Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Codice del turismo e Contratti di multiproprietà - Schema di D.Lgs. n. 327 - (art. 14, L. n. 246/2005 e art. 1, co. 3, L. n. 96/2010) - Schede di lettura
Riferimenti:
SCH.DEC 327/XVI     
Serie: Atti del Governo    Numero: 292
Data: 18/02/2011
Descrittori:
CODICE E CODIFICAZIONI   COMPROPRIETA' E COMUNIONE
L 2005 0246   L 2010 0096
TURISMO     
Organi della Camera: Commissione parlamentare per la semplificazione della legislazione
II-Giustizia
X-Attività produttive, commercio e turismo
XIV - Politiche dell'Unione europea
Altri riferimenti:
L N. 246 DEL 28-NOV-05   L N. 96 DEL 04-GIU-10

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Atti del Governo

Codice del turismo e
Contratti di multiproprietà

Schema di D.Lgs. n. 327

(art. 14, L. n. 246/2005 e
art. 1, co. 3, L. n. 96/2010)

 

 

Schede di lettura

 

 

 

 

 

n. 292

 

 

 

18 febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive

( 066760-9574 – *st_attprod@camera.it

Servizio Studi – Dipartimento Giustizia

( 066760-9559 – *st_giustizia@camera.it

 

 

 

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File: AP0178.doc


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo. 3

§      Competenze legislative in materia di turismo. 3

§      Principali provvedimenti normativi nazionali sul turismo. 4

§      Amministrazioni e organizzazioni sul turismo. 10

§      Le agenzie di turismo, le professioni turistiche e le strutture ricettive. 12

§      Prezzi dei servizi turistici16

§      Pacchetti turistici e tutela del consumatore turista. 17

Contenuto dello schema di decreto legislativo. 19

§      Codice della normativa statale sul turismo (Allegato I)20

-       Titolo I – Disposizioni generali (artt.1-5)20

-       Titolo II – Professioni e formazione nel settore turistico (artt. 6-10)24

-       Titolo III – Mercato del turismo (artt. 11-20)27

-       Titolo IV – Agenzie di viaggio e turismo (artt. 21-24)32

-       Titolo V – Tipologie di prodotti turistici e relativi circuiti nazionali di eccellenza (artt. 25-33)33

-       Titolo VI – Contratti (artt. 34-54)37

-       Titolo VII – Ordinamento (artt. 55-70)46

§      Attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio (Allegato II)53

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

Competenze legislative in materia di turismo

L’originario art. 117 della Costituzione nell’attribuire alle Regioni la competenza legislativa in materia di turismo ne fissava il limite nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalle leggi dello Stato. Detti principi sono stati definiti inizialmente con legge 17 maggio 1983, n. 217 (legge quadro per il turismo), a seguito della quale le regioni hanno adottato le rispettive discipline, e più recentemente con legge 29 marzo 2001, n. 135 di riforma della legislazione nazionale sul turismo.

A seguito della riforma del Titolo V della Costituzione operata dalla legge costituzionale n. 3 del 2001, la materia turismo, non essendo indicata né nel secondo né nel terzo comma del nuovo art. 117 Cost., appartiene alla competenza legislativa “residuale” delle Regioni ai sensi del quanto comma dello stesso articolo (sul punto è pacifica la giurisprudenza costituzionale: cfr., ex plurimis, sentenze n. 76/2009, n. 13/2009, n. 94/2008, n. 214/2006 e n. 90/2006).

Ciò non ha impedito alla Corte costituzionale di affermare la legittimità di norme statali (ovvero l’illegittimità di norme regionali) che disciplinavano alcuni profili in qualche maniera coinvolti nella materia in oggetto.

Le fattispecie in questione possono essere ricondotte a due "filoni":

§      casi nei quali la Corte ha affermato che in realtà la disposizione impugnata era riconducibile a materie diverse da quella del turismo;

§      casi nei quali, pur riconoscendo che si verteva in materia di turismo, la Corte ha ritenuto legittimo l'intervento legislativo statale ravvisando la sussistenza di valide ragioni per l'attrazione in sussidiarietà in capo allo Stato della disciplina in questione.

Si può dire, quindi, che nella materia del turismo l'intervento legislativo statale è consentito, in primo luogo, se assistito da un autonomo titolo competenziale (in via esclusiva o concorrente) prevalente, con riferimento allo specifico oggetto di volta in volta in questione, rispetto a quello del turismo: ordinamento civile, tutela della concorrenza, coordinamento informativo statistico ed informatico, diritto alla salute, professioni.

Si ricorda, infatti, che ad avviso della giurisprudenza costituzionale, non rientrano nella materia “turismo”: la disciplina delle professioni turistiche, riconducibile alla materia “professioni”; la disciplina dei rapporti civilistici coinvolti, rientrante nella materia “ordinamento civile”; la disciplina dei canoni d’uso per le concessioni dei beni demaniali marittimi riconducibile alle materie “ordinamento civile” e “tutela della concorrenza”; la disciplina del meccanismo di regolazione tariffaria dei diritti aeroportuali riconducibile alle materie “ordinamento civile” e “tutela della concorrenza”; la disciplina dei principi generali in materia di bevande ed alimenti trattati e somministrati nelle aziende di agriturismo, rientrante nella materia “tutela della salute”; l’imposizione alle Regioni di obblighi di fornire informazioni ad organismi nazionali, riconducibile alla materia “"coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale e regionale”.

Nella materia del turismo l'intervento legislativo statale è consentito, inoltre, se sussistono esigenze di accentramento, in capo allo Stato, di funzioni amministrative in materia turistica (attrazione in sussidarietà). Al riguardo la giurisprudenza della Corte sembra abbastanza permissiva con riferimento all'individuazione di tali esigenze e, invece, piuttosto restrittiva quanto alla forma di leale collaborazione con le Regioni richiesta (tendendo a richiedere l'intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni).

Principali provvedimenti normativi nazionali sul turismo

Legge-quadro 29 marzo 2001, n. 135, Riforma della legislazione nazionale del turismo

La legge n. 135/2001 definisce i principi fondamentali in materia di turismo e gli strumentidella politica di settore, in attuazione degli articoli 117 e 118 della Costituzione, dell’art. 56 del DPR 616/1977 e ai sensi della legge 15 marzo 1997, n. 59 e del D.Lgs. 112/1998, di conferimento di compiti e funzioni alle regioni e agli enti locali.

Tra le novità del provvedimento si segnalano: l'istituzione di una Conferenza nazionale del turismo l'introduzione di una Carta dei diritti dei turisti; la definizione e l'individuazione dei sistemi turistici locali; l'istituzione di un Fondo di cofinanziamento con una dotazione di 270 mld. (lire) per il 2000, 80 mld per il 2001, 55 per il 2002 e 5 mld a decorrere dal 2003; la definizione di impresa turistica; l'introduzione di norme di semplificazione amministrativa con l'introduzione, anche per il settore turistico, dello sportello unico per le attività produttive; l'introduzione di un Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico,volto a erogare prestiti a tasso agevolato alle imprese e a favorire il risparmio delle famiglie; l’abrogazione di vecchie norme relative all’igiene, all’accoglienza degli ospiti, alla trasparenza dei prezzi e l’abrogazione della vecchia legge-quadro.

Competenze (art. 2)

L'articolo 2 della legge, oltre a prevedere da parte dello Stato e delle regioni il riconoscimento del ruolo dei comuni e delle province ai fini della valorizzazione del turismo in ambito territoriale, specie per quanto concerne le politiche intersettoriali e infrastrutturali (il riconoscimento avviene sulla base del principio di sussidiarietà previsto dall'art. 4, co. 3, lett. a) della legge Bassanini), ribadisce che le regioni esercitano le funzioni loro attribuite in materia sulla base dei principi definiti dalla legge stessa. Le funzioni e i compiti conservati allo Stato sono esercitati dal Ministero dell'industria (ora dal Dip. del turismo della Presidenza del Consiglio), al quale compete il coordinamento intersettoriale degli interventi statali connessi al turismo, l'indirizzo e il coordinamento delle attività promozionali all'estero di rilievo nazionale, nonché la rappresentanza unitaria in sede di Consiglio UE in materia turistica. L'art. 2, comma 4 della legge 135/2001 rinvia ad un Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico. La disposizione in esame prevede altresì che il decreto sia adottato d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le associazioni di categoria degli operatori turistici e dei consumatori, e trasmesso alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica ai fini della espressione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari permanenti (DPCM 13 settembre 2002, preceduto dall’Accordo tra Stato e regioni del 14 febbraio 2002).

Conferenza nazionale del turismo (art. 3)

La Conferenza nazionale del turismo organizzata dal Ministero dell'industria (ora Ministero dello sviluppo economico) e indetta almeno ogni due anni dalla Presidenza del Consiglio ha compiti di orientamento per la definizione e l'aggiornamento del documento recante le linee guida e per la verifica dell'attuazione delle medesime. Alla Conferenza partecipano rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, dell'ANCI (Associazione dei comuni italiani) dell'UPI (unione delle province italiane) dell'UNCEM (Unione nazionale comuni comunità ed enti montani), del CNEL e delle altre autonomie territoriali, nonché rappresentanti delle associazioni degli imprenditori turistici, dei consumatori, del turismo sociale, delle associazioni pro loco, delle associazioni senza scopo di lucro, di quelle ambientaliste e delle organizzazioni sindacali.

Carta dei diritti del turista (art. 4)

La redazione della Carta, almeno in quattro lingue, compete al Ministero. Il documento dovrà contenere: informazioni sui diritti e sugli obblighi degli utenti in ordine alla fruizione dei servizi turistico-ricettivi e sulle procedure di ricorso, nonché sulle forme di arbitrato in caso di inadempienza contrattuale; informazioni sui diritti e sugli obblighi dei turisti in qualità di utenti delle agenzie di viaggio; informazioni in ordine all’utilizzazione dei mezzi di trasporto e delle agenzie turistiche; informazioni sui contratti di multiproprietà, sui sistemi di classificazione, sulle polizze di assicurazione, sull'assistenza sanitaria, sulle norme valutarie e doganali e sulle norme disciplinanti il settore in generale, informazioni sui metodi che i turisti devono seguire per far valere i propri diritti e per contattare le associazioni per la tutela dei consumatori, nonché sugli usi e le consuetudini diffusi a livello locale. In materia di controversie tra imprese e utenti dei servizi turistici il comma 3 dell'articolo rinvia alle commissioni arbitrali e conciliative costituite dalle camere di commercio.

Sistemi turistici locali (art. 5)

I sistemi turistici locali sono definiti come"contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse". Tali sistemi si caratterizzano per un’offerta integrata di beni culturali, ambientali e attrazioni turistiche, nella quale sono ricompresi anche i prodotti agricoli e dell'artigianato locale. Concorrono alla promozione di detti sistemi sia gli enti locali che i soggetti privati, attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria e con i soggetti pubblici e privati interessati. Il riconoscimento dei sistemi turistici locali spetta alle regioni, che provvedono, inoltre, alla definizione delle modalità e della misura del finanziamento dei progetti di sviluppo[1]. I sistemi turistici locali perseguono le seguenti finalità:

-        sostegno ai processi di aggregazione e integrazione tra le imprese turistiche;

-        attuazione di interventi intersettoriali e infrastrutturali necessari alla qualificazione dell'offerta turistica e alla riqualificazione delle località ad alta intensità di strutture ricettive;

-        sostegno all’innovazione tecnologica degli uffici di informazione e di accoglienza, con particolare riguardo alla promozione dello standard nazionale dei servizi resi ai turisti;

-        sostegno alla riqualificazione delle imprese turistiche, con priorità per l’adeguamento alle normative di sicurezza, per la classificazione e la standardizzazione dei servizi turistici e con particolare riguardo allo sviluppo dei marchi di qualità, di certificazione ecologica e di qualità e di forme di associazionismo verticale quali catene e club di prodotto, nonché alla tutela dell'immagine del prodotto locale;

-        promozione del marketing telematico dei progetti turistici tipici, ai fini della relativa commercializzazione in Italia e all'estero.

Fondo di cofinanziamento dell’offerta turistica (art. 6)

Il Fondo viene costituito allo scopo di migliorare la qualità dell'offerta turistica. Le risorse destinate al fondo sono ripartite per il 70% tra le regioni e le province autonome che erogano le somme. Il restante 30% delle risorse del Fondo viene ripartito tra le regioni e le province autonome dal Ministro con decreto.

Imprese turistiche e attività professionali (art. 7)

Si definiscono turistiche le imprese “che esercitano attività economiche organizzate per la produzione, la commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali concorrenti alla formazione dell’offerta turistica”. L’esercizio dell’attività da parte delle imprese turistiche è subordinato all’iscrizione nel registro delle imprese di cui alla legge 580/1993. Alle imprese turistiche sono estese tutte le agevolazioni previste per l'industria. L’esercizio delle professioni turistiche (ossia relative all’organizzazione e alla fornitura di servizi di promozione dell’attività turistica, nonché ai servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti) è subordinato ad un’apposita autorizzazione, valida sull’intero territorio nazionale (fatta eccezione per le guide turistiche), rilasciata dalla regione. L'esercizio dell'attività da parte di imprese o di esercenti professioni turistiche non appartenenti alla UE è consentita, nel nostro Paese, previa iscrizione al registro delle imprese e previo accertamento, limitatamente agli esercenti professioni turistiche, del possesso dei requisiti richiesti dalle leggi regionali e dal citato DPCM di cui all'art. 44 del D.Lgs. 112/1998.

Le abilitazioni conseguite precedentemente alla data di entrata in vigore del provvedimento sono fatte salve. Lo stesso al comma 9, disciplina anche l’attività delle associazioni senza scopo di lucro aventi finalità ricreative, culturali, religiose e sociali. A tale proposito stabilisce che dette associazioni sono autorizzate all’esercizio di attività turistico-ricreative esclusivamente a favore dei loro aderenti ed associati, anche se appartenenti ad associazioni straniere aventi le medesime finalità e tra loro legate da accordi internazionali. Alle associazioni si richiede l'adeguamento a disposizioni internazionali e comunitarie già recepite nel nostro ordinamento.

In merito, poi, alle attività di promozione del turismo giovanile, culturale, dei disabili e delle fasce meno abbienti della popolazione, svolte da associazioni senza scopo di lucro e dalle associazioni pro loco, il comma 10 dello stesso articolo 7 ammette le predette associazioni ai benefici della legge 11 luglio 1986, n. 390 (Disciplina delle concessioni e delle locazioni di beni immobili demaniali e patrimoniali dello Stato in favore di enti o istituti culturali, degli enti pubblici territoriali, delle unità sanitarie locali, di ordini religiosi e degli enti ecclesiastici) abrogata dal D.P.R. 13 settembre 2005, n. 296.

Modifiche all'art. 109 del TULPS (art. 8)

Le modifiche all'art. 109 del TU delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con RD n. 773/1931, sono introdotte allo scopo di semplificare le procedure concernenti le norme di registrazione degli ospiti delle varie strutture ricettive. Il nuovo testo dell'articolo 109 prevede che i gestori delle strutture ricettive, ad eccezione dei rifugi alpini indicati in appositi elenchi regionali, possano dare ospitalità esclusivamente a persone munite della carta d'identità o altro documento idoneo ad attestarla. Per gli stranieri extracomunitari è sufficiente esibire il passaporto o altro documento equivalente munito di foto. I soggetti gestori di strutture turistiche, anche tramite propri collaboratori, devono consegnare ai clienti una scheda di dichiarazione delle generalità conforme al modello approvato dal Ministro dell'interno, sottoscritta dal cliente o, nel caso di nuclei familiari o gruppi guidati, da uno dei due coniugi o dal capogruppo. I dati nominativi delle suddette schede sono comunicati giornalmente all'ufficio di polizia competente per territorio, anche con mezzi informatici, secondo modalità fissate con decreto del Ministro dell'interno.

Semplificazioni (art. 9)

L’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi ricettivi sono soggetti ad autorizzazione rilasciata dal sindaco del comune nel cui territorio è ubicato l’esercizio. La stessa autorizzazione abilita, oltre che alla prestazione del servizio ricettivo, alla somministrazione di alimenti e bevande, nonché alla fornitura alle persone alloggiate di giornali, riviste, pellicole per uso fotografico e di registrazione audiovisiva, cartoline e francobolli, nonché all’installazione di attrezzature ricreative[2]. Per poter esercitare l’attività ricettiva si richiede il rispetto delle vigenti disposizioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria e di destinazione d’uso dei locali.

In caso di chiusura dell’esercizio per un periodo superiore agli otto giorni, il titolare di autorizzazione è tenuto a darne comunicazione al sindaco.

La revoca dell’autorizzazione è prevista nei seguenti casi:

-        in mancanza di attivazione dell’esercizio entro 180 giorni dal rilascio dell’autorizzazione o di sospensione dell’attività per più di 12 mesi;

-        in mancanza di iscrizione del titolare dell’autorizzazione nel registro delle imprese;

-        nel caso in cui, accertato il venir meno dello stato dei locali ai criteri fissati dalle regioni in materia edilizia, urbanistica, igienico-sanitaria, di destinazione d'uso, il titolare sospeso dall'attività non abbia provveduto a regolarizzare la posizione nei tempi stabiliti.

Il comma 5 dell’articolo novella il comma 3 dell’art. 17-ter del TULPS, relativo alla cessazione dell’attività se condotta con difetto di autorizzazione o alla sospensione in caso di violazione accertata per il periodo necessario ad uniformarsi alle prescrizioni e comunque non superiore ai tre mesi. Nel nuovo testo si precisa che non si procede all’esecuzione dell’ordine di sospensione nel caso in cui l’interessato dimostri di aver sanato le violazioni.

Infine, il comma 6 ribadisce la necessita di conformare i procedimenti amministrativi per il rilascio di autorizzazioni e nulla-osta relativi alle attività e alle professioni turistiche a principi di speditezza, unicità e semplificazione, nonché alle procedure previste per le altre attività produttive qualora risultino più favorevoli. Di tale compito sono incaricate le regioni. Per quanto riguarda le funzioni in materia esercitate dai comuni, il comma sottolinea la necessità di ricondurre ad unità i procedimenti di autorizzazione mediante attribuzione della responsabilità del procedimento ad un’unica struttura organizzativa. In particolare, al settore turistico viene estesa la disciplina dello sportello unico prevista per le attività produttive dagli articoli 23-25 del D.Lgs. n. 112/1998[3].

Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico (art. 10)

Il "Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico" - al quale affluiscono risparmi di individui, imprese, istituzioni e associazioni private (circoli aziendali, associazioni non-profit, banche e società finanziarie), nonché risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e liberalità provenienti da soggetti sia pubblici che privati - viene istituito allo scopo di favorire l'accesso alle vacanze dei cittadini, sostenendo in tal modo la domanda interna, attraverso l'erogazione di prestiti turistici a tasso agevolato sia a singoli che a famiglie a basso reddito. Il limite di tale reddito viene fissato ogni tre anni con decreto del Ministro dell'industria, secondo criteri di valutazione stabiliti dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109 "(Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449").

Per avviare la gestione del Fondo il comma 4 dell'articolo 10 ha disposto un conferimento di 7 mld annui (corrispondenti a 3,61 milioni di euro) per il triennio 2000-2002. Lo stesso articolo ha previsto, inoltre, che con decreto del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si provveda a fissare: i criteri e le modalità di organizzazione e di gestione del Fondo; la tipologia delle agevolazioni e dei servizi erogati; i soggetti destinatari delle agevolazioni; le modalità di utilizzo degli utili eventualmente derivanti dalla gestione del Fondo per interventi destinati ai soggetti più bisognosi. Il fine è quello di collegare il Fondo ad un sistema di buoni-vacanza gestito da associazioni non-profit, istituti bancari e finanziari e imprese turistiche, a livello nazionale, previa intesa nella Conferenza Stato-regioni. Il decreto non è mai stato adottato. Successivamente, il decreto 21 ottobre 2008 ha definito, in attuazione dell’art. 2, co. 193, L. 244/2007 (finanziaria 2008), le modalità di impiego delle risorse di cui all’art. 10 della L. 135/2001 per l’erogazione di «buoni-vacanza» da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale.

Abrogazioni e disposizioni transitorie (art. 11)

Tra i provvedimenti di cui si dispone l'abrogazione si segnala la vecchia legge-quadro n. 217/1983 (a decorrere dall'entrata in vigore del DPCM previsto dall'art. 2 della legge). Si prevede anche la soppressione della sezione speciale del REC (Registro esercenti il commercio) istituita dalla stessa legge 217/1983.

 

DPCM 13 settembre 2002, Recepimento dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico

Il provvedimento, volto alla definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico, emanato d’intesa con la Conferenza Stato-regioni e le associazioni degli operatori turistici e dei consumatori, individua le caratteristiche qualitative dell'offerta turistica italiana, attraverso intese con le regioni e le province autonome, secondo i criteri e gli standard minimi comuni per i differenti prodotti e servizi turistici.

In particolare il DPCM ha recepito l’Accordo-quadro, sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni in data 14 febbraio 2002, che ha rinviato ad una successiva attività delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano la concreta definizione di una parte consistente della disciplina.

L’impostazione complessiva del decreto si conforma ai contenuti dell’Accordo, nel quale “si riconosce che la separazione delle competenze comporta la valorizzazione della leale collaborazione tra gli enti che compongono la Repubblica, finalizzata alla ricerca della più ampia convergenza, per addivenire a soluzioni condivise in ordine alle rilevanti questioni interpretative e di attuazione poste dalla riforma costituzionale del titolo V” e, successivamente, si aggiunge che “in relazione ai poteri legislativi assegnati, lo Stato e le Regioni individuano e delimitano i rispettivi ambiti di competenza per un corretto esercizio delle funzioni legislative. Tale delimitazione si rende necessaria anche al fine di dare certezza dell’ambito delle materie rimesse in competenza residuale regionale e per l’individuazione di soluzioni volte a prevenire e limitare il contenzioso costituzionale”.

Decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri [4]

Il decreto-legge 35/2005 (c.d. “Competitività”) all’articolo 12,volto al rafforzamento e al rilancio del settore, ha disposto:

§      la trasformazione dell'Ente nazionale italiano per il turismo (ENIT) in Agenzia nazionale del turismo, per una promozione unitaria dell'offerta turistica nazionale.

Lo scopo della trasformazione dell’ENIT in “Agenzia nazionale del turismo” è quello di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione. L’Agenzia, qualificata come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, è sottoposta all’attività di indirizzo e di vigilanza del Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico). La sua organizzazione e la relativa disciplina sono affidate ad un regolamento di delegificazione. Tra i compiti della nuova Agenzia rientrano, in particolare, lo sviluppo e la cura del turismo culturale, da effettuarsi in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e del turismo congressuale[5].

§      l'istituzione di un Comitato nazionale per il turismo, con compiti di orientamento e di coordinamento delle politiche turistiche nazionali e di indirizzo per l'attività dell'Agenzia nazionale del turismo.

-        Il Comitato nazionale per il turismo, istituito con il DPCM 8 settembre 2005[6], a seguito della sentenza 17 maggio-1° giugno 2006, n. 214 della Corte costituzionale - che accogliendo il ricorso presentato da alcune regioni, ha dichiarato l’illegittimità del comma 1 dell’art. 12, del DL 35/2005 (che demandava ad un DPCM l’istituzione del Comitato nazionale) - è stato ridisegnato prevedendo un maggior coinvolgimento delle regioni, ed ha assunto il nome di Comitato delle Politiche turistiche (il DPCM di istituzione è stato firmato il 28 luglio 2006 e registrato alla Corte dei conti il 7 settembre 2006 al registro n. 10, foglio n. 176). Al Comitato sono affidati – alla luce della sentenza della Corte costituzionale - compiti di identificazione di aree di intervento soggette ad elaborazione di linee guida per una regia comune delle politiche nazionali e regionali, e di individuazione di iniziative nell’ambito di strategie condivise, finalizzate all’implementazione ed allo sviluppo del settore medesimo.

-        Si ricorda, inoltre che, in attuazione del comma 7 dell’articolo 12 del citato DL 35/2205, presso la presidenza del Comitato delle Politiche turistiche è stata disposta dall’articolo 9 del DPR 6 aprile 2006 n. 207 l’istituzione dell’Osservatorio nazionale del turismo al quale sono assegnati compiti di studio, analisi e monitoraggio delle dinamiche economico-sociali connesse al settore, anche ai fini della misurazione del livello di competitività del sistema.

Amministrazioni e organizzazioni sul turismo

Amministrazioni statali ed enti nazionali

Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[7] ha attribuito alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 19-bis) le funzioni di competenza statale in materia di turismo, precedentemente attribuite al Ministero delle attività produttive (nuovo Ministero dello sviluppo economico di cui ai co. 1 e 12, art. 1 del citato decreto-legge) dagli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999. Lo stesso comma ha previsto, inoltre, che il Ministro per lo sviluppo economico e il Presidente del Consiglio concertino l’individuazione e l’utilizzazione delle risorse finanziarie da destinare al turismo, comprese quelle incluse nel Fondo per le aree sottoutilizzate.

Il comma 19-bis – come modificato dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 - ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo (incardinato appunto presso la Presidenza del Consiglio), che subentra nelle funzioni alla direzione generale del turismo contestualmente soppressa.

Con il DPR 8 maggio 2009 l’on. Michela Vittoria Brambilla è stata nominata Ministro del Turismo senza portafoglio. Con il DPCM 15 maggio 2009 le vengono delegate nuove funzioni in materia di turismo.

Con DPCM 2 luglio 2009 è stata prevista la riorganizzazione del Dipartimento come struttura di supporto delle politiche del Governo nel settore turismo per assolvere compiti quali: intensificazione delle relazioni istituzionali con le Regioni per attuare forme di programmazione concordata; intensificazione delle attività di ideazione di grandi eventi; cooperazione istituzionale per definire un indirizzo politico unitario in materia di formazione.

Il Ministro e il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo (DSCT), inserito nell’ambito della Presidenza del Consiglio, esercitano funzioni e compiti di:

§      elaborazione degli indirizzi generali, dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo competitivo del sistema turistico nazionale, in raccordo con le regioni;

§      incentivazione ed interventi per il settore turistico, nonché programmazione e gestione dei fondi strutturali;

§      vigilanza su enti autonomi con compiti specifici quali l’ENIT - Agenzia nazionale del turismo, l’Automobile Club d’Italia (ACI) e il Club Alpino Italiano (CAI);

§      assistenza alla domanda turistica;

§      promozione di investimenti turistici all’estero e in Italia;

§      riconoscimento dei titoli di studio e autorizzazione all’esercizio delle attività professionali turistiche per i cittadini comunitari ed extracomunitari;

§      relazioni istituzionali con l’Unione Europea, le Organizzazioni internazionali e gli Stati esteri nel settore di competenza.

Presso il DSCT operano l’Osservatorio Nazionale del Turismo (ONT) e la segreteria del Comitato delle politiche turistiche.

È proprio attraverso il predetto Comitato e la Conferenza Stato-Regioni che si governano le iniziative sulle politiche per il turismo.

L’ENIT - Agenzia nazionale del turismo è lo strumento per realizzare piani di promozione e commercializzazione del turismo nei Paesi esteri. Tra le principali funzioni, ha quella strategica di sostenere l’offerta turistica italiana nei mercati internazionali, mediante la gestione del Piano Nazionale promozionale. Ovviamente per tali attività si coordina e realizza programmi con le Regioni. L’altra azione essenziale è quella dell’assistenza e del sostegno del sistema delle imprese turistiche nella commercializzazione dei prodotti da vendere all’estero.

Organizzazioni territoriali che definiscono ed attuano le politiche turistiche

Alle organizzazioni centrali che hanno compiti di raccordo e di inquadramento nazionale di iniziative locali, si affiancano le organizzazioni territoriali che definiscono ed attuano le politiche turistiche: Regioni; Province e Comuni; Agenzie regionali per la promozione turistica; Aziende/Agenzie di Promozione Turistica (APT) e uffici di Informazione e Accoglienza Turistica (IAT).

Le Regioni hanno competenze legislative di pianificazione e programmazione turistica, di politiche per l’accoglienza turistica, di regolamentazione delle professioni turistiche, di autorizzazione, monitoraggio e controllo delle attività delle imprese turistiche, di erogazione di servizi e contributi alle imprese del settore, di determinazione di banche dati e di creazione di reti e sistemi per il settore turistico.

Le Province e i Comuni operano, eventualmente, su delega delle Regioni e quindi le loro competenze si differenziano da regione a regione.

Le Agenzie regionali, ove istituite, sono gli enti strumentali delle politiche delle Regioni che attuano i programmi di promozione del settore.

Le APT, gli uffici IAT ed eventualmente le Pro loco sono organizzazioni a carattere provinciale o comunale che svolgono attività diversificate per l’accoglienza in senso stretto (informazioni per i turisti), per la promozione di iniziative a carattere turistico (feste, sagre, iniziative di promozione dei prodotti locali, ecc.), e/o di intrattenimento (e quindi di accoglienza) per i turisti.

Le agenzie di turismo, le professioni turistiche e le strutture ricettive

Agenzie di viaggio e turismo  

L’attività delle agenzie di viaggio e turismo, che rientrano nella categoria delle imprese turistiche a carattere privatistico[8], con lo scopo di fornire una serie di servizi turistici dietro corrispettivo, è regolamentata da leggi regionali. La relativa legislazione è di diritto privato per quanto riguarda il rapporto fra l'agenzia e la propria clientela (disciplina dei contratti di viaggio), mentre una specifica disciplina di diritto pubblico e precisamente di diritto amministrativo è volta ad affermare il pubblico interesse alla adeguata capacità professionale e organizzativa degli operatori del settore[9].

 

L’autorizzazione all’esercizio dell’attività delle agenzie di viaggio spetta alle Regioni le quali possono poi delegare tale funzione agli enti locali.

L’autorizzazione all’apertura è subordinata ai seguenti aspetti:

§      il titolare o il legale rappresentante, deve essere in possesso di requisiti di onorabilità e capacità finanziaria;

§      l’agenzia non deve assumere una denominazione uguale o simile ad altre già operanti sul territorio nazionale;

§      un direttore tecnico iscritto nell’elenco regionale dei direttori tecnici di agenzia di viaggi e turismo deve prestare la propria attività nell’agenzia in modo continuativo ed esclusivo;

§      il richiedente deve specificare le attività che intende svolgere;

§      i locali in cui si svolgerà l’attività devono essere in regola sotto il profilo urbanistico, sanitario ecc.

 

Per avviare l’attività l’azienda deve stipulare una polizza assicurativa di responsabilità civile a garanzia dell’esatto adempimento degli obblighi assunti nei confronti dei clienti e a copertura dei rischi derivanti agli stessi dalla partecipazione a programmi di viaggio, e deve versare alle Regioni un deposito cauzionale.

L’autorizzazione comporta il pagamento di una tassa annuale di concessione regionale.

Professioni turistiche

L’articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135 (c.d. Legge quadro del turismo) con riguardo alle professioni turistiche (ossia relative all’organizzazione e alla fornitura di servizi di promozione dell’attività turistica, nonché ai servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti) stabilisce che il relativo esercizio è subordinato ad un’apposita autorizzazione valida sull’intero territorio nazionale (fatta eccezione per le guide turistiche), che viene rilasciata dalla regione.

L'esercizio dell'attività da parte di imprese o di esercenti professioni turistiche non appartenenti alla UE è consentita, nel nostro Paese, previa iscrizione al registro delle imprese e previo accertamento, limitatamente agli esercenti professioni turistiche, del possesso dei requisiti richiesti dalle leggi regionali e dal DPCM di cui all'art. 44 del D.Lgs. 112/1998[10].

La disciplina delle professioni turistiche viene ricondotta dalla Corte costituzionale (sentenze n. 222/2008, n. 271/2009 e n. 132/2010) alla materia "professioni", oggetto di competenza legislativa concorrente di Stato e regioni ai sensi del terzo comma dell'art. 117 Cost. Si consideri inoltre che la Corte costituzionale, in materia di professioni, ha più volte ribadito (sentenze n. 271/2009, n. 138/2009, n. 222/2008, n. 57/2007, n. 424/2006, n. 153/2006 e n. 355/2005) che allo Stato compete l’individuazione delle figure e profili professionali e dei requisiti necessari per l‘esercizio della relativa professione, mentre alle regioni spetta la disciplina di quegli aspetti che presentano specifico collegamento con la realtà regionale, precisando che tale riparto di competenze vale anche per le professioni turistiche.

Si ricorda che l’articolo 10, comma 4, del decreto-legge 7/2007 c.d. Bersani-bis (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese)è intervenuto sulle attività di guida turistica e accompagnatore turistico, come disciplinate dall’art. 7 della legge 135/2001 di riforma del turismo, disponendo, in particolare:

§      l’eliminazione dell’obbligo di autorizzazione preventiva allo svolgimento dell’attività, di rispetto dei parametri numerici e di requisiti di residenza;

§      la conferma della necessità del possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dalle normative regionali;

§      che l’esercizio dell’attività di guida turistica, per i laureati in lettere con indirizzo in storia dell’arte o archeologia o titolo equipollente, è in ogni caso consentito e non è subordinato allo svolgimento di un esame abilitante o di altre prove selettive, fatta salva la previa verifica delle relative conoscenze linguistiche e del territorio di riferimento;

§      la promozione da parte delle regioni di sistemi di accreditamento, non vincolanti, per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori (il fine è quello del miglioramento della qualità dell'offerta del servizio in relazione a specifici territori o contesti tematici);

§      che l'esercizio dell'attività di accompagnatore turistico è in ogni caso consentito ai soggetti titolari di laurea o diploma universitario in materia turistica o titolo equipollente, fatta salva la previa verifica delle conoscenze specifiche quando non siano state oggetto del corso di studi;

§      che è consentito ai soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico del Paese UE di appartenenza di operare in regime di libera prestazione dei servizi, senza necessità di alcuna autorizzazione né abilitazione, generale o specifica[11].

Strutture ricettive

Lo svolgimento dell'attività ricettiva è soggetto a controlli amministrativi che impongo precisi obblighi nei confronti di titolari e gestori e si traducono in previsioni che regolano la concessione della licenza. Tutti devono provvedere ad es. alla registrazione e comunicazione all'autorità di Pubblica Sicurezza delle generalità delle persone alloggiate, dei relativi arrivi e partenze.

La legge 135/2001 con l'art 8 ha abolito l'obbligo per affittacamere o gestori di case/appartamenti per vacanze di conservare le schede presenze e mantenendo solo l’obbligo di comunicazione delle schede entro 24 ore dell'arrivo del cliente. La licenza di Pubblica Sicurezza è ora di competenza del Comune (prima la competenza era del Questore).

La legge quadro n. 135/2001 ha disposto che l’apertura e il trasferimento di sede degli esercizi ricettivi siano soggetti ad autorizzazione rilasciata dal sindaco del Comune nel cui territorio è situato l’esercizio, che consente, oltre alla prestazione del servizio di alloggio, di:

-        somministrare alimenti e bevande alle persone alloggiate, ai loro ospiti e a coloro che nella struttura ricettiva partecipano a manifestazioni e convegni organizzati;

-        fornire alle persone alloggiate giornali, rivista, pellicole, cartoline e francobolli;

-        installare a uso esclusivo delle persone alloggiate attrezzature e strutture a carattere ricreativo:

L’articolo 11 della legge 135/2001 ha previsto inoltre l'esenzione delle autorizzazioni in esame dall'applicazione di una serie di disposizioni del regolamento attuativo del t.u.l.p.s. relative ai pubblici esercizi, sinora invece applicabili anche a loro, ferme le disposizioni del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (t.u.l.p.s.) che individuano condizioni e presupposti soggettivi cui è subordinato l'esercizio dell'attività di gestione di strutture ricettive ed il rilascio della relativa autorizzazione comunale.

Un’ulteriore semplificazione delle procedure amministrative per l’apertura e l’operatività delle strutture turistico–ricettive, è stata introdotta dal D.Lgs. 26 marzo 2010 n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) che all’art. 83 ha assoggettato l'apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti l’operatività delle strutture turistico-ricettive alla dichiarazione di inizio attività (DIA)[12].

Con il DPCM 21 ottobre 2008 recante Definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell'ambito dell'armonizzazione della classificazione alberghiera si è provveduto a definire gli standard minimi dei servizi che gli alberghi devono fornire sul territorio nazionale. Tra gli obiettivi, offrire un più alto livello di tutela ai turisti, assicurare maggiore competitività all’offerta turistica e promuoverne un’immagine unitaria.

Il decreto indica le dotazioni per la classificazione degli alberghi, basata su un codice rappresentato da un numero di stelle crescente; le regioni e le province autonome, nelle norme di recepimento, possono introdurre miglioramenti o applicare caratteristiche più aderenti alle specificità climatiche o culturali dei loro territori. Gli standard minimi sono definiti in relazione all’apertura di nuovi alberghi o alla ristrutturazione di quelli già esistenti.

Le stelle indicano un insieme di servizi garantiti dall'albergatore per una certa struttura. In aggiunta a ciò, al fine di assicurare una maggiore tutela del turista, il decreto istituisce un sistema di rating che consentirà la misurazione e la valutazione della qualità del servizio reso ai clienti. A tale sistema aderiscono, su base volontaria, i singoli alberghi.

In un albergo ad 1 stella il ricevimento è assicurato 12 ore su 24, la pulizia delle camere una volta al giorno, le dimensioni minime della camera doppia sono di 14 metri quadri, il cambio della biancheria da camera è previsto una volta alla settimana. In quello a 2 stelle ci dovrà essere anche l’ascensore e il cambio della biancheria da camera avviene due volte a settimana. Le 3 stelle richiedono, tra l’altro, un servizio bar, la conoscenza di una lingua straniera da parte della reception (aperta almeno per 16 ore), divise per il personale, servizio internet e tutte le camere dotate di bagno privato.Gli alberghi a 4 stelle devono offrire, oltre al servizio di pulizia giornaliero della camera, anche un riassetto pomeridiano e il cambio della biancheria ogni giorno (salvo diverse scelte del cliente a tutela dell’ambiente), servizio di lavaggio e stiratura della biancheria dei clienti, parcheggio per almeno il 50% delle camere, camere doppie di almeno 15 metri quadrati e bagno di 4.Le 5 stelle garantiscono un servizio di ricevimento aperto 24 ore su 24 e tre lingue straniere da parte degli addetti; le camere singole devono avere una dimensione minima di 9 metri quadrati e le doppie di 16.

Prezzi dei servizi turistici

Le norme in materia di prezzi del settore turistico, stabilite con la legge 25 agosto 1991, n. 284 (Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico e interventi a sostegno delle imprese) e il successivo DM. 16 ottobre 1991, hanno introdotto la libera determinazione dei prezzi dei servizi delle strutture ricettive, nonché delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione (stabilimenti balneari).

Le Regioni hanno inserito la relativa disciplina all'interno delle leggi generali di regolamentazione delle strutture ricettive oppure hanno emanato appositi provvedimenti legislativi che hanno specificato le modalità di comunicazione e pubblicazione a livello regionale dei prezzi liberamente determinati e previsto le sanzioni per mancata comunicazione. Hanno spesso mantenuto la tendenza di avere una qualche forma di controllo amministrativo sull'applicazione dei prezzi affermando il principio di inderogabilità dei prezzi comunicati e sanzionando applicazione di prezzi diversi.

Pacchetti turistici e tutela del consumatore turista

I “pacchetti turistici” sono offerte rivolte al consumatore aventi ad oggetto i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» venduti od offerti in vendita ad un prezzo forfetario, e di durata superiore alle 24 ore o estendentisi per un periodo di tempo comprendente almeno una notte.

I pacchetti turistici sono regolati dagli artt. 82-100 del Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206), che richiede una prefissata combinazione di almeno due degli elementi di seguito indicati: a) trasporto; b) alloggio; c) servizi turistici non accessori al trasporto o all’alloggio, come guide turistiche o escursioni, che costituiscano parte significativa del pacchetto turistico.

Il contratto di vendita di pacchetti turistici è redatto in forma scritta in termini chiari e precisi. Al consumatore deve essere rilasciata una copia del contratto stipulato, sottoscritto o timbrato dall'organizzatore o venditore.

Nel Codice sono confluite le disposizioni del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111, con il quale si è data attuazione alla direttiva 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso, ampliando lo spettro di previsioni che garantiscono il consumatore-turista relativamente ai contratti aventi ad oggetto la prestazione dei pacchetti turistici. Tale disciplina dispone l'obbligatorietà della forma scritta per il contrattodi vendita di pacchetti turistici, prescrive il contenuto minimo necessario del contratto stesso, pone a carico del venditore alcuni obblighi informativi, limita la revisione del prezzo e comunque la possibilità di modifica delle condizioni contrattuali, amplia i diritti del consumatore in caso di recesso o annullamento del servizio quando questo non sia stato determinato da colpa del consumatore e stabilisce i limiti minimi per la risarcibilità dei danni derivanti alle cose e alle persone.

In particolare, l’art. 100 del Codice del consumo ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Fondo nazionale di garanziaper i servizi turistici, sulla scia di esperienze maturate in altri Paesi, per rispondere ad un’esigenza largamente diffusa nel settore turistico.

Il Fondo di garanzia ha lo scopo di consentire, in caso di insolvenza o di fallimento del venditore o dell’organizzatore, il rimborso del prezzo versato ed il rimpatrio del consumatore nel caso di viaggi all’estero, nonché di fornire una immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasioni di emergenza, imputabili o meno al comportamento dell’organizzatore.

Il Fondo è alimentato annualmente da una quota pari al due per cento dell'ammontare del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria previste dallo stesso Codice del consumo. Le istanze di rimborso al Fondo di garanzia non sono soggette ad alcun termine di decadenza.

 


Contenuto dello schema di decreto legislativo

Lo schema di decreto legislativo è composto da 4 articoli e da 2 Allegati. L'Allegato 1 (la cui approvazione è prevista dall’art. 1) reca il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, mentre l'Allegato 2 (la cui approvazione è prevista dall’art. 2) reca l'attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio.

Inoltre, l'art. 3 elenca le disposizioni abrogate dallo schema di decreto legislativo e l'art. 4 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 

In sostanza, lo schema di decreto legislativo contiene due distinti interventi normativi. Il primo, recante il Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo, è stato predisposto in attuazione dei principi di delega previsti dall'articolo 14, commi 14, 15, 18, della legge n. 246/2005 ed in applicazione dei criteri di codificazione di cui all'art. 20, commi 3 e 4, della legge n. 59/1997.

Il menzionato articolo 14 della legge n. 246/2005 ha previsto una complessa procedura di semplificazione e riordino della normativa vigente:

-        il comma 14 del citato art. 14 ha previsto l’adozione, entro il 16 dicembre 2009, di decreti legislativi volti ad individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, anche se modificate con provvedimenti successivi, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore, con la conseguente abrogazione generalizzata della restante legislazione a decorrere dal 16 dicembre 2010[13];

-        il comma 15 del medesimo articolo dispone che i decreti legislativi di cui al comma 14 possano provvedere non solo alla individuazione delle disposizioni legislative statali vigenti ma anche alla semplificazione o al riassetto della materia che ne è oggetto, nel rispetto dei principi e criteri direttivi di cui all’articolo 20 della legge n. 59/1997, anche al fine di armonizzare le disposizioni mantenute in vigore con quelle pubblicate successivamente alla data del 1° gennaio 1970.

Grazie alla modifica del comma 18, introdotta dall'articolo 13 della legge n. 15/2009, il Governo è delegato ad emanare decreti legislativi contenenti disposizioni di riassetto (oltre che integrative o correttive), entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 179/2009.

Tale facoltà si affianca a quella di cui al comma 15 e nasce dall'impossibilità di raggiungere l'obiettivo di riassetto “generale" delle normative statali nei tempi ristretti previsti dal medesimo comma 15.

Sul punto si è recentemente pronunciato con un parere (n. 5136 del 2009) il Consiglio di Stato che, sull'interpretazione dei commi 14, 15, 18 e 18-bis, ha stabilito che "l'ampiezza della autorizzazione legislativa è tale da indurre a ritenere che l'opera di riassetto possa, per la prima volta ed ove non effettuata in precedenza, essere realizzata anche nel biennio indicato dal nuovo testo del comma 18".

Sempre il Consiglio di Stato, nel predetto parere, ha posto in rilievo che i criteri direttivi di cui al comma 18 dell'art. 14 - da seguire nella fase di riassetto e semplificazione delle materie - sono identificabili negli ampi criteri di cui all'articolo 20 della legge n. 59/1997. Tali ampi criteri consentono, quindi, non solo di abrogare dal nostro ordinamento norme desuete, ma anche di apportare significative innovazioni nella stesura dei codici, al fine di adeguare la disciplina all'evoluzione del quadro giuridico nazionale e di armonizzarla con la disciplina internazionale e dell’Unione europea.

 

L’altra parte dello schema invece, che recepisce la direttiva 2008/122/CE relativa ai contratti di multiproprietà, ai contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e ai contratti di rivendita e di scambio (sulla direttiva cfr. infra, le schede relative all’Allegato 2 dello schema), dà attuazione alla delega di cui all’art. 1, comma 3, della legge n. 96/2010 (comunitaria 2009).

Codice della normativa statale sul turismo (Allegato I)

Titolo I – Disposizioni generali (artt.1-5)

Il titolo I contiene le disposizioni generali e si articola in due Capi, concernenti i “Principi generali” (artt. 1-3) e le “Imprese turistiche” (artt. 4 e 5).

L’articolo 1 riguarda l’ambito di applicazione del Codice, che reca la disciplina organica del settore del turismo provvedendo al riordino, al coordinamento e all'integrazione delle disposizioni legislative statali vigenti, nel rispetto dell'ordinamento dell'Unione europea e delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali.

Secondo la relazione illustrativa, la norma manifesta la finalità di operare con il Codice il coordinamento sistematico delle disposizioni normative vigenti nel settore, per rispondere all’esigenza di promuovere e tutelare il mercato del turismo. Tale mercato, sempre secondo la relazione, oltre ad essere strategico per lo sviluppo economico e occupazionale dell'intero territorio nazionale, e occasione di promozione internazionale per il Paese, rappresenta anche un ambito d'azione rilevante nel quadro della più innovativa concezione dei servizi alla persona e del loro corretto sviluppo nel senso della sostenibilità, in linea con quanto enunciato nel Codice Mondiale di etica del turismo adottato dall'Organizzazione mondiale del turismo.

Il Consiglio di Stato consiglia, nel proprio parere, di riformulare l’articolo 1 nel modo seguente: “Il presente codice reca, nei limiti consentiti dalla competenza statale, norme necessarie all’esercizio unitario delle funzioni amministrative in materia di turismo ed altre norme in materia riportabili alle competenze dello Stato, provvedendo al riordino, al coordinamento e all’integrazione delle disposizioni legislative statali vigenti, nel rispetto dell’ordinamento dell’UE e delle attribuzioni delle regioni e degli enti locali”.

L’articolo 2 afferma alcuni principi sull’intervento legislativo dello Stato in materia turistica, che è consentito

1.  quando il suo oggetto principale costituisce esercizio di una autonoma competenza legislativa statale esclusiva o concorrente;

2.  quando sussistono le seguenti esigenze di carattere unitario:

a) valorizzazione, sviluppo e competitività, a livello interno ed internazionale, del settore turistico quale fondamentale risorsa del Paese;

b) riordino e unitarietà dell'offerta turistica italiana.

Secondo la relazione illustrativa, l’articolo recepisce la giurisprudenza della Corte costituzionale relativa alle competenze statali in materia di turismo. La Corte, infatti, nelle sentenze n. 76 del 2009, n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006 afferma, con specifico riguardo al settore turistico, che “la necessità di un intervento unitario del legislatore statale nasce dall'esigenza di valorizzare al meglio l'attività turistica sul piano economico interno ed internazionale, attraverso misure di varia e complessa natura, e dalla necessità di ricondurre ad unità la grande varietà dell'offerta turistica del nostro Paese e di esaltare il rilievo assunto dal turismo nell'ambito dell'economia nazionale". L’impianto teorico sostenuto dalla relazione illustrativa del Governo per giustificare l’intervento unitario è condivisa dal Consiglio di stato nel parere reso sul provvedimento in esame. Il Consiglio di Stato, comunque, invita il Governo a valutare se, a fronte del parere sfavorevole delle Regioni, sia il caso di soprassedere all’opera di codificazione (che potrebbe essere foriera di un contenzioso costituzionale) per privilegiare interventi immediati più specifici legati all’esistenza di un preciso titolo di competenza statale.

La Conferenza Unificata, infatti, nel proprio parere, ha obiettato che la stessa sentenza n. 76/2009 della Corte Costituzionale – richiamata dal Governo per giustificare l’intervento onnicomprensivo – anche laddove prevede la possibilità di esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative nel settore del turismo, afferma che l’applicabilità del principio di sussidiarietà è condizionata da un’adeguata valutazione dell’interesse pubblico in tal senso e che sia necessariamente disposta l’intesa con le Regioni.

Con specifico riferimento all’articolo 2 in esame, il Consiglio di Stato suggerisce la soppressione della norma, in quanto non è possibile con norma statale ordinaria codificare i contenuti della giurisprudenza della Corte Costituzionale. Inoltre, tale operazione è superflua, atteso che il contenuto dell’articolo appare mero recepimento della giurisprudenza della Corte.

L'articolo 3 ha ad oggetto il turismo accessibile, in attuazione dell'art 30 della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità[14]. La norma in esame riprende il principio secondo cui lo Stato deve assicurare che le persone con disabilità motorie, sensoriali e intellettive possano fruire dell'offerta turistica in modo completo e in autonomia, ricevendo servizi adeguati e commisurati a un giusto rapporto qualità/prezzo. A tali fini, lo Stato promuove la fattiva collaborazione tra le autonomie locali, gli enti pubblici, gli operatori turistici, le associazioni delle persone con disabilità e le organizzazioni del turismo sociale.

La relazione tecnica afferma che tali attività sono già svolte dagli uffici facenti capo al Ministro del turismo a valere sugli ordinari stanziamenti di bilancio.

Si segnala che la dicitura “servizi commisurati ad un giusto rapporto qualità/prezzo” potrebbe ingenerare ambiguità nei casi in cui (come spesso accade in musei, parchi di divertimento, luoghi di cultura) la clientela con disabilità fruisca di una consistente riduzione oppure della gratuità del biglietto d’ingresso, in quanto potrebbe essere soggetta all’erronea interpretazione secondo cui ad un prezzo ridotto possa abbinarsi un livello inferiore di qualità del servizio, palesemente in contrasto con l’articolo 30 della citata Convenzione che afferma il diritto a partecipare su base di uguaglianza con gli altri. Onde evitare ciò, l’ultima parte del comma 2 potrebbe essere sostituita con “ricevendo servizi al medesimo livello di qualità degli altri fruitori senza aggravi di prezzo”.

Il Consiglio di Stato osserva inoltre che il contenuto dell’articolo 3 appare vago e generico, essendo stata la Convenzione già recepita e non disponendo la norma in esame di alcun concreto precetto ad eccezione della promozione della fattiva collaborazione. La norma, per non apparire declamatoria, dovrebbe specificare i concreti strumenti e la tempistica della collaborazione, ed assicurare strumenti di effettiva tutela dei diritti delle persone disabili nei casi in cui la Convenzione non sia rispettata.

 

Il Capo II riguarda le imprese turistiche.

La legislazione vigente (articolo 7 della legge 135/2001[15]) definisce le imprese turistiche come quelle imprese che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell'offerta turistica. Il citato articolo subordina l’esercizio dell’attività da parte delle imprese turistiche all’iscrizione nel registro delle imprese ed estende alle imprese turistiche tutte le agevolazioni previste per l'industria. L'esercizio dell'attività da parte di imprese o di esercenti professioni turistiche non appartenenti alla UE è consentita, nel nostro Paese, previa iscrizione al registro delle imprese e previo accertamento, limitatamente agli esercenti professioni turistiche, del possesso dei requisiti richiesti dalle leggi vigenti. Lo stesso articolo, ai commi 9 e 10, disciplina anche l’attività delle associazioni senza scopo di lucro aventi finalità ricreative, culturali, religiose e sociali. A tale proposito stabilisce che dette associazioni sono autorizzate all’esercizio di attività turistico-ricreative esclusivamente a favore dei loro aderenti ed associati, anche se appartenenti ad associazioni straniere aventi le medesime finalità e tra loro legate da accordi internazionali. Alle associazioni si richiede l'adeguamento a disposizioni internazionali e comunitarie già recepite nel nostro ordinamento.

L’articolo 4 del Codice riprende e rielabora la definizione vigente di impresa turistica e le norme in materia disposte dal citato articolo 7 della legge 135/2001.

In particolare, rispetto alla normativa vigente:

§      viene eliminato dalla definizione l'inciso "tra cui gli stabilimenti balneari", considerato (come spiega la relazione illustrativa) un’inutile e riduttiva specificazione;

§      l’iscrizione al registro delle imprese non è più considerata condizione necessaria per l’esercizio dell’attività turistica, ma solo per l’ottenimento di benefici, agevolazioni e incentivi[16];

§      viene integrata la normativa sulle imprese turistiche non costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro dell'Unione europea, per tenere conto, secondo la relazione illustrativa, delle previsioni di cui agli artt. 31 a 34 dell'Accordo sullo Spazio Economico Europeo, che equipara le imprese dell'Islanda, del Liechtenstein e della Norvegia a quelle costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro dell'Unione europea.

Il Consiglio di Stato, in relazione al comma 1, osserva che resta piuttosto indeterminata la nozione di “offerta turistica”, che andrebbe specificata come “offerta di beni e servizi volti a soddisfare i bisogni del turista” e, in relazione al comma 4, consiglia di riformulare il rinvio “all’articolo 4, comma 2” in “al precedente comma 2”.

L’articolo 5 riguarda le imprese turistiche senza scopo di lucro, che esercitano attività nel settore del turismo giovanile e per finalità ricreative, culturali, religiose o sociali, le quali, già a legislazione vigente, possono esercitare le attività turistiche esclusivamente per gli associati, anche se appartenenti ad associazioni straniere aventi finalità analoghe e legate fra di loro da accordi di collaborazione.

Rispetto alla legislazione vigente, la relazione illustrativa precisa che vengono eliminati i richiami:

§      al D.lgs. n. 392/1991 di attuazione della direttiva n. 82/470/CEE, in quanto nel presente Codice si disciplina espressamente la materia delle agenzie di viaggio e conseguentemente viene abrogata la predetta disciplina;

§      alla legge 27 dicembre 1977, n. 1084, che ha ratificato e resa esecutiva la Convenzione internazionale sul contratto di viaggio CCV del 23 aprile 1970 n. 1084. L'Accordo internazionale contiene infatti disposizioni meno favorevoli al turista di quelle contenute nella Direttiva 90/314/CEE concernente i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso (attuata con D.Lgs. 111/1995 confluito nel Codice del Consumo).

Il Consiglio di Stato osserva che andrebbe statuito che le associazioni predette assicurano comunque il rispetto dei diritti del turista tutelati dall’ordinamento internazionale e comunitario.

Titolo II – Professioni e formazione nel settore turistico (artt. 6-10)

Il titolo II (artt. 6-10) riguarda gli aspetti inerenti le professioni e la formazione nel settore turistico. Si articola in due capi: il capo I (artt. 6-9) e il capo II, composto dal solo articolo 10, concernenti, rispettivamente, le “professioni turistiche” e il “mercato del lavoro”.

Il capo II sulle professioni turistiche risponde all’esigenza di razionalizzare la disciplina della materia, attualmente contenuta in numerose disposizioni quali la  legge 135/2001, il decreto-legge 7/2007[17] (cd. decreto Bersani-bis) e nelle normative ad hoc disciplinanti specifiche professioni.

L’articolo 6 definisce professioni turistiche quelle attività, aventi ad oggetto la prestazione di servizi di promozione dell'attività turistica, nonché servizi di ospitalità, assistenza, accompagnamento e guida, diretti a consentire ai turisti la migliore fruizione del viaggio e della vacanza, anche sotto il profilo della conoscenza dei luoghi visitati.

Tale nuova definizione risulta molto simile a quella attualmente vigente, contenuta nel comma 5[18] dell’articolo 7 della legge 135/2001, ma - secondo la relazione illustrativa – pone maggiormente l’accento sul turista e sulla migliore fruizione da parte sua della vacanza e del viaggio.

L’articolo 7 afferma il principio secondo cui la disciplina delle professioni turistiche è volta a contemperare i principi di liberalizzazione e di apertura del mercato con l'esigenza di garantire requisiti di professionalità tali da assicurare un elevato livello di qualità dei servizi turistici.

Il Consiglio di Stato consiglia la soppressione dell’articolo 7 in esame, in quanto appare superfluo e può essere fonte di equivoci ove contrappone i principi di liberalizzazione all’esigenza di garantire requisiti di professionalità tali da assicurare un elevato livello di qualità dei servizi turistici.

L’articolo 8 introduce misure di liberalizzazione per le professioni di guide turistiche ed accompagnatori turistici, attualmente disciplinate dai commi 6 e 7 della legge 135/2001 e dal comma 4 dell’articolo 10 del decreto Bersani-bis[19].

Si ricorda che il decreto Bersani-bis era già intervenuto con misure di liberalizzazione in materia, disponendo:

-        l’eliminazione dell’obbligo di autorizzazione preventiva[20] allo svolgimento dell’attività, di rispetto dei parametri numerici e di requisiti di residenza;

-        la conferma della necessità del possesso dei requisiti di qualificazione professionale previsti dalle normative regionali;

-        che l’esercizio dell’attività di guida turistica, per i laureati in lettere con indirizzo in storia dell’arte o archeologia o titolo equipollente, è in ogni caso consentito e non è subordinato allo svolgimento di un esame abilitante o di altre prove selettive, fatta salva la previa verifica delle relative conoscenze linguistiche e del territorio di riferimento;

-        la promozione da parte delle regioni di sistemi di accreditamento, non vincolanti, per le guide turistiche specializzate in particolari siti, località e settori (il fine è quello del miglioramento della qualità dell'offerta del servizio in relazione a specifici territori o contesti tematici);

-        che l'esercizio dell'attività di accompagnatore turistico è in ogni caso consentito ai soggetti titolari di laurea o diploma universitario in materia turistica o titolo equipollente, fatta salva la previa verifica delle conoscenze specifiche quando non siano state oggetto del corso di studi;

-        che è consentito ai soggetti abilitati allo svolgimento dell'attività di guida turistica nell'ambito dell'ordinamento giuridico del Paese UE di appartenenza di operare in regime di libera prestazione dei servizi, senza necessità di alcuna autorizzazione né abilitazione, generale o specifica[21].

L’articolo 8 in esame introduce misure di maggiore liberalizzazione riscrivendo l’art. 10, comma 4, del decreto-legge 7/2007. In particolare, si stabilisce il principio che le attività in questione possono essere esercitate su tutto il territorio nazionale nel rispetto dei requisiti di qualificazione professionale previsti dal medesimo Codice, nonché dalla normativa regionale in quanto con esso compatibile. In tal modo viene eliminata qualsiasi limitazione territoriale (regionale o infraregionale) prevista ai sensi della normativa vigente per l’esercizio dell’attività, superando dunque quella “discriminazione al contrario” che penalizza le guide turistiche nazionali rispetto a quelle a quelle appartenenti ad altri Stati UE che prestino la loro attività in modo occasionale e temporaneo in Italia[22].

Il Consiglio di Stato osserva, nel proprio parere, che al comma 2 deve essere eliminato il riferimento contenuto tra parentesi, per l’indirizzo in storia dell’arte alla classe 95/S o LM-89 e per l’indirizzo in archeologia alla classe 2/S o LM-2. Si tratta infatti di specificazioni che non devono essere collocate in norme primarie di stampo codicistico ma, eventualmente, in atti attuativi. Occorre poi rimandare ad un atto normativo secondario per l’individuazione delle lauree equipollenti a quelle menzionate.

 

Per quanto riguarda il collegamento con i lavori legislativi in corso, si ricorda che il disegno di legge comunitaria 2010 (A.C. 4059), approvato dal Senato, all’articolo 10 reca una delega legislativa per il riordino della professione di guida turistica, con particolare riferimento ai titoli e requisiti per il suo esercizio. In particolare il decreto delegato dovrà prevedere percorsi formativi omogenei per l’esercizio della professione e modalità attuative uniformi ai fini del conseguimento dell’idoneità all’esercizio della professione, determinare le aree omogenee del territorio nazionale, particolarmente ricche e complesse sotto il profilo storico-artistico, culturale o ambientale, ai fini della predisposizione di particolari percorsi formativi, stabilire un congruo periodo transitorio che consenta l’adeguamento della normativa vigente in modo ordinato ed organico.

 

L’articolo 9 prevede che le professioni di maestro di sci e di guida alpina restano disciplinate dalle leggi 6/1989 (ordinamento della professione di guida alpina) e 81/1991 (legge-quadro per la professione di maestro di sci, contenente anche ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina).

Secondo la relazione illustrativa, lo specifico rinvio alla normativa sulle professioni dei maestri di sci e guide alpine appare necessario al fine di evitare equivoci in ordine alla disciplina applicabile, poiché in questo specifico settore si intersecano le competenze di turismo e sport.

 

L’articolo 10 (unico articolo del capo II) prevede la realizzazione di percorsi formativi finalizzati all'inserimento lavorativo nel settore del mercato turistico dei giovani laureati o diplomati, attraverso la stipula di accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini professionali per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani operatori. La norma contiene una clausola di neutralità finanziaria.

Secondo la relazione tecnica, la norma prevede la stipula di accordi in cui il ruolo del Ministro del Turismo si limita a indurre l'offerta formativa di settore ponendosi come intermediario tra il sistema formativo e gli operatori del settore, utilizzando, se necessario, la flessibilità di allocazione delle risorse ordinarie derivante dall'autonomia dell'ordinamento contabile della Presidenza del Consiglio dei Ministri come già avvenuto, sulla base degli indirizzi del Ministro, per il finanziamento di altre iniziative formative per la formazione dei manager per l'innovazione turistica e la formazione della polizia locale a fini turistici.

Titolo III – Mercato del turismo (artt. 11-20)

Il Titolo III, recante disposizioni relative al mercato del turismo, si articola in tre Capi, concernenti, nell’ordine, le “Strutture ricettive ed altre forme di ricettività” (artt. 11-14) “Altre strutture ricettive” (artt. 15-17), “Disposizioni comuni per le strutture turistico-ricettive” (artt.- 18-20).

Secondo la relazione illustrativa che accompagna lo schema la ratio della disciplina contenuta nel Titolo III si rinviene nella necessità non solo di uniformare e coordinare l'offerta turistica sul territorio nazionale, ma anche di garantire, al contempo, livelli adeguati di tutela sia dei turisti che della concorrenza tra gli operatori del mercato, e di semplificare i procedimenti amministrativi per l'esercizio delle attività delle imprese turistiche ricettive, nei limiti delle potestà legislative regionali di cui all'art. 117, comma 4, Cost.

In materia di classificazione e di definizioni delle strutture ricettive, le disposizioni del Titolo IIII - volte ad uniformare le definizioni sul territorio nazionale lasciando integra la competenza regionale in materia - da un lato riprendono quanto già stabilito nella prima legge-quadro sul turismo (artt. 6 e 7 della L. 217/1984), dall'altro richiamano le novità, quali le strutture di mero supporto o le definizioni di strutture extralberghiere, introdotte da alcuni legislatori regionali che nella maggior parte dei casi si rifanno alla vecchia disciplina limitandosi ad integrare e a precisare quanto previsto dalla citata legge-quadro.

Come si ricorda nella relazione governativa, un DPCM, previsto dall'art. 2, comma 4 della legge 135/2001, avrebbe dovuto individuare le tipologie di imprese operanti nel settore nonché i criteri e le modalità d’esercizio su tutto il territorio. Si tratta del DPCM 13 settembre 2002 che ha recepito l’Accordo sottoscritto in sede di Conferenza Stato-Regioni, in data 14 febbraio 2002, che ha definito i Principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico ai fini dell'adozione del provvedimento attuativo dell'art. 2, comma 4, della L. 135/2001, rinviando ad una successiva attività delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano la concreta definizione di una parte consistente della disciplina.

 

L’articolo 11 dello schema in esameclassifica le strutture ricettive in: alberghiere e paralberghiere, extra alberghiere, all'aperto e di mero supporto. La classificazione è seguita dalla definizione di attività ricettiva con la quale si intende l’attività diretta alla produzione di servizi per l’ospitalità esercitata nelle strutture ricettive, nella quale rientra anche la somministrazione di alimenti e bevande alle persone alloggiate, nonché la fornitura a queste di giornali, pellicole, strumenti informatici cartoline, francobolli e la gestione di strutture a carattere ricreativo.

Il Consiglio di Stato suggerisce un’integrazione al comma 1 dell’articolo in commento, inserendo dopo le parole “Ai fini del presente decreto legislativo” la seguente formula “nonché, in particolare, ai fini dell’esercizio del potere amministrativo statale di cui all’art. 13”.

 

L’articolo 12 definisce le strutture alberghiere e paralberghiere nelle quali rientrano: alberghi; motels; villaggi-albergo; residenze turistico alberghiere; alberghi diffusi; residenze d’epoca alberghiere; bed and breakfast organizzati in forma imprenditoriale; le residenze della salute-beauty farm, ogni altra struttura turistico-ricettiva che presenti elementi ricollegabili a una o più delle precedenti categorie.

 

L’articolo 13 demanda ad un DPCM la disciplina di standard minimi nazionali per le imprese turistiche ricettive, escluse quelle agrituristiche disciplinate dalla legge 96/2006. Alle regioni e alle province autonome viene lasciata la possibilità dell’introduzione di livelli di standard migliorativi rispetti a quelli minimi definiti in ambito nazionale. Infine, in attuazione della disciplina recata dagli artt. 6 e 7 del DPCM 21 ottobre 2008 viene istituito su base nazionale un sistema di rating, associabile alle stelle per la misurazione della qualità dei servizi.

Secondo il Consiglio di Stato la norma appare “il fulcro del potere statale previsto dal codice del turismo utile per ricondurre ad un minimo di omogeneità il sistema e che su tale potere si deve ritenere costruibile la legittimità costituzionale del provvedimento”.

Secondo la relazione tecnica la neutralità finanziaria della norma deriva dal fatto che la creazione di uno standard omogeneo su tutto il territorio nazionale comporta un’attività di mero coordinamento con i sistemi locali, peraltro già svolta dal una struttura dipartimentale ai sensi del DPCM 21 ottobre 2008.

Quanto al DPCM 21 ottobre 2008 (Definizione delle tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche nell'ambito dell'armonizzazione della classificazione alberghiera)contenente il procedimento richiamato nell’art. 13, esso definisce gli standard minimi dei servizi che gli alberghi devono fornire sul territorio nazionale con l’obiettivo di offrire un più alto livello di tutela ai turisti, assicurare maggiore competitività all’offerta turistica e promuoverne un’immagine unitaria. Il decreto indica le dotazioni per la classificazione degli alberghi, basata su un codice rappresentato da un numero di stelle crescente indicanti un insieme di servizi garantiti dall'albergatore per una certa struttura; le regioni e le province autonome, nelle norme di recepimento, possono introdurre miglioramenti o applicare caratteristiche più aderenti alle specificità climatiche o culturali dei loro territori. Gli standard minimi sono definiti in relazione all’apertura di nuovi alberghi o alla ristrutturazione di quelli già esistenti. Al fine di assicurare una maggiore tutela del turista, il decreto istituisce un sistema di rating che consentirà la misurazione e la valutazione della qualità del servizio reso ai clienti. A tale sistema aderiscono, su base volontaria, i singoli alberghi.

 

Nell’articolo 14 confluisce quanto stabilito dalla legge 284/1991 (Liberalizzazione dei prezzi del settore turistico e interventi a sostegno delle imprese) abrogata ai sensi dell’art. 3 dello schema. In sostanza rimangono le disposizioni sulla libera determinazione dei prezzi da parte degli operatori turistici e l’obbligo di comunicarli alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, mentre si demanda alle leggi regionali l’informazione sui prezzi, la previsione di sanzioni in caso di mancata comunicazione alle regioni e i controlli sull’effettiva applicazione delle tariffe comunicate.

Si ricorda che la legge 25 agosto 1991, n. 284 e il successivo DM 16 ottobre 1991[23] hanno introdotto la libera determinazione dei prezzi dei servizi delle strutture ricettive, nonché delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione (stabilimenti balneari). Le Regioni hanno inserito la relativa disciplina all'interno delle leggi generali di regolamentazione delle strutture ricettive oppure hanno emanato appositi provvedimenti legislativi che hanno specificato le modalità di comunicazione e pubblicazione a livello regionale dei prezzi liberamente determinati e previsto le sanzioni per mancata comunicazione. Hanno spesso mantenuto la tendenza ad avere una qualche forma di controllo amministrativo sull'applicazione dei prezzi affermando il principio di inderogabilità dei prezzi comunicati e sanzionando l’applicazione di prezzi diversi.

 

Gli articoli 15,16 e 17 definiscono, rispettivamente, le strutture ricettive extra-alberghiere, le strutture all'aperto e quelle di mero supporto (allestite dagli enti locali per coadiuvare il campeggio itinerante, escursionistico e locale).

Per i suddetti articoli il Consiglio di Stato ripropone l’integrazione prevista per l’art. 11, per cui agli artt. 15 e 16 andrebbe inserita, dopo la formula “Ai fini del presente decreto legislativo” l’espressione “nonché ai fini dell’esercizio del potere statale di cui all’art. 18”, mentre l’art. 17 andrebbe riformulato in modo da chiarire “che le strutture ricettive di mero supporto sono definite ai fini del corretto esercizio del potere statale di cui all’art. 18”.

 

L’articolo 18 attribuisce al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato la competenza a fissare gli standard minimi nazionali dei servizi e delle dotazioni per la classificazione delle strutture ricettive di cui agli artt. 11, 12, 15-17, precisando che la classificazione delle strutture agrituristiche è disciplinata dalla legge 96/2006 anche in ordine all’introduzione di livelli di standard migliorativi rispetti a quelli minimi definiti in ambito nazionale già prevista dall’art. 13.

Nella relazione si sottolinea che un'uniforme classificazione assume rilevanza in quanto garantisce al pubblico adeguati servizi e agli operatori una leale concorrenza in modo che tutte le strutture appartenenti ad una categoria offrano gli stessi servizi. Si evidenzia, inoltre, che la norma, già contenuta nel citato DPCM 21 ottobre 2008, con riferimento agli alberghi, assume una valenza generale per tutte le strutture ricettive in vista di una futura classificazione degli standard da parte del Presidente del Consiglio dei ministri anche in altri settori.

Come previsto dalla delega, che autorizza il governo ad adottare strumenti di semplificazione e di riduzione degli adempimenti posti a carico degli operatori del settore, lo schema in esame agli artt. 19 e 20 recepisce la recente disciplina della SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e del SUAP (Sportello unico per le attività produttive), anche al fine di porre termine alle distorsioni della concorrenza dovute a diverse discipline regionali in materia.

 

L’articolo 19 reca infatti misure di semplificazione degli adempimenti amministrativi delle strutture turistico-ricettive, che costituisce uno degli obiettivi del codice.

Vengono assoggettati a segnalazione certificata di inizio attività – SCIA (di cui all’art. 19 della legge 241/1990) l’avvio e l’esercizio delle strutture ricettive, che tuttavia rimangono soggetti al rispetto delle norme in materia ambientale, edilizia, urbanistica, igienico sanitaria, prevenzione incendi e sicurezza nei luoghi di lavoro.

Inoltre l’articolo: fa salvi i parametri dettati dal citato DM 21 ottobre 2008 (cfr. scheda art. 13); prevede l’obbligo di comunicazione all’autorità competente in caso di chiusura dell’esercizio ricettivo per più di otto giorni; reca il divieto di prosecuzione dell’attività in caso di accertata carenza dei requisiti richiesti per lo svolgimento dell’attività stessa e della non rispondenza dei locali alle norme vigenti in materia ambientale, edilizia, urbanistica ecc.

Si segnala che l'articolo 49 del decreto-legge 78/2010[24], riformulando l’articolo 19 della legge 241/1990, ha disposto la sostituzione della disciplina della dichiarazione di inizio attività (Dia) - recata da ogni normativa statale e regionale - con quella della segnalazione certificata di inizio attività (Scia). La disciplina da ultimo introdotta consente che l’attività oggetto della segnalazione possa essere iniziata dalla data della presentazione della segnalazione all’amministrazione competente[25].

 

Il Consiglio di Stato, da parte sua, muove alcuni rilievi in merito al contenuto dell’articolo che, a suo avviso, crea un modello ulteriore e specifico di SCIA in materia di strutture turistico ricettive che non appare completamente in linea con la disciplina contenuta nell’art. 19 della L. 241/1990 e che, sovrapponendosi ad esso, finisce per contrastare le finalità di semplificazione normativa. Evidenzia inoltre come nel citato art. 19 l’istituto della SCIA continui ad applicarsi esclusivamente per atti sostanzialmente vincolati e sempre in assenza di discipline vincolistiche, mentre nel caso di specie la SCIA viene considerata applicabile fermo restando il rispetto delle normative urbanistica, edilizia, ambientale ecc. Ritiene inoltre opportuna la soppressione del comma 6 riguardante il divieto di prosecuzione dell’attività in quanto la disciplina generale dell’intervento dell’amministrazione in tal caso è contenuta nell’art. 19 della L. 241/1990 ai commi 3 e 4. Propone, infine la soppressione del comma 7 sulla prevenzione degli incendi in quanto si tratta di mero richiamo ad una disciplina statale vigente in via generale.

 

L’articolo 20 estende alle imprese turistico-ricettive l’applicazione della disciplina dello Sportello unico per le attività produttive, di cui all'art. 38 del D.L. 112/2008 (conv. con modificazioni dalla L. 133/2008) e del relativo regolamento attuativo (D.P.R. 160/2010). La norma in commento fa salve le forme più avanzate di semplificazione previste da leggi regionali.

Si ricorda che l’articolo 38 del decreto-legge 112/2008, al fine di semplificare le procedure per l’avvio e lo svolgimento dell'attività d'impresa, ha affidato al Governo il compito di procedere - tramite apposito regolamento e sulla base di specifici principi e criteri - alla semplificazione e al riordino della disciplina dello Sportello unico per le attività produttive (SUAP), già previsto presso i Comuni dal decreto legislativo 112/1998.

In attuazione di tale previsione è stato emanato il regolamento di cui al D.P.R. 160/2010. Il provvedimento abroga il precedente regolamento di cui al D.P.R. 447/1998 e attua un riordino complessivo della disciplina del SUAP, che – già individuato come canale unico tra imprenditore ed Amministrazione per eliminare ripetizioni istruttorie e documentali – è caratterizzato dall’introduzione dell’esclusivo utilizzo degli strumenti telematici.

 

Nella relazione tecnica si sottolinea che la previsione contenuta nell’articolo non comporta nuovi o maggiori oneri in quanto si limita a rinviare ad altra normativa già in vigore contenente a sua volta la clausola di invarianza finanziaria.

Titolo IV – Agenzie di viaggio e turismo (artt. 21-24)

Le disposizioni del Titolo IV sono volte ad uniformare la vigente disciplina delle agenzie di viaggio e turismo – oggetto di appositi interventi legislativi come ad esempio la normativa di pubblica sicurezza -, al fine di evitare distorsioni della concorrenza determinate dalla previsione di differenti discipline regionali.

L’articolo 21 definisce le agenzie di viaggio e turismo - che l'articolo 7 della legge 135/2001, diversamente da quanto previsto dalla L. 217/1983, ha ricompreso nella nozione di impresa turistica, con conseguente obbligo di iscrizione nel registro delle imprese.

Sono agenzie le imprese turistiche che svolgono congiuntamente o disgiuntamente attività di produzione, organizzazione ed intermediazione di viaggi e soggiorni e ogni altra forma di prestazione turistica. Sono considerate agenzie anche le imprese che svolgono attività di accoglienza e assistenza ai turisti, di organizzazione dell’attività di trasporto quando organizzano viaggi, crociere, gite ecc., mentre sono escluse le mere attività di distribuzione di titoli di viaggio. In sostanza la norma si riallaccia a quanto previsto dal citato DPCM 13 settembre 2002, condiviso con le Regioni (art. 1, co. 2, lett. b)).

Le disposizioni dei commi 5-8 dell’articolo 21 tutelano il consumatore da possibili inganni. Infatti per le agenzie di viaggio permane l’obbligo di non adottare denominazioni che possono ingenerare confusione nel consumatore. E’ fatto inoltre divieto ai soggetti che non svolgono l’attività di agenzia di utilizzare denominazioni attinenti a tale attività, inducendo in inganno il consumatore sulla legittimazione allo svolgimento della medesima. Per i contravventori sono previste sanzioni amministrative pecuniarie stabilite da regioni e province autonome.

 

L’articolo 22 prevede l'obbligo per le agenzie di viaggio e turismo di stipulare congrue polizze di assicurazione in relazione al costo del viaggio, che garantiscano al turista l'esatto adempimento degli obblighi assunti con il contratto di viaggio.

 

L’articolo 23 rinvia ad un DPCM la fissazione di requisiti professionali, uniformi sul territorio nazionale, dei direttori tecnici delle agenzie, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni. Inoltre, recependo quanto affermato dalla Corte costituzionale – come si legge nella relazione illustrativa - stabilisce che l’apertura di succursali e altri punti vendita di agenzie già legittimate ad operare non richiede la nomina di un direttore tecnico per ciascun punto di erogazione del servizio.

 

L’articolo 24, da ultimo, recepisce l’istituto della SCIA, di cui all’art. 19 della legge 241/1990 per l'autorizzazione all'apertura e al trasferimento di un agenzia di viaggio e turismo che - come si legge nella relazione governativa - si traduce nella mera verifica della sussistenza dei requisiti e dei presupposti prescritti dalle singole normative regionali. L’apertura di filiali e succursali è soggetta a comunicazione alla provincia in cui esse sono ubicate e a quella cui è stato segnalato l’inizio di attività.

La stessa relazione giustifica l’introduzione della SCIA con la necessità di uniformare la disciplina onde evitare distorsioni della concorrenza imputabili a previsioni contenute in differenti discipline regionali. Inoltre l'intervento statale di semplificazione amministrativa si rende necessario anche alla luce della segnalazione ASO49 dell'8 giugno 1995 dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, in cui si evidenziano possibili distorsioni della concorrenza. determinate dalla disciplina recata dalla legislazione regionale (ad eccezione della Regione Liguria e della Regione Toscana) e dalla disciplina recata dalla Province autonome di Trento e Bolzano, in materia di autorizzazione delle agenzie di viaggi e turismo.

La norma prevede anche il rispetto dei requisiti di professionalità, onorabilità e finanziari previsti dalle leggi regionali per l’esercizio dell’attività nonché richiesti - come ricorda la relazione - anche dalle disposizioni dell’art. 3 del D.Lgs. 392/1991 recante Attuazione della direttiva n. 82/470/CEE nella parte concernente gli agenti di viaggio e turismo, a norma dell'art. 16 della legge 29 dicembre 1990, n. 428 (comunitaria).

Titolo V – Tipologie di prodotti turistici e relativi circuiti nazionali di eccellenza (artt. 25-33)

Il Titolo V, articolato in quattro Capi, contiene disposizioni relative ai circuiti nazionali di eccellenza e ai sistemi turistici locali (capo I – artt. 25 e 26), al turismo culturale (capo II – artt. 27-29), a quello sociale (capo III – art. 30) e ad altri settori (capo IV – artt. 31-33).

 

L’articolo 25 prevede la realizzazione, a sostegno dell’immagine turistica dell’Italia, di circuiti nazionali di eccellenza che corrispondono a contesti turistici omogenei, e di itinerari tematici, entrambi da definirsi con DPCM di concerto con vari Ministeri e d’intesa con la Conferenza Stato-regioni. Alla promozione dei suddetti circuiti a livello nazionale e internazionale, concorrono, oltre al Presidente del Consiglio dei ministri, anche enti locali, regioni, associazioni di categoria e soggetti pubblici e privati interessati.

Si ricorda che la realizzazione di progetti di eccellenza per lo sviluppo e la promozione del sistema turistico nazionale, nonché per il recupero della sua competitività sul piano internazionale è contemplata anche dall’art. 1, comma 1228, della legge 296/2006, modificata dall’art. 18 della legge n. 69/2009 (legge di semplificazione).

Per tali attività sono state previste spese di investimento sostenute sia dagli ordinari stanziamenti di bilancio che da risorse provenienti da residui di stanziamento non utilizzati, come si legge nella relazione tecnica che spiega in tal modo la neutralità finanziaria dell’articolo 25 in commento.

 

L’articolo 26 rielabora, come si legge nella relazione illustrativa,la disciplina dei sistemi turistici locali - mai attuata – contenuta nell’art. 5 della L. 135/2001, anche alla luce delle discipline regionali sviluppate in materia.

In sostanza l’articolo ripropone i primi tre commi della disciplina contenuta nella legge quadro, tralasciando il comma 4 che demanda alle Regioni la definizione delle modalità e della misura del finanziamento dei progetti di sviluppo dei sistemi turistici locali, predisposti da soggetti pubblici o privati, in forma singola o associata, che perseguono finalità individuate dal comma medesimo.

In particolare, l’art. 26 dispone che i sistemi turistici locali sono i contesti turistici omogenei o integrati, comprendenti ambiti territoriali appartenenti anche a regioni diverse, caratterizzati dall'offerta integrata di beni culturali, ambientali e di attrazioni turistiche, compresi i prodotti tipici dell'agricoltura e dell'artigianato locale, o dalla presenza diffusa di imprese turistiche singole o associate.

Gli enti locali o soggetti privati, singoli o associati, promuovono i sistemi turistici locali attraverso forme di concertazione con gli enti funzionali, con le associazioni di categoria che concorrono alla formazione dell'offerta turistica, nonché con i soggetti pubblici e privati interessati.

Inoltre, nell'ambito delle proprie funzioni di programmazione e per favorire l'integrazione tra politiche del turismo e politiche di governo del territorio e di sviluppo economico, le regioni provvedono, ai sensi del capo V del titolo II della parte I del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, approvato con decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e del titolo II, capo III, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, a riconoscere i sistemi turistici locali.

 

Il Capo II (artt. 27, 28 e 29) reca disposizioni che prevedono l’incentivazione di iniziative di promozione, in chiave turistica, del patrimonio culturale, attualmente assai carente.

Nella relazione illustrativa si sottolinea, infatti, come in Italia non esista la cultura della promozione, sotto il profilo turistico, del nostro vastissimo patrimonio storico e artistico e come tale mancanza incida negativamente sulla possibilità di uno suo sfruttamento sempre in chiave turistica. Si evidenzia, inoltre, l’opportunità di attuare iniziative a favore del turismo culturale – che possono dare luogo a consistenti introiti economici in grado di assicurare, in viatendenziale, l'autofinanziamento degli interventi di recupero e di restauro del predetto patrimonio - avvalendosi di modelli il più possibile efficaci ed efficienti.

In particolare ai sensi dell’articolo 27 la realizzazione delle suddette iniziative spetta al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro del turismo delegato, di concerto con il Ministero dei beni e delle attività culturali, nel rispetto dell’art. 9 Cost. (relativo alla tutela assicurata alla cultura, alla ricerca, al paesaggio e al patrimonio artistico) e del codice dei beni culturali (D.Lgs. 42/2004). L’articolo contiene la clausola di invarianza finanziaria.

 

L’articolo 28 prevede l’utilizzo di strumenti di programmazione per la definizione del programma degli interventi da attuare (di cui all’art. 2, co. 203., della L. 662/1996). Le misure previste da accordi di programma-quadro sono volte: alla promozione, in chiave turistica, di iniziative di valorizzazione del patrimonio artistico, archeologico e architettonico presente sul territorio italiano; a garantire la completa accessibilità da parte del pubblico al suddetto patrimonio anche al fine di assicurare l'autofinanziamento degli interventi di recupero e di restauro dello stesso, nonché l’effettiva fruibilità, da parte dei visitatori, in particolare di quelli stranieri, del predetto patrimonio attraverso la predisposizione di materiale informativo in varie lingue.

 

L’articolo 29 affida le funzioni di monitoraggio delle attività elencate al comma 2 dell’art. 25 (relativo ai circuiti di eccellenza) al Comitato permanente di promozione del turismo in Italia, la cui istituzione è prevista dall’art. 59 dello schema in esame.

 

L’articolo 30 (unico articolo del Capo III) ha ad oggetto il turismo sociale e, in particolare, i cd. “buoni-vacanza”.

Si ricorda che la legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) ha previsto all’articolo 2, comma 193, lettera b), l’adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di natura non regolamentare, per definire le modalità di impiego delle risorsedi cui all’articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135, per l’erogazione di «buoni-vacanza» da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale.

Con l'articolo 10 della legge 135/2001 era statoistituito presso l’allora Ministero dell'industria il Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico. Scopo del Fondo - al quale affluiscono risparmi di individui, imprese, istituzioni e associazioni private (circoli aziendali, associazioni non-profit, banche e società finanziarie), nonché risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e liberalità provenienti da soggetti sia pubblici che privati - è quello di favorire l'accesso alle vacanze dei cittadini, sostenendo in tal modo la domanda interna, attraverso l'erogazione di prestiti turistici a tasso agevolato sia a singoli che a famiglie a basso reddito.

Le modalità di erogazione dei buoni vacanza sono state determinate dapprima con il decreto 21 ottobre 2008[26], e poi riviste con il D.M. 9 luglio 2010[27].

La norma in esame rinomina tale fondo “Fondo buoni vacanze”, e prevede che ad esso affluiscano:

a)  risparmi costituiti da individui, imprese, istituzioni o associazioni private quali circoli aziendali, associazioni non-profit, banche, società finanziarie;

b)  risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e liberalità, erogati da soggetti pubblici o privati;

c)  a decorrere dall'anno d'imposta 2011, parte della quota dell’otto per mille destinata allo Stato per scopi di interesse sociale o di carattere umanitario. Tale previsione costituisce un’innovazione rispetto alla normativa attualmente vigente.

Le modalità per l'erogazione di buoni vacanza da destinare ad interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli, anche per la soddisfazione delle esigenze di destagionalizzazione dei flussi turistici ed anche ai fini della valorizzazione delle aree che non abbiano ancora conosciuto una adeguata fruizione turistica, sono definite con appositi decreti, di natura non regolamentare, del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato, sentito il Dipartimento per le politiche della famiglia, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.

La relazione tecnica afferma che la disposizione non crea nuovi oneri in quanto l’otto per mille si limita a ripartire il gettito destinato allo Stato che affluisce al fondo prevedendo, con questa norma, un'ulteriore fattispecie.

 

Il Capo IV (artt. 31, 32 e 33) reca disposizioni che riguardanti altre tipologie di turismo, quali il turismo termale e del benessere, il turismo della natura e faunistico e il turismo con animali al seguito.

 

L’articolo 31 opera il rinvio alla legge 323/2000[28] per il turismo termale e alla disciplina prevista dal Titolo III del presente Codice per il turismo del benessere.

L’articolo 32 rinvia all’articolo 3 del decreto legislativo n. 228/2001[29] e alla legge 96/2006 per la disciplina dell’agriturismo[30]. Per il turismo della natura, che comprende le attività di ospitalità, ricreative, didattiche, culturali e di servizi finalizzate alla corretta fruizione e alla valorizzazione delle risorse naturalistiche, del patrimonio faunistico e acquatico e degli itinerari di recupero delle ippovie e delle antiche trazzere del Paese, si rinvia al Titolo III del presente Codice, per quanto non specificamente previsto dalle normative di settore.

La relazione illustrativa precisa di non aver operato, per l’agriturismo, il rinvio al codice dell'agricoltura[31] in quanto non ancora entrato in vigore.

 

L’articolo 33 si pone l’obiettivo di agevolare ed incentivare le iniziative degli operatori del settore tese a favorire e agevolare l'accesso ai servizi pubblici e nei luoghi aperti al pubblico dei turisti con animali domestici al seguito. A tal fine, lo Stato promuove la fattiva collaborazione tra le autonomie locali, gli enti pubblici, gli operatori turistici, le associazioni di tutela del settore.

Secondo la relazione illustrativa, la norma è volta ad indirizzare verso una nuova cultura animal friedly in linea con la disciplina prevista negli ordinamenti dei principali concorrenti stranieri. In tal modo, si incentiva lo sviluppo e la diffusione di una cultura moderna, espressione di quella cospicua comunità che convive con animali domestici, tenuto infatti conto che oggi una famiglia su tre ne possiede uno e desidera poter fruire dei servizi turistici senza allontanarsi dal proprio animale. Inoltre, tali misure vanno lette in un quadro generale di interventi finalizzati a contrastare il fenomeno di abbandono e randagismo.

 

Titolo VI – Contratti (artt. 34-54)

Con il Capo I del Titolo VI viene inserita nell’ambito del nuovo Codice del turismo la disciplina dei “Contratti del turismo organizzato”.

Attualmente, tali contratti sono disciplinati nella parte relativa ai Servizi turistici (Titolo IV, Capo II, artt. 82 ss.) del Codice del consumo (D.Lgs. n. 205 del 2006), che viene conseguentemente abrogata (art. 2 dello schema).

 

 

 

Gli articoli 82 ss. del Codice del consumo disciplinano la vendita o l’offerta di vendita a prezzo forfetario di pacchetti turistici. Il “pacchetto turistico” ha ad oggetto i viaggi, le vacanze ed i circuiti tutto compreso, risultanti dalla prefissata combinazione di almeno due tra gli elementi trasporto, alloggio e servizi turistici non accessori, che siano parte significativa del pacchetto. Parti del contratto sono l’organizzatore (che può vendere il contratto anche tramite un intermediario venditore) e il consumatore, ovvero l’acquirente o il cessionario del pacchetto. Il contratto ha forma scritta ad substantiam e il contenuto minimo indicato dall’articolo 86. La legge pone a carico dell’organizzatore o del venditore alcuni obblighi informativi da adempiere nel corso delle trattative e prima dell’inizio del viaggio e detta il contenuto minimo dell’eventuale opuscolo informativo posto a disposizione del consumatore. È inoltre dettata una disciplina specifica per la revisione del prezzo (a seguito di un sopravvenuta variazione dei costi) e per la modifica delle condizioni contrattuali. Per quanto riguarda i profili di responsabilità, l’organizzatore e il venditore rispondono per il mancato o inesatto adempimento, che non dipenda da impossibilità della prestazione per causa ad essi non imputabile. L’azione per l’eventuale danno alla persona è risarcibile nel termine di tre anni dal rientro del viaggiatore nel luogo di partenza; quella per danno diversi nel termine di un anno. Il danno alla persona è risarcibile secondo le norme stabilite dalle Convenzioni internazionali che disciplinano la materia ed è nullo ogni accordo che stabilisca limiti per il risarcimento di tale danno; il danno diverso da quello alla persona è risarcibile, in assenza di specifica pattuizione, nei limiti previsti dall’articolo 13 della Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (C.C.V.) di Bruxelles del 1970. In ogni caso, il consumatore deve contestare senza ritardo ogni mancanza nell’esecuzione del contratto. La legge prevede inoltre l’obbligo per l’organizzatore e per il venditore di assicurarsi per la responsabilità civile istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un fondo nazionale di garanzia, con la finalità di consentire, in caso di insolvenza o di fallimento del venditore o dell'organizzatore, il rimborso del prezzo versato ed il rimpatrio del consumatore nel caso di viaggi all'estero, nonché per fornire un’immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore. Il D.M. n. 349 del 1999 reca il regolamento per la gestione ed il funzionamento del Fondo di garanzia.

 

 

Le novità più significative apportate dal provvedimento in esame consistono nell’esplicita affermazione della risarcibilità del “danno di vacanza rovinata” (art. 49) e nella definizione della nozione di inesatto adempimento (art. 45), oltre che nella disciplina degli obblighi assicurativi a carico dell’organizzatore e dell’intermediario (art. 52).

 

 

 

In base alla giurisprudenza il cd. danno da vacanza rovinata è un pregiudizio di natura prettamente non patrimoniale; esso non si traduce in una perdita economica, né in termini di danno emergente né in termini di lucro cessante, bensì in disagio, stress, sofferenza per non aver potuto godere della vacanza immaginata. Sui limiti alla sua risarcibilità si registrano pronunce difformi.

In mancanza di espliciti riferimenti normativi, inizialmente il fondamento della sua risarcibilità è stato individuato nell'art. 13, 1° par., Convenzione internazionale relativa al contratto di viaggio (CCV), il quale dispone che «l'organizzatore di viaggi risponde di qualunque pregiudizio causato al viaggiatore a motivo dell'inadempimento totale o parziale dei suoi obblighi di organizzazione». Successivamente, la Corte di Giustizia (C. Giust. CE 12.3.2002) ne ha ammesso il risarcimento, ravvisandone il fondamento nell’art. 5 della dir. 90/314/CEE (disciplinante i contratti di viaggio concernenti pacchetti turistici «tutto compreso»); secondo la Corte, tale disposizione implicitamente riconosce l'esistenza di un diritto al risarcimento dei danni diversi da quelli corporali, tra cui il danno morale, in conseguenza il consumatore dell'inadempimento o dalla cattiva esecuzione delle prestazioni fornite in occasione di un viaggio tutto compreso.

Da ultimo, con più generale riferimento alla risarcibilità dei danni non patrimoniali, devono richiamarsi le Sezioni unite della Cassazione (11 novembre 2008, n. 26972), che hanno affermato che ai fini della risarcibilità di tali danni occorre che l'offesa arrecata al diritto sia grave e il pregiudizio sia serio. La Corte ha aggiunto che anche dall'inadempimento di un’obbligazione contrattuale può derivare un danno non patrimoniale, il cui risarcimento è regolato secondo le norme dettate in materia di responsabilità contrattuale.

 

Il danno da vacanza rovinata viene definito come il danno correlato al tempo di vacanza inutilmente trascorso e all’irripetibilità dell’occasione perduta. Si tratta quindi di un pregiudizio di natura non patrimoniale e contrattuale, essendo risarcito in quanto conseguenza dell’inadempimento o dell’inesatta esecuzione delle prestazioni oggetto del pacchetto turistico.

Legittimato ad agire è esclusivamente il turista, ovvero l’acquirente del pacchetto turistico, e non anche il consumatore di servizi turistici disaggregati.

La sua risarcibilità viene limitata ai danni che non siano di scarsa importanza ai sensi dell’articolo 1455 c.c.[32].

Tale limite va coordinato con la nozione di inesatto adempimento, contenuta nell’articolo 45, che comprende l’inottemperanza, anche lieve, degli standard qualitativi del servizio promessi o pubblicizzati.

 

In proposito, si segnalano le considerazioni critiche contenute nel parere del Consiglio di Stato, secondo cui tale definizione appare foriera di contenziosi, soprattutto di carattere cd. bagatellare. Il Consiglio di Stato, richiamando la citata sentenza a Sezioni unite della Cassazione, ritiene che “il riferimento alla serietà dell’offesa costituisce un filtro selettivo atto a bilanciare la posizione del danneggiante e quella del danneggiato, posto che l’offesa minima – in un giudizio di accertamento in concreto dell’inviolabilità dell’interesse - appare di per sé inidonea a superare il limite della tollerabilità civile”.

 

Sempre con riferimento alla nozione di inesatto adempimento, si segnala, inoltre, che il medesimo articolo 45, comma 1, rispetto al testo vigente dell’art. 93 D.Lgs. 206/2005, non contiene l’esplicita esclusione della responsabilità nel caso in cui il mancato o inesatto adempimento è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile. La riformulazione proposta dal Consiglio di Stato contiene invece tale clausola.

 

Il profilo degli obblighi assicurativi a carico di organizzatore e intermediario è invece disciplinato dall’articolo 52.

 

La disciplina vigente prevede che l'organizzatore e il venditore siano coperti dall'assicurazione per la responsabilità civile verso il consumatore per il risarcimento dei danni di cui agli articoli 94 e 95, fatta salva la facoltà di stipulare polizze assicurative di assistenza al turista (art. 99); In base all’articolo 100, è istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un fondo nazionale di garanzia (alimentato da una quota del premio delle polizze di assicurazione obbligatoria), con la finalità di consentire, in caso di insolvenza o di fallimento del venditore o dell'organizzatore, il rimborso del prezzo versato ed il rimpatrio del consumatore nel caso di viaggi all'estero, nonché per fornire un’immediata disponibilità economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore. Le modalità di gestione e di funzionamento del fondo sono determinate con D.P.C.M. di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con il Ministro dell'economia e delle finanze. Fino alla data di entrata in vigore del decreto di cui al presente comma, restano in vigore le disposizioni di cui al decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato 23 luglio 1999, n. 349.

 

L’articolo 52 conferma l’obbligo per organizzatore e intermediario di assicurarsi per la responsabilità civile a favore del turista per il risarcimento dei danni di cui agli articoli 46 e 47; esso inoltre introduce un obbligo di copertura assicurativa per i casi attualmente coperti dal fondo (insolvenza o fallimento del venditore o dell'organizzatore, rimborso del prezzo versato e rientro immediato del turista, nel caso di viaggi all’estero, assistenza economica in caso di rientro forzato di turisti da Paesi extracomunitari in occasione di emergenze, imputabili o meno al comportamento dell'organizzatore).

Le ragioni dell’intervento normativo sono individuate dalla relazione illustrativa nell’inidoneità della disciplina del fondo a garantire la tutela sottesa all’art. 7 della direttiva 90/314/CEE e all’obiettivo di porre fine alla gestione “pubblica” del fondo e di individuare meccanismi di garanzia idonei a coprire integralmente e in tempi rapidi i rischi garantiti dalla direttiva.

Nel caso in cui la pubblica amministrazione abbia sostenuto le spese di assistenza e rimpatrio, il rimborso deve essere effettuato direttamente a quest’ultima da parte dell’assicuratore.

In ogni caso viene introdotta la possibilità che il Ministero degli esteri chieda agli interessati il rimborso delle spese di soccorso e rimpatrio se questi ultimi sia siano esposti deliberatamente a rischi che avrebbero potuto conoscere con l’uso della normale diligenza, con il limite dei giustificati motivi correlati all’esercizio delle attività professionali.

 

Il Consiglio di Stato suggerisce di introdurre nel testo due previsioni di cui si dà conto solo nella relazione illustrativa: la facoltà degli operatori di costituirsi in consorzi o altre forme associative e la possibilità di coinvolgere nei consorzi anche imprese ed associazioni di categoria del settore assicurativo.

 

Si segnala che l’articolo 3 dello schema di decreto legislativo procede all’abrogazione di tutta la disciplina dei pacchetti turistici contenuta nel Codice del consumo, con esclusione dell’articolo 100 (relativo al fondo di garanzia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri); alla luce del riferimento a tale disposizione nella rubrica dell’articolo 52 e di quanto enunciato nella relazione illustrativa, occorre un chiarimento circa la volontà di abrogare o meno anche tale disposizione.

 

Per quanto riguarda gli ulteriori profili di novità rispetto alla disciplina vigente, si segnalano i seguenti:

§      con riferimento alle parti del contratto, l’articolo 35 include nella definizione di “organizzatore di viaggio” anche il soggetto che rende possibile la formazione del pacchetto turistico anche per via elettronica; la definizione di “intermediario” ricomprenda invece, da un lato, il soggetto che opera non professionalmente e senza scopo di lucro; dall’altro, il soggetto che vende singoli servizi turistici disaggregati. La medesima disposizione sostituisce inoltre il riferimento al “consumatore di pacchetti turistici” con quello al “turista”; sulla base della relazione illustrativa, tale modifica è coordinata con la nuova disciplina del danno da vacanza rovinata (cfr. art. 49) e mira ad evitare che la legittimazione ad agire per il risarcimento di tali danni sia attribuita, oltre che a chi acquista un pacchetto turistico, anche al consumatore di servizi turistici disaggregati;

§      l’estensione dell’ambito di applicazione della disciplina dei pacchetti turistici alle crociere turistiche e ai viaggi su misura nei quali il turista sceglie tra i vari servizi offerti da singoli organizzatori (art. 36);

§      nel caso di pacchetti turistici negoziati al di fuori dei locali commerciali o a distanza, l’esclusione del diritto di recesso deve essere esplicitamente comunicata per iscritto dal professionista (art. 34); la relazione illustrativa spiega che tale modifica, recependo un consolidato orientamento, mira ad esplicitare l’inapplicabilità ai contratti last minute della disciplina del recesso;

 

Sembrerebbe necessario coordinare l’articolo 34, comma 2, che contiene il riferimento al “professionista”, con la previsione secondo la quale l’intermediario può essere un soggetto che opera non professionalmente e senza scopo di lucro.

Inoltre, sul piano formale, si segnala che agli articoli 34 e 35 la numerazione dei commi non è corretta: all’articolo 34 dopo il comma 2 si passa ai commi 8 e 9, mentre i due commi dell’articolo 35 sono numerati come commi 10 e 11.

 

§      l’integrazione degli obblighi formali a carico del venditore che si obbliga a procurare a terzi servizi disaggregati (articolo 37). contenuto necessario del contratto (articolo 38) e dell’opuscolo informativo (art. 40);

§      alcune modifiche, prevalentemente di coordinamento (legate anche all’abrogazione della legge di ratifica della Convenzione internazionale sul contratto di viaggio), alla disciplina della responsabilità per danni alla persona (art. 46) e per danni diversi da quelli alla persona (art. 47), a seguito di inadempimento o di inesatta esecuzione delle prestazioni che formano oggetto del pacchetto turistico;

§      la possibilità di valutare la mancata presentazione del reclamo da parte del turista ai sensi dell’articolo 1227 c.c., quale concorso del fatto colposo del creditore, ai fini della diminuzione del risarcimento del danno (art. 51).

 

Si segnala, infine, l’abrogazione della legge di ratifica della Convenzione internazionale sul contratto di viaggio (legge n. 1084 del 1977), operata dall’articolo 34, a decorrere dal momento in cui diviene efficace la denuncia ai sensi dell’articolo 37 della Convenzione.

 

Tale disposizione prevede che ciascuno Stato Contraente avrà diritto di denunciare la presente Convenzione in qualsiasi momento dopo l'entrata in vigore nei suoi confronti. Tale denuncia prenderà effetto solo un anno dopo la data di ricevimento della notifica di denuncia da parte del Governo belga.

 

La relazione illustrativa spiega l’abrogazione in relazione alla difficoltà di individuare i limiti nei quali la Convenzione è ancora in vigore a seguito dell’entrata in vigore della direttiva 90/314/CEE del 1990 (recepita dal d.lgs. 111/1995 sui viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» poi confluito nel codice del consumo).

 

In proposito, occorre valutare gli effetti di tale abrogazione, posto che l’ambito di applicazione della Convenzione non sembra coincidere con l’ambito di applicazione della disciplina dei pacchetti turistici. Al di là del riferimento alla vendita di singoli servizi disaggregati contenuto nell’articolo 35, il nuovo Capo I del Titolo VI del Codice del turismo detta disposizioni a tutela del “turista”, ovvero dell’acquirente di un pacchetto turistico; la Convenzione, invece, si applica al contratto di viaggio definito sia come contratto di organizzazione di viaggio (che comprende un insieme di prestazioni) sia al contratto di intermediario di viaggio (che può avere ad oggetto uno o dei servizi separati che permettono di effettuare un viaggio o un soggiorno qualsiasi). Essa inoltre trova applicazione anche nella disciplina dei rapporti tra l’organizzatore e l’intermediario.

 

In proposito Cass. civ., sez. III, 24-07-2007, n. 16315, ha chiarito che il contratto di viaggio vacanza «tutto compreso» (c.d. «pacchetto turistico», o package), disciplinato attualmente dagli art. 82 seg. D.Lgs. n. 206 del 2005 (c.d. «codice del consumo») si distingue dal contratto di organizzazione o di intermediazione di viaggio (ccv) di cui alla convenzione di Bruxelles del 23 dicembre 1970 (resa esecutiva in Italia con la L. 27 dicembre 1977 n. 1084), anche per la «finalità turistica», che connota la sua causa concreta ed assume rilievo, oltre che come elemento di qualificazione, anche relativamente alla sorte del contratto, quale criterio di relativo adeguamento; si richiama anche Cass., 19 gennaio 1999, n. 460, che, avuto riguardo alla collocazione sistematica dell'intermediario di viaggio nella figura del mandato con rappresentanza, e della conseguente riconducibilità dell'attività contrattuale dell'intermediario al viaggiatore, ha ritenuto applicabile la Convenzione anche al contratto stipulato tra organizzatore ed intermediario di viaggio.

 

 

Il Capo II (artt. 53 e 54) disciplina le locazioni turistiche.

 

L’articolo 53 reca alcune modifiche all’art. 27 alla legge 22 luglio 1978, n. 392 relativo alla disciplina delle locazioni di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione.

Con la prima modifica all’art. 27, primo comma, attraverso l’eliminazione del riferimento all’art. 2 della legge n. 326 del 1968 e la contestuale precisazione delle attività di interesse turistico, si intende escludere dal campo di applicazione dello stesso comma gli alberghi e le imprese assimilate, in quanto per essi vale la durata minima novennale indicata nel terzo comma. Tale rinvio, come precisa la relazione illustrativa, è stato spesso nel passato fonte di equivoci.

 

Tra i numerosi problemi emersi nel corso degli anni, un primo gruppo riguarda appunto l’ambito di applicazione dell’art. 27 della legge n. 392 del 1978 che pone una distinzione tra locazioni aventi ad oggetto immobili di interesse turistico e locazioni alberghiere, in relazioni alle quali la legge stabilisce una diversa durata contrattuale, sei anni per le prime e nove anni per le seconde. Le attività di interesse turistico sono individuate mediante rinvio all’art. 2 della legge n. 326/68, che prevede particolari agevolazioni economiche per le attività di alberghi, pensioni, locande, villaggi turistici, campeggi, case per ferie, alberghi per la gioventù. Tali attività potrebbero però anche rientrare nel generale ambito alberghiero, per il quale è prevista una durata novennale. Vi è dunque un problema di interpretazione per stabilire se il contratto di locazione relativo ad immobili destinati all’esercizio di un’attività potenzialmente rientrante nel concetto di quella alberghiera elencata nell’art. 2 della legge n. 326/68, sia da considerarsi di durata novennale, oppure sia destinato ad esaurirsi nell’ordinario arco temporale di 6 anni in quanto rientrante nell’ambito dell’attività turistica. A favore di tale ultima interpretazione si è pronunciata più volte la giurisprudenza dichiarando che gli immobili adibiti a campeggio non possono equipararsi agli alberghi per quanto concerne la durata minima dei relativi contratti di locazione. Dal combinato disposto dell’art. 27 della legge n. 392 del 1978 e dell’art. 2 della n. 326 del 1968 emerge con chiarezza il tratto distintivo dell'attività alberghiera rispetto a qualsiasi altra attività diretta a fornire ospitalità, consistente nell'offrire un alloggio all'ospite in una struttura propria, con la conseguenza che non può legittimamente definirsi attività alberghiera quella di colui che offre all'ospite una porzione di terreno attrezzato dove sistemare una tenda, un caravan o una roulotte, come avviene nei campeggi e nei parchi-vacanze (Cass. Civ., sez. III, sentenza 30.12.1991, n. 13999, sentenza n. 4491 del 21.04.1995 e sentenza n. 11600 del 22.06.2004).

 

La seconda modifica all’art. 27, attraverso la sostituzione del terzo comma, estende l’applicabilità della durata novennale della locazione di immobili urbani anche agli stabilimenti e locali assimilati agli alberghi ai sensi dell’art. 1786 del Codice civile.

In tal modo si opera un raccordo con la modifica apportata dal primo comma, in quanto l’art. 2 della legge n. 326 del 1968 includeva alcune attività di interesse turistico che l’art. 1786 del Codice civile assimila invece agli alberghi ed alle quali viene ora estesa la durata minima novennale.

 

Occorrerebbe chiarire la portata della nuova definizione “immobile urbano” introdotta nel testo, affinché non vi sia disparità di trattamento tra strutture analoghe locate in contesti non urbani (quali ad esempio, gli stabilimenti balneari).

 

L’art. 1786 del Codice civile assimila agli alberghi le case di cura, gli stabilimenti di pubblici spettacoli, gli stabilimenti balneari, le pensioni, le trattorie, le carrozze letto e simili.

 

Legge n. 392 del 1978

Art. 27, primo e terzo comma

Art. 27, primo e terzo comma novellato dall’art. in esame

La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate:

1) industriali, commerciali e artigianali;

2) di interesse turistico comprese tra quelle di cui all'articolo 2 della legge 12 marzo 1968, n. 326 .

 

La durata delle locazioni e sublocazioni di immobili urbani non può essere inferiore a sei anni se gli immobili sono adibiti ad una delle attività appresso indicate industriali, commerciali e artigianali, di interesse turistico, quali agenzie di viaggio e turismo, impianti sportivi e ricreativi, aziende di soggiorno ed altri organismi di promozione turistica e simili.

omissis

 

omissis

La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere o all'esercizio di attività teatrali

La durata della locazione non può essere inferiore a nove anni se l'immobile urbano, anche se ammobiliato, è adibito ad attività alberghiere, all’esercizio di imprese assimilate ai sensi dell’articolo 1786 del codice civile o all'esercizio di attività teatrali

 

Si ricorda che la normativa di riferimento in materia di locazioni (sia ad uso abitativo che non) è oggi costituita prevalentemente dalla legge n. 431 del 1998, nonché dalle parti non abrogate della legge n. 392 del 1978 che disciplinano, tra l’altro, la locazione di immobili urbani adibiti ad uso diverso da quello di abitazione (e tra queste ultime, rientra anche l’articolo novellato dallo schema in commento). La legge n. 431 del 1998, che ha notevolmente modificato il regime delle locazioni, ha infatti abrogato integralmente la legge n. 61 del 1989 sugli sfratti e la legge n. 359 del 1992 dei cd.“patti in deroga” e, in buona parte (ma non integralmente), anche la legge n. 392 del 1978 sul cd. “equo canone”.

 

L’articolo 54 tende a far rientrare integralmente la fattispecie della locazione turistiche ad uso abitativo nell’ambito della normativa generale sulle locazioni contenuta nel Codice civile (Capo IV, art. 1571-1614) che lascia ampia discrezionalità alla volontà delle parti (libera contrattazione sia per quanto riguarda il canone che nella durata del contratto), sottraendola all’impianto normativo della legge n. 431 del 1998.

La relazione illustrativa sottolinea, infatti, che la finalità di tale disposizione è quella di tracciare una più netta distinzione tra la locazione per finalità turistiche dalle altre fattispecie di locazione transitoria, sgombrando il campo da dubbi interpretativi.

 

Si ricorda, in estrema sintesi, che gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, al di là dell’obbligo della stipula del contratto in forma scritta sancito dall’art. 1, comma 4, sono sottratti dalla disciplina generale sulle locazioni della legge n. 431 del 1998 dall’art. 1, comma 2, lett. c), della stessa legge. In particolare ad esse non si applicano le disposizioni degli artt. 2, 3, 4, 4-bis, 7, 8 e 13 (definizione del canone, durata, recesso delle parti, termine per la disdetta). Occorre però notare che l’art. 1, comma 2, lett. c), della legge n. 431 non sembra escludere tale tipologia di contratti dall’applicabilità dell’art. 5 relativo ai contratti di natura transitoria.

In ogni caso, il contratto di locazione a uso turistico abitativo è disciplinato dagli articoli 1571 e seguenti del Codice civile e, pertanto, non è soggetto ad alcun vincolo di durata o di canone. Inoltre, ove abbia durata inferiore a 30 giorni – si pensi al privato che conceda in locazione a terzi il proprio appartamento in montagna per una settimana bianca o al mare, per alcuni weekend – il locatore non è tenuto a comunicare alcunché all’Autorità di pubblica sicurezza, a norma dell’art. 12 del decreto legge n. 59 del 1978, né è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria prevista dallo stesso art. 12.

Titolo VII – Ordinamento (artt. 55-70)

Il Titolo VII, che si articola in tre Capi, reca norme sull’ordinamento del turismo. Le disposizioni del Capo I (artt. 55-59) forniscono un quadro esaustivo degli organi statali aventi competenza diretta nel settore, colmando, come si legge nella relazione, una lacuna del sistema e affermando principi idonei ad evitare ambiguità interpretative. Il Capo II (artt. 60-66) riguarda le condizioni e i meccanismi di premialità, nonché la promozione dell’eccellenza turistica da parte degli operatori del settore. Nel Capo III (artt. 67-70), infine, si forniscono ai turisti gli strumenti di risoluzione extragiudiziale delle controversie.

 

L’articolo 55 attribuisce le funzioni amministrative, che lo Stato esercita ai sensi dell’articolo 2, alPresidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato, ai quali spetta anche l’adozione di atti di indirizzo e l’esercizio della vigilanza su ACI e CAI.

 

L’articolo 56 individua nel Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo la struttura di supporto delle politiche governative nel settore turistico. Il Dipartimento si avvale, ai fini dello svolgimento della propria attività, degli altri organismi costituiti e delle società partecipate.

 

L’articolo 57 rielabora la disciplina della Conferenza nazionale del turismo di cui all'articolo 3 della legge 135/2001 tenendo conto delle attuali competenze statali in materia di turismo. La Conferenzanazionale del turismo è indetta dal Presidente del Consiglio o dal Ministro delegato almeno ogni due anni ed è organizzata d’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni, ed ha compiti di orientamento per la definizione e l'aggiornamento del documento recante le linee guida e per la verifica dell'attuazione delle medesime. Alla Conferenza nazionale del turismo partecipano rappresentanti della Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome, dell'ANCI (Associazione dei comuni italiani) dell'UPI (unione delle province italiane) dell'UNCEM (Unione nazionale comuni comunità ed enti montani), del CNEL, di UNIONCAMERE, dell’ISTAT delle altre autonomie territoriali, nonché rappresentanti delle associazioni degli imprenditori turistici, dei consumatori, del turismo sociale, delle associazioni pro loco, delle associazioni senza scopo di lucro, di quelle ambientaliste e delle organizzazioni sindacali.

Si ricorda in proposito che il DL 181/2006[33] ha attribuito alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 19-bis) le funzioni di competenza statale in materia di turismo, precedentemente attribuite al Ministero delle attività produttive (nuovo Ministero dello sviluppo economico di cui ai co. 1 e 12, art. 1 del citato decreto-legge) dagli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999. Il comma 19-bis ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo. Successivamente, il DL 3 ottobre 2006, n. 262 (Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria) ha provveduto ad incardinare presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo.

 

L’articolo 58 reca la disciplina dell’ENIT- Agenzia nazionale del turismo.

L’ENIT, il più importante ente pubblico attivo in materia di turismo, è stato trasformato in “Agenzia nazionale del turismo” ai sensi dell’art. 12, commi 2-7, del DL 35/2005 (decreto competitività) allo scopo di promuovere l’immagine unitaria dell’offerta turistica italiana per favorirne le condizioni di commercializzazione. L’Agenzia, qualificata come ente dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, fornito di autonomia statutaria, regolamentare, organizzativa, patrimoniale, contabile e di gestione, al momento della trasformazione era sottoposta alla vigilanza del Ministero delle attività produttive. La sua organizzazione e la relativa disciplina sono state affidate ad un regolamento di delegificazione; si tratta del DPR 6 aprile 2006 n. 207 recante Regolamento recante organizzazione e disciplina dell'Agenzia nazionale del turismo, a norma dell'articolo 12, comma 7, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 maggio 2005, n. 80. Tra i compiti della nuova Agenzia rientrano, in particolare, lo sviluppo e la cura del turismo culturale, da effettuarsi in raccordo con le iniziative di valorizzazione del patrimonio culturale e del turismo congressuale.

La norma in esame, che riprende in minima parte le disposizioni del citato DL 35/2005, assegna il compito di vigilare sull’Agenzia alla Presidenza del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato.

 

L'articolo 59 disciplina, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, il Comitato permanente di promozione del turismo in Italia.

Come si legge nella relazione governativa, la norma in esame recepisce quanto stabilito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 214 del 2001 in merito al ricorso presentato da alcune regioni avverso l’art. 12, comma 1, del DL 35/2005 che prevedeva l’istituzione con DPCM di un Comitato nazionale del turismo, dichiarato illegittimo in quanto non contemplava alcun coinvolgimento delle regioni nella fase di definizione della disciplina relativa alla sua istituzione e al suo funzionamento.

L’articolo 59 in esame, che risponde alla logica di coordinamento del settore del turismo, prevede che il decreto di istituzione del Comitato permanente - presieduto dal Presidente del Consiglio o dal Ministro delegato – sia adottato d'intesa con la Conferenza Stato-regioni.

Il Comitatopromuove le azioni relative ai seguenti ambiti:

§      identificazione omogenea delle strutture pubbliche che garantiscono i servizi del turismo;

§      accordi di programma con le regioni e sviluppo della strutturazione turistica sul territorio;

§      progetti di formazione nazionale per promuovere lo sviluppo turistico;

§      sostegno ed assistenza alle imprese che concorrono a riqualificare l'offerta turistica nazionale;

§       diffusione dell'immagine dell'Italia, nel settore turistico, all'interno confini nazionali, con particolare riguardo ai sistemi turistici di  eccellenza, garantendo sul territorio pari opportunità di propaganda ed una comunicazione unitaria;

§      organizzazione dei momenti e degli eventi nazionali ad impulso turistico che coinvolgano territori, soggetti pubblici e privati;

§      raccordo e cooperazione tra regioni, province e comuni e le istituzioni di governo.

 

Il Capo II (artt. 60-66) introduce una nuova normativa finalizzata ad implementare e premiare le eccellenze turistiche nei settori enogastronomici ed alberghiero.

 

L’articolo 60, al fine di promuovere l'offerta turistica italiana, istituisce due tipologie di attestazioni di eccellenza turistica:

§      Maestro di cucina italiana, da attribuire, ogni anno, alle imprese della ristorazione italiana di eccellenza;

§      Maestro dell'ospitalità italiana, da attribuire, ogni anno, alle imprese alberghiere italiane di eccellenza.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato saranno disciplinatele modalità organizzative e procedurali e individuato il numero massimo di imprese da premiare ogni anno, comunque non superiore a venti per ciascuna onorificenza. Le denominazioni di tali imprese saranno inserite nel portale Italia.it.

 

L’articolo 61 istituisce l’attestazione della Medaglia al merito del turismo per la valorizzazione dell'immagine dell'Italia, per tributare un giusto riconoscimento alle persone che, per il loro impegno e valore professionale hanno contribuito allo sviluppo del settore turistico ed alla valorizzazione e diffusione dell'immagine dell'Italia nel mondo.

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato saranno disciplinatele modalità organizzative e procedurali e individuato il numero massimo di persone da premiare ogni anno.

In relazione alla formulazione del testo, si segnala che al comma 2 la parola “imprese” va sostituita con la parola “persone”.

 

L’articolo 62 esplicita le caratteristiche dell'attestazione di cui all’articolo 60, stabilendone fra l’altro il contingente annuale (10 medaglie d'oro, 25 medaglie d'argento e 50 medaglie di bronzo).

Si segnala che l’articolo 60 istituisce due tipologie di attestazioni, e non è dunque chiaro se il contingente annuale stabilito dall’articolo 62 sia da considerarsi per ciascuna delle tipologie. Ad ogni modo, sussiste un’incongruenza numerica, in quanto il medesimo articolo 60 dispone che il numero massimo di imprese da premiare ogni anno sia stabilito dal decreto attuativo, e non superi comunque le venti unità per ciascuna onorificenza.

 

L’articolo 63 disciplina le modalità di attribuzione delle attestazioni, che sono conferite nel giorno della giornata mondiale del turismo (27 settembre). L'accertamento dei titoli per il conferimento dell'attestazione è fatto da una Commissione nominata con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro dallo stesso delegato e composta:

a)  dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato, che la presiede;

b)  dal Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo o da un suo delegato;

c)  dal Coordinatore della Struttura di missione per il rilancio dell'immagine dell'Italia, ove esistente;

d)  dal Presidente dell'Agenzia nazionale per il Turismo-ENIT o da un suo delegato;

e)  da tre membri, scelti dal Presidente del Consiglio dei ministri o dal Ministro delegato fra persone in possesso di adeguata esperienza nel settore turistico.

Si segnala che l’articolo non precisa a quali attestazioni fa riferimento, e quindi non appare chiaro se riguardi solo quelle di cui all’articolo 60, oppure se ricomprenda anche l’attestazione di cui all’articolo 61.

 

L’articolo 64 istituisce l’attestazione Medaglia al merito del turismo per gli italiani all'estero, per tributare riconoscimento alle persone, operanti all'estero, che hanno dato lustro al Made in Italy.

 

L’articolo 65 definisce le caratteristiche dell'attestazione di cui all’articolo 64, stabilendone fra l’altro il contingente annuale (10 medaglie d'oro, 25 medaglie d'argento e 50 medaglie di bronzo).

 

L’articolo 66 ripropone (in modo quasi identico) le disposizioni dell’articolo 63 sulle modalità di attribuzione delle attestazioni.

La relazione illustrativa, relativamente alla previsione dell'articolo 66, afferma che resta inteso che la Commissione individuerà i soggetti meritevoli e, prima di conferire l'attestazione, procederà a richiedere il parere della Direzione generale degli Affari esteri.

Si segnala che tale previsione andrebbe inserita nell’articolo stesso del Codice, non avendo la relazione illustrativa valore dispositivo.

In merito agli articoli 63 e 66 (praticamente identici), si osserva che per chiarezza sarebbe opportuno prevedere un unico articolo relativo alle modalità di attribuzione, che però precisi espressamente a quali attestazioni e a quali articoli si riferisce.

 

Nel Capo III (artt. 67-70), infine, si forniscono ai turisti gli strumenti di risoluzione extragiudiziale delle controversie.

 

L’articolo 67, che rielabora la disciplina della Carta dei diritti del turista contenuta nell’art. 4 della legge-quadro 135/2001, prevede l’adozione da parte delle pubbliche amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. 165/2001[34], della Carta dei servizi turistici che sono erogati dalle amministrazioni medesime. Lo scopo è di aumentare la qualità e la competitività di detti servizi.

Le carte, che individuano i servizi da erogare e quali standard di qualità si intendono garantire, sono trasmessa al Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

La determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni dei servizi turistici sono fissate con decreto del Presidente del Consiglio o del Ministro delegato, previa intesa con la Conferenza Stato–regioni.

La normativa vigente (citato art. 4) assegna la redazione della Carta dei servizi, almeno in quattro lingue, al Ministero. Questa deve contenere: informazioni sui diritti e sugli obblighi degli utenti in ordine alla fruizione dei servizi turistico-ricettivi e sulle procedure di ricorso, nonché sulle forme di arbitrato in caso di inadempienza contrattuale; informazioni sui diritti e sugli obblighi dei turisti in qualità di utenti delle agenzie di viaggio; informazioni in ordine all’utilizzazione dei mezzi di trasporto e delle agenzie turistiche; informazioni sui contratti di multiproprietà, sui sistemi di classificazione, sulle polizze di assicurazione, sull'assistenza sanitaria, sulle norme valutarie e doganali e sulle norme disciplinanti il settore in generale, informazioni sui metodi che i turisti devono seguire per far valere i propri diritti e per contattare le associazioni per la tutela dei consumatori, nonché sugli usi e le consuetudini diffusi a livello locale.

 

L’articolo 68 interviene in materia di composizione delle controversie nel settore del turismo rinviando alla procedura prevista dal decreto legislativo n. 28/2010[35].

Il decreto legislativo n. 28 del 2010, in attuazione di una delega contenuta nella legge di riforma del processo civile (legge n. 69/2009), disciplina la mediazione civile e commerciale. Il procedimento di mediazione mira a favorire la composizione stragiudiziale delle liti, non preclude l'azione ordinaria ed è affidato ad appositi organismi di conciliazione, iscritti in un registro tenuto dal Ministero della Giustizia.

In particolare, per “mediazione” si intende l’attività svolta da un terzo imparziale di assistenza delle parti finalizzata alla composizione della controversia al di fuori delle procedure giudiziarie; per “conciliazione” si intende l’esito positivo del procedimento di mediazione.

L’attività di mediazione è affidata ad appositi organismi di conciliazione, iscritti in un registro tenuto dal Ministero della Giustizia (disciplinato dal D.M. 180/2010).

L’oggetto della mediazione viene circoscritto alle controversie civili e commerciali che abbiano ad oggetto diritti disponibili delle parti.

Il tentativo di mediazione riveste carattere obbligatorio, e costituisce quindi condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, soltanto rispetto ad alcune specifiche categorie di controversie. Nella scelta di tali controversie, il Governo si è attenuto ai seguenti criteri:

-        rapporti destinati a prolungarsi nel tempo o in cui sono coinvolti soggetti appartenenti alla stessa famiglia, gruppo sociale o area territoriale, per i quali appaiono preferibili soluzioni extragiudiziali che meglio consentono la prosecuzione del rapporto (condominio, locazione, comodato, affitto di azienda, diritti reali, divisione, successioni, patto di famiglia);

-        rapporti particolarmente conflittuali, rispetto ai quali appare più fertile il terreno della composizione giudiziale (responsabilità medica e diffamazione a mezzo stampa);

-        tipologie contrattuali che, oltre a sottendere rapporti duraturi tra le parti, conoscono una diffusione di massa (contratti assicurativi, bancari e finanziari).

Al di fuori di tali ipotesi, la mediazione è facoltativa e può essere attivata anche su invito che il giudice può formulare in qualsiasi momento del procedimento, tenendo conto della natura della causa, dello stato dell’istruzione e del comportamento delle parti.

In ogni caso la mediazione non costituisce condizione di procedibilità dell’azione.

Al fine di facilitare il ricorso alla mediazione, si prevede a carico dell’avvocato uno speciale obbligo di informazione nei confronti del cliente, già all'atto del conferimento dell'incarico, della possibilità di avvalersi del procedimento di mediazione.

Il decreto legislativo opta per una regolamentazione “leggera” del procedimento di mediazione. Tale scelta si traduce nel rinvio al regolamento dell’organismo scelto dalle parti per la disciplina di dettaglio, nell’assenza di formalità per gli atti del procedimento e nella possibilità che esso si svolga secondo modalità telematiche.

La domanda di mediazione viene presentata mediante deposito di un’istanza presso un qualsiasi organismo di conciliazione, senza indicare criteri di competenza territoriale.  Ricevuta la domanda, spetta al responsabile dell'organismo di conciliazione nominare il mediatore.

La durata massima del procedimento è fissata in 4 mesi.

Nel caso di raggiungimento di un accordo, il mediatore forma il processo verbale, al quale è allegato l’accordo, sottoscritto dalle parti; se l’accordo non si raggiunge, il mediatore formula una proposta di conciliazione, che viene comunicata per iscritto alle parti, le quali hanno sette giorni di tempo per accettarla. Se le parti accettano la proposta di conciliazione, su questa si forma il processo verbale; in caso contrario il mediatore redige comunque il processo verbale, che conterrà l’enunciazione della proposta.

Il verbale contenente l’accordo tra le parti è omologato con decreto del presidente del Tribunale e costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma specifica e per l’iscrizione di ipoteca.

Al fine di incentivare il ricorso alla mediazione, il decreto legislativo prevede l’esenzione dall’imposta di bollo e da ogni spesa, tassa o altro diritto di analoga natura degli atti relativi al procedimento di mediazione, nonché l’esenzione del verbale d’accordo dall’imposta di registro (entro il limite di valore di 50.000 euro); inoltre, ai soggetti che si avvalgono della mediazione stragiudiziale è riconosciuto un credito d’imposta commisurato all’indennità versata all’organismo di conciliazione fino ad un massimo di 500 euro e ridotto della metà in caso di insuccesso della mediazione.

 

L’articolo 69,intervenendo in tema di assistenza al turista - che viene assicurata dal Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo anche attraverso call centers -, prevede la possibilità di gestire i reclami tramite uno sportello del turista istituito presso il Dipartimento medesimo, il quale provvede, altresì ad assicurare, ai fini dell’assistenza, l’omogeneità di informazione anche attraverso l’individuazione di denominazioni standard. La norma fa salva la possibilità di utilizzare le procedure di negoziazione volontaria e paritetica di cui all’art. 2, comma 2, del citato D.Lgs. 28/2010.

 

L’articolo 70, da ultimo, in materia di gestione dei reclami, stabilisce che entro 15 giorni dal ricevimento di istanze e reclami presso lo sportello del turista il Dipartimento avvii l’istruttoria, il cui esito viene comunicato ai soggetti interessati entro quarantacinque giorni dalla ricezione del reclamo. Nel corso dell’istruttoria il Dipartimento può richiedere informazioni ai soggetti proponenti il reclamo, alle imprese, agli operatori turistici e ai soggetti vigilati che sono tenuti a rispondere entro trenta giorni durante i quali il procedimento viene sospeso.

La disciplina, mediante regolamento, della procedura di gestione dei reclami compete al Presidente del Consiglio dei ministri o al Ministro delegato.

Attuazione della direttiva 2008/122/CE, relativa ai contratti multiproprietà, contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine, contratti di rivendita e di scambio (Allegato II)

L’articolo 2 dello schema di decreto reca l’approvazione dell’Allegato 2 con il quale viene modificato il Codice del consumo (D.Lgs. 206/2005) nella parte relativa alla multiproprietà, in attuazione della direttiva 2008/122/CE[36].

La direttiva disciplina - con finalità di tutela dei consumatori - alcuni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio, abrogando la disciplina previgente, contenuta nella direttiva 94/47/CE[37].

La direttiva 2008/122/CE è inserita nell’Allegato B della legge comunitaria 2010 (legge n. 96 del 2009); il termine per il suo recepimento scade il 23 febbraio 2011.

 

In base all’articolo 1 della legge comunitaria 2010, il termine per l’esercizio della delega coincide con il termine di recepimento indicato nelle direttive; in virtù del meccanismo di cui al comma 3, se il termine per l’espressione del parere scade, come nel caso in esame, successivamente al termine per l’esercizio della delega, quest’ultimo è prorogato di 90 giorni.

Si segnala che il Consiglio di Stato, nel suo parere del 21 gennaio, non formula osservazioni sul merito delle modifiche apportate al Codice del consumo, in quanto in gran parte volte al recepimento della direttiva 2008/122/CE, ma “ne suggerisce, tuttavia, lo stralcio, per ragioni di ordine sistematico e di materia, oltre che di tecnica legislativa, affinché formino oggetto di un autonomo decreto legislativo”.

 

In attuazione della direttiva, il nuovo articolo 69 del Codice del consumo (che attua l’articolo 2 della direttiva) estende l’ambito di applicazione della disciplina della multiproprietà, intervenendo su due profili.

Da un lato viene ampliata la stessa definizione di “contratto di multiproprietà”: la durata minima del contratto viene ridotta da tre anni a un anno; attraverso il contratto di multiproprietà può essere trasferito non solo un diritto reale, ma anche un diritto personale di godimento[38]; oggetto di tale diritto, che nella formulazione vigente è un immobile, diviene “un alloggio” (nozione che è suscettibile di comprendere anche beni mobili quali roulotte, chiatte o navi); non è più richiesto un periodo minimo annuale di godimento dell’alloggio di una settimana, prevedendosi invece il pernottamento per più di un periodo di occupazione.

Dall’altro, l’applicazione della disciplina viene estesa a tipologie contrattuali ulteriori rispetto al contratto di multiproprietà. Si tratta in particolare delle seguenti:

§      contratto relativo a un prodotto per le vacanze di lungo termine, ovvero il contratto di durata superiore a un anno ai sensi dei quali un consumatore acquisisce a titolo oneroso il diritto di ottenere sconti o altri vantaggi relativamente ad un alloggio, separatamente o unitamente al viaggio o ad altri servizi;

§      contratto di rivendita, ovvero il contratto in forza del quale un operatore assiste a titolo oneroso un consumatore nella vendita o nell'acquisto di una multiproprietà o di un prodotto per le vacanze di lungo termine;

§      contratto di scambio, ovvero il contratto in forza del quale un consumatore partecipa a titolo oneroso a un sistema di scambio che gli consente l'accesso all'alloggio per il pernottamento o ad altri servizi in cambio della concessione ad altri dell'accesso temporaneo ai vantaggi che risultano dai diritti derivanti dal suo contratto di multiproprietà.

 

Le ulteriori innovazioni apportate alla disciplina vigente in attuazione dalla direttiva 2008/122/CE riguardano principalmente la disciplina della pubblicità, le informazioni da fornire prima della firma dei contratti, la lingua da usare, il diritto di recesso senza costi e il divieto di pagamenti anticipati.

 

In particolare, l’articolo 70 (cfr. art. 3 della direttiva) prevede in particolare che nel caso in cui il contratto di multiproprietà o le altre tipologie contrattuali affini siano offerte al consumatore nell’ambito di una promozione o un’iniziativa di vendita l’operatore deve indicare chiaramente nell’invito lo scopo commerciale e la natura dell’evento.

 

In materia di informazioni precontrattuali, l’articolo 71 (che riprende l’articolo 4 della direttiva) prevede, in via generale, che esse siano accurate e sufficienti e fornite in maniera chiara e comprensibile; tali informazioni dovranno essere date a titolo gratuito su carta o altro supporto durevole, in lingua italiana e nella lingua dello Stato UE in cui il consumatore risiede o di cui è cittadino; la medesima disposizione rinvia ad appositi allegati per l’individuazione delle specifiche informazioni da fornire per ciascuna tipologia contrattuale[39]. A tali obblighi si aggiunge la previsione contenuta nell’articolo 72, comma 6, circa le informazioni che l’operatore è tenuto a fornire prima della conclusione del contratto in merito al diritto di recesso (su cui infra).

 

L’articolo 72 (che riprende l’articolo 5 della direttiva), oltre a disciplinare la lingua del contratto e a prevedere la forma scritta ad substantiam, ne determina il contenuto minimo. Il contratto dovrà in particolare includere un formulario separato (Allegato VII alla direttiva) attraverso il quale potrà essere esercitato il diritto di recesso.

 

In base all’articolo 73 (che riprende l’articolo 6 della direttiva) il consumatore potrà esercitare il diritto di recesso, entro 14 giorni dalla stipula (attualmente il termine è di 10 giorni) e senza dover indicare particolari motivi.

Il periodo di recesso si calcola:

-        dal giorno della conclusione del contratto o del contratto preliminare;

-        dal giorno in cui il consumatore riceve il contratto o qualsiasi contratto preliminare vincolante, se posteriore alla data della conclusione del contratto o del preliminare vincolante.

Vengono dettate disposizioni specifiche in ordine ai termini per recedere nel caso di mancata compilazione del formulario di recesso e di mancata consegna al consumatore per iscritto.

 

In base all’articolo 74 (che riprende gli articoli 7 e 8 della direttiva) il consumatore che intenda esercitare il diritto di recesso deve dare comunicazione scritta della propria decisione. In tal caso, il consumatore non sostiene alcuna spesa né è debitore del valore corrispondente all’eventuale servizio reso prima del recesso. L’esercizio del diritto di recesso da parte del consumatore pone fine all’obbligo delle parti di eseguire il contratto e comporta, in base all’articolo 77 (che riprende l’articolo 11 della direttiva), la risoluzione di tutti i contratti accessori, oltre che, come nel testo vigente, dell’eventuale contratto di credito stipulato tra il consumatore e l’operatore o un terzo (in quest’ultimo caso sulla base di un accordo tra terzo e operatore).

 

L’articolo 75 (che riprende l’art. 9 della direttiva) estende a qualsiasi forma di pagamento (versamento di denaro a titolo di acconto, prestazione di garanzie, depositi bancari, riconoscimento di debito od ogni altro onere a favore dell’operatore o del terzo) il divieto di acconti attualmente previsto dall’articolo 74; tale divieto opera nel periodo durante il quale il consumatore può esercitare il diritto di recesso o, nel caso di contratti di rivendita, nel periodo anteriore al momento in cui la vendita abbia effettivamente luogo o sia posta fine in altro modo al contratto di rivendita.

La relazione illustrativa spiega la disposizione nella prospettiva di assicurare effettività alla tutela offerta dal diritto di recesso e chiarisce che tale divieto recepisce il diffuso orientamento “funzionale” della giurisprudenza di merito.

 

L’articolo 76 (che riprende l’articolo 10 della direttiva) prevede, per i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine, che il pagamento avvenga secondo il piano di pagamento scaglionato. In particolare, i pagamenti, comprese le quote di affiliazione, sono ripartiti in rate annuali, ciascuna di pari valore e, a partire dal secondo pagamento rateale, il consumatore può porre fine al contratto senza incorrere in penali dando preavviso all’operatore entro quattordici giorni dalla ricezione della richiesta di pagamento per ciascuna rata.

 

L’articolo 78 (che riprende in particolare l’articolo 12 della direttiva) interviene in materia di legge applicabile al contratto, chiarendo in particolare la natura inderogabile delle condizioni di tutela previste dal Capo I sia nel caso in cui si applichi la legge di uno Stato membro, sia nel caso in cui si applichi la legge di uno Stato extracomunitario se il bene immobile interessato sia situato sul territorio di un Paese membro o, se il contratto non riguarda beni immobili, nei casi in cui l'operatore svolga l'attività commerciale o professionale in uno Stato membro o diriga la sua attività verso il territorio comunitario.

 

Al fine di garantire il rispetto della nuova disciplina da parte degli operatori, l’articolo 79, in attuazione dell’articolo 13 della direttiva, attribuisce ai consumatori la facoltà di attivare gli strumenti specifici previsti dagli articoli 27, 139, 140 e 140-bis del Codice del consumo.

L’articolo 27 disciplina i poteri inibitori e sanzionatori dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato rispetto a pratiche commerciali scorrette; gli articoli 139 e 140 riguardano la legittimazione ad agire delle associazioni dei consumatori e degli utenti, ai fini dell’adozione di provvedimenti inibitori; l’articolo 140-bis disciplina la class action, che può essere esercitata a tutela dei diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti, al fine di ottenere la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.

 

In ogni caso, è fatta salva la giurisdizione del giudice ordinario.

 

L’articolo 80, in attuazione dell’articolo 14 della direttiva, oltre alla previsione dell’adozione da parte degli operatori di appositi codici di condotta, conferma la possibilità di ricorrere alle procedure di mediazione di cui al decreto legislativo n. 28 del 2010, richiamando anche la possibilità di utilizzare le procedure di negoziazione volontaria e paritetica, che in base all’articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo non sono precluse dalla disciplina della mediazione.

Per quanto riguarda la disciplina sanzionatoria[40], recata dall’articolo 81, si segnalano:

§      l’aumento dell’entità delle sanzioni amministrative pecuniarie irrogabili e della durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione dell’esercizio dell’attività;

§      la previsione di ulteriori condotte sanzionabili; tra queste in particolare le violazioni in materia di obbligo di fideiussione (art. 72-bis), delle disposizioni specifiche concernenti i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine (art. 76) e della disciplina della risoluzione dei contratti accessori (art. 77).

 

Con riferimento a tale ultimo profilo, occorre comprendere in che termini la condotta è sanzionabile, posto che la risoluzione dei contratti accessori sembra operare di diritto.


 



[1]    Le esperienze normative regionali sinora condotte presentano caratteristiche tutt’altro che univoche: alcune Regioni hanno rinunciato a introdurre i STL (es. Toscana);     altre hanno adeguato la propria struttura alla linea tracciata dalla legge quadro (es. Umbria). Si è verificata la tendenza a personalizzare il concetto di STL espresso dalla L. 135/2001 alle differenti esperienze locali. In ogni caso, i STL previsti sono sempre stati improntati alla logica della massima flessibilità.

[2]    L’art. 83 del D.Lgs 59/2010 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) ha disposto che l’apertura, il trasferimento e le modifiche concernenti I'operatività delle strutture turistico - ricettive sono soggetti a segnalazione certificata di inizio attività ai sensi dell'art. 19 della legge n. 241/1990.

[3]    Al riordino della disciplina dello Sportello unico per le attività produttive ha provveduto il D.P.R. 160/2010.

[4]    Il decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante “Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale”, (GU 16 marzo 2005, n. 62) è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[5]    Presso l’Agenzia è inoltre istituito il Comitato tecnico consultivo con funzioni consultive sull’attività della stessa Agenzia composto da 40 membri tra cui 12 rappresentanti delle Regioni, 13 rappresentanti dei Ministeri, 2 membri designati dalla conferenza unificata, 13 rappresentanti delle principali associazioni imprenditoriali, sindacali e di turismo sociale, 1 rappresentante delle Camere di Commercio, 1 rappresentante delle associazioni di categoria del turismo congressuale.

[6]    DPCM 8 settembre 2005 "Istituzione del Comitato nazionale per il turismo" (GU n. 227 del 29 settembre 2005).

[7]    Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[8]    Ai sensi dell’articolo 7 della L. 135/2001, “sono imprese turistiche quelle che esercitano attività economiche, organizzate per la produzione, la commercializzazione, l'intermediazione e la gestione di prodotti, di servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell'offerta turistica”.

[9]    La prima organica disciplina sull'apertura di agenzie di viaggio e turismo è stata prevista dal R.D.L. 23/11/36 n. 2523.

[10]   Si ricorda che ai sensi dell’art. 44 è stato adottato in attuazione dell’art. 2, co. comma 4, della L. 135/01, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, il DPCM 13 settembre 2002, volto alla definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico.

[11]   Secondo la relazione illustrativa che accompagnava il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 7/2007, obiettivo delle disposizioni concernenti l’attività di guida turistica era quello di ottenere come unico requisito richiesto per l’esercizio di dette attività la competenza professionale basata sulla conoscenza del territorio e delle lingue straniere. Nella stessa relazione si sottolineava inoltre l’esiguità del numero delle guide turistiche se rapportato alle esigenze del settore. Tra i diversi fattori che determinavano tale esiguità rientrava, in particolare, la tempistica degli esami di abilitazione organizzati a livello regionale o provinciale che, diversamente da quanto prescritto dalle normative settoriali, non venivano banditi con cadenza annuale.

[12]   Il D.L. 78/2010 ha sostituito la DIA con la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).

[13]   Il decreto legislativo 1° dicembre 2009, n. 179, emanato in attuazione di tale delega, è stato pubblicato nel supplemento ordinario alla "Gazzetta Ufficiale" del 14 dicembre 2009; esso fa salvi circa 2.400 atti normativi di rango primario anteriori al 1°gennaio 1970, di cui si ritiene indispensabile la permanenza in vigore. Il decreto legislativo è stato preceduto da altri due interventi legislativi che, agendo in maniera speculare rispetto al meccanismo taglia-leggi ed utilizzando anche il lavoro di ricognizione effettuato a quel fine, abrogano espressamente circa 32.000 atti normativi, anche successivi al 1970. Si tratta dell’art. 24 del decreto-legge 112/2008, convertito dalla legge 133/2008, e del successivo decreto-legge 200/2008, convertito dalla legge 9/2009.

[14]   La Convenzione, fatta a New York il 13 dicembre 2006, è stata ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge 3 marzo 2009, n. 18, che istituisce anche l'Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità. In particolare, l’articolo 30, relativo alla partecipazione alla vita culturale, ricreativa e sportiva, impegna gli Stati parti a riconoscere il diritto delle persone con disabilità di partecipare su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale e ad adottare tutte le misure appropriate per garantire che le persone con disabilità abbiano accesso ai luoghi culturali, sportivi, ricreativi e turistici.

[15]   Riforma della legislazione nazionale del turismo, c.d. Legge quadro del turismo.

[16]   Secondo la relazione illustrativa, si supera in tal modo un’imprecisione della vigente normativa, in quanto il diritto privato comune attribuisce all'iscrizione nel registro delle imprese efficacia dichiarativa e non costitutiva (art. 2196, comma 1, c.c., secondo cui l'imprenditore che esercita un'attività commerciale è tenuto a chiedere l'iscrizione all'ufficio del registro delle imprese entro 30 giorni dall'inizio dell'impresa), per cui l'iscrizione nel registro delle imprese è da reputarsi condizione non già per l'esercizio di attività commerciale del turismo, bensì per accedere ai finanziamenti ed alle provvidenze previste dalla legislazione speciale.

[17]   Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese, convertito in legge 40/2007.

[18]   Secondo tale definizione, le professioni turistiche sono quelle che organizzano e forniscono servizi di promozione dell'attività turistica, nonché servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti.

[19]   Decreto-legge 7/2007, convertito in legge 40/2007.

[20]   L’articolo 7 della legge 135/2001 con riguardo alle professioni turistiche in generale stabilisce che il relativo esercizio è subordinato ad un’apposita autorizzazione valida sull’intero territorio nazionale (fatta eccezione per le guide turistiche), che viene rilasciata dalla regione.

[21]   Secondo la relazione illustrativa che accompagnava il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 7/2007, obiettivo delle disposizioni concernenti l’attività di guida turistica era quello di ottenere come unico requisito richiesto per l’esercizio di dette attività la competenza professionale basata sulla conoscenza del territorio e delle lingue straniere. Nella stessa relazione si sottolineava inoltre l’esiguità del numero delle guide turistiche se rapportato alle esigenze del settore. Tra i diversi fattori che determinavano tale esiguità rientrava, in particolare, la tempistica degli esami di abilitazione organizzati a livello regionale o provinciale che, diversamente da quanto prescritto dalle normative settoriali, non venivano banditi con cadenza annuale.

[22]   Inoltre, si dispone, con ulteriori previsioni rispetto alla norma del decreto-legge 7/2007: che la corretta informazione del turista è assicurata mediante idonee forme di pubblicità del possesso dei requisiti professionali previsti dalle normative vigenti; che gli esercenti professioni turistiche appartenenti a Paesi extra UE possono essere autorizzati a esercitare la loro attività nel nostro Paese, secondo il principio di reciprocità, previo accertamento dei requisiti di qualificazione professionale prescritti dalla normativa vigente.

[23]   Determinazione delle modalità di trasmissione e di pubblicazione dei prezzi dei servizi delle strutture ricettive, nonché delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione.

[24]   D.L. 31 maggio 2010, n. 78, Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività, economica, convertito con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122.

[25]   In caso di avvio di un’attività commerciale la Scia va presentata, di norma, allo Sportello unico per le attività produttive (SUAP).

[26]   Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo – recante “Modalità di erogazione dei «Buoni vacanza»”, pubblicato nella G. U. 6 febbraio 2009, n. 30.

[27]   Decreto recante “Ridefinizione delle modalità di impiego delle risorse di cui all'articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135, come previsto dell'articolo 2, comma 193, lettera b) della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per l'erogazione di buoni vacanze da destinare a interventi di solidarietà in favore delle fasce sociali più deboli e favorire la destagionalizzazione dei flussi turistici nei settori del turismo balneare, montano e termale”, Pubblicato nella G. U. 2 agosto 2010, n. 178.

[28]   Riordino del settore termale.

[29]   Decreto legislativo recante “Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57”. In particolare l’articolo 3 riguarda le attività agrituristiche.

[30]   Disciplina dell'agriturismo.

[31]   Si rinvia, per approfondimenti, al tema dell’attività parlamentare “Codice dell’agricoltura”, reperibile al link

      www.camera.it/465?area=4&tema=226&Il+codice+dell'attivit%C3%A0+agricola.

[32] Tale disposizione esclude la risoluzione del contratto nel caso di inadempimenti di scarsa importanza.

[33]   Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.

[34]   Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.

[35]   Decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, recante Attuazione dell’articolo 60 della legge 18 giugno 2009,n. 69, in materia di mediazione finalizzata alla conciliazione delle controversie civili e commerciali.

[36]    Dir. 14 gennaio 2009, n. 2008/122/CE. Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla tutela dei consumatori per quanto riguarda taluni aspetti dei contratti di multiproprietà, dei contratti relativi ai prodotti per le vacanze di lungo termine e dei contratti di rivendita e di scambio.

[37]   Direttiva 26 ottobre 1994, n. 94/47/CEE. Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la tutela dell'acquirente per taluni aspetti dei contratti relativi all'acquisizione di un diritto di godimento a tempo parziale di beni immobili.

      La direttiva è stata attuata nel nostro ordinamento attraverso la legge 24 aprile 1998, n. 128 e il decreto legislativo 9 novembre 1998, n. 427. Tale decreto è stato poi abrogato dal c.d. Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206), i cui articoli da 69 a 81 disciplinano la multiproprietà in attuazione della disciplina comunitaria.

[38]    Con riferimento a tale profilo, la relazione illustrativa spiega che, a fronte della facoltà attribuita agli Stati membri di qualificare il diritto di godimento come diritto reale o personale, il legislatore ha ritenuto di estendere la disciplina contenuta nel Capo I anche al caso in cui il contratto abbia ad oggetto un diritto personale di godimento ternario, come nella cd. multiproprietà azionaria.

[39]   L’Allegato III è relativo ai contratti di multiproprietà e prescrive che oltre a una descrizione del prodotto debbano essere fornite al consumatore informazioni sul prezzo e l'eventuale piano di pagamento scaglionato, debbano essere indicati i servizi inclusi come elettricità, acqua e manutenzione, nonché le strutture a disposizione. Inoltre, l'operatore dovrà chiarire se ha aderito a un codice di condotta applicabile agli operatori del settore che deve essere adottato dagli organismi di categoria e se è stato attivato un sistema di scambio (il formulario per i contratti di scambio è contenuto nell’Allegato VI), specificandone i costi. Gli Allegati IV e V contengono i formulari, rispettivamente, per i contratti relativi a prodotti per le vacanze di lungo termine e per i contratti di rivendita.

[40]    In proposito, la direttiva (articolo 15) demanda agli Stati il compito di individuare sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive per l’ipotesi in cui l’operatore non rispetti le disposizioni contenute nella direttiva stessa.