Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione
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Autore: | Servizio Studi - Dipartimento istituzioni |
Altri Autori: | Servizio Bilancio dello Stato , Servizio Commissioni , Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera |
Titolo: | Le fiscal rules e il principio del pareggio di bilancio - Comunicazioni del Ministro dell'economia alle Commissioni riunite e V della Camera e 1 e 5 del Senato |
Serie: | Documentazione e ricerche Numero: 267 |
Data: | 10/08/2011 |
Organi della Camera: |
I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
V-Bilancio, Tesoro e programmazione |
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Camera dei deputati |
XVI LEGISLATURA |
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Documentazione e ricerche |
Le fiscal rules e
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Comunicazioni del Ministro dell’Economia alle Commissioni riunite I e V della Camera e 1a e 5a del Senato |
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n. 267 |
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10 agosto 2011 |
Servizio responsabile: |
Servizio Studi Dipartimento Affari costituzionali - ( 066760-9475– * st_istituzioni@camera.itDipartimento Bilancio - ( 066760-2233 – * st_bilancio@camera.it |
Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici: |
Servizio Bilancio dello Stato ( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it Servizio Biblioteca – Osservatorio della legislazione straniera ( 066760-2278 – * bib_segreteria@camera.it Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione ( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea ( 066760-2145 – * cdrue@camera.it |
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File: AC0684.doc |
INDICE
Premessa........................................................................................................... 1
Le regole di bilancio (Fiscal Rules)................................................................ 3
§ Definizione...................................................................................................... 3
L’introduzione negli ordinamenti nazionali dei vincoli di finanza pubblica fissati dall’UE 5
§ La proposta di direttiva sui quadri nazionali di bilancio.................................. 6
§ Il Patto euro plus............................................................................................. 7
§ Le altre proposte di riforma della governance economica............................. 8
§ Sorveglianza sugli squilibri macroeconomici............................................... 10
Il principio del “pareggio di bilancio” negli ordinamenti costituzionali di Francia e Germania e la normativa in Spagna sulla stabilità di bilancio............................................ 11
§ Francia.......................................................................................................... 11
§ Germania...................................................................................................... 15
§ Spagna......................................................................................................... 18
Le regole di bilancio vigenti in Italia............................................................ 21
L’articolo 81 Cost. nei lavori dell’Assemblea costituente......................... 25
I principali tentativi di riforma dell’art. 81 Cost........................................... 29
Le proposte di legge di modifica dell’art. 81 Cost. nella XVI Legislatura33
Bibliografia essenziale - Estratti.................................................................. 37
Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con lettera del 5 agosto 2011, ha chiesto ai Presidenti delle Camere che il Ministro dell’economia e delle finanze illustri alle competenti Commissioni riunite della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica le linee di intervento sulla base delle quali il Governo intende proporre un’iniziativa legislativa di natura costituzionale volta a rendere più stringente la disciplina di bilancio.
Il presente dossier intende fornire alcuni primi elementi di documentazione, con riferimento, da un lato, alle regole finanziarie conseguenti alla partecipazione all’Unione europea e alle riforme costituzionali adottate in altri Paesi europei e, dall’altro, alla situazione italiana.
Nella citata lettera del 5 agosto, il Presidente del Consiglio ha sottolineato che: “negli ultimi mesi, anche alla luce dell’instabilità finanziaria che ha interessato l’area dell’Euro e delle sue conseguenze sulle economie degli Stati membri e sui debiti sovrani degli stessi, più volte si è richiamata l’esigenza di promuovere una riforma volta a introdurre nella Costituzione norme più stringenti al fine di conseguire gli obiettivi di finanza pubblica che l’appartenenza dell’Italia all’Unione europea ci impone di rispettare”.
In questo senso, il Ministro dell’economia e delle finanze, nel corso dell’audizione svoltasi il 29 marzo 2011 presso la V Commissione della Camera dei deputati – svolta nel quadro dell'indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame della Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni sull'analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell'Unione europea alla crisi (COM(2011)11 definitivo)[1] - richiamando la recente riforma tedesca e le proposte di modifica costituzionale avanzate in altri Stati membri, ha evidenziato la necessità di avviare una discussione sulla costituzionalizzazione delle regole europee di bilancio.
Successivamente, nella Premessa al Documento di economia e finanza 2011, presentato alle Camere dal Governo il 13 aprile 2011, il Governo ha formulato un preciso impegno ad introdurre nella Costituzione il vincolo della disciplina di bilancio, sottolineando come l’articolo 81 della Costituzione nella sua attuale formulazione non abbia impedito “di fare crescere in Italia il terzo, ora forse il quarto debito pubblico del mondo. Senza avere la terza o la quarta economia del mondo”. Inoltre, pur rilevandosi come l’articolo 11 della Costituzione già consente il recepimento automatico nel nostro ordinamento della normativa dell’Unione europea, si è evidenziato come “è oggi fondamentale, nell’interesse insieme italiano ed europeo, che il vincolo della disciplina di bilancio sia ora più precisamente e direttamente costituzionalizzato, in conformità con le nuove regole di bilancio europee”, annunciando che sarà presentato e discusso in Parlamento un appropriato testo di riforma costituzionale.
Nel corso dell’esame presso il Senato della Repubblica del disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 98 del 2011, il Ministro dell’economia e delle finanze, intervenendo in Assemblea[2], ha rilevato che con la manovra correttiva di finanza pubblica in corso di approvazione si definisce il percorso per arrivare al pareggio di bilancio nel 2014, così costituendo da subito un vincolo assoluto, giuridico e politico, al pareggio, ferma restando l’esigenza che maggioranza e opposizione lavorino insieme all’introduzione nella nostra Costituzione della “regola d'oro del pareggio di bilancio”.
Da ultimo, il Ministro dell’economia e delle finanze ha promosso lo scorso 27 luglio un incontro di carattere tecnico, allargato a rappresentanti della Corte dei conti e degli uffici delle Camere, finalizzato ad esaminare le questioni connesse alla prospettata riforma costituzionale.
Le regole di bilancio o regole fiscali hanno lo scopo di rendere evidente – anche mediante l’obbligo del rispetto di limiti numerici per determinati indicatori di finanza pubblica – ai soggetti internazionali ed agli operatori dei mercati la sostenibilità, anche di lungo periodo, delle scelte di politica fiscale di un Paese.
Come sottolineato dalla Commissione europea, la qualità delle procedure interne di bilancio costituisce una condizione indispensabile per il successo delle politiche di consolidamento fiscale. Per questo motivo le istituzioni internazionali guardano con estremo interesse alle modifiche legislative volte a rendere più efficienti i meccanismi decisionali, a rafforzare la disciplina fiscale e a migliorare l’intero sistema di governance a livello nazionale, raccordandolo con quello europeo.
Su un piano più sostanziale, la costruzione di un sistema di regole e procedure che assuma in via continuativa come obiettivo il consolidamento fiscale, favorisce la stabilizzazione di comportamenti virtuosi, anche nelle fasi favorevoli del ciclo economico.
Le disposizioni vigenti dei Trattati in materia di Unione economica e monetaria, il Protocollo sui disavanzi eccessivi e i regolamenti relativi al Patto di stabilità e crescita, non stabiliscono espressamente l’obbligo di introdurre negli ordinamenti nazionali regole, costituzionali o legislative, volte ad assicurare il rispetto dei valori di riferimento relativi al disavanzo e al debito fissati a livello europeo.
L’opportunità di una espressa previsione in ciascun ordinamento nazionale di regole volte ad assicurare il rispetto dei parametri fissati dall’Unione europea è emersa per la prima volta in occasione della predisposizione del nuovo quadro di governance economica dell’UE, avviata in seguito all’acuirsi della crisi economica e finanziaria e alla definizione della nuova strategia dell’Unione per la crescita e l’occupazione (Europa 2020).
In particolare, ad avviso della Commissione europea, l’esperienza recente (ed in particolare il caso della Grecia) ha dimostrato che l’adozione di disposizioni normative a livello dell'UE non è sufficiente per assicurare l'effettiva applicazione del quadro di coordinamento delle politiche di bilancio dell'UEM. La natura decentralizzata della politica di bilancio nell'UE richiede che i quadri di bilancio nazionali rispecchino gli obiettivi del quadro di coordinamento delle politiche di bilancio dell'UEM. Pertanto, pur nel rispetto delle esigenze e preferenze specifiche degli Stati membri, la Commissione ha proposto regole per assicurare un livello minimo di qualità e di coerenza con il quadro di bilancio dell'UEM.
Un primo esito di questa riflessione è stata l’inclusione nell’ambito della proposta di direttiva sui quadri nazionali di bilancio, presentata dalla Commissione europea il 29 settembre 2010, unitamente alle proposte di modifica del Patto di stabilità e di sorveglianza degli squilibri macroeconomici, dell’obbligo di inserire negli ordinamenti nazionali regole numeriche per assicurare l'osservanza degli obblighi in materia di bilancio fissati dal Trattato.
Successivamente, nell’ambito del Patto europlus, adottato dai Capi di Stato e di governo dell’area euro l’11 marzo 2011, gli Stati dell’area euro ed alcuni altri stati membri dell’UE hanno assunto l’ulteriore obbligo di recepire nelle Costituzioni o nella legislazione nazionale le regole del Patto di stabilità e crescita.
La proposta di direttiva concernente i requisiti per i quadri di bilancio nazionali (COM(2010)523) stabilisce una serie di regole minime comuni atte a garantire una disciplina uniforme di bilancio.
L’obiettivo della direttiva – enunciato anche nel preambolo della proposta – è di assicurare un’effettiva applicazione sia della parte preventiva sia di quella correttiva del patto di stabilità e crescita.
Ai sensi dell’articolo 3 della proposta, gi Stati membri sono tenuti ad assicurare che i dati di bilancio di tutti i sottosettori della pubblica amministrazione – aggregato rilevante ai fini contabili in ambito UE - siano disponibili al pubblico tempestivamente e regolarmente.
Gli Stati membri dovrebbero, in particolare, pubblicare i dati di cassa su base mensile e una tavola di riconciliazione dei medesimi dati con il sistema SEC-95.
La direttiva impone altresì agli Stati membri di:
• stabilire una pianificazione pluriennale (almeno triennale) del bilancio nazionale, con una indicazione di entrate e spese programmate e degli aggiustamenti richiesti per realizzare l’obiettivo di finanze pubbliche solide;
• comprendere in ciascun quadro nazionale di bilancio l’intero sistema di finanza pubblica, in particolare nei Paesi con assetti decentrati: l’assegnazione delle responsabilità di bilancio tra i diversi livelli di governo dovrebbe essere chiaramente definita e soggetta ad adeguate procedure di controllo.
L’articolo 5 della proposta impone agli Stati membri di dotarsi di regole di bilancio numeriche che promuovano effettivamente l'osservanza dei rispettivi obblighi derivanti dal trattato nel settore della politica di bilancio. Tali regole includono:
a) il rispetto dei valori di riferimento relativi al disavanzo e al debito fissati conformemente al trattato;
b) l'adozione di un orizzonte di programmazione di bilancio pluriennale, che comprende il rispetto degli obiettivi di bilancio a medio termine.
In base all’articolo 6 della proposta, le regole di bilancio numeriche dovrebbero specificare i seguenti elementi:
a) la definizione degli obiettivi e l'ambito di applicazione delle regole;
b) il controllo effettivo e tempestivo dell'osservanza delle regole, ad esempio da parte di uffici o istituzioni di bilancio nazionali indipendenti operanti nel settore della politica di bilancio;
c) le conseguenze in caso di mancata osservanza;
d) le clausole di salvaguardia che prevedono un numero limitato di circostanze specifiche in cui è consentito non rispettare temporaneamente la regola.
In base all’articolo 14 della proposta, gli Stati membri dovrebbero mettere in vigore le disposizioni necessarie per conformarsi alla direttiva entro il 31 dicembre 2013. I Capi di stato e di Governo dei Paesi dell’Eurozona, riunitisi il 21 luglio 2011 per varare il nuovo piano di aiuti alla Grecia, hanno peraltro espresso l’impegno a recepire la direttiva, una volta approvata entro la fine del 2012.
Il Patto euro plus è stato approvato dai Capi di Stato o di governo della zona euro nella riunione dell’11 marzo 2011e avallato dalConsiglio europeo del 24-25 marzo,facendo seguito ad una iniziativa franco-tedesca (c.d. Patto per la convergenza e la competitività);hanno aderito al Patto – che resta aperto ad altri Stati membri - anche Bulgaria, Danimarca, Lettonia, Lituania, Polonia, Romania.
Il Patto impegna gli Stati partecipanti ad adottare – in aggiunta a quanto previsto dalle proposte di riforma della governance economica europea – ulteriori misure necessarie per realizzare quattro obiettivi: concorrere ulteriormente alla sostenibilità delle finanze pubbliche; promuovere la competitività; stimolare l'occupazione; rafforzare la stabilità finanziaria. Specifico rilievo viene inoltre attribuito al coordinamento delle politiche fiscali.
Ogni anno gli Stati membri partecipanti converranno a livello di Capi di Stato e di Governo le azioni concrete da realizzare nei dodici mesi successivi, che dovranno riflettersi anche nei programmi nazionali di riforma e nei programmi di stabilità presentati ogni anno.
Il Patto non ha in sé natura giuridicamente vincolante ma – in quanto adottato dai Capi di stato e di Governo – è fonte di impegni al massimo livello politico di ciascuno Stato.
Nell’ambito delle misure volte a garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, il Patto prevede l’impegno degli Stati aderenti a recepire nella legislazione nazionale le regole di bilancio dell'UE fissate nel patto di stabilità e crescita.
Gli Stati membri hanno facoltà di scegliere lo specifico strumento giuridico nazionale cui ricorrere, purché esso abbia natura vincolante e sostenibile sufficientemente forte (ad esempio costituzione o normativa quadro).
Anche l'esatta forma della regola sarà decisa da ciascun Paese (ad esempio potrebbe assumere la forma di "freno all'indebitamento", regola collegata al saldo primario o regola di spesa), ma dovrebbe garantire la disciplina di bilancio a livello sia nazionale che subnazionale.
Il Patto precisa che la Commissione avrà la possibilità, nel pieno rispetto delle prerogative dei parlamenti nazionali, di essere consultata in merito alla precisa regola di bilancio prima dell'adozione in modo da assicurare che sia “compatibile e sinergica” con le regole dell'UE.
La proposta di direttiva sui quadri nazionali di bilancio è parte, come già accennato, di un più ampio pacchetto legislativo di riforma della governance economica - presentato dalla Commissione il 29 settembre 2010 - che comprende altre cinque proposte legislative relative al rafforzamento del Patto di stabilità e alla introduzione di una sorveglianza degli squilibri macroeconomici.
Le sei proposte legislative – che seguono procedure decisionali differenti – sono state esame congiuntamente da parte del Parlamento europeo e del Consiglio.
Il Consiglio ECOFIN del 15 marzo 2011 ha raggiunto un orientamento generale sul pacchetto senza prospettare alcuna modifica alla proposta di direttiva in esame; in assenza di un accordo con il Consiglio su alcuni emendamenti alle proposte di riforma del Patto di stabilità, relativi all’applicazione del voto a maggioranza “inversa” per l’adozione delle decisioni relative all’accertamento di disavanzi eccessivi, il Parlamento europeo ha deciso di rinviare il voto in prima lettura alla sessione di settembre.
Parlamento europeo e Consiglio si sono pertanto impegnati a raggiungere un compromesso entro settembre 2011.
Le modifiche al Patto di stabilità e crescita sono prospettate da tre proposte di regolamento[3] incluse nel pacchetto per la riforma della governance economica europea.
Le proposte della Commissione introducono il nuovo concetto di “politica di bilancio prudente”, incentrata sulla convergenza verso l'obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio. A questo scopo gli Stati membri dovrebbero assicurare un miglioramento annuale della propria posizione di bilancio pari ad almeno lo 0,5%; per i Paesi con alto livello di debito e/o squilibri macroeconomici eccessivi il Consiglio potrebbe richiedere un aggiustamento superiore allo 0,5%.Deviazioni significative da una politica di bilancio prudente, identificate in uno scostamento dello 0,5% rispetto al percorso di raggiungimento dell’obiettivo di medio termine. comporterebbero per lo Stato membro interessato l'obbligo di costituire un deposito fruttifero pari allo 0,2% del PIL. Il deposito, con gli interessi maturati, verrebbe restituito una volta che il Consiglio abbia verificato che la situazione di bilancio sia stata risanata.
Con riferimento all’obiettivo a medio termine del pareggio di bilancio, l’orientamento generale definito dal Consiglio ECOFIN del 15 marzo 2011 prevede di inserire un considerando aggiuntivo (che dunque non avrebbe carattere vincolante) nella apposita proposta di regolamento, in base al quale è richiesto un percorso più rapido di avvicinamento (superiore dunque allo 0,5%) agli obiettivi di bilancio a medio termine per gli Stati membri con un livello di indebitamento superiore al 60% del PIL o che presentano rischi considerevoli in termini di sostenibilità del debito globale.
Le proposte della Commissione prevedono – tra le altre cose - che gli Stati il cui debito supera il 60% del PIL dovrebbero adottare misure per ridurlo ad un ritmo soddisfacente, definito come una riduzione di 1/20 dell’eccedenza, registrata nel corso degli ultimi tre anni, rispetto alla soglia del 60%. La valutazione dell’andamento del debito, secondo la proposta della Commissione, dovrebbe tuttavia tener conto anche di alcuni fattori di rischio, quali: tassi di crescita della ricchezza nazionale particolarmente bassi; la struttura del debito; il livello di indebitamento del settore privato; le passività sia implicite che esplicite connesse all’invecchiamento (ovvero, la sostenibilità a lungo termine dei sistemi previdenziali).
L’orientamento generale raggiunto dal Consiglio ECOFIN conferma l’obiettivo quantitativo della riduzione di 1/20 della eccedenza di debito pubblico rispetto alla soglia del 60%, precisando tuttavia che per uno Stato membro soggetto a una procedura per i disavanzi eccessivi alla data di adozione del regolamento e per un triennio a decorrere dalla correzione del disavanzo eccessivo, il requisito del criterio del debito è considerato soddisfatto se lo Stato membro interessato compie progressi sufficienti verso l'osservanza come da valutazione contenuta nei pareri del Consiglio sul suo programma di stabilità o di convergenza. Inoltre, nella loro valutazione Commissione e il Consiglio devono tenere nella debita considerazione l'attuazione di riforme delle pensioni che introducono un sistema multipilastro comprendente un pilastro obbligatorio, finanziato a capitalizzazione, ed il costo netto del pilastro a gestione pubblica. In particolare si prendono in considerazione i criteri dell'intero sistema pensionistico creato dalla riforma, ossia se promuove la sostenibilità a lungo termine senza d'altra parte aumentare i rischi per la posizione di bilancio a medio termine.
Ai Paesi che registrano un disavanzo eccessivo si applicherebbe un deposito non fruttifero pari allo 0,2% del PIL, convertito in ammenda in caso di non osservanza della raccomandazione di correggere il disavanzo eccessivo. La decisione di comminare le sanzioni, proposta dalla Commissione, si considererebbe approvata dal Consiglio a meno che esso non la respinga con voto a maggioranza qualificata ("maggioranza inversa") degli Stati dell'area euro (non si tiene conto del voto dello Stato interessato). In caso di mancata restituzione, le entrate derivanti da queste ammende (o dagli interessi maturati sul deposito fruttifero) verrebbero distribuite, sulla base dei rispettivi PIL, tra i Paesi membri dell’area euro non sottoposti ad alcuna procedura.
L’orientamento generale raggiunto dal Consiglio ECOFIN conferma i meccanismi sanzionatori proposti dalla Commissione, incluso il meccanismo di maggioranza inversa, prevedendo tuttavia che il Consiglio possa modificare la raccomandazione della Commissione a maggioranza qualificata (mentre nella proposta iniziale della Commissione si prevedeva l’unanimità).
La sorveglianza sugli squilibri macroeconomici, in base alle proposte della Commissione[4], si articola in meccanismi sia presentivi sia correttivi.
In particolare, nei confronti degli Stati membri che presentano gravi squilibri, tali da mettere a rischio il funzionamento dell'Unione economica e monetaria, il Consiglio adotterebbe raccomandazioni e avvierebbe una procedura per gli squilibri eccessivi. Lo Stato oggetto della procedura dovrebbe sottoporre un piano di azione correttivo al Consiglio; allo Stato in questione che non dia seguito, ripetutamente, alle raccomandazioni del Consiglio, potrebbe essere comminata un'ammenda annua pari allo 0,1% del suo PIL.
In Francia la revisione costituzionale del 23 luglio 2008[5] ha di fatto già inscritto nell’art. 34 della Costituzione del 1958 “l’obiettivo di equilibrio dei conti delle amministrazioni pubbliche”, dichiarando che “gli orientamenti pluriennali delle finanze pubbliche sono definiti dalle leggi di programmazione”[6]. Il Consiglio costituzionale sarebbe pertanto già in grado di censurare eventuali disposizioni legislative contrarie a tale obiettivo. Tuttavia il Rapport Camdessus[7], presentato al Primo Ministro il 21 giugno 2010, ha ritenuto insufficiente tale norma costituzionale, raccomandando di rafforzare le previsioni normative a garanzia dell’equilibrio dei conti pubblici e di renderle ancora più vincolanti, sull’esempio della revisione della Legge fondamentale tedesca del 2009 (seconda riforma del federalismo).
Nel marzo 2011 il Governo ha presentato un progetto di legge costituzionale relativo all’equilibrio delle finanze pubbliche, approvato in termini identici dai due rami del Parlamento francese, da ultimo in terza lettura dall’Assemblea nazionale il 13 luglio 2011 (Texte Adopté n. 722 )[8].
La nuova legge costituzionale approvata dalle Camere non fissa direttamente regole finanziarie, ma modifica l’art. 34 istituendo una nuova categoria di leggi, le «leggi-quadro d’equilibrio delle finanze pubbliche (LCEFP)» che andranno a inserirsi, nella gerarchia delle fonti normative, tra le leggi organiche e le leggi ordinarie, incluse le annuali lois de finances e lois de financement de la sécurité sociale.
Le nuove leggi-quadro (LCEFP) sostituiranno le leggi di programmazione delle finanze pubbliche e dovranno determinare lo sforzo da imporre, su un periodo di tre anni, per un ritorno all’equilibrio dei conti pubblici, nonché il successivo mantenimento di un equilibrio di bilancio duraturo, nel rispetto degli impegni assunti dalla Francia a livello europeo[9].
I progetti di LCEFP e i progetti di lois de finances e di financement de la sécurité sociale dovranno sempre essere presentati in primo luogo all’Assemblea nazionale.
Le LCEFP si imporranno sui testi finanziari ordinari annuali i quali, se non rispetteranno lo sforzo programmato, potranno essere annullati dal Consiglio Costituzionale come contrari alla Costituzione.
Il progetto della legge costituzionale approvato dal Parlamento stabilisce in particolare che (nuovo art. 61 Cost., commi 3 e 4) le leggi finanziarie e le leggi di finanziamento della sicurezza sociale debbano essere sottoposte, prima della loro promulgazione, all’esame del Consiglio costituzionale in merito alla loro conformità alla relativa legge-quadro di equilibrio delle finanze pubbliche e che lo stesso Consiglio costituzionale esamini congiuntamente i due strumenti finanziari annuali prima del 31 dicembre dell’anno nel quale sono state approvate.
Le leggi finanziarie annuali non potranno essere adottate definitivamente in assenza della LCEFP applicabile al relativo esercizio annuale di riferimento e soltanto tali leggi potranno contenere disposizioni relative alla fiscalità (comprese quelle inerenti le imposte delle collettività territoriali) e alle entrate della sicurezza sociale, che non potranno pertanto più essere inserite in modo sparso in differenti testi legislativi[10].
Una volta entrate in vigore le modifiche costituzionali in oggetto, verrà così a configurarsi una piramide normativa in cima alla quale si trova la Costituzione, che fissa un obiettivo di equilibrio; a seguire, una legge organica - conforme alla Costituzione – che determina le modalità di elaborazione delle leggi-quadro di equilibrio delle finanze pubbliche (nuovo art. 34 Cost.), che a loro volta dovranno essere rispettose della Costituzione e delle leggi organiche; infine, le lois de finances e de financement de la sécurité sociale annuali dovranno rispettare Costituzione, leggi organiche e LCEFP. Il Consiglio costituzionale potrà quindi intervenire ad ogni livello della piramide a garantire la conformità costituzionale delle leggi finanziarie.
Nel rispetto dell’obiettivo di equilibrio fissato dalla Costituzione anche un deficit temporaneo dovrà essere accompagnato dalla definizione delle modalità relative al ritorno all’equilibrio.
Il testo approvato introduce, infine, il principio di una trasmissione sistematica all’Assemblea nazionale e al Senato dei programmi di stabilità, prima che siano inviati alla Commissione europea nel quadro della fase preventiva del Patto di stabilità e crescita (nuovo art. 88-8 Cost.).
Prima di entrare in vigore, la “regola d’oro” dell’equilibrio di bilancio, così delineata, dovrà tuttavia attendere l’approvazione definitiva del nuovo testo costituzionale, il cui ultimo passaggio è rappresentato o da una eventuale approvazione mediante consultazione referendaria ovvero, su convocazione del Parlamento per iniziativa del Presidente della Repubblica, dall’approvazione delle due Camere riunite in Congresso, a maggioranza dei tre quinti dei voti espressi (art. 89 Cost.)[11]. Il Parlamento francese dovrebbe essere convocato in seduta congiunta a Versailles per il prossimo autunno.
L’art. 34 della Costituzione dispone attualmente che “le leggi delle finanze determinano le entrate e le spese dello Stato nelle condizioni stabilite da una legge organica”. Le regole relative alla predisposizione delle leggi finanziarie sono state profondamente modificate nel 2001 con la Loi organique n. 2001-692 relative aux lois de finances du 1° août 2001 (LOLF).La leggeè stata successivamente in parte modificata dalla Loi organique n° 2005-779 du 12 juillet 2005 modifiant la loi organique n° 2001-692 du 1er août 2001 relative aux lois de finances.
La loi de finance è l’ atto giuridico che dispone ed autorizza il bilancio dello Stato per un esercizio annuale. Determina nello specifico la natura, il montante e l’attribuzione delle entrate e delle spese dello Stato, nonché l’equilibrio di bilancio che ne deriva (art. 1 LOLF).
La loi de finance, cui può far seguito l’adozione di lois de finances rectificatives, si compone di due parti (art. 34 LOLF).
La prima parte («Condizioni generali di equilibrio finanziario») è relativa all’autorizzazione alla riscossione delle imposte, al calcolo delle entrate, alla determinazione delle spese, alla fissazione dei dati generali dell’equilibrio di bilancio.
La seconda parte («Mezzi delle politiche pubbliche e disposizioni speciali») stabilisce, per ciascuna missione del bilancio dello Stato, l’ammontare degli stanziamenti finanziari. Nella seconda parte è anche fissato il tetto massimo delle autorizzazioni di impiego delle risorse per ogni ministero.
Il bilancio dello Stato è strutturato su tre livelli: la missione (ministeriale o interministeriale); i programmi; le azioni (art. 7 LOLF).
Una “missione”, che è esclusivamente di iniziativa governativa, comprende un insieme di programmi che concorrono alla realizzazione di una politica pubblica definita, che può prevedere il coinvolgimento di più ministeri. Un “programma” comprende gli stanziamenti necessari per la realizzazione di una o più “azioni” che sono coordinate da uno stesso ministero[12].
L’ultima loi de finance approvata, la loi n. 2010-1657 du 29 décembre 2010 de finances pour 2011 , stabilisceper il 2011, per i ministri, a titolo di bilancio generale, la somma di 378.516.018.617 euro per “le autorizzazioni di impegno” e di 368.542.263.048 euro per “i crediti di pagamento” (art. 82). Nell’allegato “Etat B”, riferito all’art. 82 della legge n. 2010-1657, è stabilita la “Ripartizione per missione e programma degli stanziamenti del bilancio generale”.
L’art. 1 del progetto di legge costituzionale relativo all’equilibrio delle finanze pubbliche (TA n. 722), recentemente approvato dalle Camere, dispone la modifica dell’art. 34 della Costituzione, introducendo la nuova categoria delle “leggi-quadro di equilibrio delle finanze pubbliche” (LCEFP). In particolare il nuovo art. 34 Cost., previsto nel progetto, stabilisce che le LCEFP, che determinano gli orientamenti delle finanze pubbliche per almeno tre anni, stabiliscano, per ogni anno, un tetto massimo di spese e alcune nuove misure riguardanti le entrate che dovranno essere rispettati dalla legge delle finanze e dalla legge di finanziamento della sicurezza sociale dell’anno di riferimento. Il nuovo art. 34 Cost., previsto nel progetto, stabilisce inoltre che una legge organica avrà il compito di definire il contenuto delle LCEFP. Tale legge organica potrà inoltre stabilire quali altre disposizioni delle LCEFP dovranno essere vincolanti per le leggi delle finanze e di finanziamento della sicurezza sociale. La legge organica definirà inoltre le condizioni nelle quali saranno compensati i differenziali constatati nel corso dell’esecuzione delle leggi delle finanze e di finanziamento della sicurezza sociale.
Prima delle due riforme costituzionali federaliste del 2006 e del 2009, il principio del pareggio di bilancio era menzionato nell’art. 110, comma 1, della Legge fondamentale, in cui, semplicemente, si stabiliva che nel bilancio preventivo le entrate e le spese dovessero essere pareggiate. L’effettiva costituzionalizzazione di tale principio è avvenuta con la novella dell’art. 109 (già modificato nella prima fase della riforma), l’introduzione del nuovo art. 109a e la modifica dell’art. 115.
Con la prima riforma del federalismo (Föderalismusreform I), del 28 agosto 2006, il nuovo comma 5 dell’art. 109 [Separazione di competenza tra la Federazione e i Länder; principi in materia di bilancio] ha sancito la responsabilità congiunta della Federazione e dei Länder per il rispetto degli obblighi della Germania in relazione al Patto di stabilità europeo, stabilendo che le sanzioni per la violazione delle disposizioni sulla conformità alla disciplina di bilancio, di cui all’art. 104 del Trattato che istituisce la Comunità europea (TCE)[13], siano sostenute, rispettivamente, in misura del 65% dalla Federazione e del 35% dai Länder. Quest’ultima quota è ulteriormente ripartita in due fasce percentuali: è infatti previsto che tutti i Länder rispondano in via solidale del 35% in rapporto alla rispettiva popolazione, mentre il restante 65% ricada sui Länder che hanno causato la sanzione, in proporzione alla rispettiva responsabilità oggettiva.
Tra le successive modifiche dell’art. 109 introdotte con la seconda riforma del federalismo (Föderalismusreform II), del 29 luglio 2009, assume particolare rilevanza il nuovo comma 3, che impone come regola generale, sia alla Federazione sia ai Länder, il pareggio del bilancio senza ricorrere al prestito. Con tale disposizione, che di fatto introduce un freno all’indebitamento (Schuldenbremse)[14], viene superata la c.d. golden rule, ossia la possibilità di ricorrere a forme di indebitamento per finanziare le spese in conto capitale, precedentemente prevista dall'art. 115[15] della Legge fondamentale e nelle Costituzioni di numerosi Länder. Le nuove disposizioni costituzionali stabiliscono infatti che, per rispettare i criteri fissati a livello comunitario, il bilancio della Federazione e dei Länder debba essere in equilibrio, con un ricorso all’indebitamento pubblico - consentito solo alla Federazione e non ai Länder - per un massimo dello 0,35% del PIL. Sono ammesse deroghe al principio generale solo nel caso di calamità naturali o in situazioni eccezionali di emergenza che esulano dal controllo dello Stato e compromettono gravemente la sua capacità finanziaria. In questi casi dovrà essere adottato un piano di rientro nei parametri stabiliti non appena cessino le circostanze eccezionali.
In applicazione dei principi enunciati dalla nuova formulazione dell’art. 109, è stato modificato anche l’art. 115 [Ricorso al credito]. Il nuovo comma 2 ribadisce, con riferimento al solo bilancio federale[16], che le entrate e le uscite, di norma, debbano essere portate in pareggio senza ricorrere al prestito e che tale principio venga salvaguardato se le entrate da prestiti non superino la soglia dello 0,35% del PIL (c.d. freno all’indebitamento). La nuova formulazione è poi particolarmente dettagliata: in presenza di andamenti congiunturali che deviano dalle condizioni di normalità, le nuove disposizioni impongono che si tenga conto in modo simmetrico degli effetti sul bilancio, sia nelle fasi di ripresa che nelle fasi di declino. In particolare, nelle circostanze in cui il bilancio federale richieda il ricorso ad un indebitamento pubblico superiore ai parametri stabiliti, gli scostamenti del ricorso effettivo al credito dalla soglia massima consentita vengono registrati su un apposito conto di controllo; gli addebiti che superano la soglia dell'1,5% rispetto al prodotto interno lordo nominale devono essere quindi ridimensionati, tenuto conto dell'evoluzione del ciclo congiunturale. Nelle situazioni derivanti da disastri naturali o emergenze straordinarie, la deroga dovrà essere autorizzata con una decisione adottata dal Bundestag a maggioranza assoluta. Tale deliberazione deve inoltre essere collegata a un piano di ammortamento e il rimborso dei prestiti accesi deve avvenire entro un lasso di tempo adeguato.
I limiti previsti nelle nuove disposizioni contenute negli articoli 109 e 115 sono accompagnati da un sistema volto a prevenire gli indebitamenti eccessivi, ovvero un meccanismo di early warning cooperativo. È stato infatti introdotto un nuovo art. 109a [Emergenze di bilancio], ai sensi del quale, al fine di evitare un’emergenza di bilancio, possono essere emanate con legge federale bicamerale (c.d. Zustimmungsgesetz, legge che richiede necessariamente anche il consenso da parte del Bundesrat) disposizioni che riguardano: il controllo continuo della gestione di bilancio della Federazione e dei Länder da parte di un organismo comune (Consiglio di stabilità - Stabilitätsrat); le condizioni e le procedure per l’accertamento di un’imminente emergenza di bilancio; i principi regolanti l’elaborazione e l’attuazione di programmi di risanamento intesi a prevenire emergenze di bilancio.
In attuazione dell’art. 109, il 10 agosto 2009 è stata approvata l’apposita legge federale di esecuzione volta ad istituire un Consiglio di stabilità e ad evitare emergenze di bilancio (Gesetz sur Errichtung eines Stabilitätsrates und zur Vermeidung von Haushaltsnotlagen) in vigore dal 1° gennaio 2010. Il Consiglio di stabilità, costituitosi il 28 aprile 2010, è composto dal Ministro federale delle finanze, dal Ministro federale dell’economia e dell’innovazione tecnologica e dai ministri finanziari dei singoli Länder. Le riunioni del Consiglio si svolgono a seconda delle necessità, ma non meno di due volte l’anno. Il principale compito del Consiglio di stabilità, che ha acquisito anche le competenze del disciolto Consiglio di pianificazione finanziaria (Finanzplanungsrat), consiste nel valutare la situazione economica della Federazione e dei Länder monitorando la loro gestione finanziaria, con particolare riguardo ai progressi compiuti nel risanamento dai cinque Länder (Brema, Berlino, Saarland, Sassonia-Anhalt e Schleswig-Holstein) che, ai sensi dell’art. 143d, comma 2, hanno ottenuto sovvenzioni supplementari[17] a causa del loro particolare dissesto finanziario. Le nuove disposizioni costituzionali prevedono che la concessione degli aiuti sia subordinata al rientro totale dei deficit di finanziamento entro la fine del 2020. A tale scopo il Consiglio elabora rapporti annuali, concordando le misure eccezionali da adottare nei casi di deroga ai parametri di risanamento previsti dalla riforma. Nella prossima riunione, che avrà luogo nel novembre 2011, è infatti previsto che siano concordati programmi di risanamento (Sanierungsprogramme) di durata quinquennale, che il Comitato di valutazione (Evaluationsausschuss) interno al Consiglio sta esaminando e discutendo nel dettaglio con i Länder interessati.
Per quanto riguarda, infine, l’entrata in vigore della nuova disciplina costituzionale di bilancio, il già citato art. 143d, comma 1, stabilisce che il freno sul debito sia applicato a partire dal bilancio per il 2011, ma prevede due periodi transitori di avvicinamento progressivo agli obiettivi, che termineranno nel 2016 per la Federazione e nel 2020 per i Länder.
La Costituzione spagnola non contempla espressamente l’obbligo del pareggio di bilancio. L’art. 134, comma 2, della Costituzione[18], prevede che “il Bilancio Generale di previsione dello Stato sarà annuale, comprenderà la totalità delle spese ed entrate del settore pubblico statale, e in esso sarà indicato l’importo delle agevolazioni fiscali che interessino i tributi statali”. Il comma 4 aggiunge che “approvato il Bilancio Generale dello Stato, il Governo potrà introdurre progetti di legge che comportino aumento della spesa pubblica o diminuzione delle entrate relative al medesimo esercizio”; inoltre “ogni proposta o emendamento che comporti aumento dei crediti o diminuzione delle entrate di bilancio richiederà, per aver corso, l’accettazione del Governo” (comma 6), mentre “la Legge di Bilancio non può istituire imposte. Potrà modificarle qualora una legge tributaria sostanziale lo preveda” (comma 7).
Previsioni normative relative alla stabilità dei bilanci sono tuttavia presenti a livello di legislazione ordinaria ed organica[19]. In materia di bilancio del settore pubblico vige infatti il Real Decreto Legislativo 2/2007, de 28 de diciembre, por el que se aprueba el texto refundido de la Ley General de Estabilidad Presupuestaria[20], il cui art. 3 stabilisce il principio della stabilità di bilancio (estabilidad presupuestaria). Ai sensi dell’art. 2 rientrano nella definizione di “settore pubblico”: l’Amministrazione generale dello Stato, gli enti del Sistema della sicurezza sociale, l’Amministrazione delle Comunità autonome, gli enti locali, nonché gli enti o gli organismi autonomi dipendenti da tali amministrazioni che prestano servizi o producono beni non finanziati in via maggioritaria da entrate di tipo commerciale.
L’art. 8 sancisce il perseguimento dell’obiettivo di stabilità di bilancio: nel primo semestre di ogni anno, il Governo, mediante accordo in Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, e previo rapporto del Consiglio di politica fiscale e finanziaria delle Comunità autonome (Consejo de Política Fiscal y Financiera de las Comunidades Autónomas)[21] e della Commissione nazionale dell’amministrazione locale (Comisión Nacional de Administración Local)[22], fissa l’obiettivo di stabilità di bilancio riferito ai tre esercizi successivi[23].
L’art. 14 disciplina la correzione della situazione di inadempienza dell’obiettivo di stabilità, prevedendo che, per il settore pubblico statale - nel caso di bilanci che presentino un deficit maggiore di quello fissato - il Governo rimetta al Parlamento un piano economico-finanziario di riequilibrio, contenente la definizione di politiche di entrate e di uscite da applicare per correggere la situazione, al massimo entro i tre esercizi di bilancio successivi. Tale articolo si applica all’Amministrazione generale dello Stato e agli enti del Sistema della sicurezza sociale.
L’art. 20 prevede l’obiettivo di stabilità di bilancio per gli enti locali, la cui proposta spetta al Ministro dell’economia e delle finanze; essa deve essere approvata dal Governo, previo rapporto della Commissione nazionale dell’amministrazione locale.
Ai sensi dell’art. 22, gli enti locali che non abbiano rispettato l’obiettivo di stabilità fissato sono obbligati all’approvazione, da parte del rispettivo Consiglio, di un piano finanziario di riequilibrio entro un termine massimo di tre anni. In questo piano debbono essere indicate le attività da realizzare e le misure da adottare in relazione alla regolazione, esecuzione e gestione delle spese e delle entrate, che permettano di garantire il ritorno a una situazione di stabilità di bilancio.
Per quanto concerne le Comunità autonome, è vigente inoltre la Ley Orgánica 5/2001, de 13 de diciembre, complementaria a la Ley General de Estabilidad Presupuestaria.
In particolare, l’art. 3 della legge organica è relativo al principio della stabilità di bilancio delle Comunità autonome. Esso prevede che l’elaborazione, l’approvazione e l’esecuzione dei bilanci delle Comunità autonome si realizzi generalmente in equilibrio o in attivo.
L’art. 7 prevede che, nel caso di rischio di inadempienza all’obiettivo di stabilità, il Governo possa formulare un’avvertenza alla Comunità autonoma, di cui è informato anche il Consiglio di politica fiscale e finanziaria delle Comunità autonome. L’inadempienza dell’obiettivo comporta la predisposizione di un piano economico-finanziario di riequilibrio entro i tre anni successivi. Ai sensi dell’art. 8, le Comunità autonome che abbiano approvato dei bilanci, con un deficit maggiore rispetto a quello fissato, sono obbligate ad elaborare un piano economico-finanziario di riequilibrio.
Si è a lungo discusso in dottrina (v. N. Lupo, Costituzione e bilancio, Roma 2007), se il “nucleo centrale della sovranità economica” sia stato ormai assorbito dall’Unione europea, in particolare in quanto i Trattati pongono limiti all’indebitamento e al debito degli Stati membri, oppure se vi sia “un contrasto piuttosto netto, se non radicale” tra i principi alla base della nostra Costituzione, quali quelli di uguaglianza sostanziale e di “ampio riconoscimento dei diritti sociali” e l’affermazione del principio dell’economia di mercato e della libera concorrenza esplicitata nel Trattato di Maastricht.
Certo è che il processo di integrazione tra ordinamento europeo e ordinamenti nazionali degli Stati membri è andato rapidamente avanti e la dottrina prevalente ritiene che andrebbero ormai valorizzati gli elementi di compatibilità fra l’ordinamento costituzionale italiano e quello dell’Unione europea nella direzione di quella che è stata definita da Giuliano Amato “l’economia sociale di mercato”.
In questa chiave si è parlato di una “diversa ponderazione dei principi affermati dalla carta costituzionale italiana, per effetto della quale alcuni di essi, e in particolare l’art. 47 e l’art. 81 (…) trovano una riallocazione apicale, in quanto diventano “super-norme costituzionali, con protezione internazionale, non riformabili in peius, se non previa rinegoziazione o rottura del trattato” (Manzella, Lupo).
Oltre agli articoli 47 sulla tutela del risparmio e la disciplina e il controllo dell’esercizio del credito e 81, sulla disciplina del bilancio e l’obbligo di copertura delle leggi recanti oneri finanziari, vanno preliminarmente richiamate le altre disposizioni costituzionali anche se esse non sono formulate come regole di natura numerica: in particolare l’articolo 53 della Costituzione in ordine al rapporto di partecipazione alla contribuzione fiscale e l’articolo 119 che vieta il ricorso al debito per il finanziamento di spese correnti degli enti territoriali, escludendo qualsiasi garanzia dello Stato su tali modalità di finanziamento.
Nella Costituzione italiana vigente non vi è l’affermazione dell’obbligo del pareggio di bilancio, anche se parte della dottrina ha voluto riscontrare l’affermazione sia pure implicita di tale principio nel quarto comma dell’art. 81.
È però un fatto che, almeno dal 1988, vi è stato un impegno costante del legislatore nazionale (con il concorso praticamente unanime di tutte le parti politiche) ad introdurre regole volte a favorire il riequilibrio dei conti pubblici e al controllo stabile dei saldi di finanza pubblica onde consentire il rallentamento prima e poi l’arresto e l’inversione di tendenza nel processo di accumulo del debito pubblico.
Le crisi economico-finanziarie del 2008 ed anni successivi hanno portato a forti innovazioni nelle procedure europee di controllo dei disavanzi eccessivi e poi ad un vero e proprio coordinamento ex-ante delle politiche di bilancio degli Stati membri.
La recente introduzione, a livello comunitario, di moduli decisionali ed operativi, nell’ambito del cosiddetto “Semestre europeo”, che oltre a rafforzare il coordinamento ex ante delle politiche economiche e di bilancio degli Stati membri della UE, perseguono una più stretta sorveglianza in campo fiscale e macro-economico, hanno indotto il legislatore nazionale ad aggiornare i profili sostanziali e procedurali della normativa contabile nazionale.
Con la legge 7 aprile 2011, n. 39, sono state pertanto apportate talune modifiche alla legge di contabilità e finanza pubblica n. 196 del 2009, volte, in via generale, ad assicurare in modo ancor più stringente la coerenza della programmazione finanziaria di tutte le amministrazioni pubbliche con le procedure e i criteri stabiliti in sede europea.
A tal fine sono stati rivisitati il ciclo, la denominazione ed il contenuto dei principali strumenti della programmazione economico-finanziaria, nonché introdotte alcune disposizioni volte a rafforzare la disciplina fiscale in linea con le indicazioni formulate dalle istituzioni comunitarie ai fini della riduzione del deficit e del debito.
Sono state, invece, confermate le rilevanti innovazioni già introdotte con la riforma del 2009, quali l’estensione dell’ambito di applicazione della normativa contabile a tutto il perimetro della Pubblica Amministrazione (PA), il metodo della programmazione almeno triennale delle risorse, delle politiche e degli obiettivi, la ripartizione degli obiettivi di finanza pubblica per i diversi sottosettori del conto della PA e l’indicazione di previsioni a politiche invariate per i principali aggregati del conto economico della PA.
La nuova legge di contabilità e finanza pubblica ha inoltre accentuato le possibilità di controllo del Parlamento, introducendo altresì nuove e più stringenti regole per la copertura dei maggiori oneri e per la destinazione di risorse rivenienti in corso d’anno dal miglioramento dei saldi.
In tale prospettiva, in coerenza con le richieste dell’Unione europea di destinare alla riduzione del deficit e del debito le eventuali maggiori entrate non previste a legislazione vigente, l’articolo 3 della legge n. 39/2011, modificando il disposto dell’art. 11, comma 6, della legge n. 196 del 2009, consente l’utilizzo del risparmio pubblico a copertura degli oneri correnti della legge di stabilità unicamente per finanziare riduzioni di entrata e solo a condizione che risulti assicurato un valore positivo del risparmio pubblico.
Nella medesima logica s’inscrive il comma 1-bis introdotto all’art. 17 della legge di contabilità, recante il divieto di utilizzare a copertura di nuovi oneri finanziari le maggiori entrate correnti che dovessero verificarsi in corso diesercizio rispetto a quelle iscritte nel bilancio di previsione derivanti da variazioni degli andamenti a legislazione vigente, nonché l’espressa previsione che l’eventuale “extra gettito” connesso ad un miglioramento del quadro economico possa essere destinato solo al miglioramento dei saldi di finanza pubblica.
Un’ulteriore modifica volta a rafforzare la disciplina fiscale in conformità a uno schema di programmazione e di bilancio ispirato a procedure e regole di tipo “top down”, consiste, infine, nella previsione, introdotta nell’ambito di una delega al Governo per il completamento della riforma del bilancio dello Stato, contenuta nell’art. 40 della legge n. 196/2009, della possibilità di fissare “tetti” di spesa all’intero aggregato delle risorse iscritte nel bilancio, ivi comprese anche quelle non rimodulabili, ferma restando la necessità di tenere conto della loro peculiarità.
Sotto altro versante, con legge ordinaria sono state inoltre introdotte specifiche discipline relative al concorso degli enti locali al raggiungimento degli obiettivi di indebitamento della P.A. attraverso il Patto di stabilità interno ed il Patto per la salute, discipline che si intersecano con il processo di attuazione del federalismo fiscale avviato ai sensi della legge n. 42 del 2009.
In particolare, il recente decreto legge di manovra n. 98/2011 ha rivisto la disciplina del patto di stabilità interno, sia prevedendo la possibilità di concordare le modalità di raggiungimento degli obiettivi del patto da parte di ciascuna regione e degli enti locali del proprio territorio, sia introducendo nuovi parametri di virtuosità degli enti ai fini della redistribuzione degli obiettivi del patto fra le singole amministrazioni, con effetti di minore incidenza finanziaria dei vincoli per gli enti virtuosi e di maggiore incidenza per gli altri.
Per quanto concerne il comparto della spesa sanitaria, negli ultimi anni sono state introdotte, sulla base di procedure di natura negoziale tra lo Stato e le regioni, diverse misure di contenimento e razionalizzazione della spesa, anche ai fini del rispetto del percorso indicato dai Piani di rientro delle regioni in deficit.
Tra i principali strumenti di governance della spesa sanitaria, che caratterizzano tale settore, figurano:
§ il meccanismo “top-down” di determinazione del livello di finanziamento del settore sanitario, che parte dalla fissazione “a monte” di un plafond di risorse dedicate, in coerenza con l’evoluzione macroeconomica e nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica;
§ la responsabilizzazione delle regioni per il finanziamento della spesa “ultra – LEA” e la copertura dei disavanzi;
§ il sistema sanzionatorio, che in via generale dovrebbe essere oggetto di implementazione nell’ambito dello schema di decreto legislativo in materia di “premi e sanzioni” attualmente all’esame della Commissione per l’attuazione del federalismo fiscale;
§ l’obbligo per le regioni in disavanzo di sottoscrivere un Accordo con il Governo ed il relativo Piano di rientro;
§ la verifica dei servizi erogati e dei relativi costi da parte dei Tavoli degli adempimenti e del Comitato LEA istituiti presso i Ministeri dell’Economia e della Salute.
Tali meccanismi, previsti da ultimo dal Patto della salute firmato nel dicembre 2009, sono stati recepiti all’interno del processo di attuazione del federalismo fiscale quale risulta dai decreti attuativi della legge 42/2009, ed in particolare dal decreto legislativo n. 68 del 2011 in materia di fisco regionale e costi standard nella sanità. In tale ambito, nell’introdurre nuovi elementi di virtuosità e razionalizzazione della spesa, attraverso la definizione dei costi standard e l’individuazione di regioni benchmark, viene confermato l’approccio top-down nella definizione del meccanismo di determinazione del fabbisogno sanitario nazionale standard, così come viene sostanzialmente confermato il sistema della “pesatura” della popolazione ai fini della definizione delle quote di accesso al finanziamento spettanti a ciascuna regione.
Gli strumenti di governance della spesa sanitaria sono stati da ultimo integrati dalle misure introdotte nel decreto legge n. 98 del 2011, il quale ha disposto che le modalità per il raggiungimento degli obiettivi connessi alla rimodulazione del livello di finanziamento della spesa sanitaria cui concorre lo Stato – operata dal decreto medesimo – siano concordate attraverso un’intesa da sancire tra lo Stato e le Regioni entro il 30 aprile 2012; qualora tale termine non venga rispettato troveranno applicazione una serie di ulteriori misure di contenimento della spesa, indicate dal decreto, concernenti, tra l’altro, l’indicazione alle regioni di prezzi di riferimento alle condizioni di maggiore efficienza dei beni, prestazioni e servizi; l’imputazione a carico delle aziende farmaceutiche di una quota dell'eventuale superamento del tetto della spesa farmaceutica ospedaliera e l’introduzione di un limite di spesa per l'acquisto di dispositivi medici.
L'articolo 81 della Costituzione detta i principi basilari della disciplina costituzionale in materia di bilancio e di finanza pubblica.
Nel corso dei lavori dell'Assemblea Costituente esso fu esaminato dalla Seconda Sottocommissione, nell'ambito della discussione sul problema dell'iniziativa legislativa, nella seduta del 24 ottobre 1946, e dalla Assemblea nella seduta del 17 ottobre 1947, in cui venne approvato.
Il primo comma ("Le Camere approvano ogni anno i bilanci ed il rendiconto consuntivo presentati dal Governo") disciplina i rapporti costituzionali fra Governo e Parlamento e le loro relative attribuzioni in ordine alla decisione di bilancio.
Da esso derivano i principi della annualità del bilancio e della sua decisione parlamentare e dell'obbligo di rendicontazione, e della unità ed unitarietà del bilancio. In realtà la formulazione della norma su questo punto specifico ha dato luogo a molteplici dubbi interpretativi, in quanto essa fa riferimento ai "bilanci" e appare perciò in contrasto con il principio suddetto. Il riferimento ai "bilanci" anziché al bilancio è per altro da intendersi quale obbligo di redigere un bilancio articolato al suo interno in partizioni corrispondenti ai singoli ministeri.
Il primo comma dell'articolo 81 introduce, inoltre, il principio della esclusività della competenza del Governo in relazione alla predisposizione ed alla presentazione alle Camere del disegno di legge di bilancio.
In seno alla Seconda Sottocommissione venne discusso il problema se dovesse spettare alla prima Camera (alla Camera dei deputati) la priorità nell'esame e nell'approvazione del bilancio; in questo senso si pronunciarono gli on. Nobile e Targetti. Prevalse invece la tesi favorevole all'attribuzione di eguali poteri alle due Camere anche in materia finanziaria, come conseguenza della perfetta parità ad esse riconosciuta.
Il secondo comma ("L'esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi") introduce l'istituto dell'esercizio provvisorio, volto da un lato a salvaguardare la continuità dell'azione governativa ed amministrativa nelle more dell'approvazione della legge di bilancio, e dall'altro a garantire la funzione di indirizzo riservata al Parlamento.
La formulazione definitiva del secondo comma dell'art. 81 deriva da un emendamento, presentato in sede di Assemblea Costituente dall'on. Bertone, al testo originario del progetto il quale prevedeva la concessione dell'esercizio provvisorio "una sola volta e per un periodo non superiore a quattro mesi". L'emendamento dell'on. Bertone aveva lo scopo di rendere possibili richieste di autorizzazione all'esercizio provvisorio anche per periodi più brevi. Esso venne favorevolmente accolto dall'on. Ruini (Presidente della Commissione per la Costituzione) in quanto idoneo ad impedire possibilità di equivoci, insite nel testo del progetto, circa il fatto che l'esercizio provvisorio non potesse essere chiesto ed accordato per un periodo inferiore a quattro mesi.
Il terzo comma ("Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese") pone un preciso vincolo all'ampiezza delle determinazioni assumibili con la legge di bilancio. Esso si pone in linea con una lunga serie di disposizioni legislative che avevano progressivamente limitato la capacità di innovare alla legislazione di entrata e di spesa per mezzo della legge di bilancio.
Nel corso della discussione in Assemblea, l'on. Buffoni propose la soppressione del terzo comma dell'art. 81 (già articolo 77 del progetto), non ritenendo opportuno statuire a livello costituzionale il principio del divieto di determinazione di aumenti di spesa al momento della approvazione di un capitolo di bilancio. Sulla proposta dell'on. Buffoni espresse parere contrario l'on. Ruini (Presidente della Commissione per la Costituzione) rilevando l'essere "una norma di correttezza contabile ammessa nei Paesi più ordinati, che sia tolta la possibilità di varare, confondendoli con i bilanci, omnibus di provvedimenti anche tributari" e ribadendo il principio per cui le Camere in sede di approvazione del bilancio possono solamente aumentare o diminuire le cifre iscritte nei singoli capitoli, ma non anche aumentare o modificare le imposte che sono regolate da apposite leggi e neppure alterare le leggi generali di autorizzazione delle spese.
Il quarto comma dell'art. 81 ("Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte") fu introdotto dalla Seconda Sottocomissione in sede di discussione dell'istituto dell'iniziativa legislativa.
Fu l'on. Einaudi a sottolineare l'opportunità di limitare al Governo l'iniziativa in materia di spesa, negandola ai membri delle due Camere (Seconda Sottocommissione, seduta del 24 ottobre 1946), in quanto l'esperienza dimostrava che "mentre una volta erano le Camere che resistevano alle pro- poste di spesa da parte del Governo, negli ultimi tempi spesso è avvenuto che proprio i deputati, per rendersi popolari, hanno proposto spese senza nemmeno rendersi conto dei mezzi necessari per fronteggiarle". In ragione di ciò, l'on. Einaudi prospettava due soluzioni: "o negare ai deputati delle due Camere il diritto di fare proposte di spesa, ovvero obbligarli ad accompagnarle con la proposta correlativa di entrata a copertura della spesa."
L'on. Mortati (relatore), intervenendo dopo l'on. Einaudi, dichiarò di aver già predisposto un articolo del seguente tenore: "I progetti i quali importino oneri finanziari non potranno essere presi in esame ove non siano accompagnati dalla proposta relativa ai mezzi necessari per coprire la spesa corrispondente". La proposta degli on. Einaudi e Mortati ebbe il sostegno dell'on. Vanoni, il quale fece presente che identica norma era già contenuta nella legge sulla contabilità di Stato (l'art. 43 della legge di contabilità, R.D. n. 2240 del 1923) e che la Commissione di tecnici istituita presso il Ministero della Costituente per lo studio dei problemi in materia finanziaria aveva sottolineato a sua volta l'opportunità che nella Costituzione venisse sancito l'obbligo in parola, come garanzia della tendenza al pareggio di bilancio.
Gli on. Mortati e Vanoni proposero dunque una formula concordata, cui diede il suo assenso anche l'on. Einaudi, del seguente tenore: "Le leggi le quali importino maggiori oneri finanziari devono provvedere ai mezzi necessari per fronteggiarli".
Tale formula sembrò tuttavia eccessivamente drastica alla Sottocommissione, in quanto capace di invalidare, come rilevò l'on. Perassi, ogni legge che non rispondesse all'obbligo di provvedere ai mezzi con cui fare fronte alle spese. Venne quindi in ultimo accettata la proposta dell'on. Bozzi (attuale testo del quarto comma dell'art. 81) che, parafrasando l'art. 43 della legge sulla contabilità di Stato, impone l'obbligo per le proposte di nuove e maggiori spese e per le leggi che le approvano di "indicare" i mezzi necessari per far fronte alle spese stesse.
L’articolo 81 Cost. è stato oggetto di diverse ipotesi di modifica, prevalentemente nell’ambito di più generali progetti di riforma costituzionale.
La Commissione Bozzi nel 1985 propose una profonda revisione dell’articolo 81 Cost. prevedendo tra l’altro di costituzionalizzare:
§ il bilancio quinquennale;
§ il pareggio di parte corrente affermando che «…nei bilanci dello Stato e degli enti pubblici le spese correnti non possono superare il gettito delle entrate tributarie ed extratributarie»;
§ la prevalenza del voto palese sulle deliberazioni parlamentari che importino variazioni di entrate o di spese;
§ l’introduzione di una deliberazione parlamentare sul limite massimo dell’autorizzazione a contrarre prestiti per i 5 anni successivi.
Di portata più limitata, ma assai significative, le modifiche proposte dalla Commissione Parlamentare per le riforme istituzionali (De Mita-Iotti) del 1993, tra cui:
§ l’introduzione del principio dell’equilibrio finanziario del bilancio di parte corrente;
§ l’ammissibilità degli emendamenti della manovra nell’ambito dei saldi previamente fissati;
§ l’obbligo di copertura finanziaria per l’intero periodo di efficacia delle leggi di spesa, nel rispetto dei limiti al ricorso all’indebitamento fissati in bilancio.
La proposta prevedeva, per l’attuazione dell’articolo 81, una riserva di legge “rinforzata”, ossia di una legge che non avrebbe potuto essere abrogata o modificata dalle leggi di bilancio, né dalle leggi di spesa o di entrata.
La modifica dell’art. 81 Cost. è stata oggetto di esame anche da parte della bicamerale D’Alema del 1997.
Il documento trasmesso al Parlamento dalla Commissione il 4 novembre 1997 ha previsto che «Il ricorso all'indebitamento è ammesso solo per spese di investimento o in caso di eventi straordinari con conseguenze finanziarie eccezionali» e ha stabilito che «Le leggi in materia di contabilità pubblica non possono essere modificate da leggi di spesa o di entrata». Inoltre, ha proposto di introdurre la facoltà per il Governo di opporsi a disposizioni che comportano nuovi oneri. Le Camere possono superare l’opposizione del Governo unicamente con un voto a maggioranza assoluta dei componenti.
Viene poi disposta una differenziazione tra Camera e Senato in materia di esame dei progetti di leggi sulla finanza pubblica: questi sono esaminati prima dalla Camera e poi dal Senato, in composizione integrata con rappresentanti delle regioni e degli enti locali. Alla Camera spetta deliberare in via definitiva.
Tra le proposte di legge dirette specificatamente a modificare l’art. 81 Cost. si ricorda quella elaborata alla fine della XIII legislatura dal Ministro per le riforme istituzionali pro tempore Maccanico (ma non presentata alle Camere) finalizzata a riassorbire i contenuti della legge finanziaria all’interno della legge di bilancio, a richiamare i principi di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, ed a consentire di superare l’opposizione del Governo alle leggi di spesa con una maggioranza qualificata.
Si riporta di seguito il testo della bozza di disegno di legge Maccanico:
Art. 81
Le Camere approvano ogni anno i bilanci e il rendiconto consuntivo presentati dal Governo.
L’esercizio provvisorio del bilancio non può essere concesso se non per legge e per periodi non superiori complessivamente a quattro mesi.
La legge di bilancio definisce annualmente il quadro di riferimento della finanza pubblica in un orizzonte annuale e pluriennale in coerenza con gli obiettivi di sviluppo e di coesione della politica economica nazionale; definisce gli indirizzi delle politiche pubbliche per quanto riguarda le entrate e le conseguenti spese, stabilendo la ripartizione delle risorse per funzione e centri di responsabilità, con la indicazione degli obiettivi della gestione e dell’attività amministrativa in riferimento al livello dei servizi finali resi ai cittadini; definisce le previsioni di entrata e le autorizzazioni di spesa annuali dello Stato; assume le decisioni per la manovra annuale di bilancio introducendo le necessarie modificazioni quantitative per l’entrata, nel quadro dell’ordinamento tributario e contributivo, e le necessarie modulazioni alla legislazione di spesa; definisce i saldi del bilancio annuale dello Stato compatibili con l’equilibrio complessivo della finanza pubblica della Repubblica, nel rispetto dei principi di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza.
Non sono ammissibili emendamenti di modifica dei saldi di bilancio. I regolamenti parlamentari determinano limiti all’ammissibilità di altri emendamenti di iniziativa parlamentare.
Se il rendiconto presentato dal Governo per l’anno precedente comporta disavanzi aggiuntivi si provvede con la legge di bilancio successiva.
Art. 81-bis
Le leggi che comportano nuovi o maggiori oneri indicano i mezzi per farvi fronte per l’intero periodo di applicazione nell’osservanza dei limiti stabiliti per il ricorso all’indebitamento della legge di bilancio, nonché dei prefissati saldi delle spese di parte corrente e in conto capitale.
In caso di opposizione del Governo le leggi che comportano maggiori oneri sono approvate dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti.
Il Governo, quando ritenga che una legge regionale comporti il peggioramento dell’equilibrio annuale e pluriennale dei conti dello Stato e delle amministrazioni pubbliche definito dalla legge di bilancio può promuovere conflitto di attribuzioni dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione.
Con la legge ordinaria viene disciplinato il contenuto e il processo di formazione del bilancio, annuale e pluriennale, di previsione e del rendiconto finanziario e patrimoniale, nonché le regole di raccordo tra il bilancio e le leggi in materia di entrata e di spesa. Le leggi di entrata e di spesa non possono introdurre deroghe alla disciplina stabilita con tale legge.
Attualmente risultano presentate in entrambi i rami del Parlamento alcune proposte di legge aventi ad oggetto la modifica dell’art. 81 Cost.
Proposte di legge presentate alla Camera dei deputati:
C. 4051
On. Calderisi (PdL) e altri
“Modifiche alla parte seconda della Costituzione per assicurare governabilità al Paese”
2 febbraio 2011: presentata alla Camera dei deputati
9 febbraio 2011: assegnata (non ancora iniziato l'esame)
C. 4205
On. Renato Cambursano (IdV) e altri
“Modifica all'articolo 81 della Costituzione, in materia di debito pubblico”
23 marzo 2011: presentata alla Camera dei deputati
28 aprile 2011: assegnata (non ancora iniziato l'esame)
C. 4525
On. Giuseppe Francesco Maria Marinello (PdL)
“Modifica dell'articolo 81 della Costituzione, concernente i bilanci dello Stato e degli enti pubblici e l'equilibrio della finanza pubblica”
19 luglio 2011: presentata alla Camera dei deputati
28 luglio 2011: assegnata (non ancora iniziato l'esame)
C. 4526
On. Marco Beltrandi (PD)
“Modifica dell'articolo 81 e introduzione degli articoli 81-bis e 81-ter della Costituzione, concernenti il principio del pareggio nei bilanci dello Stato e degli enti pubblici, la copertura finanziaria delle leggi e il controllo dell'equilibrio dei conti pubblici”.
19 luglio 2011: presentata alla Camera dei deputati
Proposte di legge presentate al Senato della Repubblica:
S. 216
Sen. Francesco Cossiga (UDC-SVP-Aut)
“Revisione della Costituzione”
29 aprile 2008: presentata al Senato della Repubblica
28 ottobre 2008: assegnata (non ancora iniziato l'esame)
S. 1114
Sen. Andrea Pastore (PdL) e altri
“Modifiche alla Parte II della Costituzione e all'articolo 3 della legge costituzionale 22 novembre 1967, n. 2, in materia di composizione e funzioni della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica, formazione e poteri del Governo, età e attribuzioni del Presidente della Repubblica, nomina dei giudici costituzionali”
14 ottobre 2008: presentata al Senato della Repubblica
19 novembre 2008: assegnata (non ancora iniziato l'esame)
S. 2834
Sen. Elio Lannutti (IdV) e altri
“Modifica all'articolo 81 della Costituzione, in materia di debito pubblico”
20 luglio 2011: presentata al Senato della Repubblica
S. 2851
Sen. Raffaele Lauro (PdL) e altri
“Introduzione dell'articolo 81-bis della Costituzione in materia di patto di stabilità”
27 luglio 2011: presentata al Senato della Repubblica
S. 2871
Sen. Nicola Rossi (Misto) e altri
“Modifiche degli articoli 23, 81, 117 e 119 della Costituzione in tema di regole di responsabilità fiscale”
2 agosto 2011: presentata al Senato della Repubblica
S. 2881
Sen. Filippo Saltamartini (PdL)
“Modifiche e integrazione all'articolo 81 della Costituzione in materia di Equilibrio di Bilancio della Repubblica”
3 agosto 2011: presentata al Senato della Repubblica
Dai testi allo stato disponibili delle proposte di legge indicate, tra le quali non sono richiamate quelle che riguardano l’art. 81 Cost. in via consequenziale all’esito della riforma del bicameralismo, emergono i seguenti orientamenti:
§ introduzione nell’art. 81 Cost. del principio del raggiungimento dell’equilibrio annuale e pluriennale del bilancio, senza ricorso al debito pubblico, se non per spese di investimento o in caso di eventi straordinari, con obbligo di destinazione delle risorse che ne derivano a spese in conto capitale;
§ introduzione nell’art. 81 Cost. di un principio di economicità delle spese dello Stato e degli altri enti pubblici;
§ introduzione nell’art. 81 Cost. del divieto di approvazione di leggi o emendamenti che comportino nuove o maggiori spese o diminuzione di entrate qualora il Governo vi si opponga o, in tal caso, previsione della loro approvazione da parte delle Camere a maggioranza assoluta dei componenti o a maggioranza qualificata;
§ introduzione nell’art. 81 Cost. della facoltà del Governo di elevare conflitto di attribuzione avverso leggi regionali che comportino peggioramento dell’equilibrio annuale e pluriennale dei conti dello Stato e delle amministrazioni pubbliche;
§ estensione alle regioni dei vincoli stabiliti per lo Stato dall’art. 81 Cost.;
§ introduzione nell’art. 81 Cost. del vincolo di immodificabilità delle leggi in materia di contabilità pubblica con leggi di spesa o di entrata;
§ introduzione nell’art. 81 Cost. della proporzionale riduzione di spese derivanti dall’attuazione di leggi, regolamenti o decreti, ovvero di sentenze definitive di organi giurisdizionali o della Corte costituzionale nel complesso superiori a quelle indicate nella legge di autorizzazione.
P. De Ioanna, Crisi e prospettive della contabilità pubblica, Associazione per gli studi e le ricerche parlamentari, quaderno n. 20, Seminario 2009
Secondo l’Autore, l’art. 81 Cost. reca in sé chiavi di lettura che ne dimostrano l’attualità, al di là delle critiche retrospettive sulle relative disposizioni. Queste, infatti, hanno permesso “grande capacità di adattamento agli sviluppi del sistema reale dei rapporti politici economici”. L’esigenza di tipicità degli strumenti di bilancio è il tratto che emerge da tali disposizioni e che l’Autore sottolinea per evidenziare un connotato ricorrente nelle democrazie rappresentative: stabilità, tipicità e specialità dei documenti di bilancio e delle relative procedure di esame sono tratti che concorrono a ricostruire accountability e trasparenza nell’esercizio dei poteri pubblici. Perciò la questione centrale nella lettura dell’art. 81 è la ricerca di “forme e tecniche che assicurino un ragionevole grado di controllo – coordinamento nelle dinamiche interne degli istituti di spesa e nella loro espressione finanziaria”. Il che, sul piano dei rapporti Parlamento – Governo, si traduce nella ricerca di “un punto di equilibrio trasparente tra le prerogative del Governo che deve essere messo nella condizione di attuare le sue politiche e quelle del Parlamento, che deve avere sufficienti poteri di decisione e di controllo, reali non puramente nominali”. Le ragioni di un assetto non soddisfacente delle istituzioni di bilancio non sono ascrivibili all’art. 81 Cost., ma all’incompiuta “transizione verso un assetto bipolare, trasparente e condiviso”. L’attuale sistema maggioritario “di fatto ha nettamente spostato il baricentro di potere verso il governo di turno; il punto cruciale di una rilettura dell’art. 81 Cost. aderente ai nodi del presente dovrebbe concentrarsi sulla struttura dei documenti e sulla strumentazione tecnica che consenta alle Camere di comprendere e quindi cercare di controllare l’allocazione e la gestione delle risorse”. Una lettura aggiornata dell’art. 81 dovrebbe far leva sulla tipicità dei contenuti della legge di bilancio con l’adozione di criteri di struttura e di classificazione delle entrate e delle spese “che mostrino i cambi di priorità al margine possibili sulla base dell’esercizio dei poteri di cui il Governo e il sistema della PA già dispone”. Il terzo comma dell’art. 81, infatti, contiene una riserva di legge relativa specializzata e rinforzata e la specializzazione è la funzione sostanziale della legge di bilancio. La recente esperienza dell’utilizzo di uno strumento d’urgenza per la correzione degli andamenti di finanza pubblica “ha schiacciato il principio di specializzazione delle fonti che regola la materia, rendendo opaca la funzione di tale specializzazione”. È invece auspicabile il “ritorno all’unificazione in un unico strumento legislativo sia del quantum di innovazione e integrazione normativa compatibile con una lettura evolutiva dell’art. 81 Cost., sia degli stati di previsione di un bilancio riorganizzato per missioni e programmi”. Ciò significa superare il dualismo legge finanziaria – legge di bilancio, nella consapevolezza che l’attribuzione alla legge finanziaria di una forma talora di legge di bilancio e talaltra di legge di spesa ha avuto effetti sulla forma di governo.
G. M. Salerno, Costituzione, Unione Europea e mercati globali: proposte e riflessioni, in “Federalismi”, n. 12/2010
Le proposte che nei tempi più recenti sono state avanzate nella direzione dell’adozione di regole costituzionali a garanzia di comportamenti finanziariamente corretti affrontano, secondo l’Autore, solo una parte del reale problema di fronte al quale si trovano attualmente gli Stati e che mette in discussione il tradizionale concetto di sovranità: oggi ogni Stato deve essere in grado di reagire politicamente al giudizio espresso dai mercati in ordine al patrimonio economico e produttivo nazionale, pena la stabilità del relativo sistema economico sociale. Nella logica della speculazione finanziaria, ciò che conta ”è la complessiva debolezza del cosiddetto sistema Paese”. Gli strumenti di reazione degli Stati membri dell’Unione europea si sono progressivamente ridotti con il trasferimento di “quote” di sovranità all’Unione stessa, tanto da limitarsi, a talune condizioni, alla riduzione delle spese e all’aumento delle entrate.
La via da percorrere, sul fronte dell’ordinamento interno, è quella di intervenire sulla c.d. Costituzione economica, in termini di predisposizione di un aggiornato e compiuto quadro regolatorio delle attività economicamente rilevanti, valorizzando le proposte recenti di riforma dell’art. 41 Cost.
Sul fronte internazionale occorre procedere verso una sempre maggior cooperazione per “governare davvero le forze che si muovono sui mercati globali”; sul versante europeo è auspicabile procedere verso un vero e proprio “governo economico europeo”.
G. Bognetti, Costituzione e bilancio dello Stato. Il problema delle spese in deficit. (Note ispirate dalla lettura di un libro di G. Rivosecchi), in “Forum di Quaderni costituzionali”, 1° giugno 2010
Ad avviso dell’Autore non occorre più proporsi oggi il problema della interpretazione preferibile dell’art. 81 Cost.: le regole dell’ordinamento comunitario impongono la conformazione dei bilanci italiani ed esse assicurano sul piano pratico che non vi figurino disavanzi eccessivi. Poco conta che - come vorrebbe Rivosecchi - l’art. 81 di per sé lasci liberi i Poteri politici italiani di spendere fuori da copertura tributaria senza limiti: bastano le regole comunitarie a tenere in riga lo Stato. L’Autore ritiene che convenga piuttosto ribadire con forza, anche nell’attuale quadro comunitario, l’interpretazione anni fa proposta dell’articolo 81 come conseguente dalla logica stessa del modello “sociale”. Revisioni della Costituzione sarebbero di per sé auspicabili e assai utili, ma sembra non vi siano realisticamente al presente le condizioni per proporle e attuarle (nella revisione della seconda parte della Costituzione votata nel 2006 dal Parlamento e bocciata poi in sede referendaria l’articolo 81 non era stato toccato). Non resta dunque che concentrarsi sulla interpretazione del testo in vigore dell’articolo, che d’altronde si presta ad accogliere molte istanze valoriali. E c’è poi una ragione specifica che richiede che si percorra la via dell’interpretazione dell’art. 81: non è assolutamente accettabile che il divieto comunitario di disavanzi “eccessivi” prenda l’aspetto di una imposizione all’ordinamento italiano contraria o almeno estranea alla logica profonda della nostra Costituzione. Si tocca in argomento uno snodo cruciale del tipo di sistema economico a cui vogliono e debbono informarsi, per stare insieme, i vari Stati d’Europa. L’interpretazione da accogliersi dell’art. 81, valida per i tempi ordinari e fuori dai casi eccezionali di vera emergenza (dei quali si dirà brevemente più innanzi), può riassumersi come segue:
1) “come minimo, converrà leggere nelle pieghe dell’articolo 81, 3° e 4° comma, assieme alla innovativa autorizzazione a gestire normalmente i bilanci in disavanzo, il congiunto divieto - identico a quello del diritto comunitario, art. 104 - che tale disavanzo sia comunque “eccessivo”;
2) “non appare necessario leggere nell’art. 81, come implicito nel suo accertato divieto di disavanzi eccessivi, anche la specificazione che del divieto fa il diritto comunitario con il Protocollo attuativo e le regole particolari che esso stabilisce. Quelle regole possono essere indispensabili per il momento nel quadro della situazione presente della Comunità, ma sono appunto previste dal Trattato come modificabili, e sarebbe fuori luogo trasferirle nel tessuto del diritto costituzionale italiano rendendole rigidamente vincolanti, anche in un possibile diverso futuro, a prescindere dai comandi comunitari, per i Poteri politici e giurisdizionali dello stato. Basta che questi ultimi siano incondizionatamente vincolati, per principio costituzionale italiano, dal generale divieto di “disavanzi eccessivi”: spettando poi ad essi specificare, rispetto alla situazione, i limiti che ne discendono e - quando non si imponga il rispetto di un distinto, prevalente standard comunitario - impostare e decidere, a loro discrezione, una politica finanziaria che possa in tali termini dirsi, nell’insieme, esente da disavanzi eccessivi”;
3) “una lettura rigorosa dell’art. 81 esige che il divieto di acquisto diretto [di titoli di debito pubblico da parte delle banche centrali] sia vietato, a prescindere dai divieti comunitari, dalla logica dell’art. 81 della Costituzione italiana, in quanto prescrizione necessaria per ostacolare efficacemente la impostazione e la esecuzione di bilanci con disavanzi eccessivi”. Inoltre, “la partita delle spese correnti è il fomite più poderoso di spese facilmente decise senza la contropartita di preventive entrate, e dunque è il fomite più pericoloso agli effetti dei disavanzi”;
4) ai fini del programma economico-finanziario e in particolare del limite autorizzato di ricorso al credito, “il Governo dovrebbe considerare, non solo gli obblighi nascenti dal rispetto dovuto ai parametri del Protocollo comunitario, ma anche il fatto che, essendo il divieto di “disavanzi eccessivi” (e annesse implicazioni) un principio di diritto costituzionale interno, i prodotti di tutte le sue scelte - con le possibili varianti introdotte dal Parlamento - potrebbero formare oggetto, direttamente o indirettamente, di un sindacato stringente” da parte della Corte costituzionale, presso la quale potrebbe essere istituito, come avvenuto presso la Presidenza della Repubblica un’ Ufficio per la valutazione delle leggi finanziarie”.
5) “La definitiva eliminazione dei [pericoli per l’integrità degli equilibri nei processi di formazione del bilanci provenienti dall’impatto delle spinte che provengono dalle aule parlamentari per l’inserimento di normative gradite ai diversi gruppi] si otterrebbe escludendo il potere dei parlamentari di proporre emendamenti al progetto di finanziaria presentato dal Governo, o almeno a quegli elementi d’esso che ne rappresentino le strutture essenziali.” Inoltre, ritenuto scopo essenziale dell’articolo 81 la prevenzione di manovre finanziarie comportanti disavanzi eccessivi, le Camere “potrebbero, ciascuna nel suo Regolamento, introdurre norme procedurali che anche più di quelle ora esistenti rendano difficile gli assalti delle fazioni parlamentari e i distorcimenti del disegno del Governo. Restringere lo spazio della partecipazione “creativa” del Parlamento alla formazione della manovra finanziaria dello stato non può piacere a chi, come Rivosecchi, valuti quella partecipazione essenziale per la democrazia. Appare invece molto opportuno a chi ritenga che una buona democrazia presuppone conti in ordine dello stato e bilanci con disavanzi moderati”.
G. Alfano, L’art. 81 della Costituzione e la “legge finanziaria”. Sistematica disapplicazione della norma da parte dei suoi naturali destinatari, in “Forum di Quaderni costituzionali”, 20 novembre 2008
Secondo l’Autore, Governo e Parlamento hanno da sempre disapplicato l’articolo 81 Cost. approvando leggi di spesa senza adeguata copertura tributaria e con ricorso al mercato finanziario. Effetto di tale prassi, spiccatamente accentuato negli anni ’80 del secolo scorso, è stato l’aumento dello stock di debito pubblico che oggi strangola sia lo sviluppo economico sia lo Stato sociale. L’esigenza di una corretta lettura dell’art. 81 Cost. in relazione alla legge finanziaria costituisce una questione centrale. Perciò, “in ossequio alla lettera e allo spirito delle disposizioni dei commi 3 e 4 dell’art. 81 della Costituzione, ogni nuova o maggiore spesa, sia corrente che in conto capitale, (si veda sent. 384/1991 Corte Cost.) stabilita con la L.F, deve trovare copertura in nuove o maggiori entrate tributarie, extratributarie, contributive e in riduzioni permanenti di precedenti autorizzazioni di spesa, col divieto del ricorso a prestiti di medio e lungo termine”. La prassi più recente, si discosta da tale interpretazione. Così, la legge finanziaria per il 2009, i cui contenuti sono stati anticipati con decreto legge, ha condotto ad una sovrapposizione della funzione esecutiva a quella legislativa. Anche il decreto legge n. 155 del 2008, c.d. salva banche, si pone in contrasto con la suddetta interpretazione dell’art. 81 Cost., prevedendo che le risorse necessarie siano individuate, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tra l’altro, mediante riduzione di singole autorizzazioni legislative di spesa e di emissione di titoli del debito pubblico.
A. Pedone, Su alcune recenti proposte di riforma del bilancio pubblico, in “Economia italiana”, n. 1/2008
Secondo l’Autore è storicamente e logicamente infondata la ricorrente critica che ha ad oggetto la LF, secondo la quale tale strumento avrebbe alterato le caratteristiche tradizionali della decisione di bilancio, favorendo il mancato rispetto dell’art. 81 della Costituzione e l’abbandono del principio del pareggio del bilancio. Infatti, sin dai primi anni settanta, il deficit pubblico, già presente e importante negli anni precedenti, era giunto a superare il 5% del prodotto interno lordo (PIL), e a metà degli anni settanta (ben prima dell’introduzione della LF) giunse a superare il 10% del PIL. Infatti il presunto vincolo di pareggio del bilancio imposto dall’art. 81 e il carattere puramente “formale” della legge di bilancio erano stati già aggirati o superati con l’appostazione di “fondi globali” per fronteggiare nuove o maggiori spese derivanti da leggi future non ancora in essere; inoltre, la stessa Corte Costituzionale nel 1966 aveva ritenuto rispettosa dell’obbligo di copertura l’indicazione dei mezzi atti a fronteggiare gli oneri di spesa limitatamente al primo anno di applicazione delle leggi di spesa.
Perciò, secondo l’Autore, di fatto, “la legge di bilancio era già divenuta sede di determinazione sostanziale dell’ammontare delle singole voci di spesa, rimanendo opachi e ignoti i criteri di redazione del bilancio di previsione a legislazione vigente. Tanto da far ritenere a Guido Carli (1993) che l’affermazione che l’art. 81 della Costituzione avrebbe “garantito il principio del bilancio in tendenziale pareggio” era basata su un “errore concettuale” derivante dal fatto che, all’epoca della redazione dell’art. 81, “si pensava che eventuali spese aggiuntive per la pubblica amministrazione potessero derivare soltanto dall’instaurazione di nuove leggi”.
Ciò posto, la legge finanziaria potrebbe svolgere “un ruolo di cerniera tra le regole di bilancio europee contenute nel PSC, che hanno assunto rilievo costituzionale con la riforma della Costituzione del 2001, e le norme contenute nell’art. 81 della Costituzione. Queste ultime prescrivono il pareggio del saldo incrementale (“ogni legge che comporti nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte”) del bilancio annuale di previsione dello Stato, espresso in termini di competenza giuridica e di cassa, e senza l’applicazione di sanzioni economiche nel caso di mancato rispetto delle regole. Su ciascuno di questi aspetti le regole europee differiscono sostanzialmente perché prescrivono, oltre a una tendenziale riduzione del rapporto debito/PIL verso il limite del 60%, il pareggio o un lieve avanzo su un orizzonte pluriennale (e, in ogni caso, un deficit annuale non superiore normalmente al 3% del PIL), riferito al saldo complessivo del consuntivo del conto consolidato dell’intera Pubblica Amministrazione, formulato in termini di competenza economica e con sanzioni non solo reputazionali o politiche, ma anche economiche in caso di mancato rispetto delle regole”.
F. Sciola, Dalla legge finanziaria alla legge di stabilità, in “Osservatorio sulle fonti”, n. 2/2010
Secondo l’Autore, nell’interpretazione dei commi 3° e 4° dell’art. 81 Cost. si è affermata, nella prassi e nella giurisprudenza della Corte costituzionale, una “lettura relazionale” che nel quarto comma evidenzia solo la regola procedurale della contestualità tra la decisione di spesa (o di minore entrata) e l'indicazione dei mezzi di copertura; inoltre, vi è un ampio orientamento nel rinvenire in tali disposizioni solo l'esistenza di un vincolo giuridico sulla fissazione del livello di spesa pubblica ammissibile. Resta minoritaria, quindi, l'interpretazione di un obbligo di sostanziale pareggio del bilancio, come conferma la prassi, non solo italiana, più recente.
[1] XVI Legislatura - Camera dei deputati - Commissione V Bilancio, tesoro e programmazione. Resoconto stenografico n. 9 dell’Indagine conoscitiva nell’ambito dell’esame della Comunicazione della Commissione al parlamento europeo, al consiglio, al comitato economico e sociale europeo e al comitato delle regioni sull’analisi annuale della crescita: progredire nella risposta globale dell’UE alla crisi (COM(2011)11 definitivo) - Seduta di martedì 29 marzo 2011, pagg. 6 - 7.
[2] XVI Legislatura – Senato della Repubblica - 581ª Seduta dell’Assemblea - Resoconto stenografico 14 luglio 2011, pag. 23.
[3] - Proposta di modifica del regolamento (CE) n.1466/97 per il rafforzamento della sorveglianza delle posizioni di bilancio nonché della sorveglianza e del coordinamento delle politiche economiche (COM(2010)526).
- Proposta di modifica del regolamento (CE) n.1467/97 per accelerare e chiarire le modalità di attuazione della procedura per i disavanzi eccessivi (COM(2010)522).
- Proposta di regolamento sull'effettiva applicazione della sorveglianza di bilancio nell'area dell'euro (COM(2010)524).
[4] - Proposta di regolamento sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici (COM(2010)527).
- Proposta di regolamento sulle misure per la correzione degli squilibri macroeconomici eccessivi nell'area dell'euro (COM(2010)525).
[5] Loi constitutionnelle n. 2008-724 du 23 juillet 2008.
[6] L’art. 34 della Costituzione recita infatti: « Les orientations pluriannuelles des finances publiques sont définies par des lois de programmation. Elles s’inscrivent dans l’objectif d’équilibre des comptes des administrations publiques ». Le attuali leggi di programmazione pluriennale permettono di definire una strategia coerente complessiva su un periodo di tre anni, declinando l’obiettivo del ritorno all’equilibrio dei conti pubblici, secondo gli impegni presi a livello europeo nel quadro del Patto di stabilità e crescita, e dando solennità all’impegno con un voto del Parlamento. Le leggi di programmazione riguardano tutte le amministrazioni pubbliche (Stato, Sicurezza sociale e collettività territoriali), comprendono il bilancio pluriennale dello Stato e integrano le riforme decise nell’ambito della Revisione generale delle politiche pubbliche (RGPP). La prima Legge di programmazione ha interessato il periodo 2009-2012, la seconda il triennio 2011-2014. Le seconda Loi de programmation des finances publiques pour les années 2011-2014 del 28 dicembre 2010 é stata successivamente attuata dalle due leggi finanziarie per il 2011 (Lois de finances e Lois de financement de la sécurité sociale).
[7] In occasione della prima sessione della “Conferenza sul deficit”, organizzata il 28 gennaio 2010, il Presidente della Repubblica ha chiesto la costituzione di un gruppo di lavoro per la formulazione di proposte per assicurare meglio, nel quadro della governance di bilancio e finanziaria francese, il rispetto dell’“obiettivo di equilibrio dei conti pubblici”. Il Rapporto del 21 giugno 2010 costituisce il risultato finale del Gruppo di lavoro “sur la règle constitutionnelle d'équilibre des finances publiques”,presieduto da Michel Camdessus.
[8] Prima di diventare definitivamente legge, il testo dovrà essere approvato dal Parlamento riunito in seduta comune (maggioranza dei tre quinti dei voti espressi) o sottoposto ad una consultazione referendaria (cfr. capoverso conclusivo della scheda).
[9] Nel quadro del Patto di stabilità e crescita la Francia si è impegnata a tornare ad un deficit pubblico del 6% del PIL nel 2011, per passare al 4,6% nel 2012.
[10] Già la circolare del Primo Ministro del 4 giugno 2010 ha prescritto che l’insieme delle misure fiscali e delle misure relative alle entrate della sicurezza sociale figurassero nelle leggi finanziarie e di finanziamento della sicurezza sociale.
[11] Va rilevato che l’opposizione si è schierata contro il progetto di revisione costituzionale e che il raggiungimento della maggioranza qualificata dei tre quinti nel Congresso potrebbe incontrare qualche difficoltà.
[12] Cfr. la scheda informativa “Les lois de finances: spécificité, contenu, présentation” sul sito dell’Assemblea Nazionale francese:
http://www.assemblee-nationale.fr/connaissance/fiches_synthese/fiche_41.asp.
[13] Attuale art. 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE).
[14] Si tratta di una misura che mira a contrastare la tendenza alla forte crescita del debito pubblico. Secondo le analisi elaborate dai servizi di documentazione del Bundestag (in particolare l’Aktueller Begriff “Die Schuldenbremse des Grundgesetzes” n. 79/09 del 5 ottobre 2009 e l’Aktueller Begriff “Der Stabilitätsrat und Frühwarnsystem zur Vermeidung von Haushalstsnotlagen des Bundes und der Länder” n. 92/09 del 9 novembre 2009) negli ultimi 40 anni il rapporto tra debito pubblico e PIL è passato dal 20 al 60%. Nel 2008, l’anno precedente l’approvazione della seconda riforma del federalismo, l’indebitamento dello Stato aveva raggiunto circa 1,6 miliardi di euro e le spese per interesse ammontavano al 15% del bilancio federale. Anche il Tribunale costituzionale federale aveva constatato più volte la mancanza di regole atte a gestire l’indebitamento dei bilanci pubblici, sollecitando sia la Federazione che i Länder a stabilire obblighi e procedure per contrastare l’insorgenza di situazioni di emergenza finanziaria.
[15] La riforma ha infatti abrogato la seconda parte del comma 1 che recitava: “Le entrate provenienti da crediti non possono superare la somma delle spese previste nel bilancio per gli investimenti. Sono ammesse eccezioni solo per eliminare distorsioni dell’equilibrio economico generale. La disciplina di dettaglio è demandata ad una legge federale”.
[16] I dettagli sui bilanci dei Länder sono regolati nell’ambito dei loro poteri costituzionali, con il vincolo di rispettare l’obbligo di pareggio del bilancio sancito dalla costituzione federale.
[17] Gli aiuti di consolidamento (Konsolidierungshilfen) erogati dalla Federazione a questi cinque Länder ammontano ad un importo complessivo annuo di 800 milioni di euro per il periodo 2011-2019. Di tale importo 300 milioni di euro sono destinati a Brema, 260 milioni di euro al Saarland e 80 milioni di euro ciascuno a Berlino, Sassonia-Anhalt e Schleswig-Holstein. L’onere finanziario derivante dalla concessione di tali aiuti è - per dettato costituzionale - sostenuto in parti uguali dalla Federazione e dai Länder, nel caso di questi ultimi attingendo alla parte spettante del gettito dell'imposta sul valore aggiunto.
[18] Testo in italiano.
[19] Per un sintetico inquadramento del bilancio pubblico spagnolo, è utile la consultazione del documento “Il sistema di contabilità e bilancio dello Stato in Spagna”, di Patrizio Monfardini (2008).
[20] Tale atto ha sostituito la Ley 18/2001, de 12 de diciembre, General de Estabilidad Presupuestaria, in vigore fino al 1° gennaio 2008.
[21] Il Consiglio di politica fiscale e finanziaria delle Comunità autonome è l’organo di coordinamento tra lo Stato e le Comunità autonome per dare attuazione ai principi di stabilità di bilancio previsti dalla legge. Di esso fanno parte il Ministro dell’economia e delle finanze, il Ministro della politica territoriale e della pubblica amministrazione e il responsabile delle finanze di ciascuna Comunità autonoma. Per maggiori informazioni, si veda la scheda informativa pubblicata sul sito del Ministero dell’economia.
[22] La Commissione nazionale dell’amministrazione locale è l’organo permanente per la collaborazione tra l’Amministrazione dello Stato e le amministrazioni locali. Per maggiori informazioni, si veda la scheda informativa pubblicata sul sito del Ministero della politica territoriale.
[23] L’obiettivo di stabilità di bilancio per il triennio 2012-2014 è stato fissato dal Governo al 4,4% per l’anno 2012 e al 3% per il 2013 (comunicato stampa del 24 giugno 2011). Per ulteriori informazioni è consultabile il testo del Programa de Estabilidad 2011-2014.