Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento affari sociali | ||
Titolo: | Istituzione e disciplina dell'indagine farmacogenetica A.C. 4083 Schede di lettura e normativa di riferimento | ||
Riferimenti: |
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Serie: | Progetti di legge Numero: 597 | ||
Data: | 21/02/2012 | ||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | XII-Affari sociali |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione per l’esame di |
Istituzione e disciplina dell'indagine farmacogenetica A.C. 4083 |
Schede di lettura e normativa di riferimento |
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n. 597 |
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21 febbraio 2012 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali ( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it |
Ha partecipato alla redazione del dossier il seguente Ufficio: |
Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
§ La parte relativa ai documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea è stato curato dall'Ufficio rapporti con l'Unione europea.
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File: AS0365 |
INDICE
§ Ricerca genetica e test genetici
Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
Normativa di riferimento
§ D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502. Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421. (Artt. 16-bis e 16-ter)
§ D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196. Codice in materia di protezione dei dati personali. (Art. 90)
§ Acc. 15 luglio 2004. Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante: «Linee-guida per le attività di genetica medica». (Accordo ai sensi dell'art. 4, del D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281).
§ Provv.Garante protez. dati pers. 22 febbraio 2007. Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici.
§ Linee guida per i trattamenti di dati personali nell'ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali - 24 luglio 2008
§ Del. 27 aprile 2010. Differimento dell'efficacia dell'autorizzazione al trattamento dei dati genetici rilasciata il 22 febbraio 2007.
§ Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici - 24 giugno 2011
La farmacogenetica è lo studio degli effetti delle variazioni genetiche nella risposta individuale ai farmaci, includendo in ciò la sicurezza, l’efficacia e le interazioni tra gli stessi farmaci[1]. Come tale la farmacogenetica è finalizzata allo sviluppo di terapie personalizzate, così come il test farmacogenetico è finalizzato all'identificazione di sequenza nel Dna in grado di predire la risposta "individuale" a farmaci in termini di efficacia e di rischio relativo di eventi avversi.
Un farmaco somministrato nella stessa dose ad individui diversi non sempre dimostra effetti identici, ma può differire sotto l’aspetto dell’efficacia (da massima a nulla) e della sicurezza (mancanza o presenza di effetti collaterali, anche tossici e perfino mortali). Le cause della variabilità negli effetti dei farmaci sono diverse: comprendono infatti cause biologiche (caratteristiche individuali) e cause ambientali (dalla forma di malattia che colpisce la persona, alla nutrizione, allo stile di vita, etc.), ma è ormai dimostrato che talune delle differenze alla risposta di farmaci possono essere ereditarie. Molte malattie ereditarie dell'uomo sono determinate da mutazioni in singoli geni (eredità monogenica) e sono quindi trasmesse come caratteri monogenici, altre malattie sono derivate dall’azione di più geni (eredità oligogenica) e alla interazione di geni differenti nella determinazione del carattere.
Nell’eredità monogenica e oligogenica di particolare rilevanza sono i polimorfismi genetici, che configurano situazioni di diversità nella costituzione genetica di singoli individui o di popolazioni di individui caratterizzabili anche come gruppi etnici. Si definisce polimorfico un carattere, ed il gene che lo determina, quando questo stesso gene si presenta in diverse varianti con una frequenza che eccede significativamente quella del tasso di mutazione spontanea. Per molti geni questa frequenza è arbitrariamente fissata all’ 1 per cento. In un’accezione più ampia il termine di polimorfismo si applica a qualsiasi variante di sequenza del DNA.
Si possono stimare a 2-3 milioni le possibili differenze nella sequenza di DNA tra due individui presi a caso nella popolazione. La variazione minima che genera un polimorfismo è il cambiamento di una base del DNA, che può avere un effetto sulla funzione di un gene coinvolto nel processo patogenetico o nella risposta al trattamento farmacologico.
Come esempi tipici di polimorfismi genetici che influenzano l‘azione dei farmaci vanno citati quelli riguardanti gli antitumorali. E’ provato che la costituzione genetica sia del tumore che del paziente possono influenzare l’esito di un trattamento farmacologico. Quindi la massima efficienza di un farmaco antitumorale richiede che esso sia fatto su misura non soltanto del particolare tipo di tumore e della sua fase evolutiva ma anche del genotipo dell’individuo.
Il Garante per la protezione dei dati personali definisce test genetico, l'analisi a scopo clinico di uno specifico gene o del suo prodotto o funzione o di altre parti del Dna o di un cromosoma, volta a effettuare una diagnosi o a confermare un sospetto clinico in un individuo affetto (test diagnostico), oppure a individuare o escludere la presenza di una mutazione associata ad una malattia genetica che possa svilupparsi in un individuo non affetto (test presintomatico) o, ancora, a valutare la maggiore o minore suscettibilità di un individuo a sviluppare malattie multifattoriali (test predittivo o di suscettibilità)[2].
Il Comitato nazionale per la bioetica (CNB) e il Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita (CNBBS) considerano test genetici: i test diagnostici; i test presintomatici; i test per l’identificazione dei portatori sani; i test di farmacogenetica; i test predittivi o di suscettibilità; i test comportamentali e di orientamento sugli stili di vita; i test di nutrigenetica; i test fenotipici; i test rivolti a definire i rapporti di parentela; i test ancestrali; i test di compatibilità genetica[3].
Relativamente ai test farmaco genetici, sotto il profilo della pratica medica, lo sviluppo e l’impiego di indagini di farmacogenetica rispondono all’obiettivo di:
§ aumentare l’efficacia del trattamento e ridurre il rischio di effetti avversi di un determinato farmaco;
§ consentire la tempestività (precocità) di somministrazione di un farmaco eliminando la fase di prova prudenziale;
§ ridurre il costo della terapia, evitando di somministrare farmaci che poi si dimostrano senza effetto in un determinato paziente;
§ consentire di recuperare molecole in prova, che hanno dato effetti avversi in alcuni malati, riconoscendo ed isolando per tempo (in anticipo) i pazienti ai quali non vanno somministrate, dai pazienti nei quali tali molecole si sono dimostrate utili.
Inoltre, ne possono derivare altre informazioni importanti:
§ orientamenti per adattare la dose del farmaco all’individuo;
§ alternative terapeutiche che siano - eventualmente - disponibili (soprattutto se parimenti efficaci) tenuto conto del profilo genetico della persona;
§ criteri per migliorare la classificazione sia delle malattie, sia delle classi di farmaci, in base anche ai meccanismi di azione genetica (ad es. enzimi coinvolti, etc.).
Negli ultimi anni, soprattutto dopo il 2007, sono stati pubblicati numerosi studi finalizzati all’identificazione di loci/geni di potenziale interesse nella risposta ai farmaci, ad esempio il Warfarin e l’acenocumarolo (anticoagulanti cumarinici), l’interferon alfa (utilizzato nel trattamento dell’epatite C), il clopidogrel (un antiaggregante piastrinico della famiglia delle tienopiridine), il metotrexate (un antimetabolita e un antifolico utilizzato nel trattamento dei tumori e delle malattie autoimmuni), il tiazide (un antidiuretico), l’interferon beta (utilizzato nel trattamento della sclerosi multipla), i farmaci anti-TNF (farmaci biologici utilizzati nella terapia dell’artrite), il metilfenidato (un analogo delle anfetamine, utilizzato nel trattamento del disturbo da deficit dell'attenzione e iperattività), l’iloperidone (un antipsicotico atipico utilizzato nel trattamento della schizofrenia), il citalopram (una molecola della famiglia degli antidepressivi non triciclici SSRI - selective serotonin reuptake inhibitors), vari farmaci utilizzati nel trattamento delle leucemie e della malattia residua minima, e varie molecole ad azione antidepressiva.
La diffusione dei test genetici può inoltre favorire lo sviluppo di nuovi farmaci e ampliare il potenziale di cura; il risultato atteso è quello di ampliare repertori di farmaci individualizzati con una suddivisione di pazienti in sottogruppi a seconda del loro profilo genetico e/o della loro risposta omogenea al farmaco.
A questo proposito, alcuni autori sottolineano che la potenziale identificazione di categorie di persone che non potranno giovarsi di farmaci efficaci e sicuri, in quanto non adatti a nessuna delle classi di farmaci poste in commercio e che dovranno perciò curarsi con farmaci tradizionali tarati su una popolazione di riferimento molto più ampia, ma di minore efficacia e probabile maggior rischio di effetti avversi, faccia nascere interrogativi di natura bioetica.
Riguardo al trattamento dei dati genetici, sono desumibili importanti princìpi da fonti internazionali e comunitarie tra le quali figurano:
§ la Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R(92) 3 sui test e gli screening genetici a fini di cura afferma (principio n. 8) che la raccolta e la conservazione di sostanze e di campioni biologici, così come il trattamento dei dati che ne derivano, devono essere effettuati in conformità ai principi fondamentali di protezione e di sicurezza dei dati stabiliti dalla Convenzione per la protezione degli individui con riguardo al trattamento automatizzato dei dati personali n. 108 del 28 gennaio 1981, nonché dalle pertinenti raccomandazioni del Comitato dei ministri in materia;
§ la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, che vieta qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di una persona in ragione del suo patrimonio genetico (art. 11) e limita l'espletamento di test genetici predittivi ai soli fini medici o di ricerca medica e sulla base di una consulenza genetica appropriata (art. 12);
§ la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani dell'Unesco dell'11 novembre 1997, che sancisce il diritto della persona al rispetto della dignità e dei propri diritti indipendentemente dalle sue caratteristiche genetiche (art. 2) e vieta ogni discriminazione basata sulle caratteristiche genetiche che abbia per fine o sortisca l'effetto di violare i diritti umani, le libertà fondamentali e la dignità umana (art. 6);
§ la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sulle caratteristiche genetiche (art. 21).
E’ stato inoltre rilevato che i test farmacogenetici includono informazioni secondarie, che vanno oltre la predizione della risposta al farmaco ma possono generare informazioni genetiche di altra natura sul paziente e sulla sua famiglia, potenzialmente consentendo: prognosi e diagnosi differenziale di malattia; alternative terapeutiche; valutazione del rischio anche per consanguinei o per la discendenza della persona oggetto del test.
In particolare la letteratura pertinente ha rilevato quali possibili rischi della farmacogenetica:
§ -il reperimento, uso e conservazione dei reperti biologici necessari per la ricerca;
§ - l’uso delle informazioni ottenute con finalità discriminanti;
§ - l’inclusione ed esclusione negli studi clinici;
§ - eventuale inasprimento del fenomeno delle malattie orfane;
§ - introduzione di test farmacogenetici non sufficientemente validati.
Le autorizzazioni per il trattamento dei dati genetici sono previste all’art. 90 del Codice in materia di protezione dei dati personali (D.Lgs 196/2003), laddove si stabilisce che esse debbano essere rilasciate sentito il Ministro della salute, il quale a sua volta acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore della sanità. Il provvedimento del Garante del 22 febbraio 2007 ha autorizzato il trattamento dei dati genetici individuando l’ambito di applicazione, le finalità, le modalità, l’informativa, il consenso nonché la disciplina relativa alla comunicazione e diffusione dei dati. Successivamente il Garante ha differito più volte l’efficacia dell’autorizzazione del 2007 al trattamento dei dati genetici: le prime proroghe si sono rese necessarie per il ritardo intervenuto nello svolgimento della procedura consultiva appena esposta, necessaria al rinnovo dell’autorizzazione, l’ultima proroga è invece intervenuta per la necessità di prendere in considerazione i suggerimenti formulati dal Consiglio superiore della sanità. Infine, il 24 giugno 2011, il Garante ha adottato l’ Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici[4].
Con l’autorizzazione generale del 2011, il Garante ha introdotto alcune innovazioni in materia di raccolta, conservazione e trasferimento all’estero di campioni biologici e di trattamento di dati genetici negli studi clinici, prescrivendo, a chi non sia già conforme, di adeguarsi entro il 30 ottobre 2011.
Il provvedimento ricomprende i test farmacogenetici e farmacogenomici all’interno dei test genetici e li definisce in maniera puntuale. Il test farmacogenetico viene definito un test genetico finalizzato all'identificazione di specifiche variazioni nella sequenza del Dna in grado di predire la risposta "individuale" a farmaci in termini di efficacia e di rischio relativo di eventi avversi. A sua volta il test farmacogenomico viene definito il test genetico finalizzato allo studio globale delle variazioni del genoma o dei suoi prodotti correlate alla scoperta di nuovi farmaci e all'ulteriore caratterizzazione dei farmaci autorizzati al commercio.
Il Provvedimento autorizza al trattamento dei dati genetici: gli esercenti le professioni sanitarie e in particolare i genetisti medici; gli organismi sanitari pubblici e privati; i laboratori di genetica medica; i farmacisti, per gli aspetti correlati alla fornitura di farmaci; enti ed istituti di ricerca; psicologi ed assistenti tecnici; difensori e, ai soli fini del ricongiungimento familiare, rappresentanze diplomatiche o consolari.
Il Garante stabilisce che siano predisposte misure specifiche per accertare in modo univoco l’identità del soggetto a cui viene prelevato il materiale genetico e prescrive che i dati genetici e i campioni biologici contenuti in elenchi, registri o banche di dati, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l'utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che, considerato il numero dei dati e dei campioni trattati, li rendano temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettano di identificare gli interessati solo in caso di necessità, in modo da ridurre al minimo i rischi di conoscenza accidentale e di accesso abusivo o non autorizzato. Laddove gli elenchi, i registri o le banche di dati siano tenuti con strumenti elettronici e contengano anche dati riguardanti la genealogia o lo stato di salute degli interessati, le predette tecniche devono consentire, altresì, il trattamento disgiunto dei dati genetici e sanitari dagli altri dati personali che permettono di identificare direttamente le persone interessate. Un requisito fondamentale è il consenso informato: chi tratta dati genetici è obbligato a chiedere il consenso, in forma scritta e revocabile. In base al provvedimento è necessario informare l’interessato sugli scopi perseguiti, sui risultati conseguibili, sul periodo di conservazione dei dati e dei campioni biologici.
L’autorizzazione stabilisce che i campioni biologici ed i dati genetici non possano essere conservati per un periodo di tempo superiore a quello strettamente necessario per perseguire gli scopi per i quali sono stati raccolti e utilizzati. I dati genetici non possono essere diffusi. I risultati delle ricerche possono essere diffusi soltanto in forma aggregata.
La proposta di legge A.C. 4083 (Istituzione e disciplina dell’indagine farmaco genetica) è diretta a definire l’indagine farmaco genetica e a disciplinarne alcuni aspetti.
Nella relazione al provvedimento sono sottolineate le evidenze scientifiche in materia di controllo genetico della risposta ai farmaci. Tale controllo può esercitarsi a diversi livelli: assorbimento del farmaco; metabolismo, trasporto ed eliminazione; caratteristiche del bersaglio; reazioni avverse. I sistemi genetici sui quali si basa questo controllo possono avere vari gradi di complessità, che vanno dalla situazione più semplice dell’eredità monogenica, spesso definita come mendeliana semplice, a quelli costituiti da molteplici componenti, che caratterizzano l’eredità poligenica e multifattoriale. L’effetto finale sul fenotipo dei geni che controllano le caratteristiche associate alla patologia curata da uno specifico farmaco, oppure al metabolismo del farmaco stesso, è una variazione quantitativa o qualitativa, anche in senso patologico, della risposta al farmaco. Le conseguenze possono riguardare sia l’azione terapeutica, sia effetti avversi, come le reazioni tossiche secondarie, l’intolleranza e l’ipersensibilità. L’approccio farmacogenetico offre il duplice vantaggio di migliorare l’efficacia del trattamento con la scelta del farmaco più adatto e di aumentarne la sicurezza, evitando il rischio di reazioni avverse. Obiettivo finale della farmacogenetica è l’uso delle conoscenze, delle metodologie e dei dati genetici per il miglioramento della sicurezza e dell’efficacia dei farmaci. Per quanto riguarda la sicurezza, l’approccio farmacogenetico offre il vantaggio di evitare trattamenti terapeutici inappropriati e che possano comportare rischi per il paziente dovuti principalmente a reazioni avverse.
Il provvedimento in esame, composto da 7 articoli, intende:
§ fornire una definizione di indagine farmacogenetica (art.1);
§ identificare le figure professionali abilitate all'esecuzione, all'interpretazione e alla refertazione dell'indagine farmacogenetica e sollecitare l’istituzione di elenchi regionali dei professionisti abilitati nonché di centri regionali per l’esecuzione e per la conseguente refertazione delle indagini farmacogenetiche a scopo diagnostico (Linee guida per l’autorizzazione dei centri) (artt.2 e 3);
§ definire delle regole che delimitano i confini dell’indagine farmacogenertica a scopo diagnostico, in termini di privacy, di richiesta del consenso informato, in una prospettiva che consideri l'indagine farmacogenetica diversa dall'indagine genetica e che preveda normative specifiche (art.4);
§ utilizzare le indagini farmacogenetiche per studi scientifici (art.5);
§ istituire centri di riferimento unico regionali dotati di un’unità operativa di farmacologia clinica ai quali è affidata la conservazione dei dati sensibili utilizzati per gli studi scientifici di farmacogenetica. Il centro istituisce una banca dati avente la finalità di centro di documentazione farmacogenetica (art.5);
§ istituire un Tavolo di lavoro per la farmacogenetica che controlli e favorisca lo sviluppo della farmacogenetica nel nostro Paese, anche attraverso l’adozione di linee guida sull’utilizzazione della farmacogenetica nelle strutture cliniche (art.6).
L’articolo 1 della proposta definisce l’indagine farmacogenetica un’analisi, condotta con metodi di sequenziamento diretto o indiretto del DNA, volta all'identificazione di polimorfismi per i quali è noto o è sospettato un ruolo nel modificare la sensibilità di un individuo a un farmaco, o ad un'associazione di farmaci, in termini di biodisponibilità, attività, resistenza e tossicità. Sono esclusi da tale definizione gli accertamenti e le indagini volti a stabilire una diagnosi o una predisposizione di malattia su base genetica.
A tale proposito si rinvia alle definizione al riguardo fornite dal Comitato per la bioetica e dal Garante (vedi supra).
L’articolo 2, comma 1, stabilisce che sono abilitati a eseguire, interpretare e refertare l'indagine farmacogenetica i laureati in medicina e chirurgia, in chimica e tecnologia farmaceutica e in farmacia e i laureati magistrali in scienze biologiche o in scienze biotecnologiche, in possesso delle specializzazioni in farmacologia e in tossicologia.
La relazione al provvedimento sottolinea che l’indagine farmacogenetica richiede competenze specifiche e dettagliate nel campo della farmacologia mentre “La legislazione in vigore nel nostro Paese, equiparando l'indagine farmacogenetica all'indagine genetica, demanda al genetista il compito di attuare e di interpretare l'indagine farmacogenetica, non contemplando alcuna formazione farmacologica specifica, assolutamente indispensabile per il «counselling» del clinico che dovrà alla fine adottare le strategie terapeutiche più idonee. È inoltre importante sottolineare che le indagini farmacogenetiche sono fondate su tecniche di biologia molecolare che sono alla base delle biotecnologie farmacologiche, le quali hanno prodotto i risultati più esaltanti tra tutte le discipline biotecnologiche considerabili e che sono ampiamente diffuse tra i farmacologi. Pertanto anche l'argomentazione metodologica in favore di un esclusivo coinvolgimento del genetista nell'indagine farmacogenetica è destituita di ogni fondamento”.
A tal fine le regioni, nel rispetto dei criteri definiti con un decreto del Ministro della salute, da adottare entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, istituiscono elenchi regionali di soggetti abilitati all'esecuzione, all'interpretazione e alla refertazione delle indagini farmacogenetiche (comma 2).
Il successivo comma 3 impegna le regioni a individuare, sul territorio di competenza, strutture di carattere ospedaliero pubbliche o private, che svolgono la funzione di centri per l'esecuzione e per la conseguente refertazione delle indagini farmacogenetiche a scopo diagnostico. Tale processo deve avvenire entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame e nel rispetto dei criteri e delle procedure indicati dalle Linee guida per l'autorizzazione dei centri.
Per quanto riguarda le strutture di genetica, pubbliche o private, accreditate o convenzionate col il Servizio Sanitario Nazionale, si rinvia a quanto previsto nell’Accordo fra il Ministero della Salute, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sulle Linee guida sulle attività di genetica medica, adottato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano il 15 luglio 2004 e al successivo Accordo tra il Governo, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano sul Documento recante Attuazione delle Linee guida sulle attività di genetica medica, adottato il 26 novembre 2009. Nelle Linee guida vengono fissati i criteri per lo svolgimento delle attività sanitarie di genetica medica da parte delle strutture pubbliche e private e dei Laboratori di genetica medica. Le Strutture Cliniche di Genetica Medica e i Laboratori di Genetica Medica si rivolgono a bacini di utenza stabiliti dalla programmazione regionale e devono operare in collegamento funzionale, anche tramite una rete organizzata su base regionale, per favorire la circolazione di informazioni sulle patologie genetiche, in particolare quelle rare.
Le Linee guida (articolo 3) sono adottate, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, con decreto del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni. Il comma 2 specifica che, sulla base delle linee guida, le regioni disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione. In caso di prolungata inadempienza delle regioni, protratta oltre il sessantesimo giorno dalla data di entrata in vigore del decreto del Ministro della salute di adozione delle linee guida, i centri che intendono acquisire l'autorizzazione possono presentare la domanda direttamente al Ministero della salute, che provvede al rilascio dell'autorizzazione sulla base delle predette linee guida.
Si rileva che gli articoli 2 e 3 del provvedimento in esame prevedono, entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, l’adozione di due distinti decreti del Ministro della salute, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni,. Il decreto di cui all’articolo 2, comma 2, definisce i criteri in base ai quali le regioni devono istituire gli elenchi regionali dei soggetti abilitati a all'esecuzione, all'interpretazione e alla refertazione delle indagini farmacogenetiche. Il decreto previsto dal successivo articolo 3 reca le Linee guida per l’autorizzazione dei centri per l'esecuzione e per la conseguente refertazione delle indagini farmacogenetiche a scopo diagnostico. Si rinvia, per ragioni di semplificazione e per un migliore coordinamento delle norme, all’opportunità di prevedere un’unica intesa e un unico decreto ministeriale in materia.
Ai sensi dell’articolo 4 l'indagine farmacogenetica rientra nella categoria degli accertamenti e nelle indagini ematologiche ed ematochimiche di routine e non richiede una preventiva indagine genetica.
Si rileva che il Comitato bioetico e la letteratura scientifica in materia evidenziano che i test genetici non analizzano necessariamente solo le condizioni patologiche ma “l’insieme delle analisi rivolte ad individuare la presenza, l’assenza o la mutazione di un particolare gene, di un cromosoma, di un prodotto di un gene o di un metabolita, che sono indicative di una specifica modificazione genetica”[5]. D’altra parte, la letteratura pertinente[6] sottolinea che l’indagine farmacogenetica non è diagnosi o predizione di malattia ma previsione di risposta ad uno specifico farmaco in un soggetto con già una diagnosi di malattia o comunque riconosciuto come portatore di un fattore di rischio, pertanto il test viene attuato sul soggetto quando esiste già un trattamento noto per la sua condizione. Viene pertanto riconosciuto che il potenziale rischio informativo associato ad una ricerca farmacogenetica è normalmente inferiore a quello relativo al una ricerca di genetica di una malattia multifattoriale che è a sua volta inferiore a quello relativo ad una ricerca genetica di una malattia monogenica.
La relazione illustrativa al disegno di legge sottolinea come le indagini genetiche siano normate da regole rigide volte alla tutela del paziente e della sua privacy. Per il proponente l’applicazione di tale complesso di regole risulta meno comprensibile per l’indagine farmacogenetica che, a parere dello stesso proponente, non predice la comparsa di una malattia ma informa il medico prescrivente sulla terapia migliore da somministrare per ogni paziente. La mancata regolamentazione del settore e l’applicazione di regole troppo rigide, si scontra, sempre secondo il proponente, con la presenza di imprese che commercializzano on line la vendita diretta a privati di indagini farmacogenetiche. La relazione sottolinea infine che la farmacogenetica studia le possibili relazioni esistenti tra caratteristiche dei geni e la risposta individuale ad una terapia farmacologica sia in termini di efficacia che di tollerabilità, pertanto ha come oggetto principale il farmaco, il che la rende concettualmente e sostanzialmente diversa dalla genetica che invece ha come oggetto la malattia.
L'informazione farmacogenetica a scopi esclusivamente diagnostici è codificata in termini di sensibilità di risposta a un dato farmaco o ad un'associazione di farmaci; essa è conservata nel fascicolo unico del paziente, nel rispetto delle disposizioni stabilite dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196. In nessun caso è riportato il dato genetico sottostante. Il campione biologico su cui è stata effettuata l'indagine farmacogenetica a scopi diagnostici è distrutto al termine dell'analisi.
Al proposito si rinvia alle indicazioni contenute al riguardo nell’Autorizzazione generale del Garante del giugno 2011. Si rileva inoltre l’opportunità di meglio specificare se con fascicolo unico del paziente ci si riferisca al Fascicolo sanitario elettronico (FSE) o alla cartella clinica del paziente, come farebbe pensare il dettato del successivo articolo 5 , comma 4.
Il FSE raccoglie e rende disponibili tutti i documenti socio-sanitari generati dalle strutture cliniche all’atto dei rapporti dei pazienti con i diversi attori del SSN. ll 43 per cento delle Asl, il 62 per cento delle Aziende e dei Presidi ospedalieri e il 19 per cento degli ambulatori territoriali fanno in qualche misura uso del FSE. Il FSE è conosciuto dal 71 per cento dei medici di famiglia e pediatri di libera scelta, dal 67 per cento dei medici ospedalieri e specialisti, dal 29 per cento degli infermieri e dal 5 per cento dei farmacisti. Con il FSE sono gestite il 52 per cento delle prestazioni specialistiche ed ospedaliere, il 33 per cento delle prestazioni farmaceutiche e il 24 per cento di quelle di pronto soccorso. Risulta però assente un’adeguata legislazione in materia. La deliberazione del Garante per la protezione dei dati personali, Linee guida in tema di Fascicolo sanitario elettronico (Fse) e di dossier sanitario , ha inteso fornire un primo quadro di cautele, al fine di delineare garanzie, responsabilità e diritti legati al FSE. Il 10 febbraio 2011 sono state approvate in sede di Conferenza Stato-Regioni le Linee guida sul fascicolo sanitario elettronico proposte dal Ministero della Salute. Le Linee guida individuano gli elementi necessari per una progettazione omogenea del fascicolo elettronico su base nazionale ed europea. Il Fse verrà realizzato dalle Regioni previo consenso dell’assistito, e consiste nell’insieme dei dati e documenti digitali di tipo socio-sanitario generati da eventi clinici presenti e trascorsi, riguardanti il paziente. Coprirà l'intera vita di quest'ultimo e sarà costantemente aggiornato dai soggetti che lo prendono in cura.
L’articolo 5 prevede l’impiego delle indagini farmacogenetiche per studi scientifici. A tal fine, devono essere obbligatoriamente sottoposte al conseguimento preventivo del consenso informato le indagini farmacogenetiche condotte all’interno di studi scientifici e rivolte all’ottimizzazione delle terapie. Nel consenso sono esplicitate le indagini farmacogenetiche alle quali il paziente è sottoposto e le modalità di utilizzazione del campione. Il campione, previo conseguimento di un secondo consenso informato, può essere impiegato in successivi studi clinici per scopi esclusivamente scientifici e di prevenzione e tutela della salute pubblica (comma 1). Per gli scopi scientifici e di prevenzione e tutela della salute pubblica, i dati farmacogenetici e il materiale biologico ad essi relativo che derivano da studi clinico-tossicologici possono essere conservati nei centri di riferimento unico.
I centri di riferimento unico , individuati dalle regioni sul proprio territorio e operanti all’interno del servizio sanitario regionale, hanno natura giuridica pubblica e operano quali enti strumentali della regione. Al centro di riferimento unico, che deve avere al suo interno un’unità operativa di farmacologia clinica, è affidata la conservazione dei dati sensibili e i risultati delle indagini farmacogenetiche nonché il materiale biologico a esse relativo. Tali dati sono conservati nel rispetto delle disposizioni del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al Codice per la protezione dei dati personali. Il centro provvede a istituire una banca dati avente la finalità di centro di documentazione farmacogenetica e in tal senso, il materiale biologico conservato presso i centri è messo a disposizione per successivi studi di farmacogenetica. I criteri e le procedure per l’utilizzo di tale materiale biologico sono definiti con decreto del Ministro della salute[7]. I dati conservati presso i centri di riferimento unico regionali devono permettere in ogni caso la collegabilità tra dati farmacogenetici e informazioni presenti nella cartella clinica del paziente, anche in tempi successivi e per situazioni diagnostiche diverse da quelle che hanno indotto la richiesta dell’indagine farmacogenetica, nonché la tracciabilità dell’identità del paziente. Non sono in ogni caso consentite l’istituzione e la gestione di banche dati di farmacogenetica da parte di strutture diverse dai centri di riferimento unico regionali.
Relativamente al centro di riferimento unico, si rileva se quest’ultimo non possa coincidere con il centro per l’esecuzione e per la conseguente refertazione delle indagini farmaco genetiche di cui all’articolo 2, comma 3, del provvedimento in esame.
Relativamente al decreto del Ministro della salute, che definisce i criteri e le procedure per l’uso del materiale biologico, sembrerebbe opportuno, trattandosi di dati sensibili, che la sua adozione avvenisse dopo l’espressione in merito del Garante per la protezione dei dati personali.
Ai sensi dell’articolo 6, il Ministro della salute promuove la costituzione, presso l'Agenzia italiana del farmaco (AIFA), di un Tavolo di lavoro per la farmacogenetica che provveda, nell'ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio:
§ a promuovere campagne di sensibilizzazione per garantire una corretta informazione sul significato e sul ruolo clinico della farmacogenetica;
§ a predisporre appositi programmi di ricerca multidisciplinari;
§ a monitorare l'attività dei centri autorizzati all'attività diagnostico-assistenziale di farmacogenetica.
Il tavolo di lavoro è composto da due membri nominati dall'AIFA, da due membri nominati dalla Società italiana di farmacologia e da quattro membri nominati dal Ministro della salute.
La Società Italiana di Farmacologia (SIF) è stata riconosciuta nel 1996 come associazione scientifica non-profit dal Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica. La Società è gestita da un Presidente, un Presidete-eletto ed un Consiglio Direttivo composto di 8 membri.
La SIF include una Sezione di Farmacologia Clinica gestita da un Coordinatore e da 6 Consiglieri.
Entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, il Ministero della salute, in collaborazione con la Società italiana di farmacologia e con altre società scientifiche di categoria, previa intesa in sede di Conferenza Stato-regioni adotta, le linee guida per l'utilizzo della farmacogenetica nelle strutture assistenziali (comma 3).
L’Intesa (art.3 del d.lgs. 28 agosto 1997, n. 281) consiste nella determinazione concordata all'unanimità, da parte del Governo e di tutti i Presidenti delle Regioni e delle Province autonome, dei contenuti di una proposta di iniziativa dell'Amministrazione centrale.
Alla luce di quanto sopra esposto, sembrerebbe opportuno riformulare il disposto del comma 3, sostituendo “in collaborazione” con “sentite” e chiarendo al contempo cosa si intenda per strutture assistenziali.
Nell'attuazione dei programmi di formazione continua in medicina (ECM) di cui all'articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502[8], e successive modificazioni, la Commissione nazionale per la formazione continua, di cui all'articolo 16-ter del medesimo D.Lgs. 502/1992, detta i criteri per il conseguimento, da parte del personale medico e delle professioni sanitarie, dei crediti formativi in materia di farmacogenetica.
L'ECM è un sistema di aggiornamento grazie al quale il professionista sanitario si aggiorna per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze organizzative e operative del Servizio sanitario e del proprio sviluppo professionale. L’obiettivo è quello di realizzare un sistema in grado di verificare e di promuovere su scala nazionale la qualità della formazione continua, anche attraverso l’opera di osservatori indipendenti e con criteri e modalità condivisi. L’Educazione Continua in Medicina (ECM), introdotta dal D.Lgs. 229/1999 che ha novellato il D.Lgs. 502/1992, ha preso concretamente avvio nell’anno 2000, con il decreto del Ministero della Salute del 5 luglio, che ha istituito la prima Commissione nazionale per la formazione continua. Il successivo Accordo Stato-Regioni del 5 novembre 2009[9], ha definito in maniera compiuta il quadro di riferimento per la governance del sistema della formazione continua, segnando il passaggio definitivo dalla fase sperimentale di accreditamento delle attività di formazione a quella, a regime.
L’articolo 7 reca la norma di copertura finanziaria degli oneri recati dagli articoli 2 e 6 del provvedimento in esame, quantificati complessivamente in 2,2 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011.
In particolare, il comma 1 precisa che i suddetti oneri finanziari derivano:
§ per 2,1 milioni di euro dall’articolo 2, quale contributo in favore delle strutture, di carattere ospedaliero pubbliche o private, che sono chiamati a svolgere la funzione di centri per l’esecuzione e per la conseguente refertazione delle indagini farmacogenetiche a scopo diagnostico,
§ per 100.000 euro dall’articolo 6, per la costituzione del tavolo di lavoro per la farmaco genetica.
Alla copertura finanziaria si provvede mediante riduzione del fondo speciale di parte corrente, iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2011, allo scopo utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero della salute.
Si osserva che la copertura finanziaria andrebbe aggiornata facendo riferimento al bilancio triennale 2012-2014, attualmente vigente.
Appare inoltre opportuna una sua riformulazione in considerazione del fatto che l’accantonamento relativo al Ministero della salute, secondo quanto esposto nella Tabella A della legge n. 183/2011 (legge di stabilità 2012) che reca l’indicazione delle voci da includere nel fondo speciale di parte corrente, non presenta alcuna disponibilità per il triennio 2012-2014.
A tal fine, il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 2).
A finalità di salvaguardia finanziaria, il comma 3 dispone che ogni eventuale ulteriore onere derivante dal funzionamento dei centri previsti dall’articolo 2 viene posto a carico dei bilanci delle regioni.
Nella relazione sul settore farmaceutico (COM(2009)351) presentata nel luglio 2009, la Commissione europea rileva come l'emergere di nuove tecnologie quali la farmacogenetica e lo sviluppo di strumenti di modellizzazione specifica secondo il paziente (medicina personalizzata) influenzino già le strategie commerciali delle imprese, la concezione della sperimentazione clinica e le modalità di prescrizione dei medicinali. Benché ritenga prematuro valutare gli effetti di tali tecnologie sul settore farmaceutico, la Commissione si impegna a seguire attentamente questo campo e avviare una riflessione sui modi per contribuire al suo sviluppo.
La ricerca in materia di farmacogenetica rientra tra le attività sostenute dal Settimo programma quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (7º PQ) per il periodo 2007-2013. Attraverso il programma specifico Cooperazione, l’UE ha provveduto infatti allo stanziamento complessivo di 6,1 miliardi di euro per le iniziative legate alle biotecnologie e alla tecnologia per la salute, alla applicazione dei risultati della ricerca alla pratica clinica e all’ottimizzazione dell’assistenza sanitaria dei cittadini. Il 23 gennaio 2012 la Commissione europea ha presentato alla Commissione Industria, Ricerca ed Energia (ITRE) del Parlamento europeo il pacchetto di proposte legislative relative al nuovo programma quadro “Horizon 2020” ("Orizzonte 2020"), per il periodo 2014-2020. L’obiettivo è di sostenere la ricerca e l'innovazione attraverso l’unificazione dei finanziamenti attualmente erogati dall’UE nell’ambito del settimo quadro del Programma Quadro per la Ricerca e lo Sviluppo Tecnologico (7PQ), del Programma per la Competitività e l'Innovazione (CIP) e dei finanziamenti per l'Istituto Europeo di Innovazione e Tecnologia (EIT). Il totale della somma che si propone di mettere a disposizione è di 80 miliardi di euro per il periodo dal 2014 al 2020, 26 miliardi in più rispetto agli ultimi 7 anni. Due terzi della somma saranno destinati alla ricerca applicata e all'innovazione, mentre un terzo riguarderà la ricerca accademica. La proposta della Commissione individua tre settori di intervento: eccellenza scientifica, leadership industriale e sfide per la società. Nell’ambito di quest’ultimo settore, la Commissione europea propone di destinare 9,077 miliardi di euro alla ricerca e l’innovazione nel comparto “Salute, cambiamento demografico e benessere”.
Si segnala infine che, nell’ambito dell’Agenzia europea per le medicine, è attivo il Pharmacogenomics Working Party, composto da 14 esperti europei con il compito di formulare raccomandazioni al Comitato per i prodotti medicinali per uso umano (CHMP). Il 10 febbraio 2012 l’Agenzia ha pubblicato il documento Linee guida sulla farmacogenetica, rivolto alle società farmaceutiche, contenente indicazioni sul modo in cui integrare lo studio sugli effetti della variabilità genetica tra pazienti nella valutazione farmacocinetica dei prodotti medici.
D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502.
Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della
L. 23 ottobre 1992, n. 421.
(Artt. 16-bis e 16-ter)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1992, n. 305, S.O.
(2) Vedi, anche, l'art. 32, D.P.R. 18 aprile 1994, n. 441.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 1° dicembre 1992;
Acquisito il parere delle commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 23 dicembre 1992;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri e del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro del tesoro;
Emana il seguente decreto legislativo:
(omissis)
Art. 16-bis.
Formazione continua.
1. Ai sensi del presente decreto, la formazione continua comprende l'aggiornamento professionale e la formazione permanente. L'aggiornamento professionale è l'attività successiva al corso di diploma, laurea, specializzazione, formazione complementare, formazione specifica in medicina generale, diretta ad adeguare per tutto l'arco della vita professionale le conoscenze professionali. La formazione permanente comprende le attività finalizzate a migliorare le competenze e le abilità cliniche, tecniche e manageriali e i comportamenti degli operatori sanitari al progresso scientifico e tecnologico con l'obiettivo di garantire efficacia, appropriatezza, sicurezza ed efficienza alla assistenza prestata dal Servizio sanitario nazionale.
2. La formazione continua consiste in attività di qualificazione specifica per i diversi profili professionali, attraverso la partecipazione a corsi, convegni, seminari, organizzati da istituzioni pubbliche o private accreditate ai sensi del presente decreto, nonché soggiorni di studio e la partecipazione a studi clinici controllati e ad attività di ricerca, di sperimentazione e di sviluppo. La formazione continua di cui al comma 1 è sviluppata sia secondo percorsi formativi autogestiti sia, in misura prevalente, in programmi finalizzati agli obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale e del Piano sanitario regionale nelle forme e secondo le modalità indicate dalla Commissione di cui all'art. 16-ter (259).
2-bis. I laureati in medicina e chirurgia e gli altri operatori delle professioni sanitarie, obbligati ai programmi di formazione continua di cui ai commi 1 e 2, sono esonerati da tale attività formativa limitatamente al periodo di espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonché di consigliere regionale (260).
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(259) Articolo inserito dall'art. 14, D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Gazz. Uff. 16 luglio 1999, n. 165, S.O.).
(260) Comma aggiunto dall'art. 2, L. 1° febbraio 2006, n. 43.
Art. 16-ter.
Commissione nazionale per la formazione continua.
1. Con decreto del Ministro della sanità, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, è nominata una Commissione nazionale per la formazione continua, da rinnovarsi ogni cinque anni. La Commissione è presieduta dal Ministro della salute ed è composta da quattro vicepresidenti, di cui uno nominato dal Ministro della salute, uno dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, uno dalla Conferenza permanente dei Presidenti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, uno rappresentato dal Presidente della federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, nonché da 25 membri, di cui due designati dal Ministro della salute, due dal Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, uno dal Ministro per la funzione pubblica, uno dal Ministro per le pari opportunità, uno dal Ministro per gli affari regionali, sei dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, su proposta della Conferenza permanente dei presidenti delle regioni e delle province autonome, due dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri, uno dalla Federazione nazionale degli ordini dei farmacisti, uno dalla Federazione nazionale degli ordini dei medici veterinari, uno dalla Federazione nazionale dei collegi infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d'infanzia, uno dalla Federazione nazionale dei collegi delle ostetriche, uno dalle associazioni delle professioni dell'area della riabilitazione di cui all'art. 2 della legge 10 agosto 2000, n. 251, uno dalle associazioni delle professioni dell'area tecnico-sanitaria di cui all'art. 3 della citata legge n. 251 del 2000, uno dalle associazioni delle professioni dell'area della prevenzione di cui all'art. 4 della medesima legge n. 251 del 2000, uno dalla Federazione nazionale degli ordini dei biologi, uno dalla Federazione nazionale degli ordini degli psicologi e uno dalla Federazione nazionale degli ordini dei chimici. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di consultazione delle categorie professionali interessate in ordine alle materie di competenza della Commissione (261).
2. La Commissione di cui al comma 1 definisce, con programmazione pluriennale, sentita la Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano nonché gli Ordini e i Collegi professionali interessati, gli obiettivi formativi di interesse nazionale, con particolare riferimento alla elaborazione, diffusione e adozione delle linee guida e dei relativi percorsi diagnostico-terapeutici. La Commissione definisce i crediti formativi che devono essere complessivamente maturati dagli operatori in un determinato arco di tempo, gli indirizzi per la organizzazione dei programmi di formazione predisposti a livello regionale nonché i criteri e gli strumenti per il riconoscimento e la valutazione delle esperienze formative. La Commissione definisce altresì i requisiti per l'accreditamento delle società scientifiche nonché dei soggetti pubblici e privati che svolgono attività formative e procede alla verifica della sussistenza dei requisiti stessi.
3. Le regioni, prevedendo appropriate forme di partecipazione degli ordini e dei collegi professionali, provvedono alla programmazione e alla organizzazione dei programmi regionali per la formazione continua, concorrono alla individuazione degli obiettivi formativi di interesse nazionale di cui al comma 2, elaborano gli obiettivi formativi di specifico interesse regionale, accreditano i progetti di formazione di rilievo regionale secondo i criteri di cui al comma 2. Le regioni predispongono una relazione annuale sulle attività formative svolte, trasmessa alla Commissione nazionale, anche al fine di garantire il monitoraggio dello stato di attuazione dei programmi regionali di formazione continua (262).
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(261) Comma così modificato prima dall'art. 8, D.Lgs. 28 luglio 2000, n. 254 (Gazz. Uff. 12 settembre 2000, n. 213, S.O.) e poi dall'art. 3, D.L. 7 febbraio 2002, n. 8 come modificato dalla relativa legge di conversione. Vedi, anche, gli articoli 1, 9, 10 e 11, D.P.R. 14 maggio 2007, n. 86.
(262) Articolo così inserito dall'art. 14, D.Lgs. 19 giugno 1999, n. 229 (Gazz. Uff. 16 luglio 1999, n. 165, S.O.). Per la parziale abrogazione del presente articolo vedi il comma 360 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244. Vedi, anche, il D.M. 5 luglio 2002.
(omissis)
D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.
Codice in materia di protezione dei dati personali.
(Art. 90)
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 29 luglio 2003, n. 174, S.O.
(2) Per l'attuazione nelle pubbliche amministrazioni delle disposizioni contenute nel presente decreto, con particolare riguardo alla gestione delle risorse umane, vedi la Dir.Min. 11 febbraio 2005, n. 1/2005.
IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;
Visto l'articolo 1 della legge 24 marzo 2001, n. 127, recante delega al Governo per l'emanazione di un testo unico in materia di trattamento dei dati personali;
Visto l'articolo 26 della legge 3 febbraio 2003, n. 14, recante disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee (legge comunitaria 2002);
Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive modificazioni;
Vista la legge 31 dicembre 1996, n. 676, recante delega al Governo in materia di tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali;
Vista la direttiva 95/46/CE del 24 ottobre 1995, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione dei dati;
Vista la direttiva 2002/58/CE del 12 luglio 2002, del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella riunione del 9 maggio 2003;
Sentito il Garante per la protezione dei dati personali;
Acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 27 giugno 2003;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro per la funzione pubblica e del Ministro per le politiche comunitarie, di concerto con i Ministri della giustizia, dell'economia e delle finanze, degli affari esteri e delle comunicazioni;
Emana il seguente decreto legislativo:
Capo V - Dati genetici
(omissis)
Art. 90.
Trattamento dei dati genetici e donatori di midollo osseo.
1. Il trattamento dei dati genetici da chiunque effettuato è consentito nei soli casi previsti da apposita autorizzazione rilasciata dal Garante sentito il Ministro della salute, che acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore di sanità (43).
2. L'autorizzazione di cui al comma 1 individua anche gli ulteriori elementi da includere nell'informativa ai sensi dell'articolo 13, con particolare riguardo alla specificazione delle finalità perseguite e dei risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati e al diritto di opporsi al medesimo trattamento per motivi legittimi.
3. Il donatore di midollo osseo, ai sensi della legge 6 marzo 2001, n. 52, ha il diritto e il dovere di mantenere l'anonimato sia nei confronti del ricevente sia nei confronti di terzi.
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(43) L'autorizzazione prevista dal presente comma è stata rilasciata con Provv. Garante protez. dati pers. 22 febbraio 2007.
(omissis)
Acc. 15 luglio 2004.
Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di
Trento e Bolzano sul documento recante: «Linee-guida per le attività di
genetica medica». (Accordo ai sensi dell'art. 4, del D.Lgs. 28 agosto 1997, n.
281).
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 23 settembre 2004, n. 224. Emanato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano.
LA CONFERENZA PERMANENTE PER I RAPPORTI
TRA LO STATO, LE REGIONI E LE PROVINCE
AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO
Nella seduta odierna del 15 luglio 2004:
Premesso che:
gli articoli 2, comma 2, lettera b) e 4, comma 1 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, affidano a questa Conferenza il compito di promuovere e sancire accordi tra Governo e regioni, in attuazione del principio di leale collaborazione, al fine di coordinare l'esercizio delle rispettive competenze e svolgere attività di interesse comune;
con nota 9 giugno 2003, il Ministero della salute ha trasmesso la proposta di accordo in oggetto, che è stata predisposta al fine di fornire indicazioni condivise a livello nazionale, per garantire al cittadino livelli di assistenza, qualità e indicazioni appropriate all'esecuzione delle prestazioni;
che tale proposta è stata esaminata in sede tecnica il successivo 22 luglio e, in quella sede, i rappresentanti delle regioni hanno chiesto un rinvio per approfondimenti;
con nota 2 ottobre 2003, la regione Veneto, a nome del coordinamento interregionale, ha trasmesso la proposta di accordo con le osservazioni delle regioni, sulla quale il Ministero della salute ha fatto conoscere il proprio avviso con nota del 9 marzo 2004, mentre il Ministero dell'economia e finanze ha avanzato alcune proposte di modifica con nota 1° aprile 2004, subordinando all'accoglimento delle stesse l'espressione del proprio avviso sull'accordo in oggetto;
che il 10 giugno 2004 in sede tecnica sono state avanzate dal rappresentante del Ministero della salute alcune proposte di modifica tenuto conto di quanto rappresentato dal Ministero dell'economia e finanze ed è stato convenuto il testo del presente accordo e che, a seguito di successivi approfondimenti con la regione Veneto, ai fini di una maggiore chiarezza del testo, la segreteria della Conferenza Stato-regioni ha trasmesso il testo definitivo dell'accordo con nota 5 luglio 2004;
Considerato che, nel corso dell'odierna seduta di questa Conferenza, i Presidenti delle regioni e delle province autonome hanno espresso avviso favorevole all'accordo;
Acquisito l'assenso del Governo, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano espresso nell'odierna seduta;
Sancisce
l'accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nei termini sottoindicati:
il documento recante: «Linee-guida per le attività di genetica medica», oggetto del presente accordo, che si allega sub A) quale parte integrante, assolve ad una funzione di razionalizzazione dell'attività di genetica medica nell'àmbito del Servizio sanitario nazionale, fermo restando l'autonomia delle singole regioni per ciò che attiene i modelli organizzativi più consoni alle realtà territoriali;
il documento di che trattasi non innova in alcun modo i livelli essenziali di assistenza sanitaria di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 29 novembre 2001, confermati dall'art. 54 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, e non è suscettibile di determinare alcun onere aggiuntivo di spesa, limitandosi ad individuare appropriate modalità erogative nel rispetto dell'Accordo Stato-regioni dell'8 agosto 2001, come integrato dalle leggi finanziarie per gli anni 2002-2003.
Allegato A
Linee-guida per le attività di genetica medica
1. Premessa.
Le malattie genetiche sono causate in modo esclusivo o parziale da un difetto del patrimonio ereditario. Le alterazioni possono riguardare il numero o la struttura dei cromosomi (malattie cromosomiche), oppure la struttura e la funzione dei geni (malattie geniche comprendenti le mutazioni del DNA nucleare e mitocondriale). Altre malattie, definite multifattoriali o complesse, sono causate dall'interazione tra i geni e l'ambiente.
I test genetici costituiscono l'applicazione medica attualmente più importante della ricerca genetica. I test genetici, per le loro peculiarità e le implicazioni, che riguardano l'identità biologica della persona e della famiglia, devono essere effettuati presso strutture di genetica autorizzate e/o accreditate.
Negli anni sono state emanate diverse norme e linee-guida italiane ed internazionali sulla diagnosi e sulla prevenzione di malattie genetiche, sulla consulenza genetica, sulla tutela dei pazienti, sulla gestione dei servizi e sulla loro organizzazione (come previsto da alcune regioni, ad es. Emilia-Romagna, Liguria, Toscana). Tutto questo costituisce un importante patrimonio di riferimento.
Tuttavia è necessario che siano date indicazioni uniformi e condivise a livello nazionale, per garantire al cittadino livelli di assistenza, qualità e indicazioni appropriate all'esecuzione delle prestazioni.
2. Consulenza genetica.
La consulenza genetica deve intendersi come un complesso processo di comunicazione, ha diverse tipologie che ne condizionano l'organizzazione e le modalità di esecuzione che può richiedere la partecipazione di più figure professionali oltre al medico e/o al biologo specialisti in genetica medica a secondo delle specifiche competenze.
Il processo di consulenza genetica si propone di aiutare la persona e la famiglia a:
comprendere le informazioni mediche, inclusa la diagnosi (pre e post natale), il probabile decorso della malattia e gli interventi preventivi, terapeutici e assistenziali disponibili;
comprendere la componente genetica della malattia e il rischio di trasmetterla;
comprendere le opzioni disponibili nell'affrontare il rischio di malattia;
comprendere le opzioni procreative;
affrontare le scelte più appropriate, in rapporto al rischio e alle aspirazioni dei familiari, agendo coerentemente nel rispetto delle decisioni prese;
realizzare il miglior adattamento possibile alla malattia.
Infine, come previsto dalle linee-guida nazionali ed internazionali i test genetici devono essere preceduti dalla consulenza collegata al test, finalizzata a:
chiarire il significato, i limiti, l'attendibilità, la specificità del test genetico;
acquisire e/o integrare dati sull'albero genealogico, quando questi non siano già forniti;
ottenere il consenso all'esecuzione del test.
La consulenza genetica, per la valenza dei temi trattati (salute, malattia, procreazione, qualità e aspettative di vita) ha forti connotazioni psicologiche ed etiche. Dalla consulenza genetica possono scaturire problemi complessi, che riguardano vari aspetti legati alla malattia genetica e che condizionano le scelte delle persone, ad esempio, la procreazione in situazioni di rischio aumentato, la possibilità di conoscere o non conoscere le proprie caratteristiche genetiche, compresa la probabilità di sviluppare una malattia. Queste scelte, proprio perché coinvolgono delicati aspetti personali, non possono essere delegate a nessuna figura professionale, ma richiedono la piena autonomia e la responsabilità degli interessati. Inoltre, la consulenza genetica deve tenere conto della crescente pluralità culturale della nostra società.
3. Test genetici.
Per test genetici s'intendono comunemente le analisi di specifici geni, del loro prodotto o della loro funzione, nonché ogni altro tipo d'indagine del DNA, dell'RNA o dei cromosomi, finalizzata ad individuare o ad escludere mutazioni associate a patologie genetiche. I test possono anche essere utilizzati per definire la variabilità interindividuale, per risolvere quesiti medico-legali e per valutare la sensibilità/suscettibilità e le resistenze individuali. Rispetto ad altri esami di laboratorio, i test genetici presentano alcune peculiarità, in quanto i risultati coinvolgono l'identità biologica non solo della singola persona, ma anche della sua famiglia (ascendenti e discendenti).
I test genetici, in rapporto alla loro finalità, sono classificati come segue:
3.1. I test diagnostici consentono di effettuare una diagnosi o di confermare, in una persona affetta, un sospetto clinico. Possono essere eseguiti in epoca prenatale o nel corso della vita.
3.2. I test di identificazione dei portatori sani permettono di individuare mutazioni comuni in specifici gruppi etnici, attraverso screening di popolazione (anche in epoca neonatale), oppure indagini «a cascata» sui familiari a rischio di soggetti affetti da patologie genetiche più o meno rare.
3.3. I test preclinici o presintomatici permettono di individuare il gene responsabile di malattie genetiche, i cui sintomi, non sono presenti alla nascita, ma compaiono successivamente, anche in età avanzata. Possono fornire informazioni utili a pianificare scelte individuali e familiari. La consulenza genetica è particolarmente complessa e spesso necessita di supporto psicologico durante l'iter che precede e segue l'eventuale esecuzione del test. Se il medico ritiene opportuno sottoporre un paziente ad un test genetico per la verifica di un'ipotesi diagnostica, che riguarda una malattia ad esordio in età giovanile o adulta, deve spiegare al paziente o, nel caso di un minore, ai genitori, la motivazione del test, i benefìci e i rischi ad esso connessi, gli eventuali limiti del risultato e le implicazioni per il paziente e i familiari, nonché ottenerne il consenso informato. Per queste ragioni il test deve essere offerto in modo non direttivo e nell'àmbito di una consulenza esauriente, che consenta di conoscere le opinioni dell'interessato. È importante che al soggetto sia garantita la possibilità di prendere una decisione autonoma, sulla base della propria scala di valori. Le persone devono essere consapevoli che un risultato positivo può avere implicazioni per i figli attuali e futuri e per altri consanguinei.
3.4. I test di suscettibilità consentono di individuare i genotipi che di per sé non causano una malattia, ma comportano un aumento del rischio di svilupparla, in seguito all'esposizione a fattori ambientali favorenti, o alla presenza di altri fattori genetici scatenanti. Rientra in questo àmbito la maggior parte delle malattie multifattoriali dell'adulto. È perciò importante stabilire il valore predittivo del test utilizzato. Spesso la mutazione in un gene, che conferisce suscettibilità, rappresenta solo un fattore di rischio ed evidenzia unicamente una maggiore predisposizione alla malattia. L'identificazione di persone non affette, ma ad alto rischio genetico, può giustificare l'eventuale attivazione di misure preventive, variabili in rapporto alla patologia. In questi casi, la consulenza genetica e l'acquisizione del consenso informato sono estremamente complessi e delicati.
Il risultato del test genetico può solo predire un rischio aumentato o diminuito di contrarre una malattia, rispetto alla popolazione generale. Quindi di regola non può offrire una correlazione diretta tra la presenza di una mutazione e la malattia, ma soltanto una probabilità statistica di malattia (ad es. mutazioni dei geni BRCA1 e BCRA2 e rischio di tumore della mammella e/o dell'ovaio).
La possibilità di individuare la suscettibilità o la predisposizione su base genetica di un individuo allo sviluppo di specifiche patologie avrà, in un futuro più o meno prossimo, effetti non trascurabili. Infatti milioni di persone, pur non presentando segni di malattia, entreranno nel campo di competenza della medicina. Per alcune malattie i test prescritti potranno escludere la presenza di uno specifico rischio genetico (anche se l'esclusione di una malattia non è assoluta), per altre ne potranno accertare una suscettibilità (ad es. neoplasie). In questi casi la vita rischia di essere condizionata e scandita da indagini strumentali, controlli periodici ecc. con l'obiettivo di cogliere sintomi precoci della malattia. Deve essere evitato che l'attuazione di screening preventivi porti al «determinismo genetico», ignorando l'influenza dell'ambiente sul fenotipo. Pertanto l'eventuale attuazione di queste indagini si deve accompagnare ad una corretta e capillare informazione sulle attuali conoscenze, sui limiti e sulle potenzialità effettive della «predizione genetica». L'esecuzione di un test di suscettibilità deve essere consentito alle persone maggiorenni, capaci di autodeterminazione.
3.5. I test per lo studio della variabilità individuale si basano sull'analisi di una serie di regioni del DNA polimorfiche (cioè differenti tra gli individui), finalizzata a definire un rapporto di consanguineità o ad attribuire una traccia biologica ad una specifica persona. Questi test sono utili per verificare i rapporti di paternità, negli studi di linkage, nello studio dei trapianti e della zigosità e trovano applicazioni anche in àmbito forense.
3.6. I test farmacogenetici, riguardano le analisi finalizzate alla identificazione di variazioni di sequenza nel DNA, in grado di predire la risposta «individuale» ai farmaci, in termini di efficacia e di rischio relativo di eventi avversi. Le persone che si sottopongono a questi test devono essere adeguatamente informate e devono preliminarmente sottoscrivere il consenso informato.
3.7. Sono infine da ricordare i test genetici finalizzati alla ricerca, che sono utilizzati sia per comprendere le basi biologiche di una malattia, sia per sviluppare nuovi test genetici. Questi test sono soggetti alle norme della sperimentazione clinica, compresa l'acquisizione del consenso informato. I costi per i test genetici e per le indagini correlate sono a carico dei soggetti pubblici o privati che finanziano la ricerca.
Ogni nuovo test genetico, prima di essere utilizzato, deve essere validato a livello analitico e clinico e il protocollo esecutivo deve essere standardizzato. È pertanto necessario attuare preliminarmente una sperimentazione pilota, per confermarne la riproducibilità, l'efficienza e l'utilità nella diagnosi clinica. Per quanto attiene lo sviluppo e il brevetto di metodologie e protocolli che consentono l'esecuzione di un test genetico si rimanda alla normativa in materia.
4. Applicazioni particolari dei test genetici.
4.1. Test ai minori.
Il consenso informato ai test genetici implica la capacità di assumersi la responsabilità della decisione e perciò richiede, da parte della persona, maturità e consapevolezza decisionale. Questa condizione diventa particolarmente critica nell'esecuzione dei test genetici sui minori, in particolare i test presintomatici relativi alle malattie ad esordio nell'età adulta, per le quali si raccomanda di posporre l'analisi fino a quando il soggetto abbia raggiunto la maggior età e, quindi, la capacità di decidere in piena autonomia. Il problema assume una particolare rilevanza quando il risultato del test non consenta di effettuare nessun trattamento preventivo efficace o di migliorare la salute del minore. In questi casi i genitori che richiedessero il test per il minore non si porrebbero come finalità la salute del figlio e, anche ammettendo la loro buona fede, non sarebbero, di fatto, i migliori interpreti del benessere psico-sociale dei propri figli.
I test genetici presintomatici possono essere effettuati sui minori, non affetti ma a rischio per patologie genetiche, previo consenso informato dei genitori o di chi detiene la potestà genitoriale, solo nel caso in cui esistano concrete possibilità di terapia o di trattamenti preventivi efficaci, prima del raggiungimento della maggiore età.
Questa raccomandazione è giustificata da diverse considerazioni: da un lato, la violazione del diritto del minore di decidere, una volta divenuto adulto, se eseguire o meno il test, e, dall'altro, la violazione del diritto alla riservatezza del risultato. A queste considerazioni di natura etica se ne aggiungono altre di natura psicologica, ad esempio il potenziale danno che il risultato del test, soprattutto se sfavorevole, potrebbe causare sull'autostima del minore; l'alterazione del rapporto tra i genitori e il figlio, destinato ad ammalarsi, che potrebbe diventare iperprotettivo oppure discriminatorio nei confronti dei fratelli e delle sorelle; la discriminazione del minore stesso a livello scolastico o di investimento educativo; le conseguenze sulla sua futura carriera lavorativa e sulla sua capacità di costruire relazioni stabili e significative.
4.2. Test preconcezionali e prenatali.
Nel caso dei test che possono influenzare le decisioni riproduttive sono indispensabili informazioni complete e un comportamento non direttivo da parte di chi li gestisce, in modo da garantire il rispetto dei valori e delle convinzioni dell'individuo o della coppia.
Sebbene i test di screening eseguiti sul sangue materno (ad es. triplo-test) non abbiano rischi per la madre, un risultato che evidenzi un aumento del rischio di patologia fetale comporterebbe la decisione di eseguire la diagnosi prenatale mediante tecniche invasive, con le problematiche connesse. La donna che prende in considerazione questo tipo di test deve ricevere preliminarmente una completa informazione e deve conoscere le implicazioni dei possibili risultati e della loro affidabilità, compreso il rischio di risultati falsi-positivi e falsi-negativi.
I test per l'identificazione dei portatori sani hanno ricadute sui figli già nati e su quelli futuri e richiedono che l'interessato sia informato sugli eventuali rischi riproduttivi e sulle opzioni disponibili. I rischi a breve termine delle indagini per l'identificazione dei portatori sani sono prevalentemente psicologici, in termini di ansia o di diminuzione dell'autostima, in caso di risultato positivo. Prima del test bisogna informare, in modo non direttivo, la persona su tutte queste implicazioni, sia a breve che a lungo termine, e valutare le strategie che possono evitare il concepimento o la nascita di un figlio ammalato.
I test per l'identificazione dei portatori sani non possono essere eseguiti come test prenatali ed un solo soggetto portatore sano di una patologia recessiva in una coppia non rappresenta l'indicazione ad eseguire diagnosi prenatale per tale patologia; l'unica eccezione a questo è rappresentata dal fatto che l'esecuzione di test genetici prenatali per coppie a rischio (1/4) può portare alla diagnosi di un portatore sano in epoca prenatale.
La richiesta, da parte dei genitori, di un test genetico sul feto al fine di accertare una condizione non specificamente collegata alla diagnosi di malattia (es.: sesso, paternità, ecc.) non deve essere accolta. Situazioni particolari devono essere attentamente valutate.
5. Strutture di genetica medica.
Le strutture di genetica medica sono strutture specialistiche, alle quali si rivolgono le persone affette da una patologia che può essere genetica, o sono a rischio di svilupparla o di trasmetterla.
Le attività svolte presso queste strutture sono rivolte ad aiutare le persone, che presentano o sono a rischio di una patologia genetica, e le loro famiglie a:
definire la diagnosi della malattia;
conoscere gli interventi preventivi disponibili;
effettuare scelte procreative responsabili;
trovare il migliore adattamento possibile alla loro condizione;
ottenere informazioni sugli sviluppi scientifici riguardanti la loro patologia;
identificare i servizi terapeutici, riabilitativi e sociali di supporto.
Le attività delle strutture di genetica medica si differenziano da quelle delle altre specialità cliniche, che riguardano specifiche patologie genetiche, in quanto, si rivolgono non solo al singolo, ma anche all'intera famiglia, nella costruzione di un percorso unitario.
La genetica è «trasversale» rispetto alle altre discipline mediche; pertanto i genetisti collaborano e interagiscono con gli altri specialisti nell'inquadramento e nella gestione del soggetto con malattia genetica e della sua famiglia.
Le strutture di genetica medica hanno anche un ruolo importante nella formazione del personale, nell'informazione del pubblico e nella pianificazione sanitaria regionale, specificamente nella sorveglianza delle malattie genetiche.
Le strutture di genetica medica contribuiscono alle indagini epidemiologiche delle patologie genetiche e delle malformazioni congenite ed alla gestione dei relativi registri regionali e/o nazionali; contribuiscono a rilevare i dati di prevalenza delle malattie genetiche, indispensabili per la pianificazione sanitaria regionale e per valutare l'efficacia dei programmi sanitari.
I registri delle singole patologie genetiche sono di competenza regionale. Per quanto riguarda le patologie genetiche rare comprese nel decreto ministeriale 18 maggio 2001, n. 279, i registri confluiscono, attraverso le regioni, al Registro nazionale delle malattie rare, con sede presso l'Istituto superiore di sanità (ISS), che ha il compito di coordinare e promuovere la sorveglianza sul territorio nazionale, delle malattie rare (per la maggior parte genetiche), comprese le malformazioni congenite per definire gli interventi più appropriati
Il coordinamento regionale delle strutture di genetica medica consente di razionalizzare le prestazioni erogate dalle diverse strutture, senza sovrapposizioni e inutili doppioni. In questo modo è possibile offrire un'adeguata assistenza per le patologie genetiche e, soprattutto, per quanto possibile, affrontare i diversi problemi anche avvalendosi di collaborazioni interregionali o internazionali.
Nella loro attività le strutture di genetica medica operano nel rispetto delle norme vigenti e si sottopongono a controlli di qualità. In materia sono disponibili linee-guida e raccomandazioni nazionali (ad es. Comitato nazionale di bioetica, Società italiana di genetica umana, Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie, ecc.), Europei (ad es. Società europea di genetica umana) e internazionali (ad es. Società americana di genetica umana, Associazione medica mondiale).
Le strutture di genetica medica comprendono le strutture cliniche di genetica medica ed i laboratori di genetica medica.
5.1. Strutture cliniche di genetica medica.
Le strutture cliniche di genetica medica hanno diversi compiti specifici:
eseguono la diagnosi delle malattie genetiche, in collaborazione con le altre specializzazioni mediche;
interagiscono con i laboratori di genetica medica;
offrono la consulenza genetica;
preparano protocolli diagnostici e assistenziali per le malattie genetiche;
collaborano con i medici curanti nel controllo clinico e genetico longitudinale dei pazienti ai quali hanno fornito la consulenza genetica;
collaborano all'istituzione e al mantenimento dei registri di patologie genetiche, in collegamento con le strutture regionali e nazionali preposte (ISS);
interagiscono con le Associazioni delle famiglie e delle persone con patologie genetiche;
partecipano alla programmazione sanitaria regionale;
collaborano all'aggiornamento professionale del personale sanitario;
collaborano all'informazione della popolazione.
I dirigenti sanitari devono possedere la specializzazione in genetica medica o requisiti equipollenti, ai sensi di legge.
5.2 Laboratori di genetica medica.
I laboratori di genetica medica (citogenetica, genetica molecolare, genetica biochimica, immunogenetica, citogenetica e genetica oncologica ed altri) sono le strutture specializzate competenti nello svolgimento di indagini specifiche (test genetici), ad elevato contenuto tecnologico e professionale, per l'identificazione delle malattie genetiche.
Gli screening per patologie genetiche (neonatali o rivolti a popolazioni a rischio) devono essere effettuati da laboratori e strutture cliniche di riferimento, individuati nell'àmbito della programmazione regionale.
Per la complessità tecnica e per le ricadute psicologiche e sociali, collegate ai test genetici, sono necessarie particolari attenzioni e adeguati percorsi, sia nell'offerta, che nella comunicazione dei risultati. Pertanto, in accordo con quanto previsto dalle linee-guida nazionali e internazionali, la consulenza genetica deve costituire una parte integrante dei test genetici, sia di quelli prenatali, che postnatali.
Gli utenti devono comprendere chiaramente il significato, i limiti e le implicazioni dei test genetici e devono avere esaurienti spiegazioni sui risultati.
Le richieste di test genetici diagnostici rivolte alle strutture di genetica medica devono essere valutate dal laboratorio di genetica e nel caso non vi siano sufficienti informazioni o indicazioni, la richiesta va discussa con il medico che la formula. Le richieste di altri test genetici, soprattutto quelli preclinici o di suscettibilità, devono essere regolamentate da criteri appropriati e possibilmente effettuate nell'àmbito di una consulenza genetica multidisciplinare, dedicata a patologie specifiche (ad es. tumori, malattie neurologiche degenerative, ecc.).
I laboratori di genetica medica devono utilizzare criteri di qualità, riconosciuti a livello nazionale e internazionale, per garantirne l'appropriatezza e l'uniformità sul territorio nazionale. Per questo, i laboratori devono attivare controlli di qualità interni, per la verifica dei protocolli e dei reagenti utilizzati, e devono partecipare a controlli esterni (possibilmente a livello nazionale o europeo), per le diverse patologie analizzate.
Analoghi criteri di qualità devono essere previsti per la compilazione del referto e l'archiviazione dei dati. Infine i risultati devono essere verificati attraverso vari indicatori (ad es. pertinenza delle indicazioni all'analisi, tempi di consegna del referto, percentuale d'insuccesso, ecc.).
I dirigenti sanitari devono essere specialisti in genetica medica o possedere requisiti equipollenti, a norma di legge. Le strutture del laboratorio di genetica medica fanno riferimento alle linee-guida e ai princìpi etici regionali, nazionali (ad es. Comitato nazionale per la biosicurezza e le biotecnologie, Comitato nazionale per la bioetica, Società italiana di genetica umana, ecc.), europei (ad es. Società europea di genetica umana) e internazionali (ad es. Società americana di genetica umana, Associazione medica mondiale, ecc.) e si sottopongono a controlli di qualità nazionali e/o europei.
5.3. Criteri per l'organizzazione delle strutture di genetica medica.
Le strutture di genetica medica, nelle diverse componenti e attività, si rivolgono a bacini d'utenza regionale (parametri minimi europei 2.500.000-3.000.000 di abitanti), che consentono di raggiungere criteri di efficienza, qualità e la razionalizzazione dei costi. Si concorda sull'esigenza di un coordinamento regionale e/o interregionale delle strutture di genetica medica sulla base delle seguenti motivazioni:
le attività di genetica medica sono di natura specialistica e perciò necessitano di specifiche professionalità e attrezzature;
le malattie genetiche sono spesso individualmente rare e quindi la loro diagnosi e gestione richiedono competenze che sono garantite solo dall'esperienza nella specifica patologia;
i costi delle indagini genetiche sono elevati e possono essere ammortizzati e ridotti solo in rapporto al numero delle prestazioni;
la qualità e l'efficienza dei servizi correlano con il parametro quantità.
Il coordinamento tra le strutture di genetica medica, realizzato a livello regionale, ha lo scopo di ottenere una razionalizzazione/suddivisione delle prestazioni che le diverse strutture devono erogare, senza sovrapposizioni inutili. Questa organizzazione consente di offrire l'assistenza per le patologie genetiche più frequenti e per quelle rare, e soprattutto garantire collaborazioni interregionali o internazionali. Infatti, come per altre discipline mediche altamente specialistiche, la dimensione regionale può essere insufficiente.
Devono pertanto essere previsti:
punti di riferimento nazionali per le malattie genetiche particolarmente rare;
controlli di qualità con valenza almeno nazionale (coordinati dall'Istituto superiore di sanità);
protocolli specifici per l'uso dei test genetici, per le attività di laboratorio, per quelle cliniche e di consulenza;
specifici criteri di qualità delle strutture di genetica medica, uniformati a quelli raccomandati dall'Unione europea;
criteri di validazione dei test genetici e autorizzazioni all'uso dei prodotti di laboratorio;
parametri di riferimento per i Livelli essenziali di assistenza (LEA) garantiti dal Servizio sanitario nazionale.
Una rete di strutture, coordinata a livello nazionale, costituirà tra l'altro un efficace approccio per prevenire il fenomeno della migrazione sanitaria, in Italia e all'estero.
Le strutture di genetica medica devono attivarsi per cercare soluzioni, quando non disponibili in loco, presso altre strutture capaci di fornire risposte allo specifico problema della persona che ne ha la necessità.
6. Formazione e informazione.
La continua espansione della genetica medica e la sua trasversalità, nei confronti delle altre specializzazioni, richiedono il costante aggiornamento del personale sanitario. Altrettanto importante è garantire livelli adeguati di conoscenza alla popolazione. Infatti, l'importanza della genetica medica nel determinismo delle malattie umane richiede un'ampia e corretta divulgazione delle informazioni, finalizzata al raggiungimento di scelte consapevoli sulle concrete possibilità d'intervento nel controllo delle malattie ereditarie. Diventa perciò importante che i settori, che tradizionalmente svolgono attività formativa nel campo della genetica medica (università, società scientifiche, ordini professionali, ecc.) promuovano la diffusione della conoscenza e delle tecnologie nel campo della genetica medica, allo scopo di ricavare il massimo beneficio in termini di prevenzione delle malattie e d'innovazione tecnologica specifica.
7. Aspetti etici e riservatezza.
Le applicazioni all'uomo delle potenzialità derivate dalla ricerca genetica pongono problemi etici che coinvolgono non solo il singolo ma l'intera società. Così ad esempio, l'evoluzione delle conoscenze teoriche e delle tecnologie applicate al genoma hanno sollevato problemi e offerto opportunità, che non hanno precedenti nella storia dell'uomo.
La ricerca e il progresso sono valori fondamentali, specialmente se finalizzati alla salute, e se i relativi problemi etici sono affrontati nelle sedi opportune, con dibattiti multidisciplinari e pluralistici. Allo scopo di garantire che le ricadute delle ricerche siano vantaggiose per l'uomo, è necessario che siano rispettati alcuni princìpi fondamentali, come il diritto all'informazione, la libertà di scelta, il rispetto della dignità e della vita d'ogni persona, il rispetto per le convinzioni personali e religiose, la riservatezza dei dati, il raggiungimento dell'equità per ciascuno. Solo su una base di valori forti e condivisi potranno essere costruite regole di comportamento giuste ed efficaci per tutti.
I Comitati di bioetica delle strutture del Servizio sanitario nazionale, il Comitato nazionale per la bioetica, i comitati di bioetica che operano all'interno di organismi internazionali (ad es. Consiglio d'Europa, UNESCO, OMS, ecc,) e il garante della privacy rappresentano importanti riferimenti per un dibattito responsabile.
Alcuni documenti, già disponibili, sulle problematiche etiche in genetica medica forniscono la base sulla quale devono essere impostati i comportamenti operativi delle strutture di genetica medica.
I risultati di un test genetico, proprio perché il genoma collega tra loro le generazioni e da questo è condiviso, possono essere eventualmente comunicati ad altri componenti la famiglia, se considerati a rischio. Ovviamente devono essere usate tutte le possibili cautele e devono essere fatti tutti i possibili tentativi per evitare contrasti e incomprensioni familiari.
Occorre in particolare, da parte dell'équipe, ottenere il consenso dell'interessato alla comunicazione dei dati ai suoi familiari, così come disposto dall'art. 5 della Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina, definendo con precisione l'àmbito della parentela entro la quale effettuare la comunicazione (eventualmente solo entro il terzo grado).
7.1. Associazioni delle persone/famiglie con malattie genetiche.
L'associazionismo, soprattutto quello delle persone affette da patologie genetiche e le loro famiglie, svolge un ruolo rilevante nella società italiana. Le associazioni sono la «coscienza critica» della società civile, in quanto:
inducono a riflettere sui problemi che quotidianamente affrontano i pazienti e le famiglie e collaborano alla risoluzione di quelli pratici;
stimolano i tecnici a studiare e a ricercare soluzioni per la diagnosi e la cura, soprattutto delle malattie rare;
svolgono attività d'informazione per i propri associati e per la popolazione.
Le strutture di genetica medica collaborano con le Associazioni, offrendo loro aiuto umano e professionale per il raggiungimento degli obiettivi che si prefiggono.
7.2. Consenso informato e problematiche etiche.
Ai sensi dell'art. 11 della Convenzione sui diritti dell'uomo e la biomedicina «ogni forma di discriminazione nei confronti di una persona in ragione del suo patrimonio genetico è vietata».
Ai sensi dell'art. 12 della Convenzione i test genetici predittivi (di suscettibilità) possono essere utilizzati solo per finalità mediche o di ricerca scientifica. Ogni altro uso, per finalità estranee a queste ultime, dovrà considerarsi illegittimo.
Devono essere considerati parti integranti di un test genetico la comunicazione e l'interpretazione del risultato e la consulenza relativa alle sue possibili implicazioni.
Il consenso informato relativo ad un test genetico è il risultato di un processo che deve aiutare il soggetto a decidere se sottoporsi o meno a quella indagine.
È necessario che il consenso informato concluda un dialogo nel corso del quale la persona riceve informazioni complete e accurate su tutte le possibili implicazioni dei risultati.
Le informazioni sul test genetico, sulle sue implicazioni e tutto il processo di consulenza devono essere formulati utilizzando un linguaggio adeguato al livello di comprensione e di cultura delle persone.
Le informazioni, fornite prima del test, dovrebbero offrire agli interessati la possibilità di comprendere ciò che viene comunicato e di esprimere le proprie valutazioni e le preoccupazioni relativamente ai vari aspetti del test.
Il consenso informato ai test genetici implica la capacità di assumersi la responsabilità della decisione e perciò richiede, da parte della persona, maturità e consapevolezza decisionale.
La persona che necessita del test, o i suoi familiari, non devono essere influenzati o forzati, in alcun modo, a prendere una specifica decisione. Il rispetto dell'autonomia del soggetto deve essere assoluto. Questo implica la necessità di disporre di informazioni aggiornate ed esaurienti e di essere liberi da costrizioni esterne. La persona alla quale viene offerto un test deve sapere che la sua accettazione è volontaria e che, qualunque sia la sua decisione, non sarà messo in discussione il suo diritto ad essere assistito nel migliore dei modi.
L'informazione sui vantaggi e sugli svantaggi del test deve essere presentata in modo completo, obiettivo e non direttivo.
Se chi offre il test ha difficoltà a discuterne in modo esauriente e obiettivo, sia perché non sufficientemente convinto dell'importanza del processo di consulenza, oppure perché non sufficientemente informato sul test, o ancora per mancanza di tempo, deve indirizzare la persona a chi, nell'àmbito della struttura, è in grado di soddisfare questa esigenza in modo adeguato.
Chiunque si sottoponga ad un test, dopo consenso informato, deve essere libero di non conoscere il risultato, anche se il test è già stato eseguito (art. 10, comma 2 della Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina fatta ad Oviedo il 4 aprile 1997, ratificata dalla legge 28 marzo 2001, n. 145).
Nell'intervallo che intercorre tra la decisione di sottoporsi al test e la comunicazione del risultato possono intervenire eventi o ripensamenti che inducono la persona a modificare la propria decisione. Non deve quindi essere esercitata alcuna pressione per comunicare all'interessato il risultato.
Il colloquio diretto con il consulente ha particolare rilevanza per coloro che non possono o non sanno leggere e quindi non sono in grado di utilizzare materiale scritto. Possono essere usate altre modalità di comunicazione, che devono comunque essere idonee a fornire le notizie supplementari, di solito trasmesse in forma scritta, che hanno lo scopo di rafforzare la comprensione dei problemi trattati (ad es. sistemi audiovisivi).
Per le persone non udenti deve essere presente al colloquio un interprete della lingua dei segni, ed è utile avvalersi anche dell'ausilio di materiali scritti o visivi.
Nel caso in cui il soggetto comprenda con difficoltà la lingua italiana, si deve utilizzare l'aiuto di un interprete. Particolare attenzione deve essere posta al contesto culturale dal quale proviene il soggetto, soprattutto se appartenente ad altre etnie, in modo da adeguarsi al suo livello di comprensione e al suo sistema di valori.
L'utilità di un test genetico non può perciò essere valutata solo con il criterio delle sue implicazioni mediche, ma devono essere considerate anche implicazioni più ampie che coinvolgono altri aspetti della vita della persona.
Il soggetto al quale viene offerto un test genetico deve ricevere una completa informazione sui suoi aspetti tecnici, sulle sue finalità, nonché sugli eventuali trattamenti o interventi che potranno essere attuati in rapporto ai risultati. Deve inoltre essere informato dei vantaggi che ne possono derivare e dei rischi ai quali va incontro, in modo da maturare autonomamente la volontà di sottoporsi al test.
La conoscenza della sensibilità e del valore predittivo del test permette al soggetto di valutare meglio le modificazioni del rischio di malattia che possono derivare dal risultato del test.
La persona deve inoltre essere informata:
a) delle modalità e dei tempi di esecuzione del test e di comunicazione del risultato;
b) delle implicazioni dei risultati possibili. Nel caso di diagnosi prenatale si dovrà inoltre tenere conto del rapporto affettivo materno-fetale e delle sue particolari implicazioni sul piano etico, emotivo e psicologico, nonché delle sue diverse valenze nelle varie fasi della gravidanza. L'uso di tecniche invasive per il prelievo di tessuti fetali impone una rigorosa ed esauriente informazione sulle modalità operative e sul rischio derivante dalla loro applicazione;
c) dei sistemi adottati per la tutela della riservatezza dei risultati e di chi abbia accesso a quelle informazioni; la località e la durata di conservazione del campione utilizzato per il test e la disponibilità del campione per altri fini; di chi possa accedere al campione e per quali finalità; del diritto dell'interessato a limitare l'accesso ai risultati e la disponibilità del campione per altri fini.
Tutti questi aspetti devono essere discussi con gli interessati, fornendo le informazioni necessarie e favorendone l'autonomia decisionale. La sottoscrizione del consenso informato scritto è l'ultima fase del processo comunicativo.
In relazione a quanto sopra esposto, deve essere evitata l'esecuzione di test genetici senza adeguata consulenza e supporto alla persona; in particolare non si deve offrire, come accade in altri Paesi, test genetici di suscettibilità o di paternità, attraverso internet o altri mezzi informativi.
Ai fini di una corretta applicazione del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante: «Codice in materia di protezione dei dati personali» è sempre necessario ottenere il consenso all'acquisizione dei dati genetici, all'utilizzo e alla conservazione dei dati genetici e (sensibili) da parte dell'interessato ed in particolare:
per i test di identificazione dei portatori sani;
per lo studio della variabilità individuale;
per i test di paternità è sempre necessario acquisire il consenso di entrambi i genitori;
per i test diagnostici.
per quanto riguarda i test presintomatici, è importante che al soggetto sia garantita la possibilità di prendere una decisione autonoma, sulla base della propria scala di valori. Chi gestisce il test ha l'obbligo di stimolare una libera decisione del soggetto e di informarlo del suo pieno diritto di decidere diversamente. Le persone devono essere consapevoli che un risultato positivo può avere implicazioni per i figli attuali e futuri e per altri consanguinei. I test genetici presintomatici possono essere effettuati sui minori non affetti ma a rischio per patologie genetiche, previo consenso informato dei genitori o di chi detiene la patria potestà, solo nel caso in cui esistano concrete possibilità di terapie o trattamenti preventivi efficaci prima del raggiungimento della maggiore età. Per quanto attiene in particolare ai test presintomatici relativi a malattie ad esordio nell'età adulta, si raccomanda pertanto di posporre l'analisi fino a quando il soggetto abbia raggiunto la maggior età e, quindi, la capacità di decidere in piena autonomia;
per i test di suscettibilità, l'eventuale attuazione di indagini deve essere accompagnata da una corretta e capillare informazione sulle attuali conoscenze, sui limiti e sulle potenzialità effettive della «predizione genetica». L'esecuzione di un test di suscettibilità deve essere consentito alle persone maggiorenni, capaci di autodeterminazione;
le persone che si sottopongono ai test farmacogenetici devono essere adeguatamente informate e devono preliminarmente sottoscrivere il consenso informato.
8. Criteri per lo svolgimento delle attività sanitarie di genetica medica da parte delle strutture pubbliche e private.
Le strutture cliniche di genetica medica e i laboratori di genetica medica sono strutture specialistiche alle quali afferiscono le persone che hanno la necessità di affrontare problemi di possibile o dimostrata origine genetica.
Le strutture cliniche di genetica medica e i laboratori di genetica medica si rivolgono a bacini di utenza stabiliti dalla programmazione regionale, idonei a raggiungere efficienza, qualità e a razionalizzare i costi. E 'necessario che le strutture di genetica medica operino in collegamento funzionale, anche tramite una rete organizzata su base regionale o addirittura nazionale, per favorire la circolazione di informazioni sulle patologie genetiche, in particolare quelle rare.
Nell'àmbito della programmazione regionale, sarebbe importante che le strutture di genetica medica si integrassero nella rete delle malattie rare, in quanto la maggior parte di esse ha un'origine genetica.
Il personale sanitario laureato, che opera nelle strutture di genetica medica, deve essere specialista in genetica medica o possedere i requisiti equipollenti secondo la normativa vigente (legge n. 833/1978, decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 25 febbraio 1984, decreto del Presidente della Repubblica n. 483/1997, decreto del Presidente della Repubblica n. 484/1997, decreto ministeriale 30 gennaio 1998).
Per situazioni che lo richiedono, le strutture di genetica medica usufruiscono delle competenze del comitato di bioetica di riferimento.
8.1. Strutture cliniche di genetica medica.
8.1.1. Definizione.
Le strutture cliniche di genetica medica sono strutture alle quali si rivolgono le persone o le famiglie che sono affette o a rischio di essere affette da malattie genetiche. I medici genetisti operano per assicurare, anche in collaborazione con altri professionisti sanitari, in particolare con quelli operanti nei laboratori di genetica medica, la diagnosi accurata, la consulenza genetica, la prevenzione e le possibili terapie.
8.1.2. Requisiti.
Le strutture cliniche di genetica medica che erogano prestazioni specialistiche in diversi regimi sono in possesso dei requisiti minimi strutturali previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, nonché dei requisiti eventualmente stabiliti dalle specifiche normative regionali in materia.
È auspicabile, inoltre, che sia presente nelle strutture di genetica un locale idoneo a garantire riservatezza e tranquillità, da utilizzare per la consulenza genetica, ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante: «Codice in materia di protezione dei dati personali.».
Le strutture cliniche di genetica medica sono quelle presso cui opera personale dedicato, comprendente figure professionali differenziate in numero adeguato alla tipologia e al volume delle prestazioni erogate.
8.1.3. Procedure.
Le strutture cliniche di genetica medica devono disporre anche di procedure per:
la definizione della congruità delle richieste;
la standardizzazione dei requisiti minimi delle prestazioni.
Inoltre, le strutture cliniche di genetica medica devono adottare protocolli assistenziali di diagnosi e follow-up condivisi e collaborano all'istituzione e al mantenimento dei registri delle malattie genetiche in collegamento con le strutture regionali e nazionali preposte (come previsto dall'art. 3 del decreto ministeriale n. 279 del 2001, Registro nazionale delle malattie rare, presso l'Istituto superiore di sanità). Le strutture cliniche di genetica medica devono essere inserite nei sistemi di controllo di verifica della qualità, aziendali e regionali. La compilazione del referto e l'archiviazione dei dati deve rispondere a criteri di logica, chiarezza e sicurezza. Infine i risultati devono essere verificati attraverso vari indicatori (ad es. pertinenza delle indicazioni all'analisi, tempi di consegna del referto, percentuale d'insuccesso, ecc.).
I registri delle patologie debbono contenere dati anonimi.
8.1.4. Rapporto con gli utenti.
Le strutture cliniche di genetica medica, nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi modelli organizzativi, devono fornire agli utenti informazioni su:
le patologie trattate;
la tipologia delle prestazioni erogate;
le modalità d'accesso;
la definizione delle priorità di accesso per le prestazioni che rivestano carattere d'urgenza;
le modalità di consegna dei risultati;
i responsabili dei diversi settori;
le modalità di assistenza agli utenti;
i diritti tutelati;
le procedure adottate per il trattamento dei dati nel rispetto della privacy.
Il genetista clinico, nell'àmbito della consulenza genetica, deve fornire, in un processo interattivo ed interdisciplinare, informazioni dettagliate sul percorso diagnostico, clinico e assistenziale e deve rilasciare relazione scritta e firmata. Copia di detta documentazione deve essere conservata presso la struttura allegata alla documentazione delle prestazioni erogate o alla cartella clinica.
8.1.5. Rapporto con gli altri specialisti e con i laboratori di genetica medica.
I professionisti che operano presso le strutture cliniche di genetica medica interagiscono con gli altri specialisti per quanto di loro competenza e con i laboratori di genetica medica, stabilendo regole per la consulenza collegata ai test genetici, per le procedure e i percorsi diagnostici integrati.
8.1.6. Indicatori di qualità.
Le strutture cliniche di genetica medica devono prevedere un sistema di verifica della qualità adeguato alla complessità delle attività.
8.2. Laboratori di genetica medica.
8.2.1. Definizione.
I laboratori di genetica medica sono strutture che eseguono test genetici (citogenetica, genetica molecolare, genetica biochimica, immunogenetica, citogenetica e genetica oncologica e altri).
Il test genetico deve essere considerato un servizio integrato, nel senso che deve essere preceduto e seguito da una informazione specifica (consulenza collegata al test genetico).
In base alla specifica organizzazione regionale, i laboratori di genetica medica sono funzionalmente collegati alle strutture di genetica clinica, al fine di attuare in modo integrato i programmi operativi.
8.2.2. Requisiti.
I laboratori di genetica medica sono in possesso dei requisiti minimi stabiliti dal decreto del Presidente della Repubblica 14 gennaio 1997, nonché dei requisiti eventualmente stabiliti dalle specifiche normative regionali in materia.
Inoltre devono possedere spazi idonei dedicati:
a garantire riservatezza e tranquillità per le attività di consulenza genetica collegata ai test genetici (anche in condivisione con la struttura clinica di genetica medica, se presente nello stessa Azienda o Ente o Struttura convenzionata);
alla conservazione dei risultati dei test genetici, in accordo con le norme per la protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante: «Codice in materia di protezione dei dati personali»;
alla gestione di una «Banca di cellule e di DNA» (ad es. per l'immortalizzazione di linee cellulari con virus, per la crioconservazione, ecc.), qualora tale attività sia svolta dal laboratorio.
I laboratori di genetica medica sono quelli presso cui opera personale dedicato, comprendente figure professionali differenziate in numero adeguato alla tipologia e al volume delle prestazioni erogate.
8.2.3. Procedure.
I laboratori di genetica medica devono anche disporre di procedure per la standardizzazione dei requisiti minimi delle prestazioni. Inoltre devono adottare protocolli per l'effettuazione dei test genetici condivisi e collaborare alla raccolta e all'elaborazione dei dati epidemiologici.
I laboratori di genetica devono effettuare i controlli di qualità interni ed esterni, secondo le procedure stabilite e riconosciute dalla regione; i controlli esterni devono essere svolti a livello regionale, nazionale e/o a livello europeo. A livello nazionale il controllo è coordinato dall'Istituto superiore di sanità.
8.2.4. Rapporto con gli utenti.
I laboratori di genetica medica nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi modelli organizzativi devono fornire agli utenti informazioni su:
le patologie trattate;
la tipologia delle prestazioni erogate;
le modalità d'accesso;
la definizione delle priorità di accesso per le prestazioni che rivestano carattere d'urgenza;
le modalità di consegna dei risultati;
i responsabili dei diversi settori;
le modalità di assistenza agli utenti;
i diritti tutelati;
le procedure adottate per il trattamento dei dati nel rispetto della privacy.
In accordo con le linee-guida nazionali e internazionali i test genetici devono essere preceduti dalla consulenza collegata al test, finalizzata a:
chiarire il significato, i limiti, l'attendibilità, la specificità del test genetico;
acquisire e/o integrare dati sull'albero genealogico, quando questi non siano già stati forniti;
ottenere il consenso all'esecuzione del test.
La struttura deve conservare i consensi informati all'esecuzione dei test genetici, sottoscritti dagli interessati, allegati alle informazioni anagrafiche della persona che si sottopone al test e alla documentazione delle prestazioni erogate in una scheda informativa in cui venga riportata anche l'indicazione per l'esecuzione del test da parte del medico che l'ha formulata.
I referti dei test genetici devono essere comprensibili, anche ai non addetti ai lavori, e devono uniformarsi alle raccomandazioni delle Società scientifiche nazionali e internazionali.
8.2.5. Rapporti con altri specialisti e con le strutture cliniche di genetica medica.
I laboratori di genetica medica devono operare in stretta collaborazione, oppure tramite collegamento in rete con le strutture cliniche di genetica medica di riferimento, stabilendo regole per la consulenza collegata ai test genetici e per le procedure e i percorsi diagnostici.
Indicatori di qualità
I laboratori di genetica medica devono prevedere un sistema di verifica della qualità adeguata alla complessità delle attività.
Provv.Garante protez. dati pers. 22 febbraio 2007.
Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici.
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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 19 marzo 2007, n. 65.
(2) Vedi, anche, la Del. 24 giugno 2011, n. 258.
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
In data odierna, con la partecipazione del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti, e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali nel seguito denominato «Codice»;
Visto, in particolare, l'art. 90, comma 1, del citato Codice, secondo cui il trattamento dei dati genetici da chiunque effettuato è consentito nei soli casi previsti da apposita autorizzazione rilasciata dal Garante sentito il Ministro della salute che acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore di sanità;
Visto, altresì, l'art. 90, comma 2, del Codice, in base al quale l'autorizzazione individua anche gli ulteriori elementi da includere nell'informativa ai sensi dell'art. 13, con particolare riguardo alla specificazione delle finalità perseguite e dei risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati e al diritto di opporsi al medesimo trattamento per motivi legittimi;
Vista l'autorizzazione generale del Garante n. 2/2005 che richiama espressamente (punto 1.4) l'autorizzazione n. 2/2002 (punto 2, lettera b)), relativa al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, secondo la quale i dati genetici trattati per fini di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti dell'interessato, ovvero per finalità di ricerca scientifica, «possono essere utilizzati unicamente per tali finalità o per consentire all'interessato di prendere una decisione libera e informata, ovvero per finalità probatorie in sede civile o penale, in conformità alla legge»;
Considerata la necessità di assicurare, nella disciplina del trattamento dei dati personali, un elevato livello di tutela per i diritti e le libertà fondamentali, nonchè per la dignità delle persone e, in particolare, per il diritto alla protezione dei dati personali sancito all'art. 1 del Codice; ciò, anche riducendo al minimo i rischi di danno o di pericolo valutati sulla base delle raccomandazioni adottate in materia di dati sanitari dal Consiglio d'Europa e, in particolare, dalla raccomandazione n. R(97)5; rilevato che in base a quest'ultima sono considerati dati genetici tutti i dati, di qualunque tipo, che riguardano i caratteri ereditari di un individuo o che sono in rapporto con i caratteri che formano il patrimonio di un gruppo di individui affini (par. 1), dati che, nel quadro della più ampia categoria dei «dati sanitari», possano essere trattati solo a determinate condizioni (par. 1);
Rilevato che la raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R(92)3 sui test e gli screening genetici a fini di cura afferma (principio n. 8) che la raccolta e la conservazione di sostanze e di campioni biologici, così come il trattamento dei dati che ne derivano, devono essere effettuati in conformità ai principi fondamentali di protezione e di sicurezza dei dati stabiliti dalla convenzione per la protezione degli individui con riguardo al trattamento automatizzato dei dati personali n. 108 del 28 gennaio 1981, nonchè dalle pertinenti raccomandazioni del Comitato dei ministri in materia;
Rilevato che, riguardo al trattamento dei dati genetici, sono desumibili altri importanti principi da alcune fonti internazionali e comunitarie tra le quali figurano:
a) la convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, che vieta qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di una persona in ragione del suo patrimonio genetico (art. 11) e limita l'espletamento di test genetici predittivi ai soli fini medici o di ricerca medica e sulla base di una consulenza genetica appropriata (art. 12);
b) la dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani dell'Unesco dell'11 novembre 1997, che sancisce il diritto della persona al rispetto della dignità e dei propri diritti indipendentemente dalle sue caratteristiche genetiche (art. 2) e vieta ogni discriminazione basata sulle caratteristiche genetiche che abbia per fine o sortisca l'effetto di violare i diritti umani, le libertà fondamentali e la dignità umana (art. 6);
c) la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sulle caratteristiche genetiche (art. 21);
d) la direttiva 2004/23/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, che prescrive l'adozione di misure necessarie di protezione dei dati, compresi quelli genetici, e di altre misure di salvaguardia relativamente ad informazioni raccolte nell'ambito di attività di donazione, approvvigionamento, controllo, lavorazione, conservazione, stoccaggio e distribuzione di tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull'uomo, nonchè di prodotti fabbricati derivati da tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull'uomo (art. 14);
e) la convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina (art. 10), la dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti dell'uomo (art. 5, lettera c)) e la dichiarazione internazionale sui dati genetici umani dell'Unesco (art. 10), le quali riconoscono, con diverso ambito, il diritto di ogni individuo di essere o non essere informato dei risultati degli esami genetici e delle loro conseguenze (ovvero dei risultati della ricerca medica e scientifica laddove i dati genetici, i dati proteomici dell'individuo o i campioni biologici siano utilizzati per tali scopi);
f) il Codice di condotta dell'Organizzazione internazionale del lavoro sulla protezione dei dati personali dei lavoratori (novembre 1996), in base al quale lo svolgimento di screening genetici sui lavoratori dovrebbe essere vietato o limitato a casi specifici autorizzati espressamente dalla legge (art. 6.12);
g) la dichiarazione di Helsinki dell'Associazione medica mondiale (giugno 1964 e successive modificazioni), in base alla quale occorre acquisire l'assenso della persona legalmente incapace, in aggiunta a quello del legale rappresentante, laddove la stessa sia in grado di esprimere il proprio assenso a partecipare ad una ricerca (par. 25);
h) il documento di lavoro sui dati genetici adottato il 17 marzo 2004 (Wp 91) dal Gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali, istituito dall'art. 29 direttiva n. 95/46/CE che, nell'individuare le necessarie garanzie in materia di dati genetici, afferma la necessità di prendere in considerazione e di disciplinare anche lo statuto giuridico dei campioni biologici, suscettibili anch'essi di costituire una fonte di dati personali;
Vista la legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante «Norme in materia di procreazione medicalmente assistita»;
Visto, altresì, l'Accordo del 15 luglio 2004 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante le «Linee-guida per le attività di genetica medica» (in Gazzetta Ufficiale 23 settembre 2004, n. 224);
Visto il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 191, di attuazione della direttiva n. 2002/98/CE, che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti;
Vista la legge 21 ottobre 2005, n. 219, che disciplina le attività trasfusionali e la produzione nazionale degli emoderivati, nonchè, l'ordinanza del Ministro della salute del 13 aprile 2006 recante «Misure urgenti in materia di cellule staminali da cordone ombelicale» (in Gazzetta Ufficiale 9 maggio 2005, n. 106);
Considerato che, ai sensi degli articoli 76 e 81 del Codice, gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici possono trattare i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute per finalità di tutela della salute o dell'incolumità fisica dell'interessato solo con il consenso di quest'ultimo, oppure (quando occorre tutelare la salute o l'incolumità fisica di un terzo o della collettività) anche senza il consenso dell'interessato, ma previa autorizzazione del Garante;
Considerato che gli articoli 77, 78 e 79 del Codice prevedono modalità semplificate per l'informativa di cui all'art. 13 del medesimo Codice da parte degli esercenti la professione sanitaria e degli organismi sanitari pubblici;
Visto il provvedimento del Garante del 19 luglio 2006 (in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1318699), con il quale, ai sensi degli articoli 78, comma 3, e 13, comma 3, del Codice, sono stati indicati gli elementi essenziali che il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta devono includere nell'informativa da fornire all'interessato relativamente al trattamento dei dati personali;
Considerato che, ai sensi degli articoli 23 e 26 del Codice, i privati e gli enti pubblici economici possono trattare i dati sensibili solo previa autorizzazione del Garante e, ove richiesto, con il consenso scritto dell'interessato;
Considerato che un elevato numero di trattamenti di dati genetici è effettuato per finalità di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti dell'interessato e per finalità di ricerca scientifica;
Considerato che l'art. 40 del Codice prevede il rilascio di autorizzazioni di carattere generale relative a determinate categorie di titolari o di trattamenti e che tali autorizzazioni sinora rilasciate sono risultate un idoneo strumento per prescrivere misure uniformi a garanzia degli interessati;
Ritenuto opportuno rilasciare la specifica autorizzazione prevista dall'art. 90 del Codice, in sostituzione delle prescrizioni già impartite in materia di dati genetici con l'autorizzazione generale del Garante n. 2/2002 richiamata dall'autorizzazione n. 2/2005;
Ritenuto opportuno prendere in considerazione con separato provvedimento il trattamento dei dati genetici effettuato da parte delle categorie di soggetti pubblici ricompresi nei titoli I, II, e III della parte II del Codice;
Considerato che, fuori dei casi appena indicati, ulteriori trattamenti di dati genetici non ricompresi nella presente autorizzazione non risultano allo stato leciti, anche in riferimento all'attività dei datori di lavoro volta a determinare l'attitudine professionale di lavoratori o di candidati all'instaurazione di un rapporto di lavoro, anche se basata sul consenso dell'interessato, nonchè all'attività delle imprese di assicurazione;
Visti gli articoli 41 e 167 del Codice;
Ritenuto opportuno che anche la presente autorizzazione sia a tempo determinato e riservata ogni determinazione in ordine alla sua integrazione o modifica anche in relazione al rapido sviluppo della ricerca e delle tecnologie applicate alla genetica e all'evolversi delle conoscenze nel settore;
Visto, altresì, l'art. 11, comma 2, del Codice, il quale stabilisce che i dati trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento di dati personali non possono essere utilizzati;
Visti gli articoli 31 e seguenti del Codice e il disciplinare tecnico di cui all'Allegato B al medesimo Codice, recanti disposizioni e regole sulle misure di sicurezza;
Sentito il Ministro della salute, che ha acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità, ai sensi dell'art. 90 del Codice;
Esaminate le osservazioni formulate, su richiesta del Garante, da parte di qualificati esperti della materia;
Visti gli altri atti d'ufficio;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il prof. Francesco Pizzetti;
Autorizza
ai sensi degli articoli 26, 40, 41 e 90 del Codice il trattamento dei dati genetici da parte dei soggetti sottoindividuati, secondo le prescrizioni di seguito indicate.
Prima di iniziare o proseguire il trattamento i sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l'utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l'interessato solo in caso di necessità, in conformità all'art. 3 del Codice.
1) Definizioni.
Ai fini della presente autorizzazione si intende per:
a) dato genetico, il dato che, indipendentemente dalla tipologia, riguarda la costituzione genotipica di un individuo, ovvero i caratteri genetici trasmissibili nell'ambito di un gruppo di individui legati da vincoli di parentela;
b) campione biologico, ogni campione di materiale biologico che contiene le informazioni genotipiche caratteristiche di un individuo;
c) test genetico, l'analisi a scopo clinico di uno specifico gene o del suo prodotto o funzione o di altre parti del Dna o di un cromosoma, volta a effettuare una diagnosi o a confermare un sospetto clinico in un individuo già affetto (test diagnostico), oppure a individuare o escludere la presenza di una mutazione associata ad una malattia genetica che possa svilupparsi in un individuo sano (test presintomatico) o, ancora, a valutare la maggiore o minore suscettibilità di un individuo a sviluppare patologie comuni (test predittivo);
d) test farmacogenetico, l'analisi finalizzata all'identificazione di sequenza nel Dna in grado di predire la risposta «individuale» a farmaci in termini di efficacia e di rischio relativo di eventi avversi;
e) test sulla variabilità individuale, l'esame genetico volto a definire un rapporto di consanguineità o ad attribuire tracce biologiche a determinati individui;
f) screening genetico, il test genetico effettuato su popolazioni o su gruppi definiti al fine di delinearne le caratteristiche genetiche comuni o di identificare precocemente soggetti affetti o portatori di patologie genetiche o di altre caratteristiche ereditarie;
g) consulenza genetica, il processo di comunicazione consistente nell'aiutare l'individuo o la famiglia colpita da patologia genetica a comprendere le informazioni mediche che includono la diagnosi e il probabile decorso della malattia, le forme di assistenza disponibili, il contributo dell'ereditarietà al verificarsi della malattia e il rischio di ricorrenza esistente per sè e per altri familiari, nonchè tutte le opzioni esistenti nell'affrontare il rischio di malattia e l'impatto che tale rischio può avere su scelte procreative; a tale processo partecipano, oltre al medico e/o al biologo specialisti in genetica medica, altre figure professionali competenti nella gestione delle problematiche psicologiche e sociali connesse alla genetica;
h) informazione genetica, il processo informativo riguardante le specifiche caratteristiche degli screening genetici.
2) Ambito di applicazione.
La presente autorizzazione è rilasciata:
a) agli esercenti le professioni sanitarie, in particolare ai genetisti medici, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusive finalità di tutela della salute dell'interessato o di un terzo appartenente alla stessa linea genetica dell'interessato;
b) agli organismi sanitari pubblici e privati, in particolare alle strutture cliniche di genetica medica, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusive finalità di tutela della salute dell'interessato o di un terzo appartenente alla stessa linea genetica dell'interessato;
c) a laboratori di genetica medica, limitatamente alle operazioni indispensabili rispetto a dati, parimenti indispensabili, destinati ad essere trattati per esclusive finalità di prevenzione e di diagnosi genetica nei confronti dell'interessato, o destinati ad essere utilizzati ad esclusivi fini di svolgimento delle indagini difensive o per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria o, ad esclusivi fini di ricongiungimento familiare, per l'accertamento della sussistenza di vincoli di consanguineità di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, apolidi e rifugiati;
d) alle persone fisiche o giuridiche, agli enti o agli istituti di ricerca, alle associazioni e agli altri organismi pubblici e privati aventi finalità di ricerca, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusivi scopi di ricerca scientifica, anche statistica, finalizzata alla tutela della salute dell'interessato, di terzi o della collettività in campo medico, biomedico ed epidemiologico e antropologico, nell'ambito delle attività di pertinenza della genetica medica;
e) agli psicologi, ai consulenti tecnici e ai loro assistenti, nell'ambito di interventi pluridisciplinari di consulenza genetica, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusive finalità di consulenza nei confronti dell'interessato o dei suoi familiari;
f) ai farmacisti, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusive finalità di adempimento agli obblighi derivanti da un rapporto di fornitura di farmaci all'interessato;
g) ai difensori, anche a mezzo di sostituti, consulenti tecnici e investigatori privati autorizzati, limitatamente alle operazioni e ai dati indispensabili per esclusive finalità di svolgimento di investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397; è altresì rilasciata per far valere o difendere un diritto - anche da parte di un terzo - in sede giudiziaria, sempre che il diritto sia di rango almeno pari a quello dell'interessato e i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento;
h) agli organismi internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri e alle rappresentanze diplomatiche o consolari per il rilascio delle certificazioni (allo stato disciplinate dall'art. 49 decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200) ad esclusivi fini di ricongiungimento familiare e limitatamente ai casi in cui l'interessato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli di consanguineità, in ragione del suo status, ovvero della mancanza di un'autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti rilasciati dall'autorità locale.
3) Finalità del trattamento.
Possono essere trattati i dati genetici inerenti alle seguenti finalità che non possano essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati anonimi o di dati personali di natura diversa:
a) tutela della salute, con particolare riferimento alle patologie di natura genetica e alla tutela dell'identità genetica dell'interessato, con il suo consenso, salvo quanto previsto dagli articoli 26 e 82 del Codice in riferimento al caso in cui l'interessato non possa prestare il proprio consenso per incapacità d'agire, impossibilità fisica o incapacità di intendere o di volere;
b) tutela della salute, con particolare riferimento alle patologie di natura genetica e tutela dell'identità genetica di un terzo appartenente alla stessa linea genetica dell'interessato, nel caso in cui il consenso non sia prestato o non possa essere prestato per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità d'intendere o di volere; ciò, limitatamente ai dati genetici già raccolti e qualora il trattamento sia indispensabile per consentire al terzo di compiere una scelta riproduttiva consapevole o sia giustificato dalla disponibilità, per il terzo, di interventi di natura preventiva o terapeutica;
c) ricerca scientifica e statistica, finalizzata alla tutela della salute della collettività in campo medico, biomedico ed epidemiologico (sempre che la disponibilità di dati solo anonimi su campioni della popolazione non permetta alla ricerca di raggiungere i suoi scopi), da svolgersi con il consenso dell'interessato salvo che nei casi di indagini statistiche o di ricerca scientifica previste dalla legge.
Nell'ambito delle finalità di cui alle precedenti lettere a) e b) del presente punto, l'autorizzazione è rilasciata anche all'esclusivo fine di consentire ai destinatari di adempiere o di esigere l'adempimento di specifici obblighi o di eseguire specifici compiti previsti dalla normativa comunitaria, da leggi o da regolamenti, in particolare in materia di igiene e di sanità pubblica, di prevenzione delle malattie professionali, di diagnosi e cura, anche per i trapianti di organi e tessuti, di riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità fisica e psichica, di tutela della salute mentale, di assistenza farmaceutica, in conformità alla legge. Il trattamento può riguardare anche la compilazione di cartelle cliniche, di certificati e di altri documenti di tipo sanitario.
La presente autorizzazione è rilasciata, altresì, quando il trattamento dei dati genetici sia indispensabile:
a) per lo svolgimento da parte del difensore delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, anche a mezzo di sostituti, di consulenti tecnici e investigatori privati autorizzati, o, comunque, per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria, anche senza il consenso dell'interessato eccetto il caso in cui il trattamento presupponga lo svolgimento di test genetici. Ciò, sempre che il diritto da far valere o difendere sia di rango pari a quello dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile e i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Il trattamento deve essere comunque effettuato nel rispetto delle autorizzazioni generali del garante al trattamento dei dati sensibili da parte dei liberi professionisti e da parte degli investigatori privati (allo stato, autorizzazioni nn. 4 e 6/2005). Il trattamento può comprendere anche le informazioni relative a stati di salute pregressi o relative ai familiari dell'interessato;
b) per adempiere o per esigere l'adempimento di specifici obblighi o per eseguire specifici compiti previsti espressamente dalla normativa comunitaria, da leggi o da regolamenti in materia di previdenza e assistenza o in materia di igiene e sicurezza del lavoro o della popolazione, anche senza il consenso dell'interessato, nei limiti previsti dall'autorizzazione generale del Garante al trattamento dei dati sensibili nei rapporti di lavoro (allo stato, l'autorizzazione n. 1/2005) e ferme restando le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui all'art. 111 del Codice. Il trattamento può comprendere anche le informazioni relative a stati di salute pregressi o relative ai familiari dell'interessato;
c) per l'accertamento dei vincoli di consanguineità per il ricongiungimento familiare di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, apolidi e rifugiati (attualmente disciplinato dal decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286). Non si considerano, in particolare, indispensabili i trattamenti di dati genetici effettuati nonostante la disponibilità di procedure alternative che non comportano il trattamenti dei dati medesimi.
4) Modalità di trattamento.
I destinatari della presente autorizzazione conformano il prelievo e l'utilizzo dei campioni biologici e il trattamento dei dati genetici secondo modalità volte a prevenire la violazione dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati. Tali attività sono effettuate, comunque, in modo lecito e secondo correttezza, nonchè per scopi determinati in conformità alla presente autorizzazione e resi noti all'interessato nei modi indicati al successivo punto 5.
Sono predisposte specifiche misure per accertare univocamente l'identità del soggetto al quale viene prelevato il materiale biologico per l'esecuzione dell'analisi (art. 11, comma 1, lettera c), del Codice).
Il trattamento dei dati genetici è effettuato unicamente con operazioni, nonchè con logiche e mediante forme di organizzazione dei dati strettamente indispensabili in rapporto ai sopra indicati obblighi, compiti o finalità.
Restano fermi gli obblighi deontologici relativi alle singole figure professionali oggetto della presente autorizzazione.
4.1) Raccolta e conservazione.
Quando le finalità del trattamento di dati genetici non possono essere realizzate senza l'identificazione anche temporanea degli interessati, il titolare adotta specifiche misure per mantenere separati i dati identificativi già al momento della raccolta, salvo che ciò risulti impossibile in ragione delle particolari caratteristiche del trattamento o richieda un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato.
La raccolta di dati genetici effettuata per l'esecuzione di test e di screening genetici è limitata alle sole informazioni personali e familiari strettamente indispensabili all'esecuzione dell'analisi (art. 11, comma 1, lettera d), del Codice).
In particolare, nei trattamenti effettuati mediante test sulla variabilità individuale non sono raccolti dati sullo stato di salute o su altre caratteristiche degli interessati, ad eccezione del sesso. Il campione è prelevato da un incaricato del laboratorio di genetica medica o da un medico da esso designato ovvero, in caso di ricongiungimento familiare, da esercenti le professioni sanitarie appositamente incaricati dalle rappresentanze diplomatiche o consolari o da organismi internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri.
4.2) Ricerca scientifica e statistica.
La ricerca scientifica e statistica, per il cui svolgimento è consentito il trattamento dei dati genetici e l'utilizzo dei campioni biologici, è effettuata, altresì, sulla base di un progetto redatto conformemente agli standard del pertinente settore disciplinare, anche al fine di documentare che il trattamento dei dati e l'utilizzo dei campioni biologici sia effettuato per idonei ed effettivi scopi scientifici. Possono essere utilizzati a tal fine i dati e i campioni biologici strettamente pertinenti agli scopi perseguiti, avuto riguardo ai dati disponibili e ai trattamenti già effettuati dallo stesso titolare, nonchè all'esistenza di altre modalità che permettano di raggiungere gli scopi della ricerca mediante dati personali diversi da quelli identificativi o genetici, ovvero che non comportino il prelievo di campioni biologici.
Il progetto specifica le misure da adottare nel trattamento dei dati personali per garantire il rispetto della presente autorizzazione, nonchè della normativa sulla protezione dei dati personali, anche per i profili riguardanti la custodia e la sicurezza dei dati e dei campioni biologici, e individua gli eventuali responsabili del trattamento (articoli 29, 31, 33, 34 e 35 del Codice e Allegato B al medesimo Codice). In particolare, laddove la ricerca preveda il prelievo e/o l'utilizzo di campioni biologici, il progetto indica l'origine, la natura e le modalità di prelievo e di conservazione dei campioni, nonchè le misure adottate per garantire la volontarietà del conferimento del materiale biologico da parte dell'interessato.
Il progetto è conservato a cura del titolare in forma riservata almeno per un anno dopo la conclusione della ricerca. Il titolare fornisce le informazioni contenute nel progetto agli interessati che ne facciano richiesta.
4.3) Misure di sicurezza.
Per la custodia e la sicurezza dei dati genetici e dei campioni biologici sono adottate, in ogni caso, le seguenti cautele.
L'accesso ai locali è controllato mediante incaricati della vigilanza o strumenti elettronici che prevedano specifiche procedure di identificazione anche mediante dispositivi biometrici. Le persone ammesse, a qualunque titolo, dopo l'orario di chiusura, sono identificate e registrate.
La conservazione, l'utilizzo e il trasporto dei campioni biologici sono posti in essere con modalità volte anche a garantirne la qualità, l'integrità, la disponibilità e la tracciabilità.
Il trasferimento dei dati genetici in formato elettronico è effettuato con posta elettronica certificata previa cifratura delle informazioni trasmesse da realizzarsi con firma digitale. È ammesso il ricorso a canali di comunicazione di tipo «web application» che prevedano protocolli di comunicazione sicuri e garantiscano, previa verifica, l'identità digitale del server che eroga il servizio e della postazione client da cui si effettua l'accesso ai dati, ricorrendo a certificati digitali emessi in conformità alla legge da un'autorità di certificazione.
La consultazione dei dati genetici trattati con strumenti elettronici è consentita previa adozione di sistemi di autenticazione basati sull'uso combinato di informazioni note agli incaricati e di dispositivi, anche biometrici, in loro possesso.
I dati genetici e i campioni biologici contenuti in elenchi, registri o banche di dati, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l'utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che li rendano temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettano di identificare gli interessati solo in caso di necessità, in modo da ridurre al minimo i rischi di conoscenza accidentale e di accesso abusivo o non autorizzato. Laddove gli elenchi, i registri o le banche di dati contengano anche dati riguardanti la genealogia o lo stato di salute degli interessati, le predette tecniche devono consentire, altresì, il trattamento disgiunto dei dati genetici e sanitari dagli altri dati personali che permettono di identificare direttamente le persone interessate.
Restano comunque fermi gli altri obblighi previsti dagli articoli 11, 14, 22 e 31 e seguenti del Codice e le modalità tecniche in materia di misure minime di sicurezza indicate nel disciplinare tecnico allegato al medesimo Codice, anche per ciò che attiene alla conservazione e al trasporto dei dati all'esterno dei locali protetti e all'accesso controllato a tali locali. Tali obblighi vanno osservati anche in riferimento ai campioni biologici.
5) Informativa.
Salvo che per i trattamenti non sistematici di dati genetici effettuati dal medico di medicina generale e dal pediatra di libera scelta nell'ambito degli ordinari rapporti con l'interessato per la tutela della salute e dell'incolumità fisica di quest'ultimo, l'informativa evidenzia, oltre agli elementi previsti in base agli articoli 13, 77 e 78 del Codice:
a) l'esplicitazione analitica di tutte le specifiche finalità perseguite;
b) i risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati genetici;
c) il diritto dell'interessato di opporsi al trattamento dei dati genetici per motivi legittimi;
d) la facoltà o meno, per l'interessato, di limitare l'ambito di comunicazione dei dati genetici e il trasferimento dei campioni biologici, nonchè l'eventuale utilizzo di questi per ulteriori scopi;
e) il periodo di conservazione dei dati genetici e dei campioni biologici.
Dopo il raggiungimento della maggiore età l'informativa è fornita all'interessato anche ai fini dell'acquisizione di una nuova manifestazione del consenso quando questo è necessario (art. 82, comma 4, del Codice).
Per i trattamenti effettuati per scopi di ricerca scientifica e statistica l'informativa evidenzia, altresì:
a) che il consenso è manifestato liberamente ed è revocabile in ogni momento senza che ciò comporti alcuno svantaggio o pregiudizio per l'interessato, salvo che i dati e i campioni biologici, in origine o a seguito di trattamento, non consentano più di identificare il medesimo interessato;
b) gli accorgimenti adottati per consentire l'identificabilità degli interessati soltanto per il tempo necessario agli scopi della raccolta o del successivo trattamento (art. 11, comma 1, lettera e), del Codice);
c) l'eventualità che i dati e/o i campioni biologici siano conservati e utilizzati per altri scopi di ricerca scientifica e statistica, per quanto noto, adeguatamente specificati anche con riguardo alle categorie di soggetti ai quali possono essere eventualmente comunicati i dati oppure trasferiti i campioni;
d) le modalità con cui gli interessati che ne facciano richiesta possono accedere alle informazioni contenute nel progetto di ricerca.
Per i trattamenti effettuati mediante test e screening genetici per finalità di tutela della salute, di ricerca o di ricongiungimento familiare, l'informativa è resa all'interessato prima del prelievo, ovvero dell'utilizzo del suo campione biologico qualora lo stesso sia stato già prelevato, anche in forma scritta, in modo specifico e comprensibile, anche quando il trattamento è effettuato da esercenti la professione sanitaria o da organismi sanitari pubblici e privati che abbiano informato in precedenza il medesimo interessato utilizzando le modalità semplificate previste dagli articoli 77, 78 e 79 del Codice.
I trattamenti per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in sede giudiziaria possono essere effettuati mediante l'esecuzione di test genetici soltanto previa informativa all'interessato da rendersi con le modalità sopra indicate.
5.1) Consulenza genetica e attività di informazione.
Per i trattamenti effettuati mediante test genetici per finalità di tutela della salute o di ricongiungimento familiare è fornita all'interessato una consulenza genetica prima e dopo lo svolgimento dell'analisi, nel corso della quale l'interessato riceve informazioni complete e accurate su tutte le possibili implicazioni dei risultati. Prima dell'introduzione di screening genetici finalizzati alla tutela della salute sono adottate idonee misure per garantire un'attività di informazione al pubblico in merito alla disponibilità dei test effettuati, alla loro natura, alle loro specifiche finalità e conseguenze, anche nell'ambito di pubblicazioni istituzionali e mediante reti di comunicazione elettronica.
Il consulente genetista aiuta i soggetti interessati a prendere in piena autonomia le decisioni ritenute più adeguate, tenuto conto del rischio genetico, delle aspirazioni familiari e dei loro principi etico-religiosi, aiutandoli ad agire coerentemente con le scelte compiute, nonchè a realizzare il miglior adattamento possibile alla malattia e/o al rischio di ricorrenza della malattia stessa.
Nei casi in cui il test sulla variabilità individuale è volto ad accertare la paternità o la maternità gli interessati sono, altresì, informati circa la normativa in materia di filiazione, ponendo in evidenza le eventuali conseguenze psicologiche e sociali dell'esame.
L'attuazione di ricerche scientifiche su isolati di popolazione è preceduta da un'attività di informazione presso le comunità interessate, anche mediante mezzi di comunicazione di massa su base locale e presentazioni pubbliche, volta ad illustrare la natura della ricerca, le finalità perseguite, le modalità di attuazione, le fonti di finanziamento e i rischi o benefici attesi per le popolazioni coinvolte. L'attività di informazione evidenzia anche gli eventuali rischi di discriminazione o stigmatizzazione delle comunità interessate, nonchè quelli inerenti alla conoscibilità di inattesi rapporti di consanguineità e le azioni intraprese per ridurre al minimo tali rischi.
6) Consenso.
In conformità a quanto previsto dagli articoli 23 e 26 del Codice, i dati genetici possono essere trattati e i campioni biologici utilizzati soltanto per gli scopi indicati nella presente autorizzazione e rispetto ai quali la persona abbia manifestato previamente e per iscritto il proprio consenso informato.
In conformità all'art. 23 del Codice, il consenso resta valido solo se l'interessato è libero da ogni condizionamento o coercizione e resta revocabile liberamente in ogni momento.
Nel caso in cui l'interessato revochi il consenso al trattamento dei dati per scopi di ricerca, è distrutto anche il campione biologico sempre che sia stato prelevato per tali scopi, salvo che, in origine o a seguito di trattamento, il campione non possa più essere riferito ad una persona identificata o identificabile.
Per i trattamenti effettuati mediante test genetici, compreso lo screening, anche a fini di ricerca o di ricongiungimento familiare, deve essere acquisito il consenso informato dei soggetti cui viene prelevato il materiale biologico necessario all'esecuzione dell'analisi. In questi casi, all'interessato è richiesto di dichiarare se vuole conoscere o meno i risultati dell'esame o della ricerca, comprese eventuali notizie inattese che lo riguardano, qualora queste ultime rappresentino per l'interessato un beneficio concreto e diretto in termini di terapia o di prevenzione o di consapevolezza delle scelte riproduttive.
Per le informazioni relative ai nascituri il consenso è validamente prestato dalla gestante. Nel caso in cui il trattamento effettuato mediante test prenatale possa rivelare anche dati genetici relativi alla futura insorgenza di una patologia del padre, è previamente acquisito anche il consenso di quest'ultimo.
Quando il trattamento è necessario per la salvaguardia della vita e dell'incolumità fisica dell'interessato, e quest'ultimo non può prestare il proprio consenso per impossibilità fisica, incapacità d'agire o incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l'interessato. Si applicano le disposizioni di cui all'art. 82 del Codice.
L'opinione del minore, nella misura in cui lo consente la sua età e il suo grado di maturità, è presa in considerazione. Negli altri casi di incapacità d'agire, impossibilità fisica o di incapacità di intendere o di volere, il trattamento è consentito se le finalità perseguite comportano un beneficio diretto per l'interessato e la sua opinione è, nei limiti del possibile, presa in considerazione.
I trattamenti di dati connessi all'esecuzione di test genetici presintomatici possono essere effettuati sui minori non affetti, ma a rischio per patologie genetiche solo nel caso in cui esistano concrete possibilità di terapie o di trattamenti preventivi prima del raggiungimento della maggiore età. I test sulla variabilità individuale non possono essere condotti su minori senza che venga acquisito il consenso di ambedue i genitori, ove esercitano entrambi la potestà sul minore.
I trattamenti di dati connessi all'esecuzione di test genetici per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in sede giudiziaria possono essere effettuati soltanto con il consenso informato della persona cui appartiene il materiale biologico necessario all'indagine, salvo che un'espressa disposizione di legge disponga altrimenti.
7) Trattamenti in settori particolari.
I dati genetici trattati e i campioni biologici prelevati per l'esecuzione di test sulla variabilità individuale ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in un procedimento penale non possono essere utilizzati per altri fini. I dati trattati e i campioni biologici prelevati per l'esecuzione di test genetici a fini di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti dell'interessato o per finalità di ricerca scientifica e statistica possono essere utilizzati per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in un procedimento penale, nel rispetto delle pertinenti disposizioni di legge.
8) Conservazione dei dati e dei campioni.
Con riferimento all'obbligo previsto dall'art. 11, comma 1, lettera e), del Codice, i campioni biologici e i dati genetici possono essere conservati per il periodo di tempo non superiore a quello strettamente necessario per adempiere agli obblighi o ai compiti indicati al punto 3 della presente autorizzazione o per perseguire le finalità ivi menzionate per le quali sono stati raccolti o successivamente utilizzati.
I campioni biologici prelevati e i dati genetici trattati per l'esecuzione di test e di screening genetici sono conservati per un periodo di tempo non superiore a quello necessario allo svolgimento dell'analisi o al perseguimento degli scopi per i quali sono stati raccolti o successivamente utilizzati.
I dati genetici trattati a fini di ricongiungimento familiare sono conservati per un periodo di tempo non superiore a quello necessario all'esame dell'istanza di ricongiungimento, salvo che per l'eventuale conservazione, a norma di legge, dell'atto o del documento che li contiene. A seguito del rigetto o dell'accoglimento dell'istanza, i campioni prelevati per l'accertamento dei vincoli di consanguineità devono essere distrutti (art. 11, comma 1, lettera e), del Codice).
Ai sensi dell'art. 11, comma 1, lettere c), d) ed e), del Codice, i soggetti autorizzati verificano periodicamente l'esattezza e l'aggiornamento dei dati, nonchè la loro pertinenza, completezza, non eccedenza e indispensabilità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi, anche con riferimento ai dati che l'interessato fornisce di propria iniziativa. I dati che, anche a seguito delle verifiche, risultano eccedenti o non pertinenti o non indispensabili non possono essere utilizzati.
I campioni biologici prelevati e i dati genetici raccolti per scopi di tutela della salute possono essere conservati ed utilizzati per finalità di ricerca scientifica o statistica, ferma restando la necessità di acquisire il consenso informato delle persone interessate, eccetto che nei casi di indagini statistiche o ricerche scientifiche previste dalla legge. La conservazione e l'ulteriore utilizzo di campioni biologici e di dati genetici raccolti per la realizzazione di progetti di ricerca e indagini statistiche, diversi da quelli per i quali è stato originariamente acquisito il consenso informato degli interessati, sono consentiti limitatamente al perseguimento di scopi scientifici e statistici direttamente collegati con quelli originari. Ciò, a meno che venga nuovamente acquisito il consenso degli interessati, ovvero i campioni biologici e i dati genetici, in origine o a seguito di trattamento, non consentano più di identificare i medesimi interessati, oppure a causa di particolari ragioni non sia possibile informarli malgrado sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo per raggiungerli e il programma di ricerca, oggetto di motivato parere favorevole del competente comitato etico a livello territoriale, sia autorizzato appositamente dal Garante ai sensi dell'art. 90 del Codice.
9) Comunicazione e diffusione dei dati.
I dati genetici non possono essere comunicati e i campioni biologici non possono essere messi a disposizione di terzi salvo che sia indispensabile per il perseguimento delle finalità indicate dalla presente autorizzazione.
I dati genetici e i campioni biologici raccolti per scopi di ricerca scientifica e statistica possono essere comunicati o trasferiti a enti e istituti di ricerca, alle associazioni e agli altri organismi pubblici e privati aventi finalità di ricerca, esclusivamente nell'ambito di progetti congiunti.
I dati genetici e i campioni biologici raccolti per scopi di ricerca scientifica e statistica possono essere comunicati o trasferiti ai soggetti sopra indicati, non partecipanti a progetti congiunti, limitatamente alle informazioni prive di dati identificativi, per scopi scientifici direttamente collegati a quelli per i quali sono stati originariamente raccolti e chiaramente determinati per iscritto nella richiesta dei dati e/o dei campioni. In tal caso, il soggetto richiedente si impegna a non trattare i dati e/o utilizzare i campioni per fini diversi da quelli indicati nella richiesta e a non comunicarli o trasferirli ulteriormente a terzi.
I dati genetici raccolti a fini di ricongiungimento familiare possono essere comunicati unicamente alle rappresentanze diplomatiche o consolari competenti all'esame della documentazione prodotta dall'interessato o all'organismo internazionale ritenuto idoneo dal Ministero degli affari esteri cui questi si sia rivolto. I campioni biologici prelevati ai medesimi fini possono essere trasferiti unicamente al laboratorio designato per l'effettuazione del test sulla variabilità individuale o all'organismo internazionale ritenuto idoneo dal Ministero degli affari esteri.
Fermo restando quanto previsto dall'art. 84 del Codice, i dati genetici devono essere resi noti di regola direttamente all'interessato o a persone diverse dal diretto interessato sulla base di una delega scritta di quest'ultimo, adottando ogni mezzo idoneo a prevenire la conoscenza non autorizzata da parte di soggetti anche compresenti. La comunicazione nelle mani di un delegato dell'interessato è eseguita in plico chiuso.
Gli esiti di test e di screening genetici, nonchè i risultati delle ricerche qualora comportino per l'interessato un beneficio concreto e diretto in termini di terapia, prevenzione o di consapevolezza delle scelte riproduttive, devono essere comunicati al medesimo interessato anche nel rispetto della sua dichiarazione di volontà di conoscere o meno tali eventi e, ove necessario, con un'appropriata consulenza genetica.
I risultati delle ricerche, qualora comportino un beneficio concreto e diretto in termini di terapia, prevenzione o di consapevolezza delle scelte riproduttive, anche per gli appartenenti alla stessa linea genetica dell'interessato, possono essere comunicati a questi ultimi, qualora ne facciano richiesta e l'interessato vi abbia espressamente acconsentito, o sia deceduto e, in vita, non abbia espressamente fornito indicazioni contrarie.
In caso di ricerche condotte su popolazioni isolate, devono essere resi noti alle comunità interessate e alle autorità locali gli eventuali risultati della ricerca che rivestono un'importanza terapeutica o preventiva per la tutela della salute delle persone appartenenti a tali comunità.
I dati genetici non possono essere diffusi. I risultati delle ricerche non possono essere diffusi se non in forma aggregata, ovvero secondo modalità che non rendano identificabili gli interessati neppure tramite dati identificativi indiretti, anche nell'ambito di pubblicazioni.
10) Richieste di autorizzazione.
I titolari dei trattamenti che rientrano nell'ambito di applicazione della presente autorizzazione non sono tenuti a presentare una richiesta di autorizzazione a questa Autorità, qualora il trattamento che si intende effettuare sia conforme alle prescrizioni suddette.
Le richieste di autorizzazione pervenute o che perverranno anche successivamente alla data di adozione del presente provvedimento, devono intendersi accolte nei termini di cui al provvedimento medesimo.
Il Garante non prenderà in considerazione richieste di autorizzazione per trattamenti da effettuarsi in difformità alle prescrizioni del presente provvedimento, salvo che il loro accoglimento sia giustificato da circostanze del tutto particolari o da situazioni eccezionali non considerate nella presente autorizzazione, relative, ad esempio, al caso in cui la raccolta del consenso comporti un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato in ragione, in particolare, del numero di persone interessate.
11) Norme finali.
Restano fermi gli obblighi previsti da norme di legge o di regolamento, ovvero dalla normativa comunitaria, che stabiliscono divieti o limiti in materia di trattamento di dati genetici.
Resta fermo per il titolare del trattamento di dati genetici l'obbligo di effettuare, nei casi previsti, la notificazione al Garante prima dell'inizio del trattamento medesimo (articoli 37 e 163 del Codice).
12) Efficacia temporale e disciplina transitoria.
La presente autorizzazione ha efficacia dal 1° aprile 2007 al 31 dicembre 2008 (3).
Qualora alla data di pubblicazione della presente autorizzazione il trattamento non sia già conforme alle sue prescrizioni, il titolare deve adeguarsi ad esse entro il 1° settembre 2007.
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(3) Per la proroga del termine vedi la Del. 19 dicembre 2008, n. 75, la Del. 22 dicembre 2009, n. 52/09, la Del. 27 aprile 2010, il Provv. 24 giugno 2010 e la Del. 23 dicembre 2010, n. 66.
Linee guida per i trattamenti di dati personali nell'ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali - 24 luglio 2008
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(1) G.U. n. 190 del 14 agosto 2008
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Nella riunione odierna, in presenza del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Giuseppe Fortunato, componente, e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;
Vista la deliberazione 29 novembre 2007, n. 62, con la quale l'Autorità ha avviato una procedura di consultazione pubblica su un documento, adottato in pari data, contenente "Linee guida per i trattamenti di dati personali nell'ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali" e pubblicato, unitamente alla medesima deliberazione, sul sito web dell'Autorità;
Visti i commenti e le osservazioni pervenuti a questa Autorità a seguito della consultazione pubblica per la quale era stato fissato il termine del 15 febbraio 2008;
Considerate le risultanze degli incontri intercorsi con i rappresentanti di categoria e con altri enti e organismi che hanno partecipato alla consultazione pubblica;
Ritenuto, in base agli approfondimenti svolti, di individuare un quadro unitario di misure e accorgimenti necessari e opportuni volti a fornire orientamenti utili per i promotori e gli altri operatori che, a vario titolo, intervengono nelle sperimentazioni cliniche riguardo al trattamento dei dati delle persone coinvolte;
Visto il Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lg. 30 giugno 2003, n. 196);
Vista la documentazione in atti;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il dott. Giuseppe Chiaravalloti;
DELIBERA:
a) di adottare in via definitiva le "Linee guida per i trattamenti di dati personali nell'ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali" unitamente ad un modello di riferimento per l'informativa e la manifestazione del consenso al trattamento dei dati personali, contenuti nei documenti allegati quali parti integranti della presente deliberazione (Allegati A e n. 1);
b) che copia della presente deliberazione, unitamente ai menzionati allegati, sia trasmessa al Ministero della giustizia-Ufficio pubblicazione leggi e decreti, per la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, ai sensi dell'art. 143, comma 2, del Codice;
c) che copia dei predetti documenti sia, altresì, trasmessa per opportuna conoscenza, al Ministero della salute, all'Istituto superiore di sanità, all'Agenzia italiana del farmaco e alla Conferenza Stato-Regioni.
Roma, 24 luglio 2008
IL PRESIDENTE
Pizzetti
IL RELATORE
Chiaravalloti
IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli
Allegato A
GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
Linee guida per i trattamenti di dati personali nell'ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali
(Deliberazione n. 52 del 24 luglio 2008)
Sommario
1. Considerazioni preliminari
2. Normativa applicabile
3. Natura dei dati trattati
4. Notificazione
5. Titolarità dei trattamenti finalizzati alla sperimentazione
6. Altri soggetti che intervengono nella sperimentazione dei farmaci
7. Informativa ai pazienti
8. Consenso al trattamento dei dati
9. Esercizio dei diritti di cui all'art. 7 del Codice
10. Trasferimento di dati all'estero
11. Periodo di conservazione e trattamento di dati per ulteriori fini di ricerca
12. Custodia e sicurezza dei dati
13. Altre tipologie di studi clinici
1. CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
Gli studi condotti su esseri umani nell'ambito della sperimentazione clinica mirano a scoprire o verificare gli effetti di medicinali sperimentali, compresa qualsiasi reazione avversa, al fine di accertarne la sicurezza e l'efficacia. Tali studi vengono generalmente promossi da una società farmaceutica (committente o sponsor, di seguito individuata come "promotore") a livello nazionale e (specie a cura di società facenti parte di gruppi multinazionali) internazionale.
A tal fine detto soggetto, dopo aver predisposto un protocollo che descrive la progettazione, gli obiettivi e la metodologia della sperimentazione, cura la presentazione alle autorità competenti e ai comitati etici interessati della documentazione necessaria all'attivazione della sperimentazione.
Le attività collegate allo studio vengono eseguite presso una o più strutture ospedaliere o universitarie o istituti di ricerca pubblici o privati autorizzati in base alla legge (centri di sperimentazione) e appositamente individuati dalle società committenti. Vengono raccolti, in conformità al protocollo e a più riprese nel corso dello studio, varie informazioni di carattere medico/clinico e i campioni biologici delle persone che accettano di far parte dello studio tramite visite mediche e accertamenti diagnostici effettuati da medici sperimentatori.
A queste informazioni non ha accesso soltanto il personale sanitario operante presso i centri. Il promotore supervisiona, infatti, l'andamento dello studio, per garantire che esso venga effettuato in osservanza del protocollo. Ciò, avvalendosi di propri collaboratori (clinical study monitor) i quali, nell'ambito della loro attività di monitoraggio, visitano i centri di sperimentazione e, se necessario, esaminano la documentazione medica originale degli individui partecipanti allo studio messa a loro disposizione dai medici (ad es. cartelle ospedaliere, registri clinici, note di laboratorio, referti ecc.).
Le informazioni medico/cliniche raccolte da medici sperimentatori presso ciascun centro vengono trasmesse al promotore a più riprese nel corso dello studio, ovvero al termine della sperimentazione presso il centro. Conclusa la fase della sperimentazione presso il centro, le medesime informazioni sono normalmente inserite dal promotore, direttamente o tramite soggetti esterni di cui si avvale, su un data-base unico attraverso il quale viene effettuato il controllo e la validazione dei dati e, successivamente, l'elaborazione statistica, con l'obiettivo di conseguire i risultati dello studio da documentare poi in un rapporto.
Negli studi promossi da promotori che operano nell'ambito di gruppi multinazionali, il destinatario dei dati medico/clinici raccolti dai medici sperimentatori è solitamente la società capogruppo che può avere sede al di fuori del territorio nazionale. Inoltre, i promotori si avvalgono sovente di soggetti esterni (clinical study monitor, organizzazioni di ricerca a contratto, laboratori di analisi, ecc.) che possono risiedere in Paesi anche al di fuori dell'Unione europea, per svolgere uno o più compiti relativi all'esecuzione della sperimentazione (ad es., il monitoraggio dello studio, l'inserimento, la validazione e l'analisi statistica dei dati, la farmacovigilanza, l'esecuzione degli esami clinici e di laboratorio previsti dal protocollo). Ciò, comporta che numerose informazioni o campioni biologici vengano condivisi tra diverse categorie di soggetti che possono accedervi o averne la disponibilità e che possono essere situati anche in Paesi terzi che non offrono un livello di protezione adeguato dei dati personali (il promotore; gli addetti al monitoraggio dello studio; i soggetti esterni che collaborano con il promotore per l'inserimento dei dati e il loro trattamento statistico; il laboratorio di analisi, ecc.).
Al fine di confermare la validità della conduzione dello studio e l'integrità dei dati raccolti anche in occasione di eventuali verifiche da parte delle autorità dotate di poteri ispettivi, le informazioni ottenute nel corso dello studio sono oggetto di conservazione per un periodo di tempo considerevole dopo il completamento della sperimentazione.
In base agli approfondimenti svolti, la raccolta, la circolazione e la conservazione massiva, anche in Paesi terzi, di molteplici informazioni attinenti alla salute e, in alcuni casi, alla vita sessuale, delle persone coinvolte in sperimentazioni cliniche presentano vari aspetti di criticità con riferimento alla protezione dei dati personali e necessitano, pertanto, dell'adozione di elevate cautele volte a prevenire rischi specifici per gli interessati.
Al fine di individuare tali cautele, l'Autorità ha svolto preliminarmente alcuni accertamenti ispettivi presso talune società farmaceutiche; ha indetto una specifica consultazione pubblica su un documento articolato indicante le misure e gli accorgimenti ritenuti allo stato idonei per il trattamento dei dati nell'ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali; ha, infine, effettuato diversi altri approfondimenti, anche di carattere tecnico, con i principali organismi interessati alla consultazione, volti a verificare i profili critici evidenziati nelle osservazioni pervenute all'Autorità.
Le cautele ipotizzate in sede di consultazione pubblica hanno trovato conforto all'esito della stessa e degli specifici approfondimenti tecnici svolti successivamente.
Tutte le riflessioni e i commenti pervenuti sono stati comunque oggetto di specifica analisi e considerazione nell'elaborazione delle presenti "Linee guida" che recano alcune circoscritte modifiche rispetto al precedente documento, giustificate dall'idoneità delle osservazioni formulate.
Le presenti "Linee guida" sono pertanto rivolte a individuare gli accorgimenti e le misure necessari e opportuni riguardo al trattamento dei dati personali dei partecipanti a sperimentazioni cliniche da parte dei promotori degli studi. Gli accorgimenti e le misure indicati vanno, altresì, prese in considerazione da tutti gli altri titolari di trattamenti di dati personali effettuati a fini di sperimentazione clinica, quali promotori diversi dalle società farmaceutiche, organizzazioni di ricerca a contratto e centri di sperimentazione.
Prima di indicare quali cautele risultano idonee a seguito del complesso procedimento curato dal Garante, sono necessarie alcune premesse sulla natura dei dati trattati, sul ruolo dei promotori e degli altri soggetti coinvolti nelle sperimentazioni cliniche di medicinali rispetto al trattamento dei medesimi dati, nonché sul quadro normativo di base al quale occorre fare riferimento per un trattamento lecito e corretto dei dati.
2. NORMATIVA APPLICABILE
Gli studi condotti nell'ambito della sperimentazione clinica devono essere gestiti nel rispetto dei princìpi etici i quali traggono origine dalla Dichiarazione di Helsinki (fatta nel giugno 1964 e successive modificazioni), dei requisiti previsti dagli standard internazionali di buona pratica clinica (Gcp) adottati anche dall'Unione europea (e recepiti nell'ordinamento italiano, v. d.lg. 6 novembre 2007, n. 200; d.lg. 24 giugno 2003, n. 211; d.m. 15 luglio 1997 e, da ultimo, d.m. 21 dicembre 2007) e delle procedure operative standard delle società promotrici (Sop). Il centro di sperimentazione deve condurre lo studio in conformità al protocollo e alle procedure operative standard del promotore e non può discostarsi in alcun modo da essi, né apportarvi modifiche, senza accordo con il promotore stesso. Ciò, eccetto casi eccezionali correlati al sorgere di rischi immediati per gli individui inclusi nella sperimentazione o a cambiamenti implicanti solo aspetti marginali dello studio (art. 10, comma 1, lettera a), d.lg. n. 211/2003; d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1B punto 1.38, all. 1/4A punto 4.5.1. e 4.5.2, all. 1/5A punto 5.1 e all. 1/5B punto 5.20).
La normativa applicabile prevede diverse ipotesi in cui le informazioni medico/cliniche raccolte dal centro devono essere comunicate al promotore dello studio. Si tratta in primo luogo dei dati medico/clinici riferiti a ciascun partecipante allo studio i quali devono essere registrati dal medico su schede raccolta dati (Crf) trasmesse al promotore della sperimentazione (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1A punto 1.11). I centri sono tenuti, inoltre, a notificare al promotore le reazioni e gli eventi avversi (Ae e Adr), correlabili alla somministrazione del medicinale in sperimentazione o comunque al suo svolgimento, insieme a ogni altra informazione pertinente di follow-up (artt. 16, 17 e 18 d.lg. 24 giugno 2003, n. 211).
Al fine di tutelare l'identità delle persone coinvolte nello studio la medesima normativa prevede che il centro partecipante alla sperimentazione debba assegnare un codice di identificazione a ciascun interessato, al momento del suo coinvolgimento, e utilizzarlo al posto del relativo nominativo in ciascuna comunicazione al promotore di dati collegati allo studio (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1B punto 1.58 e all. 1/4B punto 4.11.1, v. anche art. 16, comma 5, d.lg. n. 211/2003). Una lista, che consente di associare ai codici i dati nominativi dei pazienti, è detenuta esclusivamente da ciascun centro di sperimentazione che la custodisce come documento riservato essenziale alla conduzione dello studio clinico (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1A punti 1.21 e 1.23, all. 1/2 punto 2.11, all. 1/4B punto 4.9.4 e 4.9.5, all. 1/5A punto 5.5.12, all. 1/8 punto 8.1 e 8.4.3).
Anche le schede raccolta dati, le segnalazioni e i rapporti relativi agli eventi e alle reazioni avversi, in quanto documenti essenziali alla conduzione dello studio, devono essere conservati, in base alla citata normativa, sia presso il promotore, sia presso i singoli centri, per un periodo di tempo non inferiore a sette anni dal completamento della sperimentazione, ovvero per un periodo più lungo richiesto da altre disposizioni applicabili o da un accordo tra il promotore e detti centri (art. 18 d.lg. n. 200/2007; d.lg. n. 219/2006, all. 1, punto 5.2, lett. c); d.m. 15 luglio 1997, all. 1/4B, punto 4.9.4, 4.9.5, 5.5.11 e 5.5.12).
3. NATURA DEI DATI TRATTATI
I promotori hanno sviluppato in genere specifiche procedure interne per consentire ai medici sperimentatori di codificare i dati medico/clinici delle persone coinvolte nello studio: solitamente, si utilizzano codici numerici che consentono di identificare univocamente i singoli interessati all'interno dello stesso studio, senza utilizzare il nominativo, l'indirizzo o numeri di identificazione personale.
Tuttavia, alcuni promotori stabiliscono nel protocollo dello studio che i medici sperimentatori debbano registrare sulle schede raccolta dati e sulle segnalazioni di reazioni e eventi avversi -da trasmettere ai primi- le iniziali del nome e cognome dei singoli individui partecipanti, oltre ai rispettivi codici identificativi. Inoltre, in base alle finalità della ricerca e alle caratteristiche dello studio, il protocollo può prevedere che i medici raccolgano informazioni ulteriori rispetto ai dati medico/clinici riferiti agli interessati, quali dati di carattere demografico (data di nascita e/o età, sesso, origine etnica, peso e statura) o relativi alla storia medica dei soggetti, agli stili di vita o alla vita sessuale. Queste informazioni, riportate sui documenti essenziali alla conduzione dello studio, sono conservate dai centri partecipanti e dal promotore per un periodo di tempo che, a seconda della disciplina applicabile, può essere collegato all'intera durata dell'autorizzazione all'impiego del medicinale nei diversi Paesi.
Sebbene sia previsto che soltanto ciascun centro abbia la disponibilità della lista che consente di associare il nominativo della persona al relativo codice identificativo e che il promotore non debba venire a conoscenza della sua identità, quest'ultimo, tramite propri collaboratori addetti al monitoraggio, nell'ambito delle visite effettuate presso il centro di sperimentazione volte a controllare che lo studio è effettuato in osservanza del protocollo, ha tuttavia accesso sotto il controllo dei medici alla documentazione sanitaria originale delle persone coinvolte nello studio (per verificare l'accuratezza e la completezza dei dati), nonché alla lista contenente i dati nominativi degli interessati (per controllare le procedure riguardanti l'acquisizione del consenso informato).
Va, inoltre, rilevato che tra le informazioni raccolte nel corso degli studi in esame compaiono, in genere, uno o più elementi specifici caratteristici dell'identità delle persone coinvolte (ivi compresa la statura o particolari patologie). Come confermato dalle indicazioni formulate dal Gruppo dei garanti europei nel Parere n. 4/2007 (Wp 136) sulla definizione di dato personale, la combinazione di tali elementi è suscettibile di consentire il riconoscimento dell'interessato (ad esempio, mediante combinazione delle iniziali del nome e del cognome della persona con la data di nascita o con la sua collocazione geografica desumibile dai dati identificativi del centro di sperimentazione e del medico sperimentatore).
Le modalità di codifica previste dai promotori rappresentano una specifica cautela adottata in applicazione delle disposizioni normative vigenti a tutela della riservatezza degli individui partecipanti a uno studio clinico che però non è, di per sé, tale da rendere anonimi i dati oggetto di trattamento nell'ambito della sperimentazione (art. 16, comma 5, d.lg. n. 211/2003; d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1B punto 1.58 e all. 1/4B punto 4.11.1; v. anche autorizzazione del Garante n. 2/2008 al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, specie punto 1.2, lett. a), disponibile sul sito Internet dell'Autorità, doc. web n. 1529389). Le predette modalità di utilizzo del codice identificativo mirano, del resto, a consentire, in base alla specifica disciplina applicabile, l'identificazione della singola persona in casi determinati; ad esempio, per consentire al medico sperimentatore, che è il solo ad avere un contatto diretto con il paziente, di modificare o interrompere la terapia farmacologica somministrata in caso di eventi o reazioni avversi; oppure, per permettere agli addetti al monitoraggio di controllare, per conto del promotore, l'accuratezza e la completezza delle informazioni raccolte verificandone la corrispondenza con quelle contenute nella documentazione medica originale degli individui partecipanti; o, ancora, per consentire al promotore di utilizzare le informazioni raccolte per difendere i propri diritti nell'ambito di eventuali azioni legali. Analogamente, ai fini delle valutazioni da operare sull'identificabilità, vanno tenuti in considerazione il tempo di conservazione della lista di identificazione, gli eventuali rischi di disfunzione o malfunzionamento delle misure tecnico-organizzative eventualmente adottate per la custodia e la sicurezza dei dati e quelli di violazione delle regole di riservatezza e confidenzialità previste dalle disposizioni normative applicabili (artt. 3, comma 1, lett. c) e 11, comma 3, d.lg. n. 211/2003), nonché le precauzioni che gli addetti al monitoraggio sono tenuti a utilizzare per mantenere riservata l'identità delle persone che si sottopongono alla sperimentazione (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1A punto 1.21 e all. 1/2, punto 2.11).
La quantità e la tipologia di informazioni fornite al promotore, le modalità di trattamento previste e le diverse categorie di soggetti che possono accedere ai dati della sperimentazione comportano, quindi, la possibilità di identificare gli interessati, sia pure indirettamente, mediante il riferimento ad altre informazioni detenute dal promotore medesimo o a qualsiasi altra informazione non necessariamente nella disponibilità di quest'ultimo, ma detenuta da terzi. Ciò, considerando, in conformità alla disciplina comunitaria, l'insieme dei mezzi che possono essere ragionevolmente utilizzati dal promotore, come pure da soggetti terzi, per identificare gli interessati (considerando 26 della direttiva 95/46/Ce).
Pertanto, le informazioni collegate al codice identificativo di ciascun paziente sono da ritenere dati personali idonei a rivelare lo stato salute e, in qualche caso, la vita sessuale del singolo interessato (artt. 2, al. 1, lett. a) e 8 direttiva 95/46/Ce; art. 4, comma 1, lett. b) e d), del Codice). La loro acquisizione da parte del promotore nell'ambito delle sperimentazioni cliniche e le successive attività svolte su questi ultimi configurano un trattamento di dati al quale è applicabile la disciplina del Codice sulle informazioni sensibili (art. 26), nonché le ulteriori cautele poste a tutela dei diritti e della riservatezza degli interessati dall'autorizzazione del Garante n. 2/2008 al trattamento dei dati sulla salute e sulla vita sessuale (Provv. 19 giugno 2008, n. 33, doc. web n. 1529389) e, ove applicabile, dall'autorizzazione del Garante al trattamento dei dati genetici (Provv. 22 febbraio 2007, doc. web n. 1389918).
4. NOTIFICAZIONE
Alcuni trattamenti effettuati nell'ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali sono soggetti all'obbligo di notificazione al Garante. Si tratta, in particolare, dei trattamenti di dati che ricadono nelle ipotesi considerate dall'art. 37, comma 1, del Codice, vale a dire quelli relativi a dati genetici, oppure effettuati a fini di indagine epidemiologica (art. 37, comma 1, lett. a) e b)).
Il Garante ha sottratto dall'obbligo di notificazione alcuni tra i trattamenti che rientrano in tali ipotesi, individuando i presupposti in base ai quali non devono essere notificati i trattamenti riguardanti dati genetici o finalizzati a indagini epidemiologiche effettuati da esercenti le professioni sanitarie anche in forma associata (Provv. 31 marzo 2004, doc. web n. 852561). A proposito di tali categorie di trattamenti, va nuovamente rilevato che l'esonero disposto da questa Autorità opera soltanto nei riguardi di quelli eventualmente effettuati da medici sperimentatori per attività di cura della salute associate alle sperimentazioni cliniche, sempre che si tratti di trattamenti non sistematici e non organizzati in banche dati accessibili a terzi per via telematica. Si pensi, ad esempio, al caso del medico che, nell'ambito delle visite o degli accertamenti diagnostici previsti in uno studio clinico, venga a conoscenza e tratti saltuariamente, senza trasmetterle al committente dello studio, informazioni di tipo genetico riguardanti le malattie ereditarie dei pazienti coinvolti, a fini di cura della salute o di tutela dell'incolumità fisica degli interessati (cfr. Nota 26 aprile 2004, doc. web n. 996680).
5. TITOLARITÀ DEI TRATTAMENTI FINALIZZATI ALLA SPERIMENTAZIONE
Risulta essenziale verificare quale rapporto intercorre tra i promotori di sperimentazioni cliniche e i centri di sperimentazione, per ciò che riguarda il trattamento dei dati personali. In questo quadro, occorre approfondire il ruolo effettivamente svolto da tali società per quanto concerne l'individuazione delle finalità e delle modalità del trattamento, anche alla luce delle delucidazioni fornite dal Garante a proposito della figura del "titolare" e del "responsabile del trattamento" (cfr. Parere 18 maggio 2000, doc. web n. 30935).
Al riguardo, va evidenziato che il promotore, prima dell'avvio della sperimentazione, identifica i possibili centri partecipanti verificandone l'idoneità e il relativo interesse; predispone il protocollo da osservare nel corso dello studio; quindi, impartisce ai centri le necessarie direttive sul trattamento dei dati, ivi compresi i profili relativi alla loro custodia e sicurezza, nonché le istruzioni relative alle modalità di utilizzo dei sistemi informativi eventualmente previsti, e, se necessario, forniti al centro; verifica poi, a mezzo di propri collaboratori, l'osservanza del protocollo e delle proprie procedure interne da parte del centro; predispone i documenti da impiegare per informare le persone partecipanti e per ottenerne il consenso anche per ciò che riguarda il trattamento dei dati che li riguardano; infine, avverte i centri quando non è più necessario conservare la documentazione relativa allo studio.
Il promotore non effettua, quindi, alcuna attività di raccolta diretta dei dati, né può interloquire con gli individui inclusi nella sperimentazione; compiti, questi, spettanti ai medici sperimentatori. Tuttavia, il promotore acquisisce, come detto, in diverse ipotesi i dati dei pazienti raccolti dai centri e sugli stessi effettua diverse operazioni di trattamento; tramite i propri collaboratori addetti al monitoraggio esamina, infatti, presso i centri le informazioni contenute nella documentazione medica originale e nella lista di identificazione delle persone coinvolte nello studio; è destinatario dei dati registrati da ciascun centro sulle schede raccolta dati e sulle segnalazioni di reazioni e eventi avversi; ne cura direttamente, ovvero tramite soggetti esterni ai quali può demandare alcuni o tutti i compiti in materia di sperimentazione, il loro inserimento sul data-base, nonché il controllo, la validazione e la successiva elaborazione statistica dei dati al fine di conseguire i risultati dello studio.
D'altra parte, va rilevato che il centro non è assoggettato a vincoli di subordinazione nei confronti del promotore: accetta il protocollo concordandone con il promotore alcuni aspetti, compresi quelli relativi alla formulazione del consenso informato delle persone partecipanti in ottemperanza al parere del comitato etico di riferimento; esegue la sperimentazione con propria autonomia organizzativa, sebbene nel rispetto del protocollo, delle procedure operative standard e delle direttive del promotore; per l'esecuzione della sperimentazione si avvale di collaboratori che ritiene idonei ed è responsabile del loro operato; fornisce l'informativa alle persone coinvolte nello studio e acquisisce il loro consenso anche per ciò che attiene al trattamento dei dati che le riguardano; permette che i collaboratori del promotore accedano alla documentazione medica originale dei soggetti coinvolti per svolgere le attività di monitoraggio; gestisce e custodisce sotto la propria responsabilità tale documentazione.
Dalla ricostruzione delle attività svolte anche nell'ambito degli accertamenti ispettivi effettuati, i singoli centri di sperimentazione e i promotori hanno in genere responsabilità distinte nell'ambito degli studi clinici e si configurano, quindi, quali autonomi titolari o, a seconda dei casi, contitolari del trattamento (art. 28 del Codice). Per poter effettuare lecitamente il trattamento dei dati relativi alle sperimentazioni, tali soggetti sono pertanto tenuti al rispetto delle disposizioni del Codice e delle prescrizioni della citata autorizzazione generale del Garante con particolare riferimento ai profili relativi alle modalità di trattamento e ai requisiti dei dati, alla notificazione all'Autorità, alla designazione degli incaricati e di eventuali responsabili, nonché alla custodia e sicurezza delle medesime informazioni (artt. 11, 29, 30, 31-35, 37 e 38 del Codice; v. anche autorizzazione n. 2/2008 cit., specie punto 1.2). La trasmissione dei dati dello studio da parte dei centri di sperimentazione ai promotori configura una vera e propria "comunicazione" di dati e un trattamento di dati da parte di terzi, i quali vanno indicati nominativamente e distintamente nell'informativa agli interessati e nel modello di consenso, anche per ciò che riguarda l'esercizio del diritto di accesso e degli altri diritti previsti dagli artt. 7 e 8 del Codice (artt. 13, 23 e 26 del Codice).
6. ALTRI SOGGETTI CHE INTERVENGONO NELLA SPERIMENTAZIONE DEI FARMACI
Il promotore può stipulare un contratto con soggetti esterni (organizzazioni di ricerca a contratto, laboratori di analisi, ecc.) per demandare loro alcuni, o tutti i compiti e le funzioni di sua competenza inerenti alle sperimentazioni di farmaci, specificandoli per iscritto (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/5A, punto 5.2). In tal caso questi soggetti, i quali possono essere singole persone fisiche ovvero società, istituzioni e altri organismi, possono svolgere nell'ambito degli studi clinici attività che, a seconda delle mansioni di volta in volta affidate, comportano il trattamento di dati personali riferiti ai singoli individui inclusi nelle sperimentazioni, come accade nelle ipotesi in cui essi vengano incaricati del monitoraggio degli studi, dell'inserimento, della validazione o dell'analisi statistica dei dati, ovvero della farmacovigilanza.
In tutte queste ipotesi è necessario che il promotore definisca chiaramente, nei contratti di affidamento o in altri atti idonei, il ruolo svolto nel trattamento dei dati personali da eventuali collaboratori esterni ai quali demanda attività o parti di attività inerenti agli studi clinici (artt. 28, 29 e 30 del Codice).
Nell'ambito delle sperimentazioni questi soggetti eseguono generalmente attività per conto e, in alcuni casi, in nome del promotore, nel rispetto delle modalità operative standard di quest'ultimo, o di proprie procedure visionate e approvate dal promotore stesso, ovvero di puntuali direttive di volta in volta impartite per iscritto da quest'ultimo. A tal fine, il promotore espleta spesso un'attività di formazione specifica nei confronti di tali collaboratori e, talvolta, si riserva il diritto di esprimere il proprio gradimento sui singoli. I medesimi soggetti possono inoltre utilizzare le informazioni e i documenti eventualmente ottenuti dai centri di sperimentazione nell'ambito dello studio soltanto in funzione dell'espletamento delle mansioni loro delegate; a conclusione della collaborazione, consegnano di regola al promotore tutte le informazioni e la documentazione che ne è conseguita.
Con specifico riferimento alle attività di monitoraggio, i promotori di studi clinici possono avvalersi, come detto, non solo di personale interno all'azienda, ma anche di collaboratori esterni. In entrambi i casi, gli addetti al monitoraggio (clinical study monitor) vengono selezionati, nominati e addestrati in modo specifico dal promotore che stabilisce l'estensione e il tipo di monitoraggio da effettuare; nello svolgimento della loro attività sono tenuti a osservare le procedure del promotore e le sue specifiche istruzioni; sono inoltre soggetti al controllo del promotore medesimo al quale devono sottoporre un rapporto scritto dopo ogni visita ai centri di sperimentazione o dopo ogni comunicazione riguardante la sperimentazione stessa (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/5 punto 5.18).
La relazione fra i promotori, da un lato e, dall'altro, i soggetti esterni ai quali vengono affidate alcune, o tutte le mansioni riguardanti gli studi clinici (ivi compresi gli addetti al monitoraggio) vanno utilmente inquadrate nell'ambito di un rapporto fra "titolare" e "incaricati" (unicamente persone fisiche) o, eventualmente, in base al grado di autonomia da osservare nel trattamento dei dati, "responsabili del trattamento" (persone fisiche o giuridiche). Tali soggetti devono quindi essere designati, in conformità alle disposizioni del Codice sugli incaricati e sui responsabili, e ricevere idonee istruzioni alle quali attenersi nel trattamento dei dati della sperimentazione (artt. 29 e 30).
I soggetti che, in quanto collaboratori dei promotori, accedono ai dati personali delle persone incluse nello studio per le finalità della sperimentazione devono essere inoltre menzionati, anche per categorie, nell'informativa da fornire agli interessati; qualora vengano designati più responsabili, occorre indicare anche gli estremi identificativi di almeno uno di essi, nonché le modalità per reperire, anche on-line, il loro elenco aggiornato (art. 13 del Codice).
Diversamente, qualora i promotori ritengano, in base alla legge, di non poter designare i soggetti esterni di cui si avvalgono quali "incaricati" o "responsabili", in quanto i ruoli svolti da questi non possono essere ricondotti alle predette figure previste dal Codice, il flusso delle informazioni riferite agli individui partecipanti di cui siano eventualmente destinatari tali collaboratori costituirebbe una comunicazione di dati personali che potrebbe essere effettuata lecitamente in presenza del consenso specifico e informato degli interessati o di altro presupposto equipollente (artt. 11, comma 1, lett. a), 13, 23 e 26 del Codice).
Analoghe cautele devono essere adottate dai centri di sperimentazione nel caso in cui essi demandino attività o parti di attività inerenti agli studi clinici a soggetti esterni quali, ad esempio, laboratori di analisi (artt. 13, 29 e 30 del Codice, autorizzazione del Garante al trattamento dei dati genetici del 22 febbraio 2007, doc. web n. 1389918, in particolare punti 4.3, 8 e 9).
I promotori devono prestare, comunque, particolare attenzione nella scelta dei soggetti, responsabili e incaricati, ai quali affidare, ai sensi degli artt. 29 e 30 del Codice, alcune o tutte le mansioni inerenti alle sperimentazioni di farmaci, specie con riferimento al monitoraggio dello studio, assicurandosi che essi possiedano requisiti di esperienza, capacità e affidabilità tali da fornire idonee garanzie del pieno rispetto delle istruzioni da impartire e delle regole di riservatezza e confidenzialità previste dalla disciplina in materia di protezione di dati personali e dalle disposizioni di settore. Gli addetti al monitoraggio devono essere sottoposti a regole di condotta analoghe al segreto professionale. Il loro processo di designazione deve prevedere la frequenza di una specifica attività formativa concernente l'illustrazione dei rischi e delle responsabilità derivanti dal trattamento di queste informazioni, le istruzioni da rispettare per la loro custodia e sicurezza, nonché le regole di riservatezza e confidenzialità previste dalle disposizioni normative applicabili (artt. 3, comma 1, lett. c) e 11, comma 3, d.lg. n. 211/2003; artt. 11, 29, 30, 31 e ss. d.lg. n. 196/2003) e le specifiche precauzioni da utilizzare per tutelare l'identità degli interessati anche nei riguardi dello stesso promotore (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1A punto 1.21 e all. 1/2, punto 2.11).
7. INFORMATIVA AI PAZIENTI
I promotori, di regola, individuano le informazioni da comunicare alle persone coinvolte nello studio e la procedura da seguire per raccogliere il loro consenso tramite i centri di sperimentazione, anche per ciò che riguarda il trattamento dei dati che li riguardano, per consentirne l'esame da parte dei comitati etici interessati (artt. 6, 7, 8 e 11 d.lg. n. 211/2003).
Tuttavia, ritenendo erroneamente di non dover applicare la disciplina di protezione dei dati alle informazioni riconducibili agli individui inclusi nella sperimentazione, alcuni promotori invitano i centri a informare i pazienti interessati che i dati che li riguardano saranno trasmessi dal medico dello studio a chi lo ha commissionato esclusivamente in forma anonima. Questa indicazione, oltre a essere erronea, non consente alle persone interessate di comprendere quali siano i ruoli effettivamente svolti dal promotore e dagli altri soggetti, della cui collaborazione questo eventualmente si avvalga, riguardo al trattamento dei dati.
Così formulata, l'informativa agli individui partecipanti in sperimentazioni cliniche è, quindi, inidonea ai sensi del Codice (art. 13); non permette altresì agli interessati di esprimere una volontà consapevole riguardo al fatto che i trattamenti effettuati presso il promotore o i soggetti che con esso eventualmente collaborano (anche al di fuori del territorio nazionale) concernono informazioni che, seppure codificate, come sopra evidenziato, sono riconducibili ai medesimi interessati.
L'informativa da fornire agli interessati tramite i centri di sperimentazione deve invece comprendere, anche con formule sintetiche, ma pur sempre agevolmente comprensibili, indicazioni specifiche relative a:
a. la natura dei dati trattati dal promotore e la circostanza che tali dati vengono trasmessi all'estero;
b. il ruolo effettivamente svolto dal promotore riguardo al trattamento dei dati e le finalità e modalità di quest'ultimo;
c. i soggetti o le categorie di soggetti ai quali i dati possono essere comunicati o che possono venirne a conoscenza in qualità di incaricati o di responsabili;
d. l'esercizio del diritto d'accesso e gli altri diritti in materia di dati personali nei confronti del promotore e degli altri soggetti eventualmente destinatari dei dati (artt. 7 e 8 del Codice).
Al fine di agevolare l'individuazione degli elementi essenziali da precisare nell'informativa, il Garante individua nel prospetto allegato (all. n. 1) un modello di riferimento che potrà essere utilizzato facoltativamente dai promotori per adempiere, tramite i centri di sperimentazione, all'obbligo dell'informativa, in armonia con i princìpi di semplificazione, armonizzazione ed efficacia previsti dal Codice nel quadro di un elevato livello di tutela dei diritti degli interessati (art. 2 del Codice). Nelle ipotesi in cui lo studio preveda il trattamento di informazioni genetiche (ad esempio, nelle indagini farmacogenetiche o farmacogenomiche) tali elementi devono essere integrati da indicazioni chiare in ordine a profili specifici dell'utilizzo di dati genetici e di campioni biologici individuati nella citata autorizzazione del Garante (punto 5 aut. 22 febbraio 2007, doc. web n. 1389918; cfr. anche d.m. 21 dicembre 2007, appendice 14).
Inoltre, deve essere cura dei centri di sperimentazione garantire che il personale coinvolto nelle sperimentazioni cliniche e, in particolare, nei colloqui preliminari volti all'acquisizione del consenso informato, sia formato adeguatamente anche sugli aspetti rilevanti della disciplina sulla protezione dei dati personali, in modo da essere in grado di spiegare accuratamente e con completezza agli interessati gli elementi essenziali riguardanti il trattamento dei dati. I promotori, nell'individuare i centri presso i quali condurre sperimentazioni cliniche, devono verificare l'adeguatezza del personale del centro a gestire tale procedura predisponendo, ove necessario, appositi interventi formativi. Il profilo della formazione andrebbe considerato anche dai comitati etici nelle valutazioni relative all'idoneità del medico sperimentatore e dei suoi collaboratori.
8. CONSENSO AL TRATTAMENTO DEI DATI
Anche il modello che i centri di sperimentazione devono sottoporre agli interessati per acquisire le dichiarazioni di consenso al trattamento dei dati che li riguardano viene di regola predisposto dai promotori e sottoposto all'esame dei comitati etici interessati (artt. 6, 7, 8 e 11 d.lg. n. 211/2003).
Le formule solitamente utilizzate per la manifestazione del consenso si limitano ad autorizzare il medico a far esaminare la documentazione medica originale delle persone che si sottopongono alla sperimentazione da parte del personale del promotore addetto al monitoraggio (o da personale esterno da questi delegato), dei componenti del comitato etico e delle autorità sanitarie competenti, al fine di verificare le procedure dello studio e/o l'accuratezza dei dati raccolti (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/4B punto 4.8.10). Tali formule non consentono, invece, agli interessati di esprimere la propria volontà circa gli ulteriori trattamenti di dati effettuati presso lo sponsor e/o i soggetti che, anche all'estero, collaborano eventualmente con esso nell'ambito della sperimentazione.
Il promotore e i suoi eventuali collaboratori non possono utilizzare lecitamente i dati personali degli individui partecipanti allo studio clinico se non provvedono ad acquisire previamente dagli interessati, tramite i centri di sperimentazione, idonee e specifiche manifestazioni di consenso riguardo ai trattamenti di dati da essi effettuati (artt. 23 e 26 del Codice). Per facilitare anche tale adempimento da parte dei promotori, in armonia con i citati princìpi di semplificazione, armonizzazione ed efficacia, è individuata nell'allegato n. 1 anche una formula di riferimento per l'acquisizione del consenso, da sottoporre agli interessati, unitamente al modello d'informativa, tramite i centri di sperimentazione.
Particolare attenzione deve essere prestata anche alle modalità con cui il consenso degli interessati viene acquisto, specie quando si tratta di persone che, per il loro particolare stato di vulnerabilità, sono suscettibili di essere sottoposti a forme di coercizione o influenza tali da ostacolare la libera espressione del loro consenso. Si pensi a pazienti affetti da malattie incurabili o in situazioni di emergenza, a persone indigenti o ospitate nelle case di riposo o, ancora, ad appartenenti a gruppi "strutturati gerarchicamente", come gli studenti di medicina, il personale subordinato di un ospedale o di un laboratorio, i dipendenti di una società farmaceutica, ecc. In tali casi, oltre ad adottare le specifiche cautele richieste dalla normativa di settore (d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1B punto 1.61 e all. 1/4B punto 4.8), è opportuno utilizzare procedure per acquisire il consenso informato degli interessati che non si limitino ad approcci meramente formali e individualizzati con i singoli individui, organizzando, ad esempio, momenti di confronto con la generalità o con gruppi di partecipanti, o coinvolgendo le associazioni, anche locali, di pazienti interessati.
9. ESERCIZIO DEI DIRITTI DI CUI ALL'ART. 7 DEL CODICE
Le persone partecipanti a sperimentazioni cliniche di medicinali possono esercitare in ogni momento i diritti di cui all'art. 7 del Codice, tra i quali quello di accedere ai dati che li riguardano e di ottenerne la comunicazione in forma intelligibile, ovvero l'integrazione, l'aggiornamento o la rettifica, rivolgendosi direttamente al centro di sperimentazione o, per il tramite del medico sperimentatore (che è a conoscenza della loro identità e, mediante l'accesso alla lista di identificazione, può individuare il codice identificativo di ciascun interessato), al promotore.
Quest'ultimo, come pure il centro di sperimentazione, anche per il tramite dei rispettivi responsabili, eventualmente designati, qualora siano destinatari di simili istanze (per la presentazione delle quali non sono, peraltro, richieste particolari formalità) devono fornire senza ritardo all'interessato un riscontro compiuto e analitico (artt. 7, 8, 9, 10 e 146 del Codice). In particolare, va fornito riscontro alle richieste di accesso ai dati personali estrapolando dagli archivi le informazioni detenute e comunicandole all'interessato con modalità tali da renderne agevole la comprensione, nonché, se richiesto, trasponendole su supporto cartaceo o informatico, non potendo opporre rifiuto se non nei casi espressamente previsti dal Codice (art. 8). In tema di ricerche in ambito medico, biomedico ed epidemiologico il principio alla base della disciplina in materia è che il riscontro a istanze di integrazione, aggiornamento e rettificazione dei dati può essere fornito annotando le modifiche richieste dall'interessato senza modificare questi ultimi, quando il risultato di tali operazioni non produce effetti significativi sul risultato della ricerca (art. 110, comma 2, del Codice; art. 16, comma 2, codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi statistici e scientifici, allegato A.4. al Codice, doc. web n. 1038384)).
Dal momento che la partecipazione allo studio clinico è su base volontaria, gli interessati possono interrompere in ogni momento e senza fornire alcuna giustificazione la loro partecipazione allo studio (art. 3, comma 1, lett. b) e c) d.lg. n. 211/2003; d.m. 15 luglio 1997, all. 1/1B punto 1.28 e all. 1/4B punto 4.8; d.m. 21 dicembre 2007, all. 1 punto 6.1.2.5; art. 7, comma 4, lett. a), del Codice). In questo caso, non è più possibile raccogliere ulteriori dati che riguardano gli interessati e i campioni biologici eventualmente prelevati e conservati in una forma che consente di identificarli vanno distrutti (punto 6, aut. al trattamento dei dati genetici del 22 febbraio 2007, doc. web n. 1389918; v. anche d.m. 21 dicembre 2007, all. 2 punto 6.1.2.5). Resta impregiudicata la possibilità di utilizzare i dati eventualmente già raccolti per determinare, senza alterarli, i risultati della ricerca (v. al riguardo, par. 3.3 Raccomandazione del Consiglio d'Europa R(83)10 del 23 settembre del 1983 relativa alla protezione dei dati a carattere personale utilizzati a fini di ricerca scientifica e di statistiche; par. 6.1 Raccomandazione del Consiglio d'Europa (97)18 del 30 settembre 1997 relativa alla protezione dei dati personali raccolti e trattati per scopi statistici).
10. TRASFERIMENTO DI DATI ALL'ESTERO
Nelle sperimentazioni cliniche dei medicinali accade, frequentemente, che le informazioni e i campioni biologici degli individui partecipanti, raccolti dai medici sperimentatori in un Paese, vengano trasferiti a soggetti ubicati in altri Paesi, anche al di fuori dell'Unione europea, o siano resi accessibili a diverse categorie di soggetti aventi sede in tali Paesi. Ciò, avviene specialmente negli studi promossi da promotori che operano nell'ambito di gruppi multinazionali nei quali gli stessi promotori, gli addetti al monitoraggio dello studio, il laboratorio di analisi e gli altri soggetti esterni che collaborano con il promotore, possono avere sede in Paesi terzi.
Tali informazioni, in quanto riconducibili alle singole persone coinvolte nello studio, possono essere trasferite lecitamente in Paesi extra-Ue che non garantiscono un livello adeguato di protezione dei dati personali a condizione che i pazienti interessati ne siano stati previamente informati e abbiano manifestato per iscritto un consenso specifico (art. 43, comma 1, lettera a) del Codice), ovvero vengano adottate garanzie equipollenti e adeguate per i diritti degli interessati (art. 44, comma 1, lett. b) del Codice). In particolare, costituiscono garanzie sufficienti per la tutela della vita privata e dei diritti degli interessati le clausole contrattuali standard per il trasferimento di dati personali a "responsabili del trattamento" residenti in Paesi terzi (cfr. decisione della Commissione europea del 27 dicembre 2001, n. 2002/16/Ce e Provv. del Garante 10 aprile 2002 n. 3, doc. web n. 1065361), nonché quelle previste per il trasferimento di dati effettuati da un "titolare del trattamento" avente sede nell'Unione europea a un diverso "titolare" residente al di fuori del territorio europeo (cfr. decisione della Commissione europea del 15 giugno 2001, n. 2001/497/Ce e Provv. del Garante del 10 ottobre 2001, doc. web n. 42156; decisione del 27 dicembre 2004, n. 2004/915/Ce e Provv. del Garante del 9 giugno 2005, doc. web n. 1151949). Ai fini dell'utilizzazione delle citate clausole è necessario definire preventivamente, con chiarezza e precisione, i ruoli svolti dai soggetti nell'ambito del trasferimento dei dati e delle operazioni di trattamento effettuate in conformità ai parametri indicati (l'esportatore deve risultare effettivamente "titolare" del trattamento e, l'importatore, deve essere l'effettivo "responsabile" o "titolare" autonomo del trattamento), nonché specificare le attività principali di trattamento cui sottoporre le informazioni personali oggetto di trasferimento.
Per ciò che concerne il trasferimento di dati verso organizzazioni stabilite negli Stati Uniti d'America fornisce, parimenti, adeguate garanzie per l'interessato l'idonea adesione ai princìpi in materia di riservatezza contenuti nel c.d. accordo del "Safe Harbor" (cfr. decisione della Commissione europea del 26 luglio 2000 n. 2000/520/Ce e Provv. del Garante del 10 ottobre 2001, doc. web n. 30939).
11. PERIODO DI CONSERVAZIONE E TRATTAMENTO DI DATI PER ULTERIORI FINI DI RICERCA
I dati e i campioni biologici delle persone che si sottopongono alle sperimentazioni devono essere conservati per un arco di tempo non superiore a quello necessario per conseguire le finalità per le quali sono stati raccolti e trattati (art. 11, comma 1, lett. e) del Codice, aut. cit. del 22 febbraio 2007, doc. web n. 1389918). Al riguardo, la normativa applicabile alle sperimentazioni cliniche prevede che i documenti essenziali relativi allo studio (compresa la documentazione medica riferita ai singoli individui) debbano essere conservati presso il promotore e i centri partecipanti per almeno sette anni dopo il completamento della sperimentazione, ovvero per un periodo di tempo considerevolmente più lungo in conformità alla disciplina applicabile o agli accordi intervenuti il promotore medesimo e centri partecipanti (art. 18 d.lg. n. 200/2007; d.lg. n. 219/2006, all. 1, punto 5.2, lett. c); d.m. 15 luglio 1997, all. 1/4B, punti 4.9.4 e 4.9.5 e all. 1/5A, punti 5.5.11 e 5.5.12).
In termini generali, in applicazione della disposizione del Codice sopra richiamata sulla durata di conservazione, i dati devono essere conservati presso i soggetti esterni che eventualmente collaborano con il promotore per la gestione e l'analisi statistica, per il solo periodo di tempo non superiore a quello necessario per definire il rapporto finale della sperimentazione o pubblicare i risultati dello studio.
La possibilità di fissare un periodo di tempo più lungo rispetto a quello previsto dalla normativa applicabile per la conservazione dei medesimi dati presso il promotore e i centri partecipanti può, invece, essere valutata anche alla luce della durata dell'autorizzazione d'immissione in commercio del medicinale in sperimentazione o di eventuali ulteriori esigenze di analisi dei dati, connesse ad esempio, a nuove domande d'immissione in commercio o di estensione dell'autorizzazione, ovvero al manifestarsi di evidenze significative per la sicurezza dei pazienti.
I promotori di uno studio clinico possono utilizzare lecitamente in future attività di studio e di ricerca i dati e i campioni biologici riconducibili a ciascuna delle persone coinvolte, anche avvalendosi dei soggetti esterni che hanno collaborato con essi per l'esecuzione della sperimentazione, a condizione che gli interessati ne siano stati previamente e adeguatamente informati e abbiano manifestato per iscritto un consenso specifico e distinto rispetto a quello manifestato per lo studio principale (artt. 11, comma 1, lett. e), 13, 23, 26 e 99 del Codice; aut. del 22 febbraio 2007, doc. web n. 1389918).
12. CUSTODIA E SICUREZZA DEI DATI
A seguito degli approfondimenti, anche tecnici, svolti nell'ambito degli accertamenti ispettivi effettuati presso alcuni promotori e altri soggetti coinvolti nelle sperimentazioni, nonché di quelli effettuati, nell'ambito della consultazione pubblica, con i principali organismi interessati, sono stati individuati idonei accorgimenti e misure da porre a garanzia degli interessati nei trattamenti di dati effettuati per l'esecuzione di tali studi. La particolare delicatezza dei dati trattati nella sperimentazione impone l'adozione di specifici accorgimenti tecnici per incrementare il livello di sicurezza dei dati (art. 31 del Codice), senza pregiudizio di ogni altra misura minima che ciascun titolare del trattamento deve adottare ai sensi del Codice (art. 33 e ss.). Ciò, con particolare riferimento alle operazioni di registrazione con strumenti elettronici dei dati delle persone coinvolte nello studio presso i centri di sperimentazione, al loro trasferimento in via telematica verso un unico database presso il promotore o gli altri soggetti che svolgono, per conto di quest'ultimo, la validazione e l'elaborazione statistica dei dati, nonché alla gestione della medesima banca dati.
In relazione a tali operazioni di trattamento, i promotori di sperimentazioni cliniche di medicinali, le organizzazioni di ricerca a contratto e i centri di sperimentazione, ciascuno per la parte di propria competenza in relazione al ruolo ricoperto nel trattamento dei dati e alle conseguenti responsabilità ai fini dell'adozione delle misure di sicurezza, devono adottare:
a. laddove siano utilizzati sistemi di memorizzazione o archiviazione dei dati, idonei accorgimenti per garantire la protezione dei dati registrati dai rischi di accesso abusivo, furto o smarrimento parziali o integrali dei supporti di memorizzazione o dei sistemi di elaborazione portatili o fissi (ad esempio, attraverso l'applicazione parziale o integrale di tecnologie crittografiche a file system o database, oppure tramite l'adozione di altre misure informatiche di protezione che rendano inintelligibili i dati ai soggetti non legittimati);
b. protocolli di comunicazione sicuri basati sull'utilizzo di standard crittografici per la trasmissione elettronica dei dati raccolti dai centri di sperimentazione al database centralizzato presso il promotore o gli altri soggetti che effettuano la successiva validazione ed elaborazione statistica dei dati;
c. con specifico riferimento al menzionato database:
idonei sistemi di autenticazione e di autorizzazione per gli incaricati in funzione dei ruoli e delle esigenze di accesso e trattamento;
procedure per la verifica periodica della qualità e coerenza delle credenziali di autenticazione e dei profili di autorizzazione assegnati agli incaricati del trattamento;
sistemi di audit log per il controllo degli accessi al database e per il rilevamento di eventuali anomalie.
Il Garante si riserva, in relazione alle sperimentazioni cliniche multinazionali, di promuovere a livello comunitario e internazionale standard di sicurezza per i trattamenti di dati personali che prevedano un livello di protezione ancora più elevato in un quadro di armonizzazione delle misure e degli accorgimenti da adottare in tali ambiti per la custodia e la sicurezza dei dati.
13. ALTRE TIPOLOGIE DI STUDI CLINICI
Le indicazioni fornite nelle presenti "Linee guida" a garanzia dei soggetti interessati possono, in linea generale, essere prese in considerazione come quadro unitario di riferimento per un uso lecito e corretto dei dati personali anche nell'ambito di altre tipologie di sperimentazioni cliniche, vale a dire quelle riguardanti i dispositivi medici (art. 7 d.lg 14 dicembre 1992, n. 507; art. 14 d.lg 24 febbraio 1997, n. 46; d.m. 2 agosto 2005) e quelle non promosse da società farmaceutiche o da altre strutture private per lo sviluppo industriale di un farmaco (c.d. sperimentazioni "non aventi fini di lucro", cfr. art. 1 d.lg. n. 200/2007 e d.m. 17 dicembre 2004). In queste ipotesi, occorre verificare, innanzitutto, il ruolo dei soggetti coinvolti nello studio rispetto al trattamento dei dati (promotore, centro di sperimentazione, centro coordinatore, organizzazione di ricerca a contratto, laboratorio di analisi, ecc.) in modo da poter individuare il soggetto o i soggetti, titolari del trattamento, tenuti agli adempimenti previsti dal Codice in materia di notificazione, designazione di incaricati e di eventuali responsabili, consenso informato al trattamento dei dati, predisposizione di adeguate misure per la custodia e sicurezza dei dati, esercizio dei diritti di accesso e degli altri diritti riguardanti i dati personali. Occorre, inoltre, accertare, in base alle previsioni dello studio, eventuali flussi di dati, anche attraverso la loro messa a disposizione o consultazione (ad esempio, a fini di monitoraggio), verso soggetti esterni situati anche al di fuori dell'Unione europea, in modo da verificare la necessità di acquisire il consenso specifico e informato degli interessati e/o di adottare garanzie equipollenti e adeguate (artt. 11, comma 1, lett. a), 13, 23, 26, 43 e 44 del Codice).
Vanno poi formulate in questa sede alcune precisazioni con riferimento ad altri studi, nei quali i medicinali sono prescritti e somministrati ai soggetti che accettano di parteciparvi secondo la normale pratica clinica (sperimentazioni "non interventistiche", v. art. 1 d.lg. n. 200/2007). Questi studi, c.d. "osservazionali", qualora non siano strettamente associati ad attività di tutela della salute svolte da medici o organismi sanitari, ovvero -a differenza delle sperimentazioni cliniche sui medicinali- non possano ritenersi comparabili a tali attività in termini di ricaduta personalizzata sull'interessato, rientrano nell'ambito di applicazione delle previsioni del codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi statistici e scientifici (Allegato A.4. al Codice, doc. web n. 1038384) la cui osservanza, oltre a rappresentare un obbligo deontologico, costituisce condizione essenziale per la liceità e la correttezza del trattamento medesimo (art. 12, comma 3, del Codice). Anche nell'ambito di questi studi, il trattamento di informazioni medico/cliniche può essere effettuato, in linea generale, per gli scopi della ricerca con riferimento ai soli dati personali degli individui che vi acconsentono specificatamente dopo aver ricevuto un'idonea informativa sul trattamento dei dati (artt. 106, 107 e 110 del Codice; punto 1.2, lett. a) aut. n. 2/2008 cit.). Ciò, indipendentemente dal fatto che lo studio preveda di raccogliere queste informazioni direttamente presso gli interessati o presso terzi.
In presenza di particolari e comprovate circostanze (di carattere etico, metodologico o di impossibilità organizzativa), dalle quali derivi l'impossibilità di informare gli interessati, il trattamento può essere effettuato, anche in assenza del loro consenso, a condizione che il programma di ricerca sia stato oggetto di motivato parere favorevole del competente comitato etico e venga ottenuta l'autorizzazione del Garante, che può essere rilasciata anche con provvedimenti di carattere generale, relativi a determinate categorie di titolari o di trattamenti (artt. 110 ult. parte e 40 del Codice). Si pensi, ad esempio, ad alcuni studi di tipo retrospettivo in cui il tempo trascorso dal momento in cui i dati da analizzare sono stati raccolti, l'entità del campione da selezionare e le caratteristiche sulla base delle quali viene effettuato il campionamento (ad esempio, un gruppo di persone affette da patologie ad alta incidenza di mortalità) possono rendere ragionevolmente impossibile raggiungere gli interessati e fornire loro un'adeguata informativa.
Il Garante si riserva di adottare provvedimenti più specifici di prescrizione e di divieto che potranno derivare dalle verifiche di eventuali violazioni riguardanti singoli soggetti promotori, nonché di apportare alle presenti "Linee guida" eventuali integrazioni riguardanti le concrete modalità di trattamento dei dati, anche alla luce dell'esperienza maturata nell'applicazione delle stesse e delle nuove tecnologie eventualmente intervenute.
Allegato n. 1
Informativa e manifestazione del consenso al trattamento dei dati personali (1)
Titolari del trattamento e relative finalità
Il Centro di sperimentazione (indicare il nome del centro) e l'Azienda farmaceutica (indicare il nome del promotore), che ha commissionato lo studio che Le è stato descritto, ciascuno per gli ambiti di propria competenza e in accordo alle responsabilità previste dalle norme della buona pratica clinica (d.l. 211/2003), tratteranno i Suoi dati personali, in particolare quelli sulla salute e, soltanto nella misura in cui sono indispensabili in relazione all'obiettivo dello studio, altri dati relativi alla Sua origine, ai Suoi stili di vita e alla Sua vita sessuale (ecc.) (variabili da specificare a seconda delle caratteristiche dello studio), esclusivamente in funzione della realizzazione dello studio e a fini di farmacovigilanza.
A tal fine i dati indicati saranno raccolti dal Centro di sperimentazione e trasmessi all'Azienda farmaceutica e alle persone o società esterne che agiscono per loro conto, tra le quali ... (inserire gli estremi identificativi di almeno uno dei terzi cui i dati saranno trasmessi) anche in Paesi non appartenenti all'Unione europea che non garantiscono un adeguato livello di protezione dei dati personali (da inserire nel caso si preveda di trasferire i dati al di fuori dell'Ue specificando gli estremi identificativi dei destinatari). (2)
Il trattamento dei dati personali relativi a ... (variabili da specificare a seconda delle caratteristiche dello studio) è indispensabile allo svolgimento dello studio: il rifiuto di conferirli non Le consentirà di parteciparvi (Indicare inoltre gli eventuali dati che possono invece essere forniti facoltativamente).
Natura dei dati
Il medico che La seguirà nello studio La identificherà con un codice: i dati che La riguardano raccolti nel corso dello studio, ad eccezione del Suo nominativo, saranno trasmessi all'Azienda farmaceutica, registrati, elaborati e conservati unitamente a tale codice, alla Sua data di nascita, al sesso, al Suo peso e alla Sua statura (tutte le variabili di cui sopra da precisare secondo le specifiche dello studio). Soltanto il medico e i soggetti autorizzati potranno collegare questo codice al Suo nominativo.
Modalità del trattamento
I dati, trattati mediante strumenti anche elettronici, saranno diffusi solo in forma rigorosamente anonima, ad esempio attraverso pubblicazioni scientifiche, statistiche e convegni scientifici. La Sua partecipazione allo studio implica che, in conformità alla normativa sulle sperimentazioni cliniche dei medicinali, il personale dell'Azienda farmaceutica o delle società esterne che eseguono per conto della prima il monitoraggio e la verifica dello studio, il Comitato etico e le autorità sanitarie italiane e straniere potranno conoscere i dati che La riguardano, contenuti anche nella Sua documentazione clinica originale, con modalità tali da garantire la riservatezza della Sua identità.
Esercizio dei diritti
Potrà esercitare i diritti di cui all'art. 7 del Codice (es. accedere ai Suoi dati personali, integrarli, aggiornarli, rettificarli, opporsi al loro trattamento per motivi legittimi, ecc.) rivolgendosi direttamente al centro di sperimentazione (indicare il nome di una persona fisica o di un ufficio responsabile e un recapito) o, per il suo tramite, all'azienda farmaceutica.
Potrà interrompere in ogni momento e senza fornire alcuna giustificazione la Sua partecipazione allo studio: in tal caso, i campioni biologici a Lei correlati verranno distrutti. Non saranno inoltre raccolti ulteriori dati che La riguardano, ferma restando l'utilizzazione di quelli eventualmente già raccolti per determinare, senza alterarli, i risultati della ricerca.
Consenso
Sottoscrivendo tale modulo acconsento al trattamento dei miei dati personali e al loro trasferimento al di fuori dell'Unione europea (da inserire se effettuato specificando gli estremi identificativi dei destinatari) per gli scopi della ricerca nei limiti e con le modalità indicate nell'informativa fornitami con il presente documento.
Nome e Cognome dell'interessato (in stampatello) ______________________
Firma dell'interessato ______________________
Data ______________________
(1) Da sottoporre agli interessati unitamente al modulo di consenso informato che descrive le caratteristiche scientifiche dello studio, anche mediante integrazione dello stesso.
(2) Quando non è possibile conoscere al momento della redazione dell'informativa l'elenco completo dei soggetti terzi a cui i dati saranno trasmessi anche in paesi extra-UE occorre specificare come e quando l’elenco completo verrà reso disponibile.
Del. 27 aprile 2010.
Differimento dell'efficacia dell'autorizzazione al trattamento dei dati
genetici rilasciata il 22 febbraio 2007.
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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 11 maggio 2010, n. 108.
(2) Emanata dal Garante per la protezione dei dati personali.
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
In data odierna, con la partecipazione del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vicepresidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti, e del dott. Daniele De Paoli, segretario generale;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali;
Considerato che ai sensi dell'art. 90, comma 1, del citato Codice il trattamento dei dati genetici da chiunque effettuato è consentito nei soli casi previsti da apposita autorizzazione rilasciata dal Garante sentito il Ministro della salute che acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore di sanità;
Vista l'autorizzazione del Garante al trattamento dei dati genetici del 22 febbraio 2007, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 19 marzo 2007, la cui efficacia è stata prorogata sino al 31 dicembre 2009 con delibera del Garante n. 75 del 19 dicembre 2008, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 15 del 20 gennaio 2009;
Considerato che ai sensi dell'art. 90 del Codice tale autorizzazione, in sostituzione delle prescrizioni impartite in materia di dati genetici con l'autorizzazione generale n. 2/2005, è risultata uno strumento idoneo per prescrivere misure uniformi a garanzia degli interessati, rendendo anche superflua la richiesta di singoli provvedimenti di autorizzazione da parte di numerosi titolari del trattamento;
Considerato che il nuovo schema di autorizzazione, elaborato anche sulla base delle proposte di modifica e integrazione sottoposte all'attenzione dell'Autorità dalla Società di genetica umana, è stato approvato dal Garante, in via preliminare, in data 12 dicembre 2009, al fine di armonizzare le prescrizioni già impartite alla luce dell'esperienza maturata e delle osservazioni formulate da qualificati esperti della materia con particolare riferimento all'aggiornamento delle definizioni utilizzate, ai trattamenti effettuati per la tutela della salute di familiari in assenza del consenso dell'interessato, alle ricerche scientifiche che coinvolgono minori o altri soggetti vulnerabili senza comportare per loro alcun beneficio diretto, nonché alla comunicazione ai familiari dell'interessato di dati genetici indispensabili per evitare un grave pregiudizio per la loro salute;
Considerato che in data 26 novembre 2009 l'Autorità ha inviato tale schema al Ministro della salute al fine di acquisire il parere del Consiglio superiore di sanità, riservandosi di apportarvi eventuali perfezionamenti anche all'esito delle indicazioni e dei suggerimenti che perverranno;
Vista l'ulteriore proroga dell'efficacia dell'autorizzazione vigente al 30 aprile 2010 decisa dal Garante con delibera n. 52 del 22 dicembre 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 11 del 15 gennaio 2010, per consentire, in attesa della definizione della predetta attività consultiva, la prosecuzione, alle medesime condizioni, dei trattamenti di dati genetici già autorizzati;
Considerato che è non è stata ancora completata la definizione della procedura consultiva prevista dall'art. 90 del Codice per il rilascio di una nuova autorizzazione sostitutiva di quella vigente;
Ritenuto pertanto necessario, per permettere nel frattempo, alle medesime condizioni, la prosecuzione dei trattamenti di dati genetici già autorizzati, differire ulteriormente l'efficacia della vigente autorizzazione generale per il congruo periodo di due mesi, sino al 30 giugno 2010, ciò in quanto si ritiene che entro tale periodo di tempo sarà completata l'attività consultiva sopra menzionata;
Ritenuto, all'esito dell'esperienza applicativa emersa in taluni casi di contenzioso, che le espressioni contenute nell'autorizzazione di cui vengono differiti gli effetti, e inerenti all'esercizio di un diritto in sede giudiziaria (punto «2) Ambito di applicazione» e punto «3) Finalità del trattamento») devono intendersi riferite al difensore, ai suoi collaboratori, alle parti e a ogni altro soggetto che effettui il trattamento per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria;
Visti gli atti d'ufficio;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il prof. Francesco Pizzetti;
[Testo della deliberazione]
Delibera di differire ulteriormente di due mesi, sino al 30 giugno 2010 (3), l'efficacia dell'autorizzazione al trattamento dei dati genetici rilasciata, ai sensi dell'art. 90 del Codice, il 22 febbraio 2007 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 19 marzo 2007, n. 65) già prorogata sino al 31 dicembre 2009 con delibera del Garante n. 75 del 19 dicembre 2008 e, successivamente, sino al 30 aprile 2010 con delibera del Garante n. 52 del 22 dicembre 2009.
Il presente provvedimento sarà pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
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(3) Per l'ulteriore differimento del presente termine, vedi il Provvedimento 24 giugno 2010.
Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici - 24 giugno 2011
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(1) (G.U. n. 159 dell'11 luglio 2011)
IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI
In data odierna, con la partecipazione del prof. Francesco Pizzetti, presidente, del dott. Giuseppe Chiaravalloti, vice presidente, del dott. Mauro Paissan e del dott. Giuseppe Fortunato, componenti, e del dott. Daniele De Paoli, segretario generale;
Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali nel seguito denominato "Codice";
Visto, in particolare, l'art. 90, comma 1, del citato Codice, secondo cui il trattamento dei dati genetici da chiunque effettuato è consentito nei soli casi previsti da apposita autorizzazione rilasciata dal Garante sentito il Ministro della salute che acquisisce, a tal fine, il parere del Consiglio superiore di sanità;
Visto, altresì, l'art. 90, comma 2, del Codice, in base al quale l'autorizzazione individua anche gli ulteriori elementi da includere nell'informativa ai sensi dell'art. 13, con particolare riguardo alla specificazione delle finalità perseguite e dei risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati e al diritto di opporsi al medesimo trattamento per motivi legittimi;
Vista l'autorizzazione generale del Garante n. 2/2005 che richiama espressamente (punto 1.4) l'autorizzazione n. 2/2002 (punto 2, lett. b)), relativa al trattamento dei dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale, secondo la quale i dati genetici trattati per fini di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti dell'interessato, ovvero per finalità di ricerca scientifica, "possono essere utilizzati unicamente per tali finalità o per consentire all'interessato di prendere una decisione libera e informata, ovvero per finalità probatorie in sede civile o penale, in conformità alla legge";
Vista l'autorizzazione al trattamento dei dati genetici del 22 febbraio 2007 rilasciata dal Garante, ai sensi dell'art. 90 del Codice, in sostituzione delle prescrizioni già impartite in materia di dati genetici con la citata autorizzazione generale richiamata dall'autorizzazione n. 2/2005, dopo aver sentito il Ministro della salute, che ha acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità;
Considerata la necessità di assicurare, nella disciplina del trattamento dei dati personali, un elevato livello di tutela per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità delle persone e, in particolare, per il diritto alla protezione dei dati personali sancito all'art. 1 del Codice; ciò, anche riducendo al minimo i rischi di danno o di pericolo valutati sulla base delle raccomandazioni adottate in materia di dati sanitari dal Consiglio d'Europa e, in particolare, dalla Raccomandazione n. R(97) 5; rilevato che in base a quest'ultima sono considerati dati genetici tutti i dati, di qualunque tipo, che riguardano i caratteri ereditari di un individuo o che sono in rapporto con i caratteri che formano il patrimonio di un gruppo di individui affini (par. 1), dati che, nel quadro della più ampia categoria dei "dati sanitari", possano essere trattati solo a determinate condizioni (par. 1);
Rilevato che la Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R(92) 3 sui test e gli screening genetici a fini di cura afferma (principio n. 8) che la raccolta e la conservazione di sostanze e di campioni biologici, così come il trattamento dei dati che ne derivano, devono essere effettuati in conformità ai principi fondamentali di protezione e di sicurezza dei dati stabiliti dalla Convenzione per la protezione degli individui con riguardo al trattamento automatizzato dei dati personali n. 108 del 28 gennaio 1981, nonché dalle pertinenti raccomandazioni del Comitato dei ministri in materia;
Rilevato che, riguardo al trattamento dei dati genetici, sono desumibili altri importanti princìpi da alcune fonti internazionali e comunitarie tra le quali figurano:
a) la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 aprile 1997, che vieta qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di una persona in ragione del suo patrimonio genetico (art. 11) e limita l'espletamento di test genetici predittivi ai soli fini medici o di ricerca medica e sulla base di una consulenza genetica appropriata (art. 12);
b) la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani dell'Unesco dell'11 novembre 1997, che sancisce il diritto della persona al rispetto della dignità e dei propri diritti indipendentemente dalle sue caratteristiche genetiche (art. 2) e vieta ogni discriminazione basata sulle caratteristiche genetiche che abbia per fine o sortisca l'effetto di violare i diritti umani, le libertà fondamentali e la dignità umana (art. 6);
c) la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, che vieta qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sulle caratteristiche genetiche (art. 21);
d) la direttiva 2004/23/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004, che prescrive l'adozione di misure necessarie di protezione dei dati, compresi quelli genetici, e di altre misure di salvaguardia relativamente ad informazioni raccolte nell'ambito di attività di donazione, approvvigionamento, controllo, lavorazione, conservazione, stoccaggio e distribuzione di tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull'uomo, nonché di prodotti fabbricati derivati da tessuti e cellule umani destinati ad applicazioni sull'uomo (art. 14);
e) la Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina (art. 10), la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani (art. 5, lett. c)) e la Dichiarazione internazionale sui dati genetici umani dell'Unesco del 16 ottobre 2003 (art. 10), le quali riconoscono, con diverso ambito, il diritto di ogni individuo di essere o non essere informato dei risultati degli esami genetici e delle loro conseguenze (ovvero dei risultati della ricerca medica e scientifica laddove i dati genetici, i dati proteomici dell'individuo o i campioni biologici siano utilizzati per tali scopi);
f) il Codice di condotta dell'Organizzazione internazionale del lavoro sulla protezione dei dati personali dei lavoratori (novembre 1996), in base al quale lo svolgimento di screening genetici sui lavoratori dovrebbe essere vietato o limitato a casi specifici autorizzati espressamente dalla legge (art. 6.12);
g) la Dichiarazione di Helsinki dell'Associazione medica mondiale (giugno 1964 e successive modificazioni), in base alla quale occorre acquisire l'assenso della persona legalmente incapace, in aggiunta a quello del legale rappresentante, laddove la stessa sia in grado di esprimere il proprio assenso a partecipare ad una ricerca (par. 25);
h) il documento di lavoro sui dati genetici adottato il 17 marzo 2004 (Wp 91) dal Gruppo per la tutela delle persone con riguardo al trattamento dei dati personali, istituito dall'art. 29 direttiva n. 95/46/Ce che, nell'individuare le necessarie garanzie in materia di dati genetici, afferma la necessità di prendere in considerazione e di disciplinare anche lo statuto giuridico dei campioni biologici, suscettibili anch'essi di costituire una fonte di dati personali;
i) la Dichiarazione universale sul genoma umano e i diritti umani dell'Unesco dell'11 novembre 1997 (art. 5, lett. e)), il Protocollo addizionale alla Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina relativo alla ricerca biomedica del 25 gennaio 2005 (art. 15), la Dichiarazione universale sulla bioetica e i diritti umani dell'Unesco del 19 ottobre 2005 (art. 7) e il Protocollo addizionale alla Convenzione sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina relativo ai test genetici per fini medici del 27 novembre 2008 (artt. 10 ss.), che fissano particolari cautele per le ricerche genetiche che coinvolgono persone incapaci di fornire il proprio consenso;
l) la Dichiarazione internazionale sui dati genetici umani dell'Unesco (art. 18) e la Raccomandazione del Consiglio d'Europa n. R(2006) 4 sulla ricerca su materiale biologico di origine umana (principio n. 16) che evidenziano l'esigenza di regolare il trasferimento all'estero del materiale biologico e dei relativi dati personali garantendo che i paesi di destinazione assicurino una protezione adeguata;
Visti il d. lg. 24 giugno 2003, n. 211 e successive modificazioni, il d.lg. 6 novembre 2007, n. 200, nonché i decreti ministeriali in materia di sperimentazioni cliniche di medicinali e, in particolare, il d.m. 21 dicembre 2007 recante "Modalità di inoltro della richiesta di autorizzazione all'Autorità competente, per la comunicazione di emendamenti sostanziali e la dichiarazione di conclusione della sperimentazione clinica e per la richiesta di parere al comitato etico";
Vista la legge 19 febbraio 2004, n. 40, recante "Norme in materia di procreazione medicalmente assistita";
Visto, altresì, l'Accordo del 15 luglio 2004 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano sul documento recante le "Linee-guida per le attività di genetica medica" (in G.U. 23-9-2004, n. 224);
Vista la legge 6 marzo 2001, n. 52 recante "Riconoscimento del Registro nazionale italiano dei donatori di midollo osseo";
Vista la legge 21 ottobre 2005, n. 219, che disciplina le attività trasfusionali e la produzione nazionale degli emoderivati, l'ordinanza del Ministro della salute del 26 febbraio 2009 recante "Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale" (in G.U. 10-3-2009, n. 57), nonché il d.m. 18 novembre 2009 recante "Disposizioni in materia di conservazione di cellule staminali da sangue del cordone ombelicale per uso autologo – dedicato";
Visti il d.lg. 6 novembre 2007, n. 191 e il d.lg. 25 gennaio 2010, n. 16 in materia di qualità e di sicurezza per la donazione, l'approvvigionamento, il controllo, la lavorazione, la conservazione, lo stoccaggio e la distribuzione di tessuti e cellule umani;
Visto il d.lg. 20 dicembre 2007, n. 261 recante revisione del d.lg. 19 agosto 2005, n. 191 di attuazione della direttiva 2002/98/CE che stabilisce norme di qualità e di sicurezza per la raccolta, il controllo, la lavorazione, la conservazione e la distribuzione del sangue umano e dei suoi componenti;
Visto il d.lg. 4 marzo 2010, n. 28 di attuazione dell'art. 60 della legge 18 giugno 2009, n. 69 in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali e il d.m. del 18 ottobre 2010, n. 180 emanato ai sensi dell'art. 16 del predetto decreto legislativo;
Considerato che il procedimento di mediazione può comportare il trattamento di dati genetici riferiti alle parti della mediazione e ad altri soggetti eventualmente coinvolti nel procedimento medesimo, in conformità alla legge (si pensi, ad esempio, ai procedimenti inerenti il risarcimento del danno da responsabilità medica);
Ritenuto pertanto necessario autorizzare al trattamento di dati genetici gli organismi di cui all'art. 1, comma 1, del d.lg. n. 28/2010 ove ciò sia strettamente indispensabile per l'espletamento delle attività inerenti all'esercizio della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali in conformità alla legge e secondo le prescrizioni già indicate, per gli organismi privati, nell'autorizzazione generale al trattamento dei dati sensibili nell'attività di mediazione rilasciata dal Garante il 21 aprile 2011 e, per gli organismi pubblici, nel provvedimento adottato dal Garante nella stessa data che individua i tipi di dati e di operazioni eseguibili in relazione alla finalità di rilevante interesse pubblico di cui all'art. 71, comma 1, lett. b) del Codice;
Considerato che, ai sensi degli artt. 76 e 81 del Codice, gli esercenti le professioni sanitarie e gli organismi sanitari pubblici possono trattare i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute per finalità di tutela della salute o dell'incolumità fisica dell'interessato solo con il consenso di quest'ultimo, oppure (quando occorre tutelare la salute o l'incolumità fisica di un terzo o della collettività) anche senza il consenso dell'interessato, ma previa autorizzazione del Garante;
Considerato che gli artt. 77, 78 e 79 del Codice prevedono modalità semplificate per l'informativa di cui all'art. 13 del medesimo Codice da parte degli esercenti la professione sanitaria e degli organismi sanitari pubblici;
Visto il provvedimento del Garante del 19 luglio 2006 (in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 1318699), con il quale, ai sensi degli artt. 78, comma 3, e 13, comma 3, del Codice, sono stati indicati gli elementi essenziali che il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta devono includere nell'informativa da fornire all'interessato relativamente al trattamento dei dati personali;
Viste le "Linee guida per il trattamento di dati personali nell'ambito di sperimentazioni cliniche di medicinali" adottate dal Garante con deliberazione n. 52 del 24 luglio 2008;
Considerato che, ai sensi degli artt. 23 e 26 del Codice, i privati e gli enti pubblici economici possono trattare i dati sensibili solo previa autorizzazione del Garante e, ove richiesto, con il consenso scritto dell'interessato;
Considerato che un elevato numero di trattamenti di dati genetici è effettuato per finalità di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti dell'interessato e per finalità di ricerca scientifica;
Considerato che l'art. 40 del Codice prevede il rilascio di autorizzazioni di carattere generale relative a determinate categorie di titolari o di trattamenti e che tali autorizzazioni sinora rilasciate sono risultate un idoneo strumento per prescrivere misure uniformi a garanzia degli interessati;
Considerato che la specifica autorizzazione prevista dall'art. 90 del Codice, rilasciata dal Garante il 22 febbraio 2007, la cui efficacia è stata prorogata da ultimo al 30 giugno 2010, è risultata uno strumento idoneo per prescrivere misure uniformi a garanzia degli interessati, rendendo altresì superflua la richiesta di singoli provvedimenti di autorizzazione da parte di numerosi titolari del trattamento;
Ritenuto opportuno rilasciare una nuova autorizzazione in sostituzione di quella in scadenza il 30 giugno 2011, armonizzando le prescrizioni già impartite alla luce dell'esperienza maturata e delle osservazioni formulate da parte di qualificati esperti della materia riguardanti in particolare: l'aggiornamento delle definizioni utilizzate, i trattamenti effettuati per la tutela della salute di familiari in assenza del consenso dell'interessato, le ricerche scientifiche che coinvolgono minori o altri soggetti vulnerabili senza comportare per loro alcun beneficio diretto, nonché la comunicazione ai familiari di dati genetici indispensabili per evitare un grave pregiudizio per la loro salute;
Ritenuto opportuno che anche tale nuova autorizzazione sia provvisoria e a tempo determinato, ai sensi dell'art. 41, comma 5, del Codice e, in particolare, efficace per il periodo di diciotto mesi;
Ritenuto, altresì, opportuno stabilire che qualora alla data di pubblicazione della presente autorizzazione il trattamento non sia già conforme alle nuove prescrizioni rispetto a quelle contenute nel precedente testo, il titolare deve adeguarsi ad esse entro il 30 ottobre 2011;
Ritenuto opportuno prendere in considerazione con separato provvedimento il trattamento dei dati genetici effettuato da parte delle categorie di soggetti pubblici ricompresi nei titoli I, II, e III della parte II del Codice, fatto salvo quanto previsto dall'art. 16 della legge 30 giugno 2009 per la disciplina della banca dati nazionale del Dna per finalità di accertamento e repressione dei reati;
Ritenuto, all'esito dell'esperienza applicativa emersa in recenti casi di contenzioso, che le espressioni contenute nella presente autorizzazione e inerenti all'esercizio di un diritto in sede giudiziaria (punto "2) Ambito di applicazione" e punto "3) Finalità del trattamento") devono intendersi riferite al difensore, ai suoi collaboratori, alle parti e a ogni altro soggetto che effettui il trattamento per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria;
Considerato che, fuori dei casi appena indicati, ulteriori trattamenti di dati genetici non ricompresi nella presente autorizzazione non risultano allo stato leciti, anche in riferimento all'attività dei datori di lavoro volta a determinare l'attitudine professionale di lavoratori o di candidati all'instaurazione di un rapporto di lavoro, anche se basata sul consenso dell'interessato, nonché all'attività delle imprese di assicurazione;
Visti gli artt. 41 e 167 del Codice;
Ritenuto opportuno che anche la presente autorizzazione sia a tempo determinato e riservata ogni determinazione in ordine alla sua integrazione o modifica anche in relazione al rapido sviluppo della ricerca e delle tecnologie applicate alla genetica e all'evolversi delle conoscenze nel settore;
Visto, altresì, l'art. 11, comma 2, del Codice, il quale stabilisce che i dati trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento di dati personali non possono essere utilizzati;
Visti gli articoli 31 e seguenti del Codice e il disciplinare tecnico di cui all'Allegato B al medesimo Codice, recanti disposizioni e regole sulle misure di sicurezza;
Sentito il Ministro della salute, che ha acquisito il parere del Consiglio superiore di sanità, ai sensi dell'art. 90 del Codice;
Visti gli altri atti d'ufficio;
Viste le osservazioni dell'Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;
Relatore il dott. Giuseppe Fortunato;
autorizza
ai sensi degli articoli 26, 40, 41 e 90 del Codice il trattamento dei dati genetici da parte dei soggetti sottoindividuati, secondo le prescrizioni di seguito indicate.
Prima di iniziare o proseguire il trattamento i sistemi informativi e i programmi informatici sono configurati riducendo al minimo l'utilizzazione di dati personali e di dati identificativi, in modo da escluderne il trattamento quando le finalità perseguite nei singoli casi possono essere realizzate mediante, rispettivamente, dati anonimi od opportune modalità che permettano di identificare l'interessato solo in caso di necessità, in conformità all'art. 3 del Codice.
1) Definizioni.
Ai fini della presente autorizzazione si intende per:
a) dato genetico, il risultato di test genetici o ogni altra informazione che, indipendentemente dalla tipologia, identifica le caratteristiche genotipiche di un individuo trasmissibili nell'ambito di un gruppo di persone legate da vincoli di parentela;
b) campione biologico, ogni campione di materiale biologico da cui possono essere estratti dati genetici caratteristici di un individuo;
c) test genetico, l'analisi a scopo clinico di uno specifico gene o del suo prodotto o funzione o di altre parti del Dna o di un cromosoma, volta a effettuare una diagnosi o a confermare un sospetto clinico in un individuo affetto (test diagnostico), oppure a individuare o escludere la presenza di una mutazione associata ad una malattia genetica che possa svilupparsi in un individuo non affetto (test presintomatico) o, ancora, a valutare la maggiore o minore suscettibilità di un individuo a sviluppare malattie multifattoriali (test predittivo o di suscettibilità);
d) test farmacogenetico, il test genetico finalizzato all'identificazione di specifiche variazioni nella sequenza del Dna in grado di predire la risposta "individuale" a farmaci in termini di efficacia e di rischio relativo di eventi avversi;
e) test farmacogenomico, il test genetico finalizzato allo studio globale delle variazioni del genoma o dei suoi prodotti correlate alla scoperta di nuovi farmaci e all'ulteriore caratterizzazione dei farmaci autorizzati al commercio;
f) test sulla variabilità individuale, i test genetici che comprendono: il test di parentela volto alla definizione dei rapporti di parentela; il test ancestrale volto a stabilire i rapporti di una persona nei confronti di un antenato o di una determinata popolazione o quanto del suo genoma sia stato ereditato dagli antenati appartenenti a una particolare area geografica o gruppo etnico; il test di identificazione genetica volto a determinare la probabilità con la quale un campione o una traccia di DNA recuperato da un oggetto o altro materiale appartenga a una determinata persona;
g) screening genetico, il test genetico effettuato su popolazioni o su gruppi definiti, comprese le analisi familiari finalizzate a identificare -mediante "screening a cascata"- le persone potenzialmente a rischio di sviluppare la malattia genetica, al fine di delinearne le caratteristiche genetiche comuni o di identificare precocemente soggetti affetti o portatori di patologie genetiche o di altre caratteristiche ereditarie;
h) consulenza genetica, le attività di comunicazione volte ad aiutare l'individuo o la famiglia colpita da patologia genetica a comprendere le informazioni mediche che includono la diagnosi e il probabile decorso della malattia, le forme di assistenza disponibili, il contributo dell'ereditarietà al verificarsi della malattia, il rischio di ricorrenza esistente per sé e per altri familiari e l'opportunità di portarne a conoscenza questi ultimi, nonché tutte le opzioni esistenti nell'affrontare il rischio di malattia e l'impatto che tale rischio può avere su scelte procreative; nell'esecuzione di test genetici tale consulenza comprende inoltre informazioni sul significato, i limiti, l'attendibilita' e la specificita' del test nonché le implicazioni dei risultati; a tale processo partecipano, oltre al medico e/o al biologo specialisti in genetica medica, altre figure professionali competenti nella gestione delle problematiche psicologiche e sociali connesse alla genetica;
i) informazione genetica, le attività volte a fornire informazioni riguardanti le specifiche caratteristiche degli screening genetici.
2) Ambito di applicazione.
La presente autorizzazione è rilasciata:
a) agli esercenti le professioni sanitarie, in particolare ai genetisti medici, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusive finalità di tutela della salute dell'interessato o di un terzo appartenente alla stessa linea genetica dell'interessato;
b) agli organismi sanitari pubblici e privati, in particolare alle strutture cliniche di genetica medica, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusive finalità di tutela della salute dell'interessato o di un terzo appartenente alla stessa linea genetica dell'interessato;
c) a laboratori di genetica medica, limitatamente alle operazioni indispensabili rispetto a dati, parimenti indispensabili, destinati ad essere trattati per esclusive finalità di prevenzione e di diagnosi genetica nei confronti dell'interessato, o destinati ad essere utilizzati ad esclusivi fini di svolgimento delle indagini difensive o per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria o, ad esclusivi fini di ricongiungimento familiare, per l'accertamento della sussistenza di vincoli di consanguineità di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, apolidi e rifugiati;
d) alle persone fisiche o giuridiche, agli enti o agli istituti di ricerca, alle associazioni e agli altri organismi pubblici e privati aventi finalità di ricerca, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusivi scopi di ricerca scientifica, anche statistica, finalizzata alla tutela della salute dell'interessato, di terzi o della collettività in campo medico, biomedico ed epidemiologico, nell'ambito delle attività di pertinenza della genetica medica, nonché per scopi di ricerca scientifica volti a sviluppare le tecniche di analisi genetica;
e) agli psicologi, ai consulenti tecnici e ai loro assistenti, nell'ambito di interventi pluridisciplinari di consulenza genetica, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusive finalità di consulenza nei confronti dell'interessato o dei suoi familiari;
f) ai farmacisti, limitatamente ai dati e alle operazioni indispensabili per esclusive finalità di adempimento agli obblighi derivanti da un rapporto di fornitura di farmaci all'interessato;
g) ai difensori, anche a mezzo di sostituti, consulenti tecnici e investigatori privati autorizzati, limitatamente alle operazioni e ai dati indispensabili per esclusive finalità di svolgimento di investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000 n. 397; è altresì rilasciata per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo- in sede giudiziaria, sempre che il diritto sia di rango almeno pari a quello dell'interessato e i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento;
h) agli organismi di mediazione pubblici e privati limitatamente alle operazioni e ai dati indispensabili per esclusive finalità di espletamento delle attività inerenti all'esercizio della mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali ai sensi del d.lg. 4 marzo 2010, n. 28 e successive modifiche e integrazioni, in conformità alla legge e nel rispetto, per gli organismi privati, delle prescrizioni dell'autorizzazione generale al trattamento dei dati sensibili nell'attività di mediazione del 21 aprile 2011 e, per gli organismi pubblici, del provvedimento del 21 aprile 2011 che individua i tipi di dati e di operazioni eseguibili in relazione alla finalità di rilevante interesse pubblico di cui all'art. 71, comma 1, lett. b) del Codice;
i) agli organismi internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri e alle rappresentanze diplomatiche o consolari per il rilascio delle certificazioni (allo stato disciplinate dall'art. 49 d.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200) ad esclusivi fini di ricongiungimento familiare e limitatamente ai casi in cui l'interessato non possa fornire documenti ufficiali che provino i suoi vincoli di consanguineità, in ragione del suo status, ovvero della mancanza di un'autorità riconosciuta o della presunta inaffidabilità dei documenti rilasciati dall'autorità locale.
3) Finalità del trattamento.
3.1 Possono essere trattati dati genetici e utilizzati campioni biologici inerenti alle seguenti finalità che non possano essere adempiute, caso per caso, mediante il trattamento di dati o campioni anonimi o di dati personali non genetici:
a) tutela della salute, con particolare riferimento alle patologie di natura genetica e alla tutela dell'identità genetica dell'interessato, con il suo consenso, salvo quanto previsto dagli artt. 26 e 82 del Codice in riferimento al caso in cui l'interessato non possa prestare il proprio consenso per incapacità d'agire, impossibilità fisica o incapacità di intendere o di volere;
b) tutela della salute, con particolare riferimento alle patologie di natura genetica e tutela dell'identità genetica di un terzo appartenente alla stessa linea genetica dell'interessato con il consenso di quest'ultimo; nel caso in cui il consenso dell'interessato non sia prestato o non possa essere prestato per impossibilità fisica, per incapacità di agire o per incapacità d'intendere o di volere, nonché per effettiva irreperibilità, il trattamento può essere effettuato limitatamente a dati genetici disponibili qualora sia indispensabile per consentire al terzo di compiere una scelta riproduttiva consapevole o sia giustificato dalla necessità, per il terzo, di interventi di natura preventiva o terapeutica. Nel caso in cui l'interessato sia deceduto, il trattamento può comprendere anche dati genetici estrapolati dall'analisi dei campioni biologici della persona deceduta, sempre che sia indispensabile per consentire al terzo di compiere una scelta riproduttiva consapevole o sia giustificato dalla necessità, per il terzo, di interventi di natura preventiva o terapeutica;
c) ricerca scientifica e statistica, finalizzata alla tutela della salute dell'interessato, di terzi o della collettività in campo medico, biomedico ed epidemiologico, anche nell'ambito della sperimentazione clinica di farmaci, o ricerca scientifica volta a sviluppare le tecniche di analisi genetica (sempre che la disponibilità di dati solo anonimi su campioni della popolazione non permetta alla ricerca di raggiungere i suoi scopi), da svolgersi con il consenso dell'interessato salvo che nei casi di indagini statistiche o di ricerca scientifica previste dalla legge o negli altri casi di cui al par. 8.1 della presente autorizzazione.
Nell'ambito delle finalità di cui alle precedenti lettere a) e b) del presente punto, l'autorizzazione è rilasciata anche all'esclusivo fine di consentire ai destinatari di adempiere o di esigere l'adempimento di specifici obblighi o di eseguire specifici compiti previsti dalla normativa comunitaria, da leggi o da regolamenti, in particolare in materia di igiene e di sanità pubblica, di prevenzione delle malattie professionali, di diagnosi e cura, anche per le attività trasfusionali e i trapianti di organi, tessuti e cellule staminali emopoietiche, di riabilitazione degli stati di invalidità e di inabilità fisica e psichica, di tutela della salute mentale, di assistenza farmaceutica, in conformità alla legge. Il trattamento può riguardare anche la compilazione di cartelle cliniche, di certificati e di altri documenti di tipo sanitario.
Il trattamento di dati genetici e l'utilizzo di campioni biologici per l'esecuzione di test presintomatici e di suscettibilità sono consentiti limitatamente al perseguimento di finalità di tutela della salute, anche per compiere scelte riproduttive consapevoli e per scopi di ricerca finalizzata alla tutela della salute.
3.2 La presente autorizzazione è rilasciata, altresì, quando il trattamento dei dati genetici sia indispensabile:
a) per lo svolgimento da parte del difensore delle investigazioni difensive di cui alla legge 7 dicembre 2000, n. 397, anche a mezzo di sostituti, di consulenti tecnici e investigatori privati autorizzati, o, comunque, per far valere o difendere un diritto anche da parte di un terzo in sede giudiziaria, anche senza il consenso dell'interessato eccetto il caso in cui il trattamento presupponga lo svolgimento di test genetici. Ciò, sempre che il diritto da far valere o difendere sia di rango pari a quello dell'interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile e i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo strettamente necessario al loro perseguimento. Il trattamento deve essere comunque effettuato nel rispetto delle autorizzazioni generali del Garante al trattamento dei dati sensibili da parte dei liberi professionisti e da parte degli investigatori privati (allo stato, autorizzazioni nn. 4 e 6/2011). Il trattamento può comprendere anche le informazioni relative a stati di salute pregressi o relative ai familiari dell'interessato;
b) per adempiere o per esigere l'adempimento di specifici obblighi o per eseguire specifici compiti previsti espressamente dalla normativa comunitaria, da leggi o da regolamenti in materia di previdenza e assistenza o in materia di igiene e sicurezza del lavoro o della popolazione, anche senza il consenso dell'interessato, nei limiti previsti dall'autorizzazione generale del Garante al trattamento dei dati sensibili nei rapporti di lavoro (allo stato, l'autorizzazione n. 1/2011) e ferme restando le disposizioni del codice di deontologia e di buona condotta di cui all'articolo 111 del Codice. Il trattamento può comprendere anche le informazioni relative a stati di salute pregressi o relative ai familiari dell'interessato;
c) per l'accertamento dei vincoli di consanguineità per il ricongiungimento familiare di cittadini di Stati non appartenenti all'Unione europea, apolidi e rifugiati (attualmente disciplinato dal d.lg. 25 luglio 1998, n. 286). Non si considerano, in particolare, indispensabili i trattamenti di dati genetici effettuati nonostante la disponibilità di procedure alternative che non comportano il trattamenti dei dati medesimi.
4) Modalità di trattamento.
I destinatari della presente autorizzazione conformano il prelievo e l'utilizzo dei campioni biologici e il trattamento dei dati genetici secondo modalità volte a prevenire la violazione dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità degli interessati. Tali attività sono effettuate, comunque, in modo lecito e secondo correttezza, nonché per scopi determinati in conformità alla presente autorizzazione e resi noti all'interessato nei modi indicati al successivo punto 5.
Sono predisposte specifiche misure per accertare univocamente l'identità del soggetto al quale viene prelevato il materiale biologico per l'esecuzione dell'analisi (art. 11, comma 1, lett. c), del Codice).
Il trattamento dei dati genetici è effettuato unicamente con operazioni, nonché con logiche e mediante forme di organizzazione dei dati strettamente indispensabili in rapporto ai sopra indicati obblighi, compiti o finalità.
Restano fermi gli obblighi deontologici relativi alle singole figure professionali oggetto della presente autorizzazione.
4.1) Raccolta e conservazione.
La raccolta di dati genetici effettuata per l'esecuzione di test e di screening genetici è limitata alle sole informazioni personali e familiari strettamente indispensabili all'esecuzione dell'analisi (art. 11, comma 1, lett. d), del Codice).
In particolare, nei trattamenti effettuati mediante test sulla variabilità individuale non sono raccolti dati sullo stato di salute o su altre caratteristiche degli interessati, ad eccezione del sesso. Il campione è prelevato da un incaricato del laboratorio di genetica medica o da un medico da esso designato ovvero, in caso di ricongiungimento familiare, da esercenti le professioni sanitarie appositamente incaricati dalle rappresentanze diplomatiche o consolari o da organismi internazionali ritenuti idonei dal Ministero degli affari esteri.
4.2) Ricerca scientifica e statistica.
La ricerca scientifica e statistica, per il cui svolgimento è consentito il trattamento dei dati genetici e l'utilizzo dei campioni biologici, è effettuata, altresì, sulla base di un progetto redatto conformemente agli standard del pertinente settore disciplinare, anche al fine di documentare che il trattamento dei dati e l'utilizzo dei campioni biologici sia effettuato per idonei ed effettivi scopi scientifici. Possono essere utilizzati a tal fine i dati e i campioni biologici strettamente pertinenti agli scopi perseguiti, avuto riguardo ai dati disponibili e ai trattamenti già effettuati dallo stesso titolare, nonché all'esistenza di altre modalità che permettano di raggiungere gli scopi della ricerca mediante dati personali diversi da quelli identificativi o genetici, ovvero che non comportino il prelievo di campioni biologici.
Il progetto specifica le misure da adottare nel trattamento dei dati personali per garantire il rispetto della presente autorizzazione, nonché della normativa sulla protezione dei dati personali, anche per i profili riguardanti la custodia e la sicurezza dei dati e dei campioni biologici, e individua gli eventuali responsabili del trattamento (artt. 29, 31, 33, 34 e 35 del Codice e Allegato B al medesimo Codice). In particolare, laddove la ricerca preveda il prelievo e/o l'utilizzo di campioni biologici, il progetto indica l'origine, la natura e le modalità di prelievo e di conservazione dei campioni, nonché le misure adottate per garantire la volontarietà del conferimento del materiale biologico da parte dell'interessato.
Il progetto è conservato a cura del titolare in forma riservata almeno per un anno dopo la conclusione della ricerca. Il titolare fornisce le informazioni contenute nel progetto agli interessati che ne facciano richiesta.
Quando le finalità della ricerca possono essere realizzate soltanto tramite l'identificazione anche temporanea degli interessati, il titolare adotta specifiche misure per mantenere separati i dati identificativi dai campioni biologici e dalle informazioni genetiche già al momento della raccolta, salvo che ciò risulti impossibile in ragione delle particolari caratteristiche del trattamento o richieda un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato.
4.3) Misure di sicurezza.
Per la custodia e la sicurezza dei dati genetici e dei campioni biologici sono adottate, in ogni caso, le seguenti cautele.
L'accesso ai locali è controllato mediante incaricati della vigilanza o strumenti elettronici che prevedano specifiche procedure di identificazione anche mediante dispositivi biometrici. Le persone ammesse, a qualunque titolo, dopo l'orario di chiusura, sono identificate e registrate.
La conservazione, l'utilizzo e il trasporto dei campioni biologici sono posti in essere con modalità volte anche a garantirne la qualità, l'integrità, la disponibilità e la tracciabilità.
Il trasferimento dei dati genetici in formato elettronico è effettuato con posta elettronica certificata previa cifratura delle informazioni trasmesse da realizzarsi con firma digitale. E' ammesso il ricorso a canali di comunicazione di tipo "web application" che prevedano protocolli di comunicazione sicuri e garantiscano, previa verifica, l'identità digitale del server che eroga il servizio e della postazione client da cui si effettua l'accesso ai dati, ricorrendo a certificati digitali emessi in conformità alla legge da un'autorità di certificazione.
La consultazione dei dati genetici trattati con strumenti elettronici è consentita previa adozione di sistemi di autenticazione basati sull'uso combinato di informazioni note agli incaricati e di dispositivi, anche biometrici, in loro possesso.
I dati genetici e i campioni biologici contenuti in elenchi, registri o banche di dati, sono trattati con tecniche di cifratura o mediante l'utilizzazione di codici identificativi o di altre soluzioni che, considerato il numero dei dati e dei campioni trattati, li rendano temporaneamente inintelligibili anche a chi è autorizzato ad accedervi e permettano di identificare gli interessati solo in caso di necessità, in modo da ridurre al minimo i rischi di conoscenza accidentale e di accesso abusivo o non autorizzato. Laddove gli elenchi, i registri o le banche di dati siano tenuti con strumenti elettronici e contengano anche dati riguardanti la genealogia o lo stato di salute degli interessati, le predette tecniche devono consentire, altresì, il trattamento disgiunto dei dati genetici e sanitari dagli altri dati personali che permettono di identificare direttamente le persone interessate. Restano comunque fermi gli altri obblighi previsti dagli articoli 11, 14, 22 e 31 e seguenti del Codice e le modalità tecniche in materia di misure minime di sicurezza indicate nel disciplinare tecnico allegato al medesimo Codice, anche per ciò che attiene alla conservazione e al trasporto dei dati all'esterno dei locali protetti e all'accesso controllato a tali locali. Tali obblighi vanno osservati anche in riferimento ai campioni biologici.
5) Informativa.
Salvo che per i trattamenti non sistematici di dati genetici effettuati dal medico di medicina generale e dal pediatra di libera scelta nell'ambito degli ordinari rapporti con l'interessato per la tutela della salute e dell'incolumità fisica di quest'ultimo, l'informativa evidenzia, oltre agli elementi previsti in base agli artt. 13, 77 e 78 del Codice:
a) l'esplicitazione analitica di tutte le specifiche finalità perseguite;
b) i risultati conseguibili anche in relazione alle notizie inattese che possono essere conosciute per effetto del trattamento dei dati genetici;
c) il diritto dell'interessato di opporsi al trattamento dei dati genetici per motivi legittimi;
d) la facoltà o meno, per l'interessato, di limitare l'ambito di comunicazione dei dati genetici e il trasferimento dei campioni biologici, nonché l'eventuale utilizzo di questi per ulteriori scopi;
e) il periodo di conservazione dei dati genetici e dei campioni biologici.
Nel caso in cui sia previsto il trasferimento di dati genetici e di campioni anche in Paesi non appartenenti all'Unione europea l'informativa deve specificare se tali Paesi non garantiscono un livello di tutela delle persone adeguato ai sensi degli artt. 43, 44 e 45 del Codice, nonché gli estremi identificativi dei soggetti destinatari dei dati e dei campioni, al fine di garantire in concreto all'interessato la possibilità di esercitare il controllo sui dati e sui campioni che lo riguardano.
Dopo il raggiungimento della maggiore età l'informativa è fornita all'interessato anche ai fini dell'acquisizione di una nuova manifestazione del consenso quando questo è necessario (art. 82, comma 4, del Codice).
Per i trattamenti effettuati per scopi di ricerca scientifica e statistica l'informativa evidenzia, altresì:
a) che il consenso è manifestato liberamente ed è revocabile in ogni momento senza che ciò comporti alcuno svantaggio o pregiudizio per l'interessato, salvo che i dati e i campioni biologici, in origine o a seguito di trattamento, non consentano più di identificare il medesimo interessato;
b) gli accorgimenti adottati per consentire l'identificabilità degli interessati soltanto per il tempo necessario agli scopi della raccolta o del successivo trattamento (art. 11, comma 1, lett. e), del Codice);
c) l'eventualità che i dati e/o i campioni biologici siano conservati e utilizzati per altri scopi di ricerca scientifica e statistica, per quanto noto, adeguatamente specificati anche con riguardo alle categorie di soggetti ai quali possono essere eventualmente comunicati i dati oppure trasferiti i campioni;
d) le modalità con cui gli interessati che ne facciano richiesta possono accedere alle informazioni contenute nel progetto di ricerca.
Per i trattamenti effettuati mediante test e screening genetici per finalità di tutela della salute, di ricerca o di ricongiungimento familiare, l'informativa è resa all'interessato prima del prelievo, ovvero dell'utilizzo del suo campione biologico qualora lo stesso sia stato già prelevato, anche in forma scritta, in modo specifico e comprensibile, anche quando il trattamento è effettuato da esercenti la professione sanitaria o da organismi sanitari pubblici e privati che abbiano informato in precedenza il medesimo interessato utilizzando le modalità semplificate previste dagli artt. 77, 78 e 79 del Codice.
I trattamenti per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in sede giudiziaria possono essere effettuati mediante l'esecuzione di test genetici soltanto previa informativa all'interessato da rendersi con le modalità sopra indicate.
5.1) Consulenza genetica e attività di informazione.
Per i trattamenti effettuati mediante test genetici per finalità di tutela della salute o di ricongiungimento familiare è fornita all'interessato una consulenza genetica prima e dopo lo svolgimento dell'analisi. Prima dell'introduzione di screening genetici finalizzati alla tutela della salute da parte di organismi sanitari sono adottate idonee misure per garantire un'attività di informazione al pubblico in merito alla disponibilità e alla volontarietà dei test effettuati, alle specifiche finalità e conseguenze, anche nell'ambito di pubblicazioni istituzionali e mediante reti di comunicazione elettronica.
Il consulente genetista aiuta i soggetti interessati a prendere in piena autonomia le decisioni ritenute più adeguate, tenuto conto del rischio genetico, delle aspirazioni familiari e dei loro principi etico-religiosi, aiutandoli ad agire coerentemente con le scelte compiute, nonché a realizzare il miglior adattamento possibile alla malattia e/o al rischio di ricorrenza della malattia stessa.
Sono adottate cautele idonee ad evitare che la consulenza genetica avvenga in situazioni di promiscuità derivanti dalle modalità utilizzate o dai locali prescelti, nonché a prevenire l'indebita conoscenza da parte di terzi di informazioni genetiche o idonee a rivelare lo stato di salute.
Nei casi in cui il test sulla variabilità individuale è volto ad accertare la paternità o la maternità gli interessati sono, altresì, informati circa la normativa in materia di filiazione, ponendo in evidenza le eventuali conseguenze psicologiche e sociali dell'esame.
L'attuazione di ricerche scientifiche su isolati di popolazione è preceduta da un'attività di informazione presso le comunità interessate, anche mediante mezzi di comunicazione di massa su base locale e presentazioni pubbliche, volta ad illustrare la natura della ricerca, le finalità perseguite, le modalità di attuazione, le fonti di finanziamento e i rischi o benefici attesi per le popolazioni coinvolte. L'attività di informazione evidenzia anche gli eventuali rischi di discriminazione o stigmatizzazione delle comunità interessate, nonché quelli inerenti alla conoscibilità di inattesi rapporti di consanguineità e le azioni intraprese per ridurre al minimo tali rischi.
6) Consenso
In conformità a quanto previsto dagli artt. 23 e 26 del Codice, i dati genetici possono essere trattati e i campioni biologici utilizzati soltanto per gli scopi indicati nella presente autorizzazione e rispetto ai quali la persona abbia manifestato previamente e per iscritto il proprio consenso informato. In conformità all'art. 23 del Codice, il consenso resta valido solo se l'interessato è libero da ogni condizionamento o coercizione e resta revocabile liberamente in ogni momento. Nel caso in cui l'interessato revochi il consenso al trattamento dei dati per scopi di ricerca, è distrutto anche il campione biologico sempre che sia stato prelevato per tali scopi, salvo che, in origine o a seguito di trattamento, il campione non possa più essere riferito ad una persona identificata o identificabile.
Per i trattamenti effettuati mediante test genetici, compreso lo screening, anche a fini di ricerca o di ricongiungimento familiare, deve essere acquisito il consenso informato dei soggetti cui viene prelevato il materiale biologico necessario all'esecuzione dell'analisi. In questi casi, all'interessato è richiesto di dichiarare se vuole conoscere o meno i risultati dell'esame o della ricerca, comprese eventuali notizie inattese che lo riguardano, qualora queste ultime rappresentino per l'interessato un beneficio concreto e diretto in termini di terapia o di prevenzione o di consapevolezza delle scelte riproduttive.
Per le informazioni relative ai nascituri il consenso è validamente prestato dalla gestante. Nel caso in cui il trattamento effettuato mediante test prenatale possa rivelare anche dati genetici relativi alla futura insorgenza di una patologia del padre, è previamente acquisito anche il consenso di quest'ultimo.
Quando il trattamento è necessario per la salvaguardia della vita e dell'incolumità fisica dell'interessato, e quest'ultimo non può prestare il proprio consens0 per impossibilità fisica, incapacità d'agire o incapacità di intendere o di volere, il consenso è manifestato da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l'interessato. Si applicano le disposizioni di cui all'art. 82 del Codice.
L'opinione del minore, nella misura in cui lo consente la sua età e il suo grado di maturità, è, ove possibile, presa in considerazione, restando preminente in ogni caso l'interesse del minore. Negli altri casi di incapacità, il trattamento è consentito se le finalità perseguite comportano un beneficio diretto per l'interessato e la sua opinione è, ove possibile, presa in considerazione, restando preminente in ogni caso l'interesse dell'incapace.
I dati e i campioni biologici di persone che non possono fornire il proprio consenso per incapacità, possono essere trattati per finalità di ricerca scientifica che non comportino un beneficio diretto per i medesimi interessati qualora ricorrano contemporaneamente le seguenti condizioni:
a) la ricerca è finalizzata al miglioramento della salute di altre persone appartenenti allo stesso gruppo d'età o che soffrono della stessa patologia o che si trovano nelle stesse condizioni e il programma di ricerca è oggetto di motivato parere favorevole del competente comitato etico a livello territoriale;
b) una ricerca di analoga finalità non può essere realizzata mediante il trattamento di dati riferiti a persone che possono prestare il proprio consenso;
c) il consenso al trattamento è acquisito da chi esercita legalmente la potestà, ovvero da un prossimo congiunto, da un familiare, da un convivente o, in loro assenza, dal responsabile della struttura presso cui dimora l'interessato;
d) la ricerca non comporta rischi significativi per la dignità, i diritti e le libertà fondamentali degli interessati.
In tali casi, resta fermo quanto sopra previsto in ordine all'esigenza di tenere in considerazione, ove possibile, l'opinione del minore o dell'incapace.
I trattamenti di dati connessi all'esecuzione di test genetici presintomatici possono essere effettuati sui minori non affetti, ma a rischio per patologie genetiche solo nel caso in cui esistano concrete possibilità di terapie o di trattamenti preventivi prima del raggiungimento della maggiore età. I test sulla variabilità individuale non possono essere condotti su minori senza che venga acquisito il consenso di ambedue i genitori, ove esercitano entrambi la potestà sul minore.
I trattamenti di dati connessi all'esecuzione di test genetici per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in sede giudiziaria possono essere effettuati soltanto con il consenso informato della persona cui appartiene il materiale biologico necessario all'indagine, salvo che un'espressa disposizione di legge, o un provvedimento dell'autorità giudiziaria in conformità alla legge, disponga altrimenti.
7) Trattamenti in settori particolari.
I dati genetici trattati e i campioni biologici prelevati per l'esecuzione di test sulla variabilità individuale ai fini dello svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in un procedimento penale non possono essere utilizzati per altri fini. I dati trattati e i campioni biologici prelevati per l'esecuzione di test genetici a fini di prevenzione, di diagnosi o di terapia nei confronti dell'interessato o per finalità di ricerca scientifica e statistica possono essere utilizzati per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l'esercizio di un diritto in un procedimento penale, nel rispetto delle pertinenti disposizioni di legge.
8) Conservazione dei dati e dei campioni.
Con riferimento all'obbligo previsto dall'art. 11, comma 1, lett. e), del Codice, i campioni biologici e i dati genetici possono essere conservati per il periodo di tempo non superiore a quello strettamente necessario per adempiere agli obblighi o ai compiti indicati al punto 3 della presente autorizzazione o per perseguire le finalità ivi menzionate per le quali sono stati raccolti o successivamente utilizzati.
I campioni biologici prelevati e i dati genetici trattati per l'esecuzione di test e di screening genetici sono conservati per un periodo di tempo non superiore a quello necessario allo svolgimento dell'analisi o al perseguimento degli scopi per i quali sono stati raccolti o successivamente utilizzati.
I dati genetici trattati a fini di ricongiungimento familiare sono conservati per un periodo di tempo non superiore a quello necessario all'esame dell'istanza di ricongiungimento, salvo che per l'eventuale conservazione, a norma di legge, dell'atto o del documento che li contiene. A seguito del rigetto o dell'accoglimento dell'istanza, i campioni prelevati per l'accertamento dei vincoli di consanguineità devono essere distrutti (art. 11, comma 1, lett. e), del Codice).
Ai sensi dell'art. 11, comma 1, lett. c), d) ed e), del Codice, i soggetti autorizzati verificano periodicamente l'esattezza e l'aggiornamento dei dati, nonché la loro pertinenza, completezza, non eccedenza e indispensabilità rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi, anche con riferimento ai dati che l'interessato fornisce di propria iniziativa. I dati che, anche a seguito delle verifiche, risultano eccedenti o non pertinenti o non indispensabili non possono essere utilizzati.
8.1) Conservazione a fini di ricerca.
I campioni biologici prelevati e i dati genetici raccolti per scopi di tutela della salute possono essere conservati ed utilizzati per finalità di ricerca scientifica o statistica, ferma restando la necessità di acquisire il consenso informato delle persone interessate, eccetto che nei casi di indagini statistiche o ricerche scientifiche previste dalla legge o limitatamente al perseguimento di scopi scientifici e statistici direttamente collegati con quelli per i quali è stato originariamente acquisito il consenso informato degli interessati. Quando a causa di particolari ragioni non è possibile informare gli interessati malgrado sia stato compiuto ogni ragionevole sforzo per raggiungerli, la conservazione e l'ulteriore utilizzo di campioni biologici e di dati genetici raccolti per la realizzazione di progetti di ricerca e indagini statistiche, diversi da quelli originari, sono consentiti se una ricerca di analoga finalità non può essere realizzata mediante il trattamento di dati riferiti a persone dalle quali può essere o è stato acquisito il consenso informato e:
a) il programma di ricerca comporta l'utilizzo di campioni biologici e di dati genetici che in origine non consentono di identificare gli interessati, ovvero che, a seguito di trattamento, non consentono di identificare i medesimi interessati e non risulta che questi ultimi abbiano in precedenza fornito indicazioni contrarie;
b) ovvero il programma di ricerca, oggetto di motivato parere favorevole del competente comitato etico a livello territoriale, è autorizzato appositamente dal Garante ai sensi dell'art. 90 del Codice.
9) Comunicazione e diffusione dei dati.
I dati genetici non possono essere comunicati e i campioni biologici non possono essere messi a disposizione di terzi salvo che sia indispensabile per il perseguimento delle finalità indicate dalla presente autorizzazione.
I dati genetici e i campioni biologici raccolti per scopi di ricerca scientifica e statistica possono essere comunicati o trasferiti a enti e istituti di ricerca, alle associazioni e agli altri organismi pubblici e privati aventi finalità di ricerca, esclusivamente nell'ambito di progetti congiunti.
I dati genetici e i campioni biologici raccolti per scopi di ricerca scientifica e statistica possono essere comunicati o trasferiti ai soggetti sopra indicati, non partecipanti a progetti congiunti, limitatamente alle informazioni prive di dati identificativi, per scopi scientifici direttamente collegati a quelli per i quali sono stati originariamente raccolti e chiaramente determinati per iscritto nella richiesta dei dati e/o dei campioni. In tal caso, il soggetto richiedente si impegna a non trattare i dati e/o utilizzare i campioni per fini diversi da quelli indicati nella richiesta e a non comunicarli o trasferirli ulteriormente a terzi.
I dati genetici raccolti a fini di ricongiungimento familiare possono essere comunicati unicamente alle rappresentanze diplomatiche o consolari competenti all'esame della documentazione prodotta dall'interessato o all'organismo internazionale ritenuto idoneo dal Ministero degli affari esteri cui questi si sia rivolto. I campioni biologici prelevati ai medesimi fini possono essere trasferiti unicamente al laboratorio designato per l'effettuazione del test sulla variabilità individuale o all'organismo internazionale ritenuto idoneo dal Ministero degli affari esteri.
Fermo restando quanto previsto dall'art. 84 del Codice, i dati genetici devono essere resi noti di regola direttamente all'interessato o a persone diverse dal diretto interessato sulla base di una delega scritta di quest'ultimo, adottando ogni mezzo idoneo a prevenire la conoscenza non autorizzata da parte di soggetti anche compresenti. La comunicazione nelle mani di un delegato dell'interessato è eseguita in plico chiuso.
Gli esiti di test e di screening genetici, nonché i risultati delle ricerche qualora comportino per l'interessato un beneficio concreto e diretto in termini di terapia, prevenzione o di consapevolezza delle scelte riproduttive, devono essere comunicati al medesimo interessato anche nel rispetto della sua dichiarazione di volontà di conoscere o meno tali eventi e, ove necessario, con un'appropriata consulenza genetica.
Gli esiti di test e di screening genetici, nonché i risultati delle ricerche, qualora comportino un beneficio concreto e diretto in termini di terapia, prevenzione o di consapevolezza delle scelte riproduttive, anche per gli appartenenti alla stessa linea genetica dell'interessato, possono essere comunicati a questi ultimi, su loro richiesta, qualora l'interessato vi abbia espressamente acconsentito oppure qualora tali risultati siano indispensabili per evitare un pregiudizio per la loro salute, ivi compreso il rischio riproduttivo, e il consenso dell'interessato non sia prestato o non possa essere prestato per effettiva irreperibilità.
In caso di ricerche condotte su popolazioni isolate, devono essere resi noti alle comunità interessate e alle autorità locali gli eventuali risultati della ricerca che rivestono un'importanza terapeutica o preventiva per la tutela della salute delle persone appartenenti a tali comunità.
I dati genetici non possono essere diffusi. I risultati delle ricerche non possono essere diffusi se non in forma aggregata, ovvero secondo modalità che non rendano identificabili gli interessati neppure tramite dati identificativi indiretti, anche nell'ambito di pubblicazioni.
Fermo restando quanto previsto al punto 5) in ordine all'informativa all'interessato, il trasferimento anche temporaneo fuori dal territorio dello Stato, con qualsiasi forma o mezzo, di dati genetici e/o di campioni biologici, verso un Paese non appartenente all'Unione europea è consentito in conformità agli artt. 43, 44 e 45 del Codice.
10) Richieste di autorizzazione.
I titolari dei trattamenti che rientrano nell'ambito di applicazione della presente autorizzazione non sono tenuti a presentare una richiesta di autorizzazione a questa Autorità, qualora il trattamento che si intende effettuare sia conforme alle prescrizioni suddette.
Le richieste di autorizzazione pervenute o che perverranno anche successivamente alla data di adozione del presente provvedimento, devono intendersi accolte nei termini di cui al provvedimento medesimo.
Il Garante non prenderà in considerazione richieste di autorizzazione per trattamenti da effettuarsi in difformità alle prescrizioni del presente provvedimento, salvo che il loro accoglimento sia giustificato da circostanze del tutto particolari o da situazioni eccezionali non considerate nella presente autorizzazione, relative, ad esempio, al caso in cui la raccolta del consenso comporti un impiego di mezzi manifestamente sproporzionato in ragione, in particolare, del numero di persone interessate.
11) Norme finali.
Restano fermi gli obblighi previsti da norme di legge o di regolamento, ovvero dalla normativa comunitaria, che stabiliscono divieti o limiti in materia di trattamento di dati genetici.
Resta fermo per il titolare del trattamento di dati genetici l'obbligo di effettuare, nei casi previsti, la notificazione al Garante prima dell'inizio del trattamento medesimo (artt. 37 e 163 del Codice).
12) Efficacia temporale e disciplina transitoria.
La presente autorizzazione ha efficacia a decorrere dal 30 giugno 2011 fino al 31 dicembre 2012, salve eventuali modifiche che il Garante ritenga di dover apportare in conseguenza di eventuali novità normative rilevanti in materia.
Qualora alla data di pubblicazione della presente autorizzazione il trattamento non sia già conforme alle nuove prescrizioni rispetto a quelle contenute nel precedente testo, il titolare deve adeguarsi ad esse entro il 30 ottobre 2011.
La presente autorizzazione sarà pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
Roma, 24 giugno 2011
IL PRESIDENTE
Pizzetti
IL RELATORE
Fortunato
IL SEGRETARIO GENERALE
De Paoli
[1] Tutte le definizioni e le informazioni, fornite in questa sezione, sono tratte da:
Comitato nazionale per la Bioetica, Dalla farmacogenetica alla farmacogenomica, 21 aprile 2006;
Comitato nazionale per la Bioetica – Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita, Test genetici di suscettibilità e medicina personalizzata, 15 luglio 2010.
[2] Garante per la protezione dei dati personali, Autorizzazione generale al trattamento dei dati genetici, 24 giugno 2011
[3] Comitato nazionale per la Bioetica – Comitato nazionale per la biosicurezza, le biotecnologie e le scienze della vita, Test genetici di suscettibilità e medicina personalizzata, 15 luglio 2010.
[4] L’autorizzazione generale è un tipo di atto normativo creato in via di prassi dal Garante e successivamente recepito dall’art. 40 del Codice, al fine di ovviare alla moltiplicazione di singole ma identiche autorizzazioni che il Codice medesimo prescrive siano rilasciate annualmente per alcune categorie di trattamenti. Le autorizzazioni generali, pertanto, pur mantenendo la veste formale di atti amministrativi, hanno un rilievo sostanziale di atti normativi, configurandosi, tra le altre problematiche, quella relativa all’obbligo di consultazione degli interessati.
[5] Human Genetic Commission (2009). La Commissione è organo consultivo del Governo inglese relativamente ai nuovi sviluppi della genetica umana e al loro impatto sulla vita delle persone.
[6] Sul punto, Fondazione Smith Kline, Società italiana di genetica umana, Linee Guida per i protocolli clinici di Ricerca Genetica: Raccomandazioni per la realizzazione e la valutazione dei protocolli di ricerca clinica in campo genetico, ottobre 2006.
http://www.fsk.it/eventi/lineeguida.pdf
[7] In materia di conservazione dei dati e i campioni biologici delle persone che si sottopongono a sperimentazioni cliniche si rinvia a: Garante per la protezione dei dati personali, Linee guida per i trattamenti di dati personali nell'ambito delle sperimentazioni cliniche di medicinali, Deliberazione n. 52 del 24 luglio 2008
[8] D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.
[9] Accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano concernente il nuovo sistema di formazione continua in medicina - Accreditamento dei Provider ECM, formazione a distanza, obiettivi formativi, valutazione della qualita' del sistema formativo sanitario, attivita' formative realizzate all'estero, liberi professionisti. (09A14613) (G.U. Serie Generale n. 288 del 11 dicembre 2009).