Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Titoli e marchi di identificazione dei metalli preziosi - A.C. 326 e A.C. 1010
Riferimenti:
AC N. 1010/XVI   AC N. 326/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 35
Data: 29/07/2008
Descrittori:
MARCHI DI QUALITA' GARANZIA E IDENTIFICAZIONE   METALLI PREZIOSI
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo

 


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

 

Titoli e marchi di identificazione
dei metalli preziosi

A.C. 326 e A.C.1010

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 35

29 luglio 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Attività produttive

 

SIWEB

 

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File: AP0011.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Quadro della normativa vigente  3

Proposta di legge A.C. 326 (Stefani ed altri)12

Proposta di legge A.C. 1010 (Raisi ed altri)15

§      Capo I – Definizioni (art. 1)16

§      Capo II - Titoli dei metalli preziosi (artt. 2-8)19

§      Capo III - Elenco degli assegnatari del marchio di identificazione (artt. 9 e 10)25

§      Capo IV - Marchio di identificazione (artt. 11-15)29

§      Capo V - Marchi tradizionali di fabbrica e saggio facoltativo
(artt. 16 e 17)33

§      Capo VI - Oggetti placcati, dorati, argentati e rinforzati  o di fabbricazione mista (artt. 18-19)34

§      Capo VII - Responsabilità (artt. 20-25)35

§      Capo VIII - Vigilanza (artt. 26-28)38

§      Capo IX - Laboratori di saggio e di analisi (artt. 29-32)40

§      Capo X - Certificazioni aggiuntive (art. 33)44

§      Capo XI – Sanzioni (artt. 34-36)45

§      Capo XII – Disposizioni  transitorie e finali (artt. 37-40)50

Normativa di riferimento

§      Codice penale (artt. 36, 99-109)55

§      Codice di procedura penale (art. 57)60

§      R.D. 18 giugno 1931, n. 773 Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (artt. 10, 127 e 128)61

§      L. 24 novembre 1981, n. 689 Modifiche al sistema penale (artt. 8, 15-20)63

§      L. 8 agosto 1985, n. 443 Legge-quadro per l'artigianato (art. 5)68

§      D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 251 Disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, in attuazione dell'articolo 42 della L. 24 aprile 1998, n. 128  70

§      D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150 Regolamento recante norme per l'applicazione del D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 251, sulla disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi78


Schede di lettura

 


Quadro della normativa vigente

La disciplina vigente dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi è attualmente contenuta nel decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251 (di seguito D.Lgs.) – adottato sulla base della delega conferita dall'articolo 42 della legge 24 aprile 1998, n. 128[1], – e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 150 (di seguito DPR), recante il relativo regolamento di attuazione[2] .

Si ricorda come all’origine dell’adozione del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, vi fosse l'esigenza per il nostro Paese di adeguare la normativa allora vigente in materia – ossia la legge 30 gennaio 1968, n. 46, e il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1496 - al principio comunitario del mutuo riconoscimento e ai criteri espressi da una proposta di direttiva – peraltro mai adottata - intesa ad armonizzare la legislazione degli Stati dell'Unione europea, al fine di assicurare il libero scambio intracomunitario degli oggetti in metallo prezioso.

Tale adeguamento normativo si era necessario alla luce del parere motivato emesso l’8 marzo 1996 dalla Commissione europea in relazione alla citata previgente disciplina in materia di metalli preziosi, la quale conteneva disposizioni  in contrasto con gli artt. 30-36 del Trattato CE e atte a ostacolare la commercializzazione in Italia di oggetti importati da un altro Stato membro. In particolare, le censure comunitarie erano rivolte alla disciplina nazionale laddove essa: ammetteva l’utilizzazione dei soli titoli di metalli preziosi previsti dalla legislazione nazionale, ad esclusione di alcuni altri comunemente impiegati nel commercio intracomunitario; prevedeva che il punzone di titolo venisse in linea di massima apposto dall’importatore, senza riconoscere la validità dei punzoni di contenuto equivalente ed egualmente comprensibili apposti conformemente alle normative di altri Stati membri; prevedeva che gli oggetti preziosi importati dovessero essere muniti del marchio di responsabilità del fabbricante munito di legale rappresentante in Italia.

I metalli definiti preziosi sono il platino, il palladio, l’oro e l’argento (cfr. art. 1 D.Lgs. e art.1, lett. b) del  DPR).

Gli oggetti in metallo prezioso e le loro leghe, fabbricati e posti in commercio nel territorio della Repubblica italiana, debbono essere a titolo legale e portare impresso, prima di essere posti in commercio:

§      il titolo in millesimi del fino contenuto;

§      il marchio di identificazione dell'azienda produttrice;

E’ vietato l’uso di marchi di identificazione diversi da quelli recati dalle disposizioni in esame (artt. 2 e 4 del D.Lgs.).

Gli oggetti in metallo prezioso legalmente prodotti e commercializzati nei Paesi membri dell'Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo, per esser posti in commercio sul territorio della Repubblica Italiana, sono esentati dall'obbligo di recare il marchio di identificazione dell'importatore a condizione che rechino l'indicazione del titolo in millesimi e del marchio di responsabilità previsto dalla normativa del Paese di provenienza o, in sostituzione di quest'ultimo, di una punzonatura avente un contenuto informativo equivalente a quello prescritto dalla norma italiana e che sia comprensibile per il consumatore finale.

Gli oggetti in metallo prezioso importati da Paesi che non siano membri dell'Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo, per essere posti in commercio nel territorio della Repubblica Italiana, devono essere a titolo legale, recare l'indicazione in millesimi, riportare il marchio di responsabilità del fabbricante estero ed il marchio di identificazione dell'importatore [3] (art. 5 D.Lgs.).

Il regolamento di attuazione ha poi fissato le caratteristiche della tabella di comparazione che deve essere esposta, al fine di una corretta informazione al consumatore, da chiunque vende al dettaglio gli oggetti in metallo prezioso importati (art.5, comma 4, del  D.Lgs.; art. 4, comma 7, all. 1 del DPR).

Titoli legali dei metalli preziosi

Il titolo del metallo prezioso contenuto nell'oggetto deve essere espresso in millesimi. Il titolo indica dunque quante parti su mille della lega sono costituite dal metallo prezioso.

I titoli legali da garantire a fusione per ogni parte degli oggetti sono i seguenti:

§         Oro Au 750 - 585 - 375

§         Argento Ag 925 - 800

§         Platino Pt 950 - 900 - 850

§         Palladio Pd 950 - 500

E' sempre ammesso qualsiasi titolo superiore al più alto indicato in tabella per ciascun metallo.

Non sono ammesse tolleranze negative sui titoli dichiarati per le materie prime e sui titoli legali per gli oggetti finiti, ad eccezione dei seguenti casi:

a) negli oggetti di platino o di palladio massiccio e di pura lastra è ammessa una tolleranza di 5 millesimi;

b) negli oggetti di platino o di palladio a saldatura semplice è ammessa una tolleranza di 10 millesimi;

c) negli oggetti in oro eseguiti col metodo della fusione in cera persa, con iniezione centrifuga, e marchiati 753 è ammessa la tolleranza di 3 millesimi (art.3 del D.Lgs.).

Il regolamento fissa i metodi ufficiali di analisi per la determinazione del titolo, distinguendo per ciascuna tipologia di metallo prezioso. Fissa altresì la misura massima dell'errore ammissibile in sede delle analisi medesime (art. 3, comma 5, del D.Lgs.; art. 11 e all. II, del DPR).

E' consentita la produzione di oggetti con titoli diversi da quelli stabiliti, ai fini sia dell'esportazione fuori dello Spazio economico europeo (paesi UE più Islanda, Norvegia, Liechtenstein), sia di commercializzazione nei Paesi dello Spazio economico europeo, purché tali titoli siano previsti dalla normativa del paese di esportazione (art. 6 del D.Lgs.)

Il marchio di identificazione e le sue caratteristiche

Per ottenere il marchio di identificazione, i fabbricanti, gli importatori ed i venditori di metalli preziosi ne fanno domanda alla Camera di commercio competente in base al territorio in cui la aziende hanno sede legale, la quale tiene il "Registro degli assegnatari dei marchi di identificazione" al quale devono iscriversi:

a) coloro che vendono oro, argento, platino e palladio in lingotti, verghe, laminati, profilati e semilavorati in genere;

b) coloro che fabbricano od importano oggetti contenenti i metalli di cui alla lettera a) (artt.7 e 14 D.Lgs.) [4].

Il “Registro” trova puntuale disciplina nel capo IV del DPR. 

La Camera di commercio, non oltre due mesi dalla data di presentazione della richiesta, assegna al richiedente il numero caratteristico del marchio e fa eseguire le matrici recanti le impronte del marchio stesso (art. 10 D.Lgs.). Le matrici sono depositate presso le Camere di commercio competenti per territorio.

Le caratteristiche e le dimensioni nominali del marchio di identificazione sono individuate nel Regolamento attuativo (art. 8, comma 1 D.Lgs.). Nello specifico, il marchio è costituito da un'impronta poligonale recante all'interno la sagoma di una stella a cinque punte, il numero caratteristico attribuito all'azienda assegnataria del marchio da parte della Camera di commercio, nonché la sigla della provincia ove l'azienda ha la propria sede legale (art.8, comma 2 e 3 del D.Lgs.; art.1, lett.d), art.12 e all. 3 del DPR).

Modalità di apposizione del marchio

Le aziende assegnatarie del marchio sono tenute ad imprimere sugli oggetti realizzati in metallo prezioso il proprio marchio di identificazione, oltre a quello indicante il titolo del metallo. Il marchio ed il titolo devono essere impressi sulla parte principale dell'oggetto e, ove ciò non sia possibile, su di una piastrina dello stesso metallo dell'oggetto unita ad esso mediante saldatura (art. 8, co. 6 e 7 del D.Lgs.).

Gli oggetti di fabbricazione mista di due o più metalli preziosi devono portare, quando ciò sia tecnicamente possibile, l'impronta del titolo su ciascuno dei metalli componenti; in caso contrario le impronte sono apposte sul metallo di peso prevalente. Gli oggetti costituiti da più parti smontabili, non vincolate da saldature, devono portare il marchio di identificazione e l'impronta del titolo su ciascuna di tali parti, ad eccezione di quelle di peso inferiore ad un grammo (art.8, co.8 e 9 D.Lgs. e art. 20, co.3 DPR).

Le indicazioni del titolo ed il marchio sono obbligatorie per gli oggetti costituiti in parte di metalli preziosi, ed in parte di sostanze o metalli non preziosi. In questo caso, su questi ultimi devono essere apposte sigle od iscrizioni adatte ad identificarli, secondo quanto stabilito dal regolamento di attuazione (art. 15, co. 2 e artt. 36 e 37 del DPR).

Lo stesso obbligo di indicazione del titolo e del marchio sussiste nei casi particolari di oggetti in metalli preziosi che, per gli usi cui sono destinati e per esigenze di ordine tecnico, richiedono l’introduzione, nel loro interno, di mastice od altre sostanze non preziose, in deroga al divieto in tal senso previsto dal D.lgs. in commento (art.8, comma 10 e art. 15, co.3). Per tali oggetti il regolamento stabilisce, altresì, le modalità con cui le sostanze estranee devono essere, anche quantitativamente, identificate (artt.38-40 DPR).

E’ vietato comunque imprimere indicazioni di titoli in millesimi ed in carati, nonché altre indicazioni che possano ingenerare equivoci, sugli oggetti di metalli differenti da quelli preziosi, anche se dorati argentati, ovvero placcati (art.15, co.1 D.Lgs.).

I titolari di marchi di identificazione - previa autorizzazione scritta - possono far apporre il proprio marchio di identificazione ad altri soggetti, a loro volta titolari di marchi di identificazione, che partecipano al processo produttivo (art. 17 D.Lgs.).

I commercianti all'ingrosso e al dettaglio hanno l'obbligo di controllare che la merce acquistata sia rispondente alle indicazioni riportate nei documenti di trasporto o similari, nonché devono accertare la presenza e la leggibilità del marchio d'identificazione e del titolo impressi sugli oggetti (art. 41 DPR).

Il rivenditore risponde comunque verso il compratore dell’esattezza del titolo dichiarato, salvo l’azione di rivalsa (art. 16 D.Lgs.).

Marchi tradizionali e di fabbrica

Marchi tradizionali di fabbrica, o sigle particolari, sono ammessi in aggiunta al marchio di identificazione, ma non devono contenere indicazioni atte ad ingenerare equivoci con il marchio ed il titolo stesso (art. 9 D.Lgs.). Inoltre, a richiesta degli interessati, i metalli e gli oggetti contenenti metalli preziosi possono essere sottoposti a saggio da parte delle Camere di commercio, le quali  appongono, sul metallo o sull'oggetto saggiato, apposito marchio per il saggio facoltativo (art. 13 D.Lgs.).

I marchi tradizionali e di fabbrica, nonché il marchio per il saggio facoltativo trovano la loro disciplina attuativa nel capo V del DPR.

Obblighi dell’assegnatario del marchio di identificazione

I titolari di marchio provvedono a far fabbricare i punzoni contenenti le impronte dei marchi stessi nelle quantità, misure e tipi loro occorrenti, ricavandoli dalle matrici; i punzoni saranno poi muniti, da parte della Camera di commercio, di uno speciale bollo di autenticazione (art.11 D.Lgs.; art. 15, co. 1 e 7 e all. VI del DPR).

I marchi di identificazione resi inservibili dall'uso devono essere rimessi alle Camere di commercio per la deformazione, che viene effettuata con le modalità previste dal regolamento (art. 29, commi 8 e 10 del D.Lgs.).

Esoneri dall’obbligo di apposizione del marchio di identificazione

Non sono soggetti all'obbligo di apposizione del marchio e del titolo, pur essendo garantiti con modalità previste dal regolamento (artt. 19 e 23 del DPR):

a)   oggetti di peso inferiore a 1 grammo;

b)   semilavorati e lavorati in metalli preziosi e loro leghe per odontoiatria;

c)   oggetti di antiquariato (riconosciuti da esperti iscritti nei Ruoli periti ed esperti delle CCIAA);

d)   semilavorati e loro leghe, oggetti e strumenti per usi industriali;

e)   strumenti ed apparecchi scientifici;

f)     monete;

g)   medaglie e altri oggetti preziosi fabbricati dalla Zecca dello Stato (che appone un suo marchio speciale);

h)   oggetti usati in possesso delle aziende commerciali (descritti nel Registro delle operazioni previsto dall'art. 128 del TULPS[5]);

i)      residui di lavorazione;

j)      leghe saldanti a base di argento, platino o palladio (art. 12 D.Lgs.)

Controlli nel settore dell’oreficeria e dell’argenteria

La vigilanza sulla produzione e sul commercio dei metalli preziosi è esercitata dal personale delle Camere di commercio anche nei confronti di coloro che producono, importano o rivendono oggetti placcati, argentati o rinforzati o di fabbricazione mista (art. 42, co. 1, del DPR).

Il suddetto personale, agli effetti dell'articolo 57 c.p.p.[6], durante l'espletamento e nei limiti del servizio di controllo per l'applicazione delle norme del decreto in commento, è qualificato ufficiale e agente di polizia giudiziaria. Per esercitare le funzioni di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria deve comunque aver frequentato con esito positivo un apposito corso teorico-pratico di formazione e, nell'esercizio dell’azione di vigilanza, è tenuto ad esibire una speciale tessera munita di fotografia rilasciata dalla Camera di commercio di appartenenza (art.42, co. 2 DPR; art.20 D.Lgs.). In particolare, il personale della Camera di commercio può effettuare visite ispettive, anche non preannunciate, con facoltà di accedere nei locali adibiti alla produzione, al deposito e alla vendita di materie prime e di oggetti in metallo prezioso, allo scopo di:

a)   prelevare campioni di materie prime portanti impressi il titolo dichiarato, per accertarne l'esattezza mediante saggi da eseguirsi presso laboratori delle camere di commercio;

b)   prelevare campioni di semilavorati ed oggetti già marchiati e pronti per la vendita (prodotti finiti), per accertare l'esattezza del titolo legale;

c)   verificare l'esistenza della dotazione di marchi d'identificazione e controllarne l'autenticità e la perfetta idoneità all'uso (art. 21 del D.Lgs.)

Al termine delle operazioni di controllo si redigono i seguenti documenti:

a) verbale di ispezione

b) verbale di prelievo campioni

c) modulo di identificazione dei campioni

I campioni prelevati vengono sigillati in apposite buste controfirmate dalle parti, ed inviati al laboratorio (artt. 43-47 DPR).

I saggi sono eseguiti con le modalità previste nel regolamento di attuazione (art. 44 e all. X del DPR), non danno luogo ad indennizzo ed i risultati devono essere indicati in appositi certificati (art.22 del D.Lgs).

I campioni e gli oggetti prelevati per il saggio ed i residui dei campioni e degli oggetti stessi sono restituiti al proprietario se risultano conformi alle prescrizioni della normativa in commento (art. 23 D.Lgs).

Per quanto concerne i laboratori che effettuano il saggio degli oggetti in metallo prezioso e rilasciano le relative certificazioni del titolo, questi devono essere abilitati dalle Camere di commercio [7], o appartenere alle stesse o a loro aziende speciali; devono inoltre offrire garanzie di indipendenza e di qualificazione tecnico professionale, con particolare riferimento al settore orafo argentiero, per la determinazione del titolo dei metalli preziosi.

La vigilanza ed il controllo sui laboratori abilitati sono esercitati dalle Camere di commercio competenti per territorio, secondo le modalità stabilite nel regolamento (art. 18, co. 1, 2 e 5 D.Lgs.).

Al fabbricante o al suo mandatario è data facoltà di chiedere una certificazione aggiuntiva rilasciata dai laboratori suddetti, oppure da un organismo di certificazione accreditato a livello comunitario in base alle normative tecniche vigenti, che risulti rivolto al settore produttivo dei metalli preziosi (art. 19 D.Lgs.) [8].

Divieti

Ai produttori, importatori e commercianti è fatto divieto di vendere oggetti in metalli preziosi sprovvisti di marchio di identificazione e di titolo legale.

Ai commercianti è inoltre fatto divieto di detenere oggetti di metalli preziosi pronti per la vendita sprovvisti di marchio e del titolo legale. Il divieto non riguarda i prodotti commercializzati nei Paesi membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, i prodotti importati da paesi non siano membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, nonché i prodotti non soggetti all’obbligo di marchio di identificazione. Per tali prodotti vigono specifiche disposizioni (cfr. supra artt. 5 e 12 D.Lgs.).

I semilavorati su cui non è possibile effettuare la punzonatura del marchio di identificazione e del titolo potranno formare oggetto di scambio solo tra operatori muniti di marchio di identificazione, purché siano contenuti in involucri sigillati portanti il marchio di identificazione e l'indicazione del titolo (art. 24 D.Lgs).

Sanzioni

Il quadro sanzionatorio delineato dall’articolo 25 del D.Lgs è stato mutuato dalla legge del 1968[9] e risulta incentrato su sanzioni amministrative pecuniarie.

La sanzione amministrativa è la misura che l'ordinamento adotta per colpire gli illeciti amministrativi, cioè i comportamenti dei privati che violano obblighi imposti nei confronti della pubblica amministrazione. Tali sanzioni non sono considerate diminutive della dignità della persona, non vengono iscritte nel casellario giudiziario e non incidono sul godimento dei diritti politici; possono colpire anche le persone giuridiche e, quando hanno carattere pecuniario, l'obbligo del loro pagamento si trasmette agli eredi.

La sanzione amministrativa per antonomasia è quella pecuniaria, che consiste nel pagamento di una somma di denaro e costituisce il modello base di sanzione, prevista e disciplinata dalla legge fondamentale in materia (Legge 24 novembre 1981, n. 689). Tale legge definisce la sanzione amministrativa pecuniaria dichiarando che consiste “nel pagamento di una somma di denaro non inferiore a 6 euro e non superiore a 10.329 euro”, tranne che per le sanzioni proporzionali, che non hanno limite massimo; nel determinarne l'ammontare, l'autorità amministrativa deve valutare la gravità della violazione, l'attività svolta dall'autore per eliminare o attenuarne le conseguenze, le sue condizioni economiche e la sua personalità (artt. 10 e 11).

L'applicazione della sanzione avviene secondo il seguente schema:

1.  accertamento, contestazione notifica al trasgressore;

2.  pagamento in misura ridotta o inoltro di memoria difensiva all’autorità amministrativa:

a.  archiviazione o emanazione di ordinanza ingiunzione di pagamento;

b.  opposizione all’ordinanza ingiunzione davanti all’autorità giudiziaria (giudice di pace o tribunale);

c.  accoglimento dell’opposizione, anche parziale o rigetto (sentenza ricorribile per cassazione);

d.  esecuzione forzata per la riscossione delle somme.

 

Salva l'applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti, qualora il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni del decreto n. 251 è così sanzionata:

 

Le sanzioni previste dall’art. 25, D.Lgs. n. 251/99

Fattispecie

Sanzione amministrativa

a) detenzione, produzione, importazione e  commercio di metalli preziosi senza marchio di identificazione ovvero con marchi contraffatti, non assegnati o scaduti, illeggibili, ovvero senza titolo

 

Da 154,94 a 1.549,37 euro

b) Produzione di materie prime o oggetti di metallo prezioso con titolo inferiore a quello impresso

 

Da 309,87 a 3.098,74 euro

c) Commercio o detenzione per la vendita di materie prime o oggetti di metallo prezioso con titolo inferiore a quello impresso (salvo dimostrazione di non essere produttore e di non aver alterato gli oggetti)

 

 

Da 77,47 a 774,68 euro

d) Fabbricazione, commercio o detenzione per la vendita di oggetti di metallo comune recanti qualunque titolo e comunque tali da ingenerare confusione con i metalli preziosi[10]

 

 

 

Da 30,99 a 309,87 euro

e) Smarrimento dei marchi di identificazione senza tempestiva denuncia alla Camera di commercio

Il successivo articolo 26 del D.Lgs. prevede, in caso di condanna penale, la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza nonché, in caso di recidiva, la sospensione dall’esercizio dell’attività di produzione o commercio di preziosi per un periodo da 15 giorni a 6 mesi.


 

Proposta di legge A.C. 326 (Stefani ed altri)

Articolo 1

 


      1. La lettera a) del comma 1 dell'articolo 25 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, è sostituita dalle seguenti:

          «a) chiunque usa marchi assegnati ad altri è punito con la sanzione amministrativa da 3.100 euro a 31.000 euro;

          a-bis) chiunque pone in commercio o detiene per la vendita materie prime ed oggetti di metalli preziosi privi di marchio di identificazione o di titolo è punito con la sanzione amministrativa da 2.325 euro a 23.250 euro. La stessa sanzione si applica anche a chi pone in commercio o detiene per la vendita materie prime e oggetti di metalli preziosi muniti di marchi identificativi illeggibili;

          a-ter) chiunque produce o importa materie prime e oggetti di metalli preziosi senza aver avuto l'assegnazione del marchio è punito con la sanzione amministrativa da 1.550 euro a 15.500 euro;

          a-quater) chiunque autorizza altri ad avvalersi del proprio marchio è punito con la sanzione amministrativa da 154.937 euro a 1.549.371 euro. La stessa sanzione si applica anche a chi pone in commercio o detiene per la vendita materie prime e oggetti di metalli preziosi muniti di marchi diversi da quelli legali;».

      2. Le lettere b) e c) del comma 1 dell'articolo 25 del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, sono sostituite dalle seguenti:

          «b) chiunque pone in commercio oro puro con titolo inferiore a quello dichiarato è punito con la sanzione amministrativa da 10.350 euro a 51.650 euro;

          c) chiunque produce materie prime e oggetti di metallo prezioso il cui titolo risulta inferiore a quello legale impresso e dichiarato su fattura, tenuto conto delle tolleranze di cui al comma 4 dell'articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa da 3.100 euro a 31.000 euro».

 


 

 

La proposta di legge A.C. 326 (Stefani ed altri) è volta a riformulare le disposizioni sanzionatorie connesse alla disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, contenuta nel decreto legislativo n. 251 del 1999 (emanato in attuazione della delega contenuta nella legge comunitaria 1995-97 - legge 24 aprile 1998, n. 128, art. 42).

La proposta riproduce pressoché integralmente il testo dell’AC 24 (Stefani e altri), presentato nella XIV legislatura e assegnato in sede referente alla II Commissione (Giustizia) che vi dedicò tre sedute, senza però concluderne l’esame.

La disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi dettata dal D.Lgs. n. 251/1999 (che ha abrogato la previgente legge n. 46 del 1968) mira, in estrema sintesi, ad una maggiore tutela degli operatori e dei consumatori. A tal fine, infatti, il decreto legislativo, dopo aver riconosciuto la natura di metallo prezioso del platino, del palladio, dell’oro e dell’argento, impone che tali metalli – nonché le loro leghe – portino impresso il titolo in millessimi del fino contenuto ed il marchio di identificazione. I titoli ammessi sono solo quelli previsti dal decreto[11] e devono essere espressi in millesimi. Oggetti con titoli diversi potranno sempre essere prodotti ma solo ai fini dell'esportazione/commercializzazione o fuori dallo Spazio economico europeo, o all’interno dello stesso, purché verso uno Stato che ammette il titolo stesso. La concessione del marchio è soggetta a domanda ed a rinnovo annuale, con pagamento di un diritto; il registro degli assegnatari dei marchi di identificazione è tenuto dalle camere di commercio presso le quali sono anche depositate le matrici[12]. Inoltre, a garanzia del titolo e della conformità dei lavori alle disposizioni del decreto, il legislatore ha ammesso certificazioni aggiuntive, rilasciate da laboratori abilitati o da organismi di certificazione accreditati a livello comunitario.

Il quadro sanzionatorio delineato dall’art. 25 del D.Lgs è stato mutuato dalla legge del 1968[13]. Salva l'applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti, qualora il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni del decreto è così sanzionata:

 

Le sanzioni previste dall’art. 25, D.Lgs. n. 251/99

Fattispecie

Sanzione amministrativa

a) detenzione, produzione, importazione e il commercio di metalli preziosi senza marchio di identificazione ovvero con marchi contraffatti, non assegnati o scaduti, illeggibili, ovvero senza titolo

da 154,94 a 1.549,37 euro

b) Produzione di materie prime o oggetti di metallo prezioso con titolo inferiore a quello impresso

da 309,87 a 3.098,74 euro

c) Commercio o detenzione per la vendita di materie prime o oggetti di metallo prezioso con titolo inferiore a quello impresso (salvo dimostrazione di non essere produttore e di non aver alterato gli oggetti)

da 77,47 a 774,68 euro

d) Fabbricazione, commercio o detenzione per la vendita di oggetti di metallo comune recanti qualunque titolo e comunque tali da ingenerare confusione con i metalli preziosi[14]

da 30,99 a 309,87 euro

e) Smarrimento dei marchi di identificazione senza tempestiva denuncia alla camera di commercio

Partendo dalla considerazione dell’inadeguatezza di tale disciplina rispetto alla realtà del settore, l’AC n. 24 è finalizzato alla razionalizzazione del sistema sanzionatorio attraverso la ridefinizione di alcune fattispecie di illecito e attraverso l’inasprimento delle sanzioni amministrative attualmente previste, allo scopo di creare un efficace deterrente ai comportamenti scorretti che si verificano nel settore a danno sia dei consumatori che degli stessi operatori.

Rispetto all’attuale testo, le modifiche introdotte dalla proposta di legge in esame prevedono, infatti, una maggior diversificazione delle sanzioni nei confronti di produttori, importatori e commercianti stabilita in relazione non solo alla gravità dell’illecito commesso, ma anche con riferimento alla tipologia del medesimo, vale a dire distinguendo tra illeciti riferiti ai marchi e illeciti riferiti al titolo. Le attuali sanzioni subiscono un notevole inasprimento arrivando fino al tetto massimo di 51.645,69 euro (pari a 100 milioni di lire).

 

Il quadro sanzionatorio che ne risulta è il seguente:

 

Le sanzioni previste dall’AC 326
vengono sostituite le lettere a), b) e c) e introdotte le lettere a-bis), a-ter), a-quater) del comma 1, dell’articolo 25

Fattispecie

Sanzione amministrativa

a) utilizzazione di marchi assegnati ad altri o invalidati

da 3.098,74 a 30.987,41 euro

a-bis) commercializzazione o detenzione per la vendita di materie prime od oggetti di metalli preziosi privi di marchio di identificazione o di titolo o muniti di marchi identificativi illeggibili

da 2.324,06 a 23.240,56 euro

a-ter) produzione e importazione di materie prime ed oggetti di metalli preziosi senza assegnazione del marchio

da 1.549,37 a 15.493,70 euro

a-quater) autorizzazione ad altri ad avvalersi del proprio marchio e commercializzazione o detenzione per la vendita di materie prime od oggetti preziosi muniti di marchio diverso da quello legale

da 154,94 a 1.549,37 euro

b) commercializzazione di oro puro con titolo inferiore a quello dichiarato

da 10.329,14 a 51.645,69 euro

c) produzione di materie prime o oggetti di metallo prezioso di titolo inferiore a quello legale impresso e dichiarato su fattura, tenuto conto delle tolleranze previste dall’art. 3 del decreto legislativo

da 3.098,74 a 30.987,41 euro

Restano invariate le sanzioni previste dalle lettere d) ed e) del comma 1 dell’articolo 25

 

 


Proposta di legge A.C. 1010 (Raisi ed altri)

La proposta di legge AC 1010 (Raisi ed altri) reca la nuova disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi (platino, palladio, oro e argento), attualmente contenuta nel decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251 (di seguito D.Lgs.) – adottato sulla base della delega conferita dall'articolo 42 della legge 24 aprile 1998, n. 128 – e nel  decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 150, recante il relativo regolamento di attuazione (di seguito DPR) .

 

La proposta riproduce pressoché integralmente il testo dell’AC 5383 (Raisi e altri), presentato nella XIV legislatura e assegnato in sede referente alla X Com-missione (Attività produttive) che vi dedicò cinque sedute, senza però concluderne l’esame.

 

Come si legge nella relazione di accompagnamento, la proposta di legge intende intervenire a difesa delle imprese italiane e del Made in Italy, al fine di tutelare l'arte orafa nazionale e impedire, tra l’altro, il fenomeno connesso all'esportazione di prodotti impropriamente muniti della marchiatura peculiare degli oggetti fabbricati in Italia, ma che, in realtà, risultano realizzati, in imitazione, in Paesi fuori dallo Spazio economico europeo.

Quanto alla tecnica legislativa, anziché procedere ad una novella delle disposizioni recate dal suddetto decreto legislativo n.251/99, si è preferito procedere alla definizione integrale della nuova disciplina e alla contestuale abrogazione di quella vigente, rinviando ad un regolamento di attuazione la definizione delle norme di dettaglio.

 

La proposta consta di 40 articoli, suddivisi in 12 Capi.


Capo I – Definizioni (art. 1)

 


Articolo 1

      1. Ai fini della presente legge si intende:

          a) per «metalli preziosi»: l'argento, l'oro, il palladio, il platino e le loro leghe;

          b) per «lega»: una soluzione solida di metallo prezioso e di uno o vari altri metalli;

          c) per «materie prime»: i metalli preziosi puri e le loro leghe nelle seguenti forme:

              1) i lingotti, i pani, le verghe, i bottoni, i granuli e in genere ogni prodotto ricavato da fusione;

              2) le polveri prodotte con processi di natura chimica o elettrochimica o meccanica;

              3) le leghe brasanti, ad eccezione delle leghe per saldature «ad argento» destinate ad impieghi industriali estranei alla lavorazione dei metalli preziosi;

          d) per «semilavorati»:

              1) i laminati e i trafilati, in lamine, barre, fili e in genere ogni prodotto predisposto ad ogni processo di trasformazione;

              2) i prodotti di qualsiasi forma e dimensione, costituiti dai prodotti di processi tecnologici di qualsiasi natura meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita non risultano diretti a uno specifico uso o funzione, ma sono destinati ad essere intimamente inseriti in oggetti compositi, garantiti nel loro complesso dal produttore che opera il montaggio;

          e) per «marchio di identificazione»: il marchio, costituito da un'impronta, che identifica il soggetto giuridico responsabile della rispondenza del titolo dichiarato al titolo reale delle materie prime, dei semilavorati o degli oggetti in metallo prezioso. Il marchio di identificazione è individuato quale:

              1) «marchio di artefice», se concesso ad una impresa che esercita, anche se non in via esclusiva, l'attività di produzione di semilavorati o di oggetti in metallo prezioso;

              2) «marchio di responsabilità», se concesso ad una impresa che esercita l'attività di:

                  2.1) produzione, importazione o commercializzazione di metalli preziosi allo stato di materie prime;

                  2.2) importazione di semilavorati o di prodotti finiti in metalli preziosi;

                  2.3) commercio di prodotti finiti di fabbricazione altrui dei quali intende garantire direttamente la rispondenza del titolo;

          f) per «titolo»: il tenore del metallo prezioso fine espresso in millesimi in rapporto alla massa totale della lega;

          g) per «tolleranza sui titoli»: le tolleranze sui titoli legali degli oggetti, previste dall'articolo 4, comma 6;

          h) per «campioni di analisi»: le parti in metallo prelevato dalla materia prima o dall'oggetto per eseguire il saggio tendente ad accertare l'esattezza del titolo. Tali campioni possono essere costituiti da interi oggetti, quando particolari caratteristiche costruttive o dimensionali degli stessi lo richiedono;

          i) per «laboratori di analisi»: i laboratori che effettuano le analisi previste dal regolamento di attuazione della presente legge di cui all'articolo 38, di seguito denominato «regolamento», sui metalli preziosi, il saggio degli stessi metalli e che rilasciano le relative certificazioni del titolo, di cui all'articolo 32;

           l) per «saggio facoltativo»: l'analisi delle leghe e degli oggetti contenenti metalli preziosi, richiesta facoltativamente dagli interessati, ed eseguita dai laboratori di saggio di cui all'articolo 29;

          m) per «certificazione aggiuntiva»: la facoltà riconosciuta al fabbricante o al suo mandatario, ai sensi dell'articolo 33, di garantire la conformità dei propri prodotti alle disposizioni della presente legge.

 


 

 

L’articolo 1 reca le «Definizioni» valide ai fini della disciplina in commento, qualificando in particolare:

a) per «metalli preziosi»: l'argento, l'oro, il palladio, il platino e le loro leghe;

Si osserva in proposito come la disposizione rechi un’innovazione, in quanto  il riferimento alle leghe dei suddetti metalli non è contenuto né nell'articolo 1 del DPR n. 150, anch’esso recante le definizioni, né nell’articolo 1 del D.Lgs. n.251, che indica i metalli preziosi considerati ai fini del decreto medesimo.

b) per «lega»: una soluzione solida di metallo prezioso e di uno o vari altri metalli;

c) per «materie prime»: i metalli preziosi puri e le loro leghe nelle seguenti forme:

1) i lingotti, i pani, le verghe, i bottoni, i granuli e in genere ogni prodotto ricavato da fusione;

2) le polveri prodotte con processi di natura chimica o elettrochimica o meccanica;

3) le leghe brasanti, ad eccezione delle leghe per saldature «ad argento» destinate ad impieghi industriali estranei alla lavorazione dei metalli preziosi;

d) per «semilavorati»:

1) i laminati e i trafilati, in lamine, barre, fili e in genere ogni prodotto predisposto ad ogni processo di trasformazione;

2) i prodotti di qualsiasi forma e dimensione, costituiti dai prodotti di processi tecnologici di qualsiasi natura meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita non risultano diretti a uno specifico uso o funzione, ma sono destinati ad essere intimamente inseriti in oggetti compositi, garantiti nel loro complesso dal produttore che opera il montaggio;

e)per «marchio di identificazione»: il marchio, costituito da un'impronta, che identifica il soggetto giuridico responsabile della rispondenza del titolo dichiarato al titolo reale delle materie prime, dei semilavorati o degli oggetti in metallo prezioso. Il marchio di identificazione viene individuato quale:

1) «marchio di artefice», se concesso ad una impresa che esercita, anche se non in via esclusiva, l'attività di produzione di semilavorati o di oggetti in metallo prezioso;

2) «marchio di responsabilità» se concesso ad una impresa che esercita l'attività di:

2.1) produzione, importazione o commercializzazione di metalli preziosi allo stato di materie prime;

2.2) importazione di semilavorati o di prodotti finiti in metalli preziosi;

2.3) commercio di prodotti finiti di fabbricazione altrui dei quali intende garantire direttamente la rispondenza del titolo.

 

Come evidenziato anche nella relazione illustrativa, rispetto all'articolo 1 del DPR 30 maggio 2002, n. 150, la pdl in commento inserisce la definizione di «lega» e modifica quella del «marchio di identificazione», individuando quest’ultimo come «marchio di artefice» ovvero come «marchio di responsabilità», a seconda della natura dell’attività svolta da soggetto richiedente.

 

f) per «titolo»: il tenore del metallo prezioso fine espresso in millesimi in rapporto alla massa totale della lega;

g) per «tolleranza sui titoli»: le tolleranze sui titoli legali degli oggetti, previste dall'articolo 4, comma 6;

h) per «campioni di analisi»: le parti in metallo prelevato dalla materia prima o dall'oggetto per eseguire il saggio tendente ad accertare l'esattezza del titolo. Tali campioni possono essere costituiti da interi oggetti, quando particolari caratteristiche costruttive o dimensionali degli stessi lo richiedono;

i) per «laboratori di analisi»: i laboratori che effettuano le analisi sui metalli preziosi previste dal regolamento di attuazione del provvedimento in esame (cfr.infra, art.38), il saggio degli stessi metalli, e che rilasciano le relative certificazioni del titolo, di cui all'articolo 32 (cfr.infra);

l) per «saggio facoltativo»: l'analisi delle leghe e degli oggetti contenenti metalli preziosi, richiesta facoltativamente dagli interessati, ed eseguita dai laboratori di saggio di cui all'articolo 29;

m) per «certificazione aggiuntiva»: la facoltà riconosciuta al fabbricante o al suo mandatario, ai sensi dell'articolo 33, di garantire la conformità dei propri prodotti alle disposizioni della presente legge.


 

Capo II - Titoli dei metalli preziosi (artt. 2-8)

 


Articolo 2

      1. Le materie prime e gli oggetti in metallo prezioso fabbricati e posti in commercio nel territorio della Repubblica devono portare impressi l'indicazione del titolo in millesimi e il marchio di identificazione.

      2. È vietato l'uso di marchi di identificazione diversi da quelli stabiliti dalla presente legge.

Articolo 3

      1. Il marchio di identificazione e l'indicazione del titolo devono essere impressi sulla parte principale dell'oggetto.

      2. Le tecniche di apposizione dei marchi di identificazione e del titolo sono previste dal regolamento.

      3. Tutte le tecniche di apposizione devono garantire l'individuazione univoca dell'impresa assegnataria del marchio.

      4. Dal regolamento sono altresì previste disposizioni particolari in merito alle tecniche di apposizione dei marchi di identificazione e del titolo e all'indicazione degli stessi nei semilavorati e negli oggetti che non consentono una diretta apposizione, negli oggetti di fabbricazione mista di due o più metalli preziosi e negli oggetti costituiti da più parti smontabili non vincolate da saldature.

Articolo 4

      1. Il titolo del metallo prezioso contenuto nelle materie prime o negli oggetti deve essere espresso in millesimi.

      2. Le materie prime possono essere prodotte a qualsiasi titolo, ma devono recare l'indicazione del loro titolo reale.

      3. Gli oggetti in metallo prezioso devono essere prodotti ad uno dei seguenti titoli legali:

          a) per il platino, 950, 900 e 850 millesimi;

          b) per il palladio, 950 e 500 millesimi;

          c) per l'oro, 750, 585 e 375 millesimi;

          d) per l'argento, 925 e 800 millesimi.

      4. Gli oggetti in metalli preziosi aventi un titolo effettivo compreso tra due titoli legali rispettivamente ammessi sono marchiati con il titolo legale inferiore.

      5. È ammesso qualsiasi titolo superiore al titolo più alto indicato per ciascuno dei metalli preziosi di cui al comma 3.

      6. Non sono ammesse tolleranze negative sui titoli dichiarati relativi alle materie prime in oro, argento, platino e palladio, nonché sui titoli legali ad eccezione dei seguenti casi:

          a) negli oggetti di platino o di palladio massiccio e di pura lastra è ammessa una tolleranza di 5 millesimi;

          b) negli oggetti di platino o di palladio con saldature è ammessa una tolleranza di 10 millesimi.

      7. Le modalità per il riconoscimento delle caratteristiche costruttive dell'oggetto sono fissate dal regolamento, che indica anche i metodi ufficiali di analisi per la determinazione del titolo, da applicare ai fini della presente legge, e la misura massima dell'errore ammissibile in sede delle analisi medesime.

Articolo 5

      1. Nei semilavorati e negli oggetti in metallo prezioso, la cifra indicante il titolo, espresso in millesimi, deve essere racchiusa in figure geometriche le cui forme e dimensioni sono indicate nel regolamento.

      2. Per le materie prime, i semilavorati e gli oggetti di platino e di palladio l'impronta del titolo deve essere, rispettivamente, seguita dai simboli «Pt» e «Pd».

Articolo 6

      1. L'indicazione del titolo reale sulle materie prime si appone con l'impiego delle impronte di cui all'articolo 5 nei soli casi in cui il titolo predetto corrisponde esattamente ad uno dei titoli legali ammessi dalla presente legge.

      2. In tutti i casi diversi da quelli considerati nel comma 1, il titolo reale si appone con l'impiego di impronte non normalizzate, facendo precedere le cifre indicanti i millesimi e i decimi di millesimo di metallo fine, dai simboli «Pt», «Pd», «Au» e «Ag», rispettivamente per il platino, il palladio, l'oro e l'argento e facendole seguire dal simbolo «%o». È anche ammesso che il titolo sia espresso sotto forma di frazione, con denominatore 1.000 e con l'eliminazione del simbolo «%o».

Articolo 7

      1. Le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metallo prezioso legalmente prodotti e commercializzati nei Paesi membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, per essere posti in commercio sul territorio della Repubblica, sono esentati dall'obbligo di recare il marchio di identificazione dell'importatore a condizione che rechino l'indicazione del titolo in millesimi e un marchio, comprensibile per il consumatore finale, che, conformemente alla normativa del Paese di provenienza, identifichi il soggetto giuridico responsabile della rispondenza del titolo dichiarato al titolo reale.

      2. Le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metallo prezioso importati da Paesi che non sono membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, per essere posti in commercio nel territorio della Repubblica devono essere a titolo legale, recare l'indicazione in millesimi e riportare l'indicazione del Paese di origine, secondo le modalità fissate dal regolamento, e il marchio di identificazione assegnato all'importatore.

      3. Le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metallo prezioso, quando recano già l'impronta del marchio di responsabilità previsto dalla normativa di uno Stato estero non appartenente all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, nel quale tale marchio è obbligatorio e garantisce il titolo del metallo, che è depositato in Italia o nello Spazio economico europeo, possono non recare il marchio di identificazione dell'importatore allorché risulti che lo Stato estero di provenienza accorda analogo trattamento agli oggetti fabbricati in Italia e in esso importati e sempreché i titoli garantiti ufficialmente siano corrispondenti o superiori a quelli previsti dalla presente legge.

Articolo 8

      1. È consentita la produzione di semilavorati e di soggetti con titoli diversi da quelli stabiliti dalla presente legge, sia ai fini dell'esportazione fuori dello Spazio economico europeo, sia di commercializzazione nei Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, a condizione che tali titoli siano previsti dalla normativa del Paese di destinazione.


 

 

L’articolo 2 prevede, al comma 1, che le materie prime e gli oggetti in metallo prezioso fabbricati e posti in commercio nel territorio della Repubblica devono portare impressi l'indicazione del titolo in millesimi e il marchio di identificazione (comma 1).

È vietato l'uso di marchi di identificazione diversi da quelli stabiliti dal provvedimento in esame (comma 2).

L’articolo in commento appare sostanzialmente riprodurre quanto previsto dall’art.4, comma 1 e dall’articolo 2, comma 2, del D.Lgs.; peraltro, il comma 1 dell’articolo estende l’obbligo di portare impresso il titolo ed il marchio di identificazione anche alle materie prime, definite dal precedente articolo 1.

 

L’articolo 3, al comma 1, ricalcando l’articolo 8, comma 6 del D.Lgs., prevede che il marchio di identificazione e l'indicazione del titolo devono essere impressi sulla parte principale dell'oggetto (comma 1), rinviando al regolamento l’individuazione delle tecniche di apposizione dei marchi di identificazione, nonché la previsione di disposizioni particolari in merito alle tecniche di apposizione dei marchi di identificazione e del titolo e all'indicazione degli stessi nei semilavorati e negli oggetti che non consentono una diretta apposizione, negli oggetti di fabbricazione mista di due o più metalli preziosi e negli oggetti costituiti da più parti smontabili non vincolate da saldature (commi 2 e 4)

Secondo quanto esplicitato nella relazione illustrativa, la disposizione in esame introduce di fatto la possibilità di procedere ad una marchiatura degli oggetti diversa dalla punzonatura, da realizzarsi ad esempio mediante l'utilizzazione di apparecchi laser, in modo da rendere l'operazione più rapida ed economica a vantaggio della competitività delle aziende .

Le tecniche di apposizione devono comunque garantire l'individuazione univoca dell'impresa assegnataria del marchio (comma 3).

 

L’articolo 4 prevede che il titolo del metallo prezioso contenuto nelle materie prime o negli oggetti debba essere espresso in millesimi e che le materie prime possono essere prodotte a qualsiasi titolo, ma debbono recare l'indicazione del loro titolo reale (commi 1 e 2) (cfr. art. 3 del D.Lgs. e art.4, comma 3, del DPR).

Individua, inoltre, i seguenti titoli legali per gli oggetti prodotti in metallo prezioso (comma 3):

a) per il platino, 950, 900 e 850 millesimi;

b) per il palladio, 950 e 500 millesimi;

c) per l'oro, 750, 585 e 375 millesimi;

d) per l'argento, 925 e 800 millesimi. (cfr. art.3, co. 2 d.lgs)

Per gli oggetti in metalli preziosi aventi un titolo effettivo compreso tra due titoli legali rispettivamente ammessi la marchiatura deve avvenire con il titolo legale inferiore (comma 4) (cfr. art. 4, comma 1, del DPR).

E’ ammesso qualsiasi titolo superiore al titolo più alto indicato per ciascuno dei metalli preziosi di sopra (comma 5)  (cfr. art.3, comma 3, del  D.Lgs.).

Non sono ammesse tolleranze negative sui titoli dichiarati relativi alle materie prime in oro, argento, platino e palladio, nonché sui titoli legali ad eccezione dei seguenti casi:

a) negli oggetti di platino o di palladio massiccio e di pura lastra è ammessa una tolleranza di 5 millesimi;

b) negli oggetti di platino o di palladio con saldature è ammessa una tolleranza di 10 millesimi (comma 6) (cfr. art. 3, comma 4 D.Lgs).

L’articolo in commento demanda al regolamento di attuazione la definizione delle modalità per il riconoscimento delle caratteristiche costruttive dell'oggetto, nonché l’indicazione dei metodi ufficiali di analisi per la determinazione del titolo e la misura massima dell'errore ammissibile in sede delle analisi medesime (comma 7).

La disciplina recata dall’articolo in esame ricalca quanto previsto dalla normativa vigente, all’art. 3 del D.Lgs. n. 251/1999 e all’art. 4 del DPR attuativo n. 150/2002.

 

L’articolo 5 demanda al regolamento la determinazione delle forme e delle dimensioni delle figure geometriche entro le quali deve essere racchiusa la cifra indicante il titolo, espresso in millesimi, dei semilavorati e degli oggetti in metallo prezioso (comma 1) (cfr. art. 8, co. 4 D:Lgs.)

Per le materie prime, i semilavorati e gli oggetti di platino e di palladio l'impronta del titolo deve essere, rispettivamente, seguita dai simboli «Pt» e «Pd» (comma 2) (cfr. art. 8, co. 5 D:Lgs.).

L’articolo 6 prevede che l'indicazione del titolo reale sulle materie prime si apponga con l'impiego delle impronte di cui all'articolo 5 nei soli casi in cui il titolo predetto corrisponde esattamente ad uno dei titoli legali ammessi dal presente provvedimento (comma 1) ( cfr. art. 17, co. 1 DPR).

In tutti i casi diversi da quelli sopra considerati, il titolo reale si appone con l'impiego di impronte non normalizzate, facendo precedere le cifre indicanti i millesimi e i decimi di millesimo di metallo fine, dai simboli «Pt», «Pd», «Au» e «Ag», rispettivamente per il platino, il palladio, l'oro e l'argento e facendole seguire dal simbolo «%o». È anche ammesso che il titolo sia espresso sotto forma di frazione, con denominatore 1.000 e con la eliminazione del simbolo “%o” (comma 2) (cfr art. 17, co. 2 DPR).

 

L’articolo 7 prevede per le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metallo prezioso legalmente prodotti e commercializzati nei Paesi membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, ai fini della loro commercializzazione sul territorio della Repubblica, l’esenzione dall'obbligo di recare il marchio di identificazione dell'importatore, a condizione che rechino l'indicazione del titolo in millesimi e un marchio, comprensibile per il consumatore finale, che, conformemente alla normativa del Paese di provenienza, identifichi il soggetto giuridico responsabile della rispondenza del titolo dichiarato al titolo reale (comma 1) (cfr. art.5 co.1 D.Lgs.).

Le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metallo prezioso importati da Paesi che non sono membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, per essere posti in commercio nel territorio della Repubblica, devono essere a titolo legale, recare l'indicazione in millesimi, riportare l'indicazione del Paese di origine, secondo le modalità fissate dal regolamento, e il marchio di identificazione assegnato all'importatore (comma 2)

Rispetto alla disciplina vigente, recata dall’articolo 5, co. 2 del D.Lgs. n.251, la pdl in oggetto introduce l’obbligo di indicazione del paese d’origine per le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metallo prezioso importati.

Per quanto concerne tale obbligo, si rileva l’opportunità di valutare la compatibilità con l’ordinamento comunitario della disposizione di cui all’articolo 7, comma 2, della proposta di legge, la quale prevede che le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metallo prezioso importati da Paesi che non sono membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, per essere posti in commercio nel territorio della Repubblica, oltre a dover essere a titolo legale, recare l'indicazione in millesimi e il marchio di identificazione assegnato all'importatore  - come già previsto dal vigente articolo 5, comma 2, del D.Lgs. n.251/99 – devono  riportare altresì “l'indicazione del Paese di origine” (in luogo del marchio di responsabilità del fabbricante estero previsto dal suddetto art. 5, comma 2) secondo le modalità fissate dal regolamento di attuazione.

In proposito, si osserva come la Corte di Giustizia UE sia stata chiamata ad esprimersi in merito al tema della compatibilità con il mercato unico di provvedimenti nazionali in materia di marchiatura obbligatoria dell’origine sui prodotti.

 

In proposito si ricorda, ad esempio, la sentenza del 17 giugno 1981, causa 113/80, Commissione contro Irlanda, nella quale la Corte ha censurato, in quanto ritenuti misure di effetto equivalente ai sensi dell’allora art. 30 (ora 28) del Trattato[15], due provvedimenti normativi irlandesi (306 e 307/1971) che imponevano l’obbligo di indicare su determinate categorie di prodotti il paese d’origine, ovvero il termine “foreign”. I prodotti in oggetto erano articoli di gioielleria importati recanti motivi o aventi caratteristiche tali far presupporre che gli stessi fossero souvenirs d’Irlanda (ad esempio un personaggio irlandese,  un trifoglio irlandese, ecc.).

In tale ambito, si ricorda, altresì, la causa n. 207/83, Commissione C/Regno Unito, decisa dalla Corte con sentenza del 25 aprile 1985, nella quale la normativa contestata era un decreto britannico del 1981 (“Trade Descriptions”) il quale, all’art. 2, stabiliva il divieto della vendita al dettaglio di quattro tipologie di prodotti (tessuti e abbigliamento, elettrodomestici, calzature, coltellerie e posate), a meno che gli stessi non fossero marchiati o accompagnati da un’indicazione del paese d’origine.

Nelle motivazioni di tale sentenza la Corte ha chiarito (punto 17) che “non si può fare a meno di ammettere che le indicazioni o la marchiatura d’origine mirano a consentire al consumatore di effettuare una distinzione fra le merci nazionali e quelle importate e danno quindi loro la possibilità di far valere gli eventuali pregiudizi contro i prodotti stranieri. Si deve ricordare che, come la Corte ha avuto occasione di rilevare in vari contesti, il Trattato, mediante l’instaurazione di un mercato comune e grazie al ravvicinamento graduale delle politiche economiche degli Stati membri, mira alla fusione dei mercati nazionali in un mercato unico avente le caratteristiche di un mercato interno. Nell’ambito di un siffatto mercato, la marchiatura d’origine rende non solo più difficile lo smercio, in uno Stato membro, dei prodotti degli altri Stati membri nei settori di cui trattasi; essa ha inoltre l’effetto di frenare l’interpenetrazione economica nell’ambito della Comunità, ostacolando la vendita di merci prodotte grazie alla divisione del lavoro fra gli Stati membri.”

 

Alla luce della giurisprudenza testé richiamata dovrebbe pertanto essere considerata incompatibile con l’ordinamento comunitario una normativa nazionale di uno Stato membro che imponga l’obbligo della marcatura di origine per le merci importate, ferma restando peraltro la possibilità di apporre su base esclusivamente “volontaria” un marchio di origine sia sulle produzioni nazionali sia sulle merci importate.

 

Le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metallo prezioso, quando recano già l'impronta del marchio di responsabilità previsto dalla normativa di uno Stato estero non appartenente all'Unione europea o allo Spazio economico europeo, nel quale tale marchio è obbligatorio e garantisce il titolo del metallo, che è depositato in Italia o nello Spazio economico europeo, possono non recare il marchio di identificazione dell'importatore, allorché risulti che lo Stato estero di provenienza accorda analogo trattamento agli oggetti fabbricati in Italia e in esso importati e sempre che i titoli garantiti ufficialmente siano corrispondenti o superiori a quelli previsti dalla presente legge (comma 3) (cfr. art.5, co 3 D.Lgs).

 

 

L’articolo 8 consente la produzione di semilavorati e di oggetti con titoli diversi da quelli stabiliti dal provvedimento in esame, sia ai fini dell'esportazione fuori dello Spazio economico europeo, sia di commercializzazione nei Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, a condizione che tali titoli siano previsti dalla normativa del Paese di destinazione.

La norma in esame riproduce sostanzialmente quanto previsto dal vigente art. 5 del D.Lgs. n. 251. Si segnala, peraltro, la presenza di un refuso al secondo rigo della norma, ove la parola “soggetti” deve intendersi riferita ad: “oggetti”.


 

Capo III - Elenco degli assegnatari
del marchio di identificazione (artt. 9 e 10)

 


Articolo 9

      1. Presso ogni camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito denominata «camera di commercio», è tenuto un elenco degli assegnatari dei metalli preziosi al quale devono iscriversi:

          a) le imprese che esercitano, anche se non in via esclusiva, l'attività di produzione di semilavorati o di oggetti in metallo prezioso;

          b) le imprese che producono, importano o commercializzano materie prime di metalli preziosi;

          c) le imprese che importano semilavorati od oggetti in metallo prezioso.

      2. All'elenco, a richiesta, possono, altresì, iscriversi le aziende commerciali che intendono garantire direttamente, assumendosene la responsabilità, il titolo degli oggetti in metalli preziosi, prodotti da terzi, assegnatari del marchio di artefice.

Articolo 10

      1. Per ottenere l'iscrizione all'elenco di cui all'articolo 9, le aziende interessate presentano domanda alla camera di commercio nella cui circoscrizione territoriale hanno la propria sede legale.

      2. Alla domanda di cui al comma 1 del presente articolo deve essere allegata copia della licenza rilasciata dall'autorità di pubblica sicurezza, ai sensi dell'articolo 127 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.

      3. La licenza di cui al comma 2 del presente articolo non è richiesta per le imprese iscritte all'albo delle imprese artigiane, di cui all'articolo 5 della legge 8 agosto 1985, n. 443, e successive modificazioni.

      4. L'iscrizione all'elenco di cui all'articolo 9, per le imprese esercenti le attività di cui al comma 1, lettera a), dello stesso articolo, è subordinata al riscontro, da parte della camera di commercio competente, del possesso, da parte dell'impresa, delle autorizzazioni previste dalla normativa vigente per il regolare svolgimento dell'attività di produzione.

      5. L'elenco di cui all'articolo 9 è aggiornato a cura della competente camera di commercio e può essere consultato su tutto il territorio nazionale dalla pubblica amministrazione, anche mediante tecniche informatiche e telematiche. Tale elenco è pubblico.


 

 

L’articolo 9 prevede che presso ogni Camera di commercio sia tenuto un “elenco degli assegnatari dei metalli preziosi” al quale devono iscriversi le imprese che esercitano, anche se non in via esclusiva, l'attività di produzione di semilavorati o di oggetti in metallo prezioso, nonché le imprese che producono, importano o commercializzano materie prime di metalli preziosi e le imprese che importano semilavorati o oggetti in metallo prezioso (comma 1). A richiesta, possono iscriversi nell’elenco anche quelle aziende commerciali che intendono garantire direttamente, assumendosene la responsabilità, il titolo degli oggetti in metalli preziosi, prodotti da terzi, assegnatari del marchio di artefice (comma 2). Si ricorda come il vigente articolo 14 del D.Lgs preveda invece che ai fini dell’ottenimento  del marchio di identificazione, i fabbricanti, gli importatori ed i venditori di metalli preziosi debbano fare domanda di iscrizione alla Camera di commercio al "Registro degli assegnatari dei marchi di identificazione"

 

L’articolo 10 dispone che per ottenere l'iscrizione all'elenco di cui sopra le aziende interessate sono tenute a presentare domanda alla Camera di commercio nella cui circoscrizione territoriale hanno la propria sede legale, allegando copia della licenza all’esercizio dell’attività di fabbricazione di oggetti preziosi rilasciata dal Questore, ai sensi dell'articolo 127 del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, R.D 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.La licenza di cui sopra non è richiesta per le imprese iscritte all'albo delle imprese artigiane, di cui all’articolo 5 della legge n. 443 dell’8 agosto 1985 (commi 1-3, che riproducono quanto disposto dall’articolo 14, commi  2 e 3, del D.Lgs. 251).

L’art. 127 T.U.L.P.S , R.D. n. 773 del 18 giugno 1931, prevede l’obbligo per i fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi di munirsi di licenza del Questore (comma 1). Chi domanda la licenza per l'industria o il commercio di oggetti preziosi, deve provare d'essere iscritto, nei ruoli della imposta di ricchezza mobile ed in quelli delle tasse di esercizio e rivendita ovvero deve dimostrare il motivo della mancata iscrizione in tali ruoli (comma 2).

La licenza dura fino al 31 dicembre dell'anno in cui è stata rilasciata ed è valida per tutti gli esercizi di vendita di oggetti preziosi appartenenti alla medesima persona o alla medesima ditta, anche se si trovino in località diverse (commi 3 e 4).

L'obbligo della licenza spetta, oltre che ai commercianti, fabbricanti ed esercenti stranieri, che intendono fare commercio, nel territorio dello Stato, degli oggetti preziosi da essi importati, anche ai loro agenti, rappresentanti, commessi viaggiatori e piazzisti. Questi debbono provare la loro qualità mediante certificato rilasciato dall'autorità politica del luogo ove ha sede la ditta, vistato dall'autorità consolare italiana (comma 5).

Si ricorda che, l’art. 5 della legge n. 443/1985 (Legge quadro per l’artigianato) istituisce l'albo provinciale delle imprese artigiane, al quale sono tenute ad iscriversi tutte le imprese che hanno i requisiti previsti per l’impresa artigiana dagli articoli 2, 3 e 4 della stessa legge [16] (comma 1) [17].

L'impresa, costituita ed esercitata in forma di società a responsabilità limitata che, operando nei limiti dimensionali e con gli scopi di cui alla legge in commento, presenti domanda alla commissione provinciale per l’artigianato, ha diritto al riconoscimento della qualifica di artigiana ed alla conseguente iscrizione nell'albo provinciale, sempre che la maggioranza dei soci, ovvero uno, nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società (comma 3).

L'iscrizione all'albo è costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane (comma 4).

Inoltre, le imprese artigiane, che abbiano superato, fino ad un massimo del venti per cento e per un periodo non superiore a tre mesi nell'anno, i limiti dimensionali previsti dal primo comma dell'articolo 4[18], mantengono l'iscrizione all'albo (comma 5).

Nessuna impresa può adottare, quale ditta o insegna o marchio, una denominazione in cui ricorrano riferimenti all'artigianato, se essa non è iscritta all'albo; lo stesso divieto vale per i consorzi e le società consortili fra imprese che non siano iscritti nella separata sezione dell’albo stesso (comma 7).

Ai trasgressori delle disposizioni previste dall’art. 5 in commento è inflitta dall'autorità regionale competente la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro fino a lire cinque milioni, con il rispetto delle procedure di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (per un commento della quale si rinvia al paragrafo relativo alle sanzioni) (comma 8).

Il nuovo comma 4 dispone che l'iscrizione all'elenco per le imprese esercenti anche se non in via esclusiva, l'attività di produzione di semilavorati o di oggetti in metallo prezioso, è subordinata al riscontro, da parte della Camera di commercio competente, del possesso, da parte dell'impresa, delle autorizzazioni previste dalla normativa vigente per il regolare svolgimento dell'attività di produzione.

L'elenco, che è pubblico, è aggiornato a cura della competente Camera di commercio e può essere consultato su tutto il territorio nazionale dalla pubblica amministrazione, anche mediante tecniche informatiche e telematiche (comma 5, analogo al comma 4 dell’articolo 14 del D.Lgs.).


 

Capo IV - Marchio di identificazione (artt. 11-15)

 


Articolo 11

      1. La camera di commercio, non oltre trenta giorni dalla data di presentazione della richiesta di cui all'articolo 10, comma 1, assegna all'impresa richiedente il numero caratteristico del marchio di identificazione e fa eseguire le matrici recanti le impronte del marchio stesso. Con il regolamento sono definiti criteri e modalità di stampa delle matrici, tali da garantire sicurezza e uniformità su tutto il territorio nazionale.

Articolo 12

      1. Le caratteristiche del marchio di identificazione sono indicate nel regolamento.

      2. Nell'impronta del marchio sono contenuti il numero atto a identificare l'impresa assegnataria e la sigla della provincia dove questa ha la propria sede legale.

      3. Il numero caratteristico da riprodurre sul marchio di identificazione è assegnato dalla camera di commercio competente.

      4. Il contorno geometrico del marchio di identificazione e determinati contenuti dell'impronta sono diversi a seconda che si tratti di marchio di artefice oppure di marchio di responsabilità.

Articolo 13

      1. Le matrici di cui all'articolo 11 sono depositate presso le camere di commercio competenti.

       2. I titolari dei marchi provvedono, secondo le modalità stabilite dal regolamento, alla fabbricazione di punzoni contenenti le impronte dei marchi stessi, nel numero di esemplari occorrenti, ricavabili dalle matrici di cui al comma 1.

      3. I punzoni di cui al comma 2 devono essere muniti dello speciale bollo, avente le caratteristiche previste dal regolamento a cura delle camere di commercio che, non oltre trenta giorni dalla data di presentazione dell'apposita richiesta, consentono la fabbricazione.

      4. I marchi di identificazione resi inservibili dall'uso devono essere rimessi alle camere di commercio, per la deformazione che è effettuata con le modalità previste dal regolamento.

Articolo 14

      1. L'assegnazione del marchio di identificazione è soggetta al versamento, alla camera di commercio competente, di un diritto di saggio e di marchio il cui importo è stabilito con decreto del Ministro dello sviluppo economico.

      2. La concessione del marchio è soggetta al rinnovo annuale e al pagamento di un diritto di importo pari alla metà di quello previsto per la prima assegnazione, da versare, entro il mese di gennaio di ogni anno, alla camera di commercio competente.

      3. Le imprese a cui è attribuito il marchio di artefice all'atto del rinnovo devono inoltre presentare apposita autocertificazione attestante il possesso, da parte dell'impresa, delle autorizzazioni previste dalle disposizioni vigenti per il regolare servizio dell'attività di produzione.

      4. Nei confronti delle imprese inadempienti alla rinnovazione prevista al comma 3, si applica l'indennità di mora pari a un dodicesimo del diritto annuale per ogni mese o frazione di mese di ritardo nel pagamento del diritto.

      5. Qualora il pagamento non sia effettuato entro l'anno, la camera di commercio competente provvede al ritiro del marchio di identificazione e alla cancellazione dall'elenco di cui all'articolo 9, dandone comunicazione al questore affinché, se del caso, provveda al ritiro della licenza di pubblica sicurezza.

      6. Per le imprese a cui è attribuito il marchio di artefice la cancellazione dall'elenco di cui all'articolo 9 e il ritiro del marchio sono previsti anche per la mancata presentazione dell'autocertificazione di cui al comma 3 del presente articolo.

Articolo 15

      1. Non sono soggetti all'obbligo del marchio di identificazione e dell'indicazione del titolo, ferma restando la loro garanzia secondo modalità stabilite dal regolamento:

          a) gli oggetti di peso inferiore a un grammo;

          b) i semilavorati e i lavori in metalli preziosi e le loro leghe per odontoiatria;

          c) gli oggetti in metalli preziosi di antiquariato;

          d) i semilavorati e le loro leghe, gli oggetti e gli strumenti per uso industriale;

          e) gli strumenti e gli apparecchi scientifici;

          f) le monete;

          g) le medaglie e gli altri oggetti preziosi fabbricati dalla Zecca dello Stato, che, in luogo dei marchi di cui all'articolo 1, sono contrassegnati dal marchio speciale della Zecca medesima;

          h) gli oggetti usati in possesso delle imprese commerciali;

          i) i residui di lavorazione;

          l) le leghe saldanti a base di argento, platino o palladio.

      2. La prova di oggetto usato deve essere data dalla descrizione dell'oggetto stesso riportata nel registro delle operazioni previsto dall'articolo 128 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni.

      3. L'autenticità degli oggetti in metalli preziosi di antiquariato di cui alla lettera c) del comma 1 deve essere riconosciuta da esperti, iscritti nei ruoli dei periti e degli esperti presso le camere di commercio.

 

 

 


 

 

L’articolo 11 prevede che la Camera di commercio, non oltre trenta giorni dalla data di presentazione della richiesta di iscrizione all'elenco degli assegnatari dei metalli preziosi assegna all'impresa richiedente il numero caratteristico del marchio di identificazione e fa eseguire le matrici recanti le impronte del marchio stesso. La norma in commento demanda al regolamento di attuazione la definizione dei criteri e le modalità di stampa delle matrici per garantire sicurezza e uniformità su tutto il territorio nazionale.

Nella relazione illustrativa si evidenzia come nonostante la previsione testuale del “non oltre trenta giorni”, il termine suddetto debba intendersi non come perentorio ma come un invito a velocizzare l'iter burocratico di rilascio. Ai fini dell’assegnazione del numero caratteristico del marchio di identificazione,  il vigente articolo 10 del D.Lgs. prevede un termine di due mesi dalla richiesta.

L’articolo 12, che ricalca quanto disposto dall’articolo 8 del D.Lgs,demanda al regolamento le caratteristiche del marchio di identificazione, disponendo contestualmente che nell'impronta del marchio debbono essere contenuti il numero atto ad identificare l'impresa assegnataria e la sigla della provincia dove questa ha la propria sede legale (commi 1 e 2).

Il numero caratteristico da riprodurre sul marchio di identificazione è assegnato dalla Camera di commercio competente (comma 3).

Il nuovo comma 4 dispone che a seconda che si tratti di marchio di artefice oppure di marchio di responsabilità, il contorno geometrico del marchio di identificazione e determinati contenuti dell'impronta debbano essere diversi.

 

L’articolo 13, riproducendo quanto disposto dall’articolo 11 del D.Lgs., prevede il deposito delle matrici recanti le impronte del marchio presso le Camere di commercio competenti e dispone che i titolari dei marchi provvedono, secondo le modalità stabilite dal regolamento, alla fabbricazione di punzoni contenenti le impronte dei marchi stessi, nel numero di esemplari occorrenti, ricavabili dalle matrici (commi 1 e 2).

Detti punzoni devono essere muniti dello speciale bollo, avente le caratteristiche che dovranno essere definite dal regolamento di attuazione, a cura delle camere di commercio, le quali, non oltre trenta giorni dalla data di presentazione dell'apposita richiesta consentono la fabbricazione dei punzoni (comma 3).

Secondo la relazione illustrativa, anche tale termine non è da intendersi come perentorio bensì come un invito a velocizzare l'iter burocratico di rilascio.

I marchi di identificazione resi inservibili dall'uso devono essere rimessi alle camere di commercio, per la deformazione che viene effettuata con le modalità previste dal regolamento (comma 4).

 

L’articolo 14 dispone che l'assegnazione del marchio di identificazione è soggetta ad un versamento, a favore della Camera di commercio competente, di un diritto di saggio e di marchio il cui importo è stabilito con apposito decreto del Ministro dello sviluppo economico (comma 1).

La disposizione in esame innova parzialmente la disciplina vigente relativa ai diritti di saggio e marchio, di cui all’art.7 del D.Lgs n.25, la quale indica espressamente gli importi dei suddetti diritti.

 

La concessione del marchio è soggetta a un rinnovo annuale e al pagamento di un diritto di importo pari alla metà di quello previsto per la prima assegnazione, da versare entro il mese di gennaio di ogni anno alla Camera di commercio competente (comma 2).

In base al combinato disposto dei nuovi commi 3 e 6, in caso di rinnovo viene stabilito che l'impresa richiedente, titolare del marchio di artefice, deve presentare un'autocertificazione attestante il possesso delle autorizzazioni previste dalle disposizioni vigenti per il regolare servizio dell'attività di produzione, il cui mancato deposito comporta la cancellazione dal registro e il ritiro del marchio.

Nei confronti delle imprese inadempienti al rinnovo di cui al comma 3, si applica l'indennità di mora pari ad un dodicesimo del diritto annuale per ogni mese o frazione di mese di ritardo nel pagamento del diritto (comma 4).

Nel caso di mancato pagamento entro l'anno, la Camera di commercio competente provvede al ritiro del marchio di identificazione e alla cancellazione dall'elenco di cui all'articolo 9, dandone comunicazione al questore affinché, se del caso, provveda al ritiro della licenza di pubblica sicurezza (comma 5).

 

L’articolo 15, ricalcando sostanzialmente quanto disposto dall’articolo 12 del D.Lgs., esonera dall’obbligo del marchio di identificazione e di indicazione del titolo i seguenti oggetti:

a) gli oggetti di peso inferiore a un grammo;

b) i semilavorati ed i lavori in metalli preziosi e loro leghe per odontoiatria;

c) gli oggetti in metalli preziosi di antiquariato(riconosciuti da esperti iscritti nei Ruoli periti ed esperti delle CCIAA);

d) i semilavorati e le loro leghe, oggetti e strumenti per uso industriale;

e) gli strumenti e gli apparecchi scientifici;

f) le monete;

g) le medaglie e gli altri oggetti preziosi fabbricati dalla Zecca, che, in luogo dei marchi di cui all'articolo 1, sono contrassegnati dal marchio speciale della Zecca medesima;

h) gli oggetti usati in possesso delle imprese commerciali (descritti nel Registro delle operazioni previsto dall'art. 128 del TULPS);

 

L’art.128 Tulps prevede, in particolare, che i fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi debbano tenere un registro delle operazioni che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni sono compiute. Tale registro deve essere esibito agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ad ogni loro richiesta. Le persone che compiono operazioni con gli esercenti sopraindicati, sono tenute a dimostrare la propria identità nei modi prescritti.

i) i residui di lavorazione;

l) le leghe saldanti a base di argento, platino o palladio.

 

Quanto alla prova degli oggetti usati, il comma 2 dispone che essa  deve essere data dalla descrizione dell'oggetto riportata nel registro delle operazioni previsto dall'articolo 128 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

 

Rispetto al testo dell’articolo 12 del D.Lgs, si segnala come la pdl espunga dalla norma l’obbligo di dare la suddetta prova anche mediante la corrispondente fattura redatta dal commerciante acquirente.


 

Capo V - Marchi tradizionali di fabbrica
e saggio facoltativo (artt. 16 e 17)

 


Articolo 16

      1. I marchi tradizionali di fabbrica, o sigle particolari, sono ammessi, in aggiunta al marchio di identificazione, ma non devono contenere alcuna indicazione atta a ingenerare equivoci con i titoli e con il marchio medesimo.

      2. Il rispetto delle disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo è accertato dagli organi incaricati dei controlli ai sensi dell'articolo 26 prima dell'immissione in commercio degli oggetti.

Articolo 17

      1. Le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metalli preziosi possono essere sottoposti ad analisi del titolo, a richiesta degli interessati, da parte dei laboratori di cui al comma 1 dell'articolo 29, che appongono sulla materia prima, sul semilavorato o sull'oggetto analizzato, un apposito marchio con le impronte indicate dal regolamento.

 


 

 

L’articolo 16, comma 1, riproducendo quanto attualmente previsto dall’art. 9 del D.Lgs. 251, ammette, in aggiunta al marchio di identificazione, l'apposizione dei marchi tradizionali di fabbrica, o di sigle particolari, sempre che non contengano alcuna indicazione atta a ingenerare equivoci con i titoli e con il marchio medesimo.

Il nuovo comma 2 specifica peraltro che il rispetto di quest'ultima condizione viene accertato dagli organi controllo, ossia dal personale delle Camere di commercio, prima dell’immissione in commercio degli oggetti.

 

L’articolo 17, innovando quanto previsto dall’articolo 13 del D.Lgs,  prevede la facoltà di sottoporre le materie prime, i semilavorati e gli oggetti in metalli preziosi ad analisi del titolo, a richiesta degli interessati, da parte dei laboratori di analisi disciplinati dall’art.29 della pdl (cfr.infra). Tali laboratori appongono sulla materia prima, sul semilavorato o sull'oggetto analizzato, un apposito marchio con le impronte indicate dal regolamento.

Il vigente art. 13 del D.Lgs. n.251 dispone invece che il saggio dei metalli preziosi  a richiesta degli interessati e l’apposizione del relativo marchio siano effettuati  da parte delle camere di commercio.


 

Capo VI - Oggetti placcati, dorati, argentati e rinforzati
o di fabbricazione mista (artt. 18-19)

 


Articolo 18

      1. Fatti salvi i casi previsti dall'articolo 19, è fatto divieto di introdurre, all'interno degli oggetti, metalli non preziosi, mastice e altre sostanze.

Articolo 19

      1. È fatto divieto di imprimere indicazione di titoli in millesimi e in carati e, comunque, di imprimere altre indicazioni che possono ingenerare equivoci, sugli oggetti di metalli differenti da quelli preziosi, anche se dorati, argentati o placcati.

      2. Le indicazioni del titolo e del marchio sono obbligatorie per gli oggetti costituiti in parte di metalli preziosi e in parte di sostanze o di metalli non preziosi; in tale caso, su questi ultimi devono essere apposte sigle o iscrizioni atte a identificarli, ai sensi di quanto stabilito dal regolamento.

      3. Lo stesso obbligo di cui al comma 2 del presente articolo sussiste nei casi particolari, precisati dal regolamento, di oggetti in metalli preziosi che, per gli usi cui sono destinati e per esigenze di ordine tecnico, richiedono l'introduzione, al loro interno, di mastice o di altre sostanze non preziose, in deroga al disposto di cui all'articolo 18.

      4. Per gli oggetti di cui al comma 3 il regolamento stabilisce, altresì, le modalità con cui le sostanze estranee devono essere, anche quantitativamente, identificate.

 


 

 

L’articolo 18, riproducendo quanto previsto dall’art. 8, comma 10, del D.lgs.251,vieta l’introduzione all'interno degli oggetti, di metalli non preziosi, mastice ed altre sostanze, facendo salvi i casi previsti dal successivo articolo 19.

Quest’ultimo articolo vieta di imprimere sugli oggetti di metalli differenti da quelli preziosi, anche se dorati, argentati o placcati l’indicazione di titoli in millesimi ed in carati o altre indicazioni tali da ingenerare equivoci (comma 1).

Le indicazioni del titolo e del marchio sono obbligatorie per gli oggetti costituiti in parte di metalli preziosi e in parte di sostanze o di metalli non preziosi. In questo caso, su questi ultimi devono essere apposte sigle o iscrizioni adatte a identificarli, ai sensi di quanto stabilito dal regolamento (comma 2).

Tale obbligo sussiste nei casi particolari, precisati dal regolamento, di oggetti in metalli preziosi che, per gli usi cui sono destinati e per esigenze di ordine tecnico, richiedono l'introduzione, al loro interno, di mastice o di altre sostanze non preziose, in deroga al divieto, in tal senso imposto dall’art.18, sopra citato (comma 3). Per gli oggetti, al regolamento è demandato di stabilire le modalità con cui le sostanze estranee devono essere, anche quantitativamente, identificate.

Come osservato nella relazione illustrativa, il capo in commento riproduce l'articolo 8, comma 10, e l'articolo 15, commi 1, 2, 3 e 4 del decreto legislativo n. 251 del 1999.


 

Capo VII - Responsabilità (artt. 20-25)

 


Articolo 20

      1. Il rivenditore risponde verso il compratore dell'esattezza del titolo dichiarato, fatta salva l'azione di rivalsa.

Articolo 21

      1. I titolari di marchi di artefice appongono il marchio di identificazione presso la propria sede. Gli stessi titolari tuttavia, previa autorizzazione scritta e sotto la propria responsabilità, possono far apporre il proprio marchio di identificazione ad altri soggetti, titolari di marchi di artefice, che partecipano al processo produttivo.

      2. I titolari di marchi di responsabilità appongono il proprio marchio di identificazione nella loro sede; gli stessi titolari, previa autorizzazione scritta e sotto la loro responsabilità, possono far apporre il proprio marchio di identificazione al soggetto, in possesso del marchio di artefice, che ha fabbricato l'oggetto.

      3. Il marchio di identificazione non può essere apposto al di fuori del territorio della Repubblica.

Articolo 22

      1. È fatto divieto di apporre il proprio marchio di artefice su oggetti in metalli preziosi o su loro leghe, di fabbricazione altrui, ad eccezione dell'ipotesi di cui all'articolo 21, comma 1.

      2. Quando all'esecuzione di oggetti in metalli preziosi concorrono vari fabbricanti, l'obbligo dell'apposizione del marchio di artefice e dell'impronta del titolo incombe al fabbricante che cura l'immissione in commercio del prodotto finito, ad eccezione delle ipotesi di cui ai commi 1 e 2 dell'articolo 21.

Articolo 23

      1. È fatto divieto ai produttori, agli importatori e ai commercianti di vendere oggetti in metalli preziosi sprovvisti di marchio di identificazione e di titolo legale.

      2. È fatto altresì divieto ai commercianti di detenere oggetti in metalli preziosi pronti per la vendita sprovvisti di marchio e del titolo legale.

      3. Il divieto di cui al comma 1 non riguarda gli oggetti realizzati dal produttore su commissione di una impresa assegnataria di marchio di responsabilità.

      4. Il divieto di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo non riguarda gli oggetti di cui all'articolo 7, commi 1 e 3, e quelli elencati all'articolo 15.

Articolo 24

      1. I fabbricanti, assegnatari del marchio di artefice, i venditori di materie prime e gli importatori, assegnatari del marchio di responsabilità, assumono tutte le responsabilità e gli oneri imposti dalla presente legge e dal regolamento all'atto in cui le materie prime e gli oggetti in metalli preziosi lasciano la loro sede.

      2. Le imprese che commerciano semilavorati e prodotti finiti di fabbricazione altrui, sui quali appongono il proprio marchio di responsabilità, assumono tutte le responsabilità e gli oneri imposti dalla presente legge e dal regolamento all'atto in cui pongono in commercio tali oggetti.

Articolo 25

      1. Nei documenti che accompagnano le vendite di semilavorati e di oggetti in metalli preziosi importati da Paesi che non sono membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, con l'eccezione di cui all'articolo 7, comma 3, deve essere indicato il Paese di origine.

      2. I commercianti all'ingrosso e i rivenditori di oggetti in metalli preziosi hanno l'obbligo di controllare, all'atto dell'acquisto della merce, l'effettiva corrispondenza di essa alle indicazioni riportate nei documenti che li accompagnano, nonché la presenza e la leggibilità delle impronte del marchio e del titolo impresse sugli oggetti e ogni altra eventuale indicazione la cui presenza è imposta o consentita dalla presente legge o dal regolamento.

 

 


 

L’articolo 20 prevede che il rivenditore risponda verso il compratore dell'esattezza del titolo dichiarato, salvo l'azione di rivalsa.

L’articolo riproduce l'articolo 16 del D.Lgs.

L’articolo 21 prevede che i titolari di marchi di artefice appongano il marchio di identificazione presso la propria sede. Gli stessi tuttavia, previa autorizzazione scritta e sotto la propria responsabilità, possono far apporre il proprio marchio di identificazione ad altri soggetti, titolari di marchi di artefice, che partecipano al processo produttivo (comma 1).

Anche i titolari di marchi di responsabilità appongono il proprio marchio di identificazione nella loro sede, e, previa autorizzazione scritta e sotto la loro responsabilità, possono far apporre il proprio marchio di identificazione al soggetto, in possesso del marchio di artefice, che ha fabbricato l'oggetto (comma 2).

È fatto poi divieto di apporre il marchio di identificazione al di fuori del territorio della Repubblica (commi 2 e 3).

Le disposizioni  in esame, in ragione della differenziazione operata dalla pdl, nell’ambito del marchio di identificazione,  tra marchio di artefice e marchio di responsabilità, innovano sul punto rispetto alla disciplina vigente, la quale, all’articolo 17 del D.Lgs,  prevede in via generale che i titolari di marchi di identificazione, previa autorizzazione scritta e sotto la propria responsabilità, possono far apporre il proprio marchio di identificazione ad altri soggetti titolari di marchi di identificazione, che partecipano al processo produttivo.

 

Il nuovo articolo 22 vieta ai titolari del marchio di artefice di apporre il proprio marchio su oggetti in metalli preziosi o su loro leghe, di fabbricazione altrui, ad eccezione dell'ipotesi in cui tali soggetti partecipino al processo produttivo (cfr.supra art.21, comma 1) (comma 1).

Nel caso di oggetti in metalli preziosi alla cui esecuzione concorrono vari fabbricanti, l'obbligo dell'apposizione del marchio di artefice e dell'impronta del titolo incombe al fabbricante che cura l'immissione in commercio del prodotto finito, salvo quanto previsto dal precedente articolo 21, commi 1 e 2, in caso di concorso al processo produttivo (comma 2).

 

L’articolo 23, che riproduce nella sostanza quanto previsto dal vigente art. 24 del D.Llgs.251, vieta ai produttori, agli importatori e ai commercianti di vendere oggetti in metalli preziosi sprovvisti di marchio di identificazione e di titolo legale (comma 1). Vieta altresì ai commercianti di detenere oggetti in metalli preziosi pronti per la vendita sprovvisti di marchio e del titolo legale (comma 2).

Il divieto di cui sopra non riguarda gli oggetti realizzati dal produttore su commissione di una impresa assegnataria di marchio di responsabilità (comma 3), gli oggetti legalmente prodotti e commercializzati nei Paesi membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, i prodotti importati da paesi non siano membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, nonché i prodotti non soggetti all’obbligo di marchio di identificazione (comma 4).

 

Il nuovo articolo 24 prevede che i fabbricanti, gli assegnatari del marchio di artefice, i venditori di materie prime e gli importatori, assegnatari del marchio di responsabilità, assumano tutte le responsabilità e gli oneri imposti dal provvedimento in esame e dal regolamento attuativo, all'atto in cui le materie prime e gli oggetti in metalli preziosi lasciano la loro sede (comma 1).

Analogamente, le imprese che commerciano semilavorati e prodotti finiti di fabbricazione altrui, sui quali appongono il proprio marchio di responsabilità, assumono tutte le responsabilità e gli oneri imposti dal provvedimento in commento e dal regolamento attuativo, all'atto in cui pongono in commercio tali oggetti (comma 2).

 

Il nuovo articolo 25 prevede, innovando rispetto alla disciplina vigente, che nei documenti che accompagnano le vendite di semilavorati e di oggetti in metalli preziosi importati da Paesi che non sono membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo - con l'eccezione di oggetti importati esentati dall’obbligo del marchio di identificazione dell’importatore, in virtù della clausola di reciprocità prevista dall’art. 7, comma 3 della pdl (cfr. supra) – l’obbligo di indicare il paese di origine.

Il comma 2 dell’articolo in esame prevede altresì, ricalcando quanto previsto dal vigente art. 41, comma 1, del DPR n. 150, l’obbligo per i commercianti all'ingrosso ed i rivenditori di oggetti in metalli preziosi di controllare, all'atto dell'acquisto della merce, la effettiva corrispondenza di essa alle indicazioni riportate nei documenti che li accompagnano, nonché la presenza e la leggibilità delle impronte del marchio e del titolo impresse sugli oggetti e ogni altra eventuale indicazione la cui presenza è imposta o consentita dal provvedimento in esame e dal regolamento.


 

Capo VIII - Vigilanza (artt. 26-28)

 


Articolo 26

      1. L'attività di vigilanza sulla produzione e sul commercio dei metalli preziosi è esercitata dal personale delle camere di commercio, anche nei confronti di coloro che producono, importano o rivendono oggetti placcati, argentati o rinforzati o di fabbricazione mista.

      2. Il personale di cui al comma 1 deve aver frequentato, con esito positivo, un apposito corso teorico-pratico di formazione.

Articolo 27

      1. Agli effetti dell'articolo 57 del codice di procedura penale, il personale delle camere di commercio, durante l'espletamento e nei limiti del servizio di vigilanza per l'applicazione delle norme della presente legge, ha funzioni di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.

      2. Ai fini della sua identificazione, il personale di cui al comma 1 deve essere dotato di una speciale tessera, munita di fotografia, rilasciata dalla camera di commercio di appartenenza.

Articolo 28

      1. Il personale della camera di commercio che esercita funzioni di vigilanza ai sensi degli articoli 26 e 27 effettua visite ispettive anche non preannunciate. A tale fine ha facoltà di accesso nei locali adibiti alla produzione, al deposito e alla vendita di materie prime e di oggetti contenenti metalli preziosi, allo scopo di:

          a) prelevare campioni di materie prime portanti impresso il titolo dichiarato, di semilavorati e di oggetti in metalli preziosi finiti, già muniti di marchio e pronti per la vendita, per accertare l'esattezza del titolo dichiarato per le materie prime e del titolo legale per i semilavorati e per gli oggetti finiti mediante analisi da eseguire presso i laboratori di cui all'articolo 29;

          b) verificare l'esistenza della dotazione di marchi di identificazione;

          c) controllare le caratteristiche di autenticità dei marchi e la loro perfetta idoneità all'uso.

       2. Del prelevamento di cui al presente articolo, comma 1, lettera a), che può essere effettuato solo da personale con qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ai sensi dell'articolo 27, è redatto verbale in presenza del proprietario o di persona che, nell'occasione, lo rappresenta.

      3. Il verbale di cui al comma 2 deve specificare, tra l'altro, il peso, il valore, le caratteristiche e il marchio di identificazione dell'oggetto e della materia prima lavorata.

 


 

 

L’articolo 26, ricalcando quanto attualmente previsto dall’articolo 42 del DPR, stabilisce che il personale delle camere di commercio che esercita l'attività di vigilanza sulla produzione e sul commercio dei metalli preziosi deve aver frequentato, con esito positivo, un apposito corso teorico-pratico di formazione (comma 2).

Tale attività di vigilanza si estende anche nei confronti di coloro che producono, importano o rivendono oggetti placcati, argentati o rinforzati o di fabbricazione mista (comma 1).

 

L’articolo 27, in modo sostanzialmente identico a quanto previsto dal vigente art. 20 del D.Lgs. n. 251, dispone che agli effetti dell'articolo 57 del codice di procedura penale, il personale delle camere di commercio, durante l'espletamento e nei limiti del servizio di vigilanza per l'applicazione delle norme della presente legge, ha funzioni di ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.

Il personale, ai fini della sua identificazione, deve essere dotato di una speciale tessera, munita di fotografia, rilasciata dalla Camera di commercio di appartenenza.

L’art.57 c.p.p , definisce gli ufficiali e gli agenti polizia giudiziaria, qualificando, in particolare, al comma 3, ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’art.55 c.p.p.

L’art.55 c.p.p disciplina le funzioni degli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, disponendo che questa debba, anche di propria iniziativa, prendere notizia dei reati, impedire che vengano portati a conseguenze ulteriori, ricercarne gli autori, compiere gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant'altro possa servire per l'applicazione della legge penale (comma 1)

La polizia giudiziaria svolge, inoltre, ogni indagine e attività disposta o delegata dall'autorità giudiziaria (comma 2).

 

L’articolo 28, ricalca quanto previsto dall’articolo 21 del D.Lgs., prevedendo che il personale della Camera di commercio, che esercita funzioni di vigilanza ai sensi degli articoli precedenti, effettua visite ispettive anche non preannunciate. A tale fine ha facoltà di accesso nei locali adibiti alla produzione, al deposito e alla vendita di materie prime e di oggetti contenenti metalli preziosi, allo scopo di:

a) prelevare campioni di materie prime portanti impresso il titolo dichiarato, di semilavorati e di oggetti in metalli preziosi finiti, già muniti di marchio e pronti per la vendita, per accertare l'esattezza del titolo dichiarato per le materie prime e del titolo legale per i semilavorati e per gli oggetti finiti mediante analisi da eseguire presso i laboratori di saggio e di analisi, cui all'articolo 29 (cfr. infra);

b) verificare l'esistenza della dotazione di marchi di identificazione;

c) controllare le caratteristiche di autenticità dei marchi e la loro perfetta idoneità all'uso (comma 1).

Nel caso di prelevamento di campioni di materie prime portanti il titolo dichiarato e di semilavorati e oggetti in metalli preziosi già pronti per la vendita – che può essere effettuato solo da personale con qualifica di ufficiale o agente di polizia giudiziaria, ai sensi dell'articolo 27 - viene redatto verbale in presenza del proprietario o di persona che, nell'occasione, lo rappresenta (comma 2). Nel verbale deve essere specificato, tra l'altro, il peso, il valore, le caratteristiche e il marchio di identificazione dell'oggetto e della materia prima lavorata (comma 3).


 

Capo IX - Laboratori di saggio e di analisi (artt. 29-32)

 


Articolo 29

      1. I laboratori che effettuano le analisi previste dal regolamento sugli oggetti in metalli preziosi, il saggio degli stessi e che rilasciano le relative certificazioni del titolo devono essere abilitati dalle camere di commercio o appartenere alle stesse o a loro aziende speciali.

      2. I laboratori di cui al comma 1 devono risultare comunque accreditati quali laboratori di prova per la determinazione del titolo dei metalli preziosi da un organismo aderente all'Ente europeo di accreditamento.

      3. I laboratori di cui al comma 1 devono essere indipendenti da vincoli di natura commerciale o finanziaria e da rapporti societari con imprese assegnatarie del marchio di identificazione.

      4. I laboratori interessati all'abilitazione all'effettuazione delle analisi previste dal regolamento devono presentare apposita domanda alla camera di commercio competente, corredata della documentazione comprovante:

          a) l'accreditamento da parte di un organismo di cui al comma 2;

          b) la dotazione organica del personale addetto al laboratorio con le relative qualifiche professionali;

          c) l'attrezzatura del laboratorio destinato alle operazioni di saggio dei singoli metalli preziosi, per i quali è richiesta l'abilitazione.

      5. Il personale del laboratorio abilitato è tenuto a osservare le seguenti prescrizioni:

          a) divieto di esercitare, sia in proprio, direttamente o indirettamente, sia alle dipendenze di terzi o in collaborazione o in società con terzi, qualsiasi attività di commercio o di lavorazione nel settore dei metalli preziosi;

          b) divieto di eseguire, in proprio, nel laboratorio al quale è addetto, analisi e ricerche che non sono per conto del laboratorio stesso;

          c) rispetto del segreto professionale.

      6. La vigilanza e il controllo sui laboratori di cui al presente articolo sono esercitati dall'organismo che ha provveduto al loro accreditamento ai sensi del comma 2.

      7. Le camere di commercio competenti esercitano la vigilanza amministrativa sulla conservazione, da parte dei laboratori abilitati, dell'accreditamento di cui al comma 2.

Articolo 30

      1. Ai fini dell'articolo 29, le analisi sono eseguite con i metodi prescritti dal regolamento e non danno luogo a indennizzo. I risultati delle analisi devono essere indicati in appositi certificati.

Articolo 31

      1. La parte interessata può richiedere la revisione delle analisi effettuate da uno dei laboratori di cui all'articolo 29 della presente legge nei termini e con le modalità stabiliti dall'articolo 15 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Articolo 32

      1. I campioni e gli oggetti prelevati per le analisi e i residui dei campioni e degli oggetti stessi, sottoposti a saggio, sono restituiti al proprietario se risultano rispondenti a quanto prescritto dalla presente legge.

      2. Nel caso in cui i campioni e gli oggetti prelevati per il saggio non risultino rispondenti a quanto prescritto dalla presente legge, la camera di commercio competente dispone, ai sensi dell'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, la confisca degli stessi e dei loro residui.

      3. Qualora all'accertamento della violazione di cui al comma 2 consegua il rapporto all'autorità giudiziaria, i campioni e gli oggetti prelevati per le analisi e i residui dei campioni e degli oggetti stessi sono conservati a disposizione della citata autorità giudiziaria, sino alle determinazioni conclusive adottate dalla stessa.

 


L’articolo 29 stabilisce, al comma 1, analogamente a quanto disposto dall’articolo 18, comma 1, del D.Lgs, che tutti i laboratori che effettuano le analisi previste dal regolamento di attuazione sugli oggetti in metallo prezioso devono essere abilitati dalle camere di commercio o appartenere alle stesse o a loro aziende speciali,

Il comma 2, innovando la disciplina vigente, prevede che tali laboratori debbano comunque risultare accreditati quali laboratori di prova per la determinazione del titolo dei metalli preziosi da un organismo aderente all'Ente europeo di accreditamento (EA).

Il comma 3 dispone, inoltre, che i laboratori devono essere indipendenti da vincoli di natura commerciale o finanziaria e da rapporti societari con imprese assegnatarie del marchio di identificazione, mentre il comma 2 del vigente articolo 18 del D.Lgs. dispone, più genericamente, che tali laboratori devono offrire garanzie di indipendenza e di qualificazione tecnico professionale, volta in particolare al settore orafo argentiero, per la determinazione del titolo dei metalli preziosi.

I laboratori, non appartenenti alle Camere di commercio, interessati alla abilitazione alla effettuazione delle analisi, devono presentare domanda alla Camera di commercio competente, corredata della documentazione comprovante l'accreditamento da parte di un organismo aderente all'EA, la dotazione organica del personale addetto al laboratorio con le relative qualifiche professionali, l'attrezzatura del laboratorio destinato alle operazioni di saggio dei singoli metalli preziosi, per i quali è richiesta l'abilitazione (comma 4).

Ai sensi del comma 5, che riproduce l’articolo 18, comma 4 del D.Lgs, il personale del laboratorio abilitato è tenuto ad osservare una serie di prescrizioni inerenti :

a) il divieto di esercitare, sia in proprio, direttamente o indirettamente, sia alle dipendenze di terzi o in collaborazione o società con terzi, qualsiasi attività di commercio o lavorazione nel settore dei metalli preziosi;

b) il divieto di eseguire, in proprio, nel laboratorio al quale è addetto, analisi e ricerche che non siano per conto del laboratorio stesso;

c) rispetto del segreto professionale.

La vigilanza e il controllo su tutti i laboratori sono esercitati dall'organismo che ha provveduto al loro accreditamento (comma 6) mentre le Camere di commercio competenti esercitano la vigilanza amministrativa sulla conservazione, da parte dei laboratori abilitati, dell'accreditamento da parte di un organismo aderente all'EA (comma 7).

Al riguardo, si segnala che il comma 5 del citato articolo 18 del D.Lgs. dispone invece che sia la vigilanza che il controllo sui laboratori abilitati sono esercitati dalle Camere di commercio competenti per territorio, secondo le modalità stabilite nel regolamento.

L’articolo 30, analogamente a quanto previsto dall’art. 22 del D.lgs, dispone che le analisi effettuate da parte dei laboratori analisi sono eseguite con i metodi prescritti dal regolamento e non danno luogo ad indennizzo. I risultati delle analisi devono essere indicati in appositi certificati.

 

Il nuovo articolo 31 prevede che la parte interessata può richiedere la revisione delle analisi effettuate da uno dei laboratori di analisi nei termini e con le modalità stabiliti dall'articolo 15 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

L’articolo 15 della legge n. 689/1981, recante “Modifiche al sistema penale”, disciplina l’accertamento, mediante analisi di campioni, delle violazioni per le quali è prevista la sanzione amministrativa, prevedendo, in particolare che il dirigente del laboratorio deve comunicare all'interessato, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'esito dell'analisi (comma 1). L'interessato può chiedere la revisione dell'analisi con la partecipazione di un proprio consulente tecnico. La richiesta è presentata con istanza scritta all'organo che ha prelevato i campioni da analizzare, nel termine di 15 giorni dalla comunicazione dell'esito della prima analisi, che deve essere allegato all'istanza medesima (comma 2).

Delle operazioni di revisione dell'analisi è data comunicazione all'interessato almeno dieci giorni prima del loro inizio (comma 3). I risultati della revisione dell'analisi sono comunicati all'interessato a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, a cura del dirigente del laboratorio che ha eseguito la revisione dell'analisi (comma 4).

Le comunicazioni di cui al primo e al quarto comma, effettuate dal dirigente di laboratorio all’interessato, equivalgono alla contestazione immediata della violazione di cui al primo comma dell'articolo 14, ed il termine per il pagamento in misura ridotta della sanzione decorre dalla comunicazione dell'esito della prima analisi o, quando è stata chiesta la revisione dell'analisi, dalla comunicazione dell'esito della stessa (comma 5) [19].

In attuazione di quanto previsto dall’articolo 15, comma 7, in commento, il Decreto 27 febbraio 2004 ha fissato, da ultimo, la somma di denaro che il richiedente la revisione dell'analisi è tenuto a versare alla competente tesoreria provinciale dello Stato.

 

L’articolo 32, riprende in parte quanto attualmente previsto dall’art. 23 del D. Lgs. n.251, prevedendo che i campioni e gli oggetti prelevati per le analisi e i residui dei campioni e degli oggetti stessi, sottoposti a saggio, siano restituiti al proprietario se risultano rispondenti a quanto prescritto dalla presente legge (co. 1).

Il nuovo comma 2dispone inoltre che nel caso in cui i campioni e gli oggetti prelevati per il saggio non risultino rispondenti a quanto prescritto provvedimento in esame, si dispone, ai sensi dell'articolo 20 della citata legge 24 novembre 1981, n. 689, alla confisca degli stessi e dei loro residui. Qualora all'accertamento della violazione consegua il rapporto all'autorità giudiziaria, i campioni e gli oggetti prelevati per le analisi ed i residui dei campioni e degli oggetti stessi sono conservati a disposizione dell'autorità giudiziaria competente sino alle determinazioni conclusive della stessa (comma 3).

L’articolo 20 della già citata legge n. 689 disciplina le sanzioni amministrative accessorie e prevede in particolare, che l'autorità amministrativa può disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento della sanzione.

È sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento (comma 3).

La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa (comma 4).

La relazione illustrativa evidenzia che l'articolo 32 reca parziali innovazioni rispetto alla disciplina vigente: la modifica concerne la sostituzione del vocabolo «saggio» con quello di «analisi». Trattasi di una modifica esigua in termini letterali ma profonda sotto l'aspetto tecnico. Di fatto si introduce il concetto che i controlli sul titolo possono essere effettuati anche con tecniche di analisi non distruttive dei lavori, diverse dal saggio per via chimica. La natura di tali analisi è definita dal regolamento di attuazione, fermo restando che le stesse assicurino un errore nella definizione del titolo non superiore al 3 per mille.


 

Capo X - Certificazioni aggiuntive (art. 33)

 


Articolo 33

      1. Allo scopo di garantire la conformità alle disposizioni della presente legge, sono ammesse certificazioni aggiuntive.

      2. Al fine di cui al comma 1 del presente articolo, il fabbricante o il suo mandatario ha facoltà di richiedere apposita certificazione rilasciata da un laboratorio di cui all'articolo 29 oppure da un organismo di certificazione accreditato dall'Ente europeo di accreditamento competente per il settore produttivo dei metalli preziosi.

      3. I criteri per l'individuazione degli organismi di certificazione di cui al comma 2 sono stabiliti dal regolamento.

      4. Ai sensi del presente articolo, i laboratori e gli organismi di certificazione svolgono periodicamente presso il fabbricante controlli sugli oggetti pronti per la vendita. Le modalità di tali controlli, mediante prelievi di campioni di oggetti ed i relativi esiti delle analisi di saggio, sono stabilite dal regolamento.

 


 

 

L’articolo 33, riproduce sostanzialmente quanto attualmente previsto dall'articolo 19 del decreto legislativo n. 251 del 1999, stabilendo che per garantire la conformità alle disposizioni del provvedimento in esame sono ammesse certificazioni aggiuntive e il fabbricante o il suo mandatario ha facoltà di richiedere apposita certificazione rilasciata da un laboratorio abilitato oppure da un organismo di certificazione accreditato dall'EA competente per il settore produttivo dei metalli preziosi (commi 1 e 2). I criteri per l'individuazione degli organismi sono stabiliti dal regolamento di attuazione (comma 3). I laboratori e gli organismi di certificazione svolgono periodicamente presso il fabbricante controlli sugli oggetti pronti per la vendita. Le modalità di tali controlli, mediante prelievi di campioni di oggetti ed i relativi esiti delle analisi di saggio, sono stabilite nel regolamento (comma 4).


 

Capo XI – Sanzioni (artt. 34-36)

 


Articolo 34

      1. Salva l'applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti qualora il fatto costituisca reato, per le violazioni delle norme della presente legge si applicano le seguenti sanzioni:

          a) chiunque produce, importa, pone in commercio o detiene per la vendita oggetti in metallo comune ovvero dorati, argentati e placcati muniti del marchio di identificazione, o solo del titolo, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 40.000 euro. La stessa sanzione si applica anche a chi produce, importa, pone in commercio o detiene per la vendita oggetti in metallo prezioso nel cui interno, con le eccezioni previste al comma 2 dell'articolo 19, sono stati introdotti metalli non preziosi o altre sostanze;

          b) chiunque produce o pone in commercio materie prime e loro leghe il cui titolo risulta inferiore a quello legale impresso è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 40.000 euro;

          c) chiunque produce, pone in commercio o detiene per la vendita materie prime, semilavorati e oggetti in metalli preziosi muniti di marchi del titolo diversi da quelli legali, ovvero con indicazioni letterarie o numeriche che possono confondersi con i marchi previsti dalla presente legge, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 euro a 40.000 euro;

          d) chiunque produce, ovvero garantisce con il proprio marchio di responsabilità, semilavorati od oggetti in metalli preziosi il cui titolo risulta inferiore di oltre 7 millesimi a quello legale impresso, tenuto conto delle tolleranze di cui al comma 6 dell'articolo 4, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.000 euro a 20.000 euro. La stessa sanzione si applica a chiunque pone in commercio o detiene per la vendita semilavorati od oggetti in metalli preziosi il cui titolo risulta inferiore di oltre 7 millesimi a quello legale impresso, tenuto conto delle tolleranze di cui al comma 6 dell'articolo 4, salvo che dimostri che egli non ne è il produttore né il responsabile e che gli oggetti non presentano alcun segno di alterazione;

          e) chiunque, nel periodo di trecentosessanta giorni, viola per la terza volta le disposizioni di cui al comma 6 dell'articolo 4 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 6.000 euro;

          f) chiunque produce o importa materie prime, semilavorati od oggetti in metalli preziosi senza avere ottenuto l'assegnazione del marchio di identificazione è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro;

          g) chiunque usa marchi assegnati ad altri, ad eccezione di quanto previsto dall'articolo 21, ovvero usa marchi non assegnati o scaduti o ritirati o annullati è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 3.000 euro a 30.000 euro;

          h) chiunque importa oggetti in metalli preziosi da Paesi non appartenenti allo Spazio economico europeo privi del marchio che identifica il Paese di origine è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 5.000 euro;

          i) chiunque utilizza i propri marchi di identificazione diversamente da quanto stabilito dall'articolo 21 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 5.000 euro;

          l) chiunque appone il proprio marchio di artefice su semilavorati o su oggetti in metalli preziosi di fabbricazione altrui, ad eccezione dell'ipotesi di cui all'articolo 21, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.500 euro a 5.000 euro.

      2. Per le violazioni elencate al presente comma si applicano unicamente le sanzioni amministrative seguenti:

          a) chiunque produce, ovvero garantisce con il proprio marchio di responsabilità, semilavorati od oggetti in metalli preziosi il cui titolo risulta inferiore a quello legale impresso di non più di 7 millesimi, tenuto conto delle tolleranze di cui al comma 6 dell'articolo 4, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 3.500 euro. La stessa sanzione si applica a chiunque pone in commercio o detiene per la vendita semilavorati od oggetti in metalli preziosi il cui titolo risulta inferiore a quello legale impresso di non più di 7 millesimi, tenuto conto delle tolleranze di cui al comma 6 dell'articolo 4, salvo che non dimostri che egli non ne è il produttore e che gli oggetti non presentano alcun segno di alterazione;

          b) chiunque pone in commercio o detiene per la vendita materie prime, semilavorati od oggetti in metalli preziosi privi di marchio di identificazione o di titolo è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.000 euro a 10.000 euro;

          c) chiunque pone in commercio o detiene per la vendita materie prime, semilavorati od oggetti in metalli preziosi muniti di marchi di identificazione o del titolo illeggibili e diversi da quelli legali è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 4.000 euro;

          d) chiunque, nella vendita di semilavorati o di oggetti importati da Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo, viola quanto disposto dal comma 1 dell'articolo 25 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 4.000 euro;

          e) chiunque utilizza marchi tradizionali di fabbrica o sigle particolari che contengono indicazioni atte a ingenerare equivoci con il marchio di identificazione o con l'indicazione del titolo è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 4.000 euro;

          f) chiunque smarrisce uno o più marchi e non ne fa immediata denuncia alla camera di commercio competente è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 4.000 euro;

          g) nel caso di inosservanza alle disposizioni contenute nell'articolo 6, commi 1 e 2, e nell'articolo 14, comma 3, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 4.000 euro;

          h) nei casi di inosservanza alle disposizioni contenute nel regolamento si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 2.000 euro.

      3. L'applicazione della sanzione di cui alla lettera e) del comma 1 dà automaticamente inizio a un nuovo periodo di trecentosessanta giorni. Ai fini dell'applicazione di detta sanzione, copia del rapporto inerente le violazioni previste alla lettera d) del citato comma 1 e alla lettera a) del comma 2 è trasmessa alla camera di commercio dove ha la sede legale l'assegnatario del marchio di responsabilità.

      4. Ai fini degli articoli 17 e 18 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, l'autorità competente è il segretario generale della camera di commercio competente.

      5. Nel caso in cui, a seguito di una medesima azione di sorveglianza, siano riscontrate, a carico di un unico soggetto, più violazioni alle disposizioni della presente legge, si applica quanto previsto dall'articolo 8 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive modificazioni.

      6. Nel caso in cui la violazione sia commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica, la sanzione si applica nei confronti della persona giuridica. Gli amministratori della stessa sono obbligati in solido al pagamento della somma dovuta.

      7. Si applicano, in quanto compatibili con la presente legge, le disposizioni della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni.

      8. Copia del rapporto concernente taluna delle violazioni alle disposizioni della presente legge è trasmessa al questore per gli eventuali provvedimenti di sua competenza.

Articolo 35

      1. I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'articolo 34 confluiscono in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico per essere da questo devoluti, nella misura del 50 per cento, per il finanziamento dell'attività di vigilanza e, nella misura del restante 50 per cento, per realizzare iniziative di promozione e di sviluppo della qualità nel settore orafo, gioielliero e argentiero, secondo un programma predisposto dallo stesso Ministero dello sviluppo economico, sentite le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle imprese del settore.

Articolo 36

      1. Per le violazioni alle disposizioni della presente legge, fatti salvi i casi di particolare tenuità, qualora il fatto costituisca reato, alla condanna penale consegue la pubblicazione della sentenza ai sensi dell'articolo 36 del codice penale.

      2. In caso di recidiva, ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 99 e seguenti del codice penale ove applicabili, alla sanzione consegue la sospensione dall'esercizio dell'attività di produzione o commercio di materie prime o di oggetti in metalli preziosi per un periodo da un minimo di quindici giorni a un massimo di sei mesi. Nella determinazione del periodo di sospensione dall'esercizio dell'attività si tiene conto del periodo di sospensione eventualmente eseguito, per i medesimi fatti, ai sensi dell'articolo 10 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

 


 

Il Capo XI della proposta di legge (artt. 34-36) individua le sanzioni amministrative da applicare in caso di violazione della disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi.

Data la formulazione dell’articolo 34 della proposta di legge si ritiene utile illustrare le varie fattispecie con le relative sanzioni tramite l’ausilio di tabelle riepilogative.

Il comma 1, facendo salve le eventuali sanzioni penali già vigenti, individua una serie di condotte, che possono essere opera di chiunque, cui applicare sanzioni amministrative pecuniarie.

 

Le sanzioni previste dall’art. 34, comma 1, della p.d.l.

Fattispecie

Sanzione amministrativa

Detenzione, produzione, importazione e commercio di oggetti di metallo comune ovvero dorati, argentati, placcati muniti del marchio di identificazione o del solo titolo (lett. a)

 

 

 

 

 

 

 

Da 4.000 a 40.000 euro

Produzione, importazione, commercio, vendita di oggetti in metallo prezioso nel cui interno siano introdotti metalli non preziosi (senza alcuna indicazione) (lett. a)

Produzione o commercio di materie prime dal titolo inferiore a quello impresso (lett. b)

Produzione, commercio, detenzione per la vendita di materie prime, semilavorati e oggetti in metalli preziosi con marchi del titolo diversi dai legali ovvero con indicazioni che possono confondersi con quelle previste dalla legge (lett. c)

Produzione o garanzia attraverso il marchio di responsabilità di semilavorati o oggetti in metalli preziosi con titolo inferiore di oltre 7 millesimi a quello legale impresso (lett. d)

 

 

 

 

Da 2.000 a 20.000 euro

Commercio o detenzione di semilavorati o oggetti in metalli preziosi con titolo inferiore di oltre 7 millesimi a quello legale impresso, salva la prova di non essere il produttore né il responsabile (lett. d)

Violazione per 3 volte in un periodo di 360 giorni delle disposizioni sulle tolleranze negative (art. 4, co. 6, p.d.l.) (lett. e)

 

Da 1.500 a 6.000 euro

Produzione o importazione di materie prime, semilavorati o oggetti in metalli preziosi senza marchio di identificazione (lett. f)

 

 

Da 3.000 a 30.000 euro

Utilizzo di marchi assegnati ad altri o marchi non assegnati, scaduti, ritirati o annullati (lett. g)

Importazione di oggetti in metalli preziosi da Paesi non appartenenti allo Spazio economico europeo privi dell’indicazione del paese d’origine (lett. h)

 

 

 

 

Da 1.500 a 5.000 euro

Utilizzazione di propri marchi in violazione dell’art. 21 (lett. i)

Apposizione del proprio marchio su semilavorati o oggetti in metalli preziosi di fabbricazione altrui, salvo l’art. 21 (lett. l)

 

 

Il comma 2 individua invece una serie di condotte, che possono essere opera di chiunque, che costituiscono esclusivamente illeciti amministrativi in presenza dei quali sono irrogate sanzioni amministrative pecuniarie.

 

Le sanzioni previste dall’art. 34, comma 2, della p.d.l.

Fattispecie

Sanzione amministrativa

Produzione o garanzia attraverso il marchio di responsabilità di semilavorati o oggetti in metalli preziosi con titolo inferiore di non più di 7 millesimi a quello legale impresso (lett. a)

 

 

 

 

Da 500 a 3.500 euro

Commercio o detenzione di semilavorati o oggetti in metalli preziosi con titolo inferiore di oltre 7 millesimi a quello legale impresso, salva la prova di non essere il produttore né il responsabile (lett. a)

Commercio o detenzione per la vendita di materie prime, semilavorati o oggetti in metalli preziosi senza marchio di identificazione (lett. b)

 

Da 1.000 a 10.000 euro

Commercio o detenzione per la vendita di materie prime, semilavorati o oggetti in metalli preziosi con marchio illeggibile o comunque diverso da quello legale (lett. c)

 

 

 

 

 

 

 

Da 500 a 4.000 euro

Vendita di semilavorati o oggetti importati da Paesi appartenenti allo Spazio economico europeo in violazione dell’art. 25, co. 1, della p.d.l. (lett. d)

Utilizzazione di marchi o sigle atte ad ingenerare equivoci con il marchio di identificazione o con il titolo (lett. e)

Smarrimento di marchi senza tempestiva denuncia alla Camera di commercio (lett. f)

Violazione dell’art. 6 della p.d.l. e delle disposizioni sul rinnovo del marchio di artefice (art. 14, co. 3, p.d.l.) (lett. g)

Violazione delle disposizioni regolamentari (lett. h)

Da 200 a 2.000 euro

 

 

Il commi successivi dell’art. 34 dispongono in ordine al procedimento di irrogazione delle sanzioni amministrative.

Si ricorda che in base alla legge n. 689 del 1981, occorre che la violazione sia accertata dagli organi a ciò competenti o dalla polizia giudiziaria.

La violazione deve essere immediatamente contestata o comunque notificata al trasgressore entro 90 gg. (art. 14); entro i successivi 60 giorni l'autore può conciliare pagando una somma ridotta pari alla terza parte del massimo previsto o pari al doppio del minimo (cd. oblazione o pagamento in misura ridotta, art. 16). In caso contrario, egli può, entro 30 giorni, presentare scritti difensivi all'autorità competente. Quest'ultima, dopo aver esaminato i documenti e le eventuali memorie presentate, se ritiene sussistere la violazione contestata determina l'ammontare della sanzione con ordinanza motivata e ne ingiunge il pagamento (art. 18).

Entro 30 giorni dalla sua notificazione l'interessato può presentare opposizione all’ordinanza ingiunzione (che, salvo eccezioni, non sospende il pagamento), inoltrando ricorso al giudice di pace (art. 22, 22-bis); fatte salve le diverse competenze stabilite da disposizioni di legge, l’opposizione si propone, invece, davanti al tribunale ratione materiae (materia di lavoro, edilizia, urbanistica ecc.) o per motivi di valore o di natura della sanzione (sanzione superiore nel massimo a 15.493 euro o applicazione di sanzione non pecuniaria, sola o congiunta a quest’ultima, fatta eccezione per violazioni previste da specifiche leggi speciali): l'esecuzione dell'ingiunzione non viene sospesa e il giudizio che con esso si instaura si può concludere o con un'ordinanza di convalida del provvedimento o con sentenza di annullamento o modifica del provvedimento; contro tale sentenza è ammesso solo ricorso per cassazione (art. 23). Il giudice ha piena facoltà sull'atto, potendo o annullarlo o modificarlo, sia per vizi di legittimità che di merito.

Decorso il termine fissato dall’ordinanza ingiunzione, in assenza del pagamento, l’autorità che ha emesso il provvedimento procede alla riscossione delle somme dovute con esecuzione forzata in base alle norme previste per l’esazione delle imposte dirette (art. 27). Il termine di prescrizione delle sanzioni amministrative pecuniarie è di 5 anni dal giorno della commessa violazione (art. 28).

In estrema sintesi, l’articolo 34 individua nel segretario generale della Camera di commercio l’autorità competente per la determinazione dell’ammontare della sanzione e per l’irrogazione della stessa (comma 4) e prevede che, laddove siano riscontrati con una stessa azione di sorveglianza, più illeciti amministrativi, debba essere applicata la sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo (comma 5). Se la violazione è commessa da colui che agisce in nome di una persona giuridica, la sanzione si applica nei confronti dell’ente ma gli amministratori sono obbligati in solido (comma 6).

 

Il nuovo articolo 35 prevede che i proventi derivanti dall’applicazione delle suddette sanzioni amministrative pecuniarie confluiscano in un apposito Fondo, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, per essere così destinati:

§      per metà al finanziamento dell’attività di vigilanza;

§      per metà al finanziamento di iniziative di promozione e sviluppo del settore orafo, gioielliero e argentiero, secondo un programma predisposto dallo stesso Ministero dello sviluppo economico, sentite le organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese del settore.

 

L’articolo 36 conferma l’applicazione della sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza di condanna, in caso di illeciti penali e, in presenza di recidiva, conferma la sanzione accessoria della sospensione dall’esercizio dell’attività produttiva o commerciale per un periodo da 15 giorni a 6 mesi.


 

Capo XII – Disposizioni  transitorie e finali (artt. 37-40)

 


Articolo 37

      1. Le disposizioni di cui agli articoli 9 e 10 della presente legge si applicano anche nei confronti degli assegnatari del marchio di identificazione previsto dal decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251.

      2. Gli assegnatari di cui al comma 1 del presente articolo devono, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, chiedere l'iscrizione all'elenco di cui all'articolo 9.

      3. La camera di commercio competente, per coloro che esercitano le attività di cui alla lettera a) del comma 1 dell'articolo 9 della presente legge, cui compete il marchio di artefice, conserva agli assegnatari lo stesso numero caratteristico loro assegnato ai sensi del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, e la stessa impronta prevista dal medesimo decreto legislativo.

      4. La camera di commercio competente, per coloro che esercitano le attività previste dall'articolo 9 della presente legge, diverse da quella indicata al comma 3 del presente articolo, assegna il marchio di responsabilità, le cui caratteristiche sono fissate dal regolamento, conservando agli assegnatari lo stesso numero caratteristico loro assegnato ai sensi del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251.

      5. I detentori dei marchi che esercitano una attività per la quale compete il marchio di responsabilità possono utilizzare i vecchi marchi per la punzonatura della produzione realizzata in conformità alla presente legge fino a quando, presso la camera di commercio competente, non siano disponibili le matrici peculiari dei marchi di responsabilità.

Articolo 38

      1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, è emanato il regolamento di attuazione della medesima legge.

      2. Nelle more dell'emanazione del regolamento di cui al comma 1 del presente articolo, si applica il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 150.

Articolo 39

      1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 37 della presente legge, il decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, è abrogato.

Articolo 40

      1. La presente legge entra in vigore sessanta giorni dopo la data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 


 

 

L’articolo 37 reca la disciplina transitoria, stabilendo  che le disposizioni di cui agli articoli 9 e 10, inerenti l'elenco degli assegnatari dei metalli preziosi e le modalità di iscrizione a tale elenco,  si applicano anche nei confronti dei soggetti assegnatari del marchio di identificazione previsto dal D.Lgs n. 251/99 (comma 1).

Gli assegnatari del marchio di identificazione previsto dal D.lgs devono, entro un mese dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, chiedere l'iscrizione all'elenco degli assegnatari dei metalli preziosi, di cui all’articolo 9 (comma 2).

La Camera di commercio competente, per coloro che esercitano le attività, -  previste dall’art.9, comma 1, lett.a) - di produzione di semilavorati o di oggetti in metallo prezioso, cui compete il marchio di artefice, conserva agli assegnatari lo stesso numero caratteristico loro assegnato ai sensi del decreto legislativo n. 251, nonché la stessa impronta prevista dal medesimo decreto legislativo (comma 3).

Analogamente, la Camera di commercio competente, per coloro che esercitano le attività previste dall'articolo 9, diverse da quella sopra indicata[20], assegna il marchio di responsabilità - le cui caratteristiche sono fissate dal regolamento - conservando agli assegnatari lo stesso numero caratteristico loro assegnato ai sensi del decreto legislativo n. 251 (comma 4).

I detentori dei marchi che esercitano una attività per la quale compete il marchio di responsabilità possono utilizzare i vecchi marchi per la punzonatura della produzione realizzata in conformità al presente provvedimento fino a quando, presso la Camera di commercio competente, non siano disponibili le matrici peculiari dei marchi di responsabilità (comma 5).

 

L’articolo 38 prevede che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio di Stato, sia emanato il regolamento di attuazione del provvedimento medesimo (comma 1).

Analogamente a quanto disposto dall’articolo 27, comma 2, del D.Lgs n.251, il comma 2 dispone che nelle more dell'emanazione del regolamento 1 si applichi il regolamento vigente di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 150.

Si rileva come il rinvio alle norme del suddetto regolamento n.150/02 possa generare problemi di carattere interpretativo; sarebbe comunque preferibile specificare che tale rinvio è da intendersi “in quanto compatibile” con le disposizioni introdotte dal provvedimento.

 

L’articolo 39, facendo salvo quanto previsto dalla disposizione transitoria contenuta nell’articolo 37, prevede l’abrogazione esplicita del D.Lgs n. 251/99.

 

Da ultimo, l’articolo 40 fissa in sessanta giorni dopo la data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il termine di entrata in vigore del provvedimento.


Normativa di riferimento

 


Codice penale
(artt. 36, 99-109)

 

36. Pubblicazione della sentenza penale di condanna. (1)

La sentenza di condanna alla pena di morte (2) o all'ergastolo è pubblicata mediante affissione nel comune ove è stata pronunciata, in quello ove il delitto fu commesso, e in quello ove il condannato aveva l'ultima residenza [c.c. 43].

La sentenza di condanna è inoltre pubblicata, per una sola volta, in uno o più giornali designati dal giudice.

La pubblicazione è fatta per estratto, salvo che il giudice disponga la pubblicazione per intero; essa è eseguita d'ufficio e a spese del condannato [c.p. 187; c.p.p. 536].

La legge determina gli altri casi nei quali la sentenza di condanna deve essere pubblicata [c.p. 165, 186, 347, 448, 475, 498, 501, 518, 722]. In tali casi la pubblicazione ha luogo nei modi stabiliti nei due capoversi precedenti.

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(1) Vedi l'art. 6, secondo comma, L. 5 giugno 1990, n. 135, sulla prevenzione e la lotta contro l'AIDS.

(2) La pena di morte per i delitti previsti dal codice penale è stata abolita dall'art. 1, D.Lgs. Lgt. 10 agosto 1944, n. 224, che ad essa ha sostituito la pena dell'ergastolo.

 

 

99. Recidiva.

Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo.

La pena può essere aumentata fino alla metà:

1) se il nuovo delitto non colposo è della stessa indole;

2) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;

3) se il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena.

Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l'aumento di pena è della metà.

Se il recidivo commette un altro delitto non colposo, l'aumento della pena, nel caso di cui al primo comma, è della metà e, nei casi previsti dal secondo comma, è di due terzi.

Se si tratta di uno dei delitti indicati all'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale, l'aumento della pena per la recidiva è obbligatorio e, nei casi indicati al secondo comma, non può essere inferiore ad un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto.

In nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo» (1).

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(1) Articolo così sostituito prima dall'art. 9, D.L. 11 aprile 1974, n. 99, sulla giustizia penale e poi dall'art. 4, L. 5 dicembre 2005, n. 251. Per quanto riguarda le condizioni soggettive per la sostituzione della pena detentiva con la semidetenzione, con la libertà controllata o con una pena pecuniaria, vedi l'art. 59 della L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Vedi, anche, l'art. 57, R.D.L. 15 ottobre 1925, n. 2033, sulla repressione delle frodi agrarie, l'art. 82, L. 17 luglio 1942, n. 907, sul monopolio dei sali e dei tabacchi, l'art. 7, L. 3 gennaio 1951, n. 27, sul contrabbando, gli artt. 296, 342, D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, in materia doganale e l'art. 52, comma 3, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274, sulla competenza penale del giudice di pace.
Il testo del presente articolo, in vigore prima della sostituzione disposta dalla citata legge n. 251 del 2005, era il seguente: «Chi, dopo essere stato condannato per un reato, ne commette un altro, può essere sottoposto a un aumento fino a un sesto della pena da infliggere per il nuovo reato.

La pena può essere aumentata fino a un terzo:

1. se il nuovo reato è della stessa indole;

2. se il nuovo reato è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente;

3. se il nuovo reato è stato commesso durante o dopo l'esecuzione della pena, ovvero durante il tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all'esecuzione della pena.

Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate nei numeri precedenti, l'aumento di pena può essere fino alla metà.

Se il recidivo commette un altro reato, l'aumento della pena, nel caso preveduto dalla prima parte di questo articolo, può essere fino alla metà, e nei casi preveduti dai numeri 1) e 2) del primo capoverso, può essere fino a due terzi; nel caso preveduto dal numero 3) dello stesso capoverso può essere da un terzo ai due terzi.

In nessun caso l'aumento di pena per effetto della recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo reato.».

 

100. Recidiva facoltativa.

[Il giudice, salvo che si tratti di reati della stessa indole, ha facoltà di escludere la recidiva fra delitti e contravvenzioni, ovvero fra delitti dolosi o preterintenzionali e delitti colposi, ovvero fra contravvenzioni] (1).

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(1) Articolo abrogato dall'art. 10, D.L. 11 aprile 1974, n. 99, sulla giustizia penale.

 

101. Reati della stessa indole.

Agli effetti della legge penale, sono considerati reati della stessa indole non soltanto quelli che violano una stessa disposizione di legge, ma anche quelli che, pur essendo preveduti da disposizioni diverse di questo codice ovvero da leggi diverse, nondimeno, per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano, nei casi concreti, caratteri fondamentali comuni [c.p. 143, 167, 168, n. 1, 177, 692].

 

102. Abitualità presunta dalla legge.

E' dichiarato delinquente abituale (1) chi, dopo essere stato condannato [c.p. 103, 106, 107, 109] alla reclusione in misura superiore complessivamente a cinque anni per tre delitti non colposi [c.p. 43], della stessa indole [c.p. 101], commessi entro dieci anni, e non contestualmente, riporta un'altra condanna per un delitto, non colposo, della stessa indole, e commesso entro dieci anni successivi all'ultimo dei delitti precedenti.

Nei dieci anni indicati nella disposizione precedente non si computa il tempo in cui il condannato ha scontato pene detentive o è stato sottoposto a misure di sicurezza detentive [c.p. 151, 215, 216] (2).

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(1) In materia di contrabbando vedi l'art. 83, L. 17 luglio 1942, n. 907, e gli artt. 297, 299, 342, D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43. Vedi, anche, l'art. 11, n. 2, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, nonché l'art. 9, primo comma, L. 18 aprile 1975, n. 110, sul controllo di armi, munizioni ed esplosivi.

(2) Alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale professionale o per tendenza provvede il magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 69, quarto comma, L. 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario. La Corte costituzionale, con sentenza 21-28 novembre 1972, n. 168 (Gazz. Uff. 6 dicembre 1972, n. 317), ha dichiarato, tra l'altro, non fondate le questioni di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, primo e secondo comma, e 27, terzo comma, Cost. La stessa Corte, con sentenza 24-30 gennaio 1974, n. 19 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1974, n. 35), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, 25 e 27 Cost.; con sentenza 15-22 giugno 1976, n. 143 (Gazz. Uff. 30 giugno 1976, n. 170), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento all'art. 111, comma primo, Cost. e con sentenza 8-27 luglio 1982, n. 140 (Gazz. Uff. 4 agosto 1982, n. 213), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento all'art. 25 Cost.

 

103. Abitualità ritenuta dal giudice. (1)

Fuori del caso indicato nell'articolo precedente, la dichiarazione di abitualità nel delitto è pronunciata [c.p. 109] anche contro chi, dopo essere stato condannato [c.p. 106, 107] per due delitti non colposi [c.p. 43] riporta un'altra condanna per delitto non colposo, se il giudice, tenuto conto della specie e gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, ritiene che il colpevole sia dedito al delitto [c.p. 151, 164, 179, 216] (2).

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(1) Per quanto riguarda le condizioni soggettive per la sostituzione della pena detentiva con la semidetenzione, con la libertà controllata o con una pena pecuniaria, vedi l'art. 59, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

(2) Alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale professionale o per tendenza provvede il magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 69, quarto comma, L. 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario. La Corte costituzionale, con sentenza 24-30 gennaio 1974, n. 19 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1974, n. 35), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, 25 e 27 Cost.

 

104. Abitualità nelle contravvenzioni.

Chi, dopo essere stato condannato [c.p. 106, 107] alla pena dell'arresto per tre contravvenzioni della stessa indole [c.p. 101], riporta condanna per un'altra contravvenzione, anche della stessa indole, è dichiarato [c.p. 109] contravventore abituale, se il giudice, tenuto conto della specie e gravità dei reati, del tempo entro il quale sono stati commessi, della condotta e del genere di vita del colpevole e delle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, ritiene che il colpevole sia dedito al reato [c.p. 151, 216, 230, n. 3] (1).

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(1) Vedi l'art. 4, lett. c, R.D. 18 giugno 1931, n. 778, sul servizio del casellario giudiziale. Alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale professionale o per tendenza provvede il magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 69, quarto comma, L. 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario.

 

105. Professionalità nel reato. (1)

Chi trovandosi nelle condizioni richieste per la dichiarazione di abitualità [c.p. 102, 103], riporta condanna [c.p. 106, 107] per un altro reato, è dichiarato [c.p. 109] delinquente o contravventore professionale [c.p.p. 314] qualora, avuto riguardo alla natura dei reati, alla condotta e al genere di vita del colpevole e alle altre circostanze indicate nel capoverso dell'articolo 133, debba ritenersi che egli viva abitualmente, anche in parte soltanto, dei proventi del reato [c.p. 151, 164, n. 1, 179, 216, 230, n. 3] (2).

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(1) Alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale professionale o per tendenza provvede il magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 69, quarto comma, L. 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario. Vedi gli artt. 298, 299 e 342, D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, in materia doganale.

(2) Vedi l'art. 11, n. 2, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, e gli artt. 4, lett. c, 7, R.D. 18 giugno 1931, n. 778, per il servizio del casellario giudiziale e l'art. 84, L. 17 luglio 1942, n. 907, sul monopolio di sali e tabacchi. La Corte costituzionale, con sentenza 24-30 gennaio 1974, n. 19 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1974, n. 35), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, 25 e 27 Cost.

 

 

106. Effetti dell'estinzione del reato o della pena.

Agli effetti della recidiva [c.p. 99] e della dichiarazione di abitualità [c.p. 102, 103, 104] o di professionalità [c.p. 105] nel reato, si tiene conto altresì delle condanne per le quali è intervenuta una causa di estinzione del reato o della pena [c.p. 151] (1).

Tale disposizione non si applica quando la causa estingue anche gli effetti penali [c.p. 178, 544, 556, 563, 573, 574] (2).

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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 21-28 novembre 1972, n. 163 (Gazz. Uff. 6 dicembre 1972, n. 317), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità della prima parte del presente articolo, in riferimento all'art. 3 Cost.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 20-25 marzo 1975, n. 69 (Gazz. Uff. 2 aprile 1975, n. 88), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento all'art. 3, primo comma, Cost.

 

107. Condanna per vari reati con una sola sentenza.

Le disposizioni relative alla dichiarazione di abitualità [c.p. 102, 103, 104] o di professionalità [c.p. 105] nel reato, si applicano anche se, per i vari reati, è pronunciata condanna con una sola sentenza.

 

108. Tendenza a delinquere.

E' dichiarato [c.p. 109] delinquente per tendenza chi, sebbene non recidivo [c.p. 99] o delinquente abituale [c.p. 102, 103, 104, 151] o professionale [c.p. 105], commette un delitto non colposo [c.p. 43], contro la vita o l'incolumità individuale, anche non preveduto dal capo primo del titolo dodicesimo del libro secondo di questo codice [c.p. 575], il quale, per sé e unitamente alle circostanze indicate nel capoverso dell'art. 133, riveli una speciale inclinazione al delitto, che trovi sua causa nell'indole particolarmente malvagia del colpevole (1).

La disposizione di questo articolo non si applica se l'inclinazione al delitto è originata dall'infermità preveduta dagli articoli 88 e 89 (2).

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(1) Vedi l'art. 11, n. 2, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; nonché l'art. 7, R.D. 18 giugno 1931, n. 778, per il servizio del casellario giudiziale e l'art. 9, primo comma, L. 18 aprile 1975, n. 110, sul controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi.

(2) Alla eventuale revoca della dichiarazione di delinquenza abituale professionale o per tendenza provvede il magistrato di sorveglianza ai sensi dell'art. 69, quarto comma, L. 26 luglio 1975, n. 354, sull'ordinamento penitenziario.

 

109. Effetti della dichiarazione di abitualità, professionalità o tendenza a delinquere.

Oltre gli aumenti di pena stabiliti per la recidiva [c.p. 99] e i particolari effetti indicati da altre disposizioni di legge [c.p. 62, n. 3, 151, 164, 172, 174, 179], la dichiarazione di abitualità [c.p. 102, 103, 104] o di professionalità nel reato [c.p. 105] o di tendenza a delinquere [c.p. 108] importa l'applicazione di misure di sicurezza [c.p. 199, 216, 226].

La dichiarazione di abitualità o di professionalità nel reato può essere pronunciata in ogni tempo, anche dopo l'esecuzione della pena [c.p. 205]; ma se è pronunciata dopo la sentenza di condanna, non si tien conto della successiva condotta del colpevole e rimane ferma la pena inflitta (1).

La dichiarazione di tendenza a delinquere non può essere pronunciata che con la sentenza di condanna.

La dichiarazione di abitualità e professionalità nel reato e quella di tendenza a delinquere si estinguono per effetto della riabilitazione [c.p. 178, 179, 180, 181] (2).

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(1) La Corte costituzionale, con sentenza 21-28 novembre 1972, n. 168 (Gazz. Uff. 6 dicembre 1972, n. 317), ha dichiarato, tra l'altro, non fondate le questioni di legittimità del presente comma, in riferimento all'art. 3 Cost., primo e secondo comma, e all'art. 27, terzo comma, Cost. La stessa Corte, con sentenza 15-22 giugno 1976, n. 143 (Gazz. Uff. 30 giugno 1976, n. 170), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità del presente comma, in riferimento all'art. 111, comma primo, Cost.

(2) La Corte costituzionale, con sentenza 24-30 gennaio 1974, n. 19 (Gazz. Uff. 6 febbraio 1974, n. 35), ha dichiarato, tra l'altro, non fondata la questione di legittimità del presente articolo, in riferimento agli artt. 3, 25 e 27 Cost.


Codice di procedura penale
(art. 57)

57. Ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.

1. Salve le disposizioni delle leggi speciali, sono ufficiali di polizia giudiziaria:

a) i dirigenti, i commissari, gli ispettori, i sovrintendenti e gli altri appartenenti alla polizia di Stato ai quali l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità;

b) gli ufficiali superiori e inferiori e i sottufficiali dei carabinieri, della guardia di finanza, degli agenti di custodia (1) e del corpo forestale dello Stato nonché gli altri appartenenti alle predette forze di polizia ai quali l'ordinamento delle rispettive amministrazioni riconosce tale qualità;

c) il sindaco dei comuni ove non abbia sede un ufficio della polizia di Stato ovvero un comando dell'arma dei carabinieri o della guardia di finanza.

2. Sono agenti di polizia giudiziaria:

a) il personale della polizia di Stato al quale l'ordinamento dell'amministrazione della pubblica sicurezza riconosce tale qualità (2);

b) i carabinieri, le guardie di finanza, gli agenti di custodia (3), le guardie forestali e, nell'ambito territoriale dell'ente di appartenenza, le guardie delle province e dei comuni quando sono in servizio (4).

3. Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti (5) attribuiscono le funzioni previste dall'articolo 55.

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(1) Il Corpo degli agenti di custodia è stato disciolto e sostituito con il Corpo di polizia penitenziaria, per effetto della L. 15 dicembre 1990, n. 395.

(2) Vedi l'art. 36, L. 1 aprile 1981, n. 121, recante il nuovo ordinamento dell'Amministrazione di pubblica sicurezza.

(3) Il Corpo degli agenti di custodia è stato disciolto e sostituito con il Corpo di polizia penitenziaria, per effetto della L. 15 dicembre 1990, n. 395.

(4) I militari delle Forze armate, impiegati nelle operazioni di sicurezza e controllo del terrorismo e di prevenzione di delitti di criminalità organizzata, agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza, con la esclusione delle funzioni di polizia giudiziaria (art. 1, comma secondo, D.L. 25 luglio 1992, n. 349, convertito in legge, con modificazioni, con la L. 23 settembre 1992, n. 386).

(5) Vedi al riguardo: - l'art. 67, R.D.L. 13 novembre 1919, n. 2205, di approvazione del testo unico dei provvedimenti sull'emigrazione e sulla tutela degli emigranti; - l'art. 1, D.Lgs. Lgt. 21 agosto 1945, n. 508, recante modificazioni all'ordinamento del Corpo degli agenti di custodia delle carceri; - gli artt. 30 e 31, L. 7 gennaio 1929, n. 4, sulla repressione delle violazioni delle leggi finanziarie; - gli artt. 1, 4, 16, 41 e 139, R.D. 18 giugno 1931, n. 773, di approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; - l'art. 22, D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni; - l'art. 7, L. 11 aprile 1938, n. 612, sull'istituzione dell'Ente nazionale per la protezione degli animali; - l'art. 16, L. 13 maggio 1961, n. 469, in tema dei servizi antincendi e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco; - il D.M. 14 agosto 1943 (Gazz. Uff. 20 agosto 1943, n. 193), sul riconoscimento della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria agli ispettori dell'Amministrazione delle poste e dei telegrafi; - l'art. un., D.Lgs.Lgt. 11 gennaio 1945, n. 30, di attribuzione della qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria agli appuntati dei carabinieri; - l'art. 13, D.Lgs. 12 marzo 1948, n. 804, recante norme di attuazione per il ripristino del Corpo forestale dello Stato; - l'art. 5, D.P.R. 9 aprile 1959, n. 128, recante norme di polizia delle miniere e delle cave; - l'art. 18, L. 15 dicembre 1961, n. 1304, sull'istituzione dell'agronomo di zona e riordinamento del personale del Ministero dell'agricoltura e delle foreste; - l'art. 3, L. 30 aprile 1962, n. 283 e l'art. 17, L. 26 febbraio 1963, n. 441, in materia di igiene degli alimenti e bevande; - gli artt. 46 e 52, D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, recante disposizioni sulle funzioni e sui poteri consolari; - l'art. 324, D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, di approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia doganale; nonché l'art. 40, R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, per gli ufficiali sanitari; - il R.D. 14 giugno 1941, n. 577, sull'ordinamento dei servizi di distribuzione e vendita dei generi di monopolio, e l'art. 8, D.P.R. 19 marzo 1955, n. 520, per la riorganizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.


R.D. 18 giugno 1931, n. 773
Approvazione del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza
(artt. 10, 127 e 128)

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 giugno 1931, n. 146.

(2)  Il presente testo unico è stato emanato in virtù della delega di cui all'art. 6, R.D.L. 14 aprile 1927, n. 593, convertito in L. 22 gennaio 1928, n. 290 il quale così disponeva:

«Il governo del Re è autorizzato, dopo la pubblicazione dei nuovi codici penale e di procedura penale, a coordinare con questi le disposizioni contenute nel testo unico approvato con regio decreto 6 novembre 1926, n. 1848, e ad emanare un nuovo testo unico delle leggi di pubblica sicurezza». Il regolamento per l'esecuzione del presente testo unico è stato approvato con R.D. 6 maggio 1940, n. 635.

(3)  L'art. 58 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con il presente provvedimento, è anche riportato, per coordinamento, in nota all'art. 1 del R.D. 9 gennaio 1927, n. 147.

(4) Vedi, anche, gli articoli 1 e 3, D.P.R. 14 maggio 2007, n. 85.

 

10.  (art. 9 T.U. 1926). - Le autorizzazioni di polizia possono essere revocate o sospese in qualsiasi momento, nel caso di abuso della persona autorizzata.

 

127.  (art. 128 T.U. 1926). - I fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi, hanno l'obbligo di munirsi di licenza del Questore (241) (242).

Chi domanda la licenza deve provare d'essere iscritto, per l'industria o il commercio di oggetti preziosi, nei ruoli della imposta di ricchezza mobile ed in quelli delle tasse di esercizio e rivendita ovvero deve dimostrare il motivo della mancata iscrizione in tali ruoli.

La licenza dura fino al 31 dicembre dell'anno in cui è stata rilasciata.

Essa è valida per tutti gli esercizi di vendita di oggetti preziosi appartenenti alla medesima persona o alla medesima ditta, anche se si trovino in località diverse.

L'obbligo della licenza spetta, oltreché ai commercianti, fabbricanti ed esercenti stranieri, che intendono fare commercio, nel territorio dello Stato, degli oggetti preziosi da essi importati, anche ai loro agenti, rappresentanti, commessi viaggiatori e piazzisti. Questi debbono provare la loro qualità mediante certificato rilasciato dall'autorità politica del luogo ove ha sede la ditta, vistato dall'autorità consolare italiana (243).

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(241)  Sulle sanzioni penali relative al commercio non autorizzato di cose preziose, vedi art. 705, codice penale del 1930; sui metalli preziosi vedi, anche, L. 5 febbraio 1934, n. 305, e R.D. 27 dicembre 1934, n. 2393.

(242)  Comma così modificato dall'art. 16, D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112.

(243)  Per l'estensione alle attività previste dal presente articolo delle disposizioni dell'art. 13, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625 e del D.L. 3 maggio 1991, n. 141 vedi l'art. 1, D.Lgs. 25 settembre 1999, n. 374. Vedi, anche, l'art. 14, D.P.R. 18 gennaio 2002, n. 53 e l'art. 14, D.P.R. 18 gennaio 2002, n. 54.

 

128.  (art. 129 T.U. 1926). - I fabbricanti, i commercianti, gli esercenti e le altre persone indicate negli artt. 126 e 127 non possono compiere operazioni su cose antiche o usate se non con le persone provviste della carta di identità di altro documento munito di fotografia, proveniente dall'amministrazione dello Stato (244).

Essi devono tenere un registro delle operazioni di cui al primo comma che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni stesse sono compiute e le altre indicazioni prescritte dal regolamento (245).

Tale registro deve essere esibito agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ad ogni loro richiesta (246).

Le persone che compiono operazioni di cui al primo comma con gli esercenti sopraindicati, sono tenute a dimostrare la propria identità nei modi prescritti (247).

L'esercente, che ha comprato cose preziose, non può alterarle o alienarle se non dieci giorni dopo l'acquisto, tranne che si tratti di oggetti comprati presso i fondachieri o i fabbricanti ovvero all'asta pubblica.

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(244)  Comma così modificato dall'art. 10, L. 28 novembre 2005, n. 246. In precedenza la Corte costituzionale, con sentenza 28 giugno 1963 (Gazz. Uff. 13 luglio 1963, n. 187, Serie speciale), aveva:

dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nei primi quattro commi del presente articolo, nella parte in cui tali norme riguardavano operazioni su oggetti preziosi nuovi nel senso esposto nella motivazione, in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione.

(245)  Comma così modificato dall'art. 10, L. 28 novembre 2005, n. 246. In precedenza la Corte costituzionale, con sentenza 28 giugno 1963 (Gazz. Uff. 13 luglio 1963, n. 187, Serie speciale), aveva:

dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nei primi quattro commi del presente articolo, nella parte in cui tali norme riguardavano operazioni su oggetti preziosi nuovi nel senso esposto nella motivazione, in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione.

(246)  La Corte costituzionale, con sentenza 28 giugno 1963 (Gazz. Uff. 13 luglio 1963, n. 187, Serie speciale), si è così pronunziata:

«Dichiarata l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nei primi quattro commi dell'art. 128 della legge di pubblica sicurezza, nella parte in cui tali norme riguardano operazioni su oggetti preziosi nuovi nel senso esposto nella motivazione, in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione».

(247)  Comma così modificato dall'art. 10, L. 28 novembre 2005, n. 246. In precedenza la Corte costituzionale, con sentenza 28 giugno 1963 (Gazz. Uff. 13 luglio 1963, n. 187, Serie speciale), aveva:

dichiarato l'illegittimità costituzionale delle norme contenute nei primi quattro commi del presente articolo, nella parte in cui tali norme riguardavano operazioni su oggetti preziosi nuovi nel senso esposto nella motivazione, in riferimento agli articoli 3 e 41 della Costituzione.


L. 24 novembre 1981, n. 689
Modifiche al sistema penale
(artt. 8, 15-20)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 novembre 1981, n. 329, S.O.

(2)  La presente legge reca molteplici modificazioni al codice penale ed a quello di procedura penale.

(3)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 marzo-2 aprile 1999, n. 117 (Gazz. Uff. 14 aprile 1999, n. 15, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della legge 24 novembre 1981, n. 689, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 97 della Costituzione.

 

 

8. Più violazioni di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative.

Salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con una azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono, sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo.

Alla stessa sanzione prevista dal precedente comma soggiace anche chi con più azioni od omissioni, esecutive di un medesimo disegno posto in essere in violazione di norme che stabiliscono sanzioni amministrative, commette, anche in tempi diversi, più violazioni della stessa o di diverse norme di legge in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie (7).

La disposizione di cui al precedente comma si applica anche alle violazioni commesse anteriormente all'entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 2 dicembre 1985, n. 688, per le quali non sia già intervenuta sentenza passata in giudicato (8) (9).

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(7)  Comma aggiunto dall'art. 1-sexies, D.L. 2 dicembre 1985, n. 688.

(8)  Comma aggiunto dall'art. 1-sexies, D.L. 2 dicembre 1985, n. 688.

(9)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-19 gennaio 1995, n. 23 (Gazz. Uff. 25 gennaio 1995 n. 4, Serie speciale), ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, secondo comma, sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 24-30 giugno 1999, n. 280 (Gazz. Uff. 7 luglio 1999, n. 27, Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 8, sollevata in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.

 

15. Accertamenti mediante analisi di campioni.

Se per l'accertamento della violazione sono compiute analisi di campioni, il dirigente del laboratorio deve comunicare all'interessato, a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, l'esito dell'analisi.

L'interessato può chiedere la revisione dell'analisi con la partecipazione di un proprio consulente tecnico. La richiesta è presentata con istanza scritta all'organo che ha prelevato i campioni da analizzare, nel termine di 15 giorni dalla comunicazione dell'esito della prima analisi, che deve essere allegato all'istanza medesima (17).

Delle operazioni di revisione dell'analisi è data comunicazione all'interessato almeno dieci giorni prima del loro inizio.

I risultati della revisione dell'analisi sono comunicati all'interessato a mezzo di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, a cura del dirigente del laboratorio che ha eseguito la revisione dell'analisi.

Le comunicazioni di cui al primo e al quarto comma equivalgono alla contestazione di cui al primo comma dell'articolo 14 ed il termine per il pagamento in misura ridotta di cui all'articolo 16 decorre dalla comunicazione dell'esito della prima analisi o, quando è stata chiesta la revisione dell'analisi, dalla comunicazione dell'esito della stessa.

Ove non sia possibile effettuare la comunicazione all'interessato nelle forme di cui al primo e al quarto comma, si applicano le disposizioni dell'articolo 14.

Con il decreto o con la legge regionale indicati nell'ultimo comma dell'art. 17 sarà altresì fissata la somma di denaro che il richiedente la revisione dell'analisi è tenuto a versare e potranno essere indicati, anche a modifica delle vigenti disposizioni di legge, gli istituti incaricati della stessa analisi (18).

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(17)  Vedi, anche, l'art. 20, D.P.R. 29 luglio 1982, n. 571.

(18)  L'importo da versare per ogni richiesta di revisione di analisi alla competente tesoreria provinciale dello Stato è stato elevato a L. 80.500 dal D.M. 1° agosto 1984 (Gazz. Uff. 24 agosto 1984, n. 233); a L. 89.000 dal D.M. 30 marzo 1985 (Gazz. Uff. 23 aprile 1985, n. 96); a L. 96.700 dal D.M. 30 giugno 1986 (Gazz. Uff. 15 luglio 1986, n. 162); a L. 102.600 dal D.M. 10 luglio 1987 (Gazz. Uff. 28 luglio 1987, n. 174); a L. 107.300 dal D.M. 1° settembre 1988 (Gazz. Uff. 16 settembre 1988, n. 218); a lire 112.700 dal D.M. 6 giugno 1989 (Gazz. Uff. 29 giugno 1989, n. 150); a lire 120.200 dal D.M. 26 maggio 1990 (Gazz. Uff. 20 settembre 1990, n. 220); a lire 127.530 dal D.M. 6 agosto 1991 (Gazz. Uff. 7 settembre 1991, n. 210); a lire 135.690 dal D.M. 18 giugno 1992 (Gazz. Uff. 26 novembre 1992, n. 279); a lire 143.020 dal D.M. 4 novembre 1993 (Gazz. Uff. 29 novembre 1993, n. 280); a lire 149.030 dal D.M. 20 dicembre 1994 (Gazz. Uff. 24 gennaio 1995, n. 19); a lire 154.840 dal D.M. 16 aprile 1996 (Gazz. Uff. 30 aprile 1996, n. 100); a lire 163.200 dal D.M. 16 maggio 1997 (Gazz. Uff. 3 giugno 1997, n. 127); a lire 169.600 dal D.M. 23 gennaio 1998 (Gazz. Uff. 19 febbraio 1998, n. 41); a lire 175.600 dal D.M. 17 aprile 2000 (Gazz. Uff. 19 giugno 2000, n. 141); a lire 178.400 dal D.M. 13 marzo 2001 (Gazz. Uff. 12 aprile 2001, n. 86); ad euro 94,53 dal D.M. 4 marzo 2002 (Gazz. Uff. 13 aprile 2002, n. 87); ad euro 97,08 dal D.M. 31 marzo 2003 (Gazz. Uff. 24 aprile 2003, n. 95); ad euro 99,40 dal Decr. 27 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 23 marzo 2004, n. 69); ad euro 101,88 dal Decr. 16 marzo 2005 (Gazz. Uff. 29 marzo 2005, n. 72); ad euro 103,92 dal Decr. 28 febbraio 2006 (Gazz. Uff. 13 marzo 2006, n. 60); ad euro 105,69 dal D.M. 26 gennaio 2007 (Gazz. Uff. 20 febbraio 2007, n. 42); ad euro 107,80 dal Decr. 7 febbraio 2008 (Gazz. Uff. 26 febbraio 2008, n. 48).

 

16. Pagamento in misura ridotta.

È ammesso il pagamento di una somma in misura ridotta pari alla terza parte del massimo della sanzione prevista per la violazione commessa, o, se più favorevole e qualora sia stabilito il minimo della sanzione edittale, pari al doppio del relativo importo, oltre alle spese del procedimento, entro il termine di sessanta giorni dalla contestazione immediata o, se questa non vi è stata, dalla notificazione degli estremi della violazione (19).

Nei casi di violazione [del testo unico delle norme sulla circolazione stradale e] dei regolamenti comunali e provinciali continuano ad applicarsi, [rispettivamente l'art. 138 del testo unico approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 , con le modifiche apportate dall'art. 11 della L. 14 febbraio 1974, n. 62, e] l'art. 107 del testo unico delle leggi comunali e provinciali approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383 (20).

Il pagamento in misura ridotta è ammesso anche nei casi in cui le norme antecedenti all'entrata in vigore della presente legge non consentivano l'oblazione (21) (22).

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(19)  Comma così modificato dall'art. 52, D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213.

(20)  Comma abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 1993, dall'art. 231, D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per la parte relativa al testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393. Si tenga presente che il testo unico delle leggi comunali e provinciali approvato con R.D. 3 marzo 1934, n. 383, è stato abrogato dall'art. 274, D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267.

(21)  Vedi, anche, l'art. 56, D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152, l'art. 8, D.Lgs. 20 febbraio 2004, n. 56, l'art. 11-bis, D.L. 14 marzo 2005, n. 35, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, e l'art. 19-quater, D.Lgs. 5 dicembre 2005, n. 252, aggiunto dall'art. 6, D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 28.

(22)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 160 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 sollevata in riferimento agli artt. 24, 113, 3 e 25 della Costituzione.

 

17. Obbligo del rapporto.

Qualora non sia stato effettuato il pagamento in misura ridotta, il funzionario o l'agente che ha accertato la violazione, salvo che ricorra l'ipotesi prevista nell'art. 24, deve presentare rapporto, con la prova delle eseguite contestazioni o notificazioni, all'ufficio periferico cui sono demandati attribuzioni e compiti del Ministero nella cui competenza rientra la materia alla quale si riferisce la violazione o, in mancanza, al prefetto (23).

Deve essere presentato al prefetto il rapporto (24) relativo alle violazioni previste dal testo unico delle norme sulla circolazione stradale, approvato con D.P.R. 15 giugno 1959, n. 393 , dal testo unico per la tutela delle strade, approvato con R.D. 8 dicembre 1933, n. 1740 , e dalla L. 20 giugno 1935, n. 1349, sui servizi di trasporto merci.

Nelle materie di competenza delle regioni e negli altri casi, per le funzioni amministrative ad esse delegate, il rapporto è presentato all'ufficio regionale competente.

Per le violazioni dei regolamenti provinciali e comunali il rapporto è presentato, rispettivamente, al presidente della giunta provinciale o al sindaco.

L'ufficio territorialmente competente è quello del luogo in cui è stata commessa la violazione.

Il funzionario o l'agente che ha proceduto al sequestro previsto dall'articolo 13 deve immediatamente informare l'autorità amministrativa competente a norma dei precedenti commi, inviandole il processo verbale di sequestro.

Con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro centottanta giorni dalla pubblicazione della presente legge, in sostituzione del D.P.R. 13 maggio 1976, n. 407, saranno indicati gli uffici periferici dei singoli Ministeri, previsti nel primo comma, anche per i casi in cui leggi precedenti abbiano regolato diversamente la competenza.

Con il decreto indicato nel comma precedente saranno stabilite le modalità relative alla esecuzione del sequestro previsto dall'articolo 13, al trasporto ed alla consegna delle cose sequestrate, alla custodia ed alla eventuale alienazione o distruzione delle stesse; sarà altresì stabilita la destinazione delle cose confiscate. Le regioni, per le materie di loro competenza, provvederanno con legge nel termine previsto dal comma precedente (25).

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(23)  Vedi il D.P.R. 29 luglio 1982, n. 571, l'art. 1, D.Lgs. 24 aprile 2001, n. 252 e l'art. 6, comma 6, L. 8 luglio 2003, n. 172.

(24)  Vedi, anche, l'art. 9, D.Lgs. 26 maggio 2004, n. 153.

(25)  Vedi, anche, gli articoli 12 e 62, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.

 

18. Ordinanza-ingiunzione.

Entro il termine di trenta giorni dalla data della contestazione o notificazione della violazione, gli interessati possono far pervenire all'autorità competente a ricevere il rapporto a norma dell'articolo 17 scritti difensivi e documenti e possono chiedere di essere sentiti dalla medesima autorità.

L'autorità competente, sentiti gli interessati, ove questi ne abbiano fatto richiesta, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato l'accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il pagamento, insieme con le spese, all'autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate solidalmente; altrimenti emette ordinanza motivata di archiviazione degli atti comunicandola integralmente all'organo che ha redatto il rapporto.

Con l'ordinanza-ingiunzione deve essere disposta la restituzione, previo pagamento delle spese di custodia, delle cose sequestrate, che non siano confiscate con lo stesso provvedimento. La restituzione delle cose sequestrate è altresì disposta con l'ordinanza di archiviazione, quando non ne sia obbligatoria la confisca.

Il pagamento è effettuato all'ufficio del registro o al diverso ufficio indicato nella ordinanza-ingiunzione, entro il termine di trenta giorni dalla notificazione di detto provvedimento, eseguita nelle forme previste dall'articolo 14; del pagamento è data comunicazione, entro il trentesimo giorno, a cura dell'ufficio che lo ha ricevuto, all'autorità che ha emesso l'ordinanza.

Il termine per il pagamento è di sessanta giorni se l'interessato risiede all'estero.

La notificazione dell'ordinanza-ingiunzione può essere eseguita dall'ufficio che adotta l'atto, secondo le modalità di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890 (26).

L'ordinanza-ingiunzione costituisce titolo esecutivo. Tuttavia l'ordinanza che dispone la confisca diventa esecutiva dopo il decorso del termine per proporre opposizione, o, nel caso in cui l'opposizione è proposta, con il passaggio in giudicato della sentenza con la quale si rigetta l'opposizione, o quando l'ordinanza con la quale viene dichiarata inammissibile l'opposizione o convalidato il provvedimento opposto diviene inoppugnabile o è dichiarato inammissibile il ricorso proposto avverso la stessa (27) (28) (29) (30).

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(26)  Comma aggiunto dall'art. 10, L. 3 agosto 1999, n. 265.

(27)  Vedi, anche, il comma 14-ter dell'art. 39, D.L. 30 settembre 2003, n. 269, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Per le controversie in materia di lavoro vedi l'art. 17, D.Lgs. 23 aprile 2004, n. 124. Vedi, inoltre, l'art. 5, D.M. 1° dicembre 2005.

(28)  La Corte costituzionale, con ordinanza 6-14 luglio 2000, n. 291 (Gazz. Uff. 19 luglio 2000, n. 30, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 18 e 22, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24, 25 e 113 della Costituzione. La stessa Corte, con successiva ordinanza 6-8 giugno 2005, n. 226 (Gazz. Uff. 15 giugno 2005, n. 24, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18 sollevata in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione.

(29)  La Corte costituzionale, con ordinanza 24 aprile-7 maggio 2002, n. 160 (Gazz. Uff. 15 maggio 2002, n. 19, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 16, 18 e 22 sollevata in riferimento agli artt. 24, 113, 3 e 25 della Costituzione.

(30) La Corte costituzionale, con ordinanza 10-13 marzo 2008, n. 58 (Gazz. Uff. 19 marzo 2008, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 18, sollevata in riferimento agli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione.

 

19. Sequestro.

Quando si è proceduto a sequestro, gli interessati possono, anche immediatamente, proporre opposizione all'autorità indicata nel primo comma dell'articolo 18, con atto esente da bollo. Sull'opposizione la decisione è adottata con ordinanza motivata emessa entro il decimo giorno successivo alla sua proposizione. Se non è rigettata entro questo termine, l'opposizione si intende accolta.

Anche prima che sia concluso il procedimento amministrativo, l'autorità competente può disporre la restituzione della cosa sequestrata, previo pagamento delle spese di custodia, a chi prova di averne diritto e ne fa istanza, salvo che si tratti di cose soggette a confisca obbligatoria.

Quando l'opposizione al sequestro è stata rigettata, il sequestro cessa di avere efficacia se non è emessa ordinanza-ingiunzione di pagamento o se non è disposta la confisca entro due mesi dal giorno in cui è pervenuto il rapporto e, comunque, entro sei mesi dal giorno in cui è avvenuto il sequestro (31).

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(31)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-19 giugno 2000, n. 221 (Gazz. Uff. 28 giugno 2000, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 19, sollevate in riferimento agli artt. 24 e 113 della Costituzione.

 

20. Sanzioni amministrative accessorie.

L'autorità amministrativa con l'ordinanza-ingiunzione o il giudice penale con la sentenza di condanna nel caso previsto dall'articolo 24, può applicare, come sanzioni amministrative, quelle previste dalle leggi vigenti, per le singole violazioni, come sanzioni penali accessorie, quando esse consistono nella privazione o sospensione di facoltà, e diritti derivanti da provvedimenti dell'amministrazione.

Le sanzioni amministrative accessorie non sono applicabili fino a che è pendente il giudizio di opposizione contro il provvedimento di condanna o, nel caso di connessione di cui all'articolo 24, fino a che il provvedimento stesso non sia divenuto esecutivo (32).

Le autorità stesse possono disporre la confisca amministrativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere la violazione e debbono disporre la confisca delle cose che ne sono il prodotto, sempre che le cose suddette appartengano a una delle persone cui è ingiunto il pagamento.

È sempre disposta la confisca amministrativa delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce violazione amministrativa, anche se non venga emessa l'ordinanza-ingiunzione di pagamento.

La disposizione indicata nel comma precedente non si applica se la cosa appartiene a persona estranea alla violazione amministrativa e la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione possono essere consentiti mediante autorizzazione amministrativa.

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(32)  La Corte costituzionale, con ordinanza 21-24 giugno 2004, n. 194 (Gazz. Uff. 30 giugno 2004, n. 25, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 20, secondo comma, in riferimento agli artt. 3, 25 e 111 della Costituzione, sollevate dal Giudice di pace di Osimo, con le ordinanze in epigrafe.


L. 8 agosto 1985, n. 443
Legge-quadro per l'artigianato
(art. 5)

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 agosto 1985, n. 199.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.A.I.(Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Circ. 10 aprile 1997, n. 44; Circ. 22 dicembre 1997, n. 97; Circ. 23 novembre 2004, n. 80;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Circ. 25 marzo 1996, n. 65; Circ. 2 agosto 1996, n. 163; Circ. 9 agosto 1996, n. 166; Circ. 20 dicembre 1996, n. 259; Circ. 7 febbraio 1997, n. 25; Circ. 2 giugno 1997, n. 126; Circ. 2 agosto 1997, n. 180; Circ. 24 dicembre 1997, n. 264; Circ. 2 febbraio 1998, n. 24; Circ. 5 marzo 1998, n. 50; Circ. 9 ottobre 1998, n. 213; Circ. 26 luglio 2001, n. 150; Circ. 31 marzo 2003, n. 69; Circ. 10 dicembre 2003, n. 187.

 

5. Albo delle imprese artigiane.

È istituito l'albo provinciale delle imprese artigiane, al quale sono tenute ad iscriversi tutte le imprese aventi i requisiti di cui agli articoli 2, 3 e 4 secondo le formalità previste per il registro delle ditte dagli articoli 47 e seguenti del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 .

La domanda di iscrizione al predetto albo e le successive denunce di modifica e di cessazione esimono dagli obblighi di cui ai citati articoli del regio decreto 20 settembre 1934, n. 2011 , e sono annotate nel registro delle ditte entro quindici giorni dalla presentazione.

L'impresa costituita ed esercitata in forma di società a responsabilità limitata che, operando nei limiti dimensionali di cui alla presente legge e con gli scopi di cui al primo comma dell'articolo 3, presenti domanda alla commissione di cui all'articolo 9, ha diritto al riconoscimento della qualifica artigiana ed alla conseguente iscrizione nell'albo provinciale, sempreché la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e detenga la maggioranza del capitale sociale e degli organi deliberanti della società (7).

In caso di invalidità, di morte o d'intervenuta sentenza che dichiari l'interdizione o l'inabilitazione dell'imprenditore artigiano, la relativa impresa può conservare, su richiesta, l'iscrizione all'albo di cui al primo comma, anche in mancanza di uno dei requisiti previsti all'articolo 2, per un periodo massimo di cinque anni o fino al compimento della maggiore età dei figli minorenni, sempre che l'esercizio dell'impresa venga assunto dal coniuge, dai figli maggiorenni o minori emancipati o dal tutore dei figli minorenni dell'imprenditore invalido, deceduto, interdetto o inabilitato.

L'iscrizione all'albo è costitutiva e condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane.

Le imprese artigiane, che abbiano superato, fino ad un massimo del 20 per cento e per un periodo non superiore a tre mesi nell'anno, i limiti di cui al primo comma dell'articolo 4, mantengono l'iscrizione all'albo di cui al primo comma del presente articolo.

Per la vendita nei locali di produzione, o ad essi contigui, dei beni di produzione propria, ovvero per la fornitura al committente di quanto strettamente occorrente all'esecuzione dell'opera o alla prestazione del servizio commessi, non si applicano alle imprese artigiane iscritte all'albo di cui al primo comma le disposizioni relative all'iscrizione al registro degli esercenti il commercio o all'autorizzazione amministrativa di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426 , fatte salve quelle previste dalle specifiche normative statali.

Nessuna impresa può adottare, quale ditta o insegna o marchio, una denominazione in cui ricorrano riferimenti all'artigianato, se essa non è iscritta all'albo di cui al primo comma; lo stesso divieto vale per i consorzi e le società consortili fra imprese che non siano iscritti nella separata sezione di detto albo.

Ai trasgressori delle disposizioni di cui al presente articolo è inflitta dall'autorità regionale competente la sanzione amministrativa consistente nel pagamento di una somma di denaro fino a lire cinque milioni, con il rispetto delle procedure di cui alla legge 24 novembre 1981, n. 689 (8).

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(7)  Comma aggiunto dall'art. 13, L. 5 marzo 2001, n. 57.

(8)  Vedi, anche, il D.P.R. 9 maggio 1994, n. 608, e le relative tabelle annesse.


D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 251
Disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, in attuazione dell'articolo 42 della L. 24 aprile 1998, n. 128

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 3 agosto 1999, n. 180.

(2)  Vedi, anche, il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Vista la legge 24 aprile 1998, n. 128, ed in particolare l'articolo 42 che delega il Governo ad adeguare ai princìpi comunitari la legge 30 gennaio 1968, n. 46, in materia di disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi;

Visto il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, ed in particolare gli articoli 20 e 50;

Visto l'Accordo sullo spazio economico europeo firmato dagli Stati AELS (EFTA ad Oporto il 2 maggio 1992 e ratificato, unitamente al protocollo di adattamento di detto Accordo, con legge 28 luglio 1993, n. 300);

Vista la legge 24 novembre 1981, n. 689;

Visto il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1496;

Considerato il parere motivato espresso dalla Commissione europea in data 8 marzo 1996 a seguito della procedura d'infrazione 92/2116 avviata nei confronti del Governo italiano in materia di libera circolazione degli oggetti in metallo prezioso;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 21 maggio 1999;

Sulla proposta del Ministro per le politiche comunitarie e del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con i Ministri degli affari esteri, dell'interno, di grazia e giustizia, del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e per la funzione pubblica;

Emana il seguente decreto legislativo:

 

Capo I - I metalli preziosi e loro titoli legali

1.   1. I metalli preziosi considerati ai fini del presente decreto sono i seguenti: platino, palladio, oro e argento.

 

2.   1. I metalli preziosi e le loro leghe devono portare impresso il titolo in millesimi del fino contenuto ed il marchio di identificazione, secondo quanto prescritto dalle norme contenute nei successivi articoli.

2. È vietato l'uso di marchi di identificazione diversi da quelli stabiliti dal presente decreto.

 

3.   1. Il titolo del metallo prezioso contenuto nell'oggetto deve essere espresso in millesimi.

2. I titoli legali da garantire a fusione, per ogni parte degli oggetti, sono i seguenti:

per il platino, 950, 900 e 850 millesimi;

per il palladio, 950 e 500 millesimi;

per l'oro, 750, 585, 375 millesimi;

per l'argento, 925 e 800 millesimi.

3. È ammesso qualsiasi titolo superiore al più alto indicato per ciascuno dei metalli preziosi di cui al comma 2.

4. Non sono ammesse tolleranze negative sui titoli dichiarati relativi alle materie prime in oro, argento, platino e palladio, nonché sui titoli legali ad eccezione dei seguenti casi:

a) negli oggetti di platino massiccio e di pura lastra è ammessa una tolleranza di 5 millesimi; negli oggetti di palladio massiccio e di pura lastra è ammessa una tolleranza di 5 millesimi;

b) negli oggetti di platino a saldatura semplice è ammessa una tolleranza di 10 millesimi; negli oggetti di palladio a saldatura semplice è ammessa una tolleranza di 10 millesimi;

c) per gli oggetti in oro eseguiti col metodo della fusione in cera persa, con iniezione centrifuga, è ammesso il titolo legale 753 con la tolleranza di 3 millesimi.

5. Le modalità per il riconoscimento delle caratteristiche costruttive dell'oggetto sono fissate dal regolamento di applicazione previsto dall'articolo 27, di seguito denominato regolamento. Tale regolamento indica anche i metodi ufficiali di analisi per la determinazione del titolo, da applicare ai fini del presente decreto, e la misura massima dell'errore ammissibile in sede delle analisi medesime.

 

4.   1. Gli oggetti in metallo prezioso fabbricati e posti in commercio nel territorio della Repubblica debbono essere a titolo legale e portare impresso il titolo stesso ed il marchio di identificazione.

 

5.   1. Gli oggetti in metallo prezioso legalmente prodotti e commercializzati nei Paesi membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, per esseri posti in commercio sul territorio della Repubblica, sono esentati dall'obbligo di recare il marchio di identificazione dell'importatore a condizione che rechino l'indicazione del titolo in millesimi e del marchio di responsabilità previsto dalla normativa del Paese di provenienza, o, in sostituzione di quest'ultimo, di una punzonatura avente un contenuto informativo equivalente a quello del marchio prescritto dal presente decreto e comprensibile per il consumatore finale.

2. Gli oggetti in metallo prezioso importati da Paesi che non siano membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo per essere posti in commercio nel territorio della Repubblica, devono essere a titolo legale, recarne l'indicazione in millesimi, riportare il marchio di responsabilità del fabbricante estero ed il marchio di identificazione dell'importatore previsto all'articolo 7.

3. Gli oggetti in metallo prezioso, quando rechino già l'impronta del marchio di responsabilità previsto dalla normativa di uno Stato estero non appartenente alla Unione europea o allo Spazio economico europeo, nel quale tale marchio sia obbligatorio e garantisca il titolo del metallo, e che sia depositato in Italia o nello Spazio economico europeo, possono non recare il marchio di identificazione dell'importatore, allorché risulti che lo Stato estero di provenienza accordi analogo trattamento agli oggetti fabbricati in Italia e in esso importati e sempreché i titoli garantiti ufficialmente siano corrispondenti o superiori a quelli previsti dal presente decreto.

4. Al fine di garantire una corretta informazione al consumatore, sono fissate nel regolamento le caratteristiche della tabella di comparazione da esporre in maniera chiara da chiunque vende al dettaglio gli oggetti disciplinati dal presente articolo, che riportano titoli e marchi differenti da quelli previsti per gli oggetti di produzione italiana.

 

6.   1. È consentita la produzione di oggetti con titoli diversi da quelli stabiliti con il presente decreto sia ai fini dell'esportazione fuori dallo Spazio economico europeo sia di commercializzazione nei Paesi dello Spazio economico europeo, sempreché tali titoli siano previsti dalla normativa di quel Paese.

 

 

Capo II - Marchio di identificazione

7.   1. Per ottenere il marchio di identificazione, i fabbricanti, gli importatori ed i venditori di metalli preziosi ne fanno richiesta nella domanda prevista dall'articolo 14, comma 2, unendo alla medesima la quietanza di versamento del diritto di saggio e marchio di L. 125.000 se trattasi di aziende artigiane iscritte all'albo delle imprese artigiane o di laboratori annessi ad aziende commerciali e di L. 500.000 se trattasi di aziende industriali. Il diritto è raddoppiato per quelle aziende industriali che impiegano oltre cento dipendenti.

2. La concessione del marchio è soggetta a rinnovazione annuale previo pagamento di un diritto di importo pari alla metà di quelli indicati nel comma 1, da versarsi entro il mese di gennaio di ogni anno alla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura che di seguito è denominata camera di commercio.

3. Nei confronti degli inadempienti si applicherà l'indennità di mora pari ad un dodicesimo del diritto annuale per ogni mese o frazione di mese di ritardo nel pagamento del diritto.

4. Qualora il pagamento non venga effettuato entro l'anno la camera di commercio provvede al ritiro del marchio di identificazione ed alla cancellazione dal registro di cui all'articolo 14, comma 1, dandone comunicazione al questore, affinché sia provveduto al ritiro della licenza di pubblica sicurezza.

 

8.   1. Le caratteristiche del marchio di identificazione sono indicate nel regolamento.

2. Nell'impronta del marchio sono contenuti il numero atto ad identificare il produttore od importatore e la sigla della provincia dove questi risiede.

3. Il numero caratteristico da riprodurre sul marchio di identificazione è assegnato dalla camera di commercio competente.

4. La cifra indicante il titolo dei metalli preziosi, espressa in millesimi, deve essere racchiusa in figure geometriche le cui forme e dimensioni sono indicate nel regolamento.

5. Per le materie prime e gli oggetti di platino e di palladio l'impronta del titolo deve essere, rispettivamente, seguita dai simboli Pt e Pd.

6. I marchi di identificazione e le indicazioni dei titoli devono essere impressi su parte principale dell'oggetto.

7. Per gli oggetti che non consentono una diretta marchiatura, questa sarà impressa su piastrina dello stesso metallo dell'oggetto e ad esso unito mediante saldatura dello stesso metallo.

8. Gli oggetti di fabbricazione mista di due o più metalli preziosi devono portare, quando ciò sia tecnicamente possibile, l'impronta del titolo su ciascuno dei metalli componenti; in caso contrario le impronte sono apposte sul metallo di peso prevalente.

9. Gli oggetti costituiti da più parti smontabili, non vincolate da saldature, devono portare il marchio di identificazione e l'impronta del titolo su ciascuna di tali parti, con le eccezioni che, per ragioni tecniche, saranno previste dal regolamento.

10. Salvo i casi previsti dall'articolo 15, è fatto divieto di introdurre, all'interno degli oggetti, metalli non preziosi, mastice ed altre sostanze.

 

9.   1. I marchi tradizionali di fabbrica, o sigle particolari, sono ammessi, in aggiunta al marchio di identificazione, ma non devono contenere alcuna indicazione atta a ingenerare equivoci con i titoli ed il marchio medesimo.

 

10.   1. La camera di commercio non oltre due mesi dalla data di presentazione della richiesta di cui all'articolo 14 assegna al richiedente il numero caratteristico del marchio e fa eseguire le matrici recanti le impronte del marchio stesso. Con il regolamento sono definiti criteri e modalità di stampa delle matrici, tali da garantire sicurezza e uniformità su tutto il territorio nazionale.

 

11.   1. Le matrici vengono depositate presso le camere di commercio competenti per territorio.

2. I titolari dei marchi provvedono, secondo le modalità del regolamento di esecuzione del presente decreto, alla fabbricazione di punzoni contenenti le impronte dei marchi stessi, nel numero di esemplari occorrenti, ricavabili dalle matrici di cui al comma 1.

3. Detti punzoni devono essere muniti, a cura della camera di commercio, dello speciale bollo avente le caratteristiche previste dal regolamento.

4. I marchi di identificazione resi inservibili dall'uso devono essere rimessi alle camere di commercio per la deformazione che viene effettuata con le modalità previste dal regolamento.

 

12.   1. Non sono soggetti all'obbligo del marchio di identificazione e dell'indicazione del titolo ma devono essere garantiti con le modalità che saranno stabilite dal regolamento:

a) gli oggetti di peso inferiore ad un grammo;

b) i semilavorati ed i lavori in metalli preziosi e loro leghe per odontoiatria;

c) gli oggetti di antiquariato;

d) i semilavorati e le loro leghe, oggetti e strumenti per uso industriale;

e) gli strumenti ed apparecchi scientifici;

f) le monete;

g) le medaglie e gli altri oggetti preziosi fabbricati dalla Zecca, che, in luogo del marchio di cui all'articolo 8, saranno contrassegnati dal marchio speciale della Zecca medesima;

h) gli oggetti usati in possesso delle aziende commerciali;

i) i residui di lavorazione;

l) le leghe saldanti a base argento, platino o palladio.

2. La prova di oggetto usato deve essere data dalla descrizione dell'oggetto riportata nel registro delle operazioni previsto dall'articolo 128 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e dalla corrispondente fattura redatta dal commerciante acquirente.

3. L'autenticità degli oggetti di antiquariato di cui alla lettera c) deve essere riconosciuta da esperti, iscritti nei ruoli dei periti e degli esperti, presso le camere di commercio.

 

13.   1. I metalli e gli oggetti contenenti metalli disciplinati dal presente decreto possono essere sottoposti a saggio, a richiesta degli interessati, da parte delle camere di commercio, che appongono, sul metallo o sull'oggetto saggiato, apposito marchio con le impronte indicate dal regolamento.

 

14.   1. Presso ogni camera di commercio è tenuto il registro degli assegnatari dei marchi di identificazione al quale devono iscriversi:

a) coloro che vendono platino, palladio, oro e argento in lingotti, verghe, laminati, profilati e semilavorati in genere;

b) coloro che fabbricano od importano oggetti contenenti i metalli di cui alla lettera a).

2. Per ottenere l'iscrizione al registro di cui al comma 1, gli interessati presentano domanda alla camera di commercio competente per territorio in cui hanno sede legale ed uniscono alla domanda stessa copia della licenza rilasciata dall'autorità di pubblica sicurezza, ai sensi dell'articolo 127 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modifiche.

3. Ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articolo 16, la licenza di cui al comma 2 non è richiesta per coloro che sono iscritti all'albo delle imprese artigiane.

4. Il registro di cui al comma 1, è aggiornato a cura della competente camera di commercio e può essere consultato su tutto il territorio nazionale dalla pubblica amministrazione, anche mediante tecniche informatiche e telematiche. Tale registro è pubblico.

 

Capo III - Oggetti placcati, dorati, argentati e rinforzati o di fabbricazione mista

15.   1. È fatto divieto di imprimere indicazione di titoli in millesimi ed in carati, e comunque di imprimere altre indicazioni che possano ingenerare equivoci, sugli oggetti di metalli differenti da quelli preziosi, anche se dorati, argentati, ovvero placcati.

2. Le indicazioni del titolo ed il marchio sono obbligatorie per gli oggetti costituiti in parte di metalli preziosi, ed in parte di sostanze o metalli non preziosi; in tal caso, su questi ultimi devono essere apposte sigle od iscrizioni atte ad identificarli, secondo quanto stabilito dal regolamento.

3. Lo stesso obbligo di cui al comma 2 sussiste nei casi particolari, precisati dal regolamento, di oggetti in metalli preziosi che, per gli usi cui sono destinati e per esigenze di ordine tecnico, richiedano introduzione, nel loro interno, di mastice od altre sostanze non preziose, in deroga al disposto di cui all'articolo 8.

4. Per tali oggetti il regolamento stabilisce, altresì, le modalità con cui le sostanze estranee devono essere, anche quantitativamente, identificate.

 

Capo IV - Responsabilità, sistemi di certificazione vigilanza e sanzioni

16.   1. Il rivenditore risponde verso il compratore dell'esattezza del titolo dichiarato, salvo l'azione di rivalsa.

 

17.   1. I titolari di marchi di identificazione, previa autorizzazione scritta e sotto la propria responsabilità, possono far apporre il proprio marchio di identificazione ad altri soggetti titolari di marchi di identificazione, che partecipano al processo produttivo.

 

18.   1. I laboratori che effettuano il saggio degli oggetti in metallo prezioso e rilasciano le relative certificazioni del titolo devono essere abilitati dalle camere di commercio o appartenere alle stesse o a loro aziende speciali.

2. Tali laboratori devono offrire garanzie di indipendenza e di qualificazione tecnico professionale volta in particolare al settore orafo argentiero per la determinazione del titolo dei metalli preziosi.

3. La domanda di abilitazione è presentata alla camera di commercio competente per territorio, ed è corredata della documentazione comprovante:

a) la dotazione organica del personale addetto al laboratorio con le relative qualifiche professionali:

b) l'attrezzatura del laboratorio destinato alle operazioni di saggio dei singoli metalli preziosi, per i quali viene richiesta l'abilitazione.

4. Il personale del laboratorio abilitato è tenuto ad osservare le seguenti prescrizioni:

a) divieto di esercitare, sia in proprio, direttamente o indirettamente, sia alle dipendenze di terzi o in collaborazione o società con terzi, qualsiasi attività di commercio o lavorazione nel settore dei metalli preziosi;

b) divieto di eseguire, in proprio, nel laboratorio al quale è addetto, analisi e ricerche che non siano per conto del laboratorio stesso;

c) rispetto del segreto professionale.

5. La vigilanza ed il controllo sui laboratori abilitati volti a verificare l'osservanza dei suddetti requisiti sono esercitati dalle camere di commercio competenti per territorio, secondo le modalità stabilite nel regolamento.

 

19.   1. Allo scopo di garantire la conformità alle disposizioni del presente decreto, sono ammesse certificazioni aggiuntive.

2. A tal fine il fabbricante o il suo mandatario ha facoltà di richiedere apposita certificazione rilasciata da un laboratorio di cui all'articolo 18, oppure da un organismo di certificazione accreditato a livello comunitario in base alle normative tecniche vigenti che risulti rivolto al settore produttivo dei metalli preziosi.

3. I criteri per l'individuazione degli organismi di certificazione di cui al comma 2 sono stabiliti nel regolamento.

4. Ai sensi del presente articolo i laboratori e gli organismi di certificazione svolgono periodicamente presso il fabbricante controlli sugli oggetti pronti per la vendita. Le modalità di tali controlli, mediante prelievi di campioni di oggetti ed i relativi esiti delle analisi di saggio, sono stabilite nel regolamento.

 

20.   1. Agli effetti dell'articolo 57 del codice di procedura penale, il personale delle camere di commercio, durante l'espletamento e nei limiti del servizio per l'applicazione delle norme del presente decreto, sono ufficiali e agenti di polizia giudiziaria.

2. Per l'identificazione, il personale suddetto deve essere dotato di una speciale tessera munita di fotografia rilasciata dalla camera di commercio di appartenenza.

 

21.   1. Il personale della camera di commercio effettua visite ispettive anche non preannunciate. A tal fine ha facoltà di accesso nei locali adibiti alla produzione, al deposito ed alla vendita di materie prime e di oggetti contenenti metalli preziosi, allo scopo di:

a) prelevare campioni di materie prime portanti impressi il titolo dichiarato, di semilavorati ed oggetti di metalli preziosi finiti, già muniti di marchio e pronti per la vendita, per accertare l'esattezza del titolo dichiarato per le materie prime e del titolo legale per i semilavorati e gli oggetti finiti mediante saggi da eseguirsi presso i laboratori di cui all'articolo 18;

b) verificare l'esistenza della dotazione di marchi di identificazione;

c) controllare le caratteristiche di autenticità dei marchi e la loro perfetta idoneità all'uso;

2. Del prelevamento di cui alla lettera a), che può essere effettuato solo da personale con qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria, viene redatto verbale in presenza del proprietario o di persona, che, nell'occasione, lo rappresenti.

3. Il verbale deve specificare, tra l'altro, il peso, il valore, le caratteristiche ed il marchio di identificazione dell'oggetto e della materia prima lavorata.

 

22.   1. Ai fini dell'articolo 21 i saggi sono eseguiti con i metodi prescritti dal regolamento, non danno luogo ad indennizzo ed i risultati devono essere indicati in appositi certificati.

 

23.   1. I campioni e gli oggetti prelevati per il saggio ed i residui dei campioni e degli oggetti stessi sono restituiti al proprietario se risultano rispondenti a quanto prescritto dal presente decreto.

 

24.   1. È fatto divieto ai produttori, importatori e commercianti di vendere oggetti in metalli preziosi sprovvisti di marchio di identificazione e di titolo legale.

2. È fatto altresì divieto ai commercianti di detenere oggetti di metalli preziosi pronti per la vendita sprovvisti di marchio e del titolo legale di cui al comma precedente.

3. Il divieto di cui ai commi 1 e 2 non riguarda gli oggetti di cui all'articolo 5, e quelli elencati all'articolo 12.

4. I semilavorati su cui non è possibile effettuare la punzonatura del marchio di identificazione e del titolo potranno formare oggetto di scambio solo tra operatori muniti di marchio di identificazione, purché siano contenuti in involucri sigillati portanti il marchio di identificazione e l'indicazione del titolo.

 

25.   1. Salva l'applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti qualora il fatto costituisca reato, per le violazioni delle norme del presente decreto si applicano le seguenti sanzioni:

a) chiunque produce, importa e pone in commercio o detiene materie prime ed oggetti di metalli preziosi senza aver ottenuto l'assegnazione del marchio, ovvero usa marchi assegnati ad altri ad eccezione di quanto previsto all'articolo 17, ovvero usa marchi non assegnati o scaduti o ritirati o annullati è punito con sanzione amministrativa da L. 300.000 a L. 3.000.000. La stessa sanzione si applica anche a chi pone in commercio o detiene per la vendita materie prime ed oggetti di metalli preziosi privi di marchio di identificazione o di titolo, ovvero muniti di marchi illeggibili e diversi da quelli legali;

b) chiunque produce materie prime ed oggetti di metallo prezioso il cui titolo risulti inferiore a quello legale impresso, è punito con sanzione amministrativa da L. 600.000 a L. 6.000.000;

c) chiunque pone in commercio o detiene per la vendita materie prime od oggetti di metallo prezioso il cui titolo risulti inferiore a quello legale impresso, è punito con la sanzione amministrativa da L. 150.000 a L. 1.500.000, salvo che dimostri che egli non ne è il produttore e che gli oggetti non presentano alcun segno di alterazione;

d) chiunque fabbrica, pone in commercio o detiene per la vendita oggetti di metalli comuni con impresso un titolo, anche diverso da quelli previsti dal presente decreto, oppure con indicazioni letterali o numeriche che possono confondersi con quelle indicate dal presente decreto, è punito con la sanzione amministrativa da L. 60.000 a L. 600.000;

e) chiunque smarrisce uno o più marchi di identificazione e non ne fa immediata denuncia alla camera di commercio è punito con la sanzione amministrativa da L. 60.000 a L. 600.000.

2. La sanzione di cui al comma 1, lettera d) si applica altresì nei casi di inosservanza alle disposizioni di cui all'articolo 8, commi 6, 7, 8, 9 e 10, all'articolo 9, all'articolo 11, comma 4, all'articolo 15, all'articolo 24, commi 3 e 4, nonché di quelle stabilite dal regolamento.

3. Copia del rapporto concernente taluna delle violazioni alle disposizioni del presente decreto è trasmessa al Questore.

 

26.   1. Salvo i casi di particolare tenuità, qualora il fatto costituisca reato, alla condanna penale consegue la pubblicazione della sentenza a norma dell'articolo 36 del codice penale.

2. In caso di recidiva, ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 99 e seguenti del codice penale ove applicabili, alla sanzione consegue la sospensione dall'esercizio della attività di produzione o commercio di materie prime od oggetti di metalli preziosi per un periodo da un minimo di 15 giorni ad un massimo di 6 mesi. Nella determinazione del periodo di sospensione dall'esercizio dell'attività si tiene conto del periodo di sospensione eventualmente eseguito, per i medesimi fatti, a norma dell'art. 10 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

 

27.   1. Entro 6 mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro per l'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentiti il Comitato centrale metrico ed il Consiglio di Stato, sarà emanato il regolamento di applicazione del presente decreto.

2. Nelle more dell'emanazione del suddetto regolamento, si applica il regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1496, e successive modifiche ed integrazioni (3).

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(3)  In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150.

 

28.   1. Sono abrogate la legge 30 gennaio 1968, n. 46, ed ogni altra disposizione diversa o contraria a quelle contenute nel presente decreto.

 

29.   1. Fino al prodursi dell'efficacia del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri attuativo del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, articoli 20 e 50, le funzioni conferite alle camere di commercio con il presente decreto continuano ad essere esercitate dagli uffici metrici provinciali.

 

30.   1. Il presente decreto entra in vigore sessanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.


D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150
Regolamento recante norme per l'applicazione del D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 251, sulla disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 25 luglio 2002, n. 173.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l'articolo 87 della Costituzione;

Visto l'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241, sulle nuove norme in materia di procedimento amministrativo, e successive modifiche ed integrazioni;

Visto il decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, ed in particolare l'articolo 27 che dispone l'emanazione del Regolamento di applicazione del citato provvedimento mediante «decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato di concerto con il Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentiti il Comitato centrale metrico ed il Consiglio di Stato»;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 6 luglio 1999, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 286 del 6 dicembre 1999, sulla individuazione dei beni e delle risorse degli uffici provinciali metrici da trasferire alle camere di commercio;

Vista la legge 24 novembre 1981, n. 689, concernente modifiche al sistema penale;

Esperita la procedura d'informazione prevista dalla direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che codifica la procedura di notifica 83/189/CE recepita con la legge 21 giugno 1986, n. 317, e successive modificazioni ed integrazioni;

Sentito il parere del Comitato centrale metrico nella seduta del 22 maggio 2001;

Udito il parere del Consiglio di Stato, espresso dalla sezione consultiva per gli atti normativi, nell'adunanza del 4 giugno 2001;

Ritenuto di non poter condividere interamente il citato parere del Consiglio di Stato, con riferimento ai successivi articoli 33, comma 5, 36, comma 5 e 53, comma 6, in considerazione del fatto che le funzioni ed i compiti in materia di metrologia legale e metalli preziosi sono stati conferiti alle camere di commercio, dotate di autonomia organizzativa, conservando allo Stato unicamente il potere di indirizzo e coordinamento previsto dall'articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;

Viste le deliberazioni del Consiglio dei Ministri, adottate nelle riunioni del 21 dicembre 2001 e del 24 maggio 2002;

Sulla proposta del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'interno;

Emana il seguente regolamento:

 

Capo I

Definizioni

1.   1. Agli effetti del presente regolamento si intende:

a) per «decreto», il decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251;

b) per «metalli preziosi», il platino, il palladio, l'oro e l'argento;

c) per «materie prime», i metalli preziosi puri e le loro leghe nelle seguenti forme:

1) i lingotti, i pani, le verghe, i bottoni, i granuli ed in genere ogni prodotto ricavato da fusione;

2) i laminati ed i trafilati, in lamine, barre, fili ed in genere ogni prodotto predisposto ad ogni processo di trasformazione;

3) i semilavorati di qualsiasi forma e dimensione, e cioè i prodotti di processi tecnologici di qualsiasi natura meccanici e non, che pur presentando una struttura finita o semifinita non risultano diretti ad uno specifico uso o funzione, ma sono destinati ad essere intimamente inseriti in oggetti compositi, garantiti nel loro complesso dal produttore che opera il montaggio;

4) le polveri prodotte con processi di natura chimica o elettrochimica o meccanica;

5) le leghe brasanti, ad eccezione delle leghe per saldature «ad argento» destinate ad impieghi industriali estranei alla lavorazione dei metalli preziosi;

d) per «marchio di identificazione», il marchio costituito da un'impronta poligonale, recante all'interno la sagoma di una stella a cinque punte, il numero caratteristico attribuito all'azienda assegnataria e la sigla della provincia ove la medesima ha la propria sede legale;

e) per «titolo» delle materie prime e dei lavori in metalli preziosi, il rapporto in peso tra il fino ed il complesso dei metalli componenti la lega;

f) per «tolleranze sui titoli», le tolleranze sui titoli legali degli oggetti, previste all'articolo 3, comma 4 del decreto;

g) per «errori ammessi in sede di analisi», l'incertezza di misura dei metodi di analisi;

h) per «campioni d'analisi», le parti di metallo prelevato dalla materia prima o dal semilavorato o dall'oggetto, per eseguire il saggio tendente ad accertare l'esattezza del titolo. Tali campioni possono essere costituiti da interi oggetti, quando particolari caratteristiche costruttive o dimensionali degli stessi lo richiedono;

i) per «personale della camera di commercio» il personale ispettivo di cui all'articolo 20 del decreto;

l) per «registro», il registro degli assegnatari dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, tenuto dalle camere di commercio, di cui all'articolo 14 del decreto;

m) per «diritti di saggio e marchio», i diritti da versare ai sensi dell'articolo 7, commi 1 e 2 del decreto;

n) per «indennità di mora», le indennità previste all'articolo 7, comma 3, del decreto;

o) per «tipologia produttiva», la modalità di produzione di un oggetto inerente alla forma finale ed al tipo di tecnologia impiegata;

p) per «laboratori di analisi», i laboratori che effettuano il saggio dei metalli preziosi e rilasciano le relative certificazioni del titolo, di cui all'articolo 18 del decreto;

q) per «saggio facoltativo», l'analisi delle leghe e degli oggetti contenenti metalli preziosi, richiesta facoltativamente dagli interessati, ed eseguita dai laboratori di saggio delle camere di commercio o da loro aziende speciali, di cui all'articolo 13 del decreto;

r) per «verbale di prelevamento», il verbale redatto dal personale della camera di commercio, in sede di vigilanza, di cui all'articolo 21 del decreto;

s) per «certificazione aggiuntiva», la facoltà riconosciuta al fabbricante o suo mandatario, ai sensi dell'articolo 19 del decreto, di garantire la conformità dei propri prodotti alle disposizioni dello stesso decreto.

 

Capo II

I metalli preziosi e loro titoli legali prelevamento di campioni, metodi di analisi

2.   1. L'obbligo del marchio di identificazione e della indicazione del titolo si applica alle materie prime ed ai lavori in metalli preziosi anche se eseguiti per conto del committente e con materiali da questi forniti.

2. Nelle materie prime contenenti in misura commercialmente valutabile altri metalli preziosi, oltre quello prevalente, all'indicazione del titolo di questo può essere aggiunta anche quella del titolo degli altri metalli preziosi presenti nella lega.

3. Il titolo delle materie prime e dei lavori in metalli preziosi si intende garantito a fusione quando, indipendentemente dalla eventuale eterogeneità della lega o dalla natura composita delle diverse parti dell'oggetto, corrisponde al titolo dichiarato espresso in millesimi.

4. Ai sensi del comma 3 si considera come fino il platino eventualmente presente nelle rispettive leghe.

 

3.   1. In sede di controllo del titolo, si considera garantito a fusione il titolo della materia prima o dell'oggetto, determinato con l'osservanza dei metodi di analisi e con le modalità di prelievo dei campioni di analisi di cui agli articoli 7 e seguenti, tenuto conto delle eventuali tolleranze sul titolo nominale e degli errori ammessi in sede di analisi.

 

4.   1. Gli oggetti in metalli preziosi aventi un titolo effettivo compreso tra due titoli legali rispettivamente ammessi, sono marchiati con il titolo legale inferiore.

2. È ammesso che i lavori in metalli preziosi portino impresso, il titolo effettivo, quando questo risulta superiore ai massimi titoli legali rispettivamente consentiti, e cioè di 950/1000 per il platino e il palladio, di 750/1000 per l'oro e di 925/1000 per l'argento.

3. Le materie prime possono essere prodotte a qualsiasi titolo, ma devono recare impressa l'indicazione del loro titolo reale.

4. Il marchio d'identificazione e l'indicazione del titolo sono impressi sulle materie prime e sugli oggetti in metallo prezioso prima di essere posti in commercio.

5. Le materie prime e gli oggetti di metalli preziosi si intendono pronti per la vendita, ad eccezione dell'ipotesi prevista all'articolo 20, comma 1, quando recano impresso il titolo ed il marchio di identificazione ed hanno ultimato il ciclo produttivo o, comunque, quando lasciano la sede del fabbricante, importatore o commerciante di materie prime, per essere consegnati all'acquirente.

6. Chiunque vende al dettaglio oggetti di metalli preziosi espone un cartello indicante, in cifre, in maniera chiara e ben visibile, i relativi titoli di cui ai commi da 1 a 5.

7. La tabella di comparazione di cui all'articolo 5, comma 4, del decreto riporta le informazioni esplicative secondo lo schema riportato all'allegato I.

 

5.   1. In relazione alla riconosciuta difficoltà di imprimere il prescritto marchio d'identificazione e l'indicazione del titolo, senza danni, sulle casse da orologio in metallo prezioso, successivamente al montaggio di queste o all'introduzione in esse delle relative macchine, è consentito che le casse da orologio allo stato grezzo siano importate, in temporanea, in territorio nazionale da Paesi che non sono membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, per l'apposizione del prescritto marchio di identificazione dell'importatore.

2. La stessa facoltà è accordata all'importatore di oggetti in metalli preziosi totalmente smaltati, o recanti pietre preziose o comunque aventi caratteristiche di fragilità tali da impedirne la marchiatura, responsabile della commercializzazione in Italia.

 

6.   1. La tolleranza di dieci millesimi, è ammessa sul titolo medio, a fusione completa dei lavori in platino, o in palladio, a saldatura semplice, e cioè per i lavori nei quali le saldature, anche se plurime, sono tutte effettuate con leghe brasanti dello stesso titolo.

2. Sui lavori di cui al comma 1 il titolo della lega costitutiva, saldature escluse, non è inferiore al titolo tollerato dall'articolo 3, comma 4, lettera a), del decreto.

3. La tolleranza di 3 millesimi sui lavori in oro eseguiti col metodo della microfusione in cera persa con iniezione centrifuga, è ammessa sui soli oggetti che recano l'indicazione del titolo di 753 millesimi, applicato con la speciale impronta prevista nell'allegato V di cui all'articolo 16.

4. Il riconoscimento delle caratteristiche costruttive previste dal decreto ai fini dell'eventuale concessione delle tolleranze sul titolo nominale di cui ai commi da 1 a 3, si effettua a vista seguendo i criteri indicati negli stessi commi.

5. In caso di dubbi o di contestazioni sull'esito del riconoscimento a vista di cui al comma 4, in tutti i casi in cui ciò si renda necessario ai sensi del decreto, detto esame è integrato da ulteriori indagini, non escluse quelle da effettuare con le modalità di prelievo di campioni di analisi di cui agli articoli 7 e seguenti.

 

7.   1. Ai fini della costituzione del campione di analisi il quantitativo di metallo da prelevare è tale da consentire per ciascuno di essi, l'esecuzione di almeno quattro saggi, come previsto dall'articolo 44.

2. Il prelevamento di campioni di analisi di materie prime, portanti impresso il titolo dichiarato ed il marchio d'identificazione, tranne che nel caso previsto dall'articolo 20, comma 1, si effettua col metodo della trapanatura o della cesoiatura o dell'unghiatura in più punti, compatibilmente con le caratteristiche dimensionali del pezzo, dopo aver pulito le porzioni di superficie prescelte, avendo cura che materiali estranei, eventualmente aderenti al metallo prezioso o agli utensili impiegati, non abbiano a mescolarsi col campione prelevato; per i semilavorati può procedersi anche con il metodo della raschiatura.

3. Una parte della materia prelevata, sigillata dal personale delle Camere di commercio, può essere lasciata in consegna all'interessato, se egli ne fa espressa richiesta, per eventuali contestazioni e ripetizioni dei saggi.

4. La scelta dei punti di prelevamento dei campioni di analisi delle materie prime si opera come appresso:

a) lingotti, verghe e simili: tre prelievi, di cui due ad opposte estremità del pezzo, ed una in profondità nel corpo del medesimo;

b) bottoni, pezzi tondeggianti in genere: due prelievi, di cui uno nel corpo del pezzo. Nel caso di bottoni di piccole dimensioni si procede al ritiro di uno o più esemplari scelti a caso;

c) lastre, profilati, eccetera: due prelievi, in punti convenientemente distanti del pezzo;

d) semilavorati:

1) se di peso inferiore a 5 grammi: ritiro di due o più esemplari scelti a caso;

2) se di peso superiore a 5 grammi: prelievo di almeno un grammo di metallo su ciascun esemplare, da un gruppo di almeno tre, scelti a caso;

e) polveri ed affini: prelievo nella massa, previo rimescolamento della stessa;

f) leghe brasanti: prelievo come al punto c).

 

8.   1. Negli oggetti in oro le eventuali saldature sono effettuate con leghe aventi lo stesso titolo dell'oggetto, con le seguenti eccezioni:

a) negli oggetti in oro con titolo superiore a 750 millesimi, la saldatura è effettuata con lega d'oro a titolo non inferiore a 750 millesimi;

b) nelle catene d'oro realizzate con un filo di diametro inferiore a 1 mm, le saldature possono essere effettuate con leghe non aventi contenuto aureo, ma non devono, comunque, comportare che il titolo reale dell'oggetto risulti, a fusione, inferiore al titolo legale dichiarato.

2. Negli oggetti in platino le eventuali saldature sono effettuate con leghe aventi un contenuto complessivo di metalli preziosi non inferiore a 800 millesimi.

3. Negli oggetti in palladio le eventuali saldature sono effettuate con leghe aventi un contenuto complessivo di metalli preziosi non inferiore a 700 millesimi.

4. Negli oggetti in argento le eventuali saldature sono effettuate con lega d'argento avente un titolo non inferiore a 550 millesimi.

 

9.   1. Il prelevamento di campioni da oggetti di metalli preziosi finiti già muniti, nei modi previsti dal presente regolamento, del marchio d'identificazione e dell'impronta del titolo legale e pronti alla vendita, si effettua con i metodi della trapanatura, della cesoiatura, previo accertamento che l'oggetto e gli utensili da impiegare siano convenientemente puliti.

2. Ferma restando l'esigenza di disporre dei quantitativi minimi di metallo di cui all'articolo 7, comma 2, si evita, laddove ciò sia tecnicamente possibile, ogni eccessivo danneggiamento dell'oggetto. A tal fine il possessore dell'oggetto ha la facoltà di procedere personalmente, o con l'ausilio di persona di sua fiducia, alla effettuazione dell'operazione secondo il metodo scelto dal personale delle camere di commercio.

3. Parte della materia prelevata può essere trattenuta dal possessore dell'oggetto, con le modalità e per gli scopi di cui all'articolo 7, comma 2, unitamente a quanto resta dell'oggetto.

4. La scelta dei punti di prelevamento dei campioni di analisi da oggetti finiti, si effettua come di seguito specificato:

a) oggetti stampati o microfusi o a canna vuota a diametro costante o elettroformati di grandi dimensioni: tre prelievi in zone convenientemente distanti l'una dall'altra. Il risultato è l'espressione della media aritmetica dei singoli risultati;

b) oggetti a canna vuota a diametro variabile: tre o più prelievi in zone convenientemente distanti l'una dall'altra. Il risultato è l'espressione della media aritmetica dei singoli risultati;

c) oggetti elettroformati di piccola pezzatura: fusione completa;

d) oggetti assemblati tramite saldature: un prelievo in parti lontane dalle stesse. Ove questo non sia possibile (punti di saldatura non visibili), il titolo dell'oggetto è dato dalla media aritmetica dei risultati di tre prelievi;

e) oggetti formati da leghe di colore diverso: ove possibile è fatto almeno un prelievo per ogni colore. Il titolo dell'oggetto è dato dalla media aritmetica dei risultati dei prelievi per ogni colore; il numero dei prelievi non è inferiore a tre;

f) lavori in filigrana, a piccole maglie e oggetti in genere ottenuti dalla elaborazione di un filo continuo: tre prelievi, compatibilmente con l'estensione dell'oggetto, ritagliati in più punti dell'oggetto stesso. Il risultato è l'espressione della media aritmetica dei singoli risultati dei prelievi.

 

10.   1. Il ricorso alla fusione completa dell'oggetto può essere operata nei casi in cui il risultato del primo ed, eventualmente, del secondo saggio dà adito a fondati dubbi circa l'effettiva corrispondenza dei campioni di analisi, prelevati con i metodi di cui all'articolo 9, alla composizione dell'oggetto da cui derivano. Lo stesso procedimento è eseguito quando ciò è esplicitamente richiesto dal possessore dell'oggetto, e a suo carico.

2. La fusione dell'oggetto è eseguita presso i laboratori di analisi, o presso l'officina, idoneamente attrezzata, del titolare del marchio di identificazione secondo le direttive e alla presenza di personale della camera di commercio.

 

11.   1. I metodi ufficiali di analisi per l'accertamento dei titoli delle materie prime e dei lavori in metalli preziosi, ai fini della legge, sono quelli riportati all'allegato II.

2. Per tutti i metalli preziosi, le analisi sono eseguite con doppia determinazione del titolo, per ciascun campione di analisi prelevato dalla lega in esame.

3. Sono altresì da considerarsi metodi ufficiali di analisi tutti quelli previsti dalle norme emanate da enti di normazione nazionale o internazionale che presentano un grado d'incertezza eguale o minore a quelli dettati nell'allegato II.

 

Capo III

Marchio di identificazione e titoli

12.   1. Le caratteristiche e le dimensioni nominali del marchio di identificazione sono riportate nell'allegato III.

2. In relazione alle esigenze degli oggetti da marchiare, la matrice del marchio di identificazione è realizzata a cura della camera di commercio competente, in una serie di quattro diverse grandezze.

3. Le caratteristiche dell'impronta sono tali da risultare incise sull'oggetto e non impresse a rilievo, la stella, il numero e la sigla di cui al comma 1 e, per le impronte della quarta grandezza, anche il contorno poligonale dell'impronta medesima.

4. Oltre che nelle quattro grandezze di cui ai commi da 1 a 3, il Ministero delle attività produttive dispone, con suo decreto, sentito il Comitato centrale metrico, che il marchio di identificazione può essere realizzato anche in altre grandezze, quando ciò è espressamente richiesto da esigenze di carattere tecnico.

5. Per le stesse esigenze di cui al comma 4 e con le stesse modalità, possono essere disposte, per i fusti dei punzoni, dimensioni normalizzate diverse da quelle previste dall'articolo 15, comma 3, e per le impronte dei titoli legali e per le impronte del marchio delle Camere di commercio.

 

13.   1. Nell'ipotesi di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto, l'importatore all'atto in cui pone in commercio nel territorio della Repubblica e dello Spazio economico europeo gli oggetti importati, assume tutte le responsabilità e gli oneri imposti dal decreto e dal presente regolamento ai produttori nazionali.

 

14.   1. È fatto divieto di apporre il proprio marchio di identificazione su oggetti in metalli preziosi o loro leghe, di fabbricazione altrui, ad eccezione delle ipotesi di cui agli articoli 5, comma 2, e 17 del decreto.

2. Quando all'esecuzione di oggetti in metalli preziosi concorrono vari fabbricanti, l'obbligo dell'apposizione del marchio di identificazione e dell'impronta del titolo incombe al fabbricante che cura l'immissione in commercio del prodotto finito, ad eccezione dell'ipotesi di cui all'articolo 17 del decreto.

3. Ai fini indicati dal comma 2, lo scambio delle parti dell'oggetto si effettua con le norme stabilite all'articolo 19 per i semilavorati.

4. L'obbligo di detenere ed usare il marchio di identificazione non sussiste per chiunque esegue, per conto di terzi titolari del marchio stesso, lavorazioni parziali che non alterano la sostanza costitutiva dell'oggetto, come: pulitura, incassatura, montaggio; non sussiste per chiunque esegue, su oggetti usati, riparazioni per conto di privati committenti.

5. I predetti operatori sono però tenuti a procurarsi e ad esibire, in sede di eventuali controlli operati ai sensi dell'articolo 21 del decreto, documenti giustificativi atti a comprovare l'origine e la proprietà degli oggetti detenuti presso il proprio laboratorio.

 

15.   1. I marchi di identificazione sono ricavati, a cura del titolare dei marchi stessi o di persona da lui delegata, dalle rispettive matrici depositate presso le Camere di commercio; l'operazione è effettuata presso le predette Camere di commercio o, a richiesta dell'interessato, presso l'azienda, o presso idoneo laboratorio specializzato da essa indicato, alla presenza di personale qualificato delle camere di commercio.

2. La riproduzione del marchio si ottiene mediante compressione del fusto vergine contro la relativa matrice; ogni altra tecnica di riproduzione è tassativamente esclusa.

3. I fusti destinati a ricevere l'impronta del marchio sono ricavati da profilati in acciaio, a sezione quadrata, aventi caratteristiche normalizzate, secondo quanto indicato dall'allegato IV.

4. Può essere anche autorizzata qualsiasi altra forma e dimensione, per la realizzazione di punzoni di tipo speciale, destinati o meno ad essere inseriti in appositi attrezzi o dispositivi meccanici, a condizione che risulti in ogni caso possibile l'apposizione, su di essi, del bollo di autenticazione previsto dall'articolo 11, comma 3, del decreto.

5. È anche autorizzato l'allestimento di punzoni recanti, oltre l'impronta del marchio di identificazione, quella del titolo legale ed, eventualmente, del marchio o sigla di cui all'articolo 9 del decreto.

6. Le autorizzazioni di cui ai commi 4 e 5 sono concesse, dalle camere di commercio competenti per territorio, agli interessati che ne presentano motivata richiesta, allegando alla domanda il disegno quotato dei punzoni stessi e dell'alloggiamento del dispositivo destinato a contenerli.

7. Il bollo di autenticazione è costituito da una figura geometrica, identificata nell'allegato VI, recante all'interno il numero caratteristico che distingue la camera di commercio.

8. La consegna dei punzoni si effettua contro ricevuta rilasciata dal titolare del marchio o dalla persona da questi delegata, e nella quale i punzoni sono indicati per quantità e tipo.

9. Dell'avvenuta consegna la camera di commercio prende debita nota.

 

16.   1. A norma dell'articolo 8, comma 4, del decreto, le figure geometriche racchiudenti le cifre dei titoli legali sono rigorosamente normalizzate, e hanno le forme e le dimensioni indicate nell'allegato V.

2. Le cifre che indicano il titolo risultano incise sull'oggetto e non impresse a rilievo; dette cifre e la figura che le racchiude costituiscono nel loro complesso l'impronta del titolo legale.

3. In relazione alle caratteristiche degli oggetti da marchiare, l'impronta di ciascun titolo legale è realizzata in una serie di quattro diverse grandezze, aventi le dimensioni di cui all'allegato V.

4. Ciascuno degli assegnatari del marchio di identificazione provvede direttamente, sotto la propria responsabilità, alla costruzione dei punzoni recanti le impronte dei titoli legali, attenendosi rigorosamente alle norme di cui ai commi da 1 a 3.

5. È in facoltà dei predetti assegnatari di limitare la propria dotazione alle sole impronte e alle sole grandezze delle medesime che interessano la propria attività.

 

17.   1. L'indicazione del titolo reale sulle materie prime si appone con l'impiego delle impronte di cui all'articolo 16 nei soli casi in cui il titolo predetto corrisponde esattamente ad uno dei titoli legali ammessi dal decreto.

2. In tutti i casi diversi da quelli considerati nel comma 1, il titolo reale si appone con l'impiego di impronte non normalizzate, facendo precedere le cifre indicanti i millesimi e i decimi di millesimo di metallo fine, dai simboli Pt, Pd, Au, Ag, rispettivamente per il platino, il palladio, l'oro e l'argento e facendole seguire dal simbolo ‰. È anche ammesso che il titolo sia espresso sotto forma di frazione, con denominatore 1000 e con la eliminazione del simbolo ‰.

3. L'indicazione del titolo delle materie prime è sempre accompagnato dal marchio di identificazione del produttore.

4. Le camere di commercio, in quanto detentrici delle matrici, verificano l'autenticità dei marchi di identificazione impressi sulle materie prime e sui lavori di metalli preziosi recanti la sigla della provincia di propria competenza, e rilasciano apposita dichiarazione di autenticità.

 

18.   1. La bollatura degli oggetti in metalli preziosi si effettua con l'apposizione del marchio di identificazione e della indicazione del titolo legale, avendo cura di impiegare, in relazione alle caratteristiche e dimensioni dell'oggetto da marchiare, impronte di grandezze corrispondenti, secondo il disposto di cui agli articoli 12, comma 2, e 16, comma 5.

 

19.   1. Le materie prime di platino, palladio, oro e argento, in piccoli grani, in fili e fogli sottili, in polvere, eccetera, ed i semilavorati in genere che, in relazione alla loro particolare struttura od alle loro ridotte dimensioni, non consentono la marchiatura, sono posti in vendita in involucri chiusi e sigillati.

2. Gli involucri sono costituiti di qualsiasi materiale idoneo allo scopo e sono confezionati anche all'atto della vendita, ma non devono potersi aprire dopo eseguita tale confezione e sigillatura se non per lacerazione dell'involucro stesso o rottura dei sigilli.

3. I sigilli sono apposti su laminetta in metallo o lega metallica, non ferrosi, o anche in materiale plastico, sulla quale è incisa la parola «sigillo», seguita dalla indicazione del titolo e del marchio di identificazione del produttore. In alternativa all'uso della laminetta le indicazioni del titolo e del marchio di identificazione sono riportate sull'involucro stesso purché esso renda evidente ogni tentativo di manomissione che possa essere effettuato su di esso o su tali indicazioni.

4. Il Ministero delle attività produttive autorizza, con suo decreto, sentito il parere del Comitato centrale metrico, l'uso di ulteriori materiali, per le laminette di cui al comma 3, od altre forme di apposizione di sigilli riconosciuti idonei allo scopo.

5. I materiali contenuti negli involucri sigillati di cui ai precedenti commi sono sempre accompagnati da documento (fattura, certificato di garanzia o documento di trasporto) fornito dal venditore in cui risultano indicati, oltre la ragione sociale e l'indirizzo del medesimo, il titolo, la specificazione merceologica e la quantità dei materiali stessi.

6. I semilavorati in genere formano oggetto di scambio, anche se sprovvisti del marchio di identificazione e del titolo, quando lo scambio avviene tra aziende titolari di marchio e l'acquirente ne fa espressa richiesta e sempreché i semilavorati stessi siano contenuti negli involucri sigillati di cui ai commi da 1 a 5.

 

20.   1. Gli oggetti che, in ragione della loro delicatezza o complessità di forma, o per la presenza di perle, pietre preziose o smalti, non consentono l'impressione del marchio, possono essere marchiati dal produttore, ancora prima di essere finiti, quando risultano ancora allo stato grezzo e non sono stati montati nelle loro diverse parti.

2. Il marchio di identificazione e l'impronta del titolo legale sono impressi su di una parte principale dell'oggetto, e cioè sulla parte che risulta di peso o volume prevalente o che serve di supporto principale ad altre parti dell'oggetto stesso purché tecnicamente idoneo alla punzonatura, è però ammesso che i bolli siano apposti in qualsiasi altra parte, se quella principale, per la presenza di gemme o smalti, risulta chiaramente soggetta a danneggiamenti per effetto dell'applicazione dei bolli stessi.

3. Il marchio di identificazione e l'impronta del titolo legale, sugli oggetti composti di più parti dello stesso metallo smontabili manualmente, sono apposti su ciascuna di tali parti, salvo il caso che queste sono di peso inferiore a un grammo e risultano perciò esenti dalla marchiatura a norma dell'articolo 12 del decreto; fermo restando l'obbligo della corrispondenza del titolo delle parti stesse al titolo legale impresso su di uno di esse, unitamente al marchio di identificazione.

4. Per le catenine i bolli si applicano su anellini terminali che risultano tali da non potersi asportare senza deformazione delle maglie contigue.

5. Per gli oggetti che non consentono una diretta marchiatura, il marchio di identificazione e l'indicazione del titolo legale sono apposti su piastrina dello stesso metallo dell'oggetto, unita ad esso mediante saldatura con tale metallo.

6. Lo stesso sistema di cui al comma 5 è adottato per tutti i lavori aventi particolare pregio artistico e per i gioielli recanti perle e pietre preziose od altre sostanze pregiate quali corallo, tartaruga, ambra, giada, nei quali il valore di esecuzione, o il valore delle perle, delle pietre ed altre sostanze, supera di almeno dieci volte il valore del metallo. L'accertamento delle predette condizioni si effettua sulla base delle relative fatturazioni o in caso di dubbio, è affidato ad esperti debitamente riconosciuti a norma dell'articolo 12, comma 3, del decreto.

 

21.   1. Nelle casse da orologio il marchio di identificazione e l'indicazione del titolo legale si applicano soltanto sul fondello e non sulla «lunetta» (cerchietto porta vetro) e sulla «carrure» (contorno porta movimento); i bolli sono applicati anche all'interno del predetto fondello, a condizione che questo sia apribile, agevolmente senza danno, per ogni possibile controllo. Le parti non marchiate sono allo stesso titolo del fondello e si intendono garantite dalla indicazione apposta su questo.

2. I braccialetti ed ogni altro complemento o ornamento accessorio, applicato agli orologi, sono considerati a tutti gli effetti parti staccabili e sono sottoposti a specifica marchiatura.

 

22.   1. Gli oggetti di fabbricazione mista di due o più metalli preziosi portano l'indicazione del titolo su ciascuno dei metalli componenti, in tutti i casi in cui ciascuno di questi, se di peso superiore a un grammo, costituisce una parte nettamente distinta da ogni altra parte dell'oggetto e risulta tecnicamente atta a ricevere l'impronta.

2. Le impronte del marchio di identificazione e del titolo del metallo prezioso di peso prevalente sono apposte su quest'ultimo in tutti gli altri casi, ed in particolare:

a) negli oggetti nei quali i diversi metalli pur risultando distinguibili l'uno dall'altro, sono intimamente combinati tra loro, per motivi artistici o per esigenze di natura tecnica;

b) negli oggetti nei quali i metalli di maggior pregio sono inseriti, per incastonatura od intarsi, nel corpo del metallo di peso prevalente;

c) nelle casse da orologio (fondello).

 

23.   1. L'obbligo della garanzia del titolo, per gli oggetti che, a norma dell'articolo 12 del decreto, sono esenti dall'obbligo del marchio di identificazione e della indicazione del titolo e per i quali lo stesso decreto non prescrive specifiche norme, si adempie all'atto in cui gli oggetti sono ceduti in vendita, con le seguenti modalità:

a) gli oggetti di peso inferiore ad un grammo di cui all'articolo 12, comma 1, lettera a), del decreto, all'atto della vendita dal produttore o importatore all'acquirente sono contenuti in involucri debitamente sigillati con l'osservanza delle modalità indicate dall'articolo 19. Una descrizione dettagliata o sommaria degli oggetti contenuti nell'involucro è ripetuta sull'involucro stesso. I dettaglianti conservano il documento, l'involucro e gli eventuali sigilli di cui all'articolo 19 fino ad esaurimento della merce;

b) i semilavorati, le leghe e i lavori per odontoiatria o per uso industriale, gli strumenti ed apparecchi per uso industriale o scientifico, di cui all'articolo 12, comma 1, lettere b), d) ed e), del decreto, sono accompagnati, ad ogni passaggio dal produttore od importatore al grossista o dettagliante, e da questi al consumatore, da un documento su cui è indicato il titolo reale dello stesso oggetto, o delle parti di esso costituite da metallo prezioso, che può essere diverso dai titoli legali previsti dal decreto. Per le leghe contenenti in proporzioni dichiarate due o più metalli preziosi, è indicato il titolo di ciascuno di questi;

c) gli oggetti di antiquariato sono accompagnati da fattura di acquisto o da certificato redatto e sottoscritto ai sensi dell'articolo 12, comma 3, del decreto, controfirmato e datato dal venditore;

d) gli oggetti usati non aventi pregio di antichità pervenuti ad aziende commerciali in epoche successive a quella di entrata in vigore della cessata legge 30 gennaio 1968, n. 46, per essere posti nuovamente in commercio sono già provvisti dei marchi di cui alla cessata legge 5 febbraio 1934, n. 305. Essi, inoltre, all'atto della vendita, sono accompagnati da regolare fattura, sulla quale risulta trascritta la descrizione dell'oggetto stesso, quale essa fu redatta sul registro delle operazioni dell'azienda, all'epoca in cui l'oggetto fu acquistato;

e) i residui di lavorazione di cui all'articolo 12, comma 1, lettera i), del decreto, quando sono ceduti a terzi e quando provengono da materie prime di titolo omogeneo, sono venduti con le stesse norme previste dal precedente articolo 19;

f) i residui di lavorazione provenienti da materie prime o da operazioni tecnologiche eterogenee ed in genere gli scarti di lavorazione, le ceneri e le spazzature di laboratorio, sono accompagnati da dichiarazioni attestanti che si tratta di «residui» del tutto privi di ogni garanzia sulla loro composizione e sul titolo dei metalli preziosi ivi contenuti;

g) le leghe saldanti di cui all'articolo 12, comma 1, lettera l), del decreto sono parimenti vendute con le norme di cui all'articolo 19. Quando è richiesto da esigenze commerciali e risulta tecnicamente possibile, le dette leghe sono fornite senza involucro, a condizione che rechino l'indicazione del marchio di identificazione e del titolo.

2. Per leghe saldanti a base di argento si intendono quelle il cui contenuto di detto metallo è tale da consentirne l'impiego nella produzione argentiera. Le leghe cosiddette «da saldatura ad argento» usate per la saldatura dei metalli comuni sono vendute come metallo non prezioso.

 

24.   1. L'esonero dell'apposizione del marchio di identificazione e della indicazione del titolo, di cui all'articolo 12, comma 1, lettera f), del decreto, si intende esclusivamente concesso alle monete coniate dall'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato e dai corrispondenti Istituti esteri, che hanno corso legale, e che, se fuori corso, risultano sempre emesse dagli Istituti stessi.

2. L'applicazione del marchio d'identificazione e della indicazione del titolo è obbligatoria quando le monete di cui al comma 1 sono riprodotte al di fuori degli Istituti di Stato che le abbiano legittimamente emesse, anche se tale riproduzione risulta autorizzata.

3. L'obbligo di cui al comma 2 incombe, in ogni caso, ai produttori ed importatori di medaglie commemorative o di gettoni premio e di pseudo monetazioni di qualsiasi natura.

 

25.   1. Gli oggetti destinati ad essere esportati fuori dello Spazio economico europeo sono prodotti senza il marchio di identificazione.

2. Gli oggetti destinati ad essere commercializzati nei Paesi dello Spazio economico europeo possono, altresì, essere prodotti senza il marchio di identificazione, sempreché rispettino le norme vigenti nel Paese di destinazione.

3. Il produttore è però soggetto a tutte le norme di legge per quanto concerne la corrispondenza del titolo reale degli oggetti di cui ai commi 1 e 2, al titolo indicato.

4. È consentita l'apposizione di eventuali marchi speciali, richiesti dagli importatori stranieri.

5. Per gli oggetti che all'atto dell'esportazione o della commercializzazione nello Spazio economico europeo sono regolarmente provvisti del marchio di identificazione e della indicazione del titolo legale l'esportatore è tenuto, a tutti gli effetti, alla osservanza degli obblighi di legge.

6. Gli oggetti da esportare verso Paesi con i quali sussiste l'ipotesi di cui all'articolo 5, comma 3, del decreto, sono muniti, obbligatoriamente, del marchio di identificazione nonché dell'impronta del titolo legale, ovvero della indicazione di uno dei titoli considerati legali nel Paese di destinazione.

7. Gli oggetti di cui ai commi da 1 a 6 sono posti in vendita anche nel territorio della Repubblica italiana alle seguenti condizioni:

a) conformità delle caratteristiche costruttive di essi alle norme di legge e alle prescrizioni del presente regolamento;

b) applicazione del marchio e dell'impronta del titolo legale, seguendo per quest'ultimo le prescrizioni di cui all'articolo 4, commi 1 e 2;

c) cancellazione di qualsiasi eventuale impronta di marchio od impronta di titolo, diversa da quelle legali, che è stata apposta ai fini dell'esportazione.

8. Gli oggetti il cui titolo reale è inferiore al più basso dei titoli legali previsti dalla legge, se non sono esportati, sono venduti come oggetti di metallo non prezioso.

 

Capo IV

Il registro degli assegnatari dei marchi di identificazione

26.   1. Il marchio di identificazione è assegnato alle aziende che esercitano una o più delle seguenti attività:

a) vendita di metalli preziosi o loro leghe allo stato di materie prime o semilavorati;

b) fabbricazione di prodotti finiti in metalli preziosi o loro leghe;

c) importazione di materie prime o semilavorati o di prodotti finiti in metalli preziosi o loro leghe.

2. Ai sensi del comma 1, lettera b), il marchio di identificazione è anche assegnato, a domanda, a quelle aziende commerciali che, pur esercitando come attività principale la vendita di prodotti finiti di fabbricazione altrui, risultano dotate di un proprio laboratorio, idoneo alla fabbricazione di oggetti in metalli preziosi. La concessione è subordinata all'accertamento di tale requisito, da effettuarsi a spese dell'azienda interessata, dalla camera di commercio competente per territorio.

 

27.   1. La domanda di iscrizione al registro è presentata alla camera di commercio, industria e artigianato della provincia ove l'azienda richiedente ha la propria sede legale.

2. Detta domanda contiene le seguenti indicazioni:

a) la denominazione dell'azienda e la sua sede legale;

b) le generalità del titolare della licenza, ove prevista, di cui all'articolo 127 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 e la sua posizione in seno all'azienda. Nel caso di ditte individuali o di imprese artigiane, le generalità del titolare della ditta o dell'impresa medesima;

c) l'attività o le attività esercitate dall'azienda, ai sensi dell'articolo 26;

d) il numero e l'ubicazione delle eventuali altre sedi dell'azienda (filiali, stabilimenti) anche se situate in altre province, nelle quali sono svolte le stesse attività.

3. Alla domanda sono allegate:

a) copia della licenza di pubblica sicurezza, di cui al comma 2, lettera b);

b) ricevuta di avvenuto pagamento dei diritti di saggio e marchio previsti all'articolo 7 del decreto.

4. Per le aziende industriali, la documentazione da allegare alla domanda di concessione del marchio è corredata da una autocertificazione sulla quale è indicato, per gli effetti dell'articolo 7, comma 1, del decreto, il numero dei dipendenti dell'azienda stessa.

5. In detto numero sono inclusi tutti i prestatori di lavoro subordinato dell'azienda, indipendentemente dalle rispettive qualifiche, operai, impiegati, dirigenti amministrativi o tecnici, e dal loro eventuale impiego in settori dell'impresa anche non direttamente connessi con la lavorazione dei metalli preziosi.

 

28.   1. Il registro contiene le seguenti indicazioni:

a) numero d'iscrizione nel registro delle imprese;

b) data di ricevimento della domanda di iscrizione;

c) denominazione e sede legale dell'impresa;

d) ubicazione delle eventuali altre sedi dell'azienda (filiali, stabilimenti), anche se situate in altre province;

e) attività esercitate dall'azienda, ai sensi dell'articolo 26;

f) numero e data d'iscrizione nel registro delle ditte o nell'albo delle imprese artigiane;

g) numero e data della licenza, ove prevista, rilasciata dall'autorità di pubblica sicurezza, generalità del titolare della licenza stessa e sua posizione in seno all'azienda;

h) la riproduzione degli eventuali marchi tradizionali di fabbrica, o sigle particolari, consentiti ai sensi dell'articolo 9 del decreto e depositati nei modi di cui all'articolo 33;

i) numero caratteristico del marchio d'identificazione, assegnato dalla camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura entro due mesi dalla data di presentazione della domanda di concessione del marchio stesso;

l) l'indicazione dell'eventuale laboratorio o organismo di certificazione presso cui l'azienda ha chiesto la certificazione aggiuntiva ai sensi dell'articolo 19 del decreto, e l'eventuale logo concesso alla stessa azienda secondo quanto stabilito all'articolo 53.

2. Il suddetto registro dei fabbricanti ed importatori comprende tutti gli assegnatari dei marchi di identificazione.

3. La consultazione del registro da parte della pubblica amministrazione è gratuita.

 

29.   1. Il numero caratteristico da riprodurre sul marchio di identificazione, è assegnato alle imprese richiedenti, nell'ordine di ricevimento delle rispettive domande di concessione, rispettando la pregressa numerazione.

2. La numerazione prosegue nell'àmbito di ciascuna provincia senza soluzione di continuità.

3. Il numero caratteristico dei marchi per qualsiasi motivo scaduti, ritirati o annullati non è più attribuito.

4. Eccezioni al disposto di cui al comma 3 sono fatte con provvedimento della camera di commercio competente, per quelle ditte cui il marchio è stato ritirato ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto e che, all'atto della eventuale ripresa della propria attività e della presentazione della nuova domanda di iscrizione nel registro e di concessione del marchio, richiedono l'attribuzione dello stesso numero precedentemente posseduto.

5. Dei marchi di identificazione comunque scaduti, ritirati o annullati, e di quelli eventualmente riattribuiti ai sensi del comma 4, viene data cronologicamente notizia nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

6. Sulla stessa Gazzetta Ufficiale è data altresì notizia degli eventuali smarrimenti o furti di punzoni recanti l'impronta del marchio di identificazione.

7. La denuncia di tali smarrimenti o furti è fatta dall'interessato alla camera di commercio entro quarantotto ore.

8. Il segretario generale della camera di commercio competente ha facoltà di disporre, che all'azienda che ha smarrito uno o più punzoni è assegnato un nuovo numero caratteristico di marchio, quando risulta accertato l'uso abusivo dei punzoni smarriti.

9. I punzoni dei marchi comunque scaduti; ritirati od annullati, e quelli resi inservibili dall'uso, sono riconsegnati alla competente camera di commercio, che ne prende debita nota e ne rilascia ricevuta all'interessato, dopo averne accertata l'autenticità.

10. La deformazione dei punzoni di cui al comma 9 è effettuata dalla stessa camera di commercio almeno ogni sei mesi ed è parimenti registrata.

 

30.   1. Il marchio di identificazione è assegnato all'impresa, e ad essa rimane attribuito indipendentemente dalle eventuali variazioni delle persone fisiche titolari della relativa licenza di pubblica sicurezza, ove richiesta.

2. Il trasferimento di proprietà, per atto tra vivi o a causa di morte, dell'impresa che produce oggetti in metallo prezioso comporta, altresì, il trasferimento a chi subentra del marchio di identificazione, sempreché il subentrante continui l'esercizio della medesima attività, sia in possesso della licenza di pubblica sicurezza, ove richiesta, e comunichi alla camera di commercio i dati di cui all'articolo 27, comma 2, lettere a), b) e d), del presente regolamento entro il termine di trenta giorni.

3. Entro il medesimo termine l'impresa segnala alla camera di commercio competente anche le variazioni di cui al comma 1.

4. Alle imprese che svolgono la propria attività in più sedi o stabilimenti, è assegnato un unico marchio.

 

31.   1. All'atto di accoglimento della domanda di concessione del marchio di identificazione la camera di commercio riscuote i diritti di saggio e marchio.

2. Le imprese artigiane che perdono i requisiti di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443, sono tenute ad effettuare un versamento integrativo per il raggiungimento dell'importo del diritto di saggio e marchio stabilito per le aziende industriali.

3. Ai fini di cui al comma 2 la camera di commercio notifica all'impresa l'obbligo di effettuare il versamento predetto e di munirsi della licenza di pubblica sicurezza.

4. I diritti di saggio e marchio, le indennità di mora e i versamenti integrativi sono versati alle camere di commercio secondo modalità stabilite dalle stesse.

5. All'atto del pagamento del diritto relativo al rinnovo annuale del marchio da effettuare ai sensi dell'articolo 7, comma 2, del decreto, le aziende industriali producono, aggiornata, la dichiarazione di cui all'articolo 27.

 

32.   1. Oltre che per il caso previsto dall'articolo 7, comma 4, del decreto, si procede al ritiro del marchio e alla cancellazione dal registro, per decadenza della licenza, di cui all'articolo 127 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

 

Capo V

Marchi tradizionali di fabbrica, marchio per il saggio facoltativo

33.   1. I produttori che intendono avvalersi della facoltà di cui all'articolo 9 del decreto, di apporre, in aggiunta al marchio di identificazione, il proprio marchio tradizionale di fabbrica, presentano formale dichiarazione alla camera di commercio competente per territorio, accompagnandola con le impronte di tali marchi, impresse su lastrine metalliche, per ciascuna delle grandezze del marchio medesimo.

2. I marchi di cui al comma 1 sono inoltre depositati su supporto cartaceo o informatico alla camera di commercio.

3. Con l'osservanza delle condizioni di cui all'articolo 9 del decreto e con le stesse modalità di cui al comma 1, i produttori hanno la facoltà di apporre, su richiesta e per conto di committenti, la indicazione del nominativo dei medesimi, e della loro ragione sociale od apposite sigle identificative indicate dai singoli clienti.

4. Le camere di commercio stabiliscono se il marchio di fabbrica di cui al comma 3 contiene eventuali indicazioni atte a ingenerare equivoci con i titoli ed i marchi di identificazione, ed hanno la facoltà di vietare, in caso affermativo, l'uso del marchio stesso.

5. Contro il provvedimento adottato dal funzionario responsabile della camera di commercio è ammesso ricorso gerarchico al Segretario generale della stessa camera di commercio, che può richiedere parere tecnico al Ministero delle attività produttive.

 

34.   1. Il marchio di cui all'articolo 13 del decreto è costituito da una impronta riproducente, racchiuso in un contorno circolare, il numero identificativo della camera di commercio interessata.

2. L'impronta di cui al comma 1 è realizzata in una serie di tre diverse grandezze; le sue caratteristiche e dimensioni sono indicate nell'allegato VII.

3. Il suddetto marchio è apposto sugli oggetti in metalli preziosi a convalida delle impronte del titolo legale e del marchio di identificazione impressi sugli oggetti medesimi ad eccezione dei casi previsti all'articolo 25, comma 1; esso è applicato quando il titolo reale risulta, attraverso l'analisi, uguale o superiore al predetto titolo legale, tenuto conto delle tolleranze previste dal decreto. A tal fine la camera di commercio interessata si avvale del proprio laboratorio di saggio, o di quello di un'altra camera di commercio, o del laboratorio dell'azienda speciale di una delle suddette camere.

4. Nel caso in cui dall'analisi di oggetti destinati ad essere posti in vendita risulti un titolo reale inferiore a quello impresso sugli oggetti stessi, essi sono resi all'interessato e non sono rimessi in vendita se non previo adeguamento alle norme di legge.

5. Il marchio di cui ai commi da 1 a 4 si appone, altresì, sulle materie prime, a garanzia del titolo reale riscontrato in sede di analisi. A tal fine il laboratorio di cui al comma 3 provvede direttamente ad imprimere tale titolo, espresso in millesimi e decimi di millesimi, accanto al predetto marchio.

6. L'apposizione del marchio e del titolo di cui al comma 5 sono, in ogni caso, subordinati alla preventiva apposizione da parte del produttore, del proprio marchio di identificazione.

 

35.   1. Il saggio facoltativo e l'apposizione del relativo marchio sull'oggetto saggiato, sono richiesti ed ottenuti a condizione che il presentatore dichiari di conoscere ed accettare l'eventuale danneggiamento che può derivare all'oggetto dall'applicazione di uno dei metodi di analisi previsti dal presente regolamento.

2. Se è presentato al saggio facoltativo un considerevole numero di oggetti, al fine di garantire modalità omogenee di prelevamento, il numero degli esemplari da cui estrarre i campioni di analisi, per ogni tipologia produttiva e lega utilizzata è fissato dallo schema riportato nell'allegato VIII, che può essere modificato con decreto del Ministro delle attività produttive.

3. In presenza di esito positivo delle analisi si procede, in alternativa su richiesta dell'interessato, all'applicazione del marchio su tutti gli oggetti, ovvero, alla certificazione dell'intera partita.

4. Nel primo caso previsto dal comma 3 le operazioni di marchiatura sono eseguite direttamente dal presentatore degli oggetti o da un suo delegato, sotto il diretto controllo del personale del laboratorio, altrimenti il certificato di analisi, indicante la data, il peso, il titolo ed il metallo prezioso relativo, è sigillato insieme agli oggetti cui si riferisce all'interno del laboratorio medesimo. Tale involucro reca all'esterno i sigilli comprovanti l'avvenuta certificazione.

5. Le spese per il saggio e per l'applicazione del suddetto marchio sulle materie prime e sugli oggetti sono a carico del richiedente.

 

Capo VI

Oggetti placcati, dorati, argentati e rinforzati o di fabbricazione mista

 

36.   1. Sugli oggetti costituiti di metalli comuni recanti rivestimenti di oro è consentita l'iscrizione del termine «dorato» od anche dei termini «placcato» e «laminato» seguito dal simbolo Au; tali termini, seguiti rispettivamente dai simboli Pt, Pd, Ag, sono usati anche per gli oggetti rivestiti di platino, palladio ed argento.

2. Sugli oggetti costituiti di sostanze non metalliche, senza pregiudizio di limite di peso specifico, recanti rivestimenti di metalli preziosi realizzati mediante procedimento di deposizione elettrogalvanica è consentita l'apposizione di un particolare marchio di fabbrica composto da una impronta racchiusa in un ottagono, secondo il modello unificato di cui all'allegato IX, recante all'interno la sigla del produttore, l'indicazione «DG», il simbolo del metallo prezioso come indicato al comma 1, l'indicazione in cifre del peso del metallo fino espresso in grammi seguita dal simbolo «g» e la sigla della provincia dove il produttore ha la propria sede legale, a condizione che detti oggetti rispondano alle seguenti prescrizioni:

a) il materiale ricoperto non è alterabile né degradabile;

b) il rivestimento ha uno spessore tale da consentire autonomamente, in ogni sua parte, l'applicazione delle indicazioni di cui al presente comma.

3. Il marchio particolare di fabbrica, privo dell'indicazione relativa al peso, è depositato dagli interessati presso la camera di commercio competente per territorio, che stabilisce se lo stesso è conforme alle prescrizioni del modello unificato di cui al comma 2 ed ha facoltà di vietare, in caso di difformità, l'uso del marchio stesso.

4. Con provvedimento del Ministero delle attività produttive si possono disporre variazioni e modifiche del modello unificato di cui al comma 2, in relazione alle esigenze che possono in concreto manifestarsi.

5. Contro i provvedimenti adottati dal funzionario responsabile ai sensi del comma 3 è ammesso ricorso gerarchico al Segretario generale della stessa camera di commercio, che può richiedere parere tecnico al Ministero delle attività produttive.

6. Sugli oggetti costituiti da una lamina di metallo prezioso applicata su una lastra di metallo comune è consentita l'apposizione, nell'ordine, di tutti i seguenti elementi: sigla della provincia in cui l'azienda ha sede legale, simbolo chimico del metallo prezioso, indicazione in cifra della massa di fino arrotondata al grammo seguita dal simbolo «g», e sigla del produttore coincidente con il numero caratteristico assegnato dalla camera di commercio ai sensi dell'articolo 29.

7. La denominazione «gioielleria» «oreficeria» e «argenteria» non sono applicabili agli oggetti di cui ai commi 1, 2 e 6. Su tali oggetti è vietata l'impressione del marchio di identificazione, nonché qualsiasi indicazione di titolo in millesimi o in carati, a norma dell'articolo 15 del decreto e, salvo quanto previsto ai commi 2 e 6, qualsiasi indicazione concernente la quantità del metallo prezioso del rivestimento.

 

37.   1. Gli oggetti che, per loro natura o per gli usi cui sono destinati, sono completati con materiali diversi, non metallici, quali legno, osso, avorio, cuoio, porcellana, smalto, cristallo, marmi e pietre dure, sono soggetti all'obbligo della apposizione del titolo e del marchio, e non delle altre indicazioni di cui all'articolo 39, a condizione che i materiali non metallici siano fissati alle parti in metallo prezioso con adesivi o con collegamenti metallici chiaramente visibili.

2. Le lastre in metallo prezioso realizzate con la tecnica dello stampaggio a cui, a completamento, viene aggiunto successivamente un materiale plastico, o similare, portano impresso comunque il titolo ed il marchio di identificazione.

 

38.   1. Gli oggetti finiti, pronti per essere posti in commercio, che, per loro natura o per gli usi cui sono destinati o per esigenze di ordine tecnico, si compongono di parti in metallo prezioso e di parti in metallo comune sono soggetti all'obbligo della indicazione del titolo e del marchio e alle seguenti altre prescrizioni:

a) tutte le parti in metallo comune sono chiaramente visibili e distinguibili, anche per colore, o smontabili dalle parti in metallo prezioso;

b) su ciascuna delle parti in metallo non prezioso è impressa in maniera visibile l'indicazione «M», racchiusa in un quadrato o, facoltativamente, l'indicazione «Metallo», ovvero il nome specifico del metallo o della lega impiegata, o per l'acciaio, l'indicazione «inox».

2. Sugli oggetti in lega di metallo prezioso è fatto divieto di depositare metalli non preziosi, ad eccezione di iridio, osmio, rodio e rutenio, con il metodo di deposizione galvanica o metodi simili.

 

39.   1. Negli oggetti cavi di platino, palladio, oro e argento, è vietata l'introduzione di metalli non preziosi e di sostanze di qualsiasi genere.

2. Ai sensi dell'articolo 15, comma 3, del decreto sono ammesse le seguenti eccezioni:

a) negli oggetti parzialmente o totalmente rivestiti in lamina di metallo prezioso, è consentito l'uso di mastice per fissare la lamina al suo supporto, a condizione che la densità del mastice non sia superiore a 2,5 g/cm3 e che la sua percentuale in peso non superi il 25% del peso totale dell'oggetto, e che sia incisa l'indicazione «R» racchiusa in un quadrato, accompagnata dalla indicazione del peso del metallo, in grammi e decimi di grammo, seguita dal simbolo «g» per i rivestimenti in platino, palladio ed oro, e alle condizioni di cui alla successiva lettera c) per i rivestimenti in argento;

b) nei piedi o basamenti di vasi, candelabri, coppe ed oggetti affini, che per praticità di uso sono rinforzati ed appesantiti, è ammessa la introduzione di un riempimento metallico, a condizione che questo sia applicato in maniera da poter essere smontato e che risulti totalmente visibile o che, se ricoperto con piastre o coperchi metallici o non metallici, tale copertura sia fissata in modo da poter essere, anche essa, agevolmente smontata. Su ogni parte di metallo comune, ivi comprese le piastre di copertura, deve essere impressa l'indicazione «metallo» ovvero il nome specifico del metallo o della lega impiegati. Nel caso in cui la piastra di copertura sia in metallo prezioso, essa reca il marchio di identificazione, l'indicazione del titolo, il termine «riempito», nonché il peso del metallo fino espresso in grammi seguito dalla lettera «g» della piastra stessa;

c) nei manici dei coltelli è ammesso il riempimento con sostanze non metalliche senza pregiudizio dei limiti di densità, ed è consentito altresì che la lama sia fissata al manico con saldatura in metallo non prezioso a condizione che in ogni manico sia inciso il termine «riempito» o facoltativamente l'indicazione «R» racchiusa in un quadrato, accompagnata dalla indicazione del peso della lega di metallo prezioso, in grammi e decimi di grammo, seguita dal simbolo «g». Nei manici in argento, nei quali il peso del metallo prezioso è inferiore o uguale a 50 grammi, detto peso però può essere espresso anziché col suo valore effettivo, in maniera approssimata, facendo seguire la lettera «R» (riempito) da una delle seguenti notazioni: due cifre, separate dal simbolo «÷» seguite dalla lettera «g», nelle quali le cifre rappresentano, in grammi, i valori minimo e massimo entro i quali il peso stesso deve intendersi contenuto: 1÷2, 2÷3, 3÷5, 5÷7, 7÷10, 10÷13, 13÷16, 16÷20, 20÷25, 25÷30, 30÷35, 35÷40, 40÷45, 45÷50.

 

40.   1. Gli oggetti contenenti congegni a molla hanno le molle composte dello stesso metallo costitutivo dell'oggetto, con le eccezioni di cui appresso, nelle quali è consentito l'impiego di molle in materiale non prezioso per motivi di funzionalità:

a) anellini a molla, moschettoni con molle e braccialetti estensibili, ad elementi smontabili, con il limite di peso di 1,5 grammi;

b) portasigarette, accendisigari, borsette, scatole, casse da orologio e, in genere, qualsiasi altro oggetto nel quale la presenza di molle di acciaio è giustificata da esigenze tecniche e le molle stesse sono applicate in modo visibile e distinguibile dal metallo prezioso e il loro peso non supera 1g per il platino, palladio ed oro e di 3 g per l'argento.

2. Nei casi di cui al comma 1, lettere a) e b), le molle non sono campionate per la determinazione del titolo.

3. Se gli oggetti di cui al comma 1, lettere a) e b), sono provvisti di molle di peso superiore a quelli indicati, o di organi in acciaio di varia natura, quali viti, perni, cerniere e simili, è impressa l'indicazione «M» (metallo) racchiusa in un quadrato ed il peso complessivo delle parti in acciaio espresse in grammi e decimi di grammo seguito dal simbolo «g».

 

Capo VII

Responsabilità degli operatori, funzioni di vigilanza delle camere di commercio

41.   1. I commercianti all'ingrosso ed i rivenditori di oggetti in metalli preziosi hanno l'obbligo di controllare all'atto dell'acquisto della merce, la effettiva corrispondenza di essa alle indicazioni riportate nei documenti che li accompagnano, nonché la presenza e la leggibilità delle impronte del marchio e del titolo impresse sugli oggetti ed ogni altra eventuale indicazione la cui presenza è imposta o consentita dal presente regolamento.

 

42.   1. La vigilanza sulla produzione e sul commercio dei metalli preziosi è esercitata dal personale delle Camere di commercio anche nei confronti di coloro che producono, importano o rivendono oggetti placcati, argentati o rinforzati o di fabbricazione mista.

2. Il suddetto personale, per esercitare le funzioni di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria, ha frequentato con esito positivo un apposito corso teorico-pratico di formazione, inoltre, nell'esercizio della sua azione di vigilanza, esibisce la tessera di cui all'articolo 20, comma 2 del decreto.

 

43.   1. Il personale di cui all'articolo 42 ha libero accesso ai locali delle aziende soggette alla sua vigilanza, ai sensi dell'articolo 21 del decreto, in tutto il tempo in cui questi sono aperti al pubblico o vi si esercita una normale attività lavorativa.

2. Quando i locali sono chiusi si procede, per accertare l'osservanza delle norme del decreto e del presente regolamento, nelle forme di legge.

3. In caso di rifiuto del libero accesso, da parte del titolare dell'azienda o di chi lo sostituisce, il personale preposto alla vigilanza può far ricorso all'ausilio della forza pubblica.

4. L'assenza del titolare o rappresentante legale della azienda non costituisce causa di impedimento per il libero accesso del personale ispettivo della camera di commercio.

 

44.   1. Il prelevamento delle materie prime, dei semilavorati e degli oggetti, in sede di vigilanza, si effettua tenendo presenti, quanto alla qualità e quantità degli oggetti o delle parti di oggetto da prelevare, le modalità di prelievo dei campioni di analisi, e tenendo presente altresì l'esigenza di effettuare per ciascun campione di analisi, almeno quattro saggi, ove si manifesti la necessità di ripetere il saggio, per esigenza del laboratorio di analisi o su richiesta delle parti o dell'autorità giudiziaria.

2. Può essere prelevato l'intero oggetto, anche se di peso o di volume rilevante, se l'interessato preferisce non procedere, seduta stante, al ricavo dei campioni di analisi.

3. Gli oggetti in platino, palladio, oro e argento di piccola mole o di scarso peso sono prelevati nel numero di due o più esemplari, scelti a caso.

4. Il produttore, importatore o commerciante ha la facoltà di asportare dagli oggetti sottoposti a prelievo, preventivamente, le eventuali pietre preziose.

 

45.   1. All'atto del prelevamento di oggetti da sottoporre ad accertamento del titolo su di esso impresso, il produttore, importatore o commerciante ha il diritto di far inserire nel verbale eventuali dichiarazioni che ritiene utili ai fini dell'accertamento stesso ed in particolare, segnalazioni atte a favorire la classificazione dell'oggetto in una delle categorie per le quali è ammessa una tolleranza sul titolo, a norma dell'articolo 3, comma 4, del decreto.

2. Il verbale di prelevamento delle materie prime o degli oggetti da sottoporre al controllo del titolo è sottoscritto dal funzionario della camera di commercio che opera il prelevamento e dal titolare dell'azienda o da persona che ha il potere di rappresentarlo.

3. Il detto titolare, o il suo rappresentante, è avvertito agli effetti delle disposizioni di cui agli articoli 21 e 22 del decreto.

4. Sul verbale di cui al comma 2, oltre alle indicazioni prescritte a norma dell'articolo 21, comma 3, del decreto, sono indicati il luogo e le circostanze in cui si effettua il prelevamento ed ogni altra indicazione atta ad identificare compiutamente le persone dei verbalizzati.

5. Se il prelevamento effettuato presso aziende commerciali o che operano nei casi previsti dall'articolo 17 del decreto riguarda oggetti con marchi di identificazione altrui, il titolare della azienda, o chi nell'occasione lo rappresenta, ha la facoltà di far inserire a verbale la formale richiesta che i reperti siano trattenuti presso la camera di commercio competente per almeno cinque giorni, prima dei successivi adempimenti di cui all'articolo 46, affinché il produttore o i produttori, opportunamente avvertiti da esso titolare, abbiano modo di intervenire in tempo utile con proprie eventuali deduzioni.

6. In caso di assenza del titolare dell'azienda e di persona che ha il potere di rappresentarlo, le materie prime o gli oggetti prelevati sono chiusi in plichi sigillati dallo stesso funzionario che ha operato il prelevamento, e dati in consegna alla persona, che, al momento, ha in affidamento l'azienda. La consegna è effettuata con verbale, nel quale è notificato l'obbligo di presentare i plichi sigillati presso la sede della camera di commercio, entro il termine indicato dal verbalizzante secondo le esigenze del servizio, comunque non inferiore alle successive ventiquattro ore.

7. La procedura della consegna diretta dei campioni presso la camera di commercio da parte dell'azienda può anche essere disposta dal funzionario che ha proceduto al prelievo. In tal caso si osservano le modalità del comma 6 relativamente alla chiusura e suggellatura dei campioni e al termine di consegna.

 

46.   1. I campioni relativi a materie prime, semilavorati e oggetti prelevati a norma degli articoli 44 e 45, racchiusi in involucri autosigillanti debitamente firmati dal funzionario che ha effettuato il prelevamento e dal proprietario dello stesso materiale prelevato o da chi nella occasione lo rappresenta, sono consegnati o inviati al prescelto laboratorio di analisi, per l'esecuzione dei necessari saggi, a cura dello stesso funzionario della camera di commercio competente che ha effettuato il prelevamento.

 

47.   1. Il risultato del saggio è trasmesso dal laboratorio di analisi alla camera di commercio competente, mediante apposito certificato accompagnandolo con i campioni e gli oggetti prelevati e con i residui dei campioni e degli oggetti stessi.

2. Se il titolo è riscontrato conforme a quello legale o dichiarato, tenuto conto delle tolleranze eventualmente ammesse e dell'errore massimo ammissibile in sede di analisi, i campioni e gli oggetti prelevati, con i residui dei campioni e degli oggetti stessi, sono ritirati dal proprietario presso la competente camera di commercio entro e non oltre sessanta giorni dalla data di ricevimento della relativa comunicazione effettuata a cura della stessa camera; trascorso tale termine la restituzione è effettuata d'ufficio da parte della camera di commercio a spese del proprietario stesso.

3. Copia del certificato di cui al comma 1 è rilasciata all'interessato, su richiesta del medesimo.

4. Se il titolo è riscontrato non conforme a quello legale o dichiarato, tenuto conto delle tolleranze eventualmente ammesse e dell'errore massimo ammissibile in sede di analisi, la competente camera di commercio applica le sanzioni di cui all'articolo 25 del decreto e ne dà comunicazione al Questore, ai sensi del comma 3, dello stesso articolo.

5. Nel caso di cui al comma 4 i frammenti degli oggetti e dei campioni, prelevati e non utilizzati per l'effettuazione del saggio, ed i residui del saggio medesimo sono trattenuti dalla camera di commercio, per gli eventuali adempimenti previsti dagli articoli 25 e 26 del decreto e dalle norme vigenti in materia di sanzioni.

 

Capo VIII

Sistemi di certificazione, laboratori di analisi

48.   1. I laboratori di analisi, operano, oltreché secondo quanto stabilito nel presente regolamento, secondo i criteri generali espressi dalla norma di cui all'allegato X con particolare riferimento alle prove sui metalli preziosi eseguite secondo i metodi previsti all'articolo 11 ed assicurano la riferibilità delle misure ai campioni nazionali.

2. I responsabili tecnici dei suddetti laboratori sono muniti del diploma di laurea o equivalente in chimica o in chimica industriale oppure del diploma di perito chimico.

 

49.   1. Ai fini dell'abilitazione di cui all'articolo 18, comma 1, del decreto, i laboratori interessati sono sottoposti a visite ispettive periodiche, condotte in conformità ai criteri generali espressi dalla norma di cui all'allegato X, da parte di ispettori per la qualità in possesso dei requisiti di cui all'articolo 50.

2. I criteri generali da seguire per la suddetta abilitazione sono i seguenti:

a) presentazione della domanda, specificando le prove per le quali si chiede l'abilitazione;

b) entro trenta giorni dalla presentazione della domanda, la camera di commercio competente designa un ispettore, ed invia a quest'ultimo la documentazione per l'esame preliminare. Accertata la completezza e la correttezza della documentazione l'ispettore ne dà comunicazione alla camera di commercio competente che provvede, sentito anche il laboratorio, a stabilire la data per la visita ispettiva;

c) l'abilitazione è concessa a seguito del buon esito della visita ispettiva e della soluzione di eventuali non conformità emerse; entro sessanta giorni dalla prima visita ispettiva la camera di commercio competente rilascia l'abilitazione.

3. La vigilanza sui laboratori già abilitati ha periodicità annuale e la conferma dell'abilitazione è subordinata al buon esito della visita ispettiva ed alla soluzione delle eventuali non conformità emerse.

4. Le visite ispettive sono finalizzate a verificare che il laboratorio operi secondo quanto stabilito dal presente regolamento.

5. Al termine della visita ispettiva è redatto il rapporto di verifica che, assieme ad una lista di controllo ed alla documentazione comprovante la soluzione delle eventuali non conformità, è trasmessa dall'ispettore alla camera di commercio competente per territorio.

Questa provvede al rilascio o meno dell'abilitazione oppure alla sua conferma nel caso di laboratori già abilitati.

6. La lista di controllo e la modulistica utilizzata dagli ispettori è stabilita uniformemente da Unioncamere a livello nazionale ed eventualmente aggiornata, sentito il Ministero delle attività produttive.

7. I costi relativi alle procedure di abilitazione, alle visite ispettive e alla relativa conferma annuale, sono a carico del laboratorio richiedente l'abilitazione.

8. Presso ogni camera di commercio è tenuto un registro dei laboratori abilitati che è aggiornato a cura della camera e che la pubblica amministrazione ha facoltà di consultare gratuitamente anche mediante tecniche informatiche e telematiche. Tale registro è pubblico.

 

50.   1. Gli ispettori per la qualità sono iscritti da ciascuna camera di commercio in un elenco consultabile su tutto il territorio nazionale. Essi sono scelti con criteri di imparzialità e rotazione ed operano con modalità omogenee stabilite da Unioncamere su tutto il territorio nazionale, sentito il Ministero delle attività produttive.

2. L'iscrizione all'elenco è subordinata ad almeno una delle seguenti condizioni, oltre a quella di possedere una comprovata esperienza nel saggio dei metalli preziosi:

a) essere iscritti nell'elenco ispettori tecnici per la qualità di un ente di accreditamento di laboratori che opera secondo la norma di cui all'allegato X e che ha stipulato ampi accordi di mutuo riconoscimento in àmbito europeo;

b) essere qualificati come ispettori interni per la qualità dei laboratori di prova delle camere di commercio o loro aziende speciali; tali ispettori operano nel settore del saggio dei metalli preziosi o hanno frequentato e superato un corso di qualificazione sulle analisi di saggio dei metalli preziosi condotte secondo i metodi stabiliti all'articolo 11.

3. La cancellazione dall'elenco avviene per perdita di tali requisiti o con provvedimento motivato del segretario generale della camera di commercio.

 

51.   1. Il fabbricante o il suo mandatario che si avvale della facoltà di certificazione aggiuntiva si rivolge ad uno dei laboratori di analisi, oppure ad un organismo di certificazione che opera secondo le norme di cui all'allegato X e che risulta rivolto al settore produttivo dei metalli preziosi, che è accreditato da un organismo che opera secondo la norma di cui al suddetto allegato X e che ha stipulato ampi accordi di mutuo riconoscimento in àmbito europeo.

2. Se l'organismo di certificazione non provvede direttamente all'analisi di saggio, si rivolge ad uno dei laboratori di cui all'articolo 48 oppure ad un laboratorio accreditato per l'analisi dei metalli preziosi secondo le norme di cui all'allegato X che applica metodi di analisi di cui all'articolo 11 e opera nell'àmbito dell'Unione europea.

 

52.   1. Al fine di richiedere la certificazione aggiuntiva, gli interessati presentano al laboratorio o all'organismo prescelto una domanda nella quale sia specificata la finalità di garantire la conformità degli oggetti, dei semilavorati e delle materie prime alle disposizioni del presente regolamento.

2. In tale domanda, inoltre, l'interessato autorizza il laboratorio o l'organismo prescelto a svolgere periodicamente, e comunque almeno tre volte l'anno, presso le sedi di produzione e deposito, controlli sui lavori pronti per la vendita, mediante prelievi di campioni da sottoporre ad analisi di saggio.

3. Le modalità di prelievo sono quelle indicate agli articoli 7 e seguenti.

4. Per ogni tipologia produttiva e tipo di lega utilizzata il numero di esemplari che costituisce il campione di saggio è fissato dallo schema riportato all'allegato VIII, che può essere modificato con decreto del Ministro delle attività produttive.

5. I laboratori e gli organismi di certificazione trasmettono alla rispettiva camera di commercio competente per territorio, annualmente, un elenco aggiornato delle aziende che si avvalgono della certificazione aggiuntiva.

 

53.   1. A seguito della domanda di certificazione, il laboratorio o l'organismo prescelto svolge una prima visita presso l'azienda, atta a verificare che i prodotti pronti per la vendita siano conformi alle norme di legge, in particolare per quel che riguarda l'apposizione dei marchi, e prelevano un campione di analisi con le modalità di cui all'articolo 52.

2. Se l'esito della prima visita è positivo, anche per quel che riguarda l'analisi del campione prelevato, il laboratorio o l'organismo rilascia all'azienda, entro sessanta giorni dalla visita, la certificazione di cui all'articolo 51.

3. Su richiesta, il laboratorio o l'organismo può concedere all'azienda certificata l'uso di un logo, la cui utilizzazione da parte dell'azienda medesima è condizionata alla permanenza della certificazione.

4. Le caratteristiche e le modalità d'uso del logo sono stabilite dal laboratorio o dall'organismo che rilascia la certificazione.

5. L'impronta del logo suddetto è depositata presso la camera di commercio competente per territorio. All'atto dell'aggiornamento dell'elenco delle aziende certificate di cui all'articolo 52, comma 5, tale impronta è altresì riprodotta sul registro, a fianco dell'indicazione del laboratorio o organismo che certifica l'azienda interessata.

6. Il funzionario responsabile stabilisce se l'impronta di cui al comma 4 contiene eventuali indicazioni atte a ingenerare equivoci con i titoli ed i marchi di identificazione, ed ha la facoltà di vietare, in caso affermativo, l'uso del marchio stesso. Contro tale provvedimento è ammesso ricorso gerarchico al segretario generale della camera di commercio competente, che può richiedere parere tecnico al Ministero delle attività produttive.

 

54.   1. Copia dei certificati di analisi dei campioni di cui all'articolo 53, comma 1, sono inviati all'azienda interessata che li conserva per almeno cinque anni.

2. Se il laboratorio o l'organismo di certificazione verifica che i campioni saggiati non sono conformi alle disposizioni di legge o che comunque il titolo reale riscontrato sugli oggetti è inferiore a quello indicato, revoca la certificazione e ne dà comunicazione immediata alla camera di commercio competente, che provvede a cancellarla come azienda certificata secondo quanto previsto all'articolo 28, comma 1, lettera l).

3. Nel caso di cui al comma 2, l'azienda interessata può richiedere nuovamente la certificazione aggiuntiva non prima di sei mesi.

 

Capo IX

Sanzioni

55.   1. Salva l'applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti qualora il fatto costituisca reato, la inosservanza delle disposizioni del presente regolamento, non rientranti tra quelle già previste nell'articolo 25 del decreto, è punita con la sanzione amministrativa da € 30,99 ad € 309,87.

 

56.   1. Se le infrazioni si riferiscono alla dubbia autenticità dei marchi, si procede al sequestro ed all'inoltro all'autorità giudiziaria.

2. Se le infrazioni si riferiscono all'eccessiva usura dei marchi di identificazione, ovvero all'assenza ed all'incompletezza od alla illeggibilità delle impronte del marchio o del titolo apposte sulle materie prime o sugli oggetti, si procede al sequestro.

3. Il sequestro di cui al comma 2 è effettuato, con le stesse modalità previste dall'articolo 46, anche per gli oggetti già posti in commercio se non recano le indicazioni prescritte.

 

Capo X

Norme finali

57.   1. Il riferimento, negli articoli 11, 48, 49, 50 e 51, alle norme tecniche di cui agli allegati II e X può essere modificato o variato con provvedimento del Ministero delle attività produttive, in relazione alle esigenze che possono in concreto manifestarsi.

 

58.   1. È abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1496.

 

Allegato I

(articolo 4, comma 7)

Tabella di comparazione per i titoli e marchi riportati su oggetti importati

 

Titoli e marchi riportati sugli oggetti importati:

 

Riproduzione del punzone indicante il titolo

Corrispondente titolo legale ammesso in Italia

Riproduzione del marchio di responsabilità previsto nel paese di provenienza

Specificazione del paese di provenienza e dell'organismo, ufficio o altro ente che ha apposto tale marchio

 

 

 

Allegato II

(articolo 11, comma 1)

Metodi di analisi per l'accertamento dei titoli delle materie prime e dei lavori in metallo prezioso

PLATINO

Metodo I: si segue la norma UNI EN ISO 11210 (1997), determinazione del platino nelle leghe di platino per gioielleria: metodo gravimetrico dopo precipitazione dell'esacloroplatinato di ammonio.

Metodo II: si segue la norma UNI EN ISO 11489 (1997), determinazione del platino nelle leghe di platino per gioielleria: metodo gravimetrico dopo riduzione con cloruro di mercurio.

Metodo III: analisi per coppellazione e successivi attacchi (spargimenti) con acido nitrico ed acido solforico, fino a separazione completa dei metalli preziosi presenti nella lega.

Il metodo III di saggio è valido per le sole materie prime.

Il grado di precisione dei metodi comporta, in sede di analisi, una incertezza non superiore a millesimi ± 3,0.

PALLADIO

Si segue la norma UNI EN ISO 11490 (1997): determinazione del palladio nelle leghe di palladio per gioielleria: metodo gravimetrico con dimetilgliossima.

Il grado di precisione del metodo comporta, in sede di analisi, una incertezza non superiore a millesimi ± 2,0.

ORO

Si segue la norma UNI EN 31426 (1997): determinazione dell'oro nelle leghe di oro per gioielleria: metodo della coppellazione e successivo spartimento con acido nitrico.

Il grado di precisione del metodo comporta, in sede di analisi, una incertezza non superiore a millesimi ± 1,0.

ARGENTO

Metodo I: si segue la norma UNI EN 31427 (1997), determinazione dell'argento nelle leghe di argento per gioielleria: metodo volumetrico (potenziometrico) con utilizzo di bromuro di potassio.

Metodo II: si segue la norma UNI EN 3753, determinazione dell'argento nelle leghe di argento: metodo per precipitazione di Gay Lussac, per attacco con acido nitrico e precipitazione con cloruro di sodio.

Il grado di precisione dei metodi comporta, in sede di analisi, una incertezza non superiore a millesimi ± 1,0.

 

Allegato III

(articolo 12, comma 1)

Tabella delle caratteristiche e dimensioni dell'impronta del marchio di identificazione dei metalli preziosi

 

Allegato IV

(articolo 15, comma 3)

Punzoni di tipo normalizzato

 

 

Allegato V

(articolo 16, comma 1)

Impronte normalizzate recanti l'indicazione del titolo

 

 

Allegato VI

(articolo 15, comma 7)

Bollo di autenticazione dei punzoni rilasciati agli assegnatari dei marchi di identificazione

 

Allegato VII

(articolo 34, comma 2)

Marchio per il saggio facoltativo

 

 


 

Impronta normalizzata

 

 

 

Impronta

Dimensione in mm

 

 

1ª grandezza

1,6

 

 

2ª grandezza

3,2

 

 

3ª grandezza

6,0

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Allegato VIII

(articolo 35, comma 2 e articolo 52, comma 4)

Schema per individuare il numero di esemplari da cui estrarre i campioni di analisi

Numero di oggetti della stessa

numero degli esemplari

tipologia produttiva e

da prelevare

tipo di lega

Minimo

Massimo

 

 

 

1 - 80

1

3

81 - 224

4

7

225 - 449

8

14

450 - 700

15

21

701 - 1000

22

30

oltre 1000

30 esemplari più uno per ogni cento

 

 

oggetti oltre i mille

 

 

 

 

 

 

 

Allegato IX

(articolo 36, comma 2)


Marchio particolare di fabbrica per gli oggetti ottenuti per deposizione elettrogalvanica

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1

I valori numerici indicativi del peso del metallo prezioso depositato sono realizzati nel centro dell'ottagono, in un alloggiamento rettangolare idoneo a ricevere i punzoncini recanti le cifre da imprimere.

2

Il marchio deve essere realizzato in un ottagono regolare iscritto in un cerchio di diametro d = 8 mm oppure di 7 mm.

3

L'indicazione in grammi, per i metalli preziosi costituenti il rivestimento diversi dall'argento deve essere riportata fino alla prima cifra decimale. Nei casi di rivestimento d'argento tale indicazione deve essere limitata alle cifre intere.

4

La sigla del produttore, oltre che di tipo alfanumerico, può essere costituita dal logotipo del produttore medesimo.

5

L'impronta che costituisce il marchio particolare di cui al precedente numero 4 deve risultare incisa sull'oggetto e non impressa a rilievo.

6

La profondità dell'incisione relativa all'eventuale virgola non deve essere inferiore a quella degli altri caratteri e del contorno ottagonale.

7

In relazione alle esigenze degli oggetti da marchiare l'impronta può essere realizzata in una serie di due diverse grandezze aventi le dimensioni indicate al numero 2.

 

Allegato X

(articoli 48, 49, 50 e 51)

Norme di riferimento per i laboratori di analisi e gli organismi di certificazione

1.

(articolo 48, comma 1 e articolo 51, comma 2)

I criteri generali secondo i quali i laboratori di analisi operano sono quelli espressi dalla norma UNI CEI EN 45001 sul finanziamento dei laboratori di prova.

2.

(articolo 49, comma 1)

I criteri generali secondo i quali sono condotte le visite ispettive presso i laboratori interessati all'abilitazione da parte delle camere di commercio sono quelli espressi dalla norma UNI EN 30011 - parte 1ª sull'attività di verifica ispettiva dei sistemi qualità.

3.

(articolo 50, comma 2)

La norma di riferimento secondo la quale opera un ente di accreditamento di laboratori è quella appartenente alla serie UNI CEI EN 45003 sui sistemi di accreditamento dei laboratori di prova e taratura.

4.

(articolo 51, comma 1)

Le norme secondo cui operano gli organismi di certificazione sono quelle appartenenti alla serie UNI CEI EN 45011 e UNI CEI EN 45012, mentre quelle secondo cui opera l'organismo di valutazione e accreditamento dei suddetti organismi di certificazione sono quelle della serie UNI CEI EN 45010.

 



[1]     L’art.42 della L.128/1998 ha delegato il Governo ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del provedimento, un decreto legislativo per adeguare la legge 30 gennaio 1968, n. 46, recante la disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, ai princìpi comunitari, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) modificare e ampliare la gamma dei titoli legali dei metalli preziosi e delle loro leghe, tenuto conto di quelli riconosciuti ufficialmente negli altri Stati membri dell'Unione europea e della loro diffusione nella pratica commerciale; b) riconoscere validità alle marcature di contenuto equivalente a quelle nazionali, apposte conformemente alle normative di altri Stati membri dell'Unione europea; c) modificare e integrare la disciplina del marchio di responsabilità, prevedendo anche procedure di valutazione della conformità in linea con quelle previste in sede comunitaria, in modo da assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e di trasparenza nelle transazioni commerciali. Si ricorda che la L. n.46/1968 è stata abrogata dall’art.28 del D.Lgs.251/1999.

[2]     DPR 150/2002 pubblicato sulla GU il 25 luglio 2002

[3]    Il D.Lgs. in commento, in deroga alla previsione sopra citata, per la quale gli oggetti in metallo prezioso importati da uno Stato estero non appartenente all’UE o allo Spazio economico europeo, debbono riportare tra l’altro il marchio di identificazione dell’importatore, prevede una norma di reciprocità per cui gli oggetti in metallo prezioso, quando rechino già l'impronta del marchio di responsabilità previsto dalla normativa di uno Stato estero non appartenente alla Unione europea o allo Spazio economico europeo, nel quale tale marchio sia obbligatorio e garantisca il titolo del metallo, e che sia depositato in Italia o nello Spazio economico europeo, possono non recare il marchio di identificazione dell'importatore, allorché risulti che lo Stato estero di provenienza accordi analogo trattamento agli oggetti fabbricati in Italia e in esso importati e sempre che i titoli garantiti ufficialmente siano corrispondenti o superiori a quelli previsti dal decreto in esame(art.5, comma 3).

[4]     Alla domanda è allegata copia della licenza all’esercizio dell’attività di fabbricazione di oggetti preziosi rilasciata dal questore, ex art. 127 T.U.L.P.S , r. d n. 773 del 18 giugno 1931. La licenza non è peraltro richiesta per coloro che sono iscritti all’albo delle imprese artigiane. Oltre a questa, il richiedente deve allegare la quietanza di versamento del diritto di saggio e marchio di euro 65,00 per aziende artigiane iscritte all'Albo Imprese Artigiane e per Laboratori annessi ad aziende commerciali; euro 258,00 per aziende industriali; euro 516,00 per aziende industriali con oltre 100 dipendenti. Il marchio viene dato in concessione ed è soggetto a rinnovo annuale previo pagamento di un diritto pari alla metà di quelli di cui sopra che deve essere versato entro il mese di gennaio di ciascun anno. Per gli inadempienti si applica l'indennità di mora pari a 1/12 del diritto annuo dovuto per ogni mese o frazione di mese di ritardo nel pagamento. Trascorso un anno senza che il pagamento sia stato effettuato, il Servizio Metrico provvede al ritiro del marchio ed alla cancellazione dal Registro degli assegnatari dei marchi, dandone comunicazione al questore perché si provveda al ritiro della licenza di pubblica sicurezza.

      Il registro degli assegnatari dei marchi di identificazione è pubblico ed è aggiornato a cura della camera di commercio competente e può essere consultato su tutto il territorio nazionale dalla pubblica amministrazione, anche per via telematica ed informatica (art. 14, co. 3 e 4).

[5]     L’art.128 Tulps prevede, in particolare, che i fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi debbano tenere un registro delle operazioni che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni sono compiute. Tale registro deve essere esibito agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ad ogni loro richiesta. Le persone che compiono operazioni con gli esercenti sopraindicati, sono tenute a dimostrare la propria identità nei modi prescritti.

[6]     L’art.57 c.p.p definisce gli ufficiali e gli agenti polizia giudiziaria, prevedendo in particolare al comma 3, che sono ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’art.55 c.p.p.

[7]     La domanda di abilitazione è presentata alla Camera di commercio competente per territorio, ed è corredata della documentazione comprovante:

      a) la dotazione organica del personale addetto al laboratorio con le relative qualifiche professionali:

      b) l'attrezzatura del laboratorio destinato alle operazioni di saggio dei singoli metalli preziosi, per i quali viene richiesta l'abilitazione.

Al personale del laboratorio abilitato è inoltre fatto divieto di : esercitare, sia in proprio, direttamente o indirettamente, sia alle dipendenze di terzi o in collaborazione o società con terzi, qualsiasi attività di commercio o lavorazione nel settore dei metalli preziosi; eseguire, in proprio, nel laboratorio al quale è addetto, analisi e ricerche che non siano per conto del laboratorio stesso. Il personale è inoltre tenuto al rispetto del segreto professionale (art.18, co.3 e 4).

[8]     I criteri per l'individuazione degli organismi atti al rilascio di certificazioni aggiuntive al fabbricante o al suo mandatario sono stabiliti nel regolamento (artt.48-50 Dpr.). Tali organismi di certificazione svolgono, in particolare, periodicamente, presso il fabbricante, controlli sugli oggetti pronti per la vendita. Le modalità con le quali debbono essere effettuati controlli, mediante prelievi di campioni di oggetti ed i relativi esiti delle analisi di saggio, sono stabilite nel regolamento agli artt.51-54.

[9]     La legge n. 46 del 1968, all'articolo 26, prevedeva inizialmente un sistema sanzionatorio basato sul pagamento di un'ammenda da parte di coloro che avessero utilizzato in maniera distorta, ovvero omesso dolosamente, di evidenziare il titolo o il marchio, ovvero che avessero commesso i reati elencati. Tale pena pecuniaria è stata successivamente trasformata in sanzione amministrativa dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, ed aumentata. La norma è stata poi ripresa, quasi integralmente, dall'articolo 25 del citato decreto legislativo n. 251 del 1999, che regola il settore in attuazione della delega recata dalla legge comunitaria 1995-1997.

[10]    La stessa sanzione è prevista anche per l’inosservanza delle disposizioni sul marchio di identificazione, sui marchi di fabbrica, sugli oggetti placcati, sui semilavorati nonché per l’inosservanza delle disposizioni del regolamento attuativo.

[11]    Il decreto specifica quali sono i titoli legali ammessi: per il platino, 950, 900 e 850 millesimi (anziché il solo 950); per il palladio, 950 e 500 millesimi (anziché il solo 950); per l'oro, 750, 585, 375 millesimi (con esclusione quindi di 500 e 333 millesimi); per l'argento, 925 e 800 millesimi (con esclusione quindi di 835 millesimi) ed aggiunge che è comunque sempre ammesso qualsiasi titolo superiore al più alto indicato per ciascun metallo.

Non sono invece ammesse tolleranze negative sui titoli dichiarati per le materie prime e sui titoli legali per i lavori, ad eccezione di alcuni casi espressamente previsti.

[12]    Le caratteristiche del marchio sono state individuate dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 150 (Regolamento recante norme per l'applicazione del D.Lgs. 22 maggio 1999, n. 251, sulla disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi).

[13]    La legge n. 46 del 1968, all'articolo 26, prevedeva inizialmente un sistema sanzionatorio basato sul pagamento di un'ammenda da parte di coloro che avessero utilizzato in maniera distorta, ovvero omesso dolosamente, di evidenziare il titolo o il marchio, ovvero che avessero commesso i reati elencati. Tale pena pecuniaria è stata successivamente trasformata in sanzione amministrativa dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, ed aumentata. La norma è stata poi ripresa, quasi integralmente, dall'articolo 25 del citato decreto legislativo n. 251 del 1999, che regola il settore in attuazione della delega recata dalla legge comunitaria 1995-1997.

[14]    La stessa sanzione è prevista anche per l’inosservanza delle disposizioni sul marchio di identificazione, sui marchi di fabbrica, sugli oggetti placcati, sui semilavorati nonché per l’inosservanza delle disposizioni del regolamento attuativo.

[15]    Si ricorda che ai sensi dell’articolo 28 TCE sono vietate fra gli Stati membri le restrizioni quantitative all’importazione e le misure di effetto equivalente. Tuttavia, secondo l’articolo 30 del Trattato, le restrizioni all’importazione giustificate in particolare da  motivi di tutela della proprietà industriale e commerciale sono autorizzate qualora non costituiscano un mezzo di discriminzione arbitraria, né una restrizione dissimulata al commercio tra Stati membri.

[16] Ai sensi dell’art. 2 della sopra citata legge n. 443/1985 è imprenditore artigiano colui che esercita personalmente, professionalmente e in qualità di titolare, l'impresa artigiana, assumendone la piena responsabilità con tutti gli oneri ed i rischi inerenti alla sua direzione e gestione e svolgendo in misura prevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo (comma 1) La norma in commento esclude limitazioni alla libertà di accesso del singolo imprenditore all'attività artigiana e di esercizio della sua professione (comma 2), facendo salve le norme previste dalle specifiche leggi statali (comma 3). L'imprenditore artigiano, inoltre, nell'esercizio di particolari attività che richiedono una peculiare preparazione ed implicano responsabilità a tutela e garanzia degli utenti, deve essere in possesso dei requisiti tecnico-professionali previsti dalle leggi statali (comma 4).

L’art. 3 della sopra citata legge 443/1985, reca poi la definizione di impresa artigiana e l’art. 4 ne indica i limiti dimensionali (cfr infra, nota 14). Secondo l’art. 3, è artigiana l'impresa che abbia per scopo prevalente lo svolgimento di un'attività di produzione di beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi, escluse le attività agricole e le attività di prestazione di servizi commerciali, di intermediazione nella circolazione dei beni o ausiliarie di queste ultime, di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, salvo il caso che siano solamente strumentali e accessorie all'esercizio dell'impresa. È altresì artigiana l'impresa costituita ed esercitata in forma di società (escluse le società per azioni ed in accomandita per azioni), anche cooperativa, a condizione che la maggioranza dei soci, ovvero uno nel caso di due soci, svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell'impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale. E’ definita artigiana anche l’impresa costituita ed esercitata in forma di società a responsabilità limitata unipersonale, sempre che il socio unico sia imprenditore artigiano e non sia unico socio di altra società a responsabilità limitata o socio di una società in accomandita semplice. E’ qualificata come artigiana anche la società in accomandita semplice, sempre che ciascun accomandatario sia imprenditore artigiano e non sia unico socio di una società a responsabilità limitata o socio di altra società in accomandita semplice.

[17]    L’iscrizione all’albo deve avvenire attraverso denuncia alle Camere di commercio, secondo le formalità previste per il registro delle ditte dagli articoli 47 e seguenti del r.d 20 settembre 1934, n. 2011, recante “Approvazione del testo unico delle leggi sui Consigli provinciali dell'economia corporativa e sugli Uffici provinciali dell'economia corporativa” (comma 1) La domanda di iscrizione al predetto albo e le successive denunce di modifica e di cessazione esimono dagli obblighi di cui ai citati articoli 47 e ss. del R.D. 20 settembre 1934, n. 2011, e sono annotate nel registro delle ditte entro quindici giorni dalla presentazione (comma 2).

[18]    Si ricorda che l’art. 4 della L .n. 443/1985 prevede che l'impresa artigiana possa essere svolta anche con la prestazione d'opera di personale dipendente diretto personalmente dall'imprenditore artigiano o dai soci, purché non superi i limiti dimensionali nello stesso articolo indicati. In particolare, il comma 1, lett. c) prevede per l'impresa che svolge la propria attività nei settori delle lavorazioni artistiche, tradizionali e dell'abbigliamento su misura, un massimo di 32 dipendenti, compresi gli apprendisti in numero non superiore a 16; il numero massimo dei dipendenti può essere elevato fino a 40 a condizione che le unità aggiuntive siano apprendisti. I settori delle lavorazioni artistiche e tradizionali e dell'abbigliamento su misura sono stati individuati con DPR 25 maggio 2001, n. 288 (cfr. art.1 e allegato) e tra queste, figurano esplicitamente i “lavori di argenteria ed oreficeria in oro, argento e platino (con lavorazione prevalentemente manuale, escluse le lavorazioni in serie anche se la rifinitura viene eseguita a mano)”;

Lo stesso art. 4, al comma 2, scomputa, ai fini del calcolo dei limiti dimensionali, per un periodo di due anni, gli apprendisti passati in qualifica ai sensi della disciplina sull’apprendistato, di cui alla legge 19 gennaio 1955, n. 25, e mantenuti in servizio dalla stessa impresa artigiana; i lavoratori a domicilio disciplinati dalla legge 18 dicembre 1973, n. 877,recante “Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio”, sempre che non superino un terzo dei dipendenti non apprendisti occupati presso l'impresa artigiana; i familiari dell'imprenditore, ancorché partecipanti all'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile, che svolgano la loro attività di lavoro prevalentemente e professionalmente nell'ambito dell'impresa artigiana; prevede altresì che siano computati, tranne uno, i soci che svolgono il prevalente lavoro personale nell'impresa artigiana ed esclude i portatori di handicaps, fisici, psichici o sensoriali. Sono inoltre computati i dipendenti, qualunque sia la mansione svolta.

[19]    Ove non sia possibile effettuare la comunicazione all'interessato nelle forme di cui al primo e al quarto comma, si applicano le disposizioni dell'articolo 14 relative alla contestazione e notificazione della violazione (comma 6).

[20]    Si tratta delle imprese che producono, importano o commercializzano materie prime di metalli preziosi; che importano semilavorati od oggetti in metallo prezioso, nonché delle imprese che intendono garantire direttamente, assumendosene la responsabilità, il titolo degli oggetti in metalli preziosi, prodotti da terzi, assegnatari del marchio di artefice.