Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Riordino della normativa sull'attività agricola. Schema di D.Lgs. n. 164 (art. 14, L. 246/2005) Schema di D.P.R. n. 168
Riferimenti:
SCH.DEC 168/XVI   SCH.DEC 164/XVI
Serie: Atti del Governo    Numero: 155
Data: 19/01/2010
Descrittori:
AGRICOLTURA     
Organi della Camera: XIII-Agricoltura
Altri riferimenti:
L N. 246 DEL 28-NOV-05     

 

 

XVI LEGISLATURA

 

 

Camera dei deputati                   Senato della Repubblica

 

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

 

Riordino della normativa
sull’attività agricola

Schema di D.Lgs. n. 164
(art. 14, L. 246/2005)

Schema di D.P.R. n. 168

 

 

 

Camera dei deputati

n. 155

Senato della Repubblica

n. 189

 

 

 

 

19 gennaio 2010

 


Servizio responsabile:

Camera dei deputati

Servizio Studi - Dipartimento Agricoltura

(06. 67603610 - *st_agricoltura@camera.it

 

 

Senato della Repubblica

Servizio Studi – Ufficio ricerche nel settore delle attività produttive e in quello dell’agricoltura

( 066706-2948 - * studi1@senato.it

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: Ag0118.doc


INDICE

Introduzione

§      Presupposti normativi1

§      Nota metodologica. 4

Schema di Decreto legislativo n. 164

Titolo I – Delle integrazioni al codice civile (artt. 1-3)5

-       Definizione di coltivatore diretto. 7

-       Integrazione della definizione di attività agricole connesse. 8

-       Iscrizione delle imprese agricole nel registro delle imprese. 9

Titolo II – Delle qualifiche soggettive e delle attività dell’imprenditore agricolo  10

§      Capi I-IV (artt. 4-12)10

-       Equiparazione di soggetti18

-       L’imprenditore agricolo professionale. 19

-       Le società agricole.20

-       Le agevolazioni agli imprenditori agricoli21

§      Capo V (art. 13)23

-       L’imprenditoria giovanile. 28

§      Capo VI (artt. 14-18)32

-       L’attività agrituristica. 38

§      Capo VII (artt. 19-20)43

-       L’impresa ittica. 46

§      Capo VIII (artt. 21-22)47

-       Le attività selvicolturali49

§      Capo IX (artt. 23-25)51

-       La vendita dei prodotti agricoli54

§      Capo X (artt. 26-29)56

-       Il sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) e la Carta dell’agricoltore. 59

Titolo III - Della disciplina del territorio. 62

§      Capo I (artt. 30-33)62

-       La disciplina del territorio. 66

§      Capo II (artt. 34 e 35)68

-       Disciplina dell’architettura rurale. 69

§      Capo III (artt. 36-38)71

-       Tutela della biodiversità. 76

Titolo IV - Della proprietà terriera e delle strutture agrarie. 78

§      Capo I (artt. 39-48)78

-       Il compendio unico. 90

-       L’istituto della prelazione. 93

§      Capo II (art. 49)95

-       La bonifica. 96

§      Capo III (artt. 50-67)98

-       La conservazione delle unità produttive. 115

-       La proprietà coltivatrice. 116

Titolo V - Della disciplina dei contratti agrari (artt. 68-121)118

-       L’affitto di fondi rustici161

-       Affitto a coltivatore diretto. 168

-       Affitto a conduttore non coltivatore diretto. 180

-       Affitto di terreni demaniali181

-       Contratti di compartecipazione stagionale e coltivazioni intercalari182

-       L'impresa agricola di coltivazione in forma associata. 182

-       La soccida. 184

-       L’enfiteusi187

Titolo VI - Delle disposizioni finali (art. 122)188

-       Norme finali tributarie e abrogazioni188

Schema di regolamento n. 168

Titolo I – Dell’impresa agricola. 193

§      Capo I (art. 1)193

-       Produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili194

§      Capo II (artt. 2-4)195

-       Imprenditorialità giovanile. 197

§      Capo III (artt. 5-7)200

-       Agriturismo. 202

§      Capo IV (artt. 8-9)205

-       Le strade del vino e dell’olio. 206

§      Capo V (artt. 10-11)207

-       Acquacoltura, piscicoltura e impresa ittica. 208

§      Capo VI (artt. 12-13)212

-       Vendita di prodotti agricoli214

§      Capo VII (artt. 14-15)217

-       Il Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN)219

§      Capo VIII (artt. 16-17)221

-       Anagrafe delle imprese e fascicolo aziendale. 224

Titolo II – Dello spazio rurale. 228

§      Capo I (artt. 18-20)228

-       Contrattazione programmata e gestione del territorio. 230

§      Capo II (artt. 21-23)232

-       Tutela e valorizzazione dell’architettura rurale. 234

§      Capo III (artt. 24-25)236

-       Tutela della biodiversità. 237

Titolo III – Della proprietà terriera e delle struttura agrarie (artt. 26-28)239

-       Proprietà terriera e strutture agrarie. 240

Titolo IV – Della contrattazione agraria (artt. 29-31)242

-       Contrattazione agraria. 245

 

 


Introduzione

Presupposti normativi

Lo schema di decreto legislativo n. 164 – cosiddetto codice dell’attività agricola -, trasmesso per il parere alle Camere, riordina la normativa di competenza statale in materia di attività agricola.

Allo schema si accompagna uno schema di regolamento (n. 167), che costituisce una sorta di testo unico delle norme regolamentari vigenti in materia di attività agricola.

Si tratta di un primo concreto tentativo di semplificazione della normativa di settore stratificatasi negli anni. Il quadro legislativo della materia agricola si presenta infatti articolato in una pluralità di fonti, che vanno dal codice civile a leggi speciali, fino a singoli interventi previsti dalle leggi finanziarie o da altre leggi.

Al riordino della normativa in materia di attività agricola si procede ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 246 del 2005 (legge di semplificazione per il 2005), il quale ha previsto una complessa procedura di semplificazione e riordino della normativa vigente:

- il comma 14 del citato art. 14 ha previsto l’adozione, entro il 16 dicembre 2009, di decreti legislativi volti ad individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, con la conseguente abrogazione generalizzata della restante legislazione a decorrere dal 16 dicembre 2010.

Il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, emanato in attuazione di tale delega, è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla "Gazzetta Ufficiale" del 14 dicembre 2009; esso fa salvi circa 2.400 atti normativi di rango primario anteriori al 1°gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore.

Il decreto legislativo è stato preceduto da altri due interventi legislativi che, agendo in maniera speculare rispetto al meccanismo taglia-leggi ed utilizzando anche il lavoro di ricognizione effettuato a quel fine, abrogano espressamente circa 32.000 atti normativi, anche successivi al 1970. Si tratta dell’art. 24 del decreto-legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, e del successivo decreto-legge 200/2008, convertito dalla legge 9/2009;

- il comma 15 del medesimo articolo dispone che i decreti legislativi di cui al comma 14 possano provvedere non solo alla individuazione delle disposizioni legislative statali vigenti ma anche alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è oggetto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59. A questo comma, in particolare, fa riferimento il preambolo dello schema di decreto legislativo n. 164.

L’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, richiamato dal comma 15 dell’articolo 14 della citata legge n. 246 del 2005, detta i seguenti principi e criteri direttivi generali per l’esercizio della delega:

a)    definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia;

a-bis)    coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo;

b)    indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

c)    indicazione dei princìpi generali, in particolare per quanto attiene alla informazione, alla partecipazione, al contraddittorio, alla trasparenza e pubblicità che regolano i procedimenti amministrativi;;

d)    eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure di condizionamento della libertà contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e alla sicurezza pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell'ambiente, all'ordinato assetto del territorio, alla tutela dell'igiene e della salute pubblica;

e)    sostituzione degli atti di autorizzazione, licenza, concessione, nulla osta, permesso e di consenso comunque denominati che non implichino esercizio di discrezionalità amministrativa e il cui rilascio dipenda dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge, con una denuncia di inizio di attività da presentare da parte dell'interessato all'amministrazione competente corredata dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente richieste;

f)      determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di un atto di consenso, comunque denominato, che non implichi esercizio di discrezionalità amministrativa, corredate dalla documentazione e dalle certificazioni relative alle caratteristiche tecniche o produttive dell'attività da svolgere, eventualmente richieste, si considerano accolte qualora non venga comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti in relazione alla complessità del procedimento, con esclusione, in ogni caso, dell'equivalenza tra silenzio e diniego o rifiuto;

g)    revisione e riduzione delle funzioni amministrative non direttamente rivolte:

1)alla regolazione ai fini dell'incentivazione della concorrenza;

2)alla eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusività, anche alla luce della normativa comunitaria;

3)alla eliminazione dei limiti all'accesso e all'esercizio delle attività economiche e lavorative;

4)alla protezione di interessi primari, costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della solidarietà sociale;

5)alla tutela dell'identità e della qualità della produzione tipica e tradizionale e della professionalità;

h)    h) promozione degli interventi di autoregolazione per standard qualitativi e delle certificazioni di conformità da parte delle categorie produttive, sotto la vigilanza pubblica o di organismi indipendenti, anche privati, che accertino e garantiscano la qualità delle fasi delle attività economiche e professionali, nonché dei processi produttivi e dei prodotti o dei servizi;

i)      i) per le ipotesi per le quali sono soppressi i poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni pubbliche condizionanti l'esercizio delle attività private, previsione dell'autoconformazione degli interessati a modelli di regolazione, nonché di adeguati strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di regolazione vengono definiti dalle amministrazioni competenti in relazione all'incentivazione della concorrenzialità, alla riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla flessibilità dell'adeguamento dei parametri stessi alle esigenze manifestatesi nel settore regolato;

l)      attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni, salvo il conferimento di funzioni a province, città metropolitane, regioni e Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; determinazione dei princìpi fondamentali di attribuzione delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte delle regioni nelle materie di competenza legislativa concorrente;

m)  definizione dei criteri di adeguamento dell'organizzazione amministrativa alle modalità di esercizio delle funzioni di cui al presente comma;

n)    indicazione esplicita dell'autorità competente a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

 

Si segnala che il comma 18 dell’art. 14 sembra offrire al Governo l’ulteriore possibilità di adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, disposizioni di riassetto (oltre che integrative o correttive) sempre nel rispetto del citato articolo 20 della legge n. 59/1997.

 

Il preambolo dello schema di decreto legislativo n. 164 richiama l’art. 14, commi 14, 15, 19 e 22. Il comma 19 concerne la Commissione parlamentare per la semplificazione, chiamata ad esprimere il parere (le Commissioni permanenti dei due rami del Parlamento competenti per materia possono trasmettere i loro rilievi alla Commissione bicamerale); il comma 22 prevede un meccanismo di scorrimento della delega, qualora il termine di trenta giorni previsto per il parere della Commissione cade nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal medesimo articolo 14, cioè nei trenta giorni precedenti il 16 dicembre 2009. Nel caso di specie, il termine per l’espressione del parere scadrebbe il 14 gennaio 2010, in quanto lo schema è stato assegnato alla Commissione parlamentare per la semplificazione il 15 dicembre.

Si segnala in proposito che le leggi comunitarie prevedono in genere un analogo meccanismo di scorrimento anche qualora il termine per l’espressione del parere scada successivamente al termine per l’esercizio della delega; da ultimo, l’articolo 6, comma 2, lettera d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, ha novellato l’articolo 6, comma 3 della legge n. 42/2009 all’esclusivo fine di prevedere che il meccanismo di scorrimento del termine di delega scatti anche qualora il termine per l’espressione del parere scada successivamente al termine per l’esercizio della delega. Si segnala inoltre che il comma 18 dell’art. 14 sembra offrire al Governo l’ulteriore possibilità di adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 14, disposizioni di riassetto (oltre che integrative o correttive) sempre nel rispetto del citato articolo 20 della legge n. 59/1997.

Per quanto riguarda lo schema di decreto del Presidente della Repubblica n. 168, il preambolo richiama le disposizioni di delega; la relazione ed una lettera di chiarimento trasmessa dal Ministro per i rapporti con il Parlamento al presidente del Senato in data 16 dicembre indicano l’articolo 20 della legge n. 59/1997, con specifico riguardo al comma 3-bis, il quale prevede che il Governo, nelle materie di competenza esclusiva dello Stato, completa il processo di codificazione di ciascuna materia emanando, anche contestualmente al decreto legislativo di riassetto, una raccolta organica delle norme regolamentari regolanti la medesima materia.

Nel sistema delineato dall’articolo 20 della legge n. 59/1997, i decreti legislativi e i regolamenti di delegificazione ivi previsti sono emanati sulla base della legge di semplificazione e riassetto normativo annuale, che ha quindi la funzione, tra l’altro, di individuare i principi e i criteri direttivi specifici della delega nonché di autorizzare specificamente il Governo all’adozione dei regolamenti di delegificazione.

Si segnala in proposito che lo schema di D.P.R. reca per la maggior parte norme di rango legislativo che il Governo considera aventi valenza regolamentare, operando una sorta di delegificazione per la quale sarebbe però necessaria – in assenza della legge di semplificazione annuale - una specifica autorizzazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Nota metodologica

Nel presente dossier si è proceduto ad un raffronto testuale delle norme inserite nel riordino (schema di decreto legislativo e schema di DPR attuativo). Il testo a fronte è corredato di brevi schede illustrative delle materie trattate contenenti eventuali osservazioni sul testo.

Una sintesi del contenuto del presente dossier è contenuta nella Nota breve “Riordino della normativa sull’attività agricola - Schema di D.Lgs. n. 164 e schema di DPR n. 168-Elementi di valutazione sulla qualità del testo, n. 9 (12 gennaio 2010) cui si rinvia.


Schema di Decreto legislativo n. 164

 

Titolo I – Delle integrazioni al codice civile (artt. 1-3)

Codice

Norme di riferimento

 

 

 

 

 

Art. 1

(Definizione di coltivatore diretto)

1. All’articolo 2083 del codice civileè aggiunto il seguente comma:

“Ai fini del primo comma e salvo le diverse disposizioni in materia previdenziale è coltivatore diretto chi coltiva il fondo o che alleva e governa gli animali con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per l’esercizio di tali attività, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie, anche dell’impiego delle macchine agricole.”

 

c.c. Art. 2083.

Piccoli imprenditori.

Sono piccoli imprenditori i coltivatori diretti del fondo, gli artigiani, i piccoli commercianti e coloro che esercitano un'attività professionale organizzata prevalentemente con il lavoro proprio e dei componenti della famiglia.

 

L. 203/1982 art. 6

Definizione di coltivatore diretto.

Ai fini della presente legge sono affittuari coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell'impiego delle macchine agricole.

Il lavoro della donna è considerato equivalente a quello dell'uomo.

 

L. 454/1961 art. 48

Definizione di coltivatore diretto, di piccola e media azienda.

Ai fini della presente legge e della legge 25 luglio 1952, n. 949 , e relativo regolamento di esecuzione approvato con decreto del Presidente della Repubblica 17 ottobre 1952, n. 1317, sono da considerare:

a) coltivatori diretti coloro che direttamente ed abitualmente si dedicano alla coltivazione dei fondi ed all'allevamento ed al governo del bestiame, sempre che la complessiva forza lavorativa del nucleo familiare non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità della coltivazione del fondo e per l'allevamento ed il governo del bestiame;

omissis

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 2

(Integrazione della definizione di attività connesse)

1. All’articolo 2135 del codice civile è aggiunto il seguente comma:

“Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, sono anche attività connesse la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche, nonché la produzione di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo o di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo, quando siano effettuate dagli imprenditori agricoli. Esse si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari.”

c.c. art. 2135.

Imprenditore agricolo

È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge

 

L. 266/05 art. 1

Co. 423. Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.

Cfr. art. 1 DPR

 

 

 

Art. 3

(Iscrizione delle imprese agricole nella sezione speciale del registro delle imprese)

1. L’articolo 2136del codice civile è sostituito dal seguente:

 

 

 

 

 

 

 

 

“Art. 2136(Registro delle imprese agricole)

L'iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'articolo 2193.”

c.c. art. 2136.

Inapplicabilità delle norme sulla registrazione.

Le norme relative alla iscrizione nel registro delle imprese non si applicano agli imprenditori agricoli, salvo quanto è disposto dall'articolo 2200

c.c. Art. 2200. Società.

Sono soggette all'obbligo [c.c. 2194] dell'iscrizione nel registro delle imprese le società costituite secondo uno dei tipi regolati nei capi III e seguenti del titolo V [c.c. 2291] e le società cooperative [c.c. 2511], anche se non esercitano un'attività commerciale [c.c. 2195, 2949].

L'iscrizione delle società nel registro delle imprese è regolata dalle disposizioni dei titoli V e VI

 

D.Lgs. 228/01

Art. 2. Iscrizione al registro delle imprese.

1. L'iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile, oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'articolo 2193 del codice civile.

Definizione di coltivatore diretto

Il Titolo I contiene le disposizioni che integrano direttamente il codice civile.

L’articolo 1 inserisce nel codice civile (art. 2083) la definizione di coltivatore diretto.

Il problema di fondo della definizione di coltivatore diretto riguarda il fatto che non vi è nel nostro ordinamento una definizione unica applicabile ad ogni situazione, ma si deve far ricorso alla legge che di volta in volta deve essere applicata e alle interpretazioni giurisprudenziali[1]. La scelta compiuta nello schema di riordino è quella di riprodurre, per accorpamento, una disposizione contenuta nella legge sui contratti agrari (legge 203/1982 art. 6) ed una disposizione contenuta nella legge 454/1961 recante il Piano quinquennale per lo sviluppo dell’agricoltura. Rispetto alle disposizioni riprodotte la differente formulazione è di carattere formale.

Integrazione della definizione di attività agricole connesse

L'art. 2135, comma 3, del codice civile contiene il riferimento alle attività connesse, vale a dire quelle attività che, se svolte autonomamente, rientrano nell'ambito dell'art. 2195 integrando gli estremi di un'impresa commerciale, mentre quando vengono svolte dall'imprenditore agricolo, rientrano nell'ambito dell'impresa agricola.

 Lo schema di riordino, all’articolo 2, aggiunge alle ipotesi di attività connessa dell’imprenditore agricolo, l’attività di produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili e di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti dal fondo o di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli.

La definizione codicistica di attività connesse, è effettuata tramite la riproduzione, con diversa formulazione lessicale, di alcune disposizioni contenute in recenti leggi finanziarie in base alle quali l'attività di produzione di biomasse destinate alla trasformazione in fonti energetiche rinnovabili è considerata attività agricola. Tale qualifica è stata effettuata in primo luogo dalla legge finanziaria 2006 (art. 1, 423° co., L. 23.12.2005 n. 266) e poi ripresa dalla legge finanziaria 2007 (art. 1, 369° co., L. 27.12.2006, n. 296). La legge finanziaria del 2006 ha qualificato come connesse alle attività agricole ex art. 2135, 3° co. quelle aventi ad oggetto la produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali; la legge finanziaria del 2007 ha esteso la qualifica di agrarietà anche alle produzioni di energia da fonti fotovoltaiche, da carburanti vegetali ottenuti prevalentemente dalla coltivazione dei fondi rustici e da prodotti chimici derivanti da prodotto agricoli del fondo, allo scopo di qualificare il reddito derivante da tali attività come reddito agrario[2].

 

Va osservato che il tenore letterale della nuova formulazione sembra far riferimento alla produzione e cessione di energia e alla sola produzione e non anche alla cessione di carburanti. Se così fosse si tratterebbe di una modifica sostanziale rispetto alla normativa vigente.

Iscrizione delle imprese agricole nel registro delle imprese

L’articolo 3 dello schema di riordino sostituisce l’attuale formulazione dell’articolo 2136 c.c[3], tramite la riproduzione del comma 1 dell’articolo 2 del D.Lgs. 18.5.2001, n. 228 “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo”.

Tale disposizione, attualmente vigente, ha introdotto importanti novità rispetto alla soluzione codicistica: l'iscrizione degli imprenditori agricoli, dei coltivatori diretti e delle società semplici esercenti attività agricola nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'art. 2188 ss., oltre alle funzioni di certificazione anagrafica ed a quelle previste dalle leggi speciali, ha l'efficacia di cui all'art. 2193, in base al quale gli effetti della pubblicità realizzata mediante il registro delle imprese sono «dichiarativi», consentono cioè di opporre ai terzi la fattispecie iscritta a prescindere dall'effettiva conoscenza che quelli ne abbiano: si realizza così una situazione giuridica che si è definita come di «conoscibilità legale».

 


Titolo II – Delle qualifiche soggettive e delle attività dell’imprenditore agricolo

Capi I-IV (artt. 4-12)

Codice

Norme di riferimento

Art. 4

(Degli equiparati all’imprenditore agricolo)

1. Fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge per gli imprenditori di cui alla lettera e), sono equiparati all’imprenditore agricolo:

a) le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci;

b) le cooperative agricole di conduzione di terreni e di allevamento;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

c) le cooperative di imprenditori agricoli e i loro consorzi, quando utilizzano per lo svolgimento delle attività connesse di cui all’articolo 2135 prevalentemente prodotti dei soci, o forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico7;

 

 

 

d) le cooperative di servizi forestali e i loro consorzi di cui all’articolo 22 (a p. 27);

 

 

 

 

 

 

e) gli esercenti l’attività imprenditoriale di pesca di cui all’articolo 19 (v. p. 23)

 

 

2. Le società di cui alla lettera a) del comma 1 possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento”.

L. 296/06 art. 1

Co. 1094. Si considerano imprenditori agricoli le società di persone e le società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci. In tale ipotesi, le società possono optare per la determinazione del reddito applicando all’ammontare dei ricavi il coefficiente di redditività del 25 per cento (cfr. il successivo co. 2 dell’art. 4).

 

D.Lgs. 99/2004 art. 1

Co. 3. Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari;

b) [nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale];

c) nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.

 

D.Lgs. 228/01

art. 1 Imprenditore agricolo.

Co. 2. Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 2135 del codice civile, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico

 

D.Lgs. 227/01

Art. 8. Esercizio di attività selvicolturali.

Co. 1. Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli

 

D.Lgs. 226/01

Art. 2. Imprenditore ittico.

Co. 5. Fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge, l'imprenditore ittico è equiparato all'imprenditore agricolo e le imprese di acquacoltura sono equiparate all'imprenditore ittico.

 

Cfr. supra L. 296/06 art. 1, Co. 1094

Art. 5

(Degli equiparati al coltivatore diretto)

1. Sono equiparati al coltivatore diretto ai soli fini della disciplina del contratto di affitto di fondi rustici le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi, anche quando la costituzione in forma associativa e cooperativa è avvenuta per conferimento da parte dei soci di fondi precedentemente affittati singolarmente.

2. Sono equiparati al coltivatore diretto ai soli fini della disciplina del contratto di affitto di fondi rustici i laureati o diplomati in qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale e i laureati in veterinaria per le aziende a prevalente indirizzo zootecnico, in età non superiore ai cinquantacinque anni, che si impegnino ad esercitare in proprio la coltivazione dei fondi per almeno nove anni”.

L. 203/82 Norme sui contratti agrari.

art. 7 Equiparazione ai coltivatori diretti.

Sono equiparati ai coltivatori diretti, ai fini della presente legge, anche le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi, anche quando, la costituzione in forma associativa e cooperativa è avvenuta per conferimento da parte dei soci di fondi precedentemente affittati singolarmente.

 

 

 

Sono inoltre equiparati ai coltivatori diretti, ai fini della presente legge, i laureati o diplomati di qualsiasi scuola di indirizzo agrario o forestale e i laureati in veterinaria per le aziende a prevalente indirizzo zootecnico, in età non superiore ai cinquantacinque anni, che si impegnino ad esercitare in proprio la coltivazione dei fondi, per almeno nove anni.

 

 

Capo II

Degli imprenditori agricoli professionali

 

Art. 6

(Imprenditore agricolo professionale)

1. Ai fini dell’applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi del diritto comunitario, dedichi alle attività agricole di cui all’articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l’espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l'attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per l’imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui al diritto dell’Unione europea, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento.

2. Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1. È fatta salva la facoltà dell’Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476.

3. L’imprenditore agricolo professionale persona fisica deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale dell’agricoltura.

 

 

 

 

4. Qualunque riferimento nella legislazione vigente all’imprenditore agricolo a titolo principale si intende riferito all’imprenditore agricolo professionale come definito nel presente articolo.

D.Lgs. 99/04 art. 1

Imprenditore agricolo professionale.

1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio, dedichi alle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro. Le pensioni di ogni genere, gli assegni ad esse equiparati, le indennità e le somme percepite per l'espletamento di cariche pubbliche, ovvero in associazioni ed altri enti operanti nel settore agricolo, sono escluse dal computo del reddito globale da lavoro. Nel caso delle società di persone e cooperative, ivi incluse le cooperative di lavoro, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito di cui al primo periodo, è idonea a far acquisire ai medesimi la qualifica di imprenditore agricolo professionale e al riconoscimento dei requisiti per i soci lavoratori. Nel caso di società di capitali, l'attività svolta dagli amministratori nella società, in presenza dei predetti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per l'imprenditore che operi nelle zone svantaggiate di cui all'articolo 17 del citato regolamento (CE) n. 1257/1999, i requisiti di cui al presente comma sono ridotti al venticinque per cento.

 

 

 

 

 

 

 

2. Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1. È fatta salva la facoltà dell'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476.

 

 

5-bis. L'imprenditore agricolo professionale persona fisica, anche ove socio di società di persone o cooperative, ovvero amministratore di società di capitali, deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale per l'agricoltura. Ai soci lavoratori di cooperative si applica l'articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142 (cfr. il succ. art. 11 co. 2 dello schema).

5-quater. Qualunque riferimento nella legislazione vigente all'imprenditore agricolo a titolo principale si intende riferito all'imprenditore agricolo professionale, come definito nel presente articolo.

 

Capo III

Delle società agricole

 

Art. 7

(Definizione di società agricola)

1. Le società che hanno quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile contengono nella ragione sociale o nella denominazione sociale l’indicazione di “società agricola”.

2. Le società agricole di cui al comma 1 possono costituirsi secondo uno dei tipi regolati nel titolo V del libro V del codice civile.

3. Le società costituite alla data del 7 maggio 2004, che abbiano i requisiti di cui al presente articolo, devono inserire nella ragione sociale o nella denominazione sociale la indicazione di «società agricola» ed adeguare lo statuto, ove redatto. Le predette società sono esentate dal pagamento di tributi e diritti dovuti per l'aggiornamento della ragione sociale o denominazione sociale negli atti catastali e nei pubblici registri immobiliari e per ogni altro adempimento a tal fine necessario.

D.Lgs. 99/04 Art. 2.

Società agricole.

1. La ragione sociale o la denominazione sociale delle società che hanno quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività di cui all' articolo 2135 del codice civile deve contenere l'indicazione di società agricola.

 

[Così la dottrina, ma nessuna norma scritta]

 

 

2. Le società costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, che abbiano i requisiti di cui al presente articolo, devono inserire nella ragione sociale o nella denominazione sociale la indicazione di “società agricola” ed adeguare lo statuto, ove redatto. Le predette società sono esentate dal pagamento di tributi e diritti dovuti per l'aggiornamento della ragione sociale o denominazione sociale negli atti catastali e nei pubblici registri immobiliari e per ogni altro adempimento a tal fine necessario.

Art. 8

(Requisiti di professionalità delle società agricole di persone e di capitali)

1. Le società di persone sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, e almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita semplice, la qualifica si riferisce ai soci accomandatari.

 

 

2. Le società di capitali sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, ed almeno un amministratore sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.

3. Il possesso dei requisiti di professionalità è accertato dalle Regioni (troppo generico, andrebbe fatto riferimento ai “requisiti di cui al co. 1 dell’art. 6”)

D.Lgs. 99/2004 art. 1

 

Co. 3. Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all'articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari;

b) [nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (lett. soppressa dall'art. 1, D.Lgs. n. 101/2005)];

c) nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale.

 

Co. 2. Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1. È fatta salva la facoltà dell'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476 (cfr. art. 6 co. 2 dello schema).

Art. 9

(Requisiti di professionalità delle società agricole cooperative e consortili)

1. Le società cooperative sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l’esercizio esclusivo delle attività di cui all’articolo 2135 del codice civile, ed almeno un amministratore, che sia anche socio, sia in possesso della qualifica di esercente attività agricola professionale.

 

2. Le società consortili sono considerate imprenditori agricoli professionali quando ricorrono i requisiti previsti, rispettivamente, dal primo comma, nel caso di società di persone, e dal terzo comma dell’articolo 8, nel caso di società di capitali.

 

 

 

 

3. Il possesso dei requisiti di professionalità è accertato dalle Regioni (troppo generico, andrebbe fatto riferimento ai “requisiti di cui al co. 1 dell’art. 6”).

D.Lgs. 99/04 art. 1

 

 

Co. 3 Le società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate imprenditori agricoli professionali qualora lo statuto preveda quale oggetto sociale l'esercizio esclusivo delle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile e siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) nel caso di società di persone qualora almeno un socio sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale. Per le società in accomandita la qualifica si riferisce ai soci accomandatari;

b) [nel caso di società cooperative, ivi comprese quelle di conduzione di aziende agricole, qualora almeno un quinto dei soci sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale (lett. soppressa dall'art. 1, D.Lgs. n. 101/2005]

c) nel caso di società di capitali o cooperative, quando almeno un amministratore che sia anche socio per le società cooperative sia in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale

D.Lgs. 99/04 art. 1

Co. 2. Le regioni accertano ad ogni effetto il possesso dei requisiti di cui al comma 1. È fatta salva la facoltà dell'Istituto nazionale di previdenza sociale (INPS) di svolgere, ai fini previdenziali, le verifiche ritenute necessarie ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 476 (v. art. 6 co. 2 dello schema).

Art. 10

(Qualifica degli amministratori)

1. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell’amministratore ad una sola società.

D.Lgs. 99/04 art. 1

 

Co. 3-bis. La qualifica di imprenditore agricolo professionale può essere apportata da parte dell'amministratore ad una sola società.

Art. 11

(Posizioni soggettive dei soci delle società agricole)

1. I soci delle società semplici, delle società di persone e delle società cooperative, nonché l’amministratore di società di capitali, in possesso della qualifica di imprenditore agricolo professionale, devono iscriversi nella gestione previdenziale e assistenziale per l’agricoltura. Se già iscritti, mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento del fabbisogno lavorativo prescritto, si computa anche l’apporto delle unità iscritte nel rispettivo nucleo familiare (l’apporto lavorativo familiare non era previsto per l’amministratore né per le coop)

2. Ai soci lavoratori di cooperative agricole si applica l’articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Le indennità e le somme percepite per l’attività svolta in società agricole di persone, cooperative, di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate come redditi da lavoro derivanti da attività agricole ai fini dell’acquisizione della qualifica di imprenditore agricolo professionale, e consentono l’iscrizione del soggetto interessato nella gestione previdenziale ed assistenziale per l’agricoltura.

D.Lgs. 99/04 art. 1

 

 

Co. 5-bis. L'imprenditore agricolo professionale persona fisica, anche ove socio di società di persone o cooperative, ovvero amministratore di società di capitali, deve iscriversi nella gestione previdenziale ed assistenziale per l'agricoltura. Ai soci lavoratori di cooperative si applica l'articolo 1, comma 3, della legge 3 aprile 2001, n. 142 (per lo IAP v. l’art. 6 co.2 dello schema).

D.lgs. 228/01 art.9

Soci di società di persone.

Co.1. Ai soci delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale, continuano ad essere riconosciuti e si applicano i diritti e le agevolazioni tributarie e creditizie stabiliti dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso delle predette qualifiche. I predetti soggetti mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento, da parte del socio, del fabbisogno lavorativo prescritto, si computa anche l'apporto delle unità attive iscritte nel rispettivo nucleo familiare. (Non sono contemplati gli amministratore di società di capitali né le coop)

D.Lgs. 99/04 art. 1 Imprenditore agricolo professionale

Co. 1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è imprenditore agricolo professionale (IAP) colui il quale, in possesso di conoscenze e competenze professionali ai sensi dell'articolo 5 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del 17 maggio 1999, del Consiglio, dedichi alle attività agricole di cui all' articolo 2135 del codice civile, direttamente o in qualità di socio di società, almeno il cinquanta per cento del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi dalle attività medesime almeno il cinquanta per cento del proprio reddito globale da lavoro.[…]

Co. 5. Le indennità e le somme percepite per l'attività svolta in società agricole di persone, cooperative, di capitali, anche a scopo consortile, sono considerate come redditi da lavoro derivanti da attività agricole ai fini del presente articolo, e consentono l'iscrizione del soggetto interessato nella gestione previdenziale ed assistenziale per l'agricoltura.


Art. 12

(Agevolazioni fiscali e previdenziali)

1 Le persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto godono delle agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente

2 All'imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1 dell’articolo 6, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime.

3 Alle società agricole di cui all'articolo 7, qualificate imprenditori agricoli professionali per i requisiti di cui al comma 2 dell’articolo 8 e al comma 2 dell’articolo 9, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime.

4 Le agevolazioni di cui al comma 2 sono riconosciute anche alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, alle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché alle società cooperative con almeno un amministratore socio coltivatore diretto, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale. In ogni caso le agevolazioni, se richieste dalla società, non possono essere riconosciute anche al coltivatore diretto socio o amministratore. La perdita dei requisiti di cui al presente comma entro cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni determina la decadenza dalle agevolazioni medesime.

5 Le disposizioni del comma 2 relative all'imprenditore agricolo professionale si applicano anche ai soggetti persone fisiche o società che, pur non in possesso della detta qualifica, abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica alla Regione competente che rilascia apposita certificazione, nonché si siano iscritti all'apposita gestione dell'INPS. Entro ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell'istanza di riconoscimento, salvo diverso termine stabilito dalle regioni, il soggetto interessato deve risultare in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 3, pena la decadenza degli eventuali benefici conseguiti. Le regioni e l'Agenzia delle entrate definiscono modalità di comunicazione delle informazioni relative al possesso dei requisiti relativi alla qualifica.

6 Alle società agricole di cui all'articolo 7 sono in ogni caso riconosciute le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

(la disp. originaria limita i benefici alle sole società di persone con almeno metà dei soci…)

 

 

D.Lgs. 99/04 art.1

 

 

 

 

 

Co. 4. All'imprenditore agricolo professionale persona fisica, se iscritto nella gestione previdenziale ed assistenziale, sono altresì riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui al comma 1, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime.

 

 

D.Lgs. 99/04 Art. 2

Co. 4. Alle società agricole di cui all'articolo 1, comma 3, qualificate imprenditori agricoli professionali, sono riconosciute le agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto. La perdita dei requisiti di cui all'articolo 1, comma 3, nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni ricevute in qualità di imprenditore agricolo professionale determina la decadenza dalle agevolazioni medesime.

 

 

 

 

Co. 4-bis. Le agevolazioni di cui al comma 4 sono riconosciute anche alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto, alle società agricole di capitali con almeno un amministratore coltivatore diretto, nonché alle società cooperative con almeno un amministratore socio coltivatore diretto, iscritti nella relativa gestione previdenziale e assistenziale. La perdita dei requisiti di cui al presente comma nei cinque anni dalla data di applicazione delle agevolazioni determina la decadenza dalle agevolazioni medesime

 

 

 

 

 

D.Lgs. 99/04 Art. 1

Co.5-ter Le disposizioni relative all'imprenditore agricolo professionale si applicano anche ai soggetti persone fisiche o società che, pur non in possesso dei requisiti di cui ai commi 1 e 3, abbiano presentato istanza di riconoscimento della qualifica alla Regione competente che rilascia apposita certificazione, nonché si siano iscritti all'apposita gestione dell'INPS. Entro ventiquattro mesi dalla data di presentazione dell'istanza di riconoscimento, salvo diverso termine stabilito dalle regioni, il soggetto interessato deve risultare in possesso dei requisiti di cui ai predetti commi 1 e 3, pena la decadenza degli eventuali benefici conseguiti. Le regioni e l'Agenzia delle entrate definiscono modalità di comunicazione delle informazioni relative al possesso dei requisiti relativi alla qualifica di IAP.

 

D.Lgs. 99/04 Art. 2

Co. 3. L'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, ed all'articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile. Alla medesima società sono in ogni caso riconosciute, altresì, le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

Nel Titolo II dello schema di riordino trovano posto le norme dedicate alle qualifiche soggettive degli imprenditori agricoli, le quali occupano un posto di rilievo nel quadro delle politiche volte alla modernizzazione del settore primario, che nel nostro Paese si contraddistingue per la scarsa diffusione di forme imprenditoriali di tipo professionale.

Equiparazione di soggetti

L’articolo 4 compie una ricognizione delle norme in materia di soggetti equiparati all’imprenditore agricolo.

In particolare è riprodotta (lettera a) la norma dall’art. 1, comma 1094, della finanziaria 2007, il quale prevede che le società a responsabilità limitata, in nome collettivo e in accomandita semplice si considerano imprenditori agricoli se provvedono esclusivamente alla trasformazione, manipolazione, conservazione, valorizzazione e commercializzazione dei prodotti agricoli ceduti dai soci, determinandosi in questo caso il reddito in misura forfetaria, con applicazione all’ammontare dei ricavi di un coefficiente di redditività del 25%. L’art. 1, comma 177, della finanziaria 2008, ha poi reso opzionale tale determinazione forfetaria.

In secondo luogo si fa riferimento (lettera b) alle cooperative agricole di conduzione di terreni e di allevamento. Tale disposizione era contenuta nell’articolo 1, comma 3, lettera b) del D.Lgs. 99/2004 che è stata però soppressa dal D.Lgs. 101/2005. Nella nota di accompagnamento al testo si specifica però che la soppressione fa riferimento al numero dei soci in possesso della qualifica IAP, mentre si potrebbe trarre da una valutazione sistematica che le cooperative di conduzione dei terreni costituite da coltivatori diretti sono equiparate ai coltivatori diretti.

L’individuazione degli altri soggetti equiparati è compiuta attraverso la riproduzione delle disposizioni di cui ai c.d. decreti di orientamento (D.Lgs. 226/2001; 227/2001 e 228/2001).

Il D.Lgs. 18.5.2001, n. 228 all'art. 1, comma 2, infatti, considera imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli e i loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscano prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura del ciclo biologico.

Il D.Lgs. 18.5.2001 n. 227 all’art. 8 prevede che le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli

Anche l'imprenditore ittico, è equiparato all’imprenditore agricolo, fatte salve le disposizioni più favorevoli, all'imprenditore agricolo, ai sensi dell'art. 2, 3° co., D.Lgs. 18.5.2001, n. 226[4]

Le tre norme da ultimo citate sono riprodotte testualmente nelle lettere c), d) ed e) dell’articolo 4 in commento.

Trovano spazio all’interno del Capo dedicato agli equiparati, anche le norme concernenti gli equiparati al coltivatore diretto (articolo 5), le quali vengono riprodotte, ai soli fini della disciplina del contratto di affitto dei fondi rustici.

 

Va osservato che non appare chiaro l’impianto dell’articolo 4, in quanto in esso trovano posto sia i soggetti che esercitano l’attività di impresa agricola e sono dunque considerati dalla normativa vigente imprenditori agricoli (lettere a), b) e c), sia i soggetti propriamente equiparati (lettere d) ed e). Sembrerebbe opportuna una riformulazione della disposizione che distinguesse i soggetti che sono considerati imprenditori agricoli dai soggetti equiparati (cooperative di servizi forestali e pescatori).

L’imprenditore agricolo professionale

La normativa di riferimento che il codice intende razionalizzare e riprodurre è in primo luogo il decreto legislativo n. 99 del 2004[5], successivamente modificato dal decreto legislativo n. 101 del 2005, con il quale è stata introdotta nell’ordinamento la nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP) e si è definita una nuova disciplina delle società agricole. La scelta effettuata nel riordino è quella di separare formalmente le norme che riguardano l’imprenditore agricolo professionale (Capo I) da quelle attinenti alle società agricole.

 

La nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), che sostituisce quella di imprenditore agricolo a titolo principale (IATP) introdotta dal decreto legislativo n. 228 del 2001 (adeguando in questo modo l’ordinamento interno alla nuova disciplina comunitaria in materia), viene riconosciuta a chi, in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e ricavi da tali attività almeno il 50% del proprio reddito globale. Per i soggetti che operino nelle zone svantaggiate (come definite dalla normativa comunitaria) i requisiti suddetti sono ridotti al 25%. La qualifica di IAP può essere riconosciuta, a condizione che almeno un socio sia in possesso di tale qualifica, anche alle società che abbiano come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole. nel caso di società di persone o di cooperative, l'attività svolta dai soci nella società, in presenza dei prescritti requisiti di conoscenze e competenze professionali, tempo lavoro e reddito, è idonea ad attribuire agli stessi la qualifica di imprenditore agricolo professionale ; analogamente, nel caso di società di capitali, ove ricorrano i menzionati requisiti, l'attività svolta dagli amministratori nella società è idonea a far acquisire ai medesimi amministratori la qualifica di imprenditore agricolo professionale.

La competenza relativa all’accertamento del possesso dei requisiti richiesti ai fini del riconoscimento della qualifica di imprenditore agricolo professionale (IAP) spetta alle regioni.

 

L’articolo 6 dello schema di riordino riproduce alcune delle norme contenute nell’articolo 1, del citato D.Lgs. 99/2004, così come modificato dal D.Lgs. 101/2005. Le altre disposizioni di cui all’articolo 1 del D.Lgs. 99/2004 riguardanti i requisiti di professionalità delle società agricole e di capitali sono state invece riprodotte nel Capo III del Titolo II dello schema di riordino, dedicato alle società agricole (artt. 8-9 e 10).

Le società agricole.

Come si è detto anche per quanto concerne le società agricole la normativa riprodotta è quella contenuta nel D.Lgs. 99/2004 così come modificato dal D.Lgs. 101/2005.

Va segnalato che il comma 2 dell’articolo 7, non riproduce alcuna disposizione vigente, enunciando il principio secondo il quale le società agricole possono costituirsi secondo uno dei tipi societari previsti dal codice civile, così come può desumersi dalla disciplina in materia di IAP. Si tratta dunque di una disposizione formalmente nuova, ma che dovrebbe limitarsi ad enunciare con evidenza un principio desumibile dalle norme in vigore.

 

Per quanto riguarda i requisiti di professionalità delle società agricole, lo schema di riordino, per esigenze di chiarezza, riformula le disposizioni di cui all’articolo 3 del più volte citato D.Lgs. 99/2004 riproducendo, con le necessarie riformulazioni formali, in due distinti articoli le disposizioni riguardanti i requisiti di professionalità delle società agricole di persone e di capitali (art. 8) e quelli delle società agricole cooperative e consortili (art. 9).

Si segnala che al comma 2 dell’articolo 9 il richiamo interno al terzo comma, andrebbe più correttamente riferito al secondo comma.

 

Una segnalazione particolare merita l’articolo 11 dello schema di riordino, che tratta delle posizioni soggettive dei soci delle società agricole.

Tale disposizione, al comma 1, accorpa due disposizioni aventi soggetti in parte diversi, con l’effetto di una modifica sostanziale della normativa vigente.

In particolare il primo periodo riproduce l’articolo 1, comma 4 del D.Lgs. 101/2005 secondo il quale i soci delle società semplici, delle società di persone e delle società cooperative, nonché l’amministratore di società di capitali devono iscriversi alle gestione previdenziale e assistenziale per l’agricoltura. Il secondo periodo del comma 1 dell’articolo 11 in commento riproduce invece, omettendo i soggetti e riferendola dunque ai medesimi soggetti di cui al primo periodo, una parte della disposizione contenuta nell’articolo 9 del D.Lgs. 228/2001 secondo la quale “i predetti soggetti” mantengono la qualifica previdenziale e, ai fini del raggiungimento, da parte del socio, del fabbisogno lavorativo prescritto, si computa anche l'apporto delle unità attive iscritte nel rispettivo nucleo familiare. In realtà i “predetti soggetti” cui fa riferimento la parte della norma di cui all’articolo 9 del D.Lgs. 228/2001 sono i soci delle società di persone esercenti attività agricole, in possesso della qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo a titolo principale e dunque differiscono dai soggetti cui fa riferimento la norma introdotta nello schema, con l’effetto di estendere la disciplina oltre che alle società di persone anche ai soci delle società semplici, delle società cooperative, nonché all’amministratore di società di capitali.

Le agevolazioni agli imprenditori agricoli

L’articolo 12, riproduce una serie di disposizioni di cui al D.Lgs. 99/2004 come modificato dal D.Lgs. 101/2005, concernenti le agevolazioni fiscali e previdenziali in favore dei coltivatori diretti , imprenditore agricolo professionale persona fisica, società agricole.

Si osserva preliminarmente che la disposizione di cui al comma 1 dell’articolo 12, a differenza di quanto riportato in nota, non risulta riprodotta da alcuna norma vigente.

Va osservato inoltre che all’articolo 12, comma 3, concernente l’estensione alle società agricole delle agevolazioni tributarie in materia di imposizione indiretta e creditizie a favore del coltivatore diretto, non appaiono coincidenti i soggetti della norma riprodotta (D.Lgs. 99/04, art. 2, comma 4) e della norma inserita nello schema: il riferimento della norma vigente è alle società di persone, cooperative e di capitali, anche a scopo consortile, mentre la norma “nuova” sembra far riferimento (attraverso il richiamo dei requisiti di cui al comma 2 dell’art. 8 e al comma 2 dell’art. 9) alle sole società di capitali e consortili.

 

Va infine osservato che, all’articolo 12, comma 6, in materia di agevolazioni previdenziali e assistenziali in favore della società agricola, non sembra esservi coincidenza tra i soggetti beneficiari della norma riprodotta (D.Lgs. 99/04, art. 2, comma 3) e quelli della norma inserita nello schema: la norma vigente che si intenderebbe riprodurre fa infatti riferimento alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nel registro delle imprese. La norma inserita fa un generico riferimento alla società agricola di cui all’articolo 7 del codice stesso il quale detta la definizione di società agricola che comprende tutti i tipi di società.


Capo V (art. 13)

Codice

Norme di riferimento

CAPO V

Dell’imprenditore agricolo giovane

 

Art. 13

(Imprenditori agricoli giovani)

1. Ai fini dell’applicazione della normativa statale è considerato giovane imprenditore agricolo l’imprenditore che non ha ancora compiuto i 40 anni.

D.lgs. 228/01 art. 4-bis (introdotto dall’art. 3 del D.lgs. 99/04)

(Imprenditoria agricola giovanile)

Co. 1. Ai fini dell'applicazione della normativa statale, è considerato giovane imprenditore agricolo l'imprenditore agricolo avente una età non superiore a 40 anni.».

Reg. (CE) n. 1698/2005 art. 22

Insediamento di giovani agricoltori.

1. Il sostegno di cui all'articolo 20, lettera a), punto ii), è concesso ad agricoltori:

a) di età inferiore a 40 anni che si insediano per la prima volta in un'azienda agricola in qualità di capo dell'azienda; omissis

 

2. Al fine di favorire la creazione di nuova imprenditorialità in agricoltura, possono essere ammessi ai benefici di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, i giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria, subentranti nella conduzione dell’azienda agricola, che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori di cui al comma 5. Le agevolazioni di cui al Capo III del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, sono concedibili su tutto il territorio nazionale e nel rispetto di quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli.

3. I soggetti di cui al comma 2 devono risultare residenti, alla data del subentro, nei comuni ricadenti, anche in parte, nell’ambito territoriale di applicazione di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185. Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori di cui segue articolo 13

all’articolo 2 del detto decreto legislativo n. 185 del 2000. L’azienda agricola deve essere localizzata nei territori di cui all’articolo 2 del detto decreto legislativo n. 185 del 2000.

D.Lgs. 185/2000 art 9

Soggetti beneficiari.

Co.1. Al fine di favorire la creazione di nuova imprenditorialità in agricoltura, possono essere ammessi ai benefìci di cui all'articolo 3, i giovani imprenditori agricoli, anche organizzati in forma societaria, subentranti nella conduzione dell'azienda agricola, che presentino progetti per lo sviluppo o il consolidamento di iniziative nei settori di cui all'articolo 10, comma 1.

Co. 01. Le agevolazioni di cui al presente capo sono concedibili su tutto il territorio nazionale nel rispetto di quanto previsto dalla normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato per il settore agricolo e per quello della trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli.

 

 

 

 

Co. 2. I soggetti di cui al comma 1 devono risultare residenti, alla data del subentro, nei comuni ricadenti, anche in parte, nei territori di cui all'articolo 2. Le società subentranti, alla data di presentazione della domanda, devono avere la sede legale, amministrativa ed operativa nei territori di cui all'articolo 2.

Co. 3. L'azienda agricola deve essere localizzata nei territori di cui all'articolo 2.

 

 

4. Le società subentranti devono essere amministrate da un giovane imprenditore agricolo e devono essere prevalentemente composte da soggetti di età compresa fra i 18 e i 39 anni che abbiano la maggioranza assoluta numerica e delle quote di partecipazione.

D.lgs. 185/2000 art. 9

Co.2-bis. Le società subentranti devono essere amministrate da un giovane imprenditore agricolo e devono essere prevalentemente composte da soggetti di età compresa tra i 18 e i 39 anni che abbiano la maggioranza assoluta numerica e delle quote di partecipazione.

 

 

 

5. Possono essere finanziati, secondo i criteri e gli indirizzi stabiliti dal CIPE e nei limiti posti dall’Unione europea, i progetti relativi ai settori della produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura. Sono esclusi dal finanziamento i progetti che: prevedono investimenti superiori a euro 1.050 al netto dell’IVA; si riferiscono a settori esclusi o sospesi dal CIPE o da disposizioni comunitarie.

D.lgs. 185/2000 art.10

Progetti finanziabili.

Co.1. Possono essere finanziati, secondo i criteri e gli indirizzi stabiliti dal CIPE e nei limiti posti dall’Unione europea, i progetti relativi ai settori della produzione, commercializzazione e trasformazione di prodotti in agricoltura.

Co.2. Sono esclusi dal finanziamento i progetti che:

a) prevedono investimenti superiori a lire due miliardi al netto dell’IVA;

b) si riferiscono a settori esclusi o sospesi dal CIPE o da disposizioni comunitarie.

 

 

 

6. Le regioni accordano prioritariamente gli aiuti previsti dal diritto dell’Unione europea ai giovani agricoltori che si insediano nelle zone di montagna o svantaggiate, nonché ai giovani agricoltori che succedono al titolare dell’azienda quando questi abbia aderito al regime di aiuti a favore del prepensionamento disposti dal diritto dell’Unione europea.

7. Per poter accedere agli aiuti i giovani agricoltori devono avere frequentato almeno la scuola dell’obbligo ed aver partecipato o impegnarsi a partecipare nei ventiquattro mesi successivi alle iniziative formative di cui ai commi 4 e 5 dell’articolo 3 della legge 15 dicembre 1998, n. 441. Sono esentati da tale ultimo impegno i giovani che già siano in possesso di un diploma di laurea o di scuola media superiore ad indirizzo agrario o di un diploma assimilabile, ovvero del titolo conseguito presso istituti professionali di Stato per l’agricoltura o ad essi parificati, nonché quelli che abbiano maturato una esperienza almeno triennale nella qualifica di coadiuvante o di collaboratore familiare.

8. La determinazione della quota del reddito agricolo rispetto al reddito totale, per le finalità di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 950/97 e successive modificazioni, è effettuata secondo il criterio del reddito lordo standard (RLS) di cui alla decisione 85/377/CEE della Commissione, del 7 giugno 1985, calcolato su stime standardizzate per ettari di superficie, nel caso delle produzioni vegetali, e per capi di bestiame, suddivisi per specie e categorie, nel caso delle produzioni animali, o desunta dalla contabilità aziendale ove richiesto dall'imprenditore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

9. Le regioni disciplinano le modalità di adeguamento della formazione professionale alle esigenze di un’agricoltura moderna previste dal diritto dell’Unione europea, in particolare per quanto concerne i giovani agricoltori.

L. 441/98 art. 3

Aiuti al primo insediamento determinazione del reddito e formazione.

Co.1. Le regioni accordano prioritariamente gli aiuti di cui all'articolo 10 del citato regolamento (CE) n. 950/97 ai giovani agricoltori che si insediano nelle zone di montagna o svantaggiate delimitate ai sensi degli articoli 21 e seguenti del medesimo regolamento, nonché ai giovani agricoltori che succedono al titolare dell'azienda quando questi abbia aderito al regime di aiuti previsto dal programma di cui al regolamento (CE) n. 2079/92 del Consiglio, del 30 giugno 1992.

Co.2. Per poter accedere agli aiuti i giovani agricoltori devono avere frequentato almeno la scuola dell'obbligo ed aver partecipato o impegnarsi a partecipare nei ventiquattro mesi successivi alle iniziative formative di cui ai commi 4 e 5. Sono esentati da tale ultimo impegno i giovani che già siano in possesso di un diploma di laurea o di scuola media superiore ad indirizzo agrario o di un diploma assimilabile, ovvero del titolo conseguito presso istituti professionali di Stato per l'agricoltura o ad essi parificati, nonché quelli che abbiano maturato una esperienza almeno triennale nella qualifica di coadiuvante o di collaboratore familiare.

 

 

 

 

 

Co.3. La determinazione della quota del reddito agricolo rispetto al reddito totale, per le finalità di cui all'articolo 5 del citato regolamento (CE) n. 950/97, è effettuata secondo il criterio del reddito lordo standard (RLS) di cui alla decisione 85/377/CEE della Commissione, del 7 giugno 1985, calcolato su stime standardizzate per ettari di superficie, nel caso delle produzioni vegetali, e per capi di bestiame, suddivisi per specie e categorie, nel caso delle produzioni animali, o desunta dalla contabilità aziendale ove richiesto dall'imprenditore.

Reg. (CE) n. 950/97 (abrogato)

Articolo 5 (le norme non sono state successiv. riprodotte)

[1. Il regime di aiuti agli investimenti è limitato alle aziende agricole il cui titolare:

a) esercita l'attività agricola a titolo principale.

Tuttavia, gli Stati membri possono applicare tale regime di aiuti agli imprenditori agricoli a tempo parziale che ricavano almeno il 50% del loro reddito totale dalle attività agricole, forestali, turistiche o artigianali, oppure da attività di conservazione dello spazio naturale che beneficiano di sovvenzioni pubbliche, svolte nella loro azienda, purché il reddito direttamente proveniente dall'attività agricola nell'azienda non sia inferiore al 25% del reddito totale dell'imprenditore e il tempo di lavoro dedicato alle attività esterne all'azienda non superi la metà del tempo di lavoro totale dell'imprenditore; ]

Co. 4. Le regioni disciplinano le modalità di adeguamento della formazione professionale alle esigenze di un'agricoltura moderna previste dagli articoli 26, 27 e 28 del citato regolamento (CE) n. 950/97, in particolare per quanto concerne i giovani agricoltori.

 

 

10. Come è disposto dell’articolo 4 della legge 15 dicembre 1998, n. 441, l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) destina,

segue articolo 13

in ciascun esercizio finanziario, fino al 60 per cento delle proprie disponibilità con priorità al finanziamento delle operazioni di acquisto o ampliamento di aziende da parte di giovani agricoltori.

L. 441/98 art. 4

Ristrutturazione fondiaria.

Co.1. La Cassa per la formazione della proprietà contadina, di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 5 marzo 1948, n. 121 , e successive modificazioni, di seguito denominata «Cassa»,

 

destina, in ciascun esercizio finanziario, fino al 60 per cento delle proprie disponibilità con priorità al finanziamento delle operazioni di acquisto o ampliamento di aziende da parte di:

a) giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto iscritti nelle relative gestioni previdenziali;

b) giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni che intendono esercitare attività agricola a titolo principale a condizione che acquisiscano entro ventiquattro mesi dall'operazione di acquisto o ampliamento la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto e la iscrizione nelle relative gestioni previdenziali entro i successivi dodici mesi;

c) giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, che siano subentrati per successione nella titolarità di aziende a seguito della liquidazione agli altri aventi diritto delle relative quote, ai sensi dell'articolo 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203.

 

 

Co.11. Al fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi ai beni costituenti l'azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant'altro strumentale all'attività aziendale oggetto di successione o di donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali e di bollo e soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa qualora i soggetti interessati siano:

a) coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli professionali, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali o a condizione che si iscrivano entro tre anni dal trasferimento;

b) giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni a condizione che acquisiscano la

segue articolo 13

qualifica di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni.

L. 441/98 art.14.

Disposizioni fiscali.

Co.1. Al fine di favorire la continuità dell'impresa agricola, anche se condotta in forma di società di persone, gli atti relativi ai beni costituenti l'azienda, ivi compresi i fabbricati, le pertinenze, le scorte vive e morte e quant'altro strumentale all'attività aziendale oggetto di successione o di donazione tra ascendenti e discendenti entro il terzo grado sono esenti dall'imposta sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali, di bollo e dall'INVIM e soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa qualora i soggetti interessati siano:

 

 

 

a) coltivatori diretti ovvero imprenditori agricoli a titolo principale, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, iscritti alle relative gestioni previdenziali, o a condizione che si iscrivano entro tre anni dal trasferimento;

 

b) giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni a condizione che acquisiscano la qualifica di coltivatore diretto o

 

di imprenditore agricolo a titolo principale entro ventiquattro mesi dal trasferimento, iscrivendosi alle relative gestioni previdenziali entro i successivi due anni

 

 

12. Al fine di favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile anche attraverso interventi di ricomposizione fondiaria, l’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della gioventù, individua, entro il ……ottobre 2009, i beni liberi di proprietà dello Stato aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini istituzionali, che possono essere ceduti in affitto ai sensi del comma 13. L’individuazione del bene ai sensi del presente comma ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato.

13. L’Agenzia del demanio cede in affitto i beni di cui al comma 12 a giovani imprenditori agricoli sulla base degli indirizzi adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

D.L. 78/2009 Art. 4-quinquies

Affitto di beni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici

Co.1. Al fine di favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile anche attraverso interventi di ricomposizione fondiaria, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, l’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, individua i beni liberi di proprietà dello Stato aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini istituzionali, che possono essere ceduti in affitto ai sensi del presente articolo. L’individuazione del bene ai sensi del presente comma ne determina il trasferimento al patrimonio disponibile dello Stato.

(La norma non prevede la consulenza delle Presidenza del Consiglio)

 

 

Co.2. L’Agenzia del demanio cede in affitto i beni di cui al comma 1 a giovani imprenditori agricoli sulla base degli indirizzi adottati con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

 

14 Ai contratti di affitto di cui al comma 13 si applicano le agevolazioni previste dall’ articolo 38. I contratti di affitto in favore dei giovani imprenditori agricoli che non hanno ancora compiuto i quaranta anni sono soggetti a registrazione solo in caso d'uso e per la quale è previsto l'importo in misura fissa di 51,65 euro. I detti benefìci sono revocati qualora sia accertata dai competenti uffici la mancata destinazione dei terreni affittati all'attività agricola da parte dell'interessato all'agevo­lazione.

Errata corrige: invece che rimandare all’art. 38 va fatto rimando ai commi 1 e 2 dell’art. 41

D.L. 78/2009 Art. 4-quinquies

Co.3 Ai contratti di affitto di cui al comma 2 del presente articolo si applicano le agevolazioni previste dall’ articolo 5-bis, commi 2 e 3, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

L. 441/98 art.15.

Accordi in materia di contratti agrari.

Co.1. Allo scopo di favorire il conseguimento di efficienti dimensioni delle aziende agricole, anche attraverso il ricorso all'affitto, i contratti di affitto in favore dei giovani imprenditori agricoli che non hanno ancora compiuto i quaranta anni sono soggetti a registrazione solo in caso d'uso e per la quale è previsto l'importo in misura fissa di 51,65 euro.

Co.2. I benefìci di cui al comma 1 sono revocati qualora sia accertata dai competenti uffici la mancata destinazione dei terreni affittati all'attività agricola da parte dell'interessato all'agevolazione.

 

15 I giovani imprenditori agricoli assegnatari di beni ai sensi del comma 13 possono accedere ai benefìci di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni.

D.L. 78/2009 Art. 4-quinquies

Co.4 I giovani imprenditori agricoli assegnatari di beni ai sensi del comma 2 del presente articolo possono accedere ai benefìci di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni.

16. Gli enti pubblici statali possono cedere in affitto beni aventi destinazione agricola di cui siano proprietari con le modalità di cui ai commi 13 e 14, previa autorizzazione dell’amministra­zione vigilante. I relativi proventi, nella misura del 90 per cento, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere rassegnati ad integrazione delle disponibilità del Fondi di solidarietà nazionale – incentivi assicurativi, di cui all’articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni.

17. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono impiegare con le modalità di cui al comma 11 i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola.

18. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali congiuntamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della gioventù presenta annualmente alle Camere una relazione sull’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 13 e 14, anche al fine della possibile estensione all’ipotesi di alienazione dei terreni interessati, indicando le modalità per l’esercizio del diritto di prelazione sui beni affittati.

D.L. 78/2009 Art. 4-quinquies

Co 5. Gli enti pubblici statali possono cedere in affitto beni aventi destinazione agricola di cui siano proprietari con le modalità di cui al presente articolo, previa autorizzazione dell’amministrazione vigilante. I relativi proventi, nella misura del 90 per cento, sono versati all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati ad integrazione delle disponibilità del Fondo di solidarietà nazionale - incentivi assicurativi, di cui all’ articolo 15, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e successive modificazioni.

 

 

Co.6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono impiegare con le modalità di cui al presente articolo i beni di loro proprietà aventi destinazione agricola.

 

Co.7. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali presenta annualmente alle Camere una relazione sull’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo, anche al fine della possibile estensione all’ipotesi di alienazione dei terreni interessati, indicando le modalità per l’esercizio del diritto di prelazione sui beni affittati.

(La norma non prevede la consulenza delle Presidenza del Consiglio)

 

L’imprenditoria giovanile

L’articolo 13 reca una disciplina unitaria dell’imprenditore agricolo giovane, attualmente rinvenibile in una pluralità di fonti.

 

Il comma 1 riproduce il requisito anagrafico richiesto per tale qualifica - età inferiore ai 40 anni - già previsto nell’ art. 4-bis del D.Lgs. 228/01, come modificato dal dall’art. 3 del D.Lgs. 99/04, nonché nel Reg. (CE) n. 1698/2005 che però subordina la concessione di misure di sostegno a favore di agricoltori di età inferiore a 40 anni che si insediano per la prima volta in un'azienda agricola in qualità di capo dell'azienda.

 

I commi 2, 3, 4 riproducono pressoché testualmente le disposizioni degli art. 9 e 10 del D.Lgs. 185/2000, relative ai soggetti potenzialmente destinatari dei benefici connessi alla qualifica di imprenditore giovane, di cui all’articolo 3 ed al Capo III del medesimo D.Lgs. n. 185. Il comma 5 ne riproduce l’articolo 10, recante la disciplina dei progetti finanziabili e le relative esclusioni

 

Il citato articolo 3 prevede “a) contributi a fondo perduto e mutui agevolati, per gli investimenti, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; b) contributi a fondo perduto in conto gestione, secondo i limiti fissati dall'Unione europea; c) assistenza tecnica in fase di realizzazione degli investimenti e di avvio delle iniziative; d) attività di formazione e qualificazione dei profili imprenditoriali, funzionali alla realizzazione del progetto.

1-bis. Alle agevolazioni di cui al comma 1 si applicano i massimali previsti dalla normativa comunitaria per gli investimenti operati da giovani imprenditori agricoli. Per le iniziative nel settore della produzione agricola il mutuo agevolato ha una durata, comprensiva del periodo di preammortamento, non superiore a quindici anni“.

Il Capo III si compone esclusivamente degli articoli 9 e 10. Entrambi sono interamente confluiti nei commi in commento.

 

Si osserva che gli articoli 9 e 10 del D.Lgs. 185/2000 non compaiono nell’elenco delle abrogazioni pur essendo interamente riprodotti ed essendo esclusivamente riferibili all’imprenditorialità agricola. Non si comprende peraltro la necessita, al comma 2, di richiamare il citato Capo III, essendo le sue disposizioni interamente riportate nei commi in commento.

 

I commi 6, 7 8 e 9 riproducono pressoché testualmente i commi da 1 a 4 dell’art. 3 della L. 441/98, sugli aiuti al primo insediamento da parte delle regioni. La restante parte del suddetto articolo 3 è stata invece inserita nell’articolo 2 del D.P.R. attuativo del decreto legislativo di riordino.

 

Si tratta del comma 5 dell’articolo 3, che autorizza il Ministro per le politiche agricole, d'intesa con le regioni a stipulare accordi o convenzioni con istituti qualificati per corsi orientati alla preparazione dei giovani agricoltori. Su tale disposizione è intervenuta la Corte costituzionale che, con sentenza 23-31 maggio 2001, n. 170, ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del presente comma, con riferimento all'àmbito territoriale delle Province autonome di Trento e Bolzano.

 

Si osserva che il comma 8, nel replicare il testo del comma 3 del citato articolo 3, definisce un criterio di determinazione della quota del reddito agricolo rispetto al reddito totale, per le finalità di cui all'articolo 5 del regolamento (CE) n. 950/97 e successive modificazioni”. Il suddetto regolamento è stato però abrogato e le disposizioni dell’articolo 5 non sembrano essere sono state successivamente riprodotte.

 

Si segnala che viene prevista l’abrogazione dei soli commi da 1 a 3 dell’articolo 3 dell’art. 3 della L. 441/98, e non anche del comma 4, che pure è integralmente riprodotto al comma 9 dell’articolo in commento.

 

Andrebbe poi valutata la legittimità della “dequalificazione” della fonte normativa verificatasi con riguardo al comma 5 del citato articolo 3 che, pur non essendo abrogato, viene riprodotto nel regolamento di attuazione e che è stato parzialmente oggetto di manipolazione con sentenza della Corte Costituzionale.

 

Il comma 10 effettua un rinvio all’articolo 4 della L. 441/98, senza riprodurne il testo, ma limitandosi a richiamare il criterio, ivi contenuto, secondo cui l’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) destina, in ciascun esercizio finanziario, fino al 60 per cento delle proprie disponibilità con priorità al finanziamento delle operazioni di acquisto o ampliamento di aziende da parte di giovani agricoltori.

 

Il citato articolo 4, che ancora si riferisce allaCassa per la formazione della proprietà contadina, nella parte non riprodotta individua i potenziali beneficiari delle erogazioni nei a) giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, in possesso della qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto iscritti nelle relative gestioni previdenziali; b) giovani che non hanno ancora compiuto i quaranta anni che intendono esercitare attività agricola a titolo principale a condizione che acquisiscano entro ventiquattro mesi dall'operazione di acquisto o ampliamento la qualifica di imprenditore agricolo a titolo principale o di coltivatore diretto e la iscrizione nelle relative gestioni previdenziali entro i successivi dodici mesi; c) giovani agricoltori, che non hanno ancora compiuto i quaranta anni, che siano subentrati per successione nella titolarità di aziende a seguito della liquidazione agli altri aventi diritto delle relative quote, ai sensi dell'articolo 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203.

 

Il comma 11 riproduce pressoché testualmente il comma 1 dell’art. 14 della L. 441/98, recante l’esenzione dalle imposte sulle successioni e donazioni, dalle imposte catastali, di bollo per i giovani agricoltori, che restano soggetti alle sole imposte ipotecarie in misura fissa. Nel comma in commento viene soppresso il riferimento all’esenzione dall'INVIM, essendo venuta meno tale forma di imposizione.

 

I commi 12 e 13 riproducono i commi 1 e 2 dell’articolo 4-quinquies del D.L. 78/2009, riferito all’affitto di beni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici. Nella nuova disposizione si prevede che i beni liberi di proprietà dello Stato aventi destinazione agricola non utilizzabili per altri fini istituzionali, che possono essere ceduti in affitto ai sensi del comma 13 sono individuati dall’Agenzia del demanio, d’intesa con il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della gioventù, e viene fissato un termine entro cui effettuare tale individuazione , peraltro entro un termine ancora lasciato vago (“entro il ……ottobre 2009”).

 

Si osserva che la nuova disciplina sembra contenere elementi di novità – il coinvolgimento del Ministro della Gioventù e la fissazione di un termine per l’adozione dell’atto – che non appaiono giustificati da esigenze di coordinamento o di razionalizzazione.

 

I commi da 14 a 18 riproducono pressoché testualmente i commi da 3 a 7 dell’articolo 4-quinquies del D.L. 78/2009. il più, il comma 14 si differenzia dal testo della norma vigente in quanto riporta al suo interno anche i contenuti dell’art. 15 della L. 441/98, anch’essi riferiti alla disciplina fiscale degli accordi in materia di contratti agrari.

 

Si osserva che il comma 14 contiene un rinvio interno errato, in quanto rimanda all’art. 38 e non, come sarebbe corretto, ai commi 1 e 2 dell’art. 41.

 

Inoltre, il comma 15 rinvia ai benefici “di cui al capo III del titolo I del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, e successive modificazioni”, mentre tali disposizioni sono ormai all’interno dell’articolo in commento (vedi, al riguardo, quanto osservato al comma 2 di questo articolo).

 

Infine, il comma 18, nell’autorizzare il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali congiuntamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della gioventù presenta annualmente alle Camere una relazione sull’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 13 e 14, innova rispetto alla disciplina attuale, che non prevede il coinvolgimento del ministro della Gioventù nella predisposizione della prevista relazione alle Camere.

 


Capo VI (artt. 14-18)

Codice

Norme di riferimento

Capo VI

Delle attività connesse
all’attività di impresa agricola

Sezione I
Dell’attività agrituristica

 

Art. 14

(Definizione. Riserva di denominazione e classificazione)

1. Gli imprenditori agricoli di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, possono esercitare attività di ricezione ed ospitalità attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali.

2. Possono essere addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica l'imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell'articolo 230-bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale. Gli addetti di cui al periodo precedente sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale. Il ricorso a soggetti esterni è consentito esclusivamente per lo svolgimento di attività e servizi complementari57.

L. 96/20906 art. 2.

Definizione di attività agrituristiche.

 

Co.1. Per attività agrituristiche si intendono le attività di ricezione e ospitalità esercitate dagli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, oppure associati fra loro, attraverso l'utilizzazione della propria azienda in rapporto di connessione con le attività di coltivazione del fondo, di silvicoltura e di allevamento di animali.

 

Co.2. Possono essere addetti allo svolgimento dell'attività agrituristica l'imprenditore agricolo e i suoi familiari ai sensi dell'articolo 230-bis del codice civile, nonché i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale. Gli addetti di cui al periodo precedente sono considerati lavoratori agricoli ai fini della vigente disciplina previdenziale, assicurativa e fiscale. Il ricorso a soggetti esterni è consentito esclusivamente per lo svolgimento di attività e servizi complementari.

 

 

 

3. L’uso della denominazione «agriturismo», e dei termini attributivi derivati, è riservato esclusivamente alle imprese agricole che esercitano l’attività agrituristica.

4. Al fine di una maggiore trasparenza e uniformità del rapporto tra domanda e offerta di agriturismo, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico e del turismo, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determina criteri di classificazione omogenei per l’intero territorio nazionale e definisce le modalità per l’utilizzo, da parte delle regioni, di parametri di valutazione riconducibili a peculiarità territoriali

L. 96/2006 art.9.

Riserva di denominazione. Classificazione.

1. L'uso della denominazione «agriturismo», e dei termini attributivi derivati, è riservato esclusivamente alle aziende agricole che esercitano l'attività agrituristica ai sensi dell'articolo 6.

2. Al fine di una maggiore trasparenza e uniformità del rapporto tra domanda e offerta di agriturismo, il Ministro delle politiche agricole e forestali, sentito il Ministro delle attività produttive, previa intesa in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, determina criteri di classificazione omogenei per l'intero territorio nazionale e definisce le modalità per l'utilizzo, da parte delle regioni, di parametri di valutazione riconducibili a peculiarità territoriali.

 

 

 

5. Lo svolgimento dell'attività agrituristica nel rispetto delle disposizioni previste dalle regioni in materia comporta la conseguente applicazione delle disposizioni fiscali di cui all'articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nonché di ogni altra normativa previdenziale o comunque settoriale, riconducibile all'attività agrituristica. In difetto di specifiche disposizioni, si applicano le norme previste per il settore agricolo.

L. 96/2006 art.7.

Abilitazione e disciplina fiscale.

Co.2. Lo svolgimento dell'attività agrituristica nel rispetto delle disposizioni previste dalle regioni in materia, autorizzato ai sensi dell'articolo 6, comporta la conseguente applicazione delle disposizioni fiscali di cui all'articolo 5 della legge 30 dicembre 1991, n. 413, nonché di ogni altra normativa previdenziale o comunque settoriale, riconducibile all'attività agrituristica. In difetto di specifiche disposizioni, si applicano le norme previste per il settore agricolo.

 

Art. 15

(Elenco e disciplina delle attività agrituristiche)

1. Rientrano fra le attività agrituristiche:

a)dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;

b) somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti a carattere alcolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai segni DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, secondo le modalità stabilite dalle regioni tenendo conto dei criteri di cui al quarto comma;

c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, alla quale si applica l’articolo 18;

d) organizzare, anche all'esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell'impresa, attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale. Per la disciplina delle attività ricreative o culturali si applica il comma 5.

2. Sono considerati di propria produzione i cibi e le bevande prodotti, lavorati e trasformati nell'azienda agricola nonché quelli ricavati da materie prime dell'azienda agricola e ottenuti attraverso lavorazioni esterne.

3. Ai fini del riconoscimento delle diverse qualifiche di imprenditore agricolo, nonché della priorità nell'erogazione dei contributi e, comunque, ad ogni altro fine che non sia di carattere fiscale, il reddito proveniente dall'attività agrituristica è considerato reddito agricolo

L. 96/2006 art.2.

Definizione di attività agrituristiche

Co.3. Rientrano fra le attività agrituristiche:

a) dare ospitalità in alloggi o in spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;

b) somministrare pasti e bevande costituiti prevalentemente da prodotti propri e da prodotti di aziende agricole della zona, ivi compresi i prodotti a carattere alcolico e superalcolico, con preferenza per i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali, secondo le modalità indicate nell'articolo 4, comma 4;

 

 

 

c) organizzare degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, alla quale si applica la legge 27 luglio 1999, n. 268;

d) organizzare, anche all'esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell'impresa, attività ricreative, culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e di ippoturismo, anche per mezzo di convenzioni con gli enti locali, finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale.

 

 

 

Co.4. Sono considerati di propria produzione i cibi e le bevande prodotti, lavorati e trasformati nell'azienda agricola nonché quelli ricavati da materie prime dell'azienda agricola e ottenuti attraverso lavorazioni esterne.

 

Co.5. Ai fini del riconoscimento delle diverse qualifiche di imprenditore agricolo, nonché della priorità nell'erogazione dei contributi e, comunque, ad ogni altro fine che non sia di carattere fiscale, il reddito proveniente dall'attività agrituristica è considerato reddito agricolo.

 

 

4. Al fine di contribuire alla realizzazione e alla qualificazione delle attività agrituristiche e alla promozione dei prodotti agroalimentari regionali, nonché alla caratterizzazione regionale dell'offerta enogastronomica, spetta alle regioni disciplinare la somministrazione di pasti e di bevande di cui al comma 1, lettera b), tenendo conto del criterio secondo cui la parte rimanente dei prodotti impiegati nella somministrazione deve preferibilmente provenire da artigiani alimentari della zona e comunque riferirsi a produzioni agricole regionali o di zone omogenee contigue di regioni limitrofe.

L. 96/2006 art.4

Criteri e limiti dell'attività agrituristica.

Co.1. Le regioni, tenuto conto delle caratteristiche del territorio regionale o di parti di esso, dettano criteri, limiti e obblighi amministrativi per lo svolgimento dell'attività agrituristica.

Co.2. Affinché l'organizzazione dell'attività agrituristica non abbia dimensioni tali da perdere i requisiti di connessione rispetto all'attività agricola, le regioni e le province autonome definiscono criteri per la valutazione del rapporto di connessione delle attività agrituristiche rispetto alle attività agricole che devono rimanere prevalenti, con particolare riferimento al tempo di lavoro necessario all'esercizio delle stesse attività.

Co. 3. omissis

Co.4. Al fine di contribuire alla realizzazione e alla qualificazione delle attività agrituristiche e alla promozione dei prodotti agroalimentari regionali, nonché alla caratterizzazione regionale dell'offerta enogastronomica, le regioni disciplinano la somministrazione di pasti e di bevande di cui all'articolo 2, comma 3, lettera b), tenendo conto dei seguenti criteri:

a) omissis;

b) omissis;

c) omissis;

d) la parte rimanente dei prodotti impiegati nella somministrazione deve preferibilmente provenire da artigiani alimentari della zona e comunque riferirsi a produzioni agricole regionali o di zone omogenee contigue di regioni limitrofe;

e) omissis;

f) omissis .

Le parti omesse sono state dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale con sentenza n.339/2007.

 

5. Le attività ricreative o culturali di cui alla lettera d) del comma 1 possono svolgersi autonomamente rispetto all'ospitalità e alla somministrazione di pasti e bevande di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma, solo in quanto realizzino obiettivamente la connessione con l'attività e con le risorse agricole aziendali, nonché con le altre attività volte alla conoscenza del patrimonio storico-ambientale e culturale. Le attività ricreative e culturali per le quali tale connessione non si realizza possono svolgersi esclusivamente come servizi integrativi e accessori riservati agli ospiti che soggiornano nell'azienda agricola e la partecipazione, anche facoltativa, a tali attività non può pertanto dare luogo ad autonomo corrispettivo.

L. 96/2006 art.4

co.5. Le attività ricreative o culturali di cui all'articolo 2, comma 3, lettera d), possono svolgersi autonomamente rispetto all'ospitalità e alla somministrazione di pasti e bevande di cui alle lettere a) e b) del medesimo comma, solo in quanto realizzino obiettivamente la connessione con l'attività e con le risorse agricole aziendali, nonché con le altre attività volte alla conoscenza del patrimonio storico-ambientale e culturale. Le attività ricreative e culturali per le quali tale connessione non si realizza possono svolgersi esclusivamente come servizi integrativi e accessori riservati agli ospiti che soggiornano nell'azienda agricola e la partecipazione, anche facoltativa, a tali attività non può pertanto dare luogo ad autonomo corrispettivo.

 

 

 

6. Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da imprese agricole nell’ambito della diffusione di prodotti agricoli o di qualità, sono equiparate alle attività agrituristiche.

 

L. 488/99 art. 59

Sviluppo dell'agricoltura biologica e di qualità

Co.3-bis. Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l'organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da aziende agricole nell'ambito della diffusione di prodotti agricoli biologici o di qualità, possono essere equiparate ai sensi di legge alle attività agrituristiche di cui all'articolo 2 della legge 5 dicembre 1985, n. 730, secondo i princìpi in essa contenuti e secondo le disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome.

 

 

 

7. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alla promozione e valorizzazione dell’attività agrituristica in conformità allo statuto di autonomia e alle relative norme di attuazione.

8. Sono fatte salve le disposizione in materia di igiene e sanità di competenza del Ministero della salute.

L. 96/2006 art.15

Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano.

1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alle finalità di cui alla presente legge in conformità allo statuto di autonomia e alle relative norme di attuazione.

 

Art. 16

(Locali destinati ad attività agrituristiche)

1. Possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti nel fondo.

2. Le regioni disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell'imprenditore agricolo ai fini dell'esercizio di attività agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dei luoghi.

3. I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali

L. 96/2006 art.3

Locali per attività agrituristiche.

1. Possono essere utilizzati per attività agrituristiche gli edifici o parte di essi già esistenti nel fondo.

 

2. Le regioni disciplinano gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio esistente ad uso dell'imprenditore agricolo ai fini dell'esercizio di attività agrituristiche, nel rispetto delle specifiche caratteristiche tipologiche e architettoniche, nonché delle caratteristiche paesaggistico-ambientali dei luoghi.

 

 

 

3. I locali utilizzati ad uso agrituristico sono assimilabili ad ogni effetto alle abitazioni rurali.

Art. 17

(Impedimenti allo svolgimento delle attività agrituristiche)

1. L'esercizio dell'attività agrituristica non è consentito, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, a:

a) coloro che hanno riportato nell'ultimo triennio, con sentenza passata in giudicato, condanna per uno dei delitti previsti dagli articoli 442, 444, 513, 515 e 517 del codice penale, o per uno dei delitti in materia di igiene e di sanità o di frode nella preparazione degli alimenti previsti da leggi speciali;

b) coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o sono stati dichiarati delinquenti abituali.

 

 

 

 

L. 96/2006 art.6

Disciplina amministrativa.

 

Co.1. L'esercizio dell'attività agrituristica non è consentito, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione, a:

 

a) coloro che hanno riportato nell'ultimo triennio, con sentenza passata in giudicato, condanna per uno dei delitti previsti dagli articoli 442, 444, 513, 515 e 517 del codice penale, o per uno dei delitti in materia di igiene e di sanità o di frode nella preparazione degli alimenti previsti da leggi speciali;

 

 

b) coloro che sono sottoposti a misure di prevenzione ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, e successive modificazioni, o sono stati dichiarati delinquenti abituali.

 

Sezione II

Delle attività di ricezione e di ospitalità svolte dalle imprese agricole lungo i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici

 

Art. 18

(Definizione ed equiparazione alle attività agricole per connessione).

1. Le strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici sono percorsi lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, in cui sono segnalate, con appositi cartelli, aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono strumento attraverso il quale i territori a vocazione agricola specifica e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica.

L. 268/1999 art. 1

Princìpi e obiettivi.

Co.1. L'obiettivo della presente legge consiste nella valorizzazione dei territori a vocazione vinicola, con particolare riferimento ai luoghi delle produzioni qualitative di cui alla legge 10 febbraio 1992, n. 164, e successive modificazioni, anche attraverso la realizzazione delle “strade del vino”.

Co.2. Le “strade del vino” sono percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli, lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono strumento attraverso il quale i territori vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica.

Art. 5. Applicazione della legge.

1. Le disposizioni della presente legge si applicano anche per la realizzazione delle “strade” finalizzate alla valorizzazione, anche congiunta, di altre produzioni di qualità, con particolare riguardo all'olio d'oliva ed in genere ai prodotti tipici.

 

 

2. Spetta alle regioni e alle province autonome: a) individuare i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti tipici;

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

b) definire la gestione e la fruizione delle dette strade.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Gli standard minimi di qualità sono definiti con il decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali del 12 luglio 2000, adottato d’intesa con la Conferenza permanente tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

L. 268/1999 art. 3

Requisiti del disciplinare.

Co.1. Con decreto del Ministro per le politiche agricole, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti gli standard minimi di qualità. Le caratteristiche della cartellonistica sono definite, ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lettera C), capoverso h), del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, anche sulla base delle esperienze maturate nell'ambito dell'Unione europea, con decreto del Ministro per le politiche agricole, da adottare di concerto con i Ministri competenti, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

L. 268/1999 art. 2

Strumenti di organizzazione, gestione e fruizione.

Co.1. Le regioni, nel definire la gestione e la fruizione delle “strade del vino”, possono prevedere i seguenti strumenti:

a) il disciplinare della “strada del vino” sottoscritto dai vari soggetti aderenti;

b) il comitato promotore;

c) il comitato di gestione;

d) il sistema della segnaletica;

e) le guide e il materiale illustrativo, divulgativo e promozionale.

2. Le regioni, anche di intesa con gli enti locali interessati, possono definire specifiche strutture e infrastrutture funzionali alla realizzazione delle “strade del vino”.

3. Restano ferme le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome

Cfr. art. 3 co. 1

4. Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa l’organizzazione di degustazione dei prodotti aziendali e di attività ricreative, culturali e didattiche, svolte da imprese agricole nell’ambito delle “strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici”, sono ricondotte alle attività agrituristiche, secondo i principi contenuti nelle norme che le disciplinano e secondo le disposizioni emanate dalle regioni.

L. 268/1999 art. 1

Co.3. Le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l'organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, svolte da aziende agricole nell'ambito delle “strade del vino”, possono essere ricondotte alle attività agrituristiche di cui all'articolo 2 della legge 5 dicembre 1985, n. 730, secondo i princìpi in essa contenuti e secondo le disposizioni emanate dalle regioni.

Il Capo IV dello schema di riordino è dedicato alle attività connesse all’attività di impresa agricola.

L’attività agrituristica

La prima sezione del Capo concerne le norme concernenti l’attività agrituristica. Al riguardo si ricorda che l’attività agrituristica trova la propria disciplina generale nella legge n. 96/2006[6], che ha interamente abrogato la previgente normativa. La legge 96/2006 si configura come legge quadro sulla base del dettato dell’art. 117 Cost., che attribuisce alla competenza regionale le materie dell’agricoltura e del turismo.

La scelta compiuta nell’operazione di riordino è quella di riprodurre gran parte delle disposizioni contenute nella legge 96/2006, razionalizzandole anche alla luce della giurisprudenza costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di parte della normativa[7].

 

Si ricorda brevemente il contenuto delle disposizioni riprodotte.

Per quanto concerne la definizione dell’attività agrituristica è riprodotto l’articolo 2, della legge 96/2996. Secondo tali norme l’attività agrituristica è definita come l’attività di ricezione ed ospitalità esercitata dagli imprenditori agricoli mediante l’utilizzo della propria azienda. Relativamente ai requisiti soggettivi la norma fa riferimento a qualunque imprenditore agricolo di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche nella forma di società di capitali o di persone, singole o associate, per il quale non è richiesta la qualifica di imprenditore agricolo professionale.

La legge considera come addetti allo svolgimento dell’attività agrituristica l’imprenditore agricolo, i familiari partecipi all’impresa rientranti nella definizione dell’art. 230-bis[8]del codice civile, e i lavoratori dipendenti a tempo determinato, indeterminato e parziale, ammettendo il ricorso a soggetti esterni soltanto per lo svolgimento di attività e servizi complementari.

Il richiamo alla definizione di imprenditore agricolo dell’art. 2135 del codice civile comporta che rientri in tale categoria chiunque coltivi il fondo, svolga attività silvicola, allevi animali o svolga attività connesse. Nella norma codicistica sono considerate connesse le attività di manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione nonché valorizzazione dei prodotti ottenuti prevalentemente dalle attività di coltivazione, di silvicoltura e di allevamento. Inoltre, sono attività connesse anche la fornitura di beni e servizi esplicate attraverso l’utilizzazione prevalente di attrezzature e risorse dell’azienda agricola, di norma impiegate nell'attività agricola esercitata, nonché quelle attività volte alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale o destinate a fornire ricezione ed ospitalità.

Quanto all’elemento oggettivo il medesimo articolo 2 indica quali sono le attività che possono beneficiare della qualificazione agrituristica:

-        dare ospitalità in alloggi o spazi aperti destinati alla sosta di campeggiatori;

-        somministrare pasti e bevande prevalentemente costituiti da prodotti dell’azienda o di aziende agricole della zona, compresi i prodotti a carattere alcolico o superalcolico, con preferenza verso i prodotti tipici e caratterizzati dai marchi DOP, IGP, IGT, DOC e DOCG o compresi nell'elenco nazionale dei prodotti agroalimentari tradizionali;

-        organizzare degustazioni di prodotti aziendali, ivi inclusa la mescita di vini, alla quale si applica la legge 268/1999[9];

-        organizzare attività ricreative, anche all'esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell'impresa, o culturali, didattiche, di pratica sportiva, nonché escursionistiche e di ippoturismo; per lo svolgimento di tali attività sono ammesse convenzioni con gli enti locali finalizzate alla valorizzazione del territorio e del patrimonio rurali

Il successivo articolo 9 riserva l'uso della denominazione «agriturismo» alle aziende agricole che esercitano l'attività' agrituristica secondo le norme previste nella legge. Inoltre, viene rimesso ad un D.M. del MIPAF, sentito il Ministro delle attività produttive, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, la determinazione dei criteri di classificazione omogenei per l'intero territorio nazionale e la definizione delle modalità per l'utilizzo, da parte delle regioni, di parametri di valutazione riconducibili a peculiarità territoriali.

Inoltre, l’articolo 7 della legge 96/2006 stabilisce che lo svolgimento dell'attività' agrituristica comporta la conseguente applicazione del regime agevolato per l’agriturismo previsto all’articolo 5 della legge 413/1991[10], sia ai fini delle imposte sui redditi sia ai fini IVA. In particolare, per gli esercenti l’attività di agriturismo[11], è prevista la determinazione del reddito imponibile mediante l’applicazione di un coefficiente di redditività del 25% sull'ammontare dei ricavi conseguiti con l'esercizio dell’attività, al netto dell’IVA. Tali ricavi corrispondono alle operazioni registrate ai fini IVA, ma non comprendono le cessioni di beni ammortizzabili.

Inoltre, i soggetti che esercitano attività di agriturismo determinano l'IVA riducendo l'imposta relativa alle operazioni imponibili in misura pari al 50% del suo ammontare, a titolo di detrazione forfetaria dell'imposta relativa agli acquisti e alle importazioni.

 

L’operazione di riordino per quanto concerne le norme sull’agriturismo è effettuata tramite la riproduzione delle disposizioni contenute nella legge 96/2006.

Sotto il profilo formale si possono evidenziare alcune differenze tra le norme riprodotte e quelle inserite nello schema di riordino.

Tra queste si segnalano a titolo di esempio:

§      al comma 3 dell’articolo 14, la sostituzione del termine “azienda” con quello di “impresa”. Si tratta peraltro di una sostituzione che ricorre diverse volte nel testo di riordino laddove la normativa di riferimento attiene all’attività dell’imprenditore e non al complesso dei beni;

§      al comma 4 del medesimo articolo 14 il riferimento al ministro per le attività produttive è sostituito da quello ai ministri per lo sviluppo economico e del turismo; inoltre il “previo concerto” dei suddetti ministri sostituisce il più generico “sentito”;

§      all’articolo 15, comma 3 la sostituzione del termine “marchi” con “segni” riferiti ai prodotti tipici DOP, IGP, IGT etc. Tale sostituzione è giustificata da esigenze di corretta tecnica legislativa.

 

Sotto il profilo sistematico si può osservare che l’articolo 1 della legge sull’agriturismo, che enuncia i principi generali, non è riprodotta nel capo in esame, ma nel Titolo III (della disciplina del territorio) nel Capo dedicato alle forme di turismo nelle zone agricole (art. 31 dello schema).

Non sono invece oggetto di abrogazione e non sono inserite nello schema di riordino le disposizioni della legge che fanno riferimento alle competenze regionali in materia (articolo 4, commi 1 e 2). La legge sull’agriturismo risulta abrogata con eccezione delle suddette norme.

 

Va segnalato che entra a far parte della disciplina dell’agriturismo la disposizione, riprodotta dal comma 3-bis dell’art. 59 della legge 488/1999 in materia di sviluppo dell’agricoltura biologica e di qualità, in base alla quale le attività di ricezione e di ospitalità, compresa la degustazione dei prodotti aziendali e l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da imprese agricole nell’ambito della diffusione di prodotti agricoli o di qualità, sono equiparate alle attività agrituristiche.

Si rileva che la disposizione citata è riprodotta con alcune modifiche. Una prima modifica, a carattere formale, consiste nella sostituzione dell’espressione “possono essere equiparate”, con “sono equiparate”. Tale modifica appare giustificata da esigenze di correttezza tecnico-giuriduica.

Un’ulteriore modifica, che assume invece rilievo sostanziale, attiene alla mancata riproduzione dell’ultimo inciso della disposizione di cui al comma 3-bis dell’art. 59 della legge 488/99 che fa riferimento alle disposizioni emanate in materia dalle regioni o dalle province autonome.

 

La Sezione II del Capo dedicato alle attività connesse contiene le disposizioni relative all’attività di ricezione e di ospitalità svolte dalle imprese agricole lungo i percorsi delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici.

Le disposizioni della legge 27 luglio 1999 n. 268, che reca attualmente la disciplina sulle “strade del vino” sono riprodotte con alcune modifiche sostanziali dipendenti dall’estensione della disciplina delle strade del vino a quella delle strade dell’olio e dei prodotti tipici tradizionali. Tale estensione è peraltro già prevista nella legge 268/1999 citata (art. 5).

Si ricorda che secondo quanto previsto della legge 268/99, le "strade del vino" sono percorsi segnalati e pubblicizzati con appositi cartelli, lungo i quali insistono valori naturali, culturali e ambientali, vigneti e cantine di aziende agricole singole o associate aperte al pubblico; esse costituiscono strumento attraverso il quale i territori vinicoli e le relative produzioni possono essere divulgati, commercializzati e fruiti in forma di offerta turistica. .

 

Per quanto attiene alla definizione degli standard minimi di qualità nello schema di riordino è inserita una disposizione che fa riferimento al D.M. 12 luglio 2000.

La legge 268/99 prevede che con Decreto del Ministro per le Politiche agricole, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, siano definiti gli standard minimi di qualità. Si ricorda che con D.M. 12 luglio 2000 Fissazione degli standard minimi di qualità per i percorsi individuati ai sensi della l. 27 luglio 1999, n. 268, è stato stabilito ciò che la strada del vino" deve prevedere, compresi i loghi identificativi unici, la collocazione della segnaletica informativa dei percorsi individuati, l'esposizione della mappa del territorio specifico, l'indicazione della tipologia dei soggetti aderenti alla strada del vino, i requisiti di adesione nonché il soggetto responsabile. Viene individuato, altresì, il soggetto responsabile, costituito dal comitato di gestione di cui alla legge 268 del 1999. Il decreto dispone che le Regioni comunichino al Ministero, entro il 31 dicembre di ciascun anno, l'elenco delle strade del vino nel loro ambito territoriale.


Capo VII (artt. 19-20)

Codice

Norme di riferimento

CAPO VII

Dell’impresa ittica

 

Art. 19

(Imprenditore ittico)

1. È imprenditore ittico chi esercita, in forma singola o associata o societaria, l'attività di pesca professionale diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci, nonché le attività connesse di cui all’articolo 20.

2. Si considerano, altresì, imprenditori ittici ai sensi del comma 1 le cooperative di imprenditori ittici e i loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai medesimi beni e servizi diretti allo svolgimento delle attività di cui al medesimo comma 1.

3. Sono considerati, altresì, imprenditori ittici gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle attività di cui al comma 1.

4. Ai fini dell'effettivo esercizio delle attività di cui al comma 1, si applicano le disposizioni della vigente normativa in materia di iscrizioni, abilitazioni e autorizzazioni.

 

 

 

5. L'autocertificazione di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, sostituisce a tutti gli effetti ogni adempimento tecnico e formale ivi previsto.

6. Ai fini dell'applicazione delle agevolazioni fiscali e previdenziali e della concessione di contributi nazionali e regionali, l'imprenditore ittico è tenuto ad applicare i pertinenti contratti collettivi nazionali di lavoro e le leggi sociali e di sicurezza sul lavoro.

 

D.lgs. 226/2001 art.2

Imprenditore ittico.

Co.1. È imprenditore ittico chi esercita, in forma singola o associata o societaria, l'attività di pesca professionale diretta alla cattura o alla raccolta di organismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci e le attività connesse di cui all'articolo 3.

 

2. Si considerano, altresì, imprenditori di cui al comma 1 le cooperative di imprenditori ittici ed i loro consorzi quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai medesimi beni e servizi diretti allo svolgimento delle attività di cui al medesimo comma 1.

 

 

3. Sono considerati, altresì, imprenditori ittici gli esercenti attività commerciali di prodotti ittici derivanti prevalentemente dal diretto esercizio delle attività di cui al comma 1.

 

4. Ai fini dell'effettivo esercizio delle attività di cui al comma 1, si applicano le disposizioni della vigente normativa in materia di iscrizioni, abilitazioni ed autorizzazioni.

 

5. Fatte salve le più favorevoli disposizioni di legge, l'imprenditore ittico è equiparato all'imprenditore agricolo e le imprese di acquacoltura sono equiparate all'imprenditore ittico.

6. L'autocertificazione di cui all'articolo 6, comma 4, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, sostituisce a tutti gli effetti ogni adempimento tecnico e formale ivi previsto.

 

7. Ai fini dell'applicazione delle agevolazioni fiscali e previdenziali e della concessione di contributi nazionali e regionali, l'imprenditore ittico è tenuto ad applicare i contratti collettivi nazionali di lavoro del settore, ferme restando le previsioni dell'articolo 3 della legge 3 aprile 2001, n. 142, e le leggi sociali e di sicurezza sul lavoro (4).

8. Le concessioni di aree demaniali marittime e loro pertinenze, di zone di mare territoriale, destinate all'esercizio delle attività di acquacoltura, sono rilasciate per un periodo iniziale di durata non inferiore a quella del piano di ammortamento dell'iniziativa cui pertiene la concessione, secondo i princìpi ed i criteri per il contenimento dell'impatto ambientale ai sensi dell'articolo 37 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n. 152, e tenuto conto delle linee guida adottate dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.

Art. 20

(Attività connesse a quelle di pesca e di acquacoltura)

1. Si considerano connesse alle attività di pesca, purché non prevalenti rispetto a queste ed effettuate dall'imprenditore ittico mediante l'utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca, ovvero di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica, le seguenti attività:

a) imbarco di persone non facenti parte dell'equipaggio su navi da pesca a scopo turistico-ricreativo, denominata: “pesca turismo”;

b) attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e delle risorse della pesca e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese ittiche, esercitata da imprenditori, singoli o associati, attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell'imprenditore stesso, denominata: “ittiturismo”;

c) la prima lavorazione dei prodotti del mare, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, nonché le azioni di promozione e valorizzazione del pescato.

D.lgs. 226/2001 art. 3

Attività connesse a quelle di pesca.

 

Co.1. Si considerano connesse alle attività di pesca, purché non prevalenti rispetto a queste ed effettuate dall'imprenditore ittico mediante l'utilizzo di prodotti provenienti in prevalenza dalla propria attività di pesca, ovvero di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'impresa ittica, le seguenti attività:

 

a) imbarco di persone non facenti parte dell'equipaggio su navi da pesca a scopo turistico-ricreativo, denominata: “«pesca turismo”;

 

b) attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi, delle risorse della pesca e dell'acquacoltura, e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese ittiche e di acquacoltura, esercitata da imprenditori, singoli o associati, attraverso l'utilizzo della propria abitazione o di struttura nella disponibilità dell'imprenditore stesso, denominata: “ittiturismo”;

 

 

c) la prima lavorazione dei prodotti del mare e dell'acquacoltura, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, nonché le azioni di promozione e valorizzazione.

 

 

 

2. Sono assimilate alle attività agrituristiche di cui all’articolo 14 e ad esse sono applicabili le relative norme, quelle svolte dai pescatori relativamente all’ospitalità, alla somministrazione dei pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall’attività di pesca e quelli di cui al comma 1.

L. 96/2006 art. 12

Attività assimilate.

Co.1. Sono assimilate alle attività agrituristiche e sono ad esse applicabili le norme della presente legge, quelle svolte dai pescatori relativamente all'ospitalità, alla somministrazione dei pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attività di pesca, nonché le attività connesse ai sensi del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 226, e successive modificazioni, ivi compresa la pesca-turismo.

 

3. Alle opere ed alle strutture destinate all'ittiturismo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 19, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché all'articolo 24, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativamente all'utilizzo di opere provvisionali per l'accessibilità ed il superamento delle barriere architettoniche.

4. L'imbarco di persone di cui al comma 1, lettera a), è autorizzato dall'autorità marittima dell'ufficio di iscrizione della nave da pesca secondo le modalità fissate dalle disposizioni vigenti.

D.lgs. 226/2001 art. 3

Co.2. Alle opere ed alle strutture destinate all'ittiturismo si applicano le disposizioni di cui all'articolo 19, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di edilizia, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché all'articolo 24, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, relativamente all'utilizzo di opere provvisionali per l'accessibilità ed il superamento delle barriere architettoniche.

 

 

 

Co.3. L'imbarco di persone di cui al comma 1, lettera a), è autorizzato dall'autorità marittima dell'ufficio di iscrizione della nave da pesca secondo le modalità fissate dalle disposizioni vigenti.

5. Costituisce attività connessa all’attività agricola dell’acquacoltura l’attività di ittiturismo, ovvero le attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi, finalizzate alla corretta fruizione degli ecosistemi acquatici e vallivi, delle risorse dell’acquacoltura, e alla valorizzazione degli aspetti socio-culturali delle imprese di acquacoltura, esercitati da imprenditori, singoli o associarti, attraverso l’abitazione o la struttura nella disponibilità dell’imprenditore stesso, nonché le attività di prima lavorazione dei prodotti dell’acquacoltura, la conservazione, la trasformazione, la distribuzione e la commercializzazione, e le azioni di promozione e valorizzazione. Per le opere e per le strutture destinate all’ittiturismo si applica la disposizione di cui al comma 3.

 

 

L’impresa ittica

Il Capo VII è dedicato alla disciplina dell’impresa ittica. Al riguardo si ricorda che l’articolo 4 dello schema di riordino - che sistematizza, elencandole, le figure soggettive equiparate all’imprenditore agricolo - inserisce tra queste l’esercente l’attività imprenditoriale di pesca (secondo quanto previsto dal D.Lgs. 226/2001-Orientamento del settore della pesca).

La normativa di riferimento riprodotta è quella contenuta negli articoli 2 e 3 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 226 così come modificati dal D.Lgs. 26 maggio 2004, n. 154. L’unica modifica apportata rispetto alle disposizioni riprodotte attiene alle attività connesse (art. 20 dello schema). La scelta effettuata nel riordino è quella di tenere distinte formalmente le attività connesse dell’imprenditore ittico rispetto a quelle dell’acquacoltore. Il motivo- riportato nelle note di accompagnamento al testo- risiede nella differenza tra l’attività dell’acquacoltore che è attività propria dell’imprenditore agricolo, da quelle del pescatore che è invece equiparato all’imprenditore stesso.

 

E’ inoltre riprodotta, all’articolo 20 comma 2, una disposizione contenuta nella legge sull’agriturismo (art. 12, legge 96/06) relativa all’assimilazione alle attività agrituristiche delle attività svolte dai pescatori relativamente all'ospitalità, alla somministrazione dei pasti costituiti prevalentemente da prodotti derivanti dall'attività di pesca.

Con riguardo a tale disposizione andrebbe verificata la formulazione lessicale della norma inserita nello schema di riordino. Non appare chiaro infatti se il riferimento dell’espressione “e quelli di cui al comma 1” vada inteso con riguardo ai prodotti di cui al comma 1 ovvero alle attività connesse a quelle della pesca, così come sembrerebbe dalla formulazione della norma riprodotta di cui all’art. 12 della legge 96/06 (in tal caso si tratterebbe di errore formale dovendosi intendere “quelle” invece di “quelli”).


Capo VIII (artt. 21-22)

Codice

Norme di riferimento

Capo VIII

Delle attività selvicolturali

 

Art. 21

(Promozione delle attività selvicolturali e forme di gestione)

1. Al fine di armonizzare l'attuazione delle disposizioni sovranazionali in materia forestale, in aderenza al Piano d'azione per le foreste dell'Unione europea e nel rispetto delle competenze istituzionali, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base degli strumenti di pianificazione regionale esistenti e delle linee guida definite ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, propongono alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini di un accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un programma quadro per il settore forestale finalizzato a favorire la gestione forestale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali. Le azioni previste dal programma quadro possono accedere alle risorse di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nei limiti definiti dal CIPE nella deliberazione di cui allo stesso articolo 61, comma 3, della citata legge n. 289 del 2002.

L 296/2006 art.1

 

 

Co.1082. Al fine di armonizzare l'attuazione delle disposizioni sovranazionali in materia forestale, in aderenza al Piano d'azione per le foreste dell'Unione europea e nel rispetto delle competenze istituzionali, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sulla base degli strumenti di pianificazione regionale esistenti e delle linee guida definite ai sensi dell'articolo 3, comma 1, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, propongono alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini di un accordo ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, un programma quadro per il settore forestale finalizzato a favorire la gestione forestale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali. Le azioni previste dal programma quadro possono accedere alle risorse di cui all'articolo 61 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nei limiti definiti dal CIPE nella deliberazione di cui allo stesso articolo 61, comma 3, della citata legge n. 289 del 2002.

2. Al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalità, le regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese per l’esecuzione di lavori, opere o servizi in ambito forestale e di difesa del territorio di cui al comma 1 dell’articolo 22. Tali soggetti possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico.

3. Le norme di cui all’articolo 17 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, sugli incentivi alle pluriattività sono estese ai soggetti di cui al comma 1 anche per l’affidamento della gestione e per la realizzazione di lavori, opere e servizi in ambito forestale.

D.lgs. 227/2001 art. 7

Promozione delle attività selvicolturali.

Co.1. Al fine di promuovere la crescita delle imprese e qualificarne la professionalità, le regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese per l'esecuzione di lavori, opere e servizi in àmbito forestale e di difesa del territorio. Tali soggetti possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico.

Co.2. Le norme di cui all'articolo 17 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, sono estese ai soggetti di cui al comma 1 anche per l'affidamento della gestione e per la realizzazione di lavori, opere e servizi in àmbito forestale.

L. 31-1-1994 n. 97, Nuove disposizioni per le zone montane.

Art. 17. Incentivi alle pluriattività.

 

4. Per favorire lo sviluppo ed una più razionale gestione sostenibile delle risorse forestali, le regioni, gli enti locali e le associazioni agrarie promuovono la costituzione o la partecipazione ai consorzi forestali o altre forme associative. Ai predetti organismi possono partecipare, anche ai fini di un miglior coordinamento della gestione, soggetti privati, e le imprese iscritte negli elenchi o albi regionali di cui al comma 1.

D.lgs. 227/2002 art.5.

Co.3. Per favorire lo sviluppo ed una più razionale gestione sostenibile delle risorse forestali, le regioni, gli enti locali e le associazioni agrarie promuovono la costituzione o la partecipazione ai consorzi forestali o altre forme associative. Ai predetti organismi possono partecipare, anche ai fini di un migliore coordinamento della gestione, soggetti privati e le imprese di cui all'articolo 7, comma 1.

 

ART. 22

(Cooperative forestali)

1. Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, ove abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento diretto, a condizione che l’importo dei lavori o servizi non sia superiore a 150.000 euro per anno, dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e anche tramite apposite convenzioni:

a) lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo, la sistemazione idraulica, le opere e i servizi di bonifica e a verde;

 

b) servizi tecnici attinenti alla realizzazione delle opere di cui alla lettera a). Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricolo-forestale.

D.lgs. 228/2001 art. 8

Esercizio di attività selvicolturali.

Co.1. Le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, sono equiparati agli imprenditori agricoli. Cfr. art.4 del codice

L. 244/2004 art.2

Co.134. Le cooperative e i loro consorzi di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227, che abbiano sede ed esercitino prevalentemente le loro attività nei comuni montani e che, conformemente alle disposizioni del proprio statuto, esercitino attività di sistemazione e manutenzione agraria, forestale e, in genere, del territorio e degli ambienti rurali, possono ricevere in affidamento diretto, a condizione che l’importo dei lavori o servizi non sia superiore a 190.000 euro per anno, dagli enti locali e dagli altri enti di diritto pubblico, in deroga alle vigenti disposizioni di legge e anche tramite apposite convenzioni:

a) lavori attinenti alla valorizzazione e alla gestione e manutenzione dell’ambiente e del paesaggio, quali la forestazione, la selvicoltura, il riassetto idrogeologico, le opere di difesa e di consolidamento del suolo, la sistemazione idraulica, le opere e i servizi di bonifica e a verde;

 

 

b) servizi tecnici attinenti alla realizzazione delle opere di cui alla lettera a). Possono inoltre essere affidati alle cooperative di produzione agricolo-forestale i servizi tecnici, la realizzazione e la gestione di impianti di produzione di calore alimentati da fonti rinnovabili di origine agricolo-forestale.

D.lgs. 228/2001 art.15

Convenzioni con le pubbliche amministrazioni.

Co.1. Al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio, le pubbliche amministrazioni, ivi compresi i consorzi di bonifica, possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli.

Co.2. Le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le prestazioni delle pubbliche amministrazioni che possono consistere, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata.

Le attività selvicolturali

Il Capo VIII contiene le disposizioni relative alle attività selvicolturali con riguardo alla promozione e forme di gestione (articolo 21) e con riguardo alla disciplina delle cooperative forestali (articolo 22).

La disciplina delle forme di promozione è riprodotta testualmente (art. 21, co. 1) da una disposizione contenuta nel comma 1082 dell’articolo 1 della legge finanziaria per il 2007 (legge 296/2006) relativo al programma quadro per il settore forestale finalizzato a favorire la gestione forestale sostenibile e a valorizzare la multifunzionalità degli ecosistemi forestali e il relativo sistema di accesso alle risorse, proposto dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai fini di un accordo istituzionale.

Per altra parte la disciplina della gestione riproduce quanto previsto dall’articolo 7 del D.Lgs. 227/2001 secondo il quale le regioni istituiscono elenchi o albi delle imprese per l'esecuzione di lavori, opere e servizi in àmbito forestale e di difesa del territorio. Tali soggetti possono ottenere in gestione aree silvo-pastorali di proprietà o possesso pubblico (art. 21, co. 2). E’ inoltre riprodotta lo strumento di incentivazione dei soggetti che operano nelle zone montane, ricollegabile alle previsioni di cui all'art. 17, 2° co., L. 31.1.1994, n. 97 sulla montagna (art. 21, co. 3)

Sempre in tema di gestione è riprodotto (art. 21, comma 4) l’articolo 8 del citato D.Lgs. 227/2001 relativo alla costituzione e partecipazione ai consorzi forestali o altre forme associative.

 

Apposito spazio è dedicato alla disciplina delle cooperative forestali (art. 22).

La norma inserita nello schema di riordino fa riferimento alle cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell'interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali, secondo quando previsto dal D.Lgs. 227/2001 che ha previsto (vi veda l’articolo 4 dello schema) l’equiparazione di tali soggetti all’imprenditore agricolo.

Ai suddetti soggetti si applicano, secondo la formulazione dell’art. 22, le norme riprodotte dall’art. 2, comma 134, della finanziaria per il 2008 (legge 244/2007), relative all’affidamento diretto dagli enti locali e altri soggetti pubblici di lavori e servizi tecnici aventi determinate caratteristiche.

Si segnala una differenza tra la norma inserita nello schema e quella riprodotta (art. 2, comma 134, legge 244/2007) relativa al massimale annuo dell’importo dei lavori e servizi. Nella norma inserita nello schema il massimale è di 150.000 euro, laddove la norma vigente riporta la cifra di 190.000. Andrebbe valutato al riguardo se si tratti di errore materiale nel riportare la norma ovvero di modifica sostanziale della normativa vigente.


Capo IX (artt. 23-25)

Codice

Norme di riferimento

Capo IX

Della vendita diretta di prodotti agricoli

Sezione I

Della vendita al dettaglio

 

Art. 23

(Esercizio dell'attività di vendita al dettaglio)

1. Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, ivi inclusi i prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli aziendali e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa.

 

 

2. La disciplina di cui alla presente sezione si applica anche agli enti e alle associazioni, che intendano vendere direttamente prodotti agricoli.

 

3. Alla vendita diretta disciplinata dalla presente sezione non si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114. Egualmente tale decreto legislativo non si applica ai pescatori e alle loro cooperative, nonché ai cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall'esercizio della loro attività, e a coloro che esercitano la vendita dei prodotti da essi direttamente e legalmente raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell'esercizio dei diritti di erbatico, di fungatico e di diritti similari.

D.lgs. 228/2001 art. 4

Esercizio dell'attività di vendita.

Co.1. Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, iscritti nel registro delle imprese di cui all'art. 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, possono vendere direttamente al dettaglio, in tutto il territorio della Repubblica, i prodotti provenienti in misura prevalente dalle rispettive aziende, osservate le disposizioni vigenti in materia di igiene e sanità.

Co.5. La presente disciplina si applica anche nel caso di vendita di prodotti derivati, ottenuti a seguito di attività di manipolazione o trasformazione dei prodotti agricoli e zootecnici, finalizzate al completo sfruttamento del ciclo produttivo dell'impresa.

D.Lgs. 99/2004 art.4

Norme sulla vendita di prodotti agricoli.

Co.1. La disciplina amministrativa di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, si applica anche agli enti ed alle associazioni che intendano vendere direttamente prodotti agricoli.

D.lgs. 228/2001 art. 4

Co.7. Alla vendita diretta disciplinata dal presente decreto legislativo continuano a non applicarsi le disposizioni di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in conformità a quanto stabilito dall'articolo 4, comma 2, lettera d), del medesimo decreto legislativo n. 114 del 1998.

D.lgs. 114/1998

Riforma della disciplina relativa al settore del commercio

art. 4

Definizioni e ambito di applicazione del decreto

Co.2. Il presente decreto non si applica:

g) ai pescatori e alle cooperative di pescatori, nonché ai cacciatori, singoli o associati, che vendano al pubblico, al dettaglio, la cacciagione e i prodotti ittici provenienti esclusivamente dall'esercizio della loro attività e a coloro che esercitano la vendita dei prodotti da essi direttamente e legalmente raccolti su terreni soggetti ad usi civici nell'esercizio dei diritti di erbatico, di fungatico e di diritti similari;

4. Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali ovvero a 4 milioni euro per le società, enti ed associazioni, si applicano le disposizioni del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

D.lgs. 228/2001 art.4

Co.8. Qualora l'ammontare dei ricavi derivanti dalla vendita dei prodotti non provenienti dalle rispettive aziende nell'anno solare precedente sia superiore a 160.000 euro per gli imprenditori individuali ovvero a 4 milioni di euro per le società, si applicano le disposizioni del citato decreto legislativo n. 114 del 1998.

D.lgs. 99/2004 art.4

Co.1. La disciplina amministrativa di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, si applica anche agli enti ed alle associazioni che intendano vendere direttamente prodotti agricoli.

 

 

5. In deroga alle disposizioni vigenti è consentita ai produttori di prodotti a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e con attestazione di specialità tradizionale garantita (STG), ivi compresi i prodotti ammessi a tutela provvisoria, la presentazione, la degustazione e la vendita anche per via telematica, secondo disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome.

L.488/1999 art 59

Sviluppo dell'agricoltura biologica e di qualità.

Co.3-ter. In deroga alle disposizioni vigenti è consentita ai produttori di prodotti a denominazione di origine protette (DOP), a indicazione geografica protette (IGP) e con attenzione di specificità (AS), cui ai regolamenti (CEE) n. 2081/92 e n. 2082/92 del Consiglio, del 14 luglio 1992, ivi compresi i prodotti ammessi a tutela provvisoria, la presentazione, la degustazione e la vendita, anche per via telematica, secondo disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome. Al comma 8 dell'articolo 10 della legge 21 dicembre 1999, n. 526, dopo le parole “la vendita diretta” sono inserite le seguenti: “anche per via telematica”.

 

6. Al fine di promuovere lo sviluppo dei mercati degli imprenditori agricoli a vendita diretta, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di natura non regolamentare, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione di detti mercati, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia.

L.296/2006

Co.1065. Al fine di promuovere lo sviluppo dei mercati degli imprenditori agricoli a vendita diretta, con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali di natura non regolamentare, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da adottare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione di detti mercati, anche in riferimento alla partecipazione degli imprenditori agricoli, alle modalità di vendita e alla trasparenza dei prezzi, nonché le condizioni per poter beneficiare degli interventi previsti dalla legislazione in materia.

Art. 24

(Impedimenti allo svolgimento dell’attività di vendita diretta di prodotti agricoli)

1. Non possono esercitare l'attività di vendita diretta gli imprenditori agricoli, singoli o soci di società di persone, e le persone giuridiche, enti ed associazioni i cui amministratori abbiano riportato, nell'espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta, condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività.

2. Il divieto ha efficacia per un periodo di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

D.lgs. 228/2001 art.4

 

 

Co.6. Non possono esercitare l'attività di vendita diretta gli imprenditori agricoli, singoli o soci di società di persone e le persone giuridiche i cui amministratori abbiano riportato, nell'espletamento delle funzioni connesse alla carica ricoperta nella società, condanne con sentenza passata in giudicato, per delitti in materia di igiene e sanità o di frode nella preparazione degli alimenti nel quinquennio precedente all'inizio dell'esercizio dell'attività. Il divieto ha efficacia per un periodo di cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna.

Sezione II

Della vendita per via telematica

 

Art. 25

(Adeguamento delle borse merci)

1. Le contrattazioni delle merci e delle derrate agricole sono svolte anche attraverso strumenti informatici o per via telematica.

2. Al fine di rendere uniformi le modalità di gestione, di vigilanza e di accesso alle negoziazioni telematiche, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura adottano, durante un periodo sperimentale di dodici mesi, apposite norme tecniche, in conformità a quanto stabilito dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato in data 20 dicembre 2000, idonee a consentire l'accesso alle contrattazioni, anche da postazioni remote, ad una unica piattaforma telematica.

3. Con riferimento ai prodotti elencati nell'Allegato I del Trattato istitutivo della Comunità europea, negli Allegati I e II del regolamento (CE) n. 510/2006 del 20 marzo 2006, e successive modificazioni, ed agli altri prodotti qualificati agricoli dal diritto comunitario, anche ai fini dell'uniforme classificazione merceologica, con regolamento del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinate le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 194.

D.lgs. 228/2001 art. 30

Adeguamento delle borse merci.

1. Le contrattazioni delle merci e delle derrate di cui alla legge 20 marzo 1913, n. 272, e successive modificazioni, sono svolte anche attraverso strumenti informatici o per via telematica.

2. Al fine di rendere uniformi le modalità di gestione, di vigilanza e di accesso alle negoziazioni telematiche, le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura adottano, durante un periodo sperimentale di dodici mesi, apposite norme tecniche, in conformità a quanto stabilito dal decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 20 dicembre 2000, idonee a consentire l'accesso alle contrattazioni, anche da postazioni remote, ad una unica piattaforma telematica.

 

 

 

3. Con riferimento ai prodotti elencati nell'Allegato I del Trattato istitutivo della Comunità europea, negli Allegati I e II del regolamento (CEE) n. 2081/1992 del 14 luglio 1992, del Consiglio, come modificato dal regolamento (CE) n. 692/2003 dell'8 aprile 2003, del Consiglio, ed agli altri prodotti qualificati agricoli dal diritto comunitario, anche ai fini dell'uniforme classificazione merceologica, con regolamento del Ministro delle politiche agricole e forestali sono disciplinate le modalità di attuazione di quanto previsto dal comma 1.

 

4. Fino all'entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3, i risultati in termini di prezzi di riferimento e di quantità delle merci e delle derrate negoziate in via telematica sono oggetto di comunicazione, da parte delle società di gestione, alle Deputazioni delle Borse merci, nonché di pubblicazione nel bollettino ufficiale dei prezzi, edito dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

5. Dalla data di entrata in vigore del regolamento di cui al comma 3 le norme della legge 20 marzo 1913, n. 272, cessano di avere applicazione nei confronti delle contrattazioni dei prodotti fungibili agricoli, agroindustriali, ittici e tipici.

La vendita dei prodotti agricoli

L’articolo 23 dello schema di riordino è dedicato all’esercizio dell’attività di vendita al dettaglio. Sono riprodotti al riguardo le disposizioni di cui al comma 1 e al comma 5 dell’art. 4 del D.Lgs. 228/2001 relativi alla possibilità di vendita al dettaglio. Del medesimo D.Lgs. 228/01 sono riportate altresì le disposizioni concernenti l’esclusione dell’applicazione della disciplina sulla vendita al dettaglio (co.3).

E’ altresì riportata testualmente (art. 23, co. 2) la disposizione del comma 4, comma 1, del D.Lgs 99/2004 relativa all’applicazione della normativa anche agli enti ed associazioni che intendano vendere direttamente i prodotti agricoli.

Il comma 3 specifica la non applicabilità alla disciplina della vendita al dettaglio delle disposizioni di cui al D.Lgs. 114/1998 (Riforma della disciplina relativa al settore del commercio).

 

Va osservato che non appare del tutto chiaro, al comma 3, il motivo per cui accanto al principio generale dell’inapplicabilità del D.Lgs. 114/1998, viene riprodotta una singola disposizione (art. 4, comma 2, lettera g) del citato decreto legislativo che dispone l’inapplicabilità dello stesso ad una serie di soggetti. Ai fini di una maggiore chiarezza andrebbe chiarito il motivo della riproduzione del contenuto della citata norma del D.Lgs. 114/98.

 

E’ inserita nell’articolo 23 (co. 5) anche una disposizione riprodotta dalla legge L. 23-12-1999 n. 488 (Legge finanziaria 2000) così come modificato dalla legge 388/2000 concernente la possibilità in deroga alle disposizioni vigenti, per produttori di prodotti a denominazione di origine protette etc. la presentazione, la degustazione e la vendita, anche per via telematica, secondo disposizioni emanate dalle regioni o dalle province autonome.

E’ infine riprodotta la disposizione di cui al comma 1065 della legge finanziaria per il 2007 (legge 296/2006) relativa alla promozione e realizzazione dei mercati per la vendita diretta, che demanda a decreto ministeriale la definizione dei requisiti uniformi e gli standard per la realizzazione di detti mercati

 

Si segnala, con riferimento al comma 6, che il decreto ministeriale cui si fa riferimento è il D.M. 20 novembre 2007.

 

L’articolo 24 riproduce la disciplina contenuta nel D.Lgs. 228/2001, art. 4, comma 6, relativa agli impedimenti allo svolgimento dell’attività di vendita diretta di prodotti agricoli.

 

La sezione II (articolo 25) riguarda la vendita per via telematica e riproduce testualmente l’art. 30 del D.Lgs. 228/2001.

 

Va segnalato che il decreto cui si fa riferimento al comma 3 dell’articolo 25 è il D.M. 6 aprile 2006, n. 174.


Capo X (artt. 26-29)

Codice

Norme di riferimento

Capo X

Del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) e della Carta dell’agricoltore

Sezione I

Del Sistema informativo

 

Art. 26

(Il sistema informativo agricolo nazionale)

1. La realizzazione e gestione del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), ai fini dell’esercizio delle competenze statali in materia di indirizzo e coordinamento delle attività agricole e della conseguente necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale da parte del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, avviene in base ai criteri e secondo le direttive fissate dal Ministro medesimo, attraverso la stipula di una o più convenzioni con società a prevalente partecipazione statale, anche indiretta. Dette convenzioni, aventi durata non superiore a cinque anni, sono stipulate, e le relative spese sono eseguite, anche in deroga alle norme sulla contabilità dello stato, con esclusione di ogni forma di gestione fuori bilancio.

L. 194/1985 art. 15

 

Ai fini dell'esercizio delle competenze statali in materia di indirizzo e coordinamento delle attività agricole e della conseguente necessità di acquisire e verificare tutti i dati relativi al settore agricolo nazionale, il Ministro dell'agricoltura e delle foreste è autorizzato all'impianto di un sistema informativo agricolo nazionale attraverso la stipula di una o più convenzioni con società a prevalente partecipazione statale, anche indiretta, per la realizzazione, messa in funzione ed eventuale gestione temporanea di tale sistema informativo in base ai criteri e secondo le direttive fissate dal Ministro medesimo.

 

Le convenzioni di cui al precedente comma, aventi durata non superiore a cinque anni, sono stipulate, e le relative spese sono eseguite, anche in deroga alle norme sulla contabilità dello Stato ed all'articolo 14 della legge 28 settembre 1942, n. 1140, con esclusione di ogni forma di gestione fuori bilancio.

 

2. L’AGEA, nell’ambito delle ordinarie dotazioni di bilancio, costituisce una società a capitale misto pubblico-privato, con partecipazione pubblica maggioritaria nel limite massimo pari a 1,2 milioni di euro nell’ambito delle predette dotazioni di bilancio, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN. La scelta del socio privato avviene mediante l’espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

 

D.lgs. 99/2004 art. 14

Semplificazione degli adempimenti amministrativi

Co.10-bis. L'AGEA, nell'àmbito delle ordinarie dotazioni di bilancio, costituisce una società a capitale misto pubblico-privato, con partecipazione pubblica maggioritaria nel limite massimo pari a 1,2 milioni di euro nell'àmbito delle predette dotazioni di bilancio, alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN. La scelta del socio privato avviene mediante l'espletamento di una procedura ad evidenza pubblica ai sensi del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 157, e successive modificazioni. Dall'attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

Art. 27

(Anagrafe delle imprese agricole)

 

 

 

1. L'anagrafe delle imprese agricole, di seguito denominata anagrafe, istituita all'interno del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), integrato con i sistemi informativi regionali, raccoglie le notizie relative ai soggetti pubblici e privati, identificati dal codice fiscale, esercenti attività agricola, agroalimentare, forestale e della pesca, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la pubblica amministrazione centrale o locale, di seguito denominati "imprese".

2. Fatto salvo quanto previsto dalle norme fiscali, il codice fiscale costituisce il codice unico di identificazione aziende agricole, di seguito CUAA. Il CUAA deve essere utilizzato in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione99. Il CUAA costituisce sistema unico di identificazione di ciascun soggetto che esercita attività agricola, anche ai sensi all'articolo 15, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (CE) n. 73/2009100.

DPR 503/1999

Regolamento recante norme per l'istituzione della Carta dell'agricoltore e del pescatore e dell'anagrafe delle aziende agricole

Art.1. Anagrafe delle aziende agricole.

1. L'anagrafe delle aziende agricole, di seguito denominata anagrafe, istituita ai sensi dell'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, all'interno del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), integrato con i sistemi informativi regionali, raccoglie le notizie relative ai soggetti pubblici e privati, identificati dal codice fiscale, esercenti attività agricola, agroalimentare, forestale e della pesca, che intrattengano a qualsiasi titolo rapporti con la pubblica amministrazione centrale o locale, di seguito denominati “aziende”.

 

2. Il codice fiscale costituisce il codice unico di identificazione aziende agricole, di seguito CUAA. Il CUAA deve essere utilizzato in tutti i rapporti con la pubblica amministrazione.

D.lgs. 99/2004 art. 13

Co.3. Il codice unico di identificazione aziende agricole, di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, costituisce sistema unico di identificazione di ciascun soggetto che esercita attività agricola anche ai sensi all'articolo 18, paragrafo 1, lettera f), del regolamento (CE) n. 1782/2003.

3. A ciascuna azienda fa capo una o più unità tecnico-economiche, di seguito denominata unità; per unità si intende l'insieme dei mezzi di produzione, degli stabilimenti e delle unità zootecniche e acquicole condotte a qualsiasi titolo dal medesimo soggetto per una specifica attività economica, ubicato in una porzione di territorio, identificata nell'ambito dell'anagrafe tramite il codice ISTAT del comune ove ricade in misura prevalente, e avente una propria autonomia produttiva.

DPR 503/1999 art.1

Co.3. A ciascuna azienda fa capo una o più unità tecnico-economiche, di seguito denominata unità; per unità si intende l'insieme dei mezzi di produzione, degli stabilimenti e delle unità zootecniche e acquicole condotte a qualsiasi titolo dal medesimo soggetto per una specifica attività economica, ubicato in una porzione di territorio, identificata nell'àmbito dell'anagrafe tramite il codice ISTAT del comune ove ricade in misura prevalente, e avente una propria autonomia produttiva.

 

4. Per lo svolgimento delle proprie attività l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) è autorizzato ad accedere alle informazioni e ai dati di cui al presente articolo, nonché al Registro nazionale titoli di cui all’articolo 3 del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231.

D.L. 182/2005 art. 3

Attuazione della politica agricola comune.

Co.5-septies. Per lo svolgimento delle proprie attività l'ISMEA è autorizzato ad accedere al Registro nazionale titoli, nonché alle informazioni e ai dati di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99.

Sezione III

Del fascicolo aziendale

 

Art. 28

(Forma delle nuove istanze di aiuti)

1. I soggetti che esercitano attività agricola, che abbiano ottenuto la concessione di aiuti, contributi e agevolaz ioni ai sensi della normativa comunitaria, nazionale e regionale, relativa all'esercizio della propria attività da parte della pubblica amministrazione, qualora inoltrino nuove istanze possono rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che le informazioni contenute nel fascicolo aziendale non hanno subito variazioni1.

2. Le domande di aiuto presentate dai produttori agricoli per l’accesso al pagamento unico disaccoppiato sono valide per richiedere gli stessi contributi comunitari anche per gli anni successivi a quello di presentazione, a condizione che non sia cambiato nessuno degli elementi delle domande previsti dalla normativa comunltarìa.

D.lgs. 99/2004 art. 14

 

Co. 7. I soggetti che esercitano attività agricola che abbiano ottenuto la concessione di aiuti, contributi e agevolazioni ai sensi della normativa comunitaria, nazionale e regionale, relativa all'esercizio della propria attività da parte della pubblica amministrazione, qualora inoltrino nuove istanze possono rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che le informazioni contenute nel fascicolo aziendale non hanno subito variazioni.

 

 

D.L. 182/2003 art. 3

Co.5-quinquies. Le domande di aiuto presentate dai produttori agricoli per l'accesso al pagamento unico disaccoppiato sono valide per richiedere gli stessi contributi comunitari anche per gli anni successivi a quello di presentazione, a condizione che non sia cambiato nessuno degli elementi delle domande previsti dalla normativa comunitaria.

Art. 29

(Obbligo della Pubblica amministrazione di servirsi delle informazioni del fascicolo aziendale)

1. I soggetti di cui all’articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, nei rapporti con i soggetti che esercitano l’attività agricola hanno l’obbligo di avvalersi delle informazioni contenute nel fascicolo aziendale. La pubblica amministra­zione interessata, ivi compresi gli enti pubblici economici, li acquisisce d’ufficio, prioritariamente in via telematica, utilizzando i servizi di certifica­zione ed i servizi di interscambio e cooperazione del SIAN105 .

 

 

D.lgs. 99/2004 art. 14

Co.8. I soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, nei rapporti con i soggetti che esercitano l'attività agricola hanno l'obbligo di avvalersi delle informazioni contenute nel fascicolo aziendale. La pubblica amministrazione interessata, ivi compresi gli enti pubblici economici, li acquisisce d'ufficio, prioritariamente in via telematica, utilizzando i servizi di certificazione ed i servizi di interscambio e cooperazione del SIAN.

Il sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) e la Carta dell’agricoltore

Il Capo X è dedicato al SIAN, all’anagrafe delle imprese agricole e al fascicolo aziendale per i soggetti che esercitano l’attività agricola.

La scelta effettuata dal Governo nell’operazione di riordino di tale materia è esplicitata nelle note di accompagnamento al testo. In esse è specificato infatti che la materia del SIAN e della connessa anagrafe delle imprese agricole trova solo in parte la sua collocazione nello schema di decreto legislativo. Tutte le restanti disposizioni vengono infatti collocate nello schema di D.P.R. attuativo del decreto legislativo. Si tratta di norme di rango legislativo, la cui fonte viene dequalificata al rango regolamentare, dando vita ad un’operazione di delegificazione di gran parte della materia.

 

Si segnala in proposito che lo schema di DPR reca per la maggior parte norme di rango legislativo che il Governo considera aventi valenza regolamentare, operando una sorta di delegificazione per la quale sarebbe però necessaria una specifica autorizzazione, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

L’articolo 26, comma 1, riproduce le disposizioni della legge 194/1984 (in particolare l’art. 15, commi 1 e 2) istitutive del sistema informativo agricolo nazionale (SIAN). Le citate disposizioni non sono riprodotte testualmente in quanto contengono il riferimento alla procedura di impianto del SIAN, il quale è stato effettivamente già impiantato. Sono invece riprodotte testualmente le disposizioni concernenti la stipula di convenzioni con società a prevalente partecipazione statale, anche indiretta, per la realizzazione e gestione del Sistema informativo agricolo nazionale.

Il comma 2 riproduce testualmente le disposizioni contenute nell’articolo 14, del D.Lgs. 99/2004 così come modificato dal D.L. 182/2005, convertito, con modificazioni nella legge 11 novembre 2005, n. 231, concernenti la costituzione da parte dell’AGEA di una società a capitale misto pubblico privato alla quale affidare la gestione e lo sviluppo del SIAN.

 

L’articolo 27 concerne l’anagrafe delle imprese agricole. Come rilevato in altre parti del testo, nello schema di riordino di sostituisce il termine “azienda” cui fa riferimento la normativa vigente con quello di “impresa” laddove il contesto normativo nel quale si inserisce la disposizione fa riferimento all’attività del soggetto imprenditore piuttosto che al complesso organizzato di beni che costituisce l’azienda, nel quale prevale l’elemento oggettivo.

Per quanto concerne l’anagrafe delle imprese agricole la scelta effettuata nel riordino è quella di una parziale rilegificazione della materia. Infatti assurgono a rango legislativo e vengono inserite nello schema di decreto legislativo le norme relative all’istituzione dell’anagrafe, attualmente contenute nel DPR 503/1999.

In particolare sono riprodotte le disposizioni del regolamento da ultimo citato, relative al CUAA (codice unico di identificazione delle aziende agricole. Sono altresì riprodotte le norme contenute nel citato regolamento concernenti le unità tecnico-economiche, identificate nell’ambito dell’anagrafe tramite codice ISTAT, che fanno capo a ciascuna azienda. Le disposizioni sul CUAA sono altresì integrate dalla riproduzione testuale di una disposizione contenuta nel D.Lgs. 99/04 (art. 13).

Si ricorda che il DPR n. 503/99[12], ha istituito, all’interno degli archivi informatizzati del SIAN, l’anagrafe delle aziende agricole, ovvero di tutti i soggetti pubblici o privati, esercenti attività agricola, agroalimentare, forestale o della pesca.

Ad ognuno di tali soggetti deve essere attribuito un codice fiscale, denominato codice unico di identificazione aziende agricole (CUAA), che serve alla identificazione dell’azienda in ogni suo rapporto con la pubblica amministrazione. Pertanto, in ogni comunicazione o domanda (alla o dalla P.A.) deve essere indicato il CUAA aziendale.

I dati informativi riguardanti le aziende e contenuti nell’anagrafe sono a disposizione della collettività secondo livelli di accesso diversi.

Il titolare degli archivi dell’anagrafe è il Mipaf, il quale, a decorrere dal 30 giugno 2003, deve riepilogare i dati aziendali contenuti nella banca dati in modo da costituire per ogni soggetto il fascicolo aziendale, fruibile sia su modello cartaceo che elettronico.

Oltre alla diffusione di informazioni, l’anagrafe è deputata a fornire servizi[13] ai seguenti soggetti:

-        alle aziende agricole inserite nell’anagrafe, ed ai soggetti dalle stesse delegate;

-        a soggetti pubblici così individuati (art. 6, co. 1, lett. a)[14]): il Ministero per le politiche agricole e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, il Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio.

Il provvedimento (art. 7) ha disposto, inoltre, la istituzione di un documento di riconoscimento, strettamente personale, denominato carta dell’agricoltore o del pescatore, che deve consentire il riconoscimento univoco del titolare, nonché l’esercizio delle funzioni abilitate al possessore della carta. Il documento, che deve assumere una veste sia cartacea che elettronica, è emesso dal SIAN, ma è rilasciato dalle regioni.

 

L’articolo 27, comma 4, riproduce invece una disposizione contenuta nel D.L. 182/2005, convertito, con modificazioni dalla legge 231/2005 (art. 2, comma 5-septies) relativa alla possibilità per l’ISMEA di accedere alle informazioni ed ai dati dell’anagrafe delle imprese agricole.

 

La Sezione III del Capo, composta di due articoli è rubricata “Del fascicolo aziendale”. In realtà l’articolo 28 concerne specificamente la forma delle nuove istanze di aiuti presentate da soggetti che esercitano l’attività agricola. Il comma 1 riproduce testualmente una disposizione contenuta nell’articolo 14, co. 7, del D.Lgs. 99/2004 relativa alla possibilità per i soggetti che esercitano attività agricola che abbiano ottenuto la concessione di aiuti, di rendere una dichiarazione sostitutiva di atto notorio attestante che le informazioni contenute nel fascicolo aziendale non hanno subito variazioni qualora inoltrino nuove istanze. Il comma 2 riproduce testualmente una disposizione contenuta nel D.L. 182/2005, convertito, con modificazioni dalla legge 231/2005 (art. 3, comma 5-quinquies) relativa alle domande di aiuto presentate dai produttori agricoli per l'accesso al pagamento unico disaccoppiato.

 

L’articolo 29 riproduce testualmente le disposizioni relative all’obbligo della Pubblica amministrazione di servirsi delle informazioni del fascicolo aziendale, contenute nel D.Lgs. 99/2004, all’articolo 14, comma 8.


Titolo III - Della disciplina del territorio

Capo I (artt. 30-33)

Codice

Norme di riferimento

Capo I
Della gestione e della tutela
dello spazio rurale

Sezione I
Della valorizzazione dello spazio rurale

 

Art. 30

(Gestione e sviluppo delle varie aree rurali e delle loro produzioni)

1. La gestione e lo sviluppo dello spazio rurale sono priorità essenziali dell’uso razionale delle risorse naturali e del territorio, in coerenza con le finalità perseguite dalla politica agricola dell’Unione europea e dalla Costituzione.

 

 

Cfr. art. 7 co. 3 legge 57/2001 di delega delle leggi di Orientamento

 

 

 

2. Lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano, nell'ambito delle rispettive competenze e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci:

a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tipica (IGT);

b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del diritto comunitario; c) le zone aventi specifico interesse agrituristico.

3. Sì come disposto dalla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, contenente norme in materia ambientale, la tutela di cui al comma 2 è realizzata, in particolare, con:

a) la definizione di criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti;

b) l'adozione di piani territoriali di coordinamento

D.lgs. 228/2001 art. 21

Norme per la tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità.

Co.1. Fermo quanto stabilito dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dal decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e senza nuovi o maggiori oneri a carico dei rispettivi bilanci, lo Stato, le regioni e gli enti locali tutelano, nell'àmbito delle rispettive competenze:

a) la tipicità, la qualità, le caratteristiche alimentari e nutrizionali, nonché le tradizioni rurali di elaborazione dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione di origine controllata (DOC), a denominazione di origine controllata e garantita (DOCG), a denominazione di origine protetta (DOP), a indicazione geografica protetta (IGP) e a indicazione geografica tutelata (IGT);

b) le aree agricole in cui si ottengono prodotti con tecniche dell'agricoltura biologica ai sensi del regolamento (CEE) n. 2092/91 del Consiglio, del 24 giugno 1991;

c) le zone aventi specifico interesse agrituristico.

 

Co.2. La tutela di cui al comma 1 è realizzata, in particolare, con:

a) la definizione dei criteri per l'individuazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, di cui all'articolo 22, comma 3, lettera e), del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389, e l'adozione di tutte le misure utili per perseguire gli obiettivi di cui al comma 2 dell'articolo 2 del medesimo decreto legislativo n. 22 del 1997;

b) l'adozione dei piani territoriali di coordinamento di cui all'articolo 15, comma 2, della legge 8 giugno 1990, n. 142, e l'individuazione delle zone non idonee alla localizzazione di impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti ai sensi dell'articolo 20, comma 1, lettera e), del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, come modificato dall'articolo 3 del decreto legislativo n. 389 del 1997.

Sezione II
Delle zone agricole a vocazione turistica

 

Art. 31

(Forme di turismo nelle zone agricole: interventi e definizioni)

1. In armonia con i programmi di sviluppo rurale dell’Unione europea, dello Stato e delle regioni, l’agricoltura è sostenuta anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne, volte a:

a) tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio;

b) favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali;

c) favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione

dei redditi agricoli;

d) favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell’ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l’incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita;

e) recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche;

f) sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche;

g) promuovere la cultura rurale e l’educazione alimentare;

h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale.

L. 96/2006 art.1

Finalità.

 

Co.1. La Repubblica, in armonia con i programmi di sviluppo rurale dell'Unione europea, dello Stato e delle regioni, sostiene l'agricoltura anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne, volte a:

a) tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio;

b) favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali;

c) favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli;

d) favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell'ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l'incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita;

e) recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche;

f) sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche;

g) promuovere la cultura rurale e l'educazione alimentare;

h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale.

2. Costituiscono forme idonee anche l’agriturismo, l’ospitalità rurale familiare, il turismo venatorio svolto dalle aziende agro-turistico-venatorie e le strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici.

NUOVO cfr. nota 109

 

 

3. Per agriturismo si intende l’attività connessa dell’imprenditore agricolo di cui all’articolo 14; per ospitalità rurale familiare si intende l’attività relativa al servizio di alloggio e di prima colazione svolto da persone fisiche nella propria abitazione che, se svolte con carattere professionale e continuativo da imprenditori agricoli rientrano tra le attività agrituristiche di cui all’articolo 14110; per turismo venatorio si intende quello esercitato nelle aziende agri-turistico-venatorie istituite, su richiesta del concessionario delle aziende faunistico venatorie di cui alla legge 27 dicembre 1977, n. 968, dalle regioni111; per strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti tipici si intendono quelle di cui all’articolo 18.

L. 122/2001 art. 23.

Ospitalità rurale familiare.

Co.1. Le regioni, nell'àmbito delle iniziative finalizzate allo sviluppo rurale e alla valorizzazione della multifunzionalità della aziende, possono disciplinare l'attività relativa al servizio di alloggio e di prima colazione nella propria abitazione. Qualora dette attività abbiano carattere professionale e continuativo e siano esercitate da imprenditori agricoli, rientrano tra le attività agrituristiche.

L. 157/1992 art. 36

Co.2. Su richiesta del concessionario, le regioni possono trasformare le aziende faunistico-venatorie di cui al comma 1 in aziende agri-turistico-venatorie.

 

Sezione III

Della contrattazione programmata

 

Art. 32

(Programmazione territoriale negoziata)

1. La disciplina della programmazione negoziata si applica anche al settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

L. 662/1996 art.2

Co.203. Gli interventi che coinvolgono una molteplicità di soggetti pubblici e privati ed implicano decisioni istituzionali e risorse finanziarie a carico delle amministrazioni statali, regionali e delle province autonome nonché degli enti locali possono essere regolati sulla base di accordi così definiti:

a) “Programmazione negoziata”, omissis;

b) “Intesa istituzionale di programma” omissis;

c) “Accordo di programma quadro”, omissis;

d) ”Patto territoriale”, omissis;

e) ”Contratto di programma”, omissis;

f) ”Contratto di area”, omissis.

 

 

D.Lgs. 30-4-1998 n. 173 art.10

Rafforzamento strutturale delle imprese.

Co.1. Il CIPE determina limiti, criteri e modalità di applicazione anche alle imprese agricole, della pesca marittima ed in acque salmastre e dell'acquacoltura, e ai relativi consorzi, degli interventi regolati dall'articolo 2, comma 203, lettere d) “Patti territoriali”, e) “Contratto di programma” ed f) “Contratto di area”, della legge 23 dicembre 1996, n. 662.

Art. 33

(Distretti rurali e distretti agroalimentari)

1. Le regioni e le province autonome individuano i distretti rurali e i distretti agroalimentari.

2. Si definiscono distretti rurali i sistemi produttivi locali di cui all’articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea, derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali.

3. Si definiscono distretti agroalimentari di qualità i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche115.

4. Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 366 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, si applicano anche ai distretti rurali e agroalimentari, sì come disposto dal comma 369 dell’articolo 1 della predetta legge.

D.Lgs. 18-5-2001 n. 228 art.13.

Distretti rurali e agroalimentari di qualità.

Co.3. Le regioni provvedono all'individuazione dei distretti rurali e dei distretti agroalimentari.

 

Co.1. Si definiscono distretti rurali i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317, e successive modificazioni, caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali.

 

 

Co.2. Si definiscono distretti agroalimentari di qualità i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.

 

 

L. 266/2005 art.1

Co.366 Ai fini dell'applicazione dei commi da 367 a 371, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attività produttive, con il Ministro delle politiche agricole e forestali, con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, e sentite le regioni interessate, sono definite le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, quali libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, con l'obiettivo di accrescere lo sviluppo delle aree e dei settori di riferimento, di migliorare l'efficienza nell'organizzazione e nella produzione, secondo princìpi di sussidiarietà verticale ed orizzontale, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali.

Co.369 Le norme in favore dei distretti produttivi di cui al comma 366 si applicano anche ai distretti rurali e agro-alimentari di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, ai sistemi produttivi, ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e della pesca e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317, nonché ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 febbraio 1989, n. 83.

La disciplina del territorio

Il Titolo III, dedicate alle norme a carattere prevalentemente pubblicistico, relative alla disciplina del territorio è strutturato in tre Capi.

Il Capo I è volto alla razionalizzazione delle norme concernenti la gestione e la tutela dello spazio rurale.

 

L’articolo 30 si apre con una disposizione formalmente nuova (comma 1) che individua la valorizzazione dello spazio rurale quale priorità essenziali dell’uso razionale delle risorse naturali e del territorio nel quadro delle finalità della politica agricola dell’Unione europea e della Costituzione. Si tratta evidentemente di una disposizione enunciativa di principi, priva di valore immediatamente prescrittivo. Nelle note di accompagnamento al testo sono richiamati i principi individuati dall’art. 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57, contenente la delega per la modernizzazione nei settori dell'agricoltura, delle foreste, della pesca e dell'acquacoltura.

Il comma 2 e il comma 3 individuano rispettivamente l’oggetto della tutela dello spazio rurale e gli strumenti di realizzazione di essa, da parte dello Stato, delle regioni e degli enti locali. Tale individuazione è effettuata tramite la riproduzione dell’articolo 21 del D.Lgs 228/2001, il quale detta le norme per la tutela dei territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità. Al riguardo è richiamato quanto disposto dalla parte IV del codice ambientale (D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152). Rispetto alle disposizioni riprodotte sono aggiornate le disposizioni in materia ambientale richiamate (il riferimento nelle disposizioni riprodotte era al D.Lgs. 22/97, abrogato dal citato codice ambientale).

 

L’articolo 31 è volto alla sistematizzazione delle norme sulle forme di turismo nelle zone agricole. Il comma 1 riproduce testualmente i principi individuati dall’articolo della legge 96/2006 sull’agriturismo.

Il comma 2 introduce una disposizione formalmente nuova, che non riproduce alcuna norma vigente, e intende specificare che tra le forme idonee di turismo nelle zone agricole vi sono anche l’agriturismo, l’ospitalità rurale familiare, il turismo venatorio e le strade del vino e degli altri prodotti tipici. Si tratta di una disposizione che non assume una valenza innovativa nell’ordinamento, rispondendo piuttosto ad esigenze di sistematicità e di chiarezza. Si tratta inoltre di una definizione non esaustiva, ma esclusivamente ricognitoria delle forme di turismo nelle campagne.

Il comma 3 esplicita le definizioni delle attività turistiche richiamate al comma 2.

Uno specifico spazio all’interno del Capo sulla gestione e tutela dello spazio rurale è dedicato alla programmazione territoriale negoziata.

L’articolo 32 si limita a richiamare l’applicazione della programmazione negoziata anche al settore agricolo, agroalimentare e della pesca.

Si osserva che andrebbe specificato, in modo meno generico, il riferimento, agli strumenti della programmazione negoziata. Si rileva che il rinvio dovrebbe essere agli strumenti previsti, in via generale dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, articolo 2, comma 203. La portata della disposizioni va tuttavia specificata con il riferimento al comma 1 dell’articolo 10 del D.Lgs. 173/1998, secondo il quale Il CIPE determina limiti, criteri e modalità di applicazione anche alle imprese agricole solo di alcuni degli interventi regolati dall'articolo 2, comma 203, ossia i “Patti territoriali”, il “Contratto di programma” ed il “Contratto di area”.

 

Il successivo articolo 33 contiene le disposizioni sui distretti rurali e distretti agroalimentari. Tali disposizioni, concernenti la competenza delle regioni e province autonome di individuare i suddetti distretti (comma 1), nonché le rispettive definizioni di distretto alimentare (comma 2) e agroalimentare (comma 3) sono riprodotte testualmente dall’articolo 13 del D.Lgs. 228 del 2001. Nel medesimo articolo è richiamata una disposizione contenuta nella legge 23 dicembre 2005, n. 66 (legge finanzaria per il 2007), all’art. 1, co. 369, secondo la quale le disposizioni a favore dei distretti produttivi si applicano altresì ai distretti rurali e agroalimentari. Si segnala che la norma della finanziaria per il 2007 è solo richiamata per esigenze di sistematicità e conserva la sua autonomia dal testo di riordino, motivo per il quale non è oggetto di abrogazione da parte dello schema di riordino.

 


Capo II (artt. 34 e 35)

Codice

Norme di riferimento

Capo II

Dell’architettura rurale

 

Art. 34

(Individuazione e tutela dell’architettura rurale)

1. Le tipologie di architettura rurale, quali insediamenti agricoli, edifici o fabbricati rurali, presenti sul territorio nazionale, realizzati tra il XIII ed il XIX secolo, e che costituiscono testimonianza dell’economia rurale tradizionale117 sono individuate con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta delle regioni interessate e previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni. Con il medesimo decreto sono previsti i benefici e sono individuati i criteri tecnico-scientifici per la realizzazione degli interventi di programmazione, con riferimento anche a modalità e tecniche costruttive coerenti con i principi dell’architettura bioecologica.

L 378/2003 art. 1

Finalità.

Co.2. Ai fini dei benefìci previsti dalla presente legge, le diverse tipologie di architettura rurale di cui al comma 1, presenti sul territorio nazionale, sono individuate, con decreto avente natura non regolamentare del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali e dell'ambiente e della tutela del territorio, su proposta delle regioni interessate, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Con il medesimo decreto sono definiti altresì i criteri tecnico-scientifici per la realizzazione degli interventi di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), con riferimento anche a modalità e tecniche costruttive coerenti con i princìpi dell'architettura bioecologi.

 

 

2. I criteri ed i principi direttivi cui devono adeguarsi le regioni e le province autonome nella determinazione ed attuazione della rispettiva programmazione di valorizzazione dell’architettura rurale, sono:

 

 

 

 

 

 

a) definizione degli interventi necessari per la conservazione degli elementi tradizionali e delle caratteristiche storiche, architettoniche e ambientali degli insediamenti agricoli, degli edifici o dei fabbricati rurali tradizionali, di cui all’articolo I-20, per assicurarne il risanamento conservativo ed il recupero funzionale, compatibilmente con le esigenze di ristrutturazione tecnologica delle aziende agricole;

b) previsione di incentivi volti alla conservazione dell’originaria destinazione d’uso degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, alla tutela delle aree circostanti, dei tipi e metodi di coltivazione tradizionali, e all’insediamento di attività compatibili con le tradizioni culturali tipiche.

L 378/2003 art. 2

Programmazione.

Co.1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'àmbito delle proprie competenze di pianificazione e programmazione territoriale, possono individuare, sentita la competente Soprintendenza per i beni e le attività culturali, gli insediamenti di architettura rurale, secondo le tipologie definite ai sensi dell'articolo 1, presenti nel proprio territorio e possono provvedere al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione delle loro caratteristiche costruttive, storiche, architettoniche e ambientali, anche attraverso la predisposizione di appositi programmi, di norma triennali, redatti sulla base dei seguenti criteri e princìpi direttivi:

a) definizione degli interventi necessari per la conservazione degli elementi tradizionali e delle caratteristiche storiche, architettoniche e ambientali degli insediamenti agricoli, degli edifici o dei fabbricati rurali tradizionali, di cui all'articolo 1, al fine di assicurarne il risanamento conservativo ed il recupero funzionale, compatibilmente con le esigenze di ristrutturazione tecnologica delle aziende agricole;

 

 

 

b) previsione di incentivi volti alla conservazione dell'originaria destinazione d'uso degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, alla tutela delle aree circostanti, dei tipi e metodi di coltivazione tradizionali, e all'insediamento di attività compatibili con le tradizioni culturali tipiche.

 

Art. 35

(Programmazione regionale)

1. Le regioni e le province autonome individuano, nell’ambito delle proprie competenze di pianificazione e programmazione territoriale e sentita la competente Soprintendenza per i beni e le attività culturali, gli insediamenti di architettura rurale, secondo le tipologie definite ai sensi dell’articolo 27, presenti nel proprio territorio, e provvedono al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione delle loro caratteristiche costruttive, storiche, architettoniche e ambientali, anche attraverso la predisposizione di appositi programmi, di norma triennali, redatti sulla base dei criteri e principi direttivi di cui all’articolo 34.

L 378/2003 art. 2

Programmazione.

Co.1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'àmbito delle proprie competenze di pianificazione e programmazione territoriale, possono individuare, sentita la competente Soprintendenza per i beni e le attività culturali, gli insediamenti di architettura rurale, secondo le tipologie definite ai sensi dell'articolo 1, presenti nel proprio territorio e possono provvedere al recupero, alla riqualificazione e alla valorizzazione delle loro caratteristiche costruttive, storiche, architettoniche e ambientali, anche attraverso la predisposizione di appositi programmi, di norma triennali, redatti sulla base dei seguenti criteri e princìpi direttivi:

a) omissis

 

Disciplina dell’architettura rurale

Gli articoli 34 e 35 del Capo II riproducono la disciplina di cui agli articoli 1 e 2 della legge 24 dicembre 2003, n. 378 recante disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell’architettura rurale.

La norma introdotta nello schema di riordino, al comma 1, demanda ad un decreto del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, su proposta delle regioni interessate e previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni l’individuazione delle tipologie di architettura rurale, nonché i benefici e i criteri tecnico-scientifici per la realizzazione degli interventi di programmazione.

 

Le disposizioni riprodotte (articolo 1, co. 2) differiscono parzialmente da quelle appena descritte. In particolare, per quanto riguarda la procedura di adozione del decreto ministeriale, va segnalato che nella disposizione vigente non è previsto il concerto con il ministro delle infrastrutture e dei trasporti ed è diverso l’organo del quale si richiede la necessaria intesa : la norma inserita nel codice fa riferimento alla conferenza Stato-Regioni, laddove la norma vigente richiede l’intesa della Conferenza Unificata.

Ulteriori differenze possono essere individuate nel contenuto del suddetto decreto, il quale in base a quanto previsto dalla norma inserita nello schema di riordino deve individuare anche i benefici previsti per l’architettura rurale, laddove la norma vigente rimanda ai benefici previsti dalla stessa legge[15].

 

Il comma 2 dell’articolo 34 riproduce, con modifiche solo formali, quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, lettere a) e b) della citata legge 378/2003 concernenti i criteri e i principi direttivi cui le regioni devono adeguarsi nell’attuazione della programmazione in materia.

Va segnalato che la lettera a) del comma 2 dell’articolo 34 dello schema di riordino contiene un riferimento interno errato. Andrebbe chiarito a quale norma si intende fare riferimento.

 

L’articolo 35 riproduce, con modifiche esclusivamente formali, le disposizioni di cui all’articolo 2, comma 1 della citata legge 378/2003.

Si segnala che il richiamo interno all’articolo 27 dello schema di riordino è frutto di errore materiale, dovendosi intendere correttamente riferito all’articolo 34, comma 1.


Capo III (artt. 36-38)

Codice

Norme di riferimento

Capo III
Della biodiversità, dell’agricoltura transge­nica, dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica

Sezione I
Della biodiversità

 

Art. 36

(Della biodiversità e della sua tutela. Della salvaguardia del principio di coesistenza)

 

1. Ai sensi delle convenzioni internazionali, si intende per diversità biologica la variabilità degli organismi viventi di qualsiasi fonte, inclusi, tra l’altro, gli ecosistemi terrestri, marini e gli altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; essa comprende la diversità all’interno di ogni specie, tra le specie e degli ecosistemi.

 

2. Al fine di non compromettere la biodiversità dell’ambiente naturale e di garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare nazionale è definito il quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, escluse quelle per fini di ricerca e sperimentazione autorizzate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali adottato, d’intesa con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, in base all’articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, e quelle convenzionali e biologiche.

Cfr. Decisione 93/626/CEE

relativa alla conclusione della convenzione sulla diversità biologica

Articolo 2 Definizioni

Ai fini della presente Convenzione si intende per:

“diversità biologica“: la variabilità degli organismi viventi di qualsiasi fonte, inclusi, tra l'altro, gli ecosistemi terrestri, marini e gli altri ecosistemi acquatici e i complessi ecologici dei quali fanno parte; essa comprende la diversità all'interno di ogni specie, tra le specie e degli ecosistemi;

“risorse biologiche“: le risorse genetiche, gli organismi o parti di essi, le popolazioni, o qualsiasi altra componente biotica degli ecosistemi che abbia un'utilizzazione effettiva o potenziale oppure presenti un valore per l'umanità;

“biotecnologia“ tutte le applicazioni tecnologiche che utilizzano sistemi biologici, organismi viventi o loro derivati, per realizzare o modificare prodotti o procedimenti ad uso specifico;

“paese d'origine delle risorse genetiche“: il paese che possiede tali risorse genetiche nelle condizioni in situ;

«paese fornitore di risorse genetiche»: qualsiasi paese che fornisce le risorse genetiche raccolte da fonti in situ, comprese le popolazioni di specie selvatiche o addomesticate, o prelevate da fonti ex situ, che siano originarie o no di tale paese;

“specie domestiche o coltivate“: ogni specie il cui processo di evoluzione è stato influenzato dall'uomo per soddisfare ai suoi bisogni;

“ecosistema“: il complesso dinamico formato da comunità di piante, di animali e di microorganismi e dal loro ambiente non vivente che, mediante la loro interazione, formano un'unità funzionale;

“conservazione ex situ“: la conservazione di elementi costitutivi della diversità biologica al di fuori dei loro habitat naturali;

“materiale genetico“: il materiale di origine vegetale, animale, microbica o di altra origine, contenente unità funzionali dell'eredità;

“risorse genetiche“: il materiale genetico che abbia un valore effettivo o potenziale;

“habitat“: il sito o il tipo di sito dove un organismo o una popolazione esiste allo stato naturale;

“condizioni in situ“»: condizioni nelle quali si trovano le risorse genetiche all'interno di ecosistemi e di habitat naturali e, nel caso di specie domestiche o coltivate, all'interno delle zone in cui hanno sviluppato le proprie caratteristiche distintive;

“conservazione in situ“»: la conservazione degli ecosistemi e degli habitat naturali e il mantenimento e la ricostituzione di popolazioni vitali di specie nelle loro zone naturali e, nel caso di specie domestiche e coltivate, nelle zone in cui hanno sviluppato le loro caratteristiche distintive;

“zona protetta“: qualsiasi zona geograficamente delimitata che è designata o regolamentata e amministrata per il raggiungimento di obiettivi specifici di conservazione;

“organizzazione regionale di integrazione economica“: qualsiasi organizzazione costituita dagli Stati sovrani di una data regione, alla quale tali Stati membri hanno trasferito competenze relative alle questioni contemplate dalla presente Convenzione e che è stata regolarmente autorizzata, conformemente alle sue procedure interne, a firmare, ratificare, accettare, approvare la detta Convenzione o ad aderirvi;

“utilizzazione durevole“: l'utilizzazione delle componenti della diversità biologica in un modo e con un ritmo tale che non provochino il declino a lungo termine di detta diversità biologica, salvaguardando così il suo potenziale al fine di soddisfare i bisogni e le aspirazioni delle generazioni presenti e future;

“tecnologia“: tutte le tecnologie compresa la biotecnologia.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

3. Ai fini dell’attuazione delle norme di questa sezione si intendono per:

a) colture transgeniche: le coltivazioni che fanno uso di organismi geneticamente modificati, sì come disposto dal decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;

b) colture biologiche: le coltivazioni che adottano metodi di produzione di cui al diritto dell’Unione europea;

c) colture convenzionali: le coltivazioni che non rientrano in quelle definite alle lettere a) e b).

D.L. 279/2004 Art.1

Finalità.

Co.1. Il presente decreto, in attuazione della Raccomandazione della Commissione 2003/556/CE, del 23 luglio 2003, definisce il quadro normativo minimo per la coesistenza tra le colture transgeniche, escluse quelle per fini di ricerca e sperimentazione autorizzate ai sensi del decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali adottato, d'intesa con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, in base all'articolo 8, comma 6, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, e quelle convenzionali e biologiche, al fine di non compromettere la biodiversità dell'ambiente naturale e di garantire la libertà di iniziativa economica, il diritto di scelta dei consumatori e la qualità e la tipicità della produzione agroalimentare nazionale.

2. Ai fini dell'attuazione del presente decreto si intendono per:

a) colture transgeniche: le coltivazioni che fanno uso di organismi geneticamente modificati, secondo la definizione di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224;

b) colture biologiche: le coltivazioni che adottano metodi di produzione di cui al regolamento (CEE) n. 2092/91 24 giugno 1991 del Consiglio;

 

c) colture convenzionali: le coltivazioni che non rientrano in quelle definite alle lettere a) e b).

 

 

4. Le colture di cui al comma 3 sono praticate senza che l’esercizio di una di esse possa compromettere lo svolgimento delle altre.

5. La coesistenza tra le colture di cui al comma 4 è realizzata in modo da tutelarne le peculiarità e le specificità produttive e, per quanto riguarda le caratteristiche delle relative tipologie di sementi, in modo da evitare ogni forma di commistione tra le sementi transgeniche e quelle convenzionali e biologiche.

6. Nel rispetto del principio di cui al comma 4, l’introduzione di colture transgeniche avviene senza alcun pregiudizio per le attività agricole preesistenti e senza comportare per esse l’obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di coltivazione e allevamento. È fatta salva ogni disposizione concernente le aree protette.

7. L’attuazione delle regole di coesistenza assicura agli agricoltori, agli operatori della filiera ed ai consumatori la reale possibilità di scelta tra prodotti convenzionali, biologici e transgenici e, pertanto, le coltivazioni transgeniche sono praticate all’interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche.

D.L. 279/2004 Art.2.

Salvaguardia del principio di coesistenza.

Co.1. Le colture di cui all'articolo 1 sono praticate senza che l'esercizio di una di esse possa compromettere lo svolgimento delle altre.

Co.2. La coesistenza tra le colture di cui all'articolo 1 è realizzata in modo da tutelarne le peculiarità e le specificità produttive e, per quanto riguarda le caratteristiche delle relative tipologie di sementi, in modo da evitare ogni forma di commistione tra le sementi transgeniche e quelle convenzionali e biologiche.

 

 

Co.2-bis. Nel rispetto del principio di cui al comma 1, l'introduzione di colture transgeniche avviene senza alcun pregiudizio per le attività agricole preesistenti e senza comportare per esse l'obbligo di modificare o adeguare le normali tecniche di coltivazione e allevamento. E fatta salva ogni disposizione concernente le aree protette.

 

 

Co.3. L'attuazione delle regole di coesistenza deve assicurare agli agricoltori, agli operatori della filiera ed ai consumatori la reale possibilità di scelta tra prodotti convenzionali, biologici e transgenici e, pertanto, le coltivazioni transgeniche sono praticate all'interno di filiere di produzione separate rispetto a quelle convenzionali e biologiche.

 

Art. 37

(Responsabilità)

1. L’agricoltore e gli altri soggetti individuati dal piano di coesistenza adottato dalle regioni e dalle province autonome sono tenuti ad osservare le misure contenute nel piano medesimo.

2. L’agricoltore che riceve un danno derivante dall’inosservanza da parte di altri soggetti delle misure del piano di coesistenza ha diritto ad essere risarcito. Tale risarcimento grava su chiunque abbia cagionato i danni derivanti dalla inosservanza del piano di coesistenza di cui al comma 1 e del piano di gestione aziendale che è tenuto ad elaborare. Sui soggetti che non osservano tali misure incombe l’onere probatorio derivante dall’inosservanza delle misure stesse. Analoga responsabilità grava sui fornitori dei mezzi tecnici di produzione e sugli altri operatori della filiera produttiva primaria.

3. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuate le diverse tipologie di risarcimento dei danni di cui al comma 2 e di quelli derivanti da commistione non imputabile a responsabilità soggettive. Il decreto definisce inoltre le modalità di accesso dell’agricoltore danneggiato al Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 102, nei limiti delle disponibilità del Fondo medesimo. Il decreto definisce altresì le forme di utilizzo, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, di specifici strumenti assicurativi da parte dei conduttori agricoli, diretti a sostenere gli oneri derivanti dalle responsabilità e dai danni disciplinati dal presente articolo.

4. L’agricoltore è esente dalle responsabilità di cui al comma 2, nell’ipotesi in cui abbia utilizzato sementi certificate dall’autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera, concernente l’assenza di organismi geneticamente modificati secondo la vigente normativa.125

D.L. 279/2004 Art.5.

Responsabilità.

1. Il conduttore agricolo e gli altri soggetti individuati dal piano di coesistenza di cui all'articolo 4 sono tenuti ad osservare le misure contenute nel piano medesimo.

 

 

1-bis. Il conduttore agricolo che riceve un danno derivante dall'inosservanza da parte di altri soggetti delle misure del piano di coesistenza ha diritto ad essere risarcito. Tale risarcimento grava su chiunque abbia cagionato i danni derivanti dalla inosservanza del piano di coesistenza di cui all'articolo 4 e del piano di gestione aziendale di cui al comma 3 del presente articolo. Sui soggetti che non osservano tali misure incombe l'onere probatorio derivante dall'inosservanza delle misure stesse. Analoga responsabilità grava sui fornitori dei mezzi tecnici di produzione e sugli altri operatori della filiera produttiva primaria.

 

 

1-ter. Con il decreto di cui all'articolo 3, comma 1, sono individuate le diverse tipologie di risarcimento dei danni di cui al comma 1-bis e di quelli derivanti da commistione non imputabile a responsabilità soggettive. Il decreto definisce inoltre le modalità di accesso del conduttore agricolo danneggiato al Fondo di solidarietà nazionale di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nei limiti delle disponibilità del Fondo medesimo. Il decreto definisce altresì le forme di utilizzo, senza ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, di specifici strumenti assicurativi da parte dei conduttori agricoli, diretti a sostenere gli oneri derivanti dalle responsabilità e dai danni disciplinati dal presente articolo.

 

 

 

 

 

 

 

2. Il conduttore agricolo è esente dalle responsabilità di cui al comma 1-bis, nell'ipotesi in cui abbia utilizzato sementi certificate dall'autorità pubblica e munite di dichiarazione della ditta sementiera, concernente l'assenza di organismi geneticamente modificati secondo la vigente normativa.

 

3. Chiunque intenda mettere a coltura organismi geneticamente modificati è tenuto a dare la comunicazione di cui all'articolo 30, comma 2, del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 224, ad elaborare un piano di gestione aziendale per la coesistenza, sulla base del piano di cui all'articolo 4, nonché a conservare appositi registri aziendali contenenti informazioni relative alle misure di gestione adottate.

4. Le regioni e le province autonome provvedono a definire modalità e procedure per la raccolta e la tenuta, nell'àmbito del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN) di cui all'articolo 15 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, dei dati e degli elementi di cui al comma 3.

La Corte costituzionale con sentenza n. 116/2006 ha dichiarato, tra l'altro, l'incostituzionalità dei commi 3 e 4 dell’articolo 5.

Sezione II

Dei danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica

 

Art. 38

(Risarcimento dei danni prodotti all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica)

1. Al fine di far fronte ai danni, non altrimenti risarciti, arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati ed al pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall’attività venatoria è costituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione ed al risarcimento, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23 della legge 11 febbraio 1992, n. 157126.

 

L. 157/1992 art.26.

Risarcimento dei danni prodotti dalla fauna selvatica e dall'attività venatoria.

Co.1. Per far fronte ai danni non altrimenti risarcibili arrecati alla produzione agricola e alle opere approntate sui terreni coltivati e a pascolo dalla fauna selvatica, in particolare da quella protetta, e dall'attività venatoria, è costituito a cura di ogni regione un fondo destinato alla prevenzione e ai risarcimenti, al quale affluisce anche una percentuale dei proventi di cui all'articolo 23.

I successivi commi 2-4 restano nella legge 157 che non è abrogata.

 

2. Sì come disciplinato dall’articolo 15, commi 3, 4 e 7, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, a cui si rinvia, l'ente parco è tenuto ad indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco. A tal fine, il regolamento del parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del nocumento. L'ente parco provvede ad istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di indennizzi e risarcimenti, formulando un apposito programma, con opportune priorità.

L. 394/1991 art. 15

Acquisti, espropriazioni ed indennizzi.

Co.3. L'Ente parco è tenuto a indennizzare i danni provocati dalla fauna selvatica del parco.

Co.4. Il regolamento del parco stabilisce le modalità per la liquidazione e la corresponsione degli indennizzi, da corrispondersi entro novanta giorni dal verificarsi del documento.

Co.7. L'Ente parco provvede ad istituire nel proprio bilancio un apposito capitolo, con dotazione adeguata al prevedibile fabbisogno, per il pagamento di indennizzi e risarcimenti, formulando un apposito programma, con opportune priorità.

Tutela della biodiversità

Il Capo III è dedicato alla biodiversità, all’agricoltura transgenica, e ai danni provocati all’agricoltura dall’attività venatoria e dalla fauna selvatica.

 

La sezione I è rubricata della biodiversità.

 

L’articolo 36, comma 1 riprende la definizione di “diversità biologica” contenuta nell’articolo 2 della Convenzione sulla diversità biologica ratificata con legge 124/1994 in allegato alla Decisione 93/626/CEE.

I restanti commi riproducono testualmente gli articoli 1 e 2 del D.L. 279/2004.

 

Si ricorda che il decreto-legge n. 279 del 2004, ha introdotto una organica disciplina sulla coesistenza tra l’agricoltura transgenica, convenzionale e biologica. Il decreto, convertito in legge a conclusione di un confronto parlamentare assai serrato, introduceva una sostanziale moratoria all’utilizzo di OGM in agricoltura nel nostro Paese, destinata ad essere rimossa solo quando tutte le regioni avessero adottato, nel rispetto delle norme-quadro definite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, i Piani di coesistenza, ossia le regole tecniche volte ad evitare ogni forma di commistione e ad assicurare la separazione delle filiere. Con la sentenza n. 116 del 2006 la Corte costituzionale ha peraltro dichiarato l’illegittimità di numerose disposizioni del decreto-legge n. 279 del 2004, il cui impianto normativo, pertanto, appare ora significativamente compromesso. La Corte, nel ritenere il decreto lesivo delle competenze legislative regionali, ha annullato tutte le disposizioni funzionali all’adozione dei Piani di coesistenza regionali, riconoscendo alle regioni (molte delle quali, peraltro, avevano già adottato provvedimenti fortemente limitatativi all’uso di OGM) la piena ed immediata disponibilità legislativa della materia. Sempre in materia di OGM sono intervenuti, poi, vari decreti legislativi (adottati previo parere della Commissione agricoltura) volti a recepire le innovazioni introdotte a livello comunitario (principio di precauzione, etichettatura, tracciabilità), ove è stato completato il quadro giuridico per la tutela e la sicurezza dei consumatori.

 

L’articolo 37 riproduce l’articolo 5, commi da 1 a 2 del citato decreto legge 279/2004, omettendo i richiami alle disposizioni di quest’ultimo dichiarate incostituzionali.

Si osserva che la disposizione in esame richiama comunque strumenti, quali il piano di coesistenza regionale, al comma 1, e un decreto ministeriale che individua la diverse tipologie di risarcimento del danno al comma 2, che erano contemplati in disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime[16].

 

L’articolo 38, comma 1, riproduce l’articolo 26 comma 1 della legge 157 del 1992 sostituendo la parola “risarciti”, con “risarcibili”. Si tratta evidentemente di una modifica non meramente formale.

Il comma 2 rinvia all’articolo 15, commi 3, 4 e 7 della legge n. 394/1991 riproducendone integralmente i contenuti, senza disporne l’abrogazione trattandosi di mero rinvio.

 

Si osserva che la testuale riproduzione della disposizione accompagnata ad un rinvio alla stessa costituisce una sovrapposizione normativa che rischia di creare confusione ove intervenga una modifica nella norma cui si rinvia.


Titolo IV - Della proprietà terriera e delle strutture agrarie

Capo I (artt. 39-48)

Codice

Norme di riferimento

Capo I Della proprietà rurale

Sezione I Del riordinamento della proprietà rurale: il compendio unico

 

Art. 39

(Compendio unico)

1. Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dal diritto dell’Unione europea.

 

2. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricola.

3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano regolano con proprie leggi l'istituzione e la conservazione delle aziende montane, determinando, in particolare, l'estensione della superficie minima indivisibile.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

Conservazione dell'integrità aziendale.

Co.1. Ove non diversamente disposto dalle leggi regionali, per compendio unico si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dal regolamento (CE) n. 1257/1999 e dal regolamento (CE) n. 1260/1999, e successive modificazioni.

 

Co.5. Possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti fra loro purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricola.

L. 97/1994 art.5-bis

Disposizioni per favorire le aziende agricole montane.

Co.6. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano regolano con proprie leggi l'istituzione e la conservazione delle aziende montane, determinando, in particolare, l'estensione della superficie minima indivisibile.

 

Art. 40

(Costituzione del compendio unico)

1. La costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell’atto di acquisto o di trasferimento.

 

 

2. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a notaio nelle forme dell’atto pubblico.

 

 

 

 

3. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà possono concorrere al raggiungimento minimo di redditività di cui all’articolo 846.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

 

Co.11-bis. La costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell'atto di acquisto o di trasferimento; in tale ipotesi sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento ridotti ad un sesto ai sensi del presente articolo, senza alcuna maggiorazione.

Co.11-quater. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a notaio nelle forme dell'atto pubblico. Gli onorari notarili in tale ipotesi sono determinati in misura fissa, con applicazione della voce di tariffa di cui all'articolo 6, comma 2, della tariffa degli onorari spettanti ai notai, approvata con D.M. 27 novembre 2001 del Ministro della giustizia, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 17 dicembre 2001.

Co.11-ter. I terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà, possono concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività di cui al comma 1.

 

Art. 41

(Agevolazioni fiscali e creditizie per la formazione del compendio unico)

1. Il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. Gli onorari notarili per gli atti di cui ai commi 2 e 3 sono ridotti ad un sesto. In caso di violazione degli obblighi di cui al presente comma sono dovute, oltre alle imposte non pagate e agli interessi, maggiori imposte pari al 50 per cento delle imposte dovute.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

 

 

Co.2 Al trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coloro che si impegnino a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento si applicano le disposizioni di cui all'articolo 5-bis, commi 1 e 2, della legge 31 gennaio 1994, n. 97. Gli onorari notarili per gli atti suddetti sono ridotti ad un sesto.

L.97/94, art.5-bis. Disposizioni per favorire le aziende agricole montane.

1. Nei territori delle comunità montane, il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coltivatori diretti e ad imprenditori agricoli a titolo principale che si impegnano a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in compendio unico ed entro i limiti della superficie minima indivisibile di cui al comma 6, sono considerati unità indivisibili per quindici anni dal momento dell'acquisto e per questi anni non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. In caso di successione i compendi devono essere compresi per intero nella porzione di uno dei coeredi o nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. Tale disciplina si estende anche ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi da regioni, province, comuni e comunità montane.

2. In caso di violazioni degli obblighi di cui al comma 1 sono dovute, oltre alle imposte non pagate e agli interessi, maggiori imposte pari al 50 per cento delle imposte dovute.

3. Al coltivatore diretto e all'imprenditore agricolo a titolo principale che acquisti a qualsiasi titolo i terreni agricoli di cui al comma 1 possono essere concessi, nei limiti del Fondo di cui al comma 4, mutui decennali a tasso agevolato con copertura degli interessi pari al 50 per cento a carico del bilancio dello Stato. Tale mutuo concerne l'ammortamento del capitale aziendale e l'indennizzo da corrispondere ad eventuali coeredi, nel rispetto della presente legge.

4. Per gli scopi di cui ai commi 1 e 3, è costituito presso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) un Fondo dell'importo di 2.320.000 euro annui.

5. Gli onorari notarili per gli atti di cui ai commi 1 e 3 sono ridotti ad un sesto.

 

2. Le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 1 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell'atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

Co.3. Le agevolazioni fiscali e la riduzione degli onorari notarili ad un sesto in favore della costituzione del compendio unico di cui al comma 2 spettano comunque ai trasferimenti di immobili agricoli e relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in maso chiuso di cui alla legge della provincia autonoma di Bolzano 28 novembre 2001, n. 17, effettuati tra vivi o mortis causa ad acquirenti che nell'atto o con dichiarazione separata si impegnino a condurre direttamente il maso per dieci anni.

 

 

3. Al coltivatore diretto e all'imprenditore agricolo professionale che acquistino a qualsiasi titolo i terreni agricoli di cui all’articolo 39 siti nei territori delle comunità montane possono essere concessi, nei limiti del Fondo di cui al comma 4 dell’articolo 5-bis della legge 31 gennaio 1994, n. 97, modificato dall’articolo 1-quinquies del decreto-legge 9 settembre 2005, n. 182, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2005, n. 231, e dal comma 428 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, mutui decennali a tasso agevolato con copertura degli interessi pari al 50 per cento a carico del bilancio dello Stato. Tale mutuo concerne l'ammortamento del capitale aziendale e l'indennizzo da corrispondere ad eventuali coeredi, nel rispetto dell’articolo 51.

L. 97/1994 art.5-bis

Co.3. Al coltivatore diretto e all'imprenditore agricolo a titolo principale che acquisti a qualsiasi titolo i terreni agricoli di cui al comma 1 possono essere concessi, nei limiti del Fondo di cui al comma 4, mutui decennali a tasso agevolato con copertura degli interessi pari al 50 per cento a carico del bilancio dello Stato. Tale mutuo concerne l'ammortamento del capitale aziendale e l'indennizzo da corrispondere ad eventuali coeredi, nel rispetto della presente legge.

Co.4. Per gli scopi di cui ai commi 1 e 3, è costituito presso l'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) un Fondo dell'importo di 2.320.000 euro annui.

D.L. 182/2005 art. 1-quinquies.

Garanzie creditizie in agricoltura.

1. L'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) è autorizzato ad utilizzare le risorse finanziarie ad esso attribuite dall'articolo 5-bis, comma 4, della legge 31 gennaio 1994, n. 97 per le finalità di cui al comma 2. (modificato dalla l. 266)

2. Per lo svolgimento delle proprie attività istituzionali, a decorrere dall'anno 2006, è autorizzato un contributo di 4 milioni di euro all'ISMEA, al cui onere si provvede mediante riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 36 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, per le finalità di cui all'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto legislativo.

4. Nella ipotesi di costituzione di compendio unico mediante dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell’atto di acquisto o di trasferimento, sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento ridotti ad un sesto ai sensi del presente articolo, senza alcuna maggiorazione.

 

5. Nella ipotesi di costituzione di compendio unico mediante dichiarazione unilaterale del proprietario, gli onorari notarili sono determinati in misura fissa in conformità a quanto disposto dal Ministro della giustizia con suo decreto sulla tariffa notarile.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

Co.11-bis. La costituzione di compendio unico avviene con dichiarazione resa dalla parte acquirente o cessionaria nell'atto di acquisto o di trasferimento; in tale ipotesi sono dovuti esclusivamente gli onorari notarili per l'atto di acquisto o trasferimento ridotti ad un sesto ai sensi del presente articolo, senza alcuna maggiorazione.

 

11-quater. La costituzione di compendio unico può avvenire anche in riferimento a terreni agricoli e relative pertinenze già di proprietà della parte, mediante dichiarazione unilaterale del proprietario resa innanzi a notaio nelle forme dell'atto pubblico. Gli onorari notarili in tale ipotesi sono determinati in misura fissa, con applicazione della voce di tariffa di cui all'articolo 6, comma 2, della tariffa degli onorari spettanti ai notai, approvata con D.M. 27 novembre 2001 del Ministro della giustizia, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 292 del 17 dicembre 2001

Art. 42

(Indivisibilità)

1. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in compendio unico ed entro i limiti della superficie minima indivisibile prevista per esso, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante questo periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

 

Co.4. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituenti il compendio unico, sono considerati unità indivisibili per dieci anni dal momento della costituzione e durante tale periodo non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. Il predetto vincolo di indivisibilità deve essere espressamente menzionato, a cura dei notai roganti, negli atti di costituzione del compendio e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai direttori degli uffici competenti. Sono nulli gli atti tra vivi e le disposizioni testamentarie che hanno per effetto il frazionamento del compendio unico.

L. 97/1994 art.5-bis

1. Nei territori delle comunità montane, il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coltivatori diretti e ad imprenditori agricoli a titolo principale che si impegnano a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere. I terreni e le relative pertinenze, compresi i fabbricati, costituiti in compendio unico ed entro i limiti della superficie minima indivisibile di cui al comma 6, sono considerati unità indivisibili per quindici anni dal momento dell'acquisto e per questi anni non possono essere frazionati per effetto di trasferimenti a causa di morte o per atti tra vivi. In caso di successione i compendi devono essere compresi per intero nella porzione di uno dei coeredi o nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. Tale disciplina si estende anche ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi da regioni, province, comuni e comunità montane.

Art. 43

(Successione nel compendio unico)

1. In caso di successione, i compendi devono essere compresi per intero nella porzione di uno dei coeredi o nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione.

L. 97/1994 art.5-bis

Co.1. […] In caso di successione i compendi devono essere compresi per intero nella porzione di uno dei coeredi o nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. Tale disciplina si estende anche ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi da regioni, province, comuni e comunità montane.

 

2. Qualora nel periodo di indivisibilità i beni disponibili nell’asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto dalla legge in materia di successioni o dal dante causa, si provvede all’assegnazione del compendio all’erede che la richieda, con addebito dell’eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta sui beni assegnati al coerede tenuto al conguaglio, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso di interesse inferiore di un punto a quello legale. L’imposta ipotecaria per l’iscrizione è dovuta in misura fissa.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

Co.6. Qualora nel periodo di cui al comma 4, i beni disponibili nell'asse ereditario non consentano la soddisfazione di tutti gli eredi secondo quanto disposto dalla legge in materia di successioni o dal dante causa, si provvede all'assegnazione del compendio di cui al presente articolo all'erede che la richieda, con addebito dell'eccedenza. A favore degli eredi, per la parte non soddisfatta, sorge un credito di valuta garantito da ipoteca, iscritta a tassa fissa sui terreni caduti in successione, da pagarsi entro due anni dall'apertura della stessa con un tasso d'interesse inferiore di un punto a quello legale.

 

 

 

 

 

3. Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinate le modalità per la revoca e la riattribuzione dei diritti e delle quote.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

Co.8. Se nessuno degli eredi richiede l'attribuzione preferenziale, sono revocati i diritti agli aiuti comunitari e nazionali, ivi comprese l'attribuzione di quote produttive, assegnati all'imprenditore defunto per i terreni oggetto della successione. Con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni, e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono determinate le modalità per la revoca e la riattribuzione dei diritti e delle quote.

 

Art. 44

(Controversie sul valore del compendio unico)

1. In caso di controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello di conciliazione.

D.Lgs. 228/2001 art. 5-bis

 

Co.7 In caso di controversie sul valore da assegnare al compendio unico o relativamente ai diritti agli aiuti comunitari e nazionali presenti sul compendio stesso, le parti possono richiedere un arbitrato alla camera arbitrale ed allo sportello di conciliazione di cui al D.M. 1° luglio 2002, n. 743 del Ministro delle politiche agricole e forestali.

Art. 45

(Modifica degli articoli 849 e 850 del codice civile)

1. Le parole: “minima unità colturale” contenute negli articoli 849 e 850 del codice civile sono sostituite dalle seguenti: “compendio unico”.

Codice civile

Art. 849. Fondi compresi entro maggiori unità fondiarie.

Indipendentemente dalla formazione del consorzio previsto dall'articolo seguente, il proprietario di terreni entro i quali sono compresi appezzamenti appartenenti ad altri, di estensione inferiore alla minima unità colturale [c.c. 846], può domandare che gli sia trasferita la proprietà di questi ultimi [c.c. 2932], pagandone il prezzo, allo scopo di attuare una migliore sistemazione delle unità fondiarie. In caso di contrasto decide l'autorità giudiziaria, sentite le associazioni professionali circa la sussistenza delle condizioni che giustificano la richiesta di trasferimento.

Art. 850. Consorzi a scopo di ricomposizione fondiaria.

Quando più terreni contigui e inferiori alla minima unità colturale [c.c. 846] appartengono a diversi proprietari, può, su istanza di alcuno degli interessati o per iniziativa dell'autorità amministrativa, essere costituito un consorzio tra gli stessi proprietari, allo scopo di provvedere a una ricomposizione fondiaria idonea alla migliore utilizzazione dei terreni stessi.

Per la costituzione del consorzio si applicano le norme stabilite per i consorzi di bonifica.

Sezione II

Della prelazione

 

Art. 46

(Titolarità del diritto di prelazione)

1. In caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, l'affittuario, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione, purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici con un reddito dominicale iscritto in catasto superiore a 36 euro, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

L. 590/1965 art.8.

 

In caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione, esclusa quella stagionale, l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire mille, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

 

 

 

 

2. Il diritto di prelazione spetta anche al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché su questi ultimi non siano insediati affittuari od enfiteuti coltivatori diretti. Gli assegnatari dei fondi acquistati dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) sono equiparati ai proprietari coltivatori diretti in ordine al diritto di prelazione o di riscatto agrari nella compravendita dei fondi confinanti.

L. 817/1971 art. 7.

Il termine di quattro anni previsto dal primo comma dell'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, per l'esercizio del diritto di prelazione è ridotto a due anni.

Detto diritto di prelazione, con le modifiche previste nella presente legge, spetta anche:

1) al mezzadro o al colono il cui contratto sia stato stipulato dopo l'entrata in vigore della legge 15 settembre 1964, n. 756;

2) al coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti.

Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell'intero complesso di fondi.

 

D.lgs. 99/200 art.8

Estensione del diritto di prelazione o di riscatto agrari.

1. Gli assegnatari dei fondi acquistati dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) sono equiparati ai proprietari coltivatori diretti, ai sensi del citato articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, in ordine al diritto di prelazione o di riscatto agrari nella compravendita dei fondi confinanti.

2. Alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto agrario per le quali è stata presentata domanda all'ISMEA si applicano le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 7, della legge 26 maggio 1965, n. 590.

 

 

 

 

 

 

3. Nel caso di più soggetti confinanti, si intendono, quali criteri preferenziali, nell'ordine, la presenza come partecipi nelle rispettive imprese di coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di età compresa tra i 18 e i 40 anni o in cooperative di conduzione associata dei terreni o in società agricola di persone, il numero di essi nonché il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1257/1999 del Consiglio, del 17 maggio 1999, e successive modificazioni.

D.lgs. 228/2001 art. 7

Prelazione di più confinanti.

Co.1. Ai fini dell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui rispettivamente all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, ed all'articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, nel caso di più soggetti confinanti, si intendono, quali criteri preferenziali, nell'ordine, la presenza come partecipi nelle rispettive imprese di coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale di età compresa tra i 18 e i 40 anni o in cooperative di conduzione associata dei terreni, il numero di essi nonché il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1257/99 del Consiglio, del 17 maggio 1999.

segue articolo 46

 

4. Il diritto di prelazione di cui ai commi da 1 a 3 compete anche:

a) alle società agricole di persone, qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall’iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 e seguenti del codice civile;

 

 

 

 

b) alle cooperative agricole di braccianti, fittavoli ed altri coltivatori della terra, sia che attuino la conduzione unita dei poderi, sia con divisione dei terreni tra i soci.

D.lgs. 99/2004 Art.2

Società agricole

Co.3. L'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, ed all'articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817, spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all' articolo 2188 e seguenti del codice civile. Alla medesima società sono in ogni caso riconosciute, altresì, le agevolazioni previdenziali ed assistenziali stabilite dalla normativa vigente a favore delle persone fisiche in possesso della qualifica di coltivatore diretto.

L. 817/1971 art. 16

[co. 1] La formazione della proprietà diretto-coltivatrice da parte di cooperative agricole di braccianti, compartecipanti, coloni, mezzadri, fittavoli ed altri coltivatori della terra, è agevolata laddove sussistano condizioni sociali, economiche, produttivistiche che, a parere delle amministrazioni pubbliche preposte, consentano una efficiente conduzione associata dei terreni, sia che venga attuata con proprietà cooperativa a conduzione unita dei poderi sia con la divisione dei terreni tra i soci. […]

OMISSIS

[co. 3] Il diritto di prelazione di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, con le modifiche previste dalla presente legge, si applica anche alle coperative agricole.

5. Qualora il trasferimento a titolo oneroso sia proposto, per quota di fondo, da un componente la famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione sempre che siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio dell'impresa familiare in comune.

6. Ai soggetti di cui ai commi 1 e 2 sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore.

L. 590/1981 art. 8

[co. 3] Qualora il trasferimento a titolo oneroso sia proposto, per quota di fondo, da un componente la famiglia coltivatrice, sia in costanza di comunione ereditaria che in ogni altro caso di comunione familiare, gli altri componenti hanno diritto alla prelazione sempreché siano coltivatori manuali o continuino l'esercizio dell'impresa familiare in comune.

OMISSIS

 

[u.c.] Ai soggetti di cui al primo comma sono preferiti, se coltivatori diretti, i coeredi del venditore.

 

segue articolo 46

7. In caso di alienazione a titolo oneroso di fondi rustici da parte di enti pubblici o di fondazioni o di enti similari, il diritto di prelazione spetta all'affittuario che, anche se non dedito abitualmente alla coltivazione della terra, coltivi il fondo da almeno due anni con il lavoro proprio o di persone della sua famiglia, sempre che tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.

 

 

L. 265/1976 Articolo unico.

[co. 1] In caso di alienazione a titolo oneroso di fondi rustici da parte di enti pubblici o di fondazioni o di enti similari, il diritto di prelazione di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, e successive modificazioni, spetta all'affittuario che, anche se non dedito abitualmente alla coltivazione della terra, coltivi il fondo da almeno due anni con il lavoro proprio o di persone della sua famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.

Sulla soppressione dei successivi commi 2-4 cfr. le note 154 e 155

8. Nel caso di vendita di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, la prelazione non può essere esercitata che da tutti congiuntamente. Qualora alcuno abbia rinunciato, la prelazione può essere esercitata congiuntamente dagli altri affittuari, purché la superficie del fondo non ecceda il triplo della complessiva capacità lavorativa delle loro famiglie. Si considera rinunciatario l'avente titolo che entro quindici giorni dalla notificazione di cui al comma 4 non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione.

L. 590/1981 art. 8

[co. 9] Nel caso di vendita di un fondo coltivato da una pluralità di affittuari, mezzadri o coloni, la prelazione non può essere esercitata che da tutti congiuntamente. Qualora alcuno abbia rinunciato, la prelazione può essere esercitata congiuntamente dagli altri affittuari, mezzadri o coloni purché la superficie del fondo non ecceda il triplo della complessiva capacità lavorativa delle loro famiglie. Si considera rinunciatario l'avente titolo che entro quindici giorni dalla notificazione di cui al quarto comma non abbia comunicato agli altri aventi diritto la sua intenzione di avvalersi della prelazione.

 

9. Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell'intero complesso di fondi.

L. 817/1971 art.7

[co. 3] Nel caso di vendita di più fondi ogni affittuario, mezzadro o colono può esercitare singolarmente o congiuntamente il diritto di prelazione rispettivamente del fondo coltivato o dell'intero complesso di fondi.

 

 

 

10. La prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica.

11. Il diritto di prelazione non può essere esercitato quando i terreni vengano acquistati dall’ISMEA nello svolgimento delle specifiche funzioni ad essa demandate.

L. 590/1965

Art.8

[co. 2] La prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica.

Art.14

[co. 1] Il diritto di prelazione previsto dall'art. 8 non può essere esercitato quando i terreni vengano acquistati dagli Enti ai sensi e per gli scopi previsti dal precedente art. 12, o quando vengano acquistati dalla Cassa per la formazione della proprietà contadina.

Art. 47

(Esercizio del diritto di prelazione e di riscatto)

1. Il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell'acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione. Il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di trenta giorni.

2. Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l'avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dall'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.

3. Ove il diritto di prelazione sia stato esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti.

 

L. 590/1965

Art.8

[co. 4] Il proprietario deve notificare con lettera raccomandata al coltivatore la proposta di alienazione trasmettendo il preliminare di compravendita in cui devono essere indicati il nome dell'acquirente, il prezzo di vendita e le altre norme pattuite compresa la clausola per l'eventualità della prelazione. Il coltivatore deve esercitare il suo diritto entro il termine di 30 giorni.

 

 

[co. 5] Qualora il proprietario non provveda a tale notificazione o il prezzo indicato sia superiore a quello risultante dal contratto di compravendita, l'avente titolo al diritto di prelazione può, entro un anno dalla trascrizione del contratto di compravendita, riscattare il fondo dell'acquirente e da ogni altro successivo avente causa.

 

 

[co. 6] Ove il diritto di prelazione sia stato esercitato, il versamento del prezzo di acquisto deve essere effettuato entro il termine di tre mesi, decorrenti dal trentesimo giorno dall'avvenuta notifica da parte del proprietario, salvo che non sia diversamente pattuito tra le parti.

 

 

 

 

 

 

4. Nel caso di esercizio del riscatto, i termini decorrono dalla comunicazione scritta dell'adesione del terzo acquirente, o di successivo avente causa, alla dichiarazione di riscatto, oppure, ove sorga contestazione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto.

L. 2/1979 Articolo unico

La disciplina relativa al versamento del prezzo di acquisto, prevista dal sesto e dal settimo comma dell'art. 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, modificato dalla legge 14 agosto 1971, n. 817, si intende riferita anche ai casi di cui al quinto comma dello stesso articolo.

I termini decorrono dalla comunicazione scritta dell'adesione del terzo acquirente, o di successivo avente causa, alla dichiarazione di riscatto, oppure, ove sorga contestazione, dal passaggio in giudicato della sentenza che riconosce il diritto.

La presente legge costituisce interpretazione autentica della legge 26 maggio 1965, n. 590.

Art.47

 

5. Se il coltivatore che esercita il diritto di prelazione dimostra, con certificato dell'organo regionale competente, di aver presentato

domanda ammessa all'istruttoria per la concessione del mutuo ai sensi dell'art. 53, il termine di cui al comma 3 è sospeso fino a che non sia stata disposta la concessione del mutuo ovvero fino a che l'organo regionale competente per territorio non abbia espresso diniego a conclusione della istruttoria compiuta e, comunque, per non più di un anno. In tal caso l'organo regionale competente deve provvedere entro quattro mesi dalla domanda agli adempimenti di sua competenza. Le medesime disposizioni si applicano alle operazioni di acquisto dei terreni proposte nel’esercizio del diritto di prelazione o di riscatto agrario per le quali è stata presntata domanda all’ISMEA.

L. 590/1965

Art.8

[co. 7] Se il coltivatore che esercita il diritto di prelazione dimostra, con certificato dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura competente, di aver presentato domanda ammessa all'istruttoria per la concessione del mutuo ai sensi dell'art. 1, il termine di cui al precedente comma è sospeso fino a che non sia stata disposta la concessione del mutuo ovvero fino a che l'Ispettorato non abbia espresso diniego a conclusione della istruttoria compiuta e, comunque, per non più di un anno. In tal caso l'Ispettorato provinciale dell'agricoltura deve provvedere entro quattro mesi dalla domanda agli adempimenti di cui all'art. 3, secondo le norme che saranno stabilite dal regolamento di esecuzione della presente legge.

D.lgs. 99/2004 art. 8

Co.2 Alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto agrario per le quali è stata presentata domanda all'ISMEA si applicano le disposizioni di cui all'articolo 8, comma 7, della legge 26 maggio 1965, n. 590.

 

 

6. In tutti i casi nei quali il pagamento del prezzo è differito il trasferimento della proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento stesso entro il termine stabilito.

L. 590/1965

Art.8

[co. 8] In tutti i casi nei quali il pagamento del prezzo è differito il trasferimento della proprietà è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento stesso entro il termine stabilito.

Art. 48

(Diritto di riscatto dei compartecipi di famiglia coltivatrice)

1. Se il componente di famiglia coltivatrice, il quale abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune, non vende la quota del fondo di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli altri componenti hanno diritto a riscattare la predetta quota al prezzo ritenuto congruo dall'organo regionale competente, con le agevolazioni previste dalla presente legge, sempre che l'acquisto sia fatto allo scopo di assicurare il consolidamento di impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti.

2. Il diritto di riscatto viene esercitato, se il proprietario della quota non consente alla vendita, mediante la procedura giudiziaria prevista dalle leggi per l'affrancazione dei canoni enfiteutici.

3. L'accertamento delle condizioni o requisiti indicati dal presente articolo è demandato all’organo regionale competente per territorio.

L. 590/1965

Art.8

 

[co. 10] Se il componente di famiglia coltivatrice, il quale abbia cessato di far parte della conduzione colonica in comune, non vende la quota del fondo di sua spettanza entro cinque anni dal giorno in cui ha lasciato l'azienda, gli altri componenti hanno diritto a riscattare la predetta quota al prezzo ritenuto congruo dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, con le agevolazioni previste dalla presente legge, sempreché l'acquisto sia fatto allo scopo di assicurare il consolidamento di impresa coltivatrice familiare di dimensioni economicamente efficienti. Il diritto di riscatto viene esercitato, se il proprietario della quota non consente alla vendita, mediante la procedura giudiziaria prevista dalle vigenti leggi per l'affrancazione dei canoni enfiteutici.

 

 

 

 

[co. 11] L'accertamento delle condizioni o requisiti indicati dal precedente comma è demandato allo Ispettorato agrario provinciale competente per territorio.

Il compendio unico

I commi 1 e 2 dell’articolo 39 riproducono l’articolo 5-bis, commi 1 e 5 del D.Lgs. 228 del 2001[17]

Si ricorda che il “compendio unico”, ossia un’estensione di terreno idonea al raggiungimento dei livelli minimi di redditività aziendale previsti per l’erogazione del sostegno agli investimenti dai piani regionali di sviluppo rurale è stato introdotto dal decreto legislativo n. 99 del 2004, che ha inserito nel D.Lgs. 228/2001 l’articolo 5-bis citato. La creazione e il mantenimento di compendi unici viene incentivata in vari modi. Innanzitutto, chi si impegna formalmente, con l’atto di acquisto, a costituire e condurre (in qualità di coltivatore diretto o IAP) un compendio unico per almeno 10 anni, beneficia di una serie di agevolazioni fiscali (esclusione delle imposte ipotecarie e catastali, esenzione dall’imposta di registro, riduzione a 1/6 degli oneri notarili). La divisione e il frazionamento del compendio unico sono disincentivati prevedendo il recupero delle imposte non pagate, oltre agli interessi e a una maggiorazione del 50% a titolo sanzionatorio, nel caso in cui vengano violati gli obblighi di conduzione e indivisibilità per 10 anni. Analoghe misure sono finalizzate alla conservazione del compendio nel caso di successione ereditaria con una pluralità di coeredi.

La ricomposizione fondiaria viene agevolata prevedendo una riduzione del 50 per cento delle imposte dovute per i gli atti che comportino un accorpamento dei fondi, nonché nella compravendita di beni suscettibili di utilizzazione agricola appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico cartolarizzato.

Analoghi meccanismi di agevolazione fiscale sono stati previsti anche per favorire la ricomposizione aziendale, a mezzo di contratto di affitto particellare e di società cooperativa.

 

Il comma 3 riproduce l’articolo 5-bis comma 6 della legge 97 del 1994 che reca disposizioni per favorire le aziende agricole montane, relative all'estensione della superficie minima indivisibile.

L'articolo 5-bis della legge n. 97 del 1994[18] ha introdotto disposizioni estremamente innovative in merito al problema della conservazione dell'integrità aziendale agricola nelle zone montane.

Il comma 1 esenta da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altra genere, i trasferimenti di terreni agricoli, situati nei territori delle comunità montane, a qualsiasi titolo avvenuti, disposti in favore di coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale. La condizione perché operino le agevolazioni in esame è che l'agricoltore costituisca un compendio unico degli appezzamenti acquisiti e si impegni a condurlo o a coltivarloper almeno dieci anni.

Il compendio unico è considerato un'unità indivisibile e, pertanto, non può essere alienato, affittato, donato o trasferito in eredità se non ad un unico soggetto.

Terreni, relative pertinenze e fabbricati ivi inclusi, che siano costituiti in compendio unico e rientrino nei limiti della superficie minimaindivisibile,debbono considerarsi unità indivisibili per quindici anni decorrenti dal momento dell’acquisto e in quanto tali se ne esclude, per lo stesso periodo, il frazionamento, sia che esso avvenga per effetto di trasferimenti a causa di morte che per atti tra vivi.

In caso di successione i compendi devono essere compresi per intero nella porzione di uno dei coeredi o nelle porzioni di più coeredi che ne richiedano congiuntamente l'attribuzione. Il comma 1 specifica, infine, che la disciplina qui prevista si applica ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi dalle stesse regioni, province, comuni e comunità montane.

La superficie minima indivisibile è determinata con leggi delle Regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano (ai sensi del comma 6 dell’articolo 5-bis).

Ilcomma 2 prevedeche, nel caso di violazione degli obblighi di cui al comma 1, saranno dovute, oltre le imposte non pagate e gli interessi, una percentuale maggiore di imposte corrispondenti al cinquanta per cento di quelle evase.

 

L’articolo 40 riproduce alcune porzioni dei commi 11-bis, 11-ter e 11-quater dell’articolo 5-bis del D.Lgs. 228 del 2001.

Si osserva che andrebbe corretto il riferimento normativo interno di cui al comma 3, con un richiamo all’articolo 39, comma 1. L’articolo 846 cui si fa riferimento è presumibilmente quello del codice civile, abrogato dal comma 10 dell’art. 5-bis del D.Lgs. 228/2001 citato.

 

La disciplina del compendio unico è stata ulteriormente modificata Il D.Lgs. n. 101 del 2005 che ha integrato con l'inserimento di alcuni commi aggiuntivi le norme in materia di conservazione dell'integrità fondiaria di cui all'art. 7 del D.Lgs. n. 99 del 2004.

Si tratta delle disposizioni dirette a preservare la conservazione del cosiddetto compendio unico, ovvero a incentivare la sua realizzazione. In virtù del rinvio operato all'articolo 5-bis della legge n. 97/1994, il trasferimento a qualsiasi titolo di terreni agricoli a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli a titolo principale che si impegnano a costituire un compendio unico e a coltivarlo o a condurlo per un periodo di almeno dieci anni dal trasferimento è esente da imposta di registro, ipotecaria, catastale, di bollo e di ogni altro genere, mentre gli onorari notarili per gli atti relativi sono ridotti a un sesto.

In tale contesto, il nuovo comma 11-bis chiarisce che coloro che vogliano costituire un compendio unico non sono soggetti a duplicazioni nelle spese notarili, sia per la costituzione dello stesso, sia per l'atto di acquisto o di trasferimento di proprietà.

Viene anche previsto che gli onorari notarili dovuti esclusivamente per l'atto di acquisto o trasferimento di proprietà siano ridotti a un sesto, in applicazione del criterio generale di cui all'articolo 7 del D.Lgs. n. 99/04, senza alcuna maggiorazione.

Il comma 11-ter stabilisce che i terreni e le relative pertinenze possedute a titolo di proprietà possano concorrere al raggiungimento del livello minimo di redditività ai fini della valutazione circa la sussistenza del compendio unico, ove situati nello stesso comune o comune limitrofo.

Viene inoltre stabilito (comma 11-quater) che la costituzione di compendio unico possa avvenire anche ricomprendendovi terreni agricoli e pertinenze già di proprietà della parte, qualora questa ne faccia formale dichiarazione con atto pubblico, i cui oneri notarili sono determinati in misura fissa

 

I commi 1 e 2 dell’articolo 41 riproducono testualmente l’articolo 5-bis, commi 2 e 3 del D.Lgs. 228 del 2001.

Va segnalato che all’articolo 41, comma 1, non è chiaro il richiamo interno ai commi 2 e 3.

Il comma 3 riproduce il contenuto del comma 3 dell’articolo 5-bis della legge 97/94 (legge sulla montagna) in materia di finanziamenti a mutui agevolati per l’acquisto di terreni agricoli aventi le caratteristiche del compendio unico siti nei territori delle comunità montane.

Si osserva che al comma 3 il richiamo interno all’articolo 51 andrebbe più correttamente riferito all’articolo 43.

I commi 4 e 5 riproducono rispettivamente la seconda frase del citato comma 11-bis e la seconda parte del comma 11-quater dell’articolo 5-bis del D.Lgs 228/2001 in materia di onorari notarili per la costituzione del compendio.

 

L’articolo 42 contiene la disciplina dell’indivisibilità del compendio unico, tramite la riproduzione delle disposizioni di cui all’articolo 5-bis, comma 4, del D.Lgs. 228/2001 integrate dalle norme contenute sulla legge della montagna 97/94 sull’indivisibilità della superficie minima.

Si osserva che il vincolo di indivisibilità, che nelle due disposizioni richiamate attualmente vigenti ha una durata differente, rispettivamente di dieci e di quindici anni, è uniformato nel presupposto che la nuova legge abbia implicitamente abrogato la successiva, che sarebbe comunque ingiustificabile una diversa durata. Andrebbe peraltro alla luce di tale osservazione valutato il rapporto tra le disposizioni riguardanti il compendio unico e quelle, antecedenti, sulla superficie minima indivisibile, verificando l’effettiva vigenza di queste ultime.

 

L’articolo 43 contiene la disciplina della successione nel compendio unico riprendendo i contenuti dell’articolo 5-bis, comma 1 della legge sulla montagna (97/94), estesi anche ai territori non montani tramite una interpretazione sistematica delle norme richiamate.

 

L’articolo 44 riproduce testualmente il comma 7 dell’articolo 5-bis del D.Lgs 228/2001 sulla competenza in materia di controversie relative al compendio.

Si osserva che non vi è riferimento nel testo al D.M. 1 luglio 2002 n. 743, che è espressamente citato nella norma vigente per individuare il competente sportello di conciliazione

 

L’articolo 45 sostituisce negli articoli 849 e 850 del codice civile la locuzione “minima unità colturale” con “compendio unico”.

L’istituto della prelazione

L’articolo 46, sulla titolarità del diritto di prelazione è la risultante della riproduzione di disposizioni contenute in una pluralità di testi ed in particolare:

§      i commi 1, 5, 6 8 e 10 riproducono i commi 1, 2, 3, 9 e l’ultimo comma dell’articolo 8 della legge 590/1965, in modo testuale;

§      il comma 2 riproduce l’articolo 7 della legge n. 817/1971 e l’articolo 8 comma 1 del D.Lgs. 99/2004

§      il comma 3 riproduce l’articolo 7 del D.Lgs. 228/2001;

§      il comma 4 riproduce (lettera a) l’articolo 2, comma 3 del citato D.Lgs. n. 99/2004, mentre la lettera b) accorpa i contenuti dell’articolo 16 commi 1 e 3 della citata legge n. 817;

§      il comma 7 riproduce il comma 1 dell’articolo della legge 265 del 1976;

§      il comma 9 riproduce l’articolo 3 comma 3 della citata legge n. 817/1971;

§      il comma 11 riproduce l’articolo 14, comma 1, della legge 590/1965.

 

Si ricorda in sintesi il contenuto delle principali disposizioni in materia.

Il diritto di prelazione a favore del coltivatore diretto è riconosciuto dall’art. 8 della legge n. 590 del 1965 e dall’art. 7 della legge n. 817 del 1971.

L’articolo 8 della legge n. 590 del 1965 prevede che in caso di trasferimento a titolo oneroso o di concessione in enfiteusi di fondi concessi in affitto a coltivatori diretti, a mezzadria, a colonia parziaria, o a compartecipazione, esclusa quella stagionale, l'affittuario, il mezzadro, il colono o il compartecipante, a parità di condizioni, ha diritto di prelazione, purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto, nel biennio precedente, altri fondi rustici, salvo il caso di cessione a scopo di ricomposizione fondiaria, ed il fondo per il quale intende esercitare la prelazione in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà od enfiteusi non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia. La prelazione non è consentita nei casi di permuta, vendita forzata, liquidazione coatta, fallimento, espropriazione per pubblica utilità e quando i terreni in base a piani regolatori, anche se non ancora approvati, siano destinati ad utilizzazione edilizia, industriale o turistica.

L’articolo 7 della legge n. 817 del 1971 riconosce il diritto di prelazione a favore del coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con i fondi offerti in vendita, purché sugli stessi non siano insediati mezzadri, coloni, affittuari, compartecipanti od enfiteuti coltivatori diretti. Successivamente, con l’articolo 7 del D.Lgs. n. 228/2002 sono stati definiti i criteri preferenziali nel caso vi sia una pluralità di soggetti confinanti che intendono esercitare il diritto di prelazione. Questi, nell’ordine, sono:

-        la presenza tra le imprese di coltivatori diretti e imprenditori agricoli a titolo principale di età compresa tra i 18 e i 40 anni;

-        il numero di questi soggetti;

-        il possesso da parte degli stessi di conoscenze e competenze adeguate ai sensi dell'articolo 8 del regolamento (CE) n. 1257/99.

L’articolo 8, comma 1, del D.Lgs. 99/2004 estende agli assegnatari dei fondi acquistati dall’ISMEA il diritto di prelazione riconosciuto dalla normativa vigente (legge n. 817/1971, art. 7) a favore del coltivatore diretto proprietario di terreni confinanti con i fondi offerti in vendita. Alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell’esercizio del diritto di prelazione per le quali è stata presentata domanda all’ISMEA si applicano le disposizioni di cui all’art. 8, co. 7, della legge n. 590/1965 in materia di proroga dei termini per il versamento del prezzo d’acquisto dei terreni nel caso in cui il coltivatore che esercita il diritto di prelazione abbia richiesto un mutuo a tasso agevolato.

 

L’articolo 47 riproduce le disposizioni dell’articolo 8 della legge 590/1965 in materia di esercizio del diritto di prelazione e di riscatto, integrandole con una norma interpretativa contenuta nella legge n. 2 del 1979 e con una disposizione contenuta nell’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. 99/2004 che estende la disciplina in oggetto alle operazioni di acquisto di terreni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto agrario per le quali è stata presentata domanda all'ISMEA.

 

L’articolo 48 è integralmente riproduttivo del comma 10 dell’articolo 8 della legge 590/1965 in materia di diritto di riscatto dei compartecipi di famiglia coltivatrice.

Si osserva che al comma 1 il riferimento alla “presente legge” dovrebbe essere corretto facendo riferimento al “decreto legislativo”.

 


Capo II (art. 49)

Codice

Norme di riferimento

Capo II

Della bonifica

 

Art. 49

(Finalità. Competenza regionale)

1. Le opere di bonifica sono indirizzate al perseguimento di finalità economiche e sociali, allo sviluppo rurale, alla tutela e alla valorizzazione delle produzioni agricole, con particolare riguardo alla qualità, alla difesa, all’uso razionale del suolo e delle acque e alla salvaguardia dell’ambiente e delle risorse naturali.

2. Fin quando le regioni non vi avranno provveduto con proprie leggi, la bonifica è disciplinata dalla Sezione III del Titolo II del Libro terzo del codice civile e dal regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni.

Costituzione Articolo 44

Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà.

La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane

R.D. 215/1933 art. 1.

Alla bonifica integrale si provvede per scopi di pubblico interesse, mediante opere di bonifica e di miglioramento fondiario.

Le opere di bonifica sono quelle che si compiono in base ad un piano generale di lavori e di attività coordinate, con rilevanti vantaggi igienici, demografici, economici o sociali, in Comprensori in cui cadano laghi, stagni, paludi e terre paludose, o costituiti da terreni montani dissestati nei riguardi idrogeologici e forestali, ovvero da terreni, estensivamente utilizzati per gravi cause d'ordine fisico e sociale, e suscettibili, rimosse queste, di una radicale trasformazione dell'ordinamento produttivo.

Le opere di miglioramento fondiario sono quelle che si compiono a vantaggio di uno o più fondi, indipendentemente da un piano generale di bonifica.

Cfr. c.c. Sezione III

Della bonifica integrale (Artt. 857-868)

D.lgs. 152/2006

Art.53 Finalità.

1. Le disposizioni di cui alla presente sezione sono volte ad assicurare la tutela ed il risanamento del suolo e del sottosuolo, il risanamento idrogeologico del territorio tramite la prevenzione dei fenomeni di dissesto, la messa in sicurezza delle situazioni a rischio e la lotta alla desertificazione,

2. Per il conseguimento delle finalità di cui al comma 1, la pubblica amministrazione svolge ogni opportuna azione di carattere conoscitivo, di programmazione e pianificazione degli interventi, nonché preordinata alla loro esecuzione, in conformità alle disposizioni che seguono.

3. Alla realizzazione delle attività previste al comma 1 concorrono, secondo le rispettive competenze, lo Stato, le regioni a statuto speciale ed ordinario, le province autonome di Trento e di Bolzano, le province, i comuni e le comunità montane e i consorzi di bonifica e di irrigazione.

Art. 56. Attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione.

Co.1. Le attività di programmazione, di pianificazione e di attuazione degli interventi destinati a realizzare le finalità di cui all'articolo 53 riguardano, ferme restando le competenze e le attività istituzionali proprie del Servizio nazionale di protezione civile, in particolare:

OMISSIS

Co.2. Le attività di cui al comma 1 sono svolte secondo criteri, metodi e standard, nonché modalità di coordinamento e di collaborazione tra i soggetti pubblici comunque competenti, preordinati, tra l'altro, a garantire omogeneità di:

a) condizioni di salvaguardia della vita umana e del territorio, ivi compresi gli abitati ed i beni;

b) modalità di utilizzazione delle risorse e dei beni, e di gestione dei servizi connessi.

La bonifica

Il Capo II è composto dall’unico articolo 49 che con il primo comma introduce una disposizione formalmente nuova, priva di contenuto immediatamente precettivo, che individua le finalità delle opere di bonifica.

Il comma 2 specifica, con disposizione formalmente nuova, la natura cedevole delle norme statali in materia di bonifica.

 

Al riguardo si può da un lato osservare che lo schema di decreto legislativo è volto esclusivamente al riassetto delle norme statali vigenti e dunque non comprende né norme di regolamenti comunitari, direttamente applicabili, né norme statali cedevoli in quanto rientranti nella competenza regionale. Non appare dunque chiaro il motivo dell’inserimento nello schema di riordino dell’articolo 49, in materia di opere di bonifica, nel quale è specificato che fino al momento in cui le regioni non avranno provveduto con proprie leggi, la bonifica è regolata dalla legislazione statale vigente

Dall’altro lato andrebbe approfondito il presupposto, sul quale si fonda il comma 2, in base al quale la bonifica sarebbe materia di competenza esclusiva delle Regioni.

 

Al riguardo andrebbe considerato che, la bonifica, in ragione della sua polivalenza, prevista allo stesso comma 1 dell’art. 49 (difesa del suolo, salvaguardia dell’ambiente, irrigazione), è ricompresa tra le azioni per il governo del territorio, la cui competenza normativa non può che essere ripartita tra Stato e Regioni, così come più volte posto in evidenza dalla Corte Costituzionale. Se la bonifica rientra dunque nella competenza concorrente Stato-Regioni, le norme contenute nel codice civile e nel regio decreto n. 215 del 1933 costituiscono principi fondamentali per la disciplina della materia. Esse quindi permangono nell’ordinamento e non possono venir meno attraverso leggi regionali[19].

Andrebbe dunque valutata l’opportunità di approfondire la questione della competenza in materia di bonifica e ove si riconoscesse che la stessa rientra nella competenza concorrente Stato-Regioni, andrebbe precisato nel testo che le norme contenute nel codice civile e quelle contenute nel r.d. 215/1933 e successive modificazioni costituiscono principi fondamentali della materia, ferma rimanendo la competenza regionale per la disciplina specifica.

 


Capo III (artt. 50-67)

Codice

Norme di riferimento

Capo III
Delle strutture agrarie

Sezione I

Della formazione e della conservazione delle unità produttive

 

Art. 50

(Diritto degli eredi alla prosecuzione legale dell’impresa)

1. Nel caso di morte del proprietario di fondi rustici condotti o coltivati direttamente da lui o dai suoi familiari, quelli tra gli eredi che, al momento della apertura della successione, risultano aver esercitato e continuano ad esercitare attività agricola su tali fondi, in qualità di imprenditori agricoli professionali, o di coltivatori diretti, hanno diritto a continuare nella conduzione o coltivazione dei fondi stessi anche per le porzioni comprese nelle quote degli altri coeredi e sono considerati affittuari di esse.

 

 

2. Il rapporto che così si instaura fra i coeredi, si estende alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici di tali fondi 171 ed è disciplinato dalle disposizioni sull’affitto di fondi rustici contenute nel presente codice con inizio dalla data di apertura della successione.

 

3. L’alienazione della propria quota dei fondi o di parte di essa effettuata da parte degli eredi preferiti di cui al comma 1 è causa di decadenza dal diritto all’affitto forzoso.

L.203/1982 art. 49

Diritti degli eredi.

 

[co.1] Nel caso di morte del proprietario di fondi rustici condotti o coltivati direttamente da lui o dai suoi familiari, quelli tra gli eredi che, al momento dell'apertura della successione, risultino avere esercitato e continuino ad esercitare su tali fondi attività agricola, in qualità di imprenditori a titolo principale ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, o di coltivatori diretti, hanno diritto a continuare nella conduzione o coltivazione dei fondi stessi anche per le porzioni ricomprese nelle quote degli altri coeredi e sono considerati affittuari di esse. Il rapporto di affitto che così si instaura tra i coeredi è disciplinato dalle norme della presente legge, con inizio dalla data di apertura della successione.

L. 97/1994 art. 4

Conservazione dell'integrità dell'azienda agricola.

Co.1. Nei comuni montani, gli eredi considerati affittuari ai sensi dell'articolo 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203, delle porzioni di fondi rustici ricomprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto di affitto instauratosi per legge, all'acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici.

L.203/1982 art. 49

[co.2] L'alienazione della propria quota dei fondi o di parte di essa effettuata da parte degli eredi di cui al comma precedente è causa di decadenza dal diritto previsto dal comma stesso.

 

Art. 51

(Diritto degli eredi all’acquisto forzoso della proprietà)

1. Gli eredi preferiti ai sensi dell’articolo 50 nella conduzione delle porzioni di fondi rustici comprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto instauratosi per legge, all’acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici174, a condizione che dimostrino:

a) di non aver alienato, nel triennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a 258,23 euro, salvo il caso di permuta o cessione a fini di ricomposizione fondiaria;

b) che il fondo per il quale intendono esercitare il diritto, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa loro o della loro famiglia;

c) di essersi obbligati, con la dichiarazione di acquisto di cui all’articolo 41, comma 1, a condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno sei anni;

d) di essere iscritti all’INPS-Servizio contributi agricoli unificati (SCAU), in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale.175

2. La disciplina prevista dal comma 1 non si applica nella provincia autonoma di Bolzano.

L. 97/1994 art.4

Conservazione dell'integrità dell'azienda agricola.

 

1. Nei comuni montani, gli eredi considerati affittuari ai sensi dell'articolo 49 della legge 3 maggio 1982, n. 203 , delle porzioni di fondi rustici ricomprese nelle quote degli altri coeredi hanno diritto, alla scadenza del rapporto di affitto instauratosi per legge, all'acquisto della proprietà delle porzioni medesime, unitamente alle scorte, alle pertinenze ed agli annessi rustici.

2. Il diritto di cui al comma 1 è acquisito a condizione che i predetti soggetti dimostrino:

a) di non aver alienato, nel triennio precedente, altri fondi rustici di imponibile fondiario superiore a lire 500.000, salvo il caso di permuta o cessione a fini di ricomposizione fondiaria;

 

 

b) che il fondo per il quale intendono esercitare il diritto, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa loro o della loro famiglia;

 

c) di essersi obbligati, con la dichiarazione di cui all'articolo 5, comma 1, a condurre o coltivare direttamente il fondo per almeno sei anni;

 

d) di essere iscritti al Servizio contributi agricoli unificati (SCAU) ai sensi della legge 2 agosto 1990, n. 233, in qualità di coltivatore diretto o imprenditore agricolo a titolo principale.

 

3. La disciplina prevista dal presente articolo non si applica nella provincia autonoma di Bolzano.

D.Lgs. 228/2001 Art.8

Conservazione dell'integrità dell'azienda agricola.

Co.1. Le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, si applicano, a decorrere dal 1° gennaio 2002, anche alle aziende agricole ubicate in comuni non montani.

Art. 52

(Procedura per l’acquisto forzoso della proprietà)

1. Gli eredi che intendono esercitare il diritto di cui all’articolo 51 devono, entro sei mesi dalla scadenza del rapporto di cui all’articolo 50, notificare ai coeredi, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la dichiarazione di acquisto e versare il prezzo entro il termine di tre mesi dall’avvenuta notificazione della dichiarazione.

2. Il prezzo di acquisto è costituito, al momento dell’esercizio del diritto, dal valore agricolo medio determinato dalla Commissione provinciale di cui al regolamento attuativo del presente decreto legislativo.

3. Qualora i terreni oggetto dell’acquisto siano utilizzati, prima della scadenza del periodo di sei anni di cui all’articolo 51, comma 1, lettera c), a scopi diversi da quelli agricoli, in conformità agli strumenti urbanistici vigenti, gli altri coeredi hanno diritto alla rivalutazione del prezzo, in misura pari alla differenza tra il corrispettivo già percepito, adeguato secondo l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale rilevato dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ed il valore di mercato conseguente alla modificazione della destinazione dell’area.

4. Il prezzo di acquisto delle scorte, delle pertinenze e degli annessi rustici è determinato, al momento dell’esercizio del diritto, dall’organo regionale competente per territorio.

5. In caso di rifiuto a ricevere il pagamento del prezzo da parte del proprietario, gli eredi devono depositare la somma presso un Istituto di credito nella provincia dove è ubicato il fondo, dando comunicazione al proprietario medesimo, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell’avvenuto deposito. Dalla data della comunicazione si acquisisce la proprietà.

L. 97/1994 art.5

 

 

Co.1 Gli eredi che intendono esercitare il diritto di cui all'articolo 4 devono, entro sei mesi dalla scadenza del rapporto di affitto, notificare ai coeredi, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, la dichiarazione di acquisto e versare il prezzo entro il termine di tre mesi dall'avvenuta notificazione della dichiarazione.

 

Co.2. Il prezzo di acquisto è costituito, al momento dell'esercizio del diritto, dal valore agricolo medio determinato ai sensi dell'articolo 4 della legge 26 maggio 1965, n. 590 .

 

 

Co.3. Qualora i terreni oggetto dell'acquisto siano utilizzati, prima della scadenza del periodo di cui all'articolo 4, comma 2, lettera c), a scopi diversi da quelli agricoli, in conformità agli strumenti urbanistici vigenti, gli altri coeredi hanno diritto alla rivalutazione del prezzo, in misura pari alla differenza tra il corrispettivo già percepito, adeguato secondo l'indice dei prezzi al consumo per l'intera collettività nazionale rilevato dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT), ed il valore di mercato conseguente alla modificazione della destinazione dell'area.

 

 

 

 

Co.4. Il prezzo di acquisto delle scorte, delle pertinenze e degli annessi rustici è determinato, al momento dell'esercizio del diritto, dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura o dall'organo regionale corrispondente.

Co.5. In caso di rifiuto a ricevere il pagamento del prezzo da parte del proprietario, gli eredi devono depositare la somma presso un istituto di credito nella provincia dove è ubicato il fondo, dando comunicazione al proprietario medesimo, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, dell'avvenuto deposito. Dalla data della notificazione si acquisisce la proprietà.

L.590/1965 art. 4

[co.1] Una Commissione provinciale - composta del capo dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, del capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, del capo dell'Ufficio tecnico erariale e di un rappresentante dell'Ente di sviluppo competente per territorio od, in mancanza, del Comitato regionale per l'agricoltura di cui alla legge 2 giugno 1961, n. 454 - indica periodicamente, con riferimento a zone aventi caratteristiche agronomiche omogenee o similari i valori fondiari medi riferiti ad unità di superficie ed a tipi di coltura, secondo apposito schema predisposto dall'Ispettorato agrario compartimentale competente per territorio.

Sezione II

Della formazione e dell’ampliamento della proprietà coltivatrice

 

Art. 53

(Provvedimenti per lo sviluppo della proprietà coltivatrice)

1. Agli affittuari coltivatori diretti, nonché agli altri lavoratori manuali della terra, singoli o associati in cooperativa, possono essere concessi mutui della durata di anni 30 al tasso annuo non inferiore al tasso di riferimento calcolato sulla base dei tassi IBOR a 1 anno, per l'acquisto di fondi rustici che, a giudizio dell'organo regionale competente, avuto riguardo alla concreta situazione ambientale ed alla composizione del nucleo familiare del coltivatore acquirente, la cui forza lavorativa non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, siano riconosciuti idonei alla costituzione di aziende che abbiano caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti, sotto il profilo tecnico ed economico.

2. I mutui di cui al comma 1 possono essere altresì concessi ai proprietari coltivatori diretti, singoli od associati in cooperative, il cui nucleo familiare abbia una capacità lavorativa superiore ad un terzo di quella occorrente per la normale coltivazione del loro fondo.

3. I mutui di cui ai commi 1 e 2 sono concessi di massima per l'intero ammontare ammesso dall'organo regionale competente.

L.590/1965 art.1

 

 

[co.1.] Ai mezzadri, ai coloni parziali, ai compartecipanti, agli affittuari ed enfiteuti coltivatori diretti, nonché agli altri lavoratori manuali della terra, singoli o associati in cooperativa, possono essere concessi mutui della durata di anni 40 al tasso annuo di interesse dell'uno per cento, per l'acquisto - effettuato in epoca posteriore alla entrata in vigore della presente legge - di fondi rustici che, a giudizio dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, avuto riguardo alla concreta situazione ambientale ed alla composizione del nucleo familiare del coltivatore acquirente, la cui forza lavorativa non sia inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, siano riconosciuti idonei alla costituzione di aziende che abbiano caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti, sotto il profilo tecnico ed economico.

 

 

 

 

[co.2.] I mutui di cui al primo comma possono essere altresì concessi ai proprietari coltivatori diretti, singoli od associati in cooperative, il cui nucleo familiare abbia una capacità lavorativa superiore ad un terzo di quella occorrente per la normale coltivazione del loro fondo

L. 817/1971 art.2

[co.1.] I mutui di cui all'articolo 1 della legge 26 maggio 1965, n. 590, verranno concessi di massima per l'intero ammontare ammesso dall'ispettorato provinciale dell'agricoltura; la loro durata è di anni 30 ed il tasso annuo di interesse dell'uno per cento.

[co.2.] Le disposizioni di cui al comma precedente si applicano anche ai mutui autorizzati dagli ispettorati della agricoltura e non ancora stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.

[co.3.]Il tasso di interesse dell'uno per cento si applica anche ai mutui per la costruzione di proprietà contadina, assistiti dal concorso statale negli interessi di cui all'articolo 27 della legge 2 giugno 1961, n. 454, liquidato dopo l'entrata in vigore della presente legge.

 

4. Il beneficio della concessione dei mutui e dei prestiti di cui al comma 1 esclude, per gli stessi acquisti, ogni altra provvidenza creditizia o contributiva prevista dalle vigenti disposizioni in materia.

5. Le agevolazioni creditizie per l’acquisto di fondi rustici destinati alla formazione di proprietà contadina possono essere concesse, ferma restando ogni altra condizione richiesta, quando l’acquisto riguardi terreni il cui reddito dominicale non sia inferiore a 0,52 euro ovvero, nei casi di arrotondamento, quando il reddito dominicale dei terreni da acquistare in aggiunta a quello dei terreni già posseduti in proprietà o in enfiteusi dal coltivatore non sia inferiore al predetto limite.

L. 590/1965 art.26

[Co.1] Il beneficio della concessione dei mutui e dei prestiti di cui al titolo I esclude, per gli stessi acquisti, ogni altra provvidenza creditizia o contributiva prevista dalle vigenti disposizioni in materia.

art. 27

[Co.1] Le agevolazioni creditizie previste dalla presente legge nonché le agevolazioni creditizie e contributive previste dal decreto legislativo 24 febbraio 1948, n. 114, e successive modificazioni ed integrazioni, per l'acquisto di fondi rustici destinati alla formazione di proprietà contadina, possono essere concesse - ferma restando ogni altra condizione richiesta - quando l'acquisto riguardi terreni il cui imponibile catastale non sia inferiore a lire mille ovvero, nei casi di arrotondamento, quando l'imponibile catastale dei terreni da acquistare in aggiunta a quello dei terreni già posseduti in proprietà o in enfiteusi dal coltivatore non sia inferiore al predetto limite.

[Co.2] La disposizione di cui al precedente comma si applica per gli acquisti effettuati posteriormente alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 54

(Operazioni di acquisto di fondi rustici non finanziabili)

1. I mutui di cui all’articolo 53 non possono essere concessi per le operazioni di compravendita di fondi rustici i quali nel decennio precedente abbiano già formato oggetto di concessione delle provvidenze creditizie previste dalla legislazione per la costituzione della proprietà diretto-coltivatrice, a meno che l'operazione, a giudizio dell'organo regionale competente, non si inquadri in particolari realtà socio economiche connesse con modifiche d'ordine strutturale interessanti determinate zone agrarie.

2. Tale divieto non si applica nei confronti dell'erede coltivatore diretto il quale, a norma di quanto disposto dall'articolo 720 del codice civile, debba soddisfare i coeredi per il valore del fondo eccedente la sua quota di eredità ovvero nei confronti del coltivatore diretto che intenda acquistare il fondo per realizzare un accorpamento.

L.817/1971 art. 12

 

 

[Co.1] I mutui di cui all'articolo 2 della presente legge non possono essere concessi per le operazioni di compravendita di fondi rustici i quali nel decennio precedente abbiano già formato oggetto di concessione delle provvidenze creditizie previste dalla legislazione per la costituzione della proprietà diretto-coltivatrice, a meno che l'operazione, a giudizio dell'ispettorato agrario compartimentale, non si inquadri in particolari realtà socio economiche connesse con modifiche d'ordine strutturale interessanti determinate zone agrarie.

 

 

 

[Co.2] Tale divieto non si applica nei confronti dell'erede coltivatore diretto il quale, a norma di quanto disposto dall'articolo 720 del codice civile, debba soddisfare i coeredi per il valore del fondo eccedente la sua quota di eredità ovvero nei confronti del coltivatore diretto che intenda acquistare il fondo per realizzare un accorpamento.

 

Art. 55

(Criteri preferenziali per la concessione dei mutui per l’acquisto di fondi rustici)

1. Nella concessione dei mutui per l'acquisto di fondi rustici a scopo di formazione o di ampliamento della proprietà coltivatrice di cui all’articolo 53, deve essere data preferenza:

a) alle operazioni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto previsto dall’articolo 46 e comunque agli acquisti effettuati dai coltivatori insediati sui fondi;

 

b) alle operazioni che, realizzando un accorpamento di fondi rustici, rivestono finalità di ricomposizione fondiaria, indipendentemente dalla estensione dei terreni acquisibili, purché destinate ad ampliare le aziende e a formare valide proprietà diretto-coltivatrici sotto il profilo sia tecnico sia economico.

 

2. Le regioni potranno stabilire anche propri criteri preferenziali nei limiti della competenza di cui all’articolo 117 della Costituzione.

L.817/1971 art. 4

 

 

[Co. 1] Nella concessione dei mutui per l'acquisto di fondi rustici a scopo di formazione o di ampliamento della proprietà coltivatrice di cui al precedente articolo 2, deve essere data preferenza:

1) alle operazioni proposte nell'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto previsto dall'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, con le modifiche previste nella presente legge, e comunque agli acquisti effettuati dai coltivatori insediati sui fondi;

2) alle operazioni che, realizzando un accorpamento di fondi rustici, rivestono finalità di ricomposizione fondiaria, indipendentemente dalla estensione dei terreni acquisibili, purché destinate ad ampliare le aziende e a formare valide proprietà diretto-coltivatrici sotto il profilo sia tecnico sia economico;

 

3) alle operazioni di acquisto effettuate da coltivatori profughi dalla Libia.

[Co.2] A decorrere dal 1° luglio 1972 le regioni nella propria competenza legislativa potranno stabilire anche propri criteri preferenziali nei limiti dei principi fondamentali di cui all'articolo 117 della Costituzione.

Art. 56

(Acquisto dei terreni e delle case di abitazione)

1. Può essere concesso un sussidio statale non superiore a un decimo della spesa, a termini dell'articolo 5 della legge 1° febbraio 1956, n. 53, per l'acquisto dei terreni e delle case di abitazione destinati alla formazione e all'arrotondamento della piccola proprietà coltivatrice194, quando sussistono le condizioni di cui all’articolo 54, comma 4.

L. 53/1956 art. 5

 

[co.1] Per l'acquisto dei terreni e delle case di abitazione destinati alla formazione e all'arrotondamento della piccola proprietà contadina, quando sussistono le condizioni stabilite dall'art. 2 della legge 6 agosto 1954, n. 604, può essere concesso un sussidio statale non superiore a un decimo della spesa, a termini dell'art. 43 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, e successive modificazioni.

Per l’art. 2 della L. 604/1954 vedi infra

Art. 57

(Acquisti di macchine, attrezzi e bestiame)

1. Agli acquirenti i fondi rustici con i benefici di cui all’articolo 57, possono essere pure concessi prestiti a tasso agevolato per l'acquisto di macchine, attrezzi e bestiame, anche di pertinenza del venditore, per la normale dotazione delle aziende di nuova costituzione od ampliate, purché gli interessati ne facciano richiesta entro un biennio dall'avvenuto acquisto dei fondi stessi.

2. Tali prestiti possono essere concessi anche a cooperative costituite da coltivatori che abbiano acquistato terreni ai sensi dell’articolo 57.

3. I prestiti di cui ai commi 1 e 2 avranno la durata di cinque anni e saranno gravati di un tasso annuo d'interesse non inferiore del tasso di riferimento calcolato sulla base dei tassi IBOR a 1 anno196

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L. 590/1965 art 2

 

[co.1] Agli acquirenti i fondi rustici con i benefici di cui al precedente articolo, possono essere pure concessi prestiti a tasso agevolato per l'acquisto di macchine, attrezzi e bestiame, anche di pertinenza del venditore, per la normale dotazione delle aziende di nuova costituzione od ampliate, purché gli interessati ne facciano richiesta entro un biennio dall'avvenuto acquisto dei fondi stessi.

 

 

[co.2] Tali prestiti possono essere concessi anche a cooperative costituite da coltivatori che abbiano acquistato terreni ai sensi del precedente articolo.

 

[co.3] I prestiti di cui ai precedenti commi avranno la durata di cinque anni e saranno gravati di un tasso annuo d'interesse del due per cento.

L. 604/1954 art. 2

Le agevolazioni tributarie previste dall'articolo 1 sono applicabili quando:

1) l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta sia persona che dedica abitualmente la propria attività manuale alla lavorazione della terra;

2) il fondo venduto, permutato o concesso in enfiteusi sia idoneo alla formazione o all'arrotondamento della piccola proprietà contadina e, in ogni caso, in aggiunta a eventuali altri fondi pos seduti a titolo di proprietà od enfiteusi dall'acquirente o comunque dagli appartenenti al suo nucleo familiare, non ecceda di oltre un decimo la superficie corrispondente alla capacità lavorativa dei membri contadini del nucleo familiare stesso;

3) l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta nel biennio precedente all'atto di acquisto o della concessione in enfiteusi non abbia venduto altri fondi rustici oppure abbia venduto appezzamenti di terreno la cui superficie complessiva non sia superiore ad un ettaro, con una tolleranza del 10 per cento salvo casi particolari da esaminarsi dall'ispettore provinciale dell'agricoltura in modo da favorire soprattutto la formazione di organiche aziende agricole familiari.

Art. 58

(Domanda e nulla osta)

1. La concessione dei mutui e dei prestiti agevolati è subordinata al rilascio di apposito nulla osta da parte dell'organo regionale competente per territorio, che si pronuncia anche sulla congruità del prezzo d'acquisto, nonché alla decisione dell'istituto di credito, secondo le modalità che saranno stabilite con le norme di attuazione della legge 26 maggio 1965, n. 590. Per il rilascio del certificato, l’organo regionale competente determina l’idoneità del fondo a costituire la piccola proprietà contadina tenendo conto della destinazione colturale, dell’imponibile catastale e, per quanto riguarda l’estensione, del rispetto del compendio unico di cui all’articolo 39.

 

2. I mutui di cui all'art. 53, in deroga alle vigenti disposizioni, possono essere concessi fino all'intero ammontare del prezzo di acquisto del fondo ritenuto congruo dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura.

I3 l nulla osta per mutui di importo superiore a 15.493,71 euro debbono essere muniti del visto di approvazione dell’organo regionale competente.

L. 590/1965 art. 3

 

[co.1] La concessione dei mutui e dei prestiti agevolati, nei limiti delle anticipazioni disposte dalla presente legge, è subordinata al rilascio di apposito nulla osta da parte dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio, che dovrà pronunciarsi anche sulla congruità del prezzo d'acquisto, nonché alla decisione dell'istituto di credito, secondo le modalità che saranno stabilite con le norme di attuazione della presente legge.

 

 

 

 

 

 

 

[co.2] I mutui di cui all'art. 1, in deroga alle vigenti disposizioni, possono essere concessi fino all'intero ammontare del prezzo di acquisto del fondo ritenuto congruo dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura.

 

 

[co.3] Il nulla osta per mutui di importo superiore a lire trenta milioni debbono essere muniti del visto di approvazione dell'Ispettorato agrario compartimentale.

[co.4] Gli Enti di sviluppo agricolo, istituiti per legge, sono autorizzati ad intervenire per facilitare l'espletamento delle procedure di cui agli articoli precedenti.

Art. 59

(Rapporti con gli istituti di credito)

1. Oltre il pagamento delle rate di ammortamento per capitale ed interesse, nessun altro onere può farsi gravare dagli istituti sulle ditte beneficiarie a qualsiasi titolo, salvo la trattenuta dello 0,20 per cento da operare all'atto della somministrazione della somma concessa a mutuo o prestito.

2. Agli istituti di credito, a copertura delle proprie spese di amministrazione, dei rischi delle spese per imposte e di ogni altro onere nonché delle spese contrattuali, è riconosciuto un compenso nella misura da stabilire con apposite convenzioni.

3. Le annualità di ammortamento comprensive di capitale ed interessi e previa detrazione della quota ad essi spettante in base alle predette convenzioni, sono versate al Ministero dell’economia e delle finanze, con imputazione ad apposito capitolo del bilancio di entrata.

 

 

4. Gli istituti fanno i versamenti alle date stabilite, anche se non abbiano ricevuto dai mutuatari le corrispondenti annualità

L. 590/1965 art 7

 

[co.1]. Oltre il pagamento delle rate di ammortamento per capitale ed interesse, nessun altro onere può farsi gravare dagli istituti delle ditte beneficiarie a qualsiasi titolo, salvo la trattenuta dello 0,20 per cento da operare all'atto della somministrazione della somma concessa a mutuo o prestito.

 

 

[co.2] Agli istituti di credito, a copertura delle proprie spese di amministrazione, dei rischi delle spese per imposte e di ogni altro onere nonché delle spese contrattuali, sarà riconosciuto un compenso nella misura da stabilire con apposite convenzioni.

 

[co.3] Le annualità di ammortamento comprensive di capitale ed interessi saranno versate dagli istituti al fondo di rotazione di cui all'art. 16, previa detrazione della quota ad essi spettante in base alle predette convenzioni, a rimborso delle anticipazioni e ad incremento del fondo sino al 31 dicembre 1984. Successivamente a tale data le annualità e gli interessi saranno versati al Ministero del tesoro, con imputazione ad apposito capitolo del bilancio di entrata.

[co.4] Gli istituti faranno i versamenti alle date stabilite, anche se non abbiano ricevuto dai mutuatari le corrispondenti annualità.

Art. 60

(Vincolo di indivisibilità: revoca)

1. I fondi acquistati con le agevolazioni creditizie concesse dallo Stato per la formazione o l'ampliamento della proprietà coltivatrice sono soggetti per quindici anni a vincolo di indivisibilità.

2. Il suddetto vincolo è espressamente menzionato nei nulla osta dell’organo regionale competente per territorio, nonché, a cura dei notai roganti, negli atti di acquisto e di mutuo, e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai conservatori dei registri stessi.

3. Il vincolo di cui al comma 1 può essere peraltro revocato, a domanda degli interessati, con provvedimento dell’organo regionale competente per territorio, qualora, in caso di successione ereditaria, i fondi medesimi siano divisibili fra gli eredi, in quanto aventi caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Nella ipotesi contraria, si applicano le disposizioni dell'articolo 720 del codice civile.

4. Il suddetto vincolo può essere, altresì, revocato, secondo le modalità di cui al comma 3, nel caso in cui sia mutata la destinazione agricola del fondo per effetto degli strumenti urbanistici vigenti a condizione che la porzione di terreno interessata sia tale da consentire l'efficiente prosecuzione dell'attività agricola sulla restante superficie. Il riscatto anticipato da parte dell'assegnatario avviene sulla base del valore attribuito al terreno all'epoca dell'assegnazione.

5. Contro il provvedimento dell'organo regionale competente che respinge la domanda dell'interessato è ammesso ricorso amministrativo nel termine di trenta giorni dalla comunicazione.

6. È nullo qualsiasi atto compiuto in violazione del vincolo di indivisibilità.

L. 817/1972 art. 11

 

[co.1] I fondi acquistati con le agevolazioni creditizie concesse dallo Stato per la formazione o l'ampliamento della proprietà coltivatrice dopo l'entrata in vigore della presente legge sono soggetti per quindici anni a vincolo di indivisibilità.

 

[co.2 Il suddetto vincolo deve essere espressamente menzionato nei nulla osta ispettoriali, nonché, a cura dei notai roganti, negli atti di acquisto e di mutuo, e trascritto nei pubblici registri immobiliari dai conservatori dei registri stessi.

 

 

[co.3] Il vincolo di cui ai precedenti commi può essere peraltro revocato, a domanda degli interessati, con provvedimento dell'ispettorato dell'agricoltura competente per territorio, e successivamente al 30 giugno 1972 dagli organi competenti delle regioni, qualora, in caso di successione ereditaria, i fondi medesimi siano divisibili fra gli eredi, in quanto aventi caratteristiche o suscettività per realizzare imprese familiari efficienti sotto il profilo tecnico ed economico. Nella ipotesi contraria, si applicano le disposizioni dell'articolo 720 del codice civile.

 

[co.4] Il suddetto vincolo può essere, altresì, revocato, secondo le modalità di cui al precedente comma, nel caso in cui sia mutata la destinazione agricola del fondo per effetto degli strumenti urbanistici vigenti a condizione che la porzione di terreno interessata sia tale da consentire l'efficiente prosecuzione dell'attività agricola sulla restante superficie. Il riscatto anticipato da parte dell'assegnatario avviene sulla base del valore attribuito al terreno all'epoca dell'assegnazione (7).

 

 

 

[co.5] Contro il provvedimento dell'ispettorato che respinge la domanda dell'interessato, fino al trasferimento delle competenze alle regioni, è ammesso ricorso al Ministero dell'agricoltura e delle foreste nel termine di 30 giorni dalla comunicazione.

[co.6] È nullo qualsiasi atto compiuto in violazione del vincolo di indivisibilità.

 

 

7. Il vincolo di indivisibilità di cui al presente articolo, gravante sui terreni assegnati attraverso il regime di aiuto fondiario n. 110/2001/Italia può essere, altresì, revocato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, limitatamente alla porzione di terreno interessata dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità da parte di un soggetto pubblico o privato.

8. All'assegnatario del fondo acquistato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare-ISMEA, sia esso in forma singola che associata, spetta in ogni caso l'indennità aggiuntiva prevista dall'articolo 42, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni, come determinata ai sensi dell’articolo 40, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001.

D.lgs. 221/2001 art. 11

Attenuazione dei vincoli in materia di proprietà coltivatrice.

Co.4-bis. Il vincolo di indivisibilità di cui all'articolo 11 della legge 14 agosto 1971, n. 817, come modificato dall'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, gravante sui terreni assegnati attraverso il regime di aiuto fondiario n. 110/2001/Italia può essere, altresì, revocato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, limitatamente alla porzione di terreno interessata dalla procedura espropriativa finalizzata alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità da parte di un soggetto pubblico o privato.

Co.4-ter. All'assegnatario del fondo acquistato dall'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare - ISMEA, sia esso in forma singola che associata, spetta in ogni caso l'indennità aggiuntiva prevista dall'articolo 42, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modificazioni. L'indennità aggiuntiva di cui al comma 1 è determinata ai sensi dell'articolo 40, comma 4, del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 327 del 2001, e successive modificazioni.

Art. 61

(Vincoli di inalienabilità e di coltivazione diretta in materia di proprietà coltivatrice: decadenza dai benefici)

1. I soggetti indicati nell’articolo 53 che, prima che siano trascorsi cinque anni dall'acquisto fatto a termini dello stesso articolo 53, alienino volontariamente il fondo acquistato o cessino, senza giusta causa, dal coltivarlo direttamente, perdono i benefici fiscali loro concessi. Inoltre decadono dal diritto al concorso statale negli interessi sul mutuo e sono tenuti, solidalmente col compratore in caso di vendita, a restituirne l'importo allo Stato, il quale rimane obbligato nei confronti dell'istituto finanziatore, nel caso che il contributo abbia formato oggetto di cessione.

 

 

 

2. Nei contratti di vendita ai soggetti di cui al comma 1, stipulati da consorzi di bonifica integrale sono introdotte clausole che prevedono la perdita delle agevolazioni fiscali e degli altri vantaggi conseguiti dall’acquirente, qualora si verificano le ipotesi del comma 1.

3. Nella decadenza dai benefici del presente articolo incorre pure l'acquirente il quale abbia, con false dichiarazioni, con raggiri o false documentazioni circa la propria qualifica di coltivatore diretto, tratto in inganno l'ufficio competente ad attestare la sussistenza dei requisiti medesimi, e salvo in ogni caso l'esercizio dell'azione penale qualora il fatto costituisca reato. In tal caso, oltre alle imposte normali, è dovuta una sanzione amministrativa tributaria pari all'importo dell'imposta evasa.

4. Nei casi di acquisto per ampliamento di proprietà coltivatrice con i benefici tributari e finanziari di legge incorre nella decadenza dai medesimi anche l'acquirente che, durante il periodo vincolativo di cui al comma 1 alieni o cessi dal coltivare direttamente i terreni preposseduti che hanno concorso alla formazione del giudizio dell'ispettorato agrario o del corrispondente organo regionale circa la validità della nuova azienda, salvo i casi di vendita o permuta per accorpamento ed i casi di vendita di piccole superfici che non ledano l'efficienza dell'azienda.

5. Ai fini della dichiarazione di decadenza dai benefici fiscali spetta all’ispettorato provinciale dell’agricoltura od organo regionale sostitutivo, nel cui territorio di competenza ricade in tutto o per la maggior parte il fondo, di procedere agli accertamenti necessari, il cui risultato sarà comunicato all'amministrazione finanziaria per gli ulteriori adempimenti di propria competenza.

D.lgs. 114/1948 art 9.

 

 

 

[co.1] Chi, prima che siano trascorsi dieci anni dall'acquisto fatto a termini del presente decreto, alieni volontariamente il fondo acquistato o cessi, senza giusta causa, dal coltivarlo direttamente, perde i benefici fiscali previsti dall'art. 1. Inoltre decade dal diritto al concorso statale negli interessi sul mutuo ed è tenuto, solidalmente col compratore in caso di vendita, a restituime l'importo allo Stato, il quale rimane obbligato nei confronti dell'istituto finanziatore, nel caso che il contributo abbia formato oggetto di cessione.

L. 654/1954 art. 7

[co.1] Decade dalle agevolazioni tributarie l'acquirente, il permutante o l'enfiteuta il quale, prima che siano trascorsi cinque anni (14) dagli acquisti fatti a norma della presente legge, aliena volontariamente il fondo o i diritti parziali su di esso acquistati, ovvero cessa dal coltivarlo direttamente.

[co.2] Nei contratti di vendita a persone di cui all'art. 1, stipulati da consorzi, enti e società di cui agli artt. 4 e 5 del presente decreto, saranno introdotte clausole che revedano la perdita delle agevolazioni fiscali e degli altri vantaggi conseguiti dall'acquirente, qualora si verifichino le ipotesi del primo comma del presente articolo.

[co.3] Nella decadenza dai benefici del presente decreto incorre pure l'acquirente il quale abbia, con false dichiarazioni, con raggiri o false documentazioni circa i requisiti previsti dall'art. 1 del presente decreto, tratto in inganno l'ufficio statale competente ad attestare la sussistenza dei requisiti medesimi, e salvo in ogni caso l'esercizio dell'azione penale qualora il fatto costituisca reato. In tal caso, oltre alle imposte normali, è dovuta una sopratassa pari all'importo dell'imposta evasa.

 

 

L. 817/1971 art.12

[Co. 3] Nei casi di acquisto per ampliamento di proprietà coltivatrice con i benefici tributari e finanziari di legge incorre nella decadenza dai medesimi anche l'acquirente che, durante il periodo vincolativo di cui al primo comma dell'articolo 28 della legge 26 maggio 1965, n. 590, alieni o cessi dal coltivare direttamente i terreni preposseduti che hanno concorso alla formazione del giudizio dell'ispettorato agrario circa la validità della nuova azienda, salvo i casi di vendita o permuta per accorpamento ed i casi di vendita di piccole superfici che non ledano l'efficienza dell'azienda.

 

 

D.lgs. 114/1948 art 9.

[co.4] Ai fini della dichiarazione di decadenza dai benefici fiscali spetta all'ispettore compartimentale per l'agricoltura del compartimento, dove ricade in tutto o per la maggior parte il fondo, di procedere agli accertamenti necessari, il cui risultato sarà comunicato all'Amministrazione finanziaria per gli ulteriori adempimenti di propria competenza.

 

D.lgs. 228/2001 art. 11

Co. 1 Il periodo di decadenza dai benefìci previsti dalla vigente legislazione in materia di formazione e di arrotondamento di proprietà coltivatrice è ridotto da dieci a cinque anni.

 

6. La estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i suddetti benefici non possono aver luogo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto.

7. Non incorre nella decadenza dei benefici l'acquirente che, durante il periodo durante il quale è sottoposto al vincolo, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l'attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile. Le disposizioni del presente comma si applicano anche in tutti i casi di alienazione conseguente all'attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l'insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore.

D.lgs. 228/2001 art. 11

Co.2. La estinzione anticipata del mutuo o la vendita del fondo acquistato con i suddetti benefìci non possono aver luogo prima che siano decorsi cinque anni dall'acquisto.

 

Co.3. Non incorre nella decadenza dei benefìci l'acquirente che, durante il periodo vincolativo di cui ai commi 1 e 2, ferma restando la destinazione agricola, alieni il fondo o conceda il godimento dello stesso a favore del coniuge, di parenti entro il terzo grado o di affini entro il secondo grado, che esercitano l'attività di imprenditore agricolo di cui all'articolo 2135 del codice civile, come sostituito dall'articolo 1 del presente decreto. Le disposizioni del presente comma si applicano anche in tutti i casi di alienazione conseguente all'attuazione di politiche comunitarie, nazionali e regionali volte a favorire l'insediamento di giovani in agricoltura o tendenti a promuovere il prepensionamento nel settore.

 

8. Trascorso il periodo vincolativo previsto dal comma 1, il residuo mutuo di favore concesso al venditore può essere trasferito all'acquirente che sia in possesso dei requisiti previsti, per la concessione delle agevolazioni fiscali e creditizie, dalle norme contenute nel presente capo.

L. 817/1971 art. 12

[co. 4] Trascorso il periodo vincolativo previsto dal citato articolo 28, il residuo mutuo di favore concesso al venditore può essere trasferito all'acquirente che sia in possesso dei requisiti previsti, per la concessione delle agevolazioni fiscali e creditizie, dalle norme contenute nella legge 26 maggio 1965, n. 590, e da questa richiamate.

Art. 62

(Acquisto da parte di lavoratori emigrati)

1. Le disposizioni del presente Capo e quelle della sezione III del Capo I del Titolo III sul diritto di prelazione si applicano anche alle operazioni di acquisto effettuate da lavoratori emigrati all'estero o che abbiano dovuto trasferirsi per ragioni di lavoro dalla loro residenza originaria, i quali intendano coltivare direttamente il fondo oggetto dell'acquisto ed abbiano esercitato la loro attività lavorativa nel settore agricolo nell'ultimo quinquennio.

L. 817/1971 art. 10

 

Le disposizioni della legge 26 maggio 1965, n. 590, e della presente legge si applicano anche alle operazioni di acquisto effettuate da lavoratori emigrati all'estero o che abbiano dovuto trasferirsi per ragioni di lavoro dalla loro residenza originaria, i quali intendano coltivare direttamente il fondo oggetto dell'acquisto ed abbiano esercitato la loro attività lavorativa nel settore agricolo nell'ultimo quinquennio.

Art. 63

(Cooperative di coltivatori diretti)

1. Le agevolazioni di cui agli articoli 53 e 54 si applicano anche per la formazione della proprietà diretto-coltivatrice da parte di cooperative agricole di braccianti, comparte­cipanti, fittavoli ed altri coltivatori della terra, laddove sussistano condizioni sociali, eco­nomiche, produttivistiche che, a parere delle amministrazioni pubbliche preposte, consen­tano una efficiente conduzione associata dei terreni, sia che venga attuata con proprietà cooperativa a conduzione unita dei poderi, sia con la divisione dei terreni tra i soci.

 

 

 

 

2. L’ISMEA può operare interventi anche a favore delle cooperative di cui al comma 1 e secondo i criteri da esso stabiliti, sino alla concorrenza delle disponibilità finanziarie annuali214. La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) mutui ventennali per gli incentivi relativi allo sviluppo della proprietà coltivatrice. Gli oneri connessi al pagamento degli interessi relativi ai predetti finanziamenti restano a carico dello Stato fino al limite di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2007.

 

 

3. Il tasso di interesse dei mutui di cui al presente articolo, da porsi a carico delle cooperative beneficiarie, è stabilito, nei limiti delle disponibilità esistenti sulle predette autorizzazioni di spesa, comunque nella misura non inferiore al tasso di riferimento calcolato sulla base dei tassi IBOR a 1 anno.

4. Il concorso dello Stato, con riferimento ad una durata del mutuo di trenta anni qualunque sia l'effettiva durata dell'operazione, è concesso per le operazioni di finanziamento effettuate dagli istituti ed enti esercenti il credito agrario, che praticano il tasso di interesse e le aliquote accessorie in misura non superiore a quella che è determinata annualmente, previo parere del Comitato interministeriale per il credito ed il risparmio con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali.

 

L. 817/1971 art. 16

 

[co. 1] La formazione della proprietà diretto-coltivatrice da parte di cooperative agricole di braccianti, compartecipanti, coloni, mezzadri, fittavoli ed altri coltivatori della terra, è agevolata laddove sussistano condizioni sociali, economiche, produttivistiche che, a parere delle amministrazioni pubbliche preposte, consentano una efficiente conduzione associata dei terreni, sia che venga attuata con proprietà cooperativa a conduzione unita dei poderi sia con la divisione dei terreni tra i soci. A tale fine è autorizzato il limite di impegno di lire 150 milioni per gli anni 1971 e 1972 e di lire 130 milioni per ciascuno degli anni dal 1973 al 1976 per la concessione del concorso dello Stato nel pagamento degli interessi sui mutui di cui al decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 24 febbraio 1948, n. 114, e successive modificazioni ed integrazioni.

L. 487/1980

La Cassa per la formazione della proprietà contadina può operare interventi anche a favore di cooperative di lavoratori della terra, sino alla concorrenza del 20 per cento delle disponibilità finanziarie annuali, secondo i criteri stabiliti dall'art. 16, primo comma, della legge 14 agosto 1971, n. 817.

L. 296/2006 art.1

Co. 1081 La Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere all'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) mutui ventennali per gli incentivi relativi allo sviluppo della proprietà coltivatrice di cui alla legge 14 agosto 1971, n. 817, e successive modificazioni. Gli oneri connessi al pagamento degli interessi relativi ai predetti finanziamenti restano a carico dello Stato fino al limite di 2 milioni di euro annui a decorrere dal 2007.

L. 817/1971 art. 16

[co. 3] Il tasso di interesse dei mutui di cui al presente articolo, da porsi a carico delle cooperative beneficiarie, è stabilito, nei limiti delle disponibilità esistenti sulle predette autorizzazioni di spesa, nella misura dell'uno per cento.

 

 

 

[co. 4] Il concorso dello Stato per dette operazioni è calcolato in conformità a quanto previsto dall'articolo 34 della legge 2 giugno 1961, n. 454, con riferimento ad una durata del mutuo di 30 anni qualunque sia l'effettiva durata dell'operazione.

 

 

 

5. L'intervento dello Stato di cui al comma 4 è ragguagliato alla differenza tra la rata di ammortamento e di preammortamento, calcolata al tasso di interesse fissato ai sensi del comma 4, al lordo dei diritti di commissione, comprensivi delle spese di accertamento tecnico-legali, delle aliquote per imposte e tasse e di altri diritti erariali, nonché dell'eventuale provvigione per scarto cartelle, e quella di ammortamento e di preammortamento calcolata al tasso di interesse dovuto dai mutuatari nelle misure già indicate agli articoli 9, 16, 19 e 27 della legge 2 giugno 1961, n. 454, che per l’effetto continuano ad essere vigenti.

6. Per la concessione dei mutui previsti dal presente articolo e dalle altre vigenti disposizioni in materia di credito agrario, le imprese interessate potranno esibire all'Istituto, in luogo della documentazione di rito, una dichiarazione notarile attestante l'esito degli accertamenti eseguiti circa la proprietà e la libertà del fondo offerto in garanzia. Alla copertura del rischio derivante da omissioni o da errori della dichiarazione notarile l'Istituto potrà provvedere mediante polizza di assicurazione.

 

 

 

7. È data facoltà al singolo coltivatore diretto che ha acquistato il terreno con le agevolazioni previste dal presente capo, di aderire a socio di una cooperativa agricola per la conduzione dei terreni trasferendo ad essa la proprietà, previo nulla osta dell'autorità che ha concesso le predette agevolazioni e dell'istituto di credito mutuante e sempreché si tratti di fondo finitimo con l'azienda cooperativa.

8. In tal caso la cooperativa può accollarsi i mutui esistenti sui terreni mantenendo tutte le agevolazioni in atto.

 

 

Il comma 5 deriva da considerazioni del Ministero dell’economia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L. 817/1971 art. 16

[co. 5] Il diritto di prelazione di cui all'articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590, con le modifiche previste dalla presente legge, si applica anche alle coperative agricole.

Cfr. l’articolo 46, comma 4 del codice

[co. 6] È data facoltà al singolo coltivatore diretto che ha acquistato il terreno con le agevolazioni della legge 26 maggio 1965, n. 590, di aderire a socio di una cooperativa agricola per la conduzione dei terreni trasferendo ad essa la proprietà, previo nulla osta dell'autorità che ha concesso le predette agevolazioni e dell'istituto di credito mutuante e sempreché si tratti di fondo finitimo con l'azienda cooperativa.

 

 

[co. 7] In tal caso la cooperativa può accollarsi i mutui esistenti sui terreni mantenendo tutte le agevolazioni in atto.

Art. 64

(Ulteriori interventi dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare-ISMEA: rinvio)

1. L’intervento dell’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), che è subentrata alla Cassa per la formazione della proprietà contadina nell’autorizzazione ad acquistare o riacquistare terreni da cooperative o singoli coltivatori che abbiano acquisito i fondi medesimi avvalendosi dei benefici previsti dalle disposizioni vigenti in materia di piccola proprietà contadina e della fideiussione di cui all’articolo 7 della legge 1° febbraio 1956, n. 53, è disciplinato dall’articolo 17 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.

L. 590/1965 Art. 30.

 

[co.1] La Cassa per la formazione della proprietà contadina è autorizzata ad agevolare attività intese a realizzare il miglioramento delle aziende formatesi con il proprio intervento o assistite da garanzie fidejussorie.

 

D.lgs. 102/2004

Art. 17. Interventi [da parte dell’ISMEA] per favorire la capitalizzazione delle imprese.

 

D.Lgs. 419/1999 art.6

Co.5. La Cassa per la formazione della proprietà contadina, istituita con decreto legislativo 5 marzo 1948, n. 121, è accorpata nell'Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo (ISMEA), di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 maggio 1987, n. 278. L'Istituto subentra nei relativi rapporti giuridici attivi e passivi, ivi inclusi i compiti di cui all'articolo 4, commi 3, 4 e 5, della legge 15 dicembre 1998, n. 441. L'ISMEA può costituire forme di garanzia creditizia e finanziaria per strumenti e/o servizi informativi, assicurativi e finanziari alle imprese agricole, volte a ridurre i rischi inerenti alle attività produttive e di mercato, a favorire il ricambio generazionale in agricoltura e a contribuire alla trasparenza e alla mobilità del mercato fondiario rurale sulla base di programmi con le regioni e ai sensi dei regolamenti comunitari. L'ISMEA, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, è riordinato anche sulla base dei principi di cui all'articolo 13 e, comunque, nel rispetto di quanto previsto, al comma 1 dell'articolo stesso, dalla lettera d). Al personale della Cassa per la formazione della proprietà contadina sono applicabili le forme di mobilità nel pubblico impiego.

Art. 65

(Trasferimenti di diritti reali)

1. I trasferimenti del diritto di proprietà o di usufrutto su quote indivise o determinate di fondi rustici provenienti dalla stessa eredità, posti in essere a favore di coerede che sia coltivatore diretto, quando sussistano i prescritti requisiti, sono considerati atti inerenti alla formazione di proprietà contadina e possono ottenere le provvidenze previste dalle vigenti disposizioni in materia, nonché le agevolazioni creditizie di cui all’articolo 53.

L. 590/1965 art. 29

 

I trasferimenti del diritto di proprietà o di usufrutto su quote indivise o determinate di fondi rustici provenienti dalla stessa eredità, posti in essere a favore di coerede che sia coltivatore diretto, quando sussistano i prescritti requisiti, sono considerati atti inerenti alla formazione di proprietà contadina e possono ottenere le provvidenze previste dalle vigenti disposizioni in materia, nonché le agevolazioni creditizie di cui al precedente art. 1.

 

Art. 66

(Sussidi pubblici per il riordino fondiario nei comprensori di bonifica e decadenza dai benefici)

1. Nei comprensori di bonifica, nei quali la presenza di proprietà polverizzata e frammentata costituisca grave impedimento alla creazione della rete distributrice dell'acqua irrigua e renda onerosa la gestione collettiva degli impianti, possono essere disposti dagli organi istituzionalmente competenti, la ricomposizione ed il riordinamento fondiario di cui alle norme del presente decreto legislatvi, pur in assenza di iniziative da parte dei consorzi di bonifica competenti.

2. Le opere di bonifica e di miglioramento fondiario da attuarsi nel quadro di interventi di riordino fondiario anche al di fuori dei comprensori di bonifica sono assistite dal contributo dello Stato sino al 70 per cento della spesa ammissibile, quando siano di interesse particolare, e sino al 90 per cento, quando siano di interesse comune a più fondi.

L. 817/1971 art 5

[co.1] Nei comprensori di bonifica, nei quali la presenza di proprietà polverizzata e frammentata costituisca grave impedimento alla creazione della rete distributrice dell'acqua irrigua e renda onerosa la gestione collettiva degli impianti, può essere disposto dagli organi istituzionalmente competenti, la ricomposizione ed il riordinamento fondiario di cui agli articoli del Capo IV, titolo II, del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215, pur in assenza di iniziative da parte dei consorzi di bonifica competenti.

[co.2] Il riordinamento fondiario eseguito dagli enti di sviluppo ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 23 giugno 1962, n. 948, può attuarsi anche in assenza del piano preliminare di riordinamento di cui agli articoli 6 e 7 del citato decreto presidenziale, quando, a giudizio del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, ricorra la necessità e l'urgenza di rendere più spedita l'operazione.

[co.3] Le opere di bonifica e di miglioramento fondiario da attuarsi nel quadro di interventi di riordino fondiario anche al di fuori dei comprensori di bonifica sono assistite dal contributo dello Stato sino al 70 per cento della spesa ammissibile, quando siano di interesse particolare, e sino al 90 per cento, quando siano di interesse comune a più fondi.

3. Si decade dai benefici per i mutui concessi per il riordino fondiario nei comprensori di bonifica per gli stessi motivi indicati nell’articolo 61.

4. Per il recupero, a carico degli inadempienti, delle quote di concorso statale nel pagamento degli interessi sui mutui e dei sussidi concessi in base alla legge di bonifica, si applicano le norme e i privilegi stabiliti per i crediti di natura tributaria osservando quanto è previsto dall’articolo 6, commi 2 e 3, della legge 1° febbraio 1956, n. 53.

5. Il privilegio statale di recupero prende grado immediatamente dopo l'ipoteca a favore dell'istituto di credito.

L. 53/1956 art. 6

 

 

 

[co.2] Per il recupero, a carico degli inadempienti, delle quote di concorso statale nel pagamento degli interessi sui mutui e dei sussidi concessi in base alla legge di bonifica, si applicano le norme e i privilegi stabiliti per l'imposta fondiaria e le relative sovraimposte provinciali e comunali osservando quanto è previsto all'art. 21 del regio decreto 13 febbraio 1933, n. 215.

 

 

[co.3] Il privilegio statale di recupero prende grado immediatamente dopo l'ipoteca a favore dell'istituto di credito

 

Art. 67

(Ulteriori disposizioni fiscali in favore della proprietà agricola)

1. Alle vendite dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, eseguite ai sensi del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, qualora abbiano ad oggetto beni suscettibili di utilizzazione agricola e siano concluse con imprenditori agricoli o coltivatori diretti iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all'articolo 2188 e seguenti del codice civile si applica la riduzione del cinquanta per cento delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo.

2. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi dell’articolo 52 da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, si applicano le agevolazioni fiscali e creditizie previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà coltivatrice.

 

 

 

 

3. Sono ridotte della metà le imposte dovute per gli atti tra vivi diretti a realizzare l’accorpamento di fondi rustici, attraverso la permuta di particelle o la rettificazione dei confini.

D.lgs. 99/2004 art. 9

 

 

Co.2. Alle vendite dei beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, eseguite ai sensi del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, qualora abbiano ad oggetto beni suscettibili di utilizzazione agricola e siano concluse con imprenditori agricoli o coltivatori diretti iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all' articolo 2188 e seguenti del codice civile si applica la riduzione del cinquanta per cento delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo.

 

L. 97/1994 art. 5

Co.6. Agli atti di acquisto effettuati ai sensi della presente legge da coltivatori diretti o imprenditori agricoli a titolo principale, si applicano le agevolazioni fiscali e creditizie previste per la formazione e l'arrotondamento della proprietà coltivatrice.

D.Lgs. n. 228/2001 art. 8

Co.1. Le disposizioni di cui agli articoli 4 e 5 della legge 31 gennaio 1994, n. 97, si applicano, a decorrere dal 1° gennaio 2002, anche alle aziende agricole ubicate in comuni non montani.

 

D.lgs. . 99/2004 art. 9

Co.1. Sono ridotte della metà le imposte dovute per gli atti tra vivi diretti a realizzare l'accorpamento di fondi rustici, attraverso la permuta di particelle o la rettificazione dei confini.

 

 

La conservazione delle unità produttive

All’interno del Capo III, dedicato alle strutture agrarie, gli articoli 50, 51 e 52 che compongono la Sezione I riproducono la disciplina dell’articolo 49 della legge 203/1982 (legge sui contratti agrari), coordinandole con alcune specifiche disposizioni della legge 94/97 applicabili, dal 2002, anche alle aziende agricole ubicate in territori non montani, in materia di diritto degli eredi alla prosecuzione legale dell’impresa e all’acquisto forzoso della proprietà.

Al riguardo si osserva che:

§      al comma 2 dell’articolo 50 il riferimento al “presente codice” dovrebbe essere corretto facendo riferimento al “decreto legislativo;

§      l’articolo 51, comma 1, lettera d) contiene il riferimento all’INPS-Servizio contributi agricoli unificati SCAU, che è stato soppresso. Il riferimento corretto è all’iscrizione nella gestione previdenziale;

§      all’articolo 52, comma 2 andrebbe esplicitato il richiamo all’art. 30 del D.P.R. attuativo.

 

La Sezione II contiene una serie di disposizioni in materia di agevolazioni alla proprietà coltivatrice la cui disciplina attuale è rinvenibile nella legge 590/1965; nella legge 53/1956 e nella legge 817/1971.

Con la legge 590/1965 sono state a suo tempo approvate le disposizioni dirette allo sviluppo della proprietà coltivatrice, in particolare definendo le modalità del sostegno pubblico all’acquisto di nuovi fondi. La legge pertanto ha disciplinato le condizioni e l’entità della erogazione dei mutui e prestiti a tasso agevolato per l’acquisto di terreni da parte di coltivatori diretti, nonché le modalità di intervento della Cassa per la formazione della proprietà contadina, istituita con l’articolo 9 del D.Lgs. 121/1948 come organismo fondiario chiamato ad occuparsi della formazione delle imprese agricole gestite da coltivatori diretti, anche in direzione di un loro miglioramento strutturale. Fondamentalmente la Cassa provvedeva all'acquisto dei terreni, alla loro eventuale lottizzazione ed alla rivendita a coltivatori diretti, singoli od associati in cooperative, allo scopo di assolvere al suo compito primario di riordino e ricomposizione fondiaria.

A norma dell’art. 6 del D.Lgs. n. 419 del 1999, di riordinamento del sistema degli enti pubblici nazionali, la Cassa per la formazione della proprietà contadina è stata per intero assorbita dall’ISMEA che ad essa si è pertanto sostituito assumendone i compiti di organismo attivo nella costituzione di aziende caratterizzate da una estensione economicamente redditizia.

L’Istituto per studi, ricerche e informazioni sul mercato agricolo - ISMEA, la cui istituzione risale al DPR 278/1987,

Importante è poi il ruolo dell’ISMEA nel quadro dell’accesso al credito delle imprese agricole delineato dall’articolo 17 del D.Lgs. n. 102 del 2004 , dove si stabilisce che la Sezione speciale del Fondo interbancario di garanzia, relativa alle operazioni di credito agricolo, è incorporata nell’ISMEA, il quale è subentrato anche nei rapporti attivi e passivi di tale Sezione.

 

Si osserva che all’articolo 58, comma 2, si indica una competenza dell’Ispettorato provinciale dell’agricoltura, laddove sarebbe più corretto fare riferimento all’organo regionale competente.

La proprietà coltivatrice

La Sezione III, è composta del solo articolo 67, dedicato alle agevolazioni fiscali in favore della proprietà agricola.

In particolare il comma 1 e il comma 3 riproducono il contenuto delle disposizioni di cui all’articolo 9 del D.Lgs. 99/2004 in materia di agevolazioni fiscali per gli atti di vendita di beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, qualora si tratti di beni suscettibili di utilizzazione agricola e gli acquirenti siano imprenditori agricoli o coltivatori diretti

L’articolo 9, del D.Lgs. 99/2004 detta norme volte a favorire la ricomposizione fondiaria, prevedendo la riduzione del 50% delle imposte dovute per gli atti volti a tale scopo, nonché la riduzione del 50% delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo per gli atti di vendita di beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, qualora si tratti di beni suscettibili di utilizzazione agricola e gli acquirenti siano imprenditori agricoli o coltivatori diretti.

Il comma 1, in particolare, dispone la riduzione del 50% delle imposte dovute per gli atti tra vivi finalizzati all’accorpamento dei fondi rustici, attraverso la permuta di particelle catastali o la rettificazione dei confini.

Il comma 2 prevede la riduzione del 50% delle imposte di registro, ipotecaria, catastale e di bollo per gli atti di vendita di beni appartenenti al patrimonio immobiliare pubblico, qualora si tratti di beni suscettibili di utilizzazione agricola e gli acquirenti siano imprenditori agricoli o coltivatori diretti iscritti nella sezione speciale del registro delle imprese istituito presso la Camera di commercio ai sensi dell’articolo 2188 e seguenti del codice civile.

Per quanto riguarda l’alienazione del patrimonio immobiliare pubblico, si ricorda che la materia è disciplinata dal D.L. 25 novembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, da ultimo novellato dagli articoli da 26 a 30 del D.L. 30 settembre 2003, n. 269 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326). In particolare l’articolo 28 dispone circa la determinazione del prezzo di vendita e il diritto di opzione in favore degli affittuari dei terreni alienati nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione. Sono, inoltre, previsti un abbattimento del prezzo di vendita (prezzo di mercato diminuito del 30%) e altre misure agevolative per gli acquisti effettuati da parte degli affittuari coltivatori diretti o imprenditori agricoli.

 

Il comma 2 riproduce l’articolo 5, comma 6 della più volte citata legge sulla montagna, n. 97 del 1994, relativo all’applicazione delle agevolazioni fiscali e creditizie previste per la formazione e l’arrotondamento della proprietà coltivatrice agli atti di acquisto forzoso della proprietà effettuati da coltivatori diretti i imprenditori agricoli a titolo principale.

Si può osservare che l’espressione “imprenditore agricolo a titolo principale” potrebbe essere sostituita, per motivi di coerenza di sistema, da “imprenditore agricolo professionale”.

 


 

Titolo V - Della disciplina dei contratti agrari (artt. 68-121)

Codice

Norme di riferimento

Capo I
Dell’affitto di fondi rustici

Sezione I
Delle disposizioni generali

 

Art. 68

(Inderogabilità delle norme)

1. Le norme previste nelle sezioni 1 e 2 sono inderogabili, salvo quanto disposto negli articoli 70 e 71 o che non sia diversamente ed espressamente stabilito da altra legge.

2. Le convenzioni in contrasto con esse sono nulle di pieno diritto e la loro nullità può essere rilevata anche d’ufficio, salvo quanto stabilito negli articoli 70 e 71.

3. Le disposizioni di leggi vigenti alla data del 6 maggio 1982 incompatibili con esse sono abrogate.

L. 203/1983 art. 53

 

[co.1] Tutte le norme previste nella presente legge sono inderogabili. Le convenzioni in contrasto con esso sono nulle di pieno diritto e la loro nullità può essere rilevata anche d'ufficio, salvo il disposto degli articoli 45 e 51.

 

 

 

 

[co.2] Le disposizioni incompatibili con quelle contenute nella presente legge sono abrogate.

 

Art. 69

(Rinunce, transazioni e accordi in deroga)

1. Le rinunce e le transazioni che hanno per oggetto diritti dell’affittuario derivanti dagli articoli da 1638 a 1654¬quinquies e da ogni altra legge, nazionale o regionale, non sono valide.

2. L’impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nei termini stabiliti dall’articolo 2113 del codice civile.

3. Sono validi tra le parti, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, gli accordi, anche non aventi natura transattiva, stipulati tra le parti stesse in materia di contratti agrari con l’assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, e le transazioni stipulate davanti al giudice competente. Nelle province di Trento e di Bolzano l’assistenza può essere prestata anche dalle organizzazioni professionali agricole provinciali.

4. È fatto comunque divieto di stipulare contratti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, esclusi quelli stagionali e quelli di soccida. È fatto altresì divieto di corrispondere somme per buona entrata.

5. In ogni caso le organizzazioni professionali agricole possono stipulare accordi collettivi in materia di contratti agrari.

L. 11/1971 art. 23

 

[co.1] Le rinunce e le transazioni, che hanno per oggetto diritti dell'affittuario derivanti dalla presente legge e da ogni altra legge, nazionale o regionale, non sono valide.

 

 

[co.2] L'impugnazione deve essere proposta a pena di decadenza nei termini stabiliti dall'articolo 2113 del codice civile.

[co.3] Sono validi tra le parti, anche in deroga alle norme vigenti in materia di contratti agrari, gli accordi, anche non aventi natura transattiva, stipulati tra le parti stesse in materia di contratti agrari con l'assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, tramite le loro organizzazioni provinciali, e le transazioni stipuavanti al giudice competente. Nelle province di Trento e di Bolzano l'assistenza può essere prestata anche dalle organizzazioni professionali agricole provinciali.

 

 

 

L. 203/1982 art. 45

[co.2] È fatto comunque divieto di stipulare contratti di mezzadria, colonia parziaria, di compartecipazione agraria, esclusi quelli stagionali e quelli di soccida. È fatto altresì divieto di corrispondere somme per buona entrata.

 

 

[co.3] In ogni caso le organizzazioni professionali agricole possono stipulare accordi collettivi in materia di contratti agrari.

 

Art. 25. Conversione dei contratti associativi.

[co.1] Entro quattro anni dall'entrata in vigore della presente legge i contratti di mezzadria e quelli di colonia parziaria anche con clausola migliorataria sono convertiti in affitto a richiesta di una delle parti, salvo quanto stabilito dagli articoli 28, 29, 36 e 42.

[co.2] La conversione in affitto è estesa ai contratti di compartecipazione agraria, esclusi quelli stagionali, ai contratti di soccida con conferimento di pascolo e ai contratti di soccida parziaria, ove vi sia conferimento di pascolo, quando l'apporto del bestiame da parte del soccidante è inferiore al venti per cento del valore dell'intero bestiame conferito dalle parti.

Art. 70

(Contratti relativi a fondi rustici di università e di istituti scolastici per l’agricoltura)

1. Nei contratti agrari relativi a fondi rustici costituenti aziende agrarie annesse alle università, istituti universitari, istituti tecnici agrari e istituti professionali per l’agricoltura, sono valide le clausole particolari previste per consentire lo svolgimento delle attività di ricerca, didattiche e scientifiche degli enti e istituti suddetti sui terreni a ciò destinati.

L. 11/1971 art. 22

[co.3] Qualora vi sia una pluralità di richieste si procede alla concessione mediante sorteggio, dovendosi però riconoscere preliminarmente la preferenza ai coltivatori, singoli o associati, insediati su fondi contigui al bene oggetto della concessione. Nei contratti agrari relativi a fondi rustici costituenti aziende agrarie annesse alle università, istituti universitari, istituti tecnici agrari ed istituti professionali per l'agricoltura sono valide le clausole particolari previste per consentire lo svolgimento delle attività di ricerca didattiche e scientifiche degli enti ed istituti suddetti sui terreni a ciò destinati.

Art. 71

(Risoluzione per grave inadempimento)

1. La risoluzione del contratto di affitto può essere pronunciata nei confronti del concessionario nel caso in cui si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone secondo quanto disposto dall’articolo 84, alla normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relative, alla instaurazione di rapporti di subaffitto o di subconcessione.

2. Prima di ricorrere all’autorità giudiziaria, il concedente è tenuto a contestare l’inadempimento all’altra parte, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, e ad illustrare le proprie motivate richieste. Ove il concessionario sani l’inadempienza entro tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione, non si dà luogo alla risoluzione del contratto.

L. 203/1982 art. 5

 

[co.2] La risoluzione del contratto di affitto a coltivatore diretto può essere pronunciata nel caso in cui l'affittuario si sia reso colpevole di grave inadempimento contrattuale, particolarmente in relazione agli obblighi inerenti al pagamento del canone, alla normale e razionale coltivazione del fondo, alla conservazione e manutenzione del fondo medesimo e delle attrezzature relative, alla instaurazione di rapporti di subaffitto o di subconcessione.

 

 

 

 

[co.3] Prima di ricorrere all'autorità giudiziaria, il locatore è tenuto a contestare all'altra parte, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'inadempimento e ad illustrare le proprie motivate richieste. Ove il conduttore sani l'inadempienza entro tre mesi dal ricevimento di tale comunicazione, non si dà luogo alla risoluzione del contratto.

Art. 23. Rinvio.

Al contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto si applicano le norme previste negli articoli 3, 5, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 42, 43 e 45.

Art. 72

(Subaffitto e subconcessione)

1. Sono vietati i contratti di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici.

2. La violazione del divieto di cui al primo comma, ai fini della dichiarazione di nullità del subaffitto o della subconcessione, della risoluzione del contratto di affitto e della restituzione del fondo, può essere fatta valere soltanto dal locatore, entro quattro mesi dalla data in cui ne è venuto a conoscenza. Se il locatore non si avvale di tale facoltà, il subaffittuario o il subconcessionario subentra nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario. Se il locatore fa valere i propri diritti, il subaffittuario o il subconcessionario ha facoltà di subentrare nella posizione giuridica dell’affittuario o del concessionario per tre annate agrarie, a partire dalla scadenza di quella in corso e comunque per una durata non eccedente quella del contratto originario.

3. È ammessa la subconcessione di terreni ai soci da parte delle cooperative che si propongano, nell’oggetto sociale, la conduzione e coltivazione dei terreni affittati.

L. 203/1982 art. 21

 

[co.1] Sono vietati i contratti di subaffitto, di sublocazione e comunque di subconcessione dei fondi rustici.

 

[co.2] La violazione del divieto, ai fini della dichiarazione di nullità del subaffitto o della subconcessione, della risoluzione del contratto di affitto e della restituzione del fondo, può essere fatta valere soltanto dal locatore, entro quattro mesi dalla data in cui ne è venuto a conoscenza. Se il locatore non si avvale di tale facoltà, il subaffittuario o il subconcessionario subentra nella posizione giuridica dell'affittuario o del concessionario.

[co.3] Se il locatore fa valere i propri diritti, il subaffittuario o il subconcessionario ha facoltà di subentrare nella posizione giuridica dell'affittuario o del concessionario per tre annate agrarie a partire dalla scadenza di quella in corso e comunque per una durata non eccedente quella del contratto originario.

 

L 11/1971 art.21

[co.1] Salvo quanto previsto dall'ultimo comma del precedente articolo 12, sono vietati il subaffitto, la cessione del contratto di affitto ed in generale ogni forma di subconcessione dei fondi rustici.

[co.2] È ammessa la subconcessione di terreni ai soci da parte delle cooperative che propongano, nell'oggetto sociale, la conduzione e coltivazione dei terreni affittati.

Art. 73

(Risoluzione incolpevole e indennizzo a favore dell’affittuario)

1. In tutti i casi di risoluzione incolpevole del contratto di affitto, all’affittuario spetta, a fronte dell’interruzione della durata del contratto, un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, è stabilito dal giudice.

 

 

 

2. Nella determinazione della misura dell’indennizzo il giudice tiene conto della produttività del fondo, degli anni per i quali il rapporto sarebbe dovuto proseguire e di tutti gli altri elementi ricorrenti nella specie.

3. La misura dell’indennizzo non può essere superiore a dodici annualità del canone, né inferiore al canone relativo alle annualità residue di durata del contratto, purché non superiori a dodici.

 

 

 

 

 

4. L’indennizzo non compete in caso di recesso unilaterale da parte del concessionario e di cessazione del rapporto alla naturale scadenza contrattuale.

5. Al conduttore, sino all’effettiva corresponsione dell’indennizzo, compete il diritto di ritenzione del fondo.

L. 203/1982 art. 43

 

 

[co.1] In tutti i casi di risoluzione incolpevole di contratti di affitto, di mezzadria, di colonia, di compartecipazione e di soccida con conferimento di pascolo di cui all'articolo 25, agli affittuari coltivatori diretti, agli affittuari non coltivatori diretti, ai mezzadri, ai coloni, ai compartecipanti e ai soccidari spetta, a fronte dell'interruzione della durata del contratto, un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, è stabilito dal giudice.

[co.2] Nella determinazione della misura dell'indennizzo il giudice tiene conto della produttività del fondo, degli anni per i quali ai sensi della presente legge il rapporto sarebbe dovuto proseguire e di tutti gli altri elementi ricorrenti nella specie.

 

[co.3] La misura dell'indennizzo, nel caso di contratto di affitto non può essere superiore a dodici annualità del canone né inferiore al canone relativo alle annualità residue di durata del contratto, purché non superiori a dodici; nel caso di contratto di mezzadria, colonia, compartecipazione e soccida non può superare l'ammontare delle ultime cinque quote annuali di riparto percepite dal mezzadro, dal colono, dal compartecipante o dal soccidario né può essere inferiore all'ammontare delle quote di riparto relative alle annualità contrattualmente residue, purché non superiori a cinque.

[co.4] L'indennizzo non compete in caso di recessione unilaterale da parte dell'affittuario, del mezzadro, del colono, del compartecipante e del soccidario e di cessazione del rapporto alla naturale scadenza contrattuale.

[co.5] Al conduttore, sino all'effettiva corresponsione dell'indennizzo, compete il diritto di ritenzione del fondo.

Art. 74

(Terreni oggetto di concessione edilizia. Fondi rustici oggetto di esproprio per pubblica utilità)

1. Per i terreni che, in conformità a strumenti urbanistici vigenti, siano soggetti a utilizzazione diversa da quella agricola, il proprietario o l’avente titolo che abbia ottenuto la concessione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e successive modifiche, può ottenere il rilascio dell’area necessaria alla realizzazione dell’opera concessa, dei relativi servizi e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

2. Il rilascio deve essere richiesto mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, contenente gli estremi della concessione.

3. Copia della raccomandata deve essere contestualmente inviata all’ispettorato provinciale dell’agricoltura, il quale convoca le parti, compie i necessari accertamenti ed effettua la stima delle colture in atto e delle opere di cui al primo comma dell’articolo 87. La stima deve essere comunicata alle parti entro trenta giorni dal ricevimento della copia della raccomandata da parte dell’ispettorato ed è definitiva.

4. All’affittuario spetta, oltre alla somma risultante dalla stima dell’ispettorato, l’indennizzo previsto dall’articolo 88. Egli ha diritto di ritenere il fondo sino al pagamento, quando non viene prestata idonea garanzia, nell’importo e nei modi ritenuti adeguati dall’ispettorato.

5. È in facoltà dell’affittuario coltivatore diretto o del rappresentante della relativa impresa familiare coltivatrice, se presente, di chiedere, in alternativa alle somme di cui al quarto comma, l’indennità aggiuntiva prevista dalla legislazione in materia di espropriazione per pubblica utilità, con la maggiorazione stabilita per il caso di cessione volontaria.

6. Il rilascio deve avvenire decorsi trenta giorni dall’eseguito pagamento di quanto previsto nel quinto comma o dalla notificazione dell’effettuato deposito bancario della somma in caso di mancato ritiro. Ove il rilascio non sia stato effettuato entro il termine suddetto, il richiedente può ottenerlo con provvedimento di urgenza ai sensi dell’articolo 700 del codice di procedura civile, presentando la relativa istanza entro trenta giorni dalla scadenza del termine stesso.

7. La decorrenza dei termini fissati nella concessione edilizia rimane sospesa fino alla data dell’effettivo rilascio.

8. Qualora il richiedente non esegua l’opera entro i termini di decadenza della concessione edilizia, si ripristina il contratto originario e le somme dovute ai sensi del quarto comma vengono trattenute dal concessionario a titolo di risarcimento del danno.

9. Restano ferme, anche per quanto attiene agli indennizzi, le norme sulla espropriazione per pubblica utilità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, e successive modifiche. In particolare, in caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte di indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto.

L. 203/1982 art. 50

 

 

[co.1] Per i terreni che, in conformità a strumenti urbanistici vigenti, siano soggetti ad utilizzazione diversa da quella agricola, il proprietario o l'avente titolo che abbia ottenuto la concessione ai sensi della legge 28 gennaio 1977, n. 10, può ottenere il rilascio dell'area necessaria alla realizzazione dell'opera concessa, dei relativi servizi e delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria.

 

 

 

[co.2] Il rilascio deve essere richiesto mediante lettera raccomandata, con avviso di ricevimento, contenente gli estremi della concessione.

 

[co.3] Copia della raccomandata deve essere contestualmente inviata all'ispettorato provinciale dell'agricoltura, il quale convoca le parti, compie i necessari accertamenti ed effettua la stima delle colture in atto e delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16. La stima deve essere comunicata alle parti entro trenta giorni dal ricevimento della copia della raccomandata da parte dell'ispettorato ed è definitiva.

 

 

 

[co.4] Al conduttore, concessionario o mezzadro spetta, oltre alla somma risultante dalla stima dell'ispettorato, l'indennizzo previsto dall'articolo 43. Egli ha diritto di ritenere il fondo sino al pagamento, quando non viene prestata idonea garanzia, nell'importo e nei modi ritenuti adeguati dall'ispettorato.

 

 

[co.5] È in facoltà dell'affittuario coltivatore diretto, mezzadro, colono o compartecipante o del rappresentante delle relative imprese familiari coltivatrici, se presenti, di chiedere, in alternativa alle somme di cui al comma precedente, le indennità previste dal secondo comma dell'articolo 17 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 , e successive modificazioni, ivi compresa la maggiorazione del cinquanta per cento di cui all'articolo 12 della legge medesima.

[co.6] Il rilascio deve avvenire decorsi trenta giorni dall'eseguito pagamento di quanto previsto nel quinto comma o dalla notificazione dell'effettuato deposito bancario della somma in caso di mancato ritiro. Ove il rilascio non sia stato effettuato entro il termine suddetto, il richiedente può ottenerlo con provvedimento di urgenza ai sensi dell'articolo 700 del codice di procedura civile, presentando la relativa istanza entro trenta giorni dalla scadenza del termine stesso.

 

 

 

[co.7] La decorrenza dei termini fissati nella concessione edilizia rimane sospesa fino alla data dell'effettivo rilascio.

 

[co.8] Qualora il richiedente non esegua l'opera entro i termini di decadenza della concessione edilizia, si ripristina il contratto originario e le somme dovute ai sensi del quarto comma vengono trattenute dal conduttore, concessionario o mezzadro a titolo di risarcimento del danno.

 

[co.9] Restano ferme, anche per quanto attiene agli indennizzi, le norme sulla espropriazione per pubblica utilità

c.c. art.1638. Espropriazione per pubblico interesse.

(riprodotto sub art.103 dello schema)

In caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, l'affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d'indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto.

L. 203/1982

Art. 43. Indennizzo in favore dei concessionari.

In tutti i casi di risoluzione incolpevole di contratti di affitto, di mezzadria, di colonia, di compartecipazione e di soccida con conferimento di pascolo di cui all'articolo 25, agli affittuari coltivatori diretti, agli affittuari non coltivatori diretti, ai mezzadri, ai coloni, ai compartecipanti e ai soccidari spetta, a fronte dell'interruzione della durata del contratto, un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, è stabilito dal giudice.

Nella determinazione della misura dell'indennizzo il giudice tiene conto della produttività del fondo, degli anni per i quali ai sensi della presente legge il rapporto sarebbe dovuto proseguire e di tutti gli altri elementi ricorrenti nella specie.

La misura dell'indennizzo, nel caso di contratto di affitto non può essere superiore a dodici annualità del canone né inferiore al canone relativo alle annualità residue di durata del contratto, purché non superiori a dodici; nel caso di contratto di mezzadria, colonia, compartecipazione e soccida non può superare l'ammontare delle ultime cinque quote annuali di riparto percepite dal mezzadro, dal colono, dal compartecipante o dal soccidario né può essere inferiore all'ammontare delle quote di riparto relative alle annualità contrattualmente residue, purché non superiori a cinque.

L'indennizzo non compete in caso di recessione unilaterale da parte dell'affittuario, del mezzadro, del colono, del compartecipante e del soccidario e di cessazione del rapporto alla naturale scadenza contrattuale.

Al conduttore, sino all'effettiva corresponsione dell'indennizzo, compete il diritto di ritenzione del fondo.

Art. 75

(Successione nel contratto per causa di morte)

1. I contratti agrari non si sciolgono per la morte del concedente.

2. In caso di morte dell’affittuario il contratto si scioglie alla fine dell’annata agraria in corso, salvo che tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale.

L. 203/1982 art.49.

Diritti degli eredi.

[co.1] I contratti agrari non si sciolgono per la morte del concedente.

[co.2] In caso di morte dell'affittuario mezzadro, colono, compartecipante o soccidario, il contratto si scioglie alla fine dell'annata agraria in corso, salvo che tra gli eredi vi sia persona che abbia esercitato e continui ad esercitare attività agricola in qualità di coltivatore diretto o di imprenditore a titolo principale, come previsto dal primo comma.

Art. 76

(Forma del contratto)

1. I contratti agrari ultranovennali, conclusi con coltivatori diretti, anche se verbali e non trascritti, sono validi e hanno effetto anche nei confronti dei terzi.

2. Il contratto di affitto di fondi rustici a conduttore non coltivatore diretto deve essere provato per iscritto.

L. 203/1982 art.41.

Contratti ultranovennali.

I contratti agrari ultranovennali, compresi quelli in corso, anche se verbali o non trascritti, sono validi ed hanno effetto anche riguardo ai terzi.

L. 606/1966 art. 3

[co.1] L'immobile concesso in affitto deve essere descritto nel contratto con l'indicazione dei suoi confini, della sua superficie, dei dati catastali e delle altre particolarità utili alla sua identificazione.

Art. 77

(Province autonome di Trento e di Bolzano e Regioni a statuto speciale)

1. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente Titolo V sono equiparate alle regioni le province autonome di Trento e di Bolzano, le cui speciali competenze sono salve. Sono fatte salve le speciali competenze delle regioni a statuto speciale.

2. Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, il presente Titolo V si applica in difetto di legislazione provinciale nelle materie di loro competenza”.

 

 

 

L. 203/1982 art.57.

Province autonome di Trento e di Bolzano.

 

[co.1] Ai fini dell'applicazione della presente legge le province autonome di Trento e di Bolzano sono equiparate alle regioni.

[co.2] Sono fatte salve le speciali competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

[co.3] Nelle province autonome di Trento e di Bolzano, la presente legge si applica in difetto di legislazione provinciale nelle materie di loro competenza.

Sezione II

Dell’affitto a coltivatore diretto

 

Art. 78

(Durata minima e massima dell’affitto)

1. Salvo diversa disposizione, il contratto di affitto di fondi rustici ha durata minima di quindici anni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Ai sensi dell’articolo 1573 del codice civile la durata massima dell’affitto di fondi rustici è di anni trenta.

L. 203/1982 art.1

Affitto a coltivatore diretto.

[co.1] La durata dei contratti di affitto a coltivatore diretto, compresi quelli in corso e quelli in regime di proroga, è regolata dalle norme della presente legge.

[co.2] I contratti di affitto a coltivatori diretti, singoli o associati, hanno la durata minima di quindici anni, salvo quanto previsto dalla presente legge.

L. 11/1971 art.17

[co.1] Per i contratti di affitto a conduttore non coltivatore, regolati dalla L. 22 luglio 1966, n. 606, il periodo minimo di durata di cui al primo comma dell'art. 1 della legge stessa è elevato a 15 anni e la disciplina ivi contenuta si applica ai contratti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge anche se stipulati prima dell'entrata in vigore della L. 22 luglio 1966, n. 606.

c.c art.1573. Durata della locazione.

Salvo diverse norme di legge, la locazione non può stipularsi per un tempo eccedente i trenta anni. Se stipulata per un periodo più lungo o in perpetuo, è ridotta al termine suddetto.

Art. 79

(Altre ipotesi di durata: l’affitto particellare; i terreni montani destinati all’alpeggio; i fondi destinati al rimboschimento)

1. Al fine di soddisfare le particolari esigenze delle imprese agricole dei territori dichiarati montani, le regioni sono delegate a determinare, sentito il parere delle comunità montane laddove esistenti, in base alla natura del terreno, alla sua estensione, al livello altimetrico ed alle destinazioni o vocazioni colturali, le zone ricomprese in tali territori, quali delimitati ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, nelle quali la durata minima dei nuovi contratti di affitto, stipulati a decorrere dal 6 maggio 1982, è ridotta a sei anni, quando oggetto del contratto siano uno o più appezzamenti di terreno non costituenti, neppure unitamente ad altri fondi condotti dall’affittuario, un’unità produttiva idonea ai sensi del presente articolo.

L. 203/1982 art.3

Affitto particellare.

 

 

[co.1] Al fine di soddisfare le particolari esigenze delle imprese agricole dei territori dichiarati montani ai sensi della legge 3 dicembre 1971, n. 1102, le regioni sono delegate a determinare, sentito il parere delle comunità montane, in base alla natura del terreno, alla sua estensione, al livello altimetrico ed alle destinazioni o vocazioni colturali, le zone ricomprese in tali territori, quali delimitati ai sensi della predetta legge 3 dicembre 1971, n. 1102, nelle quali la durata minima dei nuovi contratti di affitto, stipulati dopo l'entrata in vigore della presente legge, è ridotta a sei anni, quando oggetto del contratto siano uno o più appezzamenti di terreno non costituenti, neppure unitamente ad altri fondi condotti dall'affittuario, una unità produttiva idonea ai sensi dell'articolo 31 della presente legge.

 

 

 

2. L’unità produttiva idonea, nelle condizioni esistenti o a seguito della realizzazione di un piano di sviluppo aziendale, deve essere tale da consentire, per condizioni obiettive di redditività o produttività, la formazione di un’impresa agricola valida sotto il profilo tecnico ed economico.

 

 

3. Per unità produttiva idonea deve intendersi quella capace di assicurare una produzione annuale media, dedotte le spese di coltivazione, escluse quelle di manodopera, pari almeno alla retribuzione annuale di un salariato fisso comune occupato in agricoltura, quale risulta dai patti sindacali vigenti nella zona.

 

 

 

 

 

 

 

 

4. In caso di disaccordo tra le parti, l’accertamento della idoneità è effettuato dall’ispettorato provinciale dell’agricoltura nel cui ambito territoriale è sito il fondo.

 

 

 

 

 

 

 

 

L. 203/1982 art.31

Unità produttive insufficienti.

[co.1] Qualora il fondo o il podere oggetto del contratto associativo non costituisca, nelle sue attuali condizioni o a seguito della realizzazione di un piano di sviluppo aziendale, una unità produttiva idonea a consentire, per condizioni obiettive di redditività o produttività, la formazione di una impresa agricola valida sotto il profilo tecnico ed economico, la conversione del contratto di mezzadria, colonia, compartecipazione o soccida in affitto, prevista dall'articolo 25, non ha luogo.

[co.2] Per unità produttiva idonea deve intendersi quella capace di assicurare, alla data della conversione, una produzione annuale media, dedotte le spese di coltivazione, escluse quelle di manodopera, pari almeno alla retribuzione annuale di un salariato fisso comune occupato in agricoltura, quale risulta dai patti sindacali vigenti nella zona.

[co.3] Concorrono al raggiungimento dell'unità produttiva idonea, oltre il fondo oggetto della conversione, anche gli altri fondi condotti a qualsiasi titolo dal concessionario; nel caso di cui all'articolo 33, concorrono anche tutti gli appezzamenti che compongono l'azienda pluripoderale per i quali venga richiesta la conversione. L'accertamento dell'idoneità è effettuato dall'ispettorato provinciale dell'agricoltura nel cui ambito territoriale è sito il fondo oggetto di conversione.

[co.4] È altresì idonea l'unità produttiva che sia dichiarata tale dall'ispettorato sulla base di un piano di sviluppo aziendale, presentato dalla parte interessata, in grado di assicurare la produzione prevista dal secondo comma. Le determinazioni dell'ispettorato sono adottate entro novanta giorni dalla richiesta.

[co.5] Nel caso previsto dal comma precedente, la conversione del contratto associativo in affitto ha luogo al termine dell'annata agraria in corso alla data della decisione dell'ispettorato ed il proponente è tenuto a realizzare il piano entro il termine fissato dall'ispettorato medesimo.

[co.6] La mancata attuazione del piano comporta la risoluzione del rapporto.

 

 

5. Per i terreni montani destinati ad alpeggio, quando sussistano edifici ed attrezzature per l’alloggio del personale e per il ricovero del bestiame, possono essere stipulati contratti di affitto di durata inferiore a quella stabilita dall’articolo 78, comma 1, purché non inferiore a sei anni.

 

6. L’affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere stipulato per un termine massimo di novantanove anni.

L. 203/1982 art.31

Terreni montani destinati ad alpeggio.

[co.1] Per i terreni montani destinati ad alpeggio, quando sussistano edifici ed attrezzature per l'alloggio del personale e per il ricovero del bestiame, possono essere stipulati contratti di affitto di durata inferiore a quella stabilita dall'articolo 1, purché non inferiore a sei anni.

c.c. 1629. Fondi destinati al rimboschimento.

L'affitto di fondi rustici destinati al rimboschimento può essere stipulato per un termine massimo di novantanove anni.

 

Art. 80

(Rinnovazione tacita e recesso)

1. In mancanza di disdetta di una delle parti, il contratto di affitto si intende tacitamente rinnovato di volta in volta per il periodo minimo stabilito dagli articoli 78, primo comma, e 79, primo comma.

 

 

 

 

2. La disdetta deve essere comunicata almeno un anno prima della scadenza del contratto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato.

 

 

 

 

 

 

3. L’affittuario può sempre recedere dal contratto col semplice preavviso da comunicarsi al locatore, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno un anno prima della scadenza dell’annata agraria.

 

 

 

 

 

4. Per l’affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di difetto dell’estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme degli articoli 1537 e 1538 del codice civile.

L. 203/1982 art.4

Rinnovazione tacita.

[co.1] In mancanza di disdetta di una delle parti, il contratto di affitto si intende tacitamente rinnovato per il periodo minimo, rispettivamente, di quindici anni per l'affitto ordinario e di sei anni per l'affitto particellare, e così di seguito.

L. 606/1966 art.1

[co.2] Se non è stata data disdetta da una delle parti almeno dodici mesi prima della scadenza, il contratto si rinnova per lo stesso periodo.

L. 203/1982 art.4

[co.2] La disdetta deve essere comunicata almeno un anno prima della scadenza del contratto, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

L. 606/1966 art.1

[u.c.] La disdetta, di cui ai commi secondo e quarto, e la richiesta di cui al terzo comma del presente articolo non hanno effetto se non sono comunicate mediante raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato.

L. 203/1982 art.5

Recesso dal contratto di affitto e casi di risoluzione.

[co.1] L'affittuario coltivatore diretto può sempre recedere dal contratto col semplice preavviso da comunicarsi al locatore, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno un anno prima della scadenza dell'annata agraria.

Art.23. Rinvio.

Al contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto si applicano le norme previste negli articoli 3, 5, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 42, 43 e 45.

 

 

c.c.1631. Estensione del fondo.

Per l'affitto a misura, oppure a corpo con indicazione della misura, nel caso di eccesso o di difetto dell'estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati secondo le norme contenute nel capo della vendita.

Art. 81

(Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante)

1. L’affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per i lavori dell’anno seguente; il nuovo affittuario deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano da fare.

2. Per l’ulteriore determinazione dei rapporti tra l’affittuario uscente e l’affittuario subentrante si osservano gli usi locali.

c.c. 1646. Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante.

 

L'affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per i lavori dell'anno seguente; il nuovo affittuario deve lasciare al precedente i locali opportuni e gli altri comodi occorrenti per il consumo dei foraggi e per le raccolte che restano da fare.

 

 

Per l'ulteriore determinazione dei rapporti tra l'affittuario uscente e l'affittuario subentrante si osservano [le disposizioni delle norme corporative e, in mancanza] gli usi locali.

Art. 82

(Diritto di prelazione in caso di nuovo affitto)

1. Il locatore che, alla scadenza quindicennale di cui al primo comma dell’articolo 78 o alla diversa scadenza pattuita tra le parti, intende concedere in affitto il fondo a terzi, deve comunicare al conduttore le offerte ricevute, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno novanta giorni prima della scadenza. Le offerte possono avere ad oggetto anche proposte di affitto definite dal locatore e dai terzi al sensi dell’articolo 69, terzo comma.

2. L’obbligo di cui al comma 1 non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare l’affitto e nei casi di cessazione del rapporto di affitto per recesso o per grave inadempienza del conduttore ai sensi, rispettivamente, degli articoli 71 e 73.

 

3. Il conduttore ha diritto di prelazione se, entro quarantacinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al primo comma e nelle forme ivi previste, offre condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore.

4. Nel caso in cui il locatore entro i sei mesi successivi alla scadenza del contratto abbia concesso il fondo in affitto a terzi senza preventivamente comunicare le offerte ricevute secondo le modalità e i termini di cui al primo comma ovvero a condizioni più favorevoli di quelle comunicate al conduttore, quest’ultimo conserva il diritto di prelazione da esercitare nelle forme di cui al terzo comma entro il termine di un anno dalla scadenza del contratto non rinnovato. Per effetto dell’esercizio del diritto di prelazione si instaura un nuovo rapporto di affitto alle medesime condizioni del contratto concluso dal locatore con il terzo.

L. 203/1982 art.4-bis.

Diritto di prelazione in caso di nuovo affitto.

1. Il locatore che, alla scadenza prevista dall'articolo 1, ovvero a quella prevista dal primo comma dell'articolo 22 o alla diversa scadenza pattuita tra le parti, intende concedere in affitto il fondo a terzi, deve comunicare al conduttore le offerte ricevute, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno novanta giorni prima della scadenza. Le offerte possono avere ad oggetto anche proposte di affitto definite dal locatore e dai terzi ai sensi del terzo comma dell'articolo 23 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come sostituito dal primo comma dell'articolo 45 della presente legge.

2. L'obbligo di cui al comma 1 non ricorre quando il conduttore abbia comunicato che non intende rinnovare l'affitto e nei casi di cessazione del rapporto di affitto per grave inadempienza o recesso del conduttore ai sensi dell'articolo 5.

 

 

 

3. Il conduttore ha diritto di prelazione se, entro quarantacinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1 e nelle forme ivi previste, offre condizioni uguali a quelle comunicategli dal locatore.

 

4. Nel caso in cui il locatore entro i sei mesi successivi alla scadenza del contratto abbia concesso il fondo in affitto a terzi senza preventivamente comunicare le offerte ricevute secondo le modalità e i termini di cui al comma 1 ovvero a condizioni più favorevoli di quelle comunicate al conduttore, quest'ultimo conserva il diritto di prelazione da esercitare nelle forme di cui al comma 3 entro il termine di un anno dalla scadenza del contratto non rinnovato. Per effetto dell'esercizio del diritto di prelazione si instaura un nuovo rapporto di affitto alle medesime condizioni del contratto concluso dal locatore con il terzo.

Art. 83

(Determinazione del canone. Divieto di regalie. Pagamenti senza titolo. Adempimento mediante deposito)

1. Nell’affitto di fondo rustico il canone è liberamente stabilito dalle parti.

 

 

 

 

 

2. Sono vietate le regalie, le prestazioni gratuite, le onoranze e qualsiasi compenso dovuto dall’affittuario a qualsiasi titolo oltre il canone di affitto; sono nulle di diritto le eventuali relative pattuizioni.

3. Si presumono pagamenti senza titolo e si considerano imputabili al canone di affitto e comunque ripetibili i pagamenti effettuati dall’affittuario oltre il canone contrattuale in occasione della stipulazione e del rinnovo del contratto di affitto .

 

 

 

 

 

 

 

4. In caso di rifiuto del concedente a ricevere in pagamento il canone corrisposto dall’affittuario, quest’ultimo sarà ritenuto adempiente se avrà depositato tale somma in un libretto di risparmio intestato al concedente presso l’ufficio postale o presso una banca del comune ove si trova l’azienda, ed avrà dato al locatore comunicazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno entro quindici giorni dall’avvenuto deposito.

5. La prova del pagamento del canone, di cui al comma 4, sostituisce, a tutti gli effetti, l’offerta reale di cui all’articolo 1209, primo comma, del codice civile.

 

L. n. 567/1962 art.1 (novellato dalla l. 814/1973)

 

 

[co.1] Nell'affitto di fondo rustico il canone è determinato e corrisposto in denaro.

La Corte Costituzionale sent. n. 315/2004

a) dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 14, secondo comma, secondo e terzo periodo, della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari);

L. n. 567/1962 art.9

Sono vietate le regalie, le prestazioni gratuite, le onoranze e qualsiasi compenso dovuto dall'affittuario a qualsiasi titolo oltre il canone di affitto; sono nulle di diritto le eventuali relative pattuizioni.

L. n. 567/1962 art.10

Si presumono pagamenti senza titolo e si considerano imputabili al canone di affitto e comunque ripetibili i pagamenti effettuati dall'affittuario oltre il canone contrattuale in occasione della stipulazione e del rinnovo del contratto di affitto.

 

 

 

L. n. 11/1971 art.7

[co.1] Il pagamento dell'ammontare massimo stabilito per ciascuna zona agraria omogenea dalle tabelle per i canoni di equo affitto dei fondi rustici costituisce, ad ogni effetto, adempimento dell'obbligo del canone, anche se non viene proposta azione di perequazione a mente dell'articolo 7, L. 12 giugno 1962, n. 567 .

[co.2] In caso di rifiuto del concedente a ricevere in pagamento il canone corrisposto dall'affittuario, quest'ultimo sarà ritenuto adempiente se avrà depositato tale somma in un libretto di risparmio intestato al concedente presso l'ufficio postale o presso una banca del comune ove si trova l'azienda, ed avrà dato al locatore comunicazione a mezzo raccomandata con ricevuta di ritorno entro quindici giorni dall'avvenuto deposito.

 

 

 

[co.3] La prova del pagamento del canone, di cui al precedente comma, sostituisce, a tutti gli effetti, l'offerta reale di cui all'articolo 1209, primo comma, del codice civile.

 

Art. 84

(Morosità del conduttore. Giudizio per morosità)

1. La morosità del conduttore costituisce grave inadempimento ai fini della pronuncia di risoluzione del contratto, ai sensi dell’articolo 71, primo comma, quando si concreti nel mancato pagamento di almeno una annualità del canone.

 

2. Non può essere pronunciata la risoluzione del contratto per morosità, qualora l’affittuario, convenuto in giudizio, dimostri un credito di importo pari o superiori a quello del canone non pagato, per somme comunque versate e a qualunque titolo, durante il corso del rapporto, o per le spese fatte ai sensi dell’articolo 89, comma 1256 .

3. Quando l'affittuario è convenuto in giudizio per morosità, il giudice, alla prima udienza, prima di ogni altro provvedimento, concede al convenuto stesso un termine, non inferiore a trenta giorni e non superiore a novanta giorni, per il pagamento dei canoni scaduti, i quali, con l'instaurazione del giudizio, vengono rivalutati, fin dall'origine, in base alle variazioni della moneta secondo gli indici ISTAT e maggiorati degli interessi di legge. Il pagamento entro il termine fissato dal giudice sana a tutti gli effetti la morosità.

L. 203/1982 art.5

 

 

[co.4] La morosità del conduttore costituisce grave inadempimento ai fini della pronunzia di risoluzione del contratto ai sensi del secondo comma del presente articolo quando si concreti nel mancato pagamento del canone per almeno una annualità. È in ogni caso applicabile il terzo comma dell'articolo 2 della legge 9 agosto 1973, n. 508 .

L.508/1973 art.2

[co.3] Non può essere dichiarata risoluzione del contratto per morosità, qualora l'affittuario convenuto in giudizio, dimostri un credito per somme pari o superiori all'importo del canone non pagato, comunque versate e a qualunque titolo, durante il corso del rapporto, o per le spese fatte ai sensi del primo comma dell'art. 16 della legge 11 febbraio 1971, n. 11.

 

L. 203/1982 art.46

[co.6] Quando l'affittuario viene convenuto in giudizio per morosità, il giudice, alla prima udienza, prima di ogni altro provvedimento, concede al convenuto stesso un termine, non inferiore a trenta e non superiore a novanta giorni, per il pagamento dei canoni scaduti, i quali, con l'instaurazione del giudizio, vengono rivalutati, fin dall'origine, in base alle variazioni della lira secondo gli indici ISTAT e maggiorati degli interessi di legge. Il pagamento entro il termine fissato dal giudice sana a tutti gli effetti la morosità.

Art. 85

(Riduzione del canone per perdita dei frutti e accollo dei casi fortuiti. Perdita dei frutti per avversità atmosferiche)

1. Qualora per caso fortuito si verifichi perimento di frutti non ancora separati o mancata produzione di essi in misura non inferiore al terzo della normale produzione, la riduzione del canone è ammessa, in relazione a ciascuna annata agraria, a favore dell'affittuario, salvo che la perdita trovi compenso nei precedenti raccolti. Qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti, la riduzione è determinata alla fine dell’affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi. Il giudice può dispensare provvisoriamente l’affittuario dal pagamento di una parte del canone in proporzione della perdita sofferta. La riduzione non può mai eccedere la metà del canone. In ogni caso, salvo diversa pattuizione, si deve tenere conto degli indennizzi che l’affittuario abbia conseguito o possa conseguire in relazione alla perdita sofferta.

 

 

 

 

 

 

 

L. n. 567/1962 art.12

 

[co.1] La riduzione del canone di cui agli articoli 1635, comma primo, secondo e terzo, e 1636 del codice civile, è ammessa in relazione a ciascuna annata agraria a favore dell'affittuario, qualora per caso fortuito si verifichi perimento di frutti non ancora separati o mancata produzione di essi, in misura non inferiore al terzo della normale produzione.

c.c.1635. Perdita fortuita dei frutti negli affitti pluriennali.

[co.1] Se, durante l'affitto convenuto per più anni, almeno la metà dei frutti di un anno non ancora separati perisce per caso fortuito, l'affittuario può domandare una riduzione del fitto, salvo che la perdita trovi compenso nei precedenti raccolti.

[co.2] Qualora la perdita non trovi compenso nei precedenti raccolti, la riduzione è determinata alla fine dell'affitto, eseguito il conguaglio con i frutti raccolti in tutti gli anni decorsi. Il giudice può dispensare provvisoriamente l'affittuario dal pagamento di una parte del fitto in proporzione della perdita sofferta.

[co.3] La riduzione non può mai eccedere la metà del fitto.

[co.4] In ogni caso si deve tener conto degli indennizzi che l'affittuario abbia conseguiti o possa conseguire in relazione alla perdita sofferta.

[co.5] Al perimento è equiparata la mancata produzione dei frutti.

c.c. 1636. Perdita fortuita dei frutti negli affitti annuali.

Se l'affitto ha la durata di un solo anno, e si è verificata la perdita per caso fortuito di almeno la metà dei frutti, l'affittuario può essere esonerato dal pagamento di una parte del fitto, in misura non superiore alla metà.

 

3. Quando in determinate zone agrarie si siano verificate avversità atmosferiche o calamità naturali che abbiano gravemente danneggiato le coltivazioni provocando perimento e mancata percezione dei frutti in misura non inferiore al trenta per cento della normale produzione, la commissione tecnica provinciale di cui all’articolo 2 della legge 18 agosto 1948, n. 1140 e dell’articolo 2 della legge 12 giugno 1962, n. 567, istituita dalla Regione interessata, determina, non oltre sessanta giorni dalla fine dell’annata agraria, le percentuali di riduzione da apportarsi ai canoni in atto corrisposti dagli affittuari.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

segue articolo 85

4. Qualora le avversità atmosferiche o le calamità naturali abbiano causato il perimento e la mancata percezione dei frutti in misura di almeno la metà della normale produzione, nelle zone delimitate ai sensi dell’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modifiche, la commissione tecnica provinciale istituita dalla Regione interessata, entro trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di delimitazione delle zone, dovrà determinare le percentuali di riduzione dei canoni, nella misura del trentacinque per cento se il danno subito ammonta alla metà della normale produzione, e in misura proporzionale in caso di danni superiori. Nel caso che non si provveda entro sessanta giorni dall’evento alla delimitazione delle zone e alla determinazione delle percentuali di riduzione, l’assessore regionale delegato all’agricoltura determina la percentuale di riduzione da apportarsi ai canoni corrisposti dagli affittuari che abbiano subito i danni.

Co. 5 cfr. allegato fiscale

L. n. 567/1962 art.4

[co.1] Quando in determinate zone agrarie si siano verificate avversità atmosferiche o calamità naturali che abbiano gravemente danneggiato le coltivazioni provocando perimento e mancata percezione dei frutti in misura non inferiore al 30 per cento della normale produzione, la commissione tecnica provinciale determina, non oltre 60 giorni dalla fine dell'annata agraria, le percentuali di riduzione da apportarsi ai canoni in atto corrisposti dagli affittuari.

L. 1140/1948 art.2

[Ai fini della migliore conoscenza delle condizioni economiche della produzione agricola e della valutazione dell'equità dei canoni che possono essere riconosciuti quale compenso per la locazione dei fondi rustici, verrà costituita una Commissione tecnica provinciale composta:

- dell'ispettore agrario provinciale;

- di un rappresentante dei proprietari che affittano a imprenditori non coltivatori;

- di un rappresentante dei proprietari che affittano a imprenditori coltivatori diretti;

- di un rappresentante degli affittuari conduttori;

- di un rappresentante degli affittuari coltivatori diretti;

- di due esperti in materia agraria designati uno dalle organizzazioni dei proprietari di fondi locati e uno dalle organizzazioni degli affittuari.

La Commissione è presieduta dal prefetto. Questi può delegare la direzione tecnica dei lavori all'ispettorato agrario o a un suo rappresentante.

Per ciascuna Provincia la Commissione determina ogni due anni, almeno nove mesi prima dell'inizio dell'annata agraria e per il biennio successivo, le tabelle dei canoni di affitto, nella misura minima e massima, da considerarsi equi per zone agrarie omogenee, per qualità e classi di terreni e per tipi aziendali, tenuto conto dello stato di produttività dei fondi, dell'esistenza e delle condizioni dei fabbricati rurali, delle attrezzature aziendali, degli oneri a carico dei proprietari locatori, degli apporti dell'affittuario, dei costi e degli oneri gravanti sull'impresa, al fine di assicurare una equa remunerazione per il lavoro dell'affittuario e della sua famiglia e la buona conduzione dei fondi.

La Commissione sarà costituita entro quindici giorni dalla entrata in vigore della presente legge e dovrà pronunciarsi entro quarantacinque giorni dalla sua costituzione]

Provvedimento abrogato dal D.L. 112/2008

 

[co.2] Qualora le avversità atmosferiche o le calamità naturali abbiano causato il perimento e la mancata percezione dei frutti in misura di almeno la metà della normale produzione nelle zone delimitate ai sensi dell'articolo 9 della legge 21 luglio 1960, n. 739, e successive modificazioni ed integrazioni la commissione tecnica provinciale, entro 30 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto ministeriale di delimitazione delle zone, dovrà determinare le percentuali di riduzione dei canoni, nella misura del 35 per cento se il danno subito ammonta alla metà della normale produzione, e in misura proporzionale in caso di danni superiori.

 

 

 

 

[co.3] Nel caso che non si provveda entro 60 giorni dall'evento alla delimitazione di cui al precedente comma, la commissione tecnica provinciale determina la percentuale di riduzione da apportarsi ai canoni corrisposti dagli affittuari che abbiano subito i danni.

 

 

 

La L. 739/1960 art. 9 ha aggiunto due commi all'art. 61, DPR 645/1958 (T.U. delle leggi sulle imposte dirette)

D.P.R. 29-1-1958 n. 645/1958

Art.61. Sgravio per eventi naturali.

[co.1] In caso di perdita di almeno il 30 per cento del prodotto ordinario del fondo in conseguenza di eventi naturali è accordato, per l'anno in cui si verifica la perdita e su domanda dei singoli possessori danneggiati, o nel loro interesse, da altri soggetti, lo sgravio delle imposte sui redditi dominicale ed agrario, nonché delle relative sovrimposte e addizionali.

[co.2] Gli uffici tecnici erariali provvedono, d'intesa con gli ispettorati provinciali dell'agricoltura, all'accertamento dei danni.

[co.3] Le domande debbono essere presentate all'ufficio distrettuale delle imposte entro 90 giorni dall'evento dannoso o comunque entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

[co.4] Nel caso che l'avento dannoso interessi una pluralità di aziende, gli uffici tecnici erariali provvedono d'ufficio, d'intesa con gli ispettorati provinciali dell'agricoltura, alla delimitazione delle zone danneggiate, al fine della concessione dello sgravio a favore di tutti i possessori di fondi compresi nelle zone medesime.

[co.5] Le coriografie relative alle zone come sopra delimitate sono vistate dall'intendente di finanza che le trasmette, per l'esecuzione dello sgravio, ai competenti uffici distrettuali delle imposte.

[co.6] Nei casi previsti dai commi precedenti, in pendenza degli sgravi, l'intendente di finanza dispone la sospensione della riscossione delle imposte e relative sovrimposte e addizionali sui redditi dominicale ed agrario.

 

DPR 917/1986 art.31

Perdite per mancata coltivazione e per eventi naturali.

1. Se un fondo rustico costituito per almeno due terzi da terreni qualificati come coltivabili a prodotti annuali non sia stato coltivato, neppure in parte, per un'intera annata agraria e per cause non dipendenti dalla tecnica agraria, il reddito dominicale, per l'anno in cui si è chiusa l'annata agraria, si considera pari al 30 per cento di quello determinato a norma dei precedenti articoli.

2. In caso di perdita, per eventi naturali, di almeno il 30 per cento del prodotto ordinario del fondo rustico preso a base per la formazione delle tariffe d'estimo, il reddito dominicale, per l'anno in cui si è verificata la perdita, si considera inesistente. L'evento dannoso deve essere denunciato dal possessore danneggiato entro tre mesi dalla data in cui si è verificato ovvero, se la data non sia esattamente determinabile, almeno quindici giorni prima dell'inizio del raccolto. La denuncia deve essere presentata all'ufficio tecnico erariale, che provvede all'accertamento della diminuzione del prodotto, sentito l'ispettorato provinciale dell'agricoltura, e la trasmette all'ufficio delle imposte.

3. Se l'evento dannoso interessa una pluralità di fondi rustici gli uffici tecnici erariali, su richiesta dei sindaci dei comuni interessati o di altri soggetti nell'interesse dei possessori danneggiati, sentiti gli ispettorati provinciali della agricoltura, provvedono alla delimitazione delle zone danneggiate e all'accertamento della diminuzione dei prodotti e trasmettono agli uffici delle imposte nel cui distretto sono situati i fondi le corografie relative alle zone delimitate, indicando le ditte catastali comprese in detta zona e il reddito dominicale relativo a ciascuna di esse.

4. Ai fini del presente articolo il fondo rustico deve essere costituito da particelle catastali riportate in una stessa partita e contigue l'una all'altra in modo da formare un unico appezzamento. La contiguità non si considera interrotta da strade, ferrovie e corsi di acqua naturali o artificiali eventualmente interposti.

Art. 86

(Poteri di gestione dell’affittuario)

1. L’affittuario può prendere tutte le iniziative di organizzazione e di gestione richieste dalla razionale coltivazione del fondo, dagli allevamenti di animali o dall’esercizio delle attività connesse di cui all’articolo 2135 del codice civile, anche in relazione alle direttive di programmazione economica stabilite dalle competenti autorità.

2. L’affittuario può altresì partecipare ad organismi associativi sia per la conduzione, la coltivazione, la trasformazione e il miglioramento dei terreni che per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli.

3. Sono nulle le clausole contenute in contratti individuali o collettivi, o capitolati, che comunque limitino i poteri riconosciuti all’affittuario nei precedenti commi, nonché i suoi poteri relativi alla disponibilità dei prodotti.

4. Sono fatte salve le norme contenute in contratti individuali, relative alla razionale utilizzazione di impianti fruttiferi specializzati o alla conservazione delle opere di sistemazione fondiaria e dei fabbricati rurali, limitatamente alla ordinaria manutenzione.

5. È fatto salvo, altresì, il generale dovere dell’affittuario di rispettare la destinazione economica agricola della cosa, secondo il disposto dell’articolo 1615 del codice civile.

 

 

L. 11/1971 art.10

 

[co.1] L'affittuario può prendere tutte le iniziative di organizzazione e di gestione richieste dalla razionale coltivazione del fondo, dagli allevamenti di animali o dall'esercizio delle attività connesse di cui all'art. 1235 del codice civile, anche in relazione alle direttive di programmazione economica stabilite dalle competenti autorità.

 

 

[co.2] L'affittuario può altresì partecipare ad organismi associativi sia per la conduzione, la coltivazione, la trasformazione e il miglioramento dei terreni che per la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli.

 

 

[co.3] Sono nulle clausole contenute in contratti individuali o collettivi, o capitolati, che comunque limitino i poteri riconosciuti all'affittuario nei precedenti commi nonché i suoi poteri relativi alla disponibilità dei prodotti.

 

[co.4] Sono fatte salve le norme contenute in contratti individuali, relative alla razionale utilizzazione di impianti fruttiferi specializzati o alla conservazione delle opere di sistemazione fondiaria e dei fabbricati rurali, limitatamente alla ordinaria manutenzione.

c.c.1615. Gestione e godimento della cosa produttiva.

Quando la locazione ha per oggetto il godimento di una cosa produttiva, mobile o immobile, l'affittuario deve curarne la gestione in conformità della destinazione economica della cosa e dell'interesse della produzione. A lui spettano i frutti e le altre utilità della cosa.

Art. 87

(Miglioramenti, addizioni e trasformazioni del fondo. Lavori nella casa rurale).

1. Ciascuna delle parti può eseguire opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali, purché le medesime non modifichino la destinazione agricola del fondo e siano eseguite nel rispetto dei programmi regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non esistano, delle vocazioni colturali delle zone in cui è ubicato il fondo.

2. La parte che intende proporre la esecuzione delle opere di cui al comma 1, in mancanza di un preventivo accordo, deve comunicare all’altra parte e all’ispettorato provinciale dell’agricoltura, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, corredata di progetto di massima, la natura, le caratteristiche e le finalità delle opere di cui si chiede l’esecuzione all’altra parte.

3. L’ispettorato provinciale dell’agricoltura, non appena ricevuta la comunicazione di cui al comma 2, convoca le parti, che possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni professionali, ai fini di tentare un accordo in ordine alla proposta e ai connessi regolamenti di rapporti tra le parti. Nel caso in cui non si raggiunga tale accordo, l’ispettorato, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, si pronuncia, motivando, in senso favorevole o contrario, in ordine alle opere richieste di cui al comma 1, riscontrata anche la congruità delle medesime; indica altresì eventuali modificazioni tecniche al progetto presentato e assegna, in caso di giudizio favorevole, un termine per l’inizio e la ultimazione delle opere.

4. La decisione deve essere comunicata, a cura dell’ispettorato, a entrambe le parti.

5. Qualora venga adottata una decisione favorevole, il proprietario del fondo deve fare conoscere, entro sessanta giorni dalla comunicazione 6. In caso di dichiarazione negativa o di silenzio, l’affittuario può procedere senz’altro, anche se la proposta delle opere di cui al primo comma è stata fatta dal locatore, alla esecuzione delle medesime. Qualora il proprietario comunichi di voler eseguire direttamente le opere di cui al comma 1 con le eventuali modifiche stabilite dall’ispettorato, deve iniziare ed ultimare le relative opere entro termini assegnati dall’ispettorato stesso.

7. Se il proprietario non dà inizio alle opere di cui al comma 1 o non le ultima entro i termini di cui al sesto comma, l’affittuario può eseguirle a sue spese. L’affittuario è tenuto a comunicare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al proprietario e all’ispettorato la sua decisione di surrogarsi al locatore nella esecuzione o nel completamento delle opere.

L. 203/1982 art.16

Miglioramenti, addizioni e trasformazioni.

 

[co.1] Ciascuna delle parti può eseguire opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali, purché le medesime non modifichino la destinazione agricola del fondo e siano eseguite nel rispetto dei programmi regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non esistano, delle vocazioni colturali delle zone in cui è ubicato il fondo.

 

 

[co.2] La parte che intende proporre la esecuzione delle opere di cui al primo comma, in mancanza di un preventivo accordo, deve comunicare all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, corredata di progetto di massima, la natura, le caratteristiche e le finalità delle opere di cui si chiede l'esecuzione all'altra parte.

 

 

[co.3] L'ispettorato provinciale dell'agricoltura, non appena ricevuta la comunicazione di cui al comma precedente, convoca le parti, che possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni professionali, ai fini di tentare un accordo in ordine alla proposta e ai connessi regolamenti di rapporti tra le parti. Nel caso in cui non si raggiunga tale accordo, l'ispettorato, entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, si pronuncia, motivando, in senso favorevole o contrario in ordine alle opere richieste di cui al primo comma, riscontrata anche la congruità delle medesime; indica altresì eventuali modificazioni tecniche al progetto presentato ed assegna, in caso di giudizio favorevole, un termine per l'inizio e la ultimazione delle opere.

 

 

 

 

[co.4] La decisione deve essere comunicata, a cura dell'ispettorato, ad entrambe le parti.

[co.5] Qualora venga adottata una decisione favorevole, il proprietario del fondo deve fare conoscere, entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma precedente, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, se egli stesso intenda eseguire le opere.

[co.6] In caso di dichiarazione negativa o di silenzio, l'affittuario può procedere senz'altro anche se la proposta delle opere di cui al primo comma è stata fatta dal locatore, alla esecuzione delle medesime. Qualora il proprietario comunichi di voler eseguire direttamente le opere di cui al primo comma con le eventuali modifiche stabilite dall'ispettorato, deve iniziare ed ultimare le relative opere entro i termini assegnati dall'ispettorato stesso.

[co.7] Se il proprietario non dà inizio alle opere di cui al primo comma o non le ultima entro i termini di cui al comma precedente, l'affittuario può eseguirle a sue spese. L'affittuario è tenuto a comunicare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al proprietario e all'ispettorato la sua decisione di surrogarsi al locatore nella esecuzione o nel completamento delle opere.

 

segue articolo 87

8. Qualora la casa rurale adibita all’abitazione dell’affittuario e della sua famiglia non presenti le condizioni di abitabilità prescritte dalle norme relative alla tutela dell’igiene della sanità, ovvero abbisogni degli essenziali servizi igienici ovvero di urgenti riparazioni indispensabili per il godimento della casa stessa, l’affittuario può eseguire direttamente le opere necessarie conformemente alle prescrizioni e ai limiti delle leggi sull’edilizia popolare ed economica, previo parere favorevole degli uffici tecnico o sanitario comunali, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore e salvo che il proprietario non dia inizio entro quindici giorni alle opere e non le completi entro i termini tecnici.

9. L’affittuario può trattenere l’importo delle spese relative all’atto del pagamento del canone.

10. È fatta salva per l’affittuario la facoltà di chiedere alle competenti autorità l’applicazione dell’articolo 223 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

11. Gli allacciamenti di energia elettrica, gli impianti di acqua potabile e gli eventuali ampliamenti delle case rurali sono considerati miglioramenti che ricadono sotto la disciplina del presente articolo.

L. 11/1971 art. 16

[co.1] Qualora la casa rurale adibita all'abitazione dell'affittuario e della sua famiglia non presenti le condizioni di abitabilità prescritte dalle norme relative alla tutela dell'igiene della sanità, ovvero abbisogni degli essenziali servizi igienici ovvero di urgenti riparazioni indispensabili per il godimento della casa stessa, l'affittuario può eseguire direttamente le opere necessarie conformemente alle prescrizioni ed ai limiti delle leggi sull'edilizia popolare ed economica, previo parere favorevole degli uffici tecnico o sanitario comunali, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore e salvo che il proprietario non dia inizio entro quindici giorni alle opere e non le completi entro i termini tecnici.

 

 

 

[co.2] L'affittuario può trattenere l'importo delle spese relative all'atto del pagamento del fitto.

 

[co.3] È fatta salva per l'affittuario la facoltà di chiedere alle competenti autorità l'applicazione dell'art. 223 del R.D. 27 luglio 1934, n. 1265 .

 

 

[co.4] Gli allacciamenti di energia elettrica, gli impianti di acqua potabile e gli eventuali ampliamenti delle case rurali sono considerati miglioramenti che ricadono sotto la disciplina del precedente articolo 11.

 

Art. 88

(Regime dei miglioramenti, delle addizioni e delle trasformazioni)

1. Il locatore che ha eseguito le opere di cui all’articolo 87, comma 1, può chiedere all’affittuario l’aumento del canone corrispondente all’incremento di produttività conseguente all’investimento eseguito.

2. L’affittuario che ha eseguito le opere di cui all’articolo 87, comma 1, ha diritto ad una indennità corrispondente all’aumento del valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei miglioramenti da lui effettuati e quale risultante al momento della cessazione del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del fondo non trasformato. Le parti possono convenire la corresponsione di tale indennità anche prima della cessazione del rapporto.

3. Se non interviene accordo in ordine alla misura dell’indennità prevista dal comma 2, essa è determinata, a richiesta di una delle parti, dall’ispettorato provinciale dell’agricoltura, la cui deliberazione, agli effetti dell’articolo 634 del codice di procedura civile, costituisce prova scritta del credito per l’indennità stessa.

4. All’affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non gli sia stata versata dal locatore l’indennità fissata dall’ispettorato oppure determinata con sentenza definitiva dall’autorità giudiziaria.

5. Nel caso di vendita del fondo prima del pagamento all’affittuario della indennità di cui ai commi 1, 2, 3 e 4, il proprietario è tenuto a dichiarare, nell’atto di vendita, l’esistenza dell’obbligazione nei confronti dell’affittuario per effetto delle opere di cui all’articolo 87, comma 1, restando in tale caso liberato dall’obbligazione stessa.

6. Ove per l’espletamento delle opere di cui all’articolo 87, comma 1, si rendano necessari permessi, concessioni, autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione e nel caso in cui sia possibile ottenere finanziamenti pubblici, ai sensi delle norme vigenti in materia, per l’esecuzione delle opere stesse, l’affittuario può provvedere direttamente a proporre le relative istanze e a percepire i finanziamenti, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

7. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per le opere di cui all’articolo 87, comma 1, previste nel contratto e concordate dalle parti, o comunque eseguite in data anteriore al 6 maggio 1982, fatta eccezione per le opere non previste nel contratto o non consentite dal concedente che siano state eseguite prima di tale data senza l’osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente.

 

 

 

 

 

8. Nella determinazione dell’indennità di cui al secondo comma, i finanziamenti pubblici fatti propri dall’affittuario, che non abbia la qualifica di imprenditore agricolo professionale, non sono computati.

 

9. Le migliorie apportate dall’affittuario non danno luogo alla revisione del canone fin quando non è stata corrisposta l’indennità prevista dal secondo comma e fino a tale data l’eventuale revisione catastale non ha effetto sulla misura dei tributi dovuti.

L. 203/1982 art.17

Regime dei miglioramenti, delle addizioni e trasformazioni.

 

[co.1] Il locatore che ha eseguito le opere di cui al primo comma dell'articolo 16 può chiedere all'affittuario l'aumento del canone corrispondente alla nuova classificazione del fondo ai sensi dell'articolo 4 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come modificato dall'articolo 18 della presente legge.

[co.2] L'affittuario che ha eseguito le opere di cui al primo comma dell'articolo 16 ha diritto ad una indennità corrispondente all'aumento del valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei miglioramenti da lui effettuati e quale risultante al momento della cessazione del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del fondo non trasformato. Le parti possono convenire la corresponsione di tale indennità anche prima della cessazione del rapporto.

 

 

[co.3] Se non interviene accordo in ordine alla misura dell'indennità prevista dal comma precedente, essa è determinata, a richiesta di una delle parti, dall'ispettorato provinciale dell'agricoltura, la cui deliberazione, agli effetti dell'articolo 634 del codice di procedura civile, costituisce prova scritta del credito per l'indennità stessa.

 

[co.4] All'affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non gli sia stata versata dal locatore l'indennità fissata dall'ispettorato oppure determinata con sentenza definitiva dall'autorità giudiziaria.

 

[co.5] Nel caso di vendita del fondo prima del pagamento all'affittuario della indennità di cui al comma precedente, il proprietario è tenuto a dichiarare, nell'atto di vendita, l'esistenza dell'obbligazione nei confronti dell'affittuario per effetto delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16, restando in tale caso liberato dall'obbligazione stessa.

 

 

[co.6] Ove per l'espletamento delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16 si rendano necessari permessi, concessioni, autorizzazioni da parte della pubblica amministrazione e nel caso in cui sia possibile ottenere finanziamenti pubblici, ai sensi delle norme vigenti in materia, per l'esecuzione delle opere stesse, l'affittuario può provvedere direttamente a proporre le relative istanze ed a percepire i finanziamenti, dandone comunicazione al locatore mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

 

 

[co.7] Le disposizioni del presente articolo si applicano anche per le opere di cui al primo comma dell'articolo 16 previste nel contratto e concordate dalle parti, o comunque eseguite in data anteriore all'entrata in vigore della presente legge.

La Corte costituzionale, con sentenza 9-23 giugno 1988, n. 692 (Gazz. Uff. 29 giugno 1988, n. 26 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 17, settimo comma, nella parte in cui estende il regime dei miglioramenti, delle addizioni e trasformazioni, statuito nel medesimo art. 17, agli affittuari che, in data anteriore all'entrata in vigore della legge, abbiano eseguito, senza l'osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente, opere migliorative, incrementative o trasformative non previste nel contratto o consentite dal concedente.

[co.8] Al locatore che esegue le opere di cui al primo comma dell'articolo 16 sono estese le agevolazioni fiscali e creditizie previste dalle vigenti leggi in favore dell'affittuario.

[co.9] Nella determinazione dell'indennità di cui al secondo comma, i finanziamenti pubblici fatti propri dall'affittuario, che non abbia la qualifica di imprenditore agricolo e titolo principale, ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, non sono computati.

L. 11/1971 art. 4

[u.c.] Le migliorie apportate dall'affittuario non danno luogo alla revisione del canone fin quando non è stata corrisposta l'indennità prevista dal secondo comma dell'articolo 15 e fino a tale data l'eventuale revisione catastale non ha effetto sulla misura dei tributi dovuti.

 

Art. 89

(Diritto di ritenzione dell’affittuario. Pagamento dell’indennità)

1. Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche del concedente, può disporre il pagamento rateale, entro cinque anni, della indennità di cui al secondo comma dell’articolo 88, da corrispondersi dal concedente medesimo al concessionario, ordinando comunque la prestazione di idonee garanzie e il pagamento degli interessi legali oltre al risarcimento del danno derivante dalla eventuale svalutazione monetaria intervenuta tra la data dell’accertamento del diritto e quella del pagamento della somma dovuta.

2. Se nel giudizio di cognizione o nel processo di esecuzione è fornita prova della sussistenza in generale delle opere di cui al comma 1 dell’articolo 87, al concessionario compete la ritenzione del fondo fino a quando non sia stato soddisfatto il suo credito, salvo che il concedente non presti idonea garanzia da stabilirsi dall’autorità giudiziaria su istanza del concedente medesimo.

 

3. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche nel caso di riconoscimento giudiziale o stragiudiziale di rimborsi di qualsiasi somma e di indennizzi per risoluzione del rapporto.

 

L. 203/1982

Art. 20. Diritto di ritenzione.

 

[co.1] Il giudice, con riguardo alle condizioni economiche del locatore, può disporre il pagamento rateale, entro cinque anni, della indennità di cui al secondo comma dell'articolo 17 da corrispondersi dal locatore medesimo all'affittuario, ordinando comunque la prestazione di idonee garanzie e il pagamento degli interessi legali oltre al risarcimento del danno derivante dalla eventuale svalutazione monetaria intervenuta tra la data dell'accertamento del diritto e quella del pagamento della somma dovuta.

 

 

 

[co.2] Se nel giudizio di cognizione o nel processo di esecuzione è fornita prova della sussistenza in generale delle opere di cui al primo comma dell'articolo 16, all'affittuario compete la ritenzione del fondo fino a quando non sia stato soddisfatto il suo credito, salvo che il locatore non presti idonea garanzia da stabilirsi dall'autorità giudiziaria su istanza del locatore medesimo.

 

 

 

[co.3] Le disposizioni di cui al primo comma si applicano anche nel caso di riconoscimento giudiziale o stragiudiziale di rimborsi di qualsiasi somma e di indennizzi per risoluzione del rapporto.

 

Art.38. Rinvio.

Ai contratti associativi anche con clausola migliorataria che non siano convertiti si applicano le disposizioni di cui al secondo, quarto, quinto e settimo comma dell'articolo 17 e all'articolo 20.

Art. 90

(Piccoli miglioramenti)

1. L’affittuario coltivatore diretto può eseguire piccoli miglioramenti in deroga alle procedure previste dall’articolo 1637, previa comunicazione da inviarsi al concedente, venti giorni prima della esecuzione delle opere, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

2. Per piccolo miglioramento si intende quello che venga eseguito dall’affittuario con il lavoro proprio e della propria famiglia e che non comporti trasformazioni dell’ordinamento produttivo, ma sia diretto a rendere più agevoli e produttivi i sistemi di coltivazione in atto.

L. 203/1982 art.19

Facoltà dell'affittuario di eseguire piccoli miglioramenti.

[co.1] L'affittuario può eseguire piccoli miglioramenti in deroga alle procedure previste dall'articolo 16, previa comunicazione da inviarsi al concedente, venti giorni prima della esecuzione delle opere, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento.

 

[co.2] Per piccolo miglioramento si intende quello che venga eseguito dall'affittuario con il lavoro proprio e della propria famiglia e che non comporti trasformazioni dell'ordinamento produttivo, ma sia diretto a rendere più agevoli e produttivi i sistemi di coltivazione in atto.

Art.23. Rinvio.

Al contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto si applicano le norme previste negli articoli 3, 5, 15, 16, 17, 18, 20, 21, 42, 43 e 45.

Art. 91

(Scorte morte e scorte vive)

1. Le scorte morte costituenti la dotazione del fondo, che sono state consegnate all’affittuario all’inizio dell’affitto, con determinazione della specie, qualità e quantità, devono, anche se stimate, essere restituite al locatore alla fine dell’affitto, nella stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse, come macchinari e attrezzi, nello stesso stato d’uso. L’eccedenza o la deficienza deve essere regolata in danaro, secondo il valore corrente al tempo della riconsegna. La dotazione necessaria non può essere distratta e deve essere mantenuta secondo le esigenze delle colture e la pratica dei luoghi.

2. La disposizione del primo comma si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato la somma che rappresenti il valore delle scorte presso il locatore, salvo l’obbligo di questo di restituirla al tempo della riconsegna delle scorte.

3. Se le scorte sono state consegnate con la sola indicazione del valore, l’affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine dell’affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura per un corrispondente valore, determinato secondo il prezzo corrente, al tempo della riconsegna, ovvero parte dell’uno e parte delle altre.

4. Sono salve le diverse pattuizioni delle parti.

 

 

5. Quando le scorte vive, ovvero gli animali da lavoro o da allevamento, costituenti la dotazione del fondo, sono state in tutto o in parte fornite dal locatore, si osservano le disposizioni dei commi seguenti, salvi i patti diversi.

c.c. art. 1640. Scorte morte.

 

[co.1] Le scorte morte costituenti la dotazione del fondo, che sono state consegnate all'affittuario all'inizio dell'affitto, con determinazione della specie, qualità e quantità, devono, anche se stimate, essere restituite al locatore alla fine dell'affitto, nella stessa specie, qualità e quantità e, se si tratta di scorte fisse, come macchinari e attrezzi, nello stesso stato d'uso. L'eccedenza o la deficienza deve essere regolata in danaro, secondo il valore corrente al tempo della riconsegna. La dotazione necessaria non può essere distratta e deve essere mantenuta secondo le esigenze delle colture e la pratica dei luoghi.

 

 

 

[co.2] La disposizione del comma precedente si applica anche se, all'inizio dell'affitto, l'affittuario ha depositato la somma che rappresenti il valore delle scorte presso il locatore, salvo l'obbligo di questo di restituirla al tempo della riconsegna delle scorte.

 

[co.3] Se le scorte sono state consegnate con la sola indicazione del valore, l'affittuario ne acquista la proprietà, e, alla fine dell'affitto, deve restituire il valore ricevuto o scorte in natura per un corrispondente valore, determinato secondo il prezzo corrente, al tempo della riconsegna, ovvero parte dell'uno e parte delle altre.

 

 

[co.4] Sono salve [le diverse disposizioni delle norme corporative o] le diverse pattuizioni delle parti.

c.c. art.1641. Scorte vive.

Quando il bestiame da lavoro o da allevamento, costituente la dotazione del fondo, è stato in tutto o in parte fornito dal locatore, si osservano le disposizioni degli articoli seguenti, salve [le norme corporative o] i patti diversi.

segue articolo 91

6. Qualora gli animali consegnati all’affittuario siano stati determinati con indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità, dell’età e del peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà di essi rimane al locatore. Tuttavia l’affittuario può disporre dei singoli capi, ma deve mantenere nel fondo la dotazione necessaria.

7. Il rischio della perdita degli animali è a carico dell’affittuario dal momento in cui questi li ha ricevuti, se non è stato diversamente pattuito.

 

8. L’affittuario fa suoi i parti e gli altri frutti degli animali, l’accrescimento e ogni altro provento che ne deriva.

9. Il letame però deve essere impiegato prioritariamente nella coltivazione del fondo.

 

10. Nel caso previsto dal comma 6, al termine del contratto l’affittuario deve restituire animali corrispondenti per specie, numero, sesso, qualità, età e peso a quelli ricevuti. Se vi sono differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse possano ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del fondo, l’affittuario deve restituire animali di uguale valore. Se vi è eccedenza o deficienza nel valore degli animali ne è fatto conguaglio in danaro tra le parti, secondo il valore al tempo della riconsegna.

11. La disposizione del comma 10 si applica anche se, all’inizio dell’affitto, l’affittuario ha depositato presso il locatore la somma che rappresenta il valore degli animali. Si applica altresì la disposizione del comma 3.

 

12. Sono salvi i patti diversi.

c.c. art.1642. Proprietà del bestiame consegnato.

[co.1] Qualora il bestiame consegnato all'affittuario sia stato determinato con indicazione della specie, del numero, del sesso, della qualità, dell'età e del peso, anche se ne è stata fatta stima, la proprietà di esso rimane al locatore. Tuttavia l'affittuario può disporre dei singoli capi, ma deve mantenere nel fondo la dotazione necessaria.

 

c.c. art.1643. Rischio della perdita del bestiame.

[co.1] Il rischio della perdita del bestiame è a carico dell'affittuario dal momento in cui questi lo ha ricevuto, se non è stato diversamente pattuito.

c.c. art.1644. Accrescimenti e frutti del bestiame.

[co.1] L'affittuario fa suoi i parti e gli altri frutti del bestiame, l'accrescimento e ogni altro provento che ne deriva.

 

[co.2] Il letame però deve essere impiegato esclusivamente nella coltivazione del fondo.

c.c. art.1645. Riconsegna del bestiame.

[co.1] Nel caso previsto dall'articolo 1642, al termine del contratto l'affittuario deve restituire bestiame corrispondente per specie, numero, sesso, qualità, età e peso a quello ricevuto. Se vi sono differenze di qualità o di quantità contenute nei limiti in cui esse possano ammettersi avuto riguardo ai bisogni della coltivazione del fondo, l'affittuario deve restituire bestiame di uguale valore. Se vi è eccedenza o deficienza nel valore del bestiame, ne è fatto conguaglio in danaro tra le parti, secondo il valore al tempo della riconsegna.

 

 

 

[co.2] La disposizione del comma precedente si applica anche se, all'inizio dell'affitto, l'affittuario ha depositato presso il locatore la somma che rappresenta il valore del bestiame [c.c. 1806].

[co.3] Si applica altresì la disposizione del terzo comma dell'articolo 1640.

[co.4] Sono salve [le disposizioni delle norme corporative e] i patti diversi.

Art. 92

(Ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di affitto o di contratto di società cooperativa. Rinvio a disposizioni fiscali)

1. Al fine di incentivare l’accorpamento aziendale attraverso la stipula di contratti di affitto delle particelle finitime della durata di almeno cinque anni, o attraverso contratti di società cooperativa tra imprenditori agricoli che conferiscono in godimento alla società i terreni di cui sono proprietari o affittuari, per la costituzione di un'unica azienda agricola a gestione comune, l’imposta di registro per i contartti di affitto è dovuta in misura fissa, mentre per i contratti di società cooperativa le imposte dovute per tali contratti sono ridutte di due terzi e sono in misura fissa qualora un quinto dei soci siano imprenditori agricoli giovani che si impegnano ad esercitare la gestione comune per almeno nove anni.

L.99/2004 art.11

Ricomposizione aziendale a mezzo di contratto di società cooperativa.

 

1. Sono ridotte di due terzi le imposte dovute per la stipula dei contratti di società cooperativa tra imprenditori agricoli che conferiscono in godimento alla società i terreni di cui sono proprietari o affittuari, per la costituzione di un'unica azienda agricola a gestione comune. Sono dovute in misura fissa le predette imposte qualora un quinto dei soci della cooperativa siano imprenditori agricoli giovani che si impegnano ad esercitare la gestione comune per almeno nove anni.

 

Le agevolazioni disposte per i contratti delle società cooperative vengono dallo schema estese a tutti quelli per l’accorpamento aziendale.

 

Art. 93

(Concessione di contributi e altre agevolazioni)

1. Per l’esecuzione dei miglioramenti previsti dalle precedenti disposizioni della presente sezione possono essere concessi direttamente agli affittuari, singoli o associati, i contributi e le altre agevolazioni, statali o regionali, di cui alle leggi in vigore, eccezion fatta per i contributi di­sposti da leggi regionali del Trentino Alto Adige, purché risulti in qualsiasi modo l’esistenza del rapporto di affitto. È ammesso l’accollo dei mutui contratti dall’affittuario coltivatore diretto da parte del locatore o di altro affittuario che subentri nella conduzione del fondo migliorato.

L. 11/1971 art. 13

[co.1] Per l'esecuzione dei miglioramenti previsti dalle disposizioni della presente legge possono essere concessi direttamente agli affittuari, singoli o associati, i contributi e le altre agevolazioni, statali o regionali, di cui alla legge in vigore, purché risulti in qualsiasi modo l'esistenza del rapporto di affittanza. I mutui contratti dall'affittuario coltivatore diretto sono coperti dalla garanzia sussidiaria del fondo interbancario ai sensi dell'articolo 56 della legge 27 ottobre 1966, n. 910, ed è ammesso l'accollo di essi da parte del locatore o di altro affittuario che subentri nella conduzione del fondo migliorato.

Con sentenza n. 35 del 23 febbraio-1° marzo 1972 (Gazz. Uff. 8 marzo 1972, n. 65), la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del presente articolo 13, nella parte in cui dispone sull'assegnazione diretta agli affittuari anche dei contributi disposti da leggi regionali del Trentino-Alto Adige.

[co.2] Le garanzie fideiussorie di cui all'articolo 3, lettera a) della legge 14 luglio 1965, n. 901, possono essere concesse anche nelle ipotesi previste dal comma precedente.

 

D.lgs. 101/2005 art.5

Co.1. All'articolo 17, comma 5, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, dopo le parole: «dal presente articolo,» sono inserite le seguenti: «nonché quelle previste dall'articolo 1, comma 512, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. In attuazione di quanto disposto dal predetto articolo 1, comma 512, della legge n. 311 del 2004, il Fondo interbancario di garanzia di cui all'articolo 45 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, è soppresso.».

 

L. 311/2004 articolo 1 comma 512

[Affidamento all'ISMEA, della gestione degli interventi di agevolazione dell'accesso al credito delle imprese agricole e agroalimentari del Fondo interbancario di garanzia.]

Al fine di favorire l'accesso al credito alle imprese agricole ed agroalimentari, a decorrere dal 1° gennaio 2005 la gestione degli interventi di sostegno finanziario di cui all'articolo 36 della legge 2 giugno 1961, n. 454, e successive modificazioni, e la relativa dotazione finanziaria è attribuita all'ISMEA. L'ISMEA senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato succede nei diritti, nelle attribuzioni e nelle situazioni giuridiche dei quali l'attuale ente gestore dei fondi previsti dalle leggi di cui al presente comma è titolare in forza di leggi, di provvedimenti amministrativi e di contratti relativi alla gestione degli interventi trasferiti.

 

Art. 94

(Pagamento dei contributi consortili)

1. L’affittuario di terreni ricadenti in comprensorio consortile il quale, per obbligo derivante da contratto, sia tenuto a pagare contributi consortili di esercizio per opere pubbliche di bonifica e di irrigazione, nonché per opere comuni di miglioramento fondiario, è iscritto, a sua richiesta, solidalmente con il proprietario, nei catasti consortili e nei ruoli di contribuenza e acquista diritto all’elettorato attivo e passivo nelle elezioni degli organi dei consorzi di bonifica, di bonifica montana e di miglioramento fondiario.

2. La solidarietà di cui al comma 1 è limitata alla somma dovuta per contratto dall’affittuario per le predette somme di esercizio.

 

L. 11/1971 art.20

 

[co.1] L'affittuario di terreni ricadenti in comprensorio consortile il quale, per obbligo derivante dal contratto, sia tenuto a pagare contributi consortili di esercizio per opere pubbliche di bonifica e di irrigazione, nonché per opere comuni di miglioramento fondiario, è iscritto, a sua richiesta, solidalmente con il proprietario, nei catasti consortili e nei ruoli di contribuenza ed acquista diritto all'elettorato attivo e passivo nelle elezioni degli organi dei consorzi di bonifica, di bonifica montana e di miglioramento fondiario.

 

 

 

[co.2] La solidarietà di cui al comma precedente è limitata alla somma dovuta per contratto dall'affittuario per le predette somme di esercizio.

Articolo 95

(Divieto di concessioni separate ed estensione dell’affitto)

1. Le clausole contrattuali che prevedono la concessione separata delle colture del suolo da quelle del soprassuolo o che prevedono sullo stesso fondo forme contrattuali diverse e per diverse coltivazioni, sono nulle di pieno diritto.

2. L’affitto si estende a tutte le coltivazioni del fondo.

3. L’esclusione dal contratto di talune colture è consentita se risponda a particolari esigenze della produzione accertate dall’ispettorato provinciale dell’agricoltura, e non dia luogo per l’affittuario a riduzione superiore a un quarto della produzione lorda vendibile del fondo.

4. La disposizione del comma 2 si applica ai contratti stipulati dopo il 15 luglio 1962 e non si applica agli affitti per pascoli di terreni alberati o di boschi.

L. 11/1971 art.19

 

 

[co.1] Le clausole contrattuali che prevedono la concessione separata delle colture del suolo da quelle del soprassuolo o che prevedono sullo stesso fondo forme contrattuali diverse e per dirse coltivazioni, sono nulle di pieno diritto.

L. 567/1962 art. 14

[co.1] L'affitto si estende a tutte le coltivazioni del fondo.

 

[co.2] L'esclusione dal contratto di talune colture è consentita se risponda a particolari esigenze della produzione accertate dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, e non dia luogo per l'affittuario a riduzione superiore ad un quarto della produzione lorda vendibile del fondo.

 

[co.3] La disposizione del comma precedente si applica ai contratti stipulati dopo l'entrata in vigore della presente legge, e non si applica agli affitti per pascoli di terreni alberati o di boschi.

Articolo 96

(Riconduzione all’affitto)

1. Le norme regolatrici dell’affitto dei fondi rustici si applicano a tutti i contratti agrari stipulati dopo il 6 maggio 1982, aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici.

L. 203/1982 art.27

Riconduzione all'affitto.

[co.1] Le norme regolatrici dell'affitto dei fondi rustici si applicano anche a tutti i contratti agrari, stipulati dopo l'entrata in vigore della presente legge, aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici.

Articolo 97

(Affitto di azienda agraria)

1. Quando il contratto sia configurabile come affitto di azienda agraria, anziché di fondo rustico, si applicano le disposizioni dell’articolo 2562 del codice civile sull’affitto di azienda.

 

La disposizione è NUOVA

 

c.c. art. 2555. Nozione.

L'azienda è il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa.

c.c. art.2561. Usufrutto dell'azienda.

L'usufruttuario dell'azienda deve esercitarla sotto la ditta che la contraddistingue.

Egli deve gestire l'azienda senza modificarne la destinazione e in modo da conservare l'efficienza dell'organizzazione e degli impianti e le normali dotazioni di scorte.

Se non adempie a tale obbligo o cessa arbitrariamente dalla gestione dell'azienda, si applica l'articolo 1015.

La differenza tra le consistenze d'inventario all'inizio e al termine dell'usufrutto è regolata in danaro, sulla base dei valori correnti al termine dell'usufrutto

c.c. art.2562. Affitto dell'azienda.

Le disposizioni dell'articolo precedente si applicano anche nel caso di affitto dell'azienda.

Articolo 98

(Impresa familiare coltivatrice)

1. In caso di presenza di famiglia coltivatrice, il rapporto di affitto intercorre tra concedente e la famiglia coltivatrice, la quale è rappresentata nei confronti del concedente, se questi lo richiede, da uno dei suoi componenti.

2. Il rapporto continua anche con un solo famigliare, purché la sua forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.

3. Per le obbligazioni assunte nello svolgimento del rapporto agrario, i famigliari rispondono con i beni comuni. Delle obbligazioni stesse rispondono anche, personalmente e solidalmente, i famigliari che hanno agito in nome e per conto della famiglia e, salvo patto contrario, anche gli altri.

4. Qualora non sussista impresa familiare, il contratto può essere ceduto dal concessionario, anche senza il consenso del concedente, ad uno o più componenti la propria famiglia che continuino la diretta conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre anni attività agricola in qualità di imprenditore agricolo professionale.

L. 203/1982 art.48

Impresa familiare coltivatrice.

[co.1] Il rapporto di mezzadria e, in presenza di impresa familiare coltivatrice, il rapporto di colonia parziaria e quello di affitto ed ogni altro rapporto agrario intercorrono tra concedente e famiglia coltivatrice, la quale è rappresentata nei confronti del concedente, se questi lo richiede, da uno dei suoi familiari.

[co.2] Il rapporto continua anche con un solo familiare, purché la sua forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo.

 

 

[co.3] Per le obbligazioni assunte nello svolgimento del rapporto agrario, i familiari rispondono con i beni comuni. Delle obbligazioni stesse rispondono anche, personalmente e solidalmente, i familiari che hanno agito in nome e per conto della famiglia e, salvo patto contrario, anche gli altri.

 

 

[co.4] Qualora non sussista impresa familiare, il contratto può essere ceduto dal concessionario, anche senza il consenso del locatore, ad uno o più componenti la propria famiglia che continuino la diretta conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre anni attività agricola a titolo principale.

 

Articolo 99

(Rinvio al codice civile)

1. Per quanto non previsto dalla presente sezione si applicano, ove compatibili, le norme del paragrafo 1 -Disposizioni generali dell’affitto di cose produttive della sezione III del Capo VI del Titolo III del Libro IV del codice civile.

Norma di coordinamento

 

Articolo 100

(Disposizioni processuali)

1. Tutte le controversie in materia di contratti agrari sono di competenza delle sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320, ed assoggettate al rito di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Sono altresì devoluti alla competenza delle Sezioni specializzate agrarie i provvedimenti cautelari relativi a controversie di competenza delle stesse Sezioni. Sulle istanze di sequestro le Sezioni specializzate provvedono con ordinanza in camera di consiglio dopo avere sentito le parti.

L. 29/1990 art.9

Competenze.

1. Tutte le controversie in materia di contratti agrari o conseguenti alla conversione dei contratti associativi in affitto sono di competenza delle sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320, ed assoggettate al rito di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile.

2. Restando comunque salve le competenze di cui alla legge 22 luglio 1966, n. 607, e successive modificazioni ed integrazioni.

L. 607/1966 Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue.

L. 11/1971 art. 26

[co.1] Tutte le controversie relative all'attuazione della presente legge e delle altre leggi o norme sull'affitto sono di esclusiva competenza delle sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320 .

[co.2] Sono altresì devoluti alla competenza delle sezioni specializzate agrarie i provvedimenti cautelari, di cui al capo III, titolo I del libro IV del codice di procedura civile, relativi a controversie di competenza delle stesse sezioni.

[co.3] Sulle istanze di sequestro le sezioni specializzate, provvedono con ordinanza in camera di consiglio dopo aver sentito le parti.

 

 

 

3. Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a una controversia in materia di contratti agrari, è tenuto a darne preventivamente comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio.

4. Il capo dell'ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma terzo, convoca le parti ed i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria da esse indicati per esperire il tentativo di conciliazione della vertenza.

5. Se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto da entrambe le parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario dell'ispettorato.

6. Se la conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale vengono precisate le posizioni delle parti.

7. Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non si definisca entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, ciascuna delle parti è libera di adire l'autorità giudiziaria competente.

 

L. 203/1982 art. 46

Tentativo di conciliazione. Disposizioni processuali.

[co.1] Chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a una controversia in materia di contratti agrari è tenuto a darne preventivamente comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura competente per territorio.

 

[co.2] Il capo dell'ispettorato, entro venti giorni dalla comunicazione di cui al comma precedente, convoca le parti ed i rappresentanti delle associazioni professionali di categoria da esse indicati per esperire il tentativo di conciliazione della vertenza.

 

[co.3] Se la conciliazione riesce, viene redatto processo verbale sottoscritto da entrambe le parti, dai rappresentanti delle associazioni di categoria e dal funzionario dell'ispettorato.

[co.4] Se la conciliazione non riesce, si forma egualmente processo verbale, nel quale vengono precisate le posizioni delle parti.

 

[co.5] Nel caso in cui il tentativo di conciliazione non si definisca entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al primo comma, ciascuna delle parti è libera di adire l'autorità giudiziaria competente.

[co.6] Quando l'affittuario viene convenuto in giudizio per morosità, il giudice, alla prima udienza, prima di ogni altro provvedimento, concede al convenuto stesso un termine, non inferiore a trenta e non superiore a novanta giorni, per il pagamento dei canoni scaduti, i quali, con l'instaurazione del giudizio, vengono rivalutati, fin dall'origine, in base alle variazioni della lira secondo gli indici ISTAT e maggiorati degli interessi di legge. Il pagamento entro il termine fissato dal giudice sana a tutti gli effetti la morosità.

 

 

segue articolo 100

 

 

 

 

8. l rilascio del fondo a seguito di giudizio può avvenire solo al termine dell'annata agraria durante la quale è stata emessa sentenza esecutiva.

9. Costituisce grave ed irreparabile danno, ai sensi dell'articolo 373 del codice di procedura civile anche l'esecuzione di sentenza che privi il cessionario di un fondo rustico del principale mezzo di sostentamento suo o della sua famiglia, o possa risultare fonte di un serio pericolo per l'integrità economica dell'azienda o per l'allevamento di animali.

L. 203/1982 art. 47

Controversie agrarie e rilascio.

[co.1] Ferme restando le disposizioni dell'articolo 26 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, in tutte le controversie agrarie si osservano le disposizioni dettate dal capo I del titolo IV del libro II del codice di procedura civile.

 

[co.2] Il rilascio del fondo a seguito di giudizio può avvenire solo al termine dell'annata agraria durante la quale è stata emessa sentenza esecutiva.

L. 203/1982 art. 46

[co.7] Costituisce grave ed irreparabile danno, ai sensi dell'articolo 373 del codice di procedura civile, anche l'esecuzione di sentenza che privi il concessionario di un fondo rustico del principale mezzo di sostentamento suo e della sua famiglia, o possa risultare fonte di serio pericolo per l'integrità economica dell'azienda o per l'allevamento di animali.

Articolo 101

(Affitto a misura e a corpo)

1. L’affitto a conduttore non coltivatore diretto è fatto a misura. Può essere fatto a corpo quando ciò risulti necessario o conveniente per rilevanti difficoltà di misurazione o importanti esigenze pratiche, espressamente indicate nel contratto.

L. 606/1966 art.2

 

[co.1] L'affitto a conduttore non coltivatore diretto è fatto a misura. Può essere fatto a corpo quando ciò risulti necessario o conveniente per rilevanti difficoltà di misurazione o importanti esigenze pratiche, espressamente indicate nel contratto.

Articolo 102

(Risoluzione dell’affitto a conduttore in caso di vendita o concessione in enfiteusi del fondo)

1. In caso di vendita o di concessione in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti singoli o associati, o di vendita all’Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), il contratto di affitto si risolve al termine dell’annata agraria successiva a quella in cui è stipulata la vendita o la concessione in enfiteusi, purché sia stata data disdetta almeno un anno prima di questo termine mediante raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

2. Il presente articolo non si applica nell’ipotesi in cui l’affittuario sia un imprenditore agricolo professionale.

L. 606/1966 art.1

 

 

[co.4] In caso di vendita o di concessione in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti singoli o associati, o di vendita agli Enti di sviluppo, ai sensi dell'articolo 12 della legge 26 maggio 1965, n. 590, od alla Cassa per la formazione della piccola proprietà contadina, istituita con l'articolo 9 del decreto legislativo 5 marzo 1948, n. 121, il contratto di affitto si risolve al termine dell'annata agraria successiva a quella in cui è stipulata la vendita o la concessione in enfiteusi, purché sia stata data disdetta almeno un anno prima di questo termine. Nessun indennizzo è dovuto per effetto di tale risoluzione, fermo il diritto dell'affittuario di essere indennizzato delle migliorie a norma di legge o di contratto.

[co.5]La disdetta, di cui ai commi secondo e quarto, e la richiesta di cui al terzo comma del presente articolo non hanno effetto se non sono comunicate mediante raccomandata con avviso di ricevimento o mediante atto notificato.

 

L. 203/1982 art.43 (riprodotto nello schema sub art.1654-qiunquies c.c.)

Indennizzo in favore dei concessionari.

In tutti i casi di risoluzione incolpevole di contratti di affitto, di mezzadria, di colonia, di compartecipazione e di soccida con conferimento di pascolo di cui all'articolo 25, agli affittuari coltivatori diretti, agli affittuari non coltivatori diretti, ai mezzadri, ai coloni, ai compartecipanti e ai soccidari spetta, a fronte dell'interruzione della durata del contratto, un equo indennizzo il cui ammontare, in mancanza di accordo fra le parti, è stabilito dal giudice.

L. 203/1982 art.22

[co.2] Qualora l'affittuario non coltivatore diretto sia imprenditore agricolo a titolo principale ai sensi dell'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, non è operante il disposto di cui al quarto comma dell'articolo 1 della legge 22 luglio 1966, n. 606 . In tale ipotesi, per i contratti in corso la durata non può comunque essere inferiore a quella minima stabilita per i contratti d'affitto in corso a coltivatore diretto.

Articolo 103

(Espropriazione per pubblico interesse)

1. In caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, l’affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d’indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto.

c.c. art.1638. Espropriazione per pubblico interesse.

 

[co.1] In caso di espropriazione per pubblico interesse [c.c. 834] o di occupazione temporanea del fondo locato, l'affittuario ha diritto di ottenere dal locatore la parte d'indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto.

Articolo 104

(Rinvio alla disciplina dell’affitto a coltivatore diretto)

1. Al contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto si applicano, oltre a quelle riportate nelle precedenti Sezioni con specifico richiamo alla qualifica di affittuario conduttore, le disposizioni di cui agli articoli 78 (durata), 79 (affitto particellare), 80 (recesso e rinnovazione tacita), 86 (poteri di gestione), 87 (miglioramenti e lavori nella casa rurale), 88 (regime dei miglioramenti), 89 (diritto di ritenzione), 91 (scorte). Si applicano anche gli articoli 81 (rapporti tra l’affittuario uscente e il subentrante), 82 (diritto di prelazione in caso di nuovo affitto), 83 (canone), 84 (giudizio per morosità), 85 (perdita dei frutti), 92 (ricomposizione aziendale a mezzo dell’affitto e a mezzo di cooperativa), 93 (concessione di contributi), 94 (contributi consortili), 95 (estensione dell’affitto), 97 (affitto di azienda agraria), 99 (rinvio al codice civile sull’affitto di beni produttivi) e 100, commi primo, secondo, ottavo e nono (disposizioni processuali).

L. 203/1982 art.23

Rinvio.

 

[co.1] Al contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto si applicano le norme previste negli articoli 3 (affitto particellare), 5 (Recesso dal contratto di affitto e casi di risoluzione), 15 (Conguaglio per alcune annate agrarie), 16 (Miglioramenti, addizioni e trasformazioni), 17 (Regime dei miglioramenti, delle addizioni e trasformazioni), 18 (Miglioramenti eseguiti dal proprietario), 20 (Diritto di ritenzione), 21 (Nullità del subaffitto o della subconcessione. Diritto di surroga), 42 (Diritto di ripresa), 43 (Indennizzo in favore dei concessionari) e 45 (Efficacia degli accordi).

 

Sezione IV

Affitto di terreni demaniali, patrimoniali indisponibili e golenali

 

Articolo 105

(Utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili)

1. Salvo quanto disposto dall’articolo 93, le disposizioni delle sezioni I, II e III del presente Titolo V, sull’affitto di fondi rustici si applicano anche ai terreni demaniali o soggetti al regime dei beni demaniali di qualsiasi natura o del patrimonio indisponibile appartenenti a enti pubblici, territoriali o non territoriali, ivi compresi i terreni golenali, che siano oggetto di affitto o di concessione amministrativa.

2. L’ente proprietario può recedere in tutto o in parte dalla concessione o dal contratto di affitto mediante preavviso non inferiore a sei mesi e pagamento di una indennità per le coltivazioni in corso che vadano perdute nell’ipotesi che il terreno demaniale o equiparato o facente parte del patrimonio indisponibile debba essere improcrastinabilmente destinato al fine per il quale la demanialità o l’indisponibilità è posta.

3. Sui terreni di cui al comma 1 sono ammessi soltanto i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni concordati tra le parti o quelli eseguiti a seguito del procedimento di cui all’articolo 88. In quest’ultimo caso l’autorità competente non può emettere parere favorevole se i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni mantengono la loro utilità anche dopo la restituzione del terreno alla sua destinazione istituzionale.

4. Gli enti di cui al comma 1, alla scadenza della concessione amministrativa o del contratto di affitto, per la concessione e la locazione dei terreni di loro proprietà devono adottare procedure di licitazione privata o trattativa privata. A tal fine possono avvalersi della disposizione di cui all’articolo 70, comma 3.

D.lgs. 228/2001 art.6

Utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili.

1. Le disposizioni recate dalla legge 12 giugno 1962, n. 567, e successive modificazioni, dalla legge 11 febbraio 1971, n. 11, e successive modificazioni, dalla legge 3 maggio 1982, n. 203, e successive modificazioni, si applicano anche ai terreni demaniali o soggetti al regime dei beni demaniali di qualsiasi natura o del patrimonio indisponibile appartenenti ad enti pubblici, territoriali o non territoriali, ivi compresi i terreni golenali, che siano oggetto di affitto o di concessione amministrativa.

2. L'ente proprietario può recedere in tutto o in parte dalla concessione o dal contratto di affitto mediante preavviso non inferiore a sei mesi e pagamento di una indennità per le coltivazioni in corso che vadano perdute nell'ipotesi che il terreno demaniale o equiparato o facente parte del patrimonio indisponibile debba essere improcrastinabilmente destinato al fine per il quale la demanialità o l'indisponibilità è posta.

 

 

3. Sui terreni di cui al comma 1 del presente articolo sono ammessi soltanto i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni concordati tra le parti o quelli eseguiti a seguito del procedimento di cui all'articolo 16 della legge 3 maggio 1982, n. 203. In quest'ultimo caso l'autorità competente non può emettere parere favorevole se i miglioramenti, le addizioni e le trasformazioni mantengono la loro utilità anche dopo la restituzione del terreno alla sua destinazione istituzionale.

 

 

4. Gli enti di cui al comma 1 del presente articolo, alla scadenza della concessione amministrativa o del contratto di affitto, per la concessione e la locazione dei terreni di loro proprietà devono adottare procedure di licitazione privata o trattativa privata. A tal fine possono avvalersi della disposizione di cui all'articolo 23, terzo comma, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, come sostituito dal primo comma dell'articolo 45 della legge 3 maggio 1982, n. 203.

Articolo 105

5. Qualora l’affitto dei terreni di cui al comma 1 sia richiesto da parte dei lavoratori manuali della terra o coltivatori diretti, singoli o associati, lo Stato, le province, i comuni o gli altri enti, per la concessione o l’affitto dei terreni di loro proprietà devono adottare la licitazione privata

o la trattativa privata. La disposizione del presente comma si applica anche nel caso che sia stata indetta una asta pubblica.

 

 

6. Qualora vi sia una pluralità di richieste, fermo il principio della parità di condizioni, si procede alla concessione mediante sorteggio, dovendosi però riconoscere preliminarmente la preferenza ai coltivatori, singoli o associati, insediati su fondi contigui al bene oggetto della concessione.

L. 11/1971 art.22

[co.1] Le norme della L. 12 giugno 1962, n. 567, e della presente legge si applicano anche ai terreni che comunque vengano concessi per l'utilizzazione agricola o silvo-pastorale dallo Stato, dalle province, dai comuni e da altri enti. Qualora vi sia richiesta da parte dei lavoratori manuali della terra o coltivatori diretti, singoli od associati, lo Stato, le province, i comuni o gli altri enti, per la concessione o l'affitto dei terreni di loro proprietà devono adottare la licitazione privata o la trattativa privata.

[co.2] La disposizione del comma precedente si applica anche nel caso che sia stata indetta una asta pubblica.

[co.3] Qualora vi sia una pluralità di richieste si procede alla concessione mediante sorteggio, dovendosi però riconoscere preliminarmente la preferenza ai coltivatori, singoli o associati, insediati su fondi contigui al bene oggetto della concessione. Nei contratti agrari relativi a fondi rustici costituenti aziende agrarie annesse alle università, istituti universitari, istituti tecnici agrari ed istituti professionali per l'agricoltura sono valide le clausole particolari previste per consentire lo svolgimento delle attività di ricerca didattiche e scientifiche degli enti ed istituti suddetti sui terreni a ciò destinati.

Sezione V

Contratti di compartecipazione stagionale e coltivazioni intercalari

 

Articolo 106

(Contratti per i quali è esclusa l’applicazione degli articoli da 79 a 105)

1. Le disposizioni degli articoli da 79 a 105 non si applicano ai contratti agrari di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali, né alle concessioni per coltivazioni intercalari, né alle vendite di erbe di durata inferiore ad un anno, quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente ma soggetti a rotazione agraria, né ai contratti di affitto che, secondo gli usi locali, hanno durata inferiore all’annata agraria.

 

 

 

 

 

 

 

 

L. 203/1982 art.56

Contratti per i quali è esclusa l'applicazione della presente legge.

[co.1] Le disposizioni della presente legge non si applicano ai contratti agrari di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali né alle concessioni per coltivazioni intercalari né alle vendite di erbe di durata inferiore ad un anno quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente, ma soggetti a rotazione agraria.

L. 606/1966 art.4

[co.1] Le norme dell'articolo 1 non si applicano ai contratti di affitto che, secondo gli usi locali, hanno durata inferiore all'annata agraria.

Art.1.

Il contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto deve avere una durata non inferiore a quella del ciclo di rotazione colturale praticato nel fondo e comunque non inferiore a sei anni.

CAPO II

Della conduzione dell’impresa agricola associata

Sezione I

Dell’impresa agricola di coltivazione in forma associata

 

Articolo 107

(Contratti di mezzadria e di colonia ancora in corso)

1. I contratti associativi di mezzadria e di colonia parziaria non convertiti in affitto e ancora in corso in virtù di clausole legittimamente stipulate anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, sono regolati dalle disposizioni del presente Titolo e dalle discipline anteriori ad essi applicabili.

 

 

L. 203/1982 art.34

[co.1] Icontratti associativi previsti dall'articolo 25 che non vengono trasformati in affitto hanno la seguente durata:

a) sei anni sia nel caso in cui la conversione, pur sussistendone i requisiti ai sensi della presente legge, non abbia luogo per mancata richiesta delle parti sia nella ipotesi in cui la conversione stessa non possa aver luogo in presenza della causa di esclusione prevista dalla lettera a) dell'articolo 29;

b) dieci anni nel caso in cui la conversione, ancorché richiesta dal concessionario, non possa aver luogo in presenza della causa impeditiva prevista dall'articolo 31 ovvero in presenza della causa di esclusione prevista dalla lettera b) dell'articolo 29.

[co.2] In tutti i casi previsti dal comma precedente la durata è computata a far tempo dal termine dell'annata agraria successiva all'entrata in vigore della presente legge.

[co.3] Restano tuttavia valide le clausole contrattuali verbali o scritte che prevedano una più lunga durata del rapporto associativo. Sono altresì valide le clausole perfezionate con gli accordi di cui all'articolo 45.

[co.4] Ai contratti di cui al primo comma si applicano le norme sul recesso del contratto e sui casi di risoluzione di cui all'articolo 5.

 

 

2. Ai contratti associativi anche con clausola migliorataria che non siano stati convertiti e che siano ancora in corso si applicano le disposizioni di cui all’articolo 88, commi 2, 4, 5 e 7, e all'articolo 89.

 

3. Ai fini del decorso del termine quadriennale previsto per la richiesta di conversione di cui all’articolo 25 della legge 3 maggio 1982, n. 203, non si computa il periodo durante il quale sono pendenti giudizi di nullità, di annullamento, di risoluzione, di opposizione alla proroga dei contratti agrari associativi, nonché giudizi dinanzi ai tribunali amministrativi regionali. Ove tale quadriennio non sia ancora decorso, trova applicazione la disciplina in materia di conversione contenuta negli articoli 25, 26, da 28 a 33-bis e 37 della legge 3 maggio 1982, n. 203, e nella legge 14 febbraio 1990, n. 29, altrimenti da ritenere abrogata.

L. 203/1982

art.38 Rinvio.

[co.1] Ai contratti associativi anche con clausola migliorataria che non siano convertiti si applicano le disposizioni di cui al secondo, quarto, quinto e settimo comma dell'articolo 17 e all'articolo 20.

 

Art. 53 Rapporti regolati dalla presente legge.

[co.1] La presente legge si applica a tutti i rapporti, comunque in corso, anche se oggetto di controversie che non siano state definite con sentenza passata in giudicato, salvo che la sentenza sia già esecutiva, oppure con transazione stipulata in conformità al disposto dell'articolo 23 della legge 11 febbraio 1971, n. 11, ad eccezione di quanto previsto nel primo comma dell'articolo 42 della presente legge.

[co.2] Ai fini del decorso del termine quadriennale di cui al primo comma dell'articolo 25, non si computa il periodo durante il quale sono pendenti giudizi di nullità, di annullamento, di risoluzione, di opposizione alla proroga dei contratti agrari associativi nonché giudizi dinanzi ai tribunali amministrativi regionali.

 

segue articolo 107

 

4. Al concessionario di tali contratti associativi non convertiti in affitto e ancora in corso spetta un aumento della quota dei prodotti e degli utili alla quale ha diritto per legge, patto individuale, contratto collettivo o consuetudine, pari al 6 per cento della produzione lorda vendibile. Il concessionario del contratto di colonia ha diritto ad una quota non inferiore al 60 per cento della produzione lorda vendibile, sempreché partecipi a non meno del 50 per cento delle spese di conduzione, escluse quelle per la mano d’opera estranea309 .

 

5. Nei rapporti associativi ancora in corso per effetto della proroga di cui all’articolo 10 della legge 14 febbraio 1990, n. 29, per quanto non è espressamente disposto nel presente articolo, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi.

L. 203/1982 art. 37

Modificazioni della quota di riparto.

[co.1] Al mezzadro, colono, compartecipante o soccidario che non può ottenere, o che comunque non richiede, la conversione del contratto in affitto è riconosciuto un aumento della quota dei prodotti e degli utili alla quale ha diritto per legge, patto individuale, contratto collettivo o consuetudine, pari al sei per cento della produzione lorda vendibile.

[co.2] Nei casi previsti dal comma precedente, il colono, compartecipante o soccidario ha diritto ad una quota non inferiore al sessanta per cento della produzione lorda vendibile, sempreché partecipi o intenda partecipare a non meno del cinquanta per cento delle spese di conduzione, escluse quelle per la mano d'opera estranea.

c.c. art.2187 Usi.

[co.1] Nei rapporti di associazione agraria regolati dalle sezioni II [c.c. 2141], III [c.c. 2164] e IV [c.c. 2170] di questo capo, per quanto non è espressamente disposto, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi.

Articolo 108

(Forme associative di concedenti e di concessionari)

1. Qualora almeno tre concedenti, ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari, si siano associati tra loro per la conduzione in comune dei fondi concessi prima del 6 maggio 1982 a mezzadria, colonia o soccida, a tali forme associative si estendono i benefici previsti dalle vigenti norme a favore delle cooperative agricole costituite per la conduzione associata dei terreni.

2. La disposizione di cui al comma 1 si applica anche alle ipotesi di forme associative, costituite da non meno di tre membri, fra concedenti e concessionari che, avendo ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari o concedenti, si accordino tra loro per tale conduzione comune, oppure fra soli concessionari che abbiano ottenuto al riguardo il consenso dei loro concedenti.

3. Nei casi previsti dai commi primo e secondo deve essere in primo luogo garantita al concessionario una adeguata remunerazione per il lavoro prestato, pari quanto meno al trattamento minimo contrattuale per i salariati fissi specializzati. L’amministrazione della forma associativa compete congiuntamente a tutti i componenti la stessa, ove non sia diversamente disposto dall’atto costitutivo. Il concessionario ha comunque diritto di usufruire dell’abitazione in godimento all’atto della costituzione della forma associativa.

L. 203/1982 art. 36

Forme associative di concedenti e concessionari.

 

[co.1] Qualora almeno tre concedenti, ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari, si associno tra loro per la conduzione in comune dei fondi concessi prima dell'entrata in vigore della presente legge a mezzadria, colonia, compartecipazione o soccida, a tali forme associative si estendono i benefici previsti dalle vigenti norme a favore delle cooperative agricole costituite per la conduzione associata dei terreni.

 

 

[co.2] La disposizione di cui al comma precedente si applica anche alle ipotesi di forme associative, costituite da non meno di tre membri, fra concedenti o concessionari che, avendo ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari o concedenti, si accordino tra loro per tale conduzione comune, oppure fra soli concessionari che abbiano ottenuto al riguardo il consenso dei loro concedenti.

 

 

[co.3] Nei casi previsti dai commi precedenti deve essere in primo luogo garantita al concessionario una adeguata remunerazione per il lavoro prestato pari quanto meno al trattamento minimo contrattuale per i salariati fissi specializzati. L'amministrazione della forma associativa compete congiuntamente a tutti i componenti la stessa, ove non sia diversamente disposto dall'atto costitutivo. Il concessionario ha comunque diritto di usufruire dell'abitazione in godimento all'atto della costituzione della forma associativa.

 

Sezione II

Dell’impresa agricola di allevamento in forma associata

§ 1 – Della soccida – Disposizioni generali

 

Articolo 109

(Nozione)

1. Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l’allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di animali e per l’esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l’accrescimento degli animali e gli altri prodotti e utili che ne derivano.

2. L’accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che gli animali al termine del contratto.

 

 

c.c. art.2170. Nozione.

 

[co.1] Nella soccida il soccidante e il soccidario si associano per l'allevamento e lo sfruttamento di una certa quantità di bestiame e per l'esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano.

 

[co.2] L'accrescimento consiste tanto nei parti sopravvenuti, quanto nel maggior valore intrinseco che il bestiame abbia al termine del contratto.

§ 2 – Della soccida semplice

 

Articolo 110

(Nozione)

1. Nella soccida semplice gli animali sono conferiti dal soccidante.

2. La stima degli animali all’inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario.

3. La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l’età degli animali e il relativo prezzo

c.c. art.2171. Nozione.

 

[co.1] Nella soccida semplice il bestiame è conferito dal soccidante.

[co.2] La stima del bestiame all'inizio del contratto non ne trasferisce la proprietà al soccidario.

[co.3] La stima deve indicare il numero, la razza, la qualità, il sesso, il peso e l'età del bestiame e il relativo prezzo di mercato. La stima serve di base per determinare il prelevamento a cui ha diritto il soccidante alla fine del contratto, a norma dell'articolo 2181.

Articolo 111

(Durata del contatto)

1. Se nel contratto non è stabilito un termine, la soccida ha la durata di tre anni.

2. Alla scadenza del termine il contratto non cessa di diritto, e la parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta almeno sei mesi prima della scadenza o nel maggior termine fissato dalla convenzione o dagli usi.

3. Se non è data disdetta, il contratto s’intende rinnovato di anno in anno.

c.c. art. 2172. Durata del contratto.

 

[co.1] Se nel contratto non è stabilito un termine, la soccida ha la durata di tre anni.

[co.2] Alla scadenza del termine il contratto non cessa di diritto, e la parte che non intende rinnovarlo deve darne disdetta almeno sei mesi prima della scadenza o nel maggior termine fissato [dalle norme corporative,] dalla convenzione o dagli usi.

 

[co.3] Se non è data disdetta, il contratto s'intende rinnovato di anno in anno.

Articolo 112

(Direzione dell’impresa, assunzione di mano d’opera e obblighi del soccidario)

1. La direzione dell’impresa spetta al soccidante, il quale deve esercitarla secondo le regole della buona tecnica dell’allevamento.

2. La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la convenzione o gli usi la relativa spesa è posta a carico del soccidario.

3. Il soccidario deve prestare, secondo le direttive del soccidante, il lavoro occorrente per la custodia e l’allevamento del bestiame affidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario deposito.

4. Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore316

 

c.c. art.2173. Direzione dell'impresa e assunzione di mano d'opera.

[co.1] La direzione dell'impresa spetta al soccidante, il quale deve esercitarla secondo le regole della buona tecnica dell'allevamento.

[co.2] La scelta di prestatori di lavoro, estranei alla famiglia del soccidario, deve essere fatta col consenso del soccidante, anche quando secondo la convenzione o gli usi la relativa spesa è posta a carico del soccidario.

c.c. art.2174. Obblighi del soccidario.

[co.1] Il soccidario deve prestare, secondo le direttive del soccidante, il lavoro occorrente per la custodia e l'allevamento del bestiame affidatogli, per la lavorazione dei prodotti e per il trasporto sino ai luoghi di ordinario deposito.

 

[co.2] Il soccidario deve usare la diligenza del buon allevatore.

Articolo 113

(Degli animali conferiti)

1. Il soccidario non risponde degli animali bestiame che provi essere periti per causa a lui non imputabile, ma deve rendere conto delle parti recuperabili.

2. Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca la maggior parte degli animali inizialmente conferiti, per causa non imputabile al soccidario, questi può chiederne la reintegrazione con altri capi di valore intrinseco eguale a quello che i capi periti avevano all’inizio del contratto, tenuto conto del numero, della razza, della qualità, del sesso, del peso e dell’età.

3. Se il soccidante non provvede alla reintegrazione, il soccidario può recedere dal contratto.

 

4. Se la proprietà o il godimento degli animali dati a soccida viene trasferito ad altri, il contratto non si scioglie, e i crediti e i debiti del soccidante, derivanti dalla soccida, passano all’acquirente in proporzione della quota acquistata, salva per i debiti la responsabilità sussidiaria del soccidante.

5. Se il trasferimento riguarda la maggior parte del bestiame, il soccidario può, nel termine di un mese da quando ha avuto conoscenza del trasferimento, recedere dal contratto con effetto dalla fine dell’anno in corso.

 

c.c. art.2175. Perimento del bestiame.

[co.1] Il soccidario non risponde del bestiame che provi essere perito per causa a lui non imputabile, ma deve rendere conto delle parti recuperabili.

c.c. art.2176. Reintegrazione del bestiame conferito.

[co.1] Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca la maggior parte del bestiame inizialmente conferito, per causa non imputabile al soccidario, questi può chiederne la reintegrazione con altri capi di valore intrinseco eguale a quello che i capi periti avevano all'inizio del contratto, tenuto conto del numero, della razza, della qualità, del sesso, del peso e dell'età.

 

 

 

[co.2] Se il soccidante non provvede alla reintegrazione, il soccidario può recedere dal contratto.

 

c.c. art.2177. Trasferimento dei diritti sul bestiame.

[co.1] Se la proprietà o il godimento del bestiame dato a soccida viene trasferito ad altri, il contratto non si scioglie, e i crediti e i debiti del soccidante, derivanti dalla soccida, passano all'acquirente in proporzione della quota acquistata, salva per i debiti la responsabilità sussidiaria del soccidante.

 

 

[co.2] Se il trasferimento riguarda la maggior parte del bestiame, il soccidario può, nel termine di un mese da quando ha avuto conoscenza del trasferimento, recedere dal contratto con effetto dalla fine dell'anno in corso.

Articolo 114

(Accrescimenti, prodotti, utili e spese. Prelevamento e divisione al termine del contratto)

1. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite dalla convenzione o dagli usi.

2. E’ nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno.

 

 

3. Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima degli animali.

4. Il soccidante preleva, d’accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all’età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all’inizio della soccida. Il di più si divide a norma del primo comma321 .

5. Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono.

 

 

c.c. art.2178. Accrescimenti, prodotti, utili e spese.

 

[co.1] Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili e le spese si dividono tra le parti secondo le proporzioni stabilite [dalle norme corporative], dalla convenzione o dagli usi.

 

[co.2] È nullo il patto per il quale il soccidario debba sopportare nella perdita una parte maggiore di quella spettantegli nel guadagno.

c.c. art.2181. Prelevamento e divisione al termine del contratto.

[co.1] Al termine del contratto le parti procedono a nuova stima del bestiame [c.c. 2172].

[co.2] Il soccidante preleva, d'accordo con il soccidario, un complesso di capi che, avuto riguardo al numero, alla razza, al sesso, al peso, alla qualità e all'età, sia corrispondente alla consistenza del bestiame apportato all'inizio della soccida. Il di più si divide a norma dell'articolo 2178.

 

 

[co.3] Se non vi sono capi sufficienti ad eguagliare la stima iniziale, il soccidante prende quelli che rimangono.

 

Articolo 115

(Morte di una delle parti. Scioglimento del contratto)

1. La soccida non si scioglie per la morte del soccidante.

2. In caso di morte del soccidario la soccida si scioglie alla fine dell’anno agrario in corso, salvo che tra gli eredi del soccidario vi sia persona idonea a sostituirlo e i componenti della famiglia del soccidario si accordino nel designarla322 .

3. Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento, ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto, quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto.

 

c.c. art.2179. Morte di una delle parti.

 

[co.1] La soccida non si scioglie per la morte del soccidante.

 

[co.2] In caso di morte del soccidario si osservano, in quanto applicabili, nei riguardi degli eredi le disposizioni del secondo, terzo e quarto comma dell'articolo 2158.

 

 

c.c. art.2180. Scioglimento del contratto.

[co.1] Salve le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento, ciascuna delle parti può chiedere lo scioglimento del contratto, quando si verificano fatti tali da non consentire la prosecuzione del rapporto.

§ 3 – Della soccida parziaria

 

Articolo 116

(Degli animali conferiti)

 

1. Nella soccida parziaria gli animali sono conferiti da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute.

2. Essi divengono comproprietari degli animali in proporzione del rispettivo conferimento.

 

3. Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca per causa non imputabile al soccidario la maggior parte degli animali inizialmente conferiti, e i contraenti non si accordino per la reintegrazione, ciascuno di essi ha diritto di recedere dal contratto.

4.   Salvo diverso accordo delle parti, il recesso ha effetto con la fine dell’anno in corso.

5. Il bestiame rimasto è diviso fra le parti nella proporzione indicata nell’articolo 117.

6. Se è convenuto che nella divisione degli animali da farsi alla scadenza del contratto sia attribuita ad uno dei contraenti una quota maggiore di quella corrispondente al suo conferimento, tale quota deve essere ridotta in rapporto alla minore durata della soccida.

 

c.c. art.2182. Conferimento del bestiame.

 

[co.1] Nella soccida parziaria il bestiame è conferito da entrambi i contraenti nelle proporzioni convenute.

 

[co.2] Essi divengono comproprietari del bestiame in proporzione del rispettivo conferimento.

c.c. art.183. Reintegrazione del bestiame conferito.

[co.1] Nella soccida stipulata per un tempo non inferiore a tre anni, qualora durante la prima metà del periodo contrattuale perisca per causa non imputabile al soccidario la maggior parte del bestiame inizialmente conferito, e i contraenti non si accordino per la reintegrazione, ciascuno di essi ha diritto di recedere dal contratto.

 

[co.2] Salvo diverso accordo delle parti, il recesso ha effetto con la fine dell'anno in corso.

Il bestiame rimasto è diviso fra le parti nella proporzione indicata nell'articolo 2184.

[co.3] Se è convenuto che nella divisione del bestiame da farsi alla scadenza del contratto sia attribuita ad uno dei contraenti una quota maggiore di quella corrispondente al suo conferimento, tale quota deve essere ridotta in rapporto alla minor durata della soccida.

Articolo 117

Divisione degli animali, dei prodotti e degli utili)

1. Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, gli animali conferiti si dividono nella proporzione stabilita dalla convenzione o dagli usi.

c.c. art.2184. Divisione del bestiame, dei prodotti e degli utili.

 

[co.1] Gli accrescimenti, i prodotti, gli utili, le spese e, al termine del contratto, il bestiame conferito si dividono nella proporzione stabilita [dalle norme corporative], dalla convenzione o dagli usi.

Articolo 118

(Rinvio)

1. Per quanto non è disposto dagli articoli precedenti, si applicano alla soccida parziaria le disposizioni relative alla soccida semplice327 .

c.c. art.2185. Rinvio.

 

[co.1] Per quanto non è disposto dagli articoli precedenti, si applicano alla soccida parziaria le disposizioni relative alla soccida semplice.

§ 4 – Della soccida con conferimento di pascolo

 

 

Articolo 119

(Nozione e norme applicabili)

1. Si ha rapporto di soccida anche quando gli animali sono conferiti dal soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo.

2. In tal caso il soccidario ha la direzione dell’impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione.

3. Si osservano inoltre le disposizioni dell’articolo 118 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice.

c.c. art.2186. Nozione e norme applicabili.

 

[co.1] Si ha rapporto di soccida anche quando il bestiame è conferito dal soccidario e il soccidante conferisce il terreno per il pascolo.

[co.2] In tal caso il soccidario ha la direzione dell'impresa e al soccidante spetta il controllo della gestione.

 

[co.3] Si osservano inoltre le disposizioni dell'articolo 2184 e, in quanto applicabili, quelle dettate per la soccida semplice.

§ 5 – Disposizione finale

 

Articolo 120

(Rapporti di soccida: disposizione finale)

1. Nei rapporti di associazione di allevamento, per quanto non è espressamente disposto da questo Capo, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi.

c.c. art.2187. Usi.

 

[co.1] Nei rapporti di associazione agraria regolati dalle sezioni II [c.c. 2141], III [c.c. 2164] e IV [c.c. 2170] di questo capo, per quanto non è espressamente disposto, si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi.

Capo III
Dei contratti agrari di tipo enfiteutico

 

Articolo 121

(Riconduzione dei contratti agrari di tipo enfiteutico a contratti di godimento

personale di fondi rustici. Estinzione)

 

1. I diritti dei concedenti dei contratti agrari di tipo enfiteutico come già definiti dalle leggi 25 febbraio 1963, n. 327, e 22 luglio 1966, n. 607, sono convertiti nel diritto di credito di cui al comma 2.

 

 

 

 

 

 

2. I titolari dei diritti di cui al comma 1 divengono creditori degli attuali concessionari di contratti agrari di tipo enfiteutico, di una somma corrispondente a 20 volte il canone annuo che, ai sensi delle vigenti leggi, sia dovuto alla data di entrata in vigore del decreto legislativo di riordino sulla materia dell’agricoltura di cui alla legge delega 28 novembre 2005 n. 246. Il credito deve essere estinto entro un anno dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo di riordino e si prescrive nei due anni successivi.

 

 

 

 

3. Gli uffici catastali e quelli dei registri immobiliari cancelleranno, entro tre anni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo di riordino, ogni intestazione riguardante i diritti di cui al comma primo. Le trascrizioni dei diritti di cui al comma 1 si intendono comunque cancellate dopo tre anni dall’entrata in vigore del presente decreto legislativo di riordino.

Le norme sono nuove e sono volte alla eliminazione definitiva dei contratti di tipo enfiteutico; è pertanto anche abrogata la legge 3//1974.

L. n. 3/1974

Norme integrative ed interpretative della L. 15 febbraio 1958, n. 74, sui livelli veneti.

(La legge 74/1958 è stata abrogta dal D.L. 112/2008)

Art.1

[co.1] I diritti dei concedenti o direttari relativi ai rapporti regolati dalla legge 15 febbraio 1958, n. 74 (3), nonché quelli relativi ad altre prestazioni fondiarie perpetue, sono convertiti nel diritto di credito di cui all'articolo 2 della presente legge e salvo quanto disposto dal successivo articolo 3.

 [co.2] Sono parimenti convertiti nel diritto di credito di cui all'articolo 2 della presente legge e salvo il disposto del successivo articolo 3 i canoni sinora dovuti dai proprietari di fondi situati nelle province venete a titolo di decime, quartesi ed altre prestazioni fondiarie perpetue.

Art.2

[co.1] I titolari dei diritti di cui all'articolo precedente divengono creditori degli attuali proprietari utilisti di una somma corrispondente a 20 volte il canone annuo che, ai sensi delle vigenti leggi, sia dovuto per l'anno 1970. Il credito deve essere estinto entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge e si prescrive nei due anni successivi.

Art.3

[co.1] I proprietari utilisti che non intendono assumere il debito di cui all'articolo precedente debbono darne notizia alla controparte a prestarsi entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge all'atto di ricognizione di cui all'articolo 969 del codice civile. In tal caso i diritti indicati nell'articolo 1 sono regolati dalle disposizioni sull'enfiteusi contenute negli articoli 957 e seguenti del codice civile e successive disposizioni in materia.

Art.4

Gli uffici catastali e quelli dei registri immobiliari cancelleranno, entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, ogni intestazione riguardante i diritti di cui all'articolo 1, salvo che non sia prodotto l'atto di ricognizione di cui all'articolo 3. Le trascrizioni dei diritti di cui all'articolo 1 si intendono comunque cancellate dopo tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, salvo che non sia prodotto l'atto di ricognizione di cui all'articolo 3.

 

L’affitto di fondi rustici

Le disposizioni generali sull'affitto di fondi rustici sono comprese negli articoli da 68 a 77, i quali costituiscono la Sezione I del Capo I del Titolo V dello schema di decreto legislativo in oggetto.

 

L'articolo 68 (Inderogabilità delle norme), che sostanzialmente riproduce il contenuto dell'articolo 58 della legge n. 203 del 3 maggio 1982 (Norme sui contratti agrari), afferma l'inderogabilità delle norme previste nella suddetta Sezione I e nella seguente Sezione II (dedicata all'affitto a coltivatore diretto), eccettuati alcuni casi trattati dai successivi articoli 69 e 70 e salvo quanto diversamente ed espressamente stabilito da altra legge. Inoltre l'articolo 68,al comma 2, dichiara nulle le convenzioni contrastanti con le norme recate dalle suddette Sezione I e Sezione II, e al comma 3 abroga le disposizioni di leggi vigenti alla data del 6 maggio 1982 (in pratica, anteriori alla legge n. 203 del 1982) che risultassero incompatibili.

 

L'articolo 69 (Rinunce, transazioni e accordi in deroga), che accorpa i primi tre commi dell'articolo 23 della legge n. 11 del 1971 (Nuova disciplina dell'affitto di fondi rustici), modificato dall'articolo n. 45 della legge n. 203 del 1982, torna indirettamente sulla questione dell'inderogabilità delle norme di cui sopra. Il comma 1, infatti, nega validità alle rinunce e alle transazioni aventi per oggetto i diritti dell'affittuario che sia coltivatore diretto (ovvero della sua impresa familiare coltivatrice) mentre il comma 2 regola eventuali impugnazioni. Il comma 3 invece riconosce validità -anche in deroga alle norme in materia di contratti agrari- agli accordi tra le parti stipulati con l'assistenza delle rispettive organizzazioni professionali agricole nazionali principali e alle transazioni che avvengono davanti al giudice competente. Il comma 5 consente altresì alle organizzazioni professionali agricole di stringere accordi collettivi in materia di contratti agrari. Il comma 4, infine,reca una serie di divieti di stipulare. Essi riguardano i contratti di mezzadria, colonia parziaria e compartecipazione agraria tranne quelli stagionali e di soccida. Il comma 4, in ogni caso, proibisce di versare somme a titolo di buona entrata.

 

La soccida, di cui si riparlerà ampiamente più avanti poiché è la materia del Capo II, Sezione II, del presente provvedimento, è un contratto intercorrente tra due soggetti detti soccidante e soccidario, i quali si associano per allevare e sfruttare una certa quantità di animali e per l'esercizio delle attività connesse, al fine di ripartire l'accrescimento del bestiame e gli altri prodotti e utili che ne derivano. Esistono varie tipologie di soccida, come si vedrà in dettaglio.

 

L'articolo 70 (Contratti relativi a fondi rustici di università e di istituti scolastici per l’agricoltura) disciplina una particolare categoria di fondi rustici, ossia quelli delle aziende agrarie annesse ad università e ad istituti scolastici per l'agricoltura. Riprendendo una parte dell'articolo 22 della legge n. 11 del 1971, modificato dall'articolo 51 della legge n. 203 del 1982, attribuisce validità alle speciali clausole funzionali alle attività di ricerca, didattiche e scientifiche cui tali fondi rustici sono destinati.

 

L'articolo 71 (Risoluzione per grave inadempimento) vertesulla risoluzione del contratto di affitto per colpevole inadempimento. La norma, la quale riformula i commi 2 e 3 dell'articolo 5 della legge n. 203 del 1982 (peraltro senza più fare riferimento alla figura del “coltivatore diretto” invece espressamente citata nella norma originaria) parla di “grave inadempimento contrattuale”, che può configurarsi rispetto agli obblighi di pagamento del canone, in situazioni di cattiva gestione del fondo rustico e delle attrezzature relative, nonché in casi di subaffitto o di subconcessione, dei quali ultimi si occupa pure il successivo articolo 72. La nota che accompagna la norma spiega che si è omesso il riferimento al “coltivatore diretto” in quanto l'articolo 23 della legge n. 203, nel disporre quali norme dell'affitto a coltivatore diretto si applichino al conduttore, rinvia proprio all'articolo 5 qui riformulato.

 

L'articolo non contiene indicazioni sui livelli di morosità tali da integrare il “grave inadempimento”, mentre l'articolo 5 della legge n. 203 del 1982, dopo i richiamati commi 2 e 3, presentava un comma 4 dove si chiariva che ai fini della pronunzia di risoluzione del contratto il mancato pagamento del canone doveva ammontare ad almeno una annualità. Tuttavia provvede a ciò l'articolo 84, comma 1, del provvedimento in esame, che recepisce il criterio adottato dalla legge del 1982.

 

La procedura di contestazione dell'inadempimento contrattuale deve cominciare mediante invio da parte del concedente all'altra parte di una lettera raccomandata con avviso di ricevimento. Non si può ricorrere all'autorità giudiziaria prima di avere compiuto questo passo. Il ricevente ha facoltà di provvedere e, qualora ottemperi alle richieste del concedente entro tre mesi, il contratto non viene risolto.

 

La risoluzione di un contratto, naturalmente, può avvenire anche per motivi del tutto diversi dal comportamento dell'affittuario e persino contro la sua volontà, originando anzi un diritto di quest'ultimo a percepire un equo indennizzo. Di tutto ciò si occupa l'articolo 73.

 

L'articolo 72 (Subaffitto e subconcessione),che unisce elementi dell'articolo 21 della legge n. 203 ad altri che sono tratti dall'articolo 21 della legge n. 11 del 1971, vieta i contratti di subaffitto, sublocazione e subconcessione di fondi rustici.

 

Si segnala che in una nota a margine dell'articolato l'estensore scrive doversi ritenere “implicitamente abrogata l'ipotesi” -espressamente formulata dall'articolo 12 della legge n.11- di cessione del contratto “dall'affittuario ad uno o più componenti della propria famiglia, anche senza il consenso del locatore” a condizione che sia continuata dal cessionario la diretta coltivazione del fondo. C'è da domandarsi se la suddetta interpretazione autentica sia sufficiente ai fini di una pacifica abrogazione implicita della norma.

 

Analogamente a quanto fanno le norme attualmente vigenti, si precisa che le relative violazioni possono essere fatte valere soltanto dal locatore, entro un termine fissato in quattro mesi dalla data in cui egli ne sia venuto a conoscenza. Si ribadisce pure che qualora il locatore non si avvalga della predetta possibilità, il subaffittuario o il subconcessionario possono subentrare nella posizione giuridica rispettivamente dell'affittuario e del concessionario. Nel caso in cui il locatore faccia valere i propri diritti, la facoltà per il subaffittuario o per il subconcessionario di subentrare è limitata a tre annate agrarie a partire dalla scadenza di quella in corso e, comunque, ad una durata la quale non può superare quella del contratto originario. In materia di subconcessione di terreni l'articolo in esame, in linea conl'articolo 21 della legge n. 11,la ammette da parte delle cooperative di coltivatori in favore dei loro soci.

 

E' opportuno ricordare che la vigente legge n. 203 del 1982, all'articolo 7, equipara ai coltivatori diretti “ le cooperative costituite dai lavoratori agricoli e i gruppi di coltivatori diretti, riuniti in forme associate, che si propongono e attuano la coltivazione diretta dei fondi”.

 

L'articolo 73 (Risoluzione incolpevole indennizzo a favore dell'affittuario) riguarda le risoluzioni di contratto in ordine alle quali l'affittuario sia incolpevole e, ponendosi sulla falsarigadell'articolo 43 della legge n. 203 del 1982, innanzi tutto dichiara il diritto dell'affittuario a ricevere nelle suddette evenienze un equo indennizzo. In mancanza di accordo tra le parti, l'entità dell'indennizzo è fissata dal giudice, il quale si atterrà ad alcuni parametri delineati nel comma 2 dell'articolo. Il successivo comma 3 a sua volta pone una soglia massima ed una soglia minima all'ammontare dell'indennizzo. Il comma 4 chiarisce che l'indennizzo non compete in caso di recesso unilaterale da parte del concessionario né di cessazione del contratto alla sua naturale scadenza. Il conduttore, a propria tutela, ha diritto di ritenzione del fondo sino alla corresponsione dell'indennizzo a lui spettante.

 

L’articolo 74 (Terreni oggetto di concessione edilizia. Fondi rustici oggetto di esproprio per pubblica utilità)concerne gli affitti di terreni soggetti a utilizzazione diversa da quella agricola -vale a dire, nella maggioranza dei casi, i terreni soggetti a concessione edilizia- ed i fondi rustici oggetto di esproprio per pubblica utilità.

 

La rubrica dell'articolo 74 è: Terreni oggetto di concessione edilizia. Fondi rustici oggetto di esproprio per pubblica utilità. E' il comma 1 dell'articolo stesso, però, a parlare di terreni che “in conformità a strumenti urbanistici vigenti, siano soggetti a utilizzazione diversa da quella agricola”, e non di “concessione edilizia”, locuzione che ricompare solamente al comma 7, a proposito di decorrenza dei termini. Il testo dell'articolo in gran parte copia pedissequamente l'articolo 50 della legge n. 203 del 1982 (quest'ultimo, rubricato con la dizione: Terreni oggetto di concessione edilizia) e con ogni probabilità questo è il motivo per il quale presenta l'oscillazione terminologica che si leggeva anche nella norma originaria.

 

La norma consente al proprietario o all'avente titolo che abbia ottenuto la concessione di ottenere il rilascio dell'area necessaria, fissa le modalità di presentazione della richiesta -della quale occorre inviare copia all'ispettorato provinciale dell'agricoltura, al quale compete la stima delle colture in atto e delle opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali compiute - e riconosce all'affittuario il diritto ad un indennizzo.

 

L'individuazione del tipo di opere che devono essere prese in considerazione nella stima è chiara grazie ad un riferimento all'articolo 87, comma 1, dello schema di decreto legislativo in esame. Quanto alla determinazione dell'indennizzo, il comma 5 si richiama esplicitamente all'articolo 88 dell'atto del Governo n. 164. Tale riferimento conduce necessariamente al comma 2 dell'articolo 88, dove è scritto che l'affittuario il quale ha eseguito le opere di cui all'articolo 87, comma 1, ha diritto “ad una indennità corrispondente all'aumento del valore di mercato conseguito dal fondo a seguito dei miglioramenti da lui effettuati e quale risultante al momento della cessazione del rapporto, con riferimento al valore attuale di mercato del fondo non trasformato”.

Invece, l'articolo 50 della legge n. 203 citata parificava l'indennizzo per il rilascio dell'area a quello previsto in tutti casi di risoluzione incolpevole di contratti di affitto, mediante rimando all'articolo 43 della legge medesima.

 

Tornando all'atto del Governo n. 164, si osserva che l'indennizzo ivi previsto per la risoluzione incolpevole del contratto di affitto “tiene conto della produttività del fondo, degli anni per i quali il rapporto sarebbe dovuto proseguire e di tutti gli altri elementi ricorrenti nella specie” (articolo 73, comma 2). Pertanto si deve concludere che l'indennizzo (o indennità) di cui all'articolo 74 è calcolato in maniera diversa dall'indennizzo di cui all'articolo 73, e che la differenza introdotta rappresenta una novità sostanziale rispetto alla normativa vigente.

 

Ai sensi del comma 5 l'affittuario ha la facoltà di chiedere, in alternativa, l'indennità aggiuntiva prevista dalla legislazione sull'espropriazione per pubblica utilità, con la maggiorazione stabilita per il caso di cessione volontaria.

 

In tal modo, si modifica il corrispondente quinto capoverso dell'articolo 50 della legge n. 203 del 1982 il quale, facendo riferimento all'articolo 17, comma 2, della legge n. 865 del 1971, parlava di maggiorazione del cinquanta per cento. La modifica è stata apportata per tenere conto del sopravvenuto decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità).

Si segnala altresì che nell'articolo in esame il soggetto titolato ad essere indennizzato è chiamato “affittuario” (comma 4 e comma 9) oppure “affittuario coltivatore diretto” (comma 5). Nell'articolo 50 della legge n. 203 del 1982, diversamente, l'indennizzo spettava “al conduttore, concessionario o mezzadro (quarto capoverso) ed era “in facoltà dell'affittuario coltivatore diretto, mezzadro, colono o compartecipante” richiedere piuttosto le indennità previste dalla normativa sulle espropriazioni per pubblica utilità. Sebbene mezzadria e colonia parziaria siano destinate a venire meno progressivamente per effetto del divieto di stipulare contratti di tale specie posto dal comma 4 dell'articolo 69, si tratta di figure ancora esistenti, come attesta l'articolo 107 dello stesso atto del Governo n. 164, sicché il cambiamento terminologico pare suscettibile di produrre effetti negativi sulle categorie di lavoratori non compresi nell'articolo 74 dell'attuale schema di decreto legislativo.

 

Il nono e ultimo comma tiene ferme, anche per quanto attiene agli indennizzi, le vigenti norme in materia di espropriazione per pubblica utilità (ossia il citato testo unico del D.P.R. 8 giugno 2001 e successive modifiche). Attingendo dall'articolo 1638 del codice civile, in caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato, il comma 9 dà all'affittuario il diritto di ottenere dal locatore la parte di indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto.

 

Si anticipa che la medesima disposizione sul diritto dell'affittuario in caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato riappare all'articolo 103 dello schema di decreto legislativo sottoposto a parere parlamentare.

 

L'articolo 75 (Successione nel contratto per causa di morte)affronta il caso di morte del concedente (comma 1) e quello di morte dell'affittuario (comma 2), due ipotesi le quali producono effetti diversi sul contratto. Il comma 1, ripete senza variazioni il testo dell'articolo 49, comma 3, della legge n. 203 del 1982: la morte del concedente non scioglie il contratto agrario. La morte dell'affittuario, ipotizzata al comma 2, invece comporta lo scioglimento del contratto al termine dell'annata agraria in corso, a meno che tra gli eredi del defunto non vi sia una persona qualificata che abbia già esercitato attività agricola e continui ad esercitarla.

 

Si rileva che la formulazione del comma 2 in merito ai requisiti che il successore dell'affittuario defunto dovrebbe possedere si discosta dall'articolo 49, comma 4, della legge n. 203 del 1982 cui pure si ispira. Infatti, il comma 2legittimail subentro da parte “di coltivatore diretto o di imprenditore agricolo professionale”ma esclude mezzadri, coloni, compartecipanti e soccidari.

 

Nelle note illustrative all'articolato redatte dal Governo si legge che sarebbe stato “inutile” menzionare mezzadri, coloni, compartecipanti e soccidari “perché tali contratti dovrebbero essere ormai esauriti”.

Vero è che, come si è già avuto modo di rilevare, l'articolo 69, comma 4, vieta di stipulare contratti di mezzadria, colonia parziaria e compartecipazione agraria, tuttavia si è visto pure che questa misura non si applica ai contratti di soccida (e a quelli stagionali). Più in generale, nel Capo II del Titolo V del presente provvedimento la soccida è considerata tutt'altro che estinta, tanto che ad essa è dedicata una Sezione composta da una dozzina di articoli. Circa la mezzadria e la colonia, l'articolo 107, che ha cinque commi, è rubricato: Contratti di mezzadria e di colonia ancora in corso.

Può darsi allora che l'atto del Governo sia stato influenzato su questo punto dalla giurisprudenza della Cassazione, dato che nelle medesime note illustrative all'articolo 75viene citata la sentenza n. 8214/2002, la quale haaffermato che l'articolo 49 della legge n. 203 del 1982 vale per l'affittuario coltivatore diretto. Si osserva in proposito che l'articolo 6 della legge n. 203 definisce “affittuari coltivatori diretti” coloro che “coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell'impiego di macchine agricole”.

 

La norma di cui all’articolo 76 interviene sulla Forma del contratto di affitto dei fondi rustici.

Il comma 1 recepisce l'articolo 41 della legge n. 203 del 1982, secondo la quale i contratti agrari di durata superiore a nove anni conclusi con coltivatori diretti sono validi e hanno effetto nei confronti di terzi anche se sono verbali e non trascritti, recando però un'importante inciso: la disposizione proposta, a differenza della norma vigente, si applicherebbe ai contratti “conclusi con coltivatori diretti”. Sembra doversi intendere perciò che secondo l'articolo 76, comma 1, i contratti più brevi di nove anni stipulati con coltivatori diretti siano validi ed abbiano effetti nei confronti di terzi soltanto a condizione di essere scritti.

Il comma 2 riproduce il dettame dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 606 del 1966, imponendo che il contratto concluso con un conduttore il quale non sia coltivatore diretto debba essere provato in forma scritta.

 

Le note che accompagnano l'articolo 76spiegano che in sede di redazione della norma sono state ponderate alcune questioni interpretative sull'ambito di applicazione dell'articolo 41 della legge n. 203 del 1982 -in particolare, se esso di fatto non avesse reso obsoleto l'articolo 3, comma 1, della legge n. 606 1966, vista la differenza tra le due statuizioni- le quali in passato erano state prese in considerazione dalla dottrina ed erano state esaminate anche dalla giurisprudenza, e si è deciso di conformarsi agli orientamenti di quest'ultima.

 

L'articolo 77 (Province autonome di Trento e di Bolzano e Regioni a statuto speciale) interessale province autonome di Trento e di Bolzano e le regioni a statuto speciale. L'articolo è modellato sulle linee dell'articolo 57 della legge n. 203 del 1982, ma differisce nel contenuto. Infatti il comma 1, come la norma datata 1982, equipara alle regioni le province autonome di Trento e di Bolzano facendo inoltre salve le loro speciali competenze, ma la suddetta equiparazione viene estesa all'intera materia dei contratti agrari regolata nel Titolo V dell'atto del Governo n. 164 e dunque non si restringe più alla disciplina recata dalla legge n. 203. Stesso discorso per il comma 2 dell'articolo 77 laddove, ferma restando la priorità accordata alla legislazione provinciale di Trento e di Bolzano si prevede stavolta che, in difetto della stessa, ad applicarsi sia il presente Titolo V (e non soltanto la legge pur basilare legge n. 203 del 1982).

 

Alcuni decenni fa, un famoso caso di conflitto tra normativa di provincia autonoma e normativa statale si verificò a proposito dei masi chiusi. Una sentenza della Corte costituzionale, la n. 35/1972, dichiarò l'illegittimità costituzionale della legge n. 11 del 1971 nella parte in cui essa disciplinava anche i contratti di affitto relativi ai masi chiusi, di cui al testo unico 7 febbraio 1962, approvato con decreto del Presidente della Provincia di Bolzano.

 

Per quanto riguarda le regioni a statuto speciale, il comma 1 dell'articolo 77 salvaguarda le loro speciali competenze.

Affitto a coltivatore diretto

Il comma 1 dell’articolo 78 (Durata minima e massima dell'affitto) stabilisce che la durata minima del contratto di affitto di fondi rustici è di quindici anni. Esso accorpa le disposizioni sulla durata minima relative a contratti di affitto a coltivatore diretto e a conduttore non coltivatore, recate rispettivamente dall'articolo 1 a legge n. 203 del 1982 (Norme sui contratti agrari) e dall'articolo 17 della legge n. 11 del 1971 (Nuova disciplina dell'affitto di fondi rustici). Le norme citate fissavano, in entrambi i casi, la durata minima del contratto a quindici anni.

Il comma 2 opera un rinvio all'articolo 1573 del codice civile il quale fissa la durata massima della locazione a trenta anni.

 

Il comma 1 dell’articolo 79 (Altre ipotesi di durata: l'affitto particellare, i terreni montani destinati all'alpeggio; i fondi destinati al rimboschimento) contienedisposizioni in materia di "affitto particellare", cioè uno o più appezzamenti di terreno, non costituenti, neppure insieme ad altri fondi condotti da affittuario, "un'unità produttiva idonea". La norma, in particolare, stabilisce la possibilità, da parte delle regioni, di ridurre di sei anni la durata minima dei contratti di affitto, stipulati in territori montani a decorrere dal 6 maggio 1982 (data di entrata in vigore della legge n. 203 del 1982, da cui la norma è tratta), quando i fondi oggetto del contratto non costituiscano un'unità produttiva idonea ai sensi del successivo comma 2.

Occorre osservare che la norma in commento fa riferimento alla delimitazione dei territori montani contenuta nella legge 3 dicembre 1971, n. 1102 (Nuove norme per lo sviluppo della montagna). Le disposizioni circa la "classifica e ripartizione dei territori montani" recate dall'articolo 3 della suddetta legge n. 1102 sono state abrogate dalla legge sull'ordinamento degli enti locali (legge 8 giugno 1990, n. 142) a sua volta confluita nel testo unico degli enti locali contenuto nel decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267. Occorre comunque precisare che la classificazione dei territori montani recata dall'abrogato articolo 3 della legge n. 1102 rimanda alla classificazione dei territori montani operata dalla legge 25 luglio 1952, n. 991 (Provvedimenti in favore dei territori montani), tuttora vigente in quanto inserita nel decreto legislativo n. 179 del 2009, recante "Disposizioni legislative statali anteriori al 1° gennaio 1970 di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore". La possibilità che nei territori così classificati non ricadano effettivamente comunità montane, oggetto di successivi interventi normativi, giustifica l'inserimento dell'inciso "laddove esistenti" riferito alle stesse comunità montane, chiamate ad esprimere parere in ordine ai provvedimenti delle regioni in materia di riduzione di durata degli affitti di fondi montani che non costituiscono unità produttiva idonea.

I commi 2 e 3 definiscono la nozione di unità produttiva idonea quale unità idonea a consentire, per condizioni obiettive di redditività o produttività, la formazione di una impresa agricola valida sotto il profilo tecnico ed economico. Si deve ricordare che tale definizione è frutto di adattamento di analoga disposizione (articolo 31 della legge n. 203 del 1982) che si riferiva ai contratti associativi (di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione e di soccida) sui quali interviene il capo II del presente Titolo V dello schema di decreto. Dalla norma originaria sono stati quindi espunti i riferimenti a tali contratti. In caso di disaccordo tra le parti, è l'ispettorato provinciale dell'agricoltura, competente per territorio, a dichiarare l'idoneità dell'unità produttiva (comma 4).

Il comma 5 dispone una durata minima di sei anni per i contratti di affitto di terreni montani destinati ad alpeggio, riprendendo quanto previsto dall'articolo 52 della legge n. 203 e il comma 6 dispone una durata massima di 99 anni per i contratti relativi a fondi rustici destinati a rimboschimento, riproducendo la norma recata dall'articolo 1629 del codice civile.

 

L’articolo 80 (Rinnovazione tacita o recesso) con il comma 1 dispone in ordine alla rinnovazione tacita dei contratti di affitto. Esso riprende analoga norma contenuta nell'articolo 4 della legge n. 203 del 1982, riferita all'affitto ordinario e a quello particellare. La formulazione del presente comma implica l'estensione di tale disciplina ai terreni destinati all'alpeggio, di cui al precedente articolo 79, comma 5. La disdetta del contratto dal parte del locatore deve essere comunicata con lettera raccomandata con avviso di ricevimento almeno un anno prima della scadenza del contratto stesso; l'intenzione di recedere da parte dell'affittuario viene comunicata con le stesse modalità almeno un anno prima della scadenza dell'annata agraria (commi 2 e 3).

 

Occorre osservare che le presenti norme accorpano precedenti disposizioni relative all'affittuario coltivatore diretto e all'affittuario non coltivatore recate da diverse fonti normative. Se le norme relative al coltivatore diretto originano dalla più volte menzionata legge n. 203 del 1982, le disposizioni relative all'affitto a conduttori non coltivatori diretti sono recate dalla legge n. 606 del 1966 ("Disposizioni in materia di affitto a conduttori non coltivatori diretti"), inserita nell'elenco degli atti normativi antecedenti al 1970 di cui si ritiene necessario il mantenimento dal decreto legislativo n. 179 del 2009.

 

Il comma 4 stabilisce che per l'affitto a misura ovvero a corpo con l'indicazione della misura, in caso di difetto o eccesso dell'estensione del fondo rispetto alla misura indicata, i diritti e le obbligazioni delle parti sono determinati ai sensi degli articoli 1537 e 1538 del codice civile. In particolare l'articolo 1537 dispone in ordine alla vendita a misura, stabilendo che se la misura risulta superiore a quella indicata nel contratto, il compratore deve corrispondere il supplemento del prezzo, ma ha facoltà di recedere dal contratto qualora l'eccedenza oltrepassi la ventesima parte della misura dichiarata. L'articolo 1538 stabilisce che, nei casi di vendita a corpo con indicazione della misura, non si fa luogo a diminuzione o a supplemento di prezzo, salvo che la misura reale sia inferiore o superiore di un ventesimo rispetto a quella indicata nel contratto. Nel caso in cui dovrebbe pagarsi un supplemento di prezzo, il compratore ha la scelta di recedere dal contratto o di corrispondere il supplemento.

 

L'articolo 81 (Rapporti fra gli affittuari uscente e subentrante) in commento, riproducendo sostanzialmente l'articolo 1646 del codice civile, stabilisce che l'affittuario uscente deve mettere a disposizione di chi gli subentra nella coltivazione i locali e le strutture per i lavori dell'anno successivo. Ai sensi del comma 2, perl'ulteriore determinazione dei rapporti tra l'affittuario uscente e subentrante si osservano gli usi locali.

 

Rispetto alla norma recata dal codice si omette un riferimento all'abrogato ordinamento corporativistico.

 

L'articolo 82 (Diritto di prelazione in caso di nuovo affitto) riproduce una norma della legge n. 203 del 1982, l'articolo 4-bis, inserita dal decreto legislativo 18 maggio 2001 n. 228 recante "Orientamento e modernizzazione del settore agricolo". In particolare il comma 3 stabilisce che il conduttore ha diritto di prelazione quando offre condizioni uguali a quelle comunicate dal locatore, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, almeno novanta giorni prima della scadenza del contratto (naturale o pattuita). Tale comunicazione, prevista dal comma 1, concerne le offerte ricevute dal locatore che intende concedere in affitto a terzi. Tali offerte possono avere ad oggetto anche proposte di affitto definite dal locatore o dai terzi i sensi dell'articolo 69, comma 3 (transazioni mediante organizzazioni), alla cui scheda si rimanda.

Il comma 4 stabilisce che se il locatore ha concesso il fondo in affitto a terzi, entro sei mesi dalla scadenza del contratto, senza ottemperare i doveri di comunicazione al conduttore qui sopra ricordate o a condizioni più favorevoli di quelle comunicate al conduttore, quest'ultimo mantiene un diritto di prelazione per effetto del quale si instaura un nuovo rapporto di affitto alle medesime condizioni del contratto concluso con il terzo.

 

Il comma 1 dell’articolo 83 (Determinazione del canone. Divieto di regalie. Pagamenti senza titolo. Adempimenti mediante deposito) stabilisce che il canone è liberamente stabilito dalle parti. Tale norma implica l'eliminazione della disciplina sul canone legale per l'affitto di fondi rustici, conseguente alle pronunce della Corte costituzionale 5 luglio 2002, n. 318 e 28 ottobre 2004, n. 315.

La citata sentenza n. 315 ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’articolo 14, secondo comma, secondo e terzo periodo, della legge 3 maggio 1982, n. 203. Tale disposizione, infatti, nel dettare i criteri per la determinazione del canone per i contratti di affitto di fondi rustici riguardanti i territori del catasto derivante dall’ex catasto austro-ungarico, faceva riferimento ad meccanismo di determinazione dell’equo canone – fondato sulle tabelle di cui alla legge n. 567 del 1962, a loro volta formate prendendo a base i redditi dominicali determinati a norma del regio decreto-legge n. 589 del 1939 – che la Corte ha ritenuto abbia perso qualsiasi idoneità a rappresentare le effettive e diverse caratteristiche dei terreni agricoli, cosicché non poteva sicuramente essere posto a base di una disciplina dei contratti agrari rispettosa della garanzia costituzionale della proprietà terriera privata e tale da soddisfare, nello stesso tempo, la finalità della instaurazione di equi rapporti sociali, imposta dall’art. 44 della Costituzione; si ricorda inoltre che, con sentenza n. 318 del 2002, il regime di equo canone dei fondi rustici era già venuto meno su tutto il territorio nazionale, ad eccezione dei territori del catasto derivante dall’ex catasto austro-ungarico, cui appunto continuava ad applicarsi l’art. 14 della stessa legge, dal che deriva, dunque, una ingiustificata disparità di trattamento in danno dei proprietari dei fondi rustici situati in quei territori.

Inoltre, poiché a seguito della citata giurisprudenza è da ritenersi libero non solo il quantum ma anche le modalità di corresponsione del canone, la norma presente lascia cadere tutte le disposizioni che prevedevano, appunto, specifiche modalità di corresponsione dello stesso, in particolare in denaro secondo la disciplina dettata dall'articolo 1 della legge 12 giugno1962 n. 567 (Norme in materia di affitto di fondi rustici), come successivamente modificato.

Si vieta qualsiasi compenso ulteriore al canone di affitto, considerando inoltre imputabili al canone di affitto tutti i pagamenti effettuati dall'affittuario al momento della stipulazione o del rinnovo del contratto (commi 2 e 3). Se il concedente rifiuta di ricevere il pagamento del canone, l'affittuario è da ritenersi adempiente qualora depositi la somma su libretto di risparmio intestato al concedente, dandone contestualmente comunicazione scritta (comma 4). La prova del pagamento del canone assume a tutti gli effetti il valore di offerta reale ai sensi dell'articolo 1209 del codice civile, primo comma. Quest'ultimo prevede che se l'obbligazione ha per oggetto danaro, titoli di credito, ovvero cose mobili da consegnare al domicilio del creditore, l'offerta deve essere reale.

 

L'articolo 84 (Morosità del conduttore. Giudizio per morosità) in commento, riprodotto dall'articolo 5, comma 4, della legge n. 203 del 1982, stabilisce, al comma 1,che la morosità del conduttore costituisce grave inadempimento quando corrisponde al mancato pagamento di una annualità, ai fini della pronuncia della risoluzione del contratto ai sensi dell'articolo 71, alla cui scheda si rimanda. Non si può dar luogo alla risoluzione del contratto ove l'affittuario, convenuto in giudizio, dimostri di poter vantare un credito di importo pari o superiore a quello non pagato. Il giudice concede in ogni caso un termine all'affittuario convenuto in giudizio per il pagamento dei canoni arretrati. Tale termine può essere compreso tra 30 e 90 giorni e il pagamento entro il termine suddetto dei canoni scaduti, rivalutati secondo gli indici ISTAT, sana a tutti gli effetti la morosità.

 

L'articolo 85 (Riduzione del canone per perdita dei frutti e accollo dei casi fortuiti. Perdita dei frutti per avversità atmosferiche) contiene disposizioni relative alla riduzione del canone in relazione a taluni eventi. In particolare, i commi 1 e 2 stabiliscono che la perdita (o la mancata produzione) fortuita dei frutti può dar luogo ad una riduzione del fitto se pari ad un terzo. La norma riproduce e accorpa l'articolo 12 della legge n. 567 del 1962 e gli articoli 1635 e 1636 del codice civile; gli articoli del codice fanno comunque riferimento ad una perdita pari alla metà. Tale disposizione non trova applicazione ove la perdita risulti compensata da precedenti raccolti. La riduzione non può mai eccedere la metà del canone. In ogni caso, salvo diversa pattuizione, si deve tener conto degli indennizzi che l'affittuario abbia conseguito o possa conseguire in relazione alla perdita sofferta. A tale proposito l'inciso che si riferisce alla " diversa pattuizione", risulta essere una novità rispetto alla norma di origine (articolo 1635, quarto comma) e anche una eccezione al principio di inderogabilità delle norme del Titolo V del presente testo unico stabilito dall'articolo 68.

Nei contratti conclusi con affittuari coltivatori diretti è da considerarsi nullo qualsiasi patto con il quale l'affittuario stesso si accolli casi fortuiti. Nel caso di conduttore non coltivatore, con patto espresso, quest'ultimo può accollarsi il rischio relativo a casi fortuiti ordinari (mentre sono comunque esclusi quelli straordinari). Tale disposizione restringe il campo di applicazione dell'articolo 1637 del codice civile al solo conduttore non coltivatore per tenere conto della disciplina dalla legge n. 567 del 1962, articolo 11, che esclude espressamente tale eventualità per il coltivatore diretto.

In caso di eventi atmosferici, è la commissione tecnica provinciale a determinare le percentuali di riduzione del canone (comma 3). A tale proposito occorre rilevare che la norma in commento cita, in relazione alla costituzione delle commissioni tecniche, l'articolo 2 della legge 18 agosto 1948 n. 1140 (Contratto di affitto di fondi rustici e di vendita delle erbe per il pascolo) abrogato dall’articolo 24, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112. L'altro riferimento normativo richiamato, cioè l'articolo 2 della legge n. 567 del 1962, vigente, detta disposizioni sulla composizione delle commissioni stesse.

Ulteriori disposizioni per la determinazione della riduzione dei canoni da parte delle commissioni provinciali sono dettate dal comma 4 in relazione alle zone delimitate ai sensi dell'articolo 31 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917.

 

Il presente articolo 86 (Poteri di gestione dell'affittuario), al comma 1, autorizza l'affittuario a prendere tutte le iniziative di organizzazione e gestione necessarie alla coltivazione, all'allevamento di animali e alle attività connesse di cui all'articolo 2135 del codice civile, queste ultime consistenti in attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge .

Il comma 2 stabilisce che l'affittuario può partecipare ad organismi associativi per l'espletamento delle suddette attività. Sono da considerasi nulle, ai sensi del comma 3, clausole contrattuali che limitino le facoltà riconosciute all'affittuario dai commi precedenti.

Il comma 4, riprodotto dall'articolo 10 della legge n. 11 del 1971, prevede che sono fatte salve le norme contenute in contratti individuali, relative alla razionale utilizzazione di impianti fruttiferi specializzati o alla conservazione delle opere di sistemazione fondiaria e dei fabbricati rurali, limitatamente alla ordinaria manutenzione.

Il comma 5 costituisce una norma nuova rispetto all'articolo 10 della legge n. 11 del 1971 che il presente articolo riproduce. Esso costituisce un rinvio all'articolo 1615 del codice civile sul rispetto della destinazione economica agricola da parte dell'affittuario. La norma del codice si riferisce più ampiamente alla cosa produttiva in generale e non può quindi essere abrogata per confluire del testo unico.

 

Sembrerebbero nuove anche le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3, sia pure contenenti principio di carattere generale.

 

I commi 1-7 dell’articolo 87 (Miglioramenti, addizioni e trasformazioni del fondo. Lavori nella casa rurale) riprendono l'articolo 16 della legge n. 203 del 1982, stabilendo la possibilità, per ciascuna delle parti, di eseguire opere di miglioramento fondiario, addizioni e trasformazioni degli ordinamenti produttivi e dei fabbricati rurali, nel rispetto della destinazione agricola del fondo e dei programmi regionali di sviluppo oppure, ove tali programmi non esistano, delle vocazioni colturali delle zone (comma 1). La parte che intende eseguire le opere, in mancanza di un preventivo accordo, deve comunicarlo all'altra parte e all'ispettorato provinciale dell'agricoltura, con determinate modalità (comma 2). L'ispettorato provinciale dell'agricoltura, previa convocazione delle parti finalizzata al raggiungimento di un accordo in merito alle opere, si pronuncia, motivando, in senso favorevole o contrario in ordine alle opere richieste ed eventualmente indicando modifiche tecniche in caso di parere favorevole (comma 3). La decisione deve essere comunicata, a cura dell'ispettorato, ad entrambe le parti (comma 4). Il proprietario del fondo deve far conoscere, entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma precedente, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, se egli stesso intenda eseguire le opere (comma 5). In caso di dichiarazione negativa o di silenzio o se il proprietario non dà inizio alle opere, l'affittuario può procedere senz'altro anche se la proposta delle opere di cui al primo comma è stata fatta dal locatore, alla esecuzione delle medesime. L'affittuario è tenuto a comunicare, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, al proprietario e all'ispettorato la sua decisione di surrogarsi al locatore nella esecuzione o nel completamento delle opere (commi 6 e 7).

I commi 8-11 riprendono l'articolo 16 della legge n. 11 del 1971 in materia di lavori nella casa rurale. L'affittuario può eseguire direttamente le opere necessarie alla casa rurale (comprese allacciamenti alla rete elettrica, impianti di acqua potabile e ampliamenti), previo parere favorevole degli uffici tecnico o sanitario comunali, purché ne dia contemporaneamente avviso al locatore e salvo che il proprietario non dia inizio entro quindici giorni alle opere e non le completi entro i termini tecnici. L'affittuario può trattenere le spese all'atto del pagamento del canone. È fatta salva la facoltà, da parte dell'affittuario, di chiedere alle competenti autorità il rispetto dell'articolo 223 del testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265) che obbliga il proprietario di casa rurale, adibita ad abitazione dei coltivatori, mantenere lo stabile nelle condizioni di abitabilità, sancite nei regolamenti locali di igiene e sanità o, quando tali condizioni manchino, ad apportarvi le opportune riparazioni o completamenti; l'affittuario può richiedere alle autorità competenti il rispetto di tale obbligo.

 

L’articolo 88 (Regime dei miglioramenti, delle addizioni e delle trasformazioni)al comma 1 stabilisce che il locatore che ha eseguito le opere di miglioramento può chiede all'affittuario l'aumento del canone corrispondente all'incremento di produttività che deriva dalle opere stesse. L'affittuario che ha eseguito opere del medesimo tipo ha diritto ad un'indennità corrispondete all'aumento del valore di mercato del fondo, quale risultante al momento della cessazione del rapporto o, su accordo delle parti, prima di essa (comma 2).

Il comma 3 prevede che in caso di mancato accordo tra le parti sull'indennità da corrispondere all'affittuario, essa è determinata, a richiesta di una delle parti, all'ispettorato provinciale dell'agricoltura, la cui determinazione costituisce prova scritta del credito per l'indennità stessa ai sensi dell'art. 634 del codice civile.

 

Si segnala che, a differenza del successivo comma 4, ripreso dall'articolo 17 della legge n. 203 del 1982, i primi tre commi costituiscono un richiamo generale della disciplina dell'indennità, introdotto dal Governo per esigenze di completezza e secondo la ratio dell'obbligo di comunicazione all'acquirente del terreno.

 

All'affittuario spetta la ritenzione del fondo quando non gli sia stata versata l'indennità come determinata dall'ispettorato o da sentenza definitiva (comma 4).

Ai sensi del comma 5, in caso di vendita del fondo prima della corresponsione dell'indennità, il proprietario è tenuto a dichiararne l'esistenza nell'atto di vendita.

Ove per l'espletamento delle opere si rendano necessari permessi, concessioni o autorizzazioni ovvero l'ottenimento di finanziamenti, l'affittuario può procedere direttamente con la presentazione delle relative istanze, dando comunicazione al locatore con lettera raccomandata con avviso di ricevimento (comma 6).

Il comma 7 riprende quanto previsto dall'articolo 17 della legge n. 203 del 1982, con una modificazione che tiene conto della giurisprudenza della Corte costituzionale. La Corte costituzionale, infatti, con sentenza n. 692 del 1988 , ha dichiarato l'illegittimità del citato articolo 17, settimo comma, nella parte in cui estende il regime dei miglioramenti, delle addizioni e trasformazioni, statuito nel medesimo articolo 17, agli affittuari che, in data anteriore all'entrata in vigore della legge n. 203 (6 maggio 1982), abbiano eseguito, senza l'osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente, opere migliorative, incrementative o trasformative non previste nel contratto o consentite dal concedente. Conseguentemente, il comma 7 prevede l'applicazione delle norme recate dal presente articolo 88 alle opere di miglioria previste nel contratto o concordate dalle parti, o comunque eseguite prima del 6 maggio 1982, "fatta eccezione per quelle opere non previste dal contratto o non consentite dal concedente che siano state eseguite prima di tale data senza l'osservanza delle procedure prescritte dalla legislazione precedente".

Il comma 8 stabilisce che i finanziamenti fatti propri dall'affittuario che non abbia la qualifica di imprenditore agricolo professionale, non sono computati ai fini della determinazione dell'indennità.

Il comma 9 prevede che le migliorie approntate dall'affittuario no danno luogo a revisione del canone fin quando non è stata corrisposta l'indennità.

 

Ai sensi del presente articolo 89 (Diritto di ritenzione dell'affittuario. Pagamento dell'indennità) che riproduce, per accorpamento, l'articolo 20 della legge n. 203 del 1982, il giudice può disporre il pagamento rateale, entro cinque anni, dell'indennità dovuta all'affittuario in caso di effettuazione di migliorie ai sensi del precedente articolo 88, comma 2. Lo stesso giudice ordina comunque la prestazione di idonee garanzie e il pagamento degli interessi legali e il risarcimento del danno derivante dall'eventuale svalutazione monetaria dalla data dell'accertamento del diritto a quella dell'effettivo pagamento dell'indennità. Se in una qualsiasi fase del giudizio si acclara la presenza delle opere di miglioramento di cui all'articolo 87, il concessionario ha diritto alla ritenzione del fondo fino alla soddisfazione del credito, salvo prestazione di idonea garanzia. Le presenti disposizioni trovano applicazione anche in relazione di rimborsi o di indennizzi riconosciuti in via giudiziale o stragiudiziale.

 

L'articolo 90 (Piccoli miglioramenti), riprodotto dall'articolo 19 della legge n. 203 del 1982, reca disposizioni sui piccoli miglioramenti che l'affittuario, previa comunicazione al concedente mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno da effettuare venti giorni prima dell'esecuzione degli stessi, può effettuare in deroga alle procedure previste dall'articolo 1637 del codice civile (relativo all'accollo dei casi fortuiti). La norma reca inoltre un definizione di piccolo miglioramento nei termini di opere eseguite dall'affittuario con lavoro proprio o della propria famiglia e che non comportino trasformazioni nell'ordinamento produttivo.

 

Il presente articolo 91 (Scorte morte e scorte vive) riprende la disciplina sulle scorte morte (concimi, macchinari, attrezzi) e scorte vive (animali) recata dagli articoli 1640-1645 del codice civile.

Le scorte sono consegnato all'affittuario all'atto della conclusione del contratto e restituite al momento della conclusione dell'affitto. La consegna delle scorte morte implica la contestuale indicazione di specie, qualità e quantità; esse devono essere restituite dall'affittuario nella stessa specie, qualità e quantità. Macchinari e attrezzi devono essere inoltre restituiti nello stesso stato d'uso. Le eventuali variazioni nelle caratteristiche qui sopra ricordate devono essere regolate in denaro al momento della risoluzione del contratto. Se la consegna è avvenuta con l'indicazione del valore, l'affittuario ne acquista la proprietà e deve successivamente ricevere la stessa somma depositata al momento della riconsegna. Sono salve le diverse pattuizioni delle parti.

Il bestiame (scorte vive), ove consegnato con indicazione di specie, numero, sesso, qualità, peso, resta in proprietà del locatore e deve essere riconsegnate nella stessa misura. Le eventuali differenze comportano l'obbligo dell'affittuario di restituire animale di uguale valore mentre si regolano in denaro le differenze sul valore degli animali. Fermo restando il mantenimento della proprietà da parte del locatore, l'affittuario può disporre del bestiame mantenendo comunque la dotazione del fondo; lo stesso affittuario è responsabile del rischio di perdita del bestiame, salvo patto contrario; i frutti, i parti e altri proventi derivanti dalle scorte vive passano in proprietà all'affittuario.

 

L'articolo introduce alcune modifiche di natura terminologica, rispetto ai corrispondenti articoli del codice, sostituendo, in alcuni casi, alla parola "bestiame" la parola "animali": tale correzione terminologica rende uniforme la presente norma all'articolo 2135 del codice civile e successive modificazioni, ove il termine "animali" è usato nella definizione di imprenditore agricolo.

 

Il presente articolo 92 (Ricomposizione fondiaria), riprodotto dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 99 del 2004, reca disposizioni per favorire la ricomposizione aziendale. Scopo della norma è favorire la stipulazione di contratti di affitto di particelle finitime di durata almeno quinquennale o la costituzione di società cooperative per la costituzione di aziende agricole a gestione comune. A tale scopo, l'imposta di registro per i contratti di affitto è dovuta in misura fissa, mentre i contratti di società cooperative sono ridotte di due terzi e sono in misura fissa qualora un quinto dei soci siano imprenditori agricoli giovani e si impegnino ad esercitare la gestione comune per almeno nove anni.

 

L'articolo 93 (Concessione di contributi e di altre agevolazioni) prevede la possibilità di concedere contributi o agevolazioni, statali e regionali, purché risulti la sussistenza del rapporto di affitto, per l'esecuzione dei miglioramenti previsti negli articoli precedenti. È inoltre ammesso accollo di relativo mutuo, sottoscritto dall'affittuario coltivatore diretto, da parte del locatore o di affittuario subentrante.

 

Occorre rilevare che la presente norma riprende l'articolo 13 della legge n. 11 del 1971 con alcune modificazioni.

 

In particolare viene eliminato, dalla norma di origine, il riferimento al Fondo interbancario di garanzia soppresso dall'art. 5, comma 1, del decreto legislativo n. 101 del 2005 (Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura e delle foreste). Tale disposizione interveniva in attuazione della scelta compiuta con il comma 512, articolo 1, della legge finanziaria 2005, di devolvere all'ISMEA la gestione di interventi di sostegno finanziario all'agricoltura di cui alla legge 2 giugno 1961, n. 454, e successive modificazioni. L'articolo 5 citato disponeva espressamente la soppressione del Fondo interbancario di garanzia, le cui funzioni e rapporti giuridici erano già passati all'ISMEA a decorrere dal 1° gennaio 2005. Conseguentemente viene inoltre cancellato un comma della norma originaria, cioè dell'articolo 13 citato, riferito a garanzie fideiussorie operate da enti sostituiti in virtù della normativa sopra ricordata.

La disposizione in commento esclude, infine, i contributi disposti da leggi regionali del Trentino Alto Adige. Tale modifica si rende necessaria in seguito a pronunciamento della Corte costituzionale che, con sentenza n. 35 del 1972, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del citato articolo 13, nella parte in cui dispone sull'assegnazione diretta agli affittuari anche dei contributi disposti da leggi regionali del Trentino-Alto Adige.

 

La norma dell’articolo 94 (Pagamento dei contributi consortili) riprende quanto già previsto dall'articolo 20 della legge n. 11 del 1971 disponendo che l'affittuario che sia tenuto a pagare contributi consortili per opere di vario tipo commesse alla bonifica, irrigazione o miglioramento fondiario, è iscritto, a sua richiesta, solidalmente con il proprietario, nei catasti consortili e nei ruoli di contribuenza. Acquisisce quindi l'elettorato attivo e passivo nelle elezioni degli organi consortili. La solidarietà è limitata alla somma dovuta dall'affittuario per le predette somme di esercizio.

 

Il comma 1 dell’articolo 95 (Divieto di concessioni separate ed estensione dell'affitto) prevede la nullità delle clausole contrattuali che prevedano la concessione separata di colture del suolo e di alberi o arbusti presenti nella porzione di terreno affittato (c.d. soprassuolo). Sono vietate inoltre forme contrattuali diverse per differenti tipi di coltivazione.

Il comma 2 prevede che l'affitto si estende a tutte le coltivazioni del fondo. Tale disposizione si applica ai contratti stipulati dopo il 15 luglio 1962 (entrata in vigore della legge n. 567 del 1962, da cui la norma è tratta); non si applica, ai sensi del comma 4, agli affitti di terreni alberati o boschi per pascolo.

Il comma 3 stabilisce che l'esclusione di alcune colture può derivare da particolari esigenze connesse alla produzione accertate dall'ispettorato provinciale dell'agricoltura ed in ogni caso non può dar luogo a riduzione superiore di un quarto della produzione lorda vendibile del fondo.

 

L'articolo 96 (Riconduzione all'affitto) stabilisce l'applicazione delle norme regolatrici dell'affitto dei fondi rustici anche a tutti i contratti agrari, stipulati dopo il 6 maggio 1982 (entrata in vigore della legge n. 203 del 1982, da cui la norma è tratta), aventi per oggetto la concessione di fondi rustici o tra le cui prestazioni vi sia il conferimento di fondi rustici.

 

L'articolo 97 (Affitto di azienda agraria) rinvia all'articolo 2562 del codice civile per la disciplina dell'affitto di azienda agraria. Questo a sua volta prevede l'applicazione della disciplina dell'usufrutto recata dall'articolo 2561 all'affitto dell'azienda. Questo prevede che l'usufruttuario eserciti l'azienda sotto la ditta che la contraddistingue, mantenendone la destinazione, conservando l'efficienza delle strutture e la consistenza delle scorte. La differenza tra le consistenze d'inventario all'inizio e al termine del rapporto è regolata in danaro. Il mancato adempimento di tali disposizioni comporta l'applicazione delle norme previste per abuso dell'usufruttuario recate dall'articolo 1015 del codice civile, in particolare la cessazione del rapporto in seguito ad alienazione e deterioramento dei beni o al loro perimento per mancanza di ordinarie riparazioni.

 

La norma dell’articolo 98 (Impresa familiare coltivatrice) regola l'affitto a impresa familiare, riprendendo quanto previsto dall'articolo 48 della legge n. 203 del 1982. Rispetto alla norma originaria, e come in altri articoli del presente schema di decreto, sono espunti i riferimenti a rapporti di mezzadria e di colonia della cui conversione dispone l'articolo 107.

Il contratto di affitto intercorre tra concedente e famiglia coltivatrice, la quale può essere, a richiesta del concedente, rappresentata da uno dei suoi familiari. Il rapporto può continuare, alle condizioni specificate, anche con un solo familiare. I familiari rispondono con i beni comuni per le obbligazioni assunte nel corso del rapporto di affitto, delle quali possono rispondere anche, personalmente e solidalmente, i familiari che hanno agito in nome e per conto della famiglia e, salvo patto contrario, anche gli altri. Laddove non sussiste impresa familiare, il contratto può essere ceduto dal concessionario, anche senza il consenso del locatore, ad uno o più componenti la propria famiglia che continuino la conduzione e coltivazione del fondo, purché già svolgano da almeno tre anni attività agricola. Riguardo a tale ultima disposizione, si deve osservare l'inserimento del riferimento all'imprenditore agricolo professionale, in luogo dell'imprenditore agricolo "a titolo principale" cui si riferiva la legge n. 203.

 

 A tale proposito si osserva che l'articolo 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99 ha introdotto in via generale nell'ordinamento della Repubblica la nuova figura dell'imprenditore agricolo professionale (IAP), che ha sostituito quella precedentemente adottata di imprenditore agricolo a titolo principale (IATP), in conformità alle norme approvate con il regolamento CE n. 1257/1999 del Consiglio, successivamente abrogato dal regolamento CE sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (regolamento n. 1698/2005 del Consiglio)

 

Con l’articolo 99 (Rinvio al codice civile) viene introdotta una norma di coordinamento tra la disciplina del testo unico e quella del codice civile.

 

Il comma 1, dell’articolo 100 (Disposizioni processuali) riprendendo quanto già disposto dalla legge n. 11 del 1971, attribuisce la competenza sulle controversie su contratti agrari (ed i relativi provvedimenti cautelari secondo il comma 2) alle sezioni specializzate agrarie di cui alla legge 2 marzo 1963, n. 320 ed assoggettate al rito di cui agli articoli 409 e seguenti del codice di procedura civile.

Il comma 3 stabilisce che chi intende proporre in giudizio una domanda relativa a controversia, deve darne comunicazione, mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, all'altra parte e all'ispettorato provinciale. Entro venti giorni dalla comunicazione, il capo dell'ispettorato convoca le parti per tentare la conciliazione (comma 4). Di tale tentativo viene comunque redatto processo verbale, indipendentemente dall'esito (commi 5 e 6). Se il tentativo di conciliazione non riesce entro 60 giorni ciascuna parte è autorizzata ad adire l'autorità giudiziaria (comma 7). Il rilascio del fondo a seguito di decisione può avvenire solamente al termine dell'annata agraria (comma 8).

L'esecuzione di sentenza che privi il concessionario della principale fonte di sostentamento o costituisca serio pericolo per l'integrità economica dell'azienda o per l'allevamento di animale, costituisce grave ed irreparabile danno ai sensi dell'articolo 373 del codice di procedura civile.

Affitto a conduttore non coltivatore diretto

Il presente articolo 101 (Affitto a misura e a corpo), riprodotto dall'articolo 2, comma 1, della legge 22 luglio 1966, n. 606, dispone che al conduttore non coltivatore diretto l'affitto sia fatto a misura e non corpo, salvo in caso di difficoltà di misurazione o di esigenze pratiche indicate nel contratto.

 

L'articolo 102 (Risoluzione dell'affitto a conduttore in caso di vendita o concessione in enfiteusi del fondo) in esame prevede la risoluzione del contratto d'affitto al conduttore in caso di vendita o concessione in enfiteusi del fondo a coltivatori diretti o all'ISMEA. La risoluzione avviene al termine dell'annata agraria successiva a quella della stipula della vendita o della concessione in enfiteusi, purché disdetta almeno un anno prima tramite raccomandata A/R o atto notificato.

 

Rispetto all'articolo riprodotto (articolo 1 della legge n. 606 del 1966) i commi 4 e 5 risultano accorpati.

 

L'articolo 103 (Espropriazione per pubblico interesse), riprodotto dall'articolo 1638 del codice civile, riconosce il diritto dell'affittuario di ottenere dal locatore l'indennità a questo corrisposta per i frutti non percepiti o per il mancato raccolto in caso di espropriazione per pubblico interesse o di occupazione temporanea del fondo locato.

 

La disposizione dell’articolo 104 (Rinvio alla disciplina dell'affitto a coltivatore diretto) in commento, riprodotta parzialmente dall'articolo 23 della legge n. 203 del 1982,reca il rinvio alla disciplina dell'affitto a coltivatore diretto al contratto di affitto a conduttore non coltivatore diretto, con il richiamo esplicito - onde evitare future liti - anche degli articoli ricostruiti come estesi all'affitto a conduttore.

Affitto di terreni demaniali

L'articolo 105 (Utilizzazione agricola dei terreni demaniali e patrimoniali indisponibili), riprodotto dall'articolo 6 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, stabilisce ai commi 1, 2, 3 e 4 l'applicabilità delle disposizioni sull'affitto di fondi rustici contenute nel provvedimento in esame anche ai terreni demaniali, patrimoniali indisponibili e golenali degli enti pubblici. Su tali terreni sono consentiti solo miglioramenti, addizioni e trasformazioni concordati tra le parti o eseguiti in seguito a pronuncia dell'ispettorato provinciale dell'agricoltura. L'articolo in commento consente all'ente proprietario di recedere dalla concessione o dal contratto di affitto con preavviso di almeno 6 mesi e il pagamento di un'indennità per le coltivazioni in atto che vadano perdute qualora i suddetti terreni vengano destinati al fine per cui la demanialità/indisponibilità è posta. Si prevede, inoltre, che - alla scadenza della concessione amministrativa o del contratto di affitto - gli enti proprietari adottino procedure di licitazione o trattativa privata (ivi inclusi accordi in deroga alle norme in materia di contratti agrari) per la concessione/locazione dei medesimi terreni.

I commi 5 e 6 stabiliscono, riproducendo i commi 1, 2 e 3, primo periodo, della legge 11 febbraio 1971, n. 11, che - se l'affitto dei citati terreni è stato richiesto da lavoratori manuali della terra o da coltivatori diretti - gli enti proprietari adottano la licitazione o la trattativa privata per la concessione o l'affitto, anche qualora sia già stata indetta asta pubblica; in caso di richieste plurime, la concessione avviene mediante sorteggio, dando la preferenza ai coltivatori insediati su fondi contigui al bene da concedere.

Secondo quanto evidenziato in nota, il Governo ritiene che l'articolo 6 del decreto legislativo n. 228 del 2001 abbia sostituito integralmente la normativa precedente in materia di concessione di terreni agricoli e, quindi, che ne risulti implicitamente abrogato il riferimento all'ipotesi di asta pubblica. A salvaguardia dell'interesse pubblico si è quindi introdotto al comma 6 l'inciso “fermo il principio della parità di condizioni”.

Contratti di compartecipazione stagionale e coltivazioni intercalari

L'articolo 106 (Contratti per i quali è esclusa l'applicazione degli articoli da 78 a 104) riproduce l'articolo 4 della legge n. 606 del 1966, disponendo l'inapplicabilità delle disposizioni da 78 a 104 sui contratti d'affitto a coltivatori diretti e a conduttori non coltivatori diretti, figure ormai aventi eguaglianza di trattamento dal punto di vista della disciplina giuridica nelle seguenti circostanze:

1)      contratti agrari di compartecipazione limitata a singole coltivazioni stagionali;

2)      concessioni per coltivazioni intercalari;

3)      vendite di erbe di durata inferiore all'anno (per terreni soggetti a rotazione agraria non soggetti a pascolo permanente);

4)      contratti d'affitto di durata inferiore all'annata agraria.

L'impresa agricola di coltivazione in forma associata

Il presente articolo 107 (Contratti di mezzadria e di colonia ancora in corso), unitamente al successivo articolo 108, reca norme relative all'impresa agricola di coltivazione in forma associata. Nella fattispecie, la disposizione in esame reca la disciplina dei contratti associativi di mezzadria e colonia parziaria non convertiti in affitto e ancora in corso in ragione di clausole stipulate prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo in esame. In particolare, l'articolo 107 stabilisce, al comma 1, che i citati contratti siano regolati dalle disposizioni del Titolo V (Della disciplina dei contratti agrari) del decreto in esame e dalle discipline anteriori ad essi applicabili.

 

Occorre rilevare che l'articolo in commento è stato così formulato: in parte ex novo per ribadire la residualità dei rapporti di mezzadria e colonia parziaria ancora in corso e quindi il relativo futuro esaurimento; in parte riproducendo l'articolo 34, comma 3, della legge 3 maggio 1982, n. 203, come integrata dall'articolo 6 della legge 14 febbraio 1990.

 

Nel definire la durata dei contratti associativi non trasformati in affitto (6 o 10 anni a seconda delle fattispecie ivi individuate: mancata conversione per omissione della richiesta delle parti o per la presenza di specifiche cause impeditive o di esclusione), il richiamato articolo 34, al comma 3, ribadisce la validità di clausole contrattuali verbali o scritte che prevedano una più lunga durata del rapporto associativo, nonché la validità delle clausole perfezionate con gli accordi collettivi in materia di contratti agrari stipulati dalle organizzazioni professionali agricole.

Il comma 2, riprodotto nella sostanza dall'articolo 38 della legge n. 203 del 1982 prevede che ai contratti associativi anche con clausola migliorataria non convertiti e ancora in corso, si applichino le disposizioni dell'articolo 88 (Regime dei miglioramenti, delle addizioni e delle trasformazioni), commi 2, 4, 5 e 7, e dell'articolo 89 (Diritto di ritenzione dell'affittuario. Pagamento dell'indennità).

 Il comma 3, riprodotto dall'articolo 53, commi 1 e 2, della legge n. 203 del 1982, dispone che, ai fini del decorso del termine quadriennale previsto per la richiesta di conversione dei contratti associativi, non si debba computare il periodo in cui sono pendenti giudizi dinanzi ai TAR e di nullità, annullamento, risoluzione e opposizione alla proroga di tali contratti. Se il quadriennio non è ancora decorso, si applica la disciplina in materia di conversione di cui alla legge n. 203 del 1982 e, in particolare, gli articoli: 25 (Conversione dei contratti associativi), 26 (Effetti della conversione), 28 (Conversione a richiesta del concedente), 29 (Casi di esclusione della conversione), 30 (Disposizioni particolari), 31 (Unità produttive insufficienti), 32 (Aziende pluripoderali), 33 (Conversione in affitto richiesta da più concessionari), 33-bis (Opposizione del concedente) e 37 (Modificazioni della quota di riparto). L'applicabilità è estesa alle disposizioni della legge 14 febbraio 1990, n. 29 (Modifiche ed integrazioni alla legge 3 maggio 1982, n. 203, relativa alla conversione in affitto dei contratti agrari associativi), altrimenti da ritenersi abrogata.

Il comma 4 prevede che al concessionario dei contratti associativi non convertiti in affitto e ancora in corso spetta un aumento del 6% della produzione lorda vendibile della quota dei prodotti e degli utili alla quale ha diritto per legge, patto individuale, contratto collettivo o consuetudine. Al concessionario del contratto di colonia, viene invece riconosciuto il diritto ad una quota di almeno il 60% della produzione lorda vendibile, purché tale concessionario partecipi ad almeno il 50% delle spese di conduzione, al netto di quelle per mano d'opera estranea. Si osserva, al riguardo, che il comma in commento riproduce l'articolo 37 (Modificazioni della quota di riparto) della legge n. 203 del 1982.

Infine il comma 5 stabilisce, per quanto non espressamente disposto dall'articolo 107 e in difetto di convenzione, l'applicazione degli usi nei rapporti di associazione agraria in corso. Si rileva, al riguardo, che la disposizione in commento riproduce l'articolo 2187 del codice civile, che tratta di rapporti di associazione agraria corrispondenti, ad avviso del Governo, ai rapporti di mezzadria, colonia e soccida di cui al Titolo V dello schema di decreto legislativo di riordino.

 

Il presente articolo 108 (Forme associative di concedenti e di concessionari), al comma 1, dispone l'estensione dei benefici previsti dalla normativa vigente alle cooperative agricole costituite per la conduzione associata dei terreni, ai concedenti (almeno 3) associatisi per la conduzione in comune dei fondi concessi prima del 6 maggio 1982 a mezzadria, colonia o soccida. Si prevede quale condizione che la relativa associazione abbia ottenuto il consenso dei rispettivi concessionari.

Il successivo comma 2 stabilisce l'applicabilità della disposizione precedente alle associazioni di concedenti e concessionari formate da almeno 3 membri che si accordino per la comune conduzione, previo consenso dei rispettivi concessionari o concedenti. L'applicabilità è estesa alle associazioni di soli concessionari che abbiano ottenuto il consenso dei loro concedenti.

Il comma 3 stabilisce che nelle eventualità elencate, sia garantita al concessionario l'adeguata remunerazione per il lavoro prestato, che deve essere almeno pari al trattamento minimo contrattuale per i salariati fissi specializzati; al concessionario viene comunque riconosciuto il diritto di usufruire dell'abitazione in godimento all'atto della costituzione della forma associativa. Il comma in esame dispone, inoltre, che l'amministrazione della forma associativa competa congiuntamente a tutti i relativi membri, ove non espressamente disposto diversamente dall'atto costitutivo.

L'articolo in commento riproduce l'articolo 36 (Forme associative di concedenti e concessionari) della legge n. 203 del 1982; a tal proposito si rileva che l'applicazione di tale disposizione viene ritenuta improbabile dal Governo, stante anche il suo mancato utilizzo nel periodo immediatamente successivo all'entrata in vigore della legge n. 203 del 1982.

La soccida

Gli articoli 109-120 dello schema di decreto riprendono le norme sulla soccida recate dal codice civile agli articoli 2170 e seguenti.

 

L'articolo 109 (Nozione) in epigrafe reca la nozione di soccida riprendendola dall'art. 2170 del codice civile.

Si tratta di un contratto relativo all'allevamento di bestiame (o, più propriamente, di "animali", secondo l'adeguamento terminologico recato dal presente schema di decreto) in cui un soccidante affida le cure di un gregge o di una mandria al soccidario, il quale ha l'obbligo di allevarlo e di trasformarne i prodotti. Gli utili, anche derivanti dall'accrescimento del valore del bestiame, vengono ripartiti in percentuale. L'accrescimento consiste nei parti sopravvenuti e nel maggior valore intrinseco degli animali al momento del termine del contratto.

Si hanno varie forme di soccida:

§      soccida semplice, in cui il bestiame è conferito dal soccidante (artt. 2171-2181 c.c. corrispondenti agli articoli 110-115 dello schema di decreto);

§      soccida parziaria, in cui il bestiame è conferito da entrambe le parti nella proporzione stabilita (artt. 2182-2185 c.c., corrispondenti agli articoli 116-118));

§      soccida con conferimento di pascolo, in cui il bestiame è conferito dal soccidario, mentre il soccidante conferisce il terreno per il pascolo (art. 2186 c.c., corrispondente all'articolo 119).

La legge n. 203 del 1982 prevede la conversione in affitto dei contratti di soccida con conferimento di pascolo e di soccida parziaria, ove vi sia conferimento di pascolo, e quando l'apporto del bestiame da parte del soccidante sia inferiore al 20% dell'intero bestiame conferito.

 

L'articolo 110 (Nozione) riporta la nozione di soccida semplice (conferimento del bestiame da parte del soccidante). La stima del bestiame - in termini di numero, razza, qualità, sesso, peso, età e prezzo di mercato - non implica il trasferimento di proprietà al soccidario e serve di base per la determinazione del prelevamento spettante al soccidante alla fine del contratto. A tale proposito il riferimento all'articolo 113 sembrerebbe da correggere con il riferimento al successivo articolo 114 dello schema di decreto che disciplina, tra l'altro, il prelevamento.

 

L'articolo 111 (Durata del contratto) riprende le norme del codice in tema di durata del contratto, stabilendo che la durata della soccida è di tre anni, se non esiste diverso termine nel contratto. Se non è data disdetta, il contratto si rinnova di anno in anno. La disdetta deve essere proposta entro sei mesi dalla scadenza o nel maggior termine fissato da convenzione o usi.

 

In base all’articolo 112 (Direzione dell'impresa, assunzione di mano d'opera e obblighi del soccidario) soccidante spetta la direzione dell'impresa che è chiamato ad esprimere il proprio consenso in caso di assunzione di mano d'opera estranea alla famiglia del soccidario. La disposizione si applica anche quando, per convenzione o uso, le spese per assunzione di prestatori di lavoro è a carico del soccidario. L'articolo dispone inoltre relativamente agli obblighi del soccidario che deve prestare la diligenza del buon allevatore.

 

Ai sensi dell’articolo 113 (Degli animali conferiti) soccidario non risponde degli animali periti per causa a lui non imputabile, ma deve render conto delle parti recuperabili. Il soccidario può chiedere inoltre la reintegrazione del bestiame qualora la maggior parte degli animali siano periti, durante la prima metà della durata del contratto, per cause allo stesso soccidario non imputabili e può recedere dal contratto qualora il soccidante non provveda. Tale disposizione si applica alla soccida di durata almeno triennale. Il trasferimento della proprietà o del godimento degli animali non scioglie il contratto; se il trasferimento riguarda la maggior parte del bestiame il soccidario può recedere dal contratto, entro un mese da quando è venuto a conoscenza del trasferimento, con effetto dalla fine dell'anno in corso.

 

L’articolo 114 (Accrescimenti, prodotti, utili e spese. Prelevamento e divisione al termine del contratto) stabilisce che gli utili e le spese, nonché gli accrescimenti e i prodotti, sono divisi secondo gli usi e le convenzioni. Qualsiasi patto che obbliga il soccidario a sopportare una perdita maggiore del guadagno spettante è nullo.

Al termine del contratto si procede alla stima degli animali ed il soccidante preleva il bestiame corrispondente per valore a quello stimato all'inizio del contratto: in caso di maggior valore, la parte corrispondente a tale incremento si divide secondo le percentuali concordate; se il bestiame ha minor valore, il soccidante prende quello che rimane.

 

Con l’articolo 115 (Morte di una delle parti. Scioglimento del contratto) è stabilito chela morte del soccidante non scioglie il contratto; la morte del soccidario implica lo scioglimento alla fine dell'anno agrario in corso, salvo che i familiari indichino persona idonea a sostituirlo tra gli eredi.

Si applicano le norme generali sulla risoluzione dei contratti per inadempimento ed è fatta salva la possibilità per le parti di richiedere lo scioglimento del contratto in caso di fatti sopravvenuti che non consentono la prosecuzione del rapporto.

 

Gli articoli 116-118, come sopra accennato, riguardano la soccida parziaria (conferimento degli animali da parte di entrambi i contraenti nella misura convenuta). Essi divengono comproprietari del bestiame ed in caso di morte della maggior parte del bestiame stesso durante la prima metà del periodo contrattuale ciascuna delle due parti può recedere dal contratto, salvo accordo tra le parti. La norma si applica a soccida almeno triennale e le cause della morte del bestiame non devono essere imputabili al soccidario; il recesso ha effetto alla fine dell'anno agrario.

 

Al termine del contratto gli animali sono divisi secondo i criteri dettati dall'articolo 117. Se nel contratto iniziale è prevista l'attribuzione ad uno dei contraenti di una quota maggiore rispetto al conferimento, tale quota deve essere ridotta in ragione dell'eventuale minore durata della soccida. L'articolo stabilisce la suddivisione, secondo le proporzioni convenute, degli animali conferiti e relativi utili, spese, accrescimenti, prodotti, al termine del contratto.

 

L’articolo 118 reca una norma di rinvio alle disposizioni sulla soccida semplice per quanto non espressamente previsto sulla soccida parziaria.

 

L'articolo 119 (Nozione e norme applicabili) dispone che nella soccida con conferimento di pascolo da parte del soccidante, il soccidario ha la direzione d'impresa e il soccidante ha il controllo di gestione. Si rinvia alle norme relative alla soccida semplice.

 

Infine con l’articolo 120 (Rapporti di soccida: disposizione finale)viene precisato che si applicano, in mancanza di convenzione, gli usi per gli aspetti della soccida non esplicitamente disciplinati dal presente schema di decreto. L'articolo riproduce l'art. 2187 del codice civile per i soli rapporti di associazione di allevamento. Analoga norma in riferimento agli altri istituti citati dall'articolo 2187 è stata inclusa nell'articolo 107, comma 5. A tale proposito si osserva che il testo dello schema di decreto reca al presente articolo il suddetto rinvio riferendolo all'articolo 108, anziché all'articolo 107.

L’enfiteusi

L'articolo 121 (Riconduzione dei contratti di tipo enfiteutico a contratti di godimento personale di fondi rustici. Estinzione) sull'enfiteusi costituisce una norma nuova. Essa comunque ricalca, nella struttura, quanto previsto dalla legge 7 gennaio 1974, n. 3, che ha trasformato in diritto di credito le prestazioni fondiarie perpetue dovute ai proprietari di fondi situati nelle province venete, integrando le norme stabilite dalla legge 15 febbraio 1958, n. 74, recante "Regolamentazione dei canoni livellari veneti". La citata legge n. 74 risulta peraltro abrogata dall’articolo 24, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112. L'introduzione dell'articolo 121 dello schema di decreto va quindi a regolare i casi eventualmente ancora esistenti riconducibili ad un istituto in via di esaurimento. Per tale motivo occorrerebbe riflettere sull'opportunità di abrogare, al successivo articolo 123, oltre alla legge n. 3 del 1974, anche le leggi sui contratti di tipo enfiteutico n. 327 del 1963 ("Norme sui contratti a miglioria in uso nelle province del Lazio") e n. 607 del 1966 ("Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue"), richiamate dall'articolo 121 dello schema di decreto e precedentemente inserite, dal decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, tra gli atti di cui si raccomandava il mantenimento.

L'articolo dispone quindi la conversione dei diritti dei concedenti dei contratti agrari di tipo enfiteutico - ai sensi delle leggi, qui sopra ricordate, n. 327 del 1963 e n. 607 del 1966 - in crediti nei confronti dei concessionari. Il credito deve essere estinto entro un anno dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo e si prescrive nei due anni successivi. Il credito è quantificato in 20 volte il canone dovuto al momento dell'entrata in vigore del decreto legislativo di riordino (legge di semplificazione 2005 di delega del presente decreto, qui citata come "decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura di cui alla legge 28 novembre 2005, n. 246"). Gli uffici catastali e dei registri immobiliari sono chiamati a cancellare ogni intestazione riguardanti i diritti derivanti da contratti di tipo enfiteutico entro tre anni dall'entrata in vigore del presente decreto. Entro tale termine tali intestazioni devono comunque considerarsi cancellate.


Titolo VI - Delle disposizioni finali (art. 122)

Codice

Norme di riferimento

Articolo 122

(Norma finale)

1. Le disposizioni recate dal presente decreto legislativo non comportano, in ogni caso, mutamenti dell’ambito di applicazione di norme tributarie agevolative vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto.

 

Norme finali tributarie e abrogazioni

Le norme finali sono recate dall’articolo 122 (Norma finale) che stabilisce il mantenimento delle norme tributarie agevolative vigenti alla data di entrata in vigore del presente provvedimento.

 

L'articolo 123riporta l'elenco delle leggi abrogate dal presente provvedimento.

Tra le norme inserite in tale elenco, risultano già precedentemente abrogate le seguenti: legge 18 agosto 1948, n. 1140 (Contratto di affitto di fondi rustici e di vendita delle erbe per il pascolo)[20]; articolo 2 della legge 4 giugno 1984, n. 194 (Interventi a sostegno dell'agricoltura), relativo al fondo di sostegno per il settore bieticolo-saccarifero[21].

 

Inoltre, in relazione alle seguenti norme abrogate, si segnala quanto segue:

a)   legge 3 giugno 1940, n. 1078 (Norme per evitare il frazionamento delle unità poderali assegnate a contadini diretti coltivatori);

L'abrogazione del presente provvedimento - già prevista ai sensi del combinato disposto dell’articolo 2 e della voce n. 23715 dell’allegato 1al decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200, a decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore dello stesso decreto - non è più prevista dalla nuova formulazione dell’allegato 1 dopo la conversione in legge.

b)   legge 12 giugno 1962, n. 567 (Norme in materia di affitto di fondi rustici);

Alcuni commi dell'articolo 3 risultano abrogati dall'articolo 9 della legge. 3 maggio 1982, n. 203 .

c)   legge 2 marzo 1963 n. 320 (Disciplina delle controversie innanzi alle Sezioni specializzate agrarie);

L'articolo 8 è stato abrogato dall'articolo 299 del decreto legislativo. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'articolo 299 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'articolo 302 dello stesso decreto. Vedi, ora, l'art. 68 del citato D.P.R. n. 115 del 2002.

d)   legge 22 luglio 1966, n. 606 (Disposizioni in materia di affitto a conduttori non coltivatori diretti);

Il comma 3 dell'articolo 1 è stato abrogato dall'articolo 22della legge 3 maggio 1982, n. 203. Il comma 2 dell'articolo 5 è stato abrogato dall'articolo 17 della legge 11 febbraio 1971, n. 11.

e)   legge 22 luglio 1966, n. 607 (Norme in materia di enfiteusi e prestazioni fondiarie perpetue);

Gli articoli 8 e 9 sopprimono alcuni commi e parole degli articoli 972 e 973 del codice civile. Il comma 32 dell'articolo 13 risulta abrogato dall'articolo 6 della legge 7 gennaio 1974, n. 3. L'articolo 18 abroga l'articolo 962 del codice civile e gli articoli 142, 143, 144, 145, 146, 147, 148 e 149 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie, approvate con regio decreto 30 marzo 1942, n. 318.

f)     legge 18 dicembre 1970, n. 1138 (Nuove norme in materia di enfiteusi);

L'articolo 10 abroga l'art. 966 ed il primo, secondo e terzo comma dell'articolo 971 del codice civile; inoltre, numerosi articoli sono stati dichiarati illegittimi dalla Corte costituzionale.

g)   legge 11 febbraio 1971, n. 11(Nuova disciplina dell'affitto di fondi rustici);

L'articolo 17, comma 2, abroga il primo comma dell'articolo 5 della legge 22 luglio 1966, n. 606; l'articolo 29 abroga gli articoli 1632, 1633, 1650, 1651 e 1963 del codice civile;l'articolo 32 abroga l'articolo unico della legge 13 giugno 1961, n. 527.

h)   legge 7 gennaio 1974, n. 3 (Norme integrative ed interpretative della legge 15 febbraio 1958, n. 74, sui livelli veneti);

L'articolo 6 abroga il penultimo comma dell'articolo 13 della legge 22 luglio 1966, n. 607 di cui alla lettera m) del presente elenco.

i)      legge 11 febbraio 1992, n. 157(Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio);

Alcune specie cacciabili riportate all'articolo 18 sono state escluse dall'elenco dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 21 marzo 1997. L'articolo 25 risulta già abrogato dal comma 1 dell'articolo 354 del codice delle assicurazioni private di cui al decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209, con i limiti e la decorrenza indicati nel comma 4 dello stesso articolo. L'articolo 37 abroga la legge 27 dicembre 1977, n. 968

j)      legge 23 dicembre1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato);

Il testo dell'atto in esame riporta erroneamente l'anno 1998 anziché l'anno 1999.

k)    decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228(Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 579);

L'articolo 5-bis, comma 10, abroga gli articoli 846, 847 e 848 del codice civile.

l)      decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99(Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della legge 7 marzo 2003, n. 38), (articolo 27);

Il comma 5-quinquies dell'articolo 1 abroga a sua volta l'articolo 12 della legge 9 maggio 1975, n. 153, e successive modificazioni.

m)decreto-legge 31 dicembre 2007 n. 248(Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria).

Il comma 2 dell'articolo 27 in via di abrogazione, abroga a sua volta i commi 36 e 37 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Schema di regolamento n. 168


Titolo I – Dell’impresa agricola

Capo I (art. 1)

Codice

Norme di riferimento

Capo I
Dell’attività di produzione e cessione di agroenergia come attività connessa.

 

Art.1

(Opzione per la determinazione del reddito da produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche)

 

1. L'opzione per la determinazione del reddito derivante dalla produzione e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche quale attività connessa dell'imprenditore agricolo di cui all'ultimo comma dell'articolo 2135 del codice civile, è esercitata previa comunicazione all'ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.

L.266/2005 Articolo 1 - comma 423

[Forfetizzazione del reddito derivante dalla produzione di energia elettrica da biocombustibili agro forestali effettuata da aziende agricole.]

 

 

Ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché di carburanti ottenuti da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo e di prodotti chimici derivanti da prodotti agricoli provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell'articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.

 

Lo schema di decreto del Presidente della Repubblica attuativo del decreto legislativo di riordino e semplificazione delle norme sull'attività agricola contiene sia disposizioni di origine regolamentare, sia disposizioni di fonte legislativa che sono state delegificate - si legge nella relazione - per rendere possibile nel futuro il ricorso all'articolo 17 della legge n. 400 del 1988 (Disciplina dell'attività di governo). L'articolo in questione riguarda l'emanazione di regolamenti - nella forma di decreti del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei ministri sentito il parere del Consiglio di Stato - per disciplinare l'esecuzione, l'attuazione, l'integrazione di leggi o atti di pari livello, per organizzare il funzionamento delle amministrazioni pubbliche o per disciplinare materie non riservate alla legge sui cui manchino disposizioni di tipo legislativo.

 

Lo schema di decreto del presidente della Repubblica in esame si articola in Titoli, in parte corrispondenti ai Titoli del decreto legislativo di riordino. L'operazione di semplificazione e riassetto della materia avviene anche in questo caso nel rispetto dei fondamentali principi e criteri direttivi indicati nell'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, riguardanti in particolare gli aspetti di coordinamento formale e sostanziale del testo garantendo la coerenza giuridica delle norme. Si richiamano al riguardo le osservazioni contenute nella Nota breve n. 9 del 12 gennaio 2010 redatta a cura della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

Produzione e cessione di energia da fonti rinnovabili

Il Titolo I (Dell'impresa agricola) si compone di otto Capi.

Il Capo I corrisponde all'articolo 1 (Opzione per la determinazione del reddito da produzioni e cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche). Tale articolo riproduce l'articolo 1, comma 423, della legge finanziaria per il 2006, modificato a sua volta dal comma 178 dell'articolo 1 della legge finanziaria per il 2008 (legge n. 244 del 2007). Gli imprenditori agricoli che esercitano come "attività connessa" la produzione e cessione di energia elettrica da fonti rinnovabili agroforestali e fotovoltaiche nonché da produzioni vegetali provenienti prevalentemente dal fondo possono optare per il regime ordinario di determinazione del reddito in tal modo prodotto. L'opzione avviene mediante comunicazione all'ufficio IVA secondo le modalità previste dal regolamento che ha riordinato le opzioni in materia di IVA e imposte dirette, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442 e successive modificazioni.


Capo II (artt. 2-4)

Codice

Norme di riferimento

Capo II

Degli imprenditore agricoli giovani.

 

Art.2

(Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura)

 

1. AI fine di favorire il cambio generazionale e lo sviluppo delle imprese giovanili nel settore agricolo ed agroalimentare, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro all'anno per il quinquennio 2007-2011. Tale fondo è altresì destinato al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca.

 

 

 

 

 

2. Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinati I criteri, la modalità e le procedure di attuazione del Fondo di cui al comma 1, in coerenza con la normativa comunitaria In materia di aiuti di Stato nel settore agricolo3. Le modalità operative di funzionamento dal fondo sono disciplinate come stabilito dall'articolo 1, comma 1074, dstlalegge27 dicembre 2006, n. 296.

 

 

 

 

 

 

 

L. 27-12-2006, n. 296/2006 - Articolo 1, comma 1068

[Istituzione del Fondo per lo sviluppo imprenditoria giovanile in agricoltura. ]

 

Al fine di favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo delle imprese giovanili nel settore agricolo ed agroalimentare, è istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali il Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura, avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro all'anno per il quinquennio 2007-2011.

L. n. 244/2007 Articolo 2, comma 120

[Ulteriori finalizzazioni del Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura.]

Il Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, istituito dall’articolo 1, comma 1068, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è altresì destinato al ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca.

L. n. 296/2006 Articolo 1, comma 1069

[Criteri, modalità e procedure di attuazione del Fondo.]

Con decreto di natura non regolamentare del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono disciplinati i criteri, le modalità e le procedure di attuazione del Fondo di cui al comma 1068, in coerenza con la normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo.

Articolo 1, comma 1074

[Finanziamento Fondo imprenditoria giovanile.]

Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono disciplinate le modalità operative di funzionamento del Fondo di cui al comma 1068, nel rispetto degli orientamenti comunitari in materia.

 

Art.3

(Percorsi informativi per giovani agricoltori)

 

1. Alto scopo di realizzare percorsi formativi finalizzati all'inserimento lavorativo in agricoltura dei giovani laureati o diplomati, il Ministro della politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con le regioni, è autorizzato a stipulare accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini e collegi degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani agricoltori. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di 516 milioni dì euro annue a decorrere dal 1999.

L.441/1998 art.3.

[Aiuti al primo insediamento determinazione del reddito e formazione.]

Co.5 Allo scopo di realizzare percorsi formativi finalizzati all'inserimento lavorativo in agricoltura dei giovani laureati o diplomati, il Ministro per le politiche agricole, d'intesa con le regioni è autorizzato a stipulare accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini e collegi degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani agricoltori. Per le finalità di cui al presente comma è autorizzata la spesa nel limite di un miliardo di lire annue a decorrere dal 1999.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 170/2001, ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità del comma 5 nella parte in cui autorizza, con riferimento all'àmbito territoriale delle Province autonome di Trento e Bolzano, il Ministro per le politiche agricole a stipulare, d'intesa con le Regioni, accordi o convenzioni con istituti di istruzione, enti di formazione e collegi professionali, volti allo svolgimento di corsi per la formazione professionale dei giovani agricoltori.

Art.4

(Disposizioni per l'insediamento nelle zone di montagna)

 

1. La normativa di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legga 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, concernente misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, è estesa, fino all'ammontare massimo di 10 milioni di euro annui, anche ai comuni montani con meno di 5.000 abitanti non ricadenti nelle delimi1azioni di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218.

2. I criteri e le procedure applicative per l'estensione di cui al comma. l, ivi compresa la definizione della quota dei fondi in essere di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legga 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, a tale fine riservata, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome dì Trento e di Bolzano.

L. 289/2002 art 67

Disposizioni per l'insediamento nelle zone di montagna.

 

 

Co.1. La normativa di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, concernente misure straordinarie per la promozione e lo sviluppo dell'imprenditorialità giovanile nel Mezzogiorno, è estesa, fino all'ammontare massimo di 10 milioni di euro annui, anche ai comuni montani con meno di 5.000 abitanti non ricadenti nelle delimitazioni di cui all'articolo 1 del testo unico delle leggi sugli interventi nel Mezzogiorno, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218.

 

 

 

2. I criteri e le procedure applicative per l'estensione di cui al comma 1, ivi compresa la definizione della quota dei Fondi in essere di cui al decreto-legge 30 dicembre 1985, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1986, n. 44, e successive modificazioni, a tale fine riservata, sono determinati dal CIPE, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

Imprenditorialità giovanile

Il Capo II (articoli 2, 3 e 4) riguarda gli imprenditori agricoli giovani.

 

L'articolo 2 (Fondo per lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile in agricoltura), al comma 1, riproduce disposizioni delle leggi finanziarie per il 2007 (legge n. 296 del 2006) e per il 2008 (legge n. 244 del 2008). La prima, al comma 1068 dell'articolo 1, istituiva presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali un Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura, avente una disponibilità finanziaria di 10 milioni di euro per il quinquennio 2007-2011, Fondo destinato a favorire il ricambio generazionale e lo sviluppo delle imprese giovanili. La seconda estendeva la finalità del Fondo allo sviluppo delle imprese giovanili anche nel settore della pesca.

Al Fondo possono accedere imprenditori con meno di 40 anni. Il comma 2 dell'articolo in esame riproduce il comma 1069 della citata legge finanziaria per il 2007 e dispone che le modalità, i criteri e le procedure di attuazione del fondo siano stabiliti con decreto di natura non regolamentare dal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, in coerenza con la normativa comunitaria sugli aiuti di stato al settore agricolo. L'ultimo periodo del secondo comma dell'articolo in esame dispone che le modalità operative di funzionamento del Fondo siano fissate sempre con decreto del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali sentito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

 

L'articolo 3 (Percorsi informativi per i giovani agricoltori) riproduce una disposizione della legge 15 dicembre 1998, n. 441 (Norme per la diffusione e valorizzazione dell'imprenditoria giovanile in agricoltura), e precisamente l'articolo 3, comma 5, con il quale si autorizzava il Ministro dell'agricoltura a stipulare, d'intesa con le regioni, accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini e collegi degli agronomi, degli agrotecnici e dei periti agrari per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani agricoltori. La norma era stata oggetto di una sentenza di illegittimità della Corte costituzionale per quanto riguardava le intese ministeriali nell'ambito territoriale delle province autonome di Trento e di Bolzano. Inoltre esso si basava sulle disposizioni dell'articolo 10 del regolamento (CE) n. 950/97 relativo al miglioramento delle strutture agricole, e nel caso specifico, a misure a favore dei giovani agricoltori, che era stato successivamente abrogato e sostituito dal nuovo regolamento (CE) n. 1257 del 1999 (Sostegno allo sviluppo rurale).

 

Il testo dell'articolo in esame è stato dunque riformulato rispetto alla norma che esso intende riprodurre per adeguarlo alla disciplina introdotta dalla normativa europea e soprattutto alle disposizioni del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, che ha ad oggetto "soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma della legge 7 marzo 2003, n. 38".

 

La norma in esame intende favorire l'inserimento in agricoltura di giovani laureati o diplomati e stanzia 516 milioni di euro (già finanziariamente coperti, si dichiara nella relazione illustrativa), per convenzioni ed accordi con istituti di istruzione e formazione, con ordini e collegi professionali per lo svolgimento di corsi.

 

L'articolo 4 (Disposizioni per l'insediamento nelle zone di montagna) dispone che le misure relative alla promozione e sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno (decreto-legge n. 786 del 1985, convertito con modificazioni dalla legge n. 44 del 1986) siano estese, fino all'ammontare massimo di 10 milioni di euro annui, ai comuni montani con meno di 5000 abitanti, anche se non rientrano nelle delimitazioni territoriali indicate dall'articolo 1 del testo unico delle leggi sull'intervento nel Mezzogiorno di cui al decreto del presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218. Il comma 2 prevede che la prevista estensione ai piccoli comuni montani situati in tutto il territorio nazionale, nonché la definizione della quota di fondi in essere, siano disposti sulla base di criteri e procedure applicative determinati dal CIPE su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Il testo di questo articolo riprende quello dell'articolo 67 della legge finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002). Articolo che era stato oggetto di una questione di legittimità costituzionale nella parte in cui attribuiva al CIPE un potere normativo relativo alla gestione dei fondi per l'imprenditorialità giovanile, anziché prevedere la mera attribuzione delle risorse aggiuntive alle regioni, muovendo dalla premessa che gli incentivi alle imprese giovanili costituiscano materia di potestà regionale piena. La Corte costituzionale (sentenza n. 354/2004) ha dichiarato inammissibile la questione, dichiarando che "La finalità dell’art. 67 della legge n. 289 del 2002, di estendere a tutti i Comuni montani con meno di 5000 abitanti le provvidenze previste per l’imprenditoria giovanile nel Mezzogiorno per favorire lo «sviluppo di una nuova imprenditorialità (…) e l’ampliamento della base produttiva e occupazionale attraverso la promozione, l’organizzazione e la finalizzazione di energie imprenditoriali», risponderebbe ad esigenze di riequilibrio del mercato e comporterebbe un evidente impatto sull’economia generale, così da trascendere l’ambito regionale ed acquisire dimensione macroeconomica".

 


Capo III (artt. 5-7)

Codice

Norme di riferimento

Capo III

Delle attività connesse agrituristiche

 

Art.5

(Certificati di abilitazione e requisiti igienico-sanitari degli immobili)

 

1. Le modalità per Il rilascio del certificato di abilitazione all'esercizio dell'attività agrituristica e la determinazione dei requisiti igienico-sanitari degli immobili e delle attrezzature da utilizzare per le attività agrituristiche sono disciplinate dalle regioni e dalle province autonome.

L. 96/2006 art.7.

Abilitazione e disciplina fiscale.

 

 

1. Le regioni disciplinano le modalità per il rilascio del certificato di abilitazione all'esercizio dell'attività agrituristica. Per il conseguimento del certificato, le regioni possono organizzare, attraverso gli enti di formazione del settore agricolo e in collaborazione con le associazioni agrituristiche più rappresentative, corsi di preparazione.

Art.5. Norme igienico-sanitarie.

1. I requisiti igienico-sanitari degli immobili e delle attrezzature da utilizzare per attività agrituristiche sono stabiliti dalle regioni. Nella definizione di tali requisiti si tiene conto delle particolari caratteristiche architettoniche e di ruralità degli edifici, specie per quanto attiene l'altezza e il volume dei locali in rapporto alle superfici aeroilluminanti, nonchè delle limitate dimensioni dell'attività esercitata.

2. La produzione, la preparazione, il confezionamento e la somministrazione di alimenti e di bevande sono soggetti alle disposizioni di cui alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, nonchè alle disposizioni di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 26 maggio 1997, n. 155, e successive modificazioni.

3. L'autorità sanitaria, nella valutazione dei requisiti dei locali di trattamento e somministrazione di sostanze alimentari e del relativo piano aziendale di autocontrollo igienico-sanitario, tiene conto della diversificazione e della limitata quantità delle produzioni, dell'adozione di metodi tradizionali di lavorazione e dell'impiego di prodotti agricoli propri.

4. Nel caso di somministrazione di pasti in numero massimo di dieci, per la loro preparazione può essere autorizzato l'uso della cucina domestica.

5. Per le attività agrituristiche di alloggio, nei limiti di dieci posti letto, per l'idoneità dei locali è sufficiente il requisito dell'abitabilità.

6. Per gli edifici e i manufatti destinati all'esercizio dell'attività agrituristica la conformità alle norme vigenti in materia di accessibilità e di superamento delle barriere architettoniche è assicurata con opere provvisionali.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 339/2007, ha dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità dell'art. 5, commi 4 e 5,

Art.6

(Programmazione e sviluppo dell'agriturismo)

 

1. Il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di intasa con le regioni e le province autonome e sentite la associazioni nazionali agrituristiche maggiormente rappresentative a livello nazionale, predispone un programma di durata triennale, aggiornabile annualmente, finalizzato alla promozione dell'agriturismo italiano sui mercati nazionali e internazionali.

2. Allo scopo di promuovere le attività dì turismo equestre, le regioni possono incentivare l'acquisto e l'allevamento di cavalli da sella, nell'ambito delle aziende agrituristiche, e l'allestimento delle relative attrezzature di ricovero e di esercizio. Possono essere altresì incentivati gli itinerari di turismo equestre, opportunamente segnalati in collaborazione con le aziende agrituristiche e i circoli ippoturistici.

3. Le regioni, in collaborazione con le associazioni più rappresentative di operatori agrituristici, sostengono altresì lo sviluppo dell'agriturismo attraverso attività di studio, ricerca, sperimentazione, formazione professionale e promozione.

4. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L. 96/2006 art.11.

Programmazione e sviluppo dell'agriturismo.

 

1. Il Ministro delle politiche agricole e forestali, di intesa con le regioni e le province autonome e sentite le associazioni nazionali agrituristiche maggiormente rappresentative a livello nazionale, predispone un programma di durata triennale, aggiornabile annualmente, finalizzato alla promozione dell'agriturismo italiano sui mercati nazionali e internazionali.

 

 

2. Allo scopo di promuovere le attività di turismo equestre, le regioni possono incentivare l'acquisto e l'allevamento di cavalli da sella, nell'ambito delle aziende agrituristiche, e l'allestimento delle relative attrezzature di ricovero e di esercizio. Possono essere altresì incentivati gli itinerari di turismo equestre, opportunamente segnalati in collaborazione con le aziende agrituristiche e i circoli ippoturistici.

 

 

 

3. Le regioni, in collaborazione con le associazioni più rappresentative di operatori agrituristici, sostengono altresì lo sviluppo dell'agriturismo attraverso attività di studio, ricerca, sperimentazione, formazione professionale e promozione.

 

 

4. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Art.7

(Osservatorio nazionale dell'agriturismo)

 

1. Al fine di fornire informazioni utili per lo svolgimento delle attività di indirizzo e di coordinamento di competenza del Ministero delle politiche agricola alimentari e forestali, nonché allo scopo di favorire la comunicazione e lo scambio di esperienze sul territorio nazionale, le regioni inviano annualmente allo stesso Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali una relazione sintetica sullo stato dell'agriturismo nel territorio di propria competenza, integrata dai dati sulla consistenza del settore e da eventuali disposizioni emanate in materia.

2. Presso il Ministero delle politiche agricole alimentari a forestali è istituito l'Osservatorio nazionale dall'agriturismo, al quale partecipano le Regioni per mezzo della Conferenza Stato-Regioni e le associazioni dì operatori agrituristici più rappresentative a livello nazionale.

3. L'Osservatorio nazionale dell'agriturismo cura la raccolta e la elaborazione delle informazioni provenienti dalle regioni e dalle associazioni di cui al comma 2, pubblicando annualmente un rapporto nazionale sullo stato dell'agriturismo e formulando, anche con il contributo di esperienze estera. proposte per lo sviluppo del settore.

4. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

L. 96/2006 art.13.

Osservatorio nazionale dell'agriturismo.

 

1. Al fine di fornire informazioni utili per lo svolgimento delle attività di indirizzo e di coordinamento di competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali, nonché allo scopo di favorire la comunicazione e lo scambio di esperienze sul territorio nazionale, le regioni inviano annualmente allo stesso Ministero delle politiche agricole e forestali una relazione sintetica sullo stato dell'agriturismo nel territorio di propria competenza, integrata dai dati sulla consistenza del settore e da eventuali disposizioni emanate in materia.

 

 

 

 

2. Presso il Ministero delle politiche agricole e forestali è istituito l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo, al quale partecipano le associazioni di operatori agrituristici più rappresentative a livello nazionale.

 

 

 

3. L'Osservatorio nazionale dell'agriturismo cura la raccolta e la elaborazione delle informazioni provenienti dalle regioni e dalle associazioni di cui al comma 2, pubblicando annualmente un rapporto nazionale sullo stato dell'agriturismo e formulando, anche con il contributo di esperienze estere, proposte per lo sviluppo del settore.

 

 

4. Dall'attuazione del presente articolo non derivano nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

La Corte costituzionale, con sentenza n. 339/2007, ha dichiarato, tra l’altro l'illegittimità dell'art. 13, comma 2, nella parte in cui, nell'istituire l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo, non prevede alcun coinvolgimento delle Regioni.

Agriturismo

Il Capo III (articoli 5, 6 e 7) reca disposizioni amministrative sull'agriturismo nonché interventi del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali in tema di programmazione e di Osservatorio nazionale.

 

L'articolo 5 (Certificati di abilitazione e requisiti igienico-sanitari degli immobili)riproduce le norme dell'articolo 7 della legge 20 febbraio 2006, n. 96 (Disciplina dell'agriturismo) che assegnano alle regioni e alle province autonome la competenza a disciplinare le modalità per il rilascio dei certificati di abilitazione per l'esercizio dell'attività agrituristica. L'articolo in esame riprende anche una disposizione dell'articolo 5 della citata legge n. 96 del 2006, che riguarda la determinazione dei requisiti igienico-sanitari degli immobili e delle attrezzature da utilizzare, di competenza delle regioni. Tale articolo 5 era stato oggetto di una pronuncia di illegittimità da parte della Corte costituzionale (sentenza n. 339 del 2007), che aveva in parte accolto le osservazioni della regione Lazio e della regione Toscana che lamentavano l'intervento dello Stato in una normativa di dettaglio che avrebbe dovuto essere riservata alla esclusiva competenza regionale. Con riferimento agli articoli 117, 118, 120 della Costituzione, la Corte, nella sentenza citata ha rilevato in via preliminare che la legge statale prescrive una disciplina generale per l’attività agrituristica, attività che, seppure in via immediata rientra nelle materie agricoltura e turismo di competenza residuale delle regioni, interferisce con altre materie attribuite alla competenza esclusiva o concorrente dello Stato.

 

Tenendo conto della pronuncia costituzionale dunque la materia dell'autorizzazione all'esercizio di attività agrituristiche e del rilascio del certificato di abilitazione è demandata alle regioni.

 

L'articolo 6 (Programmazione e sviluppo dell'agriturismo) riproduce il contenuto dell'articolo 11 della legge n. 96 del 2006 di regolamentazione del settore. Esso riserva allo Stato la responsabilità di effettuare, d'intesa con gli enti territoriali e sentite le associazioni rappresentative del settore, una programmazione nazionale di lungo respiro dell'attività agrituristica, che copra un arco di tre anni. Questa programmazione deve essere finalizzata alla promozione dell'agriturismo italiano sui mercati interni e internazionali. Alle regioni è assegnato il compito di svolgere attività di studio, ricerca, sperimentazione, formazione professionale e promozione.

L'attuazione dell'articolo, così come già disposto nella norma del 2006, non deve produrre nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

L' articolo 7 (Osservatorio nazionale dell'agriturismo) concerne un organo istituito dalla legge n. 96 del 2006 di disciplina generale dell'agriturismo.

L'Osservatorio, che ha sede presso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, è composto da rappresentanti delle regioni (tramite la Conferenza Stato-regioni) e da delegati delle associazioni agrituristiche più rappresentative a livello regionale. Ai sensi di quanto stabilito dall'articolo in esame l'Osservatorio ha il compito di ricevere ed elaborare le informazioni provenienti dalle regioni e dalle associazioni di operatori del settore per produrre annualmente una rapporto nazionale sullo stato dell'agriturismo. Le informazioni raccolte, unite al contributo di esperienze estere, vengono utilizzate dall'Osservatorio anche per formulare proposte per lo sviluppo del settore agrituristico. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali svolge attività di indirizzo e coordinamento. A questo scopo infatti la norma in esame prevede che le regioni inviino al Ministero una relazione annuale sintetica sullo stato dell'agriturismo nel loro territorio, contenente anche dati economici sulla consistenza del settore e giuridici sulle disposizioni regionali emanate in materia.

L'istituzione dell'Osservatorio, come altri articoli della legge 96 del 2006 sulla disciplina dell'agriturismo è stata oggetto della pronuncia n. 339/2007 della Corte costituzionale a seguito della questione di legittimità sollevata per la presunta violazione degli articoli 117 e 120 della Costituzione, in quanto l'articolo 13 della legge n. 96 del 2006, attribuendo allo Stato mediante l'istituzione dell'Osservatorio nazionale dell'agriturismo un esteso e generale ruolo di indirizzo e coordinamento delle politiche nel settore dell'agriturismo, oltre ad intervenire in una materia sottratta alla sua competenza, non avrebbe risposto neanche a esigenze di sussidiarietà. Inoltre il comma relativo alla composizione dell'Osservatorio non prevedeva il coinvolgimento delle regioni. La Corte ha ritenuto non fondate le osservazioni sui commi 1 e 3 dell'articolo 13 della legge citata. Secondo la Corte "tali commi – imponendo alle regioni l'obbligo di fornire informazioni – mirano a coordinare a livello centrale la raccolta dei dati afferenti all'attività agrituristica da esse svolta, al fine di disporre di un quadro unitario. Pertanto con tali norme lo Stato ha esercitato la potestà legislativa in materia di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale e regionale, ad esso attribuita in via esclusiva dall'art. 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione". Riguardo al comma 2, invece, la questione di legittimità è stata ritenuta fondata perché la partecipazione delle regioni in un simile organo è indispensabile. Per questo l'articolo in esame lo prevede esplicitamente.

 


Capo IV (artt. 8-9)

Codice

Norme di riferimento

Capo IV

Delle strade del vino, dell’olio e degli altri prodotti agricoli tipici

 

Art.8

(Presentazione delle strade del vino, dell'olio a degli al1ri prodotti agricoli tipici da parte di cantine industriali ed enoteche)

 

1. In deroga alle disposizioni vigenti, le cantine industriali e le enoteche presenti nell'ambito delle 'strade del vino' ed aderenti al discipl1nare stabilito dalla Regione, possono effettuare la presentazione, la degustazione e la mescita di prodotti vitivinicoli, nel rispetto delle norme previste per le imprese agricole produttrici.

L. 268/1999 art. 1.

Princìpi e obiettivi.

 

 

 

Co. 4. In deroga alle disposizioni vigenti, le cantine industriali e le enoteche presenti nell'ambito delle «strade del vino» ed aderenti al disciplinare di cui all'articolo 2, comma 1, lettera a), possono effettuare la presentazione, la degustazione e la mescita di prodotti vitivinicoli, nel rispetto delle norme previste per le aziende agricole produttrici

Art.9

(Misure di sostegno)

 

1. Lo Stato può cofinanziare, nell'ambito delle disponibilità finanziarie proprie e di Interventi comunitari, leggi di spesa regionale per interventi di adeguamento delle aziende e dei punti di accoglienza e di informazione locale, limitatamente agli interventi volti a migliorare le strutture indispensabili alla realizzazione degli obiettivi del presente capo.

 

 

 

2. Ferme restando le competenze delle regioni in materia di promozione all'estero, la realizzazione di materiale promozionale, informativo a pubblicitario, anche destinato all'estero, per l'incentivazione della conoscenza delle 'strade del vino' può essere altresì finanziata attraverso l'intervento dell'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) e dell'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE).

L. 268/1999 art. 4.

Agevolazioni e contributi finanziari.

 

1. All'attuazione delle iniziative previste dalla presente legge possono concorrere con apposite finalizzazioni finanziamenti locali, regionali, nazionali e comunitari. Lo Stato può cofinanziare, nell'ambito delle disponibilità finanziarie proprie e di interventi comunitari, leggi di spesa regionali per interventi di adeguamento delle aziende e dei punti di accoglienza e di informazione locale agli standard di cui al comma 1 dell'articolo 3, limitatamente agli interventi volti a migliorare le strutture indispensabili alla realizzazione degli obiettivi della presente legge.

Art.4. Agevolazioni e contributi finanziari.

Co.2. Ferme restando le competenze delle regioni in materia di promozione all'estero, la realizzazione di materiale promozionale, informativo e pubblicitario, anche destinato all'estero, per l'incentivazione della conoscenza delle «strade del vino» può essere altresì finanziata attraverso l'intervento dell'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) e dell'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE).

 

Le strade del vino e dell’olio

Il Capo IV (articoli 8 e 9) ha per oggetto le strade del vino e dell'olio.

 

La legge 27 luglio 1999, n. 268, aveva disciplinato le "strade del vino", percorsi realizzati per valorizzare i territori a vocazione vitivinicola e i luoghi delle produzioni di qualità individuate ai sensi della legge n. 164 del 1992 (Nuova disciplina delle denominazioni d'origine). La normativa doveva essere applicabile anche alla realizzazione di "strade" finalizzate alla valorizzazione di altre produzioni di qualità come l'olio e altri prodotti tipici.

La legge n. 268 del 1999 disponeva che ogni regione nel cui territorio fosse stata istituita una di queste "strade del vino" definisse la gestione e la fruizione della stessa sulla base di un disciplinare sottoscritto da ciascun soggetto aderente (produttore, cantina di lavorazione, enoteca, ecc..), e che il Ministero dell'agricoltura intervenisse a stabilire gli standard minimi di qualità. A tale scopo è stato emanato il decreto ministeriale 12 luglio 2000, pubblicato nella G.U. del 28 luglio 2000, n. 175. Si prevedeva altresì che le regioni potessero definire anche d'intesa con gli enti locali interessati specifiche strutture funzionali alla realizzazione delle "strade del vino".

 

Nell'articolo 8 (Presentazione delle strade del vino, dell'olio e degli altri prodotti agricoli tipici da parte di cantine industriali ed enoteche)in esame si riproduce la norma dell'articolo 1, comma 4 della legge citata, in base alla quale le cantine industriali e le enoteche presenti nell'ambito delle strade del vino che aderiscono al succitato disciplinare possano, al pari delle imprese produttrici, effettuare la presentazione, la degustazione e la mescita di prodotti vitivinicoli.

 

Il successivo articolo 9 (Misure di sostegno)dispone che le iniziative regionali di spesa volte ad adeguare le aziende e i punti di accoglienza ed informazione locale limitatamente agli interventi indispensabili, possano essere cofinanziate dallo Stato nell'ambito di disponibilità finanziarie proprie e di interventi comunitari. Il secondo comma dell'articolo 9 in esame invece riguarda la possibilità - già introdotta dalla legge n. 268 del 1999 - di realizzare materiale informativo, pubblicitario, promozionale anche destinato all'estero ricorrendo all'intervento finanziario di enti specifici quali l'ENIT (Ente nazionale per il turismo) e l'ICE (Istituto per il commercio estero).

 


Capo V (artt. 10-11)

Codice

Norme di riferimento

Capo V

Dell’acquacoltura, della piscicoltura e dell’impresa ittica.

 

 

Art.10

(Impatto sull'ambiente derivante dall'attività di acquacoltura o piscicoltura)

1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con ì Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali, delle infrastruttura a del trasporti e dello sviluppo economico, e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dall'attività di acquacoltura e di piscicoltura15 e ciò come disposto dall'articolo 111 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

 

 

2. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite disposizioni volte alla delle procedure per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di acqua pubblica ad uso di acquacoltura.

D.lgs. 152/2006 art 111

Impianti di acquacoltura e piscicoltura.

 

1. Con decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, di concerto con i Ministri delle politiche agricole e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e delle attività produttive, e previa intesa con Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono individuati i criteri relativi al contenimento dell'impatto sull'ambiente derivante dalle attività di acquacoltura e di piscicoltura.

L. 102/1992 art.1

co. 1. Ai fini della presente legge per attività di acquacoltura si intende l'insieme delle pratiche volte alla produzione di proteine animali in ambiente acquatico mediante il controllo, parziale o totale, diretto o indiretto, del ciclo di sviluppo degli organismi acquatici.

D.L. 171/2008 art. 4-ter

Semplificazione delle procedure relative alle concessioni di acqua ad uso di acquacoltura

Co.1. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono stabilite disposizioni volte alla semplificazione delle procedure per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di acqua pubblica ad uso di acquacoltura.

Art.11

(Filiera del settore ittico)

 

1. Al fine di favorire l'integrazione di filiera del sistema ittico e il rafforzamento dei distretti di pesca nelle aree sottoutilizzate, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, promuove, nel Imita finanziario complessivo fissato con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica in attuazione della legge 27 dicembre 2002, n. 289, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore della pesca.

2. I criteri, le modalità e le procedure per l'attuazione delle iniziative di cui al comma 1 sono definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto.

D.L. 171/2008 Art. 4-octies

Accordi di filiera

 

Co.1 Al fine di favorire l'integrazione di filiera del sistema ittico e il rafforzamento dei distretti di pesca nelle aree sottoutilizzate, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, nel rispetto della programmazione regionale, promuove, nel limite finanziario complessivo fissato con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica in attuazione della legge 27 dicembre 2002, n. 289, contratti di filiera e di distretto a rilevanza nazionale con gli operatori delle filiere, ivi comprese le forme associate, finalizzati alla realizzazione di programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, in coerenza con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore della pesca.

 

 

 

 

Co.2 I criteri, le modalità e le procedure per l'attuazione delle iniziative di cui al comma 1 sono definiti con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.

Acquacoltura, piscicoltura e impresa ittica

Il Capo V (articoli 10 e 11) riguarda l'acquacoltura, la piscicoltura e l'impresa ittica.

 

In particolare l'articolo 10 (Impatto sull'ambiente derivante dall'attività di acquacoltura o piscicoltura) reca, al comma 1, disposizioni sulla individuazione dei criteri relativi al contenimento dell'impatto ambientale delle attività di acquacoltura e piscicoltura (attività che rientrano tra quelle svolte dall'imprenditore agricolo come definito dal nuovo articolo 2135 del codice civile). Secondo quanto disposto dall'articolo 111 della legge 5 febbraio 1992, n. 102 (Norme in materia ambientale), modificato per adeguarlo alla riforma dell'articolo 2135 del codice civile, gli impianti di acquacoltura e piscicoltura devono conformarsi a criteri indicati dal Ministero dell'ambiente circa il contenimento dell'impatto ambientale. Tali criteri devono esser fissati con decreto emanato di concerto con i Ministri delle politiche agricole, alimentari e forestali, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

 

In questa parte finale la formulazione della norma deriva dal recepimento di quanto disposto sul punto dall'articolo 111 del decreto legislativo n. 152 del 2006, al quale espressamente essa rinvia.

 

Il comma 2 dell'articolo 10 in esame dispone che con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome siano stabilite disposizioni volte alla semplificazione delle procedure per il rilascio ed il rinnovo delle concessioni di acqua pubblica ad uso di acquacoltura. La norma era già fissata nell'articolo 4-ter del decreto legge 3 novembre 2008, n. 171 (Misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare), introdotto dalla legge di conversione.

 

L’articolo 96, comma 11, del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevede la competenza delle regioni in merito alla disciplina dei procedimenti di rilascio delle concessioni di derivazione di acque pubbliche, nel rispetto delle direttive sulla gestione del demanio idrico. L’articolo 89, comma 1, lettera i), del decreto legislativo n. 112 del 1998 ha infatti trasferito alle regioni “la gestione del demanio idrico, ivi comprese tutte le funzioni amministrative relative alle derivazioni di acqua pubblica, alla ricerca, estrazione e utilizzazione delle acque sotterranee, alla tutela del sistema idrico sotterraneo nonché alla determinazione dei canoni di concessione e all'introito dei relativi proventi”.

 

L'articolo 11 (Filiera del settore ittico) è composto da due commi che riproducono i commi 8 e 9 dell'articolo 4-octies (introdotto dalla legge di conversione) del decreto-legge 3 novembre 2008, n. 171 (Misure urgenti per il rilancio competitivo del settore agroalimentare).

L’articolo prevede che anche per il settore ittico possano essere definiti dei “contratti di filiera” e “contratti di distretto”, come già previsto dalla legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003) per il settore agroalimentare. Il soggetto promotore è individuato nel Ministro delle politiche agricole e le aree interessate sono quelle sottoutilizzate, in particolare quelle nelle quali siano presenti distretti ittici da rafforzare. Le risorse destinate ai nuovi accordi di filiera saranno determinate dal CIPE entro il limite finanziario complessivo previsto per l’attuazione della legge n. 289 del 2002. Come già richiesto per il settore agroalimentare, è necessario che gli accordi assumano rilevanza nazionale, realizzino programmi di investimenti aventi carattere interprofessionale, siano coerenti con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore della pesca (Orientamenti per l'esame degli aiuti di Stato nel settore della pesca e dell'acquacoltura, pubblicato in GUCE C n. 229 del 14 settembre 2004).

I contratti di filiera nel settore agroalimentare sono stati introdotti dall’articolo 66, commi 1 e 2, della legge n. 289 del 2002 (legge finanziaria per il 2003). Con una modifica apportata a tale articolo dall’articolo 10, comma 5, del decreto-legge n. 35 del 2005, sono stati successivamente disciplinati anche i contratti di distretto. Tale normativa è diretta ad assicurare un sostegno alle filiere agroalimentari, agevolando investimenti o favorendo la capitalizzazione delle imprese del comparto dell’agroindustria. In particolare con il comma 1 è assegnato al Ministro delle politiche agricole di promuovere la definizione di contratti di filiera o di distretto, in qualche modo assimilabili ai contratti di programma, attingendo alle risorse destinate alle cosiddette “aree sottoutilizzate”, coincidenti territorialmente con le aree depresse. Le finalità da perseguire sono quelle di favorire l’integrazione dei diversi soggetti partecipanti ad una medesima filiera del sistema agroalimentare e di rafforzare i distretti agroalimentari; gli operatori coinvolti potranno anche rivestire la forma associativa.

Per la conclusione dei contratti di filiera o di distretto è richiesto che siano soddisfatti i seguenti requisiti:

§      sia rispettata la programmazione regionale;

§      i contratti abbiano una rilevanza nazionale;

§      abbiano carattere interprofessionale (cioè prevedano la partecipazione dei rappresentanti di due o più categorie professionali - produttori, trasformatori, distributori- di una medesima filiera produttiva);

§      siano coerenti con gli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato in agricoltura;

§      rientrino nel limite finanziario complessivo che fissato con delibera del CIPE in sede di ripartizione.

 

Quanto al Fondo per le aree sottoutilizzate, trattasi del fondo istituito dalla medesima legge n. 289 del 2002, che ha concentrato le risorse destinate agli interventi nelle aree sottoutilizzate in due fondi di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 61, comma 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3, c.d. Fondo MAP).

Nel Fondo MEF sono confluite le risorse relative: all’intervento straordinario nel Mezzogiorno; all’intervento ordinario nelle aree depresse; al Fondo per l’imprenditoria giovanile e ai crediti di imposta per investimenti e per nuove assunzioni. Nel Fondo MAP, sono confluite le risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate specificamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, vale a dire, le risorse relative alla legge n. 488 del 1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area).

Al CIPE è attribuita la facoltà, con proprie deliberazioni, di ripartire la dotazione di ciascun Fondo tra gli interventi in esso compresi, nonché di modificare l’allocazione degli stanziamenti relativi ai due Fondi, trasferendo risorse dall’uno all’altro. In tal caso, il CIPE deve essere presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri.

La diversa allocazione delle risorse tra i due fondi è deliberata dal CIPE in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari, alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. L’articolo 4, comma 130, della legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) prevede, inoltre, che la diversa allocazione delle risorse effettuata dal CIPE tenga conto anche della finalità di accelerazione della spesa in conto capitale.[22]

 


Capo VI (artt. 12-13)

Codice

Norme di riferimento

Capo VI

Della vendita dei prodotti agricoli.

 

Art.12

(Disciplina amministrativa)

1. Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'ambito dell'azienda agricola o di altre aree privata di cui gli imprenditori agricoli abbiano disponibilità, non è richiesta la comunicazione di inizio attività.

 

 

2. La vendita diretta che venga esercitata nel fondo è consentita anche nelle giornate festive e domenicali, e non è soggetta al vincoli di orario fissati dai regolamenti locali per la vendita delle merci.

La norma è nuova e intende chiarire il significato di disposizioni controverse.

3. 3. La vendita diretta dei prodotti agricoli in torma itinerante è soggetta a previa comunicazione alla Azienda Sanitaria Locale (ASL) del luogo ave ha sede l'azienda di produzione e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.

4. Qualora si intenda esercitare la vendita diretta al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico. la comunicazione è indirizzata alla Azienda Sanitaria Locale (ASL) del luogo in cui si intende esercitare la vendita. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio, la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio medesimo, ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

5. la comunicazione di cui ai commi 2 e 3, oltre alle indicazioni delle generalità del richiedente, dell'iscrizione nel registro delle imprese e degli estremi di ubicazione dell'azienda, deve contenere la specificazione dei prodotti di cui si intenda praticare la vendita e delle modalità con cui si intende effettuarla, ivi compreso il commercio elettronico.

6. Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione del posteggi, la loro superficie e I criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta.

D.lgs. 228/2001 art.4.

Esercizio dell'attività di vendita.

Co. 2 La vendita diretta dei prodotti agricoli in forma itinerante è soggetta a previa comunicazione al comune del luogo ove ha sede l'azienda di produzione e può essere effettuata decorsi trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all'aperto nell'àmbito dell'azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità non è richiesta la comunicazione di inizio attività.

 

 

 

 

 

 

Cfr. il comma 2 sopra riportato.

 

 

 

 

 

 

Co.4. Qualora si intenda esercitare la vendita al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico, la comunicazione è indirizzata al sindaco del comune in cui si intende esercitare la vendita. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l'utilizzo di un posteggio la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio medesimo, ai sensi dell'art. 28 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.

 

 

 

Co.3. La comunicazione di cui al comma 2, oltre alle indicazioni delle generalità del richiedente, dell'iscrizione nel registro delle imprese e degli estremi di ubicazione dell'azienda, deve contenere la specificazione dei prodotti di cui s'intende praticare la vendita e delle modalità con cui si intende effettuarla, ivi compreso il commercio elettronico.

D.L. 182/2005 art.2-bis

Co.3. All'articolo 28, comma 15, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, il primo periodo è sostituito dal seguente: "Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.”.

Art.13

(Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari)

1. AI fine di migliorare l'accesso ai mercati dei prodotti agricoli, freschi e deperibili. tenendo conto degli interessi dei consumatori, le intese di filiera di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, definiscono azioni per consentire che nelle grandi strutture di vendita e nel centri commerciali di cui all'articolo 4del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in cui si esercita anche attività di vendita di prodotti agricoli, siano posti in vendita prodotti provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio delle regioni in cui operano le predette strutture, in una congrua percentuale, in termini di valore, della produzione agricola annualmente acquistata.

2., A favore delle strutture che rispettino quanto stabilito dalle intese di filiera in attuazione del comma 1, possono essere applicati 'gli incentivi di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, nell'àmbito delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

3. Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisca l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta al sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo di riordino sulla materia dall'agricoltura.

D.L. 182/2005 Art. 2-bis.

Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agroalimentari.

1. Al fine di migliorare l'accesso ai mercati dei prodotti agricoli, freschi e deperibili, tenendo conto degli interessi dei consumatori, le intese di filiera di cui all'articolo 9 del decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, definiscono azioni per consentire che nelle grandi strutture di vendita e nei centri commerciali di cui all'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, in cui si esercita anche attività di vendita di prodotti agricoli, siano posti in vendita prodotti provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio delle regioni in cui operano le predette strutture, in una congrua percentuale, in termini di valore, della produzione agricola annualmente acquistata.

 

 

2. A favore delle strutture che rispettino quanto stabilito dalle intese di filiera in attuazione del comma 1, possono essere applicati gli incentivi di cui all'articolo 14 del citato decreto legislativo n. 102 del 2005, nell'àmbito delle risorse disponibili e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

 

3. All'articolo 28, comma 15, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114, il primo periodo è sostituito dal seguente: "Il comune, sulla base delle disposizioni emanate dalla regione, stabilisce l'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio dell'attività, nonché le modalità di assegnazione dei posteggi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate, in misura congrua sul totale, agli imprenditori agricoli che esercitano la vendita diretta ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.”.

Vendita di prodotti agricoli

Il Capo VI (articoli 12 e 13) concerne la disciplina amministrativa della vendita dei prodotti agricoli, in particolare la vendita diretta al dettaglio da parte degli imprenditori agricoli dei loro prodotti, sia in locali dell'azienda sia all'esterno, e la commercializzazione di prodotti agricoli.

 

Il comma 1 dell'articolo 12 (Disciplina amministrativa)riproduce l'articolo 2-quinquies del decreto legge n. 2 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006, n. 81 (Interventi urgenti per i settori dell'agricoltura, dell'agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d'impresa). Esso a sua volta modificava l'articolo 4, comma 2 del decreto legislativo n. 228 del 2001 di orientamento e modernizzazione del settore agricolo in attuazione della legge di apertura e regolazione dei mercati (legge n. 57 del 2001). Ai sensi del comma 1 gli imprenditori agricoli che intendono esercitare la vendita diretta dei loro prodotti in aree all'aperto dell'azienda agricola o in altre aree private di cui l'azienda abbia disponibilità non sono tenuti a presentare al comune la comunicazione di inizio attività. Il citato articolo 4 del decreto legislativo 228 del 2001 richiedeva invece la comunicazione nei casi di vendita al dettaglio in forma itinerante oppure su aree pubbliche o in locali aperti al pubblico.

 

Ai sensi della vigente normativa gli imprenditori, singoli o associati, che intendono vendere direttamente al dettaglio i loro prodotti possono farlo su tutto il territorio nazionale a condizione che l’impresa sia iscritta al registro delle imprese della camera di commercio e il titolare – in caso di ditta individuale – o i soci – in caso di società di persone – non siano stati condannati per reati in materia di igiene e sanità o per frode alimentare nei 5 anni precedenti. In ogni caso devono essere sempre rispettate le norme vigenti in materia di igiene e sanità dei prodotti alimentari.

 

I commi 3 e 4 dell'articolo in esame, infatti, riprendono le formulazioni dei commi 2 e 4 dell'articolo 4 del decreto legislativo citato e le integrano richiedendo che - nel caso di vendita in forma itinerante o di vendita su aree pubbliche o aperte al pubblico - la comunicazione non debba essere presentata al sindaco del comune del luogo dove si intende esercitare la vendita, bensì alla ASL. Inoltre per la vendita su aree pubbliche in zone di posteggio deve essere richiesta l'assegnazione del posteggio stesso, come previsto dalle norme relative alla disciplina del commercio di cui all'articolo 28 del decreto legislativo n. 114 del 1998. L'ampiezza complessiva delle aree da destinare all'esercizio delle attività di vendita al dettaglio in aree di posteggio, le modalità di assegnazione dei posteggi stessi, la loro superficie e i criteri di assegnazione delle aree riservate ai produttori agricoli in proporzione all'area di vendita devono essere stabiliti dal comune sulla base delle disposizioni emanate dalla regione.

 

Il comma 2 rappresenta una novità. Esso dispone che la vendita diretta esercitata nel fondo sia consentita anche nelle giornate festive e domenicali, e non sia soggetta ai vincoli di orario fissati dai regolamenti locali per la vendita delle merci. Questa disposizione, come spiegato dal Governo, vuole risolvere un problema sollevato da due sentenze di opposto tenore pronunciate dalla Corte di cassazione (III sezione civile, sentenza n. 1793 del 1999) e del Consiglio di Stato (sentenza n. 871 del 1980). La prima ha ritenuto applicabile anche all'agricoltore che venda direttamente i propri prodotti la disposizione che vieta la vendita domenicale e nei giorni festivi. La sentenza del Consiglio di Stato invece sanciva il superamento di ogni espressione restrittiva e delle limitazioni di tipo temporale al commercio di prodotti deperibili, tanto più che l'attività imprenditoriale agricola è connotata da natura e dimensioni particolari.

 

Inoltre si deve considerare che per espressa disposizione legislativa ai produttori agricoli, singoli o associati, i quali esercitino attività di vendita di prodotti agricoli nei limiti di cui all'articolo 2135 del codice civile, non si applica il decreto legislativo n. 114 del 1998 che ha riformato il settore del commercio (articolo 4, comma 2, lettera d) del citato decreto legislativo n. 114 e articolo 4, comma 7 del decreto legislativo 228 del 2001).

 

L'articolo 13 (Disposizioni in materia di vendita dei prodotti agricoli e agro-alimentari) riprende l'articolo 2-bis (introdotto dalla legge di conversione) del decreto legge n. 182 del 2005 (Interventi urgenti in agricoltura e per gli organismi pubblici del settore, nonché per contrastare andamenti anomali dei prezzi nelle filiere agroalimentari). Dispone dunque che intese di filiera stipulate ai sensi dell'articolo 9 del decreto legislativo 102 del 2005 (Regolazione dei mercati agroalimentari) allo scopo di favorire l'integrazione e promuovere la valorizzazione dei prodotti agroalimentari tenendo conto delle esigenze degli operatori agricoli e dei consumatori definiscano le azioni opportune per consentire che nelle grandi strutture di vendita e nei centri commerciali in cui si vendono anche prodotti agricoli freschi siano offerti al pubblico prodotti provenienti da aziende agricole aventi sede nella regione, in percentuale congrua - in termini di valore - con il volume annuo di prodotti agricoli acquistati.

 

Si ricorda che le citate intese di filiera vengono stipulate nell'ambito del "Tavolo agroalimentare" istituito dalla legge di modernizzazione e orientamento del settore agricolo (il citato decreto legislativo n. 228 del 2001) come organo di concertazione presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, cui partecipano rappresentanti del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti. Il Tavolo agisce anche come organo di consulenza del Governo nella definizione delle politiche agroalimentari.

In sede di stipula di un'intesa di filiera partecipano al Tavolo gli organismi maggiormente rappresentativi a livello nazionale nei settori della produzione, della trasformazione, del commercio e della distribuzione dei prodotti agricoli e agroalimentari, presenti o rappresentati nel Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro. Le modalità per la stipula delle intese nonché la costituzione e il funzionamento di tavoli specifici sono definite con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro per le politiche agricole, alimentari e forestali. Le intese non possono comportare restrizioni alla concorrenza.

 

Il comma in esame prevede anche che a favore delle strutture che rispettino quanto stabilito dalle intese di filiera possano esser applicati incentivi nella forma prevista dall'articolo 14 del decreto legislativo n. 102 del 2005. Essi consistono nell'applicare la priorità per l'accesso al regime di aiuti statali a carico del Fondo per le aree sottoutilizzate e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese (articolo 66, commi 1 e 2 nonché articoli 60 e 61 della legge n. 289 del 2002). Il sostegno alla filiera agroalimentare nelle aree sottoutilizzate avviene nell'ambito di questi fondi entro il limite complessivo fissato con delibera dal CIPE e nel rispetto della programmazione regionale.

 


Capo VII (artt. 14-15)

Codice

Norme di riferimento

Capo VII

Del Servizio informativo agricolo nazionale (SIAN).

 

Art.14

(Servizi di interoperabilità)

 

1. Il SIAN. quale strumento per l'esercizio delle funzioni, ha caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale e si avvale del servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione previste dal progetto della rete unitaria della pubblica amministrazione. Il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali. nonché la altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le Informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, In particolare, con l'Anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma del carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria ed artigianato, secondo quanto definito dal comma quarto.

2. Il SIAN è unificato con i sistemi informativi di cui all'articolo 24, comma 3. della regge 31 gennaio 1994, n. 97, e all'articolo 1 della legge 28 marzo 1997, n. 81, ed Integrato con i sistemi informativi regionali. Allo stesso è trasferito l'Insieme delle strutture organizzative, dei beni, delle banche dati, delle risorse hardware, software e di rete dei sistemi di cui all'articolo 1 della legge 28 marzo 1997, n. 81, senza oneri amministrativi. In attuazione della normativa comunitaria, il S'AN assicura, garantendo la necessaria riservatezza delle informazioni, nonché l'uniformità su base nazionale dei controlli obbligatori, i servizi necessari alla gestione, da parte degli organismi pagatori e delle regioni e degli enti locali, degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comune, connessi alla gestione dei regimi di intervento nei diversi settori produttivi ivi inclusi i servizi per la gestione a l'aggiornamento degli schedari oleicolo e viticolo.

3. Il SIAN è interconnesso con; sistemi informativi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di fornire all'ufficio del registro delle imprese gli elementi informativi necessari alla costituzione ed aggiornamento del Repertorio economico amministrativo (REA). Con regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono definita le modalità di fornitura al SlAN da parte .delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, delle informazioni relativa alle imprese del comparto agroalimentare.

4. Con apposita convenzione le amministrazioni di cui ai commi da 1 a 3 definiscono i termini e le modalità tecniche per lo scambio del dati,' attraverso l'adozione di un protocollo di interscambio dati. Il sistema automatico di interscambio dei dati è attuato secondo modalità in grado di assicurare la salvaguardia del dati personali B la certezza delle operazioni effettuate, garantendo altresì il trasferimento delle informazioni in ambienti operativi eterogenei, nel pieno rispetto della pariteticità dei soggetti coinvolti.

5. Lo scambio di dati tra i sistemi informativi di cui al presente articolo, finalizzato al perseguimento delle funzioni istituzionali nelle pubbliche amministrazioni interessate, non costituisce violazione del segreto d'ufficio.

 

D.lgs. 173/1998 art. 15.

Servizi di interesse pubblico.

 

1. Il SIAN, quale strumento per l'esercizio delle funzioni di cui al decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, ha caratteristiche unitarie ed integrate su base nazionale e si avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione previste dal progetto della rete unitaria della pubblica amministrazione. Il Ministero per le politiche agricole e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, nonché le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, in particolare, con l'Anagrafe tributaria del Ministero delle finanze, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria ed artigianato, secondo quanto definito dal comma 4.

 

 

 

 

 

2. Il SIAN, istituito con legge 4 giugno 1984, n. 194, è unificato con i sistemi informativi di cui all'articolo 24, comma 3, della legge 31 gennaio 1994, n. 97 , e all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, ed integrato con i sistemi informativi regionali. Allo stesso è trasferito l'insieme delle strutture organizzative, dei beni, delle banche dati, delle risorse hardware, software e di rete dei sistemi di cui all'articolo 01 della legge 28 marzo 1997, n. 81, senza oneri amministrativi. In attuazione della normativa comunitaria, il SIAN assicura, garantendo la necessaria riservatezza delle informazioni, nonché l'uniformità su base nazionale dei controlli obbligatori, i servizi necessari alla gestione, da parte degli organismi pagatori e delle regioni e degli enti locali, degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comune, connessi alla gestione dei regimi di intervento nei diversi settori produttivi ivi inclusi i servizi per la gestione e l'aggiornamento degli schedari oleicolo e viticolo.

 

 

 

 

3. Il SIAN è interconnesso con i sistemi informativi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, al fine di fornire all'ufficio del registro delle imprese, di cui all'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 1995, n. 581 , gli elementi informativi necessari alla costituzione ed aggiornamento del Repertorio economico amministrativo (REA). Con i medesimi regolamenti, di cui all'articolo 14, comma 3, sono altresì definite le modalità di fornitura al SIAN da parte delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, delle informazioni relative alle imprese del comparto agroalimentare.

 

 

4. Con apposita convenzione le amministrazioni di cui ai commi precedenti definiscono i termini e le modalità tecniche per lo scambio dei dati, attraverso l'adozione di un protocollo di interscambio dati. Il sistema automatico di interscambio dei dati è attuato secondo modalità in grado di assicurare la salvaguardia dei dati personali e la certezza delle operazioni effettuate, garantendo altresì il trasferimento delle informazioni in ambienti operativi eterogenei, nel pieno rispetto della pariteticità dei soggetti coinvolti.

 

 

 

5. Lo scambio di dati tra i sistemi informativi di cui al presente articolo, finalizzato al perseguimento delle funzioni istituzionali nelle pubbliche amministrazioni interessate, non costituisce violazione del segreto d'ufficio.

6. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si farà fronte nei limiti delle autorizzazioni di spesa all'uopo recate da appositi provvedimenti legislativi.

Art.15

(Modalità di accesso alle informazioni contenute nel SIAN)

 

 

 

1. Attraverso il SIAN sono comunicati, senza oneri per il destinatario, e nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le modalità attraverso le quali ciascun soggetto che esercita attività agricola accede direttamente, anche per via telematica, alla informazioni contenute nel proprio fascicolo aziendale.

2. Il SIAN assicura le modalità di riconoscimento dell'utente e di firma sicure attraverso la firma digitale, emessa per i procedimenti di propria competenza, e la Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui al decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503.

L. 99/2004 art. 14

Semplificazione degli adempimenti amministrativi.

1. Per i pagamenti diretti si applica quanto previsto dall'articolo 22 del regolamento (CE) n. 1782/2003. L'AGEA, sentiti gli organismi pagatori, adotta le procedure per l'attuazione dell'articolo 22, commi 2 e 3, del predetto regolamento.

2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, attraverso il SIAN sono comunicati, senza oneri per il destinatario, e nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, le modalità attraverso le quali ciascun soggetto che esercita attività agricola accede direttamente, anche per via telematica, alle informazioni contenute nel proprio fascicolo aziendale.

 

3. Il SIAN assicura le modalità di riconoscimento dell'utente e di firma sicure attraverso la firma digitale, emessa per i procedimenti di propria competenza, e la Carta dell'agricoltore e del pescatore di cui all'articolo 13, comma 2.

 

Il Sistema Informativo Agricolo Nazionale (SIAN)

Il Capo VII (articolo 14 e 15) contiene disposizioni sul sistema informativo agricolo nazionale. Con questo capo viene delegificata la normativa relativa ai servizi di interoperabilità e le modalità di accesso alle informazioni del SIAN, istituito con la legge 4 giugno 1984, n. 194 (Interventi a sostegno dell'agricoltura) come strumento di raccolta e analisi dei dati relativi al settore agricolo per consentire l'esercizio delle competenze statali di indirizzo e coordinamento.

 

L'articolo 14 (Servizi di interoperabilità)ripropone le disposizioni dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 173 del 1998 (Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole). Esso riguarda le caratteristiche del SIAN in rapporto alla sua funzione di strumento a disposizione delle regioni per l'esercizio delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca conferite loro dal decreto legislativo n. 143 del 1997. Le caratteristiche sono quelle della unitarietà e della integrazione su base nazionale tramite l'utilizzo dei servizi di interoperabilità previsti dal progetto di rete unitaria della pubblica amministrazione. Tutte le amministrazioni pubbliche operanti nel comparto agricolo, oltre agli enti locali e alle regioni, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi di interesse pubblico messi a disposizione dal SIAN.

Il SIAN è interconnesso anche con l'anagrafe tributaria, i nuclei antifrode della Guarda di finanza e dei Carabinieri, con l'INPS, le camere di commercio.

Il comma 2 dell'articolo in esame dispone che il SIAN, unificato con altri sistemi informativi, gestisca risorse informatiche e banche dati utili a garantire uniformemente su base nazionale i servizi necessari alla gestione degli adempimenti derivanti dalla politica agricola comunitaria.

L'interconnessione del SIAN con le camere di commercio serve altresì a fornire elementi informativi utili al registro delle imprese per aggiornare il repertorio economico amministrativo (REA).

Fra amministrazioni i dati informatici vengono scambiati grazie all'adozione di un protocollo di interscambio le cui modalità tecniche sono contenute in un'apposita convenzione stretta tra le amministrazioni stesse.

 

L'articolo 15 (Modalità di accesso alle informazioni contenute nel SIAN)riproduce i commi 2 e 3 dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 99 del 2004, prevedendo che la comunicazione dei dati accessibili alle aziende agricole attraverso il SIAN avvenga nel rispetto delle disposizioni del codice per la protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. Ciascun soggetto che esercita attività agricola può accedere direttamente per via telematica alle informazioni contenute nel proprio fascicolo aziendale.

Per ottemperare alle disposizioni in materia di semplificazione amministrativa in agricoltura (decreto legislativo n. 99 del 2004) il SIAN assicura le modalità di riconoscimento dell'utente attraverso la firma digitale nonché il riconoscimento della Carta dell'agricoltore e del pescatore. Quest'ultima rappresenta un documento di riconoscimento rilasciato dal SIAN in formato cartaceo ed elettronico, contenente le informazioni minime per consentire il riconoscimento del soggetto titolare che abilita all'accesso al sistema informatico SIAN e ai servizi connessi.

 


Capo VIII (artt. 16-17)

Codice

Norme di riferimento

Capo VIII

Dell’anagrafe delle imprese agricole e del fascicolo aziendale.

 

Art.16

 (Della carta dell'agricoltore)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1. All'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1" dicembre' 1999, n. 503,29 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "5-bis. La carta dell'agricoltore e del pescatore, è realizzata in coerenza con l'articolo 36 del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell'amministrazione digitale), nonché secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell'interno 19 luglio 2000 e successive modificazioni.

DPR 503/1999 art. 7

Carta dell'agricoltore e del pescatore.

 

1. È istituita la «Carta dell'agricoltore e del pescatore», di seguito denominata Carta, documento di riconoscimento cartaceo ed elettronico.

2. La Carta è di uso strettamente personale, ed è rilasciata su supporto cartaceo ed elettronico dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano a domanda dei legali rappresentanti di ciascuna azienda iscritta all'anagrafe.

3. La Carta viene emessa dal SIAN su supporto cartaceo ed elettronico idoneo a garantirne l'inalterabilità, la riservatezza, la compatibilità con i sistemi tecnici di lettura utilizzati dal SIAN stesso, e, su richiesta, l'esercizio della firma digitale conformemente a quanto previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 513, e dal provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri di cui all'articolo 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica n. 513 del 1997, in materia di formazione, archiviazione e trasmissione di documenti con strumenti informatici e telematici.

4. La Carta contiene le informazioni minime idonee a consentire il riconoscimento univoco del titolare e l'esercizio delle funzioni abilitate.

5. Il SIAN garantisce i servizi di abilitazione, documentazione, controllo e certificazione degli accessi al sistema, nonché i servizi connessi alla gestione delle Carte, nel pieno rispetto delle disposizioni di cui agli articoli 8, 9 e 17 del decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 513, e del relativo regolamento di attuazione.

D.lgs- 99/2004 art.13

Fascicolo aziendale e Carta dell'agricoltore e del pescatore.

2. La Carta dell'agricoltore e del pescatore, di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, è realizzata in coerenza con l'articolo 36 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e con il decreto legislativo 23 febbraio 2002, n. 10, nonché secondo quanto previsto dal D.M. 19 luglio 2000 del Ministro dell'interno, e successive modificazioni, pubblicato nel Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 169 del 21 luglio 2000.

 

Art.17

(Fascicolo aziendale. Integrazione e aggiornamento)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1, All'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

“4-bis. Le modalità operative per la gestione e l'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico e della Carta, dell'agricoltore e del pescatore, e per il loro aggiornamento, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, la regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4-ter. AI fini dell'aggiornamento del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), le Camere dr commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) competenti per territorio acquisiscono, attraverso le modalità previste dall'articolo 14, comma 4, le dichiarazioni del soggetto cha esercita attività agricola modificative del fascicolo aziendale. Per le predette finalità il SIAN può altresì stipulare apposite convenzioni con i Centri di assistenza agricola.

4-quater. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 15, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 20D9, nonché dell'aggiornamento del fascicolo aziendale di cui al presente articolo, nel SIAN confluiscono; dati e le informazioni relativi all'identificazione e registrazione degli animali di cui alla direttiva 92/102/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1992, a al regolamento (CE) n. 1760/2000 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000.

4-qinquies. Il fascicolo aziendale elettronico di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1999, n. 503, unico per azienda, è integrato con i dati di cui agli articoli 15, paragrafo 1, lettera c), e 18 del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009. L'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico, attraverso procedura certificate del SIAN, può essere effettuato dal soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, nonché dai Centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) di cui all'articolo 3•bis del decreto legislativo 27 maggio 1999 n. 165, sulla base di apposite convenzioni stipulate con l'AGEA. Per qualsiasi accesso nel fascicolo aziendale elettronico, finalizzato all'aggiornamento delle informazioni ivi contenute, è assicurata l’identificazione del soggetto che vi abbia proceduto.

La pubblica amministrazione, ivi compresi gli enti pubblici economici, registra inoltre nel fascicolo aziendale gli aiuti concessi al soggetto che esercita attività agricola in attuazione della normativa comunitaria, nazionale e regionale.”.

 

DPR 503/1999 art. 9

Fascicolo aziendale

1. Per i fini di semplificazione ed armonizzazione, di cui all'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo n. 173 del 1998, è istituito, nell'ambito dell'anagrafe, a decorrere dal 30 giugno 2000, il fascicolo aziendale, modello cartaceo ed elettronico riepilogativo dei dati aziendali, finalizzato all'aggiornamento, per ciascuna azienda, delle informazioni di cui all'articolo 3.

2. Anteriormente alla data di cui al comma 1, attraverso le procedure progressivamente rese disponibili dai SIAN, ciascun soggetto iscritto all'anagrafe verifica le informazioni relative al titolo di conduzione ed alla consistenza aziendale, con l'obbligo di confermarne l'attualità ovvero di comunicare le eventuali variazioni o integrazioni. Nell'àmbito delle predette procedure sono indicati tempi e modalità per le conferme, le variazioni o le integrazioni. In caso di mancata conferma entro i termini indicati dalle procedure, valgono i dati risultanti nel fascicolo aziendale. Qualora ai fini della verifica delle consistenze aziendali sia necessario rendere disponibile all'azienda, attraverso i servizi del SIAN, la riproduzione dei dati catastali, la stessa è tenuta al pagamento degli oneri di cui al decreto del Ministero delle finanze del 27 giugno 1996 e successive modificazioni e integrazioni, con le facilitazioni previste per gli enti statali e territoriali, nonché dal protocollo d'intesa tra il Ministero delle finanze e il Ministero delle politiche agricole e forestali del 30 giugno 1998.

3. Le variazioni ed integrazioni comunicate ai sensi del comma 2 sono valide anche ai fini dell'aggiornamento del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA) e vengono trasmesse dal SIAN al sistema informativo delle camere di commercio con le modalità di cui all'articolo 5.

4. A partire dal 1° luglio 2000, le aziende che eventualmente non risultano iscritte all'anagrafe sono tenute, nel momento in cui si manifestano all'amministrazione, ai fini dell'ammissione a qualsiasi beneficio comunitario, nazionale o regionale, a comunicare le informazioni relative al beneficio richiesto che saranno inserite nel fascicolo aziendale.

D.lgs. 99/2004

Art.13

Co.6. Le modalità operative per la gestione e l'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico e della Carta dell'agricoltore e del pescatore, e per il loro aggiornamento, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

 

 

Art. 14

Co.4. Ai fini dell'aggiornamento del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA) competenti per territorio acquisiscono, attraverso le modalità previste dall'articolo 15, comma 4, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, le dichiarazioni del soggetto che esercita attività agricola modificative del fascicolo aziendale. Per le predette finalità il SIAN può altresì stipulare apposite convenzioni con i soggetti di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, e successive modificazioni.

Art. 14

Co.5. Ai fini dell'attuazione dell'articolo 18, comma 2, del regolamento (CE) n. 1782/2003, nonché dell'aggiornamento del fascicolo aziendale di cui all'articolo 13,comma 1, nel SIAN confluiscono i dati e le informazioni relativi all'identificazione e registrazione degli animali di cui alla direttiva 92/102/CEE del 27 novembre 1992, del Consiglio, e al regolamento (CE) n. 1760/2000 del 17 luglio 2000 del Parlamento europeo e del Consiglio.

 

 

Art.13

Co.1. Il fascicolo aziendale elettronico di cui all'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, unico per azienda, è integrato con i dati di cui all'articolo 18, paragrafo 1, lettera c), e all'articolo 21 del regolamento (CE) n. 1782/2003 del 29 settembre 2003 del Consiglio. L'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico, attraverso procedure certificate del Sistema informativo agricolo nazionale (SIAN), può essere effettuato dai soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, nonché dai soggetti di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, sulla base di apposite convenzioni stipulate con l'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA). Per qualsiasi accesso nel fascicolo aziendale elettronico, finalizzato all'aggiornamento delle informazioni ivi contenute, è assicurata l'identificazione del soggetto che vi abbia proceduto. La pubblica amministrazione, ivi compresi gli enti pubblici economici, registra inoltre nel fascicolo aziendale gli aiuti concessi al soggetto che esercita attività agricola in attuazione della normativa comunitaria, nazionale e regionale.

 

Anagrafe delle imprese e fascicolo aziendale

Il Capo VIII (Dell'anagrafe delle imprese agricole e del fascicolo aziendale) si compone di due articoli (16 e 17) , che effettuano una serie di delegificazioni.

La nota a margine di questo Capo sottolinea che nella nuova formulazione normativa di questa materia disciplinata dal decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, sostituisce l'espressione "azienda" - in esso utilizzata - con quella, ritenuta più idonea, di "impresa". Infatti, per il nostro ordinamento, questo termine presenta un richiamo ad un soggetto (l'imprenditore), mentre il termina "azienda" si richiama a qualcosa di oggettivo, essendo - per l'art. 2555 ce. - un complesso di beni organizzato dall'imprenditore.

 

L'articolo 16 (Della carta dell'agricoltore) aggiunge il comma 5-bis all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, recante "Regolamento recante norme per l'istituzione della Carta dell'agricoltore e del pescatore e dell'anagrafe delle aziende agricole, in attuazione dell'articolo 14, comma 3, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173". In particolare, si stabilisce che carta dell'agricoltore e del pescatore costituisce un documento di riconoscimento cartaceo ed elettronico: di uso strettamente personale, è rilasciata dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano a domanda dei legali rappresentanti di ciascuna azienda iscritta all'anagrafe (vedi anche il commento al precedente articolo 15).

 

Questo nuovo comma 5-bis riproduce il comma 2 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 99 del 29 marzo 2004 [23] che, a seguito del presente inserimento nel decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, viene delegificato per la sua sostanziale natura regolamentare.

 

Esso prevede che la carta dell'agricoltore e del pescatore sia realizzata in coerenza con l'articolo 36 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, con il decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell'amministrazione digitale)[24], nonché secondo quanto previsto dal decreto del Ministro dell'interno 19 luglio 2000 e successive modificazioni (Regole tecniche e di sicurezza relative alla carta d'identità e al documento d'identità elettronici).

 

L'articolo 17 (Fascicolo aziendale. Integrazione e aggiornamento) aggiunge quattro commi all'articolo 9 del su citato decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre 1999, n. 503, delegificando quindi alcune disposizioni di rango primario contenute nel decreto legislativo n. 99 del 2004. Tale articolo 9 disciplina il "fascicolo aziendale", istituito a decorrere dal 30 giugno 2000.

 

Modello cartaceo ed elettronico riepilogativo dei dati aziendali, il fascicolo aziendale è finalizzato all'aggiornamento, per ciascuna azienda, delle informazioni ad esse riferite. Ciascun soggetto iscritto all'anagrafe verifica le informazioni relative al titolo di conduzione ed alla consistenza aziendale, con l'obbligo di confermarne l'attualità ovvero di comunicare le eventuali variazioni o integrazioni. Nell'ambito delle predette procedure sono indicati tempi e modalità per le conferme, le variazioni o le integrazioni. In caso di mancata conferma entro i termini indicati dalle procedure, valgono i dati risultanti nel fascicolo aziendale.

 

I commi introdotti operano tutti una delegificazione delle fonti normative di rango primario da cui sono tratti.

 

Il comma 4-bis, introdotto dall'articolo in esame, stabilisce che le modalità operative per la gestione e l'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico e della Carta dell'agricoltore e del pescatore e per il loro aggiornamento, siano stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. Riproduce quindi delegificandolo, il comma 6 dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 99 del 2004 (Fascicolo aziendale e Carta dell'agricoltore e del pescatore).

Il comma 4-ter, riproduce in parte, con lo stesso effetto, il comma 4 dell'art. 14 (Semplificazione degli adempimenti amministrativi), stabilendo che, ai fini dell'aggiornamento del repertorio delle notizie economiche e amministrative (REA), le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio acquisiscono, attraverso le modalità previste dall'articolo 14, comma 4, le dichiarazioni del soggetto che esercita attività agricola modificative del fascicolo aziendale. Per le predette finalità il SIAN può altresì stipulare apposite convenzioni con i centri di assistenza agricola[25].

Il comma 4-quater stabilisce che i dati e le informazioni relativi all'identificazione e registrazione degli animali di cui alla direttiva 92/102/CEE del Consiglio, del 27 novembre 1992[26], e al regolamento (CE) n. 1760/2000[27] del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 luglio 2000 confluiscano nel SIAN. Ciò ai fini dell'aggiornamento del fascicolo aziendale di cui al presente articolo nonché dell'attuazione dell'articolo 15 (Elementi del sistema integrato), paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009[28], che stabilisce "Norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto agli agricoltori nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori, e che modifica i regolamenti (CE) n. 1290/2005, (CE) n. 247/2006, (CE) n. 378/2007 e abroga il regolamento (CE) n. 1782/2003". A quest'ultima norma non viene fatto riferimento nel comma 5 dell'articolo 14 del decreto legislativo n. 99 del 2004 che viene ivi riprodotto.

 

Nel dettaglio, la norma comunitaria richiamata stabilisce che il sistema integrato comprende i seguenti elementi:

a)   una banca dati informatizzata;

b)   un sistema di identificazione delle parcelle agricole;

c)   un sistema di identificazione e di registrazione dei diritti

d)   all'aiuto;

e)   le domande di aiuto;

f)     un sistema integrato di controllo;

g)   un sistema unico di registrazione dell'identità degli agricoltori che presentano domande di aiuto.

In caso di applicazione degli articoli 52 e 53 (pagamenti per le carni ovine e caprine e per i bovini), il sistema integrato comprende un sistema di identificazione registrazione degli animali istituito a norma dei regolamenti (CE) n. 1760/2000 e (CE) n. 21/2004.

 

Da ultimo viene inserito il comma 4-quinquies che riproduce il comma 1 dell'art. 13 del citato decreto n. 99.

Vi si stabilisce che il fascicolo aziendale elettronico unico per azienda è integrato con i dati di cui agli articoli 15, paragrafo 1, lettera e), e 18[29] del regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, del 19 gennaio 2009. L'aggiornamento del fascicolo aziendale elettronico, attraverso procedure certificate del SIAN, può essere effettuato dai soggetti di cui all'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, nonché dai centri autorizzati di assistenza agricola (CAA) di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999 n. 165, sulla base di apposite convenzioni stipulate con l'AGEA[30]. Per qualsiasi accesso nel fascicolo aziendale elettronico, finalizzato all'aggiornamento delle informazioni ivi contenute, è assicurata l'identificazione del soggetto che vi abbia proceduto.

La pubblica amministrazione, ivi compresi gli enti pubblici economici, registra inoltre nel fascicolo aziendale gli aiuti concessi al soggetto che esercita attività agricola in attuazione della normativa comunitaria, nazionale e regionale.

 

L' articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1999, autorizza ad accedere alle informazioni ed ai servizi dell'anagrafe tutti i soggetti e le pubbliche amministrazioni individuati dall'articolo 15, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173, che a sua volta dispone che il SIAN si avvale dei servizi di interoperabilità e delle architetture di cooperazione previste dal progetto della rete unitaria della pubblica amministrazione. Il Ministero per le politiche agricole e gli enti e le agenzie dallo stesso vigilati, le regioni e gli enti locali, nonché le altre amministrazioni pubbliche operanti a qualsiasi titolo nel comparto agricolo e agroalimentare, hanno l'obbligo di avvalersi dei servizi messi a disposizione dal SIAN, intesi quali servizi di interesse pubblico, anche per quanto concerne le informazioni derivanti dall'esercizio delle competenze regionali e degli enti locali nelle materie agricole, forestali ed agroalimentari. Il SIAN è interconnesso, in particolare, con l'anagrafe tributaria del Ministero dell'economia, i nuclei antifrode specializzati della Guardia di finanza e dell'Arma dei carabinieri, l'Istituto nazionale della previdenza sociale, le camere di commercio, industria ed artigianato.

 

 


Titolo II – Dello spazio rurale

Capo I (artt. 18-20)

Codice

Norme di riferimento

Capo I

Della gestione e della tutela dello spazio rurale

 

Art.18

(Contratti di collaborazione e contratti di promozione)

1. Le pubbliche amministrazioni, anche su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, possono concludere contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli, per la promozione delle vocazioni produttive e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali.

2. I contratti di collaborazione sono destinati ad assicurare il sostegno e lo sviluppo dall'imprenditoria agricola locale, anche attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, biologici e di qualità. anche tenendo conto dei distretti agroalimentari, rurali e ittici.

3. AI fine di assicurare una adeguata informazione al consumatori e consentire la conoscenza della provenienza della materia prima e delle peculiarità delle produzioni tipiche, biologiche e di qualità, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura, possono concludere contratti di promozione con gli imprenditori agricoli che si impegnino nell'esercizio dell'attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità e del paesaggio agrario e forestale.

 

 

 

 

D.lgs. 228/2001 art.14

Contratti di collaborazione con le pubbliche amministrazioni.

 

1. Le pubbliche amministrazioni possono concludere contratti di collaborazione, anche ai sensi dell'articolo 119 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, con gli imprenditori agricoli anche su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, per la promozione delle vocazioni produttive del territorio e la tutela delle produzioni di qualità e delle tradizioni alimentari locali.

 

2. I contratti di collaborazione sono destinati ad assicurare il sostegno e lo sviluppo dell'imprenditoria agricola locale, anche attraverso la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, biologici e di qualità, anche tenendo conto dei distretti agroalimentari, rurali e ittici.

 

 

3. Al fine di assicurare un'adeguata informazione ai consumatori e di consentire la conoscenza della provenienza della materia prima e della peculiarità delle produzioni di cui ai commi 1 e 2, le pubbliche amministrazioni, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura, possono concludere contratti di promozione con gli imprenditori agricoli che si impegnino nell'esercizio dell'attività di impresa ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità, del patrimonio culturale e del paesaggio agrario e forestale.

 

 

 

 

 

Art.19

(Convenzioni in materia di gestione del territorio)

1. Al fine di favorire fo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura e al mantenimento dell'assetto idrogeologico a di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio le pubbliche amministrazioni possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli.

2. Le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le prestazioni delle pubbliche amministrazioni cha possono consistere, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata.

D.lgs. 228/2001 art.15

Convenzioni con le pubbliche amministrazioni.

 

1. Al fine di favorire lo svolgimento di attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio agrario e forestale, alla cura ed al mantenimento dell'assetto idrogeologico e di promuovere prestazioni a favore della tutela delle vocazioni produttive del territorio, le pubbliche amministrazioni, ivi compresi i consorzi di bonifica, possono stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli

 

2. Le convenzioni di cui al comma 1 definiscono le prestazioni delle pubbliche amministrazioni che possono consistere, nel rispetto degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato all'agricoltura anche in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche. Per le predette finalità le pubbliche amministrazioni, in deroga alle norme vigenti, possono stipulare contratti d'appalto con gli imprenditori agricoli di importo annuale non superiore a 50.000 euro nel caso di imprenditori singoli, e 300.000 euro nel caso di imprenditori in forma associata

Art.20

(Delia buona pratica agricola)

1. Ogni riferimento alla "buona pratica agricola" contenuto nel decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura e in questo decreto del Presidente della Repubblica attuativo di esso, si intende fatto al Codice di buona pratica agricola, approvato in attuazione dell'articolo 4 della direttiva del Consiglio 91/676/CEE del 12 dicembre 1991, recante criteri e indicazioni di validità nazionale, sa del caso integrabili da parte delle regioni e province autonome in relazione a esigenze locali, fermi restando i criteri e indicazioni ivi fissati.

D.M. 19 aprile 1999

Approvazione del codice di buona pratica agricola

Art.1

1. In attuazione dell'art. 4 della direttiva del Consiglio 91/676/CEE del 12 dicembre 1991, recepito con la legge 22 febbraio 1994, n. 146, è approvato il codice di buona pratica agricola di cui in premessa, recante criteri e indicazioni di validità nazionale, se del caso integrabile da parte delle regioni e province autonome in relazione a esigenze locali, fermi restando i criteri e indicazioni ivi fissati. Tale codice è allegato al presente decreto e ne costituisce parte integrante.

 

 

Il Titolo II (Spazio rurale) dello schema di decreto è diviso in tre Capi: il Capo I riguarda la contrattazione programmata (articoli 18, 19 e 20), in cui vengono riprodotte norme recate dal decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, recante "Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57"; il Capo II contiene norme relative al Fondo per la tutela dell'architettura rurale finanziariamente già coperto e la disciplina della procedura per la concessione dei contributi e quella delle sponsorizzazioni (articoli 21, 22 e 23) e l'ultimo Capo III riguarda la biodiversità e l'agricoltura transgenica (articoli 24 e 25).

Contrattazione programmata e gestione del territorio

Al Capo I, l'articolo 18 (Contratti di collaborazione e contratti di promozione) dispone innanzitutto che le pubbliche amministrazioni, anche su richiesta delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, possano concludere contratti di collaborazione con gli imprenditori agricoli, allo scopo di promuovere le vocazioni produttive e la tutela delle produzioni di qualità locali. Tali contratti sono volti ad assicurare il sostegno e lo sviluppo dell'imprenditoria agricola locale, anche tramite la valorizzazione delle peculiarità dei prodotti tipici, biologici e di qualità, e tenendo conto dei distretti agroalimentari, rurali e ittici. Tale disposizione riproduce esattamente quanto disposto dal dall'articolo 14 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (commi 1 e 2). I contratti di promozione possono essere stipulati tra le pubbliche amministrazioni e gli imprenditori agricoli che si impegnino ad assicurare la tutela delle risorse naturali, della biodiversità e del paesaggio agrario e forestale, al fine di assicurare una adeguata informazione ai consumatori nonché la conoscenza della provenienza della materia prima e delle peculiarità delle produzioni tipiche, biologiche e di qualità. Viene qui riprodotto il comma 3 dell'articolo 14 del citato decreto n. 228 del 2001.

 

L'articolo 19 (Convenzioni in materia di gestione del territorio)disciplina le convenzioni che le pubbliche amministrazioni possono stipulare con gli imprenditori agricoli per favorire le attività funzionali alla sistemazione ed alla manutenzione del territorio, alla salvaguardia del paesaggio, alla cura e al mantenimento dell'assetto idrogeologico e per promuovere la tutela delle vocazioni produttive del territorio, come previsto dal corrispondente comma 1 articolo 15 del decreto legislativo n. 228. del 2001. Le prestazioni definite dalle suddette convenzioni possono concretizzarsi in finanziamenti, concessioni amministrative, riduzioni tariffarie o realizzazione di opere pubbliche in vista dei quali possono essere stipulati contratti d'appalto anche in deroga alle norme vigenti, per importi diversi a seconda che si tratti di imprenditori agricoli singoli o associati. Tale disposizione riproduce quella recata dal comma 2 dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 228.

 

Al riguardo si segnala che il predetto articolo 15 è stato modificato dal decreto-legge n. 171 del 2008, convertito dalla legge n. 205 del 2008, nel senso di ricomprendere i consorzi di bonifica tra i soggetti abilitati a stipulare convenzioni con gli imprenditori agricoli. Poiché il citato decreto n. 228 risulta nell'elenco delle abrogazioni di cui all'articolo 123 dello schema di decreto legislativo di riordino dell'attività agricola[31] , ne deriverebbe l'esigenza di valutare il recupero del riferimento ai consorzi di bonifica nell'ambito del presente articolo 19, concretizzandosi altrimenti una limitazione della sfera di applicabilità delle convenzioni non consentita dalla legge delegante.

 

L'articolo 20 (Della buona pratica agricola) stabilisce che ogni riferimento alla "buona pratica agricola" contenuto sia nello schema di decreto legislativo in materia di riordino dell'attività agricola che nel decreto del Presidente della Repubblica attuativo in esame, si intende fatto al codice di buona pratica agricola, approvato in attuazione dell'articolo 4 della direttiva del Consiglio 91/676/CEE del 12 dicembre 1991, relativa alla protezione delle acque dell'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonti agricole.

L'articolo 4 della citata direttiva dispone, tra l'altro, che al fine di stabilire un livello generale di protezione dall'inquinamento per tutti i tipi di acque, gli Stati membri provvedono a fissare un codice o più codici di buona pratica agricola applicabili a discrezione degli agricoltori.

 

La norma è riprodotta dal decreto ministeriale 19 aprile 1999, sulla protezione delle acque dai nitrati.

 

 


Capo II (artt. 21-23)

Codice

Norme di riferimento

Capo II
Dell’architettura rurale

 

Art.21

(Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale)

 

1. Presso il Ministero dell'economia e delle finanze è istituito il Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale al fine dì contribuire all'attuazione dei programmi di cui all'articolo 27 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura.

2. Le risorse assegnate annualmente al Fondo di cui al comma 1 sono ripartite tra le regioni e le province autonome dal Ministro dell'econo­mia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, proporzionalmente alle richieste di finanziamento relative agli interventi effettivamente approvati da ciascuna regione e provincia autonoma e anche in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome medesima.

 

3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per i beni e le attività culturali, delle politiche agricole alimentari e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, sono stabilite le modalità per il riparto delle risorse assegnate al Fondo di cui al comma 1, in attuazione dei criteri di cui al comma secondo.

 

 

 

 

4. A decorrere dall'anno 2006, al finanziamento del Fondo si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

L. 378/2003 art.3

Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale.

 

1. Al fine di contribuire all'attuazione dei programmi di cui all'articolo 2, presso il Ministero dell'economia e delle finanze è istituito il Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale.

 

 

 

2. Le risorse assegnate annualmente al Fondo di cui al comma 1 sono ripartite tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dal Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, proporzionalmente alle richieste di finanziamento relative agli interventi effettivamente approvati da ciascuna regione e provincia autonoma e anche in rapporto alla quota di risorse messe a disposizione dalle singole regioni e province autonome medesime.

 

 

3. Con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, per i beni e le attività culturali e delle politiche agricole e forestali, previa intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, sono stabilite le modalità per il riparto delle risorse assegnate al Fondo di cui al comma 1, in attuazione dei criteri di cui al comma 2.

 

 

 

 

 

 

4. Per gli anni 2003, 2004 e 2005, la dotazione del Fondo di cui al comma 1 è determinata in 8 milioni di euro annui. A decorrere dall'anno 2006, al finanziamento del Fondo si provvede ai sensi dell'articolo 11, comma 3, lettera f), della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

Art.22

(Procedure di concessione dei contributi)

1. Le regioni e le province autonome gestiscono le quote del Fondo, di cui all'articolo 27, loro assegnate unitamente alle risorse proprie e alle risorse, di cui all'articolo 27, e concedono contributi a soggetti proprietari o titolari degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, di cui all'articolo 26 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura, fino all'importo massimo del 50 per cento della spesa riconosciuta secondo il relativo piano finanziario. I contributi sono erogati sulla base dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero, previa verifica, a saldo finale. I contributi non sono cumulabili con altri contributi pubblici e, in particolare, con quelli concessi ai sensi degli articoli 35 e 37 del Codice del beni culturali e del paesaggio approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

2. La concessione dei contributi à comunque subordinata alla stipula di un'apposita convenzione che prevede, tra l'altro, la non trasferibilità degli immobili per almeno un decennio, l'avvenuto rilascio dei permessi per la realizzazione delle opere, la redazione del preventivo di spesa a cura del direttore dei lavori e sottoscritto dal proprietario, la possibilità di revoca dei contributi per il mancato inizio dei lavori entro sei mesi dalla data del rilascio delle apposite autorizzazioni o a causa di lavori eseguiti In difformità rispetto ai progetti approvati.

3. Per i beni immobili dichiarati di interesse culturale ai sensi dell'articolo 13, comma 1, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, approvato con decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela del beni culturali.

L. 378/2003 art.4

Procedure.

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano gestiscono le quote del Fondo di cui all'articolo 3 loro assegnate unitamente alle risorse proprie e alle risorse di cui all'articolo 5 e concedono contributi a soggetti proprietari o titolari degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali, di cui all'articolo 1, fino all'importo massimo del 50 per cento della spesa riconosciuta secondo il relativo piano finanziario. I contributi sono erogati sulla base dello stato di avanzamento dei lavori, ovvero, previa verifica, a saldo finale. I contributi di cui alla presente legge non sono cumulabili con altri contributi pubblici e, in particolare, con quelli concessi ai sensi degli articoli 41 e 43 del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490.

 

 

 

 

 

2. La concessione dei contributi è comunque subordinata alla stipula di un'apposita convenzione che prevede, tra l'altro, la non trasferibilità degli immobili per almeno un decennio, l'avvenuto rilascio dei permessi per la realizzazione delle opere, la redazione del preventivo di spesa a cura del direttore dei lavori e sottoscritto dal proprietario, la possibilità di revoca dei contributi per il mancato inizio dei lavori entro sei mesi dalla data del rilascio delle apposite autorizzazioni o a causa di lavori eseguiti in difformità rispetto ai progetti approvati.

 

 

 

 

3. Per i beni immobili dichiarati di interesse particolarmente importante ai sensi dell'articolo 6, comma 1, del testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, resta fermo quanto previsto dalla normativa vigente in tema di tutela dei beni culturali.

 

Art.23

(Sponsorizzazioni)

1. I proventi di sponsorizzazioni, lasciti ed erogazioni liberali, finalizzati alla tutela e valorizzazione delle tipologie di architettura rurale ricadenti sul territorio regionale o delle province autonome concorrono all'attuazione dei programmi di cui all'articolo 28 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura.

2. Tali proventi integrano le risorse che le regioni e le province autonome decidono di riservare alla tutela e alla valorizzazione delle tipologie di architettura rurale.

L. 378/2003 art.5

Sponsorizzazioni.

1. All'attuazione dei programmi di cui all'articolo 2 concorrono anche i proventi di sponsorizzazioni, lasciti ed erogazioni liberali, finalizzati alla tutela e valorizzazione delle tipologie di architettura rurale ricadenti sul territorio regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano. I predetti proventi integrano le risorse che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano decidono di riservare alla tutela e alla valorizzazione delle tipologie di architettura rurale.

 

Tutela e valorizzazione dell’architettura rurale

Al Capo II, l'articolo 21 (Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale) disciplina il Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale, istituito presso il Ministero dell'economia e delle finanze al fine di contribuire all'attuazione dei programmi di cui all'articolo 27 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura; le risorse assegnate annualmente al Fondo vengono ripartite tra le regioni e le province autonome dal Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni; con decreto dello stesso Ministro, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, per i beni e le attività culturali, delle politiche agricole alimentari e forestali e delle infrastrutture e dei trasporti, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, sono stabilite le modalità per il riparto delle risorse assegnate al suddetto Fondo. Le citate disposizioni riproducono l'articolo 3 del della legge 24 dicembre 2003, n. 378, recante " Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale".

 

L'articolo 22 (Procedure di concessione dei contributi)indica le procedure di concessione dei contributi, e riprodurrebbe, secondo quanto affermato nella nota ad esso relativo, l'articolo 4 della legge 24 dicembre 2003, n. 378, recante "Disposizioni per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale". Quest'ultimo definisce le procedure con le quali le regioni e le province autonome concedono contributi a soggetti proprietari o titolari degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali di cui al Fondo su citato (art. 21). Esso stabilisce che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano gestiscono le quote del Fondo di cui all'articolo 3 (Fondo nazionale per la tutela e la valorizzazione dell'architettura rurale) loro assegnate unitamente alle risorse proprie e alle risorse di cui all'articolo 5 (Sponsorizzazioni) e concedono contributi a soggetti proprietari o titolari degli insediamenti, degli edifici o dei fabbricati rurali fino all'importo massimo del 50 per cento della spesa riconosciuta secondo il relativo piano finanziario.

 

Il riferimento agli articoli 25 e 27 contenuto nel testo dell'articolo 22 in esame sembrerebbe quindi errato.

La nota al comma 3 sottolinea che esso non è perfettamente conforme alla norma originaria nella parte finale poiché si sono aggiornate le norme richiamate ora contenute nel codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 .

 

L'articolo 23 (Sponsorizzazioni) dovrebbe riprodurre, secondo quanto evidenziato dalla relativa nota, l'articolo 5 della legge 24 dicembre 2003, n. 378, il quale dispone che all'attuazione dei programmi di cui all'articolo 2 della legge stessa concorrano anche i proventi di sponsorizzazioni, lasciti ed erogazioni liberali, finalizzati alla tutela e valorizzazione delle tipologie di architettura rurale ricadenti sul territorio regionale o delle province autonome di Trento e di Bolzano. I predetti proventi integrano le risorse che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano decidono di riservare alla tutela e alla valorizzazione delle tipologie di architettura rurale.

 

Si segnala che il rinvio operato dalla norma in esame riguarda l'articolo 28 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura, che però sembrerebbe non attinente, riguardando il fascicolo aziendale (e in particolare la forma delle nuove istanze di aiuti). Il rinvio più opportuno sembrerebbe agli articoli 34 e 35.

 

 


Capo III (artt. 24-25)

Codice

Norme di riferimento

Capo III

Della biodiversità e dell’agricoltura transgenica

 

Art.24

(Sorveglianza rinforzata)

 

1. l vegetali, le sementi, i prodotti antiparassitari di uso agricolo e I prodotti assimilati, i fertilizzanti, i composti e i materiali di sostegno, che sono composti in tutto o in parte di organismi geneticamente modificati, sono soggetti ad uno specifico monitoraggio territoriale.

2. I Servizi fitosanitari regionali. nell'ambito delle attività ispettive prevista dalle vigenti normative fitosanitarie sul vegetali e prodotti vegetali, collaborano con le strutture incaricate dell'effettuazione dei controlli sugli organismi geneticamente modificati.

3. Le modalità per l'espletamento del monitoraggio, anche al fine di assicurare omogeneità di interventi e raccordo operativo con il Servizio fitosanitario centrale del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con I Ministri del lavoro. della salute e delle politiche sociali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci dello Stato, delle regioni e delle province.

D.lgs. 228/2001 art.22

Sorveglianza rinforzata.

 

1. I vegetali, le sementi, i prodotti antiparassitari di uso agricolo e i prodotti assimilati, i fertilizzanti, i composti e i materiali di sostegno, che sono composti in tutto o in parte di organismi geneticamente modificati, sono soggetti ad uno specifico monitoraggio territoriale.

 

 

2. I Servizi fitosanitari regionali, nell'àmbito delle attività ispettive previste dalle vigenti normative fitosanitarie sui vegetali e prodotti vegetali, collaborano con le strutture incaricate dell'effettuazione dei controlli sugli organismi geneticamente modificati.

 

3. Le modalità per l'espletamento del monitoraggio, anche al fine di assicurare omogeneità di interventi e raccordo operativo con il Servizio fitosanitario centrale del Ministero delle politiche agricole e forestali, sono stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole e forestali, di concerto con i Ministri della sanità e dell'ambiente e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, senza oneri aggiuntivi a carico dei bilanci dello Stato, delle regioni e delle province

Art.25

(Fondo per filiere produttive esenti da contaminazioni OGM)

1. A decorrere dall'anno 2008, al fine di promuovere a livello internazionale il modello italiano di partecipazione informata del pubblico ai processi decisionali sull'emissione deliberata di organismi geneticamente modificati (OGM) e allo scopo di intraprendere azioni strutturali che favoriscano le filiere produttive nella dotazione di materia prima agricola esenta da contaminazioni da DGM, in coerenza con le richieste dei consumatori, è istituito un apposito fondo, denominato "Fondo per la promozione di azioni positive in favore di filiere produttive agricole esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati” presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, autorità nazionale competente in materia. Il Fondo può essere gestito anone in convenzione con fondazioni e associazioni indipendenti che operano in campo scientifico per lo sviluppo di modelli sperimentali e partecipati di governance e government dell'innovazione biotecnologica.

L. 244/2007 art.2 comma 177

[Istituzione del Fondo per promuovere le filiere produttive agricole esenti da organismi geneticamente modificati.]

Co.177. A decorrere dall’anno 2008, al fine di promuovere a livello internazionale il modello italiano di partecipazione informata del pubblico ai processi decisionali sull’emissione deliberata di organismi geneticamente modificati (OGM) e allo scopo di intraprendere azioni strutturali che favoriscano le filiere produttive nella dotazione di materia prima agricola esente da contaminazioni da OGM, in coerenza con le richieste dei consumatori, è istituito un apposito fondo, denominato «Fondo per la promozione di azioni positive in favore di filiere produttive agricole esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati», presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, autorità nazionale competente in materia. Il Fondo può essere gestito anche in convenzione con fondazioni e associazioni indipendenti che operano in campo scientifico per lo sviluppo di modelli sperimentali e partecipati di governance e government dell’innovazione biotecnologica. Per la gestione del Fondo è prevista una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro per l’anno 2008.

Tutela della biodiversità

Al Capo III, l'articolo 24 (Sorveglianza rinforzata) riproduce il già citato decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228, e in particolare l'articolo 22. Esso sottopone ad un apposito monitoraggio territoriale i vegetali, le sementi, i prodotti antiparassitari di uso agricolo e i prodotti assimilati, i fertilizzanti, i composti e i materiali di sostegno, che sono composti in tutto o in parte di organismi geneticamente modificati. Tale azione viene effettuata dalla strutture incaricate dei controlli sugli organismi geneticamente modificati in collaborazione con i servizi fitosanitari regionali, e con modalità stabilite con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, di concerto con i Ministri del lavoro, della salute e delle politiche sociali e dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome.

 

L'articolo 25 (Fondo per le filiere produttive esenti da contaminazioni OGM) riproduce l'articolo 2, comma 177, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria per il 2008), con esclusione, come sottolineato nella relativa nota, della disposizione contenuta nell'ultimo periodo del comma stesso "per la sua natura visibilmente transitoria". Tra l'altro la previsione di finanziamento per l'anno 2008 (2 milioni di euro) ivi contenuta risulta azzerata per la riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'allegato al decreto-legge 27 maggio 2008, n. 93, convertito dalla legge 24 luglio 2008, n. 126, recante "Disposizioni urgenti per salvaguardare il potere di acquisto delle famiglie".

Il Fondo per la promozione di azioni positive in favore di filiere produttive agricole esenti da contaminazioni da organismi geneticamente modificati, istituito a decorrere dal 2008 presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, ha lo scopo di promuovere a livello internazionale il modello italiano di partecipazione informata del pubblico ai processi decisionali sull'emissione deliberata di organismi geneticamente modificati (OGM) e di adottare misure strutturali che favoriscano le filiere produttive nella dotazione di materia prima agricola esente da contaminazioni da OGM. Esso può essere gestito anche in convenzione con fondazioni e associazioni indipendenti che operano in campo scientifico per lo sviluppo di modelli sperimentali e partecipati di governance e government dell'innovazione biotecnologia.

 


Titolo III – Della proprietà terriera e delle struttura agrarie
(artt. 26-28)

Codice

Norme di riferimento

Art.26

(Piani di ricomposizione fondiaria e di riordino)

1. La disciplina di cui alla Sezione 1del Titolo 111 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura si applica anche ai piani di ricomposizione fondiaria 8 di riordino fondiario promossi dalle regioni, province, comuni e comunità montane.

D.lgs. 228/2001 art.5-bis

Conservazione dell'integrità aziendale.

9. La disciplina di cui al presente articolo si applica anche ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi dalle regioni, province, comuni e comunità montane.

 

Art.27

(Commissione provinciale per la determinazione dei valori dei terreni ai fini della concessione del mutuo per la formazione della proprietà coltivatrice)

1. La commissione tecnica provinciale di cui all'articolo 4 della legge 26 maggio 1965. n. 590, istituita dalla Regione Interessata e composta del capo. dell'organo regionale competente per territorio, del capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, di un ingegnere designato dal direttore dell'ufficio provinciale dall'Agenzia del territorio e di un rappresentante dell'Ente di sviluppo competente per territorio od, in mancanza, del Comitato regionale per l'agri coltura di cui alla legge 2 giugno 1961, n. 454, indica periodicamente, con riferimento a zone aventi caratteristiche agronomiche omogenee o similari i valori fondiari medi riferiti ad unità di superficie 8 a tipi di coltura, secondo apposito schema predisposto dall'Ispettorato agrario compartimentale competente per territorio.

2. Il giudizio di congruità, previsto dall'articolo 58, comma 1, del decreto legislativo dì riordino sulla materia dell'agricoltura, viene formulato tenendo conto dei suindicati valori ed in relazione agli specifici elementi strutturali e produttivi che configurano i singoli fondi.

 

 

 

L. 590/1965 art.4

 

 

 

[co.1] Una Commissione provinciale - composta del capo dell'Ispettorato provinciale dell'agricoltura, del capo dell'Ispettorato ripartimentale delle foreste, del capo dell'Ufficio tecnico erariale e di un rappresentante dell'Ente di sviluppo competente per territorio o, in mancanza, del Comitato regionale per l'agricoltura di cui alla legge 2 giugno 1961, n. 454 indica periodicamente, con riferimento a zone aventi caratteristiche agronomiche omogenee o similari i valori fondiari medi riferiti ad unità di superficie ed a tipi di coltura, secondo apposito schema predisposto dall'Ispettorato agrario compartimentale competente per territorio.

 

 

 

 

 

 

 

[co.2] Il giudizio di congruità, previsto dal precedente art. 3, viene formulato tenendo conto dei suindicati valori ed in relazione agli specifici elementi strutturali e produttivi che configurano i singoli fondi.

 

Art.28

(Attestazione notarile circa la proprietà e la libertà dei beni offerti in garanzia)

1. Per la concessione dei mutui previsti dall'articolo 53 del decreto legislativo di riordino sulla materia dell'agricoltura, la documentazione di rito potrà essere sostituita da una dichiarazione notarile attestante l'esito degli accertamenti eseguiti circa la proprietà e la libertà dei beni offerti in garanzia.

 

L. 590/1965 art.5

 

[co.1] Per la concessione dei mutui previsti dalla presente legge, la documentazione di rito potrà essere sostituita da una dichiarazione notarile attestante l'esito degli accertamenti eseguiti circa la proprietà e la libertà dei beni offerti in garanzia.

 

 

Proprietà terriera e strutture agrarie

Il Titolo III (Della proprietà terriera e delle strutture agrarie) disciplina la proprietà terriera e le strutture agrarie, e si compone di tre articoli.

 

L'articolo 26 (Piani di ricomposizione fondiaria e di riordino) riproduce, secondo quanto si evince dalla relativa nota, il comma 9 dell' articolo 5-bis del citato decreto legislativo n. 228 del 2001, introdotto dall'articolo 7 del decreto legislativo n. 99 del 2004, e dall'ultima frase del comma 1 dell'articolo 5-bis della legge n. 97 del 1994 (Nuove disposizioni per le zone montane), introdotto dall'articolo 52, comma 21, legge 28 dicembre 2001, n. 448, sostanzialmente immutata.

Il citato articolo 5-bis dispone che, se non diversamente disposto dalle leggi regionali, per "compendio unico" si intende l'estensione di terreno necessaria al raggiungimento del livello minimo di redditività determinato dai piani regionali di sviluppo rurale per l'erogazione del sostegno agli investimenti previsti dal regolamento (CE) n. 1257/1999 e dal regolamento (CE) n. 1260/1999, e successive modificazioni. Tale disposizione viene ripresa dall'articolo 39 dello schema di decreto legislativo di riordino, che stabilisce anche possono essere costituiti in compendio unico terreni agricoli anche non confinanti purché funzionali all'esercizio dell'impresa agricola.

Il comma 9 dell'articolo 5-bis, del decreto legislativo n. 228 del 2001,estende l'applicazione della disciplina recata dall'articolo medesimo sulla conservazione dell'integrità aziendale - e in particolare sul compendio unico - anche ai piani di ricomposizione fondiaria e di riordino fondiario promossi dalle regioni, province, comuni e comunità montane.

Il rinvio fatto nel testo dell'articolo in esame sembrerebbe errato, in quanto relativo alla Sezione I (Della valorizzazione dello spazio rurale) del Titolo III (Della disciplina del territorio) dello schema di decreto legislativo di riordino, e non alla più corrispondente Sezione I (Del riordinamento della proprietà rurale: il compendio unico)del Titolo IV (Della proprietà terriera e delle strutture agrarie)[32].

 

L'articolo 27 (Commissione provinciale per la determinazione dei valori dei terreni ai fini della concessione del mutuo per la formazione della proprietà coltivatrice). Esso rinvia direttamente alla norma della legge 26 maggio 1965, n. 590 (Disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice), e in particolare all'articolo 4. Quest'ultimo infatti dispone che una commissione provinciale - composta del capo dell'ispettorato provinciale dell'agricoltura, del capo dell'ispettorato ripartimentale delle foreste, del capo dell'ufficio tecnico erariale e di un rappresentante dell'ente di sviluppo competente per territorio od, in mancanza, del comitato regionale per l'agricoltura di cui alla legge 2 giugno 1961, n. 454[33] - indica periodicamente, con riferimento a zone aventi caratteristiche agronomiche omogenee o similari i valori fondiari medi riferiti ad unità di superficie ed a tipi di coltura, secondo apposito schema predisposto dall'ispettorato agrario compartimentale competente per territorio. In realtà questo primo comma dell'articolo in esame non corrisponde esattamente al richiamato articolo 4 della legge n. 590, poiché i primi due soggetti ivi elencati che compongono la citata commissione provinciale sono indicati in maniera diversa[34].

Il comma 2 dell'articolo in esame corrisponde, testualmente, al comma 2 dell'articolo 4 della legge n. 590 del 1965, il quale stabilisce che il giudizio di congruità viene formulato tenendo conto dei suddetti valori fondiari ed in relazione agli specifici elementi strutturali e produttivi che configurano i singoli fondi. Ivi si fa espresso rinvio all'articolo 58 dello schema di decreto legislativo, relativo alla concessione di mutui e prestiti agevolati per l'acquisto di fondi rustici, subordinata al rilascio di nulla osta da parte dell'organo regionale competente che deve pronunciarsi anche sulla congruità del prezzo d'acquisto.

 

L'articolo 28 (Attestazione notarile circa la proprietà e la libertà dei beni offerti in garanzia) corrisponde testualmente all' articolo 5, della citata legge n. 590 del 1965, il quale dispone che - per la concessione dei mutui previsti dalla presente legge, la documentazione di rito potrà essere sostituita da una dichiarazione notarile attestante l'esito degli accertamenti eseguiti circa la proprietà e la libertà dei beni offerti in garanzia. Il rinvio operato è all'articolo 53 del testo dello schema di decreto legislativo che indica i provvedimenti per lo sviluppo della proprietà coltivatrice, tra cui la concessione di mutui.


Titolo IV – Della contrattazione agraria
(artt. 29-31)

Codice

Norme di riferimento

Art.29

(Annata agraria)

1, Ai fini del Titolo V del decreto legislativo di riordino l'annata agraria ha inizio l'11 novembre.

L. 203/1982 art. 39

Annata agraria.

[co.1] Ai fini della presente legge l'annata agraria ha inizio l'11 novembre.

Art.30

(Commissioni tecniche provinciali)

1. Per l'applicazione dell'articolo 86 del decreto legislativo di riordino e semplificazione della normativa sull'attività agricola, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano istituiscono Commissioni tecniche provinciali presiedute dall'Ispettore provinciale dell'agricoltura o dal Capo del corrispondente organo regionale.

Le disposizioni, nuove, vanno poste in relazione con l’art. 85 dello schema di decreto legislativo.

 

Art.31

(Assicurazione contro le avversità atmosferiche)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1. Per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole e alle infrastrutture agricole nelle zone colpite da calamità naturali o eventi ecceziona1l56, lo Stato, nell'ambito delle misure del Fondo di solidarietà nazionale volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi contro i danni alla produzione e alle strutture concede contributi sui premi assicurativi agli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135.

2. Il contributo dello Stato è concesso fino all'80 per cento del costo dei premi per contratti assicurativi che prevedono un risarcimento se il danno raggiunge il 20 per cento della produzione nelle aree svantaggiate ed il 30 per cento nelle altre zone. Per contratti assicurativi che coprono anche altre perdite dovute ad avverse condizioni atmosferiche non assimilabili alle calamità naturali, di cui al comma primo, o perdite dovute a epizoozie o fitopatie, il contributo dello Stato è ridotto fino al 50 per cento del costo del premio. Il contributo pubblico è concesso esclusivamente per contratti assicurativi che prevedono per ciascun prodotto assicurato la copertura della produzione complessiva aziendale all'interno di uno stesso comune. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono stabiliti i termini, le modalità e le procedure di erogazione del contributo sui premi assicurativi.

3. Ai fini della concessione dei contributi statali sui premi assicurativi sono considerati calamità naturali o eventi eccezionali quelli previsti al punto 11.2 degli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, 2000/C28/02, nonché le avverse Condizioni atmosferiche previste al punto 11.3 dei predetti orientamenti comunitari.

4. I rischi di mercato rientrano nei rischi assicurabili previsti dal Piano assicurativo agricolo annuale previsto dall'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.

 

5. La sottoscrizione delle polizze assicurative è volontaria e può avvenire in forma collettiva o individuale. Possono deliberare di far ricorso a forme assicurative collettive i consorzi di difesa di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, nonché le cooperative agricole e loro consorzi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

6. L'entità del contributo pubblico sul premi assicurativi è determinata attraverso il Piano assicurativo agricolo annuale, di seguito denominato Piano assicurativo, tenendo conto delle disponibilità di bilancio, dell'importanza socio-economica della produzioni e del numero di potenziali assicurati.

D.lgs. 102/2004

Art.1

Finalità.

1. Il Fondo di solidarietà nazionale (FSN) ha l'obiettivo di promuovere principalmente interventi di prevenzione per far fronte ai danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole, agli impianti produttivi ed alle infrastrutture agricole, nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, alle condizioni e modalità previste dalle disposizioni comunitarie vigenti in materia di aiuti di Stato, entro i limiti delle risorse disponibili sul Fondo stesso.

2. Ai fini del presente decreto legislativo sono considerate calamità naturali o eventi eccezionali quelli previsti dagli orientamenti e dai regolamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, nonché le avverse condizioni atmosferiche previste dagli orientamenti comunitari.

3. Per le finalità di cui al comma 1, il FSN prevede le seguenti tipologie di intervento:

a) misure volte a incentivare la stipula di contratti assicurativi;

b) interventi compensativi, esclusivamente nel caso di danni a produzioni, strutture e impianti produttivi non inseriti nel Piano assicurativo agricolo annuale, finalizzati alla ripresa economica e produttiva delle imprese agricole che hanno subito danni dagli eventi di cui al comma 2 nei limiti previsti dalla normativa comunitaria;

c) interventi di ripristino delle infrastrutture connesse all'attività agricola, tra cui quelle irrigue e di bonifica, compatibilmente con le esigenze primarie delle imprese agricole

art.2

Polizze assicurative.

1. Per le finalità di cui all'articolo 1, lo Stato concede contributi sui premi assicurativi, in conformità a quanto previsto dagli orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, agli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile iscritti nel registro delle imprese o nell'anagrafe delle imprese agricole istituita presso le Province autonome.

 

 

 

 

2. Il contributo dello Stato è concesso fino all'80 per cento del costo dei premi per contratti assicurativi che prevedono un risarcimento qualora il danno sia superiore al 30 per cento della produzione.

3. Qualora contratti assicurativi coprono anche altre perdite dovute ad avverse condizioni atmosferiche non assimilabili alle calamità naturali, di cui al precedente articolo 1, comma 2, o perdite dovute a epizoozie o fitopatie, il contributo dello Stato è ridotto fino al 50 per cento del costo del premio.

4. A decorrere dal 1° gennaio 2005, il contributo pubblico è concesso esclusivamente per contratti assicurativi che prevedono per ciascun prodotto assicurato la copertura della produzione complessiva aziendale all'interno di uno stesso comune. Con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sono stabiliti i termini, le modalità e le procedure di erogazione del contributo sui premi assicurativi.

 

 

 

 

 

Cfr. precedente art.1, co.2

 

 

 

 

 

 

D.L. 22/2005 art.1

Co.3-quater. I rischi di mercato rientrano nei rischi assicurabili previsti dal Piano assicurativo agricolo annuale, previsto dall'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102.

Art.11

Costituzione e finalità.

1. I consorzi di difesa sono costituiti da imprenditori agricoli per l'attuazione di iniziative di difesa attiva e passiva delle produzioni e devono costituirsi con atto pubblico, adottando una delle seguenti forme giuridiche:

a) associazioni persone giuridiche di diritto privato;

b) società cooperative agricole e loro consorzi;

c) consorzi di cui all'articolo 2612 e seguenti del codice civile o società consortili di cui all'articolo 2615-ter del medesimo codice.

2. Il riconoscimento di idoneità allo svolgimento dell'attività dei consorzi è concesso dalla rispettiva regione o provincia autonoma ed è limitato al territorio regionale o della provincia autonoma ove l'ente ha la sede legale.

3. Il riconoscimento di idoneità può essere attribuito altresì alle cooperative agricole di raccolta, trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli e loro consorzi nonché altri soggetti giuridici, previa modifica del proprio statuto, al fine di uniformarlo alle regole stabilite per i consorzi di cui al comma 1. Qualora le cooperative predette associno produttori situati in regioni o province autonome diverse, il riconoscimento di idoneità deve essere attribuito da ciascuna regione o provincia autonoma.

4. I consorzi di difesa possono accedere al credito agrario a tasso agevolato per lo svolgimento delle attività di difesa attiva e passiva delle colture.

Art.4

Piano assicurativo agricolo annuale.

1. L'entità del contributo pubblico sui premi assicurativi è determinata attraverso il Piano assicurativo agricolo annuale, di seguito denominato: «Piano assicurativo», tenendo conto delle disponibilità di bilancio, dell'importanza socio-economica delle produzioni e del numero di potenziali assicurati.

Contrattazione agraria

Il Titolo IV (Della contrattazione agraria) si compone di tre articoli.

 

L'articolo 29 (Annata agraria) individua nella data dell'11 novembre l'inizio dell'annata agraria, ai fini del Titolo V dello schema di decreto legislativo di riordino, che disciplina i contratti agrari, in ciò riproponendo la disposizione contenuta nell' articolo 39 della legge 3 maggio 1982, n. 203 (Norme sui contratti agrari).

 

L'articolo 30 (Commissioni tecniche provinciali) introduce una nuova disposizione, che attribuisce alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano il potere di istituire commissioni tecniche provinciali presiedute dall'ispettore provinciale dell'agricoltura o dal capo del corrispondente organo regionale.

La nota riferita all'articolo in esame giustifica l'introduzione di tale nuova disposizione con l'avvenuta dichiarazione d'incostituzionalità della disciplina dell'equo canone dettata dalla legge 11 febbraio 1971 n. 11[35] , in seguito alla quale devono ritenersi venute meno le varie disposizioni sulle commissioni tecniche centrale e provinciali sull'equo canone. Tuttavia, si afferma, "per la determinazione della quota di riduzione del canone per perimento dei frutti per casi fortuiti occorre pensare all'istituzione di organismi appositi".

Nell'articolo 85, comma 4, dello schema di decreto legislativo di riordino, infatti, si fa riferimento ad apposite commissioni tecniche provinciali, con il compito di determinare le percentuali di riduzione dei canoni in caso di danni provocati da avversità atmosferiche o calamità naturali che abbiano causato il perimento e la mancata percezione dei frutti in misura di almeno la metà della normale produzione.

 

Si rileva qui un errore di rinvio contenuto nell'articolo in esame, che fa riferimento all'articolo 86 dello schema di decreto (Poteri di gestione dell'affittuario), piuttosto che all'articolo 85 sopra citato.

 

L'articolo 31 (Assicurazione contro le avversità atmosferiche) viene inserito nell'articolato del decreto al fine di riportare le disposizioni recate dal decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 102, recante "Interventi finanziari a sostegno delle imprese agricole, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettera i), della legge 7 marzo 2003, n. 38", nonostante la stessa nota all'articolo sollevi dei dubbi sull'opportunità di inserire questa norma in questo testo unico.

Il comma 1 dispone che, al fine di fronteggiare i danni alle produzioni agricole e zootecniche, alle strutture aziendali agricole e alle infrastrutture agricole nelle zone colpite da calamità naturali o eventi eccezionali, lo Stato, nell'ambito delle misure del Fondo di solidarietà nazionale miranti a incentivare la stipula di contratti assicurativi contro i danni alla produzione e alle strutture[36], concede contributi sui premi assicurativi agli imprenditori agricoli di cui all'articolo 2135 del codice civile[37].

Riproducendo le disposizioni recate dai commi 2, 3 e 4 del citato decreto legislativo 29 marzo 2004 n. 102, il comma 2 dell'articolo in esame prevede che il suddetto contributo statale sia concesso fino all'80 per cento del costo dei premi per contratti assicurativi che prevedono un risarcimento se il danno raggiunge il 20 per cento della produzione nelle aree svantaggiate ed il 30 per cento nelle altre zone. Per quei contratti che coprono anche altre perdite dovute ad avverse condizioni atmosferiche diverse dalle calamità naturali, o perdite dovute a epizoozie o fitopatie, il contributo è ridotto fino al 50 per cento del costo del premio. Un decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali stabilisce i termini, le modalità e le procedure di erogazione del contributo sui premi assicurativi.

Il comma successivo riprende la disposizione recata dall'articolo 1 del decreto legislativo n. 102, il quale infatti dispone che sono considerate calamità naturali o eventi eccezionali quelli previsti dagli orientamenti e dai regolamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo, nonché le avverse condizioni atmosferiche previste dagli orientamenti comunitari.

Per quanto riguarda la nuova configurazione degli eventi che possono legittimare il ricorso ad aiuti di Stato, sono considerate calamità naturali o eventi eccezionali quelli previsti al punto 11.2 degli Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato nel settore agricolo (2000/C28/02), nonché, per le avverse condizioni atmosferiche, quelli previsti al punto 11.3 dei predetti orientamenti, che recano una distinzione fra tra danni arrecati dalle calamità naturali, quali terremoti, valanghe, frane ed inondazioni, e quelli provocati da altri eventi eccezionali fra i quali sono citati la guerra, disordini interni o scioperi e, con alcune riserve, gravi incidenti nucleari o industriali e incendi che causano perdite estese.

Il comma 4 prevede poi, riproducendo l'articolo 1, comma 3-quater, del decreto-legge 28 febbraio 2005, n. 22[38], che i rischi di mercato rientrano in quelli assicurabili previsti dal Piano assicurativo agricolo annuale indicato dall'articolo 4 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e che la sottoscrizione delle polizze assicurative sia volontaria e possa avvenire in forma collettiva o individuale.

 

Si segnala che l'articolo 4 citato contiene anche altre disposizioni, non inserite nell'articolato in esame.

Tali disposizioni prevedono che:

§      il Piano assicurativo sia elaborato sulla base delle informazioni e dei dati di carattere statistico-assicurativo rilevati dalla Banca dati sui rischi agricoli, e che sia approvato, entro il 30 novembre di ogni anno, con decreto del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le proposte di un'apposita commissione tecnica;

§      nel Piano assicurativo siano stabiliti i parametri per il calcolo del contributo pubblico sui premi assicurativi distinti per:

a)   tipologia di polizza assicurativa;

b)   area territoriale identificata sulla base delle proposte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano;

c)   calamità naturali ed altri eventi eccezionali, avversità atmosferiche, garanzia;

d)   tipo di coltura impianti produttivi, produzioni zootecniche, strutture;

§      nel Piano assicurativo possano essere disposti anche i termini massimi di sottoscrizione delle polizze per le diverse produzioni e aree e qualsiasi altro elemento ritenuto necessario per garantire un impiego efficace ed efficiente delle risorse pubbliche.

 

 


 



[1]     Così, ad esempio, ai fini dell'applicabilità dell'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, la Cassazione ha sostenuto che la qualità di coltivatore diretto deve essere desunta dal combinato disposto dell'art. 2, L. 26.10.1957, n. 1047, degli artt. 2 e 3, L. 9.1.1963, n. 9, con la conseguenza che, per il suo riconoscimento, è necessario e sufficiente il concorso dei seguenti requisiti: a) diretta, abituale e manuale coltivazione dei fondi, o diretto e abituale governo del bestiame, sussistenti allorché l'interessato si dedichi in modo esclusivo a tali attività, o anche in modo soltanto prevalente, cioè tale che le attività stesse lo impegnino per la maggior parte dell'anno e costituiscano per lui la maggior fonte di reddito; b) prestazione lavorativa del nucleo familiare non inferiore ad un terzo di quella occorrente per le normali necessità delle coltivazioni del fondo e per l'allevamento e il governo del bestiame, nonché fabbisogno di manodopera per lo svolgimento delle suddette attività non inferiore a centoquattro giornate lavorative annue (C. 9208/2003).

[2]     La qualifica di agrarietà attribuita alla coltivazione delle biomasse è stata ripresa infine dal D.Lgs. 27.5.2005, n. 101 con l'inserimento del comma 13° quater all'art. 14, D.Lgs. 29.3.2004, n. 99.

[3]     Le norme relative alla iscrizione nel registro delle imprese non si applicano agli imprenditori agricoli, salvo quanto è disposto dall'articolo 2200.

[4]     Nonostante la pesca differisca dalla produzione agricola (nonché dall'acquacoltura) per la natura prevalentemente estrattiva dell'attività, sono state individuate le ragioni della assimilazione tra le due figure: la normativa comunitaria assimila i prodotti della pesca ai prodotti agricoli nell'allegato I del Trattato, inoltre le attività sono affini sotto il profilo dell'unicità del mercato e della tipologia dei prodotti (alimenti) ottenuti. L'oggetto dell'attività, riferita alla cattura o raccolta di organismi acquatici, include non solo pesci, molluschi, crostacei ma anche la raccolta di altri organismi, quali alghe, coralli ecc. Secondo la nuova formulazione della norma, l'attività può essere svolta in forma singola, associata o societaria; mantengono la qualifica di imprenditori ittici anche le cooperative e i consorzi di pescatori; inoltre sono considerati tali gli esercenti attività commerciali, purché i prodotti provengano prevalentemente dalla propria attività Anche le attività connesse a quelle della pesca, definite dall'art. 3, D.Lgs. 18.5.2001, n. 226, come sostituito dall' art. 7, D.Lgs. 26.5.2004, n. 154, sono informate al criterio della prevalenza.

[5]     D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[6]     L. 20 febbraio 2006, n. 96, “Disciplina dell'agriturismo”.

[7]     La Corte costituzionale, con sentenza 8-12 ottobre 2007, n. 339 (Gazz. Uff. 17 ottobre 2007, n. 40 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l’altro: a) l'illegittimità dell'art. 4, commi 3 e 4, lettere a), b), c), e) ed f), dell'art. 5, commi 4 e 5, dell'art. 6, commi 2 e 3, dell'art. 8; b) l'illegittimità dell'art. 13, comma 2, nella parte in cui, nell'istituire l'Osservatorio nazionale dell'agriturismo, non prevede alcun coinvolgimento delle Regioni; c) l'illegittimità dell'art. 14, comma 2, nella parte in cui si riferisce alle norme di cui al capo a).

[8]     Per l’art. 230-bis del codice civile è impresa familiare quella in cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo. Inoltre, l’articolo 2 in commento considera come lavoratori agricoli sia i familiari che i lavoratori dipendenti, a fini previdenziali, assicurativi e fiscali.

[9]     La degustazione dei prodotti aziendali distinta dalla somministrazione di pasti e bevande, include la mescita di vino ai sensi della L. 27 luglio 1999, n. 268, “Disciplina delle «strade del vino»”. In proposito, va sottolineato come anche nell’articolo 1, comma 3 della legge 268/1999 le attività di ricezione e di ospitalità compresa la degustazione dei prodotti aziendali svolte da aziende agricole nell’ambito delle “strade del vino” possono essere ricondotte ad attività agrituristiche. In tal senso, la norma faceva richiamo all’art. 2 della legge 730/1985.

      In questo ambito, anche la sola mescita del vino potrebbe rientrare fra le attività agrituristiche esclusivamente se eseguita in aziende incluse nei percorsi denominati “strade del vino”.

[10]    L. 30 dicembre 1991, n. 413, “Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l'attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzioni dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale”.

[11]    Nella stessa norma richiamata, l’art. 5, comma 1, vengono escluse le società per azioni e in accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata e le società cooperative. Si fa presente che la nuova legge 96/2006 ammette allo svolgimento delle attività agrituristiche le società di capitali, come prevede l’articolo 2, comma 1.

[12]    D.P.R. 01 dicembre 1999, n. 503 “Regolamento recante norme per l'istituzione della Carta dell'agricoltore e del pescatore e dell'anagrafe delle aziende agricole, in attuazione dell'articolo 14, comma 3, del D.Lgs. 30 aprile 1998, n. 173. Detto decreto legislativo aveva rimesso a regolamenti di delegificazione la definizione di norme per la semplificazione e armonizzazione delle procedure dichiarative, delle modalità di controllo, nonché degli adempimenti, derivanti dalla normativa comunitaria e da quella nazionale, connessi alla gestione dei settori produttivi di intervento.

[13]    I servizi che debbono essere assicurati a norma dell’articolo 4 sono i seguenti:

a)    servizi finalizzati alla consultazione di informazioni, costantemente aggiornate, riferite all'azienda. I dati debbono essere integrati anche mediante l'accesso e la cooperazione con i sistemi informativi degli utenti esterni interconnessi;

b)    servizi finalizzati alla predisposizione di documenti informatici;

c)     servizi di identificazione anagrafica dei dati aziendali. L'interconnessione con il sistema informativo delle Camere di commercio deve consentire una integrazione con le informazioni contenute nel registro delle imprese;

d)    servizi di verifica catastale dei dati aziendali, anche attraverso il loro controllo con il sistema informativo del Ministero delle finanze;

e)    servizi di supporto alle decisioni di livello nazionale e locale;

f)      servizi di supporto alla cooperazione applicativa centro-periferia e di documentazione, controllo e certificazione delle operazioni effettuate per via telematica;

g)    servizi di consultazione del vocabolario dati delle informazioni dell'anagrafe;

h)    servizi di accredito o di addebito e di documentazione, controllo e certificazione nei confronti di parti terze;

i)      servizi comunque connessi alla gestione di qualsiasi altra informazione in possesso della P.A., relativa ai contenuti che devono essere inseriti nella banca dati.

[14]    Tale norma rinvia, a tal fine all’art. 15, co. 1 del D.Lgs. 173/98.

[15]    Va segnalato peraltro che il decreto previsto dalla richiamata disposizione vigente è il decreto 6 ottobre 2005.

[16]    Al riguardo si riportano alcuni passaggi della sentenza della Corte n. 116 del 2006:

      ”…in queste norme anzitutto si stabiliscono le modalità per adottare le “norme quadro per la coesistenza” (art. 3), prevedendo un atto statale dalla indefinibile natura giuridica (cui peraltro si attribuisce la disciplina di materie che necessiterebbero di una regolamentazione tramite fonti primarie). In secondo luogo, si prevede lo sviluppo ulteriore di queste “norme quadro” tramite piani regionali di natura amministrativa (art. 4). Scelte del genere sono peraltro lesive della competenza legislativa delle Regioni nella materia agricoltura, dal momento che non può essere negato, in tale ambito, l'esercizio del potere legislativo da parte delle Regioni per disciplinare le modalità di applicazione del principio di coesistenza nei diversi territori regionali, notoriamente molto differenziati dal punto di vista morfologico e produttivo. Infine, neppure appare giustificabile la creazione di un nuovo organo consultivo statale, strettamente strumentale all'esercizio dei poteri ministeriali di cui all'art. 3 (art. 7).

      Tali disposizioni devono pertanto essere dichiarate costituzionalmente illegittime.

      Del pari, va dichiarata la illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 6 del decreto-legge n. 279 del 2004, quale convertito dalla legge n. 5 del 2005, dal momento che la regolamentazione delle sanzioni amministrative spetta al soggetto nella cui sfera di competenza rientra la disciplina della materia la cui inosservanza è in tal modo sanzionata (fra le molte, le sentenze n. 63 del 2006; n. 384 e n. 50 del 2005).

      Quanto agli artt. 5, commi 3 e 4, ed 8, prescindendosi in questa sede dalle censure avanzate dalla ricorrente, appare sufficiente per la loro dichiarazione di illegittimità costituzionale la constatazione che le loro discipline si pongono in nesso inscindibile con le norme che questa Corte ha appena ritenuto illegittime, con particolare riferimento alle “norme quadro” statali di cui all'art. 3 del decreto-legge n. 279 del 2004 ed ai piani di coesistenza regionali di cui all' art. 4 del medesimo testo normativo.

[17]    Tale articolo, è stato introdotto nel testo del D.Lgs 228/2001 dall'art. 7, D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99, come modificato dall'art. 3, D.Lgs. 27 maggio 2005, n. 101.

[18]    Legge 31 gennaio 1994, n.97 “Nuove disposizioni per le zone montane”. L’articolo 5-bis è stato introdotto dall’art. 52, co. 21, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Legge finanziaria per il 2002)

[19]    Tutte le Regioni hanno già emanato (con inizio degli anni settanta) una legge organica sulla bonifica ispirata in modo esplicito, con norme espresse di riferimento, ai principi dettati dal codice civile e dal r.d. 13/2/1933 n. 215. La permanenza in vigore del r.d. 13/2/1933 n. 215 è stata, inoltre, ritenuta indispensabile anche con il recente D.Lgs. n. 179 del 1° dicembre 2009 (provvedimento che individua le leggi anteriori al 1970 di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore).

[20]    Provvedimento abrogato dall’articolo 24 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 con la decorrenza ivi indicata.

[21]    L'articolo 2 da abrogare (insieme all'1 e al 15) , in realtà risulta già abrogato dall'articolo 1 del decreto-legge 23 settembre 1994, n. 547.

[22]    Vedi il Dossier n. 87/2 del Servizio Studi della Camera dei deputati, contenente schede di lettura del decreto- legge n. 171 del 2008 con le modifiche apportate dalla legge di conversione.

[23]    Recante "Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della legge 7 marzo 2003, n. 38".

[24]    Quest'ultimo tra l'altro ha abrogato il citato articolo 36 ivi richiamato.

[25]    Istituiti per l'esercizio dell'attività di assistenza agli agricoltori ai sensi dell'art. 3-bis del decreto legislativo 27 maggio 1999, n. 165, recante "Soppressione dell'AIMA e istituzione dell'Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA), a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59".

[26]    Relativa all'identificazione e alla registrazione degli animali.

[27]    Che istituisce un sistema di identificazione e di registrazione dei bovini e relativo all'etichettatura delle carni bovine e dei prodotti a base di carni bovine, e che abroga il regolamento (CE) n. 820/97 del Consiglio.

[28]    Che ha abrogato il regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio, del 29 settembre 2003, citato negli articoli 13 e 14 del decreto legislativo n. 99 del 2004.

[29]    Quest'ultimo articolo 18 è relativo al sistema di identificazione e di registrazione dei diritti all'aiuto.

[30]    Vedi comma 4-ter.

[31]    Atto del Governo n. 164.

[32]    Articoli da 39 a 45.

[33]    Si ricorda peraltro che il comitato regionale citato nell'articolo 3 della legge n. 454 del 1961 è stato istituito con decreto del Presidente della Repubblica 10 giugno 1955, n. 987, provvedimento abrogato dall’art. 24 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 11.

[34]    In particolare si fa riferimento al capo dell'organo regionale competente per territorio e all' ingegnere designato dal direttore dell'ufficio provinciale dell'agenzia del territorio.

[35]    Con sentenza 23 febbraio-1° marzo 1972, n. 35 (G.U. 8 marzo 1972, n. 65) la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge nella parte in cui essa disciplina anche i contratti di affitto relativi ai masi chiusi, di cui al testo unico 7 febbraio 1962, n. 8, approvato con decreto del Presidente della giunta provinciale di Bolzano.

[36]    Istituito dall'articolo 1 del citato decreto legislativo n. 102 del 2004.

[37]    L'articolo 2135 del codice civile, così sostituito dall'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 228 del 2001, definisce l'imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

[38]    Recante "Interventi urgenti nel settore agroalimentare" e convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2005, n. 71.