Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Politiche per la famiglia in Italia e in Europa
Serie: Documentazione e ricerche    Numero: 377
Data: 21/09/2012
Descrittori:
EUROPA   FAMIGLIA
SPESA PER ASSISTENZA E SICUREZZA SOCIALE     
Organi della Camera: XII-Affari sociali
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione e ricerche

Politiche per la famiglia in Italia e in Europa

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 377

 

 

 

21 settembre 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali

( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it

Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Servizio:

Servizio Biblioteca – Osservatorio della legislazione straniera

( 066760-2278 – * bib_segreteria@camera.it

 

 

Il presente dossier contiene le analisi delle politiche a sostegno della famiglia condotte in Italia, nell’ UE e nei principali paesi europei.

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: AS0438

 


INDICE

Italia

Condizioni delle famiglie  5

§     Andamento demografico  5

§     Le difficoltà delle famiglie  6

§     Risparmio, ricchezza e indebitamento  8

Politiche sociali per la famiglia  10

§     Le competenze istituzionali10

§     Politiche recenti in tema di famiglia  12

§     Fondo politiche per la famiglia  15

§     Fondo nazionale per le politiche sociali17

§     La Carta acquisti18

§     Fondo di credito per i nuovi nati e acquisto latte artificiale  20

§     Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto per la prima casa  21

Politiche per i giovani22

§     Organismi ed istituti a sostegno dei giovani22

Servizi per l’infanzia e asili nido  26

§     Le rette degli asili nido  27

§     Diffusione territoriale dei servizi per l’infanzia  28

La spesa pubblica rivolta agli anziani e ai disabili non autosufficienti31

§     Livelli di governo  31

§     Long Term Care  32

§     Fondo per le non autosufficienze  35

Gli interventi e i servizi sociali dei Comuni37

§     Gestione della spesa  39

§     I finanziamenti della spesa  40

Indicatore situazione economica equivalente (ISEE)42

Agevolazioni fiscali per la famiglia  46

§     Tassazione dei componenti del nucleo familiare - Quadro normativo vigente  46

§     Detrazioni per carichi di famiglia  46

§     Assegno per il nucleo familiare  52

Unione europea

Le politiche dell’Unione europea per la famiglia  57

§     L’Alleanza europea per la famiglia  57

§     Le più recenti iniziative europee  58

Le politiche per la famiglia nei principali paesi europei

Francia, Germania, Regno Unito e Spagna

Dottrina

Elenco Atti Camera e Senato XVI legislatura

 

 


SIWEB

Italia

 


Condizioni delle famiglie

Andamento demografico

Come rilevato dal Rapporto biennale dell’Osservatorio nazionale della famiglia[1], le strutture familiari hanno subito profonde mutazioni, alle quali le politiche dedicate riescono a rispondere con fatica.

Rispetto a resto d’Europa, l’Italia si distingue per una serie di fattori combinati: la bassa natalità, il forte invecchiamento della popolazione, l’età più avanzata a cui si arriva al matrimonio e anche al primo figlio e la permanenza dei figli, già adulti, all’interno della famiglia d’origine.

Al 1° gennaio 2012, la struttura per età della popolazione italiana ci parla di un paese con un elevato livello di invecchiamento: la fascia di età compresa tra 0-14 anni è pari al 14 per cento, quella fra i 15-64 anni al 65,3 per cento, mentre la fascia di età dei 65 anni e oltre risulta pari al 20,6 per cento[2].

I dati del 2009 e del 2010 confermano che è nuovamente in atto una fase di calo delle nascite: circa 15 mila in meno in due anni. La lenta, ma continua, ripresa della natalità, avviatasi a partire dal 1995, anno in cui si è registrato il minimo storico delle nascite (526.064 nati), sembra dunque essersi interrotta. Il calo delle nascite è da attribuirsi alla diminuzione dei nati da genitori entrambi italiani (25 mila in meno in due anni), mentre i nati da almeno un genitore straniero continuano ad aumentare, sebbene con un ritmo più contenuto: in media 5 mila nati in più nel 2009 e nel 2010, un incremento dimezzato rispetto a quello osservato nel 2008. D’altra parte, le donne diventano madri ad età sempre più matura: più del 6 per cento dei nati ha una madre con almeno 40 anni, mentre prosegue la diminuzione dei nati da madri di età inferiore a 25 anni (l'11,1 per cento del totale)[3]. Inoltre il numero medio di figli per donna nel 2011 è pari a 1,42.

L’Istat ha recentemente rilevato[4] che dal 1998 la struttura delle famiglie è cambiata: si è ridotto il numero dei componenti e sono aumentate le persone sole. Si esce dalla famiglia più tardi e si assiste a uno spostamento in avanti di tutte le fasi della vita. Il numero di giovani tra 25 e 34 anni che vive ancora nella famiglia di origine è pari a quasi il 42 per cento.

Le coppie coniugate con figli rappresentano ormai solo il 36,4 per cento delle famiglie (erano il 46,2 per cento nel 1998). La famiglia tradizionale non è più il modello prevalente, nemmeno nel Mezzogiorno: le libere unioni sono quadruplicate e la quota di nati da genitori non coniugati  è più che raddoppiata. D’altra parte, cresce il peso delle nuove forme familiari: single non vedovi, monogenitori non vedovi, famiglie ricostituite coniugate e unioni libere nel complesso passano dal 16,9 per cento del 1998 al 28,0 per cento del 2009. Il dato complessivo riguarda 6 milioni 866 mila famiglie e circa 12 milioni di persone, il 20 per cento della popolazione, quasi il doppio rispetto al 1998. I single non vedovi sono soprattutto uomini (55,3 per cento), mentre i monogenitori sono in gran parte donne (86,1 per cento).

Le difficoltà delle famiglie

Come sottolineato dall’Istat nel Rapporto annuale 2012[5], il reddito disponibile delle famiglie in termini reali è diminuito nel 2011 (-0,6 per cento) per il quarto anno consecutivo, tornando sui livelli di dieci anni fa: in termini pro-capite esso è inferiore del quattro per cento al livello del 1992 e del sette per cento nei confronti del 2007. In quattro anni la perdita in termini reali (a prezzi 2011) è stata pari a 1.300 euro a testa e la propensione al risparmio delle famiglie consumatrici è passata dal 12,6 all’8,8 per cento.

In presenza di una continua riduzione della propensione al risparmio, negli ultimi 15 anni la povertà relativa[6] ha registrato una sostanziale stabilità e la percentuale di famiglie che si trovano al di sotto della soglia minima di spesa per consumi si è mantenuta intorno al 10-11 per cento[7]. Peggiora la condizione economica soprattutto delle famiglie più numerose e con minori. Complessivamente sono 1.876 mila i minori che vivono in famiglie relativamente povere (il 18,2 per cento del  totale) e quasi il 70 per cento dei minori poveri vive nel Mezzogiorno, per un totale di 1.266 mila bambini.

Nel corso degli anni la popolazione anziana è l’unica ad avere mostrato segnali di miglioramento: l’incidenza di povertà tra le famiglie con a capo un anziano, che nel periodo 1997-2000 era del 16-17 per cento, scende fino ad attestarsi al 12,2 per cento nel 2010. Il trend positivo sembra tuttavia limitato agli anziani soli o in coppia e dovuto al progressivo inserimento nella fascia di età anziana di generazioni meno svantaggiate rispetto a quelle nate e cresciute a ridosso dei periodi bellici, con titoli di studio più elevati e una storia contributiva migliore. È invece povero l’11,2 per cento delle famiglie con un solo componente di almeno 65 anni e il 14,8 per cento di quelle con due o più: si tratta in maggioranza di donne, di ultrassettantaquattrenni, con bassi livelli di istruzione, che vivono da soli o in coppia senza figli. Nelle famiglie in cui gli anziani convivono con i figli, i nipoti o altri parenti, lo scenario muta in maniera significativa e mostra evidenti segnali di peggioramento. Nel 2010, vive in condizione di povertà il 17,5 per cento delle coppie anziane con figli (erano il 14,8 per cento nel 1997), il 17,4 per cento degli anziani monogenitori (13,5 per cento nel 1997) e il 22,1 per cento delle famiglie di altra tipologia con almeno un anziano (15,3 per cento nel 1997).

Invariato è rimasto anche il forte divario tra Nord e Sud: nel 2010, l’incidenza della povertà era pari al 4,9 per cento nelle regioni settentrionali, in quelle meridionali al 23 per cento.

La solidarietà intergenerazionale riesce sempre meno ad esercitare efficacemente il ruolo di ammortizzatore sociale: le famiglie con minori in cui convivono più generazioni (in particolare coppie e genitori soli che convivono con nonni, zii o altri parenti) sono quasi raddoppiate rispetto al 1997 e rappresentano ormai ben il 14,5 per cento del totale. Tra queste, l’incidenza delle famiglie povere è aumentata dal 18,8 per cento del 1997 al 30,3 per cento del 2010, il 20 per cento non ha componenti occupati e, nel migliore dei casi, l’unico reddito è rappresentato dalla pensione dei membri più anziani; in un ulteriore 46 per cento dei casi vi è un solo occupato e il reddito percepito non è sufficiente a far uscire la famiglia da una condizione di povertà.

Rileva inoltre sottolineare che, in Italia, la divisione dei ruoli di genere all’interno della coppia è ancora tradizionale: l’uomo continua a ricoprire il ruolo di capofamiglia, anche perché è il percettore dell’unica o comunque più cospicua retribuzione, mentre le donne si fanno carico della totalità o quasi del lavoro domestico e di cura. In una coppia su tre la donna non guadagna, e cura pressoché da sola il lavoro familiare, ma l’indice che misura l’asimmetria nella distribuzione delle ore allocate ai lavori domestici e di cura è sempre elevato, anche nei casi in cui la donna è l’unica percettrice di reddito (64 per cento) ed arriva all’84 per cento quando la donna non ha alcuna retribuzione. Le coppie caratterizzate da una divisione equa del lavoro familiare e con eguale responsabilità economica rappresentano pertanto un’eccezione, pari al 5,7 per cento.  

La società italiana appare bloccata anche sul versante della mobilità sociale. Le opportunità di miglioramento della propria condizione sociale rispetto a quella della famiglia di origine, cresciute in passato per tutte le generazioni, fino a quelle nate negli anni ’50, si sono ridotte per le generazioni successive. Il rischio di peggiorare la propria condizione rispetto a quella del padre, che si era ridotto per lungo tempo, si fa più marcato a partire dai nati della seconda metà degli anni ’60 in poi. Sebbene le difficoltà dei giovani siano trasversali rispetto alle classi sociali, tuttavia la classe di origine influisce ancora in maniera rilevante sulla mobilità sociale, determinando rilevanti diseguaglianze nelle opportunità degli individui.

Risparmio, ricchezza e indebitamento

Nell’intervento svolto a Genova nell’aprile del 2012[8], il vice direttore della Banca d’Italia, ricorda che, nell’ambito della spesa rivolta alle famiglie, il nostro paese sconta un forte ritardo nei confronti delle altre nazioni europee. Nel 2007, la spesa sociale era pari al 25,5 per cento del PIL, più o meno il valore medio dell’area dell’euro, ma le sue componenti erano fortemente sbilanciate verso le pensioni; con la spesa sociale per la famiglia e per i bambini, per l’abitazione, per il sostegno delle persone in cerca di lavoro e per il contrasto dell’esclusione sociale corrispondente al 2 per cento del PIL, rispetto a una media nell’area euro pari al 4,3 per cento e a valori superiori al 5 per cento in Francia e Germania.

Il quadro della società italiana e le stesse condizioni familiari appaiono in veloce trasformazione: per i giovani l’instabilità del lavoro, associata a bassi salari, condiziona fortemente l’accesso al mercato immobiliare e al risparmio, mentre la ricchezza dei genitori, che ha svolto un ruolo importante nel sostenere anche i figli, sta iniziando a ridursi e, parallelamente, l’allungamento della vita lavorativa rende più difficile il coinvolgimento dei genitori più anziani nella cura dei nipoti mettendo in crisi il modello di welfare finora praticato.

In particolare, nel decennio appena trascorso, la propensione al risparmio delle famiglie italiane è sensibilmente diminuita: dal 16 per cento del reddito disponibile all’inizio del 2008; è scesa al 12 per cento nel 2011, il valore più basso dal 1995, con una diminuzione di 0,7 punti percentuali rispetto all'anno precedente[9]. I dati dell’Indagine sui bilanci delle famiglie[10] sottolineano che la caduta del tasso di risparmio è stata molto forte per le famiglie con un capofamiglia con meno di 35 anni e per quelle appartenenti al quarto della popolazione che ha i redditi più bassi. Per queste ultime il tasso di risparmio medio è divenuto nel 2010 sostanzialmente nullo, come durante la recessione del 1992-93. Secondo i dati dell’Indagine, nel 2010 la crisi avrebbe anche comportato un aumento al 22 per cento della quota di famiglie con un reddito insufficiente a coprire i consumi; per le famiglie a basso reddito la quota sale a più del doppio.

I nuclei con un reddito ritenuto indicativo di una situazione di povertà relativa rappresentavano nel 2010 il 13 per cento del totale; tra questi, solo la metà aveva una ricchezza netta sufficiente a sostenerli per sei mesi in caso di perdita del reddito. Non sorprende che la quota di famiglie povere di reddito e di ricchezza sia più elevata (15 per cento) tra i giovani, che hanno una minore possibilità di aver accumulato risparmi. In generale va però rilevato come, tra il 2008 e il 2010 la quota di famiglie povere in base al reddito e alla ricchezza è cresciuta di circa 1 punto percentuale per il campione nel suo complesso e di circa 5 punti per le famiglie dei giovani.

D’altra parte, le famiglie italiane appaiano ricche nel confronto internazionale, in linea con il reddito familiare di Francia e del Regno Unito, ma con entrate significativamente superiori ai nuclei familiari della Germania e degli Stati Uniti, anche se la distribuzione della ricchezza non è omogenea. Nel 2010 infatti quasi la metà della ricchezza netta era detenuta dalle famiglie del decimo più ricco, mentre la metà più povera delle famiglie possedeva poco più di un decimo della ricchezza totale. Risultano in sofferenza soprattutto i nuclei con un capofamiglia di età inferiore ai 35 anni, che detengono solo il 5 per cento, pur rappresentando più del 10 per cento delle famiglie.

 

Nel confronto internazionale i debiti finanziari delle famiglie italiane rimangono, in rapporto al reddito disponibile, di un terzo più bassi del dato medio dell’area dell’euro: il 66 contro il 99 per cento nel 2011. Questo risultato è dovuto principalmente a due fattori: la contenuta diffusione della domanda dei prestiti per l’acquisto di abitazioni, anche grazie all’elevato livello di ricchezza reale detenuta dalle famiglie italiane, ma anche da una maggiore selettività nella concessione dei finanziamenti da parte degli intermediari finanziari, che si è riflessa in un aumento della quota di famiglie che non hanno ottenuto, in tutto o in parte, il credito richiesto (poco più di un quarto nel 2010, oltre il doppio rispetto agli anni precedenti la crisi). Al contrario, a differenza del passato, la spesa del 25 per cento più povero delle famiglie è stata sostenuta da un aumento del ricorso al credito al consumo.

 

 


Politiche sociali per la famiglia

Le competenze istituzionali

Il decreto-legge 181/2006[11] attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri la competenza in materia di politiche della famiglia. Successivamente il decreto-legge 85/2008[12] ha confermato l’attribuzione al Presidente del Consiglio dei ministri delle funzioni di indirizzo e coordinamento in materia di politiche a favore della famiglia, di interventi per il sostegno della maternità e della paternità, di conciliazione dei tempi di lavoro e dei tempi di cura, di misure di sostegno alla famiglia, alla genitorialità e alla natalità, nonché delle funzioni di indirizzo e coordinamento concernenti l'Osservatorio nazionale sulla famiglia. Nel 2009[13] è stato istituito il Dipartimento per le politiche della famiglia, i cui compiti sono stati  ulteriormente definiti nel 2011[14]. La Presidenza del Consiglio gestisce altresì le risorse dedicate, concentrate nel Fondo.

Il decreto-legge 181/2006 attribuisce alla Presidenza del Consiglio anche competenza in materia di pari opportunità, politiche giovanili, sport e turismo, confermate anch’esse dal decreto-legge 85/2008. In ultimo, il D.P.C.M. 13 dicembre 2011[15] ha affidato al Ministro per la Cooperazione internazionale e l'integrazione le deleghe sulle politiche giovanili, sulle politiche per la famiglia, sulle adozioni di minori italiani e stranieri, sull'Osservatorio nazionale sulla famiglia, sull'Osservatorio nazionale sull'infanzia e l'adolescenza, sul servizio civile e sull'ufficio nazionale antidiscriminazione.

L’Osservatorio nazionale sulla famiglia[16] è un organismo di supporto tecnico-scientifico per l'elaborazione delle politiche nazionali per la famiglia, con funzioni di studio e consulenza nelle materie relative alla stessa, nonché di supporto al Dipartimento per le politiche della famiglia ai fini della predisposizione del Piano nazionale per la famiglia. L’Osservatorio contribuisce infatti alla preparazione del Piano attraverso la promozione e l'organizzazione, con cadenza biennale, di una Conferenza nazionale sulla famiglia. Il Piano, come previsto dall'articolo 1, comma 1251, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006), costituisce il quadro conoscitivo, promozionale e orientativo degli interventi relativi all'attuazione dei diritti della famiglia.

Si ricorda, che l’Italia, contrariamente ad altri Paesi europei, fino a pochi mesi fa non ha avuto un Piano nazionale di politiche familiari, inteso come un quadro organico e di medio termine di politiche specificatamente rivolte alla famiglia. L’urgenza di un Piano nazionale di politiche familiari è venuta peraltro a collocarsi nell’orizzonte delle nuove politiche auspicate dall’Unione Europea che, con la Comunicazione della Commissione UE intitolata “Promuovere la solidarietà fra le generazioni”[17] del maggio 2007 ha esplicitamente indicato la necessità di promuovere politiche pubbliche di sostegno alla vita familiare e, in concreto, ha lanciato la piattaforma della “Alleanza Europea per le Famiglie”[18]. Il Piano Nazionale, in sintonia con queste indicazioni, è stato configurato come programma di “Alleanza Italiana per la Famiglia”. Date queste premesse, il 23 giugno 2011 l’Osservatorio Nazionale ha licenziato la bozza del Piano nazionale di politiche per la famiglia. Il piano, elaboratotenendo conto delle indicazioni scaturite dall’ampio dibattito sviluppatosi nel corso della Conferenza nazionale della famiglia (Milano, 8-10 novembre 2010) e del lavoro di impostazione e approfondimento svolto dal Comitato Tecnico Scientifico, è stato infine approvato il 7 giugno 2012. Il Piano intende sostenere la forza e la funzione sociale delle relazioni familiari come tali (relazioni di coppia e genitoriali) promuovendo un welfare familiare compatibile con le esigenze di sviluppo, basato su politiche di empowerment familiare anziché di mero assistenzialismo. In questo senso, il Piano intende superare il modello di welfare risarcitorio, indirizzato a migliorare le condizioni delle famiglie più bisognose, con un modello di welfare in grado di attivare i circuiti societari tra Stato, mercato, terzo settore, privato sociale e famiglie. Gli interventi pertanto sono compiuti in modo da sostenere e potenziare le funzioni proprie e autonome delle famiglie mediante la scelta dei servizi esterni (in particolare i servizi sociali relazionali, come l’educazione dei figli, la mediazione familiare, l’assistenza domiciliare, ecc.).

Quanto ai contenuti del Piano, i principi ispiratori sono: cittadinanza sociale della famiglia; politiche esplicite sul nucleo familiare; sussidiarietà e sviluppo del capitale umano e sociale; solidarietà. Tra gli interventi previsti :

§      revisione dell’ISEE: individuazione di una scala di equivalenza in cui siano tenuti in maggiore considerazione il numero dei figli e le situazioni di non autosufficienza, con possibilità di rendere flessibile lo strumento adattandolo alle diverse realtà;

§      potenziamento della rete dei servizi socio-educativi per la prima infanzia e sostegno ai costi dell’educazione dei figli;

§      lavoro di cura mirato alle famiglie con disabili e anziani non autosufficienti: servizi domus oriented destinati all’anziano o disabile e sostegno al lavoro di cura delle badanti;

§      potenziamento della diffusione e dell’utilizzo di voucher di servizio al fine di favorire l’accesso ai servizi anche attraverso la condivisione di buone pratiche e meccanismi di connessione fra amministrazioni locali, servizi e utenza, coinvolgendo anche cooperative, associazionismo familiare ed altre organizzazione del privato sociale.

Le azioni previste dal Piano dovranno essere adottate e realizzate all’interno dei piani e programmi regionali e locali per la famiglia secondo le risorse disponibili. Infine, il Piano sottolinea l’importanza di introdurre, a livello legislativo, il principio secondo cui le misure adottate devono contemplare degli strumenti adeguati volti al monitoraggio degli effetti degli interventi attuati; in particolare viene introdotto uno strumento che valuti l’impatto della legislazione nazionale e regionale sulla famiglia (a partire dalle materie fiscali e tariffarie).

 

Il 15 maggio 2012, l’Osservatorio ha presentato il Rapporto biennale 2011-2012[19]. Il documento analizza la situazione delle famiglie sottolineando il profondo influsso che il mutamento delle basi demografiche avrà sul sistema di welfare nazionale. In tale contesto, il Rapporto rileva la necessità di riconoscere la cittadinanza sociale della famiglia attraverso la promozione di interventi che favoriscano la costituzione e lo sviluppo della famiglia come soggetto sociale avente diritti propri, integrati con i diritti individuali, in rapporto alle funzioni sociali svolte dal nucleo familiare. Il Rapporto infine illustra le buone pratiche e gli interventi attuati a livello locale, che, ove implementati e inseriti in un quadro organico, potrebbero portare a realizzare  più  efficaci politiche familiari.

Politiche recenti in tema di famiglia

Con D.P.C.M. 13 dicembre 2011[20] il Ministro senza portafoglio per la cooperazione internazionale e l'integrazione è stato delegato ad esercitare le funzioni di indirizzo, di coordinamento e di promozione di iniziative, anche normative, di vigilanza e verifica, nonché ogni altra funzione attribuita dalle vigenti disposizioni al Presidente del Consiglio dei Ministri, relativamente alla materia delle politiche per la famiglia.

Il 2 febbraio 2012 è stata sottoscritta un’Intesa in sede di Conferenza unificata[21] sull’utilizzo di risorse da destinare al finanziamento di azioni per le politiche a favore della famiglia. I fondi, pari a 25 milioni di euro, spostati da precedenti capitoli di competenza statale e resi disponibili sui capitoli di pertinenza regionale e degli enti locali, sono stati messi a disposizione per garantire la continuità degli obiettivi di servizio relativi a: diffusione servizi per l’infanzia e presa in carico degli utenti dei servizi per l’infanzia (bambini 0-3 anni) e incremento della percentuale degli anziani beneficiari dell’assistenza domiciliare integrata (ADI) dall’1,6 per cento al 3,5 per cento. Le regioni concorrono al finanziamento per quanto nelle loro disponibilità. Ai sensi dell’articolo 4 dell’Intesa, l’utilizzo delle risorse è monitorato da un Gruppo paritetico composto da rappresentanti del Dipartimento per le politiche della famiglia, MEF, regioni e PA, ANCI e UPI.

Nel corso della Conferenza unificata del 19 aprile 2012 sono state sancite tre Intese in materia di famiglia: sul Piano nazionale sulla famiglia; sul riparto per il 2012 delle risorse del Fondo per le politiche della famiglia; sull’utilizzo di risorse da destinarsi al finanziamento di servizi socio educativi per la prima infanzia e azioni in favore degli anziani e della famiglia.

Di particolare importanza, l'Intesa sul primo Piano nazionale per la famiglia, che dovrà essere approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri.

La successiva Intesa[22] ha stabilito i criteri di ripartizione delle risorse disponibili a valere sui capitoli di pertinenza Politiche della famiglia del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per complessivi 45 milioni di euro, da destinare al finanziamento di servizi socio educativi per la prima infanzia e azioni in favore degli anziani e della famiglia. L’Intesa stabilisce le modalità di attuazione, i tempi di realizzazione degli interventi e il monitoraggio. Le Regioni concorreranno ai finanziamenti secondo le rispettive disponibilità. Le risorse saranno ripartite previa sottoscrizione con ogni Regione di un accordo della durata di 24 mesi con l’indicazione  dei servizi socio educativi e le azioni da finanziare in favore degli anziani e della famiglia, individuate dalle Regioni in accordo con le Autonomie Locali.

Piano di Azione Coesione: II fase

Come sottolineato dall’Istat[23], permane e si aggrava negli anni della recente crisi, il forte differenziale Nord-Sud. Nel Mezzogiorno, le opportunità lavorative per le donne e i giovani  sono minori e forti differenziali si rilevano anche nella dotazione dei servizi sociali erogati dai comuni, quali gli asili nido e l’assistenza fornita ai non autosufficienti.

In tale contesto, la politica regionale[24] di sviluppo a cui fa riferimento il Quadro Strategico Nazionale (QSN), previsto formalmente dall’art. 27 del Regolamento Generale sui Fondi strutturali europei, può dare un forte contributo alla riduzione della persistente sottoutilizzazione di risorse del Mezzogiorno.

Nel corso del 2011 è stata avviata, di intesa con la Commissione Europea, l'azione per accelerare l'attuazione dei programmi cofinanziati dai fondi strutturali 2007-2013. Dopo la prima fase, varata il 15 dicembre, relativa a fondi gestiti dalle Regioni (3,7 miliardi di riprogrammazione a favore di istruzione, ferrovie, formazione riformata, agenda digitale e occupazione di lavoratori svantaggiati), è stata predisposta la Fase II[25] che impegna le amministrazioni centrali e locali a rilanciare i programmi in grave ritardo, garantendo una forte concentrazione delle risorse su alcune priorità. In totale, le risorse impegnate, già iscritte in bilancio, sono pari a 2,3 miliardi di euro. La riprogrammazione riguarda primariamente quattro Regioni Convergenza (Calabria, Campania, Sicilia, Puglia), per le quali il Quadro Strategico nazionale 2007-2013 prevede Programmi operativi nazionali e interregionali. Altre Regioni del Sud vi aderiscono volontariamente.

La riprogrammazione dei fondi comunitari  ha previsto il definanziamento degli interventi con criticità di attuazione e il finanziamento di interventi rivolti all'inclusione sociale e alla crescita rispondendo in tal senso anche agli impegni contenuti nelle Mozioni concernenti iniziative per favorire gli interventi produttivi e l'occupazione nel mezzogiorno[26]approvate a larga maggioranza dalla Camera dei Deputati il 28 marzo 2012 . La riallocazione delle risorse si concentra fra l’altro  sulla cura dell’infanzia (400 milioni) e degli anziani non autosufficienti (330 milioni). L’intervento è volto a raggiungere nel Sud un maggiore grado di copertura della rete dei servizi e degli interventi sociali, migliorando al contempo la qualità di quelli già presenti. Il programma è costruito sulla base di metodi, requisiti e filiere di attuazione (con un ruolo centrale degli enti locali, nonché del privato sociale e del privato) già sperimentati ed è coerente con gli indirizzi nazionali nei campi sanitario e sociale. Obiettivi e risultati sono misurati dagli obiettivi del QSN 2007-2013, che per quanto riguarda i servizi di cura per l’infanzia e gli anziani indica come obiettivo l’aumento del numero dei servizi di cura alla persona alleggerendo i carichi familiari per innalzare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.

Per i giovani sono previsti una serie di interventi combinati. Per l’inclusione sociale si è scelto di intervenire con azioni per la legalità in aree a elevata dispersione scolastica (77 milioni di euro) e promuovendo progetti promossi da giovani del privato sociale per l’offerta di servizi collettivi e la valorizzazione di beni pubblici (37,6 milioni). Per la crescita sono stati destinati 50 milioni di euro all’autoimpiego e auto imprenditorialità, ulteriori 50 milioni per l’apprendistato e 5,3 milioni di euro per la promozione di metodi applicati di studio/ricerca nelle Università attraverso ricercatori italiani all’estero.

Fondo politiche per la famiglia

Il Fondo istituito ai sensi dell'art. 19, comma 1, del decreto-legge 223/2006[27], presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato ridisciplinato dalla finanziaria 2007[28] che ha fra l’altro istituito l’Osservatorio nazionale sulla famiglia. Le risorse destinate nel loro complesso alle politiche familiari sono assegnate mediante un apposito decreto di ripartizione. Dal 2010 le risorse afferenti al Fondo sono ripartite fra interventi relativi a compiti ed attività di competenza statale (cap. 858) ed attività di competenza regionale e degli enti locali (cap. 899)[29].

Nell’ultimo quinquennio, gli stanziamenti finalizzati alle politiche di sostegno alla famiglia hanno registrato una considerevole riduzione. Nel 2011 il Fondo ha subito un forte ridimensionamento, legato, secondo quanto affermato  dal MEF, alla necessità di alimentare il costituendo Fondo per il federalismo, con conseguente azzeramento dei trasferimenti di risorse al sistema delle autonomie. Per quanto riguarda il 2010, a seguito dell’Intesa del 29 aprile 2010 in sede di Conferenza unificata[30], il decreto del 20 luglio 2010 ha stabilito il riparto delle risorse del Fondo per il 2010, ammontanti nel complesso ad 185.289.000 milioni di euro. Per quanto riguarda le attività di competenza regionale e degli enti locali, i 100 milioni di risorse disponibili sono stati ripartiti con l’intesa in sede di Conferenza unificata del 7 ottobre 2010 che li ha destinati in via prioritaria, al proseguimento dello sviluppo ed al consolidamento del sistema integrato di servizi socio-educativi per la prima infanzia e alla realizzazione di altri interventi a favore delle famiglie, assicurando che ad essi accedano prioritariamente le famiglie numerose o in difficoltà, sulla base della valutazione del numero e della composizione del nucleo familiare e dei livelli reddituali.

I finanziamenti per il 2011, risultano pari a 51,5 milioni di euro, mentre nel Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014[31] gli importi proposti sono: 52,535 milioni di euro per il 2012 e 31,391 milioni di euro per il 2013 e il 2014. Tali importi non sono stati confermati  dalla Legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), che, come indicato nella tabella C, per il Fondo per le politiche della famiglia, indica per il 2012 31,994 milioni di euro, per il 2013  stanzia 21,184 milioni di euro, mentre per il 2014 indica 23,280 milioni.

 

L'analisi complessiva del Fondo resa dalla Corte dei Conti nella relazione sul Fondo per le politiche della famiglia (Deliberazione n. 2/2012/G)[32] indica, per un contesto di particolare complessità e rilevanza quale quello delle politiche per la famiglia, la forte esigenza di privilegiare un'ottica strutturale e non più frammentata dei bisogni della persona. La Corte rileva la mancanza di un'ottica “Top down”, in grado di indirizzare appropriatamente i progetti a finalità diffuse e, come tali, da portare a sistema, ai quali è stata preferita l'ottica “bottom up”, rivelatasi di scarsa incisività, sia per le dimensioni degli interventi nonché per la loro gestibilità a fattor comune. La Corte sottolinea inoltre la carenza di un sistema di valutazione effettiva dei progetti, laddove esso appare imprescindibile in un contesto politico ed economico come quello attuale italiano, in cui gli obiettivi urgenti da raggiungere sono pesantemente condizionati dalla limitatezza delle risorse a disposizione. Aspetti critici sono stati rilevati per l'attività dell'Osservatorio Nazionale sulla Famiglia, in un contesto nel quale si è ancora in attesa del varo del Piano Nazionale della Famiglia.

Fondo nazionale per le politiche sociali

Il Fondo Nazionale per le Politiche Sociali (FNPS) è lo strumento con cui, a livello statale, vengono finanziati annualmente[33] gran parte degli interventi della sfera del sociale. Il Fondo, istituito nel 1998[34], è stato maggiormente definito e rafforzato dalla L. 328/2000 che ha ripartito annualmente le risorse tra le regioni, le province autonome, i comuni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali[35] (secondo il Piano dei servizi sociali e a altri criteri precisati dalla legge stessa, basati sulla struttura demografica, sui livelli di reddito e sulla situazione occupazionale). Dopo la sentenza n. 493/2004 della Corte costituzionale che evidenzia la piena autonomia delle Regioni nella decisione in merito alla finalizzazione delle risorse del Fondo ad esse destinate nel caso in cui il legislatore statale non individui le prestazioni erogabili in concreto e non si possano richiamare i “livelli essenziali delle prestazioni”, il Fnps è stato distribuito alle regioni integralmente a titolo di risorse indistinte[36].

Alcuni recenti provvedimenti normativi hanno ridotto gli interventi finanziati a valere sul Fondo nazionale per le politiche sociali. In particolare, le risorse del Fondo per l’infanzia e l’adolescenza – istituito dalla legge 285/1997[37] – inizialmente allocate nel Fondo nazionale delle politiche sociali, a decorrere dall’anno 2008 sono determinate dalla legge finanziaria limitatamente alle risorse destinate al finanziamento degli interventi nei 15 Comuni riservatari indicati dalla legge istitutiva. Le rimanenti risorse del Fondo nazionale dell’infanzia e dell’adolescenza continuano a confluire indistintamente nel Fondo nazionale delle politiche sociali.

Per quanto riguarda le somme destinate al finanziamento degli interventi costituenti i diritti soggettivi (assegno al nucleo familiare con tre figli minori, per la maternità, agevolazioni disabili e lavoratori talassemici), la legge finanziaria per il 2010 ha disposto che siano finanziati attraverso appositi capitoli iscritti nello stato di previsione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

La legge di stabilità per il 2011 (legge 220/2010) ha stanziato per le politiche sociali 273,8 milioni di euro, da ripartirsi tra le regioni e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Dell’iniziale stanziamento, per effetto dell'art. 1, comma 13, della legge 220/2010, sono stati accantonati 55,8 milioni di euro in ragione dell’andamento dei proventi derivanti dalla cessione dei diritti d’uso delle frequenze per i servizi di comunicazione a banda larga. Tali accantonamenti sono stati resi definitivi dal decreto legge 98/2011. Con Decreto Interministeriale del 17 giugno 2011, sono stati pertanto ripartiti 218 milioni di euro, di cui 39,5 milioni di euro al Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Nel Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2012 e per il triennio 2012-2014[38]  l’importo proposto per il 2012 è di 69,954 milioni di euro, per il 2013 e il 2014, gli importi sono invece pari a 44,590 milioni di euro. Tali stanziamenti sono stati poi confermati dalla Legge di stabilità 2012, come indicati nella tabella C.

Infine, nella riunione del 25 luglio 2012, la Conferenza delle regioni e delle province autonome, ha espresso la mancata intesa sullo schema di decreto di riparto trasmesso dal Governo, chiedendo,  a fronte di una dotazione del Fondo pari a 10,8 milioni di euro e di un accantonamento di 32,8 milioni di euro per spese ministeriali giudicate indifferibili, l’interlocuzione con l’esecutivo per ridiscutere sul finanziamento delle politiche sociali[39].

La Carta acquisti

Il decreto-legge 112/2008[40] ha disposto l’istituzione di un Fondo di solidarietà per i cittadini meno abbienti per la concessione della Carta acquisti. Successivamente sono stati individuati i titolari del beneficio, l’ammontare del beneficio unitario e le modalità di fruizione dello stesso, prevedendo la stipula di convenzioni tra i ministeri interessati ed il settore privato[41]. La Carta acquisti viene concessa, con onere a carico dello Stato, ai richiedenti residenti con cittadinanza italiana che versano in condizione di maggior disagio economico, ovvero ai cittadini nella fascia di bisogno assoluto di età uguale o superiore ai 65 anni o con bambini di età inferiore ai tre anni. La Carta, utilizzabile per il sostegno della spesa alimentare e sanitaria e per il pagamento delle spese energetiche, vale 40 euro al mese e viene caricata ogni due mesi con 80 euro, sulla base degli stanziamenti disponibili. E’ stato inoltre previsto l'accredito di un importo aggiuntivo mensile (pari a 25 euro) a titolo di concorso alle spese occorrenti per l'acquisto di latte artificiale e pannolini[42]. Le risorse sono state allocate nel Fondo Carta acquisti[43]. In ultimo, è stato disposto l’accredito di un importo aggiuntivo mensile di 10 euro per i titolari della Carta Acquisti che siano utilizzatori, sul territorio nazionale, di gas naturale o GPL[44]. Con il proroga termini 2011[45], ha preso avvio una sperimentazione, della durata di un anno e con un limite di impegno massimo di risorse fino a 50 milioni di euro, a favore degli enti caritativi operanti nei comuni con più di 250.000 abitanti.

Il decreto legge 98/2011 prevede che una quota pari al 3 per cento delle spese annue per la pubblicità dei prodotti di gioco, previste a carico dei concessionari relativamente al gioco del lotto, alle lotterie istantanee ed ai giochi numerici a totalizzatore, venga destinata al rifinanziamento della Carta acquisti.

In ultimo, il decreto-legge 5/2012[46] ha infine previsto una sperimentazione, di durata non superiore ai dodici mesi e nei comuni con più di 250.000 abitanti, per favorire la diffusione della carta acquisti tra le fasce della popolazione in condizione di maggiore bisogno, anche al fine di valutarne l’uso come strumento di contrasto alla povertà assoluta. Le modalità attuative, fra cui la decorrenza della sperimentazione, saranno determinate da un decreto interministeriale che definirà i criteri di identificazione, per il tramite dei Comuni, dei beneficiari della social card con riferimento ai cittadini italiani e di altri Stati dell'Unione europea ovvero ai cittadini di Stati esteri in possesso del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo nonché l'ammontare, in funzione del nucleo familiare, della disponibilità sulle singole carte acquisto. Il decreto dovrà anche stabilire le caratteristiche del progetto personalizzato di presa in carico, volto al reinserimento lavorativo e all'inclusione sociale, anche attraverso il condizionamento del godimento del beneficio alla partecipazione al progetto. Per le risorse necessarie alla sperimentazione si provvede nel limite massimo di 50 milioni di euro[47].

Nel corso dell’esame parlamentare è stato approvato un ordine del giorno[48], che impegna il Governo a considerare come indice di priorità, all'interno dell'apposito decreto interministeriale che definirà i criteri per la identificazione dei beneficiari, il criterio del numero di persone non autosufficienti appartenenti a ciascun nucleo famigliare, prevedendo un aumento del 50 per cento della soglia massima di reddito o pensione entro cui si ha diritto alla carta acquisti per ciascuna persona disabile grave non autosufficienti presente nel nucleo familiare stesso.

Fondo di credito per i nuovi nati e acquisto latte artificiale

Il decreto legge 185/2008[49], all’articolo 4, comma 1, ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Fondo di credito per i nuovi nati , finalizzato al rilascio di garanzie dirette, anche fidejussorie, alle banche ed agli intermediari finanziari per l’erogazione di finanziamenti alle famiglie, per i nuovi nati o adottati negli anni 2009, 2010 e 2011, a tasso agevolato, in misura non superiore a 5.000 euro. Al Fondo è concessa una dotazione pari a 25 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011: alla copertura del relativo onere si provvede mediante l’utilizzo delle risorse del Fondo per le politiche della famiglia. Nel 2009 il Fondo è stato integrato di 10 milioni di euro per la corresponsione di contributi in conto interessi in favore delle famiglie di nuovi nati, o con bambini adottati nel medesimo anno, portatori di malattie rare. Sempre nel 2009 è stata autorizzata la spesa di 2 milioni di euro per il rimborso delle spese occorrenti per l’acquisto di latte artificiale e pannolini per i neonati fino a 3 mesi di età.

Da ultimo la legge di stabilità 2012 (L. 183/2011)[50], all’articolo 12 ha stabilito che le misure relative al Fondo di credito per i nuovi nati sono prorogate per gli anni 2012, 2013 e 2014. Al relativo onere si provvede mediante utilizzazione delle risorse complessivamente disponibili alla data del 31 dicembre 2011 sull’apposito conto corrente infruttifero aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato, nonché di quelle successivamente recuperate in ragione del carattere rotativo del Fondo stresso. Come rilevato dalla Corte dei Conti, lo strumento, per stessa ammissione del Dipartimento per le politiche della famiglia, non si presta a fronteggiare i problemi delle famiglie a basso reddito. Tale circostanza è confermata dal dato che vede solo un terzo dei crediti concessi erogati a favore di famiglie con basso ISEE.

Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto per la prima casa

Fra le misure a sostegno delle famiglie si ricorda infine il Fondo di solidarietà per i mutui per l’acquisto per la prima casa presso il Dipartimento del Tesoro, istituito ai sensi dell’art. 2, comma 475 e seguenti, della legge finanziaria 2008 (L. 244/2007), rifinanziato di 10 milioni per gli anni 2012 e 2013 dall'art. 13, comma 20, del D.L. 201/2011[51]. Il fondo è operativo dal 15 novembre 2010. La misura è rivolta a famiglie con un mutuo non superiore a 250.000 euro e con un indicatore ISEE inferiore a 30.000 euro. I lavoratori in cassa integrazione non rientrano tra i beneficiari. Il Fondo nasce con l'obiettivo di far fronte alle difficoltà che possono insorgere nell'assolvere agli obblighi derivanti da mutui contratti per l'acquisto o la ristrutturazione della prima casa: infatti permette la sospensione del pagamento delle rate per non più di due volte e per un periodo massimo complessivo non superiore a diciotto mesi nel corso dell’esecuzione del contratto. In tal caso, la durata del contratto di mutuo e quella delle garanzie  è prorogata di un periodo eguale alla durata della sospensione. I fondi stanziati per il 2011 (20 ml. di euro) sono stati utilizzati in sei mesi e ne hanno tratto beneficio circa 5.000 mutuatari.

 

 


Politiche per i giovani

Organismi ed istituti a sostegno dei giovani

A seguito del riordino di competenze istituzionali, operato dal decreto-legge 85/2008, sono state attribuite al Presidente del Consiglio dei Ministri le funzioni di indirizzo e coordinamento in materia. Successivamente, con il D.P.C.M. 13 giugno 2008 sono state conferite al Ministro della gioventù le deleghe ad esercitare le funzioni e i compiti, ivi compresi quelli di indirizzo e coordinamento, di tutte le iniziative, anche normative, nelle materie concernenti le politiche giovanili. Successivamente, come già illustrato, il D.P.C.M. 13 dicembre 2011 ha delegato il Ministro per la cooperazione internazionale e l’integrazione ad esercitare le funzioni e i compiti, ivi compresi quelli di indirizzo e coordinamento, di tutte le iniziative, anche normative, nelle materie concernenti le politiche giovanili.

 

Si ricordano una serie di istituti ed organismi finalizzati a svolgere un'azione di sostegno in favore dei giovani:

§        l'Agenzia nazionale per i giovani, con sede in Roma, istituita in attuazione della decisione n. 1719/2006/CE, che amministra il programma comunitario "Gioventù in azione";

§        l’Osservatorio nazionale sulle comunità giovanili, presso la Presidenza del Consiglio dei ministri;

§        il Forum nazionale dei giovani con un ruolo consultivo e propositivo in tema di politiche giovanili.

 

Gli stanziamenti finalizzati alle politiche di incentivazione e sostegno alla gioventù hanno registrato nell’ultimo triennio una notevole contrazione. In particolare, il Fondo per le politiche giovanili è stato istituito ai sensi dell’articolo 19, comma 2, del decreto-legge 223/2006, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con una dotazione di 3 milioni di euro per l’anno 2006 e di dieci milioni di euro a decorrere dall’anno 2007. L’articolo 1, comma 1290, della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) incrementa il Fondo di 120 milioni di euro per gli anni 2007, 2008 e 2009. Successivamente l’articolo 2, comma 1, del decreto-legge 78/2010[52] ha disposto dal 2011 una riduzione lineare del 10 per cento delle dotazioni finanziarie iscritte a legislazione vigente nell’ambito delle spese rimodulabili di cui all’articolo 21, comma 5, lettera b) della L. 196/2009.

Il Fondo è istituito al fine di promuovere il diritto dei giovani alla formazione culturale e professionale e all'inserimento nella vita sociale, anche attraverso interventi volti ad agevolare la realizzazione del diritto dei giovani all'abitazione, nonché per facilitare l'accesso al credito per l'acquisto e l'utilizzo di beni e servizi ed è destinato a finanziare azioni e progetti di rilevante interesse nazionale, nonché le azioni ed i progetti destinati al territorio, individuati di intesa con le Regioni e gli Enti Locali. Il decreto del 18 ottobre 2010 ha ripartito le risorse del Fondo per il 2010[53], pari a 81,087 milioni di euro, destinando alle azioni e ai progetti di rilevante interesse nazionale la somma di 33.181.019,40 euro e una quota di 47.905.980,60 euro al finanziamento delle azioni e dei progetti destinati al territorio, di cui 37.421.650,50 euro da ripartirsi fra le Regioni secondo i criteri indicati nell'Intesa sottoscritta nella Conferenza unificata del 7 ottobre 2010. I rimanenti 10.484.330,10 euro sono destinati a cofinanziare interventi proposti da Comuni e Province.

Per il 2011 il Fondo risulta ridotto legislativamente. Come illustrato nelle premesse del decreto di riparto del Fondo[54], al capitolo n. 853 del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri denominato Fondo per le politiche giovanili inizialmente viene assegnata una dotazione finanziaria di 32,909 milioni di euro[55]. Successivamente il Fondo viene ridotto di 20,122 milioni di euro risultando pari, per il 2011; a 12, 787 milioni di euro,di cui10,941 milioni di euro destinati alle azioni e ai progetti sul territorio.

La Legge di stabilità 2012 (L. 183/2011), nella tabella C prevede per Fondo stanziamenti per il 2012 pari a 8,180 milioni di euro, per il 2013 a 7,187 milioni di euro e per il 2014 finanziamenti pari a 7,897 milioni di euro.

 

Si segnalano le ulteriori azioni finanziate al di fuori delle risorse allocate nel Fondo per le politiche giovanili:

Ø      Il Fondo per il credito ai giovani (Fondo per lo studio)[56], istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento per le politiche giovanili, ai sensi dell’articolo 15, comma 6, del decreto legge 81/2007, favorisce l'accesso al credito degli studenti universitari o post-universitari di età compresa tra i 18 e i 40 anni in possesso di requisiti di merito. Il Fondo ha ricevuto una dotazione di 10 milioni per ciascun anno del triennio 2007-2009. Successivamente, in ragione delle esigenze di contenimento della finanza pubblica, a decorrere dall'anno 2009, è stato disposto un definanziamento del Fondo. La dotazione finanziaria attuale si compone pertanto di quanto residua dallo stanziamento già trasferito per l'esercizio finanziario 2007 e da quello impegnato contabilmente per l'esercizio finanziario 2008. Il decreto ministeriale 19 novembre 2010 reca la disciplina del Fondo di garanzia. Per il 2010 e il 2011 non è stato previsto alcun rifinanziamento.

 

Ø      Ai sensi dell’articolo 13, comma 3-bis, del  D.L. 112/2008, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della gioventù -, un Fondo per l’accesso al credito per l’acquisto della prima casa (Fondo casa) da parte delle giovani coppie o dei nuclei familiari monogenitoriali con figli minori, con priorità per quelli i cui componenti non risultano occupati con rapporto di lavoro a tempo indeterminato. Come previsto dalla legge finanziaria 2010, i criteri per l’accesso al Fondo e le modalità di funzionamento dello stesso sono stati disciplinati dal decreto 17 dicembre 2010, n. 256 . Il Fondo ha una dotazione finanziaria iniziale pari a  50 milioni di euro[57].

 

Ø      L’articolo 2, comma 60 della legge finanziaria 2010, sostituendo l'articolo 1, comma 556, della legge finanziaria 2006, ha istituito l’Osservatorio nazionale sulle comunità giovanili, al fine di promuovere e valorizzare il ruolo di sviluppo e integrazione sociali svolto dalle comunità giovanili, contestualmente è stato istituito il Fondo nazionale per le comunità giovanili. La dotazione finanziaria del Fondo è pari a 3 milioni di euro per l’anno 2010. Come rilevato nel D.P.C.M. del 10 dicembre 2010 di approvazione del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri per il 2011, in considerazione delle significative riduzione dei nuovi stanziamenti destinati per il triennio alle politiche di settore si è scelto di allocare le risorse del fondo all’interno del Fondo per le politiche giovanili.

 

Ø      Il Fondo Mecenati, istituito con decreto 12 novembre 2010 , al fine di promuovere, sostenere e sviluppare l'imprenditoria giovanile nonchè al fine di promuovere e sostenere il talento, l'innovatività e la creatività dei giovani di età inferiore ai 35 anni, nei limiti delle risorse finanziarie stanziate dall'articolo 1, commi 72 e 73, della legge 247/2007. Il Fondo è istituito presso il Dipartimento della Gioventù con una dotazione di 40 milioni di euro.

 

Ø      Il Fondo genitori precari, nell’ambito delle risorse  finanziarie  individuate dall'articolo 1, comma 73, della legge 247/2007[58], come da  ultimo modificato dall'art. 2, comma 50, della legge finanziaria 2010 (L. 191/2009), con una dotazione pari a 51 milioni di euro, è destinato a i sopperire alle esigenze derivanti dalla peculiare attività lavorativa svolta dai giovani di età inferiore a 35 anni; genitori di figli minori legittimi, naturali o adottivi, ovvero affidatari di minori; occupati con rapporto di lavoro subordinato (non a tempo indeterminato) o con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, ovvero disoccupati iscritti a un centro pubblico per l’impiego in seguito alla cessazione di un rapporto di lavoro precario. Il decreto 10 novembre 2010[59] riconosce ai tali soggetti una dote  trasferibile alle imprese private ed alle società cooperative che li assumano alle proprie dipendenze con contratto a tempo indeterminato, anche a tempo  parziale, del valore massimo di euro 5.000 per ogni assunzione fino al limite di cinque assunzioni per singola impresa o società cooperativa. Per il riconoscimento della dote è necessario iscriversi alla Banca dati per l'occupazione dei giovani genitori, creata appositamente dall' INPS.

 

 


Servizi per l’infanzia e asili nido

Le risorse

Il Piano straordinario di interventi per lo sviluppo del sistema territoriale dei servizi socio-educativi, approvato il 26 settembre 2007 in Conferenza Unificata con un’intesa tra il Governo, le regioni e le autonomie locali, al fine di favorire il conseguimento entro il 2010 dell'obiettivo comune europeo della copertura territoriale del 33 per cento per la fornitura di servizi per l’infanzia (bambini al di sotto dei tre anni), come fissato dall’Agenda di Lisbona, ha previsto un piano di finanziamenti nel triennio 2007-2009. Il Piano, varato con la finanziaria 2007, ha previsto un finanziamento statale pari a 446 milioni di euro per l'incremento dei posti disponibili nei servizi per i bambini da zero a tre anni, a cui si aggiungono circa 281 milioni di cofinanziamento locale, per un totale di 727 milioni di euro stanziati. Con riferimento alle prime tre annualità del Piano, ad oggi sono state impegnate tutte le risorse statali e, sulla base dei dati di monitoraggio è stato erogato alle Regioni e provincie autonome dal Dipartimento l'88 per cento delle risorse statali (ovvero 394 milioni dei 446 stanziati)[60].

L’attuazione del Piano è sottoposta a un monitoraggio semestrale a cura del Dipartimento per le politiche della famiglia e del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che, attraverso il Centro nazionale di documentazione ed analisi per l’infanzia e l’adolescenza dell’istituto degli Innocenti[61] e l’Istat[62] predispongono rapporti e statistiche in materia.

Per il 2010, una quota del Fondo nazionale per le politiche della famiglia è stato destinato allo sviluppo del sistema integrato dei servizi per la prima infanzia,il riparto dei 100 milioni di euro è stato sancito conl’Intesa del 7 ottobre 2010.

Per l’esercizio finanziario 2010, l’Accordo quadro del 7 ottobre[63] sulle sezioni primavera assegna agli Uffici scolastici regionali 23.500.000 euro, rispettivamente a carico del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca per la quota di 18.500.000 euro e del Dipartimento delle Politiche per la famiglia per la quota di 5.000.000 di euro. Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali si riserva di mettere a disposizione per l’esercizio 2010 una quota di risorse finanziarie determinata in base alle disponibilità di bilancio[64]. A tali risorse devono essere aggiunti 1.020.273 euro stanziati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento delle Pari Opportunità, in base all’Intesa in sede di Conferenza unificata del 29 aprile 2010[65].

Le rette degli asili nido

Gli asili nido comunali rientrano nella gamma dei servizi a domanda individuale resi dal Comune a seguito di specifica domanda dell’utente. Nel caso degli asili nido, il livello minimo di copertura richiesta all’utente è del 50 per cento, ma le rette variano sensibilmente da comune a comune poiché la misura percentuale di copertura dei costi di tutti i servizi a domanda individuale da parte dell’utenza viene definita al momento dell’approvazione del Bilancio di previsione comunale. Le rette sono determinate nel 75 per cento dei casi in base all’Isee, nel 20 per cento dei casi in base al reddito familiare e nel restante 5 per cento la retta è unica.

L’indagine dell’Osservatorio prezzi e tariffe di Cittadinanzattiva dell’ottobre 2011, prende in considerazione una famiglia composta da tre persone (genitori più un bambino di 0-3 anni) che percepisce un reddito lordo annuo pari a 44.200 euro. Oggetto della ricerca sono state le rette applicate al servizio di asilo nido comunale per la frequenza a tempo pieno (in media 9 ore al giorno) e, dove non presente, a tempo corto (in media 6 ore al giorno), per cinque giorni a settimana. Secondo tale analisi, una famiglia italiana spende circa 300 euro al mese per mandare il proprio bambino all’asilo nido comunale. La regione mediamente più economica è la Calabria (110 euro) e quella più costosa è la Valle d’Aosta (405 euro) seguita dalla Lombardia (400 euro). Semplificando si può affermare che la retta media mensile al Nord è pari a 358 euro, al centro a 300 euro e al sud a 213 euro.

Per quanto riguarda le liste di attesa, dall’analisi di dati in possesso al Ministero degli Interni e relativi al 2009, emerge che il numero degli asili nido comunali ammonta a 3.424 (-0,4 per cento rispetto al 2008) con una disponibilità di 141.210 posti (+0,8 per cento rispetto al 2008). In media il 25 per cento dei richiedenti rimane in lista d’attesa.

Diffusione territoriale dei servizi per l’infanzia

Secondo quanto riportato dall’Istat[66], nell'anno scolastico 2009/2010 risultano iscritti negli asili nido comunali 154.334 bambini tra zero e due anni di età, mentre altri 38.610 bambini usufruiscono di asili nido convenzionati o sovvenzionati dai Comuni, per un totale di 192.944 utenti dell'offerta pubblica complessiva.

Nel 2009 la spesa impegnata per gli asili nido da parte dei Comuni o, in alcuni casi, di altri Enti territoriali delegati dai Comuni, è di circa 1 miliardo e 182 milioni di euro, al netto delle quote pagate dalle famiglie.

Fra il 2004 e il 2009 la spesa corrente per asili nido, al netto della compartecipazione pagata dagli utenti, ha mostrato un incremento complessivo del 39 per cento, che scende al 24,5 per cento se calcolato a prezzi costanti. Nello stesso periodo è aumentato del 32 per cento (quasi 47 mila unità) il numero di bambini iscritti agli asili nido comunali o sovvenzionati dai Comuni.

La percentuale di Comuni che offrono il servizio di asilo nido, sotto forma di strutture comunali o di trasferimenti alle famiglie che usufruiscono delle strutture private, ha registrato un progressivo incremento: dal 32,8 per cento del 2003/2004 al 48,3 per cento del 2009/2010. Di conseguenza, i bambini tra zero e due anni che vivono in un Comune che offre il servizio sono passati dal 67 per cento al 77 per cento (indice di copertura territoriale).

Nonostante il generale ampliamento dell'offerta pubblica, la quota di domanda soddisfatta è ancora limitata rispetto al potenziale bacino di utenza: gli utenti degli asili nido sono passati dal 9,0 per cento dei residenti tra zero e due anni dell'anno scolastico 2003/2004 all'11,3 per cento del 2009/2010.

All'offerta tradizionale di asili nido si affiancano i servizi integrativi o innovativi per la prima infanzia, che comprendono i "nidi famiglia", ovvero servizi organizzati in contesto familiare, con il contributo dei Comuni e degli enti sovracomunali. Nel 2009/2010 il 2,3 per cento dei bambini tra zero e due anni ha usufruito di tale servizio, quota che è rimasta pressoché costante nel periodo osservato. Complessivamente, dunque, risulta pari al 13,6 per cento la quota di bambini che si sono avvalsi di un servizio socio-educativo pubblico e al 56,2 per cento quella di Comuni che offrono asili nido o servizi integrativi per la prima infanzia.

A livello comunale, nonostante i segnali di miglioramento che caratterizzano la diffusione sul territorio dell’offerta pubblica di servizi per la prima infanzia, permangono forti disparità nelle opportunità di accesso ai servizi a seconda della regione di residenza. Nel 2009, il 65,8 per cento dei comuni del Centro-Nord possiede strutture comunali o eroga contributi per la fruizione di servizi privati, contro il 35,7 nel Mezzogiorno. I livelli più alti dell’indicatore si riscontrano nelle regioni Emilia-Romagna, con il 90,3 per cento dei comuni che offrono servizi per la prima infanzia, Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta (rispettivamente 89,4 e 85,1 per cento). Il target del 35,0 per cento appare particolarmente ambizioso per alcune regioni del Mezzogiorno, quali Molise e Calabria, dove soltanto il 9,6 e il 18,1 per cento dei comuni offrono servizi per l’infanzia. Sempre al di sotto della soglia di riferimento si trova la Basilicata, con il 27,5 per cento dei comuni dotati di questi servizi, mentre Abruzzo, Campania e Puglia hanno ampiamente superato l’obiettivo. La Sicilia, sempre nel 2009, presenta una diffusione sul territorio dei servizi per l’infanzia prossima al valore target (33,8 per cento). L’attivazione per il servizio di asilo nido è prevalente ovunque rispetto ai servizi integrativi e innovativi per la prima infanzia: dal 2004 al 2009 si è passati dal 32,8 per cento al 48,3 per cento dei comuni italiani per quanto riguarda gli asili nido e dall’11,9 per cento al 23,8 per cento per gli altri servizi socio-educativi.

A livello regionale, il quadro relativo all’offerta pubblica di servizi per l’infanzia è ancora molto disomogeneo: nel 2009 la percentuale di bambini che usufruisce dei servizi per l’infanzia supera il 25 per cento in Valle d’Aosta, Umbria e in Emilia-Romagna, mentre non raggiunge il 4 per cento in Calabria e in Campania. Il divario tra i territori è ben sintetizzato dal confronto tra i valori assunti dall’indicatore al Centro-Nord (18,1 per cento) e nel Mezzogiorno (5,1 per cento). Anche se rispetto all’anno base di riferimento si intravedono alcuni segnali di miglioramento, la quota di domanda soddisfatta è ancora molto limitata rispetto al potenziale bacino di utenza.

Per quanto riguarda il servizio di asilo nido, si passa dal 9 per cento dei bambini di 0-2 anni fruitori dell’offerta pubblica nel 2004 al 11,3 per cento nel 2009; nel Centro-Nord i bambini iscritti in asilo nido sono il 15,1 per cento dei residenti fra 0 e 2 anni, mentre nel Mezzogiorno sono il 4,3 per cento. Per i servizi integrativi/innovativi per l’infanzia, tra il 2004 e il 2009 si passa dal 2,4 al 2,3 per cento dei bambini iscritti.

Se si considerano anche i bambini che frequentano un asilo privato tout court, nel 2008 risultano iscritti agli asili nido il 15,3 per cento del totale i bambini da 0 a 2 anni (indagine multiscopo sulle famiglie - aspetti della vita quotidiana). Per effetto della natura campionaria del dato, considerata anche l’esigua numerosità del fenomeno, la stima prodotta può variare tra un minimo di 12,8 per cento ad un massimo di 17,8 per cento[67].


La spesa pubblica rivolta agli anziani e ai disabili non autosufficienti

Livelli di governo

In Italia, la normativa riguardante il sistema di protezione sociale è varia ed interessa diversi aspetti del welfare; dalle prestazioni di natura economica per determinate categorie di persone (non udenti, ciechi, sordi, invalidi civili), alle funzioni assegnate dalla legge ai diversi livelli di governo (Stato, regioni, province  ed enti locali) riguardanti tra l’altro l’esclusione sociale, le famiglie e i minori, gli anziani, le dipendenze.

Dopo la riforma costituzionale del Titolo V, avvenuta nel 2001, alle Regioni sono state assegnate le competenze esclusive e concorrenti, rispettivamente, per l’assistenza sociale e per quella sanitaria, nel rispetto dei principi che lo Stato deve fissare e garantire in tutto il territorio nazionale. In particolare, ai sensi del art. 117, comma 1, lettera m) della Costituzione, lo Stato ha la competenza esclusiva nella determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) che devono essere garantiti sul tutto il territorio nazionale.

Il sistema che si è sviluppato nel corso del tempo appare, tuttavia, frammentato e poco omogeneo, a causa della diversa capacità delle Regioni e degli enti locali di organizzare nel proprio territorio un’adeguata rete di sostegno per cittadini bisognosi; inoltre, diversamente dall’ambito sanitario, dove i Livelli essenziali (LEA) sono stati definiti con un atto normativo (d.p.c.m. 29 novembre 2001), per la delimitazione e la quantificazione delle prestazioni socio-assistenziali (i cosiddetti livelli essenziali di assistenza sociale, LIVEAS), manca ancora una normativa statale.

La legislazione regionale vigente è ancora legata alla riforma delle politiche sociali, avviata con la legge 328/2000, per cui Stato, Regioni e comuni, rappresentano i diversi livelli di governo, chiamati ad intervenire ciascuno per le proprie parti di competenza. In particolare, lo Stato svolge la funzione di programmatore dei principi guida riguardanti i livelli essenziali di assistenza, da garantire su tutto il territorio nazionale, le regioni definiscono la programmazione delle proprie politiche nel settore socio sanitario, ed  erogano i servizi, attraverso le Asl; infine, i comuni, in forma singola o associata, operano sul territorio, sia con la programmazione di zona sia attraverso la forma del segretariato sociale e l’esercizio di prestazioni di varia natura. In tale ambito, sono due le tipologie di azione prevalenti: una, caratterizzata da un ruolo di governo e di regia forte da parte delle regioni, attraverso le ASL; l’altra, incentrata invece, su una maggiore responsabilizzazione del ruolo dei comuni, soprattutto nelle relazioni associative sovra comunali.

A questo proposito va ricordato che i trasferimenti verso i comuni, finalizzati al finanziamento della spesa sociale, hanno subito considerevoli riduzioni a partire dal 2009, soprattutto attraverso i tagli di spesa operati sui Fondi dedicati (vedi supra). Ulteriori misure di contenimento sono derivate dagli effetti della diminuzione dei trasferimenti erariali nei confronti dei comuni e dai vincoli stabiliti dal Patto di stabilità interno. 

Long Term Care

Attualmente, la spesa pubblica rivolta agli anziani e ai disabili non autosufficienti, nota anche come spesa per Long Term Care (LTC), include la componente sanitaria, la spesa per indennità di accompagnamento[68] e la spesa per gli interventi socio-assistenziali erogati prevalentemente a livello locale dai comuni singoli o associati a favore degli anziani non autosufficienti, dei disabili, dei malati psichici e delle persone dipendenti da alcool e droghe.

 

L’aggregato “Altre prestazioni LTC” raccoglie un insieme di prestazioni eterogenee, prevalentemente in natura, erogate a livello locale per finalità socio-assistenziali rivolte ai disabili e agli anziani non autosufficienti. Una misura della dimensione di tale componente di spesa può essere dedotta dai conti della protezione sociale della contabilità nazionale. In particolare, le principali poste contabili attribuibili a queste prestazioni si collocano nella funzione “Assistenza” in corrispondenza dei due eventi/bisogni “Invalidità” e “Vecchiaia”. Tale aggregato comprende, tuttavia, anche prestazioni non riconducibili alla funzione LTC, quali gli indennizzi per danni di tipo biologico che, pertanto, sono stati esclusi.

Nel 2011, la spesa pubblica complessiva per LTC ammonta all’1,8 per cento del PIL, di cui circa due terzi erogata a soggetti con più di 65 anni. La componente sanitaria[69]  rappresenta il 46 per cento del totale contro quasi il 43 per cento della spesa per indennità di accompagnamento. Le altre prestazioni assistenziali coprono, invece, circa il 11 per cento.

La componente sanitaria della spesa pubblica per LTC dell’anno 2011 è pari allo 0,85 per cento del PIL, che corrisponde a circa il 12 per cento della spesa sanitaria complessiva

Il numero di prestazioni in pagamento alla fine del 2011 è di circa un milione e ottocento mila unità, per una spesa che ammonta attorno allo 0,8 per cento del PIL. Il 91 per cento delle prestazioni è erogato a favore degli invalidi civili (totali e parziali). Le indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, che coprono la quasi totalità della spesa complessiva, sono fortemente correlate con l’età. Infatti, l’incidenza dei beneficiari sulla popolazione residente di pari età e sesso, nelle fasce di età fino ai 65 anni, rimane sostanzialmente stabile, per poi salire rapidamente nelle fasce di età successive. Oltre i 90 anni, l’incidenza risulta pari a circa il 37%, per i maschi, e a circa il 54% per le femmine. Incrementi altrettanto significativi, sebbene rapportati ad una dimensione più contenuta del fenomeno, si registrano per le indennità di accompagnamento dei ciechi.

Per il 2011, la spesa pubblica relativa all’insieme delle prestazioni per LTC, di natura non sanitaria e non riconducibili alle indennità di accompagnamento, viene stimata intorno a 3,3 miliardi di euro (0,2 per cento in termini di PIL), di cui il 60 per cento è riferibile a prestazioni di natura non-residenziale, il 23 per cento a prestazioni di natura residenziale ed il rimanente 17 per cento a trasferimenti in denaro[70]

 

In Italia le persone dai 65 anni rappresentano oltre il 20 per cento della popolazione, con una tendenza in costante e continua crescita nei prossimi anni, fra questi molti sono gli anziani non autosufficienti[71]. La fonte nazionale disponibile per delineare un primo quadro del fenomeno relativo alla non autosufficienza, è quella fornita dall’indagine ISTAT sulle Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari[72], che individua in 2.600.000 le persone in condizione di disabilità che vivono in famiglia, pari al 4,8 per cento della popolazione. L’indagine non tiene conto dei minori di 6 anni, che si stimano attorno ai 200.000. Ben 2.000.000 sono persone anziane. La letteratura scientifica, le rilevazioni ISTAT e i dati INPS sull’invalidità, confermano la stretta correlazione tra invecchiamento della popolazione e non autosufficienza. D’altra parte, i principali strumenti per l’accertamento del bisogno assistenziale della persona non autosufficiente e per la conseguente attivazione dei servizi sono: il riconoscimento della invalidità civile e dell’indennità di accompagnamento (INPS), gli accertamenti per l’accesso ai servizi sanitari (ASL) e ai servizi sociali (Comuni). In Italia, nell’offerta di servizi agli anziani non autosufficienti ha un peso rilevantissimo il ruolo assistenziale svolto dalla famiglia. L’area degli interventi socio-sanitari e sanitari è invece quasi interamente svolta dal settore pubblico, secondo forme di collaborazione e modalità operative differenziate da Regione a Regione.

Dalla tabella sopra riportata, si può rilevare come l’area d’intervento relativa alla non autosufficienza trovi risposte diverse anche se il più delle volte riferibili all’area dell’integrazione socio-sanitaria, ovvero alle prestazioni nelle quali la componente sanitaria e quella sociale risultano operativamente poco distinguibili.

Come rilevato dall’Istat[73], a livello nazionale il numero complessivo di posti letto nelle strutture residenziali destinate ad accogliere over65  ammonta a 314.061 unità, pari a 26 posti letto ogni mille anziani residenti. Di questi, oltre il 77 per cento ospita persone in condizione di non autosufficienza. La maggiore dotazione di posti letto per gli anziani si registra nelle regioni del Nord (tassi che superano i 37 posti letto ogni 1.000 anziani residenti), mentre nelle altre ripartizioni la quota scende e raggiunge il valore minimo nel sud del Paese (10 posti letto ogni 1.000 residenti).

Le strutture dedicate in prevalenza ai disabili hanno una dotazione di 51.684 posti letto, pari a 1,4 ogni mille residenti, con una distribuzione territoriale “a macchia di leopardo”. L’analisi dell’offerta per i disabili mette in evidenza che i differenziali rispetto alla dotazione di posti letto si esplicitano rispetto alla dimensione dei comuni piuttosto che alla loro collocazione territoriale (sono i comuni sotto i duemila abitanti ad avere i livelli di dotazione più elevati, mentre quelli oltre i 50 mila mostrano generalmente i livelli più bassi).

Fondo per le non autosufficienze

L'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006 (legge finanziaria 2007) ha istituito il Fondo per le non autosufficienze presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, configurandolo essenzialmente come un contributo alle politiche regionali in materia. Le risorse del fondo sono destinate alla realizzazione di prestazioni, interventi e servizi assistenziali nell'ambito dell'offerta integrata dei servizi socio-sanitari in grado di garantire i livelli essenziali delle prestazioni assistenziali a favore delle persone non autosufficienti. Le risorse sono finalizzate alla copertura dei costi di rilevanza sociale dell'assistenza socio-sanitaria e sono risorse aggiuntive rispetto a quelle già destinate alle prestazioni e ai servizi a favore delle persone non autosufficienti da parte delle Regioni, nonché da parte delle autonomie locali. Le risorse assegnate al Fondo per il 2010, ripartite con decreto, sono pari ad euro 400 milioni.

Il decreto 4 ottobre 2010[74] ha ripartito fra le regioni le risorse del fondo utilizzando criteri basati, nella misura del 60 per cento; su indicatori relativi alla popolazione residente, per regione, d'età pari o superiore a 75 anni e per il restante 40 per cento sui criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali come individuati dall’articolo 20, comma 5, della legge 328/2000.

Per il 2011 e il 2012, non è stato previsto il rifinanziamento del Fondo.

Si rileva tuttavia che l'articolo 1, comma 40, della Legge di stabilità 2011[75], dispone che la dotazione del Fondo per le esigenze urgenti e indifferibili[76], è incrementata di 924 milioni di euro per l'anno 2011 e che una quota di tali  risorse, pari a 874 milioni di euro per l'anno 2011, è ripartita, con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri per le finalità indicate nell’elenco 1 allegato alla stessa legge. Tra le finalità indicate nell'elenco; sono stati fra gli altri indicati interventi in tema di sclerosi laterale amiotrofica per ricerca e assistenza domiciliare dei malati, ai sensi dell'art. 1, comma 1264, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per un ammontare nel 2011 pari a 100 milioni di euro.

Il decreto 11 novembre 2011[77] ha attribuito tali risorse alle regioni sulla base dei criteri utilizzati per il riparto del Fondo nazionale per le politiche sociali.

 

 


Gli interventi e i servizi sociali dei Comuni[78]

 

Nel 2009 i Comuni italiani, in forma singola o associata, hanno destinato agli interventi e ai servizi sociali 7,2 miliardi di euro, un valore pari allo 0,46 per cento del Pil nazionale[79].Rispetto al 2008, la spesa è aumentata del 5,1 per cento, ma con forte differenze nelle macro aeree del Paese: è diminuita dell’1,5 per cento al sud, mentre le variazioni in tutte le altre zone del paese sono state di segno positivo. Inoltre, mentre i comuni del Centro-Nord finanziano le politiche sociali principalmente con risorse proprie, nel Mezzogiorno il welfare locale risulta finanziato in misura maggiore dai trasferimenti statali e regionali per le politiche sociali.

La spesa media pro capite ammonta a 116 euro con forti differenze territoriali. La spesa per abitante varia da un minimo di 26 euro in Calabria (30 euro nel 2008) a un massimo di 295 euro nella provincia autonoma di Trento (280 euro nel 2008). Nel corso del 2009 i comuni del Sud hanno speso mediamente, per i servizi sociali, meno di un terzo rispetto ai comuni del Nord-est e meno della metà rispetto a tutte le altre ripartizioni, comprese le Isole. La Sardegna è l’unica regione del Mezzogiorno che fa eccezione, presentando livelli di spesa pro capite (199 euro) paragonabili a quelli delle regioni del Nord con la spesa più elevata.

Come già detto, i Comuni possono rispondere in maniera molto diversa ai bisogni sociali dei cittadini. L’Istat , tenendo conto dei livelli di spesa e della varietà dei servizi, ha individuato quattro profili principali rispetto alle modalità di spesa ed intervento:

Ø      i comuni “virtuosi”, che offrono i più alti standard in termini di varietà dell’offerta e risorse impegnate: rientra in questo gruppo il 99 per cento dei comuni della provincia autonoma di Bolzano;

Ø      i comuni “specializzati”, che comprendono oltre l’80 per cento di quelli della Valle d’Aosta e Sardegna e il 67 per cento di quelli del Friuli-Venezia Giulia, i quali impegnano una spesa mediamente elevata, ma concentrata su un numero ristretto di servizi;

Ø      i comuni “poveri di assistenza”, che uniscono scarsa disponibilità di servizi e risorse molto contenute, gruppo che comprende oltre il 90 per cento di quelli della Calabria e il 63 per cento del Molise;

Ø      i comuni “ad offerta mista”, che rappresentano le realtà più diffuse (soprattutto in Piemonte, Lombardia, Liguria e Marche), dove si riscontra una spesa medio-bassa e diversi livelli di varietà di servizi.

 

Le differenze di spesa osservate sono marcate anche in riferimento ai tipi di utenza.

Un disabile[80] usufruisce di servizi e contributi da parte dei comuni per una spesa di quasi 2.700 euro all’anno; per i disabili residenti al Sud la cifra è di 667 euro l’anno, circa otto volte meno di quanto si spende al Nord-est (5.438 euro l’anno). Nell’ambito dell’assistenza ai disabili prevalgono le spese per interventi e servizi (circa il 51 per cento): in questo caso, la principale voce di spesa è il sostegno socio-educativo scolastico, con oltre 5.300 euro per utente in un anno; seguono i servizi a carattere domiciliare e il trasporto sociale. La rimanente spesa per le persone disabili si divide quasi equamente tra contributi economici e spese di funzionamento delle strutture. L’offerta di strutture di tipo residenziale per persone con disabilità è presente nel 58 per cento dei comuni, con una copertura del 97 per cento nel Nord-est a fronte del 14 per cento nel Sud. La spesa pro capite per l’assistenza e gli aiuti alle persone con disabilità al Sud ammonta al 14 per cento di quella impegnata al Nord, nonostante che nelle regioni meridionali si registri un tasso di disabilità superiore del 66 per cento.

 

La spesa media dei comuni italiani per l’assistenza agli anziani è di 117 euro l’anno per ciascun residente di età superiore a 65 anni, con un minimo di 52 euro pro capite al Sud (sette euro pro capite in meno rispetto al 2008) e un massimo di 164 euro al Nord-est. Le risorse destinate agli anziani sono in gran parte destinate a interventi e servizi (circa il 52 per cento), fra cui il più rilevante è l’assistenza domiciliare. Vi sono poi diversi tipi di contributi economici (che rappresentano il 27 per cento della spesa per gli anziani), di cui la maggior parte è costituita dal pagamento di rette per l’accoglienza in strutture residenziali. Il rimanente 20 per cento della spesa per gli anziani è destinato al finanziamento di strutture, principalmente quelle a carattere residenziale. Anche in questo caso la spesa pro capite al Sud è più bassa di quella del Nord (meno di un terzo), pur a fronte di un maggior numero di anziani in cattiva salute e una speranza di vita più bassa.

Nell’area dell’assistenza a famiglie e minori, su cui confluisce quasi il 40 per cento della spesa sociale dei comuni, prevalgono le risorse destinate al funzionamento di strutture, principalmente gli asili nido per bambini da zero a due anni. Negli ultimi anni l’ampliamento dell’offerta di nidi pubblici è stata oggetto di importanti politiche di sviluppo, volte a incentivare la creazione di nuovi posti in strutture socio-educative per la prima infanzia soprattutto nelle regioni del Mezzogiorno, nel tentativo di ridurre il divario Nord-Sud.

Il Rapporto annuale 2012 dell’Istat ha registrato i miglioramenti ottenuti ma anche gli ancora notevoli differenziali nei livelli di diffusione e di utilizzo dei nidi pubblici. I dati non ancora organici relativi all’anno scolastico 2011-2012 (per i dati disaggregati si rinvia a quelli forniti nel paragrafo di questo Dossier dedicato ai Servizi per l’infanzia e asili nidi, dove i dati sono però riferiti all’a.s. 2009-2010) rilevano che i comuni in cui è presente il servizio sono pari al 78 per cento al Nord-est (con punte superiori all’83 per cento in Friuli-Venezia Giulia e in Emilia-Romagna), circa il 48 e il 53 per cento rispettivamente al Centro e al Nord-ovest, mentre nel Sud e nelle Isole solo il 21 e il 29 per cento dei rispettivi comuni hanno offerto il servizio sotto forma di strutture comunali o sovvenzionate.

Considerando anche i servizi integrativi per la prima infanzia, inclusi nell’obiettivo da raggiungere nel 2013 da parte delle regioni del Mezzogiorno, i comuni italiani che offrono il servizio sono il 55,2 per cento, ma tale percentuale varia dal 99,5 per cento del Friuli-Venezia Giulia all’11,8 per cento del Molise. L’obiettivo di copertura, fissato al 35 per cento nell’ambito del Qsn 2007-2013, appare particolarmente ambizioso per alcune regioni del Mezzogiorno, quali Molise e Calabria, mentre Abruzzo, Campania e Puglia hanno ampiamente superato l’obiettivo.

Complessivamente, nell’anno scolastico 2010-2011, su cento bambini da zero a due anni, gli utenti dei nidi o dei servizi integrativi per la prima infanzia variano da 29,4 dell’Emilia-Romagna a 2,4 della Calabria, rispetto a una media nazionale di 14. L’obiettivo previsto per la fine del periodo di programmazione (2013), fissato nelle regioni del Mezzogiorno al 12 per cento, è stato già raggiunto dalla sola Sardegna.

Gestione della spesa[81]

Nel 2008 i Comuni gestiscono singolarmente il 75 per cento della spesa sociale; il rimanente 25 per cento è gestito dai Comuni in forma associata: si passa dal 59 per cento di spesa gestita dai Comuni singoli al Nord-est, all’85 per cento e 76 per cento rispettivamente di quelli del Centro e del Nord-Ovest, al 72 per cento dei Comuni del Sud, fino al 98 per cento di quelli delle Isole.

Diversi tipi di enti affiancano o sostituiscono i Comuni nella gestione dei servizi sociali, con ruoli che si differenziano a livello regionale. Gli Ambiti e i Distretti sociali (art. 8 legge 328/2000) gestiscono quote importanti di spesa in diverse regioni: il 62 per cento della spesa in Friuli-Venezia Giulia, il 38 per cento in Puglia, quasi il 26 per cento in Liguria, il 25 per cento in Umbria, tra il 20 e il 23 per cento in Basilicata, Campania e Abruzzo, circa il 10 per cento in Lombardia e Emilia-Romagna. I Consorzi gestiscono circa il 35 per cento della spesa sociale in Piemonte e quote inferiori al 5 per cento in alcune altre regioni (Lombardia, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Calabria, Sardegna). I Comprensori sono attivi solo nella Provincia di Trento, dove gestiscono il 78 per cento della spesa sociale. Alle Asl è affidata la gestione del 31 per cento della spesa sociale in Veneto, del 15 per cento in Toscana, del 7 per cento in Friuli-Venezia Giulia e meno del 2 per cento in Piemonte, Lombardia e Umbria. Le Comunità montane hanno un ruolo rilevante in Valle D’Aosta, dove gestiscono il 58 per cento della spesa, e in Abruzzo, dove hanno la gestione del 19 per cento della spesa. Le Unioni di Comuni non sono particolarmente attive nella gestione dei servizi: le quote più alte di spesa di loro competenza sono del 3 per cento e si trovano in Emilia-Romagna e in Molise. A livello nazionale il 38,7 per cento della spesa sociale è assorbita dai servizi di supporto alle esigenze delle varie categorie di utenti, mentre il 34,5 per cento è destinata al funzionamento delle strutture. La quota restante (il 26,8 per cento) è destinata ai trasferimenti in denaro, che possono essere erogati direttamente alle famiglie bisognose per finalità assistenziali specifiche o essere versati ai diversi enti che operano nel settore. La spesa per la gestione di strutture incide maggiormente nei comuni del Centro (43,3 per cento) e del Nord-est (39 per cento), mentre al Sud tale quota è nettamente al di sotto della media (25,5 per cento), evidenziando una ridotta disponibilità di strutture sul territorio.

I finanziamenti della spesa

Nel 2008 la spesa è finanziata per il 62 per cento con risorse proprie dei Comuni, (è da considerare che tale percentuale si è ridotta conseguentemente all’abolizione totale dell’ICI), con il fondo indistinto per le politiche sociali per il 15 per cento, con i fondi regionali vincolati per il 14,9 per cento e per il rimanente 7,6 per cento è rappresentato da altre fonti (fondi privati, enti associativi, fondi statali vincolati e UE, trasferimenti enti pubblici). Nell’Italia meridionale è maggiore l’incidenza del fondo indistinto per le politiche sociali e dei fondi regionali vincolati, mentre al Nord e al Centro i Comuni integrano maggiormente con risorse proprie i fondi ripartiti a livello locale per la gestione dei servizi e degli interventi nel settore sociale.

I servizi gestiti in proprio dai Comuni, che rappresentano il 75 per cento della spesa complessiva, risultano finanziati per il 74 per cento dalle risorse proprie delle amministrazioni comunali, per il 12,2 per cento dai fondi regionali vincolati per le politiche sociali (o fondi provinciali nel caso delle province autonome), per l’8,3 per cento dal fondo indistinto per le politiche sociali e per il resto si compongono di fondi vincolati per le politiche sociali dallo Stato o dall’Unione europea (1,7), trasferimenti da altri Comuni (0,9), altri trasferimenti da enti pubblici (1,5), trasferimenti da privati. Per il rimanente 25 per cento della spesa, erogata da enti associativi per conto dei Comuni, la quota più alta dei finanziamenti proviene dai trasferimenti da parte dei Comuni (33,7 per cento), il 30,9 per cento delle risorse proviene dal fondo indistinto per le politiche sociali, il 20,7 per cento dai fondi regionali vincolati, il 9,3 per cento dalle risorse proprie degli enti, il 2,1 per cento da fondi vincolati per le politiche sociali erogati dallo Stato o dall’Unione europea, il 2,3 per cento da altri trasferimenti da enti pubblici, l’1 per cento da trasferimenti da privati.

Complessivamente, quindi, emerge una notevole importanza delle risorse proprie dei Comuni per la copertura degli interventi e dei servizi sociali realizzati sul territorio: i Comuni, che gestiscono il 75 per cento della spesa complessiva, finanziano con risorse proprie circa tre quarti dei servizi offerti. Del rimanente 25 per cento di spesa, gestita dagli Enti associativi, circa un terzo viene finanziata dai Comuni, con trasferimenti che provengono quasi interamente (per l’86 per cento) dalle risorse proprie comunali.

 

 


Indicatore situazione economica equivalente (ISEE)

L’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) è stato introdotto nel nostro ordinamento dall’art.1 del D.Lgs. 109/1998[82] allo scopo di individuare criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati, nella misura o nel costo, a determinate situazioni economiche[83] .

 

L’ISEE è costituito da una componente reddituale (indicatore della situazione reddituale, ISR) e da una componente patrimoniale (indicatore della situazione patrimoniale, ISP) ed è reso confrontabile per famiglie di diversa numerosità e caratteristiche mediante l’uso di una scala di equivalenza (SE). L’ISR è composto dal reddito complessivo di tutti i componenti il nucleo familiare e da un reddito derivante dal patrimonio mobiliare, al netto delle spese per l’affitto (fino a un massimo di 5.164 euro). L’ISP, che entra solo per il 20% nella formazione dell’ISEE, è dato dalla somma del patrimonio immobiliare (considerato al valore ICI) del nucleo familiare, al netto della casa di abitazione se di proprietà (la franchigia per l’abitazione principale è pari a 51.646 euro), e del patrimonio mobiliare, al netto di una franchigia di 15.494 euro[84]. La SE è un parametro che permette il confronto tra situazioni familiari diverse, tenuto conto delle economie di scala che derivano dalla convivenza e di alcune particolari condizioni del nucleo familiare che comportano maggiori spese o disagi (presenza di persone con disabilità, nuclei monogenitore, entrambi genitori lavoratori). Si ricorda che nell’ISEE non sono inclusi i redditi esenti da imposizione[85]. Nel corso del 2010 sono state sottoscritte 7,4 milioni DSU: rispetto al 2002, anno di avvio nella sua piena funzionalità del Sistema informativo dell’ISEE, il numero di dichiarazioni è più che triplicato, passando da poco più di 2 milioni a oltre 7 milioni. Conseguentemente, gli individui coperti da DSU (o meglio, quelli presenti nei nuclei familiari distinti), rappresentano nel 2010 una popolazione di 18,5 milioni di persone, superando per la prima volta il 30 per cento dell’intera popolazione residente nel nostro paese; una copertura più che doppia rispetto ai primi anni di avvio dell’ISEE, corrispondente tuttavia ad una crescita cumulata decisamente inferiore a quella dei nuclei familiari che presentano DSU. Per quanto riguarda l’analisi in termini territoriali, l’area dove si concentra la popolazione ISEE è decisamente il Mezzogiorno.

 

Al momento di avvio del sistema, l’ISEE è stato utilizzato soprattutto a livello nazionale[86] per le prestazioni previste dalla normativa di settore, successivamente le amministrazioni locali lo hanno utilizzato in virtù delle capacità selettive e della semplicità di utilizzazione del Sistema informativo[87]. A legislazione vigente, la platea dei beneficiari delle prestazioni erogate attraverso l’ISEE non può essere esclusivamente identificata con le famiglie in condizione di bisogno economico: l’ISEE è infatti utilizzato anche per stabilire la compartecipazione al costo di servizi a destinazione generale (prestazioni per il diritto allo studio universitario e per gli asili nido). D’altra parte, alcune prestazioni destinate alle persone in povertà – gli assegni sociali – sono tuttora escluse dall’ambito di applicazione dell’ISEE, mentre altre - Carta Acquisti – vi rientrano.

 

L’articolo 5 del D.L. 201/2011[88] ha demandato ad un decreto interministeriale, da emanare entro il 31 maggio 2012, la revisione delle modalità di determinazione e i campi di applicazione dell’ISEE. A tal fine viene rafforzata la rilevanza degli elementi collegati alla ricchezza patrimoniale della famiglia e ai trasferimenti monetari, anche se esenti da imposizione fiscale. In particolare, ai fini della revisione si dovrà:

Ø      tenere conto delle quote di patrimonio e di reddito dei diversi componenti della famiglia nonché dei pesi dei carichi familiari, in particolare dei figli successivi al secondo e delle persone disabili a carico;

Ø      migliorare la capacità selettiva dell’indicatore, valorizzando in misura maggiore la componente patrimoniale sita in Italia e all'estero, al netto del debito residuo per l'acquisto della stessa e tenuto conto delle imposte relative;

Ø      permettere una differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni;

Ø      rafforzare il sistema dei controlli;

Ø      istituire una banca dati delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all’ISEE, presso l’Inps.

Il decreto ha inoltre il compito di individuare le agevolazioni fiscali e tariffarie, nonché le provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, non potranno essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un ISEE superiore alla soglia individuata dallo stesso decreto.

Un ulteriore decreto interministeriale dovrà inoltre definire le modalità con cui rafforzare il sistema dei controlli dell’ISEE, anche attraverso la condivisione degli archivi cui accedono la pubblica amministrazione e gli enti pubblici, ma soprattutto dovrà fornire le specifiche necessarie alla  costituzione di una banca dati delle prestazioni sociali agevolate, condizionate all’ISEE, attraverso l’invio telematico all’Inps, da parte degli enti erogatori, delle informazioni sui beneficiari e sulle prestazioni concesse[89].

 

Tale previsione è stata ripresa e rafforzata da quanto disposto dall’articolo 16, comma 1, del D.L. 5/2012[90] che prevede che gli enti erogatori di interventi e servizi sociali debbano inviare all’INPS le informazioni sui beneficiari unitamente a quelle sulle prestazioni concesse, raccordando i flussi informativi del Sistema informativo servizi sociali (SIS)[91], del Casellario dell’assistenza nonché dei dati relativi alle prestazioni sociali agevolate e dei dati sui controlli ISEE. La necessaria definizione delle modalità per lo scambio telematico dei dati viene demandata a un provvedimento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e nel rispetto del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs. 196/2003).

 

 


Agevolazioni fiscali per la famiglia

Tassazione dei componenti del nucleo familiare - Quadro normativo vigente

Attualmente i componenti del nucleo familiare sono soggetti a tassazione IRPEF su base individuale, con applicazione delle seguenti aliquote progressive per scaglioni di reddito[92]:

 

CLASSI DI REDDITO
(in euro)

Aliquote

 

fino a

15.000

23%

da 15.000

a 28.000

27%

da 28.000

a 55.000

38%

da 55.000

a 75.000

41%

oltre

75.000

43%

Detrazioni per carichi di famiglia

I carichi di famiglia danno diritto a detrazioni dall’imposta lorda, di importo differenziato in relazione al rapporto tra il contribuente e il soggetto a carico e in relazione al reddito percepito dal contribuente (l’importo delle detrazioni si riduce all’aumentare del reddito). Ai fini del calcolo delle detrazioni, il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze.

Le detrazioni per carichi di famiglia sono disciplinate dall’articolo 12 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante “Testo unico delle imposte sui redditi ”– TUIR, (da ultimodallalegge 24 dicembre 2007, n. 244, legge finanziaria per il 2008.

 

Le attuali detrazioni per il coniuge non legalmente ed effettivamente separato sono le seguenti:

1)     se il reddito complessivo non supera 15.000 euro: 800 euro diminuiti del prodotto tra 110 euro e l’importo corrispondente al rapporto fra reddito complessivo e 15.000 euro.

2)     se il reddito complessivo è compreso tra 15.001 e 40.000 euro: 690 euro. Tale misura è aumentata di un importo compreso tra 10 e 30 euro, nei casi in cui il reddito complessivo è compreso fra 29.001 e 35.200;

3)     se il reddito complessivo è compreso tra 40.001 e 80.000 euro: 690 euro. La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.

 

Le attuali detrazioni per i figli a carico sono le seguenti:

§      800 euro per ciascun figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi e gli affidati o affiliati, di età superiore a tre anni;

§      l’importo è aumentato a 900 euro per ciascun figlio di età inferiore a tre anni;

§      per i contribuenti con più di tre figli a carico la detrazione è aumentata di 200 euro per ciascun figlio a partire dal primo;

§      l’importo base della detrazione è aumentato di 220 euro per ogni figlio portatore di handicap:

 

La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 95.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 95.000 euro; in presenza di più figli l'importo di 95.000 euro è aumentato, per tutti, di 15.000 euro per ogni figlio successivo al primo[93].

 

La detrazione per i figli a carico è ripartita tra i genitori, non legalmente ed effettivamente separati, nella misura del 50 per cento ciascuno.[94] E’ consentito, sulla base di un accordo tra i genitori, attribuire interamente la detrazione al genitore con un reddito complessivo di ammontare più elevato, in modo da permettere, in caso di incapienza di uno dei genitori, il godimento per intero delle detrazioni da parte del genitore fiscalmente capiente.

Nel caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione, in mancanza di accordo, spetta al genitore affidatario del (o dei) figlio (figli). Nell’eventualità di un affidamento congiunto o condiviso, la detrazione è ripartita tra i genitori nella misura del 50 per cento ciascuno, in mancanza di diverso accordo.

E’ inoltre previsto, nell’ipotesi in cui il genitore affidatario o, in caso di affidamento congiunto, uno dei genitori affidatari, non possa usufruire, in tutto o in parte, della detrazione, per limiti di reddito, che la detrazione stessa è assegnata per intero all’altro genitore, il quale è tenuto a riversare al genitore affidatario l’intera detrazione o, in caso di affidamento congiunto, il cinquanta per cento, salvo diverso accordo.

Nel caso in cui un coniuge sia fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione spetta a quest’ultimo per l’intero ammontare.

Infine, è statuito che per il primo figlio si applichino, se più convenienti, le detrazioni per il coniuge a carico non legalmente ed effettivamente separato, nei seguenti casi:

§      qualora l’altro genitore manchi o non abbia riconosciuto i figli naturali e il contribuente non sia coniugato o, se coniugato, si sia in seguito legalmente ed effettivamente separato;

§      qualora vi siano figli adottivi, affidati o affiliati del solo contribuente e questi non sia coniugato o, se coniugato, si sia successivamente legalmente ed effettivamente separato.

Tale misura, già prevista dalla disciplina previgente, costituisce dunque un’agevolazione per le famiglie monoparentali.

 

E’ inoltre riconosciuta una detrazione di 750 euro, da ripartire pro quota tra coloro che ne hanno diritto, per ogni altra persona indicata nell'articolo 433 del codice civile[95](persone obbligate agli alimenti) che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti dell'autorità giudiziaria.

La detrazione spetta per la parte corrispondente al rapporto tra l'importo di 80.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 80.000 euro.

 

Il comma 1-bis dell’articolo 12 prevede un’ulteriore detrazione ove vi siano almeno quattro figli a carico. Essa ammonta a 1.200 euro ed èripartita al 50 per cento tra i genitori non legalmente ed effettivamente separati. In caso di separazione legale ed effettiva o di annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, la detrazione spetta ai genitori in proporzione agli affidamenti stabiliti dal giudice. Nel caso di coniuge fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione compete a quest’ultimo per l’intero importo.

In caso di incapienza, ovvero nel caso in cui la tale detrazione sia superiore all’imposta lorda, diminuita delle detrazioni per carichi di famiglia e delle altre detrazioni previste dalla legge, al contribuente spetta un credito di ammontare corrispondente alla quota che non trova capienza.

 

Il comma 2 dell’articolo 12 del TUIR prevede che le detrazioni sopra indicate spettano a condizione che le persone alle quali si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore a 2.840,51 euro, al lordo degli oneri deducibili. Le detrazioni sono rapportate a mese e competono dal mese in cui si sono verificate al mese in cui sono cessate le condizioni richieste (comma 3 dell’articolo 12).

Il comma 4 dell’articolo 12 del TUIR stabilisce che le detrazioni per carichi di famiglia spettano esclusivamente quando i rapporti contemplati nelle varie ipotesi sono numeri maggiori di zero e minori di uno. Se il rapporto è pari a zero, minore di zero o pari a uno le detrazioni non spettano.

Carichi di famiglia per soggetti non residenti

Si segnala che l’articolo 29, commi 6-bis e 6-ter, del D.L. n. 216 del 2011 ha prorogato per l’anno 2012 la detrazione fiscale per carichi di famiglia in favore dei soggetti non residenti, introdotta dall’articolo 1, comma 1324, della legge n. 296 del 2006 per l’anno 2007, e successivamente prorogata ogni anno[96].

La legge finanziaria per il 2007[97] ha introdotto il diritto alle detrazioni per carichi di famigliaai soggetti non residenti a condizione che essi dimostrino:

§      che le persone alle quali tali detrazioni si riferiscono non possiedano un reddito complessivo superiore, al lordo degli oneri deducibili, a 2.840,51 euro, compresi i redditi prodotti fuori dal territorio dello Stato;

§      di non godere, nel paese di residenza, di alcun beneficio fiscale connesso ai carichi familiari.

La norma è introdotta in deroga all’articolo 24, comma 3 del TUIR, ai sensi del quale i soggetti non residenti[98] non hanno diritto alle detrazioni per carichi di famiglia.

 

Detrazione per spese di istruzione

La detrazione IRPEF per le spese di istruzione è disciplinata dall’articolo 15, comma 1, lettera e) del TUIR. L’ammontare della detrazione è pari al 19% delle spese sostenute per la frequenza di corsi di istruzione secondaria e universitaria, pubblici o privati, italiani o stranieri. Le spese, che possono riferirsi anche a più anni, compresa l’iscrizione fuori corso, per gli istituti o università privati e stranieri non devono essere superiori a quelle delle tasse e contributi degli istituti statali italiani.

 

Detrazione per asili nido

È prevista una detrazione del 19 per cento delle spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento delle rette degli asili nido. Le spese sono ammesse in detrazione per un importo non superiore a 632 euro annui (art. 2, comma 6, L. 203/2008).

Detrazione per spese sportive

L’articolo 15, comma 1, lettera i-quinquies), del TUIR disciplina una detrazione IRPEF in relazione alle spese sostenute per l’iscrizione annuale e l’abbonamento, per i ragazzi di età compresa tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive, palestre, piscine ed altre strutture ed impianti sportivi destinati alla pratica sportiva dilettantistica. La misura del beneficio è pari al 19% della spesa, per un importo non superiore a 210 euro (in sostanza la misura massima della detrazione è pari a 40 euro annuo per ciascun giovane iscritto).

Ai sensi del comma 2 del richiamato articolo 12, la detrazione spetta anche se tali spese sono state sostenute per i familiari fiscalmente a carico.

Detrazioni per studenti fuori sede

Ai sensi dell’articolo 15, comma 1, lettera i-sexies), del TUIR spetta una detrazione IRPEF, in misura pari al 19% della spesa annua per canoni di locazione sostenuti da studenti universitari fuori sede, ossia studenti che frequentano un’università ubicata in un comune distante dal comune di residenza almeno 100 km e comunque in una provincia diversa.

Il beneficio fiscale spetta in relazione a contratti stipulati o rinnovati ai sensi della legge n. 431/1998[99], ai canoni relativi a contratti di ospitalità, nonché agli atti di assegnazione in godimento o locazione stipulati con enti per il diritto allo studio, università, collegi universitari legalmente riconosciuti, enti senza fine di lucro e cooperative.

Detrazione per canoni di locazione relativi ad abitazione principale

L’articolo 16, comma 01, del TUIR, prevede una detrazione per chi sostiene le spese dell’affitto per la casa adibita a propria abitazione principale.In particolare, ai soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale stipulati o rinnovati a norma della legge 9 dicembre 1998, n. 431, spetta una detrazione complessivamente pari a:

§      300 euro, se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro

§      150 euro, se il reddito complessivo è superiore a 15.493,71 euro, ma non superiore a 30.987,41 euro.

In favore dei giovani di età compresa fra i 20 e i 30 anni, che stipulano un contratto di locazione ai sensi della legge 9  dicembre 1998, n. 431, per l’unità immobiliare da destinare a propria abitazione principale, sempre che la stessa sia diversa dall’abitazione principale dei genitori, il beneficio spetta per i primi tre anni di locazione in misura pari a:

§      euro 991,60 se il reddito complessivo non supera 15.493,71 euro;

§      euro 495,80 se il reddito è compreso tra 15.493,72 e 30.987,41 euro.

 

Detrazione sull’abitazione principale per figli a carico in relazione all’imposta municipale propria (IMU) e per gli immobili dei soggetti residenti all’estero

L’articolo 13, comma 10, del decreto legge n. 201 del 2012, che ha anticipato al 2012 l’applicazione dell’imposta municipale propria (IMU), istituita e disciplinata dal D.Lgs. sul federalismo municipale (D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23), ha altresì previsto che, per gli anni 2012 e 2013, la detrazione prevista per l’abitazione principale (pari a 200 euro) sia maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale. L'importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l'importo massimo di euro 400. I comuni possono disporre l'elevazione dell’importo della detrazione, fino a concorrenza dell'imposta dovuta, nel rispetto dell'equilibrio di bilancio.

L’articolo 19, comma 13 del citato provvedimento ha inoltre istituito un’imposta sul valore degli immobili situati all’estero, a qualsiasi uso destinati dalle persone fisiche residenti nel territorio dello Stato. Il comma 15-bis del citato articolo prevede, in favore di alcune categorie di soggetti che prestano lavoro all'estero (soggetti che lavorano per lo Stato italiano, per una sua suddivisione politica o amministrativa o per un suo ente locale, persone fisiche che lavorano all'estero presso organizzazioni internazionali cui aderisce l'Italia e la cui residenza fiscale in Italia sia determinata, in deroga agli ordinari criteri previsti dal Testo Unico delle imposte sui redditi, in base ad accordi internazionali ratificati) una aliquota agevolata d’imposta (0,4 per cento) per l'immobile adibito ad abitazione principale e per le relative pertinenze, limitatamente al periodo di tempo in cui l'attività lavorativa è svolta all'estero. Le medesime norme prevedono poi, in analogia con quanto previsto per l’IMU, una detrazione per il predetto immobile e per le relative pertinenze, pari a 200 euro rapportati al periodo dell'anno durante il quale si protrae tale destinazione. Per gli anni 2012 e 2013 la detrazione è maggiorata di 50 euro per ciascun figlio di età non superiore a ventisei anni, purché dimorante abitualmente e residente anagraficamente nell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale; l'importo complessivo della maggiorazione, al netto della detrazione di base, non può superare l'importo massimo di 400 euro.

 

Interessi passivi su mutui per l’acquisto di immobili

La normativa vigente in materia di detrazioni fiscali per gli interessi passivi ed oneri accessori derivanti da contratti di mutuo ipotecario è piuttosto articolata in quanto nel corso dei vari anni ha subito diverse modifiche, con la conseguenza che le detrazioni fiscali spettano secondo limiti e modalità che variano in relazione al tipo di fabbricato (abitazione principale, abitazione secondaria, altri fabbricati non abitativi) e all’anno in cui è stato stipulato il contratto di mutuo.

Per i mutui stipulati dal 1993 le detrazioni sono concesse solo quando si acquista l’abitazione principale. Dal 1º gennaio 2008 il limite di spesa per interessi passivi sul quale è possibile calcolare la detrazione d’imposta del 19% è pari a 4.000 euro, pertanto, l’importo massimo di detrazione di cui si può fruire è di 760 euro (19% di 4.000 euro).

 

Assegno per il nucleo familiare

Si ricorda che al modello di tassazione suesposto si affianca l’istituto degli assegni per il nucleo familiare i cui ammontari, differenziati secondo la numerosità del nucleo, sono funzione del reddito familiare complessivo.

L’assegno per il nucleo familiare, introdotto dal D.L. 69 del 1988, è una prestazione di carattere previdenziale, erogata con cadenza mensile su richiesta del lavoratore o del pensionato, unitamente agli altri elementi della retribuzione o della pensione. L’assegno ha la funzione di integrare la retribuzione dei lavoratori che si trovano in determinate situazioni familiari di reddito.

Beneficiari dell’assegno sono:

-      i lavoratori dipendenti che prestino la propria attività nel territorio dello Stato, indipendentemente dalla nazionalità;

-      i titolari di pensione derivante da un precedente rapporto di lavoro;

-      i lavoratori assistiti dall’assicurazione contro la tubercolosi.

Presupposti per il riconoscimento dell’assegno sono l’esistenza di un nucleo familiare, il rispetto di determinati limiti di reddito, la non fruizione di altri trattamenti di famiglia.

Riguardo ai limiti di reddito, la concessione dell’assegno è subordinata alla circostanza che la somma dei redditi da lavoro dipendente, da pensione o da altra prestazione previdenziale derivante comunque da lavoro dipendente sia superiore al 70% del reddito familiare complessivo.

Ai fini della corresponsione dell’assegno, il reddito da considerare è quello risultante dalla somma dei redditi percepiti, nell’anno solare precedente il 1° luglio dell’anno cui la domanda si riferisce, da tutti i soggetti che compongono il nucleo familiare al momento della domanda, o nel periodo di riferimento della domanda .

L’ammontare dell’assegno, unico per l’intero nucleo familiare, è determinato in misura differenziata in rapporto al numero dei componenti il nucleo familiare e al relativo reddito complessivo. La prestazione erogata è prevista in importi decrescenti per scaglioni crescenti di reddito in corrispondenza di soglie di esclusione a seconda della tipologia familiare.

Al fine di valorizzare la posizione del coniuge che svolge prevalentemente attività di cura del nucleo familiare, l’articolo 1, comma 559, della L. 30 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria per il 2005), ha stabilito l’erogazione dell’assegno per il nucleo familiare al coniuge dell’avente diritto a decorrere dal periodo di paga in corso al 1° gennaio 2005.

Si consideri che l’articolo 5 del D.M. 4 aprile 2002 ha esteso la disciplina dell’assegno per il nucleo familiare di cui al citato articolo 2 del D.L. 69/1988, agli iscritti alla gestione separata INPS di cui all'art. 2, comma 26, della legge n. 335 del 1995 che non risultino iscritti ad altre forme pensionistiche obbligatorie, tra cui figurano i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto .

L’articolo 1, comma 1 della legge n. 296/2006 (finanziaria 2007) determina in via diretta gli importi dell'assegno e dei relativi limiti di reddito consentendo, inoltre, che con decreto interministeriale venga operata un'ulteriore rimodulazione. In particolare si prevede che:

§      i livelli di reddito e gli importi annuali dell'assegno per il nucleo familiare, con riferimento ai nuclei familiari con entrambi i genitori e almeno un figlio minore in cui non siano presenti componenti inabili nonché ai nuclei familiari con un solo genitore e almeno un figlio minore in cui non siano presenti componenti inabili, sono rideterminati secondo la Tabella 1 allegata alla legge medesima, a decorrere dal 1° gennaio 2007;

§      gli importi degli assegni per tutte le altre tipologie di nuclei con figli sono rivalutati del 15 per cento, sempre con decorrenza dal 1° gennaio 2007;

§      i livelli di reddito e gli importi degli assegni per i nuclei con figli, nonchéquelli per i nuclei familiari senza figli possono essere rimodulati ulteriormente con decreto interministeriale, secondo criteri analoghi a quelli adottati nella Tabella summenzionata, "anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi disponibili delle famiglie risultante dagli assegni per il nucleo familiare e dalle detrazioni a fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche";

§      nel caso di nuclei familiari con più di tre figli, o soggetti equiparati, di età inferiore a 26 anni compiuti, ai fini della determinazione dell’assegno, si prendono in considerazione, oltre ai figli minori, anche i figli che abbiano già compiuto diciotto anni, ma che non ne abbiano ancora compiuto ventuno, purché siano studenti o apprendisti;

§      gli ordinari criteri di rivalutazione dei livelli di reddito e dell'importo dell'assegno non si applicano con riferimento al 2007 e trovano nuovamente applicazione a decorrere dal 2008.

La legge finanziaria 2008 (articolo 1, comma 200 della legge 244/2007) ha demandato ad un decreto del Ministro delle politiche per la famiglia e del Ministro del lavoro e della previdenza sociale, emanato di concerto con il Ministro della solidarietà sociale e con il Ministro dell’economia e delle finanze, la rideterminazione, a decorrere dal 2008, nel limite di una maggiore spesa annua di 30 milioni di euro, della misura degli assegni per il nucleo familiare e dei relativi limiti massimi di reddito, volta all’elevamento dei medesimi, con riferimento ai nuclei familiari con almeno un componente inabile (totalmente) al lavoro ed ai nuclei familiari "orfanili" (in cui, cioè, siano deceduti entrambi i genitori), sulla base di criteri analoghi a quelli di cui alla Tabella 1 allegata al citato comma 11 della legge finanziaria 2007, anche con riferimento alla coerenza del sostegno dei redditi familiari disponibili risultante dall'istituto in esame degli assegni per il nucleo familiare e dalle detrazioni IRPEF.

A seguito del Decreto Interministeriale 25 marzo 2008, la circolare n. 16 del 24 giugno 2008 della Ragioneria Generale dello Stato Igop ha rielaborato e rideterminato le tabelle relative a nuclei familiari con almeno un componente inabile, quelle relative ai nuclei orfanili e alcune tabelle preesistenti, con decorrenza dal 1° gennaio 2008.

La rivalutazione dei redditi per la corresponsione dell’assegno al nucleo familiare a decorrere dal 1° luglio 2011 è stata disposta con Circolare n. 22 del 20 giugno 2011.

 

 

 


Unione europea

 


Le politiche dell’Unione europea per la famiglia

 

L’Alleanza europea per la famiglia

Nell’ambito delle iniziative assunte a livello dell’Unione europea per il sostegno dei nuclei familiari, un particolare rilievo va attribuito all’Alleanza europea per la famiglia proposta dal Consiglio europeo dell’8 e 9 marzo 2007.

L'Alleanza europea per la famigliaè una iniziativa chesi prefigge di favorire lo scambio di esperienze e la realizzazione di una partnership fra gli Stati membri impegnati nella modernizzazione delle politiche per la famiglia. Essa vuol essere una piattaforma di scambi in tale materia, al fine di poter rispondere ai bisogni determinati dai cambiamenti demografici.

Gli strumenti principali a tale riguardo sono:

·     l’istituzione di un gruppo ad alto livello di esperti governativi sulle questioni demografiche, avente il compito di consigliare e di assistere la Commissione nella preparazione e nell'attuazione delle diverse azioni di analisi e di scambio di esperienze;

·     forum biennali per effettuare il bilancio della situazione demografica con il sostegno delle reti europee nazionali, regionali e locali;

·     un Osservatorio delle buone prassi in materia di politiche per la famiglia;

·     la mobilitazione dei fondi strutturali europei.

Attraverso il suo sito web, l’ Alleanza fornisce una descrizione esaustiva delle sue attività, comprese le proposte concrete dei piani delle politiche per le famiglie da parte dei paesi membri e ospita una sezione in cui è possibile consultare un data base di esempi di migliori prassi. Ogni esperienza raccolta in archivio è corredata da un approfondimento descrittivo in cui le relative informazioni possono rappresentare utili strumenti di osservazione privilegiata e di analisi delle politiche per le famiglie.

In vista dell'anno europeo per le famiglie previsto nel 2014, le più recenti azioni concrete promosse dall'Alleanza Europea per le Famiglie attraverso il proprio portale web sono volte a:

·       migliorare i servizi e le prestazione rivolte all'assistenza a l'infanzia e agli anziani;

·       diffondere buone pratiche di conciliazione famiglia-lavoro;

·       promuovere azioni di sostegno per la parità di genere.

 

Le più recenti iniziative europee

Conciliazione tra vita familiare e professionale

Nell’ottobre 2008 la Commissione europea ha presentato una  proposta di direttiva (COM(2008)637) concernente l'attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute sul lavoro delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento.

In particolare, la proposta della Commissione estende la durata minima del congedo di maternità da 14 a 18 settimane e, per quanto riguarda l'indennità corrisposta durante il congedo di maternità, stabilisce che essa possa essere ritenuta adeguata se assicura un reddito equivalente all'ultima retribuzione mensile percepita o a una retribuzione mensile media, entro il limite di un eventuale massimale stabilito dalle legislazioni nazionali. Tale massimale non potrà essere inferiore all'indennità che le lavoratrici percepiscono nel caso di un'interruzione delle loro attività per motivi connessi allo stato di salute.

Il 20 ottobre 2010 il Parlamento europeo ha concluso l’esame del testo in prima lettura. La risoluzione legislativa approvata dal Parlamento europeo ha previsto  alcuni emendamenti volti a: estendere il congedo di maternità minimo a 20 settimane (andando cosi oltre la proposta della Commissione di 18 settimane); prevedere, durante il congedo di maternità una remunerazione al 100% dell'ultima retribuzione mensile o della retribuzione mensile media; garantire ai padri il diritto a un congedo di paternità remunerato di almeno due settimane, durante il periodo di congedo di maternità; proibire il licenziamento delle donne dall'inizio della gravidanza fino a almeno il sesto mese dopo la fine del congedo di maternità.

L’iter di approvazione della proposta risulta bloccato da oltre un anno in seno al Consiglio poiché la maggioranza delle delegazioni ha ritenuto eccessivi gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo in materia di durata e retribuzione dei congedi e di congedo di paternità.

 

Il Parlamento europeo ha approvato l’11 novembre 2010 una risoluzione sulla sfida demografica e la solidarietà tra le generazione nella quale, con particolare riferimento alle politiche di conciliazione tra vita familiare e professionale:

·       sottolinea che occorre promuovere maggiormente la compatibilità tra lavoro e famiglia sia per quanto riguarda gli uomini che per quanto riguarda le donne, provvedendo a che gli oneri familiari siano ripartiti in modo equilibrato;

·       sottolinea che gli anziani assolvono spesso nella famiglia ad una funzione importante e molto preziosa in sé, occupandosi dei bambini e ospitandoli durante le vacanze scolastiche e dopo l’orario delle lezioni;

·       riconosce la necessità di intervenire per migliorare i trattamenti riferiti non solo al congedo di maternità, ma anche a quello di paternità e ai congedi parentali per padri lavoratori;

·       richiama l’attenzione sul fatto che occorre introdurre in tutta l’UE incentivi per l’incremento delle nascite;

·       esorta gli Stati membri a intraprendere iniziative strutturali a favore delle famiglie, compreso il diritto agli assegni supplementari per i genitori, misure di sostegno supplementari a favore delle famiglie monoparentali, agevolazioni fiscali e sociali per asili nido e per organizzazioni di volontariato e cooperative senza scopo di lucro;

·       ritiene che il diritto al lavoro a tempo parziale, regolamentazioni adeguate relative alla maternità, alla gravidanza, al congedo parentale e agli assegni familiari e la condivisione del lavoro e il telelavoro contribuiscano a conciliare le responsabilità familiari e il lavoro;

·       invita gli Stati membri a garantire servizi accessibili, poco onerosi, flessibili e di alta qualità e segnatamente l'accesso a strutture di custodia dell'infanzia, con l'obiettivo di coprire il 50 % delle esigenze di assistenza ai bambini fino a 3 anni e il 100 % dell'assistenza ai bambini di età compresa tra 3 e 6 anni; esorta inoltre gli Stati membri a migliorare l'accesso all'assistenza per le altre persone a carico e a introdurre disposizioni adeguate per i congedi di entrambi i genitori.

 

Il 4 maggio 2011 il Comitato economico e sociale europeo ha approvato un parere intitolato “Il ruolo della politica della famiglia nel processo di cambiamento demografico: condividere le buone pratiche tra gli Stati membri” nel quale rileva come:

·     sia interessante mettere a confronto le politiche a sostegno della famiglia dai diversi Stati membri dell’UE per individuare le migliori pratiche;

·     benché le politiche a favore della famiglia non rientrino nelle competenze dell'Unione europea, quest'ultima può legiferare in ambiti che riguardano la conciliazione della vita familiare con quella professionale e nel settore della parità professionale tra uomini e donne, nonché in materia di protezione e sviluppo dell'infanzia;

·     sia auspicabile avere ad opera della Commissione europea un maggiore coordinamento delle iniziative e di finanziamenti promossi dall’Unione europea a sostegno delle politiche per la famiglia;

·     all'elaborazione delle politiche familiari o che incidono sulla famiglia, a livello sia dell'UE che degli Stati membri, debbano partecipare anche le associazioni di rappresentanza delle famiglie;

·     poiché molte politiche decise a livello europeo hanno un impatto diretto sulla vita delle famiglie, sia necessario integrare la dimensione familiare in modo trasversale in tutte le politiche europee, in particolare nella realizzazione delle valutazioni di impatto;

·     il Comitato economico e sociale europea sostenga l'idea di proclamare il 2014 Anno europeo delle famiglie.

 

La strategia UE per la parità di genere (2010-2015)

Il 21 settembre 2010 la Commissione europea ha presentato una strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell’Unione europea (COM(2010)491). La strategia prevede azioni basate su cinque priorità:

·     pari indipendenza economica;

·     pari retribuzione per lo stesso lavoro e lavoro di pari valore;

·     parità nel processo decisionale;

·     dignità, integrità e fine della violenza nei confronti delle donne;

·     parità tra donne e uomini nelle azioni esterne.

Per quanto riguarda la pari indipendenza economica, la Commissione europea rileva che l'impatto della maternità e della paternità sulla partecipazione al mercato del lavoro nell'UE è tuttora molto diverso per le donne e gli uomini, perché le donne continuano a sostenere una parte proporzionalmente maggiore delle responsabilità familiari. Le attuali tendenze demografiche indicano inoltre che le donne e gli uomini devono occuparsi sempre più di persone dipendenti che non sono i figli. In tale quadro, gli Stati membri che hanno adottato politiche di conciliazione hanno registrato un alto numero di donne e uomini attivi sul mercato del lavoro e tassi di natalità relativamente sostenibili. Recentemente l'UE ha compiuto progressi, migliorando il quadro generale per un maggiore equilibrio tra vita professionale e vita privata, in particolare con l’adozione della direttiva 2010/18/CE che attua l'accordo quadro riveduto in materia di congedo parentale e della direttiva 2010/41/ sull'applicazione del principio della parità di trattamento fra gli uomini e le donne che esercitano un'attività autonoma.

La Commissione intende progredire ulteriormente in questo campo, in particolare:

·     valutando le disparità ancora esistenti per quanto riguarda il diritto al congedo per motivi di famiglia, in particolare il congedo di paternità e il congedo per la prestazione di assistenza e le possibilità di affrontarle;

·     conducendo una ricognizione dei risultati ottenuti dagli Stati membri per quanto riguarda le strutture di assistenza per l'infanzia.

La Strategia 2010-2015 subentra alla tabella di marcia per la parità tra donne e uomini 2006-2010 (COM(2006)92) presentata dalla Commissione europea il 1° marzo 2006 e tiene conto della dichiarazione politica (cd. “ Carta per le donne”), (COM(2010)78), adottata dalla Commissione europea il 5 marzo 2010, in occasione della celebrazione dei  15 anni dalla piattaforma d'azione di Pechino.

Il potenziale occupazione dei Servizi per la persona e la famiglia

Nell’ambito delle iniziative collegate al cosiddetto “pacchetto per l’occupazione” presentato il 18 aprile 2012 (COM (2012) 173), la Commissione europea ha pubblicato un documento di lavoro intitolato “Sfruttare il potenziale di occupazione offerto dai servizi per la persona e la famiglia” nel quale fornisce un contributo per la definizione e la quantificazione dei servizi per la persona e la famiglia a livello europeo ed il loro possibile impatto sul mercato del lavoro. Sulla base del sopracitato documento di lavoro la Commissione ha svolto una consultazionedelle parti sociali  a livello europeo, che si è conclusa il 15 luglio 2012 ed i cui risultati dovranno essere presentati a fine del 2012.

Ricongiungimento familiare per i cittadini di paesi terzi che vivono nell’UE

Il 15 novembre 2011 la Commissione europea ha presentato il Libro verde sul diritto al ricongiungimento per i cittadini di paesi terzi che vivono nell’UE(COM(2011)735.

Il documento ha avviato  una consultazione pubblica, conclusasi  il 1° marzo 2012, su aspetti della direttiva 2003/86/CE, al fine di migliorare la legislazione UE e raccogliere informazioni e dati fattuali sull'applicazione della direttiva stessa. I quesiti hanno riguardato in particolare  aspetti quali, la qualifica di 'familiare', le misure di integrazione, la durata della procedura. La Commissione ha inoltre invitato gli Stati membri che hanno segnalato abusi del diritto al  ricongiungimento familiare a specificare e quantificare i problemi individuati, perché possano essere affrontati in modo più mirato a livello dell'Unione.

Sulla base dei contributi ricevuti, la Commissione deciderà le prossime iniziative.

 

 


Le politiche per la famiglia nei principali paesi europei

 


Francia, Germania, Regno Unito e Spagna

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Dottrina

 


 

 


Elenco Atti Camera e Senato
XVI legislatura

 


 

·                  S.3431
Sen. Mario Baldassarri (Per il Terzo Polo:ApI-FLI) e altri
Disposizioni in materia di incremento delle deduzioni per carichi di famiglia e di riduzioni della spesa per acquisti di beni e servizi
1 agosto 2012: Presentato al Senato
Da assegnare

·                  S.3323
Sen. Maria Elisabetta Alberti Casellati (PdL) e altri
Delega al Governo per l'istituzione presso i tribunali e le corti d'appello delle sezioni specializzate in materia di persone e di famiglia
29 maggio 2012: Presentato al Senato
12 giugno 2012: In corso di esame in commissione

·                  S.3276
Sen. Stefano Pedica (IdV) e altri
Disposizioni in materia di istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e per i minori presso i tribunali ordinari
2 maggio 2012: Presentato al Senato
12 giugno 2012: In corso di esame in commissione

·                  C.5165
On. Federico Palomba (IdV)
Delega al Governo per l'istituzione del tribunale e della procura della Repubblica per la persona, i minorenni e la famiglia
26 aprile 2012: Presentato alla Camera
Da assegnare

·                  S.3266
Sen. Laura Allegrini (PdL) e altri
Disposizioni in materia di processo civile unitario nel diritto di famiglia
17 aprile 2012: Presentato al Senato
12 giugno 2012: In corso di esame in commissione

·                  C.4882
On. Sandro Oliveri (Misto, MPA-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud) e altri
Istituzione della Festa nazionale della famiglia
12 gennaio 2012: Presentato alla Camera
9 marzo 2012: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.3063
Sen. Giuseppe Valditara (Per il Terzo Polo:ApI-FLI)
Delega al Governo per la riforma fiscale ai fini di migliore contrasto all'evasione, equità e sostegno alla famiglia, semplificazione e sostegno alle attività produttive
15 dicembre 2011: Presentato al Senato
Da assegnare

·                  S.3040
Sen. Maria Elisabetta Alberti Casellati (PdL) e altri
Delega al Governo per l'istituzione delle sezioni specializzate per le controversie in materia di persone e di famiglia
1 dicembre 2011: Presentato al Senato
12 giugno 2012: In corso di esame in commissione

·                  C.4811
On. Roberto Rao (UdCpTP)
Istituzione dell'Osservatorio nazionale sulle case famiglia
30 novembre 2011: Presentato alla Camera
Da assegnare

·                  S.2996
Sen. Oskar Peterlini (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI)
Disposizioni in favore della famiglia
28 ottobre 2011: Presentato al Senato
30 novembre 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.4582
On. Renato Cambursano (IdV) e altri
Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare
3 agosto 2011: Presentato alla Camera
27 ottobre 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.2844
Sen. Franco Cardiello (CN-Io Sud)
Disposizioni in materia di soppressione dei tribunali per i minorenni, nonchè disposizioni in materia di istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e per i minori presso i tribunali e le corti d'appello e di uffici specializzati delle procure della Repubblica presso i tribunali
26 luglio 2011: Presentato al Senato
12 giugno 2012: In corso di esame in commissione

·                  C.4463
On. Giuseppe Francesco Maria Marinello (PdL) e altri
Modifiche al codice civile in materia di disciplina del patto di famiglia
28 giugno 2011: Presentato alla Camera
20 luglio 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.2732
Sen. Adriana Poli Bortone (CN-Io Sud)
Deleghe al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare e altre agevolazioni
18 maggio 2011: Presentato al Senato
17 agosto 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.4327
On. Barbara Saltamartini (PdL)
Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di diritto del minore ad una famiglia
2 maggio 2011: Presentato alla Camera
3 maggio 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.4277
On. Enzo Raisi (FLI) e altri
Deleghe al Governo per l'adozione di norme in materia di disciplina dei rapporti di lavoro, di formazione e di misure di protezione sociale per favorire l'accesso dei giovani al lavoro, di previdenza e di politiche per la famiglia, nonché disposizioni concernenti la concorrenza nella prestazione di servizi, il riconoscimento delle professioni non regolamentate e la promozione di progetti imprenditoriali mediante la partecipazione a fondi d'investimento in capitale di rischio
8 aprile 2011: Presentato alla Camera
9 giugno 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.4146
On. Francesco Pionati (Ir)
Disposizioni per l'istituzione dello sportello unico per la famiglia
8 marzo 2011: Presentato alla Camera
28 marzo 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.4077
On. Carmen Motta (PD) e altri
Modifica all'articolo 10 della legge 4 maggio 1983, n. 184, in materia di salvaguardia dei rapporti tra il minore affidato e la famiglia affidataria
15 febbraio 2011: Presentato alla Camera
4 maggio 2011: In corso di esame in commissione

·                  C.3975
On. Erminio Angelo Quartiani (PD) e altri
Istituzione della figura dell'odontoiatra di famiglia
16 dicembre 2010: Presentato alla Camera
24 gennaio 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.3965
On. Gabriella Carlucci (PdL)
Soppressione dei tribunali per i minorenni e istituzione di sezioni specializzate per la famiglia e per i minori presso i tribunali e le corti d'appello nonché di uffici specializzati delle procure della Repubblica presso i tribunali
14 dicembre 2010: Presentato alla Camera
24 gennaio 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.2441
Sen. Mariapia Garavaglia (PD) e altri
Istituzione del Tribunale per i minorenni e per la famiglia
10 novembre 2010: Presentato al Senato
12 giugno 2012: In corso di esame in commissione

·                  C.3851
On. Paola Binetti (UdC) e altri
Istituzione dell'Autorità garante dei diritti della famiglia
10 novembre 2010: Presentato alla Camera
22 febbraio 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.3846
On. Marialuisa Gnecchi (PD) e altri
Modifiche al testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di limite di reddito per la fruizione delle detrazioni per carichi di famiglia, di esenzione delle borse di studio dall'imposizione fiscale nonché di detrazioni per gli interessi passivi relativi a mutui immobiliari e per i premi relativi ad assicurazioni contro il rischio di morte o di invalidità permanente
9 novembre 2010: Presentato alla Camera
21 dicembre 2010: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.3820
On. Pierluigi Castagnetti (PD) e altri
Misure a sostegno della famiglia e della natalità
28 ottobre 2010: Presentato alla Camera
13 gennaio 2011: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.2316
Sen. Maria Rizzotti (PdL)
Disciplina dei consultori familiari a tutela e sostegno della famiglia, della maternità, dell'infanzia e dei giovani in età evolutiva e istituzione dell'Autorità nazionale per le politiche familiari
2 agosto 2010: Presentato al Senato
18 novembre 2010: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.2263
Sen. Donatella Poretti (PD) e altri
Riforma del diritto di famiglia
7 luglio 2010: Presentato al Senato
15 dicembre 2010: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.3607
On. Rita Bernardini (PD) e altri
Modifiche al codice civile in materia di testamento biologico, di disciplina del diritto di famiglia e della fecondazione assistita, al codice penale in materia di omicidio del consenziente e di atti di violenza o di persecuzione psicologica all'interno della famiglia, nonché al codice di procedura civile in materia di disciplina della domanda di divorzio
6 luglio 2010: Presentato alla Camera
22 settembre 2010: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.2159
Sen. Helga Thaler Ausserhofer (UDC-SVP-Aut:UV-MAIE-Io Sud-MRE)
Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia mediante l'introduzione del metodo del quoziente familiare
5 maggio 2010: Presentato al Senato
17 giugno 2010: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.1851
Sen. Gianpiero D'Alia (UDC-SVP-Aut) e altri
Disposizioni per il riequilibrio del carico fiscale della famiglia e introduzione del contributo alla genitorialità
4 novembre 2009: Presentato al Senato
3 dicembre 2009: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.1776
Sen. Emanuela Baio (PD)
Modifiche al decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, riguardo alla regolamentazione del lavoro di cura e di assistenza alla famiglia
21 settembre 2009: Presentato al Senato
26 gennaio 2010: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.2640
On. Pier Ferdinando Casini (UdC) e altri
Disposizioni per il riequilibrio del carico fiscale della famiglia e introduzione del contributo alla genitorialità
24 luglio 2009: Presentato alla Camera
16 settembre 2009: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.1662
Sen. Emanuela Baio (PD) e altri
Emersione dal lavoro nero e regolamentazione del lavoro di cura alla famiglia
7 luglio 2009: Presentato al Senato
31 luglio 2009: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.2502
On. Souad Sbai (PdL) e altri
Modifica all'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di incremento delle detrazioni per carichi di famiglia in favore delle donne lavoratrici
9 giugno 2009: Presentato alla Camera
9 luglio 2009: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.2448
On. Francesco Aracri (PdL) e altri
Disposizioni per la tutela del patrimonio familiare dai pregiudizi economici derivanti dalla condotta di un componente della famiglia e delega al Governo per l'istituzione di sezioni specializzate in materia di famiglia presso i tribunali
19 maggio 2009: Presentato alla Camera
13 luglio 2009: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.2194
On. Gabriella Carlucci (PdL)
Modifica all'articolo 157 del codice penale, in materia di prolungamento dei termini di prescrizione per i reati di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli, riduzione in schiavitù, pornografia e sfruttamento della prostituzione minorile, violenza sessuale, atti sessuali con minorenne e corruzione di minorenne
11 febbraio 2009: Presentato alla Camera
14 luglio 2009: Conclusione anomala per stralcio

·                  C.1959
On. Alessandra Mussolini (PdL) e altri
Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, concernente il diritto del minore ad una famiglia
26 novembre 2008: Presentato alla Camera
26 gennaio 2009: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.1155
Sen. Donatella Poretti (PD) e altri
Depenalizzazione dei delitti contro la morale della famiglia
24 ottobre 2008: Presentato al Senato
10 novembre 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.1129
Sen. Donatella Poretti (PD) e altri
Misure per la creazione di "case-famiglia" per detenute con figli minori
20 ottobre 2008: Presentato al Senato
30 marzo 2011: Assorbito

·                  S.1059
Sen. Donatella Poretti (PD) e altri
Misure per la creazione di "case - famiglia" per detenute con figli minori
29 settembre 2008: Presentato al Senato
20 ottobre 2008: Ritirato

·                  S.887
Sen. Manfred Pinzger (UDC-SVP-Aut) e altri
Disposizioni per il sostegno e la promozione della famiglia
8 luglio 2008: Presentato al Senato
7 agosto 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

 

·                  S.843
Sen. Luigi Li Gotti (IdV) e altri
Misure di sensibilizzazione e prevenzione, nonchè repressione dei delitti contro la presona e nell'ambito della famiglia, per l'orientamento sessuale, l'identità di genere ed ogni altra causa di discriminazione
26 giugno 2008: Presentato al Senato
Da assegnare

·                  S.702
Sen. Emanuela Baio (PD)
Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare e misure a sostegno del coniuge superstite
28 maggio 2008: Presentato al Senato
28 luglio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.1077
On. Luigi Bobba (PD) e altri
Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare e misure a sostegno del coniuge superstite
20 maggio 2008: Presentato alla Camera
29 luglio 2010: In corso di esame in commissione

·                  C.835
On. Angela Napoli (PdL) e altri
Legge quadro sulla famiglia
7 maggio 2008: Presentato alla Camera
28 luglio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.324
Sen. Maria Ida Germontani (PdL)
Modifica all'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di incremento delle detrazioni per carichi di famiglia in favore delle donne lavoratrici
5 maggio 2008: Presentato al Senato
27 settembre 2011: In corso di esame in commissione

·                  C.729
On. Ignazio La Russa (PdL) e altri
Misure tributarie a sostegno della famiglia
5 maggio 2008: Presentato alla Camera
29 luglio 2010: In corso di esame in commissione

·                  C.722
On. Antonio Buonfiglio (PdL) e altri
Disposizioni per il riconoscimento e la tutela della famiglia
5 maggio 2008: Presentato alla Camera
18 luglio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.735
On. Antonio Pepe (PdL) e altri
Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia mediante l'introduzione del metodo del quoziente familiare e altre agevolazioni fiscali in favore delle famiglie
5 maggio 2008: Presentato alla Camera
29 luglio 2010: In corso di esame in commissione

·                  S.331
Sen. Laura Bianconi (PdL) e altri
Legge quadro sulla famiglia
5 maggio 2008: Presentato al Senato
10 giugno 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.664
On. Carolina Lussana (LNP) e altri
Legge quadro sulla famiglia e per la tutela della vita nascente
30 aprile 2008: Presentato alla Camera
22 maggio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.393
On. Luca Volonte' (UdC)
Istituzione di sezioni specializzate del tribunale e della corte d'appello per la tutela dei diritti dei minori e della famiglia
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
27 maggio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.134
On. Ludovico Vico (PD) e altri
Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia secondo il metodo del quoziente familiare
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
29 luglio 2010: In corso di esame in commissione

·                  C.493
On. Luisa Capitanio (UdC) e altri
Disciplina dei consultori familiari a tutela e sostegno della famiglia, della maternità, dell'infanzia e dei giovani in età evolutiva e istituzione dell'Autorità nazionale per le politiche familiari
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
29 maggio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.560
On. Renzo Lusetti (PD) e altri
Disposizioni in materia di tutela dei diritti della famiglia e istituzione dell'Autorità garante della famiglia
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
30 ottobre 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.95
On. Enrico La Loggia (PdL) e altri
Norme in favore della famiglia e della natalità
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
23 giugno 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.114
Sen. Mauro Cutrufo (PdL)
Istituzione della "Giornata nazionale della famiglia italiana"
29 aprile 2008: Presentato al Senato
27 maggio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.633
On. Massimo Polledri (LNP) e altri
Istituzione della "Giornata nazionale della famiglia"
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
30 giugno 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.494
On. Luisa Capitanio (UdC) e altri
Istituzione della "Giornata nazionale della famiglia"
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
10 giugno 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.491
On. Luisa Capitanio (UdC)
Disposizioni in materia di tutela dei minori nell'ambito della famiglia e nei procedimenti di separazione personale dei coniugi
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
5 agosto 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.227
On. Antonio Mazzocchi (PdL) e altri
Istituzione della Festa nazionale della famiglia e del Premio nazionale della famiglia d'Italia
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
22 gennaio 2009: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  S.178
Sen. Roberto Castelli (LNP)
Delega al Governo per l'istituzione delle sezioni specializzate per la famiglia e per i minori
29 aprile 2008: Presentato al Senato
Da assegnare

·                  C.384
On. Luca Volonte' (UdC)
Disposizioni per il riequilibrio del carico fiscale della famiglia
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
10 giugno 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.385
On. Luca Volonte' (UdC)
Modifica all'articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, in materia di detrazione di oneri per la formazione della famiglia
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
22 maggio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.14
On. Siegfried Brugger (Misto) e altri
Delega al Governo per la revisione del trattamento tributario della famiglia mediante l'introduzione del metodo del quoziente familiare
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
14 settembre 2010: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

·                  C.350
On. Antonio De Poli (UdC)
Norme di principio e interventi per la promozione e il sostegno della famiglia
29 aprile 2008: Presentato alla Camera
22 maggio 2008: Assegnato (non ancora iniziato l'esame)

 



[1]    Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche della famiglia, La famiglia in Italia, a cura di Pierpaolo Donati, 2012.

[2]    Istat, Demografia in cifre: sistema di now cast per indicatori demografici, consultabile all’indirizzo:

http://demo.istat.it/altridati/indicatori/index.html#tabreg

[3]    Istat, Natalità e fecondità della popolazione residente: anni 2009 e 2010, settembre 2011

[4]    Istat, Come cambiano le forme familiari: anno 2009, settembre 2011.

[5]    Istat, Rapporto Annuale 2012: la situazione del Paese, maggio 2012

[6]    La povertà relativa (la percentuale di famiglie povere sul totale delle famiglie residenti) viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale (linea di povertà) che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale una famiglia viene definita povera in termini relativi: per una famiglia di due componenti la linea di povertà è pari alla spesa media pro capite nel Paese e, nel 2010, è risultata pari a 992,46 euro mensili.

[7]    A questo proposito, rileva sottolineare che la composizione dei consumi delle famiglie è mutata significativamente: tra il 1997 e il 2010 è aumentata di molto la quota destinata all’abitazione, meno quella per l’energia, mentre tutte le altre voci hanno visto una riduzione della propria importanza. Le famiglie più povere hanno accresciuto i consumi del 44 per cento, riducendo drasticamente le spese non necessarie e la qualità dei prodotti acquistati (il 20 per cento di esse si rivolge agli hard discount).

[8]     Tarantola A.M., Le famiglie italiane nella crisi, 4 aprile 2012.

[9]    Istat, Reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società, aprile 2012.

[10]  Banca d’Italia, I bilanci delle famiglie italiane nell’anno 2012, Supplementi al Bollettino statistico: Indagini campionarie, anno XXII, 25 gennaio 2012, n. 6.

[11]  Articolo 1, comma 19, lettera e) del  D.L. 18 maggio 2006, n. 181, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 luglio 2006, n. 233.

[12]  Decreto-legge 16 maggio 2008, n. 85, Disposizioni urgenti per l'adeguamento delle strutture di Governo in applicazione dell'articolo 1, commi 376 e 377, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, convertito con modificazioni dalla L. 14 luglio 2008, n. 121.

[13]  Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, 29 ottobre 2009, Modifiche al DPCM 23 luglio 2002, recante: «Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio di Ministri» e rideterminazione delle dotazioni organiche dirigenziali.

[14]  Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1 marzo 2011, Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[15]  Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri al Ministro senza portafoglio per la cooperazione internazionale e l'integrazione prof. Andrea Riccardi.

[16]  Istituito con Decreto 30 ottobre 2007, n. 242, Regolamento recante "Istituzione e funzionamento dell'Osservatorio nazionale sulla famiglia" è stato poi ridefinito conD.P.C.M. 10 marzo 2009, n. 43, Regolamento recante istituzione e funzionamento del nuovo Osservatorio nazionale sulla famiglia.

[17]  Brussels, 10.maggio 2007 - COM(2007) 244 final.

[18]  Nota del Consiglio della UE del 23 maggio 2007.

[19]  Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche della famiglia, La famiglia in Italia, a cura di Pierpaolo Donati, 2012

[20]  Delega di funzioni del Presidente del Consiglio dei Ministri al Ministro senza portafoglio per la cooperazione internazionale e l'integrazione prof. Andrea Riccardi.

[21]  Intesa tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e le Autonomie locali, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, concernente l’utilizzo di risorse da destinare al finanziamento di azioni per le politiche a favore della famiglia. Repertorio Atti n. 24/CU del 2 febbraio 2012

[22]  Intesa, ai sensi dell'art. 8, comma 6 della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano e le Province, i Comuni e le Comunità montane, concernente l'utilizzo di risorse da destinarsi al finanziamento ei servizi socio educativi per la prima infanzia e azioni in favore degli anziani e della famiglia. Repertorio Atti n.: 48/CU del 19 aprile 2012.

[23]  Istat, Rapporto annuale 2012, maggio 2012.

[24]  La politica regionale di sviluppo è specificatamente diretta a garantire che gli obiettivi di competitività siano raggiunti da tutti i territori regionali, anche e soprattutto da quelli che presentano squilibri economico-sociali ed è finanziata da risorse aggiuntive, comunitarie e nazionali, provenienti, rispettivamente, dal bilancio europeo (Fondi strutturali) e nazionali (fondo di cofinanziamento nazionale ai Fondi strutturali e fondo per le aree sottoutilizzate).

[25]  Sul punto sito dedicato dal Ministro della Coesione territoriale:

http://www.ministrocoesioneterritoriale.it/fondi/piano-di-azione-coesione/

[26]  Mozioni Franceschini ed altri n. 1-00880, Iannaccone ed altri n. 1-00887, Miccichè ed altri n. 1-00928, Ossorio ed altri n. 1-00930, Cicchitto ed altri n. 1-00932, Occhiuto ed altri n. 1-00933, Commercio ed altri n. 1-00934, Aniello Formisano ed altri n. 1-00935, Ruvolo ed altri n. 1-00940, Versace ed altri n. 1-00941 e Briguglio ed altri n. 1-00972: Iniziative per favorire gli interventi produttivi e l’occupazione nel Mezzogiorno.

[27]  Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonche' interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248. La dotazione finanziaria è quantificata in tre milioni di euro per il 2006 e dieci milioni di euro per il 2007.

[28]  La legge 27 dicembre 2006, n. 296, individua gli interventi da finanziare, aumentando la dotazione del Fondo di ulteriori  210 milioni di euro per il 2007 e definendo le risorse del Fondo per gli esercizi 2008 e 2009 in 180 milioni di euro.

[29]  La materia politiche per la famiglia, nella strutturazione del bilancio statale, è ricompresa nella Missione 24 Diritti sociali, solidarietà sociale e famiglia, nello specifico Programma 24.7 "Sostegno alla famiglia" – Centro di responsabilità 15 "Politiche per la famiglia”. Dal 2010 i Capitoli di riferimento sono il cap. 858, “Fondo per le politiche per la famiglia", del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri e il cap. 899, titolato “Somme da destinare ad interventi per attività di competenza statale relative al Fondo per le politiche per la famiglia”, dello stato di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

[30]  Intesa tra il Sottosegretario di Stato alle politiche per la famiglia e le Regioni, le Province autonome di Trento e Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane, in merito alla ripartizione del Fondo per le politiche della famiglia, per l'anno 2010 . Intesa ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n . 131. Repertorio Atti n . 20/CV del 29 aprile 2010.

[31]  Precisamente nella Tabella 2 - Stato di previsione del Ministero dell’Economia e delle Finanze per l’anno finanziario 2012, Fondo per le politiche della famiglia (capitolo 2102).

[32]  Corte dei Conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, Relazione concernente “Fondo per le politiche della Famiglia”, Delibera n. 2/2012/G e Relazione depositata il 2 aprile 2012. La Relazione è consultabile al seguente indirizzo:

http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_centrale_controllo_amm_stato/2012/delibera_2_2012_g.pdf

[33]  Allegato C della Legge finanziaria.

[34]  Istituito dall’articolo 59, comma 44 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica.

[35]  Le risorse sono ripartite con decreto del Ministro della solidarietà sociale, sentiti i ministri interessati e d’intesa con la Conferenza Unificata Stato regioni e autonomie locali.

[36]  Nonostante questa assenza di vincoli alla finalizzazione della spesa, le articolazioni settoriali continuano ancora oggi a incidere sulla determinazione del fabbisogno regionale, poiché nel riparto del fondo vengono utilizzate, come criteri di riparto, le percentuali ricavate dalla distribuzione del fondo effettuata nel 2002 che, loro volta, rispecchiavano il riparto del 2001, quando le cifre da destinare ad ogni regione erano ottenute scomponendo il fondo per settori di intervento e per aree territoriali, con riguardo alle dimensioni della popolazione destinataria degli specifici programmi di intervento.

[37]  Legge 28 agosto 1997, n. 285, Disposizioni per la promozione di diritti e di opportunità' per l'infanzia e l'adolescenza.

[38]  Precisamente nella Tabella 4 – Bilancio di previsione Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Fondo da ripartire per le Politiche Sociali (capitolo 3671).

[39]  Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, 12/112/CU5/C8, Intesa sullo schema di decreto del ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il ministro dell'economia e delle finanze, concernente il riparto del fondo nazionale per le politiche sociali per l'anno 2012.

[40]  Decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione Tributaria, convertito con modificazioni dalla L. 6 agosto 2008, n. 133.

[41]  Ministero dell’economia e delle finanze, Decreto interdipartimentale 16 settembre 2008, Criteri e modalità di individuazione dei titolari della Carta Acquisti, dell'ammontare del beneficio unitario e modalità di utilizzo del Fondo di cui all'articolo 81, comma 29 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113, successivamente modificato dal decreto 27 febbraio 2009.

[42]  Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Decreto 2 settembre 2009, Criteri e modalità di utilizzo, da parte di taluni beneficiari, della «Carta Acquisti».

[43]  Rispondendo all’interrogazione 3-01435 (on. Lenzi ed altri), Chiarimenti in merito alle risorse pubbliche e private destinate alla social card per l'anno 2011 nella seduta n. 428 di mercoledì 2 febbraio 2011, il Ministro Elio Vito precisa che, a fronte delle erogazioni già effettuate alla data del 31 dicembre 2010, restano disponibili nel Fondo Carta Acquisti, risorse per un ammontare complessivo di circa 680 milioni di euro che, al netto della somma di circa 193 milioni di euro (residua dalla donazione destinata esclusivamente ai beneficiari della Carta acquisti utilizzatori di gas naturale o GPL), portano gli stanziamenti complessivi ancora disponibili per il programma Carta acquisti a circa 487 milioni di euro.

[44]  Ministero dell’economia e delle finanze, Decreto 30 novembre 2009, Modifiche procedurali relative alla consegna della Carta Acquisti, e definizione dei criteri per l'erogazione del contributo Eni S.p.A. ai beneficiari della Carta Acquisti utilizzatori di gas naturale o GPL.

[45]  Decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e di interventi urgenti in materia tributaria e di sostegno alle imprese e alle famiglie, convertito con modificazioni dalla L. 26 febbraio 2011, n. 1.

[46] Decreto legge 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, convertito con modificazioni dalla L. 4 aprile 2012, n. 35.

[47]  In tal senso il PNR definisce la sperimentazione una misura generalizzata di contrasto alla povertà assoluta, condizionata alla partecipazione a percorsi di ricerca attiva del lavoro (nuova social card).

[48]  Ordine del giorno 9/04940-B/022 4 aprile 2012 Camera dei Deputati.

[49]  Decreto legge, 29 novembre 2008, n. 185, Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impresa e per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale, convertito con modificazioni dalla L. 28 gennaio 2009, n. 2

[50]  Legge 12 novembre 2011, n. 183, Disposizioni per la formazione del bilancuio annuale e pluriennale dello stato (Legge di stabilità 2012)

[51]  Decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici convertito dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

[52]  D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, convertito in legge, con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n.122.

[53]  Le risorse complessive sul capitolo 853 del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri denominato «Fondo per le Politiche Giovanili», nell'ambito del C.D.R. n. 16 denominato «Gioventù'», sono pari a una dotazione finanziaria di € 81.087.000 milioni di euro.

[54]  D.M. 4 novembre 2011, Ripartizione del Fondo Politiche giovanili, ai sensi dell'art. 19, comma 2, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248- Anno 2011

[55]  D.P.C.M. 10 dicembre 2010, Approvazione del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei Ministri per l'anno finanziario 2011.

[56]  Per ulteriori informazioni il sito dedicato:

      http://www.diamoglifuturo.it/fondo-studio

[57]  Per ulteriori informazioni il sito dedicato:

      http://www.diamoglifuturo.it/fondo-casa

[58]  L. 24 dicembre 2007, n. 247, Norme di attuazione del Protocollo del 23 luglio 2007 su previdenza, lavoro e competitività per favorire l'equità e la crescita sostenibili, nonchè ulteriori norme in materia di lavoro e previdenza sociale.

[59]  Finalizzazione di parte delle risorse di cui all'articolo 1, commi 72 e 73, della legge 24 dicembre 2007, n. 247.

[60]  Sul punto, Corte dei Conti, Sezione centrale di controllo sulla gestione delle Amministrazioni dello Stato, Relazione concernente “Fondo per le politiche della Famiglia”, Delibera n. 2/2012/G e Relazione depositata il 2 aprile 2012. La Relazione è consultabile al seguente indirizzo:

http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_centrale_controllo_amm_stato/2012/delibera_2_2012_g.pdf

[61]  Monitoraggio del Piano di sviluppo dei servizi socio-educativi per la prima infanzia: rapporto al 31 dicembre 2010, edito il 16 dicembre 2011 e consultabile all’indirizzo:

http://www.minori.it/sites/default/files/rapporto_al_31_12_2010_0.pdf

[62]  Istat, L’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia: anno scolastico 2009/2010,luglio 2011. Il rapporto è consultabile in rete all’indirizzo:

http://www.istat.it/it/archivio/33600

[63]  Conferenza Unificata, Accordo quadro per la realizzazione di un’offerta di servizi educativi a favore dei bambini dai due ai tre anni, volta a migliorare tra nido e scuola dell’infanzia e a concorrere allo sviluppo territoriale dei servizi socio-educativi 0-6 anni, 7 ottobre 2010.

[64]  Si rileva che il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, in merito all’impegno, seguito all’accoglimento dell’Ordine del giorno Sbrollini n. 9/3638/195 del 22 febbraio 2011, ha trasmesso una nota in cui quantifica l’impegno, per l’A.S. 2010-2011, in 1.400.000 euro.

[65]  Per le risorse stanziate ed erogate si rinvia alle informazioni presenti sul sito del Dipartimento Politiche per la famiglia, in particolare:

      http://www.politichefamiglia.it/media/51160/al per cento2031 per cento20ottobre per cento202010.pdf

[66]  Istat, L’offerta comunale di asili nido e altri servizi socio-educativi per la prima infanzia: anno scolastico 2009-2010, luglio 2011.

[67]  Istat, Noi Italia 2012, febbraio 2012.  Sezione dedicata alla protezione sociale:

      http://www3.istat.it/dati/catalogo/20120215_00/Noi_Italia_2012.pdf

[68]  Dati INPS al 1 gennaio 2011: i beneficiari delle indennità di accompagnamento passano dall’1% nella fascia di età fino a 65 anni, al 5% nella fascia 66-80 anni e al 29% nella fascia degli ultraottantenni.

[69]  La componente sanitaria della spesa per LTC comprende l’insieme delle prestazioni sanitarie erogate a persone non autosufficienti che, per senescenza, malattia cronica o limitazione mentale, necessitano di assistenza continuativa. In Italia, tale componente include, oltre all’assistenza territoriale rivolta agli anziani e ai disabili (disarticolata in assistenza ambulatoriale e domiciliare, assistenza semi-residenziale ed assistenza residenziale), l’assistenza psichiatrica, l’assistenza rivolta agli alcolisti e ai tossicodipendenti e l’assistenza ospedaliera erogata in regime di lungodegenza.

[70]  Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato, Le tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario: le previsioni elaborate con i modelli della RGS aggiornati al 2012, Rapporto n. 13, anno 2012. Il documento è consultabile all’indirizzo web:

http://www.rgs.mef.gov.it/VERSIONE-I/Attivit--i/Spesa-soci/Attivit--d/2012/

[71]  Molte delle informazioni riportate sono tratte da: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Rapporto sulla non autosufficienza in Italia, febbraio 2011.

http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/9B939247-1A95-468A-9A54-6E58BE0DD85C/0/Rapportononautosufficienza2010.pdf

[72]  ISTAT, Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari: anno 2005, 2 marzo 2007. L’indagine dell’Istat utilizza la seguente definizione di disabilità: Una persona è definita “disabile” se presenta gravi difficoltà a carattere permanente in almeno una delle seguenti dimensioni: confinamento a letto, su una sedia o in casa; difficoltà di movimento; difficoltà nelle funzioni quotidiane (assenza di autonomia nelle essenziali attività quotidiane e di cura della persona – lavarsi o farsi il bagno da soli, mangiare da solo, mettersi a letto da soli, ecc.); difficoltà nella comunicazione (vista, udito e parola). Nel rilevare il fenomeno della disabilità l’Istat ha fatto sempre riferimento al questionario predisposto negli anni ’80 da un gruppo di lavoro dell’OCSE sulla base della classificazione OMS (ICIDH – International Classification of Impairment, Desease, Disability and Handicap -1980). Sebbene siano noti i limiti di tale strumento, non è a tutt’oggi disponibile una operazionalizzazione della nuova classificazione ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), approvata dall’OMS nel 2001 e condivisa a livello internazionale.

[73]  Istat, Rapporto annuale 2012, maggio 2012, pagg. 260-261

[74]   Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Decreto 4 ottobre 2010, Ripartizione delle risorse finanziarie assegnate al Fondo per le non autosufficienze.

[75]  L. 13 dicembre 2010, n. 220, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2011).

[76]  Di cui all'art. 7-quinquies, comma 1, del  D.L. 10  febbraio 2009, n. 5, Misure urgenti a sostegno dei settori industriali in crisi, nonché disposizioni in materia di produzione lattiera e rateizzazione del debito nel settore lattiero-caseario, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.

[77]  Ripartizione delle risorse finanziarie affluenti al Fondo per le  non autosufficienze a favore di  persone  affette  da  sclerosi  laterale amiotrofica, per l'anno 2011.

[78] Il seguente paragrafo è una sintesi del Capitolo 4.3.2 del Rapporto annuale 2012 dell’Istat, dedicato agli interventi e i servizi sociali dei comuni singoli e associati nel 2009.

[79]  La spesa per gli interventi e per i servizi sociali offerti dai Comuni singolarmente o in forma associata, viene calcolata al netto delle quote pagate dagli utenti per i servizi fruiti e dal Servizio Sanitario Nazionale per la componente sanitaria dell’assistenza fornita dai Comuni. Per ottenere l’ammontare complessivo della spesa corrente a livello locale per il funzionamento della rete territoriale dei servizi, si devono quindi sommare ai 7,2 miliardi di euro a carico dei Comuni (o degli enti gestori da loro delegati), le spese a carico degli utenti e le quote di compartecipazione pagate dall’SSN.

[80]  Rientrano nell’aerea disabilità, gli interventi ed i servizi per persone da 0 a 65 anni.

[81]  I dati riportati nei due paragrafi successivi si riferiscono alla pubblicazione Istat, Gli interventi e i servizi sociali dei comuni singoli e associati: anno di riferimento 2008, 18 luglio 2011.

[82]   D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109, Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della L. 27 dicembre 1997, n. 449.

[83]   Le informazioni contenute in questa sezione sono state tratte da: Ministero del lavoro e delle politiche sociali, Rapporto ISEE 2011, Quaderni della ricerca sociale 13, marzo 2011. Il rapporto è consultabile online:

      http://www.lavoro.gov.it/NR/rdonlyres/FD9DD2FE-182C-4054-81A5-0533E9AC2083/0/RapportoISEE2011.pdf

[84]   Dal punto di vista territoriale, la franchigia sul patrimonio mobiliare opera in modo molto diverso: nel Mezzogiorno solo lo 0,75 per cento dei dichiaranti riporta un patrimonio mobiliare lordo superiore ai 15.500 euro, mentre al Nord-est la percentuale dei dichiaranti in quest’ambito si attesta sul 16 per cento.

[85]   Finora l’esclusione dei trasferimenti esenti da imposizione è stata motivata anche dal fatto che questi tipi di prestazioni rispondono a specifiche condizioni di bisogno, essendo sostanzialmente misure non sottoposte alla prova dei mezzi. Sul punto Motta, M., Le criticità dell’ISEE, in Prospettive sociali e sanitarie 16-18, settembre-ottobre 2011. L’autore rileva che “laddove l’ISEE venga utilizzato per definire le erogazioni di assistenza economica dei Comuni (o loro Consorzi), si può avviare un paradossale effetto di sostituzione dei compiti e dei costi tra Stato ed Enti locali”. L’INPS infatti eroga gli assegni sociali agli anziani in condizioni di povertà valutando la loro condizione economica con strumenti diversi dall’ISEE. D’altra parte, i Comuni erogano la loro assistenza economica tramite l’ISEE non considerando l’assegno sociale INPS. Tale meccanismo, a parere dell’autore, può creare distorsioni nel sostegno del reddito da parte del Comune che erogherà l’assegno sociale ad un anziano che già riceve l’assegno INPS poiché, a parità di patrimoni ed altri redditi, risulterà avere lo stesso ISEE dell’anziano che non riceve l’assegno sociale. D’altra parte l’INPS, considerando tra i redditi l’assistenza comunale, nel corso degli anni, nel caso sopra proposto, tenderà a ridurre od eliminare la concessione dell’assegno sociale, spostando prestazioni che hanno natura di un diritto soggettivo ad altre di natura comunale.

[86]   A livello nazionale fra le prestazioni nazionali erogate sulla base dell’ISEE si ricordano: social card, assegno per nuclei familiari con almeno tre figli, assegni di maternità per madri prive di altra garanzia assicurativa, fornitura gratuita o semigratuita di libri di testo, erogazione borse di studio, tariffa sociale per il servizio di distribuzione o vendita dell’energia elettrica, agevolazioni per il canone telefonico.

[87]   A livello locale fra le prestazioni nazionali erogate sulla base dell’ISEE si ricordano:asili nidi e altri servizi per l’infanzia, mense scolastiche, servizi sociosanitari diurni e residenziali, altre prestazioni assistenziali.

[88]  D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 22 dicembre 2011, n. 214.

 

[89]  Si ricorda che nel corso delle audizioni svolte in sede referente del disegno di legge delega al Governo per la riforma fiscale e assistenziale (A.C. 4566), ora all’esame della Camera, da più parti è emersa la constatazione che, mentre le prestazioni di natura previdenziale erogate dallo Stato sono note, non vi è alcuna rilevazione di carattere complessivo riguardante le prestazioni sociali e assistenziali rese ai diversi livelli di governo; tale circostanza, secondo gli auditi, non consente una valutazione oggettiva rispetto all’entità e alla qualità di dette prestazioni.

[90]  D.L. 9 febbraio 2012, n. 5, Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 4 aprile 2012, n. 35.

[91]  Ai sensi dell’articolo 21 della L. 328/2000 , il SISS è istituito dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per assicurare una compiuta conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali e per poter disporre tempestivamente di dati e informazioni necessari alla programmazione, alla gestione e alla valutazione delle politiche sociali, per la promozione e l'attivazione di progetti europei, per il coordinamento con le strutture sanitarie, formative, con le politiche del lavoro e dell'occupazione. Si rileva che, a distanza di oltre un decennio, la previsione della L. 328/2000 non ha generato un quadro di riferimento compiuto in merito ad architettura, obiettivi, funzioni, priorità, fabbisogni, strumenti e procedure del SISS nazionale, che rimane pertanto ancora un progetto da definire. D’altra parte, la situazione a livello locale  è in rapida evoluzione e molti sono i progetti di sviluppo che interessano le Regioni . In tale contesto, a livello centrale, la fonte oggi più utilizzata per delineare un quadro degli interventi e servizi sociali è quella fornita dalle indagini multiscopo ISTAT.

[92]   Le aliquote IRPEF e gli scaglioni di reddito, disciplinati dall’articolo 11 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, recante “Testo unico delle imposte sui redditi” - TUIR, sono stati da ultimo modificati dall’articolo 1, comma 6, lettera b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), che trova applicazione a decorrere dal 1° gennaio 2007.

[93]   In altri termini, in caso di due figli, l’importo base di 95.000 euro diviene di 110.000 per entrambi i figli; nel caso di tre figli, l’importo su cui calcolare la detrazione diviene di 125.000 euro per tutti e tre i figli.

[94]   La deduzione previgente poteva essere ripartita fra i soggetti che vi avevano diritto, nella misura da essi scelta: ciò consentiva ai contribuenti di adottare la proporzione più conveniente in ragione del livello di reddito di ciascuno.

[95]   L'articolo 433 del codice civile prevede che all'obbligo di prestare gli alimenti siano tenuti nell'ordine:

1)      il coniuge;

2)      i figli legittimi o legittimati o naturali o adottivi, e, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche naturali;

3)      i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi, anche naturali; gli adottanti;

4)      i generi e le nuore;

5)      il suocero e la suocera;

6)      i fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

[96]   L’ultima proroga, per l’anno 2011, è stata disposta dall’articolo 1, comma 54 della legge di stabilità per il 2011, legge 13 dicembre 2010, n. 220.

[97]   Legge n. 296/2006.

[98]   Si considerano non residenti coloro che, cittadini italiani o meno, non risultano iscritti per la maggior parte del periodo d'imposta nelle anagrafi della popolazione residente, e non hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile (articolo 2, comma 2, del TUIR). Per poter essere considerati soggetti passivi IRPEF, i soggetti non residenti devono aver percepito redditi prodotti in Italia, i quali costituiscono il loro reddito complessivo ai fini IRPEF.

[99]  Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo.