Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento attività produttive | ||||
Titolo: | L'attività delle Commissioni nella XV legislatura - Commissione attività produttive - parte seconda | ||||
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 1 Progressivo: 10 | ||||
Data: | 14/05/2008 | ||||
Descrittori: |
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Organi della Camera: | X-Attività produttive commercio e turismo |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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SERVIZIO STUDI |
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Documentazione e ricerche |
L’attività delle
Commissioni |
Commissione attività produttive |
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n. 1/10 |
parte seconda |
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Maggio 2008 |
La documentazione di inizio legislatura predisposta dal Servizio Studi e, quanto ad alcune parti, dall’Ufficio per i Rapporti con l’Unione europea, dal Servizio Biblioteca, dal Servizio Bilancio dello Stato, dal Servizio Commissioni e dal Servizio per il Controllo parlamentare, si compone di:
§ un dossier ipertestuale su CD-ROM (Documentazione e ricerche, n. 1), che illustra analiticamente le principali politiche legislative e attività istituzionali svolte dalla Camera dei deputati nel corso della XV legislatura;
§ 14 fascicoli di accompagnamento (Documentazione e ricerche, nn. da 1/1 a 1/14 – parte prima) recanti, per ciascuna Commissione, una nota di sintesi sulle aree tematiche di interesse, sull’attività svolta e sugli adempimenti governativi nelle materie di competenza;
§ 14 volumi (Documentazione e ricerche, nn. da 1/1 a 1/14 – parte seconda) recanti, per ciascuna Commissione, un estratto del dossier ipertestuale concernente le politiche legislative e l’attività istituzionale nelle materie di competenza.
Dipartimento Attività produttive
SIWEB
I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.
File: AP0001b.doc
INDICE
Politiche legislative e attività istituzionale
Mercato dell’energia elettrica
§ Provvedimenti adottati nella XV legislatura
§ Sostegno alle fonti rinnovabili
Risparmio ed efficienza energetica
Rendimento energetico nell’edilizia
§ Leggi finanziarie 2007 e 2008
§ Decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311
Commercio, Servizi e Tutela dei consumatori
Interventi di liberalizzazione
§ Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 (c.d. Primo pacchetto)
§ Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7 (c.d. Secondo pacchetto)
§ Disegno di legge governativo AC 2272 (c.d. Terzo pacchetto)
§ Garante per la sorveglianza dei prezzi
§ Modifiche al codice del consumo
§ Ministero dello sviluppo economico
§ Ministero del commercio internazionale
Politiche per la competitività
Sostegno alle attività produttive
Internazionalizzazione delle imprese
Sostegno alla ricerca e innovazione
Fondo investimenti ricerca (FIRST)
§ Legge finanziaria per il 2007
§ Legge finanziaria per il 2008
§ Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo
§ Piano strategico per le tecnologie energetiche
§ Conclusioni del Consiglio europeo di primavera 2008
§ Priorità della Commissione e del Consiglio per il 2008
§ Riforma della disciplina degli aiuti di Stato
§ Esame intermedio della politica industriale
§ Iniziative nel settore industriale
§ Imprese
§ Ricerca
§ Francia
§ Germania
§ Spagna
§ Francia
§ Germania
§ Spagna
§ Apertura dei mercati energetici
§ Decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73
§ Tutela dei clienti domestici in condizioni di disagio
§ Decreto ministeriale 28 dicembre 2007
Nuovi meccanismi di incentivazione
§ Legge finanziaria 2008 (art. 2 commi 143-161)
§ Decreti 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 (vecchio conto energia)
§ Decreto 19 febbraio 2007 (nuovo conto energia)
§ Decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20
Decreto legislativo n. 311/2006
§ Modifiche al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192
Commercio, Servizi e Tutela dei consumatori
Attività commerciali liberalizzate
§ Decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223
Attività economiche liberalizzate
§ Decreto-legge31 gennaio 2007, n. 7 (art. 10)
Sentenza Corte cost. n. 430/2007
Ministero dello sviluppo economico
§ Regolamento di riorganizzazione del Ministero
Fondo per la competitività e lo sviluppo
§ Istituzione e finanziamento del Fondo
§ Progetti di innovazione industriale (PII)
Fondo per la finanza d’impresa
§ Legge istitutiva (L. 296/06)
Semplificazione per l’avvio d’impresa
§ Decreto-legge 7/2007 (art.9)
§ Iscrizione al Registro delle imprese
§ Proposta di legge Capezzone e altri (AC 1428)
Ministero del commercio internazionale
§ Organizzazione del Ministero
Politiche legislative e attività istituzionale
A partire dalla fine degli anni novanta, con l'adozione dei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie sull'energia elettrica e il gas (n.96/92/CE e n. 98/30/CE), sono state poste le basi per la progressiva apertura dei mercati energetici.
In particolare, con l’obiettivo di fondo di ridurre i differenziali di prezzo rispetto agli altri Paesi europei, i provvedimenti erano volti a promuovere il superamento, quand’anche con modalità e tempi tali da assicurare la necessaria gradualità dei processi, delle situazioni di monopolio pubblico che caratterizzavano gli assetti dei mercati energetici in Italia.
Con riferimento al settore elettrico sono state, innanzitutto, sostanzialmente liberalizzate le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia. Successivamente è stata avviata la ristrutturazione dell’ENEL, con la separazione della proprietà della rete nazionale dalla sua gestione e l’affidamento dell’attività di trasmissione e dispacciamento a un ente di gestione di diritto pubblico chiamato ad operare secondo principi di neutralità e imparzialità. Quanto alla posizione dominante dell’operatore pubblico, a fronte dell’introduzione del divieto di controllo di più del 50% della capacità complessiva di importazione e produzione nazionale, l’ENEL è stata chiamata a cedere, entro il 1° gennaio 2003, almeno 15.000 Kw della propria capacità.
Per quanto concerne il settore del gas, gli interventi più significativi hanno riguardato la sostanziale liberalizzazione delle attività di importazione, esportazione, trasporto e vendita, nonché l’introduzione del principio dell’affidamento soltanto mediante gara, e per periodi limitati, dei servizi di distribuzione del gas a livello locale. Come per il settore elettrico, inoltre, è stata prevista la progressiva apertura del mercato e il ridimensionamento dell’operatore dominante (con la progressiva riduzione dei limiti di vendita e immissione nella rete al di sopra dei quali si configura l’abuso di posizione dominante).
Il processo di liberalizzazione è proseguito nel corso della XIV legislatura ed è stato oggetto di diversi interventi legislativi rivolti essenzialmente ad assicurare un assetto concorrenziale del mercato dell'energia.
Il completamento di tale processo ha, in particolare, costituito - insieme alla definizione delle competenze di Stato e Regioni in materia energetica - uno dei principali obiettivi della legge di riordino del settore (L. 239/2004), che ha confermato il processo di liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia ai clienti finali, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La concessione delle attività di trasporto e di dispacciamento, con l'obbligo di connessione di terzi secondo criteri di trasparenza ed imparzialità, dapprima affidata al Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN), è stata successivamente trasferita alla società Terna Spa, proprietaria della rete di trasporto nazionale (per effetto del DPCM 11 maggio 2004), con la previsione della riduzione da parte di ENEL della propria partecipazione in detta società ad una quota non superiore al 20%.
L’attività di distribuzione continua ad essere svolta dalle imprese distributrici titolari di concessioni, rilasciate dal Ministero delle attività produttive nel maggio 2001, ed aventi scadenza il 31 dicembre 2030.
All’interno di questo sistema allo Stato sono rimasti affidati i compiti di assumere le determinazioni inerenti l’importazione e l’esportazione dell’energia, di definire il quadro settoriale di programmazione (anche con riferimento alla ricerca scientifica), di definire i principi per il coordinato utilizzo delle risorse finanziarie regionali, nazionali e dell’Unione europea. Sono inoltre rimasti di competenza dello Stato i compiti relativi all’adozione di misure finalizzate a garantire l’effettiva concorrenzialità del mercato dell’energia elettrica, alla definizione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell’energia elettrica e per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica termica superiore ai 300 MW.
Nel corso dell’iter di approvazione della legge di riordino del settore energetico, il quadro comunitario di riferimento del settore si è andato innovando con le direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, recanti norme relative all'apertura dei mercati per l'elettricità e il gas nella UE (in parte recepite nella stessa legge n.239/2004 di riordino del settore), che hanno previsto, a partire dal 1º luglio 2004, la libera scelta dei fornitori per tutte le compagnie e, a partire dal 1º luglio 2007, l’estensione della disposizione ai consumatori privati. Obiettivo delle direttive è quello di aprire il mercato alla concorrenza continuando a mantenere però la qualità e l'universalità dei servizi, la tutela dei consumatori vulnerabili e la sicurezza nell'approvvigionamento.
Nell’aprile del 2004 si è aperta una nuova fase del processo di liberalizzazione con l’avvio del mercato elettrico (IPEX - Italian Power Exchange).
Il mercato, consistente in un luogo virtuale in cui ogni giorno produttori e acquirenti si incontrano per vendere e comprare energia e affidato al Gestore del Mercato (GME) nel contesto della liberalizzazione del settore elettrico, è stato creato in risposta alle esigenze di stimolare la concorrenza nelle attività di produzione e vendita e di favorire la massima efficienza nella gestione del dispacciamento dell'energia elettrica.
Lo stato di avanzamento dei processi di liberalizzazione nei due principali mercati energetici del nostro paese (elettricità e gas) è stato oggetto nel 2005 di due indagini conoscitive svolte congiuntamentedall’Autorità per la concorrenza e il mercato (Antitrust) e dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, che hanno evidenziato il permanere di una serie di criticità strutturali del mercato, legate al peso dell’operatore principale, nonché alla composizione del parco di generazione e al forte ricorso alle importazioni che riducono la competitività del nostro Paese.
L’azione governativa a favore del completamento del processo di liberalizzazione del settore energetico è proseguita, in avvio della XV legislatura, con la presentazione al Senato di un disegno di legge governativo recante un’ampia delega al Governo in materia energetica (AS 691). Talune disposizioni del provvedimento governativo, il cui esame si è interrotto a causa della fine della legislatura, hanno trovato anticipazione nella legge finanziaria per il 2007, che è intervenuta, in particolare, sulle tematiche del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili[1].
Tra i provvedimenti legislativi adottati in materia di liberalizzazione del settore energetico (tutti inquadrabili nel solco della politica energetica comunitaria) si ricorda, in primo luogo, la legge 1° agosto 2006, n.242, che, abrogando il decreto legge 25 maggio 2001, n. 192[2] e il decreto legge 14 maggio 2005, n. 81[3], ha consentito di ottemperare alle richieste formulate dalla Commissione europea nell’ambito di una procedura di infrazione avviata nei confronti dell’Italia in relazione alle disposizioni che prevedevano indebiti limiti ai diritti di voto legati a partecipazioni nel capitale di imprese operanti nei settori dell’elettricità e del gas[4].
Si segnala, inoltre, il decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73, recante Misure urgenti per l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell’energia (legge di conversione 3 agosto 2007, n. 125), la cui adozione si è resa necessaria in quanto l’iter al Senato del disegno di legge recante la delega al Governo in materia di energia (AS 691) non ha consentito il recepimento in tempo utile delle disposizioni della direttiva 2003/54/CE (che - come detto - ha previsto l’adozione da parte degli Stati membri di misure adeguate a consentire ai clienti domestici del mercato elettrico la libertà di scelta del proprio fornitore a partire dal 1° luglio 2007). Anche al fine di evitare sanzioni da parte della Commissione europea, il Governo ha ritenuto necessario, pertanto, adottare misure urgenti per tutelare l’utenza nella fase di passaggio al nuovo regime (vedi la scheda Decreto-legge n. 73/2007, pag.
Il decreto, in particolare, ha previsto:
- un regime di tutela per i clienti domestici che dal 1° luglio possono recedere dal vecchio contratto di fornitura, secondo modalità stabilite dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, mantenendo le stesse garanzie;
- un regime di garanzia per i clienti domestici e le Pmi che non scelgono un nuovo fornitore, consistente nella garanzia dell’erogazione del servizio di fornitura da parte dell’’impresa di distribuzione e nella continuità dello svolgimento della funzione di approvvigionamento da parte dell’Acquirente Unico, mantenendo, al contempo, le stesse garanzie;
- un servizio di salvaguardia per gli altri clienti non domestici (imprese con oltre 50 dipendenti che, di fatto, non hanno ancora lasciato il mercato vincolato) che non scelgono un nuovo fornitore di energia elettrica e a chi transitoriamente dovesse rimanere senza fornitore;
- regole di trasparenza per l’avvio del mercato per i clienti domestici, che comprendono l’obbligo di separazione societaria tra attività di vendita ed attività di distribuzione di energia elettrica; la separazione funzionale tra la gestione delle infrastrutture dei sistemi elettrico e del gas naturale ed il resto delle attività (separazione estesa anche all’attività di stoccaggio del gas).;
- obbligo di informazione trasparente sul mix energetico utilizzato per la produzione dell’energia fornita da partedei fornitori di energia elettrica nei confronti dei loro i clienti finali.
L’intervento legislativo è stato accompagnato dalla definizione, da parte dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, di nuove tariffe elettriche, che al fine di tutelare le fasce deboli è stata completata con la revisione (ad opera del DM 28 dicembre 2007) della disciplina sulla c.d. “tariffa sociale” (vedi la scheda Tariffe elettriche agevolate, pag.
Il dibattito degli anni recenti sull’assetto dei mercati del gas si è concentrato, in ambito sia nazionale che europeo, sull'opportunità di prevedere un obbligo di separazione proprietaria tra il gestore della rete, i produttori e i distributori.
Se per quanto riguarda il mercato elettrico si è addivenuti a una effettiva forma di separazione proprietaria (con la creazione di Terna S.p.a., partecipata da ENEL Spa nella misura del 5%), la questione è rimasta invece aperta per il settore del gas naturale.
Può essere utile ricordare che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, intervenendo in merito al completamento del processo di liberalizzazione dei mercati energetici nel corso di una Audizione tenutasi presso la Commissione industria del Senato il 18 ottobre 2006, ha rimarcato, oltre alla necessità di recepire quanto prima le direttive del 2003 in materia energetica, l’esigenza di procedere con sollecitudine alla separazione proprietaria della rete di trasporto del gas naturale, con l’obiettivo primario di favorire il rilancio degli investimenti in tale settore. Nel tracciare un quadro dello stato delle liberalizzazioni nel settore energetico, l’Autorità ha evidenziato, infatti, la criticità del settore del gas, caratterizzato da un’offerta appena sufficiente a garantire la domanda e insufficiente a fronteggiare situazioni di emergenza, dalla persistente posizione dominante di ENI in tutte le attività della filiera, dalla mancanza di nuovi operatori di dimensioni e di capacità operative adeguate ad un vero contesto concorrenziale, nonché dalla mancanza di una rete di trasporto indipendente (ciò che non avrebbe favorito gli investimenti necessari, in particolare, ad incrementare le interconnessioni internazionali).
Al riguardo occorre sottolineare che l'obbligo di cessione, entro il 1° luglio 2007, delle quote superiori al 20 per cento del capitale delle società che sono proprietarie e che gestiscono reti nazionali di trasporto del gas naturale, già sancito dall’art. 1-ter, comma 4, del decreto-legge 29 agosto 2003, n. 239[5], è stato oggetto di varie proroghe, fino a quando, da ultimo, la legge finanziaria per il 2007 (art. 1, comma 905, della legge n.296 del 2006) ha demandato ad un successivo DPCM (senza peraltro indicarne il termine di adozione) la definizione delle modalità di attuazione del suddetto obbligo di cessione, differendone ulteriormente il termine a due anni a decorrere dalla data di entrata in vigore del DPCM medesimo.
Si fa presente che il DPCM di attuazione dell’articolo 1, comma 905, della legge finanziaria per il 2007, non è stato fin qui adottato, con la conseguenza che il termine entro il quale Eni Spa è chiamata a dismettere (fino al limite del 20%) la propria partecipazione azionaria in Snam Rete Gas Spa (attualmente pari a circa il 50,03 del capitale della società[6]) non risulta determinabile in termini certi.
Disposizioni volte ad aumentare gli scambi sul mercato nazionale del gas fino al completo recepimento della direttiva 2003/55/CE sono state introdotte dal decreto-legge sulle liberalizzazioni (DL 7/07, art. 11), in base al quale le quote di gas naturale prodotto dai giacimenti italiani che oggi le imprese produttrici versano allo Stato in controvalore (royalties), dovranno essere cedute dai titolari delle concessioni ad altri operatori presso l’esistente mercato regolamentato delle capacità e del gas (c.d. borsa del gas, già funzionante sul sito web di Snam Rete Gas).
Significative innovazione in materia energetica sono contenute anche nel decreto-legge 159/2007[7].
In particolare, l’articolo 46 ha introdotto una norma di semplificazione delle procedure autorizzatorie per la costruzione e l’esercizio di terminali di rigassificazione di gas naturale liquefatto[8].
In particolare, la vigente disciplina autorizzatoria speciale applicabile all'installazione di rigassificatori all'interno dei siti industriali è stata estesa anche alle ipotesi di costruzione e esercizio di terminali di rigassificazione situati al di fuori di siti industriali.
Sono state poi introdotte disposizioni specifiche per i casi in cui gli impianti soggetti alla predetta procedura autorizzativa siano ubicati in area portuale o ad essa contigua. Si prevede infatti la possibilità di rilasciare il giudizio di compatibilità ambientale anche in assenza del parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici. L’autorizzazione costituisce variante anche del piano regolatore portuale. Si è infine prevista l'aggiunta del concerto col Ministero delle infrastrutture, oltre che del Ministero dell'ambiente, per il rilascio dell'autorizzazione del Ministro dello sviluppo economico.
L’articolo 46-bis (poi modificato dal comma 175 dell'articolo 2 della legge finanziaria 2008 (legge 244/2007), è invece intervenuto in materia di concorrenza nel settore della distribuzione del gas.
Il comma 1 ha previsto che i Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza unificata e su parere dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, individuino i criteri di gara e di valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas previsto dall’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell'articolo 41 della L. 17 maggio 1999, n. 144), tenendo conto in maniera adeguata, oltre che delle condizioni economiche offerte, e in particolare di quelle a vantaggio dei consumatori, degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio, dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti. Con la medesima procedura devono essere determinati gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l'identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e determinino misure per l'incentivazione delle relative operazioni di aggregazione.
Al fine di incentivare le operazioni di aggregazione, il comma 3 ha previsto che la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas sia bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto (1° dicembre 2008).
A decorrere dal 1° gennaio 2008, i comuni interessati dalle nuove gare possono incrementare il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e fino al nuovo affidamento, fino al 10 per cento del vincolo sui ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 237 del 28 dicembre 2000[9], destinando prioritariamente le risorse aggiuntive all’attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi di gas da parte delle fasce deboli di utenti.
Su tale normativa è intervenuta, con una segnalazione (AS 427 del 13 novembre 2007) al Parlamento e al Governo, l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM).
Nel proprio parere l’AGCM ha rilevato che nella situazione attuale, caratterizzata da un’estrema frammentazione di ambiti serviti e operatori, le soglie dimensionali e quantitative (100.000 clienti o 100 mmc/anno), già individuate dal D.Lgs. n. 164/00 (articolo 15, comma 7) al fine di far scattare la durata maggiore del periodo transitorio, si riferiscono ai comuni più grandi e alle maggiori imprese del settore. Tuttavia, tali concessioni sono una minima parte, in quanto, come conferma l’analisi di alcune gare effettuate, i comuni medi in Italia hanno circa 5.000 utenti, per circa il 70% dei comuni censiti. Conseguentemente, la maggior parte delle concessioni per la distribuzione di gas naturale sarebbero state in scadenza al 31 dicembre 2007 e sono le prime a beneficiare della ulteriore proroga di due anni disposta dall’art. 46-bis, terzo comma, del DL n.159/2007.
Secondo l’Autorità, poiché il ricorso a procedure di gara per l’individuazione dei concessionari di servizi è strettamente collegato alla realizzazione dei principi a tutela della concorrenza, una fase transitoria che consenta di rinviare l’esperimento di procedure pubbliche per un periodo eccessivamente lungo concorre a determinare ritardi nell’avvio del processo di liberalizzazione del servizio. L’ulteriore slittamento della fine del periodo transitorio risulta dunque difficilmente compatibile con un quadro di liberalizzazione e, inoltre, non trova neppure giustificazione (come asserito dallo stesso comma 3) nell’esigenza di favorire fenomeni di aggregazione territoriale, rispetto ai quali risulterebbe propedeutica la definizione per via ministeriale dei nuovi ambiti territoriali da mettere a gara. Infatti, il processo di individuazione degli ambiti territoriali, per definizione, riguarderà l’intero territorio nazionale e dovrà concludersi necessariamente prima del 31 dicembre 2009, data alla quale terminerebbero, secondo il disposto dell’art. 46-bis, le concessioni in scadenza al 31 dicembre 2007 (in base alla normativa precedente alla proroga disposta dal decreto).
L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha formulato vari rilievi sulla formulazione dell’articolo 46-bis del decreto-legge n.159/2007, ai quali il legislatore, tornando sulla materia, ha dato seguito, in misura alquanto limitata, con la novella recata dal comma 175 dell'articolo 2 della legge 244/2007 (legge finanziaria per il 2008).
La promozione delle energie rinnovabili[10] - energia eolica, solare (termica e fotovoltaica), idraulica, mareomotrice, geotermica e da biomassa - costituisce da tempo uno degli obiettivi principali della politica dell’Unione europea nel settore energetico, in quanto dallo sviluppo del settore delle energie alternative può derivare non solo un importante contributo al raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal Protocollo di Kyoto (vedi in proposito la scheda Il Protocollo di Kyoto nel dossier relativo alla Commissione Ambiente), ma anche una riduzione della dipendenza dell’Unione europea (UE) dalle importazioni di combustibili fossili (in particolare gas e petrolio).
L’Unione Europea ha recentemente varato una serie di provvedimenti che fissano in modo vincolante il percorso che si intende intraprendere, da qui al 2020, per contrastare gli effetti sul clima dell’attuale livello di consumo energetico:
· il 20% dell’energia primaria dovrà essere prodotta con fonti rinnovabili;
· le emissioni in atmosfera dovranno essere ridotte di un ulteriore 20%;
· 20% di risparmio energetico, da ottenere soprattutto attraverso un ampio recupero di efficienza energetica.
Nel pacchetto di misure approvato dall’UE il 23 gennaio 2008 rientra anche una proposta di direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili (riguardante in particolare i settori dell’elettricità, del riscaldamento-raffreddamento e dei trasporti), con la quale si intende fissare obiettivi giuridicamente vincolanti per ciascuno Stato membro, tali da incrementare l’attuale quota complessiva di energie rinnovabili sul consumo energetico finale della UE, pari all’8,5% , fino al 20% nel 2020. Per l’Italia l’incremento finale, entro il 2010, dovrà essere non inferiore al 17%.
Attualmente il principale riferimento normativo comunitario nell’ambito delle fonti rinnovabili è costituito dalla direttiva 2001/77/CE[11], recepita nell’ordinamento interno con il decreto legislativo 29 dicembre 2003 n. 387, con il quale è stato ulteriormente innalzato l’obbligo di immettere nella rete nazionale una quota di energia prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili e sono state definite nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti medesime.
Il decreto legislativo n.387/2003, oltre alla definizione degli obiettivi indicativi nazionali e delle misure di promozione da adottare ai fini dello sviluppo della produzione di energia dalle suddette fonti, contiene disposizioni specifiche relative a singole fonti energetiche, norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle predette fonti, nonché l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.
Il provvedimento, mirante a favorire una crescita significativa, a medio termine, della quota di elettricità generata da fonti energetiche rinnovabili ha previsto, in particolare:
- un incremento pari annualmente a 0,35 punti percentuali, a decorrere dall'anno 2004 e fino al 2006[12] della quota minima di energia da fonti rinnovabili che gli importatori o produttori di energia da fonti non rinnovabili hanno l’obbligo di immettere sul mercato (quota fissata nel 2% dall'art. 11 del D.Lgs. n. 79/99);
- la garanzia di origine dell'elettricità prodotta da fonti rinnovabili rilasciata dal GRTN (ora GSE) in presenza di una produzione annua, ovvero produzione imputabile, non inferiore a 100 MWh;
- la semplificazione delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili e il rilascio di autorizzazione unica, da parte della regione o di altro soggetto istituzionale delegato dalla medesima, per la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione dei energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili;
- la partecipazione al mercato elettrico ed il collegamento degli impianti alla rete elettrica;
- l’ammissione dei rifiuti a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, compresa la frazione non biodegradabile ed i combustibili derivati dai rifiuti;
- disposizioni sui certificati verdi (vedi la scheda Nuovi meccanismi di incentivazione, pag.
Il principale meccanismo di incentivazione della produzione di energia elettrica da rinnovabili è costituito dai certificati verdi introdotti nell’ordinamento nazionale dall’art. 11 del D.Lgs n. 79 del 1999 per superare il vecchio criterio di incentivazione tariffaria noto come CIP 6 (attualmente ancora in vigore per i vecchi impianti in esercizio e consistente in un incentivo diretto ai produttori di energie rinnovabili e assimilate)[13].
Il meccanismo dei certificati verdi consiste nell’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. La quota, inizialmente fissata nel 2%[14], è applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh, successivamente ridotta a 50 GWh. L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo della precedenza nel dispacciamento (vedi la scheda Nuovi meccanismi di incentivazione, pag.
ll meccanismo dei certificati verdi non rappresenta l’unica forma nazionale di sostegno al settore delle energie rinnovabili.
In attuazione del disposto dell’articolo 7 del D.Lgs. n. 387/03, il DM 28 luglio 2005 del Ministero delle attività produttive di concerto con il Ministero dell’ambiente (come integrato dal DM 6 febbraio 2006 e, successivamente, dal DM 19 febbraio 2007) ha definito i criteri di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare coerenti con le disposizioni della direttiva 2003/54/CE, introducendo una nuova modalità di incentivazione per la produzione di energia da impianti fotovoltaici con taglie comprese tra 1 kW e 1000 kW di potenza elettrica, il c.d. cosiddetto “conto energia” (in sostituzione del precedente sistema di incentivazione basato esclusivamente su contributi in conto capitale per la costruzione degli impianti – erogati, sotto varie forme, a livello regionale, nazionale o comunitario - e idoneo a finanziare il 50-75 % del costo di investimento)[15].
A differenza delle incentivazioni in conto capitale, questo meccanismo incentiva l’energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaici collegati alla rete elettrica, il cui surplus potrà essere venduto alla rete stessa a tariffe incentivanti. In sostanza, con l’attivazione del “conto energia”, a partire dal mese di settembre 2005 anche i privati, le famiglie e i condomini possono connettersi alla rete nazionale e vendere a tariffe incentivanti la propria energia elettrica prodotta da pannelli fotovoltaici. Ai DM del 28 luglio 2005 e del 6 febbraio 2006 è recentemente subentrato il DM 19 febbraio 2007, (pubblicato nella GU del 23 febbraio 2007) disciplinante il “Nuovo conto energia” (vedi la scheda Nuovo conto energia, pag.
§ la semplificazione delle procedure di accesso alle tariffe incentivanti con l’eliminazione delle graduatorie e con la possibilità di richiesta dell’incentivazione al GSE dopo l’entrata in esercizio degli impianti fotovoltaici;
§ l’abolizione del limite annuo di potenza incentivabile, sostituito da un limite massimo cumulato della potenza incentivabile;
§ tariffe differenziate in base al grado di integrazione architettonica;
§ maggiorazioni delle tariffe per particolari tipologie di soggetti responsabili (piccoli Comuni, autoproduttori, scuole e strutture sanitarie pubbliche, ecc).
§ l’introduzione di un premio per impianti fotovoltaici abbinati all’uso efficiente dell’energia.
Gli interventi legislativi volti a promuovere le fonti rinnovabili adottati nel corso della XV legislatura sono essenzialmente riconducibili alle leggi finanziarie per il 2007 e il 2008[16].
Per quanto concerne gli incentivi per le fonti rinnovabili di origine agricolasi rinvia al capitolo Le agroenergie nel dossier relativo alla Commissione Agricoltura.
La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007)ha previsto, in primo luogo, che gli incentivi pubblicia favore delle fonti rinnovabili siano destinati esclusivamente alla produzione di energia elettrica prodotta da fonti di energia rinnovabile così come definite dalla direttiva 2001//77/CE[17], escludendo dall’incentivazione le fonti “assimilate”.
In particolare, i commi da 1117 a 1120 dell’articolo 1, hanno escluso la possibilità di qualificare e rilasciare certificati verdi ai rifiuti e ai combustibili da rifiuti, prevedendo in particolare che i finanziamenti e gli incentivi statali a favore delle fonti rinnovabili siano concessi esclusivamente per la produzione di energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili, facendo tuttaviasalvi i finanziamenti e gli incentivi concessi, ai sensi della previgente normativa, ai soli impianti già autorizzati e di cui fosse stata avviata concretamente la realizzazione anteriormente all’entrata in vigore della presente legge, ivi comprese le convenzioni CIP6 destinate al sostegno alle fonti energetiche assimilate.
Le medesime disposizioni hanno escluso la possibilità di qualificare e rilasciare certificati verdi agli impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento, agli impianti alimentati a idrogeno ed a celle a combustibile (comma 1120, lettera g)).
La legge finanziaria per il 2008 è successivamente intervenuta (commi 136 e 137 dell’art. 2), con una norma correttiva, sulla contestata formulazione dell’articolo 1, comma 1117, della legge finanziaria dell’anno precedente, grazie alla quale erano fatti salvi gli incentivi agli impianti CIP6 alimentati da fonti assimilate. Proponendosi di impedire che i finanziamenti destinati a promuovere le fonti rinnovabili possano essere in gran parte utilizzati per impianti alimentati per converso da fonti non rinnovabili, la finanziaria 2008 ha provveduto a restringere il campo di applicazione delle deroghe di cui al citato comma 1117 ai “soli impianti già realizzati ed operativi”, allo scopo di dare piena attuazione alla direttiva sulle fonti rinnovabili (2001/77/CE) e di assicurare coerenza piena con il diritto comunitario. Risulterebbero dunque esclusi gli impianti solo autorizzati, in costruzione o in collaudo.
La ulteriori disposizioni della legge finanziaria 2007 volte ad incrementare la produzione di energia da fonti rinnovabili hanno riguardato:
§ il rilascio del permesso di costruire, vincolato all’installazione di pannelli fotovoltaici per gli edifici di nuova costruzione, in modo tale da garantire una produzione energetica non inferiore a 0,2 kilowatt per ciascuna unità abitativa (comma 350);
§ l’assoggettamento all’aliquota IVA agevolata delle prestazioni di fornitura di energia termica prodotta da fonti rinnovabili o da impianti di cogenerazione ad alto rendimento (comma 384);
§ la modifica di una serie di disposizioni relative all’immissione in consumo e alla tassazione dei biocarburanti[18] (commi da 367 a 379) e l’esenzione dall’accisa dell’olio vegetale a partire dal 2007 (comma 381);
§ la proroga al 31 dicembre 2007 delle agevolazioni fiscali relative alle imposte sulle reti di teleriscaldamento alimentato con biomassa ed energia geotermica (commi 394 e 395). Tale agevolazione è stata ulteriormente prorogata di un anno dalla legge finanziaria per il 2008 (art. 1, comma 240).
La legge finanziaria per il 2008, ponendosi nel solco degli interventi realizzati con la legge finanziaria per il 2007, ha ulteriormente rafforzato il quadro normativo volto alla promozione delle fonti energetiche rinnovabili.
Tra le disposizioni introdotte dalla legge finanziaria per il 2008 si segnalano, in particolare, quelle relative alla nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, relativamente agli impianti entranti in funzione dal 1° gennaio 2008 (art. 2, commi 143 ss).
Sono previsti due meccanismi alternativi di incentivazione: per gli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW si prevedono i certificati verdi, della durata di 15 anni, di valore variabile a seconda della fonte utilizzata; per gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW, in alternativa ai certificati verdi, si prevede una tariffa fissa onnicomprensiva, anch’essa variabile a seconda delle fonte utilizzata, sempre per un periodo di 15 anni. Inoltre, sono previste modifiche alla disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, al fine di facilitarne la diffusione (vedi la scheda Nuovi meccanismi di incentivazione, pag.
Ulteriori disposizioni in materia energetica contenute nella legge finanziaria per il 2008 (per la norma correttiva della legge finanziaria per il 2007 in materia di impianti CIP 6 si rinvia al paragrafo precedente) riguardano;
§ l’istituzione nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente di un fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica (art. 2, comma 322) attraverso il controllo e la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti e per la promozione della produzione di energia elettrica da solare termodinamico;
§ l’obbligo per il gestore di rete di connettere “prioritariamente e senza indugio” gli impianti alimentati da rinnovabili, anche predisponendo, ove possibile, i necessari interventi di adeguamento della rete (articolo 2, commi 164-166);
§ la regolamentazione delle funzioni dello Stato e delle Regioni in materia di fonti rinnovabili, prevedendo che il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, stabilisca con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della quota minima di incremento dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l’obiettivo fissato a livello comunitario del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, facendo salvo il potere sostitutivo statale nei confronti delle regioni (art. 2, co. 167-172);
§ il rientro ex lege nella tipologia degli “impianti fotovoltaici con integrazione architettonica” degli impianti i cui soggetti responsabili – aventi diritto a richiedere e ottenere le tariffe incentivanti – siano gli enti locali. Si prevede, inoltre, per i suddetti impianti, il rilascio dell’autorizzazione unica di costruzione ed esercizio a seguito di procedimento unico per il complesso degli impianti (art. 2, co. 173 e 174);
§ l’istituzione del “Fondo per la Piattaforma italiana per lo sviluppo dell’idrogeno e delle celle a combustibile”, con una dotazione di 10 milioni di euro per il 2008, al fine di garantire lo sviluppo e la continuità della ricerca sull’idrogeno, prevedendo inoltre che siano favorite le applicazioni trasportistiche dell’idrogeno prodotto con l’impiego di fonti rinnovabili (art. 2, co.176).
Nel corso della XV legislatura l’attività legislativa in campo energetico è stata orientata - oltre che alla prosecuzione dei processi di liberalizzazione dei mercati - verso lo sviluppo di una organica politica in materia di promozione del risparmio energetico e dell’efficienza energetica[19].
In primo luogo, con la legge finanziaria per il 2007 (legge n.296 del 2006) è stato introdotto un consistente “pacchetto energia”, le cui misure sono unitariamente riconducibili all’obiettivo di garantire la “sostenibilità” dell’energia. A tal fine gli interventi sono stati indirizzati su più fronti, quali la promozione dell’efficienza energetica e del risparmio energetico, la riduzione dell’inquinamento, la promozione delle fonti rinnovabili e delle bioenergie.
A tal fine sono stati previsti (commi da 224 a 241) incentivi per la rottamazione di autoveicoli[20], autocarri e motocicli, in particolare al fine di incentivare la rottamazione di veicoli classificati “euro 0” o “euro 1” e l’eventuale sostituzione con veicoli classificati “euro 4” o “euro 5”, ovvero con alimentazione a gas metano, GPL, elettrica o ad idrogeno. Sono state previste, poi, agevolazioni fiscali in materia di efficienza energetica dell’edilizia e contributi destinatiad assicurare la promozione di nuova edilizia a rilevante risparmio energetico (vedi il capitolo Rendimento energetico nell’edilizia, pag.
Per l’efficienza degli elettrodomestici è stata disposta (comma 353) l’erogazione di contributi, sotto forma di detrazioni di imposta, per la sostituzione di apparecchi domestici (frigoriferi, congelatori e loro combinazioni) con analoghi apparecchi di classe energetica non inferiore ad A+.
Sul fronte delle imprese, sono state riconosciute (commi 358-360) agevolazioni fiscali (sotto forma di detrazioni di imposta) per la sostituzione di apparecchi illuminanti con altri ad alta efficienza energetica, fluorescenti, ovvero ad alto rendimento ottico, nonché detrazioni di imposta per motori industriali ad alta efficienza[21].
Ulteriori disposizioni in materia di fiscalità energetica sono state introdotte dai commi 362-365 recanti la previsione di un apposito fondo, cui è stato destinato, nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'IVA sui prezzi dei carburanti (e dei combustibili di origine petrolifera) conseguente ad un aumento dei prezzi. Il Fondo è istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico con unadotazione iniziale per il triennio 2007-2009, di 50 milioni di euro annui. Le risorse sono dirette a finanziare i comuni per interventi di carattere sociale, ai fini della riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili a carico di clienti disagiati. Una somma pari a 11 milioni di euro è stata invece destinata, nel biennio 2008-2009, ad interventi di efficienza energetica, mentre la parte rimanente è destinata a finanziare interventi di carattere sociale, da parte dei comuni, per la riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili a favore di clienti economicamente disagiati, anziani e disabili e per coprire i costi delle strutture amministrative da creare almeno presso ciascun comune capoluogo di provincia.
Sempre nell’ottica della sostenibilità dell’energia, la legge finanziaria per il 2007 ha, infine, introdotto numerose norme in tema di bioenergie (vedi il capitolo Le agroenergienel dossier relativo alla Commissione Agricoltura).
In tema di razionalizzazione dell’uso delle risorse energetiche è intervenuto anche il decreto legge n. 262 del 2006[22] (collegato alla legge finanziaria per il 2007), che ha provveduto ad autorizzare gli enti pubblici all’avvio di procedure ad evidenza pubblica, nel rispetto della legislazione comunitaria e nazionale sulla concorrenza, per l’individuazione di società alle quali affidare servizi di verifica, monitoraggio ed interventi diretti finalizzati all’ottenimento di riduzioni dei costi di acquisto dell’energia, sia termica che elettrica. Il corrispettivo delle società assegnatarie del servizio deriva esclusivamente dalla vendita di eventuali titoli di efficienza energetica rilasciati in conseguenza dell’attività svolta.
La manovra finanziaria per il 2008, sulla scia di quella realizzata l’anno precedente, ha registrato numerosi interventi in materia di promozione delle fonti rinnovabili e di risparmio energetico. Diverse disposizioni che vanno in questa direzione sono contenute nel decreto legge n.159 del 2007 (collegato alla legge finanziaria per il 2008)[23]. Oltre alle disposizioni concernenti il rendimento energetico in edilizia (per le quali si rinvia al capitolo Rendimento energetico nell’edilizia, pag.
§ una nuova disciplina di incentivazione alla produzione di energia elettrica con l’utilizzo di fonti rinnovabili di origine agricola, zootecnica e forestale e l’introduzione di agevolazioni sulle accise per la produzione di biodiesel (art. 26, commi da 4-bis) a 4-sexies)) (Vedi il capitolo Le agroenergienel dossier relativo alla Commissione Agricoltura).
§ misure per il miglioramento dell’efficienza energetica e per la riduzione delle emissioni ambientali di autovetture da noleggio e ambulanze, mediante l’istituzione di due appositi fondi nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze (articolo 39-ter));
§ obbligo di condivisione di infrastrutture con il produttore di energia da fonti rinnovabili che ne faccia richiesta da parte del produttore di energia proprietario delle medesime, dietro corrispettivo e purché tecnicamente fattibile, nel caso in cui sia possibile effettuare la connessione alla rete elettrica mediante utilizzo delle suddette infrastrutture (articolo 46-quinquies)).
Per quanto concerne la legge finanziaria per il 2008 (legge 24 dicembre 2007, n. 244), da un lato vengono prorogate alcune delle misure introdotte nel 2007 (detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica in edilizia, per la sostituzione di frigoriferi, motori ed inverter); dall’altro viene rivisto in maniera sostanziale il meccanismo di incentivazione delle fonti rinnovabili (Vedi la scheda Nuovi meccanismi di incentivazione, pag.
§ si interviene nuovamente tramite agevolazioni fiscali in materia di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio (vedi il capitoloRendimento energetico nell’edilizia, pag.
§ si introduce una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, relativamente agli impianti entranti in funzione dal 1° gennaio 2008, prevedendo due meccanismi alternativi di incentivazione: per gli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW, si prevedono i certificati verdi, della durata di 15 anni, di valore variabile a seconda della fonte utilizzata; per gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW, in alternativa ai certificati verdi, si prevede una tariffa fissa onnicomprensiva, anch’essa variabile a seconda delle fonte utilizzata, sempre per un periodo di 15 anni. Sono apportate inoltre modifiche alla disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, al fine di facilitarne la diffusione (’art. 2 commi 143 ss);
§ viene istituito nello stato di previsione del Ministero dell’ambiente un fondo per la promozione delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica (art. 2, comma 322) attraverso il controllo e la riduzione delle emissioni inquinanti e climalteranti e per la promozione della produzione di energia elettrica da solare termodinamico;
§ nell’ambito della ripartizione a livello regionale e locale degli obiettivi di efficienza energetica, si fa esplicito riferimento alla promozione di accordi pubblico-privati, con particolare attenzione alle PMI, per lo sviluppo di imprese e attività connesse all’efficienza energetica ed alle fonti rinnovabili;
§ al fine di facilitare la diffusione delle fonti rinnovabili di energia viene disposto l’obbligo per il gestore di rete di connettere “prioritariamente e senza indugio” gli impianti alimentati da rinnovabili, anche predisponendo, ove possibile, i necessari interventi di adeguamento della rete (articolo 2, commi 164-166);
§ sono regolate le funzioni dello Stato e delle Regioni in materia di fonti rinnovabili, prevedendo che il Ministro dello sviluppo economico, d’intesa con la Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, stabilisca con proprio decreto la ripartizione fra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, della quota minima di incremento dell’energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili necessaria per raggiungere l’obiettivo fissato a livello comunitario del 25 per cento del consumo interno lordo entro il 2012, facendo salvo il potere sostitutivo statale nei confronti delle regioni inadempienti (art. 2, co. 167-172).
Tra le misure finalizzate al risparmio energetico adottate nel corso della XV legislatura occorre menzionare anche alcuni decreti legislativi attuativi di direttive comunitarie.
Si tratta, in particolare, dei decreti legislativi relativi al rendimento energetico nell’edilizia (vedi il capitolo Rendimento energetico nell’edilizia, pag.
Il D.Lgs. n. 20 del 2007, attuativo della direttiva 2004/8/CE (sulla promozione della cogenerazione), ha definito misure volte a promuovere e sviluppare la cogenerazione ad alto rendimento, vale a dire la produzione combinata in un unico processo di energia elettrica ed energia termica che, rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e calore comporta: un risparmio economico dovuto al minor consumo di combustibile; una riduzione dell’impatto ambientale; minori perdite di trasmissione e distribuzione per il sistema elettrico, derivanti dalla localizzazione degli impianti in prossimità dei bacini di utenza; la sostituzione di modalità produttive di calore poco efficaci e maggiormente inquinanti. Il provvedimento, oltre a confermare il regime di sostegno già previsto, consente l’accesso ai “titoli di efficienza energetica (certificati bianchi)[24], anche per la cogenerazione abbinata al teleriscaldamento, disponendo, inoltre, una revisione dei criteri di assegnazione di detti titoli (per approfondimenti si rinvia alla scheda Cogenerazione, pag.
Il D.Lgs n.201 del 2007, n. 201 ha recepito la direttiva 2005/32/CE, relativa all'istituzione di un quadro normativo per la progettazione ecocompatibile dei prodotti che consumano energia, con la quale si punta a migliorare il rendimento ambientale dei prodotti nel loro ciclo di vita (produzione, distribuzione, uso e smaltimento) attraverso l'integrazione sistematica degli aspetti ambientali nella fase iniziale del ciclo di vita (relativa alla progettazione). La normativa si applica a tutti i prodotti che consumano energia, con l'esclusione dei mezzi di trasporto di passeggeri o merci. La direttiva non introduce direttamente requisiti vincolanti di progettazione, ma definisce le condizioni e i criteri per la loro determinazione rinviando (art.19) alle misure di esecuzione adottate dalla Commissione europea.
Si segnala, infine, che è stato recentemente sottoposto al parere parlamentare (Atto 229)[25] lo schema di decreto legislativo di recepimento della direttiva 2006/32/CE concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE. Il provvedimento (che al momento non risulta essere ancora stato pubblicato in Gazzetta) è stato adottato in attuazione della delega contenuta nella 6 febbraio 2007, n. 13 (legge comunitaria 2006) e definisce un serie di misure volte a migliorare l’efficienza degli usi finali dell’energia sotto il profilo costi/benefici.
Disposizioni volte all’efficienza energetica sono contenute anche nel decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73 (Misure urgenti per l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell’energia[26]).
Per sensibilizzare i consumatori sull’importanza dell’utilizzo di energia a basso impatto ambientale, nel decreto legge si prevede che le imprese di vendita di energia elettrica forniscano, nelle fatture e nel materiale promozionale inviato ai propri clienti finali, le informazioni sulla composizione del mix energetico utilizzato per la produzione dell'energia elettrica fornita (nel periodo di due anni precedenti) e indichino le fonti informative disponibili sull'impatto ambientale della produzione, utili al fine di risparmiare energia, secondo modalità definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico (vedi la scheda Decreto legge n. 73/2007, pag.
Da ultimo si segnala il “Progetto di innovazione industriale per l'efficienza energetica”, avente come obiettivo il rilancio della competitività del sistema industriale attraverso il miglioramento dell'efficienza energetica del Paese, adottato con decreto del Ministro dello sviluppo economico 8 febbraio 2008[27] (sui progetti di innovazione industriale vedi la scheda Fondo per la competitività e lo sviluppo, pag.
Si tratta del primo dei Progetti di Innovazione Industriale (PII), finanziati dal Fondo per la competitività e lo sviluppo, istituito dalla legge finanziaria per il 2007 (art. 1, commi 841ss), che costituiscono il principale e il più innovativo strumento di intervento previsto dalla stessa legge, al fine di favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree strategiche per lo sviluppo del Paese: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, nuove tecnologie per il Made in Italy, tecnologie innovative per i beni culturali e turistiche.
Tale Piano si muove nell’ottica che l’efficienza energetica si raggiunge favorendo la nascita e il radicamento di una ecoindustria, attraverso il finanziamento di iniziative volte a realizzare investimenti industriali:
- nel settore delle energie rinnovabili (per esempio, collettori solari per produrre acqua calda nelle case, piccole centrali elettriche a cogenerazione alimentate a biomasse, solare fotovoltaico, eolico per la produzione di aerogeneratori, tecnologie di produzione stoccaggio e utilizzo dell’idrogeno, solare ad alta temperatura, biocarburanti);
- finalizzati alla riqualificazione dei comparti industriali esistenti verso nuovi prodotti a basso impatto ambientale e capaci di far risparmiare energia (per esempio, mattoni ad alto isolamento termico, frigoriferi A+, vetri che riducono le emissioni termiche);
- innovativi dei processi produttivi in modo da ridurre l’intensità energetica delle lavorazioni (esempi: motori con inverter, tecniche di riutilizzo del calore di scarto all’interno dei processi produttivi).
Il tema del rendimento energetico dell’edilizia è stato oggetto, nel più ampio quadro delle politiche finalizzate al risparmio energetico, di numerosi e significativi interventi, anche di natura fiscale.
La legge finanziaria per il 2007 (legge n. 296 del 2006), nell’ambito del “pacchetto energia”, mirato alla promozione della “sostenibilità” dell’energia (Vedi il capitolo Risparmio ed efficienza energetica, pag.
Il comma 344 ha previsto una detrazione dall’imposta lorda per una quota pari al 55 per cento degli importi rimasti a carico del contribuente, fino ad un valore massimo di 100.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per interventi di riqualificazione energetica volti a garantire il conseguimento di specifici obiettivi di risparmio energetico. Si prevede infatti che gli interventi debbano conseguire un valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per la climatizzazione invernale (vale a dire il valore di consumo di energia per riscaldamento invernale) inferiore di almeno il 20 per cento rispetto ai valori massimi consentiti dalla normativa vigente (di cui all’allegato C, numero 1), tabella 1, annesso al decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192[28]).
I commi 345 e 346 hanno stabilito una detrazione d’imposta, per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 60.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per:
· le spese per l’installazione, su edifici esistenti, parti di edifici o unità immobiliari, di strutture opache verticali (pareti), strutture opache orizzontali (pavimenti e coperture), finestre comprensive di infissi, a condizione che tali strutture siano rispondenti a requisiti di trasmittanza termica U espressa in W/mqK (e quindi idonee a conseguire determinati livelli di risparmio energetico);
· le spese relative all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici e industriali, nonché per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, istituti scolastici e università.
Il comma 347 ha previsto una detrazione d’imposta per una quota pari al 55 per cento delle spese sostenute e fino ad un valore massimo di 30.000 euro, da ripartire in tre quote annuali di eguale importo, per le spese sostenute per interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione.
All’attuazione di tali disposizioni ha provveduto il DM 19 febbraio 2007, successivamente modificato dal DM 26 ottobre 2007 e più recentemente dal DM 7 aprile 2008.
I commi 351-352 hanno previsto il diritto ad un contributo per la realizzazione di nuovi edifici o nuovi complessi di edifici che rispettino particolari parametri di efficienza energetica.
In particolare, gli edifici devono avere volume complessivo superiore a 10.000 metri cubi; i lavori devono avere inizio entro il 31 dicembre 2007 e termine entro i tre anni successivi; il valore limite di fabbisogno di energia primaria annuo per metro quadrato di superficie utile dell'edificio deve essere inferiore di almeno il 50 per cento rispetto ai valori massimi consentiti dalla normativa vigente; il fabbisogno di energia per il condizionamento estivo e l'illuminazione deve rientrare nei valori limite definiti da un successivo decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico. Il contributo è pari al 55 per cento dei maggiori costi sostenuti per conseguire il predetto valore limite di fabbisogno di energia, incluse le maggiori spese di progettazione.
Il comma 352 ha disposto a tal fine la costituzione di un Fondo di 15 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.
Per quanto concerne la manovra di finanza pubblica per il 2008, trova sostanziale conferma l’indirizzo verso la promozione dell’efficienza energetica e delle fonti rinnovabili già delineato nell’anno precedente.
La legge finanziaria per il 2008 (L. 24 dicembre 2007, n. 244) interviene nuovamente (articolo 1, commi 20-24) sulle agevolazioni fiscali in materia di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio introdotte dalla legge finanziaria per il 2007 (commi 344-347), prorogando dal 31 dicembre 2007 al 31 dicembre 2010 il termine entro il quale devono essere sostenute e documentate le spese al fine della fruizione della detrazione fiscale del 55% per varie tipologie di interventi di riqualificazione energetica[29].
Inoltre viene prorogata l’agevolazione relativa alle reti di teleriscaldamento alimentate da biomassa ovvero conenergia geotermica.
Le disposizioni di cui al citato comma 347 della legge finanziaria 2007 (caldaie a condensazione), poi, sono state estese anche alle spese per la sostituzione intera o parziale di impianti di climatizzazione invernale non a condensazione e alle spese relative alla sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia.
Merita infine segnalare che il comma 288 dell'articolo 1 ha disposto che a decorrere dall’anno 2009 (in attesa dell’emanazione dei provvedimenti attuativi di cui all’articolo 4, comma 1, del D.Lgs.192/2005), il rilascio del permesso di costruire sia subordinato alla certificazione energetica dell’edificio.
Ulteriori disposizioni concernenti il rendimento energetico dell’edilizia sono contenute nel decreto legge n.159 del 2007 (collegato alla manovra di finanza pubblica per il2008[30]).
L’articolo 21, relativo al finanziamento di un programma di edilizia residenziale pubblica (vedi la scheda Programmi di edilizia residenziale nel dossier relativo alla Commissione Ambiente), dispone che, in ottemperanza alla normativa comunitaria e nazionale relativa al rendimento energetico in edilizia, tale programma venga attuato in modo da garantire il rispetto dei criteri di efficienza energetica, di riduzione delle emissioni inquinanti, di contenimento dei consumi energetici e di sviluppo delle fonti di energia rinnovabile.
Inoltre, l’articolo 26 prevede, per i nuovi interventi pubblici, l’obbligo di una certificazione attestante il contributo ai fini degli obblighi di riduzione delle emissioni di gas serra, nonché di una certificazione energetica che attesti la realizzazione degli interventi secondo standard di efficienza energetica conformi alle migliori tecniche disponibili e l’utilizzo di una quota obbligatoria di calore ed elettricità prodotti da fonti rinnovabili.
Il decreto legislativo n. 311 del 2006 ha introdotto modifiche ed integrazioni al D.Lgs. n. 192/2005, recante l’attuazione della direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell'edilizia[31], alla luce dell'esperienza acquisita nei primi mesi di applicazione delle nuove norme in materia di rendimento energetico nell'edilizia e al fine di rendere pienamente conforme la normativa interna alla citata direttiva comunitaria (vedi la scheda Decreto legislativo n. 311/2006, pag.
Le correzioni introdotte dal D.Lgs. 311 del 2006 hanno comportato l'estensione del campo di applicazione della disciplina oltre che alla progettazione e realizzazione di nuovi edifici e alla ristrutturazione di quelli esistenti, anche all'esercizio, al controllo, alla manutenzione e all’ispezione degli impianti termici, nonché l'introduzione (graduale) di un obbligo di certificazione energetica degli edifici esistenti nel caso di trasferimenti a titolo oneroso (articolo 3, comma 1, lettera c)).
La certificazione è estesa: a decorrere dal 1° luglio 2007, agli edifici di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento dell'intero immobile; a decorrere dal 1° luglio 2008, agli edifici di superficie utile fino a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento dell'intero immobile con l'esclusione delle singole unità immobiliari; a decorrere dal 1° luglio 2009 alle singole unità immobiliari.
Dal 1° gennaio 2007 la certificazione energetica dell'edificio o dell'unità immobiliare è divenuta necessaria per accedere agli incentivi e alle agevolazioni pubblici finalizzati al miglioramento delle prestazioni energetiche dell'unità immobiliare, dell'edificio o degli impianti (articolo 6, comma 1-ter). Sempre con decorrenza dal 1° luglio 2007, tutti i contratti, nuovi o rinnovati, relativi alla gestione degli impianti termici o di climatizzazione degli edifici pubblici, o nei quali figura comunque come committente un soggetto pubblico, debbono prevedere la predisposizione dell'attestato di certificazione energetica dell'edificio o dell'unità immobiliare interessati entro i primi sei mesi di vigenza contrattuale, con predisposizione ed esposizione al pubblico della targa energetica (articolo 6, comma 1-quater).
E' stata inoltre introdotta una semplificazione temporanea per accelerare l'attuazione della normativa che, in attesa dell'entrata in vigore delle linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici previste dall'articolo 6, comma 9, del D.LGS. 191/05, consente la sostituzione a tutti gli effetti dell'attestato di certificazione energetica degli edifici con l'attestato di qualificazione energetica (che si differenzia da quello di certificazione, tra l'altro, per la non necessaria terzietà del soggetto emittente).
Per quanto riguarda le regole tecniche contenute negli allegati al D.Lgs. 192/2005, sono stati resi più restrittivi i valori del fabbisogno di energia primaria limite per la climatizzazione invernale e i valori delle trasmittanze limite[32]. Il decreto ha infatti anticipato al 1° gennaio 2008 i livelli di isolamento termico inizialmente previsti per il 1° gennaio 2009. Inoltre è stato introdotto un livello di isolamento più alto dal 1° gennaio 2010.
Infine, sono state modificate anche le norme relative alle funzioni delle regioni e degli enti locali.
Ai sensi del comma 3-bis dell'articolo 9, entro il 31 dicembre 2008 le regioni e le province autonome, in accordo con gli enti locali, dovranno predisporre un programma di riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare, sviluppando tra l'altro la realizzazione di campagne di informazione e sensibilizzazione dei cittadini e la promozione, con istituti di credito, di strumenti di finanziamento agevolato destinati alla realizzazione degli interventi di miglioramento individuati con le diagnosi energetiche nell'attestato di certificazione energetica, o in occasione delle attività ispettive. Ai sensi del comma 5-bis dell'articolo 9, le Regioni devono considerare, fra gli strumenti di pianificazione ed urbanistici di competenza, le soluzioni necessarie all’uso razionale dell’energia e all’uso di fonti rinnovabili, con indicazioni anche in ordine all’orientamento e alla conformazione degli edifici da realizzare, per massimizzare lo sfruttamento della radiazione solare.
Le misure di liberalizzazione e semplificazione di maggior rilievo introdotte nel corso della XV legislatura sono riconducibili, essenzialmente, a tre provvedimenti normativi.
I primi due, ossia il decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006 eil decreto-legge n. 7 del 31 gennaio 2007 (c.d. primo e secondo decreto Bersani), sono intervenuti in vari settori produttivi, tra i quali quello bancario, assicurativo, della distribuzione commerciale, della panificazione, del trasporto pubblico locale, della telefonia, della distribuzione dei farmaci, del trasporto aereo e dei mutui immobiliari (si vedano in proposito i capitoli Interventi in materia di professioni, La disciplina del settore assicurativo, Tutela della concorrenzae Farmacie contenuti, rispettivamente, nei dossiers delle Commissioni Giustizia, Finanze, Trasporti e Affari sociali); inoltre, hanno introdotto norme volte al rafforzamento dei poteri dell’Autorità antitrust e delle altre Autorità di regolazione settoriali.
Un quadro complessivo delle misure adottate e del loro impatto economico è ricavabile dal “Rapporto sullo stato di attuazione ed effetti per il cittadino consumatore del primo e secondo pacchetto di liberalizzazioni”, pubblicato dal Ministero dello sviluppo economico il 7 settembre 2007.
Il terzo, il decreto-legge n. 73 del 18 giugno 2007, ha introdotto misure per l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell’energia (vedi il capitolo Mercato dell’energia elettrica, pag.
Le prime misure di liberalizzazione sono state introdotte dal DL n. 223/2006, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248. Si segnalano, in particolare:
§ le disposizioni relative alle libere professioni, che hanno introdotto una maggiore flessibilità nell’offerta dei servizi, con più libertà di scelta da parte dei consumatori, attraverso la soppressione di una serie di divieti e di vincoli. In primo luogo sono state soppresse le norme che prevedevano l’obbligatorietà di tariffe minime o fisse (le parcelle saranno negoziabili fra le parti e potranno essere legate al risultato della prestazione), nonché il divieto di pattuire compensi parametrati al raggiungimento degli obiettivi perseguiti (c.d. patto di quota lite). Inoltre, è stata introdotta la possibilità per i liberi professionisti di svolgere pubblicità informativa sulla propria attività e sui titoli e specializzazioni posseduti e di costituire società interdisciplinari formate da professionisti con diverse specializzazioni, alla sola condizione che l’attività libero-professionale rappresenti l’oggetto esclusivo della società;
§ il potenziamento del servizio pubblico di taxi per adeguarlo alla domanda di mercato, attraverso il rilascio di nuove licenze, anche temporanee, l’utilizzo di veicoli sostitutivi, la fissazione di tariffe predeterminate per percorsi stabiliti;
§ il rilascio dell’autentica per il passaggio di proprietà di beni mobili registrati da parte di qualsiasi comune o sportello telematico dell’automobilista, con conseguente abolizione dell'obbligo dell'atto notarile;
§ le disposizioni relative alle polizze RC-Auto, con la vendita in esclusiva delle polizze assicurative e l’introduzione della figura dell’agente plurimandatario. I risarcimenti, inoltre, verranno liquidati dalla propria compagnia, al fine di ridurre i tempi di attesa;
§ l’introduzione di strumenti di controllo sui prezzi del settore agroalimentare;
§ le disposizioni sulla trasparenza e le spese per i conti correnti bancari, che prevedonol’obbligo per la banca di comunicare al cliente per iscritto le variazioni al contratto del conto corrente, con possibilità per il correntista di recedere dal contratto senza costi ulteriori. Ogni banca che modifichi i propri tassi di interesse a seguito delle variazioni stabilite dalla Banca Centrale Europea è tenuta, inoltre, ad adeguare contestualmente sia i tassi debitori che quelli creditori;
§ la soppressione di commissioni consultive di vario tipo, con un ruolo amministrativo nelle procedure di accesso a determinate attività (es. agenti commerciali);
§ le disposizioni sul trasporto locale relative alla previsione di linee aggiuntive di trasporto pubblico per favorire il diritto dei cittadini alla mobilità;
§ l’integrazione dei poteri dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per consentire l’adozione di misure cautelari in casi di urgenza dovuta al rischio di danno grave e irreparabile per la concorrenza (c.d. periculum in mora) e di constatazione, dopo un sommario esame, dell'esistenza di un'infrazione (c.d. fumus boni juris).
Merita segnalare, infine, che le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regioni Veneto e Sicilia relativamente agli articoli 3 e 5 del DL, recanti misure di liberalizzazione in materia di commercio e vendita dei farmaci, sono state dichiarate non fondate dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 430 del 14 dicembre 2007 (vedi la scheda Sentenza Corte Cost. n. 430/2007, pag .
Il DL n. 7/2007, convertito con modificazioni dalla L. 2 aprile 2007, n. 40, è intervenuto in particolare in materia di:
§ servizi telefonici mobili, trasparenza delle tariffe e libertà di recesso dai contratti con operatori telefonici, televisivi e di servizi internet. In particolare, agli operatori del settore è vietato applicare contributi aggiuntivi, rispetto al costo effettivo del traffico telefonico, per la ricarica di carte prepagate, nonché stabilire limiti temporali per il loro utilizzo. Inoltre, l’offerta di tariffe da parte degli operatori di telefonia mobile deve evidenziare le voci che compongono il costo effettivo del traffico telefonico;
§ telefonia, TV ed internet. I contratti per adesione, stipulati con operatori di reti televisive, telefonia e comunicazione elettronica, devono prevedere per il contraente la facoltà di recesso o di trasferimento ad altro operatore, sempre inficata nel contratto, senza che ad essa siano posti vincoli temporali o previste spese non giustificate;
§ trasparenza dei prezzi del carburante praticati sulle tratte autostradali e sulle strade di primaria importanza. E’ prevista la promozione di programmi di installazione di ulteriori strumenti di diffusione delle informazioni da parte del Ministero dei trasporti;
§ trasparenza delle tariffe aeree. Si dispone il divieto di formulare offerte e messaggi pubblicitari recanti la sola indicazione del prezzo al netto di spese, tasse ed altri oneri, riferite a singole tratte di andata o ritorno;
§ data di scadenza o termine minimo di conservazione sui prodotti alimentari preconfezionati, da riportare in maniera chiaramente leggibile e indelebile;
§ misure per la concorrenza e la tutela del consumatore nei servizi assicurativi (agenti plurimandatari anche per il ramo danni, scomparsa del vincolo di durata decennale delle polizze ramo danni, divieto di peggiorare in maniera immotivata la classe Bonus-malus RC Auto, informazioni tempestive per i consumatori sulle tariffe presenti sul mercato);
§ semplificazione nel procedimento di cancellazione dell'ipoteca nei mutui immobiliari e estinzione anticipata, senza penale, dei mutui immobiliari per l’acquisto della prima casa;
§ portabilità del finanziamento bancario. Al debitore mutuatario della banca è data facoltà di surrogare un nuovo mutuante nei diritti del creditore originario, anche senza il consenso di questo. L’esercizio di tale facoltà non fa venire meno i benefici fiscali previsti per l’acquisto della prima casa;
§ comunicazione unica per la nascita dell'impresa in sostituzione degli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel Registro delle imprese, a fini previdenziali, assistenziali e fiscali. L’ufficio del registro delle imprese delle camere di commercio, al quale viene presentata la comunicazione, rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività (vedi la scheda Semplificazione per l’avvio d’impresa, pag.
§ liberalizzazione di alcune attività economiche attualmente sottoposte a diversi vincoli normativi. A tal fine, in particolare, per lo svolgimento di talune attività diventa sufficiente la sola dichiarazione di inizio attività (DIA). In particolare, per lo svolgimento dell’attività di acconciatore ed estetista si richiede la sola DIA e il possesso di requisiti di qualificazione professionale; scompaiono i criteri di distanza minima o i parametri numerici attualmente previsti e l’obbligo di chiusura settimanale. Per le imprese di pulizia si richiede la sola DIA e l’obbligo del possesso dei requisiti di onorabilità e capacità economico-finanziaria. Per le guide turistiche scompare l’obbligo di autorizzazione preventiva allo svolgimento dell’attività e si riconferma l’obbligo del possesso dei requisiti di qualificazione professionale (vedi la scheda Attività economiche liberalizzate, pag.
§ semplificazione e liberalizzazione in materia di gestione delle autoscuole condizionata alla sola dichiarazione di inizio attività, fatto salvo il possesso dei requisiti morali e professionali, della capacità finanziaria e degli standard tecnico-organizzativi richiesti dalla vigente normativa. Sono inoltre soppressi gli attuali limiti previsti dall’art. 123 del D.Lgs. n. 285/1992 (Codice della strada) per l’apertura di autoscuoleche interviene anche in tema di servizi automobilistici interregionali di competenza statale prevedendo la possibilità di ampliare l’apertura di nuovi servizi di linea.
Sempre in tema di concorrenza e apertura dei mercati occorre ricordare il disegno di legge governativo (AC 2272) recante Misure per il cittadino consumatore e per agevolare le attività produttive e commerciali, nonché interventi in settori di rilevanza nazionale, presentato dal Governo alla Camera in un testo di 43 articoli e trasmesso al Senato (dove l’esame si è interrotto a seguito della fine delle legislatura) in un testo comprendente 62 articoli, suddivisi in 5 capi (AS 1644).
§ Il Capo I dispone diversi provvedimenti di liberalizzazione dell'esercizio di talune imprese e professioni. L’art. 1 ha il fine di rimuovere gli ostacoli in attività commerciali complementari, inclusa la distribuzione dei carburanti. L'art. 2 interviene sulla vendita di medicinali in esercizi commerciali diversi dalle farmacie. L'art. 3 consente a determinate condizioni alle imprese alimentari di vendere i prodotti di propria produzione per il consumo immediato. L’art. 4 diminuisce le aliquote dell’accisa sui carburanti e sui combustibili a compensazione delle maggiori entrate IVA derivanti dalle variazioni del prezzo del petrolio. L'art. 5 prevede che anche per la panificazione la possibile deroga all'obbligo di chiusura domenicale e festiva. L’art. 6 disciplina alcune attività di intermediazione commerciale e di affari, sopprimendo le iscrizioni cui è attualmente subordinato il loro esercizio, prevedendo la mera dichiarazione di inizio attività. L'art. 7 modifica alcuni profili della disciplina in materia di titolarità e trasferimento di farmacie. L’art. 8 interviene in materia di contratti di locazione dei serbatoi di Gas Petrolio Liquefatto (GPL). L'art. 9 vieta nuovi affidamenti a soggetti privati dei servizi idrici e fissa la titolarità delle concessioni di derivazione delle acque pubbliche in capo ad enti pubblici. L’art. 10 è volto a monitorare l'effettiva liberalizzazione dei servizi di assistenza a terra negli aeroporti civili nazionali. L’art. 11 amplia il divieto di messaggi pubblicitari di voli aerei che indicano prezzi parziali e consente formule di last minute per la vendita dei biglietti aerei. L’art. 12 qualifica come pubblicità ingannevole le offerte di voli aerei che indicano prezzi parziali. L'art. 13 contiene disposizioni attinenti al trasporto ferroviario, riguardanti l'apertura alla concorrenza, i contratti di servizio pubblico e il trasporto combinato, mentre l’art. 14 interviene in materia di trasporto pubblico locale innovativo. L’art. 15 disciplina gli incentivi non fiscali in favore delle imprese del gas naturale, per favorire la crescita dimensionale. L’art. 16 interviene in tema di risarcimento diretto del danno causato dalla circolazioni di veicoli, coinvolgendo le imprese di autoriparazione abilitate.
§ Il Capo II, intitolato "Impresa più facile", contiene deleghe in materia, tra l'altro, di normative tecniche, certificazioni di qualità, accreditamento e vigilanza del mercato, con riferimento alla commercializzazione dei prodotti, nonché per il riassetto delle prescrizioni applicabili alle imprese. L'art. 19 è finalizzato al contrasto delle merci contraffatte. L'art. 20 introduce disposizioni fiscali a favore del commercio equo e solidale. L'art. 21 delega il Governo alla semplificazione delle procedure per il rilascio del certificato di prevenzione incendi (CPI). L'art. 22 elimina la denuncia di installazione o modifica per gli impianti termici civili. L’art. 23 delega il Governo a favorire alcuni interventi finanziari riguardanti gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari e l’ammissione dei titoli alla quotazione nei mercati regolamentati europei. L'art. 24 delega il Governo ad agevolare la creazione di reti o aggregazioni di imprese. L'art. 25 prevede alcuni adempimenti a carico delle società cooperative, in tema di iscrizione all'Albo delle medesime e di requisito della mutualità prevalente. L'art. 26 estende la nozione comunitaria di PMI nei settori dello spettacolo e dei servizi o beni culturali. L’art. 27 prefigura l’informatizzazione dell’albo pretorio. L’art. 28 elimina alcune certificazioni per imprese e semplifica alcune comunicazioni in tema di assunzioni obbligatorie e di ICI. L'art. 29 esonera le imprese fino a 15 addetti dall’osservanza di disposizioni in tema di protezione dei dati personali. L’art. 30 interviene in tema di poteri di rappresentanza dell’imprenditore e di operazioni telematiche delle imprese nei confronti della PA per consentire una semplificazione. L'art. 31 estende l'uso dell’indirizzo di posta elettronica certificata nell'ambito del registro delle imprese, degli ordini professionali, delle pubbliche amministrazioni al Centro nazionale per l'informatica, per semplificare le comunicazioni tra questi soggetti. L’art. 32 interviene sulla conservazione ottica sostitutiva di documenti originali unici da parte di imprese e di professionisti. L'art. 33 innova il regime di pubblicità delle società a responsabilità limitata. L’art. 34 delega il Governo a favorire lo sviluppo del lavoro autonomo e dell’attività delle microimprese, specie per i beni e servizi a carattere sociale, mentre l'art. 35 reca una delega al fine di diffondere la contabilità ambientale e la dichiarazione ambientale di prodotto.
§ Il Capo III, è intitolato "Cittadino e consumatore". L’art. 36 prevede la nullità delle cosiddette clausole di massimo scoperto. L’art. 37 limita e rende più trasparenti gli oneri che possono essere addebitati agli utenti ed estende la responsabilità per le obbligazioni pecuniarie derivanti dal servizio anche ai familiari dell’utente. L'art. 38 rende competente l'Autorità garante della concorrenza e del mercato sulla pubblicità ingannevole. Il Ministero dello sviluppo economico acquista invece la competenza su diversi tipi di contratti quali quelli negoziati fuori dei locali commerciali, quelli a distanza e quelli d'acquisto di un diritto di godimento ripartito di beni immobili. L’art. 39 esenta tra l'altro da talune imposte le operazioni relative ai finanziamenti a medio e lungo termine anche nei casi in cui sia prevista la facoltà del debitore di recedere dal rapporto in ogni momento. L’art. 40 interviene in tema di obbligo di comunicazione sui depositi c.d. “giacenti”. L’art. 41, in tema di fideiussioni, rende obbligatorio indicare una scadenza definita dell’impegno fideiussorio. L’art. 42 reca disposizioni dirette ad agevolare la diffusione del prestito vitalizio ipotecario e disciplina una procedura per la vendita dell’immobile ipotecato in caso di mancata restituzione del finanziamento. L’art. 43 delega il Governo al fine di favorire la modernizzazione degli strumenti di pagamento, al fine di ridurre i costi finanziari e amministrativi derivanti dalla gestione del denaro contante e dei titoli di credito cartacei. L’art. 44 interviene in tema di estinzione di mutui immobiliari e di contratti di durata stipulati dalle banche. L’art. 45 modifica tra l'altro la tabella delle tasse ipotecarie e reca norme volte a garantire la massima diffusione dei dati ipotecari e catastali. L’art. 46 semplifica gli adempimenti relativi all'indennità mensile di frequenza in favore di invalidi civili minori di età. L'art. 47 interviene in tema di servizi non richiesti nel settore della telefonia mobile, di fatturazione separata fra telefonia mobile e servizi a sovrapprezzo, e di blocco selettivo di chiamata; disciplina inoltre le fasce orarie e i limiti delle attività dei call center. L'art. 48 rafforza la vigilanza sui costi dei servizi di segreteria telefonica. L'art. 49 abroga la norma che consente all'utente del servizio telefonico di conoscere l'operatore del numero chiamato. L'art. 50 attiva una rete di consultazioni con gli operatori di telefonia mobile per la sollecita applicazione delle decisioni dell’Unione in materia di tariffe di roaming per l’uso dei telefoni mobili all’estero. L'art. 51 interviene in tema di parità di trattamento degli acquirenti i servizi di vendita all’ingrosso delle connessioni per dati. L’art. 52 si occupa dei criteri di separazione funzionale della gestione della rete rispetto alle altre attività nel campo della telefonia mobile per avere garantire condizioni di parità di accesso alla rete agli altri operatori. L’art. 53 prevede l'abrogazione di due disposizioni che impongono un limite massimo del 15 per cento agli sconti praticabili sul prezzo dei libri. L'art. 54 interviene in materia di detrazioni per le spese di riqualificazione energetica del patrimonio edilizio esistente. L’art. 55 provvede a correggere un errore materiale in tema di risparmio energetico negli edifici. L’art. 56 estende - in determinati casi - la normativa sulla validità dell’attestazione sullo stato di rischio assicurativo dei veicoli a motore. L’art. 57 delimita le fattispecie nelle quali, per la liquidazione del danno derivante da furto o incendio di autoveicoli, è necessaria la presentazione del certificato di chiusa inchiesta. L’art. 58 esclude in parte le Stazioni sperimentali per l’industria dalla riduzione delle spese di funzionamento.
§ Il Capo IV introduce la legge annuale per la promozione della concorrenza e la tutela dei consumatori, al fine - tra l'altro - di garantire i consumatori e favorire la competitività del sistema produttivo nazionale (art. 59).
§ Il Capo V, infine, reca le norme finali che affermano, tra l'altro, il principio della collaborazione tra lo Stato, le regioni e le autonomie locali ai fini della promozione della concorrenza e della tutela dei consumatori.
Oltre alle misure a tutela del “cittadino consumatore” introdotte con i decreti-legge di liberalizzazione n 223/06 e n.7/07 (c.d. primo e secondo decreto Bersani, per i quali si rinvia al capitolo Interventi di liberalizzazione, pag.
Si tratta, in particolare, dell’introduzione dell’istituto dell’azione collettiva risarcitoria a tutela degli interessi dei consumatori (class action), dell’istituzione del Garante per la sorveglianza dei prezzie di una serie di altre modifiche apportate al Codice del consumo.
Tra gli interventi a tutela dei consumatori introdotti dalla legge finanziaria per il 2008 particolare rilievo assume la disciplina dell’istituto dell’azione collettiva risarcitoria a tutela degli interessi dei consumatori (class action) (art. 2,commi 445-449).
A tal fine il comma 446 integra la disciplina della legittimazione ad agire giudizialmente a tutela degli interessi collettivi stabilita dagli artt. 139 e 140 del Codice del consumo (D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206), introducendo un articolo aggiuntivo (art. 140-bis), composto da 6 commi, che disciplina e scandisce le diverse fasi dell’azione collettiva, mirante ad ottenere dal giudice una pronuncia che, accertando la lesione degli interessi di una determinata categoria di persone, condanni il convenuto ad un risarcimento.
Il comma 446, in particolare, attribuisce la legittimazione ad agire solo alle associazioni dei consumatori e degli utenti iscritte nell’apposito elenco tenuto presso il Ministero dello sviluppo economico, nonché alle associazioni e comitati dei consumatori e degli utenti“adeguatamente rappresentativi degli interessi collettivi fatti valere”.
Per un approfondimento dell’argomento vedi la scheda Class action nel dossier relativo alla Commissione Giustizia.
Icommi 196-203 dell’articolo 2 affidano agli “uffici prezzi” delle camere di commercio il compito di verificare le dinamiche relative alle variazioni dei prezzi al consumo.
Tale attività di verifica può essere svolta sulla base di convenzioni non onerose, stipulate tra le camere di commercio, i comuni, gli altri enti interessati e la prefettura; le convenzioni provvederanno anche all’individuazione delle modalità di rilevazione e di messa a disposizione dei consumatori delle tariffe e dei prezzi rilevati, anche in forma comparata. Ai fini dello svolgimento delle suindicate attività le camere di commercio si avvalgono delle risorse umane, finanziarie e strumentali, disponibili a legislazione vigente.
Alla tenuta e all’elaborazione delle informazioni richieste agli “'uffici prezzi'” delle camere di commercio, all'Istat, ai competenti uffici del Ministero delle politiche agricole e anche alla Presidenza del Consiglio (dipartimento per la programmazione e il coordinamento della politica economica) per i servizi di pubblica utilità, sovrintende il Garante per la sorveglianza dei prezzi, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico.
Il Garante è incaricato, altresì, di provvedere alla circolazione delle informazioni, anche in forma comparata e telematica, avvalendosi del "Portale delle imprese”, gestito in rete dalle camere di commercio nell’ambito delle proprie risorse. Il Portale, che svolge attività unicamente di tipo informativo, assumerà il nome di “Portale delle imprese, dei consumatori e dei prezzi".
Per il suo operato il Garante, scelto tra i dirigenti di prima fascia del Ministero dello sviluppo economico e nominato con DPCM con un mandato triennale, svolto senza compenso e mantenendo le precedenti funzioni, si avvarrà delle strutture del Ministero stesso.
Il Garante riferisce al Ministro dello sviluppo economico le dinamiche e le eventuali anomalie dei prezzi rilevate. Da parte sua il Ministro provvede – qualora si renda necessario - a formulare eventuali segnalazioni all'Antitrust e proposte normative.
Si segnala che il Garante è stato nominato in data 15 gennaio 2008.
Nel corso della legislatura sono state apportate talune modifiche e integrazioni al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice del consumo (oltre a quelle relative all’introduzione della class action, di cui si è detto al paragrafo precedente).
Si ricorda che nel corso della XIV legislatura la normativa in materia di tutela dei consumatori è stata interamente riordinata e raccolta nel cd. Codice del consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206),emanato in attuazione della delega contenuta nell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229 (recante Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e semplificazione – Legge di semplificazione 2001).
Il Codice è intervenuto su di un tessuto normativo costituito da provvedimenti di recepimento di direttive comunitarie, da norme del Codice civile (artt. 1496-bis e seguenti, in tema di clausole abusive, e 1519-bis e seguenti, in tema di vendita di beni mobili di consumo) e da numerosi atti di diverso rango legislativo, formalmente non coordinati con la principale legge di riferimento, la legge 30 luglio 1998, n. 281 (recante "Disciplina dei diritti dei consumatori e degli utenti"), con la quale si era provveduto all’introduzione di una disciplina generale dei principi che presiedono alla tutela dei consumatori, definendo una carta dei diritti dei consumatori e degli utenti.
Il nuovo “Codice del consumo” reca una disciplina organica in materia di "tutela dei consumatori", coordinata con la normativa comunitaria e diretta alla semplificazione normativa sia sul piano quantitativo, attraverso l’unificazione redazionale di numerosi provvedimenti legislativi, che su quello qualitativo della unificazione del linguaggio e della coerenza giuridica e sistematica delle norme.
La finalità sottesa al riassetto sistematico delle disposizioni in materia di tutela dei consumatori deriva dalla necessità di rendere maggiormente fruibile, anche ai “non addetti ai lavori”, la complessa e variegata normativa sulla tutela del consumatore, onde consentirle di dispiegare una maggiore efficacia (sia nelle fasi di contenzioso e di tutela, sia ex ante, ossia in funzione deterrente di comportamenti commercialmente o legalmente scorretti a danno dei consumatori).
A distanza di due anni dalla sua approvazione, il Codice del consumo è stato oggetto di vari e sostanziali interventi modificativi ed integrativi (per effetto dei quali gli articoli del Codice sono passati dagli originari 146 agli attuali 171).
Dapprima sono state apportate modifiche al fine di dare attuazione agli obblighi comunitari di cui alla direttive 2005/29/CE, in materia di Pubblicità ingannevole e Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori (recepita all'interno del Codice, rispettivamente, con i decreti legislativi n. 145 e n. 146 del 2 agosto 2007).
Successivamente si è intervenuti per adeguare il Codice alle Disposizioni correttive ed integrative adottate con il decreto legislativo n. 221 del 23 ottobre 2007.
Il decreto legislativo 146/2007vieta le pratiche commerciali ingannevoli e aggressive. Si tratta di pratiche contenenti informazioni non rispondenti al vero o idonee a indurre in errore il consumatore medio (ingannevoli), nonché le pratiche che, mediante molestie o coercizione, inducono il consumatore ad assumere decisioni di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso (aggressive).
Il provvedimento, inoltre, attribuisce maggiori poteri all'Autorità garante della concorrenza e del mercato e detta norme volte a definire i Codici di condotta adottati da organizzazioni professionali e imprenditoriali.
Il decreto legislativo 23 ottobre 2007, n. 221ha convogliato nel Codice del consumo le disposizioni di attuazione della direttiva 2002/65/CE, in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori, recate dal decreto legislativo n.190/2005, di recepimento della direttiva 2002/65/CE (conseguentemente abrogato), nonché alcune modifiche derivanti dall'attuazione della direttiva n. 2005/29/CE avvenuta con il decreto legislativo n.146/2007. E' stata introdotta, in particolare, una nuova Sezione IV-bis del Capo I, Titolo III, Parte III, del Codice del consumo contenente una serie di disposizioni attinenti a vari profili della disciplina in materia di commercializzazione a distanza di servizi finanziari ai consumatori.
Per quanto concerne, infine, i provvedimenti di cui il Parlamento non ha completato l’esame a causa della fine della legislatura, si segnalano le proposte di legge AC 664 e AC 848, recanti disposizioni in materia di riconoscibilità e tutela dei prodotti italiani, di cui la X Commissione aveva avviato (senza peraltro concluderlo) l’esame in sede referente.
Le proposte prevedevano l’istituzione del marchio “100 per cento Italia”, di proprietà dello Stato italiano, concesso ai produttori per i prodotti la cui ideazione, progettazione, disegno, lavorazione e confezionamento siano compiuti interamente sul territorio italiano, utilizzando materie prime anche di importazione, nonché semilavorati grezzi, realizzati interamente in Italia. Le proposte prevedevano, altresì, l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico dell'albo delle imprese abilitate ad utilizzare il marchio per i propri prodotti, nonché sanzioni in caso di abusi.
Con l’avvio della XV legislatura il decreto-legge18 maggio 2006, n. 181[33] ha disposto il riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, introducendo innovazioni di rilievo nell’ambito delle amministrazioni statali al cui riassetto generale aveva provveduto, nella legislatura precedente, il decreto legislativo n.300 del 1999 in attuazione delle c.d. leggi Bassanini (vedi il capitolo Assetto dei ministeri, nel dossier relativo alla Commissione affari costituzionali).
L’intervento ha riguardato l’articolazione, il numero (innalzato da 14 a 18) e il riparto di competenze tra i Ministeri (e tra questi e la Presidenza del Consiglio dei ministri).
Nell’ambito del riordino disposto dal decreto legge 181 del 2006 gran parte delle competenze del Ministero delle attività produttive, istituito dal suindicato D.Lgs. 300/99, sono state assorbite dal Ministero dello sviluppo economico.
Il nuovo Ministero ha acquisito, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni in materia di politiche di sviluppo e di coesione attribuite dal decreto legislativo 300/99 al Ministero dell’economia e delle finanze e finora svolte dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione[34], nonché la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate.
Al nuovo Ministero sono state invece sottratte le seguenti competenze (già attribuite al Ministero delle attività produttive):
§ competenza in materia di commercio internazionale, trasferite al Ministero del commercio internazionale (Vedi la scheda Ministero del commercio internazionale, pag.
§ competenze in materia di imprenditoria femminile, trasferite alla Presidenza del Consiglio;
§ competenze in materia di turismo, trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri (vedi il capitolo Politiche per il turismo, pag.
§ competenze sui generi alimentari trasformati industrialmente.
Alla riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico si è provveduto con il DPR 14 novembre 2007, n. 225 (vedi la scheda Ministero dello sviluppo economico, pag.
Il DPR n.225 del 2007 è intervenuto in linea con quanto disposto dal decreto-legge n.181/2006, che ne ha previsto l’articolazione in dipartimenti. Lo stesso decreto legge ha anche previsto l’emanazione di appositi regolamenti volti a definire gli assetti organizzativi e il numero massimo delle strutture di primo livello dei ministeri interessati dal riordino, in modo da assicurare che al termine del processo di riorganizzazione non sia superato, dalle nuove strutture, il limite di spesa previsto per i Ministeri di origine.
Nella riorganizzazione si è, inoltre, tenuto conto di quanto stabilito dalla legge finanziaria 2007 (L. 296/06), che ha previsto un vasto programma di riorganizzazione dei ministeri, finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione, entro il 30 aprile 2007.
Il Ministero dello sviluppo economico risulta articolato in tre dipartimenti :
§ Dipartimento per la competitività;
§ Dipartimento per la regolazione del mercato;
§ Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.
Quale organo di coordinamento tra i tre Dipartimenti è stata istituita la Conferenza permanente dei Capi dei Dipartimenti.
Al Dipartimento per la competitività è attribuita la funzione di promozione e sviluppo della competitività del sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento alle azioni di sostegno ed incentivazione delle attività imprenditoriali; alle politiche di approvvigionamento energetico e alla promozione delle piccole medie imprese e degli enti cooperative.
Al Dipartimento per la regolazione del mercato è attribuita la funzione di promozione e regolazione della concorrenza e del mercato, con particolare riferimento: al settore dei servizi; alla tutela dei consumatori; alle attività di normazione tecnica, di vigilanza e controllo inerenti la sicurezza dei prodotti e degli impianti industriali; la tutela giuridica della proprietà intellettuale.
Al Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione è attribuita la funzione di programmazione, coordinamento, attuazione e verifica degli interventi per lo sviluppo e la coesione economica, sociale e territoriale, esercitando a tal fine le funzioni attribuite dalla legge in materia di politica regionale unitaria, nazionale e comunitaria. Il Dipartimento svolge inoltre l'attività di vigilanza di competenza del Ministero nei confronti della società "Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa", disciplinata dalla legge finanziaria 2007 (legge 296/2006, art. 1, commi 460-463), che costituisce l’erede di Sviluppo Italia Spa (vedi la scheda La riforma di Sviluppo Italia S.p.Anel dossier relativo alla Commissione Bilancio).
Ciascuno dei tre Dipartimenti è articolato in quattro direzioni generali, quali uffici di livello dirigenziale generale. Le direzioni generali ammontano in totale a dodici.
In particolare il Dipartimento per la competitività si articola nelle seguenti direzioni generali (d.g.):
§ d.g. per la politica industriale;
§ d.g. per il sostegno alle attività imprenditoriali;
§ d.g. per l'energia e le risorse minerarie;
§ d.g. per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi.
Fanno parte del Dipartimento per la regolazione del mercato le seguenti direzioni generali:
§ d.g. per la concorrenza e i consumatori;
§ d.g. per la vigilanza e la normativa tecnica;
§ d.g. per la proprietà industriale - ufficio italiano brevetti e marchi;
§ d.g. per i servizi interni.
La direzione generale per la concorrenza e i consumatori è competente tra l'altro per le politiche nel settore delle assicurazioni (art. 9, lett. r)) per le quali in precedenza il DPR 2001/175 prevedeva una direzione generale apposita.
Va segnalato che la direzione generale per i servizi interni, inserita nel Dipartimento per la regolazione del mercato, se da un lato cura gli affari generali del Dipartimento presso cui è collocata, dall'altro gestisce le risorse umane, finanziarie e strumentali di tutto il Ministero, seguendo a tal fine gli indirizzi della Conferenza dei capi Dipartimento, per la quale svolge anche funzioni di supporto e di segreteria.
Il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione è suddiviso nelle seguenti direzioni generali:
§ d.g. studi e statistiche;
§ d.g. per le politiche dei fondi strutturali comunitari;
§ d.g. per le politiche di sviluppo territoriale e le intese istituzionali di programma;
§ d.g. per la programmazione e gestione delle risorse nazionali di politica regionale.
Oltre alle suddette direzioni generali è previsto all'interno del Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione il Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici, che opera alle dirette dipendenze del Capo Dipartimento.
Al nuovo Ministero del commercio internazionale, istituito ai sensi dell’art. 1, comma 3, del DL 181/06 (vedi la scheda Ministero del commercio internazionale, pag.
§ promozione, realizzazione e attuazione a livello settoriale e territoriale delle politiche per la competitività internazionale;
§ promozione degli interessi del sistema produttivo del Paese presso le istituzioni internazionali e comunitarie di settore;
§ definizione delle strategie e degli interventi della politica commerciale e promozionale con l'estero;
§ definizione delle strategie per il miglioramento della competitività del Paese e promozione della trasparenza e dell'efficacia della concorrenza.
Al trasferimento delle funzioni si è provveduto con il DPCM del 12 gennaio 2007 (Ricognizione delle strutture e delle funzioni dei Ministeri dello sviluppo economico e del commercio internazionali)
Con tale provvedimento si è, altresì, proceduto alla provvisoria individuazione del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione, stabilito complessivamente in 63 unità. Con il decreto sono state individuate anche le strutture di livello dirigenziale generale e quelle di livello non generale oggetto di trasferimento al nuovo Ministero del commercio internazionale.
Con il DPR 17 settembre 2007, n. 175 è statosuccessivamente ridefinito l’assetto organizzativo degli uffici di direttacollaborazione del Ministro.
Dal punto di vista organizzativo, l’assetto del nuovo Ministero è stato delineato dal DPR 14 novembre 2007, n. 253[35]che ne ha previsto l’articolazione in quattro Direzioni generali:
a) Direzione generale per la politica commerciale, competente in materia di disciplina del commercio internazionale mediante individuazione e attuazione di regole nazionali e comunitarie, finalizzate al miglioramento della competitività del nostro sistema economico e dell’accesso di servizi, merci e investimenti italiani nei mercati esteri. Alla Direzione è affidata inoltre la gestione degli embarghi commerciali e finanziari e l’applicazione di sanzioni amministrative in materia di import-export;
b) Direzione generale per le politiche di internazionalizzazione, con il compito di definire l’indirizzo strategico delle politiche di internazionalizzazione, l’incentivazione finanziaria delle imprese, l’elaborazione in sede internazionale delle discipline di sostegno pubblico ai crediti all’esportazione e all’attività di studio;
c) Direzione generale per la promozione degli scambi, incaricata, tra le altre, di curare le funzioni di competenza del Ministero nella gestione degli incentivi, sviluppo e coordinamento delle attività promozionali e di internazionalizzazione del sistema economico nazionale, elaborazione delle linee direttrici ed approvazione del piano di attività dell'ICE, negoziazione degli accordi relativi alla costituzione degli sportelli unici per le imprese e gli operatori, rapporti con l'Unione delle camere di commercio e partecipazione nelle sedi internazionali per la definizione delle politiche di promozione, ivi comprese le esposizioni universali;
d) Direzione generale per gli affari generali e per le risorse umane con il compito di curare le attività di carattere gestionale riguardanti l’intero dicastero con particolare riferimento alla gestione unitaria del personale, al coordinamento delle attività di prevenzione e sicurezza, cura del bilancio e della contabilità, cura dei rapporti contrattuali e dei servizi amministrativo-contabili di carattere generale nonché gestione e controllo del funzionamento della rete informatica del Ministero e interconnessione con i sistemi informativi delle altre pubbliche amministrazioni.
Con l’iniziativa “Industria 2015”, varata il 22 settembre 2006 con un disegno di legge le cui previsioni sono state recepite dalla legge finanziaria per il 2007, il Governo ha stabilito le linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro, fondato su un concetto di industria esteso alle nuove filiere produttive che integrano manifattura, servizi avanzati e nuove tecnologie, nonché su un’analisi degli scenari economico-produttivi del Paese in una prospettiva di medio-lungo periodo.
Legge finanziaria 2007
Le linee fondamentali dell’iniziativa “Industria 2015” sono state anticipate dalla legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) in cui sono stati previsti programmi di innovazione industriale in raccordo con i grandi filoni di innovazione tecnologica definiti a livello comunitario.
Al riguardo merita in particolare ricordare l’istituzione di due Fondi :
§ Il Fondo per la competitività e lo sviluppo,istituito dall’art. 1, comma 841, presso il Ministero dello sviluppo economico, facendovi confluire le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero dello sviluppo economico (programmazione negoziata e legge n. 488/1992) e del Fondo unico per gli incentivi alle imprese, che sono stati contestualmente soppressi. A tale fondo è stata conferita la somma di 300 milioni di euro per il 2007 e di 360 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009. A carico della quota delle risorse del Fondo per la competitività e lo sviluppo, individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sono finanziati progetti di innovazione tecnologica industriale nell’ambito dell’efficienza energetica, della mobilità sostenibile, delle nuove tecnologie per la vita, del made in Italy e delle tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, nonché turistiche[36](comma 842).
§ Il Fondo per la finanza d’impresa (art. 1 commi 847-850), al quale sono state destinate le risorse del Fondo centrale di garanzia (art. 15 legge 266 del 1997), del Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, comma 106 della legge 350 del 2003), che vengono soppressi, nonché le risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge finanziaria 2001 (interventi FIT) e dell’art. 1, comma 222, della legge finanziaria 2005 (alienazione di fondi comuni di investimento). Al Fondo è conferita la somma di 50 milioni per il 2007, 100 milioni per il 2008 e 150 milioni per il 2009 (Vedi le schede Fondo per la competitività e lo sviluppo, pag.
I Progetti di innovazione industriale (PII) (previsti dal comma 842 della legge finanziaria per il 2007) sono progetti di intervento organico miranti a favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree strategiche per lo sviluppo del Paese: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, nuove tecnologie per il Made in Italy, tecnologie innovative per i beni culturali e turistici.
I Progetti di innovazione industriale si inseriscono nel quadro di politiche pubbliche volte al rafforzamento della competitività del sistema anche attraverso liberalizzazioni e misure di semplificazione amministrativa e di sostegno generalizzato all’apparato produttivo, da realizzarsi prevalentemente con incentivi automatici (quali il credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo).
Tra le novità dei Progetti di innovazione industriale si segnalano:
- la designazione di un responsabile (Project Manager) per ogni progetto industriale;
- la mobilitazione di una pluralità di attori per il raggiungimento degli obiettivi tecnologico-produttivi. Imprese (piccole, medie e grandi), enti di ricerca, università e soggetti finanziari sono chiamati a partecipare ai singoli Progetti sulla base di specifici inviti lanciati dal Responsabile di progetto. Le amministrazioni pubbliche nazionali e locali, in particolare le regioni, possono contribuire prevedendo strumenti di intervento che andranno ad affiancarsi a quello specificatamente previsto per i Progetti di innovazione industriale;
- la ridefinizionedegli strumenti di incentivazione per le imprese che partecipano ai Progetti di innovazione industriale. L’intervento pubblico per il sostegno finanziario dei Progetti di innovazione industriale mira a “confezionare” dei pacchetti di agevolazioni tagliati su misura rispetto alle finalità da perseguire e alle specificità delle iniziative da realizzare;
- la possibilità di attivare il partenariato pubblico-privato. Queste forme di cooperazione tra autorità pubbliche e operatori economici intendono rappresentare modalità efficienti per finanziare, realizzare o sfruttare un’infrastruttura materiale o immateriale o la fornitura di un servizio nell’ambito della realizzazione di azioni o parti di azioni previste nei Progetti di Innovazione Industriale.
Si segnala che ad oggi sono stati avviati i primi tre Progetti di innovazione industriale, riguardanti le seguenti aree strategiche: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile e Nuove Tecnologie per il Made in Italy. Due dei progetti sono stati approvati con i decreti del Ministero dello sviluppo economico dell’8 febbraio 2008 (efficienza energetica e mobilità sostenibile)[37] (Su Industria 2015 e i Progetti di innovazione industriale vedi la scheda Fondo per la competitività e lo sviluppo, pag.
La legge finanziaria per il 2007 ha disposto l’istituzione - mediante decreto del Ministro dello sviluppo economico - dei diritti su brevetti per invenzione industriale[38]e per i modelli di utilità e sulla registrazione di disegni e di modelli, nonché dei diritti di opposizione alla registrazione dei marchi di impresa. Per le università e le amministrazione pubbliche con finalità di ricerca, nonché per le amministrazioni della difesa e delle politiche agricole, alimentari e forestali, è previsto l’esonero dal pagamento dei diritti di deposito e di trascrizione dei brevetti e dei modelli di utilità.
I criteri in base ai quali sono dovuti i diritti per il mantenimento in vita dei brevetti e dei modelli di utilità e per la registrazione dei disegni e dei modelli di cui all’art. 227 del codice della proprietà industriale (D.Lgs. 30/05) sono di seguito elencati:
§ brevetto per invenzione industriale: a partire dalla quinta annualità;
§ brevetto per modello di utilità: a partire dal secondo quinquennio;
§ registrazione di disegni e modelli: a partire dal secondo quinquennio.
Le somme derivanti dal pagamento dei suddetti diritti sono versate all’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico. Lo scopo di tale riassegnazione (con la quale, secondo la relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge finanziaria per il 2007, si riconosce l’importanza delle tasse brevettuali quale strumento strategico di politica industriale[39]) è anche quello di potenziare le attività promozionali, di regolazione e tutela del sistema produttivo del Ministero, nonchè di consentire alle PMI la partecipazione al sistema della proprietà industriale.
Si ricorda che l'articolo 1 comma 352 della legge finanziaria 2006 (L. 266/05) aveva previsto la soppressione della tassa sui brevetti e l’esenzione dall’imposta di bollo per istanze, atti e provvedimenti relativi al riconoscimento in Italia di brevetti per invenzioni industriali, per modelli di utilità e per modelli e disegni ornamentali. Secondo la relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3613), la soppressione mirava ad incentivare la registrazione di brevetti, eliminando un onere che risultava influire negativamente sulla quantità delle registrazioni.
Nell’ambito della tutela della proprietà industriale e della lotta alla contraffazione si segnalano, inoltre, le disposizioni del comma 941 che, ai fini dell’integrazione del reato di importazione ed esportazione per la commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni di provenienza, include l’uso di marchi di aziende italiane su prodotti o merci non originari dall’Italia ai sensi della normativa europea. Una procedura semplificata per la distruzione, sotto controllo doganale, delle merci sospettate di violare diritti di proprietà intellettuale, è stata introdotta, invece, dal decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262 (recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 286 del 24 novembre 2006), che ha rimesso ad un decreto interministeriale la definizione dei termini e delle modalità d’attuazione della procedura (art. 1, commi 3 e 4).
Sempre in favore della competitività delle imprese la legge finanziaria 2007 ha introdotto agevolazioni fiscali attraverso la riduzione del cosiddetto “cuneo fiscale”, operata intervenendo sulla disciplina dell’imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), con la previsione di ulteriori deduzioni, con speciali disposizioni agevolative, nel caso di lavoratori impiegati nelle regioni del Mezzogiorno e nel caso di impiego di donne lavoratrici (commi 266-269). Un regime agevolativo, nella forma del credito d’imposta, è stato, inoltre, previsto per le imprese che effettuano investimenti nelle “aree svantaggiate” del Mezzogiorno (commi 271-279). (vedi la scheda Credito d’imposta per investimenti nel dossier relativo alla Commissione Bilancio).
Il campo di operatività del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca[40]è stato esteso alle leggi regionali di agevolazioni o agli interventi che siano stati conferiti alle regioni ai sensi del D.Lgs. 112/98 per gli investimenti produttivi e la ricerca.
A tal fine la Cassa depositi e prestiti spa è autorizzata ad incrementare la dotazione iniziale del Fondo fino ad un massimo di 2 miliardi di euro, che possono essere integrati a valere sul Fondo per la competitività e lo sviluppo, nonchè sulle risorse delle regioni e delle province autonome ai sensi del comma 858[41].
Importanti misure di semplificazione amministrativa per le imprese, riguardanti le procedure per l’avvio dell’attività imprenditoriale, sono state introdotte dal decreto-legge n. 7 del 2007 (c.d. secondo decreto Bersani). In particolare, il decreto-legge ha introdotto la comunicazione unica per la nascita dell'impresa in sostituzione degli adempimenti amministrativi in precedenza previsti a carico delle imprese per l’iscrizione nel Registro delle imprese, nonché a fini previdenziali, assistenziali e fiscali. L’ufficio del registro delle imprese delle camere di commercio, al quale viene presentata la comunicazione, rilascia una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività (vedi la scheda Semplificazione per l’avvio d’impresa, pag.
Sempre nell’ambito degli interventi di semplificazione burocratica si segnala, infine, la soppressione di alcune commissioni consultive il cui intervento era previsto nell’ambito di vari procedimenti amministrativi (decreto-legge 223 del 2006, articolo 11).
Si tratta in particolare delle commissioni consultive comunali e provinciali per l’autorizzazione all’insediamento e all’attività dei pubblici esercizi; della commissione centrale per l’esame dei ricorsi degli agenti di affari in mediazione del commercio; delle commissioni provinciali presso le Camere di commercio per le iscrizioni nei ruoli di mediatore e di agente di commercio e della Commissione centrale per l’esame dei ricorsi contro le decisioni delle Commissioni provinciali sull’iscrizione al ruolo degli agenti di commercio. La norma prevede inoltre - secondo il principio per cui chi giudica non può essere parte in causa - che gli iscritti al ruolo degli agenti d’affari in mediazione non possano far parte della commissione giudicatrice per l’iscrizione all’albo della medesima qualifica.
Leggi finanziarie 2007 e 2008
Gli interventi settoriali volti a promuovere lo sviluppo dell’apparato produttivo nazionale hanno trovato collocazione, in buona misura, nelle leggi finanziarie per il 2007 e il 2008. Di seguito si fornisce un quadro delle misure che hanno riguardato i settori economicamente più rilevanti, rinviando, per i profili di carattere generale non contemplati in questa sede, alle apposite sezioni del presente dossier.
La legge finanziaria per il 2007 (L. 296/06) ha previsto, in primo luogo, un rifinanziamento del Fondo per le azioni a sostegno del Made in Italy (istituito dalla legge finanziaria per il 2004) di 20 milioni di euro per il 2007 e di 26 milioni per gli anni 2008 e 2009 (comma 936). L’incremento del Fondo è destinato alla penetrazione commerciale dei mercati esteri mediante l’adozione di strumenti di marchio consortili di natura privatistica[42].
A valere sulle risorse suindicate, 1 milione di euro per ciascun anno del triennio 2007-2009 viene destinato al finanziamento di studi e ricerche diretti alla certificazione di qualità e salubrità dei prodotti tessili cardati, realizzati con materie prime secondarie, che valorizzino la tipicità delle lavorazioni e le caratteristiche ecologiche dei manufatti.
Inoltre, il comma 942 ha previsto la concessione a favore degli enti fieristici di un contributo, limitato al 2007, nella misura massima complessiva di 10 milioni di euro. Il contributo è destinato al potenziamento dell’attività di promozione e sviluppo del Made in Italy, anche attraverso l’acquisizione di beni strumentali ad elevato contenuto tecnologico e l’ammodernamento degli impianti esistenti. Al Ministro dello sviluppo economico spetta definire con proprio decreto le modalità, i criteri ed i limiti del contributo.
Sempre con riferimento al Made in Italy si segnala, infine, l’avvio del primi tre Progetti di innovazione industriale (PII), tra i quali figura quello relativo alle “Nuove Tecnologie per il Made in Italy”, il cui bando è stato approvato dal Ministro dello sviluppo economico l’8 aprile 2008 (Sui PII vedi la scheda Fondo per la competitività e lo sviluppo, pag.
La legge finanziaria per il 2007 ha disposto il rifinanziamento delle attività previste in favore delle imprese nazionali del settore aeronautico, autorizzando ai sensi del DL n. 35/2005 (c.d. decreto-legge competitività), i seguenti contributi quindicennali:
§ 40 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007-2009 da destinare alle imprese nazionali del settore, per le finalità di cui all’art. 3, co. 1, lett. a) della legge n. 808/85 (partecipazione a programmi industriali aeronautici e realizzazione di aeromobili in collaborazione internazionale);
§ 10 milioni di euro per il 2007 e 30 milioni per ciascuno degli anni 2008 e 2009, per le finalità di cui all’art. 1, comma 1, lett. a) della legge n. 140/99 (progetti e programmi ad elevato contenuto tecnologico);
§ 50 milioni di euro per il 2007, 40 milioni per l’anno 2008 e 30 milioni per il 2009, per le finalità indicate dall’art. 4, comma 3, della legge 266/97 (partecipazione al programma EFA[43] mediante contributi quindicennali) (commi 883-885).
La legge finanziaria per il 2008 (L. 244/07) ha previsto rifinanziamenti a favore della partecipazione di imprese nazionali a programmi di elevato contenuto tecnologico del settore aeronautico, navale e terrestre (art. 2, commi 179 - 181, autorizzando ai sensi del DL n. 35/2005 (c.d. decreto-legge competitività) i seguenti contributi quindicennali:
§ 20 milioni di euro per il 2008 e 25 per ciascuno degli anni 2009 e 2010 da destinare alla partecipazione a programmi industriali aeronautici e realizzazione di aeromobili in collaborazione internazionale e ad interventi relativi ai programmi per la Difesa (comma 179);
§ 20 milioni di euro per il 2008 e 25 milioni per ciascuno degli anni 2009 e 2010 per la prosecuzione del Programma per la costruzione delle fregate FREMM (fregata europea multimissione)[44], di cui all’art. 1, co. 95, della legge 266/05 (comma 181)[45].
E’ stata inoltre autorizzata una spesa di 318 milioni per l’anno 2008, di 468 milioni per il 2009, di 918 milioni per il 2010 e di 1100 milioni per ciascuno degli anni 2011 e 2012, per la partecipazione al programma per la costruzione del velivolo da difesa European Fighter Aircraft (EFA) di cui all’art. 4, comma 3, della legge 266/97 (comma 180).
La legge finanziaria per il 2007, attraverso la novella della legge n. 266/05 (finanziaria per il 2006), ha introdotto disposizioni relative al cofinanziamento statale di progetti regionali in materia di distretti produttivi.
La legge finanziaria per il 2006 (commi 366-372) è intervenuta in materia in materia di distretti produttivi che, come è noto, rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano e che si configurando come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva. Ai fini dell’applicazione della nuova disciplina la legge ha disposto che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provveda a precisare le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, qualificati come libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, aventi le seguenti finalità, da perseguirsi "secondo principi di sussidiarietà orizzontale e verticale”:
§ accrescimento dello sviluppo delle aree e dei settori di riferimento;
§ miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione.
La disposizione prefigura dunque la definizione di due distinte tipologie di distretti: quelli territoriali e quelli funzionali.
I distretti territoriali, maggiormente ancorati all'esperienza maturata finora nel settore dei distretti produttivi, si caratterizzano per la comune appartenenza delle imprese che vi afferiscono ad un medesimo settore produttivo, oltre che ad uno stesso ambito territoriale. I distretti funzionali, scaturiscono da una libera aggregazione di imprese che cooperano in modo intersettoriale in una logica di mutual business; si prescinde così dalla sussistenza di legami con specifici territori, in funzione del perseguimento di sinergie fra imprese svolgenti attività complementari o comunque connesse, ai fini dell'accesso ad opportunità presenti sul mercato che presuppongono una integrazione dell'offerta produttiva ovvero ai fini dell'ammissione a determinati regimi particolari all'uopo previsti dalla legge. L'adesione ai distretti da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche, agricole e della pesca è libera.
La novella alla legge finanziaria per il 2006 è volta, in attesa dell’adozione del decreto di individuazione dei distretti produttivi, a prevedere la possibilità di riconoscere un contributo statale a progetti regionali riguardanti tali distretti, per un ammontare massimo del 50% delle risorse pubbliche complessivamente impiegate in ciascun progetto.
I progetti regionali ammessi al beneficio, i relativi oneri (fermo restando il limite massimo di spesa di 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006) ed eventuali ulteriori progetti di carattere nazionale sono stati individuati con decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2007.
La legge finanziaria per il 2007 (comma 853) reca un’autorizzazione di spesa per la costituzione presso il Ministero dello sviluppo economico di un’apposita struttura di cooperazione con il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, destinata ad attività ricognitive e di monitoraggio per il coordinamento delle politiche volte a contrastare il declino dell’apparato produttivo, anche attraverso la salvaguardia e il consolidamento dei livelli occupazionali delle grandi imprese in crisi (di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) del D.Lgs. 270/1999). Tale struttura di cooperazione opera in collaborazione con le regioni nel cui ambito si verificano le situazioni di crisi d’impresa oggetto d’intervento. A copertura dell’onere previsto, ammontante a 300 mila euro a decorrere dal 2007, si provvede mediante riduzione dell’autorizzazione di spesa prevista dall’articolo 3 della legge 140/99[46].
La medesima legge finanziaria per il 2007, intervenendo in merito al Fondo per il finanziamento degli interventi consentiti dagli Orientamenti UE sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà (di cui all’art. 11, comma 3, del DL 35/05[47]), stabilisce che tali interventi siano disposti in base ai criteri e alle modalità stabiliti dal CIPE, con propria delibera[48], su proposta del Ministro dello sviluppo economico (comma 853), con la quale si provvederà, in particolare, a determinare:
§ la tipologia dell’aiuto concedibile;
§ le priorità di natura produttiva;
§ i requisiti economici e finanziari richiesti alle imprese ai fini della loro ammissione ai benefici.
Si dispone, infine, un rifinanziamento del Fondo di 15 milioni di euro per l'anno 2007 e di 35 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009.
Tra le misure in favore delle piccole e medie imprese previste dalla legge finanziaria per il 2008 (legge n.244/2007) si segnala, in primo luogo, l’introduzione (commi 228-232, art. 1) di un credito d’imposta per l’adozione di misure di prevenzione del rischio di atti illeciti, compresa l’installazione di apparecchi di video sorveglianza, a favore delle piccole e medie imprese commerciali di vendita, al dettaglio e all’ingrosso, e di somministrazione di alimenti e bevande. In particolare:
- il credito di imposta è concesso per il triennio 2008-2010 ed è pari all’80% del costo sostenuto per l’adozione delle suddette misure di prevenzione, con un tetto di 3.000 euro per ciascun beneficiario (co. 228);
- il beneficio non è cumulabile con altre agevolazioni e deve essere indicato, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi. Può essere fatto valere in compensazione ai fini fiscali e contributivi e non concorre alla formazione del reddito, né al valore della produzione netta ai fini IRAP, né dà diritto alla deduzione dei componenti negativi di reddito (co. 229);
- la fruizione del credito di imposta spetta nel limite complessivo di 10 milioni di euro per ciascun anno, secondo l’ordine cronologico di invio delle relative istanze (co. 230),
- le modalità di attuazione della disciplina sono definite con decreto del Ministro dell’economia e finanze, da emanarsi entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge finanziaria (co. 231)[49];
- l’agevolazione può essere fruita nei limiti della normativa sugli aiuti di Stato d’importanza minore (c.d. de minimis) (co. 232).
Si segnalano, inoltre, l’estensione degli interventi del Fondo per la finanza d'impresa (istituito dalla legge finanziaria per il 2007) alla creazione di nuove imprese femminili ed al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili (comma 182, art.2) (vedi la scheda Fondo per la finanza d’impresa, pag.
Lo sviluppo del tasso di internazionalizzazione del sistema produttivo e del volume delle esportazioni costituisce una priorità strategica in un Paese, quale il nostro, dove una forte propensione all’export si combina con una struttura produttiva di piccole e medie imprese spesso non sufficientemente attrezzate nell’approccio al mercato globale, e che ormai da diversi anni soffrono, soprattutto nei settori tradizionali del Made in Italy, dell’aumentata pressione concorrenziale delle nuove economie emergenti.
Nel DPEF 2008-2011 il Governo sottolineava la necessità di unincremento delle risorse finanziarie, organizzative e umane da destinare alla promozione commerciale, onde fronteggiare in maniera adeguata i rapidi mutamenti degli scenari mondiali, reagendo con adeguate iniziative alle azioni dei principali concorrenti del Made in Italy sui mercati internazionali. In tale ambito si auspicava, in particolare, l’avvio di un programma per la formazione di risorse umane idonee a fronteggiare le sfide derivanti dalla globalizzazione e dai mutamenti degli equilibri geo-economici internazionali.
Un primo importante provvedimento adottato in avvio di legislatura ha condotto alla ricostituzione del Ministero del commercio internazionale - disposta dal decreto legge 18 maggio 2006, n. 181 (articolo 1, comma 3)[50] - a cui sono state assegnate le competenze in materia di commercio internazionale già attribuite al Ministero delle attività produttive (sostituito dal nuovo Ministero dello sviluppo economico; vedi la scheda Ministero dello sviluppo economico, pag.
- alla promozione, realizzazione e attuazione a livello settoriale e territoriale delle politiche per la competitività internazionale;
- alla promozione degli interessi del sistema produttivo del Paese presso le istituzioni internazionali e comunitarie di settore;
- alla definizione delle strategie e degli interventi della politica commerciale e promozionale con l'estero;
- alla definizione delle strategie per il miglioramento della competitività del Paese e promozione della trasparenza e dell'efficacia della concorrenza (vedi la scheda Ministero del commercio internazionale, pag.
Tra le misure introdotte con la legge finanziaria per il 2007 (L. 27 dicembre 2006, n.296) si segnalano, in particolare:
- l’unificazione in un unico fondo di tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST spa[51], destinati ad operazioni di venture capital in paesi non aderenti alla UE, compreso il fondo autonomo previsto dall’articolo 5, comma 2, lettera c), della legge n. 84 del 2001 per l’acquisizione da parte della stessa Simest Spa di partecipazioni societarie fino al 40% del capitale o del fondo sociale delle società o imprese partecipate (comma 932);
- modifiche alla legge n. 100 del 1990, istitutiva della SIMEST spa, con riferimento alla destinazione degli utili conseguiti dalla stessa società. In particolare, le modifiche apportate consentono di destinare tali utili (anziché, come attualmente previsto, alle finalità della legge n. 100/90, sostanzialmente circoscritte alla partecipazione di quote di capitale da parte della Società) anche a più ampi interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo (comma 934);
- un’integrazione all’art.10 del D.L. n. 251/1981 (Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane), relativo alla concessione di contributi destinati a progetti di promozione e di internazionalizzazione, realizzati da consorzi misti di PMI per l’esportazione nei settori agroalimentare e turistico-alberghiero, introducendo un particolare criterio di “progettualità” tra quelli richiesti per l’accesso ai contributi ed estendendo l’ambito applicativo delle norme al settore ittico (comma 935);
- il rifinanziamento del Fondo per le azioni a sostegno del Made in Italy (istituito dalla legge legge n.350/03, finanziaria per il 2004) di ulteriori 20 milioni di euro per il 2007 e di 26 milioni per gli anni 2008 e 2009, finalizzato all’incremento della penetrazione commerciale dei mercati esteri mediante l’adozione di strumenti di marchio consortili di natura privatistica. A valere su tali risorse 1 milione di euro è destinato per ciascun anno del triennio 2007-2009 al finanziamento di studi e ricerche diretti alla certificazione di qualità e salubrità dei prodotti tessili cardati, realizzati con materie prime secondarie, che valorizzino la tipicità delle lavorazioni e le caratteristiche ecologiche dei prodotti (comma 936);
- l’introduzione di benefìci fiscali per gli investimenti in attività di promozione pubblicitaria delle imprese agroalimentari realizzati all’estero, consistenti nell’esclusione dalla base imponibile del reddito di impresa del 25 per cento del valore degli investimenti medesimi. Il beneficio fiscale si applica anche alle imprese in attività alla data di entrata in vigore della stessa legge finanziaria, ma con un'attività di impresa o di lavoro autonomo inferiore a tre anni (commi 1088-1092).
Per quanto concerne le misure introdotte con la legge finanziaria per il 2008 (legge n.244 del 2007) si segnala, in particolare;
§ una diversa allocazione delle risorse finanziarie che la legge 56 del 2005[52], destinava (articoli 1 e 3) al progetto “Sportelli Italia all’estero” (progetto che non avrebbe dato i risultati auspicati). In particolare, la norma stabilisce che le risorse in questione, disponibili al 31 dicembre 2007,siano versate – nel limite massimo rispettivamente di 12 e 2 milioni di euro - all'entrata del bilancio statale dell'anno 2008 e successivamente riassegnate allo stato di previsione del Ministero del commercio internazionale per essere destinate alle finalità previste dal comma 61, art. 4, della legge finanziaria 2004[53].Si tratta di somme che altrimenti sarebbero andate in economia in quanto non utilizzate e che la disposizione in esame destina al finanziamento, in compartecipazione paritaria con fondi privati (come si precisa nella relazione governativa), in particolare a due progetti di promozione all’estero di settori produttivi di eccellenza del Made in Italy e a un progetto promozionale, destinato alle piccole imprese, focalizzato sui mercati di prossimità (Balcani, Mediterraneo, Est Europa). Parte delle risorse sono, inoltre, destinate a rafforzare il sistema delle camere di commercio all’estero e alla proroga per ulteriori due anni dei contratti a tempo determinato stipulati - in attuazione dell’art. 2 della legge 56/05 - con i funzionari assunti al fine di supportare le funzioni attribuite agli sportelli unici all'estero, e in scadenza nel 2008[54].
Con riferimento alla legge n. 56/2005 si ricorda che all’articolo 1 ha previsto l’istituzione di sportelli unici all’estero (c.d. Sportelli Italia), quali strutture in grado di consentire una più efficace azione dei soggetti pubblici e privati operanti nel comparto e di garantire una maggior coerenza delle attività di promozione e di sostegno all’internazionalizzazione con gli obiettivi di politica internazionale del Governo. A tal fine la legge ha autorizzato una spesa complessiva di 6 milioni di euro per l'anno 2004 e 19,8 milioni di euro circa per l'anno 2005. La promozione di investimenti per la costituzione di sportelli unici all'estero è stata attribuita al Ministro delle attività produttive (oggi Ministro del commercio internazionale) e al Ministro degli affari esteri di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro per l'innovazione e le tecnologie. La costituzione degli sportelli unici doveva essere realizzata individuando prioritariamente i Paesi di maggiore interesse economico, commerciale e imprenditoriale per l'Italia. Agli sportelli la legge ha assegnato l’esercizio di funzioni di orientamento, assistenza e consulenza ad imprese ed operatori, italiani ed esteri, in riferimento anche all'attività di attrazione degli investimenti esteri in Italia, nonché di coordinamento di attività promozionali realizzate in loco da enti pubblici e privati, di assistenza legale alle imprese, di tutela dei diritti di proprietà industriale e intellettuale e di lotta alla contraffazione, in stretto collegamento con il comitato nazionale anticontraffazione istituito presso il Ministero delle attività produttive. La legge ha previsto la partecipazione all’attività degli sportelli degli uffici dell'ICE, dell'ENIT, di Sviluppo Italia e di enti e istituzioni nazionali. Possono altresì aderirvi istituti di credito, consorzi di garanzia fidi e rappresentanze dei sistemi fieristici. I responsabili degli sportelli unici all'estero sono inseriti nell'organico della rappresentanza diplomatica o dell'ufficio consolare in qualità di esperti.
§ il finanziamento per 50 milioni di euro alle attività di credito all'esportazione per l'anno 2008. La somma viene prelevata dal fondo istituito dall'art. 2 del DL 251/1981[55] presso il Mediocredito centrale, per essere versata all'entrata del bilancio dello Stato e riassegnata al fondo previsto dall'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295[56].
Il fondo previsto dall'articolo 3 della legge 28 maggio 1973, n. 295 finanzia gli interventi previsti dalle leggi 24 maggio 1977, n. 277, 24 aprile 1990, n. 100[57] e 9 gennaio 1991, n. 19[58], la cui gestione è stata attribuita alla SIMEST Spa ai sensi dell’art. 25 del D.Lgs. 143/1998. Si tratta di interventi di sostegno all'internazionalizzazione del sistema produttivo ed, in particolare, per crediti all'esportazione, in relazione a forniture all'estero di macchinari, studi, progettazioni e servizi di origine italiana (D.Lgs. 143/1998), e per investimenti all'estero, in relazione a crediti ottenuti da imprese italiane per il parziale finanziamento della loro quota di capitale di rischio in imprese partecipate dalla SIMEST spa, in paesi non appartenenti all'Unione Europea (legge 100/1990) e a crediti ottenuti dalle imprese del Triveneto per il finanziamento della loro quota di capitale di rischio in imprese partecipate dalla FINEST spa in paesi dell'Europa Centrale e Orientale (legge 19/1991). Il Fondo è amministrato da un Comitato agevolazioni composto da rappresentanti del Ministero del commercio internazionale, del Ministero dell'economia e delle finanze, del Ministero degli affari esteri, da un rappresentante designato dalle regioni e da uno designato dall'ABI.
§ L’aumento di 20 milioni per l'anno 2008 e di 130 milioni per l'anno 2009 del fondo di cui all'articolo 3 della legge 295/1973 per le attività connesse al pagamento dei contributi agli interessi previsti in favore dei seguenti soggetti[59], individuati dall'articolo 15, comma 1, del citato D.Lgs. 143/1998:
a) operatori nazionali che ottengano finanziamenti all'estero anche per il tramite di banche nazionali;
b) banche, nazionali o estere, che concedano finanziamenti agli operatori nazionali o alla controparte estera;
c) acquirenti esteri di beni e servizi nazionali, nonché i committenti esteri di studi, progettazioni e lavori da eseguirsi da imprese nazionali.
Tutti i principali interventi volti a sostenere la ricerca e l’innovazione industriale realizzati nel corso della legislatura hanno trovato collocazione nelle leggi finanziarie per il 2007 e il 2008.
Per quanto riguarda la ricerca industriale la legge finanziaria per il 2007 (legge n.296/2006) ha realizzato un significativo intervento di razionalizzazione dei tradizionali strumenti di sostegno del settore, costituiti dal Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR) (presso il Ministero dell’università e della ricerca)[60]; dal Fondo speciale rotativoper l'innovazione tecnologica (FIT), (presso il Ministero dello sviluppo economico)[61] e dal più recente Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca (FRI)[62], nuovo strumento istituito dalla legge finanziaria per il 2005 presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa e in parte destinato al sostegno di attività di ricerca e sviluppo delle imprese (almeno il 30% delle risorse).
Le disposizioni della legge finanziaria incidono sui suddetti strumenti nel modo seguente:
§ le risorse annuali del FAR confluiscono nel nuovo Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST),istituito nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca (comma 870, art. 1). Sul Fondo vedi il capitolo Fondo investimenti ricerca (FIRST, pag.
§ le risorse del “Fondo unico per gli interventi agevolativi alle imprese“ (comprese, quindi, quelle del FIT, che venivano assegnate annualmente con il DM di riparto del Fondo unico)[63] sono destinate (comma 841) al Fondo per la competitività e lo sviluppo, istituito presso il Ministero dello sviluppo economico, nel quale confluiscono anche le risorse del “Fondo per le aree sottoutilizzate” di competenza dello stesso Ministero (art. 60 della legge 289/02)[64].
Oltre alle risorse provenienti dei citati fondi, che sono contestualmente soppressi, al nuovo Fondo per la competitività e lo sviluppo sono assegnate ulteriori somme per il periodo 2007-2009 (1020 milioni di euro complessivi) e le risorse stanziate in tabella D della legge finanziaria per gli esercizi successivi al 2009; mentre, limitatamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate, concorrono ad alimentarlo anche le risorse che il CIPE assegna al Ministero dello sviluppo economiconell’ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate (art. 61 della legge 289/02[65]) (vedi la scheda Fondo per la competitività e lo sviluppo, pag.
§ il campo di operatività del Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e agli investimenti in ricerca (FRI) vieneesteso agli interventi previsti da leggi regionali di agevolazioni conferiti alle regioni ai sensi del D.Lgs. 112/98 per gli investimenti produttivi e la ricerca. A tal fine la Cassa depositi e prestiti spa è stata autorizzata ad incrementarne la dotazione iniziale fino ad un massimo di 2 miliardi di euro, che possono essere integrati a valere sul Fondo competitività e sulle risorse delle regioni e delle province autonome. Le risorse non utilizzate dalle regioni e dalle province autonome sono destinate all’integrazione del Fondo rotativo (commi 855-859).
§ è prevista la gestione coordinata degli incentivi alla ricerca applicata e alla innovazione tecnologica relativi ai Fondi di competenza dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'università e della ricerca e del Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché l’azione coordinata delle amministrazioni interessate (commi 886-887).
Ulteriori disposizioni a sostegno della ricerca e dell’innovazione delle imprese contenute nella legge finanziaria per il 2007 riguardano:
§ la concessione di un credito d’imposta del 10% (elevabile al 15% qualora i costi di ricerca e sviluppo siano riferiti a contratti stipulati con università ed enti pubblici di ricerca), per gli investimenti e i costi sostenuti dalle imprese per la ricerca e l’innovazione ancheper tre anni, a partire dal 2007 (commi 280-284)[66];
§ misure per la valorizzazione dei programmi di ricerca e di sviluppo svolti dalle imprese innovative di nuova costituzione (comma 860 e 861). A tal fine gli interventi del Fondo speciale rotativo per l'innovazione tecnologica (FIT) sono assimilati alle misure di sostegno previste a favore delle suddette imprese. In particolare si prevede che, nell’ambito dei progetti elaborati dai soggetti convenzionati con il Ministero dello sviluppo economico per l’attuazione degli interventi di promozione e assistenza tecnica, per l’avvio di imprese innovative operanti in comparti ad elevato impatto tecnologico, possono essere previsti anche programmi di ricerca e di sviluppo svolti dalle imprese innovative di nuova costituzione (comma 860). L’istruttoria di tali programmi può essere affidata agli stessi soggetti convenzionati con il Ministero, secondo modalità anche semplificate, per la cui determinazione si rinvia ad un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze (comma 861);
§ il finanziamento (tra gli altri) di progetti di innovazione tecnologica industriale (PII), miranti a favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione nell’ambito di cinque aree tecnologiche, considerate strategiche per il rilancio della competitività delle imprese italiane (efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, made in Italy e tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche (comma 842). I finanziamenti sono a carico del Fondo per la competitività e lo sviluppo istituito presso il Ministero dello sviluppo economico dalla stessa legge finanziaria 2007. Si segnala che sono partiti i primi tre Progetti di innovazione industriale (PII) Efficienza energetica, Mobilità sostenibile e Nuove Tecnologie per il Made in Italy. Il compito di valutare i progetti di innovazione industriale è affidato all’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione[67](Vedi la scheda Fondo per la competitività e lo sviluppo, pag.
§ gli interventi del Fondo per la finanza d’impresaistituito dalla legge finanziaria 2007 (art. 1, commi 847 e ss.), volti a facilitareoperazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia, nonché la partecipazione a operazioni di finanza strutturata. Con riferimento alle operazioni di partecipazione al capitale di rischio, gli interventi del Fondo sono prioritariamente destinati:
- al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico;
- al rafforzamento patrimoniale di PMI localizzate nelle aree degli obiettivi 1 e 2, di cui al regolamento CE n. 1260/1999;
- a programmi di sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese;
§ finanziamenti destinati alle opere di infrastrutturazione del polo di ricerca e di attività industriali ed alta tecnologia nel comune di Genova e autorizzazione di una spesa annua di 5 milioni per quindici anni, a decorrere dall’anno 2007, per l’insediamento di una sede universitaria permanente per gli studi di ingegneria nell’ambito del suddetto polo (comma 1333).
Per quanto concerne la legge finanziaria per il 2008 (legge n.244 del 2007) si segnalano le seguenti misure in materia di ricerca e innovazione:
§ disposizioni di carattere fiscalerecate dall’art. 1 ai commi 53-57 e 66.Il comma 53 introduce un limite annuale di 250.000 euro ai crediti d’imposta che possono essere portati in compensazione nel quadro RU delle dichiarazione dei redditi. La norma si applica a partire dal 1° gennaio 2008 e prevede solo due deroghe, una relativa ai crediti d’imposta per spese per investimenti in attività di ricerca e sviluppo (di cui al comma 280 della legge finanziaria per il 2007) ed una seconda, che opera a partire dal 1° gennaio 2010, relativa all’acquisizione di beni strumentali nuovi destinati a strutture produttive nelle aree sottoutilizzate del Mezzogiorno (prevista dal comma 271 della legge finanziaria per il 20079.I commi da 54 a 57 recano una deroga al limite annuale dei 250.000 euro per l’utilizzo dei crediti d’imposta introdotto dal precedente comma 53. La deroga si applica alle imprese con fatturato annuo non superiore a 5 milioni impegnate in processi di ricerca e sviluppo situate nelle aree del Mezzogiorno, che siano quotate in borsa e che beneficino delle agevolazioni per le operazioni di aggregazione aziendale. Ilcomma 66 novella il comma 280 della legge finanziaria per il 2007, disponendo l’incremento dal 15 al 40% della misura agevolativa, nella forma di un credito d’imposta, da calcolare sul costo sostenuto dalle imprese per investimenti in ricerca e innovazione; novella, altresì, il comma 281 della legge finanziaria per il 2007, innalzando il tetto massimo dei costi su cui applicare la misura agevolativa per il calcolo del credito d’imposta, da un importo di 15 milioni a 50 milioni;
§ finanziamenti del Fondo competitività, istituito dal comma 841 della legge finanziaria 2007, estesi ai progetti di innovazione tecnologica industriale che sono riferiti all’ambito delle tecnologie per le attività turistiche, oltre che culturali (articolo 2 tende i comma 184);
§ incremento annuo di 3,5 milioni di euro, a partire dal 2008, del contributo statale per le spese di gestione del Programma nazionale di ricerche aerospaziali (PRORA) (disposto dalcomma 312 dell’art.2);
§ a decorrere dall’anno 2008, una quota – non inferiore al 10 per cento – del Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST) viene destinata a progetti di ricerca di base presentati da ricercatori di età inferiore ai quaranta anni. Per accedere ai finanziamenti i progetti di ricerca devono essere previamente valutati da un apposito comitato, composto da ricercatori italiani o stranieri, di età inferiore ai quaranta anni, riconosciuti di livello eccellente in base a indici bibliometrici e operanti presso istituzioni ed enti di ricerca, almeno per la metà, non italiani (comma 313). Per l’istituzione e il funzionamento del comitato sono destinati 100.000 euro annui (comma 315);
§ l’autorizzazione di una spesa di 3 milioni di euro per il 2008 e il 2009 destinata al funzionamento del centro di ricerca CEINGE, biotecnologie avanzate, di Napoli, nonché al sostegno di attività infrastrutturali di trasferimento tecnologico e di ricerca e formazione (comma 436).
L’articolo 1, commi 870 – 874, della legge finanziaria per il 2007, ha istituito nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricercail Fondo per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica (FIRST).
Al FIRST confluiscono le risorse:
§ del Fondo per le agevolazioni alla ricerca (FAR).
Il FAR è stato istituito nello stato di previsione del MURST ai sensi dell’articolo 5 del D.Lg. 27 luglio 1999, n. 297 (che ha provveduto al riordino e alla razionalizzazione dell’intera attività del Ministero dell’università e della ricerca scientifica). Il FAR - che a partire dal 2000 ha sostituito il Fondo speciale rotativo per la ricerca applicata (FRA) di cui all'articolo 4 della legge 25 ottobre 1968, n. 1089 - è un fondo a carattere rotativo che opera con le modalità contabili di cui al soppresso FRA. La gestione del Fondo è articolata in una sezione relativa agli interventi nel territorio nazionale e in una sezione relativa ad interventi nelle aree depresse;
§ del Fondo per gli investimenti della ricerca di base (FIRB).
Il Fondo per gli investimenti della ricerca di base, di cui all'articolo 104 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, è stato istituito presso il Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, a decorrere dall'esercizio 2001, al fine di favorire l'accrescimento delle competenze scientifiche del Paese e di potenziarne la capacità competitiva a livello internazionale. Il FIRB finanzia, in particolare: a) progetti di potenziamento delle grandi infrastrutture di ricerca pubbliche o pubblico-private; b) progetti di ricerca di base di alto contenuto scientifico o tecnologico, anche a valenza internazionale, proposti da università, istituzioni pubbliche e private di ricerca, gruppi di ricercatori delle stesse strutture; c) progetti strategici di sviluppo di tecnologie pervasive e multisettoriali; d) costituzione, potenziamento e messa in rete di centri di alta qualificazione scientifica, pubblici o privati, anche su scala internazionale;
§ del Fondo per le aree sottoutilizzate, per quanto di competenza del Ministero dell'università e della ricerca.
Il Fondo per le aree sottoutilizzate – di competenza del Ministero dell’economia e delle finanze - è stato istituito a decorrere dal 2003 dall’articolo 61, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria per il 2003) con finalità di riequilibrio economico e sociale. Si ricorda che la stessa legge all’articolo 60, comma 3,haprevisto l’istituzione di un altro Fondo per le aree sottoutilizzate di carattere generale, di competenza del Ministero delle attività produttive (confluito, ai sensi della legge finanziaria 2007, nel Fondo per la competitività e lo sviluppo del Ministero dello sviluppo economico) affidando al CIPE la ripartizione, con proprie deliberazioni, della dotazione di ciascuno dei due fondi tra gli interventi finanziati a valere su di essi. Si ricorda, altresì, che il Fondo per le aree sottoutilizzate (di cui all’art. 61 della legge 289/02 cit.) è stato trasferito al Ministero dello sviluppo a seguito del nuovo assetto della struttura di governo definita dal DL n. 181 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006).
§ le risorse annuali per i progetti di ricerca di interesse nazionale delle università (PRIN).
Si ricorda peraltro che, ai sensi dell’articolo 1, comma 758, della medesima legge finanziaria 2007, il Fondo è finanziato a valere sulle risorse del Fondo per l’erogazione del Trattamento di fine rapporto (TFR) istituito presso l’INPS.
L’autorizzazione di spesa è stata accantonata – come tutte le altre alimentate dal Fondo e destinate al finanziamento di interventi indicati nell’elenco 1 allegato alla legge finanziaria – in attesa della decisione delle autorità statistiche comunitarie circa la compatibilità delle norme relative al trattamento contabile del Fondo e al suo utilizzo.
Recentemente il decreto-legge n. 81/07[68] all’art. 13 ha disposto lo sblocco delle risorse vincolate sul TFR, prevedendo la concessione di anticipazioni di tesoreria nella misura del 30 per cento delle somme relative alle autorizzazioni di spesa di cui al citato comma 758. La quota anticipabile riferita al FIRST risulta, pertanto, pari a 90 milioni di euro.
Il Fondo è alimentato in via ordinaria dai conferimenti annualmente disposti dalla legge finanziaria, dai rientri dei contributi concessi sotto forma di credito agevolato e dalle risorse assegnate dal CIPE, nell'ambito del riparto del citato Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).
La ripartizione delle risorse del Fondo avviene con decreto interministeriale emanato dal Ministro dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, in attuazione delle indicazioni contenute nel Programma nazionale della ricerca di cui al decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204[69].
La definizione dei criteri di accesso e delle modalità di utilizzo e gestione del Fondo è rimessa a un successivo regolamento ministeriale.
Per la fase di avvio del Fondo e per consentire un impatto più incisivo degli interventi in attuazione del Piano nazionale della ricerca, tenendo conto delle linee strategiche per la competitività e lo sviluppo economico, viene assegnata al FIRST una dotazione aggiuntiva di 300 milioni di euro per ciascuno degli anni 2007 e 2008 e di 360 milioni di euro per l'anno 2009(comma 874).
Successivamente la disciplina del FIRST è stata novellata dall’articolo 13, comma 1, del decreto legge n. 159/2007[70].
In particolare, la novella ha disposto – introducendo un periodo aggiuntivo all’art. 1, comma 873, della legge finanziaria per il 2007 - che, per il triennio 2008-2010, si provvede all’attuazione del comma con un decreto del Ministro dell’università e della ricerca di natura non regolamentare da emanarsi entro il 30 novembre 2007.
Verosimilmente, la disposizione è finalizzata a rendere immediatamente operativo il sostegno finanziario ai progetti di ricerca mediante il FIRST, nelle more dell’adozione del regolamento ministeriale di cui al comma 873. A tal fine, si stabilisce un cambiamento della fonte normativa tale da consentire una maggiore speditezza. Infatti, a differenza dei regolamenti, per i decreti ministeriali di natura non regolamentare non sono richiesti il parere del Consiglio di Stato e il controllo della Corte dei conti.
Merita peraltro segnalare che il DM in questione non risulta fin qui emanato.
L’andamento del settore turistico nazionale è stato contraddistinto, negli ultimi anni, da una crescente difficoltà nella competizione internazionale e, sul versante istituzionale, da un non sempre efficace raccordo tra livello politico statale e regionale.
Ampio spazio al settore turistico è stato dedicato dal DPEF 2007-2001. Sul lato della domanda turistica il DPEF considerava prioritaria la “riconquista” del mercato nazionale, incentivando la crescita di viaggi e soggiorni nel nostro territorio, mentre sul lato dell’offerta prevedeva lo studio di interventi volti a favorire l’aumento della dimensione media degli operatori, anche incentivandone la cooperazione e l’aggregazione. Si sottolineava, quindi, la necessità, da parte del sistema Italia, di dotarsi di:
§ strategie di prodotto, per verificare i percorsi più appropriati per l’industria turistica italiana;
§ politiche coordinate, intervenendo compiutamente nei molti settori connessi allo sviluppo del turismo;
§ politiche di sostegno alle scelte da parte degli imprenditori e degli operatori privati.
Il documento rilevava, infine, la necessità di sostenere la competitività del settore turistico attraverso il sostegno ad una serie di attività (analisi dei mercati, innovazione e qualità nell’offerta, formazione continua degli addetti raggiungimento di migliori standard di servizio, politiche di promozione mirata) mediante un’adeguata dotazione finanziaria a beneficio dei più significativi strumenti legislativi in vigore (L. 488/92 (aree depresse); L. 135/2001 (legge quadro sul turismo); L. 80/2005, art. 12 (progetto digitale "Scegli Italia"[71])
Lo stato di sofferenza dell’industria turistica del nostro Paese e la necessità di indagare le cause di tale crisi, valutandone le possibili soluzioni, ha indotto la X Commissione Attività produttive della Camera a deliberare, il 30 gennaio 2007, una indagine conoscitiva sullo stato di attuazione della legge 29 marzo 2001, n. 135[72], il cui documento conclusivo è stato approvato nella seduta del 27 febbraio 2008.
Secondo quanto riportato nel documento conclusivo dell’indagine, l’industria turistica del nostro Paese registra vari punti di sofferenza, come dimostra il passaggio (nel giro di pochi anni) dal primo al quinto posto a livello mondiale per ingressi turistici. Tale perdita di posizioni rispetto ai paesi competitori ha, a parere della Commissione, numerose spiegazioni, tra le quali: il problema della governance del sistema (la legge n. 135/2001 è andata rapidamente ad impattare con la riforma costituzionale di cui alla legge n. 3/2001, in base alla quale la materia “turismo” è stata assegnata alla competenza esclusiva delle regioni); l’incompleta attuazione della stessa legge n. 135/2001; la carenza nella qualificazione e differenziazione del prodotto-turismo dovuta al carattere micro-dimensionale delle strutture ricettive, l’assenza in Italia delle grandi catene alberghiere e la limitatezza dei vettori di trasporto; carenze nella formazione del personale e nella politica dell’accoglienza; difficoltà nella politica di promozione turistica.
La legge n.296 del 2006 (legge finanziaria per il 2007) ha previsto una serie di misure volte a favorire la ripresa e l’ammodernamento del settore turistico. In particolare sono stati disposti:
§ il rifinanziamento del “Fondo nazionale per il cofinanziamento di interventi regionali nel settore del commercio e del turismo”, istituito ai sensi dell’art. 16, comma 1, della legge 266/97 (c.d. Bersani), cui vengono destinati 30 milioni per l’anno 2007 e 40 milioni annui per il 2008 e il 2009 (comma 876);
§ l’autorizzazione di spesa di 10 milioni di euro annui per il triennio 2007-2009 a sostegno del settore (comma 1227);
§ lo stanziamento di 48 milioni di euro annui, relativamente al triennio 2007- 2009, per le finalità di sviluppo e competitività del settore del turismo, anche in relazione alla necessità di incentivare l’adeguamento dell’offerta delle imprese turistico-ricettive (comma 1228)[73];
§ il finanziamento di 2 milioni annui per il triennio 2007-2009 destinato all'Osservatorio nazionale del turismo per le attività di monitoraggio della domanda e dei flussi turistici ed identificazione di strategie di interesse nazionale per lo sviluppo e la competitività el settore (comma 1229).
L’istituzione dell’Osservatorio nazionale del turismo presso la presidenza del Comitato nazionale per il turismo[74] è stata disposta dall’articolo 9 del DPR 6 aprile 2006 n. 207[75]in attuazione dell’art.12, comma 7, del DL 35/2005 (cd. “DL competitività”). All’Osservatorio, presieduto dal direttore della Direzione generale per il turismo del Ministero delle attività produttive (ora soppressa) e coordinato da un rappresentante designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono assegnati compiti di studio, analisi e monitoraggio delle dinamiche economico-sociali connesse al settore, anche ai fini della misurazione del livello di competitività del sistema. Dell'Osservatorio fanno comunque parte almeno tre esperti designati dalla suddetta Conferenza permanente. La definizione dell'organizzazione, la composizione, il funzionamento e le risorse di tale organismo sono state disciplinate dal DPCM 16 febbraio 2007 che ha previsto l’istituzione in seno all’Osservatorio di un Comitato direttivo cui è affidata l’individuazione delle strategie e del coordinamento dell’attività svolta dall’Osservatorio che ha sede in Roma. Il Comitato, presieduto dal Capo del Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo è composto da un rappresentante designato dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, con funzioni di coordinatore, da tre esperti, designati dalla Conferenza, da un rappresentante designato dalla Banca d'Italia e da due rappresentanti designati dall'Unioncamere. Alle riunioni del Comitato è invitato un rappresentante dell'Istat.
La legge n.244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) prevede l’adozione di decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, di natura non regolamentare, recanti misure volte ad accrescere la competitività dell’offerta del sistema turistico nazionale (art. 2, co. commi 193-195).
In particolare i decreti provvederanno a definire:
§ le tipologie dei servizi forniti dalle imprese turistiche per le quali si rende necessaria l’individuazione di caratteristiche similari ed omogenee a livello nazionale, pur tenendo conto di specifiche esigenze correlate alle capacità di ricezione e di fruizione dei diversi contesti territoriali;
§ le modalità di impiego delle risorse del "Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico", di cui all’art. 10 della legge n.135/01, destinate all’erogazione di “buoni vacanza” a favore delle fasce sociali più deboli.
Con l'articolo 10 della legge 29 marzo 2001, n. 135 recante Riforma della legislazione nazionale del turismo è stato istituito presso l’allora Ministero dell'industria il Fondo di rotazione per il prestito e il risparmio turistico. Scopo del Fondo - al quale affluiscono risparmi di individui, imprese, istituzioni e associazioni private (circoli aziendali, associazioni non-profit, banche e società finanziarie), nonché risorse derivanti da finanziamenti, donazioni e liberalità provenienti da soggetti sia pubblici che privati - è quello di favorire l'accesso alle vacanze dei cittadini, sostenendo in tal modo la domanda interna, attraverso l'erogazione di prestiti turistici a tasso agevolato sia a singoli che a famiglie a basso reddito. Il limite di tale reddito viene fissato ogni tre anni con decreto del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), secondo criteri di valutazione stabiliti dal D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 109 (Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449). Per avviare la gestione del Fondo il comma 4 dell'articolo 10 ha disposto un conferimento di 7 mld annui (corrispondenti a 3,61 milioni di euro) per il triennio 2000-2002. Lo stesso articolo ha previsto, inoltre, che con decreto del Ministro dell'industria (ora dello sviluppo economico), da adottarsi entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, si provvedesse a fissare: i criteri e le modalità di organizzazione e di gestione del Fondo; la tipologia delle agevolazioni e dei servizi erogati; i soggetti destinatari delle agevolazioni; le modalità di utilizzo degli utili eventualmente derivanti dalla gestione del Fondo per interventi destinati ai soggetti più bisognosi. Il fine è quello di collegare il Fondo ad un sistema di buoni-vacanza gestito da associazioni non-profit, istituti bancari e finanziari e imprese turistiche, a livello nazionale, previa intesa nella Conferenza Stato-regioni. Il decreto non è mai stato adottato.
La legge rinvia, inoltre, ad uno o più regolamenti la definizione di procedure acceleratorie e di semplificazione volte a favorire sia l’aumento dei flussi turistici, sia la nascita di nuove imprese del settore, nel rispetto delle competenze regionali (art. 2, co. 194 e 195).
In favore dei soggetti nazionali ed internazionali che intendano promuovere progetti di investimento volti ad incrementare e riqualificare il prodotto turistico nazionale, la legge finanziaria dispone che il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, operante presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, assicuri il supporto tecnico-specialistico necessario.
Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181[76] ha attribuito alla Presidenza del Consiglio dei ministri (comma 19-bis) le funzioni di competenza statale in materia di turismo, precedentemente attribuite al Ministero delle attività produttive (nuovo Ministero dello sviluppo economico di cui ai co. 1 e 12, art. 1 del citato decreto-legge) dagli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/1999. Lo stesso comma ha previsto, inoltre, che il Ministro per lo sviluppo economico e il Presidente del Consiglio concertino l’individuazione e l’utilizzazione delle risorse finanziarie da destinare al turismo, comprese quelle incluse nel Fondo per le aree sottoutilizzate.
Il comma 19-bis ha stabilito, altresì, che ai fini dell’esercizio delle suddette funzioni il Presidente del Consiglio si avvalga di un nuovo dipartimento per il turismo costituito ai sensi del comma 19-ter presso il Ministero per i beni e le attività culturali, conseguente al trasferimento a tale Ministero delle dotazioni finanziarie, strumentali e di personale della direzione generale del turismo già del Ministero delle attività produttive, disposta dal successivo comma 19-quater che ne dispone la conseguente soppressione.
Successivamente, il decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria (convertito in legge dal Senato della Repubblica il 23 novembre 2006), all’art. 15 (Organizzazione del Ministero per i beni e le attività culturali), comma 5, ha modificato l’articolo 1, comma 19-bis del decreto-legge 181 del 2006 - incardinando presso la Presidenza del Consiglio il Dipartimento per lo sviluppo e la competitività del turismo, che subentra nelle funzioni alla direzione generale del turismo contestualmente soppressa. Il decreto-legge è stato convertito in legge dal Senato della Repubblica il 23 novembre 2006 e l'originario art.15, comma 5, è diventato l'articolo 1, comma 98.
Il Dipartimento si articola in due uffici dirigenziali di livello generale, denominati in via provvisoria dal DPCM 8 gennaio 2007 (non pubblicato in Gazzetta) - in attesa dei provvedimenti di organizzazione attuativi dell’art. 2, comma 98, del DL 262/06 - :
§ “Ufficio programmazione, coordinamento e sviluppo e delle politiche turistiche nazionali” con compiti di elaborazione degli indirizzi generali, dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo competitivo del settore turistico, anche in accordo con le regioni ;
§ “Ufficio affari generali” con funzioni amministrative.
L’organizzazione del Dipartimento è stata successivamente definita dal DPCM 6 febbraio 2007 che ha provveduto alla definizione dei compiti del Capo Dipartimento e del’organizzazione degli uffici di supporto, nonché alla denominazione degli Uffici dirigenziali generali.
Al Capo del Dipartimento – alle dipendenze del quale operano due servizi di supporto - sono stati assegnati compiti di coordinamento, direzione e controllo dei suddetti uffici dirigenziali, la cura dei rapporti internazionali nonché funzioni di rappresentanza nei vari organismi. Ad esso compete in particolare: la predisposizione di direttive, l’elaborazione del programma annuale e pluriennale degli interventi nei settori di competenza, delle proposte per la legge finanziaria e per la programmazione delle risorse finanziarie per gli interventi agevolativi; la predisposizione delle note preliminari al bilancio; la cura dei rapporti con la Corte dei conti e con altri organismi di controllo.
I due Uffici dirigenziali generali di cui al precedente DPCM 8 gennaio 2007 sono così ridenominati:
§ Ufficio per la programmazione e il coordinamento delle politiche turistiche, articolato in quattro servizi: Politiche turistiche nazionali; Osservatorio del turismo; Relazioni comunitarie e internazionali; Attività in ambito internazionale;
§ Ufficio per lo sviluppo del turismo e la gestione degli interventi, articolato nei servizi: Sviluppo del turismo nazionale; Interventi per il settore turistico; Affari generali e giuridici; Assistenza alla domanda turistica e vigilanza.
Con il DPCM 22 ottobre 2007[77]si è proceduto poi alla ricognizione delle competenze e delle relative risorse trasferite alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per l’esercizio delle competenze in materia di turismo.
Attività presso le istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell’Ufficio Rapporti con l’Unione europea)
Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007 ha approvato un piano d’azione globale in materia di energia per il periodo 2007-2009, sulla base della comunicazione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), presentata dalla Commissione il 10 gennaio 2007.
Il piano comprende un insieme di azioni prioritarie finalizzate al raggiungimento dei tre obiettivi della politica energetica europea, già prospettati nel Libro verde sull’energia presentato dalla Commissione nel marzo 2006:
- aumentare la sicurezza dell'approvvigionamento;
- garantire la competitività delle economie europee e la disponibilità di energia a prezzi accessibili;
- promuovere la sostenibilità ambientale e lottare contro i cambiamenti climatici.
L’ obiettivo strategico per la politica energetica europea è di ridurre almeno del 20%, entro il 2020, le emissioni di gas serra derivanti dal consumo di energia nell’UE rispetto ai livelli del 1990, all’interno di un’azione internazionale volta a raggiungere l’obiettivo di ridurre del 30 % le emissioni di gas serra a livello globale, di cui l’UE deve farsi promotrice.
Il piano d’azione, tra l’altro, stabilisce obiettivi quantificati altamente ambiziosi in materia di efficienza energetica, di energie rinnovabili e di uso dei biocarburanti e, in particolare:
§ sottolinea la necessità di aumentare l'efficienza energetica nell'UE in modo da raggiungere l'obiettivo di risparmio dei consumi energetici dell'UE del 20% rispetto alle proiezioni per il 2020;
§ adotta un obiettivo vincolante che prevede una quota del 20% di energie rinnovabili nel totale dei consumi energetici dell'UE entro il 2020;
§ adotta un obiettivo vincolante che prevede una quota minima del 10% per i biocarburanti nel totale dei consumi di benzina e gasolio per autotrazione dell'UE entro il 2020.
Il 19 settembre 2007 la Commissione ha presentato un pacchetto di misure volte a realizzare pienamente l’apertura del mercato dell’energia nei settori dell’elettricità e del gas completando la normativa esistente.
In particolare si tratta di:
§ una proposta di regolamento che istituisce un'Agenzia per la cooperazione fra i regolatori nazionali dell'energia (COM(2007)530);
§ una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/54/CE relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica (COM(2007)528);
§ una proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 1228/2003 relativo alle condizioni di accesso alla rete per gli scambi transfrontalieri di energia elettrica (COM(2007)531);
§ una proposta di direttiva che modifica la direttiva 2003/55/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale (COM(2007)529);
§ una proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 1775/2005 relativo alle condizioni di accesso alle reti di trasporto del gas naturale (COM(2007)532).
Le proposte della Commissione riguardano, in particolare, i seguenti aspetti:
- la disaggregazione delle attività di produzione/distribuzione dell’energia e della proprietà delle reti di trasporto (unbundling);
- misure di salvaguardia volte ad assicurare il rispetto delle norme UE nell'ipotesi in cui le imprese di paesi terzi vogliano acquisire un interesse significativo o il controllo su una rete dell'UE;
- il rafforzamento dei poteri e indipendenza delle autorità di regolamentazione nazionali negli Stati membri;
- la creazione di un'Agenzia di cooperazione delle autorità di regolamentazione nazionali nel settore dell'energia;
- la realizzazione di una sorta di rete degli operatori europei dei sistemi di trasmissione europea;
- il miglioramento del quadro legislativo, così da facilitare l’accesso dei terzi alle infrastrutture chiave, aumentare la trasparenza sul mercato, sviluppare l’integrazione del mercato e migliorare l’accesso dei clienti al dettaglio;
- la promozione della solidarietà regionale e bilaterale in caso di minacce per la sicurezza dell’approvvigionamento energetico.
Il 22 novembre 2007 la Commissione ha presentato un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET[78]) (COM(2007)723) inteso ad accelerare lo sviluppo e l’impiego diffuso di tecnologie a bassa emissione di carbonio attraverso la predisposizione di un nuovo ed ampio programma di ricerca nel campo energetico.
In particolare, la Commissione propone un nuovo modello di cooperazione che consenta di sfruttare il potenziale degli interventi pubblici, dell’industria europea e dei ricercatori a livello degli Stati membri, comunitario nonché a livello globale. A tale scopo, il piano SET della Commissione propone, tra l’altro:
§ la creazione di un gruppo di pilotaggio sulle tecnologie energetiche strategiche, all’inizio del 2008, che definisca priorità e azioni nel settore della ricerca energetica;
§ lanciare, a partire dal 2008, una serie di nuove iniziative industriali europee nei seguenti settori prioritari: energia eolica; energia solare; bioenergia; cattura, trasporto e stoccaggio di CO2; rete elettrica intelligente; fissione nucleare sostenibile;
§ istituire un’alleanza europea per la ricerca nel settore dell’energia anche avvalendosi del ruolo che potrà svolgere l’Istituto europeo di tecnologia;
§ aumentare gli investimenti ed ampliare la base delle risorse umane;
§ promuovere in modo rafforzato la cooperazione internazionale per una piena attuazione del piano SET.
Il Consiglio energia del 28 febbraio 2008 ha approvato conclusioni sul piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET) accogliendo con favore la comunicazione della Commissione.
Il 23 gennaio 2008 la Commissione ha presentato un pacchetto di proposte nel settore dell'energia e della lotta ai cambiamenti climatici (vedi capitolo Cambiamenti climatici, nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).
Le proposte sono intese a modificare la struttura del consumo energetico da parte degli Stati membri privilegiando le fonti di energia meno inquinanti, secondo quanto previsto dal piano d’azione per una politica energetica europea e dalla strategia europea per la lotta ai cambiamenti climatici, approvati dal Consiglio europeo del marzo 2007.
Il pacchetto di proposte della Commissione comprende:
§ una proposta di direttiva che modifica la direttiva relativa al sistema comunitario di scambio delle quote di emissione (COM(2008)16);
§ una proposta di decisione relativa alla ripartizione degli sforzi da intraprendere per adempiere all’impegno comunitario a ridurre unilateralmente le emissioni di gas serra in settori non rientranti nel sistema ETS (come i trasporti, l’edilizia, l’agricoltura e i rifiuti) (COM(2008)17);
§ una proposta di direttiva sulla promozione delle energie rinnovabili, concernente anche l'utilizzo dei biocarburanti, per contribuire a conseguire entrambi gli obiettivi di riduzione delle emissioni sopra indicati (COM(2008)19);
§ una proposta di direttiva relativa alla disciplina giuridica della cattura e dello stoccaggio del carbonio (COM(2008)18), accompagnata da una comunicazione sulle attività di dimostrazione in materia di cattura e stoccaggio del carbonio (COM(2008)13);
§ la nuova disciplina comunitaria degli aiuti di Stato per la tutela ambientale.
Il Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008, nelle sue conclusioni, ha espresso la sua determinazione a mantenere gli impegni assunti nel piano d’azione in materia di clima e di energia approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007.
In particolare, il Consiglio europeo ritiene che l'ambizioso pacchetto di proposte presentato dalla Commissione per attuare il piano d’azione rappresenti un eccellente punto di partenza ed una buona base di discussione in vista di un accordo su tali proposte, in forma di pacchetto coerente, da raggiungere prima della fine del 2008 in modo da consentirne l'adozione, al più tardi, all'inizio del 2009.
Il Consiglio europeo, inoltre, considera centrale il ruolo dell'UE nel promuovere la lotta contro i cambiamenti climatici nell'ambito dei negoziati sulla convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. In tale contesto l’UE dovrebbe favorire il raggiungimento, entro il 2009, di un accordo ambizioso, globale e completo post-2012, coerente con l'obiettivo di limitare l’innalzamento globale della temperatura del pianeta ai 2ºC entro il 2050, secondo quanto previsto nella tabella di marcia di Bali, stabilita nel dicembre 2007.
Nel programma legislativo e di lavoro per il 2008 la Commissione annuncia, tra le sue priorità, l’impegno a precisare le proposte presentate nel quadro del piano d’azione in materia di politica energetica europea per il periodo 2007-2009, approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007, in particolare, per ciò che riguarda gli obiettivi in materia di gas a effetto serra e di energie rinnovabili, nonché di radicale cambiamento nel settore delle tecnologie energetiche.
Tra le iniziative strategiche la Commissione inserisce la presentazione di un pacchetto di misure in materia energetica comprendenti:
§ una comunicazione sul secondo esame strategico della politica energetica.
In vista del Consiglio europeo che si terrà nella primavera del 2009, la Commissione presenterà un'analisi che valuterà i progressi compiuti nella realizzazione degli obiettivi strategici concordati nel marzo del 2007 e analizzerà l'evoluzione del mercato interno, le azioni volte ad accrescere la percentuale delle fonti energetiche rinnovabili nel mix energetico, le emissioni di gas a effetto serra in campo energetico e i principali sviluppi e risultati tecnologici nella politica energetica esterna dell'UE. Tale riflessione costituirà la base per un nuovo piano d'azione dal 2010 in poi.
§ una proposta di direttiva sulle scorte petrolifere.
§ una proposta di rifusione della direttiva 2002/91/CE del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell'edilizia;
§ una proposta legislativa di revisione della direttiva sulla tassazione dei prodotti energetici.
Nel suo programma legislativo e di lavoro per il 2008 la Commissione sottolinea la volontà di seguire alcune iniziative grazie alle quali il mercato unico potrà poggiare su una base industriale solida, innovativa e competitiva, in grado di sfruttare appieno il potenziale di servizi, e all’interno del quale vigeranno norme che potranno servire quale riferimento a livello internazionale. Mercati aperti che garantiranno a tutti le stesse condizioni di partenza e permetteranno ai consumatori di trarre i massimi vantaggi.
In questo ambito la Commissione intende presentare, nel corso del 2008, una proposta di direttiva quadro sui diritti contrattuali dei consumatori. L’obiettivo generale della revisione dell’acquis è semplificare e migliorare la coerenza del quadro normativo relativo ai consumatori, migliorando in tal modo la certezza del diritto per i consumatori e le imprese. Lo strumento giuridico consisterà in una combinazione di codificazione e abrogazione di parti di direttive esistenti e nella promulgazione di nuove norme. A seconda dell’esito finale della revisione l’azione normativa più probabile consisterà in un approccio misto alla revisione dell’acquis.
Tra le iniziative già presentate in passato, si ricordano:
§ la presentazione di un libro verde sui servizi finanziari al dettaglio (COM(2007)226) su cui la Commissione ha indetto due consultazioni, la prima terminata il 16 luglio 2007 e la seconda conclusasi il 18 gennaio 2008 e i cui risultati sono di prossima pubblicazione;
§ una proposta di direttiva su alcuni aspetti della multiproprietà (COM(2007)303), che dovrebbe essere esaminata dal Parlamento europeo nella sessione del 20 maggio 2008 per essere poi oggetto di un accordo politico del Consiglio presumibilmente nella riunione del 29 maggio 2008.
Il 25 gennaio 2008 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sulla sicurezza dei giocattoli (COM(2008)9), volta a revisionare la normativa in questo settore che ha visto la proliferazione di discipline nazionali diverse in materia di sicurezza dei bambini rispetto ai pericoli posti dai giocattoli e che non garantisce più un’efficace tutela. La proposta è quindi volta a:
§ aggiornare e integrarle disposizioni vigenti per affrontare problemi di sicurezza ignoti all’epoca dell’adozione della direttiva 88/378/CEE sulla sicurezza dei giocattoli;
§ migliore l’attuazione e l’applicazione della normativa sulla sicurezza dei giocattoli in tutta l’Unione europea;
§ chiarire il campo di applicazione della direttiva e i concetti in essa contenuti;
§ garantire coerenza con le disposizioni generali proposte nell’ambito del quadro legislativo generale in materia di commercializzazione dei prodotti.
Il Parlamento europeo, in una risoluzione sul programma legislativo e di lavoro della Commissione per il 2008 del 12 dicembre 2007, ha sottolineato l’importanza di migliorare la sorveglianza del mercato e, in particolare, di combattere le contraffazioni, incoraggiando altresì la Commissione a continuare a garantire i diritti dei consumatori in materia di sicurezza dei prodotti, mettendo l’accento sul problema della sicurezza dei giocattoli.
Il 5 febbraio 2008 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento sui prodotti cosmetici (COM(2008)49), che modifica la normativa vigente al fine di garantire che i prodotti cosmetici immessi sul mercato dell’Unione siano sicure alla luce delle innovazioni del settore. Un elemento cruciale della proposta è il chiarimento delle informazioni che devono essere contenute nella valutazione della sicurezza del prodotto cosmetico che dovrà essere commercializzato; la proposta inoltre potenzia il ruolo e migliora il funzionamento dei controlli all’interno del mercato, tenendo in particolare conto dell’aumento costante delle importazioni da paesi terzi; introduce un regime differenziato per le sostanze classificate come cancerogene, mutagene o tossiche per la riproduzione; ricerca un migliore equilibrio tra la “responsabilità del fabbricante” e le “prescrizioni sui singoli ingredienti”.
La Commissione considera prioritario proseguire la sua azione volta a garantire la piena e corretta applicazione delle norme europee in materia di concorrenza, al fine di promuovere i mercati maggiormente funzionanti a tutto vantaggio dei consumatori e della competitività globale, come evidenziato da ultimo nel suo programma legislativo e di lavoro per il 2008. In tale contesto, tra l’altro, la Commissione intende avviare i lavori relativi al riesame del regolamento sulle concentrazioni n. 139/2004, nonché una o più inchieste settoriali nel campo della concorrenza su mercati per i quali siano state individuate carenze.
Il 2 aprile 2008 la Commissione ha presentato un Libro bianco[79]in materia di azioni di risarcimento del danno per violazione delle norme antitrust comunitarie (COM(2008)165).
La Commissione considera prioritaria la definizione di un quadro giuridico che consenta a chi ha subito un danno derivante da una violazione delle norme sulla concorrenza di avere un effettivo accesso alla giustizia per richiedere un risarcimento dei danni.
Il Libro bianco della Commissione raccomanda una serie di forme di garanzia tra le quali figurano:
- il ricorso ad azioni collettive, per garantire che ampi gruppi di soggetti con richieste risarcitorie di valore limitato abbiano accesso alla giustizia;
- l’attribuzione ai giudici nazionali del potere di ordinare alle parti in causa o a terzi di divulgare categorie precise di prove rilevanti, per evitare che elementi decisivi per comprovare una violazione di norme antitrust siano occultati;
- l’applicazione, in tutti gli Stati membri, di norme che consentano alle decisioni definitive di un'autorità nazionale appartenente alla rete europea della concorrenza (ECN), che abbia constatato una violazione delle norme comunitarie sulla concorrenza (art. 81 e 82 TCE), di assumere valore di prova vincolante in qualsiasi procedimento civile per danni derivanti da violazioni delle norme comunitarie sulla concorrenza;
- nel caso in cui il cliente diretto dell’autore dell’infrazione ha trasferito il sovrapprezzo illegale ai propri clienti, interamente o parzialmente, i convenuti dovrebbero avere il diritto di invocare a propria difesa l’avvenuto trasferimento del sovrapprezzo a fronte di una richiesta di risarcimento.
Il Libro bianco sarà sottoposto ad ampia consultazione pubblica fino al 15 luglio 2008. Sulla base degli orientamenti espressi dalle parti interessate, la Commissione valuterà quali misure concrete adottare in materia.
Il 21 dicembre 2007 si è conclusa una consultazione avviata dalla Commissione su un pacchetto di proposte relative ad una procedura di transazione[80] che consentirebbe alla Commissione di trattare i casi di cartelli onde giungere ad un più rapido accordo con le parti.
Infine, si segnala che tra le priorità inserite dalla Commissione nel suo programma di lavoro per il 2008, figura l’avvio dei lavori relativi al riesame del regolamento di procedura n. 1/2003, relativo all’applicazione delle regole di concorrenza (artt. 81 e 82 TCE).
La riforma della disciplina degli aiuti di Stato è considerata prioritaria nell’ambito della rinnovata strategia di Lisbona. A tale proposito, nel 2005 la Commissione ha proposto un piano d'azione in materia di aiuti di Stato[81] che prevede una serie di iniziative intese a completare il passaggio a disposizioni più snelle ed efficaci nel settore.
In tale contesto, la Commissione ha recentemente approvato numerosi provvedimenti tra i quali, in particolare, si segnala:
§ il regolamento n. 271/2008[82], approvato il 30 gennaio 2008, recante modifiche al regolamento n. 794/2004, di attuazione del regolamento del Consiglio (CE) 659/1999, che definisce le norme per l’applicazione dell’art. 88 TCE[83].
Il documento della Commissione europea è volto a chiarire le norme per la notifica degli aiuti di Stato e a garantire procedure più rapide prevedendo, in particolare, l’obbligo di presentare le notificazioni di aiuti di Stato alla Commissione da parte degli Stati membri attraverso un sistema elettronico di notifica e un sistema protetto di posta elettronica entro il 1° luglio 2008[84];
§ la nuova disciplina degli aiuti di Stato per la tutela ambientale, adottata il 23 gennaio 2008, intesa ad estendere l’ambito di applicazione degli aiuti in materia e ad aumentare le intensità di aiuto rispetto alla precedente normativa[85].
Obiettivo della nuova disciplina è quello di fornire agli Stati membri nuovi strumenti adatti a sviluppare politiche sostenibili in materia di clima e di energia. Tali strumenti dovrebbero produrre un livello di tutela dell'ambiente più elevato nonché effetti positivi, a livello di distorsione della concorrenza, superiori agli effetti negativi, tenendo conto del principio "chi inquina paga";
§ il regolamento 1535/2007, approvato il 20 dicembre 2007, relativo all’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti de minimis nel settore della produzione dei prodotti agricoli.
Il regolamento della Commissione aumenta a 6 mila euro per beneficiario, in un triennio, il massimale individuale degli aiuti di Stato di modesta entità, gli aiuti “de minimis”, a favore dell’agricoltura. Il limite massimo complessivo per Stato membro è portato allo 0,6% del valore della produzione agricola (in precedenza tale limite era pari allo 0,3%);
§ una comunicazione, approvata il 12 dicembre 2007, relativa ad un nuovo metodo per fissare i criteri per determinare il tasso di interesse da utilizzare per il recupero degli aiuti di Stato concessi in violazione dell’art 88, par. 3, TCE, che entrerà in vigore il 1° luglio 2008;
§ una comunicazione, approvata il 25 ottobre 2007, relativa all'esecuzione effettiva delle decisioni della Commissione che ingiungono agli Stati membri di recuperare gli aiuti di Stato illegali e incompatibili.
Sempre nell’ambito della riforma della disciplina sugli aiuti di Stato, la Commissione ha avviato una serie di consultazioni intese a preparare il riesame di alcune discipline e regolamenti esistenti, in vista di un loro riesame. In particolare, sono stati oggetto di consultazione:
§ una terza versione del progetto preliminare di regolamento generale di esenzione per categoria (GBER)[86]in materia di aiuti di Stato (consultazione conclusa il 28 marzo 2008).
Il nuovo GBER si applicherà ai settori già coperti dalle esenzioni per categoria (formazione, occupazione, PMI) e a nuovi settori (innovazione, ambiente, capitale di rischio, aiuti regionali). La versione finale del regolamento, che entro giugno 2008 scaturirà dal processo di consultazione, sarà intesa a riunire per la prima volta tutti i regolamenti di esenzione per categoria in un unico regolamento. Tale iniziativa figura tra le priorità in materia di politica della concorrenza annunciate dalla Commissione nel suo programma di lavoro per il 2008;
§ un secondo progetto preliminare di revisione della comunicazione della Commissione sull’applicazione degli articoli 87 e 88 del trattato CE agli aiuti di Stato concessi sotto forma di garanzie (conclusa il 28 marzo 2008).
In particolare, la Commissione intende fornire alle PMI e agli Stati membri specifiche soglie di sicurezza per un'esenzione che predeterminino - per una data impresa e sulla base del suo rating finanziario - il margine minimo che andrebbe addebitato affinché una garanzia statale non venga considerata aiuto;
§ la disciplina degli aiuti di Stato alla costruzione navale (conclusa il 26 marzo 2008);
§ la comunicazione relativa all'applicazione delle regole sugli aiuti di Stato al servizio pubblico di radiodiffusione - c.d. “Comunicazione sulla radiodiffusione” (conclusa il 10 marzo 2008).
La proposta della Commissione è intesa ad elaborare un quadro normativo adeguato per il futuro finanziamento del servizio pubblico di radiodiffusione in un contesto di nuovi media che tenga conto sia dell'importanza del carattere pubblico dei servizi di radiodiffusione e della necessità di sostegno pubblico sia degli eventuali effetti negativi sulla concorrenza. I principi guida dovrebbero essere la trasparenza, la proporzionalità e la responsabilità. La Commissione, sulla base dei risultati della consultazione, valuterà se presentare una proposta di revisione della Comunicazione sulla radiodiffusione, eventualmente nella seconda metà del 2008, in modo che possa entrare in vigore nell'estate 2009;
§ un progetto preliminare di Linee guida comunitarie per gli aiuti di stato alle imprese ferroviarie (conclusa il 25 gennaio 2008).
Sulla base dei risultati della consultazione la Commissione intende formulare una proposta definitiva entro il primo semestre del 2008;
§ un progetto preliminare per la revisione degli Orientamenti comunitari sugli aiuti di Stato per il salvataggio e la ristrutturazione di imprese in difficoltà (conclusa il 30 novembre 2007);
§ un progetto di regolamento volto ad estendere alle piccole e medie imprese attive nel settore della produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti della pesca l’esenzione dall’obbligo di notifica preventiva già prevista dal regolamento (CE) n. 70/2001 per le piccole e medie imprese (conclusa il 23 novembre 2007).
Il 31 gennaio 2008 la Commissione europea ha inviato all’Italia, in base all’articolo 228 TCE, due pareri motivati[87] - ossia la seconda fase della procedura di infrazione per mancata esecuzione di una sentenza della Corte di Giustizia - con cui ha formalmente chiesto all'Italia di eseguire due sentenze della Corte di giustizia europea che ordinano il recupero di aiuti di Stato giudicati illegittimi e incompatibili.
Si tratta della procedure n. 2006/2456 (sentenza relativa alla cd. “causa municipalizzate”, C-207/05) e n. 2007/2229 (sentenza relativa ad una causa promossa dalla Commissione contro l’Italia per mancato recupero di aiuti a favore dell’occupazione, C-99/02).
Sebbene le sentenze in questione risalgano al 2004 e al 2006, le autorità italiane non hanno ancora notificato alla Commissione il completamento del processo di recupero. Qualora l'Italia continui a non conformarsi alle decisioni della Corte, la Commissione può nuovamente adire la Corte di giustizia e chiedere l'imposizione di ammende fino al completo recupero degli aiuti, sotto forma di penalità di mora, somme forfettarie o entrambe.
L’atteggiamento particolarmente rigoroso della Commissione nei confronti degli aiuti di Stato illegali è inteso a migliorare l'efficacia, la trasparenza e la credibilità del sistema UE degli aiuti di Stato, secondo quanto annunciato nel piano di azione nel settore degli aiuti di Stato del giugno 2005 e nella comunicazione sull'esecuzione delle decisioni di recupero del novembre 2007.
Si segnala che con il decreto legge 8 aprile, n. 59, recante disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e l’esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee, il Governo italiano ha inteso dare seguito a quanto evidenziato dalla Commissione nei pareri motivati sopra citati. In particolare, gli articoli 1 e 2 del decreto legge in questione contengono misure volte ad agevolare i procedimenti di recupero attualmente sospesi dinanzi ai competenti organi giurisdizionali e, in via più generale, a conformare il diritto processuale nazionale - civile e tributario – ai requisiti di immediatezza ed effettività previsti dal diritto comunitario per ciò che riguarda i casi di recupero di aiuti di Stato in attuazione di decisioni della Commissione europea.
Malgrado le realizzazioni raggiunte, il mercato unico deve ancora valorizzare il suo potenziale inesplorato e adeguarsi alle nuove realtà: nel febbraio 2007 la Commissione ha definito la sua visione per il mercato unico del XXI secolo[88]: un mercato forte, innovativo e competitivo, che sfrutti al massimo il potenziale offerto dai servizi, vada a beneficio diretto di consumatori e imprenditori e metta l’Europa in posizione tale da reagire alla globalizzazione e influire più efficacemente sul modo in cui essa si configura.
Il 20 novembre 2007 la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative volte a rendere il mercato unico più moderno e vantaggioso per i cittadini europei. Le misure, che si fondano su un’ampia consultazione, mirano a garantire che il mercato unico consenta di trarre maggiore vantaggio dalla globalizzazione, dare più potere ai consumatori, aprirsi alle piccole imprese, stimolare l’innovazione e contribuire a mantenere elevati standard sociali e ambientali.
Il pacchetto comprende:
§ la comunicazione “Un mercato unico per l’Europa del XXI secolo” (COM(2007)824);
§ la comunicazione “I servizi di interesse generale, compresi i servizi sociali di interesse generale: un nuovo impegno europeo “ (COM(2007)725);
§ la comunicazione “Opportunità, accesso e solidarietà: verso una nuova visione sociale per l’Europa del XXI secolo” (COM(2007) 726), volta ad alimentare la consultazione sulla realtà sociale (conclusa il 15 febbraio 2008), e a preparare il lancio della nuova agenda sociale a metà 2008[89] (vedi capitolo Politica sociale, nel dossier relativo alla Commissione Affari sociali).
Il Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008, nel ribadire che il mercato unico rimane un motore essenziale per aumentare il tenore di vita dei cittadini europei e la competitività dell’Europa nell’economia globalizzata, ha definito misure e azioni prioritarie per migliorare ulteriormente il funzionamento del mercato unico e consentire così alle imprese, specie le PMI, e ai consumatori di sfruttarne appieno il potenziale.
La Commissione ha presentato, il 14 febbraio 2007, un pacchetto di misure per rafforzare e rendere più efficiente il mercato interno delle merci.
Il pacchetto comprende quattro iniziative, articolate in base a due priorità:
§ “riconoscimento reciproco”:
- una proposta di regolamento che stabilisce procedure relative all’applicazione di determinate norme tecniche nazionali a prodotti legalmente commercializzati in un altro Stato membro (proposta sul “riconoscimento reciproco) (COM(2007) 36);
§ “revisione del nuovo approccio”:
- un progetto di regolamento che pone norme in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per quanto riguarda la commercializzazione (COM(2007) 37);
- un progetto di decisione relativa a un quadro comune per la commercializzazione dei prodotti (COM(2007) 53);
- una comunicazione interpretativa sulle procedure per l’immatricolazione degli autoveicoli originari di un altro Stato membro (SEC(2007)169).
Uno degli elementi chiave della nuova strategia di Lisbona per la crescita e l’occupazione (vedi capitolo La strategia di Lisbona e scheda Governance economica, nel dossier relativo alla Commissione Politiche UE) consiste nel migliorare il trattamento dei diritti di proprietà intellettuale in Europa, poiché tali diritti, e i brevetti in particolare, sono collegati all’innovazione che, a sua volta, contribuisce in misura significativa alla competitività.
Il 3 aprile 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Migliorare il sistema dei brevetti in Europa” (COM(2007) 165), per rilanciare il dibattito sul sistema dei brevetti in Europa, in modo da incoraggiare gli Stati membri ad operarsi al fine di ottenere un consenso e realizzare reali progressi. La comunicazione verte, in particolare, sull’introduzione del brevetto comunitario e sull’istituzione di una efficiente giurisdizione in materia di brevetti su scala comunitaria.
Il Consiglio, durante uno scambio di opinioni a tal riguardo svolto il 22 novembre 2007, ha convenuto che i lavori dovrebbero proseguire affinché possano essere trovate soluzioni per un sistema europeo unificato di risoluzione delle controversie in materia di brevetti nonché per un brevetto comunitario.
La politica industriale costituisce un importante pilastro della strategia di Lisbona (vedi capitolo La strategia di Lisbona e scheda Governance economica, nel dossier relativo alla Commissione Politiche UE): il principale obiettivo consiste nel creare le condizioni più favorevoli allo sviluppo delle imprese e all’innovazione in modo da attrarre nell’UE investimenti e posti di lavoro, tenendo conto del fatto che le imprese sono in maggioranza di piccole e medie dimensioni (PMI).
Nel suo programma legislativo e di lavoro per il 2008, la Commissione preannuncia la presentazione di una strategia integrata per aiutare l’economia dell’UE a diventare più sostenibile e competitiva dal punto di vista ambientale. Le due iniziative al centro di tale strategia sono: una comunicazione e piano d’azione sulla politica industriale sostenibile (PIS) e un piano d’azione “produzione e consumo sostenibili” (PCS)[90].
Il Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008 ha ribadito che occorre liberare il potenziale economico delle eco-industrie ed elaborare una politica industriale sostenibile e sviluppare mercati guida sostenibili e competitivi a livello mondiale, pur tenendo conto dell’impatto sulla competitività delle misure in materia di energia e cambiamenti climatici.
Conformemente a quanto annunciato nelle comunicazioni sulla politica industriale dell’ottobre 2005 e del luglio 2007, la Commissione ha presentato le seguenti iniziative di settore:
§ comunicazione “Una strategia per un’industria europea della difesa più forte e competitiva (COM(2007)764, del 5 dicembre 2007)).
La comunicazione riconosce il carattere speciale di tale industria e il suo rapporto particolare con il settore pubblico, ma afferma anche che si può fare molto per liberarne il pieno potenziale, al fine di garantire che abbia un buon rapporto costi/benefici per gli Stati membri e che offra le capacità necessarie, in modo efficiente ed efficace, per la PESD.
§ comunicazione su industrie forestali innovative e sostenibili nell’UE (COM(2008)113, del 27 febbraio 2008), nel quale propone azioni complementari al piano d’azione per le foreste adottato dalla Commissione nel giugno del 2006[91], di cui integrano l’obiettivo di migliorare la competitività a lungo termine della filiera forestale.
§ comunicazione sulla competitività delle industrie dei metalli (COM (2008) 108, del 22 febbraio 2008), nella quale valuta la competitività di tali industrie e presenta raccomandazioni per il futuro.
Nel suo programma legislativo e di lavoro per il 2008 la Commissione sottolinea che inizierà a preparare le azioni in vista dell’anno europeo della creatività e dell’innovazione nel 2009. La Commissione, inoltre, sottolinea che una “normativa sulle piccole imprese” preparerà misure specifiche per migliorare il loro rendimento economico e annuncia, tra le sue priorità, la presentazione di una comunicazione “Legge sulle piccole imprese (Small Business Act-SBA) per l’Europa”, che offrirà una combinazione di principi generali, azioni in campo giuridico, e azioni concrete da parte degli Stati membri e della Commissione.
La Commissione, tra le iniziative di semplificazione, continua a puntare sulla riduzione degli oneri amministrativi gravanti sulle imprese a livello dell’Unione europea e nazionale.
Al riguardo, si segnala che il Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008 ha sottolineato che si dovrebbero intensificare gli sforzi volti a ridurre del 25%, entro il 2012, gli oneri amministrativi derivanti dalla normativa UE.
Il 4 ottobre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Piccole e medie imprese, essenziali per conseguire una maggiore crescita e rafforzare l’occupazione - Valutazione intermedia della politica moderna a favore delle PMI” (COM(2007) 592).
La comunicazione ribadisce che l’azione della Commissione europea si è ispirata agli impegni strategici relativi ai cinque settori chiave: riduzione degli ostacoli burocratici, migliore accesso delle PMI ai mercati; promozione dello spirito imprenditoriale e delle competenze; miglioramento delle capacità di crescita delle PMI; consolidamento del dialogo e della consultazione delle PMI.
L’8 ottobre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Piccole, ecologiche e competitive – un programma inteso ad aiutare le piccole e medie imprese a conformarsi alla normativa ambientale (COM(2007) 379)”. Consapevole dell’elevato livello di pressione che affligge le piccole imprese, la Commissione europea intende adoperarsi per venire loro incontro con un programma che intende aiutare le PMI a ottemperare ai propri obblighi e a migliorare il proprio rendimento ambientale.
La Commissione ha presentato, il 31 ottobre 2007, la comunicazione “Aumentare la crescita della produttività: punti chiave della relazione sulla concorrenzialità europea per il 2007” (COM(2007)666), incentrata sulla produttività, considerata il motore essenziale della concorrenzialità e del benessere a lungo termine.
Il 21 dicembre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Mercati di punta: un’iniziativa per l’Europa” (COM(2007)860) intesa a promuovere rapidamente la nascita e lo sviluppo di sei mercati di punta in cui l’Europa ha la possibilità di diventare leader mondiale.
L'”iniziativa mercati di punta per l'Europa”[92] della Commissione individua i settori in cui le autorità pubbliche europee possono agevolare l'innovazione guidata dall'industria proponendo, per ognuno di essi, piani d’azione intesi a: creare quadri giuridici e normativi favorevoli, sostenere la ricerca, fissare standard, migliorare l'accesso al capitale di rischio nonché promuovere appalti pubblici per beni e servizi innovativi.
L’iniziativa della Commissione mira a favorire, in una prima fase, lo sviluppo di sei mercati a forte valore economico in termini di fatturato e di occupazione:
- eSalute (salute on line);
- tessili tecnici;
- edilizia sostenibile;
- bio-prodotti;
- riciclaggio dei prodotti;
- energie rinnovabili;
La Commissione annuncia, altresì, l’impegno a lanciare consultazioni con le parti interessate e a pubblicare una comunicazione sull’approccio ai mercati di punta entro il 2009.
Per consentire alle PMI di operare in modo più efficace nel mercato unico, il Consiglio pone l’accento sulle seguenti azioni:
- rapido esame da parte del Consiglio dell’imminente iniziativa per una normativa sulle piccole imprese che stabilisca un approcci integrato nell’intero ciclo di vita delle PMI;
- introduzione, ove giustificato e previo esame analitico dell’acquis comunitario, di esenzioni per le PMI dai requisiti amministrativi della legislazione dell’UE,
- rafforzamento del sostegno a favore delle PMI innovative che effettuano attività di ricerca ad alto potenziale di crescita;
- ulteriore agevolazione dell’accesso ai finanziamenti anche attraverso gli strumenti finanziari dell’UE esistenti;
- agevolazione di una maggiore partecipazione delle PMI innovative ai poli e negli appalti pubblici.
Come indicato nel programma di lavoro della Presidenza slovena e ribadito da ultimo in occasione del Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008, la conclusione di un accordo ambizioso, globale ed equilibrato nell’ambito dell’Agenda di Doha per lo sviluppo[93] rimane una priorità dell’Unione europea.
Si segnala che i negoziati di Doha per lo sviluppo, sospesi nel luglio 2006[94], sono ripresi sulla base delle proposte avanzate nel luglio 2007 dai presidenti dei gruppi negoziali sui prodotti agricoli e sui prodotti industriali. Il Consiglio affari generali e relazioni esterne, nella sua riunione del 10 marzo 2008, dopo essere stato informato dal commissario europeo al commercio, Mandelson, sull’andamento dei negoziati, ha ribadito la necessità di giungere ad un risultato equilibrato su tutti i punti principali dell'agenda, ivi compresi indicazioni geografiche e servizi, conformemente alle direttive negoziali precedentemente stabilite[95], e ha chiesto ai partner di contribuire ai negoziati in maniera significativa, in funzione del loro livello di sviluppo.
Il 16 dicembre 2005 la Commissione europea ha presentato una proposta di regolamento relativa all’indicazione del paese di origine di taluni prodotti importati da paesi terzi (COM (2005)661).
Attualmente sulla maggior parte dei prodotti commercializzati nell’Unione europea non vi è l’obbligo di indicare il nome del paese di origine. La proposta di regolamento prevede dunque l’introduzione di un sistema di marchio di origine obbligatorio: tale sistema riguarda un certo numero di settori che lo ritengono vantaggioso ed è applicabile esclusivamente alle merci importate.
La proposta è in attesa di essere esaminata dal Consiglio che, in base all’articolo 133, paragrafo 2, TCE, delibera senza l’obbligo di acquisire il parere del Parlamento europeo.
Si segnala che sull’argomento si è comunque espresso il Parlamento europeo che il 25 ottobre 2007 ha approvato una dichiarazione scritta con la quale chiede agli Stati membri di adottare senza indugio la proposta di regolamento, sottolineando che ciò è nell'interesse dei consumatori, dell'industria e della competitività nell'Unione europea[96].
Nell’ambito delle iniziative adottate per favorire la competitività esterna, si ricorda che il 18 aprile 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Europa Globale: un partenariato rafforzato per assicurare l'accesso ai mercati per gli esportatori europei” (COM (2007) 183). Questa strategia, volta ad abbattere le barriere commerciali estere e ad assicurare nuove opportunità di esportazione, si inserisce nel nuovo quadro di politica commerciale inaugurato dalla Commissione con la comunicazione del 4 ottobre 2006 “Europa globale – competere nel mondo”[97]. Il fulcro di questa nuova strategia[98] è costituito da un nuovo partenariato decentrato tra la Commissione, gli Stati membri e le aziende attive sul terreno nei paesi terzi in cui l'esperienza locale agevola l'identificazione e il superamento delle barriere commerciali.
Nel corso del 2008 è prevista la conclusione degli Accordi di partenariato economico (APE) tra l’Unione europea e gli Stati aderenti all’Accordo di Cotonou[99]. Tali accordi sono destinati a sostituire le previsioni in materia di commercio e sviluppo contenute nell’Accordo perché queste ultime rappresentano una deroga temporanea alle regole dell’Organizzazione mondiale del commercio.
I negoziati sono stati aperti ufficialmente a settembre 2002 a Bruxelles. Dopo una prima fase di colloqui con tutti i paesi ACP, che ha portato il 2 ottobre 2003 ad un’intesa preliminare sui temi generali, sono stati avviati negoziati a livello regionale, che si sono conclusi in via definitiva soltanto con i paesi dei Caraibi[100]. Essendo la deroga scaduta con il 1° gennaio 2008 e in assenza di un’alternativa compatibile con le regole dell’OMC, a fine 2007 la Commissione ha siglato APE ad interim con l’obiettivo di trasformarli nel corso del 2008 in accordi complessivi e definitivi.
La Commissione ha in più occasioni sottolineato che l’innovazione è una delle risposte principali alle concrete preoccupazioni dei cittadini circa il loro futuro e che l’Europa non può competere nel nuovo ordine economico trasformato dalla globalizzazione se non diventando più inventiva, rispondendo meglio alle esigenze e alle preferenze dei consumatori e innovando di più.
Il Consiglio europeo del 13 e 14 marzo 2008 ha ribadito che un fattore fondamentale per la crescita futura è il pieno sviluppo del potenziale d’innovazione e di creatività dei cittadini europei basato sulla cultura europea e l’eccellenza in campo scientifico. Ritiene l’attuazione dell’ampia strategia dell’innovazione essenziale per realizzare le ambizioni dell’UE al riguardo. Ritiene, nel contempo, necessari ulteriori sforzi, anche nel settore privato, per potenziare e rendere più efficaci gli investimenti nella ricerca, nella creatività, nell’innovazione e nell’istruzione superiore e conseguire l’obiettivo del 3% degli investimenti nel settore ricerca e sviluppo.
Il Consiglio europeo ha evidenziato le azioni in merito alle quali esorta gli Stati membri e la Comunità a progredire rapidamente.
La Commissione ha presentato, il 13 settembre 2006, la comunicazione “Mettere in pratica la conoscenza: un’ampia strategia dell’innovazione per l’UE” (COM(2006)502). Si tratta di un programma concernente un’azione a livello nazionale ed europeo destinata a promuovere l’innovazione come stimolo principale dell’economia europea,[101] articolato in dieci azioni prioritarie:
- definizione di sistemi di insegnamento favorevoli all’innovazione;
- creazione di un Istituto europeo per la tecnologia;
- costituzione di un mercato del lavoro unico per i ricercatori;
- rafforzamento delle connessioni tra ricerca e industria;
- promozione dell’innovazione regionale nel quadro dei nuovi programmi di politica di coesione;
- riforma della regolamentazione degli aiuti di Stato in materia di ricerca e sviluppo tecnologico e di innovazione e miglioramento degli orientamenti per gli incentivi fiscali in questo settore;
- rafforzamento della protezione dei diritti di proprietà intellettuale;
- prodotti e servizi numerici – iniziativa concernente il percepimento dei diritti d’autore;
- messa a punto di una strategia per i mercati pilota favorevoli all’innovazione;
- incentivi all’innovazione attraverso gli appalti.
Il 28 marzo 2008 la Commissione ha presentato la proposta di decisione relativa all’Anno europeo della creatività e dell’innovazione (2009) (COM(2008) 159): l’obiettivo generale consiste nel promuovere la creatività per tutti in quanto motore dell’innovazione e fattore chiave dello sviluppo di competenze personali, professionali, imprenditoriali e sociali grazie all’apprendimento permanente.
Nel quadro della strategia dell’UE per la crescita e l’occupazione, la Commissione e il Consiglio dell’Unione europea hanno ravvisato nella normalizzazione uno degli strumenti fondamentali per promuovere maggiormente l’innovazione. In tale prospettiva, l’11 marzo 2008 la Commissione ha presentato la comunicazione “Verso un maggior contributo della normalizzazione[102] all’innovazione in Europa” (COM(2008) 133), che pone l’accento su un maggior contributo della normalizzazione all’innovazione e alla competitività, individuando le principali sfide, indicando obiettivi concreti di normalizzazione e di applicazione delle norme, nonché facendo il punto sugli sforzi in corso e sulle azioni proposte che le parti interessate competenti e la Commissione dovranno intraprendere.
Il 4 aprile 2007 la Commissione ha presentato il libro verde “Lo spazio europeo della ricerca: nuove prospettive” (COM(2007)161), inteso ad aprire un ampio dibattito per definire quali orientamenti e quali misure siano necessarie per completare lo sviluppo dello spazio europeo della ricerca (SER).
Il Libro verde della Commissione prospetta una visione del possibile sviluppo del SER, individuando sei priorità:
- flusso adeguato di ricercatori competenti;
- infrastrutture di ricerca di livello mondiale;
- organismi di ricerca "eccellenti";
- vera condivisione delle conoscenze;
- priorità e programmi di ricerca adeguatamente coordinati;
- apertura dello Spazio europeo della ricerca al mondo.
Nel 2008, la Commissione formulerà proposte in materia sulla base dei risultati della consultazione a cui Il libro verde è stato sottoposto fino al 31 agosto 2007.
Il 18 ottobre 2006 la Commissione ha presentato la proposta di regolamento relativa alla creazione dell’Istituto europeo di tecnologia - IET (COM(2006)604) che si propone di divenire un faro di eccellenza in Europa e un modello di riferimento per ciò che concerne la collaborazione tra università, ricerca e imprese, al fine di rendere l’Europa un’area maggiormente competitiva.
Il 21 gennaio 2008 il Consiglio ha approvato una posizione comune sulla proposta relativa alla creazione dell'IET. L’11 marzo 2008 il Parlamento europeo, in seconda lettura, ha approvato senza modifiche la posizione comune del Consiglio in vista dell'adozione formale definitiva del provvedimento da parte del Consiglio. Per ciò che concerne il finanziamento dell’IET, il 26 novembre 2007 il Consiglio, approvando in seconda lettura il progetto di bilancio dell’Unione europea per il 2008, ha assegnato all’Istituto europeo di tecnologia una dotazione di 309 milioni di euro di stanziamenti d'impegno per il periodo 2008-2013. Come più volte auspicato dalla Commissione e dal Consiglio europeo, gli accordi raggiunti potrebbero consentire di raggiungere l’operatività dell’IET in tempi brevi.
Il settimo programma quadro per la ricerca (2007-2013) (7PQ), istituito con decisione n. 1982/2006/CE del 18 dicembre 2006, è strutturato in quattro programmi specifici, che ricalcano i quattro obiettivi principali della politica europea di ricerca:
- “cooperazione”[103], che prevede il finanziamento dell’intera gamma di azioni di ricerca condotte nell’ambito della cooperazione transnazionale, dai progetti e le reti in collaborazione fino al coordinamento dei programmi di ricerca;
- “idee”[104], che prevede la costituzione di un Consiglio Europeo della Ricerca (CER)[105];
- “persone”[106], che prevede attività a favore della formazione e dello sviluppo delle prospettive di carriera dei ricercatori attraverso le cosiddette “Azioni Marie Curie”;
- “capacità”[107], che prevede il finanziamento degli aspetti chiave delle capacità europee di ricerca e innovazione quali, ad esempio, le infrastrutture di ricerca, la ricerca a vantaggio delle piccole e medie imprese (PMI), i cluster regionali orientati alla ricerca, le attività orizzontali di cooperazione internazionale.
Il settimo programma quadro comprende anche il finanziamento delle azioni dirette del Centro comune di ricerca[108].
Al fine di potenziare al massimo la collaborazione tra i settori pubblico e privato nel campo della ricerca, il 7PQ ha previsto la costituzione di imprese comuni per l’attuazione di iniziative tecnologiche congiunte (ITC), intese a creare partenariati pubblico-privato con il coinvolgimento delle imprese, della comunità della ricerca e delle autorità pubbliche a livello europeo (Stati membri, Commissione).
Il 10 ottobre 2007 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento per la realizzazione di una iniziativa tecnologica congiunta sullo sviluppo delle celle a idrogeno e combustibile (COM(2007)571). Tale iniziativa tecnologica congiunta è tra quelle individuate dal programma specifico "Cooperazione" di attuazione del settimo programma quadro.
La proposta della Commissione, che segue la procedura di consultazione, si aggiunge ai primi quattro regolamenti relativi all’attuazione di ITC adottati formalmente dal Consiglio il 20 dicembre 2007[109].
Il 21 dicembre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Mercati di punta: un’iniziativa per l’Europa” (COM(2007)860) (vedi capitolo Industria, pag.113 ).
Politiche
legislative nei principali Paesi europei
(a cura del Servizio Biblioteca – Ufficio
Legislazione straniera)
La liberalizzazione del mercato dell’elettricità e del gas è stata al centro dell’attenzione del legislatore francese e spagnolo, ivi compresi gli aspetti riguardanti le acquisizioni fra imprese, mentre l’attività del legislatore inglese e tedesco si è concentrata maggiormente sullo sviluppo delle energie alternative e rinnovabili, anche per combattere l’effetto serra.
La Loi n. 2006-686 du 3 juin 2006 relative à la transparence et à la sécurité en matière nucléaire[110] è volta a rafforzare la sicurezza e la trasparenza in questo settore industriale e in particolare a creare un clima di fiducia con la popolazione, in vista degli ambiziosi progetti del nucleare francese.
Nella nozione di sicurezza nucleare rientrano la protezione della popolazione in caso di incidente, la difesa delle installazioni dagli atti di contenuto ostile, il funzionamento delle stesse in condizioni di sicurezza, la protezione delle persone e dell’ambiente dalle radiazioni ionizzanti, il trasporto e lo smaltimento senza rischi dei materiali e rifiuti radioattivi.
Il titolo I sottopone tutte le attività nucleari, sia civili che militari, ad alcuni principi fondamentali, quali il principio di precauzione e quello di informazione.
Il titolo II istituisce una nuova autorità amministrativa indipendente, l’Autorité de sûreté nucléaire. Essa consente una divisione più chiara dei ruoli tra operatori e controllori del settore e agisce sotto l’autorità congiunta dei ministri dell’ambiente e dell’industria.
Il titolo III si occupa della trasparenza e dell’informazione. Esso definisce un nuovo quadro giuridico per le Commissions locales d’information, presenti in ogni area in cui vi siano una o più installazioni nucleari di base, ed istituisce un apposito organismo consultivo, l’Haut comité pour la transparence et l’information sur la sécurité nucléaire.
Infine, il titolo IV detta la disciplina giuridica delle installazioni nucleari di base e del trasporto dei materiali radioattivi. Esso definisce i procedimenti applicabili a queste attività, dalle autorizzazioni per la creazione delle installazioni fino alle autorizzazioni necessarie per il loro smantellamento, ecc. La disciplina introdotta ricalca quella delle installazioni pericolose, dette classées ai fini della protezione dell’ambiente, adattandola tuttavia alle specificità del settore nucleare. Le decisioni più importanti rimarranno, in ogni caso, di esclusiva competenza governativa.
La concentrazione dell’industria francese produttrice di elettricità e di gas, e al tempo stesso la liberalizzazione del mercato dell’energia, sono state oggetto della Loi n. 2006-1537 du 7 décembre 2006 relative au secteur de l’énergie.[111]
Innanzitutto, la legge organizza la fusione fra Gaz de France e Suez, per consentire alla Francia di affrontare le sfide energetiche mondiali, attraverso la creazione di un polo capace di competere con le altre imprese globali.
In un quadro generale di diminuzione della partecipazione dello Stato, questo resterà comunque titolare di specifici diritti e controllerà almeno un terzo del nuovo capitale, corrispondente alla cosiddetta “minoranza di blocco”. Tale partecipazione conferirà allo Stato il diritto di opporsi alle decisioni contrarie agli obiettivi di continuità e sicurezza degli approvvigionamenti. Inoltre dei commissari del governo potranno essere nominati nel nuovo gruppo, in particolare all’interno delle imprese che operano in settori regolamentati. I compiti di servizio pubblico continueranno ad essere imposti anche al nuovo operatore che risulterà dalla fusione, mentre lo Stato conserverà tutte le sue prerogative in materia di definizione e controllo di tali compiti.
Inoltre, la legge in commento permette il recepimento delle direttive comunitarie sull’apertura del mercato dell’energia, in modo da consentire agli utenti di scegliere liberamente i fornitori di gas ed elettricità. Essa mantiene a determinate condizioni la possibilità di beneficiare ancora delle tariffe regolamentate ed istituisce una nuova tariffa specifica per la vendita del gas a beneficio dei più bisognosi, sul modello della tariffa di prima necessità già esistente per l’elettricità.
La Erstes Gesetz zur Änderung des Erneuerbare-Energien-Gesetzes, vom 7. November 2006[112] (Prima legge di modifica della legge sulle fonti rinnovabili di energia) costituisce la prima modifica rilevante alla legge del 21 luglio 2004 sull’incentivazione della produzione di elettricità mediante fonti alternative e rinnovabili.
L’obiettivo del Governo federale è di produrre da tali fonti nel 2020 il 20% di tutta l’energia consumata, al fine di rispettare l’obiettivo percentuale fissato dall’Unione europea per quella data.
La legge del 2004 poneva a carico delle imprese distributrici di energia elettrica all’utente finale l’obbligo di prevedere, nell’ammontare complessivo di energia elettrica da esse acquisita, anche una quota prodotta attraverso fonti rinnovabili, determinata in base al rapporto fra l’ammontare complessivo dell’energia acquisita e l’ammontare complessivo di quella distribuita all’utente finale. In ragione dell’incidenza sui costi di produzione che l’utilizzazione di energia elettrica da fonti alternative comporta, la legge prevedeva una speciale disciplina derogatoria per le imprese distributrici che fossero anche imprese produttrici e per le compagnie di trasporto ferroviario. Tale disciplina derogatoria è stata rafforzata dalla legge di modifica.
Nel testo della legge del 2004 viene inoltre aggiunto un articolo che ridefinisce le funzioni di vigilanza della Agenzia federale per le reti (Bundesnetzagentur), soprattutto per quanto riguarda l’equa ripartizione a livello federale dell’energia elettrica prodotta attraverso fonti rinnovabili e dei relativi maggiori oneri economici.
Il Climate Change and Sustainable Energy Act 2006[113] contiene un ampio spettro di misure a carico delle autorità locali in materia di microgenerazione di energia, efficienza energetica, in particolare degli edifici, e generazione di elettricità da fonti rinnovabili. A carico del Governo è posto, invece, l’obbligo di fornire le informazioni rilevanti sui gas serra, di raggiungere gli obiettivi di efficienza energetica e di attuare la Microgeneration Strategy varata dal governo stesso nel marzo 2006.[114]
In particolare, il Ministro fissa gli obiettivi nazionali per la microgenerazione, che è la produzione di calore e/o di elettricità su piccola scala, attraverso centrali domestiche, situate presso il consumatore, con riduzione di costi e di emissioni. Ai fini del provvedimento le fonti energetiche utilizzabili per la microgenerazione sono la biomassa, il biocarburante, la cella a combustibile, il fotovoltaico, l’energia eolica, quella solare e l’energia geotermica.
Inoltre il Ministro competente può modificare la regolamentazione delle licenze nel settore elettrico, obbligando gli attuali titolari delle stesse ad acquistare dai consumatori l’elettricità derivante dalla microgenerazione che ecceda le loro necessità.
Infine, il Ministro è tenuto a pubblicare una relazione periodica sulla capacità delle cosiddette dynamic demand technologies di contribuire alla riduzione delle emissioni di gas serra nel Regno Unito. Tali tecnologie consentono il controllo e l’adeguamento automatico dei consumi a seconda della capacità di assorbimento della rete distributiva, facilitando la gestione dei picchi di utilizzo.
Presentato alla Camera dei comuni il 10 gennaio 2008, l’Energy Bill[115] propone le disposizioni legislative necessarie per dare attuazione all’Energy White Paper 2007.[116] In particolare, esso intende sviluppare un regime normativo tale da consentire gli investimenti del settore privato nelle nuove modalità di generazione dell’energia elettrica e più in generale nelle infrastrutture energetiche, attraverso la creazione di un’ampia gamma di opzioni di investimento per le imprese.
Fra gli investimenti del settore privato incoraggiati vi sono quelli in progetti per la cattura e l’interramento a grandissime profondità del biossido di carbonio (Carbon Capture and Storage - CCS), che permetterebbero di ridurre fino al 90 per cento le emissioni delle centrali elettriche a carbone. Il progetto di legge definisce inoltre il quadro normativo per l’applicazione di tale tecnologia.
Fra le altre misure proposte figura l’obbligo per le imprese produttrici di energia di coprire con appositi accantonamenti i costi derivanti dallo smantellamento delle centrali nucleari e dallo smaltimento dei rifiuti radioattivi. In altri termini si intende accollare al settore privato tali costi, riducendone in proporzione l’incidenza sul prelievo fiscale generale.
Il provvedimento contiene ulteriori misure volte a rafforzare le cosiddette Renewables Obligations (RO) introdotte nel Regno Unito a partire dal 2002. Si tratta di obblighi a carico delle imprese fornitrici di elettricità, gestiti dall’authority per il mercato dell’elettricità e del gas (OFGEM), volti a produrre una quota annuale prefissata e crescente nel tempo di energia da fonti rinnovabili. Il provvedimento propone l’introduzione di quote differenziate abbinandole anche a tipologie di fonti rinnovabili ancora scarsamente utilizzate nel Regno Unito, in funzione del loro livello tecnico di sviluppo e dei costi ad esse associati.
L’attenzione prevalente del legislatore spagnolo è stata dedicata alla liberalizzazione dell’elettricità e del gas, attraverso la Ley 17/2007, de 4 de julio, por la que se modifica la Ley 54/1997 del Sector Eléctrico, para adaptarla a lo dispuesto en la Directiva 2003/54/CE sobra normas comunes para el mercado interior de la electricidad.[117]
Gli obiettivi del provvedimento sono la non discriminazione nei confronti dei terzi che intendono accedere alle infrastrutture energetiche, nonché l’applicazione al settore delle altre norme sulla concorrenza. Per il completamento del mercato interno dell’elettricità, si disciplinano altresì l’organizzazione e le funzioni dei gestori della rete di trasporto e di distribuzione.
La Ley 54/1997 del Sector Eléctrico, che viene modificata dalla legge in commento, aveva già individuato il regime giuridico delle attività afferenti l’energia elettrica (generazione, trasporto, distribuzione, commercializzazione e scambi intracomunitari e internazionali) nonché le modalità di gestione economica e tecnica del sistema elettrico, nel rispetto di quanto disposto dalle norme comunitarie all’epoca vigenti. L’elemento di novità introdotto dalla direttiva comunitaria 2003/54/CE è quello di consentire la coesistenza di più forme organizzative del sistema elettrico, pertanto la legge in esame si compone di un solo articolo che apporta numerose modifiche alla succitata Ley 54/1997. Per quanto riguarda l’obbligo a carico degli Stati membri di designare un’autorità, indipendente dalle attività di generazione, trasmissione, distribuzione e fornitura di energia elettrica, quale responsabile dell’organizzazione e della sorveglianza del settore, la nuova legge assegna tale compito all’Amministrazione generale dello Stato, alle Comunità autonome e alla Commissione nazionale per l’energia. Quest’ultima aveva peraltro ricevuto importanti poteri in materia di autorizzazione alle partecipazioni societarie in imprese attive nel settore dell’energia attraverso il Real Decreto-Ley 4/2006 del 24 febbraio dello stesso anno.
La configurazione attuale del mercato elettrico spagnolo viene radicalmente riformata attraverso l’eliminazione dell’erogazione a tariffa dal 1° gennaio 2009. Da tale data il mercato sarà liberalizzato e gli utenti potranno scegliere il proprio fornitore.
Il Governo individuerà delle tariffe di ultima istanza (prezzo massimo regolato a livello nazionale dal governo), che potranno essere applicate a partire dal 1° gennaio 2010 solo ai consumatori con erogazione a bassa tensione. Dal 2011 potranno essere assoggettati a tali tariffe solo i consumatori che abbiano contrattato una potenza inferiore a 50 Kw. Il governo designerà altresì i soggetti erogatori di ultima istanza, i quali saranno obbligati a tenere una contabilità differenziata per tale attività rispetto a quella di erogazione sul libero mercato.
Inoltre la legge in esame introduce una differenziazione tra la rete di trasporto primaria e quella secondaria. La prima sarà costituita da linee con tensione nominale pari o superiore a 380 Kw. Tale differenziazione permette di ampliare il ruolo delle Comunità autonome in relazione alle autorizzazioni di installazioni per il trasporto secondario, che non eccedano la competenza territoriale di ogni Comunità.
Con la Loi n. 2006-406 du 5 avril 2006 relative à la Garantie de conformité du bien au contrat due au contrat due par le vendeur au consommateur et à la responsabilité du fait des produits défectueux[118] la Francia ha istituito un nuovo regime della responsabilità del venditore nei confronti del consumatore, per quanto riguarda la garanzia di conformità del bene dovuta dal venditore nei confronti dell’acquirente. Il consumatore francese dispone di un nuovo strumento di tutela, un’azione specifica “di conformità”, fondata sulla nozione di “conformità del bene al contratto” che riunisce quelle di “vizio nascosto” e di “consegna conforme” precedentemente previsti in modo distinto dal diritto francese.
La legge, che recepisce la direttiva comunitaria 99/44/CE, ha precisato i doveri del venditore professionista nei confronti del consumatore, doveri che consistono essenzialmente nella consegna del bene conforme a quanto dichiarato nel contratto di compravendita e nella responsabilità per gli eventuali difetti del bene al momento della consegna. Il venditore o il fabbricante che fornisce una garanzia commerciale al consumatore è tenuto a informarlo dei diritti supplementari di cui dispone a questo titolo e a ricordargli il suo diritto a beneficiare della garanzia legale in ogni stadio della causa.
In caso di difetto di conformità del prodotto il consumatore ha il diritto di scegliere tra la sostituzione o la riparazione del bene o, in via sussidiaria, può domandare la risoluzione del contratto o la riduzione del prezzo pattuito. A rafforzare i diritti del consumatore, l’anteriorità del difetto del bene viene data per presunta nei sei mesi successivi alla consegna del bene.
Nell’ottobre 2007 il legislatore francese è intervenuto anche in materia di lotta alla contraffazione dei prodotti con la Loi n. 2007-1544 du 29 octobre 2007 de lutte contre la contrefaçon[119] che ha recepito la direttiva dell’Unione europea 2004/48/CE relativa al rispetto dei diritti di proprietà intellettuale. Le nuove disposizioni rafforzano gli strumenti giuridici già a disposizione degli attori economici per difendere le loro creazioni e le loro invenzioni e riguardano l’insieme dei diritti di proprietà intellettuale (brevetti, marchi, disegni e modelli) legati alla politica industriale, dei diritti di autore nel campo letterario e artistico e le denominazioni d’origine controllata e le indicazioni geografiche.
Le principali disposizioni della legge riguardano:
§ la creazione di un diritto all’informazione a vantaggio dei titolari dei diritti di proprietà intellettuale. La legge rafforza i poteri investigativi delle autorità giudiziarie allo scopo di risalire e smantellare le reti di produzione e distribuzione dei prodotti contraffatti;
§ il rafforzamento della protezione delle prove della contraffazione (ad esempio attraverso la saisi/contraffaçon, uno specifico sequestro conservativo del materiale trovato in possesso all’imputato per contraffazione) e l’applicazione di misure provvisorie (sequestro conservativo dei beni mobiliari e immobiliari o blocco dei conti bancari) nei confronti dei contraffattori e degli intermediari che immettono sul mercato prodotti contraffatti;
§ la possibilità di ritirare dai circuiti commerciali i prodotti contraffatti e procedere alla loro distruzione, così come è previsto il ritiro e la distruzione dei materiali e degli strumenti necessari alla fabbricazione o alla concezione (ad esempio il software) del prodotto contraffatto.
La legge migliora anche la disciplina del risarcimento dei danni alle vittime: per la valutazione del danno risultante dalla contraffazione, i tribunali potranno infatti prendere in considerazione tutti gli aspetti del danno arrecato, dal mancato guadagno subito dalla parte lesa fino ai benefici ingiustamente realizzati dal contraffattore e al danno morale causato ai titolari del diritto violato.
Per quanto riguarda la correttezza delle relazioni commerciali al servizio dei consumatori la recente Loi n. 2008-3 du 3 janvier 2008 pour le développement de la concurrence au service des consommateurs[120] ha modificato le regole applicabili alle relazioni commerciali tra i fornitori e i distributori.
Le disposizioni della legge del 2008 stabiliscono che il distributore potrà determinare il prezzo di vendita di un prodotto al consumatore detraendo dal prezzo d’acquisto la totalità delle somme che il fornitore gli versa in cambio della promozione dei suoi prodotti (“marges arrière”); in tal modo sarà possibile abbassare il prezzo finale di vendita del prodotto.
Inoltre l’insieme delle relazioni commerciali tra fornitori e distributori sarà definito in un contratto unico per le singole categorie commerciali.
Un’altra novità a tutela dei consumatori introdotta dalla legge riguarda la gratuità del “tempo di attesa” delle chiamate telefoniche ai servizi di “dopo-vendita”, di reclamo o, in generale, di assistenza tecnica.
Infine nel settore delle comunicazioni elettroniche sono state facilitate le condizioni di recesso dai contratti spostando da sette a dieci giorni il periodo per il preavviso e il termine per la restituzione degli anticipi, mentre in materia di servizi bancari la legge ha esteso anche a questo settore la possibilità di ricorrere alla “mediazione” per la soluzione di eventuali controversie.
La nuova regolamentazione del diritto all’informazione dei consumatori introdotta dalla Gesetz zur Neuregelung der Verbraucherinformation, vom 5. November 2007[121] (Legge di riforma delle norme sulle informazioni ai consumatori) si colloca in una più ampia e moderna politica dei consumatori, il cui interesse alle informazioni sui prodotti alimentari è costantemente aumentato negli ultimi anni, così come è salito il numero delle irregolarità, diventate di pubblico dominio, nell’ambito della produzione, dell’immagazzinaggio e della fornitura degli alimenti e del foraggio.
La nuova legge poggia principalmente su due pilastri: da una parte, il diritto dei consumatori di ricevere le informazioni di cui dispongono le competenti autorità federali e locali per il controllo sugli alimenti; dall’altra, il dovere, da parte di tali uffici, di informare il pubblico sui casi rilevanti e gravi menzionando anche il nome del prodotto.
La legge attribuisce al consumatore il diritto al libero accesso a tutti i dati concernenti: le violazioni della legislazione sugli alimenti e sul foraggio e degli atti emanati dalla Comunità europea in tale ambito; i rischi e i pericoli per la salute e la sicurezza dei consumatori derivanti dal consumo di un determinato alimento; la marcatura, l’origine, la qualità, la produzione, nonché il trattamento dei prodotti, le pratiche di imbottigliamento e l’uso di pesticidi.
Le autorità competenti possono negare l’accesso alle informazioni richieste per ragioni connesse alla pubblica sicurezza, in caso di violazione delle norme a tutela dei dati personali, del diritto d’autore e della proprietà intellettuale o in caso di informazioni relative a segreti aziendali o comunque rilevanti per la concorrenza.
La legge modifica il Codice che disciplina il settore alimentare e del foraggio (Lebensmittel - und Futtermittelgesetzbuch) e introduce in particolare disposizioni volte a migliorare il flusso di informazioni tra le autorità penali e gli uffici competenti per il controllo sugli alimenti.
Negli ultimi due anni, anche il Regno Unito ha ampliato la propria legislazione sulla tutela dei consumatori. In particolare nel 2007 il Consumers, Estate Agents and Redress Act 2007[122] ha rafforzato e reso più efficiente la tutela dei consumatori attraverso la creazione di un nuovo organismo nazionale unitario di rappresentanza dei consumatori, il National Consumer Council. La nuova legge ha introdotto inoltre forme di risarcimento nei settori dei servizi postali, dell’energia e delle agenzie immobiliari ed ha migliorato la disciplina degli agenti immobiliari e della vendita a domicilio (doorstep).
Il testo riguarda in particolare tre aree specifiche della tutela dei consumatori:
§ la rappresentanza dei consumatori – le disposizioni della legge rafforzano la rappresentanza dei consumatori attraverso l’unificazione dei precedenti National Consumer Council, Energywatch e PostWatch in un unico organismo di tutela, il National Consumer Council;
§ le forme di risarcimento nei settori dell’energia e dei servizi postali – la legge introduce procedure specifiche per la soluzione delle controversie con i consumatori e forme di compensazioni risarcitorie, ove garantite; “piani di risarcimento” (redress schemes) saranno messi a punto dagli stessi fornitori nei settori dell’energia e dei servizi postali (e del settore “acqua”, al quale la disciplina verrà estesa dopo opportuna consultazione forse già dal 2008);
§ il Consumer Voice – la legge estende il “Consumer Direct” (servizio di assistenza telefonica e on line finanziato dal governo inglese per fornire informazioni e consulenza su temi riguardanti i consumatori) anche alle richieste d’informazioni e ai reclami da parte dei consumatori nei settori del gas, dell’energia elettrica e dei servizi postali.
Per quanto riguarda gli agenti immobiliari[123] le disposizioni approvate prevedono maggiori opportunità di valutare l’idoneità di un agente immobiliare all’esercizio della professione da parte dell’Office of Fair Trading (OFT) che avrà anche maggiori poteri di ispezione sulle attività degli agenti, obbligati a tenere e conservare per sei anni i fascicoli sulle operazioni condotte per i loro clienti. Un Ombudsman indipendente deciderà su tutte le controversie nel Regno Unito tra agenti e acquirenti o venditori di proprietà residenziali.
Infine in materia di vendita a domicilio la legge estende anche alle visite a domicilio “su richiesta” alcune forme di tutela quali il diritti alla cancellazione della visita e alla previsione di un periodo di “ripensamento” (cooling off period).
Anche la Spagna è intervenuta più volte negli ultimi due anni in materia di tutela dei consumatori. Con la Ley 44/2006, de 29 de diciembre, de mejora de la protección de consumidores y usuarios[124] ha dato esecuzione alla sentenza del 9 settembre 2004 della Corte di Giustizia dell’UE, che ha condannato il Regno di Spagna per inadempimento degli obblighi disposti dalla direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori per quanto riguarda l’applicazione del principio dell’interpretazione più favorevole per il consumatore, ammessa nel diritto comunitario solo per le azioni individuali e non per quelle collettive.
Le altre disposizioni della legge riguardano:
§ il divieto di clausole contrattuali che impongano al consumatore vincoli a carattere oneroso o sproporzionati per l’esercizio dei diritti riconosciuti dal contratto, quali l’imposizione di termini che abbiano una durata eccessiva o che escludano o ostacolino il diritto del consumatore a porre fine al contratto (sulla base della direttiva 2005/29/CEE relativa alle pratiche commerciali sleali);
§ l’informazione precontrattuale obbligatoria che dovrà essere resa accessibile al consumatore in forma gratuita e senza costi aggiuntivi.
§ l’irrinunciabilità dei diritti previsti dalla legge in favore dei consumatori, con la conseguente nullità di tutti i patti che contravvengono a tale principio.
§ la disciplina delle associazioni dei consumatori, che operano a livello nazionale o in più di una Comunità Autonoma.
In materia di servizi finanziari la Ley 22/2007, de 11 de julio, sobre comercialización a distancia de servicios financieros destinados a los consumidores[125] ha completato il recepimento della direttiva 2002/65/CE relativa alla commercializzazione a distanza di servizi finanziari, già parzialmente recepita dalla Ley 34/2003 sui servizi assicurativi privati.
La legge prevede un regime rigoroso di informazioni che il fornitore del servizio deve mettere a disposizione del consumatore in relazione al fornitore stesso, al servizio finanziario offerto e al contratto a distanza vero e proprio prima della stipula del contratto e la possibilità di recedere dal contratto entro un dato termine, per semplice volontà del sottoscrittore.
La legge si applica a tutti i contratti relativi a servizi finanziari prestati, negoziati e stipulati a distanza, erogati da istituti di credito, da società di investimento, di assicurazioni, di gestione di fondi pensione e di servizi finanziari in genere. Viene sancita l’irrinunciabilità dei diritti riconosciuti dalla legge stessa a favore dei consumatori.
Le informazioni dovranno essere fornite in forma cartacea o su supporto duraturo accessibile al consumatore con sufficiente anticipo rispetto alla stipula del contratto.
Per quanto riguarda in particolare il diritto di recesso, la legge fissa un termine di quattordici giorni per recedere dal contratto a distanza senza dover indicare i motivi e senza alcuna penalizzazione, esclusi i casi espressamente previsti dalla legge in cui il diritto di recesso non si applica. Tale termine è esteso a trenta giorni per i contratti a distanza aventi ad oggetto assicurazioni sulla vita. Il termine per l’esercitare il diritto di recesso decorre dalla data di conclusione del contratto oppure dalla data in cui il consumatore riceve le condizioni contrattuali e le informazioni richieste dalla legge stessa, se tale data è successiva.
Mercato dell’energia elettrica
A partire dalla fine degli anni novanta, con l'adozione dei decreti legislativi di recepimento delle direttive comunitarie sull'energia elettrica e il gas (n.96/92/CE e n. 98/30/CE), sono state poste le basi per la progressiva apertura dei mercati energetici.
In particolare, con l’obiettivo di fondo di ridurre i differenziali di prezzo rispetto agli altri Paesi europei, i provvedimenti erano volti a promuovere il superamento, quand’anche con modalità e tempi tali da assicurare la necessaria gradualità dei processi, delle situazioni di monopolio pubblico che caratterizzavano gli assetti dei mercati energetici in Italia.
Con riferimento al settore elettrico sono state, innanzitutto, sostanzialmente liberalizzate le attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia. Successivamente è stata avviata la ristrutturazione dell’ENEL, con la separazione della proprietà della rete nazionale dalla sua gestione e l’affidamento dell’attività di trasmissione e dispacciamento a un ente di gestione di diritto pubblico chiamato ad operare secondo principi di neutralità e imparzialità. Quanto alla posizione dominante dell’operatore pubblico, a fronte dell’introduzione del divieto di controllo di più del 50% della capacità complessiva di importazione e produzione nazionale, l’ENEL è stata chiamata a cedere, entro il 1° gennaio 2003, almeno 15.000 Kw della propria capacità.
Il processo di liberalizzazione è proseguito nel corso della XIV legislatura ed è stato oggetto di diversi interventi legislativi, rivolti essenzialmente ad assicurare un assetto concorrenziale del mercato dell'energia.
Il completamento di tale processo ha costituito - insieme alla definizione delle competenze di Stato e Regioni in materia energetica[126] - uno dei principali obiettivi della legge di riordino del settore (L. 239/2004[127]). La leggeha confermato il processo di liberalizzazione delle attività di produzione, importazione, esportazione, acquisto e vendita di energia ai clienti finali, nel rispetto degli obblighi di servizio pubblico derivanti dalla normativa comunitaria e dalla legislazione vigente. La concessione delle attività di trasporto e di dispacciamento, con l'obbligo di connessione di terzi secondo criteri di trasparenza ed imparzialità, dapprima affidata al Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN) è stata successivamente trasferita alla società Terna, proprietaria della rete di trasporto nazionale (con il DPCM 11 maggio 2004)[128] con la previsione della riduzione da parte di ENEL della propria partecipazione in detta società ad una quota non superiore al 20%. L’attività di distribuzione continua ad essere svolta dalle imprese distributrici titolari di concessioni, rilasciate dall’allora Ministero delle attività produttive nel maggio 2001, ed aventi scadenza il 31 dicembre 2030.
Nel corso dell’iter di approvazione della legge 230/04, il quadro comunitario di riferimento del settore energetico si è andato innovando con le direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE,recanti norme relative all'apertura dei mercati per l'elettricità e il gas nella UE. L’obiettivo delle direttive - in parte recepite nella richiamata legge di riordino del settore energetico – è quello di aprire il mercato alla concorrenza continuando a mantenere però la qualità e l'universalità dei servizi, nonchè garantire la tutela dei consumatori vulnerabili e la sicurezza nell'approvvigionamento.
Nell’aprile del 2004 si è aperta una nuova fase del processo di liberalizzazione con l’avvio - in analogia a quanto già avveniva in altri Paesi europei - del mercato elettrico (IPEX - Italian Power Exchange). Il mercato, consistente in un luogo virtuale in cui ogni giorno produttori e acquirenti si incontrano per vendere e comprare energia e affidato al Gestore del Mercato (GME) nel contesto della liberalizzazione del settore elettrico, è stato creato in risposta alle esigenze di stimolare la concorrenza nelle attività di produzione e di vendita e di favorire la massima efficienza nella gestione del dispacciamento dell'energia elettrica[129].
L’azione governativa a favore del completamento del processo di liberalizzazione del settore energetico è proseguita anche con l’avvio della XV legislatura, quando il Governo ha presentato al Senato un disegno di legge (AS 691) recante un’ampia delega sulla materia, nonché per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili (il cui esame si è, tuttavia, interrotto con la fine della legislatura).
Talune disposizioni del provvedimento governativo - in particolare sulle tematiche del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili – hanno trovato anticipazione nella legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296) (vedi i capitoli Mercato dell’energia elettrica, pag.
Con il decreto-legge n. 73 del 2007[130] sono state adottate – con decorrenza 1° luglio 2007 - misure immediate per tutelare l’utenza in vista del completo recepimento della direttiva 2003/54/CE di liberalizzazione del mercato elettrico.
La stessa direttiva ha infatti previsto l’adozione da parte degli Stati membri di misure adeguate in grado di consentire ai clienti domestici del mercato elettrico di scegliere liberamente il proprio fornitore a partire dal 1° luglio 2007.
L’emanazione del decreto-legge si è resa necessaria in quanto l’iter al Senato del disegno di legge recante delega al Governoper il completamento della liberalizzazione dei settori dell’energia elettrica e del gas, nonché per il rilancio del risparmio energetico e delle fonti rinnovabili (AS 691), non ha consentito il recepimento in tempo utile delle disposizioni della citata direttiva.
Il Governo ha ritenuto pertanto necessario adottare misure urgenti per tutelare l’utenza nella fase di passaggio, anche al fine di evitare sanzioni allo Stato italiano da parte dell’Unione europea (parere motivato della Commissione del 12 dicembre 2006).
Il decreto-legge è stato, pertanto, adottato in modo da prevenire una nuova procedura di infrazione, inevitabile in caso di mancato tempestivo recepimento della direttiva sulla totale apertura del mercato a partire dal 1° luglio 2007.
Il decreto-legge, con il quale il Governo ha inteso conformarsi pienamente agli indirizzi dell’Unione Europea, tutelando nel contempo la domanda nel delicato processo di passaggio al mercato libero, prevede in sintesi:
§ regole di trasparenza per l’avvio del mercato per i clienti domesticiche contemplano l’obbligo di separazione societaria tra attività di vendita ed attività di distribuzione di energia elettrica, nonché la separazione funzionale tra la gestione delle infrastrutture dei sistemi elettrico e del gas naturale ed il resto delle attività, estesa anche all’attività di stoccaggio del gas (comma 1);
§ un regime di tutela per i clienti domestici che dal 1° luglio 2007 possono recedere dal preesistente contratto di fornitura di energia elettrica come clienti vincolati, secondo modalità stabilite dall’AEEG e scegliere un fornitore diverso dal proprio distributore (comma 2);
§ un regime di maggior tutela per i clienti domestici e le PMI che non scelgono un nuovo fornitore, consistente nella garanzia dell’erogazione del servizio di fornitura da parte dell’impresa di distribuzione e nella continuità dello svolgimento della funzione di approvvigionamento da parte dell’Acquirente Unico, mantenendo al contempo le stesse garanzie (comma 2);
§ l’adozione, da parte del Ministero dello sviluppo economico, di propri provvedimenti volti a promuovere la piena attuazione dell’art. 3, comma 3, della direttiva 2003/54, allo scopo di rafforzare la posizione di mercato sia dei clienti civili che delle piccole e medie utenze attraverso l’associazione - su base volontaria - della rappresentanza dei suddetti utenti (comma 2 bis);
§ l’adozione con DM di disposizioni concernenti la cosiddetta “tariffa sociale” riservata ai consumatori domestici di elettricità in condizione di disagio economico o sanitario; la salvaguardia dei poteri di vigilanza e di intervento ex post dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) a tutela dei diritti degli utenti, anche in caso di verificati e ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni del servizio per i clienti che non hanno ancora esercitato il diritto di scelta (comma 3);
§ un servizio di salvaguardia per gli altri clienti non domestici (imprese con oltre 50 dipendenti che, di fatto, non hanno ancora lasciato il mercato vincolato) che non scelgono un nuovo fornitore di energia elettrica e per chi transitoriamente dovesse rimanere senza fornitore, svolto temporaneamente dalle imprese di distribuzione o dalle loro società di vendita a condizioni e prezzi non discriminatori, individuate dal Ministero dello sviluppo economico attraverso procedure concorsuali (comma 4);
§ l’obbligo di informazione trasparente sul mix energetico utilizzato per la produzione dell’energia fornita da partedei fornitori di energia elettrica nei confronti dei loro i clienti finali, nonché delle fonti informative disponibili sull’impatto ambientale della produzione, secondo modalità operative che saranno definite dal Ministero, su proposta dell’AEEG (comma 5);
§ l’adozione di iniziative, da parte del Ministero dello sviluppo economico, per la sicurezza del sistema elettrico e la confrontabilità dei prezzi ai clienti finali, anche attraverso la definizione di standard minimi di informazione cui si può accedere attraverso la bolletta elettrica (comma 6);
§ la semplificazione, con regolamenti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, delle procedure per l’accesso da parte delle pubbliche amministrazioni a finanziamento tramite terzi, favorendone il ricorso a servizi energetici volti all’efficienza energetica (comma 6-bis).
Il decreto-legge prevede l'obbligo di separazione societaria tra le imprese di distribuzione di energia elettrica e le imprese che svolgono attività di vendita, applicabile solo alle imprese le cui reti alimentano almeno 100.000 clienti finali. L’obbligo ha efficacia a partire dal 1° luglio 2007.
A tali imprese di distribuzione - svolgenti attività di vendita al 30 giugno 2007 - è stato concesso un periodo transitorio di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto (fino al 15 dicembre 2007) per l’adeguamento. Entro tale termine sono tenute alla costituzione di una o più apposite società per azioni alle quali trasferire i beni e i rapporti, le attività e le passività relativi all'attività di vendita.
Secondo una nota illustrativa del Ministero dello sviluppo economico, la prevista separazione societaria garantisce la neutralità nella gestione della rete che è utilizzata da tutti i venditori senza asimmetrie informative e, quindi, favorisce lo sviluppo di una piena concorrenza sul lato dell'offerta. Tale separazione consente inoltre di evitare che le società di distribuzione di energia elettrica trasferiscano alle società di vendita che a loro fanno capo il proprio portafoglio clienti, impedendo così un'offerta plurale in regime di concorrenza.
All'Autorità per l'energia elettrica ed il gas (AEEG) sono demandate due funzioni:
a) l'adozione di disposizioni per la separazione funzionale;
b) la definizione delle modalità per garantire l'accesso tempestivo e non discriminatorio ai dati di misura da partedelle imprese di distribuzione di energia elettrica o di gas naturale.
L'adozione di disposizioni per la separazione funzionale, come previsto dalle direttive 2003/54/CE e 2003/55/CE, secondo la relazione del Governo al disegno di legge di conversione del DL 73/07, rafforza una gestione indipendente e trasparente delle infrastrutture.
Gli obblighi di separazione funzionale per il settore elettrico previsti dalla direttiva 2003/54/CE concernono la trasmissione e la distribuzione[131].
L'articolo 10 prevede in particolare che il gestore del sistema di trasmissione di energia elettrica[132], qualora faccia parte di un'impresa verticalmente integrata[133], sia indipendente - almeno sotto il profilo della forma giuridica, dell'organizzazione e del potere decisionale - dalle altre attività non connesse alla trasmissione. Tali norme non comportano l'obbligo di separare la proprietà. Un'analoga previsione è contenuta nell'articolo 15 della stessa direttiva con riferimento al gestore del sistema di distribuzione dell'energia elettrica[134]. Secondo tali norme, qualora il gestore del sistema di trasmissione sia parte di un'impresa verticalmente integrata, deve essere indipendente da altre attività non connesse alla distribuzione per quanto riguarda l'organizzazione e l'adozione di decisioni. Al fine di conseguire l’indipendenza del gestore, l'articolo 15, par. 2, prevede che si applichino i seguenti criteri minimi:
- i responsabili della gestione del sistema di distribuzione non possono far parte di strutture societarie dell'impresa elettrica integrata, le quali siano responsabili, direttamente o indirettamente, della gestione ordinaria delle attività di generazione, trasmissione, fornitura[135] di elettricità;
- l’adozione di misure idonee ad assicurare che gli interessi professionali delle persone responsabili della gestione del sistema di trasmissione siano presi in considerazione;
- il gestore del sistema deve poter disporre di poteri decisionali indipendenti dall’impresa elettrica integrata, in relazione alle installazioni necessarie alla gestione, manutenzione e sviluppo della rete;
- la predisposizione da parte del gestore di un programma di adempimenti contenente le misure adottate per escludere comportamenti discriminatori e garantire che ne sia adeguatamente controllata l'osservanza. L’organo responsabile del controllo del programma presenta, annualmente, all’autorità di regolamentazione una relazione sulle misure adottate.
Per quanto riguarda la separazione dei gestori di distribuzione, l'ultimo comma del par. 2 dell'articolo 15 dà facoltà agli Stati di escludere l'applicabilità delle disposizioni sulla separazione alle imprese che riforniscono meno di 100.000 clienti allacciati o che riforniscono piccoli sistemi isolati.
Va segnalato, infine, che l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas ha pubblicato il 24 gennaio 2007 la delibera n. 11/2007[138], con la quale è stato approvato il Testo integrato delle disposizioni dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas in materia di separazione amministrativa e contabile (unbundling) per le imprese operanti nei settori dell'energia elettrica e del gas". La Parte IV del Testo integrato è dedicata alla separazione funzionale. Nell'adottare tale delibera l'AEEG ha richiamato l’articolo 2, comma 12, lettera f), della legge n. 481/1995[139], ai sensi del quale l’Autorità emana le direttive per la separazione contabile e amministrativa e verifica i costi delle singole prestazioni per assicurare, tra l’altro, la loro corretta disaggregazione e imputazione per funzione svolta al fine di impedire la sussidiazione incrociata tra attività. La delibera 11/2007 è stata integrata dalla delibera 253/07.
All’Autorità per l’energia elettrica e il gas compete, altresì, come anticipato, la definizione delle modalità con cui le imprese di distribuzione di energia elettrica o di gas naturale garantiscono l'accesso tempestivo e non discriminatorio ai dati di misura relativi ai consumi dei clienti connessi alla propria rete, strettamente necessari per la formulazione delle offerte commerciali e la gestione dei contratti di fornitura. Tale diritto di accesso deve essere garantito nel rispetto delle esigenze di privacy e riferito ai dati dell’ultimo anno derivanti dai sistemi informativi e dall'attività di misura, relativi ai consumi[140].
Secondo la citata nota pubblicata dal Ministero dello sviluppo economico, in questo modo si evita che le società di vendita appartenenti a gruppi integrati con la distribuzione siano avvantaggiate, rispetto a società non integrate, nella formulazione di opzioni commerciali eliminando una distorsione di mercato derivante dall'asimmetria informativa. Al contrario, assicurando un accesso non discriminatorio ai dati di misura si garantiscono a tutti gli operatori le stesse informazioni consentendo a ciascun venditore in egual modo di costruire un'offerta commerciale vantaggiosa per l'utenza.
A decorrere dal 1° luglio 2007 ai clienti finali domestici è riconosciutoil diritto di recesso dal preesistente contratto di fornitura di energia elettrica, secondo modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas e di scelta di un fornitore diverso dal proprio distributore.
Si segnala, in proposito, che l’AEEG, in data 25 giugno 2007, ha deliberato le nuove norme sul recesso dei contratti di fornitura entrati in vigore a partire dal 1° luglio 2007(del. 144/07)[141].
Per i clienti sono previsti tempi di preavviso differenti a seconda che si eserciti il recesso per uscire dal mercato “vincolato” o per risolvere un contratto già concluso nel libero mercato. Nel primo caso, tutti i clienti che escono dal mercato “vincolato”per la prima volta (consumatori domestici elettrici e tutti coloro che, pur essendo già liberi di scegliere da tempo, non hanno ancora scelto un diverso fornitore) possono recedere con un preavviso di un mese. Nel secondo, invece, i tempi variano a seconda della natura del cliente. Per le famiglie rimane il limite di un mese; per le piccole imprese, passate in precedenza al mercato libero e titolari di contratti per la fornitura di elettricità in bassa tensione o di gas (fino a 200.000 mc/anno) o di contratti annuali, il limite è tre mesi, mentre per le altre imprese i termini di preavviso non possono essere superiori a tre o sei mesi (rispettivamente per contratti annuali o pluriennali), ferma restando la possibilità dei contraenti di negoziare anche termini diversi. Sarà poi il nuovo fornitore a dover direttamente inoltrare il recesso al vecchio venditore.L’invio della comunicazione di recesso da parte del cliente finale è invece prevista nei casi di definitiva cessazione della fornitura. Viene confermato, in dieci giorni, il tempo per l’esercizio del “diritto di ripensamento” per eventuali nuovi contratti sottoscritti. Qualora il cliente finale, anziché un contratto di fornitura, sottoscriva una proposta di contratto, il venditore deve confermare l’accettazione della stessa proposta entro un termine massimo di 45 giorni; in caso contrario la proposta si intende revocata, lasciando libero il cliente di ricercare una nuova offerta. Per i venditori, è previsto un tempo di preavviso non inferiore a sei mesi, superabile solo con l’accordo di entrambe le parti e fatte salve le norme correnti nei casi di morosità. L’esercente può avvalersi del diritto di recesso solo nei confronti dei clienti che hanno scelto il mercato libero e manifestandolo in forma scritta. Dalle nuove regole restano esclusi i contratti per utenze stagionali o ricorrenti, inferiori a dodici mesi.
Per l’energia elettrica, le nuove regole si applicano dal 1° luglio 2007 a tutti i contratti di fornitura stipulati da clienti domestici e da piccole imprese (con meno di cinquanta dipendenti e un fatturato annuo non superiore a dieci milioni di euro) connessi in bassa tensione. Per tutti gli altri clienti l’applicazione è dal 1° ottobre prossimo.
Per il gas, le nuove regole si applicano dal 1° ottobre a tutti i nuovi contratti che saranno stipulati da qualsiasi tipologia di cliente; per i contratti in essere, in occasione del primo rinnovo o entro un anno dalla data di pubblicazione del provvedimento. Ai contratti di fornitura congiunta (dual fuel) si applica la tempistica più favorevole al cliente finale.
Ai clienti domestici non riforniti sul mercato libero che non scelgono un nuovo fornitore, viene garantita l'erogazione del servizio da parte dell'impresa di distribuzione, anche attraverso apposite società di vendita (se ricorrono le condizioni per il rispetto dell’obbligo di separazione societaria), mentre la funzione di approvvigionamento continua ad essere svolta dall'Acquirente Unico Spa.
Ilregime di maggior tutela siapplica “automaticamente” anche alle impreseconnesse in bassa tensione, aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro.
Si ricorda che l'art. 14 del D.Lgs. 79/99[142], come modificato dal comma 30 della citata legge 239/04 (riordino settore energetico), ha previsto, per quanto riguarda il mercato dell'energia elettrica, che a decorrere dal 1° luglio 2007 sia da considerarsi cliente idoneo ogni cliente finale. Esso ha disposto inoltre che i clienti vincolati che alla data previste diventano idonei hanno diritto di recedere dal preesistente contratto di fornitura, come clienti vincolati, con modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas. Qualora tale diritto non sia esercitato, la fornitura ai suddetti clienti idonei continua ad essere garantita dall'Acquirente unico Spa.
L'articolo 4 del D.Lgs. n. 79/99 ha previsto la costituzione, da parte del gestore della rete di trasmissione nazionale di energia elettrica, della società per azioni "Acquirente Unico" che ha il compito di assicurare ai clienti vincolati la fornitura di energia elettrica a prezzi competitivi in condizioni di continuità, sicurezza ed efficienza del servizio, in modo da far usufruire a tali consumatori i benefici connessi alla liberalizzazione del settore, nonché di parità del trattamento, anche tariffario. Attualmente l'Acquirente Unico è di proprietà del GSE (Gestore dei servizi elettrici) a sua volta di proprietà dello Stato, attraverso il Ministero dell'economia e finanze. Il Ministero dello sviluppo economico definisce gli indirizzi a cui l'Acquirente Unico si attiene nell'attività di approvvigionamento, al fine di garantire la fornitura di energia elettrica al mercato vincolato. Con il DM 19 dicembre 2003 è stata affidata all'Acquirente Unico a decorrere dal 1° gennaio 2004 la titolarità delle funzioni di garante della fornitura di energia elettrica destinata ai clienti del mercato vincolato.
Al riguardo, l'AEEG nella segnalazione 19/2007 del 15 maggio afferma che: "appare difficilmente compatibile con la Direttiva la previsione, attualmente prevista dalla normativa italiana, che per tutti i clienti finali (di qualunque tipologia e dimensione) che non esercitano il recesso, la fornitura continui (ad libitum) ad essere assicurata dall'Acquirente Unico."
Due sembrano i profili innovativi del regime di garanzia:
§ l'obbligo di erogare il servizio in caso di mancata scelta a carico delle imprese di distribuzione, anziché dell'Acquirente Unico;
§ la restrizione dei beneficiari di tale servizio di ultima istanza ai soli utenti domestici e alle piccole imprese.
Da parte del Ministero dello sviluppo economico si prevede l’adozione di provvedimenti volti a promuovere la piena attuazione dell’art. 3, par. 3, della direttiva 2003/54, allo scopo di rafforzare la posizione di mercato sia dei clienti civili che delle piccole e medie utenze attraverso l’associazione - su base volontaria - della rappresentanza dei suddetti utenti.
L’articolo 3 della direttiva (vedi oltre) all’ultimo periodo del paragrafo 3 specifica che le disposizioni della direttiva non ostano a che gliStati membri rafforzino la posizione di mercato dei clienti civili e della piccola e media utenza, promuovendo la possibilità di associazione su base volontaria ai fini della rappresentanza di tale categoria di utenti.
In linea con le previsioni della direttiva 2003/54/CE che sancisce il diritto dei clienti a fruire del servizio universale, il decreto-legge in commento affida all'Autorità per l'energia elettrica e il gas il compito diindicare condizioni standard di erogazione del servizio e definire transitoriamente, in base ai costi effettivi del servizio, prezzi di riferimento per le forniture di energia elettrica ai clienti domestici e alle piccole imprese e per le forniture di gas naturale ai clienti domestici[143]. Le imprese di distribuzione o di vendita sono tenute a inserire tali prezzi di riferimento nelle proprie offerte commerciali, contemplando anche lapossibilità di scelta tra piani tariffari e fasce orarie differenziati .
L’articolo 3 della direttiva, che impone agli Stati membri taluni obblighi relativi al servizio pubblico e alla tutela dei consumatori, al par. 3 prevede che, se gli Stati membri lo ritengono necessario, le piccole imprese (vale a dire aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo o un totale di bilancio non superiore a 10 milioni di euro) usufruiscono nel rispettivo territorio del servizio universale, cioè del diritto alla fornitura di energia elettrica di una qualità specifica a prezzi ragionevoli, facilmente e chiaramente comparabili e trasparenti. Per garantire la fornitura del servizio universale, gli Stati membri possono designare un fornitore di ultima istanza. Gli Stati membri impongono alle società di distribuzione l'obbligo di collegare i clienti alla rete alle condizioni e tariffe stabilite secondo la procedura di cui all'articolo 23, paragrafo 2.
Si ricorda che nel parere motivato del 12 dicembre 2006, citato dalla relazione al disegno di legge di conversione del DL 73/07, la Commissione europea rileva l'incompatibilità delle disposizioni legislative che impongono ai distributori l'obbligo di fornire elettricità a prezzo regolato a clienti che sono liberi di scegliere il proprio fornitore a partire dal 1° luglio 2004. Si tratterebbe di una violazione dell'articolo 3, par. 1, della direttiva nella parte in cui obbliga gli Stati ad astenersi da qualsiasi discriminazione tra le imprese riguardo ai loro diritti od obblighi. La Commissione fa riferimento al comma 30 dell'articolo unico della già ricordata L 239/04 il quale ha inserito all'articolo 14 del D.Lgs. 79/99 i commi da 5-ter a 5-sexies. In particolare, il comma 5-sexies prevede che i clienti vincolati che alle date del 1° luglio 2004 (clienti finali non domestici), 28 settembre 2004 (clienti finali con consumi superiori a 0,05 GWh) e 1° luglio 2007 (tutti i clienti finali) diventano idonei hanno diritto di recedere dal preesistente contratto di fornitura. Tuttavia, il secondo periodo specifica che qualora tale diritto non sia esercitato, la fornitura ai suddetti clienti idonei continua ad essere garantita dall'Acquirente Unico Spa.
Infine, è oggetto di contestazioni l'articolo 1, comma 2, del DM 19 dicembre 2003 (Assunzione della titolarità delle funzioni di garante della fornitura dei clienti vincolati da parte della società Acquirente unico ai sensi dell'art. 4, comma 8, del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79, e direttive alla medesima società) che obbliga i distributori locali ad acquistare l'elettricità per rifornire i clienti del mercato vincolato esclusivamente dall'Acquirente Unico. In tal modo, secondo la Commissione, si impone ai distributori l'obbligo di fornire elettricità a prezzo regolato a clienti che già possono scegliere liberamente il loro fornitore. La Commissione ricorda che se è vero che l'art. 3, par. 2, della direttiva autorizza gli Stati, nell'interesse economico generale, ad imporre alle imprese operanti nel settore dell'energia elettrica obblighi di servizio pubblico, concernenti tra l'altro il prezzo delle forniture, tuttavia tali obblighi devono essere chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili.
Al riguardo, l'obbligo imposto ai distributori locali non sarebbe conforme ad una procedura trasparente e non discriminatoria. Inoltre, tale obbligo è di applicazione generale (si applica a tutti i clienti idonei finché non scelgono un nuovo fornitore). Dato che la sua applicazione non è limitata a determinate categorie di clienti o a casi specifici, ad avviso della Commissione, esso non può considerarsi come un obbligo adottato nell'interesse economico generale. In particolare non varrebbero esigenze di garantire il servizio universale proprio perché esso si applica ad un gruppo di clienti molto più ampio rispetto a quelli che generalmente hanno diritto al servizio universale.
Le disposizioni del decreto-legge, nel restringere il campo dei destinatari del servizio universale ai clienti domestici e alle piccole imprese e nel ridefinire il ruolo di Acquirente Unico, sembrerebbero essere idonee a superare le contestazioni della Commissione europea.
E’ fatta salva l’adozione, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di misure volte a favorire utenti economicamente svantaggiati o, come specificato dalla norma, in particolari condizioni di salute, già contemplate dall’art. 1, comma 375, della legge n. 266/05 (legge finanziaria per il 2006).
Il termine ultimo per l’emanazione del decreto, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e della solidarietà sociale, è fissato in sessanta giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Il richiamato comma 375, art. 1, della legge finanziaria per il 2006, dispone che al fine del completamento del processo di revisione delle tariffe elettriche, con decreto del Ministro delle attività produttive, da adottare d’intesa con i Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, siano definiti i criteri per l’applicazione delle tariffe elettriche agevolate ai soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo in particolare una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere (solo) le famiglie economicamente svantaggiate. Il comma prevedeva l’adozione del decreto citato entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.
La definizione di nuove agevolazioni sociali per i clienti domestici si è resa necessaria ai fini del superamento del sistema in vigore consistente in un sussidio non legato ad alcun criterio di necessità o di condizione sociale, bensì ai soli consumi.
Si segnala in proposito che in data 18 febbraio 2008 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il DM 28 dicembre 2007[144] del Ministero dello sviluppo economico, recante disposizioni concernenti la cosiddetta “tariffa sociale” riservata ai consumatori domestici di elettricità in condizione di disagio economico o sanitario. Il provvedimento, definisce i criteri di accesso a compensazioni del 20% della spesa elettrica. Per l'attuazione vera è propria del meccanismo si attende la delibera di revisione dei meccanismi tariffari su cui è in corso una consultazione dell'Autorità per l'energia, il cui termine ultimo fissato in un primo momento al 31 gennaio 2008 è stato prorogato fino al 29 febbraio 2008, poiché il decreto interministeriale non era stato ancora pubblicato.
Ad oggi l’Autorità non ha ancora provveduto ad emanare il provvedimento finale che dovrà definire il nuovo sistema tariffario alla chiusura della consultazione. Si prevede che, solo nel corso del secondo semestre di quest’anno, saranno rese operative sia le procedure di presentazione delle domande di ammissione, sia il trasferimento dei dati ai distributori elettrici, in maniera tale da attivare concretamente il nuovo sistema tariffario. Per un approfondimento del contenuto del DM 28 dicembre 2007 vedi la scheda Tariffe elettriche agevolate, pag.
Sono fatti salvi i poteri di vigilanza e di intervento dell'Autorità a tutela dei diritti degli utenti, anche nei casi di verificati e ingiustificati aumenti dei prezzi e alterazioni delle condizioni del servizio per i clienti che non hanno ancora esercitato il diritto di scelta[145].
La lettera n) del comma 12 dell'art. 2 della legge 481/1995 assegna all'AEEG il compito di verificare la congruità delle misure adottate dai soggetti esercenti il servizio al fine di assicurare la parità di trattamento tra gli utenti, garantire la continuità della prestazione dei servizi, verificare periodicamente la qualità e l'efficacia delle prestazioni all'uopo acquisendo anche la valutazione degli utenti, garantire ogni informazione circa le modalità di prestazione dei servizi e i relativi livelli qualitativi, consentire a utenti e consumatori il più agevole accesso agli uffici aperti al pubblico, ridurre il numero degli adempimenti richiesti agli utenti semplificando le procedure per l'erogazione del servizio, assicurare la sollecita risposta a reclami, istanze e segnalazioni nel rispetto dei livelli qualitativi e tariffari.
Il comma 20 dell'art. 2 della citata L. 481 prevede che l'Autorità irroghi sanzioni amministrative pecuniarie non inferiori nel minimo a 50 milioni di lire e non superiori nel massimo a 300 miliardi di lire in caso di inosservanza dei propri provvedimenti o in caso di mancata ottemperanza alle richieste di informazioni o a quelle connesse all'effettuazione dei controlli o nel caso in cui le informazioni e i documenti acquisiti non siano veritieri. In caso di reiterazione delle violazioni l'Autorità ha facoltà, qualora ciò non comprometta la fruibilità del servizio da parte degli utenti, di sospendere l'attività di impresa fino a 6 mesi ovvero proporre al Ministro competente la sospensione o la decadenza della concessione. E' prevista inoltre la possibilità di ordinare agli esercenti di cessare comportamenti lesivi dei diritti degli utenti e di imporre la corresponsione di un indennizzo.
Dunque la legge del 1995 prevede specifiche misure sanzionatorie di tipo punitivo (sanzioni amministrative pecuniarie), interdittivo (sospensione dell'attività di impresa) e riparatorio (obbligo di indennizzo) connesse a fattispecie differenziate. Inoltre, la lettera g) del comma 12,art. 2 della stessa legge prevede che l'AEEG controlli lo svolgimento dei servizi con potersi di ispezione, di accesso, di acquisizione della documentazione e delle notizie utili. La lettera a) del comma 24 del medesimo articolo 2 prevede poi che un regolamento governativo definisca le procedure relative alle attività svolte dall'Autorità. Al riguardo è stato emanato il DPR 9 maggio 2001, n. 244[146].
Il decreto-legge 73/07 assicura un servizio di salvaguardia da erogarsi transitoriamente ai clienti finali che risultino temporaneamente senza fornitore di energia elettrica o che non abbiano scelto il proprio fornitore sul mercato libero, i quali autocertifichino di non rientrare nel regime di maggior tutela (ossia di non essere né clienti domestici, né piccole imprese connesse in bassa tensione e aventi meno di 50 dipendenti e un fatturato annuo non superiore a 10 milioni di euro) (art. 1, co. 4).
Il suddetto servizio di salvaguardia è predisposto attraverso procedure concorsuali per aree territoriali e a condizioni che incentivino il passaggio al mercato libero, secondo criteri di gradualità.
In attuazione di quanto disposto dal DL 73, il Ministro dello sviluppo economico ha emanato, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il DM il 23 novembre 2007 recante la disciplina delle modalità e dei criteri per assicurare il servizio di salvaguardia ai clienti che ne abbiano diritto. Successivamente con il decreto ministeriale 8 febbraio 2008, n. 906[147] i termini per l'avvio del servizio di salvaguardia sono stati prorogati al 1° maggio 2008[148].
In via transitoria, fino all'operatività di tale servizio, la continuità della fornitura per tali clienti è assicurata dalle imprese di distribuzione o dalle società di vendita collegate a tali imprese, a condizioni e a prezzi previamente resi pubblici e non discriminatori[149].
La previsione di un servizio di salvaguardia sembrerebbe corrispondere a quanto previsto dall'art. 3, par. 5 della direttiva 2003/54/CE, che impone agli Stati di adottare le misure adeguate per tutelare i clienti finali ed assicurare in particolare ai clienti vulnerabili un'adeguata protezione comprese le misure atte a permettere loro di evitare l'interruzione delle forniture.
Si tratta di un modello già in uso nel settore del gas naturale. Infatti la legge 239/04 di riordino del settore energetico ai commi da 46 a 51 reca misure per la salvaguardia dei clienti finali nel mercato del gas naturale che prevedono:
§ l’intervento dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas per individuare con procedure pubbliche una o più imprese di vendita del gas che si impegnino a formulare offerte di vendita di gas, su richiesta, ad utenti con consumi ridotti, ovvero in talune aree svantaggiate del paese (comma 46);
§ indirizzi stabiliti dal Ministro delle attività produttive in base ai quali è esercitata la fornitura(comma 47);
§ autorizzazione, in via eccezionale - con decreto del Ministero dello sviluppo economico - per le imprese distributrici a svolgere transitoriamente l'attività di vendita ai clienti finali nell'area di loro operatività per motivi di continuità del servizio, o su segnalazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, le imprese distributrici possono essere autorizzate in via. Tale attività è esercitata a condizioni e modalità stabilite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas (comma 49);
§ Il differimento al 31 dicembre 2005 dei compiti di indirizzo e sostitutivi in materia del Ministro delle attività produttive, al fine di garantire la sicurezza del sistema nazionale del gas e l'avvio della piena concorrenza (comma 49);
§ l’introduzione di disposizioni di carattere tributario concernenti le cessioni di gas naturale (comma 50).
A carico delle imprese di vendita di energia è previsto l’obbligo di fornire, nelle fatture e nel materiale promozionale inviato ai propri clienti finali, le informazioni:
§ sulla composizione del mix energetico utilizzato per la produzione dell'energia elettrica fornita nei due anni precedenti;
§ sull'impatto ambientale della produzione, informazioni che devono risultare utili ai fini del risparmio energetico.
L'indicazione di tali informazioni deve avvenire secondo modalità definite con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto in esame. Ad oggi il decreto non risulta pubblicato in Gazzetta.
I suddetti obblighi informativi sono riconducibili a quanto disposto dall'art. 3 della direttiva 2003/54/CE[150]. In particolare, il paragrafo 6 prevede che gli Stati membri provvedano affinché i fornitori di energia elettrica specifichino nelle fatture o unitamente alle stesse ed in tutto il materiale promozionale inviato ai clienti finali:
§ la quota di ciascuna fonte energetica del mix complessivo di combustibili utilizzato dall'impresa fornitrice nell'anno precedente;
§ almeno il riferimento alle fonti di riferimento esistenti, per esempio pagine web, qualora le informazioni sull'impatto ambientale, almeno in termini di CO2 e di scorie radioattive risultanti dalla produzione di energia elettrica prodotta mediante il mix di combustibile complessivo utilizzato dal fornitore nell'anno precedente, siano a disposizione del pubblico.
Per l'elettricità ottenuta tramite una borsa dell'energia o importata da un'impresa situata al di fuori della Comunità, è possibile utilizzare i dati aggregati forniti dalla borsa o dall'impresa in questione nell'anno precedente. Gli Stati membri adottano le misure necessarie a garantire che le informazioni trasmesse ai fornitori dai rispettivi clienti a norma del presente articolo siano affidabili. Al riguardo, come ricordato nella relazione, la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione.
Secondo l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas[151], le disposizioni della direttiva sono state attuate solo parzialmente, in quanto la regolamentazione predisposta dalla stessa Autorità prevede che almeno una volta l'anno il cliente sia anche informato circa il mix di fonti che caratterizzano la produzione nazionale di energia elettrica, con descrizione della tipologia degli impianti, delle fonti e dei combustibili utilizzati per la generazione elettrica.
Al riguardo, si ricorda che la stessa Autorità ha approvato una nuova direttiva[152] in materia di documenti di fatturazione dei consumi di elettricità, al fine di migliorare la leggibilità, la comprensibilità, la chiarezza e la completezza delle bollette, a maggior tutela dei clienti finali. L’Autorità ha in particolare previsto che le regole per la redazione delle bollette si applichino non solo ai clienti domestici, ma anche ai clienti del mercato libero alimentati in bassa tensione, che sono potenzialmente più esposti a carenze d’informazione. La trasparenza, la leggibilità, la completezza dei documenti di fatturazione dei consumi di elettricità è particolarmente importante per i clienti che decidano di cambiare fornitore, e quindi la suddetta direttiva ha assunto un rilievo particolare nella prospettiva della completa liberalizzazione del mercato avvenuta dal 1° luglio scorso.
E’ prevista da parte del Ministero dello sviluppo economico l’adozione di iniziative per:
§ la sicurezza del sistema elettrico[153];
§ la confrontabilità dei prezzi ai clienti finali, anche - come specificato con una integrazione disposta durante l’esame al Senato - attraverso la definizione di standard minimi di informazione cui si può accedere attraverso la bolletta e la pubblicazione sul sito web dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas di tavole di raffronto tra i prezzi rilevabili sul mercato libero – per tipologia di clientela - e i prezzi di riferimento definiti dall’AEEG per le forniture di energia elettrica a clienti domestici e piccole imprese.
Per quanto concerne le iniziative in tema di trasparenza e confrontabilità dei prezzi, si ricorda che anche in vista della completa liberalizzazione del mercato elettrico, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha approvato, ai fini di una maggior tutela dei clienti finali, una nuova direttiva in materia di trasparenza dei documenti di fatturazione dei consumi di elettricità, per migliorare la leggibilità, la comprensibilità, la chiarezza e la completezza delle bollette (Cfr. nota 28).
Più recentemente, per ridurre la possibilità di comportamenti poco trasparenti e agevolare le scelte, l’Autorità, con la delibera n. 110/07, ha reso obbligatoria una scheda di confronto prezzi che i venditori devono presentare insieme alle nuove proposte commerciali per le forniture a partire dal 1° luglio 2007.
La scheda evidenzia, per cinque diversi livelli di consumo, la spesa annua presunta se il cliente aderisce all’offerta commerciale proposta, la spesa annua presunta nel caso opti per le condizioni standard dell’Autorità, le differenze tra le due alternative sia in valori assoluti che in percentuale.
La scheda, già prevista dal Codice di condotta commerciale per la vendita di energia elettrica approvato dall’Autorità nel maggio 2006, costituisce uno strumento per facilitare il confronto tra le diverse offerte che verranno presentate ai consumatori.
Per i clienti domestici, l’offerta dovrà essere descritta in modo chiaro e comprensibile anche per quello che riguarda eventuali sconti o bonus o altri vantaggi. Inoltre, la scheda dovrà indicare il possibile risparmio annuo rispetto all’applicazione di tariffe o di eventuali prezzi di riferimento fissati dall’Autorità e aggiornati trimestralmente.
Per i clienti non domestici, la scheda conterrà anche un elenco dettagliato dei corrispettivi a carico del consumatore in seguito alla stipula del contratto, in modo da facilitare l’individuazione di tutti gli oneri che gli verranno addebitati in relazione alla prestazione del servizio.
La scheda, in entrambe le versioni, permetterà inoltre di: ridurre il rischio di comportamenti poco trasparenti nei confronti dei clienti; evidenziare eventuali altre caratteristiche dell’offerta non strettamente legate al prezzo.
L’Autorità ha anche stabilito l’obbligo per i distributori di energia elettrica di pubblicare sui propri siti internet, con modalità uguali per tutti, il dettaglio dei costi connessi all’uso delle reti, per una sempre migliore trasparenza di mercato ed offerte.
Inoltre dal mese di luglio 2007, sul sito internet dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (www.autorita.energia.it) è inserito un elenco delle società qualificate per la vendita di energia elettrica ai clienti domestici e ad altri piccoli consumatori, quelli dotati quindi di minor potere contrattuale (ad esempio, famiglie, piccole imprese e terziario). Come evidenziato dall’Autorità, l’elenco contribuirà a rendere più agevole, consapevole e ponderata la scelta del proprio fornitore da parte dei consumatori. L’iscrizione all’elenco è volontaria, ma è subordinata al possesso da parte dei venditori di alcuni requisiti[154], definiti dall’Autorità, che riguardano ad esempio la solidità finanziaria e la diffusione della propria rete commerciale sul territorio (delibera n. 134/07).
Compete sempre al Ministero dello sviluppo economico attuare le disposizioni in materia di ricerca e sviluppo di sistema previste dal decreto del Ministro delle attività produttive 8 marzo 2006[155] - i cui costi rientrano tra gli oneri generali di sistema gestiti dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico - anche mediante gli accordi di programma triennali previsti dal decreto del Ministro delle attività produttive 23 marzo 2006 per l'attuazione dei quali le attività sono prorogate per gli anni 2007 e 2008 e per pari importi.
Si tratta, secondo la relazione allegata al disegno di legge, di disposizioni necessarie a garantire la continuità delle attività di ricerca e sviluppo nel settore elettrico. Infatti, le attuali disposizioni contenute in due decreti ministeriali del 2006 possono costituire base giuridicamente inadeguata per continuare un'attività di rilevante interesse pubblico. La relazione ricorda che tale regime di finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo nel settore elettrico è stato dichiarato compatibile con la disciplina comunitaria in materia di aiuti alla ricerca (decisione della Commissione europea 20 dicembre 2006 n. (2006) 6681 def.).
Il richiamato decreto 8 marzo 2006 è stato emanato in attuazione dell'art. 3, co. 11 del D.Lgs. 79/1999, il quale prevedeva l’individuazione degli oneri generali afferenti al sistema elettrico[156], ivi inclusi gli oneri concernenti le attività di ricerca e le attività di smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, la chiusura del ciclo del combustibile e le attività connesse e conseguenti, con uno o più decreti del Ministro dell'industria, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, su proposta dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas.
Il citato DM prevede la redazione di un Piano triennale contenente le priorità delle attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico nazionale, gli obiettivi, i progetti di ricerca e di sviluppo, i risultati attesi e la previsione del fabbisogno per il finanziamento del Fondo di cui al decreto medesimo.
Tale Piano, redatto dal CERSE (Comitato di Esperti di Ricerca per il Sistema Elettrico) prevede: a) il finanziamento integrale delle attività di ricerca che siano a totale beneficio degli utenti del sistema elettrico nazionale (in tal caso i risultati non possono formare oggetto di alcun diritto di uso esclusivo o prioritario, né di alcun vincolo di segreto o riservatezza); b) un finanziamento parziale, in misura differente in ragione dei piani di cofinanziamento proposti, della tipologia dell'attività di ricerca e sviluppo, del grado di innovazione della medesima e del rischio tecnico-economico che ne consegue delle attività di ricerca a beneficio degli utenti del sistema elettrico nazionale e contestualmente di interesse specifico di soggetti operanti nel settore dell'energia elettrica nazionale o internazionale (in tal caso i risultati formano oggetto di diritti di privativa e possono essere utilizzati per lo sviluppo di servizi o di prodotti industriali, con connessi vincoli di segreto o di riservatezza).
Entrambi i suddetti tipi di attività di ricerca devono inoltre soddisfare una serie di requisiti[157]:
a) essere attinenti al settore elettrico o ad aspetti anche appartenenti ad altri settori ma collegati alle attività di produzione, trasmissione, dispacciamento e distribuzione di energia elettrica;
b) riferirsi in generale a risultati e soluzioni che trovino utilizzo in una prospettiva di lungo termine ed abbiano carattere generale per il sistema elettrico nazionale;
c) avere natura applicativa;
d) non configurarsi come servizi prestati alle aziende.
In base all'articolo 4, il Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), per l'attuazione dei progetti di ricerca di interesse generale contenuti nel Piano triennale e rientranti nelle attività di ricerca ammesse al finanziamento integrale può stipulare accordi di programma con validità anche triennale con soggetti pubblici o con organismi a prevalente partecipazione pubblica, aventi i requisiti tecnici e professionali e l'esperienza acquisita di cui all'art. 3, comma 2, sulla base di proposte di programmi di attività ritenuti coerenti con gli obiettivi del Piano.
Il successivo DM 23 marzo 2006 ha individuato quattro soggetti destinatari di accordi di programma triennali:
a) l'Ente per le nuove tecnologie, l'energia e l'ambiente (ENEA) per lo svolgimento di attività relative alla produzione di energia elettrica ed agli usi finali;
b) il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR) per lo svolgimento di attività relative alla produzione di energia elettrica;
c) la società CESI RICERCA Spa. per lo svolgimento di attività relative al governo del sistema elettrico, alla produzione di energia elettrica, alla trasmissione e distribuzione di energia elettrica ed agli usi finali;
d) l'Istituto per la promozione industriale (IPI) per lo svolgimento di attività di ricerca prenormativa con riferimento alle procedure di insediamento delle infrastrutture del sistema elettrico ai fini della loro accettabilità sociale.
Ai fini della liberalizzazione del mercato energetico e dello sviluppo del mercato dei servizi energetici è prevista l’adozione, da parte del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente, di regolamenti volti alla semplificazione delle procedure per l’accesso da parte delle Pubbliche Amministrazioni a finanziamenti tramite terzi, favorendone il ricorso a servizi volti all’efficienza energetica, senza nuovi o ulteriori aggravi per la finanza pubblica.
Mercato dell’energia elettrica
La tutela dei clienti domestici in particolari condizioni di disagio costituisce uno dei cardini della riforma del sistema tariffario dell’elettricità conseguente alla completa liberalizzazione del settore elettrico (dal lato della domanda) avviata a partire dal 1° luglio 2007.
La riforma tariffaria a tutela dei clienti domestici in particolari condizioni di disagio ha richiesto l’intervento congiunto e coordinato del Governo (che ha provveduto, con il DM 28 dicembre 2007, all’individuazione dei criteri di individuazione dei soggetti aventi diritto) e dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (per quanto riguarda la definizione delle tariffe).
Il decreto del 28 dicembre 2007[158] del Ministro dello sviluppo economico ha provveduto alla definizione dei criteri e modalità per l’applicazione di tariffe elettriche agevolate per soggetti economicamente svantaggiati e in particolari condizioni di salute, in attuazione di quanto disposto dalla legge finanziaria 2006 (L. n. 266/05, art.1, comma 375), nonché dal decreto-legge 18 giugno del 2007, n. 73[159].
Al fine di completare il processo di revisione delle tariffe elettriche il comma 375 della finanziaria 2006 ha previsto l’adozione di undecreto del Ministro delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), d’intesa con i Ministri dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, per definire i criteri per l’applicazione di tariffe elettriche agevolate ai soli clienti economicamente svantaggiati, prevedendo a tal fine una revisione della fascia di protezione sociale tale da ricomprendere (solo) le famiglie effettivamente bisognose[160].
La disposizione era volta al superamento del sistema agevolativo in vigore nel quale l'agevolazione del prezzo dell'energia (detta "fascia sociale"), non veniva riservata a chi si trovava in reali condizioni di disagio economico, ma era riconosciuta a tutti i clienti con bassi consumi. Si trattava, quindi, di un sussidio non legato ad alcun criterio di necessità o di condizione sociale, bensì ai soli consumi. Pertanto le famiglie numerose, e con redditi bassi, superando la soglia di consumo determinata per lo sconto, perdevano il diritto all'agevolazione, mentre famiglie composte da una o due persone, con bassi consumi, ne godevano appieno.
Il sistema tariffario prevedeva l’applicazione di due tariffe:
§ Una tariffa cosiddetta “agevolata” (tariffa D2) applicabile ai clienti domestici residenti con potenza impegnata fino a 3 kW che garantiva una categoria di utenti con consumi medio-bassi indipendentemente dall’effettivo stato di bisogno, dipendente, quindi dai soli consumi. In pratica, il costo di produzione e vendita dell’energia elettrica di clienti D2 con consumi inferiori a 3.000 kWh/anno era in parte sostenuto dai clienti D2 che consumano più di 3.000 kWh e dai clienti D3;
§ la tariffa D3 si applica per gli altri clienti domestici (cioè non residenti o con potenza impegnata superiore a 3 kW).
L’adozione di misure volte a favorire utenti economicamente svantaggiatiè stata successivamente fatta salva dal decreto-legge 18 giugno del 2007, n. 73, che ne ha esteso l’applicazione anche agli utenti in particolari condizioni di salute (vedi scheda Decreto-legge n. 73/2007, pag.
In attuazione di quanto disposto dalla legge finanziaria 2006 e dal decreto-legge n.73/07 è stato emanato il DM 28 dicembre 2007.
Nello stesso periodo in cui il Governo provvedeva alla definizione del suddetto decreto, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) ha predisposto un documento di consultazione (atto 56/07) in materia di revisione del sistema tariffario per le utenze domestiche in bassa tensione, che ha fatto seguito a due precedenti documenti di consultazione sul medesimo tema pubblicati, rispettivamente, il 18 gennaio 2007 e il 21 maggio 2007[161].
Il documento delinea:
- la proposta finale per la revisione - in vista della completa apertura del mercato alla concorrenza avvenuta lo scorso 1 luglio 2007 - del vigente sistema tariffario domestico, introdotta mediante la deliberazione 13 giugno 2007, n. 135/07 (tariffa di transizione)[162];
- la descrizione delle possibili modalità applicative delle misure di tutela destinate alla clientela domestica in stato di disagio economico e in gravi condizioni di salute, a partire dal 1° gennaio 2008;
- l’introduzione di un meccanismo transitorio che consentirebbe, in caso di adozione, di riconoscere le rinnovate misure di tutela a decorrere dal 1° gennaio 2008.
Il decreto ministeriale 28 dicembre 2007, emanato nel quadro di un più ampio riassetto del sistema tariffario dell’energia elettrica, ha introdotto nuovi criteri e modalità per l’applicazione di tariffe elettriche agevolate a favore di soggetti economicamente svantaggiati e in particolari condizioni di salute.
Nello specifico il decreto ha provveduto a:
§ fissare i criteri generali per la definizione delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica per i clienti domestici economicamente disagiati e i clienti domestici in grave condizione di salute. La definizione spetta all'Autorità per l'energia elettrica ed il gas;
§ prevedere l’inserimento degli oneri derivanti dall’applicazione delle disposizioni del decreto tra gli oneri generali afferenti al sistema elettrico e la loro copertura mediante apposita componente tariffaria applicabile agli utenti in generale, istituita dall’AEEG;
§ definire i criteri di compensazione per i clienti domestici in condizioni di disagio economico, prevedendo il riconoscimento della compensazione – cui si accede sulla base della soglia dell’Indicatore di situazione economica equivalente (ISEE) pari a 7.500 euro - in forma parametrata al numero di componenti la famiglia anagrafica, e un risparmio indicativamente pari al 20% della spesa complessiva per la fornitura di elettricità sostenuta dall’utente medio. All'AEEG è demandato il compito di definire le modalità applicative della compensazione;
§ individuare i criteri di compensazione per i clienti domestici utilizzatori di apparecchiature medico terapeutiche necessarie al loro mantenimento in vita, stabilendo che venga riconosciuta in ragione sia della maggiore onerosità, sia con riferimento al maggior impegno di potenza e al maggior consumo di energia elettrica connessi all'utilizzo delle suddette apparecchiature;
§ disciplinare le procedure di ammissione alla compensazione e i meccanismi operativi per il suo funzionamento, prevedendo per l'accesso l’inoltro di apposita richiesta al comune di residenza (riferita alle forniture di energia per una sola abitazione di residenza dei componenti il nucleo familiare in possesso dei requisiti ISEE) che a sua volta, in caso di esito positivo della procedura, rilascia al cliente un certificato attestante la titolarità a godere della compensazione;
§ prevedere l’introduzione, da parte dell’AEEG, di meccanismi di gradualità nell’applicazione delle “tariffe sociali”. All’Autorità sono stati, altresì, assegnati compiti di monitoraggio relativi agli esiti e all’efficacia delle disposizioni in esame, che saranno comunicati, con cadenza annuale, ai ministeri competenti.
Il decreto identifica i criteri per la definizione delle compensazionidella spesa sostenuta per la fornitura di energia elettricaper:
§ i clienti domestici economicamente disagiati;
§ i clienti domestici in grave condizione di salute, tale da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche necessarie per l'esistenza in vita e alimentate ad energia elettrica.
Per quanto riguarda i clienti economicamente disagiati si fa riferimento al solo comma 375 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2006 (legge 23 dicembre 2005, n. 266) nel quale non era contenuta la previsione di tariffe agevolate per i clienti in gravi condizioni di salute, diversamente da quanto contemplato dal comma 3 dell'articolo 1 del decreto-legge 18 giugno 2007, n. 73.
La definizione della suddetta compensazione spetta all’Autorità per l'energia elettrica ed il gas, che vi provvede nell'ambito della revisione dell'ordinamento tariffario per i clienti domestici del settore elettrico, in modo che tale compensazione:
- trovi uniforme applicazione sul territorio nazionale;
- preveda meccanismi di aggiornamento certi e trasparenti;
- promuova un uso efficiente delle risorse.
La compensazione viene applicata alla spesa complessiva sostenuta, comprensiva della quota fissa e delle quote variabili relative ai consumi di energia elettrica, incluse le componenti A e UC applicate alla clientela domestica agevolata.
Le componenti tariffarie A coprono gli oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ecc.) e individuati dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge; le componenti UC coprono ulteriori elementi di costo del servizio elettrico (quali, ad esempio, la perequazione) individuate dall'Autorità. Le aliquote relative alle componenti tariffarie A e UC sono fissate dall'Autorità ed aggiornate periodicamente sulla base delle esigenze di gettito. Le componenti tariffarie prevedono, in generale, corrispettivi espressi in centesimi di euro per punto di prelievo e in centesimi di euro per kWh. Le componenti tariffarie A, MCT[163], UC3, UC4 e UC6 sono pagate da tutti i clienti finali. La componente tariffaria UC1 è pagata dai soli clienti in regime di maggior tutela.
In particolare, le componenti tariffarie A sono destinate:
- alla copertura dei costi sostenuti per lo smantellamento delle centrali nucleari e la chiusura del ciclo del combustibile (A2);
- alla promozione di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (A3);
- al finanziamento di regimi tariffari speciali previsti dalla normativa a favore di specifici utenti o categorie d’utenza (A4);
- al finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico (A5);
- alla copertura dei cosiddetti "stranded costs" (A6), ossia i costi sopportati dalle imprese elettriche per la generazione di energia elettrica non recuperabili nell’ambito del mercato liberalizzato e che verranno rimborsati alle imprese per un periodo transitorio.
Le componenti UC costituiscono gli oneri necessari per garantire il funzionamento di un sistema tariffario basato sul principio di corrispondenza dei prezzi ai costi medi del servizio.
Gli oneri derivanti dalla compensazione[164] sono inclusi tra gli oneri generali afferenti al sistema elettrico.
Per la copertura dei suddetti oneri, l'AEEG istituisce un’apposita componente tariffaria applicata alla generalità dell'utenza, che alimenterà un conto gestito dalla Cassa conguaglio per il settore elettrico[165], secondo gli indirizzi della medesima Autorità, ai fini del conguaglio nei confronti dei soggetti che erogano le compensazioni.
Gli oneri generali di sistema, ovvero i costi sostenuti per gli interventi effettuati sul sistema elettrico nel suo complesso per realizzare finalità di interesse dell’intera collettività individuate dal Governo, vengono pagati da ogni cliente in funzione dei consumi effettivi di energia elettrica (ad eccezione della componente A6 che viene pagata in base alla potenza impegnata). Nella tariffa elettrica per i clienti finali tali oneri sono definiti componenti tariffarie A, testé illustrate.
I suddetti oneri generali sono stati individuati dall’'articolo 1 del decreto-legge 18 febbraio 2003, n. 25[166]. Ai sensi dell'articolo 2, comma 5, di tale DL, con decreto del Ministro delle attività produttive, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari e sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas che si esprime entro il termine di trenta giorni, possono essere individuati ulteriori oneri generali afferenti al sistema energetico.
La compensazione riconosciuta per i clienti domestici in condizioni di disagio economico è parametrata al numero di componenti la famiglia anagrafica[167], con riferimento ad un livello di consumo di energia elettrica e di potenza impegnata compatibile con l'alimentazione delle ordinarie apparecchiature elettriche di uso domestico, in modo tale da produrre una riduzione della spesa dell'utente medio indicativamente del 20%.
All'AEEG è affidato il compito di definire le modalità applicative, secondo criteri di equità e di graduale superamento degli effetti dei meccanismi redistributivi attualmente esistenti, mitigando le conseguenze economiche sulle categorie di clienti domestici negativamente interessate dalla manovra.
Con la disposizione si intende pertanto prevedere un'applicazione graduale della riforma che comporterà aumenti delle tariffe per i clienti domestici con bassi consumi che finora beneficiavano dell'agevolazione.
Per l'individuazione dei clienti in condizioni di effettivo disagio economico il decreto prevede che si faccia ricorso all’Indicatore di Situazione Economica Equivalente (ISEE), strumento che consente di misurare la condizione economica delle famiglie tenendo conto di reddito, patrimonio (mobiliare e immobiliare), nonché delle caratteristiche del nucleo familiare.
I clienti domestici con ISEE fino a 7500 euro hanno diritto alla compensazione della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica a decorrere dal 1° gennaio 2008 e in ogni caso contestualmente alla revisione del sistema tariffario applicato alla generalità dell'utenza.
Dovrebbero rientrare nella soglia suddetta dell'ISEE 5 milioni di nuclei familiari.
L’Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) è lo strumento di calcolo atto a definire la situazione economica di coloro che chiedono di accedere ad agevolazioni, prestazioni, benefici o servizi a tariffa agevolata e che viene calcolato sulla base della composizione del nucleo famigliare, dei redditi percepiti e dal patrimonio immobiliare e mobiliare posseduto da ciascun componente.
Si ricorda che il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 109[168], recentemente modificato dall’art. 1, comma 344, della legge finanziaria 2008 (L. 244/07) individua criteri unificati di valutazione della situazione economica di coloro che richiedono prestazioni o servizi sociali o assistenziali non destinati alla generalità dei soggetti o comunque collegati nella misura o nel costo a determinate situazioni economiche (articolo 1). In particolare, il comma 3-bis, attribuisce alle autorità competenti in materia di regolazione dei servizi di pubblica utilità, la facoltà di utilizzare l'indicatore della situazione economica equivalente calcolato dall'I.N.P.S. per la eventuale definizione di condizioni agevolate di accesso ai servizi di rispettiva competenza.
Ai fini della determinazione dell’ISEE rilevano, ai sensi dell’articolo 2, la composizione del nucleo familiare, la somma dei redditi percepiti dal nucleo familiare e la situazione economica e patrimoniale del nucleo familiare. Con riferimento a ciascuna prestazione sociale, l’ente erogatore può prevedere ulteriori requisiti necessari che comunque si aggiungono a quelli previsti per il rilascio dell’attestazione ISEE (articolo 3).
La compensazione viene riconosciuta ai clienti domestici nel cui nucleo familiare sono presenti persone che versano in gravi condizioni di salute, tali da richiedere l'utilizzo di apparecchiature medico-terapeutiche necessarie per la loro esistenza in vita e alimentate ad energia elettrica, al fine di compensare la maggiore onerosità connessa all'utilizzo di dette apparecchiature.
L'AEEG è tenuta entro il 1° gennaio 2008 a sottoporre all'approvazione del Ministero dello sviluppo economico possibili modalità compensative riferite sia al maggior impegno di potenza, sia al maggior consumo di energia elettrica connessi all'utilizzo delle suddette apparecchiature.
La compensazione della spesa è cumulabile con la compensazione per i clienti in condizioni di disagio economico.
Per l'accesso alle compensazioni il decreto prevede la presentazione di un'apposita richiesta al Comune di residenza. La richiesta, per i soli clienti in condizioni di disagio economico, è riferita alle forniture di energia per una sola abitazione di residenza dei componenti il nucleo familiare in possesso dei requisiti ISEE.
Secondo la relazione tecnico-finanziaria che accompagnava lo schema di decreto sottoposto al parere parlamentare, la scelta di affidare ai comuni l'attività di verifica e raccolta delle domande dei clienti in possesso dei requisiti è stata effettuata in considerazione delle funzioni da essi già svolte per l'accesso e l'attivazione di altre prestazioni sociali e assistenziali che utilizzano l'indicatore ISEE.
I costi sostenuti dai comuni per l'implementazione dell'ulteriore attività amministrativa eventualmente derivante dalle disposizioni del decreto trovano copertura nella legge finanziaria 2007 (legge 296/2006), commi da 362 a 365 recantidisposizioni in materia di fiscalità energetica per finalità sociali e per l’efficienza energetica[169].
L’attività del Comune per la valutazione e l’ammissione delle domande si può svolgere anche attraverso supporto informatico. L'ammissione è subordinata, alternativamente, alla previa:
§ verifica del rispetto del limite massimo del livello ISEE relativo al nucleo familiare cui si riferisce la domanda indicato dal decreto all'articolo 2 (7500 euro);
§ presentazione del certificato rilasciato dalla Azienda sanitaria locale di appartenenza attestante le gravi condizioni di salute di uno dei componenti il nucleo familiare tali da richiedere l'utilizzo delle apparecchiature medico-terapeutiche necessarie per la loro esistenza in vita e alimentate ad energia elettrica di cui all'articolo 3.
In caso di esito positivo della procedura di ammissione, il comune rilascia al cliente un certificato che riconosce la titolarità a godere della compensazione e comunica al soggetto competente a riceverlo – individuato dall’AEEG - gli elementi informativi necessari alla gestione dei clienti tutelati.
I comuni provvedono ordinariamente in via diretta alla valutazione e all'ammissione delle richieste formulate ai sensi del comma 1. Sono tuttavia fatte salve le facoltà previste dalle disposizioni di cui al titolo II, capo V, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL)[170], il quale disciplina le forme associative a cui possono fare ricorso gli enti locali.
All'AEEG è demandato il compito di individuare con proprio provvedimento:
- il soggetto della filiera elettrica competente a ricevere il certificato nonché gli elementi informativi richiesti e a gestire ed erogare la compensazione;
- le modalità con cui la medesima compensazione è trasferita ai clienti finali.
Il termine ultimo per l’adozione del provvedimento è stato fissato in trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Ad oggi il provvedimento non risulta adottato.
L'impresa di distribuzione di energia elettrica è tenuta a verificare che il cliente agevolato connesso alla propria rete risulti effettivamente titolare della potenza elettrica impegnata oggetto di compensazione e che le utenze cui si riferiscono le apparecchiature medico-terapeutiche di cui al decreto-legge siano escluse dalle procedure di distacco programmato, fatta salva l'adozione di apposite misure del Ministero della salute, ai fini della individuazione delle apparecchiature suddette.
I clienti agevolati sono tenuti a comunicare tempestivamente all'impresa di distribuzione di energia elettrica il venir meno delle condizioni di accesso alla compensazione.
La legge finanziaria per il 2008 (L. 244 del 24 dicembre 2007) ha delineato una nuova disciplina di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante impianti alimentati da fonti rinnovabili, che si applica agli impianti entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007 a seguito di nuova costruzione, rifacimento o potenziamento.
La nuova disciplina riguarda anche gli impianti misti (ossia gli impianti che utilizzano sia fonti rinnovabili che non rinnovabili), limitatamente alla quota di produzione imputabile alle fonti rinnovabili, secondo modalità di calcolo da definire (entro novanta giorni dall’entrata in vigore della legge) con decreto del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (DM che al momento non risulta ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale).
La normativa introdotta dalla legge finanziaria 2008 prevede due meccanismi alternativi di incentivazione:
a) i certificati verdi (durata 15 anni);
b) la tariffa fissa onnicomprensiva (per 15 anni).
I certificati verdi- titoli emessi dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) che attestano la produzione di energia da fonti rinnovabili - costituiscono lo strumento di incentivazione dell’elettricità prodotta da fonti rinnovabili definito dall’art. 11 del decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999 (di recepimento della direttiva 96/92/CE sul mercato interno dell’energia elettrica), in sostituzione del precedente criterio di incentivazione tariffaria noto come CIP 6.
Il nuovo criterio di incentivazione, basato su regole di mercato e quindi più confacente al contesto di liberalizzazione, consiste nell’obbligo, posto a carico dei produttori ed importatori di energia elettrica prodotta da fonti non rinnovabili, di immettere nella rete elettrica, a decorrere dal 2002, una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il primo aprile 1999. Tale quota, inizialmente fissata al 2%, e applicata sulla produzione e sulle importazioni dell’anno precedente, decurtate dell’elettricità prodotta in cogenerazione, degli autoconsumi di centrale, delle esportazioni, con una “franchigia” di 100 GWh, ridotta a 50 GWh dalla successiva legge di riordino del settore energetico, è stata incrementata annualmente dello 0,35%, per gli anni dal 2004 al 2006, secondo quanto stabilito dall’articolo 4, comma 1, del decreto legislativo n.387/2003 che ha recepito la direttiva 2001/77/CE[171], definendo nuove regole di riferimento per la promozione delle fonti rinnovabili[172].
Gli impianti che concorrono al conseguimento della quota, sono quelli alimentati da fonti rinnovabili entrati in funzione dopo il 1 aprile 1999 a seguito di nuova costruzione, potenziamento, rifacimento, totale o parziale riattivazione. Concorre, altresì, al conseguimento della quota la nuova produzione imputabile a fonte rinnovabile ottenuta, anche in impianti esistenti, mediante co-combustione, cioè combustione contemporanea di combustibili non rinnovabili e di combustibili, solidi, liquidi o gassosi, ottenuti da fonti rinnovabili.
L’elettricità prodotta da fonti rinnovabili viene immessa in rete godendo della precedenza nel dispacciamento. In aggiunta, il GSE (Gestore del sistema elettrico, operativo dal 1° novembre 2005) rilascia al produttore, su richiesta e previo riconoscimento all’impianto della qualifica di impianto alimentato da fonti rinnovabili (qualifica IAFR), i certificati verdi (CV) titoli comprovanti la produzione di elettricità da fonti rinnovabili, che costituiscono lo strumento con il quale i soggetti sottoposti all’obbligo della quota minima devono dimostrare di avervi adempiuto. Per i soggetti che non rispettano l’obbligo, la cui verifica di adempienza è affidata al GSE, sono previste sanzioni consistenti nella limitazione dell’accesso al mercato complessivo dell’energia elettrica.
I produttori ed importatori di energia elettrica soggetti all'obbligo di immissione nel sistema della quota sopra indicata di energia proveniente da fonti rinnovabili, trasmettono al GSE, entro il 31 marzo di ogni anno, l'autocertificazione attestante le proprie importazioni e produzioni di energia da fonti non rinnovabili, riferita all'anno precedente ed evidenziante separatamente l'energia importata e quella prodotta da ciascun impianto. Il GSE, sulla base dell'autocertificazione ricevuta, effettua la verifica relativamente all'anno precedente ed annulla i certificati relativi riconoscendo al titolare che lo deposita il soddisfacimento della quota verde.
Il D.Lgs. 387/03 ha confermato in otto anni il periodo di riconoscimento dei certificati verdi. Successivamente tale periodo è stato innalzato a 12 anni ai sensi del comma 267 del D.Lgs n. 152 del 3 aprile 2006 recante Norme in materia ambientale. Sul periodo di riconoscimento è intervenuta anche la legge finanziaria per il 2008 (cfr. infra).
Il nuovo strumento di incentivazione è stato esteso dal comma 71, art. 1, della legge 239/04 (di riordino del settore energetico), all’energia elettrica prodotta mediante utilizzo di idrogeno e quella prodotta da impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento urbano, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento. Successivamente il comma 71 è stato abrogato dal comma 1120 dell'articolo unico della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006), tuttavia, l'art. 14 del D.Lgs. 20/07 di recepimento della direttiva sulla cogenerazione ha mantenuto la validità dei diritti introdotti dal comma subordinandola al possesso di determinati requisiti (vedi la scheda Cogenerazione, pag.
Sono, altresì, apportate modifiche alla disciplina delle procedure autorizzative degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, al fine di facilitarne la diffusione. In quest’ottica, il comma 158reca una serie di integrazioni e modifiche all'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387. Il comma 159specifica le condizioni che per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili provano di avere concretamente avviato la realizzazione dell’iniziativa. Il comma 160prevede l'applicazione delle regole del Codice dei contratti pubblici nel caso in cui la domanda per la realizzazione di opere per impianti alimentati da fonti rinnovabili sia presentata da enti pubblici.
La legge finanziaria riconosce alla produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2007, il diritto di accesso ai certificati verdi, della durata di 15 anni, di valore variabile a seconda della fonte utilizzata per gli impianti di potenza nominale media annua superiore a 1MW, mentre per gli impianti di potenza nominale media annua non superiore a 1MW, in alternativa ai certificati verdi, si prevede una tariffa fissa onnicomprensiva, anch’essa variabile a seconda delle fonte utilizzata, sempre per un periodo di 15 anni.
Per gli impianti di potenza nominale media annua superiore a 1MW, alimentati dalle fonti elencate nella tabella 2 allegata alla finanziaria (cfr. oltre), è previsto unicamente il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni, tenuto conto di quanto disposto dal comma 382, art. 1 della legge finanziaria 2007 (L.296/06). I certificati verdi sono utilizzati per assolvere all’obbligo di immissione in rete di una quota minima di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili previsto dal D.Lgs 79/99, art. 11 (cfr. la precedente scheda sui certificati verdi). L’immissione dell’elettricità prodotta nel sistema elettrico viene regolata in base all’art. 13 del D.Lgs. 387/03, che ne prevede la precedenza nel dispacciamento[174].
Il suddetto comma 382 è stato sostituito, con l’aggiunta dei commi da 382 a 382-septies, dal comma 4-bis dell'art. 26, del DL 1° ottobre 2007, n. 159 (collegato alla finanziaria 2008), con il quale si definisce una nuova disciplina di incentivazione alla produzione di energia elettrica con l’utilizzo di fonti rinnovabili di origine agricola, zootecnica e forestale (vedi la schedaIl sostegno alla filiera agroenergetica, nel dossier relativo alla Commissione agricoltura).
In particolare, il comma 382, così come novellato, prevede che il nuovo sistema di incentivazione sia diretto ai soli impianti che utilizzano materie prime ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro, come definiti dagli articoli 9 e 10 del D.Lgs. n. 102/2005. Il comma 382-bis, per i soli impianti di potenza elettrica superiore a 1MW prevede il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni. Il comma 382-ter, per gli impianti di potenza elettrica non superiore a 1MW prevede il rilascio di certificati verdi per un periodo di 15 anni ovvero, su richiesta del produttore, una tariffa fissa pari a 0,30 euro per ogni KWh prodotto per 15 anni. La tariffa può essere variata ogni 3 anni con decreto interministeriale, sempre assicurando l’effetto incentivante. Il comma 382-quater prevede che i certificati verdi siano emessi dal GSE (Gestore del sistema elettrico) in numero crescente di anno in anno (secondo un coefficiente di 1,8 aggiornabile ogni 3 anni con decreto interministeriale, sempre assicurando l’effetto incentivante) e abbiano un valore unitario pari a 1 MWh. Il comma 382-quinquies detta norme per gli impianti alimentati dalle fonti di cui al comma 382 che già beneficiano di certificati verdi. Il comma 382-sexies regolamenta l’ipotesi di abbandono, in data successiva all’autorizzazione, dell’utilizzo dei combustibili di cui al comma 382 nella produzione di energia elettrica. Il comma 382-septies rimette a un decreto interministeriale, da adottare entro 6 mesi, la definizione delle modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse e biogas da prodotti agricoli devono garantire la tracciabilità della filiera.
Per gli impianti di potenza nominale media annua non superiore a 1MW, si prevede l’incentivazione mediante il rilascio di certificati verdi, per un periodo di 15 anni o, in alternativa, su richiesta del produttore, mediante una tariffa fissa onnicomprensiva (variabile a seconda delle fonte utilizzata, come previsto dalla tabella 3 allegata alla legge finanziaria), per un periodo di 15 anni (la tariffa può essere variata ogni 3 anni con decreto ministeriale, assicurando in ogni caso l’effetto incentivante). Al termine di tale periodo l’energia elettrica viene remunerata secondo modalità e alle condizioni previste dal citato articolo 13 del D.Lgs. 387/03.
L’articolo 13 prevede che l’immissione sul mercato dell’energia elettrica prodotta da impianti di potenza uguale o superiore a 10 MVA avvenga secondo la relativa disciplina e in ossequio alle regole di dispacciamento definite dal Gestore della rete, secondo quanto previsto dal D.Lgs.79/99. Da tale regola è comunque esclusa l’energia da fonti rinnovabili “c.d. incentivata” ceduta allo stesso Gestore sulla base delle convenzioni stipulate ai sensi dei provvedimenti CIP 15/89, CIP 34/90, CIP 6/92[175] e della delibera dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas 108/97, limitatamente agli impianti nuovi, potenziati o rifatti. Prevede invece, in funzione incentivante, che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’Autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica di cui al presente comma facendo riferimento a condizioni economiche di mercato.
In entrambi i casi (certificati verdi o tariffa onnicomprensiva) è fatta salva la normativa vigente (che deve quindi considerarsi “speciale”) in materia di biomasse agricole, da allevamento e forestali, ottenute nell’ambito di intese di filiera o contratti quadro oppure di filiere corte[176].
All’Autorità per l’energia elettrica[177]e il gas è demandata la definizione:
a) delle modalità di erogazione delle suddette tariffe;
b) delle modalità con le quali le risorse per l’erogazione delle suddette tariffe, nonché per il ritiro dei certificati verdi (comma 149), trovano copertura nel gettito della componente tariffaria A3 delle tariffe dell’energia elettrica che, si ricorda, copre i costi per il finanziamento degli incentivi alle fonti rinnovabili e assimilate (art. 2, comma 153).
Le componenti tariffarie A coprono gli oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili ecc.) e sono individuate dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge. In particolare, le componenti tariffarie A sono destinate:
- alla copertura dei costi sostenuti per lo smantellamento delle centrali nucleari e la chiusura del ciclo del combustibile (A2);
- alla promozione di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili (A3);
- al finanziamento di regimi tariffari speciali previsti dalla normativa a favore di specifici utenti o categorie d’utenza (A4);
- al finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico (A5);
- alla copertura dei cosiddetti "stranded costs" (A6), ossia i costi sopportati dalle imprese elettriche per la generazione di energia elettrica non recuperabili nell’ambito del mercato liberalizzato e che verranno rimborsati alle imprese per un periodo transitorio.
Attraverso una modifica all’art. 4, comma 1, del decreto legislativo n.387/03, viene ulteriore incrementata la quota minima obbligatoria di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili da immettere nel sistema elettrico nazionale (ai sensi dell'art. 11, commi 1, 2 e 3, del D.Lgs. 79/99). L’incremento annuo, con riferimento al periodo 2007-2012, è di 0,75 punti percentuali (e non di 0,35 punti, come previsto dal citato articolo 4 per il periodo 2004-2006). Ulteriori incrementi per gli anni successivi saranno stabiliti con decreti del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente, sentita la Conferenza unificata.
La legge finanziaria 2008 prevede che i certificati verdi – il cui valore unitario è fissato in 1 MWh - siano emessi dal GSE in numerocorrispondente al prodotto della produzione netta di energia elettrica moltiplicata per i coefficienti indicati nella tabella 2 della legge finanziaria, diversificati in relazione alla fonte utilizzata. E’ fatta salva la normativa speciale prevista per biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, per la quale v. supra.
In precedenza, il comma 87 dell'articolo 1 della legge 23 agosto 2004 n. 239 di riordino del settore energetico, aveva stabilito il valore dei certificati verdi emessi ai sensi del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 in 0,05 GWh (50 MWh) o multipli di detta grandezza.
A partire dal 2008 i certificati verdi sono collocati sul mercato a un prezzo per MWh elettrico pari alla differenza tra il valore di riferimento - fissato a 180 euro per megawattora - e il valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica registrato nell'anno precedente, definito dall'Autorità per l'energia in attuazione di quanto previsto dall'articolo 13, comma 3, del D.Lgs. 387/2003[178]. Alla definizione per l’anno 2007 l’Autorità ha provveduto con la deliberazione ARG/elt 24/08 del 26 febbraio 2008.
Il suddetto valore medio annuo deve essere comunicato dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas entro il 31 gennaio di ogni anno[179]. Il valore di riferimento e i coefficienti, indicati alla tabella 2 per le diverse fonti energetiche rinnovabili, possono essere aggiornati, ogni tre anni, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, assicurando la congruità della remunerazione ai fini dell’incentivazione dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili.
A partire dal 2008 e fino al raggiungimento dell’obiettivo minimo della copertura del 25 per cento del consumo interno di energia elettrica con fonti rinnovabili (v. supra), il GSE ritira, su richiesta del produttore, i certificati verdi, in scadenza nell’anno, eccedenti rispetto a quelli necessari per assolvere all’obbligo di immissione di una quota. Il ritiro sarà effettuato ad un prezzo pari al prezzo medio riconosciuto ai certificati verdi registrato nell’anno precedente da parte del Gestore del mercato elettrico (GME) e trasmesso al GSE entro il 31 gennaio di ciascun anno.
Il prolungamento del periodo di diritto ai certificati verdi da otto a dodici anni, fissato dall’articolo 267, comma 4, lettera d), del D.Lgs. 3 aprile 2006, n.152 (Norme in materia ambientale) si applica ai soli impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 1° aprile 1999e fino al 31 dicembre 2007 (comma 151).
Inoltre viene confermata la durata in otto anni del periodo di diritto ai certificati verdi di cui allart. 14 del D.Lgs 20/07 relativo alla cogenerazione (comma 157).
L’articolo 14 prevede la salvaguardia dei diritti acquisiti dai soggetti titolari degli impianti di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento autorizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore del medesimo D.Lgs. e in esercizio al 31 dicembre 2008, che possono continuare ad accedere ai certificati verdi, il cui mantenimento è, tuttavia, subordinato all’ottenimento della certificazione di qualità ambientale EMAS, riconosciuta a livello europeo. Sull’argomento si rinvia alla scheda Cogenerazione, pag.
La fissazione delle direttive per l’attuazione di quanto disposto dalla finanziaria 2008 in materia di incentivazione degli impianti alimentati da fonti energetiche rinnovabili è rinviata a decreti del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Inoltre, con tali decreti, che per i punti b) e c) di seguito illustrati saranno adottati d’intesa con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, si provvederà anche a:
a) stabilire le modalità per assicurare la transizione dal precedente meccanismo di incentivazione ai meccanismi di cui al presente articolo, nonché le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica.
Il servizio di scambio sul posto è previsto attualmente per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW, dunque la disposizione in esame eleverebbe tale soglia da 20 a 200 kW. Per gli impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20 kW è inoltre previsto che non siano dovuti i diritti di officina elettrica, pertanto la disposizione in esame pur elevando la soglia di ammissione al servizio di scambio sul posto non muta la disciplina sui diritti di officina elettrica.
La disciplina del servizio di scambio, introdotto dall’art. 6 del D.Lgs. 387/03 per agevolare la diffusione degli impianti di piccola taglia, è stata definita dalla delibera AEEG n. 28/2006.
Con il termine scambio sul posto si intende il servizio erogato dall’impresa distributrice competente nell’ambito territoriale in cui è ubicato l’impianto che consiste nell’operare un saldo annuo tra l’energia elettrica immessa in rete dall’impianto medesimo e l’energia elettrica prelevata dalla rete. Il servizio di scambio sul posto consente ad un cliente di utilizzare i servizi di rete per “immagazzinare” l’energia elettrica immessa quando non ci sono necessità di consumo e di riprelevarla dalla rete quando gli serve. Lo scambio sul posto comporta pertanto il venir meno del costo di acquisto dell’energia elettrica per una quantità pari a quella prodotta dall’impianto (sia la quota auto-consumata immediatamente sia la quota immessa in rete e riprelevata successivamente). Lo scambio sul posto è alternativo alla vendita di energia elettrica: pertanto, nell’ambito dello scambio, le immissioni di energia in rete non possono essere vendute. L’energia elettrica immessa in rete e non consumata nell’anno di riferimento costituisce un credito, in termini di energia ma non in termini economici, che può essere utilizzato nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Al termine dei tre anni successivi, l’eventuale credito residuo viene annullato. Pertanto lo scambio sul posto presenta vantaggi qualora, su base triennale, il consumo di energia elettrica risulti mediamente pari o superiore alla produzione. In caso contrario sarebbe preferibile scegliere, anziché lo scambio sul posto, la vendita di energia elettrica.
Per quanto riguarda i diritti di officina elettrica essi sono definiti dall'articolo 53 del decreto legislativo 26 ottobre 1995 n. 504 il quale prevede l'obbligo di denuncia di officina e licenza di esercizio e di pagamento dell'accisa sull'energia elettrica per:
- i soggetti che procedono alla fatturazione dell'energia elettrica ai consumatori finali, indicati come venditori;
- gli esercenti le officine di produzione di energia elettrica utilizzata per uso proprio;
- i soggetti che utilizzano l'energia elettrica per uso proprio con impiego promiscuo, con potenza disponibile superiore a 200 kW intendendosi per uso promiscuo l'utilizzazione di energia elettrica in impieghi soggetti a diversa tassazione.
Su richiesta possono essere riconosciuti come soggetti obbligati:
- i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica utilizzata con impiego unico previa trasformazione o conversione comunque effettuata, con potenza disponibile superiore a 200 kW;
- i soggetti che acquistano, per uso proprio, energia elettrica da due o più fornitori, qualora abbiano consumi mensili superiori a 200.000 kWh.
I soggetti predetti hanno l'obbligo di denunciare preventivamente la propria attività all'Ufficio dell'Agenzia delle dogane competente per territorio e di dichiarare ogni variazione, relativa agli impianti di pertinenza e alle modifiche societarie, nonché la cessazione dell'attività, entro trenta giorni dalla data in cui tali eventi si sono verificati.
Peraltro l’articolo 10, comma 7, primo periodo, della legge 13 maggio 1999 n. 133 prevede che l’esercizio di impianti che utilizzano fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 20 kW, anche collegati alla rete, non sia soggetto agli obblighi di apertura di officina elettrica ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del testo unico approvato con decreto legislativo n. 504/1995;
b) Stabilire i criteri per la destinazione delle biomasse combustibili, di cui all’allegato X alla parte V, parte II, sezione 4, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , a scopi alimentari, industriali ed energetici.
L'allegato X alla parte quinta del D.Lgs. 152/2006 reca la disciplina dei combustibili, la parte II dell'allegato disciplina le caratteristiche merceologiche dei combustibili e metodi di misura, la sezione 4 della parte II reca le caratteristiche delle biomasse combustibili e relative condizioni di utilizzo;
c) stabilire le modalità con le quali gli operatori della filiera di produzione e distribuzione di biomasse sono tenuti a garantire la provenienza, la tracciabilità e la rintracciabilità della filiera, anche ai fini dell’applicazione dei coefficienti e delle tariffe di cui alle tabelle 2 e 3 allegate alla legge finanziaria 2008.
La disposizione sembra riferirsi al comma 4-bis dell'articolo 26 del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, in legge n. 222/2007;
d) aggiornare le direttive di cui all’articolo 11, comma 5, del D.Lgs. 79/99. Nelle more trovano applicazione, per quanto compatibili, gli aggiornamenti emanati in attuazione dell’articolo 20, comma 8, del D.Lgs. n. 387/03.
Il comma 5 dell'art. 11 del D.Lgs. 79/199 già prevedeva che con decreto del Ministro dell'industria, del commercio e dell'artigianato, di concerto con il Ministro dell'ambiente, fossero adottate le direttive per l'attuazione di quanto disposto dai commi 1, 2 e 3, nonché gli incrementi della percentuale di cui al comma 2 per gli anni successivi al 2002, tenendo conto delle variazioni connesse al rispetto delle norme volte al contenimento delle emissioni di gas inquinanti, con particolare riferimento agli impegni internazionali previsti dal protocollo di Kyoto.
Si segnala che in attrazione del comma 8,art. 20, del D.Lgs. 387/03 è stato emanato il DM 24 ottobre 2005 recanteAggiornamento delle direttive per l'incentivazione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell'articolo 11, comma 5, del D.Lgs. 16 marzo 1999 n. 79, pubblicato nella GU 14 novembre 2005, n. 265, S.O.
La legge finanziaria riconosce alla produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, il diritto di accesso agli incentivi previsti dall’art. 2, commi 143-157, a condizione che i medesimi impianti non beneficino di altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale e/o in conto interessi con capitalizzazione anticipata.
In altri termini, si prevede per gli impianti entrati in esercizio nel corso del 2008 la possibilità di cumulare più incentivi pubblici, escludendo tale possibilità per gli impianti entrati in esercizio a partire dal 2009 (art. 2, comma 152).
Allo scopo di assicurare il funzionamento unitario del meccanismo dei certificati verdi la legge finanziaria per il 2008 prevede che gli impianti entrati in esercizio antecedentemente al 1° gennaio 2008, aventi diritto ai certificati verdi, continuino a beneficiare dei medesimi certificati, in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica, fermo restando il valore unitario dei certificati verdi di 1 MWh, fissato dal comma 147 dell’art. 2 che sono utilizzabili per assolvere all’obbligo della quota minima di cui al citato D.Lgs. 79/99 (comma 155). Stabilisce, inoltre che agli impianti aventi diritto ai certificati verdi e diversi da quelli di cui al comma 143, quindi entrati in esercizio in data precedente al 1° gennaio 2008, continuano ad attribuirsi i predetti certificati verdi in misura corrispondente alla produzione netta di energia elettrica (comma 156).
Fonti energetiche rinnovabili
Il conto energiacostituisce la nuova modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica da fonte solare introdotta, in coerenza con le disposizioni della direttiva 2003/54/CE e in attuazione dell’articolo 7 del decreto legislativo n. 387/03, dal decreto 28 luglio 2005[180] del Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), nel quale sono stati indicati i criteri di incentivazione coerenti.
In sostituzione del precedente sistema di incentivazione dell’energia fotovoltaica basato esclusivamente su contributi in conto capitale, idoneo a finanziare il 50-75 % del costo di investimento ed erogato a livello regionale, nazionale o comunitario sotto varie forme, il conto energia prevede l’erogazione degli incentivi sulla base della stessa energia prodotta, il cui surplus potrà essere venduto alla rete elettrica a tariffe incentivanti.
In sostanza, con l’attivazione del conto energia a partire dal mese di settembre 2005, anche i privati, le famiglie e i condomini possono connettersi alla rete nazionale e vendere a tariffe incentivanti la propria energia elettrica prodotta da pannelli fotovoltaici.
Si tratta, dunque, di un nuovo sistema di incentivazione volto a valorizzare direttamente la produzione e a garantire un rientro in tempi ragionevoli dell’investimento senza gravare sul bilancio dello Stato, ma ricorrendo ad un ridotto prelievo sulle bollette elettriche dei consumatori.
Il decreto, diretto ad incentivare l’installazione di 500 MW di impianti fotovoltaici (l'innalzamento della potenza complessiva incentivabile da 100 a 500 MW è stata disposta dal DM 6 febbraio 2006) ha posto come obiettivo nazionale di potenza cumulata da installare il raggiungimento dei 1000 MW al 2015.
Soggetti destinatari dell’incentivazione, erogata per una durata di 20 anni, sono le persone fisiche e giuridiche, compresi i soggetti pubblici e i condomini di edifici, responsabili della realizzazione e dell’esercizio degli impianti, che inoltrano domanda di scambio sul posto dell’energia prodotta dai medesimi impianti fotovoltaici.
L’accesso all’incentivazione è consentito agli impianti di potenza nominale non inferiore a 1 kW e non superiore a 1000 kW collegati alla rete elettrica, incluse le piccole reti isolate di cui all'art. 2, comma 17 del D.Lgs. 79/99, entrati in esercizio dopo il 30 settembre 2005 a seguito di nuova costruzione o rifacimento totale o di potenziamento. Per accedere all’incentivazione, come ha precisato il DM 6 febbraio 2006 che ha modificato il decreto 28 luglio 2005, gli impianti devono essere realizzati con componenti di nuova costruzione e nel rispetto delle norme tecniche riportate in allegato al decreto.
La relativa domanda – con allegato il progetto preliminare dell’impianto - viene presentata entro date stabilite a un soggetto attuatore individuato dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas, chiamato a valutare l'ammissibilità delle domande secondo i criteri definiti dal decreto e ad erogare le tariffe incentivate agli operatori ammessi a beneficiarne. Tale ruolo dal 2005 è stato assunto dal GRTN ora GSE (Gestore del sistema elettrico), su incarico della stessa Autorità che con la delibera n.188/05[181] ha individuato le modalità e le condizioni di erogazione delle tariffe incentivanti, le modalità di presentazione delle domande e delle necessarie verifiche. Il provvedimento è stato successivamente modificato e integrato dalle delibere AEEG n. 40/06 e 260/06.
L’entità dell’incentivazione (tariffe per kWh), di cui si prevede un aggiornamento annuo, è definita in base alla taglia dell’impianto; per gli impianti la cui domanda sarà inoltrata a partire dal 2007 la tariffa decrescerà del 5% (il DM 28 luglio 2005 fissava la riduzione al 2%).
Gli impianti di piccola taglia sotto i 20 kW di potenza possono optare per il servizio di scambio sul posto[182] o per la cessione in rete dell’energia prodotta.
Per gli impianti oltre i 20 kW di potenza, l’energia prodotta potrà beneficiare del:
§ riconoscimento dell’incentivo ventennale proveniente dai kWh prodotti ed immessi in rete, moltiplicati per la tariffa incentivante (da 0,460 a 0,490 €/kWh);
§ ricavato della vendita delle eccedenze alla rete locale, ai prezzi definiti dall’Autorità con la delibera n.34/05[183]con la quale sono fissate, ai sensi dell’art. 13, comma 3, del D.Lgs. 387/03[184]anche le modalità e le condizioni di ritiro.
Per gli impianti con potenza superiore ai 50 kW, per i quali è prevista una tariffa massima, gli incentivi sono attribuiti mediante un meccanismo di gara.
La graduatoria delle domande viene stabilita in base al valore della tariffa incentivante richiesta; la priorità è data a quelle domande con il valore più basso di tariffa richiesta. In caso di parità di valore, la priorità è riconosciuta in base all’ordine temporale di ricevimento da parte del GSE. Inoltre, per gli impianti con taglia compresa tra i 50 e i 1000 kW il soggetto responsabile dell’impianto deve costituire una cauzione, da prestarsi sotto forma di fideiussione bancaria o polizza assicurativa (pari a 1000 € per kWp[185] da installare) a titolo di penale in caso di mancata realizzazione dell’impianto nei termini previsti dal decreto.
Per le altre due taglie (1-20 e 20-50 kW) l’elenco degli impianti aventi diritto alla tariffa incentivante è ordinato secondo la data di ricevimento della domanda da parte di GRTN.
Specifiche condizioni per la cumulabilità del conto energia con altri incentivi sono fissate dall’articolo 10 del provvedimento.
Le tariffe incentivanti sono riconosciute fino al raggiungimento, da parte di tutti gli impianti che le ottengono, di una potenza cumulativa di 500 MW: 360 MW per gli impianti fino a 50 kWp e 140 MW per gli impianti da 50 kWp a 1 MWp.
I costi dell’incentivazione degli impianti fotovoltaici non sono a carico dello Stato, ma saranno coperti con un prelievo sulle tariffe elettriche di tutti i consumatori (componente tariffaria A3[186]).
Il DM 28 luglio 2005 è stato poi modificato e integrato dal decreto 6 febbraio 2006 del Ministro delle attività produttive, emanato di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio.
Tra le principali novità introdotte dal decreto si segnalano: l'innalzamento della potenza complessiva incentivabile da 100 a 500 MW e la variazione dei termini di presentazione delle domande che potranno essere inviate esclusivamente nei periodi dal 1° al 31 marzo, dal 1° al 30 giugno, dal 1° al 30 settembre e dal 1° al 31 dicembre di ciascun anno.
Ulteriori innovazioni del decreto riguardano:
§ l’introduzione di limiti di potenza annuale, per ciascuno degli anni dal 2006 al 2012 (60 MW per gli impianti di potenza non superiore a 50 kW e 25 MW per gli impianti di potenza superiore a 50 kW) cui riconoscere le tariffe incentivanti dei quali si esclude l’applicazione alle domande inoltrate al Gestore del Sistema Elettrico prima della entrata in vigore del decreto in esame;
§ l’obbligo, per gli impianti di potenza superiore a 50 kW, di allegare alla domanda di ammissione alle tariffe incentivanti una dichiarazione recante impegno a costituire e a far pervenire al GRTN spa, una cauzione definitiva la cui misura rispetto al precedente decreto viene ridotta a 1000 euro per ogni kW di potenza nominale. Non sussiste obbligo per Amministrazione dello Stato, una Regione, una Provincia autonoma o un ente locale;
§ l’ammissione all’incentivazione anche degli impianti per la cui realizzazione siano utilizzati moduli a film sottile che rispettino la Norma CEI 61646 (82-12) purché la domanda di accesso alle tariffe incentivanti sia presentata da persone giuridiche. E’ concessa priorità di accesso alle domande già presentate prima dell’entrata in vigore del nuovo DM e non ammesse in ragione dell’utilizzo di detti moduli, purché presentate da persone giuridiche;
§ la priorità di accesso alle tariffe incentivanti, in conseguenza dell’incremento del limite di potenza, delle domande non ammesse in ragione del raggiungimento del limite massimo di potenza cumulativa prevista dal precedente DM 28 luglio 2005, inoltrate nel periodo intercorrente tra la data di entrata in vigore di detto decreto e la data di entrata in vigore del DM in esame;
§ la possibilità riconosciuta agli impianti di potenza non superiore a 20 kW di optare per il servizio di scambio sul posto o per la cessione in rete dell’energia prodotta. Nel primo caso l’incentivazione è riconosciuta solo all’energia prodotta e consumata in loco;
§ l’invarianza della tariffa iniziale comunicata dal GRTN nella lettera di accettazione della domanda di incentivazione per i venti anni di durata della medesima;
§ l’aggiornamento della tariffa iniziale in base all’indice ISTAT dei prezzi al consumo per famiglie ed operai applicato solo agli impianti per i quali la domanda viene presentata dopo il 2006, per ciascuno degli anni successivi al 2006, insieme ad una decurtazione della tariffa stessa del 5% l’anno;
§ l’incremento del 10% delle tariffe incentivanti riconosciute – che restano costanti fino all’anno 2012 incluso – qualora i moduli fotovoltaici siano integrati in edifici di nuova costruzione ovvero in edifici esistenti oggetto di ristrutturazione, come definiti all’art. 3, comma 2 del D.Lgs. 192/2005. Il soggetto che intende avvalersi di tale ulteriore beneficio è tenuto ad allegare alla domanda di ammissione la dichiarazione attestante il rispetto dei criteri di cui al D.Lgs. 192/2005;
§ il potenziamento di un impianto va inteso come l’intervento tecnologico eseguito su un impianto esistente, entrato in esercizio da almeno 2 anni che ne consenta una produzione aggiuntiva.
Con il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 19 febbraio 2007 - diventato di fatto operativo solo dopo la pubblicazione della delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas (AEEG) n. 90/07, avvenuta il 13 aprile 2007 - sono stati stabiliti nuovi criteri e modalità di incentivazione dell’energia derivante da fonte fotovoltaica.
Le modifiche più significative, rispetto alla precedente disciplina, riguardano:
§ la semplificazione dell’iter amministrativo con l’abolizione della fase istruttoria preliminare all’ammissione alle tariffe incentivanti richiesta successivamente all’entrata in servizio dell’impianto (prima si installa l’impianto e successivamente si richiede la tariffa incentivante);
§ l’abolizione dei limite annuo di potenza incentivabile (introdotto dal DM 6 febbraio 2006), sostituito da un limite massimo cumulato della potenza incentivabile (1200 MW più un periodo di moratoria di 14 mesi che salgono a 24 per i soggetti pubblici);
§ una maggiore articolazione delle tariffe, con l’intento di favorire le applicazioni di piccola taglia architettonicamente integrate in strutture o edifici;
§ l’introduzione di un premio per impianti fotovoltaici abbinati all’uso efficiente dell’energia;
§ l’eliminazione del limite di 1000 kW, quale potenza massima incentivabile per un singolo impianto e delle limitazioni all’utilizzo della tecnologia fotovoltaica a film sottile, molto utilizzata nell’ambito dell’integrazione architettonica;
§ obiettivo nazionale di potenza cumulata da installare innalzato a 3000 MW entro il 2016;
§ certificazione energetica dell’edificio non più requisito per accedere alle tariffe incentivanti, ma solo per accedere al premio aggiuntivo;
§ applicazione della tariffa incentivante a tutta l’energia prodotta da impianti che hanno adottato lo scambio sul posto, indipendentemente dal fatto che sia auto-consumata o immessa in rete .
La richiamata delibera dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas (AEEG) n. 90/07, che ha introdotto le regole che consentono l’avvio operativo del nuovo conto energia, ha definito le procedure che devono essere seguite per l’entrata in esercizio degli impianti fotovoltaici e l’ammissione al regime di incentivazione previsto per la produzione da fotovoltaico. Tali procedure si prevede che vengano gestite operativamente dal Gestore dei servizi elettrici (GSE) che ha attivamente collaborato con l’Autorità alla loro definizione.
Insieme alla delibera n. 90/07, l'AEEG ha emanato le delibere n. 88/07 e 89/07 con le quali sono state introdotte nuove misure a favore dei piccoli impianti di produzione di energia elettrica con particolare riguardo alle fonti rinnovabili e alla cogenerazione, prevedendo nuove regole per la connessione e per la misura dell’energia elettrica prodotta. Sul fronte della connessione (delibera n. 89/07) si prevede un sistema di indennizzi automatici in caso di ritardi nella definizione del preventivo e nella realizzazione della connessione della produzione; la riduzione del 50% dei corrispettivi di connessione per gli impianti da fonte rinnovabile, coerentemente con quanto già deliberato per le connessioni in media e alta tensione nel dicembre 2005. Inoltre vengono definiti (delibera n.88/07) criteri puntuali per la misura dell’energia elettrica prodotta; un elemento indispensabile per ottenere gli incentivi da produzione da fonte rinnovabile (conto energia e certificati verdi).
Possono richiedere e beneficiare delle tariffe incentivanti le seguenti tipologie di soggetti responsabili: a) le persone fisiche; b) le persone giuridiche; c) i soggetti pubblici; d) i condomini di unità abitative e/o di edifici.
Si ricorda che il soggetto responsabile dell’impianto è il soggetto responsabile dell’esercizio dell’impianto che ha diritto, nel rispetto delle disposizioni del nuovo DM 19 febbraio 2007, a richiedere e ad ottenere le tariffe incentivanti dal GSE.
Con il nuovo conto energia, l’accesso agli incentivi è consentito gli impianti fotovoltaici:
§ di potenza nominale non inferiore a 1 kW;
§ entrati in esercizio in data successiva all'entrata in vigore della delibera AEEG n. 90/07 e a seguito di interventi di nuova costruzione, rifacimento totale o potenziamento. Per questi ultimi è possibile accedere alle tariffe incentivanti limitatamente alla produzione aggiuntiva ottenuta a seguito dell'intervento di potenziamento, ma non al premio previsto all'art. 7 del decreto. Inoltre, per accedere alle tariffe incentivanti e al premio gli impianti fotovoltaici non devono aver già beneficiato degli incentivi previsti dai decreti ministeriali 28 luglio 2007 e 6 febbraio 2006;
§ conformi alle norme tecniche richiamate nell’allegato 1;
§ ricadenti nelle tre tipologie individuate all’art. 2 del decreto;
§ collegati alla rete elettrica o a piccole reti isolate, caratterizzato da un unico punto di connessione non condiviso con altri impianti;
§ entrati in esercizio tra il 1° ottobre 2005 e il 13 aprile 2007 (data di entrata in vigore della delibera AEEG n. 90/07) che non beneficino o abbiano beneficiato delle tariffe stabilite con i decreti disciplinati il vecchio conto energia. In tal caso occorre trasmettere la richiesta di concessione della tariffa incentivante entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della citata delibera dell'AEEG (art. 4 comma 8).
La determinazione dei criteri per l’incentivazione degli impianti non collegati alla rete elettrica o a piccole reti isolate è demandata ad un successivo decreto.
Per accedere alle tariffe incentivanti il soggetto che intende realizzare un impianto fotovoltaico deve inoltrare al GSE il progetto preliminare dell'impianto e richiederne la connessione alla rete ai sensi del D.Lgs. 79/99 (art. 9, co. 1) e del D.Lgs.387/03 (art. 14)[187]. Se l'impianto fotovoltaico ha una potenza compresa tra 1 e 20 kW occorre precisare se ci si vuole avvalere del servizio di scambio sul posto per l'energia elettrica prodotta.
Non è più necessario attendere l’accoglimento da parte del GSE (ex GRTN) della richiesta di concessione delle tariffe incentivate ma, una volta richiesto l’allaccio al Gestore di rete locale, si può procedere direttamente alla realizzazione dell’impianto e dopo aver collegato l’impianto alla rete elettrica si può richiedere al GSE il riconoscimento della tariffa incentivante relativa alla tipologia di impianto realizzato.
Infatti, ad impianto ultimato il soggetto che ha realizzato l'impianto fotovoltaico comunica la fine dei lavori al gestore di rete.
Entro 60 giorni dall’entrata in esercizio dell’impianto il soggetto responsabile deve far pervenire al GSE richiesta di concessione della pertinente tariffa incentivante, unitamente alla documentazione finale di entrata in esercizio prevista dalla delibera AEEG 90/07. Il mancato rispetto, comporta la non ammissibilità alle tariffe incentivanti (art. 5, comma 4).
Il GSE, entro 60 giorni dalla data di ricevimento della richiesta di accesso alla tariffa incentivante e verificato il rispetto delle disposizioni del decreto, comunica al soggetto responsabile la tariffa riconosciuta (art. 5, comma 5).
Le modalità di erogazione della tariffa sono fissate dalla citata delibera AEEG 90/07.
Per la richiesta di incentivazione si può utilizzare l’apposita applicazione informatica sul sito del GSE (previa registrazione) per preparare automaticamente (art. 4.5 della delibera AEEG n. 90/07):
§ la richiesta dell’incentivo (All. A1/A1p)
§ la scheda tecnica finale dell’impianto (All. A2/A2p)
§ la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà (All. A4/A4P)
§ la richiesta di premio per uso efficiente dell’energia (opzionale – All. A3a/A3b)
Le richieste per l’incentivazione, stampate e corredate dell’apposita documentazione di supporto, dovranno essere inoltrate all'indirizzo di posta indicato nella sezione del sito del GSE
Gli impianti fotovoltaici possono essere installati in aree classificate agricole. Non è quindi necessario variare la destinazione d'uso del sito in cui si vuole installare l'impianto (art. 5, comma 9).
L’eliminazione della fase istruttoria operata dal nuovo decreto rappresenta la novità più significativa del “nuovo conto energia” .
Tale semplificazione è stata resa possibile dalla contestuale eliminazione dei limiti annuali alla potenza incentivata, sostituiti dal limite massimo di potenza cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere la tariffa incentivante, fissato in 1200 MW, valore sufficientemente elevato per garantire un congruo periodo di stabilità volto a favorire una significativa crescita del mercato del fotovoltaico. Inoltre, quale ulteriore garanzia per gli operatori, è stato previsto un “periodo di moratoria” di 14 mesi (24 mesi per i soggetti pubblici titolari degli impianti), con inizio dalla data di raggiungimento del limite. Gli impianti che entreranno in esercizio in tale “periodo di moratoria” potranno comunque beneficiare delle tariffe incentivanti (art. 13).
Il nuovo DM ha eliminato inoltre alcuni adempimenti intermedi di competenza dei soggetti responsabili degli impianti, connessi alla fase di post-ammissione, quali le comunicazioni di inizio, di fine lavori e di entrata in esercizio da inviare al GSE.
Il mancato riconoscimento delle tariffe incentivanti per gli impianti realizzati ed entrati in eserciziodipende esclusivamente dall’eventuale non conformità dell’impianto ai requisiti previsti, rilevata dal GSE durante la fase di valutazione.
I principali motivi, di carattere procedurale o tecnico, che possono comportare l’esclusione dagli incentivi dopo l’entrata in esercizio dell’impianto, sono:
• il rilascio di false dichiarazioni inerenti le disposizioni del DM in commento;
• l’utilizzo di moduli fotovoltaici non certificati;
• il mancato rispetto del termine di 60 giorni, dalla data di entrata in esercizio dell’impianto, per far pervenire al GSE la richiesta di concessione della tariffa incentivante;
• il mancato rispetto del termine di 90 giorni, dalla data di ricezione dell’eventuale richiesta d’integrazione del GSE, per far pervenire ulteriori documenti necessari alla valutazione;
• entrata in esercizio dell’impianto dopo 14 mesi (24 mesi per i soggetti pubblici) dalla data di raggiungimento del limite dei 1200 MW di impianti fotovoltaici installati.
In merito agli aspetti autorizzativi, relativamente agli impianti fotovoltaici, il DM 19 febbraio 2007 precisa che:
§ per gli impianti per i quali non è necessaria alcuna autorizzazione è sufficiente la dichiarazione di inizio attività (DIA). Qualora sia necessaria l’acquisizione di un solo provvedimento autorizzativo comunque denominato, l’acquisizione del predetto provvedimento sostituisce il procedimento unico di cui all’art. 12 del D.Lgs. 387/2003[188]. Tali previsioni si applicano anche agli impianti che hanno acquisito il diritto all’incentivazione ai sensi dei decreti 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006;
§ gli impianti di potenza non superiore a 20 kW e gli impianti parzialmente o totalmente integrati non sono considerati “industriali” e non sono quindi soggetti alla verifica ambientale regionale, purché non ubicati in aree protette;
§ per gli impianti da realizzarsi in aree classificate agricole, non è necessaria la variazione di destinazione d’uso dei siti.
Inoltre, a coloro che sono stati ammessi al conto energia nell’ambito dei precedenti decreti, è stata concessa la possibilità di richiedere una proroga dei termini fissati dai decreti 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 per l’inizio e la conclusione dei lavori di realizzazione degli impianti. La proroga non può essere superiore a sei mesi ed occorre dimostrare che il ritardo non è imputabile al soggetto responsabile dell’impianto ed è esclusivamente dovuto a comprovato ritardo nel rilascio dell’autorizzazione alla ostruzione e all’esercizio dell’impianto (art. 16, co.5).
La tariffa incentivante che il nuovo conto energia riconosce all’energia elettrica prodotta dagli impianti fotovoltaiciviene determinata in relazione alla classe di potenza, alla tipologie di impianto e alla data di entrata in esercizio dell’impianto.
Il “nuovo conto energia” definisce, infatti tre tipologie d’integrazione ai fini della determinazione della tariffa incentivante da riconoscere a ciascun impianto fotovoltaico (art. 2, comma 1, lettere b1), b2) e b3) del decreto), di seguito illustrate:
1) impianto non integrato;
2) impianto parzialmente integrato;
3) impianto con integrazione architettonica.
L’impianto fotovoltaico non integrato, è l'impianto con moduli ubicati al suolo, ovvero con moduli collocati sugli elementi di arredo urbano e viario, sulle superfici esterne degli involucri di edifici, di fabbricati e strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.
L’impianto fotovoltaico parzialmente integrato, è l'impianto i cui moduli sono posizionati su elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.
Per impianto fotovoltaico con integrazione architettonica si intende l'impianto fotovoltaico i cui moduli sono integrati in elementi di arredo urbano e viario, superfici esterne degli involucri di edifici, fabbricati, strutture edilizie di qualsiasi funzione e destinazione.
Agli impianti entrati in esercizio dopo il 13 aprile 2007 (data di pubblicazione della delibera AEEG n. 90/07) e prima del 31 dicembre 2008 sono riconosciute le tariffe indicate nella tabella che segue.
Valori in euro/kWh prodotto dall'impianto fotovoltaico
|
|
1 |
2 |
3 |
|
Taglia di potenza dell’impianto |
Impianto non integrato) |
Parzialmente integrato |
Integrato) |
A) |
1≤P≤3 |
0,40 |
0,44 |
0,49 |
B) |
3<P≤20 |
0,38 |
0,42 |
0,46 |
C) |
P>20 |
0,36 |
0,40 |
0,44 |
Le tariffe maggiori sono riconosciute ai piccoli impianti domestici, inferiori a 3 kW, che risultano integrati architettonicamente. Le tariffe più basse sono invece riconosciute ai grandi impianti non integrati architettonicamente.
Le tariffe per gli impianti con integrazione architettonica sono mediamente superiori del 21 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti non integrati e del 10,3 per cento rispetto a quelle previste per gli impianti con integrazione parziale.
Le tariffe sono erogate per un periodo di venti anni, a decorrere dalla data di entrata in esercizio dell’impianto e rimangono costanti, non subiscono cioè aggiornamenti ISTAT, per l’intero periodo.
Per gli impianti che entreranno in esercizio tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2010, le tariffe indicate nella tabella sono decurtate del 2% per ciascuno degli anni di calendario successivi al 2008, rimanendo poi costanti per il periodo di venti anni di erogazione dell’incentivo.
Per gli impianti che entreranno in esercizio negli anni successivi al 2010 le tariffe saranno rideterminate con successivi decreti del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Le tariffe indicate in tabella sono incrementate del 5% nei seguenti casi, tra loro non cumulabili:
§ impianti superiori ai 3 kW di potenza non integrati architettonicamente, il cui soggetto responsabile acquisisca il titolo di autoproduttore ai sensi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 79 del 16 marzo 1999[189];
§ impianti il cui soggetto responsabile è una scuola pubblica/paritaria o una struttura sanitaria pubblica;
§ impianti integrati in edifici, fabbricati, strutture edilizie di destinazione agricola in sostituzione di coperture in eternit o contenenti amianto; in questo caso la superficie dell’impianto fotovoltaico potrà essere uguale oppure minore della superficie della copertura di amianto bonificata;
§ impianti i cui soggetti responsabili sono comuni con popolazione residente inferiore a 5000 abitanti come risultante dall’ultimo censimento ISTAT[190].
Il decreto ministeriale 19 febbraio 2007 ha eliminato il trattamento differenziato per i soggetti che si avvalgono dello scambio sul posto - previsto dal DM 28 luglio 2005 – ed ha riconosciuto anche a questi ultimi la tariffa incentivante su tutta l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico, indipendentemente dal fatto che sia auto-consumata o immessa in rete. Pertanto gli incentivi del nuovo conto energia sono destinati atutta l’energia elettrica prodotta dall’impianto fotovoltaico a prescindere dal fatto che i produttori abbiano scelto il servizio di scambio sul posto (detto anche Net Metering) o cedano la propria produzione alla rete.
Il decreto, in particolare, prevede che l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici fino a 20 kW possa beneficiare della disciplina dello scambio sul posto e possa usufruirne anche dopo il termine del periodo di diritto alla tariffe incentivante (fissato in 20 anni).
Per gli impianti che non beneficiano della disciplina di scambio sul posto, l’energia prodotta, qualora sia immessa in rete, viene ritirata dal gestore locale della rete elettrica ovvero ceduta sul mercato ai sensi dell’art. 13, comma 3, del D.Lgs. 397/03 [191](art. 8).
I benefici suindicati (sia per gli impianti che beneficiano dello scambio sul posto che di quelli che non ne beneficiano) sono aggiuntivi rispetto alle tariffe del conto energia e al premio riconosciuto (cfr. paragrafo successivo).
Un’altra novità recata dal decreto in esame è rappresentata dal premio abbinato all’uso efficiente dell’energia negli edifici.
Tale premio spetta agli impianti fotovoltaici fino a 20 kW, che alimentano utenze di unità immobiliari o edifici ed operano in regime di scambio sul posto, qualora si effettuino interventi di miglioramento delle prestazioni energetiche dell’edificio o unità immobiliare tali da comportare una riduzione di almeno il 10% del relativo indice di prestazione energetica, cioè del fabbisogno di energia primaria (climatizzazione invernale ed estiva, produzione di acqua calda, illuminazione).
La riduzione del fabbisogno di energia primaria deve essere dimostrata tramite la presentazione di due attestati di certificazione energetica(ante e post intervento), elaborati con la medesima metodologia di calcolo e supportati da un’apposita relazione tecnica sugli interventi eseguiti. Tali attestati devono essere redatti secondo le procedure di certificazione energetica stabilite dalle regioni sulla base dei principi fondamentali contenuti nella direttiva 2002/91/CE e nel D.Lgs. 192/2005, così come integrato dal D.Lgs. 311/06. Fino alla data di entrata in vigore delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, di cui all’art. 6 comma 9 del D.Lgs. 192/2005, l’attestato di certificazione energetica è sostituito dall’attestato di qualificazione energetica introdotto dal medesimo D.Lgs. (Allegato A comma 2, articolo 8 comma 2).
Per quanto riguarda la certificazione energetica vedi la scheda Decreto legislativo n. 311/06, pag.
Il premio, che sarà riconosciuto a decorrere dall’anno solare successivo alla data di ricevimento della domanda, consiste in una maggiorazione percentuale della tariffa riconosciuta, in misura pari alla metà della percentuale di riduzione del fabbisogno di energia primaria conseguito a seguito degli interventi, al netto dei miglioramenti conseguenti all’installazione dell’impianto fotovoltaico. Tale maggiorazione non può in ogni caso eccedere il 30% della tariffa inizialmente riconosciuta. Fermo restando tale limite massimo cumulato, il diritto al premio può essere riconosciuto per la successiva realizzazione di nuovi interventi, che comportino una ulteriore riduzione di almeno il 10% del fabbisogno energetico.
Il premio viene riconosciuto, nella misura del 30%, anche agli impianti di edifici completati successivamente all’entrata in vigore del DM 19 febbraio 2007 il cui indice di prestazione energetica, attestato da idonea certificazione, risulti inferiore di almeno il 50% rispetto ai valori indicati dal D.Lgs. 192 cit. (All. C, comma 1, Tab. 1).
Le tariffe incentivanti previste dall’articolo 6 del decreto 19 febbraio 2007 e il premio per gli impianti abbinati ad un uso efficiente dell’energia (art. 7 del decreto) non si applicano all’elettricità prodotta da impianti fotovoltaici per la cui realizzazione siano concessi incentivi pubblici nazionali, regionali, locali o comunitari sia in conto capitale che in conto interessi eccedenti il 20% del costo dell’investimento. Da tale tetto restano escluse le scuole pubbliche o paritarie di qualsiasi ordine e grado e le strutture sanitarie.
Inoltre la tariffa incentivante e il premio non sono cumulabili con:
§ i certificati verdi (sull’argomento vedi la scheda Nuovi meccanismi di incentivazione, pag.
§ titoli di efficienza energetica - certificati bianchi (sull’argomento vedi la scheda Cogenerazione, pag.
Non possono, inoltre, usufruire dell’incentivo e del premio gli impianti:
§ realizzati ai fini del rilascio della certificazione energetica (D.Lgs. 192/2005 e L. 296/2006 e succ. modif. Sull’argomento vedi la scheda Decreto legislativo n. 311/06, pag.
§ per i quali sia stata riconosciuta o richiesta la detrazione fiscale per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio (art 2, co. 5, L. 289/02[192]).
E’ prevista – da parte del GSE - la trasmissione ai Ministero dello sviluppo economico e dell’ambiente, alle regioni e province autonome, all’AEEG e all’Osservatorio nazionale sulle fonti rinnovabili e l’efficienza negli usi finali dell’energia[193], di un Rapporto sull’attività e sui risultati conseguiti in attuazione dei decreti del vecchio e del nuovo conto energia. Il rapporto- trasmesso entro il 31 ottobre di ogni anno - fornirà per ciascuna regione e provincia autonoma e per ciascuna tipologia: l’ubicazione dell’impianto, la potenza entrata in esercizio nell’anno, la relativa produzione di energia; i valori delle tariffe incentivanti erogate, l’entità cumulata delle tariffe erogate in ciascuno degli anni precedenti e qualsiasi altro dato ritenuto utile. In mancanza di osservazioni da parte dei Ministeri interessati – da formulare entro 30 giorni dalla trasmissione - il rapporto viene reso pubblico dal GSE che pubblica sul proprio sito una raccolta fotografica esemplificativa degli impianti entrati in esercizio.
Il GSE unitamente all'ENEA organizza un sistema di rilevazione dei dati tecnologici e di funzionamento e attraverso uno specifico protocollo d'intesa con il Ministero della pubblica istruzione, con l'ANCI, con l'UPI e con l'UNCEM, organizza un sistema tecnico-operativo allo scopo di facilitare l'avvio delle procedure per la richiesta delle tariffe incentivanti , per gli istituti scolastici interessati. Infine promuove azioni informative volte a favorire la corretta conoscenza del meccanismo di incentivazione e delle relative modalità e condizioni di accesso previste dal decreto.
Un rapporto annuale – da inviare entro il 31 dicembre di ogni anno, al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare- viene predisposto anche dall’ENEA cui il decreto assegna compiti di monitoraggio tecnologico – da svolgersi in coordinamento con il GSE - destinato alla individuazione delle prestazioni delle tecnologie impiegate per la realizzazione degli impianti fotovoltaici realizzati nell'ambito dei decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 e nell'ambito del decreto 19 febbrai 2007.
Il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, d'intesa con la Conferenza unificata, adotta gli atti necessari per promuovere lo sviluppo delle tecnologie innovative per la conversione fotovoltaica.
Nel decreto in commento si precisa che a decorrere dall’entrata in vigore del decreto stesso (24 febbraio 2007) non si procederà - in caso di decadenza o di rinuncia al diritto da parte di soggetti che sono stati ammessi a beneficiare delle tariffe incentivanti introdotte dai decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006 - a scorrere i relativi elenchi o graduatorie.
Il decreto stabilisce, altresì, che la potenza resa disponibile a seguito della decadenza del diritto alle tariffe incentivanti di cui ai decreti interministeriali 28 luglio 2005 e 6 febbraio 2006, o a seguito della mancata realizzazione degli impianti, viene ricompresa nel limite massimo della potenza elettrica cumulativa di tutti gli impianti che possono ottenere le tariffe incentivanti, stabilito in 1200 MW.
Infine non viene riconosciuta alcuna priorità, ai fini dell'accesso alle tariffe incentivanti di cui al presente decreto, ai soggetti che hanno presentato domande di accesso alle tariffe incentivanti del vecchio conto energia e che non sono stati ammessi a beneficiarne a causa dell'esaurimento della potenza limite annuale disponibile. Tali soggetti possono comunque accedere alle tariffe incentivanti di cui al presente decreto, nel rispetto delle relative disposizioni previste dal presente decreto.
Risparmio ed efficienza energetica
E’ definita «cogenerazione» ai sensi della direttiva 2004/8/CE[194]la generazione simultanea in un unico processo di energia termica ed elettrica e/o di energia meccanica (art.3).
La stessa direttiva – il cui obiettivo è l'istituzione di un quadro comune trasparente per promuovere e facilitare l'installazione di impianti di cogenerazione dove esiste o è prevista una domanda effettiva di calore utile – nei considerando introduttivi cita le osservazioni avanzate nel Libro verde “Verso una strategia europea per la sicurezza dell'approvvigionamento energetico”[195], circa l’opportunità di perseguire l’obiettivo della sicurezza dell’approvvigionamento energetico attraverso una pluralità di iniziative dirette, fra l'altro, alla diversificazione delle fonti e delle tecnologie. In tal senso, l'uso crescente della cogenerazione orientato verso il risparmio di energia primaria, viene considerato un elemento importante del pacchetto di misure necessarie per conseguire gli obiettivi di riduzione di gas serra derivanti dal Protocollo di Kyoto allegato alla Convenzione quadro delle Nazioni unite sul cambiamento climatico (vedi la scheda Il protocollo di Kyoto nel dossier relativo alla Commissione Ambiente).
Secondoil decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79 di liberalizzazione del settore elettrico, per “cogenerazione” si intende “la produzione combinata di energia elettrica e calore alle condizioni definite dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, che garantiscano un significativo risparmio di energia rispetto alle produzioni separate”(art.2, comma 8)[196]. La stessa definizione (sebbene priva del riferimento al risparmio energetico che tale produzione garantisce) si rinviene anche all’art. 2, comma 1, lett, g) del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, di liberalizzazione del settore del gas.
Entrambi i provvedimenti prevedono benefici per gli impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore.
Tra gli interventi normativi che hanno riguardato la cogenerazione antecedentemente all’adozione dei suddetti provvedimenti di liberalizzazione del settore energetico, si segnalano, oltre alla legge 6 dicembre 1962, n. 1643 istitutiva dell’ENEL (contenente un primo richiamo, se pur indiretto, alla medesima):
- la legge 29 maggio 1982, n. 308 (Norme sul contenimento dei consumi energetici, lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia e l’esercizio di centrali elettriche alimentate con combustibili diversi dagli idrocarburi) quasi interamente abrogata dalla legge 10/91
- i provvedimenti CIP n. 15/89, n. 34/90[197];
- le leggi di attuazione del Piano energetico nazionale (PEN) 9 gennaio 1991, n. 9 e n. 10[198];
- il provvedimento del CIP n. 6/92[199]che fissava i prezzi di cessione all’ENEL dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate, integrato e modificato dal decreto del Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato del 4 agosto 1994.
I principali benefici previsti dai citati decreti di liberalizzazione del settore energetico sono costituiti:
§ dall'obbligo di utilizzazione prioritaria dell'energia elettrica prodotta a mezzo di fonti energetiche rinnovabili e di quella prodotta mediante cogenerazione (art. 3, comma 3, D.Lgs. 79/99);
§ dall'esonero dall'obbligo di immettere nel sistema elettrico nazionale, a partire dall'anno 2002, una quota di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili entrati in esercizio dopo il 31 marzo 1999, gravante sui produttori e sugli importatori di energia elettrica da fonti non rinnovabili (art. 11, comma 3, D.Lgs. 79/99);
§ dalla priorità di dispacciamento all'energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano, nell'ordine, fonti energetiche rinnovabili, sistemi di cogenerazione e fonti nazionali di energia combustibile primaria, assicurata dal Gestore della rete elettrica nazionale (art. 11, comma 4, D.Lgs. 79/99);
§ dell'attribuzione della qualifica di cliente idoneo alle imprese che acquistano il gas per la cogenerazione di energia elettrica e calore, indipendentemente dal livello di consumo annuale, e limitatamente alla quota di gas destinata a tale utilizzo (art. 22, comma 1, lettera b), D.Lgs. 164/00);
§ dei prezzi incentivanti per l'energia elettrica prodotta in cogenerazione da impianti di potenza inferiore a 10 MVA, secondo la disciplina introdotta dall'AEEG con la delibera n. 34/05 che ha fissato le “ Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239”[200];
§ il diritto al rilascio di certificati verdi riconosciuto dal comma 71, art. 1, della legge 239/04[201] di riordino del settore energetico, all’energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati a reti di teleriscaldamento[202], limitatamente alla quota di energia termica utilizzata per quest’ultimo (vedi la scheda Nuovi meccanismi di incentivazione, pag.
Il decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20[203]è stato adottato in attuazione della delega contenuta nell’art. 21 della legge 18 aprile 2005, n. 62 (legge comunitaria 2004), per recepire la direttiva 2004/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell'11 febbraio 2004, sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia e che modifica la direttiva 92/42/CEE.
Il provvedimento ha definito misure in grado di promuovere e sviluppare la cogenerazione ad alto rendimento, vale a dire la produzione combinata in un unico processo di energia elettrica ed energia termica che, rispetto alla produzione separata delle stesse quantità di energia elettrica e calore, comporta:
- un risparmio economico dovuto al minor consumo di combustibile;
- una riduzione dell’impatto ambientale;
- minori perdite di trasmissione e distribuzione per il sistema elettrico, derivanti dalla localizzazione degli impianti in prossimità dei bacini di utenza;
- la sostituzione di modalità produttive di calore poco efficaci e maggiormente inquinanti.
Le misure adottate dal decreto legislativo n. 20/07 in materia di cogenerazione ad alto rendimento – che per essere tale deve rispettare i parametri fissati dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas[204] - sono così riassumibili:
§ rilascio al produttore da parte del Gestore dei servizi elettrici (GSE) dei certificati di garanzia di origine (soloper una produzione annua da cogenerazione non inferiore a 50 MWh), attestanti l’effettiva produzione di elettricità da cogenerazione ad alto rendimento e che consente il riconoscimento reciproco di tale energia tra gli Stati membri UE (art. 4);
§ predisposizione da parte del GSE - in collaborazione con la Conferenza Stato-regioni - di un rapporto sul potenziale nazionale di realizzazione della cogenerazione ad alto rendimento (capacità di installazione di impianti) rilevante ai fini della programmazione da parte dei Ministeri competenti, di misure normative e di forme di incentivazione necessarie alla diffusione della cogenerazione (art. 5);
§ riconferma del regime di sostegno alla cogenerazione ad alto rendimento previsto dalla normativa vigente, cui si aggiunge l’accesso ai “titoli di efficienza energetica “ (certificati bianchi) - anche per la cogenerazione abbinata al teleriscaldamento - e la previsione di una revisione dei criteri di assegnazione dei titoli medesimi, che viene demandata ad un decreto ministeriale (art. 6);
§ definizione da parte dell’AEEG di regole tecniche ed economiche di connessione delle unità di cogenerazione ad alto rendimento alle reti elettriche, i cui gestori hanno l’obbligo di connessione di terzi (art. 7);
§ semplificazione delle procedure amministrative relative all’autorizzazione, alla costruzione e alla gestione degli impianti di cogenerazione (autorizzazione mediante procedimento unico), che per gli impianti di piccola e microcogenerazione saranno fissate con decreto ministeriale (art. 8);
§ pubblicazione di una relazione sull’applicazione del decreto - entro il 21 febbraio 2007 - da parte del Ministero dello sviluppo economico e relativo invio alla Commissione UE (art. 9);
§ istituzione, da parte del GSE, di una banca dati sulla cogenerazione, sulla base di dati comunicati dai produttori (art. 10);
§ modifiche alla legge 239/04 di riordino del settore energetico, volte a sostituire, con riferimento alla cogenerazione abbinata al teleriscaldamento, il beneficio dei certificati verdi ivi previsto, con quello dei certificati bianchi e degli altri benefici previsti dall’attuale normativa per la cogenerazione (art. 11);
§ previsione di modifiche agli allegati al D.Lgs. con DM (art. 12);
§ esclusione dall'ambito di applicazione del DPR n. 660 del 1996 delle caldaie ad acqua di cui alla direttiva 92/42/CE eventualmente parte di una unità di cogenerazione (art. 13);
§ salvaguardia dei diritti acquisiti dai soggetti titolari degli impianti di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento autorizzati antecedentemente alla data di entrata in vigore del D.Lgs. e in esercizio al 31 dicembre 2008, che possono continuare ad accedere ai certificati verdi, il cui mantenimento è, tuttavia, subordinato all’ottenimento della certificazione di qualità ambientale EMAS, riconosciuta a livello europeo. Inoltre, la copertura almeno all’80% dell’obbligo di immissione in rete di una quota dell’energia da fonti rinnovabili, tramite certificati verdi da fonti rinnovabili pure e per il restante 20% tramite certificati verdi provenienti da cogenerazione abbinata a teleriscaldamento (art. 14);
§ clausola di invarianza della spesa (art.15).
La garanzia di origine dell’elettricità prodotta mediante cogenerazione ad alto rendimento viene rilasciata, su richiesta del produttore, dal Gestore dei servizi elettrici - GSE spa[205]e può essere rilasciata soltanto nel caso in cui l’elettricità annua prodotta non risulti inferiore a 100 MWh. Tale soglia assicura, comunque, il diritto alla garanzia di origine per impianti fino a 20kW, comprendendo, in tal modo, sia la piccola che la microgenerazione, le cui unità di cogenerazione, in base alla definizione dell’articolo 2, presentano rispettivamente una capacità di generazione installata inferiore a 1MWe e una capacità massima inferiore a 50 kWe.
L’utilizzo della garanzia spetta ai produttori che se ne possono avvalere per dimostrare che l’energia elettrica da essi venduta è prodotta da cogenerazione ad alto rendimento, ai sensi del presente decreto legislativo.
Il Gestore dei servizi elettrici da parte sua è tenuto:
§ ad istituire un sistema informatico ad accesso controllato volto a consentire la verifica dei dati contenuti nella garanzia di origine;
§ al rilascio della garanzia di origine subordinatamente alla verifica dell’attendibilità dei dati forniti dal richiedente e della loro conformità alle disposizioni del decreto. A tal fine il GSE è incaricato di disporre controlli sugli impianti in esercizio sulla base di un programma annuale, fatte, comunque, salve le competenze dell’AEEG;
§ all’adozione delle procedure tecniche per il rilascio della garanzia di origine, cui si è provveduto con il D.Dirett. 6 novembre 2007 emanato dal Ministero dello sviluppo economico[206].
Il riconoscimento nel nostro Paese della garanzia di origine rilasciata in un altro Stato membro della UE è consentito, in attuazione della direttiva 2004/8/CE, a patto che tale garanzia contenga una serie di dati indicati dall’articolo 4 del decreto legislativo[207]. Il riconoscimento in Italia non dà, tuttavia, diritto di accesso ai meccanismi di sostegno alla cogenerazione previsti a livello nazionale.
Il decreto legislativo conferma il regime di sostegno previsto dal decreto legislativo 79/99 di liberalizzazione del settore elettrico.
Si tratta, in particolare:
- dell'obbligo di utilizzazione prioritaria dell'energia elettrica prodotta mediante cogenerazione (art. 3, comma 3, D.Lgs. 79/99);
- della salvaguardia della sicurezza e dell’economicità degli approvvigionamenti per i clienti vincolati e della garanzia di diversificazione delle fonti energetiche, anche con l’utilizzazione oltre che delle energie rinnovabili, dell'energia prodotta mediante cogenerazione (art. 4, co. 2);
- dell’esonero dall'obbligo di immissione nel sistema elettrico nazionale di una quota di energia elettrica da fonti rinnovabili (art. 11, comma 3, D.Lgs. 79/99) e priorità di dispacciamento all'energia elettrica prodotta da impianti di cogenerazione;
- della priorità di dispacciamento per l'energia elettrica prodotta da impianti che utilizzano, nell'ordine, fonti energetiche rinnovabili, sistemi di cogenerazione e fonti nazionali di energia combustibile primaria, assicurata dal Gestore della rete elettrica nazionale (art. 11, comma 4, D.Lgs. 79/99).
La cogenerazione può, inoltre, accedere ai benefici derivanti dall’applicazione delle disposizioni attuative dell’art. 9, comma 1, del citato D.Lgs. 79/99 e dell’art. 16, comma 4, del D.Lgs. 164/00 di liberalizzazione del settore del gas. Si tratta dei cosiddetti “titoli di efficienza energetica” (i c.d. certificati bianchi), attestanti gli interventi realizzati ai fini della riduzione dei consumi energetici, tra i quali rientra a buon titolo – come si sottolinea nella relazione governativa - anche la cogenerazione ad alto rendimento.
L'ambito di applicazione del meccanismo deicertificati bianchi, viene esteso anche alla cogenerazione abbinata al teleriscaldamento.
ll decreto legislativo prevede una riorganizzazione dei criteri di assegnazione dei certificati bianchi alla cogenerazione ad alto rendimento, rinviando ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro sei mesi dall’entrata in vigore del provvedimento. I criteri di incentivazione definiti dal decreto ministeriale dovranno tener conto di quanto segue:
§ potenza elettrica dell'impianto;
§ rendimento complessivo dell'impianto;
§ calore utile;
§ aspetti innovativi dell'impianto e delle modalità d'uso del calore utile;
§ risparmio energetico conseguito e relativa persistenza nel tempo;
§ tipologia di combustibile impiegato;
§ emissioni inquinanti e climalteranti.
Si ricorda che il meccanismo dei ”titoli di efficienza energetica” o “certificati bianchi” è stato introdotto dai decreti ministeriali 24 aprile 2001[208], successivamente sostituiti dai decreti ministeriali 20 luglio 2004.
I decreti in questione hanno riformato la politica di promozione del risparmio energetico negli usi finali, introducendo un meccanismo innovativo anche nel panorama internazionale, basato sull'imposizione ai distributori di energia elettrica e di gas naturale di maggiori dimensioni di obblighi annuali di risparmio energetico da realizzare attraverso progetti attuati presso i clienti finali, propri o altrui.
Tale meccanismo prevede in particolare la creazione di un mercato dei titoli di efficienza energetica, attestanti gli interventi realizzati, per certi versi simile a quello dei certificati verdi, a favore dei soggetti che hanno conseguito i risparmi energetici prefissati. L'emissione dei titoli da parte del Gestore del mercato elettrico (GME) viene effettuata sulla base di una comunicazione dell'Autorità che certifica i risparmi conseguiti. l'Autorità infatti verifica e controlla che i progetti siano stati effettivamente realizzati in conformità con le disposizioni dei decreti e delle regole attuative definite dall'Autorità stessa. La compravendita di questi titoli avverrà tramite contratti bilaterali o in un mercato apposito istituito dal GME e regolato da disposizioni stabilite dal Gestore stesso d'intesa con l'Autorità.
Gli obiettivi di incremento di efficienza energetica possono essere conseguiti dai distributori oltre che attraverso la realizzazione di progetti di efficienza energetica - con conseguente emissione dei TEE - anche con l’acquisto dei certificati da altri soggetti. L’acquisto e lo scambio di titoli è consentito all’interno del mercato dei titoli di efficienza energetica organizzato e gestito dal GME.
In base ai decreti del luglio 2004 all’Autorità per l’energia elettrica e il gas è stato assegnato il compito di definire le regole tecniche di funzionamento del meccanismo delineato dai medesimi, nonché le attività di gestione ordinaria del nuovo quadro normativo, tra le quali rientra anche la determinazione degli obiettivi specifici annuali di risparmio energetico a carico dei diversi distributori di energia elettrica e di gas naturale. Con la delibera n. 213/04[209] l'AEEG ha definito gli obiettivi di cui sopra con riferimento all'anno 2005, consentendo così l’entrata in funzione dal 1° gennaio dello stesso anno del nuovo meccanismo di mercato per la promozione dell'uso razionale dell'energia. Per l'anno 2007 l'Autorità ha stabilito un obiettivo di risparmio di circa 633.832 tep per le grandi imprese distributrici con almeno 100.000 clienti finali al 31 dicembre 2001: il 61% di tale risparmio (pari a circa 385.558 tep) dovrà essere ottenuto dai distributori nel settore elettrico, il restante 39% (247.824 tep) nel settore gas (del AEEG 293/06).
Il sistema introdotto dai decreti del 20 luglio 2004 prevede che i distributori di energia elettrica e di gas naturale raggiungano annualmente determinati obblighi quantitativi di risparmio di energia primaria, per il quinquennio 2005/2009, a partire dal 1 gennaio 2005 (art. 3). In precedenza l’obbligo riguardava solo i distributori con più di 100.000 clienti finali al 31 dicembre 2001. La definizione delle modalità di applicazione degli obblighi per i distributori sotto questa soglia è stata rinviata a successivi decreti (art. 4) (cfr. oltre).
Quanto agli oneri sostenuti dai distributori per la realizzazione dei progetti di risparmio energetico, potranno essere coperti attraverso risorse di varia natura: quote di partecipazione dei clienti partecipanti, finanziamenti statali, regionali, locali, comunitari, ricavi dalla vendita dei titoli di efficienza energetica. Una parte dei costisostenuti troverà copertura attraverso le tariffe di trasporto e distribuzione dell'energia elettrica e del gas naturale, in base a criteri che saranno stabiliti dall'Autorità per l’energia elettrica e il gas che con la delibera n. 219/04ha attribuito un contributo economico iniziale di 100,00 euro all'anno per cinque anni ad ogni tonnellata equivalente di petrolio risparmiata attraverso miglioramenti dell'efficienza nell'utilizzo dell'energia elettrica e del gas naturale, destinato a compensare parte dei costi sostenuti dai distributori per il raggiungimento dei propri obiettivi di risparmio[210].
Recentemente i due decreti 20 luglio 2004 sono stati sottoposti ad una revisione e ad un aggiornamento da parte del DM 21 dicembre 2007[211]che ne haallargato la disciplina ai distributori con meno di 100 mila clienti ma più di 50 mila.
Per ciascuno degli anni successivi al 2007 sono infatti soggetti agli obblighi i distributori che, alla data del 31 dicembre di due anni antecedenti a ciascun obbligo, abbiano connessi alla propria rete di distribuzione più di 50.000 clienti finali.
Inoltre il decreto determina gli obiettivi quantitativi nazionali di incremento dell'efficienza energetica che dovranno essere conseguiti dai distributori di energia elettrica e dalle imprese distributrici di gas naturaleeassicura l'acquisto di tutti i Titoli di efficienza energetica emanati entro il 2012.
L’obiettivo nazionale di risparmio da conseguirsi nel 2008 (rispetto a quello previsto dalla precedente normativa) viene incrementato di 700.000 tep - 400.000 tep nel settore elettrico e di 300.000 tep nel settore del gas naturale- e sono stati sottoposti a revisione anche i criteri di ripartizione.
L’obiettivo quantitativo nazionale di incremento dell’efficienza energetica degli usi finali a carico dei distributori di energia elettrica nell’anno 2008 è pari a 1,2 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio (di seguito: tep), mentre l’obiettivo quantitativo nazionale di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili a carico dei distributori di gas naturale nell’anno 2008 pari a 1 milione di tep.
In attuazione del nuovo decreto l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha emanato la delibera EEN 01/08 con la quale ha provveduto a determinare la quota degli obiettivi quantitativi nazionali per l’anno 2008 di cui ai decreti ministeriali 20 luglio 2004, come modificati dal decreto ministeriale 21 dicembre 2007, che deve essere conseguita dai singoli distributori di energia elettrica e di gas naturale soggetti agli obblighi di cui ai medesimi decreti.
In materia di certificati bianchi interviene anche il provvedimento di recepimento della direttiva 2006/32/CE concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e dei servizi energetici, recentemente sottoposto al parere parlamentare (Atto 229)[212].
In particolare l’articolo 7 dello schema di decreto legislativo estende l’obbligo di adottare misure di efficienza energetica, già previste a carico dei distributori di energia elettrica e gas, ai venditori di energia. A tal fine viene consentito il ricorso all’acquisto di quote di risparmio tramite i certificati bianchi. All’AEEG è assegnato il compito di definire le modalità con cui i costi sostenuti per la realizzazione dei progetti nell’ambito dei certificati bianchi trovino copertura sulle tariffe per il trasporto e la distribuzione dell’energia elettrica e il gas.
Il decreto legislativo prevede, per l’energia elettrica prodotta da impianti di cogenerazione ad alto rendimento con potenza nominale non superiore a 200 KW, il servizio di scambio sul posto in precedenza applicato ai soli impianti di produzione elettrica da fonti rinnovabili con potenza superiore a 20 KW. Alla definizione delle condizioni tecnico-economiche di tale servizio provvederà l’Autorità per l’energia elettrica e il gas entro sei mesi dall’entrata in vigore del decreto legislativo.
Il servizio di scambio sul posto, introdotto dall’art. 6 del D.Lgs. 387/03 per agevolare la diffusione degli impianti di piccola taglia, consiste nel deposito virtuale in rete dell’energia elettrica prodotta e non immediatamente autoconsumata, in modo che possa essere ri-prelevata in un tempo differito per la copertura dei propri consumi. Il serviziodi scambio sul posto viene erogato dall’impresa di distribuzione competente territorialmente e consiste nell'operare un saldo annuo tra l'energia elettrica immessa in rete dagli impianti di potenza nominale non superiore a 20 kW alimentati da fonti rinnovabili e l'energia elettrica prelevata dalla rete, nel caso in cui il punto di immissione e di prelievo dell'energia elettrica coincidano. Con la delibera n. 28/06 l’AEEG - tenendo conto anche DM 6 febbraio 2006[213] - ha provveduto ad estendere la disciplina, già in vigore fin dal 2000 per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici (del. 224/2000), alla produzione di tutte le altre fonti rinnovabili (come l’eolico, il mini-idro ecc.), oltre che ai clienti del mercato libero. Nel caso di scambio sul posto il soggetto richiedente il servizio si configura come cliente finale e non può vendere l’energia elettrica prodotta, ma solo utilizzarla - anche in maniera differita nel tempo - per coprire i propri consumi. In sostanza il servizio di scambio sul posto consente al cliente di utilizzare i servizi di rete per immagazzinare l’energia elettrica immessa quando non esiste necessità di consumo e di riprelevarla dalla rete in caso di necessità. L’energia non consumata nell’anno di riferimento può essere utilizzata nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Alla fine di tale periodo il credito residuo viene annullato.
Si segnala che con il documento per la consultazione 31 luglio 2007, Atto n. 31/07, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas ha pubblicato i propri orientamenti sulla disciplina dello scambio sul posto per quanto riguarda la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 6 del decreto legislativo n. 387/03, e per quanto riguarda la cogenerazione ad alto rendimento, ai sensi di quanto stabilito dall’articolo 6, comma 6, del decreto legislativo n. 20/07. Alla luce delle osservazioni pervenute, l’Autorità ritiene necessario procedere a sottoporre a consultazione i propri ulteriori orientamenti in materia di definizione della disciplina dello scambio sul posto.
Si ricorda, infine, che la legge finanziaria 2008 (L.244/07) all’art. 2, comma 150, lett. b) prevede l’adozione di decreti del Ministro dello sviluppo economico per stabilire le modalità per l’estensione dello scambio sul posto a tutti gli impianti alimentati con fonti rinnovabili di potenza elettrica non superiore a 200 kW, fatti salvi i diritti di officina elettrica (vedi scheda Nuovi meccanismi di incentivazione, pag.
Per l’autorizzazione alla costruzione e alla gestione degli impianti di cogenerazione il decreto legislativo n. 20/07 rinvia, per quanto riguarda gli impianti di cogenerazione di potenza termica superiore ai 300 MW, comprese le opere connesse e le infrastrutture indispensabili, alla legge 55/2002, di conversione del DL 7/02, che ha introdotto un procedimento unico autorizzativo[214].
Per quanto riguarda, invece, gli impianti di cogenerazione di potenza termica uguale o inferiore ai 300 MW l’amministrazione competente al rilascio dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio prevede un procedimento unico nel rispetto dei principi di semplificazione e secondo le modalità stabiliti dalla legge 241/90[215].
Procedure autorizzative semplificate sono, inoltre, previste per l’installazione e l’esercizio di impianti di piccola e micro-cogenerazione (vale a dire di potenza elettrica rispettivamente inferiore a inferiore a 1 MW e 50kW). Tali procedure saranno stabilite con un decreto del Ministero dello sviluppo economico recante le norme di omologazione degli impianti di microgenerazione - la cui adozione è prevista dall’art. 1, comma 88, della legge 239/04di riordino del settore energetico – tenendo conto anche di quanto stabilito dal comma 86 della stessa legge 239.
I commi da 85 a 89 dell’articolo 1 dellalegge 23 agosto 2004, n. 239recano la specifica disciplina in materia di impianti di microgenerazione di energia elettrica. Viene definitoimpianto di microgenerazione “un impianto per la produzione di energia elettrica, anche in assetto cogenerativo, con capacità di generazione non superiore a 1 MW” (comma 85). Risulta chiara la volontà di favorire la diffusione della cogenerazione con il successivo comma (86), che prevede la semplificazione estrema dell’iter autorizzativo degli impianti “omologati”. E’ stato fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge il termine ultimo per l’emanazione, da parte del Ministro delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro dell’interno, di apposite norme per l’omologazione degli impianti di microgenerazione, e per la definizione dei limiti di emissione e di rumore nonché dei criteri di sicurezza (comma 88). Infine il comma 89, con decorrenza dall’anno 2005, pone a carico dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas l’attività di monitoraggio annuale sullo sviluppo degli impianti di microgenerazione e l’invio di una relazione sugli effetti della generazione distribuita sul sistema elettrico ai Ministri delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) e dell’ambiente, nonché alla Conferenza unificata e al Parlamento. Si segnala che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha approvato, con la delibera n. 160/06 la relazione “Monitoraggio dello sviluppo degli impianti di generazione distribuita e di microgenerazione in Italia ed analisi dei possibili effetti della generazione distribuita sul sistema elettrico nazionale” e latrasmissione della medesima ai Ministri dello sviluppo economico, dell’ambiente e della tutela del territorio e dell’interno, alla Conferenza unificata e al Parlamento (doc. CCXXX, n.1), secondo quanto previsto dallo stesso comma 89. Si tratta della prima relazione di monitoraggio, che è riferita all’anno 2004.
A carico del Ministero dello sviluppo economico viene posto l’obbligo di pubblicare, di concerto con il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare - entro la data del 21 febbraio 2007 e successivamente, ogni quattro anni - una relazione sull’applicazione del decreto legislativo che viene inviata, per informazione, alla Commissione europea e nella quale si illustrano i progressi compiuti per incrementare la quota di cogenerazione ad alto rendimento.
Sempre da parte del Ministero dello sviluppo economico è prevista altresì, la presentazione alla Commissione europea, di dati e informazioni sulla produzione nazionale di energia elettrica e di calore mediante cogenerazione, secondo la metodologia indicata nell’allegato II al decreto legislativo in esame.
Per i dati relativi al 2006 il Ministero provvederà all’invio entro il 31 dicembre 2007, per gli anni successivi l’invio avverrà su base annuale.
I dati, trasmessi anche al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, saranno comprensivi anche dei dati riguardanti la capacità di cogenerazione e i combustibili usati a tal fine. Eventuali dati sul risparmio di energia primaria realizzato attraverso la cogenerazione saranno elaborati in conformità alla metodologia di cui all’allegato III del D.Lgs.
Il decreto dispone la modifica dei commi 85, 86 e 89, art. 1, della legge 239/04, relativi agli impianti di microgenerazione.
Le modifiche alla disciplina recata dai commi richiamati sono apportate allo scopo di rendere compatibili le definizioni di detti impianti contenute nella legge 239 con le definizioni della direttiva 2004/8/CE.
La legge 239/04, che non reca alcuna definizione di impianti di piccola generazione, definisce al comma 85 come impianti di microgenerazione quelli aventi una potenza inferiore a 1 MW (mentre per la direttiva sono quelli di potenza inferiore a 50 kW). Il comma 86assoggetta a norme autorizzative semplificate l’installazione di impianti di microgenerazione - purché omologati - prevedendo, in particolare, per gli impianti di generazione termoelettrici, gli stessi oneri tecnici ed autorizzativi di un impianto di generazione di calore con pari potenzialità termica. Il comma 89 pone a carico dell’Autorità per l’energia elettrica ed il gas l’attività di monitoraggio annuale sullo sviluppo degli impianti di microgenerazione.
Per quanto riguarda il comma 85, la modifica consiste nella sostituzione della parola “microgenerazione” con l’espressione “piccola generazione” e nell’aggiunta di un nuovo comma, l’85-bis, recante la definizione di impianto di microgenerazione in conformità a quanto disposto dalla direttiva.
Per quanto riguarda il comma 86, la novella è volta a sostituire il riferimento alla omologazione degli impianti con il riferimento alla loro certificazione. Con la modifica prevista al comma 89 l’attività di monitoraggio dell’AEEG viene estesa anche agli impianti di piccola cogenerazione.
Viene mantenuta la validità dei diritti introdotti dal comma 71, art. 1, della citata legge 239/03 di riordino del settore energetico (abrogato dalla legge finanziaria 2007) la quale, tuttavia, viene subordinata al possesso da parte degli impianti di determinati requisiti (cfr. oltre).
L’art. 1, comma 71, della legge 239/04 ha esteso il riconoscimento dei certificati verdi, all’energia elettrica prodotta mediante utilizzo di idrogeno e quella prodotta da impianti statici con l’utilizzo dell’idrogeno ovvero con celle a combustibile, nonché all'energia prodotta da impianti di cogenerazione abbinati al teleriscaldamento urbano, limitatamente alla quota di energia termica effettivamente utilizzata per il teleriscaldamento. Il comma è stato successivamente abrogato ai sensi dell’art. 1, comma 1120, della legge 296/06 (finanziaria 2007).
I diritti acquisiti dai soggetti titolari degli impianti realizzati o in fase di realizzazionein attuazione di quanto disposto dal citato comma 71, come vigente al 31 dicembre 2006, sono fatti salvi purché i suddetti impianti risultino in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:
a) entrata in esercizio nel periodo compreso tra la data di entrata in vigore della legge 239/04 e la data del 31 dicembre 2006;
b) autorizzazione concessa dopo la data di entrata in vigore della legge 239 e prima della data del 31 dicembre 2006e quella di entrata in esercizio entro il 31 dicembre 2008;
c) entrata in esercizio entro il 31 dicembre 2008, purché i lavori di realizzazione siano stati effettivamente iniziati prima della data di entrata in vigore del presente decreto.
Inoltre è previsto il mantenimento – per i suddetti impianti – del trattamento derivante dall’applicazione del citato comma 71, come vigente al 31 dicembre 2006, fino alla data di naturale scadenza del trattamento stesso, che è subordinato all’ottenimento da parte degli stessi impianti, se di potenza superiore a 10 MW, della certificazione della qualità ambientale riconosciuta a livello europeo, EMAS[216], e con le modalità fissate dal decreto stesso, entro i due anni successivi alla loro entrata in esercizio.
Allo scopo di consentire l’esercizio dei diritti acquisiti dai soggetti titolari degli impianti di cogenerazione abbinata al teleriscaldamento, il decreto legislativo 20/07 dispone, inoltre, che ai certificati verdi rilasciati all’energia prodotta da detti impianti non si applichi la disposizione di cui all'art. 267, comma 4, lett. c) del D.Lgs. 152/06 (“Norme in materia ambientale”)[217].
Inoltre i medesimi certificati verdi possano essere utilizzati dai soggetti sottoposti all’obbligo di immettere nella rete elettrica una quota minima di elettricità prodotta da impianti alimentati a fonti rinnovabili per coprire fino al 20% dell’obbligo.
La suddetta percentuale può essere modificata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente.
Secondo la relazione Governativa che accompagnava lo schema di decreto, la previsione di una copertura del suddetto obbligo tramite certificati verdi provenienti per almeno l’80% da fonti rinnovabili pure e per il restante 20% da cogenerazione abbinata al teleriscaldamento rientra nell’ambito dell’incentivazione delle fonti completamente rinnovabili, in coerenza con l’indicato obiettivo di completare la riforma del meccanismo dei certificati verdi.
Rendimento energetico nell’edilizia
Il decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311[218]reca disposizioni integrative e correttive del D.Lgs. 19 agosto 2005, n. 192 che, sulla base della delega conferita al Governo dalla legge comunitaria 2003[219], ha dato attuazione alla direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico nell'edilizia[220].
Le misure previste dal decreto legislativo sono volte:
- allo sviluppo della politica energetica nazionale e regionale del settore civile;
- all’integrazione e alla correzione del testo del D.Lgs 192/05 sulla base dei risultati emersi nel primo periodo di applicazione delle relative disposizioni e tendendo conto di alcune indicazioni riportate nei pareri della Conferenza unificata e della X Commissione attività produttive della Camera con riferimento al citato decreto legislativo.
Il decreto legislativo n. 192/2005, composto di 17 articoli e 10 allegati tecnici, disciplina in particolare:
- la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici;
- l'applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici;
- i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici;
- le ispezioni periodiche degli impianti di climatizzazione;
- i criteri per garantire la qualificazione e l'indipendenza degli esperti incaricati della certificazione energetica e delle ispezioni degli impianti;
- la raccolta delle informazioni e delle esperienze, delle elaborazioni e degli studi necessari all'orientamento della politica energetica del settore;
- la promozione dell'uso razionale dell'energia anche attraverso l'informazione e la sensibilizzazione degli utenti finali, la formazione e l'aggiornamento degli operatori del settore.
Le principali novità introdotte dal decreto legislativo 311 sono così riassumibili:
- obbligo del "certificato energetico", attestante la capacità di risparmio energetico di un determinato edificio nel momento in cui viene immesso sul mercato immobiliare, scattato dal 1° luglio 2007 per gli edifici già esistenti o in fase di costruzione alla data di entrata in vigore del decreto 192, vale a dire l'8 ottobre 2005. Dal 1° gennaio 2007 il certificato energetico è indispensabile per ottenere le agevolazioni fiscali previste per la ristrutturazione di edifici in funzione di una maggiore efficienza energetica;
- anticipazione al 1° gennaio 2008 dei livelli di isolamento termico previsti per il 1° gennaio 2009 e introduzione di un livello di isolamento molto più incisivo a partire dal 1° gennaio 2010 che garantirà entro 3 anni una riduzione dei fabbisogni termici dei nuovi edifici del 20-25% rispetto ad oggi;
- obbligo del solare termico per il riscaldamento dell’acqua sanitaria, per una frazione almeno del 50% del fabbisogno di acqua calda in tutti i nuovi edifici per i quali inoltre è previsto l’obbligo di un impianto fotovoltaico la cui potenza sarà definita con apposito decreto ministeriale.
Con il decreto 311 l’ambito di applicazione del decreto legislativo 192/05 viene definito in maniera più puntuale e ne viene estesa l'operatività:
§ alla progettazione e realizzazione:
- di edifici di nuova costruzione
- degli impianti in essi installati
- degli impianti nuovi installati in edifici esistenti
- delle opere di ristrutturazione degli edifici e degli impianti esistenti;
§ all'esercizio, controllo, manutenzione e ispezione degli impianti termici degli edifici, anche preesistenti, secondo quanto previsto dagli articoli 7, 9 e 12 del D.Lgs. 192/05;
§ alla certificazione energetica, secondo quanto previsto dall’articolo 6 del D.Lgs. 192/05.
Sono fatte salve le esclusioni previste dal comma 3, art. 3, del D.Lgs. che riguardano gli immobili di interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico di proprietà dello Stato e di enti e organismi pubblici; gli immobili di notevole interesse pubblico non tutelati come beni culturali ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio; i fabbricati industriali, artigianali e agricoli non residenziali quando riscaldati per esigenze del processo produttivo; i fabbricati isolati con una superficie utile totale inferiore a 50 metri quadrati.
A tali esclusioni vengonoaggiunti gli impianti installati per il processo produttivo svolto nell’edificio anche nel caso in cui vengano utilizzati – in parte non preponderante - per gli usi tipici del settore civile.
Nei casi di ampliamento dell'edificio si prevede una applicazione integrale del provvedimento, ma limitata al solo ampliamento nel caso in cui la modifica risulti volumetricamente superiore al 20 per cento dell'intero edificio esistente.
Con il decreto legislativo 311 l’obbligo di tale certificazione viene esteso gradualmente a tutti gli edifici preesistenti all’entrata in vigore del D.Lgs. 192 (8 ottobre 2005), purché oggetto di compravendita o locazione, al fine di rendere il provvedimento maggiormente aderente alle disposizioni dell’articolo 7 della direttiva 2002/91/CE[221].
A tal fine il decreto legislativo 311 ha disposto modifiche e integrazioni all’articolo 6 del D.Lgs. 192/05 che prevedeva l’obbligo di certificazione solamente per gli edifici di nuova costruzione (e quelli oggetto di consistenti interventi di ristrutturazione) che dovevano essere dotati, al termine della costruzione e a cura del costruttore, di un attestato di certificazione energetica redatto secondo i criteri indicati dall'articolo 4 dello stesso provvedimento.
Tale attestato comprende, tra l'altro, i dati relativi all'efficienza energetica propri dell'edificio che consentano ai cittadini di valutarne e confrontarne la prestazione energetica. L'attestato è inoltre corredato da suggerimenti in merito agli interventi più significativi ed economicamente convenienti per il miglioramento della predetta prestazione energetica (All. I). Il D.Lgs 192 all’art. 6 ha demandato al Ministro dello sviluppo economico, di concerto con i Ministri dell'ambiente e della tutela del territorio, delle infrastrutture e dei trasporti, d'intesa con la Conferenza Unificata, la predisposizione, sentito il CNR, l'ENEA e il CNCU, delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, (entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del decreto) avvalendosi delle metodologie di calcolo definite con i decreti del Presidente della Repubblica, di cui all'articolo 4, comma 1, con i quali sono definiti:
a) i criteri generali, le metodologie di calcolo e i requisiti minimi finalizzati al contenimento dei consumi di energia e al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 1, tenendo conto di quanto riportato nell'allegato «B» e della destinazione d'uso degli edifici. Questi decreti disciplinano la progettazione, l'installazione, l'esercizio, la manutenzione e l'ispezione degli impianti termici per la climatizzazione invernale ed estiva degli edifici, per la preparazione dell'acqua calda per usi igienici sanitari e, limitatamente al settore terziario, per l'illuminazione artificiale degli edifici;
b) i criteri generali di prestazione energetica per l'edilizia sovvenzionata e convenzionata, nonché per l'edilizia pubblica e privata, anche riguardo alla ristrutturazione degli edifici esistenti e sono indicate le metodologie di calcolo e i requisiti minimi finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di cui all'articolo 1, tenendo conto di quanto riportato nell'allegato «B» e della destinazione d'uso degli edifici;
c) i requisiti professionali e i criteri di accreditamento per assicurare la qualificazione e l'indipendenza degli esperti o degli organismi cui affidare la certificazione energetica degli edifici e l'ispezione degli impianti di climatizzazione. I requisiti minimi sono rivisti ogni cinque anni e aggiornati in funzione dei progressi della tecnica.
Si segnala che nella seduta del 20 marzo 2008, la Conferenza Unificata ha espresso parere favorevole sui citati decreti attuativi e sulle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici, subordinandolo, tuttavia, ad alcuni emendamenti, tra cui l’eliminazione delle indicazioni di costi di riferimento per la certificazione e l’applicabilità dei decreti attuativi alle Regioni che non hanno ancora legiferato in materia; quelle che hanno già emanato proprie norme, dovranno verificarne gli eventuali scostamenti dalla normativa statale e provvedere a riallinearsi. Si ricorda che si tratta di tre decreti: un DPR in attuazione delle lettere a), b) e uno in attuazione della lettera c) dell’articolo 4 comma 1, del D. Lgs. 192/2005, e un decreto interministeriale (Sviluppo-Ambiente-Infrastrutture), in attuazione dell’articolo 6, comma 9 e dell’articolo 5, comma 1 dello stesso D.Lgs. che definisce invece le procedure applicative della certificazione energetica degli edifici e contiene, in allegato, le Linee guida nazionali.
Merita, inoltre, segnalare che la legge finanziaria 2008 (legge 244/2007) al comma 288 dell'articolo 1 ha disposto che a decorrere dall’anno 2009, in attesa dell’emanazione dei provvedimenti attuativi di cui all’articolo 4, comma 1, del D.Lgs. 192/2005, il rilascio del permesso di costruire sia subordinato alla certificazione energetica dell’edificio, così come previsto dall’articolo 6 del citato decreto legislativo, nonché delle caratteristiche strutturali dell’immobile finalizzate al risparmio idrico e al reimpiego delle acque meteoriche.
Per l'estensione della certificazione è stato previsto un percorso graduale:
a) a decorrere dal 1° luglio 2007 agli edifici di superficie utile superiore a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento dell'intero immobile;
b) a decorrere dal 1° luglio 2008 agli edifici di superficie utile fino a 1000 metri quadrati, nel caso di trasferimento dell'intero immobile con l'esclusione delle singole unità immobiliari;
c) a decorrere dal 1° luglio 2009 alle singole unità immobiliari.
A partire dal 1° gennaio 2007, l’attestato di certificazione energetica diventa prerequisito essenziale per accedere ad incentivi ed agevolazioni di qualsiasi natura destinati al miglioramento delle prestazioni energetiche – sia sgravi fiscali, sia contributi a carico di fondi pubblici o degli utenti - e viene reso obbligatorio per tutti gli edifici pubblici (o comunque in cui figura come committente un soggetto pubblico) in concomitanza con la stipula o il rinnovo dei contratti di gestione degli impianti termici o di climatizzazione, entro i primi sei mesi di vigenza contrattuale.
Infine, in caso di locazione di interi immobili o di singole unità immobiliari già dotati di attestato di certificazione energetica, detto attestato è messo a disposizione del conduttore o ad esso consegnato in copia dichiarata dal proprietario conforme all'originale in suo possesso.
Al fine di semplificare il rilascio della certificazione energetica per gli edifici esistenti e renderla meno onerosa per i cittadini (come si precisava nella relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo sottoposto al parere parlamentare) viene prevista la possibilità di predisporre un attestato di qualificazione energetica, a cura dell’interessato, come si precisa nell’Allegato A del decreto (art. 2, co. 3, D.Lgs. 311).
Al riguardo, si segnala che l’allegato A definisce l’attestato di qualificazione energetica come il documento predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, non necessariamente estraneo alla proprietà, alla progettazione o alla realizzazione dell’edificio, nel quale sono riportati i fabbisogni di energia primaria, la classe di appartenenza in relazione al sistema di certificazione energetica in vigore, ed i corrispondenti valori massimi ammissibili fissati dalla legge. Al di fuori di quanto previsto dall’articolo 8, comma 2, del D.Lgs. 192/2005 (come modificato dall’articolo 3 del presente decreto legislativo) l’attestato di qualificazione energetica è facoltativo ed è predisposto a cura dell’interessato al fine di semplificare il successivo rilascio della certificazione energetica. A tal fine, l’attestato comprende anche l’indicazione di possibili interventi migliorativi delle prestazioni energetiche che potrebbero permettere passaggi di classe energetica. L’estensore del documento provvede ad evidenziare sul frontespizio che il medesimo non costituisce attestato di certificazione energetica dell’edificio.
L’attestato di qualificazione energetica viene, inoltre, integrato nella documentazione asseverata e presentata al comune dal direttore dei lavori. Si tratta di una semplificazione della certificazione in quanto - si osservava nella relazione illustrativa dello schema di decreto sottoposto al parere parlamentare - l’assunzione di responsabilità da parte di chi progetta e realizza un edificio consente una riduzione degli oneri di accertamento e di ispezione posti a carico degli enti deputati al rilascio della certificazione. Il comune dichiara irricevibile la dichiarazione di fine lavori se la stessa non è accompagnata da tale documentazione asseverata, di cui una copia viene conservata dal comune stesso, anche al fine di operare controlli, accertamenti e ispezioni (art. 3).
Inoltre, il D.Lgs. 311, introducendo una semplificazione temporanea per accelerare l'attuazione della normativa, all’articolo 5 consente il ricorso, in via provvisoria, alla procedura di qualificazione energetica in luogo dell’attestato di certificazione.
La nuova disposizione stabilisce infatti che, fino all’adozione delle Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici prevista dall’articolo 6, comma 9, del decreto legislativo 192, l’attestato di certificazione energetica venga sostituito - a tutti gli effetti - dall’attestato di qualificazione energetica, rilasciato ai sensi dell’articolo 8, comma 2, dello stesso decreto legislativo.
In relazione alla citata sostituzione si ricorda che diversamente dallallegato A – che come già segnalato definisce l’attestato di qualificazione energetica come il documento predisposto ed asseverato da un professionista abilitato, non necessariamente estraneo alla proprietà, alla progettazione o alla realizzazione dell’edificio - l'articolo 10 della direttiva comunitaria 2002/91/CE, prevde chegli Stati membri assicurino che la certificazione degli edifici e l'elaborazione delle raccomandazioni che la corredano vengano effettuate in maniera indipendente da esperti qualificati e/o riconosciuti, qualora operino come imprenditori individuali o impiegati di enti pubblici o di organismi privati.
Secondo la citata relazione illustrativa il ricorso provvisorio alla procedura di qualificazione è imputabile al ritardo nell’adozione delle Linee guida nazionali (cfr. infra). Tale ritardo – che peraltro coinvolge tutti i paesi europei – è da imputare alle difficoltà di contemperare le esigenze di affidabilità e ripetibilità delle valutazioni con le esigenze di contenimento dei costi.
La relazione aggiunge, inoltre, che il ricorso provvisorio alla procedura di qualificazione consente – rinunciando solo alla terzietà del certificatore - di evitare proroghe del termine a partire dal quale agli edifici di nuova costruzione viene imposta la certificazione energetica.
Il decreto legislativo 311 detta, altresì, criteri generali di indirizzo dell’attività di programmazione energetica delle regioni, prevedendo, in particolare la predisposizione - entro il 31 dicembre 2008 - da parte delle medesime, oltre che delle province, di un Programma di riqualificazione energetica del parco immobiliare, in accordo con gli enti locali.
Il Programmariguarderà diversi aspetti, quali:
§ la realizzazione di campagne di informazione sull’efficienza energetica degli usi finali, anche in collaborazione con le imprese distributrici di energia;
§ l’attivazione di accordi con le parti sociali;
§ l’applicazione di un sistema di certificazione energetica;
§ la realizzazione di diagnosi energetiche a partire dagli edifici a minore efficienza;
§ la definizione di regoli coerenti con i principi del decreto per eventuali sistemi di incentivazione locali;
§ la promozione di strumenti di finanziamento per interventi di miglioramento individuati in sede di certificazione energetica oppure delle attività ispettive previste per gli impianti dotati di generatori di calore di età superiore ai 15 anni.
Per costituire un sistema informativo relativo agli usi energetici degli edifici, a supporto del Programma i comuni possono richiedere ai proprietari e agli amministratori degli immobili, di fornire i dati indispensabili a tal fine, che integrano quelli contenuti nel catasto degli impianti di climatizzazione (previsto all’articolo 9, comma 3, dello stesso D.Lgs. 192/05), quali il volume lordo climatizzato, la superficie utile e i relativi consumi necessari. Allo stesso fine dati utili possono essere richiesti alle aziende di distribuzione di energia sia dalle regioni che dai comuni e possono essere utilizzati dalla pubblica amministrazione solo ai fini dei programmi di riqualificazione energetica degli edifici.
Infine le regioni devono considerare, fra gli strumenti di pianificazione ed urbanistici di competenza, le soluzioni necessarie all’uso razionale dell’energia e all’uso di fonti rinnovabili, con indicazioni anche in ordine all’orientamento e alla conformazione degli edifici da realizzare, per massimizzare lo sfruttamento della radiazione solare.
Il regime sanzionatorio previsto dall’articolo 15 del D.Lgs. 192 viene modificato allo scopo di adeguarlo alle disposizioni del nuovo provvedimento (art. 6), prevedendo in particolare:
§ una sanzione amministrativa pari al 30 per cento della parcella calcolata secondo la vigente tariffa professionale per il progettista che rilascia la relazione tecnica senza il rispetto delle modalità stabilite nel decreto, o un attestato di qualificazione energetica senza il rispetto dei criteri e delle metodologie di cui all'articolo 4;
§ una sanzione amministrativa pari al 70 per cento della parcella calcolata secondo la vigente tariffa professionale per il progettista che rilascia la suddetta relazione o un attestato di qualificazione energetica non veritieri, salvo che il fatto costituisca reato;
§ una sanzione amministrativa in caso di omessa presentazione al Comune da parte del direttore dei lavori dell'asseverazione di conformità delle opere realizzate, contestualmente alla dichiarazione di fine lavori;
§ una nuova fattispecie penale a carico del direttore dei lavori che abbia falsamente attestato la correttezza dell'attestato di qualificazione energetica.
Si ricorda che il D.Lgs 192 prevedeva che il direttore dei lavori che presenta al Comune la asseverazione di conformità delle opere di cui all'articolo 8, comma 2, nella quale attesta falsamente la conformità delle opere realizzate rispetto al progetto ed alla relazione tecnica di cui all'articolo 28, comma 1, della legge 9 gennaio 1991, n. 10, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a 500 euro;
§ una sanzione amministrativa non inferiore a 500 e non superiore a 3000 euro per chiunque rilasci un attestato di certificazione energetica non veritiero, salvo che il fatto costituisca reato.
La disposizione in esame, escludendo espressamente le ipotesi di reato, per le quali trovano, quindi, applicazione le disposizioni penali già vigenti, introduce una sanzione amministrativa che, evidentemente, è destinata a coprire tutti i casi in cui, non riscontrandosi ipotesi di dolo, sia stata rilasciata una erronea certificazione energetica.
Per quanto concerne i profili di coordinamento con la disciplina vigente, l’articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 311 provvede ad abrogare e modificare talune disposizioni contenute nella legge 10/91 e nel DPR 412/93.
Si tratta di due tra i provvedimenti adottati nostro ordinamento, fin dal 1976, in tema di efficienza energetica degli edifici[222].
La legge 9 gennaio 1991, n. 10[223] - le cui disposizioni sono dirette a favorire ed incentivare, tra l’altro, l'uso razionale dell'energia, lo sviluppo delle fonti rinnovabili e la riduzione dei consumi specifici di energia nei processi produttivi - reca, in particolare, un quadro organico di disposizioni per il contenimento dei consumi di energia negli edifici concernente: la progettazione, messa in opera ed esercizio di edifici e di impianti; i limiti ai consumi di energia; la certificazione energetica degli edifici; l’esercizio e la manutenzione degli impianti; i controlli e le verifiche.
Il DPR 26 agosto 1993, n. 412[224], recante le specifiche norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di energia, rientra tra i provvedimenti attuativi della legge 10/91. Il regolamento definisce le metodologie e i requisiti relativi alle prestazioni energetiche degli edifici e degli impianti di riscaldamento invernale, l'esercizio e manutenzione degli stessi impianti e i relativi controlli e ispezioni. Per questi ultimi fissa i requisiti degli esperti a cui affidarne l'esecuzione per garantire la qualità del loro operato e l'indipendenza di giudizio.
In relazione ai suddetti provvedimenti, si ricorda che nel preambolo dello schema di D.Lgs. 192/05, il Governo sottolineava come la direttiva 2002/91/CE risultasse già in parte attuata nell’ordinamento proprio dalla legge 9 gennaio 1991, n. 10, e dal decreto del Presidente della Repubblica 26 agosto 1993, n. 412.
Con riferimento alla legge n. 10/1991, l'abrogazione concerne, in particolare:
§ il comma 4 dell’articolo 4, riguardante norme per il contenimento dei consumi di energia (disposizione attuata con il DPR 412/93);
§ i commi 1 e 2 dell’articolo 31 concernenti l'esercizio e la manutenzione degli impianti.
Si segnala, inoltre, l’inserimento, dopo il comma 1 dell’articolo 16 del D.Lgs. 192/05, di un nuovo comma 1-bis che novella l’art. 26, comma 2, della citata legge 10/91.
La disposizione, così come modificata, riconosce la validità delle decisioni condominiali concernenti interventi di contenimento dei consumi energetici e di utilizzazione delle fonti rinnovabili (sia sugli edifici che sugli impianti) - individuati con certificazione o diagnosi energetica realizzata da un tecnico abilitato - se adottate con la maggioranza semplice delle quote millesimali mentre vengono ulteriormente abrogate e modificate disposizioni della legge 10/91 e del DPR 412/93.
Una novella al comma 2 del citato articolo 16 – riguardante il DPR 412/93 - oltre a precisare che il suddetto provvedimento si applica in quanto compatibile con le disposizioni del decreto legislativo 192 del 2005, ne demanda l’eventuale modifica o abrogazione ai decreti di definizione dei criteri generali tecnico-costruttividegli edifici e degli impianti, la cui adozione è prevista dall’articolo 4 del D.Lgs. 192 (cfr.infra).
Si tratta di decreti del Presidente della Repubblica, da adottare entro il termine di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio - acquisita l’intesa con la Conferenza Unificata e sentiti il CNR, l’ENEA e il Consiglio nazionale consumatori e utenti (CNCU).
Modifiche e integrazioni riguardano anche gli allegati del decreto legislativo 192: in particolare viene soppresso l’allegato D[225] e inserito l’allegato M relativo alle norme tecniche. Le modifiche non riguardano l’allegato B[226].
L’Allegato A introduce la definizione di qualificazione energetica e precisa meglio il concetto di impianto termico.
L’Allegato Cfissa requisiti energetici maggiormente stringenti per i quali si prevede una entrata in vigore graduale.
L’Allegato E[227] viene reso coerente con il testo del decreto legislativo 192, così come modificato, in particolare per quanto concerne le valutazioni delle fonti rinnovabili di cui si rende obbligatorio l’utilizzo.
L’Allegato F (Rapporto di controllo tecnico per impianto termico di potenza maggiore o uguale a 35 kW) e l’Allegato G (Rapporto di controllo tecnico per impianto termico di potenza inferiore a 35 kW) registrano correzioni redazionali.
L’Allegato H, riportante i valori minimi ammissibili del rendimento di combustione dei generatori di calore per le diverse tipologie e per anzianità di installazione, viene reso coerente con il testo modificato del D.Lgs mediante l’introduzione dei valori di rendimento minimo anche per gli impianti più vecchi.
L’Allegato I, recante il regime transitorio per la prestazione energetica degli edifici valido sino all’adozione dei decreti di cui all'articolo 4, comma 1, registra le seguenti modifiche.
- precisazione delle metodologie di base di valutazione delle prestazioni energetiche degli edifici e introduzione dei limiti minimi di efficienza degli impianti termici e massimi di trasmittenza dell’involucro edilizio;
- ridefinizione delle disposizioni di installazione e ristrutturazione integrale degli impianti termici nonché di sostituzione dei generatori di calore ed esplicitazione della necessità di diagnosi energetica dell’edificio per installazione di impianti di potenza superiore a 100kW;
- inserimento di norme volte a risolvere eventuali conflitti tra disposizioni che migliorano l’efficienza energetica degli impianti e le esigenze di sicurezza degli stessi;
- precisazione delle condizioni che consentono l’utilizzo del metodo semplificato nel calcolo della prestazione energetica degli edifici;
- introduzione di obblighi di installazione di impianti solari negli edifici;
- precisazione dell’utilizzo delle metodologie di calcolo e relative norme tecniche;
- limiti posti alla percentuale di superficie trasparente nell’involucro edilizio.
L’Allegato L, recante il regime transitorio per l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici, precisa taluni aspetti relativi alle ispezioni dei generatori.
L’Allegato M, recante “norme tecniche”, fornisce l’elenco delle norme UNI e CEN le cui metodologie di calcolo rispondono al requisito di assicurare risultati conformi alle migliori tecniche del settore.
Interventi di liberalizzazione
In coerenza con le linee di intervento prefigurate nel DPEF 2007-2011 - che poneva al centro dell’agenda governativa la definizione di una politica per la concorrenza e la difesa del consumatore – nel corso della XV legislatura il Governo ha adottato varie iniziative normative volte alla rimozione di vincoli e barriere all’esercizio di varie attività economiche.
Gli interventi adottati tra il 2006 e il 2007, riguardanti diversi settori (bancario, assicurativo, della distribuzione commerciale, delle professioni regolamentate, dell’attività di panificazione, del trasporto pubblico locale, della telefonia, della distribuzione farmaci, del trasporto aereo e dei mutui immobiliari), sono stati finalizzati, attraverso l’eliminazione di varie restrizioni alla concorrenza, ad una maggiore trasparenza del mercato e ad una più intensa competizione tra gli operatori, nonché al rafforzamento dei poteri dell’Antitrust e delle altre Autorità di regolazione settoriali[228]..
Le misure di liberalizzazione di maggior rilievo adottate dal Governo nel corso della XV legislatura sono essenzialmente riconducibili, con riferimento alle attività commerciali, al decreto-legge n. 223 del 4 luglio 2006[229].
Di seguito si darà conto delle misure adottate dal decreto legge 223 relativamente alla distribuzione commerciale, ai panifici e alla soppressione di alcune commissioni consultive. Per un approfondimento dei restanti interventi di liberalizzazione del DL 223 si vedano: il capitolo Interventi in materia di professioni nel dossier relativo alla Commissione giustizia, il capitolo La disciplina del settore assicurativo nel dossier relativo alla Commissione finanze, il capitolo Tutela della concorrenza nel dossier relativo alla Commissione trasporti e il capitolo Farmacie nel dossier relativo alla Commissione affari sociali.
Le disposizioni del decreto-legge 223/06 volte alla tutela della concorrenza nel settore delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande sono contenute nell’articolo 3.
Le attività commerciali cui la norma si riferisce sono quelle individuate dal decreto legislativo n. 114 del 1998.
Il decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114,recante Riforma della disciplina relativa al settore del commercio, a norma dell'articolo 4, comma 4, della L. 15 marzo 1997, n. 59, costituisce la normativa di riferimento che definisce - tra l'altro - le nozioni di "commercio all'ingrosso" e "commercio al dettaglio" (art. 4, comma 1).
Il decreto citato (art. 4, comma 2), con un'articolata e dettagliata disposizione alla quale si rinvia, esclude dal proprio ambito di applicazione una serie di soggetti tra cui: farmacisti e titolari di rivendite di generi di monopolio (qualora vendano, rispettivamente, solo prodotti di farmacia in senso stretto e generi di monopolio), associazioni dei produttori ortofrutticoli, produttori agricoli, vendite di carburanti, artigiani, pescatori, qualora ricadano nell'ambito delle speciali disposizioni di legge ivi citate o delle speciali condizioni ivi specificate, nonché altre categorie particolari (chi venda opere d'arte, o dell'ingegno; beni del fallimento; fiere campionarie; enti pubblici per quanto concerne l'oggetto della loro attività).
Quanto all’attività di somministrazione di alimenti e bevande, richiamata dalla disposizione in esame, si ricorda che a livello nazionale è disciplinata dalla legge 25 agosto 1991, n. 287, Aggiornamento della normativa sull'insediamento e sull'attività dei pubblici esercizi".
Ai sensi della citata legge, per somministrazione al pubblico di alimenti e bevande si intende sia la vendita al consumo sul posto in tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie attrezzata aperta al pubblico (art. 1, comma 1), sia la distribuzione automatica effettuata mediante macchinari in locali esclusivamente adibiti a tali attività (art. 1, comma 2).
La legge, all' articolo 5, individua quattro tipologie di esercizi:
a) esercizi di ristorazione, per la somministrazione di pasti e di bevande, comprese quelle aventi un contenuto alcoolico superiore al 21 per cento del volume, e di latte (ristoranti, trattorie, tavole calde, pizzerie, birrerie ed esercizi similari);
b) esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari);
c) esercizi di cui alle lettere a) e b), in cui la somministrazione di alimenti e di bevande viene effettuata congiuntamente ad attività di trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimenti balneari ed esercizi similari;
d) esercizi di cui alla lettera b), nei quali è esclusa la somministrazione di bevande alcooliche di qualsiasi gradazione.
A seguito della riforma del Titolo V, parte seconda, della Costituzione, la materia del "commercio interno", e quindi dei pubblici esercizi, è stata trasferita alla competenza esclusiva delle regioni.
Il decreto-legge stabilisce, in particolare, il diritto allo svolgimento delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, senza i limiti e le prescrizioni specificamente individuati dallo stesso comma ed elencati in 7 punti[230].
Il diritto allo svolgimento delle attività commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, senza i limiti e le prescrizioni viene stabilito ai sensi:
§ delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione delle merci e dei servizi.
La relazione al disegno di legge di conversione del decreto-legge osservava, in relazione all'ordinamento comunitario, che "per ciò che riguarda il settore del commercio, nel presupposto che legislazioni vincolistiche non favoriscono l’ammodernamento della rete, tra le azioni individuate a livello europeo per favorire l’incremento dell’efficienza e della produttività del settore, viene indicata la necessità di previsione di un sistema regolatore fondato sulla semplificazione amministrativa, con un alleggerimento degli adempimenti che gravano sulle imprese, e sull’affermazione di processi di liberalizzazione in grado di rappresentare uno stimolo concorrenziale";
§ dell’articolo 117, comma secondo, lettere e) ed m) della Costituzione, al fine di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato, nonché di assicurare ai consumatori finali un livello minimo ed uniforme di condizioni di accessibilità all’acquisto di prodotti e servizi sul territorio nazionale.
La Corte costituzionale (sentenze nn. 1/2004, nonché 49/2006, 196/2004 seppure incidentalmente) sembra ascrivere il commercio alla competenza regionale in forza del comma quarto dell'art. 117, che non prevede la possibilità per lo Stato di dettare i principi fondamentali. Nell'ambito della propria articolata e complessa giurisprudenza la stessa Corte (sentenza 272/2004), tuttavia, ha sancito che l’ambito di operatività della competenza legislativa statale attinente alla "tutela della concorrenza" (lettera e) del secondo comma dell'art. 117 Cost.), materia-funzione di competenza esclusiva dello Stato, non ha un’estensione rigorosamente circoscritta e determinata, ma è, per così dire, "trasversale" (sentenze n. 14/2004 e 407/2002), poiché si intreccia inestricabilmente con una pluralità di altri interessi – alcuni dei quali rientranti nella sfera di competenza concorrente o residuale (quale potrebbe essere quella del commercio) delle regioni – connessi allo sviluppo economico-produttivo del Paese; in questo quadro, sostiene peraltro la Corte, emerge con evidenza la necessità di basarsi sul criterio di proporzionalità/adeguatezza al fine di valutare, nelle diverse ipotesi, se la tutela della concorrenza legittimi o meno determinati interventi legislativi dello Stato.
Le condizioni, i limiti o le prescrizioni che non devono ostacolare lo svolgimento del commercio sono i seguenti:
a) l’iscrizione a registri abilitanti o il possesso di requisiti professionali per lo svolgimento dell’attività, ad eccezione di quelli riguardanti il settore alimentare e della somministrazione di alimenti e bevande (quest’ultima precisazione dovrebbe fare riferimento al possesso di requisiti di carattere igienico-sanitaria);
b) il rispetto di distanze minime obbligatorie tra medesime tipologie di commercio;
c) le limitazioni quantitative all’assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare;
d) il rispetto di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale; sul punto la già citata relazione al DDL di conversione precisava di tener conto della specifica segnalazione dell’Antitrust (AS 281 del 9 luglio 2004) riguardo alla regolamentazione adottata in materia di commercio dalla Regione siciliana[231];
e) i divieti di vendita promozionale, ma restando validi quelli prescritti dal diritto comunitario;
f) le autorizzazioni preventive e le limitazioni temporali o quantitative alle vendite promozionali all’interno degli esercizi, ad esclusione dei periodi immediatamente precedenti i saldi di fine stagione;
g) il divieto o l’obbligo di autorizzazioni preventive per il consumo immediato dei prodotti gastronomici presso l’esercizio di vicinato, attraverso l’utilizzo dei locali e degli arredi dell’azienda, senza il servizio assistito di somministrazione e nel rispetto delle prescrizioni igienico sanitarie.
E’ fatta salva la disciplina delle vendite sottocosto e dei saldi di fine stagione.
Si ricorda che con il DPR n. 218 del 6 aprile 2001 è stata data attuazione alla previsione sulle vendite sottocosto; l'Autorità "antitrust" vi ha ravvisato "effetti negativi sulle dinamiche concorrenziali nella distribuzione al dettaglio. Una limitazione generalizzata delle possibilità di utilizzazione delle vendite sottocosto, oltre che ridurre la concorrenza tra gli esercizi più grandi, penalizza infatti senza giustificazione gli esercizi più piccoli".
Tutte le disposizioni statali (sia legislative che regolamentari) di disciplina del settore dell’attività commerciale incompatibili con le disposizioni introdotte dall’art. 3 sono state abrogate con decorrenza 4 luglio 2006 (data di entrata in vigore del decreto-legge 223/06, avvenuta lo stesso giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), mentre per le regioni e gli enti locali è stato disposto l’adeguamento delle relative disposizioni legislative e regolamentari ai principi e alle disposizioni di liberalizzazione entro il 1° gennaio 2007.
Il Ministero dello sviluppo economico ha pubblicato nel settembre 2007 il Rapporto sullo stato di attuazione ed effetti per il cittadino consumatore dei due decreti di liberalizzazioni, in cui si dà conto sinteticamente dell’attuazione da parte regionale. In particolare per quanto concerne il decreto-legge 223/06, come convertito dalla legge n. 248/2006, al Rapporto è allegato un report analitico sull’adeguamento della normativa regionale alle norme sulla distribuzione commerciale dettate dall’articolo 3[232].
Di seguito si riportano le informazioni tratte dal report ministeriale, integrato e aggiornato con ulteriori informazioni fornite dalle regioni nell’ambito della collaborazione tra il Servizio studi della Camera dei deputati e la Conferenza dei presidenti delle assemblee legislative delle regioni e delle province autonome.
§ soppressione dell’obbligo di iscrizione a registri abilitanti (REC) per l’accesso al settore alimentare e dell’obbligo del possesso di requisiti professionali soggettivi per l’accesso al settore non alimentare (lett. a).
In materia di somministrazione di alimenti e bevande, tra le regioni che hanno emanato una propria specifica disciplina, anche il Friuli Venezia Giulia e la Provincia Autonoma di Trento, che avevano previsto l’obbligo del possesso del requisito dell’iscrizione al REC, si sono adeguate (l’uno con l’art. 3 della legge regionale n. 7 del 12 aprile 2007, l’altra con l’art. 43 della legge provinciale n. 11 del 29 dicembre 2006). Con riferimento al settore della somministrazione la Regione Siciliana, pur non avendo emanato una propria disciplina, con circolare n. 7 del 19 marzo 2007, ha ammesso, diversamente dalla circolare ministeriale n. 3603/C del 28 settembre 2006, la possibilità per i soggetti in possesso di diploma di laurea o di scuola secondaria superiore, nonché di due anni di pratica commerciale di sostenere l’esame a dimostrazione del possesso del requisito professionale presso le locali Camere di commercio (MSE- Rapporto sullo stato di attuazione del DL 223/06, art. 3).
Anche la regione Piemonte con l’art. 5 della legge regionale 38/2006 (come modificato dall’art. 46 L.R. 9/2007) ha riformato la disciplina dei requisiti soggettivi per l’accesso a questa tipologia di esercizio commerciale in linea con i principi statali: abolizione dell’iscrizione obbligatoria al REC e introduzione di requisiti di natura professionale.
Dispongono in modo analogo le altre regioni che hanno disciplinato la materia, anche anteriormente all’emanazione del D.L. 223/2006: Emilia-Romagna (L.R. 14/2003, mod. L.R. 6/07), Lazio (L.R. 21/2006), Liguria (L.R. Lombardia (L.R. 21/2003 mod. L.R. 5/07), Marche (L.R. 30/2005, mod. L.R. 13/06); Sardegna (L.R. 5/2006, mod. L.R. 17/06), Toscana (L.R. 28/2005, mod. L.R. 34/07), Valle d’Aosta (L.R. 1/2006). In alcuni casi, come segnalato, si sono rese necessarie modifiche per recepire appieno le disposizioni statali. Da ultimo anche le regioni Liguria e Veneto hanno disciplinato la materia con legge regionale (rispettivamente L.R. 2-1-2007 n. 1 e L.R. 21-9-2007 n. 29).
Nella legislazione regionale – con minime differenze – per l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande, è richiesto il possesso di uno dei seguenti requisiti:
§ aver frequentato un corso professionale ovvero essere in possesso di un diploma di istituto secondario o universitario attinente la preparazione e somministrazione di alimenti e bevande;
§ avere esercitato in proprio l’attività (o avere prestato l’opera in tali esercizi), per almeno due anni nell’ultimo quinquennio;
§ essere stato iscritto al REC per questa attività o nella sezione speciale per la gestione di impresa turistica.
Per l’accesso al settore non alimentare la legislazione regionale sopra citata non prevede l’obbligo del possesso di requisiti professionali e ove erano previsti sono stati soppressi.
In materia di attività di vendita hanno eliminato l’obbligo del possesso di requisiti professionali per l’accesso al settore non alimentare, incompatibile con il principio statale, il Friuli Venezia Giulia (art. 5 della legge regionale n. 7 del 12 aprile 2007), la Puglia (art. 19 della legge regionale n. 39 del 28 dicembre 2006) e la Sardegna (art. 1 della legge regionale n. 17 del 6 dicembre 2006) (MSE - Rapporto sullo stato di attuazione della Legge 248/06 art. 3).
§ eliminazione delle distanze minime obbligatorie tra attività commerciali appartenenti alla medesima tipologia di esercizio(lett. b).
La maggioranza delle regioni non prevedeva distanze minime da rispettare per ottenere l’autorizzazione all’esercizio.
Per quanto riguarda l’eliminazione delle distanze minime, va rilevato che la Regione Lombardia mantiene il criterio per gli esercizi di somministrazione solo in presenza di motivate esigenze volte ad evitare addensamenti di traffico, di disturbo alla quiete o alla sicurezza dei cittadini (art. 7 della delibera della Giunta Regionale 17 maggio 2004, n. 17516, vedi ora DGR n. 8/6495 del 2008). L’eliminazione delle distanze minime tra gli outlet, previste dalla Regione Veneto, è stata introdotta nel progetto di legge regionale n. 129/2006, attualmente all’esame del Consiglio regionale [ora L.R. 21/2007, art. 15]. Anche la Provincia Autonoma di Trento ha predisposto una proposta di modifica della delibera di Giunta Provinciale n. 162 dell’8 febbraio 2002, attualmente all’esame, per sostituire i criteri relativi alla programmazione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, basati sul rispetto delle distanze minime tra esercizi della medesima tipologia, con condizioni di natura diversa (MSE - Rapporto sullo stato di attuazione della Legge 248/06 art. 3).
La Regione Lombardia che con delibera della Giunta regionale 23 gennaio 2008, n. 8/6495, ha dettato nuovi indirizzi (che sostituiscono quelli dettati dalla DGR 17516) per il rilascio da parte dei Comuni delle autorizzazioni relative alla attività di somministrazione di alimenti e bevande, ha disposto che i Comuni potranno prevedere limiti di distanza per esercizi di somministrazione “solo a fronte di motivata volta ad assicurare la sicurezza stradale ed evitare addensamenti di traffico, di disturbo alla quiete o alla sicurezza pubblica o simili e comunque non allo scopo di limitare la concorrenza”.
La regione Veneto ha modificato la disciplina che riguarda gli outlet, nell’ambito della programmazione della rete distributiva (art. 15 della legge regionale 16-8-2007 n. 21 di modifica degli articoli 8-15 della L.R. 15/2004): il limite minimo di cento chilometri tra un outlet e l’altro è soppresso. Se la superficie di vendita supera i limiti previsti per gli esercizi di vicinato e le medie strutture, disciplina e procedure di autorizzazione sono quelle previste per i centri commerciali e i parchi commerciali.
Anche la Provincia Autonoma di Trento ha predisposto una proposta di modifica della delibera di Giunta Provinciale n. 162 dell’8 febbraio 2002 per sostituire i criteri relativi alla programmazione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande, basati sul rispetto delle distanze minime tra esercizi della medesima tipologia, con condizioni di natura diversa.
§ esclusione di limitazioni quantitative all'assortimento merceologico offerto negli esercizi commerciali, fatta salva la distinzione tra settore alimentare e non alimentare (lett. c).
La Regione Puglia con l’art. 19 della legge regionale n. 39 del 28 dicembre 2006 ha eliminato i sub settori all’interno del settore alimentare e non alimentare. Le regioni Friuli Venezia Giulia e Veneto li hanno mantenuti, sostenendone la necessità al solo fine di assicurare la massima flessibilità nell’assortimento dei prodotti messi in vendita (MSE - Rapporto sullo stato di attuazione della Legge 248/06 art. 3).
La previsione di due soli settori merceologici – alimentare e non alimentare - era già presente nella normativa di diverse regioni (così Liguria, Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte, Sardegna).
La regione Veneto prevede quattro settori merceologici (art. 7 L.R. 15/2004):
a) alimentare;
b) non alimentare generico;
c) non alimentare a grande fabbisogno di superficie (comprende la vendita esclusiva di prodotti appartenenti alle seguenti categorie merceologiche mobili, autoveicoli, motoveicoli, legnami, materiali edili, nautica);
d) misto
La regione Friuli-Venezia Giulia prevede cinque settori merceologici (art. 3 L.R. 29/2005 modificato dall’art. 2, L.R. 12 aprile 2007, n. 7):
a) generi alimentari;
b) generi non alimentari;
c) stampa quotidiana e periodica;
d) generi non alimentari a basso impatto;
e) generi speciali.
§ non previsione di limiti riferiti a quote di mercato predefinite o calcolate sul volume delle vendite a livello territoriale sub regionale (lett. d).
La Regione Siciliana, con circolare n. 7 del 19 marzo 2007 ha precisato che la disposizione statale di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), della legge n. 248 è direttamente applicabile nell’ordinamento regionale, considerato che la norma che individuava i limiti riferiti a quote di mercato predefinite era contenuta in un atto di natura amministrativa (Decreto del Presidente della Regione n. 165 dell’11 luglio 2000), quindi cedevole rispetto alla fonte normativa statale di rango primario(MSE - Rapporto sullo stato di attuazione della Legge 248/06 art. 3).
In genere non ci sono limiti per quanto riguarda il settore non alimentare.
La programmazione delle attività commerciali del settore alimentare, comprensiva della determinazione di parametri numerici, è di competenza dei comuni sulla base di direttive regionali. Così disponeva – in genere - la normativa regionale.
A riguardo si segnalano le modiche apportate alla legislazione vigente da parte della Provincia autonoma di Trento e della Regione Toscana, che sopprimono il riferimento alle direttive regionali e dettano criteri generali cui i comuni devono attenersi. La prima in materia di somministrazione di alimenti e bevande in esercizi aperti al pubblico, ha modificato alcuni articoli della L.P. n. 9 del 2000, in materia di programmazione delle attività di somministrazione, eliminando il potere della Giunta provinciale di fissare criteri e parametri di carattere generale sulla base dei quali i comuni stabiliscono le condizioni da accertare per il rilascio delle autorizzazioni; rimane la facoltà dei comuni di vietare o limitare la somministrazione solo in certe aree di particolare interesse storico, artistico, architettonico, archeologico e ambientale. La seconda, con il nuovo testo di legge 34/2007([di modifica della legge regionale 28/2005):
- demanda ai comuni la programmazione relativa agli esercizi di somministrazione; riferendola alla materia urbanistica, edilizia, igienico sanitaria, all’impatto ambientale ed all’adesione di disciplinari di qualità [ed abroga la disposizione che rinviava a direttive regionali
- amplia la possibilità per i Comuni di determinare gli orari degli esercizi di somministrazione, tenendo conto delle esigenze dei lavoratori, degli utenti e dei residenti e della garanzia del servizio;
In altre regioni si è preferito dettare una disciplina transitoria sino all’emanazione di nuovi indirizzi e criteri di programmazione regionale.
Così in Piemonte:permangono in capo ai comuni le competenze relative alla fissazione del parametro numerico, già previste dall’articolo 2 della legge 25 gennaio 1996, n. 25 […] Per la modifica del parametro i comuni applicano le disposizioni di cui all’articolo 2 della l. 25/1996, tenuto conto dei principi e delle disposizioni di cui agli articoli 3 e 11 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 […] -Si tratta di una norma volta a garantire continuità nella programmazione del settore, in attesa che siano approvati i nuovi indirizzi e criteri di programmazione regionali e comunali ai sensi dell’articolo 8 della L.R. 38/2006 (Regione Piemonte).
La recente legge della Regione Veneto infine affida ai comuni il compito di “determinare i parametri e i criteri della programmazione per il rilascio delle autorizzazioni per l’esercizio”, sulla base dei “criteri” emanati dalla Giunta regionale “sentite le organizzazioni del commercio, turismo e servizi e le associazioni dei consumatori e degli utenti maggiormente rappresentative a livello regionale” (artt. 33 e 34 della L.R. 1/2007).
§ non previsione di divieti o limitazioni temporali o quantitative allo svolgimento di vendite promozionali (lett. e) ed f).
In materia di vendite promozionali […] si registra l’attuazione della liberalizzazione in quasi la totalità delle regioni che necessitavano di adeguamento: Friuli Venezia Giulia (art. 10 della legge regionale n. 7 del 12 aprile 2007), Marche (art. 2 della legge regionale n. 19 del 21 dicembre 2006), Puglia (art. 1 del regolamento regionale n. 2 del 12 gennaio 2007), Sardegna (art. 4 della legge regionale n. 17 del 6 dicembre 2006), Toscana (testo correttivo [ora L.R. 34/2007] della legge regionale n. 28 del 7 febbraio 2005), Valle d’Aosta (art. 36 della legge regionale n. 4 del 29 marzo 2007), Veneto (deliberazione di Giunta regionale n. 3939 del 12 dicembre 2006), Provincia Autonoma di Trento (art. 42 della legge provinciale n. 11 del 29 dicembre 2006). Tra queste, mantengono la necessità della comunicazione al Comune competente per territorio le Regioni Friuli Venezia Giulia, Marche, Veneto e Provincia Autonoma di Trento. Anche le regioni Lazio e Liguria, le cui norme relative alle vendite promozionali non necessitano di adeguamenti, mantengono la comunicazione preventiva al comune di appartenenza. Non hanno provveduto all’adeguamento e hanno mantenuto i limiti temporali di svolgimento e l’obbligo di comunicazione al Comune le seguenti regioni: Abruzzo, Campania, Sicilia, Umbria e Provincia Autonoma di Bolzano(MSE - Rapporto sullo stato di attuazione della Legge 248/06 art. 3).
La Regione Toscana ha inoltre semplificato la disciplina delle vendite di fine stagione, nell’ambito delle modifiche apportate al “Codice del commercio” (L.R. 28/2005) con legge regionale 5 giugno 2007, n. 34 dirette a dare attuazione alle ‘liberalizzazioni’ del ‘primo pacchetto’: viene introdotta la semplificazione della disciplina delle vendite di fine stagione, eliminando dal Codice le date di inizio e le durate dei saldi, mentre per le vendite promozionali sono stati eliminati i divieti, sempre in coerenza con il decreto legge 223/06, ponendo come unico limite alle vendite promozionali il divieto di svolgerle, nei trenta giorni precedenti alle vendite di fine stagione.
§ soppressione del divieto di consumo sul posto dei prodotti di gastronomia negli esercizi di vicinato (lett. f-bis).
Relativamente al principio statale che consente il consumo sul posto dei prodotti di gastronomia negli esercizi di vicinato, in presenza delle condizioni richieste e fermo il rispetto dei requisiti igienico-sanitari, non risultano difficoltà applicative sul territorio nazionale. Nonostante la disposizione statale non comporti necessariamente un adeguamento regionale, le regioni Abruzzo e Lazio hanno già espresso l’intenzione di introdurre una disposizione esplicita di analogo contenuto nelle loro discipline; la Regione Toscana e la Provincia autonoma di Trento l’hanno già fatto (MSE - Rapporto sullo stato di attuazione della Legge 248/06 art. 3).
In particolare la Regione Toscana con la già citata L.R. 34/2007 di modifica del “Codice del commercio” (L.R. 28/2005) ha modificato: la disciplina del consumo sul posto negli esercizi di vicinato e sulle aree pubbliche, prevedendo per quelli abilitati alla vendita di prodotti alimentari il consumo sul posto degli stessi (con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione) e ferma restando l’osservanza delle norme igienico-sanitarie. Analogamente, per la Provincia autonoma di Trento: l’art. 44 L.P. 11/2006 (finanziaria 2007) ha modificato l'art. 8 della L.P. 4/2000 prevedendo che - all'interno degli esercizi di vicinato che effettuano la vendita di prodotti alimentari - è consentito il consumo immediato dei prodotti di gastronomia posti in vendita, nel rispetto di una serie di condizioni.
L’accesso all’attività di panificazione in precedenza (legge n.1002 del 1956) era limitato e subordinato all’autorizzazione della camera di commercio della provincia in cui l’attività doveva essere svolta. Per ottenere l’autorizzazione, necessaria anche in caso di trasferimento o di ampliamento di panifici esistenti, occorreva dimostrare che la nuova attività era coerente con la prevista evoluzione della domanda e dell’offerta, sentita una commissione composta, tra gli altri, dai rappresentanti dell’associazione dei panificatori e delle organizzazioni sindacali dei lavoratori del settore. Il sistema autorizzatorio in vigore aveva una chiara impostazione protezionistica a favore degli operatori esistenti e non perseguiva alcun interesse generale.
Il decreto-legge 223/06 all’articolo 4 dispone l’abrogazione della precedente programmazione sul territorio provinciale e del connesso regime autorizzatorio, subordinando l’apertura di un nuovo panificio (come pure il trasferimento e la trasformazione di quelli esistenti) a una semplice dichiarazione di inizio di attività, da presentare al comune competente per territorio. Viene mantenuta esclusivamente la verifica del rispetto delle prescrizioni di carattere igienico-sanitario.
Analogamente a quanto disposto per la somministrazione di alimenti e bevande, la disposizione introduce la possibilità per i titolari di panifici di svolgere attività di vendita dei prodotti di propria produzione per il consumo immediato, utilizzando i locali e gli arredi dell’azienda, con l’esclusione del servizio assistito di somministrazione e con l’osservanza delle prescrizioni igienico-sanitarie.
Il decreto-legge dispone, poi, a decorrere dal 4 luglio 2006, (data della sua entrata in vigore) l’abrogazione integrale della legge n.1002 del 31 luglio 1956 recante Nuove norme sulla panificazione e della lettera b) dell'articolo 22 del D.Lgs. 112 del 31 marzo 1998, concernente il conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali in attuazione della legge Bassanini (legge 15 marzo 1997, n. 59).
Nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto-legge 223, il governo affermava di aver tratto spunto da una segnalazione dell'Autorità garante della concorrenzae del mercato del 24 ottobre 2002, nella quale si affermava tra l'altro che "la normativa in commento (la legge del 1956) appare determinare un'evidente distorsione della concorrenza nel settore interessato non essendo peraltro giustificata da alcuna esigenza di carattere generale" e che pertanto tale normativa "risulta di esclusivo stampo protezionistico a favore degli operatori già presenti sul mercato". L'Autorità proseguiva rilevando come una "rimozione della limitazione numerica di tali imprese possa comportare una maggiore articolazione dell'offerta, anche sotto il profilo delle scelte di prezzo e di qualità/varietà del prodotto, con conseguente vantaggio dei consumatori".
La legge n.1002 del 1956 prevedeva che i panifici di nuovo impianto fossero soggetti ad autorizzazione della camera di commercio della provincia con il parere di una commissione composta da due rappresentanti della stessa camera di commercio, un rappresentante dell'associazione provinciale panificatori, un rappresentante delle organizzazioni sindacali degli operai panettieri, un rappresentante del Comune interessato. La Commissione per esprimere il parere accertava l'opportunità del nuovo impianto in relazione alla densità dei panifici esistenti e del volume della produzione nella località ove era stata chiesta l'autorizzazione. Una volta ottenuta l'autorizzazione, il panificio doveva ottenere la licenza di panificazione dalla camera di commercio della Provincia. Tale licenza era rilasciata previo accertamento della efficienza degli impianti e della loro rispondenza ai requisiti tecnici ed igienico-sanitari previsti dalle leggi e regolamenti vigenti anche in materia di igiene del lavoro, e previo pagamento, inoltre, della relativa tassa di concessione governativa. Contro il provvedimento che negava la licenza o, nel caso che non fosse stato provveduto al rilascio della stessa, trascorsi 60 giorni dall'accertamento favorevole da parte della commissione, era ammesso ricorso al Ministro dell'industria entro 30 giorni dalla data della notificazione o da quella della scadenza del termine suddetto di 60 giorni. La stessa procedura si applicava per le trasformazioni ed i trasferimenti di panifici esistenti. La legge vietava inoltre la vendita del pane in forma ambulante e nei pubblici mercati, fatta eccezione per quelli coperti.
La circolare 18 luglio 1997 n. 161, emanata dal Ministero dell'industria, conteneva le istruzioni relative agli adempimenti previsti dalla legge del 1956 e prevedeva, tra l'altro, che "nell'ambito di ciascuna località, l'autorità preposta al rilascio dell'autorizzazione alla apertura di nuovi panifici deve impedire che l'offerta destinata alla stessa località superi la domanda".
L'art. 22 del D.Lgs. 112/1998, alla lettera b) prevedeva che il rilascio della licenza di panificazione di cui all'art. 3 della citata legge del 1956 fosse soggetto alla disciplina del silenzio assenso di cui all'art. 20 della legge 241/1990. L'eventuale provvedimento di diniego doveva essere comunicato nel termine di sessanta giorni. Il termine poteva essere ridotto con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 20 della legge 7 agosto 1990, n. 241.
L’impianto di un nuovo panificio ed il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono soggetti a dichiarazione di inizio attività da presentare al comune competente.
La dichiarazione deve essere corredata da:
§ autorizzazione della competente Azienda sanitaria locale in merito ai requisiti igienico-sanitari;
§ autorizzazione alle emissioni in atmosfera;
§ titolo abilitativo edilizio;
§ permesso di agibilità dei locali;
§ nominativo del responsabile dell’attività che assicura l’utilizzo di materie prime conformi alle vigenti norme, l’osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza nei luoghi di lavoro, la qualità del prodotto finito (quest’ultimo punto è stato aggiunto dal Senato).
La denuncia di inizio attività, introdotta nell’ordinamento dalla L. 241 del 7 agosto 1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), art. 19, nella sua originaria configurazione era un istituto volto a semplificare il complesso regime delle autorizzazioni (intese in senso lato) concernenti l’esercizio di attività economiche private, attraverso la sostituzione degli atti amministrativi lato sensu ampliativi – nei soli settori tassativamente indicati a livello regolamentare – con dichiarazioni sostitutive da parte dei privati interessati, alle condizioni e con i limiti indicati dal medesimo art. 19. La legge n. 537/1993[233], novellando l’art. 19 citato, ha in sostanza trasformato la DIA da istituto eccezionale a istituto generale, ammesso in tutti i casi in cui il provvedimento ampliativo è configurabile come atto vincolato[234], con le sole eccezioni stabilite a livello regolamentare. Successivamente l’articolo 19, comma 1 della legge. 241 è stato sostituito dall’’articolo 3, comma 1, del decreto - legge 14 marzo 2005, n. 35 (c.d. DL “competitività”, convertito con modificazioni dalla legge n. 80/2005) che ha introdotto una nuova disciplina dell’istituto della denuncia di inizio attività (ora Dichiarazione di inizio attività), mirante, in particolare, ad ampliare le ipotesi nelle quali può essere svolta una attività senza richiedere alle pubbliche amministrazioni provvedimenti di licenza, autorizzazione, permesso ovvero l’iscrizione in albi o ruoli. Con la novella introdotta dal dall’’articolo 3, comma 1, deldecreto - legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito con modificazioni dalla legge n. 80/2005, citato DL 35/05, la “Dichiarazione di inizio di attività” (DIA) può surrogare una serie di atti amministrativi ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni “non costitutive”, permessi o nulla-osta comunque denominati), fra i quali le “domande” per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale[235].
Come anticipato, è consentito lo svolgimento dell’attività di vendita dei prodotti del panificio per il consumo immediato, nei locali della stessa azienda, utilizzando le relative attrezzature e rispettando le prescrizioni igienico-sanitarie. Da tale attività è escluso il servizio assistito di somministrazione dei prodotti.
La disciplina, in conformità al diritto comunitario, delle denominazioni di “panificio”, “pane fresco” e “pane conservato” è rimessa ad un regolamento del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni,”.
La normativa sulla produzione e sulla commercializzazione del pane fa capo ad una serie di provvedimenti succedutisi nel tempo. Le disposizioni concernenti gli ingredienti, la composizione e l'etichettatura dei cereali, delle farine e dei loro derivati, sono tuttora contenute nella legge 4 luglio 1967, n. 580, che disciplina la lavorazione ed il commercio di tali prodotti. In particolare, l’articolo 14 fornisce la definizione di pane, che va inteso come il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di impasti convenientemente lievitati, preparati con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune. I successivi commi 2, 3 e 4 precisano le condizioni di preconfezionamento e di etichettatura del pane sottoposto a trattamento di surgelazione o solo parzialmente cotto (e successivamente surgelato o non), prevedendo, in particolare, che tale pane deve essere distribuito e messo in vendita in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto. L’articolo 16 della legge determina quale sia il contenuto massimo in acqua ammesso nel pane al termine del processo di cottura, mentre l’articolo 17 stabilisce quali siano le denominazione del pane in relazione alle farine utilizzate (di grano tenero, di semola, integrale). Gli articoli da 23 a 27, infine, regolano le modalità di vendita e di trasporto del pane.
Sulla materia è quindi intervenuto il DPR n. 502 del 1998, che ha disposto (abrogando in più parti la legge n. 580 del 1967) una generale revisione della normativa in materia di lavorazione e commercio del pane. In particolare, gli articoli 3 e 4 hanno disciplinato l’impiego di ingredienti aggiuntivi nella produzione del pane, precisando che l’utilizzo di ingredienti particolari deve trovare una menzione in etichetta.
Quanto all’utilizzo degli sfarinati consentiti nel processo di panificazione, infine, occorre fare riferimento al regolamento adottato con DPR n. 187/2001, che ha provveduto a dettare le nuove disposizioni in materia di produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari. In particolare, l’articolo 1 disciplina le farine di grano tenero e l’articolo 3 regola le miscele, mentre l’articolo 4 sancisce i divieti.
Ai comuni e alle autorità competenti in materia igienico-sanitaria è demandato l'esercizio delle rispettive funzioni di vigilanza.
In caso di violazioni delle prescrizioni in materia di panifici il DL n. 223 si rinvia al regime sanzionatorio definito dall'articolo 22 commi 1, 2, 5 lettera c), e 7 del citato decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114.
I richiamati commi dell’art. 22 prevedono rispettivamente:
§ la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire 5.000.000 a lire 30.000.000.
§ che in caso di particolare gravità o di recidiva il sindaco possa disporre la sospensione dell'attività di vendita per un periodo non superiore a venti giorni. La recidiva si verifica qualora sia stata commessa la stessa violazione per due volte in un anno, anche se si è proceduto al pagamento della sanzione mediante oblazione.
§ che il sindaco ordini la chiusura di un esercizio di vicinato nel caso di ulteriore violazione da parte del titolare delle prescrizioni in materia igienico-sanitaria avvenuta dopo la sospensione dell'attività disposta ai sensi del comma 2.
§ che per le violazioni menzionate l’autorità competente venga individuata nel sindaco del comune nel quale hanno avuto luogo. Alla medesima autorità pervengono i proventi derivanti dai pagamenti in misura ridotta ovvero da ordinanze ingiunzioni di pagamento.
Si segnalano, infine, tra le disposizioni volte alla semplificazione amministrativa contenute nel decreto-legge 223, quelle relative alla soppressione di alcune commissioni consultive che, intervenendo nei procedimenti amministrativi relativi a talune attività, ne appesantivano e allungavano l’iter (articolo 11).
Si tratta in particolare delle commissioni consultive comunali e provinciali per l’autorizzazione all’insediamento e all’attività dei pubblici esercizi; della commissione centrale per l’esame dei ricorsi degli agenti di affari in mediazione del commercio; delle commissioni provinciali presso le Camere di commercio per le iscrizioni nei ruoli di mediatore e di agente di commercio e della Commissione centrale per l’esame dei ricorsi contro le decisioni delle Commissioni provinciali sull’iscrizione al ruolo degli agenti di commercio.
La norma prevede inoltre - secondo il principio che chi giudica non può essere parte in causa - che gli iscritti al ruolo degli agenti d’affari in mediazione non possano far parte della commissione giudicatrice per l’iscrizione all’albo della medesima qualifica e che dei Comitati tecnici istituiti presso le Camere di commercio per la rilevazione degli usi non possano far parte i rappresentanti delle categorie interessate.
Interventi di liberalizzazione
Le misure di liberalizzazione adottate dal Governo nel corso della XV legislatura con riferimento ad alcune attività economiche, sono state introdotte dal decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7”[236], con il quale si è inteso garantire libertà di concorrenza sull’intero territorio nazionale e il corretto e uniforme funzionamento del mercato, nonché assicurare ai consumatori finali migliori condizioni di accesso all’acquisto e ai servizi.
Il decreto-legge ha introdotto misure aventi come finalità la liberalizzazione di alcune attività economiche sottoposte a vincoli normativi di vario tipo, per il cui svolgimento è diventata sufficiente la sola dichiarazione di inizio attività (DIA).
La denuncia di inizio attività, introdotta nell’ordinamento dalla L. 241 del 7 agosto 1990 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), art. 19), nella sua originaria configurazione era un istituto volto a semplificare il complesso regime delle autorizzazioni (intese in senso lato) concernenti l’esercizio di attività economiche private, attraverso la sostituzione degli atti amministrativi lato sensu ampliativi – nei soli settori tassativamente indicati a livello regolamentare – con dichiarazioni sostitutive da parte dei privati interessati, alle condizioni e con i limiti indicati dal medesimo art. 19.
La legge n. 537/1993[237], novellando l’art. 19 citato, ha in sostanza trasformato la DIA da istituto eccezionale a istituto generale, ammesso in tutti i casi in cui il provvedimento ampliativo è configurabile come atto vincolato[238], con le sole eccezioni stabilite a livello regolamentare.
A seguito della presentazione della dichiarazione del privato la P.A. competente aveva, entro e non oltre 60 giorni, il potere-dovere di verificare la sussistenza dei presupposti e dei requisiti di legge e disporre, se del caso, con provvedimento motivato il divieto di prosecuzione dell’attività e la rimozione dei suoi effetti (salva l’eventuale possibilità per l’interessato di conformare alla normativa vigente l’attività ed i suoi effetti).
La dichiarazione di inizio attività (DIA) è stata rivisitata, da ultimo, dell’articolo 3, comma 1, deldecreto-legge 35/05 (c.d. decreto “competitività”), il quale (sostituendo l’articolo 19, comma 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241) ha introdotto modifiche volte, in particolare, ad ampliare le ipotesi nelle quali può essere svolta una attività senza richiedere alle pubbliche amministrazioni provvedimenti di licenza, autorizzazione, permesso ovvero l’iscrizione in albi o ruoli. La dichiarazione di inizio di attività (DIA) può surrogare una serie di atti amministrativi ampliativi (autorizzazioni, licenze, concessioni “non costitutive”, permessi o nulla-osta comunque denominati), fra i quali le “domande” per le iscrizioni in albi o ruoli richieste per l’esercizio di attività imprenditoriale, commerciale o artigianale.
Presupposti della dichiarazione di inizio attività sono:
§ la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato (il rilascio del provvedimento deve dipendere solo dalla verifica della esistenza dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi generali);
§ l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto[239].
Le attività disciplinate dall’articolo 10 del decreto-legge, commi 2-4, di seguito illustrate, sono quelle di acconciatore ed estetista (comma 2), le attività di pulizia, disinfezione e facchinaggio (comma 3), le attività di guida ed accompagnatore turistico (comma 4). Per le attività delle autoscuole vedi il capitolo Tutela della concorrenzanel dossier relativo alla Commissione trasporti.
La disposizione interviene sulle attività di acconciatore ed estetista prevedendo, in particolare:
§ l’assoggettamento dell’attività alla sola dichiarazione d’inizio attività, da presentarsi al comune competente per territorio;
§ la rimozione di criteri di distanza minima[240] o di parametri numerici prestabiliti;
§ la scomparsa dell’obbligo di chiusura settimanale;
§ la conferma della necessità di possesso di requisiti di qualificazione professionali, se prescritti dalla vigente disciplina, nonché della conformità dei locali nei quali si svolge l’attività ai previsti requisiti urbanistici e igienico – sanitari.
La normativa regolante l’attivitàdi acconciatore ed estetista è contenuta nelle leggi n. 161 del 1963, n.174 del 2005 e n.1 del 1990.
Ai sensi della citata legge n. 161 e delle successive modificazioni (L. 23/12/1970 n. 1142), per l’esercizio dell’attività di barbiere e parrucchiere uomo-donna viene richiesto il possesso della qualificazione professionale riconosciuta dalla Commissione provinciale artigianato (CPA) e dell’apposita autorizzazione amministrativa che veniva rilasciata dal sindaco del comune nel quale si intende svolgere l’attività. L’attività era disciplinata da un apposito regolamento comunale che stabiliva all'interno del territorio comunale distanze tra gli esercizi ed altre caratteristiche relative ai locali. Successivamente con la legge 17 agosto 2005, n.174 è stata introdotta la qualifica di “acconciatore” in sostituzione delle precedenti figure professionali di “parrucchiere” e “barbiere”.
L’esercizio di tale attività[241] era soggetto ad autorizzazione, concessa con provvedimento del comune previo accertamento del possesso dell’abilitazione professionale conseguita dai soggetti successivamente al superamento di un esame tecnico-pratico preceduto, in alternativa, da:
a) lo svolgimento di un corso di qualificazione della durata di due anni, seguito da un corso di specializzazione di contenuto prevalentemente pratico ovvero da un periodo di inserimento della durata di un anno presso un'impresa di acconciatura, da effettuare nell'arco di due anni;
b) un periodo di inserimento della durata di tre anni presso un'impresa di acconciatura, da effettuare nell'arco di cinque anni e dallo svolgimento di un apposito corso di formazione teorica; il periodo è ridotto ad un anno, da effettuare nell'arco di due anni, qualora sia preceduto da un rapporto di apprendistato della durata prevista dal contratto nazionale di categoria.
L’attività professionale di acconciatore è altresì disciplinata da leggi regionali cui spetta definire principi per l’esercizio delle funzioni amministrative di competenza dei comuni.
L’attività di estetista[242]è disciplinata dalla legge 4 gennaio 1990, n.1 che fissauna serie di appositi requisiti tecnico-professionali, al cui possesso è subordinato lo svolgimento dell’attività che, come le altre testé illustrate, richiedeva in precedenza l’autorizzazione del comune.
Laqualificazione professionalesi intende conseguita mediante superamento di un apposito esame preceduto da:
- corsi di qualificazione regionale (2 anni e minimo 900 ore annue) seguiti da un corso di specializzazione o da un anno di inserimento in un'impresa di estetista, con lo svolgimento di un esame teorico pratico finale;
- un anno di attività lavorativa qualificata in qualità di dipendente, a tempo pieno presso uno studio medico specializzato oppure una impresa di estetista, successiva allo svolgimento di un rapporto di apprendistato presso una impresa di estetista della durata prevista dalla contrattazione collettiva di categoria e seguita da appositi corsi regionali di almeno 300 ore;
- svolgimento di un periodo, non inferiore a tre anni, di attività lavorativa qualificata, a tempo pieno, in qualità di dipendente o collaboratore familiare presso una impresa di estetista, accertata attraverso l'esibizione del libretto di lavoro, o di documentazione equipollente, seguita dai corsi regionali di formazione teorica. Il periodo di attività deve essere svolto nel corso del quinquennio antecedente l'iscrizione ai corsi.
L’attività di estetista è disciplinata da norme regionali di programmazione. Le stesse norme provvedono a dettare disposizioni ai comuni per l’adozione di regolamenti che si uniformino alle disposizioni della legge.
Le disposizioni concernenti l’attività di pulizia, disinfezione e facchinaggio prevedono, in particolare:
§ l’assoggettamento dell’attività alla sola dichiarazione d’inizio attività (cfr. supra), da presentarsi al comune competente per territorio;
§ l’esclusione di particolari requisiti professionali, culturali e di esperienza professionale (che secondo la relazione illustrativa al disegno di legge di conversione apparivano realisticamente eccessivi, come ad esempio la conoscenza della chimica per le pulizie e la fisica per il facchinaggio; i requisiti professionali previsti dalla normativa vigente rimangono invece fermi per le sole attività di disinfestazione, derattizzazione e sanificazione in quanto - come si precisava nella richiamata relazione governativa - trattasi di attività comportanti maggior rischi);
§ la conferma dell’obbligo del possesso dei requisiti di onorabilità e capacità economico-finanziaria, qualora siano previsti dalla normativa vigente;
§ la conferma della necessità di rispettare della normativa vigente in materia di tutela del lavoro e della salute (con particolare riferimento al D.Lgs. 626 del 1994), nonché in materia di smaltimento dei rifiuti speciali o tossici.
Le attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione e derattizzazionesono disciplinate dalla legge 25 gennaio 1994, n. 82 e dal relativo regolamento di attuazione approvato con il decreto del Ministro dell’industria 7 luglio 1997, n. 274[243]. Ai sensi della legge 82/94, per lo svolgimento dell’attività le imprese di pulizia sono tenute ad iscriversi nell’albo delle imprese artigiane o nel registro delle imprese. L'iscrizione è subordinata al possesso dei seguenti requisiti: di onorabilità (non essere stati dichiarati falliti; assenza di condanne per determinati reati), tecnico-organizzativi (titolo di studio attinente l'attività specifica, oppure un'adeguata esperienza professionale) ed economico-finanziari (assenza di protesti, affidamenti bancari, osservanza delle norme sui contributi sociali) e tecnico-professionali. Questi ultimi non sono più necessari.
A seguito dell'entrata in vigore il 17 marzo 2005 del decreto legge 14 marzo 2005 n. 35 (Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale), le imprese che intendono svolgere l'attività di pulizia, disinfezione, disinfestazione, derattizzazione e sanificazione presentano la dichiarazione di inizio attività. L'attività può essere iniziata decorsi trenta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione citata. Contestualmente all'inizio dell'attività, deve essere presentata la domanda/denuncia al Registro delle imprese.
Si segnala in proposito che il Ministero dello sviluppo economico con lettera circolare n. 1832 del 29 febbraio 2008 ha chiarito alcune incertezze interpretative relative al comma 3 dell'art. 10 del D.L. n. 7/2007, precisando che le denuncie di inizio attività per il riconoscimento dei requisiti prescritti per le attività di pulizia e disinfezione vanno presentate esclusivamente alla Camera di commercio (Ufficio del Registro delle Imprese) e non, in alternativa, alla Commissione provinciale per l'artigianato. Una volta ottenuto il riconoscimento dei requisiti, qualora l’impresa abbia le caratteristiche per l’iscrizione all’Albo delle imprese artigiane dovrà poi presentare alla Commissione provinciale per l’artigianato specifica domanda di iscrizione.
Le attività di facchinaggio, disciplinate dal decreto del Ministro delle attività produttive 30 giugno 2003, n. 221, sono quelle individuate dalla tabella allegata al decreto del Ministro del lavoro 3 dicembre 1999 nella quale sono elencate e descritte le attività lavorative esercitate dagli organismi associativi, cui si applicano le disposizioni del DPR 30 aprile 1970, n. 602". Si tratta delle attività di:
a) portabagagli, facchini e pesatori dei mercati agro-alimentari, facchini degli scali ferroviari, compresa la presa e consegna dei carri, facchini doganali, facchini generici, accompagnatori di bestiame, ed attivita' preliminari e complementari; facchinaggio svolto nelle aree portuali da cooperative derivanti dalla trasformazione delle compagnie e gruppi portuali in base all'articolo 21 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni ed integrazioni;
b) insacco, pesatura, legatura, accatastamento e disaccatastamento, pressatura, imballaggio, gestione del ciclo logistico (magazzini ovvero ordini in arrivo e partenza), pulizia magazzini e piazzali, depositi colli e bagagli, presa e consegna, recapiti in loco, selezione e cernita con o senza incestamento, insaccamento od imballaggio di prodotti ortofrutticoli, carta da macero, piume e materiali vari, mattazione, scuoiatura, toelettatura e macellazione, abbattimento di piante destinate alla trasformazione in cellulosa o carta e simili, ed attività preliminari e complementari.
Le attività di facchinaggio possono essere esercitate solo da imprese iscritte nel registro delle imprese o nell'albo imprese artigiane che sono in possesso dei requisiti previsti dall’art. 5 del DPR “requisiti di capacità economico-finanziaria”, dall’art. 6 “requisiti di capacità tecnico-organizzativa”, dall’art. 7 “requisiti di onorabilità.
Non sono soggetti all'iscrizione nel registro delle imprese:
§ i facchini non imprenditori, che presentano denuncia di inizio attività ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 342;
§ le imprese di facchinaggio stabilite in uno Stato membro dell'Unione europea non aventi alcuna sede o unità locale sul territorio nazionale.
Per l’attività di guida e accompagnatore turistico, come disciplinata dall’art. 7 della legge 135/01 di riforma del turismo, il decreto-legge di liberalizzazione dispone, in particolare:
§ la scomparsa dell’obbligo di autorizzazione preventiva allo svolgimento dell’attività, di rispetto dei parametri numerici e di requisiti di residenza;
§ la riconferma dell’obbligo del possesso di requisiti di qualificazione professionale;
§ che l’esercizio dell’attivitàè consentito ai laureati in lettere con indirizzo in storia dell’arte o archeologia o titolo equipollente e non è subordinato allo svolgimento di un esame abilitante o di altre prove selettive. Con riferimento a detti soggetti è tuttavia consentita la verifica delle relative conoscenze linguistiche qualora non siano state oggetto del corso di studi.
L’articolo 7 della legge 29 marzo 2001, n. 135(Riforma della legislazione nazionale del turismo, c.d. Legge quadro del turismo) con riguardo alle professioni turistiche (ossia relative all’organizzazione e alla fornitura di servizi di promozione dell’attività turistica, nonché ai servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti) stabilisce che il relativo esercizio è subordinato ad un’apposita autorizzazione valida sull’intero territorio nazionale (fatta eccezione per le guide turistiche), che viene rilasciata dalla regione.
L'esercizio dell'attività da parte di imprese o di esercenti professioni turistiche non appartenenti alla UE è consentita, nel nostro Paese, previa iscrizione al registro delle imprese e previo accertamento, limitatamente agli esercenti professioni turistiche, del possesso dei requisiti richiesti dalle leggi regionali e dal DPCM di cui all'art. 44 del D.Lgs. 112/98[244].
Il richiamo della legge n.135 del 2001 (c.d. Legge quadro sul turismo) per quanto concerne i requisiti di qualificazione professionale e gli esami abilitanti per l’esercizio dell’attività di guida turistica, appare incongruo, in quanto trattasi, in entrambi i casi, di materie non disciplinate dalla suddetta legge, bensì da leggi delle singole regioni.
Secondo la relazione illustrativa che accompagnava il disegno di legge di conversione del decreto-legge n.7/07, obiettivo delle disposizioni concernenti l’attività di guida turistica era quello di ottenere come unico requisito richiesto per l’esercizio di dette attività la competenza professionale basata sulla conoscenza del territorio e delle lingue straniere. Nella stessa relazione si sottolineava inoltre l’esiguità del numero delle guide turistiche se rapportato alle esigenze del settore. Tra i diversi fattori che determinano tale esiguità rientra, in particolare, la tempistica degli esami di abilitazione organizzati a livello regionale o provinciale che, diversamente da quanto prescritto dalle normative settoriali, non vengono banditi con cadenza annuale.
Intrventi di liberalizzazione
Con la sentenza n. 430 del 14 dicembre 2007 la Corte costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Veneto e dalla Regione Sicilia in ordine agli articoli 3 e 5 del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223 (cd. decreto Bersani), recanti misure di liberalizzazione relative al commercio e alla vendita dei farmaci.
Più specificamente, la Regione Veneto ha proposto due distinti ricorsi aventi ad oggetto il decreto-legge e la legge di conversione (L. 4 agosto 2006, n. 248); la Regione Sicilia si è limitata ad impugnare la legge di conversione. I ricorsi sono stati ritenuti ammissibili in quanto, secondo la giurisprudenza della Suprema Corte, la Regione che ritenga lese le proprie competenze da norme contenute in un decreto-legge può sollevare la relativa questione di legittimità costituzionale anche in relazione a questo atto, con effetto estensivo alla legge di conversione, ovvero può riservare l'impugnazione a dopo l'entrata in vigore di quest'ultima (tra le molte, si vedano le sentenze n. 383 del 2005; n. 287 del 2004 e n. 272 del 2004)[245].
Con particolare riferimento all’articolo 3, recante regole di tutela della concorrenza nel settore della distribuzione commerciale, la regione Veneto ha ritenuto che la norma violasse gli artt. 117 e 118 Cost., ledendo la competenza legislativa regionale residuale, od esclusiva, in materia di commercio.
La regione, pur convenendo che la tutela della concorrenza, richiamata dalla norma quale titolo della competenza dello Stato, costituisce una materia trasversale, che interessa molteplici ambiti di competenza, ha ritenuto che l’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. debba essere interpretato nel senso che allo Stato competono gli strumenti di politica economica a rilevanza macroeconomica, mentre rimangono di competenza legislativa regionale, concorrente o residuale, gli interventi sintonizzati sulla realtà produttiva regionale, purché non introducano ostacoli alla libera circolazione delle persone e delle cose fra le Regioni e non limitino l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale.
Al contrario, secondo la difesa erariale, l’art. 3 non disciplina in dettaglio lo svolgimento di attività commerciali, ma rimuove alcuni vincoli per incentivare la libera concorrenza, disponendo esclusivamente l’abrogazione delle norme statali che li contenevano e precisando che le prescrizioni enunciate dal suddetto articolo rappresentano principi di riferimento per la legislazione regionale.
La Corte costituzionale ha ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 in quanto la finalità espressamente enunciata della norma è quella di garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità e di corretto funzionamento del mercato; pertanto la disciplina dettata dalla stessa è ascrivibile alla potestà legislativa esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza, sancita dall’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione[246].
Secondo la consolidata giurisprudenza della stessa Corte la tutela della concorrenza presenta i caratteri di una funzione trasversale e le norme dello Stato effettivamente orientate a tal fine si pongono come inderogabili e non incontrano un limite nella potestà legislativa concorrente o residuale regionale, potendo legittimamente incidere, anche in forma di estremo dettaglio, sulla totalità degli ambiti materiali nei quali intervengono.
Secondo l’analisi svolta dai giudici della Suprema Corte, l'art. 3 del decreto-legge n. 223 del 2006, nel testo modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, indica espressamente quale finalità della norma, tra l'altro, quella di «garantire la libertà di concorrenza secondo condizioni di pari opportunità ed il corretto ed uniforme funzionamento del mercato», riconducendo in tal modo la disciplina dalla stessa stabilita anche alla materia «tutela della concorrenza», attribuita dall'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Siffatta auto qualificazione, a parere della Consulta, è da ritenere corretta.
L'identificazione della materia nella quale si colloca la norma impugnata richiede di fare riferimento all'oggetto ed alla disciplina stabilita dalla medesima, tenendo conto della sua ratio, tralasciando gli aspetti marginali e gli effetti riflessi, così da identificare correttamente e compiutamente anche l'interesse tutelato (ex plurimis, sentenze n. 165 del 2007; n. 450 del 2006; n. 319 del 2005; n. 285 del 2005).
Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, l'espressione «tutela della concorrenza», utilizzata dal legislatore costituzionale all'art. 117, secondo comma, lettera e), coerentemente con quella operante nel sistema giuridico comunitario, comprende, tra l'altro, interventi regolatori che a titolo principale incidono sulla concorrenza, quali: le misure legislative di tutela in senso proprio, che hanno ad oggetto gli atti ed i comportamenti delle imprese che incidono negativamente sull'assetto concorrenziale dei mercati e ne disciplinano le modalità di controllo, eventualmente anche di sanzione; le misure legislative di promozione, che mirano ad aprire un mercato o a consolidarne l'apertura, eliminando barriere all'entrata, riducendo o eliminando vincoli al libero esplicarsi della capacità imprenditoriale e della competizione tra imprese, in generale i vincoli alle modalità di esercizio delle attività economiche.
In tale maniera, vengono perseguite finalità di ampliamento dell'area di libera scelta sia dei cittadini, sia delle imprese, queste ultime anche quali fruitrici, a loro volta, di beni e di servizi (sentenza n. 401 del 2007). Si tratta, in altri termini, dell'aspetto più precisamente di promozione della concorrenza, che è una delle leve della politica economica del Paese (sentenze n. 80 del 2006; n. 242 del 2005; n. 175 del 2005; n. 272 del 2004).
Per siffatti caratteri, insiste la Corte, la «tutela della concorrenza», proprio in quanto ha ad oggetto la disciplina dei mercati di riferimento di attività economiche molteplici e diverse, non è una «materia di estensione certa», ma presenta i tratti «di una funzione esercitabile sui più diversi oggetti» ed è configurabile come «trasversale» (da ultimo, e per tutte, sentenza n. 401 del 2007), caratterizzata da una portata ampia (sentenza n. 80 del 2006). Queste peculiarità, da un canto, comportano che la «tutela della concorrenza», appunto perché ha ad oggetto la disciplina del mercato di riferimento delle attività economiche, influisce necessariamente anche su materie attribuite alla competenza legislativa, concorrente o residuale, delle Regioni, dall'altro, impongono di garantire che la riserva allo Stato della predetta competenza trasversale non vada oltre la «tutela della concorrenza» e sia in sintonia con l'ampliamento delle attribuzioni regionali disposto dalla revisione del titolo V della parte seconda della Costituzione (sentenze n. 175 del 2005; n. 272 del 2004; n. 14 del 2004).
Gli altri due ricorsi, di Veneto e Sicilia, riguardavano invece un presunto conflitto di competenze tra Stato e regioni sull’articolo 5 del D.L. 223/2006, recante interventi urgenti nel campo della distribuzione di farmaci e finalizzato a rendere operativa la liberalizzazione della vendita dei medicinali da banco e di automedicazione in supermercati e parafarmacie.
Per il Veneto, considerato che la vendita è consentita durante l’orario di apertura degli esercizi commerciali in appositi reparti e con l’assistenza al cliente di uno o più farmacisti abilitati, la norma doveva essere ricompresa nella sfera del “commercio” e della conseguente competenza legislativa residuale delle regioni.
Per la Sicilia, invece, lo stesso articolo 5 confliggeva con la potestà legislativa esclusiva delle regione a statuto speciale in riferimento alla materia “sanità pubblica”.
La Consulta ha giudicato entrambi i ricorsi infondati. Nel primo caso, ha ritenuto che l’organizzazione del servizio farmaceutico ricada sotto la sfera concorrente della “tutela della salute”, non intendendo regolare sic et simpliciter l’orario in cui i farmaci devono essere venduti, spettando allo Stato assicurare e controllare l’accesso dei cittadini ai prodotti medicinali al fine di garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute. Nel caso del ricorso presentato dalla Sicilia, invece, l’infondatezza risiede nel fatto che la potestà legislativa regionale in materia di “sanità pubblica” debba essere esercitata entro i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato e ciò in considerazione del fatto che la disciplina introdotta dal decreto Bersani si configuri coma una norma di principio.
Con riferimento all’organizzazione del servizio farmaceutico, la giurisprudenza della Corte Costituzionale, con orientamento consolidato, ha più volte affermato che, ai fini del riparto delle competenze legislative previsto dall'articolo 117 Cost., la “materia” della organizzazione del servizio farmaceutico, va ricondotta al titolo di competenza concorrente della «tutela della salute», come peraltro già avveniva sotto il regime anteriore alla modifica del titolo V della parte seconda della Costituzione.
La complessa regolamentazione pubblicistica dell'attività economica di rivendita dei farmaci mira, infatti, ad assicurare e controllare l'accesso dei cittadini ai prodotti medicinali ed in tal senso a garantire la tutela del fondamentale diritto alla salute, restando solo marginale, sotto questo profilo, sia il carattere professionale, sia l'indubbia natura commerciale dell'attività del farmacista (cfr. sentenze n. 448 del 2006 e n. 87 del 2006; nonché sentenze n. 275 e n. 27 del 2003), dei quali pure si occupa la norma.
Analogamente il divieto di concorsi, delle operazioni a premio e delle vendite sotto costo aventi ad oggetto i farmaci, peraltro stabilito nel quadro di una legge diretta ad eliminare vincoli e restrizioni nell'esercizio delle attività di distribuzione commerciale, è palesemente ispirato dall'intento di assicurare modalità della vendita coerenti con la funzione dei prodotti e con la tutela della salute, e cioè di evitare che l'acquisto dei medicinali possa essere influenzato da ragioni diverse da quelle della loro indispensabilità ai fini terapeutici. L'interferenza va, quindi, composta facendo ricorso al criterio della prevalenza, applicabile appunto quando risulti evidente, come nella specie, l'appartenenza del nucleo essenziale della disciplina alla materia «tutela della salute» (sentenze n. 422 e n. 181 del 2006; n. 135 e n. 50 del 2005)”.
Riordino delle competenze
Il Ministero dello sviluppo economico, la cui istituzione è stata prevista dal decreto-legge18 maggio 2006, n. 181[247](articolo 1, comma 1, n. 6), ha assorbito gran parte delle competenze del Ministero delle attività produttive istituito dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (artt. 27-32) nell’ambito di un generale riassetto delle amministrazioni statali che lo stesso decreto-legge n.181 ha provveduto ad innovare.
L’istituzione del Ministero delle attività produttive (Map), come accennato, era stata disposta dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (artt. 27-32), emanato in attuazione della L. n. 59/97 (c.d. Legge Bassanini). In base al testo originario del decreto citato, nel nuovo Ministero dovevano confluire quattro strutture governative:
§ il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato[248];
§ il Ministero del commercio con l’estero;
§ il Ministero delle comunicazioni;
§ il Dipartimento del turismo, istituito presso la Presidenza del Consiglio[249].
Alle strutture governative veniva, inoltre, aggiunta anche la “Direzione generale cooperazione”, il cui trasferimento al Ministero delle attività produttive dal Ministero del lavoro è stato poi disposto, a decorrere dal 1° giugno 2001, dal DPCM 10 aprile 2001[250]..
Al nuovo Ministero venivano, inoltre, trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero delle politiche agricole e forestali, limitatamente a trasformazione e conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli (art. 27, comma. 2), nonché le risorse materiali e umane corrispondenti ad alcune funzioni esercitate dai Ministeri del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della sanità e del lavoro e della previdenza sociale, concernenti le funzioni assegnate al Ministro delle attività produttive in virtù del decreto legislativo n.300 cit. (art. 27 comma 4), mentre rimanevano di competenza del Ministero della difesa le funzioni da esso esercitate al momento dell’istituzione del Map, anche nelle materie attinenti a quelle attribuite al nuovo Ministero (art. 27, comma 5).
L’operatività delle disposizioni concernenti la costituzione del nuovo Ministero delle attività produttive veniva differita all’avvio della XIV legislatura, ai sensi dell’art.55, comma 1 del D.Lgs.300/99[251] mentre veniva, invece, fissato a partire dal 1° gennaio 2000 il trasferimento delle funzioni relative al settore agroindustriale (con le inerenti risorse) in precedenza esercitate dal Ministero per le politiche agricole (art.55, comma 8).
La nuova organizzazione del Governo prevista dal decreto legislativo del 1999 subiva tuttavia varie modifiche a seguito della conversione in legge (L. 3 agosto 2001, n. 317) del DL 12 giugno 2001, n. 217, che ricostituiva il Ministero delle comunicazioni con le precedenti funzioni ed attribuzioni. Inoltre la competenza su trasformazione e conseguente commercializzazione dei prodotti agricoli veniva riassegnata al Ministero delle politiche agricole e forestali, mentre al Ministero delle attività produttive rimaneva la competenza in materia di prodotti agroindustriali. Infine le competenze sull'editoria, assegnate dall'art. 27, co. 2, del D.Lgs. 300/1999 al Ministero venivano trasferite alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Successivamente il D.Lgs 300/99 veniva modificato ed integrato dal D.Lgs 22 gennaio 2004, n. 34 cheridefiniva le funzioni secondo obiettivi e la struttura organizzativa del Ministero delle attività produttive, attraverso la modifica degli articoli 27, 28 e 29, e la soppressione degli articoli 31 e 32 del medesimo D.Lgs. 300/99.
Al Ministero delle attività produttive veniva affidata l’attuazione delle politiche per lo sviluppo del sistema produttivo e in particolare di:
a) la promozione delle politiche per la competitività internazionale (questa funzione è stata oggetto di trasferimento con il decreto-legge n. 181);
b) il sostegno e l’integrazione dell'attività degli enti territoriali per assicurare l'unità economica del paese;
c) la promozione della concorrenza;
d) il coordinamento delle istituzioni pubbliche e private interessate allo sviluppo della competitività;
e) il monitoraggio dell'impatto delle misure di politica economica, industriale, infrastrutturale, sociale e ambientale sulla competitività del sistema produttivo.
Le aree funzionali del Ministero individuate dall'art. 28 del D.Lgs. 300/1999 (come modificato dal D.Lgs. 34/2004) erano tre:
a) competitività;
b) internazionalizzazione (quest'area è stata investita dall'istituzione del Ministero del commercio internazionale);
c) sviluppo economico.
Innanzitutto il Ministero dello sviluppo economico ha acquisito con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni in materia di politiche di sviluppo e di coesione attribuite dal decreto legislativo 300/99 (articolo 24, comma 1, lettera c)) al Ministero dell’economia e delle finanze e finora svolte dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione[252] (vedi i capitoli Le politiche di sviluppo territoriale, La politica di coesione e Il riordino del Ministero dell’economia nel dossier relativo alla Commissione bilancio).
Si tratta di parte di un'area funzionale relativa al coordinamento e alla verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale e delle politiche di coesione, con particolare riferimento alle aree depresse, comprese le funzioni attribuite dalla legge in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell'utilizzo dei fondi strutturali comunitari.
Dal trasferimento sono state escluse le "funzioni di programmazione economica e finanziaria" e le funzioni della segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), che è stata trasferita con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale alla Presidenza del Consiglio dei ministri, alla quale sono stati trasferiti altresì il Nucleo di consulenza per l'attuazione delle linee guida per la regolazione dei servizi di pubblica utilità (NARS) e l'Unità tecnica - finanza di progetto (UTPF) di cui all'articolo 7 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
Si ricorda che il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell'economia e delle finanze, incaricato dello svolgimento delle suddette funzioni, è stato istituito nel 1998 (DPR 20 febbraio 1998, n. 38) in seguito all'accorpamento del Ministero del tesoro e del Ministero del bilancio e della programmazione economica disposto dalla legge 3 aprile 1997, n. 94. La struttura è stata oggetto di due riforme organizzative con i decreti ministeriali 31 ottobre 2002 e 19 gennaio 2006. Il principale obiettivo del Dipartimento è la realizzazione di interventi volti al riequilibrio economico e sociale e allo sviluppo economico delle aree sottoutilizzate del Paese. Suo compito è anche coordinare l'attuazione degli strumenti con i quali vengono utilizzate le risorse comunitarie dei fondi strutturali.
Al Ministero dello sviluppo economico è stata trasferita anche la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate (vedi il capitolo L’intervento nelle aree sottoutilizzate nel dossier della Commissione bilancio).
Al nuovo Ministero dello sviluppo economico sono state sottratte le seguenti competenze (già attribuite al Ministero delle attività produttive):
§ in materia di commercio internazionale - assegnate al Ministero del commercio internazionale (art. 1, comma 3) (vedi la scheda Ministero del commercio internazionale, pag.
§ in materia di imprenditoria femminile di cui alla legge 215/9 che passa alla Presidenza del Consiglio;
§ in materia di turismo di cui agli artt. 27 e 28 del D.Lgs. 300/99, attribuita alla Presidenza del Consiglio dei ministri (commi 19-bis, ter e quater) (vedi il capitolo Politiche per il turismo, pag.
§ sui generi alimentari trasformati industrialmente (di cui all’art. 1, L. 199/1958), in precedenza spettante al Ministero dell'industria d'intesa col Ministero delle politiche agricole e forestali, che viene attribuita esclusivamente al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (art. 1, co. 9).
L’emanazione del DPR 14 novembre 2007, n. 225[253]recante il regolamento di riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico, è stata preceduta dall’adozione :
- del DPCM 12 gennaio 2007 con il quale si è provveduto – secondo quanto stabilito dall’art. 1, comma 10 del DL 181 - alla ricognizione delle strutture trasferite al Ministero del commercio internazionale;
- del DPCM 28 giugno 2007 relativo al termine e alle modalità di trasferimento delle risorse finanziarie, umane e strumentali del Ministero dell'economia e delle finanze al Ministero dello sviluppo economico per l'esercizio delle funzioni in materia di politiche di sviluppo e coesione;
- dall’adozione del DPR 20 settembre 2007, n. 187con il quale si è provveduto al riordino degli uffici di diretta collaborazione del Ministro dello sviluppo economico, resosi indispensabile alla luce sia delle varie modifiche apportate nel tempo al precedente regolamento, emanato con DPR 19 settembre 2000, n. 455,siadel nuovo quadro organizzativo e funzionale delineato per il Ministero a seguito della introduzione: della carica di vice Ministro (DPR 14 ottobre 2003, n. 316[254]), delle nuove disposizioni in materia di riorganizzazione del servizio di controllo interno introdotte dall’articolo 31 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223[255]; delle nuove specifiche disposizioni sull'assetto degli uffici di diretta collaborazione dei ministri introdotte dallo stesso decreto-legge n. 181 del 2006, che all'articolo 1, comma 24-bis, ha previsto la decadenza automatica di tutte le assegnazioni di personale (compresi gli incarichi anche di livello dirigenziale, le consulenze e i contratti, anche a termine, conferiti nell'ambito di tali uffici) in caso di mancata conferma entro trenta giorni dal giuramento del nuovo Ministro, mentre con l'articolo 1, commi da 24-quater a 24-septies, ha introdotto nuove disposizioni in materia di uffici di diretta collaborazione dei vice Ministri.
Alla riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico si è proceduto, in linea con quanto previsto:
§ dall’art.1, comma 8-bis, del decreto 181/2006 che ne ha previsto l’articolazione in dipartimenti;
§ dall’art. 1, comma 23, dello stesso DL 181/2006 che ha previsto l’emanazione di appositi regolamenti, da adottarsi ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[256], per definire gli assetti organizzativi e il numero massimo delle strutture di primo livello dei Ministeri interessati dal riordino, in modo da assicurare che al termine del processo di riorganizzazione non sia superato, dalle nuove strutture, il limite di spesa previsto per i Ministeri di origine;
§ dalla legge 27 dicembre 2006, n. 296[257] (legge finanziaria 2007), che, all’art. 1, commi 404-415, ha previsto un vasto programma di riorganizzazione dei ministeri, finalizzato al contenimento delle spese di funzionamento, da attuare attraverso l’adozione di regolamenti di delegificazione da emanarsi, entro il 30 aprile 2007, su proposta da ciascuna amministrazione, ai sensi dell’art. 17, comma 4-bis, della legge n. 400/1988.
In particolare il comma 404 individua sette linee di intervento del programma da attuare con i regolamenti di delegificazione (recate dalle lettere da a) a g):
- riorganizzazione delle articolazioni interne di ciascuna amministrazione volta alla riduzione del numero degli uffici di livello dirigenziale generale di almeno il 10% e degli uffici di livello dirigenziale non generale del 5%, nonché eliminazione delle duplicazioni organizzative eventualmente esistenti (lettera a)[258];
- riduzione e riorganizzazione di particolari attività o strutture delle amministrazioni statali: la gestione del personale da realizzare in modo unitario anche attraverso la gestione unitaria del personale e dei servizi comuni attuata anche attraverso lo sfruttamento degli strumenti di innovazione tecnologica e amministrativa (lettera b);
- revisione delle strutture periferiche prevedendone la riduzione (lettera c);
- riorganizzazione degli uffici con funzioni ispettive e di controllo (lettera d);
- riduzione degli organismi di analisi, consulenza e di studio (lettera e);
- intervento di contenimento del personale con funzioni di supporto entro il 15% del totale delle risorse utilizzate da ciascuna amministrazione. La generale riduzione degli organici delle amministrazioni ministeriali (lettera f);
- alcune disposizioni specificamente rivolte al Ministero degli affari esteri (lettera g).
I commi da 405 a 416 delineano, infine, il procedimento di adozione dei regolamenti di revisione degli assetti delle amministrazioni dello Stato secondo i criteri individuati dal comma 404. Tale procedimento può essere sintetizzato come segue:
- le direttive generali per l’attività amministrativa e per la gestione (emanate annualmente dai ministri entro 10 giorni dalla pubblicazione della legge di bilancio ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 165/2001) provvedono a programmare la riallocazione del personale di supporto in vista della sua riduzione entro il 15% (comma 413);
- il Presidente del Consiglio, previo parere del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, del Ministro dell’economia e delle finanze e del Ministro dell’interno, emana le linee guida per l’attuazione del riassetto delle amministrazioni (comma 412). Tali linee guida sono state emanate con il DPCM 13 aprile 2007;
- entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame (entro il 28 febbraio 2007) ciascuna amministrazione trasmette al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell'economia e delle finanze gli schemi di regolamento accompagnati da una dettagliata relazione tecnica, che specifichi le riduzioni di spesa previste nel triennio e da un analitico piano operativo, entrambi “asseverati dai competenti uffici centrali del bilancio” (comma 407);
- l’esame degli schemi di regolamento da parte del Governo deve concludersi entro un mese dalla loro ricezione (quindi al massimo entro il 31 marzo 2007) (comma 407);
- sempre entro il 31 marzo 2007 dovranno essere predisposti i piani di riallocazione del personale di supporto di cui si è detto sopra (comma 408);
- i regolamenti prevedono la completa attuazione dei processi di riorganizzazione entro diciotto mesi dalla loro emanazione (comma 405);
- dalla data di emanazione dei regolamenti sono abrogate le disposizioni regolatrici delle materie ivi disciplinate, la cui puntuale ricognizione è affidata ai medesimi regolamenti (comma 406).
Viene, infine, previsto un sistema di controllo e di sanzioni (commi 409, 410, 411, 414 e 415), nonché, nel comma 416, indicati i risparmi di spesa conseguenti alle riorganizzazioni amministrative prefigurate.
Come anticipato l’art.1, comma 8-bis del decreto 181/2006 ha previsto l’articolazione in dipartimenti del Ministero dello sviluppo economico:
§ Dipartimento per la competitività;
§ Dipartimento per la regolazione del mercato;
§ Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione.
Per quanto riguarda l'organizzazione del Ministero delle attività produttive, l'art. 29 del D.Lgs. 300/1999 (come modificato dal D.Lgs. 34/2004) prevedeva l'articolazione del Ministero in direzioni generali, il cui numero non poteva essere superiore a undici, in luogo dell’articolazione in dipartimenti prevista dal testo originale dell’articolo. Tale norma è stata superata dal D.L. 181/2006 il quale al comma 8-bis dell'art. 1.
La norma introdotta dal citato D.Lgs. n. 34, nel fare riferimento direttamente alle direzioni generali, sembrava determinarne una posizione apicale al di sopra della quale non erano presenti dipartimenti. La suddetta modifica è però rimasta inattuata visto che l'organizzazione a livello di normativa secondaria ha continuato ad essere disciplinata dal DPR 26 marzo 2001, n. 175 (Regolamento di organizzazione del Ministero delle attività produttive) in base al quale erano previsti quattro Dipartimenti:
§ Dipartimento per le imprese
§ Dipartimento per l'internazionalizzazione
§ Dipartimento per le reti
§ Dipartimento per il mercato
Quale organo di coordinamento tra i tre Dipartimenti è stata istituita (art. 2, co. 3) la Conferenza permanente dei Capi dei Dipartimenti già prevista dal richiamato DPR 175/2001. L'unica modifica di rilievo rispetto alla normativa vigente sembra consistere nella soppressione della norma che permetteva la partecipazione di dirigenti di prima e seconda fascia a specifiche riunioni della Conferenza.
Al Dipartimento per la competitività è attribuita la funzione di promozione e sviluppo della competitività del sistema produttivo nazionale, con particolare riferimento:
§ alle azioni di sostegno ed incentivazione delle attività imprenditoriali;
§ alle politiche di approvvigionamento energetico;
§ alla promozione delle piccole medie imprese e degli enti cooperative (art. 3, co. 1).
Al Dipartimento per la regolazione del mercato è attribuita la funzione di promozione e regolazione della concorrenza e del mercato, con particolare riferimento:
§ al settore dei servizi;
§ alla tutela dei consumatori;
§ alle attività di normazione tecnica, di vigilanza e controllo inerenti la sicurezza dei prodotti e degli impianti industriali;
§ la tutela giuridica della proprietà intellettuale (art. 8, co. 1).
Al Dipartimento per le politiche di sviluppo e di coesione è attribuita la funzione di programmazione, coordinamento, attuazione e verifica degli interventi per lo sviluppo e la coesione economica, sociale e territoriale, esercitando a tal fine le funzioni attribuite dalla legge in materia di politica regionale unitaria, nazionale e comunitaria. Il Dipartimento svolge inoltre l'attività di vigilanza di competenza del Ministero nei confronti della società "Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa", disciplinata dalla legge finanziaria 2007 (legge 296/2006, art. 1, commi 460-463), che costituisce l’erede di Sviluppo Italia Spa (art. 13, co. 1)[259]. Sull’Agenzia vedi la scheda La riforma di Sviluppo Italia S.p.Anel dossier relativo alla Commissione bilancio.
Ciascuno dei tre Dipartimenti è articolato in uffici di staff e in quattro direzioni generali, quali uffici di livello dirigenziale non generale. Le direzioni generali ammontano in totale a dodici.
Tale numero corrisponde alla somma delle sette direzioni generali provenienti dal Ministero delle attività produttive, risultanti dalle undici che componevano tale Ministero meno tre direzioni generali trasferite al nuovo Ministero del commercio internazionale e la Direzione generale del turismo trasferita presso la Presidenza del Consiglio, e delle cinque direzioni generali che, esclusa la segreteria del CIPE, costituivano il Dipartimento politiche di sviluppo e coesione del Ministero dell'economia e delle finanze e che sono state trasferite al nuovo Ministero dello sviluppo economico.
Le direzioni generali del Ministero, prima del decreto n. 181/2006, erano le seguenti:
1. direzione generale per gli enti cooperativi
2. direzione generale per i servizi interni
3. direzione generale per il commercio, le assicurazioni e i servizi
4. direzione generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese
5. direzione generale per il turismo
6. direzione generale per l'armonizzazione del mercato e la tutela dei consumatori
7. direzione generale per l'energia e le risorse minerarie
8. direzione generale per la politica commerciale
9. direzione generale per la promozione degli scambi
10.direzione generale per le politiche di internazionalizzazione
11.direzione generale per lo sviluppo produttivo e competitività.
Delle summenzionate direzioni generali, quelle per la politica commerciale, per la promozione degli scambi e per le politiche di internazionalizzazione sono state coinvolte nell'organizzazione del nuovo Ministero del commercio internazionale.
La direzione generale per il turismo è invece trasferita presso la Presidenza del Consiglio.
Il Dipartimento per la competitività si articola nelle seguenti direzioni generali (d.g.):
§ d.g. per la politica industriale, con compiti concernentila competitività del sistema produttivo:
-politiche per lo sviluppo della competitività anche attraverso la definizione di programmi strategici nazionali;
- politiche dì supporto alla competitività delle grandi imprese nei settori strategici;
- collaborazione tra soggetti pubblici e privati nell’ambito di iniziative di interesse nazionale;
- politiche per i distretti industriali e pmi;
- interventi di reindustrializzazione e riconversione dei settori delle aree industriali colpite da crisi;
- politiche di sviluppo di reti nazionali e internazionali nei settori produttivi;
-politica industriale concernente la partecipazione al Patto Atlantico, alla UE ed altri organismi internazionali;
- collaborazione a livello internazionale nei settori aerospaziali e della difesa;
-politiche di sviluppo per l'innovazione tecnologica, azioni per la creazione di nuove imprese innovative e partecipazione ai procedimenti di definizione delle migliori tecnologie ;
- rapporti con organismi internazionali e comunitari, regioni ed enti locali in materia di politiche di sviluppo industriale;
-regolazione delle crisi aziendali, promozione di misure per la prevenzione dell'insolvenza e gestione del fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in crisi;
- sostegno e promozione del Made in Ital;y;
- funzionamento del Punto di contatto nazionale;
- promozione e aggiudicazione di servizi di assistenza tecnica alle PA dei Paesi in via adesione all'UE di altri Paesi di interesse per la politica di sviluppo nazionale, in coordinamento con le competenti direzioni generali del Ministero del commercio internazionale, nonché promozione e assistenza per interventi in Paesi terzi di interesse per la politica di competitività nazionale;
- monitoraggio sull'andamento dei settori produttivi ;
- coordinamento con le società e gli istituti operanti nel settore della promozione industriale e vigilanza sull'Istituto per la promozione industriale (IPI);
- vigilanza sulle stazioni sperimentali dell'industria e sul Rate nazionale di prova delle armi da fuoco portatili;
- trattazione problematiche connesse alle produzioni industriali nel settore alimentare e vigilanza sull'Istituto Nazionale per le Conserve Alimentari (INCA);
- attività inerenti il Sistema di notifica elettronica interattiva degli aiuti di Stato.
Presso la Direzione generale per la politica industriale opera il Nucleo degli esperti di politica industriale, di cui all'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140[260].
§ d.g. per il sostegno alle attività imprenditoriali;
Tra le funzioni assegnate alla direzione rientrano:
- gestione delle incentivazione alle imprese, con una competenza residuale di gestione di tutti gli strumenti non attribuiti ad altre Direzioni generali;
- monitoraggio vigilanza e controllo su tali interventi;
- elaborazione statistiche e studi;
partecipazione, per quanto di competenza, agli accordi di programma quadro;contratti di programma, contratti di localizzazione, i patti territoriali, i contratti d'area e i contratti di distretto.
Relativamente ai compiti di monitoraggio e di raccolta ed elaborazione dei dati, la Direzione come le altre che curano analoghi adempimenti, opera in raccordo con il Sistema di monitoraggio degli investimenti pubblici, di cui all'articolo 1 della legge 17 maggio 1999, n. 144.
§ d.g. per l'energia e le risorse minerarie, preposta al perseguimento della politica energetica e mineraria nazionale con i seguenti compiti:
- definizione degli obiettivi di politica energetica e mineraria;
- rapporti con le organizzazioni internazionali e comunitarie;
- attività di liberalizzazione dei mercati dell'energia;
- indirizzi per la programmazione, sviluppo e gestione delle reti nazionali di trasporto dell’energia;
- promozione delle fonti rinnovabili e partecipazione a programmi energetici d per lo sviluppo sostenibile;
- costruzione ed esercizio di infrastrutture energetiche nazionali, di intesa con le regioni interessate;
- strategie di ricerca e sviluppo tecnologico;
- ricerca di idrocarburi d’intesa con le regioni interessate;
- normativa tecnica per gli impianti energetici;
- statistiche, analisi e previsioni relative al settore energetico;
- gestione dei materiali nucleari;
- vigilanza sugli enti strumentali in materia energetica e rapporti con l'Autorità per l’energia elettrica ed il gas e con l'Autorità garante della concorrenza e del mercato.
Presso la Direzione opera la segreteria tecnica di cui all’art. 22, comma 2, della legge 10/91[261].
§ d.g. per le piccole e medie imprese e gli enti cooperativi cui competono le funzioni in materia di:
- politiche per le PMI con particolare riferimento alle iniziative per la semplificazione - degli adempimenti amministrativi a carico di queste ;
-attività relative alla responsabilità sociale delle imprese, svolta in collaborazione con il Ministero della solidarietà sociale;
- vigilanza nei confronti degli enti cooperativi, consorzi agrari e banche di credito cooperativi;
- liquidazione coatta amministrativa;
- tenuta dell'Albo nazionale delle società cooperative;
- promozione e sviluppo della cooperazione e dellamutualità, studi e coordinamento con - le altre amministrazioni di settore competenti, in particolare con il Ministero della solidarietà sociale per quanto attiene, alle cooperative sociali.
Fanno parte del Dipartimento per la regolazione del mercato le direzioni generali:
§ d.g. per la concorrenza e i consumatori con i seguenti compiti e funzioni:
- cura dei compiti del Ministero in materia di promozione della concorrenza e del mercato (promozione e disciplina, coordinamento delle politiche per la concorrenza);
- rapporti istituzionali e coordinamento con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, con le regioni, gli organismi internazionali e le strutture dell'Unione Europea competenti in materia di consumatori, concorrenza e regolamentazione di singoli settori economici;
- tutela dei consumatori, con particolare riferimento al settore delle assicurazioni (rapporti con ISVAP e vigilanza su Consap spa) e a quello del commercio;
attività di supporto e segreteria del Consiglio Nazionale dei Consumatori e degli Utenti (CNCU);
- riconoscimento titoli professionali conseguiti all’estero nelle materie di competenza.
La direzione generale per la concorrenza e i consumatori è competente tra l'altro per le politiche nel settore delle assicurazioni (art. 9, lett. r)) per le quali in precedenza il DPR 2001/175 prevedeva una direzione generale apposita.
§ d.g. per la vigilanza e la normativa tecnica competente in materia di:
- disciplina normativa e controllo in materia dì sicurezza e qualità dei prodotti e dei servizi (ferme restando le competenze delle altre amministrazioni di settore);
- metrologia legale;
- controllo e vigilanza a delle manifestazioni a premio, sulle società fiduciarie e di revisione, sul sistema delle camere di commercio e sull’Unioncamere e le attività connesse al registro delle imprese;
- tenuta del registro informatico degli adempimenti amministrativi delle imprese;
- controllo sulla sicurezza degli impianti industriali e vigilanza su enti di normazione tecnica e di accreditamento;
- politiche di normalizzazione e regolazione tecnica, rapporti con l’UE e controlli di conformità delle macchine , impianti e prodotti nelle materie di competenza e del ministero;
- certificazione ambientale (ecolabel e ecoaudit).
§ d.g. per la proprietà industriale - ufficio italiano brevetti e marchi[262] con compiti e funzioni in materia di:
- promozione della tutela giuridica della proprietà industriale;
- attività di rilascio dei brevetti nazionali, deposito delle domande di brevetto europeo;
- registrazione dei modelli e dei disegni industriali, registrazione dei marchi di impresa nazionali, attività inerente la registrazione di marchi internazionali presso l'Organizzazione Mondiale della Proprietà a intellettuale di Ginevra, deposito delle domande di marchio comunitario ed adempimenti conseguenti;
- tutela e registrazione internazionale delle denominazioni di origine e tipiche dei prodotti industriali e dell’artigianato;
- supporti e segreteria della Commissione dei ricorsi;
- relazioni con organismi comunitari e internazionali e istituzioni comunitarie competenti in materia di proprietà industriale;
- promozione dell'uso della proprietà industriale, con particolare riferimento alle piccole e medie imprese e alle aree sottoutilizzate del paese;
- supporto tecnico all’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione.
§ d.g. per i servizi interni;
In particolare rientrano tra le funzioni della Direzione:
- il reclutamento e la gestione del personale, relativo trattamento economico, controversie, procedimenti disciplinari e politiche del personale per le pari opportunità;
- la gestione unificata di spese di carattere strumentale;
- il supporto all’attività di contrattazione sindacale;
- la gestione dei sistemi informativi condivisi e la gestione e controllo del funzionamento della rete informatica del Ministero, programmazione degli acquisti di beni e servizi informativi;
-relazioni esterne con l’utenza e attività di supporto e segreteria della Conferenza dei Capi dei dipartimenti.
Va segnalato che la direzione generale per i servizi interni, inserita nel Dipartimento per la regolazione del mercato, se da un lato cura gli affari generali del Dipartimento presso cui è collocata, dall'altro gestisce le risorse umane, finanziarie e strumentali di tutto il Ministero, seguendo a tal fine gli indirizzi della Conferenza dei capi Dipartimento, per la quale svolge anche funzioni di supporto e di segreteria.
Il Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione è suddiviso nelle seguenti direzioni generali:
§ d.g. studi e statistiche;
Alla Direzione generale studi e statistiche sono assegnati compiti di:
- informazione statistica, analisi e comunicazione in campo economico, finanziario e sociale a livello territoriale;
- formulazione dì proposte strategiche in materia di politiche economiche regionali per lo sviluppo e la coesione economico-sociale è territoriale;
- elaborazione e pubblicazione di documenti istituzionali e di programmi di previsione delle prospettive economiche e della spesa pubblica in conto capitale a livello territoriale;
coordinamento, per la redazione dei documenti di programmazione anche in collaborazione con altre amministrazioni;
- rapporti e comunicazione istituzionale con organismi internazionali in materia di politiche di sviluppo territoriale
§ d.g. per le politiche dei fondi strutturali comunitari;
I compiti e le funzioni svolti dalla Direzione generale per le politiche dei fondi strutturali comunitari, anche attraverso la cura dei rapporti con l'Unione Europea e le Amministrazioni interessate, riguardano i seguenti ambiti:
- promozione, coordinamento e definizione delle iniziative in materia di programmazione strategica e di utilizzo dei fondi strutturali comunitari, secondo le direttive generali del CIPE;
- istruttoria e partecipazione ai processi di definizione e attuazione delle politiche comunitarie connesse alle politiche di sviluppo e di coesione sociale e territoriale; all'attività negoziale per la definizione della riforma degli strumenti comunitari d'intervento finanziario strutturale e coesione con la Commissione europea per la definizione della Carta italiana degli aiuti a finalità regionale;
- promozione e verifica dell'attuazione dei programmi che utilizzano fondi strutturali comunitari;
- programmazione, coordinamento e gestione di Programmi operativi nazionali di assistenza tecnica e di azioni di sistema nell'ambito della programmazione dei fondi strutturali;
- inoltro agli organismi comunitari delle richieste di cofinaziamento;
- promozione e attuazione di progetti di gemellaggio istituzionale promossi dalla UE e di cooperazione bilaterale in materia di politiche di sviluppo territoriale con Paesi in via di adesione e Paesi terzi.
§ d.g. per le politiche di sviluppo territoriale e le intese istituzionali di programma;
La Direzione generale di cui al presente articolo ha competenza in materia di programmi, accordi di programma quadro, e più in generale strumenti negoziali per lo sviluppo economico. In particolare svolge funzioni di:
- coordinamento e definizione di iniziative per lo sviluppo territoriale da attuare con le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate;
- programmazione, promozione, coordinamento e monitoraggio delle iniziative e degli interventi nazionali per lo sviluppo economico territoriale, attraverso gli strumenti negoziali previsti dalla legislazione vigente;
- attività preordinate: alla promozione, stipula e gestione delle intese di programma e degli strumenti di programmazione che le attuano, degli accordi di programma quadro;
- promozione e coordinamento di azioni innovative di supporto all'attuazione e al monitoraggio delle Intese istituzionali di programma e degli 2 programma quadro;
- promozione e assistenza per la progettazione di investimenti pubblici e di linee di intervento di sistemi territoriali in Paesi terzi di interesse per la politica dì sviluppo nazionale e regionale;
- rapporti con organismi internazionali.
§ d.g. per la programmazione e gestione delle risorse nazionali di politica regionale.
Le funzioni della Direzione sono inerenti alla gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate. In particolare tali funzioni consistono in:
- proposte e coordinamento in materia di programmazione e gestione delle risorse destinate ad interventi finanziati a valere sul citato Fondo di cui agli articoli 60 e 61 della legge 289/2002.
- istruttoria della proposta di riparto del Fondo che il Ministro dello sviluppo economico presenta al CIPE;
- valutazione dei fabbisogni finanziari degli interventi delle politiche economiche e regionali per lo sviluppo territoriale e la coesione e gestione e monitoraggio dei flussi finanziari del citato Fondo;
- attuazione degli adempimenti previsti dall'articolo 5 della maggio 1999, n. 144;
promozione della costituzione e dell'utilizzo delle banche dati per l’analisi degli investimenti pubblici di sostegno alle politiche di sviluppo territoriale;
- organizzazione e gestione delle risorse strumentali, finanziarie attribuite al Dipartimento;
-sviluppo e gestione del sistema informativo dipartimentale.
Si segnala che a quest’ultima direzione sono attribuite, oltre alla gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate, le funzioni di (art. 17, lett. g) e h)):
- organizzazione gestione delle risorse strumentali, finanziarie ed umane attribuite al Dipartimento, limitatamente agli aspetti caratterizzati da elevata specificità e fatte salve le competenze di gestione unificata della Direzione generale per i Servizi interni;
- sviluppo e gestione del sistema informativo dipartimentale nell'ambito del sistema integrato del Ministero, coordinamento degli interventi di informatizzazione.
Oltre alle suddette direzioni generali è previsto all'interno del Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione il Nucleo tecnico di valutazione e verifica degli investimenti pubblici di cui all'articolo 3, comma 5, del decreto legislativo 5 dicembre 1997, n. 430[263], che opera alle dirette dipendenze del Capo Dipartimento. Tale Nucleo è articolato in due unità operative, rispettivamente per la valutazione e per la verifica degli investimenti pubblici, ciascuna delle quali è composta da trenta membri. Con decreto del ministro saranno nominati per quattro anni, rinnovabili, due responsabili per le due unità.
Contestualmente l'art. 21, co. 2 del decreto dispone l'abrogazione dell'art. 7 del D.P.R. 20 febbraio 1998, n. 38[264] recante la disciplina attualmente vigente del Nucleo citato.
Ciascuna direzione generale si articola a sua volta in uffici di livello dirigenziale non generale individuati numericamente negli articoli da 3 a 17 del regolamento. La definizione dei relativi compiti è demandata (art. 19), con eliminazione delle duplicazioni organizzative esistenti, ad un decreto ministeriale di natura non regolamentare, la cui adozione è stata prevista entro il termine di sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente regolamento. Allo stesso decreto si rinvia per eventuali successive modifiche ed integrazioni di detti compiti ed alle eventuali variazioni compensative della ripartizione degli uffici di livello dirigenziale non generale fra i diversi uffici dirigenziali generali, fermo restando il loro numero complessivo ridotto a 164 unità o posti di funzione, compresi 10 posti di funzione di livello dirigenziale non generale assegnati agli uffici di diretta collaborazione del Ministro.
All’attuazione dell’articolo 19 del regolamento si è provveduto con il DM 19 febbraio 2008[265]. Il provvedimento consta di 4 allegati ai quali rimanda l’art. 1 del decreto nella ripartizione degli uffici dirigenziali di livello non generale tra i singoli Dipartimenti e le Direzioni generali.
Con particolare riferimento agli uffici di diretta collaborazione del Ministro, si stabilisce che vi restino assegnati complessivamente dieci posti di funzione di livello dirigenziale non generale da conferire con decreto ex art. 19, comma 10, del D.Lgs. n. 165/2001, nel quadro dell’organizzazione interna.
La nuova dotazione organica, per la quale l’art. 20 del regolamento rinvia alla allegata tabella A, prevede una riduzione delle dotazioni relative ai dirigenti di prima fascia e di seconda fascia pari rispettivamente al 10 per cento ed al 5 per cento, intendendo recepire quanto disposto dalla lettera a) del comma 404 della legge finanziaria 2007 (vedi infra).
In particolare, prima della legge finanziaria 2007 il Ministero recava una dotazione organica di dirigenti generali pari a ventidue unità che, con una riduzione del 10 per cento, sono ora determinati dalla tabella A in venti unità.
Per quanto riguarda i posti di dirigente di seconda fascia, essi ammontavano prima della legge finanziaria 2007 a 174 unità e sono ora ridotti a 165 rispettando così l'obbligo di riduzione del 5 per cento.
Per il personale confluito nel Ministero, sono fatti salvi gli effetti dei processi di riqualificazione ancora in corso presso il Ministero di provenienza, limitatamente alle vacanze organiche riferibili alla quota di personale confluito.
La dotazione organica complessiva del Ministero dello sviluppo economico ammonta a 2143 unità.
Per a ripartizione dei contingenti di personale nei diversi profili professionali il regolamento rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro delegato per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, che vi provvederà di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Politiche per la competitività
La legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007), anticipando le linee fondamentali contenute nell’iniziativa “Industria 2015” con la quale il Governo aveva fissato le linee strategiche per lo sviluppo e la competitività del sistema produttivo italiano del futuro, ha disposto l’istituzione presso il Ministero dello sviluppo economico del Fondo per la competitività e lo sviluppo (art. 1, comma 841).
Nel Fondo, ferme restando le competenze del CIPE, sono confluite le risorse del “Fondo per le aree sottoutilizzate” di competenza del Ministero dello sviluppo economico, di cui all’articolo 60, comma 3 della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003) e del “Fondo unico per gli incentivi alle imprese” (articolo 52 della legge n. 448/1998).
La legge n. 289 del 27 dicembre 2002ha previsto l’istituzione di due Fondi per le aree sottoutilizzate di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell’economia e delle finanze (articolo 61, comma 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3, c.d. Fondo MAP), affidando al CIPE la ripartizione, con proprie deliberazioni, della dotazione di ciascuno dei due fondi tra gli interventi finanziati a valere su di essi[266].
Il Fondo per le aree sottoutilizzate di competenza del Ministero delle attività produttive - ora dello sviluppo economico - era costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate, relative:
· alle legge n. 488/1992, recante interventi di agevolazione alle attività produttive;
· agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area), finanziati a valere sulle risorse della legge n. 208/1998.
Si ricorda, comunque, che nello stato di previsione dell’ex Ministero delle attività produttive non è stato mai istituito uno specifico capitolo di bilancio relativo al Fondo MAP e che, conseguentemente, le risorse della legge n. 488/1992 e quelle per la programmazione negoziata, destinate alle aree sottoutilizzate, sono rimaste iscritte nel Fondo per gli incentivi alle imprese per essere successivamente ripartite con delibere del CIPE.
Il Fondo unico per gli incentivi alle imprese, istituito dall'articolo 52 della legge n. 448 del 31 dicembre 1998 (legge finanziaria 1999) al fine di razionalizzare l’intervento del Ministero dell’industria (ora dello sviluppo economico) in favore delle imprese, accorpava in un’unica autorizzazione di spesa tutti gli stanziamenti destinati ad agevolare le imprese, nell’ambito dei seguenti settori di intervento: settore commerciale, industria aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse e altri settori specifici. La ripartizione delle risorse tra i diversi interventi era rimessa alla discrezionalità del Ministro. In particolare il comma 2 del citato art. 52 disponeva che fosse il Ministro, nell’ambito delle proprie competenze, a ripartire le risorse del fondo con proprio decreto, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti. Conseguentemente, nello stato di previsione dell’allora Ministero dell’industria era stato istituito, già nel 1999, un capitolo di spesa (il cap. 7100, Fondo per gli interventi agevolativi alle imprese) allocato nella unità previsionale di base 6.2.1.16, in cui confluivano le risorse precedentemente iscritte nei capitoli relativi a diverse leggi sostanziali. Nello stato di previsione per il 2000 ed in quello per il 2001 (MAP) il capitolo assumeva il numero 7800 e a partire dal 2002 il numero 7420.
In aggiunta alle risorse provenienti dai citati fondi, di cui è stata contestualmente disposta la soppressione, al nuovo Fondo per la competitività sono state assegnate le seguenti somme:
§ 300 milioni di euro per il 2007;
§ 360 milioni di euro per il 2008;
§ 360 milioni di euro per il 2009.
Gli stanziamenti del Fondo sono ripartiti tra due capitoli di spesa dello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico (Tabella 3): il cap. 7342 Fondo per la competitività e lo sviluppo (Missione competitività e sviluppo delle imprese) e il cap. 7445 Fondo per la competitività e lo sviluppo con 360 milioni (+19,6 milioni rispetto al 2007) (Missione Ricerca e innovazione). Gli stanziamenti iscritti nei suddetti capitoli di spesa del bilancio di previsione per il 2008 risultano rispettivamente di 140 milioni e 360 milioni di euro (DM 28 dicembre 2007 recante Ripartizione in capitoli delle Unità previsionali di base relative al bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2008).
Con riferimento alla dotazione del Fondo si segnala che il DL 248/07 (c.d. Milleproroghe), all’art. 29, comma 11, ha previsto uno slittamento di 90,5 milioni di euro dal 2008 al 2009.
Si ricorda, inoltre, che ai sensi dell’articolo 1, comma 758, della stessa legge finanziaria 2007, è stato previsto il finanziamento parziale dell’intervento in esame (215 milioni per ciascuna annualità del triennio 2007-2009) a valere sulle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
L’effettuazione del finanziamento ai sensi dei commi 758 e 761 è stata subordinata al riconoscimento da parte di Eurostat della compatibilità delladisciplina del Fondo TFR con la normativa contabile europea e solo nei limiti delle risorse effettivamente affluite al Fondo medesimo. Pertanto l’autorizzazione di spesa è stata accantonata – come tutte le altre alimentate dal Fondo e destinate al finanziamento di interventi indicati nell’elenco 1 allegato alla finanziaria – in attesa della decisione delle autorità statistiche comunitarie circa la compatibilità delle norme relative al trattamento contabile del Fondo e al suo utilizzo.
Successivamente il decreto-legge n. 81/07[267] all’art. 13 ha disposto lo sblocco delle risorse vincolate sul TFR, prevedendo la concessione di anticipazioni di tesoreria nella misura del 30 per cento delle somme relative alle autorizzazioni di spesa di cui al citato comma 758. La quota anticipabile riferita al Fondo per la competitività risulta, pertanto, pari a 64,5 milioni di euro.
Ad alimentare il nuovo Fondo concorrono anche - limitatamente agli interventi nelle aree sottoutilizzate - le risorse:
§ assegnate dal CIPE al Ministero dello sviluppo economico nell’ambito del riparto del Fondo per le aree sottoutilizzate (di cui all’art. 61 della legge 289/02 cit.), ora anch’esso trasferito al Ministero dello sviluppo economico a seguito del nuovo assetto della struttura di governo definita dal DL n. 181 del 2006, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006[268] (vedi la schedaMinistero dello sviluppo economico, pag.
§ stanziate in tabella D della legge finanziaria ai sensi dell’art. 11, comma 3, lett. f) della legge 468/78[269], per gli esercizi successivi al 2009.
Le risorse del nuovo Fondo, quantificate dal decreto di programmazione 11 luglio 2007 del Ministro dello sviluppo economico[270] in complessivi 2.458.612.462 euro, riferiti al triennio 2007-2009, sono state destinate, in ragione di 990.000.000 euro (triennio 2007-2009) al finanziamento di progetti di innovazione industriale, previsti dal comma 842, art. 1, della legge finanziaria 2007, mentre la restante parte di 1.468.612.462 euro è destinata alla continuità di interventi previsti dalla normativa vigente, ai quali in precedenza erano destinate le risorse del Fondo unico (cfr. infra ).
A valere sulla quota delle risorse del Fondo individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico sono finanziati, nel rispetto degli obiettivi fissati con la strategia di Lisbona, progetti di innovazione industriale (PII) nell’ambito delle seguenti aree tecnologiche:
- efficienza energetica;
- mobilità sostenibile;
- nuove tecnologie per la vita;
- nuove tecnologie per il Made in Italy ;
- tecnologie innovative per i beni e le attività culturali, nonché turistiche[271].
Si tratta di aree tecnologico-produttive con forte impatto sullo sviluppo del sistema produttivo e intensa ricaduta sul sistema Paese.
La quota delle risorse da assegnare ai progetti di innovazione industriale è stata individuata con il DM 8 febbraio 2008[272].
Con il decreto, che attua l’art. 1, comma 842 della finanziaria 2007, sono ripartite fra le cinque aree tecnologiche del piano “Industria 2015” le risorse da assegnare ai progetti di innovazione industriale (pari a 990 milioni di euro per il triennio 2007-200):
a) euro 250.000.000 - Efficienza energetica;
b) euro 220.000.000 - Mobilità sostenibile;
c) euro 150.000.000 - Nuove tecnologie della vita;
d) euro 220.000.000 - Nuove tecnologie per il Made in Italy;
e) euro 150.000.000 - Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali e turistiche.
Ai fini dell’individuazione del contenuto di ciascun progetto il Ministro dello sviluppo economico procede alla nomina di un responsabile di progetto, sentiti i Ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, per i diritti e le pari opportunità, nonché gli altri ministri interessati. Il responsabile, scelto tra soggetti in possesso di requisiti comprovati di capacità e di esperienza rispetto agli obiettivi da perseguire, è incaricato di provvedere alla definizione delle modalità e dei criteri di individuazione degli enti e delle imprese da coinvolgere nel progetto stesso, nonché delle azioni e delle relative responsabilità di attuazione, potendosi avvalere dell’eventuale collaborazione di strutture e di enti specializzati. Il relativo onere è posto a carico delle risorse stanziate per ogni singolo progetto (comma 843).
L’adozione dei progetti, sulla base delle proposte del responsabile, compete al Ministro dello sviluppo economico, che vi provvede con decreti adottati previa intesa con la Conferenza permanente per i rapportitra lo Stato, le regioni e le province autonome, di concerto con i Ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali, nonché con gli altri ministri interessati. Lo stesso Ministro provvede, altresì, a definire le modalità di attuazione dei progetti, la cui esecuzione può essere affidata ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni - scelti nel rispetto delle disposizioni nazionali e comunitarie - qualora le risorse del personale interno non risultino sufficienti. Il relativo onere è posto a carico delle risorse stanziate per ogni singolo progetto (comma 844).
All’attuazione delle suddette disposizioni si è provveduto con l’emanazione dei decreti 8 febbraio 2008[273]riguardanti i progetti Efficienza energetica e Mobilità sostenibile (cfr. oltre).
I progetti, che sono finanziaticon le risorse destinate alle aree sottoutilizzate vengono trasmessi per l’approvazione (previa istruttoria) al CIPE, che è chiamato a pronunciarsi in una specifica seduta presieduta dal Presidente del Consiglio dei ministri e alla presenza dei ministri componenti senza possibilità di delega, entro il termine di trenta giorni. Decorso tale termine il Ministro dello sviluppo economico può procedere all’attuazione del progetto. Il CIPE entro due mesi dall’entrata in vigore della legge adotta, con propria delibera[274], le norme procedurali relative al proprio funzionamento, ai fini dell’attuazione del comma in commento (comma 844).
Il Ministro dello sviluppo economico istituisce con proprio decreto regimi di aiuto conformi alle norme comunitarie e riferisce al Parlamento e alla Conferenza Stato-regioni in merito ai criteri di individuazione dei progetti da finanziare, sullo stato degli interventi finanziati e sul grado di raggiungimento degli obiettivi da perseguire. Alla relazione del Ministro dovrà essere allegato un prospetto delle spese di gestione che sono poste a carico dei singoli progetti entro il limite massimo del 5% di ciascun stanziamento (comma 845).
I progetti possono essere cofinanziati da altre amministrazioni sia statali che regionali. A tal fine la norma stabilisce che il Ministero dello sviluppo economico provveda ad assicurare – senza oneri aggiunti per lo Stato - una sede stabile di concertazione tra le amministrazioni interessate, composta dai rappresentanti delle regioni, delle province autonome e delle amministrazioni dello Stato.
La struttura è chiamata a pronunciarsi:
§ sul monitoraggio dello stato di attuazione dei progetti di innovazione industriale;
§ sulla formulazione delle proposte per il riordino del sistema degli incentivi;
§ sulla formulazione di proposte per gli interventi per la finanza di impresa (comma 846).
Si segnala l’avvio dei primi tre Progetti di innovazione industriale (PII): Efficienza energetica, Mobilità sostenibile e Nuove Tecnologie per il Made in Italy. Sono stati, infatti, recentemente approvati i decreti di adozione di tali progetti, che fissano contenuti e modalità attuative, caratteristiche dei progetti e delle azioni connesse, procedure di selezione dei progetti beneficiari e relative attività di monitoraggio e controllo, nonché le modalità di erogazione dei finanziamenti.
Al momento risultano pubblicati nella Gazzetta Ufficiale - come segnalato - il decreto 8 febbraio 2008, riguardante l’approvazione del progetto Efficienza energetica e il decreto 8 febbraio 2008concernente la Mobilità sostenibile[275].
Risultano approvati anche i tre bandi di gara previsti dagli stessi decreti per la selezione dei progetti e per l’assegnazione delle agevolazioni finanziarie secondo le condizioni, i criteri e le modalità fissati dai bandi medesimi.
Firmati, rispettivamente, il 6 marzo, il 20 marzo e l’8 aprile 2008, i tre bandi non sono ancora stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.
Il compito di valutare i progetti di innovazione industriale, sia pubblici che privati, è affidato, ai fini del monitoraggio del loro stato di avanzamento e per procedere alle erogazioni, all’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione. Fino alla data di piena operatività dell’Agenzia le funzioni di valutazione saranno svolte dal Ministro dello sviluppo economico che a tal fine nomina un Comitato di esperti di chiara e comprovata competenza.
Si ricorda che l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, istituita dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006, art. 1, comma 368, lett.d)), è chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali nell’ambito della nuova disciplina sui distretti introdotta dalla stessa legge finanziaria 2006. L’Agenzia, che ha sede a Milano, ed è dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, è stata recentemente disciplinata con il DPCM 30 gennaio 2008 (al momento non pubblicato in Gazzetta).
I progetti saranno valutati dall’Agenzia in base a 5 criteri:
- validità e coerenza con gli obiettivi del macro Progetto di innovazione strategica (efficienza energetica, mobilità sostenibile ecc);
- validità tecnico scientifica e innovativa rispetto allo stato dell’arte tecnologico a livello internazionale;
- adeguatezza dell’organizzazione del progetto e dei soggetti partecipanti e collaborazione fra il mondo della ricerca e il mondo dell’impresa;
- piano di sviluppo industriale e valorizzazione della proprietà intellettuale;
- ricadute in termini economici, di competitività e tecnologici.
Il bando per il PII Efficienza energetica è stato emanato in attuazione dell’Azione strategica di innovazione industriale (ASII) (azione di incentivazione), così come definita del citato decreto 8 febbraio 2008[276].
Il bando mette a disposizione 200 milioni di euro per il finanziamento di programmi per lo sviluppo di prodotti e/o servizi ad elevato contenuto di innovazione tecnologica appartenenti ad aree tecnologiche definite “ad alto potenziale innovativo” (solare Fv e termodinamico, bioenergia e produzione di energia da rifiuti, generazione distribuita, celle a combustibile e idrogeno) o ad “alto potenziale applicativo” (eolico, materiali ad alta efficienza per edilizia ed architettura bioclimatica, macchine e motori elettrici, tecnologie avanzate per l'illuminazione, elettrodomestici ad alta efficienza e l'efficientamento energetico dei processi industriali).
Le risorse disponibili possono essere integrate con quelle del Programma operativo nazionale (PON) Ricerca e competitività 2007-2013 destinate ad agevolare programmi riferibili alle regioni di intervento del PON medesimo (Campania, Calabria, Puglia e Sicilia).
I programmi devono avere le seguenti caratteristiche:
§ prevedere attività di ricerca industriale e di sviluppo sperimentale che si concludano con la realizzazione di un prototipo del prodotto o servizio innovativo;
§ devono essere realizzati in forma congiunta da più soggetti (imprese e organismi di ricerca) con una significativa partecipazione di piccole e medie imprese;
§ devono prevedere la presenza di almeno un organismo di ricerca;
§ deve essere individuato il “primo proponente, vale a dire l’impresa cui spetta il ruolo di coordinatore del programma e il referente nei confronti del Ministero.
L'importo complessivo dei costi agevolabili di ciascun programma non può essere inferiore a 10 milioni di euro. Le agevolazioni non sono cumulabili con altre agevolazioni pubbliche concesse per i medesimi costi.
La domanda di agevolazioni relativa al programma deve essere presentata al Ministero dello sviluppo economico a decorrere dal 30 aprile ed entro il 30 giugno 2008.
Il bando sulla Mobilità Sostenibilemette a disposizione 180 milioni di euro per il finanziamento di programmi di ricerca e sviluppo volti, nel loro insieme, a sviluppare nuove tipologie di prodotti e/o servizi, efficienti, sostenibili, economici.
I programmi, mirati alla realizzazione di un prototipo di prodotto o servizio innovativo con significative ricadute potenziali in termini tecnologici, economici e di competitività, devono coinvolgere, nel modo più ampio, la filiera produttiva e quella della conoscenza ed affrontare tematiche quali la mobilità urbana sostenibile, l’intermodalità e le reti logistiche per la decongestione dei trasporti di superficie, i sistemi di produzione innovativi.
Anche per quanto il Progetto Mobilità sostenibile il bando prevede che:
· i singoli progetti siano realizzato in forma congiunta da più soggetti, attraverso espliciti accordi di collaborazione formalizzati mediante appositi contratti e/o la costituzione di consorzi e altre forme di associazione, anche temporanee, tra imprese;
· in ogni raggruppamento proponente sia individuata l’impresa che si qualifica come “primo proponente”;
· del raggruppamento, inoltre, devono comunque far parte almeno un organismo di ricerca (università/istituti di ricerca pubblici o privati).
L’importo dei programmi varia da un minimo di 8 a un massimo di 20 milioni di euro.
l progetto può coinvolgere anche soggetti operanti al di fuori del territorio nazionale. Tali soggetti non potranno essere però destinatari di oltre il 15% del contributo complessivamente concesso al progetto.
Le domande di partecipazione devono essere presentate tra il 15 maggio e il 15 luglio 2008.
Progetto Nuove tecnologie per il Made in Italy.
Il bando sulle Nuove Tecnologie per il Made in Italy prevede una dotazione finanziaria complessiva di 220 milioni di euro in tre anni, ai quali si aggiungono altri 200 milioni del Programma operativo nazionale (Pon) ricerca e competitività e eventuali cofinanziamenti delle regioni. Dunque oltre 420 milioni di euro per le aziende italiane che operano nei settori del Made in Italy, appartenenti al sistema moda, casa, alimentare e meccanica.
Inoltre potranno essere coinvolte quelle imprese in grado di fornire soluzioni tecnologiche e innovative ai settori del Made in Italy: chimica, nuovi materiali, Ict. La forma di finanziamento prevista dal bando potrà spaziare dal contributo in conto capitale, che potrebbe essere sostituito anche dal credito d'imposta, al contributo in conto interessi. Il contributo finanziario sarà quello massimo consentito dalla carta degli aiuti di stato, ovvero, per le piccole imprese, può addirittura coprire fino ad un massimo dell'80% dell'investimento, nel caso soprattutto di progetti concernenti la ricerca e lo sviluppo.
Le proposte progettuali potranno essere presentate dalle imprese, in forma telematica, trascorsi novanta giorni dalla pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale.
La spesa complessiva per ciascun programma, che, come per gli altri programmi, dovrà essere il frutto della collaborazione tra imprese ed organismi di ricerca, varia da un minimo di 7 a un massimo di 10 milioni di euro.
Per i programmi di piccola taglia (per i quali la spesa in ricerca, sviluppo e innovazione dovrà avere un valore compreso tra i 3 ed i 7 milioni di euro) è previsto l’accesso ad una riserva ad hoc pari a 25 milioni. L’obiettivo è quello di promuovere l’aggregazione delle imprese più piccole che intendono realizzare forme di collaborazione sganciate dalla leadership di imprese medie o grandi ma che in ragione delle loro ridotte dimensioni incontrano oggettiva difficoltà a realizzare programmi di importo elevato.
Politiche per l competitività
Il Fondo per la finanza d'impresa è stato istituito dalla legge finanziaria 2007 (L. 296 del 27 dicembre 2006, art. 1, comma 847) allo scopo di facilitare l'accesso al credito, alla finanza ed al mercato finanziario delle imprese e di razionalizzare le modalità di funzionamento dei fondi pubblici di garanzia e di partecipazione al capitale di rischio.
Nel Fondo sono confluite varie risorse provenienti dai fondi di seguito elencati, di cui la legge finanziaria 2007 ha disposto la soppressione:
§ risorse del Fondo di garanzia di cui all’articolo 15 della legge 266/97 (c.d. legge Bersani).
Si tratta del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, istituito dall’art. 2, co. 100, lett. a) della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) presso il Mediocredito centrale, allo scopo di fornire una parziale assicurazione ai crediti concessi dalle banche a favore delle piccole e medie imprese, con una dotazione iniziale di 400 miliardi di lire. Tali risorse sono state successivamente integrate ai sensi dell'art. 15, comma 1, della legge 266/97 (c.d. "legge Bersani") che ha provveduto a devolvere al fondo, in tutto o in parte, le disponibilità di altri fondi di garanzia e in particolare: le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia all'industria di cui all’art. 20 della L. 12 agosto 1977, n. 675 (Provvedimenti per il coordinamento della politica industriale, la ristrutturazione, la riconversione e lo sviluppo del settore) costituito presso il medesimo Mediocredito centrale, che forniva garanzie sui finanziamenti a medio termine concessi dalle banche alle piccole e medie imprese industriali; le attività e le passività del Fondo centrale di garanzia al commercio di cui all’art. 7 della L. 10 ottobre 1975, n. 517 (Credito agevolato al commercio); un importo pari a 50 miliardi a valere sulle risorse destinate a favore dei consorzi e delle cooperative di piccole imprese di garanzia collettiva fidi (Confidi) dal fondo istituito dal D.L. n. 149/93 sempre presso il Mediocredito. Il comma 2 dello stesso articolo 15 ha esteso la possibilità di concedere la garanzia del Fondo (già riconosciuta alle banche), anche agli intermediari finanziari e alle società finanziarie per l'innovazione e lo sviluppo per finanziamenti a piccole e medie imprese - compresa la locazione finanziaria - e per partecipazioni, temporanee e di minoranza, al capitale di dette imprese, prevedendo, inoltre, che la garanzia sia estesa anche a quella prestata dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi (Confidi) e dagli intermediari finanziari iscritti nell'elenco generale di cui all'articolo 106 del decreto legislativo n. 385 del 1993.
Criteri e modalità per la concessione della garanzia e per la gestione del Fondo di garanzia per PMI, sono stati successivamente stabiliti con il DM 31 maggio 1999, n. 248, mentre il successivo DM 3 dicembre 1999 ha dettato le condizioni di ammissibilità e disposizioni di carattere generale per l'amministrazione dello stesso Fondo.
L’articolo 5 del D.Lgs. n. 173/1998 ha esteso la garanzia del fondo a quella prestata a favore delle piccole e medie imprese dai fondi di garanzia gestiti dai consorzi di garanzia collettiva fidi di primo e secondo grado, operanti nel settore agricolo, agro-alimentare e della pesca, costituiti in forma di società cooperativa o consortili, il cui capitale sociale o fondo consortile sia sottoscritto, per almeno il 50%, da imprenditori agricoli.
Da ultimo, con il DM 15 giugno 2004[277], è stata istituita una Sezione speciale del Fondo di garanzia, riservata alla concessione di garanzie su finanziamenti concessi a piccole e medie imprese finalizzati all’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto mediante l’uso di tecnologie digitali.
§ risorse del Fondo rotativo nazionale per il finanziamento del capitale di rischio (art. 4, comma 106 della legge 350/2003).
La legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 24 dicembre2003, articolo 4, commi 106-111) ha disposto l’istituzione di un Fondo rotativo nazionale per gli interventi nel capitale di rischio, gestito da Sviluppo Italia S.p.A.
La dotazione del Fondo è stata fissata nella misura di 10 milioni di euro per il 2004 e 45 milioni di euro per il 2005. La dotazione per il 2005 è stata successivamente incrementata a 55 milioni, dall’articolo 1, comma 252 della legge finanziaria per il 2005 (legge n. 311/2004). Ulteriori 100 milioni di euro per l’anno 2005 sono stati autorizzati dall’articolo 11, comma 1, del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005, per essere destinati a specifiche finalità. Le modalità di attuazione degli interventi a valere sul Fondo rotativo sono state definite dal CIPE con delibera del 7 maggio 2004, n. 10.
§ risorse destinate all’attuazione dell’art. 106 della legge 388/2000 e dell’art. 1, comma 222, della legge 311/2004.
La legge 23 dicembre 2000, n. 388 (legge finanziaria 2001), all’art. 106 in merito agli interventi FIT, prevede la riserva di una quota delle disponibilità del Fondo, determinata annualmente con decreto del Ministro dell’industria entro la data del 31 gennaio, per il finanziamento dei programmi volti alla promozione e allo sviluppo di nuove imprese innovative. Le modalità di gestione, le forme e le misure delle agevolazioni previste dal comma 106 sono state determinate con la direttiva ministeriale 3 febbraio 2003.
Il comma 222 della legge 31 dicembre 2004, n. 311 (legge finanziaria 2005), allo scopo di favorire l’afflusso di capitale di rischio (cosiddetto venture capital) verso piccole e medie imprese innovative localizzate nelle aree sottoutilizzate, consente al Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie della Presidenza del Consiglio dei ministri, di sottoscrivere e alienare quote di fondi comuni d’investimento, in misura non superiore al 50 per cento del patrimonio, promossi e gestiti da una o più società di gestione del risparmio (SGR[278]).
Al Fondo per la finanza di impresa sono stati inoltre conferiti 50 milioni di euro per il 2007, 100 milioni di euro per il 2008 e 150 milioni di euro per il 2009.
Ai sensi dell’articolo 1, comma 758, della legge finanziaria 2007, è stato previsto il parzialmente finanziato dell’intervento (30 milioni nel 2007, 50 milioni nel 2008 e 55 milioni nel 2009) a valere sulle risorse del Fondo per l’erogazione del TFR istituito presso l’INPS.
Il finanziamento è subordinato al riconoscimento da parte di Eurostat della compatibilità della disciplina del Fondo TFR con la normativa contabile europea e solo nei limiti delle risorse effettivamente affluite al Fondo medesimo. Pertanto l’autorizzazione di spesa è stata inizialmente accantonata – come tutte le altre alimentate dal Fondo e destinate al finanziamento di interventi indicati nell’elenco 1 allegato alla finanziaria – in attesa della decisione delle autorità statistiche comunitarie circa la compatibilità delle norme relative al trattamento contabile del Fondo e al suo utilizzo.
Tuttavia il decreto-legge n. 81/07[279] all’art. 13 ha disposto lo sblocco delle risorse vincolate sul TFR, prevedendo la concessione di anticipazioni di tesoreria nella misura del 30 per cento delle somme relative alle autorizzazioni di spesa di cui al citato comma 758. La quota anticipabile riferita al Fondo per la finanza d’impresa risulta, pertanto, pari a 9 milioni di euro.
Gli interventi del fondo sono volti a facilitare:
§ operazioni di concessione di garanzie su finanziamenti, nonché di partecipazione al capitale di rischio delle imprese anche attraverso banche o società finanziarie vigilate dalla Banca d’Italia;
§ la partecipazione a operazioni di finanza strutturata, anche tramite sottoscrizione di fondi di investimento chiusi, privilegiando gli interventi di sistema in grado di attivare ulteriori risorse finanziarie pubbliche e private in coerenza con la normativa nazionale in materia di intermediazione finanziaria.
Con riferimento alle operazioni di partecipazione al capitale di rischio, gli interventi del Fondo sono destinati in via prioritaria:
§ al finanziamento di programmi di investimento per la nascita ed il consolidamento delle imprese operanti in comparti di attività ad elevato contenuto tecnologico;
§ al rafforzamento patrimoniale di piccole e medie imprese localizzate nelle aree dell'obiettivo 1 e dell'obiettivo 2 di cui al regolamento CE n. 1260/1999[280];
§ a programmi di sviluppo posti in essere da piccole e medie imprese.
La definizione delle modalità di funzionamento del Fondo è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico – che al momento non risulta pubblicato in Gazzetta - ed è anche contemplata la possibilità di affidamento diretto ad enti strumentali all’amministrazione o a soggetti esterni, con eventuale onere a carico delle risorse destinate ai singoli progetti. Con il medesimo decreto si provvederà, altresì, a fissare i criteri per la realizzazione degli interventi, le priorità d’intervento, nonché le condizioni di eventuali cessioni a terzi degli impegni assunti posti a carico dei fondi le cui dotazioni confluiscono nel Fondo per la finanza d’impresa in.
Fino all’adozione di tale decreto, prevista entro entro due mesi dall’entrata in vigore della finanziaria 2007, i regimi di aiuto dichiarati compatibili con il mercato comune dalla Commissione UE saranno attuati in base alle modalità già comunicate alla stessa Commissione .
Il conferimento al Fondo per la finanza d’impresa di ulteriori risorse provenienti da altri fondi di amministrazioni e di soggetti pubblici nazionali destinati alla finanza di imprese, sarà disposto con un DPCM che provvederà anche alla loro individuazione.
Con la legge finanziaria 2008 (L 24 dicembre 2007, n. 244, art. 2, comma 182) la disciplina del Fondo per la finanza d'impresa è stata modificata al fine di estenderne l'applicazione prioritaria alla creazione di nuove imprese femminili ed al consolidamento aziendale di piccole e medie imprese femminili.
Sulla stessa disciplina è intervenuto anche il collegato alla finanziaria 2008 (DL 159/07)[281], che ha previsto (articolo 46-ter) il concerto anche con il Ministro per i diritti e le pari opportunità nella definizione delle modalità di funzionamento del Fondo per quanto attiene agli interventi a sostegno dell’imprenditoria femminile.
Politiche per la competitività
Tra le misure per lo sviluppo imprenditoriale e la promozione della concorrenza introdotte dal decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7[282],rientrano le disposizioni volte alla semplificazione delle procedure per l’avvio d’impresa (articolo 9).
Come evidenziato nella relazione governativa di accompagnamento al disegno di legge di conversione del DL 7/07, l’adozione di misure di semplificazione risponde alle esigenze di riduzione, a quanto realmente necessario, delle formalità da espletare per l'avvio di attività imprenditoriali (fermo restando il potere di verifica e controllo in capo agli uffici pubblici), espresse non solo dal mondo imprenditoriale ma anche da autorevoli organismi internazionali, in primo luogo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE).
L’articolo 9 del DL n. 7/07 ha introdotto modalità amministrative semplificate e telematiche per l'avvio dell'impresa, che si può compiere con una dichiarazione unica comprensiva dell'assolvimento degli adempimenti camerali, fiscali, previdenziali e assistenziali.
La norma stabilisce, infatti, che gli adempimenti amministrativi a carico delle imprese per l’iscrizione nel registro delle imprese, a fini previdenziali (iscrizione all’Inps), assistenziali (iscrizione all’Inail) e per l’ottenimento del codice fiscale e della partita IVA, siano sostituiti da una comunicazione unica all’Ufficio del registro delle imprese delle camere di commercio.
Il suddetto Ufficio rilascia contestualmente una ricevuta che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività imprenditoriale e informa le amministrazioni competenti dell’avvenuta presentazione della comunicazione unica. Queste, da parte loro, comunicano immediatamente all'interessato e all'ufficio del registro delle imprese, per via telematica, il codice fiscale e la partita IVA ed entro i successivi sette giorni gli ulteriori dati definitivi relativi alle posizioni registrate.
La disposizione prevede, inoltre, che la procedura si applichi anche in caso di modifiche o di cessazioni dell’attività d’impresa e che la comunicazione, la ricevuta e gli atti amministrativi, siano di norma adottati in formato elettronico e trasmessi per via telematica[283].
A tal fine le camere di commercio, previa intesa con le associazioni imprenditoriali, assicurano gratuitamente ai privati l’assistenza e il supporto tecnico di cui necessitano.
L’individuazione del modello di comunicazione unica è stata demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico (DM 2 novembre 2007; v.oltre).
L’individuazione delle regole tecniche per l’attuazione delle disposizioni recate dall’articolo 9 del DL. 7/07 e delle modalità di presentazione e di trasferimento telematico dei dati tra le amministrazioni interessate (anche ai fini dei necessari controlli) è stata demandata a un DPCM o a un decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, di concerto con i Ministri dello sviluppo economico, dell’economia e delle finanze e del lavoro e della previdenza sociale. Al momento il DPCM non risulta ancora pubblicato.
Con riferimento alle modalità di adozione del DPCM contenente le regole tecniche, la norma rinvia all’articolo 71 del decreto legislativo n.82 del 2005 (Codice dell’amministrazione digitale), ove si prevede che tale tipo di regole siano adottate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro delegato per l’innovazione e le tecnologie, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica, sentiti la Conferenza unificata ed il Garante per la protezione dei dati personali nelle materie di competenza, previo parere tecnico del Centro nazionale per l’informatica nella Pubblica Amministrazione (CNIPA) operante presso la Presidenza del Consiglio per l’attuazione delle politiche del Ministro per le riforme e le innovazioni nella PA.
Le nuove procedure trovano applicazione a partire da 60 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto di individuazione del modello di comunicazione unica. A partire dalla stessa data viene abrogata la previgente normativa in materia di comunicazioni a carattere previdenziale e assistenziale, nonché per il rilascio del codice fiscale e della partita IVA[284].
Il modello di comunicazione unica è stato approvato con DM 2 novembre 2007[286]che approva la modulistica da utilizzare per la comunicazione.
Il decreto-legge ha previsto che dopo 60 giorni dall’entrata in vigore del decreto del Ministro dello sviluppo economico si avvii un periodo transitorio in cui è data facoltà alle imprese di utilizzare la nuova modalità (art. 9, comma 9), mentre resteranno in vigore - in alternativa - le precedenti modalità di trasmissione delle singole modulistiche agli enti interessati, in modalità non integrata.
Pertanto la Comunicazione Unica (ComUnica) per l’avvio dell’attività d’impresa - la procedura attraverso la quale le imprese potranno essere operative in 1 giorno e assolvere, al massimo in 7 giorni, gli adempimenti dichiarativi verso Registro delle imprese, INPS, INAIL e Agenzia delle entrate mediante la presentazione di un modello informatico unificato - è in vigore dal 19 febbraio 2008.
La fase transitoria durerà sei mesi e si concluderà il 19 agosto 2008. In attesa del DPCM che individuerà le regole tecniche per la trasmissione della Comunicazione Unica le Amministrazioni interessate (che stanno collaborando alla definizione di queste regole tecniche), hanno concordato circa l’opportunità di avviare dal 19 febbraio 2008 una fase di sperimentazione del nuovo procedimento, che avverrà secondo le modalità di seguito illustrate:
§ in una prima fase le comunicazioni ai fini previdenziali potranno essere effettuate solo in alcune province “pilota” (sono state proposte: Torino, Venezia, Padova, Prato, Pescara, Ravenna, Milano, Napoli, Cagliari e Taranto) e solo da alcuni soggetti tra imprese, associazioni, professionisti coinvolti e formati sulla nuova procedura dalle camere di commercio interessate;
§ in una seconda fase la sperimentazione verrà estesa a tutto il territorio nazionale e a tutti i soggetti (tipi di impresa), previa verifica tra gli enti coinvolti;
§ per quanto riguarda gli enti coinvolti (INPS, INAIL, Agenzia delle entrate, camere di commercio) durante il periodo sperimentale gli adempimenti che sarà possibile assolvere con la Comunicazione Unica saranno i seguenti:
- Agenzia delle entrate: tutti (dichiarazione di inizio attività ai fini IVA, variazione dati, cessazione attività);
- camere di commercio: tutti (iscrizioni, modifiche, cessazioni);
- INAIL: solo iscrizioni;
- INPS: solo iscrizioni per titolari/soci di imprese del terziario e datori di lavoro non artigiani. Sono esclusi nella prima fase gli imprenditori agricoli.
A regime anche per INAIL ed INPS, la procedura varrà non solo per l’avvio, ma anche per comunicazioni relative a variazioni e cessazioni d’impresa.
Dal 19 agosto 2008 la nuova procedura sarà operativa su tutto il territorio nazionale e per tutti i tipi di imprese. ComUnica sarà obbligatorio e sostituirà ad ogni effetto di legge le attuali modalità di trasmissione della modulistica al Registro delle imprese e agli altri enti interessati.
All’impresa giungerà immediatamente - presso una casella di posta elettronica certificata (PEC) gratuita, fornita dalle camere di commercio - la ricevuta di protocollo della pratica che costituisce titolo per l’immediato avvio dell’attività.
Le camere di commercio attraverso InfoCamere, la loro società di informatica, diventano l’unico front office per tutte le registrazioni ai fini dell’attribuzione del codice fiscale e/o della partita IVA e per l’iscrizione al Registro delle imprese, ma anche ai fini previdenziali (INPS) e assicurativi (INAIL).
L'intento di perseguire l'obiettivo di semplificare e di incentivare al massimo l'utilizzo dello strumento telematicoda parte delle imprese individuali ha portato a prevedere una revisione della tariffa dell'imposta di bolloper le domande presentate per via telematica all’Ufficio del registro delle imprese.
Il DL 7/07 rinviava la rideterminazione ad un successivo decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, da adottarsi di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, entro quarantacinque giorni dalla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge (2 febbraio 2007), prevedendo che la misura debba essere effettuata garantendo l’invarianza del gettito ed essere finalizzata ad incentivare l’utilizzo del mezzo telematico da parte delle imprese individuali (art. 9, comma 10).
La rideterminazione dell’imposta di bollo dovuta dalle imprese individuali per la comunicazione unica telematica è stata operata, invece, dalla legge 24 dicembre 2007 n. 244 (legge finanziaria per il 2008).
L’art. 1, comma 205, di tale legge ha, infatti, novellato l’articolo 1, comma 1-ter, lettera a), della tariffa dell’imposta di bollo, parte prima, annessa al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642[287], come sostituita dal decreto del Ministro delle finanze 20 agosto 1992[288], e come modificata, da ultimo, dal decreto del Ministero dell’economia e delle finanze 22 febbraio 2007[289].
Per effetto della suddetta modifica l’imposta è stata fissata nella misura di 17,50 euro, in luogo dei previgenti 42 euro.
Il Registro delle imprese, tenuto da un apposito Ufficio presso le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, è stato istituito dall’articolo 8 della legge n. 580 del 1993[290].
Al Registro delle imprese sono tenuti ad iscriversi tutti coloro che esercitano un’attività imprenditoriale, previa denuncia alla camera di commercio. La registrazione garantisce la pubblicità legale delle imprese e di tutti gli atti che le riguardano e ne testimonia l’esistenza, l’attività esercitata e gli eventi aventi rilievo giuridico durante la sua attività. Contestualmente all’iscrizione, l’Ufficio preposto della camera di commercio, in collegamento con il Ministero dell’economia e delle finanze, assegna il numero di iscrizione al Registro che coincide con il codice fiscale.
Si ricorda, in proposito, che coloro che intraprendono un’attività economica di tipo imprenditoriale sono tenuti a comunicare l’avvio dell’attività all´Agenzia delle entrate - Ufficio Iva, per l´attribuzione della partita Iva, ossia il codice fiscale dell´impresa. A coloro che si iscrivono al Registro delle imprese l’apertura di una Posizione Iva è consentita direttamente presso la camera di commercio che, attraverso l’ufficio del Registro delle imprese provvede a trasmettere i dati all’Agenzia delle entrate, rilasciando apposita certificazione dell’avvenuta operazione al contribuente interessato.
Con il Registro delle imprese (che ha avviato l'attuazione degli articoli 2188 del codice civile) sono stati gradualmente unificati i registri e gli elenchi in precedenza esistenti per le varie attività imprenditoriali.
Attualmente il registro si articola in due sezioni, una ordinaria e una speciale, (alle quali il D.Lgs. 96/2001 ne ha affiancata una ulteriore per le Società tra avvocati).
Il comma 4dell'articolo 8 della legge n. 580 del 1993 prevedeva in origine l'istituzione di apposite sezioni speciali del Registro delle imprese per le iscrizioni degli imprenditori agricoli, dei piccoli imprenditori, delle società semplici e delle imprese artigiane. Tale assetto del Registro è stato successivamente rivisto dal DPR 14 dicembre 1999, n. 558, che ha introdotto varie semplificazioni procedimentali (secondo i principi dell’art. 20, co. 8, della legge Bassanini), disponendo, in particolare, all'articolo 2, l'iscrizione in un’unica sezione speciale delle categorie imprenditoriali e delle società in precedenza comprese nelle quattro sezioni speciali.
Alla concreta istituzione del registro delle imprese si è provveduto con il DPR 7 dicembre 1995, n. 581.
Ai sensi dell'art. 7, comma 2, lett. a), del DPR n. 581 del 1995, sono tenuti all'iscrizione nel registro delle imprese:
1) gli imprenditori che esercitano le attività indicate nell'art. 2195 c.c., e cioè gli imprenditori che esercitano un'attività industriale, diretta alla produzione di beni e servizi, o un'attività intermediaria nella circolazione dei beni o un'attività di trasporto per terra, per acqua o per aria, un'attività bancaria o assicurativa o attività ausiliarie di ciascuna di queste;
2) le società di cui all'art. 2200 c.c, e cioè le società in nome collettivo, le società in accomandita semplice, le società a responsabilità limitata, le società per azioni e le società cooperative anche quando non esercitino un'attività commerciale;
3) i consorzi di cui all'art. 2612 c.c. e le società consortili di cui all'art. 2615-ter c.c.;
4) i gruppi europei di interesse economico (GEIE) di cui al D.Lgs. 23 luglio 1991, n. 240 (si tratta di quegli organismi senza fini di lucro previsti dalla CEE con regolamento 2137/85 come strumenti di cooperazione transnazionale tra le imprese);
5) gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale un'attività commerciale;
6) le società assoggettate alla legge italiana secondo le nuove norme di diritto internazionale privato (art. 25 della legge n. 218/95)
7) gli imprenditori agricoli (art. 2135 c.c);
8) i piccoli imprenditori (art. 2083 c.c.);
9) le società semplici (art. 2251 c.c.).
Per quanto concerne, specificamente, le imprese artigiane, l’articolo 5 della legge n. 443 del 1985 prevede che queste siano tenute ad iscriversi all’Albo delle imprese artigiane. L’iscrizione all’Albo comporta automaticamente l’annotazione nella sezione speciale del Registro delle imprese tenuto dalle camere di commercio. A questo fine, infatti, l’articolo 19 del DPR n. 581 del 1995 prevede che la domanda di iscrizione all’Albo delle imprese artigiane sia comunicata entro 15 giorni dalla commissione provinciale per l’artigianato all’Ufficio del Registro delle imprese.
Si ricorda, altresì, che ai sensi dell'art. 9 del DPR n. 581 del 1995 è stato istituito, a scopi esclusivamente documentali e statistici, il "Repertorio delle notizie economiche e amministrative" (REA), nel quale sono iscrivibili i soggetti non qualificabili come imprenditori ma che, tuttavia, esercitano attività economiche e professionali denunciabili alle Camere di commercio.
Merita segnalare, infine, che dal 1° novembre 2003 è entrato in vigore l'obbligo (secondo quanto previsto dall’articolo 31, comma 2, della legge 340 del 2000) di presentazione per via telematica o su supporto informatico con firma digitale di domande, denunce ed atti al Registro delle imprese.
Si ricorda che anche la proposta di legge Capezzone e altri (AC 1428), recante Modifiche alla normativa sullo sportello unico per le imprese in materia di dichiarazione di inizio attività”), approvata dalla Camera dei deputati e all’esame dell’Assemblea del Senato (AS 1532) al momento dell’interruzione della legislatura, conteneva una disciplina finalizzata alla semplificazione degli adempimenti amministrativi delle imprese attraverso uno snellimento dei procedimenti di competenza dello sportello unico per le attività produttive e la riduzione dei relativi termini, nonché un più ampio ricorso agli istituti dell'autocertificazione e della dichiarazione di inizio attività.
Internazionalizzazione delle imprese
Il Ministero del commercio internazionaleè stato istituito nell’ambito del riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei ministri e dei Ministeri, disposta dal decreto legge 18 maggio 2006, n. 181 (articolo 1, comma 3)[291].
Al nuovo Ministero sono state assegnate le competenze in materia di commercio internazionale già attribuite al Ministero delle attività produttive (ridenominato Ministero dello sviluppo economico con lo stesso decreto-legge) dal quale ha acquisito in particolare le funzioni, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, relative alla:
§ promozione delle politiche per la competitività internazionale, nonché loro realizzazione o attuazione a livello settoriale e territoriale, anche mediante la partecipazione alle attività delle competenti istituzioni internazionali (D.Lgs. 300/1999, art. 27, co. 2, lett. a));
§ promozione degli interessi del sistema produttivo del Paese presso le istituzioni internazionali e comunitarie di settore (art. 27, co. 2-bis, lett. b));
§ definizione delle strategie e degli interventi della politica commerciale e promozionale con l'estero (art. 27, co. 2-bis, lett. e));
§ definizione delle strategie per il miglioramento della competitività del Paese e per la promozione della trasparenza e dell'efficacia della concorrenza nei settori produttivi, limitatamente al livello internazionale (art. 27, co. 2-bis, lett. a)).
Si ricorda che il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300[292], all’articolo 27 aveva trasferito al Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico) con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero del commercio con l’estero. A seguito di tale trasferimento all’interno del MAP erano state costituite tre direzioni generali corrispondenti alle competenze del precedente Ministero del commercio con l'estero:
§ Direzione generale per la politica commerciale;
§ Direzione generale per la promozione degli scambi;
§ Direzione generale per le politiche di internazionalizzazione (DPR 26 marzo 2001, n. 175).
Al trasferimento si è provveduto, ai sensi dell’art. 1, comma 10, del citato DL 181/06, con il DPCM del 12 gennaio 2007[293] con il quale si è, altresì, proceduto, nelle more dell’emanazione del regolamento di organizzazione, alla ricognizione della dotazione organica del Ministero, nonché alla individuazione provvisoria del contingente minimo degli uffici strumentali e di diretta collaborazione che, ad eccezione di quello destinato al Servizio di controllo interno, è stato stabilito complessivamente in 63 unità. Con il decreto sono state individuate anche le strutture di livello dirigenziale generale e quelle di livello non generale oggetto di trasferimento al nuovo Ministero del commercio internazionale.
Al Ministero del commercio internazionale sono stati trasferite le tre Direzioni generali:per la politica commerciale[294], per le politiche di internazionalizzazione[295] e per la promozione degli scambi[296]ecomplessivi 19 uffici dirigenzialidi livello non generale, esistenti presso le Direzioni e di cui le stesse si avvalgono ai sensi dell'articolo 15, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 175/2001 (Regolamento di organizzazione del Ministero delle attività produttive), cui si sono aggiunte 5 strutture incardinate nella Direzione generale per i servizi interni dell’allora Ministero delle attività produttive e 9 posizioni riferite ad incarichi di consulenza e studio. Sul numero complessivo dei predetti uffici si è poi applicata una riduzione del 5% come previsto dall’art. 1, comma 404, lett. a) della legge finanziaria 2007, pari a 2 unità. Pertanto la dotazione organica è stata ridotta da 33 a 31 unità.
Negli istituendi ruoli del personale del Ministero del commercio internazionale è stato trasferito, ai sensi del DPCM - con la conservazione dello stato giuridico ed economico in godimento il personale, anche di qualifica dirigenziale, già appartenente ai ruoli del Ministero delle attività produttive ed in servizio presso gli Uffici dirigenziali generali, agli uffici di diretta collaborazione del Ministro del commercio internazionale ed alla Direzione generale dei servizi interni, limitatamente in quest'ultimo caso al personale in servizio presso la sede del soppresso Ministero del commercio con l'estero.
Il trasferimento è avvenuto nei limiti del contingente numerico pari a 367 unità indicato nella tabella 1 allegata al decreto, che specifica le unità di personale di ruolo dell'ex Ministero delle attività produttive che prestavano servizio presso gli uffici oggetto di trasferimento al Ministero del commercio internazionale.
Corrispondentemente al trasferimento di una dotazione organica di personale pari, nell'insieme, a 516 unità, è stata disposta con lo stesso DPCM una riduzione in misura eguale della dotazione organica del Ministero dello sviluppo economico per la parte individuata dal DPCM del 20 ottobre 2005[297].
Al Ministero del commercio internazionale sono state, inoltre, trasferite tutte le somme ancora disponibili riguardanti le Unità previsionali di base del centro di responsabilità “Internazionalizzazione” dello stato di previsione dell’ex Ministero delle attività produttive a cui si è aggiunta una quota parte delle somme disponibili iscritte nel capitolo 2280 del centro di responsabilità "Imprese" del medesimo stato di previsione e quota parte delle disponibilità relative al centro di responsabilità "Gabinetto”.
Con il DPR 17 settembre 2007, n. 175 è statosuccessivamente ridefinito l’assetto organizzativo degli uffici di direttacollaborazione del Ministro del commercio internazionale (ufficio di Gabinetto; Segreteria del Ministro e Segretario particolare del Ministro; Ufficio legislativo; Segreteria tecnica del Ministro; Ufficio stampa; Ufficio del Consigliere diplomatico; Segreterie del Sottosegretario di Stato e Servizio di controllo interno).
Gli uffici sono costituiti nell’ambito del “Gabinetto” - centro di responsabilità amministrativa ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. n. 279/97[298] - e prestano la loro collaborazione nella definizione degli obiettivi e nella elaborazione dellepolitiche pubbliche, nonché nella relativa valutazione e nelle connesse attività di comunicazione, con riferimento, in particolare, all’analisi costi-benefici, alla congruenza tra obiettivi e risultati, alla qualità e all’impatto della regolamentazione.
L’assetto organizzativo del nuovo Ministero è stato delineato dal DPR 14 novembre 2007, n. 253[299]che ne ha previsto l’articolazione in quattro Direzioni generali, le stesse individuate dal D.Lgs. 300/99 agli artt. 27 e 28, come modificati dall’art. 1, comma 3, del D.Lgs. 181/06:
e) Direzione generale per la politica commerciale;
f) Direzione generale per le politiche di internazionalizzazione;
g) Direzione generale per la promozione degli scambi;
h) Direzione generale per gli affari generali e per le risorse umane.
Alla Direzione generale per la politica commerciale compete la disciplina del commercio internazionale mediante individuazione e attuazione di regole nazionali e comunitarie in conformità all’interesse nazionale, finalizzate al miglioramento della competitività del nostro sistema economico e dell’accesso di servizi, merci e investimenti italiani nei mercati esteri.
Gli ambiti di competenza della Direzione si articolano su tre livelli di azione:
§ Livello bilaterale, comprendente le azioni di negoziazione di accordi di cooperazione economica e industriale con Paesi terzi e di gestione dei relativi organismi intergovernativi di consultazione (gruppi di lavoro e Commissioni intergovernative);
§ Livello comunitario, nel quale l’azione della Direzione si esplica attraverso il contributo alla formazione della politica commerciale verso i Paesi terzi , la tutela della produzione nazionale (antidumping e sovvenzioni) e la gestione del regime degli scambi (rilascio licenze, titoli di importazione ed esportazione);
§ Livello multilaterale comprendente l’elaborazione e la negoziazione degli accordi in materia commerciale in ambito OMC (Organizzazione Mondiale del Commercio), OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) e UNCTAD (United Nations Conference on Trade and Development).
Alla Direzione è affidata inoltre la gestione degli embarghi commerciali e finanziari e l’applicazione di sanzioni amministrative in materia di import-export.
E’ preposta alla definizione dell’indirizzo strategico delle politiche di internazionalizzazione, all’incentivazione finanziaria delle imprese, alla elaborazione in sede internazionale delle discipline di sostegno pubblico ai crediti all’esportazione e all’attività di studio.
Più in dettaglio, tra le competenzedella Direzione, oltre all’attività di studio e di analisi dei dati sul commercio internazionale, rientrano compiti di natura gestionale (leggi di sostegno all’internazionalizzazione PMI, funzionamento della biblioteca e del sito internet del Dicastero) e funzioni di coordinamento dei soggetti che intervengono nel settore dell’internazionalizzazione (segreteria V Commissione permanente del CIPE per il coordinamento e l’indirizzo strategico della politica commerciale con l’estero).
Ulteriori competenze riguardano:
§ l’implementazione del Progetto operativo di assistenza tecnica alle regioni del Mezzogiorno[300] denominato “Italia internazionale: sei regioni per cinque continenti”, nell’ambito dell’attuazione dei Fondi strutturali europei (QCS/PON Atas 2000-2006).
§ la gestione dei fondi di venture capital[301] divenuti operativi a partire dal febbraio 2004. Nell’ambito delle funzioni di controllo sulla Simest spa[302], cui spetta la gestione dei suddetti fondi, la Direzione gestisce gli utili di bilancio spettanti al Ministero, individuando i programmi da finanziare con tali utili e verificando i rendiconti di spesa della società, sulla cui attività, peraltro, la direzione predispone una relazione annuale da inviare al Parlamento.
Nell’ambito delle funzioni di coordinamento alla stessa Direzione spetta il compito di fornire pareri alla Simest spa in merito alla validità economico-commerciale dei progetti presentati a valere sui fondi ex art. 295/73 (contributi agli interessi per operazioni di crediti alle esportazioni), ex art. 2 della L. 394/81 (finanziamenti a tasso agevolato per la realizzazione di programmi di penetrazione commerciale e al DM 136/2000 (finanziamenti a tasso agevolato per la realizzazione di studi di prefattibilità e di assistenza tecnica).
Tra le competenze della Direzione rientra anche la partecipazione al Punto nazionale di contatto[303] previsto dalle linee guida OCSE per le imprese multinazionali; inoltre la direzione è referente del Ministero nell’ambito dello stesso Punto in materia di aiuti di stato, presso il Dipartimento per le politiche comunitarie della Presidenza del Consiglio dei ministri.
Da ultimo si sottolinea la rilevanza dell’attività svolta dalla Direzione in riferimento alla trattazione in sede internazionale di tematiche e negoziati concernenti la regolamentazione del sostegno pubblico ai crediti all’esportazione. Alla Direzione oltre al ruolo di punto di contatto nazionale OCSE è infatti attribuita anche la responsabilità del coordinamento dei Ministeri e degli enti interessati alla definizione della posizione italiana nell’ambito dei negoziati OCSE e UE nella materia in questione.
Le competenze della Direzione via via integrate negli ultimi anni a seguito dell’approvazione di disposizioni recate dalle leggi n. 350/03 (finanziaria 2004 ) e n.56/05 di riordino del settore[304], si possono così riassumere:
§ gestione degli incentivi a sostegno dell’internazionalizzazione e del made in Italy che comprende:
- gestione degli incentivi destinati all’attività promozionale e all’internazionalizzazione di associazioni, enti, istituti, consorzi export di PMI, camere di commercio all’estero e miste in Italia (L. 1083/54, L. 83/89, L. 394/81, art. 10, L. 518/70 e L. 580/93;
- gestione del Fondo made in Italy di cui alla legge 350/04, art. 4, commi 61 ss [305];
- gestione dei fondi delle leggi di collaborazione (L. 212/92 e L. 84/01[306]) destinate a favorire la crescita economica di aree strategiche attraverso la partecipazione del nostro sistema economico-industriale;
- competenze relative allo sviluppo e coordinamento delle attività promozionali e di internazionalizzazione del sistema economico italiano. In tale ambito rientrano le attività volte a garantire il coordinamento delle iniziative promosse dai vari soggetti che svolgono attività di sostegno al settore (regioni, ICE, camere di commercio, associazioni di categoria, fiere, università) che si esercita mediante condivisione di programmi promozionali con i suddetti enti anche avvalendosi degli sportelli unici all’estero e degli sportelli regionali per l’internazionalizzazione[307];
vigilanza sull’ICE[308] sia con riferimento al suo funzionamento che alla relativa attività promozionale .
§ supporto alle imprese in materia di marchi e brevetti eall’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione[309], in coordinamento con il Ministero dello sviluppo economico. La competenza in materia di supporto delle imprese è stata introdotta con la legge finanziaria per il 2004, legge 350/03;
§ promozione all’estero e partecipazione nelle sedi internazionali competenti alla definizione delle politiche promozionali (comprese le esposizioni universali), esercitata attraverso l’organizzazione di missioni di diplomazia commerciale e l’accompagnamento dei vertici politici in missione in paesi che rivestono un interesse economico per l’Italia. La Direzione cura anche gli investimenti italiani all’estero e l’attrazione di quelli stranieri in Italia.
Cura lo svolgimento delle funzioni di competenza del Ministero nelle seguenti materie:
§ gestione degli incentivi, ivi compresi quelli comunitari, a sostegno dell'internazionalizzazione ed elaborazione della relativa disciplina, in raccordo con i soggetti pubblici e privati che svolgono attività di promozione degli scambi e di supporto all'internazionalizzazione;
§ sviluppo e coordinamento delle attività promozionali e di internazionalizzazione del sistema economico nazionale, assicurando la necessaria sinergia con le iniziative promozionali della direzione generale per il turismo, delle regioni, delle associazioni di categoria, delle camere di commercio e del sistema fieristico, anche sulla base di specifici accordi ed intese;
§ elaborazione delle linee direttrici dell'attività dell'ICE in collaborazione con la direzione generale per le politiche di internazionalizzazione;
§ approvazione del piano di attività dell'ICE, autorizzazione dei programmi, delle iniziative promozionali previste e delle relative variazioni, esercizio delle funzioni di vigilanza e delle verifiche previste dalla legge n. 68/1997, sull'attività dell'ICE e relazione al Parlamento sui risultati conseguiti dall'ICE;
§ coordinamento delle azioni promozionali relative alla formazione professionale dei soggetti operanti nel settore dell'internazionalizzazione;
§ rapporti con le istituzioni economiche e finanziarie internazionali nelle materie di competenza della Direzione;
§ negoziazione degli accordi relativi alla costituzione degli sportelli unici per le imprese e gli operatori di cui all'articolo 24, comma 3 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, e svolgimento delle attività gestionali di competenza del Ministero;
§ rapporti con l'Unione delle camere di commercio per il coordinamento delle attività relative al commercio estero;
§ esercizio dei compiti previsti dalla legislazione vigente in materia di regolamentazione delle camere di commercio italiane all'estero e concessione in loro favore di contributi, ai sensi della legge 1° luglio 1970, n. 518, e relative norme applicative;
§ esercizio dei compiti previsti dalla legislazione vigente in materia di disciplina delle camere di commercio italo-straniere di cui alla legge 29 dicembre 1993, n. 580;
§ coordinamento delle missioni economico-commerciali del Ministero;
§ partecipazione alla definizione degli accordi per la promozione degli investimenti italiani all'estero e per l'attrazione degli investimenti esteri in Italia e loro gestione;
§ partecipazione nelle sedi internazionali per la definizione delle politiche di promozione, ivi comprese le esposizioni universali.
Nella Direzione generale per gli affari generali sono accentrate attività di carattere gestionale riguardanti l’intero dicastero.
In particolare alla Direzione è affidata :
§ la gestione unitaria del personale a favore del quale svolge anche interventi di previdenza e assistenza. E’ inoltre competente in materia di relazioni sindacali di conferimento di onorificenze, contenzioso e procedimenti disciplinari del personale;
§ il coordinamento delle attività di prevenzione e sicurezza all’interno del Ministero;
§ la cura del bilancio e della contabilità;
§ il coordinamento dei dati relativi agli altri centri di responsabilità amministrativa;
§ la cura dei rapporti contrattuali e dei servizi amministrativo-contabili di carattere generale;
§ l’allestimento, la gestione e il controllo del funzionamento della rete informatica del Ministero e interconnessione con i sistemi informativi delle altre pubbliche amministrazioni.
[1] L’esame del disegno di legge, assegnato in sede referente alla Commissione industria del Senato in data 13 luglio 2006, è stato sospeso alla fine dello stesso anno in concomitanza con la sessione di bilancio, per riprendere nel mese di gennaio del 2007 e concludersi il 9 maggio. Il testo approvato dalla Commissione all’art. 1 prevedeva una ampia delega al Governo ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge, uno o più decreti legislativi per completare il processo di liberalizzazione, recepire le direttive comunitarie e definire le norme sulla sicurezza dell’approvvigionamento di gas naturale, l’assetto e le competenze delle società pubbliche Acquirente Unico, Gestore dei servizi elettrici, Gestore del mercato elettrico e Cassa conguaglio per il settore elettrico. L’articolo 2 conteneva una delega al Governo per il rilancio del risparmio energetico, delle fonti rinnovabili, lo sviluppo delle tecnologie per la gassificazione del carbone, la sequestrazione dell’anidride carbonica, il riordino dei soggetti pubblici di settore, la ridefinizione del sistema fiscale sugli autoveicoli. Gli articoli 3 e 4 sono stati soppressi in quanto un fondo simile a quello previsto da tali articoli è già stato istituito dalla legge finanziaria 2007, commi 362-365. L’articolo 5 prevedeva un ampliamento dei poteri dell’Autorità per l’energia elettrica eil gas, precisando che le sue competenze comprendono tutte le attività delle filiere dell’energia elettrica e del gas e assegnandole anche la competenza a promuovere la concorrenza nei due settori. Riguardo all’articolo 6, la Commissione ha soppresso la sola lettera b) che, attraverso l’abrogazione dell’articolo 2, comma 7, della legge n. 481 del 1995, istitutiva dell’Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità, mirava a ripristinare la composizione a tre membri del collegio dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.
[2] Disposizioni urgenti per salvaguardare i processi di liberalizzazione e privatizzazione di specifici settori dei servizi pubblici, convertito dalla legge 20 luglio 2001, n. 301.
[3] Disposizioni urgenti in materia di partecipazioni a società operanti nel mercato dell'energia elettrica e del gas, convertito dalla legge 13 luglio 2005, n. 131.
[4] In relazione alla citata procedura di infrazione si segnala che nella sentenza del 2 giugno 2005, relativa alla causa C-174/04, la Corte di giustizia ha stabilito che mantenendo in vigore il citato decreto-legge 25 maggio 2001, n. 192, l’Italia era venuta meno agli obblighi che le incombevano in virtù delle regole del trattato CE relative alla libera circolazione dei capitali (articolo 56). Il provvedimento prevedeva, infatti, la sospensione automatica dei diritti di voto legati a partecipazioni superiori al 2% del capitale di imprese operanti nei settori dell’elettricità e del gas, quando queste partecipazioni fossero acquisite da imprese pubbliche non quotate su mercati finanziari regolamentati e che detengono una posizione dominante sul mercato nazionale.
[5] Disposizioni urgenti per la sicurezza e lo sviluppo del sistema elettrico nazionale e per il recupero di potenza di energia elettrica.
[6] Per ulteriori informazioni sull’azionariato Snam rete gas S.p.a. si rinvia al link
http://www.snamretegas.it/it/investor_relations/ir_azionariato.shtml
[7] Decreto-legge 1° ottobre 2007 n. 159, recanteInterventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale. Convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 29 novembre 2007, n. 222.
[8] In tema di infrastrutture di approvvigionamento del gas si rinvia al Dossier sullo stato dei progetti e degli accordi internazionali energetici aggiornato al 2008 presente nel sito del Ministero dello sviluppo economico al seguente indirizzo:
http://www.sviluppoeconomico.gov.it/pdf_upload/documenti/phpIS4LcP.pdf
[9] Definizione di criteri per la determinazione delle tariffe per le attività di distribuzione del gas e di fornitura ai clienti del mercato vincolato. pubblicata nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2001.
[10] Sulle fonti energetiche rinnovabili vedi anche il capitolo Energie rinnovabili nel dossier relativo alla Commissione Ambiente.
[11] Si ricorda che tale direttiva ha fissato per l’Italia l’obiettivo, da raggiungersi entro il 2010, del 25% di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili.
[12] L’incremento annuo della quota minima d'obbligo, con riferimento al periodo 2007-2012, è stato fissato in 0,75 punti percentuali dalla finanziaria 2008. Gli ulteriori incrementi per gli anni successivi saranno stabiliti con decreti ministeriali.
[13] I produttori di energie rinnovabili e assimilate, avvalendosi di una apposita convenzione, cedevano all’ENEL (ai sensi del comma 3, art. 22, della legge 9 gennaio 1991 n. 9 l’energia prodotta in eccedenza ad un prezzo fisso superiore a quello di mercato. L’ENEL da parte sua recuperava la differenza di prezzo attraverso un’apposita voce di costo nella bolletta degli utenti. In particolare la delibera CIP (Comitato interministeriale prezzi) n. 6 del 29 aprile 1992 (da cui l’abbreviazione “CIP 6”) fissava i prezzi di cessione all’ENEL dell’energia elettrica da fonti rinnovabili e assimilate, seguendo i due criteri stabiliti dalla legge n. 9/91: da un lato, quello dei "costi evitati" (per cui il ritiro dell'energia elettrica non doveva comportare per l'ENEL costi superiori a quelli che essa avrebbe sostenuto se avesse prodotto direttamente lo stesso ammontare di energia); dall'altro lato, il criterio dei "prezzi incentivanti", differenziati per tipologia di impianto, che dovevano essere assicurati alla "nuova energia" prodotta da fonti rinnovabili ed assimilate, per un rapido recupero del capitale investito (questi ultimi da corrispondersi per otto anni, tempo di avviamento dell’impianto). A partire dal 2001, l'energia prodotta dagli impianti che beneficiano dell'incentivo CIP6 viene ritirata dal GSE Spa (DM Industria del 21 novembre 2000).
[14] Come già ricordato, tale quota è stata poi innalzata dal D.Lgs. n. 387/2003 (art. 4), che ne ha stabilito un incremento annuo dello 0,35% per il triennio 2004-2006, demandando a successivi decreti la fissazione degli ulteriori incrementi per i trienni successivi.
[15] Si segnala che Il Gestore dei servizi elettrici (GSE Spa) ha pubblicato sul proprio sito internet (www.gsel.it ) il nuovo Rapporto sull’Incentivazione degli impianti fotovoltaicicon il sistema del conto energia, redatto dallo stesso GSE come indicato dal DM 19 febbraio 2007. Nel Rapporto si illustrano i principali risultati ottenuti nel periodo ottobre 2006 - settembre 2007 e gli impianti ammessi dell’incentivazione.
[16] Riguardo ad altri interventi si segnala il bando emanato dal Ministero dell’ambiente, congiuntamente con MCC S.p.A., per la promozione delle fonti rinnovabili per la produzione di energia elettrica e/o termica tramite agevolazioni alle piccole e medie imprese, sulla base delle risorse di cui all’art. 5 del DM n. 337/2000, pari a circa 25,8 milioni di euro.
[17] Ai sensi dell’art. 2 della direttiva sono definite "fonti energetiche rinnovabili", le fonti energetiche rinnovabili non fossili (eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomassa, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas).
[18] Vengono modificati gli obiettivi quantitativi di immissione in consumo di biocarburanti in percentuale del totale del carburante diesel e di benzina nei trasporti, prevedendo l’obiettivo del 2,5%, da realizzare entro il 31 dicembre 2008 e quello del 5% entro il 31 dicembre 2010. Viene inoltre eliminata l’esenzione dall’accisa per il biodiesel, sostituita con un’accisa da applicare, per l’anno 2007, con aliquota pari al 20% della corrispondente accisa applicata sul gasolio per autotrazione, nel limite di un contingente annuo di 250.000 tonnellate. Si prevede inoltre un fondo di 73 milioni di euro annui, da ripartire dal 1° gennaio 2008 tra: bioetanolo; etere etilterbutilico (ETBE), additivi e riformulanti prodotti da biomasse.
[19] Per efficienza energetica si intendono tutte quelle misure ed interventi che rendono disponibile un livello di servizio energetico uguale o superiore, attraverso l’utilizzo di una quantità di energia inferiore. La promozione dell’efficienza energetica nei consumi è spesso indicata come l’unica opzione che sia in grado di dare una risposta, anche se parziale, ai tre principali problemi della politica energetica: sicurezza degli approvvigionamenti, tutela dell’ambiente, contenimento dei costi. La forte attenzione per la protezione dell’ambiente, la crescente dipendenza energetica dai paesi esportatori e, infine, i forti aumenti del prezzo del petrolio e la sua instabilità, hanno reso sempre più necessaria una politica di uso efficiente delle risorse energetiche. Il miglioramento dell’efficienza energetica negli usi finali rappresenta infatti uno strumento fondamentale per rispettare gli impegni assunti con la ratifica del protocollo di Kyoto, per incrementare la competitività e l’occupazione e per garantire la sicurezza degli approvvigionamenti.
[20] Si tratta, a seconda dei casi, della concessione di un contributo per il costo della demolizione, oppure di un contributo pari al costo dell’abbonamento annuale al trasporto pubblico locale (qualora la demolizione sia effettuata senza la sostituzione del veicolo), oppure di un contributo per la sostituzione con veicoli “euro 4”, “euro 5”, con alimentazione a gas metano, GPL, elettrica o ad idrogeno e l’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per due anni.
[21] A quest’ultima disposizione è stata data attuazione con il DM 19 febbraio 2007 successivamente modificato dal decreto 26 ottobre 2007.
[22] Decreto-legge 3 ottobre 2006 n. 262, recante Disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 24 novembre 2006, n. 286. Si tratta dell’articolo 2, commi 149 e 150.
[23] Decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito in legge 29 novembre 2007, n. 222.
[24] I certificati bianchi sono titoli di efficienza energetica (TEE) rilasciati dal Gestore del mercato elettrico (GME) che attestano il conseguimento di risparmi di energia da parte dei distributori di energia elettrica e gas conseguiti attraverso il miglioramento dell’efficienza energetica. Gli obiettivi di incremento della suddetta efficienza possono essere conseguiti dai distributori sia attraverso la realizzazione di progetti di efficienza energetica - con conseguente emissione dei TEE- sia attraverso l’acquisto dei certificati da altri soggetti. L’acquisto e lo scambio di titoli è consentito all’interno del mercato dei titoli di efficienza energetica organizzato e gestito dal GME.
[25]Sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2006/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio (229), trasmesso alla Camera dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali ai sensi dell'articolo 1 della legge 6 febbraio 2007, n. 13, hanno espresso parere le commissioni: X Attività produttive (favorevole con osservazioni - 27 marzo 2008); V Bilancio (favorevole - 26 marzo 2008) e XIV Politiche dell’unione europea (favorevole con osservazioni – 1° aprile 2008. In occasione dell’esame presso la Camera dei deputati il Servizio studi ha predisposto, in collaborazione con il Senato, il dossier n. 205 del 26 marzo 2008 (Atti del Governo).
[26] Il decreto legge 73/2007 è stato convertito con modificazioni, dall’art 1 della legge 3 agosto 2007, n. 125 (GU 14 agosto 2007, n. 188), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
[27] Pubblicato nella GU n. 88 del 14 aprile 2008.
[28] Si ricorda che il decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, recante Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell'edilizia (GU n. 222 del 23 settembre 2005, SO n. 158), emanato sulla base della delega conferita dalla legge 31 ottobre 2003, n. 306, è diretto alla promozione del miglioramento della prestazione energetica degli edifici, anche al fine di favorire lo sviluppo e la valorizzazione delle fonti rinnovabili, nonché la diversificazione energetica, contribuendo in tal modo al conseguimento degli obiettivi nazionali di limitazione delle emissioni di gas a effetto serra posti dal Protocollo di Kyoto. Tale decreto, composto da 17 articoli e 10 allegati tecnici che ne costituiscono parte integrante, disciplina – fra l’altro - la metodologia per il calcolo delle prestazioni energetiche integrate degli edifici, l'applicazione di requisiti minimi in materia di prestazioni energetiche degli edifici, e i criteri generali per la certificazione energetica degli edifici.
[29] In attuazione del comma 24, lett.a) è stato recentemente emanato il decreto del Ministero dello sviluppo economico 11 marzo 2008 recante Attuazione dell'articolo 1, comma 24, lettera a), della legge 24 dicembre 2007, n. 244, per la definizione dei valori limite di fabbisogno di energia primaria annuo e di trasmittanza termica ai fini dell'applicazione dei commi 344 e 345 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (GUn. 66 del 18 marzo 2008). Si segnala, inoltre, la pubblicazione del DM 7 aprile 2008 del Ministero dello sviluppo economico del testo del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, attuativo degli sgravi fiscali per il risparmio energetico previsti dalla finanziaria 2007 (GU n.97 del 24 aprile 2008).
[30] Decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale, convertito in legge 29 novembre 2007, n. 222.
[31] La direttiva 2002/91/CE è stata adottata con l'obiettivo di migliorare la prestazione energetica degli edifici nella Comunità, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delle prescrizioni riguardanti il clima degli ambienti interni e l'efficacia sotto il profilo dei costi; il miglioramento del rendimento energetico degli edifici è funzionale alla riduzione delle emissioni inquinanti di biossido di carbonio. Il considerando n.6 della direttiva mette in evidenza come l’energia impiegata nel settore residenziale e del terziario costituisca oltre il 40% del consumo finale di energia della Comunità (a 15 membri), e come essendo questo un settore in espansione i consumi di energia e le conseguenti emissioni di carbonio siano destinati ad aumentare.
[32]Secondo il comma 39 dell'allegato A, la trasmittanza termica è il "flusso di calore che passa attraverso una parete per m2 di superficie della parete e per grado K di differenza tra la temperatura interna ad un locale e la temperatura esterna o del locale contiguo".
[33] Il D.L. 181/06 recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri è stato convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 luglio 2006, n. 233.
[34] Si tratta di parte di un'area funzionale relativa al coordinamento e alla verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale e delle politiche di coesione, con particolare riferimento alle aree depresse, comprese le funzioni attribuite dalla legge in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione dell'utilizzo dei fondi strutturali comunitari. Dal trasferimento sono state escluse le "funzioni di programmazione economica e finanziaria" e le funzioni della segreteria del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), che è stata trasferita con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale alla Presidenza del Consiglio dei ministri.ll trasferimento di strutture dal Ministero dell'economia e delle finanze al MISE per l'esercizio delle funzioni in materia di politiche di sviluppo e coesione è stato disposto con il DPR 28 giugno 2007 (GU 19/09/07).
[35] Il DPR 14 novembre 2007, n. 253 reca Regolamento di riorganizzazione del Ministero del commercio internazionale, a norma dell'articolo 1, comma 404, della L. 27 dicembre 2006, n. 296.
[36] L’integrazione della norma con il riferimento al settore del turismo è stata disposta dalla legge finanziaria per il 2008 (commi 841-846).
[37] Pubblicati nella GU n. 88 del 14 aprile 2008.
[38] L'invenzione industriale è la soluzione ad un problema tecnico non ancora risolto. Essa si realizza come un nuovo metodo o processo di lavorazione industriale, uno strumento, utensile o dispositivo meccanico che costituisce un'innovazione rispetto allo stato della tecnica, atto ad essere applicato in campo industriale. Il modello di utilità consiste in un ritrovato che fornisce particolare efficacia o comodità di applicazione o di impiego a macchine o parti di esse, strumenti, utensili od oggetti. Per disegno o modello s'intende, invece, l'aspetto dell'intero prodotto o di una sua parte quale risulta, in particolare, dalle caratteristiche delle linee, dei contorni, dei colori, della forma, della struttura superficiale o dei materiali del prodotto stesso o del suo ornamento.
[39] Secondo la citata relazione governativa (AC 1746), la reintroduzione dei suddetti diritti, con particolare riferimento a quelli concernenti il mantenimento in vita dei brevetti, è volta a favorire l’abbandono dei brevetti che non rivestono interesse da parte del titolare con conseguente passaggio della relativa tecnologia alla disponibilità gratuita della collettività.
[40] Istituito dall’articolo 1, comma 354, della legge 30 dicembre 2004, n. 311(legge finanziaria per il 2005), presso la gestione separata della Cassa depositi e prestiti Spa, il “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese“ - finalizzato alla concessione di finanziamenti agevolati alle imprese in forma di anticipazione di capitali rimborsabile secondo un piano di rientro pluriennale – è stato successivamente ridefinito dal D.L. n. 35/2005 “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca”, in quanto una quota del medesimo è stata destinata al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppodelle imprese. La dotazione iniziale del Fondo è stabilita in 6 miliardi di euro, da finanziare con le risorse del risparmio postale. La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE sottoposte al controllo preventivo della Corte dei conti: il Fondo è ripartito per essere destinato ad interventi agevolativi alle imprese, individuati dalle stesse delibere sulla base degli interventi già disposti a legislazione vigente e per i quali sussiste apposito stanziamento di bilancio (comma 355).
[41] Il comma 858 riguarda la stipula di apposite convenzioni con riferimento ad interventi agevolativi a favore delle imprese e della ricerca previsti in leggi regionali o in atti di programmazione comunitaria (trattasi di interventi diversi dagli interventi complementari o integrativi dei progetti di innovazione industriale, di cui si è detto poc’anzi). Tali convenzioni, stipulate sempre tra le regioni, le province autonome e la Cassa depositi e prestiti, secondo gli indirizzi dei Ministri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico, dovranno prevedere la misura minima del tasso di interesse da applicare e la durata massima del rientro. I relativi oneri per interessi sono a carico delle regioni e delle province autonome.
[42] Si ricorda che ilcomma 174, art. 1, della legge finanziaria 2008 ha modificato l’art. 4, comma 61, della legge finanziaria 2004 (L. n. 350/2003), che ha istituito un apposito fondo per la realizzazione di azioni a sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore del made in Italy, nonché per il potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico particolarmente rivolte alla diffusione del made in Italy nei mercati mediterranei, dell'Europa continentale e orientale. Con la modifica viene specificato che il fondo viene destinato al potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico alle attività istituzionali del Ministero dell’economia e delle finanze, anche rivolte alla diffusione del made in Italy nei mercati mediterranei, dell'Europa continentale e orientale, a cura di apposita sezione della Scuola superiore dell’economia e finanze.
[43] Il programma EFA, avviato nel 1988, è preordinato alla realizzazione di un velivolo militare da parte dell’Italia insieme a Gran Bretagna, Germania e Spagna, per assicurare la difesa aerea.
[44] Il programma per la costruzione delle fregate FREMM trae origine dalla dichiarazione congiuntasiglata aParigi il 25 ottobre 2004 dai ministri della difesa italiano e francese, che ha riconosciuto l’esigenza di procedere al rinnovamento delle rispettive flotte, nell’ottica di una diffusa e consolidata convergenza degli obiettivi militari, tecnici, finanziari e temporali perseguiti in tale contesto dalle due marine. L’accordo prevede la costruzione di 17 unità per la marina francese e 10 per la nostra.
[45] Il richiamato comma 95, art. 1, della legge n.266/05 ha autorizzato contributi quindicennali, ai sensi dell’articolo 4, comma 177, della legge n. 350/2003 (finanziaria 2004), per la prosecuzione del programma di sviluppo ed acquisizione delle fregate FREMM (fregata europea multimissione), e delle relative dotazioni operative, nonché per l’avvio di programmi dichiarati di massima urgenza. Le risorse a tal fine destinate sono di 30 milioni di euro a decorrere 2006, cui si aggiungono 30 milioni di euro a decorrere dal 2007, cui si aggiungono 75 milioni di euro a decorrere dal 2008.
[46] L'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, Norme in materia di attività produttive (c.d. legge Bersani-bis) ha autorizzato, a partire dal 1999, una spesa annuale di 6 miliardi di lire da destinarsi ad attività di studio e ricerca nei settori delle attività produttive di competenza del Ministero dell’industria (ora dello sviluppo economico). Lo stanziamento è riferito a tre fattispecie distinte per finalità o strumenti:
a. collaborazione di esperti o società specializzate mediante appositi contratti;
b. costituzione di un nucleo di esperti per la politica industriale, dotato della necessaria struttura di supporto;
c. utilizzo di esperti di alta qualificazione per il supporto alle attività di coordinamento di progetti e programmi ad alto contenuto tecnologico di imprese italiane nei settori aeronautico e spaziale e dei prodotti elettronici e ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale.
[47] II decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante Disposizioni urgenti nell'ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, pubblicato nella GU 16 marzo 2005, n. 62 stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80. II richiamato articolo 11, comma 3, ha previsto l'istituzione di un apposito Fondo per il finanziamento degli interventi di salvataggio delle imprese in crisi, con una dotazione finanziaria per l'anno 2005 pari a 35 milioni di euro, successivamente integrata dal DL n. 136/06. I successivi commi 5 e 6 hanno previsto l'istituzione di un Comitato tecnico con funzioni di coordinamento e monitoraggio degli interventi di salvataggio e ristrutturazione, operante in base ad indirizzi formulati dalle amministrazioni competenti che per la valutazione e l'attuazione degli interventi, si avvalgono di Sviluppo Italia spa, in modo da non determinare oneri aggiuntivi per il bilancio dello Stato. La definizione delle modalità attuative delle predette disposizioni è stata demandata al CIPE.
[48] Il CIPE ha provveduto alla definizione dei criteri e delle modalità di funzionamento del Fondo con la delibera n. 22 del 24 aprile 2007. Merita segnalare, inoltre, che successivamente, con la sentenza n. 68/2008 del 10 marzo 2008, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 853 della legge 27 dicembre 2006 n. 296 “nella parte in cui non prevede che i poteri del CIPE di determinazione dei criteri e delle modalità di attuazione degli interventi di cui al Fondo per il salvataggio e la ristrutturazione delle imprese in difficoltà siano esercitati d’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano”. Pertanto, a seguito della sentenza, a partire dal 14/3/2008 è sospesa la ricezione delle domande e ogni attività istruttoria relativa al Fondo.
[49] In attuazione di quanto disposto dal presente comma è stato adottato il DM 6 febbraio 2008 recante modalità di attuazione dei commi da 228 a 232, dell'articolo 1, della legge n. 244/2007. Il decreto è stato pubblicato sulla GU 1° marzo 2008, n. 52.
[50] Decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.
[51] La Società italiana per le imprese all'estero (SIMEST) Spa, controllata dal Governo italiano (che detiene il 76% del pacchetto azionario), è stata istituita dalla L. 24 aprile 1990, n. 100, con il compito di partecipare alle società estere partecipate dalle imprese italiane (le c.d. joint-ventures). Il D.Lgs. 143/98 ha ampliato notevolmente i suoi compiti, tra i quali ora rientra anche la gestione di tutte le forme di sostegno pubblico alla internazionalizzazione delle imprese, comprese quelle svolte in precedenza dal Mediocredito centrale. Ulteriori modifiche sono state introdotte dalla legge n. 56/05 e dal decreto-legge n. 35/05 (c.d. decreto “competitività”).Alla normale quota di partecipazione di SIMEST Spa alle iniziative effettuate sulla base della citata legge 100/90, si aggiungono i fondi di venture capital (istituiti con decreto ministeriale) destinati a supportare gli investimenti in aree quali: Cina, Federazione Russa, Mediterraneo, Africa, Medio Oriente, i Balcani e America Centrale e Meridionale.
[52] Misure per l'internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore.
[53] Il comma 61 della legge finanziaria Legge 24 dicembre 2003, n. 350 ha istituito un Fondo, presso il Ministero delle attività produttive (ora Ministero dello sviluppo economico), finalizzato al:
- sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore del made in Italy. Fra le attività da realizzare per la campagna si indica anche l'istituzione di un marchio finalizzato alla tutela delle merci prodotte interamente nel territorio italiano o assimilate, nonché la regolamentazione dell'indicazione di origine;
- potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico rivolte alla diffusione del made in Italy nel mercati mediterranei, dell’Europa continentale ed orientale, a cura di un’apposita sezione della Scuola superiore del Ministero dell’economia e delle finanze.
[54] Con riferimento ai contratti a tempo determinato in scadenza al 2008 si segnala che l’art 24 del DL 248/07, recante Proroga di termini previsti da disposizioni legislative e disposizioni urgenti in materia finanziaria (conv. con modif. dall'art.1, comma 1, legge 28 febbraio 2008, n. 31) al comma 1 dispone la proroga fino al 31 dicembre 2010 dei contratti di assunzione con riferimento al personale del Ministero del commercio internazionale che risulti in servizio al 28 settembre 2007, al fine di fronteggiare le esigenze legate alle funzioni istituzionali del Dicastero, con particolare riferimento alle azioni svolte in favore dell’internazionalizzazione delle imprese e alla promozione del made in Italy.
[55] Decreto-legge 28 maggio 1981, n. 251, recante Provvedimenti per il sostegno delle esportazioni italiane, convertito in legge con modificazioni, dalla legge 29 luglio 1981, n. 394.
[56] Legge 28 maggio 1973, n. 295, recante Aumento del fondo di dotazione del Mediocredito centrale.
[57] Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero.
[58] Norme per lo sviluppo delle attività economiche e della cooperazione internazionale della regione Friuli-Venezia Giulia, della provincia di Belluno e delle aree limitrofe.
[59] Previsti dall'articolo 15, comma 1 del D.Lgs. 143/1998.
[60] Il FAR è un fondo a carattere rotativo operante con le modalità contabili di cui al soppresso Fondo speciale per la ricerca applicata. Il FAR, istituito ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297, è articolato in una sezione relativa agli interventi nel territorio nazionale e in una sezione relativa ad interventi nelle aree depresse. Al FAR affluiscono, a decorrere dall'anno 2000, gli stanziamenti iscritti nello stato di previsione del Ministero dell'università e della ricerca.
[61] Il FIT è stato istituito dall'articolo 14 della legge 17 febbraio 1982, n. 46. Gli interventi del Fondo hanno ad oggetto programmi di imprese destinati ad introdurre rilevanti avanzamenti tecnologici finalizzati a nuovi prodotti o processi produttivi o al miglioramento di prodotti o processi produttivi già esistenti, oppure rilevanti innovazioni di contenuto stilistico e qualitativo del prodotto. Nel corso della XIV legislatura sulla disciplina del Fondo hanno inciso le disposizioni di alcuni provvedimenti che hanno determinato l’ampliamento del relativo campo d’intervento destinando gli interventi del Fondo anche ai programmi di investimenti delle imprese commerciali, turistiche e di servizi a sostegno dei relativi processi di innovazione. Le direttive per la concessione delle agevolazioni del FIT sono state definite con Dir.Min. 16 gennaio 2001.
[62] Il Fondo, inizialmente denominato “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese”, è statoistituito dalla legge 311/04 (comma 354 dell’art.1) con una dotazione iniziale di 6 miliardi di euro. La ripartizione del Fondo è rimessa a delibere del CIPE. Al Ministro competente è attribuita la funzione di stabilire, con decreto di natura non regolamentare, i requisiti e le condizioni per l'accesso ai finanziamenti agevolati. Al Ministro dell'economia e delle finanze è attribuita, invece, la competenza a determinare il tasso di interesse da applicare alle somme erogate in anticipazione. La differenza tra il tasso così fissato e quello di finanziamento agevolato è posta a carico del bilancio statale, come pure a carico dello Stato risultano gli oneri riferiti alle spese gestionali del Fondo sostenuti dalla stessa Cassa depositi e prestiti (Stato di previsione MEF, tab. 2, UPB 3.1.2.49). La disciplina del Fondo è stata poi modificata dall’art. 6 del DL 35/05 (DL competitività) che lo ha ridenominato “Fondo rotativo per il sostegno alle imprese e gli investimenti in ricerca”, in quanto una quota - pari ad almeno il 30 per cento della dotazione finanziaria - è stata destinata al sostegno di attività, programmi e progetti strategici di ricerca e sviluppo delle imprese, da realizzare anche congiuntamente a soggetti della ricerca pubblica. L’individuazione degli obiettivi e delle modalità di utilizzo è affidata al Programma Nazionale della Ricerca (PNR), approvato annualmente dal CIPE.
[63] Il Fondo unico per gli incentivi alle imprese è stato istituito dall'articolo 52 della legge n. 448/1998 al fine di razionalizzare l’intervento del Ministero dell’industria (ora dello sviluppo economico) in favore delle imprese, accorpando, in un’unica autorizzazione di spesa, tutti gli stanziamenti destinati ad agevolare le imprese, nell’ambito dei seguenti settori di intervento: settore commerciale, industria aeronautica, ricerca e sviluppo, ristrutturazione e riconversione industriale, aree depresse e altri settori specifici. La ripartizione delle risorse tra i diversi interventi era rimessa alla discrezionalità del Ministero.
[64] La legge n. 289/2002 ha previsto l’istituzione di due Fondi per le aree sottoutilizzate, di carattere generale, di competenza, rispettivamente, del Ministero dell’economia e delle finanze (articolo 61, comma 1, c.d. Fondo MEF) e del Ministero delle attività produttive (articolo 60, comma 3, c.d. Fondo MAP), affidando al CIPE la ripartizione, con proprie deliberazioni, della dotazione di ciascuno dei due fondi tra gli interventi finanziati a valere su di essi. L’articolo 60, comma 1, ha altresì individuato i criteri in base ai quali il CIPE può procedere alla riallocazione delle risorse tra le diverse forme di intervento. Il Fondo, istituito a sensi dell’articolo 60, comma 3 della legge n. 289/02 (finanziaria 2003), è costituito dalle risorse del Fondo unico per gli incentivi alle imprese destinate alle aree sottoutilizzate (programmazione negoziata e legge n. 488/1992). Al CIPE è stata affidata la ripartizione, con proprie deliberazioni, della dotazione del fondo tra gli interventi finanziati a valere su di esso.
[65] Il Fondo MEF (cfr. Nota precedente ) è stato trasferito al Ministero dello sviluppo a seguito del nuovo assetto della struttura di governo definita dal DL n. 181 del 2006 (convertito, con modificazioni, dalla legge n. 233 del 2006).
[66] Con il decreto 28 marzo 2008, n. 76 del Ministero dello sviluppo economico (GU n. 92 del 18 aprile 2008)sono stati individuati gli obblighi di comunicazione posti a carico delle imprese per quanto attiene alle attività di ricerca e di sviluppo agevolabili e alle modalità di verifica e di accertamento della effettività delle spese e dei costi sostenuti e della loro coerenza con la disciplina comunitaria. Si segnala, altresì, la pubblicazione nel sito del Ministero dello sviluppo economico, dopo la registrazione ad opera della Corte dei Conti avvenuta il giorno 14 Aprile 2008, del Regolamento sul credito di imposta alla ricerca e sviluppo, di cui ai commi 280-282 della finanziaria 2007.Il testo ufficiale sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – serie generale.
[67] Si ricorda che l'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione è stata istituita dalla legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006, art. 1, comma 368, lett.d). L’Agenzia è chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali, nell’ambito della nuova disciplina sui distretti introdotta dalla stessa legge finanziaria 2006. L’Agenzia, che ha sede a Milano, ed è dotata di personalità giuridica di diritto pubblico, è stata recentemente disciplinata con il DPCM 30 gennaio 2008.
[68] Il decreto legge 2 luglio 2007 n. 81, recante Disposizioni urgenti in materia finanziaria è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 127 (GU 17 agosto 2007, n. 190, SO).
[69] Il D.Lgs. 204/98, recante Disposizioni per il coordinamento, la programmazione e la valutazione della politica nazionale relativa alla ricerca scientifica e tecnologica, a norma dell'articolo 11, comma 1, lettera d), della L. 15 marzo 1997, n. 59, è stato pubblicato nella GU 1° luglio 1998, n. 151. Tale norma prevede che il Programma nazionale per la ricerca - di durata triennale - sia predisposto, approvato e annualmente aggiornato sulla base degli indirizzi del DPEF, di direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri, dei piani e dei programmi di competenza delle amministrazioni dello Stato, di osservazioni e proposte delle predette amministrazioni.
[70] DL 1° ottobre 2007, n. 159, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, convertito in legge, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 29 novembre 2007, n. 222.
[71] il progetto "Scegli Italia", destinato alla promozione sulla rete Internet del "marchio Italia" nel settore del turismo, è stato approvato dal Comitato dei Ministri della Società dell’informazione in data 16 marzo 2004, con l’obiettivo di incrementare i flussi turistici nazionali ed internazionali mediante l’uso di tecnologie digitali. In tale contesto, è stata prevista e finanziata la realizzazione di una piattaforma digitale interattiva, denominata «Italia.it», che consenta la promozione dell’Italia, l’aggregazione delle strutture ricettive con funzioni di prenotazioni on-line, di gestione di contenuti informativi di qualità (e-content) e di erogazione di servizi avanzati. L’incarico di provvedere alla realizzazione e gestione di «Italia.it» è stato conferito ad Innovazione Italia spa società strumentale del Dipartimento per l’innovazione tecnologica. A seguito di apposita gara il compito di costruzione del portale è stato aggiudicato a un raggruppamento temporaneo di imprese guidato da IBM. La fase di progettazione dell’opera, tuttavia, anche a causa della non piena collaborazione delle regioni, ha registrato numerose difficoltà e ritardi. Il portale è stato tuttavia pubblicato in occasione della Borsa internazionale del turismo, il 22 febbraio 2007. Successivamente il Governo ha provveduto alla costituzione di una commissione di indagine, al fine di chiarire le responsabilità alla base delle inefficienze e delle lacune da più parti riscontrate. Rilevata la inadeguatezza del prodotto finale, con riferimento sia agli aspetti tecnologici che ai contenuti, il Governo ha pertanto deciso di procedere alla chiusura del portale.
[72] La legge-quadro 29 marzo 2001, n. 135, recante Riforma della legislazione nazionale del turismo ha definito i principi fondamentali in materia turistica e gli strumentidella politica di settore, in attuazione del testo allora vigente degli articoli 117 e 118 della Costituzione.
[73] Alla definizione dei criteri, delle procedure e delle modalità di attuazione delle disposizioni del comma si è provveduto con il DPCM 16 febbraio 2007 (GU 18 maggio 2007, n. 114). Più recentemente il DPCM 23 gennaio 2008 (GU n. 42 del 19 febbraio 2008) ha definito le modalità e i criteri di attuazione delle misure previste dall’art. 2, co. 1, lettera a) del DPCM 16 febbraio 2007.
[74] A seguito della sentenza 17 maggio-1° giugno 2006, n. 214 della Corte costituzionale che, accogliendo il ricorso presentato da alcune regioni, ha dichiarato l’illegittimità del comma 1 dell’art. 12, del DL 35/05 (che demandava ad un DPCM l’istituzione del Comitato nazionale per il turismo con compiti di orientamento e coordinamento delle politiche turistiche nazionali e di indirizzo per l'attività dell'Agenzia nazionale del turismo di cui al comma 2) il suddetto Comitato (istituito con il DPCM 9 settembre 2005), è stato ridisegnato prevedendo un maggior coinvolgimento delle regioni, ed ha assunto il nome di Comitato delle Politiche turistiche(il DPCM di istituzione è stato firmato il 28 luglio 2006, e registrato alla Corte dei conti il 7 settembre 2006 al registro n. 10, foglio n. 176). Presieduto dal Vice Presidente del Consiglio dei ministri con delega per il turismo, al Comitato sono affidati – alla luce della sentenza della Corte costituzionale - compiti di identificazione di aree di intervento soggette ad elaborazione di linee guida per una regia comune delle politiche nazionali e regionali, e di individuazione di iniziative nell’ambito di strategie condivise, finalizzate all’implementazione ed allo sviluppo del settore medesimo.
[75] Regolamento recante organizzazione e disciplina dell'Agenzia nazionale del turismo, a norma dell'articolo 12, comma 7, del D.L. 14 marzo 2005, n. 35, pubblicato nella GU 8 giugno 2006, n. 131.
[76] Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.
[77] Pubblicato nella GU 21 gennaio 2008, n. 17.
[78] Strategic Energy Technology Plan.
[79] Un Libro bianco è un progetto di documento strategico che costituisce, di solito, l'ultimo documento di consultazione proposto dalla Commissione prima dell'elaborazione del progetto legislativo.
[80] Si tratta, in particolare di:
- una comunicazione della Commissione concernente la transazione nei procedimenti per l’adozione di decisioni nei casi di cartelli (artt. 7 e 23 reg. n.1/2003);
- una proposta di regolamento che modifica il regolamento (CE) n. 773/2004 della Commissione per quanto riguarda la transazione nei procedimenti relativi ai cartelli.
[81] Il 7 giugno 2005 la Commissione ha adottato un piano d’azione sugli aiuti di Stato per il periodo 2005-2009 (COM(2005)107).
[82] Pubblicato in GUUE n. L 82, del 25 marzo 2008.
[83] Si ricorda che l’art. 88 TCE attribuisce alla Commissione la competenza specifica a decidere in merito alla compatibilità degli aiuti di Stato con il mercato comune quando si tratti di esaminare i regimi esistenti, di decidere su aiuti da istituire o modificare e di intervenire in caso di mancato rispetto delle sue decisioni o dell'obbligo di notifica.
[84] Il provvedimento fa riferimento ad un’applicazione web denominata SANI, pienamente operativa a livello UE dal 2006.
[85] Pubblicata in GUUE n. C 82 del 1 aprile 2008.
[86] Il piano d’azione sugli aiuti di Stato prevede, tra l’altro, l’allargamento del campo di applicazione del Regolamento 994/98 - relativo all'applicazione degli articoli 87 e 88 TCE a determinate categorie di aiuti di stato orizzontali - ai settori: cultura e conservazione del patrimonio, calamità naturali; produzione, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli; aiuti a carattere sociale nel settore dei trasporti.
[87] Se la Corte di Giustizia accerta, con una sentenza di inadempimento, che uno Stato membro ha mancato ad uno degli obblighi ad esso incombenti in virtù del Trattato, questo è tenuto a prendere i provvedimenti che l'esecuzione della sentenza comporta, ponendo fine all’infrazione. Se la Commissione ritiene che lo Stato non si sia conformato a tale sentenza, con un parere motivato avvia una procedura ex art. 228 TCE, fissando un termine entro il quale lo Stato deve prendere i provvedimenti che l’esecuzione della sentenza comporta e precisando, altresì, i punti sui quali lo Stato membro risulta inadempiente. Se lo Stato non si conforma al parere motivato, la Commissione può adire la Corte di Giustizia, specificando l'importo delle sanzioni di cui chiede l’inflizione. Le sanzioni consistono in una somma forfetaria e in una penalità di mora, adeguate alla gravità e alla persistenza dell’inadempimento.
[88] Il mercato unico per i cittadini. Relazione intermedia per il Consiglio europeo della primavera 2007 (COM(2007)60).
[89] Il 9 febbraio 2005 la Commissione ha presentato la comunicazione sull’Agenda sociale (COM(2005)33), relativa al periodo 2006-2010, volta ad affrontare l’ammodernamento del modello sociale europeo. L’Agenda prospetta una serie di azioni chiave relativamente all’occupazione, alle pari opportunità e all’inclusione.
[90] Dal 6 agosto al 23 settembre 2007 si è svolta una consultazione in vista dell’elaborazione di un piano d’azione dell’UE per il consumo e la produzione sostenibili nonché per una politica industriale sostenibile.
[91] COM(2006)302
[92] Lead Markets Initiative for Europe (LMI).
[93] La quarta Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), svoltasi dal 9 al 14 novembre 2001 a Doha (Qatar), ha lanciato un negoziato commerciale diretto a consentire una maggiore apertura dei mercati e a stabilire un rinnovato sistema di regole multilaterali per sostenere e rilanciare gli scambi mondiali. Il programma di lavoro delineato nella Dichiarazione ministeriale approvata dalla Conferenza - comunemente indicato come Agenda di Doha per lo sviluppo, in quanto pone le esigenze dei paesi in via di sviluppo e di quelli meno avanzati al centro dei suoi obiettivi – ha enumerato 21 questioni oggetto di negoziato e stabilito un calendario per ciascun settore.
[94] I punti che hanno determinato l’arresto del negoziato sono stati essenzialmente due: il fallimento dello scambio fra l’apertura del mercato agricolo da parte del Nord del mondo e la speculare caduta delle barriere per i prodotti industriali da parte dei Paesi in via di sviluppo; le tensioni tra USA e UE sugli aiuti di stato agli agricoltori statunitensi, da un lato, e sui dazi che l’UE impone ai prodotti agricoli importati, dall’altro.
[95] Si ricorda che la posizione negoziale dell’UE è stata aggiornata da ultimo il 28 ottobre 2005, in vista della conferenza ministeriale di Hong Kong di dicembre 2005. In quella occasione l’UE ha fatto alcune concessioni per quanto riguarda il capitolo agricolo, subordinate all’accettazione da parte dei membri dell’OMC di un certo numero di richieste in aree negoziali estranee all’agricoltura (beni industriali, paesi in via di sviluppo, indicazioni geografiche, discipline più stringenti).
[96] La dichiarazione, presentata nel corso del mese di settembre scorso al fine di sbloccare la situazione, è stata sottoscritta dalla maggioranza dei deputati; pertanto, è stata iscritta al processo verbale della seduta dell’11 dicembre 2007 tra i testi approvati, diventando così posizione ufficiale dell'Assemblea.
[97] COM(2006)567. Obiettivo della comunicazione è quello di definire una strategia per aprire nuovi mercati esteri all’Unione europea, assicurando che gli esportatori europei siano in grado di sostenere una leale competitività, e per mantenere aperti i propri mercati.
[98] La precedente strategia di accesso al mercato dell’Unione europea è stata definita nel 1996, sulla base della comunicazione della Commissione “Una strategia di accesso ai mercati per l'Unione europea” (COM (1996) 53) del 14 febbraio 1996.
[99] L'Accordo di Cotonou che sostituisce la IV Convenzione di Lomè, scaduta a febbraio 2000, riunisce in una nuova partnership l’Unione europea e i 77 paesi ACP. E’ stato firmato il 23 giugno 2000 a Cotonou in Benin per una durata di 20 anni e riveduto per la prima volta nel 2005, con lo scopo di stimolare e accelerare lo sviluppo economico, sociale e culturale degli Stati ACP, di contribuire alla pace e alla sicurezza e di favorire un clima politico stabile e democratico.
[100]L’accordo è stato siglato a dicembre 2007. Il 18 marzo 2008 la Commissione ha presentato la proposta di decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’APE con i paesi dei Caraibi (COM (2008) 156.
[101]Con tale documento la Commissione ha inteso fornire un punto di partenza al dibattito che si è svolto in occasione del Consiglio informale di Lahti (Finlandia) il 20 ottobre 2006.
[102]La Commissione specifica che normalizzazioneè sinonimo di cooperazione – su base volontaria - tra industria, consumatori, autorità pubbliche e altre parti in causa ai fini dell’elaborazione di specifiche tecniche comuni.
[103] Decisione 2006/971/CE.
[104] Decisione 2006/972/CE.
[105] Effettivamente istituito con la Decisione della Commissione 2007/134/CE del 2 febbraio 2007. Il CER è costituito da un consiglio scientifico indipendente assistito da una specifica struttura esecutiva snella istituita sotto forma di agenzia esecutiva, e destinato a sostenere la “ricerca di frontiera” realizzata da équipe in concorrenza tra loro a livello europeo e relativa a tutti i settori scientifici e tecnologici, ad esempio l’ingegneria, le scienze socio-economiche e le scienze umanistiche.
[106] Decisione 2006/973/CE.
[107] Decisione 2006/974/CE.
[108] Decisione 2006/975/CE. Il Centro comune di ricerca (CCR) ha la missione di fornire un supporto scientifico e tecnico personalizzato alla progettazione, allo sviluppo, all'attuazione e al controllo delle politiche dell'UE. Istituito presso la Commissione europea, il CCR gode dello status di direttorato Generale che ne garantisce l’indipendenza da interessi specifici, siano essi privati o nazionali. I principali settori di competenza sono: prodotti alimentari, prodotti chimici e salute; ambiente e sostenibilità; sicurezza nucleare e controlli di sicurezza, nonché attività orizzontali relative a materiali e misurazioni di riferimento, previsioni tecnico-economiche, sicurezza pubblica e lotta antifrode.
[109]Si tratta, in particolare, di:
- regolamento n. 71/2008 del 20 dicembre 2007, che istituisce l'impresa comune "CLEAN SKY"(= cielo pulito), che dovrà, tra l’altro, sviluppare tecnologie innovative a ridotto impatto ambientale nel settore dell'aeronautica e dei trasporti aerei;
- regolamento n. 72/2008 del 20 dicembre 2007, che istituisce un’impresa comune per la gestione di una iniziativa tecnologica nel settore della nanoelettronica denominata ENIAC[109];
- regolamento n. 73/2008 del 20 dicembre 2007, inteso ad istituire l’impresa comune per l'ITC in materia di medicinali innovativi - IMI;
- regolamento n. 74/2008 del 20 dicembre 2007, relativo alla costituzione dell’”Impresa comune ARTEMIS”, l'ITC per i sistemi informatici incorporati, vale a dire i computer invisibili che fanno funzionare le moderne apparecchiature.
[110] Testo della legge consultabile all’indirizzo Internet:
http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=DEVX0100081L.
[111] Testo della legge consultabile all’indirizzo Internet
http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=ECOX0600090L.
[112] Testo della legge consultabile all’indirizzo Internet
[113] Testo della legge consultabile all’indirizzo Internet
[114] Documento consultabile all’indirizzo http://www.berr.gov.uk/files/file27575.pdf.
[115] Testo del progetto consultabile all’indirizzo Internet
http://www.publications.parliament.uk/pa/cm200708/cmbills/053/2008053.pdf.
[116] Documento consultabile all’indirizzo http://www.berr.gov.uk/files/file39387.pdf.
[117] Testo della legge consultabile all’indirizzo Internet
http://www.boe.es/boe/dias/2007/07/05/pdfs/A29047-29067.pdf.
[118] Il testo della ufficiale della legge può essere consultato attraverso Internet, all’indirizzo
http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=JUSX0500076L.
[119] Il testo della ufficiale della legge può essere consultato attraverso Internet, all’indirizzo
http://www.legifrance.gouv.fr/WAspad/UnTexteDeJorf?numjo=ECEX0600189L.
[120] Il testo della ufficiale della legge può essere consultato attraverso Internet, all’indirizzo
http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexte.do?cidTexte=JORFTEXT000017785995&dateTexte.
[121] Il testo della ufficiale della legge può essere consultato attraverso Internet, all’indirizzo
[122] Il testo della legge è consultabile all’indirizzo Internet
http://www.opsi.gov.uk/acts/acts2007/pdf/ukpga_20070017_en.pdf.
[123] La legge dà attuazione ad una parte delle raccomandazioni emerse dalla relazione dell’Office of Fair Trading (OFT) sul mercato delle agenzie immobiliari, pubblicata nel 2004 (testo consultabile all’indirizzo Internet
http://www.oft.gov.uk/shared_oft/reports/consumer_protection/oft693.pdf).
[124] Il testo della legge è consultabile all’indirizzo Internet
http://www.boe.es/boe/dias/2006/12/30/pdfs/A46601-46611.pdf.
[125] Testo consultabile all’indirizzo Internet http://www.boe.es/boe/dias/2007/07/12/pdfs/A29985-29991.pdf.
[126]All’interno di questo sistema allo Stato sono rimasti affidati i compiti di assumere le determinazioni inerenti l’importazione e l’esportazione dell’energia, di definire il quadro settoriale di programmazione anche con riferimento alla ricerca scientifica, di definire i principi per il coordinato utilizzo delle risorse finanziarie regionali, nazionali e dell’Unione europea. Sono inoltre rimasti di competenza dello Stato i compiti relativi all’adozione di misure finalizzate a garantire l’effettiva concorrenzialità del mercato dell’energia elettrica, alla definizione dei criteri generali per le nuove concessioni di distribuzione dell’energia elettrica e per l’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio degli impianti di generazione di energia elettrica termica superiore ai 300 MW.
[127]La legge 23 agosto 2004, n. 239 reca Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.
[128]A decorrere dal 1° novembre 2005,a seguito dal DPCM 11 maggio 2004(Criteri, modalità e condizioni per l'unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione) che ha disposto il trasferimento del ramo d’azienda relativo a dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete a Terna s.p.a., il Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN)- società per azioni costituita il 27 aprile 1999 in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 3, co. 4, del D.Lgs.79/99 - ha cambiato denominazione socialediventando Gestore del sistema elettrico - Gse spa (di seguito: Gestore del sistema elettrico) e svolgendo essenzialmente attività di gestione, promozione e incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia.
[129]Lo stato di avanzamento dei processi di liberalizzazione nei due principali mercati energetici del nostro paese (elettricità e gas) è stato oggetto nel 2005 di due indagini conoscitive svolte congiuntamentedall’Autorità per la concorrenza e il mercato (Antitrust) e dall’Autorità per l’energia elettrica ed il gas, che hanno evidenziato il permanere di una serie di criticità strutturali del mercato, legate al peso dell’operatore principale, nonché alla composizione del parco di generazione e al forte ricorso alle importazioni che riducono la competitività del nostro Paese.
[130]Il DL 73 del 18 giugno 2007, recante Misure urgenti per l’attuazione delle disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell’energia, è stato convertito,con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 2 agosto 2007, n. 125 (GU 14 agosto 2007, n. 188).
[131]Per quanto riguarda il gas naturale, gli obblighi di separazione funzionale concernono la distribuzione ed il trasporto. La direttiva 2003/55 prevede all'articolo 9 e all'articolo 13 misure di separazione rispettivamente dei gestori del sistema di trasporto e della rete di distribuzione analoghe a quelle esposte per l'energia elettrica. Anche nel settore del gas naturale gli Stati possono decidere di non applicare le misure sulla separazione alle imprese che riforniscono meno di 100.000 clienti allacciati. Non vi sono disposizioni che impongono la separazione dell'attività di stoccaggio. Nella relazione al disegno di legge di conversione del DL 73/07 il Governo affermava che la separazione si è resa necessaria anche per tali attività, considerato che esse sono svolte per la quasi totalità da impresa totalmente controllata dall’ operatore dominante. Secondo dati forniti dall'AEEG (Relazione annuale sullo stato dei servizi e sull'attività svolta, anno 2006, p. 92), la società Stogit, di proprietà ENI, deteneva nell'anno termico 2005-2006 una capacità di stoccaggio pari a 290,5 milioni di GJ, mentre la Edison stoccaggio deteneva nello stesso anno una capacità pari a 12,4 milioni di GJ (Un GJ equivale a un miliardo di Joule. Il Joule è l'unità di misura dell'energia e del lavoro, ed è il lavoro richiesto per esercitare una forza di un newton per una distanza di un metro, perciò la stessa quantità può essere riferita come newton metro. Un joule è anche il lavoro svolto per produrre la potenza di un watt per un secondo).
[132]Per trasmissione si intende il trasporto di energia elettrica sul sistema interconnesso ad altissima tensione e ad alta tensione ai fini della consegna ai clienti finali o ai distributori, ma non comprendente la fornitura.
[133] Per impresa verticalmente integrata si intende un'impresa o un gruppo di imprese i cui rapporti reciproci sono definiti dall'articolo 3, paragrafo 3, del regolamento (CEE) n. 4064/89 del Consiglio, del 21 dicembre 1989, relativo al controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese, e in cui le società/ i gruppi interessati svolgono almeno una delle funzioni di trasmissione o distribuzione e almeno una delle funzioni di generazione o fornitura di energia elettrica.
[134]La distribuzione è definita dalla direttiva come il trasporto di energia elettrica su sistemi di distribuzione ad alta, media e bassa tensione per le consegne ai clienti, non comprendente la fornitura.
[135]Per fornitura ai sensi della direttiva si intende la vendita, compresa la rivendita di energia elettrica ai clienti (vedi art. 2, punto 19).
[136]Per quanto riguarda il settore del gas naturale, l'art. 21 del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164 ha previsto la separazione societaria (ma non funzionale) delle attività di trasporto, dispacciamento, stoccaggio, distribuzione e vendita di gas naturale, con modalità differenti secondo l'attività. Le attività di trasporto e dispacciamento sono oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas ad eccezione dell'attività di stoccaggio. L'attività di stoccaggio è oggetto di separazione contabile e gestionale (ma non societaria) dall'attività di trasporto e dispacciamento e di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas. L'attività di distribuzione è oggetto di separazione societaria da tutte le altre attività del settore del gas. L'attività di vendita può essere effettuata unicamente da società che non svolgano alcuna altra attività nel settore del gas naturale, salvo l'importazione, l'esportazione, la coltivazione e l'attività di cliente grossista.
[137]Il dispacciamento è definito come l'attività diretta ad impartire disposizioni per l'utilizzazione e l'esercizio coordinato degli impianti di coltivazione, di stoccaggio, della rete di trasporto e di distribuzione e dei servizi accessori (art. 2, co. 1, lett. j), D.Lgs. 164/2000).
[138]Tra le motivazioni della deliberarecante Obblighi di separazione amministrativa e contabile (unbundling) per le imprese operanti nei settori dell’energia elettrica e del gas, l'AEEG afferma di ritenere che:
- sia necessario modificare la vigente disciplina della separazione amministrativa tra attività, in linea con le direttive europee attualmente in vigore, introducendo vincoli di separazione funzionale che garantiscano l’indipendenza delle attività di gestione di infrastrutture essenziali per la liberalizzazione, intestando il potere decisionale a soggetti che operino in condizioni di effettiva autonomia e senza conflitti di interessi;
- gli obblighi di separazione funzionale possano essere transitoriamente sospesi, in relazione all’esercizio congiunto della attività di distribuzione dell’energia elettrica e di misura dell’energia elettrica e/o all’esercizio congiunto delle attività di distribuzione del gas naturale e di misura del gas naturale, rinviando scelte definitive specifiche per tali attività ad un momento successivo in cui possa essere valutata l’efficacia della separazione funzionale prevista per l’attività di distribuzione, a seguito di specifiche analisi da parte dell’Autorità, condotte anche attraverso verifiche ispettive.
[139]Legge 14 novembre 1995, n. 481 recante Norme per la concorrenza e la regolazione dei servizi di pubblica utilità. Istituzione delle Autorità di regolazione dei servizi di pubblica utilità.
[140]Si segnala la deliberazione dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas 27 giugno 2007, n. 157/2007, con la quale è stata approvata una prima parte della Disciplina in materia di accesso ai dati di base per la formulazione di proposte commerciali inerenti la fornitura di energia elettrica e/o di gas naturale, pubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 27 giugno 2007 (GU n. 164 del 17 luglio 2007, SO 161). La delibera è stata successivamente modificata dalla del. ARG/com 15/08, pubblicata sul sito dell’AEEG in data 20 febbraio 2008.
[141]La delibera n. 144/07 recante Disciplina del recesso dai contratti di fornitura di energia elettrica e di gas naturale, ai sensi dell’articolo 2, comma 12, lettera h), della legge 14 novembre 1995, n. 481 è statapubblicata sul sito www.autorita.energia.it in data 26 giugno 2007.
[142]Il decreto legislativo 16 marzo 1999 n. 79 reca Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica.
[143]Si segnala che l’Autorità per l’energia e il gas in attuazione di quanto disposto dal comma 3 ha emanato la deliberazione 156/2007 recante Approvazione del Testo integrato delle disposizioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas per l’erogazione dei servizi di vendita dell’energia elettrica di maggior tutela e di salvaguardia ai clienti finali ai sensi del decreto- legge 18 giugno 2007, n. 73/07 (GU n. 164 del 17 luglio-2007, SO n. 161) e successive modifiche.
[144]Determinazione dei criteri per la definizione delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica per i clienti economicamente svantaggiati e per i clienti in gravi condizione di salute.
[145]Le disposizioni del DL appaiono recepire quanto proposto dall'AEEG nella sua segnalazione al Parlamento e al Governo (Atto 15 maggio 2007, n. 19/2007). In particolare l'AEEG propone che: "le modalità di tutela nella vendita siano similari a quelle oggi vigenti, ovvero prevedendo la definizione da parte dell’Autorità delle condizioni economiche di fornitura che i fornitori sono tenuti ad offrire ai clienti domestici insieme ad altre offerte commerciali. In prospettiva si può considerare il passaggio verso un sistema di tutela che preveda l’obbligo di pubblicizzazione delle condizioni economiche di fornitura praticate in ciascun comune dalle società di vendita e la possibilità per l’Autorità di imporre la ridefinizione delle condizioni economiche in caso di prezzi ingiustificati o anomali."
[146]Regolamento recante disciplina delle procedure istruttorie dell'Autorità per l'energia elettrica e il gas, a norma dell'articolo 2, comma 24, lettera a), della legge 14 novembre 1995, n. 481.
Relativamente agli accessi e ispezioni, l'art. 8 prevede che essi siano disposti per accertare le modalità di svolgimento dei servizi e per verificare l'adempimento degli obblighi dei soggetti esercenti i servizi medesimi. I funzionari incaricati di procedere all'accesso o all'ispezione hanno il potere di: a) accedere a tutti i locali, terreni e mezzi di trasporto del soggetto nei cui confronti si svolge l'ispezione, con esclusione dei luoghi di residenza o di domicilio, estranei all'attività aziendale oggetto di indagine; b) acquisire e controllare i documenti reperiti estraendone copia; c) richiedere informazioni orali.
Nel corso dell'accesso o dell'ispezione, i soggetti interessati possono farsi assistere da consulenti di propria fiducia, senza che tale facoltà comporti la sospensione dell'accesso o dell'ispezione. Dell'attività svolta, delle dichiarazioni rese e dei documenti acquisiti, è redatto processo verbale.
[147]Il DM è stato pubblicato, per comunicato, nella GU 23 febbraio 2008, n. 46.
[148]In attuazione del DM 23 novembre 2007 l’AEEG con la delibera 337/07 ha disciplinato l’erogazione del servizio di salvaguardia, stabilendo, tra l’altro, le tempistiche per la definizione delle relative procedure concorsuali in sede di prima applicazione. Le procedure concorsuali per l’individuazione degli esercenti il servizio di salvaguardia sono state disciplinate con regolamento dell’Acquirente Unico (e pubblicate sul relativo sito Internet il 31 gennaio 2008). Ulteriori disposizioni per l’erogazione del servizio in attuazione del DM 23 novembre 2007 e del DM 8 febbraio 2008 sono state successivamente emanate con la delibera AEEG ARG/elt 13/08.
[149]Tali disposizioni sembrano accogliere quanto sostenuto dall'Autorità per l'energia elettrica ed il gas nella citata segnalazione al Parlamento (Atto 15 maggio 2007, n. 19/2007). In particolare, l'AEEG afferma che:"con riferimento agli altri clienti finali che non hanno scelto un nuovo fornitore (diversi da quelli ammessi ad usufruire della maggior tutela e che quindi non possono essere forniti dall’Acquirente Unico), dovrebbe essere previsto in via residuale che il servizio sia fornito quanto prima, e almeno a partire dal 1 gennaio 2008, da soggetti individuati attraverso procedure concorsuali; tali procedure concorsuali, che consentirebbero di selezionare in modo efficiente i fornitori anche per questi clienti, potrebbero essere effettuate per distinte aree territoriali e con cadenza annuale."
[150]Direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2003 relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE.
[151]Si veda la Relazione annuale dell'Autorità per l'energia elettrica ed il gas alla Commissione europea sullo stato dei servizi e sulla regolazione dei settori dell'energia elettrica e del gas del 31 luglio 2006, p. 80. La relazione è disponibile sul sito dell'Autorità.
[152]Si veda l'articolo 16 della direttiva per la trasparenza dei documenti di fatturazione dei consumi di elettricità approvata con la delibera 152/2006 dell'Autorità, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 188 del 14 agosto 2006 .
[153]Relativamente alle iniziative in tema di sicurezza del sistema elettrico, si ricorda che il comma 8 dell'articolo unico della legge 239/04 demanda allo Stato, con riferimento al settore elettrico, tra l'altro, l'adozione di indirizzi e misure a sostegno della sicurezza e dell'economicità: degli interscambi internazionali; degli approvvigionamenti per i clienti vincolati o disagiati; del sistema di generazione e delle reti energetiche.
[154] In particolare, per poter essere iscritti nell’elenco, i venditori devono dichiarare di possedere determinati requisiti; tra questi: l’essere costituiti in forma di società di capitali, società cooperative in forma di società di capitali, società consortili, consorzi con attività esterna; l’aver sottoposto a controllo contabile gli ultimi due bilanci approvati; detenere un giudizio di rating rilasciato da organismi riconosciuti a livello internazionale (quali Moody’s Investor Services, Standard & Poor’s Corporation o Fitch Ratings) o presentare una dichiarazione di affidabilità da parte di una società controllante, a sua volta in possesso di un giudizio di rating o di una dichiarazione di affidabilità da parte un primario istituto di credito. L’elenco sarà oggetto di aggiornamenti continui e i venditori possono chiedere in qualsiasi momento di essere iscritti all’elenco, secondo le modalità previste dalla deliberazione n. 134/07.
[155]Nuove modalità di gestione del Fondo per il finanziamento delle attività di ricerca e sviluppo di interesse generale per il sistema elettrico nazionale e abrogazione del D.M. 28 febbraio 2003 del Ministro delle attività produttive.
[156]Il DL 18 febbraio 2003, n. 25, Disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico e di realizzazione, potenziamento, utilizzazione e ambientalizzazione di impianti termoelettrici, conv. in legge, con modif., dall'art. 1 della L. 17 aprile 2003, n. 83, ha previsto che a decorrere dal 1° gennaio 2004, gli oneri generali del sistema elettrico, di cui all'art. 3, comma 11, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, siano costituiti da:
- i costi connessi allo smantellamento delle centrali elettronucleari dismesse, alla chiusura del ciclo del combustibile nucleare ed alle attività connesse e conseguenti;
- i costi relativi all'attività di ricerca e di sviluppo finalizzata all'innovazione tecnologica di interesse generale per il sistema elettrico;
- l'applicazione di condizioni tariffarie favorevoli per le forniture di energia elettrica previste dalle disposizioni richiamate nell'articolo 2, punto 2.4, della Del. AEEG 26 giugno 1997, n. 70/97, e dal DM 19 dicembre 1995;
- la reintegrazione dei maggiori costi derivanti dalla forzata rilocalizzazione all'estero delle attività di scarico a terra e rigassificazione del gas naturale importato dall'ENEL Spa dalla Nigeria, in base agli impegni contrattuali assunti anteriormente alla data del 19 febbraio 1997, e che non possono essere recuperati a seguito dell'entrata in vigore della direttiva 19 dicembre 1996, n. 96/92/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, pari ai costi annui effettivamente sostenuti derivanti dal complesso dei relativi impegni contrattuali, al netto dei costi di rigassificazione del gas naturale, sommati agli oneri derivanti dalle perdite tecniche, effettivamente sostenuti fino al 1° gennaio 2010.
[157]Articolo 10, DM 26 gennaio 2000, Individuazione degli oneri generali afferenti al sistema elettrico.
[158]Determinazione dei criteri per la definizione delle compensazioni della spesa sostenuta per la fornitura di energia elettrica per i clienti economicamente svantaggiati e per i clienti in gravi condizione di salute (GU 18 febbraio 2008, n. 41).
[159]Il DL 73 del 18 giugno 2007, recante Misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia, è stato convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 125.
[160]Si ricorda che l’Autorità per l’energia elettrica e il gas in data 20 febbraio 2003 ha diffuso un documento per la consultazione, relativo alle “Tariffe di fornitura dell’energia elettrica ai clienti domestici in bassa tensione economicamente disagiati”, recante le proprie proposte di riforma della c.d. “tariffa sociale”, ossia della tariffa agevolata riservata ai clienti economicamente disagiati.
[161]Nei documenti è stato illustrato il metodo suggerito dall'Autorità per superare il vigente sistema di agevolazioni basato sui consumi e indipendente dal reddito e dal numero dei componenti del nucleo familiare. L'Autorità ha proposto di circoscrivere l'agevolazione alle famiglie in reali condizioni di disagio economico, da individuarsi attraverso l'Indicatore della situazione economica equivalente (ISEE o c.d. "redditometro") già in uso per la fornitura agevolata di servizi essenziali. Poiché il regime delle tariffe agevolate si inquadra nel più ampio contesto della politica sociale, l'Autorità ha peraltro ritenuto necessario che fosse il Governo a indicare l'estensione e l'intensità dell'agevolazione da rimodulare.
[162] Con la delibera 135/07, del 13 giugno l’Autorità ha definito le tariffe per i servizi di trasmissione, distribuzione e misura dell’energia elettrica destinata ai clienti finali domestici connessi in bassa tensione in vigore dal 1° luglio 2007, in modo da rendere l’ordinamento tariffario compatibile con un assetto di mercato concorrenziale Con la delibera è stata introdotta una ‘tariffa di transizione” da applicare ai clienti domestici, in attesa della definizione del futuro assetto tariffario comprensivo della tariffa sociale.
[163] La componente MCT è la componente tariffaria, espressa in centesimi di euro/kWh, per il finanziamento delle misure di compensazione territoriale a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, fino al definitivo smantellamento degli impianti.
[164]Secondo la relazione tecnico-finanziaria che accompagnava lo schema del decreto sottoposto al parere parlamentare, gli oneri che si determinano per effetto dell'applicazione delle compensazioni della spesa previste dal decreto ammontano, in base a stime dell'Autorità, a circa 350 milioni di euro.
[165]La Cassa conguaglio per il settore elettrico è stata istituita dal provvedimento CIP n. 34 del 1974 (Modifiche al provvedimento CIP n. 941 del 29 agosto 1961 e successivi, riguardanti la disciplina dei prezzi dell'energia elettrica) e svolge la sua attività in materia di riscossione, di gestione e di erogazione di prestazioni patrimoniali imposte dall'Autorità per l’energia elettrica ed il gas (AEEG) e dalle altre amministrazioni competenti, al fine di garantire il funzionamento del sistema in condizioni di concorrenza, di sussidiare le imprese sfavorite nel periodo d'avvio della liberalizzazione e di coprire gli oneri generali di sistema. Il Presidente e i componenti degli organi collegiali della Cassa conguaglio sono nominati dall’AEEG d’intesa con il Ministero dell’economia e delle finanze e sono scelti fra persone dotate di alta e riconosciuta professionalità e competenza in materia economica, giuridica, contabile o finanziaria, energetica.
[166] Disposizioni urgenti in materia di oneri generali del sistema elettrico e di realizzazione, potenziamento, utilizzazione e ambientalizzazione di impianti termoelettrici. Convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 17 aprile 2003, n. 83.
[167] Ai sensi dell'articolo 4 del DPR 30 maggio 1989 n. 223, recante Approvazione del nuovo regolamento anagrafico della popolazione residente. Per famiglia - agli effetti anagrafici - si intende un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, adozione, tutela o da vincoli affettivi, coabitanti ed aventi dimora abituale nello stesso comune. Una famiglia anagrafica può essere costituita da una sola persona.
[168] Il D.Lgs 109/98, recante Definizioni di criteri unificati di valutazione della situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali agevolate, a norma dell'articolo 59, comma 51, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, è stato emanato in attuazione della norma di delega contenuta nellla legge 449/97 che prevedeva l’emanazione di uno o più decreti legislativi contenenti, con effetto dal 1° luglio 1998, la definizione della situazione economica dei soggetti richiedenti prestazioni sociali agevolate nei confronti di pubbliche amministrazioni. I citati decreti legislativi dovevano contenere anche le modalità per l’acquisizione delle informazioni e l’effettuazione dei controlli, tenendo conto dei criteri direttivi. Con il DPCM n. 221 del 1999, e con i DPCM n. 305 del 21 luglio 1999 e 29 luglio 1999, riguardanti il modello unificato per autocertificare i dati relativi alla consistenza della famiglia, è stata completata anche la parte applicativa del cosiddetto “riccometro”. Tuttavia, con il D.Lgs. n. 130 del 2000 si è provveduto ad un intervento correttivo, con la modifica di taluni rilevanti aspetti quali: la dichiarazione sostitutiva unica, l’individuazione di un nucleo familiare standard, l’istituzione di un sistema informativo dell’indicatore reggentesi su una banca dati nazionale gestita dall’INPS, il sistema di calcolo.
[169]Il comma 362 destina ad un apposito Fondo, nel limite massimo di 100 milioni di euro annui, il maggior gettito fiscale derivante dall'incidenza dell'imposta sul valore aggiunto (IVA) sui prezzi dei carburanti e combustibili di origine petrolifera, dovuto ad aumenti dei prezzi del petrolio greggio, rispetto al valore di riferimento previsto dal documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2007-2011. Il Fondo è destinato alla copertura di interventi di efficienza energetica e di riduzione dei costi della fornitura energetica per fini sociali. Il comma 363 precisa che il Fondo viene istituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico, con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro annui riferita al triennio 2007-2009 (capitolo 7655 dell'UPB 1.1.6 Investimenti, rientrante nel Programma “Gestione risorse energetiche, regolamentazione generale ed autorizzazioni nel settore energetico” della Missione “Energia e diversificazione delle fonti energetiche”). Ai sensi del comma 364 la definizione di condizioni, modalità e termini di utilizzo del suddetto fondo è demandata ad un decreto del Ministro dell’economia, per la cui adozione, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, era fissato il termine ultimo di tre mesi dall’entrata in vigore della legge finanziaria. Il fondo deve essere destinato:
§ per una quota pari a 11 milioni di euro annui per il biennio 2008-2009 agli interventi di efficienza energetica previsti dai commi 353-361. Si tratta dei contributi per gli interventi di efficienza energetica per apparecchi domestici (co. 353), per l'illuminazione (co. 354-356), per l'acquisto di apparecchi televisivi dotati di sintonizzatori digitali integrati (co. 357 e 361) e motori industriali ad alta efficienza di potenza elettrica (co. 358-360).
§ per la quota restante:
- a finanziare interventi di carattere sociale, da parte dei comuni, per la riduzione dei costi delle forniture di energia per usi civili a favore di clienti economicamente disagiati, anziani e disabili;
- per coprire i costi delle strutture amministrative da creare almeno presso ciascun comune capoluogo di provincia (cfr. comma successivo).
Il comma 365 prevede la stipula di accordi tra il Governo, le regioni e gli enti locali che garantiscano l’individuazione o la creazione, almeno in ciascun capoluogo di provincia – ove non si sia già provveduto – di strutture amministrative destinate alla gestione degli interventi previsti dal precedente comma 364. A parziale copertura dei costi di tali strutture si potrà ricorrere alle risorse del Fondo istituito dal comma 362.
[170] Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali. Nel dettaglio il titolo II, capo V del TUEL prevede una pluralità di forme associative. I comuni (e gli enti locali in genere) possono:
- stipulare tra loro convenzioni al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati;
- costituire un consorzio per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni;
- costituire unioni di comuni allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza;
- esercitare in forma associata determinate funzioni, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie;
- promuovere la conclusione di accordi di programma per la definizione e l'attuazione di opere, interventi o programmi di intervento.
[171]Direttiva 2001/77/CE del Parlamento europeo e del V Consiglio del 27 settembre 2001sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricità.
[172]Il decreto legislativo 387/03 oltre alla definizione degli obiettivi indicativi nazionali e delle misure di promozione da adottare ai fini dello sviluppo della produzione di energia dalle suddette fonti, ha introdotto “misure addizionali” finalizzate a perfezionare il meccanismo dei certificati verdi, al fine di renderlo più adeguato rispetto agli obiettivi da conseguire a livello europeo. In ossequio agli obblighi delineati nella direttiva 2001/77/CE verso gli Stati membri il provvedimento contiene disposizioni specifiche relative a singole fonti energetiche, norme di semplificazione e di razionalizzazione dei procedimenti autorizzativi, la previsione di una campagna di informazione e comunicazione a favore delle predette fonti, nonché l’inclusione dei rifiuti tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili.
[173]In attuazione delle disposizioni introdotte dal comma 71 sono stati emanati il DM 24 ottobre 2005, recante Direttive per la regolamentazione della emissione dei certificati verdi alle produzioni di energia di cui all’articolo 1, comma 71, della legge 23 agosto 2004, n. 23”, e il decreto 24 ottobre 2005, recante Aggiornamento delle direttive per l’incentivazione dell’energia prodotta da fonti rinnovabili ai sensi dell’articolo 11, comma 5, del decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79, che ha ulteriormente rafforzare l’incentivazione dei rifiuti di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 387/03.
[174]Il D.Lgs. n.387, all’articolo 13, indica le modalità di immissione nel sistema dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, facendo salvo l’obbligo di utilizzo prioritario e di precedenza nel dispacciamento previsto per tale energia nel D.Lgs.79/99 ai sensi del quale (articolo 11, comma 4) il Gestore della rete (ora GSE) assicura la precedenza, nell'ordine, all'energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili, da sistemi di cogenerazione, sulla base di specifici criteri definiti dall'Autorità per l'energia elettrica e il gas, e da fonti nazionali di energia combustibile primaria.
[175]L’energia elettrica prodotta da impianti di generazione alimentati da fonti rinnovabili e assimilate, che gode di forme di remunerazione incentivata, viene ritirata dal GRTN (ora GSE), subentrato all’Enel ai sensi dell’art. 3, co. 12, del D.Lgs. 79/99, che dispone,altresì che con apposite convenzioni, previa autorizzazione del Ministro delle attività produttive (ora dello sviluppo economico), sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, siano ceduti al Gestore, da parte delle imprese produttrici - distributrici, l'energia elettrica ed i relativi diritti di cui al titolo IV, lettera b), del provvedimento CIP n. 6/1992 (energia da fonti rinnovabili c.d incentivata); la durata di tali convenzioni è fissata in otto anni a partire dalla data di messa in esercizio degli impianti ed il prezzo corrisposto include anche il costo evitato.
[176] Il richiamo è evidentemente riferito al decreto-legge n.159/2007 (“collegato” alla manovra di finanza pubblica, convertito, con modificazioni, in legge n. 222/2007) che all'articolo 26, comma 4-bis, reca alcune norme di incentivazione dell'energia prodotta da biomasse agricole, da allevamento e forestali ottenute nell'ambito di intese di filiera o contratti quadro o di filiere corte, secondo uno schema assai simile a quello delineato dai commi 144 e 145 in commento.
[177]Si segnala che, a seguito delle innovazioni in materia di fonti rinnovabili introdotte dalla legge finanziaria 2008 l’Autorità, incaricata dell’adozione di opportuni provvedimenti volti allo sviluppo delle suddette fonti energetiche ha avviato un procedimento per l’adozione di detti provvedimenti per quanto di sua competenza con la delibera ARG/elt 2/08 (GU 29 febbraio 2008, n. 51, SO 49). L’Autorità ha adottato altresì una serie di nuove regole ed iniziative a sostegno degli impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabilitra. Tra gli interventi si segnala l’avvio di una consultazione pubblica (documento di consultazione DCO 5/08) di una serie di proposte a favore della generazione distribuita da fonti rinnovabili e da cogenerazione ad alto rendimento.
[178]Il comma 3, art. 13 del D.Lgs 397/03 prevede che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremorice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’Autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica facendo riferimento a condizioni economiche di mercato. In attuazione di quanto disposto dall’art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387 e dal comma 41 della legge n. 239/04, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, ha definito le Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239 (GU n. 61 del 15 marzo 200). il regime di ritiro regolato dalla deliberazione n. 34/05 – più volte modificato - ha trovato fondamento in una serie di elementi che, a partire dal 1° luglio 2007, in applicazione alla legge n. 125/07, hanno subito mutamenti tali da determinare la necessità di pervenire alla definizione di nuove condizioni per il funzionamento di tale regime. E’ stata quindi approvata la delibera n. 280 del 2007 (GU n. 284 del 6 dicembre 2007 n. 255) allo scopo di facilitare il ritiro dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e da generazione distribuita, garantendo ai produttori maggiori certezze e procedure semplificate..
[179]Si segnala, in proposito, la deliberazione 26 febbraio 2008, recante Criteri per la definizione del valore medio annuo del prezzo di cessione dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, comma 3, del decreto legislativo n. 387/03 ai fini della quantificazione del prezzo di collocamento sul mercato dei certificati verdi di cui all'articolo 2, comma 148, della legge n. 244/07. Quantificazione del valore medio del medesimo prezzo di cessione per l'anno 2007. (Deliberazione ARG/elt 24/08 pubblicata nella GU n. 82 del 7 aprile 2008, SO n.83.
[180]DM 28 luglio 2005, recante Criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare(GU n. 181 del 5 agosto 2005).
[181]Pubblicata sulla GU n. 234 del 7 ottobre 2005.
[182]L’art. 6 del D.Lgs. 387/03 introduce una misura volta ad agevolare la diffusione degli impianti di piccola taglia, consistente nell’applicazione del servizio di scambio sul posto dell’elettricità prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili con potenza nominale non superiore a 20kW. Il serviziodi scambio sul posto viene erogato dall’impresa di distribuzione competente territorialmente e consiste nell'operare un saldo annuo tra l'energia elettrica immessa in rete dagli impianti di potenza nominale non superiore a 20 kW, alimentati da fonti rinnovabili e l'energia elettrica prelevata dalla rete, nel caso in cui il punto di immissione e di prelievo dell'energia elettrica coincidano. La delibera n. 28/06, tenendo conto anche del DM 6 febbraio 2006 ha provveduto ad estendere la disciplina, già in vigore fin dal 2000 per l’energia elettrica prodotta da impianti fotovoltaici (del. 224), alla produzione di tutte le altre fonti rinnovabili (come l’eolico, il mini-idro ecc.), oltre che ai clienti del mercato libero. Nel caso di scambio sul posto il soggetto richiedente il servizio si configura come cliente finale e non può vendere l’energia elettrica prodotta, ma solo utilizzarla- anche in maniera differita nel tempo - per coprire i propri consumi. In sostanza il servizio di scambio sul posto consente al cliente di utilizzare i servizi di rete per immagazzinare l’energia elettrica immessa quando non esiste necessità di consumo e di riprelevarla dalla rete in caso di necessità. L’energia non consumata nell’anno di riferimento può essere utilizzata nel corso dei tre anni successivi a quello in cui matura. Alla fine di tale periodo il credito residuo viene annullato.
[183]Il regime di ritiro regolato dalla deliberazione n. 34/05 – più volte modificato - ha trovato fondamento in una serie di elementi che, a partire dal 1° luglio 2007, in applicazione della legge n. 125/07, hanno subito mutamenti tali da determinare la necessità di pervenire alla definizione di nuove condizioni per il funzionamento di tale regime. E’ stata quindi approvata la delibera n. 280 del 2007 (GU n. 284 del 6 dicembre 2007 n. 255) allo scopo di facilitare il ritiro dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e da generazione distribuita, garantendo ai produttori maggiori certezze e procedure semplificate. Il provvedimento ha introdotto anche una remunerazione minima garantita, a seconda della fonte utilizzata, per i piccoli impianti di produzione da rinnovabili (fino a 1 MW di potenza) che costituisce un sostegno aggiuntivo agli incentivi già previsti per questi impianti caratterizzati da costi di esercizio e manutenzione più elevati, come si legge nel comunicato stampa AEEG del 13 novembre 2007. Inoltre, per agevolare i produttori, la delibera affida ad un solo soggetto centralizzato, il Gestore del Sistema Elettrico (GSE), il ritiro dell’energia prodotta che in precedenza era gestito dalle varie imprese di distribuzione. Al GSE viene pertanto affidato un ruolo di intermediario commerciale sotto il controllo dell’Autorità stessa. Vengono inoltre stabilite procedure uniformi per tutti i produttori.
[184]L’articolo 13 cit. indicante le modalità di immissione nel sistema dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, al comma 3 prevede, in funzione incentivante, che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica di cui al presente comma facendo riferimento a condizioni economiche di mercato. In attuazione di quanto disposto dall’art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387/03 e dal comma 41 della legge n. 239/04, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, ha definito le “Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU n. 61 del 15 marzo 200). Modifiche e integrazioni alla delibera sono state apportate, successivamente, con le delibere nn. 49/05, 64/05 e 165/05.
[185]kWp: l’unità di misura che esprime la potenza massima («picco») di un modulo o di un generatore solare.
[186]Le componenti tariffarie A costituiscono un'importante caratteristica della tariffa elettrica italiana e sono poste a copertura di oneri sostenuti nell'interesse generale del sistema elettrico (quali ad esempio i costi di ricerca, i costi per l'incentivazione dell'utilizzo di fonti energetiche rinnovabili etc.) individuati dal Governo con decreto o dal Parlamento tramite legge. Tali oneri vengono generalmente identificati come oneri impropri in quanto rappresentano costi che ricadono in tariffa senza essere giustificati da ragioni di efficienza, in quanto si tratta di oneri sostenuti nell'interesse della collettività. I costi gravano sia sui clienti vincolati, sia sui clienti liberi e sono posti a maggiorazione dei corrispettivi per il servizio di trasporto. I valori delle componenti tariffarie A2-A6 sono determinati dall'Autorità e sono differenziati per tipologia di utenza. La gestione del gettito delle componenti A avviene attraverso appositi conti istituiti presso la Cassa conguaglio per il settore elettrico. In particolare, la componente A3 è posta a copertura dei costi sostenuti dal GRTN per l'acquisto e la vendita di energia CIP6 (da fonti rinnovabili e assimilate).
[187]L’art. 9, comma 1, del D.Lgs. 79/99 impone alle imprese distributrici l’obbligo di connettere alle proprie reti tutti i soggetti che ne facciano richiesta, senza che sia compromessa la continuità del servizio e nel rispetto delle regole tecniche e delle deliberazioni emanate dall’Autorità per l‘energia in materia di tariffe. L’articolo 14 del D.Lgs. 387/03, che costituisce attuazione di quanto previsto dall’articolo 7 della direttiva 2001/77/CE, demanda all’Autorità per l’energia elettrica ed il gas il compito adottare direttive relative alle condizioni tecniche ed economiche per l’erogazione del servizio di connessione di impianti alimentati da fonti rinnovabili alle reti elettriche con tensione nominale superiore ad 1 kV.
[188]Nell’ottica della semplificazione e razionalizzazione delle procedure autorizzative, il D.Lgs. n. 387 del 29 dicembre 2003, all’art. 12, stabilisce che la costruzione e l’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili, per i quali è previsto il rilascio di qualche autorizzazione, sono soggetti ad una autorizzazione unica da rilasciarsi a seguito di un procedimento della durata massima di 180 giorni, nel rispetto delle norme in materia ambientale, di tutela del paesaggio e del patrimonio storico-artistico.
[189]L’autoproduttore, secondo la definizione data all’art. 2 comma 2, del D.Lgs. 16 marzo 1999 n. 79, è la persona fisica o giuridica che produce energia elettrica e la utilizza in misura non inferiore al 70% annuo per uso proprio ovvero per uso delle società controllate, della società controllante e delle società controllate della medesima controllante, nonché per uso dei soci delle società cooperative di produzione e distribuzione dell’energia elettrica di cui all’art. 4, numero 8, della legge 6 dicembre 1962, n.1643, degli appartenenti ai consorzi o società consortili per la produzione di energia elettrica da fonti energetiche rinnovabili e per gli usi di fornitura autorizzati nei siti industriali anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto n. 79/99. Volendo esemplificare, e nel caso più semplice in cui produzione e consumo avvengono nello stesso sito, l’energia autoconsumata è determinata come differenza tra l’energia prodotta e l’energia immessa in rete; il GSE verifica in tal caso che il rapporto tra l’energia autoconsumata e l’energia prodotta non sia inferiore a 0,7.
[190]Per gli impianti di cui sono soggetti responsabili gli enti locali si ricorda in questa sede che i commi 173-174 dell’art. 2, legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge finanziaria 2008) recano disposizioni concernenti gli impianti fotovoltaici i cui “soggetti responsabili” sono gli enti locali.In particolare il comma 173 prevede che i suddetti impianti fotovoltaici rientrino ex lege nella tipologia di impianti fotovoltaici con integrazione architettonica, di cui alla lettera b3) dell'articolo 2 del decreto ministeriale 19 febbraio 2007 nell'ambito delle disponibilità indicate dall'articolo 12 del DM e ai fini dell’applicazione delle tariffe incentivanti ventennali fissate dall’articolo 6 dello stesso decreto.Il comma 174 prevede che l'autorizzazione unica per la costruzione e l'esercizio degli impianti fotovoltaici i cui soggetti responsabili sono enti locali venga rilasciata – qualora sia necessaria ai sensi della vigente legislazione e in relazione alle caratteristiche e all’ubicazione dell’impianto - a seguito del procedimento unico disciplinato dal comma 4 dell'articolo 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 per il complesso degli impianti.
[191]L’articolo 13 cit. indicante le modalità di immissione nel sistema dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, al comma 3 prevede, in funzione incentivante, che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica di cui al presente comma facendo riferimento a condizioni economiche di mercato. In attuazione di quanto disposto dall’art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387/03 e dal comma 41 della legge n. 239/04, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, ha definito le “Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU n. 61 del 15 marzo 200). La delibera è stata successivamente modificata più volte (cfr. infra).
[192]Legge 27 dicembre 2002 n. 289,recante Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003), pubblicata nella GU 31 dicembre 2002, n. 305, S.O. Il comma 5 dell’articolo 2 interviene in materia di detrazione di imposta ai fini IRPEF perinterventi di ristrutturazioni edilizie, di cui all’articolo 1 della L. n. 449/97 (provvedimento collegato alla manovra finanziaria per il 1998) e successive modificazioni, prorogando il termine entro il quale l’agevolazione può essere usufruita e apportando alcune modifiche alla materia.
[193]L’Osservatorio nazionale sulle fonti rinnovabili e l’efficienza negli usi finali dell’energia è stato istituito dall’art. 16 del D.Lgs. 387/03 e destinato a verificare la coerenza tra le misure incentivanti e le normative promosse a livello statale e regionale. All’Osservatorio compete, altresì, il monitoraggio delle iniziative di sviluppo del settore; la valutazione degli effetti delle misure di sostegno nell'ambito delle politiche e misure nazionali per la riduzione delle emissioni di gas serra; l’esame delle prestazioni delle varie tecnologie; l’effettuazione di periodiche audizioni degli operatori del settore; la proposizione di misure e iniziative eventualmente necessarie per migliorare la previsione dei flussi di cassa dei progetti finalizzati alla costruzione e all'esercizio di impianti alimentati da fonti rinnovabili e di centrali ibride. L'Osservatorio dovrà inoltre proporre le misure e le iniziative eventualmente necessarie per salvaguardare la produzione di energia elettrica degli impianti alimentati a biomasse e rifiuti, degli impianti alimentati da fonti rinnovabili non programmabili e degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza inferiore a 10 MVA, prodotta successivamente alla scadenza delle convenzioni richiamate all'articolo 13, commi 2 e 3, ovvero a seguito della cessazione e del diritto ai certificati verdi.
[194]Direttiva 2004/8/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 febbraio 2004, recante Promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell’energia.
[195]Il Libro verde è stato adottato dalla Commissione europea il 29 novembre 2000 [COM(2000) 769 def].
[196]In attuazione di quanto disposto dall’art. 2, comma 8, del decreto legislativo 79/1999, che demanda all'Autorità per l'energia elettrica e il gas la definizione delle condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore come cogenerazione, l’AEEG ha adottato la deliberazione 19 marzo 2002, n. 42/02 (GU 4 aprile 2002, n. 79), modificata dalle delibere 11 novembre 2004, n. 201 (GU 9 dicembre 2004, n. 288) e 29 dicembre 2005, n. 296 (GU 1° febbraio 2006, n. 26).
[197]Il provvedimento CIP 15/89 concernente l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, da cogenerazione e da altre fonti assimilate, i prezzi di cessione all’ENEL ed i contributi di incentivazione alla nuova produzione (poi modificato dal provvedimento 34/90) considera alimentati da fonti rinnovabili ed assimilate tra gli altri anche gli impianti di produzione combinata di energia elettrica e calore.
[198]La legge n.9/91 (Norme per l'attuazione del nuovo Piano energetico nazionale: aspetti istituzionali, centrali idroelettriche ed elettrodotti, idrocarburi e geotermia, autoproduzione e disposizioni fiscali) all’articolo 22 escludeva dall’assoggettamento alla riserva disposta in favore dell’ENEL dalla legge 1643/62 e alle autorizzazioni previste dalla normativa emanata in materia di nazionalizzazione di energia elettrica, gli impianti utilizzanti fonti di energia rinnovabili o assimilate e in particolare la produzione di energia elettrica a mezzo di impianti combinati di energia e calore. La legge 10/91 (Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionalein materia di uso nazionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia) all’articolo 1, comma 3, prevede che la cogenerazione – intesa come produzione combinata di energia elettrica o meccanica di calore – sia considerata fonte di energia assimilata alle fonti rinnovabili.
[199]Secondo la delibera gli impianti di cogenerazione, intesa come produzione combinata di energia elettrica e di calore, rientrano tra le fonti energetiche assimilate alle fonti rinnovabili.
[200]L’articolo 13 cit. indicante le modalità di immissione nel sistema dell’energia elettrica da fonti rinnovabili, al comma 3 prevede, in funzione incentivante, che l’energia prodotta da impianti di potenza inferiore ai 10 MVA, nonché da impianti di qualsiasi taglia, alimentati da fonte eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice ed idraulica, limitatamente, per quest’ultima, agli impianti ad acqua fluente, sia ritirata, su richiesta del produttore, dal gestore della rete alla quale l’impianto è collegato. L’autorità per l’energia elettrica ed il gas determina le modalità per il ritiro dell'energia elettrica di cui al presente comma facendo riferimento a condizioni economiche di mercato. In attuazione di quanto disposto dall’art. 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo n. 387/03 e dal comma 41 della legge n. 239/04, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con la delibera del 23 febbraio 2005, n. 34, ha definito le “Modalità e condizioni economiche per il ritiro dell'energia elettrica di cui all'articolo 13, commi 3 e 4, del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387, e al comma 41 della legge 23 agosto 2004, n. 239” (GU n. 61 del 15 marzo 2005). il regime di ritiro regolato dalla deliberazione n. 34/05 – più volte modificato - ha trovato fondamento in una serie di elementi che, a partire dall’1 luglio 2007, in applicazione alla legge n. 125/07, hanno subito mutamenti tali da determinare la necessità di pervenire alla definizione di nuove condizioni per il funzionamento di tale regime. E’ stata quindi approvata la delibera n. 280 del 2007 (GU n. 284 del 6 dicembre 2007 n. 255) allo scopo di facilitare il ritiro dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili e da generazione distribuita, garantendo ai produttori maggiori certezze e procedure semplificate.
[201]Riordino del settore energetico, nonché delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia.
[202]Il sistema di teleriscaldamento si compone di una rete di trasporto e di una centrale di produzione del calore, messi entrambi al servizio contemporaneamente di più edifici. La centrale di teleriscaldamento può utilizzare tecnologie cogenerative e/o fonti rinnovabili. Il calore distribuito dalla reti di teleriscaldamento può provenire dai combustibili fossili (prodotti petroliferi, gas naturale carbone, ovviamente utilizzati in modalità cogenerativa), da fonti rinnovabili (solare, geotermia, biomasse e frazione combustibile dei rifiuti) o da reflui industriali.
Il calore che viene distribuito con i sistemi di teleriscaldamento urbano deriva da impianti a produzione semplice (solo calore) e a produzione combinata (calore + energia elettrica).
Alla prima tipologia di impianti appartengono le caldaie per produzione di calore in forma di vapore, acqua calda, acqua surriscaldata, olio diatermico. Gli impianti a produzione combinata, invece, sono gli impianti di cogenerazione che nella pratica attuale possono essere alimentati da un ciclo a vapore, a spillamento o a contropressione, con motori a combustione interna, con turbine a gas, a ciclo combinato. Nuove tecnologie sono in fase di introduzione e comprendono l'utilizzo di celle a combustibile e microturbine. Il sistema di distribuzione può essere diretto o indiretto, più utilizzato in Italia. Nel primo caso, un unico circuito idraulico collega la centrale di produzione con il corpo scaldante (termosifone o piastra) dell’utente. Viceversa, nel secondo caso, sono presenti due circuiti separati, mantenuti in contatto attraverso uno scambiatore di calore.
[203]Attuazione della direttiva 2004/8/CE sulla promozione della cogenerazione basata su una domanda di calore utile nel mercato interno dell'energia, nonché modifica alla direttiva 92/42/CEE. Pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 marzo 2007.
[204]L’art. 1 del presente D.Lgs. stabilisce che fino al 31 dicembre 2010 venga considerata cogenerazione ad alto rendimento la cogenerazione che rispetta i parametri definiti dall’AEEG, così come previsto dall’articolo 8, comma 2, del decreto legislativo 79/99. L’Autorità ha provveduto a definire le condizioni per il riconoscimento della produzione combinata di energia elettrica e calore con la deliberazione 19 marzo 2002, n. 42/02, e succ. modifiche. Si segnala che con la delibera 91/07 l’AEEG ha avviato un procedimento ai fini dell’attuazione del D.Lgs. 20/2007, in relazione ai profili di propria pertinenza.
[205]A decorrere dal 1° novembre 2005,a seguito del DPCM 11 maggio 2004(Criteri, modalità e condizioni per l'unificazione della proprietà e della gestione della rete elettrica nazionale di trasmissione) che ha disposto il trasferimento del ramo d’azienda relativo a dispacciamento, trasmissione e sviluppo della rete a Terna s.p.a., il Gestore della rete di trasmissione nazionale (GRTN) - società per azioni costituita il 27 aprile 1999 in ottemperanza a quanto previsto dall’art. 3, co. 4, del D.Lgs.79/99 - ha cambiato denominazione socialediventando Gestore del sistema elettrico - Gse spa e svolgendo essenzialmente attività di gestione, promozione e incentivazione delle fonti rinnovabili in Italia. Al GSE spetta il rilascio della garanzia di origine, riconoscimento introdotto dalla direttiva comunitaria 2001/77 per l’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabile, e dei certificati RECS (Renewable Energy Certificate System), titoli internazionali, su base volontaria, attestanti la produzione rinnovabile. In capo a detto soggetto, sulla base delle disposizioni dell'art. 1 del decreto, rimangono inoltre le funzioni di cui all'art. 3, commi 12 e 13, del D.Lgs. n. 79/99 (cessione dei diritti e delle obbligazioni relative all'acquisto di energia elettrica, comunque prodotta da altri operatori nazionali, da parte dell'Enel spa al Gestore della rete di trasmissione nazionale spa; cessione, da parte del Gestore del sistema elettrico spa, dell'energia elettrica ritirata ai sensi del comma 3 dell'art. 22 della legge 9 gennaio 1991, n. 9, nonché di quella prodotta da parte delle imprese produttrici-distributrici ai sensi del titolo IV, lettera b) del provvedimento CIP n. 6/92, ceduta al Gestore medesimo previa definizione di specifiche convenzioni autorizzate dal Ministro dell'industria,ora dello sviluppo economico).
[206]Approvazione delle procedure tecniche o per il rilascio della garanzia d’origine dell’elettricità prodotta da cogenerazione ad alto rendimento (GU 26 novembre 2007, n. 275).
[207]I dati elencati nell’articolo 4 sono i seguenti: ubicazione dell’impianto;tecnologia utilizzata;combustibile dal quale è stata prodotta l’elettricità; quantità di combustibile utilizzato mensilmente; corrispondente produzione netta mensile di energia elettrica da cogenerazione ad alto rendimento, in conformità all'allegato II del D.Lgs., che la garanzia di origine rappresenta; potere calorifico inferiore del combustibile da cui è stata prodotta l'elettricità; uso del calore generato insieme all'elettricità; risparmio di energia primaria, calcolato conformemente all'allegato III.
[208] Decreti ministeriali del 24 aprile 2001 recanti, rispettivamente, Individuazione degli obiettivi quantitativi per l'incremento dell'efficienza energetica negli usi finali ai sensi dell'art. 9, comma 1, del D.Lgs. 16 marzo 1999, n. 79 e Individuazione degli obiettivi quantitativi nazionali di risparmio energetico e sviluppo delle fonti rinnovabili di cui all'art. 16, comma 4, del D.Lgs. 23 maggio 2000, n. 164”, che hanno istituito un sistema finalizzato alla promozione delle tecnologie energeticamente efficienti, in attuazione degli artt. 9 del D.Lgs. 79/99 e 16, comma 4, del D.Lgs. 164.
[209]Delibera 213/04 recante Determinazione degli obiettivi specifici per l’anno 2005 di risparmio di energia primaria per i distributori di energia elettrica e di gas naturale soggetti agli obblighi di cui ai Decreti ministeriali 20 luglio 2004 e disposizioni per la Cassa conguaglio per il settore elettrico ai fini dell’attuazione dell’articolo 13 dei medesimi decreti.
[210]Si segnala che l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha pubblicato il secondoRapporto annuale sul funzionamento in Italia del meccanismo dei titoli di efficienza Energetica – (TEE). Il documento, oltre a riportare una sintesi dell’evoluzione del quadro normativo e regolatorio di riferimento e ad esporre valutazioni di carattere generale e di prospettiva, sostanzialmente illustra i risultati conseguiti al termine del secondo anno di attuazione (31 maggio 2007) e commenta le principali tendenze evolutive rispetto a quanto registrato l’anno precedente.
[211]DM 21 dicembre 2007 recante Revisione e aggiornamento dei D.M. 20 luglio 2004, concernenti l'incremento dell'efficienza energetica degli usi finali di energia, il risparmio energetico e lo sviluppo delle fonti rinnovabili, pubblicato nella GU 28 dicembre 2007, n. 300.
[212] Sullo schema di decreto legislativo, recante attuazione della direttiva 2006/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio (229), trasmesso alla Camera dal Ministro per i rapporti con il Parlamento e le riforme istituzionali ai sensi dell'articolo 1 della legge 6 febbraio 2007, n. 13, hanno espresso parere le commissioni: X Attività produttive(favorevole con osservazioni - 27 marzo 2008); V Bilancio (favorevole - 26 marzo 2008) e XIV Politiche dell’unione europea (favorevole con osservazioni – 1° aprile 2008). Il Servizio studi della Camera in occasione dell’esame del provvedimento ha predisposto, in collaborazione con il Senato, il dossier n. 205 del 26 marzo 2008 (Atti del Governo).
[213]Il DM 6 febbraio 2006 ha modificato e integrato il DM 28 luglio 2005 recante Criteri per l'incentivazione della produzione di energia elettrica mediante conversione fotovoltaica della fonte solare.
[214]Si ricorda che il DL 7 febbraio 2002, n. 7, recante Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2002, n. 55, ha individuato gli elementi essenziali di una nuova procedura volta ad autorizzare la costruzione e l’esercizio di impianti di energia elettrica di potenza superiore a 300 MW termici. In particolare, ha stabilito che: gli impianti, gli interventi di modifica e le opere connesse sono dichiarati opere di pubblica utilità; l’autorizzazione è rilasciata, previa intesa con la Conferenza Stato-Regioni, a seguito di un procedimento unico al quale partecipano le amministrazioni statali e locali; la Valutazione di impatto ambientale costituisce parte integrante e condizione necessaria del procedimento; l’istruttoria deve in ogni caso concludersi entro 180 giorni e l’autorizzazione ha effetto di variante degli strumenti urbanistici e del piano regolatore portuale.
[215] La legge 7 agosto 1990, n. 241 reca Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi (GU 18 agosto 1990, n. 192).
[216]EMAS (EcoManagement and Audit Scheme) è il sistema volontario europeo per le imprese e le altre organizzazioni che si impegnano a valutare, gestire e migliorare la propria prestazione ambientale, previsto da Regolamento (CEE) n. 761/2001, che incentiva le imprese ad attuare volontariamente interventi di miglioramento delle proprie prestazioni ambientali in cambio di una registrazione rilasciata dal Comitato EMAS nazionale. Il citato Regolamento (CE) n. 761/01del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 marzo 2001, che ha sostituisce il regolamento (CEE) n. 1836/93 applicabile ai soli siti del settore manifatturiero, è stato impostato allargando il campo di applicazione a tutte quelle attività che hanno impatti ambientali significativi.
[217] La richiamata disposizione del D.Lgs. n. 152 del 3 aprile 2006 stabilisce che i certificati verdi maturati a fronte di energia prodotta ai sensi dell’art. 1, comma 71, della legge 239/04 possono essere utilizzati per assolvere all’obbligo di immissione in rete di una quota di energia da fonte rinnovabile, di cui all’art. 11, del D.Lgs. 79/99, solo successivamente all’annullamento dei certificati verdi maturati dai produttori di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili così come definite dal D.Lgs. 387/03 di recepimento della direttiva 2001/77/CE sulle fonti rinnovabili di energia.
[218]Pubblicato sulla GU 1 febbraio 2007, SO 26/L.
[219]Legge 31 ottobre 2003, n. 306.
[220]La direttiva 2002/91/CE è stata adottata con l'obiettivo di migliorare la prestazione energetica degli edifici nella Comunità, tenendo conto delle condizioni locali e climatiche esterne, nonché delle prescrizioni riguardanti il clima degli ambienti interni e l'efficacia sotto il profilo dei costi; il miglioramento del rendimento energetico degli edifici è funzionale alla riduzione delle emissioni inquinanti di biossido di carbonio. Il considerando n. 6 della direttiva mette in evidenza come l’energia impiegata nel settore residenziale e del terziario costituisca oltre il 40% del consumo finale di energia della Comunità (a 15 membri), e come essendo questo un settore in espansione i consumi di energia e le conseguenti emissioni di carbonio siano destinati ad aumentare.
[221]In particolare l'articolo 7 della citata direttiva stabilisce che in fase di costruzione, compravendita o locazione di un edificio, l’attestato di certificazione energetica sia messo a disposizione dell'acquirente o del conduttore che in tal modo è in grado di valutare e raffrontare la prestazione energetica dell'edificio ai fini della comparazione dei costi.
[222]Tra questi provvedimenti, si segnala, in primo luogo, la legge 30 aprile 1976, n. 373, recante Norme per il contenimento del consumo energetico per usi termici negli edifici, con la quale si è inteso regolare le caratteristiche di prestazione dei componenti, l’installazione, l'esercizio e la manutenzione degli impianti termici per il riscaldamento degli ambienti e per la produzione di acqua calda per usi igienici e sanitari negli edifici pubblici o privati, nonché le caratteristiche di isolamento termico degli edifici da costruire o ristrutturare, nei quali sia prevista l'installazione di un impianto termico di riscaldamento degli ambienti.
[223] Recante Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.
[224] Adottato in attuazione dell'art. 4, comma 4, della citata legge n. 10/1991; tale regolamento è stato successivamente modificato dal regolamento di cui al DPR 21 dicembre 1999, n. 551.
[225]L’allegato D reca disposizioni inerenti le predisposizioni per l'integrazione di impianti solari termici e fotovoltaici nelle coperture degli edifici e per l'allaccio alle reti di riscaldamento.
[226]L’Allegato B contiene gli elementi climatici e le caratteristiche degli edifici e degli impianti tradizionali e utilizzanti fonti rinnovabili, di cui si deve tener conto nella definizione delle metodologie di calcolo e di espressione della prestazione energetica degli edifici.
[227]L’Allegato E contiene lo schema per la compilazione della Relazione tecnica di cui all’art. 28 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, attestante la rispondenza alle prescrizioni i materia di contenimento dei consumi energetici.
[228]Si segnala il 2° Rapporto del Ministero dello sviluppo economico sull’attuazione della legge 248/06 (DL 223/06).
[229]Il decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, recante Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale,è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.
[230]Nel corso dell'indagine conoscitiva svolta nella XIV legislatura sulle dinamiche dei prezzi e delle tariffe e sulla tutela dei consumatori (mercoledì 12 febbraio 2003) in seduta congiunta della 10a Commissione permanente (Industria, commercio, turismo) del Senato con la X Commissione permanente (Attività produttive, commercio e turismo) della Camera, il professor Tesauro, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha osservato - tra l'altro - che:
"...Per quanto riguarda la distribuzione commerciale, è innegabile che negli ultimi anni si è assistito in Italia ad un ampio processo di liberalizzazione, che ha riguardato soprattutto gli esercizi di dimensioni più piccole, ormai praticamente liberi nelle loro decisioni di localizzazione e di assortimento. La concorrenza tra esercizi più modesti è quindi elevata. Per le medie e grandi superfici, è stato invece mantenuto un regime autorizzatorio, che prevede l'intervento delle amministrazioni comunali e regionali sulla base di criteri principalmente improntati alla programmazione urbanistica. In realtà, molte Regioni hanno dato una interpretazione restrittiva delle disposizioni normative nazionali, mantenendo in vita una programmazione strutturale dell'offerta che prevede o mantiene ingiustificati vincoli quantitativi alle possibilità di ingresso nel mercato di esercizi di dimensioni più grandi. Come conseguenza di queste politiche, in molte Regioni gli ingressi di nuove imprese, soprattutto nei segmenti degli ipermercati, sono possibili solo attraverso acquisizioni di operatori esistenti ed accorpamenti delle relative licenze. Le limitazioni amministrative all'aumento del numero degli operatori nelle medie e grandi superfici, che è particolarmente rilevante nel Mezzogiorno, tendono ad indebolire l'operare della concorrenza tra gli operatori di dimensioni più grandi e ad impedire che le riduzioni dei costi associate alla maggiore dimensione raggiungano i consumatori attraverso un abbassamento dei prezzi. Va da sé, ad esempio, che se il numero degli ipermercati è inferiore a quello necessario per soddisfare la domanda dei consumatori, gli ipermercati esistenti mantengono un rilevante potere di mercato e i loro prezzi rimangono pertanto elevati. Come conseguenza, rimangono elevati anche i prezzi del dettaglio tradizionale. È chiaro, da questo quadro, che frenare ingiustificatamente l'adeguamento della struttura della distribuzione commerciale alle mutate esigenze dei consumatori determina importanti svantaggi in termini di disponibilità di luoghi alternativi di acquisto e di condizioni di vendita".... "Una possibile risposta alle preoccupazioni in materia dei prezzi è pertanto una maggiore liberalizzazione della distribuzione commerciale, sia in termini di autorizzazione all'ingresso nel mercato, che in relazione ai comportamenti delle imprese, e non certo il ricorso a ulteriori forme di regolazione, dagli effetti incerti ma che in un bilancio globale è certamente negativo per lo sviluppo dell'economia nazionale".
I temi sollevati nel corso della citata audizione sono riportati anche nella pure ricordata relazione al disegno di legge, specificando ulteriormente che "anche il Governatore della Banca d’Italia è intervenuto recentemente sul tema dell’assetto normativo del commercio: nella sua ultima relazione annuale ha evidenziato che non tutte le regioni hanno colto l’occasione del trasferimento di competenze per liberalizzare; anzi, «nelle regioni dove si sono adottati criteri più restrittivi, efficienza produttiva e diffusione delle nuove tecnologie ne sono risultate frenate, a scapito dei consumatori e della stessa crescita dell’occupazione nel settore».
[231] Con la citata segnalazione l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha richiamato l'attenzione in merito a due aspetti della regolamentazione adottata dalla Regione Siciliana in materia di commercio, relativi ai criteri di valutazione delle domande di autorizzazione per l'apertura, il trasferimento o l'ampliamento di sede di grandi strutture di vendita.
Il primo aspetto è rappresentato dall'inclusione, tra i vari criteri di valutazione, di considerazioni attinenti alla quota di mercato dell'impresa che intende realizzare l'iniziativa per cui è chiesta l'autorizzazione. L'Autorità ha osservato che tale norma, prevedendo una valutazione effettuata esclusivamente sulla base di una predeterminata quota massima di mercato, può determinare ingiustificate distorsioni della concorrenza, in quanto è in grado di impedire la crescita delle imprese e il conseguimento di economie di scala che, nei contesti di mercato caratterizzati dalla presenza di qualificati concorrenti, possono condurre a benefici per i consumatori. Pertanto, tale norma ha l'effetto di limitare l'esercizio dell'attività imprenditoriale senza tutelare la concorrenza e i consumatori, recando al contrario un potenziale danno agli stessi.
Il secondo è rappresentato dall'esistenza di limiti quantitativi per il rilascio delle autorizzazioni in discorso. L'Autorità ha ribadito il proprio orientamento contrario al conseguimento degli equilibri di mercato mediante la programmazione della struttura dell'offerta, la quale determina ostacoli all'evoluzione del mercato stesso e distorsioni della concorrenza ingiustificati.
[232]Ministero dello sviluppo economico, Rapporto sullo stato di attuazione ed effetti per il cittadino consumatore del 1° e 2° pacchetto di liberalizzazioni, in Mercato consumatori, settembre 2007 e il 2° Rapporto sull’attuazione della Legge 248/06 (1° decreto Bersani D.L. 223/06) art. 3 Distribuzione commerciale - Report sull’adeguamento delle norme regionali (rilevazioni luglio 2007).
[233] L. 24 dicembre 1993, n. 537 Interventi correttivi di finanza pubblica.
[234] Nei casi in cui, cioè, la P.A. è chiamata solo a verificare la sussistenza dei presupposti di legge, senza bisogno di procedere discrezionalmente ad una ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti.
[235]In particolare, rispetto al testo previgente, l’articolo 3, nella enumerazione di atti amministrativi ampliativi surrogabili dalla DIA, non comprende né il riferimento alla “abilitazione”, né una clausola di chiusura. Presupposti della DIA sono la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato e l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto. Non possono essere surrogati dalla dichiarazione di inizio attività i solo atti autorizzativi rilasciati dalle amministrazioni preposte: alla difesa nazionale; alla pubblica sicurezza; all’immigrazione; all’amministrazione della giustizia; alla amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco); alla tutela della salute e della pubblica incolumità; alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente. Sono inoltre non surrogabili dalla DIA gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria. Sul piano procedurale, la modifica in esame prevede: la presentazione della DIA anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste; il divieto alla PA competente di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità attestate in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa; l’inizio dell’attività con contestuale comunicazione alla pubblica amministrazione decorsi trenta giorni dalla presentazione della DIA; il potere della PA - nei trenta giorni successivi alla suddetta comunicazione - di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, ove si accerti la carenza di condizioni, modalità e fatti legittimanti; sospensione del termine per l’adozione, da parte della PA competente, dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti, fino a trenta giorni nei casi in cui la legge richiede pareri di organi o enti appositi. L’articolo contiene poi una norma di salvaguardia, in base alla quale è fatto “comunque” salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di “autotutela”, in particolare la revoca del provvedimento e l’ annullamento d’ufficio del provvedimento.
[236]Il decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7 recante Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese è stato convertito, con modificazioni, dall’articolo 1 della legge 2 aprile 2007, n. 40.
[237] L. 24 dicembre 1993, n. 537 Interventi correttivi di finanza pubblica.
[238] Nei casi in cui, cioè, la P.A. è chiamata solo a verificare la sussistenza dei presupposti di legge, senza bisogno di procedere discrezionalmente ad una ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti.
[239]Presupposti della DIA sono la natura vincolata dell’atto amministrativo surrogato e l’assenza di alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per il rilascio dell’atto. Non possono essere surrogati dalla dichiarazione di inizio attività i solo atti autorizzativi rilasciati dalle amministrazioni preposte: alla difesa nazionale; alla pubblica sicurezza; all’immigrazione; all’amministrazione della giustizia; alla amministrazione delle finanze (ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco); alla tutela della salute e della pubblica incolumità; alla tutela del patrimonio culturale e paesaggistico e dell’ambiente. Sono inoltre non surrogabili dalla DIA gli atti amministrativi imposti dalla normativa comunitaria. Sul piano procedurale, la nuova disciplina della DIA prevede: la presentazione, anche per mezzo di autocertificazioni, delle certificazioni e delle attestazioni normativamente richieste; il divieto alla PA competente di richiedere informazioni o certificazioni relative a fatti, stati o qualità attestate in documenti già in possesso dell’amministrazione stessa; l’inizio dell’attività con contestuale comunicazione alla pubblica amministrazione decorsi trenta giorni dalla presentazione della DIA; il potere della PA - nei trenta giorni successivi alla suddetta comunicazione - di adottare motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione dei suoi effetti, ove si accerti la carenza di condizioni, modalità e fatti legittimanti; la sospensione del termine per l’adozione, da parte della PA competente, dei provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti, fino a trenta giorni nei casi in cui la legge richiede pareri di organi o enti appositi. Resta comunque salva la possibilità per l’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di “autotutela”, in particolare la revoca del provvedimento e l’ annullamento d’ufficio del provvedimento.
[240]Con riferimento all’attività di acconciatore ed estetista, la relazione governativa al DDL di conversione segnalava la sentenza del Consiglio di Stato del 20 gennaio 2006, secondo la quale il vincolo della distanza minima previsto dai regolamenti comunali riguardanti tali attività violava sia il principio sulla libertà di iniziativa economica di cui all’art. 41 della Costituzione, sia i principi di sviluppo concorrenziale dell’economia stessa.
[241]L’attività di acconciatore comprende (art. 2 L. 174/2005) “tutti i trattamenti e i servizi volti a modificare, migliorare, mantenere e proteggere l’aspetto estetico dei capelli, ivi compresi i trattamenti tricologici complementari che non implicano prestazioni di carattere medico, curativo o sanitario nonché il taglio e il trattamento estetico della barba e ogni altro servizio inerente e complementare”.
[242]L’attività di estetista come definita dalla legge 1/90 comprende tutte le prestazioni ed i trattamenti eseguiti sulla superficie del corpo umano allo scopo esclusivo o prevalente di mantenerlo in perfette condizioni, di migliorare e proteggerne l'aspetto estetico.
[243]Secondo l’art. 1 del richiamato DM 274 sono definite: a) attività di pulizia quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rimuovere polveri, materiale non desiderato o sporcizia da superfici, oggetti, ambienti confinati ed aree di pertinenza; b) attività di disinfezionequelle che riguardano il complesso dei procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti confinati e aree di pertinenza mediante la distruzione o inattivazione di microrganismi patogeni; c) attività di disinfestazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a distruggere piccoli animali parassiti, vettori o riserve di agenti infettivi, molesti e specie vegetali non desiderate.; d) attività di derattizzazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni di disinfestazione atti a determinare o la distruzione completa oppure la riduzione del numero della popolazione dei ratti o dei topi al di sotto di una certa soglia; e) attività di sanificazione quelle che riguardano il complesso di procedimenti e operazioni atti a rendere sani determinati ambienti mediante l'attività di pulizia e/o di disinfezione e/o di disinfestazione ovvero mediante il controllo e il miglioramento delle condizioni del microclima per quanto riguarda la temperatura, l'umidità e la ventilazione ovvero per quanto riguarda l'illuminazione e il rumore.
[244]Si ricorda che ai sensi dell’art. 44 è stato adottato in attuazione dell’art. 2, co. comma 4, della L. 135/01, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni”, il DPCM 13 settembre 2002, volto alla definizione dei principi e degli obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico.
[245] Si ricorda che le norme impugnate sono state, in parte, modificate dalla legge di conversione, la quale ha introdotto innovazioni che, tuttavia, non incidono sul contenuto precettivo delle disposizioni, nei punti qui di interesse. Pertanto la Corte non ha ritenuto sussistenti i presupposti per dichiarare cessata la materia del contendere e lo scrutinio è stato condotto avendo riguardo al testo di dette norme risultante dalla legge di conversione, tenendo conto, quanto alla Regione Veneto, delle argomentazioni svolte in entrambi i ricorsi (sentenze n. 214 del 2006 e n. 378 del 2005), peraltro sostanzialmente identiche.
[246]La norma impugnata, spiega la Consulta, pur incidendo sul commercio, ossia su una materia rimessa alla competenza legislativa residuale delle Regioni, è tuttavia riconducibile alla tutela della concorrenza e si inserisce nel processo di modernizzazione del settore commerciale per rimuovere i residui profili di contrasto fra la disciplina di specie e i principi della libera concorrenza. Il comma 1 dell’art. 3 ha fissato le condizioni ritenute essenziali per garantire l’assetto concorrenziale nel mercato della distribuzione commerciale dettando a questo scopo prescrizioni volte a rimuovere limiti all’accesso al mercato: limiti soggettivi; limiti relativi alla astratta predeterminazione del numero degli esercizi; limiti relativi alle modalità di esercizio dell’attività. Il comma 3 a sua volta neppure concerne le Regioni, mentre il comma 4, reclamando il necessario recepimento dei principi statali da parte delle Regioni, reca una prescrizione che costituisce il naturale effetto della inderogabilità delle statuizioni formulate dallo Stato nell’esercizio di una propria potestà di tipo esclusivo. In definitiva, le norme dell’articolo 3 sono tutte prescrizioni coerenti con l’obiettivo di promuovere la concorrenza e proporzionate allo scopo di garantire che le attività di distribuzione siano svolte in eguali condizioni
[247]Il DL 181/06 recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, è stato convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 17 luglio 2006, n. 233.
[248] L'istituzione del Ministero dell'industria risale al RD 22 giugno 1916, n. 775. Nel 1923 fu assorbito, assieme ai Ministeri del lavoro e dell'agricoltura, nel Ministero dell'economia nazionale, successivamente sostituito dal Ministero delle corporazioni. Nel 1943 fu ricostituito, assumendo i compiti del Ministero delle corporazioni, eccettuati quelli dell'agricoltura, con la denominazione di Ministero dell'industria, del commercio e del lavoro (RD 9 agosto 1943, n. 718). Nel 1945 venne scisso in Ministero del lavoro e della previdenza sociale e Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato (D.Lgt. 21 giugno 1945, n. 377). Con la legge 26 settembre 1966, n. 792, ha assunto la denominazione di Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato.
[249] Il Dipartimento del turismo era già stato affidato al Ministro dell'industria mediante delega del Presidente del Consiglio con il DPCM 10 novembre 1998 seguito dal D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 303 che aveva disposto il trasferimento al Ministero dell'industria dei compiti della Presidenza del Consiglio relativi all’area funzionale del turismo, nonché delle corrispondenti strutture e relative risorse finanziarie materiali ed umane.
[250]In attuazione degli articoli 27-32 del D.Lgs. n. 300/99 è stato emanato il DPR 26 marzo 2001, n. 175, recante organizzazione del nuovo Ministero delle attività produttive, che prevedeva un’articolazione del dicastero in 4 dipartimenti (Dipartimento per le imprese; Dipartimento per l'internazionalizzazione; Dipartimento per le reti; Dipartimento per il mercato) e in 15 direzioni generali.
[251] Il DPCM 10 aprile 2001, recante Operatività delle disposizioni di cui all'art.55, comma 6, del D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300, concernenti gli adempimenti necessari per il completamento della riforma dell'organizzazione del Governo, all’articolo 4, ha fissato al 1° giugno 2001 la data di decorrenza dell'operatività di alcune delle disposizioni recate dal D.Lgs.300/99, concernenti il Ministero delle attività produttive.
[252]Il trasferimento di strutture dal Ministero dell'economia e delle finanze al MISE per l'esercizio delle funzioni in materia di politiche di sviluppo e coesione è stato disposto con il DPR 28 giugno 2007 (GU 19 settembre 2007).
[253]Il DPR 225/07 reca Regolamento recante riorganizzazione del Ministero dello sviluppo economico, a norma dell’articolo 1, comma 204, della L. 27 dicembre 2006, n. 296 (GU 4 dicembre 2007, n. 282).
[254]Il DPR 316/03 reca Regolamento per l'organizzazione degli uffici di diretta collaborazione del vice Ministro delle attività produttive.
[255]Recante Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, della legge 4 agosto 2006, n. 248 (GU 11 agosto 2006, n. 186, SO).
[256]L’articolo 4 del D.Lgs. 300/99, recante Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59, prevede, tra l'altro, che l'organizzazione, la dotazione organica, l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l'individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto legislativo, e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con decreti del ministro o regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (cd. regolamenti di delegificazione).
[257]Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007).
[258]Detta riorganizzazione volta alla riduzione degli uffici dirigenziali, peraltro, dovrà essere coniugata con la possibilità di immissione, nel quinquennio 2007-2011, di nuovi dirigenti assunti nell’ambito delle procedure sull’autorizzazione, ai sensi dell’art. 28, co. 2, 3 e 4, del D.Lgs. 165/2001 in misura non inferiore al 10 per cento degli uffici dirigenziali.
[259]La società per azioni “Sviluppo Italia”, interamente posseduta dal Ministero dell’economia e delle finanze, è stata istituita il 26 gennaio 1999, ai sensi del D.Lgs. 9 gennaio 1999 n. 1, successivamente integrato dal D.Lgs. 14 gennaio 2000, n. 3, con il compito di svolgere funzioni di coordinamento, riordino, indirizzo e controllo delle attività di promozione dello sviluppo industriale e dell'occupazione nelle aree depresse del Paese, nonché di attrazione degli investimenti. La denominazione di Sviluppo Italia S.p.a è stata mutata in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“ dalla legge finanziaria per il 2007 (L. 296/06, art. 1, comma 460), società a capitale interamente pubblico, mentre al Ministro dello sviluppo economico sono stati attribuiti i seguenti poteri:la definizione, con apposite direttive, delle priorità e degli obiettivi della società e l’approvazione delle linee generali di organizzazione interna, nonché del documento previsionale di gestione ed eventuali aggiornamenti; l’approvazione, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze, dello statuto della società;l’individuazione, con decreto, degli atti di gestione ordinaria e straordinaria della Società e delle sue controllate dirette ed indirette, che necessitano della preventiva approvazione ministeriale ai fini della efficacia e validità (per l’attuazione è stato emanato il DM 18 settembre 2007). I diritti dell’azionista sono comunque mantenuti in capo al Ministero dell’economia e finanze, d’intesa con il Ministero dello sviluppo economico.
[260]L'articolo 3 della legge 11 maggio 1999, n. 140, Norme in materia di attività produttive (c.d legge Bersani-bis) ha autorizzato, a partire dal 1999, una spesa annuale di 6 miliardi di lire da destinarsi ad attività di studio e ricerca nei settori delle attività produttive di competenza del Ministero dell’industria (ora Ministero dello sviluppo economico). Lo stanziamento è riferito a tre fattispecie distinte per finalità o strumenti:
1) collaborazione di esperti o società specializzate mediante appositi contratti;
2) costituzione di un nucleo di espertiper la politica industriale, dotato della necessaria struttura di supporto;
3) utilizzo di esperti di alta qualificazione per il supporto alle attività di coordinamento di progetti e programmi ad alto contenuto tecnologico di imprese italiane nei settori aeronautico e spaziale e dei prodotti elettronici e ad alta tecnologia suscettibili di impiego duale.
[261]L’articolo 22, comma 2, della legge n.10/91 ha previsto la costituzione, presso la Direzione generale delle fonti di energia del Ministero dell’industria (ora dello Sviluppo economico), di un'apposita segreteria tecnico-operativa. La segreteria, istituita dall'art. 5 del DPR 23 luglio 1991, n. 241 in attuazione della legge 10/91, opera con funzioni di consulenza e supporto alla Direzione generale nelle materie di sua competenza, ed è costituita da non più di dieci esperti con incarico quinquennale rinnovabile senza alcun limite[261]. Gli esperti sono scelti fra docenti universitari, ricercatori e tecnici di società di capitale specificamente operanti nel settore energetico, di enti pubblici e di pubbliche amministrazioni, con esclusione del personale del Ministero.
[262] L’Ufficio italiano brevetti e marchi è l’organismo che regolamenta la nascita del diritto di brevetto e ne assicuri la tutela in via amministrativa. Gli spetta, infatti, la gestione dei servizi e dei diritti, sia di concessione, sia di mantenimento, dei titoli di proprietà industriale. Il D. Lgs 10 febbraio 2005, n. 30 recante Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della L. 12 dicembre 2002, n. 273, ha provveduto ad un riassetto complessivo del sistema della proprietà industriale che ha investito anche l’Ufficio italiano brevetti e marchi. Il riassetto ha comportato oltre al potenziamento di tale struttura l’attribuzione ad essa di una autonomia amministrativa, finanziaria e gestionale.
[263]Il D.Lgs. 5-12-1997 n. 430, recante Unificazione dei Ministeri del tesoro e del bilancio e della programmazione economica e riordino delle competenze del CIPE, a norma dell'articolo 7 della L. 3 aprile 1997, n. 94, è pubblicato nella GU 17 dicembre 1997, n. 293.
[264]Regolamento recante le attribuzioni dei Dipartimenti del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, nonché disposizioni in materia di organizzazione e di personale, a norma dell'articolo 7, comma 3, della legge. 3 aprile 1997, n. 94.
[265]DM 19 febbraio 2008, recante Individuazione degli uffici dirigenziali di secondo livello del Ministero dello sviluppo economico, (GU n.77 del 1° aprile 2008).
[266]L’articolo 60, comma 1, ha individuato i criteri in base ai quali il CIPE può procedere alla riallocazione delle risorse tra le diverse forme di intervento. Il comma 1 in particolare, consente al CIPE di modificare l’allocazione degli stanziamenti del “Fondo per le aree sottoutilizzate”, previsto dal successivo articolo 61 e delle risorse del “Fondo unico per gli incentivi alle imprese”, di cui all’articolo 52 della legge n. 488/1998, limitatamente alla parte destinata agli interventi relativi alle legge n. 488/1992 e agli strumenti della programmazione negoziata (contratti di programma, patti territoriali, contratti di area). Il secondo periodo del comma 1 stabilisce che la diversa allocazione delle risorse, che deve comunque interessare esclusivamente gli interventi sopraindicati e ricadenti nelle aree sottoutilizzate, viene effettuata in relazione allo stato di attuazione degli interventi finanziari ovvero alle esigenze espresse dal mercato in merito alle singole misure di incentivazione. Si stabilisce, inoltre, che le deliberazioni di riallocazione delle risorse disponibili potranno essere adottate dal CIPE esclusivamente sotto la presidenza del Presidente del Consiglio dei ministri, escludendo la possibilità di una delega da parte di quest’ultimo a favore di singoli ministri.
[267]Il decreto legge 2 luglio 2007 n. 81, recante Disposizioni urgenti in materia finanziaria, è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 127 (GU 17 agosto 2007, n. 190, SO).
[268]Il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri,all’articolo 1, comma 1, n. 6, ha disposto l’istituzione del Ministero dello sviluppo economico. Ai sensi del comma 2 detto Ministero ha acquisito, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni in materia di politiche di sviluppo e di coesione attribuite dal decreto legislativo 300/99 (articolo 24, comma 1, lettera c)) al Ministero dell’economia e delle finanze e finora svolte dal Dipartimento per le politiche di sviluppo e coesione, nonché la gestione del Fondo per le aree sottoutilizzate.
[269] L’art. 11 comma 3, lett. F della legge 468/78, prevede il rifinanziamento, per un solo anno, di interventi di conto capitale per i quali nell'ultimo esercizio sia previsto uno stanziamento di competenza, nonché il rifinanziamento, per uno o più degli anni considerati nel bilancio pluriennale, di norme vigenti che prevedono interventi di particolare rilievo definiti di "sostegno dell'economia", classificati tra le spese in conto capitale. Mentre il finanziamento annuale può essere autonomamente disposto al momento della predisposizione dalla legge finanziaria, il rifinanziamento pluriennale deve essere previsto dalla legge sostanziale (Tabella D – lett. f), modificata dal comma 16 dell'art. 2 della legge n. 208.
[270] Il decreto recante Programmazione delle risorse nell'ambito del Fondo per la competitività e lo sviluppo, ai sensi dell'articolo 1, comma 841 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007) è stato pubblicato nella GU n. 224 del 26 settembre 2007.
[271] Il riferimento a quest’ultima tipologia di attività(“turistiche”) è stato disposto dalla legge finanziaria per il 2008 (L. 244/07, art. 2, comma 184) (vedi capitolo Politiche per il turismo, pag.
[272]Il decreto, recante Individuazione della quota delle risorse da assegnare ai progetti di innovazione industriale ai sensi dell'articolo 1, comma 842 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è stato pubblicato nella GU n. 88 del 14 aprile 2008.
[273]Pubblicati nella GU n. 88 del 14 febbraio 2008.
[274]La delibera non risulta ancora adottata.
[275]Entrambi i decreti sono stati pubblicati nella GU n. 88 del 14 aprile 2008. Si segnala, altresì la pubblicazione in Gazzetta dei decreti 5 marzo e 19 marzo 2008 recanti, rispettivamente, le condizioni, i criteri e le modalità per la concessione di agevolazioni a favore di progetti di innovazione industriale per l'efficienza energetica e per la mobilità sostenibile (GU n. 98 del 26 aprile 2008, SO n.104).
[276]Il DM 8 febbraio 2008 individua due tipologie di azioni: L’Azione strategica di innovazione industriale (ASII), attuata dal Ministro, che si traduce in azioni di incentivazione finanziaria a sostegno dei progetti da realizzare in specifiche aree tecnologiche individuate dal decreto stesso; Azioni connesse all’ASII, consistenti in azioni infrastrutturali e azioni di innovazione e semplificazione amministrativa di tipo regolamentare e normativo, che facilitino l’utilizzo delle nuove tecnologie.
[277] DM 15 giugno 2004 recante Costituzione di una sezione speciale del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese dedicata all’innovazione tecnologica, pubblicato nella GU n. 150 del 29 giugno 2004.
[278] Il fondo comune d’investimento è un patrimonio autonomo rispetto al patrimonio della società che lo gestisce, o che lo ha istituito e che lo promuove, suddiviso in quote, di pertinenza di una pluralità di investitori. Il patrimonio viene gestito collettivamente (“in monte”), sulla base di linee d’investimento prefissate dal regolamento del fondo. Mediante la sottoscrizione di una quota di un fondo comune d’investimento, l’investitore acquisisce una compartecipazione nella gestione collettiva del patrimonio comune, effettuata secondo i criteri predefiniti nel regolamento del fondo.
[279]Il decreto-legge 2 luglio 2007 n. 81, recante Disposizioni urgenti in materia finanziaria, è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 127 (GU 17 agosto 2007, n. 190, SO).
[280]Si fa presente che il richiamato regolamento CE 1260/1999 recante la disciplina dei fondi strutturali per il periodo 2000-2006 è stato abrogato dall'art. 107 del regolamento CE 1083/2006 con decorrenza dal 1° gennaio 2007.
[281]Il decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, recante Interventi urgenti in materia economico-finanziaria, per lo sviluppo e l'equità sociale, è stato convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 29 novembre 2007, n. 222 (GU 30 novembre 2007, n. 279, SO), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.
[282]Il decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell'istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli, è stato convertito dall’art. 1 della legge 40/2007.
[283]Chiarimenti in merito alle modalità di trasmissione della comunicazione unica per via telematica sono contenuti nella circolare n. 3616/C del Ministro dello sviluppo economico, inviata alle camere di commercio in data 15 febbraio 2008.
[284] Si tratta dell’articolo 14, comma 4, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 e dell’articolo 1 del decreto-legge 15 gennaio 1993, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 marzo 1993, n. 63. Tali norme hanno disposto che a decorrere dal 1° gennaio 1992 le iscrizioni, le variazioni e cancellazioni all’INPS, all’INAIL, alle camere di commercio e alle commissioni provinciali per l’artigianato, nonché le operazioni che interessino la competenza dell’Amministrazione finanziaria poste in essere da aziende e lavoratori autonomi, artigiani e commercianti, sono effettuate esclusivamente presso sportelli polifunzionali istituiti nelle sedi di ciascuno dei suddetti organismi (i cui archivi, opportunamente automatizzati, sono telematicamente collegati tra loro). La denuncia fatta ad uno di tali sportelli, effettuata su moduli unificati e con procedure integrate, ha efficacia anche nei confronti degli altri soggetti interessati, nei limiti delle rispettive competenze di legge.
[285]Le informazioni riportate nel paragrafo sono tratte dal sito internet :http://www.registroimprese.camcom.it/
[286]Il decreto ministeriale è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 2007, n. 296.
[287]Disciplina dell'imposta di bollo.
[288]Approvazione della tariffa dell'imposta di bollo.
[289]Modifica delle tariffe dell'imposta di bollo sugli atti trasmessi per via telematica, (GU 2 marzo 2007, n. 51).
[290] Legge 29 dicembre 1993, n. 580 (Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura).
[291]Decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181, recante Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni della Presidenza del Consiglio dei Ministri e dei Ministeri, è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2006, n. 233.
[292]Il D.Lgs. n.300 del 30 luglio 1999 reca Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
[293]Ricognizione delle strutture e delle funzioni dei Ministeri dello sviluppo economico e del commercio internazionali.
[294]ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettera a) del D.P.R. 175/01.
[295]ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettera b) del D.P.R. 175/01.
[296]ai sensi dell'art. 8, comma 1, lettere c) del D.P.R. 175/01.
[297]Il DPCM 20 ottobre 2005 reca Rideterminazione delle dotazioni organiche del personale appartenente alle qualifiche dirigenziali, alle aree funzionali ed alle posizioni economiche del Ministero delle attività produttive.
[298]Recante Individuazione delle unità previsionali di base del bilancio dello Stato, riordino del sistema di tesoreria unica e ristrutturazione del rendiconto generale dello Stato.
[299]Il DPR 14 novembre 2007, n. 253 reca Regolamento di riorganizzazione del Ministero del commercio internazionale, a norma dell'articolo 1, comma 404, della L. 27 dicembre 2006, n. 296.
[300]Secondo la relazione governativa che accompagnava lo schema di regolamento per il richiesto parere parlamentare, il progetto si pone l’obiettivo di migliorare la capacità di programmazione delle regioni meridionali nel campo dell’ internazionalizzazione, incrementando le occasioni di rapporto con altre aree economiche e culturali e favorendo l’uscita di tali regioni dalla loro situazione di marginalità geo-economico-politica. Nella stessa relazione si sottolinea, inoltre, l’attività che attualmente si svolge a favore dell’inserimento della politica di internazionalizzazione dei sistemi produttivi nell’ambito delle principali politiche di sviluppo nazionale, con riferimento al ciclo di programmazione dei Fondi strutturali 2007-2013 e in ossequio alla strategia di Lisbona per il supporto alla competitività.
[301]Ifondi venture capital – sei in tutto – sono stati istituiti con decreto ministeriale ai sensi dell’articolo 46 della legge 273/02 e destinati a supportare gli investimenti in aree ritenute strategiche per l’internazionalizzazione delle imprese italiane quali: Cina, Federazione Russa, Mediterraneo, Africa, Medio Oriente, i Balcani e America Centrale e Meridionale. I fondi, gestiti dalla Simest spa, sono stati unificati ai sensi dell’art. 1, comma 932, della legge 296/06 (legge finanziaria 2007). Per gli interventi dei Fondi Balcani, Jugoslavia, Russia e Ucraina, oltre la partecipazione SIMEST è possibile anche quella congiunta SIMEST/FINEST. Quest’ultima società, istituita dalla legge 19/91, opera con le sole imprese del Triveneto.
[302] La Simest (Società italiana per le imprese all'estero) è una società per azioni controllata dal Governo italiano che detiene il 76% del pacchetto azionario, ed è stata istituita dalla legge 24 aprile 1990, n. 100 con il compito di partecipare alle società estere partecipate dalle imprese italiane, le cosiddette joint-ventures. Il D.Lgs. 143/98 ha ampliato notevolmente i suoi compiti, tra i quali rientra anche la gestione di tutte le forme di sostegno pubblico alla internazionalizzazione delle imprese, comprese quelle svolte in precedenza dal Mediocredito centrale. Ulteriori modifiche sono state introdotte dalla legge n. 56/05 e dal decreto-legge n. 35/05.
[303]Il Punto di contatto nazionale (PCN) istituito dalla legge n.273/02 (Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza) presso l’allora Ministero delle attività produttive, in attuazione della decisione dei ministri OCSE del giugno 2000, è incaricato di svolgere attività promozionale e informativa relativamente alle questioni inerenti le linee guida per le imprese multinazionali tracciate nella stessa decisione.
[304]La legge 31 marzo 2005, n. 56, recante Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore (GU n. 91 del 20 aprile 2005 - SO n. 69)costituisce il nuovo quadro giuridico di riferimento definito per promuovere interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano. L’obiettivo della legge è quello di rendere più sinergica l’azione svolta dai soggetti pubblici e privati operanti all’estero, per la tutela del made in Italy e per la promozione degli interessi italiani all'estero avuto riguardo anche alle iniziative inambito culturale, turistico e di valorizzazione delle comunità di affari di origine italiana
[305]L’art. 4, comma 61, della legge finanziaria 2004 (L. n. 350/2003) ha istituito un apposito fondo per la realizzazione di azioni a sostegno di una campagna promozionale straordinaria a favore del made in Italy, nonché per il potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico particolarmente rivolte alla diffusione del made in Italy nei mercati mediterranei, dell'Europa continentale e orientale. Il comma 174, art. 1, della legge finanziaria 2008 (L. 244/07) ha modificato il citato art. 4. Con la modifica viene specificato che il fondo viene destinato al potenziamento delle attività di supporto formativo e scientifico alle attività istituzionali del Ministero dell’economia e delle finanze, anche rivolte alla diffusione del made in Italy nei mercati mediterranei, dell'Europa continentale e orientale, a cura di apposita sezione della Scuola superiore dell’economia e finanze.
[306]Le leggi recano, rispettivamente Collaborazione con i Paesi dell'Europa centrale ed orientale e Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo di Paesi dell’area balcanica.
[307]Gli Sportelli per l'internazionalizzazione del sistema delle imprese, sono stati introdotto dall'articolo 24 del decreto legislativo n.143/1998 che ha previsto la costituzione di organismi di raccordo tra centro e periferia nell’ambito di un rinnovamento di compiti e procedure degli Enti preposti all'internazionalizzazione delle imprese, secondo una logica improntata al decentramento territoriale. Scopo degli Sportelli - il cui iter normativo di costituzione si è completato con l'approvazione da parte del Cipe della delibera n.91/2000 -- è quello di agevolare l’accesso delle PMI e degli operatori a tutta la gamma dei servizi e degli strumenti esistenti in materia di internazionalizzazione del sistema produttivo. Si tratta, in altri termini, di strutture operative destinate a fornire alle imprese servizi di:
- assistenza sulle modalità di accesso e di utilizzo degli strumenti promozionali, finanziari e assicurativi utilizzabili a livello sia nazionale che regionale;
- consulenza in materia legale, fiscale e amministrativa;
- supporto e guida nella selezione dei mercati esteri, nella scelta di partner in progetti di investimento, ecc.
Alla loro attività prendono parte l’ICE, la SIMEST, la SACE, le associazioni di categoria, il sistema camerale, le banche e, più in generale, tutti i soggetti impegnati nel sostegno del sistema produttivo regionale. Per assicurare una più efficace proiezione delle PMI sui mercati internazionali, gli Sportelli operano in raccordo con il Ministero degli affari esteri e la sua rete diplomatico - consolare, con gli uffici dell’ICE all’estero, nonché con i Dicasteri dello sviluppo economico e delle Politiche agricole e forestali.
[308]Si ricorda che l'Istituto per il commercio estero (ICE), riordinato dalla legge 25 marzo 1997, n. 68, ha il compito di promuovere e di sviluppare il commercio con l'estero e i processi di internazionalizzazione dell'apparato produttivo nazionale, sulla base delle linee direttrici formulate dal Ministero del commercio internazionale, alla cui vigilanza è sottoposto. L'attività dell'ICE è finanziata con fondi del Ministero vigilante e, parzialmente, con entrate proprie derivanti dai corrispettivi dei servizi forniti a operatori pubblici e privati. l'ICE, in stretta collaborazione con il Ministero del Commercio Internazionale elabora il Programma delle attività promozionali, assumendo le necessarie iniziative e curandone direttamente la realizzazione. L'ICE ha la propria sede Centrale in Roma e dispone di una rete composta da 16 Uffici in Italia e da 107 Uffici in 84 Paesi del mondo.
[309]Quanto all’Alto Commissario, si tratta di un nuovo organoal quale sono stati affidati compiti di coordinamento e di monitoraggio nell’ambito della lotta alla contraffazione in sostituzione del Comitato nazionale anticontraffazione, la cui istituzione (in realtà mai avvenuta) presso l’allora Ministero delle attività produttive è stata disposta dai commi 72 e 73 dell’art. 4 della legge n. 350/03, abrogati dall’art. 246 del D.Lgs 10 febbraio 2005, n. 30, recante il nuovo “Codice della proprietà industriale”, in quanto confluiti nell’articolo 145 del Codice medesimo, oggetto a sua volta di abrogazione da parte del comma 5 dell’articolo 1-quater del DL 35/05, recante disposizioni relative all’istituzione e al funzionamento dell’Alto Commissario.