Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Ufficio Rapporti con l'Unione Europea | ||||
Titolo: | Riforma della politica comune della pesca - Audizione degli europarlamentari italiani della Commissione pesca del Parlamento europeo - Roma, 12 aprile 2012 | ||||
Serie: | Documentazione per le Commissioni - Audizioni e incontri con rappresentanti dell'UE Numero: 22 | ||||
Data: | 06/04/2012 | ||||
Descrittori: |
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Camera dei deputati
XVI LEGISLATURA
Documentazione per le Commissioni
audizioni e incontri in ambito ue
Riforma della politica comune della pesca
Audizione
degli europarlamentari italiani
della Commissione pesca del Parlamento europeo
Roma, 12 aprile 2012
n. 22
6 aprile 2012
Il dossier è stato curato dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea
(' 066760.2145
*cdrue@camera.it).
Il capitolo relativo alla “Normativa nazionale” è stato curato dal Servizio Studi, Dipartimento Agricoltura (' 066760.3610)
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INDICE
· Finalità
· Riforma della politica comune della pesca
· Conservazione e sfruttamento sostenibile delle risorse
· Dimensione esterna della PCP
· Fondo europeo della pesca (FEP)
· Fondo europeo affari marittimi e della pesca (FEAMP)
Lavori presso le istituzioni UE
· Consiglio agricoltura e pesca
· Riunione interparlamentare del 28 febbraio 2012
Link ai documenti della Commissione europea
Il 13 luglio 2011 la Commissione europea ha presentato il c.d. pacchetto pesca, così articolato:
· comunicazione COM(2011)417 sulla riforma della PCP;
· proposta di regolamento (COM(2011)425) sulla riforma della PCP;
· proposta di regolamento (COM(2011)416) sull’organizzazione comune dei mercati della pesca e dell’acquacoltura;
· comunicazione (COM(2011)424) sulla dimensione esterna della politica comune della pesca;
· relazione (COM(2011)418) sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della PCP.
Il pacchetto di documenti viene esaminato secondo la procedura legislativa ordinaria. La riforma nel suo complesso entrerà in vigore nel 2013.
Il 2 dicembre 2011 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento (COM(2011)804) che prevede un nuovo meccanismo di finanziamento per la pesca e la politica marittima, in linea con il nuovo quadro pluriennale finanziario.
La proposta istituisce il Fondo per le politiche UE in materia di affari marittimi e pesca per il periodo 2014-2020 (FEAMP) che sostituirà l'attuale Fondo europeo per la pesca (FEP) e vari altri strumenti e avrà una dotazione complessiva di 6,5 miliardi di euro per l’intero periodo.
Finalità delle proposte sono la sostenibilità, l’efficacia e la coerenza della nuova politica della pesca.
Sostenibilità: uno degli obiettivi principali riguarda il raggiungimento del livello di rendimento massimo sostenibile per gli stock ittici nel 2015 e l'attuazione di misure di divieto dei rigetti;
Efficacia: è assicurata da molti elementi, tra i quali il rafforzamento delle organizzazioni dei produttori, l'attuazione di un sistema di concessioni di pesca trasferibili, la gestione a lungo termine degli stock;
Coerenza: tutti gli elementi della nuova politica contribuiranno alla sua sostenibilità ed efficacia.
Conservazione e sostenibilità |
Rendimento massimo sostenibile come obiettivo di conservazione entro una scadenza determinata (2015) |
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Eliminazione dei rigetti in mare grazie all’obbligo di sbarco e norme di gestione necessarie con un calendario per l’introduzione |
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Piani pluriennali concentrati su obiettivi essenziali, specifici, limiti e scadenze, sulla base dell’approccio alla gestione della pesca basato sugli ecosistemi |
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Procedure accelerate per adottare le misure in materia di pesca necessarie nell’ambito della gestione ambientale (Natura 2000) |
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Dati e conoscenze scientifiche |
Obbligo per gli Stati membri di raccogliere e fornire dati e di preparare programmi pluriennali (regionali) di raccolta dei dati |
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Programmi nazionali di ricerca sulla pesca con un coordinamento regionale fra gli Stati membri |
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Accesso alle risorse e capacità della flotta |
Sistema delle concessioni di pesca trasferibili obbligatorio per le grandi flotte – con trasferibilità a livello nazionale |
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Abbandono dei sussidi legati alle flotte |
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Acquacoltura |
Piani strategici nazionali 2014-2020 |
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Creazione di un nuovo consiglio consultivo per l’acquacoltura |
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Politica di mercato |
Conferimento di maggiori poteri alle organizzazioni di produttori e alle organizzazioni interprofessionali |
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Modifica del regime di intervento grazie alla creazione di un meccanismo unico di intervento per l’ammasso |
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Fissazione dei prezzi di intervento a un livello decentrato e adeguato |
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Migliore informazione dei consumatori e revisione delle norme di commercializzazione |
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Governance |
Ampliamento del ruolo dei consigli consultivi nell’attuazione della PCP a livello regionale |
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Strumento finanziario |
Pieno allineamento con la strategia Europa 2020 |
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Dimensione esterna |
Maggiore coinvolgimento dell’UE nell’ambito delle organizzazioni regionali di gestione della pesca al fine di rafforzare, in queste sedi, gli aspetti legati alle conoscenze scientifiche, al controllo e al rispetto delle norme |
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Azioni congiunte con i partner principali dell’UE, volte a combattere la pesca illegale e a ridurre la sovraccapacità |
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Maggiore coerenza fra le politiche dell’UE in materia di pesca, sviluppo, commercio e ambiente |
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Accordi di pesca sostenibile e maggiore contributo finanziario da parte dell’industria; creazione di una governance di elevata qualità. |
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Riforma della politica comune della pesca(COM(2011)417 e 425)
La Commissione propone che entro il 2015 gli stock debbano essere sfruttati a livelli sostenibili producendo il “rendimento massimo sostenibile” e che entro il 2016 sia eliminata la pratica del rigetto in mare delle catture indesiderate, che costituisce uno spreco di risorse.
Con riguardo alla sovraccapacità della flotta, che attualmente costituisce una delle cause principali del sovrasfruttamento, la proposta di regolamento prevede la graduale introduzione di concessioni di pesca trasferibili all’interno di uno Stato membro. In base all’esperienza di alcuni Stati membri ciò comporterebbe la possibilità di ridurre la capacità di pesca e di aumentare la redditività economica senza costi per il contribuente, con la possibilità per gli Stati membri di escludere da questo sistema le navi di lunghezza fino a 12 metri, ad eccezione di quelle che pescano con attrezzi trainati.
Il nuovo regime, in cui le flotte sarebbero ridotte in funzione delle esigenze del settore, non richiederà un finanziamento pubblico ed eliminerà i fattori che favoriscono la sovraccapacità. Alcuni operatori avranno un incentivo ad accrescere le proprie concessioni mentre altri potranno decidere di abbandonare il settore.
La promozione dello sviluppo sostenibile dell’acquacoltura nonché la qualità e la sicurezza dei suoi prodotti sono punti rilevanti della riforma nel cui ambito gli Stati membri saranno tenuti a preparare piani strategici nazionali basati su una serie di orientamenti strategici dell’UE al fine di creare condizioni propizie per promuovere l’attività economica e migliorare la competitività.
La Commissione intende promuovere la crescita e l’occupazione nelle comunità costiere che dipendono dalla pesca e dall’acquacoltura che hanno un ruolo cruciale sia nelle zone costiere dell’Europa continentale sia nelle regioni ultraperiferiche dell’UE.
Si prevede la pubblicazione di informazioni per i consumatori sul prodotto e sulle caratteristiche di produzione nonché, ove necessario, un’etichettatura volontaria che potrà ad esempio fornire informazioni sulle tecniche di produzione o sul rispetto dell’ambiente, anche con l’ausilio delle organizzazioni di produttori.
Il futuro finanziamento pubblico destinato al settore sarà completamente riformato e semplificato, rispecchiando gli obiettivi della nuova PCP proposta. Esso sarà pienamente allineato con gli obiettivi della strategia Europa 2020. L’attuale regime sarà sostituito da un meccanismo di ammasso semplificato volto a sostenere un livello minimo di stabilità dei mercati.
Organizzazione dei mercati(COM(2011)416)
Punti critici nell’attuale organizzazione sono:
· l’insufficiente sostenibilità dei vari tipi di pesca;
· il peggioramento di una produzione europea frammentata con riguardo al numero di specie, di luoghi di sbarco e di luoghi di vendita, a fronte di una domanda fortemente concentrata;
· l’incapacità di anticipare o di gestire le fluttuazioni di mercato con riferimento al volume e alla qualità richiesti sul fronte della domanda;
· le scarse informazioni fornite ai consumatori.
Proposte per la riforma dell’organizzazione dei mercati:
· incentivi di mercato volti a incoraggiare le pratiche di produzione sostenibili sia con riguardo ai produttori dell'UE (pesca e acquacoltura) e alle loro organizzazioni sia agli altri operatori del settore;
· aumento della competitività della produzione dell'UE (qualità, innovazione e valore aggiunto), del potere contrattuale dei produttori e garanzia di condizioni di concorrenza eque per tutti i prodotti commercializzati nell'Unione;
· miglioramento del collegamento fra la produzione dell'UE e i cambiamenti strutturali e le fluttuazioni a breve termine dei mercati dell'UE;
· informazione più precisa e affidabile allo scopo di rafforzare la fiducia nei prodotti della pesca e dell'acquacoltura;
· riduzione degli oneri amministrativi e semplificazione del contesto giuridico;
· sostegno finanziario nel quadro di un nuovo fondo finanziario da attuare nell'ambito della PCP riformata.
· conferimento di maggiori poteri alle organizzazioni di produttori;
· aumento del potere contrattuale dei produttori;
· incentivi e premi di mercato per le pratiche sostenibili;
· partenariati per una produzione, un approvvigionamento e un consumo conformi ai principi di sostenibilità; certificazione (marchi di qualità ecologica), promozione, informazioni ai consumatori;
· misure di mercato supplementari relative ai rigetti.
Conservazione e sfruttamento sostenibile delle risorse(COM(2011)418)
La relazione, che è presentata ai sensi del regolamento (CE) n. 2371/2002 e che integra le informazioni contenute nel Libro verde sulla riforma della politica comune della pesca (COM(2009)163), rileva i seguenti punti critici:
· i piani pluriennali risultano più efficaci delle decisioni annuali sui totali ammissibili di catture (TAC) ai fini di una gestione a lungo termine degli stock;
· la riforma della PCP del 2002 non ha permesso di ridurre a sufficienza l'eccessivo sfruttamento delle risorse e le catture praticate dalla flotta dell'UE nelle acque dell'Unione sono in costante declino;
· l'eccesso di capacità della flotta dell'UE trova riscontro nell’eccessiva mortalità per pesca in alcuni stock, scarsa redditività e scarso utilizzo della capacità;
· mentre la stazza costituisce un indicatore affidabile della capacità di pesca, la Commissione nutre seri dubbi circa la potenza dichiarata delle imbarcazioni; i dati sembrano infatti suggerire che i valori dichiarati sono inferiori a quelli effettivi, essendo in tal modo difficile quantificare con precisione la capacità della flotta.
Dimensione esterna della PCP(COM(2011)424)
La comunicazione, prendendo atto della forte presenza dell’UE in tutti gli oceani del mondo, dei numerosi accordi bilaterali con paesi terzi e della partecipazione dell’UE alle principali organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP), sottolinea la necessità dell'UE di impegnarsi ulteriormente a favore della conservazione e della gestione sostenibile degli stock ittici internazionali.
La relazione esamina i vari aspetti problematici e i possibili interventi per contribuire alla sostenibilità a lungo termine a livello mondiale, trasformare i dialoghi in partenariati di lavoro, porre fine alla pesca illegale, contribuire a un funzionamento più efficace delle ORGP, rafforzare la governance degli accordi di pesca bilaterali.
La Commissione afferma che poiché l'85% degli stock ittici mondiali per cui si dispone di informazioni risulta essere pienamente sfruttato o sovrasfruttato, l'UE ha una forte presenza in tutti gli oceani del mondo tramite le flotte, gli investimenti, gli accordi bilaterali con paesi terzi e la partecipazione alle principali ORGP. Costituisce inoltre un mercato importante per i prodotti della pesca, sia sotto il profilo del consumo che dell'importazione e, di conseguenza, è necessario che contribuisca alla sostenibilità a lungo termine a livello mondiale migliorando l'operato delle ORGP ed il funzionamento degli accordi bilaterali in materia di pesca.
Nell’ambito delle attuali prospettive finanziarie 2007-2013, il Fondo europeo per la pesca (FEP) fornisce finanziamenti agli operatori della pesca e alle comunità costiere per aiutarli ad adattarsi al mutare delle condizioni, salvaguardando gli aspetti ecologici, e renderli flessibili dal punto di vista economico.
Il FEP ha a disposizione per il periodo 2007-2013 un bilancio di 4,3 miliardi di euro per finanziamenti relativi a tutti i comparti del settore: pesca in mare e in acque interne, acquacoltura (allevamento di pesci, molluschi e piante acquatiche), trasformazione e commercializzazione dei prodotti ittici.
Il 7 febbraio 2011 la Commissione ha presentato, ai sensi dell’articolo 68 del regolamento (CE) n. 1198/2006 del Fondo europeo della pesca (FEP), una relazione (COM(2011)37) sull’effettiva applicazione del FEP, basata su un esame ed una valutazione, da parte della Commissione, delle relazioni annuali degli Stati membri e delle altre informazioni disponibili.
La relazione si riferisce all’esercizio 2009 ed è completata da una breve sintesi dell'applicazione del FEP in ogni Stato membro e da tabelle sull'esecuzione finanziaria.
I progetti vengono finanziati sulla base di piani strategici e programmi operativi elaborati dalle autorità nazionali. I finanziamenti del FEP sono destinati a cinque settori prioritari:
· adeguamento della flotta (demolizione dei pescherecci, ecc.);
· acquacoltura, trasformazione, commercializzazione e pesca in acque interne (ad esempio per promuovere la transizione verso metodi di produzione più rispettosi dell'ambiente);
· miglioramento della tracciabilità o dei sistemi di etichettatura;
· sviluppo sostenibile delle zone di pesca (ad esempio per diversificare l'economia locale);
· assistenza tecnica per finanziare la gestione del fondo.
In vista della scadenza delle attuali prospettive finanziarie 2007-2013, il 29 giugno 2011 la Commissione europea ha presentato la comunicazione “Un bilancio per la strategia Europa 2020” e il pacchetto di proposte collegate (tra cui la proposta di regolamento per il nuovo quadro finanziario pluriennale 2014-2020 e la proposta di decisione relativa al sistema delle risorse proprie).
I settori interessati sono, tra l’altro, l’agricoltura e lo sviluppo rurale, la protezione civile, la competitività e le PMI, l’unione doganale e la fiscalità, la coesione economica, sociale e territoriale, l’istruzione, l’occupazione e gli affari sociali, l’ambiente, la lotta antifrode, la salute e i consumatori, le infrastrutture, la giustizia, la politica in materia di pesca e affari marittimi, la ricerca.
Per quanto riguarda il settore della pesca e degli affari marittimi, viene sottolineata l’importanza della sostenibilità ambientale, delle comunità costiere in cui la pesca svolge un ruolo importante per i connessi posti di lavoro, delle flotte pescherecce, dell'acquacoltura, della trasformazione alimentare e nei porti di pesca.
La Commissione propone di concentrare gli stanziamenti per la pesca (nell’ambito della rubrica 2), pari a 6,7 miliardi, nel Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMP) e negli accordi internazionali di pesca/ORP.
Il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca per il periodo 2014-2020 (FEAMP) proposto dalla Commissione europea (COM(2011)804) è finalizzato al conseguimento degli obiettivi della riforma della politica comune della pesca e al sostegno dei pescatori nella transizione verso una pesca sostenibile e delle comunità costiere nella diversificazione delle loro economie. Altri elementi caratterizzanti saranno i progetti destinati a creare nuovi posti di lavoro, a migliorare la qualità della vita nelle regioni costiere europee, a semplificare le formalità burocratiche per l’accesso ai finanziamenti, a promuovere azioni di formazione per l’assistenza alle organizzazioni di produttori nella pianificazione della produzione.
Ogni Stato membro elaborerà un programma operativo in cui indicherà come intende utilizzare i fondi ad esso assegnati per il periodo di programmazione. Dopo l'approvazione del programma da parte della Commissione, lo Stato membro selezionerà i progetti da finanziare. Gli Stati membri e la Commissione controlleranno congiuntamente sia l'ammissibilità degli interventi da sovvenzionare sia l'attuazione del programma.
Il FEAMP è strutturato intorno a 4 pilastri:
- pesca intelligente ed ecocompatibile per favorire il passaggio alla pesca sostenibile;
- acquacoltura intelligente ed ecocompatibile;
- sviluppo territoriale sostenibile e inclusivo;
- politica marittima integrata, per sostenere priorità trasversali che gli Stati membri non intraprendono di propria iniziativa, quali la ricerca marina, la pianificazione dello spazio marittimo, la gestione integrata delle zone costiere e la sorveglianza marittima integrata nonché l'adattamento agli effetti avversi del cambiamento climatico sulle zone costiere.
Le azioni del FEAMP sarebbero integrate da due strumenti internazionali:
- gli accordi di partenariato nel settore della pesca (APP) che istituiscono il quadro giuridico, economico e ambientale delle attività di pesca svolte dai pescherecci dell'UE nelle acque dei paesi terzi che non sono in grado, da soli, di sfruttare pienamente i loro stock ittici in modo sostenibile;
- le organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORP), organismi internazionali di cui fanno parte Stati, organizzazioni di integrazione economica regionale (l'UE) e gli organismi di pesca istituiti al fine di garantire la conservazione e la sostenibilità delle risorse alieutiche in alto mare.
La dotazione finanziaria del nuovo Fondo, che sostituirà l'attuale Fondo europeo per la pesca (FEP) e vari altri strumenti, ammonta a 6,5 miliardi di euro per il periodo 2014-2020.
La proposta di regolamento presentata dalla Commissione europea il 6 ottobre 2011 (COM(2011)615) reca regole comuni per tutti i fondi a finalità strutturale relativi alla politica di coesione, alla politica agricola e alla politica della pesca. La Commissione sostiene che i fondi in questione perseguono obiettivi strategici complementari e possono, pertanto, essere inseriti in un unico quadro strategico, normativo ed istituzionale. Ciò consentirà di migliorarne le sinergie, ridurre gli oneri amministrativi per i beneficiari e i ritardi nella programmazione e utilizzazione dei fondi determinata dalla attuale diversità e frammentazione delle norme che disciplinano i fondi della coesione, da un parte, e quelli per lo sviluppo agricolo e la pesca, dall’altra.
La proposta è stata presentata dalla Commissione nell’ambito di un più ampio pacchetto di proposte legislative del 6 ottobre 2011 relative alla disciplina dei fondi strutturali e della politica di coesione nel periodo 2014-2020. Si tratta, in particolare, delle seguenti proposte:
- una proposta di regolamento relativa al Fondo di coesione (COM(2011)612);
- una proposta di regolamento relativa al Fondo sociale europeo (COM(2011)607);
- una proposta di regolamento relativa al Fondo europeo di sviluppo regionale (COM(2011)614);
- una proposta di regolamento recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale agli obiettivi della cooperazione territoriale europea (COM(2011)611);
- una proposta di modifica del regolamento (CE) n. 1082/2006 relativo a un gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) (COM(2011)610).
Le proposte danno attuazione alla nuova architettura della politica di coesione definita dalla Commissione europea nell’ambito del nuovo quadro finanziario dell’UE 2014-2020 presentato il 29 giugno 2011 volto a rilanciare la crescita e l’occupazione in Europa destinando gli investimenti dell’UE all’agenda per la crescita e l’occupazione dell’Europa (“Europa 2020”).
La Commissione individua un minor numero di priorità di investimento che saranno oggetto di nuovi contratti di partenariato tra la Commissione europea e gli Stati membri. Questi ultimi fisseranno obiettivi chiari e destineranno le risorse finanziarie alle regioni che otterranno i risultati migliori nel raggiungimento dei loro obiettivi. In caso di inefficienza resta ferma la facoltà della Commissione di chiedere agli Stati membri di riesaminare i programmi o sospendere il finanziamento in mancanza di misure correttive.
Le proposte saranno discusse dal Consiglio e dal Parlamento europeo, affinché possano essere adottate entro la fine del 2012, per permettere di avviare una nuova generazione di programmi nel 2014 nell’ambito della politica di coesione.
Parallelamente proseguiranno i negoziati sul quadro finanziario pluriennale per l’intero bilancio dell’Unione. La Commissione ha già proposto di stanziare 336 milioni di euro per gli strumenti della politica di coesione nel periodo 2014-2020. Gli stanziamenti definitivi da parte degli Stati membri e l’elenco delle regioni ammissibili per categoria saranno decisi solo dopo l’adozione definitiva del pacchetto.
Tra le finalità è indicato l’aumento di competitività delle piccole e medie imprese, del settore dell’agricoltura e di quello della pesca e dell’acquacoltura.
Il Consiglio del 19 luglio 2011 ha avviato un primo dibattito sulle proposte.
Gli Stati membri hanno approvato l'impostazione generale proposta dalla Commissione. Tuttavia, pur lodando l'obiettivo proposto del rendimento massimo sostenibile (MSY- maximum substainable yield), vari Stati membri hanno sottolineato la difficoltà di raggiungere l'obiettivo entro il 2015 e hanno espresso la loro preferenza per un approccio più graduale.
Se la proposta di introdurre un sistema di concessioni di pesca trasferibili è stata generalmente considerata una buona base per ulteriori discussioni, molti Stati membri hanno insistito sul fatto che questo sistema dovrebbe essere gestito a livello nazionale, con adeguate salvaguardie e flessibilità.
Per quanto riguarda il divieto di rigetto, la maggior parte degli Stati membri è d'accordo sull'obiettivo di promuovere la pesca sostenibile, ma alcuni hanno osservato che il termine proposto nel pacchetto potrebbe essere troppo ravvicinato per consentire l'attuazione di misure efficaci. Il concetto di regionalizzazione è stato in generale accolto positivamente, sebbene dovrà essere ulteriormente approfondito.
Un'ampia maggioranza di delegazioni ha riconosciuto l'importanza attribuita in questo pacchetto all'acquacoltura, conformemente alla dichiarazione sul ruolo futuro dell'acquacoltura d'acqua dolce e della pesca nelle acque interne nella riforma della PCP.
Vari Stati membri hanno rilevato inoltre che alla politica esterna della pesca dell'UE era stato attribuito un posto specifico nelle proposte. Molte delegazioni hanno sottolineato la necessità di prevedere un trattamento speciale per i segmenti della flotta della piccola pesca costiera.
Il Consiglio del 14 - 15 novembre 2011 ha discusso sulla comunicazione relativa alla dimensione esterna della politica comune della pesca (PCP).
La maggioranza delle delegazioni ha preso atto dell'importanza della dimensione esterna della PCP per contribuire all'approvvigionamento dei prodotti della pesca ed assicurare che la politica di sostenibilità dell'UE sia perseguita a livello sia interno che esterno. Inoltre le delegazioni hanno sottolineato anche il ruolo chiave che dovrebbero svolgere le organizzazioni regionali di gestione della pesca (ORGP) e gli accordi bilaterali, in particolare nella lotta alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata.
È stata sottolineata l'importanza della trasparenza dei livelli di sfruttamento nelle acque soggette alla giurisdizione degli Stati costieri; quanto all'introduzione di un diritto di accesso per gli armatori all'alto mare, gli Stati membri hanno espresso qualche riserva in quanto, se fosse una misura unilaterale, potrebbe ridurre la competitività delle flotte dell'UE e quindi la presenza dell'UE nelle acque internazionali.
La maggioranza delle delegazioni ha considerato la garanzia di condizioni di parità rispetto ai paesi terzi come una dimensione essenziale della futura PCP. Alcuni Stati membri hanno insistito sull'introduzione di misure commerciali in quanto strumento di difesa della PCP.
La Francia ha sottolineato l’esigenza che la riforma includa gli aspetti esterni della PCP e abbia un’attenzione per le regioni ultraperiferiche; la Slovacchia ha espresso sostegno al tema dell’acquacoltura, i Paesi Bassi alle comunità costiere, il Portogallo alla politica marittima integrata, la Spagna alla costituzione di una riserva per le emergenze.
L’Italia ha sottolineato l’esigenza di continuare a prevedere misure per lo smantellamento delle flotte.
In occasione del Consiglio del 15 dicembre 2011 si è svolto uno scambio di opinioni sulla proposta di regolamento relativo al Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.
Alcuni punti critici:
· il regolamento stabilisce un collegamento più forte con la sostenibilità ambientale, e la sovraccapacità viene individuata come il problema principale della PCP ed uno dei fattori chiave della pesca eccessiva. Tuttavia, l'eliminazione della capacità in eccesso attraverso aiuti pubblici e programmi di rottamazione non è più prevista. Il FEAMP sosterrà invece i sistemi di "concessioni di pesca trasferibili" (CPT o TFC nell'acronimo inglese), la cui efficacia di riduzione della sovraccapacità è incerta;
· i finanziamenti previsti per la pesca dovranno anche favorire il passaggio alla gestione basata sul Rendimento massimo sostenibile (MSY), e sulla proibizione dei rigetti, attraverso misure comprendenti una maggiore selettività degli attrezzi e delle tecniche di pesca. Tali misure non appaiono essere particolarmente adatte ad una pesca a carattere altamente misto o multispecifico, come quella Mediterranea;
· la "dimensione sociale" viene presa in considerazione soprattutto per facilitare l'acquisizione, da parte degli operatori locali, delle competenze necessarie ad avviare nuove attività in settori marittimi diversi dalla pesca (incluso il turismo) nonché per la formazione delle donne. Misure che, a prima vista, mirano ad una uscita dal settore di parte degli operatori, ma non sembrano fondate su una solida analisi economica.
Il Consiglio agricoltura del 19 - 20 marzo 2012 ha approvato conclusioni sulla comunicazione relativa alla dimensione esterna della politica comune della pesca soffermandosi in particolare sulle organizzazioni regionali di gestione della pesca.
Il Consiglio ha trattato inoltre le proposte sull’organizzazione comune dei mercati (concentrandosi soprattutto sul ruolo fondamentale delle organizzazioni dei produttori) e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (con riferimento all’importanza dell’acquacoltura e del rinnovo della flotta) e sulla riforma della politica comune della pesca soffermandosi soprattutto sulla questione dei rigetti in mare.
In particolare, tutti gli Stati membri hanno concordato sulla necessità di vietare tale pratica che rappresenta uno spreco evitabile. Un'ampia maggioranza preferirebbe un divieto che tenga conto delle specificità delle attività di pesca anziché un approccio basato sulle specie. Vari Stati membri opterebbero per un’attuazione graduale del divieto di rigetto, ma tutti si sono detti d’accordo sulla necessità di stabilire una scadenza precisa.
Altre osservazioni sono state le seguenti:
· le flotte di modesta entità, che sbarcano quantità esigue di pesce, potrebbero essere esonerate dal divieto;
· l'obbligo di sbarcare tutte le catture (che sarebbero imputate ai contingenti degli Stati membri) come misura per porre fine ai rigetti non dovrebbe applicarsi alle specie con un buon tasso di sopravvivenza;
· occorrerebbe disporre di dati scientifici più consistenti e solidi per stabilire le esenzioni in base ai tassi di sopravvivenza dei pesci nonché per la fissazione di taglie di riferimento minime per la conservazione (intesa a garantire che i pesci particolarmente giovani non siano pescati e sbarcati);
· sarebbe opportuno incoraggiare la cooperazione tra pescatori e scienziati;
· il miglioramento della selettività degli attrezzi da pesca è indicato come uno dei modi migliori per contrastare i rigetti e ridurre le catture accidentali e ci si potrebbe avvalere a tal fine del Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca.
Il 22-23 novembre 2011, presso la Commissione pesca del Parlamento europeo si sono discussi alcuni temi del pacchetto di riforma della politica comune della pesca (comunicazione sulla riforma della politica comune della pesca COM(2011)417 e relazione (COM(2011)418) sulla conservazione e lo sfruttamento sostenibile delle risorse della pesca nell'ambito della PCP).
Il 15 dicembre 2011 presso la Commissione pesca del Parlamento europeo il Commissario M. Damanaki ha illustrato la proposta e, alla presenza di Consiglio e Commissione, si è svolto un dibattito. La conclusione dell’esame presso la medesima Commissione pesca è prevista per il 28 novembre 2012.
La Commissione Pesca il 24 e il 25 gennaio ha discusso, nell’ambito del pacchetto sulla riforma della pesca, le proposte sull’organizzazione comune dei mercati dei prodotti della pesca e sulla dimensione esterna della PCP.
In merito alla prima si è anche svolta un’audizione di esperti del settore, nel corso della quale sono emersi i seguenti elementi di riflessione:
· il ruolo delle Organizzazioni di produttori è fondamentale nell’ottica di migliorare la situazione di mercato dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura per tutti gli operatori del settore e i consumatori;
· l’ OCM deve essere integrata pienamente nella PCP nonché coerente con tutta la normativa orizzontale, al fine di evitare inutili duplicazioni di costi amministrativi, tenendo presente sempre che la sostenibilità biologica ambientale può essere raggiunta se c’è una fattibilità economica; la qualità, la tracciabilità sono importanti, ma i prezzi restano un elemento determinante nella scelta dei prodotti da parte dei consumatori e spesso nella filiera il profitto è distribuito in modo non omogeneo: rispetto alla produzione, la trasformazione registra una differenza ancora troppo marcata, che naturalmente varia anche a seconda delle dimensioni delle imprese della pesca e della trasformazione influenzando i prezzi al dettaglio. Da più parti si sottolinea l’esigenza di una più equa ripartizione del valore aggiunto anche al fine di garantire un reddito equo ai pescatori;
· relativamente al divieto di rigetti, si pongono problemi di costi per la valutazione del pescato da sbarcare, le modalità di conservazione (container appropriati sulle imbarcazioni), il rispetto delle norme per la conservazione e la trasformazione; le proposte della Commissione europea non prevedono la gradualità necessaria per tutti i suddetti adattamenti. Si cita spesso il caso della Norvegia come esempio positivo, ma occorre tenere presente che tale paese ha iniziato a porsi il problema da più di 20 anni ed ha sviluppato il settore dell’acquacoltura che utilizza gli scarti;
· le TAC (totali ammissibili di catture) non possono essere uniche per tutte le specie, piuttosto occorre cambiare il sistema di gestione attraverso la valorizzazione delle OP, le quali devono acquisire le competenze necessarie e devono diventare massa critica. Dal punto di vista burocratico, l’evoluzione delle OP non deve comportare maggiori oneri specie a livello locale, pertanto le proposte della Commissione appaiono forse poco concrete, anche se naturalmente non è possibile stabilire norme valide per tutti i tipi di pesca considerato che i regimi sono diversi fra gli Stati membri così come le dimensioni delle OP e i tipi di pesca. Quindi, le norme non devono avere un carattere eccessivamente restrittivo. Le OP devono essere in grado di attirare sempre più pescatori e valorizzare i piano operativi attraverso l’equiparazione e la costituzione di consorzi. In sostanza, le OP devono assumere un ruolo attivo anche nella promozione e nella valorizzazione dei prodotti della pesca, con indicazioni precise sulle etichette, anche dal punto di vista nutrizionale (in tale campo si stanno sviluppando sistemi tecnologici avanzati – tecnologie molecolari- per la tracciabilità);
· relativamente agli atti delegati, occorre chiarire che le consultazioni con gli stakeholder devono essere tempestive ed efficaci e che in tale tipologia di atti non possono rientrare decisioni di tipo politico.
Nella riunione del 26 gennaio, si è svolto uno scambio di opinioni sulla proposta di regolamento relativo alla politica comune della pesca (COM(2011)425) nel corso del quale i deputati hanno sottolineato la criticità di taluni aspetti, tra i quali:
· la necessità di disporre di dati completi sulle sovraccapacità, una mappa che consenta di conoscere le situazioni dei singoli Stati membri;
· l’opportunità di valutare attentamente il sistema dei diritti di pesca trasferibili, soprattutto per la pesca artigianale costiera; da più parti si paventa il rischio che tale sistema possa tradursi in una concentrazione nelle mani delle imprese più forti e di investitori che non appartengono al mondo della pesca, nonostante la presenza di clausole di salvaguardia. Esse, infatti, dovrebbero tenere conto delle specificità e comunque hanno effetto limitato in ragione del mercato unico;
· in molti settori, l’approccio di mercato - il sistema delle quote – non ha garantito i risultati sperati, non ha portato ad una riduzione della produzione, ma all’esclusione di taluni operatori, escludendo peraltro le istituzioni dalla programmazione e dal controllo dei sistemi produttivi. Sarebbe opportuno adottare, invece, un nuovo approccio basato sulla capacità del mare più che della pesca, tenendo conto delle evidenti e numerose differenze e peculiarità delle attività nei paesi dell’UE;
· i mancati aiuti per lo smantellamento delle flotte.
Ad avviso della Commissione europea, vi sono alcuni aspetti tecnici dei quali si può discutere e sui quali la Commissione è disponibile ad andare incontro alle istanze che verranno rappresentate, ma la riforma partendo dall’esistente e dalla constatazione che molti aspetti necessitano di un cambiamento perché non hanno funzionato, mira a responsabilizzare gli Stati membri, sia nella comunicazione dei dati relativi alle singole realtà, al fine di elaborarli in un’ottica europeista, sia nella ripartizione delle concessioni. Ad avviso della Commissione nell’Unione europea vi sono molti esempi di concentrazione che non suscitano perplessità, così come di norma i limiti di capacità sono rispettatati ed anzi mediamente al di sotto del 10%.
Quanto allo smantellamento dei pescherecci, la Commissione giudica superato ed inefficace il sistema degli aiuti, mentre sottolinea che una vera politica strutturale deve incentivare coloro che si sono attivati o si attiveranno per una pesca realmente sostenibile.
Il 27 febbraio 2012 la Commissione pesca ha proseguito la discussione sulla proposta relativa alla politica comune della pesca (COM(2011)425).
Il 29 febbraio è stato avviato l’esame della proposta di regolamento sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (COM(2011)804) ed è proseguito l’esame della proposta sulla dimensione esterna della pesca.
Al riguardo, la relazione di Lovin sottolinea il fatto che la diminuzione degli stock ittici porterà molti soggetti del settore a operare al di fuori degli accordi di pesca dell'Unione, compromettendo lo sfruttamento sostenibile degli stock ittici mondiali. Pertanto occorrerebbe sviluppare nuovi meccanismi di controllo, avviare negoziati volti a garantire che i prodotti della pesca scambiati a livello internazionale provengano da attività di pesca sostenibili.
Nel corso delle riunioni della Commissione pesca del PE del 20 e 21 marzo 2012 è proseguito l’esame delle proposte sulla dimensione esterna della pesca, sull’organizzazione comune dei mercati e sulla riforma della politica della pesca.
Le prossime riunioni sono fissate per il 23 e 24 aprile prossimi.
Il 28 febbraio si è svolta la riunione interparlamentare con i parlamenti nazionali sulla riforma della PCP.
L'incontro interparlamentare - presieduto dal Presidente della Commissione pesca del Parlamento europeo, Mato Adrover (europarlamentare spagnolo del gruppo PPE) ha registrato un'ampia partecipazione di Parlamenti nazionali (45 parlamentari nazionali provenienti da 26 camere di 21 Paesi); la delegazione del Parlamento italiano era composta dal Presidente della Commissione Agricoltura della Camera dei deputati Paolo Russo e dalla senatrice Maria Giuseppa Castiglione, relatrice sulla riforma presso la 9° Commissione del Senato.
Nella sessione introduttiva, è intervenuta la Commissaria per la pesca e gli affari marittimi Maria Damanaki, che ha sottolineato l'importanza del dialogo con i Parlamenti nazionali ed evidenziato che, sulla base dei contributi pervenuti e delle visite che ha già effettuato in diversi Parlamenti nazionali, sussiste un consenso generalizzato rispetto ad un'impostazione della politica della pesca più sostenibile. Si è quindi soffermata su alcuni punti del pacchetto particolarmente controversi, evidenziando la necessità di mantenere un'impostazione vincolante e le scadenze temporali ivi previste.
In particolare, ha evidenziato la congruità della data del 2015 rispetto al raggiungimento del livello di rendimento massimo sostenibile per gli stock ittici sulla base di tre considerazioni: l'evoluzione positiva che si è già registrata rispetto a taluni stock ittici; gli effetti positivi anche in termini economici e occupazionali che deriverebbero dall'attenuazione della pressione di pesca e dalla ricostituzione degli stock ittici; le scadenze temporali previste nella Convenzione delle Nazioni Unite sulla pesca e in altri atti di natura internazionale. La Commissaria si è quindi soffermata sul divieto dei rigetti in mare, condividendo la necessità di una prospettiva graduale, ma sottolineando, anche in questo caso, l'esigenza di un'impostazione vincolante; in proposito, ha sottolineato il ruolo dei pescatori, che dovrebbero ricorrere a tecniche più selettive, e il sostegno che a tal fine può provenire dal Fondo marittimo (anche attraverso la fornitura di attrezzature di pesca più selettiva). Sul sistema di concessioni di pesca trasferibili, da un lato, ha ribadito che, in considerazione del riconoscimento della titolarità pubblica degli stock ittici, le concessioni non possono che essere per un tempo limitato e, dall'altro, ha evidenziato che il pacchetto contempla garanzie per evitare la concentrazione delle concessioni. Sulla regionalizzazione, si è dichiarata aperta al contributo dei Parlamenti nazionali, ricordando di avere ricevuto solamente quello della House of commons britannica.
L'intervento introduttivo della seconda sessione è stato affidato alla relatrice al Parlamento europeo sulla politica comune della pesca, On. Ulrike Rodust (PSE - Germania), che, preliminarmente, si è soffermata sui tempi dell'esame parlamentare (all'inizio di maggio sarà presentata una bozza di relazione, il pacchetto sarà votato a luglio) e ha richiamato il suo documento di lavoro nel quale vengono prospettate proposte concrete sugli aspetti più problematici della riforma. In particolare, sul rendimento massimo ha confermato la congruità della data del 2015 e ha posto la questione del miglioramento della qualità dei dati. Sul divieto di rigetti, la relatrice ha prospettato la possibilità di deroghe laddove tale divieto risulti controproducente in ragione degli alti tassi di sopravvivenza delle catture accessorie. Sul sistema delle concessioni, da un lato ha evidenziato i vantaggi che possono derivare da un sistema di quote individuali, dall'altro ha sostenuto che la trasferibilità debba essere limitata al caso di sovracapacità (in assenza di misure dello Stato membro per ridurla) e, in ogni caso, limitata all'interno degli Stati membri. Con riferimento alla nozione di pesca costiera e artigianale, la relatrice - sia pure ribadendo la necessità di una definizione comune per tutti gli Stati membri - ha osservato come essa non possa essere definita attraverso il riferimento alla lunghezza dell'imbarcazione o alla sua potenza, ma all'effettiva capacità di cattura dei pesci (nel documento di lavoro, fa riferimento ad altri criteri, quali le dimensioni dell'azienda o il fatturato).
Nel corso del dibattito sono stati affrontati i seguenti temi:
- la dimensione sociale della riforma - Molti Parlamenti nazionali (oltre al Parlamento italiano, il Congresso dei deputati spagnolo e l'Assemblea nazionale francese) hanno espresso critiche sul fatto che la riforma non prende in considerazione l'impatto sociale delle misure proposte e hanno evidenziato la necessità di coniugare la sostenibilità economica con la sostenibilità sociale (in particolare, la Camera dei deputati italiana e il Presidente Mato Adrover, nel suo intervento conclusivo); il Parlamentare svedese ha invece evidenziato la priorità della dimensione ambientale. In replica, la relatrice Rodust ha anticipato come nel Fondo sociale saranno messi a disposizione fondi per gestire l'impatto sociale delle misure;
- rendimento massimo sostenibile - È stata evidenziata, in particolare dai parlamentari spagnoli e dal parlamentare lettone, la necessità di posticipare la data del 2015 ed è stata espressa una più generale preoccupazione sui tempi della riforma (Lituania). L'on. Milana (Vicepresidente della Commissione PECH, S&D) ha criticato l'approccio della riforma basato sul rendimento massimo sostenibile, evidenziando invece la mancanza di una prospettiva ecosistemica che consenta al mare di produrre di più;
- sul divieto di rigetti, alcuni Parlamenti hanno sottolineato come tale previsione sia condivisibile al fine di rendere il settore più responsabile (Bulgaria) e hanno evidenziato l'opportunità che il divieto si applichi globalmente per ogni tipo di pesca e che non sia differenziato in funzione della specie (Bundestag); altri hanno sottolineato concreti problemi nella sua applicazione (Finlandia, rispetto all'attuazione del divieto nel Mar Baltico e Italia, in considerazione delle particolari condizioni ittiche e climatiche del Mediterraneo), la necessaria gradualità nell'introduzione della misura (Spagna) e le ricadute negative per le piccole e medie imprese (Camera dei deputati italiana, Senato polacco). In sede di replica, la Commissaria ha evidenziato la necessità di trovare una soluzione per introdurre il divieto di rigetto per la multipesca praticabile in particolare per il Mediterraneo, ribadendo in ogni caso l'importanza di porre fine al mercato del novellame (su tale ultimo punto, ha richiamato un suo recente positivo confronto con il Ministro italiano). Anche la relatrice Rodust ha ribadito la necessità di adeguati controlli e sanzioni nei confronti di chi pesca pesci sottomisura;
- sul tema delle concessioni di pesca trasferibili, a parte la valutazione positiva del rappresentante del Bundesrat,sono state evidenziate perplessità di ordine generale (Parlamento belga) e alcune criticità specifiche: la necessità di lasciare agli Stati membri la competenza sulla materia (Finlandia e Irlanda) il rischio che le concessioni trasferibili si concentrino in poche aziende o che diventino preda delle banche e della speculazione finanziaria (Camera dei deputati italiana e Assemblea nazionale francese); l'on. Milana ha stigmatizzato la mancanza di risposte della Commissione sugli effetti in termini di riduzione di sforzo di pesca che deriverebbero dal sistema delle concessioni di pesca trasferibili. In replica, la Commissaria ha evidenziato che il nodo da sciogliere è rappresentato dalla discrezionalità degli Stati membri nell'applicazione del sistema; la relatrice Rodust ha ribadito la necessità di studiare soluzioni per l'applicabilità del sistema delle concessioni nel Mar Nero e nel Mar Mediterraneo;
- sulla regionalizzazione, nel corso del dibattito, è stato più volte richiamato il contributo britannico diretto ad un più forte decentramento. La Camera dei deputati italiana, in generale, ha evidenziato che - pur senza prescindere dal quadro europeo di riferimento - gli stock ittici debbano essere governati a livello regionale, tenendo conto delle specificità di ciascuna regione (in proposito, ha richiamato le peculiarità della pesca nel Mediterraneo e le caratteristiche della pesca multispecie). L'opportunità di trovare soluzioni differenti per i vari Stati membri è stata evidenziata dal Bundesrat; la Finlandia ha sottolineato la necessità di lasciare margini di manovra agli Stati membri. Sul punto, la Commissaria Damanaki ha confermato la volontà della Commissione di utilizzare le possibilità offerte dal Trattato di Lisbona per valorizzare le competenze degli Stati membri e si è soffermata, in particolare, sul ruolo del livello regionale nell'adozione delle misure tecniche e sull'attribuzione di maggiori poteri agli organi di consulenza regionale;
- sulla previsione di un trattamento speciale per le piccole imbarcazioni, è stata evidenziata la necessità di individuare criteri diversi per definire la pesca costiera e artigianale (Senato italiano e Bundesrat) e sono state espresse preoccupazioni per gli effetti della riforma sulla piccola pesca (parlamentari inglesi). La Commissaria ha evidenziato la sua contrarietà rispetto a modifiche all'attuale definizione di piccola imbarcazione, legata alla lunghezza dell'imbarcazione (12 metri) e al tipo di attrezzi utilizzati (ritenendola chiara e semplice da controllare) e ha aggiunto che non tutti gli Stati membri sono favorevoli ad un trattamento speciale per le piccole imbarcazioni;
- sull'abolizione degli aiuti pubblici per l'arresto definitivo o temporaneo delle attività di pesca, il Senato italiano ha espresso critiche sulla proposta della Commissione, sottolineando anche come sia indispensabile continuare a finanziare con fondi europei il c.d. fermo biologico;
- sulla riduzione degli oneri amministrativi (Bulgaria e Belgio), la Commissaria ha dichiarato la sua apertura rispetto a specifiche proposte di ulteriore semplificazione;
- sul tema dei Fondi, la Commissaria ha insistito sull'importanza di investire su attrezzature più selettive, sulle misure di sicurezza e sulla formazione dei pescatori, piuttosto che dirette a sostenere la sovraccapacità.
L’introduzione è stata svolta da Struan Stevenson (europarlamentare inglese del Gruppo dei Conservatori e Riformisti europei, relatore in Commissione PECH sull'organizzazione del mercato comune). Stevenson ha sottolineato la necessità di rendere più efficace il contributo delle organizzazioni dei produttori e nella realizzazione degli obiettivi di pesca sostenibile; si è in particolare soffermato sull'importanza di internazionalizzazione delle organizzazioni di produttori e della creazione dei associazioni transfrontaliere al fine di accrescere la competitività delle aziende europee e la creazione di nuovi mercati anche al di fuori dell'UE. Ha quindi evidenziato la funzione delle organizzazioni di produttori nel sistema di gestione delle concessioni trasferibili (che dovrebbe essere volontario e strutturato in modo tale da dare sufficiente flessibilità agli Stati membri), nonché nell'attuazione del divieto di rigetti (in relazione al ruolo che le organizzazioni potrebbero svolgere nella politica di mercato). Il relatore Stevenson si è soffermato quindi sul tema dell'etichettatura, sottolineando il ruolo dell'UE nella definizione di regole minime per le etichette ecologiche; nelle etichette sarebbe opportuno indicare la data di sbarco (la data di cattura del prodotto dovrebbe essere volontaria), oltre che informazioni sulla qualità del prodotto, e dovrebbe essere garantita la sua piena tracciabilità. Infine, ha evidenziato la necessità di migliorare l'acquacoltura di molluschi, a fronte di una crescente domanda sul mercato comune e di stock ittici in diminuzione; in proposito, si è soffermato sul ruolo che può essere svolto dalle organizzazioni di produttori e ha espresso il suo appoggio per la proposta di istituire un Comitato consultivo sull'acquacoltura.
Nel corso del dibattito sono stati sollevati i seguenti punti:
- il ruolo della nuova organizzazione del mercato nella garanzia di una concorrenza leale da parte dei Paesi terzi (Spagna e Grecia); sul punto, il relatore ha evidenziato la necessità di monitorare con attenzione gli accordi di libero scambio conclusi dall'UE;
- le informazioni da indicare nelle etichette: il Bundestag ritiene che debba indicarsi la data di cattura, ai fini della tracciabilità del prodotto, l'eventuale congelamento del prodotto e il suo nome scientifico; il Parlamento greco evidenzia la necessità di indicare il riferimento ai paesi d'origine rispetto ai prodotti di importazione; il parlamentare lituano ha evidenziato gli oneri burocratici che deriverebbero dall'inserimento di informazioni troppo dettagliate. In sede di replica, il relatore Stevenson ha evidenziato la difficoltà dei negoziati all'interno della procedura di trilogo: rispetto al tema dell'indicazione del Paese d'origine, è stata chiesta una valutazione di impatto alla Commissione; sulle etichette verdi dell'UE, si è posto il problema di garantire condizioni eque tra produttori e importatori (i primi devono rispettare regole più severe rispetto ai secondi); rispetto all'indicazione dalla Commissione di inserire la data di cattura anziché di sbarco, ha evidenziato come tale dato possa costituire un'indicazione distorsiva per i consumatori.
Il relatore presso la commissione PECH del PE Alain Cadec (europarlamentare francese del Gruppo del PPE) ha preliminarmente ricordato la tempistica dell'esame parlamentare (la Commissione voterà a novembre; la plenaria a gennaio). Si è soffermato quindi sulle risorse del Fondo e sulle sue finalità, da un lato, di conservazione delle risorse, dall'altro di sostegno della pesca, anche attraverso incentivi a favore dei giovani e della creazione di piccole aziende ittiche (piuttosto che attraverso iniziative miranti alla riconversione). Il relatore ha quindi criticato la mancanza di meccanismi di sostegno a favore di chi fronteggia crisi temporanee, nonché per il rinnovo della flotta e ha evidenziato la necessità di misure di investimento nei porti. Con riferimento a più generali aspetti della riforma, il relatore ha sottolineato l'opportunità di un approccio più graduale rispetto all'attuazione del divieto di rigetti, con opportune norme di accompagnamento, e si è soffermato sull'importanza del riferimento alla regionalizzazione e la necessità di sopprimere il concetto di concessione trasferibile.
Nel dibattito, si è evidenziata la necessità di sostenere finanziariamente misure di efficienza energetica e attività di trasformazione (Lettonia), più in generale misure di sostenibilità ambientale, anche attraverso l'allargamento del Fondo (Svezia), misure di sicurezza e di sostegno a favore di comunità che hanno risentito del declino della pesca (Irlanda), nonché interventi a favore dei pescatori giovani su piccola scala e per i porti (Finlandia). Il Senato francese ha espresso preoccupazioni rispetto alle più ampie finalità del Fondo europeo affari marittimi e della pesca rispetto al Fondo europeo per la pesca. Sul punto, il relatore, in replica, ha evidenziato la necessità che risorse effettive siano destinate alla pesca e, circa la necessità di riforma del Fondo, ha richiamato un precedente rapporto della Corte dei conti europea.
Normativa nazionale (a cura del servizio Studi)
L’attività di pesca, seppur regolata prevalentemente a livello europeo, conserva una sua autonoma disciplina a livello nazionale negli aspetti legati prevalentemente alla definizione giuridica dell’attività, agli strumenti nazionali di intervento e al sistema sanzionatorio.
Quanto alla definizione giuridica dell’attività di pesca, la normativa nazionale prevede la definizione di:
§ pesca professionale e per attività ad essa connesse (art. 2 del dlgs n.4 del 2012).
La relativa definizione è stata ripresa letteralmente dall’art. 4 del reg. 1224/2009 secondo il quale sono da considerarsi attività di pesca le attività connessa alla ricerca del pesce, alla cala, alla posa, al traino e al recupero di un attrezzo da pesca, al trasferimento a bordo delle catture, al trasbordo, alla conservazione a bordo, alla trasformazione a bordo, al trasferimento, alla messa in gabbia, all'ingrasso e allo sbarco di pesci e prodotti della pesca. Con il dlgl n.4/2012 che ha rivisto la normativa in materia, le attività di prima lavorazione dei prodotti del mare e la conservazione a bordo non sono state più considerate attività connesse essendo ricomprese nella definizione di pesca professionale. Le attività connesse alla pesca professionale sono consideratelapesca turismo, l’ittiturismo, la trasformazione e commercializzazione dei prodotti di pesca, e, innovando, rispetto alla disciplina contenuta nell’art. 3 del dlgs 226/2001, l’attività relativa all’attuazione di interventi di gestione attiva, finalizzati alla valorizzazione produttiva, all’uso sostenibile degli ecosistemi acquatici ed alla tutela dell’ambiente costiero.
§ pesca non professionale (art. 6 del dlgs n.4/2012) diretta a fini ricreativi, turistici, sportivi o scientifici, mutuata dall’art. 4 del reg, (CE) 1224/2009 (punto 28) che definisce come pesca ricreativa le ”attività di pesca non commerciale che sfruttano le risorse acquatiche marine vive per fini ricreativi, turistici o sportivi”.
§ acquacoltura e di attività connessa (art.3 del dlgs n.4/2012)
Rispetto alla definizione originariamente contenuta nell’art. 1 della legge n. 102 del 1992, è stato specificato che per acquacoltura si intende un’attività economica svolta professionalmente diretta all’allevamento o alla cultura di organismi acquatici attraverso la cura e lo sviluppo di un ciclo biologico svolta in acque dolci, salmastre o marine. Per quanto riguarda le attività connesse, la manipolazione e conservazione è mantenuta tra le attività connesse mentre è stata aggiunta la fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività di acquacoltura esercitata. Similmente alle attività connesse alla pesca viene per la prima volta prevista l’attuazione di interventi di gestione attiva finalizzati alla valorizzazione produttiva e all’uso sostenibile degli ecosistemi acquatici.
§ imprenditore ittico (art. 4 del dlgs n.4/2012) e cioè colui che è titolare di licenza di pesca e che esercita professionalmente l’attività di pesca professionale. Viene, poi, equiparato all’imprenditore ittico l’acquacoltore; ad entrambi sono considerate applicabili le disposizioni previste per l’imprenditore agricolo;
§ giovane imprenditore ittico (art. 5 del dlgs n.4/2012) e cioè di colui che ha un’età non superiore a 40 anni e che esercita la professione in forma individuale o societaria. Il medesimo articolo ha inserito la pesca tra gli ambiti di intervento dell’Osservatorio per l’imprenditorialità giovanile in agricoltura, prevedendo che le associazioni rappresentative del settore siano tra i soggetti chiamati a far parte dello stesso Osservatorio. Con il medesimo provvedimento è stata poi prevista una riserva del 20 per cento delle risorse del Fondo per lo sviluppo dell’imprenditoria giovanile in agricoltura a favore del ricambio generazionale e allo sviluppo delle imprese giovanili nel settore della pesca.
Quanto agli strumenti di intervento nazionale, la normativa nazionale prevede:
§ l’istituzione dei distretti di pesca (art. 4 del dlgs n.226/2001) intese come aree marine omogenee dal punto di vista ambientale, sociale ed economico; la definizione degli stessi è rinviata ad un decreto del Ministro delle politiche agricole;
L’articolo 5-bis del DL n. 2/2006 ha comunque esteso al settore della pesca la disciplina in materia di distretti produttivi introdotta dai commi 366-372, della legge finanziaria per il 2006 (legge n.266/2005, articolo unico).
§ la stipula con le associazioni di categoria di apposite convenzioni (art. 5 del dlgs n.226/2001)per lo svolgimento di attività quali la promozione delle vocazioni produttive degli ecosistemi acquatici attraverso l’applicazione di tecnologie ecosostenibili, la tutela e valorizzazione delle tradizioni alimentari locali, anche attraverso la istituzione di consorzi volontari per la tutela del pesce di qualità, la messa a punto di sistemi di controllo e di tracciabilità delle filiere agroalimentari ittiche, la semplificazione degli adempimenti burocratici;
§ l’adozione di atti di indirizzo e coordinamento per favorire l’insediamento e la permanenza dei giovani nel settore, contenendo il costo del lavoro ed incentivando la formazione professionale (art. 6 del dlgs n. 226/2001).
Quanto agli strumenti di programmazione nazionale, è prevista:
§ l’adozione del Programma nazionale triennale della pesca e dell’acquacoltura, adottatodal Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, sentita la Commissione consultiva centrale per la pesca e contenente esclusivamente gli interventi di competenza nazionale volti alla tutela dell’ecosistema marino e della concorrenza e competitività delle imprese di pesca nazionali. Il Programma 2007-2009 è stato da ultimo prorogato al 31 dicembre 2012 dall’art. 9 del decreto-legge n.216/2011, attualmente all’esame della Camera in seconda lettura, che ha attribuito per l’esecuzione delle misure ivi previste ulteriori 6 milioni di euro per il 2012 rispetto ai 6 milioni già disposti per le medesime finalità dalla legge di stabilità 2012;
§ l’istituzione della Commissione consultiva centrale per pesca e l’acquacoltura (art. 3 del dlgs n.154/2004), chiamata ad esprimere pareri sui decreti del Ministro delle politiche agricole in materia di pesca e l’attribuzione allo stesso Ministro del compito di definire gli indirizzi di ricerca nel settore (art.9), i cui risultati sono esaminati dal Comitato per la ricerca applicata;
§ la predisposizione di programmi di produzione dei dati statistici da parte del Ministero delle politiche agricole, previa presentazione delle dichiarazioni concernenti le catture e gli sbarchi da parte degli imprenditori ittici (art. 11 del dlgs n.154/2004);
§ l’istituzione del Fondo centrale per il credito peschereccio le cui risorse possono essere utilizzate dalle regioni per promuovere misure di sostegno creditizio ed assicurativo,(art. 14 del dlgs n.154/2004);
§ l’istituzione del Fondo di solidarietà nazionale della pesca e dell’acquacoltura (art. 14 del dlgs n.154/2004)per far fronte ai danni alla produzione e alle strutture produttive derivanti da calamità naturali, avversità meteorologiche e meteo marine di carattere eccezionale.
Quanto al sistema di controllo è previsto che:
§ chi intende esercitare la pesca marittima professionale deve iscriversi al registro dei pescatori marittimi istituito presso le Capitanerie di porto (art. 2 del dlgs n.153/2004);
§ gli imprenditori ittici che esercitano la pesca marittima devono iscriversi nel registro delle imprese di pesca (art. 3 del dlgs n.153/2004);
§ le navi ed i galleggianti abilitati alla navigazione per l’esercizio della pesca professionale devono essere muniti di licenza di pesca (art. 4 del dlgs n.153/2004);
§ il personale di bordo può essere composto anche da cittadini extracomunitari, tranne che per la qualifica di comandante (art. 5 del dlgs n.153/2004).
Quanto al sistema sanzionatorio, lo stesso è stato profondamente innovato dal decreto legislativo n.4 del 2012 che, nel Titolo II, ha distinto tra comportamenti che causano l’elevazione di contravvenzioni (artt. 7-9), e quelli che configurano degli illeciti amministrativi (artt. 10-13), stabilendo altresì per entrambi le pene principali, quelle accessorie, e quali siano “infrazioni gravi”, sanzionate con il sistema a punti introdotto. Per le contravvenzioni, che rientrano nella categoria dei reati, le pene sono sia di carattere detentivo (arresto) che pecuniario (ammenda); per gli illeciti amministrativi, la sanzione è esclusivamente pecuniaria.
Le contravvenzioni definite dall’art. 7 riguardano:
§ la pesca di esemplari inferiori alla taglia minima consentita o di specie di cui sia vietata la cattura;
§ l’uso di materie esplodenti, dell'energia elettrica o di sostanze tossiche;
§ la pesca in acque sotto la sovranità di altri Stati, o sotto la competenza di un’Organizzazione regionale e senza possedere la bandiera di uno degli Stati membri;
§ la sottrazione dell’oggetto della pesca d’altri anche solo violando le distanze di rispetto stabilite, o esercitandola nelle acque riservate agli stabilimenti di pesca.
Per le catture accessorie di esemplari sotto-taglia vale l’obbligo di rigetto in mare, e non si applica alcune sanzione se la cattura è realizzata con l’uso degli attrezzi consentiti.
I divieti riguardano tutti i comportamenti correlati alla pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN), ovvero: la detenzione, lo sbarco, il trasbordo, il trasporto, la commercializzazione.
Il sistema di punti per infrazioni gravi, conformemente a quanto previsto dalla normativa europea, dà luogo all’assegnazione di numero di punti alla licenza di pesca secondo lo schema individuato nell’Allegato I. Viene quindi prevista la sospensione e la revoca definitiva della licenza, connesse all’accumulo di punti per la commissione di infrazioni, nonché l’adozione di misure di esecuzione immediata.
Viene istituito il Registro nazionale delle infrazioni presso il Centro controllo nazionale del Comando generale delle Capitanerie di porto presso il Ministero delle infrastrutture.
Relativamente ai poteri di vigilanza e controllo, le funzioni di coordinamento restano in capo al Ministero delle politiche agricole e forestali che si avvale del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto, al quale è affidato il coordinamento dell’attività di vigilanza svolto dai vari organi di polizia. Le regioni possono nominare agenti giurati da adibire al controllo ai quali è riconosciuta la qualifica di agenti di polizia giudiziaria.
Link ai documenti della Commissione europea