento conservativo ed a ristrutturazione edilizia;
i) le norme tecniche di esecuzione e le eventuali prescrizioni speciali;
l) gli elenchi catastali delle proprietà comprese nei comparti di intervento e di quelle da espropriare e da vincolare;
m) la previsione di massima delle spese necessarie per l'attuazione del piano.
2. Nei Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti è ammessa la formazione di Piani particolareggiati funzionali (P.P.F.), con i quali vengono indicati i tracciati, la sede, le modalità e i tempi di attuazione di infrastrutture pubbliche puntuali o a rete, suddivise per categorie.
3 .... (52) (53).
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(52) Comma soppresso dall'art. 14 della L.R. n. 70 del 1995.
(53) Sui piani regolatori particolareggiati si veda anche la Sezione II della legge n. 1150 del 1942 (artt. 13/17).
Art. 20
Procedimento di formazione dei Piani particolareggiati di iniziativa pubblica.
1. I Piani attuativi di competenza comunale sono adottati con deliberazione del Consiglio comunale soggetta al controllo di legittimità di cui all'art. 45 della legge n. 142 del 1990 (54) successivamente all'obbligatoria acquisizione del parere prescritto dall'art. 13 della legge n. 64 del 1974 ove questo non sia stato già acquisito in sede di pianificazione generale.
2. La deliberazione di adozione divenuta esecutiva è depositata con i relativi allegati nella segreteria comunale per trenta giorni interi e consecutivi decorrenti dal primo giorno dell'affissione all'albo pretorio del relativo avviso, affinché chiunque ne abbia interesse possa prenderne visione. Nei successivi trenta giorni qualunque interessato può presentare osservazioni.
3. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune, pubblicato sulla stampa locale ed a mezzo di manifesti murari affissi in luoghi pubblici. Nello stesso avviso deve essere inserita l'avvertenza che gli interessati possono presentare osservazioni ai sensi del comma precedente.
4. Il provvedimento di adozione del piano deve essere inviato alla provincia ai fini di eventuali osservazioni che devono pervenire al Comune entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento del piano.
5. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine previsto dal comma 2 l'amministrazione comunale acquisisce i pareri, i nullaosta e gli altri atti di assenso comunque denominati previsti dalle leggi in vigore per la tutela degli interessi pubblici curati da altre autorità. A tal fine l'amministrazione comunale convoca una conferenza di servizi ai sensi e per gli effetti dell'art. 14, comma 2 della legge n. 241 del 1990.
6. Il Consiglio comunale decide sulle osservazioni ed approva il piano entro e non oltre 120 giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni.
7. La deliberazione comunale di approvazione del piano particolareggiato deve essere pubblicata nell'albo pretorio entro 60 giorni dalla data di comunicazione al Comune dell'esecutività. Entro il medesimo termine la deliberazione deve essere notificata nella forma delle citazioni a ciascuno dei proprietari degli immobili compresi nel piano. La deliberazione deve essere pubblicata anche sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo.
8. I piani di cui al comma 1 possono variare il Piano regolatore generale entro i seguenti limiti inerenti al comprensorio oggetto dello stesso:
- adeguamenti perimetrali;
- viabilità;
- servizi e attrezzature pubbliche;
- articolazione degli spazi e delle localizzazioni;
- parametri edilizi;
- approvazione di un Piano per l'edilizia economica e popolare nei limiti di cui all'art. 3 della legge n. 167 del 1962 (55) (56).
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(54) Si veda l'art. 32 ed ivi riferimenti.
(55) Sulla formazione dei Piani particolareggiati si vedano anche gli artt. 14/17 della legge n. 1150 del 1942.
(56) Articolo introdotto dall'art. 15 della L.R. n. 70 del 1995. Nel testo precedente gli artt. 20 e 21, introdotti dall'art. 6 della L.R. n. 47 del 1990, erano accorpati.
Art. 21
Procedimento e limiti di contenuto dei piani attuativi in variante ai piani regolatori generali.
1. I Comuni possono approvare piani attuativi relativi alle zone omogenee del territorio comunale ancorché suddivise in sottozone in variante del Piano regolatore generale e delle sue norme attuative. Il Comune in sede di adozione della deliberazione del piano attuativo in variante è tenuto a motivare congruamente in ordine alla necessità delle nuove scelte.
2. Si applicano le norme di cui all'art. 20 commi 1, 2, 3 e 5.
3. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni il piano adottato con le relative osservazioni e le controdeduzioni del Consiglio comunale deve essere inviato alla provincia per l'approvazione.
4. La Provincia approva il piano attuativo in variante entro 120 giorni dall'invio. Entro lo stesso termine la Provincia può chiedere al Comune la modifica ovvero l'integrale rielaborazione dello strumento attuativo esclusivamente in relazione al rispetto delle leggi e dei regolamenti statali e regionali e dei piani territoriali sovracomunali vigenti.
Il termine comincia a decorrere nuovamente dalla data di invio alla Provincia del piano modificato o rielaborato da parte del Consiglio comunale.
5. Decorso infruttuosamente il termine di cui al precedente comma 4 il piano si intende approvato. Nel caso di compimento dei termini per il silenzio assenso il Sindaco, previa attestazione dell'effettiva decorrenza del termine da parte del segretario generale della provincia, promuove la pubblicazione del piano nell'albo pretorio e nel Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo di un avviso concernente la vigenza del piano entro i sessanta giorni successivi. Entro il medesimo termine la deliberazione deve essere notificata nella forma delle citazioni a ciascuno dei proprietari degli immobili compresi nel piano. Il piano diviene esecutivo dopo quindici giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo (57).
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(57) Articolo introdotto dall'art. 15 della L.R. n. 70 del 1995. Nel testo precedente gli artt. 20 e 21, introdotti dall'art. 6 della L.R. n. 47 del 1990, erano accorpati.
Art. 22
Disciplina della lottizzazione.
... (58).
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(58) Soppresso dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995. Sulla lottizzazione abusiva si vedano gli artt. 18 e 19 della legge n. 47 del 1985.
Art. 23
Piani di lottizzazione.
1. I Piani di lottizzazione hanno i contenuti previsti dal precedente art. 19, comma 1.
2. I proprietari o gli aventi titolo predispongono il progetto di Piano di lottizzazione nonché lo schema di convenzione da stipulare con il Comune ai sensi del successivo comma 4.
3. Il procedimento di formazione dei Piani di lottizzazione di iniziativa privata è quello di cui agli artt. 20 e 21 della presente legge. Decorsi 120 giorni dalla presentazione degli atti, senza che il Comune abbia assunto provvedimenti deliberativi, i richiedenti possono inoltrare al Comune un atto extra giudiziale di diffida, trasmettendone copia alla Provincia, la quale, decorso l'ulteriore periodo di 30 giorni senza che il Consiglio comunale abbia deliberato, provvede in via sostitutiva nei 60 giorni successivi a mezzo di apposito Commissario ad acta, all'uopo designato dal Presidente.
4. La convenzione di cui al quinto comma dell'art. 28 della legge n. 1150 del 1942 dovrà avere i seguenti contenuti minimi:
a) la cessione gratuita, entro i termini stabiliti, delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria indicate dall'art. 4 della legge n. 847 del 1964 e dall'art. 44 della legge n. 865 del 1971 (59);
b) esecuzione a carico del lottizzante delle opere di urbanizzazione primaria di cui alla precedente lett. a) da eseguire in conformità alle prescrizioni comunali e da cedere gratuitamente al Comune;
c) i tempi di esecuzione delle urbanizzazioni primarie. Non può in ogni caso essere rilasciata la licenza di abitabilità o agibilità, ai sensi e per gli effetti dell'art. 4 del D.P.R. n. 425 del 1994, dei fabbricati ad uso privato se non siano state eseguite le opere di urbanizzazione primaria;
d) il corrispettivo delle opere di urbanizzazione primaria, secondaria e indotta da realizzare a cura del Comune, secondo quanto disposto dall'articolo 5 della legge n. 10 del 1977 e i criteri per il suo aggiornamento in caso di pagamento differito. Qualora dette opere vengano eseguite a cura e spese del proprietario o di altro soggetto privato, la convenzione deve prevedere le relative garanzie finanziarie da prestarsi attraverso apposita fidejussione o polizza assicurativa, pari al valore delle opere da eseguire con riduzioni progressive in relazione allo stato di avanzamento delle opere di urbanizzazione e con le modalità ed i termini fissati nella convenzione stessa;
e) i progetti planovolumetrici degli edifici ed i progetti esecutivi delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, questi ultimi portati al grado di sviluppo tecnico richiesto per la concessione di cui all'art. 4 della legge n. 10 del 1977;
f) i termini di inizio e di ultimazione delle opere di urbanizzazione non superiori a dieci anni;
g) le sanzioni convenzionali, a carico dei privati stipulanti, per inosservanza delle destinazioni di uso fissate nel piano di intervento (60).
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(59) In base al combinato disposto delle due norme sono:
A) opere di urbanizzazione primaria le seguenti:
a) strade residenziali;
b) spazi di sosta o di parcheggio;
c) fognature;
d) rete idrica;
e) rete di distribuzione dell'energia elettrica e del gas;
f) pubblica illuminazione;
g) spazi di verde attrezzato;
B) opere di urbanizzazione secondaria le seguenti:
a) asili nido e scuole materne;
b) scuole dell'obbligo;
c) mercati di quartiere;
d) delegazioni comunali;
e) chiese ed altri edifici per servizi religiosi;
f) impianti sportivi di quartiere;
g) centri sociali o attrezzature culturali e sanitarie;
h) aree verdi di quartiere.
È poi da ricordare che:
- gli impianti cimiteriali sono stati parificati alle opere di urbanizzazione primaria dall'art. 26 bis del D.L. 28 dicembre 1989, n. 415, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1990, n. 38;
- ai sensi dell'art. 11, 1° comma, della legge n. 122 del 1989 «le opere e gli interventi previsti dalla presente legge costituiscono opere di urbanizzazione anche ai sensi dell'art. 9, primo comma, lett. f), della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (che individua le ipotesi in cui non è dovuto il contributo per il rilascio di C.E.)».
Per la legislazione regionale sugli oneri di urbanizzazione si vedano l'art. 3 della L.R. n. 8 del 1980 e l'art. 2 della L.R. n. 29 del 1988.
(60) L'art. 23 è stato così sostituito dall'art. 16 della L.R. n. 70 del 1995. I piani di lottizzazione sono previsti dall'art. 28 legge n. 1150 del 1942.
Art. 24
Piani delle zone da destinare all'edilizia di tipo economico e popolare (P.E.E.P.).
1.[Sono obbligati alla redazione del P.E.E.P. i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti] (61).
2.[L'estensione delle zone da includere nei Piani è determinata in relazione alle esigenze dell'edilizia economica e popolare per un decennio e non può essere, in termini volumetrici, inferiore al 40% e superiore al 70% di quella necessaria a soddisfare il fabbisogno complessivo di edilizia abitativa nel periodo considerato. Rimane salva la possibilità per i comuni non obbligati al P.E.E.P., di modificare tali percentuali attraverso specifica e motivata indicazione in aderenza alle previsioni del P.T.] (62).
3. Ai Piani per l'edilizia economica e popolare si applicano, per ciò che riguarda contenuti, formazione e approvazione, rispettivamente i precedenti artt. 19, 20 e 21 (63).
4. Nell'ambito del P.E.E.P. potrà essere riservata un'aliquota non superiore al 30% dell'area complessiva destinata a residenza da assegnare agli aventi titoli ai sensi dell'art. 35 della legge n. 865 del 1971, e successive modificazioni, anche se non soci di cooperative o beneficiari di contributi statali o regionali per la realizzazione anche di case unifamiliari.
5. Gli interventi per le singole costruzioni di cui al comma precedente potranno avvenire in deroga alla tipologia prevista per l'edilizia residenziale pubblica, salvo l'osservanza delle prescrizioni contenute nell'ultimo comma dell'art. 16 della legge n. 457 del 1978 (64).
6. Nell'ambito del P.E.E.P. la quota afferente all'edilizia non residenziale non può superare il 20% della volumetria complessiva esclusa quella inerente alle urbanizzazioni.
7. I programmi costruttivi di cui all'art. 51 della legge n. 865 del 1971, e successive modificazioni, possono essere localizzati soltanto nei Comuni dove il Piano delle zone da destinare all'edilizia economica e popolare sia stato attuato attraverso l'assegnazione delle aree relative e la loro urbanizzazione, almeno per l'80% della volumetria complessiva in esso prevista.
8. In ogni caso ciascun programma costruttivo non può superare la dimensione di 200 vani abitabili più i relativi servizi.
9. Le tipologie residenziali realizzabili nei P.E.E.P., devono essere conformi a quanto disposto dalle vigenti norme statali sull'edilizia economica e popolare, salvo che nel caso di singoli proprietari espropriati di cui all'undicesimo comma dell'art. 35 della legge n. 865 del 1971 e successive modifiche. In quest'ultima ipotesi le tipologie realizzabili dovranno essere conformi, nella misura massima a quanto disposto nella convenzione tipo predisposta dalla Regione ai sensi del primo comma dell'art. 8 della legge n. 10 del 1977.
10. Il P.E.E.P. deve contenere, oltre quanto indicato al precedente 3° comma, il programma di attuazione degli interventi, lo schema della convenzione tipo per la concessione in diritto di superficie dei lotti edificabili, l'indicazione delle aree da cedere in proprietà e dei parametri per la determinazione del prezzo di cessione.
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(61) Il presente comma è stato prima sostituito dall'art. 17 della L.R. n. 70 del 1995 e poi abrogato dall'art. 49, comma 6, L.R. n. 11 del 1999.
(62) Le parole " Rimane salva la... alle previsioni del P.T." sono state introdotte dall'art. 17 della L.R. n. 70 del 1995 in sostituzione delle precedenti. Nel determinare l'estensione delle zone da includere nei piani di zona il comma 2 riproduce il disposto di cui all'art. 3, comma 1, della legge n. 167 del 1962 (nel testo modificato dall'art. 2 della legge n. 10 del 1977). I commi 2 e segg. dell'art. 3 (come modificato dagli artt. 32/33 della legge n. 865 del 1971) fissano i criteri per la localizzazione delle zone P.E.E.P.
(63) Sul contenuto del P.E.E.P. si veda pure il successivo comma 10. Sulla procedura di approvazione prevista dalla normativa regionale si vedano anche gli artt. 4/8 della legge n. 167 del 1962 e succ. mod. ed int. Quanto agli effetti dell'approvazione si veda anche l'art. 9 della legge n. 167 del 1962.
(64) La tipologia degli alloggi di edilizia residenziale pubblica è fissata dall'art. 19 della legge n. 513 del 1977 e dall'art. 43 della legge n. 457 del 1978. La Regione Abruzzo con Delib.C.R. 20 dicembre 1992, n. 38/13 e succ. mod. ed int., ha fissato i requisiti delle "Unità tipologico-spaziali" e delle "Unità tecnologiche" ai fini di attribuire i punteggi per l'attribuzione di contributi pubblici.
Art. 25
Piani delle aree da destinare ad attività produttive (P.A.P.-P.I.P.).
1. I Comuni sprovvisti di Piani per attività produttive sono obbligati, qualora ciò sia previsto alle diverse scale dal Q.R.R. e dal P.T., anche su richiesta degli operatori economici, alla loro formazione senza dover acquisire la preventiva autorizzazione regionale, ai sensi e per gli effetti dell'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modifiche ed integrazioni, procedendo all'individuazione delle aree relative nell'ambito delle zone industriali, artigianali, turistiche o destinate ad attività terziarie, previste negli strumenti urbanistici.
2. In ogni caso l'estensione delle aree da includere nel Piano non può essere inferiore a quella necessaria a soddisfare il fabbisogno relativo al triennio. Per i contenuti, la formazione e l'approvazione dei predetti Piani, si applicano le disposizioni di cui ai precedenti artt. 19, 20 e 21.
3. I P.A.P. devono inoltre contenere:
- lo schema della convenzione tipo per la concessione in diritto di superficie dei lotti edificabili;
- le aree da cedere in proprietà ed i parametri per la determinazione del prezzo di cessione;
- le opere e gli impianti antinquinamento e le relative procedure di gestione, ai sensi della legge n. 319 del 1976 e successive modificazioni (65).
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(65) Tali piani sono stati introdotti dall'art. 27 della legge n. 865 del 1971.
Art. 26
Comparto.
1. Nelle zone soggette ad interventi di nuova edificazione, di conservazione, risanamento, ricostruzione e migliore utilizzazione del patrimonio edilizio secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici generali o particolareggiati, ovvero dei Piani di recupero di cui al titolo IV della legge n. 457 del 1978, al fine di assicurare il rispetto di esigenze unitarie nella realizzazione degli interventi, nonché un'equa ripartizione degli oneri e dei benefici tra i proprietari interessati, i Comuni con delibera di Giunta (66) (67), possono disporre, su richiesta dei proprietari in numero idoneo a costituire il consorzio, o d'ufficio, la formazione di comparti individuati e perimetrati nel piano che includono uno o più edifici, ed anche aree inedificate.
2. Formato il comparto, il Sindaco deve invitare i proprietari a riunirsi in consorzio entro il termine fissato nell'atto di notifica, per l'attuazione delle previsioni contenute nello strumento urbanistico.
3. A costituire il consorzio basterà il concorso dei proprietari rappresentanti, in base all'imponibile catastale, la maggioranza assoluta del valore dell'intero comparto. I consorzi così costituiti conseguiranno la piena disponibilità del comparto mediante l'espropriazione delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti. L'indennità sarà pari al valore venale dei beni espropriati antecedentemente alla formazione del comparto. Essa potrà essere corrisposta anche mediante permute di altre proprietà immobiliari site nel Comune.
4. Quando sia decorso inutilmente il termine di cui al precedente 2° comma, il Comune procederà all'espropriazione del comparto a norma della legge 22 ottobre 71, n. 865 e successive modifiche ed integrazioni.
5. La deliberazione di Giunta con cui si dispone la formazione del comparto equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di indifferibilità ed urgenza.
6. Per l'assegnazione del comparto il Comune procederà a mezzo gara.
7. Nelle zone di nuova espansione indicate negli strumenti urbanistici, può essere prevista la concentrazione della volumetria realizzabile in determinate porzioni delle zone stesse, subordinando la formazione della lottizzazione convenzionata all'acquisizione, da parte dei proprietari delle zone di concentrazione, dell'assenso ad edificare da parte di tutti i proprietari della zona considerata salvo in caso di dissenso ingiustificato - l'applicazione del precedente terzo comma.
8. Nei comuni nei quali l'attuazione dei piani regolatori o particolareggiati è demandata a comparti edificatori le prescrizioni possono essere attuate anche attraverso l'adozione dei programmi di recupero urbano o dei programmi integrati (68).
9. I comparti edificatori possono essere adottati dal Comune anche in attuazione di programmi integrati o di programmi di recupero urbano (69) (70) (71).
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(66) La delibera di Giunta è stata prevista dall'art. 18 della L.R. n. 70 del 1995 in sostituzione di quella consiliare.
(67) Sui comparti edificatori si veda anche art. 23 della legge n. 1150 del 1942.
(68) Per la norma nazionale la maggioranza richiesta è pari ai 3/4 del valore dell'intero comparto.
(69) I commi 8 e 9 sono stati introdotti dall'art. 18 della L.R. n. 70 del 1995.
(70) Circolare L.R. n. 70 del 1995. 6.2. Comparti - Alcune significative integrazioni riguardano la disciplina dei comparti edificatori. L'art. 18 della legge da un lato prevede l'attribuzione della competenza all'adozione dei comparti alla Giunta comunale in luogo del Consiglio, nel rispetto delle indicazioni dell'art. 32 della legge n. 142 del 1990, e con evidenti finalità di semplificazione; dall'altro lato stabilisce il principio che si potrebbe definire della mutua fungibilità tra il comparto edificatorio ed i programmi integrati e di recupero urbano, al fine di rendere assai più flessibile l'intervento comunale in tema di riqualificazione urbanistica delle aree urbane.
(71) I comparti edificatori sono previsti dall'art. 23 della legge n. 1150 del 1942 il cui testo (salvi i commi 4 e 5 riportati a nota 4 e la differente disciplina di cui alla nota 2) è sostanzialmente riprodotto dalla norma regionale.
Art. 27
Piano di recupero del patrimonio edilizio (P.R.P.E.).
1. Il Piano di recupero del patrimonio edilizio esistente (P.R.P.E.) di cui agli artt. 27 e segg. della legge n. 457 del 1978, svolge, all'interno dei centri edificati, la funzione del Piano particolareggiato e del Piano di zona per l'edilizia di tipo economico e popolare.
2. La formazione del P.R.P.E. è condizionata alla perimetrazione e disciplina, sullo strumento urbanistico, delle zone di recupero ed all'individuazione degli ambiti e degli immobili da assoggettare ad esso, nel rispetto di quanto stabilito dall'art. 27 della legge n. 457 del 1978.
3. Il P.R.P.E., formato ed approvato ai sensi dei precedenti artt. 19, 20 e 21, deve contenere, altresì, l'individuazione delle unità minime di intervento per la ristrutturazione urbanistica, nonché prescrizioni afferenti gli ambiti e gli immobili prescelti in base alle categorie di degrado definite al successivo art. 28.
4. Gli ambiti dei Piani di recupero non possono essere costituiti essenzialmente di aree libere e non urbanizzate pressoché sprovviste di costruzioni, costituenti nell'insieme, unità minime di intervento.
5. Il P.R.P.E. è attuato mediante autorizzazione e concessioni singole, ovvero attraverso comparti formati ai sensi del precedente art. 26 fatta esclusione delle aree e degli edifici per i quali il Comune intende intervenire direttamente (72).
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(72) Sui piani di recupero si veda anche gli artt. 27, 28, 29 e 30 della legge n. 457 del 1978.
Art. 28
Zone di recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente. Categorie di degrado.
1. Agli effetti dell'individuazione delle zone di recupero di cui all'art. 27 della legge n. 457 del 1978, sono definite le seguenti categorie di degrado:
a) degrado urbanistico, ove vi sia carenza delle funzionalità dell'impianto urbano dovuta a insufficienza degli standard di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, o delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
b) degrado edilizio, ove le condizioni d'uso dei singoli edifici o complessi edilizi siano ridotte a causa delle precarie condizioni di staticità connesse all'usura del tempo o ad inadeguate tecniche costruttive rispetto alla funzione dell'immobile, ovvero a causa della fatiscenza delle strutture e delle finiture, dell'inadeguatezza tipologica rispetto alle esigenze funzionali, in presenza di superfetazioni che alterino la morfologia e l'impianto storico-architettonico dell'immobile o del complesso edilizio, di carenza o inadeguatezza degli impianti tecnologici;
c) degrado igienico, ove vi sia carenza degli impianti igienico-sanitari, come dotazione o come organizzazione funzionale, ovvero insufficiente aereazione ed illuminazione diurna, nonché ridotte condizioni di abitabilità e di utilizzazione, in relazione all'impianto planovolumetrico o alla presenza di condizioni generali di umidità;
d) degrado socioeconomico, ove sussistano condizioni d'abbandono, di sottoutilizzazione o sovraffollamento degli immobili o, comunque, vi sia impropria utilizzazione degli stessi, ovvero sussistano strutture produttive non compatibili con le preesistenti funzioni residenziali e siano presenti fenomeni comportanti le sostituzioni del tessuto sociale e delle forme produttive ad esso integrate;
e) degrado geofisico, in presenza di fenomeni di dissesto idrogeologico richiedenti complessi interventi di consolidamento dei substrati dell'abitato, di aree libere impropriamente utilizzate o su cui insistono ruderi di edifici distrutti da eventi naturali o artificiali, nonché nei casi di impropria utilizzazione, abbandono o impoverimento fisico delle aree libere urbane ed extraurbane.
Art. 29
Elaborati del Piano di recupero.
1. Fanno parte del Piano di recupero i seguenti elaborati:
a) descrizione storica, fisica, sociale e patrimoniale dell'immobile o degli immobili assoggettati al piano, con elenco dei proprietari e piani particellari delle proprietà da espropriare o sottoposte a particolari vincoli, rappresentate in scala 1:200 o 1:500, in relazione alle qualità ed alle dimensioni dell'intervento, nonché planimetria in scala 1:200 indicante lo stato attuale delle funzioni e le carenze igienico-sanitarie, strutturali e tecnologiche;
b) planimetrie, in scala adeguata, contenenti l'eventuale rilievo degli immobili e delle aree indicanti i tipi di intervento, le unità minime di interventi, le nuove unità abitative e funzionali, le eventuali destinazioni d'uso diverse da quelle residenziali, gli interventi di preminente e rilevante interesse pubblico;
c) relazione illustrativa degli obiettivi del Piano e delle modalità di conseguimento, corredata dalle norme di esecuzione; la relazione individua, inoltre, i soggetti operatori e le eventuali modalità di convenzionamento. In caso di degrado geofisico, la relazione sarà corredata da perizia tecnica a firma di geologo abilitato all'esercizio professionale e dal progetto di massima degli interventi di consolidamento;
d) eventuale convenzione-tipo;
e) relazione di previsioni di massima delle spese occorrenti per l'eventuale acquisizione di aree, immobili o porzioni di essi e per le sistemazioni generali necessarie per l'attuazione del piano;
f) programma di attuazione e di coordinamento degli atti e degli interventi necessari a realizzare il piano.
Art. 30
Interventi sul patrimonio edilizio ed urbanistico esistente.
1. Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente si articolano nelle seguenti categorie:
a) ordinaria manutenzione: riparazione, rinnovamento, e sostituzione senza modifica di infissi esterni, grondaie, pluviali, recinzioni, manti di copertura, pavimentazioni esterne; riparazione e rifacimento di infissi interni, pavimentazioni interne, intonaci e rivestimenti interni; riparazione, integrazione e ammodernamento di impianti che non comportino la costruzione e la destinazione ex novo di locali per servizi igienici e tecnologici;
b) straordinaria manutenzione: tinteggiatura, pulitura esterna e rifacimento intonaci o altri rivestimenti esterni; parziali interventi di consolidamento e risanamento delle strutture verticali esterne ed interne; parziali interventi di sostituzione, consolidamento e risanamento delle strutture orizzontali, architravi, solai, coperture, senza che ciò comporti variazioni delle quote superiori e inferiori delle strutture stesse; demolizioni con spostamenti di tramezzi divisori non portanti; destinazione o riadattamento di locali interni esistenti a servizi igienici e impianti tecnici; rifacimento degli elementi architettonici esterni (inferriate, cornici, zoccolature, infissi, pavimentazioni, vetrine, ecc.) purché senza cambiamenti di dimensioni e disegno. È comunque esclusa dagli interventi di straordinaria manutenzione qualsiasi modifica: della forma e della posizione delle aperture esterne; della posizione, dimensione e pendenza delle scale e delle rampe; del tipo e della pendenza delle coperture. L'amministrazione comunale può richiedere, nell'ambito della straordinaria manutenzione, l'adozione di materiali e tinteggiature idonee e la rimozione di elementi costruttivi e decorativi aggiuntivi al fabbricato originario;
c) restauro conservativo: consolidamento e risanamento delle strutture portanti verticali e orizzontali fatiscenti o instabili, senza alterazione delle quote e delle dimensioni originarie e, solo in caso di provata necessità con l'aggiunta entro tali limiti di elementi di rinforzo, con materiali diversi; consolidamento e risanamento di scale e rampe senza alterazione delle pendenze, delle quote, delle dimensioni originarie, dei materiali dei gradini e sottogradini e, solo in caso di provata necessità con l'aggiunta entro tali limiti di elementi di rinforzo, con materiali diversi, sottofondazioni, iniezioni nelle murature, rifacimento di tetti e coperture - grande e piccola armatura - con quote e materiali identici a quelli originari; demolizioni di superfetazioni, sopraelevazioni, ampliamenti, aggiunte provvisorie e permanenti che alterino le caratteristiche dimensionali e tipologiche del fabbricato; riparazione di elementi architettonici, scultorei, decorativi esterni e interni con materiali, forme e tecniche di lavorazione originari e senza modifiche della forma e della posizione delle aperture esterne; demolizione di tramezzi divisori interni non portanti; realizzazione di servizi igienici, di impianti tecnici e delle relative canalizzazioni, di piccole modifiche distributive interne che non alterino o che ripristino l'organizzazione tipologica originaria;
d) risanamento igienico ed edilizio: lavori occorrenti per adeguare il fabbricato agli standard igienici ed edilizi correnti, conservando l'organizzazione tipologica, la superficie utile, il volume, le facciate principali e le relative aperture.
Per facciate principali si intendono quelle prospettanti su pubbliche vie o su spazi pubblici, con esclusione di quelle su corsi o su spazi interni anche se comuni a più proprietà. Nell'ambito degli interventi di risanamento è compresa la demolizione di superfetazioni, sopraelevazioni, ampliamenti, aggiunte provvisorie e permanenti, anche se a suo tempo autorizzate, che alterino il fabbricato e contribuiscano al suo degrado edilizio, igienico, sociale; è compresa, inoltre, la sistemazione delle aree libere al servizio delle unità immobiliare;
e) ristrutturazione edilizia: interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Sono ammessi:
- aumenti della superficie utile interna al perimetro murario preesistente, in misura non superiore al 10% della superficie utile stessa;
- aumenti della superficie utile e/o del volume degli edifici ove ciò sia consentito dagli strumenti urbanistici comunali;
- la demolizione e ricostruzione di singoli edifici nei limiti di cui sopra (73);
f) demolizione: si intende la demolizione totale di un fabbricato sia quella finalizzata alla ricostruzione secondo gli indici previsti dagli strumenti urbanistici comunali, sia quella finalizzata alla disponibilità dell'area per ricomposizione particellare e per servizi pubblici in funzione della ristrutturazione urbanistica (74).
2. Gli interventi sul patrimonio urbanistico sono quelli relativi alla ristrutturazione urbanistica, rivolti a sostituire l'esistente tessuto urbanistico-edilizio con altro diverso, mediante un insieme sistematico di interventi edilizi anche con la modificazione del disegno dei lotti, degli isolati e della rete stradale.
È, comunque, fatta salva l'applicazione della disciplina vigente sulla tutela delle cose d'interesse artistico o storico (75).
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(73) La lett. e) è stata così sostituita dall'art. 19 della L.R. n. 70 del 1995.
(74) Il secondo periodo della lett. f) è stato soppresso dall'art. 19 della L.R. n. 70 del 1995. Circolare L.R. n. 70 del 1995. 7.3. Ristrutturazione edilizia - La ristrutturazione edilizia ai sensi dell'art. 19 viene definita in conformità a quanto previsto dall'art. 31, lett. d) della legge n. 457 del 1978. Tra le operazioni ricomprese nella nozione di ristrutturazione edilizia la norma chiarisce che rientrano anche quelle di demolizione e ricostruzione dell'edificio purché la demolizione sia finalizzata alla ricostruzione di un edificio che mantenga le volumetrie e le superfici preesistenti, salvo che aumenti delle une o delle altre siano previsti dagli strumenti urbanistici e salva la possibilità di aumento della superficie utile interna al perimetro murario preesistente in misura non superiore al 10% della superficie utile dell'edificio che si intende demolire e ricostruire.
(75) Gli interventi sul patrimonio edilizio esistente sono definiti dall'art. 31 della legge n. 457 del 1978.
Art. 30-bis
Programma integrato d'intervento.
1. Il programma integrato ha le seguenti finalità:
a) riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale nonché più razionale utilizzazione e riorganizzazione di ampi settori del territorio comunale in tutto o in parte edificati o da destinare anche a nuova edificazione;
b) pluralità di funzioni, integrazione di diverse tipologie di intervento, ivi comprese le opere di urbanizzazione.
2. Qualora gli interventi siano finalizzati alla nuova edificazione è comunque necessario che una parte dell'intervento previsto dal programma sia destinato al recupero o alla riconversione del patrimonio edilizio esistente.
3. La proposta di programma integrato è presentata al Comune da soggetti pubblici e privati, singolarmente o riuniti in consorzio o associati tra loro.
4. La proposta di programma integrato deve contenere:
a) relazione tecnica ed urbanistica esplicativa del programma con allegato tipo planovolumetrico in scala 1/500, con l'indicazione dettagliata delle tipologie edilizie, che evidenzi le eventuali varianti previste dal programma rispetto alla strumentazione urbanistica comunale;
b) schema di convenzione avente il seguente contenuto minimo:
1) i rapporti attuativi tra i soggetti di cui al comma 3 ed il Comune;
2) fonti di finanziamento distinguendo tra provvista privata ed eventualmente pubblica cui si intende ricorrere;
3) le garanzie di carattere finanziario;
4) i tempi di realizzazione del programma;
5) la previsione di eventuali sanzioni in caso di inottemperanza;
c) modalità di cessione o locazione degli alloggi e di utilizzazione di altri beni immobili realizzati;
d) documentazione catastale e quella attestante la proprietà o disponibilità delle aree ed edifici interessati dal programma.
5. Gli accordi di programma di cui agli artt. 8-bis e 8-ter della presente legge possono essere stipulati anche ai fini dell'adozione ed attuazione dei programmi integrati di cui al presente articolo. In tal caso si applicano le disposizioni di cui al successivo comma 7. La ratifica dell'accordo di programma da parte del Consiglio comunale non sostituisce in tal caso le concessioni edilizie.
6. I progetti d'area di cui all'art. 7 della L.R. n. 47 del 1990, sono assimilati ai programmi integrati di cui al presente articolo con esclusione di quelli già adottati alla data di entrata in vigore della presente legge.
7. Alla proposta di accordo di programma approvata dalla Giunta comunale è data adeguata pubblicità per consentire a qualunque soggetto portatore d'interessi pubblici o privati di presentare eventuali osservazioni e proposte. La valutazione delle deduzioni dei soggetti che intervengono nel procedimento è demandata al Comitato di cui al comma 6 dell'art. 8-bis della presente legge, che ha facoltà di ascoltare i soggetti che ne facciano richiesta. In questo ultimo caso il segretario del Comitato redige processo verbale dell'udienza. Sulle deduzioni dei soggetti interessati, qualora non manifestamente irrilevanti e pertinenti, il Comitato ha l'obbligo di pronunciarsi motivatamente.
8. Qualora non si perfezioni l'accordo di programma o l'amministrazione procedente non ricorra all'accordo di programma si applicano gli artt. 20 e 21 della presente legge (76).
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(76) Articolo introdotto dall'art. 20 della L.R. n. 70 del 1995. L'istituto dei programmi integrati di intervento è stato introdotto dall'art. 16 della legge n. 179 del 1992.
Art. 30-ter
Programma di recupero urbano.
1. I programmi di recupero urbano sono costituiti da un insieme sistematico di opere finalizzate alla realizzazione, alla manutenzione, all'ammodernamento delle urbanizzazioni primarie, con particolare attenzione ai problemi di accessibilità degli impianti e dei servizi a reti, e delle urbanizzazioni secondarie, all'edificazione di completamento e di integrazione dei complessi urbanistici esistenti, alla manutenzione ordinaria e straordinaria, al restauro e risanamento conservativo e alla ristrutturazione edilizia degli edifici.
2. I programmi di recupero urbano da realizzare, sulla base di una proposta unitaria con il concorso di risorse pubbliche e private, sono presentati al Comune da soggetti pubblici e privati, anche associati tra loro. Il Comune definisce le priorità di detti programmi sulla base di criteri oggettivi per l'individuazione degli interventi.
3. Si applicano i commi 4, 5, 7 e 8 del precedente art. 30-bis (77).
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(77) Articolo introdotto dall'art. 20 della L.R. n. 70 del 1995. La norma riproduce il disposto di cui ai commi 2 e 3 dell'art. 11 della legge n. 493 del 1993 che ha introdotto l'istituto dei programmi di recupero urbano.
TITOLO III
Principi in materia di formazione degli strumenti urbanistici
Capo I
Norme attinenti il procedimento, la formazione e la regolarità degli atti
Art. 31
... (78).
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(78) Articolo abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 32
Decorrenza dei termini.
1. Tutti i termini previsti da norme della presente legge e riferiti ad atti deliberativi per i quali sia richiesto il visto di legittimità di cui all'art. 130 Cost., decorrono dalla data di apposizione di tale visto, ovvero dal giorno in cui il visto stesso si intende apposto.
Art. 33
Variazione degli strumenti.
1. Non è richiesta la preventiva autorizzazione per la variazione degli strumenti urbanistici generali od attuativi (79).
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(79) Si veda anche l'art. 25 della legge n. 47 del 1985.
Art. 34
Documentazione e copie.
1. In tutte le ipotesi della presente legge in cui si preveda la presa visione da parte del pubblico di atti o documenti di piano, chiunque può chiedere al Comune che ne venga rilasciata copia a proprie spese.
Art. 35
Norme sulla trasparenza amministrativa.
1. Prima dell'adozione del P.R.G. e del P.R.E., o contestualmente ad essa, il Consiglio comunale accerta la consistenza delle proprietà immobiliari situate nel territorio comunale, appartenenti ai singoli consiglieri comunali, al loro coniuge ed agli ascendenti e discendenti in linea diretta, come risultano dai Registri immobiliari ovvero da dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà dei singoli consiglieri comunali.
2. A tal fine, il Sindaco richiede ai consiglieri in carica di dichiarare e documentare la consistenza immobiliare come precisato nel precedente comma.
3. Della deliberazione all'uopo assunta costituisce parte integrante una copia del Piano in cui dette proprietà risultino con apposita campitura.
4. Le disposizioni che precedono si applicano anche nel caso di varianti, ai grafici o alla normativa, che comportino modifiche di carattere generale.
5. Nel caso di varianti specifiche, l'accertamento del Consiglio comunale è limitato ai soli immobili oggetto della variante stessa (80).
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(80) L'art. 35 è stato così sostituito dall'art. 2 della L.R. n. 47 del 1990. Sul punto si veda anche l'art. 279 T.U. della legge comunale e provinciale approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383.
TITOLO III
Principi in materia di formazione degli strumenti urbanistici
Capo II
Norme per la progettazione
Art. 36
Disciplinare - tipo di progettazione.
... (81).
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(81) Articolo abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
TITOLO IV
Disciplina organizzativa e funzionale degli organismi tecnico-consultivi
Capo I
Conformazione delle strutture
Art. 37
Comitato regionale tecnico amministrativo.
1. Per agevolare l'attuazione delle finalità della presente legge, è istituito il Comitato regionale tecnico amministrativo (C.R.T.A.), che si articola in quattro sezioni urbanistiche provinciali.
2. Il Comitato esprime pareri in materia di pianificazione, assetto ed uso del suolo che esercita, in generale ogni altra funzione consultiva inerente alle materie anzidette, ai sensi dell'art. 16 dello Statuto regionale, del D.P.R. n. 8 del 1972 e del D.P.R. n. 616 del 1977.
3. Il Comitato svolge funzioni di consulenza agli organi della Regione, ai Comuni e alle Province.
4. In particolare esprime parere obbligatorio sui provvedimenti concernenti il Quadro di riferimento territoriale, sui Piani di settore ed i Progetti speciali territoriali e sui provvedimenti di pianificazione la cui approvazione spetta al Consiglio regionale, sui progetti di legge di iniziativa della Giunta regionale in materia urbanistica, assetto e uso del suolo.
5. Il Comitato effettua, se richiesto, la verifica di congruità dei progetti d'intervento e delle opere pubbliche con le previsioni del Quadro di riferimento regionale.
6. Il Comitato è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale e dura in carica una legislatura.
7. Le sezioni urbanistiche provinciali sono costituite con decreto del Presidente della Provincia su deliberazione del Consiglio provinciale; durano in carica una legislatura e sono rinnovate con il Consiglio provinciale entro 60 giorni dalla convalida di tale organo (82).
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(82) L'art. 37 è stato così sostituito dall'art. 21 della L.R. n. 70 del 1995. Il successivo art. 57 sostituisce, in via generale, la parola "C.T.A." con la parola "C.R.T.A." in tutti gli articoli della L.R. n. 18 del 1983.
La L.R. n. 70 del 1995 ha apportato diverse modifiche al titolo IV della L.R. n. 18 del 1983. L'organizzazione ed il funzionamento degli organismi tecnico-consultivi erano stati oggetto dell'intervento del legislatore regionale sia prima dell'emanazione della L.R. n. 18 del 1983, con la L.R. n. 18 del 1972 e con la L.R. n. 32 del 1978, che successivamente, con la L.R. n. 22 del 1994.
Art. 38
Comitato regionale tecnico amministrativo - Composizione.
1. Il Comitato regionale tecnico amministrativo è formato da:
a) il componente della Giunta regionale preposto al settore, o da suo delegato da designarsi tra i membri del Comitato, con funzioni di Presidente;
b) 6 componenti designati dal Consiglio regionale, tra esperti nelle materie della pianificazione territoriale, dell'economia, della geologia, delle scienze biologiche o naturali, delle scienze agrarie e forestali, del diritto urbanistico, di cui due in rappresentanza delle minoranze;
c) quattro responsabili dei servizi urbanistici provinciali, uno per ciascuna provincia;
d) il coordinatore e tre dirigenti del settore urbanistica e beni ambientali, su designazione del componente la Giunta preposto al settore;
e) l'ispettore ripartimentale delle foreste competente per zona;
f) l'ingegnere capo del Genio civile competente per zona.
2. Il Consiglio regionale procede alle designazioni di sua competenza entro sessanta giorni dalla richiesta del Presidente della Giunta regionale, decorsi infruttuosamente i quali quest'ultimo provvede con proprio decreto (83) (84).
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(83) Si veda anche la L.R. n. 72 del 1995: «Comitato regionale tecnico amministrativo - Sez. urbanistica - Indennità»
(84) L'art. 38 è stato così sostituito dall'art. 22 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 39
Comitato per il territorio e l'ambiente - Compiti e attribuzioni.
... (85).
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(85) Articolo abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 40
Sezione pianificazione.
... (86).
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(86) Articolo abrogato dall'art. 5 della L.R. n. 47 del 1990.
Art. 41
Sezione legislativa e vigilanza.
... (87).
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(87) Articolo abrogato dall'art. 5 della L.R. n. 47 del 1990.
Art. 42
Sezioni urbanistiche provinciali.
1. Ciascuna Sezione urbanistica provinciale è composta da sei esperti esterni, di cui due in rappresentanza delle minoranze, eletti da ogni Consiglio provinciale, e da due funzionari tecnici del Servizio urbanistico provinciale di cui uno responsabile dello stesso (88).
2. Ai suddetti membri è richiesta una provata competenza in urbanistica, diritto amministrativo, geotecnica, scienze agrarie e forestali, ingegneria civile; la Sezione urbanistica è presieduta dal Presidente della Provincia o da un assessore provinciale delegato.
3. Ai fini dell'esercizio delle deleghe previste dalla presente legge la sezione urbanistica provinciale svolge funzione consultiva per la provincia (89).
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(88) Comma così sostituito dall'art. 23 della L.R. n. 70 del 1995.
(89) Comma così sostituito dall'art. 23 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 43
Segreteria degli organismi consultivi.
1. Le funzioni di segretario degli organismi consultivi, di cui ai precedenti articoli sono svolte da funzionari regionali o provinciali, nominati con i decreti presidenziali di costituzione degli stessi.
Art. 44
Designazione degli esperti e attribuzioni del presidente del C.R.T.A.
1. I componenti del Comitato regionale per il territorio e l'ambiente e delle Sezioni provinciali sono scelti, di norma, tra esperti i quali si impegnino, per la durata del mandato, a non assumere incarichi di progettazione di strumenti urbanistici e di pianificazione di competenza del Comitato o delle Sezioni di cui fanno parte.
2. L'elezione, la designazione o la nomina degli esperti ha luogo nell'ambito delle designazioni proposte dai componenti l'organo competente e per ogni designazione deve essere depositato, presso le segreterie del Consiglio regionale, della Giunta regionale e della Provincia, un curriculum con l'indicazione della professionalità specifica del designato e le attività svolte ed attinenti la materia dell'incarico.
3. Copia di tale curriculum deve essere rimessa ai componenti l'organo competente all'elezione, alla designazione o alla nomina, almeno 15 giorni prima della seduta in cui si adotta la relativa deliberazione.
4. Il C.R.T.A. e le Sezioni provinciali potranno essere consultate, su richiesta del Consiglio e della Giunta regionale, nonché dei Consigli e delle Giunte provinciali, su argomenti che, pur non rientrando tra quelli obbligatoriamente sottoposti al loro esame, influiscono in modo rilevante sull'assetto del territorio (90).
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(90) L'art. 44 è stato così sostituito dall'art. 24 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 45
Partecipazione alle sedute a titolo consultivo.
1. Alle sedute del C.R.T.A. e delle Sezioni possono essere chiamati a partecipare, senza diritto di voto, rappresentanti della Soprintendenza ai beni ambientali, architettonici, artistici e storici, dell'Ispettorato regionale delle foreste, della Soprintendenza archeologica, del Provveditorato regionale alle opere pubbliche, del compartimento dell'A.N.A.S., del compartimento delle Ferrovie dello Stato, del Genio civile delle opere marittime, del compartimento dell'Enel e di altre amministrazioni dello Stato e di enti pubblici. È obbligatorio chiamare i rappresentanti del Parco nazionale d'Abruzzo, nei limiti delle proprie competenze, per questioni che interessano il territorio dello stesso.
2. Il presidente del Comitato e delle Sezioni può far intervenire alle sedute, di volta in volta e senza diritto di voto, studiosi e tecnici particolarmente esperti in speciali problemi, nonché funzionari statali e regionali dei settori interessati agli argomenti posti all'ordine del giorno.
3. Possono essere invitati a partecipare ai lavori istruttori e alle sedute, senza diritto di voto, i componenti delle altre Sezioni nonché i rappresentanti delle amministrazioni locali direttamente interessate, con facoltà di essere coadiuvati da esperti e tecnici di fiducia.
4. Possono partecipare, senza diritto di voto alle sedute degli organismi consultivi i consiglieri regionali, ed i consiglieri provinciali a quelle della Sezione provinciale di competenza.
Art. 46
Servizio urbanistico provinciale.
1. Per l'esercizio delle funzioni in materia urbanistica e di pianificazione e per lo svolgimento dell'attività tecnico-consultiva delle Sezioni provinciali, ciascuna Provincia istituisce il Servizio urbanistico provinciale (S.U.P.), formato da un responsabile architetto o ingegnere e da funzionari tecnici e personale amministrativo in numero idoneo ad assicurare l'espletamento dell'attività e dei compiti delegati.
2 .... (91)
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(91) Comma soppresso dall'art. 25 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 47
Incompatibilità, astensione e decadenza.
1. Non possono far parte in qualità di esperti del C.R.T.A. e delle sue articolazioni funzionali i Sindaci e gli assessori in carica nei Comuni della regione, né i Presidenti e gli assessori delle Province.
2. I consiglieri comunali e provinciali nonché i componenti delle Commissioni edilizie ed urbanistiche comunali e quanti abbiano carichi pendenti con il Comune in materia di urbanistica, non possono deliberare né in sede consultiva né in sede decisionale sugli atti di pianificazione ai quali comunque abbiano concorso nella fase formativa.
3. Gli iscritti in albi professionali e gli esperti che partecipano, anche parzialmente, alla progettazione o, comunque, alla redazione dei Piani territoriali e Piani urbanistici generali o attuativi, non possono far parte degli organismi consultivi regionali o provinciali, competenti all'emanazione di pareri o di atti di controllo o verifica sui citati strumenti.
4. Il divieto di cui al comma precedente si estende anche ai professionisti facenti parte di associazioni professionali o di persone giuridiche private che partecipino, anche parzialmente, alla progettazione o, comunque, alla redazione dei suddetti strumenti di pianificazione.
5. Gli iscritti in albi professionali e gli esperti facenti parte degli organismi di cui al precedente primo comma, non partecipano alle riunioni di tali organismi, quando questi prendono in esame atti o documenti urbanistici concernenti enti pubblici territoriali o loro associazioni, con i quali gli stessi abbiano rapporti di consulenza o assistenza professionale. Analogo obbligo di astensione grava sui soggetti interessati nell'ipotesi di cui al comma precedente.
6. La norma di cui al precedente comma si applica anche in caso di collegamento professionale in atto tra componenti degli organismi consultivi ed iscritti ad albi che abbiano partecipato o partecipino all'elaborazione di atti e documenti urbanistici relativi ad enti territoriali anche diversi da quelli il cui strumento urbanistico sia in esame presso gli organismi consultivi stessi.
7. Debbono astenersi dal partecipare all'attività degli organismi consultivi i membri che siano stati condannati in primo grado per violazioni edilizie, urbanistiche ed ambientali, ovvero per reati contro la Pubblica Amministrazione. Il Consiglio regionale o il Consiglio provinciale, per le rispettive attribuzioni, ne dichiarano la decadenza allorché la condanna sia definitiva ed inappellabile.
8. Il componente del C.R.T.A. e delle sue articolazioni funzionali decade automaticamente dalla carica in caso di dimissioni, quando siano accertate le cause di ineleggibilità o di incompatibilità di cui ai precedenti commi, quando ometta di partecipare, senza giustificato motivo inserito a verbale, a più di tre sedute consecutive, ovvero quando non assolva, nell'anno, almeno ai 2/3 degli incarichi assunti. Della decadenza prende atto il presidente dell'organismo tecnico-consultivo con proprio provvedimento.
TITOLO IV
Disciplina organizzativa e funzionale degli organismi tecnico-consultivi
Capo II
Disciplina funzionale degli organismi consultivi
Art. 48
Formazione della volontà collegiale.
1. Gli organismi collegiali chiamati a concorrere, con visti, riscontri e pareri, alla formazione degli atti e provvedimenti di pianificazione, sono assoggettati alle norme della presente legge.
2. Le adunanze degli organismi consultivi sono valide con la presenza di un terzo (92) dei componenti, purché questi siano stati messi a conoscenza della data, del luogo e degli argomenti della riunione, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o con telegramma collazionato, inviati almeno sette giorni prima della data medesima.
3. Le determinazioni di tali organismi sono assunte a maggioranza dei presenti. In caso di parità prevale il voto del Presidente.
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(92) L'art. 26 della L.R. n. 70 del 1995 ha sostituito con le parole «un terzo» le precedenti parole «due quinti».
Art. 49
Calendario e articolazione dei lavori.
1. Il presidente del C.R.T.A. ed i Presidenti delle Sezioni provinciali, predispongono ed aggiornano periodicamente il calendario dei lavori per l'attività degli organismi consultivi previsti dalla presente legge, dandone comunicazione ai Presidenti del Consiglio e della Giunta regionale; stabiliscono le priorità dell'attività degli organismi medesimi per l'esame delle pratiche, tenuto conto dell'ordine cronologico di trasmissione, dell'importanza del Comune, dell'urgenza degli argomenti da trattare, delle particolari esigenze di attuazione tecnica ed economica dei piani, della salvaguardia del territorio e dell'ambiente, di eventuali indifferibilità (93).
2. I presidenti degli organismi consultivi costituiscono, di volta in volta, sui singoli argomenti, Commissioni istruttorie, nell'ambito delle quali nominano il relatore.
3. Le Commissioni istruttorie sono costituite di almeno tre componenti, di cui un funzionario. I presidenti, di intesa con i componenti, disciplinano i lavori preparatori delle Commissioni istruttorie con frequenza infrasettimanale, assegnando il termine per il deposito della relazione. In caso di inadempienza, la relazione è surrogata da un parere tecnico-valutativo dell'Ufficio.
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(93) Comma così sostituito dall'art. 27 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 50
Commissione istruttoria.
1. La Commissione istruttoria esamina, presso le sedi della Regione o della Provincia gli elaborati progettuali, gli atti ed i documenti connessi.
2. La segreteria del C.R.T.A. e delle Sezioni mette a disposizione della Commissione istruttoria la documentazione e gli atti preliminari completi in ogni parte.
3. Il relatore è tenuto a presentare, entro il termine prefissato, le relazioni e le proposte di parere sugli argomenti assegnati.
4. Per migliore individuazione e definizione di specifici oggetti, il relatore può essere affiancato da esperti e tecnici esterni, funzionari di Amministrazioni Pubbliche e di enti indicati ed invitati dal presidente.
5. I presidenti degli organismi tecnico-consultivi, in particolari casi, possono disporre sopralluoghi della Commissione istruttoria o visite collegiali.
Art. 51
Istruttoria.
1 .... (94).
2. Secondo l'ordine prestabilito dal calendario dei lavori, gli uffici preposti svolgono la ricognizione preliminare del contenuto tecnico e giuridico delle pratiche in istruttoria e redigono una relazione illustrativa di tutti gli elementi necessari per il parere degli organismi consultivi.
3. Per gli strumenti di pianificazione, gli uffici provvedono a compilare anche una scheda riepilogativa dello stato dell'assetto del territorio, dei dati dimensionali e di progetto, degli obiettivi prefissati, dei pareri di amministrazioni ed enti pubblici, dei vincoli e delle limitazioni nell'uso del suolo, della conformità ai piani di scala superiore ed a norme regolamentari e di legge, della catalogazione delle osservazioni ed opposizioni agli strumenti di pianificazione in esame.
4. La Commissione istruttoria, ai fini della propria valutazione, utilizza gli elementi illustrativi d'ufficio ed il relatore predispone, di conseguenza, un parere tecnico-valutativo, formulando un dispositivo da sottoporre alla Sezione o al C.R.T.A.
5 .... (95).
6 .... (96).
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(94) Comma soppresso dall'art. 28 della L.R. n. 70 del 1995.
(95) Comma soppresso dall'art. 28 della L.R. n. 70 del 1995.
(96) Comma soppresso dall'art. 28 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 52
Ordine del giorno delle sedute.
1. Il presidente, per ogni seduta del C.R.T.A. e delle Sezioni, formula un ordine del giorno dei lavori; ne dà comunicazione ai componenti nei termini di cui al precedente art. 48, e 2° comma, stabilisce la data della seduta per la trattazione dello stesso.
2 .... (97).
3. Le modifiche dell'ordine del giorno ed, in particolare l'inserimento di pratiche urgenti, debbono essere tempestivamente resi noti con telegramma collazionato.
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(97) Il comma 2 è stato soppresso dall'art. 29 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 53
Verbalizzazione delle sedute.
1. Le sedute degli organismi tecnico-consultivi sono verbalizzate su apposito registro e, per ogni argomento, si registrano: oggetto, località, [atti amministrativi] (98), Commissione istruttoria, relatore, dispositivo finale ed espressioni di voto.
2. Il Comitato e le sezioni, per le rispettive attribuzioni, in relazione agli elementi istruttori ed alle indicazioni del relatore, esprimono il parere finale con voto motivato.
3. I componenti possono richiedere l'inserimento a verbale di proprie dichiarazioni e pareri.
4. Espressioni di voto diverse dalle proposte del relatore, vanno rese per iscritto nella forma di relazione-parere, e corredate di dispositivo nel caso in cui il proponente chieda che vengano allegate agli atti ai fini delle decisioni degli organi deliberanti della Regione o della Provincia.
5. I pareri formulati con prescrizioni, che comportino il recepimento da parte degli enti o soggetti proponenti, debbono essere manifestati in forma dettagliata ed in termini inequivoci con descrizioni puntuali, specie quando comportino modifiche o revisioni degli elaborati cartografici.
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(98) Le parole tra parentesi quadra sono state soppresse dall'art. 30 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 54
Parere, efficacia e sospensione dei termini.
... (99).
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(99) Articolo abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 55
Pubblicazione dell'attività degli organismi consultivi.
1. Le segreterie del C.R.T.A. e delle Sezioni, coadiuvate dagli uffici del Settore, sono tenute ad aggiornare mensilmente lo schedario delle pratiche giacenti e di quelle in corso d'istruttoria, e ne danno comunicazione al presidente ed ai componenti.
2. Il presidente del C.R.T.A. e delle Sezioni provinciali, periodicamente, danno notizia dello stato delle giacenze al Consiglio regionale, alla Giunta regionale ed alle Province ed, annualmente, [d'intesa con le sezioni] (100), predispongono il resoconto dell'attività per il Consiglio regionale e per i Consigli provinciali.
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(100) Le parole tra parentesi quadra sono state soppresse dall'art. 31 della L.R. n. 71 del 1995.
TITOLO IV
Disciplina organizzativa e funzionale degli organismi tecnico-consultivi
Capo III
Disciplina dell'organizzazione interna delle strutture amministrative regionali e provinciali
Art. 56
Servizi regionali e provinciali in materia di urbanistica ed uso del suolo.
1. Allo svolgimento delle attività in materia urbanistica e pianificazione territoriale, adempiono i Servizi, gli Uffici e le Unità operative del I Dipartimento della Giunta regionale, Settore urbanistica ed assetto del territorio e quelli istituiti presso le Province per:
- l'istruttoria degli strumenti urbanistici sottoposti ad approvazione o ad accertamento di conformità;
- la raccolta sistematica, catalogazione, archiviazione e numerazione dei dati, informazione, documenti, elaborati tecnici e grafici sull'uso del suolo;
- la predisposizione di documenti di pianificazione regionale e degli strumenti di pianificazione territoriale e comunale, in caso di esercizio dei poteri sostitutivi;
- la memorizzazione delle opere infrastrutturali e di urbanizzazione realizzate e di quelle ammesse a contributo;
- l'inventario dei beni ambientali e storici;
- la verifica dello stato di attuazione della pianificazione;
- la vigilanza e predisposizione delle misure di salvaguardia e di controllo di competenza;
- la consulenza tecnica e giuridica agli enti locali per la pianificazione e gestione urbanistica.
TITOLO V
Misure di salvaguardia
Art. 57
Salvaguardia nei confronti di domande ed istanze.
1. Dalla data di prima adozione di ogni atto e documenti di pianificazione, e fino alla loro entrata in vigore, il Sindaco è tenuto a sospendere ogni determinazione sulle domande di autorizzazione e di concessioni edilizie, e sulle istanze di lottizzazione in contrasto con le previsioni e prescrizioni degli strumenti adottati.
2. Il Sindaco è tenuto a sospendere ogni determinazione sulle istanze di cui al comma precedente anche qualora i relativi progetti contrastino con la deliberazione del Consiglio comunale in ordine alle controdeduzioni sulle osservazioni agli strumenti urbanistici e con il provvedimento del Consiglio provinciale ai sensi dell'art. 11, comma 5 della presente legge (101).
3. Per gli effetti dei commi precedenti, il Sindaco è tenuto a notificare agli interessati, entro 60 gg. dall'istanza, gli elementi di contrasto rilevati ed a precludere la formazione, per silenzio-assenso, delle autorizzazioni e concessioni edilizie (102).
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(101) Comma così sostituito dall'art. 32 della L.R. n. 70 del 1995.
(102) La norma ha per oggetto le misure di salvaguardia ed «obbligatorie» previste dal comma 1 art. unico della legge n. 1902 del 1952 e succ. mod. ed int.
Art. 58
Salvaguardia nei confronti di provvedimenti rilasciati.
1. A richiesta del Sindaco e per il periodo indicato nel primo comma dell'articolo precedente, la Giunta provinciale su parere della Sezione urbanistica provinciale può, con provvedimento motivato da notificarsi all'interessato nei modi indicati dal C.P.C., ordinare la sospensione dei lavori per i quali l'autorizzazione o la concessione sia stata rilasciata prima dell'adozione degli strumenti urbanistici e che siano tali da compromettere o rendere più onerosa l'attuazione degli strumenti stessi.
2. Il provvedimento di sospensione indica anche i lavori e gli adempimenti necessari a garantire che le opere sospese non subiscano danni o forme di degrado durante il periodo di sospensione.
Art. 59
Lavori in contrasto con successive prescrizioni urbanistiche.
1. Il termine di cui al penultimo comma dell'art. 31 della legge n. 1150 del 1942, successivamente modificata ed integrata, decorre dall'entrata in vigore delle nuove norme e prescrizioni urbanistiche.
TITOLO VI
Norme regolatrici dell'attività edilizia
Capo I
Concessione ed autorizzazione
Art. 60
Concessione edilizia.
1. È legittimato ad ottenere la concessione edilizia il proprietario o altro titolare di diritto reale ai sensi della legge civile. Possono richiedere ed ottenere le autorizzazioni per le opere di cui al successivo comma 5, oltre ai soggetti predetti anche i legittimi possessori o detentori dell'immobile.
2. Il proprietario o chi ne ha titolo deve chiedere al Sindaco la concessione per l'esecuzione di qualsiasi attività comportante trasformazione edilizia ed urbanistica del territorio comunale.
3. La qualità di proprietario o di avente titolo deve essere documentata.
4. L'atto di impegno unilaterale e le convenzioni previste dagli artt. 7 e 8 della legge n. 10 del 1977 e 9 della legge n. 94 del 1982, nonché la concessione edilizia nel caso di asservimento di lotti, debbono essere trascritti, a cura dell'Amministrazione comunale e a spese dei richiedenti, nei Registri immobiliari, in modo da far risultare sia la destinazione dell'immobile, sia le aree di pertinenza asservite all'immobile stesso.
5. Fermo restando che l'ordinaria manutenzione è consentita (103), sono soggette ad autorizzazione gratuita le opere di cui alle categorie b), c), d) del precedente art. 30 e le altre opere per le quali essa sia prevista da norme dello Stato anche a formazione tacita.
6. Fatti salvi i casi previsti dall'art. 9 della legge n. 10 del 1977 per la concessione gratuita, e quelli di cui agli artt. 7 della stessa legge e 9 della legge n. 94 del 1982, per l'edilizia convenzionata, la concessione è subordinata alla corresponsione di un contributo commisurato all'incidenza delle spese di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché al costo di costruzione, stabiliti dalla Regione con legge (104).
7. La concessione è trasferibile ai successori e aventi causa che abbiano titolo sul bene oggetto della concessione stessa.
8. Le concessioni relative ai singoli edifici non possono avere validità complessiva superiore a tre anni dall'inizio dei lavori, i quali devono, comunque, essere iniziati entro un anno dal rilascio della concessione. Nei casi di edifici mono e bifamiliari costruiti in economia dal concessionario per uso proprio, è consentito un ulteriore periodo di due anni per l'ultimazione dei lavori.
9. Un periodo più lungo per l'ultimazione dei lavori può essere consentito dal Sindaco in relazione alla mole delle opere da realizzare o delle sue particolari caratteristiche costruttive.
10. Qualora entro i termini suddetti i lavori non siano stati iniziati o ultimati, il concessionario deve richiedere una nuova concessione.
11. Per ultimazione dell'opera s'intende il completamento integrale di ogni parte del progetto, confermato con la presentazione della domanda di autorizzazione per l'abitabilità o l'agibilità (105).
12. Il concessionario ha l'obbligo di comunicare al Sindaco, con lettera raccomandata, l'avvenuto inizio dei lavori ed il completamento degli stessi. Fermo restando quanto previsto dai precedenti commi, in caso di inadempienza agli obblighi di cui sopra, il concessionario è tenuto a corrispondere una sanzione pari a 1/20 del contributo concessorio. Alla scadenza del termine per l'inizio ed ultimazione lavori, il Sindaco è tenuto a svolgere i necessari accertamenti.
13. È ammessa la proroga del termine per l'ultimazione dei lavori con provvedimento motivato e solo per fatti estranei alla volontà del concessionario che siano sopravvenuti a ritardare i lavori durante la loro esecuzione.
14. La proroga può essere sempre prevista nel provvedimento di concessione del Sindaco, quando si tratti di opere pubbliche, il cui finanziamento sia preventivato in più esercizi finanziari.
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(103) L'art. 34 della L.R. n. 70 del 1995 ha soppresso le parole «previa comunicazione della descrizione dei lavori agli uffici comunali».
(104) Si veda anche l'art. 61 della L.R. n. 70 del 1995 prevede che: «I Comuni possono utilizzare i proventi delle concessioni edilizie, comprese le concessioni in sanatoria ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, oltre che per le finalità di cui all'art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, per la copertura dei costi relativi alla formazione degli strumenti urbanistici».
(105) Il rilascio della licenza di abitabilità o agibilità è disciplinato dal D.P.R. 22 aprile 1994, n. 425.
Art. 61
Mappa degli asservimenti di aree.
1. Presso l'Ufficio tecnico comunale o, in mancanza, presso la segreteria comunale, è conservata una copia delle mappe catastali vigenti, firmate dal Sindaco, da aggiornarsi sulla base delle concessioni rilasciate.
2. All'atto della presentazione della domanda di concessione, il richiedente deve presentare un estratto delle mappe catastali vigenti, indicando, con esatta grafia, le opere progettate e le aree, opportunamente campite, sulle quali si computa la superficie relativa agli indici di progetto, o nel caso di edifici agricoli, le unità aziendali di pertinenza. Tali indicazioni dovranno essere riportate sugli elaborati degli strumenti urbanistici.
3. All'ultimazione dei lavori, edifici e relative aree vengono controllati alla presenza del titolare della concessione e riportati definitivamente, con segno indelebile, sulle mappe catastali di cui al precedente 1° comma.
4. Le mappe suddette hanno pieno valore per il diniego di ulteriori concessioni, qualora interessino aree già utilizzate per precedenti costruzioni nel computo degli indici e parametri urbanistico-edilizi.
Art. 62
Controllo partecipativo.
1. Chiunque ha diritto di prendere visione, presso gli Uffici comunali, delle domande e dei relativi progetti e delle concessioni edilizie.
2. I Comuni sono tenuti, a richiesta, a fornire copie dei relativi atti, ponendo a carico dei richiedenti le spese per la riproduzione.
3. L'estratto delle concessioni dovrà essere esposto per quindici giorni all'Albo del Comune.
Art. 63
Intervento sostitutivo per mancato rilascio di concessione.
1. In attuazione dell'art. 4 della legge n. 493 del 1993, i richiedenti la concessione edilizia, dopo aver notificato al Comune inadempiente un atto extragiudiziale di diffida, trasmettendone copia alla Provincia, trascorsi trenta giorni senza che l'autorità comunale competente abbia rilasciato il provvedimento, possono richiedere al Presidente della Provincia la nomina di un commissario ad acta il quale è tenuto ad adottare il provvedimento che ha i medesimi contenuti ed effetti dell'atto abilitativo all'edificazione, entro 90 giorni dalla richiesta.
2. Il Commissario ad acta nel rilasciare il provvedimento di cui al comma precedente non può richiedere il parere della commissione urbanistica ed edilizia comunale anche qualora questa sia istituita (106).
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(106) Articolo così sostituito dall'art. 35 della L.R. n. 70 del 1995. Il Commissario di Governo nel restituire vistata la legge stessa, ha precisato, con nota 967 del 20 aprile 1995 che «la norma contenuta nell'art. 35, circa l'intervento sostitutivo per il mancato rilascio della concessione, deve raccordarsi con le disposizioni dettate al riguardo dal D.L. n. 88 del 1995».
Art. 64
Deroghe degli strumenti urbanistici generali.
1. I poteri previsti dall'art. 41-quater della legge n. 1150 del 1942, nel testo vigente, sono esercitati dal Sindaco con le procedure e nei limiti stabiliti dal presente articolo.
2. Entro 30 giorni dall'istanza, il Consiglio comunale [previo parere della Commissione edilizia ed urbanistica] (107), delibera in merito; nel caso in cui la deroga è ritenuta ammissibile. Il Sindaco, nei 10 giorni successivi, richiede i nullaosta del Consiglio provinciale nonché, ove occorra, del Presidente della Giunta regionale e delle Soprintendenze ai beni storico-artistici ed archeologici, che devono essere resi nel termine di 60 giorni; il Sindaco definisce la questione nei 30 giorni successivi.
3. La deroga può avere ad oggetto soltanto opere ed impianti pubblici o di interesse pubblico, esclusi, comunque, gli alberghi ed edifici di uso pubblico a carattere residenziale, salvo il disposto del D.P.R. n. 383 del 1994 (108), e quarto comma dell'art. 81 del D.P.R. n. 616 del 1977; essa può riguardare esclusivamente i limiti di altezza, i rapporti di copertura, i distacchi dai confini tra edifici.
4. Salvo il disposto del citato D.P.R. n. 383 del 1994 (109), nel caso di edifici e di impianti di proprietà pubblica sono derogabili anche i rapporti di edificabilità, fermi restando i perimetri degli spazi ad essi riservati negli strumenti urbanistici (110) (111).
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(107) Le parole tra parentesi quadra sono state soppresse dall'art. 36 della L.R. n. 70 del 1995.
(108) Le parole «D.P.R. n. 383 del 1994» sono state introdotte dall'art. 36 della L.R. n. 70 del 1995 in sostituzione delle parole «secondo, terzo». L'art. 55 della L.R. n. 70 del 1995 precisa che: «Ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 18 aprile 1994 n. 383 la Regione è rappresentata nella conferenza dei servizi dal Presidente della Giunta regionale o suo delegato».
Il D.P.R. n. 383 del 1994 contiene il regolamento di disciplina dei procedimenti di localizzazione delle opere di interesse statale ed è stato emesso in attuazione dell'art. 2, commi 7, 8 e 9 della legge n. 537 del 1993 (legge finanziaria per il 1994). Il decreto ha abrogato i commi 3 e 4 dell'art. 81 D.P.R. n. 616 del 1977.
(109) Le parole «D.P.R. n. 383 del 1994» sono state introdotte dall'art. 36 della L.R. n. 70 del 1995 in sostituzione delle parole: «art. 81 D.P.R. 24 luglio 1977 n. 616».
(110) Si tenga altresì presente l'art. 8 della L.R. n. 47 del 1990 come modificato dall'art. 3 della L.R. n. 14 del 1991 che recita: «Gli interventi pubblici e di interesse pubblico, inseriti in programmi approvati dal Consiglio regionale ed ammessi a finanziamento, ove siano in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali, vengono approvati dai rispettivi Consigli comunali ai sensi della legge 3 gennaio 1978 n. 1». Per i pareri relativi ai vincoli da questi interessati il Sindaco convoca una conferenza di servizio nelle forme e nei modi di cui all'art. 7 della L.R. n. 47 del 1990 (riportato in nota 2 all'art. 19). La legge n. 1 del 1978 reca disposizioni per l'accelerazione delle procedure per l'esenzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali. Di rilevanza urbanistica è l'art. 1 che qui si riporta. Art. 1 (Dichiarazione d'urgenza) - L'approvazione dei progetti di opere pubbliche da parte dei competenti organi statali, regionali, delle Province autonome di Trento e Bolzano e degli altri enti territoriali equivale a dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità delle opere stesse. Rimangono ferme le disposizioni contenute in leggi speciali regolanti la stessa materia. Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità cessano se le opere non hanno avuto inizio nel triennio successivo all'approvazione del progetto. Nei casi in cui lo strumento urbanistico vigente contenga destinazioni specifiche di aree per la realizzazione di servizi pubblici l'approvazione di progetti di opere pubbliche da parte del Consiglio comunale, anche se non conformi alle specifiche destinazioni di piano, non comporta necessità di varianti allo strumento urbanistico medesimo. Nel caso in cui le opere ricadano su aree che negli strumenti urbanistici approvati non sono destinate a pubblici servizi, la deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del progetto costituisce adozione di variante degli strumenti stessi, non necessita di autorizzazione regionale preventiva e viene approvata con le modalità previste dagli artt. 6 e seguenti della legge 18 aprile 1962, n. 167, e successive modificazioni e integrazioni. La Regione emana il decreto di approvazione entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti.
(111) Altre possibilità di deroga agli strumenti urbanistici sono previste:
- in materia di turismo e strutture ricettive dall'art. 6 della L.R. n. 99 del 1989 e dall'art. 41 della L.R. n. 75 del 1995;
- in materia di programmi operativi dal titolo IV della L.R. n. 32 del 1995.
TITOLO VI
Norme regolatrici dell'attività edilizia
Capo II
Programma pluriennale di attuazione (P.P.A.)
Art. 65
Dimensionamento e contenuti.
1. Salvo il disposto dell'art. 91, comma 4, della presente legge i Comuni hanno la facoltà di adottare il programma pluriennale di attuazione sulla base dei seguenti criteri indicativi (112):
a) analisi della situazione di fatto dei vari tipi di insediamento e della dinamica demografica e socioeconomica;
b) individuazione delle capacità insediative residuali dello strumento urbanistico generale e dei fabbisogni di infrastrutture e servizi, in relazione ai carichi di utenza attuali e futuri.
2. Il P.P.A., in rapporto anche alle previsioni della spesa pubblica nell'ambito comunale per il periodo considerato, deve contenere:
a) una relazione sullo stato di attuazione del vigente strumento urbanistico generale, con la valutazione del fabbisogno complessivo, da soddisfare nel periodo considerato, e delle capacità insediative del territorio comunale contenente, altresì, le indicazioni e le proposte di intervento formulate dai soggetti pubblici e privati;
b) una relazione finanziaria con la previsione dei costi e delle spese relative all'attuazione del P.P.A. tenendo anche conto dei proventi di cui all'art. 12 della legge n. 10 del 1977 e delle altre previsioni del bilancio comunale;
c) un programma per la realizzazione delle infrastrutture, dei servizi e delle attrezzature pubbliche di interesse comunale, con l'indicazione delle aree e degli immobili da acquisire, in conformità con lo strumento urbanistico;
d) l'indicazione degli interventi di ristrutturazione urbanistica definiti al precedente art. 30, par. II;
e) l'individuazione delle aree residenziali di nuovo impianto, ivi comprese quelle turistiche, di cui si intende avviare l'attuazione nel periodo considerato;
f) gli interventi pubblici necessari per garantire la tutela e l'uso sociale dei beni storici, ambientali e del patrimonio naturale;
g) elaborati, alla stessa scala degli strumenti urbanistici di riferimento, con l'inquadramento del P.P.A. e la delimitazione delle aree e degli immobili nelle quali gli interventi si realizzano, a mezzo di strumenti attuativi o di concessione singola.
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(112) Comma così sostituito dall'art. 37 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 66
Formazione ed approvazione.
1. ... (113)
2. Il P.P.A. adottato, è depositato per 30 giorni consecutivi, decorrenti dalla data di affissione presso la segreteria comunale; dell'avvenuto deposito è dato avviso al pubblico a mezzo di manifesti ed, eventualmente, anche in altre forme.
3. Durante il periodo di deposito, chiunque può prenderne visione e presentare istanze e memorie tendenti a proporre scelte specifiche o generali; gli enti Pubblici interessati sono tenuti a trasmettere al Comune i loro programmi su base pluriennale. Nel medesimo periodo il Comune promuove specifiche consultazioni.
4. Entro 30 giorni successivi al termine di cui al precedente 2° comma il Comune approva definitivamente il P.P.A. e lo trasmette, per conoscenza, alla Regione ed alla Provincia.
5. La delibera di approvazione del P.P.A. è soggetta al controllo di cui all'art. 130 della Costituzione.
6. Il P.P.A. è depositato presso la segreteria comunale per l'intero periodo di validità, a disposizione di chiunque.
7. ... (114).
8. ... (115).
9. ... (116).
10. ... (117).
--------------------------------------------------------------------------------
(113) Comma soppresso dall'art. 38 della L.R. n. 70 del 1995.
(114) Comma soppresso dall'art. 38 della L.R. n. 70 del 1995.
(115) Comma soppresso dall'art. 38 della L.R. n. 70 del 1995.
(116) Comma soppresso dall'art. 38 della L.R. n. 70 del 1995.
(117) Comma soppresso dall'art. 38 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 67
Effetti.
1. In caso di mancata presentazione dell'istanza di concessione nei termini previsti, il Comune, ove non ritenga di inserire le relative aree ed immobili nel successivo P.P.A., procede all'esproprio degli stessi ai sensi dell'art. 13, 6° comma, della legge n. 10 del 1977. Le aree espropriate conservano la destinazione d'uso prevista dallo strumento urbanistico vigente.
2. In caso di slittamento dell'intervento al successivo P.P.A., è consentita l'edificazione soltanto previo convenzionamento a termini degli artt. 7 e 8 della legge n. 10 del 1977 e 9 della legge n. 94 del 1982.
3. In caso di espropriazione, il Comune assegna, secondo criteri stabiliti dal Consiglio comunale, le aree in proprietà o in diritto di superficie, dando la preferenza ai proprietari espropriati, previa stipula di una convenzione contenente tutti gli elementi di cui all'art. 35 della legge n. 865 del 1971 e successive modificazioni.
4. In caso di attribuzione delle aree previste nel precedente comma hanno diritto di prelazione, a parità di condizioni, i soggetti che si obblighino a stipulare la convenzione prevista negli artt. 7 e 8 della legge n. 10 del 1977.
5. Nel caso in cui gli interventi sulle aree attribuite ai sensi dei precedenti commi non vengano eseguiti nel termine stabilito, esse sono retrocesse al Comune, restituzione delle sole somme pagate, senza alcun interesse o rivalutazione.
6. Le somme ricevute dal Comune con la cessione a terzi delle aree espropri prodotti gli importi occorsi per la loro attribuzione e le altre spese sostenute nel Comune, sono versate sul conto corrente vincolato presso la Tesoreria comunale ai sensi e con le destinazioni indicate dall'art. 12 della legge n. 10 del 1977.
TITOLO VII
Tutela e trasformazioni dei suoli agricoli (118)
Art. 68
Principi generali ed ambito di applicazione (119).
1. Sono considerati obiettivi prioritari per la Regione la valorizzazione e recupero del patrimonio agricolo, la tutela e l'efficienza delle unità produttive sono tenute anche a mezzo del loro accorpamento, ed ogni intervento atto a soddisfare le esigenze economiche e sociali dei produttori, dei lavoratori agricoli e delle imprese diretto-coltivatrici singole o associate, con particolare riferimento alla realizzazione di idonee forme di insediamento.
2. È fatto divieto di destinare ad uso diverso da quello agricolo i terreni sui quali siano in atto produzioni ad alta intensità quali, tra l'altro, quella orticola frutticola, fiorita ed olivicola, nonché i terreni irrigui sui quali siano stati effettuati nell'ultimo quinquennio o siano in corso, interventi di miglioramento fondiario assistiti da contribuzioni o finanziamenti pubblici.
3. È, altresì, fatto divieto di destinare ad uso diverso da quello agricolo i terreni che, comunque, concorrono in modo determinate alla configurazione della dimensione economico-funzionale delle aziende.
4. I comuni nella formazione degli strumenti urbanistici generali, o nella loro revisione, sono tenuti a rispettare le disposizioni di cui al comma 2 del presente articolo. A tal fine costituisce elemento di riferimento la Carta dell'uso del suolo di cui all'art. 3, comma 2, della presente legge.
5. La conferenza di servizi prevista dall'art. 10, comma 4, della presente legge deve essere integrata da un rappresentante del settore agricoltura della Regione (120).
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(118) Circa le attività di trasformazione dei suoli agricoli va tenuto presente l'art. 52 della L.R. n. 70 del 1995 per il quale: «Fino all'approvazione della Carta dell'uso del suolo ai sensi dell'art. 3, comma 5 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18, aggiunto dalla presente legge, il rilascio della concessione edilizia nelle zone agricole è subordinato ad una dichiarazione da parte del richiedente che attesti la conformità del progetto con quanto previsto dall'art. 68 comma 2 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18.»
(119) Vedi anche quanto dispone, in coerenza con i principi e con i divieti inderogabili di cui al presente articolo, l'art. 1, comma 6, L.R. 10 marzo 2008, n. 2.
(120) I commi 4 e 5 sono stati introdotti dall'art. 39 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 69
Contenuto dei piani territoriali e degli strumenti urbanistici.
1. Il P.T., il P.R.G. ed il P.R.E. hanno lo specifico compito di:
a) individuare, anche in riferimento ai piani zonali di sviluppo agricolo, la ripartizione del territorio produttivo ai fini agricoli e silvo-pastorali;
b) individuare gli interventi diretti al recupero, alla conservazione ed al riuso del patrimonio edilizio esistente, nonché fissare norme atte al potenziamento e all'ammodernamento degli edifici esistenti a servizio delle aziende agricole;
c) individuare sul territorio gli edifici rurali abbandonati o non più necessari alle esigenze delle aziende agricole e regolarne la possibile riutilizzazione anche per altre destinazioni;
d) regolare le modalità di nuovo insediamento agricolo in conformità alle disposizioni dell'articolo seguente.
Art. 70
Utilizzazione edificatoria dei suoli agricoli ai fini residenziali.
1. L'utilizzazione edificatoria residenziale dei suoli agricoli è ammessa per residenze che conservino la destinazione del suolo e tutelino l'ambiente nelle sue caratteristiche contadine; l'indice di edificabilità massimo fondiario relativo alla residenza è di 0,03 metri cubi per metro quadro; l'unità minima aziendale, ai fini del rilascio della concessione edilizia, è di un ettaro e la volumetria di ogni singolo edificio residenziale non può superare 800 mc (121).
2. Al fine di soddisfare le esigenze delle famiglie coltivatrici definite al seguente comma 4, è consentito l'accorpamento di fondi rustici di proprietà non contigui, purché facenti parte della stessa unità aziendale e compresi all'interno del territorio del medesimo Comune, o di Comuni contermini.
3. Nel caso in cui l'applicazione dell'indice di edificabilità risultante dalle disposizioni del primo comma del presente articolo non consenta la realizzazione di un alloggio adeguato al nucleo familiare del richiedente, è ammessa una maggiorazione di volume di 80 mc per ogni componente effettivo della famiglia, fino al raggiungimento di un massimo complessivo di 800 metri cubi di residenza. Resta comunque escluso dal computo della volumetria quello risultante dalla realizzazione di manufatti connessi alla conduzione del fondo di cui al successivo art. 71 (122).
4. Sono considerate coltivatrici le famiglie del coltivatore diretto proprietario e del coltivatore diretto affittuario, mezzadro, colono, in forma singola o associata, in possesso dei requisiti di imprenditore agricolo a titolo principale di cui all'art. 4 della L.R. n. 12 del 1979. Per l'applicazione delle disposizioni del precedente comma 3, la composizione delle famiglie dovrà essere comprovata da idonea certificazione anagrafica.
5. I benefici di cui al precedente comma 3° possono essere usufruiti una sola volta in ogni singola unità aziendale (123).
6. Gli edifici esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge possono essere oggetto di intervento di manutenzione straordinaria e di ristrutturazione, anche se di dimensioni superiori a quelle indicate nel precedente primo comma, purché vengano mantenuti alla destinazione agricola.
7. La destinazione agricola del fondo, dell'immobile e delle sue pertinenze viene trascritta sul Pubblico registro immobiliare unitamente agli atti di autorizzazione o concessione di cui ai commi precedenti, a cura del Comune ed a spese dell'interessato.
8. Per le finalità stabilite nei precedenti commi, ogni Comune deve dotarsi di un pubblico registro sul quale vanno iscritti i dati catastali dei terreni asserviti per le costruzioni realizzate a norma della presente legge, che non possono essere computati per successive iniziative edilizie.
9. Le costruzioni realizzate in aree che gli strumenti urbanistici indicano come zona agricola devono conservare le destinazioni d'uso compatibili con la destinazione agricola delle aree ai sensi del titolo VII della presente legge, fintanto che lo strumento urbanistico non destini diversamente le aree stesse (124).
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(121) Il comma 1 è stato così modificato dall'art. 42 della L.R. n. 70 del 1995.
(122) Comma così sostituito dall'art. 40 della L.R. n. 70 del 1995.
(123) Circa l'applicazione dei benefici per l'edificazione in zona agricola la G.R. in una serie di note rivolte ai Comuni ha ripetutamente affermato che «non è precluso ad alcun soggetto, sia o no coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale la possibilità di realizzare costruzioni residenziali in zone agricole, sempre che la costruzione stessa risulti finalizzata ad una migliore produzione, quantitativa e qualitativa, del fondo.
Gli artt. 70 e successivi contengono dei benefici applicabili a quei soggetti che abbiano i requisiti di coltivatore diretto (accorpamento, premio di cubatura ecc.).
I soggetti non in possesso di tale requisito per realizzare in tale zona, debbono possedere in un unico appezzamento 10.000 mq (un ettaro) di terreno.
Sull'art. 71 vale, per quanto concerne l'unità minima aziendale quanto previsto dal precedente articolo.
La possibilità edificatoria è legata alla superficie che non può essere inferiore ad 1 ettaro.»
(124) Comma così sostituito dall'art. 40 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 71
Manufatti connessi alla conduzione del fondo (125).
I comuni, nella loro normativa regolamentare urbanistica, possono prevedere l'edificazione di manufatti connessi alla conduzione del fondo secondo le seguenti norme:
1) Sono considerati manufatti connessi alla conduzione del fondo: i ricoveri per attrezzi, macchinari e per gli animali, gli impianti fissi di protezione dei prodotti, i silos e le altre opere di stoccaggio, gli impianti energetici, di irrigazione e di smaltimento.
2) Tali manufatti possono essere realizzati anche indipendentemente dalla presenza di edifici con destinazione residenziale. È consentita una superficie utile corrispondente ad un indice max di mq 0,015/mq fino ad un massimo di 600 metri quadri. Per tali interventi il fondo deve avere una consistenza di almeno 3000 mq (tremila metri quadrati) (126).
3) Non è soggetta a tali limitazioni la realizzazione di serre e di coperture stagionali destinata a proteggere le colture per le quali non è necessaria nessuna autorizzazione o concessione da parte del comune.
4) Per i comuni che non recepiscono la normativa di cui ai punti 1, 2 e 3 della presente legge, l'edificazione di manufatti connessi alla conduzione del fondo è consentita secondo i principi di cui ai punti 1-3 con un indice max di mq 0,0015/mq fino ad un massimo di 600 metri quadrati. In tali casi il fondo deve avere una consistenza di almeno 10.000 mq, indipendentemente dalla presenza di edifici con destinazione residenziale (127).
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(125) Articolo così sostituito dall'art. 1 della L.R. n. 12 del 1999. Il precedente testo così recitava:
«1. Sono considerati manufatti connessi alla conduzione del fondo: i ricoveri per attrezzi, macchinari e per gli animali, le serre e gli impianti fissi di protezione dei prodotti, i silos e le altre opere di stoccaggio, gli impianti energetici, di irrigazione e di smaltimento.
2. Tali manufatti possono essere realizzati anche indipendentemente dalla presenza di edifici con destinazione residenziale. È consentita una superficie utile corrispondente ad un indice massimo di utilizzazione di mq 150 per ettaro e, comunque non superiore a 600 metri quadrati, e non è soggetta a tali limiti la realizzazione di serre e di coperture stagionali destinate a proteggere le colture.
3. Per la realizzazione di tali manufatti l'unità minima aziendale deve disporre di almeno mq 10.000».
Successivamente, il punto 2) del presente articolo è stato nuovamente sostituito dall'art. 1 della L.R. n. 54 del 1999.
(126) Punto così sostituito dall'art. 1 della L.R. n. 54 del 1999. Il precedente testo, introdotto dall'art. 1 della L.R. n. 12 del 1999, così recitava: «Tali manufatti possono essere realizzati anche indipendentemente dalla presenza di edifici con destinazione residenziale. È consentita una superficie utile corrispondente ad un indice max di mq 0,015/mq fino ad un massimo di 300 metri quadri. Per tali interventi il fondo deve avere una consistenza di almeno 3000 mq»
(127) Punto aggiunto dall'art. 2 della L.R. n. 54 del 1999.
Art. 72
Impianti produttivi nei suoli agricoli.
1. Nei suoli agricoli sono ammessi impianti o manufatti edilizi destinati alla lavorazione o trasformazione dei prodotti agricoli ed alla produzione zootecnica, secondo le seguenti indicazioni:
a) rapporti di copertura non superiore ad 1/4 del lotto di pertinenza dell'impianto;
b) distacchi tra fabbricati non inferiori a metri 20;
c) distacchi dai cigli stradali non inferiori a quelli fissati dal decreto ministeriale n. 1404 del 1968;
d) parcheggi in misura non inferiore al 10% della copertura (128);
e) distanza dagli insediamenti abitativi esistenti e previsti dagli strumenti urbanistici e dalle sorgenti non di esclusiva utilizzazione del fondo, non inferiore a metri 300, da elevare a m 500 per gli allevamenti suinicoli industriali (129)
f) unità minima aziendale di almeno mq 10.000 (130).
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(128) La percentuale del 10% è stata prevista dall'art. 42 della L.R. n. 70 del 1995, in luogo del ventesimo dell'area coperta.
(129) L'art. 72, punto e), è stato oggetto di interpretazione autentica con la L.R. n. 36 del 1988 che recita: «L'art. 72, punto e), della L.R. 12 aprile 1983, n. 18 e successive modifiche ed integrazioni, va applicato nel caso che:
- la distanza ivi stabilita deve essere applicata solo agli impianti e manufatti edilizi destinati alla produzione zootecnica; tale distanza va intesa come spazio intercorrente tra l'ubicazione delle stalle e più abitazioni, dovendosi intendere per "insediamento abitativo" ai sensi della stessa norma un complesso di edifici residenziali tra loro sistematicamente collegati e sufficientemente organizzati, forniti di opere di urbanizzazione primaria».
(130) La lett. f) è stata introdotta dall'art. 42 della L.R. n. 70 del 1995. Successivamente, per gli articoli 71, punto 3, e 72, punto f), è stata fornita interpretazione autentica dall'art. 1 della L.R. n. 90 del 1997, che recita: «la possibilità di accorpare fondi non contigui, in analogia con quanto già previsto dall'art. 70, è beneficio riservato esclusivamente agli imprenditori agricoli a titolo principale come definiti dal 4° comma del citato art. 70; i restanti soggetti debbono necessariamente disporre di un'unità minima aziendale di 10.000 mq. in unico appezzamento».
Art. 73
Agriturismo.
1. Nel territorio agricolo è consentito l'esercizio delle attività agrituristiche e del turismo rurale nei limiti delle norme regionali vigenti in materia (131).
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(131) Articolo così sostituito dall'art. 43 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 74
Utilizzazione edificatoria dei suoli agricoli in assenza di strumenti urbanistici comunali.
1. In assenza dello strumento urbanistico comunale, l'utilizzazione edificatoria ai fini residenziali, al di fuori dei perimetri dei centri abitati, è regolata dalle disposizioni dell'art. 70, commi 1, 6 e seguenti.
2. Nell'ipotesi di cui al comma precedente l'indice di edificabilità fondiario è stabilito in un massimo di 0,03 mc/mq e la dimensione dell'unità minima aziendale in due ettari. Nel caso di famiglie coltivatrici dirette, come definite all'art. 70, comma 4, valgono inalterate le disposizioni di cui al medesimo articolo, commi 1, 2 e 3.
3. Sono, altresì, integralmente applicabili le disposizioni di cui al precedente art. 71 per i manufatti connessi alla conduzione del fondo.
TITOLO VIII
Attribuzioni di competenza a province e comuni
Art. 75
Funzioni di natura urbanistica esercitate dalle Province.
1. La Provincia esercita le seguenti attribuzioni e funzioni delegate:
a) .... (132).
b) cura gli adempimenti relativi alla formazione e all'adozione dei Piani territoriali e dei relativi adeguamenti;
c) approva i Piani regolatori generali ed i Piani regolatori esecutivi, nonché le relative varianti;
d) approva i provvedimenti relativi ai piani di ricostruzione dei fabbricati danneggiati dalla guerra, entro il periodo di validità giuridica degli stessi;
e) accerta la conformità agli strumenti sovraordinati dei Piani per l'edilizia economica e popolare, Piani particolareggiati, Piani di lottizzazione, Piani per gli insediamenti produttivi, Piani di recupero, Piani particolareggiati funzionali, e relative varianti;
f) concede il nullaosta, ai sensi dell'art. 3 della legge n. 1357 del 1955 e della legislazione regionale in materia, per il rilascio di concessioni edilizie in deroga al P.R.G. ed al P.R.E.;
g) partecipa all'esercizio delle funzioni amministrative, in materia urbanistica e dell'uso del suolo, ivi comprese quelle di vigilanza e di tutela non riservate alla competenza degli organi regionali, nei confronti di enti, consorzi, istituti ed organismi locali operanti nell'ambito del territorio provinciale;
h) promuove l'esercizio di poteri sostitutivi espressamente previsti dalle norme della presente legge, in caso di inadempienze dei Comuni.
2. La Regione, le Province ed i Comuni sono tenuti a fornirsi reciprocamente informazioni ed ogni elemento utile allo svolgimento delle attività di rispettiva competenza.
3 .... (133).
--------------------------------------------------------------------------------
(132) Lettera soppressa dall'art. 44 della L.R. n. 70 del 1995.
(133) Comma soppresso dall'art. 44 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 76
Delega di funzioni di natura urbanistica ed edilizia ai Comuni.
... (134).
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(134) Abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
TITOLO IX
Norme transitorie
Capo I
Norme per la tutela e la trasformazione dell'ambiente
Art. 77
Principi generali e norme di rinvio.
... (135).
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(135) Abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 78
Centri storici.
1. I centri storici sono definiti, nel P.R.G., nel P.R.E. e nelle N.U.E., attraverso analisi:
- sullo stato di conservazione della struttura urbana nei suoi caratteri architettonici, stilistici e formali;
- sugli standard residenziali;
- sul patrimonio edilizio.
2. A tal fine possono essere identificati come centri storici i nuclei antichi, gli agglomerati aventi carattere storico, artistico e pregio ambientale, ricomprendendo anche aree esterne che costituiscono pertinenze funzionali, quali:
a) strutture urbane in cui la maggioranza degli isolati contengano edifici costruiti in epoca anteriore al 1870, anche in assenza di monumenti o edifici di particolare valore artistico;
b) strutture urbane racchiuse da antiche mura in tutto o in parte conservate, ivi comprese le eventuali propaggini esterne che rientrano nella precedente lett. a);
c) strutture edilizie antecedenti al 1940 che, nel loro complesso, costituiscono esempi di architettura qualificata.
3. Nell'ambito dei centri storici sono, di norma, consentiti gli interventi di restauro, di risanamento, di ristrutturazione e di recupero, senza alterazione dei volumi esistenti (136) (137).
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(136) Sulle provvidenze per il recupero dei centri storici si veda la sottovoce «Centri storici».
(137) Oltre alla tutela urbanistica prevista dalla norma i centri storici possono godere della concorrente tutela prevista dalla legge n. 1089 del 1939 e dalla legge n. 1467 del 1939 rispettivamente sulle cose di interesse artistico o storico e sulle bellezze naturali. In particolare sono soggetti al vincolo di cui alla legge n. 1089 del 1939 le «ville, parchi e i giardini che abbiano interesse artistico o storico» (art. 1, 2° comma della legge); la legge n. 1467 del 1939 sulle bellezze naturali prevede, all'art. 1 la possibilità di vincolare anche «bellezze d'insieme» quali, appunto, possono essere i centri storici. Sulle previsioni del Piano regionale paesistico relativamente ai centri storici si veda l'art. 16 - Norme tecniche coordinate del P.R.P.
Art. 79
Tutela delle riserve boschive.
1. È vietata ogni attività di trasformazione urbanistica:
a) nelle aree che risultino boscate nella Carta dell'uso del suolo;
b) nelle aree boscate, ancorché percorse dal fuoco, o soggette a rimboschimento o esposte a dissesto, pericolo di frane o alluvioni o comunque che presentino caratteri geomorfologici che le rendano inidonee a nuovi insediamenti (138).
2. Fatte salve le norme di cui alla L.R. n. 45 del 1979 e successive modifiche nell'ambito delle zone di cui al presente articolo, non è consentita l'apertura di nuove strade che non siano al servizio di attività agro-silvo-pastorali; dette strade dovranno, comunque, essere chiuse al traffico ordinario, e non dovranno avere dimensioni eccedenti le esigenze connesse al transito dei mezzi di servizio.
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(138) Il comma 1 è stato così sostituito dall'art. 45 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 80
Tutela delle coste.
1. Fatte salve le disposizioni più restrittive previste da atti pianificatori generali o normativi vigenti, gli interventi edilizi sono assoggettati alle seguenti limitazioni (139).
2. Lungo le coste marine e lacuali, l'edificazione, al di fuori del perimetro del centro urbano, è interdetta entro la fascia di metri duecento dal demanio marittimo o dal ciglio elevato sul mare ovvero dal limite demaniale dei laghi.
3. Lungo il corso dei torrenti e dei fiumi, l'edificazione al di fuori del suddetto perimetro è interdetta entro una fascia di metri cinquanta dal confine esterno dell'area golanale o alluvionale. Lungo il corso dei canali artificiali, tale limitazione si applica entro una fascia di metri venticinque dagli argini stessi.
4. Agli effetti del presente articolo è definito "centro urbano":
- il territorio integralmente o parzialmente edificato e provvisto delle opere di urbanizzazione primaria (140);
- il territorio ricompreso all'interno di piani attuativi, vigenti al momento dell'entrata in vigore delle presenti disposizioni;
- il territorio ricompreso nel P.P.A.
5. Le limitazioni stabilite ai precedenti commi non si applicano nel caso di realizzazione di opere pubbliche, di impianti tecnologici pubblici o di interesse pubblico.
6. All'interno del perimetro del centro urbano l'edificazione è interdetta entro una fascia di 10 metri dagli argini dei corsi d'acqua (141) (142) (143).
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(139) Comma così sostituito dall'art. 46 della L.R. n. 70 del 1995.
(140) Le parole dopo «primaria» sono state soppresse dall'art. 46 della L.R. n. 70 del 1995.
(141) Il comma 6 è stato introdotto dall'art. 46 della L.R. n. 70 del 1995.
(142) Articolo integralmente sostituito dall'art. 3 della L.R. n. 47 del 1990 e poi modificato dall'art 46 della L.R. n. 70 del 1995.
(143) Per quanto riguarda particolari tipi di opere da realizzarsi sul demanio marittimo si veda la L.R. n. 83 del 1992 (voce «Costa», sottovoce «Norme generali - Porti ed opere marittime». In generale per le costruzioni sul demanio marittimo si veda:
- Art. 31, commi 3 e 4, della L. n. 1150 del 1942. «Per le opere da eseguire su terreni demaniali, compreso il demanio marittimo, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale, compete all'amministrazione dei lavori pubblici, d'intesa con le amministrazioni interessate e sentito il Comune, accertare che le opere stesse non siano in contrasto con le prescrizioni del Piano regolatore generale o del regolamento edilizio vigente nel territorio comunale in cui esse ricadono.
Per le opere da costruirsi da privati su aree demaniali deve essere richiesta sempre la licenza del Sindaco».
- Art. 4, 2° comma, della L. n. 10 del 1977. «Per gli immobili di proprietà dello Stato la concessione è data a coloro che siano muniti di titolo, rilasciato dai competenti organi dell'amministrazione».
- Art. 82, 5° comma, lett. a), del D.P.R. n. 616 del 1977 sulla sottoposizione a vincolo paesaggistico dei territori costieri e la conseguente disciplina da osservare per la realizzazione di interventi nel territorio costiero (si veda la sottovoce «Piano paesistico» ed in particolare gli artt. 13/15 - Norme tecniche coordinate del P.R.P.).
- Art. 14 della L. n. 47 del 1985.
Art. 81
Tutela dei parchi, delle riserve e della flora.
... (144).
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(144) Abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 82
Tutela dell'ambiente insediato.
1. I P.R.G., i P.R.E. per gli interventi a concessione diretta ed i piani attuativi devono comprendere:
- l'indicazione quantitativa e qualitativa degli scarichi liquidi prodotti dal complesso di costruzioni, con indicazione dei valori medi, delle punte massime e, ove sia il caso, del periodo di effettuazione degli scarichi;
- l'indicazione progettuale dei sistemi di depurazione corrispondenti, dei sistemi adottati dei materiali residui, delle località e modi di scarico delle acque trattate.
2. Per fabbricati o complessi che sorgano in zone urbanizzate e che producano esclusivamente scarichi domestici, è consentita l'immissione nella rete fognante comunale senza preventiva depurazione, purché la quantità degli scarichi immessi, in relazione al tasso di materie inquinanti, non sia tale da superare i limiti di sicurezza compatibili con le portate del sistema fognante, con la capacità del sistema comunale di depurazione e con i parametri prefissati dalle leggi in vigore.
Art. 83
Attività estrattive e di escavazione.
... (145).
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(145) Abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
TITOLO IX
Norme transitorie
Capo II
Norme per la tutela, conservazione, trasformazione e gestione del territorio
Art. 84
Principi generali.
... (146).
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(146) Abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 85
Funzionamento degli organi consultivi.
1. Tutte le disposizioni della presente legge contenenti norme sulla costituzione, organizzazione e funzionamento delle strutture pubbliche incaricate di intervenire nel processo di formazione degli strumenti urbanistici, ivi comprese quelle riguardanti le ipotesi di incompatibilità o di astensione, producono i propri effetti dalla data dell'insediamento di tali strutture.
2/3.... (147).
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(147) I commi 2/3 sono stati soppressi dall'art. 47 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 86
Prima formazione del Q.R.R.
... (148).
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(148) Abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 87
Pianificazione di settore.
1. Prima della formazione del P.T., i Piani territoriali delle Aree e Nuclei di Sviluppo Industriale ed i Piani urbanistici delle Comunità Montane, dovranno essere adeguati alle previsioni del Q.R.R., dei Piani di Settore e dei Progetti speciali territoriali.
2. Alla data di approvazione del P.T., i Piani medesimi cesseranno la loro efficacia.
3. I piani territoriali delle Aree e Nuclei di Sviluppo Industriale devono essere attuati attraverso un piano urbanistico esecutivo che abbia i contenuti dell'art. 19, comma 1, della presente legge.
4. Il piano di cui al comma precedente, deliberato dal consorzio A.S.I., è depositato con i relativi allegati nella segreteria dei comuni interessati per trenta giorni interi e consecutivi decorrenti dal primo giorno dell'affissione all'albo pretorio del relativo avviso, affinché chiunque ne abbia interesse possa prenderne visione. Nei successivi trenta giorni qualunque interessato può presentare osservazioni.
5. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio dei comuni interessati, pubblicato sulla stampa locale ed a mezzo di manifesti murari affissi in luoghi pubblici. Nello stesso avviso deve essere inserita l'avvertenza che gli interessati possono presentare osservazioni ai sensi del comma precedente.
6. La Giunta regionale, acquisito il parere del consorzio, decide sulle osservazioni ed approva il piano.
7. Entro i sessanta giorni successivi il piano deve essere pubblicato nell'albo pretorio dei comuni interessati. Entro il medesimo termine la deliberazione deve essere notificata nella forma delle citazioni a ciascuno dei proprietari degli immobili compresi nel piano. La deliberazione deve essere pubblicata anche sul Bollettino Ufficiale della Regione Abruzzo (149).
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(149) I commi da 3 a 7 sono stati introdotti dall'art. 48 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 88
Prima formazione del P.T.
1. In sede di prima formazione del P.T. con il procedimento di cui al precedente art. 8 le Province debbono utilizzare e razionalizzare le indicazioni fornite dai documenti di pianificazione territoriale vigenti a qualunque livello (P.D.F., P.R.G., Piani territoriali delle Aree e N.S.I.P.U., Comunità montane, Progetti speciali territoriali e Piani di settore) anche a parziale deroga dei contenuti indicati al precedente art. 7.
2. Entro 180 giorni dalla data di approvazione del P.T., i Comuni adeguano i propri piani urbanistici alle prescrizioni ed indicazioni del P.T. medesimo.
3. In caso di inadempienza alle disposizioni contenute nel presente articolo la Giunta regionale, previa diffida a provvedere nel termine di 60 giorni, si sostituisce alle Province per l'osservanza degli obblighi di legge, nominando, a tal fine, un commissario ad acta.
Art. 89
Disciplina urbanistica nelle zone prive di strumenti urbanistici generali.
1. Nei comuni per qualunque ragione sforniti di strumento urbanistico generale vigente o nelle aree nelle quali siano scaduti i vincoli urbanistici ai sensi dell'art. 2 della legge n. 1187 del 1968 sono ammessi esclusivamente gli interventi:
a) previsti dall'art. 4, ultimo comma, lett. a), la cui ammissibilità è regolata dal titolo VII della presente legge, e b) della legge n. 10 del 1977;
b) di ristrutturazione edilizia su singole unità immobiliari con destinazione residenziale attuale o che mirino a mutare la funzione dell'unità immobiliare in residenziale da altra funzione.
2. Nei comuni sforniti di perimetrazione ai sensi dell'art. 17 della legge n. 765 del 1967, si ha centro abitato, ai fini dell'applicazione della precedente lett. a), in presenza di un aggregato di edifici continui o vicini, con interposte strade o piazze, sufficientemente organizzato mediante l'esistenza di servizi pubblici essenziali (150).
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(150) Articolo così sostituito dall'art. 49 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 90
Pianificazione attuativa.
1. Fino all'approvazione del P.T. gli strumenti urbanistici attuativi approvati ed in corso di esecuzione all'entrata in vigore della presente legge vanno comunque recepiti nel P.R.E. all'atto della sua formazione e, di norma, nel P.R.G. in occasione della sua variazione o adeguamento.
Art. 91 (151)
Criteri per la pianificazione comunale.
1. Fino all'approvazione dei P.T., i Comuni, in occasione della formazione di nuovi strumenti urbanistici generali o della revisione di quelli esistenti, facendo salve, se necessario, le previsioni insediative non attuate degli strumenti previgenti, ancorché annullati in sede giurisdizionale, debbono rispettare i seguenti criteri di dimensionamento:
a) la quantità massima di vani realizzabili mediante interventi di nuova edificazione è stabilita, per i Comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti, nel 10% dei residenti nell'anno precedente all'adozione del Piano per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, tale percentuale è fissata nel 20%. In detta quantità massima non verranno computati i vani realizzabili mediante interventi di recupero del patrimonio edilizio degradato [e quelli ricompresi nelle zone di completamento come definite dal D.M. n. 1444 del 1968, lett. b)] (152);
b) nel dimensionamento delle zone di nuova espansione, di cui alla precedente lett. a), non potrà essere superata la quantità risultante dal rapporto di 100 mq di superficie territoriale per ogni nuovo vano previsto;
c) sono comunque consentiti:
- nuovi insediamenti industriali ed artigianali ricompresi in piani o programmi già deliberati da amministrazioni pubbliche, ovvero assistiti dai contributi e finanziamenti pubblici;
- ampliamenti di singoli impianti produttivi esistenti, con il rispetto dello stesso standard;
- impianti produttivi a servizio delle attività agricole. A tali insediamenti non può essere assegnato oltre 1/20 della superficie aziendale;
- attrezzature di servizio ed infrastrutture di interesse locale.
2. È facoltà dei Comuni, nella formazione degli strumenti urbanistici generali non attenersi ai criteri di dimensionamento di cui al comma 1 del presente articolo.
3. In tal caso le previsioni di piano che superino detti limiti vanno specificate nelle tavole di piano e nelle relative norme tecniche di attuazione.
4. Tali previsioni, se non in contrasto col Piano territoriale provinciale, acquistano immediata efficacia dalla data di notifica del visto di legittimità sulla delibera consiliare provinciale di adozione del Piano territoriale provinciale. In tal caso, le previsioni di cui al comma precedente devono essere attuate obbligatoriamente attraverso il programma pluriennale d'attuazione (153) (154) (155).
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(151) Articolo integralmente sostituito dall'art. 4 della L.R. n. 47 del 1990 e successivamente modificato dall'art. 50 della L.R. n. 70 del 1995 (vedi note seguenti).
(152) Ai sensi dell'art. 50 della L.R. n. 70 del 1995 le parole riportate tra parentesi vanno aggiunte «al comma 1, lett. b), dopo la parola degradato». In realtà la parola degradato trovasi nel comma 1, lett. a), per cui l'aggiunta deve intendersi inserita in tale punto.
(153) I commi 2, 3 e 4 sono stati aggiunti dall'art. 50 della L.R. n. 70 del 1995.
(154) Ai sensi dell'art. 53 della L.R. n. 70 del 1995: «Qualora i Piani territoriali provinciali non vengano approvati entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le previsioni dei piani urbanistici di cui al comma 2 dell'art. 91 della legge regionale 18 aprile 1983 n. 18 aggiunto dall'art. 50 della presente legge diventano efficaci a tutti gli effetti, con le modalità previste nel 4° comma dell'art. 91».
(155) Tra i criteri da osservare nella pianificazione comunale rientra anche l'obbligo di osservanza delle previsioni del Piano paesistico (si veda l'art. 9, Norme tecniche coordinate del P.R.P. sottovoce «Piano paesistico»).
Art. 92
Norme transitorie sull'approvazione degli strumenti urbanistici giacenti presso la Regione.
... (156).
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(156) Articolo abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 93
Prima fase di attivazione delle Sezioni urbanistiche provinciali.
... (157).
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(157) Articolo abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 94
Corredo cartografico degli strumenti urbanistici.
... (158).
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(158) Articolo abrogato dall'art. 9 della L.R. n. 47 del 1990.
Art. 95
Norma finanziaria.
Per l'iniziale perseguimento delle finalità di cui al punto 10 del precedente art. 1, è stanziata, per l'anno 1982, la somma di lire 300.000.000.
Al relativo onere, si provvede introducendo le seguenti variazioni, sia in termini di competenza che di cassa, nello stato di previsione della spesa del bilancio per l'esercizio 1982:
- cap. 2898 "Fondo globale occorrente per far fronte ad oneri conseguenti a nuovi provvedimenti legislativi riguardanti spese in conto capitale"
- in diminuzione lire 300.000.000;
- cap. 2465 (di nuova istituzione nel sett. 24, tit. II, sez. X, ctg. III, dest. progr. 1, nat. giur. 1) denominato "Contributi per il perseguimento delle finalità programmatiche e l'esercizio dei poteri in campo urbanistico"
- in aumento lire 300.000.000.
La partita n. 10 dell'elenco n. 4 allegato al predetto bilancio, è ridotta della corrispondente somma di lire 300.000.000.
Nei confronti del predetto stanziamento di spesa, opera tassativamente la riserva in favore dei progetti attuativi del programma regionale di sviluppo, così come disposto dall'art. 19 della legge regionale di bilancio 13 maggio 1982, n. 28.
Per gli esercizi successivi all'anno 1982, l'onere sarà determinato dalle rispettive leggi di bilancio, ai sensi dell'art. 10 della legge regionale 29 dicembre 1977, n. 81.
Alle spese per il funzionamento del Comitato di cui al precedente art. 38, si provvede con i fondi assegnati dalla legge regionale 10 agosto 1973, n. 35 e successive modificazioni e integrazioni.
Art. 96
Finanziamenti di opere pubbliche.
... (159).
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(159) Articolo abrogato dall'art. 59 della L.R. n. 70 del 1995.
Art. 97
Norma finale.
1. Sono abrogate tutte le disposizioni contrarie o incompatibili con quelle della presente legge.
2. La presente legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
3. È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Abruzzo.
L.R. 24 aprile 1990, n. 47
L.R. 12 aprile 1983, n. 18 - Norme per la conservazione, tutela,
trasformazione del territorio della Regione Abruzzo - Modifiche. (artt. 7 e 8)
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(1) Pubblicata nel B.U. Abruzzo 6 giugno 1990, n. 15.
(omissis)
Art. 7
Progetto di area.
In riferimento a esigenze socioeconomiche, i Comuni, nell'ambito delle aree di Piano e anche ricomprendendo più zone omogenee possono predisporre Progetti d'area tesi ad un più organico ed integrato assetto delle funzioni, degli usi e dei parametri dettati dal Piano.
Tale progetto deve definire la distribuzione spaziale delle funzioni, delle attività e le loro relazioni, le caratteristiche planovolumetriche e architettoniche, gli standard, le tecnologie e l'arredo urbano.
Il Piano di area comunale è in via prioritaria redatto dall'A.C., ma può essere proposto anche da altri enti pubblici, da associazioni e privati: in tali casi deve essere corredato di apposita convenzione. La convenzione deve garantire la coerenza dell'intervento con la strategia di piano; deve contenere un'analisi costi benefici che dimostri la validità sociale dell'intervento; deve contenere le necessarie garanzie economiche e deve garantire, attraverso un programma, una pronta realizzazione delle opere previste.
Il P.A.C. è approvato dal Consiglio comunale e segue le procedure dei piani attuativi di cui all'art. 6 della presente legge.
I pareri degli enti interessati a eventuali vincoli vengono espressi in una conferenza di servizio convocata dal Sindaco nel periodo di pubblicazione.
A tal fine il Sindaco invia agli interessati l'avviso di convocazione e copia del progetto almeno 20 giorni prima.
Tale conferenza per gli organi di servizi regionali è esaustiva delle specifiche procedure.
Art. 8
Gli interventi pubblici e di interesse pubblico, inseriti in programmi approvati dal Consiglio regionale e ammessi a finanziamento, ove siano in contrasto con gli strumenti urbanistici comunali, vengono approvati dai rispettivi Consigli comunali ai sensi della L. 3 gennaio 1978, n. 1 (8).
Per i pareri relativi ai vincoli da questi interessati, il Sindaco convoca una conferenza di servizio nelle forme e nei modi di cui al precedente art. 7.
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(8) L. 3 gennaio 1978, n. 1 "Accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali", pubblicata nella G.U. 14 gennaio 1978, n. 14.
(omissis)
L.R. 7 settembre 1992, n. 85
Norme per l'attuazione degli obiettivi e finalità stabiliti dalla legge
regionale 12 aprile 1983, n. 18 in materia di urbanizzazione ed uso del suolo.
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(1) Pubblicata nel B.U. 13 ottobre 1992, n. 34.
Art. 1
1. Per l'attuazione delle finalità e degli obiettivi stabiliti dalla legge regionale 12 aprile 1983, n. 18 artt. 1 e 56, la Giunta regionale è autorizzata a far ricorso ad esperti esterni in possesso di peculiari e notorie competenze professionali nelle discipline dell'urbanistica, del diritto amministrativo, della tutela ambientale, della programmazione, della pianificazione territoriale, della geografia.
2. Per le modalità di conferimento dell'incarico agli esperti esterni, della durata e delle condizioni cui l'incarico stesso deve sottostare, nonché per l'entità dei compensi, si applicano le norme vigenti nazionali e regionali.
3. La Giunta regionale è altresì autorizzata, per le stesse finalità, a costituire gruppi di lavoro con personale proprio da affiancare agli esperti esterni e anche indipendentemente da questi.
4. Ai componenti dei gruppi di lavoro si applicano le disposizioni della legge regionale 5 settembre 1989, n. 76; conseguentemente con i provvedimenti con i quali vengono costituiti i gruppi di lavoro di cui al comma 3, la Giunta regionale individua i responsabili degli stessi che esercitano le funzioni di Presidente per il periodo di funzionamento di ciascun gruppo.
Art. 2
1. La legge regionale, inoltre, può promuovere studi e ricerche attinenti le materie di cui al precedente art. 1, comma 1, mediante l'affidamento di incarichi ad enti, università, istituti scientifici e cooperative e/o professionisti anche associati esperti che forniscano adeguate garanzie.
2. La Giunta regionale pubblica e divulga gli atti di pianificazione e le elaborazioni realizzate in attuazione della presente legge, mediante affidamento di incarico a società o operatori specializzati nel settore cartografico ed editoriale.
3. Per l'attuazione delle disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, le norme richiamate al precedente art. 1, comma 2.
Art. 3
1. Agli eventuali oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si provvede entro i limiti degli stanziamenti annualmente iscritti con le leggi di bilancio al cap. 272331 dello stato di previsione della spesa dei pertinenti bilanci denominato: «Contributi ed oneri per il perseguimento delle finalità programmatorie e l'esercizio dei poteri in campo urbanistico» istituito con legge regionale 12 aprile 1983, n. 18, modificata dalla legge regionale 28 aprile 1983, n. 19.
Art. 4
1. La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
La presente legge regionale sarà pubblicata nel «Bollettino Ufficiale della Regione».
È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e farla osservare come legge della Regione Abruzzo.
L.R. 27 aprile 1995, n. 70
Modifiche ed integrazioni della L.R. 12 aprile 1983, n. 18: Norme per
la conservazione, tutela, trasformazione del territorio della Regione Abruzzo
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(1) Pubblicata nel B.U. Abruzzo 23 maggio 1995, n. 12.
(2) Sui profili innovativi introdotti dalla presente legge nella legge 12 aprile 1983, n. 18 si veda la Circ.Ass. 13 giugno 1995, n. 24.
TITOLO I
Modifiche ed integrazioni della L.R. 12 aprile 1983, n. 18
Artt. 1-50
... (3)...
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(3) Riportati in modifica della L.R. 12 aprile 1983, n.18.
TITOLO II
Norme finali e transitorie
Art. 51
... (4)...
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(4) Sostituisce il comma 1 dell'art. 8, L.R. 13 luglio 1989, n. 52. Per l'interpretazione autentica di quanto disposto dal presente articolo, vedi l'art. 1, L.R. 2 dicembre 2000, n. 114.
Art. 52
Fino all'approvazione della Carta dell'uso del suolo ai sensi dell'art. 3, comma 5 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18, aggiunto dalla presente legge, il rilascio della concessione edilizia nelle zone agricole è subordinato ad una dichiarazione da parte del richiedente che attesti la conformità del progetto con quanto previsto dall'art. 68 comma 2 della legge regionale 12 aprile 1983, n. 18
Art. 53
Qualora i Piani territoriali provinciali non vengano approvati entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le previsioni dei piani urbanistici di cui al comma 2 dell'art. 91 della legge regionale 18 aprile 1983 n. 18 aggiunto dall'art. 50 della presente legge diventano efficaci a tutti gli effetti, con le modalità previste nel 4° comma dell'art. 91
Art. 54
1. I Comuni devono adeguare il proprio Regolamento edilizio alle disposizioni contenute nella presente legge entro un anno dall'entrata in vigore della medesima.
2. [Nel caso di inutile decorrenza del termine di cui al comma 1 del presente articolo, la Provincia provvede alla nomina di un commissario ad acta per l'adempimento in via sostitutiva dell'obbligo di adeguamento, previa diffida ad adempiere entro un termine non superiore a novanta giorni intimato dal Presidente della Provincia] (5).
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(5) Comma abrogato dall'art. 14 della L.R. n. 89 del 1998.
Art. 55
Ai sensi dell'art. 3 del D.P.R. 18 aprile 1994 n. 383 la Regione è rappresentata nella conferenza dei servizi dal Presidente della Giunta regionale o suo delegato
Art. 56
... (6)...
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(6) Sostituisce l'art. 4 della L.R. 9 maggio 1990, n. 66.
Art. 57
Negli articoli della L.R. n. 18 del 1983 in cui è scritta la parola "C.T.A." questa è sostituita dalla seguente "C.R.T.A."
Art. 58
Agli strumenti urbanistici adottati e trasmessi al momento di entrata in vigore della presente legge continua ad applicarsi la disciplina vigente al momento dell'inizio del relativo procedimento ivi comprese le disposizioni della L.R. n. 18 del 1983.
Art. 59
... (7)...
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(7) Abroga gli artt. 15, 22, 31, 36, 39, 54, 76, 77, 81, 83, 84, 86, 92, 93 e 96 della L.R. 12 aprile 1983, n.18.
Art. 60
... (8)...
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(8) Sostituisce l'art. 4 della L.R. 9 maggio 1990, n. 69.
Art. 61
I Comuni possono utilizzare i proventi delle concessioni edilizie, comprese le concessioni in sanatoria ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, oltre che per le finalità di cui all'art. 12 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, per la copertura dei costi relativi alla formazione degli strumenti urbanistici..
Art. 62
La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della regione Abruzzo.
La presente legge regionale sarà pubblicata nel "Bollettino Ufficiale della Regione".
È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Abruzzo.
L.R. 13 agosto 1997, n. 90
Interpretazione autentica degli artt. 71 e 72 della L.R. 12 aprile
1983, n. 18 alla luce delle modifiche introdotte dalla L.R. 27 aprile 1995, n.
70.
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(1) Pubblicata nel B.U. 23 settembre 1997, n. 15.
Art. 1
Gli artt. 71, punto 3, e n. 72, punto f) della L.R. 12 aprile 1983, n. 18, come modificati dagli artt. 41 e 42 della L.R. 27 aprile 1995, n. 70, vanno applicati nei termini che seguono:
la possibilità di accorpare fondi non contigui, in analogia con quanto già previsto dall'art. 70, è beneficio riservato esclusivamente agli imprenditori agricoli a titolo principale come definiti dal 4° comma del citato art. 70; i restanti soggetti debbono necessariamente disporre di un'unità minima aziendale di 10.000 mq. in unico appezzamento.
Art. 2
La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
La presente legge regionale sarà pubblicata nel "Bollettino Ufficiale della Regione.
È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge della Regione Abruzzo.
L.R. 11 agosto 1999, n. 23
Tutela, governo ed uso del territorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Basilicata 20 agosto 1999, n. 47.
(2) Con Delib.G.R. 9 aprile 2001, n. 748 e con Delib.G.R. 21 novembre 2006, n. 1749 è stata formulata una circolare interpretativa delle norme transitorie di cui alla presente legge. Vedi, anche, la L.R. 14 dicembre 2004, n. 27, sul coordinamento dei tempi delle città e promozione dell'uso del tempo.
TITOLO I
Pianificazione territoriale ed urbanistica
Capo I - Finalità, Oggetti e Regimi urbanistici della Pianificazione territoriale ed urbanistica (P.T. ed U.)
Art. 1
Finalità e campo di applicazione.
1) La pianificazione territoriale ed urbanistica (P.T. ed U.), quale parte organica e sostanziale della programmazione regionale, persegue, attraverso le modalità, le procedure e le strutture operative definite nella presente legge ed in riferimento a principi di trasparenza, partecipazione alle scelte ed equità nella ridistribuzione dei vantaggi, obiettivi di sviluppo sostenibile nel governo unitario del territorio regionale.
2) Sono caratteri della P.T. ed U.:
- la coerenza e la sinergia delle diverse azioni promosse e/o programmate dagli Enti e dal soggetti, pubblici e privati, operanti nel territorio regionale;
- la compatibilità delle stesse azioni con la tutela dell'integrità fisica e storico - culturale;
- la tutela e la valorizzazione delle risorse e dei beni territoriali per garantirne la fruizione alle presenti e future generazioni;
- l'integrazione tra le dimensioni spaziali e temporali che garantiscono l'autodeterminazione delle scelte di lavoro.
Art. 2
Oggetti della P.T. ed U.
1) Sono oggetti della P.T. ed U. i sistemi naturalistico - ambientale, insediativo e relazionale della Regione Basilicata:
a. Il Sistema naturalistico - ambientale (S.N.A.) costituito dall'intero territorio regionale non interessato dagli insediamenti e/o dalle reti dell'armatura urbana ma con gli stessi interagente nei processi di trasformazione, conservazione e riqualificazione territoriale;
b. Il Sistema insediativo (S.I.) costituito dagli insediamenti urbani, periurbani e diffusi, industriali/artigianali, agricolo/produttivi;
c. il Sistema relazionale (S.R.) costituito dalle reti della viabilità stradale, ferroviaria; dalle reti di distribuzione energetica, delle comunicazioni, dei porti ed aeroporti.
2) Con successivo regolamento di attuazione (3), da emanare entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, saranno definite le caratteristiche costitutive dei suddetti Sistemi, individuando:
a. per il Sistema naturalistico - ambientale:
- le Unità geomorfologiche e paesaggistiche/ambientali (U.G.P.A.);
- i Corridoi di continuità ambientale (C.c.a.);
- gli Areali di valore (A.v.);
- Areali di rischio (A.R.);
- Areali di conflittualità (A.C.);
- Areali di abbandono/degrado (A.A.b.);
- Areali di frattura della continuità morfologico-ambientale (A.F.);
b. per il sistema insediativo:
- gli Ambiti urbani suddivisi in:
- Suoli urbanizzati (S.U.);
- Suoli non urbanizzati (S.N.U.);
- Suoli riservati all'armatura urbana (S.R.A.U.);
- gli Ambiti periurbani suddivisi in:
- Suoli agricoli abbandonati contigui agli Ambiti urbani;
- Sistemi insediativi diffusi extraurbani privi di organicità;
c. per il Sistema relazionale:
- il Sistema della viabilità stradale (S.V.), costituito dalle strade statali, provinciali, comunali e/o vicinali;
- il Sistema ferroviario (S.F.), costituito dalla rete delle ferrovie statali e/o in concessione;
- il Sistema dei porti ed aeroporti (S.P.);
- il Sistema delle reti energetiche (S.R.E.), costituito da elettrodotti, metanodotti. oleodotti, acquedotti;
- il Sistema delle telecomunicazioni (S.T.), costituito dalle reti e dai nodi dei sistemi telefonici, informatici, e simili.
In ambito urbano il Sistema relazionale fa parte dei Suoli riservati all'armatura urbana (S.R.A.U.).
3) La definizione dei Sistemi di cui al primo comma è compito prioritario e specifico dell'Ente Regione che vi provvede attraverso la redazione della Carta regionale dei suoli di cui al successivo art. 10 e del Quadro strutturale regionale di cui all'art. 12.
4) I Sistemi di cui al primo comma devono essere considerati anche in riferimento alla loro eventuale contiguità relazionale con i territori delle regioni limitrofe.
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(3) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con Delib.G.R. 24 marzo 2003, n. 512.
Art. 3
Regimi della P.T. ed U.
1) La P.T. ed U. si attua attraverso il riconoscimento, la valutazione e la previsione dei seguenti Regimi:
A - Regimi di intervento, articolati in:
a1. Regimi di conservazione, finalizzati al mantenimento o al restauro/ripristino delle caratteristiche costitutive dei Sistemi naturalistico - ambientale, insediativo e relazionale, o di parti e componenti di essi e dei Regimi d'uso in essere in quanto compatibili;
a2. Regimi di trasformazione, definenti le trasformazioni compatibili, sia nelle caratteristiche costitutive, che nei Regimi d'uso, cui possono essere assoggettati i Sistemi o parti e componenti di essi;
a3. Regimi di nuovo impianto, definenti le modalità attraverso le quali si possono prevedere ampliamenti e/o nuove parti dei Sistemi insediativi e relazionali, in detrazione al Sistema naturalistico - ambientale previa verifica di compatibilità e di coerenza ai sensi degli artt. 29 e 30.
B. Regimi d'uso articolati in:
b1. Uso insediativo - residenziale e relativi servizi (R.);
b2. Uso produttivo, per la produzione di beni e di servizi alle famiglie ed alle imprese (P.);
b3. Uso culturale e ricreativo per il Tempo libero (T.);
b4. Uso infrastrutturale o Tecnico e tecnologico (T.N.).
C - Regimi urbanistici, derivanti dalle diverse ricomposizioni dei due regimi precedenti secondo le linee di assetto territoriale e/o urbanistico definite dai Piani e nel rispetto degli Areali e dei Vincoli riconosciuti e imposti dalla C.R.S. di cui al seguente art. 10.
2) I Regimi urbanistici, di cui al precedente comma 1, sono definiti, nei Piani operativi e nel regolamento urbanistico di cui ai successivi artt. 15 e 16, dalla applicazione congiunta dei Regimi d'uso e dei Regimi di intervento agli immobili interessati dal piano, e ne conformano i regimi proprietari.
3) La validità dei Regimi urbanistici deriva dalla vigenza del Piano operativo, o del regolamento urbanistico o degli Accordi di localizzazione, ed esclusivamente in riferimento ad essa possono essere valutati i regimi impositivi locali.
Dal Regime urbanistico vigente derivano le condizioni di edificabilità specifica del sito e/o di trasformabilità dell'edificio.
4) Il Regime d'intervento è determinato in linea generale dalla Carta regionale dei suoli e specificato nelle scale opportune e con le modalità di cui al successivo art. 10, dai soggetti istituzionali della pianificazione T. ed U. di cui agli artt. 5 e 6 - comma 1.
Il regolamento di attuazione di cui all'art. 2 specificherà l'articolazione delle categorie generali d'intervento alle diverse scale.
L'attuazione dei Regimi di nuovo impianto è comunque sempre subordinata al recepimento da parte dei soggetti di cui agli artt. 5 e 6 - primo comma, nei modi di cui all'art. 35, della Carta regionale dei suoli,
5) il Regime d'uso degli immobili è quello attivo, in quanto compatibile con la Carta regionale dei suoli e coerente con la Pianificazione strutturale, di cui ai successivi artt. 12, 13, 14 e con il regolamento urbanistico.
La variazione dei Regimi d'uso attivi può avvenire solo per adeguarsi alle indicazioni della pianificazione strutturale.
La pianificazione strutturale specifica alle diverse scale le modalità di integrazione, tra le categorie generali definite al comma 1 e l'articolazione degli usi specifici all'interno delle stesse, secondo i criteri di cui al regolamento di attuazione della presente legge.
Art. 4
Ambiti di P.T. ed U.
1. Sono Ambiti istituzionali di pianificazione:
a) il territorio regionale;
b) i territori delle Province di Matera e di Potenza;
c) i territori delle Comunità locali ricadenti nel territorio regionale;
d) i territori dei Comuni ricadenti nel territorio regionale;
e) il territorio dei Parchi naturali nazionali e regionali;
f) il territorio dei Bacini regionali ed interregionali (4).
2) Sono Ambiti di pianificazione strategica tutti gli ambiti territoriali ed urbani diversi da quelli di cui al precedente comma individuati e perimetrati dagli stessi strumenti di pianificazione istituzionale o attraverso le specifiche Conferenze di pianificazione di cui all'art. 25 in riferimento ai piani di settore e agli altri strumenti della programmazione o degli enti istituzionali.
3) Negli Ambiti istituzionali di pianificazione T. ed U. il soggetto competente promuove le azioni di pianificazione istituzionale di cui al titolo III, capo I nei modi di cui ai titolo III e IV della presente legge.
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(4) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 1, L.R. 27 giugno 2008, n. 11. Il testo originario era così formulato: «1) Sono Ambiti istituzionali di pianificazione:
a. Il territorio regionale;
b. I territori delle Provincie di Matera e di Potenza;
c. I territori dei Comuni ricadenti nel territorio regionale;
d. il territorio dei Parchi naturali nazionali e regionali;
e. il territorio dei Bacini regionali ed interregionali.».
TITOLO II
I soggetti della P.T. e U.
Capo I - Definizione dei soggetti della P.T. e U.
Art. 5
Enti territoriali elettivi - attività di pianificazione.
1) Sono soggetti della pianificazione territoriale ed urbanistica:
a) la Regione, con compiti di indirizzo programmatico;
b) le Province, con compiti di coordinamento territoriale provinciale e di specificazione degli indirizzi di cui alla precedente lettera a);
c) le Comunità Locali, con compiti di specificazione in ambito sovra comunale delle indicazioni della pianificazione sovra ordinata, e in coerenza con le indicazioni degli strumenti programmatori di cui all'art. 53, di definizione delle trasformazioni territoriali a scala sovra comunale;
d) i Comuni, con compiti di specificazione delle indicazioni della pianificazione sovra ordinata, di definizione delle trasformazioni territoriali a scala comunale e di applicazione dei Regimi Urbanistici (5).
2) Gli enti territoriali di cui al precedente comma svolgono, altresì, funzioni di controllo per quanto di propria competenza sulle modalità della pianificazione descritte al titolo IV della presente legge e sulla attuazione degli strumenti di cui al titolo III.
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(5) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 2, L.R. 27 giugno 2008, n. 11. Il testo originario era così formulato: «1) Sono soggetti della P.T. e U.:
a. la Regione, con compiti di indirizzo programmatico;
b. le Provincie, con compiti di coordinamento territoriale sovracomunale e di specificazione degli indirizzi di cui alla precedente lettera a);
c. i Comuni, con compiti di specificazione delle indicazioni della pianificazione sovraordinata, di definizione delle trasformazioni territoriali a scala comunale e di applicazione dei Regimi urbanistici.».
Art. 6
Altri soggetti attivi della P.T. e U.
1) Sono inoltre soggetti attivi della P.T. e U. gli altri Enti territoriali che, in virtù di specifiche previsioni di leggi nazionali c/o regionali, sono autorizzati a formare Piani per gli oggetti di propria competenza, Autorità di bacino. parchi nazionali e regionali, Consorzi di Comuni, Consorzi di sviluppo industriale.
2) Sono altresì soggetti attivi della P.T. e U.:
- le Comunità montana:
- gli Enti pubblici funzionali e i privati che possono concorrere alla formazione o specificazione settoriale dalla P.T. e U.;
- le Società di trasformazione urbana di cui all'art. 17, commi 58 e 59, della legge n. 127/1997.
3) I Soggetti di cui al primo comma promuovono la formazione dei piani di loro competenza con le modalità di cui al successivo titolo IV, capo II.
TITOLO II
I soggetti della P.T. e U.
Capo II - Coordinamento dei soggetti della P.T. ed U.
Art. 7
Soggetti proponenti il coordinamento.
1) Ai fini della formazione degli strumenti urbanistici relativi ad Ambiti istituzionali o ad Ambiti di pianificazione strategica l'Ente istituzionale competente (secondo il criterio di prevalenza) promuove il coordinamento nelle forme di cui al titolo IV, capo II, dei soggetti di cui all'art. 5 ed al primo comma dell'art. 6 in relazione all'oggetto della pianificazione interessato.
TITOLO II
I soggetti della P.T. e U.
Capo III - Gli utenti
Art. 8
Utenti e processi di pianificazione.
1) Gli utenti della P.T. e U., sono tutti i soggetti pubblici e privati, rappresentati in forma singola o associata con o senza fini di profitto, Essi partecipano alla definizione e al perfezionamento ed all'attuazione degli strumenti previsti al titolo III, capo I e II, con le modalità di cui all'art. 9, commi 2, 3 e 4.
2) I soggetti no-profit e le rappresentanze delle categorie sociali ed economiche devono essere consultati nelle fasi propedeutiche alla redazione degli strumenti della P.T. e U.
Art. 9
Partecipazione degli Utenti ai processi di pianificazione e di valutazione.
1) Si definisce partecipazione attiva alla formazione degli strumenti di P.T. e U., quella promossa attraverso la Conferenza di pianificazione di cui all'art. 25;
2) Si definisce partecipazione per osservazione alla approvazione di strumenti di P.T. e U., da parte di Enti, Associazioni, Cittadini e Cittadine quella consistente in:
a. deposito del progetto di Strumento di P.T. e U. presso la sede dell'Ente istituzionale promotore del Piano, per 30 giorni consecutivi, durante i quali gli Enti, le Associazioni e i cittadini interessati, hanno facoltà di prenderne visione;
b. l'effettuato deposito è immediatamente reso noto al pubblico mediante avviso sul Foglio annunzi legali della Provincia e tramite manifesti per i Piani comunali; sul Bollettino Ufficiale della Regione, e con pubblicazione per almeno tre giorni sui tre maggiori quotidiani locali per i Piani provinciali;
c. facoltà per i soggetti di cui al precedente comma di presentare osservazioni, nei modi definiti dal regolamento di attuazione di cui all'art. 2 della presente legge, entro il termine perentorio di 30 gg. dalla scadenza del deposito.
3) Si definisce partecipazione convenzionale alla formazione dei Piani urbanistici attuativi quella prevista dalle rispettive leggi regolatrici dei Piani stessi, indicate al successivo art. 17.
4) Si definisce partecipazione di bando alla formazione e/o approvazione di Piani urbanistici operativi o attuativi quella consistente in:
a. deposito del progetto o documento preliminare di Piano presso la segreteria del Comune, per 30 giorni consecutivi, durante i quali gli operatori pubblici e privati interessati hanno facoltà di prenderne visione;
b. avviso al pubblico dell'effettuato deposito mediante manifesti e inserzioni sui quotidiani di maggiore diffusione locale;
c. facoltà per gli operatori di presentare entro 30 giorni dalla scadenza del termine di cui alla lett. a), proposte attuative, consistenti nella indicazione delle aree ed immobili interessati, tempi di realizzazione degli interventi, delle risorse finanziarie pubbliche o private mobilitabili, dei dati utili a dimostrare la fattibilità e il rispetto dei criteri stabiliti nel progetto e documento preliminare.
5) Gli Enti di P.T. e U. individuano, all'interno delle strutture tecniche e/o amministrative, il "Garante dell'informazione" con il compito di assicurare la conoscenza tempestiva delle scelte, la consultazione allargata dei cittadini, ed il rispetto delle procedure del presente articolo. Nei Comuni con popolazione inferiore ai 5000 abitanti, la funzione di Garante dell'informazione è svolta dal responsabile del procedimento.
TITOLO III
Gli strumenti e le strutture operative
Capo I - Strumenti Istituzionali
Art. 10
La Carta regionale dei suoli.
1) La Carta regionale dei suoli (C.R.S.) definisce:
a. la perimetrazione dei Sistemi (naturalistico - ambientale, insediativo, relazionale) che costituiscono il territorio regionale, individuandoli nelle loro relazioni e secondo la loro qualità ed il loro grado di vulnerabilità e di riproducibilità, sulla base dei criteri individuati nel regolamento d'attuazione di cui all'art. 2 della presente legge, con specifico riferimento alle categorie di cui all'art. 2, comma 2, lettera a) della presente legge;
b. i livelli di trasformabilità del territorio regionale determinati attraverso la individuazione e la perimetrazione dei Regimi d'intervento di cui al precedente art. 3 nel riconoscimento dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla legislazione statale e di quelli ad essi assimilabili ai sensi della legge n. 431/1985, e della legge n. 394/1991;
c. le azioni e le norme d'uso finalizzate alla conservazione ed alla difesa del suolo, derivate dall'applicazione della legge n. 183/1989.
2) La C.R.S. è adottata ed approvata con le modalità previste al successivo art. 35.
3) Gli Enti di cui agli artt. 5 e 6, primo comma, nell'ambito del procedimento di formazione della C.R.S. di cui all'art. 35, secondo comma, possono specificare e meglio dettagliare i contenuti, le definizioni e i perimetri della C.R.S, attraverso analisi settoriali e/o a scale minori, utilizzando i criteri di formazione della carta stessa definiti dal regolamento d'attuazione di cui all'art. 2 della presente legge; in particolare, definiscono i perimetri dei suoli con specifico riferimento alle categorie di cui all'art. 2, comma 2, lettera a) e h).
4) Gli Enti medesimi, a seguito della definitiva approvazione della C.R.S. con legge regionale, adeguano propri strumenti di pianificazione e programmazione ai contenuti della stessa.
5) La C.R.S. è sottoposta ad aggiornamenti con le stesse procedure previste per la sua formazione, sulla base dei dati relativi allo stato dei luoghi ed allo stato di attuazione dei piani, che confluiscono nel Sistema informativo regionale, di cui al successivo art. 41, secondo le modalità definite nel regolamento di attuazione.
6) Gli Aerali di rischio, individuati nella C.R.S. recepiscono le previsioni delle mappe di rischio di cui alla L.R. n. 25/1998, art. 13.
Art. 11
Documento preliminare.
1) Il Documento preliminare (D.P.), propedeutico alla redazione dei Piani strutturali di cui ai successivi artt, 13 - 14, argomenta e giustifica l'attività di pianificazione strutturale che il soggetto proponente intende porre in essere; esso contiene le valutazioni in merito alla compatibilità con la C.R.S. ed alla coerenza con il Piano strutturale di livello superiore; contiene, inoltre, valutazioni relative all'eventuale riuso di Suoli urbanizzati (S.U.), in alternativa all'utilizzo dei Suoli non urbanizzati (S.N.U.).
2) Il soggetto proponente, elaborato il Documento preliminare, convoca la Conferenza di pianificazione di cui all'art. 25.
Art. 12
Quadro strutturale regionale.
1) Il Quadro strutturale regionale (Q.S.R.) è l'atto di programmazione territoriale con il quale la Regione definisce gli obiettivi strategici della propria politica territoriale, in coerenza con le politiche infrastrutturali nazionali e con le politiche settoriali e. di bilancio regionali, dopo averne verificato la compatibilità con i principi di tutela, conservazione e valorizzazione delle risorse e beni territoriali esplicitate nella Carta regionale dei suoli.
2) Il Q.S.R. contiene:
a. l'individuazione, nell'ambito dei Sistemi naturalistico - ambientale, insediativo e relazionale, di una strategia territoriale che rafforzi gli effetti di complementarietà e di integrazione tra le varie parti degli stessi, al fine il migliorarne la qualità e la funzionalità complessive;
b. l'individuazione delle azioni fondamentali per la salvaguardia dell'ambiente, la difesa del suolo in coerenza con quanto disposto dai Piani di bacino. la prevenzione e la difesa dall'inquinamento, dalle calamità naturali, con particolare riferimento alla integrazione delle stesse azioni;
c. l'indicazione delle azioni strategiche coordinate con gli analoghi Quadri di assetto delle altre regioni e con le Linee fondamentali di assetto del territorio nazionale;
d. l'indicazione degli ambiti territoriali interessati dalle azioni di cui alle lettere b) e c).
3) Il Q.S.R. viene formato, adottato ed approvato con le modalità previste al successivo art. 36,
4) Al fine di rendere coerenti le previsioni del Q.S.R. con quelle delle Regioni contermini, il Q.S.R. viene loro trasmesso ufficialmente, invitandole a formulare eventuali osservazioni entro il termine di 30 giorni,
Art. 13
Piano strutturale provinciale.
1) Il Piano strutturale provinciale (P.S.P.) è l'atto di pianificazione con il quale la Provincia esercita, ai sensi della legge n. 142/1990, nel governo del territorio un ruolo di coordinamento programmatico e di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale, determinando indirizzi generali di assetto del territorio provinciale intesi anche ad integrare le condizioni di lavoro e di mobilità dei cittadini nei vari cicli di vita, e ad organizzare sul territorio le attrezzature ed i servizi garantendone accessibilità e fruibilità.
2) Il P.S.P. contiene:
a. il quadro conoscitivo dei Sistemi naturalistico ambientale, insediativo e relazionale, desunto dalla C.R.S. e dettagliato in riferimento al territorio provinciale;
b. l'individuazione delle linee strategiche di evoluzione di tali Sistemi, con definizione di:
- Armature urbane essenziali e Regimi d'uso previsionali generali (assetti territoriali a scala sovracomunale) contenuti nel Documento preliminare di cui all'art. 11;
- indirizzi d'intervento per la tutela idrogeo - morfologica e naturalistico - ambientale del territorio provinciale, in quanto compatibili con quanto, disposto dalla successiva lett. d);
c. la Verifica di coerenza di tali linee strategiche con gli indirizzi del Q.S.R. ai sensi dell'art. 29 e la Verifica di compatibilità con i Regimi d'intervento della C.R.S. ai sensi dell'art. 30;
d. gli elementi conoscitivi e vincolanti desumibili dai Piani di bacino, dai Piani dei parchi e dagli altri atti di programmazione e pianificazione settoriali;
e. gli elementi di coordinamento della pianificazione comunale che interessano comuni diversi, promuovendo la integrazione e la cooperazione tra enti;
f. le Schede strutturali di assetto urbano relative ai Comuni ricadenti nel territorio provinciale, elaborato secondo lo schema-tipo previsto dal regolamento d'attuazione di cui all'art. 2, le quali potranno essere ulteriormente esplicitate dai Comuni in sede di approvazione del proprio Piano strutturale comunale;
g. le opportune salvaguardie relative a previsioni immediatamente vincolanti di cui al successivo quarto comma:
h. gli elementi di integrazione con i piani di protezione civile e di prevenzione dei Rischi di cui alla L.R. n. 25/1998.
3) Il P.S.P. definisce i Comuni obbligati al Piano strutturale e al Piano operativo di cui ai successivi artt. 14 e 15, e quelli che possono determinare i Regimi urbanistici in base al solo regolamento urbanistico ed alle schede di cui alla lettera f) del comma precedente.
4) Il P.S.P. ha valore di Piano urbanistico-territoriale, con specifica considerazione dei valori paesistici, della protezione della natura, della tutela dell'ambiente, delle acque e delle bellezze naturali e della difesa del suolo, salvo quanto previsto dall'art. 57, secondo comma, del D.Lgs, n. 112/1998: esso impone pertanto vincoli di natura ricognitiva e morfologica.
5) Le previsioni infrastrutturali d'interesse regionale e/o provinciale, potranno assumere carattere vincolistico e conformativo della proprietà, mediante la stipula di Accordi di pianificazione/localizzazione ai sensi dei successivi artt. 26 e 28.
6) Il P.S.P. viene formato, adottato ed approvato con le modalità previste al successivo art. 36, esso costituisce il riferimento principale per il Programma triennale dei lavori pubblici in base all'art. 14 della legge n. 109/1994.
Art. 14
Piano strutturale comunale.
1) Il Piano strutturale comunale (P.S.C.) definisce le indicazioni strategiche per il governo del territorio comunale, contenute dal P.S.P., integrate con gli indirizzi di sviluppo espressi dalla comunità locale.
2) Il P.S.C. contiene:
a. il quadro conoscitivo dei Sistemi naturalistico ambientale, insediativo e relazionale, desunto dalla C.R.S. e specificato in dettaglio con riferimento al territorio comunale, e contiene il quadro conoscitivo finalizzato al riequilibrio ed alla riorganizzazione dei tempi di vita, degli orari e della mobilità;
b. gli obiettivi da perseguire nel governo del territorio comunale definiti nel Documento preliminare di cui all'art. 11;
c. la individuazione e precisazione. nell'ambito dei Sistemi di cui alla precedente lettera a), dei Sub - Sistemi naturalistico-ambientale, insediativo e relazionale, riconoscibili nel territorio comunale, con la definizione dell'Armatura urbana e dei Regimi d'uso previsionali (nuovo assetto del territorio comunale) da realizzare per conseguire gli obiettivi di cui al punto b);
d. la verifica di coerenza di tali previsioni con gli indirizzi del P.S.P. e la verifica di compatibilità con i Regimi d'intervento della C.R.S.;
e. l'eventuale perimetrazione dei Piani operativi, di cui al successivo art. 15, di importanza strategica;
f. i regimi di salvaguardia, di durata non superiore a quattro anni, relativi a previsioni immediatamente vincolanti di cui al successivo quarto comma, da rispettare fino all'approvazione dei Piani operativi;
g. gli indirizzi ed i parametri da rispettare nella predisposizione del P.O., e la definizione delle dimensioni massime ammissibili degli insediamenti, nonché delle infrastrutture e servizi necessari per garantirne la realizzazione entro tempi coerenti con i Programmi triennali dei lavori pubblici di cui all'art. 14 della legge n. 109/1994;
h. i perimetri dei Distretti urbani di cui all'art. 34, primo comma.
3) Il P.S.C. ha valore di piano urbanistico di specificazione della disciplina degli aspetti paesistici ed ambientali, ai sensi dell'art. 1-bis della legge n. 431/1985; esso impone pertanto esclusivamente vincoli di natura ricognitiva e morfologica (legge n. 1497/1939).
4) Il P.S.C. recepisce le previsioni infrastrutturali di interesse regionale e/o provinciale che, per la parte oggetto di Accordi di piani pianificazione/localizzazione di cui ai successivi artt. 26 e 28 assumono carattere vincolistico e conformativo della proprietà.
5) Il P.S.C. viene formato, adottato ed approvato con le modalità previste al successivo art. 36; esso costituisce il riferimento principale per il Programma triennale dei lavori pubblici, in base all'art. 14 della legge n. 109/1994.
Art. 15
Piano operativo.
1) Il Piano operativo (P.O.) è lo strumento con il quale l'Amministrazione Comunale attua le previsioni del P.S.C., e/o del regolamento urbanistico di cui al successivo art. 16, dove e quando si manifestano necessità c/o iniziative di riqualificazione e recupero, trasformazione e/o nuovo impianto, sulla scorta di:
a. bilanci urbanistici (verifica dello stato di attuazione della pianificazione vigente);
b. bilanci ambientali (verifica di sostenibilità ambientale degli interventi proposti, sulla base di standards prestazionali);
c. previsioni del Programma triennale dei lavori pubblici, dei suoi elenchi annuali c/o delle risorse finanziarie pubbliche e private attivabili per la realizzazione delle opere infrastrutturali;
d. proposte presentate da privati attraverso le modalità di partecipazione di bando.
2) Le procedure ed i criteri di riferimento per le verifiche di cui al precedente comma, sono definite nel regolamento d'attuazione di cui all'art. 2 della presente legge.
3) Il P.O. definisce i Regimi urbanistici quali risultanti dagli effetti congiunti, per le singole unità immobiliari di Regime d'uso, Regime d'intervento e definizione dell'assetto urbanistico, ponendo pertanto vincoli conformativi della proprietà.
4) Il P.O. individua i Distretti urbani di cui all'art. 34, secondo comma, per l'adozione di politiche perequative dei regimi immobiliari interessati dalla sua attuazione.
5) Il P.O., in conformità delle previsioni del P.S.C., definisce, ai fini dell'intervento da realizzare:
a. la rete delle vie di comunicazione stradali, ferroviarie e relativi impianti, da realizzare e trasformare nel periodo di validità del Piano;
b. le aree destinate alla riorganizzazione urbana e le aree destinate all'edificazione, da sottoporre, in tale periodo, ai Piani attuativi di cui all'art. 17 con indicazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona;
c. le aree destinate a spazi pubblici o di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù;
d. le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico, nonché le opere ed impianti di interesse collettivo e sociale;
e. le norme per la propria attuazione.
6) Il P.O. integra le funzioni ed ha gli effetti di cui all'art. 16 della legge n. 179/1992.
7) Qualora il P.O. approvato contenga gli elaborali necessari, esso produce gli effetti dei Piani attuativi di cui all'art. 17.
8) Il P.O. ha validità di cinque anni dall'approvazione (6).
9) Le previsioni del Piano operativo decadono per le specifiche sue parti se, entro il termine di validità, non siano state richieste le Concessioni edilizie, ovvero non siano stati approvati i progetti preliminari delle opere pubbliche o i Piani attuativi, previsti dal piano, le disposizioni dei Piani attuativi previsti e definiti durante il periodo di validità di questo, continuano ad avere efficacia anche oltre il periodo di validità suddetto.
10) L'adozione del P.O. in assenza del P.S.C., è subordinata alla Verifica di coerenza, effettuata nei modi di cui all'art. 29, con le previsioni della Scheda strutturale del Comune interessato, allegata al P.S.P.
11) Il P.O. viene formato, adottato ed approvato con le modalità previste al successivo art. 37.
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(6) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera a), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
Art. 16
Regolamento urbanistico (7).
1) Il regolamento urbanistico (R.U.) è obbligatorio per tutti i Comuni e disciplina gli insediamenti esistenti sull'intero territorio comunale.
2) Il R.U. contiene:
a. l'individuazione dei perimetri dei Suoli urbanizzati, non urbanizzati e riservati all'armatura urbana definiti ai sensi dell'art. 2, comma 2 lettera b), della presente legge;
b. L'individuazione delle aree, all'interno del perimetro dei suoli urbanizzati, sulle quali è possibile, indipendentemente, dal Piano operativo di cui all'art. 15, effettuare interventi diretti di edificazione, di completamento o di ampliamento degli edifici esistenti;
c. l'individuazione delle aree destinate ad opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
d. la individuazione delle aree per le quali, in rapporto alla loro particolare complessità e rilevanza, si può intervenire solo mediante i Piani attuativi di cui all'art. 17;
e. la determinazione degli interventi, diversi da quelli di cui al punto d), consentiti all'esterno del Suoli urbanizzati, indipendentemente dal Piano operativo di cui all'art. 15 compresi quelli relativi alle zone omogenee "E" di cui al D.M. n. 1444/1968 (8);
f. le infrastrutture da realizzare all'esterno dei Suoli urbanizzati;
g. i Regimi urbanistici vigenti all'interno dei perimetri di cui alla lettera b);
h. la disciplina del recupero del patrimonio urbanistico ed edilizio esistente.
3 Il R.U. è valido a tempo indeterminato salvo quanto previsto al successivo quarto comma.
4) Le previsioni del R.U. di cui al secondo comma, lett. c), d), f), decadono agli effetti conformativi della proprietà, dopo cinque anni dall'approvazione del regolamento, se non siano stati approvati entro tale decorrenza i piani attuativi o i progetti esecutivi delle infrastrutture. A partire da tale data, esse restano in vigore quali previsioni strutturali e ricognitive; la loro attuazione è pertanto subordinata alla definizione di P.O. e/o Accordi di localizzazione.
5) Il R.U. viene formato, adottato ed approvato con le modalità di cui all'art. 36.
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(7) Per la proroga concessa al Comune di Francavilla sul Sinni per la redazione del regolamento urbanistico vedi l'art. 17, L.R. 9 agosto 2007, n. 13.
(8) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera b), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
Art. 17
Piani attuativi.
1) I Piani attuativi sono strumenti urbanistici di dettaglio approvati dal Comune, in attuazione del P.O. o del R.U., ai fini del coordinamento degli interventi sul territorio, aventi i contenuti e l'efficacia di:
a. Piani particolareggiati, di cui all'art. 13 della legge n. 1150/1942;
b. Piani di zona per l'edilizia economica e popolare, di cui alla legge n. 167/1962;
c. Piani per gli insediamenti produttivi, di cui all'art. 27 della legge n. 865/1971;
d. Piani di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all'art. 28 della legge n. 457/1978;
e. Piani di lottizzazione, di cui all'art. 28 della legge n. 1150/1942.
2) Ciascun Piano attuativo può avere, in rapporto agli interventi previsti, i contenuti e l'efficacia di uno o più del piani o programmi di cui al primo comma.
3) L'atto di approvazione del Piano attuativo individua le leggi di riferimento e gli immobili soggetti ad espropriazione ai sensi delle leggi stesse.
4) I Piani attuativi e le relative varianti sono adottati ed approvati dal Comune, con le procedure di cui alle relative leggi nazionali e regionali di riferimento (9).
5) I Piani attuativi possono essere adottati ed approvati contestualmente al P.O. e al R.U. e a loro varianti, laddove non contrastino con detti strumenti,
6) Non sono considerati contrasti ai fini del comma precedente:
a. limitate rettifiche delle perimetrazioni;
b. variazioni non superiori al 5% delle quantità complessive previste;
c. modifiche, non superiori al 10%, delle quantità attribuite a ciascuna delle diverse utilizzazioni, nel rispetto del limite di cui alla lettera b),
d. incrementi nelle dotazioni di spazi pubblici e di uso pubblico;
e. variazioni dell'impianto insediativo proposto che non riguardano le dotazioni di standards e servizi pubblici previsti dalla pianificazione sovraordinata.
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(9) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera c), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
TITOLO III
Gli strumenti e le strutture operative
Capo II - Strumenti non Istituzionali
Art. 18
Piani e programmi complessi.
1) Sono strumenti non istituzionali della P.T. ed U.i.:
- Programmi integrati;
- Programmi recupero urbano;
- Programmi di riqualificazione urbana;
- Contratti di quartiere;
- Progetti urbani,
2) La loro utilizzazione deve comunque essere ricondotta ai modi della P.T. e U. regionale, integrando ad essi le funzioni e le procedure dei P.O. di cui al precedente art. 15, per quanto applicabili.
3) Il soggetto proponente deve in ogni caso sottoporre alle procedure di partecipazione di cui all'art. 9 lo strumento non istituzionale, con allegati:
- il perimetro dell'area interessata in riferimento al P.S.C. e/o alla C.R.S.;
- le motivazioni del pubblico interesse delle opere previste;
- le verifiche di compatibilità e di coerenza di cui agli artt. 29-30;
- i bilanci urbanistici ed ambientali di cui all'art. 15 - primo comma;
- la coerenza e l'integrazione con il Programma triennale dei LL.PP., ex art. 14 della legge n. 109/1994.
TITOLO III
Gli strumenti e le strutture operative
Capo III - Strutture operative della P.T. e U.
Art. 19
Progettazione e valutazione (10).
1) Le attività relative alla progettazione della P.T. ed U. sono espletate:
a. dagli uffici di pianificazione appositamente costituiti anche ai fini della attuazione e gestione di cui all'art. 20 dagli enti di cui agli artt. 5 e 6, primo comma; in detti uffici devono essere presenti le professionalità e le competenze disciplinari necessarie alla progettazione urbanistica e territoriale;
b. da strutture di progettazione miste, anche consortili, nelle forme previste dall'art. 6 della legge n. 127/1997, commi 4 e 13;
c. dai soggetti di cui all'art. 17 legge n. 109/1994.
2) Le attività di valutazione della P.T. ed U. sono svolte dal Nucleo di cui all'art. 32.
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(10) Con Delib.G.R. 27 aprile 2000, n. 1031 è stata istituita, ai sensi del presente articolo, la Struttura di Pianificazione Urbanistica e Territoriale regionale.
Art. 20
Attuazione e gestione.
1) Sono strutture di attuazione della P.T. ed U.:
- le strutture tecniche degli enti pubblici territoriali;
- gli enti ed i soggetti privati erogatori dei servizi;
- le Società di trasformazione urbana;
- i soggetti promotori di cui all'art. 37-bis della legge n. 109/1994.
2) Sono strutture di gestione delle P.T. ed U.:
- le struttura di gestione degli enti pubblici territoriali;
- le società municipalizzate dei servizi;
- i soggetti promotori di cui all'art. 37-bis della legge n. 109/1994.
3) Per sopperire all'insufficienza, od all'assenza di professionalità qualificate, la Regione, le Provincie ed i Comuni, anche consorziati, possono stipulare convenzioni con professionisti esterni o costituire strutture miste per gli adempimenti derivanti dall'attuazione e gestione della P.T. ed U.
TITOLO IV
I modi della pianificazione territoriale ed urbanistica
Capo I - Continuità, Ordinarietà e Ciclicità della P.T. e U.
Art. 21
Continuità ed obbligo di controllo della pianificazione istituzionale.
1) Tutti i processi di pianificazione istituzionale devono essere caratterizzati da continuità e ordinarietà, in particolare:
- per la pianificazione di tipo strutturale è necessario:
a1 procedere preliminarmente alla verifica dello stato della pianificazione;
a2 promuovere la concertazione della nuova attività di pianificazione nelle forme di cui del titolo IV, capo 2°;
a3 individuare i perimetri dei Distretti urbani di trasformazione o di nuovo impianto, ai sensi dell'art. 34, comma 1;
- per la pianificazione di tipo operativo è necessario:
b1 prioritariamente garantire l'attuazione della parte pubblica dell'impianto urbano (S.R.A.U.);
b2 prevedere l'attuazione attraverso i processi perequativi, nei e tra i Distretti urbani, ai sensi dell'art. 34. Comma 2;
- per la pianificazione degli enti di cui all'art. 6, primo comma, è necessario:
c1 verificare lo stato di attuazione della pianificazione di competenza in essere e delle interazioni tra le pianificazioni di enti istituzionali diversi che interessano l'area,
c2 avviare la concertazione delle nuove attività di pianificazione nelle forme di cui al capo 2° del presente titolo.
Art. 22
Ciclicità ed interazione nella P.T. e U.
1) Deve essere garantita una ciclicità ed una interazione nel processi di P.T. ed U. tra le fasi di pianificazione, di progettazione, di valutazione, di attuazione e di gestione, attraverso l'utilizzo degli strumenti di cui al titolo III e delle tecniche descritte nei protocolli di cui al regolamento di attuazione di cui al precedente art. 2,
Art. 23
Rapporto urbanistico.
1) I Piani operativi di cui all'art. 15 devono essere aggiornati ogni due anni attraverso rapporti urbanistici contenenti bilanci urbanistici ed ambientali, redatti secondo le specifiche individuate nel regolamento d'attuazione di cui al precedente art. 2 (11).
2) I progetti di intervento pubblici e privati devono essere corredati dai dati per l'aggiornamento di cui al comma 1 in conformità a quanto previsto in detto regolamento.
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(11) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera d), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
TITOLO IV
I modi della pianificazione territoriale ed urbanistica
Capo II - Concertazione
Art. 24
Modalità di concertazione.
1) La concertazione è la modalità attraverso la quale si, formano, si variano ed aggiornano gli strumenti, istituzionali e non istituzionali, della P.T. ed U., e/o si localizzano interventi pubblici e di interesse pubblico non previsti in detti strumenti.
2) La concertazione si pratica attraverso:
a. Conferenza di pianificazione, per la formazione o variazione dei Piani strutturali o Piani territoriali dei soggetti di cui agli artt. 5 e 6, primo comma;
b. Accordo di pianificazione, per la contestuale definizione e/o variazione di più strumenti istituzionali di pianificazione;
c. Conferenza di localizzazione, per la localizzazione di interventi pubblici e/o di interesse pubblico non previsti nei Piani strutturali vigenti;
d. Accordo di localizzazione, per la contestuale variazione di più strumenti istituzionali di pianificazione, conseguente alla previsione di progetti di opere pubbliche e/o di interesse pubblico.
Art. 25
Conferenza di pianificazione.
1) Gli Enti titolari della PT e U di cui agli articoli 5 e 6, comma 1, della presente legge, in vista della formazione, dell'aggiornamento e della variazione dei rispettivi atti di programmazione e/o pianificazione, convocano una conferenza di pianificazione (12) chiamando a parteciparvi gli Enti territorialmente e/o settorialmente interessati (13).
2) [L'Ente che convoca la conferenza elabora il Documento preliminare di Piano, e lo trasmette, 30 giorni prima della convocazione della Conferenza, agli Enti da invitare] (14).
3) Obiettivo della Conferenza è quello di:
- concertare con gli Enti invitati le scelte di pianificazione, in attuazione dei principi di sussidiarietà e copianificazione:
- verificare quali siano le condizioni per procedere alla formazione del piano in oggetto in regime di compatibilità con la C.R.S., e di coerenza con la pianificazione sovraordinata.
4) Alla Conferenza partecipano i rappresentanti legali (o loro delegati) degli Enti competenti a deliberare gli atti di pianificazione in oggetto, ovvero competenti ad esprimere, su di essi pareri, intese, nulla - osta o assensi comunque denominati. Per quanto non previsto dal presente articolo, alla Conferenza di pianificazione si applicano le procedure della Conferenza di servizi di cui all'art. 7 della legge n. 109/1994 e successive modifiche (15).
5) Gli Enti partecipanti alla Conferenza espongono le loro osservazioni proposte e valutazioni, delle quali si dà atto nel relativo verbale ai fini della loro considerazione nel processo di pianificazione avviato; le valutazioni saranno espresse secondo i criteri definiti al successivo capo 3°, ulteriormente specificati dal regolamento d'attuazione di cui all'art. 2 della presente legge.
6) La conferenza di pianificazione si conclude con la redazione di un verbale che deve dare atto dell'espletamento delle verifiche di compatibilità alla CRS e di coerenza alla pianificazione strutturale sovraordinata, effettuate, nei modi di cui agli articoli 29 e 30 (16):
a. nel caso di risultato positivo di dette verifiche il verbale, redatto dal responsabile del procedimento, autorizza la formazione e l'adozione dello strumento di pianificazione in oggetto, con le modalità di cui all'art. 36;
b. nel caso che, dalla verifica di coerenza, emerga la necessità di variare anche lo strumento di pianificazione sovraordinato, il responsabile del procedimento convoca l'Ente titolare di detto strumento per sottoscrivere l'Accordo di pianificazione di cui al successivo art. 26;
c. nel caso che le verifiche di compatibilità e/o di coerenza diano esito negativo ed emerga l'impossibilità di concludere positivamente l'iter della Conferenza, sulla base dei motivati pareri negativi ivi espressi, il responsabile del procedimento fissa i termini temporali per la nuova convocazione.
7) È facoltà dell'Ente che promuove la conferenza, nel caso di esito positivo, riconvocarla prima dell'adozione dell'atto di pianificazione definitivo.
8) Ai Piani territoriali degli Enti di cui all'art. 6, primo comma, espletata la Conferenza, si applicano le procedure di adozione, pubblicità, partecipazione ed approvazione previste dalle rispettive leggi di riferimento.
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(12) Per la proroga concessa al Comune di Francavilla sul Sinni per l'indizione della Conferenza di pianificazione vedi l'art. 17, L.R. 9 agosto 2007, n. 13.
(13) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera e), n. 1), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3. Il testo originario era così formulato: «1) Gli Enti titolari della P.T. e U. di cui agli artt, 5 e 6, primo comma, della presente legge, in vista della formazione, dell'aggiornamento e della variazione dei rispettivi atti di programmazione e/o pianificazione strutturale, convocano per l'esame del Documento preliminare di cui all'art. 11 una Conferenza di pianificazione, chiamando a parteciparvi gli Enti territorialmente e/o settorialmente interessati.».
(14) Comma soppresso dall'art. 1, comma 1, lettera e), n. 2), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
(15) Il secondo periodo è stato così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera e), n. 3), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
(16) Capoverso così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera e), n. 4), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
Art. 26
Accordo di pianificazione.
1) Gli Enti titolari della P.T. e U. di cui all'art. 5 della presente legge, in funzione del criterio di prevalenza di cui all'art. 7, nei casi in cui risulti necessaria, al fine del coordinamento delle azioni, la contestuale definizione o variazione di più strumenti di pianificazione di cui al titolo III capo 1°, possono promuovere la definizione di un Accordo di pianificazione tra Enti diversi.
2) Il soggetto promotore dell'Accordo convoca a tal fine una Conferenza di pianificazione, cui partecipano gli Enti territorialmente e settorialmente interessati.
3) L'Accordo di pianificazione, che deve essere comunque compatibile con la C.R.S. regionale, consiste nell'adesione unanime espressa dalle amministrazioni interessate, al Documento preliminare, in sede di conferenza di pianificazione.
4) Gli Enti intervenuti alla Conferenza, prima della loro adesione all'Accordo, adottano lo strumento di pianificazione ed espletano le procedure di partecipazione per osservazione di cui all'art. 9, nei tempi ivi previsti.
5) Qualora gli Enti interessati confermino unanimemente l'Accordo, con le integrazioni e modifiche derivanti dall'eventuale recepimento di osservazioni di cui al precedente comma, si procede alla sua definitiva approvazione in sede di Conferenza di pianificazione, ed alla ratifica dello stesso da parte dei Consigli degli Enti.
Art. 27
Conferenze di localizzazione.
1) Gli Enti titolari della pianificazione di cui agli artt. 5 e 6, primo comma, in relazione alla necessità di localizzare interventi pubblici e/o di interesse pubblico, non previsti dalla propria pianificazione strutturale vigente, convocano una Conferenza di localizzazione dell'intervento.
2) La Conferenza di localizzazione deve valutare:
- l'interesse pubblico dell'intervento;
- l'urgenza della localizzazione e comunque l'impossibilità di procedere per le vie ordinarie della pianificazione di cui al titolo III, capo, 1°, della presente legge;
- la compatibilità ai sensi della Carta regionale dei suoli dei diversi siti proposti per la localizzazione;
- la coerenza della localizzazione rispetto alla Pianificazione strutturale vigente e, in sua assenza, a quella di livello superiore.
La compatibilità e la coerenza di cui ai precedenti punti vengono verificate nel modi di cui agli artt. 29 e 30.
3) La Conferenza di localizzazione viene convocata dal legale rappresentante dell'Ente titolare della pianificazione nell'ambito interessato dall'intervento, su proposta del responsabile del procedimento del lavoro pubblico da realizzare, o su richiesta dell'Ente proponente l'intervento.
4) Partecipano alla conferenza i rappresentanti legali (o loro delegati) dei seguenti soggetti:
- proponente l'intervento, che deve fornire lo "studio di fattibilità" e/o "progetto preliminare" dell'intervento di cui alla legge n. 109/1994, nonché tutte le indicazioni necessarie alla valutazione di cui al comma precedente;
- titolare della pianificazione, nell'ambito interessato dall'intervento;
- titolare della verifica di coerenza ai sensi del precedente secondo comma;
- Enti interessati dagli effetti diretti e indiretti dell'intervento, competenti ad esprimere su di esso pareri, nulla - osta, o assensi comunque denominati.
5) La Conferenza di localizzazione tiene luogo della Conferenza di servizi, di cui all'art. 7 della legge n. 109/1994 e si conclude con la sottoscrizione di un Verbale che deve dare atto delle valutazioni di cui al precedente comma 2 (17).
6) Gli Enti di cui all'art. 5, sulla base degli esiti della Conferenza, adottano la relativa variante allo strumento urbanistica ed attivano le procedure di partecipazione per osservazione di cui all'art. 9 - secondo comma, con tempi ridotti a giorni 10 per la pubblicazione e 20 per la presentazione delle osservazioni (18).
7) La Conferenza di localizzazione può essere convocata anche per la determinazione della pubblica utilità ed urgenza, nonché dei Regimi urbanistici specifici, di opere previste nella vigente Pianificazione strutturale; in tal caso, la Conferenza deve valutare esclusivamente l'interesse pubblico dell'intervento.
8) Per la localizzazione di opere pubbliche e/o di interesse pubblico in aree già assoggettate ai Regimi urbanistici di cui all'art. 3, si applicano le norme dell'art. 1 della legge n. 1/1978, integrate, per quanto attiene le procedure di formazione delle varianti urbanistiche, dalle norme della presente legge.
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(17) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera f), n. 1) L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
(18) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera f), n. 2), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
Art. 28
Accordo di localizzazione.
1) I soggetti di cui al titolo II, capo 1, della presente legge, fatto salvo quanto previsto dall'art. 55 del D.Lgs. n. 112/1998 qualora intendano procedere alla realizzazione di progetti di opere, ivi comprese quelle di interesse statale di cui all'art. 81 del D.P.R. n. 616/1977 come modificato dal D.P.R. n. 383/1994, che comportino modifiche specifiche e puntuali agli strumenti istituzionali della pianificazione di cui al titolo III, capo 1, convocano una conferenza di servizi ai sensi della legge n. 241/1990, art. 14 ed art. 7 della legge n. 109/1994, motivando e circostanziando le ragioni di opportunità ed urgenza per il ricorso al procedimento semplificato di cui al presente articolo.
2) La pronuncia in sede di conferenza di servizi degli Enti istituzionali titolari degli strumenti di pianificazione da modificare, deve essere preceduta da conforme deliberazione consiliare di adozione sottoposta a procedura di partecipazione per osservazione di cui all'art. 9, secondo comma, della presente legge, con tempi ridotti a giorni 20 per la pubblicazione e 20 per la presentazione delle osservazioni.
3) Espletata tale procedura, la Conferenza di servizi. previa verifica di compatibilità di cui all'art. 30, assume le sue determinazioni in seduta deliberante, da convocare comunque non oltre il termine di 90 gg. dalla data della prima seduta della conferenza stessa e definisce i termini dell'Accordo di localizzazione in riferimento all'adeguamento degli strumenti istituzionali di cui al titolo III, capo 1° ed alla dichiarazione di pubblica utilità anche ai sensi dell'art. 17, comma 59 della legge n. 127/1997.
4) Le determinazioni adottate dalla Conferenza di servizi costituiscono l'Accordo di localizzazione; esse sostituiscono a tutti gli effetti gli atti dei procedimenti ordinari; qualora esse comportino sostanziali modifiche al progetto dell'intervento sul quale si sono già pronunciati i Consigli degli Enti, ai sensi del comma 2 precedente, e non sia stato preventivamente acquisito l'assenso di tutti, l'efficacia di dette determinazioni è subordinata alla ratifica da parte di tali Organi. da adottarsi entra 30 gg,
5) Delle determinazioni conclusive assunte dalla Conferenza di servizi, attraverso la stipula dell'Accordo di localizzazione, è data notizia mediante avviso recante l'indicazione della sede di deposito degli atti di pianificazione approvati, da pubblicarsi sul Bollettino Ufficiale della Regione e da divulgarsi con manifesti e pubblicazione sui quotidiani a maggiore diffusione locale.
6) Nel caso i soggetti di cui al primo comma abbiano avviato la definizione di un Accordo di programma di cui alla legge n. 142/1990, art. 27, e siano previsti interventi e/o programmi che comportino variazioni alla strumentazione urbanistica vigente a livello comunale, l'adesione del Sindaco all'Accordo è subordinata al preventivo espletamento delle procedure di cui ai commi 2, 3, 4 precedenti.
TITOLO IV
I modi della pianificazione territoriale ed urbanistica
Capo III - Modalità di valutazione
Art. 29
Verifica di coerenza.
1) La verifica di coerenza si applica alla pianificazione strutturale ed operativa dei diversi livelli.
2) La verifica di coerenza persegue:
a. Obiettivi di tutela e conservazione del Sistema naturalistico - ambientale di cui alla C.R.S. e sue specificazioni;
b. Obiettivi di efficienza e di funzionalità del sistema relazionale e infrastrutturale;
c. Obiettivi di equilibrio e funzionalità del sistema dei servizi e delle gerarchie urbane;
d. Obiettivi di coerenza con i programmi economici.
3) La verifica di coerenza accerta che le linee strategiche ed operative di evoluzione dei sistemi naturalistico - ambientale, insediativo e relazionale definite dai nuovi assetti territoriali previsti dalla pianificazione in oggetto sono coerenti con quelle della pianificazione vigente ai diversi livelli.
4) Gli enti titolari di P.T. ed U. preliminarmente alle adozioni di atti di pianificazione di cui agli artt. 12, 13, 14, 16 della presente legge, devono porre in essere una procedura di verifica di coerenza del Piano agli strumenti di P.T. ed U. di livello superiore, ove esistenti; in loro assenza, si esprime la conferenza di pianificazione appositamente convocata, ai sensi del quinto comma dell'art. 25 (19).
5) Gli Enti di cui al precedente comma trasmettono il Piano all'Ente di livello superiore, per l'emissione del parere, formalizzato con deliberazione della Giunta, entro il termine perentorio di giorni 60 dal ricevimento degli atti.
Il termine può essere interrotto una sola volta per l'eventuale acquisizione di chiarimenti ed elementi integrativi.
Trascorso inutilmente detto termine, il "parere" si intende comunque reso in senso positivo.
6) Per i P.S.C. di cui all'art. 14 la successiva delibera d'adozione va comunque trasmessa agli Enti sovraordinati, per conoscenza.
7) Per i Piani di gestione territoriale dei Parchi regionali di cui all'art. 19 della L.R. n. 28/1994, la verifica di coerenza è operata dalla Giunta regionale contestualmente all'esame delle osservazioni di cui all'art. 19, sesto comma, della predetta legge.
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(19) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera g), numeri 1) e 2), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
Art. 30
Verifica di compatibilità.
1) La verifica di compatibilità si applica alla pianificazione strutturale ed operativa in relazione ai regimi di intervento definiti nella C.R.S.
2) La verifica di compatibilità persegue:
a. Obiettivi di tutela e conservazione del Sistema naturalistico - ambientale di cui alla C.R.S. e sue specificazioni;
b. Obiettivi di restauro e riqualificazione del Territorio e di continuità delle reti vegetazionali;
c. Obiettivi di sostenibilità degli interventi antropici.
3) Gli Enti titolari della pianificazione strutturale ed operativa di cui agli art. 12, 13, 14, 15 e 16 della presente legge, preliminarmente alla adozione degli stessi, devono porre in essere una procedura di verifica di compatibilità del Piano in oggetto ai Regimi di intervento definiti nella C.R.S.
4) La verifica di compatibilità consiste nell'accertamento che le linee strategiche ed operative di evoluzione dei Sistemi naturalistico - ambientale, insediativo e relazionale, definiti dai nuovi assetti territoriali previsti dalla pianificazione in oggetto, siano compatibili con i livelli di trasformabilità di tali sistemi individuati dalla C.R.S. attraverso la perimetrazione dei Regimi d'intervento e nei modi definiti dal regolamento d'attuazione della presente legge.
5) La verifica di compatibilità è certificata dal responsabile tecnico (dirigente) dell'Ente titolare dell'atto di pianificazione in oggetto, sulla base dei criteri valutativi individuati nel regolamento d'attuazione della presente legge, su conforme e preventiva asseverazione del tecnico responsabile della redazione del Piano da adottare.
6) L'Attestazione di verifica di cui al precedente comma, fa parte integrante del Piano in oggetto.
7) La verifica di compatibilità sostituisce, i pareri regionali di cui alla legge regionale n. 47/1998 e alla legge regionale n. 25/1998 ed i pareri di competenza regionale che derivano dalla legge n. 1497/1939 e dalla legge n. 64/1974, ove necessari; il regolamento d'attuazione definirà le modalità di coordinamento tra gli Uffici regionali competenti ed il Dirigente titolato alla certificazione della verifica di compatibilità.
Art. 31
Il ciclo della valutazione.
1) Al fine di rendere trasparenti ed oggettive le valutazioni di coerenza e compatibilità dei Piani, di cui agli artt. 29 e 30 precedenti, il regolamento d'attuazione della presente legge definirà i criteri ed i parametri da applicare alle previsioni dei Piani stessi.
2) Detti parametri riguardano in particolare:
a. gli indicatori di qualità attinenti la tutela e conservazione del Sistema naturalistico - ambientale;
b. gli indicatori di efficienza e di funzionalità spazio - temporali dei sistemi infrastrutturali ed insediativo;
c. gli indicatori di efficienza ambientale per i Regimi di trasformazione e nuovo impianto.
3) Detti parametri troveranno riscontro nelle specifiche tecniche di definizione del Sistema informativo territoriale di cui al successivo art. 41.
Art. 32
Nucleo di valutazione urbanistica (N.V.U.).
1) È istituito il Nucleo di valutazione urbanistica regionale avente il compito di:
a. monitorare le attività di valutazione di cui agli artt. 29 e 30;
b. esprimere alla Giunta regionale pareri in merito a:
- definizione del Q.S.R.
- prescrizioni di carattere territoriale degli atti di pianificazione settoriale regionale;
c. redigere annualmente un "Rapporto sullo stato della pianificazione del territorio regionale", da inviare alla competente commissione consiliare permanente (20);
d. redigere dopo due anni di entrata in vigore della presente legge e con successiva cadenza almeno biennale, un rapporto sullo stato di attuazione della stessa, sentiti i soggetti e gli Enti interessati; l'Assessore competente relaziona al riguardo al Consiglio regionale.
2) Il regolamento di attuazione della presente legge definirà le modalità di espletamento dell'attività del N.V.U., con particolare riferimento al monitoraggio continuo dell'attività di pianificazione.
3) Del Nucleo di valutazione fanno parte:
a) l'Assessore Regionale competente o suo delegato, che lo presiede;
b) un dirigente o suo delegato, del Dipartimento Ambiente e Territorio;
c) l'Assessore Provinciale competente di ciascuna Provincia o suo delegato;
d) un esperto nominato per ciascuna provincia, designato, previa intesa, dagli ordini degli Architetti e degli Ingegneri;
e) un esperto in rappresentanza degli Enti Parco;
f) un Dirigente, o suo delegato, dell'Autorità di Bacino;
g) un dirigente, o suo delegato, degli uffici Ambiente e Territorio della Provincia;
h) cinque esperti scelti dalla Giunta Regionale con il criterio di interdisciplinarietà, di cui almeno due esperti in pianificazione urbanistica e territoriale (21).
4) Il Nucleo di valutazione urbanistica è nominato con decreto del Presidente della Giunta regionale all'inizio di ogni legislatura, resta in carica per tutta la durata della legislatura stessa e comunque fino alla nomina successiva.
5) Ai componenti del Nucleo di valutazione, estranei all'Amministrazione regionale, spettano i gettoni e le indennità determinate in base alla vigente legislazione regionale in materia e le spese di funzionamento del Nucleo sono a carico della Regione.
6) Il N.V.U. verrà istituito con atto della G.R. entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.
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(20) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 1, lettera h), n. 1), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
(21) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera h), n. 2), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3. Il testo originario era così formulato: «3) Del Nucleo di valutazione fanno parte:
- L'Assessore regionale all'assetto del territorio, o suo delegato, che lo presiede;
- 2 Dirigenti, o loro delegati, del Dipartimento regionale all'assetto del territorio, di cui uno in rappresentanza delle Autorità di bacino, nonché gli Assessori provinciali all'assetto del territorio, o loro delegati, ed un delegato dell'A.N.C.I., ed, inoltre, i dirigenti o loro delegati degli uffici provinciali all'assetto del territorio;
- n. 5 esperti, scelti dalla Giunta regionale, con criteri di interdisciplinarietà di cui almeno due esperti in pianificazione urbanistica e territoriale;
- n. 1 esperto in rappresentanza degli Enti Parco;
- n. 2 esperti designati dagli ordini professionali degli Architetti e degli Ingegneri delle provincie di Potenza e Matera.».
TITOLO IV
I modi della pianificazione territoriale ed urbanistica
Capo IV - Modalità della perequazione urbanistica
Art. 33
Finalità e contenuti della perequazione.
1) La perequazione urbanistica persegue l'equità distributiva dei valori immobiliari prodotti dalla pianificazione e la ripartizione equa tra proprietà private dei gravami derivanti dalla realizzazione della parte pubblica della città (S.R.A.U.).
2) La pratica della perequazione urbanistica si basa su un accordo di tipo convenzionale che prevede la compensazione tra suolo ceduto o acquisito e diritti edificatori acquisiti o ceduti.
3) La valutazione dei valori da compensare viene effettuata assumendo come criterio l'indifferenza delle determinazioni del P.O. o del R.U., rispetto al valore dei suoli che dipende esclusivamente dallo stato di fatto e di diritto in cui i suoli stessi si trovano al momento della formazione del piano.
4) L'accordo fra e con i privati può essere determinato come esito di asta pubblica fra operatori, basata su condizioni di sostanziale equilibrio tra la domanda e l'offerta di suolo oggetto di trasferimento di diritti edificatori.
5) Il progetto di piano relativo all'armatura urbana (S.R.A.U.) definito nella Pianificazione strutturale e in quella operativa costituisce il riferimento dimensionale della domanda di suolo.
Art. 34
Ambiti, distretti urbani e strumenti perequativi.
1) La Pianificazione strutturale, per il perseguimento delle finalità di cui all'art. 33 definisce, negli Ambiti urbani e periurbani di cui all'art. 2, secondo comma, lett. b) e secondo i criteri di cui al regolamento di attuazione:
- i perimetri dei Distretti urbani di trasformazione e/o nuovo impianto tra i quali applicare modalità di trasferimento di diritti edificatori;
- i perimetri di Distretti urbani nei quali applicare modalità di compensazione di diritti edificatori.
2) La Pianificazione operativa, nel perseguimento delle dette finalità, nei Distretti urbani come sopra perimetrati, regola le modalità di trasferimento e di compensazione dei diritti edificatori in relazione ai Regimi urbanistici di cui all'art. 3 ed alle politiche impositive locali con particolare riferimento alla perimetrazione delle microzone censuarie.
3) I Documenti preliminari di cui all'art. 11 così come i Rapporti urbanistici di cui all'art. 23 devono dare conto degli esiti delle politiche perequative poste in essere dai piani.
TITOLO IV
I modi della pianificazione territoriale ed urbanistica
Capo V - Modalità di Formazione, Approvazione, Attuazione e Modifica degli Strumenti
Art. 35
Modalità di adozione e approvazione della C.R.S.
1) La Carta regionale dei suoli, è adottata dall'Ente Regione, mediante delibera di G.R., sentita la Commissione regionale BB.AA. ed il N.V.U. in seduta congiunta, e viene trasmessa alle Province, ai Comuni, alle Comunità montane e Consorzi di Comuni, ai Parchi nazionali e regionali, alle Autorità di bacino, affinché venga espletata la procedura di "partecipazione per osservazione" di cui al precedente art. 9. Alla C.R.S. adottata si applicano le misure di salvaguardia di cui alla legge n. 1187/1968.
2) Gli Enti di cui al comma precedente, entro 5 mesi dalla data di ricezione della C.R.S., ne prendono atto e possono proporre la specificazione dei contenuti, delle definizioni e dei perimetri della C.R.S. stessa attraverso analisi specifiche e/o a scale minori utilizzando i criteri definiti nel regolamento di attuazione della presente legge.
3) La Giunta regionale; nei successivi 60 gg. dalla scadenza del termine di cui al precedente comma, adotta una delibera di controdeduzioni alle osservazioni e/o specificazioni pervenute, e trasmette la C.R.S. al Consiglio regionale.
4) La C.R.S. è approvata con legge regionale ed è pubblicata per estratto sul B.U.R.
5) Le Province ed i Comuni, con delibera consiliare, adeguano i propri strumenti urbanistici ai contenuti della C.R.S., entro 12 mesi dalla data della sua approvazione.
Art. 36
Modalità di formazione, adozione ed approvazione della P.T. e U. - del P.S. e del R.U.
1) L'Ente Istituzionale territorialmente, competente forma gli Strumenti Istituzionali della PT e U di cui al Tit. III, Capo I, articoli 13, 14, della presente legge, mediante la convocazione di una conferenza di pianificazione, per l'esame del Documento Preliminare di cui all'art. 11 ove richiesto. L'Ente che convoca la conferenza elabora il documento preliminare di piano e lo trasmette 30 giorni prima della convocazione della conferenza agli Enti da invitare (22).
2) L'Ente istituzionale, espletata la Conferenza di pianificazione, definisce il Piano e lo sottopone, preliminarmente all'adozione, alle procedure di verifica di coerenza rispetto alla P.S. di livello superiore, ove esistente, e di verifica di compatibilità alla C.R.S., di cui agli art. 29, 30.
3) Espletate dette verifiche, l'Ente istituzionale, entro i successivi 30 giorni, adotta il Piano dando luogo alla procedura di partecipazione per osservazione e le trasmette agli enti partecipanti alla Conferenza di pianificazione che, entro 30 giorni dal ricevimento, possono proporre esclusivamente adeguamenti al proprio parere espresso nella Conferenza di pianificazione ove questo non fosse stato recepito.
4) L'Ente istituzionale competente, espletate le procedure di partecipazione, entro i successivi 30 giorni, approva il Piano, mediante delibera di Consiglio, nella quale vengono espressamente motivate le determinazioni assunte in ordine agli esiti delle procedure di partecipazione e di verifica di coerenze e di compatibilità attivate.
4-bis) I Comuni trasmettono al Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità, oltre ad una copia conforme degli atti tecnici ed amministrativi, approvati nell'esercizio delle funzioni loro attribuite con la presente legge, copia degli elaborati del regolamento Urbanistico in formato digitale vettoriale opportunamente georeferenziati, entro trenta giorni dalla data di esecutività della deliberazione di approvazione dello stesso. Tale adempimento costituisce condizione necessaria ai fini dell'erogazione finale dei contributi di cui alla Delib.G.R. n. 1219/2002 (23).
5) Ciascuna strumento di P.T. e U. deve comunque conformarsi alle prescrizioni dello strumento sovraordinato.
6) Gli strumenti di cui al presente articolo potranno essere variati esclusivamente attraverso l'approvazione di Accordi di pianificazione e/o localizzazione di cui agli artt. 26, 28 della presente legge.
7) Le prescrizioni di carattere territoriale della pianificazione settoriale, se non previste dai piani di cui al primo comma o da cui difformi, sono adottate contestualmente alla Variante a detto Piano e diventano efficaci a seguito dell'approvazione della Variante stessa.
8) Nel caso della formazione del Q.S.R., la Conferenza di pianificazione è convocata in prima istanza da ciascuna Provincia, per l'esame del Documento preliminare adottato dalla Giunta regionale, ed in seduta conclusiva, entro e non oltre 90 giorni dalla prima convocazione, dalla Giunta regionale; in quest'ultima seduta le Province espongono le loro osservazioni e proposte e riferiscono in merito a quelle formulate dagli Enti locali partecipanti alle precedenti conferenze; tali osservazioni sono sostitutive della procedura di partecipazione per osservazione di cui al precedente terzo comma. Il Q.S.R. è approvato con delibera di Consiglio regionale nella quale vengono espressamente motivate le determinazioni assunte in ordine agli esiti della Conferenza di pianificazione espletata.
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(22) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera i) L.R. 4 gennaio 2002, n. 3. Il testo originario era così formulato: «1) L'Ente istituzionale territorialmente competente, forma gli Strumenti istituzionali della P.T. e U. di cui al tit. III, capo 1° artt. 13, 14, 16 della presente legge, mediante la convocazione di una Conferenza di pianificazione, per l'esame del Documento preliminare di cui all'art. 11.».
(23) Comma aggiunto dall'art. 40, comma 1, L.R. 30 gennaio 2007, n. 1.
Art. 37
Modalità di formazione, adozione ed approvazione della Pianificazione Operativa (P.O.).
1) L'Ente, ai fini della formazione della P.O. approva con delibera di Giunta una relazione urbanistica al programma triennale dei LL.PP. di cui all'art. 14 della legge n. 109/1994 avente i contenuti definiti nel regolamento d'attuazione della presente legge, dandone notizia al pubblico mediante manifesti ed avviso sul Foglio degli annunzi legali e sul B.U.R. o anche mediante altre forme di diffusione.
2) Nel termine perentorio di 60 giorni dall'approvazione della Relazione, e secondo le modalità della partecipazione di bando di cui al precedente art. 9, gli operatori pubblici e privati che intendono realizzare interventi previsti dal P.S.C. nel periodo di validità del P.O., presentano al Comune le loro proposte.
3) Entro i tre mesi successivi dalla scadenza del termine per la presentazione delle proposte, l'Ente adotta il P.O.
4) Con la delibera di Consiglio di adozione, l'Ente dà atto delle proposte pervenute, motivandone le conseguenti determinazioni, e dà luogo alla procedura di partecipazione per osservazione prevista all'art. 9 della presente legge.
5) Espletata quest'ultima procedura, il P.O. è approvato con delibera di Consiglio nella quale vengono espressamente motivate le determinazioni assunte in ordine agli esiti delle procedure di partecipazione attivate.
Dell'avvenuta approvazione è data immediata notizia mediante pubblicazione sul Foglio annunzi legali della Provincia.
6) Il P.O. è trasmesso in copia alla Giunta regionale ed alla Giunta provinciale.
Le variazioni ai P.O., anche su proposta di operatori pubblici e privati, seguono le stesse procedure di cui sopra.
TITOLO V
Norme generali e transitorie
Art. 38
Disciplina delle aree prive di regime urbanistico.
1) Si intendono aree prive di regime urbanistico quelle per le quali non è vigente un P.O. o sia intervenuta la decadenza di cui ai precedenti artt. 15, nono comma, e 16, quarto comma.
2) Nelle aree prive di regime urbanistico, se esterne ai perimetri di cui al precedente art. 16, secondo comma, lett. a, sono consentiti esclusivamente gli interventi previsti dal regolamento urbanistico ai sensi dell'art. 16, secondo comma, lett. e).
3) Nelle aree prive di regime urbanistico interne ai perimetri suddetti, sono consentiti esclusivamente gli interventi di recupero di cui all'art. 31, lett. a), b), c), d), della legge n. 457/1978.
Art. 39
Misure di salvaguardia.
1) Le misure di salvaguardia previste dalla legge n. 1187/1968, si applicano:
a. per le previsioni immediatamente vincolanti della pianificazione strutturale, di cui ai precedenti artt. 13, quinto comma e 14, quarto comma, dalla data di stipula dell'accordo di pianificazione e/o localizzazione relativo;
b. per le previsioni vincolanti dei Piani operativi, del regolamento urbanistico e dei Piani attuativi, dalla data di adozione dei suddetti strumenti.
Art. 40
Regolamenti edilizi.
1) I Regolamenti edilizi di cui all'art. 33 della legge n. 1150/1942 sono approvati dai Comuni ai sensi dell'art. 7 del D.Lgs. n. 267/2000; a tal fine la Giunta Regionale predispone uno Schema - tipo di Regolamento Edilizio per i Comuni, entro e non oltre sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (24).
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(24) Articolo così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera l), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3. Il testo originario era così formulato: «Art. 40. Regolamenti edilizi. 1) I regolamenti edilizi di cui all'art. 33 della legge n. 1150/1942, sono approvati dai Comuni ai sensi dell'art. 5 della legge n. 142/1990.
2) La Giunta regionale predispone uno schema - tipo di regolamento edilizio per i Comuni entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.».
Art. 41
Sistema informativo territoriale (S.I.T.).
1) Il Sistema informativo territoriale (S.I.T.) costituisce il riferimento conoscitivo fondamentale nella definizione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e di programmazione economico - territoriale. Esso promuove pertanto la raccolta ed il coordinamento integrato dei flussi informativi tra i soggetti titolari della P.T. e U. di cui al titolo II, capo 1° al fine di costituire una rete informativa unica, assicurare la circolarità delle informazioni, evitando duplicazioni e sovrapposizioni di raccolta e di analisi delle informazioni stesse.
2) L'accesso alle informazioni è consentito nei modi previsti.
3) La Regione entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con le Province, i Comuni e le Comunità Montane, promuove la definizione del progetto di Sistema Informativo Territoriale, specificando le tecniche informatiche di rilevazione e classificazione dei dati di analisi coerentemente agli artt. 2, 3, 4 della presente legge (25);
4) La Regione provvede alla costituzione e disciplina del SIT entro un anno dalla data di approvazione della CRS (26).
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(25) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera m), n. 1) L.R. 4 gennaio 2002, n. 3. Il testo originario era così formulato: «3) La Regione, entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con le Province ed i Comuni, promuove la definizione del progetto di Sistema informativo territoriale.».
(26) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, lettera m), n. 2), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3. Il testo originario era così formulato: «4) La Regione provvede alla costituzione e disciplina del S.I.T. entro un anno dalla data di approvazione della presente legge.».
Art. 42
Modalità di definizione della C.R.S. in fase di prima applicazione della presente legge.
1) La Regione entro 3 mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce un protocollo d'intesa con le Province di Potenza e Matera, per la redazione dalla C.R.S. tenendo conto delle analisi preliminari alla formazione del P.T.C.P. (ex art. 5 della legge n. 1150/1942) avviate ai sensi della L.R. n. 30/1997 art. 17, e dei Piani paesistici regionali approvati con L.R. n. 3/1990.
2) Il protocollo di intesa definisce, altresì, le specifiche tecniche ed informatiche di rilevazione e classificazione dei dati di analisi, coerentemente agli artt. 2, 3 e 4 della presente legge, anche ai fini della costituzione del S.I.T. regionale.
3) Entro il 31 ottobre 2002, la Giunta regionale adotta la C.R.S. dando avvio alla procedura di cui all'art. 35 della presente legge (27).
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(27) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera n), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
Art. 43
Modalità di definizione dei Q.S.R. e P.S.P. in fase di prima applicazione della presente legge.
1) Entro 3 mesi dalla data di adozione della C.R.S. da parte della Giunta regionale, la Regione e le Province danno avvio alle procedure di formazione di Q.S.R. e P.S.P., nelle forme della stipula di un Accordo di pianificazione di cui al precedente art. 26 sulla base dei Documenti preliminari redatti da ciascuna amministrazione.
2) La stipula dell'Accordo di cui al primo comma tiene luogo della verifica di coerenza e della verifica di compatibilità di cui agli artt. 29 e 30, previa convocazione obbligatoria della Conferenza di pianificazione ai sensi del precedente art. 25 sesto comma (28).
3) Le Province intervengono all'Accordo di pianificazione dopo aver preventivamente consultato gli Enti locali interessati sulla base del Documento preliminare di cui al primo comma.
4) Stipulato l'Accordo, la Regione e le Province danno corso all'adozione ed approvazione, rispettivamente di Q.S.R. e P.S.P., nelle forme previste dall'art. 36 della presente legge.
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(28) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera o), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
Art. 44
Adeguamento degli strumenti urbanistici comunali in fase di prima applicazione della presente legge.
1. I Comuni che hanno formato il regolamento Urbanistico, secondo le risultanze della ricognizione degli atti deliberativi comunali pervenuti entro la data di entrata in vigore della presente legge regionale, sono tenuti a convocare la Conferenza di Pianificazione, ai sensi del precedente articolo 25, entro il 30 giugno 2007; sono tenuti a provvedere all'adozione del Regolamento Urbanistico entro 90 giorni dalla data del verbale autorizzatorio della Conferenza definitiva, e all'approvazione del medesimo, contestualmente all'aggiornamento del Regolamento Edilizio, entro 120 giorni dalla data dell'adozione. In tali Comuni, decorso inutilmente il termine per la indizione della Conferenza o per la successiva adozione del Regolamento Urbanistico e fatti salvi i permessi a costruire e i piani attuativi in corso di validità, possono essere rilasciati permessi a costruire esclusivamente per gli interventi di cui all'art. 9 del T.U. approvato con DPR n. 380/2001, applicando, comunque, la norma più restrittiva fra l'articolo predetto e le previsioni dello strumento urbanistico vigente, che resta tale, con le misure limitative di cui al presente comma, fino alla approvazione del Regolamento Urbanistico. Possono, inoltre, essere sempre consentiti interventi relativi ad opere pubbliche o di interesse pubblico, anche facendo ricorso alla conferenza di localizzazione di cui all'art.27 della legge regionale n. 23/1999, nonchè interventi privati che fruiscano di contributi riconducibili ai programmi finanziati con le risorse destinate alla ricostruzione e/o riparazione del patrimonio edilizio danneggiato da eventi sismici. Le misure limitative dell'attività edilizia cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di indizione della Conferenza di Pianificazione, ovvero dalla data di adozione del R.U. (29).
2. Le norme limitative dell'attività di trasformazione del territorio di cui al precedente comma si applicano anche nell'ipotesi in cui la Conferenza di pianificazione, sebbene convocata, non si concluda con la formazione del verbale autorizzatorio entro 180 giorni decorrenti dalla data di avvio dei lavori della Conferenza stessa.
3. La Conferenza si intende compiutamente convocata solo se i soggetti partecipanti avranno ricevuto la stesura definitiva degli elaborati, predisposti in conformità del regolamento di attuazione della L.R. n. 23/1999, approvato con Delib.G.R. n. 512/2003, e della circolare approvata con Delib.G.R. n. 1749/2006.
4. Le norme di salvaguardia di cui alla legge n. 1902/1952 e successive modifiche e integrazioni entrano in vigore alla data riportata nella nota di convocazione della Conferenza di Pianificazione e, per i Comuni che hanno la Conferenza in corso, ovvero già conclusa ma in attesa di adozione, alla data di adozione del regolamento urbanistico e comunque il 90° giorno successivo all'entrata in vigore della presente legge.
5. Nei Comuni che non hanno formato il regolamento Urbanistico alla data di entrata in vigore della presente legge, ferme restanti le norme limitative dell'attività edilizia contenute nel precedente comma 1, il Dirigente Generale del Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità, nell'esercizio delle proprie funzioni, provvede a concertare con le Amministrazioni Comunali tempi e modalità di formazione del Regolamento Urbanistico con l'eventuale nomina di un Coordinatore tecnico, individuato nell'ambito delle Strutture regionali, con compiti di affiancamento per la definizione dello stesso. Le spese relative all'attività del Coordinatore saranno detratte dal contributo assegnato al Comune inottemperante.
6. Per i Comuni che devono rinnovare il proprio Consiglio Comunale nel 2007 il termine del 30.6.07 di cui al precedente comma 1 si intende differito al 30.09.2007.
7. I Comuni obbligati debbono, entro 3 mesi dalla data della stipula dell'accordo di pianificazione di cui all'art. 43 precedente, e comunque entro 1 anno dalla data di adozione della CRS, dare avvio alle procedure di formazione del PSC nelle forme della stipula di un accordo di pianificazione di cui al precedente art. 26.
8. Stipulato l'accordo i Comuni danno corso all'adozione del PSC, nelle forme previste all'art. 36 della presente legge.
9. I Comuni non obbligati possono ugualmente avvalersi delle procedure di cui ai precedenti commi 7 e 8 (30).
10. Fino alla data di approvazione della CRS, o del PSP, la stipula degli accordi tiene luogo rispettivamente della verifica di coerenza e verifica di compatibilità di cui agli articoli 29, 30, previa convocazione obbligatoria della Conferenza di Pianificazione ai sensi del precedente art. 25, comma 7.
11. In via transitoria, nei RU approvati ai sensi del precedente 1° comma, fino alla data di approvazione del PSC (o scheda strutturale comunale allegata al PSP), gli interventi consentiti in "zona agricola" (zona "E" D.M. n. 1444/68), previa dimostrazione della loro funzionalità all'attività agricola, sono sottoposti alle seguenti limitazioni:
a) densità fondiaria massima residenziale = 0,03 mc/mq;
b) densità fondiaria massima per annessi agricoli = 0,07 mc/mq.
12. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del PSC, i Comuni sono comunque obbligati a sostituire le norme transitorie del RU, di cui precedente comma 11, alle prescrizioni del PSC; trascorso tale termine, si applicano le limitazioni di cui al precedente comma 1 (31) (32).
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(29) Comma così sostituito dall'art. 54, comma 1, L.R. 6 agosto 2008, n. 20. Il testo precedente era così formulato: «1. I Comuni che hanno formato il regolamento Urbanistico, secondo le risultanze della ricognizione degli atti deliberativi comunali pervenuti entro la data di entrata in vigore della presente legge regionale, sono tenuti a convocare la Conferenza di Pianificazione, ai sensi del precedente articolo 25, entro il 30/06/07; sono tenuti a provvedere all'adozione del Regolamento Urbanistico entro 90 giorni dalla data del verbale autorizzatorio della Conferenza definitiva, e all'approvazione del medesimo, contestualmente all'aggiornamento del Regolamento Edilizio, entro 120 giorni dalla data dell'adozione. In tali Comuni, decorso inutilmente il termine per la indizione della Conferenza o per la successiva adozione del Regolamento Urbanistico e fatti salvi i permessi a costruire e i piani attuativi in corso di validità, possono essere rilasciati permessi a costruire esclusivamente per gli interventi di cui all'articolo 9 del T.U. approvato con D.P.R. n. 380/2001, applicando, comunque, la norma più restrittiva fra l'articolo predetto e le previsioni dello strumento urbanistico vigente, che resta tale, con le misure limitative di cui al presente comma, fino alla approvazione del Regolamento Urbanistico. Ulteriori interventi, limitati alle sole opere pubbliche, possono essere consentiti qualora siano approvati a mezzo di conferenza di localizzazione di cui all'art. 27 della L.R. n. 23/1999. Le misure limitative dell'attività edilizia cessano di avere efficacia a decorrere dalla data di indizione della Conferenza di Pianificazione, ovvero dalla data di adozione del R.U.».
(30) Comma così sostituito dall'art. 54, comma 2, L.R. 6 agosto 2008, n. 20. Il testo precedente era così formulato: «9. I Comuni non obbligati possono ugualmente avvalersi delle procedure di cui ai precedenti commi 3 e 4.».
(31) Comma così sostituito dall'art. 54, comma 3, L.R. 6 agosto 2008, n. 20. Il testo precedente era così formulato: «12. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del PSC, i Comuni sono comunque obbligati ad adeguare dette norme alle prescrizioni del PSC; trascorso tale termine, si applicano le limitazioni di cui al precedente comma 4.».
(32) Articolo così sostituito dall'art. 50, L.R. 28 dicembre 2007, n. 28, poi così modificato come indicato nelle note che precedono. In precedenza lo stesso articolo era stato modificato dapprima dall'art. 1, L.R. 31 ottobre 2001, n. 38 e poi dall'art. 1, comma 1, lettera p), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3, dall'art. 43, L.R. 4 febbraio 2003, n. 7, dall'art. 1, L.R. 23 aprile 2003, n. 13, dall'art. 58, L.R. 2 febbraio 2004, n. 1, dall'art. 37, L.R. 2 febbraio 2006, n. 1 e infine dall'art. 40, comma 2, lettera b), L.R. 30 gennaio 2007, n. 1. Il testo precedente era così formulato: «Art. 44. Adeguamento degli strumenti urbanistici comunali in fase di prima applicazione della presente legge. 1) I Comuni che hanno formato il regolamento Urbanistico, secondo le risultanze della ricognizione degli atti deliberativi comunali pervenuti entro la data di pubblicazione della presente legge regionale, sono tenuti a convocare la Conferenza di Pianificazione, ai sensi del precedente articolo 25, entro il 30 giugno 2007; sono tenuti a provvedere all'adozione del regolamento Urbanistico entro 30 giorni dalla data del verbale autorizzatorio della Conferenza definitiva, e all'approvazione del medesimo, contestualmente all'aggiornamento del regolamento Edilizio, entro 120 giorni dalla data dell'adozione. In tali Comuni, decorso inutilmente il termine per la indizione della Conferenza o per la successiva adozione del regolamento Urbanistico, fatti salvi i permessi a costruire e i piani attuativi in corso di validità, sono consentiti solo gli interventi di cui all'art. 9 del T.U. approvato con D.P.R. n. 380/2001 . 2) Nei Comuni che non hanno formato il regolamento Urbanistico, secondo le risultanze della ricognizione degli atti deliberativi comunali allo scopo effettuata, fino all'adozione dello stesso, fatti salvi i permessi a costruire e i piani attuativi in corso di validità, dal 30 giugno 2007 sono consentiti solo gli interventi di cui all'art. 9 del T.U. approvato con D.P.R. n. 380/2001. Per tali Comuni, trascorso inutilmente il termine di cui al precedente punto, il Dirigente Generale del Dipartimento Ambiente, Territorio e Politiche della Sostenibilità, nell'esercizio delle proprie funzioni, provvede a concertare con le Amministrazioni Comunali tempi e modalità di formazione del regolamento Urbanistico con l'eventuale nomina di un Coordinatore tecnico, individuato nell'ambito delle Strutture regionali, con compiti di affiancamento e consulenza per la definizione dello stesso. Le spese relative all'attività del Coordinatore saranno detratte dal contributo assegnato al Comune inottemperante. 3) I Comuni obbligati debbono, entro 3 mesi dalla data della stipula dell'accordo di pianificazione di cui all'art. 43 precedente, e comunque entro 1 anno dalla data di adozione della C.R.S., dare avvio alle procedure di formazione del P.S.C. nelle forme della stipula di un accordo di pianificazione di cui al precedente art. 26. 4) Stipulato l'accordo i Comuni danno corso all'adozione del P.S.C., nelle forme previste all'art. 36 della presente legge. 5) I Comuni non obbligati possono ugualmente avvalersi delle procedure di cui ai precedenti commi 3, 4. 6) Fino alla data di approvazione della C.R.S., o del P.S.P. la stipula degli accordi tiene luogo rispettivamente della verifica di coerenza e verifica di compatibilità di cui gli artt. 29, 30, previa convocazione obbligatoria della Conferenza di pianificazione ai sensi del precedente art. 25, settimo comma. 7) In via transitoria, nei RU approvati ai sensi del precedente comma 1, fino alla data di approvazione del PSC, (o scheda strutturale comunale allegata al PSP), gli interventi consentiti in "zona agricola" (zona "E" D.M. n. 1444/1968), previa dimostrazione della loro funzionalità all'attività agricola, sono sottoposti alle seguenti limitazioni: a) densità fondiaria massima residenziale = 0,03 mc/mq; b) densità fondiaria massima per annessi agricoli = 0,07 mc/mq . 8) Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del PSC, i Comuni sono comunque obbligati ad adeguare dette norme alle prescrizioni del PSC; trascorso tale termine, si applicano le limitazioni di cui al precedente comma 2.».
Art. 45
Norme transitorie per gli strumenti urbanistici adottati e/o approvati antecedentemente alla presente legge.
1) Gli strumenti urbanistici generali di cui agli artt. 7 e 34 della legge n. 1150/1942, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, conservano validità fino all'approvazione del R.U.; a partire da tale data, le previsioni di detti strumenti riguardanti le aree esterne al perimetro dei S.U. individuato dal R.U., restano in vigore quali previsioni strutturali e ricognitive, la cui attuazione è subordinata alla definizione di Piani operativi e/o Accordi di localizzazione.
2) Agli strumenti urbanistici o loro varianti adottati dai Comuni prima della data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi le norme procedurali di approvazione e di salvaguardia vigenti alla data suddetta, sino al recepimento obbligatorio, ai sensi dell'art. 35, secondo comma, della C.R.S.
3) Entro sei mesi della data di entrata in vigore della presente legge i Comuni possono adottare strumenti urbanistici generali optando per l'applicazione delle norme procedurali di approvazione e di salvaguardia di cui alla legge n. 1150/1942.
4) Dalla data di entrata in vigore della presente legge, e fino all'approvazione del R.U., i Comuni sono autorizzati ad adottare ed approvare solo varianti puntuali e limitate agli strumenti urbanistici generali esclusivamente facendo ricorso alle procedure della conferenza di pianificazione e/o localizzazione di cui agli artt. 25, 27 della presente legge, applicando le procedure di cui al comma 6 del precedente art. 44, fatto salvo quanto previsto al precedente terzo comma (33).
5) In caso di adozione della variante in conformità ai risultati positivi delle verifiche di compatibilità e coerenza, raggiunti in sede di conferenza di pianificazione, e qualora a seguito dell'eventuale recepimento delle osservazioni vengano confermati i contenuti della variante adottata, i Comuni procedono alla sua definitiva approvazione (34).
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(33) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, lettera q), n. 1), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
(34) Comma aggiunto dall'art. 1, comma 1, lettera q), n. 2), L.R. 4 gennaio 2002, n. 3.
Art. 46
Interventi sostitutivi della Giunta regionale.
1) L'adeguamento e l'approvazione degli Strumenti istituzionali della P.T. e U. entro i termini previsti dal precedente art. 44, costituisce priorità per l'allocazione di interventi e risorse di competenza regionale.
2) In caso di mancato rispetto dei termini di cui all'art. 44 o degli altri adempimenti cui gli Enti territoriali sono tenuti ai sensi della presente legge, la Giunta regionale stabilisce un termine perentorio di esecuzione, trascorso il quale esercita i poteri sostitutivi per il compimento degli atti necessari.
3) Le spese relative sono a carico del bilancio dell'Ente inadempiente.
Art. 47
Norme finanziarie per l'avvio dei procedimenti.
All'onere derivante dall'applicazione della presente legge, valutato per l'esercizio in corso di lire 800.000.000, si provvede con la disponibilità di cui al cap. 7470 "Fondo globale per provvedimenti in corso".
Nello stato di previsione della spesa del Bilancio, esercizio finanziario 1999, è introdotta la seguente variazione in termini di competenza e di cassa:
1) in diminuzione:
- Cap. 7470 - "Fondo globale per provvedimenti in corso" spesa in conto capitale L. 800.000.000;
2) in aumento:
- Cap. 4218 (di nuova istituzione) - "Fondo per l'attivazione delle strutture operative istituzionali della pianificazione territoriale ed urbanistica" L. 800.000.000.
Con atto deliberativo della Giunta regionale, da assumere entro 60 giorni dalla data di approvazione della presente legge, saranno definite modalità e criteri per la concessione di contributi destinati all'attivazione delle strutture operative istituzionali anche consortili e di valutazione, e per l'attivazione di corsi di aggiornamento di funzionari e tecnici coinvolti nella applicazione della presente legge.
Art. 48
Abrogazioni.
1) Salvo quanto stabilito in via transitoria dai precedenti articoli, le previsioni di precedenti leggi regionali, in contrasto con la presente, sono abrogate.
Art. 49
Pubblicazione.
1) La presente legge regionale è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione.
L.R. 16 aprile 2002, n. 19
Norme per la tutela, governo ed uso del territorio - Legge urbanistica
della Calabria
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(1) Pubblicata nel B.U. Calabria 23 aprile 2002, n. 7, supplemento straordinario n. 3.
(2) Vedi, anche, la Circ. 7 marzo 2003, n. 770.
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1
Oggetto della legge.
1. La presente legge, in attuazione dei princìpi di partecipazione e sussidarietà, e nel quadro dell'ordinamento della Repubblica e dell'Unione Europea, disciplina la pianificazione, la tutela ed il recupero del territorio regionale, nonché l'esercizio delle competenze e delle funzioni amministrative ad esso attinenti.
2. La Regione Calabria, pertanto:
a) assicura un efficace ed efficiente sistema di programmazione e pianificazione territoriale orientato allo sviluppo sostenibile del territorio regionale, da perseguire con un'azione congiunta di tutti i settori interessati, che garantisca l'integrità fisica e culturale del territorio regionale, nonché il miglioramento della qualità della vita dei cittadini, dei connotati di civiltà degli insediamenti urbani, delle connessioni fisiche e immateriali dirette allo sviluppo produttivo e all'esercizio della libertà dei membri della collettività calabrese;
b) promuove un uso appropriato delle risorse ambientali, naturali, territoriali e storico-culturali anche tramite le linee di pianificazione paesaggistica (3);
c) detta norme sull'esercizio delle competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali al fine di promuovere modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione e valorizzazione del suolo, attraverso la rimodulazione delle diverse competenze;
d) favorisce la cooperazione tra la Regione, le province, i comuni e le comunità montane, e valorizza la concertazione tra le forze economiche, sociali, culturali e professionali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione, o la cui attività pubblica o d'interesse pubblico possa essere incidente sull'assetto del territorio;
e) garantisce la semplificazione dei procedimenti amministrativi, assicurando la trasparenza dei processi decisionali e promuove la partecipazione dei cittadini alla formazione delle scelte che incidono sulla qualità dello sviluppo e sull'uso delle risorse ambientali.
3. Ciascuna Amministrazione titolare di poteri di pianificazione territoriale ed urbanistica, contestualmente all'atto che dà avvio ai procedimenti previsti dalla presente legge, nomina, ai sensi dell'articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni, un responsabile dell'intero procedimento affidandogli, altresì, il compito di curare le attività relative alla pubblicità dello stesso e di assicurare a chiunque la conoscenza tempestiva delle decisioni e l'accesso ai relativi supporti conoscitivi e di adottare le forme più idonee per favorire la partecipazione dei cittadini singoli o associati al processo decisionale.
4. La Giunta regionale, al fine di garantire l'omogeneità della documentazione nel territorio regionale, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con proprio atto individua gli elaborati ed ogni altra documentazione tecnica facente parte degli strumenti di pianificazione territoriale.
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(3) Lettera così modificata dall'art. 1, primo comma, primo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 2
Partecipazione.
1. Nei procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica sono assicurate:
a) la concertazione con le forze economiche e sociali nonché con le categorie tecnico-professionali, in merito agli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire;
b) le specifiche forme di pubblicità per la tutela degli interessi coinvolti, anche diffusi;
c) il raccordo tra i soggetti preposti alla gestione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, i soggetti preposti alla salvaguardia dei beni e delle risorse presenti sul territorio, i soggetti titolari della gestione di attività incidenti sul territorio, con particolare riferimento alla mobilità delle persone e delle merci, all'energia, al turismo, al commercio e alle altre attività produttive rilevanti.
2. Nell'ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive, deve essere garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento, attraverso la più ampia pubblicità degli atti comunque concernenti la pianificazione, assicurando altresì il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti interessati e l'indicazione delle motivazioni in merito all'accoglimento o meno delle stesse.
3. Ogni Comune, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, individua un apposito luogo della casa comunale, immediatamente accessibile al pubblico ovvero sul prospetto principale della stessa, nel quale sono affisse in modo visibile per trenta giorni continuativi, le comunicazioni degli atti e provvedimenti adottati in merito all'attività edilizia ed urbanistica in corso nel territorio comunale. Nelle predette comunicazioni sono contestualmente indicate le modalità per accedere al testo integrale degli atti e provvedimenti.
4. La mancata esposizione delle comunicazioni di cui al comma precedente, delle quali viene tenuto apposito registro accessibile al pubblico presso il responsabile del procedimento, comporta l'inefficacia degli atti, che può essere fatta rilevare da chiunque vi abbia interesse. La corretta tenuta del registro è affidata al responsabile del procedimento anche per le eventuali conseguenze della citata inefficacia.
Art. 3
Princìpi generali della Pianificazione territoriale urbanistica (4).
1. La pianificazione territoriale ed urbanistica si fonda sul princìpio della chiara e motivata esplicitazione delle proprie determinazioni. A tal fine le scelte operate sono elaborate sulla base della conoscenza, sistematicamente acquisita, dei caratteri fisici, morfologici ed ambientali del territorio, delle risorse, dei valori e dei vincoli territoriali anche di natura archeologica, delle utilizzazioni in corso, dello stato della pianificazione in atto, delle previsioni dell'andamento demografico e migratorio, nonché delle dinamiche della trasformazione economico-sociale, e sono definite sia attraverso la comparazione dei valori e degli interessi coinvolti, sia sulla base del princìpio generale della sostenibilità ambientale dello sviluppo.
2. La pianificazione territoriale e urbanistica si informa ai seguenti obbiettivi generali:
a) promuovere un ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e del sistema produttivo;
b) assicurare che i processi di trasformazione preservino da alterazioni irreversibili i connotati materiali essenziali del territorio e delle sue singole componenti e ne mantengano i connotati culturali conferiti dalle vicende naturali e storiche;
c) migliorare la qualità della vita e la salubrità degli insediamenti urbani;
d) ridurre e mitigare l'impatto degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali;
e) promuovere la salvaguardia, la valorizzazione ed il miglioramento delle qualità ambientali, architettoniche, culturali e sociali del territorio urbano, attraverso interventi di riqualificazione del tessuto esistente, finalizzati anche ad eliminare le situazioni di svantaggio territoriale;
f) prevedere l'utilizzazione di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti, ovvero dalla loro riorganizzazione e riqualificazione.
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(4) Vedi, anche, la Delib.G.R. 23 dicembre 2005, n. 1136.
Art. 4
Sussidarietà.
1. Sono demandate ai comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall'ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed alle province, le quali esercitano esclusivamente le funzioni di pianificazione che implicano scelte di interesse sovracomunale.
Art. 5
I sistemi della Pianificazione territoriale urbanistica.
1. I sistemi naturalistico-ambientale, insediativo e relazionale della Regione Calabria sono oggetto della pianificazione territoriale e urbanistica:
a) il sistema naturalistico ambientale è costituito dall'intero territorio regionale non interessato dagli insediamenti e/o dalle reti dell'armatura urbana ma con gli stessi interagente nei processi di trasformazione, conservazione e riqualificazione territoriale;
b) il sistema insediativo è costituito dagli insediamenti urbani periurbani e diffusi, residenziali, industriali/artigianali, agricolo-produttivi e turistici;
c) il sistema relazionale è costituito dalle reti della viabilità stradale e ferroviaria; dalle reti di distribuzione energetica, dalle comunicazioni, dai porti, aeroporti ed interporti, centri di scambio intermodale.
2. La definizione dei sistemi di cui al comma precedente è compito prioritario e specifico della Regione che vi provvede attraverso la redazione del Quadro Territoriale Regionale (Q.T.R.), individuando (5):
a) per il sistema naturalistico-ambientale:
- le unità geomorfologiche e paesaggistiche ambientali;
- i corridoi di conflittualità ambientale;
- i corridoi di continuità ambientale;
- gli areali civici e collettivi silvo-ambientali (6);
- gli areali di valore;
- gli areali di rischio;
- gli areali di conflittualità;
- gli areali di abbandono/degrado;
- gli areali di frattura della continuità morfologica - ambientale;
b) per il sistema insediativo:
- gli ambiti urbani suddivisi in:
- suoli urbanizzati;
- suoli non urbanizzati;
- suoli riservati all'armatura urbana;
- gli ambiti periurbani suddivisi in:
- suoli agricoli abbandonati contigui agli ambiti urbani;
- suoli agricoli di uso civico e collettivi contigui agli ambiti urbani (7);
- sistemi insediativi diffusi extraurbani privi di organicità;
c) per il sistema relazionale che in ambito urbano fa parte dei suoli riservati all'armatura urbana:
- il sistema della viabilità stradale costituito dalle strade statali, regionali, provinciali, comunali e/o vicinali;
- il sistema ferroviario, costituito dalla rete delle ferrovie statali, regionali e/o in concessione;
- il sistema dei porti ed aeroporti, interporti/centri di scambio intermodale;
- il sistema delle reti energetiche, costituito da elettrodotti, metanodotti, oleodotti, acquedotti;
- il sistema delle telecomunicazioni, costituito dalle reti e dai nodi dei sistemi telefonici, informatici e simili.
3. I sistemi di cui al comma 1 devono essere considerati anche con riferimento alla loro eventuale continuità relazionale con i territori delle Regioni limitrofe.
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(5) Alinea così modificato dall'art. 1, primo comma, secondo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(6) Alinea aggiunto dall'art. 1, primo comma, terzo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(7) Alinea aggiunto dall'art. 1, primo comma, quarto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 6
Modalità di intervento e di uso.
1. La pianificazione territoriale ed urbanistica si attua, ai fini della presente legge, attraverso definizioni, valutazioni e previsioni di intervento e di uso del territorio.
2. Le modalità di intervento si articolano in azioni tipologiche così definite:
a) conservazione: il cui fine è mantenere, ripristinare o restaurare i connotati costitutivi dei sistemi naturalistico ambientali, insediativi e relazionali, ovvero di loro parti o componenti, nonché degli usi compatibili a loro afferenti;
b) trasformazione: il cui fine è l'adeguamento dei sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, ovvero di loro parti o componenti, mediante l'introduzione di nuove soluzioni funzionali e di forma, purché compatibili con i loro connotati costitutivi e di uso;
c) nuovo impianto: il cui fine è la previsione di ampliamenti e/o di nuove parti dei sistemi insediativi e relazionali, eventualmente mutando le condizioni naturali preesistenti, previa verifica di compatibilità e di coerenza.
3. Le modalità d'uso si articolano nelle seguenti tipologie:
a) insediativa;
b) produttiva;
c) culturale per la crescita sociale dei singoli e delle comunità;
d) infrastrutturale, materiale ed immateriale;
e) agricola-forestale;
f) uso misto.
Art. 7
Gli ambiti della pianificazione territoriale.
1. Sono ambiti istituzionali di pianificazione:
a) il territorio regionale;
b) il territorio delle province;
c) il territorio dei comuni, dei loro consorzi e delle loro unioni;
d) gli ambiti territoriali e gli specchi d'acqua compresi nei parchi e nelle riserve naturali nazionali e regionali;
e) gli ambiti territoriali compresi nei bacini regionali ed interregionali nonché quelli di pianificazione paesaggistica, come definiti dal QTR ai sensi degli articoli 135, 143 e 146, D.Lgs. n. 42/2004 (8);
f) i territori dei consorzi di bonifica.
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(8) Lettera così modificata dall'art. 1, primo comma, quinto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 8
Sistema informativo territoriale e Osservatorio delle trasformazioni territoriali (S.I.T.O.).
1. È istituito presso l'Assessorato all'urbanistica e governo del territorio della Regione il Sistema Informativo Territoriale e l'Osservatorio delle trasformazioni territoriali (S.I.T.O.) (9). In esso confluiscono tutti gli atti di pianificazione, le informazioni cartografiche realizzate degli Enti ed Organismi regionali e sub-regionali e le risorse a tale scopo destinate.
2. Il S.I.T.O. costituisce lo strumento conoscitivo di base per la definizione delle strategie e degli atti di governo del territorio, ivi compresa l'allocazione in quest'ultimo delle risorse, per la verifica dei loro effetti.
3. Il S.I.T.O.:
a) cura la realizzazione della cartografia di base regionale e delinea norme e criteri per la formazione della cartografia tematica informatizzata;
b) approfondisce e diffonde la conoscenza delle risorse e delle trasformazioni del territorio regionale;
c) fornisce ai soggetti competenti per la programmazione economica ed alla pianificazione territoriale ed urbanistica le informazioni necessarie per la redazione, la verifica e l'adeguamento dei diversi strumenti, comprese le informazioni riguardanti i progetti d'intervento finanziati e/o cofinanziati dall'Unione, dello Stato e delle altre regioni;
d) registra gli effetti indotti dall'applicazione delle normative e dall'azione di trasformazione del territorio;
e) sviluppa e coordina i flussi informativi tra gli enti titolari dell'informazione territoriale presenti nella Regione; i flussi ed i dati suddetti vengono costantemente implementati dalle informazioni trasmesse dalle Amministrazioni Comunali e dagli altri enti titolari di potestà urbanistica concernenti il rilascio dei permessi di costruire e di altri atti abilitativi rilevanti ai fini del presente articolo; a tal fine il S.I.T.O. si implementa di un sistema di collegamento costante con gli sportelli unici per l'edilizia istituiti presso le province ed i comuni ai sensi dell'art. 71 (10);
f) predispone criteri, requisiti e metodi di misurazione dell'efficienza e dell'efficacia delle procedure di allocazione delle risorse nel territorio e degli strumenti urbanistici, nonché delle loro interrelazioni e modalità di attuazione, anche ai fini dell'attività normativa di indirizzo e di coordinamento della Regione e degli enti locali;
g) favorisce la conoscenza dei dati relativi ad esperienze rilevanti realizzate nell'Unione, nella Repubblica e nella Regione riguardanti le metodologie tecniche e i risultati ottenuti nella pianificazione e gestione del territorio;
h) stabilisce collegamenti con i corrispondenti servizi informativi dell'Unione, della Repubblica e delle altre regioni;
i) promuove servizi di informazione al cittadino.
4. Il S.I.T.O. realizza, altresì, annualmente:
a) il programma regionale delle attività in ordine alle procedure di allocazione delle risorse, agli strumenti conoscitivi e di controllo di queste sul piano territoriale con le connesse rilevazioni cartografiche;
b) la sintesi informativa in ordine alle trasformazioni territoriali regionali e al relativo contesto geo-economico.
5. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'urbanistica e governo del territorio, sentita la commissione consiliare competente nonché la rappresentanza dell'U.P.I., dell'A.N.C.I., dell'U.N.C.E.M. e della Lega delle Autonomie Locali predispone ed approva nel termine di 120 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, la delibera di costituzione ed organizzazione del S.I.T.O., comprensiva delle dotazioni organiche, strumentali e finanziarie del sistema stesso (11).
6. Il S.I.T.O. trasmette ogni anno al Consiglio regionale, in occasione della presentazione della proposta del bilancio regionale di previsione, una dettagliata relazione, da pubblicare sul Bollettino Ufficiale della Regione, sullo stato di avanzamento del processo di pianificazione territoriale e sullo stato di attuazione delle relative previsioni.
7. In sede di applicazione delle norme del presente articolo sono fatti salvi i contenuti e gli effetti della Delib.G.R. 4 dicembre 2000, n. 1008 e della Delib.G.R. 26 febbraio 2002, n. 145 (12).
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(9) Periodo così modificato dall'art. 1, primo comma, sesto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(10) Lettera così modificata dall'art. 1, primo comma, settimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(11) Comma così modificato dall'art. 1, primo comma, ottavo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(12) Comma aggiunto dall'art. 6, comma 9, L.R. 22 maggio 2002, n. 23.
Art. 8-bis
Politica del paesaggio e istituzione dell'Osservatorio Regionale per il Paesaggio.
1. La Regione recepisce la Convenzione Europea del Paesaggio firmata a Firenze il 20 ottobre 2000 e ratificata con legge n. 14/2006, aderisce alla RECEP (Rete Europea degli Enti territoriali per l'attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio) e attua i contenuti della "Carta Calabrese del Paesaggio" sottoscritta il 22 giugno 2006 da Regione, Province, ANCI, Università, Parchi e Direzione regionale per i Beni culturali e Paesaggistici.
2. In attuazione della Convenzione Europea del Paesaggio e della "Carta Calabrese del Paesaggio", la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'Urbanistica e Governo del Territorio, istituisce "l'Osservatorio Regionale per il Paesaggio" con lo scopo di promuovere azioni specifiche per l'affermazione di una politica di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio nel rispetto della normativa nazionale vigente (13).
3. Le funzioni esercitate dall'Osservatorio Regionale per il Paesaggio sono le seguenti:
a) coordina l'attività culturale, scientifica e organizzativa in materia di sensibilizzazione, formazione ed educazione, fornendo supporto tecnico e scientifico all'attuazione delle leggi nazionali e regionali in materia, e promuovendo il raccordo con gli organi di competenza statale ed europea;
b) elabora e gestisce strumenti per la tutela-valorizzazione del Paesaggio su tutto il territorio regionale, anche attraverso la redazione di appositi strumenti di rilevazione finalizzati alla identificazione - caratterizzazione degli ambiti paesaggistici della Calabria;
c) coordina, le attività di manutenzione e aggiornamento della Banca dati appositivamente costruita per la identificazione dei sistemi paesaggistici della Regione;
d) promuove il raccordo tra le azioni della Regione e degli Enti locali per la promozione del territorio partecipando alla definizione degli obiettivi strategici degli Assessorati regionali e della Commissione Consiliare competente direttamente o indirettamente interessati ai temi del Paesaggio.
4. In attuazione della Carta Calabrese del Paesaggio, l'Assessorato regionale all'Urbanistica e Governo del territorio elabora il Documento relativo alla "Politica del Paesaggio per la Calabria". Il suddetto documento finalizzato a definire i principi generali, le strategie e gli orientamenti che consentono l'adozione, da parte degli enti competenti, di misure specifiche finalizzate a salvaguardare, gestire e/o progettare il paesaggio in tutto il territorio regionale, dovrà essere elaborato in sintonia con le "Linee-Guida della Pianificazione Regionale" e costituirà parte integrante del Quadro Territoriale Regionale. Esso dovrà essere sottoposto al parere vincolante della Commissione Consiliare di competenza (14).
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(13) Comma così modificato dall'art. 1, commi 1 e 2, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29.
(14) Articolo aggiunto dall'art. 1, primo comma, nono alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14, poi così modificato come indicato nella nota che precede.
Art. 9
Nucleo di valutazione urbanistico-territoriale.
1. La Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'urbanistica e governo del territorio istituisce il nucleo di valutazione urbanistico-territoriale della Regione Calabria (15).
2. È compito del nucleo:
a) monitorare le attività di valutazione di cui al successivo art. 10;
b) esprimere alla Giunta regionale pareri in merito alla definizione del Q.T.R. ed i suoi rapporti con il Sistema Informativo Territoriale; parere sulle prescrizioni di carattere territoriale degli atti e documenti della pianificazione settoriale regionale e loro traduzione in termini informatici;
c) predisporre un rapporto annuale sullo stato della pianificazione del territorio regionale da presentarsi alla Giunta regionale che con proprio parere, entro 30 giorni dalla ricezione, lo trasmetterà con propria delibera al Consiglio regionale per la definitiva approvazione;
d) fornire, su richiesta, ogni forma di assistenza alle strutture del S.I.T.O. e agli sportelli unici per l'edilizia.
3. Del nucleo di valutazione fanno parte:
- l'Assessore regionale all'urbanistica e governo del territorio che lo presiede (16);
- i Dirigenti dei Servizi urbanistica e governo del territorio del Dipartimento regionale relativo (17);
- il segretario dell'Autorità di bacino;
- gli Assessori Provinciali all'uopo delegati dalla Giunta Provinciale;
- un delegato dell'A.N.C.I., uno dell'U.N.C.E.M. e uno dell'A.N.C.E.;
- un delegato in rappresentanza dei parchi della Regione Calabria;
- un rappresentante per ciascuno degli Ordini professionali degli Architetti-pianificatori-paesaggisti-conservatori, degli Ingegneri, dei Geologi, degli Agronomi e Forestali, nonché dei Geometri (18);
- un rappresentante designato da ognuna delle Università Calabresi;
- un rappresentante dell'Unione regionale delle bonifiche;
- un rappresentante dell'Unione piccoli comuni;
- un rappresentante unitario delle organizzazioni ambientaliste e protezioniste (19);
- un rappresentante delle organizzazioni sindacali dei lavoratori (20);
- un delegato della Lega delle Autonomie Locali (21).
4. da 5 esperti nominati dal Presidente della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale all'Urbanistica e Governo del Territorio, con particolare competenza in materia di pianificazione urbanistica, territoriale, tutela e conservazione del patrimonio storico architettonico e paesaggistico della Calabria e di difesa e gestione del rischio geologico, idrogeologico e di riduzione del rischio sismico (22).
5. I componenti il Nucleo di Valutazione sono nominati con decreto del Presidente della Giunta regionale e durano in carica per l'intera durata della legislatura e comunque fino alla designazione dei sostituti.
6. La legge regionale di bilancio approvata nell'anno di costituzione del nucleo provvederà alla allocazione dei relativi oneri per il funzionamento del nucleo stesso nel corso della legislatura.
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(15) Comma così modificato dall'art. 1, primo comma, decimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(16) Alinea così modificato dall'art. 1, primo comma, undicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(17) Alinea così modificato dall'art. 1, primo comma, undicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(18) Alinea così sostituito dall'art. 1, primo comma, dodicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «- un delegato designato di concerto dai Presidenti degli Ordini provinciali degli architetti e dell'ordine provinciale degli ingegneri.».
(19) Alinea aggiunto dall'art. 1, primo comma, tredicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(20) Alinea aggiunto dall'art. 1, primo comma, tredicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(21) Alinea aggiunto dall'art. 1, primo comma, tredicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(22) Comma così sostituito dall'art. 1, primo comma, quattordicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «4. Da 3 esperti nominati dal Presidente della Giunta regionale, con particolare competenza in materia di pianificazione urbanistica, territoriale, tutela e conservazione del patrimonio storico architettonico e paesaggistico della Calabria.».
Art. 10
Valutazione di Sostenibilità, di impatto ambientale e strategica (23).
1. La Regione, le province e i comuni provvedono, nell'ambito dei procedimenti di elaborazione e di approvazione dei propri piani, alla valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale degli effetti derivanti dalla loro attuazione, nel rispetto della normativa dell'Unione Europea e della Repubblica, attraverso le verifiche di coerenza e compatibilità.
2. La verifica di coerenza accerta che i sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, definiti in base ai princìpi ed alle procedure di cui alla presente legge, siano coerenti con quelle della pianificazione vigente, ai diversi livelli, e si applica agli obiettivi della pianificazione strutturale ed operativa; vale a dire:
a) alla tutela e conservazione del sistema naturalistico-ambientale;
b) all'equilibrio e funzionalità del sistema insediativo;
c) all'efficienza e funzionalità del sistema relazionale;
d) alla rispondenza con i programmi economici.
3. La verifica di compatibilità accerta che gli usi e le trasformazioni del territorio siano compatibili con i sistemi naturalistico-ambientali, insediativi e relazionali, definiti in base ai princìpi e alle procedure di cui alla presente legge. Essa trova applicazione nelle modalità di intervento della pianificazione strutturale ed operativa ed è rivolta:
a) a perseguire la sostenibilità degli interventi antropici rispetto alla quantità e qualità delle acque superficiali e sotterranee, alla criticità idraulica del territorio ed all'approvvigionamento idrico, alla capacità di smaltimento dei reflui, ai fenomeni di dissesto idrogeologico e di instabilità geologica, alla riduzione ed alla prevenzione del rischio sismico, al risparmio e all'uso ottimale delle risorse energetiche e delle fonti rinnovabili;
b) a rendere possibile il restauro e la riqualificazione del territorio, con miglioramento della funzionalità complessiva attraverso una razionale distribuzione del peso insediativo della popolazione e delle diverse attività;
c) a realizzare una rete di infrastrutture, impianti, opere e servizi che assicurino la circolazione delle persone, delle merci e delle informazioni, realizzata anche da sistemi di trasporto tradizionali od innovativi, con la relativa previsione di forme d'interscambio e connessione, adottando soluzioni tecniche e localizzative finalizzate alla massima riduzione degli impatti sull'ambiente.
4. Gli enti titolari del governo del territorio, preliminarmente alla adozione degli atti di pianificazione strutturale danno vita a procedure di verifica della coerenza e della compatibilità di tali atti con gli strumenti della pianificazione urbana e territoriale e con i piani di settore ove esistenti, ai fini della valutazione di sostenibilità. Tale verifica potrà essere effettuata, quando necessario, facendo ricorso alla Valutazione Ambientale Strategica (VAS) ai sensi della Direttiva 2001/42/CE (24).
5. Le procedure di verifica sono attuate attraverso la Conferenza di pianificazione, convocata ai sensi dell'articolo 13.
6. Nelle ipotesi contemplate nella direttiva 2001/42/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, pubblicata in Gazzetta Ufficiale 21 luglio 2001, n. 197 si opera in conformità alle disposizioni contenute nella direttiva stessa specie per quanto attiene gli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 8 e 9.
7. Lo studio di impatto ambientale deve riguardare l'insieme degli effetti, diretti ed indiretti, a breve e a lungo termine, permanenti e temporanei, singoli e cumulativi, positivi e negativi, che i piani anzidetti hanno sull'ambiente, inteso come sistema complesso delle risorse naturali ed umane (uomo, fauna, flora, suolo e sottosuolo, mare, acque superficiali e sotterranee, aria, clima, paesaggio, ambiente urbano e rurale) e delle loro reciproche interazioni (25). Nelle procedure di formazione e di approvazione degli strumenti di pianificazione qualunque soggetto può presentare, nei periodi di pubblicazione previsti, osservazioni e proposte in ordine alla compatibilità ambientale e di esse deve tenersi conto ai fini dell'approvazione dello strumento. In sede di definitivo recepimento nell'ordinamento regionale della citata direttiva 2001/42/CE, da effettuarsi entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge saranno definite le norme procedimentali di dettaglio e la relativa competenza. Fino a tale data le determinazioni in merito alle richieste di valutazione di impatto ambientale sono adottate dalla Giunta regionale su proposta degli Assessori all'urbanistica e governo del territorio e all'ambiente (26).
8. Le determinazioni di cui al precedente comma 7 si intendono applicate alla valutazione di impatto ambientale (VIA) di progetti relativi ad opere di interesse regionale e sub regionale, ai sensi del D.P.C.M. 27 dicembre 1988 e seguenti nonché degli elenchi allegati (27).
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(23) Rubrica così sostituita dall'art. 1, primo comma, quindicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Valutazione di sostenibilità e di impatto ambientale.».
(24) Periodo aggiunto dall'art. 1, primo comma, sedicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(25) Periodo così modificato dall'art. 1, primo comma, diciassettesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(26) Periodo così modificato dall'art. 1, primo comma, diciassettesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(27) Comma aggiunto dall'art. 1, primo comma, diciottesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
TITOLO II
Partecipazione e Concertazione
Art. 11
Partecipazione dei cittadini.
1. I procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di governo del territorio, prevedono quali loro componenti essenziali:
a) la concertazione tra le amministrazioni procedenti e le forze sociali ed economiche sugli obiettivi della pianificazione attraverso la costituzione di Organismi consultivi cui partecipano le seguenti Associazioni regionali:
- un rappresentante dell'U.P.I.;
- un rappresentante dell'A.N.C.I.;
- un rappresentante dell'U.N.C.E.M.;
- un rappresentante dell'A.N.C.E.;
- un rappresentante per ciascuna delle Federazioni degli Ordini professionali degli architetti - pianificatori - paesaggisti - conservatori, degli agronomi, geologi ed ingegneri, nonché dei geometri;
- un rappresentante unitario delle organizzazioni ambientaliste e protezioniste, un rappresentante delle organizzazioni professionali agricole operanti sul territorio;
- un rappresentante dell'Associazione piccoli comuni (ANPC);
b) specifiche forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela d'interessi diffusi.
2. Gli Enti locali possono prevedere che, nei medesimi procedimenti, ai sensi del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 e della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni, siano previste ulteriori forme di pubblicità e di consultazione oltre a quelle della presente legge.
3. Nell'ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive, è garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento attraverso la più ampia pubblicità degli atti e documenti concernenti la pianificazione ed assicurando il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti intervenuti e l'indicazione delle motivazioni in merito all'accoglimento o meno delle stesse, anche ai sensi del precedente articolo 1.
4. Nell'attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici preordinati all'esproprio deve essere garantito il diritto al contraddittorio degli interessati con l'amministrazione procedente.
5. Il responsabile del procedimento cura tutte le attività relative alla pubblicità, all'accesso agli atti e documenti ed alla partecipazione al procedimento d'approvazione. Il responsabile è individuato nell'atto d'avvio dei procedimenti di approvazione dei piani.
6. I Comuni per promuovere la partecipazione allargata dei cittadini alla definizione degli strumenti urbanistici e delle politiche di sviluppo e governo del territorio comunale nonché favorire una reale attività di partecipazione e condivisione collettiva anche per le attività progettuali riferite a opere di rilievo e di interesse pubblico e nel rispetto del principio della sostenibilità, istituiscono e gestiscono con personale adeguato, specifici "laboratori di partecipazione" che possono essere organizzati, in funzione delle specifiche necessità e situazioni anche in maniera diffusa, ma coordinata e in rete, nel contesto cittadino e più in generale territoriale e intercomunale. I laboratori di partecipazione, in relazione allo strumento urbanistico che si dovrà redigere e attuare (Strumenti di pianificazione comunale - strumenti di pianificazione comunale in forma associata, strumenti di pianificazione negoziata come definiti dalla presente legge e piani strategici e di sviluppo) ed anche in funzione di specifiche esigenze locali, possono essere articolati in:
a) laboratori urbani;
b) laboratori di quartiere;
c) laboratori territoriali (28).
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(28) Comma aggiunto dall'art. 1, primo comma, diciannovesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 12
Concertazione istituzionale.
1. La Regione, le province e i comuni, nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, conformano la propria attività al metodo della concertazione con gli altri Enti pubblici territoriali e con le altre Amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti.
2. Sono strumenti della concertazione istituzionale la Conferenza di pianificazione, la Conferenza di servizi e l'accordo di programma.
Art. 13
Conferenze di pianificazione.
1. La Regione, le province ed i comuni, in occasione della formazione, dell'aggiornamento e della variazione dei piani di propria competenza convocano apposite conferenze di pianificazione, chiamando a parteciparvi gli enti territorialmente interessati ed invitandoli a valutare un documento preliminare in ordine alla compatibilità ed alla coerenza delle scelte pianificatorie con le previsioni degli strumenti di pianificazione sovraordinati ed alla realizzazione delle condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio.
2. Il documento preliminare viene elaborato dall'Ente che indice la Conferenza e, contestualmente alla convocazione della Conferenza medesima, trasmesso a tutti i soggetti invitati.
3. Alla Conferenza partecipano gli enti territoriali e le Amministrazioni che concorrono alla procedura di formazione del piano mediante atti deliberativi, consultivi, di intesa o di assenso comunque denominati; possono altresì, partecipare altre Amministrazioni ed enti di gestione rappresentativi degli interessi coinvolti.
4. Nella Conferenza di pianificazione le forze economiche e sociali, di cui al comma 1 lettera a) del precedente articolo 11, concorrono alla definizione degli obiettivi e delle scelte dei piani delineate dal documento preliminare.
5. Ogni amministrazione partecipa alla Conferenza con un unico rappresentante, legittimato ai sensi di legge dai rispettivi Organismi titolari dei poteri, che esprime definitivamente ed in modo vincolante le valutazioni e la volontà dell'ente.
6. Le Amministrazioni, gli Enti e le Associazioni partecipanti alla Conferenza espongono le loro osservazioni, proposte e valutazioni, delle quali si dà atto in un apposito verbale che l'amministrazione procedente è tenuta a considerare nel processo di pianificazione avviato.
7. La Conferenza deve concludersi nel termine di quarantacinque giorni e l'amministrazione procedente deve assicurare la pubblicità degli esiti della concertazione.
Art. 14
Conferenze di servizi.
1. Il procedimento semplificato di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni ed integrazioni è applicabile per l'approvazione di progetti di opere e di interventi che, nel rispetto della pianificazione regionale e provinciale, necessitano di pareri, nulla - osta, intese o assensi comunque denominati da parte di altre Amministrazioni titolate ad esprimerli.
2. Qualora l'approvazione dei progetti da parte della Conferenza di servizi comporti variante al PRG o si sostituisca agli strumenti di attuazione di esso:
a) l'atto di impulso dell'autorità procedente deve essere adeguatamente circostanziato e motivato sulle ragioni di convenienza e di urgenza per il ricorso al procedimento semplificato di cui al presente articolo;
b) se ne deve dare atto nella prima seduta della Conferenza anche agli effetti di quanto disposto nelle successive lettere c) e d);
c) la relativa pronuncia dell'amministrazione comunale deve essere preceduta da conforme deliberazione del consiglio comunale;
d) la deliberazione consiliare di cui alla lettera c), unitamente agli atti presentati nel corso della prima seduta della Conferenza è depositata a cura del Comune interessato a libera visione del pubblico per 30 giorni consecutivi, previo avviso affisso all'albo pretorio e divulgato a mezzo manifesti sull'intero territorio comunale ai fini dell'eventuale presentazione nello stesso periodo di osservazione da parte di chiunque vi abbia interesse;
e) le osservazioni vengono presentate al Comune interessato il quale, entro quindici giorni, le istruisce per quanto di competenza per la loro sottoposizione alla decisione della Conferenza medesima in seduta deliberante da convocare comunque entro il termine di 90 giorni decorrenti dalla data della prima seduta della stessa.
3. Le deliberazioni adottate sostituiscono a tutti gli effetti gli atti dei rispettivi procedimenti ordinari, fermo restando che qualora esse comportino sostanziali modifiche al progetto sul quale si è già pronunciato il Consiglio comunale ai sensi del comma 2, lettera c), e non sia stato preventivamente acquisito il suo assenso, la loro efficacia è subordinata alla ratifica da parte di tale organo da adottarsi entro trenta giorni dalla data di assunzione delle deliberazioni stesse.
4. Delle determinazioni conclusive assunte dalla Conferenza di servizi è data notizia mediante avviso recante l'indicazione della sede di deposito degli atti di pianificazione approvati, da pubblicarsi sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione locale.
5. Per quanto non previsto nel presente articolo si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14, 14-bis e 14-ter della legge n. 241/1990 e successive modificazioni ed integrazioni.
6. I procedimenti di cui al presente articolo devono concludersi entro e non oltre 90 giorni dalla data di inizio.
7. In sede di prima applicazione per i procedimenti di cui al precedente comma 2 già avviati e per i quali non siano state conclude le procedure propedeutiche alla pronuncia definitiva del Consiglio comunale ai sensi dell'articolo 25 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, si procede secondo le disposizioni del presente articolo.
Art. 15
Accordo di programma.
1. Per l'attuazione dei piani territoriali di livello regionale, interregionale, provinciale e comunale, nonché per l'attuazione dei patti territoriali, dei contratti di programma, ovvero per l'attuazione di tutte le altre forme di concertazione economico-finanziaria, ivi compresi interventi ed opere pubbliche o di interesse pubblico promosse da soggetti istituzionali, da Organismi misti o dal mercato, i soggetti interessati promuovono la conclusione di un accordo di programma, ai sensi dell'articolo 34 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Per le conferenze di servizio convocate per l'attuazione dell'accordo di cui al primo comma si applicano le norme statali vigenti.
TITOLO III
Opere di interesse generale
Art. 16
Opere di interesse statale.
1. La volontà di intesa, in ordine alla localizzazione delle opere pubbliche statali e di interesse statale non conformi agli strumenti urbanistici, è espressa dalla Giunta regionale previa convocazione di una Conferenza dei servizi, alla quale partecipano le province, i comuni e gli altri enti territorialmente interessati.
2. Qualora l'opera statale incida su aree destinate dagli strumenti urbanistici comunali al soddisfacimento dello standard dei servizi alla popolazione, il Comune, in sede di Conferenza dei servizi, può chiedere all'amministrazione statale procedente interventi compensativi, al fine di recuperare le aree necessarie alla realizzazione di detti servizi.
3. La procedura finalizzata all'intesa Stato - Regione non trova applicazione in relazione ad opere prive di specifica incidenza urbanistica, quali quelle rientranti nelle tipologie individuate dall'articolo 3, lettera b) e c), del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, per la cui realizzazione è sufficiente l'invio al Comune, da parte dell'amministrazione statale interessata, di una relazione illustrante le caratteristiche dell'intervento, anche al fine di consentire all'Amministrazione comunale, ove ritenga che il progetto non sia riconducibile alle tipologie anzidette, di sollecitare alla Regione l'attivazione delle procedure d'intesa.
4. Per la realizzazione di opere di competenza e di interesse statale non occorre il rilascio del permesso di costruire.
TITOLO IV
Strumenti e contenuti della pianificazione
Art. 17
Quadro territoriale regionale. (Q.T.R.).
1. Il Quadro territoriale regionale (Q.T.R.) è lo strumento di indirizzo per la pianificazione del territorio con il quale la Regione, in coerenza con le scelte ed i contenuti della programmazione economico - sociale, stabilisce gli obiettivi generali della propria politica territoriale, definisce gli orientamenti per la identificazione dei sistemi territoriali, indirizza ai fini del coordinamento la programmazione e la pianificazione degli enti locali.
2. Il Q.T.R. ha valore di piano urbanistico-territoriale, ed ha valenza paesaggistica riassumendo le finalità di salvaguardia dei valori paesaggistici ed ambientali di cui all'articolo 143 e seguenti del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (29).
3. Il Q.T.R. prevede:
a) la definizione del quadro generale della tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio regionale, con l'individuazione delle azioni fondamentali per la salvaguardia dell'ambiente;
b) le azioni e le norme d'uso finalizzate tanto alla difesa del suolo, in coerenza con la pianificazione di bacino di cui alla legge n. 183/1989, quanto alla prevenzione ed alla difesa dai rischi sismici ed idrogeologici, dalle calamità naturali e dagli inquinamenti delle varie componenti ambientali;
c) la perimetrazione dei sistemi naturalistico-ambientale, insediativi e relazionale costituenti del territorio regionale, individuandoli nelle loro relazioni e secondo la loro qualità ed il loro grado di vulnerabilità e riproducibilità;
c-bis) la perimetrazione delle terre di uso civico e di proprietà collettiva, a destinazione agricola o silvo-pastorale, con le relative popolazioni insediate titolari di diritti (30);
d) le possibilità di trasformazione del territorio regionale determinate attraverso la individuazione e la perimetrazione delle modalità d'intervento di cui al precedente articolo 6 nel riconoscimento dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla legislazione statale e di quelli ad essi assimilabili ai sensi del D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 e della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (31);
e) il termine entro il quale le province devono dotarsi od adeguare il Piano Territoriale di Coordinamento di cui all'articolo 18;
f) il termine entro il quale le previsioni degli strumenti urbanistici comunali debbono adeguarsi alle prescrizioni dei Q.T.R.;
g) l'analisi dei sistemi naturalistici ambientali ai fini della loro salvaguardia e valorizzazione;
h) l'individuazione degli ambiti di pianificazione paesaggistica ai sensi dell'art. 143 del D.Lgs. n. 42/2004 (32).
4. Costituisce parte integrante del Q.T.R. la Carta regionale dei luoghi che, in attuazione dei princìpi identificati al precedente art. 5, definisce (33):
a) la perimetrazione dei sistemi che costituiscono il territorio regionale individuandone le interrelazioni a secondo della loro qualità, vulnerabilità e riproducibilità;
b) i gradi di trasformabilità del territorio regionale derivanti dalla individuazione e dalla perimetrazione delle forme e dei modelli di intervento, di cui al precedente art. 5, con la conseguente nomenclatura dei vincoli ricognitivi e morfologici derivanti dalla disciplina statale e regionale sulla tutela e valorizzazione dei beni culturali singoli ed ambientali;
c) le modalità d'uso e d'intervento dei suoli derivati dalla normativa statale di settore in materia di difesa del suolo e per essa dal Piano di Assetto idrogeologico della Regione Calabria.
4-bis. Il QTR esplicita la sua valenza paesaggistica direttamente tramite normativa di indirizzo e prescrizioni e più in dettaglio attraverso successivi Piani Paesaggistici di Ambito (PPd'A) come definiti dallo stesso QTR ai sensi del D.Lgs. n. 42/2004. Per la elaborazione del Piano Paesaggistico la Regione può ricorrere, ai sensi del comma 3, art. 143 del Dlgs. 42/04 e s.m.i., alla pianificazione congiunta con il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e con il Ministero dell'Ambiente della Tutela del Territorio e del mare, previa sottoscrizione di una apposita intesa (34) (35).
5. La Giunta regionale, entro 180 giorni dalla entrata in vigore della presente legge, elabora le linee guida della pianificazione regionale e lo schema base della Carta regionale dei luoghi (36). A tal fine, tramite il suo Presidente, indice un'apposita Conferenza di pianificazione diretta alla formulazione di un protocollo di intesa con le province e con le altre Amministrazioni competenti per la predisposizione degli atti e documenti che entreranno a far parte delle linee guida medesime, che dalla data della loro approvazione assumono il valore e l'efficacia del Q.T.R. fino all'approvazione dello stesso anche con funzione di indirizzo per tutto il processo di pianificazione ai diversi livelli (37) (38).
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(29) Comma così modificato dall'art. 2, primo comma, primo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(30) Lettera aggiunta dall'art. 2, primo comma, secondo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(31) Lettera così modificata dall'art. 2, primo comma, terzo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(32) Lettera aggiunta dall'art. 2, primo comma, quarto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(33) Alinea così modificato dall'art. 2, primo comma, quinto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(34) Periodo aggiunto dall'art. 1, comma 3, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29.
(35) Comma aggiunto dall'art. 2, primo comma, sesto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14, poi così modificato come indicato nella nota che precede.
(36) Periodo così modificato dall'art. 2, primo comma, quinto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(37) Periodo così modificato dall'art. 2, primo comma, settimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(38) Con Delib.G.R. 11 gennaio 2005, n. 5 e con Delib.G.R. 16 gennaio 2006, n. 1 sono state approvate le linee-guida ai sensi del presente comma.
Art. 17-bis
Valenza Paesaggistica del QTR e Piani Paesaggistici di Ambito.
1. La valenza paesaggistica del QTR, come indicato al comma 4-bis del precedente articolo, si esercita anche tramite Piani Paesaggistici d'Ambito.
2. I Piani Paesaggistici d'Ambito (PPd'A) sono strumenti di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale e ambientale del territorio ai sensi dell'art. 143 del D.Lgs. n. 42/2004 operanti su area vasta, sub-provinciale o sovracomunale.
3. Gli ambiti di cui ai PPd'A sono indicati dal QTR.
4. I PPd'A hanno funzione normativa, prescrittiva e propositiva a seconda dei livelli di qualità del paesaggio nei vari ambiti individuati dal QTR, assunti dai PTCP.
5. Il quadro conoscitivo relativo al PPd'A dettaglia le analisi del QTR è può essere completato dalle indagini relative al PTCP.
6. Gli scenari prospettici e gli apparati normativi dei PPd'A saranno determinati nell'elaborazione degli strumenti stessi (39).
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(39) Articolo aggiunto dall'art. 2, primo comma, ottavo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 18
Piano territoriale di coordinamento provinciale. (P.T.C.P.).
1. Il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) è l'atto di programmazione con il quale la Provincia esercita, nel governo del territorio, un ruolo di coordinamento programmatico e di raccordo tra le politiche territoriali della Regione e la pianificazione urbanistica comunale; riguardo ai valori paesaggistici ed ambientali, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 22, esso si raccorda ed approfondisce i contenuti del Q.T.R. (40).
2. Il P.T.C.P. costituisce, dalla data della sua approvazione, in materia di pianificazione paesaggistica, riferimento per gli strumenti comunali di pianificazione e per l'attività amministrativa attuativa (41). In particolare esso dettaglia il quadro conoscitivo già avanzato dal QTR e indirizza strategie e scelte tenendo conto della valenza paesaggistica del QTR e dei Piani Paesaggistici d'Ambito (42).
3. Il P.T.C.P., in relazione alla totalità del territorio provinciale, assume come riferimento le linee di azione della programmazione regionale e le prescrizioni del Q.T.R., specificandone le analisi ed i contenuti.
4. Il P.T.C.P., ferme restando le competenze dei comuni e degli Enti parco:
a) definisce i princìpi sull'uso e la tutela delle risorse del territorio provinciale, con riferimento alle peculiarità dei suoi diversi ambiti incluse le terre civiche e di proprietà collettiva e tenendo conto della pianificazione paesaggistica (43);
b) individua ipotesi di sviluppo del territorio provinciale, indicando e coordinando gli obiettivi da perseguire e le conseguenti azioni di trasformazione e di tutela;
c) stabilisce puntuali criteri per la localizzazione sul territorio degli interventi di competenza provinciale, nonché, ove necessario e in applicazione delle prescrizioni della programmazione regionale, per la localizzazione sul territorio degli interventi di competenza regionale;
d) individua, ai fini della predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, le aree da sottoporre a speciale misura di conservazione, di attesa e ricovero per le popolazionio colpite da eventi calamitosi e le aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse.
5. Il P.T.C.P. stabilisce inoltre criteri e parametri per le valutazioni di compatibilità tra le varie forme e modalità di utilizzazione delle risorse essenziali del territorio.
6. Il P.T.C.P. contiene:
a) il quadro conoscitivo delle risorse essenziali del territorio e il loro grado di vulnerabilità e di riproducibilità in riferimento ai sistemi ambientali locali, indicando, con particolare riferimento ai bacini idrografici, le relative condizioni d'uso, anche ai fini delle valutazioni di cui all'articolo 10;
b) il quadro conoscitivo dei rischi;
c) le prescrizioni sull'articolazione e le linee di evoluzione dei sistemi territoriali, urbani, rurali e montani;
d) prescrizioni, criteri ed ambiti localizzativi in funzione delle dotazioni dei sistemi infrastrutturali e dei servizi di interesse sovracomunale, nonché della funzionalità degli stessi in riferimento ai sistemi territoriali ed alle possibilità di una loro trasformazione;
e) prescrizioni localizzative indicate da piani provinciali di settore;
f) le opportune salvaguardie ai sensi dell'articolo 58.
7. Le prescrizioni dei P.T.C.P., di cui ai precedenti commi, costituiscono, unitamente alle leggi, il riferimento esclusivo per la formazione e l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, salvo quanto previsto dall'articolo 58.
8. Dall'entrata in vigore della presente legge la Provincia approva il P.T.C.P. entro il termine di 24 mesi; decorso infruttuosamente tale termine la Regione procede alla nomina di un Commissario ad acta.
9. La Provincia, con l'atto di approvazione del P.T.C.P. assegna il termine non superiore a dodici mesi per l'adeguamento ad esso degli strumenti urbanistici comunali, decorso infruttuosamente tale termine, procede alla nomina di Commissari ad acta.
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(40) Comma così modificato dall'art. 2, primo comma, nono alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(41) Periodo così modificato dall'art. 2, primo comma, decimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(42) Periodo aggiunto dall'art. 2, primo comma, undicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(43) Lettera così modificata dall'art. 2, primo comma, dodicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 19
Strumenti di pianificazione comunale.
1. Gli strumenti di pianificazione comunale sono:
a) il Piano strutturale (P.S.C.) ed il Regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.);
b) il Piano operativo temporale (P.O.T.);
c) i Piani attuativi unitari (P.A.U.);
d) gli strumenti di pianificazione negoziata, di cui all'articolo 32.
Art. 20
Piano strutturale comunale. (P.S.C.).
1. Il Piano strutturale comunale (P.S.C.) definisce le strategie per il governo dell'intero territorio comunale, in coerenza con gli obiettivi e gli indirizzi urbanistici della Regione e con gli strumenti di pianificazione provinciale espressi dal Quadro territoriale regionale (Q.T.R.), dal Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) e dal Piano di assetto idrogeologico (P.A.I.).
2. Il P.S.C. è promosso anche in assenza dei Piani sovraordinati, tenendo conto delle linee guida di cui al precedente articolo 17 ed al documento preliminare di cui al successivo articolo 26, comma 3. In esso viene stabilita l'eventuale necessità di ricorso al Piano operativo temporale e definite le relative procedure di formazione o approvazione, nonché la durata.
3. Il P.S.C.:
a) classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile, agricolo e forestale, individuando le risorse naturali ed antropiche del territorio e le relative criticità ed applicando gli standard urbanistici di cui all'art. 53 della presente legge e, fino alla emanazione della deliberazione della Giunta regionale, di cui al comma 3 dello stesso art. 53, assicurando la rigorosa applicazione del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 con gli standard e le zonizzazioni ivi previsti in maniera inderogabile e non modificabile;
b) determina le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili;
c) definisce i limiti dello sviluppo del territorio comunale in funzione delle sue caratteristiche geomorfologiche, idrogeologiche, pedologiche, idraulico-forestali ed ambientali;
d) disciplina l'uso del territorio anche in relazione alla valutazione delle condizioni di rischio idrogeologico e di pericolosità sismica locale come definiti dal piano di assetto idrogeologico o da altri equivalenti strumenti;
e) individua le aree per le quali sono necessari studi ed indagini di carattere specifico ai fini della riduzione del rischio ambientale;
f) individua in linea generale le aree per la realizzazione delle infrastrutture e delle attrezzature pubbliche, di interesse pubblico e generale di maggiore rilevanza;
g) delimita gli ambiti urbani e perurbani soggetti al mantenimento degli insediamenti o alla loro trasformazione;
h) individua gli ambiti destinati all'insediamento di impianti produttivi rientranti nelle prescrizioni di cui al D.Lgs. 17 agosto 1999, n. 333 ed alla relativa disciplina di attuazione;
i) definisce per ogni ambito, i limiti massimi della utilizzazione edilizia e della popolazione insediabile nonché i requisiti quali - quantitativi ed i relativi parametri, le aree in cui è possibile edificare anche in relazione all'accessibilità urbana, le aree dove è possibile il ricorso agli interventi edilizi diretti in ragione delle opere di urbanizzazione esistenti ed in conformità alla disciplina generale del regolamento edilizio urbanistico;
i) delimita e disciplina gli ambiti di tutela e conservazione delle porzioni storiche del territorio; ne individua le caratteristiche principali, le peculiarità e le eventuali condizioni di degrado e di abbandono valutando le possibilità di recupero, riqualificazione e salvaguardia;
j) delimita e disciplina ambiti a valenza paesaggistica ed ambientale ad integrazione del Piano di ambito, se esistente, oppure in sua sostituzione, se non esistente e raccorda ed approfondisce i contenuti paesistici definiti dalla Provincia;
k) qualifica il territorio agricolo e forestale in allodiale civico e collettivo secondo le specifiche potenzialità di sviluppo (44);
l) individua gli ambiti di tutela del verde urbano e periurbano valutando il rinvio a specifici piani delle politiche di riqualificazione, gestione e manutenzione;
m) individua le aree necessarie per il Piano di Protezione Civile;
n) individua e classifica i nuclei di edificazione abusiva, ai fini del loro recupero urbanistico nel contesto territoriale ed urbano;
o) indica la rete ed i siti per il piano di distribuzione dei carburanti in conformità al piano regionale;
p) individua, ai fini della predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, le aree, da sottoporre a speciale misura di conservazione, di attesa e ricovero per le popolazioni colpite da eventi calamitosi e le aree di ammassamento dei soccorritori e delle risorse.
4. Per garantire la realizzazione delle finalità di cui al comma 2, il P.S.C. deve essere integrato da:
a) una relazione geomorfologica, corredata di cartografia tematica sufficientemente rappresentativa delle condizioni di pericolosità geologica e di rischio di frana, di erosione e di esondazione, elaborata da tecnico abilitato iscritto all'albo professionale così come previsto dalla legge n. 64/1974;
b) studi e indagini geologiche di dettaglio, ove necessario, comprendenti studi tematici specifici di varia natura, indagini geognostiche, prove in sito e di laboratorio, atti alla migliore definizione e caratterizzazione del modello geologico tecnico ambientale, per ambiti urbanizzabili con riconosciute limitazioni connesse a pericolosità geologiche, funzionali alla verifica della sostenibilità in rapporto ai livelli di pericolosità, con particolare riguardo alla risposta sismica locale. Nelle aree esposte a rischio, con particolare attenzione per il rischio sismico - dove diventa necessario attivare le procedure per la identificazione dei rischi e per la individuazione degli interventi di mitigazione competenti a livello di Piano - le indagini dovranno consentire di dettagliare i gradi di pericolosità a livelli congrui, nel rispetto della normativa vigente (45).
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(44) Lettera così modificata dall'art. 2, primo comma, tredicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(45) Lettera così sostituita dall'art. 2, primo comma, quattordicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «b) studi e indagini a norma del D.M. 11 marzo 1998 e successive modificazioni ed integrazioni.».
Art. 20-bis
Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.).
1. Il Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.) è lo strumento urbanistico finalizzato ad accrescere l'integrazione fra Enti locali limitrofi con problematiche territoriali affini e a promuovere il coordinamento delle iniziative di pianificazione nelle conurbazioni in atto, con conseguente impegno integrato delle risorse finanziarie.
2. I territori oggetto del Piano Strutturale in forma Associata possono interessare due o più Comuni, anche se appartenenti a province diverse.
3. I Comuni interessati si associano secondo le modalità stabilite dal Testo Unico delle Leggi sull'ordinamento degli Enti Locali.
4. Il P.S.A. punta anche al coordinamento e all'armonizzazione tra assetto urbanistico, politiche fiscali e programmazione delle opere pubbliche da attuarsi tramite il ricorso ad idonei strumenti di coordinamento delle azioni economiche, finanziarie e fiscali favorendo in tal modo atteggiamenti cooperativi e patti fra le Istituzioni locali e promuovendo garanzia ed equità.
5. Il P.S.A. ha gli stessi contenuti ed effetti del P.S.C. secondo quanto disposto dall'articolo 20 della presente legge; ad esso è annesso il R.E.U.
6. Per la redazione del P.S.A., si dovrà prevedere l'istituzione di un unico Ufficio di Piano con l'attribuzione dei seguenti compiti:
a) predisposizione di un unico documento preliminare e di un unico quadro conoscitivo, articolati per ogni territorio comunale;
b) predisposizione del Piano Strutturale in forma Associata, articolato per ogni territorio comunale, e predisposizione del relativo R.E.U;
c) individuazione del soggetto che presiede tutte le attività previste dalla presente legge per il corretto svolgimento della Conferenza di Pianificazione e che coordina le azioni tecniche e amministrative degli enti territoriali coinvolti (46).
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(46) Articolo aggiunto dall'art. 2, primo comma, quindicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 21
Regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.).
1. Il Regolamento edilizio ed urbanistico costituisce la sintesi ragionata ed aggiornabile delle norme e delle disposizioni che riguardano gli interventi sul patrimonio edilizio esistente; ovvero gli interventi di nuova costruzione o di demolizione e ricostruzione, nelle parti di città definite dal Piano generale, in relazione alle caratteristiche del territorio e a quelle edilizie preesistenti, prevalenti e/o peculiari nonché degli impianti di telecomunicazione e di telefonia mobile (47).
2. Il R.E.U. è annesso al P.S.C. e al P.S.A. ed in conformità con questo, oltre a disciplinare le trasformazioni e gli interventi ammissibili sul territorio, stabilisce (48):
a) le modalità d'intervento negli ambiti specializzati definiti dal Piano;
b) i parametri edilizi ed urbanistici ed i criteri per il loro calcolo;
c) le norme igienico - sanitarie, quelle sulla sicurezza degli impianti;
d) quelle per il risparmio energetico e quelle per l'eliminazione delle barriere architettoniche;
e) le modalità di gestione tecnico - amministrativa degli interventi edilizi anche ai fini dell'applicazione delle disposizioni sulla semplificazione dei procedimenti di rilascio dei permessi di costruire di cui alla legge 21 novembre 2001, n. 443;
f) ogni altra forma o disposizione finalizzata alla corretta gestione del Piano, ivi comprese quelle riguardanti il perseguimento degli obiettivi perequativi di cui al successivo art. 54.
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(47) Comma così modificato dall'art. 2, primo comma, sedicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(48) Alinea così modificato dall'art. 2, primo comma, diciassettesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 22
Norme particolari per il porto di Gioia Tauro.
1. La Regione, in fase di redazione del Quadro territoriale regionale (Q.T.R.) di cui all'articolo 17, individua nel porto di Gioia Tauro, classificato di II categoria I classe, di rilevanza internazionale, con funzione commerciale, industriale e petrolifera, di servizio passeggeri, peschereccia, turistica e da diporto, ai sensi dell'articolo 11-bis della legge 27 febbraio 1998, n. 30, come modificato dall'articolo 10 della legge 30 novembre 1998, n. 413, il centro del sistema dei porti calabresi e del trasporto intermodale.
2. In attuazione di quanto disposto al comma precedente, il Presidente della Giunta regionale promuove apposito accordo di programma con le competenti Amministrazioni dello Stato e gli altri soggetti pubblici interessati per la concreta attuazione dei programmi proposti dalla competente Autorità Portuale.
Art. 23
Piano operativo temporale (P.O.T.).
1. Il Piano operativo temporale (P.O.T.) è strumento facoltativo ad eccezione dei Comuni che eventualmente saranno indicati in specifico elenco nel QTR del Piano strutturale comunale e lo attua individuando le trasformazioni del territorio per interventi pubblici o d'interesse pubblico individuati tali dal Consiglio comunale da realizzare nell'arco temporale di un quinquennio, ovvero nel corso del mandato dell'amministrazione adottante (49).
2. La durata di validità del P.O.T. può essere prorogata non oltre diciotto mesi dall'entrata in carica della nuova Giunta comunale a seguito di nuove elezioni salvo diversa determinazione del Consiglio comunale e comunque non oltre il termine di cinque anni dalla sua approvazione.
3. Il P.O.T., per gli ambiti di nuova edificazione e di riqualificazione urbanistica, in conformità al P.S.C. definisce:
a) la delimitazione degli ambiti d'intervento, gli indici edilizi, le destinazioni d'uso ammissibili in conformità al Piano strutturale comunale;
b) gli aspetti fisico-morfologici ed economico-finanziari;
c) le modalità di attuazione degli interventi di trasformazione e/o conservazione, anche ai fini della perequazione dei regimi immobiliari interessati;
d) l'indicazione degli interventi da assoggettare a specifiche valutazioni di sostenibilità e/o di quelli destinati alla mitigazione degli impatti e alla compensazione degli effetti;
e) la definizione e la localizzazione puntuale delle dotazioni infrastrutturali delle opere pubbliche di interesse pubblico o generale esistenti da realizzare o riqualificare, nonché l'individuazione delle aree da sottoporre ad integrazione paesaggistica.
4. Il P.O.T. deve essere coordinato con il bilancio pluriennale comunale e, ai sensi dell'articolo 20 della legge n. 136/1999, ha il valore e gli effetti del programma pluriennale di attuazione di cui all'articolo 13 della legge n. 10/1977. Costituisce pertanto lo strumento di indirizzo e coordinamento per il programma triennale delle opere pubbliche e per gli altri strumenti comunali settoriali previsti da leggi nazionali e regionali.
5. Il P.O.T. articola e definisce la formazione dei programmi attuativi dei nuovi insediamenti o di ristrutturazioni urbanistiche rilevanti, alla cui localizzazione provvede in modo univoco; tenuto conto dello stato delle urbanizzazioni, dell'incipienza del degrado ovvero di qualsiasi condizione che ne possa determinare l'individuazione.
6. Le previsioni del P.O.T. decadono se, entro il termine di validità, non siano stati richiesti i permessi di costruire, ovvero non siano stati approvati i progetti esecutivi delle opere pubbliche o i Piani Attuativi Unitari. Per i Piani Attuativi di iniziativa privata interviene decadenza qualora, entro il termine di validità del piano, non siano state stipulate le relative convenzioni ovvero i proponenti non si siano impegnati, per quanto di competenza, con adeguate garanzie finanziarie e con atto unilaterale d'obbligo a favore del Comune.
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(49) Comma così modificato dall'art. 2, primo comma, diciottesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 24
Piani attuativi unitari.
1. I Piani attuativi unitari (P.A.U.) sono strumenti urbanistici di dettaglio approvati dal Consiglio comunale, in attuazione del Piano strutturale comunale o del Piano operativo temporale, ove esistente, ed hanno i contenuti e l'efficacia:
a) dei piani particolareggiati, di cui all'articolo 13 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni;
b) dei piani di lottizzazione, di cui all'articolo 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni ed integrazioni;
c) dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare, di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e sue modificazioni ed integrazioni;
d) dei piani per gli insediamenti produttivi, di cui all'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e successive modificazioni ed integrazioni;
e) dei piani di recupero del patrimonio edilizio esistente, di cui all'articolo 28 della legge 5 agosto 1978, n. 457 e successive modificazioni ed integrazioni;
f) dei piani di spiaggia;
g) dei piani di protezione civile.
2. Ciascun P.A.U. può avere, in rapporto agli interventi previsti, i contenuti e l'efficacia dei piani di cui al primo comma. Il P.A.U., in quanto corrispondente alla lottizzazione convenzionata, è richiesto come presupposto per il rilascio del permesso di costruire solo nel caso di intervento per nuova edificazione residenziale in comprensorio assoggettato per la prima volta alla edificazione e del tutto carente di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero allorquando sia espressamente richiesto dallo strumento urbanistico generale. Rimangono comunque in vigore tutte le norme della legislazione previgente afferenti l'istituto della lottizzazione convenzionata ove applicabili.
3. I P.A.U. definiscono di norma:
a) l'inquadramento nello strumento urbanistico generale dell'area assoggettata a P.A.U.;
b) le aree e gli edifici da sottoporre a vincoli di salvaguardia;
c) i vincoli di protezione delle infrastrutture e delle attrezzature di carattere speciale;
d) le aree da destinare agli insediamenti suddivise eventualmente in isolati, lo schema planivolumetrico degli edifici esistenti e di quelli da realizzare con le relative tipologie edilizie e le destinazioni d'uso;
e) l'eventuale esistenza di manufatti destinati a demolizione ovvero soggetti a restauro, a risanamento conservativo od a ristrutturazione edilizia;
f) le aree per le attrezzature d'interesse pubblico ed i beni da assoggettare a speciali vincoli e/o servitù;
g) la rete viaria e le sue relazioni con la viabilità urbana nonché gli spazi pedonali, di sosta e di parcheggio ed i principali dati plano - altimetrici;
h) il rilievo delle reti idrica, fognante, del gas, elettrica e telefonica esistenti e la previsione di massima di quelle da realizzare;
i) l'individuazione delle unità minime d'intervento nonché le prescrizioni per quelle destinate alla ristrutturazione urbanistica;
j) le norme tecniche di esecuzione e le eventuali prescrizioni speciali;
k) la previsione di massima dei costi di realizzazione del piano;
l) comparto edificatorio;
m) gli ambiti sottoposti al recupero degli insediamenti abusivi, qualora non previsti con altri atti.
TITOLO V
Procedure di formazione ed approvazione degli strumenti di indirizzo e di pianificazione territoriale
Art. 25
Formazione ed approvazione del Quadro territoriale regionale (Q.T.R.).
1. Il procedimento per l'elaborazione e l'approvazione del Q.T.R. e delle sue varianti, nonché dei piani settoriali regionali con valenza territoriale per i quali non sia prevista una specifica disciplina, si svolge secondo le disposizioni di cui ai successivi commi.
2. La Giunta regionale, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, elabora, anche sulla base delle linee guida di cui al precedente art. 17 e dell'eventuale intesa per l'elaborazione congiunta del piano paesaggistico con i Ministeri competenti di cui al comma 4-bis dell'art. 17 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 ed avvalendosi del nucleo di valutazione di cui all'art. 9, il documento preliminare del Q.T.R. con il quale individua le strategie di sviluppo del sistema socio-economico della Regione trasmettendolo al Consiglio regionale, alle province, ai comuni, alle comunità Montane, alle autorità di bacino ed agli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette (50). Il documento preliminare, oggetto di valutazione in Conferenza di Pianificazione ai sensi del comma 1 dell'art. 13, dovrà contenere inoltre il quadro conoscitivo e lo schema delle scelte di Pianificazione elaborati in base a quanto previsto dall'art. 17 e la valutazione di sostenibilità di cui all'art. 10 della presente legge (51).
3. La Regione di concerto con le Province convoca, nei trenta giorni successivi alla trasmissione del documento preliminare, la Conferenza di Pianificazione, ai sensi dell'articolo 13, articolata per singola Provincia, chiamando a parteciparvi i Comuni, le Comunità Montane, l'Autorità di bacino e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette, le forze economiche e sociali e i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione. Entro quarantacinque giorni dalla convocazione della Conferenza, la Regione acquisisce le osservazioni e le eventuali proposte che andranno inserite nel documento preliminare e accoglie quelle formulate dagli altri soggetti partecipanti (52).
4. La Giunta regionale, nei 90 giorni successivi, anche sulla base delle valutazioni e delle proposte raccolte in esito alle conferenze di pianificazione di cui al comma 3, elabora la versione definitiva del Q.T.R. e la propone al Consiglio regionale per la relativa adozione entro i successivi 60 giorni (53). Il Q.T.R. viene successivamente trasmesso alle province ed ai soggetti partecipanti alle conferenze di pianificazione.
5. Il Q.T.R. viene depositato presso le sedi del Consiglio regionale e degli Enti di cui al comma 3 per sessanta giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso deve contenere l'indicazione degli Enti presso i quali il Q.T.R. è depositato e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell'avvenuta adozione del Q.T.R. è data, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale ed attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla Giunta regionale.
6. Nel medesimo termine di cui al precedente comma 5 possono formulare osservazioni e proposte:
a) gli Enti e gli Organismi pubblici;
b) le forze economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;
c) i soggetti nei confronti dei quali le previsioni del Q.T.R. adottato sono destinate a produrre effetti diretti.
7. Il Consiglio regionale, entro i successivi novanta giorni, decide sulle osservazioni e sulle proposte ed approva il Q.T.R., che conterrà il termine entro il quale le province ed i comuni saranno obbligati ad approvare o adeguare i loro piani.
8. Copia integrale del Q.T.R. approvato è depositata per la libera consultazione presso il competente Assessorato regionale ed è trasmessa agli Enti di cui al comma 3. L'avviso dell'avvenuta approvazione è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
9. Il Q.T.R. entra in vigore dalla data di pubblicazione dell'avviso di approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
10. Il Q.T.R. può essere periodicamente aggiornato ed adeguato anche in relazione a modifiche della normativa e/o della programmazione comunitaria, statale o regionale ed è comunque soggetto a verifica, con scadenza decennale, in ordine alla sua attuabilità, congruenza ed adeguatezza. Tale verificazione è compiuta dal Consiglio regionale, su proposta formulata dalla Giunta, anche in relazione all'evoluzione degli obiettivi di sviluppo da perseguire, dandone adeguata pubblicità nelle forme previste al precedente comma 5.
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(50) Periodo così modificato dall'art. 1, comma 4, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29.
(51) Periodo aggiunto dall'art. 3, primo comma, primo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(52) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, secondo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «3. Le province convocano, nei trenta giorni successivi alla trasmissione del documento preliminare, una Conferenza di pianificazione, ai sensi dell'articolo 13, chiamando a parteciparvi i comuni, le comunità Montane, le autorità di bacino e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette, le forze economiche e sociali e i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione. Entro trenta giorni dalla convocazione della Conferenza, le province rimettono alla Regione le osservazioni e le eventuali proposte sul documento preliminare e riferiscono quelle formulate dagli altri soggetti partecipanti.».
(53) Periodo così modificato dall'art. 3, primo comma, terzo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 25-bis
Formazione ed approvazione dei Piani Paesaggistici d'Ambito (PPd'A).
1. Il PPd'A ha valore di piano paesaggistico alla luce del D.Lgs. n. 42/2004 e definisce le strategie di tutela, conservazione e valorizzazione del paesaggio, codificate dall'apposito apparato normativo.
2. Le competenze in materia di Piani Paesaggistici d'Ambito sono della Regione che, nella sua autonomia ed eventualmente in maniera coordinata con i Ministeri competenti in base a quanto indicato al comma 4-bis dell'art. 17 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19, stabilisce le modalità attuative per la loro redazione e gestione (54).
3. Il procedimento di elaborazione e approvazione dei PPd'A è distinto per ciascun ambito.
4. Ai sensi dell'art. 2 della presente legge, il PPd'A è oggetto di concertazione con le Province e gli altri Enti e soggetti interessati e fa riferimento alle determinazioni della Conferenza permanente Stato-Regioni in materia di paesaggio.
5. La Regione, ultimata la fase di concertazione, assume la versione definitiva del PPd'A, lo adotta, lo pubblica e lo invia alle Province interessate, alle Soprintendenze e ad altri Enti e soggetti per le relative osservazioni. Entro 60 giorni vengono raccolte le osservazioni e predisposte le relative determinazioni. Il Piano Paesaggistico d'Ambito viene approvato dal Consiglio Regionale su proposta della Giunta (55).
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(54) Comma così modificato dall'art. 1, comma 5, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29.
(55) Articolo aggiunto dall'art. 3, primo comma, quarto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14, poi cos' modificato come indicato nella nota che precede.
Art. 26
Formazione ed approvazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.).
1. Il P.T.C.P. ha valore di piano urbanistico territoriale ed in relazione ai valori paesaggistici ed ambientali, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, si raccorda ed approfondisce i contenuti del Q.T.R. tenendo conto anche delle diverse articolazioni della pianificazione paesaggistica (56).
2. Il procedimento per l'elaborazione e l'approvazione del P.T.C.P. e delle sue varianti, nonché dei piani settoriali provinciali con valenza territoriale, per i quali non sia prevista una specifica disciplina, si svolge secondo le disposizioni di cui ai commi seguenti.
3. Il Consiglio Provinciale elabora il documento preliminare del P.T.C.P., sulla base degli atti regionali di programmazione e pianificazione, ove esistenti o, in mancanza, sulla base delle linee-guida di cui al precedente art. 17. Il documento preliminare, oggetto di valutazione in Conferenza di Pianificazione ai sensi del comma 1 dell'art. 13, dovrà contenere, oltre al quadro conoscitivo, lo schema delle scelte pianificatorie elaborato in base a quanto previsto dall' art. 18 e la valutazione di sostenibilità di cui all'art. 10 della presente legge (57).
4. Il Presidente della Provincia convoca la Conferenza di pianificazione ai sensi dell'articolo 13 per l'esame congiunto del documento preliminare, invitando la Regione, le province contermini, i comuni, le comunità montane, l'autorità di bacino e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette, le forze economiche e sociali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione (58).
5. Entro quarantacinque giorni dalla convocazione della Conferenza, gli Enti e le associazioni intervenuti formulano le proprie osservazioni e le eventuali proposte anche su supporto magnetico sul documento preliminare (59).
6. Il Consiglio Provinciale, conclusa la Conferenza di cui al precedente comma 4 ed anche sulla base delle osservazioni e proposte ivi formulate, adotta il P.T.C.P. che, in copia, viene trasmesso alla Regione, alle province contermini, ai comuni, alle comunità Montane, alle autorità di bacino ed agli Enti di gestioni dei parchi e delle aree naturali protette ed agli Enti e soggetti intervenuti alla Conferenza di pianificazione.
7. Il P.T.C.P. adottato è depositato presso la sede del Consiglio provinciale e degli Enti territoriali di cui al comma 4 per sessanta giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso deve contenere l'indicazione degli Enti territoriali presso i quali il P.T.C.P. è depositato e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell'avvenuta adozione del P.T.C.P. è data, altresì, sui quotidiani a diffusione regionale ed attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla Giunta provinciale.
8. Nel medesimo termine di cui al precedente comma 5 possono formulare osservazioni e proposte:
a) gli Enti e gli Organismi pubblici;
b) le forze economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;
c) i soggetti nei confronti dei quali le previsioni del P.T.C.P. adottato sono destinate a produrre effetti diretti.
9. Il competente dipartimento regionale, entro il termine perentorio di centoventi giorni dal ricevimento del P.T.C.P., è tenuto a dare riscontro rilevando gli eventuali profili di incoerenza del P.T.C.P. medesimo con gli esiti della Conferenza di pianificazione di cui al precedente comma 4 ed a individuare eventuali difformità con i contenuti prescrittivi del Q.T.R. e degli altri strumenti della pianificazione regionale, ove esistenti. Decorso infruttuosamente il termine di cui al primo capoverso la giunta provinciale predispone il P.T.C.P. nella sua veste definitiva rimettendolo al consiglio per la prescritta approvazione.
10. Il Consiglio Provinciale, nei novanta giorni successivi al ricevimento del riscontro da parte della Regione, si determina in merito alle osservazioni pervenute ed adegua il P.T.C.P. alle eventuali prescrizioni da questa formulate. Nello stesso termine si esprime in ordine alle osservazioni e alle proposte formulate dai soggetti di cui al precedente comma 6. La mancata determinazione nel termine indicato da parte della Giunta provinciale dei dovuti riscontri alle prescrizioni regionali ed ai contenuti delle osservazioni al P.T.C.P., comporta l'automatico accoglimento, intendendosi quale silenzio-assenso, di quelle chiaramente identificabili sulle tavole di piano e/o nell'apparato normativo.
11. Successivamente all'approvazione del P.T.C.P. da parte del Consiglio provinciale, copia dello strumento è depositata per la libera consultazione presso la Provincia ed è trasmesso alle Amministrazioni di cui al comma 4. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso sui quotidiani a diffusione regionale.
12. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione dell'avviso della approvazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
13. Il P.T.C.P. è soggetto a verifica, con scadenza decennale, in ordine alla sua attuabilità, congruenza ed adeguatezza. Tale verifica è compiuta dal Consiglio provinciale, su proposta formulata dalla Giunta. I parametri di verificazione devono correlarsi ai contenuti della programmazione economica e della pianificazione territoriale regionale, nonché all'evoluzione delle esigenze e dei fabbisogni della Regione.
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(56) Comma così modificato dall'art. 3, primo comma, quinto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(57) Periodo aggiunto dall'art. 3, primo comma, sesto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(58) Comma così modificato dall'art. 3, primo comma, settimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(59) Comma così modificato dall'art. 3, primo comma, ottavo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 27
Formazione ed approvazione del Piano strutturale comunale (P.S.C.).
1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo si applica all'elaborazione ed all'approvazione congiunta del P.S.C. e del R.E.U., nonché alle relative varianti.
2. Il Consiglio comunale, su proposta della Giunta comunale, adotta il documento preliminare del piano e del regolamento, sulla base degli atti regionali e provinciali di programmazione e pianificazione in vigore. Il Sindaco, convoca la Conferenza di pianificazione ai sensi dell'articolo 13 per l'esame congiunto del documento preliminare invitando la Regione, la Provincia, i Comuni contermini e quelli eventualmente individuati dal P.T.C.P. ai sensi del comma 3 dell'articolo 13; la Comunità montana e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette territorialmente interessati; le forze economiche e sociali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione. Il documento preliminare, oggetto di valutazione in Conferenza di Pianificazione ai sensi del comma 1 dell'art. 13, dovrà contenere, oltre al quadro conoscitivo, lo schema delle scelte pianificatorie elaborato in base a quanto previsto dagli articoli 20 e 21 e la valutazione di sostenibilità di cui all'art. 10 della presente legge (60).
3. La Conferenza si conclude entro il termine di quarantacinque giorni dalla sua convocazione, entro i quali gli Enti ed i soggetti intervenuti possono presentare proposte e memorie scritte, anche su supporto magnetico, che il Consiglio Comunale sarà chiamato a valutare in sede di adozione del P.S.C., ove risultino pertinenti all'oggetto del procedimento (61).
4. Successivamente, il Consiglio comunale adotta il P.S.C. che, in copia, viene trasmesso alla giunta provinciale ed agli Enti di cui al comma 2. Il P.S.C. adottato viene depositato presso la sede del consiglio comunale per sessanta giorni dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso deve contenere l'indicazione della sede presso la quale è depositato il P.S.C. e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell'avvenuta adozione del P.S.C. è data, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale ed attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla giunta comunale.
5. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al precedente comma possono formulare osservazioni e proposte:
a) gli Enti e Organismi pubblici o di interesse pubblico;
b) le forze economiche, sociali e professionali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;
c) i soggetti nei confronti dei quali le previsioni del piano adottato sono destinate a produrre effetti diretti.
6. Il competente ufficio provinciale, entro il termine perentorio di novanta giorni dal ricevimento del P.S.C. è tenuto a dare riscontro formulando osservazioni ovvero individuando eventuali difformità del piano rispetto ai contenuti prescrittivi del P.T.C.P. e degli altri strumenti della pianificazione provinciale. Decorso infruttuosamente il termine di cui al primo capoverso l'Amministrazione Comunale predispone il P.S.C. completo di R.E.U nella sua veste definitiva rimettendolo al Consiglio Comunale per la prescritta approvazione (62).
7. L'eventuale adeguamento del P.S.C. alle prescrizioni della Provincia, ovvero l'accoglimento delle osservazioni, non comporta una nuova pubblicazione del P.S.C. medesimo.
8. Successivamente all'approvazione del P.S.C. da parte del Consiglio comunale, una copia integrale del piano approvato viene trasmessa alla Regione e alla Provincia e depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano e del suo deposito viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. Della stessa approvazione e avvenuto deposito è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale (63).
9. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione e dell'avvenuto deposito (64).
10. L'eventuale accertata inadeguatezza del P.S.C., qualora non sia superabile attraverso l'adozione di variante, impone l'avvio immediato della procedura di formazione di un nuovo piano.
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(60) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, nono alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «2. Il Consiglio Comunale elabora il documento preliminare del piano e del regolamento, sulla base degli atti regionali e provinciali di programmazione e pianificazione in vigore. Il sindaco, convoca la Conferenza di pianificazione ai sensi dell'articolo 13 per l'esame congiunto del documento preliminare invitando la Provincia; i comuni contermini e quelli eventualmente individuati dal P.T.C.P. ai sensi del comma 3 dell'articolo 13; la comunità Montana e gli Enti di gestione dei parchi e delle aree naturali protette territorialmente interessati; le forze economiche e sociali ed i soggetti comunque interessati alla formazione degli strumenti di pianificazione.».
(61) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, decimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «3. La Conferenza si conclude entro il termine di dieci giorni dalla sua convocazione e, nei dieci giorni successivi, gli Enti ed i soggetti intervenuti possono presentare proposte e memorie scritte, anche su supporto magnetico, che il Comune valuta in sede di adozione del P.S.C., ove risultino pertinenti all'oggetto del procedimento. Degli esiti della Conferenza il Comune redige apposito verbale.».
(62) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, undicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «6. Il competente ufficio provinciale, entro il termine perentorio di novanta giorni dal ricevimento del P.S.C. è tenuta a dare riscontro formulando osservazioni ovvero individuando eventuali difformità del piano rispetto ai contenuti prescrittivi del P.T.C.P. e degli altri strumenti della pianificazione provinciale. Decorso infruttuosamente il termine di cui al primo capoverso il Consiglio comunale predispone il P.S.C. nella sua veste definitiva rimettendolo al consiglio per la prescritta approvazione.».
(63) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, dodicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «8. Successivamente all'approvazione del P.S.C. da parte del consiglio comunale, una copia integrale del piano approvato viene trasmessa alla Provincia e depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. Della stessa approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale.».
(64) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, tredicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «9. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione.».
Art. 27-bis
Formazione ed approvazione del Piano Strutturale in forma Associata (P.S.A.).
1. Per la formazione e approvazione del P.S.A. si dovranno seguire le seguenti procedure:
a) approvazione, da parte di ogni Comune interessato, di una delibera motivata di Consiglio comunale nella quale viene esplicitata la decisione di procedere alla redazione di un PSA, con l'indicazione dei Comuni interessati, e di avviare le relative procedure necessarie;
b) sottoscrizione di un Protocollo di Intesa tra i Comuni interessati dal PSA, oggetto della delibera di cui al punto precedente, contenente gli obiettivi generali del documento programmatico comune, gli orientamenti principali e le strategie comuni, nonché le modalità e procedure necessarie alla redazione del piano;
c) costituzione dell'Ufficio Unico di Piano, che avrà sede presso uno dei Comuni associati, a cui vengono demandate tutte le competenze relative alla redazione, approvazione e gestione del P.S.A. e del relativo R.E.U. secondo quanto previsto dagli articoli 20, 21 e 27 della presente legge.
2. L'Ufficio Unico procede alla elaborazione del documento preliminare del Piano Strutturale e del Regolamento, secondo quanto previsto dall'art. 27 della L.R. n. 19/2002, che verrà esaminato per le verifiche di coerenza e compatibilità, in apposita Conferenza di Pianificazione, convocata secondo le modalità previste dal comma 2 dell'art. 27 della presente legge e dal Protocollo di Intesa.
3. Successivamente alla Conferenza di Pianificazione, i Comuni per i quali è stato redatto il P.S.A. procedono all'adozione e successiva approvazione del P.S.A., secondo quanto previsto dall'art. 27 della presente legge.
4. Il PSA entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione e dell'avvenuto deposito (65).
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(65) Articolo aggiunto dall'art. 3, primo comma, quattordicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 28
Intervento sostitutivo provinciale
1. Sono obbligati a dotarsi di P.S.C. tutti i comuni della Regione.
2. Qualora non vi provvedano entro il termine previsto dalla presente legge, provvederà in via sostitutiva la Provincia territorialmente competente a mezzo di commissari ad acta appositamente nominati per l'adozione.
3. Il detto intervento sostitutivo sarà attuato con il seguente procedimento:
a) constatata l'inottemperanza da parte di un Comune, la Giunta provinciale, delibererà di diffidare il Comune ad adempiere nel termine di 60 giorni;
b) trascorso infruttuosamente tale termine, verificata la mancata giustificazione del ritardo, la Provincia nominerà i commissari ad acta con l'incarico di adottare il piano nell'ipotesi in cui lo stesso fosse già completo di ogni suo elemento;
c) nella ipotesi in cui gli elementi progettuali e/o procedimentali non fossero completi, la Provincia darà mandato ai commissari di procedere per quanto mancante anche previa la nomina, se occorrente, di nuovi progettisti e/o di conferimento di incarico a quelli già nominati. La Provincia assegnerà inoltre ai commissari modalità e termini per l'espletamento dell'incarico che dovrà concludersi con l'adozione dello strumento urbanistico;
d) per ogni intervento sostitutivo sarà nominato un collegio di tre commissari.
Art. 29
Formazione ed approvazione del Piano operativo temporale (P.O.T.).
1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.O.T. e delle sue modifiche ed integrazioni.
2. La giunta comunale procede all'elaborazione ed all'approvazione del P.O.T. secondo quanto stabilito da P.S.C., dal R.E.U. e nel rispetto delle norme della presente legge.
3. Il P.O.T. è adottato dal Consiglio e successivamente depositato presso la sede comunale per i sessanta giorni successivi alla data di pubblicazione dell'atto di adozione sul Bollettino Ufficiale della Regione. L'avviso deve contenere l'indicazione della sede presso la quale il piano è depositato e dei termini entro cui se ne può prendere visione. Notizia dell'avvenuta adozione del P.O.T. è data, altresì, su almeno un quotidiano a diffusione regionale ed attraverso qualsiasi forma ritenuta opportuna dalla giunta comunale.
4. Osservazioni al P.O.T., entro i termini di deposito di cui al comma 3, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali le prescrizioni del piano sono destinate a produrre effetti.
5. Successivamente all'adozione, il P.O.T. viene trasmesso alla Provincia che, nel termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricevimento, è tenuta a dare riscontro formulando osservazioni ovvero individuando eventuali difformità del piano rispetto ai contenuti prescrittivi del P.T.C.P. e degli altri strumenti della pianificazione provinciale. Decorso infruttuosamente il termine di cui al primo capoverso la giunta comunale predispone il P.O.T. nella sua veste definitiva rimettendolo al consiglio per la prescritta approvazione.
6. La Giunta comunale, entro i sessanta giorni successivi all'eventuale ricevimento del riscontro da parte della Provincia, si determina in merito alle osservazioni formulate al P.O.T. e lo invia al consiglio per l'approvazione.
7. L'adeguamento del P.O.T. alle prescrizioni della Provincia, ovvero l'accoglimento delle osservazioni, non comporta una nuova pubblicazione del piano.
8. Successivamente all'approvazione del P.O.T. da parte del Consiglio comunale, una copia integrale del piano viene trasmessa alla Regione ed alla Provincia e depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano viene pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. Della stessa approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
9. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione.
Art. 30
Formazione ed approvazione dei Piani attuativi unitari (P.A.U.).
1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione dei Piani attuativi unitari (P.A.U.) e delle loro modifiche ed integrazioni.
2. La giunta comunale procede all'elaborazione del P.A.U. in esecuzione di quanto stabilito dal P.S.C., dal R.E.U., o nel caso, dal P.O.T. e nel rispetto delle norme della presente legge (66).
3. Il P.A.U. è adottato dal Consiglio e successivamente depositato, corredato dai relativi elaborati, presso la sede comunale per i venti giorni successivi alla data di affissione all'albo pretorio dell'avviso di adozione del piano. Entro lo stesso termine, il Comune provvede ad acquisire i pareri, i nulla osta e gli altri atti di assenso comunque denominati previsti dalle leggi in vigore per la tutela degli interessi pubblici. A tal fine il responsabile del procedimento può convocare una Conferenza dei servizi ai sensi del precedente articolo 14.
4. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.
5. Osservazioni ai P.A.U., entro i termini di deposito di cui al comma 3, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali le prescrizioni dei medesimi P.A.U. sono destinate a produrre effetti.
6. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle eventuali osservazioni; provvede, ove queste implichino modifiche, ad adeguare i P.A.U. alle determinazioni della Conferenza dei servizi di cui al comma 3 e rimette gli atti al consiglio per la relativa approvazione, che deve avvenire entro e non oltre 60 giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, inviandone una copia alla Provincia.
7. Nell'ipotesi che non vi siano variazioni, non è necessaria la riapprovazione del P.A.U. da parte del Consiglio comunale; lo stesso diventa esecutivo scaduti i termini del deposito di cui al comma 3.
8. Non appena gli atti di approvazione dei P.A.U. divengono esecutivi, i relativi provvedimenti devono essere notificati a ciascuno dei proprietari interessati, secondo le modalità di cui al D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327.
9. Gli strumenti di iniziativa pubblica o privata possono essere approvati in variante al P.S.C. o al P.O.T., con le procedure previste dal presente articolo, a condizione che le modifiche riguardino:
a) adeguamenti perimetrali modesti e comunque non superiori al 20%;
b) modifiche alla viabilità che non alterino il disegno complessivo della rete;
c) l'inserimento di servizi ed attrezzature pubbliche che risultino compatibili con le previsioni del P.S.C. o del P.O.T.;
d) miglioramenti all'articolazione degli spazi e delle localizzazioni;
e) l'inserimento di comparti di edilizia residenziale pubblica nei limiti di cui all'articolo 3 della legge 18 aprile 1962, n. 167.
10. Il presente procedimento si applica anche per le opere aventi rilevanza pubblica ai sensi del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 e agli strumenti già adottati alla data di entrata in vigore della presente legge.
11. Il P.A.U. di iniziativa privata sostitutivo della lottizzazione di cui al precedente articolo 24 conserva i contenuti ed il procedimento di cui alla normativa statale (67).
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(66) Comma così modificato dall'art. 3, primo comma, quindicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(67) Comma così modificato dall'art. 3, primo comma, sedicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 31
Comparti edificatori.
1. I comparti edificatori costituiscono uno strumento di attuazione e controllo urbanistico, nonché momento di collaborazione della pubblica amministrazione e dei privati per lo sviluppo urbanistico del territorio (68).
2. Anche per l'attuazione delle finalità di perequazione, il P.S.C. e gli altri strumenti attuativi delle previsioni urbanistiche generali individuano o formulano i criteri per l'individuazione nel proprio ambito di comparti edificatori la cui proposizione, predisposizione ed attuazione è demandata ai proprietari singoli, associati o riuniti in consorzio degli immobili in essi compresi, a promotori cui i proprietari stessi possono conferire mandato, al Comune in qualità di proponente o mandatario esso stesso (69).
3. Gli strumenti sovraordinati che individuano i comparti devono stabilire:
a) l'estensione territoriale e la volumetria complessiva realizzabile;
b) le modalità d'intervento definendo il modello geologicotecnico del sottosuolo individuato mediante le opportune indagini di cui all'art. 20, comma 4, lettera b);
c) le funzioni ammissibili;
d) le tipologie d'intervento;
e) i corrispettivi monetari od in forma specifica; la quantità e la localizzazione degli immobili da cedere gratuitamente al Comune per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e aree verdi;
f) gli schemi di convenzione da sottoscriversi da parte dei partecipanti al comparto unitamente agli eventuali mandatari ed all'Amministrazione comunale, in forza dei quali vengano stabiliti i criteri, le formule ed i valori per le operazioni di conferimento dei beni, il loro concambio e/o le eventuali permute tra beni conferiti e risultati finali dei derivanti dalla realizzazione del comparto. Detti schemi provvedono anche alla ripartizione, secondo le quote di spettanza, delle spese generali da suddividere tra i soggetti partecipi, gli oneri specifici e quelli fiscali, per i quali comunque si applicano le agevolazioni di cui alla legge 21 dicembre 2001, n. 448.
4. Il concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore dell'intero comparto in base all'imponibile catastale, è sufficiente a costituire il consorzio ai fini della presentazione, al Comune, della proposta di attuazione dell'intero comparto e del relativo schema di convenzione. Successivamente il Sindaco, assegnando un termine di 90 giorni, diffida i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le indicazioni del predetto comparto sottoscrivendo la convenzione presentata (70).
5. Decorso inutilmente il termine assegnato, di cui al comma precedente, il consorzio consegue la piena disponibilità del comparto ed è abilitato a richiedere al Comune l'attribuzione della promozione della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti. Il corrispettivo, è posto carico del consorzio (71).
6. In caso d'inerzia ingiustificata dei privati, trascorso il termine d'attuazione del piano, l'Amministrazione può procedere all'espropriazione delle aree costituenti il comparto e, se del caso, le assegna mediante apposita gara (72).
7. I proprietari delle aree delimitate da strade pubbliche esistenti o previste dallo strumento urbanistico generale vigente hanno la facoltà di riunirsi in consorzio, ai sensi dei precedenti commi, e di elaborare, anche in mancanza degli strumenti attuativi di cui al comma 2, la proposta di Comparto Edificatorio relativamente al quale il Comune, prima di avviare le procedure previste dal presente articolo, deve applicare le procedure di approvazione previste per i piani attuativi ai sensi della normativa statale e regionale vigente (73).
8. In caso di inadempienza dei privati singoli o associati, dei promotori mandatari, il Comune sostitutivamente ad essi, entro i tempi tecnici della programmazione di cui al piano, predispone i piani di comparto addebitando agli inadempienti, con iscrizione al ruolo, ogni onere relativo e conseguente (74).
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(68) Comma così modificato dapprima dall'art. 3, primo comma, diciassettesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14 e poi dall'art. 27, comma 2, primo alinea, L.R. 11 maggio 2007, n. 9.
(69) Comma così modificato dall'art. 3, primo comma, diciottesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(70) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, diciannovesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «4. In caso d'inerzia ingiustificata dei privati, trascorso il termine d'attuazione del programma pluriennale, l'Amministrazione può procedere all'espropriazione delle aree costituenti il comparto e, se del caso, le assegna mediante apposita gara.».
(71) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, ventesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «5. Il concorso dei proprietari rappresentanti la maggioranza assoluta del valore dell'intero comparto in base all'imponibile catastale, è sufficiente a costituire il consorzio ai fini della presentazione, al Comune, delle proposte di attuazione dell'intero comparto e del relativo schema di convenzione. Successivamente il Sindaco, assegnando un termine di novanta giorni, diffida i proprietari che non abbiano aderito alla formazione del consorzio ad attuare le indicazioni del predetto comparto sottoscrivendo la convenzione presentata.».
(72) Comma così sostituito dall'art. 3, primo comma, ventunesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «6. Decorso inutilmente il termine assegnato, il consorzio consegue la piena disponibilità del comparto ed è abilitato a richiedere al Comune l'attribuzione della promozione della procedura espropriativa a proprio favore delle aree e delle costruzioni dei proprietari non aderenti. Il corrispettivo, posto a carico del consorzio.».
(73) Comma aggiunto dall'art. 10, comma 8, lettera a), L.R. 2 marzo 2005, n. 8, poi così modificato dall'art. 27, comma 2, secondo e terzo alinea, L.R. 11 maggio 2007, n. 9.
(74) Comma aggiunto dall'art. 3, primo comma, ventiduesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 32
Strumenti di pianificazione negoziata.
1. Sono strumenti di negoziazione della pianificazione territoriale ed urbanistica:
a) i programmi integrati di intervento, di cui all'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
b) i programmi di recupero urbano, di cui all'articolo 11 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito con legge 4 dicembre 1993, n. 493;
c) i programmi di riqualificazione urbana, di cui all'articolo 2 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
d) i programmi di recupero degli insediamenti abusivi ai sensi dell'articolo 29, legge 28 febbraio 1985, n. 47;
e) [i comparti edificatori] (75);
f) i programmi d'area (76).
2. L'utilizzazione degli strumenti di cui al precedente comma deve comunque essere ricondotta alle norme della pianificazione territoriale ed urbanistica regionale comprese nella presente legge, alla disciplina statale vigente in materia in quanto applicabile e non modificata dalle norme dei successivi articoli.
3. Gli strumenti di pianificazione negoziata e i comparti edificatori hanno la valenza di piani di attuazione di iniziativa pubblica anche se proposti dai proprietari delle aree riuniti in Consorzio (77).
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(75) Lettera soppressa dall'art. 3, primo comma, ventitreesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(76) Lettera così sostituita dall'art. 3, primo comma, ventiquattresimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «f) i programmi speciali d'area.».
(77) Comma aggiunto dall'art. 10, comma 8, lettera b), L.R. 2 marzo 2005, n. 8, poi così modificato dall'art. 27, comma 2, quarto alinea, L.R. 11 maggio 2007, n. 9.
Art. 33
Programma integrato d'intervento (P.I.N.T.).
1. Il programma integrato d'intervento disciplina un sistema complesso di azioni e misure sulle strutture urbane, attivando strumenti operativi di programmazione economica e territoriale e si attua mediante progetti unitari di interesse pubblico di dimensione e consistenza tali da incidere sulla riorganizzazione di parti di città. I suoi caratteri sono:
a) pluralità di funzioni, di tipologie, di interventi, comprendendo in essi anche le opere di urbanizzazione, e di idoneizzazione e di infrastrutturazione generale;
b) pluralità di operatori e di corrispondenti risorse finanziarie, pubbliche e private.
2. L'ambito territoriale oggetto del programma tiene conto del degrado del patrimonio edilizio, degli spazi e delle aree verdi, della carenza e dell'obsolescenza delle urbanizzazioni e dei servizi in genere, della carenza o del progressivo abbandono dell'ambito stesso da parte delle attività produttive urbane, artigianali e commerciali e del conseguente disagio sociale.
3. La formazione del programma avviene con particolare riferimento a:
a) centri storici caratterizzati da fenomeni di congestione o di degrado;
b) centri storici in fase di abbandono o comunque privi di capacità di attrazione;
c) aree periferiche o semi-periferiche carenti sul piano infrastrutturale e dei servizi e che presentino nel loro interno aree o zone inedificate o degradate;
d) insediamenti ad urbanizzazione diffusa e carente privi di servizi e di infrastrutture dove sia assente una specifica identità urbana;
e) aree con destinazione produttiva o terziaria non più rispondenti alle esigenze sociali e del mercato, e di conseguenza dismesse o parzialmente inutilizzate o degradate;
f) aree urbane destinate a parchi o giardini degradate; aree prospicienti corsi d'acqua parimenti degradate classificate a verde pubblico dagli strumenti urbanistici.
4. Il programma può contenere una quota di funzioni residenziali non inferiore al 35% in termini di superficie complessiva degli immobili da realizzare o recuperare e non può estendersi comunque alle aree definite come zone omogenee E dal D.M. n. 1444/1968, a meno che tali ultime non siano strettamente connesse, funzionali o di ricomposizione del tessuto urbano da riqualificare.
5. Il P.I.N.T. deve essere accompagnato da uno studio di inserimento ambientale e da una relazione finanziaria che valuti l'entità dei costi di realizzazione confrontandola con la disponibilità di adeguate risorse economico-finanziarie.
6. La documentazione allegata alla proposta dei P.I.N.T. contempla:
a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l'ambito di applicazione del P.I.N.T.;
b) l'estratto delle mappe catastali con l'individuazione degli immobili interessati, distinti a seconda della proprietà;
c) i titoli atti a certificare la proprietà degli immobili da parte dei promotori e l'adesione degli altri proprietari coinvolti;
d) lo stato di fatto dell'edificazione e la planivolumetria degli edifici (da mantenere, da trasformare, da demolire o da ricostruire) nella scala 1/500;
e) il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
f) una relazione tecnica illustrativa;
g) il programma di attuazione degli interventi;
h) la bozza di convenzione;
i) il piano delle tipologie d'intervento ed il piano dell'arredo urbano;
j) la tavola di azionamento funzionale con la specificazione dell'eventuale edilizia sociale;
k) la cartografia tematica che descrive le condizioni di rischio geologico, idraulico e sismico e definisce una normativa d'uso per la messa in sicurezza del patrimonio edilizio esistente e di nuova programmazione;
l) le norme specifiche di attuazione.
7. Il Consiglio comunale approva i singoli P.I.N.T. e la delibera di approvazione, corredata dai relativi elaborati tecnici, è depositata per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.
8. Osservazioni ai P.I.N.T., entro i termini di deposito di cui al comma 7 possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali dei P.I.N.T. sono destinati a produrre effetti diversi.
9. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, la Giunta comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i P.I.N.T..
10. Sono abilitati a proporre i P.I.N.T. sia soggetti pubblici che privati che dispongano del diritto di proprietà delle aree o degli immobili ovvero di un titolo che ne accerti la disponibilità e che qualifichi la posizione del soggetto stesso allo specifico fine del permesso di costruire.
Art. 34
Programma di recupero urbano (P.R.U.).
1. Il programma di recupero urbano è finalizzato prevalentemente al recupero, non soltanto edilizio, del patrimonio di edilizia residenziale pubblica e costituisce un insieme coordinato d'interventi:
a) urbanizzativi, finalizzati alla realizzazione, manutenzione ed ammodernamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
b) ambientali, finalizzati al miglioramento qualitativo del contesto urbano;
c) edilizi, finalizzati prevalentemente al recupero di edifici pubblici o di edilizia residenziale pubblica con opere di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro, risanamento conservativo e ristrutturazione.
2. La realizzazione dei P.R.U. prevede il coinvolgimento dei privati ai quali è consentito di effettuare nuovi interventi edilizi, compensativi o premiali, all'interno delle aree oggetto di programma.
3. Le tipologie di intervento edilizio ammesse nel P.R.U. sono:
a) il recupero degli edifici pubblici nell'ambito degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica anche realizzando volumi edilizi aggiuntivi di completamento e di integrazione;
b) il completamento degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica con interventi di nuova edificazione abitativa e non abitativa da realizzare al loro interno, accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
c) l'integrazione degli insediamenti di edilizia residenziale pubblica con interventi di nuova edificazione abitativa e non abitativa da realizzare su aree contigue o prossime, accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
d) la realizzazione, su aree esterne agli insediamenti di edilizia residenziale pubblica ma in funzione del loro recupero, di nuovi edifici abitativi e non abitativi a condizione che quelli abitativi siano utilizzati quali "case parcheggio" nell'intesa che a fine locazione essi tornino nella piena disponibilità dell'operatore.
4. Nel caso il P.R.U. costituisca variante agli strumenti urbanistici sovraordinati si applicano le procedure della variante urbanistica.
5. Sono privilegiati, a tutti i livelli istituzionali, i P.R.U. che destinano ai lavoratori dipendenti una congrua parte degli alloggi in locazione e che tengono in particolare riguardo le categorie sociali deboli.
6. Il progetto di P.R.U. è composto da:
a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l'ambito di applicazione del P.R.U.;
b) una relazione geologico - tecnica che delinei le modalità di intervento in funzione delle condizioni di rischio del comparto definita mediante le opportune indagini di cui all'art. 20, comma 4, lettera b);
c) la tavola delle destinazioni d'uso presenti nell'ambito d'intervento;
d) la tavola o la relazione descrittiva dello stato degli immobili e degli eventuali vincoli che gravano sulla zona d'intervento;
e) l'elenco catastale degli immobili oggetto del P.R.U.;
f) le tavole di progetto del P.R.U. che evidenzino le tipologie d'intervento, edilizie, urbanizzative ed ambientali;
g) l'eventuale tavola di variante dello strumento operativo sovraordinato;
h) la planivolumetria degli interventi edilizi;
i) i progetti di massima delle singole opere;
j) il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
k) una relazione tecnica illustrativa che, fra l'altro, contenga la stima analitica dei nuclei familiari interessati dal P.R.U. e, qualora si realizzino alloggi parcheggio, descriva le modalità dell'alloggiamento temporaneo e della sistemazione definitiva;
l) una relazione sui costi di realizzazione, sulle fonti di finanziamento, sulla convenienza dell'intervento e sui benefìci finali che esso produrrà;
m) il programma di attuazione degli interventi;
n) atto o atti d'obbligo e la eventuale bozza di convenzione;
o) il piano delle tipologie d'intervento ed il piano dell'arredo urbano;
p) le norme specifiche di attuazione.
7. Il Consiglio comunale approva i P.R.U. e la delibera di approvazione, corredata dai relativi elaborati tecnici, è depositata per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune e a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.
8. Osservazioni ai P.R.U., entro i termini di deposito di cui al comma 6, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti dei P.R.U. sono destinati a produrre effetti diretti.
9. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i P.R.U..
10. Per quanto non previsto dal presente articolo, trova applicazione quanto disposto dall'articolo 11 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito nella legge 4 dicembre 1993, n. 443.
11. I P.R.U. approvati prima dell'entrata in vigore della presente legge continuano ad essere regolati dalla disciplina statale previgente.
TITOLO VI
Tutela e recupero del patrimonio edilizio e urbanistico
Art. 35
Programmi di riqualificazione urbana (RIURB).
1. I programmi di riqualificazione urbana (RIURB) sono finalizzati a promuovere il recupero edilizio di ambiti della città appositamente identificati e delimitati, fruendo di finanziamenti pubblici e dell'eventuale concorso di risorse finanziarie private. Comporta un insieme coordinato d'interventi che mirano a riqualificare aree degradate o dimesse risanandone l'edificato e potenziandone le dotazioni attraverso la previsione di nuovi servizi e/o spazi verdi, a promuovere azioni produttive e terziarie di livello elevato e di servizi urbani pubblici o di interesse collettivo, in grado di contribuire allo sviluppo del territorio in un quadro complessivo che miri a finalità strategiche appositamente individuate in una relazione a cura del proponente che entra a fare parte del programma stesso.
2. Considerato che le aree da assoggettare a RIURB debbono essere strategicamente importanti per l'assetto urbano complessivo, presupposto necessario perché si possa procedere alla proposta di RIURB è l'adozione da parte del consiglio comunale del documento sulle aree urbane di crisi con il quale si possono anche impegnare quote del bilancio alla realizzazione degli stessi RIURB.
3. La proposta di RIURB è di esclusiva competenza delle Amministrazioni comunali che possono, nel processo di formazione, approvazione e realizzazione, coinvolgere gli Enti pubblici interessati alle iniziative ovvero privati singoli, associati o riuniti in consorzio.
4. La formazione ed attuazione dei RIURB è affidata alla sottoscrizione di appositi Accordi di Programma fra la Provincia, l'Amministrazione proponente e gli altri Enti e/o soggetti coinvolti. La sottoscrizione dell'Accordo di Programma comporta le determinazioni degli effetti di cui al precedente articolo 15, nonché consente di ritenere automaticamente approvate anche le varianti agli strumenti urbanistici comunali che la realizzazione dei programmi eventualmente comportano.
5. Il RIURB deve:
a) specificare le condizioni generali di accessibilità (connessione dell'ambito di intervento al sistema principale della mobilità ed ai principali collegamenti esterni) e di disimpegno interno (connessioni interne primarie);
b) evidenziare le aree e le attrezzature pubbliche o di uso pubblico e le grandi aree verdi destinati a parco urbano;
c) localizzare le funzioni strategiche non residenziali;
d) individuare il patrimonio edilizio pubblico da recuperare con interventi coordinati;
e) identificare gli edifici di proprietà comunale o pubblica funzionalmente collegabili al RIURB in quanto utili a facilitare la riqualificazione (fornendo gli alloggi di parcheggio);
f) delimitare le aree comunali e private destinabili ad edilizia residenziale pubblica e privata;
g) evidenziare le aree ed i fabbricati recuperabili attraverso idonei piani attuativi, come i P.I.N.T. ed i P.R.U.;
h) delimitare le singole sottounità d'intervento coordinato, specificando di ciascuna il peso insediativo esistente e quello previsto; il fabbisogno di aree di standard ed il missaggio funzionale (residenziale, non residenziale, produttivo) imposto (cioè non derogabile) oppure suggerito (e perciò modificabile nel caso di allocazione di funzioni strategiche o pregiate o di attuazione di importanti opere infrastrutturali pubbliche o di uso pubblico), l'articolazione dell'edificabilità residenziale tra le varie forme di utilizzo (libera, convenzionata, agevolata, sovvenzionata), anch'essa negoziabile nei casi di cui al punto precedente.
6. Successivamente alla sottoscrizione dell'Accordo di Programma, il Comune provvede al deposito del RIURB per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune ed a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.
7. Osservazioni ai RIURB, entro i termini di deposito di cui al comma 6, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti dei RIURB sono destinati a produrre effetti diretti.
8. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio Comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente i RIURB.
9. La Giunta regionale, sentite le Amministrazioni provinciali, in occasione della formazione del bilancio di previsione annuale, individua le quote di finanziamento da destinare ai soggetti pubblici ed alle istituzioni pubbliche per i RIURB, i criteri per l'ammissibilità delle domande di finanziamento dei programmi e quelli per la selezione delle proposte, fermo restando che le priorità nell'attribuzione delle risorse vanno agli interventi di recupero e di riuso del patrimonio edilizio esistenti in ambiti urbani degradati, anche attraverso la loro riconversione ai fini della realizzazione di interventi di edilizia residenziale pubblica e relative opere di urbanizzazione primaria e secondaria e, se necessario, di infrastrutturazione generale.
Art. 36
Programmi di recupero degli insediamenti abusivi (P.R.A.).
1. I programmi di recupero degli insediamenti abusivi (P.R.A.) sono finalizzati al reinserimento nel contesto urbano di parti della città, attraverso interventi di riqualificazione urbanistica, architettonica ed ambientale, realizzati senza aumento di volumetria, ad eccezione dei volumi edilizi da destinare a servizi caratterizzati da opere di:
a) realizzazione, ammodernamento e manutenzione delle urbanizzazioni primarie e secondarie;
b) miglioramento del contesto ambientale;
c) recupero degli edifici con opere di manutenzione ordinaria e straordinaria;
d) risanamento conservativo e ristrutturazione.
2. I programmi devono tenere conto dei seguenti princìpi fondamentali:
a) realizzare un'adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;
b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, idrogeologico;
c) garantire un razionale inserimento territoriale ed urbano dell'insediamento.
3. Le aree da assoggettare ai P.R.A. sono identificate dall'Amministrazione comunale in sede di redazione del P.S.C., o di altri strumenti attuativi, in considerazione della presenza, negli ambiti da delimitare, di edifici condonati ovvero in attesa di perfezionamento del condono presentato ai sensi delle leggi statali vigenti.
4. Nel delimitare le aree di cui al comma 2 le Amministrazioni prendono in considerazione zone della città in cui la presenza di edifici, o parti di essi, condonati è causa di accentuato degrado e/o di deterioramento di contesti ambientali rilevanti dal punto di vista storico, architettonico, paesaggistico.
5. L'attuazione dei programmi può essere affidata in concessione a imprese, o ad Associazioni di imprese, o a loro consorzi, che dimostrino di avere i requisiti tecnici e finanziari per il programma proposto, ai sensi della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni ed integrazioni. Il permesso di costruire fa riferimento all'apposita convenzione nella quale sono precisati, tra l'altro, i contenuti economici e finanziari degli interventi di recupero urbanistico. Eventuali accordi preliminari o proposte di soggetti privati finalizzati all'attuazione del programma devono essere parte integrante della documentazione del programma stesso.
6. I nuclei di edificazione abusiva ai fini del loro recupero vengono delimitati e definiti, per quanto riguarda densità ed indici territoriali, nel P.S.C. di cui all'articolo 20.
7. Nel caso in cui il piano interessi aree sottoposte a vincolo paesistico, ambientale o idrogeologico, ovvero a qualsiasi altro regime vincolistico, preventivamente all'approvazione il Comune acquisisce il parere dell'autorità competente alla tutela del vincolo.
8. Per assicurare la fattibilità economica degli interventi la convenzione di cui al comma 4 prevede l'utilizzo anche di risorse finanziarie derivanti dalle oblazioni e dagli oneri concessori e sanzionatori dovuti per il rilascio dei titoli abilitativi in sanatoria relativi agli edifici compresi nell'ambito territoriale del programma. Lo stesso deve essere accompagnato da un'accurata relazione finanziaria con individuazione delle risorse pubbliche e private necessarie all'attuazione degli interventi di recupero dell'insediamento.
9. Le tipologie d'intervento edilizio ammesse nei P.R.A. sono:
a) il recupero o la riqualificazione di edifici da destinare a servizi nell'ambito delle aree delimitate;
b) il completamento delle zone comprese nelle aree delimitate, accompagnati dal recupero contestuale degli edifici esistenti nonché dal potenziamento delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
10. La formazione ed attuazione del P.R.A. è affidata alla sottoscrizione di appositi Accordi di Programma fra la Regione, l'Amministrazione comunale e gli altri Enti e/o soggetti coinvolti. La sottoscrizione dell'Accordo di Programma comporta gli effetti di cui al precedente articolo 15.
11. Il progetto di P.R.A. è composto da:
a) lo stralcio dello strumento generale di riferimento in cui verrà delimitato l'ambito di applicazione del P.R.A.;
b) la tavola delle destinazioni d'uso presenti nell'ambito d'intervento;
c) la tavola e/o la relazione descrittiva dello stato degli immobili e degli eventuali vincoli che gravano sulla zona d'intervento;
d) l'elenco catastale degli immobili oggetto del P.R.A.;
e) le tavole di progetto del P.R.A. che evidenzino le tipologie d'intervento edilizie, urbanizzative ed ambientali;
f) l'eventuale tavola di variante dello strumento urbanistico sovraordinato;
g) la planivolumetria degli interventi edilizi;
h) i progetti di massima delle singole opere;
i) il piano della viabilità ed il piano delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
j) la relazione tecnica illustrativa che, fra l'altro, contenga la stima analitica dei nuclei familiari interessati dal P.R.A. e, qualora si realizzino alloggi parcheggio, descriva le modalità dell'alloggiamento temporaneo e della sistemazione definitiva;
k) una relazione geologico-tecnica per la valutazione del livello di pericolosità geologica in assenza ed in presenza delle opere, definita mediante le opportune indagini di cui all'art. 20, comma 4, lettera b);
l) la relazione sui costi di realizzazione, sulle fonti di finanziamento, sulla convenienza dell'intervento e sui benefìci finali che esso produrrà;
m) il programma di attuazione degli interventi;
n) l'atto o gli atti d'obbligo e la eventuale bozza di convenzione;
o) il piano delle tipologie d'intervento ed il piano dell'arredo urbano;
p) le norme specifiche di attuazione.
12. Successivamente alla sottoscrizione dell'Accordo di Programma, il Comune provvede al deposito del P.R.A. per la pubblica visione presso gli uffici comunali per un periodo di trenta giorni. Il deposito è reso noto al pubblico mediante avviso affisso all'albo pretorio del Comune ed a mezzo di manifesti murari affissi sull'intero territorio comunale.
13. Osservazione al P.R.A., entro i termini di deposito di cui al comma precedente, possono essere presentate dai soggetti nei confronti dei quali i contenuti del P.R.A. sono destinati a produrre effetti diretti (78).
14. Successivamente alla scadenza dei termini di deposito, il Consiglio comunale decide sulle osservazioni ed approva definitivamente il P.R.A..
15. La Giunta regionale, in occasione della formazione del bilancio di previsione annuale, individua le quote di finanziamento da destinare ai P.R.A., i criteri per l'ammissibilità delle domande di finanziamento dei programmi e quelli per la selezione delle proposte.
16. Non potendo entrare a far parte del P.R.A. edifici ed opere che , alla data di adozione del P.R.A. medesimo, non siano stati oggetto di sanatoria ai sensi della disciplina statale vigente, l'Amministrazione dovrà verificare l'avvenuto perfezionamento delle richieste di Condono edilizio presentate, ancora prima dell'avvio formale delle procedure del P.R.A. (79).
17. I suoli che sono di fatto utilizzati come strade di penetrazione del comparto edilizio condonato, per effetto della presente legge sono acquisiti al patrimonio comunale senza corrispettivo finanziario e come tali sono trascritti nel registro del patrimonio indisponibile, in quanto opere di urbanizzazione.
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(78) Comma così modificato dall'art. 4, primo comma, primo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(79) Comma così sostituito dall'art. 4, primo comma, secondo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «16. Non possono comunque entrare a far parte del P.R.A. edifici od opere che, alla data di adozione del P.R.A. medesimo, non siano stati oggetto del provvedimento di sanatoria da parte del Sindaco, ai sensi della disciplina statale vigente.».
Art. 37
Interventi di bonifica urbanistica-edilizia.
1. I comuni, singoli e associati, predispongono piano di rottamazione e recupero delle opere, manufatti ed edifici, già oggetto di condono o, comunque realizzati con modalità, materiali, carenze di impianti, assenza o assoluta carenza di opere di urbanizzazione o di smaltimento e/o trattamento delle acque di risulta e dei rifiuti, tali da determinare, in un quadro di interesse pubblico generale, la necessità di ripristino e bonifica dei siti territoriali interessati.
2. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su parere della Commissione consiliare competente, predispone le linee guida ed il regolamento attuativo dei "piani di rottamazione".
Art. 38
Fondo per il risanamento e recupero dei centri storici.
1. La legge di bilancio annuale, a partire da quella approvata dopo l'entrata in vigore della presente legge, prevede la costituzione di un fondo finalizzato alla copertura, anche parziale, degli interessi conseguenti l'accensione dei mutui od altre forme di finanziamento diretto ad interventi di risanamento e recupero dei centri storici calabresi.
2. L'allocazione delle risorse a favore dei comuni richiedenti o loro consorzi è preceduta da apposito accordo di programma che coinvolge i comuni, singoli o consorziati, la Regione e le istituzioni bancarie e finanziarie interessate.
3. Entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore all'Urbanistica, sentita la Commissione consiliare competente, emana apposito regolamento attuativo.
Art. 39
Finalità dei programmi d'area.
1. La Regione Calabria, al fine di accrescere l'integrazione fra gli Enti locali, il coordinamento delle iniziative, l'impegno integrato delle risorse finanziarie, promuove la predisposizione di programmi d'area.
2. I programmi d'area costituiscono una ulteriore modalità di programmazione intercomunale negoziata, coerente con le previsioni indicate dagli strumenti regionali e provinciali di programmazione economico - territoriale.
3. I programmi d'area sono promossi dalla Giunta regionale soltanto nel caso in cui gli Enti locali ricompresi nell'ambito territoriale interessato diano il loro assenso e partecipino alla predisposizione e realizzazione.
4. La programmazione negoziata di cui al comma 2, si svolge tra Regione, Enti locali e altri soggetti pubblici o a partecipazione pubblica, con la partecipazione delle parti sociali e dei soggetti privati interessati, ed è tesa a realizzare le condizioni per lo sviluppo locale sostenibile, in coerenza con gli strumenti della programmazione regionale e sub-regionale.
Art. 40
Programmi d'area.
1. Il programma d'area rappresenta un complesso di interventi finalizzati alla valorizzazione di aree territoriali caratterizzate da peculiari situazioni economiche, sociali, culturali ed ambientali, nonché di aree urbane per le quali appaiono necessari rilevanti interventi di riqualificazione o di recupero, per la cui realizzazione sia necessaria l'azione coordinata ed integrata di più soggetti pubblici o privati.
2. Le aree oggetto del programma d'area ricomprendono il territorio di uno o più comuni della Regione, anche appartenenti a province diverse.
3. Il programma d'area è finanziato con risorse proprie dei soggetti partecipanti e/o con eventuali contributi statali e comunitari. I contributi regionali alle imprese previsti dal programma d'area sono stabiliti nella misura massima consentita dalla Unione Europea per l'ambito territoriale considerato, anche in deroga alle norme regionali vigenti.
Art. 41
Modalità di predisposizione del Programma d'Area (80).
1. Al fine della individuazione dei programmi d'area, la Giunta regionale promuove il concorso degli Enti locali e delle parti sociali interessati e, sentita la Commissione consiliare competente, provvede alla prima definizione del territorio interessato e degli obiettivi generati del programma, anche sulla base delle disponibilità di risorse finanziarie locali per il cofinanziamento.
2. Con lo stesso atto di cui al precedente comma, la Giunta regionale provvede altresì alla costituzione di un gruppo di lavoro, cui partecipano i soggetti interessati, con il compito di elaborare la proposta di programma d'area.
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(80) Rubrica così sostituita dall'art. 4, primo comma, terzo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Modalità di predisposizione.».
Art. 42
Procedimento di approvazione del Programma d'Area (81).
1. Il Presidente della Giunta regionale, o l'Assessore all'Urbanistica su delega del Presidente della Giunta regionale, convoca una Conferenza preliminare per accertare il consenso dei soggetti pubblici e privati interessati alla proposta di programma d'area, finalizzata alla sottoscrizione dell'Accordo per l'attuazione del Programma d'Area (82).
2. Qualora il programma d'area comporti la variazione di uno o più strumenti di pianificazione urbanistica, si applica quanto previsto dalla presente legge.
3. Un accordo di ulteriori soggetti dopo l'approvazione dell'accordo richiede il consenso unanime dei partecipanti.
4. Ove l'adesione operi nel rispetto di tutte le disposizioni contenute nell'accordo, il consenso è espresso dalla Conferenza di programma.
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(81) Rubrica così sostituita dall'art. 4, primo comma, quarto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Procedimento di approvazione.».
(82) Comma così sostituito dall'art. 4, primo comma, quinto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «1. Il Presidente della Giunta regionale o un suo delegato convoca una Conferenza preliminare, per accertare il consenso dei soggetti pubblici e privati interessati sulle proposte di programma d'area.».
Art. 43
Contenuti dell'accordo relativo al Programma d'Area (83).
1. L'accordo configura le azioni di competenza dei soggetti partecipanti dirette a dare attuazione, in modo coordinato ed integrato, agli interventi oggetto del programma d'area. Con l'accordo i soggetti partecipanti si vincolano altresì ad impegnare le risorse finanziarie occorrenti e ad assumere le iniziative necessarie per l'acquisizione di eventuali contributi nazionali e comunitari.
2. L'accordo deve:
a) prevedere una dettagliata descrizione degli interventi, nonché degli obiettivi e dei risultati che si intendono perseguire con la realizzazione del programma d'area;
b) contenere gli obblighi assunti da ciascun soggetto partecipante;
c) definire le diverse fasi di realizzazione degli interventi;
d) individuare le risorse finanziarie occorrenti per la realizzazione dei singoli interventi e la ripartizione dei relativi oneri fra i soggetti partecipanti;
e) prevedere gli effetti derivanti dall'inadempimento degli obblighi assunti dai soggetti partecipanti, compresa l'eventuale attivazione di interventi sostitutivi;
f) individuare i contenuti non ritenuti sostanziali dalle parti che possono essere modificate con il consenso unanime espresso dalla Conferenza di programma;
g) individuare l'Autorità di programma da designare con decreto del Presidente della Giunta regionale, come previsto al successivo art. 45 (84);
h) individuare le varie fasi temporali del programma;
i) prevedere il diritto di recesso, di uno o più soggetti partecipanti, stabilendone le condizioni.
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(83) Rubrica così sostituita dall'art. 4, primo comma, sesto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Contenuti dell'accordo.».
(84) Lettera così sostituita dall'art. 4, primo comma, settimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «g) individuare e designare l'Autorità di programma.».
Art. 44
Soggetti attuatori del Programma d'Area (85).
1. I singoli soggetti partecipanti provvedono alla realizzazione ed alla gestione degli interventi previsti dal programma d'area in relazione agli obblighi assunti.
2. Entro trenta giorni dall'approvazione dell'accordo, ciascuno dei soggetti partecipanti individua il responsabile del programma di propria competenza, che svolge i seguenti compiti:
a) cura l'esecuzione degli interventi, promuovendo e coordinando lo svolgimento di ogni attività necessaria per la loro completa e sollecita realizzazione;
b) fornisce all'Autorità di programma tutte le informazioni necessarie per l'esercizio dei suoi compiti.
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(85) Rubrica così sostituita dall'art. 4, primo comma, ottavo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Soggetti attuatori.».
Art. 45
Autorità di programma.
1. L'Autorità di programma, costituita con decreto del Presidente della Giunta regionale (86):
a) coordina l'attività dei responsabili nominati dai soggetti partecipanti;
b) vigila sul rispetto dei tempi di realizzazione del programma e del corretto e razionale svolgimento delle procedure;
c) opera il monitoraggio sui livelli di prestazione e di qualità, degli interventi e la valutazione della congruenza dei risultati conseguiti agli obiettivi programmatici definiti.
2. L'Autorità riferisce periodicamente sull'attuazione del programma d'area alla Conferenza di programma e propone alla stessa l'assunzione dei provvedimenti di competenza, curandone l'esecuzione.
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(86) Alinea così modificato dall'art. 4, primo comma, nono alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 46
Conferenza di programma del Programma d'Area (87).
1. Con decreto del Presidente della Giunta regionale è istituita la Conferenza di programma con il compito di sovrintendere alla realizzazione del programma d'area e di vigilare sul tempestivo e completo adempimento degli obblighi assunti dai partecipanti.
2. La Conferenza è composta da un rappresentante per ognuno dei partecipanti e presieduta dal Presidente della Giunta regionale o un suo delegato.
3. La Conferenza svolge i seguenti compiti:
a) verifica il rispetto degli obblighi assunti dai contraenti nei termini previsti;
b) mette in mora il soggetto partecipante inadempiente e assume i successivi provvedimenti previsti dall'accordo, ivi compresa l'attivazione dei poteri sostitutivi;
c) tenta la composizione in via amichevole delle eventuali controversie insorte in ordine al rispetto delle clausole dell'accordo;
d) provvede agli adempimenti conseguenti;
e) approva le adesioni all'accordo;
f) valuta i risultati del programma d'area.
4. La Conferenza è convocata dal suo Presidente almeno due volte l'anno, nonché su richiesta dell'Autorità di programma. La Conferenza assume i provvedimenti di cui alle lettere d) ed e), del comma 3, all'unanimità dei suoi componenti.
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(87) Rubrica così sostituita dall'art. 4, primo comma, decimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Conferenza di programma.».
Art. 47
Approvazione regionale dei programmi d'area.
1. La Giunta regionale propone annualmente al Consiglio l'approvazione dei programmi d'area ed individua con il medesimo atto i capitoli ordinari di spesa, al fine di garantire la copertura finanziaria della quota regionale di partecipazione al programma, fissando una priorità per l'attuazione dei relativi interventi nell'utilizzo delle risorse previste dagli stanziamenti già autorizzati dalla legge di bilancio o dalla legge finanziaria, con riferimento alle leggi di spesa settoriali vigenti.
2. Il Consiglio regionale con un unico provvedimento approva il programma d'area ed il relativo programma finanziario. La delibera consiliare di approvazione del programma d'area ha la medesima efficacia degli atti settoriali di programmazione economico-finanziaria, ai fini dell'individuazione degli interventi e degli stanziamenti di bilancio da impegnare. Alla stessa consegue direttamente la fase di attuazione degli interventi da parte delle competenti strutture regionali.
Art. 48
Insediamenti urbani storici (88).
1. Entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale all'urbanistica e governo del territorio adotta un organico strumento normativo sulla identificazione dei centri storici, disciplinando gli interventi negli stessi che tenga conto dei seguenti principi (89):
a) ai fini della valorizzazione delle risorse immobiliari disponibili e della limitazione dell'uso di risorse territoriali si considera di preminente interesse regionale il recupero, la riqualificazione ed il riuso dei centri storici e degli insediamenti storici minori, rispettandone i valori culturali, sociali, storici, architettonici, urbanistici, economici ed ambientali;
b) si considerano centri storici gli agglomerati urbani che conservano nell'organizzazione territoriale, nell'impianto urbanistico e ambientale, nonché nelle strutture edilizie, i segni di una formazione remota e di proprie originarie funzioni abitative, economiche, sociali e culturali, comprendendo inoltre ogni struttura insediativa anche extra urbana che costituisca eredità significativa di storia locale;
c) è prevista l'istituzione e l'aggiornamento a cura della Regione di un elenco dei centri storici riguardante gli insediamenti suscettibili di tutela e valorizzazione;
d) l'attuazione degli interventi nei centri storici può essere demandata ai comuni o altri enti pubblici, contraenti generali, cooperative di abitazione e loro consorzi, cooperative di produzione e loro consorzi, imprese di costruzione e di servizi e loro consorzi, privati proprietari, singoli o consorziati.
2. Al fine di garantire la compatibilità paesaggisticoambientale e storico-insediativa degli interventi di valorizzazione relativi agli insediamenti urbani e del patrimonio edilizio e urbanistico del territorio regionale, entro 12 mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale all'Urbanistica e Governo del Territorio e previo parere da parte della Commissione consiliare competente, da esprimersi entro trenta giorni dal ricevimento, provvede alla redazione e approvazione di un apposito Disciplinare per gli Interventi di Recupero, valorizzazione e messa in sicurezza del patrimonio edilizio e urbanistico (90).
3. Il Disciplinare di cui al comma precedente indica norme, metodologie, strumenti e tecniche necessarie a garantire che gli interventi di recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio e urbanistico regionale venga fatto con tecniche e materiali locali compatibili al manufatto e al contesto ambientale nonché in osservanza della normativa vigente in materia (91).
4. I Comuni, dall'entrata in vigore del Disciplinare di cui al comma 2, devono verificare la compatibilità della propria strumentazione urbanistica ed edilizia rispetto alle indicazioni dettate dal Disciplinare stesso, ed eventualmente mettere in atto, nei tempi dettati dal Disciplinare, le procedure e gli strumenti in esso previsti, finalizzati ad incentivare il recupero e la messa in sicurezza del patrimonio edilizio e urbanistico attraverso l'uso di tecniche e materiali locali compatibili (92).
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(88) Rubrica così sostituita dall'art. 4, primo comma, undicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Insediamenti urbani e storici.».
(89) Alinea così modificato dall'art. 4, primo comma, dodicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(90) Comma aggiunto dall'art. 4, primo comma, tredicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14, poi così modificato dall'art. 1, comma 6, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29.
(91) Comma aggiunto dall'art. 4, primo comma, tredicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14, poi così modificato dall'art. 1, comma 7, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29.
(92) Comma aggiunto dall'art. 4, primo comma, tredicesimo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14, poi così modificato dall'art. 1, comma 8, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29.
Art. 49
Miglioramenti tecnologici.
1. Al fine di migliorare la qualità tecnologica e di agevolare l'attuazione delle norme sul risparmio energetico degli edifici, nuovi o esistenti, non sono considerati nei computi per la determinazione dei volumi e dei rapporti di copertura:
a) i tamponamenti perimetrali per la sola parte eccedente i trenta centimetri, per le nuove costruzioni, e fino ad un massimo di ulteriori centimetri venticinque;
b) il maggiore spessore dei solai, orizzontali od inclinati, per la sola parte eccedente i venti centimetri se contribuisce al miglioramento statico degli edifici, e/o al miglioramento dei livelli di coibentazione termica, acustica o di inerzia termica;
c) le disposizioni del presente articolo valgono anche ai fini del calcolo delle altezze massime, delle distanze dai confini, fra edifici e dalle strade, fermo restando le prescrizioni minime dettate dalla legislazione statale.
2. Con l'obiettivo di contenere il consumo di nuovo territorio è consentito nei centri storici e nelle zone totalmente costruite dei centri abitati, il recupero ai fini abitativi dei sottotetti e l'utilizzo a fini commerciali dei piani seminterrati ed interrati così definiti:
a) sottotetti, i locali sovrastanti l'ultimo piano dell'edificio con copertura a tetto;
b) seminterrati, i piani la cui superficie si presenta entroterra per una percentuale inferiore ai 2/3 della superficie laterale del piano;
c) interrati, i piani la cui superficie si presenta entroterra per una percentuale superiore ai 2/3 della superficie laterale del piano;
purché siano rispettate le normali condizioni di abitabilità previsti dai vigenti regolamenti salvo le seguenti:
- requisiti di idoneità statica attestati mediante certificato di collaudo redatto da tecnico abilitato, corredato da prove di carico e certificazione di cui alla legge 5 novembre 1971, n. 1086;
- altezza media ponderale di almeno metri 2,20 ridotta a metri 2,00 per i comuni posti a quota superiore a metri 800 slm, calcolata dividendo il volume della porzione di sottotetto di altezza maggiore a metri 1,50 per la superficie relativa;
- rapporti pari a 1/15 tra la superficie delle aperture esterne e superficie degli ambienti di abitazione, calcolata relativamente alla porzione di sottotetto di altezza maggiore a metri 1,50;
- di interventi per il collegamento diretto tra unità immobiliari e sovrastante sottotetto o fra locali contigui finalizzati alla migliore funzione di tali locali sono da considerarsi opere interne soggette a D.I.A.;
- la realizzazione di aperture, botole, scale, ed ogni altra opera interna idonea a perseguire le finalità di abitabilità dei sottotetti è soggetta a D.I.A.;
- gli interventi e le opere di tipo edilizio e tecnologico devono avvenire senza alcuna modificazione delle linee di colmo e di gronda e senza alterazione delle originarie pendenze delle falde di copertura e con l'altezza dei piani sottostanti ai sottotetti che non può essere ridotta ad un valore inferiore a metri 2,70;
- è consentita, ai fini dell'osservanza dei requisiti di areazione e di illuminazione dei sottotetti la realizzazione di finestre, lucernai, abbaini e terrazzi se consentiti, ovvero la realizzazione di impianti di ventilazione meccanica per un ricambio d'aria almeno pari a quello richiesto per la ventilazione naturale;
per i seminterrati e gli interrati:
- altezza interna non inferiore a metri 2,70;
- aperture per la ventilazione naturale diretta non inferiore ad un 1/15 della superficie del pavimento, ovvero la realizzazione d'impianto di ventilazione meccanici per un ricambio d'aria almeno pari a quello richiesto per la ventilazione naturale;
- gli interventi e le opere di tipo edilizio ammessi per conseguire l'utilizzo terziario e/o commerciale di piani seminterrati non devono, comunque, comportare modifiche delle quote standard di piano delle aree pubbliche e delle sistemazioni esterne già approvate;
- è consentito l'utilizzo dei locali ricavati con la suddivisione orizzontale dell'ambiente interrato o seminterrato esistente, che ha come fine l'integrazione e il miglioramento della funzione terziario - commerciale, a condizione però che la presenza del soppalco non riduca l'altezza dell'ambiente al di sotto di metri 2,70;
- gli interventi per collegare vano e soppalco e per la sistemazione dei locali interrati e seminterrati finalizzati a migliorare la fruizione di detti locali e la loro funzione terziario/commerciale sono da considerarsi opere soggette a D.I.A.
3. Gli interventi di cui al presente articolo comportano la corresponsione degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria, nonché del contributo del costo di costruzione ai sensi di legge, calcolati sulla volumetria resa utilizzabile secondo le tariffe vigenti di ciascun Comune per le opere di urbanizzazione.
4. Il recupero a fini abitativi ed il riutilizzo ad uso terziario commerciale dei piani seminterrati ed interrati è ammesso rispettivamente per le zone A e B come definite dal D.M. n. 1444/1968. Nei sottotetti i volumi trasformabili non possono eccedere il 25% del volume urbanistico dell'edificio cui l'intervento si riferisce.
5. Qualora venga superato il limite del 25% dell'incremento volumetrico di cui al comma precedente e nella situazione d'impossibilità del rispetto dei limiti fissati dal D.M. 2 aprile 1968 è, altresì ammessa la possibilità del diretto conferimento, da parte dei richiedenti, di superfici idonee a compensare gli standard urbanistici mancanti, ovvero della loro monetizzazione attraverso idonea convenzione, in base ai costi correnti di esproprio all'interno dell'area considerata.
6. Gli interventi di cui al presente articolo sono classificati come ristrutturazioni ai sensi dell'art. 31, comma 1, della legge 5 agosto 1978, n. 457.
7. Con riferimento al precedente comma 5, i comuni, con motivata deliberazione, di cui è necessario dare adeguata pubblicità, possono, nel termine di 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disporre l'esclusione totale o parziale di zone territoriali omogenee e/o limitazioni degli incrementi volumetrici oltre il limite di cui al comma 5.
TITOLO VII
Pianificazione del territorio agro-forestale
Art. 50
Assetto agricolo forestale del territorio.
1. Gli strumenti urbanistici, nell'individuazione delle zone agricole, disciplinano la tutela e l'uso del territorio agro-forestale, al fine di:
a) salvaguardare il valore naturale, ambientale e paesaggistico del territorio medesimo e, nel rispetto della destinazione forestale del suolo e delle specifiche vocazioni produttive, garantire lo sviluppo di attività agricole sostenibili;
b) promuovere la difesa del suolo e degli assetti idrogeologici, geologici ed idraulici e salvaguardare la sicurezza del territorio;
c) favorire la piena e razionale utilizzazione delle risorse naturali e del patrimonio infrastrutturale ed infrastrutturale esistente;
d) promuovere la permanenza nelle zone agricole, degli addetti all'agricoltura migliorando le condizioni insediative;
e) favorire il rilancio e l'efficienza delle unità produttive;
f) favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente in funzione delle attività agricole e di quelle ad esse integrate e complementari a quella agricola;
g) valorizzare la funzione dello spazio rurale di riequilibrio ambientale e di mitigazione degli impatti negativi degli aggregati urbani.
2. I comuni, mediante il P.S.C. individuano zone agricole a diversa vocazione e vocazione e suscettività produttiva per promuoverne lo sviluppo.
3. I comuni qualificano, attraverso la sistematica definizione degli interventi edilizi ed urbanistici ammessi, le zone agricole del proprio territorio in:
a) aree caratterizzate da una produzione agricola tipica o specializzata;
b) aree di primaria importanza per la funzione agricolo - produttiva, anche in relazione all'estensione, composizione e localizzazione dei terreni;
c) aree che, caratterizzate da preesistenze insediative, sono utilizzabili per l'organizzazione di centri rurali o per lo sviluppo di attività complementari ed integrate con l'attività agricola;
d) aree boscate o da rimboschire;
d-bis) le aree assoggettate ad usi civici o di proprietà collettiva di natura agricola o silvo-pastorale (93);
e) aree che per condizione morfologica, ecologica, paesistico-ambientale ed archeologica, non sono suscettibili di insediamento.
4. L'individuazione di cui al comma 2 deve essere preceduta da una rilevazione e descrizione analitica delle caratteristiche fisiche del territorio interessato e delle sue potenzialità produttive, elaborata sulla base di una relazione agro-pedologica e di uso dei suoli elaborata e firmata da un professionista a ciò abilitato con particolare riferimento (94):
a) alla natura fisico-chimica dei terreni, alla morfologia ed alle caratteristiche idro-geologiche;
b) all'uso di fatto ed all'uso potenziale dei suoli finalizzato all'incremento potenzialità produttive;
c) allo stato della frammentazione fondiaria;
d) alle caratteristiche socio - economiche della zona e della popolazione che vi risiede o la utilizza;
e) alla individuazione delle aree abbandonate o sotto utilizzate che richiedano interventi strutturali ai fini di garantire forme ed opere di presidio ambientale, sotto i profili ecologico - ambientale e socio - economico.
5. Le previsioni del P.S.C., relativamente alle zone di cui al comma 2, devono indicare:
a) per ciascuna zona e con riferimento alle colture praticate od ordinariamente praticabili;
b) l'unità aziendale minima per l'esercizio in forma economicamente conveniente dell'attività agricola.
6. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'approvazione delle Linee guida da parte della Regione Calabria, nei comuni dotati di programma di fabbricazione, la destinazione a zona agricola si intende estesa a tutti i suoli ricadenti al di fuori dei centri abitati, salvo quanto disposto dai piani sovraordinati (95).
7. Nell'ambito dei comprensori di bonifica i Consorzi di bonifica partecipano, tramite le scelte disposte con il Piano Comprensoriale di bonifica e di tutela del territorio, ove approvato dal Consiglio regionale ed adottato dai Consorzi, alla formazione dei Piani territoriali ed urbanistici, nonché ai programmi di difesa dell'ambiente contro gli inquinamenti.
8. Il Piano ha efficacia in ordine alle azioni di competenza del Consorzio di bonifica per la individuazione e progettazione delle opere di bonifica e delle opere pubbliche di bonifica e di irrigazione, nonché delle altre opere necessarie per la tutela e la valorizzazione del territorio rurale, ivi compreso la tutela delle acque di bonifica ed irrigazione. Il Piano ha invece valore di indirizzo per quanto attiene vincoli per la difesa dell'ambiente naturale ed alla individuazione dei suoli agricoli da salvaguardare rispetto a destinazioni d'uso alternative.
9. I comuni, le comunità Montane e le province, nell'approvazione dei propri strumenti di pianificazione devono raccordarsi con quanto disposto dal Piano di bonifica approvato dal Consiglio regionale. I comuni si raccordano, altresì, nei propri strumenti urbanistici, con le proposte di tutela delle aziende e delle aree agricole in riferimento alla salvaguardia dell'uso agricolo rispetto a destinazioni d'uso alternative.
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(93) Lettera aggiunta dall'art. 5, primo comma, primo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(94) Alinea così modificato dall'art. 5, primo comma, secondo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(95) Comma così modificato dall'art. 33, comma 1, L.R. 26 giugno 2003, n. 8.
Art. 51
Interventi in zona agricola.
1. Nelle zone a destinazione agricola come identificate dell'articolo precedente, il permesso di costruire sarà rilasciato con esonero dei contributi commisurati alle opere di urbanizzazione e ai costi di costruzione, solo se la richiesta è effettuata da imprenditori agricoli (96).
2. Qualora la destinazione d'uso venga modificata nei dieci anni successivi all'ultimazione dei lavori i contributi di cui al comma precedente sono dovuti nella misura massima corrispondente alla nuova destinazione, determinata con riferimento al momento dell'intervenuta variazione (ai sensi dell'art. 19 ultimo comma del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380).
3. Nelle zone a destinazione agricola è comunque vietata:
a) ogni attività comportante trasformazioni dell'uso del suolo tanto da renderlo incompatibile con la produzione vegetale o con l'allevamento e valorizzazione dei prodotti;
b) ogni intervento comportante frazionamento del terreno a scopo edificatorio (già lottizzazione di fatto);
c) la realizzazione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria del suolo in difformità alla sua destinazione.
4. Il P.S.C. in riferimento a quanto disposto nelle linee guida, nel Q.T.R. nonché nel P.T.C.P., avendo particolare riguardo ai loro contenuti di strumenti di salvaguardia e tutela dei valori paesaggistici, e tenendo anche conto dei piani e programmi di settore, in materia di agricoltura, individua gli interventi aventi carattere prioritario ed essenziale fissando gli indici ed i rapporti di edificabilità.
5. È consentito l'asservimento di lotti non contigui ma funzionalmente legati per il raggiungimento dell'unità culturale minima, fermo restando la definizione in sede di P.S.C. dell'ingombro massimo di corpi di fabbrica edificabili e le caratteristiche tipologiche dell'insieme degli interventi a tutela e conservazione del paesaggio agricolo.
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(96) Comma così modificato dall'art. 5, primo comma, terzo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 52
Criteri per l'edificazione in zona agricola.
1. Il permesso di costruire per nuove costruzioni rurali, nei limiti ed alle condizioni di cui al precedente articolo, potrà essere rilasciato nel rispetto delle seguenti prescrizioni:
a) che si proceda in via prioritaria al recupero delle strutture edilizie esistenti;
b) che l'Azienda mantenga in produzione superfici fondiarie che assicurino la dimensione dell'unità aziendale minima.
2. Le strutture a scopo residenziale, al di fuori dei piani di utilizzazione aziendale o interaziendale, salvo quanto diversamente e più restrittivamente indicato dai P.S.C., dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore, sono consentite entro e non oltre gli standard di edificabilità di 0,013 mq su mq di superficie utile (97). Per le sole attività di produttività e di trasformazione e/o commercializzazione di prodotti agricoli, l'indice non può supere 0,1 mq su mq. Il lotto minimo è rappresentato dall'unità aziendale minima di cui agli articoli precedenti.
3. I vincoli relativi all'attuazione dei rapporti volumetrici e di utilizzazione residenziale o produttiva devono essere trascritti presso la competente conservatoria dei registri immobiliari a cure e spese del titolare del permesso di costruire.
4. Per la realizzazione e la ristrutturazione delle strutture connesse alle attività di turismo rurale e agriturismo, gli standard urbanistici ed i limiti indicati al comma 2 sono incrementabili massimo fino al 20% fatta salva la normativa vigente nazionale e regionale in materia di agriturismo e turismo rurale, nonché gli indici stabiliti dagli strumenti urbanistici vigenti (98).
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(97) Periodo così modificato dall'art. 5, primo comma, quarto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(98) Comma aggiunto dall'art. 5, primo comma, quinto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
TITOLO VIII
Disposizioni orizzontali
Art. 53
Standard urbanistici.
1. Al fine di assicurare una diversa e migliore qualità urbana, gli standard debbono contribuire ad elevare il livello quantitativo e qualitativo del sistema delle infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti residenziali e produttivi in genere, mirando a migliorare il livello delle attrezzature e spazi collettivi, idonei a soddisfare le esigenze dei cittadini.
2. Gli standard di qualità, in particolare, si esprimono attraverso la definizione:
a) della quantità e della tipologia di tali dotazioni;
b) delle caratteristiche prestazionali, in termini di accessibilità, di piena fruibilità e sicurezza per tutti i cittadini di ogni età e condizione, di equilibrata e razionale distribuzione nel territorio, di funzionalità e adeguatezza tecnologica, di semplicità ed economicità di gestione.
3. La Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti i rappresentanti dell'A.N.C.I., dell'U.P.I., dell'A.N.C.E., dell'A.N.P.C. e delle federazioni degli ordini professionali degli architetti - pianificatori - paesaggisti - conservatori, degli ingegneri e dei geologi, specifica gli atti ai fini della predisposizione dei piani urbanistici comunali:
a) i limiti di utilizzazione territoriale;
b) i valori per il calcolo della capacità insediativa dei suoli destinati all'espansione ed al completamento degli immobili da sottoporre a riqualificazione, rifunzionalizzazione e sostituzione;
c) i rapporti tra gli spazi destinati alla trasformazione urbanistica e gli spazi pubblici, di uso pubblico o aperti al pubblico destinati al soddisfacimento delle esigenze di mobilità, sosta e ricovero degli autoveicoli, del tempo libero ivi compresi gli spazi verdi naturalizzati ed attrezzati per il giuoco, lo sport, le attività singole o collettive, lo spettacolo all'aperto, e le occasioni culturali musicali collettive, l'istruzione di primo e secondo grado, l'assistenza agli anziani, le strutture sanitarie di base;
d) i criteri attraverso cui il soddisfacimento dei fabbisogni di standard debba essere valutato secondo i requisiti prestazionali delle attrezzature e dei servizi la cui rilevazione e valutazione dovrà accompagnare quella strettamente quantitativa.
4. La possibilità di soddisfare la percentuale di standard urbanistici anche con servizi ed attrezzature private, purché definitivamente destinati ad attività collettive e previo convenzionamento con il Comune.
5. La Giunta regionale, previo parere vincolante della Commissione consiliare competente, nel medesimo provvedimento, connota, altresì, le forme di surrogazione di natura tecnologica o contrattuale attraverso le quali i citati fabbisogni potranno essere comunque soddisfatti, comprendendo anche forme di monetizzazione, di prestazione in forma specifica ovvero interventi compensativi diversi da quelli direttamente interessati (99).
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(99) Comma così modificato dall'art. 6, primo comma, primo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 53-bis
Edilizia sostenibile.
1. Al fine di rafforzare il principio della sostenibilità anche nell'ambito delle attività del settore edilizio, entro 12 mesi dalla entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale all'Urbanistica e previo parere della commissione consiliare competente, da esprimersi entro trenta giorni dal ricevimento, provvede all' approvazione di un apposito Disciplinare per l'Edilizia Sostenibile.
2. Il Disciplinare di cui al comma precedente indica le norme, le tecniche, i materiali e gli strumenti necessari a incentivare, nel territorio regionale, l'affermazione dell'edilizia sostenibile che mira a soddisfare gli obiettivi generali di qualità della vita, di salubrità degli insediamenti e di compatibilità ambientale. La qualità dell'edilizia in termini di sostenibilità fa riferimento a requisiti di eco-compatibilità (materiali, tecniche costruttive, localizzazione, etc.), di benessere fisico delle persone, di salubrità del territorio e degli immobili, di contenimento energetico, di uso di energia rinnovabile e di rispetto dei requisiti di fruibilità, accessibilità e sicurezza per ogni tipo di utente.
3. Al fine di promuovere l'assunzione del Disciplinare dell'edilizia sostenibile negli strumenti di pianificazione urbanistica e dei relativi regolamenti edilizi e urbanistici comunali e nelle attività edilizie avviate da soggetti pubblici e privati, la Regione prevede un sistema di incentivi e premialità (100).
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(100) Articolo aggiunto dall'art. 6, primo comma, secondo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 54
Perequazione urbanistica.
1. La perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione dei valori immobiliari prodotti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazione territoriali.
2. La quantità di edificazione spettante ai terreni che vengono destinati ad usi urbani deve essere indifferente alle specifiche destinazione d'uso previste dal Piano strutturale comunale (P.S.C.) e deve invece correlarsi allo stato di fatto e di diritto in cui i terreni stessi si trovano al momento della formazione del Piano stesso. A tal fine, il Piano strutturale comunale (P.S.C.) riconosce la medesima possibilità edificatoria ai diversi ambiti che presentino caratteristiche omogenee, in modo che ad uguale stato di fatto e di diritto corrisponda una uguale misura del diritto edificatorio.
3. Ogni altro potere edificatorio previsto dal Piano strutturale comunale (P.S.C.), che ecceda la misura della quantità di edificazione spettante al terreno, è riservato al Comune, che lo utilizza per le finalità di interesse generale previste nei suoi programmi di sviluppo economico, sociale e di tutela ambientale.
4. Le aree le quali, secondo le regole stabilite dal Piano strutturale comunale (P.S.C.), non sono necessarie per realizzare le costruzioni e gli spazi privati a queste complementari, entrano a far parte del patrimonio fondiario del Comune, che le utilizza per realizzare strade ed attrezzature urbane nonché per ricavarne lotti edificabili da utilizzare sia per i previsti programmi di sviluppo economico e sociale sia per le permute necessarie ad assicurare ai proprietari dei terreni destinati dal P.S.C. ad usi pubblici, la possibilità di costruire quanto di loro spettanza.
5. L'attuazione della perequazione urbanistica si realizza attraverso un accordo di tipo convenzionale che prevede la compensazione tra suolo ceduto o acquisito e diritti edificatori acquisiti o ceduti.
6. Il Piano operativo comunale (P.O.T.) ed i Piani urbanistici attuativi (P.A.U.), nel disciplinare gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria, assicurano la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree.
7. Il regolamento edilizio ed urbanistico (R.E.U.) stabilisce i criteri e i metodi per la determinazione del diritto edificatorio spettante a ciascun proprietario, in ragione del diverso stato di fatto e di diritto in cui si trovano gli immobili al momento della formazione del P.S.C.
Art. 55
Società di trasformazione urbana.
1. I comuni, i loro consorzi, e le loro unioni possono promuovere la costituzione di società per azioni al fine di progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti secondo quanto previsto dall'articolo 120 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267. È facoltà dei promotori chiamare a far parte delle S.T.U. anche la Regione, le province ed i privati.
2. Entro sei mesi dalla data dell'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente, approva il regolamento contenente i criteri e le modalità per consentire la partecipazione alle S.T.U. dei soggetti proprietari degli immobili compresi nei perimetri interessati dalle trasformazioni di cui al comma 1 e le ulteriori precisazioni per il funzionamento delle società stesse.
3. I programmi che vengono attivati attraverso le Società di cui al comma precedente devono prevedere interventi destinati alla edilizia residenziale pubblica in misura non inferiore al 15% delle risorse pubbliche e private impegnate per la loro attuazione.
Art. 56
Vincolo di inedificabilità.
1. All'atto del rilascio del permesso di costruire, per le costruzioni da realizzare ai sensi del Titolo VII, viene istituito un vincolo di non edificazione relativamente alla sola superficie agraria asservita, da trascriversi presso la conservatoria dei registri immobiliari.
2. Le abitazioni esistenti in zona agricola alla data di entrata in vigore della presente legge estendono sul terreno dello stesso proprietario un vincolo di non edificazione fino a concorrenza della superficie fondiaria necessaria alla loro edificazione. La demolizione parziale o totale di tali costruzioni, corrispondentemente, riduce od elimina il vincolo.
Art. 57
Disciplina del mutamento delle destinazioni d'uso degli immobili.
1. Il P.S.C. individua, per ambiti organici del territorio pianificato o per singoli episodi edilizi quando questi assumano particolari dimensioni o caratteristiche, le destinazioni d'uso specifiche, quelle ricomprese in gruppi omogenei e quelle da escludere, nonché la possibilità di destinazioni temporanee, convenzionate o scorrevoli a seguito di rifunzionalizzazione degli immobili.
2. Le condizioni per le localizzazioni delle destinazioni ammissibili, i loro rapporti con l'eventuale formazione di comparti edilizi e quelle relative al soddisfacimento delle esigenze di perequazione fondiaria sono stabilite dal R.E.U. che fissa, altresì, i requisiti tecnici degli immobili in relazione alle diverse destinazioni.
3. Le destinazioni d'uso sono definite sulla base del rapporto tra funzionalità e qualità urbana, ai fini della formazione di centri di aggregazione di funzioni, di riordino e di riequilibrio delle strutture insediative ed in coerenza con il piano del traffico e delle mobilità e con il programma urbano dei parcheggi.
4. Le destinazioni d'uso sono suddivisi nei seguenti raggruppamenti:
a) residenziale, turistico - ricettiva e direzionale, sanitaria;
b) produttiva (commerciale, artigianale, industriale nei limiti dimensionali stabiliti dalla normativa vigente in materia di piccole e medie imprese e di trasformazione);
c) industriale (nei limiti dimensionali stabiliti dalla legislazione vigente in materia di imprese maggiori);
d) servizi pubblici o di interesse pubblico a carattere generale o comprensoriale;
e) agricola.
5. Le destinazioni d'uso di cui alla lettera a) possono essere insediate nelle zone di tipo A), B) e C) di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.
6. Le destinazioni d'uso di cui alle lettere b) e c) possono essere insediate nelle zone omogenee di tipo D) di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.
7. Le destinazioni d'uso di cui alla lettera d), possono essere insediate nelle zone omogenee di tipo F) di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.
8. Le destinazioni d'uso di cui alla lettera e), possono essere insediate nelle zone omogenee di tipo E) di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali. Gli esercizi commerciali di vicinato e piccole imprese artigiane non inquinanti, sono ammessi in tutte le zone omogenee ad eccezione di quelle E), di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, a destinazione agricola, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.
9. Costituiscono, ai fini della presente legge, modifica di destinazione d'uso il passaggio tra i diversi raggruppamenti di cui al precedente comma 4, nonché tra le zone omogenee del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444, secondo le prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali.
10. Si ha mutamento di destinazione d'uso quando l'immobile, o parte di esso, viene ad essere utilizzato, in modo non puramente occasionale e momentaneo, per lo svolgimento di attività appartenente ad una delle categorie di destinazione di cui al comma 4 diversa da quella in atto.
11. La destinazione d'uso "in atto" dell'immobile o dell'unità immobiliare è quella fissata dalla licenza, permesso di costruire o autorizzazione per essi rilasciata, ovvero, in assenza o nell'indeterminatezza di tali atti, della classificazione catastale attribuita in sede di accatastamento o da altri atti probanti.
12. Per i mutamenti della destinazione d'uso che implichino variazioni degli standard urbanistici, il rilascio del permesso di costruire è subordinato alla verifica del reperimento degli standard.
13. Il mutamento di destinazione d'uso, anche se attuato senza la realizzazione di opere edilizie, comporta l'obbligo di corrispondere al Comune il contributo di costruzione di cui all'articolo 16 del D.P.R. n. 380/2001, per la quota - parte commisurata agli oneri di urbanizzazione ed in misura rapportata alla differenza tra quanto dovuto per la nuova destinazione rispetto a quella già in atto, allorquando la nuova destinazione sia idonea a determinare un aumento quantitativo e/o qualitativo del carico urbanistico della zona, inteso come rapporto tra insediamenti e servizi. Per tutti gli immobili costruiti prima dell'entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 il mutamento e destinazione d'uso, pur non dovendo corrispondere al Comune alcun contributo di costruzione, è soggetto a Denunzia di inizio attività (D.I.A.) nonché all'obbligo di denunzia di variazione catastale.
14. È soggetto a Denunzia di inizio attività (D.I.A.) il diverso uso all'interno dello stesso raggruppamento tra quelli elencati al comma 4 e comunque il mutamento da cui non derivi la necessità di dotazioni aggiuntive di standard, servizi e spazi pubblici o privati.
15. Gli immobili con le relative aree di pertinenza, realizzati o in corso di realizzazione, anche con concessione edilizie rilasciate attraverso conferenze di servizi ai sensi e per gli effetti dell'articolo 14 e seguenti della legge n. 241/1990 e successive modificazioni ed integrazioni, sono da ritenersi inquadrati, secondo la loro destinazione d'uso, nella disciplina dei raggruppamenti di cui al precedente punto quattro.
TITOLO IX
Misure di salvaguardia
Art. 58
Misure di salvaguardia.
1. A decorrere dalla data di adozione del Q.T.R. si applicano le misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902, e sue modificazioni ed integrazioni.
2. Sono nulli gli atti assunti in violazione delle misure di cui al primo comma.
3. Le misure di salvaguardia decadono con l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali, a seguito dell'approvazione del Piano Strutturale, alle prescrizioni del Q.T.R. o delle sue varianti e comunque decorsi cinque anni dalla loro entrata in vigore.
4. In caso di mancato adeguamento dei P.T.C.P. oltre il termine stabilito dal Q.T.R., le prescrizioni del Q.T.R. o delle sue varianti acquistano l'efficacia del Piano territoriale di coordinamento provinciale ovvero prevalgono su di esso, anche agli effetti della decorrenza dei termini per l'adeguamento degli strumenti urbanistici comunali alle previsioni del P.T.C.P.
5. In caso di rinvio della capacità di trasformazione dei suoli alla preventiva predisposizione di un piano attuativo unitario di cui all'articolo 24, l'edificabilità dei suoli medesimi può essere esplicata alla scadenza del terzo anno decorrente dalla data di approvazione dello strumento generale. Per i piani vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge il termine di cui al comma precedente decorre dalla data di entrata in vigore della legge medesima. I privati possono, altresì, attraverso i P.R.U. di cui all'art. 34 della presente legge, proporre la realizzazione e/o la gestione diretta di aree ed attrezzature a destinazione pubblica, purché non se ne cambi la destinazione d'uso e le stesse siano utilizzate per servizi di pubblica utilità e/o interesse (101).
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(101) Periodo così modificato dall'art. 7, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 59
Misure di salvaguardia del P.T.C.P.
1. A decorrere dalla data di adozione del P.T.C.P. e fino all'adeguamento dei piani urbanistici generali comunali si applicano le misure di salvaguardia di cui all'articolo 12, commi 3 e 4 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380.
Art. 60
Misure di salvaguardia del P.S.C.
1. Il dirigente od il responsabile dell'ufficio tecnico del Comune, sospende ogni determinazione sulle domande di permesso di costruire, quando accerti che tali domande siano in contrasto con l'atto di pianificazione territoriale adottato dal Comune e con le misure di salvaguardia del Q.T.R. e del P.T.C.P.
2. La sospensione opera fino alla data di approvazione e di efficacia dell'atto di pianificazione e comunque non oltre cinque anni dalla data di adozione dell'atto.
TITOLO X
Delega di funzioni e competenze
Art. 61
Conferimento di funzioni in materia di urbanistica e di opere abusive.
1. Le funzioni di competenza della Regione ai sensi dell'art. 31, comma 8, e dell'articolo 32 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sono attribuite alle Province (102);
1-bis. In caso di inerzia delle Province in materia di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia, ai sensi e per gli effetti degli articoli 31, comma 8, e 32 del D.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico dell'Edilizia) ad esse delegate dal comma precedente, la Giunta regionale invita le Province inadempienti a esercitare le funzioni delegate entro sessanta giorni. Decorso tale termine la Giunta regionale assume i poteri sostitutivi, nomina un commissario ad acta e affida la specifica funzione all'Assessorato regionale all'Urbanistica e Governo del Territorio, con oneri a carico delle province inadempienti (103);
2. L'autorizzazione a derogare ai regolamenti edilizi comunali per le altezze degli edifici destinati ad uso alberghiero, di cui al R.D.L. 8 novembre 1938, n. 1908, è rilasciata dai comuni unitamente al provvedimento di permesso di costruire.
3. L'autorizzazione paesaggistica di cui all'art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004 e successive modifiche e integrazioni è delegata alle Province (104).
4. Con atto successivo la Regione regolamenterà il conferimento di specifiche funzioni ai comuni, in materia edilizia, finalizzate a consentire ai privati proprietari di completare opere edilizie realizzate con titolo giuridicamente valido ma non completate nei termini di efficacia del titolo abilitativo avviando il miglioramento del decoro urbano e della qualità ambientale del patrimonio edilizio.
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(102) Comma così sostituito dall'art. 8, primo comma, primo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «1. Le funzioni di competenza della Regione ai sensi dell'articolo 31, comma 8, e degli articoli 32, 39 e 40 del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sono attribuite alle province.».
(103) Comma aggiunto dall'art. 8, primo comma, secondo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
(104) Comma così sostituito dall'art. 8, primo comma, terzo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «3. Il previo rilascio dei pareri paesistici ed ambientali, ai sensi dell'art. 151 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 è delegato esclusivamente ai comuni.».
Art. 62
Adempimenti della Regione.
1. Entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale elabora il documento preliminare del Q.T.R. con i contenuti di cui all'articolo 17 e lo trasmette al Consiglio regionale, alle province ed ai comuni, ai sensi dell'articolo 25 (105).
2. Entro il medesimo termine di cui al primo comma, la Giunta regionale approva gli atti di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 66 e provvede a raccogliere in un unico testo l'intera legislazione regionale in materia urbanistica.
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(105) Comma così modificato dall'art. 8, primo comma, quarto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 63
Adeguamenti ed aggiornamenti.
1. Gli adeguamenti del Q.T.R. possono essere promossi dal Consiglio regionale, da una o più province, dai comuni la cui popolazione complessiva superi di 1/3 quella definita nell'ultimo censimento del totale regionale, qualora si verifichino modifiche alla normativa vigente, ovvero sopraggiungano motivi che determinino la totale o parziale inattuabilità dello stesso Q.T.R.
2. Il Consiglio regionale provvede all'adeguamento ed all'aggiornamento del Q.T.R. con le procedure di cui al precedente articolo 25 ma con i termini ridotti della metà nel caso di modifiche inerenti disposizioni programmatiche o rese necessarie da variazioni della normativa vigente.
Art. 64
Adempimenti delle province.
1. I P.T.C.P. vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge conservano validità fino all'approvazione delle linee guida di cui al comma 5 dell'articolo 17. Le previsioni di detti strumenti vanno adeguate se in contrasto con le suddette linee guida nei termini indicati nel provvedimento di emanazione delle stesse linee.
2. Per i P.T.C.P. adottati prima dell'entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le norme procedurali e di salvaguardia vigenti alla data di adozione con l'obbligo di recepimento, per lo strumento approvato, delle linee guida come indicato al precedente comma.
3. I P.T.C.P. vigenti o adottati alla data di entrata in vigore della presente legge devono essere adeguati entro dodici mesi dalla entrata in vigore del Q.T.R.
4. Fino all'emanazione delle linee guida di cui al comma 5 dell'art. 17 le province continuano ad adottare i P.T.C.P. applicando le norme procedurali vigenti prima dell'entrata in vigore della presente legge con l'obbligo di adeguamento alle suddette linee guida come indicato al precedente comma 1.
5. Decorso inutilmente il termine di cui al comma precedente, si applicano i poteri sostitutivi di cui al successivo articolo 67.
Art. 65
Approvazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici comunali in fase di prima applicazione della legge.
1. I Comuni sprovvisti di piano urbanistico o con strumenti urbanistici decaduti, entro ventisette mesi dalla entrata in vigore delle Linee-Guida di cui al comma 5 dell'art. 17 devono dare avvio alle procedure di formazione e di approvazione del P.S.C. previsto dalla presente legge (106).
2. I Piani Regolatori Generali conservano validità fino a ventisette mesi a partire dalla entrata in vigore delle Linee Guida, di cui al comma 5 dell'art. 17 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19. Per i comuni che alla data del 19 giugno 2008 non hanno avviato la procedura di redazione del Piano Strutturale Comunale o in forma Associata, il termine loro concesso per l'avvio di detta procedura è prorogata di ulteriori tre mesi. Ove dovesse decorrere infruttuosamente anche tale ulteriore termine, il Dipartimento Urbanistica e Governo del Territorio della Regione procederà alla nomina di Commissari ad acta, con tecnici da reperire dagli albi degli Ordini Professionali, che entro sei mesi dovranno provvedere all'avvio della procedura di redazione dello strumento urbanistico, con oneri a carico dei Comuni inadempienti. Decorsi i termini di cui ai precedenti commi 1 e 2 si stabilisce che (107):
a) per i comuni che hanno avviato la procedura di redazione del Piano Strutturale, le previsioni del Piano Regolatore Generale vigente rimangono in vigore fino all'adozione (ai sensi del comma 4 dell'art. 27 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 e s.m.i. del nuovo Piano e comunque non oltre quarantadue mesi dall'entrata in vigore delle Linee Guida della Pianificazione regionale (108);
b) per i comuni dotati di PRG che non hanno avviato la procedura di redazione del Piano Strutturale decadono tutte le previsioni di detto strumento riguardanti le aree esterne al perimetro dei suoli urbanizzati definiti come il perimetro delle aree aventi destinazione di zona A e B negli strumenti urbanistici vigenti e delle zone C individuate dai medesimi strumenti per le quali siano stati approvati piani di lottizzazioni. Sono fatte salve le previsioni di tutti gli ambiti territoriali comunque denominati nei quali siano approvati piani di attuazione;
c) per i comuni che hanno avviato la procedura di redazione del Piano Strutturale e che non abbiano adottato il Piano Strutturale entro quarantadue mesi dall'entrata in vigore delle Linee Guida della pianificazione regionale, successivamente a tale scadenza decadono tutte le previsioni del Piano Regolatore, con le stesse modalità di cui alla precedente lettera b) (109).
Ai fini dell'applicazione di quanto disposto alle precedenti lettere a) e b) e c), si precisa che per avvio di procedura di redazione del Piano Strutturale si intende il conferimento di incarico con la firma del contratto e/o del disciplinare di incarico. Per i comuni che entro il termine ultimo fissato nel secondo capoverso, lettere a) e c) non abbiano adottato il piano strutturale, il Dipartimento Urbanistica e Governo del Territorio della Regione provvede a revocare gli eventuali contributi che siano stati concessi per la redazione degli strumenti urbanistici (110). L'avvio della procedura va comunicato alla Regione Calabria – Assessorato Urbanistica e Governo del Territorio - entro 15 giorni dal conferimento dell'incarico. Solo nel caso in cui le relative previsioni del Piano Regolatore Generale non siano in contrasto con le Linee Guida esse restano in vigore quali previsioni strutturali e ricognitive la cui attuazione è comunque subordinata alla definizione dei piani operativi e/o piani attuativi previsti dalla presente legge, secondo le modalità dettate dalle Linee Guida. La verifica del non contrasto va eseguita in base ai criteri indicati dalle Linee Guida. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nel caso in cui lo strumento urbanistico vigente sia un Programma di Fabbricazione, nel qual caso vale quanto disposto dal 6° comma dell'art. 50 della presente legge, come modificato dal 1° comma dell'art. 33 della legge regionale 26 giugno 2003, n. 8, ovvero che a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore delle Linee Guida, a tutti i suoli ricadenti al di fuori del perimetro del centro abitato, definito come il perimetro delle aree aventi destinazione di zona A e B nel PdF vigente, e delle zone C, o comunque denominate, per le quali siano stati approvati, nel rispetto del comma 4 dell'art. 65 della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 e s.m.i., piani attuativi, viene estesa la destinazione a zona agricola. Fino all'approvazione dei nuovi strumenti urbanistici sono consentite variazioni agli strumenti urbanistici (PRG e PdF) derivanti dall'approvazione di progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico, proposte anche da parte di privati ai sensi del D.P.R. 327/01, che siano oggetto di finanziamento pubblico, ed ai sensi dell'art. 5 del D.P.R. 447/98, nonché da interventi previsti da strumenti di programmazione negoziata individuati dal POR Calabria, da contratti di programma, da Patti territoriali e da altri strumenti che prevedono l'utilizzazione in forma di cofinanziamento di risorse pubbliche (dell'Unione Europea, dello Stato e della Regione) e private. Nei casi da ultimo indicati, fino all'approvazione del PSC la Regione provvede, sentita la Commissione consiliare competente, in deroga alle prescrizioni di cui ai Titoli dal 1° al 5° della presente legge, a promuovere appositi accordi di programma territoriali ai sensi dell'art. 1, commi da 1 al 4, della legge 26 dicembre 2001, n. 443. Nei Comuni in regola con le previsioni della legge urbanistica in materia di adozione dei Piani Strutturali, il requisito del finanziamento pubblico, per le opere di interesse pubblico ad iniziativa di soggetti privati, non è richiesto (111). La mancata realizzazione o il mancato completamento dell'opera nel termine previsto determina la retrocessione del terreno alla destinazione d'uso originaria (112). Entro tre mesi dall'avvenuto deposito dei Piani Strutturali da parte dei tecnici incaricati che ne devono dare comunicazione al Dipartimento Urbanistica e Governo del Territorio, i comuni interessati sono tenuti ad adottare il proprio strumento urbanistico (113). Decorso inutilmente tale termine il Dipartimento Urbanistica e Governo del Territorio della Regione attiva i poteri sostitutivi mediante la nomina dei commissari ad acta (114). (115).
3. I piani attuativi comunque denominati e gli atti di programmazione negoziata vigenti conservano efficacia fino alla scadenza convenzionale e non sono soggetti ad adeguamento.
4. I piani attuativi in attuazione dei Programmi di Fabbricazione, se acquisiti dai Comuni entro il sessantesimo giorno dell'entrata in vigore delle linee-guida, possono essere considerati validi solo se, entra dodici mesi dall'entrata in vigore della presente legge, sarà completato l'iter amministrativo attraverso l'atto conclusivo della Convenzione (116).
5. Dalla entrata in vigore delle Linee-Guida di cui al comma 5 dell'art. 17 della presente legge, i Comuni devono conformare le procedure di formazione e i contenuti degli strumenti urbanistici alle indicazioni delle Linee-Guida.
6. I Comuni sostituiti con provvedimento regionale nell'approvazione del proprio strumento urbanistico e che, per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, il commissariamento non ha prodotto almeno l'adozione del piano, possono, con delibera consiliare, riacquistare i poteri di adozione ed approvazione dei piani nei propri Consigli comunali.
7. In caso di adeguamenti resi necessari per errori materiali di trascrizione, grafici e/o legati a disfunzioni degli apparati telematici, elettromagnetici o di digitazione, vi provvede il dirigente responsabile del servizio preposto all'attuazione del piano.
8. Le modifiche d'ufficio e le prescrizioni di cui al 2° comma dell'art. 10, L. n. 1150 del 1942 (Legge urbanistica) e successive modificazioni avranno ad oggetto anche l'osservanza delle norme della presente legge (117).
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(106) Comma così modificato dapprima dall'art. 1, comma 9, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29 (in coerenza con i nuovi tempi previsti nel nuovo testo del comma 2) e poi dall'art. 27, comma 1, lettera a), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(107) Alinea così modificato dall'art. 28, comma 1, lettere b) e c), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(108) Lettera così modificata dall'art. 28, comma 1, lettera d), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(109) Lettera così modificata dall'art. 28, comma 1, lettera e), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(110) Periodo aggiunto dall'art. 28, comma 1, lettera f), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(111) Periodo aggiunto dall'art. 28, comma 1, lettera g), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(112) Periodo aggiunto dall'art. 28, comma 1, lettera g), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(113) Periodo aggiunto dall'art. 28, comma 1, lettera g), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(114) Periodo aggiunto dall'art. 28, comma 1, lettera g), L.R. 13 giugno 2008, n. 15.
(115) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 10, L.R. 28 dicembre 2007, n. 29, poi così modificato come indicato nelle note che precedono. Il testo originario era così formulato: «2. I Piani Regolatori Generali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, conservano validità fino a dodici mesi a partire dalla entrata in vigore delle Linee-Guida, di cui al comma 5 dell'art. 17 della presente legge. Decorso il predetto termine decadono tutte le previsioni di detti strumenti riguardanti le aree esterne al perimetro dei suoli urbanizzati, definiti come il perimetro delle aree aventi destinazioni di zona A e B negli strumenti urbanistici vigenti e delle zone C individuati dai medesimi strumenti per le quali siano stati approvati piani di lottizzazione. Solo nel caso in cui le relative previsioni del Piano Regolatore Generale non siano in contrasto con le Linee-Guida esse restano in vigore quali previsioni strutturali e ricognitive la cui attuazione è comunque subordinata alla definizione dei piani operativi e/o piani attuativi previsti dalla presente legge, secondo le modalità dettate dalle Linee-Guida. La verifica del non contrasto va eseguita in base ai criteri indicati dalle Linee-Guida. Per tutti i Piani Regolatori Generali che risultino in contrasto rispetto alle Linee si applicano le disposizioni del comma 1 del presente articolo. Fino all'approvazione dei nuovi strumenti urbanistici sono consentite variazioni agli stessi derivanti dall'approvazione di progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico, da interventi previsti da strumenti di programmazione negoziata individuati dal POR Calabria, ovvero da contratti di programma, Patti Territoriali o da altri strumenti che prevedono l'utilizzazione in forma di cofinanziamento di risorse dell'Unione Europea, dello Stato e della Regione, e provenienti dal mercato. Nei casi da ultimo indicati, fino all'approvazione dei P.S.C., la Regione provvede, sentita la Commissione consiliare competente, in deroga alle prescrizioni di cui ai titoli dal 1° al 5° della presente legge, a promuovere appositi accordi di programma territoriali ai sensi dell'art. 1, commi da 1 al 4, della legge 26 dicembre 2001, n. 443. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano nel caso in cui lo strumento urbanistico vigente sia un Programma di Fabbricazione, nel qual caso vale quanto disposto dal 6° comma dell'art. 50 della presente legge, come modificato dal 1° comma dell'art. 33 della L.R. n. 8/2003, ovvero che a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore delle Linee-Guida, a tutti i suoli ricadenti al di fuori dei centri abitati viene estesa la destinazione a zona agricola.».
(116) Comma così sostituito dall'art. 1, L.R. 21 agosto 2007, n. 21. Il testo precedente era così formulato: «4. I Piani Attuativi Unitari in attuazione dei Programmi di Fabbricazione, se acquisiti dai Comuni prima dell'entrata in vigore delle Linee-Guida, possono essere considerati validi solo se, entro 12 mesi dall'entrata in vigore delle Linee-Guida, sarà completato l'iter amministrativo attraverso l'atto conclusivo della convenzione.».
(117) Articolo così sostituito dall'art. 8, primo comma, quinto alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14, poi così modificato come indicato nelle note che precedono. Il testo originario era così formulato: «Art. 65. Approvazione ed adeguamento degli strumenti urbanistici comunali in fase di prima applicazione della legge. 1. I comuni sprovvisti di piano urbanistico o con strumenti urbanistici decaduti, entro tre mesi dall'emanazione delle linee guida di cui al comma 5 dell'art. 17 devono dare avvio alle procedure di formazione e di approvazione del P.S.C. previsto dalla presente legge. 2. Gli strumenti urbanistici generali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, conservano validità fino all'approvazione delle linee guida di cui al comma 5 dell'art. 17. A partire da tale data, le previsioni di detti strumenti riguardanti le aree esterne al perimetro dei suoli urbanizzati, come individuati dallo strumento urbanistico vigente purché non in contrasto con le suddette linee guida regionali, restano in vigore quali previsioni strutturali e ricognitive la cui attuazione è subordinata alla definizione di piani operativi e/o piani attuativi previsti dalla presente legge. Se lo strumento urbanistico generale risulti in contrasto rispetto alle suddette linee guida esso va adeguato nei termini indicati nel provvedimento di emanazione delle stesse linee. Fino all'approvazione dei nuovi strumenti urbanistici generali sono consentite variazioni agli stessi derivanti dall'approvazione di progetti di opere pubbliche o di interesse pubblico, da interventi previsti da strumenti di programmazione negoziata individuati dal P.O.R. Calabria 2000/2006, ovvero da contatti di programma, Patti Territoriali o da altri strumenti che prevedono l'utilizzazione in forma di cofinanziamento di risorse dell'Unione Europea, dello Stato e della Regione, e provenienti dal mercato. Nei casi da ultimo indicati, fino all'approvazione dei P.S.C., la Regione provvede, sentita la Commissione consiliare competente, in deroga alle prescrizioni di cui ai titoli dal 1° al 5° della presente legge, a promuovere appositi accordi di programma territoriali ai sensi dell'art. 1, commi da 1 a 4, della legge 26 dicembre 2001, n. 443. 3. Agli strumenti urbanistici o loro varianti, adottati dai comuni prima della data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad applicarsi le norme procedurali di applicazione e di salvaguardia vigenti alla data di adozione suddetta fermo restando l'obbligo di adeguamento dello strumento approvato, come indicato al comma precedente, se in contrasto con le linee guida di cui al comma 5 dell'art. 17 della presente legge. 4. Dall'entrata in vigore della presente legge e fino all'emanazione delle linee guida di cui al comma 5 dell'art. 17, i comuni continuano ad adottare gli strumenti urbanistici generali optando per l'applicazione delle norme procedurali di approvazione e di salvaguardia di cui alla legge n. 1150/1942 sempre con l'obbligo di adeguamento dello strumento approvato, come indicato al comma precedente. 5. I comuni sostituiti con provvedimento regionale nell'approvazione del proprio strumento urbanistico e che alla data di entrata in vigore della presente legge il commissariamento non ha prodotto almeno l'adozione del piano, possono con delibera consiliare riacquistare i poteri di adozione ed approvazione dei piani nei propri Consigli comunali. 6. In caso di adeguamenti resi necessari per errori materiali di trascrizione, grafici e/o legati a disfunzioni degli apparati telematici, elettromagnetici o di digitazione, vi provvede il dirigente responsabile del servizio preposto all'attuazione del piano. 7. Le modifiche d'ufficio e le prescrizioni di cui al 2° comma dell'art. 10 L. n. 1150 del 1942 e successive modificazioni avranno ad oggetto anche l'osservanza delle norme della presente legge.».
TITOLO XI
Disposizioni finali
Art. 66
Atti regionali di indirizzo, coordinamento e attuazione.
1. Per assicurare lo sviluppo coordinato ed omogeneo delle attività di pianificazione territoriale e urbanistica, la Regione adotta:
a) atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni pianificatori delle province e dei comuni;
b) atti di coordinamento tecnico, aventi per oggetto i necessari corredi che attengono, attraverso relazioni geologico-tecniche, le condizioni di rischio geologico mediante le opportune indagini di cui al D.M. 11 marzo 1988 e successive modifiche ed integrazioni;
c) direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate.
2. Con gli atti di coordinamento tecnico, in particolare, la Regione:
a) detta indirizzi e direttive per l'attuazione della presente legge e per l'integrazione dei suoi contenuti con le disposizioni in materia di pianificazione territoriale e urbanistica previste dalle legislazioni settoriali;
b) specifica i contenuti essenziali del documento preliminare, del quadro conoscitivo, della relazione illustrativa, delle norme tecniche e delle tavole di progetto del P.T.C.P., del P.S.C., del P.O.T. e dei piani attuativi;
c) stabilisce l'insieme organico delle nozioni, definizioni, modalità di calcolo e di verifica concernenti gli indici, i parametri e le modalità d'uso e di intervento, allo scopo di definire un lessico comune utilizzato nell'intero territorio regionale, che comunque garantisca l'autonomia nelle scelte di pianificazione.
3. Gli atti di cui al comma 1 sono assunti con delibera del Consiglio regionale, su proposta della giunta, sentite le Amministrazioni provinciali e le associazioni di comuni. Tali atti sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione.
Art. 67
Poteri sostitutivi regionali e provinciali.
1. In caso di mancato rispetto dei termini perentori previsti dalla presente legge, il Presidente della Giunta regionale o il Presidente della Provincia invita gli Enti inadempienti a provvedere entro trenta giorni, decorsi inutilmente i quali, al compimento dei singoli atti provvede direttamente la Giunta regionale o provinciale, nominando un apposito commissario ad acta, con oneri a carico degli Enti inadempienti.
2. In caso di inerzia di province e comuni, nell'esercizio delle funzioni amministrative ad essi delegate, rispettivamente la Giunta regionale o il Presidente della provincia invitano gli Enti sott'ordinati a provvedere entro sessanta giorni, decorsi inutilmente, i quali alla formazione dei singoli atti amministrativi provvede direttamente la Giunta regionale o quella provinciale nominando un apposito commissario ad acta con oneri a carico dell'ente inadempiente.
3. Le funzioni, le competenze ed i singoli atti per i quali è previsto il potere sostitutivo regionale, sono disciplinati con apposito regolamento da emanarsi, da parte della Giunta regionale, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
Art. 68
Supporti tecnici e finanziari per la formazione di strumenti urbanistici (118).
1. La Regione assicura adeguato supporto tecnico a province e comuni per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi demandati dalla presente legge. All'uopo gli Enti locali possono avvalersi dell'ausilio delle strutture tecnico-burocratiche degli uffici regionali competenti nelle materie dell'edilizia e dell'urbanistica.
2. La Regione concede, inoltre, contributi ai comuni ed alle province per favorire la formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica previsti dalla presente legge.
3. I contributi di cui al comma 2 sono concessi alle province nella misura massima del cinquanta per cento della spesa ritenuta ammissibile ed ai comuni nella misura massima del settanta per cento della spesa ritenuta ammissibile in ragione della popolazione dei comuni ammessi.
4. Le richieste di contributo sono inoltrate, dai comuni e dalle province interessati, al Presidente della Regione secondo le modalità ed i termini contenuti nel bando che sarà pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria entro il 30 aprile di ogni anno. In sede di prima applicazione la pubblicazione avverrà entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
5. La formulazione della graduatoria delle province e dei comuni beneficiari dei contributi di cui al comma 2, è effettuata dalla Giunta regionale, su proposta dell'Assessore competente, sulla base dei seguenti parametri:
a) l'inesistenza di strumentazione urbanistica generale;
b) l'elaborazione del P.S.C. in forma associata;
c) la dimensione demografica del Comune, con precedenza ai comuni di minore numero di abitanti per come rilevato nell'ultimo censimento ISTAT.
6. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli interventi di cui al presente articolo, la Regione fa fronte con l'istituzione di appositi capitoli nella parte spesa del bilancio regionale, che verranno dotati della necessaria disponibilità in sede di approvazione della legge annuale di bilancio.
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(118) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 6 agosto 2002, n. 727, la Delib.G.R. 4 febbraio 2003, n. 97 e la Delib.G.R. 28 ottobre 2003, n. 817. Con Delib.G.R. 6 luglio 2006, n. 456 sono stati approvati i criteri e le modalità per l'erogazione di contributi per la formazione degli strumenti urbanistici.
Art. 69
Qualificazione e valorizzazione professionale.
1. I soggetti titolari degli atti di governo del territorio, regolati dalla presente legge, perseguono gli obiettivi di cui alla presente legge, ai fini della redazione dei diversi strumenti di governo del territorio, mediante la valorizzazione di tutte le professionalità previste nel D.P.R. n. 328/2001 e nel rispetto delle competenze nello stesso individuate. Sono da considerare esperti tutti i soggetti in possesso dei titoli di studio elencati negli articoli 17 e 47 del citato D.P.R. n. 328/2001.
2. Al fine di elevare la qualità delle prestazioni professionali, anche incentivando il confronto e la concorrenzialità, gli affidamenti degli incarichi di pianificazione e connessi, previsti dalla presente legge, devono, obbligatoriamente, prevedere procedure concorsuali o ad evidenza pubblica, con avviso preventivo sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria garantendo il rispetto della normativa nazionale e comunitaria in materia di affidamento degli incarichi professionali (119).
3. Ai fini delle analisi, delle relazioni e degli studi relativi ai beni archeologici, storici ed artistici ed ambientali, per le finalità della presente legge, sono considerati esperti i laureati in storia e conservazione dei beni architettonici ed ambientali e ogni altro professionista o esperto che possa dimostrare una specifica formazione ed esperienza nella materia.
4. Il professionista o i professionisti comunque associati, affidatari degli incarichi di cui al comma 2 sono obbligati a coinvolgere organicamente nella redazione dei progetti un professionista abilitato da non più di cinque anni all'esercizio della professione ed iscritto nel proprio albo professionale (120).
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(119) Comma così sostituito dall'art. 9, primo comma, primo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14. Il testo originario era così formulato: «2. Al fine di elevare la qualità delle prestazioni professionali, anche incentivando il confronto e la concorrenzialità, gli affidamenti degli incarichi per atti di pianificazione e connessi, previsti dalla presente legge, devono prevedere, sempre, procedure concorsuali o ad evidenza pubblica, con avviso preventivo sul Bollettino Ufficiale della Regione Calabria.».
(120) Comma così modificato dall'art. 9, primo comma, secondo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 70
Società di certificazione urbanistica (S.C.U.).
1. Presso ogni Provincia è istituito l'elenco delle Società di certificazione urbanistica.
2. Le Società di certificazione urbanistica, in presenza di richiesta dei comuni e degli altri Enti preposti alla pianificazione del territorio, ivi compresi i proponenti di strumenti urbanistici, certificano la coerenza e conformità dello strumento urbanistico generale od attuativo, rispetto ai vincoli della strumentazione di livello superiore, nonché la sua conformità rispetto ai vincoli di rilievo pubblico e la concreta edificabilità e trasformabilità delle aree, impianti ed edifici.
3. Il rilascio della certificazione urbanistica sostituisce ad ogni effetto gli atti di competenza degli organi ordinari.
4. Essa, tra l'altro, tiene luogo:
a) della verifica sull'adeguamento della strumentazione comunale al P.T.C.P.;
b) dell'atto di approvazione del P.S.C.;
c) delle osservazioni sul P.O.T. e sui P.A.U.;
d) della vigilanza sull'adempimento dell'obbligo di verifica delle strumentazioni urbanistiche di ogni livello la cui cadenza temporale sarà fissata dal regolamento di cui al successivo comma;
e) della congruenza dei contenuti dello strumento urbanistico alle vigenti norme dello Stato e della Regione.
5. La certificazione, se rilasciata positivamente, dovrà essere trasmessa immediatamente alla Provincia che avrà il potere di annullarlo (in tutto o in parte) o di riformarlo nel termine di sessanta giorni dalla data di ricezione, con provvedimento motivato, con la indicazione delle censure specifiche e dei criteri ed elementi a cui dovrà uniformarsi l'Ente che avrà, conseguentemente, la facoltà di effettuare le necessarie modifiche e correzione riproponendo il Piano per la verifica conclusiva. Trascorso il termine anzidetto senza che la Provincia abbia esercitato i poteri di annullamento o di riforma, la certificazione produce gli effetti di cui al precedente terzo comma.
6. Con successivo regolamento, da adottare sentite le Giunte provinciali, la Giunta regionale stabilirà i requisiti che dovranno possedere le Società di certificazione urbanistica (S.C.U.) e le modalità attuative per l'istruzione dell'elenco.
Art. 71
Sportello unico.
1. Le Amministrazioni comunali, nell'ambito della propria autonomia organizzativa, provvedono anche mediante l'esercizio in forma associata delle strutture ai sensi del capo quinto titolo secondo del D.Lgs. n. 267/2000 a costituire un ufficio denominato Sportello Unico per l'edilizia che cura tutti i rapporti fra i soggetti privati, l'Amministrazione comunale e ove occorra, le altre Amministrazioni tenute a pronunciarsi in ordine ad attività edilizie oggetto di permesso di costruire o di D.I.A. (121). Il funzionamento dello sportello è regolato, fino alla emanazione di appositi criteri da adottarsi da parte della Giunta regionale, dall'art. 5, commi 2, 3, 4, del D.P.R. n. 380/2001.
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(121) Periodo così modificato dall'art. 9, primo comma, terzo alinea, L.R. 24 novembre 2006, n. 14.
Art. 72
Sistema informativo provinciale.
1. Al fine di far confluire tutte le informazioni relative alla pianificazione del territorio che ricade sotto la loro giurisdizione le province, entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono ad istituire il Sistema informativo provinciale per l'edilizia e l'urbanistica che ha il compito di interagire con il S.I.T.O. per le attività di cui al precedente articolo 8, comma 3, lettera e).
Art. 73
Abrogazione di precedenti norme.
1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate tutte le norme in contrasto con essa. Quanto, poi, alle norme e disposizioni degli strumenti urbanistici, delle norme tecniche di attuazione e dei regolamenti edilizi che non siano conformi, si intenderanno sostituite da quelle della presente legge. Entro centoventi giorni dalla data di pubblicazione della presente legge, i dirigenti responsabili, con propri provvedimenti, adotteranno gli atti amministrativi di conformazione.
2. L'adeguamento alle disposizioni di cui alla presente legge è curato dai dirigenti responsabili.
Art. 74
Pubblicazione.
1. La presente legge regionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria.
2. È fatto obbligo, a chiunque spetti, di osservarla e farla osservare come legge della Regione Calabria.
L.R. 22 dicembre 2004, n. 16
Norme sul governo del territorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Campania 28 dicembre 2004, n. 65, supplemento.
(2) Vedi anche l'art. 31, comma 28, L.R. 19 gennaio 2007, n. 1.
TITOLO I
Finalità e principi della pianificazione
Capo I - Disposizioni generali
Art. 1
Oggetto della legge.
1. La Regione Campania disciplina con la presente legge la tutela, gli assetti, le trasformazioni e le utilizzazioni del territorio al fine di garantirne lo sviluppo, nel rispetto del principio di sostenibilità, mediante un efficiente sistema di pianificazione territoriale e urbanistica articolato a livello regionale, provinciale e comunale.
2. Per i fini di cui al comma 1, la presente legge provvede a:
a) individuare le competenze dei diversi livelli istituzionali, favorendone la cooperazione secondo il principio di sussidiarietà;
b) garantire il rispetto dei principi di trasparenza, efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa, mediante la semplificazione dei procedimenti di programmazione e pianificazione;
c) assicurare la concertazione di tutti i livelli istituzionali con le organizzazioni economiche e sociali e con le associazioni ambientaliste legalmente riconosciute.
Art. 2
Obiettivi della pianificazione territoriale e urbanistica.
1. La pianificazione territoriale e urbanistica persegue i seguenti obiettivi:
a) promozione dell'uso razionale e dello sviluppo ordinato del territorio urbano ed extraurbano mediante il minimo consumo di suolo;
b) salvaguardia della sicurezza degli insediamenti umani dai fattori di rischio idrogeologico, sismico e vulcanico;
c) tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio attraverso la valorizzazione delle risorse paesistico-ambientali e storico-culturali, la conservazione degli ecosistemi, la riqualificazione dei tessuti insediativi esistenti e il recupero dei siti compromessi;
d) miglioramento della salubrità e della vivibilità dei centri abitati;
e) potenziamento dello sviluppo economico regionale e locale;
f) tutela e sviluppo del paesaggio agricolo e delle attività produttive connesse;
g) tutela e sviluppo del paesaggio mare-terra e delle attività produttive e turistiche connesse.
Art. 3
Articolazione dei processi di pianificazione.
1. La pianificazione territoriale e urbanistica è definita dal complesso degli atti adottati dalle competenti amministrazioni in conformità alla legislazione nazionale e regionale, disciplinanti l'uso, la tutela e i processi di trasformazione del territorio.
2. La pianificazione territoriale e urbanistica disciplina con un sistema normativo e di vincolo tutte le attività di iniziativa sia pubblica che privata che comportano una trasformazione significativa del territorio, definendo:
a) per le attività pubbliche, la programmazione degli interventi da realizzare;
b) per le attività private, l'incentivazione delle iniziative riconosciute come concorrenti al miglioramento della qualità del territorio e corrispondenti all'interesse pubblico.
3. La pianificazione provinciale e comunale si attua mediante:
a) disposizioni strutturali, con validità a tempo indeterminato, tese a individuare le linee fondamentali della trasformazione a lungo termine del territorio, in considerazione dei valori naturali, ambientali e storico-culturali, dell'esigenza di difesa del suolo, dei rischi derivanti da calamità naturali, dell'articolazione delle reti infrastrutturali e dei sistemi di mobilità;
b) disposizioni programmatiche, tese a definire gli interventi di trasformazione fisica e funzionale del territorio in archi temporali limitati, correlati alla programmazione finanziaria dei bilanci annuali e pluriennali delle amministrazioni interessate.
Art. 4
Cooperazione istituzionale nei processi di pianificazione.
1. Tutti i soggetti istituzionali titolari di funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica informano la propria attività ai metodi della cooperazione e dell'intesa.
2. La presente legge disciplina gli strumenti di raccordo e coordinamento tra la Regione e gli enti locali, da attuare in sede di individuazione degli obiettivi della pianificazione e nella successiva fase di verifica della compatibilità delle scelte adottate.
3. La Regione Campania promuove il coordinamento e la cooperazione tra gli enti locali e i soggetti titolari di funzioni relative al governo del territorio anche per mezzo di specifiche intese con le amministrazioni interessate.
Art. 5
Partecipazione e pubblicità nei processi di pianificazione.
1. Alle fasi preordinate all'adozione e all'approvazione degli strumenti di pianificazione sono assicurate idonee forme di pubblicità, di consultazione e di partecipazione dei cittadini, anche in forma associata, in ordine ai contenuti delle scelte di pianificazione.
Art. 6
Strumenti di cooperazione e pubblicità della pianificazione (3).
1. Per garantire lo sviluppo coordinato e omogeneo dei processi di pianificazione territoriale e urbanistica la Regione adotta entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge atti di coordinamento tecnico e direttive disciplinanti l'esercizio delle funzioni delegate.
2. La Regione garantisce, altresì, la più ampia informazione e diffusione dei dati relativi allo stato della pianificazione nel territorio regionale, secondo quanto disciplinato dall'articolo 17.
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(3) Vedi, anche, la Delib.G.R. 21 aprile 2005, n. 635 e la Delib.G.R. 11 maggio 2007, n. 834.
Art. 7
Competenze.
1. L'adozione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e delle relative variazioni spetta, nell'ambito di rispettiva competenza, alla Regione, alle province e ai comuni.
2. I comuni possono procedere alla pianificazione in forma associata, anche per ambiti racchiusi nei patti territoriali e nei contratti d'area.
3. La pianificazione territoriale e urbanistica si esercita mediante la formazione di piani generali, intesi come strumenti contenenti la disciplina di tutela e uso del territorio per l'intero ambito di competenza degli enti territoriali interessati, e di piani settoriali, con i quali gli enti territoriali e gli enti pubblici preposti alla tutela di specifici interessi partecipano al procedimento pianificatorio relativamente alle proprie attribuzioni.
Art. 8
Sussidiarietà.
1. Sono demandate ai Comuni tutte le funzioni relative al governo del territorio non espressamente attribuite dall'ordinamento e dalla presente legge alla Regione ed alle province.
2. Alla Regione e alle province sono affidate esclusivamente le funzioni di pianificazione ad esse attribuite dalla legislazione nazionale e regionale che riguardano scelte di interesse sovracomunale.
Art. 9
Efficacia dei piani.
1. Le prescrizioni degli strumenti di pianificazione territoriale direttamente incidenti sul regime giuridico dei beni da questi disciplinati trovano piena e immediata applicazione, in ordine alla localizzazione puntuale di infrastrutture, nei confronti di tutti i soggetti pubblici e privati e modificano le contrastanti disposizioni degli strumenti di pianificazione sottordinati.
Art. 10
Salvaguardia.
1. Tra l'adozione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, o delle relative varianti, e la data della rispettiva entrata in vigore sono sospese:
a) l'abilitazione alla realizzazione di interventi edilizi in contrasto con la disciplina contenuta nei piani o nelle varianti in corso di approvazione;
b) l'approvazione di strumenti di pianificazione sottordinati che risultano non compatibili con i piani o le varianti adottati.
2. Le sospensioni di cui al comma 1 non possono essere protratte per oltre cinque anni decorrenti dalla data di adozione dei piani o per oltre tre anni dalla data di adozione delle varianti.
Art. 11
Flessibilità della pianificazione sovraordinata.
1. Le province ed i comuni possono, nei casi e con le modalità previsti dalla presente legge, proporre modificazioni agli strumenti di pianificazione sovraordinati.
2. Le modificazioni di cui al comma 1 sono collegate alla esistenza di comprovate esigenze degli enti territoriali, relative alla necessità di garantire il raggiungimento di obiettivi di sviluppo economico e sociale e di riequilibrare gli assetti territoriali e ambientali.
3. L'approvazione delle modificazioni di cui al comma 1 è consentita a condizione che sia assicurata la omogeneità della complessiva pianificazione territoriale e urbanistica.
Art. 12
Accordi di programma (4).
1. Per la definizione e l'esecuzione di opere pubbliche o di interesse pubblico, anche di iniziativa privata, di interventi o di programmi di intervento, nonché per l'attuazione dei piani urbanistici comunali - Puc - e degli atti di programmazione degli interventi di cui all'articolo 25, se è necessaria un'azione integrata tra Regione, provincia, comune, amministrazioni dello Stato e altri enti pubblici, si procede alla stipula dell'accordo di programma con le modalità previste dal presente articolo.
2. Al procedimento finalizzato alla stipula dell'accordo di programma partecipano tutti i soggetti, pubblici e privati, interessati all'attuazione degli interventi oggetto dell'accordo, nonché i soggetti portatori di interessi diffusi di cui all'articolo 20, comma 5.
3. Il presidente della Giunta regionale, o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla competenza primaria o prevalente sugli interventi previsti al comma 1, promuove la conclusione dell'accordo, anche su richiesta di uno dei soggetti pubblici o privati interessati, mediante la convocazione di una conferenza di servizi alla quale partecipano i soggetti di cui ai commi 1 e 2.
4. La convocazione della conferenza indica:
a) il nominativo del responsabile del procedimento;
b) gli interventi di cui al comma 1 oggetto dell'accordo, nonché l'ambito territoriale e gli obiettivi generali degli stessi;
c) le amministrazioni, gli enti, le aziende e le autorità pubblici, nonché le società a partecipazione pubblica e i soggetti privati coinvolti nell'esecuzione dell'accordo.
5. La documentazione necessaria per la stipula dell'accordo è recapitata ai soggetti indicati al comma 1 almeno venti giorni prima della conferenza. I progetti delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento, se in variazione di strumenti urbanistici, anche di portata sovracomunale, sono corredati degli elaborati grafici e normativi idonei ad individuare i contenuti e la portata della variazione. Se la documentazione contiene il progetto definitivo delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento, l'approvazione dell'accordo di programma sostituisce ogni titolo autorizzativo prescritto dalla normativa vigente. Alla documentazione è allegato uno studio degli effetti prodotti dagli interventi di cui al comma 1 sul sistema ambientale e territoriale circostante.
6. Se l'approvazione dell'accordo di programma comporta la variazione degli strumenti pianificazione, anche di portata sovracomunale, l'avviso di convocazione della conferenza di servizi è affisso all'albo pretorio del comune o dei comuni interessati dalle opere, dagli interventi o dai programmi di intervento, ed è pubblicato su due quotidiani a diffusione regionale e sul sito internet della Regione.
L'avviso di convocazione della conferenza è trasmesso per conoscenza ai proprietari interessati dall'intervento, se in numero inferiore a cinquanta.
7. Nell'ipotesi di cui al comma 6, la documentazione e gli elaborati indicati al comma 5 sono depositati presso la segreteria del comune o dei comuni interessati dagli interventi per dieci giorni decorrenti dalla data di pubblicazione o di comunicazione della convocazione della conferenza di servizi. Nei successivi dieci giorni chiunque può presentare osservazioni sulle quali la conferenza di servizi si esprime motivatamente.
8. I soggetti partecipanti alla conferenza stabiliscono, nella prima seduta, il termine, non superiore a novanta giorni, per assumere la decisione. La conferenza adotta le determinazioni con il voto favorevole della maggioranza dei presenti, ad esclusione dei soggetti privati invitati e dei soggetti portatori di interessi diffusi di cui al comma 2. Si considera acquisito l'assenso dei soggetti a cui sono attribuite potestà amministrative in ordine all'oggetto dell'accordo, i quali, regolarmente convocati, non partecipano alla conferenza, salvo che gli assenti notifichino il proprio motivato dissenso o impugnino le determinazioni conclusive della conferenza entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione delle stesse.
9. Se il dissenso sull'approvazione dell'accordo di programma è espresso dalla Regione, la decisione è rimessa al Consiglio regionale. Nelle altre ipotesi di dissenso, si applica l'articolo 14-quater della legge 7 agosto 1990, n. 241, commi 3, 4 e 5.
10. Se i rappresentanti intervenuti alla conferenza non sono muniti dei poteri di impegnare l'ente di appartenenza, i competenti organi possono ratificarne l'operato, a pena di decadenza, entro trenta giorni dalla conclusione della conferenza.
11. Acquisita l'approvazione della conferenza, l'accordo è sottoscritto dai rappresentanti, o dai loro delegati, dei soggetti di cui al comma 1 ed è approvato con decreto del presidente della Giunta regionale pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania.
12. L'accordo contiene:
a) il programma di attuazione delle opere e degli interventi, eventualmente articolato in fasi funzionali, con l'indicazione dei relativi tempi di esecuzione;
b) la quantificazione del costo complessivo, eventualmente suddiviso in funzione delle fasi di esecuzione;
c) il piano economico corredato della individuazione delle fonti finanziarie;
d) l'indicazione degli adempimenti attribuiti ai soggetti interessati dall'attuazione dell'accordo, le responsabilità per l'attuazione e le eventuali garanzie;
e) l'istituzione di un collegio di vigilanza dotato di poteri sostitutivi dei soggetti inadempienti, composto dai rappresentanti degli enti pubblici interessati dall'attuazione dell'accordo;
f) la previsione della risoluzione delle controversie sorte nel corso dell'esecuzione dell'accordo da parte di un collegio arbitrale e la disciplina sulla composizione e sulle modalità di funzionamento dello stesso.
13. L'approvazione dell'accordo equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle opere in esso previste, produce gli effetti dell'intesa di cui al D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, articolo 81, e al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, e determina le conseguenti variazioni degli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, anche settoriali, comunali e sovracomunali. La dichiarazione di pubblica utilità cessa di avere efficacia se le opere non hanno inizio entro cinque anni dalla data di approvazione dell'accordo.
14. Le variazioni degli strumenti di pianificazione di cui al comma 13 sono ratificate entro trenta giorni, a pena di decadenza, dagli organi competenti all'approvazione delle stesse.
15. È istituito presso l'area generale di coordinamento governo del territorio della Giunta regionale il settore monitoraggio e controllo degli accordi di programma, finalizzato alla verifica della compatibilità degli accordi di programma con gli strumenti urbanistici e la normativa ambientale vigente. Al settore viene trasmessa la documentazione di cui al comma 5 relativamente agli accordi di programma e agli atti di contrattazione programmata previsti dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, interessanti il territorio regionale. Il settore coordina il sistema informativo territoriale - Sit - di cui all'articolo 17, predispone ed aggiorna il quadro conoscitivo delle interazioni e delle modifiche apportate dagli accordi di programma e dagli atti di contrattazione programmata agli strumenti di pianificazione urbanistica ed alla normativa ambientale vigente.
16. Se la Regione è inclusa tra i soggetti che stipulano un accordo di programma, il settore di cui al comma 15, previa valutazione della documentazione di cui al comma 5, esprime il parere della Regione in seno alla conferenza di servizi.
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(4) Vedi, anche, la Delib.G.R. 11 febbraio 2005, n. 144.
TITOLO II
Pianificazione territoriale e urbanistica
Capo I - Pianificazione territoriale regionale
Art. 13
Piano territoriale regionale.
1. Al fine di garantire la coerenza degli strumenti di pianificazione territoriale provinciale, la Regione approva il piano territoriale regionale - Ptr -, nel rispetto della legislazione statale e della normativa comunitaria vigenti nonché della convenzione europea del paesaggio e dell'accordo Stato-Regioni, in armonia con gli obiettivi fissati dalla programmazione statale e in coerenza con i contenuti della programmazione socio-economica regionale.
2. Attraverso il Ptr la Regione, nel rispetto degli obiettivi generali di promozione dello sviluppo sostenibile e di tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio ed in coordinamento con gli indirizzi di salvaguardia già definiti dalle amministrazioni statali competenti e con le direttive contenute nei piani di settore previsti dalla normativa statale vigente, individua:
a) gli obiettivi di assetto e le linee principali di organizzazione del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione;
b) i sistemi infrastrutturali e le attrezzature di rilevanza sovraregionale e regionale, nonché gli impianti e gli interventi pubblici dichiarati di rilevanza regionale;
c) gli indirizzi e i criteri per la elaborazione degli strumenti di pianificazione territoriale provinciale e per la cooperazione istituzionale.
3. Il Ptr definisce:
a) il quadro generale di riferimento territoriale per la tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio, come definite dall'articolo 2 e connesse con la rete ecologica regionale, fornendo criteri e indirizzi anche di tutela paesaggistico-ambientale per la pianificazione provinciale;
b) gli indirizzi per lo sviluppo sostenibile e i criteri generali da rispettare nella valutazione dei carichi insediativi ammissibili sul territorio, nel rispetto della vocazione agro-silvo-pastorale dello stesso;
c) gli elementi costitutivi dell'armatura territoriale a scala regionale, con riferimento alle grandi linee di comunicazione viaria, ferroviaria e marittima, nonché ai nodi di interscambio modale per persone e merci, alle strutture aeroportuali e portuali, agli impianti e alle reti principali per l'energia e le telecomunicazioni;
d) i criteri per l'individuazione, in sede di pianificazione provinciale, degli ambiti territoriali entro i quali i comuni di minori dimensioni possono espletare l'attività di pianificazione urbanistica in forma associata;
e) gli indirizzi per la distribuzione territoriale degli insediamenti produttivi e commerciali;
f) gli indirizzi e i criteri strategici per la pianificazione di aree interessate da intensa trasformazione o da elevato livello di rischio;
g) la localizzazione dei siti inquinati di interesse regionale ed i criteri per la bonifica degli stessi;
h) gli indirizzi e le strategie per la salvaguardia e la valorizzazione delle risorse culturali e paesaggistiche connesse allo sviluppo turistico ed all'insediamento ricettivo.
Art. 14
Piani settoriali regionali.
1. I piani settoriali regionali - Psr, regolanti specifici interessi e attività coinvolgenti l'uso del territorio, integrano il Ptr e sono coerenti con le sue previsioni.
2. Se i piani settoriali regionali contengono previsioni non compatibili con quelle del Ptr, costituiscono varianti al Ptr stesso e devono essere approvati con le procedure di cui all'articolo 15.
Art. 15
Procedimento di formazione del piano territoriale regionale (5).
1. La Giunta regionale adotta la proposta di Ptr che, entro i sessanta giorni successivi alla sua adozione, è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania. Dell'avvenuta adozione è data contestualmente notizia mediante avviso da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e su due quotidiani a diffusione regionale. Nello stesso termine copia della proposta è trasmessa alle province che provvedono al relativo deposito presso le proprie sedi.
2. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione della proposta di Ptr, la Regione indice una conferenza di pianificazione alla quale partecipano le province, i comuni, gli enti locali, le altre amministrazioni interessate alla programmazione e le organizzazioni sociali, culturali, economico-professionali, sindacali e ambientaliste di livello regionale, al fine di elaborare, entro trenta giorni dalla convocazione, osservazioni e proposte di modifica alla proposta di Ptr. Alla conferenza la Regione partecipa con un suo delegato al fine di acquisirne le risultanze.
3. Entro i sessanta giorni successivi alla conclusione della conferenza di pianificazione di cui al comma 2, la Giunta regionale valuta le osservazioni e le proposte di modifica acquisite dalla conferenza, adotta il Ptr e lo trasmette al Consiglio regionale per l'approvazione.
4. Il Ptr approvato è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania. Dell'avvenuta approvazione è data contestualmente notizia mediante avviso da pubblicarsi sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e su due quotidiani a diffusione regionale. Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione, il Ptr acquista efficacia a tempo indeterminato.
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(5) Con Delib.G.R. 30 novembre 2006, n. 1956 è stato adottato, ai sensi del presente articolo, il piano territoriale regionale.
Art. 16
Varianti al piano territoriale regionale.
1. Le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Ptr sono sottoposte al procedimento di formazione di cui all'articolo 15, con i termini ridotti della metà.
2. Le variazioni tecniche degli elaborati del Ptr necessarie al recepimento di sopravvenute disposizioni legislative statali immediatamente operative sono approvate con delibera di Giunta regionale.
3. La Giunta regionale, con cadenza quinquennale, e comunque entro sei mesi dalla data di insediamento del Consiglio regionale, verifica lo stato di attuazione del Ptr e propone al Consiglio le eventuali modifiche necessarie all'aggiornamento dello stesso.
Art. 17
Sistema informativo territoriale (6).
1. È istituito presso l'area generale di coordinamento governo del territorio della Giunta regionale il sistema informativo territoriale - Sit - che, nell'osservanza delle responsabilità e delle competenze rimesse alle singole strutture regionali, ha i seguenti compiti (7):
a) acquisire e fornire gli elementi conoscitivi indispensabili per le scelte di programmazione territoriale generale e settoriale;
b) acquisire e fornire le informazioni a supporto di studi scientifici e ricerche a carattere fisico, geomorfologico, pedologico, agroforestale, antropico, urbanistico, paesaggistico-ambientale e, in generale, di uso del suolo;
c) realizzare una banca dati relazionale;
d) realizzare il repertorio cartografico ed aerofotografico regionale, previa ricognizione della dotazione cartografica ed aerofotografica esistente presso le strutture regionali e gli enti locali;
e) predisporre ed aggiornare la carta unica del territorio, nella quale sono recepite le prescrizioni relative alla regolazione dell'uso del suolo e delle sue risorse e i vincoli territoriali, paesaggistici ed ambientali, che derivano dagli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e dalle loro varianti o da previsioni legislative;
f) curare e sviluppare l'interscambio dei dati tra i settori regionali, gli enti locali e gli altri enti pubblici;
g) provvedere all'aggiornamento e alla diffusione delle specifiche comuni per la produzione cartografica e la gestione degli archivi dei sistemi informativi territoriali.
2. Il Sit è realizzato ed aggiornato anche attraverso il concorso di enti pubblici o di loro consorzi e di società di ricerca a prevalente capitale pubblico (8).
3. L'area generale di coordinamento governo del territorio della Giunta regionale assicura il libero accesso ai dati del Sit (9).
4. È rimessa alla Giunta regionale l'adozione dei criteri e delle modalità, anche organizzative, per l'attuazione delle finalità di cui ai commi 1, 2 e 3, e per la partecipazione regionale alla produzione cartografica degli enti locali.
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(6) Con Delib.G.R. 19 ottobre 2006, n. 1641 è stato approvato lo schema di accordo-quadro per lo scambio di documenti ed informazioni territoriali ai sensi del presente articolo.
(7) Con Delib.G.R. 13 luglio 2007, n. 1239 è stata data attuazione alle disposizioni di cui al presente comma.
(8) Con Delib.G.R. 13 luglio 2007, n. 1239 è stata data attuazione alle disposizioni di cui al presente comma.
(9) Con Delib.G.R. 13 luglio 2007, n. 1239 è stata data attuazione alle disposizioni di cui al presente comma.
TITOLO II
Pianificazione territoriale e urbanistica
Capo II - Pianificazione territoriale provinciale
Art. 18
Piano territoriale di coordinamento provinciale (10).
1. Le province provvedono alla pianificazione del territorio di rispettiva competenza nell'osservanza della normativa statale e regionale, in coerenza con le previsioni contenute negli atti di pianificazione territoriale regionale e nel perseguimento degli obiettivi di cui all'articolo 2.
2. La pianificazione territoriale provinciale:
a) individua gli elementi costitutivi del territorio provinciale, con particolare riferimento alle caratteristiche naturali, culturali, paesaggistico-ambientali, geologiche, rurali, antropiche e storiche dello stesso;
b) fissa i carichi insediativi ammissibili nel territorio, al fine di assicurare lo sviluppo sostenibile della provincia in coerenza con le previsioni del Ptr;
c) definisce le misure da adottare per la prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali;
d) detta disposizioni volte ad assicurare la tutela e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali presenti sul territorio;
e) indica le caratteristiche generali delle infrastrutture e delle attrezzature di interesse intercomunale e sovracomunale;
f) incentiva la conservazione, il recupero e la riqualificazione degli insediamenti esistenti.
3. La pianificazione territoriale provinciale si realizza mediante il piano territoriale di coordinamento provinciale - Ptcp - e i piani settoriali provinciali - Psp -.
4. Il Ptcp contiene disposizioni di carattere strutturale e programmatico.
5. Le disposizioni strutturali contengono:
a) l'individuazione delle strategie della pianificazione urbanistica;
b) gli indirizzi e i criteri per il dimensionamento dei piani urbanistici comunali, nonché l'indicazione dei limiti di sostenibilità delle relative previsioni;
c) la definizione delle caratteristiche di valore e di potenzialità dei sistemi naturali e antropici del territorio;
d) la determinazione delle zone nelle quali è opportuno istituire aree naturali protette di interesse locale;
e) l'indicazione, anche in attuazione degli obiettivi della pianificazione regionale, delle prospettive di sviluppo del territorio;
f) la definizione della rete infrastrutturale e delle altre opere di interesse provinciale nonché dei criteri per la localizzazione e il dimensionamento delle stesse, in coerenza con le analoghe previsioni di carattere nazionale e regionale;
g) gli indirizzi finalizzati ad assicurare la compatibilità territoriale degli insediamenti industriali.
6. Le disposizioni programmatiche disciplinano le modalità e i tempi di attuazione delle disposizioni strutturali, definiscono gli interventi da realizzare in via prioritaria e le stime di massima delle risorse economiche da impiegare per la loro realizzazione e fissano i termini, comunque non superiori ai diciotto mesi, per l'adeguamento delle previsioni dei piani urbanistici comunali alla disciplina dettata dal Ptcp.
7. Il Ptcp ha valore e portata di piano paesaggistico ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, articolo 143, nonché, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articolo 57, di piano di tutela nei settori della protezione della natura, dell'ambiente, delle acque, della difesa del suolo e della tutela delle bellezze naturali; ha valore e portata, nelle zone interessate, di piano di bacino di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183, e alla legge regionale 7 febbraio 1994, n. 8, nonché di piano territoriale del parco di cui alla legge 6 dicembre 1991, n. 394, e alla legge regionale 1° settembre 1993, n. 33.
8. Ai fini della definizione delle disposizioni del Ptcp relative alle materie di cui al comma 7, la provincia promuove, secondo le modalità stabilite dall'art. 20, comma 1, le intese con le amministrazioni statali competenti o con altre autorità od organi preposti alla tutela degli interessi coinvolti ai sensi della normativa statale o regionale vigente.
9. Il Ptcp ha valore e portata di piano regolatore delle aree e dei consorzi industriali di cui alla legge regionale 13 agosto 1998, n. 16. Ai fini della definizione delle relative disposizioni del Ptcp, la provincia promuove, secondo le modalità stabilite dall'articolo 20, comma 1, le intese con i consorzi per le aree di sviluppo industriale - A.S.I.- e con gli altri soggetti previsti dalla legge regionale n. 16/1998.
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(10) Vedi anche l'art. 31, comma 28, L.R. 19 gennaio 2007, n. 1.
Art. 19
Piani settoriali provinciali.
1. I piani settoriali provinciali, regolanti specifici interessi e attività coinvolgenti l'uso del territorio, integrano il Ptcp e sono coerenti con le sue disposizioni.
2. Se i piani settoriali provinciali contengono previsioni non compatibili con quelle del Ptcp, costituiscono varianti al Ptcp stesso e sono approvati con le procedure di cui all'articolo 20.
Art. 20
Procedimento di formazione del piano territoriale di coordinamento provinciale (11).
1. L'adozione della proposta di Ptcp compete alla Giunta provinciale. Se il piano ha valenza dei piani di settore di cui all'articolo 18, commi 7 e 9, e quando se ne ravvisa la necessità, la provincia, in sede di avvio del procedimento di formazione della proposta del Ptcp, indice una conferenza alla quale sono invitate le amministrazioni statali competenti, la Regione e le autorità, gli enti e gli organi competenti nelle materie previste dagli stessi commi 7 e 9 dell'articolo 18, al fine di definire le necessarie intese.
2. Se non si addiviene alle intese di cui al comma 1, la Regione, in sede di approvazione del Ptcp, definisce la relativa disciplina pianificatoria. Resta ferma in ogni caso l'applicazione del comma 12, dell'articolo 143, del decreto legislativo n. 42/2004.
3. Se si rende necessaria una variazione delle previsioni settoriali di propria competenza contenute nel Ptcp, le amministrazioni statali competenti e le autorità e gli organi di cui all'articolo 18, commi 7 e 9, procedono all'adozione del relativo piano di settore, o stralcio dello stesso, nel rispetto della normativa vigente. In tale ipotesi la provincia promuove le intese di cui al comma 1 ai fini del necessario adeguamento del Ptcp.
4. La proposta di Ptcp è depositata per trenta giorni presso la segreteria dell'amministrazione provinciale. Del deposito è data notizia con avviso pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania e su due quotidiani a diffusione regionale.
5. Contemporaneamente alla pubblicazione la proposta di piano è trasmessa ai comuni della provincia, agli enti locali e alle organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali di livello provinciale, così come individuate con delibera di Giunta regionale, che possono presentare osservazioni entro trenta giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al comma 4.
6. Al fine di approfondire la valutazione delle osservazioni formulate ed elaborare le relative proposte di modifica allo schema di Ptcp la Giunta provinciale, entro trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 5, indice una conferenza alla quale invita a partecipare i comuni della provincia, gli enti locali e le organizzazioni indicate al comma 5. La conferenza conclude i lavori entro trenta giorni dalla convocazione.
7. La Giunta provinciale, nel termine di sessanta giorni dalla conclusione dei lavori della conferenza di cui al comma 6, valutate le osservazioni e le proposte di modifica formulate, adotta il Ptcp e lo invia al Consiglio provinciale per l'approvazione. Il piano approvato è trasmesso alla Giunta regionale per la verifica di compatibilità con il Ptr e con i piani settoriali regionali.
8. L'istruttoria tecnica è rimessa all'area generale di coordinamento governo del territorio presso la Giunta regionale. La verifica di compatibilità è conclusa entro novanta giorni dalla data di ricezione del piano, corredato degli allegati previsti dalla vigente normativa. Trascorso tale termine, la verifica di compatibilità si intende positivamente conclusa.
9. Se la verifica di compatibilità non ha avuto esito positivo, la Regione, nei quindici giorni successivi alla scadenza di cui al comma 8 , convoca una conferenza di servizi alla quale sono invitati a partecipare il presidente della provincia, o un assessore delegato, e i dirigenti delle strutture regionali e provinciali competenti. La conferenza è presieduta dal presidente della Regione o da un assessore delegato.
10. La conferenza di cui al comma 9 adotta le modifiche al Ptcp, al fine di renderlo compatibile con il Ptr e con i piani settoriali regionali. La conferenza conclude i lavori nel termine di trenta giorni dalla sua convocazione.
11. Il Presidente della conferenza, se ne ravvisa l'opportunità, nel rispetto del principio di flessibilità di cui all'articolo 11 e nei limiti ivi indicati, trasmette il Ptcp al Consiglio regionale per la variazione del Ptr, limitatamente alle parti incompatibili con il piano approvato dalla provincia. Il Consiglio regionale provvede entro novanta giorni dalla trasmissione. Decorso tale termine le proposte di variazione si intendono respinte.
12. Nel caso di cui al comma 11, il termine di trenta giorni per la conclusione dei lavori della conferenza rimane sospeso.
13. Gli esiti della conferenza sono ratificati dal Consiglio provinciale entro quindici giorni dalla comunicazione.
14. La delibera di Giunta regionale di verifica di compatibilità del Ptcp di cui ai commi 7 e 8 è pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania. Della pubblicazione del Ptcp è data contestualmente notizia con avviso su due quotidiani a diffusione regionale. Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione, il Ptcp entra in vigore ed acquista efficacia a tempo indeterminato.
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(11) Vedi, anche, la Delib.G.R. 21 aprile 2005, n. 627.
Art. 21
Varianti al piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. Le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Ptcp sono sottoposte al procedimento di formazione di cui all'articolo 20, con i termini ridotti della metà, ad eccezione dei termini di quindici giorni di cui ai commi 6 e 14 dello stesso articolo 20.
2. Le variazioni tecniche degli elaborati del Ptcp necessarie al recepimento di sopravvenute disposizioni legislative statali e regionali immediatamente operative sono approvate con delibera di Giunta provinciale.
3. La Giunta provinciale, con cadenza quinquennale, e comunque entro sei mesi dalla data di insediamento del Consiglio provinciale, verifica lo stato di attuazione del Ptcp e propone al Consiglio le modifiche necessarie all'aggiornamento dello stesso.
TITOLO II
Pianificazione territoriale e urbanistica
Capo III - Pianificazione urbanistica comunale
Art. 22
Strumenti urbanistici comunali.
1. Il comune esercita la pianificazione del territorio di sua competenza nel rispetto delle disposizioni legislative e regolamentari vigenti e in coerenza con le previsioni della pianificazione territoriale regionale e provinciale.
2. Sono strumenti di pianificazione comunale:
a) il piano urbanistico comunale - Puc;
b) i piani urbanistici attuativi - Pua;
c) il regolamento urbanistico-edilizio comunale - Ruec.
Art. 23
Piano urbanistico comunale.
1. Il piano urbanistico comunale - Puc - è lo strumento urbanistico generale del Comune e disciplina la tutela ambientale, le trasformazioni urbanistiche ed edilizie dell'intero territorio comunale, anche mediante disposizioni a contenuto conformativo del diritto di proprietà.
2. Il Puc, in coerenza con le disposizioni del Ptr e del Ptcp:
a) individua gli obiettivi da perseguire nel governo del territorio comunale e gli indirizzi per l'attuazione degli stessi;
b) definisce gli elementi del territorio urbano ed extraurbano raccordando la previsione di interventi di trasformazione con le esigenze di salvaguardia delle risorse naturali, paesaggistico-ambientali, agro-silvo-pastorali e storico-culturali disponibili, nonché i criteri per la valutazione degli effetti ambientali degli interventi stessi;
c) determina i fabbisogni insediativi e le priorità relative alle opere di urbanizzazione in conformità a quanto previsto dall'articolo 18, comma 2, lettera b);
d) stabilisce la suddivisione del territorio comunale in zone omogenee, individuando le aree non suscettibili di trasformazione;
e) indica le trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili nelle singole zone, garantendo la tutela e la valorizzazione dei centri storici nonché lo sviluppo sostenibile del territorio comunale;
f) promuove l'architettura contemporanea e la qualità dell'edilizia pubblica e privata, prevalentemente attraverso il ricorso a concorsi di progettazione;
g) disciplina i sistemi di mobilità di beni e persone;
h) tutela e valorizza il paesaggio agrario attraverso la classificazione dei terreni agricoli, anche vietando l'utilizzazione ai fini edilizi delle aree agricole particolarmente produttive fatti salvi gli interventi realizzati dai coltivatori diretti o dagli imprenditori agricoli;
i) assicura la piena compatibilità delle previsioni in esso contenute rispetto all'assetto geologico e geomorfologico del territorio comunale, così come risultante da apposite indagini di settore preliminari alla redazione del piano.
3. Il Puc individua la perimetrazione degli insediamenti abusivi esistenti al 31 dicembre 1993 e oggetto di sanatoria ai sensi della legge 28 febbraio 1985, n. 47, capi IV e V, e ai sensi della legge 23 dicembre 1994, n. 724, articolo 39, al fine di:
a) realizzare un'adeguata urbanizzazione primaria e secondaria;
b) rispettare gli interessi di carattere storico, artistico, archeologico, paesaggistico-ambientale ed idrogeologico;
c) realizzare un razionale inserimento territoriale ed urbano degli insediamenti.
4. Le risorse finanziarie derivanti dalle oblazioni e dagli oneri concessori e sanzionatori dovuti per il rilascio dei titoli abilitativi in sanatoria sono utilizzate prioritariamente per l'attuazione degli interventi di recupero degli insediamenti di cui al comma 3.
5. Il Puc può subordinare l'attuazione degli interventi di recupero urbanistico ed edilizio degli insediamenti abusivi, perimetrati ai sensi del comma 3, alla redazione di appositi Pua, denominati piani di recupero degli insediamenti abusivi, il cui procedimento di formazione segue la disciplina prevista dall'articolo 27.
6. Restano esclusi dalla perimetrazione di cui al comma 3 gli immobili non suscettibili di sanatoria ai sensi dello stesso comma 3.
7. Il Puc definisce le modalità del recupero urbanistico ed edilizio degli insediamenti abusivi, gli interventi obbligatori di riqualificazione e le procedure, anche coattive, per l'esecuzione degli stessi, anche mediante la formazione dei comparti edificatori di cui agli articoli 33 e 34.
8. Al Puc sono allegate le norme tecniche di attuazione - Nta -, riguardanti la manutenzione del territorio e la manutenzione urbana, il recupero, la trasformazione e la sostituzione edilizia, il supporto delle attività produttive, il mantenimento e lo sviluppo dell'attività agricola e la regolamentazione dell'attività edilizia.
9. Fanno parte integrante del Puc i piani di settore riguardanti il territorio comunale, ivi inclusi i piani riguardanti le aree naturali protette e i piani relativi alla prevenzione dei rischi derivanti da calamità naturali ed al contenimento dei consumi energetici.
Art. 24
Procedimento di formazione del Piano urbanistico comunale (12).
1. La Giunta comunale, previa consultazione delle organizzazioni sociali, culturali, economico-professionali, sindacali ed ambientaliste di livello provinciale, di cui all'articolo 20, comma 5, predispone la proposta di Puc. La proposta, comprensiva degli elaborati previsti dalla vigente normativa statale e regionale e delle Nta, è depositata presso la segreteria del comune e delle circoscrizioni. Del deposito è data notizia sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania e su due quotidiani a diffusione provinciale.
2. Nel termine di sessanta giorni dalla pubblicazione chiunque può presentare osservazioni in ordine alla proposta di Puc. Nei comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti il termine è ridotto a quaranta giorni.
3. Entro novanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2, il Consiglio comunale esamina le osservazioni, adegua la proposta di Puc alle osservazioni accolte ed adotta il Puc. Nei comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti il termine è ridotto a sessanta giorni.
4. Il piano adottato è trasmesso alla provincia per la verifica di compatibilità con gli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati e di conformità con la normativa statale e regionale vigente.
5. La verifica è affidata all'assessorato provinciale competente nella materia dell'urbanistica, ed è conclusa entro novanta giorni dalla data di ricezione del piano, corredato dagli allegati previsti dalla normativa vigente. Trascorso tale termine, la verifica si intende positivamente conclusa.
6. In caso di esito negativo della verifica, il Presidente della provincia, nei quindici giorni successivi alla scadenza di cui al comma 5, convoca una conferenza di servizi alla quale sono invitati a partecipare il sindaco, o un assessore da lui delegato, e i dirigenti delle strutture provinciali e comunali competenti. La conferenza è presieduta dal Presidente della provincia o da un assessore da lui delegato.
7. La conferenza apporta, ove necessario, modifiche al Puc, al fine di renderlo compatibile con gli atti di pianificazione territoriale sovraordinati e conforme alla normativa statale e regionale vigente. La conferenza conclude i lavori nel termine di trenta giorni dalla convocazione.
8. Il Presidente della conferenza, se ne ravvisa l'opportunità, e nel rispetto del principio di flessibilità di cui all'articolo 11 e nei limiti ivi indicati, trasmette il Puc al Consiglio provinciale o al Consiglio regionale per la eventuale variazione, rispettivamente, del Ptcp, del Ptr, dei Psr e dei Psp, nelle parti in cui sono incompatibili con il piano adottato dal comune. Il Consiglio provinciale e il Consiglio regionale provvedono entro trenta giorni dalla trasmissione degli atti. Decorso tale termine, le proposte di variazione si intendono respinte.
9. Nelle ipotesi di cui al comma 8, il termine di trenta giorni per la conclusione dei lavori della conferenza di cui al comma 6 rimane sospeso.
10. Gli esiti della conferenza di cui al comma 6 sono ratificati dal Consiglio comunale entro venti giorni dalla loro comunicazione, pena la decadenza dei relativi atti.
11. Il Puc è approvato con decreto del Presidente della provincia, previa delibera di Giunta provinciale, ed è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania. Della pubblicazione è data notizia mediante avviso su due quotidiani a diffusione provinciale. Decorsi quindici giorni dalla pubblicazione, il Puc entra in vigore ed acquista efficacia a tempo indeterminato.
12. Le varianti e gli aggiornamenti delle previsioni del Puc sono sottoposte al procedimento di formazione disciplinato dal presente articolo, con i termini ridotti della metà, ad eccezione dei termini di cui ai commi 6, 7, 8 e 10.
13. Le disposizioni di cui al comma 12 si applicano anche alle varianti di adeguamento del Puc, agli strumenti di pianificazione paesaggistica previsti dal decreto legislativo n. 42/2004, articolo 145, comma 5. Le proposte di variante sono trasmesse alla competente soprintendenza per i beni architettonici ed il paesaggio, che esprime il parere entro il termine stabilito per l'adozione delle varianti stesse.
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(12) Articolo così corretto con avviso di errata corrige pubblicato nel B.U. 7 luglio 2008, n. 27. La rettifica ha interessato in particolare il comma 7, erroneamente sdoppiato in origine nei commi 7 e 8, mentre lo stesso è composto (come qui indicato) in due periodi; conseguentemente è stata rettificata la numerazione dei commi successivi (gli attuali commi da 8 a 13 erano indicati erroneamente come commi da 9 a 14).
Art. 25
Atti di programmazione degli interventi.
1. Con delibera di Consiglio comunale è adottata, in conformità alle previsioni del Puc e senza modificarne i contenuti, la disciplina degli interventi di tutela, valorizzazione, trasformazione e riqualificazione del territorio comunale da realizzare nell'arco temporale di tre anni.
2. Gli atti di programmazione di cui al comma 1, in relazione agli interventi di riqualificazione e di nuova edificazione, prevedono:
a) le destinazioni d'uso e gli indici edilizi;
b) le forme di esecuzione e le modalità degli interventi di trasformazione e conservazione dell'assetto urbanistico;
c) la determinazione delle opere di urbanizzazione da realizzare o recuperare, nonché degli interventi di reintegrazione territoriale e paesaggistica;
d) la quantificazione degli oneri finanziari a carico del comune e di altri soggetti pubblici per la realizzazione delle opere previste, indicandone le fonti di finanziamento.
3. Gli atti di programmazione degli interventi hanno valore ed effetti del programma pluriennale di attuazione disciplinato dalla legge 28 gennaio 1977, n. 10, articolo 13, e dalla legge regionale 28 novembre 2001, n. 19, articolo 5, e si coordinano con il bilancio pluriennale comunale.
4. Per le opere pubbliche o di interesse pubblico la delibera di approvazione degli atti di programmazione degli interventi comporta la dichiarazione di pubblica utilità, di indifferibilità e urgenza dei lavori previsti negli stessi, nel rispetto degli strumenti di partecipazione procedimentale stabiliti dalla normativa vigente.
5. Gli atti di programmazione di cui al comma 1 stabiliscono gli interventi da attuare tramite società di trasformazione urbana.
6. Il programma triennale per la realizzazione di opere pubbliche, di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109, articolo 14, si coordina con le previsioni di cui al presente articolo.
7. Gli atti di programmazione degli interventi sono approvati per la prima volta contestualmente all'approvazione del Puc.
Art. 26
Piani urbanistici attuativi.
1. I piani urbanistici attuativi - Pua - sono strumenti con i quali il comune provvede a dare attuazione alle previsioni del Puc o a dare esecuzione agli interventi di urbanizzazione e riqualificazione individuati dagli atti di programmazione di cui all'articolo 25.
2. I Pua, in relazione al contenuto, hanno valore e portata dei seguenti strumenti:
a) i piani particolareggiati e i piani di lottizzazione di cui alla legge 17 agosto 1942, n. 1150, articoli 13 e 28;
b) i piani per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167;
c) i piani delle aree da destinare ad insediamenti produttivi di cui alla legge 22 ottobre 1971, n. 865, articolo 27;
d) i programmi integrati di intervento di cui alla legge 17 febbraio 1992, n. 179, articolo 17, e alla legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3 e alla legge regionale 18 ottobre 2002, n. 26;
e) i piani di recupero di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457;
f) i programmi di recupero urbano di cui al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 398, articolo 11, convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 493.
3. L'approvazione dei Pua non può comportare variante al Puc. A tal fine non costituiscono varianti al Puc:
a) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione grafica del piano;
b) la precisazione dei tracciati viari;
c) le modificazioni del perimetro del Pua rese necessarie da esigenze sopravvenute quali ritrovamenti archeologici, limitazioni connesse all'imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici;
d) le modifiche delle modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente, di cui al decreto legislativo 6 giugno 2001, n. 380, articolo 3, comma 1, lettere a), b), c) e d);
e) la diversa dislocazione, nel perimetro del Pua, degli insediamenti, dei servizi, delle infrastrutture e del verde pubblico senza aumento delle quantità e dei pesi insediativi.
4. L'adozione delle modifiche di cui al comma 3 è motivata dal comune, al fine di dimostrare i miglioramenti conseguibili e in ogni caso l'assenza di incremento del carico urbanistico.
5. La Giunta comunale può decidere di conferire alla delibera di approvazione dei Pua valore di permesso di costruire abilitante gli interventi previsti, subordinando tale permesso all'acquisizione dei pareri, autorizzazioni, nulla-osta e provvedimenti all'uopo necessari, anche mediante lo sportello urbanistico di cui all'articolo 41. In tal caso, le varianti al permesso di costruire seguono il procedimento ordinario, senza adozione di atti deliberativi.
6. L'amministrazione comunale provvede alla stipula di convenzioni disciplinanti i rapporti derivanti dall'attuazione degli interventi previsti dai Pua.
Art. 27
Procedimento di formazione dei piani urbanistici attuativi.
1. I Pua sono redatti, in ordine prioritario:
a) dal comune;
b) dalle società di trasformazione urbana di cui all'articolo 36;
c) dai proprietari, con oneri a loro carico, nei casi previsti dalla normativa vigente, o nei casi in cui, essendo prevista la redazione dei Pua da parte del comune, questi non vi provvede nei termini definiti dagli atti di programmazione degli interventi, purché il piano attuativo non sia subordinato alla necessità di acquisire immobili da parte dell'amministrazione comunale. La proposta di Pua deve essere formulata dai proprietari degli immobili rappresentanti il cinquantuno per cento del complessivo valore imponibile dell'area interessata dagli interventi, accertato ai fini dell'imposta comunale sugli immobili. Se in tale area sono inclusi immobili per i quali non risulta accertato il valore dell'imponibile relativo alla imposta comunale sugli immobili, lo stesso è determinato dall'ufficio tecnico comunale entro trenta giorni dalla formulazione della richiesta da parte degli interessati, sulla base dei valori accertati per altri immobili aventi caratteristiche analoghe.
d) dal comune, se i privati, tenuti alla redazione dei Pua a proprie cura e spese, non presentano le relative proposte definite dagli atti di programmazione degli interventi nei termini da queste previsti. In tal caso il comune ha diritto di rivalsa per le spese sostenute nei confronti dei proprietari inadempienti. Resta a cura del comune la redazione dei Pua se la stessa amministrazione respinge le proposte di pianificazione attuativa avanzate dai proprietari.
2. Il Pua è adottato dalla Giunta comunale.
3. Il Pua, adottato ai sensi del comma 2, è trasmesso alla provincia per eventuali osservazioni ed è depositato presso la casa comunale per trenta giorni che devono essere formulate entro il termine perentorio di trenta giorni (13). Del deposito è data notizia su due quotidiani a diffusione regionale. Ulteriori forme di pubblicità possono essere determinate dagli statuti delle amministrazioni comunali. Il comune garantisce il rispetto degli strumenti di partecipazione procedimentale stabiliti dalla normativa vigente.
4. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 3 chiunque può formulare osservazioni o opposizioni al Pua adottato.
5. Con delibera di Giunta il comune esamina le osservazioni o le opposizioni formulate e approva il Pua dando espressamente atto della sua conformità al Puc.
6. Con decreto sindacale il piano approvato è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
7. Se il Pua comporta la modifica degli atti di programmazione degli interventi, il Piano adottato è rimesso al Consiglio comunale per l'approvazione.
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(13) Comma così modificato dall'art. 41, comma 7, L.R. 30 gennaio 2008, n. 1.
Art. 28
Regolamento urbanistico edilizio comunale.
1. Il Ruec individua le modalità esecutive e le tipologie delle trasformazioni, nonché l'attività concreta di costruzione, modificazione e conservazione delle strutture edilizie. Il Ruec disciplina gli aspetti igienici aventi rilevanza edilizia, gli elementi architettonici e di ornato, gli spazi verdi e gli arredi urbani.
2. Il Ruec, in conformità alle previsioni del Puc e delle Nta allo stesso allegate, definisce i criteri per la quantificazione dei parametri edilizi e urbanistici e disciplina gli oneri concessori .
3. Il Ruec specifica i criteri per il rispetto delle norme in materia energetico-ambientale in conformità agli indirizzi stabiliti con delibera di Giunta regionale (14).
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(14) Con Delib.G.R. 18 aprile 2007, n. 659 sono stati approvati gli indirizzi in materia energetico, ai sensi del presente comma.
Art. 29
Procedimento di formazione del regolamento urbanistico edilizio comunale.
1. Il Ruec è adottato dal Consiglio comunale e depositato presso la sede del comune. Del deposito è data notizia su due quotidiani a diffusione regionale. Ulteriori forme di pubblicità possono essere determinate dagli statuti comunali.
2. Nel termine di trenta giorni dal deposito chiunque può presentare osservazioni al Ruec adottato. Entro i trenta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, il Consiglio comunale approva il Ruec, decidendo contestualmente in ordine alle osservazioni, sempre in coerenza con il Puc e le Nta. Della approvazione è dato avviso mediante pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania. Copia integrale del Ruec è trasmessa alla provincia e depositata presso la casa comunale per la libera consultazione.
3. Il Ruec è approvato contestualmente all'approvazione del Puc ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
4. Le varianti e gli aggiornamenti al Ruec sono sottoposti al procedimento di formazione di cui al presente articolo.
TITOLO II
Pianificazione territoriale e urbanistica
Capo IV - Elaborati da allegare agli strumenti urbanistici e definizione degli standard
Art. 30
Elaborati da allegare agli strumenti urbanistici (15).
1. Con delibera di Giunta regionale, previo parere vincolante della commissione consiliare competente in materia di urbanistica, sono individuati, entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, gli elaborati da allegare agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, generale ed attuativa previsti dalla presente legge.
2. Con la delibera di cui al comma 1 la Giunta regionale può ridurre il numero degli elaborati da allegare agli strumenti di pianificazione urbanistica per i comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti.
3. Il parere di cui al comma 1 è reso entro sessanta giorni dalla data di ricezione della proposta di delibera. Decorso il termine il parere si intende favorevolmente espresso.
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(15) Vedi, anche, la Delib.G.R. 11 maggio 2007, n. 834.
Art. 31
Standard urbanistici.
1. Gli atti di pianificazione urbanistica sono adottati nel rispetto degli standard urbanistici fissati dalla normativa nazionale vigente.
2. Con regolamento regionale possono essere definiti standard urbanistici minimi inderogabili più ampi rispetto a quelli di cui al comma 1.
TITOLO II
Pianificazione territoriale e urbanistica
Capo V - Sistemi di attuazione della pianificazione urbanistica
Art. 32
Perequazione urbanistica.
1. La perequazione urbanistica persegue lo scopo di distribuire equamente, tra i proprietari di immobili interessati dalla trasformazione oggetto della pianificazione urbanistica, diritti edificatori e obblighi nei confronti del comune o di altri enti pubblici aventi titolo.
2. Il Puc, gli atti di programmazione degli interventi e i Pua ripartiscono le quote edificatorie e i relativi obblighi tra i proprietari degli immobili ricompresi nelle zone oggetto di trasformazione mediante comparti di cui all'articolo 33, indipendentemente dalla destinazione specifica delle aree interessate.
3. Il Ruec individua le modalità per la definizione dei diritti edificatori dei singoli proprietari, tenendo conto dello stato sia di fatto che di diritto in cui versano i relativi immobili all'atto della formazione del Puc.
Art. 33
Comparti edificatori.
1. Le trasformazioni previste dal Puc, dai Pua o dagli atti di programmazione degli interventi possono essere realizzate mediante comparti edificatori, così come individuati dagli stessi Puc, dai Pua e dagli atti di programmazione degli interventi.
2. Il comparto è costituito da uno o più ambiti territoriali, edificati o non, ed è individuato dal Puc, dai Pua o dagli atti di programmazione degli interventi, che indicano le trasformazioni urbanistiche ed edilizie, i tipi di intervento, le funzioni urbane ammissibili, la volumetria complessiva realizzabile e le quote edificatorie attribuite ai proprietari degli immobili inclusi nel comparto, la quantità e la localizzazione degli immobili da cedere gratuitamente al comune o ad altri soggetti pubblici per la realizzazione di infrastrutture, attrezzature e aree verdi.
3. [Le quote edificatorie sono espresse in metri quadrati o in metri cubi e sono ripartite tra i proprietari in proporzione alla frazione percentuale da ciascuno di essi detenuta del complessivo valore imponibile, accertato ai fini dell'imposta comunale sugli immobili per l'insieme di tutti gli immobili ricadenti nel comparto] (16). La superficie necessaria per la realizzazione di attrezzature pubbliche non è computata ai fini della determinazione delle quote edificatorie.
4. Entro il termine di trenta giorni dalla data di approvazione del Puc, dei Pua o degli atti di programmazione degli interventi, il comune determina la quantità di quote edificatorie attribuite dagli atti di programmazione degli interventi ai proprietari di immobili inclusi in ciascun comparto, nonché gli obblighi in favore del comune o di altri soggetti pubblici funzionali all'attuazione del comparto stesso e ne dà comunicazione ai proprietari interessati. Le quote edificatorie attribuite ai proprietari sono liberamente commerciabili ma non possono essere trasferite in altri comparti edificatori.
5. [Se nel comparto sono inclusi immobili per i quali non risulta accertato il valore dell'imponibile relativo all'imposta comunale sugli immobili, lo stesso è determinato da un ufficio tecnico comunale sulla base dei valori accertati per altri immobili aventi caratteristiche analoghe, entro il termine previsto al comma 4] (17).
6. Ferme restando le quote edificatorie attribuite ai proprietari di immobili, il Puc, i Pua e gli atti di programmazione degli interventi definiscono le caratteristiche e il dimensionamento degli interventi edilizi funzionali alla realizzazione, nei comparti edificatori, di attrezzature e di altre opere di urbanizzazione primaria e secondaria.
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(16) Periodo soppresso dall'art. 31, comma 29, L.R. 19 gennaio 2007, n. 1.
(17) Comma abrogato dall'art. 31, comma 30, L.R. 19 gennaio 2007, n. 1.
Art. 34
Attuazione del comparto edificatorio.
1. Il comparto edificatorio può essere attuato dai proprietari degli immobili inclusi nel comparto stesso, anche riuniti in consorzio, dal comune, o da società miste, anche di trasformazione urbana.
2. Nel caso di attuazione di un comparto da parte di soggetti privati devono essere preventivamente ceduti a titolo gratuito al comune, o ad altri soggetti pubblici, gli immobili necessari per la realizzazione nel comparto di infrastrutture, attrezzature, aree verdi, edilizia residenziale pubblica e altre opere pubbliche o di interesse pubblico così come localizzate dal comune attraverso il Puc, i Pua e gli atti di programmazione degli interventi.
3. I detentori di una quantità corrispondente al cinquantuno per cento delle quote edificatorie complessive attribuite ad un comparto edificatorio possono procedere all'attuazione del comparto nel caso di rifiuto o inerzia dei rimanenti proprietari. Accertato il rifiuto, previa notifica di atto di costituzione in mora, con assegnazione di un termine non superiore a trenta giorni, gli stessi soggetti procedono all'attuazione del comparto, acquisite le quote edificatorie, attribuite ai proprietari che hanno deciso di non partecipare all'iniziativa, e i relativi immobili, mediante corresponsione del controvalore determinato dall'ufficio di cui all'articolo 33, comma 5, o nel caso di rifiuto di tale somma, mediante deposito della stessa presso la tesoreria comunale.
4. Nel caso di inerzia o di rifiuto all'attuazione di un comparto edificatorio da parte di proprietari di immobili detentori nel loro insieme di una quantità superiore al quarantanove per cento delle quote edificatorie complessive, il comune fissa un termine per l'attuazione del comparto stesso, trascorso il quale il può attuare direttamente, o a mezzo di una società mista, il comparto edificatorio, acquisendone le quote edificatorie e i relativi immobili con le modalità di cui al comma 5.
5. Le acquisizioni delle quote edificatorie e dei relativi immobili, previste dai commi 3 e 4, avvengono mediante procedure di esproprio.
6. L'approvazione degli interventi disciplinati dal presente articolo equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza previste.
Art. 35
Espropriazione degli immobili per l'attuazione della pianificazione urbanistica.
1. Gli immobili espropriati per l'attuazione degli strumenti di pianificazione urbanistica sono acquisiti dai soggetti esproprianti nel rispetto delle disposizioni di cui al D.P.R. 8 luglio 2001, n. 327. Se l'espropriazione è eseguita dal comune, gli immobili sono acquisiti al patrimonio comunale e il comune può cederne la proprietà o, in caso di vincolo di indisponibilità, concedere gli stessi in diritto di superficie a terzi per la edificazione, previo esperimento di procedure ad evidenza pubblica, in esito alle quali è stipulata apposita convenzione approvata dal Consiglio comunale.
2. La concessione a terzi per la edificazione di cui al comma 1, non può eccedere il termine massimo di quarantacinque anni.
Art. 36
Società di trasformazione urbana e territoriale.
1. È consentita la costituzione, da parte dei comuni, anche con la partecipazione delle province e della Regione, di società per la progettazione e la realizzazione di interventi finalizzati alla trasformazione urbana e territoriale.
2. Le società di cui al comma 1 possono essere a capitale interamente pubblico o miste a capitale prevalentemente pubblico, ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, articolo 120.
3. La partecipazione alle società miste dei proprietari di immobili interessati dagli interventi di cui al comma 2 è disciplinata con regolamento regionale.
Art. 37
Contenuto delle convenzioni.
1. Le convenzioni stipulate tra enti pubblici e soggetti privati previste dalla presente legge devono prevedere:
a) le prestazioni oggetto delle convenzioni;
b) la durata degli obblighi assunti, i termini di inizio e di ultimazione degli interventi;
c) le garanzie reali e finanziarie da prestare per l'adempimento degli obblighi e le sanzioni per l'inosservanza degli stessi, ivi compresa la possibilità della risoluzione contrattuale;
d) gli elementi progettuali, le garanzie e le modalità di controllo dell'esecuzione delle opere di urbanizzazione.
TITOLO II
Pianificazione territoriale e urbanistica
Capo VI - Vincoli urbanistici
Art. 38
Disciplina dei vincoli urbanistici.
1. Le previsioni del Puc, nella parte in cui incidono su beni determinati e assoggettano i beni stessi a vincoli preordinati all'espropriazione o a vincoli che comportano l'inedificabilità, perdono efficacia se, entro cinque anni dalla data di approvazione del Puc, non è stato emanato il provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità.
2. Il comune può reiterare i vincoli di cui al comma 1 motivando adeguatamente la scelta, in relazione alle effettive esigenze urbanistiche e di soddisfacimento degli standard, e prevedendo la corresponsione di un indennizzo quantificato ai sensi del D.P.R. n. 327/2001.
3. A seguito della scadenza dei vincoli di cui al comma 1 si applicano, nelle zone interessate, i limiti di edificabilità previsti dalla legge regionale 20 marzo 1982, n. 17.
4. In caso di mancata reiterazione dei vincoli urbanistici, il comune adotta la nuova disciplina urbanistica delle aree interessate mediante l'adozione di una variante al Puc, entro il termine di sei mesi dalla scadenza dei vincoli. Decorso tale termine, si procede ai sensi dell'articolo 39.
TITOLO II
Pianificazione territoriale e urbanistica
Capo VII - Poteri sostitutivi regionali e supporti per l'attività di pianificazione
Art. 39
Poteri sostitutivi.
1. Se un comune omette di compiere qualunque atto di propria competenza ai sensi della presente legge, la provincia, previa comunicazione alla Regione e contestuale diffida all'ente inadempiente a provvedere entro il termine perentorio di sessanta giorni, attua l'intervento sostitutivo.
2. Se la provincia non conclude il procedimento nel termine previsto dalla presente legge, la Regione procede autonomamente.
3. Se una provincia omette di compiere qualunque atto di propria competenza ai sensi della presente legge, la Regione, previa diffida a provvedere entro il termine perentorio di sessanta giorni, attua l'intervento sostitutivo.
Art. 40
Supporti tecnici e finanziari alle province e ai comuni.
1. La Regione assicura adeguato supporto tecnico agli enti locali che ne fanno richiesta per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi demandati dalla presente legge. A tal fine gli enti locali possono avvalersi dell'ausilio delle strutture tecnico-amministrative degli uffici regionali competenti nelle materie dell'edilizia e dell'urbanistica.
2. Al fine di incentivare i comuni della Campania a dotarsi dei piani urbanistici comunali - Puc - e dei regolamenti urbanistici edilizi comunali - Ruec - di cui agli articoli 23 e 28, la Regione Campania concede ulteriori contributi, pari complessivamente ad euro 400.000,00 da appostarsi sull'unità previsionale di base 6.23.59. Per provvedere alla erogazione di tali contributi sono istituiti appositi sportelli provinciali la cui attività è disciplinata con delibera di Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente, da adottarsi entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Per l'attribuzione dei suddetti contributi è data precedenza ai comuni sprovvisti di strumentazione urbanistica generale, ai comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti ed a quelli che ricorrono alla pianificazione in forma associata (18).
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(18) Comma così sostituito dall'art. 9, comma 1, L.R. 11 agosto 2005, n. 15. Il testo originario era formulato: «2. La Regione concede contributi finanziari ai comuni, singoli o associati, per favorire l'attività di pianificazione territoriale e urbanistica. Le richieste di contributo sono inoltrate dai comuni alla Regione nei termini e con le modalità previsti da un bando pubblicato annualmente sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania. Ai fini della erogazione dei contributi è data precedenza ai comuni sprovvisti di strumentazione urbanistica generale, ai comuni con popolazione inferiore ai diecimila abitanti e a quelli che ricorrono alla pianificazione associata.».
TITOLO II
Pianificazione territoriale e urbanistica
Capo VIII - Norme in materia edilizia e di vigilanza sull'abusivismo
Art. 41
Norme regolanti l'attività edilizia.
1. I comuni, anche in forma associata, si dotano di strutture, denominate sportelli urbanistici, ai quali sono affidati i seguenti compiti:
a) ricezione delle denunce di inizio attività, delle domande per il rilascio di permessi di costruire e dei provvedimenti e certificazioni in materia edilizia;
b) acquisizione di pareri e nulla-osta di competenza di altre amministrazioni;
c) rilascio dei permessi di costruire, dei certificati di agibilità e della certificazione in materia edilizia. Il rilascio di titoli abilitativi all'attività edilizia avviene mediante un unico atto comprensivo di autorizzazioni, nulla-osta, pareri, assensi e di ogni altro provvedimento di consenso, comunque denominato, di competenza comunale;
d) adozione dei provvedimenti in materia di accesso ai documenti, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241;
e) cura dei rapporti tra l'amministrazione comunale, i privati e le altre amministrazioni coinvolte nei procedimenti preordinati all'adozione degli atti di cui alla lettera c).
2. Nei comuni sprovvisti di commissione edilizia, le funzioni consultive in materia paesaggistico-ambientale, attribuite alla commissione edilizia integrata comunale dall'allegato alla legge regionale 23 febbraio 1982, n. 10, "Direttive per l'esercizio delle funzioni amministrative subdelegate dalla Regione Campania ai comuni con legge regionale 1° settembre 1981, n. 65 - Tutela dei beni ambientali", sono esercitate da un organo collegiale costituito dal responsabile dell'ufficio che riveste preminente competenza nella materia, con funzioni di presidente, e da quattro esperti designati dal Consiglio comunale con voto limitato.
3. Nei comuni provvisti di commissione edilizia, i componenti esperti previsti dall'allegato alla legge regionale n. 10/1982, sono designati dal Consiglio comunale con voto limitato.
Art. 42
Vigilanza sugli abusi edilizi.
1. In attuazione del principio di sussidiarietà la Regione assiste il comune nella funzione di vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia di cui al D.P.R. n. 380/2001, articolo 27, comma 1, e di repressione dell'abusivismo edilizio.
2. È istituito presso la Regione un ufficio di vigilanza a cui è affidato il compito di segnalare al sindaco e ai competenti dirigenti comunali le violazioni riscontrate nel territorio del relativo comune e di eseguire i provvedimenti sanzionatori adottati anche sulla base di tali segnalazioni.
3. Il responsabile dell'ufficio di cui al comma 2 richiede al sindaco e ai competenti dirigenti comunali le informazioni e la documentazione utile per l'espletamento della funzione di vigilanza.
Art. 43
Accertamenti di conformità delle opere edilizie abusive.
1. I responsabili dei servizi comunali competenti in materia di vigilanza sugli abusi edilizi trasmettono al presidente della Giunta regionale l'elenco, corredato della relativa documentazione, delle opere abusive per le quali è stato richiesto l'accertamento di conformità previsto dal D.P.R. n. 380/2001, articolo 36.
2. Il presidente della Giunta regionale, trascorso il termine di cui al D.P.R. n. 380/2001, articolo 36, comma 2, diffida il comune a pronunciarsi con provvedimento espresso sulla richiesta di accertamento di conformità entro i termini di cui alla legge regionale n. 19/2001, articolo 1.
3. In caso di protratta inerzia del comune, il presidente della Giunta regionale richiede l'intervento sostitutivo della provincia, da espletarsi nei termini e con le modalità di cui alla legge regionale n. 19/2001, articolo 4.
4. La provincia trasmette i provvedimenti adottati in ordine all'accertamento di conformità al presidente della Giunta regionale, al comune inadempiente ed all'interessato.
5. Se l'accertamento di conformità dà esito negativo, si applicano le disposizioni di cui alla legge regionale 18 novembre 2004, n. 10, articolo 10.
6. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, i responsabili dei servizi comunali competenti in materia di vigilanza sugli abusi edilizi trasmettono al presidente della Giunta regionale l'elenco delle opere abusive per le quali è stato richiesto e non ancora compiuto l'accertamento di conformità previsto dal D.P.R. n. 380/2001, articolo 36, corredato della relativa documentazione.
TITOLO III
Disposizioni transitorie e finali
Capo I - Disposizioni transitorie
Art. 44
Regime transitorio degli strumenti di pianificazione.
1. Le province adottano il Ptcp entro diciotto mesi dall'entrata in vigore del Ptr.
2. I comuni adottano, entro due anni dall'entrata in vigore del Ptcp, il Puc e il Ruec.
3. Nei comuni sprovvisti di strumenti urbanistici vigenti si applicano, fino alla data di entrata in vigore del Puc, i limiti di edificabilità di cui alla legge regionale n. 17/1982, salva l'applicazione delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 10. Decorsi due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, nei comuni di cui al presente comma, che non hanno ancora adottato il Puc, il rapporto di copertura previsto dall'articolo 4, comma 3, della legge regionale n. 17/1982, è determinato in un ventesimo dell'area di proprietà (19).
4. Nei comuni di cui al comma 3 le limitazioni previste dalla legge regionale n. 17/1982 non si applicano nei confronti degli interventi volti alla realizzazione di edifici e strutture pubbliche, di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, dei programmi per l'edilizia residenziale pubblica o sovvenzionata, dei piani e degli interventi previsti dalla legge 14 maggio 1981, n. 219, nonché nei confronti degli interventi o programmi integrati di intervento territoriale e dei programmi di recupero urbano approvati ai sensi della programmazione economica regionale e finanziati prevalentemente con risorse pubbliche o della Unione europea (20).
5. La Regione adotta il Ptr entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
6. Nelle more dell'approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale previsti dalla presente legge, la verifica di compatibilità dei Puc e dei Ptcp, adottati, ai fini dell'approvazione degli stessi, è eseguita con riferimento ai rispettivi strumenti di pianificazione sovraordinati vigenti.
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(19) Comma così sostituito dall'art. 9, comma 3, L.R. 11 agosto 2005, n. 15. Il testo originario era così formulato: «3. Nei comuni sprovvisti di Prg si applicano, fino all'adozione dei Puc, i limiti di edificabilità di cui alla legge regionale n. 17/1982, salva l'applicazione delle misure di salvaguardia di cui all'articolo 10.».
(20) Comma così sostituito dall'art. 9, comma 4, L.R. 11 agosto 2005, n. 15. Il testo originario era così formulato: «4. Nei comuni di cui al comma 3, salva l'applicazione obbligatoria delle misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902, le limitazioni previste dalla legge regionale n. 17/1982, hanno efficacia fino alla data di entrata in vigore del Puc, da adottare ai sensi della presente legge, e non si applicano nei confronti degli interventi volti alla realizzazione di edifici e strutture pubbliche, di opere di urbanizzazione primaria e secondaria, dei programmi per l'edilizia residenziale pubblica, agevolata o sovvenzionata, e dei piani e degli interventi previsti dalla legge 17 maggio 1981, n. 219.».
Art. 45
Regime transitorio della strumentazione in itinere.
1. Gli strumenti di pianificazione urbanistica comunale, adottati e non ancora approvati alla data di entrata in vigore della presente legge, concludono il procedimento di formazione secondo le disposizioni di cui alla disciplina previgente, anche in ordine alla ripartizione delle competenze relative alla loro approvazione.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche alle varianti ai Prg già adottate al momento dell'entrata in vigore della presente legge.
3. I comuni di cui al comma 1 adottano, entro tre anni dalla conclusione del procedimento di formazione della strumentazione urbanistica, il Puc e il Ruec, in conformità alle disposizioni di cui al titolo II, capo III.
Art. 46
Norme in materia di inquinamento acustico.
1. I piani di zonizzazione acustica di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, sono inclusi tra gli elaborati tecnici allegati al Puc.
2. Fino all'entrata in vigore della legge regionale disciplinante la tutela dall'inquinamento acustico con la quale si stabiliscono modalità, scadenze e sanzioni per l'elaborazione della classificazione acustica e dei piani di risanamento, così come previsto dalla legge n. 447/1995, la redazione dei piani di zonizzazione acustica di cui al comma 1 avviene in conformità ad apposite linee-guida da adottarsi con delibera di Giunta regionale.
Art. 47
Valutazione ambientale dei piani.
1. I piani territoriali di settore ed i piani urbanistici sono accompagnati dalla valutazione ambientale di cui alla direttiva 42/2001/CE del 27 giugno 2001, da effettuarsi durante la fase di redazione dei piani.
2. La valutazione scaturisce da un rapporto ambientale in cui sono individuati , descritti e valutati gli effetti significativi dell'attuazione del piano sull'ambiente e le alternative, alla luce degli obiettivi e dell'ambito territoriale di riferimento del piano.
3. La proposta di piano ed il rapporto ambientale sono messi a disposizione delle autorità interessate e del pubblico con le procedure di cui agli articoli 15, 20 e 24 della presente legge.
4. Ai piani di cui al comma 1 è allegata una relazione che illustra come le considerazioni ambientali sono state integrate nel piano e come si è tenuto conto del rapporto ambientale di cui al comma 2.
Art. 48
Funzioni subdelegate.
1. Il comma 3 dell'articolo 7 della legge regionale 29 maggio 1980, n. 54, è così sostituito:
"In caso di persistente inattività o di gravi violazioni di legge di un ente locale nell'esercizio delle funzioni delegate o subdelegate di cui al comma 1, la Giunta regionale revoca la delega o la subdelega e la conferisce, previo conforme parere della commissione consiliare competente, all'amministrazione provinciale competente".
TITOLO III
Disposizioni transitorie e finali
Capo II - Disposizioni finali
Art. 49
Disposizioni finali, abrogazioni e modificazioni.
1. Per quanto non previsto dalla presente legge, resta in vigore la disciplina contenuta nella vigente normativa statale e regionale.
2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni:
• legge regionale 13 maggio 1974, n. 17;
• legge regionale 6 maggio 1975, n. 26;
• legge regionale 18 maggio 1977, n. 26;
• legge regionale 15 dicembre 1977, n. 64;
• legge regionale 16 ottobre 1978, n. 39;
• legge regionale 29 dicembre 1978, n. 62;
• legge regionale 10 maggio 1980, n. 33;
• legge regionale 29 maggio 1980, n. 54: articolo 23;
• legge regionale 23 luglio 1981, n. 49;
• legge regionale 1° settembre 1981, n. 65: articolo 6, commi 1 e 3; al comma 4 le parole "ai precedenti commi 1 e 2" sono soppresse e sostituite dalle parole "al precedente comma";
• legge regionale 25 gennaio 1982, n. 4;
• legge regionale 23 febbraio 1982, n. 10: all'allegato - "Direttive per l'esercizio delle funzioni amministrative subdelegate dalla Regione Campania ai comuni con legge regionale 1° settembre 1981, n. 65 - Tutela dei beni ambientali" - le parole "dal Sindaco" sono soppresse e sostituite dalle parole "dal dirigente comunale competente";
• legge regionale 20 marzo 1982, n. 14: articoli 1, 2, 3, 4, 4-bis, 5, 6, 7, 8; il punto 3 del titolo I dell'allegato; i punti 1.1, 2, 3, 4 e 5 del titolo II dell'allegato; il capo I del titolo III dell'allegato; i punti 2 e 3 del capo II del titolo III dell'allegato; il punto 3 del capo III del titolo III dell'allegato; il capo IV del titolo III dell'allegato; il punto 2 del capo V del titolo III dell'allegato. Al punto 1, comma 1, del capo V del titolo III dell'allegato, le parole "il Consiglio" sono soppresse e sostituite dalle parole "la Giunta";
• legge regionale 20 marzo 1982, n. 17: articoli 1, 2 e 4, commi 2, 5, 6 e 7; all'articolo 3, comma 2, sono soppresse le parole "le Comunità Montane e, per i Comuni non interamente compresi in esse,"; all'articolo 3, comma 4, le parole "Comunità Montane e, per i Comuni non interamente inclusi in esse, le" sono soppresse;
• legge regionale 30 agosto 1982, n. 55;
• legge regionale 24 novembre 1989, n. 24;
• legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3: articoli 7, 8, 9 e 10; all'articolo 12, comma 1, le parole "del Consiglio" sono soppresse e sostituite dalle parole "della Giunta". La legge regionale n. 11 del 1991, nella parte in cui prevede l'area generale di coordinamento "Gestione del Territorio" è modificata in area generale di coordinamento "Governo del Territorio".
3. Dalla data di approvazione della delibera di cui all'articolo 30 della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni contenute nell'allegato alla legge regionale 20 marzo 1982, n. 14: il punto 1.2 del titolo II; le parole da "Il Piano particolareggiato deve essere accompagnato" a "non inferiore a 1: 500" del capo II del titolo III; il punto 2 del capo III del titolo III; il punto 1 del capo V.
4. Dalla data di approvazione della delibera di cui all'articolo 30 della presente legge sono altresì abrogati gli articoli 3, 4, 5 e 6 della legge regionale 19 febbraio 1996, n. 3.
5. L'articolo 2, comma 1, lettera b) della L.R. 28 novembre 2001, n. 19 è così sostituito:
"Le ristrutturazioni edilizie, comprensive della demolizione e della ricostruzione con la stessa volumetria, superficie e sagoma dell'edificio preesistente".
6. L'articolo 6, comma 3, della legge regionale 28 novembre 2001, n. 19, è così sostituito:
"3. Nelle zone sottoposte ai vincoli di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e a vincoli idrogeologici l'inizio delle opere è subordinato al rilascio delle prescritte autorizzazioni da parte delle amministrazioni e degli enti preposti alla tutela del vincolo".
7. Dopo il comma 5 dell'art. 6 della legge regionale n. 19/2001 è inserito il seguente comma:
"5-bis. La capienza massima dei parcheggi realizzabili con denuncia di inizio attività è di:
a) 50 posti auto nei comuni fino a 10.000 abitanti;
b) 100 posti auto nei comuni da 10.001 a 50.000 abitanti;
c) 200 posti auto nei comuni da 50.001 a 200.000 abitanti;
d) 300 posti auto nei comuni al di sopra dei 200.000 abitanti.
Sono fatte salve diverse disposizioni dei programmi urbani dei parcheggi nelle zone non sottoposte ai vincoli di cui al decreto legislativo n. 42/2004, vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge".
8. Alla fine del comma 6, dell'articolo 6 della legge regionale n. 19/2001 è aggiunto il seguente periodo:
"L'atto d'obbligo contiene l'elenco degli estremi catastali delle unità immobiliari tra le quali i soggetti realizzatori individuano, entro il termine di cui al comma 7, quelle unità alle quali sono legati pertinenzialmente i posti auto da realizzare. Alla fine dei lavori e, comunque, entro il termine di cui al comma 7, i soggetti realizzatori trasmettono copia dei relativi atti di compravendita all'amministrazione comunale".
9. Dopo il comma 7 dell'articolo 6 della legge regionale n. 19/2001 sono inseriti i seguenti commi:
"7-bis. Ai fini della tutela della qualità ambientale e paesaggistica del territorio la realizzazione di parcheggi di cui ai commi 1 e 2, nel sottosuolo di aree sulle quali alla data di inizio dei lavori risultino presenti alberi o arbusti decorativi o da frutto avviene in modo da garantire la conservazione al di sopra del solaio di copertura dei parcheggi di uno spessore di terreno sufficiente ad assicurare la sopravvivenza in loco degli alberi o arbusti secolari e di alto valore botanico, agricolo o paesistico. Per gli alberi ed arbusti senza tali caratteristiche deve essere assicurato il reimpianto in eguale numero, specie ed età.
7-ter. L'adeguatezza dello spessore di terreno o l'assenza di alberi secolari e di alto valore botanico, agricolo o paesistico sono preventivamente accertati con perizia giurata redatta da un professionista iscritto all'ordine dei dottori agronomi e forestali o periti agrari.
7-quater. L'inosservanza degli obblighi di cui ai commi 7-bis e 7-ter comporta l'acquisizione al patrimonio comunale secondo le procedure di cui all'art. 31 del D.P.R. n. 380/2001".
10. L'articolo 9 della legge regionale n. 19/2001 è così sostituito:
"Le disposizioni procedurali della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge regionale 27 giugno 1987, n. 35, fatti salvi tutti i vincoli previsti dalla legge stessa.".
11. All'epigrafe della legge regionale n. 19/2001, le parole "delle concessioni e delle autorizzazioni edilizie" sono sostituite dalle parole "dei permessi di costruire".
12. Agli articoli 1, 2 e 4 della legge regionale n. 19/2001, le parole "concessione" e "concessione edilizia" sono sostituite dalle parole " permesso di costruire".
13. All'articolo 2 della legge regionale n. 19/2001, le parole "alle concessioni edilizie" sono sostituite dalle parole "ai permessi di costruire".
14. All'articolo 3 della legge regionale n. 19/2001, le parole "della concessione" sono sostituite dalle parole "del permesso di costruire".
15. All'articolo 6, comma 2, della legge regionale n. 19/2001, le parole "ad autorizzazione gratuita" sono sostituite dalle parole "a permesso di costruire non oneroso".
16. All'articolo 6, comma 6, della legge regionale n. 19/2001, le parole "di autorizzazione alla realizzazione" sono sostituite dalle parole "di permesso di costruire per la realizzazione".
17. All'articolo 6, comma 7, della legge regionale n. 19/2001, le parole "l'autorizzazione gratuita" sono sostituite dalle parole "il permesso di costruire".
18. All'articolo 6, comma 7, della legge regionale n. 19/2001, le parole "procedimento autorizzatorio" sono sostituite dalle parole "procedimento abilitativo".
19. All'articolo 6, comma 7, della legge regionale n. 19/2001, le parole "titolo autorizzatorio" sono sostituite dalle parole "titolo edilizio".
20. Nell'intero articolato della legge regionale n. 19/2001 le parole "decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490" sono sostituite con le parole "decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.".
21. Dopo il comma 12 dell'articolo 5 della legge regionale 18 ottobre 2002, n. 26 è aggiunto il seguente comma:
"Gli interventi di recupero delle parti e delle facciate degli edifici privati ricadenti nei centri storici e nelle periferie degradate dei nuclei urbani della Regione Campania, se attuati con l'impiego di risorse finanziarie pubbliche ed in conformità con gli strumenti urbanistici vigenti, rivestono preminente interesse pubblico in quanto volti al recupero ed alla valorizzazione del territorio".
22. Dopo il comma 13 dell'articolo 5 della legge regionale 18 ottobre 2002, n. 26 è aggiunto il seguente comma:
"Sulla facciata degli stabili siti nei centri storici è vietata l'installazione di apparecchi di condizionamento d'aria, caldaie, tubazioni e antenne, nonché l'inserimento di nuovi elementi che compromettono il decoro architettonico degli stessi".
Art. 50
Dichiarazione di urgenza.
1. La presente legge, a norma degli articoli 43 e 45 dello Statuto, è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Campania.
LEGENDA
PTR |
PIANO TERRITORIALE REGIONALE |
PTCP |
PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO PROVINCIALE |
PUC |
PIANO URBANISTICO COMUNALE |
PUA |
PIANI URBANISTICI ATTUATIVI |
RUEC |
REGOLAMENTO URBANISTICO EDILIZIO COMUNALE |
PSP |
PIANI SETTORIALI PROVINCIALI |
PSR |
PIANI SETTORIALI REGIONALI |
NTA |
NORME TECNICHE DI ATTUAZIONE |
PRG |
PIANO REGOLATORE GENERALE |
SIT |
SISTEMA INFORMATIVO TERRITORIALE |
L.R. 24 marzo 2000, n. 20
Disciplina generale sulla tutela e l'uso del territorio
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(1) Pubblicata nel B.U. Emilia-Romagna 27 marzo 2000, n. 52.
(2) Vedi la Delib.C.R. 4 aprile 2001, n. 173 che ha approvato l'atto di indirizzo e coordinamento tecnico per l'attuazione della presente legge. Vedi, altresì, la Delib.G.R. 19 novembre 2001, n. 2448 e la Delib.G.R. 19 novembre 2001, n. 2449. L'art. 39, comma 1, L.R. 25 novembre 2002, n. 31 stabilisce che, fino all'adeguamento degli strumenti di pianificazione alle disposizioni della presente legge, i Comuni possano apportare modifiche al regolamento edilizio, al fine di adeguarlo alla legislazione nazionale e regionale vigente. Il comma 2 del medesimo articolo prevede altresì che le suddette modifiche siano approvate dal Comune secondo le modalità previste per i regolamenti comunali. Vedi, inoltre, l'art. 1, comma 3, lettera b), L.R. 16 gennaio 2004, n. 1. Infine vedi l'art. 1, comma 5 e l'art. 2, comma 2, L.R. 13 giugno 2008, n. 9.
Art. 1
Oggetto della legge.
1. La Regione Emilia-Romagna, in attuazione dei principi della Costituzione e dello Statuto regionale e in conformità alle leggi della Repubblica ed ai principi della L.R. 21 aprile 1999, n. 3, disciplina con la presente legge la tutela e l'uso del territorio al fine di:
a) realizzare un'efficace ed efficiente sistema di programmazione e pianificazione territoriale al servizio dello sviluppo economico, sociale e civile della popolazione regionale ed idoneo ad assicurare il miglioramento della qualità della vita;
b) promuovere un uso appropriato delle risorse ambientali, naturali, territoriali e culturali;
c) riorganizzare le competenze esercitate ai diversi livelli istituzionali e promuovere modalità di raccordo funzionale tra gli strumenti di pianificazione, in attuazione del principio di sussidiarietà;
d) favorire la cooperazione tra Regione, province e comuni e valorizzare la concertazione con le forze economiche e sociali nella definizione delle scelte di programmazione e pianificazione;
e) semplificare i procedimenti amministrativi, garantendone la trasparenza e il contraddittorio.
TITOLO I
Princìpi generali della pianificazione
Capo I - Disposizioni generali
Art. 2
Funzioni ed obiettivi della pianificazione.
1. La pianificazione territoriale e urbanistica costituisce funzione fondamentale di governo della Regione, delle province e dei comuni.
2. La pianificazione territoriale e urbanistica si informa ai seguenti obiettivi generali:
a) promuovere un ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e del sistema produttivo,
b) assicurare che i processi di trasformazione siano compatibili con la sicurezza e la tutela dell'integrità fisica e con l'identità culturale del territorio;
c) migliorare la qualità della vita e la salubrità degli insediamenti urbani;
d) ridurre la pressione degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali anche attraverso opportuni interventi di riduzione e mitigazione degli impatti;
e) promuovere il miglioramento della qualità ambientale, architettonica e sociale del territorio urbano, attraverso interventi di riqualificazione del tessuto esistente;
f) prevedere il consumo di nuovo territorio solo quando non sussistano alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti ovvero dalla loro riorganizzazione e riqualificazione.
3. Ai fini della presente legge per strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica si intende l'insieme degli atti di pianificazione, disciplinati dalla legislazione regionale, che siano volti a tutelare il territorio ovvero a regolarne l'uso ed i processi di trasformazione.
Art. 3
Processo di pianificazione.
1. La pianificazione territoriale e urbanistica garantisce la coerenza tra le caratteristiche e lo stato del territorio e le destinazioni e gli interventi di trasformazione previsti, verificando nel tempo l'adeguatezza e l'efficacia delle scelte operate.
2. A tal fine la pianificazione si sviluppa attraverso le seguenti azioni, avendo riguardo alla natura ed ai contenuti dei diversi strumenti:
a) l'individuazione degli obiettivi generali di sviluppo economico e sociale, di tutela e riequilibrio del territorio che si intendono perseguire;
b) la formazione di un quadro conoscitivo;
c) la determinazione delle azioni idonee alla realizzazione degli obiettivi individuati;
d) la regolamentazione degli interventi e la programmazione della loro attuazione;
e) il monitoraggio e il bilancio degli effetti sul territorio conseguenti all'attuazione dei piani.
3. Gli strumenti della pianificazione territoriale e urbanistica esplicitano le motivazioni poste a fondamento delle scelte strategiche operate.
Art. 4
Quadro conoscitivo.
1. Il quadro conoscitivo è elemento costitutivo degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica. Esso provvede alla organica rappresentazione e valutazione dello stato del territorio e dei processi evolutivi che lo caratterizzano e costituisce riferimento necessario per la definizione degli obiettivi e dei contenuti del piano e per la valutazione di sostenibilità di cui all'art. 5.
2. Il quadro conoscitivo dei piani generali, in coerenza con i compiti di ciascun livello di pianificazione, ha riguardo:
a) alle dinamiche dei processi di sviluppo economico e sociale;
b) agli aspetti fisici e morfologici;
c) ai valori paesaggistici, culturali e naturalistici;
d) ai sistemi ambientale, insediativo e infrastrutturale;
e) all'utilizzazione dei suoli ed allo stato della pianificazione;
f) alle prescrizioni e ai vincoli territoriali derivanti dalla normativa, dagli strumenti di pianificazione vigenti, da quelli in salvaguardia e dai provvedimenti amministrativi.
3. I piani settoriali provvedono ad integrare e approfondire il quadro conoscitivo del piano generale del medesimo livello di governo con gli approfondimenti relativi al loro specifico campo di interesse.
4. Al fine di elaborare il quadro conoscitivo, le amministrazioni operano ai sensi dell'art. 17, provvedendo alle integrazioni, agli approfondimenti ed agli aggiornamenti ritenuti indispensabili.
Art. 5
Valutazione di sostenibilità e monitoraggio dei piani (3).
1. La Regione, le province e i comuni provvedono, nell'ambito del procedimento di elaborazione ed approvazione dei propri piani, alla valutazione preventiva della sostenibilità ambientale e territoriale degli effetti derivanti dalla loro attuazione, anche con riguardo alla normativa nazionale e comunitaria.
2. A tal fine, nel documento preliminare sono evidenziati i potenziali impatti negativi delle scelte operate e le misure idonee per impedirli, ridurli o compensarli. Gli esiti della valutazione di sostenibilità ambientale e territoriale costituiscono parte integrante del piano approvato e sono illustrati da un apposito documento.
3. In coerenza con le valutazioni di cui al comma 2 la pianificazione territoriale e urbanistica persegue l'obiettivo della contestuale realizzazione delle previsioni in essa contenute e degli interventi necessari ad assicurarne la sostenibilità, ambientale e territoriale.
4. La Regione, le province e i comuni provvedono inoltre al monitoraggio dell'attuazione dei propri piani e degli effetti sui sistemi ambientali e territoriali, anche al fine della revisione o aggiornamento degli stessi.
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(3) Vedi anche l'art. 2, comma 2, L.R. 13 giugno 2008, n. 9.
Art. 6
Effetti della pianificazione.
1. La pianificazione territoriale e urbanistica, oltre a disciplinare l'uso e le trasformazioni del suolo, accerta i limiti e i vincoli agli stessi che derivano:
a) da uno specifico interesse pubblico insito nelle caratteristiche del territorio, stabilito da leggi statali o regionali relative alla tutela dei beni ambientali, paesaggistici e culturali, alla protezione della natura ed alla difesa del suolo;
b) dalle caratteristiche morfologiche o geologiche dei terreni che rendono incompatibile il processo di trasformazione;
c) dalla presenza di fattori di rischio ambientale, per la vulnerabilità delle risorse naturali.
2. Al fine di assicurare la sostenibilità ambientale e territoriale, la pianificazione territoriale e urbanistica può subordinare l'attuazione degli interventi di trasformazione:
a) alla contestuale realizzazione di interventi di mitigazione degli impatti negativi o di infrastrutture per l'urbanizzazione degli insediamenti, di attrezzature e spazi collettivi, di dotazioni ecologiche e ambientali, di infrastrutture per la mobilità; ovvero
b) al fatto che si realizzino le condizioni specificamente individuate dal piano, che garantiscono la sostenibilità del nuovo intervento.
3. I vincoli e le condizioni di cui ai commi 1 e 2 sono inerenti alle qualità intrinseche del bene e operano senza alcun limite temporale. Essi sono stabiliti dal Piano strutturale comunale (P.S.C.) ovvero dagli strumenti di pianificazione territoriale generale e settoriale sovraordinati e sono recepiti dal Piano operativo comunale (P.O.C.).
4. Il P.O.C. può inoltre apporre vincoli urbanistici, finalizzati all'acquisizione coattiva di immobili.
Art. 7
Perequazione urbanistica.
1. La perequazione urbanistica persegue l'equa distribuzione, tra i proprietari degli immobili interessati dagli interventi, dei diritti edificatori riconosciuti dalla pianificazione urbanistica e degli oneri derivanti dalla realizzazione delle dotazioni territoriali.
2. A tal fine, il P.S.C. può riconoscere la medesima possibilità edificatoria ai diversi ambiti che presentino caratteristiche omogenee.
3. Il P.O.C. e i Piani urbanistici attuativi (P.U.A.), nel disciplinare gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria, assicurano la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree.
4. Il Regolamento urbanistico edilizio (R.U.E.) stabilisce i criteri e i metodi per la determinazione del diritto edificatorio spettante a ciascun proprietario, in ragione del diverso stato di fatto e di diritto in cui si trovano gli immobili al momento della formazione del P.S.C.
Art. 8
Partecipazione dei cittadini alla pianificazione.
1. Nei procedimenti di formazione ed approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica sono assicurate:
a) la concertazione con le associazioni economiche e sociali, in merito agli obiettivi strategici e di sviluppo da perseguire;
b) specifiche forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini e delle associazioni costituite per la tutela di interessi diffusi, in ordine ai contenuti degli strumenti stessi.
2. Nei medesimi procedimenti, gli enti locali con lo statuto o con appositi regolamenti possono prevedere, ai sensi della legge 8 giugno 1990, n. 142 e della legge 7 agosto 1990, n. 241, ulteriori forme di pubblicità e di consultazione dei cittadini oltre a quelle previste dalla presento legge.
3. Nell'ambito della formazione degli strumenti che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive deve essere garantita la partecipazione dei soggetti interessati al procedimento, attraverso la più ampia pubblicità degli atti e documenti comunque concernenti la pianificazione e assicurando il tempestivo ed adeguato esame delle deduzioni dei soggetti intervenuti e l'indicazione delle motivazioni in merito all'accoglimento o meno delle stesse. Nell'attuazione delle previsioni di vincoli urbanistici preordinati all'esproprio deve essere garantito il diritto al contraddittorio degli interessati con l'amministrazione procedente.
4. Il responsabile del procedimento, di cui all'art. 4 della legge n. 241/1990, cura tutte le attività relative alla pubblicità, all'accesso agli atti e documenti ed alla partecipazione al procedimento di approvazione. Il responsabile è individuato nell'atto di avvio del procedimento di approvazione del piano.
TITOLO I
Princìpi generali della pianificazione
Capo II - Livelli, strumenti ed efficacia della pianificazione
Art. 9
Livelli della pianificazione.
1. La pianificazione territoriale e urbanistica si articola nei tre livelli regionale, provinciale e comunale.
2. Nell'osservanza dei princìpi di sussidiarietà, di adeguatezza e differenziazione, definiti dal comma 3 dell'art. 4 della legge 15 marzo 1997, n. 59:
a) sono conferite ai comuni tutte le funzioni di governo del territorio non esplicitamente attribuite agli altri livelli di pianificazione sovraordinati;
b) nei casi stabiliti dalla presente legge i comuni di minore dimensione demografica possono esercitare le funzioni pianificatorie in forma associata;
c) sono attribuite alla Regione e alla Provincia soltanto le funzioni di pianificazione riconosciute loro dalla legislazione nazionale e regionale, che attengono alla cura di interessi di livello sovracomunale o che non possono essere efficacemente svolte a livello comunale. In tali casi sono previste forme di partecipazione dei comuni all'esercizio delle funzioni attribuite agli altri livelli di pianificazione sovraordinati.
3. Compete ai comuni, in riferimento alle specifiche situazioni locali, specificare, approfondire e attuare i contenuti propri degli strumenti di pianificazione territoriale sovraordinati.
Art. 10
Strumenti della pianificazione generale e settoriale.
1. Le funzioni di pianificazione territoriale e urbanistica sono esercitate attraverso la predisposizione e approvazione di piani generali e settoriali.
2. Ai fini della presente legge:
a) per piani generali si intendono gli strumenti con i quali ciascun ente pubblico territoriale detta, per l'intero ambito di propria competenza, la disciplina di tutela e uso del territorio;
b) per piani settoriali si intendono gli strumenti con i quali, nei casi espressamente previsti dalla legge, gli enti pubblici territoriali e gli enti pubblici preposti alla tutela di specifici interessi dettano la disciplina di tutela e uso del territorio relativamente ai profili che ineriscono alle proprie funzioni.
3. I piani generali coordinano e portano a sistema l'insieme delle previsioni dei piani sovraordinati vigenti e definiscono prescrizioni, direttive ed indirizzi che dovranno essere osservati dalla pianificazione sottordinata. Con riferimento alla pianificazione settoriale del medesimo livello di pianificazione, il piano generale fissa il quadro di riferimento, in termini conoscitivi e normativi, e stabilisce gli obiettivi prestazionali che dovranno essere perseguiti dagli strumenti settoriali.
4. I piani settoriali sono predisposti ed approvati nel rispetto delle previsioni dei piani sovraordinati e degli obiettivi strategici e delle scelte del piano generale del medesimo livello di pianificazione, sviluppando e specificando gli obiettivi prestazionali di settore ivi stabiliti.
Art. 11
Efficacia delle previsioni dei piani.
1. Ai fini della presente legge, le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica si distinguono in indirizzi, direttive e prescrizioni. In particolare:
a) per indirizzi si intendono le disposizioni volte a fissare obiettivi per la predisposizione dei piani sottordinati e dei piani settoriali del medesimo livello di pianificazione, riconoscendo ambiti di discrezionalità nella specificazione e integrazione delle proprie previsioni e nell'applicazione dei propri contenuti alle specifiche realtà locali;
b) per direttive si intendono le disposizioni che devono essere osservate nella elaborazione dei contenuti dei piani sottordinati e dei piani settoriali del medesimo livello di pianificazione;
c) per prescrizioni si intendono le disposizioni dei piani, predisposte nel rispetto dei principi di cui all'art. 9 e nell'osservanza degli ambiti delle materie di pertinenza dei piani stessi, che incidono direttamente sul regime giuridico dei beni disciplinati, regolando gli usi ammissibili e le trasformazioni consentite.
2. Le prescrizioni devono trovare piena e immediata osservanza ed attuazione da parte di tutti i soggetti pubblici e privati, secondo le modalità previste dal piano, e prevalgono sulle disposizioni incompatibili contenute nei vigenti strumenti di pianificazione e negli atti amministrativi attuativi. Gli enti pubblici provvedono tempestivamente all'adeguamento delle previsioni degli strumenti di pianificazione e degli atti amministrativi non più attuabili per contrasto con le prescrizioni sopravvenute.
3. Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica esplicitano l'efficacia delle proprie disposizioni, attenendosi a quanto previsto dal comma 1.
Art. 12
Salvaguardia.
1. A decorrere dalla data di adozione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, le amministrazioni pubbliche sospendono ogni determinazione in merito:
a) all'autorizzazione di interventi di trasformazione del territorio che siano in contrasto con le previsioni dei piani adottati o tali da comprometterne o renderne più gravosa l'attuazione;
b) all'approvazione di strumenti sottordinati di pianificazione territoriale e urbanistica che siano in contrasto con le prescrizioni del piano adottato.
2. La sospensione di cui al comma 1 opera fino alla data di entrata in vigore del piano e comunque per non oltre cinque anni dalla data di adozione, salvo diversa previsione di legge.
TITOLO I
Princìpi generali della pianificazione
Capo III - Forme di cooperazione e concertazione nella pianificazione
Art. 13
Metodo della concertazione istituzionale.
1. La Regione, le province e i comuni, nella formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, conformano la propria attività al metodo della concertazione con gli altri enti pubblici territoriali e con le altre amministrazioni preposte alla cura degli interessi pubblici coinvolti.
2. Sono strumenti della concertazione istituzionale la conferenza e gli accordi di pianificazione e gli accordi territoriali.
3. Il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) può prevedere particolari forme di cooperazione tra comuni negli ambiti che presentano una elevata continuità insediativa, ovvero nei casi in cui le scelte pianificatorie comunali comportano significativi effetti di rilievo sovracomunale.
Art. 14
Conferenze e accordi di pianificazione.
1. La conferenza di pianificazione ha la finalità di costruire un quadro conoscitivo condiviso del territorio e dei conseguenti limiti e condizioni per il suo sviluppo sostenibile, nonché di esprimere valutazioni preliminari in merito agli obiettivi e alle scelte di pianificazione prospettate dal documento preliminare.
2. Il documento preliminare presenta in particolare i seguenti contenuti:
a) le indicazioni in merito agli obiettivi generali che si intendono perseguire con il piano ed alle scelte strategiche di assetto del territorio, in relazione alle previsioni degli strumenti di pianificazione di livello sovraordinato;
b) l'individuazione di massima di limiti e condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio.
3. Alla conferenza partecipano necessariamente gli enti territoriali e le amministrazioni individuate per ciascun piano dagli articoli 25, 27 e 32. Alla conferenza intervengono inoltre tutte le amministrazioni competenti al rilascio dei pareri, delle intese e degli atti di assenso, comunque denominati, ai sensi del comma 3 dell'art. 34. L'amministrazione procedente può altresì convocare altre amministrazioni coinvolte o interessate dall'esercizio delle funzioni di pianificazione.
4. La conferenza realizza la concertazione con le associazioni economiche e sociali, chiamandole a concorrere alla definizione degli obiettivi e delle scelte strategiche individuati dal documento preliminare, acquisendone le valutazioni e le proposte.
5. L'amministrazione procedente assicura la pubblicità degli esiti della concertazione istituzionale e di quella con le associazioni economiche e sociali, di cui ai commi 3 e 4.
6. Ogni amministrazione partecipa alla conferenza con un unico rappresentante, legittimato dagli organi istituzionalmente competenti ad esprimere definitivamente ed in modo vincolante le valutazioni e la volontà dell'ente.
7. In considerazione delle conclusioni della conferenza di pianificazione, la Provincia e la Regione, in caso di PTCP, ovvero il Comune e la Provincia, in caso di P.S.C., possono stipulare un accordo di pianificazione che definisca l'insieme degli elementi costituenti parametro per le scelte pianificatorie, secondo quanto previsto rispettivamente dall'articolo 27, comma 3, e dall'articolo 32, comma 3 (4).
8. Nella predisposizione e approvazione del P.T.C.P. o del P.S.C., la Provincia o il Comune tiene comunque conto dei contributi conoscitivi e delle valutazioni espressi in sede di conferenza di pianificazione e si conforma alle determinazioni eventualmente concordate con l'accordo di pianificazione, di cui al comma 7.
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(4) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 1, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37. Il testo originario era così formulato: «7. Per i P.T.C.P. e per i P.S.C. le determinazioni concordate in sede di conferenza di pianificazione possono essere recepite in un accordo di pianificazione, rispettivamente tra Regione e Provincia e tra Provincia e Comune. L'accordo definisce l'insieme condiviso degli elementi che costituiscono parametro per le scelte pianificatorie.».
Art. 15
Accordi territoriali.
1. I comuni e la Provincia possono promuovere accordi territoriali per concordare obiettivi e scelte strategiche comuni ovvero per coordinare l'attuazione delle previsioni dei piani urbanistici, in ragione della sostanziale omogeneità delle caratteristiche e del valore naturale, ambientale e paesaggistico dei territori comunali ovvero della stretta integrazione e interdipendenza degli assetti insediativi, economici e sociali. I comuni possono altresì stipulare accordi territoriali per lo svolgimento in collaborazione di tutte o parte delle funzioni di pianificazione urbanistica, nonché per l'elaborazione in forma associata degli strumenti urbanistici e la costituzione di un apposito ufficio di piano o di altre strutture per la redazione e gestione degli stessi.
2. Per l'attuazione del P.T.C.P. la Provincia può promuovere accordi territoriali diretti a definire, anche con riguardo alle risorse finanziarie disponibili, gli interventi di livello sovracomunale da realizzare in un arco temporale definito e che attengono:
a) alla realizzazione delle infrastrutture di interesse generale previste dal piano nonché delle infrastrutture, opere o servizi cui è subordinata l'attuazione dei piani urbanistici comunali, a norma del comma 4 dell'art. 26;
b) a interventi di rinaturazione e di riequilibrio ecologico ovvero alla realizzazione di dotazioni ecologiche ed ambientali;
c) a progetti di tutela, recupero e valorizzazione delle risorse paesaggistiche e ambientali del territorio.
3. Gli accordi territoriali di cui ai commi 1 e 2 possono prevedere forme di perequazione territoriale, anche attraverso la costituzione di un fondo finanziato dagli enti locali con risorse proprie o con quote dei proventi degli oneri di urbanizzazione e delle entrate fiscali conseguenti alla realizzazione degli interventi concordati.
4. Agli accordi territoriali si applica, per quanto non previsto dalla presente legge, la disciplina propria degli accordi tra amministrazioni di cui all'art. 15 della legge n. 241 del 1990.
Art. 16
Atti di indirizzo e coordinamento (5).
1. Per assicurare lo sviluppo coordinato ed omogeneo delle attività di pianificazione territoriale e urbanistica, la Regione adotta: atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni pianificatorie delle province e dei comuni; atti di coordinamento tecnico; direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate (6).
2. Con gli atti di coordinamento tecnico, in particolare, la Regione:
a) detta indirizzi e direttive per l'attuazione della presente legge e per l'integrazione dei suoi contenuti con le disposizioni in materia di pianificazione territoriale e urbanistica previste dalle legislazioni settoriali;
b) specificai contenuti essenziali del documento preliminare, del quadro conoscitivo, della relazione illustrativa, delle norme tecniche e delle tavole di progetto del Piano territoriale di coordinamento provinciale, del Piano strutturale comunale, del Piano operativo comunale e del Piano urbanistico attuativo;
c) stabilisce l'insieme organico delle nozioni, definizioni, modalità di calcolo e di verifica concernenti gli indici, i parametri e le modalità d'uso e di intervento, allo scopo di definire un lessico comune utilizzato nell'intero territorio regionale, che comunque garantisca l'autonomia nelle scelte di pianificazione.
3. Gli atti di cui al comma 1 sono assunti con delibera del Consiglio regionale, su proposta della Giunta previa intesa con la Conferenza Regione - Autonomie locali di cui all'art. 31 della L.R. n. 3/1999. Tali atti sono pubblicati nel Bollettino Ufficiale della Regione.
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(5) Vedi la Delib.Ass.Legisl. 25 luglio 2007, n. 128.
(6) Con Delib.Ass.Legisl. 2 maggio 2007, n. 112 e con Delib.Ass.Legisl. 13 giugno 2007, n. 118 è stato approvato, ai sensi del presente comma, l'atto di indirizzo e di coordinamento tecnico in merito alla realizzazione di aree ecologicamente attrezzate.
Art. 17
Coordinamento e integrazione delle informazioni.
1. Tutte le amministrazioni pubbliche che svolgono tra i propri compiti istituzionali funzioni di raccolta, elaborazione e aggiornamento di dati conoscitivi e di informazioni relativi al territorio e all'ambiente concorrono all'integrazione e implementazione del quadro conoscitivo del territorio, in occasione della predisposizione dei piani territoriali e urbanistici.
2. La Regione, previa intesa con gli enti locali assunta nell'ambito della Conferenza Regione - Autonomie locali, di cui all'art. 31 della L.R. n. 3/1999, stabilisce le modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici operanti nel settore.
Art. 18
Accordi con i privati.
1. Gli enti locali possono concludere accordi con soggetti privati per assumere nella pianificazione proposte di progetti e iniziative di rilevante interesse per la comunità locale, al fine di determinare talune previsioni del contenuto discrezionale degli atti di pianificazione territoriale e urbanistica, nel rispetto della legislazione e pianificazione sovraordinata vigente e senza pregiudizio dei diritti dei terzi.
2. La scelta di pianificazione definita con l'accordo deve essere motivata, secondo quanto previsto dal comma 3 dell'art. 3.
3. L'accordo costituisce parte integrante dello strumento di pianificazione cui accede ed è soggetto alle medesime forme di pubblicità e di partecipazione. L'accordo è recepito con la delibera di adozione dello strumento ed è condizionato alla conferma delle sue previsioni nel piano approvato.
4. Per quanto non disciplinato dalla presente legge trovano applicazione le disposizioni di cui ai commi 2 e seguenti dell'art. 11 della legge n. 241/1990.
TITOLO I
Princìpi generali della pianificazione
Capo IV - Semplificazione del sistema della pianificazione
Art. 19
Carta unica del territorio.
1. La pianificazione territoriale e urbanistica recepisce e coordina le prescrizioni relative alla regolazione dell'uso del suolo e delle sue risorse ed i vincoli territoriali, paesaggistici ed ambientali che derivano dai piani sovraordinati, da singoli provvedimenti amministrativi ovvero da previsioni legislative.
2. Quando la pianificazione urbanistica comunale abbia recepito e coordinato integralmente le prescrizioni ed i vincoli di cui al comma 1, essa costituisce la carta unica del territorio ed è l'unico riferimento per la pianificazione attuativa e per la verifica di conformità urbanistica ed edilizia, fatti salvi le prescrizioni ed i vincoli sopravvenuti, anche ai fini dell'autorizzazione per la realizzazione, ampliamento, ristrutturazione o riconversione degli impianti produttivi, ai sensi del D.P.R. 20 ottobre 1998, n. 447.
3. La deliberazione di approvazione del piano comunale dà atto del completo recepimento di cui al comma 2 ovvero del recepimento parziale, indicandone le motivazioni. Dell'approvazione della carta unica del territorio è data informazione ai cittadini anche attraverso lo sportello unico per le attività produttive di cui al D.P.R. n. 447/1998.
Art. 20
Pianificazione generale comprensiva della pianificazione settoriale.
1. La Regione, la Provincia o il Comune, all'atto della adozione, può conferire al proprio piano generale anche il valore e gli effetti di uno o più piani settoriali di propria competenza ovvero di variante agli stessi, qualora esso ne presenti i contenuti essenziali.
2. Al procedimento di approvazione del piano generale di cui al comma 1 si applica la disciplina prevista per essi dal titolo II, con le seguenti integrazioni:
a) negli atti deliberativi, negli avvisi pubblici e in ogni altro mezzo di pubblicità del piano deve essere esplicitamente indicata la sua particolare efficacia;
b) nel corso della predisposizione del piano deve essere comunque acquisito ogni parere richiesto per l'approvazione del piano settoriale.
Art. 21
P.T.C.P. con effetti di piani di altre amministrazioni.
1. Il P.T.C.P. può assumere, su richiesta e d'intesa con i comuni interessati, il valore e gli effetti del P.S.C.
2. Il P.T.C.P. può inoltre assumere, ai sensi dell'art. 57 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112, il valore e gli effetti dei piani settoriali di tutela e uso del territorio di competenza di altre amministrazioni, qualora le sue previsioni siano predisposte d'intesa con le amministrazioni interessate.
3. In tali casi, il Presidente della Provincia provvede in via preliminare a stipulare un accordo con il Comune o con le amministrazioni interessate, in merito ai tempi e alle forme di partecipazione all'attività tecnica di predisposizione del piano e alla ripartizione delle relative spese.
4. Le amministrazioni interessate esprimono il proprio assenso all'intesa, ai fini della definizione delle previsioni del P.T.C.P., nell'ambito delle procedure di concertazione stabilite dal comma 9 dell'art. 27.
Art. 22
Modificazione della pianificazione sovraordinata.
1. Per assicurare la flessibilità del sistema della pianificazione territoriale e urbanistica, le deliberazioni di adozione dei piani possono contenere esplicite proposte di modificazione ai piani sovraordinati, nei seguenti casi:
a) il P.T.C.P. e il P.S.C. possono proporre modifiche ad uno o più piani, generali o settoriali, di livello sovraordinato;
b) i P.U.A. possono prevedere modifiche o integrazioni al P.O.C.;
c) i piani settoriali possono proporre, limitatamente alle materie e ai profili di propria competenza, modifiche al piano generale del medesimo livello di pianificazione ovvero ai piani settoriali o generali di livello sovraordinato.
2. Le proposte comunali di modifica delle previsioni dei piani sovraordinati di tutela del territorio e dell'ambiente nei settori del paesaggio, della protezione della natura, delle acque e della difesa del suolo, possono attenere unicamente alla cartografia dei piani.
3. Per l'approvazione dei piani settoriali che contengono proposte di modifica al piano generale dello stesso livello di pianificazione trova applicazione il procedimento previsto per il piano generale.
4. Fuori dai casi di cui al comma 3, per l'approvazione dei piani che propongono modificazioni si applica la disciplina prevista per essi dal titolo II o dalla legislazione di settore, con le seguenti modifiche o integrazioni:
a) negli atti deliberativi di adozione e di approvazione, negli avvisi pubblici e in ogni altro mezzo di pubblicità del piano deve essere esplicitamente indicato lo strumento del quale si propongono modificazioni;
b) vanno seguite le forme di deposito, pubblicità e intervento previste per il piano di cui si propone la variazione, qualora assicurino una maggiore conoscenza e partecipazione degli interessati al procedimento;
c) le proposte di modifica devono essere evidenziate in appositi elaborati tecnici, nei quali devono essere indicati i presupposti conoscitivi e le motivazioni di ciascuna di esse.
5. L'atto di approvazione del piano che contiene le proposte di modificazioni comporta anche la variazione del piano sovraordinato, qualora sulle modifiche sia acquisita l'intesa dell'ente titolare dello strumento. L'intesa può essere raggiunta nell'ambito delle procedure di concertazione previste dalla presente legge.
6. La Regione, le province e i comuni hanno l'onere di aggiornare gli elaborati tecnici dei propri strumenti di pianificazione a seguito dell'atto di intesa di cui al comma 5 o dell'atto di approvazione.
TITOLO II
Strumenti e contenuti della pianificazione
Capo I - Pianificazione territoriale regionale
Art. 23
Piano territoriale regionale (P.T.R.).
1. Il Piano territoriale regionale (P.T.R.) è lo strumento di programmazione con il quale la Regione definisce gli obiettivi per assicurare lo sviluppo e la coesione sociale, accrescere la competitività del sistema territoriale regionale, garantire la riproducibilità, la qualificazione e la valorizzazione delle risorse sociali ed ambientali.
2. Il P.T.R. è predisposto in coerenza con le strategie europee e nazionali di sviluppo del territorio.
3. Il P.T.R. definisce indirizzi e direttive alla pianificazione di settore, ai P.T.C.P. e agli strumenti della programmazione negoziata, per assicurare la realizzazione degli obiettivi di cui ai commi 1 e 2.
4. Il P.T.R. può contenere prescrizioni, espresse attraverso una rappresentazione grafica atta a individuare puntualmente gli ambiti interessati, che prevalgono sulle diverse previsioni contenute negli strumenti provinciali e comunali di pianificazione territoriale e urbanistica vigenti e adottati.
Art. 24
Piano territoriale paesistico regionale (P.T.P.R.).
1. Il Piano territoriale paesistico regionale (P.T.P.R.) costituisce parte tematica del P.T.R., avente specifica considerazione dei valori paesaggistici, ambientali e culturali del territorio regionale, anche ai fini dell'art. 149 del D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490.
2. Il P.T.P.R. provvede all'individuazione delle risorse storiche, culturali, paesaggistiche e ambientali del territorio regionale ed alla definizione della disciplina per la loro tutela e valorizzazione.
3. Dall'entrata in vigore della presente legge, i P.T.C.P. che hanno dato o diano piena attuazione alle prescrizioni del P.T.P.R., approvato con la Delib.C.R. 28 gennaio 1993, n. 1338, costituiscono, in materia di pianificazione paesaggistica, l'unico riferimento per gli strumenti comunali di pianificazione e per l'attività amministrativa attuativa.
Art. 25
Procedimento di approvazione.
1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.T.R., della sua parte tematica costituita dal P.T.P.R. e delle loro varianti. La medesima disciplina si applica ai piani settoriali regionali con valenza territoriale per i quali la legge non detti una specifica disciplina in materia.
2. La Giunta regionale elabora un documento preliminare, che individua gli obiettivi strategici di sviluppo del sistema economico e sociale che si intendono perseguire, e lo trasmette al Consiglio regionale, alle province e ai comuni.
3. Per un esame congiunto del documento preliminare, ciascuna Provincia convoca, entro trenta giorni dal ricevimento del documento preliminare, una conferenza di pianificazione, ai sensi dell'art. 14, chiamando a parteciparvi, assieme alla Regione, i comuni, le Comunità montane e gli altri enti locali del proprio territorio. Entro trenta giorni dalla conclusione della conferenza, la Provincia esprime le proprie osservazioni e proposte rispetto al documento preliminare e riferisce in merito a quelle formulate dagli enti partecipanti alla conferenza e dalle associazioni economiche e sociali (7).
4. Il Consiglio regionale adotta il piano su proposta della Giunta regionale, elaborata in considerazione delle valutazioni e proposte raccolte ai sensi del comma 3 e previo parere della Conferenza Regione - Autonomie locali e della Conferenza regionale per l'economia e il lavoro, di cui alla L.R. n. 3 del 1999. Copia del piano adottato è trasmessa alle province, ai comuni e alle Comunità montane.
5. Il piano adottato è depositato presso le sedi del Consiglio regionale e degli enti territoriali di cui al comma 4 per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso contiene l'indicazione degli enti territoriali presso i quali il piano è depositato e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione regionale e la Regione può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.
6. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 5 possono formulare osservazioni e proposte i seguenti soggetti:
a) gli enti e organismi pubblici;
b) le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;
c) i singoli cittadini nei confronti dei quali le previsioni del piano adottato sono destinate a produrre effetti diretti.
7. Il Consiglio regionale, entro i successivi novanta giorni, decide sulle osservazioni ed approva il piano.
8. Copia integrale del piano approvato è depositata per la libera consultazione presso la Regione ed è trasmessa alle amministrazioni di cui al comma 4. L'avviso dell'avvenuta approvazione è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
9. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di approvazione, ai sensi del comma 8.
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(7) Ai sensi dell'art. 25, comma 5, L.R. 24 marzo 2004, n. 6, il nuovo circondario imolese, ivi previsto, rientra fra gli enti locali indicati nel presente comma.
TITOLO II
Strumenti e contenuti della pianificazione
Capo II - Pianificazione territoriale provinciale
Art. 26
Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.).
1. Il Piano territoriale di coordinamento provinciale (P.T.C.P.) considera la totalità del territorio provinciale ed è lo strumento di pianificazione che definisce l'assetto del territorio con riferimento agli interessi sovracomunali, articolando sul territorio le linee di azione della programmazione regionale.
2. Il P.T.C.P. è sede di raccordo e verifica delle politiche settoriali della Provincia e strumento di indirizzo e coordinamento per la pianificazione urbanistica comunale. A tal fine il piano:
a) recepisce gli interventi definiti a livello nazionale e regionale, relativamente al sistema infrastrutturale primario e alle opere rilevanti per estensione e natura;
b) individua, anche in attuazione degli obiettivi della pianificazione regionale, ipotesi di sviluppo dell'area provinciale, prospettando le conseguenti linee di assetto e di utilizzazione del territorio;
c) definisce i criteri per la localizzazione e il dimensionamento di strutture e servizi di interesse provinciale e sovracomunale;
d) definisce le caratteristiche di vulnerabilità, criticità e potenzialità delle singole parti e dei sistemi naturali ed antropici del territorio e le conseguenti tutele paesaggistico-ambientali;
e) definisce i bilanci delle risorse territoriali e ambientali, i criteri e le soglie del loro uso, stabilendo le condizioni e i limiti di sostenibilità territoriale e ambientale delle previsioni urbanistiche comunali che comportano rilevanti effetti che esulano dai confini amministrativi di ciascun ente.
3. Il P.T.C.P. specifica ed articola la disciplina delle dotazioni territoriali di cui al capo A-V dell'allegato, indicando a tal fine i diversi ruoli dei centri abitati nel sistema insediativo.
4. Per coordinare un'efficace attuazione delle proprie previsioni, il P.T.C.P. definisce con i comuni modalità e termini per l'adeguamento dei piani comunali. Il P.T.C.P. coordina l'attuazione delle previsioni dei piani urbanistici vigenti con la realizzazione delle infrastrutture, opere e servizi di rilievo sovracomunale, da inserire prioritariamente nel programma triennale delle opere pubbliche della Provincia.
Art. 27
Procedimento di approvazione del P.T.C.P.
1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.T.C.P. e delle sue varianti. La medesima disciplina si applica altresì al Piano infraregionale delle attività estrattive (P.I.A.E.) e ai piani settoriali provinciali con valenza territoriale per i quali la legge non detti una specifica disciplina in materia.
2. La Giunta provinciale elabora un documento preliminare del piano. Per l'esame congiunto del documento preliminare il Presidente della Provincia convoca una conferenza di pianificazione ai sensi dell'art. 14, chiamando a parteciparvi la Regione, le province contermini, nonché i comuni, le Comunità montane e gli enti di gestione delle aree naturali protette interessati.
3. A conclusione della conferenza di pianificazione, la Regione e la Provincia possono stipulare un accordo di pianificazione ai sensi del comma 7 dell'art. 14. L'accordo attiene in particolare ai dati conoscitivi e valutativi dei sistemi territoriali e ambientali, ai limiti e condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio provinciale nonché alle indicazioni in merito alle scelte strategiche di assetto dello stesso. La stipula dell'accordo di pianificazione comporta la riduzione della metà dei termini di cui ai commi 7 e 10 e la semplificazione procedurale di cui al comma 11.
4. A seguito delle conclusioni della fase di concertazione di cui ai commi 2 e 3, il Consiglio provinciale adotta il P.T.C.P. Copia del piano adottato è trasmesso alla Giunta regionale, alle province contermini, ai comuni, alle Comunità montane e agli enti di gestione delle aree naturali, protette.
5. Il piano adottato è depositato presso le sedi del Consiglio provinciale e degli enti territoriali di cui al comma 2 per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso contiene l'indicazione degli enti presso i quali il piano è depositato e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione regionale e la Provincia può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.
6. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 5 possono formulare osservazioni e proposte i seguenti soggetti:
a) gli enti e organismi pubblici;
b) le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;
c) i singoli cittadini nei confronti dei quali le previsioni del piano adottato sono destinate a produrre effetti diretti.
7. Entro il termine perentorio di centoventi giorni dal ricevimento del piano, la Giunta regionale può sollevare riserve in merito alla conformità del P.T.C.P. al P.T.R. ed agli altri strumenti della pianificazione regionale nonché alle eventuali determinazioni assunte in sede di accordo di pianificazione di cui al comma 3. Trascorso tale termine il P.T.C.P. si considera valutato positivamente dalla Giunta regionale. Le riserve non formulate nella presente fase non possono essere sollevate in sede di espressione dell'intesa di cui al comma 10.
8. La Provincia, in sede di approvazione del P.T.C.P., è tenuta ad adeguarsi alle riserve ovvero ad esprimersi sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziate.
9. In consiglio provinciale decide sulle osservazioni ed approva il piano, previa acquisizione sulla proposta dell'atto, deliberativo dell'intesa:
a) della Regione in merito alla conformità del P.T.C.P. agli strumenti della pianificazione regionale;
b) delle Amministrazioni interessate nei casi di copianificazione di cui all'art. 21.
10. La Giunta regionale si esprime in merito all'intesa di .cui alla lettera a) del comma 9 entro il termine perentorio di novanta giorni dalla richiesta. L'intesa può essere subordinata all'inserimento nel piano delle eventuali modifiche ritenute indispensabili a soddisfare le riserve di cui al comma. 7, ove le stesse non risultino superate, ovvero delle modifiche necessarie a rendere il piano controdedotto conforme agli strumenti regionali di pianificazione territoriale ed alle determinazioni assunte in sede di accordo di pianificazione di cui al comma 3, ove stipulato. Trascorso inutilmente tale termine l'intesa si intende espressa nel senso dell'accertata conformità del P.T.C.P. alla pianificazione regionale.
11. Qualora sia intervenuto l'accordo di pianificazione, siano state accolte integralmente le eventuali riserve regionali e non siano state introdotte modifiche sostanziali al piano in accoglimento delle osservazioni presentate, il Consiglio provinciale dichiara la conformità agli strumenti della pianificazione di livello sovraordinato e approva il piano, prescindendo dall'intesa di cui alla lettera a) del comma 9.
12. Copia integrale del piano approvato è depositata per la libera consultazione presso la Provincia ed è trasmessa alle Amministrazioni di cui al comma 2. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta approvazione del piano. Dell'approvazione è data altresì notizia, a cura dell'Amministrazione provinciale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale (8).
13. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione dell'avviso dell'approvazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, ai sensi del comma 12.
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(8) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 4, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37. Il testo originario era così formulato: «12. Copia integrale del piano approvato è depositata per la libera consultazione presso la Provincia ed è trasmesso alle amministrazioni di cui al comma 2. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione regionale.».
TITOLO II
Strumenti e contenuti della pianificazione
Capo III - Pianificazione urbanistica comunale
Sezione I - Strumenti della pianificazione urbanistica comunale
Art. 28
Piano strutturale comunale (P.S.C.).
1. Il Piano strutturale comunale (P.S.C.) è lo strumento di pianificazione urbanistica generale che deve essere predisposto dal Comune, con riguardo a tutto il proprio territorio, per delineare le scelte strategiche di assetto e sviluppo e per tutelare l'integrità fisica ed ambientale e l'identità culturale dello stesso.
2. Il P.S.C. in particolare:
a) valuta la consistenza, la localizzazione e la vulnerabilità delle risorse naturali ed antropiche presenti nel territorio e ne indica le soglie di criticità;
b) fissa i limiti e le condizioni di sostenibilità degli interventi e delle trasformazioni pianificabili;
c) individua le infrastrutture e le attrezzature di maggiore rilevanza, per dimensione e funzione;
d) classifica il territorio comunale in urbanizzato, urbanizzabile e rurale;
e) individua gli ambiti del territorio comunale secondo quanto disposto dall'allegato e definisce le caratteristiche urbanistiche e funzionali degli stessi, stabilendone gli obiettivi sociali, funzionali, ambientali e morfologici e i relativi requisiti prestazionali;
f) definisce le trasformazioni che possono essere attuate attraverso intervento diretto, in conformità alla disciplina generale del R.U.E. di cui al comma 2 dell'art. 29.
3. Nell'ambito delle previsioni di cui ai commi 1 e 2, il P.S.C. si conforma alle prescrizioni e ai vincoli e dà attuazione agli indirizzi e alle direttive contenuti nei piani territoriali sovraordinati.
Art. 29
Regolamento urbanistico ed edilizio (R.U.E.).
1. Il regolamento urbanistico ed edilizio (R.U.E.) contiene la disciplina generale delle tipologie e delle modalità attuative degli interventi di trasformazione nonché delle destinazioni d'uso. Il regolamento contiene altresì le norme attinenti alle attività di costruzione, di trasformazione fisica e funzionale e di conservazione delle opere edilizie, ivi comprese le norme igieniche di interesse edilizio, nonché la disciplina degli elementi architettonici e urbanistici, degli spazi verdi e degli altri elementi che caratterizzano l'ambiente urbano.
2. Il R.U.E., in conformità alle previsioni del P.S.C., disciplina:
a) le trasformazioni negli ambiti consolidati e nel territorio rurale;
b) gli interventi diffusi sul patrimonio edilizio esistente sia nel centro storico sia negli ambiti da riqualificare;
c) gli interventi negli ambiti specializzati per attività produttive di cui al comma 6 dell'art. A-13 dell'allegato.
3. Gli interventi di cui al comma 2 non sono soggetti al P.O.C. e sono attuati attraverso intervento diretto.
4. Il R.U.E. contiene inoltre:
a) la definizione dei parametri edilizi ed urbanistici e le metodologie per il loro calcolo;
b) la disciplina degli oneri di urbanizzazione e del costo di costruzione;
c) le modalità di calcolo delle monetizzazioni delle dotazioni territoriali.
5. Il R.U.E. è approvato in osservanza degli atti di coordinamento tecnico di cui all'art. 16 ed è valido a tempo indeterminato.
Art. 30
Piano operativo comunale (P.O.C.).
1. Il Piano operativo comunale (P.O.C.) è lo strumento urbanistico che individua e disciplina gli interventi di tutela e valorizzazione, di organizzazione e trasformazione del territorio da realizzare nell'arco temporale di cinque anni. Il P.O.C. è predisposto in conformità alle previsioni del P.S.C. e non può modificarne i contenuti.
2. Il P.O.C. contiene, per gli ambiti di riqualificazione e per i nuovi insediamenti:
a) la delimitazione, l'assetto urbanistico, le destinazioni d'uso, gli indici edilizi;
b) le modalità di attuazione degli interventi di trasformazione, nonché di quelli di conservazione;
c) i contenuti fisico-morfologici, sociali ed economici e le modalità di intervento;
d) l'indicazione delle trasformazioni da assoggettare a specifiche valutazioni di sostenibilità e fattibilità e ad interventi di mitigazione e compensazione degli effetti;
e) la definizione delle dotazioni territoriali da realizzare o riqualificare e delle relative aree, nonché gli interventi di integrazione paesaggistica;
f) la localizzazione delle opere e dei servizi pubblici e di interesse pubblico.
3. Nel definire le modalità di attuazione di ciascun nuovo insediamento o intervento di riqualificazione il P.O.C. applica criteri di perequazione ai sensi dell'art. 7.
4. Il P.O.C. programma la contestuale realizzazione e completamento degli interventi di trasformazione e delle connesse dotazioni territoriali e infrastrutture per la mobilità. A tale scopo il piano può assumere, anche in deroga ai limiti temporali definiti dal comma 1, il valore e gli effetti del P.U.A., ovvero individuare le previsioni da sottoporre a pianificazione attuativa, stabilendone indici, usi e parametri.
5. Il P.O.C. può stabilire che gli interventi di trasformazione previsti siano attuati attraverso società aventi come oggetto la trasformazione di aree urbane, di cui all'art. 6 della L.R. 3 luglio 1998, n. 19.
6. Il P.O.C. disciplina inoltre i progetti di tutela, recupero e valorizzazione del territorio rurale di cui all'art. 49 nonché la realizzazione di dotazioni, ecologiche o di servizi ambientali negli ambiti agricoli periurbani ai sensi del comma 4 dell'art. A-20 dell'allegato.
7. Il P.O.C. si coordina con il bilancio pluriennale comunale ed ha il valore e gli effetti del programma pluriennale di attuazione, di cui all'art. 13 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. Esso costituisce strumento di indirizzo e coordinamento per il programma triennale delle opere pubbliche e per gli altri strumenti comunali settoriali, previsti da leggi statali e regionali.
8. Il P.O.C. può inoltre assumere il valore e gli effetti:
a) dei progetti di valorizzazione commerciale di aree urbane, di cui all'art. 8 della L.R. 5 luglio 1999, n. 14;
b) dei piani, pluriennali per la mobilità ciclistica, di cui alla legge 19 ottobre 1998, n. 366.
9. Le previsioni del P.O.C. relative alle infrastrutture per la mobilità possono essere modificate e integrate dal Piano urbano del traffico (P.U.T.), approvato ai sensi del comma 4 dell'art. 22.
10. Per selezionare gli ambiti nei quali realizzare nell'arco temporale di cinque anni interventi di nuova urbanizzazione e di sostituzione o riqualificazione tra tutti quelli individuati dal P.S.C., il Comune può attivare un concorso pubblico, per valutare le proposte di intervento che risultano più idonee a soddisfare gli obiettivi e gli standard di qualità urbana ed ecologico-ambientale, definiti dal P.S.C. Al concorso possono prendere parte i proprietari degli immobili situati negli ambiti individuati dal P.S.C. nonché gli operatori interessati a partecipare alla realizzazione degli interventi. Alla conclusione delle procedure concorsuali il Comune stipula, ai sensi dell'art. 18, un accordo con gli aventi titolo alla realizzazione degli interventi.
11. Al fine di favorire l'attuazione degli interventi di trasformazione, il P.O.C. può assegnare quote di edificabilità quale equo ristoro del sacrificio imposto ai proprietari con l'apposizione del vincolo di destinazione per le dotazioni territoriali o per le infrastrutture per la mobilità. Per il medesimo scopo lo strumento urbanistico può prevedere, anche attraverso la stipula di accordi di cui all'art. 18, il recupero delle cubature afferenti alle aree da destinare a servizi, su diverse aree del territorio urbano.
12. Per le opere pubbliche e di interesse pubblico, la deliberazione di approvazione del P.O.C. che assume il valore e gli effetti del P.U.A. comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere ivi previste. Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità cessano se le opere non hanno inizio entro cinque anni dall'entrata in vigore del P.O.C. (9).
13. L'individuazione delle aree destinate agli insediamenti produttivi, di cui all'art. 2 del D.P.R. n. 447 del 1998, è attuata dal Comune nell'ambito della predisposizione del P.O.C. o delle sue varianti. I progetti relativi alla realizzazione, ampliamento, ristrutturazione o riconversione degli impianti produttivi possono comportare variazioni al P.O.C., secondo le modalità e i limiti previsti dall'art. 5 del citato D.P.R. n. 447 del 1998.
14. Attraverso il P.O.C. sono individuate le aree per gli impianti di distribuzione dei carburanti, ai sensi del D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32.
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(9) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 2, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37. Il testo originario era così formulato: «12. Per le opere pubbliche e di interesse pubblico la deliberazione di approvazione del P.O.C. comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e l'urgenza ed indifferibilità dei lavori ivi previsti. Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza ed indifferibilità cessano se le opere non hanno inizio entro cinque anni dall'entrata in vigore del P.O.C.».
Art. 31
Piani urbanistici attuativi (P.U.A.).
1. I Piani urbanistici attuativi (P.U.A.) sono gli strumenti urbanistici di dettaglio per dare attuazione agli interventi di nuova urbanizzazione e di riqualificazione, disposti dal P.O.C. qualora esso stesso non ne assuma i contenuti.
2. I P.U.A. possono assumere, in considerazione degli interventi previsti, il valore e gli effetti dei seguenti piani o programmi:
a) i piani particolareggiati e i piani di lottizzazione, di cui agli artt. 13 e 28 della legge 17 agosto 1942, n. 1150;
b) i piani per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167;
c) i piani delle aree da destinare ad insediamenti produttivi di cui all'art. 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
d) i piani di recupero di cui alla legge 5 agosto 1978, n. 457;
e) i programmi integrati di intervento di cui all'art. 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
f) i programmi di recupero urbano di cui all'art. 11 del D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, convertito dalla legge 4 dicembre 1993, n. 493.
2-bis. Per le opere pubbliche e di interesse pubblico la deliberazione di approvazione del P.U.A. comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere ivi previste (10).
3. Il Comune può stabilire il ricorso al P.U.A. per dare attuazione ai progetti di valorizzazione commerciale di aree urbane previsti dal P.O.C. ai sensi della lettera a) del comma 8 dell'art. 30.
4. Il programma di riqualificazione urbana, di cui all'art. 4 della L.R. 3 luglio 1998, n. 19, assume il valore e produce gli effetti del P.U.A.
5. In sede di approvazione del P.U.A. il Comune può attribuire all'atto deliberativo valore di concessione edilizia, per tutti o parte degli interventi previsti, a condizione che sussistano tutti i requisiti dell'opera e siano stati ottenuti i pareri, le autorizzazioni ed i nulla osta cui è subordinato il rilascio della concessione edilizia. Le eventuali varianti alle concessioni edilizie, relative a tali interventi, possono essere rilasciate, a norma delle disposizioni vigenti, senza la necessità di pronunce deliberative.
6. Al fine di disciplinare i rapporti derivanti dall'attuazione degli interventi previsti dal P.U.A., è stipulata una apposita convenzione.
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(10) Comma aggiunto dall'art. 29, comma 3, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37.
TITOLO II
Strumenti e contenuti della pianificazione
Capo III - Pianificazione urbanistica comunale
Sezione II - Procedimenti di approvazione
Art. 32
Procedimento di approvazione del P.S.C.
1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.S.C. e delle sue varianti.
2. La Giunta comunale elabora un documento preliminare del piano. Per l'esame congiunto del documento preliminare il Sindaco convoca una conferenza di pianificazione ai sensi dell'art. 14, alla quale partecipano:
a) la Provincia;
b) i comuni contermini ovvero quelli individuati dal P.T.C.P. ai sensi del comma 3 dell'art. 13;
c) la Comunità montana e gli enti di gestione delle aree naturali protette territorialmente interessati.
3. Alla conclusione della conferenza di pianificazione la Provincia ed il Comune possono stipulare un accordo di pianificazione ai sensi del comma 7 dell'art. 14. L'accordo attiene in particolare ai dati conoscitivi e valutativi dei sistemi territoriali e ambientali, ai limiti e condizioni per lo sviluppo sostenibile del territorio comunale, nonché alle indicazioni in merito alle scelte strategiche di assetto dello stesso. La stipula dell'accordo di pianificazione comporta la riduzione della metà dei termini di cui ai commi 7 e 10 e la semplificazione procedurale di cui al comma 9.
4. A seguito della conclusione della fase di concertazione, il Consiglio comunale adotta il piano. Copia del piano è trasmessa alla Giunta provinciale e agli enti di cui al comma 2.
5. Il piano adottato è depositato presso la sede del Comune per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso contiene l'indicazione della sede presso la quale il piano è depositato e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione locale e il Comune può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.
6. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 5 possono formulare osservazioni e proposte i seguenti soggetti:
a) gli enti e organismi pubblici;
b) le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;
c) i singoli cittadini nei confronti dei quali le previsioni del piano adottato sono destinate a produrre effetti diretti.
7. Entro il termine perentorio di centoventi giorni dal ricevimento del piano, la Giunta provinciale può sollevare riserve in merito alla conformità del P.S.C. al P.T.C.P. e agli altri strumenti della pianificazione provinciale e regionale, limitatamente agli ambiti delle materie di pertinenza dei piani stessi, nonché alle eventuali determinazioni assunte in sede di accordo di pianificazione di cui al comma 3. Le riserve non formulate nella presente fase non possono essere sollevate in sede di espressione dell'intesa di cui al comma 10.
8. Il Comune, in sede di approvazione del P.S.C., è tenuto ad adeguarsi alle riserve ovvero ad esprimersi sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziate.
9. Qualora sia intervenuto l'accordo di pianificazione, siano state accolte integralmente le eventuali riserve provinciali di cui al comma 7 e non siano introdotte modifiche sostanziali al piano in accoglimento delle osservazioni presentate, il Consiglio comunale decide sulle osservazioni e approva il piano, dichiarandone la conformità agli strumenti di pianificazione di livello sovraordinato.
10. Fuori dal caso di cui al comma 9, l'approvazione del P.S.C. è subordinata all'acquisizione dell'intesa della Provincia in merito alla conformità del piano agli strumenti della pianificazione di livello sovraordinato. La Giunta provinciale esprime l'intesa entro il termine perentorio di novanta giorni dalla richiesta. Trascorso inutilmente tale termine l'intesa si intende espressa nel senso dell'accertata conformità del P.S.C. agli strumenti di pianificazione provinciali e regionali. L'intesa può essere subordinata all'inserimento nel piano delle modifiche necessarie per soddisfare le riserve di cui al comma 7, ove le stesse non risultino superate, ovvero per rendere il piano controdedotto conforme agli strumenti della pianificazione di livello sovraordinato, nonché alle determinazioni assunte in sede di accordo di pianificazione di cui al comma 3, ove stipulato.
11. In assenza dell'intesa della Provincia per talune previsioni del P.S.C., il Consiglio comunale può approvare il piano per tutte le altre parti sulle quali abbia acquisito l'intesa stessa.
12. Copia integrale del piano approvato è trasmessa alla Provincia e alla Regione ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta approvazione del piano. Dell'approvazione è data altresì notizia, a cura dell'Amministrazione comunale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale (11).
13. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione, ai sensi del comma 12.
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(11) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 5, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37. Il testo originario era così formulato: «12. Copia integrale del piano approvato è trasmessa alla Provincia ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale.».
Art. 33
Procedimento di approvazione del R.U.E.
1. Il Comune adotta il R.U.E. e procede al suo deposito presso la propria sede per sessanta giorni, dandone avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale. Entro la scadenza del termine di deposito chiunque può formulare osservazioni. Il Comune decide sulle osservazioni presentate ed approva il R.U.E. Il medesimo procedimento si applica anche per le modifiche al R.U.E.
2. Copia integrale del RUE approvato è trasmessa alla Provincia e alla Regione ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta approvazione del piano. Dell'approvazione è data altresì notizia, a cura dell'Amministrazione comunale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale (12).
3. Il R.U.E. entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di cui al comma 2.
4. Ogni modifica del R.U.E. comporta l'obbligo della sua redazione in forma di testo coordinato.
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(12) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 6, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37. Il testo originario era così formulato: «2. Copia integrale del R.U.E. approvato è trasmessa alla Provincia ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale.».
Art. 34
Procedimento di approvazione del P.O.C.
1. Il procedimento disciplinato dal presente articolo trova applicazione per l'elaborazione e l'approvazione del P.O.C. e delle sue modifiche. La medesima disciplina si applica altresì al Piano comunale delle attività estrattive (P.A.E.) e ai piani settoriali comunali con valenza territoriale per i quali la legge non detti una specifica disciplina in materia.
2. Nella predisposizione del P.O.C., il Comune attua le forme di consultazione e partecipazione nonché di concertazione con le associazioni economiche e sociali previste dallo statuto o da appositi regolamenti.
3. I pareri e gli atti di assenso comunque denominati previsti dalla legislazione vigente in ordine ai piani regolatori generali sono rilasciati dalle amministrazioni competenti in sede di formazione del P.O.C., in coerenza con le valutazioni espresse ai sensi del comma 3 dell'art. 14.
4. Il P.O.C. è adottato dal Consiglio ed è depositato presso la sede del Comune per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta adozione. L'avviso contiene l'indicazione della sede presso la quale il piano è depositato e dei termini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione locale e il Comune può attuare ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.
5. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 4 chiunque può formulare osservazioni.
6. Contemporaneamente al deposito, il P.O.C. viene trasmesso alla Provincia la quale, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricevimento, può formulare riserve relativamente a previsioni di piano che contrastano con i contenuti del P.S.C. o con le prescrizioni di piani sopravvenuti di livello territoriale superiore. Trascorso inutilmente tale termine si considera espressa una valutazione positiva.
7. Nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 4, il Consiglio comunale decide in merito alle osservazioni presentate, adegua il piano alle riserve formulate ovvero si esprime sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziate ed approva il piano.
8. Copia integrale del piano approvato è trasmessa alla Provincia e alla Regione ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. La Regione provvede alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale dell'avviso dell'avvenuta approvazione del piano. Dell'approvazione è data altresì notizia, a cura dell'Amministrazione comunale, con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale (13).
9. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione, ai sensi del comma 8.
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(13) Comma così sostituito dall'art. 29, comma 7, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37. Il testo originario era così formulato: «8. Copia integrale del piano approvato è trasmessa alla Provincia ed è depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale.».
Art. 35
Procedimento di approvazione dei P.U.A.
1. Per i P.U.A. che non apportino variante al P.O.C. il Comune procede, dopo l'adozione, al loro deposito presso la propria sede per sessanta giorni, dandone avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale. Per i P.U.A. d'iniziativa privata non si procede ad adozione e gli stessi sono presentati per la pubblicazione nei modi definiti dal Comune.
2. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma precedente chiunque può formulare osservazioni.
3. Il Comune decide in merito alle osservazioni presentate ed approva il P.U.A.
4. Qualora apporti variante al P.O.C., il P.U.A. contestualmente al deposito viene trasmesso alla Provincia, la quale, entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data di ricevimento, può formulare osservazioni relativamente a previsioni di piano che contrastano con i contenuti del P.S.C. o con le prescrizioni di piani sopravvenuti di livello superiore. Trascorso inutilmente tale termine si considera espressa una valutazione positiva. Il Comune è tenuto, in sede di approvazione, ad adeguare, il piano alle osservazioni formulate ovvero ad esprimersi sulle stesse con motivazioni puntuali e circostanziate.
4-bis. Copia integrale del piano approvato è depositata presso il Comune per la libera consultazione. L'avviso dell'avvenuta approvazione del piano è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso su almeno un quotidiano a diffusione locale (14).
4-ter. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'approvazione, ai sensi del comma 4-bis (15).
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(14) Comma aggiunto dall'art. 29, comma 8, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37.
(15) Comma aggiunto dall'art. 29, comma 8, L.R. 19 dicembre 2002, n. 37.
TITOLO II
Strumenti e contenuti della pianificazione
Capo IV - Contenuti della pianificazione
Art. 36
Contenuti della pianificazione.
1. Le disposizioni del presente titolo in merito ai contenuti degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica sono specificate e integrate da quanto disposto dall'allegato che costituisce parte integrante della presente legge.
2. Il Consiglio regionale, su proposta della Giunta d'intesa con la Conferenza Regione-Autonomie locali, può modificare l'allegato di cui al comma 1, per dare attuazione a normative comunitarie o nazionali ovvero per adeguare le sue previsioni anche in considerazione dei risultati dell'applicazione della presente legge.
TITOLO III
Opere pubbliche e accordi di programma
Art. 37
Localizzazione delle opere di interesse statale.
1. L'intesa in ordine alla localizzazione delle opere pubbliche di interesse statale non conformi agli strumenti urbanistici, di cui all'art. 81 del D.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, al D.P.R. 18 aprile 1994, n. 383, nonché all'art. 25 della legge 17 maggio 1985, n. 210, è espressa, anche in sede di conferenza dei servizi:
a) dalla Giunta regionale, per le opere di rilievo nazionale o regionale ovvero che riguardino il territorio di due o più province;
b) dalla Provincia nei restanti casi (16).
2. L'intesa di cui al comma 1 è espressa sentiti i comuni interessati, i quali si pronunciano entro il termine di trenta giorni dal ricevimento degli atti (17). Trascorso tale termine, si prescinde dal parere.
3. La Giunta regionale specificai criteri di classificazione delle opere di interesse statale, ai fini della definizione delle competenze di cui al comma 1 (18).
4. Nel caso di opere pubbliche di interesse statale già previste dagli strumenti urbanistici comunali approvati, la dichiarazione di conformità urbanistica resa dal Comune sostituisce l'intesa disciplinata dalle disposizioni richiamate dal comma 1.
5. Per le modifiche ad opere già assentite che derivino da approfondimenti progettuali o da adeguamenti tecnico-funzionali non si dà luogo all'intesa qualora il Comune ne dichiari la conformità urbanistica.
6. Per la localizzazione delle opere pubbliche di interesse statale, le Amministrazioni interessate possono richiedere alla Regione l'attivazione delle procedure di cui all'art. 40.
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(16) Vedi la Delib.G.R. 4 luglio 2000, n. 1100.
(17) Periodo così modificato dall'art. 43, comma 1, L.R. 25 novembre 2002, n. 31.
(18) Vedi la Delib.G.R. 4 luglio 2000, n. 1100.
Art. 38
Opere di interesse regionale o provinciale.
1. Ai fini della realizzazione delle opere pubbliche previste dagli atti di programmazione ovvero dagli strumenti di pianificazione territoriale regionali o provinciali, continua a trovare applicazione quanto disposto dall'art. 158 della L.R. n. 3 del 1999.
Art. 39
Opere di interesse comunale.
1. Il Comune provvede con il P.O.C. alla localizzazione delle opere pubbliche di interesse comunale e di quelle previste dagli strumenti di programmazione e pianificazione territoriale sovraordinati.
2. Compete inoltre al P.O.C. la programmazione delle opere pubbliche comunali da realizzare nell'arco temporale della propria validità, in coerenza con le indicazioni del programma dei lavori pubblici di cui all'art. 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109.
3. La delibera di approvazione del progetto di opere comunali di cui al comma 5 dell'art. 1 della legge 3 gennaio 1978, n. 1 costituisce adozione di variante al P.O.C. e viene approvata con il procedimento disciplinato dall'art. 34. È comunque fatto salvo il regime transitorio previsto dalla lettera b) del comma 2 dell'art. 41.
4. Per la definizione e l'attuazione di opere pubbliche di interesse comunale il Sindaco può promuovere la conclusione di un accordo di programma, ai sensi dell'art. 27 della legge n. 142 del 1990 e dell'art. 40 della presente legge.
Art. 40
Accordi di programma in variante alla pianificazione territoriale e urbanistica.
1. Le disposizioni dettate dall'art. 27 della legge n. 142 del 1990, in merito al procedimento di formazione ed approvazione ed all'efficacia degli accordi di programma per la realizzazione di opere, interventi o programmi di intervento, di iniziativa pubblica o privata aventi rilevante interesse regionale, provinciale o comunale, che comportino la variazione di uno o più strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, sono specificate ed integrate da quanto previsto dai seguenti commi.
2. Il Presidente della Regione o il Presidente della Provincia o il Sindaco che intenda promuovere un accordo di programma che comporti variazione di strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica provvede a convocare la conferenza preliminare prevista dal comma 3 dell'art. 27 della legge n. 142 del 1990. Ai fini dell'esame e dell'approvazione del progetto delle opere, degli interventi o dei programmi di intervento e delle varianti che gli stessi comportano, l'Amministrazione competente predispone, assieme al progetto, uno specifico studio degli effetti sul sistema ambientale e territoriale e delle misure necessarie per l'inserimento nel territorio, nonché gli elaborati relativi alla variazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica.
3. Qualora in sede della conferenza preliminare, prevista dal comma 2, sia verificata la possibilità di un consenso unanime delle Amministrazioni interessate, la proposta di accordo di programma, corredata dal progetto, dallo studio e dagli elaborati di cui al comma 2, sono depositati presso le sedi degli enti partecipanti all'accordo, per sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso dell'avvenuta conclusione dell'accordo preliminare. L'avviso contiene l'indicazione degli enti presso i quali il piano, è depositato e determini entro i quali chiunque può prenderne visione. L'avviso è pubblicato altresì su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
4. Entro la scadenza del termine di deposito di cui al comma 3 possono formulare osservazioni e proposte:
a) gli enti e organismi pubblici;
b) le associazioni economiche e sociali e quelle costituite per la tutela di interessi diffusi;
c) i singoli cittadini nei confronti dei quali le previsioni dell'accordo sono destinate a produrre effetti diretti.
5. Nei sessanta giorni successivi alla scadenza del termine per la presentazione delle osservazioni, di cui al comma 4, il Presidente della Regione o il Presidente della Provincia o il Sindaco convoca tutti i soggetti pubblici e privati interessati per la conclusione dell'accordo. I soggetti interessati esprimono le loro determinazioni, tenendo conto anche delle osservazioni o proposte presentate.
6. Il decreto di approvazione dell'accordo di programma produce gli effetti dell'approvazione delle variazioni agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica previste, purché l'assenso di ciascun ente territoriale alla conclusione dell'accordo e alla variante sia ratificato dal relativo organismo consiliare entro trenta giorni. Il decreto di approvazione è emanato dal Presidente della Provincia per gli accordi in variante a strumenti urbanistici comunali, dal Presidente della Regione nei restanti casi.
7. Il decreto di cui al comma 6 comporta la dichiarazione di pubblica utilità delle opere e l'urgenza ed indifferibilità dei lavori ed è pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione.
8. Il Consiglio comunale può attribuire alla deliberazione di cui al comma 6 il valore di concessione edilizia, per tutti o parte degli interventi previsti dall'accordo, a condizione che sussistano tutti i requisiti delle opere e sia stato raccolto il consenso di tutte le Amministrazioni cui è subordinato il rilascio della concessione edilizia.
9. Qualora l'accordo di programma abbia ad oggetto la realizzazione di un'opera pubblica e non si raggiunga il consenso unanime di tutte le Amministrazioni interessate ovvero l'accordo non sia stato ratificato dagli organi consiliari, l'Amministrazione procedente può richiedere una determinazione di conclusione del procedimento al Consiglio regionale, che provvede entro il termine di quarantacinque giorni. Tale approvazione produce gli effetti della variante agli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica e costituisce dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere.
10. Ogni rinvio, disposto dalla legislazione regionale, alla disciplina degli accordi in variante agli strumenti urbanistici dettata dal previgente art. 14 della L.R. 30 gennaio 1995, n. 6 è sostituito dal rinvio al presente articolo.
TITOLO IV
Disposizioni transitorie e finali
Capo I - Norme transitorie
Art. 41
Attuazione degli strumenti urbanistici vigenti e loro modificazioni.
1. Fino all'approvazione del P.S.C., del R.U.E. e del P.O.C. in conformità alla presente legge, i comuni danno attuazione alle previsioni contenute nei vigenti piani regolatori generali.
2. Dall'entrata in vigore della presente legge e fino all'approvazione del P.S.C., del R.U.E. e del P.O.C., possono essere adottati e approvati i seguenti strumenti urbanistici secondo le disposizioni previste dalla legislazione nazionale e da quella regionale previgente:
a) i piani attuativi dei piani regolatori comunali vigenti, anche in variante, di cui all'alt 3 della L.R. 8 novembre 1988, n. 46;
b) le varianti al P.R.G. di cui ai commi 4 e 7 dell'art. 15 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47;
c) le varianti al P.R.G. previste da atti di programmazione negoziata;
d) i programmi pluriennali di attuazione;
e) le varianti specifiche di recepimento delle previsioni dei piani sovraordinati.
3. Fino all'approvazione del P.S.C., del R.U.E. e del P.O.C. i comuni possono inoltre adottare ed approvare, con le procedure previste dai commi 4 e 5 del previgente art. 15 della L.R. n. 47 del 1978, varianti al P.R.G. necessarie per la localizzazione di sedi, attrezzature e presidi delle forze dell'ordine o della polizia municipale nonché per la realizzazione degli interventi diretti a garantire la sicurezza dei cittadini e l'ordine pubblico, definiti dal Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica.
4. Entro cinque anni dall'entrata in vigore della presente legge, possono essere altresì adottate, con le procedure previste dalla legislazione previgente, varianti specifiche ai P.R.G. approvati dopo l'entrata in vigore della L.R. n. 6 del 1995, purché conformi ai piani sovraordinati ed alla disciplina sui contenuti della pianificazione stabilita dalla presente legge (19). Nel rispetto dei termini di cui al comma 4 dell'art. 43 e comunque non oltre tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, possono essere sia adottate che approvate entro tale termine, con le procedure previste dalla legislazione previgente, varianti specifiche tali da non introdurre modifiche sostanziali alle scelte di Piano e che prevedono limitati incrementi relativi a nuovi e motivati fabbisogni della capacità insediativa e delle zone omogenee D previsti dal piano vigente, al PRG approvati prima della L.R. n. 6 del 1995 (20). Dette varianti devono essere conformi ai piani sovraordinati e alla disciplina sui contenuti della pianificazione stabilita dalla presente legge (21). I piani aziendali previsti per le zone agricole nei PRG formati ai sensi della L.R. n. 47 del 1978, sono approvati ai sensi dell'art. 25 della medesima legge regionale (22).
5. Gli artt. 21, 22 e 25 della L.R. n. 47 del 1978 continuano a trovare applicazione per l'adozione e l'approvazione dei piani particolareggiati per le aree destinate ad attività estrattive previsti dall'art. 8 della L.R. 18 luglio 1991, n. 17, secondo quanto disposto dal comma 3 dell'art. 30 della L.R. 18 maggio 1999, n. 9.
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(19) Periodo così modificato dapprima dall'art. 1, comma 1, L.R. 16 novembre 2000, n. 34 e poi dall'art. 39, L.R. 23 dicembre 2004, n. 27, a decorrere dal 1° gennaio 2005 (come prevede l'art. 58 della stessa legge).
(20) Periodo così modificato dall'art. 1, comma 2, L.R. 16 novembre 2000, n. 34.
(21) Periodo così modificato dall'art. 1, comma 2, L.R. 16 novembre 2000, n. 34.
(22) Periodo così modificato dall'art. 1, comma 3, L.R. 16 novembre 2000, n. 34.
Art. 42
Conclusione dei procedimenti in itinere.
1. Gli strumenti comunali, provinciali e regionali di pianificazione territoriale e urbanistica, adottati prima dell'entrata in vigore della presente legge, sono approvati e diventano efficaci secondo le disposizioni stabilite dalla legislazione previgente.
2. La medesima disposizione può trovare applicazione per le varianti generali al P.R.G., per i P.T.C.P. e loro varianti adottati entro 6 mesi dall'entrata in vigore della presente legge (23).
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(23) Comma così modificato dall'art. 2, L.R. 16 novembre 2000, n. 34.
Art. 43
Adeguamento dei piani provinciali e comunali alla presente legge.
1. Le province sono tenute ad adottare il P.T.C.P., entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge, qualora risultino dotate, alla stessa data, di Piano infraregionale.
2. Le province provvedono entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge ad adeguare il P.T.C.P. approvato in conformità alla previgente L.R. n. 6 del 1995.
3. In sede di prima applicazione della presente legge, la revisione dei piani regolatori generali è effettuata attraverso la contemporanea elaborazione del P.S.C., del R.U.E. e del P.O.C., secondo i contenuti di cui alla presente legge. A tal fine il P.S.C., il R.U.E. e il P.O.C. possono essere adottati dal Comune contestualmente.
4. I comuni dotati di P.R.G.:
a) approvato entro il 31 dicembre 1990 sono tenuti ad adeguare lo strumento urbanistico ai contenuti della presente legge entro il 31 dicembre 2002;
b) approvato tra il primo gennaio 1991 ed il 31 dicembre 1992 sono tenuti ad adeguare lo strumento urbanistico ai contenuti della presente legge entro il 31 dicembre 2003;
c) approvato dopo il primo gennaio 1993 sono tenuti ad adeguare lo strumento, urbanistico ai contenuti della presente legge entro dieci anni dalla loro approvazione.
5. I comuni dotati di P.R.G. approvato dopo il primo gennaio 1997 possono stabilire quali previsioni del piano vigente costituiscono il P.S.C., il P.O.C. e quali assumere nella disciplina del R.U.E., in conformità a quanto disposto dagli artt, 28, 29 e 30 della presente legge. A tal fine, i comuni provvedono alla definizione dei contenuti cartografici e normativi dei medesimi strumenti urbanistici senza apportare modifiche sostanziali alle previsioni già contenute nel P.R.G. vigente.
6. [Gli strumenti di cui al comma 5 possono essere predisposti e adottati entro il termine perentorio dell'11 aprile 2003. Per i Comuni dotati di PRG, o sua variante generale, approvato in data successiva all'11 aprile 2002, ai sensi dell'att. 42 della presente legge, tale termine perentorio è stabilito in un anno dalla data di approvazione del medesimo piano (24)] (25).
6-bis. Gli strumenti di cui al comma 5 sono approvati con le procedure previste dai commi 4 e 5 del previgente art. 15 della L.R. n. 47 del 1978. Rimane fermo l'obbligo di adeguamento degli strumenti così formati entro dieci anni dalla data di approvazione del PRG ovvero nei termini definiti dal PTCP ai sensi del comma 4 dell'art. 26 (26).
6-ter. I comuni, in sede di adeguamento dei piani urbanistici vigenti, ai sensi dei commi 5 e 6-bis, possono dare atto con la deliberazione di approvazione dei nuovi strumenti di pianificazione che gli stessi costituiscono carta unica del territorio, ai sensi e per gli effetti dell'art. 19, qualora la Provincia, nell'àmbito delle osservazioni di cui all'art. 15, comma 5, della previgente L.R. n. 47 del 1978, dichiari espressamente la conformità degli strumenti comunali alla pianificazione sovraordinata (27).
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(24) Gli attuali commi 6 e 6-bis così sostituiscono l'originario comma 6 per effetto dell'art. 1, L.R. 21 dicembre 2001, n. 47. Il testo del comma sostituito era così formulato: «6. Gli strumenti di cui al comma 5 possono essere predisposti entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge e sono approvati con le procedure previste dai commi 4 e 5 del previgente art. 15 della L.R. n. 47 del 1978. Rimane fermo l'obbligo di adeguamento degli strumenti così formati entro dieci anni dalla data di approvazione del P.R.G. ovvero nei termini definiti dal P.T.C.P. ai sensi del comma 4 dell'art. 26.».
(25) Comma abrogato dall'art. 1, comma 1, L.R. 3 giugno 2003, n. 10.
(26) Gli attuali commi 6 e 6-bis così sostituiscono l'originario comma 6 per effetto dell'art. 1, L.R. 21 dicembre 2001, n. 47. Il testo del comma sostituito era così formulato: «6. Gli strumenti di cui al comma 5 possono essere predisposti entro due anni dall'entrata in vigore della presente legge e sono approvati con le procedure previste dai commi 4 e 5 del previgente art. 15 della L.R. n. 47 del 1978. Rimane fermo l'obbligo di adeguamento degli strumenti così formati entro dieci anni dalla data di approvazione del P.R.G. ovvero nei termini definiti dal P.T.C.P. ai sensi del comma 4 dell'art. 26.».
(27) Il presente comma, dapprima aggiunto dall'art. 43, comma 2, L.R. 25 novembre 2002, n. 31 è stato successivamente modificato dall'art. 1, comma 2, L.R. 3 giugno 2003, n. 10.
Art. 44
Norme relative alle concessioni edilizie e agli altri titoli abilitativi.
1. Fino all'approvazione della legge regionale di riordino in materia, le concessioni e autorizzazioni edilizie, la denuncia di inizio attività, gli altri titoli abilitativi alle trasformazioni del suolo e ai mutamenti di destinazione d'uso sono disciplinati dalla vigente normativa nazionale e regionale.
2. Al fine di assicurare la semplificazione e l'accelerazione delle procedure amministrative, il Comune coordina e raccorda il rilascio delle concessioni edilizie con i compiti relativi alle autorizzazioni per la realizzazione, ampliamento, ristrutturazione e riconversione degli impianti produttivi, di cui al D.P.R. n. 447 del 1998. A tale scopo il Comune può conferire allo sportello unico per le attività produttive anche le funzioni che attengono alla concessione edilizia, alla denuncia di inizio attività e ad ogni altro titolo abilitativo alla trasformazione del suolo. In tali casi i termini per il rilascio delle concessioni edilizie si coordinano con quelli previsti per le autorizzazioni agli impianti produttivi e, in caso di mancato rispetto dei predetti termini, trova applicazione quanto stabilito dal medesimo D.P.R. n. 447 del 1998.
TITOLO IV
Disposizioni transitorie e finali
Capo II - Norme finali
Art. 45
Conferimento di funzioni in materia di espropriazione per pubblica utilità.
[1. Ferme restando le competenze delle province di cui all'art. 132 della L.R. n. 3 del 1999, i comuni sono delegati:
a) ad adottare i provvedimenti concernenti i procedimenti di espropriazione per pubblica utilità, relativamente a tutte le opere pubbliche e di pubblica utilità trasferite o delegate alla Regione;
b) ad adottare i provvedimenti concernenti le funzioni amministrative per le occupazioni temporanee e di urgenza e per i relativi atti preparatori attinenti a tutte le opere pubbliche e di pubblica utilità trasferite o delegate alla Regione.
2. La pubblicazione prevista per i provvedimenti amministrativi adottati nell'esercizio delle funzioni delegate, di cui al comma 1, è effettuata per estratto nel Bollettino Ufficiale della Regione (28).
3. Alle Province sono conferiti i compiti di designazione e nomina dei componenti delle Commissioni competenti alla determinazione del valore agricolo, di cui all'articolo 41 del D.P.R. n. 327 del 2001, nonché di disciplina del funzionamento delle stesse. A tali Commissioni sono demandati altresì i compiti in materia di quantificazione delle sanzioni in caso di abusi edilizi, già attribuiti dalla legislazione statale alle Agenzie del territorio (29).
4. I soggetti che richiedono la stima dell'indennità definitiva di esproprio o del valore venale degli immobili, nei casi e per le finalità previsti dalla legge n. 47 del 1985, sono tenuti al versamento, a titolo di rimborso delle spese istruttorie della Commissione, di una somma determinata forfettariamente dalla Provincia, secondo i criteri definiti dalla Giunta regionale. Le somme, versate alle province, sono destinate al funzionamento delle Commissioni ed al pagamento dei gettoni di presenza spettanti ai componenti] (30).
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(28) Comma così sostituito dall'art. 4, L.R. 21 dicembre 2001, n. 47. Il testo originario era così formulato: «2. I provvedimenti amministrativi relativi alle funzioni delegate, limitatamente alle autorizzazioni di occupazione temporanea e di urgenza, alla determinazione delle indennità provvisorie di esproprio, alla pronuncia di esproprio ed allo svincolo delle indennità depositate nella cassa depositi e prestiti, sono comunicati alla Regione e pubblicati per estratto nel Bollettino Ufficiale della Regione medesima.».
(29) Comma così sostituito dall'art. 4, L.R. 21 dicembre 2001, n. 47. Il testo originario era così formulato: «3. Le Commissioni di cui all'art. 16 della legge n. 865 del 1971, come modificato dal comma 4 dell'art. 14 della legge n. 10 del 1977, sono istituite dal Consiglio regionale ed hanno sede presso le province, cui sono conferiti i compiti di designazione e nomina dei componenti, nonché di disciplina del loro funzionamento, anche attraverso l'articolazione in sottocommissioni. A tali Commissioni sono demandati altresì i compiti già attribuiti agli uffici tecnici erariali dalla legge 28 febbraio 1985, n. 47 relativi all'applicazione delle sanzioni previste dalla medesima legge.».
(30) Articolo abrogato dall'art. 34, comma 1, lettera b), L.R. 19 dicembre 2002, n. 37.
Art. 46
Conferimento di funzioni in materia di urbanistica e di opere abusive.
1. L'autorizzazione a derogare ai regolamenti edilizi comunali per le altezze degli edifici destinati ad uso alberghiero, di cui al R.D.L. 8 novembre 1938, n. 1908, è rilasciata dai comuni unitamente al provvedimento di concessione edilizia.
2. Sono delegati alle province:
a) gli interventi mi via sostitutiva, di cui al comma 8 dell'art. 7, al comma 5 dell'art. 9 e al comma 8 dell'art. 18 della legge n. 47 del 1985;
b) [le funzioni di cui agli artt. 26 e 27 della legge n. 1150 del 1942] (31);
c) [l'esercizio dei poteri sostitutivi e la nomina del commissario ad acta ai sensi e per gli effetti del comma 6 dell'art. 4 del D.L. n. 398 del 1993, convertito con modificazioni dalla legge n. 493 del 1993, come sostituito dal comma 60 dell'art. 2 della legge 23 dicembre 1996, n. 662] (32);
d) l'esercizio dei poteri sostitutivi e la nomina del commissario ad acta di cui al comma 5 dell'art. 22 della legge 30 aprile 1999, n. 136.
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(31) Lettera soppressa dall'art. 43, comma 3, L.R. 25 novembre 2002, n. 31.
(32) Lettera abrogata dall'art. 49, comma 1, lettera a), L.R. 25 novembre 2002, n. 31, fatto salvo quanto disposto dall'art. 38 della medesima legge.
Art. 47
Modifiche all'art. 27 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47.
1. ... (33).
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(33) Aggiunge un comma all'art. 27, L.R. 7 dicembre 1978, n. 47.
Art. 48
Interventi finanziari a favore di province e comuni.
1. La Regione per agevolare la revisione del P.T.C.P. e dei vigenti strumenti urbanistici comunali, secondo i contenuti della presente legge, promuove e sostiene programmi di aggiornamento professionale, rivolti in particolare al personale degli uffici tecnici, nell'ambito delle previsioni di cui alla L.R. 24 luglio 1979, n. 19.
2. La Regione concede inoltre contributi ai comuni ed alle province per favorire la formazione degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, previsti dalla presente legge, ed in particolare per l'elaborazione del quadro conoscitivo, quale elaborato costitutivo dei P.T.C.P. e del P.S.C. (34).
3. I contributi sono concessi, attraverso apposita convenzione, alle province oltre che per le finalità di cui al comma 2 anche per promuovere l'adeguamento dei PTCP al sistema dì pianificazione regionale. Gli stessi contributi sono concessi nella misura massima del 50 per cento della spesa ritenuta ammissibile (35).
4. I contributi agli strumenti di pianificazione urbanistica comunale sono concessi ai comuni nella misura massima del 50 per cento della spesa ritenuta ammissibile e sulla base di programmi annuali. Le richieste di contributo sono inoltrate dai comuni interessati al Presidente della Regione secondo le modalità ed i termini contenuti in un bando pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione a norma dell'art. 12, comma 1, della legge n. 241 del 1990 (36) (37).
5. La valutazione delle richieste presentate dai comuni è effettuata dalla Giunta regionale, che approva il programma di erogazione dei contributi sulla base del seguente ordine di priorità (38):
a) l'elaborazione del P.S.C. in forma associata;
b) la dimensione demografica del comune, con precedenza ai comuni con minore popolazione;
c) la data di entrata in vigore del P.R.G., con precedenza per quelli da più tempo vigenti (39).
--------------------------------------------------------------------------------
(34) Vedi, al riguardo, la Delib.G.R. 29 maggio 2001, n. 912, la Delib.G.R. 29 maggio 2001, n. 914 e la Delib.G.R. 29 maggio 2001, n. 915, vedi la Delib.G.R. 27 maggio 2002, n. 885, la Delib.G.R. 27 maggio 2002, n. 886, la Delib.G.R. 30 luglio 2004, n. 1634, la Delib.G.R. 14 febbraio 2005, n. 302, la Delib.G.R. 12 settembre 2005, n. 1455, la Delib.G.R. 19 dicembre 2005, n. 2175 e la Delib.G.R. 12 novembre 2007, n. 1682.
(35) Comma così sostituito dall'art. 43, comma 4, L.R. 25 novembre 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «3. I contributi di cui al comma 2 sono concessi alle province nella misura massima del 50% del costo effettivamente sostenuto e documentato ed ai comuni nella misura massima del 70% della spesa ritenuta ammissibile e sulla base di programmi annuali.».
(36) Comma così sostituito dall'art. 43, comma 4, L.R. 25 novembre 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «4. Le richieste di contributo sono inoltrate dai comuni e dalle province interessati al Presidente della Regione secondo le modalità ed i termini contenuti nel bando pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione, a norma del comma 1 dell'art. 12 della legge n. 241 del 1990.».
(37) Vedi, anche, la Delib.G.R. 30 luglio 2004, n. 1634, la Delib.G.R. 14 febbraio 2005, n. 302, la Delib.G.R. 12 settembre 2005, n. 1455, la Delib.G.R. 19 dicembre 2005, n. 2175 e la Delib.G.R. 12 novembre 2007, n. 1682.
(38) Vedi la Delib.G.R. 29 maggio 2001, n. 912 che ha approvato il programma di finanziamento, per l'anno 2001. Vedi, anche, la Delib.G.R. 27 maggio 2002, n. 885, la Delib.G.R. 27 maggio 2002, n. 886, la Delib.G.R. 12 settembre 2005, n. 1455,+ la Delib.G.R. 19 dicembre 2005, n. 2175 e la Delib.G.R. 12 novembre 2007, n. 1682.
(39) Vedi, anche, la Delib.G.R. 30 luglio 2004, n. 1634 e la Delib.G.R. 14 febbraio 2005, n. 302.
Art. 49
Contributi per i progetti di tutela, recupero e valorizzazione (40).
1. Al fine di favorire l'elaborazione e la realizzazione dei progetti di tutela, recupero e valorizzazione in aree che interessino il territorio di più comuni, la Regione concede contributi per la progettazione degli interventi e per l'elaborazione di studi sugli effetti degli stessi sui sistemi insediativo, ambientale, paesaggistico, sociale ed economico (41).
2. La Regione promuove a tal fin e la conclusione con gli enti locali interessati di accordi di cui all'art. 15 della legge n. 241 del 1990. Gli accordi devono stabilire:
a) l'oggetto, i contenuti degli interventi che si intendono realizzare e uno studio di fattibilità degli stessi;
b) il programma di lavoro relativo alla progettazione degli interventi e all'elaborazione dello studio degli effetti, con l'indicazione del costo complessivo degli stessi;
c) le forme di partecipazione degli enti contraenti all'attività tecnica di progettazione, i loro rapporti finanziari e i reciproci obblighi e garanzie.
3. I contributi regionali sono concessi nella misura massima del 70% delle spese di progettazione e di elaborazione dello studio degli effetti indicate nell'accordo, sulla base di programmi, annuali o pluriennali. I contributi sono subordinati alla realizzazione degli interventi secondo le modalità definite in sede di accordo.
4. Le proposte di progetti di tutela sono presentate al Presidente della Regione, secondo le modalità ed i termini indicati sull'avviso pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione, a norma del comma 1 dell'art. 12 della legge n. 241 del 1990.
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(40) Con Delib.G.R. 3 dicembre 2001, n. 2683 è stato approvato, ai sensi del presente articolo, il programma di finanziamento, per l'anno 2001 relativo ai progetti di tutela, recupero e valorizzazione nelle aree di valore naturale e ambientale. Vedi, anche, la Delib.G.R. 5 dicembre 2005, n. 2008.
(41) Comma così sostituito dall'art. 43, comma 5, L.R. 25 novembre 2002, n. 31. Il testo originario era così formulato: «1. Al fine di favorire l'elaborazione e la realizzazione dei progetti di tutela, recupero e valorizzazione nelle aree di valore naturale e ambientale, di cui all'art. A-17 dell'allegato, qualora interessino il territorio di più comuni, la Regione concede contributi per la progettazione degli interventi e per l'elaborazione di studi sugli effetti degli stessi sui sistemi insediativo, ambientale, paesaggistico, sociale ed economico.».
Art. 50
Norma finanziaria.
1. Agli oneri derivanti dall'attuazione degli interventi di cui al comma 2 dell'art. 48 e di cui agli articoli 49 e 51, la Regione fa fronte con l'istituzione di appositi capitoli nella parte spesa del bilancio regionale, che verranno dotati della necessaria disponibilità in sede di approvazione della legge annuale di bilancio, a norma di quanto disposto dall'art. 11, comma 1, della L.R. 6 luglio 1977, n. 31 e successive modificazioni (42).
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(42) Comma così modificato dall'art. 43, comma 6, L.R. 25 novembre 2002, n. 31.
Art. 51
Monitoraggio e bilancio della pianificazione - Istituzione dell'Archivio regionale della pianificazione (43).
1. Per l'emanazione degli atti di indirizzo e coordinamento e per lo svolgimento delle proprie funzioni di programmazione e pianificazione, la Regione promuove, d'intesa con le province, il monitoraggio e la redazione di bilanci della pianificazione territoriale e urbanistica.
2. A tal fine le province provvedono alla raccolta e gestione degli archivi della strumentazione urbanistica comunale e all'aggiornamento periodico del loro stato di attuazione.
3. La Regione raccoglie le informazioni elaborate dalle province ai fini della redazione di un rapporto periodico sullo stato della pianificazione urbanistica e territoriale.
3-bis. Per favorire la conoscenza da parte dei cittadini degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, al fine di promuovere lo sviluppo di una cultura della qualità architettonica, ambientale e paesaggistica dei tessuti urbani, è istituito l'Archivio regionale della pianificazione, che assume la denominazione di "Planning Center" (44).
3-ter. Per l'istituzione e la gestione dell'Archivio regionale della pianificazione, previsto al comma 3-bis, la Regione, quale ente partecipante, si avvale della associazione senza fini di lucro OIKOS Centro Studi, avente quale scopo statutario il perseguimento delle medesime finalità stabilite dal comma 3-bis medesimo. Per far fronte alle spese di costituzione e di gestione dell'Archivio regionale della pianificazione è disposta, per l'esercizio finanziario 2005, una autorizzazione di spesa pari a Euro 300.000,00 a valere su Capitolo 30557, afferente alla U.P.B. 1.4.1.2.12120 - Nuovi strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica (45).
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(43) Rubrica così sostituita dall'art. 30, comma 1, L.R. 27 luglio 2005, n. 14. Il testo originario era così formulato: «Monitoraggio e bilancio della pianificazione».
(44) Comma aggiunto dall'art. 30, comma 2, L.R. 27 luglio 2005, n. 14.
(45) Comma aggiunto dall'art. 30, comma 2, L.R. 27 luglio 2005, n. 14.
Art. 52
Abrogazioni.
1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti disposizioni:
a) articoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 12, 13, 16, 17 e 33 della L.R. 24 marzo 1975, n. 18, recante «Riordinamento delle funzioni amministrative e nuove procedure in materia di urbanistica, di edilizia residenziale, agevolata e convenzionata, nonché di viabilità, acquedotti e lavori pubblici di interesse regionale, trasferite o delegate alla Regione ai sensi della legge 22 ottobre 1971, n. 865 e del D.P.R. 15 gennaio 1972, n. 8. Deleghe in materia di espropriazioni per pubblica utilità»;
b) articoli 1, 2, 3 e 4 della L.R. 1° agosto 1978, n. 26, recante «Modificazioni ed integrazioni della L.R. 24 marzo 1975, n. 18, in materia urbanistica - Norme in materia ambientale»;
c) L.R. 8 marzo 1976, n. 10, recante «Interpretazione autentica di disposizioni relative al settore espropriativo ed urbanistico. Norme provvisorie in materia di urbanistica. Norme integrative e modificative della legge regionale 14 marzo 1975, n. 16 e della legge regionale 24 marzo 1975, n. 18»;
d) L.R. 12 gennaio 1978, n. 2, recante «Programmi pluriennali di attuazione degli strumenti urbanistici di cui alla legge 28 gennaio 1977, n. 10»;
e) L.R. 13 gennaio 1978, n. 5, recante «Modifica alla L.R. 24 marzo 1975, n. 18, relativamente alle deleghe per espropriazione e per occupazione temporanea e di urgenza per pubblica utilità»;
f) L.R. 27 febbraio 1984, n. 6, recante «Norme sul riordino istituzionale»;
g) L.R. 13 novembre 1984, n. 50, recante «Interpretazione autentica dell'art. 23 della L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, modificata dalla L.R. 29 marzo 1980, n. 23 e dell'art. 40, settimo comma, della medesima legge nonché dell'art. 44 e dell'art. 46, primo comma, della L.R. 27 febbraio 1984, n. 6»;
h) L.R. 6 maggio 1985, n. 20, recante «Primi adempimenti regionali in materia di controllo dell'attività urbanistico edilizia. Sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive. Applicazione degli articoli 29 e 37 della legge 28 febbraio 1985, n. 47».
2. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogate le seguenti leggi regionali, fatto salvo quanto disposto dagli articoli 41 e 42:
a) L.R. 5 settembre 1988, n. 36, recante «Disposizioni in materia di programmazione e pianificazione territoriale»;
b) L.R. 28 dicembre 1992, n. 47, recante «Promozione della strumentazione urbanistica generale comunale, di piani regolatori sperimentali e di progetti di tutela e valorizzazione dei beni culturali e ambientali»;
c) L.R. 6 settembre 1993, n. 31, recante «Procedimento di approvazione di strumenti urbanistici comunali che apportino modifiche alla cartografia del Piano territoriale paesistico regionale».
3. Dal termine e nei limiti di cui al comma 2 sono inoltre abrogate le seguenti disposizioni:
a) L.R. 7 dicembre 1978, n. 47, recante «Tutela ed uso del territorio», ad eccezione degli artt. 27, 28, 29, 30, 31 e 54;
b) L.R. 29 marzo 1980, n. 23, recante «Norme per l'acceleramento delle procedure relative agli strumenti urbanistici, nonché norme modificative ed integrative della legge regionale 31 gennaio 1975, n. 12, della legge regionale 24 marzo 1975, n. 18, della legge regionale 12 gennaio 1978, n. 2, della legge regionale 2 maggio 1978, n. 13, della legge regionale 1° agosto 1978, n. 26, della legge regionale 7 dicembre 1978, n. 47, della legge regionale 13 marzo 1979, n. 7», ad eccezione degli artt. 21, 22, 23, 24, 25 e 46, dei commi 1 e 5 dell'art. 55 e dell'art. 60;
c) L.R. 8 novembre 1988, n. 46, recante «Disposizioni integrative in materia di controllo delle trasformazioni edilizie ed urbanistiche», ad eccezione degli artt. 1 e 2 e dei commi 1, 2 e 3 dell'art. 6;
d) L.R. 30 gennaio 1995, n. 6, recante «Norme in materia di programmazione e pianificazione territoriale, in attuazione della legge 8 giugno 1990, n. 142, e modifiche e integrazioni alla legislazione urbanistica ed edilizia», ad eccezione del comma 2 dell'art. 10 e degli artt. 16, 20, 21, 22, 23, 24, 25 e 27.
4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono infine soppresse:
a) al comma 6 dell'art. 3 della L.R. 9 aprile 1990, n. 28, recante «Disciplina del vincolo di destinazione delle aziende ricettive in Emilia-Romagna», le seguenti parole: "che vi provvede sentito il parere della prima Sezione del Comitato consultivo regionale di cui alla L.R. 24 marzo 1975, n. 18, concernente, tra l'altro, norme in materia di urbanistica";
b) al comma 1 dell'art. 2 della L.R. 26 aprile 1990, n. 33, recante «Norme in materia di regolamenti edilizi comunali», le seguenti parole: «sentito il Comitato consultivo regionale - I Sezione, e»;
c) al comma 2 dell'art. 2 della L.R. 26 aprile 1990, n. 33, recante «Norme in materia di regolamenti edilizi comunali», le seguenti parole: «sentito il Comitato consultivo regionale - I Sezione.»;
d) al comma 2, lettera a), punto 2, dell'art. 4 della L.R. 12 aprile 1995, n. 33, recante «Delimitazione territoriale dell'area metropolitana di Bologna e attribuzione di funzioni», le seguenti parole: «, approvando gli strumenti stessi».
L.R. 23 febbraio 2007, n. 5
Riforma dell'urbanistica e disciplina dell'attività edilizia e del
paesaggio.
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(1) Pubblicata nel B.U. Friuli-Venezia Giulia 28 febbraio 2007, n. 9.
Il Consiglio regionale ha approvato,
Il Presidente della Regione
promulga la seguente legge:
PARTE I
URBANISTICA
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 1
Finalità.
1. La Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia disciplina con la presente legge la materia dell'urbanistica e della pianificazione territoriale, in attuazione dell'articolo 4, primo comma, numero 12), dello Statuto speciale, adottato con la L.Cost. 31 gennaio 1963, n. 1, e successive modifiche, nel rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.
2. La Regione riconosce le risorse essenziali come bene comune della collettività, preserva e valorizza il proprio territorio. La presente legge stabilisce le finalità strategiche che gli strumenti di pianificazione devono conseguire nella regolazione dell'uso del territorio.
3. Gli strumenti di pianificazione perseguono la riqualificazione dei sistemi insediativi e degli assetti territoriali, la prevenzione e il recupero del degrado ambientale e prevedono un'attenta valutazione delle alternative di riuso e riorganizzazione dei tessuti insediativi esistenti prima di procedere a nuovi impegni di suolo.
Art. 2
Definizioni.
1. Ai fini della presente legge si intende per:
a) risorse essenziali:
1) aria, acqua, suolo ed ecosistemi;
2) paesaggio;
3) edifici, monumenti e siti di interesse storico e culturale;
4) sistemi infrastrutturali e tecnologici;
5) sistemi degli insediamenti, ivi incluse le conurbazioni udinese e pordenonese;
b) interesse regionale: l'interesse pubblico di tutela e impiego della risorsa essenziale, che in relazione al grado di coinvolgimento del territorio regionale impone alla Regione l'esercizio della funzione della pianificazione territoriale;
c) risorsa essenziale di interesse regionale: la risorsa essenziale che supera la soglia di interesse regionale, la cui tutela e impiego è disciplinata dal piano territoriale regionale;
d) piano territoriale regionale (PTR): lo strumento di pianificazione territoriale regionale con il quale la Regione svolge le proprie funzioni di pianificazione territoriale regionale e di tutela e impiego delle risorse essenziali di interesse regionale;
e) pianificazione comunale: la funzione di pianificazione generale, territoriale e urbanistica del Comune che si articola nei livelli strutturale e operativo;
f) pianificazione sovracomunale: la funzione di pianificazione generale, territoriale e urbanistica degli enti pubblici territoriali svolta nei modi previsti dalla legge;
g) piano strutturale comunale (PSC): lo strumento di pianificazione del Comune che definisce gli indirizzi, le prescrizioni, nonché gli obiettivi strategici per la pianificazione dell'intero territorio comunale;
h) piano operativo comunale (POC): lo strumento urbanistico del Comune che stabilisce le regole per la conservazione, valorizzazione, organizzazione e trasformazione di tutto il territorio comunale, individuando le azioni per il raggiungimento degli obiettivi del PSC;
i) documento preliminare di piano (DPP): il documento che contiene lo schema dell'assetto del territorio e individua limiti e condizioni di trasformazione per lo sviluppo sostenibile;
j) conferenza di pianificazione: la sede istituzionale per l'esame contestuale dei vari interessi pubblici coinvolti nel procedimento di formazione del PSC e sue varianti, nella quale si acquisiscono intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati delle amministrazioni pubbliche coinvolte;
k) intesa di pianificazione: lo strumento di copianificazione tramite il quale Regione e Comune condividono i contenuti del PSC, che incidono sulla tutela e sull'impiego delle risorse essenziali di interesse regionale individuate nel PTR;
l) piani attuativi comunali (PAC): l'insieme degli strumenti urbanistici di iniziativa pubblica e privata previsti dalla legge per dare attuazione alle previsioni degli strumenti di pianificazione comunale e sovracomunale;
m) ambito territoriale ottimale per la gestione del paesaggio (AGEPA): l'ambito territoriale composto da più Comuni contermini che in ragione della sua dimensione territoriale consente alla Regione di assicurare una adeguata scala di gestione del paesaggio, in relazione agli obblighi assunti con lo Stato nell'intesa di cui all'articolo 6, comma 2, e per le finalità di cui all'articolo 58, comma 3;
n) Ente di pianificazione intercomunale (EPI): l'ente pubblico con personalità giuridica costituito per l'esercizio della pianificazione sovracomunale con le modalità di cui all'articolo 29;
o) perequazione urbanistica: la tecnica che assicura la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili inclusi in un predeterminato ambito, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree;
p) compensazione urbanistica: la tecnica che consente al Comune di convenire con i proprietari la cessione di aree destinate a servizi, a fronte di diritti edificatori di pari valore da utilizzare in ambiti a ciò preventivamente destinati;
q) compensazione territoriale: la tecnica in base alla quale i Comuni che provvedono congiuntamente alla pianificazione sovracomunale in forma associata convengono di compensare diritti edificatori con equivalenti valori di natura urbanistica o economica;
r) sistema informativo territoriale regionale (SITER): la banca dati informatica nella quale sono raccolti, elaborati e interpretati i dati numerici e di documentazione cartografica riguardanti le dinamiche del territorio;
s) osservatorio regionale della pianificazione territoriale e urbanistica, dell'edilizia e del paesaggio: l'attività che consente alla Regione il monitoraggio sugli strumenti urbanistici vigenti, nonché dell'attività edilizia e della tutela del paesaggio sul territorio regionale;
t) WebGIS: piattaforma informatica dedicata alla consultazione di informazioni di carattere territoriale nella loro consistenza grafica e alfanumerica;
u) osservazioni: deduzioni motivate presentate dai soggetti indicati dalla legge nei confronti di strumenti che non hanno effetto conformativo della proprietà;
v) opposizioni: eccezioni motivate presentate dai soggetti indicati dalla legge nei confronti di strumenti urbanistici che hanno effetto conformativo della proprietà.
Art. 3
Attribuzioni del Comune.
1. La funzione della pianificazione territoriale è del Comune che la esercita nel rispetto dei principi di adeguatezza, interesse regionale e sussidiarietà, nonché nel rispetto delle attribuzioni riservate in via esclusiva alla Regione in materia di risorse essenziali di interesse regionale e in coerenza alle indicazioni del PTR.
2. Il Comune, in forza del principio di sussidiarietà e di adeguatezza, esercita la funzione della pianificazione territoriale a livello sovracomunale quando gli obiettivi della medesima, in relazione alla portata o agli effetti dell'azione prevista, non possano essere adeguatamente raggiunti a livello comunale.
3. Nei territori di cui all'articolo 4 della legge 23 febbraio 2001, n. 38 (Norme a tutela della minoranza linguistica slovena della Regione Friuli-Venezia Giulia), la pianificazione territoriale deve tendere alla salvaguardia delle caratteristiche storico-culturali della collettività locale.
Art. 4
Attribuzioni della Provincia.
1. La Provincia svolge la funzione dell'elaborazione di programmi territoriali strategici nel rispetto delle prescrizioni di PTR.
2. La Provincia svolge attività e funzioni di pianificazione sovracomunale con le modalità di cui agli articoli 27 e 28.
Art. 5
Attribuzioni della Regione.
1. La funzione della pianificazione della tutela e dell'impiego delle risorse essenziali di interesse regionale è della Regione.
2. La presente legge stabilisce i criteri per individuare le soglie oltre le quali la Regione svolge le funzioni di cui al comma 1 per mezzo del PTR, nonché le procedure attraverso le quali la Regione assicura che la tutela e l'impiego delle risorse essenziali siano garantiti dagli strumenti urbanistici.
Art. 6
Intese con lo Stato.
1. La Regione promuove il raggiungimento delle intese obbligatorie con gli organi statali competenti per i mutamenti di destinazione dei beni immobili appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato.
2. La Regione, in attuazione a quanto previsto dal decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), e successive modifiche, stipula con i Ministeri competenti l'intesa per la valenza paesaggistica del PTR.
TITOLO II
Pianificazione territoriale
Capo I - Pianificazione territoriale regionale
Art. 7
Funzioni e obiettivi della pianificazione.
1. La pianificazione territoriale e urbanistica si informa ai seguenti obiettivi generali:
a) promuovere un ordinato sviluppo del territorio, dei tessuti urbani e del sistema produttivo;
b) assicurare che i processi di trasformazione siano compatibili con la sicurezza e la tutela dell'integrità fisica e con l'identità culturale del territorio;
c) migliorare la qualità della vita e la salubrità degli insediamenti urbani;
d) ridurre la pressione degli insediamenti sui sistemi naturali e ambientali anche attraverso opportuni interventi di riduzione e mitigazione degli impatti;
e) promuovere il miglioramento della qualità ambientale, architettonica e sociale del territorio urbano, attraverso interventi di riqualificazione del tessuto esistente;
f) contenere il consumo di nuovo territorio subordinandone l'uso all'attenta valutazione delle soluzioni alternative derivanti dalla sostituzione dei tessuti insediativi esistenti o dalla loro riorganizzazione e riqualificazione.
Art. 8
Finalità strategiche del PTR.
1. Il PTR persegue le seguenti finalità strategiche:
a) la conservazione e la valorizzazione del territorio regionale, anche valorizzando le relazioni a rete tra i profili naturalistico, ambientale, paesaggistico, culturale, storico e la riqualificazione urbana e ambientale;
b) le migliori condizioni per la crescita economica del Friuli-Venezia Giulia e lo sviluppo sostenibile della competitività del sistema regionale;
c) le pari opportunità di sviluppo economico per tutti i territori della Regione nella prospettiva di rafforzamento del policentrismo e di integrazione dei diversi sistemi territoriali;
d) la coesione sociale della comunità, nonché l'integrazione territoriale, economica e sociale del Friuli-Venezia Giulia con i territori contermini;
e) il miglioramento della condizione di vita degli individui, della comunità, degli ecosistemi e in generale l'innalzamento della qualità ambientale;
f) le migliori condizioni per il contenimento del consumo dell'energia e del suolo, anche con lo scopo di mantenere la più estesa fruizione a scopi agricoli e forestali, nonché per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative;
g) la sicurezza rispetto ai rischi correlati all'utilizzo del territorio.
Art. 9
Elementi del PTR.
1. Il PTR è costituito da:
a) un documento che analizza lo stato del territorio della Regione, ivi incluse le relazioni che lo legano agli ambiti circostanti, le principali dinamiche che esercitano un'influenza sull'assetto del territorio o da questo sono influenzate, nonché lo stato generale della pianificazione della Regione e dei Comuni;
b) un documento che stabilisce gli obiettivi del PTR, generali e di settore, sulla base delle finalità strategiche indicate dalla legge e descrive le azioni di pianificazione per conseguire gli obiettivi;
c) idonee rappresentazioni grafiche;
d) norme di attuazione che disciplinano tutta l'attività di pianificazione di competenza regionale e assicurano la cogenza del PTR;
e) una relazione illustrativa.
2. Il PTR esprime altresì la valenza paesaggistica di cui agli articoli 135 e 143 del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modifiche, e contiene prescrizioni finalizzate alla tutela delle aree di interesse naturalistico e paesaggistico di cui alle direttive comunitarie e relativi atti di recepimento, nonché alle norme di legge nazionale e regionale.
3. Il PTR è rappresentato mediante WebGIS o altri più evoluti sistemi informatici e banche dati, nonché da supporti grafici idonei a rappresentare l'assetto territoriale.
Art. 10
Formazione del PTR.
1. La formazione del PTR e delle sue varianti avviene con le metodologie di Agenda 21 e in conformità alla direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente e alle successive norme di recepimento (2).
2. La Giunta regionale predispone il progetto di PTR e lo sottopone al parere del Consiglio delle autonomie locali.
3. La Giunta regionale valuta il parere del Consiglio delle autonomie locali ed elabora il progetto definitivo di PTR.
4. Il progetto definitivo di PTR è sottoposto al parere della competente Commissione consiliare che si esprime entro sessanta giorni dalla data della richiesta ed è adottato, eventualmente modificato sulla base del parere consiliare, con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale. Decorso infruttuosamente il termine si prescinde dal parere.
5. Il PTR adottato è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione e depositato per la libera consultazione presso la competente struttura regionale. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione possono formulare osservazioni:
a) gli enti e gli organismi pubblici;
b) le associazioni di categoria e i soggetti portatori di interessi diffusi e collettivi;
c) i soggetti nei confronti dei quali le previsioni di PTR adottato sono destinate a produrre effetti diretti.
6. Esperite le procedure di cui ai precedenti commi e tenuto conto delle osservazioni di cui al comma 5, il PTR è approvato con decreto del Presidente della Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, ed è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione. L'avviso dell'avvenuta approvazione è pubblicato contestualmente sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica e su due quotidiani a diffusione regionale. Il PTR entra in vigore il giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
7. I contenuti prescrittivi derivanti da norme statali e comunitarie successive alla data di approvazione del PTR sono recepiti nel PTR entro centoventi giorni con decreto del Presidente della Regione, su conforme deliberazione della Giunta regionale.
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(2) Con D.P.Reg. 16 ottobre 2007, n. 0329/Pres. è stato adottato il Piano territoriale regionale ai sensi del presente comma.
Art. 11
Contenuti prescrittivi del PTR.
1. Le risorse essenziali di interesse regionale, i livelli di qualità, le prestazioni minime e le regole d'uso individuati nel PTR costituiscono elementi strutturali della pianificazione territoriale regionale e sono recepiti negli strumenti urbanistici comunali con le modalità, le procedure e i tempi previsti dalla presente legge.
2. L'individuazione delle soglie, oltre le quali le risorse essenziali sono di interesse regionale, si informa ad almeno uno dei seguenti criteri, per il perseguimento delle finalità strategiche del PTR:
a) funzionale, che considera il valore ed il ruolo di preminenza assunto dalla risorsa essenziale;
b) fisico-dimensionale, che considera l'estensione quantitativa della risorsa essenziale;
c) prestazionale, che considera il livello qualitativo di efficienza della risorsa essenziale;
d) regolativo, che considera la normativa comunitaria, statale e regionale, nonché le altre disposizioni regolative e programmatorie regionali, disciplinanti la risorsa essenziale;
e) vocazionale, che considera l'attitudine e le potenzialità di attrazione della risorsa essenziale.
3. L'individuazione delle competenze per le risorse essenziali del paesaggio e degli edifici, monumenti e siti di interesse storico e culturale è determinata considerando il contesto in cui si trova inserita la risorsa, il livello di tutela e il grado della sua valorizzazione, nonché l'attitudine allo svolgimento della sua funzione.
Art. 12
Efficacia.
1. Il Comune adegua i propri strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica comunale dalla data di entrata in vigore del PTR e delle sue varianti.
2. L'adeguamento di cui al comma 1 è assolto con l'adozione del PSC entro il termine di tre anni, ovvero di quattro anni nell'ipotesi in cui Comuni contermini vi provvedano in forma associata.
3. Il decorso infruttuoso del termine di cui al comma 2 sospende ogni determinazione comunale sulle domande di rilascio dei titoli abilitativi edilizi, che siano in contrasto con le previsioni del PTR.
Capo II - Piani regionali di settore e piani territoriali infraregionali
Art. 13
Piani di settore.
1. I Piani di settore approvati dalla Regione in applicazione di leggi statali e regionali si conformano alle prescrizioni del PTR e contengono una relazione di coerenza con il PTR medesimo.
2. I Piani di settore possono costituire variante al PTR qualora formati nel rispetto delle finalità, dei contenuti e delle procedure di cui agli articoli 8, 9 e 10.
Art. 14
Piani territoriali infraregionali.
1. I piani territoriali infraregionali sono gli strumenti di pianificazione di enti pubblici ai quali è attribuita per legge una speciale funzione di pianificazione territoriale per il perseguimento dei propri fini istituzionali.
2. Il piano territoriale infraregionale si conforma alle prescrizioni del PTR e contiene una relazione di coerenza alle previsioni del PTR.
3. I Piani territoriali infraregionali si armonizzano con gli strumenti urbanistici comunali secondo le procedure indicate nel regolamento di attuazione della presente legge e sono approvati dal Presidente della Regione.
Capo III - Strumenti e contenuti della pianificazione comunale
Art. 15
Piano strutturale comunale.
1. Il Piano strutturale comunale ha durata indeterminata e:
a) costituisce il quadro conoscitivo del territorio comunale idoneo a delineare le strategie e le azioni per lo sviluppo, conservazione e valorizzazione delle risorse essenziali;
b) recepisce le prescrizioni di PTR;
c) fissa gli indicatori di monitoraggio per la valutazione ambientale strategica (VAS);
d) stabilisce i criteri per l'utilizzazione delle risorse essenziali di livello comunale;
e) individua gli ambiti urbanizzati, non urbanizzati, urbanizzabili e la rete delle infrastrutture, definiti secondo le tipologie e nei limiti del PTR;
f) definisce la metodologia e i criteri, nonché i limiti, per l'individuazione degli ambiti di perequazione urbanistica, di compensazione urbanistica e di compensazione territoriale.
2. Il PSC è rappresentato mediante l'utilizzo di piattaforme informatiche secondo le modalità previste dal regolamento di attuazione della presente legge.
Art. 16
Finalità strategiche del PSC.
1. Il PSC persegue le seguenti finalità strategiche:
a) la conservazione e la valorizzazione del territorio comunale attuando le previsioni del PTR anche in relazione ai profili naturalistico, ambientale, paesaggistico, culturale, storico e la riqualificazione urbana e ambientale;
b) le migliori condizioni per la crescita economica del Comune e lo sviluppo sostenibile della competitività del sistema comunale;
c) la coesione sociale della comunità, nonché l'integrazione territoriale, economica e sociale del Comune con i territori contermini;
d) il miglioramento della condizione di vita degli individui, della comunità, degli ecosistemi e, in generale, l'innalzamento della qualità ambientale;
e) le migliori condizioni per il contenimento del consumo dell'energia e del suolo, anche con lo scopo di mantenere la più estesa fruizione a scopi agricoli e forestali, nonché per lo sviluppo delle fonti energetiche alternative;
f) la sicurezza rispetto ai rischi correlati all'utilizzo del territorio comunale.
Art. 17
Procedura di formazione del PSC.
1. Il Consiglio comunale impartisce alla Giunta comunale le direttive per la predisposizione del PSC e delle sue varianti e le comunica ai soggetti di cui all'articolo 18, comma 3.
2. Il Comune elabora il documento preliminare di piano, lo approva e convoca la conferenza di pianificazione con le modalità di cui all'articolo 18.
3. Il Comune richiede alla Regione l'intesa di pianificazione sul PSC, ai sensi dell'articolo 19.
4. Il Consiglio comunale adotta il PSC nel rispetto dell'intesa con la Regione.
5. Il Comune pubblica l'avviso di adozione del PSC sul Bollettino Ufficiale della Regione e contestualmente deposita il PSC presso la propria sede per trenta giorni, entro i quali chiunque può formulare osservazioni.
6. Il Consiglio comunale decide motivatamente sulle osservazioni e approva il PSC qualora non siano introdotte modifiche ai contenuti dell'intesa. Il PSC approvato è trasmesso alla Regione.
7. Il Comune richiede alla Regione una nuova intesa, qualora, in sede di approvazione, modifichi i contenuti di PSC, già oggetto di intesa.
8. La struttura regionale competente conferma, entro sessanta giorni dalla ricezione del PSC approvato, il rispetto dell'intesa di pianificazione. Decorso il predetto termine, nel silenzio dell'Amministrazione regionale, il PSC si intende conforme all'intesa. L'avviso di approvazione è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione.
9. La struttura regionale competente, qualora il PSC approvato non rispetti i contenuti dell'intesa, informa la Giunta regionale e restituisce gli atti al Comune.
10. Il PSC entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di approvazione.
11. Il PSC approvato in mancanza o in difformità dell'intesa di pianificazione è inefficace.
12. Il PSC è assoggettato alle metodologie di Agenda 21 e alla procedura di VAS.
Art. 18
Conferenza di pianificazione.
1. Il Comune convoca e presiede la conferenza di pianificazione per formare e variare il PSC.
2. La conferenza verifica la completezza e l'aggiornamento del quadro conoscitivo del territorio, raccoglie e integra le valutazioni dei soggetti partecipanti. La conferenza, se richiesta, esprime valutazioni preliminari sul DPP.
3. La Regione, la Provincia territorialmente competente, i soggetti pubblici che svolgono funzioni pianificatorie, le Amministrazioni statali competenti, nonché i Comuni contermini sono convocati di diritto al fine del raggiungimento delle intese o degli atti di assenso.
4. Il Comune ha facoltà di convocare altri soggetti pubblici.
5. Nella conferenza di pianificazione sono prioritariamente promosse le intese necessarie a definire le previsioni urbanistiche di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato o della Regione, nonché di quelli ricadenti in ambito territoriale di competenza di soggetti di diritto pubblico ai quali leggi statali o regionali attribuiscono specifiche funzioni di pianificazione.
6. Il verbale della conferenza di pianificazione, contenente l'acquisizione di intese, concerti, pareri, nulla osta e atti di assenso comunque denominati previsti dalla legislazione vigente e rilasciati dalle Amministrazioni dello Stato nella conferenza di pianificazione, sostituisce le procedure di acquisizione degli atti per la formalizzazione di intese e concerti e di rilascio di nulla osta, autorizzazioni e assensi.
7. Nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento, il procedimento della conferenza di pianificazione è disciplinato dal Comune.
Art. 19
Intesa di pianificazione.
1. Il Comune e la Regione definiscono l'intesa di pianificazione sul PSC al termine della conferenza di pianificazione.
2. L'intesa ha per oggetto il recepimento nel PSC delle prescrizioni di PTR vigente, nonché la delega al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
3. Il Comune può proporre che nell'intesa siano previsti interventi di trasformazione del territorio e scelte urbanistiche relative a risorse essenziali di livello comunale.
4. La Regione esprime l'intesa sul PSC con deliberazione della Giunta regionale e il Comune con la deliberazione consiliare, di cui all'articolo 17, comma 4.
5. La Regione esprime l'intesa sul PSC sovracomunale, in relazione all'adeguatezza del prescelto ambito territoriale ai sensi delle norme vigenti.
6. La Regione delega il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche ai soggetti indicati all'articolo 58, comma 3.
Art. 20
Salvaguardia.
1. Il Comune, a decorrere dalla data della deliberazione di adozione del PSC o delle varianti al piano in vigore e sino alla data di entrata in vigore del piano medesimo, sospende ogni determinazione sulle domande di rilascio di titoli abilitativi edilizi che siano in contrasto con le previsioni del PSC adottato.
2. La sospensione di cui al comma 1 opera per un termine massimo di due anni per il PSC comunale e per un termine massimo di tre anni per il PSC sovracomunale.
3. La salvaguardia di cui al presente articolo non opera per gli interventi edilizi di manutenzione ordinaria e straordinaria, per gli interventi di restauro e risanamento conservativo, nonché per gli interventi di pubblica utilità e interesse pubblico.
Art. 21
Piano operativo comunale.
1. Il Piano operativo comunale, predisposto dal Comune in conformità delle previsioni del PSC, ha efficacia conformativa della proprietà e durata indeterminata. È facoltà di ogni Comune adottare e approvare il POC singolarmente o con modalità sovracomunale. Il POC sovracomunale è adottato e approvato dai medesimi organi che hanno approvato il PSC sovracomunale.
2. Il POC:
a) ripartisce il territorio comunale in zone omogenee con relative destinazioni d'uso e indici edilizi secondo le tipologie e nei limiti indicati dal PTR;
b) stabilisce norme tecniche di attuazione degli interventi di riqualificazione, di trasformazione e di conservazione;
c) stabilisce gli standard, individua e disciplina le aree destinate alla realizzazione del sistema delle infrastrutture, degli spazi, dei servizi pubblici e di interesse pubblico, le attrezzature di interesse collettivo e sociale, nonché le zone preordinate alla tutela ambientale e del territorio;
d) individua gli ambiti da assoggettare obbligatoriamente a pianificazione di settore, nonché a scala di maggior dettaglio, quelli da assoggettare a pianificazione attuativa e ne stabilisce le regole e le modalità d'intervento;
e) individua gli ambiti in cui sono previsti interventi di riqualificazione del patrimonio edilizio esistente;
f) disciplina gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria anche con l'utilizzo della tecnica della perequazione urbanistica, della compensazione urbanistica e della compensazione territoriale e individua le correlate aree destinate al trasferimento dei crediti edilizi, nonché i relativi limiti di incremento edificatorio.
3. Il POC non può contenere previsioni che abbiano effetti significativi sull'ambiente tali da incidere sulla procedura di VAS fatta nel PSC.
Art. 22
Procedura di formazione del POC.
1. La Giunta comunale adotta il POC o le sue varianti e richiede la pubblicazione dell'avviso di adozione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
2. Il POC adottato è depositato, contestualmente alla pubblicazione dell'avviso di adozione sul Bollettino Ufficiale della Regione, presso la sede del Comune per trenta giorni entro i quali chiunque può formulare osservazioni e opposizioni.
3. I pareri e gli atti di assenso comunque denominati previsti dalla legislazione vigente, non acquisiti in sede di conferenza di pianificazione, sono rilasciati dalle amministrazioni competenti anteriormente all'approvazione del POC.
4. Il Consiglio comunale decide motivatamente sulle osservazioni e sulle opposizioni presentate ai sensi del comma 2 e approva il POC previa asseverazione di conformità agli strumenti di pianificazione sovraordinata e alle disposizioni di legge. L'asseverazione è firmata congiuntamente dal Sindaco, dal segretario comunale e dal responsabile del procedimento.
5. Il POC entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di approvazione.
Art. 23
Decadenza dei vincoli.
1. Le previsioni del POC che assoggettano singoli beni a vincoli preordinati all'esproprio decadono qualora non siano state attuate o non sia iniziata la procedura per l'espropriazione degli immobili entro cinque anni dall'entrata in vigore del POC medesimo.
2. La decadenza di cui al comma 1 non opera qualora i vincoli abbiano validità permanente in quanto imposti da disposizioni di legge.
3. Nelle aree nelle quali le previsioni urbanistiche risultino inefficaci ai sensi del comma 1 è ammissibile la realizzazione di interventi aventi destinazione d'uso e parametri edilizi compatibili con le previsioni dello strumento urbanistico per le aree contermini, nel rispetto di un indice massimo di fabbricabilità fondiaria di 0,03 mc/mq e, per le attività produttive, di un rapporto di copertura pari ad un decimo dell'area di proprietà.
4. Il Comune, in sede di reiterazione dei vincoli di cui al comma 1, può avvalersi di tecniche di perequazione e compensazione urbanistica per l'equo ristoro a favore dei proprietari degli immobili interessati.
5. Nelle more della reiterazione dei vincoli di cui al comma 1 non sono ammesse varianti che assoggettano a vincolo preordinato all'esproprio aree destinate a servizi. Sono comunque ammesse varianti per la realizzazione di lavori pubblici e quelle conseguenti a una conferenza di servizi, un accordo di programma, un'intesa ovvero un altro atto, anche di natura territoriale, che in base alla legislazione vigente comporti la variante al piano urbanistico.
Art. 24
Accelerazione di procedure.
1. L'approvazione dei progetti preliminari di lavori pubblici, anche di competenza di enti diversi, da parte del Consiglio comunale, anche se non conformi alle specifiche destinazioni di piano, costituisce variante al POC, ferma restando la conformità al PSC.
2. Lo strumento urbanistico del Comune adeguato al PTR ai sensi dell'articolo 12 può essere variato con accordo di programma, in presenza dei presupposti e con le procedure di cui all'articolo 19 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (Testo unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso), e successive modifiche.
3. L'accordo di programma è approvato con decreto del Presidente della Regione e determina le variazioni del PSC e, ove necessario, del POC, nel rispetto del PTR, qualora l'adesione del Sindaco allo stesso sia ratificata dal Consiglio comunale a pena di decadenza entro trenta giorni. L'accordo di programma diviene efficace dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione del decreto di approvazione del Presidente della Regione. L'accordo di programma produce gli effetti del verbale della conferenza di pianificazione di cui all'articolo 18, comma 6, nonché dell'intesa di cui all'articolo 19.
4. I soggetti indicati all'articolo 18, comma 3, partecipano all'accordo di programma in relazione agli interessi e alle competenze coinvolti.
5. All'accordo di programma vanno allegati gli elaborati previsti per lo strumento urbanistico che si intende variare, relativamente all'ambito oggetto dell'accordo di programma e al suo congruo intorno, o, in alternativa, il progetto preliminare dell'opera pubblica oggetto dell'accordo.
6. Il progetto preliminare di cui al presente articolo individua beni e soggetti interessati dalla procedura espropriativa ai fini della partecipazione al procedimento amministrativo, ai sensi dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità).
7. Il competente organo istituzionale del soggetto di cui all'articolo 28 provvede alla ratifica di cui al comma 1, nell'ipotesi in cui la variante urbanistica incida sugli strumenti di pianificazione sovracomunale.
Art. 25
Piani attuativi comunali.
1. I Piani attuativi comunali sono adottati e approvati dalla Giunta comunale in seduta pubblica, secondo le modalità previste nel regolamento comunale. I PAC sono approvati dal Consiglio comunale qualora ne faccia richiesta almeno un terzo dei Consiglieri comunali.
2. Il PAC adottato è depositato presso la sede del Comune per trenta giorni entro i quali chiunque può formulare osservazioni e opposizioni.
3. Le procedure di adozione e approvazione del PAC sostituiscono quelle degli strumenti urbanistici attuativi delle previsioni di pianificazione comunale e sovracomunale e in particolare:
a) i piani particolareggiati e i piani di lottizzazione;
b) i piani per l'edilizia economica e popolare;
c) i piani delle aree da destinare a insediamenti produttivi;
d) i piani di recupero;
e) i programmi integrati di intervento;
f) i programmi di recupero e riqualificazione urbana.
4. Per le opere pubbliche e di interesse pubblico, la deliberazione di approvazione dei PAC comporta la pubblica utilità delle opere.
5. Il Comune, su richiesta del proponente un PAC di iniziativa privata, può attribuire all'atto deliberativo valore di titolo abilitativo edilizio per tutti o parte degli interventi previsti, a condizione che siano stati ottenuti i pareri, le autorizzazioni e i nulla osta cui è subordinato il rilascio del titolo abilitativo medesimo. Le eventuali varianti al titolo abilitativo edilizio relative a tali interventi sono rilasciate, a norma delle disposizioni vigenti, senza la necessità di pronunce deliberative.
6. I rapporti derivanti dall'attuazione degli interventi previsti dal PAC sono regolati da convenzione tra Comune e proponente, approvata dalla Giunta comunale contestualmente al PAC.
7. Il PAC entra in vigore dalla data di pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso di approvazione.
Capo IV - Pianificazione sovracomunale
Art. 26
Requisiti per la pianificazione sovracomunale.
1. La pianificazione sovracomunale coinvolge il territorio di Comuni contermini in numero non inferiore a cinque, oppure non inferiore a un terzo dei Comuni della provincia, o con popolazione non inferiore a 30.000 abitanti.
2. La funzione della pianificazione sovracomunale è svolta con le modalità degli articoli 27 e 28.
3. Il Comune capoluogo, la Comunità montana e la Città metropolitana possono svolgere singolarmente la funzione della pianificazione sovracomunale.
Art. 27
Affidamento della predisposizione degli strumenti urbanistici.
1. I Comuni territorialmente contermini in possesso dei requisiti di cui all'articolo 26, che intendono svolgere congiuntamente la funzione della pianificazione sovracomunale, possono, sulla base delle convenzioni stipulate ai sensi della legge regionale 9 gennaio 2006, n. 1 (Principi e norme fondamentali del sistema Regione-autonomie locali nel Friuli-Venezia Giulia), e successive modifiche, affidare la predisposizione degli strumenti urbanistici a:
a) Associazione intercomunale anche costituita in ASTER;
b) Unione di Comuni;
c) Comune capoluogo;
d) Comunità montana;
e) Città metropolitana;
f) Provincia.
2. La convenzione di cui al comma 1 contiene le direttive del Consiglio comunale per la predisposizione degli strumenti urbanistici.
Art. 28
Delega della funzione della pianificazione.
1. I Comuni territorialmente contermini, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 26, possono delegare la funzione della pianificazione sovracomunale a:
a) Unione di Comuni;
b) Comune capoluogo;
c) Comunità montana;
d) Città metropolitana;
e) Provincia;
f) Ente di pianificazione intercomunale.
2. Gli atti di pianificazione sono adottati con le procedure di cui al capo III dai competenti organi istituzionali dei soggetti delegati.
3. La facoltà di cui al comma 1 viene esercitata mediante stipula di apposita convenzione approvata dai Consigli comunali che indica il mandato di pianificazione assegnato al soggetto delegato e, in particolare, durata, contenuto, modalità di esercizio della funzione pianificatoria e vigilanza sulla funzione delegata.
Art. 29
Ente di pianificazione intercomunale.
1. I Comuni territorialmente contermini, in possesso dei requisiti di cui all'articolo 26, possono costituire l'Ente di pianificazione intercomunale (EPI), soggetto pubblico con personalità giuridica, per l'esercizio congiunto della funzione della pianificazione sovracomunale.
2. L'atto costitutivo e lo statuto sono approvati dai Consigli dei Comuni. L'istituzione dell'EPI decorre dalla data di stipulazione dell'atto costitutivo, qualora non diversamente previsto dall'atto medesimo.
3. Lo statuto individua gli organi dell'EPI e le loro competenze, le modalità per la loro costituzione, la sede, l'ordinamento finanziario; definisce altresì le procedure conseguenti allo scioglimento dell'EPI o al recesso da parte dei Comuni partecipanti, fermo restando il mantenimento dei requisiti di cui all'articolo 26.
4. Il segretario dell'EPI è nominato tra i segretari dei Comuni costituenti.
5. I Comuni costituenti l'EPI definiscono mediante convenzione approvata dai Consigli comunali il contenuto della funzione pianificatoria delegata, i suoi limiti, la durata, le modalità di esercizio, le modalità di vigilanza e la ripartizione degli oneri per l'esercizio della funzione.
Art. 30
Contenuti della pianificazione sovracomunale.
1. La funzione della pianificazione sovracomunale si esercita, nel rispetto delle procedure di cui al capo III del presente titolo e delle prescrizioni di PTR, mediante lo strumento del PSC, che considera come territorio quello dei Comuni interessati.
2. La pianificazione sovracomunale consente:
a) la previsione di nuove zone residenziali di espansione, industriali, artigianali, commerciali, turistiche ovvero l'ampliamento di quelle esistenti;
b) la previsione di infrastrutture, servizi pubblici e attrezzature di interesse pubblico, di scala sovracomunale.
3. I Comuni che non svolgono la funzione della pianificazione sovracomunale possono approvare strumenti urbanistici o loro varianti nelle fattispecie di cui al comma 2, lettere a) e b), esclusivamente per adeguare le attività già insediate nelle zone industriali, artigianali, commerciali, turistiche e residenziali esistenti ad obblighi derivanti da normative regionali, statali e comunitarie.
4. Nuove zone industriali, artigianali, commerciali, turistiche e residenziali di espansione non sono ammesse, se non in sede di pianificazione sovracomunale, salvo diversa prescrizione di PTR.
5. L'ampliamento delle zone industriali, artigianali, commerciali, turistiche e residenziali di espansione nei Comuni che non svolgono la pianificazione sovracomunale è ammesso nei limiti del PTR.
6. La Regione è autorizzata a concedere contributi, nella misura stabilita dalla legge annuale di bilancio, ai soggetti di pianificazione sovracomunale per la redazione degli strumenti di pianificazione sovracomunale.
Capo V - Perequazione urbanistica e compensazione territoriale
Art. 31
Perequazione urbanistica.
1. Il Comune può utilizzare la tecnica della perequazione urbanistica in sede di pianificazione operativa e attuativa relativamente a immobili destinati a trasformazione urbanistica, mediante convenzione con i proprietari degli immobili interessati.
2. La disciplina della perequazione urbanistica per gli interventi di trasformazione da attuare in forma unitaria è stabilita nel POC e nei PAC, in modo tale da assicurare la ripartizione dei diritti edificatori e dei relativi oneri tra tutti i proprietari degli immobili interessati, indipendentemente dalle destinazioni specifiche assegnate alle singole aree.
Art. 32
Compensazione urbanistica.
1. Il Comune e i proprietari delle aree da destinare a servizi possono concordare la cessione delle medesime al Comune, a fronte di una compensazione attuata mediante il trasferimento dei diritti edificatori in altre aree del territorio comunale a ciò preventivamente destinate.
2. La compensazione può aver luogo mediante convenzione fra il Comune e i proprietari delle aree interessate dagli interventi, che stabilisca:
a) le modalità di calcolo dei crediti edificatori;
b) la localizzazione delle aree sulle quali trasferire i diritti edificatori;
c) il tempo massimo di utilizzazione dei crediti edificatori;
d) la corresponsione di un importo pari all'indennità di esproprio per il caso di impossibilità di utilizzazione del credito edificatorio nel periodo convenuto.
Art. 33
Compensazione territoriale.
1. I Comuni che provvedono congiuntamente alla pianificazione strutturale in forma sovracomunale possono utilizzare la tecnica della compensazione territoriale per realizzare lo scambio di diritti edificatori, contro equivalenti valori di natura urbanistica o economica.
TITOLO III
Informatizzazione e monitoraggio
Art. 34
Informatizzazione degli strumenti urbanistici.
1. La Regione e il Comune formano i propri strumenti di pianificazione territoriale e le loro varianti con metodologie informatiche standardizzate, secondo modalità stabilite ai sensi del presente articolo.
2. Gli strumenti di pianificazione territoriale adottati e approvati, formati con le metodologie informatiche di cui al comma 1, sono inseriti nel Sistema territoriale regionale (SITER). L'inserimento dei piani nel SITER costituisce certificazione di conformità all'originale.
3. Il regolamento di attuazione della presente legge disciplina le modalità tecniche da assumere nella redazione degli strumenti di pianificazione e negli atti di convalida secondo modelli standardizzati.
Art. 35
Supporti informativi e cartografici.
1. La struttura regionale competente in materia di pianificazione territoriale provvede all'organizzazione di una banca dati informatica, nella quale sono raccolti, elaborati e interpretati i dati numerici e di documentazione cartografica, riguardanti le dinamiche del territorio.
2. I soggetti che approvano PSC, POC e PAC trasmettono alla Regione copia dei piani medesimi in formato elettronico secondo le modalità, i tempi e le specifiche di cui all'articolo 34. In caso di omessa o ritardata trasmissione la Giunta regionale adotta i provvedimenti conseguenti all'inadempimento, anche nominando un commissario ad acta. Il commissario si avvale degli uffici e dei fondi comunali.
3. È fatto obbligo agli uffici regionali, alle Province, ai Comuni e agli altri enti pubblici di inviare periodicamente alla struttura di cui al comma 1 le informazioni territoriali a disposizione per l'implementazione della banca dati informatica.
4. La struttura di cui al comma 1 fornisce i supporti tecnici, informatici e cartografici per la formazione e gestione degli strumenti di pianificazione territoriale, nonché i supporti tecnici e cartografici di base per la predisposizione di cartografie tematiche da curare in collaborazione con le altre Direzioni dell'Amministrazione regionale.
5. Il regolamento di attuazione della presente legge disciplina le modalità tecniche da assumere nell'organizzazione della banca dati informatica, secondo modelli standardizzati.
Art. 36
Rapporti annuali sullo stato del territorio.
1. La Regione pubblica annualmente il Rapporto sullo stato del territorio del Friuli-Venezia Giulia con il quale dà conto della condizione del territorio nell'anno precedente anche in comparazione con la condizione accertata negli anni antecedenti quello oggetto d'esame. Il rapporto dà conto inoltre dell'attività di pianificazione svolta dalla Regione e dai Comuni. Il Rapporto è messo a dispozione del pubblico in formato elettronico.
2. I Comuni pubblicano ogni anno il Rapporto comunale sullo stato del territorio con il quale danno conto della condizione del territorio nell'anno precedente anche in comparazione con la condizione accertata negli anni antecedenti quello oggetto d'esame. Il Rapporto comunale dà inoltre conto dell'attività di pianificazione svolta dall'Amministrazione comunale, nonché dell'attività edilizia eseguita. Il Rapporto è messo a disposizione del pubblico in formato elettronico entro il trenta giugno ed è trasmesso alla Regione con il medesimo formato entro la stessa data.
3. Il Rapporto comunale di cui al comma 2, è redatto dal Comune che può avvalersi del soggetto cui è stata delegata, singolarmente o in forma sovracomunale, la funzione della pianificazione strutturale, sulla base delle specifiche indicate dal regolamento di cui all'articolo 61. In caso di omessa o ritardata trasmissione alla Regione entro i termini di cui al comma 2, la Giunta regionale adotta i provvedimenti conseguenti all'inadempimento, anche nominando un commissario ad acta. Il commissario si avvale degli uffici e dei fondi comunali.
PARTE II
DISCIPLINA DELL'ATTIVITÀ EDILIZIA
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 37
Recepimento della normativa statale.
1. L'Amministrazione regionale si conforma ai principi generali della legislazione statale in materia edilizia, ferme restando le disposizioni di leggi regionali di settore, con il recepimento delle disposizioni contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), e successive modifiche, in particolare, riferite a:
a) sportello unico per l'edilizia;
b) definizione degli interventi edilizi;
c) regime edificatorio e titoli abilitativi edilizi;
d) contributo del costo di costruzione;
e) attività edilizia delle pubbliche amministrazioni e su aree demaniali;
f) attività edilizia libera;
g) controllo e vigilanza sull'attività edilizia e relative sanzioni.
2. La disciplina in materia di installazione degli impianti elettrici ed elettronici, di controllo sull'osservanza delle norme sismiche e sulle opere strutturali è regolamentata dalla legge regionale.
Art. 38
Regolamento edilizio.
1. I Comuni, in conformità alle disposizioni della presente legge e del regolamento di attuazione, si dotano di un regolamento edilizio.
2. Il regolamento edilizio disciplina, anche in conformità alle altre leggi in materia edilizia e igienico-sanitaria, le attività di costruzione e di trasformazione fisica e funzionale delle opere edilizie.
3. Il regolamento edilizio non può apportare modifiche alla disciplina urbanistica comunale.
Art. 39
Misure per la promozione della bioedilizia, della bioarchitettura e del rendimento energetico nell'edilizia.
1. I Comuni introducono nel regolamento edilizio disposizioni finalizzate a promuovere la bioedilizia, la bioarchitettura, nonché gli interventi per il risparmio energetico, nel rispetto dell'articolo 6 della legge regionale 18 agosto 2005, n. 23 (Disposizioni in materia di edilizia sostenibile).
2. Gli interventi per il risparmio energetico sono ammessi anche in deroga ai vigenti regolamenti nelle more dell'adeguamento di cui al comma 1.
3. Gli interventi finalizzati al perseguimento di obiettivi di risparmio energetico e che necessitano anche di limitate modifiche volumetriche possono essere realizzati anche in deroga agli indici urbanistico-edilizi previsti dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi.
4. Copia semplice dell'attestato di certificazione energetica o di rendimento energetico dell'edificio di cui al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002, relativa al rendimento energetico nell'edilizia), e successive modifiche, è depositata presso il Comune competente a cura del costruttore o del proprietario dell'immobile all'atto della richiesta di agibilità dell'immobile. Le modalità di raccolta ed elaborazione dei dati e di monitoraggio dei livelli prestazionali energetici degli edifici sono stabilite ai sensi dell'articolo 62.
5. I Comuni stabiliscono, per gli interventi di cui al comma 1, una riduzione del contributo di costruzione, se dovuto, in misura non inferiore al 5 per cento dell'importo.
6. Gli interventi per il risparmio energetico su edifici esistenti finalizzati a realizzare o integrare impianti tecnologici si considerano attività edilizia libera.
7. Si considerano, altresì, attività edilizia libera gli interventi di climatizzazione realizzati nel rispetto degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi.
Art. 40
Interventi relativi a impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili.
1. Gli interventi relativi ad impianti di produzione di energia elettrica, di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) e c), del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità), e successive modifiche, da realizzare in area agricola sono individuati dal POC nel rispetto delle disposizioni in materia di sostegno nel settore agricolo, con particolare riferimento alla valorizzazione delle tradizioni agroalimentari locali, alla tutela della biodiversità, così come del patrimonio culturale e del paesaggio rurale di cui agli articoli 7 e 8 della legge 5 marzo 2001, n. 57 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati), e successive modifiche, nonché del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57), e successive modifiche.
Art. 41
Monitoraggio dei certificati di regolarità contributiva in edilizia.
1. I soggetti in possesso di titolo abilitativo edilizio inviano al Comune competente, con cadenza semestrale e per il periodo di validità del titolo abilitativo medesimo, copia del certificato di regolarità contributiva di cui all'articolo 3, comma 8, lettere b-bis) e b-ter), del decreto legislativo 14 agosto 1996, n. 494 (Attuazione della direttiva 92/57/CEE concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili), e successive modifiche.
2. Il certificato di cui al comma 1 è trasmesso dal Comune all'Osservatorio di cui all'articolo 62 al fine di monitorare l'intero ciclo dell'attività edilizia.
3. I Comuni, nell'ambito dell'attività di vigilanza dell'attività edilizia, eseguono controlli, anche a campione, sui certificati di regolarità contributiva di cui al comma 1.
Art. 42
Commissione edilizia.
1. La commissione edilizia è organo tecnico-consultivo del Comune in materia urbanistica ed edilizia. Fa parte di diritto della commissione edilizia un componente designato dalla Consulta regionale delle associazioni dei disabili di cui all'articolo 13-bis della legge regionale 25 settembre 1996, n. 41 (Norme per l'integrazione dei servizi e degli interventi sociali e sanitari a favore delle persone handicappate ed attuazione della legge 5 febbraio 1992, n. 104 «Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale ed i diritti delle persone handicappate»), e successive modifiche.
2. I Comuni hanno la facoltà di istituire la commissione edilizia. Il regolamento edilizio ne definisce la disciplina e indica gli interventi sottoposti al suo preventivo parere.
Art. 43
Sportello unico per l'edilizia.
1. I Comuni affidano la responsabilità dei procedimenti edilizi allo sportello unico per l'edilizia, da costituire anche in forma associata.
2. Il permesso di costruire è rilasciato dal sindaco o da suo delegato.
3. I Comuni, attraverso lo sportello unico per l'edilizia, forniscono altresì un'adeguata e continua informazione ai cittadini sui contenuti degli strumenti urbanistici ed edilizi.
Art. 44
Categorie delle destinazioni d'uso.
1. Le destinazioni d'uso delle unità immobiliari sono distinte nelle seguenti categorie:
a) residenziali;
b) artigianale di servizio;
c) alberghiera e ricettivo-complementare;
d) direzionale;
e) commerciale al minuto e di servizio;
f) commerciale all'ingrosso;
g) trasporto di persone e merci;
h) artigianale;
i) industriale;
j) agricola, ivi compresa quella abitativa degli agricoltori a titolo professionale in zona agricola;
k) artigianale complementare all'attività agricola, in zona agricola limitatamente alla conservazione, prima trasformazione dei prodotti agricoli e forestali e all'assistenza delle macchine agricole;
l) commerciale complementare all'attività agricola in zona agricola;
m) allevamento industriale in zona agricola;
n) servizi pubblici e attrezzature di interesse pubblico.
Art. 45
Certificato urbanistico e valutazione preventiva.
1. Il proprietario dell'immobile o chi abbia interesse può chiedere al competente ufficio comunale il certificato contenente l'indicazione della disciplina urbanistica ed edilizia prevista nella strumentazione urbanistico-territoriale, vigente o adottata.
2. L'ufficio comunale provvede al rilascio del certificato di cui al comma 1 entro quindici giorni.
3. Il regolamento edilizio può prevedere che il proprietario dell'immobile o chi abbia titolo richieda una valutazione preliminare sull'ammissibilità dell'intervento.
4. Il certificato urbanistico e la valutazione preventiva conservano validità per un anno dalla data del rilascio a meno che non intervengano modificazioni degli strumenti urbanistici vigenti.
Art. 46
Area di pertinenza urbanistica.
1. L'area di pertinenza urbanistica di una costruzione è l'area che viene vincolata per il rispetto dell'indice di edificabilità.
2. Al fine di cui al comma 1, può essere vincolata un'area non adiacente all'area di insistenza della costruzione, anche se sita nel territorio di un Comune diverso, avente la medesima classificazione quale zona omogenea, purché funzionalmente contigua, solo nei casi di interventi in zona agricola connessi con la conduzione dei fondi.
3. Nel caso in cui siano vincolate aree site nel territorio di un Comune diverso, il Comune competente per il rilascio del permesso di costruire è tenuto a comunicare ai Comuni interessati, prima del rilascio del medesimo, l'iscrizione del vincolo di pertinenza urbanistica riferito alle aree ricadenti nel territorio dei Comuni stessi. I Comuni predetti sono tenuti ad iscrivere tale vincolo di pertinenza urbanistica e a darne comunicazione o a formulare eventuali osservazioni, nel termine di quindici giorni, al Comune competente al fine del rilascio del permesso di costruire.
4. L'entrata in vigore di normativa urbanistica, che consenta un indice di edificabilità più elevato, comporta la liberalizzazione dal vincolo a pertinenza urbanistica delle aree già vincolate eccedenti quelle necessarie per il rispetto dell'indice suddetto.
5. In ogni caso, ai fini del rilascio del permesso di costruire, deve essere iscritto il vincolo di pertinenza urbanistica sulle particelle catastali corrispondenti all'area di insistenza della costruzione ed alle aree asservite.
Art. 47
Interventi finalizzati all'abbattimento delle barriere architettoniche.
1. Gli interventi finalizzati all'abbattimento delle barriere architettoniche, ancorché necessitino di limitate modifiche volumetriche agli edifici, possono essere realizzati in deroga alle norme urbanistiche ed edilizie, fermo restando il rispetto delle distanze minime previste dal Codice civile.
2. La progettazione di cui all'articolo 77 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 deve prevedere per gli immobili di almeno due livelli fuori terra la possibilità di installare un ascensore raggiungibile mediante rampe prive di gradini.
Art. 48
Interventi subordinati a denuncia di inizio attività.
1. In attuazione dell'articolo 10, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, sono subordinati a denuncia di inizio attività in particolare i seguenti interventi:
a) la realizzazione di chioschi per la vendita, somministrazione, lavorazione di beni di consumo;
b) le pertinenze di edifici esistenti non superiori a 30 metri cubi;
c) l'occupazione del suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero;
d) le demolizioni, i reinterri e gli scavi che non interessino la coltivazione di cave e che non siano preordinati alla realizzazione di interventi di rilevanza urbanistica;
e) la realizzazione di cappelle, edicole e monumenti funerari;
f) la realizzazione di manufatti per l'esercizio di servizi pubblici e per l'arredo urbano;
g) il collocamento, la modificazione o la rimozione di stemmi, insegne, targhe, decorazioni e simili;
h) la collocazione di cartelli o affissi pubblicitari, di segnali indicatori, di monumenti;
i) la collocazione di tende relative a locali d'affari ed esercizi pubblici;
j) le linee elettriche con tensione inferiore a 1.000 volt e relative opere accessorie;
k) gli scavi per la posa di condotte sotterranee lungo la viabilità esistente;
l) le opere per il raccordo di nuovi utenti alle reti dei servizi centralizzati esistenti;
m) la realizzazione di volumi tecnici che si rendano indispensabili a seguito dell'installazione di impianti tecnologici necessari per le esigenze degli edifici esistenti;
n) le recinzioni, i muri di cinta e le cancellate;
o) le opere di eliminazione delle barriere architettoniche in edifici esistenti, consistenti in rampe o ascensori esterni, ovvero in manufatti che alterino la sagoma dell'edificio;
p) le opere sportive che non creano volumetria;
q) parcheggi di pertinenza dell'unità immobiliare, interrati o seminterrati, realizzati nell'area di pertinenza urbanistica della stessa o in altra area avente la stessa destinazione di zona, purché la distanza non superi il raggio di 500 metri; il legame pertinenziale è definito in un atto unilaterale d'obbligo, da trascrivere nei registri immobiliari;
r) posa di condutture, infrastrutture a rete e impianti finalizzati alla distribuzione locale di servizi di interesse pubblico.
Art. 49
Strutture temporanee.
1. Possono essere autorizzati a titolo precario gli interventi soggetti a permesso di costruire, benché difformi dalle previsioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati, qualora siano destinati al soddisfacimento di esigenze di carattere improrogabile e transitorio, non altrimenti realizzabili.
2. All'autorizzazione deve essere apposta una specifica clausola che determini il periodo di validità dell'atto nel massimo di un anno, prorogabile, per comprovati motivi, per non più di due volte.
3. L'autorizzazione in precario non sostituisce le altre autorizzazioni previste dalla legge e viene rilasciata secondo le procedure e le modalità previste nel regolamento edilizio comunale.
4. L'autorizzazione in precario può essere motivatamente revocata senza indennizzo, prima della scadenza del termine finale di validità, per comprovati motivi di pubblico interesse.
5. Il termine di validità delle autorizzazioni a titolo precario delle opere necessarie per la continuazione dell'esercizio di pubbliche funzioni corrisponde al periodo necessario alla realizzazione o al recupero delle opere pubbliche.
6. Nel caso in cui alla scadenza dell'atto, ovvero nel caso di revoca del medesimo, il titolare dell'autorizzazione non provveda alla demolizione dell'opera e al ripristino dello stato dei luoghi, si applicano le sanzioni previste dalla legge.
7. L'installazione di strutture temporanee per lo svolgimento di attività, di manifestazioni culturali, sportive e ricreative è soggetta unicamente alle autorizzazioni previste dal Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.
8. Non sono soggetti ad alcun titolo abilitativo edilizio nelle strutture ricettive all'aria aperta, così come definite dalla legge regionale 16 gennaio 2002, n. 2 (Disciplina organica del turismo), e successive modifiche, e ammesse dallo strumento urbanistico comunale generale vigente, gli allestimenti mobili di pernottamento installati a cura della gestione, a condizione che rispondano ai seguenti requisiti:
a) conservino i meccanismi di rotazione in funzione;
b) non possiedano alcun collegamento permanente al terreno;
c) gli allacciamenti alle reti tecnologiche siano rimovibili in ogni momento.
Art. 50
Disposizioni applicative.
1. L'esecuzione di interventi comportanti variazioni non superiori al 3 per cento rispetto alle misure del progetto con riferimento alla sagoma, alla superficie, alla volumetria ed all'altezza, non costituiscono variante al titolo abilitativo edilizio, fermo restando il rispetto dei limiti previsti dagli strumenti urbanistici e dai regolamenti edilizi.
2. Il recupero a fini abitativi del sottotetto di edifici destinati in tutto o in parte a residenza, è ammesso senza modifiche alla sagoma anche in deroga ai limiti e parametri degli strumenti urbanistici vigenti e della legge regionale 23 agosto 1985, n. 44 (Altezze minime e principali requisiti igienico-sanitari dei locali adibiti ad abitazione, uffici pubblici e privati ed alberghi), e successive modifiche, se contestuale ad interventi di ristrutturazione edilizia, conservazione tipologica, risanamento conservativo e restauro dell'edificio o di parte dello stesso.
3. Il recupero di cui al comma 2 è assoggettato al contributo di costruzione.
Art. 51
Disposizioni applicative in materia di ristrutturazione edilizia.
1. Gli interventi di ristrutturazione edilizia possono ricomprendere anche quelli consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma del preesistente, fatte salve le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica e le modifiche di collocazione dell'area di sedime che rientrino nelle variazioni non essenziali.
Art. 52
Rinvio.
1. Per quanto non disciplinato in materia edilizia dalla presente legge, nonché dal regolamento di attuazione e da leggi regionali, trovano applicazione le disposizioni della legge dello Stato.
Art. 53
Procedimento autorizzativo in materia di telefonia mobile.
1. L'articolo 5 della legge regionale 6 dicembre 2004, n. 28 (Disciplina in materia di infrastrutture per la telefonia mobile), è sostituito dal seguente:
«Art. 5
Procedimento autorizzativo.
1. L'installazione e la modifica di tutte le infrastrutture per telefonia mobile, i ponti radio e gli impianti gap-filler viene autorizzata dal Comune territorialmente competente nel rispetto del Piano di cui all'articolo 4, previo accertamento da parte dell'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente (ARPA), con l'esclusione per i ponti radio, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale, nonché previa acquisizione dei pareri, nulla-osta ed atti di assenso comunque denominati previsti per legge.
2. L'istanza è corredata della documentazione tecnica atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla legge n. 36/2001, e successive modifiche.
3. L'ARPA si pronuncia entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta del Comune.
4. L'istanza si intende accolta qualora, entro novanta giorni dalla presentazione della domanda e della relativa documentazione, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego. I Comuni possono prevedere termini più brevi per la conclusione dei relativi procedimenti ovvero ulteriori forme di semplificazione amministrativa, nel rispetto delle disposizioni stabilite dalla legge.
5. Il responsabile del procedimento può richiedere, per una sola volta, entro quindici giorni dalla data di ricezione dell'istanza, il rilascio di dichiarazioni e l'integrazione della documentazione prodotta. Il termine di cui al comma 4 inizia nuovamente a decorrere dal momento dell'avvenuta integrazione documentale.
6. Il gestore dà comunicazione preventiva al Comune della data di attivazione dell'impianto.
7. Per quanto non disposto dal presente articolo, trovano applicazione in quanto compatibili le disposizioni di cui all'articolo 87 del decreto legislativo n. 259/2003, e successive modifiche, nonché le altre disposizioni vigenti sul procedimento amministrativo.».
PARTE III
PAESAGGIO
TITOLO I
Disposizioni generali
Art. 54
Finalità.
1. La presente legge, in ossequio a quanto previsto dall'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, costituisce attuazione del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modifiche, per la valorizzazione del paesaggio e si conforma agli obblighi e ai principi derivanti dalla legge dello Stato.
2. Per quanto non disciplinato dalla presente legge si applicano le disposizioni del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modifiche.
Art. 55
Beni paesaggistici.
1. I beni paesaggistici di cui all'articolo 134 del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche, sono individuati dal PTR e dagli strumenti urbanistici comunali e sovracomunali.
Art. 56
Commissioni provinciali.
1. La Regione istituisce una o più commissioni ai sensi dell'articolo 137 del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche.
2. Di ciascuna commissione fanno parte i componenti individuati dall'articolo 137, comma 2, del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche.
3. La Provincia designa il proprio rappresentante nell'ambito della commissione.
4. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo fanno carico all'unità previsionale di base 52.2.350.1.1636 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2007-2009 e del bilancio per l'anno 2007, con riferimento al capitolo 9809 del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi.
Art. 57
Valenza paesaggistica del PTR.
1. La valenza paesaggistica è attribuita al PTR, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche, qualora il medesimo sia predisposto nel rispetto di procedure, tempi e metodologie indicate dall'intesa interistituzionale di cui all'articolo 6, comma 2.
2. Il PTR qualifica i tipi di paesaggio e individua gli ambiti di paesaggio in base alle caratteristiche naturali e storiche e in relazione alla tipologia, rilevanza e integrità dei valori paesaggistici.
3. Il PTR definisce per ciascun ambito di paesaggio le prescrizioni da recepirsi direttamente negli strumenti urbanistici comunali, nonché criteri e metodologie per la definizione a livello comunale e sovracomunale degli aspetti paesaggistici di dettaglio e di qualità.
4. La Regione, ai fini di cui all'articolo 135, comma 3, del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche, garantisce con l'intesa di pianificazione che il PSC e il POC dei Comuni interessati dall'ambito di paesaggio abbiano i contenuti previsti dal comma 3.
TITOLO II
Controllo e gestione dei beni soggetti a tutela
Art. 58
Autorizzazione.
1. I proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili e aree tutelati con il PTR, ai sensi dell'articolo 143 del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche, non possono distruggerli né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione.
2. I proprietari possessori o detentori a qualsiasi titolo dei beni indicati al comma 1 hanno l'obbligo di sottoporre i progetti delle opere che intendono eseguire, corredati della documentazione prevista, affinché ne sia accertata la compatibilità paesaggistica e sia rilasciata l'autorizzazione a realizzarli.
3. La Regione delega il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche ai soggetti di pianificazione sovracomunale il cui ambito territoriale coincida con uno o più AGEPA, nonché al Comune che abbia provveduto singolarmente all'adeguamento del proprio strumento urbanistico al PTR. Nel caso in cui il Comune svolga singolarmente la funzione della pianificazione strutturale, il parere del soprintendente di cui all'articolo 146, comma 3, del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche, resta vincolante.
4. La perimetrazione degli AGEPA è demandata ad apposito regolamento approvato dalla Giunta regionale, previa consultazione dei Comuni.
Art. 59
Commissioni locali per il paesaggio.
1. I soggetti che svolgono la funzione di pianificazione territoriale sovracomunale, ai sensi dell'articolo 26, istituiscono la commissione per il paesaggio quale organo di supporto ai soggetti delegati al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
2. Le Commissioni sono costituite per ambiti sovracomunali e sono composte da soggetti con particolare, pluriennale e qualificata esperienza nella tutela del paesaggio.
3. Le Commissioni esprimono parere obbligatorio in merito al rilascio delle autorizzazioni previste dall'articolo 58.
Art. 60
Autorità competente al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in via transitoria.
1. Fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici al PTR le autorizzazioni paesaggistiche sono rilasciate dai Comuni in via transitoria con riferimento alle procedure di cui all'articolo 159 del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche, a eccezione di quelle di seguito indicate che rimangono di competenza regionale:
a) le autorizzazioni relative a nuovi edifici o a interventi di demolizione e ricostruzione e ampliamento di edifici, posti all'esterno di PRPC, con una volumetria superiore, nei comuni di Trieste, Udine, Pordenone e Gorizia, a 10.000 metri cubi; con una volumetria superiore a 5.000 metri cubi nei comuni con più di 5.000 abitanti; con una volumetria superiore a 1.500 metri cubi in tutti gli altri comuni della Regione; a tal fine la popolazione è determinata in base ai risultati dell'ultimo censimento ufficiale;
b) le autorizzazioni relative a riduzioni di superficie boscata di dimensione superiore a 20.000 metri quadrati nei comuni di montagna interna secondo la classificazione ISTAT e superiore a 5.000 metri quadrati negli altri comuni;
c) le autorizzazioni relative a opere e interventi sui corsi d'acqua iscritti negli elenchi di cui al regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775 (Testo unico delle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici), a eccezione di quelli per i quali è prevista la presentazione della denuncia di inizio attività;
d) le autorizzazioni relative a opere e interventi sulle linee di coste marittime e lagunari, definite dalla massima escursione di marea;
e) le autorizzazioni relative a opere e interventi che implichino movimenti di terra superiori a 30.000 metri cubi.
2. Nelle aree destinate a parco o a riserva naturale regionale, fino all'adozione del piano di conservazione e sviluppo, rimangono di competenza regionale le autorizzazioni relative a opere infrastrutturali e alle opere da eseguirsi da parte delle amministrazioni ed enti pubblici, fermo restando quanto previsto dall'articolo 147 del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche, con riguardo alle opere da eseguirsi da parte di amministrazioni statali.
3. La funzione sanzionatoria è altresì esercitata dai soggetti competenti al rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
4. Fino all'adeguamento degli strumenti urbanistici al PTR l'accertamento della compatibilità paesaggistica e l'applicazione delle relative sanzioni pecuniarie previste dall'articolo 167 del decreto legislativo n. 42/2004, e successive modifiche, spetta alla Regione e ai Comuni secondo la suddivisione di competenza stabilita dal presente articolo.
PARTE IV
POTESTÀ REGOLAMENTARE
Art. 61
Potestà regolamentare.
1. Il regolamento di attuazione della presente legge (3) è emanato in conformità ai principi generali di cui all'articolo 1 della legge regionale n. 7/2000, e successive modifiche, nonché ai seguenti ulteriori principi:
a) adeguatezza, sussidiarietà e differenziazione;
b) semplificazione, omogeneità e trasparenza delle procedure;
c) collaborazione tra i soggetti istituzionali;
d) responsabilità;
e) sviluppo sostenibile;
f) interesse regionale.
2. Il regolamento di cui al comma 1 è emanato secondo i criteri di coamministrazione, partecipazione, pubblicità e informazione, anche mediante utilizzo di sistemi telematici e informatici, entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, previo parere della competente Commissione consiliare. La Commissione consiliare esprime il parere entro sessanta giorni dalla data di ricezione della relativa richiesta. Decorso tale termine si prescinde dal parere.
3. Con il regolamento di cui al comma 1 sono emanate le norme di attuazione della parte I della presente legge (4)con riferimento a:
a) contenuti minimi del DPP, ai fini della tutela e impiego della risorsa essenziale di interesse regionale;
b) contenuti minimi degli elaborati di PSC, POC e PAC, ai fini della tutela e impiego della risorsa essenziale di interesse regionale;
c) procedure di armonizzazione dei piani territoriali infraregionali;
d) informatizzazione degli strumenti urbanistici e metodologie informatiche di rappresentazione;
e) disciplina dell'osservatorio regionale della pianificazione territoriale e urbanistica, dell'attività edilizia e del paesaggio;
f) specifiche tecniche per la redazione del Rapporto comunale sullo stato del territorio.
4. Con il regolamento di cui al comma 1 sono emanate norme di attuazione della parte II della presente legge (5) e sono disciplinati:
a) il certificato di conformità urbanistica dei lavori pubblici;
b) gli oneri di urbanizzazione;
c) gli standard urbanistici;
d) la convenzione relativa agli interventi di edilizia abitativa;
e) il controllo e la vigilanza sull'attività edilizia;
f) le residenze agricole;
g) la determinazione delle variazioni essenziali e le limitate modifiche volumetriche di cui all'articolo 39, comma 3.
5. Con il regolamento di cui al comma 1 sono emanate norme di attuazione della parte III della presente legge in materia di paesaggio e sono disciplinati i procedimenti amministrativi con riferimento a:
a) funzionamento delle Commissioni provinciali e delle Commissioni locali per il paesaggio;
b) procedura e termini di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.
6. Con la presente legge sono abrogate, a decorrere dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 1, le disposizioni vigenti, anche di legge, con esso incompatibili, espressamente indicate nel regolamento medesimo.
7. Il regolamento di cui all'articolo 58, comma 4, è predisposto in conformità ai principi, ai criteri e secondo le procedure di cui ai commi 1 e 2, nel termine di quarantacinque giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione della presente legge.
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(3) Vedi, al riguardo, con riferimento alla disciplina dell'urbanistica di cui alla parte I della presente legge, il regolamento approvato con D.P.Reg. 20 marzo 2008, n. 086/Pres. e, con riferimento alla disciplina dell'attività edilizia di cui alla parte II, il regolamento approvato con D.P.Reg. 17 settembre 2007, n. 0296/Pres.
(4) Vedi, al riguardo. il regolamento approvato con D.P.Reg. 20 marzo 2008, n. 086/Pres.
(5) Vedi, al riguardo, il regolamento approvato con D.P.Reg. 17 settembre 2007, n. 0296/Pres.
PARTE V
NORME FINALI E TRANSITORIE
Art. 62
Osservatorio regionale della pianificazione territoriale e urbanistica, dell'edilizia e del paesaggio.
1. La Direzione centrale competente in materia di pianificazione territoriale svolge l'attività di Osservatorio regionale della pianificazione territoriale e urbanistica per il monitoraggio degli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica, nonché per il monitoraggio dell'attività edilizia, dell'uso e del consumo di suolo e per la tutela del paesaggio mediante la raccolta ed elaborazione di dati e informazioni anche mediante piattaforme informatiche.
2. Per lo svolgimento delle attività dell'Osservatorio, l'Amministrazione regionale è autorizzata a stipulare intese con i soggetti pubblici per gestire la raccolta e l'elaborazione dei dati.
3. Gli enti locali forniscono periodicamente tutte le informazioni relative allo svolgimento delle proprie competenze, secondo procedure e metodologie individuate nel regolamento di attuazione della presente legge.
4. I risultati dell'attività dell'Osservatorio sono pubblicati con le metodologie informatiche individuate nel regolamento di attuazione della presente legge.
5. La struttura regionale competente è autorizzata ad attuare, in collaborazione con l'ANCI, attività di formazione a favore dei dipendenti degli enti locali e lo svolgimento di un adeguato ciclo di informazione a favore delle categorie professionali e degli amministratori degli enti locali.
6. Gli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo fanno carico all'unità previsionale di base 52.2.350.1.1636 dello stato di previsione della spesa del bilancio pluriennale per gli anni 2007-2009 e del bilancio per l'anno 2007, con riferimento al capitolo 9809 del documento tecnico allegato ai bilanci medesimi.
Art. 63
Norme finali e transitorie.
1. La procedura di formazione degli strumenti urbanistici, per i quali siano state deliberate le direttive alla data di entrata in vigore della presente legge, è definita sulla base delle norme previgenti.
2. Gli strumenti urbanistici comunali e loro varianti, adottati alla data di entrata in vigore della presente legge, sono adeguati alle prescrizioni di PTR in sede di approvazione.
3. Le procedure di autorizzazione paesaggistica in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché quelle in corso alla data di adeguamento di cui all'articolo 60, sono definite in base alla normativa vigente al momento dell'avvio del procedimento.
4. I procedimenti relativi al rilascio dei titoli abilitativi edilizi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge sono definiti secondo la normativa previgente.
5. Il Comune, nelle more dell'adeguamento di cui all'articolo 12, comma 2, può:
a) adottare con le procedure stabilite dal regolamento di attuazione varianti non sostanziali agli strumenti urbanistici che non siano in contrasto con il PTR;
b) prevedere nuove zone residenziali di espansione o ampliamenti delle medesime nella misura complessiva massima del 2 per cento dei residenti risultanti dalle liste anagrafiche dell'anno precedente per i Comuni eccedenti 5.000 abitanti e nella misura massima del 4 per cento nei Comuni fino a 5.000 abitanti;
c) prevedere nuove zone omogenee D2 e D3 o ampliamenti delle medesime nella misura complessiva massima del 5 per cento della relativa superficie prevista dai vigenti strumenti urbanistici.
6. Il Comune classificato turistico ai sensi delle vigenti disposizioni regionali, nelle more dell'adeguamento di cui all'articolo 12, comma 2, può altresì autorizzare incrementi di volumetrie per nuove strutture alberghiere o ricettivo-complementari o ampliamenti di quelle esistenti nella misura massima del 5 per cento rispetto a quelle previste dallo strumento urbanistico vigente.
7. Sono fatti salvi gli atti amministrativi assunti in attuazione della legge regionale 13 dicembre 2005, n. 30 (Norme in materia di piano territoriale regionale).
8. Al comma 7 dell'articolo 32 della legge regionale 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), le parole: «decorso il termine di cui al comma 4» sono sostituite dalle seguenti: «entro novanta giorni dalla conclusione dell'istruttoria regionale a pena di decadenza dell'intero procedimento».
9. Ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 25 della legge regionale 18 agosto 2005, n. 24 (Disposizioni per il completamento del processo di ricostruzione), le parole «31 dicembre 2006» sono sostituite dalle seguenti: «31 dicembre 2008».
Art. 64
Abrogazioni.
1. Sono abrogate, in particolare, le seguenti disposizioni:
a) la legge regionale 19 novembre 1991, n. 52 (Norme regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica), e successive modifiche;
b) gli articoli 2, 3, 4, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27 e 28 della legge regionale 14 luglio 1992, n. 19: Modifiche alla legge regionale 20 novembre 1989, n. 28 (Agevolazione della formazione degli strumenti urbanistici generali ed attuativi), alla L.R. 19 novembre 1991, n. 52 (Norme in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica) e alla L.R. 13 maggio 1988, n. 29 (Norme per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di protezione delle bellezze naturali), nonché ulteriori disposizioni in materia urbanistica);
c) la legge regionale 4 gennaio 1994, n. 1 (Disposizioni integrative alla legge regionale 19 novembre 1991, n. 52, in materia di residenze agricole);
d) l'articolo 31 (Disposizioni transitorie in materia di pianificazione territoriale) della legge regionale 24 luglio 1995, n. 31;
e) l'articolo 6 della legge regionale 25 marzo 1996, n. 16 (modificativo della legge regionale n. 52/1991);
f) i commi 2 e 3 dell'articolo 77 della legge regionale 30 settembre 1996, n. 42 (modificativi della legge regionale n. 52/1991);
g) l'articolo 30 della legge regionale 4 luglio 1997, n. 23 (modificativo della legge regionale n. 52/1991);
h) il capo I (Modifiche a disposizioni della legge regionale n. 52/1991 in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica e di tutela del paesaggio) della legge regionale 12 novembre 1997, n. 34;
i) l'articolo 82 della legge regionale 9 novembre 1998, n. 13 (modificativo della legge regionale n. 52/1991);
j) l'articolo 6 della legge regionale 5 luglio 1999, n. 19 (modificativo della legge regionale n. 52/1991);
k) dall'articolo 23 all'articolo 27 della legge regionale 15 febbraio 2000, n. 1 (modificativi della legge regionale n. 52/1991);
l) la lettera c) del comma 1 dell'articolo 75 della legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 (modificativa della legge regionale n. 52/1991);
m) i commi 22 e 28 dell'articolo 6 della legge regionale 3 luglio 2000, n. 13 (modificativi della legge regionale n. 52/1991);
n) gli articoli da 1 a 18 della legge regionale 26 febbraio 2001, n. 7 (modificativi della legge regionale n. 52/1991);
o) i commi 3, 4 e 5 dell'articolo 16 della legge regionale 15 maggio 2002, n. 13 (modificativi della legge regionale n. 52/1991);
p) la lettera b) del comma 7 dell'articolo 3; le lettere c) e j) del comma 10 dell'articolo 4; il comma 4 dell'articolo 15 della legge regionale 30 aprile 2003, n. 12 (modificativi della legge regionale n. 52/1991);
q) l'articolo 18 della legge regionale 24 maggio 2004, n. 15 (modificativo della legge regionale n. 52/1991);
r) l'articolo 10 della legge regionale 29 ottobre 2004, n. 26 (modificativo della legge regionale n. 52/1991);
s) l'articolo 24 (Interpretazione autentica dell'articolo 131, comma 11, della legge regionale n. 52/1991) della legge regionale 18 agosto 2005, n. 25;
t) gli articoli 54, 60 e 68, comma 1, lettera t), della legge regionale 27 novembre 2006, n. 24 (modificativi della legge regionale n. 52/1991);
u) il secondo comma dell'articolo 1 e gli articoli 2, 3, 4 e 20 della legge regionale 20 maggio 1985, n. 22 (Piano regionale delle opere di viabilità);
v) gli articoli da 2 a 17 della legge regionale 14 agosto 1987, n. 22 (Norme in materia di portualità e vie di navigazione nella Regione Friuli-Venezia Giulia);
w) dall'articolo 3 all'articolo 8 della legge regionale 13 dicembre 2005, n. 30 (Norme in materia di piano territoriale regionale).
Art. 65
Rinvio e modifiche all'articolo 9 della legge regionale n. 22/1985 in materia di piano regionale delle opere di viabilità.
1. Tutti i riferimenti alla legge regionale n. 52/1991, nonché agli articoli da 3 a 8 della legge regionale n. 30/2005 contenuti nelle disposizioni regionali vigenti alla data di entrata in vigore di cui all'articolo 66, si intendono riferiti alla presente legge per quanto compatibili.
2. [Al primo comma dell'articolo 9 della legge regionale 20 maggio 1985, n. 22 (Piano regionale delle opere di viabilità), le parole: «Piano regionale delle opere di viabilità» sono sostituite dalle seguenti: «Piano territoriale regionale»] (6).
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(6) Comma abrogato dall'art. 69, comma 1, lettera d), L.R. 20 agosto 2007, n. 23, a decorrere dal 1° gennaio 2008. Detto articolo ha abrogato anche, con la medesima decorrenza, la L.R. 20 maggio 1985, n. 22, ad esclusione degli articoli 8 e 21.
Art. 66
Entrata in vigore.
1. La presente legge entra in vigore il centottantesimo giorno successivo alla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione.
2. L'articolo 6, comma 2, gli articoli da 8 a 11, l'articolo 39, l'articolo 53, l'articolo 58, comma 4, l'articolo 61, comma 7, l'articolo 62, commi 5 e 6, e l'articolo 63, commi 3, 7, 8 e 9, entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione della presente legge sul Bollettino Ufficiale della Regione.
L.R. 22 dicembre 1999, n. 38
Norme sul governo del territorio.
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(1) Pubblicata nel B.U. Lazio 30 dicembre 1999, n. 36, suppl. ord. n. 7.
TITOLO I
Finalità e princìpi generali
Capo I - Finalità
Art. 1
Scopo.
1. La presente legge, in attuazione delle previsioni contenute negli articoli 44, 45 e 46 dello Statuto ed ai sensi degli articoli 191, comma 3 e 194, comma 3, della legge regionale 6 agosto 1999, n. 14, detta norme sul governo del territorio, finalizzate alla regolazione della tutela, degli assetti, delle trasformazioni e delle utilizzazioni del territorio stesso e degli immobili che lo compongono, nei limiti dei princìpi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato in materia e nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà e di partecipazione.
2. Per i fini di cui al comma 1 la presente legge:
a) riorganizza la disciplina della pianificazione territoriale ed urbanistica;
b) indica gli obiettivi generali delle attività di governo del territorio regionale;
c) individua i soggetti della pianificazione e le relative competenze;
d) definisce, nel rispetto delle competenze degli Enti pubblici territoriali subregionali, gli strumenti della pianificazione ed il sistema di relazione fra gli stessi, assicurando forme di partecipazione dei soggetti comunque interessati alla loro formazione;
e) stabilisce le modalità di raccordo degli strumenti di pianificazione locale con la pianificazione regionale e degli strumenti di settore con quelli di pianificazione generale.
Art. 2
Finalità delle attività di governo del territorio e definizioni.
1. Le attività di governo del territorio sono finalizzate alla realizzazione della tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio stesso, nonché al miglioramento qualitativo del sistema insediativo ed all'eliminazione di squilibri sociali, territoriali e di settore, in modo da garantire uno sviluppo sostenibile della Regione.
2. Ai fini della presente legge:
a) per tutela dell'integrità fisica del territorio si intende la considerazione dei connotati materiali essenziali dell'insieme del territorio e delle sue singole componenti sottosuolo, suolo, soprassuolo naturale, corpi idrici, atmosfera e la loro preservazione da fenomeni di alterazione irreversibile e di intrinseco degrado, nonché il mantenimento delle diverse componenti fitoclimatiche esistenti;
b) per tutela dell'identità culturale del territorio si intende il mantenimento dei connotati conferiti all'insieme del territorio e alle sue componenti, dalla vicenda storica, naturale ed antropica;
c) per sistema insediativo si intende il complesso dei siti e dei manufatti destinati a soddisfare, con una corretta integrazione, le esigenze abitative, produttive, ricreative, di mobilità e di relazioni intersoggettive;
d) per sviluppo sostenibile si intende uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente, senza compromettere la capacità delle generazioni future di fruire delle risorse del territorio, comprese quelle storiche e culturali, per il soddisfacimento delle proprie necessità, coniugando la qualificazione dei sistemi insediativi con la preservazione dei caratteri del territorio.
TITOLO I
Finalità e princìpi generali
Capo II - Princìpi generali e soggetti della pianificazione territoriale ed urbanistica regionale
Art. 3
Pianificazione territoriale ed urbanistica.
1. La Regione e gli Enti pubblici territoriali subregionali provvedono al governo del territorio adottando, quale metodo generale, la pianificazione territoriale ed urbanistica, in conformità a quanto previsto dalla presente legge.
2. La pianificazione territoriale ed urbanistica regola le trasformazioni fisiche e funzionali del territorio aventi rilevanza collettiva, nonché le azioni che determinano tali trasformazioni in modo da garantire:
a) la salvaguardia e la valorizzazione delle qualità ambientali, culturali e sociali del territorio;
b) la prevenzione e la riduzione dei rischi connessi all'uso del territorio e delle sue risorse;
c) la riqualificazione degli insediamenti storici aggregati e puntuali come definiti dall'articolo 60 ed il recupero del patrimonio edilizio, culturale, infrastrutturale, insediativo, ambientale, nonché il miglioramento della qualità degli insediamenti esistenti e del territorio non urbanizzato;
d) la riqualificazione degli insediamenti periferici e delle aree di particolare degrado al fine di eliminare le situazioni di svantaggio territoriale.
3. La pianificazione territoriale ed urbanistica generale si articola in:
a) previsioni strutturali, con validità a tempo indeterminato, relative alla tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio regionale, alla definizione delle linee fondamentali e preesistenti di organizzazione del territorio ed alla indicazione delle trasformazioni strategiche comportanti effetti di lunga durata;
b) previsioni programmatiche, riferite ad archi temporali determinati, dirette alla definizione specifica delle azioni e delle trasformazioni fisiche e funzionali da realizzare e costituenti riferimento per la programmazione della spesa pubblica nei bilanci annuali e pluriennali.
4. La pianificazione territoriale definisce il quadro di compatibilità ambientale e gli strumenti economici di integrazione, interazione e coesione tra le decisioni concernenti l'assetto del territorio e le politiche ed i piani di settore.
5. Gli atti della Regione e degli Enti pubblici territoriali subregionali relativi alle trasformazioni ed alle azioni di cui al comma 2, devono essere conformi agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica.
Art. 4
Funzioni e compiti amministrativi.
1. Le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti la materia oggetto della presente legge sono ripartiti tra Regione ed Enti locali secondo quanto stabilito dal titolo IV, capo II della L.R. n. 14/1999. L'effettivo esercizio di tali funzioni e compiti decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge.
2. Per le modalità di esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi di cui al comma 1 non disciplinate dalla presente legge, si applica quanto previsto dall'articolo 204 della L.R. n. 14/1999.
Art. 5
Trasparenza, partecipazione, informazione e cooperazione istituzionale.
1. Nell'ambito dei procedimenti per l'adozione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica deve essere garantita la più ampia partecipazione dei soggetti coinvolti nella pianificazione, anche attraverso l'utilizzo delle forme previste dalla L.R. n. 14/1999.
2. La Regione e gli Enti territoriali subregionali assicurano la pubblicità e la trasparenza dell'attività amministrativa in tutte le fasi dei procedimenti di cui al comma 1.
3. La Regione promuove, anche attraverso le province, la città metropolitana di Roma ed i comuni, iniziative presso le scuole dirette alla realizzazione della più ampia conoscenza delle problematiche inerenti al governo del territorio ed agli strumenti di pianificazione dello stesso.
4. La Regione e gli Enti pubblici territoriali subregionali, al fine di definire una pianificazione chiara ed univoca e di semplificare le procedure partecipative ed attuative, cooperano e si forniscono assistenza e reciproche informazioni, avvalendosi anche del sistema informativo territoriale regionale di cui all'articolo 17.
5. La cooperazione di cui al comma 4, nella predisposizione ed adozione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, è attuata con le modalità disciplinate dalla presente legge, garantendo, in particolare:
a) la condivisione del quadro conoscitivo, delle analisi e delle valutazioni del territorio, nonché degli obiettivi generali di uso e di tutela dello stesso;
b) la coerenza e l'integrazione delle scelte di pianificazione dei diversi livelli con riferimento, soprattutto, alle zone che presentano un'elevata continuità insediativa o caratterizzate da elevata frammentazione istituzionale od urbanistica.
Art. 6
Soggetti della pianificazione territoriale ed urbanistica.
1. L'adozione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, nonché delle relative variazioni, competono:
a) alla Regione;
b) alle province ed alla città metropolitana di Roma;
c) ai comuni e loro associazioni.
TITOLO II
Pianificazione territoriale
Capo I - Pianificazione territoriale regionale
Art. 7
Pianificazione territoriale regionale.
1. La Regione provvede alla pianificazione territoriale regionale nel rispetto della legislazione statale vigente, in armonia con gli obiettivi fissati dalla programmazione statale ed in coerenza con i contenuti della programmazione socio-economica regionale.
2. La Regione procede alla pianificazione territoriale regionale dettando, in via prioritaria, le disposizioni volte alla tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio ed indicando:
a) gli obiettivi di assetto e le linee principali di organizzazione del territorio regionale, nonché le strategie e le azioni volte alla loro realizzazione;
b) i sistemi di tutela e di salvaguardia dettati dalle amministrazioni statali competenti, nonché le direttive contenute nei piani di settore previsti dalla normativa statale vigente;
c) i sistemi delle infrastrutture, le attrezzature di rilevanza sovraregionale e regionale, gli impianti e gli interventi pubblici dichiarati di rilevanza regionale;
d) gli indirizzi ed i criteri per gli strumenti di pianificazione territoriale subregionale e per la cooperazione istituzionale.
Art. 8
Strumenti della pianificazione territoriale regionale.
1. La pianificazione territoriale regionale si esplica mediante il Piano territoriale regionale generale (P.T.R.G.).
2. I piani territoriali regionali di settore, ove previsti dalla normativa statale o regionale, integrano e specificano il P.T.R.G., in coerenza con gli obiettivi e le linee di organizzazione territoriale da quest'ultimo previsti.
Art. 9
Contenuti del P.T.R.G.
1. Il P.T.R.G., nel rispetto di quanto previsto dagli articoli 2, 3 e 7, definisce gli obiettivi generali da perseguire in relazione all'uso ed all'assetto del territorio della Regione, dettando disposizioni strutturali e programmatiche.
2. In particolare, le disposizioni strutturali del P.T.R.G.:
a) definiscono il quadro generale della tutela dell'integrità fisica e dell'identità culturale del territorio, come definite dall'articolo 2;
b) determinano gli indirizzi per la distribuzione territoriale degli insediamenti produttivi e commerciali di rilevanza regionale e degli insediamenti direzionali di competenza regionale;
c) determinano gli indirizzi ed i criteri per il dimensionamento degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica subprovinciali e per gli standard prestazionali;
d) definiscono lo schema delle reti infrastrutturali di rilevanza regionale, nonché i relativi nodi di attrezzature e servizi;
e) indicano gli ambiti territoriali ottimali per la redazione in forma associata dei piani urbanistici comunali generati da parte dei comuni di minori dimensioni, in conformità alla deliberazione del Consiglio regionale adottata ai sensi dell'articolo 10 della L.R. n. 14/1999;
f) assicurano la reciproca congruenza dei piani territoriali provinciali generali e dei corrispondenti piani della città metropolitana di Roma e la loro coerenza con le previsioni della pianificazione territoriale regionale.
3. Le disposizioni programmatiche del P.T.R.G. stabiliscono le modalità ed i tempi di attuazione delle disposizioni strutturali relative ad interventi di interesse regionale di cui al comma 2 ed individuano in particolare:
a) gli interventi da realizzare prioritariamente;
b) le stime delle risorse pubbliche da prevedere per l'attuazione degli interventi previsti;
c) i termini per l'adozione o l'adeguamento dei piani territoriali generali provinciali e dei piani della città metropolitana di Roma.
Art. 10
Formazione ed adozione del P.T.R.G.
1. Al fine di adottare il P.T.R.G. in armonia con le previsioni dei piani e dei programmi nazionali ed in conformità con i regimi vincolistici disposti dallo Stato, la Giunta regionale, preliminarmente all'adozione dello schema di piano, elabora le linee guida da sottoporre alla valutazione di una conferenza con le amministrazioni statali interessate, indetta dal Presidente della Giunta regionale, tenendo conto, anche, di eventuali contributi conoscitivi trasmessi dalle province e dalla città metropolitana di Roma e da altri Enti interessati.
2. La Giunta regionale adotta, sulla base delle risultanze della conferenza di cui al comma 1 e previo parere del comitato regionale per il territorio previsto dall'articolo 16, lo schema di P.T.R.G.
3. Lo schema di cui al comma 2, entro sessanta giorni dall'adozione, è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione (B.U.R.) e dell'avvenuta adozione è dato avviso sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica (G.U.) e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella Regione. Contestualmente alla pubblicazione, copia dello schema è trasmessa alle province ed alla città metropolitana di Roma, che provvedono al relativo deposito.
4. Entrò sessanta giorni dalla data di pubblicazione dello schema di P.T.R.G., le province, ai fini degli adempimenti previsti dall'articolo 15, comma 1, lettere a) e b) della legge 8 giugno 1990, n. 142 e successive modificazioni, indicono una conferenza alla quale partecipano gli Enti locali, le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali operanti a livello provinciale. La conferenza conclude i propri lavori nel termine di trenta giorni, formulando una relazione complessiva contenente le osservazioni e le eventuali proposte di modifica allo schema di P.T.R.G., che viene trasmessa alla Regione nei successivi quindici giorni.
5. Entro lo stesso termine di cui al comma 4, la Regione provvede alle consultazioni con le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali operanti a livello regionale, anche nell'ambito del comitato Regione-autonomie funzionali e organizzazioni economico sociali di cui all'articolo 22 della L.R. n. 14/1999.
6. Scaduti i termini di cui ai commi 4 e 5, la Giunta regionale, entro i sessanta giorni successivi, adotta la proposta di P.T.R.G., tenendo conto delle proposte di modifica eventualmente pervenute e la trasmette al Consiglio regionale per la relativa adozione, unitamente alle relazioni trasmesse dalle province ed al parere del comitato regionale per il territorio di cui all'articolo 16.
7. Il P.T.R.G. adottato dal Consiglio regionale è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione e dell'adozione è data notizia sulla Gazzetta Ufficiale e su quattro quotidiani a diffusione nella Regione. Il P.T.R.G. acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
Art. 11
Aggiornamento e variazione del P.T.R.G.
1. Qualora si verifichino modifiche della normativa vigente o della programmazione territoriale statale, ovvero sopravvengano ragioni che determinano la totale o parziale inattuabilità del P.T.R.G. o la necessità di miglioramenti dello stesso, ovvero decorra il termine di efficacia delle disposizioni programmatiche del P.T.R.G., la Giunta regionale provvede all'aggiornamento od alla variazione delle disposizioni contenute nel P.T.R.G. con le procedure previste dall'articolo 10, ma con i termini ridotti della metà per le disposizioni programmatiche e per le modifiche rese necessarie da variazioni della normativa vigente.
Art. 12
Piani regionali di settore.
1. I piani regionali di settore che hanno ad oggetto ambiti di attività aventi implicazioni di tipo territoriale, integrano il P.T.R.G. coerentemente agli obiettivi ed alle linee di organizzazione territoriale da quest'ultimo previsti.
2. I piani regionali di settore di cui al comma 1 ed i loro aggiornamenti e variazioni sono sottoposti, anche in deroga alle normative specifiche che li disciplinano, al previo parere del comitato regionale per il territorio previsto dall'articolo 16, che deve essere reso entro trenta giorni dalla richiesta. Qualora il termine decorra inutilmente si prescinde dal parere.
3. I piani regionali di settore di cui al comma 1 ed i loro aggiornamenti e variazioni, allorquando contengano disposizioni di rilevanza territoriale ulteriori o non compatibili con le previsioni del P.T.R.G., costituiscono variazione al P.T.R.G. e pertanto sono approvati con le procedure di cui all'articolo 11.
Art. 13
Efficacia del P.T.R.G. e dei piani regionali di settore.
1. Il P.T.R.G. ha efficacia fino agli aggiornamenti od alle variazioni di cui all'articolo 11.
2. Il P.T.R.G. ed i piani regionali di settore approvati ai sensi della presente legge prevalgono sugli analoghi strumenti di pianificazione previgenti, anche se approvati con legge.
3. Le province e la città metropolitana di Roma provvedono ad adeguare i rispettivi piani territoriali generali alle disposizioni del P.T.R.G. entro il termine fissato dal P.T.R.G. stesso ed in conformità alle linee di riordino territoriale complessivo, ai sensi della L. n. 142/1990, come da ultimo modificata dalla legge 3 agosto 1999, n. 265.
Art. 14
Particolare efficacia del P.T.R.G.
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 19, il P.T.R.G. assume efficacia di piano urbanistico-territoriale con specifica considerazione dei valori paesistici ed ambientali ai sensi dell'articolo 1-bis del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto 1985, n. 431, allorquando contenga una specifica normativa d'uso e di valorizzazione ambientale del territorio relativa ai beni elencati dall'articolo 82, quinto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni.
Art. 15
Relazione sullo stato della pianificazione.
1. La Giunta regionale trasmette ogni anno al Consiglio regionale, in occasione della presentazione della proposta del bilancio regionale di previsione, una dettagliata relazione, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione, sullo stato di avanzamento del processo di pianificazione territoriale e allo stato di attuazione delle relative previsioni.
2. In relazione a quanto previsto al comma 1 ed ai sensi della L.R. n. 14/1999, le province, la città metropolitana di Roma ed i comuni, entro il mese di ottobre di ciascun anno, forniscono all'assessorato regionale competente in materia urbanistica, attraverso una scheda appositamente predisposta dall'assessorato stesso, dati ed informazioni sui relativi processi di pianificazione territoriale, nonché indicazioni e valutazioni di coerenza e sostenibilità socio-economica ed ambientale utili all'adeguamento della pianificazione regionale alle necessità locali.
Art. 16
Comitato regionale per il territorio.
1. È istituito il comitato regionale per il territorio, di seguito denominato comitato, quale organo consultivo della Regione nella materia della pianificazione territoriale ed urbanistica. Il comitato, in particolare, esprime pareri su:
a) il P.T.R.G. ed i piani settoriali regionali contenenti disposizioni di rilevanza regionale;
b) i piani territoriali paesistici;
c) [i piani territoriali provinciali generali ed i piani settoriali provinciali contenenti disposizioni di rilevanza territoriale] (2);
d) i piani delle aree e dei nuclei di sviluppo industriale;
e) i piani delle aree naturali protette;
f) le schede di cui all'articolo 15, comma 2, ai fini della relazione sullo stato della pianificazione della Giunta regionale;
g) altre questioni urbanistiche ad esso sottoposte dagli organi regionali.
2. Il comitato è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale e dura in carica cinque anni (3).
3. Il comitato è composto:
a) dal direttore del dipartimento regionale competente in materia urbanistica, che lo presiede;
b) da nove esperti in materia di pianificazione territoriale e urbanistica, esterni alla Regione, nominati dal Consiglio regionale garantendo la rappresentanza delle opposizioni (4);
c) dai dirigenti delle strutture regionali competenti in materia di programmazione e pianificazione territoriale, paesaggistica, ambientale ed urbanistica, nominati dal Presidente della Regione (5).
4. Le funzioni di segretario sono svolte da un funzionario regionale designato dal direttore del dipartimento regionale competente in materia urbanistica.
5. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, previo parere della competente commissione consiliare permanente da esprimersi entro il termine perentorio di quindici giorni dal ricevimento della richiesta di parere, indica criteri per l'adozione da parte del comitato di un regolamento interno, con il quale sono definiti:
a) le modalità di funzionamento del comitato;
b) i casi di decadenza dei membri e quelli in cui essi sono obbligati ad astenersi dalle riunioni;
c) le procedure per l'esame degli affari sottoposti al comitato e per l'emissione dei relativi pareri;
d) la formazione delle commissioni relatrici, in modo da garantire la partecipazione di esterni, con solo voto consultivo, qualora i particolari argomenti all'ordine del giorno lo richiedano.
6. Ai membri del comitato esterni alla Regione è corrisposto un compenso determinato ai sensi dell'articolo 387 del regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi della Giunta regionale Reg. 6 settembre 2002, n. 1 (6).
7. Per i servizi di segreteria è costituita, ai sensi della legge regionale 1° luglio 1996, n. 25 e successive modificazioni, una struttura di supporto all'attività del comitato.
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(2) Lettera abrogata dall'art. 70, comma 1, L.R. 28 aprile 2006, n. 4, a decorrere dalla data di adozione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR) da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, L.R. 6 luglio 1998, n. 24 (come prevede il comma 8 dello stesso articolo).
(3) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, L.R. 6 agosto 2007, n. 14.
(4) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 2, L.R. 6 agosto 2007, n. 14 (vedi anche, per le norme transitorie, l'art. 2 della stessa legge). Il testo originario era così formulato: «b) da sette esperti in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica, esterni alla Regione designati dal Consiglio regionale.».
(5) Lettera così modificata dall'art. 1, comma 3, L.R. 6 agosto 2007, n. 14.
(6) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 4, L.R. 6 agosto 2007, n. 14. Il testo originario era così formulato: «6. Ai fini della corresponsione dei compensi ai membri del comitato si applicano le disposizioni della legge regionale 25 luglio 1996, n. 27 e successive modificazioni.».
Art. 17
Sistema informativo territoriale regionale.
1. È istituito il Sistema informativo territoriale regionale (S.I.T.R.), quale rete informatica unica per tutto il territorio regionale.
2. Il S.I.T.R. contiene dati ed informazioni finalizzate alla conoscenza sistematica degli aspetti fisici e socio-economici del territorio, della pianificazione territoriale e della programmazione regionale e locale.
3. Per i fini di cui al comma 2 la Regione concorda, con gli Enti locali e con gli altri soggetti pubblici e privati coinvolti nel processo di pianificazione territoriale, condizioni e modalità per lo scambio e l'integrazione di dati ed informazioni, nonché per il collegamento dei rispettivi sistemi informativi al fine di creare una rete unificata.
4. Il S.I.T.R. è gestito, ai sensi dell'articolo 6 della L.R. n. 25/1996 e successive modificazioni, da un ufficio ausiliario costituito secondo quanto previsto dall'articolo 11 della citata legge che, in coordinamento con il sistema informativo territoriale regionale per l'ambiente (S.I.R.A.) provvede, inoltre, alla redazione della carta tecnica regionale di cui al titolo II della legge regionale 18 dicembre 1978, n. 72, che costituisce anche riferimento cartografico per l'individuazione dei beni di cui all'articolo 1 della L. n. 431/1985.
TITOLO II
Pianificazione territoriale
Capo II - Pianificazione territoriale provinciale
Art. 18
Pianificazione territoriale provinciale.
1. La Provincia provvede alla pianificazione territoriale di propria competenza secondo quanto previsto dagli articoli 2 e 3 e nel rispetto della normativa regionale in materia, nonché delle previsioni della pianificazione territoriale regionale.
2. La Provincia procede alla pianificazione territoriale provinciale indicando:
a) gli obiettivi e gli elementi fondamentali dell'assetto del territorio provinciale, con particolare riguardo alle sue caratteristiche geomorfologiche ed ambientali, agli elementi costitutivi del paesaggio storico, al sistema delle infrastrutture ed alla localizzazione delle attrezzature di livello provinciale, ai principali insediamenti produttivi, al sistema insediativo, al sistema dei beni culturali ed ambientali;
b) gli obiettivi generali, la strategia di tutela e di trasformazione del territorio e le relative azioni di competenza provinciale volte alla loro realizzazione, nonché gli specifici interventi di competenza provinciale previsti nei programmi e nei piani regionali, nazionali e dell'Unione europea;
c) i sistemi delle infrastrutture, le attrezzature, gli impianti e gli interventi complessi di interesse pubblico di rilevanza provinciale mediante l'individuazione di precise localizzazioni oppure di ambiti localizzativi.
Art. 19
Strumenti della pianificazione territoriale provinciale.
1. La pianificazione territoriale provinciale si esplica mediante il Piano territoriale provinciale generale (P.T.P.G.), con funzioni di piano territoriale di coordinamento ai sensi dell'articolo 15 della L. n. 142/1990 e successive modificazioni.
2. Ai sensi dell'articolo 57 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, il P.T.P.G. assume, nel rispetto delle modalità di cui al comma 3, l'efficacia di piano di settore nell'ambito delle seguenti materie:
a) protezione della natura e tutela dell'ambiente;
b) acque e difesa del suolo;
c) tutela delle bellezze naturali.
3. Ai fini della definizione delle disposizioni del P.T.P.G. relative alle materie di cui al comma 2, la Provincia promuove, secondo le modalità stabilite all'articolo 21, comma 1, le intese con le amministrazioni competenti ai sensi della normativa statale o regionale vigente.
4. In mancanza dell'intesa di cui al comma 3, i piani di tutela di settore conservano il valore e gli effetti ad essi assegnati dalla rispettiva normativa.
5. Le amministrazioni competenti di cui al comma 3 possono procedere, qualora si renda necessaria una variazione delle disposizioni di settore di propria competenza contenute nel P.T.P.G., all'adozione del relativo piano di settore o stralcio di esso secondo la normativa vigente. In tal caso la Provincia promuove l'intesa di cui al comma 3, ai fini dell'adeguamento del P.T.P.G.
6. I piani territoriali provinciali settoriali, ove previsti dalla normativa statale o regionale, integrano e specificano il P.T.P.G., in coerenza con gli obiettivi e le linee di organizzazione territoriale da quest'ultimo previsti.
Art. 20
Contenuti del P.T.P.G.
1. Il P.T.P.G. determina, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 18, gli indirizzi generali dell'assetto del territorio provinciale, dettando disposizioni strutturali e programmatiche.
2. Le disposizioni strutturali stabiliscono in particolare:
a) il quadro delle azioni strategiche, che costituiscono il riferimento programmatico per la pianificazione urbanistica;
b) i dimensionamenti per gli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica subprovinciali, nel rispetto dei criteri e degli indirizzi regionali di cui all'articolo 9;
c) le prescrizioni di ordine urbanistico-territoriale necessarie per l'esercizio delle competenze della Provincia.
3. Le disposizioni programmatiche del P.T.P.G. stabiliscono le modalità ed i tempi di attuazione delle disposizioni strutturali di cui al comma 2 e specificano in particolare:
a) gli interventi relativi ad infrastrutture e servizi da realizzare prioritariamente;
b) le stime delle risorse pubbliche da prevedere per l'attuazione degli interventi previsti;
c) i termini per l'adozione o l'adeguamento degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica subprovinciali.
Art. 20-bis
Conferenza di pianificazione.
1. Prima di avviare la formazione del P.T.P.G. o di varianti ad esso, la Provincia adotta un documento preliminare di indirizzo del P.T.P.G., da pubblicare sul Bollettino Ufficiale della Regione, che deve contenere i seguenti elementi:
a) la relazione sulle linee di sviluppo storico delle trasformazioni del territorio provinciale ed il loro rapporto con gli strumenti di pianificazione sovracomunale e settoriale;
b) la definizione e la quantificazione della struttura dei servizi pubblici e privati esistenti di livello sovracomunale;
c) gli obiettivi, le strategie ed i metodi che lo strumento territoriale intende perseguire ed attuare soprattutto con riferimento ai sistemi ambientale, insediativo e relazionale;
d) la cartografia in scala adeguata rappresentativa degli obiettivi e delle strategie di cui alla lettera c).
2. Al fine di acquisire il parere della Regione in ordine alla compatibilità degli indirizzi del P.T.P.G. rispetto agli strumenti o agli indirizzi della pianificazione territoriale e paesistica regionale, il Presidente della Provincia convoca una conferenza di pianificazione con la Regione, cui partecipano, oltre al Presidente della Provincia, il Presidente della Regione ed i relativi Assessori competenti in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica. La conferenza deve concludersi nel termine di trenta giorni (7).
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(7) Articolo aggiunto dall'art. 285, comma 1, L.R. 10 maggio 2001, n. 10.
Art. 21
Adozione e verifica del PTPG.
1. La provincia provvede alla formazione del proprio PTPG mediante la conclusione di un apposito accordo di pianificazione, con il quale la provincia stessa e la Regione definiscono consensualmente i contenuti dello strumento di pianificazione provinciale, secondo le forme e le modalità di cui ai commi successivi.
2. La provincia adotta lo schema di PTPG. Qualora il PTPG assuma la particolare efficacia dei piani settoriali nelle materie di cui all'articolo 19, comma 2, la provincia convoca, preliminarmente all'adozione dello schema di PTPG, le amministrazioni statali interessate, l'amministrazione regionale, nonché gli enti comunque competenti per la pianificazione nelle citate materie, al fine di acquisire le intese di cui all'articolo 19, comma 3.
3. Lo schema di PTPG, completo dei contenuti tecnici e degli elaborati prescritti dalla normativa statale e regionale vigente, è depositato presso la segreteria della provincia, in libera visione al pubblico secondo le modalità stabilite dalla provincia stessa. Del deposito è dato avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella provincia.
4. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di deposito, chiunque può presentare osservazioni. Entro lo stesso termine la provincia indice una conferenza alla quale partecipano gli enti locali, le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali operanti a livello provinciale. La conferenza definisce i propri lavori nel termine di trenta giorni, formulando una relazione complessiva nella quale è contenuta, oltre alle osservazioni ed alle eventuali proposte di modifica allo schema di PTPG, una specifica e motivata valutazione delle indicazioni urbanistiche degli eventuali piani pluriennali di sviluppo socio-economico delle comunità montane.
5. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 4 per la definizione dei lavori della conferenza, la provincia, valutate le proposte di modifica eventualmente pervenute, adotta il PTPG e lo trasmette alla Regione corredato della eventuale relazione complessiva di cui al comma 4.
6. Decorsi novanta giorni dalla trasmissione del PTPG alla Regione, il presidente della provincia, ai fini della conclusione dell'accordo di cui al comma 1, convoca, d'intesa con il Presidente della Regione, una conferenza di copianificazione fra i dirigenti delle strutture tecniche competenti della Regione e della provincia, nell'ambito della quale viene verificata la compatibilità del PTPG adottato con le previsioni degli strumenti di pianificazione territoriale o di settore, di ambito regionale o statale. In sede di prima riunione della conferenza di copianificazione i partecipanti stabiliscono il termine, non superiore in ogni caso a sessanta giorni, entro cui i lavori della conferenza debbono concludersi.
7. Nel caso in cui il PTPG contenga elementi di difformità rispetto alle previsioni degli strumenti di pianificazione di cui al comma 6, nella conferenza sono individuati gli adeguamenti necessari al fine di conformare il PTPG a tali previsioni.
8. I partecipanti alla conferenza, in esito alle verifiche di cui ai precedenti commi, convengono su uno schema di accordo, di cui è parte integrante una relazione tecnica, corredata anche di opportuna cartografia, recante dettagliate ed univoche indicazioni sugli eventuali adeguamenti da apportare al PTPG.
9. Nei trenta giorni successivi alla definizione dei lavori della conferenza, il Presidente della Regione ed il presidente della provincia sottoscrivono l'accordo di pianificazione, che conferma e recepisce lo schema di cui al comma 8. L'accordo è ratificato, entro trenta giorni a pena di decadenza, dalla Giunta regionale e dal consiglio provinciale.
10. Contestualmente alla ratifica dell'accordo, il consiglio provinciale approva il PTPG, in conformità alle eventuali modifiche, concordate nell'accordo medesimo, apportate al fine di conformare il PTPG alle previsioni degli strumenti di pianificazione di cui al comma 6.
11. Con l'atto di approvazione possono essere apportate al PTPG adottato esclusivamente le modifiche necessarie per conformarlo ai contenuti dell'accordo di pianificazione.
12. Il PTPG definito ai sensi del presente articolo è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione e dell'approvazione è data notizia su quattro quotidiani a diffusione nella provincia. Il PTPG acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione (8) (9).
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(8) Vedi anche la Delib.G.R. 18 luglio 2008, n. 523 circa i criteri e le modalità per l'esercizio delle funzioni conferite alle province successivamente alla pubblicazione del PTPG.
(9) Articolo così sostituito dall'art. 70, comma 2, L.R. 28 aprile 2006, n. 4, a decorrere dalla data di adozione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR) da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, L.R. 6 luglio 1998, n. 24 (come prevede il comma 8 dello stesso articolo). Il testo originario era così formulato: «Art. 21. Formazione e verifica del P.T.P.G. 1. La Provincia adotta, previo parere dell'organismo consultivo previsto dall'articolo 26, lo schema di P.T.P.G. Qualora il P.T.P.G. assuma la particolare efficacia dei piani settoriali nelle materie di cui all'articolo 19, comma 2, la Provincia convoca, preliminarmente all'adozione dello schema di P.T.P.G., le amministrazioni statali interessate, l'amministrazione regionale, nonché gli Enti comunque competenti per la pianificazione nelle citate materie, al fine di acquisire le intese di cui all'articolo 19, comma 3. 2. Lo schema di P.T.P.G., completo dei contenuti tecnici e degli elaborati prescritti dalla normativa statale e regionale vigente, è depositato presso la segreteria della Provincia, in libera visione al pubblico secondo le modalità stabilite dalla Provincia stessa. Del deposito è dato avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella Provincia. 3. Entro trenta giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di deposito, chiunque può presentare osservazioni. Entro lo stesso termine la Provincia indice una conferenza alla quale partecipano gli Enti locali, le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali operanti a livello provinciale. La conferenza definisce i propri lavori nel termine di trenta giorni, formulando una relazione complessiva, nella quale è contenuta, oltre alle osservazioni ed alle eventuali proposte di modifica allo schema di P.T.P.G., una specifica e motivata valutazione delle indicazioni urbanistiche degli eventuali piani pluriennali di sviluppo socio-economico delle Comunità montane. 4. Entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3 per la definizione dei lavori della conferenza, la Provincia, valutate le proposte di modifica eventualmente pervenute, adotta il P.T.P.G. 5. Entro lo stesso termine di cui al comma 4, la Provincia trasmette il P.T.P.G., corredato dalla eventuale relazione complessiva di cui al comma 3, alla Giunta regionale per la verifica di compatibilità con il P.T.R.G. e con gli strumenti regionali di pianificazione territoriale di settore, ove esistenti. Qualora il P.T.R.G. non sia stato ancora adottato, la Giunta regionale effettua la verifica di conformità del piano rispetto agli indirizzi della pianificazione territoriale regionale, determinati dal Consiglio regionale secondo quanto previsto dall'articolo 15, comma 3, della L. n. 142/1990 e successive modificazioni. L'assessorato regionale competente in materia urbanistica procede all'istruttoria tecnica e trasmette il piano al comitato di cui all'articolo 16. 6. Entro centoventi giorni dalla ricezione del P.T.P.G., la Regione, al fine di definire il procedimento di verifica, promuove una conferenza di servizi presieduta dal Presidente della Regione o dall'assessore da lui delegato, alla quale partecipano il Presidente della Provincia interessata o l'assessore da lui delegato, i membri del comitato di cui all'articolo 16, che esprimono in tale sede, collegialmente, il proprio parere, ed i dirigenti delle strutture regionali e provinciali competenti. 7. In sede di prima riunione della conferenza di servizi le amministrazioni partecipanti stabiliscono il termine entro cui è possibile pervenire ad una determinazione. Tale termine è sospeso qualora sul piano sia richiesta la valutazione del Consiglio regionale ai sensi del comma 9 e riprende il suo decorso dall'adozione della deliberazione consiliare di variazione del P.T.R.G. o degli indirizzi della pianificazione territoriale regionale e comunque dalla scadenza del termine di cui al comma 9. 8. Nel caso in cui il P.T.P.G. contenga elementi di difformità rispetto al P.T.R.G. o rispetto agli indirizzi della pianificazione territoriale regionale, nella stessa sede si procede all'adeguamento del P.T.P.G. 9. Qualora in sede di conferenza di servizi le difformità di cui al comma 8 siano valutate positivamente dal Presidente della Regione, questi trasmette il P.T.P.G. al Consiglio regionale che può procedere, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione, alla variazione del P.T.R.G. o degli indirizzi della pianificazione territoriale regionale. In tale caso la conferenza di servizi si conclude con la determinazione favorevole. In caso di decorso inutile del suddetto termine le difformità si intendono valutate negativamente e la conferenza procede all'adeguamento del P.T.P.G. ai sensi del comma 8. 10. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 7 la determinazione di conclusione del procedimento di verifica di compatibilità o di conformità del piano ai sensi dei commi 8 e 9 è assunta dal Presidente della Regione. 11. La determinazione della conferenza di adeguamento del P.T.P.G. difforme rispetto al P.T.R.G. o agli indirizzi della pianificazione territoriale regionale deve essere ratificata dal Consiglio provinciale entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione della determinazione adottata. 12. Il P.T.P.G. definito ai sensi del presente articolo è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione e dell'adozione è data notizia su quattro quotidiani a diffusione nella Provincia. Il P.T.P.G. acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.».
Art. 22
Aggiornamenti e variazioni del P.T.P.G.
1. Qualora si verifichino modifiche della normativa vigente o della pianificazione territoriale regionale ovvero sopravvengano ragioni che determinano la totale o parziale inattuabilità del P.T.P.G. o la necessità di miglioramenti dello stesso, ovvero decorra il termine di efficacia delle disposizioni programmatiche del P.T.P.G., la Provincia provvede all'aggiornamento o alla variazione delle disposizioni contenute nel P.T.P.G., con le procedure previste dall'articolo 21, ma con i termini ridotti della metà per le disposizioni programmatiche e per le modifiche rese necessarie da variazioni della normativa vigente.
Art. 23
Piani provinciali di settore.
1. I piani provinciali di settore che hanno ad oggetto ambiti di attività aventi implicazioni di tipo territoriale, integrano il P.T.P.G. coerentemente agli obiettivi ed alle linee di organizzazione territoriale da quest'ultimo previsti.
2. [I piani provinciali di settore di cui al comma 1 ed i loro aggiornamenti e variazioni sono sottoposti, anche in deroga alle normative specifiche che li disciplinano, al previo parere dell'organismo consultivo previsto dall'articolo 26] (10).
3. I piani provinciali di settore di cui al comma 1 ed i loro aggiornamenti e variazioni, allorquando contengano disposizioni di rilevanza territoriale ulteriori o non compatibili con le previsioni del P.T.P.G., sono approvati con le procedure di cui all'articolo 21 e costituiscono variazione al P.T.P.G.
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(10) Comma abrogato dall'art. 70, comma 3, L.R. 28 aprile 2006, n. 4, a decorrere dalla data di adozione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR) da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, L.R. 6 luglio 1998, n. 24 (come prevede il comma 8 dello stesso articolo).
Art. 24
Efficacia del P.T.P.G.
1. Il P.T.P.G. ha efficacia fino agli aggiornamenti ed alle variazioni di cui all'articolo 22. I vincoli di destinazione e di inedificabilità previsti dal P.T.P.G. hanno efficacia a tempo determinato, per la durata di cinque anni.
2. I comuni e le Comunità montane devono adeguare rispettivamente i propri strumenti urbanistici ed i propri piani pluriennali di sviluppo socio-economico alle disposizioni del P.T.P.G. entro il termine fissato dal P.T.P.G. stesso.
Art. 25
Misure di salvaguardia.
1. A decorrere dalla data di adozione del P.T.P.G., ai sensi dell'articolo 21 e fino all'adeguamento dei piani urbanistici generali dei comuni al P.T.P.G., si applicano le misure di salvaguardia di cui alla legge 3 novembre 1952, n. 1902 e successive modificazioni.
Art. 26
Organismi consultivi provinciali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica.
[1. Ciascuna Provincia provvede all'istituzione di un organismo consultivo per l'esercizio delle funzioni di propria competenza in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica] (11).
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(11) Articolo abrogato dall'art. 70, comma 4, L.R. 28 aprile 2006, n. 4, a decorrere dalla data di adozione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR) da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, L.R. 6 luglio 1998, n. 24 (come prevede il comma 8 dello stesso articolo).
TITOLO II
Pianificazione territoriale
Capo III - Pianificazione territoriale della città metropolitana di Roma
Art. 27
Pianificazione territoriale della città metropolitana di Roma.
1. La città metropolitana di Roma esercita sul proprio territorio le funzioni di pianificazione territoriale ad essa attribuite, secondo le modalità e con gli effetti previsti dal titolo II, capo II, della presente legge.
TITOLO III
Pianificazione urbanistica comunale
Capo I - Strumenti della pianificazione urbanistica comunale e piano urbanistico comunale generale
Art. 28
Strumenti della pianificazione urbanistica comunale.
1. La pianificazione urbanistica comunale opera nel rispetto delle vigenti disposizioni legislative e regolamentari, statali e regionali e di quelle dettate dalla pianificazione territoriale regionale e provinciale.
2. La pianificazione urbanistica comunale si esplica mediante:
a) il Piano urbanistico comunale generale (P.U.C.G.), articolato in disposizioni strutturali ed in disposizioni programmatiche, con funzioni di piano regolatore generale ai sensi della legge 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni;
b) i Piani urbanistici operativi comunali (P.U.O.C.).
Art. 29
Contenuti del P.U.C.G. - Disposizioni strutturali.
1. Le disposizioni strutturali del P.U.C.G., tenuto conto di quanto previsto negli articoli 2 e 3, recepiscono le individuazioni delle componenti territoriali indicate dalle pianificazioni regionali e provinciali, generali e settoriali, nonché le disposizioni da esse dettate ed i vincoli discendenti dalla legislazione vigente. Esse possono assoggettare a vincoli ulteriori categorie di beni che risultano meritevoli di una disciplina particolare finalizzata alla tutela, alla riqualificazione ed alla valorizzazione dei beni stessi.
2. Le disposizioni strutturali sono finalizzate:
a) a delineare i cardini dell'assetto del territorio comunale;
b) ad indicare le trasformazioni strategiche comportanti effetti di lunga durata;
c) a tutelare l'integrità fisica e l'identità culturale del territorio comunale attraverso:
1) la ricognizione della vicenda storica che ha portato all'attuale configurazione del territorio comunale e dello stato di conservazione del suolo e del sottosuolo, nonché dell'equilibrio dei sistemi ambientali;
2) l'articolazione del territorio non urbanizzato in ambiti, in relazione alle loro caratteristiche paesaggistiche, ambientali e produttive agricole;
3) la perimetrazione del territorio urbanizzato e, nell'ambito di esso:
a) degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici, come definiti dall'articolo 60;
b) delle addizioni urbane storicizzate, cioè le parti del territorio totalmente o parzialmente edificate diverse dagli insediamenti urbani storici di cui all'articolo 60, individuando le singole unità edilizie, i complessi edilizi, gli spazi scoperti, le strutture insediative non urbane, delle quali conservare le caratteristiche morfologiche, strutturali, tipologiche e formali;
4) la definizione, per ognuna delle componenti territoriali individuate ai sensi dei precedenti numeri, delle disposizioni relative alle trasformazioni fisiche ammissibili ed alle utilizzazioni compatibili.
3. Il P.U.C.G. provvede, di norma, a disciplinare con disposizioni strutturali immediatamente precettive ed operative, le trasformazioni e le utilizzazioni degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici di cui all'articolo 60 e delle altre parti del territorio delle quali si preveda il sostanziale mantenimento dell'organizzazione territoriale e dell'assetto urbano esistenti.
4. Le disposizioni strutturali del P.U.C.G. determinano indirizzi per le parti del territorio di nuova edificazione o da assoggettare a riqualificazione o ristrutturazione urbana, anche tramite demolizioni e ricostruzioni o ridefinizione funzionale, definendo le dimensioni massime ammissibili, le quantità di spazi necessari per il soddisfacimento dei fabbisogni e per l'esercizio delle diverse funzioni, con particolare riferimento a quelle pubbliche o collettive, nonché le utilizzazioni compatibili e le infrastrutture necessarie a garantire la realizzazione delle previsioni, secondo il criterio del massimo recupero e riuso del territorio urbanizzato e delle altre aree edificate esistenti, al fine di determinare il minimo ricorso all'urbanizzazione ed all'edificazione di nuove zone ed aree.
5. Le disposizioni strutturali del P.U.C.G. definiscono, altresì, il sistema delle infrastrutture di comunicazione e dei trasporti, anche di rilevanza sovracomunale ove le relative disposizioni della pianificazione sovraordinata non siano immediatamente precettive ed operative.
6. Il P.U.C.G. contiene, di norma, disposizioni strutturali immediatamente precettive ed operative riguardanti le unità edilizie e le loro pertinenze inedificate ricadenti all'interno degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici e degli insediamenti storici puntuali così come definiti dall'articolo 60, nonché le unità edilizie ricadenti in aree di cui si intende conservare l'organizzazione territoriale e l'assetto urbano esistente.
Art. 30
Contenuti del P.U.C.G. - Disposizioni programmatiche.
1. Le disposizioni programmatiche del P.U.C.G. specificano le disposizioni strutturali del P.U.C.G., precisandone i tempi di attuazione ed in particolare:
a) i perimetri delle zone da sottoporre alla redazione dei P.U.O.C.;
b) quali P.U.O.C. devono essere formati ed i termini entro i quali devono essere compiuti i relativi adempimenti;
c) i caratteri delle trasformazioni fisiche e funzionali ammissibili negli ambiti urbani non assoggettati alla redazione dei P.U.O.C., specificando le modalità di attuazione delle trasformazioni;
d) quali trasformazioni fisiche e funzionali di immobili aventi rilevanza territoriale urbanistica e, pertanto, soggetti al rilascio della concessione edilizia, si prevede siano attuate senza l'intervento di un P.U.O.C., specificando le trasformazioni ammissibili e le modalità ed i termini di attuazione delle trasformazioni;
e) le destinazioni d'uso specifiche, con particolare riferimento a quelle per funzioni pubbliche o collettive, attribuite ad immobili determinati, i cambi di destinazione d'uso ammissibili e le incompatibilità assolute;
f) gli interventi di urbanizzazione e di realizzazione di spazi per funzioni pubbliche e collettive;
g) gli immobili da acquisire alla proprietà pubblica;
h) quali trasformazioni debbono attuarsi previa acquisizione pubblica di immobili esattamente individuati o mediante le forme di perequazione previste nei P.U.O.C.;
i) il piano economico di competenza comunale relativo agli interventi di cui alle lettere f) e g), comprendente i costi derivanti dalle relative indennità per occupazione ed espropriazione, distinguendo i costi afferenti agli interventi volti a soddisfare esigenze pregresse da quelli relativi agli interventi conseguenti alle trasformazioni da attuare.
2. Ai fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione relativi alle trasformazioni sottoposte a contributo concessorio, che si prevede siano attuate in conformità alle disposizioni di cui al comma 1, il Comune, tenuto conto delle spese da iscrivere nel bilancio comunale per gli interventi previsti al comma 1, lettera f), ripartisce i costi individuati tra i soggetti attuatori delle trasformazioni, in conformità ai criteri metodologici ed ai parametri indicati dalla Giunta regionale con apposita deliberazione da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.
3. Il Comune include nel piano triennale dei lavori pubblici di cui all'articolo 14 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 e successive modificazioni, gli interventi indicati al comma 1, lettera f).
4. La formazione dei P.U.O.C. è obbligatoria per:
a) le zone fortemente degradate ricadenti nei centri storici o negli insediamenti storici puntuali;
b) le aree assoggettabili o da assoggettare a riqualificazione o ristrutturazione urbana;
c) le zone di nuova urbanizzazione.
Art. 31
Specifica efficacia delle disposizioni programmatiche.
1. Qualora gli aventi titolo ad effettuare le trasformazioni previste dall'articolo 30, comma 1, lettera d), non presentino le relative richieste di concessione edilizia entro i termini previsti dal P.U.C.G. per l'attuazione delle stesse, il Comune espropria, ai sensi della normativa vigente, gli immobili interessati ed esegue le trasformazioni previste o ne affida l'esecuzione ai soggetti che ne facciano richiesta. Il Comune sospende il procedimento espropriativo nel caso in cui gli aventi titolo richiedano la concessione edilizia.
2. Qualora i titolari di concessione edilizia per l'effettuazione delle trasformazioni previste dall'articolo 30, comma 1, lettera d), non procedano all'esecuzione delle stesse entro i termini previsti dalla concessione e ferma restando la possibilità di provvedimento motivato di proroga della concessione stessa, il Comune espropria, ai sensi della normativa vigente, gli immobili interessati ed esegue le trasformazioni previste o ne affida l'esecuzione ai soggetti che ne facciano richiesta. Il Comune sospende il procedimento espropriativo nel caso in cui i titolari di concessione versino in un'unica soluzione gli oneri di urbanizzazione, ove per questi sia prevista una rateizzazione. Il Comune riattiva il procedimento espropriativo allorquando le trasformazioni previste non siano comunque realizzate.
Art. 32
Conferenza di pianificazione.
1. Prima di avviare la formazione di un nuovo P.U.G.C. o di varianti al P.U.G.C., il Comune adotta un documento preliminare di indirizzo del P.U.G.C., che deve contenere almeno i seguenti elementi:
a) la relazione sulle linee di sviluppo storico delle trasformazioni del territorio comunale ed il loro rapporto con gli strumenti di pianificazione comunale;
b) la descrizione territoriale ed ambientale, costituita da analisi conoscitive estese all'intero territorio comunale;
c) la quantificazione del patrimonio edilizio esistente, ivi compresa la suddivisione tra edilizia legale ed abusiva;
d) la relazione sull'evoluzione storica e sulla struttura della popolazione residente;
e) la definizione e quantificazione della struttura dei servizi pubblici esistenti;
f) gli obiettivi che lo strumento urbanistico proposto intende perseguire;
g) la cartografia in scala adeguata dell'assetto urbano attuale, del piano generale vigente e della sintesi della proposta di piano.
2. Al fine di acquisire il parere della Regione e della Provincia sulla compatibilità degli indirizzi del P.U.G.C. rispetto agli strumenti o agli indirizzi della pianificazione territoriale e paesistica regionali e provinciali, il Sindaco del Comune interessato convoca una conferenza di pianificazione con la Regione e la Provincia territorialmente interessata cui partecipano, oltre al Sindaco, i Presidenti della Regione e della Provincia ed i relativi assessori competenti in materia urbanistica. La conferenza deve concludersi nel termine di trenta giorni.
Art. 33
Adozione e verifica del PUCG.
1. Il comune provvede alla formazione del proprio PUCG mediante la conclusione di un apposito accordo di pianificazione, con il quale il comune stesso e la provincia definiscono consensualmente i contenuti dello strumento urbanistico comunale, secondo le forme e le modalità di cui ai commi successivi.
2. Il comune adotta il PUCG ai sensi della L. n. 1150/1942 e successive modifiche dopo aver effettuato consultazioni con gli enti pubblici e con le organizzazioni sociali, culturali, ambientaliste, economico-professionali e sindacali interessate, e comunque avendo attivato processi di partecipazione e informazione finalizzati a promuovere forme di intervento diretto dei cittadini. Il PUCG adottato, completo dei contenuti tecnici e degli elaborati prescritti dalla normativa statale e regionale vigente, è depositato presso la segreteria del comune in libera visione al pubblico, secondo le modalità stabilite dal comune stesso. Del deposito è dato avviso sull'albo comunale e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella provincia.
3. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di deposito, chiunque può presentare osservazioni.
4. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3, il comune deduce sulle osservazioni presentate, adeguando il PUCG alle osservazioni accolte, e trasmette il PUCG medesimo alla provincia.
5. Decorsi novanta giorni dalla trasmissione del PUCG alla provincia, il sindaco, ai fini della conclusione dell'accordo di cui al comma 1, convoca, d'intesa con il presidente della provincia, una conferenza di copianificazione fra i dirigenti delle strutture tecniche competenti della provincia e del comune, nell'ambito della quale viene verificata la compatibilità del PUCG adottato con le previsioni del PTPG e degli strumenti di pianificazione territoriali o di settore, di ambito regionale o statale, preordinati alla tutela di interessi differenziati. I lavori della conferenza debbono comunque concludersi entro sessanta giorni dalla data della sua convocazione.
6. Nel caso in cui il PUCG contenga elementi di difformità rispetto alle previsioni del PTPG ovvero a quelle degli strumenti di pianificazione di cui al comma 5, nella conferenza sono individuati gli adeguamenti necessari al fine di conformare il PUCG a tali previsioni.
7. Qualora nella stessa conferenza si ravvisi l'opportunità di provvedere alla variazione delle disposizioni contenute nel PTPG, il PUCG è trasmesso al consiglio provinciale che può procedere alla variazione del PTPG con le forme e modalità di cui agli articoli 21 e 22. Il termine di cui al comma 5 resta sospeso e riprende il suo decorso dall'approvazione della variazione del PTPG.
8. I partecipanti alla conferenza, in esito alle verifiche di cui ai precedenti commi, convengono su uno schema di accordo, di cui è parte integrante una relazione tecnica, corredata anche di opportuna cartografia, recante dettagliate ed univoche indicazioni sugli eventuali adeguamenti da apportare al PUCG.
9. Nei trenta giorni successivi alla definizione dei lavori della conferenza, il presidente della provincia ed il sindaco sottoscrivono l'accordo di pianificazione, che conferma e recepisce lo schema di cui al comma 8. L'accordo è ratificato, entro trenta giorni a pena di decadenza, dal consiglio comunale.
10. Contestualmente alla ratifica dell'accordo, il consiglio comunale approva il PUCG, in conformità alle eventuali modifiche, concordate nell'accordo medesimo, apportate al fine di conformare il PUCG alle previsioni del PTPG e degli strumenti di pianificazione di cui al comma 5.
11. Con l'atto di approvazione possono essere apportate al PUCG adottato esclusivamente le modifiche necessarie per conformarlo ai contenuti dell'accordo di pianificazione.
12. Il PUCG definito ai sensi del presente articolo è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione e dell'approvazione è data notizia su quattro quotidiani a diffusione nella provincia. Il PUCG acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione (12).
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(12) Il presente articolo, già modificato dall'art. 285, comma 2, L.R. 10 maggio 2001, n. 10, dall'art. 88, comma 2, L.R. 6 settembre 2001, n. 24 e dall'art. 1, L.R. 31 dicembre 2002, n. 44, è stato poi così sostituito dall'art. 70, comma 5, L.R. 28 aprile 2006, n. 4, a decorrere dalla data di adozione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR) da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, L.R. 6 luglio 1998, n. 24 (come prevede il comma 8 dello stesso articolo). Il testo precedente era così formulato: «Art. 33. Adozione e verifica del P.U.C.G. 1. Il Comune predispone ed adotta il P.U.G.C. ai sensi della L. n. 1150/1942 e successive modificazioni. Il P.U.C.G. adottato dal Comune, completo dei contenuti tecnici e degli elaborati prescritti dalla normativa statale e regionale vigente è depositato presso la segreteria del Comune e delle circoscrizioni, qualora esistenti, in libera visione al pubblico, secondo le modalità stabilite dal Comune stesso. Del deposito è dato avviso sull'albo comunale e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella Provincia.
2. Entro sessanta giorni dalla data di pubblicazione dell'avviso di deposito, chiunque può presentare osservazioni. Nello stesso termine il Comune può effettuare consultazioni sul P.U.C.G. con Enti pubblici ed organizzazioni rappresentative di categorie interessate.
3. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2, il Comune deduce sulle osservazioni presentate, adeguando eventualmente il P.U.C.G. alle osservazioni accolte e trasmette il P.U.C.G. alla Provincia per la verifica di compatibilità con il P.T.P.G. e con gli eventuali strumenti di pianificazione territoriale di settore. [Qualora il P.T.P.G. non sia stato ancora adottato, la Provincia effettua la verifica di conformità del P.U.C.G. rispetto agli indirizzi della pianificazione territoriale provinciale verificate dalla Regione ai sensi dell'art. 20-bis, comma 2] (periodo soppresso dall'art. 1, comma 1, L.R. 31 dicembre 2002, n. 44).
4. Entro centoventi giorni dalla ricezione del P.U.C.G., la Provincia, al fine di definire il procedimento di verifica, promuove una conferenza di servizi presieduta dal Presidente della Provincia o dall'assessore da lui delegato, alla quale partecipano il Sindaco del Comune interessato o l'assessore da lui delegato, i membri dell'organismo consultivo di cui all'articolo 26, che esprimono in tale sede, collegialmente, il proprio parere ed i dirigenti delle strutture provinciali e comunali competenti.
5. In sede di prima riunione della conferenza di servizi le amministrazioni partecipanti stabiliscono il termine entro cui è possibile pervenire ad una determinazione. Tale termine è sospeso qualora sul P.U.C.G. sia richiesta la valutazione del competente organo provinciale ai sensi del comma 7 e riprende il suo decorso dall'adozione della variazione del P.T.P.G. e comunque dalla scadenza del termine di cui al comma 7.
6. Nel caso in cui il P.U.C.G. contenga elementi di difformità rispetto al P.T.P.G., si procede all'adeguamento del P.U.C.G. in sede di conferenza di servizi.
7. Qualora in sede di conferenza di servizi le difformità di cui al comma 6 siano valutate positivamente dal Presidente della Provincia, questi trasmette il P.U.C.G. al competente organo provinciale che può procedere, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione, alla variazione del P.T.P.G. In tale caso la conferenza di servizi si conclude con la determinazione favorevole. In caso di valutazione negativa da parte del competente organo provinciale, la conferenza di servizi procede all'adeguamento del P.U.C.G. ai sensi del comma 6.
8. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 5, la determinazione di conclusione del procedimento di verifica di compatibilità del piano ai sensi dei commi 6 e 7, è assunta dal Presidente della Provincia.
9. La determinazione della conferenza di adeguamento del P.U.C.G. difforme rispetto al P.T.P.G. deve essere ratificata dal competente organo del Comune, entro il termine di trenta giorni dalla comunicazione della determinazione adottata.
10. Il P.U.C.G. definito ai sensi del presente articolo, è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione e dell'adozione è data notizia su quattro quotidiani a diffusione nella Provincia. Il P.U.C.G. acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.».
Art. 34
Aggiornamento e variazione del P.U.C.G.
1. Qualora si verifichino modifiche della normativa vigente o della pianificazione territoriale provinciale, ovvero sopravvengano ragioni che determinano la totale o parziale inattuabilità del P.U.C.G. o la necessità di miglioramenti dello stesso, ovvero decorra il termine di efficacia delle disposizioni programmatiche del P.U.C.G., il Comune procede all'aggiornamento o alla variazione delle disposizioni contenute nel P.U.C.G., con le procedure previste dall'articolo 33, ma con i termini ridotti della metà per le disposizioni programmatiche e per le modifiche rese necessarie da variazioni della normativa vigente.
2. Gli aggiornamenti e le variazioni alle disposizioni strutturali del P.U.C.G. sono corredate da apposita relazione, che giustifichi la necessità della variazione stessa e da elaborati grafici.
Art. 35
Efficacia del P.U.C.G.
1. Il P.U.C.G. ha efficacia fino agli aggiornamenti ed alle variazioni di cui all'articolo 34. Le disposizioni concernenti interventi subordinati all'acquisizione pubblica di immobili privati o comportanti vincoli di destinazione e di inedificabilità hanno efficacia a tempo determinato della durata di cinque anni.
Art. 36
Misure di salvaguardia.
1. Dalla data di adozione del P.U.C.G. ai sensi dell'articolo 33, comma 1, fino alla data di esecutività del P.U.C.G. stesso e comunque non oltre cinque anni dalla data di adozione, si applicano le misure di salvaguardia previste dalla L. n. 1902/1952.
Art. 37
Relazione geologica, agro-pedologica, archeologica e di uso dei suoli.
1. Il P.U.C.G. è definito, nel rispetto delle previsioni dei piani di bacino, sulla base di una relazione geologica, di una relazione agro-pedologica e di una relazione archeologica e di uso dei suoli, descrittiva delle caratteristiche vegetazionali, agro-pedologiche e di uso del territorio, che costituiscono parte integrante del P.U.C.G. ed hanno valore di disposizioni strutturali.
2. La relazione geologica è elaborata, in conformità ai criteri stabiliti dalla Giunta regionale, da un tecnico abilitato iscritto all'albo professionale dei geologi; mentre la relazione agro-pedologica e di uso dei suoli, è elaborata da un tecnico abilitato iscritto all'albo professionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali.
3. I commi 1 e 2 si applicano a tutti i comuni della Regione anche se non inclusi negli elenchi delle località sismiche da consolidare o da trasferire.
Art. 38
P.U.C.G. in forma associata.
1. I comuni ricadenti negli ambiti territoriali ottimali indicati ai sensi dell'articolo 9, comma 2, lettera e), organizzano, nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 10, commi 4 e 5 della L.R. n. 14/1999, la formazione di P.U.C.G. in forma associata.
2. Resta salva la facoltà per i comuni non ricadenti negli ambiti territoriali ottimali di cui al comma 1, di procedere alla formazione dei P.U.C.G. in forma associata.
3. I comuni di cui al comma 1 che procedono in forma associata alla formazione dei P.U.C.G., beneficiano degli incentivi previsti dall'articolo 12 della L.R. n. 14/1999.
TITOLO III
Pianificazione urbanistica comunale
Capo II - Piani urbanistici operativi comunali
Art. 39
Contenuti del P.U.O.C.
1. I P.U.O.C. provvedono, nel rispetto delle disposizioni dettate dal P.U.C.G. ed in relazione a specifici e circoscritti ambiti territoriali in esso individuati, a definire una più puntuale disciplina delle trasformazioni ad integrazione di quella contenuta nel P.U.C.G.
2. I P.U.O.C. prevedono, inoltre, i perimetri entro i quali le trasformazioni si attuano previa acquisizione pubblica mediante esproprio o con l'applicazione del comparto edificatorio di cui all'articolo 48.
Art. 40
Divieto di P.U.O.C. in variante.
1. I P.U.O.C. non possono comportare variante al P.U.C.G. A tal fine non costituiscono variante al P.U.C.G.:
a) la verifica di perimetrazioni conseguenti alla diversa scala di rappresentazione grafica del piano;
b) la variazione non superiore al dieci per cento delle quantità attribuite a ciascuna funzione;
c) la precisazione dei tracciati viari;
d) le modificazioni dei perimetri del P.U.O.C. motivate da esigenze sopravvenute, quali ritrovamenti archeologici, limitazioni connesse all'imposizione di nuovi vincoli, problemi geologici;
e) la diversa dislocazione degli insediamenti, dei servizi, delle infrastrutture o del verde pubblico senza aumento delle quantità e dei pesi insediativi, entro i limiti previsti dalla lettera b);
f) l'individuazione delle zone di recupero di cui all'articolo 27 della legge 5 agosto 1978, n. 457;
g) le modifiche alle modalità di intervento sul patrimonio edilizio esistente di cui all'articolo 31, primo comma, lettere a), b), c) e d) della L. n. 457/1978;
h) l'adeguamento e/o la rettifica di limitata entità che comportino modifiche al perimetro del P.U.O.C.
2. In sede di adozione del P.U.O.C. contenente le modifiche di cui al comma 1, il Comune deve esplicitare le motivazioni delle stesse dimostrandone i miglioramenti conseguibili e, in ogni caso, l'assenza di incremento del carico urbanistico.
3. Nei casi diversi da quelli indicati al comma 1, il Comune provvede all'adozione della variante al P.U.C.G. ai sensi dell'articolo 34.
Art. 41
Soggetti abilitati a redigere il P.U.O.C.
1. I P.U.O.C. sono redatti:
a) a cura del Comune, ove ciò sia previsto dalla normativa vigente o dal P.U.C.G.;
b) a cura ed a spese dei proprietari, ove ciò sia previsto dalla normativa vigente o dal P.U.C.G. I proprietari proponenti devono rappresentare, in base all'imponibile catastale, almeno il settantacinque per cento del valore complessivo degli immobili compresi entro il perimetro del territorio interessato;
c) a cura ed a spese delle società di trasformazione urbana di cui all'articolo 47;
d) a cura ed a spese dei soggetti di cui alla lettera b), qualora, essendo prevista la redazione del P.U.O.C. a cura del Comune, questi non siano stati adottati entro i termini stabiliti dalle disposizioni programmatiche del P.U.C.G., a norma dell'articolo 30, comma 1, lettera b), sempreché il piano attuativo non sia subordinato alla preventiva acquisizione di immobili da parte del Comune ovvero non comprenda demani pubblici;
e) a cura del Comune, con diritto di rivalsa per le spese sostenute nei confronti dei proprietari, qualora, essendo prevista la redazione del P.U.O.C. a cura ed a spese dei proprietari, questi non abbiano presentato al Comune le relative proposte entro i termini stabiliti dalle disposizioni programmatiche del P.U.C.G., a norma dell'articolo 30, comma 1, lettera b);
f) a cura ed a spese del Comune, qualora il medesimo Comune decida motivatamente di respingere le proposte presentate dai proprietari.
Art. 42
Formazione ed adozione dei P.U.O.C.
1. Il Comune, su proposta dei soggetti indicati dall'articolo 41, comma 1, lettere b) e c), ovvero d'ufficio, adotta lo schema di P.U.O.C. Nel caso di proposta da parte dei soggetti indicati dall'articolo 41, comma 1, lettere b) e c), il Comune può introdurre, in sede di adozione dello schema di P.U.O.C., le modifiche necessarie o ritenute opportune, oppure può respingere motivatamente la proposta entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla ricezione della stessa.
2. Entro trenta giorni dall'adozione lo schema di P.U.O.C. ed i relativi elaborati, sono depositati, per quindici giorni consecutivi, presso la segreteria del Comune, nonché delle circoscrizioni, se esistenti, in libera visione al pubblico. Lo schema di P.U.O.C. è, altresì, inviato alle competenti amministrazioni statali ed alla Regione qualora il P.U.O.C. riguardi immobili sui quali esistono vincoli disposti, rispettivamente, dallo Stato o dalla Regione.
3. Del deposito di cui al comma 2 è dato avviso sull'albo comunale e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella Provincia.
4. Entro il termine perentorio di quindici giorni dalla scadenza del periodo di deposito di cui al comma 2, i proprietari dei terreni compresi nel perimetro dello schema del P.U.O.C., le amministrazioni di cui al comma 2 e chiunque altro ne abbia interesse possono presentare osservazioni sullo schema di P.U.O.C.
5. Entro sessanta giorni successivi alla scadenza del termine stabilito al comma 4 per la presentazione delle osservazioni, il Comune trasmette alla Provincia lo schema di P.U.O.C., unitamente alla deliberazione con la quale si decide sulle osservazioni ed agli atti che le corredano.
6. La Provincia, entro trenta giorni dal ricevimento degli atti di cui al comma 5, può far pervenire al Comune osservazioni sulla rispondenza dello schema di P.U.O.C. alle norme della presente legge, al P.U.C.G. ed alla pianificazione sovraordinata.
7. Decorso il termine di cui al comma 6, il Comune adotta il P.U.O.C. e si pronuncia contestualmente, con motivazioni specifiche, sulle eventuali osservazioni della Provincia.
8. Entro trenta giorni dall'adozione del P.U.O.C., ai sensi del comma 7, il P.U.O.C. è depositato presso la segreteria del Comune in libera visione al pubblico e dell'avvenuta adozione è dato avviso sull'albo comunale e su almeno quattro quotidiani a diffusione nella Provincia.
Art. 43
Efficacia del P.U.O.C.
1. I P.U.O.C. possono dettare disposizioni immediatamente precettive e vincolanti per i soggetti pubblici e privati. In relazione a tali disposizioni i P.U.O.C. fissano il termine, non superiore a dieci anni, entro il quale devono essere attuate.
2. Il provvedimento di adozione del P.U.O.C. ha efficacia di dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle trasformazioni previste, ai fini della acquisizione pubblica, tramite espropriazione, degli immobili. Tali espropriazioni devono essere effettuate entro il termine di cui al comma 1.
Art. 44
Contenuti e particolare efficacia dei P.U.O.C.
1. I P.U.O.C. hanno i contenuti e l'efficacia:
a) dei piani particolareggiati di cui all'articolo 13 della L. n. 1150/1942;
b) dei piani di lottizzazione di cui all'articolo 28 della L. n. 1150/1942;
c) dei piani di zona per l'edilizia economica e popolare di cui alla legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni;
d) dei piani per gli insediamenti produttivi di cui all'articolo 27 della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
e) dei piani di recupero del patrimonio edilizio esistente di cui all'articolo 28 della L. n. 457/1978;
f) dei programmi di recupero urbano di cui all'articolo 11 della legge 4 dicembre 1993, n. 493;
g) dei programmi integrati di intervento di cui all'articolo 16 della legge 17 febbraio 1992, n. 179;
h) di ogni ulteriore piano e programma attuativo del piano urbanistico comunale generale previsto dalla normativa statale o regionale.
2. Ciascun P.U.O.C. può avere, in rapporto agli interventi in esso previsti, i contenuti e l'efficacia di più piani o programmi tra quelli previsti al comma 1.
3. Il P.U.O.C. individua le leggi di riferimento e gli eventuali immobili soggetti ad espropriazione.
Art. 45
Relazione sullo stato della pianificazione urbanistica comunale.
1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge e, a regime, entro il 30 ottobre di ogni anno, i comuni devono trasmettere alla Provincia competente per territorio ed alla Regione una relazione sullo stato di attuazione delle previsioni del P.U.C.G., con particolare riferimento alle iniziative ed interventi in corso ed a quelli previsti ma non ancora avviati.
TITOLO III
Pianificazione urbanistica comunale
Capo III - Attuazione della pianificazione urbanistica
Art. 46
Attuazione degli strumenti di pianificazione urbanistica previa espropriazione degli immobili.
1. Nei casi in cui il Comune debba procedere all'attuazione degli strumenti di pianificazione urbanistica attraverso l'espropriazione di immobili, gli immobili espropriati sono acquisiti dai soggetti esproprianti ai sensi della normativa vigente. Qualora il soggetto espropriante sia il Comune, gli immobili espropriati sono acquisiti al patrimonio indisponibile del Comune, salvo quelli che possono essere ceduti in proprietà ai sensi della normativa vigente.
2. I comuni con riferimento agli immobili espropriati acquisiti al patrimonio comunale, possono concedere il diritto di superficie o cederli in proprietà, in relazione alla presenza o meno del vincolo di indisponibilità, a terzi che intendano edificarli, nel rispetto delle procedure di evidenza pubblica. Con la delibera di concessione del diritto di superficie o con l'atto di cessione della proprietà è approvata anche la convenzione, tra l'Ente concedente o cedente ed il concessionario o cessionario, stipulata sulla base di quanto previsto dall'articolo 76.
3. Il Comune può eseguire direttamente le trasformazioni previste dagli strumenti urbanistici oppure può concederne l'esecuzione ad altri soggetti pubblici o privati.
Art. 47
Società di trasformazione urbana.
1. I comuni, la città metropolitana di Roma, anche con la eventuale partecipazione delle province e della Regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti, secondo quanto previsto dall'articolo 17, comma 59, della legge 15 maggio 1997, n. 127 e successive modificazioni.
2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale provvede a stabilire i criteri e le modalità per consentire ai proprietari pubblici e privati di immobili interessati dalle trasformazioni la partecipazione alla società di cui al comma 1.
Art. 48
Attuazione dei P.U.O.C. mediante comparti edificatori.
1. Le trasformazioni previste dai P.U.O.C. possono essere eseguite attraverso comparti edificatori individuati o nel P.U.O.C. stesso o, successivamente, su istanza dei proprietari degli immobili interessati.
2. Formato il comparto, il Comune invita i proprietari interessati a dichiarare, entro un termine stabilito nell'atto di notifica, se intendano procedere da soli, se proprietari dell'intero comparto, oppure riuniti in consorzio, all'attuazione delle previsioni del P.U.O.C.
3. Per la costituzione del consorzio di cui al comma 2 è richiesto il concorso dei proprietari rappresentanti, in base all'imponibile catastale, il settantacinque per cento del valore dell'intero comparto.
4. Il consorzio costituito ai sensi del comma 3 consegue la piena disponibilità del comparto interessato mediante l'espropriazione, ai sensi della normativa vigente, degli immobili dei proprietari non aderenti.
5. Il consorzio costituito ai sensi del comma 3, conseguita la piena disponibilità del comparto, stipula apposita convenzione con il Comune per l'esecuzione delle trasformazioni previste nel P.U.O.C. Stipulata tale convenzione, i singoli proprietari aderenti al consorzio possono richiedere al Comune gli atti abilitativi ad effettuare le singole trasformazioni in conformità al piano urbanistico ed alla convenzione medesima.
6. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 2, il Comune procede all'espropriazione del comparto ai sensi della normativa vigente.
7. Per l'assegnazione del comparto espropriato ai sensi del comma 6, il Comune, previa verifica della possibilità di cedere il comparto al prezzo di esproprio più le spese relative ai soggetti espropriati che avevano prestato il proprio consenso alla costituzione del consorzio, ai sensi del comma 3, indice una gara aperta a tutti, al prezzo base corrispondente al prezzo di esproprio aumentato delle spese relative. I nuovi proprietari si impegnano, con apposita convenzione, a realizzare le previsioni di piano da soli, se proprietari dell'intero comparto, o riuniti in consorzio.
Art. 49
Accordi di programma.
1. Per la definizione e la realizzazione di programmi d'intervento o di opere pubbliche ovvero di opere ed interventi di iniziativa privata di rilevante interesse pubblico, in attuazione degli strumenti urbanistici, che richiedono l'azione integrata e coordinata di comuni, province, Regione, amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, si applica la disciplina prevista per gli accordi di programma dall'articolo 27 della L. n. 142/1990 e successive modificazioni (13).
2. Qualora l'accordo di programma comporti variazione agli strumenti urbanistici ai sensi dell'articolo 27, comma 5, della L. n. 142/1990 e successive modificazioni, gli atti relativi, prima della seduta conclusiva, sono sottoposti alle forme di pubblicità previste dall'articolo 33, commi 1 e 2, ma con i termini ridotti della metà.
3. [L'accordo di programma di cui al comma 1 può riguardare anche opere ed interventi di iniziativa privata di rilevante interesse pubblico a condizione che gli stessi siano conformi alla pianificazione territoriale ed urbanistica vigente] (14).
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(13) Comma così modificato dall'art. 114, comma 1, lettera a), L.R. 16 aprile 2002, n. 8.
(14) Comma abrogato dall'art. 114, comma 1, lettera b), L.R. 16 aprile 2002, n. 8.
Art. 50
Decadenza dei vincoli.
1. Qualora i vincoli previsti dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica su determinati immobili perdano efficacia per decorso del tempo, il Comune competente è obbligato, entro centoventi giorni dalla decadenza dei vincoli, ad adottare la pianificazione delle zone rimaste libere dai vincoli stessi.
2. In attesa della pianificazione comunale prevista dal comma 1, nelle aree in cui i vincoli siano divenuti inefficaci sono consentiti soltanto gli interventi indicati dall'articolo 4, ottavo comma della legge 28 gennaio 1977, n. 10 e dall'articolo 1 della legge regionale 6 luglio 1977, n. 24, come modificata dalla legge regionale 21 novembre 1990, n. 86.
TITOLO IV
Tutela e disciplina dell'uso agro-forestale del suolo (15)
Capo I - Indirizzi per la redazione degli strumenti urbanistici
Art. 51
Finalità.
1. Il presente titolo disciplina la tutela e l'uso del territorio agro-forestale, al fine di:
a) favorire la piena e razionale utilizzazione delle risorse naturali e del patrimonio insediativo ed infrastrutturale esistente;
b) salvaguardare la destinazione agricola e forestale del suolo, valorizzandone le caratteristiche ambientali, le specifiche vocazioni produttive e le attività connesse e compatibili;
c) promuovere la permanenza nelle zone agricole, in condizioni adeguate e civili, degli addetti all'agricoltura;
d) favorire il rilancio e l'efficienza delle unità produttive;
e) favorire il recupero del patrimonio edilizio rurale esistente in funzione delle attività agricole e delle attività integrate e complementari a quella agricola.
2. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano alle aree destinate dagli strumenti urbanistici ad usi agricoli, appartenenti alle zone territoriali omogenee di tipo E come definite e disciplinate dall'articolo 2 del D.M. 2 aprile 1968 del Ministro per i lavori pubblici, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97. Nei comuni ancora dotati di programma di fabbricazione, le zone agricole coincidono con tutti i terreni ricadenti al di fuori della perimetrazione dei centri abitati (16).
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(15) Vedi, anche, l'art. 1, L.R. 30 gennaio 2002, n. 4 e l'art. 8, comma 2, L.R. 17 marzo 2003, n. 8.
(16) Comma così sostituito dall'art. 1, L.R. 17 marzo 2003, n. 8. Il testo originario era così formulato: «2. Le disposizioni di cui al presente titolo si applicano alle zone agricole come definite all'interno degli strumenti urbanistici vigenti. Nei comuni ancora dotati di piano di fabbricazione, le zone agricole coincidono con tutti i terreni ricadenti al di fuori della perimetrazione dei centri abitati.».
n deroga a quanto disposto nel presente comma, nella stesura originaria, vedi l'art. 1, L.R. 30 gennaio 2002, n. 4.
Art. 52
Assetto agro-forestale del territorio (17).
1. I comuni, mediante il P.U.C.G. o le sue varianti, individuano all'interno delle zone agricole, sottozone a diversa vocazione e suscettività produttiva per indirizzarne il migliore utilizzo (18).
1-bis. Le sottozone in cui è suddivisa la zona agricola corrispondono, di norma, a:
a) aree caratterizzate da una produzione agricola tipica o specializzata;
b) aree a non elevato frazionamento fondiario caratterizzate dalla presenza di aziende di notevole estensione;
c) aree che, caratterizzate dalla presenza di preesistenze insediative, sono utilizzabili per l'organizzazione di centri rurali o per lo sviluppo di attività complementari ed integrate con l'attività agricola;
d) terreni boscati o da rimboschire (19).
2. L'individuazione di cui ai commi 1 e 1-bis deve essere preceduta da una rilevazione e descrizione analitica delle caratteristiche fisiche del territorio interessato e delle sue potenzialità produttive elaborata sulla base della relazione agro-pedologica e di uso dei suoli di cui all'articolo 37, con particolare riferimento (20):
a) alla natura fisico-chimica dei terreni, alla morfologia ed alle caratteristiche idrogeologiche;
b) all'uso di fatto ed all'uso potenziale dei suoli finalizzato all'incremento delle sue potenzialità produttive;
c) allo stato della frammentazione e polverizzazione fondiaria;
d) alle caratteristiche socio-economiche del territorio e della popolazione che vi risiede o lo utilizza (21).
3. Le previsioni del P.U.C.G. o le sue varianti, relativamente alle sottozone di cui al comma 1, devono indicare, per ciascuna sottozona e con riferimento alle colture praticate od ordinariamente praticabili, l'unità aziendale ottimale da determinarsi in base alla piena occupazione ed al reddito comparabile, determinato ai sensi della normativa vigente, di almeno una unità lavorativa-uomo e l'unità aziendale minima per l'esercizio in forma economicamente conveniente dell'attività agricola, da determinarsi in base all'occupazione non inferiore alla metà del tempo di lavoro ed alla metà del reddito comparabile di un'unità lavorativa-uomo (22).
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(17) Vedi la Delib.G.R. 12 dicembre 2000, n. 2503 che ha emanato i criteri e gli indirizzi per la individuazione delle diverse aree produttive del Lazio, ai fini degli adempimenti, di cui al presente articolo.
(18) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, L.R. 17 marzo 2003, n. 8.
(19) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 2, L.R. 17 marzo 2003, n. 8.
(20) Alinea così modificato dall'art. 2, comma 3, L.R. 17 marzo 2003, n. 8.
(21) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 4, L.R. 17 marzo 2003, n. 8.
(22) Comma così modificato dall'art. 2, comma 5, L.R. 17 marzo 2003, n. 8.
Art. 53
Indirizzi per la redazione dei P.U.C.G.
[1. Nella formazione dei nuovi P.U.C.G., nella revisione di quelli vigenti o mediante apposita variante, i comuni tutelano le parti di territorio a vocazione produttiva agricola e salvaguardano l'integrità dell'azienda agricola.
2. I comuni, di norma, suddividono le zone agricole del proprio territorio in:
a) aree caratterizzate da una produzione agricola tipica o specializzata;
b) aree di primaria importanza per la funzione agricolo-produttiva, anche in relazione all'estensione, composizione e localizzazione dei terreni;
c) aree che, caratterizzate dalla presenza di preesistenze insediative, sono utilizzabili per l'organizzazione di centri rurali o per lo sviluppo di attività complementari ed integrate con l'attività agricola;
d) terreni boscati o da rimboschire.
3. Le previsioni dei P.U.C.G. devono essere compatibili con la relazione agro-pedologica e di uso dei suoli di cui all'articolo 37] (23).
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(23) Articolo abrogato dall'art. 3, L.R. 17 marzo 2003, n. 8.
TITOLO IV
Tutela e disciplina dell'uso agro-forestale del suolo
Capo II - Edificazione in zona agricola
Art. 54
Trasformazioni urbanistiche in zona agricola.
1. Fatto salvo quanto previsto dalla legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 e successive modificazioni, dalla L.R. 10 novembre 1997, n. 36 e dalla L.R. 6 luglio 1998, n. 24 e successive modificazioni, nelle zone agricole è vietata:
a) ogni attività comportante trasformazioni del suolo per finalità diverse da quelle legate alla produzione vegetale, all'allevamento animale o alla valorizzazione dei relativi prodotti, nonché ad attività connesse e compatibili (24);
b) ogni lottizzazione a scopo edilizio;
c) l'apertura di strade interpoderali che non siano strettamente necessarie per l'utilizzazione agricola e forestale del suolo.
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(24) Lettera così sostituita dall'art. 4, L.R. 17 marzo 2003, n. 8. Il testo originario era così formulato: «a) ogni attività comportante una trasformazione dell'uso del suolo diverso dalla sua utilizzazione per la produzione vegetale o l'allevamento animale e per la valorizzazione dei relativi prodotti, nonché dalle attività connesse e compatibili.».
Art. 55
Edificazione in zona agricola.
1. Fermo restando l'obbligo di procedere prioritariamente al recupero delle strutture esistenti, la nuova edificazione in zona agricola è consentita soltanto se necessaria alla conduzione del fondo e all'esercizio delle attività agricole e di quelle ad esse connesse. Eventuali edificazioni da destinare ad usi di tipo esclusivamente residenziale estensivo sono realizzabili nelle zone C di cui all'articolo 56.
2. Le nuove edificazioni di cui al comma 1 sono consentite secondo quanto previsto nel presente articolo.
3. Gli edifici esistenti in zona agricola alla data di entrata in vigore della presente legge possono essere soggetti a interventi di rinnovo, fino alla demolizione e ricostruzione, con il vincolo di non superare le superfici lorde utili esistenti, salvo un aumento, per una sola volta, del dieci per cento delle sole superfici con destinazione residenziale per motivi di adeguamento igienico sanitario.
4. Gli edifici di cui al comma 3 ubicati entro le aree di rispetto stradale, in caso di demolizione e ricostruzione devono essere delocalizzati quanto più possibile per osservare le norme di tale rispetto, beneficiando comunque di un incremento delle superfici lorde utili fino al quindici per cento.
5. Le strutture adibite a scopo abitativo, salvo quanto diversamente e più restrittivamente indicato dai piani urbanistici comunali, dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore, non possono, comunque, superare il rapporto di 0,01 metri quadri per metro quadro, fino ad un massimo di 300 metri quadri per ciascun lotto inteso come superficie continua appartenente alla stessa intera proprietà dell'azienda agricola. Il lotto minimo è rappresentato dall'unità aziendale minima di cui all'articolo 52, comma 3. È ammesso, ai fini del raggiungimento della superficie del lotto minimo, l'asservimento di lotti contigui, anche se divisi da strade, fossi o corsi d'acqua.
6. L'unità aziendale minima non può, in ogni caso, essere fissata al di sotto di 10 mila metri quadri. In mancanza dell'individuazione dell'unità aziendale minima, il lotto minimo è fissato in 30 mila metri quadri.
7. Gli annessi agricoli possono essere realizzati fino ad un massimo di 20 metri quadri per ogni 5 mila metri quadri di terreno ed un'altezza massima di 3,20 metri lineari calcolata alla gronda. Tali manufatti devono essere realizzati con copertura a tetto.
8. Fatto salvo quanto previsto dal comma 7, nei comuni con popolazione inferiore a duemila abitanti, le cui zone agricole siano caratterizzate da un elevato frazionamento fondiario, possono essere realizzati annessi agricoli di superficie massima di 12 metri quadri, con altezza massima di 2,30 metri lineari calcolati alla gronda, su lotti di superficie non inferiore a 1.500 metri quadri, purché gli stessi lotti siano utilizzati per lavorazioni agricole da almeno tra anni alla data della richiesta ad edificare.
9. Rientrano negli annessi agricoli i depositi di attrezzi, le rimesse per mezzi meccanici riguardanti le lavorazioni agricole, i depositi e magazzini di prodotti agricoli, le stalle e i ricoveri di animali, i locali per prime lavorazioni e confezioni di prodotti agricoli, i locali e i servizi per il riparo diurno degli addetti.
10. Il lotto minimo per cui è possibile richiedere la concessione edilizia ed i limiti dimensionali massimi degli annessi agricoli sono derogabili previa approvazione, da parte del Comune, di un piano di utilizzazione aziendale presentato ai sensi dell'articolo 57 (25).
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(25) Il presente articolo, già modificato dall'art. 1, L.R. 4 settembre 2000, n. 28, è stato poi così sostituito dall'art. 5, L.R. 17 marzo 2003, n. 8. Il testo precedente era così formulato: «Art. 55. Criteri per l'edificazione in zona agricola. 1. Fermo restando l'obbligo di procedere prioritariamente al recupero delle strutture esistenti, le nuove costruzioni rurali necessarie alla conduzione del fondo ed all'esercizio delle attività agricole e di quelle ad esse connesse sono consentite secondo quanto previsto nel presente articolo.
2. La concessione per la costruzione delle strutture abitative nelle zone agricole è rilasciata esclusivamente all'imprenditore agricolo, responsabile dell'impresa agraria, a condizione che:
a) le strutture siano in funzione delle esigenze abitative dell'imprenditore agricolo per la conduzione del fondo, singolo o associato, e degli addetti all'azienda, coadiuvanti o dipendenti della stessa;
b) le strutture costituiscano, o vengano a costituire, un aggregato abitativo non necessariamente ubicato in prossimità del centro aziendale quando esistano motivi igienici e sanitari e siano gravati da vincolo di destinazione d'uso dei fabbricati, trascritto nei registri immobiliari fino a variazione dello strumento urbanistico;
c) l'azienda mantenga in produzione superfici fondiarie che assicurino almeno la dimensione dell'unità aziendale minima di cui all'articolo 52, comma 3.
3. Le strutture a scopo residenziale, salvo quanto diversamente e più restrittivamente indicato dai piani urbanistici comunali, dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore, non possono, comunque, superare il rapporto di 0,025 metri cubi per metri quadri. Il lotto minimo è rappresentato dall'unità aziendale minima di cui all'articolo 52, comma 3, e può essere derogato soltanto quando ci siano più fondi asserviti che consentano, nel complesso, di raggiungere la dimensione fisica ed economica corrispondente alla unità aziendale minima.».
Art. 56
Insediamenti residenziali estensivi.
1. Il PUCG o le sue varianti possono stabilire che limitate porzioni del territorio agricolo, contraddistinte da un elevato frazionamento delle proprietà fondiarie, siano destinate a nuovi insediamenti a bassa densità edilizia. Tali porzioni di territorio devono essere classificate come zone di espansione di cui alla lettera C del D.M. 2 aprile 1968 del Ministro per i lavori pubblici e non possono comunque eccedere:
a) il venti per cento del totale della capacità insediativa prevista dal PUCG, nei comuni con popolazione inferiore a quindicimila abitanti;
b) il quindici per cento del totale della capacità insediativa prevista dal PUCG, nei comuni con popolazione fino a centomila abitanti;
c) il cinque per cento del totale della capacità insediativa prevista dal PUCG, nei comuni con popolazione superiore a centomila abitanti.
2. L'edificazione nelle zone di cui al comma 1 è subordinata alla previa approvazione di un piano di lottizzazione ovvero di un altro strumento attuativo e, salvo quanto più restrittivamente disposto dai piani urbanistici comunali, dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore, deve rispettare le seguenti prescrizioni:
a) indice di edificabilità residenziale non superiore a 0,05 metri quadri per metro quadro, fino ad una superficie massima di 500 metri quadri;
b) lotto minimo non inferiore ai 5 mila metri quadri;
c) messa a dimora di alberature in ragione di almeno un pianta per ogni 10 metri quadrati di superficie lorda utile fuori terra, con un minimo di almeno quindici piante per lotto.
3. Le zone di cui al comma 1 non possono essere ampliate in sede di variante del PUCG prima che ne sia stato utilizzato almeno l'ottanta per cento della superficie totale (26).
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(26) Articolo così sostituito dall'art. 6, L.R. 17 marzo 2003, n. 8. Il testo originario era così formulato: «Art. 56. P.U.O.C. in aree ad elevato frazionamento fondiario. 1. Il P.U.C.G. o le sue varianti possono stabilire che limitate porzioni del territorio agricolo ricadenti nell'articolo 53, comma 2, lettera c), siano soggette ad un P.U.O.C. al fine di consentire un'edificazione residenziale a bassa densità e la realizzazione di annessi agricoli comunque finalizzati al mantenimento dei caratteri agricoli e paesaggistici dei luoghi, quando:
a) l'area sia caratterizzata da una diffusa edificazione e compromissione dello stato originario dei luoghi;
b) l'area sia caratterizzata da elevata frammentazione fondiaria, consolidata nel tempo e da una prevalenza di lotti dimensionalmente inferiori al lotto minimo aziendale;
c) sia presente una diffusa attività agricola che costituisce fonte diversificata di occupazione e di reddito e consenta il mantenimento della vocazione rurale delle aree.
2. In deroga a quanto previsto all'articolo 30, comma 1, la definizione del P.U.O.C. deve essere effettuata all'interno delle disposizioni strutturali del P.U.C.G.
3. Salvo quanto più restrittivamente disposto dai piani urbanistici comunali, dai piani territoriali o dalla pianificazione di settore, per i fini di cui al comma 1, l'indice di edificabilità residenziale deve essere pari a 0,05 metri cubi per metri quadri, fino ad una cubatura massima di 500 metri cubi. Il lotto minimo non può, comunque, essere inferiore ai 5.000 metri quadri.
4. Il P.U.O.C. deve essere accompagnato da un approfondimento di dettaglio della relazione agro-pedologica di cui all'articolo 37.
5. Le aree individuate dal P.U.O.C., che contribuiscono al dimensionamento del P.U.C.G., non possono comunque eccedere:
a) il venti per cento del totale della capacità insediativa prevista dal P.U.C.G., nei comuni con popolazione inferiore ai cinquemila abitanti;
b) il dieci per cento del totale della capacità insediativa prevista dal P.U.C.G., nei comuni con popolazione fino a diecimila abitanti;
c) il cinque per cento del totale della capacità insediativa prevista dal P.U.C.G., nei comuni con popolazione fino a trentamila abitanti;
d) il due per cento del totale della capacità insediativa prevista dal P.U.C.G., nei comuni con popolazione superiore ai trentamila abitanti.
6. Gli annessi agricoli possono essere realizzati fino ad un massimo di 30 metri quadri ed un'altezza massima di 2,70 metri lineari con copertura a tetto. Essi devono essere realizzati in materiali ecocompatibili che non interferiscono con l'ambiente circostante attenuandone al minimo l'impatto invasivo.».
Art. 57
Piani di utilizzazione aziendale.
1. Per le zone agricole, gli imprenditori agricoli, così come definiti all'articolo 2135 del codice civile, singoli o associati, possono presentare al Comune un Piano di utilizzazione aziendale (P.U.A.) che, previa indicazione dei risultati aziendali che si intendono conseguire, evidenzi la necessità di derogare alle prescrizioni relative al lotto minimo ed alle dimensioni degli annessi agricoli di cui all'articolo 55.
2. Il P.U.A. è sottoscritto da un dottore agronomo forestale, o da un perito agrario ovvero da un agrotecnico o un agrotecnico laureato, debitamente abilitato, nei limiti delle rispettive competenze professionali, ed è sottoposto al preventivo parere della commissione edilizia comunale, integrata da un dottore agronomo forestale o da un perito agrario ovvero, in caso di mancata istituzione della commissione edilizia, al preventivo parere di una commissione, nominata dal Comune, di cui fanno parte un rappresentante della struttura comunale competente e due esperti esterni dottori agronomi forestali o periti agrari (27).
Tale parere riguarda, in particolare:
a) la verifica dei presupposti agronomici e/o forestali;
b) la verifica degli aspetti paesistico-ambientali ed idrogeologici;
c) la verifica di coerenza e di compatibilità con i piani sovraordinati generali e di settore.
3. Il P.U.A. contiene:
a) una descrizione dello stato attuale dell'azienda;
b) una descrizione degli interventi programmati per lo svolgimento dell'attività agricola e delle attività connesse, nonché degli altri interventi previsti per la tutela e la valorizzazione ambientale;
c) l'individuazione dei fabbricati esistenti e l'individuazione dei fabbricati presenti nell'azienda ritenuti non più rispondenti alle finalità economiche e strutturali descritte dal programma;
d) una descrizione dettagliata degli interventi edilizi necessari a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dell'imprenditore agricolo, nonché a potenziare le strutture produttive con l'indicazione dei fabbricati da realizzare e dei terreni agricoli collegati agli stessi.
4. Il P.U.A. può comprendere una pluralità di aree non contigue, purché, in questo caso, sia raggiunta una superficie complessiva non inferiore al lotto minimo di cui all'articolo 55.
5. Il P.U.A. è approvato dal Comune e si realizza attraverso un'apposita convenzione che, oltre a quanto previsto dall'articolo 76, stabilisce in particolare l'obbligo per il richiedente di:
a) effettuare gli interventi previsti dal programma, in relazione ai quali è richiesta la realizzazione di nuove costruzioni rurali;
b) non modificare la destinazione d'uso agricola delle costruzioni esistenti o recuperate necessarie allo svolgimento delle attività agricole e di quelle connesse per il periodo di validità del piano;
c) non modificare la destinazione d'uso agricola delle nuove costruzioni rurali eventualmente da realizzare per almeno dieci anni dall'ultimazione della costruzione;
d) non alienare separatamente dalle costruzioni il fondo alla cui capacità produttiva sono riferite le costruzioni stesse;
e) asservire le edificazioni ai terreni alla cui capacità produttiva esse si riferiscono.
6. Il vincolo di destinazione d'uso di cui al comma 5, lettere b) e c) è trascritto a cura e spesa del beneficiario presso la competente conservatoria dei registri immobiliari (28).
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(27) Comma così modificato dall'art. 11, comma 28, L.R. 28 dicembre 2007, n. 27.
(28) Articolo così sostituito dall'art. 7, L.R. 17 marzo 2003, n. 8, poi così modificato come indicato nella nota che precede. Il testo originario era così formulato: «Art. 57. Piani di utilizzazione aziendale. 1. Per le zone agricole, gli imprenditori agricoli a titolo principale singoli od associati, possono presentare al Comune un piano di utilizzazione aziendale che, previa indicazione dei risultati aziendali che si intendono conseguire, evidenzi l'utilizzazione delle costruzioni esistenti e la indispensabilità delle nuove costruzioni.
2. Il piano di utilizzazione aziendale è sottoscritto da un dottore agronomo forestale, o da un perito agrario, debitamente abilitato, nei limiti delle rispettive competenze professionali, ed è sottoposto al preventivo parere dal competente organo della Provincia, ai sensi dell'articolo 36, comma 2, lettera a) della L.R. n. 14/1999. Tale parere, se negativo, è vincolante e consiste:
a) nella verifica dei presupposti agronomici e/o forestali;
b) nella verifica degli aspetti paesistico-ambientali ed idrogeologici;
c) nella verifica di coerenza e di compatibilità con i piani sovraordinati generali e di settore.
3. Il piano di cui al comma 1 deve contenere:
a) una descrizione dello stato attuale dell'azienda;
b) una descrizione degli interventi programmati per lo svolgimento dell'attività agricola e delle attività connesse, nonché degli altri interventi previsti per la tutela e la valorizzazione ambientale;
c) l'individuazione dei fabbricati esistenti e l'individuazione dei fabbricati presenti nell'azienda ritenuti non più rispondenti alle finalità economiche e strutturali descritte dal programma;
d) una descrizione dettagliata degli interventi edilizi necessari a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dell'imprenditore agricolo, nonché al potenziamento delle strutture produttive con l'indicazione dei fabbricati da realizzare e dei terreni agricoli collegati agli stessi;
e) la definizione dei tempi e delle fasi di realizzazione del programma stesso.
4. L'approvazione del piano di cui al comma 1 da parte del Comune, costituisce condizione preliminare per il rilascio delle concessioni od autorizza ioni edilizie. La realizzazione del piano è garantita da un'apposita convenzione che, oltre a quanto previsto dall'articolo 76, stabilisca in particolare l'obbligo per il richiedente di:
a) effettuare gli interventi previsti dal programma, in relazione ai quali è richiesta la realizzazione di nuove costruzioni rurali;
b) non modificare la destinazione d'uso agricola delle costruzioni esistenti o recuperate necessarie allo svolgimento delle attività agricole e di quelle connesse per il periodo di validità del piano;
c) non modificare la destinazione d'uso agricola delle nuove costruzioni rurali eventualmente da realizzare, per almeno dieci anni dall'ultimazione della costruzione;
d) non alienare separatamente dalle costruzioni il fondo alla cui capacità produttiva sono riferite le costruzioni stesse;
e) asservire le edificazioni ai terreni alla cui capacità produttiva esse si riferiscono.
5. Il vincolo di destinazione d'uso di cui al comma 4, lettere b) e c) è trascritto a cura e spesa del beneficiario presso la competente conservatoria dei registri immobiliari.».
Art. 58
Vincolo di inedificabilità.
1. All'atto del rilascio della concessione edilizia per le costruzioni da realizzare ai sensi degli articoli 55, 56 e 57, viene istituito un vincolo di non edificazione, trascritto presso la conservatoria dei registri immobiliari, sul fondo di pertinenza dell'edificio per cui si è richiesta la concessione.
2. Le abitazioni esistenti in zona agricola alla data di entrata in vigore della presente legge estendono sul terreno dello stesso proprietario un vincolo di non edificazione fino a concorrenza della superficie fondiaria necessaria alla loro edificazione ai sensi dell'articolo 55. La demolizione parziale o totale di tali costruzioni, corrispondentemente, riduce od elimina il vincolo.
TITOLO V
Tutela e recupero degli insediamenti urbani storici
Capo I - Finalità
Art. 59
Finalità.
1. All'interno degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici e degli insediamenti storici puntuali come definiti dall'articolo 60, gli interventi sono finalizzati a conservare od a ricostruire il patrimonio edilizio e le pertinenze inedificate per consentire la piena utilizzazione, rifunzionalizzazione ed immissione nel mercato immobiliare. Gli interventi perseguono, in particolare, i seguenti obiettivi:
a) la tutela dell'integrità fisica e la valorizzazione dell'identità culturale del centro storico;
b) il mantenimento od il ripristino dell'impianto urbano;
c) la tutela, la valorizzazione e la rivitalizzazione del patrimonio edilizio storico;
d) il recupero abitativo e sociale del patrimonio edilizio minore o di base;
e) l'integrazione di attrezzature e servizi mancanti, compatibilmente con la morfologia dell'impianto urbano e con i caratteri tipologici e stilistici-architettonici del patrimonio edilizio storico da riutilizzare;
f) l'ammodernamento e la riqualificazione dell'urbanizzazione primaria.
Art. 60
Definizione degli insediamenti urbani storici aggregati o centri storici e degli insediamenti storici puntuali.
1. Sono centri storici gli organismi urbani di antica formazione che hanno dato origine alle città contemporanee. Essi si individuano come strutture urbane che hanno mantenuto la riconoscibilità delle tradizioni, dei processi e delle regole che hanno presieduto alla loro formazione e sono costituiti da patrimonio edilizio, rete viaria e spazi inedificati. La loro perimetrazione, in assenza di documentazione cartografica antecedente, si basa sulle configurazioni planimetriche illustrate nelle planimetrie catastali redatte dopo l'avvento dello stato unitario. L'eventuale sostituzione di parti, anche cospicue, dell'edilizia storica non influisce sui criteri indicati per eseguire la perimetrazione.
2. Gli insediamenti storici puntuali sono costituiti da strutture edilizie comprensive di edifici e spazi inedificati, nonché da infrastrutture territoriali che testimoniano fasi dei particolari processi di antropizzazione del territorio. Essi sono ubicati anche al di fuori delle strutture urbane e costituiscono poli riconoscibili dell'organizzazione storica del territorio.
TITOLO V
Tutela e recupero degli insediamenti urbani storici
Capo II - Programmazione regionale
Art. 61
Programma pluriennale regionale di intervento per gli insediamenti urbani storici.
1. Per le finalità di cui all'articolo 59, la Regione approva un programma pluriennale regionale di intervento per gli insediamenti urbani storici, che indichi, in particolare:
a) gli interventi da realizzare, nel rispetto del P.U.C.G., nonché la localizzazione degli stessi, la durata ed i tempi di realizzazione;
b) le prescrizioni per l'elaborazione e l'attuazione dei relativi progetti con l'individuazione dei soggetti attuatori e con la specificazione dei parametri per il controllo preventivo dell'efficacia dei progetti e per quello successivo di attuazione;
c) i costi di investimento e di gestione, le risorse da impiegare, le fonti di finanziamento ed i destinatari dei finanziamenti.
2. La Giunta regionale predispone, previo parere del comitato previsto dall'articolo 16, una proposta preliminare del programma di cui al comma 1, che viene pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione. Contestualmente alla pubblicazione, copia della proposta preliminare è trasmessa alle competenti Soprintendenze per l'acquisizione dei pareri previsti dalla legislazione vigente.
3. La Giunta regionale, le province e la città metropolitana di Roma effettuano le rispettive consultazioni, secondo le modalità indicate dall'articolo 10, commi 5 e 6.
4. La Giunta regionale, sulla base delle risultanze delle consultazioni effettuate ai sensi del comma 3 e dei pareri espressi ai sensi del comma 2, elabora la proposta definitiva del programma di cui al comma 1 e la trasmette al Consiglio regionale per l'approvazione entro centottanta giorni dalla data di pubblicazione.
5. Il programma pluriennale regionale di intervento per gli insediamenti urbani storici è pubblicato sul Bollettino Ufficiale della Regione ed acquista efficacia dal giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
TITOLO VI
Disposizioni transitorie e finali
Capo I - Disposizioni transitorie
Art. 62
Primo P.T.R.G.
1. In sede di prima applicazione della presente legge, ed in deroga a quanto previsto dall'articolo 10, lo schema di quadro di riferimento territoriale adottato dalla Giunta regionale con Delib.G.R. 12 giugno 1998, n. 2437 e successive modificazioni, assume l'efficacia di schema di P.T.R.G. di cui all'articolo 10, comma 2. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale delibera la proposta di P.T.R.G. da sottoporre all'adozione del Consiglio regionale unitamente ad una relazione motivata, tenendo conto delle consultazioni effettuate sullo schema di P.T.R.G.
Art. 63
Verifica di compatibilità dei piani regionali di settore esistenti.
1. Entro un anno dalla data di esecutività del primo P.T.R.G. di cui all'articolo 62, la Giunta regionale, sentito il comitato di cui all'articolo 16, verifica la compatibilità dei piani regionali di settore esistenti con le previsioni del P.T.R.G. ed adotta le eventuali modifiche secondo le modalità indicate dalle leggi che li hanno previsti.
Art. 63-bis
Primo P.T.P.G. e prima verifica di compatibilità del P.U.C.G..
1. In sede di prima applicazione della presente legge ed in deroga a quanto previsto dall'articolo 9, comma 3, lettera c), la Provincia adotta il P.T.P.G., ai sensi dell'articolo 21, comma 4, entro il 31 dicembre 2003. Decorso inutilmente tale termine, la Regione attiva i poteri sostitutivi ai sensi dell'articolo 74.
2. La provincia effettua la verifica di compatibilità del P.U.C.G., di cui all'articolo 33, comma 3, a decorrere dalla data di pubblicazione del P.T.P.G. ai sensi dell'articolo 21, comma 12.
3. La provincia che ha eventualmente adottato, entro la data di entrata in vigore della presente legge, il piano territoriale di coordinamento ai sensi dell'articolo 55 della legge regionale 7 giugno 1999, n. 6, in corso di verifica di compatibilità da parte della Regione, adegua tali piani, entro il termine di cui al comma 1, ai contenuti del P.T.P.G. previsti dall'articolo 20, con le procedure disciplinate dall'articolo 21. In tale caso, ai fini della verifica di compatibilità del P.U.C.G., si applica la disposizione di cui al comma 2 (29).
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(29) Articolo aggiunto dall'art. 2, L.R. 31 dicembre 2002, n. 44.
Art. 64
Disposizioni transitorie per la città metropolitana di Roma.
1. Fino alla costituzione della città metropolitana di Roma, al Comune di Roma non si applicano le disposizioni di cui all'articolo 32.
Art. 65
Termini per l'adozione dei P.U.C.G.
1. I comuni sono obbligati ad adottare i P.U.C.G. di cui al titolo III, capo I, entro tre anni dalla data di pubblicazione del P.T.P.G. ai sensi dell'art. 21, comma 12, se capoluogo di Provincia o se aventi popolazione superiore ai cinquantamila abitanti ed entro cinque anni negli altri casi (30).
2. Nei comuni sprovvisti di strumento urbanistico generale e nei comuni dotati di programma di fabbricazione sono consentiti soltanto gli interventi di cui all'articolo 31, primo comma, lettere a), b), c) e d) della L. n. 457/1978, all'interno del perimetro del centro abitato definito ai sensi dell'articolo 41-quinquies della L. n. 1150/1942, come modificata dalla legge 6 agosto 1967, n. 765.
3. I comuni dotati di programma di fabbricazione possono apportare a tale strumento urbanistico soltanto le varianti derivanti dall'approvazione di progetti di opere pubbliche di cui all'articolo 1, quarto e quinto comma della legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni.
4. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai comuni per i quali le province abbiano stabilito termini diversi nei rispettivi P.T.P.G. ai sensi dell'articolo 20, comma 3, lettera c).
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(30) Comma così modificato dall'art. 3, L.R. 31 dicembre 2002, n. 44.
Art. 65-bis
Disposizioni transitorie per le zone agricole (31).
1. Ai fini degli adempimenti comunali di cui all'articolo 52, la Giunta regionale, entro il 15 dicembre 2000, con propria deliberazione, detta appositi criteri ed indirizzi per la definizione della diverse aree produttive del Lazio.
2. Entro il 31 dicembre 2001, i comuni provvedono ad indicare l'unità aziendale ottimale e l'unità aziendale minima ai sensi dell'articolo 52, comma 3 (32).
3. Fino alla scadenza del termine di cui al comma 2, in deroga a quanto disposto nell'articolo 51, comma 2, alle zone agricole definite all'interno degli strumenti urbanistici vigenti continuano ad applicarsi le disposizioni previste negli strumenti stessi. Decorso il termine suddetto alle zone agricole definite all'interno degli strumenti urbanistici vigenti si applicano le disposizioni di cui al titolo IV (33).
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(31) Vedi la Delib.G.R. 12 dicembre 2000, n. 2503 che ha emanato i criteri e gli indirizzi per la individuazione delle diverse aree produttive del Lazio, ai fini degli adempimenti, di cui al presente articolo.
(32) Comma così modificato dall'art. 285, comma 3, L.R. 10 maggio 2001, n. 10 e dall'art. 1, L.R. 3 agosto 2001, n. 17.
(33) Articolo aggiunto dall'art. 2, L.R. 4 settembre 2000, n. 28. Successivamente il comma 2 è stato così modificato dall'art. 285, comma 3, L.R. 10 maggio 2001, n. 10.
Art. 66
Applicazione transitoria delle vigenti leggi urbanistiche.
1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, ai piani regolatori generali e loro varianti, ivi compreso quelle derivanti da accordi di programma, nonché agli strumenti urbanistici attuativi e loro varianti, adottati dal comuni fino alla data di pubblicazione del P.T.P.G. ai sensi dell'articolo 21, comma 12, continuano ad applicarsi le leggi urbanistiche previgenti, ferma restando, comunque, l'applicazione delle procedure di pubblicità previste dall'articolo 49, comma 2, per le varianti che costituiscono oggetto di accordo di programma (34).
2. Fino alla data di adozione del P.U.C.G. ai sensi della presente legge e, comunque, fino alla scadenza del termine previsto per l'adeguamento dei piani regolatori generali ai P.T.P.G., agli strumenti urbanistici attuativi in variante si applicano le disposizioni della legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 e successive modificazioni.
2-bis. Fermo restando quanto previsto dal comma 1, è in ogni caso facoltà dei comuni provvedere alla formazione ed approvazione dei piani regolatori generali, adottati successivamente al 31 dicembre 2005 e non oltre la data di pubblicazione del PTPG e comunque entro il 30 giugno 2007, con le modalità previste dai commi 2 e seguenti dell'articolo 66-bis (35).
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(34) Il presente comma, già sostituito dall'art. 3, L.R. 4 settembre 2000, n. 28, poi modificato dall'art. 286, comma 1, L.R. 10 maggio 2001, n. 10 (vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo) e dall'art. 88, comma 1, lettere a) e b), L.R. 6 settembre 2001, n. 24, è stato poi nuovamente così sostituito dall'art. 4, L.R. 31 dicembre 2002, n. 44. Il testo precedente così disponeva: «1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, ai piani regolatori generali e loro varianti, ivi comprese quelle derivanti da accordi di programma, nonché agli strumenti urbanistici attuativi e loro varianti adottati dai comuni fino alla data di pubblicazione del P.T.P.G. ai sensi dell'art. 21, comma 12, e, in ogni caso, non oltre il 31 dicembre 2002, continuano ad applicarsi le leggi urbanistiche previgenti, ferma restando, comunque, l'applicazione delle procedure di pubblicità previste dall'articolo 49, comma 2, per le varianti che costituiscono oggetto di accordo di programma. I comuni interessati possono comunque, previa comunicazione alla Regione, adottare gli strumenti urbanistici di cui al presente comma con i contenuti e secondo le modalità previste dalla presente legge per il P.U.C.G. e per i P.U.O.C. comprese quello concernenti la verifica di conformità, da parte della Provincia, prevista dall'articolo 33, comma 3».
(35) Comma aggiunto dall'art. 70, comma 6, L.R. 28 aprile 2006, n. 4, a decorrere dalla data di adozione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR) da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, L.R. 6 luglio 1998, n. 24 (come prevede il comma 8 dello stesso articolo).
Art. 66-bis
Disposizioni transitorie per la formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale del Comune di Roma.
1. In relazione alla particolare condizione di Roma quale Capitale della Repubblica, ribadita dall'articolo 114 della Costituzione, alla sua configurazione istituzionale di capoluogo di area metropolitana riconosciuta dall'articolo 22 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), tenuto conto dei principi costituzionali di adeguatezza e differenziazione, richiamati nell'articolo 16 dello Statuto regionale, nonché delle oggettive peculiarità connesse alla dimensione territoriale, demografica e sociale della Capitale ed alla ricaduta sul suo assetto e sviluppo urbanistico, il Comune di Roma, in deroga alla norma transitoria di cui all'articolo 66 e nelle more dell'approvazione del PTPG, provvede alla formazione ed approvazione dello strumento urbanistico generale mediante la conclusione di un accordo di pianificazione, secondo le forme e le modalità di cui ai commi successivi.
2. Il Sindaco, al fine di verificare la possibilità di concludere l'accordo di cui al comma 1, decorsi trenta giorni dalla trasmissione alla Regione del piano regolatore generale e della deliberazione di controdeduzioni alle osservazioni pervenute, adottati ai sensi della L. n. 1150/1942 e successive modifiche, convoca, d'intesa con il Presidente della Regione, una conferenza di copianificazione fra i dirigenti delle strutture tecniche competenti del Comune, della Regione e della Provincia, nell'ambito della quale viene esaminato il piano adottato e verificata l'acquisizione dei pareri e nulla osta di altre amministrazioni prescritti dalla legislazione vigente, nonché l'opportunità di introdurre le modifiche di cui all'articolo 10, comma 2, della L. n. 1150/1942, come modificato dall'articolo 3 della legge 6 agosto 1967, n. 765.
3. Nella conferenza vengono, in ogni caso, individuati gli adeguamenti necessari al fine di conformare il piano adottato alle previsioni di strumenti di pianificazione territoriali e di settore, di ambito regionale o statale.
4. In esito ai lavori della conferenza, che debbono comunque concludersi entro sessanta giorni dalla convocazione, i partecipanti alla conferenza stessa convengono su uno schema di accordo, di cui è parte integrante una relazione tecnica, corredata di opportuna cartografia, recante dettagliate ed univoche indicazioni sulle eventuali modifiche, integrazioni ed adeguamenti da apportare al piano adottato.
5. Qualora lo schema di accordo di cui al comma 4 preveda, rispetto al piano adottato dal Comune, modifiche differenti dagli adeguamenti di cui al comma 3, sulle medesime si pronuncia il consiglio comunale entro trenta giorni dal ricevimento dello schema stesso.
6. Nei trenta giorni successivi alla definizione dei lavori della conferenza ovvero alla pronuncia favorevole del consiglio comunale ai sensi del comma 5, il Sindaco ed il Presidente della Regione, sentito il Presidente della Provincia, stipulano l'accordo di pianificazione, che conferma e recepisce lo schema di cui al comma 4. L'accordo è ratificato, entro trenta giorni a pena di decadenza, dalla Giunta regionale e dal consiglio comunale.
7. Contestualmente alla ratifica dell'accordo, il consiglio comunale approva il piano adottato, in conformità alle eventuali modifiche ed adeguamenti concordati nell'accordo medesimo.
8. Con l'atto di approvazione possono essere apportate al piano adottato esclusivamente le modifiche necessarie per conformarli ai contenuti dell'accordo di pianificazione.
9. L'efficacia del piano regolatore generale è subordinata alla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'avviso della avvenuta approvazione.
10. Le misure di salvaguardia previste dalla L. n. 1902/1952 hanno efficacia per cinque anni a decorrere dalla data di adozione del piano regolatore generale (36).
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(36) Articolo aggiunto dall'art. 70, comma 7, L.R. 28 aprile 2006, n. 4, a decorrere dalla data di adozione del piano territoriale paesistico regionale (PTPR) da parte della Giunta regionale, ai sensi dell'articolo 23, comma 2, L.R. 6 luglio 1998, n. 24 (come prevede il comma 8 dello stesso articolo).
Art. 67
Disposizioni transitorie per il comitato.
1. Il comitato di cui all'articolo 16 è nominato entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge. Qualora il Consiglio regionale non proceda alle designazioni previste dall'articolo 16, comma 3, alle designazioni stesse provvede il Presidente del Consiglio regionale, in via sostitutiva, entro il termine perentorio dei dieci giorni successivi alla scadenza del termine previsto per la nomina.
2. Dal suo insediamento il comitato di cui all'articolo 16 subentra nelle funzioni della prima sezione del comitato tecnico consultivo regionale per l'urbanistica, l'assetto del territorio, i lavori pubblici e le infrastrutture di cui alla legge regionale 8 novembre 1977, n. 43 e successive modificazioni, relativamente ai procedimenti già avviati dalla prima sezione del comitato tecnico consultivo stesso e non ancora conclusi alla data di insediamento del comitato di cui all'articolo 16.
2-bis. In deroga a quanto previsto dall'articolo 16, comma 1, relativamente alle competenze del comitato e ai fini di cui all'articolo 66, comma 1, il comitato esercita le funzioni già di competenza della prima sezione di cui al comma 2, concernente i piani e gli strumenti urbanistici adottati dai comuni entro la data di pubblicazione del primo P.T.P.G. (37).
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(37) Comma aggiunto dall'art. 5, L.R. 31 dicembre 2002, n. 44.
TITOLO VI
Disposizioni transitorie e finali
Capo II - Disposizioni finali
Art. 68
Compatibilità urbanistico-territoriale ed ambientale degli interventi ed opere di interesse regionale e provinciale.
1. Qualora per la realizzazione di interventi ed opere di interesse regionale o provinciale sia necessaria una variazione al P.U.G.C. vigente, l'amministrazione procedente è tenuta a predisporre, insieme il progetto, uno specifico studio sugli effetti urbanistico-territoriali ed ambientali dell'opera o dell'intervento e sulle misure necessarie per il suo inserimento nel territorio comunale.
Art. 69
Istruzioni tecniche per la redazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica subregionali.
1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, con propria deliberazione, detta le istruzioni tecniche da osservare nella redazione degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica subregionali ed individua gli elaborati costitutivi essenziali dei singoli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica al fine di assicurare completezza di analisi ed omogeneità di linguaggio tecnico nonché uniformità di rappresentazione grafica.
Art. 70
Criteri generali per l'adozione dei regolamenti edilizi.
1. La Giunta regionale adotta una deliberazione per la determinazione dei criteri generali per la formazione dei regolamenti edilizi e per consentirne il necessario coordinamento con le norme tecniche d'attuazione del P.U.C.G.
2. Per i fini di cui al comma 1, la Giunta regionale, nel termine di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, invia alle province uno schema di deliberazione ai fini della consultazione degli Enti locali. Entro i sessanta giorni successivi, le province trasmettono alla Regione una relazione contenente le osservazioni presentate dagli Enti locali.
3. Decorso il termine di sessanta giorni di cui al comma 2, la Giunta regionale adotta la deliberazione, che deve contenere le controdeduzioni alle osservazioni presentate, qualora sia pervenuta la relazione delle province.
Art. 71
Regolamenti edilizi.
1. I comuni adottano i regolamenti edilizi di cui all'articolo 33 della L. n. 1150/1942 nel rispetto dei criteri generali stabiliti dalla Giunta regionale con la deliberazione di cui all'articolo 70.
2. Gli schemi dei regolamenti edilizi adottati o delle loro varianti sono trasmessi alla Provincia la quale, entro sessanta giorni dalla data di ricevimento, può far pervenire al Comune osservazioni sulla rispondenza ai criteri generali indicati al comma 1, proponendo eventuali modifiche.
3. Decorso il termine di cui al comma 2 i comuni adottano i regolamenti edilizi o le loro varianti, pronunciandosi motivatamente sulle eventuali osservazioni della Provincia.
4. Le disposizioni del presente articolo si applicano successivamente all'emanazione dei criteri generali indicati al comma 1 e comunque a partire dal settimo mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.
Art. 72
Criteri per i P.U.C.G. per la stima dei fabbisogni di spazi per le diverse funzioni.
1. Entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale indica, con propria deliberazione, i criteri per la stima dei fabbisogni di spazi per le diverse funzioni e le dotazioni di spazi per funzioni pubbliche e collettive, ai fini della predisposizione dei P.U.C.G.
Art. 73
Sportello urbanistico.
1. Al fine di accelerare l'acquisizione dei pareri relativi ai regimi vincolistici presenti sul territorio necessari, ai sensi della normativa vigente, al rilascio delle concessioni edilizie, i comuni si dotano dello sportello urbanistico.
2. La Giunta regionale, entro il termine di nove mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, emana un atto di indirizzo e di coordinamento che stabilisce modalità e procedure per la costituzione ed il funzionamento dello sportello urbanistico e prevede le necessarie risorse.
Art. 74
Poteri sostitutivi.
1. La Regione provvede all'attivazione dei poteri sostitutivi ai sensi della normativa vigente, qualora gli Enti pubblici territoriali subregionali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino od omettano di compiere atti di loro competenza ai sensi della presente legge.
2. Ai fini dell'attivazione dei poteri sostitutivi di cui al comma 1 nei confronti dei comuni o loro associazioni, le province provvedono a dare tempestiva comunicazione alla Regione dell'eventuale inutile decorso dei termini previsti dalla presente legge per l'adozione degli atti da parte dei comuni e loro associazioni.
Art. 75
Collaborazione fra le strutture tecniche.
1. La Regione, le province, i comuni, la città metropolitana di Roma e gli altri Enti pubblici preposti alla pianificazione territoriale assicurano la collaborazione delle rispettive strutture tecniche, anche attraverso apposite intese.
2. La Regione, ai sensi dell'articolo 30 della L.R. n. 14/1999, garantisce assistenza tecnica agli Enti locali che ne facciano richiesta per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi ad essi conferiti.
Art. 76
Convenzioni tra Enti pubblici e privati.
1. Le convenzioni tra Enti pubblici e privati previste dalla presente legge devono prevedere almeno:
a) l'impegno dei soggetti attuatori ad effettuare le trasformazioni nel rispetto delle vigenti normative ed in conformità dei titoli abilitativi;
b) i termini di inizio e di ultimazione degli interventi;
c) la durata degli obblighi assunti;
d) le garanzie, reali e finanziarie, da prestare per l'adempimento degli obblighi assunti;
e) le sanzioni in caso di inosservanza degli obblighi assunti ed i casi di maggiore gravità in cui l'inosservanza comporti la decadenza delle autorizzazioni o concessioni rilasciate;
f) l'esecuzione delle opere di urbanizzazione, ove si preveda che siano in tutto od in parte eseguite dal soggetto attuatore delle trasformazioni autorizzate, con precisazione degli elementi progettuali, delle modalità di controllo sulla loro esecuzione, delle garanzie, nonché dei criteri e modalità del loro trasferimento all'Ente pubblico.
2. Qualora la convenzione sia prevista per l'esecuzione di un P.U.O.C., essa deve contenere le ulteriori clausole previste dalle specifiche leggi statali e regionali vigenti.
Art. 77
Disposizione finale.
1. Per quanto non disciplinato dalla presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni procedimentali previste dalla normativa statale e regionale vigente in relazione agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, ivi comprese quelle relative ai pareri obbligatori.
Art. 78
Abrogazioni.
1. Sono abrogate tutte le disposizioni incompatibili con la presente legge.
2. In particolare è abrogata la L.R. n. 43/1977 e successive modificazioni concernente il comitato tecnico consultivo regionale per l'urbanistica, l'assetto del territorio, i lavori pubblici e le infrastrutture, unicamente in relazione alle disposizioni che disciplinano la composizione, il funzionamento e le competenze della prima sezione. Tale abrogazione decorre dalla data di insediamento del comitato di cui all'articolo 16 e, limitatamente alle funzioni previste dall'articolo 67, comma 2, dalla definizione dei procedimenti indicati dal medesimo articolo 67, comma 2 (38).
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(38) L'art. 8, comma 1, lettera a), L.R. 31 gennaio 2002, n. 5 ha confermato l'abrogazione della citata L.R. 8 novembre 1977, n. 43 a decorrere dalla data di costituzione del Comitato regionale per i lavori pubblici, istituito con la medesima legge, ad eccezione di quanto ivi previsto e fatto salvo quanto disposto dal presente comma.
Art. 79
Risorse per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di territorio ed urbanistica.
1. Per il conferimento di eventuali risorse necessarie per l'esercizio delle funzioni e dei compiti amministrativi in materia di territorio ed urbanistica di cui alla presente legge, si provvede in conformità alle disposizioni di cui alla L.R. n. 14/1999.
Art. 80
Dichiarazione d'urgenza.
1. La presente legge è dichiarata urgente ai sensi dell'articolo 127 della Costituzione e dell'articolo 31 dello Statuto regionale ed entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio.
L.R. 4 settembre 1997, n. 36
Legge urbanistica regionale.
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(1) Pubblicata nel B.U. Liguria 17 settembre 1997, n. 16, parte prima.
(2) Vedi, anche, la Delib.C.R. 19 giugno 2001, n. 24.
TITOLO I
Princìpi generali
Art. 1
Oggetto della legge.
1. La presente legge disciplina il sistema della pianificazione territoriale nelle sue articolazioni di livello regionale, provinciale e comunale e nei reciproci rapporti.
Art. 2
Principi informatori della pianificazione territoriale.
1. La pianificazione territoriale si fonda sul principio della chiara e motivata esplicitazione delle proprie determinazioni. A tal fine le scelte operate sono elaborate sulla base della conoscenza, sistematicamente acquisita, dei caratteri fisici, morfologici e ambientali del territorio, delle risorse, dei valori e dei vincoli territoriali anche di natura archeologica, delle utilizzazioni in corso, dello stato della pianificazione in atto, delle previsioni dell'andamento demografico e migratorio, nonché delle dinamiche della trasformazione economico-sociale, e sono definite sia attraverso la comparazione dei valori e degli interessi coinvolti, sia sulla base del principio generale della sostenibilità ambientale dello sviluppo.
2. La pianificazione territoriale persegue finalità di qualificazione ambientale e funzionale del territorio ligure con prioritario riguardo alle esigenze:
a) di definizione di un complessivo progetto di ricomposizione e di riassetto ambientale comprensivo del recupero e della conservazione dei peculiari elementi qualitativi e della identità storico-culturale del paesaggio;
b) di organizzazione, di innovazione e di sviluppo dei settori produttivi dell'economia regionale, con particolare riferimento al turismo, e di adeguamento delle reti infrastrutturali, in funzione del complessivo miglioramento qualitativo delle strutture urbane e dell'intero sistema insediativo regionale;
c) di riqualificazione degli insediamenti per il conseguimento di più elevati livelli di qualità della vita, con particolare riferimento all'eliminazione delle barriere architettoniche.
3. Nel perseguire le suddette finalità, la pianificazione territoriale si ispira ai principi:
a) del minimo consumo delle risorse territoriali e paesistico-ambientali disponibili, con particolare riguardo a quelle irriproducibili e a quelle riproducibili a costi elevati e a lungo termine;
b) della concertazione degli atti fra gli Enti titolari, ai diversi livelli, del potere di pianificazione territoriale nonché della sussidiarietà intesa come attribuzione agli Enti locali primari della più ampia sfera di responsabilità compatibile con la loro natura, in un rapporto di reciproca interazione e cooperazione nell'esercizio delle rispettive funzioni;
c) del rafforzamento dell'efficacia del governo del territorio in termini di facilitazione e trasparenza delle procedure, accesso alla conoscenza, cooperazione tra Enti locali e soggetti privati.
4. Gli obiettivi e i contenuti della pianificazione territoriale sono definiti in coerenza con gli atti della programmazione regionale e provinciale di cui alla legge regionale 5 aprile 1994, n. 18 (norme sulle procedure di programmazione) e, in particolare, con il quadro di riferimento previsto dal relativo articolo 6.
5. I piani di bacino di cui alla legge regionale 28 gennaio 1993, n. 9 (organizzazione regionale della difesa del suolo in applicazione della legge 18 maggio 1989, n. 183), nonché i piani delle aree protette di cui alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (riordino delle aree protette) e successive modificazioni e integrazioni vincolano, nelle loro indicazioni di carattere prescrittivo, la pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale e comunale con effetto di integrazione della stessa e, in caso di contrasto, di prevalenza su di essa.
Art. 3
Pianificazione territoriale di livello regionale.
1. La pianificazione territoriale di livello regionale costituisce il riferimento per le scelte pianificatorie ai diversi livelli ed ha per oggetto l'organizzazione generale del territorio nelle sue componenti paesistica, ambientale, insediativa ed infrastrutturale e nelle loro reciproche relazioni, in coerenza con gli obiettivi ed i contenuti della programmazione economica-sociale regionale.
2. Lo strumento della pianificazione territoriale di livello regionale è il Piano territoriale regionale (di seguito denominato P.T.R.).
La coerenza dello strumento di pianificazione territoriale di livello regionale con gli obiettivi ed i contenuti del quadro di riferimento, di cui all'articolo 6 della L.R. n. 18 del 1994, è assicurata nei modi ivi indicati.
Art. 4
Pianificazione territoriale di livello provinciale.
1. La pianificazione territoriale di livello provinciale costituisce la sede di coordinamento della strumentazione urbanistica comunale.
2. Essa, in coerenza con gli atti di programmazione socio-economica di cui all'articolo 12 della L.R. n. 18 del 1994, ha per oggetto la definizione di un piano di assetto del territorio provinciale coerente con le linee strategiche di organizzazione territoriale indicate dalla pianificazione di livello regionale, tenuto conto delle indicazioni emerse dalla strumentazione urbanistica locale e dalle dinamiche in atto.
3. Lo strumento della pianificazione territoriale di livello provinciale è il Piano territoriale di coordinamento provinciale (di seguito denominato P.T.C. provinciale) esteso all'intero ambito della Provincia.
Art. 5
Pianificazione territoriale di livello comunale.
1. La pianificazione territoriale di livello comunale ha ad oggetto la disciplina del soprassuolo e del sottosuolo ed è volta:
a) a tutelare l'integrità fisica e l'identità culturale del territorio;
b) a valorizzare le risorse ambientali e le economie locali;
c) a favorire il governo del territorio nelle sue diverse componenti disciplinando le trasformazioni territoriali conseguenti ad interventi di tipo edilizio, infrastrutturale, vegetazionale e geomorfologico e ad azioni aventi comunque incidenza sull'uso e sull'organizzazione del territorio.
2. La pianificazione territoriale di livello comunale è strutturata in modo da favorire la semplificazione del processo di costante aggiornamento e di affinamento delle relative previsioni progettuali, nonché la valorizzazione dell'apporto collaborativo di tutti i soggetti pubblici e privati alla formazione del piano.
3. Gli strumenti della pianificazione territoriale di livello comunale sono il Piano urbanistico comunale (di seguito denominato P.U.C.), i Progetti urbanistici operativi (di seguito denominato P.U.O.) ed i Programmi attuativi (di seguito denominato P.A.).
Art. 6
Conferenze di pianificazione.
1. La Regione e le province, in vista della formazione, della specificazione, dell'aggiornamento, della verifica e della variazione dei rispettivi piani territoriali, in forma concertata, convocano apposite conferenze di pianificazione chiamando a parteciparvi gli Enti locali interessati; a tal fine l'Amministrazione che indice la conferenza elabora, se del caso, un documento preliminare da trasmettere agli Enti invitati, all'atto della convocazione della conferenza.
2. Alle conferenze di cui al comma 1 sono invitate anche le altre Pubbliche Amministrazioni, nonché le Aziende Autonome dello Stato e gli Enti di gestione rappresentativi degli interessi pubblici coinvolti.
3. Alle conferenze possono essere, altresì, invitati a partecipare anche gli Enti e le Associazioni rappresentativi di interessi collettivi o diffusi coinvolti.
4. Le Amministrazioni, gli Enti e le Associazioni partecipanti alle conferenze di pianificazione espongono le proprie osservazioni, proposte e valutazioni, delle quali si dà atto nel relativo verbale ai fini della loro considerazione nel processo di pianificazione avviato.
Art. 7
Acquisizione e gestione delle conoscenze per la pianificazione.
1. Le conoscenze che costituiscono il presupposto dell'attività di pianificazione sono patrimonio comune degli Enti che condividono la responsabilità del governo del territorio, nonché di tutti gli altri soggetti, ivi compresi gli Enti e le Associazioni previsti dall'articolo 6, comma 3 che, mediante la propria attività, partecipano alle scelte inerenti l'assetto e le trasformazioni del territorio.
2. Al fine di garantire la corrispondenza qualitativa e temporale fra le attività di pianificazione e l'acquisizione delle necessarie conoscenze, ciascun Ente, nell'ambito delle proprie responsabilità e competenze, formula un quadro delle esigenze e definisce conseguentemente programmi di acquisizione delle informazioni territoriali, costituenti parte integrante dell'attività di governo del territorio.
3. La Regione, avuto riguardo al quadro delle esigenze ed ai programmi di acquisizione di cui al comma 2:
a) acquisisce, organizza e mantiene aggiornato, anche ai fini della consultazione da parte di chiunque vi abbia interesse, il complesso delle informazioni connesse ai diversi livelli di pianificazione e di disciplina del territorio, attraverso la formazione di un sistema informativo territoriale;
b) garantisce l'omogeneità e la compatibilità fra le informazioni di varia natura e di vario livello pertinenti alla pianificazione territoriale, definendo le necessarie specifiche tecniche;
c) assume le iniziative più opportune al fine di uniformare le metodologie di indagine e di assicurare la raccolta e la circolazione delle informazioni territoriali, anche attraverso intese e convenzioni con gli altri soggetti a ciò interessati, con particolare riguardo ai competenti organi del Ministero dei Beni Culturali ed Ambientali.
TITOLO II
Pianificazione territoriale di livello regionale
Art. 8
Contenuti del Piano territoriale regionale.
1. Il P.T.R. considera la totalità del territorio regionale e, avuto riguardo anche alle realtà delle Regioni limitrofe, definisce gli indirizzi da perseguire in relazione all'assetto del territorio regionale, esprimendoli in termini di tutela, di funzioni, di livelli di prestazione e di priorità di intervento da assegnare alle sue diverse parti ed ai singoli sistemi funzionali.
2. Il P.T.R. è composto dai seguenti atti:
a) quadro descrittivo;
b) documento degli obiettivi;
c) quadro strutturale.
3. Il P.T.R. è elaborato su basi cartografiche in scala adeguata ed è, in ogni caso, corredato di un elaborato di sintesi dei propri contenuti per ciascuna delle componenti in cui esso si articola ai sensi del comma 2.
Art. 9
Quadro descrittivo.
1. Il quadro descrittivo contiene la lettura critica del territorio regionale, considerato nei suoi aspetti morfologici, paesistico-ambientali, ecologici, insediativi ed organizzativi con riguardo ai processi socio-economici ed ai rapporti con i territori di relazione, al fine di cogliere l'identità ed il ruolo del territorio regionale unitariamente considerato, nonché le peculiarità dei diversi sistemi territoriali che lo compongono, evidenziandone le potenzialità, le dinamiche evolutive, le situazioni di vulnerabilità e le condizioni di trasformazione compatibile nel tempo.
2. Esso è predisposto nelle forme e con i mezzi più opportuni e, in ogni caso, idonei a:
a) rappresentare ed interpretare gli aspetti ed i processi presi in considerazione ai fini dell'elaborazione del quadro strutturale;
b) aggiornare le indagini e le analisi poste a base del vigente Piano territoriale di coordinamento paesistico (di seguito denominato P.T.C.P.) ai fini della definizione della disciplina paesistica a livello regionale;
c) costituire riferimento esplicito per la definizione degli obiettivi, delle azioni e degli sviluppi del P.T.R.;
d) alimentare il sistema delle conoscenze di cui all'articolo 7.
Art. 10
Documento degli obiettivi.
1. Il documento indica l'insieme degli obiettivi da perseguire, con riferimento ai diversi contenuti del piano, esplicitandone le priorità ed i livelli di interazione.
Art. 11
Quadro strutturale.
1. Il quadro strutturale, sulla base delle valutazioni acquisite ed in vista degli obiettivi esplicitati indica i valori, le criticità e le compatibilità paesistico-ambientali ed ecologiche e definisce le strategie complessive, gli indirizzi e le prescrizioni finalizzati a guidare le azioni di qualificazione, di riassetto e di nuova organizzazione territoriale.
2. A questi fini stabilisce i requisiti, le prestazioni e le priorità di intervento da attribuire ai diversi sistemi territoriali di cui all'articolo 9, in un'ottica di evoluzione processuale del piano.
3. In tale contesto definisce, anche mediante le pertinenti prescrizioni localizzative e normative, gli elementi di struttura idonei a sostenere le azioni e i modelli di riassetto prefigurati, con particolare riferimento:
a) all'indicazione delle forme e delle modalità di tutela, valorizzazione e fruizione del territorio nella sua espressione paesistico-ambientale, mediante aggiornamento del P.T.C.P.;
b) per quanto di livello regionale, alle infrastrutture per la mobilità, all'approvvigionamento energetico, alle discariche, agli impianti ecologici, tecnologici e speciali, nonché alla grande distribuzione commerciale;
c) alle cave;
d) al sistema della portualità commerciale e turistica e delle principali opere di difesa e di riassetto morfologico costiero;
e) ai servizi di scala regionale quali sedi universitarie e grandi impianti di tipo ospedaliero, sportivo e ricreativo.
4. Le previsioni di trasformazione territoriale prefigurate in termini localizzativi dal quadro strutturale sono supportate da uno studio di sostenibilità ambientale contenente in particolare l'indicazione:
a) delle alternative considerate;
b) della sostenibilità delle previsioni stesse in relazione alla loro giustificazione e alla sensibilità ambientale delle aree interessate;
c) dei potenziali impatti residuali e delle loro mitigazioni;
d) dell'esito della verifica ambientale operata.
5. Il quadro strutturale contiene altresì:
a) le linee guida, gli atti di indirizzo e di coordinamento, le normative e ogni altra indicazione ritenuta opportuna per la pianificazione territoriale di livello provinciale e comunale, nonché le eventuali prescrizioni localizzative conseguenti a leggi o piani regionali di settore, specificando il rispettivo livello di efficacia ai sensi dall'articolo 13;
b) gli elementi volti ad assicurare l'omogeneità del linguaggio tecnico nelle sue espressioni grafiche e normative, nonché l'uniformità degli elaborati conoscitivi e progettuali utilizzati nelle attività di pianificazione territoriale ai diversi livelli regionale, provinciale e comunale;
c) le valutazioni di massima della fattibilità economico-finanziaria delle previsioni di cui al comma 3, lettere b), d) ed e), quando alle stesse non venga attribuito mero valore di linee guida e di indirizzo come indicate dall'articolo 13, comma 1, lettera a).
6. Le norme del P.T.R. traducono nelle pertinenti disposizioni i contenuti strutturali del piano, indicandone i livelli di efficacia ai sensi dell'articolo 13, i margini di flessibilità delle relative indicazioni e le componenti modificabili ai sensi dell'articolo 16, comma 3.
7. Il P.T.R. costituisce sede di recepimento degli altri piani di coordinamento opportunamente aggiornati, nonché dei piani di settore nelle loro implicazioni territoriali con gli adeguamenti necessari, ancorché previsti da leggi speciali.
Art. 12
Specificazioni settoriali o di ambito.
1. Il P.T.R., in relazione ai contenuti di cui all'articolo 11, comma 3, può essere sviluppato mediante la successiva emanazione di atti di specificazione settoriale o di ambito.
2. Le specificazioni settoriali o di ambito del P.T.R. sono corredate dallo studio di sostenibilità ambientale di cui all'articolo 11, comma 4.
3. Il P.T.R. può demandare al P.T.C. provinciale l'integrazione e lo sviluppo di alcuni elementi della disciplina di cui all'articolo 11, comma 3, fornendo specifiche indicazioni in tal senso.
Art. 13
Efficacia del Piano territoriale regionale.
1. Il P.T.R. indica, in rapporto alle proprie previsioni, i pertinenti livelli di efficacia delle stesse, i quali sono definiti come segue:
a) linee guida e di indirizzo della pianificazione territoriale di livello provinciale e comunale nonché delle politiche di settore aventi implicazioni territoriali;
b) prescrizioni che impongono a province e comuni l'adeguamento dei rispettivi piani alle direttive del P.T.R. stesso, pena l'esercizio dei poteri sostitutivi ai sensi delle vigenti disposizioni in materia;
c) con esclusivo riferimento ai contenuti di cui all'articolo 11, comma 3, prescrizioni e vincoli che prevalgono immediatamente sulle previsioni dei piani provinciali e comunali sostituendosi ad esse.
2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, lettera c), il P.T.R. può dichiarare, ove occorra e ne sussistano i presupposti e le condizioni, la pubblica utilità nonché la indifferibilità e l'urgenza delle opere da esso previste in conformità alle leggi vigenti in materia.
3. Il P.T.R., con riferimento alle opere attuative delle previsioni di trasformazione territoriale da esso prefigurate che risultino soggette a procedura di valutazione di impatto ambientale a norma della vigente legislazione in materia, può disporre, sulla base dello studio di cui all'articolo 11, comma 4, che la procedura stessa sia limitata, per quanto di competenza regionale, al quadro di riferimento progettuale ed ambientale.
4. Il P.T.R., una volta concluso a norma dell'articolo 11, comma 3, lettera a), e dell'articolo 12, il processo di definizione delle forme e delle modalità di tutela, valorizzazione e fruizione del territorio nella sua espressione paesistico-ambientale, assume il valore di piano urbanistico-territoriale di cui all'articolo 1 bis del decreto legge 27 giugno 1985, n. 312 convertito dalla legge 8 agosto 1985, n. 431.
5. A decorrere dalla notifica della deliberazione di adozione del progetto di P.T.R. e fino alla sua approvazione ovvero fino all'adozione dei conseguenti atti di adeguamento nel caso di cui al comma 1, lettera b), ma comunque non oltre il termine di tre anni:
a) non possono essere approvati P.T.C. provinciali, P.U.C., P.U.O. e strumenti urbanistici in genere nelle parti in cui si pongano in contrasto con i contenuti prescrittivi del P.T.R. indicati al comma 1, lettere b) e c);
b) è sospesa ogni determinazione nei confronti delle istanze relative ad interventi edilizi che contrastino con tali contenuti.
Art. 14
Procedimento di adozione del Piano territoriale regionale.
1. La Giunta regionale approva un documento preliminare del progetto di piano tenuto conto dei contributi acquisiti in sede di conferenze di pianificazione e sentito il Comitato della programmazione (3), previa informativa alla competente Commissione consiliare.
2. La deliberazione della Giunta di approvazione del documento preliminare è comunicata ai Presidenti delle Province con l'invito:
a) a partecipare alla prima riunione, da concordarsi entro quindici giorni dal ricevimento della comunicazione stessa, di un'apposita Commissione di lavoro con la funzione di cooperare alla elaborazione del progetto di piano, così composta:
1) per la Regione:
1.1) dall'Assessore regionale competente con funzioni di Presidente;
1.2) dai direttori dei Dipartimenti e dai dirigenti delle strutture regionali competenti o da loro delegati;
1.3) da due esperti, membri esterni del Comitato tecnico urbanistico regionale, designati dal Presidente del Comitato stesso;
1.4) da un membro del Comitato tecnico per l'ambiente, designato dal Presidente del Comitato stesso;
1.5) da un membro del Comitato tecnico regionale dell'Autorità di bacino designato dal Presidente del Comitato stesso;
1.6) da un membro del Comitato tecnico per la valutazione di impatto ambientale designato dal Presidente del Comitato stesso;
2) per ciascuna Provincia:
2.1) dal Presidente della Provincia o da Assessore da lui delegato;
2.2) dai dirigenti delle strutture provinciali competenti o da loro delegati;
2.3) da un esperto, membro del Comitato tecnico urbanistico provinciale designato dal Presidente del Comitato stesso;
b) ad avvalersi delle conferenze di pianificazione di cui all'articolo 6, in vista della elaborazione del progetto di piano ai sensi del comma 3 del presente articolo.
3. La Commissione di lavoro di cui al comma 2, lettera a), sulla base del documento preliminare e tenuto conto delle indicazioni acquisite in sede di conferenza di pianificazione, redige entro novanta giorni dalla data della sua prima convocazione, uno o più documenti contenenti le valutazioni e le proposte emerse ai fini dell'adozione del progetto di piano.
4. Il Consiglio regionale adotta, su proposta della Giunta regionale, entro centottanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 3 il progetto di piano, previa acquisizione da parte della Giunta stessa del parere del Comitato tecnico misto di cui all'articolo 62 e del Comitato della programmazione (4).
5. Dell'avvenuta adozione dato avviso sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria (B.U.), nonché su almeno un giornale quotidiano a diffusione regionale, con indicazione delle sedi nelle quali chiunque può prendere visione del progetto di piano. La Regione può promuovere ogni altra forma di divulgazione ritenuta opportuna.
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(3) L'articolo 10, L.R. 3 maggio 2002, n. 19 ha soppresso il parere del Comitato della programmazione qui previsto.
(4) L'articolo 10, L.R. 3 maggio 2002, n. 19 ha soppresso il parere del Comitato della programmazione qui previsto.
Art. 15
Procedimento di approvazione del Piano territoriale regionale.
1. Il progetto del piano adottato a norma dell'articolo 14 viene notificato alle Province, agli Enti Parco, alle Comunità montane ed ai comuni. Esso viene inoltre notificato alle Pubbliche Amministrazioni interessate, ivi comprese le Regioni limitrofe perché esprimano il proprio parere da inviare alla Regione nel termine a tal fine assegnato.
2. Le Province, ricevuto il progetto, lo pubblicano per quarantacinque giorni agli effetti della presentazione di osservazioni da parte delle Associazioni od Organismi di rappresentanza degli interessi ambientalistici, economici, professionali e culturali.
3. Le Province, gli Enti Parco, le Comunità montane e i comuni possono formulare osservazioni e proposte specificative con atto deliberativo motivato.
4. Le deliberazioni delle province, degli Enti Parco, delle Comunità montane e dei Comuni e le osservazioni degli altri soggetti di cui al comma 2 sono inviate alla Regione entro sessanta giorni decorrenti dalla data di ricevimento del progetto di piano o dalla data di inizio della sua pubblicazione.
5. Gli atti pervenuti a norma dei commi 1 e 4 sono sottoposti al vaglio della Commissione di lavoro di cui all'articolo 14, comma 2, lettera a), che redige un documento di valutazione e di sintesi delle osservazioni ricevute.
6. La Giunta regionale, avuto riguardo al documento di cui al comma 5, presenta al Consiglio regionale la proposta di approvazione del P.T.R., previa acquisizione del parere del Comitato tecnico misto di cui all'articolo 62 e del Comitato della programmazione (5), nonché dell'assenso delle Amministrazioni ed Aziende Autonome dello Stato o Enti di gestione, qualora il piano incida sulla destinazione d'uso o sulla utilizzazione in atto dei beni appartenenti al rispettivo demanio o patrimonio indisponibile.
7. L'assenso di cui al comma 6 si considera acquisito anche in caso di mancata dichiarazione, nel termine stabilito all'atto dell'adozione, che le previsioni del piano confliggono con gli interessi sottesi alla funzione dei beni pubblici sopra considerati.
8. Il P.T.R. approvato con deliberazione del Consiglio regionale entro i successivi sessanta giorni.
9. Un esemplare del piano con i relativi allegati è notificato alle Province, nonché ad ogni Comune il quale provvede a depositarlo a permanente libera visione del pubblico entro dieci giorni dal ricevimento degli atti.
10. La deliberazione di approvazione del piano è pubblicata, unitamente al relativo elaborato di sintesi, sul B.U. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso pubblicato su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
11. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione della relativa deliberazione di approvazione sul B.U.
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(5) L'articolo 10, L.R. 3 maggio 2002, n. 19 ha soppresso il parere del Comitato della programmazione qui previsto.
Art. 16
Specificazione, aggiornamento, verifica, e varianti del Piano territoriale regionale.
1. Le specificazioni settoriali o di ambito di cui all'articolo 12 sono adottate dalla Giunta regionale previa acquisizione del parere degli organi di cui all'articolo 14, comma 4, con deliberazione da pubblicare a norma del comma 5 del medesimo articolo, e sono approvate secondo la procedura di cui all'articolo 15.
2. Con riferimento alle specificazioni settoriali che interessino soltanto una parte del territorio regionale e alle specificazioni di ambito:
a) nella procedura di cui al comma 1 sono coinvolti esclusivamente gli Enti locali interessati;
b) può farsi ricorso all'accordo di pianificazione di cui all'articolo 57.
3. Le indicazioni del P.T.R. possono essere esplicitate ed aggiornate nel rispetto dei contenuti e delle linee essenziali del piano stesso mediante:
a) deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta regionale, sentito il Comitato tecnico misto di cui all'articolo 62;
b) accordo di pianificazione di cui all'articolo 57.
4. Decorsi dieci anni dall'approvazione del piano, il Consiglio regionale, su proposta formulata dalla Giunta sentito il Comitato della programmazione (6), accerta l'adeguatezza del piano stesso e delle sue specificazioni settoriali o di ambito, anche alla luce dei P.T.C. provinciali e delle linee della programmazione nel frattempo definite dal programma regionale di sviluppo.
5. In caso di accertata inadeguatezza del piano si procede alla conseguente variazione seguendo la procedura di cui agli articoli 14 e 15.
6. In ogni caso il piano può essere variato con le procedure di cui agli articoli 14 e 15, nonché nelle ipotesi previste dall'articolo 22, comma 10, dall'articolo 58, comma 6, e dall'articolo 61, comma 1, secondo le procedure rispettivamente indicate.
7. Le indicazioni di cui all'articolo 11, comma 5, lettere a) e b), possono essere introdotte, esplicitate o variate secondo la procedura stabilita al comma 3 e la relativa deliberazione è sottoposta alle formalità di pubblicazione previste dall'articolo 15, commi 9 e 10.
8. L'adeguamento e l'aggiornamento, nonché la formazione dei piani di settore, di cui all'articolo 11, comma 7, seguono le procedure di adozione e di approvazione del P.T.R., sentiti in ogni caso gli organi tecnici eventualmente previsti dalle rispettive disposizioni di legge.
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(6) L'articolo 10, L.R. 3 maggio 2002, n. 19 ha soppresso il parere del Comitato della programmazione qui previsto.
TITOLO III
Pianificazione territoriale di livello provinciale
Art. 17
Contenuti del Piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. Il P.T.C. provinciale, considerando la totalità del territorio provinciale, è sede di esplicitazione e di raccordo delle politiche territoriali di propria competenza, nonché sede di indirizzo e di coordinamento della pianificazione urbanistica comunale in coerenza con gli atti di programmazione.
2. Esso assume come riferimento il P.T.R. e le sue specificazioni settoriali e di ambito sviluppandone le analisi ed i contenuti secondo le indicazioni del piano stesso.
3. Il P.T.C. provinciale è redatto di norma su basi cartografiche in scala compresa tra 1:50.000 e 1:25.000 ed è composto dai seguenti elaborati:
a) descrizione fondativa relativa al territorio provinciale;
b) documento degli obiettivi;
c) struttura del piano.
Art. 18
Descrizione fondativa.
1. La descrizione fondativa attraverso analisi conoscitive e sintesi interpretative di pertinente livello:
a) sviluppa ed integra il quadro descrittivo del P.T.R., con riferimento alle peculiarità dei diversi ambiti in cui viene articolato il territorio provinciale;
b) acquisisce gli elementi conoscitivi desumibili dai piani di bacino, nonché da ogni altro atto di programmazione e di pianificazione settoriale;
c) sviluppa indagini analitiche e tematiche volte a costituire la necessaria documentazione conoscitiva delle peculiarità del territorio provinciale a servizio delle Amministrazioni locali;
d) illustra il grado di stabilità ambientale e la suscettività alle trasformazioni;
e) agli effetti del comma 2 individua fra gli ambiti di cui alla lettera a) quelli caratterizzati dalla ridotta complessità dei processi urbanistici ed insediativi, dalla omogeneità degli aspetti fisici e paesistici dei siti, dalla sostanziale identità dei processi storici di formazione delle organizzazioni territoriali ed insediative, dalla affinità dei processi socio-economici in atto e da un assetto delle reti e delle infrastrutture di urbanizzazione appoggiate su di un impianto principale di scala sovracomunale.
2. Per gli ambiti di cui al comma 1, lettera e), la descrizione fondativa del P.T.C. provinciale può essere assunta ai sensi dell'articolo 25, comma 4, come descrizione fondativa dei piani urbanistici dei Comuni compresi in ciascun ambito.
Art. 19
Documento degli obiettivi.
1. Il documento degli obiettivi esplicita i fini che il P.T.C. provinciale intende perseguire in generale e relativamente ai suoi diversi contenuti.
2. Esso, insieme alla descrizione fondativa, costituisce l'elemento di riferimento nella definizione della struttura esplicitandone le priorità e i livelli di interazione.
Art. 20
Struttura del piano.
1. Il P.T.C. provinciale:
a) coordina i contenuti degli strumenti della pianificazione dei comuni nei loro effetti sovracomunali promuovendo l'integrazione degli stessi e la cooperazione tra gli Enti;
b) individua, con riferimento agli ambiti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera a), le parti del territorio provinciale atte a conferire organicità e unitarietà, sotto il profilo della rigenerazione ecologica, al disegno di tutela e di conservazione ambientale delineato dalla pianificazione regionale anche ai fini dell'applicazione dell'articolo 4 della L.R. n. 12 del 1995 e successive modificazioni e integrazioni nonché di coordinamento degli effetti dei Piani dei Parchi sulla pianificazione locale;
c) integra e sviluppa gli elementi del P.T.R. nella sua espressione paesistica, secondo le indicazioni contenute nel piano stesso, come stabilito dall'articolo 12, comma 3;
d) definisce i criteri di identificazione delle risorse territoriali da destinare ad attività agricole e alla fruizione attiva, anche a fini di presidio ambientale e ricreativi;
e) individua le preminenti caratteristiche dimensionali e tipologiche, nonché i principali livelli di prestazione funzionale da attribuire alla struttura insediativa in generale e alle strutture urbane ad alta densità abitativa in particolare, con riferimento ad ambiti territoriali omogenei di livello sovracomunale stabilendo in tale contesto l'organizzazione complessiva:
1) del sistema del verde a livello provinciale;
2) delle attrezzature e degli impianti pubblici e di interesse pubblico di scala sovracomunale;
3) dei sistemi di rilievo sovracomunale delle strutture produttive agricole, industriali, direzionali terziarie e commerciali;
4) degli ambiti turistici omogenei, dettando gli indirizzi di programmazione circa il ruolo ed il carattere specifico dell'offerta turistica di ciascun ambito;
5) della viabilità sovracomunale e delle altre infrastrutture per la mobilità di analogo rilievo, specificandone i requisiti;
f) definisce le azioni di tutela e di riqualificazione degli assetti idrogeologici del territorio, recepisce ed integra ove necessario, a norma della vigente legislazione in materia, le linee di intervento per la tutela della risorsa idrica, per la salvaguardia dell'intero ciclo delle acque, fermo restando il disposto di cui all'articolo 2, comma 5, e coordina gli effetti dei piani di bacino sulla pianificazione locale.
2. Le previsioni di trasformazione territoriale prefigurate in termini localizzativi dal P.T.C. provinciale sono supportate da uno studio di sostenibilità ambientale come definito dall'articolo 11, comma 4.
3. Il P.T.C. provinciale individua i bacini d'utenza entro i quali la valutazione del fabbisogno e le caratteristiche delle aree da riservare alla realizzazione di attrezzature per l'istruzione, per le aree a verde e gli impianti sportivi, per le attrezzature socio-sanitarie e per quelle di interesse comune sono riferite all'intera estensione del bacino, al fine di assicurare i livelli prestazionali pertinenti all'intero sistema dei servizi. A tal fine il P.T.C. provinciale può dettare criteri per il soddisfacimento della domanda di servizi da parte dei Comuni nel rispetto della presente legge.
4. Le norme del P.T.C. provinciale traducono nelle pertinenti disposizioni i contenuti strutturali del piano stesso, indicandone i livelli di efficacia ai sensi dell'articolo 21, i margini di flessibilità delle relative indicazioni e le componenti modificabili ai sensi dell'articolo 23, comma 1.
Art. 21
Efficacia del Piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. Il P.T.C. provinciale indica, in relazione alle proprie previsioni, i livelli di efficacia delle stesse i quali sono definiti come segue:
a) previsioni di orientamento ad efficacia propositiva, aventi valore di segnalazione di specifici problemi e di proposta delle soluzioni ai fini dell'eventuale formazione dei P.U.C., il cui mancato recepimento, totale o parziale, comporta l'obbligo di specificarne la motivazione;
b) previsioni di indirizzo e di coordinamento con efficacia di direttiva, nei confronti dei P.U.C.;
c) prescrizioni che impongono ai comuni l'adeguamento dei rispettivi piani entro un termine congruo a tal fine stabilito.
2. Il P.T.C. provinciale, nelle parti in cui imponga vincoli preordinati alla realizzazione di opere pubbliche di interesse provinciale, prevale immediatamente sulle corrispondenti previsioni e prescrizioni dei piani di livello comunale, sostituendole e definendo contestualmente le utilizzazioni e le trasformazioni del territorio consentite in attesa dell'attuazione delle opere stesse.
3. Nelle ipotesi di cui al comma 2, il piano può dichiarare, ove occorra e ne sussistano i presupposti e le condizioni, la pubblica utilità, nonché l'indifferibilità e l'urgenza delle opere dallo stesso previste, in conformità alle leggi vigenti in materia.
4. A decorrere dalla notifica della deliberazione di adozione del P.T.C. provinciale e fino alla sua approvazione ovvero fino all'adozione dei conseguenti atti di adeguamento nel caso di cui al comma 1, lettera c), ma comunque non oltre il termine di tre anni:
a) non possono essere approvati P.U.C., P.U.O. e strumenti urbanistici in genere nelle parti in cui si pongano in contrasto con i contenuti prescrittivi del P.T.C. provinciale indicati nei commi 1, lettera c) e 2;
b) è sospesa ogni determinazione nei confronti delle istanze relative ad interventi edilizi che contrastino con tali contenuti.
Art. 22
Procedimento di approvazione del Piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. Le Province, sulla base del P.T.R. nonché sulla base degli atti regionali di programmazione e pianificazione in vigore, procedono alla formazione del rispettivo progetto di piano territoriale di coordinamento, attivando le conferenze di pianificazione di cui all'articolo 6, anche ai fini dell'individuazione degli ambiti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera e).
2. Il progetto adottato dal Consiglio provinciale, previa acquisizione del parere del Comitato tecnico urbanistico.
3. La Provincia, non appena divenuta esecutiva la deliberazione di cui al comma 2, ne dà avviso sul B.U., nonché su almeno un quotidiano a diffusione regionale, con indicazione delle modalità e dei termini di pubblicazione del progetto di piano ai sensi e per gli effetti del comma 4.
4. Il progetto adottato viene inviato alla Regione, ai comuni, agli Enti Parco, alle Comunità montane e agli altri Enti pubblici ritenuti interessati. I comuni, previo avviso da divulgare con ogni mezzo ritenuto idoneo, provvedono a depositare il progetto stesso nella segreteria comunale per quarantacinque giorni consecutivi durante i quali chiunque ha la facoltà di prenderne visione e di presentare osservazioni e proposte.
5. Ciascun Comune, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di deposito, trasmette alla Provincia la deliberazione consiliare con la quale formula il proprio parere, pronunciandosi su eventuali osservazioni presentate ai sensi del comma 4.
6. Gli Enti Parco, le Comunità montane e gli altri Enti pubblici interessati trasmettono alla Provincia il proprio parere entro il termine di novanta giorni dal ricevimento degli atti.
7. La Regione esprime il proprio parere che ha carattere vincolante con esclusivo riferimento alle indicazioni prescrittive del P.T.R. di cui all'articolo 13, comma 1, lettera c). Il parere è reso, sentito il Comitato tecnico misto di cui all'articolo 62, con deliberazione della Giunta, da trasmettere alla Provincia entro centoventi giorni dal ricevimento degli atti.
8. Con riferimento alle opere previste dal P.T.C. provinciale che risultino sottoposte alla procedura di valutazione di impatto ambientale a norma della vigente legislazione in materia, è facoltà della Provincia fornire, attraverso lo studio di sostenibilità ambientale di cui all'articolo 20, comma 2, gli approfondimenti necessari agli effetti di quanto previsto dal comma 9.
9. Nell'espressione del parere di cui al comma 7 può essere disposto che la successiva procedura di valutazione di impatto ambientale, per quanto di competenza regionale, sia limitata al quadro di riferimento progettuale ed ambientale.
10. Qualora il progetto adottato contenga proposte di variante alle indicazioni prescrittive del P.T.R. di cui all'articolo 13, comma 1, lettere b) e c), il parere della Regione di cui al comma 7 è reso, entro il termine di centottanta giorni, previa deliberazione del Consiglio regionale di approvazione della variante stessa, sentiti gli Enti locali interessati.
11. La Provincia, nei novanta giorni dal ricevimento dei pareri o dall'infruttuoso decorso dei termini stabiliti per l'espressione degli stessi, previa acquisizione del parere del proprio Comitato tecnico urbanistico, approva in via definitiva, con deliberazione consiliare, il P.T.C. provinciale, tenuto conto delle valutazioni acquisite e previo assenso delle Amministrazioni ed Aziende autonome dello Stato o degli Enti di gestione, qualora il piano incida sulla destinazione d'uso o sulla utilizzazione in atto dei beni appartenenti al relativo demanio o patrimonio indisponibile (7).
12. L'assenso di cui al comma 11 si considera acquisito anche in caso di mancata dichiarazione, nel termine a tal fine stabilito, che le previsioni del piano confliggono con gli interessi sottesi alla funzione dei beni pubblici sopra considerati.
13. Un esemplare del piano con i relativi allegati è trasmesso a tutti i comuni interessati i quali provvedono a depositarlo a permanente libera visione del pubblico entro dieci giorni dal ricevimento degli atti.
14. La deliberazione di approvazione del piano unitamente al relativo elaborato di sintesi è pubblicata sul B.U. Dell'approvazione è data altresì notizia con avviso pubblicato su almeno un quotidiano a diffusione regionale.
15. Il piano entra in vigore dalla data di pubblicazione della deliberazione di approvazione sul B.U.
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(7) Vedi, anche, la Delib.C.P. 22 gennaio 2002, n. 1 con la quale è stato approvato il piano territoriale di coordinamento, ai sensi del presente comma.
Art. 23
Aggiornamento, verifica e varianti del Piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. Le indicazioni del P.T.C. provinciale possono essere esplicitate od aggiornate nel rispetto delle linee e dei contenuti del piano stesso mediante deliberazione del Consiglio provinciale, sentito il proprio Comitato tecnico urbanistico.
2. La deliberazione di cui al comma 1 è sottoposta alle formalità di pubblicazione stabilite nell'articolo 22, commi 13 e 14.
3. Entro dieci anni dall'approvazione del P.T.C. provinciale, il Consiglio provinciale ne accerta l'adeguatezza, alla luce anche dei piani territoriali regionali, delle esigenze sopravvenute e delle linee della programmazione nel frattempo definite nelle pertinenti sedi.
4. In caso di accertata inadeguatezza del piano si procede alla conseguente variazione a norma del comma 5.
5. In ogni caso il P.T.C. provinciale può essere variato, anche su proposta degli Enti locali interessati, con le procedure di cui all'articolo 22, nonché nelle ipotesi previste dall'articolo 39, comma 8, dall'articolo 58, comma 6, e dall'articolo 61, comma 1, con le procedure ivi rispettivamente previste.
6. Le varianti al P.T.C. provinciale diverse da quelle integrali possono essere apportate anche mediante l'accordo di pianificazione di cui all'articolo 57.
TITOLO IV
Pianificazione territoriale di livello comunale
Capo I - Struttura e contenuti del piano urbanistico comunale
Art. 24
Elementi costitutivi del Piano urbanistico comunale.
1. Il P.U.C. è elaborato nel rispetto dei principi generali sanciti dagli articoli 2 e 5 ed è composto dai seguenti atti:
a) descrizione fondativa;
b) documento degli obiettivi;
c) struttura del piano;
d) norme di conformità e di congruenza.
Art. 25
Descrizione fondativa.
1. La descrizione fondativa analizza le peculiarità, gli eventuali squilibri e le potenzialità del territorio in vista dell'individuazione dei conseguenti obiettivi di piano e della definizione dei contenuti del P.U.C.
2. La descrizione fondativa è pertanto costituita da analisi conoscitive e da sintesi interpretative, estese all'intero territorio comunale e riferite:
a) ai caratteri fisici e paesistici dei siti, intendendosi per tali quelli naturali e storico-antropici nei loro aspetti geologici e geomorfologici, vegetazionali ed insediativi, nonché ai principali fattori che costituiscono gli ecosistemi ambientali locali e che ne determinano la vulnerabilità ed il limite di riproducibilità;
b) ai processi storici di formazione delle organizzazioni territoriali ed insediative in atto nonché ai prevalenti caratteri di identità, storici ed attuali, dei luoghi;
c) ai processi socio-economici in atto e alle reti di relazione di livello locale e di scala territoriale più vasta anche nella loro correlazione con gli atti di programmazione, evidenziandone le dinamiche evolutive e le potenzialità innovative;
d) alle prestazioni dei vari tipi di insediamento, delle reti di urbanizzazione, dei servizi e al complessivo rispettivo grado di equilibrio ecologico-territoriale riferito anche al territorio non insediato;
e) al quadro di riferimento pianificatorio e dei vincoli territoriali comprensivo dell'illustrazione e del bilancio dello stato di attuazione dello strumento urbanistico generale vigente.
3. Le analisi e le sintesi di cui al comma 2 sono predisposte nelle forme e con i mezzi più opportuni per:
a) rappresentare ed interpretare gli assetti ed i processi individuati nei commi 1 e 2;
b) valutare il grado di stabilità ambientale e la suscettività alle trasformazioni;
c) valutare le opportunità di natura economico-sociale rapportate all'uso delle risorse territoriali ed alle prospettive di loro trasformazione;
d) definire la disciplina paesistica di livello puntuale degli ambiti di conservazione e riqualificazione e dei distretti di trasformazione;
e) alimentare il sistema delle conoscenze di cui all'articolo 7.
4. La descrizione fondativa del piano urbanistico dei comuni compresi negli ambiti di cui all'articolo 18, comma 1, lettera e), può essere sostituita da quella contenuta nel P.T.C. provinciale, con facoltà delle singole Amministrazioni comunali di arricchirla in vista della elaborazione del progetto preliminare del rispettivo P.U.C.
Art. 26
Documento degli obiettivi.
1. Il documento degli obiettivi di piano definisce in modo esplicito gli obiettivi che il piano intende assumere relativamente alle diverse componenti dell'assetto territoriale in coerenza con la descrizione fondativa, previa verifica dei rapporti di compatibilità, nonché con le indicazioni contenute negli atti di pianificazione e programmazione di livello regionale e provinciale.
2. Il documento degli obiettivi di piano costituisce elemento fondamentale di riferimento e coerenza nella definizione complessiva del P.U.C. delle priorità e delle modalità del suo sviluppo operativo, ai sensi della presente legge.
Art. 27
Struttura del piano.
1. La struttura del piano definisce l'impianto e il funzionamento del sistema territoriale e paesistico-ambientale del Comune nel suo complesso. Tale definizione è sviluppata in forma di elaborati grafici e di cartografie in numero adeguato ed in scala conveniente da 1:25.000 ad almeno 1:5.000 relative al territorio comunale ed alle sue relazioni territoriali.
2. Nella struttura del piano:
a) sono individuati:
1) gli ambiti di conservazione e riqualificazione, insediati e non insediati, nei quali il piano persegue finalità di sostanziale conservazione o di riqualificazione;
2) i distretti di trasformazione per i quali il piano configura scelte di rilevante trasformazione;
3) il sistema complessivo delle infrastrutture e dei servizi pubblici e d'uso pubblico esistenti e in progetto;
b) è individuata la capacità turistico-ricettiva complessiva del Comune secondo le disposizioni di cui all'articolo 4 della legge regionale recante misure per la salvaguardia e la valorizzazione degli alberghi e disposizioni relative alla disciplina e alla programmazione dell'offerta turistico-ricettiva negli strumenti urbanistici comunali (8);
c) è definito il peso insediativo a livello comunale sulla base di quanto stabilito dall'articolo 33;
c-bis) è definito all'interno del peso insediativo il fabbisogno abitativo di residenza e, all'interno di questo, il fabbisogno di residenza primaria da soddisfare (9).
d) è contenuto lo studio di sostenibilità ambientale dell'insieme delle relative previsioni, come definito dall'articolo 11, comma 4;
e) sono definiti i margini di flessibilità delle relative indicazioni.
3. Ai fini dell'applicazione delle vigenti disposizioni di legge e di regolamento che richiamino le zone omogenee come definite dal D.M. 2 aprile 1968 del Ministro dei lavori pubblici pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale 16 aprile 1968, n. 97 il P.U.C. contiene indicazioni di riferimento delle proprie previsioni alla zonizzazione secondo il richiamato decreto.
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(8) Lettera così sostituita dall'art. 3, L.R. 7 febbraio 2008, n. 1. Il testo originario era così formulato: «b) è indicata la capacità turistico-ricettiva complessiva del Comune unitamente ai criteri per l'articolazione nelle relative tipologie secondo quanto disposto dalla L.R. 4 marzo 1982, n. 11 e dalla L.R. 25 maggio 1992, n. 13 e loro successive modificazioni e integrazioni.».
(9) Lettera aggiunta dall'art. 27, comma 1, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
Art. 28
Ambiti di conservazione e riqualificazione.
1. Costituiscono ambiti di conservazione e riqualificazione tutte le parti di territorio comunale, edificate e non edificate, che il P.U.C. descrive e individua come caratterizzate da un assetto fisico-morfologico e funzionale definito ovvero suscettibili di interventi di modificazione o completamento, non comportanti modificazioni quantitative o qualitative sostanziali del carico insediativo pertinente a ciascun ambito.
2. Il P.U.C. definisce:
a) il perimetro degli ambiti e gli elementi che li compongono;
b) la disciplina paesistica di livello puntuale;
c) gli obiettivi e le modalità della conservazione e della riqualificazione, in relazione ai caratteri emergenti dalla descrizione fondativa ed alla dotazione di servizi ed infrastrutture;
c-bis) la quota di fabbisogno abitativo di residenza primaria da soddisfare e la quota di superficie eventualmente da riservare alla realizzazione di ERS ovvero di edilizia abitativa in proprietà a prezzi convenzionati, espressa in percentuale alla superficie edificabile (10);
d) la localizzazione e la configurazione dei servizi e delle infrastrutture pubblici e di uso pubblico, previa valutazione delle dotazioni esistenti;
e) le norme di conformità di cui all'articolo 30 e la relativa cartografia;
f) le aree e i casi in cui l'intervento è assoggettato ad obbligo di concessione edilizia convenzionata secondo i criteri indicati dall'articolo 49.
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(10) Lettera aggiunta dall'art. 27, comma 2, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
Art. 29
Distretti di trasformazione.
1. Costituiscono distretti di trasformazione le parti di territorio comunale, anche tra loro non contigue, purché funzionalmente connesse, per le quali il P.U.C. prevede una trasformazione urbanistica che comporta un sistema complesso di interventi destinati ad innovare in modo sostanziale l'assetto fisico e funzionale del distretto ed aventi quale esito l'incremento non marginale del carico insediativo o la sua sostanziale modificazione qualitativa.
2. I distretti di trasformazione sono caratterizzati dall'esigenza di progettazione urbanistica unitaria e da una coordinata messa in opera delle trasformazioni e si attuano di norma mediante uno o più P.U.O.
3. Il P.U.C. definisce, con indicazione degli sviluppi operativi conseguibili:
a) il perimetro del distretto;
b) la configurazione di massima della trasformazione in termini di funzioni ammesse, di dotazione infrastratturale e di servizi, nonché di prestazioni ambientali;
c) la disciplina paesistica di livello puntuale;
d) la densità territoriale minima e massima dell'intero distretto, espressa come rapporto della superficie lorda di solaio sulla superficie territoriale calcolata senza tenere conto delle aree asservite ad opere pubbliche esistenti, da utilizzare mediante la concentrazione nelle aree edificabili individuate dal P.U.C. o dal P.A. o dai P.U.O. con conseguente attribuzione alle singole aree comprese nella superficie territoriale del distretto della pertinente quota di potenzialità edificatoria;
e) altri parametri urbanistici che risultino essenziali per la determinazione ed il controllo del carico urbanistico e dei suoi effetti ambientali;
f) le quantità di superficie di suolo o lorda di solaio da destinare a servizi pubblici e di uso pubblico ed a infrastrutture pubbliche che vengono espresse in percentuale sulla superficie territoriale o sulla superficie di solaio edificata od edificabile: tali quantità sono commisurate al carico urbanistico del distretto ed ai suoi effetti ambientali, nonché al soddisfacimento di fabbisogni pregressi del territorio comunale, in coerenza con la configurazione complessiva del sistema delle infrastrutture e dei servizi individuato dal P.U.C.;
f-bis) le quote di superficie da riservare alla realizzazione di interventi di ERP, vincolata senza limite di tempo come disciplinata dalla legislazione vigente, espresse in percentuale della potenzialità edificatoria (11);
f-ter) le eventuali ulteriori quote riservate alle altre tipologie di ERS ovvero all'edilizia abitativa in proprietà a prezzi convenzionati, espresse in percentuale della potenzialità edificatoria (12);
g) le norme di congruenza di cui all'articolo 31.
4. Il P.U.C., in relazione agli sviluppi operativi della trasformazione del distretto, può contenere indicazioni alternative degli elementi di cui al comma 3, ferma restando la definizione del perimetro di cui alla relativa lettera a) e previa verifica dell'equilibrio del sistema nel suo complesso.
5. Al fine di favorire la messa in opera dei distretti di trasformazione il P.U.C. può:
a) individuare subdistretti aventi valore di unità minima di intervento da definire eventualmente anche in sede di P.A. di cui all'articolo 55 con possibilità in tal caso di variare la dimensione del P.U.O.;
b) indicare i casi in cui si può prescindere dal ricorso al P.U.O. sia in ragione della natura pubblica delle opere da attuare ovvero della marginalità degli interventi rispetto al contesto delle trasformazioni previste, sia in presenza di uno schema di organizzazione urbanistica del distretto più definito rispetto alla configurazione di massima di cui al comma 3, lettera b).
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(11) Lettera aggiunta dall'art. 27, comma 3, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
(12) Lettera aggiunta dall'art. 27, comma 3, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
Art. 30
Norme di conformità.
1. Le norme di conformità sono quelle relative agli ambiti di conservazione e riqualificazione.
2. Esse definiscono, con i mezzi più opportuni, gli esiti fisici, paesistici, tipologici, funzionali e prestazionali da conseguire nei singoli ambiti, in relazione agli specifici caratteri ed alla identità dei luoghi, nonché al ruolo attribuito a ciascuno di tali ambiti.
3. Le norme di conformità specificano:
a) i tipi di intervento edilizio ed urbanistico in funzione dell'entità delle modificazioni consentite e con indicazione dei relativi parametri e delle rispettive modalità progettuali ed esecutive anche di carattere geologico e geotecnico;
b) le destinazioni d'uso principali e complementari articolate e quantificate per categorie funzionali, nonché i limiti della loro eventuale modificabilità anche senza opere edilizie;
b-bis) la disciplina urbanistico edilizia con cui il Comune può agevolare il recupero di alloggi o edifici da destinare a ERS (13).
3-bis. Le norme di conformità determinano le modalità affinché il Comune possa eventualmente riconoscere compensazioni ulteriori ai soggetti che si impegnano a cedere all'ARTE territorialmente competente o ad altro soggetto pubblico alloggi di ERS a norma dell'articolo 28, comma 2, lettera c-bis). I rapporti tra l'interessato, il Comune e il soggetto pubblico gestore sono regolati con convenzione (14).
4. Le norme di conformità prevalgono sulle disposizioni del regolamento edilizio con esse contrastanti.
5. Le modificazioni delle norme di conformità comportano verifica di congruenza, documentata ed argomentata, rispetto alla descrizione fondativa, agli obiettivi ed alla struttura del piano. Esse, a seconda della loro rilevanza, possono essere apportate in sede di aggiornamento periodico del P.U.C. ai sensi dell'articolo 43 o di varianti ad esso ai sensi dell'articolo 44 ovvero, se necessario, di formazione di un nuovo piano ai sensi dell'articolo 46.
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(13) Lettera aggiunta dall'art. 27, comma 4, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
(14) Comma aggiunto dall'art. 27, comma 5, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
Art. 31
Norme di congruenza.
1. Le norme di congruenza sono quelle relative ai distretti di trasformazione.
2. Esse definiscono, nelle opportune forme grafiche e normative, anche di tipo parametrico, prestazionale e gestionale, condizioni e requisiti generali di attuazione del P.U.C.
3. Le norme di congruenza contengono i criteri per:
a) valutare la compatibilità e congruenza delle trasformazioni proposte dal P.U.O. rispetto agli obiettivi, alla struttura ed alle priorità generali dello sviluppo operativo del piano;
b) valutare, nel caso di distretti per i quali eventualmente il P.U.C. preveda sviluppi operativi alternativi, le conseguenze sugli altri distretti e ridefinire gli assetti ivi previsti, nell'ambito di quelli consentiti dal P.U.C. stesso;
c) controllare la qualità degli esiti complessivi delle trasformazioni previste anche in relazione alle restanti parti del territorio comunale;
d) definire le modalità gestionali e finanziarie delle operazioni di trasformazione e la ripartizione degli oneri relativi alla dotazione e alla organizzazione di servizi pubblici e di uso pubblico;
d-bis) l'entità dell'eventuale monetizzazione del valore corrispondente alle quote di ERP con correlativa individuazione delle aree in cui il Comune deve procedere alla realizzazione di tali quote allorché tutta o una parte della quota di edificabilità da edificare a norma dell'articolo 29, comma 3, lettera f-bis) non possa venir realizzata (15).
3-bis. Le somme da versare a titolo di monetizzazione ai sensi del comma 3, lettera d-bis) sono corrisposte al Comune e sono strettamente vincolate a essere utilizzate in interventi di sostegno e sviluppo dell'ERP nelle aree a tal fine individuate (16).
3-ter. Le norme di congruenza determinano le modalità affinché il Comune possa eventualmente riconoscere compensazioni ulteriori ai soggetti che si impegnano a cedere all'ARTE territorialmente competente o a soggetto pubblico alloggi di ERS oltre alla quota obbligatoria individuata a norma dell'articolo 29, comma 3, lettera f-bis). I rapporti tra l'interessato, il Comune e il soggetto pubblico gestore sono regolati con convenzione (17).
4. Le modificazioni anche parziali delle norme di congruenza comportano verifica di coerenza, documentata ed argomentata, rispetto all'intero piano e, a seconda della loro rilevanza, comportano l'aggiornamento periodico di cui all'articolo 43 o le varianti di cui all'articolo 44 o, se necessario, la formazione di un nuovo P.U.C. ai sensi dell'articolo 46.
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(15) Lettera aggiunta dall'art. 27, comma 6, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
(16) Comma aggiunto dall'art. 27, comma 7, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
(17) Comma aggiunto dall'art. 27, comma 8, L.R. 3 dicembre 2007, n. 38.
Art. 32
Sistema delle infrastrutture e dei servizi pubblici.
1. Il P.U.C. individua, con riferimento all'intero territorio comunale ed in base ai criteri di fruibilità e di accessibilità, il sistema principale delle infrastrutture e delle opere costituenti urbanizzazione pubblica o di uso pubblico a livello di quartiere, a livello urbano e, ove necessario, a livello territoriale attraverso:
a) la configurazione delle infrastrutture della viabilità, nelle sue categorie funzionali di livello territoriale ed urbano, nonché dei servizi di trasporto in sede propria e del sistema dei parcheggi di scambio e di interconnessione;
b) l'indicazione dell'organizzazione delle reti tecnologiche fondamentali;
c) la definizione delle relative previsioni negli ambiti di conservazione e di riqualificazione come contenute nell'articolo 28;
d) l'indicazione, con riferimento ai distretti di trasformazione, delle quantità da destinare ai servizi ai sensi dell'articolo 29, comma 3, lettera f), e i criteri di loro localizzazione in funzione anche delle modalità di intervento previste a norma del comma 5, lettera b), del medesimo articolo.
2. Ferma restando l'esigenza che sia rispettata, per ciascun ambito di conservazione e di riqualificazione o per ciascun distretto di trasformazione la quantità minima complessiva di spazi pubblici o riservati alle attività collettive di livello comunale, a verde pubblico o a parcheggi come determinata dalle pertinenti disposizioni di legge o di regolamento, spetta al P.U.C. definire le quantità complessivamente necessarie e la loro articolazione di massima per i singoli tipi di servizio.
3. Nell'operare la ripartizione di cui al comma 2 il P.U.C. tiene conto dei corrispondenti servizi privati esistenti o in previsione, dei quali sia disciplinata la fruizione pubblica anche in forza di atti di ammissione a titolo oneroso.
4. Il P.U.C. può prevedere che concorrano, in misura non superiore al 50 per cento, alla determinazione della quantità di aree per servizi pubblici di cui al comma 2 anche i servizi in proprietà e in gestione privata che siano aperti al pubblico ove e per la parte in cui il gestore privato stipuli apposita convenzione con l'Ente pubblico gestore del corrispondente servizio pubblico avuto particolare riguardo alla determinazione delle tariffe di ammissione al godimento del servizio.
5. In ogni atto contrattuale che, in relazione a trasformazioni urbanistico-edilizie, abbia ad oggetto la cessione alla Pubblica Amministrazione di aree per servizi ovvero di servizi da realizzare od esistenti, può essere prevista la manutenzione ordinaria e straordinaria, per almeno dieci anni, a carico del soggetto cedente ovvero di soggetti terzi da questo indicati.
6. [Anche dopo la scadenza dei termini di legge per la realizzazione delle infrastrutture o dei servizi pubblici ovvero per l'acquisizione delle aree necessarie, è possibile, con il consenso degli aventi diritto e senza necessità di variare il P.U.C., realizzare il servizio previsto ovvero, motivatamente, qualunque altro servizio sia richiesto da diverse esigenze nel frattempo maturate] (18).
7. Il P.U.C. può stabilire che l'attuazione delle sue previsioni relative ad infrastrutture e servizi pubblici che richiedano la demolizione di fabbricati esistenti avvenga anche previa stipula di apposita convenzione con il soggetto interessato che, dietro cessione degli immobili necessari alla realizzazione dell'opera, assicuri il riconoscimento di una potenzialità edificatoria su aree di proprietà del soggetto stesso indipendentemente dalle pertinenti indicazioni del P.U.C. stesso.
8. Nel caso indicato dal comma 7, la convenzione approvata dalla Giunta comunale, previo aggiornamento o variante del P.U.C. secondo le procedure previste dalla presente legge in funzione, ove necessario, della ricomposizione dell'assetto urbanistico della zona interessata.
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(18) Comma abrogato dall'art. 89, comma 2, lettera e), L.R. 6 giugno 2008, n. 16.
Art. 33
Peso insediativo.
1. Il peso insediativo è definito dal P.U.C. a norma del presente articolo e nel rispetto delle quantità minime stabilite dagli articoli 3, 4, 5 e 6 del decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968.
2. Il peso insediativo è costituito dall'insieme della popolazione esistente e di quella prevista, definite in termini di abitanti, di persone presenti per turismo od affari, nonché di addetti e di utenti delle attività economiche e dei servizi.
3. Qualora il P.U.C. non provveda alla definizione analitica del peso insediativo, lo stesso viene definito, agli effetti di quanto stabilito dall'articolo 32, comma 2, e tenuto conto di quanto indicato dal P.T.C. provinciale a norma dell'articolo 20, comma 3, sulla base dei seguenti parametri di riferimento:
a) nell'ambito della destinazione residenziale, in funzione della superficie lorda delle abitazioni, assumendo un consumo di spazio pari a 25 metri quadrati per abitante:
b) nell'ambito della destinazione ad ospitalità e ricettività alberghiera ed extra alberghiera, in funzione dei posti letto calcolati in base alla legislazione di settore;
c) nell'ambito della destinazione per distribuzione al dettaglio ed uffici, in funzione della superficie lorda di pavimento esistente e prevista dal P.U.C.;
d) nell'ambito delle destinazioni per l'industria, l'artigianato, la movimentazione e distribuzione all'ingrosso di merci, in funzione della superficie lorda di pavimento utilizzata e prevista dal P.U.C.;
e) nell'ambito della destinazione a produzione agricola, in relazione alla superficie lorda di pavimento dei fabbricati utilizzati per le diverse funzioni ivi previste, salvo quanto stabilito dalla lettera a) per quelle abitative;
f) nell'ambito delle destinazioni per grandi attrezzature di interesse generale, in relazione al tipo delle attrezzature stesse ed al loro bacino di utenza e comunque in coerenza con i contenuti del P.T.C. provinciale.
4. Il complesso dei fabbisogni, qualitativi e quantitativi, di opere infrastrutturali, tecnologiche e di servizi pubblici o di uso pubblico è calcolato sulla base del peso insediativo come sopra definito compatibilmente con il grado di sostenibilità ambientale del territorio comunale.
Art. 34
Revisione degli standard urbanistici.
1. La Regione emana, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, apposito regolamento di revisione degli standard urbanistici.
2. Con il regolamento di cui al comma 1:
a) possono essere modificati i criteri e le modalità di definizione del peso insediativo dettati dall'articolo 33;
b) sono stabilite le quantità minime di spazi per servizi, ivi compresi quelli per insediamenti commerciali ai sensi dell'articolo 13 della legge 11 giugno 1971, n. 426 (disciplina del commercio).
Art. 35
Disciplina delle aree di produzione agricola.
1. Il P.U.C., con riferimento alle indicazioni contenute nel P.T.R. e, in particolare, nella sua specificazione paesistica, nonché nel P.T.C. provinciale e nei piani e programmi di settore in materia di agricoltura e foreste, individua:
a) le aree destinate o da destinare allo svolgimento effettivo di attività produttive di tipo agricolo, nella forma di coltivi estensivi ed intensivi, nonché di tipo silvo-pastorali;
b) le aree destinate o da destinare a serre dettandone la specifica disciplina.
2. Le aree di effettiva produzione agricola sono di norma classificate dal P.U.C. come ambiti di conservazione o di riqualificazione, salva la loro eventuale classificazione quali distretti di trasformazione in ragione della rilevanza degli interventi connessi alla produzione agricola previsti dai piani e programmi di cui al comma 1.
3. Nelle aree di effettiva produzione agricola classificate quali ambiti di conservazione o di riqualificazione, il P.U.C. regolamenta l'edificazione di manufatti tecnici connessi con lo svolgimento di una specifica e documentata attività agricola, in quantità e secondo dimensioni commisurate al tipo di attività. Laddove la natura e le caratteristiche dell'attività stessa consentita dal P.U.C. giustifichino l'esigenza di risiedere sul fondo, il P.U.C. può altresì prevedere la realizzazione di manufatti residenziali distinti dai manufatti tecnici, con dimensioni commisurate all'attività agricola.
4. Nelle aree a destinazione serricola, il P.U.C. si dà carico di dettare disposizioni atte a garantire il corretto dimensionamento ed il relativo impianto urbanizzativo delle strutture a serra in relazione alla morfologia dei luoghi, nonché all'equilibrato rapporto, con particolare riguardo agli aspetti idrogeologici, fra la superficie coperta da costruzioni e quella libera del fondo.
5. È ammesso l'asservimento di lotti non contigui fermo restando l'obbligo di definire nel P.U.C. l'ingombro massimo dei corpi di fabbrica edificabili sul fondo e le caratteristiche tipologiche dell'insieme degli interventi idonei alla conservazione del paesaggio agricolo.
6. Nelle aree indicate dal comma 3 il rilascio della concessione edilizia per costruzioni destinate ad uso residenziale, in debita correlazione a piani o programmi aziendali, è subordinato alla stipula con il Comune ed alla trascrizione nei registri immobiliari di una convenzione che preveda a carico del concessionario e dei suoi aventi causa:
a) l'esercizio effettivo dell'attività agricola;
b) la conservazione della destinazione residenziale-agricola dell'edificio;
c) le eventuali prestazioni finalizzate al presidio e alla tutela del territorio in analogia a quanto previsto dall'articolo 36;
d) le relative modalità e le garanzie per il puntuale adempimento degli obblighi assunti.
7. Nel caso di comprovata necessità di dismettere l'effettivo esercizio dell'attività agricola, il concessionario ed i suoi aventi causa sono obbligati, decorsi dieci anni dall'ultimazione dei lavori, ad effettuare comunque le prestazioni finalizzate al presidio ed alla tutela del territorio, fermi restando i conseguenti oneri contributivi dovuti a norma dell'articolo 10, terzo comma, della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (norme per la edificabilità dei suoli).
8. Le disposizioni di cui ai commi 6 e 7 si applicano anche per la realizzazione degli interventi previsti nelle aree a destinazione serricola fino all'emanazione di apposite norme in tal senso ad opera dei piani e programmi indicati nel comma 1.
Art. 36
Territorio di presidio ambientale.
1. Il P.U.C., sulla base dei criteri forniti dal P.T.C. provinciale, individua, tra gli ambiti di conservazione e di riqualificazione, quale territorio di presidio ambientale:
a) aree che presentino fenomeni di sottoutilizzo e/o di abbandono agro-silvo-pastorale e di marginalità e che non appaiano recuperabili all'uso agricolo produttivo o ad altre funzioni;
b) aree che si trovino in precarie condizioni di equilibrio idrogeologico e vegetazionale, ivi comprese quelle attualmente adibite ad attività agro-silvo-pastorali diverse da quelle di effettiva produzione agricola;
c) aree nelle quali siano in atto fenomeni di rinaturalizzazione spontanea c/o guidata;
d) aree caratterizzate da insediamenti sparsi nelle quali si renda necessario subordinare gli interventi sul patrimonio edilizio esistente o di nuova costruzione al perseguimento delle finalità di presidio ambientale.
2. Nei territori come sopra individuati il P.U.C. indica e regolamenta gli interventi ammissibili per garantire forme di presidio corrispondenti a finalità di recupero e riqualificazione del territorio sotto i diversi profili di tipo ecologico-ambientale, paesaggistico e socio-economico, con riguardo anche alle attività agricole di carattere marginale. Tali interventi possono comportare anche l'insediabilità di funzioni residenziali attraverso la prevalente azione di manutenzione e ripristino di manufatti esistenti ovvero attraverso quote di nuova edificazione opportunamente dimensionate anche in rapporto alle caratteristiche del territorio interessato e correlate alle indicazioni della disciplina paesistica.
3. Il P.U.C. può consentire che nel rilascio della concessione edilizia per la edificazione nel territorio di presidio ambientale vengano asservite, al fine della realizzazione delle volumetrie consentite, aree anche non contigue, purché appartenenti allo stesso ambito di conservazione e riqualificazione e fermo restando l'obbligo di definire nel P.U.C. gli ambiti di localizzazione, l'entità e le modalità dei singoli interventi ammissibili in funzione della loro rispondenza alle finalità di presidio.
4. Ai fini di cui ai commi 2 e 3 il rilascio della concessione è subordinato alla stipula con il Comune ed alla trascrizione nei registri immobiliari di una convenzione che preveda a carico del concessionario e dei suoi aventi causa le prestazioni finalizzate al presidio ed alla tutela del territorio indicate nella convenzione stessa, il contenuto della prestazione richiesta, le modalità di attuazione e le garanzie per il loro puntuale adempimento.
Art. 37
Territori non insediabili.
1. Il P.U.C., tenuto anche conto della pianificazione sovraordinata, tra gli ambiti di conservazione e riqualificazione individua le aree che, per condizioni morfologiche, ecologiche e paesistico-ambientali ed archeologiche, sono qualificate territorio non insediabile.
2. Nel territorio non insediabile sono consentiti interventi di manutenzione e ripristino dei manufatti esistenti, nel rispetto delle loro caratteristiche funzionali, tipologiche e costruttive originarie, nonché la realizzazione di manufatti tecnici o di quelli esclusivamente finalizzati all'esercizio delle attività consentite.
3. In detti territori il P.U.C. può altresì individuare e disciplinare, alla stregua di attrezzature per servizi, specifici interventi esclusivamente finalizzati alla fruizione pubblica delle risorse.
TITOLO IV
Pianificazione territoriale di livello comunale
Capo II - Procedimento di formazione del piano urbanistico comunale
Art. 38
Progetto preliminare del Piano urbanistico comunale.
1. Il progetto preliminare del P.U.C. contiene:
a) la descrizione fondativa:
b) il documento degli obiettivi;
c) la struttura del piano;
d) lo schema delle norme di conformità e di congruenza;
e) l'indicazione di eventuali proposte di varianti al P.T.C. provinciale.
2. Il Comune adotta il progetto preliminare con provvedimento consiliare e, non appena divenuta esecutiva la relativa deliberazione provvede:
a) a pubblicare sul B.U. un avviso contenente la indicazione delle modalità e dei termini di divulgazione del progetto e a darne pubblicità con ogni altro mezzo ritenuto idoneo;
b) ad inviare detto avviso:
1) alle Amministrazioni ed alle Aziende Autonome dello Stato od agli Enti di gestione eventualmente interessati, ai fini dell'espressione, entro novanta giorni dal ricevimento dell'avviso, del rispettivo parere anche in vista del raggiungimento delle intese necessarie ai sensi della lettera f);
2) alla Comunità montana ed ai Comuni interessati da specifiche previsioni che presuppongano un coinvolgimento dei loro territori, ai fini della formulazione di eventuali osservazioni entro centoventi giorni dal ricevimento dell'avviso;
c) a trasmettere il progetto alla Regione ed alla Provincia, nonché all'Ente Parco eventualmente interessato, ai fini dell'espressione dei pareri di cui all'articolo 39 nei termini ivi indicati;
d) a depositare il progetto presso la segreteria comunale per un periodo di novanta giorni consecutivi, durante il quale chiunque può prenderne visione, estrarne copia e, al fine di collaborare alla migliore definizione del P.U.C., presentare osservazioni, con facoltà di indirizzarle anche alla Regione e alla Provincia per quanto di rispettiva competenza;
e) ad indire, nei primi quindici giorni del periodo di deposito di cui alla lettera d) e previo avviso pubblico da divulgare attraverso manifesti e con ogni altro mezzo ritenuto idoneo, una o più udienze pubbliche, anche in sede decentrata e nei modi stabiliti all'atto della deliberazione del progetto, finalizzate alla sua illustrazione;
f) ad acquisire l'assenso delle Amministrazioni Pubbliche o degli Enti di gestione qualora il piano incida sulla destinazione d'uso o sulla utilizzazione in atto dei loro beni appartenenti al demanio od al patrimonio indisponibile.
3. L'assenso di cui al comma 2, lettera f), si intende acquisito anche in caso di mancata dichiarazione da parte dell'Autorità competente, nel termine previsto dal comma 2, lettera b), n. 1), che le previsioni del piano confliggono con gli interessi sottesi alla funzione istituzionale dei beni pubblici sopra indicati.
Art. 39
Parere della Regione e della Provincia sul progetto preliminare di Piano urbanistico comunale.
1. La Regione esprime parere sul progetto preliminare di P.U.C. in relazione alla funzione di indirizzo e di coordinamento ad essa attribuita nel sistema delle autonomie locali, con particolare riguardo:
a) alle indicazioni contenute nel P.T.R.;
b) alle indicazioni contenute nel programma regionale di sviluppo e negli atti di programmazione regionale vigenti o adottati.
2. La Provincia esprime parere sul progetto preliminare di P.U.C. relativamente alla conformità o compatibilità con il P.T.C. provinciale e con gli atti di programmazione di propria competenza, alla validità della descrizione fondativa, alla coerenza degli obiettivi e della struttura del progetto stesso.
3. L'Ente Parco eventualmente interessato esprime parere sul progetto preliminare di P.U.C. in relazione agli specifici interessi di tutela dell'Area Parco, con particolare riguardo a quanto stabilito dall'articolo 2, comma 5.
4. I pareri sono resi dalla Regione e dalla Provincia con deliberazione di Giunta entro il termine di centoventi giorni dal ricevimento del progetto, sentiti i rispettivi Comitati tecnici urbanistici e avuto riguardo anche alle osservazioni ad esse pervenute, ai sensi dell'articolo 38, comma 2, lettera d), se ed in quanto di rispettiva competenza. Trascorso infruttuosamente tale termine si può prescindere dall'acquisizione del parere regionale e provinciale.
5. Con riferimento alle opere previste dal P.U.C. che risultino sottoposte alla procedura di valutazione di impatto ambientale a norma della vigente legislazione in materia, è facoltà del Comune fornire, attraverso lo studio di sostenibilità ambientale di cui all'articolo 27, comma 2, lettera d), gli approfondimenti necessari agli effetti di quanto previsto dal comma 6. In tal caso il parere regionale è reso sentito il Comitato tecnico misto di cui all'articolo 62.
6. Nell'espressione del parere di cui al comma 5 può essere disposto che:
a) la successiva procedura di valutazione di impatto ambientale, per quanto di competenza regionale, sia limitata al quadro di riferimento progettuale ed ambientale;
b) siano escluse dalla procedura di valutazione di impatto ambientale le opere volte alla realizzazione di insediamenti residenziali, turistico-ricettivi, commerciali e direzionali.
7. Il parere espresso dalla Regione a norma del comma 4 ha carattere vincolante con esclusivo riferimento alle indicazioni prescrittive del P.T.R. di cui all'articolo 13, comma 1, lettere b) e c).
8. Qualora il progetto preliminare di P.U.C. contenga proposte di variante al P.T.C. provinciale nelle sue indicazioni prescrittive di cui all'articolo 21, commi 1 lettera c) e 2, il parere della Provincia di cui al comma 4 è reso, entro il termine di centottanta giorni, previa deliberazione del Consiglio provinciale di approvazione della variante stessa, sentiti gli altri Enti locali eventualmente interessati.
9. Il disposto di cui al comma 4 opera, in quanto applicabile, anche nei confronti dell'Ente Parco eventualmente interessato.
Art. 40
Progetto definitivo del Piano urbanistico comunale.
1. Il Comune, sulla base dei pareri resi dalla Regione e dalla Provincia, qualora non ritenga che gli stessi siano tali da comportare una rielaborazione del progetto preliminare, e tenuto conto degli altri pareri e delle osservazioni di cui all'articolo 39:
a) elabora un documento contenente le determinazioni comunali in merito ai pareri ed alle osservazioni pervenuti, nonché la specificazione delle eventuali conseguenti modifiche da apportare al progetto preliminare;
b) redige in forma completa gli elaborati di cui all'articolo 24, in coerenza con il documento previsto alla precedente lettera a);
c) adotta, con deliberazione consiliare, il progetto definitivo nei novanta giorni successivi alla acquisizione di detti pareri ed osservazioni o alla infruttuosa scadenza dei termini stabiliti per il loro invio.
2. Non appena divenuta esecutiva la deliberazione di cui al comma 1, lettera c), il piano, unitamente ai pareri regionale e provinciale resi a norma dell'articolo 39, è depositato a libera visione del pubblico presso la segreteria comunale per quarantacinque giorni consecutivi, previo avviso del deposito stesso pubblicato all'albo pretorio e divulgato con ogni altro mezzo ritenuto idoneo.
3. Entro il termine di cui al comma 2, chiunque può far pervenire al Comune osservazioni con esclusivo riferimento al progetto definitivo adottato limitatamente agli aspetti che costituiscono sviluppo e completamento del progetto preliminare.
4. Il P.U.C. si intende approvato con la deliberazione con la quale:
a) il Consiglio comunale, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2, decide sulle osservazioni presentate, fermo restando che le modifiche apportate al P.U.C. in conseguenza del loro accoglimento non comportano la necessità di procedere alla ripubblicazione degli atti;
b) la Giunta comunale, entro quindici giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 2, prende atto della mancata presentazione di osservazioni.
5. Non appena divenuta esecutiva la deliberazione di cui al comma 4, il Sindaco trasmette alla Provincia competente il piano approvato, unitamente al parere regionale reso ai sensi dell'articolo 39, per il controllo di cui ai commi 6, 7 e 8.
6. Il Presidente della Provincia, entro il perentorio termine di sessanta giorni dal ricevimento del P.U.C., sentito il Comitato urbanistico provinciale, può formulare rilievi di legittimità, con particolare riferimento alla conformità del P.U.C. alle prescrizioni dei piani territoriali di livello regionale e provinciale, nonché alla incongruità delle ragioni addotte dal Comune avverso i pareri resi dalla Regione o dalla Provincia ai sensi dell'articolo 39 sul progetto preliminare.
7. Nel caso in cui la Provincia abbia formulato rilievi di legittimità il Comune:
a) adotta la conseguente deliberazione consiliare di adeguamento del P.U.C. ai rilievi stessi entro i successivi novanta giorni;
b) qualora ritenga di respingere integralmente tali rilievi, controdeduce entro i successivi trenta giorni con deliberazione consiliare motivata.
8. La deliberazione di cui al comma 7, appena divenuta esecutiva, è trasmessa al Presidente della Provincia il quale, sentito il Comitato urbanistico provinciale, può procedere, entro il termine perentorio di trenta giorni dal ricevimento degli atti, all'annullamento del P.U.C., quando ritenga non fondati i motivi per i quali il Comune abbia respinto i rilievi di legittimità o comunque non abbia adeguato il P.U.C. a detti rilievi.
Art. 41
Pubblicazione ed entrata in vigore del Piano urbanistico comunale.
1. Esperito il controllo di cui all'articolo 40, commi 6, 7 e 8, il Comune:
a) procede al deposito degli atti, con la relativa documentazione grafica e normativa, a permanente e libera visione del pubblico presso la segreteria comunale, previo avviso da pubblicare sul B.U. e a darne pubblicità con ogni altro mezzo ritenuto idoneo;
b) trasmette copia degli atti alla Regione.
2. Il P.U.C. entra in vigore a partire dal giorno iniziale del deposito a libera visione del pubblico a norma del comma 1, lettera a).
Art. 42
Misure di salvaguardia.
1. A salvaguardia delle indicazioni contenute nel progetto preliminare ed in quello definitivo del P.U.C. è fatto obbligo di applicare, a far data dalla rispettiva adozione, le ordinarie misure previste dalla legge 3 novembre 1952, n. 1902 (misure di salvaguardia in pendenza dell'approvazione dei piani regolatori) e successive modificazioni fino all'entrata in vigore del piano stesso e, comunque, per un periodo non superiore a quattro anni dalla data di adozione del progetto preliminare.
TITOLO IV
Pianificazione territoriale di livello comunale
Capo III - Aggiornamento, variazione e revisione del piano urbanistico comunale
Art. 43
Aggiornamento periodico del Piano urbanistico comunale.
1. Il Comune può effettuare aggiornamenti periodici del P.U.C., oltre i margini di flessibilità previsti dal piano stesso, per apportarvi gli adeguamenti che non costituiscano varianti ai sensi dell'articolo 44 o che non comportino l'obbligo di formazione di un nuovo piano ai sensi dell'articolo 46, nonché per l'attuazione delle infrastrutture dei servizi pubblici nei modi indicati dall'articolo 32, comma 6, e dall'articolo 1, comma 4, della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (accelerazione delle procedure per la esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali) e successive modificazioni.
2. L'aggiornamento periodico è approvato dal Comune con deliberazione consiliare che, una volta divenuta esecutiva, è depositata a libera visione del pubblico presso la segreteria comunale, previo avviso del deposito stesso divulgato con ogni mezzo idoneo e trasmessa alla Provincia ai fini dell'eventuale esercizio del potere di annullamento qualora l'aggiornamento stesso non sia riconducibile a quanto previsto dal comma 1.
3. L'annullamento di cui al comma 2 è disposto con decreto del Presidente della Provincia entro il termine perentorio di sessanta giorni dal ricevimento della deliberazione comunale, sentito il Comitato tecnico urbanistico provinciale.
4. Il termine stabilito dal comma 3 può essere interrotto per una sola volta, ove ai fini dell'esercizio del controllo si renda necessario acquisire dal Comune chiarimenti o documentazione integrativa.
Art. 44
Varianti al Piano urbanistico comunale.
1. Costituiscono varianti al P.U.C.:
a) le modificazioni quantitative e localizzative relative al sistema delle infrastrutture e ai servizi pubblici e di uso pubblico di cui all'articolo 32, con esclusione delle modificazioni relative a quanto previsto al riguardo dall'articolo 43, comma 1;
b) le modificazioni dei contenuti degli ambiti di conservazione e di riqualificazione aventi incidenza sulle indicazioni della disciplina paesistica di livello puntuale del P.U.C.;
c) la previsione di nuovi distretti di trasformazione o la modificazione della disciplina di quelli già individuati dal P.U.C. come definita a norma dell'articolo 29.
2. Le varianti di cui al comma 1 devono risultare compatibili con la descrizione fondativa e, quando comportino sostanziali mutamenti degli obiettivi relativi al contesto interessato dalla variante, sono corredate di adeguata dimostrazione delle relative ragioni e della congruità complessiva.
3. Le varianti al P.U.C. sono adottate con deliberazione del Consiglio comunale da pubblicare, unitamente ai relativi atti, per quarantacinque giorni consecutivi mediante deposito a libera visione del pubblico presso la segreteria comunale e previo avviso del deposito stesso pubblicato all'albo pretorio e divulgato con ogni altro mezzo idoneo.
4. Entro il termine di cui al comma 3 chiunque può far pervenire al Comune osservazioni in merito alle quali la civica amministrazione decide con deliberazione consiliare da assumere nei successivi sessanta giorni, senza necessità di ripubblicazione degli atti qualora gli stessi siano stati conseguentemente modificati.
5. Le varianti al P.U.C. sono approvate nei modi previsti dall'articolo 40, comma 4, e soggette al controllo della Provincia a norma dei commi 6, 7 e 8, in quanto applicabili.
6. Il provvedimento di cui al comma 5 è soggetto alle formalità di pubblicazione e di trasmissione di copia degli atti alla Regione stabilite dall'articolo 41.
7. In deroga a quanto stabilito al comma 2, la variante al P.U.C. può investire anche parti della descrizione fondativa, previa coerente ricomposizione della descrizione stessa nel suo complesso. Le varianti al PUC che comportino la riduzione delle quote percentuali dell'offerta turistico-ricettiva relativa alle strutture denominate ricettive-alberghiere ed all'aria aperta dalla vigente normativa in materia, con esclusione di quelle finalizzate ad interventi di adeguamento igienico-sanitario o funzionale al miglioramento dei requisiti qualitativi di una struttura, costituiscono variante alla descrizione fondativa (19).
8. Nell'ipotesi prevista dal comma 7, la deliberazione di cui al comma 3 trasmessa alla Regione, alla Provincia e all'Ente parco territorialmente interessato ai sensi e per gli effetti dell'espressione del parere previsto dall'articolo 39 e la variante è approvata nei modi e nei termini indicati dall'articolo 40.
9. Nei confronti delle varianti di cui al presente articolo operano le misure di salvaguardia indicate dall'articolo 42.
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(19) Periodo aggiunto dall'art. 5, L.R. 7 febbraio 2008, n. 1.
Art. 45
Verifica di adeguatezza del Piano urbanistico comunale.
1. Il P.U.C. deve essere verificato in ordine alla sua adeguatezza decorsi dieci anni dalla sua approvazione o dalla verifica dello stesso a norma del presente articolo.
2. La verifica di adeguatezza viene condotta in relazione:
a) allo stato di attuazione del piano;
b) ai fabbisogni nel frattempo maturati in relazione all'evoluzione delle caratteristiche territoriali e socio-economiche del contesto;
c) ai contenuti della programmazione economica e della pianificazione territoriale sovracomunale.
3. Il Comune provvede alla verifica di adeguatezza con deliberazione consiliare, da adottare entro il semestre precedente la scadenza del termine decennale.
4. Il Comune, ove accerti la totale inadeguatezza del piano vigente in rapporto agli elementi individuati al comma 2, deve procedere alla formazione di un nuovo piano nei modi e nei termini indicati dall'articolo 46.
5. Qualora dalla verifica di cui al comma 3 risulti la parziale inadeguatezza del piano superabile mediante ricorso alle varianti di cui all'articolo 44, il Comune procede secondo quanto stabilito dal medesimo articolo, contestualmente alla verifica stessa.
6. In caso di accertata adeguatezza del piano vigente, la deliberazione consiliare:
a) deve essere motivata e corredata di una relazione contenente:
1) la illustrazione dello stato di attuazione del piano, in relazione ai problemi connessi alla sua gestione;
2) la stima dei fabbisogni pregressi e futuri, con particolare riguardo a quelli di spazi per opere pubbliche o riservati alle attività collettive;
3) l'analisi della situazione socio-economica in atto e delle linee di tendenza delle variabili considerate;
b) è soggetta alle formalità di pubblicazione di cui all'articolo 40, comma 2, al fine di consentire la presentazione di osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse, con conseguente conferma della verifica stessa ai sensi del comma 4 del medesimo articolo, mediante deliberazione consiliare non soggetta al controllo provinciale.
Art. 46
Formazione del nuovo Piano urbanistico comunale.
1. Il procedimento di formazione del nuovo P.U.C., cui il Comune sia tenuto a norma del comma 2 od intenda ricorrere per apportarvi le varianti non riconducibili alle ipotesi previste dall'articolo 44, commi 2 e 7, è quello regolato dagli articoli 38, 39, 40 e 41.
2. Il Comune che risulti obbligato alla formazione del nuovo P.U.C. per accertata inadeguatezza del piano vigente a norma dell'articolo 45, comma 4, deve procedere all'adozione del relativo progetto preliminare entro un anno dalla scadenza del decennio di approvazione del piano vigente.
Art. 47
Termini per la formazione e la revisione del Piano urbanistico comunale nei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti.
1. Con riferimento al P.U.C. dei comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti:
a) i termini per l'espressione da parte della Regione e della Provincia dei pareri sul progetto preliminare, a norma dell'articolo 39, comma 4, nonché dei pareri sulle varianti al P.U.C., a norma dell'articolo 44, comma 8, sono elevati a centottanta giorni;
b) sono raddoppiati i termini:
1) di adozione da parte del Comune del progetto definitivo a norma dell'articolo 40, comma 1, lettera c);
2) di deposito e presentazione di osservazioni avverso il progetto definitivo di P.U.C. a norma dell'articolo 40, comma 2, e di pronuncia sulle stesse a norma del comma 4, lettera a), del medesimo articolo;
3) di formulazione da parte della Provincia dei rilievi di cui all'articolo 40, comma 6;
4) di adeguamento del P.U.C. da parte del Comune ai rilievi della Provincia a norma dell'articolo 40, comma 7;
5) di esercizio del controllo finale del P.U.C. da parte della Provincia a norma dell'articolo 40, comma 8;
6) di deposito e presentazione di osservazioni avverso le varianti al P.U.C., a norma dell'articolo 44, comma 3, e di pronuncia sulle stesse a norma del comma 4, del medesimo articolo;
7) di revisione da parte del Comune del P.U.C. a norma dell'articolo 46, comma 2.
TITOLO IV
Pianificazione territoriale di livello comunale
Capo IV - Sviluppo operativo del piano urbanistico comunale
Art. 48
Modalità di sviluppo operativo del Piano urbanistico comunale.
1. Il P.U.C.:
a) si attua negli ambiti di conservazione e di riqualificazione direttamente sulla base del titolo abilitativo prescritto dalla vigente legislazione urbanistico-edilizia ovvero sulla base della concessione edilizia convenzionata di cui all'articolo 49, ferma restando la facoltà del Comune o del soggetto attuatore di assumere eccezionalmente l'iniziativa di formazione di P.U.O.;
b) si sviluppa operativamente nei distretti di trasformazione di norma mediante i P.U.O.
2. Lo sviluppo operativo del P.U.C. può essere gestito attraverso il P.A.
Art. 49
Concessione edilizia convenzionata.
1. Il P.U.C. prevede negli ambiti di conservazione e di riqualificazione le zone ed i casi in cui il rilascio della concessione edilizia è subordinato alla stipula di apposito atto convenzionale, allorché l'intervento:
a) richieda opere infrastrutturali eccedenti i semplici allacciamenti alle reti di urbanizzazione primaria ovvero opere di riqualificazione urbanistica e ambientale;
b) si configuri come lottizzazione secondo il disposto dell'articolo 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere abusive);
c) ricada in territori di presidio ambientale di cui all'articolo 36.
2. Nelle zone e nei casi in cui l'intervento sia assoggettato ad obbligo di concessione edilizia convenzionata, il progetto deve essere corredato di un atto unilaterale d'obbligo che preveda:
a) l'esecuzione diretta:
1) delle opere di urbanizzazione primaria di pertinenza che si rendano necessarie;
2) di alcune opere di urbanizzazione secondaria di fruizione collettiva a disposizione del bacino di utenza interessato dall'intervento, da reperirsi eventualmente anche al di fuori di tale bacino;
b) la cessione delle opere, di cui ai nn. 1) e 2) della lettera a), o il loro vincolo ad uso pubblico, a scomputo degli oneri di urbanizzazione dovuti a norma della vigente legislazione in materia;
c) le garanzie finanziarie e i termini per l'adempimento dei relativi impegni.
3. In caso di interventi ricadenti in territori di presidio ambientale, il contenuto dell'atto unilaterale d'obbligo resta disciplinato dall'articolo 36.
4. La convenzione è approvata con deliberazione della Giunta comunale, la quale, nei casi previsti dal comma 1, lettera b), assume valore di approvazione della lottizzazione ed è comunque trascritta, a cura del soggetto attuatore, nei registri immobiliari tenuti presso la competente Conservatoria.
Art. 50
Contenuti ed elaborati del Progetto urbanistico operativo.
1. Il P.U.O. contiene gli elementi urbanistici, edilizi, economici e gestionali idonei a realizzare lo sviluppo operativo dei distretti di trasformazione.
2. Gli elaborati del P.U.O. sono costituiti da:
a) relazione illustrativa che:
1) dia conto, tra l'altro, della congruenza del P.U.O. rispetto al P.U.C.;
2) indichi i soggetti, le modalità finanziarie e gestionali, i tempi delle trasformazioni;
b) documentazione grafica e/o descrittiva delle analisi dello stato di fatto, ivi comprese le necessarie indagini e verifiche sotto il profilo geologico e geotecnico;
c) progetti in scala adeguata idonei a definire:
1) l'assetto planovolumetrico, fisico-morfologico e funzionale degli interventi, tenuto conto delle risultanze delle indagini e delle verifiche di cui alla lettera b);
2) le connessioni fisico-morfologiche e funzionali con l'ambito circostante;
3) le reti infrastrutturali ed i servizi pubblici e di uso pubblico con eventuale individuazione dei sub-distretti di operatività minima ed attribuzione ad essi delle relative quote, definite in modo da consentire la realizzazione di parti significative e funzionali del complesso delle infrastrutture e dei servizi del distretto;
d) specifiche norme di attuazione contenenti l'indicazione:
1) delle tipologie e dei parametri urbanistici ed edilizi relativi agli interventi di trasformazione, con i relativi margini di flessibilità;
2) delle prescrizioni di carattere geologico e geotecnico da osservarsi nella realizzazione degli interventi;
3) delle modalità per l'attuazione degli interventi, con particolare riferimento al riparto del costo delle infrastrutture e dei servizi pubblici fra i soggetti attuatori dei singoli interventi;
4) dei relativi effetti a norma dell'articolo 53;
e) protocolli di intesa e contratti, anche a livello di schema, necessari all'operatività del P.U.O. da stipulare successivamente o contestualmente alla sua approvazione, ivi compresi gli assensi delle Amministrazioni ed Aziende Autonome dello Stato od Enti di gestione, qualora il P.U.O. stesso investa beni appartenenti al rispettivo demanio o patrimonio indisponibile;
f) lo schema di convenzione urbanistica;
g) l'elenco delle particelle catastali ricomprese nel P.U.O.
3. Il P.U.O. contiene lo studio di sostenibilità ambientale di cui all'articolo 11, comma 4.
4. Lo schema di convenzione di cui al comma 2, lettera f), deve prevedere:
a) la cessione o il vincolo ad uso pubblico delle aree necessarie per le opere di urbanizzazione primaria e secondaria ovvero di allacciamento della zona ai pubblici servizi, nonché la loro diretta esecuzione, a scomputo, in tutto o in parte, degli oneri relativi a dette opere determinati ai sensi di legge;
b) i termini per la cessione delle aree per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria;
c) le garanzie finanziarie per l'adempimento degli obblighi derivanti dalla convenzione;
d) gli elementi progettuali delle opere da eseguire, le modalità di controllo sulla loro esecuzione ed i criteri e le modalità per il loro eventuale trasferimento al Comune;
e) le sanzioni per l'inosservanza degli obblighi stabiliti nella convenzione.
5. Il P.U.O. di iniziativa pubblica contiene altresì l'indicazione del termine entro il quale i soggetti interessati sono tenuti a presentare la convenzione di cui al comma 4, da approvare con deliberazione del Comune secondo quanto previsto dallo Statuto e da trascrivere, a cura e spese dei soggetti attuatori, nei registri immobiliari.
6. Il P.U.O. di iniziativa privata deve essere corredato da un atto unilaterale d'obbligo avente i contenuti dello schema di convenzione di cui al comma 4.
Art. 51
Procedimento di formazione del Progetto urbanistico operativo.
1. Il P.U.O. di iniziativa privata o mista può essere redatto anche a cura e spese dei proprietari di immobili, rappresentanti almeno il 75 per cento del rispettivo valore catastale, previo formale invito ai restanti proprietari ad aderire all'iniziativa entro il termine prefissato ed una volta che questo sia infruttuosamente decorso. Ai fini della determinazione della percentuale di cui sopra non si tiene conto della rendita dei fabbricati esistenti nel perimetro del P.U.O. dei quali non sia prevista né richiesta alcuna trasformazione.
2. Il P.U.O., quando non sia approvato in sede di accordo di programma o conferenza di servizi, è adottato con deliberazione del Consiglio comunale la quale, unitamente ai relativi allegati:
a) è inviata alla Provincia per la formulazione di eventuali rilievi di legittimità;
b) è pubblicata per quarantacinque giorni consecutivi a libera visione del pubblico presso la segreteria comunale, previo avviso da affiggere all'albo pretorio e da pubblicare sul B.U. e su un quotidiano a diffusione regionale.
3. Durante il periodo di deposito possono essere presentate opposizioni da parte dei proprietari di immobili compresi nel P.U.O. ed osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse.
4. Nel medesimo periodo decorrente dal ricevimento degli atti, il Presidente della Provincia, sentito il Comitato tecnico urbanistico provinciale, può formulare rilievi di legittimità, con particolare riferimento alla conformità del P.U.O. alle previsioni del P.U.C.
5. Il P.U.O. si intende approvato con la deliberazione, da adottarsi entro i successivi novanta giorni, con la quale:
a) il Consiglio comunale decide sulle osservazioni ed opposizioni pervenute, nonché sui rilievi formulati dalla Provincia;
b) la Giunta comunale prende atto della mancata presentazione di osservazioni od opposizioni e della mancata formulazione di rilievi da parte della Provincia.
6. Le modifiche apportate al P.U.O. in conseguenza dell'accoglimento delle opposizioni o delle osservazioni presentate ovvero dell'adeguamento ai rilievi formulati dalla Provincia, non comportano la necessità di procedere alla ripubblicazione degli atti.
7. Ove con la deliberazione di cui al comma 5, lettera a), il Comune abbia modificato il P.U.O. in accoglimento di opposizioni od osservazioni ovvero lo abbia adeguato ai rilievi formulati in sede provinciale o ne abbia deciso la motivata reiezione, la stessa è trasmessa al Presidente della Provincia il quale nei successivi trenta giorni può annullare il P.U.O. quando, per mancato adeguamento dello stesso ai rilievi provinciali, ne accerti:
1) la non conformità alle previsioni e prescrizioni della vigente disciplina urbanistica;
2) la non riconducibilità a quanto stabilito dall'articolo 53 qualora siano state apportate varianti al P.U.C. a norma di tale disposizione di legge.
8. Il P.U.O. diviene efficace:
a) nel momento in cui sia divenuta esecutiva la deliberazione prevista dal comma 5, lettera b);
b) dopo che sia infruttuosamente decorso il termine stabilito dal comma 7.
9. A salvaguardia delle indicazioni contenute nel P.U.O. fatto obbligo di applicare, a decorrere dalla data della sua adozione, le ordinarie misure previste dalla L. n. 1902 del 1952 e successive modificazioni e integrazioni fino all'entrata in vigore del P.U.O. stesso.
10. Il P.U.O. può essere variato con la procedura di cui ai commi precedenti. Le modifiche alle relative indicazioni, che conseguano a sopravvenute ed urgenti esigenze di carattere finanziario od operativo, sono approvate con deliberazione del Consiglio comunale, senza ulteriori formalità.
Art. 52
Progetti urbanistici operativi ricadenti in zone soggette a vincolo paesaggistico-ambientale.
1. I P.U.O. ricadenti in zone vincolate ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 (protezione delle bellezze naturali) e successive modificazioni e integrazioni sono soggetti ad autorizzazione di massima, che viene rilasciata dalla Provincia in sede di controllo del P.U.O. a norma dell'articolo 51, comma 4, con elevazione del relativo termine a novanta giorni.
2. Decorso infruttuosamente il termine di cui al comma 1, l'autorizzazione di massima si ha per rilasciata.
3. Le funzioni amministrative di rilascio delle autorizzazioni di cui all'articolo 7 della legge 1497 del 1939 e successive modificazioni e integrazioni, nei confronti di tutti gli interventi previsti dal P.U.O. che abbiano riportato l'autorizzazione di massima ai sensi dei commi 1 e 2, sono subdelegate ai Comuni, che le esercitano a norma della legge regionale 18 marzo 1980, n. 15 (subdelega ai Comuni delle funzioni amministrative in materia di bellezze naturali e norme in merito al Monte di Portofino) e successive modificazioni e integrazioni.
Art. 53
Margini di flessibilità dei Progetti urbanistici operativi rispetto al Piano urbanistico comunale.
1. I P.U.O. sono considerati conformi al P.U.C. anche qualora, oltre i margini di flessibilità da esso stabiliti, prevedano, purché in modo motivato:
a) limitate rettifiche delle perimetrazioni;
b) variazioni non superiori al 5 per cento delle quantità complessive previste;
c) modifiche, non superiori al 10 per cento, delle quantità attribuite a ciascuna delle diverse utilizzazioni, nel rispetto del limite di cui alla lettera b);
d) incrementi delle dotazioni di spazi pubblici e di uso pubblico.
2. Il P.U.O. che comporti modifiche di cui al comma 1 deve dimostrare la compatibilità delle modifiche stesse rispetto al P.U.C. ed i miglioramenti conseguiti.
Art. 54
Efficacia del Progetto urbanistico operativo.
1. I P.U.O. sostituiscono gli strumenti urbanistici attuativi e possono avere valore di programmi di edilizia residenziale pubblica a norma della vigente legislazione in materia.
2. Si intendono per strumenti urbanistici attuativi il piano particolareggiato d'iniziativa pubblica o privata, il piano per l'edilizia economica e popolare, il piano per insediamenti produttivi, il piano di recupero.
3. Ad uno stesso P.U.O., con il relativo atto di adozione, possono essere espressamente attribuiti, per determinate parti del territorio considerato, gli effetti propri degli strumenti urbanistici attuativi indicati al comma 2.
4. In caso di P.U.O. di iniziativa pubblica, qualora i soggetti interessati non presentino la convenzione di cui all'articolo 50, comma 4, nel termine stabilito dal P.U.O., il Comune notifica loro l'invito a dichiarare, entro un termine a tal fine fissato, se intendano procedere all'edificazione da soli, qualora siano unici proprietari degli immobili interessati, o riuniti in consorzio.
5. Il consorzio può essere costituito con la partecipazione dei proprietari rappresentanti, in base all'imponibile catastale, almeno il 75 per cento del valore degli immobili da determinarsi nei modi di cui all'articolo 51, comma 1, ultima parte.
I consorzi così costituiti conseguono la piena disponibilità degli immobili dei proprietari non aderenti, anche mediante espropriazione.
6. Quando sia decorso inutilmente il termine fissato nell'atto di notifica di cui al comma 4, il Comune espropria gli immobili compresi nell'ambito e procede alla loro assegnazione mediante una gara fra i proprietari espropriati, sulla base di un prezzo corrispondente alla indennità di espropriazione, aumentata del valore derivante dall'approvazione del P.U.O. L'assegnazione comporta l'obbligo di provvedere ai lavori di edificazione o di trasformazione a norma del piano particolareggiato ed alla stipulazione della relativa convenzione.
7. In caso di diserzione della gara di cui al comma 6, il Comune può procedere all'assegnazione mediante gara aperta a tutti o negli altri modi previsti dalla legge per l'affidamento dei lavori di realizzazione di opere pubbliche, a prezzo non inferiore a quello posto a base della gara fra i proprietari espropriati.
8. In caso di P.U.O. di iniziativa privata i proponenti, ai fini del rispetto degli impegni assunti nei confronti del Comune per la cessione delle aree necessarie alla realizzazione delle opere di urbanizzazione, possono conseguire mediante espropriazione la piena disponibilità degli immobili dei proprietari non aderenti all'iniziativa assunta ai sensi dell'articolo 51, comma 1.
9. L'approvazione del P.U.O. equivale a dichiarazione di pubblica utilità con riferimento alle opere od impianti pubblici in esso previsti nonché agli interventi oggetto di procedura coattiva, ai sensi del presente articolo. A tal fine il P.U.O. stabilisce i termini di inizio e di ultimazione delle espropriazioni e dei relativi lavori, entro il limite massimo di un decennio.
10. Allorché il P.U.O. assuma valore di programma di edilizia residenziale pubblica continuano ad operare, per quanto non in contrasto con la presente legge, le specifiche disposizioni dettate dalla legislazione in materia.
Art. 55
Programma attuativo.
1. Lo sviluppo operativo del P.U.C. può essere gestito dal Comune tramite P.A. che è comunque obbligatorio per i Comuni aventi popolazione superiore a 20.000 abitanti.
2. Il P.A. ha natura di documento programmatico delle azioni di governo locale del territorio e contiene l'esplicitazione delle strategie e delle priorità, nonché la precisazione delle modalità e dei contenuti dell'azione pianificatoria comunale e progettuale degli operatori nel breve e medio periodo.
3. Il P.A. di norma è predisposto all'inizio di ogni mandato amministrativo del governo locale e comunque ha validità pari alla durata in carica di quest'ultimo.
4. Il P.A. approvato con deliberazione del Consiglio comunale da adottarsi, previa effettuazione di ampie consultazioni con la popolazione e le organizzazioni interessate, con le Pubbliche Amministrazioni e gli Enti istituzionalmente competenti alla realizzazione degli impianti, delle attrezzature e delle opere pubbliche o di interesse pubblico, nonché con gli operatori interessati alla trasformazione ed alla riqualificazione urbanistica.
5. Dell'approvazione del P.A. data notizia a cura del Comune mediante avviso affisso all'albo pretorio, pubblicato su un quotidiano a diffusione regionale e divulgato in ogni altra forma opportuna, per assicurarne la più ampia diffusione. Il P.A. è inviato per conoscenza alla Provincia ed alla Regione.
6. Il P.A. è modificabile non più di una volta all'anno e di norma in occasione dell'approvazione del bilancio annuale-pluriennale di previsione, sulla base di accertate e nuove esigenze ed opportunità di interesse generale o di maggiore efficacia operativa.
7. Il P.A. fornisce i principali elementi di motivazione dell'aggiornamento periodico del P.U.C. ai sensi dell'articolo 43.
8. Il P.A. indica:
a) i P.U.O. che devono essere formati entro i termini stabiliti dal P.A., fermo restando che qualora il P.U.C. configuri possibili soluzioni alternative per i distretti di trasformazione, esso motivatamente specifica quella obbligatoria o preferibile;
b) le trasformazioni, nell'ambito dei P.U.O. approvati o da redigere, nonché gli interventi negli ambiti di conservazione e riqualificazione da realizzare obbligatoriamente secondo le priorità temporali stabilite dal P.A. e mediante concessione edilizia convenzionata;
c) gli interventi nei distretti di trasformazione comunque avviabili o realizzabili nell'arco di validità del P.A., con possibilità di apportare limitate rettifiche ai relativi perimetri;
d) le opere di infrastrutturazione, nonché i servizi pubblici e di uso pubblico da realizzare obbligatoriamente nei distretti di trasformazione e negli ambiti di conservazione e riqualificazione entro i termini stabiliti dal P.A., con indicazione delle relative forme di gestione.
9. Ove trasformazioni obbligatorie ai sensi del P.A. siano subordinate all'approvazione di P.U.O., i termini per la formazione di questi ultimi non devono essere superiori ad un anno dalla data di approvazione del P.A.
10. Il P.A., con riferimento agli interventi ed alle opere indicati come obbligatori, fissa i termini per la presentazione delle richieste di concessione edilizia che, di norma, non devono superare i dodici mesi o i diciotto mesi a seconda che si rendano necessari o meno adempimenti preliminari.
11. Il P.A., relativamente agli interventi di urbanizzazione e dotazione di spazi per le funzioni pubbliche e di uso pubblico, da realizzare obbligatoriamente da parte dei soggetti interessati nel periodo di validità del P.A. stesso, specifica i costi relativi, ivi compresi quelli derivanti dalle indennità per le espropriazioni, e le modalità di reperimento delle risorse.
12. Il P.A., ai fini della determinazione degli oneri di urbanizzazione relativi agli interventi nei distretti di trasformazione indicati come obbligatori, ripartisce tra i soggetti attuatori delle trasformazioni gli investimenti pubblici ed i costi posti a carico degli operatori privati.
13. Qualora gli aventi titolo ad effettuare gli interventi che il P.A. indica come obbligatori non compiano gli atti necessari per la formazione del P.U.O., o non presentino le relative richieste di concessione edilizia, o non diano inizio o ultimazione ai lavori entro i termini stabiliti, ove gli immobili interessati non siano già di proprietà pubblica, può trovare applicazione il disposto di cui all'articolo 54, commi 4, 5, 6 e 7.
14. L'approvazione del P.A. costituisce, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 28 della L.R. n. 18 del 1994, sede e strumento di verifica delle compatibilità dei piani e dei programmi di sviluppo dei comuni con il quadro di riferimento del programma regionale di sviluppo e con il conseguente piano degli interventi, anche sotto il profilo economico-finanziario e del conseguimento dei relativi eventuali incentivi.
15. Gli aventi titolo possono realizzare gli interventi previsti dal P.U.C., ancorché non inclusi nel P.A., assumendosi in tal caso gli oneri relativi alla infrastrutturazione delle aree interessate dagli interventi stessi.
TITOLO IV
Pianificazione territoriale di livello comunale
Capo V - Disposizioni comuni
Art. 56
Procedure alternative.
1. Le varianti al P.U.C. ed i P.U.O. possono essere approvati anche mediante ricorso all'accordo di pianificazione secondo quanto previsto dall'articolo 57.
TITOLO V
Procedimenti speciali connessi alla pianificazione territoriale di livello regionale, provinciale e comunale
Art. 57
Accordo di pianificazione.
1. Le specificazioni settoriali o di ambito e le varianti al P.T.R., al P.T.C. provinciale ed al P.U.C. diverse da quelle integrali, nonché i P.U.O. e gli strumenti di programmazione negoziale del territorio previsti dalla vigente legislazione, possono essere approvati anche mediante ricorso ad un accordo di pianificazione, a norma del presente articolo (20).
2. L'accordo di pianificazione è promosso dal rappresentante legale dell'Amministrazione alla quale fa capo l'atto di pianificazione da formare o variare ai sensi del comma 1 ovvero dall'Amministrazione che assume l'iniziativa onde garantire il perseguimento degli obiettivi indicati negli atti programmatori e pianificatori di competenza (21). A tal fine l'Amministrazione promotrice presenta il relativo progetto nel corso di una conferenza alla quale partecipano tutte le Amministrazioni interessate, intendendosi per tali gli Enti, gli Organismi e gli Uffici competenti a pronunciarsi a vario titolo sugli atti suddetti, mediante l'espressione di pareri, intese, nulla-osta o assensi comunque denominati.
3. Il progetto presentato deve contenere gli clementi ed essere costituito dagli elaborati rispettivamente prescritti dalla presente legge con riferimento all'atto di pianificazione da approvare.
4. Ove sul progetto presentato venga espressa da parte delle Amministrazioni partecipanti, per quanto di rispettiva competenza, una preventiva valutazione positiva, si procede come segue:
a) il progetto è sottoposto all'adozione da parte del competente organo dell'Amministrazione promotrice e la relativa deliberazione, corredata dei rispettivi allegati, è depositata a cura dei Comuni interessati all'albo pretorio per un periodo di trenta giorni decorrente dalla data di pubblicazione del relativo avviso sul B.U. e su almeno un quotidiano a maggior diffusione regionale e locale (22);
b) durante il periodo di cui alla lettera a), chiunque può prendere visione del progetto e presentare osservazioni;
c) decorso il periodo di cui alla lettera a), viene convocata una conferenza tra le Amministrazioni interessate per la valutazione, anche alla luce delle osservazioni pervenute, del progetto definitivo e per la conseguente conclusione dell'accordo;
d) l'accordo è concluso mediante sottoscrizione da parte del legale rappresentante di tutte le Amministrazioni partecipanti, a ciò autorizzato dal rispettivo organo competente (23);
e) l'accordo concluso a norma della lettera d), unitamente all'atto di pianificazione con esso approvato, è sottoposto a cura dell'Amministrazione promotrice alle rispettive forme di pubblicità previste dalla presente legge con riferimento all'atto stesso.
5. Nei confronti del progetto adottato a norma del comma 4, lettera a), operano le misure di salvaguardia di cui all'articolo 13, comma 5, all'articolo 21, comma 4, e all'articolo 42.
6. Qualora con un accordo di pianificazione si intenda procedere alla variazione, ai sensi della presente legge, di atti di diverso livello, la relativa iniziativa può essere assunta da ciascuna delle Amministrazioni interessate. In tal caso il progetto adottato, a norma del comma 4, lettera a), dall'organo competente di tutte le Amministrazioni cui fanno capo gli atti da variare.
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(20) Comma così modificato dall'art. 2, comma 1, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
(21) Periodo così modificato dall'art. 2, comma 2, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
(22) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 3, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
(23) Lettera così modificata dall'art. 2, comma 4, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
Art. 58
Accordo di programma.
1. Qualora per l'attuazione dei piani territoriali di livello regionale, provinciale e comunale ovvero di altri piani e programmi di iniziativa pubblica si promuova, anche a seguito di istanza di un soggetto privato, la stipulazione di un accordo di programma ai sensi dell'articolo 34 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali), trovano applicazione le disposizioni di cui al presente articolo (24).
2. L'accordo di programma può riguardare anche esclusivamente opere od interventi di natura privata purché il ricorso a tale procedimento sia individuato e definito nei piani e nei programmi di cui al comma 1, anche soltanto adottati, ovvero l'interesse pubblico dell'iniziativa sia comunque certificato, da parte dell'Amministrazione promotrice, all'atto di promozione dell'accordo di programma ai sensi del comma 5 (25).
3. Al di fuori delle ipotesi di cui al comma 2, può farsi ricorso all'accordo di programma per opere od interventi di natura privata ove gli stessi non costituiscano l'oggetto principale dell'accordo stesso (26).
4. L'accordo di programma deve prevedere i requisiti di fattibilità giuridica, tecnica ed economico-finanziaria per la realizzazione delle opere o degli interventi oggetto dell'accordo.
5. L'Amministrazione che promuove un accordo di programma deve acquisire l'assenso dell'organo competente in relazione al contenuto dell'accordo prima dell'effettuazione della conferenza referente. Le Amministrazioni che partecipano al suddetto accordo devono acquisire l'assenso del rispettivo organo competente prima dell'effettuazione della conferenza deliberante (27).
6. Con l'accordo di programma possono anche essere approvati:
a) PUO;
b) varianti al PTR, anche nelle sue specificazioni settoriali o di àmbito;
c) varianti al PTC provinciale;
d) varianti al PUC (28).
7. Qualora l'accordo di programma comporti gli effetti urbanistico-territoriali di cui al comma 6:
a) gli atti presentati nel corso della seduta della conferenza referente unitamente al relativo verbale sono depositati, a cura dei Comuni interessati, a libera visione del pubblico per trenta giorni consecutivi, previo avviso affisso all'albo pretorio e divulgato con ogni altro mezzo ritenuto idoneo, ai fini della eventuale presentazione, entro lo stesso periodo, di osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse;
b) le osservazioni vengono presentate al Comune interessato il quale le istruisce e, previa deliberazione del Consiglio comunale, le rimette all'Ente promotore per la sottoposizione delle stesse alla decisione della conferenza in sede deliberante;
c) la sottoscrizione dell'accordo da parte del Presidente della Regione, del Presidente della Provincia e del Sindaco è preceduta dall'assenso dei rispettivi organi competenti;
d) l'assenso comunale di cui alla lettera c) assorbe la deliberazione prevista dalla lettera b);
e) la sottoscrizione dell'accordo comprende tutti gli assensi, nulla-osta, autorizzazioni, concessioni e pareri di natura urbanistica, paesistica, ambientale cui siano sottoposte le opere oggetto dell'accordo. A tal fine, in sede di conferenza deliberante, i rappresentanti delle Amministrazioni competenti devono disporre degli atti formali necessari assunti nel rispetto dei termini concordati per la conclusione dell'Accordo stesso;
f) dell'avvenuta conclusione dell'accordo di programma è data notizia mediante avviso recante l'indicazione della sede di deposito degli atti di pianificazione con esso approvati, da pubblicarsi nel Bollettino Ufficiale della Regione e da divulgarsi con ogni altro mezzo ritenuto idoneo a cura dell'Amministrazione promotrice (29).
8. Non può considerarsi per implicitamente acquisito il consenso di un'Amministrazione interessata che non abbia partecipato all'accordo benché regolarmente invitata, fermo restando l'esercizio dei poteri sostitutivi previsti dalla legge in caso di mancata partecipazione alla conferenza senza giustificato motivo.
9. [Le disposizioni di cui ai commi 6 e 7 si applicano anche quando l'accordo di programma sia volto ad attuare interventi previsti da piani soltanto adottati, come stabilito dal comma 2, lettera a)] (30).
10. Nel caso di cui al comma 2 il soggetto privato interessato aderisce all'accordo ai soli fini dell'assunzione delle debite obbligazioni per la sua attuazione.
11. Per quanto non previsto dal presente articolo e dall'articolo 60 si applicano le disposizioni ai sensi dell'art. 34 del D.Lgs. n. 267/2000, nonché quelle contenute in altre leggi che prevedano il ricorso all'accordo di programma (31).
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(24) Comma così modificato dall'art. 3, comma 1, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
(25) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 2, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «2. L'accordo di programma può riguardare anche opere od interventi di iniziativa privata purché gli stessi:
a) siano individuati e definiti nei piani di cui al comma 1, anche soltanto adottati se di livello sovracomunale, o adottati in forma di progetto definitivo se di livello comunale, o da specifici piani o programmi approvati secondo le procedure stabilite dalla L.R. n. 18 del 1994 e, in particolare, dal relativo articolo 30;
b) non costituiscano oggetto principale dell'accordo.».
(26) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 2, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «3. La limitazione di cui al comma 2, lettera b), non opera laddove l'accordo di programma sia espressamente e motivatamente previsto dai piani indicati al comma 1.».
(27) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 3, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «5. Le Amministrazioni che intendano promuovere o partecipare ad un accordo di programma devono assicurare che i propri rappresentanti partecipino alla conferenza, a cominciare da quella iniziale, muniti di apposito preventivo assenso dei rispettivi organi competenti in relazione al contenuto dell'accordo.».
(28) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 4, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «6. Con l'accordo di programma possono essere anche apportate:
a) varianti al P.T.R. anche nelle sue specificazioni settoriali o di ambito che si rendano necessarie od opportune per adeguare o implementare i piani stessi in conseguenza dei maggiori approfondimenti progettuali, oltre i margini di flessibilità stabiliti dai piani medesimi;
b) varianti al P.T.C. provinciale;
c) varianti al P.U.C. nei limiti stabiliti dagli articoli 43 e 44 ovvero dall'articolo 53 allorché l'accordo di programma assuma valore di P.U.O.».
(29) Comma così sostituito dall'art. 3, comma 5, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «7. Qualora l'accordo di programma comporti le varianti di cui al comma 6:
a) deve essere dimostrata la coerenza del relativo progetto con le finalità proprie dei singoli piani che si intendano variare, fermo restando l'obbligo, in caso di accertata incompatibilità ed incongruenza, di specificare i provvedimenti parziali o generali da adottare a salvaguardia delle previsioni di ciascun piano fino alla sua revisione, in modo da assicurare la necessaria ricomposizione dell'assetto territoriale della zona interessata all'accordo di programma;
b) gli atti presentati nel corso della prima seduta della conferenza unitamente al relativo verbale sono depositati, a cura dei comuni interessati, a libera visione del pubblico per quarantacinque giorni consecutivi, previo avviso affisso all'albo pretorio e divulgato con ogni altro mezzo ritenuto idoneo, ai fini della eventuale presentazione, entro lo stesso periodo, di osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse;
c) le osservazioni vengono presentate al Comune interessato il quale, entro quindici giorni, le istruisce per quanto di competenza e le rimette all'Ente promotore per la sottoposizione delle stesse alla decisione della conferenza in sede deliberante;
d) prima di procedere alla conclusione dell'accordo il Presidente della Regione e il Presidente della Provincia acquisiscono il parere dei rispettivi organi tecnici consultivi;
e) la sottoscrizione dell'accordo da parte del Presidente della Regione, del Presidente della Provincia e del Sindaco è preceduta dall'assenso dei rispettivi Consigli con esclusivo riferimento alle varianti al P.T.R., al P.T.C. provinciale e al P.U.C. ivi previste;
f) dell'avvenuta conclusione dell'accordo di programma è data notizia mediante avviso recante l'indicazione della sede di deposito degli atti di pianificazione con esso approvati da pubblicarsi sul B.U. e da divulgarsi con ogni altro mezzo ritenuto idoneo a cura dell'Amministrazione promotrice.».
(30) Comma soppresso dall'art. 3, comma 6, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
(31) Comma così modificato dall'art. 3, comma 7, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
Art. 59
Conferenze di servizi.
1. Il procedimento semplificato di cui agli articoli 14, 14-bis e 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241 (nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e successive modificazioni e integrazioni è applicabile, anche a seguito di istanza di un soggetto privato, per l'approvazione di progetti di opere e di interventi che comportino adeguamenti al PUC di cui all'articolo 43, comma 1, o varianti allo stesso di cui all'articolo 44, ovvero modifiche a tale piano non ancora approvato (32).
'1-bis. Il procedimento di conferenza di servizi di cui al comma 1 può trovare applicazione per l'approvazione di PUO prescritti dal PUC, anche comportanti le varianti al PUC di cui al medesimo comma 1 (33).
1-ter. Nei casi previsti nei commi 1 e 1-bis possono essere proposte anche varianti al vigente PTCP (34).
2. Nel caso in cui la conferenza di servizi di cui al comma 1 sia indetta per l'approvazione di progetti in variante al PUC o al PTCP ovvero per l'approvazione di PUO:
a) l'indizione della conferenza deve essere preceduta dal preventivo assenso dell'organo competente in relazione all'oggetto della conferenza stessa;
b) la deliberazione di cui alla lettera a) e gli atti presentati nel corso della conferenza di servizi in seduta referente, sono depositati a cura del Comune interessato a libera visione del pubblico per un periodo di tempo stabilito dal Comune stesso tra quindici e trenta giorni consecutivi, previo avviso affisso all'albo pretorio e divulgato con ogni altro mezzo ritenuto idoneo ai fini dell'eventuale presentazione, nello stesso periodo, di osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse;
c) le osservazioni vengono presentate al Comune interessato il quale le istruisce e, previa deliberazione del Consiglio comunale, le rimette all'Amministrazione che ha indetto la conferenza per la loro sottoposizione alla decisione della conferenza medesima in seduta deliberante;
d) la conferenza in sede deliberante è convocata entro il termine all'uopo stabilito nella conferenza referente e comunque non oltre il termine di novanta giorni decorrenti dalla data di svolgimento di detta seduta;
e) l'Amministrazione indicente nel caso in cui il progetto da approvarsi risulti sostanzialmente modificato rispetto a quello presentato nella conferenza referente, deve acquisire, prima della conferenza deliberante, l'assenso dell'organo competente;
f) l'assenso comunale di cui alla lettera e) può assorbire anche la deliberazione prevista dalla lettera c);
g) ove il progetto nel corso della concertazione venga sostanzialmente modificato, rispetto a quello presentato nella conferenza referente, per esigenze di tutela della salute, dell'incolumità pubblica, del paesaggio e dell'ambiente, l'Amministrazione indicente non è tenuta a riacquisire, prima della conferenza deliberante, l'assenso dell'organo competente;
h) le Amministrazioni che partecipano ad una conferenza di servizi devono assicurare che i propri rappresentanti intervengano alla seduta della conferenza deliberante muniti di preventivo assenso dei rispettivi organi competenti sul progetto da approvarsi (35).
3. Le determinazioni assunte dalla conferenza in sede deliberante comprendono tutti gli assensi, nulla-osta, autorizzazioni, concessioni e pareri di natura urbanistica, paesistica, ambientale cui siano sottoposte le opere oggetto dell'accordo. In sede di conferenza deliberante, i rappresentanti delle Amministrazioni competenti devono disporre degli atti formali necessari, assunti nel rispetto dei termini concordati per la conclusione della conferenza stessa (36).
4. Delle determinazioni conclusive assunte dalla conferenza di servizi è data notizia mediante avviso recante l'indicazione della sede di deposito degli atti di pianificazione approvati, da pubblicarsi sul B.U. e da divulgarsi con ogni altro mezzo ritenuto idoneo a cura dell'Amministrazione che ha indetto la conferenza.
5. Per quanto non previsto dal presente articolo e dall'articolo 60 si applicano le disposizioni di cui agli articoli 14, 14-bis e 14-ter della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni.
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(32) Comma così sostituito dall'art. 4, comma 1, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «1. Il procedimento semplificato di cui all'articolo 14 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e successive modificazioni e integrazioni è applicabile anche per l'approvazione di progetti di opere e di interventi che, nel rispetto dei piani territoriali regionali e provinciali:
a) comportino modifiche al P.U.C. nei limiti di cui all'articolo 43;
b) si configurino come P.U.O. prescritto dal P.U.C. anche in variante ad esso nei margini di flessibilità consentiti dall'articolo 53.».
(33) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 2, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
(34) Comma aggiunto dall'art. 4, comma 2, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
(35) Comma così sostituito dall'art. 4, comma 3, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «2. Qualora l'approvazione dei progetti da parte della conferenza di servizi a norma del comma 1 comporti variante al P.U.C. o sostituisca il P.U.O. da questo eventualmente prescritto:
a) l'atto di impulso dell'autorità procedente deve essere adeguatamente circostanziato e motivato sulle ragioni di convenienza e di urgenza per il ricorso al procedimento semplificato di cui al presente articolo;
b) se ne deve dare esplicitamente atto nella prima seduta della conferenza anche agli effetti di quanto disposto nelle lettere c) e d);
c) la relativa pronuncia dell'Amministrazione comunale deve essere preceduta da conforme deliberazione del Consiglio comunale;
d) la deliberazione consiliare di cui alla lettera c), unitamente agli atti presentati nel corso della prima seduta della conferenza di servizi, è depositata a cura del Comune interessato a libera visione del pubblico per un periodo di tempo stabilito dal Comune stesso tra quindici e trenta giorni consecutivi, previo avviso affisso all'albo pretorio e divulgato con ogni altro mezzo ritenuto idoneo ai fini dell'eventuale presentazione nello stesso periodo di osservazioni da parte di chiunque vi abbia interesse;
e) le osservazioni vengono presentate al Comune interessato il quale, entro quindici giorni, le istruisce per quanto di competenza e le rimette all'Amministrazione che ha indetto la conferenza per la loro sottoposizione alla decisione della conferenza medesima in seduta deliberante da convocare comunque non oltre il termine di novanta giorni decorrenti dalla data della prima seduta della conferenza.».
(36) Comma così sostituito dall'art. 4, comma 4, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «3. Le deliberazioni adottate sostituiscono a tutti gli effetti gli atti dei rispettivi procedimenti ordinari, fermo restando che qualora esse comportino sostanziali modifiche al progetto sul quale si è già pronunciato il Consiglio comunale ai sensi del comma 2, lettera c), e non sia stato preventivamente acquisito il suo assenso, la loro efficacia è subordinata alla ratifica da parte di tale organo, da adottarsi entro trenta giorni dalla data di assunzione delle deliberazioni stesse.».
Art. 60
Disposizioni comuni all'accordo di programma e alla conferenza di servizi.
1. In sede di conferenza deliberante approvativa dei progetti a norma degli articoli 57, 58 e 59, è dichiarata, ove occorra e ne sussistano i presupposti e le condizioni, la pubblica utilità nonché la indifferibilità ed urgenza delle relative opere in conformità alle leggi vigenti in materia (37).
2. In tale sede vengono fissati i termini per l'avvio e il completamento delle procedure espropriative allorché l'atto d'approvazione comporti dichiarazione di pubblica utilità e, in ogni caso, i termini per l'inizio e l'ultimazione dei lavori secondo i criteri rapportati all'entità delle opere e all'esigenza della loro celere realizzazione, fermo restando il termine massimo di un anno per l'inizio dei lavori (38).
3. La mancata osservanza del termine fissato per l'inizio dei lavori a norma del comma 2, comporta la decadenza dell'atto di approvazione del relativo progetto.
4. I termini di inizio e di ultimazione dei lavori, relativi alle opere o interventi approvati a norma degli articoli 58 e 59, decorrono dalla comunicazione al soggetto interessato della determinazione assunta in sede di accordo di programma o di conferenza di servizi.
5. In sede di approvazione dei progetti a norma della presente legge può essere demandata al Comune la concessione di eventuali proroghe ai sensi dell'articolo 4, quarto comma, ultima parte, della legge n. 10 del 1977 per l'ultimazione delle opere, nonché per l'approvazione di varianti non essenziali al progetto stesso da individuarsi in tale sede.
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(37) Comma così sostituito dall'art. 5, comma 1, L.R. 3 maggio 2002, n. 19, Il testo originario era così formulato: «1. In sede di approvazione dei progetti a norma degli articoli 58 e 59 è dichiarata, ove occorra e ne sussistano i presupposti e le condizioni, la pubblica utilità nonché la indifferibilità ed urgenza delle relative opere in conformità alle leggi vigenti in materia.».
(38) Comma così modificato dall'art. 5, comma 2, L.R. 3 maggio 2002, n. 19.
Art. 61
Intese ai sensi dell'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 e successive modificazioni.
1. Ove, in sede di raggiungimento delle intese di cui all'articolo 81, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616 come modificato dal decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 383 e dall'articolo 14-ter della legge n. 241 del 1990 e successive modificazioni, si renda necessario approvare varianti al P.T.R. o al P.T.C. provinciale, operano le disposizioni di cui all'articolo 58 in quanto applicabili.
2. Alle intese di cui al comma 1 partecipa anche la Provincia interessata.
TITOLO VI
Disposizioni finali e transitorie
Capo I - Disposizioni finali
Art. 62
Comitato tecnico misto per l'esame degli atti di pianificazione territoriale (39).
1. Fino alla costituzione di un unico Comitato tecnico regionale a carattere consultivo, è istituito un Comitato tecnico misto ai fini della valutazione in sede istruttoria del P.T.R. e, per quanto di competenza della Regione, dei P.T.C. provinciali, dei P.U.C. nel caso previsto dall'articolo 39, comma 5, nonché di ogni altro atto di pianificazione che, per le sue implicazioni interdisciplinari, il Presidente del Comitato stesso ritenga di sottoporre al parere di tale organo.
2. Detto Comitato è composto da:
a) l'Assessore all'Urbanistica, con funzioni di Presidente;
b) i dirigenti generali preposti ai Dipartimenti e alle Direzioni centrali a vario titolo interessati, assistiti dai dirigenti delle rispettive strutture da essi designati;
c) il dirigente della struttura competente in materia di pianificazione territoriale;
d) quattro membri del Comitato tecnico urbanistico previsto dalla legge regionale 24 marzo 1983, n. 9 (composizione, competenze e funzionamento del Comitato tecnico urbanistico) e successive modificazioni, designati dal Presidente del Comitato stesso tra gli esperti di cui all'articolo 3, comma 1, lettere e) e f), di tale legge;
e) due membri del Comitato tecnico regionale previsto dall'articolo 8 della legge regionale 20 aprile 1994, n. 22 (disciplina della valutazione di impatto ambientale), designati dal Presidente del Comitato stesso tra gli esperti di cui al comma 3, lettera c), del medesimo articolo;
f) due membri del Comitato tecnico regionale dell'Autorità di bacino, previsto dall'articolo 9 della L.R. n. 9 del 1993 e successive modificazioni ed integrazioni, designati dal Presidente del Comitato stesso tra gli esperti di cui al comma 4, lettera d), del medesimo articolo;
g) due membri del Comitato tecnico per l'ambiente, previsto dall'articolo 6 della legge regionale 24 marzo 1980, n. 20 (norme a tutela dell'ambiente dagli inquinamenti) e successive modificazioni, designati dal Presidente del Comitato stesso tra gli esperti di cui al comma 1, lettere da m) ad an), del medesimo articolo;
h) il Soprintendente ai Beni ambientali ed architettonici della Liguria o suo delegato.
3. Il Comitato è costituito con decreto del Presidente della Giunta regionale con il quale sono individuati anche i dirigenti generali di cui al comma 2, lettera b), il Vice Presidente del Comitato scelto fra di essi, nonché il segretario ed i relatori scelti tra i dipendenti, di livello non inferiore alla VII qualifica funzionale, delle strutture competenti in materia di pianificazione territoriale, di urbanistica e di valutazione di impatto ambientale.
4. I pareri sono espressi a maggioranza dei presenti e, in caso di parità, prevale il voto del Presidente.
5. Ai componenti del Comitato di cui alle lettere d), e), f) e g) del comma 2, per la partecipazione alle riunioni ed ai sopralluoghi del Comitato spettano i compensi ed i trattamenti stabiliti dalla legge regionale 4 giugno 1996, n. 25 (nuova disciplina dei compensi ai componenti di collegi, commissioni e comitati operanti presso la Regione. Modifiche alla legge regionale 28 giugno 1994, n. 28 e alla legge regionale 5 aprile 1995, n. 20). A questi effetti il Comitato è incluso nell'elenco di cui alla relativa tabella C.
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(39) Il Comitato tecnico misto, è stato soppresso dall'art. 6, comma 1, lettera a), L.R. 6 aprile 1999, n. 11; i relativi compiti sono stati affidati al Comitato tecnico regionale per il territorio, istituito con l'art. 1 della stessa legge.
Art. 63
Comitati tecnici urbanistici provinciali. Sostituzione dell'articolo 10 della legge regionale 6 aprile 1987, n. 7.
1.[ ...] (40).
2. Il Comitato urbanistico provinciale è ricostituito entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge e, in prima applicazione della stessa, dura in carica fino al rinnovo degli organi provinciali che hanno provveduto alla sua ricostituzione.
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(40) Comma abrogato per effetto della lettera a) del comma 2 dell'art. 89, L.R. 6 giugno 2008, n. 16, la quale ha disposto l'abrogazione della L.R. 6 aprile 1987, n. 7, unitamente alle sue successive modificazioni ed integrazioni (ivi compresa quindi quela apportata dal presente comma, riguardante la sostituzione dell'art. 10 della suddetta L.R. n. 7/1987).
Art. 64
Modifica degli articoli 4 e 5 della L. R. 13 settembre 1994, n. 52.
1. ... (41).
2. ... (42).
3. ... (43).
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(41) Sostituisce l'art. 4, L.R. 13 settembre 1994, n. 52.
(42) Sostituisce i commi 1, 2 e 3 dell'art. 5, L.R. 13 settembre 1994, n. 52.
(43) Sostituisce la lettera b) del comma 4 dell'art. 5, L.R. 13 settembre 1994, n. 52.
Art. 65
Sistema informativo regionale della pianificazione territoriale.
1. La Regione, nell'ambito delle proprie responsabilità e competenze, provvede alla formazione e gestione del sistema informativo regionale della pianificazione territoriale, che costituisce riferimento fondamentale per la pianificazione territoriale di cui alla presente legge.
2. Attraverso tale sistema sono organizzate le conoscenze necessarie al governo del territorio, relativamente ai caratteri fisici, paesistici, ambientali, insediativi ed infrastrutturali dei siti, ai processi socio - economici, agli atti della pianificazione ed ai vincoli territoriali nelle loro dimensioni storiche ed attuali.
3. Il sistema informativo regionale della pianificazione territoriale provvede a:
a) l'individuazione, la raccolta e l'aggiornamento sistematico di dati e informazioni di fonte locale (regionale, provinciale e comunale);
b) il raccordo e l'eventuale acquisizione di dati ed informazioni organizzati e sistematicamente aggiornati prodotti anche da altri enti pubblici o istituzionalmente competenti;
c) la raccolta degli atti di pianificazione;
d) le carte tecniche e tematiche;
e) la georeferenziazione delle conoscenze e dei dati di interesse territoriale, nonché degli atti di pianificazione;
f) la diffusione della conoscenza.
4. Le province e i comuni si dotano, nell'ambito delle proprie responsabilità e competenze, di propri sistemi informativi territoriali.
5. La Regione definisce le forme più opportune di intesa tra gli Enti locali mediante la stipula di convenzioni tecniche ed economiche per lo scambio e l'integrazione delle informazioni.
6. La Regione, le province ed i comuni interessati, d'intesa tra loro, utilizzano la rete di collegamento telematico regionale per consentire lo scambio in tempo reale delle informazioni relative ai rispettivi atti di pianificazione del territorio.
7. Le convenzioni di cui al comma 5 possono essere estese a qualunque soggetto che disponga di informazioni utili e/o sia interessato alla loro acquisizione.
8. L'accesso alle informazioni è aperto a tutti nell'ambito di quanto disposto dalla normativa regionale e nel rispetto delle leggi sulla riservatezza dei dati di interesse militare.
Art. 66
Città metropolitana.
1. Nell'area della città metropolitana, come delimitata ai sensi della legge regionale 22 luglio 1991, n. 12 (delimitazione dell'area metropolitana genovese in attuazione dell'articolo 17, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142), le funzioni attribuite dalla presente legge alla Provincia competono all'Autorità metropolitana, una volta costituita.
2. Il Piano territoriale di coordinamento della città metropolitana indica per quali comuni esso può assumere anche il valore di P.U.C.
Art. 67
Disposizioni finanziarie.
1. Per l'esercizio delle funzioni attribuite alle province dalla presente legge viene stanziata annualmente una somma, da ripartirsi fra le relative Amministrazioni, con deliberazione della Giunta regionale secondo i seguenti criteri:
a) cinquanta per cento in proporzione al numero dei comuni facenti parte della Provincia:
b) trenta per cento in proporzione alla superficie del rispettivo territorio;
c) venti per cento in proporzione alla popolazione censita con riferimento al rispettivo territorio.
2. Agli oneri derivanti dal disposto di cui al comma 1 si provvede mediante le seguenti variazioni allo stato di previsione della spesa del bilancio per l'anno finanziario 1997:
a) riduzione di lire 250.000.000 in termini di competenza e di cassa del capitolo 0597 «Fondo per l'esercizio delle funzioni amministrative delegate alle province in materia di controllo dell'attività urbanistico - edilizia»;
b) riduzione di lire 250.000.000 in termini di competenza e di cassa del capitolo 9570 «Fondo di riserva per spese obbligatorie e d'ordine»;
c) istituzione del capitolo 0598 «Fondo per l'esercizio delle funzioni attribuite alle Province in materia di pianificazione territoriale e di urbanistica» con lo stanziamento di lire 500.000.000 in termini di competenza e di cassa.
3. Agli oneri derivanti dal disposto di cui all'articolo 87, commi 1 e 2, si provvede mediante prelevamento di lire 188.000.000 in termini di competenza e di cassa dal capitolo 9520 «Fondo occorrente per far fronte ad oneri dipendenti da provvedimenti legislativi in corso concernenti spese correnti per ulteriori programmi di sviluppo» dello stato di previsione della spesa di bilancio per l'anno finanziario 1997 ed istituzione nel medesimo stato di previsione del capitolo 1020 «Fondo da trasferire alle province per la concessione dei contributi ai comuni per la formazione degli strumenti urbanistici generali e dei piani particolareggiati di risanamento conservativo dei centri storici», con lo stanziamento di lire 188.000.000 in termini di competenza e di cassa.
4. Per il finanziamento delle funzioni di competenza regionale relative alla concessione dei contributi ai sensi dell'articolo 87, comma 4, continuano ad essere utilizzati i capitoli 1000 e 1005 dello stato di previsione della spesa, fino all'esaurimento della loro funzione.
5. Agli oneri per gli esercizi successivi si provvede con legge di bilancio.
TITOLO VI
Disposizioni finali e transitorie
Capo II - Disposizioni transitorie
Sezione I - Disposizioni relative al piano territoriale di coordinamento paesistico
Art. 68
Validità del Piano territoriale di coordinamento paesistico.
1. Fino a quando il P.T.R. non assuma, ai sensi dell'articolo 13, comma 4, il valore di piano urbanistico territoriale, di cui all'articolo 1-bis del decreto legge n. 312 del 1985, convertito dalla legge n. 431 del 1985, si applica il P.T.C.P. approvato con deliberazione del Consiglio regionale 26 febbraio 1990, n. 6 e successive modificazioni, ivi comprese quelle da approvarsi a norma della presente Sezione.
Artt. 69-73
Varianti al Piano territoriale di coordinamento paesistico.
1. Il PTCP, per motivate ragioni, può essere variato su iniziativa della Regione, o su proposta delle Province o dei Comuni, in sede di approvazione di piani urbanistici o territoriali, o di progetti, o in sede di stipula di accordi di programma o di intese, ovvero nell'àmbito di conferenze di servizi di cui alla legge regionale 24 marzo 1999, n. 9 e successive modifiche, di rispettiva competenza.
2. L'approvazione delle varianti al PTCP è riservata alla Regione ed è soggetta alle procedure stabilite dalla presente legge con riferimento al rispettivo atto di pianificazione od al procedimento concertativo in cui sono previste. L'approvazione di tali varianti è preceduta dalla acquisizione del nulla-osta del Consiglio regionale, ove le medesime varianti non siano di mera precisazione di confini e riguardino aree assoggettate ai seguenti regimi normativi del livello locale:
a) di trasformazione, relativamente a tutti gli assetti;
b) di conservazione, relativamente a tutti gli assetti;
c) di mantenimento, limitatamente alle aree non insediate di cui si proponga il passaggio al regime normativo di trasformabilità dell'assetto insediativo.
3. Il Consiglio regionale rilascia il nulla-osta entro trenta giorni dal ricevimento degli atti da parte della Giunta regionale.
4. Nelle procedure per l'approvazione delle varianti di cui ai precedenti commi sono coinvolti soltanto gli enti territorialmente interessasti.
5. La Regione nel rendere le proprie valutazioni può disporre che gli interventi in attuazione delle previsioni oggetto delle varianti al PTCP di cui sopra, nonché gli interventi che comportino rilevanti trasformazioni in aree sottoposte a vincolo paesistico-ambientale, siano sottoposti ad obbligo di approvazione regionale, comprensiva del rilascio dell'autorizzazione paesistico-ambientale (44).
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(44) L'attuale art. 69 così sostituisce gli originari articoli 69, 70, 71, 72 e 73 per effetto dell'art. 6, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo degli articoli sostituiti era il seguente: «Art. 69. Varianti al Piano territoriale di coordinamento paesistico. 1. Il P.T.C.P., per motivate ragioni che determinino la necessità o la convenienza di migliorarlo, può essere variato in sede di approvazione:
a) di progetti di nuove grandi infrastrutture di interesse statale;
b) di piani territoriali di coordinamento previsti dalla legge regionale 22 agosto 1984, n. 39 (disciplina dei piani territoriali di coordinamento), nonché di altri piani, programmi e opere previsti da leggi speciali;
c) di P.T.C. delle province, con esclusione di varianti spazialmente riduttive e/o sostitutive delle indicazioni di conservazione relative a tutti gli assetti del livello locale del P.T.C.P.;
d) dei P.U.C., con esclusione delle varianti di cui alla lettera c) nonché di varianti spazialmente riduttive o sostitutive delle seguenti indicazioni del livello locale del P.T.C.P.:
1) di mantenimento relative:
1.1) all'assetto insediativo, limitatamente ai complessi definiti come valori d'immagine ed ai nuclei isolati;
1.2) all'assetto geomorfologico;
1.3) all'assetto vegetazionale;
2) di trasformazione relative a tutti gli assetti.
2. Le varianti al P.T.C.P. che non possono essere apportate in sede di approvazione dei piani, di cui alle lettere c) e d) del comma 1, possono essere introdotte ai sensi dell'articolo 70, comma 2, su motivata richiesta degli Enti locali interessati.
Art. 70.
Varianti al Piano territoriale di coordinamento paesistico di iniziativa regionale.
1. Salvo il disposto di cui all'articolo 73, le varianti previste dall'articolo 69, comma 1, lettere a) e b), sono assoggettate alle procedure stabilite dagli articoli 14 e 15:
a) con l'esclusione della fase relativa allo schema preliminare;
b) con l'obbligo di coinvolgere soltanto gli Enti territorialmente interessati ove la variante non riguardi la totalità del territorio regionale;
c) senza gli adempimenti prescritti dagli articoli 14 e 15, ove si tratti di varianti apportate in sede di approvazione di piani o programmi od opere previsti da leggi speciali che già li contemplino;
d) con la sostituzione del Comitato tecnico urbanistico nell'espressione del parere previsto dall'articolo 14, comma 4.
2. La procedura di cui al comma 1 si applica anche per l'approvazione di varianti al P.T.C.P. che la Regione ritenga necessario od opportuno apportare a norma dell'articolo 69, comma 2, ed in ogni altro caso diverso da quelli previsti dal medesimo articolo.
Art. 71.
Varianti al Piano territoriale di coordinamento paesistico di iniziativa provinciale.
1. Nel caso previsto dall'articolo 69, comma 1, lettera c), il P.T.C. provinciale contiene gli elementi, anche di definizione del livello puntuale, atti a giustificare la variante al P.T.C.P. e la sua approvazione è subordinata alla preventiva acquisizione di apposito nulla-osta da rilasciarsi da parte della Regione.
2. A tal fine la Giunta regionale, sentito il Comitato tecnico urbanistico, formula la propria proposta entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta ed il Consiglio regionale si pronuncia definitivamente nei successivi sessanta giorni, decorsi infruttuosamente i quali si procede d'ufficio alla sua iscrizione al relativo ordine del giorno.
Art. 72.
Varianti al Piano territoriale di coordinamento paesistico di iniziativa comunale.
1. Nel caso previsto dall'articolo 69, comma 1, lettera d), la variante al P.T.C.P. è approvata secondo la procedura stabilita nel presente articolo.
2. Il Comune, prima di procedere all'approvazione del progetto definitivo del P.U.C. che comporti varianti al P.T.C.P. di cui al comma 1, è tenuto ad acquisire apposito nulla-osta regionale sempreché la Giunta regionale nell'espressione del parere sul progetto preliminare ai sensi dell'articolo 39 non si sia già pronunciata in senso negativo.
3. A tal fine il Comune trasmette alla Regione gli atti di piano contenenti gli elementi anche di definizione del livello puntuale, idonei a giustificare la variante al P.T.C.P.
4. Il nulla-osta di cui al comma 2 è rilasciato mediante deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta e sentito il Comitato tecnico urbanistico. A tal fine la Giunta formula la propria proposta entro sessanta giorni dal ricevimento degli atti ed il Consiglio si pronuncia definitivamente nel termine dei successivi sessanta giorni, decorso infruttuosamente il quale si procede d'ufficio all'iscrizione all'ordine del giorno del Consiglio. Con riferimento ai Comuni con popolazione superiore a 20.000 abitanti, i termini per il rilascio del nulla-osta sono raddoppiati.
Art. 73.
Varianti apportate al Piano territoriale di coordinamento paesistico in sede di approvazione di accordi di programma o di intese Stato-Regione
1. Con l'accordo di programma di cui all'articolo 58 ovvero con le intese Stato-Regione per la localizzazione di opere di interesse statale di cui all'articolo 61 possono essere apportate varianti alle indicazioni di P.T.C.P. che non siano inerenti al regime:
a) di conservazione relative a tutti gli assetti;
b) di mantenimento relative:
1) all'assetto insediativo limitatamente a complessi definiti come valori di immagine ed ai nuclei isolati;
2) all'assetto geomorfologico;
3) all'assetto vegetazionale.
2. Le limitazioni di cui al comma 1 non operano nei confronti di accordi di programma o di intese Stato-Regione volti alla localizzazione di nuove grandi infrastrutture.
3. Alle varianti al P.T.C.P. di cui al comma 1 si applica il disposto dell'articolo 58, comma 7, intendendosi a tal fine per organo tecnico consultivo, di cui alla relativa lettera d), il Comitato tecnico urbanistico.».
Con Delib.C.R. 26 settembre 2000, n. 48 e con Delib.C.R. 22 gennaio 2002, n. 2, sono state approvate, ai sensi dell'art. 70, la variante al P.T.C.P., avente ad oggetto rispettivamente la riclassificazione delle parti del territorio dell'isola Palmaria in Comune di Portovenere, quale zona IS-CE e di alcune zone del Comune di Vernazza.
Con riferimento all'art. 72 vedi, anche, la Delib.G.R. 12 dicembre 2000, n. 59.
Art. 74
Deroghe al Piano territoriale di coordinamento paesistico.
1. Le deroghe al P.T.C.P., ammesse da quest'ultimo, sono assentite con deliberazione della Giunta regionale su richiesta del soggetto promotore e sentiti il Comune nonché la Provincia territorialmente interessati, previa acquisizione del parere del Comitato tecnico urbanistico.
2. Salvo il caso di localizzazione di nuove grandi infrastrutture ovvero di tracciati alternativi delle infrastrutture esistenti, previsto dall'articolo 69, comma 1, lettera a), le opere pubbliche di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977 possono essere realizzate in deroga alle indicazioni del P.T.C.P.
Art. 75
Progetti di recupero paesistico-ambientale.
1. Il P.T.C.P. può essere attuato mediante progetti di recupero paesistico-ambientale che sono strumenti operativi da promuovere con riferimento a singole situazioni di degrado o nelle quali si renda opportuno addivenire al miglioramento della qualità complessiva dell'ambiente e dei modi della sua fruizione attraverso specifici interventi.
2. Tali progetti contengono gli elementi grafici, normativi e finanziari necessari per consentire l'attuazione degli interventi individuati dai progetti stessi con riferimento ai diversi assetti previsti dal P.T.C.P., garantendo altresì gli opportuni raccordi con la strumentazione urbanistica comunale.
3. I progetti di cui ai commi 1 e 2 sono adottati dalla Giunta regionale, anche su iniziativa delle Province e degli Enti locali interessati, e sono pubblicati secondo le procedure stabilite dall'articolo 70, comma 1 (45).
4. Tali progetti sono approvati con deliberazione della Giunta regionale sentito il Comitato tecnico urbanistico nei successivi novanta giorni dal ricevimento dei pareri previsti dalle disposizioni di legge sopra richiamate.
5. Le deliberazioni di approvazione dei progetti di recupero sono soggette alle forme di pubblicità previste dall'articolo 15, commi 9 e 10.
6. Le indicazioni dei progetti di recupero paesistico-ambientale prevalgono immediatamente sulle previsioni degli strumenti di pianificazione del territorio previsti dalla presente legge.
7. Ove occorra e ne sussistano i presupposti, in sede di approvazione dei progetti di recupero paesistico-ambientale può essere dichiarata la pubblica utilità, nonché l'indifferibilità ed urgenza delle opere dallo stesso previste, in conformità alle leggi vigenti in materia.
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(45) L'art. 7, L.R. 3 maggio 2002, n. 19 dispone che il riferimento all'art. 70 contenuto nel presente comma sia da intendere ora all'art. 69, nella nuova formulazione introdotta dall'art. 6 della stessa legge.
TITOLO VI
Disposizioni finali e transitorie
Capo II - Disposizioni transitorie
Sezione II - Altre disposizioni transitorie
Art. 76
Piani territoriali di coordinamento di cui alla L.R. n. 39 del 1984 (46).
1. Fino all'approvazione del P.T.R.:
a) sono fatti salvi ad ogni effetto i piani territoriali di coordinamento già approvati ai sensi della L.R. n. 39 del 1984, i quali, in sede di prima applicazione della presente legge possono assumere il valore, a tutti gli effetti, degli atti di specificazione settoriale o di ambito del P.T.R. di cui all'articolo 12;
b) continuano ad essere approvati ai sensi e per gli effetti della L.R. n. 39 del 1984:
1) i piani territoriali di coordinamento e loro varianti adottati prima della data di entrata in vigore della presente legge;
2) i piani territoriali d coordinamento per i quali a tale data sia stato deliberato lo schema di orientamento di cui all'articolo 4, secondo comma, della L.R. n. 39 del 1984 sempreché la Regione non ritenga che le indicazioni emergenti dagli atti nel frattempo prodotti possano costituire oggetto del P.T.C. provinciale;
c) i vigenti piani territoriali di coordinamento possono essere variati su iniziativa comunale secondo la procedura stabilita dall'articolo 4 della L.R. n. 6/1991, ove tali varianti siano contenute in strumenti urbanistici generali formati a norma della legislazione previgente, e secondo la procedura stabilita nell'articolo 72 (47), ove dette varianti siano contenute in un PUC (48);
c-bis) i vigenti piani territoriali di coordinamento possono essere variati su iniziativa della Regione secondo la procedura stabilita dall'articolo 3 della L.R. n. 6/1991 (49).
2. La determinazione di non dare ulteriore corso ai procedimenti di cui al comma 1, lettera b), n. 2), è assunta con deliberazione della Giunta regionale la quale fornisce ogni elemento utile per l'inserimento delle indicazioni dei rispettivi atti nel contesto del piano provinciale o per la conclusione dei procedimenti stessi ai sensi dell'articolo 79, comma 3.
3. Nelle aree assoggettate dal P.T.C.P. a regime normativo di trasformazione, in caso di inadempienza all'obbligo di formazione dello strumento urbanistico attuativo per esse prescritto, a decorrere dalla infruttuosa scadenza del termine a tal fine fissato, sono consentiti soltanto interventi di manutenzione straordinaria e di risanamento conservativo.
4. La disposizione di cui al comma 3 si applica, nell'ipotesi ivi contemplata, anche nei confronti delle attività di cava in esercizio al momento dell'entrata in vigore del P.T.C.P., a decorrere dall'infruttuosa scadenza del termine per la formazione del prescritto strumento urbanistico attuativo o dalla ultimazione del programma dei lavori di coltivazione a suo tempo debitamente autorizzato, se posteriore a tale scadenza.
4-bis. Nelle aree assoggettate dal Piano territoriale di Coordinamento Paesistico a regime normativo sia di conservazione limitatamente ai nuclei isolati nonché di trasformazione, e ricadenti nel territorio di comuni dotati di PUC, l'attuazione delle relative previsioni è soggetta a Progetto urbanistico operativo (P.U.O.) d'interesse regionale, da approvarsi mediante ricorso alla procedura dell'Accordo di Pianificazione di cui all'articolo 57, ovvero a Progetto di recupero paesistico-ambientale ai sensi dell'articolo 75 (50).
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(46) Con Delib.C.R. 19 dicembre 2000, n. 64 è stato approvato il Piano territoriale di coordinamento della cosa.
(47) L'art. 7, L.R. 3 maggio 2002, n. 19 dispone che il riferimento all'art. 72 contenuto nella presente lettera sia da intendere ora all'art. 69, nella nuova formulazione introdotta dall'art. 6 della stessa legge.
(48) Lettera così sostituita dall'art. 2, comma 1, L.R. 18 dicembre 2000, n. 44. Il testo originario era così formulato: «c) i vigenti piani territoriali di coordinamento possono essere variati su iniziativa del Comune nei modi indicati dall'articolo 72.».
(49) Lettera aggiunta dall'art. 2, comma 1, L.R. 18 dicembre 2000, n. 44.
(50) Comma aggiunto dall'art. 2, comma 2, L.R. 18 dicembre 2000, n. 44.
Art. 76-bis
PTC dell'Area Centrale Ligure e PTC della Costa.
1. Il Piano territoriale di Coordinamento della Costa, approvato a norma dell'articolo 76, comma 1, lettera b) n. 2, e della L.R. n. 39/1984, può essere sviluppato mediante la successiva emanazione di atti di specificazione settoriale. Tali specificazioni hanno i contenuti e sono assoggettate alla procedura stabilita per le specificazioni settoriali o di ambito del P.T.R., ad eccezione di quanto previsto dall'articolo 15, comma 5.
2. Il Piano territoriale di Coordinamento dell'Area Centrale Ligure ed il Piano territoriale di Coordinamento della Costa possono individuare, con riferimento a quanto previsto dall'articolo 11, comma 3, ambiti ed interventi assoggettati a P.U.O. di interesse regionale, da approvarsi mediante ricorso alla procedura dell'Accordo di pianificazione di cui all'articolo 57 (51).
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(51) Articolo aggiunto dall'art. 3, L.R. 18 dicembre 2000, n. 44.
Art. 77
Formazione del primo Piano territoriale regionale.
1. In sede di prima applicazione della presente legge, la Giunta regionale approva il documento preliminare del P.T.R. di cui all'articolo 14, comma 1, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge.
2. Nelle more della formazione del primo P.T.R. possono essere emanate le indicazioni di cui all'articolo 11, comma 5, lettere a) e b), seguendo la procedura stabilita dall'articolo 16, comma 7.
Art. 78
Attivazione del sistema informativo regionale della pianificazione territoriale.
1. In sede di prima applicazione della presente legge per l'elaborazione del P.T.R., nei tempi previsti, la Regione predispone uno specifico programma di avvio, su supporto cartaceo ed elettronico, del sistema informativo regionale della pianificazione territoriale di cui all'articolo 65, tenendo conto delle informazioni e delle previsioni già disponibili presso le strutture regionali.
Art. 79
Formazione del primo Piano territoriale di coordinamento provinciale.
1. In sede di prima applicazione della presente legge le Province devono procedere all'adozione del rispettivo piano territoriale di coordinamento indipendentemente dalla formazione del P.T.R., entro il termine di un anno dall'entrata in vigore della legge stessa, pena l'attivazione dei poteri sostitutivi a norma della vigente legislazione regionale in materia.
2. Nel caso indicato dal comma 1 e, comunque, fino all'approvazione del P.T.R., il parere regionale previsto dall'articolo 22, comma 7:
a) è espresso con riferimento allo stato degli atti di programmazione o di pianificazione regionale;
b) è reso con deliberazione del Consiglio regionale, su proposta della Giunta e sentiti il Comitato tecnico misto di cui all'articolo 62, nonché il Comitato della programmazione (52). A tal fine la Giunta formula la propria proposta entro sessanta giorni dal ricevimento del progetto preliminare adottato ed il Consiglio si pronuncia definitivamente nel successivo termine di sessanta giorni, decorso infruttuosamente il quale si procede d'ufficio alla sua iscrizione al relativo ordine del giorno;
c) ha carattere vincolante;
d) può disporre quanto previsto dall'articolo 22, comma 9.
3. In relazione al disposto di cui all'articolo 76, comma 2, le Province possono dar corso all'approvazione di piani territoriali di coordinamento già avviati dalla Regione seguendo le procedure stabilite dalla L.R. n. 39 del 1984, fatto salvo il rispetto delle competenze previste dall'ordinamento delle Autonomie locali.
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(52) L'art. 10, L.R. 3 maggio 2002, n. 19 ha soppresso il parere del Comitato della programmazione qui previsto.
Art. 80
Espressione del parere regionale e provinciale sui Piani urbanistici comunali nella fase transitoria.
1. Nelle more della formazione del P.T.R. e del P.T.C. provinciale, la Regione e la Provincia esprimono il parere di competenza previsto dall'articolo 39 sulla base dei rispettivi atti di programmazione e di pianificazione predisposti in quel momento.
Art. 81
Strumenti urbanistici comunali assoggettati alla legislazione previgente.
1. Le disposizioni di cui alla presente legge non si applicano nei confronti:
a) degli strumenti urbanistici generali adottati prima dell'entrata in vigore della legge stessa;
b) dei seguenti strumenti urbanistici purché adottati entro il termine di sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge:
1) strumenti urbanistici generali di comuni che ne siano ancora sprovvisti, ferme restando le limitazioni all'attività edilizia di cui all'articolo 1 della legge regionale 10 novembre 1992, n. 30 (interventi ammissibili nei Comuni sprovvisti di strumento urbanistico generale o dotati di strumento urbanistico generale soggetto a revisione);
2) varianti integrali agli strumenti urbanistici generali non ancora adeguati agli standard urbanistici e come tali soggetti a revisione a norma degli articoli 2 e 3 della legge regionale 6 febbraio 1974, n. 7 (norme per la formazione e la revisione degli strumenti urbanistici e per la concessione ai comuni dei relativi contributi), ferme restando le limitazioni all'attività edilizia di cui all'articolo 3 della L.R. n. 30 del 1992;
3) varianti integrali agli strumenti urbanistici generali per i quali sia già infruttuosamente decorso il termine di dieci anni dalla data della loro approvazione e come tali soggetti a revisione a norma dell'articolo 1 della L.R. n. 7 del 1974 come sostituito dall'articolo 4 della L.R. n. 30 del 1992;
4) varianti di adeguamento degli strumenti urbanistici generali alle disposizioni di cui all'articolo 8 della legge regionale 2 maggio 1991, n. 6 (norme per l'aggiornamento e l'applicazione del Piano territoriale di coordinamento paesistico), contenente norme relative alla formazione della disciplina paesistica, e di cui all'articolo 3 della legge regionale 1° giugno 1993, n. 25 (disciplina urbanistica relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente), contenente norme relative alla formazione della disciplina degli interventi di recupero del patrimonio edilizio esistente;
c) dei seguenti strumenti urbanistici, ancorché adottati dopo l'entrata in vigore della presente legge:
1) varianti parziali agli strumenti urbanistici generali approvati a norma della legislazione previgente, ferme restando, in quanto applicabili, le limitazioni di cui all'articolo 6 della L.R. n. 30 del 1992;
2) strumenti urbanistici attuativi delle previsioni di strumento urbanistico generale approvato a norma della legislazione previgente, fermo restando quanto disposto dall'articolo 7 della L.R. n. 30 del 1992 come sostituito dall'articolo 1 della legge regionale 13 settembre 1994, n. 53 (modifiche alla legge regionale 10 novembre 1992, n. 30);
d) delle istanze di nulla-osta al rilascio di concessione edilizia in deroga alle prescrizioni degli strumenti urbanistici generali approvati a norma della legislazione previgente.
2. È facoltà del Comune procedere, anche prima della scadenza del semestre di cui al comma 1, lettera b), alla formazione del P.U.C. a norma della presente legge, ferme restando, nelle ipotesi di cui ai nn. 1) e 2) della medesima lettera, le limitazioni all'attività edilizia ivi rispettivamente richiamate da applicarsi fino all'esito positivo del controllo provinciale sul relativo progetto definitivo a norma dell'articolo 40.
3. Non può essere accertata l'adeguatezza, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 1, quarto comma e seguenti, della L.R. n. 7 del 1974, come sostituito dall'articolo 4 della L.R. n. 30 del 1992, degli strumenti urbanistici generali approvati a norma della legislazione previgente, alla scadenza del rispettivo decennio.
Art. 82
Disposizioni applicabili nei confronti degli strumenti urbanistici generali da approvarsi a norma della legislazione previgente.
1. La Regione nell'approvare gli strumenti urbanistici generali di cui all'articolo 81, comma 1, lettere a) e b), nn. 1), 2) e 3), qualora riscontri la sussistenza di elementi essenziali per attribuire ad essi il valore e gli effetti di P.U.C., può d'ufficio indicare le modifiche che si rendano a tal fine necessarie da apportarsi, a cura del Comune, in sede di controdeduzioni a norma dell'articolo 10, comma 4, ovvero dell'articolo 36, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (legge urbanistica) e successive modificazioni e integrazioni con estensione, in questo caso, dei relativi termini, rispettivamente, a centottanta e a centoventi giorni.
2. I comuni che procedono alla formazione o alla revisione del proprio strumento urbanistico generale ai sensi dell'articolo 81, comma 1, lettera b), nn. 1), 2) e 3), possono avvalersi, in quanto applicabili, delle disposizioni di cui:
a) all'articolo 27, comma 2, lettera c), all'articolo 39, commi 5 e 6;
b) all'articolo 83, comma 2, lettera a).
Art. 83
Varianti agli strumenti urbanistici generali vigenti per l'individuazione delle aree di produzione agricola, dei territori di presidio ambientale e dei territori non insediabili (53).
1. I Comuni dotati di strumento urbanistico generale contenente la disciplina paesistica di cui all'articolo 8 della L.R. n. 6 del 1991 possono adottare apposita variante parziale volta ad individuare, nell'ambito delle zone territoriali omogenee di tipo "E" destinate ad usi agricoli a norma del decreto 2 aprile 1968, del Ministro dei lavori pubblici le aree di produzione agricola, i territori di presidio ambientale ed i territori non insediabili, sulla base delle indicazioni contenute rispettivamente negli articoli 35, 36 e 37, in quanto applicabili.
2. I comuni dotati di strumento urbanistico generale non ancora soggetto a revisione a norma della legislazione previgente:
a) laddove intendano procedere all'adozione della variante di suo adeguamento alle disposizioni di cui all'articolo 8 della L.R. n. 6 del 1991, sono tenuti ad individuare in tale sede le aree e i territori di cui al comma 1;
b) laddove intendano adottare apposita variante volta ad individuare le aree e i territori di cui al comma 1, sono tenuti ad inserirla nell'adeguamento dello strumento urbanistico generale ai sensi di quanto disposto dal citato articolo 8 della L.R. n. 6 del 1991.
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(53) In deroga ai limiti derivanti dal presente articolo vedi l'art. 1, comma 3, L.R. 22 gennaio 2004, n. 1.
Art. 84
Disposizioni applicabili nei confronti dei vigenti strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica.
1. Le disposizioni di cui agli articoli 58 e 61 possono essere applicate ad accordi di programma od intese ai sensi dell'articolo 81 del D.P.R. n. 616/1977 e successive modificazioni, aventi ad oggetto:
a) strumenti urbanistici attuativi;
b) varianti ai vigenti PTC;
c) varianti al PTC provinciale;
d) varianti agli strumenti urbanistici generali approvati o in corso di approvazione a norma della legislazione previgente (54).
2. Le disposizioni degli articoli 59 e 60 relative alle conferenze di servizi possono essere applicate anche ove i progetti di opere o di interventi:
a) propongano varianti parziali agli strumenti urbanistici generali approvati o in corso di approvazione a norma della legislazione previgente;
b) richiedano l'approvazione di strumenti urbanistici attuativi, anche in variante contestuale o connessa ai vigenti strumenti urbanistici generali ai sensi della legge regionale 8 luglio 1987, n. 24 (disposizioni per lo snellimento delle procedure urbanistiche in attuazione della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e disciplina degli strumenti urbanistici attuativi) e successive modificazioni e integrazioni, ovvero comportanti anche modifiche agli strumenti urbanistici generali in corso di approvazione (55).
3. I comuni dotati di strumento urbanistico generale approvato a norma della legislazione previgente:
a) sono tenuti alla formazione del programma pluriennale di attuazione previsto dall'articolo 13 della legge n. 10 del 1977 soltanto se aventi popolazione superiore a 20.000 abitanti;
b) in sostituzione di tale programma possono procedere alla formazione del P.A. a norma dell'articolo 55 in quanto applicabile.
4. Dalla data di entrata in vigore della presente legge le norme statali e regionali in materia di programma pluriennale di attuazione continuano ad operare soltanto nei confronti dei comuni di cui al comma 3, lettera a).
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(54) Comma così sostituito dall'art. 8, comma 1, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 73 comma 3, e dall'articolo 76, comma 1, lettera c), le disposizioni della presente legge relative agli accordi di programma e alle intese previste dall'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica n. 616 del 1977, in quanto applicabili, operano anche nei confronti:
a) dei vigenti piani territoriali di coordinamento;
b) degli strumenti urbanistici generali non ancora soggetti a revisione a norma della legislazione previgente;
c) degli strumenti urbanistici generali dei comuni che non intendano avvalersi della facoltà di cui all'articolo 81, comma 2;
d) degli strumenti urbanistici attuativi.».
(55) Comma così sostituito dall'art. 8, comma 2, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «2. Le disposizioni degli articoli 59 e 60, relative alle conferenze di servizi, possono essere applicate anche nei confronti:
a) delle varianti agli strumenti urbanistici generali di esclusivo interesse locale come definite dall'articolo 2 della L.R. n. 9 del 1983 e successive modificazioni;
b) degli strumenti urbanistici attuativi e delle varianti agli strumenti urbanistici generali ad essi connesse ai sensi e per gli effetti dell'articolo 8 della legge regionale 8 luglio 1987, n. 24 (disposizioni per lo snellimento delle procedure urbanistiche in attuazione della legge 8 febbraio 1985, n. 47 e disciplina degli strumenti urbanistici attuativi) e successive modificazioni;
c) delle varianti agli strumenti urbanistici comunali volte a definire la disciplina urbanistico-edilizia delle strutture ricettive in collegamento al programma di cui all'articolo 18-bis della legge regionale 4 marzo 1982, n. 11 (norme per la classificazione delle aziende ricettive) e successive modificazioni e all'articolo 15 della legge regionale 28 gennaio 1993, n. 7 (modificazioni e integrazioni alla L.R. 4 marzo 1982, n. 11 e alla L.R. 6 giugno 1989, n. 14 in materia di disciplina delle strutture ricettive) da approvarsi unitamente a tale programma.».
Art. 85
Competenze regionali e provinciali relative agli strumenti urbanistici comunali assoggettati alla legislazione previgente.
1. Sono trasferite alle Province le funzioni di:
a) approvazione delle varianti parziali ai vigenti strumenti urbanistici generali, ad esclusione di quelle riservate all'approvazione regionale a norma del comma 3, lettere b), c) e d);
b) approvazione degli strumenti urbanistici attuativi ricadenti negli àmbiti di interesse regionale e delle eventuali varianti ai vigenti strumenti urbanistici generali da essi proposte, con contestuale rilascio delle pertinenti autorizzazioni di massima paesistico-ambientali, ad esclusione degli strumenti di cui al comma 3, lettera c);
c) accoglimento delle istanze di nulla osta al rilascio di titoli edilizi in deroga;
d) controllo degli strumenti urbanistici attrattivi non ricadenti negli àmbiti di interesse regionale, con contestuale rilascio delle pertinenti autorizzazioni di massima paesistico-ambientali.
2. Sono subdelegate alle Province le funzioni regionali di rilascio delle autorizzazioni paesistico-ambientali nei confronti delle opere pubbliche o di interesse pubblico per la cui realizzazione venga attivato il procedimento di variante agli strumenti urbanistici generali nonché venga presentata istanza di nulla-osta al rilascio di titolo edilizio in deroga.
3. Residuano alla Regione le funzioni di:
a) approvazione degli strumenti urbanistici generali di cui all'articolo 81, comma 1, lettere a) e b);
b) approvazione delle varianti parziali agli strumenti urbanistici generali:
1) espressamente riservate alla competenza regionale da leggi speciali o di settore;
2) soggetti a revisione decennale ai sensi della L.R. n. 30/1992 ad esclusione delle varianti di esclusivo interesse locale di cui all'articolo 6 della stessa legge;
3) comportanti anche varianti al PTCP od agli altri PTC di cui alla L.R. n. 39/1984 e successive modifiche;
c) approvazione degli strumenti urbanistici attuativi di interesse regionale individuati dai vigenti PTC e delle varianti agli strumenti urbanistici generali da essi proposte, con contestuale rilascio delle pertinenti autorizzazioni di massima paesistico-ambientali;
d) approvazione di tutte le varianti parziali agli strumenti urbanistici generali i cui atti siano già stati trasmessi alla Regione prima dell'entrata in vigore della presente legge.
4. Salvo quanto disposto dai commi precedenti e dall'articolo 82, i contenuti ed i procedimenti di formazione degli atti di cui al presente articolo restano disciplinati dalla previgente legislazione in materia (56).
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(56) Articolo così sostituito dall'art. 9, L.R. 3 maggio 2002, n. 19. Il testo originario era così formulato: «Art. 85. Competenze regionali e provinciali relative agli strumenti urbanistici comunali assoggettati alla legislazione previgente. 1. A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge:
a) residuano alla Regione le funzioni:
1) di approvazione degli strumenti urbanistici generali di cui all'articolo 81, comma 1, lettera a);
2) di approvazione degli strumenti urbanistici generali di cui all'articolo 81, comma 1, lettera b), nn. 1), 2) e 3);
3) di approvazione delle varianti di cui all'articolo 81, comma 1, lettera b), n. 4);
4) di approvazione delle varianti parziali agli strumenti urbanistici generali di cui all'articolo 81, comma 1, lettera c), n. 1), diverse da quelle indicate dalla lettera b), n. 1), del presente comma;
5) di approvazione degli strumenti urbanistici attuativi individuati dai vigenti piani territoriali di coordinamento come di interesse regionale e di rilascio nei loro confronti dell'autorizzazione di massima di cui all'articolo 7 della L.R. n. 24 del 1987, ove necessaria;
6) di approvazione delle varianti parziali, agli strumenti urbanistici generali, di approvazione degli strumenti urbanistici attuativi e di accoglimento delle istanze di nulla-osta indicati dalla lettera b) del presente comma, i cui atti siano già stati trasmessi alla Regione prima dell'entrata in vigore della presente legge;
b) sono trasferite alle province, salvo il disposto di cui alla precedente lettera a), n. 6), le funzioni di:
1) approvazione delle varianti agli strumenti urbanistici generali di esclusivo interesse locale di cui all'articolo 2 della L.R. n. 9 del 1983 ed al titolo II della L.R. n. 24 del 1987, nonché di quelle contestuali ad uno strumento urbanistico attuativo previste dall'articolo 9 della L.R. n. 24 del 1987 purché, in entrambi i casi, non comportanti variante al P.T.C.P. ai sensi dell'articolo 4 della L.R. n. 6 del 1991;
2) approvazione degli strumenti urbanistici attuativi di cui al comma 1, lettera c), n. 2), dell'articolo 81, ricadenti negli ambiti di interesse regionale, con esclusione di quelli previsti dalla precedente lettera a), n. 3);
3) rilascio delle autorizzazioni di massima anche nei confronti degli strumenti urbanistici attuativi indicati dai nn. 1) e 2) della presente lettera b);
4) accoglimento delle istanze di nulla-osta al rilascio di titoli edilizi in deroga, previsti dal comma 1, lettera d), dell'articolo 81;
c) sono trasferite alle province le funzioni di controllo e di rilascio dell'autorizzazione di massima nei confronti degli strumenti urbanistici attuativi di strumento urbanistico generale, approvato a norma della legislazione previgente, non ricadenti negli ambiti di interesse regionale, indipendentemente dalla data della loro adozione;
d) sono subdelegate alle province le funzioni regionali di rilascio, a norma del combinato disposto dell'articolo 1, comma 4, dell'articolo 6, comma 1, lettera a), e dell'articolo 7, comma 2, della legge regionale 21 agosto 1991, n. 20 (riordino delle competenze per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di bellezze naturali) e successive modificazioni, delle autorizzazioni prescritte dall'articolo 7 della legge n. 1497 del 1939 e successive modificazioni nei confronti delle opere per la cui realizzazione venga attivato il procedimento di variante agli strumenti urbanistici generali di cui alla precedente lettera b), n. 1).
2. La Provincia procede all'emanazione degli atti di cui al comma 1, lettera b), mediante decreto presidenziale, previa acquisizione:
a) del parere del rispettivo Comitato tecnico urbanistico, nelle ipotesi ivi indicate dai relativi nn. 1), seconda parte, 2) e 3);
b) del nulla-osta di cui all'articolo 72, comma 4, qualora gli strumenti urbanistici indicati dal relativo n. 1) comportino variante al P.T.C.P. a norma dell'articolo 4 della L.R. n. 6 del 1991.
3. Salvo quanto disposto dai commi 1 e 2 e dall'articolo 82, i contenuti ed i procedimenti di formazione degli atti di cui al comma 1 restano disciplinati dalla previgente legislazione in materia.».
Art. 86
Modifiche alla legge regionale 24 marzo 1983, n. 9 e successive modificazioni.
1. ... (57).
2. ... (58).
3. ... (59).
4. Il sottocomitato di cui alla L.R. n. 9 del 1983 e successive modificazioni è soppresso.
5. ... (60) (61).
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(57) Sostituisce la lettera b) del primo comma dell'art. 1, L.R. 24 marzo 1983, n. 9.
(58) Sostituisce le lettere f), g) ed h) del primo comma dell'art. 1, L.R. 24 marzo 1983, n. 9.
(59) Sostituisce la lettera l) del primo comma dell'art. 1, L.R. 24 marzo 1983, n. 9.
(60) Sostituisce l'art. 9, L.R. 24 marzo 1983, n. 9.
(61) Il presente articolo è stato abrogato dall'art. 7-bis, comma 1, lettera d), L.R. 6 aprile 1999, n. 11, aggiunto dall'art. 6, L.R. 1 ottobre 1999, n. 31.
Art. 87
Concessione di contributi per la formazione degli strumenti urbanistici.
1. Le funzioni di concessione ai comuni dei contributi per la formazione di strumenti urbanistici ai sensi e per gli effetti della legge regionale 2 maggio 1990, n. 31 (norme relative alla concessione di contributi per la formazione e la revisione obbligatoria degli strumenti urbanistici) e successive modificazioni sono trasferite alle Province che vi provvedono avvalendosi delle somme che la Regione annualmente stanzia a tal fine con la legge di approvazione del bilancio di previsione.
2. La Giunta regionale, con propria deliberazione, ripartisce la somma di cui al comma 1 fra le Province in proporzione del numero dei rispettivi comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
3. Al termine di ogni anno le province trasmettono alla Regione una relazione consuntiva e certificativa delle domande ricevute e dei contributi concessi ai sensi del comma 1, anche ai fini della determinazione della somma da stanziarsi per il successivo esercizio finanziario.
4. Restano di competenza regionale le funzioni di:
a) concessione dei contributi richiesti alla Regione prima della entrata in vigore della presente legge;
b) erogazione delle seconde rate dei contributi concessi dalla Regione;
c) declaratoria della decadenza, ai sensi degli articoli 5 e 7 della L.R. n. 31 del 1990, dei contributi concessi dalla Regione.
5. I comuni che, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbiano già presentato domanda di contributo per la formazione di uno strumento urbanistico generale previsto dalla legislazione previgente, entro tre mesi da tale data possono comunicare alla Regione la propria intenzione di utilizzare il contributo richiesto per l'elaborazione del P.U.C. In tal caso la Regione rimette gli atti relativi alla Provincia competente per territorio la quale, ferma restando la data di ammissione delle domande stesse agli effetti del riconoscimento del relativo diritto, provvede ai sensi del comma 1.
6. La facoltà di cui al comma 5 può essere esercitata anche nei confronti dei contributi che siano già stati concessi con conservazione del diritto all'erogazione della seconda rata da parte della Regione. In questo caso il termine di decadenza opera decorsi quattro anni dalla data di entrata in vigore della presente legge (62).
7. Nel caso previsto dall'articolo 82, comma 1, i comuni conservano il diritto all'erogazione della seconda rata del contributo che abbiano già eventualmente ottenuto a norma della L.R. n. 31 del 1990 per la formazione dello strumento urbanistico generale.
8. Ai fini della concessione dei contributi, a norma del comma 1 per la formazione dei P.U.C., come trasmissione del piano, agli effetti del disposto di cui all'articolo 5, comma 1, della L.R. n. 31 del 1990, si intende l'inoltro del progetto preliminare alla Regione ed alla Provincia ai sensi dell'articolo 38, comma 2, lettera c).
9. In deroga al divieto di cui all'articolo 5, comma 4, della L.R. n. 31 del 1990, i contributi già decaduti per infruttuosa scadenza del termine stabilito dal comma 1 del medesimo articolo possono essere rinnovati, salvo conguaglio delle somme già erogate e non ancora restituite, qualora il Comune:
a) proceda alla formazione del PUC ed al conseguente invio del progetto preliminare entro 4 anni dalla data di entrata in vigore della presente legge (63);
b) abbia proceduto alla trasmissione dello strumento urbanistico generale per la cui formazione aveva ottenuto il contributo prima dell'entrata in vigore della presente legge o vi provveda entro un anno dalla relativa data.
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(62) Comma così sostituito dall'art. 1, comma 1, L.R. 3 gennaio 2001, n. 2. Il testo originario era così formulato: «6. La facoltà di cui al comma 5 può essere esercitata anche nei confronti dei contributi che alla data di entrata in vigore della presente legge siano già stati concessi con conservazione del diritto all'erogazione della seconda rata da parte della Regione. In questo caso il termine stabilito dall'articolo 5, comma 1, della L.R. n. 31 del 1990 riprende a decorrere da tale data.».
(63) Lettera così sostituita dall'art. 1, comma 1, L.R. 3 gennaio 2001, n. 2. Il testo originario era il seguente: «a) intenda procedere alla formazione del P.U.C.;».
Art. 88
Sostituzione ed abrogazione di precedenti norme.
1. Salvo quanto stabilito in via transitoria dal presente capo, le disposizioni della presente legge:
a) sostituiscono le seguenti norme statali:
1) il titolo I, il titolo II, capi I, II, III e IV - articoli 33, 34, 35 e 36 - e il titolo IV - articoli 41-quater e quinquies, 42, 43, 44 - della legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150 e successive modificazioni e integrazioni;
2) l'articolo 3 della legge 21 dicembre 1955, n. 1357;
3) gli articoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge 18 aprile 1962, n. 167 e successive modificazioni e integrazioni;
4) gli articoli 1, 7, 8 e 9 e, dalla data di entrata in vigore del Regolamento di cui all'articolo 34, gli articoli 3, 4, 5 e 6 del Decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968;
5) la legge 2 aprile 1968, n. 507;
6) gli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 1° giugno 1971, n. 291;
7) gli articoli 13 e 14 della legge 11 giugno 1971, n. 426;
8) l'articolo 27, primo, secondo, terzo e quarto comma, della legge 22 ottobre 1971, n. 865;
9) gli articoli 4, ultimo comma, e 13, della legge 28 gennaio 1977, n. 10;
10) l'articolo 1, quinto comma, della legge 3 gennaio 1978, n. 1 e successive modificazioni;
11) gli articoli 28 e 30 della legge 5 agosto 1978, n. 457;
12) l'articolo 24 della legge 28 febbraio 1985, n. 47:
b) abrogano le seguenti norme regionali:
1) la legge regionale 24 maggio 1972, n. 8 e successive modificazioni;
2) la legge regionale 6 febbraio 1974, n. 7 e successive modificazioni;
3) la legge regionale 18 gennaio 1975, n. 4 e successive modificazioni, per quanto ancora in vigore;
4) la legge regionale 1° giugno 1976, n. 17 ad esclusione dell'articolo 1;
5) la legge regionale 3 settembre 1976, n. 28, per quanto ancora in vigore;
6) la legge regionale 8 marzo 1978, n. 16 e successive modificazioni ad esclusione dell'articolo 18;
7) la legge regionale 17 gennaio 1980, n. 9, per quanto ancora in vigore;
8) gli articoli 4, 5 e 7, primo, secondo, terzo e quarto comma, ultimo periodo, della legge regionale 24 marzo 1983, n. 9 e successive modificazioni, nonché ogni altro riferimento al Sottocomitato in essa contenuto;
9) la legge regionale 22 agosto 1984, n. 39 e successive modificazioni;
10) la legge regionale 2 maggio 1985, n. 29;
11) la legge regionale 8 luglio 1987, n. 24 e successive modificazioni;
12) la legge regionale 2 maggio 1991, n. 6, con esclusione dell'art. 5 (64);
13) la legge regionale 10 novembre 1992, n. 30;
14) gli articoli 11 e 15, commi 4, 4-bis e 5, della legge regionale 28 gennaio 1993, n. 7, come modificata dall'articolo 2 della legge regionale 28 dicembre 1993, n. 62;
15) la legge regionale 1° giugno 1993, n. 25;
16) il capo I della legge regionale 13 settembre 1994, n. 52.
2. È inoltre sostituita od abrogata ogni altra disposizione incompatibile con le norme della presente legge.
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(64) Numero così modificato dall'art. 87, L.R. 6 giugno 2008, n. 16.
[1] approvata dalla Giunta regionale e aggiornata ogni cinque anni
[2] articolo aggiunto dall'art. 70, comma 7, L.R. 28 aprile 2006, n. 4.
[3] costituiscono distretti di trasformazione le parti di territorio comunale, anche tra loro non contigue, purché funzionalmente connesse, per le quali il P.U.C. prevede una trasformazione urbanistica (art. 29).
[4] le norme di conformità sono quelle relative agli ambiti di conservazione e riqualificazione e definiscono, con i mezzi più opportuni, gli esiti fisici, paesistici, tipologici, funzionali e prestazionali da conseguire nei singoli ambiti, in relazione agli specifici caratteri ed alla identità dei luoghi, nonché al ruolo attribuito a ciascuno di tali ambiti (art. 30).
[5] costituiscono ambiti di conservazione e riqualificazione tutte le parti di territorio comunale, edificate e non edificate, che il P.U.C. descrive e individua come caratterizzate da un assetto fisico-morfologico e funzionale definito ovvero suscettibili di interventi di modificazione o completamento, non comportanti modificazioni quantitative o qualitative sostanziali del carico insediativo pertinente a ciascun ambito (art. 28).
[6] le norme di congruenza sono quelle relative ai distretti di trasformazione e definiscono, nelle opportune forme grafiche e normative, anche di tipo parametrico, prestazionale e gestionale, condizioni e requisiti generali di attuazione del P.U.C. (art. 31).